XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Tutela del risparmio e mercati finanziari. Legge 28 dicembre 2005, n. 262. Schede di lettura
Serie: Progetti di legge    Numero: 559    Progressivo: 10
Data: 28/03/06
Organi della Camera: VI-Finanze
Riferimenti:
L n.262 del 28/12/05   AC n.2436/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Tutela del risparmio
e mercati finanziari

Legge 28 dicembre 2005, n. 262

Schede di lettura

n. 559/10

 


xiv legislatura

28 marzo 2006

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: FI0581l.doc

 


INDICE

 

 

 

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Nomina e requisiti degli amministratori)3

§      Articolo 2 (Collegio sindacale e organi corrispondenti nei modelli dualistico e monistico)13

§      Articolo 3 (Azione di responsabilità)26

§      Articolo 4 (Delega di voto)30

§      Articolo 5 (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)32

§      Articolo 6 (Trasparenza delle società estere)36

§      Articolo 7 (Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153)52

§      Articolo 8 (Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)67

§      Articolo 9 (Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali nonché nella gestione di portafogli su base individuale)73

§      Articolo 10 (Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)81

§      Articolo 11 (Circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)84

§      Articolo 12 (Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)97

§      Articolo 13 (Pubblicità del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari)107

§      Articolo 14 (Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)110

§      Articolo 15 (Responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)136

§      Articolo 16 (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori)139

§      Articolo 17 (Disposizioni in materia di mediatori creditizi)144

§      Articolo 18 (Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)147

§      Articolo 19 (Banca d’Italia)165

§      Articolo 20 (Coordinamento dell'attività delle Autorità)177

§      Articolo 21 (Collaborazione fra le Autorità)180

§      Articolo 22 (Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)182

§      Articolo 23 (Procedimenti per l'adozione di atti regolamentari e generali)184

§      Articolo 24 (Procedimenti per l'adozione di provvedimenti individuali)187

§      Articolo 25 (Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)195

§      Articolo 26 (Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)200

§      Articolo 27 (Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori)205

§      Articolo 28 (Disposizioni in materia di personale della CONSOB)211

§      Articolo 29 (Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)214

§      Articolo 30 (False comunicazioni sociali)216

§      Articolo 31 (Omessa comunicazione del conflitto d'interessi)224

§      Articolo 32 (Ricorso abusivo al credito)226

§      Articolo 33 (Istituzione del reato di mendacio bancario)228

§      Articolo 34 (Falso in prospetto)232

§      Articolo 35 (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione)234

§      Articolo 36 (False comunicazioni circa l'applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate)238

§      Articolo 37 (Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo)239

§      Articolo 38 (Abusive attività finanziarie)241

§      Articolo 39 (Aumento delle sanzioni penali e amministrative)242

§      Articolo 40 (Sanzioni accessorie)247

§      Articolo 41 (Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull'istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca)250

§      Articolo 42 (Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)252

§      Articolo 43 (Delega al Governo per il coordinamento legislativo)257

§      Articolo 44 (Procedura per l'esercizio delle deleghe legislative)258

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Nomina e requisiti degli amministratori)

 


1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 147-bis, è inserita la seguente sezione:

«Sezione IV-bis.

Organi di amministrazione.

Art. 147-ter.(Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.

2. Per le elezioni alle cariche sociali le votazioni devono sempre svolgersi con scrutinio segreto.

3. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

4. In aggiunta a quanto disposto dal comma 3, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.

Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.

2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».


 

 

L’articolo 1 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, alcune modificazioni riguardanti la nomina e i requisiti degli amministratori delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea.

 

La riforma del diritto delle società, operata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, ha previsto due ulteriori modelli di governo societario, alternativi al modello tradizionale articolato su un’assemblea, un consiglio di amministrazione (o amministratore unico) e un collegio sindacale.

Nel dettaglio, il modello cosiddetto dualistico risulta fondato su due organi: il consiglio di gestione e il consiglio di sorveglianza. In tale modello, il potere di amministrazione spetta in via esclusiva al consiglio di gestione. Il consiglio di sorveglianza, tra l’altro, nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione; approva il bilancio di esercizio e – ove prescritto – il bilancio consolidato; promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità; riferisce per iscritto almeno una volta all’anno all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.

Nel modello cosiddetto monistico, l’amministrazione e il controllo sono esercitati rispettivamente dal consiglio di amministrazione e da un comitato costituito al suo interno, denominato comitato per il controllo sulla gestione. La gestione dell’impresa spetta esclusivamente al consiglio di amministrazione. Il comitato per il controllo sulla gestione elegge al suo interno il presidente; vigila sull’adeguatezza della struttura organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare idoneamente i fatti di gestione; svolge gli ulteriori compiti affidati ad esso dal consiglio di amministrazione.

 

In particolare, il comma 1 del presente articolo inserisce nel capo II del titolo III della parte IV del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, approvato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF), una nuova sezione IV-bis concernente la disciplina degli organi di amministrazione delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Tale disciplina prevede innanzitutto, al comma 1 del nuovo articolo 147-ter, che l’elezione dei membri del consiglio d’amministrazione avvenga sulla base di liste. Allo statuto della società viene demandata la determinazione della quota minima di partecipazione richiesta per la loro presentazione; tale quota, comunque, non potrà essere determinata in misura superiore a un quarantesimo del capitale della società.

 

La disposizione regola le votazioni che riguardano la formazione dell’intero consiglio di amministrazione, anche nell’ipotesi in cui lo statuto ne preveda il rinnovo parziale periodico. Appare invece ragionevole ritenere che la norma non debba trovare applicazione in occasione di elezioni suppletive di singoli componenti cessati dall’incarico ovvero laddove la formulazione delle proposte sia riservata a soggetti determinati.

La disposizione, in quanto rimette allo statuto la determinazione delle condizioni per la presentazione delle liste, sembra applicabile – per le società esistenti alla data di entrata in vigore della legge – soltanto successivamente a tale adempimento, per il quale l’articolo 42, comma 1, stabilisce il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge medesima (12 gennaio 2007).

 

Il comma 2 del nuovo articolo 147-ter prescrive che le votazioni per le elezioni alle cariche sociali debbano sempre svolgersi mediante scrutinio segreto.

 

La disposizione non presuppone alcun adempimento statutario, e risulta pertanto applicabile fin dalla data di entrata in vigore della legge[1]. È stato per altro sostenuto che la sua connessione con le norme riguardanti il consigliere di minoranza e il voto di lista ne giustificherebbe l’attrazione nel novero delle previsioni da applicarsi a seguito dell’adeguamento degli statuti societari[2].

 

La disposizione dev’essere considerata tenendo presente il sistema delle disposizioni del codice civile e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria che disciplinano le deliberazioni dell’assemblea e il diritto di voto degli azionisti[3].

 

L’articolo 2351 del codice civile stabilisce che ogni azione attribuisce il diritto di voto. È tuttavia consentito allo statuto – fermo restando il divieto di azioni con voto plurimo – di prevedere azioni senza diritto di voto o con diritti di voto limitati. Inoltre, gli strumenti finanziari partecipativi previsti dagli articoli 2346, sesto comma, e 2349, secondo comma, possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati; in particolare, può essere ad essi riservata, secondo modalità stabilite dallo statuto, la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco.

A norma dell’articolo 2364, primo comma,la nomina degli amministratori e dei sindaci spetta all’assemblea ordinaria.

La disciplina relativa alla costituzione dell'assemblea e alla validità delle deliberazioni è contenuta nell’articolo 2368. A norma del primo comma, l'assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l'intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell'assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari. Il quorum deliberativo è quindi costituito dalla metà più uno (maggioranza assoluta) delle azioni che hanno preso parte alla votazione. È espressamente attribuito allo statuto il potere di stabilire norme particolari per la nomina alle cariche sociali, sia rispetto alle modalità di voto (ad esempio il voto limitato), sia rispetto al quorum (ad esempio con la prescrizione di una maggioranza qualificata superiore alla maggioranza assoluta).

L’articolo 2370, ultimo comma, facoltizza lo statuto a consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l'espressione del voto per corrispondenza.

L’articolo 2372 disciplina la rappresentanza dei soci nell’assemblea, consentendo – salva contraria disposizione dello statuto – la partecipazione per delega.

L’articolo 2375 disciplina la redazione del verbale delle deliberazioni dell'assemblea, il quale, al primo comma, deve indicare la data dell'assemblea e, anche in allegato, l'identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve altresì indicare le modalità e il risultato delle votazioni e deve consentire, anche per allegato, l'identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti. Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le loro dichiarazioni pertinenti all'ordine del giorno.

 

Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati si applica la disciplina speciale contenuta nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, il quale, all’articolo 142, comma 1, stabilisce fra l’altro che la delega di voto non può essere rilasciata in bianco e ìndica la data, il nome del delegato e le istruzioni di voto.

Alcune disposizioni aventi finalità di vigilanza e tutela del regolare funzionamento del mercato (ad esempio l’articolo 14, comma 5, e l’articolo 121, comma 6, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria) vietano l’esercizio del diritto di voto per partecipazioni eccedenti determinati limiti, prevedendo, in caso di violazione, l’impugnabilità delle deliberazioni adottate con il voto determinante delle partecipazioni eccedenti il limite stesso.

 

In relazione a questi aspetti, sono state avanzate riserve circa la praticabilità e la congruità della disposizione. Si è rilevato in particolare che l’adozione del voto segreto, oltre a rendere necessaria l’adozione di appositi strumenti tecnici:

§      contrasta con la disposizione che prescrive l’identificazione dei votanti e dei voti espressi nel verbale d’assemblea;

§      rende disagevole l’accertamento delle condizioni previste per l’impugnazione delle deliberazioni;

§      ostacola l’accertamento di operazioni di concerto o di patti aventi ad oggetto l’esercizio del diritto di voto, per i quali siano state omesse le comunicazioni prescritte dall’articolo 122 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria;

§      appare incoerente rispetto al disposto del successivo comma 3, che prescrive l’elezione del rappresentante di minoranza da una lista che “non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente,” con la lista di maggioranza.

A questo riguardo la Commissione VI (Finanze) della Camera, nella seduta del 18 gennaio 2006, ha approvato la risoluzione Benvenuto ed altri n. 7-00739, la quale impegna il Governo ad adottare iniziative normative per abrogare la disposizione qui illustrata[4].

 

Il comma 3 del nuovo articolo 147-ter stabilisce che, salvo quanto previsto dall'articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio d’amministrazione dev’essere espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti.

 

Il richiamato articolo 2409-septiesdecies del codice civile prevede che la gestione dell'impresa spetta esclusivamente al consiglio di amministrazione. Almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'articolo 2399, primo comma, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati.

 

È inoltre prescritto che tale lista non debba risultare collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti.

 

Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, lo stesso comma 3 del nuovo articolo 147-ter prevede che il membro espresso dalla lista di minoranza debba presentare i requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4 del TUF, la cui mancanza comporta la decadenza dalla carica. Come è chiarito nella relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 13), la disposizione è resa necessaria dal fatto che “il rappresentante della minoranza eletto nel consiglio d'amministrazione deve (...) entrare a far parte del comitato per il controllo sulla gestione (com'è esplicitato nel successivo articolo 2) e deve pertanto possedere ab origine le qualità a tal fine richieste”.

 

Il comma 3del richiamato articolo 148 del TUF (come modificato dal successivo articolo 2) dispone che non possono essere eletti sindaci e, se eletti, decadono dall'ufficio:

a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382 del codice civile (interdetti, inabilitati, falliti o interdetti dai pubblici uffici);

b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;

c) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo, ovvero agli amministratori della società o ai loro congiunti, da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l'indipendenza.

Il comma 4 demanda ad un regolamento del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la CONSOB, la Banca d'Italia e l'ISVAP, di stabilire i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio.

 

Le disposizioni del presente comma 3 – in virtù del riferimento all’elezione mediante liste – implicano l’adozione delle modificazioni statutarie richieste dal comma 1, per le quali l’articolo 42, comma 1, stabilisce il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge (12 gennaio 2007).

 

Il comma 4 del nuovoarticolo 147-ter dispone poi che, in aggiunta a quanto disposto dal comma 3, qualora il consiglio d’amministrazione sia composto da più di sette membri,almeno uno di essi deve possedere i requisiti d’indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3.

Ove lo statuto lo preveda, questi deve possedere inoltre gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

 

La disposizione non richiede necessariamente l’adozione di modificazioni statutarie, e potrebbe dunque ritenersi immediatamente applicabile[5]. In ogni caso, la norma non esclude che le società, nell’esercizio dell’autonomia statutaria, possano non soltanto (come espressamente indicato) stabilire requisiti ulteriori o elevare il numero dei consiglieri indipendenti, ma anche, ad esempio, disciplinare la formazione delle liste regolando le modalità della loro nomina[6].

 

Viene specificato poi che tali disposizioni recate dal comma 4 non si applicano, tuttavia, al consiglio d'amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali è fatto salvo quanto disposto dall'articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.

 

L’eccezione è spiegata dalla relazione presentata per l’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 13) in ragione della particolare composizione del consiglio d'amministrazione nel modello societario monistico, il quale si fonda su un consiglio d'amministrazione e su un comitato di controllo costituito al suo interno. Il citato articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile prescrive infatti che almeno un terzo dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'articolo 2399, primo comma, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati.

 

Il nuovo articolo 147-quater, riguardante la composizionedel consiglio di gestione, stabilisce che, ove il consiglio stesso sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti d’indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3.

Ove lo statuto lo preveda, deve inoltre possedere gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

 

Tale soluzione, adottata per le società organizzate secondo il sistema dualistico, fondato su un consiglio di sorveglianza e su un consiglio di gestione nominato da quest’ultimo fra soggetti ad esso estranei, risulta diversa da quella scelta per gli altri schemi di governo societario. La ragione è esposta nella già citata relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 13), secondo cui la partecipazione di rappresentanti della minoranza nell’organo di amministrazione “non si è ritenuto invece interamente proponibile per le società organizzate secondo il sistema dualistico, fondato su un consiglio di sorveglianza e su un consiglio di gestione nominato da quest'ultimo fra soggetti ad esso estranei. Infatti, poiché in questo modello l'organo amministrativo non è nominato dall'assemblea, risultava impossibile assicurare la partecipazione della minoranza attraverso un sistema d'elezione. D'altronde, l'incompatibilità – statuita dagli articoli 2409-novies, quarto comma, e 2409-duodecies, decimo comma, lettera b), del codice civile – tra gli incarichi di componente dell'uno e dell'altro collegio precludeva in questo caso anche l'applicazione del metodo adottato per assicurare la rappresentanza della minoranza nel sistema monistico, ossia l'identità del rappresentante in entrambi gli organi. Né è parsa opportuna, per gli elementi di arbitrio che sembrava introdurre, la terza soluzione astrattamente proponibile, quella cioè di conferire al rappresentante della minoranza nel consiglio di sorveglianza il potere di nominare individualmente un componente del consiglio di gestione, indipendentemente dalle decisioni collegiali. La presenza di un membro di minoranza (fornito degli ulteriori poteri determinati dall'articolo 2) nel consiglio di sorveglianza si è ritenuta comunque sufficiente al raggiungimento dei fini sopra illustrati, nel quadro dei rapporti che intercorrono in questo modello fra l'organo d'amministrazione e l'organo di controllo. Ci si è pertanto limitati a richiedere, in questo caso, che, qualora il consiglio di gestione sia composto di più di quattro membri, almeno uno dei suoi componenti sia fornito dei prescritti requisiti d'indipendenza”.

 

Il nuovo articolo 147-quinquiesprescrive, al fine di rendere più rigide le condizioni soggettive per l’assunzione di incarichi di amministrazione, che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione[7] presso le società con azioni quotate in mercati regolamentati debbano soddisfare ai requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.

 

L’articolo 148, comma 4, del TUF è stato sostituito dal successivo articolo 2, comma 1, lettera a), numero 4), della presente legge. Sulla base della corrispondente disposizione precedentemente in vigore, i suddetti requisiti sono stati determinati nel decreto ministeriale 30 marzo 2000, n. 162.

Con riguardo ai requisiti di professionalità, l’articolo 1, comma 1, stabilisce che le società italiane con azioni quotate nei mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell'Unione europea scelgono tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili che abbiano esercitato l'attività di controllo legale dei conti per un periodo non inferiore a tre anni, almeno uno dei sindaci effettivi, se questi sono in numero di tre, almeno due dei sindaci effettivi, se questi sono in numero superiore a tre e, in entrambi i casi, almeno uno dei sindaci supplenti.

Ai sensi del comma 2, i sindaci che non sono in possesso del requisito previsto dal comma 1 sono scelti tra coloro che abbiano maturato un'esperienza complessiva di almeno un triennio nell'esercizio di: a) attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso società di capitali che abbiano un capitale sociale non inferiore a due milioni di euro, ovvero b) attività professionali o di insegnamento universitario di ruolo in materie giuridiche, economiche, finanziarie e tecnico-scientifiche, strettamente attinenti all'attività dell'impresa, ovvero c) funzioni dirigenziali presso enti pubblici o pubbliche amministrazioni operanti nei settori creditizio, finanziario e assicurativo o comunque in settori strettamente attinenti a quello di attività dell'impresa.

Il comma 3 specifica che, ai fini di quanto previsto dal comma 2, lettere b), e c), gli statuti specificano le materie e i settori di attività strettamente attinenti a quello dell'impresa. Gli statuti possono prevedere ulteriori condizioni aggiuntive per la sussistenza dei requisiti di professionalità previsti dai commi precedenti.

Ai sensi del comma 4, non possono ricoprire la carica di sindaco coloro che, per almeno diciotto mesi, nel periodo ricompreso fra i due esercizi precedenti l'adozione dei relativi provvedimenti e quello in corso hanno svolto funzioni di amministrazione, direzione o controllo in imprese: a) sottoposte a fallimento, a liquidazione coatta amministrativa o a procedure equiparate; b) operanti nel settore creditizio, finanziario, mobiliare e assicurativo sottoposte a procedure di amministrazione straordinaria. Ai sensi del comma 5, non possono inoltre ricoprire la carica di sindaco i soggetti nei cui confronti sia stato adottato il provvedimento di cancellazione dal ruolo unico nazionale degli agenti di cambio previsto dall'articolo 201, comma 15, del TUF, e gli agenti di cambio che si trovano in stato di esclusione dalle negoziazioni in un mercato regolamentato. Il comma 6 specifica che il divieto di cui ai commi 4 e 5 ha la durata di tre anni dall'adozione dei relativi provvedimenti. Il periodo è ridotto ad un anno nelle ipotesi in cui il provvedimento è stato adottato su istanza dell'imprenditore, degli organi amministrativi dell'impresa o dell'agente di cambio.

 

Con riguardo ai requisiti di onorabilità, l’articolo 2, comma 1, stabilisce che la carica di sindaco delle società indicate dall'articolo 1, comma 1, non può essere ricoperta da coloro che: a) sono stati sottoposti a misure di prevenzione disposte dall'autorità giudiziaria ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni e integrazioni, salvi gli effetti della riabilitazione; b) sono stati condannati con sentenza irrevocabile, salvi gli effetti della riabilitazione: 1) a pena detentiva per uno dei reati previsti dalle norme che disciplinano l'attività bancaria, finanziaria e assicurativa e dalle norme in materia di mercati e strumenti finanziari, in materia tributaria e di strumenti di pagamento; 2) alla reclusione per uno dei delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nel regio decreto 16 marzo 1942, n. 267; 3) alla reclusione per un tempo non inferiore a sei mesi per un delitto contro la pubblica amministrazione la fede pubblica, il patrimonio, l'ordine pubblico e l'economia pubblica; 4) alla reclusione per un tempo non inferiore ad un anno per un qualunque delitto non colposo.

Il comma 2 precisa che la carica di sindaco nelle società di cui all'articolo 1, comma 1, non può essere ricoperta da coloro ai quali sia stata applicata su richiesta delle parti una delle pene previste dal comma 1, lettera b), salvo il caso dell'estinzione del reato. L’articolo 3 pone in capo al consiglio di amministrazione delle società il compito di accertare la sussistenza dei requisiti previsti dagli articoli 1 e 2.

 

La mancanza dei prescritti requisiti è sanzionata con la decadenza dalla carica.

 

La disposizione rimanda al regolamento ministeriale previsto dall’articolo 148, comma 4, del TUF. Benché la disposizione richiamata sia stata integralmente sostituita dal successivo articolo 2, comma 1, lettera a), numero 4), le modificazioni apportate sono di carattere meramente formale. Permanendo in vigore il regolamento emanato con il decreto ministeriale n. 162 del 2000 (per la cui adozione fu comunque osservata la procedura prevista dall’articolo 17 comma 3, della legge n. 400 del 1988, implicita nella norma in allora vigente e ora esplicitata dalla nuova formulazione dell’articolo 148, comma 4, del TUF), l’estensione dei requisiti di onorabilità potrebbe ritenersi immediatamente applicabile (salva la disciplina speciale vigente per i settori bancario, assicurativo e dell’intermediazione finanziaria). Si renderebbe tuttavia necessario a questo proposito individuare quali tra i soggetti investiti di funzioni di direzione debbano ritenersi compresi nell’ambito di efficacia della norma.


Articolo 2
(Collegio sindacale e organi corrispondenti nei modelli dualistico e monistico)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 148:

1) al comma 1, le lettere c) e d) sono abrogate;

2) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. La CONSOB stabilisce con regolamento modalità per l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza.

2-bis. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza»;

3) al comma 3, lettera c), dopo le parole: «comune controllo» sono inserite le seguenti: «ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b)», e dopo le parole: «di natura patrimoniale» sono aggiunte le seguenti: «o professionale»;

4) i commi 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater sono sostituiti dai seguenti:

«4. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la CONSOB, la Banca d’Italia e l’ISVAP, sono stabiliti i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

4-bis. Al consiglio di sorveglianza si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3.

4-ter. Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano le disposizioni dei commi 2-bis e 3. Il rappresentante della minoranza è il membro del consiglio di amministrazione eletto ai sensi dell’articolo 147-ter, comma 3.

4-quater. Nei casi previsti dal presente articolo, la decadenza è dichiarata dal consiglio di amministrazione o, nelle società organizzate secondo i sistemi dualistico e monistico, dall’assemblea entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto. In caso di inerzia, vi provvede la CONSOB, su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o qualora abbia avuto comunque notizia dell’esistenza della causa di decadenza»;

b) dopo l’articolo 148 è inserito il seguente:

«Art. 148-bis. - (Limiti al cumulo degli incarichi). – 1. Con regolamento della CONSOB sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, possono assumere presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB stabilisce tali limiti avendo riguardo all’onerosità e alla complessità di ciascun tipo di incarico, anche in rapporto alla dimensione della società, al numero e alla dimensione delle imprese incluse nel consolidamento, nonché all’estensione e all’articolazione della sua struttura organizzativa.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2400, quarto comma, del codice civile, i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, informano la CONSOB e il pubblico, nei termini e modi prescritti dalla stessa CONSOB con il regolamento di cui al comma 1, circa gli incarichi di amministrazione e controllo da essi rivestiti presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB dichiara la decadenza dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento del numero massimo previsto dal regolamento di cui al primo periodo»;

c) all’articolo 149:

1) al comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi»;

2) al comma 4-ter, le parole: «limitatamente alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «limitatamente alle lettere c-bis) e d)»;

d) all’articolo 151:

1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 2, terzo periodo, le parole: «da almeno due membri del collegio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;

e) all’articolo 151-bis:

1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del consiglio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;

f) all’articolo 151-ter:

1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del comitato» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del comitato»;

g) all’articolo 193, comma 3, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione che commettono irregolarità nell’adempimento dei doveri previsti dall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter, ovvero omettono le comunicazioni previste dall’articolo 149, comma 3».

2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2400 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Al momento della nomina dei sindaci e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società»;

b) all’articolo 2409-quaterdecies, primo comma, dopo le parole: «2400, terzo» sono inserite le seguenti: «e quarto»;

c) all’articolo 2409-septiesdecies, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Al momento della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società».


 

 

L’articolo 2 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e nel codice civile alcune modificazioni riguardanti la composizione e i poteri dei collegi sindacali e dei corrispondenti organi di controllo nei modelli societari dualistico e monistico.

 

In particolare, il comma 1 contiene le modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria emanato con decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF) in tema di organi di controllo delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di Stati dell’Unione europea.

 

La lettera a) del comma 1 modifica l’articolo 148 del TUF, riguardante la composizione del collegio sindacale.

 

Vengono innanzitutto abrogate le lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 148, che attribuivano all’atto costitutivo della società il compito di definire i criteri e modalità per la nomina del presidente e i limiti al cumulo degli incarichi.

 

Il comma 1, nel testo risultante dalla modificazione, dispone quindi che l'atto costitutivo della società stabilisca per il collegio sindacale:

a)    il numero, non inferiore a tre, dei membri effettivi;

b)    il numero, non inferiore a due, dei membri supplenti.

 

Corrispondentemente, nella nuova formulazione del comma 2 è introdotta la disposizione secondo cui spetta alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) stabilire con regolamento le modalità per l'elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza.

 

Il comma 2, nel testo previgente, rimetteva all'atto costitutivo della società la determinazione delle clausole necessarie ad assicurare che un membro effettivo del collegio sindacale fosse eletto dalla minoranza. Nel caso di collegio formato da più di tre membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non poteva essere inferiore a due.

 

La nuova disposizione prescrive un requisito minimo di partecipazione delle minoranze alla composizione del collegio sindacale, senza pregiudicare la possibilità che, nell’esercizio dell’autonomia statutaria, la società preveda una più ampia rappresentanza di esse nell’organo di controllo. Ciò risulta anche dal successivo comma 2-bis, la cui letterale formulazione contempla l’ipotesi di una pluralità di “sindaci eletti dalla minoranza” (in tal senso anche la relazione per l’Assemblea della Camera, A.C. 2436 e abb.-A, p. 13).

 

Nello stesso articolo viene altresì inserito un nuovo comma 2-bis, a mente del quale il presidente del collegio sindacale dev’essere nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza.

 

Viene quindi integrata la formulazione della lettera c)del comma 3, prevedendosi che non possono essere eletti sindaci coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate o alle società che la controllano o a quelle sottoposte a comune controllo, ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b),da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale o professionale che ne compromettano l'indipendenza.

 

Il comma 3, nel testo previgente, stabiliva che non possono essere eletti sindaci e, se eletti, decadono dall'ufficio:

a) coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'articolo 2382 del codice civile (interdetti, inabilitati, falliti o interdetti dai pubblici uffici);

b) il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori della società, gli amministratori, il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado degli amministratori delle società da questa controllate, delle società che la controllano e di quelle sottoposte a comune controllo;

c) coloro che sono legati alla società od alle società da questa controllate od alle società che la controllano od a quelle sottoposte a comune controllo da rapporti di lavoro autonomo o subordinato ovvero da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l'indipendenza.

 

Rispetto alla precedente formulazione, la previsione di incompatibilità è estesa ai soggetti legati personalmente agli amministratori della società o ai congiunti di questi, e viene specificato che l’incompatibilità può discendere anche da rapporti di natura professionale, qualora essi siano tali da compromettere l’indipendenza nell’esercizio della funzione di controllo.

 

Vengono infine sostituiti i commi 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater dello stesso articolo 148 del TUF.

 

Il comma 4, nella precedente formulazione, demandava ad un regolamento del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la CONSOB, la Banca d'Italia e l'ISVAP, il compito di stabilire i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio sindacale.

Il comma 4-bis stabiliva che al consiglio di sorveglianza si applicassero le disposizioni di cui ai commi 1, limitatamente alla lettera d), 2 e 3, mentre il comma 4-ter rimetteva allo statuto della società la determinazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti del consiglio di sorveglianza.

Il comma 4-quater prevedeva che al comitato per il controllo sulla gestione si applicassero le disposizioni dei commi 1, limitatamente alla lettera d), 2 e 3.

 

Il nuovo comma 4 prevede che il regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la CONSOB, la Banca d'Italia e l’ISVAP, stabilisca i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri non solo del collegio sindacale, ma anche del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione, e si specifica che la mancanza dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

 

Il nuovo comma 4-bis stabilisce che al consiglio di sorveglianza delle società organizzate secondo il sistema dualistico si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3.

 

Il comma 2 (nel testo modificato dalla presente lettera) prescrive l’elezione di almeno un membro effettivo da parte della minoranza con le modalità fissate dalla CONSOB.

Il comma 3 disciplina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità per i membri del collegio sindacale.

Come avverte la relazione presentata all’Assemblea della Camera(A.C. 2436 e abb.-A, p. 13), la disposizione che attribuisce la presidenza dell’organo di controllo a un membro eletto dalla minoranza “non è estesa al consiglio di sorveglianza delle società organizzate secondo il sistema dualistico, in considerazione della peculiarità delle sue attribuzioni, che, come è noto, comprendono anche taluni poteri spettanti, negli altri modelli societari, all'assemblea”.

 

Il nuovo comma 4-ter stabilisce che al comitato per il controllo sulla gestione delle società organizzate secondo il sistema monistico si applicano le disposizioni dei commi 2-bis e 3.

 

Il comma 2-bis prevede che il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza.

Il comma 3, come sopra ricordato, determina le cause ostative all’elezione a sindaco.

 

Lo stesso comma 4-ter, infine, statuisce che il rappresentante della minoranza in seno al comitato per il controllo sulla gestione è il membro del consiglio d’amministrazione espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo con la lista risultata prima per numero di voti, secondo quanto previsto dall’articolo 147-ter, comma 3.

 

A quest’effetto, il citato articolo 147-ter, comma 3, prescrive che nelle società organizzate secondo il sistema monistico il membro espresso dalla lista di minoranza dev’essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza prescritti per la partecipazione al comitato per il controllo sulla gestione.

 

Il nuovo comma 4-quater prevede che la decadenza dei componenti dell’organo di controllo, nei casi previsti, debba essere dichiarata dal consiglio d’amministrazione o, nelle società organizzate con i sistemi dualistico e monistico, dall’assemblea entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto.

 

La disposizione che rimette all’assemblea la dichiarazione della decadenza – ancorché motivata dal particolare rapporto che intercorre fra l’organo di gestione e l’organo di sorveglianza nei sistemi dualistico e monistico – potrebbe risultare, nella pratica, di disagevole applicazione.

 

Ove alla dichiarazione di decadenza non provvedano gli organi suddetti, la decadenza è pronunziata dalla CONSOB, su richiesta degli interessati o qualora ne abbia avuto comunque notizia.

 

L’applicazione delle nuove disposizioni relative all’elezione di almeno un rappresentante delle minoranze nell’organo di controllo implica l’emanazione del previsto regolamento con cui la CONSOB ne disciplinerà le modalità. In attesa di tale adempimento, continueranno ad applicarsi le disposizioni statutarie previste al medesimo fine dalle norme precedentemente vigenti. Potrebbe per altro trovare applicazione indipendentemente da ciò la disposizione relativa alla presidenza del collegio, per la quale non sono richiesti adempimenti regolamentari né statutari[8].

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo 2 qui illustrato inserisce nel corpo del TUF, dopo l'articolo 148, un articolo 148-bis, concernente i limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo possono assumere.

 

L’espressione "organi di controllo", impiegata nei sopra citati commi 1 e 2 del nuovo articolo 148-bis[9], designa collettivamente – come nell’articolo 2391-bis del codice civile e nella rubrica premessa alla sezione V del capo II del titolo III della parte IV del TUF – il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione, che in altre disposizioni del medesimo testo unico sono elencati per esteso.

 

Il fine della disposizione è esplicitato dalla relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 14), secondo cui “mentre (...) l'idoneità professionale dei soggetti cui sono attribuiti gli incarichi d'amministrazione attiene all'interesse della società, (...) per quanto riguarda i titolari degli incarichi di controllo ricorre anche un interesse pubblico affinché la scelta cada su soggetti cui l'eccesso di occupazioni non impedisca di adempiere effettivamente alle funzioni di controllo, le quali costituiscono presidio per la correttezza e la legalità della gestione societaria”. Si sono quindi introdotti limiti al cumulo nei riguardi dei componenti degli organi di controllo delle sole società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante, in quanto la presenza sul mercato del capitale di rischio “accresce l'interesse pubblico a garantire la correttezza della loro gestione”. Per il computo è preso invece in considerazione il complesso degli incarichi – sia di controllo, sia anche di amministrazione – assunti non solo presso le società che fanno ricorso al mercato, bensì presso tutte le società di capitali, “in quanto la molteplicità degli incarichi è comunque suscettibile di incidere negativamente sul tempo e sull'impegno che viene dedicato al loro assolvimento”.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 148-bisdemanda a un regolamento della CONSOB il compito di stabilire limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo delle società con azioni quotate in mercati regolamentati, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116, possono assumere presso tutte le società indicate nel libro V, titolo V, capi V (società per azioni), VI (società in accomandita per azioni) e VII (società a responsabilità limitata), del codice civile, ossia presso tutte le società di capitali.

 

Il richiamato articolo 116 del TUF dispone l’applicazione degli articoli 114 e 115 anche agli emittenti strumenti finanziari che, ancorché non quotati in mercati regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante. La CONSOB stabilisce con regolamento i criteri per l'individuazione di tali emittenti e può dispensare, in tutto o in parte, dall'osservanza degli obblighi previsti dai predetti articoli gli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione europea o in mercati di paesi extracomunitari, in considerazione degli obblighi informativi a cui sono tenuti in forza della quotazione.

 

I predetti limiti dovranno essere stabiliti dalla CONSOB tenuto conto dell'onerosità e della complessità di ciascun tipo d'incarico, anche in rapporto ai seguenti fattori:

a)    dimensione della società;

b)    numero e dimensione delle imprese incluse nel consolidamento;

c)    estensione e articolazione della struttura organizzativa.

Il comma 2 del nuovo articolo 148-bis, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2400, quarto comma, del codice civile, impone ai componenti degli organi di controllo l’obbligo di informare la CONSOB e il pubblico, nei termini e modi previsti dalla stessa Autorità, sugli incarichi di amministrazione e controllo da essi rivestiti presso tutte le società.

 

La disposizione, secondo quanto dichiarato nella relazione presentata per l’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 15), ha lo scopo di consentire un efficace controllo sull’applicazione della norma, ad esempio permettendo all’autorità di vigilanza di formare in base alle comunicazioni pervenute un'anagrafe degli incarichi a questo fine rilevanti. Essa completa, limitatamente agli emittenti quotati, l’obbligo d’informazione nei riguardi dell’assemblea, stabilito dal comma 2 del presente articolo a carico dei titolari degli organi di controllo presso tutte le società per azioni.

 

La violazione di tale obbligo è sanzionata dal nuovo comma 3-bis dell’articolo 193 del TUF (introdotto dall’articolo 37 della presente legge), che punisce con sanzione amministrativa – salvo che il fatto costituisca reato – l’omessa comunicazione degli incarichi di componente degli organi di amministrazione e controllo.

Si prevede quindi che sia la CONSOB a dover dichiarare la decadenza dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento del numero massimo previsto in via regolamentare.

 

L’applicazione delle descritte disposizioni relative alla limitazione del cumulo degli incarichi e alla loro comunicazione alla CONSOB è condizionata all’emanazione del previsto regolamento da parte dell’autorità di vigilanza.

 

La lettera c) del comma 1 dell’articolo 2 qui illustrato modifica l’articolo 149 del TUF, riguardante i doveri del collegio sindacale.

 

Secondo il comma 1 di tale articolo, nel testo previgente, il collegio sindacale vigila:

a)    sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo;

b)    sul rispetto dei princìpi di corretta amministrazione;

c)    sull'adeguatezza della struttura organizzativa della società per gli aspetti di competenza, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile nonché sull'affidabilità di quest'ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione;

d) sull'adeguatezza delle disposizioni impartite dalla società alle società controllate ai sensi dell'articolo 114, comma 2.

Secondo il comma 2, i membri del collegio sindacale assistono alle assemblee e alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo. I sindaci, che non assistono senza giustificato motivo alle assemblee o, durante un esercizio sociale, a due adunanze del consiglio d'amministrazione o del comitato esecutivo, decadono dall'ufficio.

Ai sensi del comma 3, il collegio sindacale comunica senza indugio alla CONSOB le irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza e trasmette i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione.

Il comma 4 prevede che il comma 3 non si applica alle società con azioni quotate solo in mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione europea.

Il comma 4-bis stabilisce che al consiglio di sorveglianza si applicano i commi 1, 3 e 4. Il secondo periodo prescrive che almeno un componente del consiglio di sorveglianza partecipi alle riunioni del consiglio di gestione.

Il comma 4-ter prevede che al comitato per il controllo sulla gestione si applicano i commi 1, limitatamente alla lettera d), 3 e 4.

 

A séguito delle modifiche, il collegio sindacale è chiamato ora a vigilare, comma 1, lettera c-bis), anche sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi.

Conseguentemente all’aggiunta della lettera c-bis) al comma 1, la stessa viene anche richiamata al comma 4-ter: il predetto obbligo di vigilanza è pertanto esteso anche al comitato per il controllo sulla gestione.

 

La lettera d) del comma 1 dell’articolo 2 qui illustrato modifica l’articolo 151 del TUF, riguardante i poteri dei sindaci.

 

L’articolo 151 del TUF, nella precedente formulazione, prevede, al comma 1, che i sindaci possono, anche individualmente, procedere in qualsiasi momento ad atti di ispezione e di controllo, nonché chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.

Il comma 2 dispone che il collegio sindacale può scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all'andamento generale dell'attività sociale. Può altresì, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, convocare l'assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione od il comitato esecutivo ed avvalersi di dipendenti della società per l'espletamento delle proprie funzioni. I poteri di convocazione e di richiesta di collaborazione possono essere esercitati anche da almeno due membri del collegio.

 

Le modificazioni apportate al comma 1 facoltizzano il collegio sindacale a rivolgere le richieste d’informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate.

Inoltre, è introdotta nel comma 2 la disposizione secondo cui i poteri di convocazione possono essere esercitati non più da almeno due membri del collegio, bensì individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, per il cui esercizio continua ad essere richiesto l’accordo di almeno due membri.

 

La lettera e) del comma 1 dell’articolo 2 qui illustrato modifica l’articolo 151-bis del TUF, in materia di poteri del consiglio di sorveglianza.

 

Secondo il comma 1 di tale articolo, nel testo previgente, i componenti del consiglio di sorveglianza possono, anche individualmente, chiedere notizie ai consiglieri di gestione, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari. Le notizie sono fornite a tutti i componenti del consiglio di sorveglianza.

Il comma 2 prevede che i componenti del consiglio di sorveglianza possono, anche individualmente, chiedere al presidente la convocazione dell'organo, indicando gli argomenti da trattare. La riunione deve essere convocata senza ritardo, salvo che vi ostino ragioni tempestivamente comunicate al richiedente e illustrate al consiglio alla prima riunione successiva.

Ai sensi del comma 3 il consiglio di sorveglianza può, previa comunicazione al presidente del consiglio di gestione, convocare l'assemblea dei soci, il consiglio di gestione ed avvalersi di dipendenti della società per l'espletamento delle proprie funzioni. I poteri di convocazione e di richiesta di collaborazione possono essere esercitati anche da almeno due membri del consiglio.

Il comma 4 prevede che il consiglio di sorveglianza, o un componente dello stesso appositamente delegato, può procedere in qualsiasi momento ad atti d'ispezione e di controllo nonché scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all'andamento generale dell'attività sociale.

 

Le modifiche apportate – in armonia con quanto disposto nella lettera precedente circa i poteri del collegio sindacale – consentono ai componenti del consiglio di sorveglianza di rivolgere le richieste d’informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate.

Inoltre, i poteri di convocazione possono essere esercitati non più da almeno due membri del consiglio, bensì anche individualmente da ciascun membro del consiglio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che rimane subordinato all’accordo di almeno due membri.

 

La lettera f)modifica l’articolo 151-ter del TUF, in materia di poteri del comitato per il controllo sulla gestione, in modo simile a quanto disposto circa i corrispondenti poteri d’informazione e di convocazione dei membri degli organi di controllo nei sistemi tradizionale e dualistico.

 

Come già nel sistema previgente, non è tuttavia contemplato il potere di convocazione dell’assemblea da parte del comitato per il controllo sulla gestione[10].

 

La lettera g)modifica la lettera a) del comma 3 dell’articolo 193 del TUF, relativo agli obblighi di informazione societaria e ai doveri dei sindaci e delle società di revisione.

 

Il comma 1 dell’articolo 193 del TUF (come sostituito dall’articolo 14, comma 1, lettera q), della presente legge) stabilisce che nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l'inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest'ultima.

Il comma 1-bis assoggetta alla sanzione indicata al comma 1 coloro i quali esercitano funzioni di amministrazione, di direzione e di controllo presso le società e gli enti che svolgono le attività indicate all'articolo 114, commi 8 e 11 (produzione o diffusione di ricerche, valutazioni o raccomandazioni di strategie d’investimento, ovvero diffusione di dati o statistiche idonei a influire sui prezzi degli strumenti finanziari), nonché i loro dipendenti, e i soggetti indicati nell'articolo 114, comma 7, in caso di inosservanza delle disposizioni ivi previste nonché di quelle di attuazione emanate dalla CONSOB.

Il comma 1-ter commina la stessa sanzione prevista dal comma 1 in caso di inosservanza delle disposizioni previste dall'articolo 114, commi 8 e 11, e di quelle di attuazione emanate dalla CONSOB, nei confronti della persona fisica che svolge le attività indicate nel comma 1-bis, nonché nei confronti della persona fisica che svolge l'attività di giornalista quando non ricorra la causa di esenzione prevista dall'articolo 114, comma 10 (sottoposizione a equivalenti norme di autoregolamentazione).

Ai sensi del comma 2, l'omissione delle comunicazioni delle partecipazioni rilevanti e dei patti parasociali previste rispettivamente dagli articoli 120, commi 2, 3 e 4, e 122, commi 1 e 2 e 5, nonché la violazione dei divieti previsti dall'articolo 120, comma 5, 121, commi 1 e 3, e 122, comma 4, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro venticinquemila ad euro duemilionicinquecentomila (così aumentata a norma dell’articolo 39, comma 3, della presente legge).

Il comma 3, nel testo previgente, stabilisce che la sanzione indicata nel comma 2 si applica:

a) ai sindaci che omettono le comunicazioni previste dall'articolo 149, comma 3;

b) agli amministratori delle società di revisione che violano le disposizioni contenute nell'articolo 162, comma 3.

Infine, il comma 3-bis (come da ultimo sostituito dall’articolo 37, comma 1, della presente legge) dispone che, salvo che il fatto costituisca reato, i componenti degli organi di controllo, i quali omettano di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni di cui all'articolo 148-bis, comma 2, sono puniti con la sanzione amministrativa in misura pari al doppio della retribuzione annuale prevista per l'incarico relativamente al quale è stata omessa la comunicazione. È aggiunta la sanzione accessoria della decadenza dall'incarico.

 

A seguito della modifica, la sanzione indicata nel comma 2 si applica ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo della gestione che commettono irregolarità nell’adempimento dei doveri previsti dall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter (doveri di vigilanza) ovvero omettono le comunicazioni previste dall’articolo 149, comma 3 (tempestiva comunicazione delle irregolarità riscontrate alla CONSOB).

 

Il comma 2 dell’articolo 2 qui illustrato apporta una serie di modifiche al codice civile.

 

La lettera a) aggiunge in fine all’articolo 2400 un quarto comma a mente del quale, al momento della nomina dei sindaci e prima dell'accettazione dell'incarico, devono essere resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società.

Di conseguenza, nel primo comma dell’articolo 2409-quaterdecies, che enumera le norme applicabili al consiglio di sorveglianza, la lettera b) aggiunge il richiamo al nuovo quarto comma dell’articolo 2440 del codice civile sopra descritto.

Infine, la lettera c) interviene sull’articolo 2409-septiesdecies, relativo al consiglio di amministrazione nelle società organizzate secondo il sistema monistico, aggiungendo un terzo comma a tenore del quale, al momento della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima dell'accettazione dell'incarico, devono essere resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società.

 

Come è rilevato nella relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 15), gli obblighi di comunicazione introdotti per tutte le società (diversamente da quelli indicati nel comma 1, riferentisi alle sole società con azioni quotate) hanno lo scopo di” consentire all'assemblea di valutare l'idoneità del soggetto rispetto al cumulo degli incarichi rivestiti (e, incidentalmente, di conoscere relazioni con altri soggetti che possano configurare situazioni di conflitto)”. La stessa relazione specifica – con riferimento alla formulazione impersonale della disposizione («sono resi noti») – che si è inteso considerare “l'eventualità che il soggetto interessato non sia personalmente presente all'assemblea, e che quindi la comunicazione possa venir resa mediante la presentazione di un documento scritto o per il tramite di altra persona”.

 

Le disposizioni riguardanti i nuovi doveri e poteri degli organi di controllo e dei loro componenti (lettere da c) a f) del comma 1 e comma 2) e la norma sanzionatoria (lettera g) del comma 1), non presupponendo modificazioni statutarie da parte delle società, sono applicabili dalla data di entrata in vigore della presente legge[11].


Articolo 3
(Azione di responsabilità)

 


1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2393:

1) dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«L’azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti»;

2) il quarto comma è sostituito dal seguente:

«La deliberazione dell’azione di responsabilità importa la revoca dall’ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l’assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori»;

b) all’articolo 2393-bis, secondo comma, le parole: «un ventesimo» sono sostituite dalle seguenti: «un quarantesimo»;

c) all’articolo 2409-duodecies, quinto comma, le parole: «dal quarto comma dell’articolo 2393» sono sostituite dalle seguenti: «dal quinto comma dell’articolo 2393».

2. All’articolo 145, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le parole: «2393, quarto e quinto comma» sono sostituite dalle seguenti: «2393, quinto e sesto comma».


 

 

L’articolo 3 apporta alcune modifiche alla disciplina dell’azione sociale di responsabilità nei riguardi degli amministratori. La potestà di promuoverla è attribuita anche al collegio sindacale, con la maggioranza dei due terzi dei componenti. Viene altresì ridotto a un quarantesimo del capitale il limite per il promovimento dell’azione di responsabilità da parte dei soci nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio.

A quest’effetto sono modificati gli articoli 2393 e 2393-bis del codice civile e sono apportate modificazioni di coordinamento al medesimo codice e al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

Secondo l’articolo 2393 del codice civile, l'azione sociale di responsabilità contro gli amministratori è promossa in seguito a deliberazione dell'assemblea, anche se la società è in liquidazione.

La deliberazione concernente la responsabilità degli amministratori può essere presa in occasione della discussione del bilancio, anche se non è indicata nell'elenco delle materie da trattare, quando si tratta di fatti di competenza dell'esercizio cui si riferisce il bilancio.

L'azione può essere esercitata entro cinque anni dalla cessazione dell'amministratore dalla carica.

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa provvede alla loro sostituzione.

La società può rinunziare all'esercizio dell'azione di responsabilità e può transigere, purché la rinunzia e la transazione siano approvate con espressa deliberazione dell'assemblea, e purché non vi sia il voto contrario di una minoranza di soci che rappresenti almeno il quinto del capitale sociale o, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, almeno un ventesimo del capitale sociale, ovvero la misura prevista nello statuto per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilità ai sensi dei commi primo e secondo dell’articolo 2393-bis.

Secondo l’articolo 2393-bisdel codice civile, l'azione sociale di responsabilità può essere esercitata anche dai soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale o la diversa misura prevista nello statuto, comunque non superiore al terzo.

La società dev’essere chiamata in giudizio e l'atto di citazione è ad essa notificato anche in persona del presidente del collegio sindacale.

I soci che intendono promuovere l'azione nominano, a maggioranza del capitale posseduto, uno o più rappresentanti comuni per l'esercizio dell'azione e per il compimento degli atti conseguenti.

In caso di accoglimento della domanda, la società rimborsa agli attori le spese del giudizio e quelle sopportate nell'accertamento dei fatti che il giudice non abbia posto a carico dei soccombenti o che non sia possibile recuperare a seguito della loro escussione.

I soci che hanno agito possono rinunciare all'azione o transigerla; ogni corrispettivo per la rinuncia o transazione deve andare a vantaggio della società.

Il secondo comma dell’articolo 2393-bis, modificato dal presente articolo (lettera b) del comma 1: si veda sotto), disponeva che, nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, la predetta azione di responsabilità potesse essere esercitata dai soci i quali rappresentassero un ventesimo del capitale sociale o la minore misura prevista nello statuto.

 

La lettera a) del comma 1, al numero 1), aggiunge all’articolo 2393 del codice civile, dopo il secondo comma, un comma ulteriore, a mente del quale l’azione di responsabilitàpuò anche essere promossa mediante deliberazione del collegio sindacale (e non soltanto, quindi, mediante deliberazione dell’assemblea).

Tale deliberazione deve essere assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti il collegio.

 

Il numero 2) della medesima lettera a) sostituisce il quarto comma dell’articolo 2393 del codice civile.

Secondo la nuova formulazione, la revoca degli amministratori dall’ufficio consegue di diritto nel caso di azione di responsabilità deliberata dall’assemblea con il voto favorevole di un quinto del capitale sociale.

 

Come risulta dal confronto, il testo così modificato ha carattere meramente confermativo del previgente disposto del codice civile[12]:

 

 

Articolo 2393, quarto comma, del codice civile

Testo modificato

Testo previgente

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l'assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori.

La deliberazione dell'azione di responsabilità importa la revoca dall'ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa col voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso l'assemblea stessa provvede alla loro sostituzione.

 

 

La lettera b) del comma 1, modificando il secondo comma dell’articolo 2393-bis, riduce il quorum necessario per l’esercizio dell’azione di responsabilità da parte dei soci delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio (cioè le società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante).

Tale quorum passa così dalla precedente misura di un ventesimo a quella di un quarantesimo del capitale sociale.

Viene comunque fatta salva la possibilità che lo statuto della società preveda una misura inferiore.

 

Poiché l’articolo 2393 del codice civile, al quinto comma, esclude la rinunzia all’azione di responsabilità o la transazione nel caso in cui vi sia il voto contrario di soci che rappresentino determinate quote di capitale, stabilite con espresso riferimento alle misure previste per l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte dei soci, sarebbe stato coerente con esigenze di sistematica modificare anche quella disposizione sostituendo la misura di un ventesimo, ivi indicata, con quella di un quarantesimo del capitale sociale.

 

La lettera c) del comma 1, modificando il quinto comma dell'articolo 2409-duodecies del codice civile, vi sostituisce il riferimento al quarto comma dell'articolo 2393 con il riferimento al quinto comma dello stesso articolo. Con questa modificazione, di carattere meramente formale, si adegua il richiamo normativo a seguito dell’inserimento del nuovo terzo comma, operato dalla precedente lettera a), nel citato articolo 2393 del codice civile.

 

Il quinto comma dell'articolo 2409-duodecies del codice civile prevede che i componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo con deliberazione adottata con la maggioranza prevista dal quarto (ora: quinto) comma dell'articolo 2393, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa. L’indicata maggioranza è quella di almeno un quinto del capitale sociale.

 

Il comma 2modifica l'articolo 145, comma 6, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sostituendo i riferimenti ai commi quarto e quinto dell’articolo 2393 con i riferimenti aggiornati ai commi quinto e sesto dell’articolo medesimo (in conseguenza dell’inserimento del nuovo terzo comma, come illustrato sopra).

 

Il sesto comma dell’articolo 145 del TUF, recante norme in tema di emissioni delle azioni, stabilisce che della parte di capitale sociale rappresentata da azioni di risparmio non si tiene conto ai fini della costituzione dell'assemblea e della validità delle deliberazioni, né per il calcolo delle aliquote stabilite dagli articoli 2367, 2393, quarto e quinto (ora: quinto e sesto) comma, 2393-bis, 2408, secondo comma e 2409, primo comma, del codice civile.

 

Le disposizioni del presente articolo, non presupponendo modificazioni statutarie da parte delle società, sono applicabili dalla data di entrata in vigore della presente legge.


Articolo 4
(Delega di voto)

 

1. All’articolo 139, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le parole: «La CONSOB può stabilire» sono sostituite dalle seguenti: «La CONSOB stabilisce».

 

 

L’articolo 4, nell’ambito di misure volte ad agevolare la partecipazione delle minoranze alla formazione delle decisioni dell’assemblea dei soci delle società con azioni quotate, reca modifiche all’articolo 139 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

 

Il richiamato articolo 139 del TUF, in materia di requisiti del committenteche può sollecitare il conferimento di deleghe di voto, stabilisce che tale soggetto deve possedere azioni che gli consentano l'esercizio del diritto di voto nell'assemblea per la quale è richiesta la delega in misura almeno pari all'1 per cento del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto nella stessa e deve risultare iscritto da almeno sei mesi nel libro dei soci per la medesima quantità di azioni.

Secondo la formulazione precedente alla modifica qui illustrata, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) poteva stabilire percentuali di capitale inferiori per le società a elevata capitalizzazione e ad azionariato particolarmente diffuso.

Il comma 2 specifica poi che per le società di gestione del risparmio e per i soggetti abilitati alla istituzione di fondi pensione si tiene conto anche delle azioni di pertinenza dei fondi per conto dei quali essi esercitano il diritto di voto.

 

La modificazione recata dal presente articolo rende obbligatoria la determinazione di misure di capitale inferiori da parte della CONSOB nel caso di società a elevata capitalizzazione e ad azionariato particolarmente diffuso, al fine di favorire appunto la sollecitazione del conferimento di deleghe di voto.

 

Attualmente, la delibera CONSOB n. 12317 del 12 gennaio 2000 stabilisce che la suddetta percentuale di capitale sociale sia ridotta allo 0,5 per cento per il 20 per cento delle società con azioni quotate a più elevato valore corrente di mercato della quota del capitale diffusa tra il pubblico.

Per l’applicazione della disposizione è stabilito che la Commissione, con cadenza almeno semestrale, renda noto, tramite apposita comunicazione, l'elenco delle società quotate per le quali, in base al suddetto criterio, si applica la medesima delibera.


Articolo 5
(Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)

 


1. Dopo l’articolo 126 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

 «Art. 126-bis. - (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea). – 1. I soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti da essi proposti.

2. Delle integrazioni all’elenco delle materie che l’assemblea dovrà trattare a seguito delle richieste di cui al comma 1 è data notizia, nelle stesse forme prescritte per la pubblicazione dell’avviso di convocazione, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l’assemblea.

3. L’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, ai sensi del comma 1, non è ammessa per gli argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta».


 

 

L’articolo 5 inserisce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, un nuovo articolo 126-bis, che conferisce a una minoranza qualificata la facoltà di chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 126-bis del TUF facoltizza i soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale a richiedere l'integrazione dell'elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti che intendono proporre.

La richiesta deve pervenire entro cinque giorni dalla pubblicazione dell'avviso di convocazione dell'assemblea.

Il comma 2 stabilisce che di tali integrazioni all’ordine del giorno deve esser data notizia ai soci almeno dieci giorni prima di quello fissato per l'assemblea.

La notizia va fornita nelle stesse forme prescritte per la pubblicazione dell'avviso di convocazione.

 

Ai sensi dell’articolo 2366 del codice civile, l'assemblea è convocata dagli amministratori o dal consiglio di gestione mediante avviso contenente l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo dell'adunanza e l'elenco delle materie da trattare. L'avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica o in almeno un quotidiano indicato nello statuto almeno quindici giorni prima di quello fissato per l'assemblea. Se i quotidiani indicati nello statuto hanno cessato le pubblicazioni, l'avviso deve essere pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può, in deroga al comma precedente, consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell'assemblea. In mancanza delle formalità suddette, l'assemblea si reputa regolarmente costituita, quando è rappresentato l'intero capitale sociale e partecipa all'assemblea la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo. Tuttavia in tale ipotesi ciascuno dei partecipanti può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato. In tale ipotesi, dovrà essere data tempestiva comunicazione delle deliberazioni assunte ai componenti degli organi amministrativi e di controllo non presenti.

 

I termini relativi al procedimento di convocazione dell’assemblea risulterebbero pertanto i seguenti:

 

Art. 2366, secondo comma, cod. civ.

Pubblicazione dell’avviso di convocazione nella Gazzetta ufficiale o in almeno un quotidiano indicato nello statuto

almeno 15 giorni

prima di quello fissato per l’assemblea

Art. 126-bis, co. 1, TUF (introdotto dal presente articolo)

Richiesta di integrazione dell’ordine del giorno

entro 5 giorni

dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione

(ossia 10 giorni prima di quello fissato per l’assemblea, in caso di pubblicazione dell’avviso nell’ultimo giorno utile previsto dall’art. 2366 cod. civ.)

Art. 126-bis, co. 2, TUF (introdotto dal presente articolo)

Pubblicazione delle integrazioni richieste

almeno 10 giorni

prima di quello fissato per l’assemblea

 

 

Nel caso di pubblicazione dell’avviso di convocazione nell’ultimo giorno utile previsto dall’articolo 2366 del codice civile, il termine per la presentazione di richieste d’integrazione da parte dei soci coincide con il termine per la pubblicazione delle richieste medesime. Nella pratica, risulterà quindi necessario che le formalità di convocazione siano eseguite con sufficiente anticipo rispetto al termine ultimo stabilito dalla legge.

 

Il comma 3 vieta che l'elenco delle materie da trattare possa essere integrato nelle forme sopra descritte con argomenti sui quali l'assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta.

La disposizione è coerente con quanto previsto dall’articolo 2367, terzo comma, del codice civile per la richiesta di convocazione dell’assemblea da parte dei soci.

 

Ai sensi del richiamato articolo 2367 del codice civile, gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza ritardo l'assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto, e nella domanda sono indicati gli argomenti da trattare.

Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell'assemblea, designando la persona che deve presiederla.

Il terzo comma dispone, in particolare, che la convocazione su richiesta di soci non è ammessa per argomenti sui quali l'assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta.

 

Le disposizioni del presente articolo, non presupponendo modificazioni statutarie da parte delle società, sono applicabili dalla data di entrata in vigore della presente legge[13].

 

È in corso presso le istituzioni dell’Unione europea l’esame di una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’esercizio dei diritti di voto da parte degli azionisti di società aventi la sede legale in uno Stato membro e le cui azioni sono ammesse alla negoziazione su un mercato regolamentato (COD (2005) 0265, trasmesso al Consiglio il 5 gennaio 2006: COM/2005/0685 def).

Lo schema predisposto, all’articolo 5, disciplina i termini e il contenuto dell’avviso di convocazione dell’assemblea generale, prevedendo fra l’altro che, salvo l’articolo 9, paragrafo 4, della direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, l’avviso di prima convocazione dell’assemblea generale debba essere inviato dall’emittente almeno trenta giorni prima dell’assemblea.

L’articolo 6 riconosce agli azionisti, che agiscano individualmente o collettivamente, il diritto di aggiungere punti all’ordine del giorno delle assemblee generali e di presentare a tali assemblee progetti di risoluzioni. Qualora tali diritti siano subordinati alla condizione per cui l’azionista o gli azionisti in questione detengano una partecipazione minima nel capitale azionario dell’emittente, tale partecipazione minima non può superare l’importo più basso tra il 5 per cento del capitale azionario dell’emittente e un valore nominale di 10 milioni di euro. I predetti diritti debbono essere esercitati con sufficiente anticipo rispetto alla data dell’assemblea generale per consentire agli altri azionisti di ricevere l’ordine del giorno modificato e le risoluzioni proposte o di avere accesso a tali documenti prima dell’assemblea generale.


Articolo 6
(Trasparenza delle società estere)

 


1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 165-bis, introdotto dall’articolo 18, comma 1, lettera h), della presente legge, è aggiunta la seguente sezione:

«Sezione VI-bis.

Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria.

Art. 165-ter. - (Ambito di applicazione). – 1. Sono soggette alle disposizioni contenute nella presente sezione le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllino società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società, nonché le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, le quali siano collegate alle suddette società estere o siano da queste controllate.

2. Si applicano le nozioni di controllo previste dall’articolo 93 e quelle di collegamento previste dall’articolo 2359, terzo comma, del codice civile.

3. Gli Stati di cui al comma 1 sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:

a) per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle società:

1) mancanza di forme di pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché delle successive modificazioni di esso;

2) mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi creditori, per la costituzione delle società, nonché della previsione di scioglimento in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un termine definito;

3) mancanza di norme che garantiscano l’effettività e l’integrità del capitale sociale sottoscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura o crediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;

4) mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a ciò abilitati da specifiche disposizioni di legge, circa la conformità degli atti di cui al numero 1) alle condizioni richieste per la costituzione delle società;

b) per quanto riguarda la struttura delle società, mancanza della previsione di un organo di controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno all’organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sulla contabilità, sul bilancio e sull’assetto organizzativo della società, e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza;

c) per quanto riguarda il bilancio di esercizio:

1) mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente almeno il conto economico e lo stato patrimoniale, con l’osservanza dei seguenti princìpi:

1.1) rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell’esercizio;

1.2) illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto economico e dello stato patrimoniale;

2) mancanza dell’obbligo di deposito, presso un organo amministrativo o giudiziario, del bilancio, redatto secondo i princìpi di cui al numero 1);

3) mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilità e il bilancio delle società a verifica da parte dell’organo o del comitato di controllo di cui alla lettera b) ovvero di un revisore legale dei conti;

d) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale impedisce o limita l’operatività della società stessa sul proprio territorio;

e) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale esclude il risarcimento dei danni arrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consente che tale clausola sia contenuta negli atti costitutivi delle società o in altri strumenti negoziali;

f) mancata previsione di un’adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell’attività sociale dopo l’insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;

g) mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che falsificano la contabilità e i bilanci.

4. Con i decreti del Ministro della giustizia, di cui al comma 3, possono essere individuati, in relazione alle forme e alle discipline societarie previste in ordinamenti stranieri, criteri equivalenti in base ai quali possano considerarsi soddisfatti i requisiti di trasparenza e di idoneità patrimoniale e organizzativa determinati nel presente articolo.

5. I decreti di cui al comma 3 possono individuare Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi con riguardo ai profili indicati alle lettere b), c) e g) del medesimo comma 3.

6. Con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali è consentito alle società italiane di cui all’articolo 119 e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati di cui al comma 5. A tal fine sono prese in considerazione le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.

7. In caso di inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6, la CONSOB può denunziare i fatti al tribunale ai fini dell’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.

Art. 165-quater. - (Obblighi delle società italiane controllanti). – 1. Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, allegano al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato, qualora siano tenute a predisporlo, il bilancio della società estera controllata, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane o secondo i princìpi contabili internazionalmente riconosciuti.

2. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoscritto dagli organi di amministrazione, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima, che attestano la veridicità e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Al bilancio della società italiana è altresì allegato il parere espresso dall’organo di controllo della medesima sul bilancio della società estera controllata.

3. Il bilancio della società italiana controllante è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

4. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoposto a revisione ai sensi dell’articolo 165 da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana; ove la suddetta società di revisione non operi nello Stato in cui ha sede la società estera controllata, deve avvalersi di altra idonea società di revisione, assumendo la responsabilità dell’operato di quest’ultima. Ove la società italiana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una società di revisione, deve comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della società estera controllata.

5. Il bilancio della società estera controllata, sottoscritto ai sensi del comma 2, con la relazione, i pareri ad esso allegati e il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione ai sensi del comma 4, sono trasmessi alla CONSOB.

Art. 165-quinquies. - (Obblighi delle società italiane collegate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali siano collegate a società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera collegata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

Art. 165-sexies. - (Obblighi delle società italiane controllate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, le quali siano controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllante, nonché le società da essa controllate o ad essa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.

Art. 165-septies. - (Poteri della CONSOB e disposizioni di attuazione). – 1. La CONSOB esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115, con le finalità indicate dall’articolo 91, nei riguardi delle società italiane di cui alla presente sezione. Per accertare l’osservanza degli obblighi di cui alla presente sezione da parte delle società italiane, può esercitare i medesimi poteri nei riguardi delle società estere, previo consenso delle competenti autorità straniere, o chiedere l’assistenza o la collaborazione di queste ultime, anche sulla base di accordi di cooperazione con esse.

2. La CONSOB emana, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione della presente sezione».

2. Dopo l’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 193-bis. – (Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria).1. Coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera di cui all’articolo 165-quater, comma 2, le relazioni e i pareri di cui agli articoli 165-quater, commi 2 e 3, 165-quinquies, comma 1, e 165-sexies, comma 1, e coloro che esercitano la revisione ai sensi dell’articolo 165-quater, comma 4, sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi derivanti dall’esercizio dei poteri attribuiti alla CONSOB dall’articolo 165-septies, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 193, comma 1».


 

 

L’articolo 6 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, una specifica disciplina sui rapporti tra società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante e società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria (cosiddetti “paradisi legali”).

 

In particolare, sono stabiliti criteri per l’individuazione degli Stati esteri i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza societaria, e sono determinati gli obblighi delle società italiane che, rispettivamente, controllino società aventi sede in tali Stati, siano collegate ad esse o ne siano controllate. È prescritta in tutti i casi una relazione sui rapporti intercorrenti fra esse. Qualora la società controllante sia italiana, è prevista inoltre l’allegazione dei bilanci delle controllate al bilancio della società italiana controllante, la sottoscrizione da parte degli amministratori di quest’ultima, il parere del suo organo di controllo e la revisione da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana. Sono disciplinati i poteri di controllo della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), le responsabilità e le conseguenti sanzioni.

 

La disciplina è diretta ad assicurare la trasparenza delle indicate società estere che sono controllate da società italiane, le controllano o sono ad esse collegate: con ciò – secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 17) – si è inteso “prevenire la possibilità che attraverso queste entità vengano occultati l'effettivo assetto proprietario o le reali condizioni patrimoniali e finanziarie di società italiane o dei gruppi ai quali esse facciano capo, o che comunque esse siano impiegate per rendere disagevole la conoscenza di informazioni rilevanti per il pubblico, in violazione delle regole di trasparenza cui sono tenute le società nazionali”.

 

Il comma 1 introduce nel predetto testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, al titolo III, capo II, dopo l’articolo 165-bis (inserito dall’articolo 18, comma 1, lettera h), della presente legge), la sezione VI-bis, riguardante i rapporti tra società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante e società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria.

 

In particolare, l’ambito di applicazione della nuova disciplina è individuato dal nuovo articolo 165-ter del TUF, il cui comma 1 che assoggetta ad essa le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119 del TUF, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116 del TUF, che controllano società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società.

 

Con riguardo alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, si ricorda che è la CONSOB a stabilire con regolamento, ai sensi del richiamato articolo 116 del TUF, i criteri per l'individuazione di tali emittenti e può dispensare, in tutto o in parte, dall'osservanza degli obblighi previsti dai predetti articoli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione europea o in mercati di paesi extracomunitari, in considerazione degli obblighi informativi a cui sono tenuti in forza della quotazione.

A norma dell’articolo 2-bis del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti, adottato dalla CONSOB con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999, sono emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani i quali, contestualmente:

a) abbiano azionisti diversi dai soci di controllo in numero superiore a 200 che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5 per cento;

b) non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell'articolo 2435-bis, primo comma, del codice civile.

I predetti limiti si considerano superati soltanto se le azioni, alternativamente:

-       abbiano costituito oggetto di una sollecitazione all'investimento o corrispettivo di un'offerta pubblica di scambio;

-       abbiano costituito oggetto di un collocamento, in qualsiasi forma realizzato, anche rivolto a soli investitori professionali come definiti ai sensi dell'articolo 100 del TUF;

-       siano negoziate su sistemi di scambi organizzati con il consenso dell'emittente o del socio di controllo;

-       siano emesse da banche e siano acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipendenze.

Non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento di un bene o di un servizio da parte dei soci.

Sono emittenti obbligazioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani dotati di un patrimonio netto non inferiore a cinque milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a duecento.

 

Vengono inoltre assoggettate alla nuova disciplina le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, che risultino collegate alle suddette società estere o siano da queste controllate. A questo fine, il comma 2 fa rinvio alla nozione di controllo definita dall’articolo 93 del TUF - più ampia rispetto a quella del codice civile, com’è rilevato nella relazione presentata dalle Commissioni all’Assemblea del Senato (A.S. 3328-A) - e alla nozione di collegamento determinata dall’articolo 2359 del codice civile.

 

L’articolo 93 del TUF stabilisce che sono considerate imprese controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile (si veda sotto), anche:

a) le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

b) le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

Si considerano a quest’effetto anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.

 

Ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

A norma del comma 3, gli Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di una serie di criteri.

 

In particolare, per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle società, sono indicati:

1) la mancanza di forme di pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché delle successive modificazioni di esso;

2) la mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi creditori, per la costituzione delle società, nonché della previsione di scioglimento in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un termine definito;

3) la mancanza di norme che garantiscano l’effettività e l’integrità del capitale sociale sottoscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura o crediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;

4) la mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a ciò abilitati dalla legge, circa la conformità dell’atto costitutivo e dello statuto alle condizioni richieste per la costituzione delle società.

Con riguardo alla struttura delle società, rileva la mancata previsione di un organo di controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno all'organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sulla contabilità, sul bilancio e sull'assetto organizzativo della società, e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.

Con riguardo al bilancio d’esercizio vengono in considerazione:

1) la mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente almeno il conto economico e lo stato patrimoniale, garantendo una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell’esercizio e un’illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto economico e dello stato patrimoniale;

2) la mancanza dell’obbligo di deposito del bilancio presso un organo amministrativo o giudiziario;

3) la mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilità e il bilancio delle società a verifica da parte dell’organo o comitato di controllo della società medesima (avente le caratteristiche sopra indicate) ovvero di un revisore legale dei conti.

Rileva, infine, un’altra serie di condizioni specificamente inerenti alla legislazione dello Stato estero:

1) il fatto che la legislazione del paese ove la società ha sede legale impedisca o limiti l’operatività della società stessa sul proprio territorio: ciò – come osserva la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 18) – può indicare se la costituzione di società risponda a un'effettiva finalità economica o meno;

2) il fatto che la legislazione del Paese ove la società ha sede legale escluda il risarcimento dei danni arrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consenta che tale clausola sia contenuta negli atti costitutivi delle società;

3) la mancata previsione di un'adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell'attività sociale dopo l'insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;

4) la mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che falsificano la contabilità e i bilanci.

 

Considerata la possibilità che possano esservi forme e discipline societarie variegate in ordinamenti stranieri, il comma 4 prevede che con i predetti decreti del Ministro della giustizia possono essere individuati, in relazioni a tali forme e discipline, altri criteri equivalenti[14] sulla base dei quali considerare soddisfatti i requisiti di trasparenza e di idoneità patrimoniale e organizzativa comunque richiesti.

 

Si ricorda che un analogo potere di valutazione degli ordinamenti esteri al fine dell'applicazione della legislazione nazionale è conferito dal vigente articolo 167, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale può individuare con decreti gli Stati e territori aventi regimi fiscali privilegiati.

 

Il comma 5 consente di individuare, mediante i predetti decreti del Ministro della giustizia, nel novero degli Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza societaria, quelli in cui si rilevino carenze particolarmente gravi sotto i tre seguenti profili:

1) struttura delle società, sul piano della mancata previsione di un organo di controllo – distinto dall’organo d’amministrazione o interno ad esso – dotato di adeguati poteri e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti soggettivi (comma 3, lettera b));

2) esistenza, caratteristiche e pubblicità del bilancio d’esercizio e forme di controllo o di revisione contabile (comma 3, lettera c));

3) previsione di adeguate sanzioni penali per la falsificazione dei conti e dei bilanci (comma 3, lettera g)).

 

Il comma 6 attribuisce alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) il potere di stabilire, mediante regolamento, criteri in base ai quali alle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea (articolo 119 TUF) e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante (articolo 116 TUF) è consentito di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati i cui ordinamenti palesino carenze particolarmente gravi, secondo quanto indicato al precedente comma 5.

Per la determinazione dei suddetti criteri debbono essere considerate le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.

 

Il fine della disposizione sembra essere quello di assicurare che la costituzione di società, controllate da parte di società nazionali, in Stati i cui ordinamenti siano connotati da grave opacità nell’ambito del diritto societario risulti sostenuta da effettive motivazioni economiche (ad esempio di carattere produttivo o commerciale). La limitazione alla libertà d’iniziativa economica, implicita nella disposizione, può giustificarsi in base all’esigenza di prevenire l’uso di società estere controllate come veicolo di operazioni poco trasparenti e potenzialmente lesive degli interessi degli azionisti, dei creditori e del mercato.

 

Il comma 7 prevede che in caso d’inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6 la CONSOB possa denunziare i fatti al tribunale per l’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.

 

L’articolo 2409 del codice civile disciplina la denunzia al tribunale nel caso di fondato sospetto che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità suscettibili di recare danno alla società o a sue controllate.

In questo caso il tribunale, sentiti in camera di consiglio gli amministratori e i sindaci, può ordinare l'ispezione dell'amministrazione della società. Contro il provvedimento può essere proposto reclamo.

Il tribunale non ordina l'ispezione e sospende per un periodo determinato il procedimento se l'assemblea sostituisce gli amministratori e i sindaci con soggetti idonei, che si adoperano senza indugio per accertare se le violazioni sussistono e, in caso affermativo, per eliminarle, riferendo al tribunale sugli accertamenti e le attività compiute.

Se le violazioni denunziate sussistono ovvero se gli accertamenti e le attività compiute dai nuovi amministratori e sindaci risultano insufficienti alla loro eliminazione, il tribunale può disporre gli opportuni provvedimenti provvisori e convocare l'assemblea per le conseguenti deliberazioni.

Nei casi più gravi, il tribunale può revocare gli amministratori ed eventualmente anche i sindaci e nominare un amministratore giudiziario, determinandone i poteri e la durata. L'amministratore giudiziario può proporre l'azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci. Prima della scadenza del suo incarico, l'amministratore giudiziario rende conto al tribunale che lo ha nominato; convoca e presiede l'assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci o per proporre, se del caso, la messa in liquidazione della società o la sua ammissione ad una procedura concorsuale.

 

I successivi articoli 165-quater, 165-quinquies e 165-sexies definiscono obblighi di diversa intensità, graduati secondo la natura del legame intercorrente fra la società italiana e quella estera, con prescrizioni più rigide per le società italiane controllanti società estere, in quanto, come avverte la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 18), “il rapporto di controllo consente - e, nella prospettiva qui considerata, impone - l'assunzione di responsabilità maggiori a tale riguardo”.

 

A carico delle società italiane controllanti, l’articolo 165-quater, al comma 1, pone l’obbligo di allegare al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato il bilancio della società estera controllata avente sede legale in uno degli Stati individuati con i suddetti decreti ministeriali, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane o secondo i princìpi contabili internazionalmente riconosciuti.

Il comma 2 dell’articolo 165-quater prescrive che il bilancio della società estera controllata, così allegato al bilancio della società italiana, debba essere sottoscritto dagli organi d’amministrazione, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima.

Tali soggetti, mediante la sottoscrizione, attestano la veridicità e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Inoltre, al bilancio della società italiana è allegato il parere dell'organo di controllo sul bilancio della società estera controllata.

 

Come si è già rilevato nell’illustrazione dell’articolo 2, l’espressione "organi di controllo" designa collettivamente il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione.

 

Il comma 3 stabilisce che il bilancio della società italiana controllante deve essere corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata.

Tale relazione deve dar conto, in particolare, delle reciproche situazioni debitorie e creditorie e delle operazioni compiute fra le due società nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, inclusa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi dalle medesime in Italia o all’estero.

La relazione deve essere inoltre sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, e ad essa è allegato il parere dell'organo di controllo.

Secondo il comma 4, il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana, deve essere sottoposto a revisione a norma dell’articolo 165 da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana.

Nel caso in cui la società di revisione non operi nello Stato ove ha sede la società estera controllata, dovrà avvalersi di altra idonea società di revisione, assumendo comunque la responsabilità dell’operato di quest’ultima.

 

Questa disposizione estende specificamente al bilancio della società estera controllata la responsabilità della società di revisione della società capogruppo, che l’articolo 165 del TUF, al comma 1-bis – inserito dal successivo articolo 18, comma 1, lettera g), della presente legge – prevede per il bilancio consolidato del gruppo.

 

Qualora, invece, la società italiana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una società di revisione, dovrà comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della società estera controllata.

 

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera, la presente disposizione «è stata inserita come “norma di chiusura”, ancorché l'ipotesi sembri non potersi realizzare, in quanto le società soggette alla disciplina qui esposta (ossia le società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante) sono tenute al controllo contabile a norma dell'articolo 2409-bis, secondo comma, del codice civile, il quale prescrive che l'incarico sia affidato a una società di revisione».

 

Ai sensi del comma 5, il bilancio della società estera controllata e il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione devono essere trasmessi alla CONSOB.

 

L’articolo 165-quinquies disciplina gli obblighi a carico delle società italiane collegate, nelle ipotesi individuate dalla presente sezione.

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che il bilancio delle società italiane deve essere corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera collegata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra esse nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi dalle medesime in Italia o all’estero.

La relazione deve essere inoltre sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, e ad essa è allegato il parere dell'organo di controllo.

 

L’articolo 165-sexies stabilisce invece gli obblighi delle società italiane controllate da società estere aventi sede legale in alcuno degli Stati individuati con i suddetti decreti ministeriali, stabilendo che il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, che siano controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati esteri determinati con i decreti ministeriali, deve essere corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllante, nonché le società da essa controllate o ad essa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra esse nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi dalle medesime in Italia o all’estero.

Anche in tal caso si prescrive che la relazione sia altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, e che ad essa sia allegato il parere dell'organo di controllo.

 

Come è rilevato nella relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 19), l’estensione dell’ambito di applicazione dell’articolo 165-sexies alle società italiane controllate che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito (si ritiene da intermediari nazionali, poiché soltanto relativamente ad essi le autorità di vigilanza possono disporre di strumenti di rilevazione) esige “la determinazione delle soglie oltre le quali la concessione di credito debba considerarsi rilevante”, cui potrebbe provvedersi attraverso il regolamento previsto dall'articolo 165-septies, il quale rimette alla CONSOB il potere di emanare le disposizioni d'attuazione.

 

Con riguardo alle competenze della CONSOB, l’articolo 165-septies chiarisce che essa esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115 del TUF, con le finalità indicate dall’articolo 91, nei riguardi delle società italiane assoggettate alla disciplina speciale sopra descritta.

 

Ai sensi del richiamato articolo 91 del TUF, la CONSOB esercita i poteri previsti dalla presente parte avendo riguardo alla tutela degli investitori nonché all'efficienza e alla trasparenza del mercato del controllo societario e del mercato dei capitali.

 

Secondo l’articolo 114 del TUF, fermi gli obblighi di pubblicità previsti da specifiche disposizioni di legge, gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano comunicano al pubblico, senza indugio, le informazioni privilegiate definite dall'articolo 181 (ossia informazioni di carattere preciso, che non sono state rese pubbliche, concernenti, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, che, se rese pubbliche, potrebbero influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari) le quali riguardano direttamente detti emittenti e le società controllate. La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i termini di comunicazione delle informazioni, detta disposizioni per coordinare le funzioni attribuite alla società di gestione del mercato con le proprie e può individuare compiti da affidarle per il corretto svolgimento delle funzioni previste a garanzia del buon funzionamento del mercato e del rispetto del suo regolamento.

Gli emittenti quotati sono tenuti a impartire le disposizioni occorrenti affinché le società controllate forniscano tutte le notizie necessarie per adempiere gli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. Le società controllate trasmettono tempestivamente le notizie richieste.

I soggetti obbligati alle comunicazioni possono, sotto la propria responsabilità, ritardare la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate, nelle ipotesi e alle condizioni stabilite dalla CONSOB con regolamento, sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali e che gli stessi soggetti siano in grado di garantirne la riservatezza. La CONSOB, con regolamento, può prescrivere che l'emittente informi senza indugio la stessa autorità della decisione di ritardare la divulgazione al pubblico di informazioni privilegiate, e può individuare le misure necessarie a garantire che il pubblico sia correttamente informato.

Qualora i soggetti obbligati, o una persona che agisca in loro nome o per loro conto, comunichino nel normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio le informazioni privilegiate a un terzo che non sia soggetto a obbligo di riservatezza legale, regolamentare, statutario o contrattuale, gli stessi soggetti obbligati ne dànno integrale comunicazione al pubblico, simultaneamente nel caso di divulgazione intenzionale e senza indugio in caso di divulgazione non intenzionale.

La CONSOB può, anche in via generale, richiedere ai soggetti obbligati, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonché ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante o che partecipano a un patto di sindacato, che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l'informazione del pubblico. In caso di inottemperanza, la CONSOB provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente.

Qualora i soggetti obbligati oppongano, con reclamo motivato, che dalla comunicazione delle informazioni al pubblico possa derivare loro grave danno, gli obblighi di comunicazione sono sospesi. La CONSOB, entro sette giorni, può escludere anche parzialmente o temporaneamente la comunicazione delle informazioni, sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. Trascorso tale termine, il reclamo s’intende accolto.

I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, di controllo o di direzione in un emittente quotato e i dirigenti che abbiano regolare accesso a informazioni privilegiate e detengano il potere di adottare decisioni di gestione che possono incidere sull'evoluzione e sulle prospettive future dell'emittente quotato, chiunque detenga azioni in misura almeno pari al 10 per cento del capitale sociale, nonché ogni altro soggetto che controlla l'emittente quotato, devono comunicare alla CONSOB e al pubblico le operazioni, aventi ad oggetto azioni emesse dall'emittente o altri strumenti finanziari ad esse collegati, da loro effettuate, anche per interposta persona. Tale comunicazione deve essere effettuata anche dal coniuge non separato legalmente, dai figli, anche del coniuge, a carico, nonché dai genitori, i parenti e gli affini conviventi dei soggetti sopra indicati, nonché negli altri casi individuati dalla CONSOB con regolamento, in attuazione della direttiva 2004/72/CE della Commissione del 29 aprile 2004. La CONSOB individua con lo stesso regolamento le operazioni, le modalità e i termini delle comunicazioni, le modalità e i termini di diffusione al pubblico delle informazioni, nonché i casi in cui detti obblighi si applicano anche con riferimento alle società in rapporto di controllo con l'emittente nonché ad ogni altro ente nel quale i soggetti sopra indicati svolgono le dette funzioni.

I soggetti che producono o diffondono ricerche o valutazioni, con l'esclusione delle società di rating, riguardanti gli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea, o gli emittenti di tali strumenti, nonché i soggetti che producono o diffondono altre informazioni che raccomandano o propongono strategie d’investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, devono presentare l'informazione in modo corretto e comunicare l'esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l'informazione si riferisce. La CONSOB stabilisce con regolamento le disposizioni di attuazione e le modalità di pubblicazione delle ricerche e delle predette informazioni, quando siano prodotte o diffuse da emittenti quotati o da soggetti abilitati, nonché da soggetti in rapporto di controllo con essi. È disposta parziale eccezione per i giornalisti soggetti a norme di autoregolamentazione equivalenti, purché la loro applicazione consenta di conseguire gli stessi effetti. La CONSOB valuta, preventivamente e in via generale, la sussistenza di dette condizioni.

Le istituzioni che diffondono al pubblico dati o statistiche idonei ad influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea devono divulgare tali informazioni in modo corretto e trasparente.

Le indicate disposizioni si applicano anche ai soggetti italiani ed esteri che emettono strumenti finanziari per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni nei mercati regolamentati italiani

 

Secondo l’articolo 115 del TUF (che più specificamente riguarda i poteri conferiti a fini di vigilanza), la CONSOB, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico può, anche in via generale:

a) richiedere agli emittenti quotati, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti, fissando le relative modalità;

b) assumere notizie, anche mediante la loro audizione, dai componenti degli organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dagli altri dirigenti, dalle società di revisione, dalle società e dai soggetti indicati nella lettera a);

c) eseguire ispezioni presso i soggetti indicati nelle lettere a) e b), al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia;

d) esercitare gli ulteriori poteri previsti dall'articolo 187-octies, il quale conferisce alla CONSOB ulteriori poteri nei confronti di chiunque possa essere informato sui fatti (richiesta di notizie, dati, documenti o registrazioni telefoniche esistenti; audizione personale; sequestro di beni; ispezioni; perquisizioni) e consente ad essa altresì di avvalersi della collaborazione delle pubbliche amministrazioni, chiedere l'acquisizione dei dati relativi al traffico e di altri dati personali anche in deroga ai divieti posti dall’articolo 25 del decreto legislativo n 196 del 2003, impiegare i dati contenuti nell'anagrafe dei conti e dei depositi e nell'archivio delle operazioni finanziarie indicato all'articolo 13 del decreto-legge n. 625 del 1978, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 1980, e accedere direttamente alla Centrale dei rischi della Banca d'Italia. Taluni di questi atti sono subordinati all’autorizzazione del procuratore della Repubblica. Inoltre, qualora sussistano elementi che facciano presumere l'esistenza di violazioni, la CONSOB può in via cautelare ordinare di porre termine alle relative condotte.

I poteri previsti dalle lettere a), b) e c) possono essere esercitati nei confronti dei soggetti che detengono una partecipazione rilevante o che partecipano a un patto di sindacato.

La CONSOB può altresì richiedere alle società o agli enti che partecipano direttamente o indirettamente a società con azioni quotate l'indicazione nominativa, in base ai dati disponibili, dei soci e, nel caso di società fiduciarie, dei fiducianti.

 

La CONSOB, inoltre, per accertare l’osservanza degli obblighi previsti da parte delle società italiane, può esercitare i medesimi poteri nei riguardi delle società estere, previo consenso delle autorità straniere competenti.

Può comunque chiedere l’assistenza o la collaborazione delle competenti autorità straniere, anche sulla base di accordi di cooperazione con esse.

Alla CONSOB viene demandato, infine, il compito di emanare, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione dell’esposta disciplina.

 

Il comma 2 del presente articolo 6 introduce nel citato testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) l'articolo 193-bis, il quale disciplina il regime sanzionatorio in materia di rapporti con società estere aventi sede legale negli Stati individuati con i già richiamati decreti ministeriali.

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 193-bis del TUF dispone che sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane:

a) coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera nonché le relazioni e i pareri sui rapporti tra la società italiana e quella estera controllata, collegata o controllante;

b) coloro che esercitano la revisione della società italiana controllante, in relazione al bilancio della società estera controllata.

Il comma 2 del nuovo articolo 193-bis, salvo che il fatto costituisca reato, punisce la violazione degli obblighi derivanti dall'esercizio dei poteri attribuiti alla CONSOB dal nuovo articolo 165-septies, comma 1, sopra illustrato, con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'articolo 193, comma 1.

 

Il comma 1 dell'articolo 193 del TUF (come sostituito dal successivo articolo 14, comma 1, lettera q), della presente legge) prevede che nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l'inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest'ultima.

 

A norma del successivo articolo 42, comma 3, della presente legge, le illustrate disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotti dal presente articolo 6, si applicano alle società che vi sono soggette, a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge (ossia dall’esercizio dell’anno 2007).

Deve rilevarsi a questo proposito che la disposizione omette di richiamare, tra le disposizioni la cui applicazione viene differita, quelle contenute nell’articolo 165-sexies, relative agli obblighi delle società italiane controllate da società estere aventi sede legale negli Stati esteri individuati mediante i più volte citati decreti ministeriali. L’omissione sembra provenire da mero errore materiale: la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, pp. 19-20) considera infatti unitariamente la nuova disciplina con riguardo all’inizio della sua efficacia, motivandone il differimento sulla base dell’esigenza di “consentire alle società che vi sono soggette di adeguarsi alle disposizioni sopra illustrate”. Non sono altresì menzionati gli articoli 165-septies e 193-bis, che riguardano i poteri di vigilanza e il regime sanzionatorio, in quanto la loro applicabilità dipende dall’efficacia delle norme sostanziali alla cui osservanza sono ordinati.


Articolo 7
(Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153)

 


1. All’articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. A partire dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società indicate nei commi 1 e 2 per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee. Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interessate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto. Il presente comma non si applica alle fondazioni di cui al comma 3-bis».


 

 

L’articolo 7 modifica la disciplina relativa al possesso di partecipazioni di controllo da parte delle fondazioni bancarie nelle società alle quali esse hanno conferito l'azienda bancaria a seguito della trasformazione degli enti creditizi pubblici disciplinata dal decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e nelle altre società non strumentali al perseguimento dei loro fini statutari. In particolare, esso stabilisce che, dal 1° gennaio 2006, le fondazioni non possono esercitare il diritto di voto per più del 30 per cento del capitale nelle assemblee delle società bancarie conferitarie e delle altre società, ad eccezione di quelle strumentali; è consentita la conversione delle azioni eccedenti in azioni prive del diritto di voto.

L'evoluzione del regime giuridico delle fondazioni bancarie

La disciplina delle fondazioni bancarie è stata oggetto di una serie di interventi normativi, di natura legislativa e regolamentare, a partire dalla legge n. 218 del 1990, dei quali si ritiene opportuno fornire sommario ragguaglio.

La legge n. 218 del 1990

La legge n. 218 del 1990 (c.d. legge Amato) ha avviato il processo di trasformazione dell’assetto giuridico delle aziende bancarie mediante la previsione di una complessa procedura incentrata sul conferimento, da parte degli istituti di credito, dell'azienda bancaria in apposita società per azioni. In tal modo si venivano a costituire due distinti soggetti, l'ente conferente (comunemente noto come fondazione bancaria) e la società conferitaria, vale a dire la banca vera e propria.

 

La legge riconosceva alle fondazioni piena capacità di diritto pubblico e privato, escludendo la possibilità che le stesse potessero esercitare direttamente l’attività bancaria. Non veniva, tuttavia, precisata la natura giuridica delle fondazioni.

La vigilanza nei confronti degli enti veniva attribuita al Ministero del tesoro. Si stabiliva, inoltre, che gli enti dovessero perseguire, per esplicita disposizione statutaria, fini di interesse pubblico e di utilità sociale preminentemente nei settori della ricerca scientifica, dell'istruzione, dell'arte e della sanità. Per incentivare la trasformazione in società per azioni delle banche pubbliche, era previsto uno speciale regime tributario volto ad agevolare le operazioni di fusione, scissione, trasformazione e conferimento delle aziende bancarie.

Alla legge n. 218 del 1990 fu data attuazione con il decreto legislativo n. 356 del 1990.

La legge n. 461 del 1998 e il decreto legislativo n. 153 del 1999

La legge n. 461 del 1998 (c.d. legge Ciampi) e il conseguente decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, hanno profondamente innovatola disciplina delle fondazioni bancarie, sia sotto il profilo civilistico sia sotto il profilo tributario.

In forza di tali disposizioni, le fondazioni sono state oggetto di una profonda evoluzione il cui passaggio fondamentale è costituito dall’adeguamento dello statuto alle previsioni della nuova disciplina. A conclusione del percorso, le fondazioni acquistano natura giuridica di enti di diritto privato con piena autonomia statutaria e gestionale.

 

Secondo il D.Lgs. n. 153 del 1999, le fondazioni sono tenute a perseguire fini di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, operando nel rispetto del principio di economicità e gestendo il patrimonio in modo da ottenerne una adeguata redditività.

Era previsto in origine per esse l’obbligo di includere nello statuto almeno uno dei seguenti settori qualificati come “rilevanti”: ricerca scientifica, istruzione, arte, sanità, conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, assistenza alle categorie sociali più deboli.

Le fondazioni destinano il reddito, cioè l'ammontare dei ricavi, delle plusvalenze e di ogni altro provento comunque percepiti dalla fondazione, comprese le quote di utili realizzati dalle società strumentali controllate dalla fondazione ancorché non distribuiti, secondo il seguente ordine:

a)       spese di funzionamento, nel rispetto di princìpi di adeguatezza delle spese alla struttura organizzativa e all'attività svolta dalla singola fondazione;

b)      oneri fiscali;

c)       riserva obbligatoria, nella misura determinata dall'Autorità di vigilanza;

d)       almeno il 50 per cento del reddito residuo o, se maggiore, l'ammontare minimo di reddito stabilito dall'Autorità di vigilanza, ai settori rilevanti;

e)       eventuali altri fini statutari, reinvestimento del reddito o accantonamenti e riserve facoltativi previsti dallo statuto o dall'Autorità di vigilanza;

f)        erogazioni previste da specifiche norme di legge[15].

Il D.Lgs. n. 153 del 1999 ha introdotto, inoltre, disposizioni per individuare le modalità di perseguimento degli scopi statutari: le fondazioni possono essere titolari o azioniste di maggioranza di imprese a condizione che queste siano strumentali al perseguimento degli scopi stessi.

Quanto al sistema di governo delle fondazioni, sono stati previsti tre organi con compiti, rispettivamente, di indirizzo, di amministrazione e di controllo.

In base al dettato originario del decreto, nell’organo di indirizzo doveva essere assicurata una adeguata e qualificata rappresentanza del territorio.

Per le fondazioni di origine associativa è stata ammessa la conservazione dell’organo assembleare, senza tuttavia intaccare le competenze proprie dell’organo di indirizzo (approvazione dello statuto, nomina e revoca dei componenti dell’organo di amministrazione e di controllo, l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli stessi, l’approvazione del bilancio, la definizione delle linee generali sulla gestione patrimoniale)

Si è, quindi, affermato il principio dell’incompatibilità del cumulo delle cariche di componente dell’organo di amministrazione con le funzioni di consigliere di amministrazione della banca partecipata, ed è stato individuato nel Ministero del tesoro – sia pure in via transitoria – il soggetto competente a esercitare la vigilanza sulle fondazioni. La vigilanza si traduce nel potere di approvare gli statuti, di sciogliere gli organi di amministrazione e controllo e di vigilare sulla sana e prudente gestione.

Con riguardo al regime tributario, le fondazioni sono state assimilate agli enti non commerciali, con applicazione dell’IRPEG (ora IRES) con aliquota dimezzata rispetto a quella ordinaria. È stata per altro prevista la perdita di tale agevolazione qualora, nei successivi quattro anni, le fondazioni non abbiano provveduto a dismettere la partecipazione di controllo nella società bancaria. Sono inoltre escluse dalla formazione dell’imponibile agli effetti dell’IRES e dell’IRAP le plusvalenze derivanti dal trasferimento delle azioni detenute nella società bancaria conferitaria, se il trasferimento avviene entro il termine a tal fine stabilito.

Per quanto riguarda la dismissione delle partecipazioni di controllo delle fondazioni nelle aziende bancarie, il decreto prevedeva che, decorso inutilmente il termine di quattro anni, le partecipazioni potessero essere detenute per altri due anni. Trascorso tale termine, il compito di provvedere alla dismissione è affidato all’autorità di vigilanza, che vi procede, sentita la fondazione, “nella misura idonea a determinare la perdita del controllo nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato e all’esigenza di salvaguardare il valore del patrimonio”[16].

 

A seguito del D.Lgs. n. 153 del 1999, vennero adottati dal Ministro del tesoro, in qualità di autorità di vigilanza, alcuni atti di indirizzo[17] riguardanti aspetti particolarmente delicati, quali la composizione degli organi e la disciplina delle incompatibilità. L’iniziativa diede origine a una controversia giurisdizionale, con l’impugnazione proposta da alcune fondazioni dinnanzi al giudice amministrativo[18].

La riforma disposta dalla legge finanziaria 2002

La disciplina prevista dal D.Lgs. n. 153 del 1999 è stata oggetto di modifiche con l’articolo 11 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002), che ha disposto, in estrema sintesi:

§      un ampliamento dell'ambito d’intervento delle fondazioni bancarie, con riferimento a settori caratterizzati da rilevante valenza sociale;

§      il rafforzamento della rappresentanza del territorio nell'ambito dell'organo di indirizzo;

§      il rafforzamento delle misure volte ad escludere, negli organi delle fondazioni, le nomine per cooptazione e a rafforzare le regole di incompatibilità;

§      una più accentuata separazione tra fondazioni e aziende bancarie, attraverso l'introduzione di modifiche per quanto concerne la nozione di controllo rilevante a questi fini;

§      la possibilità di affidare le partecipazioni detenute nelle aziende bancarie ad una società di gestione del risparmio.

Settori di intervento

I commi 1 e 2 dell’articolo 11 della legge finanziaria per il 2002 sono intervenuti sull’articolo 1 del D.Lgs. n. 153, modificando, nell’ambito degli aspetti definitorî della normativa, la determinazione dei settori d’intervento.

In particolare, sono stati individuati i settori ammessi, distinti in quattro gruppi:

-       il primo gruppo comprende: famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l'acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili;

-       il secondo gruppo contiene settori eterogenei, alcuni dei quali del tutto nuovi: prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; tossicodipendenze; disturbi psichici e mentali;

-       il terzo gruppo riprende settori già inclusi dalla disciplina precedente: ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale;

-       l’ultimo gruppo concerne l’arte e le attività e i beni culturali.

Il Ministro dell’economia e delle finanze, in quanto Autorità di vigilanza, può modificare con regolamento di delegificazione i settori ammessi.

Per settori rilevanti s’intendono i settori ammessi scelti, ogni tre anni, dalla fondazione, in numero non superiore a tre (numero poi elevato a cinque dal comma 14-novies dell’articolo 39 del D.L. 30 settembre 2003, introdotto dalla legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326).

In base al comma 3 dell'articolo 11, il quale ha sostituito il comma 2 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 153 del 1999, le fondazioni, in rapporto prevalente con il territorio, devono indirizzare le attività esclusivamente nei settori ammessi e operare in via principale nei settori rilevanti, assicurando, singolarmente e nel loro insieme, l’equilibrata destinazione delle risorse e dando preferenza ai settori di maggiore rilevanza sociale.

Organi delle fondazioni e incompatibilità

I commi da 4 a 8 dell’articolo 11 hanno modificato l’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999, in materia di organi delle fondazioni. In primo luogo, si stabilisce l’obbligo di assicurare, nell’ambito dell’organo di indirizzo, la presenza di una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all'articolo 114 della Costituzione, idonea a riflettere le competenze attribuite, nei settori di intervento delle fondazioni, agli enti diversi dallo Stato, dall’articolo 117 e 118 della Costituzione.

Le fondazioni di origine associativa, nell'esercizio della loro autonomia statutaria, possono mantenere l'assemblea dei soci, disciplinandone la composizione, ferme rimanendo in ogni caso le competenze dell'organo di indirizzo da costituirsi ai sensi del medesimo articolo 4. All'assemblea dei soci può essere attribuito dallo statuto il potere di designare una quota non maggioritaria dei componenti dell'organo medesimo; in tal caso, i soggetti nominati per designazione dell'assemblea dei soci non possono comunque superare la metà del totale dei componenti l'organo di indirizzo.

La lettera c) del comma 1 dell'articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 è stata integrata al fine di stabilire che sia i soggetti ai quali è attribuito il potere di designare i componenti dell’organo di indirizzo, sia i componenti stessi degli organi delle fondazioni non devono essere portatori di interessi riferibili ai destinatari degli interventi delle fondazioni.

 

I commi 5 e 8 dell’articolo 11 della legge n. 448 del 2001 hanno escluso ogni ipotesi di nomina per cooptazione, che il previgente comma 5 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 consentiva limitatamente all’organo di indirizzo, e sempre nel rispetto di quanto previsto dalla precedente lettera c).

 

Il comma 6 dell'articolo 11 ha specificato che i requisiti di professionalità e onorabilità, previsti per i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo presso le fondazioni, devono intendersi come requisiti di esperienza e di idoneità etica confacenti ad un ente senza scopo di lucro.

 

Con il comma 7 è stato sostituito il comma 3 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999 in tema di incompatibilità, ampliando i casi in cui essa si applica sia sotto il profilo delle funzioni ricoperte (poiché l’incompatibilità non è limitata a quelle di amministrazione ma viene estesa anche alle funzioni di indirizzo, direzione o controllo delle fondazioni), sia sotto il profilo soggettivo (in quanto il divieto di cumulo trova applicazione, oltre che per la società bancaria, anche per altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo, ad eccezione di quelle, non operanti nei confronti del pubblico, di limitato rilievo economico o patrimoniale).

Patrimonio delle fondazioni

Il comma 9 ha precisato che il patrimonio della fondazione, oltre ad essere totalmente vincolato al perseguimento degli scopi statutari, deve altresì essere gestito in modo coerente con la natura delle fondazioni quali enti senza scopo di lucro che operano secondo principi di trasparenza e moralità.

Nozione di controllo

La modifica recata dal comma 10 all’articolo 6 del D.Lgs. n. 153 del 1999, con l’aggiunta di un comma 5-bis, ha comportato l’ampliamento della nozione di controllo, in quanto stabilisce che una società bancaria o capogruppo bancario si considera controllata da una fondazione anche quando il controllo è riconducibile, direttamente o indirettamente, a più fondazioni, in qualunque modo o comunque sia esso determinato.

Il comma 11 dell'articolo 11 stabilisce che le fondazioni, nel diversificare il rischio d’investimento del patrimonio impiegando quest’ultimo in modo da ottenerne un'adeguata redditività, debbono assicurare il collegamento funzionale con le loro finalità istituzionali e in particolare con lo sviluppo del territorio.

Dismissioni delle partecipazioni di controllo nelle banche conferitarie

I commi 12 e 13 hanno apportato modifiche e integrazioni all’articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999.

 

In particolare, il comma 12 ha abrogato il secondo periodo del comma 1 dell'articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, che consentiva alle fondazioni di detenere le partecipazioni, non cedute entro il previsto termine quadriennale (15 giugno 2003), per non più di ulteriori due anni, con la sola perdita della qualifica di ente non commerciale agli effetti tributari.

Il successivo comma 13 ha introdotto un nuovo comma 1-bis nell'articolo 25 stabilendo che, al fine del rispetto di quanto previsto nel comma 1, la partecipazione nella società bancaria conferitaria può essere affidata ad una società di gestione del risparmio, scelta mediante procedure competitive, che la gestisce in nome proprio secondo criteri di professionalità e indipendenza; resta salva per la fondazione la possibilità di dare indicazioni circa le deliberazioni dell'assemblea straordinaria nei casi previsti dall'articolo 2365 del codice civile (modificazioni dell’atto costitutivo ed emissione di obbligazioni). Allo stesso tempo, si è stabilito che la dismissione debba comunque realizzata non oltre il terzo anno successivo alla scadenza indicata al primo periodo del comma 1, vale a dire non oltre il 15 giugno 2006.

 

Il successivo comma 1-ter dell’articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, parimenti introdotto dal comma 13, stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, e la Banca d’Italia esercitano i poteri ad essi attribuiti dal D.Lgs. n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e dal D.Lgs. n. 58 del 1998 (testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Disposizioni di attuazione

Il comma 14 dell’articolo 11 rinviava ad un regolamento dell’Autorità di vigilanza le disposizioni attuative delle norme introdotte, prescrivendo alle fondazioni di adeguare i propri statuti entro novanta giorni dall'emanazione del predetto regolamento.

L’attività delle fondazioni, fino alla ricostituzione degli organi, conseguentemente alle modifiche statutarie, e in mancanza di espressa autorizzazione dell'Autorità di vigilanza, era limitata all'ordinaria amministrazione, pur facendosi salvi gli interventi necessari a fini di stabilità bancaria. Nell’ordinaria amministrazione s’intendevano ricomprese l’esecuzione dei progetti di erogazione già approvati e l’adozione di delibere di valore unitario non superiore a 150.000 euro.

Il regolamento di attuazione n. 217 del 2002

Il regolamento di attuazioneprevisto dall’articolo 11, comma 14, della legge 448 del 2001 è stato emanato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 2 agosto 2002, n. 217.

Il regolamento reca disposizioni in materia di attività istituzionale delle fondazioni, di composizione e nomina dell’organo di indirizzo, di requisiti di professionalità e onorabilità e di incompatibilità dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo, di finalità istituzionali, di partecipazioni bancarie di controllo e di società di gestione del risparmio.

 

Il regolamento n. 217 del 2002 è stato impugnato dalle fondazioni bancarie associate nell’ACRI dinnanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. Nel corso del giudizio, le fondazioni hanno chiesto ed ottenuto la sospensione degli articoli 7 e 9 del regolamento e hanno sollevato eccezione di costituzionalità sull'articolo 11 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002)[19].

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 301 del 29 settembre 2003 (si veda sotto), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 1, della legge n. 448 del 2001 limitatamente alla possibilità che i settori d’intervento possano essere modificati con regolamento dell’Autorità di vigilanza (Ministero dell’economia e delle finanze).

L’articolo 5 del decreto legge n. 63 del 2002

Disposizioni in materia di fondazioni bancarie sono contenute nell’articolo 5 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112.

 

In particolare, l’articolo 5 reca una norma di interpretazione autentica della legge 23 dicembre 1998, n. 461, e del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, al fine di precisare il regime giuridico privatistico delle fondazioni bancarie. Tale regime risulta speciale rispetto a quello delle altre fondazioni, in quanto ordinato per legge in funzione:

a)       della loro particolare operatività, inclusa la possibilità di partecipare al capitale della Banca d'Italia;

b)      della struttura organizzativa, basata sulla previsione di organi obbligatori e su uno specifico regime di requisiti di professionalità, di onorabilità e di incompatibilità;

c)       dei criteri obbligatori di gestione del patrimonio e di dismissione dei cespiti;

d)       della facoltà di emettere titoli di debito convertibili o con opzioni di acquisto;

e)       dei vincoli di economicità della gestione e di separazione patrimoniale;

f)        dei vincoli di destinazione del reddito, delle riserve e degli accantonamenti;

g)       delle speciali norme in materia di contabilità e di vigilanza;

h)       del criterio secondo cui le norme del codice civile si applicano alle fondazioni bancarie solo in via residuale e in quanto compatibili.

La finalità della disposizione era essenzialmente quella di fare salva, in ragione del loro speciale regime giuridico. l’applicazione delle agevolazioni tributarie previste per le fondazioni dalla legge n. 461 del 1998 e del D.Lgs. n. 153 del 1999, allora sottoposte all’esame della Commissione europea sotto il profilo della compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato.

In esito al procedimento di esame, tali agevolazioni sono state successivamente riconosciute compatibili con la disciplina degli aiuti di Stato con decisione della Commissione del 23 agosto del 2002 (2003/146/CE)[20].

Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2003

Il quadro normativo in tema di fondazioni bancarie è stato poi parzialmente innovato dall’articolo 80, comma 20, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).

 

In particolare, in materia di incompatibilità, si è specificato che il divieto di ricoprire funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo non è limitato agli incarichi ricoperti nella società conferitaria, ma anche presso società in rapporto di partecipazione azionaria o di controllo con la stessa società bancaria conferitaria, ad eccezione di quelle di limitato rilievo economico o patrimoniale, non operanti nei confronti del pubblico.

È stato inoltre prorogato – da quattro a sette anni dall’entrata in vigore del decreto stesso, quindi al 15 giugno 2006 – il termine per la dismissione delle partecipazioni di controllo detenute nelle banche conferitarie da parte delle fondazioni con patrimonio netto non superiore a 200 milioni di euro, ovvero con sede operativa prevalentemente situata in regioni a statuto speciale.

Il D.L. n. 143 del 2003

Il decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143, recante “Disposizioni urgenti in tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette dalla Consip S.p.a.”, convertito, con modificazioni dalla legge 1° agosto 2003, n. 212, ha disposto una serie di modificazioni alla disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 153 del 1999.

In particolare, l’articolo 4 ha prorogato dal 15 giugno 2003 al 31 dicembre 2004 il termine, indicato nel comma 1 dell'articolo 25 del D.Lgs. n. 153 del 1999, per la dismissione della partecipazione di controllo nella banca conferitaria.

Sono stati conseguentemente prorogati al 31 dicembre 2004 i termini, indicati negli articoli 12 e 13 del medesimo D.Lgs. n. 153 del 1999, per la conservazione della qualifica di ente non commerciale da parte delle fondazioni che detengano una partecipazione di controllo nella società bancaria conferitaria e per la fruizione delle agevolazioni fiscali relative alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione.

In particolare, si è previsto che la fondazione perda la qualifica di ente non commerciale e cessi di fruire delle agevolazioni previste dai commi precedenti qualora, successivamente alla data del 31 dicembre 2004, sia ancora in possesso di una partecipazione di controllo nella società bancaria conferitaria. La natura di ente non commerciale verrà meno anche se la fondazione, successivamente al 31 dicembre 2004, risulti titolare di diritti reali su beni immobili diversi da quelli strumentali per le attività direttamente esercitate dalla stessa o da imprese strumentali. In ogni caso, fino al 31 dicembre 2004, i redditi derivanti da detti beni non fruiscono del regime previsto dall'articolo 6 del D.P.R. n. 601 del 1973. L'acquisto a titolo gratuito di beni immobili e diritti reali immobiliari non fa venire meno la natura di ente non commerciale né il regime agevolato per i due anni successivi all’acquisizione stessa.

Per le fondazioni più piccole, con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro, e per quelle con sedi operative prevalentemente in regioni a statuto speciale è poi eliminato l’obbligo di cessione delle partecipazioni bancarie di controllo, precedentemente fissato al 15 giugno 2006.

La sentenza della Corte costituzionale n. 301 del 2003

Con la sentenza 29 settembre 2003, n. 301, la Corte costituzionale ha respinto le eccezioni di costituzionalità relative alle disposizioni che individuano i settori ammessi, in quanto, considerato che l’elenco dei settori risulta ampio e vario, la previsione legislativa dei settori ammessi non può ritenersi lesiva della autonomia gestionale e statutaria delle fondazioni.

La Corte costituzionale ha respinto anche le censure relative alla modifica della nozione di “settori rilevanti” e all’obbligo, per le fondazioni, di sceglierne un certo numero in ciascun triennio. Anche in questo caso, la Corte non individua alcuna lesione all’autonomia delle fondazioni ma, al contrario, ritiene utile evitare un’eccessiva dispersione dell’attività delle fondazioni e concentrare le risorse finanziarie in specifici settori.

La Corte ha, invece, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11, comma 1, ultimo periodo della legge n. 448 del 2001, che consentiva di modificare i settori ammessi mediante regolamento ministeriale.

 

Secondo quanto indicato dalla Corte, tale disposizione concede all’Autorità di vigilanza il potere di modificare il contenuto di disposizioni di legge, senza indicare criteri che ne delimitino la discrezionalità e che garantiscano la compatibilità delle eventuali modifiche con la natura privata delle fondazioni e con la loro autonomia statutaria.

 

La sentenza ha inciso altresì sulla configurazione dei rapporti tra le fondazioni e l’Autorità di vigilanza.

La Corte, infatti, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale:

§      dell’articolo 4, comma 1, lettera g), del D.Lgs. n. 153 del 1999, ai sensi del quale la definizione dei requisiti di onorabilità e delle ipotesi di incompatibilità negli statuti doveva avvenire nel rispetto degli indirizzi dettati dal Ministero dell’economia e delle finanze, in qualità di Autorità di vigilanza;

§      dell’articolo 10, comma 3, lettera e), del D.Lgs. n. 153 del 1999, nella parte in cui attribuisce al Ministero la possibilità di adottare atti di indirizzo di carattere generale.

 

Al riguardo, infatti, la Corte afferma che l’Autorità di vigilanza dispone soltanto di un potere di controllo, che consiste nella verifica della corrispondenza dell’attività delle fondazioni a determinati parametri preventivamente fissati. Non le spetta, invece, un potere di indirizzo, che si esplicherebbe nella determinazione delle modalità secondo le quali l’attività delle fondazioni deve svolgersi.

La legge finanziaria per il 2004

L’ultimo periodo del comma 26 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), ha sostituito il comma 3 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 153 del 1999, modificando le disposizioni relative alle cause di incompatibilità dei soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo di fondazioni bancarie.

 

Nella formulazione previgente, come modificata dall’articolo 11 della legge n. 448 del 2001, la disposizione prevedeva che i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione o controllo presso le fondazioni non potessero ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o altre società operanti nel settore bancario, finanziario o assicurativo in rapporto di partecipazione azionaria o di controllo ai sensi dell'articolo 6 con tale società bancaria conferitaria, ad eccezione di quelle, non operanti nei confronti del pubblico, di limitato rilievo economico o patrimoniale.

L’articolo 5 del D.M. n. 217 del 2002[21] aveva compreso nella disciplina dell'incompatibilità gli incarichi presso le società di gestione del risparmio alle quali può essere affidata la partecipazione di controllo detenuta dalle fondazioni nelle società bancarie conferitarie.

 

La nuova formulazione del comma 3 stabilisce che i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una fondazione bancaria non possono ricoprire analoghe funzioni, oltre che presso la società bancaria conferitaria e le sue controllate, anche presso le sue partecipate.

Inoltre, i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria.

 

Con il decreto 18 maggio 2004, n. 150,il Ministro dell’economia e delle finanze ha adottato il nuovo regolamento che disciplina l’attività delle fondazioni bancarie, disponendo, contestualmente, l’abrogazione del precedente regolamento adottato con decreto ministeriale n. 217 del 2002.

 

In particolare il decreto stabilisce che lo statuto, in ragione del luogo di insediamento, delle tradizioni storiche e delle dimensioni della fondazione, può definire specifici ambiti territoriali cui si indirizza l'attività della fondazione.

Le fondazioni scelgono, nell'ambito dei settori ammessi, un massimo di cinque settori (i c.d. settori rilevanti), anche appartenenti a più di una delle categorie di settori ammessi. La scelta dei settori rilevanti può essere effettuata nello statuto o in altro deliberato dell'organo della fondazione a ciò competente secondo lo statuto. Della scelta dei settori rilevanti e delle sue modificazioni è data comunicazione all'Autorità di vigilanza.

Le fondazioni operano in via prevalente nei settori rilevanti, assegnando ad essi il reddito residuo dopo le destinazioni indicate dal decreto legislativo n. 153 del 1999.

Gli statuti delle fondazioni prevedono che l'organo di indirizzo sia composto da una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, pubblici e privati, espressivi delle realtà locali e, per la eventuale restante parte, da personalità che per professionalità, competenza ed esperienza, in particolare nei settori cui è rivolta l'attività della fondazione, possano efficacemente contribuire al perseguimento dei fini istituzionali. Le personalità sono designate o nominate da soggetti, persone fisiche o giuridiche, di riconosciuta indipendenza e qualificazione, i quali operano nei settori di intervento della fondazione.

Lo statuto identifica gli enti pubblici e privati espressivi delle realtà locali e regolamenta i poteri di designazione o di nomina in modo da consentire un’equilibrata composizione dell'organo di indirizzo e da garantire che nessun singolo soggetto possa designare o nominare la maggioranza dei componenti. Inoltre lo statuto regola eventuali ipotesi di nomina per cooptazione, ammissibile nei soli casi di personalità di chiara ed indiscussa fama. Si stabilisce che nelle fondazioni di origine associativa lo statuto può attribuire alle assemblee il potere di designare fino alla metà dei componenti l'organo di indirizzo.

Infine lo statuto determina le procedure di verifica della sussistenza dei requisiti, delle incompatibilità e delle cause di sospensione e di decadenza dei componenti dell'organo di indirizzo. In assenza di previsione statutaria, l'organo di indirizzo in carica, ricevuta la designazione, verifica, sotto la propria responsabilità, la regolarità della designazione, l'esistenza dei requisiti e l'assenza di cause di incompatibilità e di conflitti d’interessi e procede alla nomina entro quindici giorni dal ricevimento della designazione. In caso di mancanza o impossibilità di funzionamento dell'organo di indirizzo provvede l'organo di controllo.

L’articolo 4 riguarda le ipotesi di incompatibilità. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria o sue controllate o partecipate. I soggetti che svolgono funzioni di indirizzo presso la fondazione non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la società bancaria conferitaria. Inoltre i componenti degli organi delle fondazioni non possono essere destinatari di attività delle fondazioni stesse a loro diretto vantaggio, salvi gli interventi destinati a soddisfare gli interessi, generali o collettivi, espressi dagli enti designanti.

Infine l’articolo 6 del regolamento definisce le ipotesi di controllo congiunto su società bancarie. Una società bancaria o capogruppo bancario si considera sottoposta a controllo congiunto di due o più fondazioni, quando esse, mediante accordi di sindacato, realizzano le ipotesi di controllo o di influenza dominante previste dall'articolo 6, commi 2 e 3, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 153 del 1999. L'esistenza dell'accordo va provata in forma scritta. In tal caso, le fondazioni devono sciogliere l'accordo di sindacato o recedere da esso entro il termine di novanta giorni dalla data di comunicazione da parte dell'autorità di vigilanza.

La modificazione apportata dal presente articolo

Il presente articolo 7 modifica l’articolo 25 del decreto legislativo n. 153 del 1999, che disciplina in via transitoria la detenzione delle partecipazioni di controllo da parte delle fondazioni, sostituendo il comma 3, riguardante la procedura per la loro alienazione dopo la scadenza del termine a questo fine previsto.

 

Il citato comma 3, nel testo attualmente in vigore, stabilisce che qualora la fondazione, scaduto il termine del 31 dicembre 2005, continui a detenere partecipazioni di controllo nelle società bancarie conferitarie ovvero in altre società che non siano strumentali alla sua attività statutaria nei settori rilevanti, alla dismissione provvede, sentita la fondazione e anche mediante un apposito commissario, l'Autorità di vigilanza (ossia il Ministero dell’economia e delle finanze) nella misura idonea a determinare la perdita del controllo e nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato e all'esigenza di salvaguardare il valore del patrimonio.

 

Il nuovo comma 3, così come sostituito dal presente articolo, stabilisce che dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società bancarie conferitarie ovvero in altre società che non siano strumentali alla sua attività statutaria nei settori rilevanti, per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee.

Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interessate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto.

Queste disposizioni non si applicano alle fondazioni indicate al comma 3-bis (fondazioni con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro e fondazioni con sedi operative prevalentemente situate in regioni a statuto speciale), che sono esenti dall’obbligo di dismissione.

 

Rispetto alla norma previgente, viene quindi meno la disciplina volta a realizzare – nei tempi, nella misura e con le modalità stabilite dal Ministero dell’economia e delle finanze – l’alienazione delle partecipazioni che determinino il controllo nelle suddette società.

 

A norma dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 153 del 1999, il controllo sussiste nei casi previsti dall'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile[22], nonché – nella forma dell'influenza dominante, ai sensi del primo comma, numero 2), dello stesso articolo 2359 del codice civile – quando:

a) la fondazione, in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, ha il diritto di nominare la maggioranza degli amministratori, ovvero dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

b) la fondazione ha il potere, in base ad accordi in qualsiasi forma stipulati con altri soci, di subordinare al proprio assenso la nomina o la revoca della maggioranza degli amministratori;

c) sussistono rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario e organizzativo idonei ad attribuire alla fondazione i poteri o i diritti di cui alle lettere a) o b).


Articolo 8
(Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)

 


1. All’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, per le attività di rischio nei confronti di:

a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo;

b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca o presso la società capogruppo;

d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;

e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia»;

b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:

«4-bis. Le condizioni di cui al comma 4 sono determinate tenuto conto:

a) dell’entità del patrimonio della banca;

b) dell’entità della partecipazione eventualmente detenuta;

c) dell’insieme delle attività di rischio del gruppo bancario nei confronti dei soggetti di cui al comma 4 e degli altri soggetti ai medesimi collegati secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.

4-ter. La Banca d’Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione.

4-quater. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, disciplina i conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attività bancarie».

2. All’articolo 136 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate»;

b) al comma 3, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 1, 2 e 2-bis».


 

 

L’articolo 8, intervenendo sul testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, modifica la disciplina relativa alla concessione di credito da parte delle banche in favore di propri azionisti e alle obbligazioni degli esponenti bancari.

 

In particolare è rimessa alla Banca d’Italia la determinazione delle condizioni per l’esercizio delle attività di rischio da parte delle banche in favore di determinate categorie di soggetti che sono in grado di esercitare influenza sull’amministrazione della banca stessa o sono ad essa comunque collegati. Viene altresì stabilito che le norme riguardanti le obbligazioni degli esponenti bancari si applicano anche alle obbligazioni di cui siano parte le società da essi controllate o in cui essi rivestano cariche o funzioni, ovvero le società appartenenti al medesimo gruppo.

 

La lettera a) del comma 1 sostituisce il comma 4 dell’articolo 53 del TUB.

 

Il previgente comma 4 dell’articolo 53 del TUB prescriveva alle banche di rispettare, per la concessione di credito in favore di soggetti a loro collegati o detentori di una partecipazione rilevante, i limiti indicati dalla Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR. Tali limiti erano determinati con esclusivo riferimento al patrimonio della banca e alla partecipazione in essa detenuta dal soggetto richiedente il credito. Spettava al CICR disciplinare i conflitti d’interesse tra le banche e i detentori di partecipazioni rilevanti, relativamente alle altre attività bancarie.

 

Secondo il nuovo testo, le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), per le attività di rischio nei confronti di:

a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo;

b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca o presso la società capogruppo;

d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;

e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.

 

Per la nozione di attività di rischio deve farsi riferimento alla normativa secondaria. In particolare, le Istruzioni di vigilanza per le banche emanate dalla Banca d’Italia, nell’allegato A al capitolo 2 del titolo IV (Vigilanza regolamentare), recano l’elenco delle categorie di attività di rischio, con l’indicazione dei corrispondenti fattori di ponderazione da applicarsi per il calcolo del coefficiente di solvibilità.

 

La lettera b) introduce nello stesso articolo 53 del TUB gli ulteriori commi 4-bis, 4-ter e 4-quater che rispettivamente stabiliscono i criteri in base ai quali la Banca d’Italia determina le predette condizioni per l’assunzione di attività di rischio e rimettono alla medesima l’individuazione dei casi in cui l’inosservanza di tali condizioni comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione, nonché – in conformità alle deliberazioni del CICR – la disciplina dei conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti sopra indicati, relativamente alle altre attività bancarie.

 

In base al nuovo comma 4-bis, le condizioni per l’assunzione di attività di rischio nei confronti dei soggetti indicati nel comma 4 sono determinate tenendo conto:

a) dell’entità del patrimonio della banca;

b) dell’entità della partecipazione eventualmente detenuta dal soggetto;

c) dell’insieme delle attività di rischio del gruppo bancario nei confronti di tali soggetti e degli altri soggetti ad essi collegati. La determinazione della nozione di soggetto collegato è rimessa alla Banca d’Italia.

 

Il criterio indicato alla lettera c) sembra doversi intendere nel senso che viene in considerazione l’insieme delle attività di rischio in essere nei confronti del complesso dei soggetti ivi indicati, e non di tali soggetti individualmente considerati.

 

Il nuovo comma 4-ter attribuisce alla Banca d’Italia l’individuazione dei casi in cui il mancato rispetto delle condizioni prescritte comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione (oltre al diritto di voto, può trattarsi ad esempio del diritto di nominare componenti degli organi sociali).

 

Il nuovo comma 4-quater rimette alla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR (precedentemente titolare diretto del potere), il compito di disciplinare i conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attività bancarie.

 

Si segnala che il capo III della deliberazione del CICR 19 luglio 2005, n. 1057 (Disciplina delle partecipazioni e del controllo in banche e in altri intermediari nonché dei finanziamenti bancari a parti correlate, pubblicata nella Gazzetta ufficiale 13 agosto 2005, n. 188) conferisce alla Banca d’Italia il potere di determinare i limiti delle attività di rischio nei confronti di una parte correlata che svolge in misura rilevante attività in settori non bancari, finanziari o assicurativi.

L’articolo 16 definisce le nozioni:

1) di parte correlata:

a) il titolare di una partecipazione rilevante nella banca o nella società capogruppo o chi esercita i diritti a essa inerenti, nonché chi comunque detenga il controllo della banca; la Banca d'Italia può stabilire soglie quantitative inferiori;

b) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo nella banca o nella società capogruppo;

c) i soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;

d) i soggetti che esercitano un'influenza notevole sulla banca, secondo i criteri individuati dalla Banca d'Italia;

2) di soggetto connesso a una parte correlata:

a) il coniuge non legalmente separato, i parenti entro il terzo grado e, in presenza di coniuge non legalmente separato, gli affini entro il secondo grado di una parte correlata persona fisica;

b) le società e gli enti controllati da una parte correlata ovvero dalle persone di cui alla lettera a);

c) le società e gli enti presso i quali svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo le parti correlate persone fisiche ovvero le persone di cui alla lettera a);

d) i soggetti che controllano una parte correlata ovvero che sono sottoposti a comune controllo con quest'ultima;

e) gli altri soggetti che intrattengono con una parte correlata i rapporti che danno origine a connessione giuridica o economica individuati dalla Banca d'Italia secondo quanto previsto dall'art. 2 del decreto ministeriale 22 giugno 1993 recante «Controllo dei grandi fidi».

L’articolo 17 ìndica i criteri per la determinazione dei limiti delle attività di rischio:

a) per i soggetti definiti parti correlate in relazione alla proprietà di azioni della banca, il limite è fissato in una percentuale del patrimonio di vigilanza rapportata alla quota di capitale sociale posseduta;

b) per le parti correlate diverse da quelle di cui alla lettera a), il limite è riferito a una percentuale del patrimonio di vigilanza della banca;

c) i limiti di cui alle lettere a) e b) non sono comunque superiori al 10 per cento del patrimonio di vigilanza della banca e possono variare a seconda della natura dei rapporti tra la parte correlata e la banca;

d) le attività di rischio complessive di una banca nei confronti di una parte correlata e dell'insieme dei soggetti a essa connessi devono essere inferiori a una percentuale del patrimonio di vigilanza fissata dalla Banca d'Italia, comunque non superiore al 10 per cento;

e) l'esposizione complessiva delle società di un gruppo bancario nei confronti di una parte correlata e dell'insieme dei soggetti a essa connessi deve essere inferiore a una percentuale del patrimonio di vigilanza consolidato fissata dalla Banca d'Italia, comunque non superiore al 10 per cento. Fermo restando il rispetto di tale limite, la Banca d'Italia può prevedere limiti diversi da quelli di cui alle lettere a), b), c) e d) per le singole banche appartenenti al gruppo;

f) la Banca d'Italia può applicare limiti diversi da quelli generali alle attività di rischio di banche cooperative a favore dei soci e di coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione, controllo;

g) la Banca d'Italia può non applicare i limiti alle attività di rischio nei confronti di altre società appartenenti al medesimo gruppo bancario e alle attività di rischio nei confronti di soggetti connessi a parti correlate i quali svolgano in misura rilevante attività in settori bancari, finanziari o assicurativi.

L’articolo 18 attribuisce alla Banca d'Italia il potere di emanare le disposizioni di attuazione e di stabilire, secondo criteri di gradualità, modalità e termini di rientro dei finanziamenti che eccedono i limiti fissati a norma dell'articolo 17.

 

Il comma 2 del presente articolo 8 modifica l’articolo 136 del TUB, che disciplina:

1)      gli atti di compravendita e le obbligazioni:

a)      dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca, nei riguardi della medesima;

b)      dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca o società facenti parte di un gruppo bancario, nei riguardi della società medesima;

2)      le operazioni di finanziamento poste in essere dai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca o società facenti parte di un gruppo bancario con altra banca o società del gruppo.

 

L’articolo 136 del TUB subordina gli atti e le obbligazioni suddette, quando riguardino soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca, alla previa deliberazione dell'organo di amministrazione della stessa banca, presa all'unanimità e col voto favorevole di tutti i componenti dell'organo di controllo, fermi restando gli obblighi previsti dal codice civile in materia di interessi degli amministratori[23] (comma 1).

Qualora dell’atto, obbligazione o operazione di finanziamento sia parte una società facente parte di un gruppo bancario, la suddetta deliberazione spetta agli organi della società o banca contraente, con l'assenso della capogruppo (comma 2).

 

Con la presente disposizione, dopo il comma 2 dell'articolo 136 viene aggiunto un nuovo comma 2-bis, il quale specifica che all'applicazione dei commi 1 e 2 sono sottoposte anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti indicati ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate.

 

Diversamente dai commi 1 e 2, nei quali sono menzionati “obbligazioni di qualsiasi natura” e“atti di compravendita”, nonché, nel comma 2, le “operazioni di finanziamento”, il comma 2-bis fa riferimento alle sole “obbligazioni”. Sembra tuttavia conforme alla ratio della novella comprendere nel suo ambito di applicazione tutti i rapporti menzionati nei commi 1 e 2[24].

 

La formulazione del comma 3 del medesimo articolo 136 viene per conseguenza integrata con l’aggiunta del richiamo al nuovo comma 2-bis. La violazione della nuova disposizione risulta pertanto sanzionata con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 412 a 4.132 euro.

 

La pena della reclusione da uno a tre anni e della multa da 206 a 2.066 euro, comminata dal comma 3 nella formulazione previgente, è così rideterminata a norma dell’articolo 39, comma 1 della presente legge, che dispone il raddoppio delle sanzioni penali entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale.

 

L’articolo 34-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha stabilito che le disposizioni del presente articolo 8, comma 2, si applichino a decorrere dal 17 maggio 2006[25].


Articolo 9
(Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali nonché nella gestione di portafogli su base individuale)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare i conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni degli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR), dei prodotti assicurativi e di previdenza complementare e nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrità del mercato finanziario mediante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio;

b) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi in prodotti finanziari emessi o collocati da società appartenenti allo stesso gruppo cui appartengono i soggetti che gestiscono i suddetti patrimoni o portafogli ovvero, nel caso di prodotti di previdenza complementare, emessi anche da alcuno dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive;

c) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), in prodotti finanziari emessi o collocati da società appartenenti a gruppi legati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto che gestisce tali patrimoni o portafogli o con il gruppo al quale esso appartiene;

d) previsione del limite per l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo da parte dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, in misura non superiore al 60 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;

e) salvo quanto disposto dalla lettera d), previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), di motivare, sulla base delle condizioni economiche praticate nonché dell’efficienza e della qualità dei servizi offerti, l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, qualora superi il 30 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;

f) previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), di comunicare agli investitori la misura massima dell’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo, da essi stabilita entro il limite di cui alla lettera d), all’atto della sottoscrizione di quote di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare ovvero all’atto del conferimento dell’incarico di gestione su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nonché ad ogni successiva variazione e comunque annualmente;

g) attribuzione del potere di dettare disposizioni di attuazione alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), d’intesa con la Banca d’Italia per quanto riguarda gli OICR;

h) previsione di sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, in caso di violazione delle norme introdotte ai sensi del presente articolo, sulla base dei princìpi e criteri di cui alla presente legge, nel rispetto dei princìpi di adeguatezza e proporzione e riservando le sanzioni accessorie ai casi di maggiore gravità o di reiterazione dei comportamenti vietati;

i) attribuzione del potere di irrogare le sanzioni previste dalla lettera h) alla CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia;

l) riferimento, per la determinazione della nozione di gruppo, alla definizione di controllo contenuta nell’articolo 93 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.


 

 

L’articolo 9 conferisce delega legislativa al Governo per la disciplina dei conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni:

1) degli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR);

2) dei prodotti assicurativi;

3) dei prodotti di previdenza complementare,

nonché nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera m), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono i fondi comuni di investimento e le società di investimento a capitale variabile (SICAV).

Il fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. Il fondo “aperto” è il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo; il fondo “chiuso” è il fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate.

La società di investimento a capitale variabile (SICAV) è la società per azioni a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia avente per oggetto esclusivo l'investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni al pubblico.

La gestione su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi è compresa nei servizi d’investimento a norma dell’articolo 1, comma 5, del TUF.

 

Per quanto riguarda specificamente la vigente disciplina in materia di prevenzione dei conflitti di interessi, si segnala l’articolo 21, comma 1, lettera c), del TUF, il quale prescrive che, nella prestazione dei servizi di’investimento e accessori, i soggetti abilitati adottino un’organizzazione che riduca al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agiscano in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento.

Il regolamento sulla gestione collettiva del risparmio, emanato con provvedimento della Banca d’Italia 14 aprile 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 12 maggio 2005, n. 109), al titolo V, capitolo I, sezione II, par. 3.1.4, prescrive, per la prevenzione dei conflitti d’interessi, che, in aggiunta ai limiti previsti dalle vigenti disposizioni, il regolamento del fondo d’investimento indichi gli eventuali ulteriori limiti volti a contenere i rischi derivanti da rapporti di gruppo, di affari o dalla prestazione congiunta di servizi di gestione collettiva e individuale.

In particolare, il regolamento deve indicare se il fondo può:

-       acquistare beni e titoli di società finanziate da società del gruppo di appartenenza delle società di gestione del risparmio (SGR);

-       negoziare beni con altri fondi gestiti dalla medesima società e i criteri utilizzati per tali negoziazioni;

-       investire in parti di altri OICR gestiti o istituiti dalla società promotrice, dal gestore, da altre società agli stessi legati tramite controllo comune o con una considerevole partecipazione diretta o indiretta.

 

Il regolamento recante norme di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di emittenti, approvato con deliberazione della CONSOB 14 maggio 1999, n. 11971, disciplina le informazioni che debbono essere rese agli investitori anche sotto questo riguardo mediante i prospetti informativi. Ad esempio, nell’allegato 1B, schema 8 (Prospetto informativo di sollecitazione di quote di fondi comuni di investimento mobiliare di diritto italiano di tipo aperto), parte III, è prescritto di “indicare gli eventuali limiti alle operazioni con parti correlate, inseriti nel Regolamento di gestione del fondo, che la SGR intende rispettare per assicurare la tutela dei partecipanti da possibili situazioni di conflitto di interessi”.

 

Nell’esercizio della delega, il Governo potrà adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto di una serie di princìpi e criteri direttivi.

 

In particolare, la lettera a) del comma 1 enunzia un criterio direttivo generale, in base al quale le norme introdotte debbono tendere alla salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrità del mercato finanziario mediante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio.

 

La lettera b) prevede la fissazione di limiti all'investimento dei patrimoni di OICR, prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, in prodotti finanziari emessi o collocati da società appartenenti allo stesso gruppo cui appartengono i soggetti che gestiscono gli stessi patrimoni o portafogli.

Nel caso dei prodotti di previdenza complementare, rilevano inoltre anche i prodotti emessi dai soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive: ciò in quanto la politica d’investimento di fondi aziendali potrebbe essere influenzata dai soggetti partecipanti alla loro istituzione, ove gli stessi siano nel contempo emittenti di strumenti finanziari.

 

La nozione di prodotto finanziario è definita dall’articolo 1, comma 1, lettera u), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Sono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

In base al successivo comma 2, sono strumenti finanziari:

a)       le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

b)      le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

c)       gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

d)       le quote di fondi comuni di investimento;

e)       i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

f)        qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

g)       i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h)       i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i)         i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

l)         i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

m)     le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

La lettera c) prevede la fissazione di limiti all'investimento dei patrimoni, dei prodotti e dei portafogli indicati alla lettera a) in prodotti finanziari emessi o collocati da società appartenenti a gruppi legati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto che gestisce tali patrimoni o portafogli o con il gruppo al quale esso appartiene.

Il principio risponde all'esigenza di evitare che, attraverso le scelte d’investimento, il rischio di credito assunto dal soggetto gestore dei patrimoni o portafogli possa venire traslato su questi ultimi e – per conseguenza – sui sottoscrittori o i committenti della gestione.

 

Si prevede quindi, alla lettera d), un limite per l'impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo da parte dei gestori dei patrimoni, dei prodotti e dei portafogli indicati alla lettera a) per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione. Tale limite dovrà essere fissato in misura non superiore al 60 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi.

 

Relativamente all’esecuzione delle operazioni da parte degli intermediari autorizzati si richiama l’articolo 43, comma 4, del regolamento di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari, approvato con deliberazione della CONSOB 1° luglio 1998, n. 11522, il quale prescrive agli intermediari autorizzati di esigere che le operazioni da essi disposte per conto degli investitori siano eseguite alle migliori condizioni possibili con riferimento al momento, alla dimensione e alla natura delle operazioni stesse, e di vigilare affinché tali condizioni siano effettivamente conseguite. Secondo la citata disposizione, nell'individuare le migliori condizioni possibili si ha riguardo ai prezzi pagati o ricevuti e agli altri oneri sostenuti direttamente o indirettamente dagli investitori. Le suddette condizioni si considerano soddisfatte nel caso in cui le operazioni siano eseguite:

- durante l'orario ufficiale di negoziazione, in un mercato regolamentato;

- al di fuori dell'orario ufficiale di negoziazione, in un mercato regolamentato o in un sistema di scambi organizzati.

 

La lettera e) prevede, a carico dei gestori dei patrimoni, dei prodotti e dei portafogli indicati alla lettera a), l’obbligo di motivare, sulla base delle condizioni economiche praticate nonché dell'efficienza e della qualità dei servizi offerti, l'impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione. Tale motivazione è prescritta qualora l'impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione superi il 30 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite negoziati.

 

La lettera f) pone a carico dei gestori dei patrimoni o portafogli l'obbligo di comunicare agli investitori la misura massima dell'impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo. Tale obbligo di comunicazione va adempiuto all'atto della sottoscrizione di quote di OICR, prodotti assicurativi e di previdenza complementare ovvero al conferimento dell'incarico di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, nonché ad ogni successiva variazione e comunque annualmente.

 

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, pp. 23-24), i princìpi contenuti nelle lettere da d) a f) non rispondono soltanto alla ratio di assicurare che il ricorso ad intermediari appartenenti al medesimo gruppo risponda a valutazioni di effettiva convenienza economica per la gestione del patrimonio conferito, bensì anche all'intendimento di “sviluppare la concorrenza in quest'ambito, favorendo il ricorso ai soggetti che possano fornire servizi aggiuntivi di analisi atti ad ampliare la scelta dei prodotti, ovviamente nel rispetto delle caratteristiche e degli indirizzi di ciascun tipo di gestione”. A quest’ultima finalità sembrano principalmente ispirate le previste limitazioni quantitative.

 

La lettera g) attribuisce alla CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia per quanto attiene alla disciplina degli OICR, il potere di dettare disposizioni di attuazione, mentre la lettera h) richiede la previsione di sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, in caso di violazione delle norme introdotte ai sensi del presente articolo 9, nel rispetto dei princìpi di adeguatezza e proporzione e riservando le sanzioni accessorie ai casi di maggiore gravità o di reiterazione dei comportamenti vietati. La potestà di irrogare tali sanzioni, secondo la lettera i), viene attribuita alla CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia.

 

Per la violazione degli obblighi imposti ai soggetti abilitati dall’articolo 21 del TUF e dalle relative disposizioni attuative, che comprendono anche le regole di correttezza e le misure per la prevenzione dei conflitti d’interesse, l’articolo 190, comma 1, del TUF commina la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2582,28 a euro 129.114,22 (importo risultante dall’applicazione dell’articolo 39, comma 3, della presente legge).

L’articolo 40 della presente legge disciplina l’introduzione delle sanzioni accessorie mediante conferimento di specifica delega legislativa.

 

Si osserva che l’intesa richiesta fra le due autorità per l’esercizio del potere sanzionatorio non è limitata nella lettera i) alle sole fattispecie riguardanti gli OICR, diversamente da quanto previsto dalla lettera g) in relazione al potere regolamentare.

 

Infine, la lettera l) prevede che, per la determinazione della nozione di gruppo, si debba far riferimento alla definizione di controllo contenuta nell'articolo 93 del TUF.

 

Il richiamato articolo 93 del TUF stabilisce, al comma 1, che sono considerate imprese controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile[26], anche le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole, nonché le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

Il comma 2 precisa che ai fini del comma 1 si considerano anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.

 

L’esercizio della delega legislativa, come è precisato nell’alinea dello stesso comma 1, non deve comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Con riferimento all’oggetto della delega legislativa conferita dal presente articolo e al contenuto dei criteri direttivi posti per la sua attuazione, si segnala che la materia è trattata nella direttiva n. 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai mercati degli strumenti finanziari[27], il cui articolo 18 riguarda specificamente i conflitti d’interessi.

Esso richiede che alle imprese di investimento sia prescritto di adottare ogni misura ragionevole per identificare i conflitti d’interessi che potrebbero insorgere tra tali imprese – inclusi i dirigenti, i dipendenti e gli agenti collegati o le persone direttamente o indirettamente connesse – e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualunque servizio di investimento o servizio accessorio o di una combinazione di tali servizi.

Quando le disposizioni organizzative o amministrative adottate dall'impresa non sono sufficienti, è previsto che l'impresa di investimento debba informare chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale o delle fonti di tali conflitti d’interessi.

È conferito alla Commissione il potere di adottare misure di esecuzione volte a:

a)      definire le misure la cui adozione può essere richiesta alle imprese di investimento;

b)      stabilire criteri per determinare i tipi di conflitto di interesse rilevanti.

 

Lo schema di direttiva di attuazione è stato trasmesso dalla Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio il 6 febbraio 2006.

 

È stato rilevato a questo proposito che, diversamente dalle disposizioni qui illustrate – che contemplano limiti quantitativi –, la direttiva europea prevede misure organizzative e obblighi di trasparenza informativa nei riguardi degli investitori[28].


Articolo 10
(Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. La Banca d’Italia, d’intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome»;

b) all’articolo 190, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nei soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dall’articolo 6, comma 2-bis, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate in base al medesimo comma dalla Banca d’Italia, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a cinquecentomila euro».


 

 

L’articolo 10 introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, disposizioni volte a prevenire i conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento, con particolare riguardo al problema della separazione delle strutture organizzative nel modello della banca universale oramai affermatosi anche nell’ordinamento italiano.

 

La lettera a) del comma 1 introduce nell’articolo 6 del TUF un nuovo comma 2-bis, che attribuisce alla Banca d’Italia, d’intesa con la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), il potere di stabilire in quali casi, al fine di prevenire conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate (recte: svolte) da strutture distinte e autonome.

 

L’articolo 6 del TUF disciplina le competenze attribuite alle autorità in materia di vigilanza regolamentare sugli intermediari.

In particolare:

1) spetta alla Banca d'Italia, sentita la CONSOB, disciplinare con regolamento:

a) l'adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni, le partecipazioni detenibili, l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni;

b) le modalità di deposito e di sub-deposito degli strumenti finanziari e del denaro di pertinenza della clientela;

c) le regole applicabili agli OICR aventi a oggetto i criteri e i divieti all'attività di investimento, anche con riguardo ai rapporti di gruppo; le norme prudenziali di contenimento e frazionamento del rischio; gli schemi-tipo e le modalità di redazione dei prospetti contabili che le società di gestione del risparmio e le SICAV devono redigere periodicamente; i metodi di calcolo del valore delle quote o azioni di OICR; i criteri e le modalità da adottare per la valutazione dei beni e dei valori in cui è investito il patrimonio e la periodicità della valutazione;

2) spetta invece alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, tenuto conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi, disciplinare con regolamento:

a) le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta delle evidenze degli ordini e delle operazioni effettuate;

b) il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori, anche per ridurre al minimo i conflitti di interessi e assicurare che la gestione del risparmio su base individuale si svolga con modalità aderenti alle specifiche esigenze dei singoli investitori e che quella su base collettiva avvenga nel rispetto degli obbiettivi di investimento dell'OICR;

c) gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi; i flussi informativi tra i diversi settori dell'organizzazione aziendale, anche per evitare interferenze tra la prestazione del servizio di gestione su base individuale e gli altri servizi d’investimento.

 

La disposizione determina nella finalità di prevenire i conflitti il criterio in base al quale le due autorità, d’intesa fra loro, dovranno predisporre la nuova disciplina. Tale disciplina prenderà in considerazione i servizi d’investimento nonché le altre attività svolte dal soggetto abilitato (banca o intermediario finanziario). Nell’ambito di queste, dovranno essere individuate le attività suscettibili di entrare in conflitto e determinati i casi in cui, per il fine predetto, tutte o alcune fra esse debbano essere svolte da strutture distinte con garanzie di reciproca autonomia.

 

L’articolo 56 del regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (decreto legislativo n. 58 del 1998), concernente la disciplina degli intermediari, adottato con delibera CONSOB n. 11522 del 1° luglio 1998, dispone, al comma 3, che gli intermediari autorizzati, anche al fine di ridurre al minimo il rischio di conflitti d’interessi, debbono adottare procedure interne finalizzate ad assicurare che non si verifichino scambi di informazioni fra i settori dell’organizzazione aziendale che debbono essere tenuti separati.

È fatto rinvio alle disposizioni emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del medesimo testo unico, che attribuisce alla Banca d’Italia il potere di disciplinare, sentita la CONSOB, l’organizzazione amministrativa e contabile degli intermediari.

Rilevano, in particolare, le disposizioni del titolo IV, capitolo 11, paragrafo 2.3, delle Istruzioni di vigilanza per le banche, secondo cui nello svolgimento dei servizi di investimento le banche, attenendosi alle regole che ne disciplinano l’esercizio, hanno l’obbligo di adottare strutture organizzative che riducano al minimo il rischio di conflitti d’interessi. Esse debbono assicurare la separatezza tra il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi e il complesso delle altre attività tipicamente esercitate dalla banca. Ciò deve avvenire nel rispetto delle disposizioni contenute nelle Istruzioni di vigilanza per gli intermediari del mercato mobiliare (titolo II, capitolo 2, paragrafo 4), le quali prevedono, fra l’altro, che il servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi sia tenuto separato dagli altri servizi d’investimento esercitati dalla società d’intermediazione mobiliare (SIM) nonché dalle altre attività svolte dalla SIM medesima. Pertanto, gli addetti al servizio di gestione della SIM debbono operare in modo indipendente e senza vincoli di subordinazione rispetto agli altri settori aziendali; il servizio di gestione non dev’essere collocato in posizione di subordinazione funzionale, decisionale e operativa rispetto alle altre strutture aziendali, comprese quelle previste per l’esercizio degli altri servizi di investimento; le operazioni in valori mobiliari concluse tra la struttura addetta al servizio di gestione e le altre strutture aziendali debbono trovare evidenza in specifiche operazioni interne. Il rispetto delle regole di separatezza lascia comunque impregiudicata la facoltà di accentrare l’organizzazione amministrativa dei servizi generali (quali, ad esempio, i servizi cosiddetti di back office) e la funzione di contabilità generale, configurando questa uno delle più vantaggiose economie di scala derivanti dall’adozione del modello della banca universale.

 

Con la lettera b) viene determinata la sanzione per la violazione delle disposizioni introdotte con il descritto comma 2-bis dell’articolo 6 del TUF. A questo fine è inserito nell’articolo 190 del medesimo testo unico (contenente le sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati) un nuovo comma 3-bis, il quale commina la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila a cinquecentomila euro, nei riguardi dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso i soggetti abilitati, in caso di violazione delle prescrizioni dell’articolo 6, comma 2-bis, del TUF ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate in base ad esse dalla Banca d’Italia.


Articolo 11
(Circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)

 


1. All’articolo 2412 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il terzo comma è inserito il seguente:

«Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere».

b) il settimo comma è abrogato.

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:

«9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo»;

b) la lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 è abrogata;

c) dopo l’articolo 100 è inserito il seguente:

«Art. 100-bis. - (Circolazione dei prodotti finanziari) – 1. Nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’articolo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 2412, secondo comma, del codice civile.

2. Il comma 1 non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB agli acquirenti che non siano investitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma»;

d) all’articolo 118, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. L’articolo 116 non si applica agli strumenti finanziari emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni».

3. Nella parte II, titolo II, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dopo l’articolo 25 è aggiunto il seguente:

«Art. 25-bis. - (Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). – 1. Gli articoli 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.

2. In relazione ai prodotti di cui al comma 1 e nel perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5, comma 3, la CONSOB esercita sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva di cui all’articolo 6, comma 2, all’articolo 8, commi 1 e 2, e all’articolo 10, comma 1, nonché i poteri di cui all’articolo 7, comma 1.

3. Il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione delle imprese di assicurazione informa senza indugio la CONSOB di tutti gli atti o i fatti, di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

4. Le società incaricate della revisione contabile delle imprese di assicurazione comunicano senza indugio alla CONSOB gli atti o i fatti, rilevati nello svolgimento dell’incarico, che possano costituire una grave violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

5. I commi 3 e 4 si applicano anche all’organo che svolge funzioni di controllo e alle società incaricate della revisione contabile presso le società che controllano l’impresa di assicurazione o che sono da queste controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

6. L’ISVAP e la CONSOB si comunicano reciprocamente le ispezioni da ciascuna disposte sulle imprese di assicurazione. Ciascuna autorità può chiedere all’altra di svolgere accertamenti su aspetti di propria competenza».


 

 

L’articolo 11 interviene sull’articolo 2412 del codice civile e su alcuni articoli del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, modificando la disciplina relativa alla circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e agli obblighi informativi prescritti in caso di successivo trasferimento dei medesimi a investitori non professionali.

 

Il comma 1, alla lettera a), inserendo un nuovo comma quarto nell’articolo 2412 del codice civile, stabilisce che al computo del limite previsto dal primo comma del medesimo articolo per l’emissione di obbligazioni da parte delle società (entro il doppio del capitale sociale) concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere.

 

L’articolo 2412 del codice civile, in tema di limiti all’emissione di obbligazioni, al primo comma, prevede che la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite.

In base ai commi successivi tale limite può essere superato se le obbligazioni emesse in eccedenza sono destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali. In caso di successiva circolazione delle obbligazioni, chi le trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali.

Non è soggetta al limite, e non rientra nel calcolo al fine del medesimo, l'emissione di obbligazioni garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del valore degli immobili medesimi.

Queste disposizioni non si applicano all'emissione di obbligazioni effettuata da società con azioni quotate in mercati regolamentati, limitatamente alle obbligazioni destinate ad essere quotate negli stessi o in altri mercati regolamentati.

Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l'economia nazionale, la società può essere autorizzata con provvedimento dell'autorità governativa, ad emettere obbligazioni per somma superiore a quanto previsto nel presente articolo, con l'osservanza dei limiti, delle modalità e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso.

Restano salve le disposizioni di leggi speciali relative a particolari categorie di società e alle riserve di attività.

 

Per opportuno coordinamento, la lettera b) dispone l’abrogazione del settimo comma dello stesso articolo 2412 del codice civile.

 

Il settimo comma dell’articolo 2412 del codice civile, introdotto dall’articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 28 dicembre 2004, n. 310 (Integrazioni e correzioni alla disciplina del diritto societario ed al testo unico in materia bancaria e creditizia, in base alla delega legislativa conferita dalla legge 3 ottobre 2001, n. 366), stabiliva che le disposizioni del medesimo articolo si applicassero anche alle obbligazioni emesse all'estero da società italiane ovvero da loro controllate o controllanti, se negoziate nello Stato, nei limiti stabiliti con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta della Commissione nazionale per le società e la borsa; in questo caso la negoziazione ad opera di investitori professionali nei confronti di soggetti diversi deve, a pena di nullità, avvenire mediante consegna di un prospetto informativo contenente le informazioni stabilite dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, anche quando la vendita avvenga su richiesta dell'acquirente.

Il previsto regolamento ministeriale non risulta essere stato emanato[29].

 

Il comma 2 apporta varie modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, concernenti la circolazione di particolari categorie di prodotti finanziari attualmente non sottoposti a taluni obblighi di trasparenza.

 

La lettera a) interviene sull’articolo 30 del TUF, che disciplina l’offerta fuori sede.

 

L’articolo 30 del TUF, il quale disciplina l’offerta fuori sede, stabilisce che per “offerta fuori sede” s’intendono la promozione e il collocamento di strumenti finanziari presso il pubblico, effettuati in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento, nonché la prestazione di servizi d’investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio.

Non costituisce offerta fuori sede quella effettuata nei confronti di investitori professionali, come definiti con regolamento della CONSOB, sentita la Banca d'Italia.

I soggetti che possono effettuare offerte fuori sede avente ad oggetto strumenti finanziari sono:

-       i soggetti autorizzati allo svolgimento del servizio previsto dall'articolo 1, comma 5, lettera c), del TUF (collocamento o assunzione di garanzie nei confronti dell’emittente);

-       le società di gestione del risparmio (SGR);

-       le società di gestione armonizzate;

-       le società di investimento a capitale variabile (SICAV), limitatamente alle quote e alle azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).

Le imprese di investimento, le banche, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario (TUB), le SGR e le società di gestione armonizzate possono offrire fuori sede i propri servizi d’investimento. Ove l'offerta abbia per oggetto servizi prestati da altri intermediari, le imprese di investimento e le banche devono essere autorizzate allo svolgimento del suddetto servizio previsto dall'articolo 1, comma 5, lettera c), del TUF.

Le imprese d’investimento possono offrire fuori sede prodotti diversi dagli strumenti finanziari e dai servizi d'investimento, le cui caratteristiche sono stabilite con regolamento dalla CONSOB, sentita la Banca d'Italia.

L'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede ovvero collocati a distanza ai sensi dell'articolo 32 del TUF è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al promotore finanziario o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede ovvero a distanza ai sensi dell'articolo 32. Tale disposizione non si applica alle offerte pubbliche di vendita o di sottoscrizione di azioni con diritto di voto o di altri strumenti finanziari che permettano di acquisire o sottoscrivere tali azioni, purché le azioni o gli strumenti finanziari siano negoziati in mercati regolamentati italiani o di paesi dell'Unione europea.

L'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente.

 

L’articolo 31 del TUF prescrive che, per l’offerta fuori sede, i soggetti abilitati si avvalgano di promotori finanziari, iscritti nell’apposito albo e operanti secondo le modalità e con gli obblighi disciplinati dal medesimo articolo.

 

Viene sostituito il comma 9 del descritto articolo 30 del TUF. La nuova formulazione prevede che lo stesso articolo si applichi anche a tutti i prodotti finanziari, con l’eccezione degli strumenti finanziari e prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando in questo caso l’obbligo di consegna del prospetto informativo.

 

Il previgente comma 9 dell’articolo 30 del TUF prevedeva che lo stesso si applicasse anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti indicati nell'articolo 100, comma 1, lettera f), del medesimo testo unico.

La richiamata lettera f) dell’articolo 100, comma 1 (abrogata dalla lettera b) del presente comma) faceva riferimento ai prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, e ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione.

 

In conseguenza della modificazione recata dal presente articolo, la disciplina dell’offerta fuori sede(limitazione dei soggetti che possono effettuare l’offerta, sospensione dell’efficacia del contratto per sette giorni e diritto di recesso, obbligo di avvalersi di promotori finanziari) si applica anche ai prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni.

Non si applica invece agli strumenti e ai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo in tutti i casi in cui questi si configurino come sollecitazioni all’investimento.

 

Il riferimento ai “prodotti finanziari” emessi da imprese di assicurazione appare suscettibile di estendere notevolmente il novero delle forme d’investimento finanziario che le imprese assicurative possono collocare presso il pubblico anche mediante offerta fuori sede.

 

La modificazione recata dalla presente lettera a) è logicamente collegata all’abrogazione della lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 del medesimo TUF, disposta dalla successiva lettera b) del presente comma.

 

Non essendo diversamente provveduto, l’abrogazione della lettera f) dell’articolo 100, comma 1, del TUF rende altresì privo di contenuto il riferimento ad esso operato dall'articolo 32, comma 2, del medesimo testo unico, il quale rimette alla CONSOB, sentita la Banca d'Italia, il potere di disciplinare con regolamento, in conformità ai princìpi stabiliti nell'articolo 30, la promozione e il collocamento, mediante tecniche di comunicazione a distanza, di servizi di investimento e di prodotti finanziari, individuando anche i casi in cui i soggetti abilitati devono avvalersi di promotori finanziari.

 

La lettera b) del presente comma 2 dispone l’abrogazione della lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 del TUF, che sanciva l’inapplicabilità della disciplina relativa alle sollecitazioni all’investimento in relazione ai prodotti ivi indicati.

 

L’articolo 100 del TUF determina i casi nei quali non si applicano le disposizioni in materia di sollecitazione all’investimento, tra cui segnatamente la pubblicazione del prospetto e gli obblighi informativi cui è soggetto l’emittente. In particolare, si tratta delle sollecitazioni:

a)       rivolte ai soli investitori professionali;

b)      rivolte a un numero di soggetti non superiore a quello indicato dalla CONSOB con regolamento;

c)       di ammontare complessivo non superiore a quello indicato dalla CONSOB con regolamento;

d)       aventi a oggetto strumenti finanziari emessi o garantiti dallo Stato italiano, da uno Stato membro dell'Unione europea o emessi da organismi internazionali a carattere pubblico di cui facciano parte uno o più Stati membri dell'Unione europea;

e)       aventi a oggetto strumenti finanziari emessi dalla Banca centrale europea o dalle banche centrali nazionali degli Stati membri dell'Unione europea.

La lettera f) del comma 1 prevedeva la stessa esenzione per le sollecitazioni aventi a oggetto prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, ovvero prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione.

 

L’abrogazione della lettera f), disposta dal presente articolo, determina l’estensione delle norme sulla sollecitazione all’investimento (approvazione del prospetto, obblighi informativi, limiti agli annunzi pubblicitari) anche ai prodotti finanziari emessi da banche e (ove siano qualificabili come sollecitazioni all’investimento) ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione.

 

Invero, per quanto riguarda i prodotti assicurativi, la natura di essi e la speciale disciplina onde sono regolati esclude – ove si tratti di contratti d’assicurazione in senso stretto – la possibilità di qualificarli come forme di sollecitazione all’investimento. Il venir meno dell’esenzione potrebbe assumere rilevanza per i prodotti aventi una componente finanziaria prevalente rispetto alla componente assicurativa o comunque tale da comportare la traslazione del rischio in misura significativa sull’assicurato[30].

 

L’articolo 2, comma 1, del codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, ìndica specificamente nel novero dei rami vita il ramo III, comprendente le assicurazioni sulla durata della vita umana e le assicurazioni di nuzialità e di natalità le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento.

L’articolo 185, comma 4, del medesimo codice prevede che per i rami vita da I a V l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) determini, con regolamento, le informazioni supplementari da inserire nella nota informativa, che sono necessarie alla piena comprensione delle caratteristiche essenziali del contratto con particolare riguardo ai costi e ai rischi del contratto nonché alle operazioni in conflitto d’interesse.

A quest’ultimo riguardo, si veda anche l’illustrazione del successivo articolo 25, comma 2, della presente legge.

 

La lettera c) del presente comma 2 inserisce nel TUF un nuovo articolo 100-bis, diretto a disciplinare la circolazione successiva di prodotti finanziari originariamente destinati ai soli investitori professionali.

Esso, al comma 1, prevede che nei casi di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, quando la sollecitazione all’investimento sia stata rivolta ai soli investitori professionali (articolo 100, comma 1, lettera a), del medesimo testo unico), l’investitore professionale cedente sia tenuto a garantire, nei confronti dell’acquirente che non sia investitore professionale, la solvenza dell’emittente, limitatamente alla durata di un anno dall’emissione e ferma restando l’osservanza degli obblighi previsti a carico dei soggetti abilitati dall’articolo 21 del testo unico (diligenza, correttezza, trasparenza, prevenzione dei conflitti d’interesse e altre misure a salvaguardia dell’interesse del cliente).

La disposizione fa salve altresì le maggiori garanzie previste dall’articolo 2412, secondo comma, del codice civile nel caso di emissioni obbligazionarie eccedenti il limite del doppio del capitale sociale (garanzia di solvenza senza limite temporale da parte dell’intermediario).

 

Il richiamo dell’articolo 2412 del codice civile connota quella disposizione come norma speciale, riferita allo specifico titolo di debito denominato come obbligazione. Non sembra pertanto riferibile ad essa la causa di esclusione della garanzia, prevista dal successivo comma 2 nel caso di consegna del documento informativo[31].

Occorre rilevare che la garanzia prevista dalla norma, mentre ha contenuto chiaro e inequivoco in riferimento a titoli di debito, risulta assai difficile da configurare rispetto a titoli azionari o strumenti di rischio in genere, il cui valore è naturalmente soggetto a variazione.

 

Tuttavia, a norma del comma 2, la predetta garanzia non si applica se l’intermediario consegna agli acquirenti che non siano investitori professionali – anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi – un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB. Per la liberazione dal predetto obbligo di garanzia, spetta all’intermediario l’onere di provare la consegna del documento.

 

La disposizione – nella quale la consegna del documento informativo si connota quale onere a carico dell’intermediario, al cui adempimento è subordinata la liberazione dall’obbligo di garanzia prescritto dal comma 1 – rimane distinta dalle fattispecie contemplate nella delega legislativa conferita dal successivo articolo 12, comma 3, lettera f), numero 2), in forza della quale potranno essere individuate le condizioni in presenza delle quali il collocamento o la successiva rivendita di strumenti esenti dall’obbligo di prospetto debbano essere assoggettati a tale obbligo[32].

 

La lettera d) del presente comma 2, infine, sostituisce il comma 2 dell’articolo 118 del TUF, mantenendo per gli strumenti finanziari non quotati emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni l’esenzione dagli obblighi informativi previsti per gli emittenti di strumenti finanziari non quotati ma diffusi tra il pubblico in misura rilevante.

 

Il richiamato comma 2 dell’articolo 118 del TUF, nel testo precedentemente in vigore, escludeva dall’applicazione dell’articolo 116 gli strumenti previsti dall'articolo 100, comma 1, lettera f) (abrogato dalla precedente lettera b) del presente comma), ossia i prodotti finanziari emessi da banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni, e i prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione.

Rispetto al testo previgente, viene meno l’espresso riferimento ai prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione, che per altro possono ritenersi per loro natura soggetti a una diversa disciplina.

 

L’articolo 116 del TUF prevede che gli articoli 114 e 115 si applichino anche agli emittenti strumenti finanziari i quali, ancorché non quotati in mercati regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante.

Ai sensi dell’articolo 114, gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano debbono comunicare al pubblico, senza indugio, le informazioni privilegiate di cui all'articolo 181 (ossia le informazioni di carattere preciso, che non sono state rese pubbliche, concernenti, direttamente o indirettamente, gli emittenti strumenti finanziari o gli strumenti stessi, che, se rese pubbliche, potrebbero influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti) che riguardano direttamente detti emittenti e le società controllate. L’articolo 115 disciplina i poteri della CONSOB per la vigilanza sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico dagli emittenti.

 

Il comma 3 introduce nel TUF un nuovo articolo 25-bis, riguardante l’applicazione delle disposizioni relative allo svolgimento dei servizi d’investimento (parte II, titolo II, capo II del medesimo testo unico) anche alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.

 

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo 25-bis specifica l’ambito di operatività della disciplina, individuando negli articoli 21 e 23 del testo unico le disposizioni applicabili alla sottoscrizione e al collocamento dei citati prodotti.

 

Il capo II del titolo II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria reca disposizioni sullo svolgimento dei servizi d’investimento, prevedendo – oltre ai criteri generali e alle norme in materia di contratti – regole sulla separazione patrimoniale, sulla gestione dei portafogli d’investimento e sulle attività di negoziazione nei mercati regolamentati, la cui applicabilità alle imprese di assicurazione appariva dubbia in ragione della disciplina speciale relativa alla vigilanza su questi soggetti.

L’articolo 21 del testo unico stabilisce che, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, i soggetti abilitati devono:

a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati; inoltre, i soggetti abilitati debbono classificare, sulla base di criteri definiti dalla CONSOB, il grado di rischiosità dei prodotti e rispettare il principio di adeguatezza rispetto al profilo di ciascun cliente, salve le disposizioni espressamente da questo impartite;

b) acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati;

c) organizzarsi in modo tale da ridurre al minimo il rischio di conflitti di interesse e, in situazioni di conflitto, agire in modo da assicurare comunque ai clienti trasparenza ed equo trattamento;

d) disporre di risorse e procedure, anche di controllo interno, idonee ad assicurare l'efficiente svolgimento dei servizi;

e) svolgere una gestione indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati.

È comunque ammesso che, nello svolgimento dei servizi, le imprese di investimento, le banche e le società di gestione del risparmio possano, previo consenso scritto, agire in nome proprio e per conto del cliente.

L’articolo 23 prescrive che i contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori siano redatti per iscritto e che un esemplare di essi sia consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca d'Italia, può prevedere con regolamento che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma.

In caso di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo. È altresì nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal cliente e di ogni altro onere a suo carico: in questi casi nulla è dovuto. Queste ipotesi di nullità possono esser fatte valere solo dal cliente (c.d. nullità relativa).

Nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta[33].

 

Si ricordano a questo proposito le disposizioni in materia di trasparenza delle operazioni e protezione dell’assicurato, contenute nel titolo XIII del codice delle assicurazioni private, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

In particolare, per quanto riguarda le regole di comportamento, l’articolo 183 prescrive che nell'offerta e nell'esecuzione dei contratti le imprese e gli intermediari devono:

a)       comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza nei confronti dei contraenti e degli assicurati;

b)      acquisire dai contraenti le informazioni necessarie a valutare le esigenze assicurative o previdenziali e operare in modo che siano sempre adeguatamente informati;

c)       organizzarsi in modo tale da identificare ed evitare conflitti di interesse ove ciò sia ragionevolmente possibile e, in situazioni di conflitto, agire in modo da consentire agli assicurati la necessaria trasparenza sui possibili effetti sfavorevoli e comunque gestire i conflitti di interesse in modo da escludere che rechino loro pregiudizio;

d)       realizzare una gestione finanziaria indipendente, sana e prudente e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei contraenti e degli assicurati.

L'ISVAP adotta, con regolamento, specifiche disposizioni relative alla determinazione delle regole di comportamento da osservare nei rapporti con i contraenti, in modo che l'attività si svolga con correttezza e con adeguatezza rispetto alle specifiche esigenze dei singoli, tenendo conto delle differenti esigenze di protezione dei contraenti e degli assicurati, nonché della natura dei rischi e delle obbligazioni assunte dall'impresa. L’ISVAP individua inoltre le categorie di soggetti che non necessitano, in tutto o in parte, della protezione riservata alla clientela non qualificata, e determina modalità, limiti e condizioni di applicazione delle medesime disposizioni nell'offerta e nell'esecuzione dei contratti di assicurazione dei rami danni, tenendo in considerazione le particolari caratteristiche delle varie tipologie di rischio.

Per il contenuto dell’articolo 185, comma 4, riguardante informazioni supplementari da inserire nella nota informativa, si veda, sopra, l’illustrazione della lettera b) del comma 2.

Si veda anche l’illustrazione del successivo articolo 25, comma 2, della presente legge.

 

Ai sensi del comma 2 dell'articolo 25-bis vengono attribuiti alla CONSOB i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva previsti dall’articolo 6, comma 2, dall’articolo 8, commi 1 e 2, e dall’articolo 10, comma 1, del TUF, nonché i poteri di convocazione indicati all’articolo 7, comma 1 del medesimo testo unico, da esercitarsi nei riguardi dei soggetti abilitati e delle imprese di assicurazione.

 

L'articolo 6, comma 2, del TUF prevede che la CONSOB, sentita la Banca d'Italia, tenuto conto delle differenti esigenze di tutela degli investitori connesse con la qualità e l'esperienza professionale dei medesimi, disciplini con regolamento:

a)       le procedure, anche di controllo interno, relative ai servizi prestati e la tenuta delle evidenze degli ordini e delle operazioni effettuate;

b)      il comportamento da osservare nei rapporti con gli investitori, anche tenuto conto dell'esigenza di ridurre al minimo i conflitti di interessi e di assicurare che la gestione del risparmio su base individuale si svolga con modalità aderenti alle specifiche esigenze dei singoli investitori e che quella su base collettiva avvenga nel rispetto degli obbiettivi di investimento dell'OICR;

c)       gli obblighi informativi nella prestazione dei servizi; i flussi informativi tra i diversi settori dell'organizzazione aziendale, anche tenuto conto dell'esigenza di evitare interferenze tra la prestazione del servizio di gestione su base individuale e gli altri servizi disciplinati dalla presente parte.

 

I commi 1 e 2 dell'articolo 8 del TUF prevedono che la Banca d'Italia e la CONSOB possono chiedere, per le materie di rispettiva competenza, ai soggetti abilitati la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti con le modalità e nei termini dalle stesse stabiliti, e che tali poteri possono essere esercitati anche nei confronti della società incaricata della revisione contabile.

 

L'articolo 10, comma 1, del TUF stabilisce che la Banca d'Italia e la CONSOB possono, per le materie di rispettiva competenza e in armonia con le disposizioni comunitarie, effettuare ispezioni e richiedere l'esibizione dei documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari presso i soggetti abilitati.

 

I poteri previsti dall'articolo 7, comma 1, del TUF sono quelli attribuiti alla Banca d'Italia e alla CONSOB che, con riguardo ai soggetti abilitati, possono:

a)       convocare gli amministratori, i sindaci e i dirigenti;

b)      ordinare la convocazione degli organi collegiali, fissandone l'ordine del giorno;

c)       procedere direttamente alla convocazione degli organi collegiali quando gli organi competenti non abbiano ottemperato a quanto previsto dalla lettera b).

 

I commi 3 e 4 dell'articolo 25-bis dispongono l’obbligo di comunicare all’autorità di vigilanza gli atti o fatti che possano costituire una violazione della disciplina relativa allo svolgimento dei servizi di investimento, comprese le disposizioni emanate dalla CONSOB. Tale comunicazione va effettuata alla CONSOB rispettivamente da parte del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione (comma 3) e delle società incaricate della revisione contabile (comma 4) delle imprese di assicurazione.

I suddetti obblighi di comunicazione alla CONSOB si estendono, ai sensi del comma 5, anche all’organo che svolge funzioni di controllo e alle società incaricate della revisione contabile presso le società che controllano l’impresa di assicurazione o che sono da queste controllate.

Viene infine specificato l’obbligo di collaborazione tra l’ISVAP e la CONSOB, tenute a comunicarsi reciprocamente le ispezioni effettuate sulle imprese di assicurazione. Inoltre, viene data facoltà a ciascuna autorità di chiedere all’altra lo svolgimento di accertamenti su aspetti di propria competenza.

 

La violazione delle disposizioni dei commi 1 e 2 dell’articolo 25-bis è sanzionata dall’articolo 190, comma 2, lettera d-bis), del TUF (introdotta dal successivo articolo 14, comma 1, lettera o)) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2582,30 a euro 129.114,20.

 

L’articolo 34-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha stabilito che le disposizioni del presente articolo 11, comma 2, lettere b) e c), e comma 3, limitatamente, in quest'ultimo caso, ai prodotti assicurativi, si applicano a decorrere dal 17 maggio 2006 ovvero, ove previste, dall'emanazione delle relative disposizioni di attuazione da parte della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP)[34].

Per l’emanazione delle disposizioni di attuazione, l’articolo 42, comma 5-bis, della presente legge stabilisce il termine di dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore (12 gennaio 2007).


Articolo 12
(Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, di seguito denominata «direttiva».

2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 3, e con la procedura stabilita per il decreto legislativo di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo, anche per tenere conto delle misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva.

3. Con i decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono apportate al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell’ordinamento nazionale, mantenendo, ove possibile, le ipotesi di conferimento di poteri regolamentari ivi contemplate; i decreti tengono inoltre conto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adeguare alla normativa comunitaria la disciplina dell’offerta al pubblico dei prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari come definiti, rispettivamente, dall’articolo 1, comma 1, lettera u), e comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

b) individuare nella CONSOB l’Autorità nazionale competente in materia;

c) prevedere che la CONSOB, al fine di assicurare l’efficienza del procedimento di approvazione del prospetto informativo da pubblicare in caso di offerta pubblica di titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, stipuli accordi di collaborazione con la Banca d’Italia;

d) assicurare la conformità della disciplina esistente in materia di segreto d’ufficio alla direttiva;

e) disciplinare i rapporti con le Autorità estere anche con riferimento ai poteri cautelari esercitabili;

f) individuare, anche mediante l’attribuzione alla CONSOB di compiti regolamentari, da esercitare in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea:

1) i tipi di offerta a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto nonché i tipi di strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazione non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto;

2) le condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva rivendita di strumenti finanziari oggetto di offerte a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto siano da assoggettare a detto obbligo;

g) prevedere che il prospetto e i supplementi approvati nello Stato membro d’origine siano validi per l’offerta al pubblico o per l’ammissione alla negoziazione in Italia;

h) prevedere, nei casi contemplati dalla direttiva, il diritto dell’investitore di revocare la propria accettazione, comunque essa sia denominata, stabilendo per detta revoca un termine non inferiore a due giorni lavorativi, prevedendo inoltre la responsabilità dell’intermediario responsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a influenzare le decisioni d’investimento di un investitore ragionevole;

i) prevedere i criteri in base ai quali la CONSOB può autorizzare determinate persone fisiche e piccole e medie imprese ad essere considerate investitori qualificati ai fini dell’esenzione delle offerte rivolte unicamente a investitori qualificati dall’obbligo di pubblicare un prospetto;

l) prevedere una disciplina concernente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto;

m) prevedere che la CONSOB, con riferimento all’approvazione del prospetto, verifichi la completezza delle informazioni nello stesso contenute, nonché la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite;

n) conferire alla CONSOB il potere di disciplinare con regolamenti, in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, anche le seguenti materie:

1) impiego delle lingue nel prospetto con individuazione dei casi in cui la nota di sintesi deve essere redatta in lingua italiana;

2) obbligo di depositare presso la CONSOB un documento concernente le informazioni che gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno;

3) condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’Autorità competente di un altro Stato membro;

4) casi nei quali sono richieste la pubblicazione del prospetto anche in forma elettronica e la pubblicazione di un avviso il quale precisi in che modo il prospetto è stato reso disponibile e dove può essere ottenuto dal pubblico;

o) avvalersi della facoltà di autorizzare la CONSOB a delegare compiti a società di gestione del mercato, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla direttiva;

p) fatte salve le sanzioni penali già previste per il falso in prospetto, prevedere, per la violazione dell’obbligo di pubblicare il prospetto, sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore a un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il controvalore stesso e, ove quest’ultimo non sia determinabile, di importo minimo di centomila euro e massimo di due milioni di euro; prevedere, per le altre violazioni della normativa interna e comunitaria, sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila euro a cinquecentomila euro; escludere l’applicabilità dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; prevedere la pubblicità delle sanzioni salvo che, a giudizio della CONSOB, la pubblicazione possa turbare gravemente i mercati o arrecare un danno sproporzionato; prevedere sanzioni accessorie di natura interdittiva;

q) attribuire alla CONSOB il relativo potere sanzionatorio, da esercitare secondo procedure che salvaguardino il diritto di difesa, e prevedere, ove le violazioni siano commesse da persone giuridiche, la responsabilità di queste ultime, con obbligo di regresso verso le persone fisiche responsabili delle violazioni.


 

 

L’articolo 12 conferisce delega legislativa al Governo per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

 

Al comma 1, alinea, il Senato ha introdotto la clausola secondo cui il decreto legislativo delegato non dovrà comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si segnala che la medesima delega legislativa, con parziale modificazione del contenuto dei criteri direttivi, è prevista nell’articolo 9 del disegno di legge comunitaria 2005, nel testo della Commissione, attualmente all’esame del Senato (A. S. n. 3509-A ).

 

 

L’articolo 12 conferisce delega legislativa al Governo per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE.

 

Il comma 1 delega il Governo ad adottare, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo finalizzato al recepimento della predetta direttiva.

Dall’esercizio della delega legislativa non dovranno provenire nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 2 autorizza il Governo, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti e con la procedura stabilita per il decreto di recepimento, a emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto, anche per tener conto delle misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea, secondo la procedura di cui all'articolo 24, comma 2, della direttiva.

 

L’articolo 29 della direttiva 2003/71/CE prescrive agli Stati membri di far entrare in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva medesima entro il 1° luglio 2005.

 

La direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003 riguarda il prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e modifica la direttiva 2001/34/CE.

 

A sua volta la direttiva 2001/34/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2001, riguardante l'ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l'informazione da pubblicare su detti valori, ha provveduto alla codificazione[35] della regolamentazione comunitaria relativa all'ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e all'informazione da pubblicare su detti valori.

 

La materia era infatti disciplinata da numerose direttive:

-       79/279/CEE del Consiglio, del 5 marzo 1979, concernente il coordinamento delle condizioni per l'ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale di una borsa valori[36];

-       80/390/CEE del Consiglio, del 17 marzo 1980, per il coordinamento delle condizioni di redazione, controllo e diffusione del prospetto da pubblicare per l'ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale di una borsa valori[37];

-       82/121/CEE del Consiglio, del 15 febbraio 1982, relativa alle informazioni periodiche che devono essere pubblicate dalle società le cui azioni sono ammesse alla quotazione ufficiale di una borsa valori[38];

-       88/627/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1988, relativa alle informazioni da pubblicare al momento dell'acquisto e della cessione di una partecipazione importante in una società quotata in borsa[39].

 

La direttiva 2001/34/CE rispetta totalmente la sostanza dei testi codificati, limitandosi a raggrupparli ed apportandovi solo quei ritocchi formali che sono necessari alla stessa operazione di codificazione, e, contestualmente, all’articolo 111, ne dispone l’abrogazione.

Trattandosi di una codificazione, la direttiva 2001/34/CE non è stata recepita formalmente nell’ordinamento nazionale, in quanto le disposizioni in essa raccolte erano già state recepite.

In materia è intervenuta anche la direttiva 89/298/CEE del Consiglio, del 17 aprile 1989[40], per il coordinamento delle condizioni di redazione, controllo e diffusione del prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica di valori mobiliari, che congiuntamente alla direttiva 80/390/CEE ha introdotto un meccanismo parziale e complesso di riconoscimento reciproco.

 

La direttiva 2003/71/CE sul prospetto mira a completare la codificazione intrapresa dalla direttiva 2001/34/CE.

Essa è altresì volta a migliorare la direttiva 89/289/CEE, la quale prevede un sistema parziale e complesso di mutuo riconoscimento del prospetto che non consente di raggiungere l'obiettivo del passaporto unico. A tal fine la nuova direttiva sul prospetto abroga la direttiva 89/298/CEE a decorrere dal 30 giugno 2004.

Tale direttiva è altresì uno degli elementi chiave del Piano d'azione per i servizi finanziari, che dovrebbe incoraggiare la creazione di un mercato integrato di tali servizi. Si tratta di una delle prime due proposte elaborate secondo il “metodo Lamfalussy", che consiste nel distinguere i principi quadro dai dettagli tecnici di esecuzione. Il Comitato europeo delle autorità di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR) ha pertanto adottato l'11 settembre 2001 un programma di lavoro che comprende in particolare la preparazione di misure tecniche di esecuzione di tale progetto.

 

La direttiva 2003/71/CE, composta di 33 articoli, prevede nuove regole che consentono alle società di raccogliere capitali più facilmente e a minor costo in tutta l'Unione europea sulla base dell'avallo dato dall'autorità regolamentare di un unico Stato membro ("autorità competente dello Stato membro di origine"). Essa rafforza la protezione offerta agli investitori garantendo che tutti i prospetti, ovunque siano emessi nell'Unione europea, forniscano loro l'informazione chiara e completa di cui necessitano per prendere le loro decisioni. In questo caso, il prospetto è un documento di pubblicità contenente importanti dati finanziari e non finanziari, che una società mette a disposizione dei potenziali investitori quando emette valori mobiliari (azioni, obbligazioni, strumenti derivati, ecc.) per raccogliere capitali o quando vuole far ammettere i suoi valori mobiliari alla negoziazione in un mercato borsistico. Esso costituisce un "passaporto unico" per l’emissione di valori mobiliari nell'insieme degli Stati membri.

 

In dettaglio, la direttiva, stabiliti ambito d'applicazione e definizioni delle nozioni ad essa relative, disciplina, all’articolo 3, l’obbligo di pubblicare un prospetto e, all’articolo 4, i casi di esenzione.

L’articolo 5 definisce il contenuto del prospetto, ulteriormente precisato dall’articolo 7 che indica le informazioni minime in esso contenute. All’articolo 6 è definita la responsabilità per la sua predisposizione.

L’articolo 8 precisa le informazioni che non debbono essere comprese nel prospetto o la cui omissione può essere consentita dalla competente autorità.

L’articolo 9 specifica la durata della validità del prospetto e degli altri documenti previsti (prospetto di base e documento di registrazione).

L’articolo 10 prevede che gli emittenti i cui strumenti finanziari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato presentino almeno annualmente un documento che contiene o fa riferimento a tutte le informazioni che essi hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nei dodici mesi precedenti.

Gli articoli 11 e 12 disciplinano rispettivamente i casi in cui le informazioni siano fornite nel prospetto mediante riferimento e la predisposizione di prospetti costituiti da documenti separati.

Gli articoli 13 e 14 regolano l’approvazione e la pubblicazione del prospetto. L’articolo 16 prescrive i casi in cui fatti nuovi sopravvenuti, errori o imprecisioni debbono essere comunicati mediante supplemento al prospetto.

L’articolo 15 disciplina i princìpi cui deve attenersi la pubblicità relativa ad un'offerta al pubblico di strumenti finanziari o all'ammissione di strumenti finanziari alla negoziazione in un mercato regolamentato.

A norma dell’articolo 17, qualora l'offerta al pubblico o l'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato siano previsti in uno o più Stati membri, o in uno Stato membro diverso dallo Stato membro d'origine, il prospetto approvato nello Stato membro d'origine e i supplementi sono validi per l'offerta al pubblico o per l'ammissione alla negoziazione in qualsiasi Stato membro ospitante, previa la sola comunicazione all'autorità competente di ciascuno Stato membro ospitante. L’articolo 18 disciplina le forme della comunicazione.

L’articolo 19 contiene prescrizioni circa l’uso delle lingue ammesse per la redazione dei prospetti.

L’articolo 20 indica le condizioni alle quali l’autorità competente dello Stato membro d'origine di emittenti, aventi la loro sede legale in un paese terzo, può approvare un prospetto per l'offerta al pubblico o per l'ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato redatto secondo la legislazione del paese terzo.

L’articolo 21 definisce i poteri attribuiti alle autorità competenti designate da ciascuno Stato membro per l’applicazione della direttiva. Sono indicate le regole concernenti il segreto d'ufficio e cooperazione tra autorità (articolo 22) e i provvedimenti cautelari ammessi (articolo 23).

Gli articoli successivi contengono misure di esecuzione. L’articolo 24 disciplina la procedura per l’adozione delle norme d’attuazione da parte della Commissione, assistita dal Comitato europeo dei valori mobiliari. Gli articoli 25 e 26 prescrivono rispettivamente i requisiti delle sanzioni che debbono essere previste dagli ordinamenti degli Stati membri e l’obbligo di prevedere forme d’impugnazione giurisdizionale.

Gli articoli 27 e 28 provvedono alla modificazione e all’abrogazione di norme delle direttive preesistenti.

L’articolo 29 prescrive agli Stati membri il recepimento entro il 1° luglio 2005.

L’articolo 30 enuncia disposizioni transitorie, l’articolo 31 prevede il riesame da parte della Commissione dopo un quinquennio d’applicazione.

Alla direttiva si accompagnano quattro allegati, che recano rispettivamente il contenuto del prospetto (allegato I), del documento di registrazione (allegato II), della nota informativa sui valori mobiliari (allegato III) e della nota di sintesi (allegato IV).

 

Sulla base della delega di poteri esecutivi contenuta in alcune delle disposizioni della direttiva 2003/71/CE, nell’ambito del metodo di comitatologia c.d. “Lamfalussy”[41], il 29 aprile 2004 la Commissione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 809/2004, recante misure di attuazione della direttiva in questione per quanto riguarda le informazioni contenute nei prospetti, il modello e la pubblicazione dei prospetti stessi, l'inclusione delle informazioni mediante riferimento e la diffusione di messaggi pubblicitari.

 

Il comma 3 del presente articolo 12 dispone che i decreti legislativi di recepimento dovranno apportare al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con il decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell'ordinamento nazionale, mantenendo, ove possibile, le ipotesi di conferimento di poteri regolamentari ivi contemplate.

 

A questo fine, lo stesso comma 3 enunzia una serie di princìpi e criteri direttivi.

La lettera a) prescrive di adeguare alla normativa comunitaria la disciplina dell'offerta al pubblico dei prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari come definiti rispettivamente dall'articolo 1, comma 1, lettera u), e comma 2 del TUF.

 

La richiamata lettera u) dell’articolo 1, comma 1, del TUF definisce «prodotti finanziari» gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria.

Il comma 2 individua a sua volta gli strumenti finanziari. Essi sono:

a)       le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio negoziabili sul mercato dei capitali;

b)      le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali;

c)       gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali, previsti dal codice civile;

d)       le quote di fondi comuni di investimento;

e)       i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;

f)        qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di acquisire gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici;

g)       i contratti «futures» su strumenti finanziari, su tassi di interesse, su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

h)       i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity swaps), anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

i)         i contratti a termine collegati a strumenti finanziari, a tassi di interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

l)         i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti indicati nelle precedenti lettere e i relativi indici, nonché i contratti di opzione su valute, su tassi d'interesse, su merci e sui relativi indici, anche quando l'esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti;

m)     le combinazioni di contratti o di titoli indicati nelle precedenti lettere.

 

La lettera b) individua nella Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) l'autorità nazionale competente in materia, mentre la lettera c) prevede che la CONSOB stipuli accordi di collaborazione con la Banca d'Italia, al fine di assicurare l'efficienza del procedimento di approvazione del prospetto informativo da pubblicare in caso di offerta pubblica di titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato.

La lettera d) tende ad assicurare la conformità della disciplina esistente in materia di segreto d'ufficio alla direttiva, mentre la lettera e) delega a disciplinare i rapporti con le autorità estere anche con riferimento ai poteri cautelari esercitabili.

Secondo la lettera f) dovranno individuarsi, anche mediante l'attribuzione alla CONSOB di compiti regolamentari, da esercitare in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, i tipi di offerta ai quali non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto nonché i tipi di strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazione non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto, e le condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva rivendita di strumenti finanziari oggetto di offerte alle quali non si applica l'obbligo di pubblicare un prospetto siano da assoggettare a detto obbligo.

La lettera g) stabilisce che sia previsto che il prospetto e i supplementi approvati nello Stato membro d'origine siano validi per l'offerta al pubblico o per l'ammissione alla negoziazione in Italia.

Secondo la lettera h) si dovrà prevedere, nei casi contemplati dalla direttiva, il diritto dell'investitore di revocare la propria accettazione, stabilendo per l’esercizio di tale revoca un termine non inferiore a due giorni lavorativi; si dovrà inoltre prevedere la responsabilità dell'intermediario responsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a influenzare le decisioni d’investimento di un investitore ragionevole.

Ai sensi della lettera i), si dovranno prevedere i criteri in base ai quali la CONSOB può autorizzare determinate persone fisiche e piccole e medie imprese ad essere considerate investitori qualificati ai fini dell'esenzione delle offerte rivolte unicamente a investitori qualificati dall'obbligo di pubblicare un prospetto.

La lettera l) prevede una disciplina concernente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto, mentre la lettera m) stabilisce che la CONSOB, con riferimento all'approvazione del prospetto, verifichi la completezza delle informazioni nello stesso contenute, nonché la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite.

La lettera n) conferisce alla CONSOB il potere di disciplinare con regolamenti, in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, anche una serie di materie, relative all’impiego delle lingue nel prospetto, con individuazione dei casi in cui la nota di sintesi deve essere redatta in lingua italiana; all’obbligo di depositare presso la CONSOB un documento concernente le informazioni che gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno; alle condizioni per il trasferimento dell'approvazione di un prospetto all'autorità competente di un altro Stato membro; ai casi nei quali sono richieste la pubblicazione del prospetto anche in forma elettronica e la pubblicazione di un avviso il quale precisi in che modo il prospetto è stato reso disponibile e dove può essere ottenuto dal pubblico.

La lettera o) prevede la facoltà di autorizzare la CONSOB a delegare compiti a società di gestione del mercato.

La lettera p) prevede una disciplina sanzionatoria apposita per i casi di violazione dell’obbligo di pubblicazione del prospetto.

Nel dettaglio, fatte salve le sanzioni penali già previste per il falso in prospetto, si dovranno prevedere, per la violazione dell'obbligo di pubblicare il prospetto, sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore a un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il controvalore stesso e, ove quest'ultimo non sia determinabile, di importo minimo di centomila euro e massimo di due milioni di euro.

Si dovranno prevedere, per le altre violazioni della normativa interna e comunitaria, sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila euro a cinquecentomila euro; escludere l’applicabilità dell'articolo 16 della legge n. 689 del 1981 (che consente il pagamento in misura ridotta); prevedere la pubblicità delle sanzioni salvo che, a giudizio della CONSOB, la pubblicazione possa turbare gravemente i mercati o arrecare un danno sproporzionato; prevedere sanzioni accessorie di natura interdittiva.

 

Il successivo articolo 40 reca specifica delega legislativa per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative previste, fra l’altro, dal TUF.

 

In relazione a tali sanzioni, la lettera q) attribuisce infine alla CONSOB il relativo potere sanzionatorio, da esercitare secondo procedure che salvaguardino il diritto di difesa. Qualora le violazioni siano commesse da persone giuridiche, si dovrà prevedere la responsabilità di queste ultime, con obbligo di regresso verso le persone fisiche responsabili delle violazioni.

 

La previsione della responsabilità della persona giuridica, con obbligo di regresso verso la persona fisica responsabile della violazione, deroga al criterio generale di applicazione delle sanzioni previste dal TUF, che sono irrogate alle persone fisiche responsabili; l’articolo 195, comma 9, prevede la responsabilità solidale della società o ente per il pagamento, con diritto di regresso[42].

 

Si segnala infine che, con la deliberazione 29 novembre 2005, n. 15232, la CONSOB ha provveduto a modificare talune disposizioni contenute nel regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti (adottato con deliberazione 14 maggio 1999, n. 11971, e successive modificazioni), per adeguarle alla normativa comunitaria in materia di abusi di mercato, recepita con l'articolo 9 della legge 18 aprile 2005, n. 62, nonché (per quanto attuabile in via di regolamentazione secondaria) alla direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto.


Articolo 13
(Pubblicità del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari)

 

1. Al comma 1 dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per le operazioni di finanziamento, comunque denominate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio computato secondo le modalità stabilite a norma dell’articolo 122».

 

 

L’articolo 13 introduce un nuovo periodo nell’articolo 116, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385. La disposizione è volta a disciplinare l’obbligo di pubblicizzare il tasso effettivo globale medio per le operazioni di finanziamento, computato ai sensi dell’articolo 122 del medesimo decreto.

 

L’articolo 122 del TUB, cui la norma qui illustrata fa riferimento, reca disposizioni concernenti il tasso effettivo annuo globale per le operazioni di credito al consumo.

 

L’articolo 116 del TUB reca disposizioni in materia di pubblicità delle informazioni da parte delle banche e degli intermediari finanziari. In particolare, ai sensi del comma 1, nei locali aperti al pubblico devono essere pubblicizzati i tassi di interesse, i prezzi, le spese per le comunicazioni alla clientela e ogni altra condizione economica relativa alle operazioni e ai servizi offerti, ivi compresi gli interessi di mora e le valute applicate per l'imputazione degli interessi.

L’articolo 122 disciplina il tasso annuo effettivo globale (TAEG), ossia il tasso che ìndica il costo totale del credito a carico del consumatore espresso in percentuale annua del credito concesso. Il TAEG comprende gli interessi e tutti gli oneri da sostenere per utilizzare il credito erogato da banche o società finanziarie. In particolare, ai sensi del citato articolo 122, le modalità di determinazione del TAEG sono stabilite dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), cheindividua in particolare gli elementi da computare e la formula di calcolo.

Ai sensi dell’articolo 123, in relazione alle operazioni di credito al consumo, la pubblicità è, in ogni caso, integrata con l'indicazione del tasso effettivo globale annuo (TAEG) e del relativo periodo di validità. Gli annunci pubblicitari e le offerte, effettuati con qualsiasi mezzo, con cui un soggetto dichiara il tasso d'interesse o altre cifre concernenti il costo del credito, indicano il TAEG e il relativo periodo di validità. Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) individua i casi in cui, per motivate ragioni tecniche, il TAEG può essere indicato mediante un esempio tipico.

Per credito al consumo s’intende, secondo l’articolo 121 del medesimo TUB, la concessione, nell'esercizio di un'attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento o di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta (consumatore).

 

Le modalità di calcolo del TAEG sono attualmente stabilite dal decreto ministeriale 8 luglio 1992 recante “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo”, modificato dal D.M. 6 maggio 2000 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 29 maggio 2000, n. 123), emanato per il recepimento della direttiva 98/7/CE[43].

Ai fini della determinazione del TAEG devono essere incluse, oltre agli interessi, le seguenti voci: spese istruttoria e apertura della pratica; spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate; spese per l’assicurazione o le garanzie imposte dal creditore; costo dell’eventuale mediazione svolta da un terzo; altre somme indicate nel contratto.

 

Appare opportuno ricordare, inoltre, che disposizioni in merito al tasso annuo effettivo globale e alla sua pubblicità sono state inserite, da ultimo, nell’articolo 41 del decreto legislativo n. 206 del 2005 concernente il codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229.

Ai sensi del richiamato articolo 41, il CICR, al fine di adeguare la normativa nazionale alla direttiva 98/7/CE, apporta le necessarie modifiche alla disciplina contenuta nel citato decreto ministeriale 8 luglio 1992. In proposito si segnala che, sia la direttiva comunitaria, sia il decreto ministeriale contengono, tra l’altro, la formula matematica per la determinazione del TAEG e l’individuazione delle voci da includere e da escludere per il calcolo del medesimo tasso.

Come si è detto, al recepimento si è già provveduto con il D.M. 6 maggio 2000.

 

Benché nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, l’originaria indicazione del “tasso effettivo globale annuo” contenuta nel testo approvato dalla Camera[44] sia stata modificata e riferita al “tasso effettivo globale medio”, sembra indubbio che la disposizione sia volta a precisare che per tutte le operazioni di finanziamento deve essere data pubblicità del tasso effettivo globale praticato, calcolato in ragione d’anno con modalità stabilite dal CICR come per l’analogo tasso riferito alle operazioni di credito al consumo[45].

 

La disposizione non appare infatti riferibile alla differente nozione di tasso effettivo globale medio, la cui definizione è contenuta nella legge 7 marzo 1996, n. 108,recante disposizioni in materia di usura, in quanto l’obbligo di pubblicità di tale tasso è già previsto dall’articolo 2, comma 3, della medesima legge.

 

In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della richiamata legge n. 108 del 1996, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Banca d’Italia[46] e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva, con cadenza trimestrale, il tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari[47] nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. Il tasso effettivo globale medio deve considerare le commissioni, le remunerazioni a qualsiasi titolo e le spese, escluse quelle per imposte e tasse e, pur essendo rilevato trimestralmente, deve essere poi riferito all’anno. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta ufficiale.

Il successivo comma 2 disciplina la classificazione delle operazioni di credito per categorie omogenee, disponendo che debba essere predisposta, con cadenza annuale, dal Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi. La predetta classificazione deve essere effettuata sulla base della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie relative ai finanziamenti.

Il comma 3 dispone, a carico delle banche e degli intermediari finanziari, l’obbligo di esporre sia nella sede che nelle filiali in modo facilmente visibile l’avviso con l’indicazione del tasso effettivo globale medio e della classificazione delle operazioni a norma dei commi 1 e 2.

Infine, il comma 4 dispone che il limite massimo del tasso applicabile si determina incrementando del 50 per cento il tasso effettivo globale medio; gli interessi eccedenti questa misura sono definiti usurari e si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 644 del codice penale.


Articolo 14
(Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 21, comma 1, lettera a), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I soggetti abilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla CONSOB, che a tale fine può avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine»;

b) all’articolo 31:

1) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. È istituito l’albo unico dei promotori finanziari, articolato in sezioni territoriali. Alla tenuta dell’albo provvede un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei promotori e dei soggetti abilitati. L’organismo ha personalità giuridica ed è ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa e statutaria, nel rispetto del principio di articolazione territoriale delle proprie strutture e attività. Nell’ambito della propria autonomia finanziaria l’organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagli iscritti e dai richiedenti l’iscrizione, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delle proprie attività. Esso provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, e svolge ogni altra attività necessaria per la tenuta dell’albo. L’organismo opera nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB, e sotto la vigilanza della medesima»;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «indette dalla CONSOB» sono soppresse;

3) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. La CONSOB determina, con regolamento, i princìpi e i criteri relativi:

a) alla formazione dell’albo previsto dal comma 4 e alle relative forme di pubblicità;

b) ai requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali dei promotori finanziari e dei soggetti abilitati;

c) all’iscrizione all’albo previsto dal comma 4 e alle cause di sospensione, di radiazione e di riammissione;

d) alle cause di incompatibilità;

e) ai provvedimenti cautelari e alle sanzioni disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 55 e 196 e alle violazioni cui si applicano le sanzioni previste dallo stesso articolo 196, comma 1;

f) all’esame, da parte della stessa CONSOB, dei reclami contro le delibere dell’organismo di cui al comma 4, relative ai provvedimenti indicati alla lettera c);

g) alle regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari devono osservare nei rapporti con la clientela;

h) alle modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta dai promotori finanziari;

i) all’attività dell’organismo di cui al comma 4 e alle modalità di esercizio della vigilanza da parte della stessa CONSOB;

l) alle modalità di aggiornamento professionale dei promotori finanziari»;

c) all’articolo 62:

1) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Qualora le azioni della società di gestione siano quotate in un mercato regolamentato, il regolamento di cui al comma 1 è deliberato dal consiglio di amministrazione della società medesima»;

2) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Il regolamento può stabilire che le azioni di società controllanti, il cui attivo sia prevalentemente composto dalla partecipazione, diretta o indiretta, in una o più società con azioni quotate in mercati regolamentati, vengano negoziate in segmento distinto del mercato»;

3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. La CONSOB determina con proprio regolamento:

a) i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni che le società controllate, costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea, devono rispettare affinché le azioni della società controllante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93;

b) le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di società controllate sottoposte all’attività di direzione e coordinamento di altra società;

c) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni»;

d) all’articolo 64:

1) al comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunica immediatamente le proprie decisioni alla CONSOB; l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione è sospesa finché non sia decorso il termine indicato al comma 1-bis, lettera a)»;

2) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:

«1-bis. La CONSOB:

a) può vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione ovvero ordinare la revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, lettera c), se, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, ritiene la decisione contraria alle finalità di cui all’articolo 74, comma 1;

b) può chiedere alla società di gestione tutte le informazioni che ritenga utili per i fini di cui alla lettera a);

c) può chiedere alla società di gestione l’esclusione o la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni.

1-ter. L’ammissione, l’esclusione e la sospensione dalle negoziazioni degli strumenti finanziari emessi da una società di gestione in un mercato da essa gestito sono disposte dalla CONSOB. In tali casi, la CONSOB determina le modificazioni da apportare al regolamento del mercato per assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, nonché per regolare le ipotesi di conflitto d’interessi. L’ammissione dei suddetti strumenti è subordinata all’adeguamento del regolamento del relativo mercato»;

e) all’articolo 74, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La CONSOB vigila sul rispetto delle disposizioni del regolamento del mercato, relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 64, comma 1-ter, da parte della società di gestione»;

f) all’articolo 94 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«5-bis. La CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico ai sensi dell’articolo 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere un contenuto tipico determinato»;

g) all’articolo 114:

1) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La CONSOB può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonché ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipano a un patto previsto dall’articolo 122 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. In caso di inottemperanza, la CONSOB provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente»;

2) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. I soggetti che producono o diffondono ricerche o valutazioni, con l’esclusione delle società di rating, riguardanti gli strumenti finanziari indicati all’articolo 180, comma 1, lettera a), o gli emittenti di tali strumenti, nonché i soggetti che producono o diffondono altre informazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, devono presentare l’informazione in modo corretto e comunicare l’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l’informazione si riferisce»;

h) all’articolo 115:

1) al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) assumere notizie, anche mediante la loro audizione, dai componenti degli organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dagli altri dirigenti, dalle società di revisione, dalle società e dai soggetti indicati nella lettera a)»;

2) al comma 1, lettera c), le parole: «nella lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «nelle lettere a) e b), al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia»;

3) al comma 2, le parole: «dalle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «dalle lettere a), b) e c)»;

i) dopo l’articolo 117 sono inseriti i seguenti:

«Art. 117-bis. - (Fusioni fra società con azioni quotate e società con azioni non quotate). – 1. Sono assoggettate alle disposizioni dell’articolo 113 le operazioni di fusione nelle quali una società con azioni non quotate viene incorporata in una società con azioni quotate, quando l’entità degli attivi di quest’ultima, diversi dalle disponibilità liquide e dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, sia significativamente inferiore alle attività della società incorporata.

2. Fermi restando i poteri previsti dall’articolo 113, comma 2, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce disposizioni specifiche relative alle operazioni di cui al comma 1 del presente articolo.

Art. 117-ter. - (Disposizioni in materia di finanza etica). – 1. La CONSOB, previa consultazione con tutti i soggetti interessati e sentite le Autorità di vigilanza competenti, determina con proprio regolamento gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili»;

l) nella parte IV, titolo III, capo I, dopo l’articolo 118 è aggiunto il seguente:

«Art. 118-bis. - (Riesame delle informazioni fornite al pubblico). – 1. La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i termini per il riesame periodico delle informazioni comunicate al pubblico ai sensi di legge, comprese le informazioni contenute nei documenti contabili, dagli emittenti quotati»;

m) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 124 è inserita la seguente sezione:

«Sezione I-bis.

Informazioni sull’adesione a codici di comportamento.

Art. 124-bis. - (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalla CONSOB, informazioni sull’adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull’osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento.

Art. 124-ter. - (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. La CONSOB, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazione»;

n) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 154 è inserita la seguente sezione:

«Sezione V-bis.

Redazione dei documenti contabili societari.

Art. 154-bis. - (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari). – 1. Lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.

2. Gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero.

3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.

4. Al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari devono essere conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo.

5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla CONSOB.

6. Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società»;

o) all’articolo 190, comma 2, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:

«d-bis) ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2»;

p) all’articolo 191, al comma 1, le parole: «comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 5-bis»;

q) all’articolo 193, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l’inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Si applica il disposto dell’articolo 190, comma 3. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest’ultima».


 

 

L’articolo 14 novella diversi articoli del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardanti principalmente i servizi d’investimento, l’albo dei promotori finanziari, la disciplina dei mercati, gli emittenti e alcune sanzioni amministrative.

 

La lettera a) del comma 1, integrando l’articolo 21, comma 1, lettera a), del TUF (il quale stabilisce i criteri generali cui debbono conformarsi i soggetti abilitati nella prestazione dei servizi d’investimento), prescrive ai soggetti abilitati di classificare il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli di investimento, nonché di rispettare il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori (o fatte per loro conto) e il profilo di ciascun cliente.

La classificazione deve essere operata sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).

 

La determinazione delle categorie di strumenti finanziari, per la definizione delle caratteristiche delle gestioni, è contenuta nell’articolo 39 del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari (adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998, n. 11522). Sono ivi distinte le seguenti categorie di strumenti finanziari:

a)       titoli di debito;

b)      titoli rappresentativi del capitale di rischio, o comunque convertibili in capitale di rischio;

c)       quote o azioni di organismi di investimento collettivo;

d)       strumenti finanziari derivati;

e)       titoli di debito con una componente derivativa (c.d. titoli strutturati)

Nell'ambito delle suddette categorie, costituiscono parametri generali di differenziazione degli strumenti finanziari:

a)       la valuta di denominazione;

b)      la negoziazione in mercati regolamentati;

c)       le aree geografiche di riferimento;

d)       le categorie di emittenti (emittenti sovrani, enti sovrannazionali, emittenti societari);

e)       i settori industriali.

Ulteriori parametri specifici di differenziazione degli strumenti finanziari sono stabiliti in relazione alle diverse categorie.

Per i titoli di debito:

a)       la durata media finanziaria ( duration);

b)      il merito creditizio dell'emittente (rating) ottenuto da agenzie di valutazione indipendenti.

Per i titoli rappresentativi del capitale di rischio:

il grado di capitalizzazione dell'emittente;

Per le quote o azioni emesse da organismi di investimento collettivo:

a)       la conformità degli organismi stessi alle disposizioni dettate dalla normativa comunitaria;

b)      la volatilità;

Per gli strumenti finanziari derivati non utilizzati per finalità di copertura e ai titoli strutturati:

-       il risultato finanziario a scadenza (c.d. pay-off).

 

Per la determinazione dei criteri generali, la CONSOB può avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281.

 

L’articolo 4 della legge 30 luglio 1998, n. 281 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti) è stato abrogato dall’articolo 146 del codice del consumo, emanato con decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.

Il suo contenuto è riprodotto nell’articolo 136 del medesimo codice, a norma del quale il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, istituito presso il Ministero delle attività produttive, è composto dai rappresentanti delle associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'apposito elenco e da un rappresentante designato dalla Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed è presieduto dal Ministro delle attività produttive o da un suo delegato. Il Consiglio è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive, e dura in carica tre anni. Esso, per le proprie iniziative, si avvale della struttura e del personale dello stesso Ministero.

Il Consiglio invita alle proprie riunioni rappresentanti delle associazioni di tutela ambientale riconosciute e delle associazioni nazionali delle cooperative dei consumatori. Possono altresì essere invitati i rappresentanti di enti e organismi che svolgono funzioni di regolamentazione o di normazione del mercato, delle categorie economiche e sociali interessate, delle pubbliche amministrazioni competenti, nonché esperti delle materie trattate.

Il Consiglio:

a)       esprime pareri, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che riguardino i diritti e gli interessi dei consumatori e degli utenti;

b)      formula proposte in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, anche in riferimento ai programmi e alle politiche comunitarie;

c)       promuove studi, ricerche e conferenze sui problemi del consumo e sui diritti dei consumatori e degli utenti, nonché sul controllo della qualità e della sicurezza dei prodotti e dei servizi;

d)       elabora programmi per la diffusione delle informazioni presso i consumatori e gli utenti;

e)       favorisce iniziative volte a promuovere il potenziamento dell'accesso dei consumatori e degli utenti ai mezzi di giustizia previsti per la soluzione delle controversie;

f)        favorisce le forme di raccordo e coordinamento tra le politiche nazionali e regionali in materia di tutela dei consumatori e degli utenti, assumendo anche iniziative dirette a promuovere la più ampia rappresentanza degli interessi dei consumatori e degli utenti nell'àmbito delle autonomie locali;

g)       stabilire rapporti con analoghi organismi pubblici o privati di altri Paesi e dell'Unione europea;

h)       segnalare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, eventuali difficoltà, impedimenti od ostacoli, relativi all'attuazione delle disposizioni in materia di semplificazione procedimentale e documentale nelle pubbliche amministrazioni.

 

Il profilo della clientela va individuato in base all'esperienza maturata in materia di investimenti in prodotti finanziari, alla situazione finanziaria, agli obiettivi d’investimento e alla propensione del cliente stesso verso il rischio.

È fatta salva l’esecuzione delle diverse disposizioni impartite espressamente dall’investitore, in forma scritta ovvero mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che consentano di accertare la provenienza e di conservare la documentazione dell’ordine.

 

L’articolo 28 del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli intermediari (adottato dalla CONSOB con delibera 1° luglio 1998, n. 11522) prescrive agli intermediari, prima della stipulazione del contratto di gestione e di consulenza in materia di investimenti e dell'inizio della prestazione dei servizi d’investimento e dei servizi accessori, di chiedere all'investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi d’investimento, nonché circa la sua propensione al rischio e di consegnare agli investitori apposito documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari.

L’articolo 29 vieta agli intermediari autorizzati di effettuare con gli investitori o per conto di essi operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, tenendo conto, per la valutazione dell’adeguatezza, delle informazioni assunte a norma dell’articolo 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati.

Gli intermediari, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad un’operazione non adeguata, sono inoltre tenuti ad informarlo di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, e dànno corso all'operazione solo sulla base di un ordine impartito per iscritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute.

 

L’articolo 19 della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai mercati degli strumenti finanziari prescrive che, quando effettua consulenza in materia di investimenti o gestione di portafoglio, l'impresa d’investimento chieda al cliente le informazioni necessarie sulle sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti, riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento, per essere in grado di raccomandare i servizi d’investimento e gli strumenti finanziari ad esso adatti. Inoltre, quando prestano servizi d’investimento diversi dai suddetti, le imprese di investimento debbono chiedere al cliente di fornire informazioni sulle sue conoscenze ed esperienze in materia di investimenti riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio proposto o chiesto, al fine di determinare se il servizio o il prodotto in questione è adatto ad esso. In quest’ultimo caso, qualora l'impresa d’investimento, sulla base delle informazioni ottenute, ritenga che il prodotto o il servizio non sia adatto al cliente o potenziale cliente, avverte quest'ultimo di tale situazione.

Le imprese d’investimento possono prestare ai loro clienti servizi d’investimento che consistono unicamente nell'esecuzione o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente, con o senza servizi accessori, senza che sia necessario ottenere le suddette informazioni o determinare l’adeguatezza del servizio quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

-       i suddetti servizi riguardano azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato, strumenti del mercato monetario, obbligazioni o altri titoli di credito (escluse le obbligazioni o titoli di credito che incorporano uno strumento derivato), OICVM e altri strumenti finanziari non complessi;

-       il servizio è prestato a iniziativa del cliente;

-       il cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l'impresa d’investimento non è tenuta a valutare l'idoneità dello strumento o servizio prestato o proposto e che pertanto egli non beneficia della corrispondente protezione offerta dalle pertinenti norme di comportamento delle imprese;

-       l'impresa d’investimento rispetta i propri obblighi in materia di conflitti d’interessi.

 

La lettera b) modifica le disposizioni relative all’albo dei promotori finanziari, contenute nell'articolo 31 del TUF.

L’attuale albo nazionale, tenuto dalla CONSOB, viene trasformato in albo unico dei promotori finanziari, articolato in sezioni territoriali, tenuto da un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei promotori e dei soggetti abilitati.

L'organismo ha personalità giuridica ed è ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa e statutaria, nel rispetto del principio di articolazione territoriale delle proprie strutture e attività. Nell’ambito della propria autonomia finanziaria l’organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagli iscritti e dai richiedenti l’iscrizione, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delle proprie attività.

L’organismo provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, indìce le prove valutative (compito attualmente spettante alla CONSOB) e svolge ogni altra attività necessaria per la tenuta dell'albo.

L’organismo opera nel rispetto dei princìpi e criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB, ed è soggetto alla sua vigilanza. In particolare, spetta alla CONSOB determinare, con regolamento, i princìpi e i criteri relativi:

a)      alla formazione dell'albo e alle relative forme di pubblicità;

b)      ai requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali dei promotori finanziari e dei soggetti abilitati che concorrono a costituire l’organismo;

c)      all'iscrizione all'albo e alle cause di sospensione, di radiazione e di riammissione;

 

A norma del comma 5 del medesimo articolo 31 del TUF, il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento adottato sentita la CONSOB, determina i requisiti di onorabilità e di professionalità per l'iscrizione all'albo. I requisiti di professionalità per l'iscrizione all'albo sono accertati sulla base di rigorosi criteri valutativi che tengano conto della pregressa esperienza professionale, validamente documentata, ovvero sulla base di prove valutative.

 

d)      alle cause d’incompatibilità;

e)      ai provvedimenti cautelari e alle sanzioni disciplinate dagli articoli 55 e 196;

 

L’articolo 55 del TUF attribuisce alla CONSOB, in caso di necessità e urgenza, il potere di disporre in via cautelare la sospensione del promotore finanziario dall'esercizio dell'attività per un periodo massimo di sessanta giorni, qualora sussistano elementi che facciano presumere l'esistenza di gravi violazioni di legge ovvero di disposizioni generali o particolari impartite dalla CONSOB medesima. Essa può altresì disporre in via cautelare, per un periodo massimo di un anno, la sospensione dall'esercizio dell'attività qualora il promotore finanziario sia sottoposto a una delle misure cautelari personali del libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura penale o assuma la qualità di imputato ai sensi dell'articolo 60 dello stesso codice in relazione a:

1)       delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nella legge fallimentare;

2)       delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica, ovvero delitti in materia tributaria;

3)       reati previsti dal titolo VIII del testo unico bancario;

4)       reati previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

 

L’articolo 196 del TUF prevede le seguenti sanzioni applicabili ai promotori finanziari in caso di violazione delle norme dello stesso testo unico o delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB in forza di esso:

a)       richiamo scritto;

b)      sanzione amministrativa pecuniaria da lire un milione a lire cinquanta milioni;

c)       sospensione da uno a quattro mesi dall'albo;

d)       radiazione dall'albo.

Le sanzioni sono applicate dalla CONSOB con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi trenta giorni. Nello stesso termine gli interessati possono altresì chiedere di essere sentiti personalmente.

Le società che si avvalgano dei responsabili delle violazioni rispondono, in solido con essi, del pagamento delle sanzioni pecuniarie, e sono tenute ad esercitare il regresso verso i responsabili.

 

e)       all’esame, da parte della CONSOB, dei reclami contro le delibere dell'organismo relative ai provvedimenti in materia di iscrizione all'albo, sospensione, radiazione e riammissione;

f)        alle regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari debbono osservare nei rapporti con la clientela;

g)       alle modalità di tenuta della documentazione concernente l'attività svolta dai promotori finanziari;

h)       all’attività dell’organismo e alle modalità d’esercizio della vigilanza da parte della CONSOB;

 

Il comma 7 del medesimo articolo 31 del TUF prevede che la CONSOB possa chiedere ai promotori finanziari o ai soggetti che si avvalgono di promotori finanziari la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti fissando i relativi termini, e che possa inoltre effettuare ispezioni e richiedere l'esibizione di documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari.

 

i)         alle modalità di aggiornamento professionale dei promotori finanziari».

 

A garanzia della continuità nell'esercizio delle funzioni dell'albo è stabilito, con disposizione transitoria contenuta nel comma 2 del successivo articolo 42, che, fino alla costituzione dell'Albo unico dei promotori finanziari, continuino ad applicarsi le disposizioni in materia di Albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dall'articolo 31 del testo unico, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore delle disposizioni testé illustrate.

 

La lettera c) modifica l'articolo 62 del TUF, riguardante i regolamenti dei mercati.

 

Secondo l’articolo 61 del TUF, l'attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro (società di gestione), sottoposte al potere d’autorizzazione della CONSOB (articolo 63), cui spetta altresì la vigilanza su queste (articolo 73) e sui mercati da esse gestiti (articolo 74).

 

A norma dell’articolo 62, l'organizzazione e la gestione del mercato sono disciplinate da un regolamento del mercato, deliberato dall'assemblea ordinaria della società di gestione, che deve comunque determinare:

a)       le condizioni e le modalità di ammissione, di esclusione e di sospensione degli operatori e degli strumenti finanziari dalle negoziazioni;

b)      le condizioni e le modalità per lo svolgimento delle negoziazioni e gli eventuali obblighi degli operatori e degli emittenti;

c)       le modalità di accertamento, pubblicazione e diffusione dei prezzi;

d)       i tipi di contratti ammessi alle negoziazioni, nonché i criteri per la determinazione dei quantitativi minimi negoziabili.

 

All’articolo 62 vengono aggiunti tre ulteriori commi.

Il nuovo comma 1-bis stabilisce che, qualora le azioni della società di gestione siano quotate in un mercato regolamentato, il regolamento del mercato da essa gestito viene deliberato dal consiglio di amministrazione (anziché dall’assemblea ordinaria) della stessa società.

 

Il comma 2-bis consente al regolamento del mercato di stabilire che le azioni di società controllanti, il cui attivo sia prevalentemente composto da partecipazioni, dirette o indirette, in società con azioni quotate in mercati regolamentati, vengano quotate in segmento distinto del mercato.

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 31), lo scopo della disposizione (di carattere, per altro, meramente facoltizzante) è quello di consentire agli investitori di acquisire chiara consapevolezza della specifica natura di queste società, la cui attività consiste nella gestione di partecipazioni (le cosiddette holding).

 

Con l’aggiunta dell’ulteriore comma 3-bis viene rimesso alla CONSOB il potere di determinare con regolamento:

a)    i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni che le società controllate (secondo la nozione di controllo di cui all'articolo 93 del TUF), costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all'Unione europea, devono rispettare affinché le azioni della società controllante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano;

 

A norma dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, sono considerate società controllate:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Il secondo comma aggiunge che, ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma, si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

 

A norma dell’articolo 93 del TUF, sono considerate imprese controllate, oltre a quelle indicate nell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, anche:

a)       le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di contratto o clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

b)      le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

A questo fine, si considerano anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.

 

b)    le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di società controllate sottoposte all'attività di direzione e coordinamento di altra società;

 

La disciplina dell’attività di direzione e coordinamento è contenuta nel libro V, titolo V, capo IX, del codice civile.

In particolare, l’articolo 2497-sexies dispone che si presume, salvo prova contraria, che l'attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o che comunque ne abbia il controllo ai sensi dell'articolo 2359 (richiamato sopra).

L’articolo 2497-septies estende l’applicazione delle disposizioni in materia di direzione e coordinamento alla società o all'ente che, fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 2497-sexies, esercita attività di direzione e coordinamento di società sulla base di un contratto con le società medesime o di una clausola del loro statuto.

 

c)    i criteri di trasparenza e i limiti per l'ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare (recte: in un mercato regolamentato) italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni.

 

La presente disposizione appare per più aspetti connessa con quanto è previsto dal nuovo comma 2-bis, sopra illustrato, relativamente alla possibilità di quotazione delle società di gestione di partecipazioni in un segmento distinto del mercato.

 

La lettera d) modifica l'articolo 64 del TUF, riguardante l’organizzazione e il funzionamento dei mercati regolamentati.

Rimane confermato alla società di gestione del mercato il potere di disporre l'ammissione, l'esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni. Si precisa tuttavia che essa deve comunicare immediatamente le proprie decisioni alla CONSOB.

Questa può vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione ed esclusione ovvero ordinare la revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione, se, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, ritiene la decisione contraria alle finalità indicate dall’articolo 74, comma 1.

 

L’articolo 74, comma 1, del TUF enuncia le finalità della vigilanza esercitata dalla CONSOB sui mercati regolamentati: essa è volta ad assicurare la trasparenza, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori.

 

A questo fine, la CONSOB può chiedere alla società di gestione tutte le informazioni che ritenga utili.

 

Deve ricordarsi che, a norma dell’articolo 74, comma 2, del TUF, la CONSOB – nell’esercizio delle funzioni di vigilanza sui mercati regolamentati – con le modalità e nei termini da essa stabiliti, può chiedere alle società di gestione la comunicazione anche periodica di dati, notizie, atti e documenti nonché eseguire ispezioni presso le medesime società e richiedere l'esibizione di documenti e il compimento degli atti ritenuti necessari.

 

L’esecuzione delle decisioni di ammissione ed esclusione è sospesa finché non sia decorso il suddetto termine di cinque giorni.

 

La relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 32) avverte che il termine di cinque giorni – mutuato da analoga disciplina esistente nell’ordinamento francese (in particolare, gli articoli 421-4 del codice monetario e finanziario e 213 del regolamento generale dell’Autorità dei mercati finanziari (AMF), approvato con decreto 12 novembre 2004) – “è stato stabilito avendo presenti le esigenze di celerità del procedimento. Esso presuppone, ovviamente, un efficace coordinamento nei rapporti fra l'autorità di vigilanza e la società di gestione del mercato, la quale dovrà assicurare piena collaborazione, trasmettendo tempestivamente alla CONSOB le informazioni via via acquisite nell'istruttoria sulle decisioni di ammissione ed esclusione, che altrimenti non potrebbero essere oggetto di compiuta valutazione nel breve termine previsto. A tale esigenza potrà ovviarsi attraverso la regolamentazione secondaria, salvo che una successiva valutazione dei risultati della procedura introdotta non suggerisca adeguamenti normativi ispirati all'efficienza e all'efficacia del procedimento”.

 

La CONSOB può altresì chiedere alla società di gestione l’esclusione o la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni.

 

La relazione presentata all’Assemblea della Camera (loc. cit.) specifica che “rimane comunque fermo il complesso dei poteri di vigilanza sui mercati che la CONSOB può esercitare in ogni momento a norma dell'articolo 74 del medesimo testo unico”.

L’articolo 74, comma 3, del TUF, nel quadro dei poteri di vigilanza sui mercati regolamentati, prevede in via generale che, in caso di necessità e urgenza, la CONSOB, per le finalità indicate al comma 1, adotta i provvedimenti necessari, anche sostituendosi alla società di gestione.

 

Ulteriori disposizioni riguardano gli strumenti finanziari emessi da una società di gestione del mercato, ove siano quotati nel mercato da essa gestito. Con l’aggiunta di un nuovo comma 1-ter all'articolo 64 del TUF si prevede che, per tali strumenti, l’ammissione, l’esclusione e la sospensione dalle negoziazioni siano disposte dalla CONSOB.

La stessa autorità di vigilanza determina le modificazioni da apportare in questo caso al regolamento del mercato per assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, nonché per regolare le ipotesi di conflitto d’interessi in cui può trovarsi il gestore del mercato nella sua concorrente qualità di emittente. L’ammissione degli strumenti è subordinata all’adeguamento del regolamento del relativo mercato.

 

Correlativamente, la successiva lettera e), modificando l’articolo 74 del TUF, attribuisce espressamente alla CONSOB il compito di vigilare sul rispetto delle disposizioni del regolamento del mercato, relative agli strumenti finanziari emessi dalla società di gestione, da parte della società stessa.

 

La disposizione sembra meramente esplicativa e confermativa di una competenza implicita nelle funzioni e nei poteri di vigilanza sulle società di gestione e sui mercati, enunziati negli articoli 73 e 74 del TUF.

 

La lettera f) aggiunge nell'articolo 94 del TUF un nuovo comma 5-bis, a norma del quale la CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, debbono avere un contenuto tipico determinato.

 

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 30), questa disposizione “tende a permettere agli investitori, i quali non dispongano di approfondite cognizioni sugli strumenti del mercato finanziario, di individuare con certezza, sulla base della denominazione tipica, prodotti aventi caratteristiche determinate e omogenee”.

Per la violazione degli obblighi derivanti da questa norma (ossia l’uso improprio della denominazione tipica), la successiva lettera p) prevede l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria (proporzionale, ove possibile, al valore degli strumenti offerti) indicata dall’articolo 191 dello stesso del TUF in materia di sollecitazione all’investimento.

 

L’articolo 191, comma 1, del TUF commina la sanzione amministrativa pecuniaria da un decimo alla metà del valore totale dei prodotti finanziari offerti, e comunque non superiore a lire duecento milioni. Se il valore totale dei prodotti finanziari offerti non è determinato, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire duecento milioni. Le indicate misure sono quintuplicate in forza dell’articolo 39, comma 3, della presente legge.

 

La lettera g), intervenendo sull'articolo 114 del TUF (obblighi di comunicazione al pubblico da parte degli emittenti quotati), ne sostituisce il comma 5, integrando il novero dei soggetti cui la CONSOB può, anche in via generale, richiedere che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. Vengono sottoposti a questo potere i soggetti indicati nel comma 1 (ossia gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano), i componenti degli organi di amministrazione e controllo, i dirigenti e i soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipano a un patto parasociale previsto dall’articolo 122. In caso d’inottemperanza, la CONSOB provvede direttamente alle comunicazioni a spese del soggetto inadempiente.

 

L’articolo 120 del TUF disciplina gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti, prescrivendo che coloro i quali partecipano in una società con azioni quotate in misura superiore al due per cento del capitale ne danno comunicazione alla società partecipata e alla CONSOB, e che le società con azioni quotate che partecipano in misura superiore al dieci per cento del capitale in una società per azioni non quotate o in una società a responsabilità limitata, anche estere, ne danno comunicazione alla società partecipata e alla CONSOB.

La CONSOB, tenuto anche conto delle caratteristiche degli investitori, stabilisce con regolamento, fra l’altro, le variazioni delle suddette partecipazioni che comportano obbligo di comunicazione e i criteri per il calcolo delle partecipazioni, avendo riguardo anche alle partecipazioni indirettamente detenute e alle ipotesi in cui il diritto di voto spetta o è attribuito a soggetto diverso dal socio.

 

L’articolo 122 disciplina i patti parasociali. Esso prescrive che i patti, in qualunque forma stipulati, aventi per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano, siano comunicati alla CONSOB entro cinque giorni dalla stipulazione, pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana entro dieci giorni dalla stipulazione e depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sede legale entro quindici giorni dalla stipulazione.

La stessa disciplina si applica anche ai patti, in qualunque forma stipulati:

a)       che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano;

b)      che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse;

c)       che prevedono l'acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b);

d)       aventi per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società.

 

Viene inoltre sostituito il comma 8 del medesimo articolo 114 del TUF.

 

Il comma 8 dell’articolo 114 del TUF obbliga i soggetti che producono o diffondono ricerche e valutazioni riguardanti strumenti finanziari o loro emittenti e i soggetti che producono o diffondono altre informazioni, che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, a presentare l’informazione in modo corretto e a comunicare l’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l’informazione si riferisce.

 

La modifica ha escluso dal novero dei soggetti sottoposti agli obblighi previsti dal sopra illustrato comma 8 le società di rating. Queste ultime erano espressamente menzionate tra i soggetti obbligati dalla previgente formulazione del comma 8, introdotta dall’articolo 9, comma 1, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004).

 

A chiarimento della nozione di società o agenzia di rating si trascrive parte della comunicazione della Commissione europea sulle agenzie di rating del credito (pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea 11 marzo 2006, n. C 59).

“Le agenzie di rating esprimono pareri sul merito di credito di un determinato emittente o strumento finanziario. In altri termini, valutano la probabilità di fallimento di un emittente, o rispetto ai suoi obblighi finanziari in generale (rating dell'emittente), o rispetto ad un determinato debito o titolo a reddito fisso (rating dello strumento).

Questi pareri – o rating – sono fondati su informazioni riguardanti i flussi di redditi e il bilancio (in particolare l'indebitamento) dell'entità oggetto del rating, nonché i risultati finanziari passati. Essi si limitano a dare indicazioni sulla situazione in un dato momento e devono essere pertanto confermati o rivisti periodicamente per tenere conto dei recenti sviluppi, economici o di altro tipo. I rating classificano gli emittenti in categorie che corrispondono a gradi più o meno elevati di rischio di fallimento. Di conseguenza, le agenzie di rating usano scale di merito di credito, nell'ambito delle quali il discrimine fondamentale è tra la categoria detta «investment grade» (rischio debole) e la categoria detta «speculative grade» (rischio elevato), in funzione dei rischi associati al titolo (cioè della probabilità di fallimento).

I rating sono di solito richiesti – e pagati – dagli emittenti stessi. In questo caso sono basati sia su dati pubblicamente disponibili, sia su informazioni che non sono accessibili al pubblico ma che sono volontariamente rivelate dall'entità oggetto di rating (ad esempio in colloqui con dirigenti finanziari dell'entità). Tuttavia, può succedere che le agenzie pubblichino rating di loro iniziativa (cioè non su richiesta dell'emittente); in tal caso i rating sono generalmente elaborati senza avere accesso ad informazioni non pubbliche.

Benché l'emissione di rating sia ovviamente la loro attività principale, numerose agenzie di rating si avvalgono della loro esperienza in materia di valutazione dei rischi per offrire altri servizi finanziari (come la consulenza in materia di investimenti) agli emittenti (direttamente o tramite entità collegate).

I rating esercitano un'influenza considerevole sui mercati finanziari. Le ragioni fondamentali sono due. In primo luogo, pur essendo basati su valutazioni complesse, possono essere facilmente e immediatamente compresi dagli investitori, indipendentemente dal loro grado di competenza o profilo. In secondo luogo, le agenzie di rating beneficiano di una buona reputazione e sono viste dai partecipanti al mercato come organismi che forniscono analisi imparziali.

L'importanza acquisita dalle agenzie di rating nel corso di questi ultimi anni è evidente sia sul piano delle pratiche commerciali che su quello dei requisiti regolamentari. Da un lato, il successo commerciale della maggior parte delle emissioni di titoli di debito dipende in gran parte dal rating che hanno ottenuto. Il rating è diventato un presupposto indispensabile per ottenere finanziamenti esterni sui mercati mobiliari (in particolare quando l'emittente non ha ancora una presenza consolidata sui mercati obbligazionari). Il rating di un emittente determina i tassi d'interesse che dovrà offrire per ottenere un finanziamento esterno. Inoltre, i rating sono utilizzati sempre più spesso nelle disposizioni contrattuali relative all'interruzione di una linea di credito, all'accelerazione del rimborso del debito o alla modifica di altre condizioni del credito”.

 

La medesima comunicazione ricorda che la direttiva 2003/125/CE (recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6/CE in materia di abusi di mercato) tratta le questioni della corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento e della comunicazione al pubblico dei conflitti di interessi. I rating delle agenzie sono considerati come pareri sul merito di credito di un determinato emittente o strumento finanziario e non costituiscono pertanto raccomandazioni ai sensi della suddetta direttiva. Tuttavia, la comunicazione ricorda che la stessa direttiva “stabilisce (...) che le agenzie di rating debbano valutare l'opportunità di adottare politiche e procedure interne volte a garantire che i rating pubblicati siano presentati in modo corretto. Inoltre, la direttiva prevede che le agenzie di rating debbano comunicare al pubblico eventuali interessi rilevanti o conflitti di interesse relativi agli emittenti o agli strumenti finanziari ai quali si riferiscono i loro rating (considerando, 10). Si può altresì dedurre dal testo della direttiva 2003/6/CE, articolo 1, punto 2, lettera c), che nei casi in cui un'agenzia di rating sapeva, o avrebbe dovuto sapere, che il rating era falso o fuorviante, il divieto di diffusione di informazioni false o fuorvianti, che costituisce una manipolazione del mercato, potrebbe applicarsi ai rating. Sulla base di queste disposizioni – conclude la comunicazione – è chiaro che le agenzie di rating sono tenute a dotarsi di politiche e procedure interne che permettano di garantire l'obiettività, l'indipendenza e l'affidabilità dei rating, in modo da accrescere la fiducia degli investitori”.

Per quanto riguarda il trattamento giuridico dell'accesso delle agenzie di rating alle informazioni privilegiate, la direttiva 2003/6/CE vieta ad ogni persona che disponga di informazioni privilegiate di utilizzare tali informazioni al fine di acquisire o cedere gli strumenti finanziari ai quali tali informazioni si riferiscono. Se un emittente decide di autorizzare un'agenzia di rating ad avere accesso ad informazioni privilegiate, l'agenzia di rating sarà tenuta ad un obbligo di riservatezza, come previsto dall'articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2003/6/CE. Di conseguenza – prosegue la comunicazione – “è vietato ad un'agenzia di rating o ad un dipendente avente accesso ad informazioni privilegiate di qualunque tipo utilizzare tali informazioni al fine di effettuare attività di negoziazione. Inoltre, è loro vietato anche comunicare tali informazioni privilegiate a terzi, eccetto nell'esercizio normale del proprio lavoro, della propria professione o nell'adempimento delle proprie funzioni. Sotto questo profilo l'articolo 6, paragrafo 3, terzo comma della direttiva 2003/6/CE prevede che gli emittenti o le persone che agiscono in loro nome o per loro conto istituiscano un registro delle persone che lavorano per loro, in virtù di un contratto di lavoro o altro, e che hanno accesso a informazioni privilegiate. Questa disposizione autorizza gli Stati membri ad imporre alle agenzie di rating l'obbligo di tenere un registro delle persone aventi accesso alle informazioni privilegiate. Tale registro deve essere aggiornato regolarmente e trasmesso all'autorità competente ogniqualvolta quest'ultima lo richieda”.

Infine “è possibile che un rating costituisca di per sé un'informazione privilegiata, in particolare quando l'agenzia di rating ha accesso a informazioni non pubbliche dell'emittente. Ciò significa che è vietato utilizzare il rating non ancora pubblicato al fine di effettuare attività di negoziazione o comunicare tale informazione a terzi, eccetto nell'esercizio normale del proprio lavoro, della propria professione o nell'adempimento delle proprie funzioni. Un'agenzia di rating, tuttavia, sarebbe autorizzata a comunicare un rating di imminente pubblicazione all'emittente, perché quest'ultimo verifichi l'esattezza delle informazioni sulle quali tale rating è fondato”.

La Commissione avverte che vigilerà attivamente sull'applicazione e sull'attuazione delle disposizioni delle direttive relative agli «abusi di mercato» per quanto riguarda le agenzie di rating.

 

La lettera h)modifica l’articolo 115 del TUF, riguardante i poteri della CONSOB relativamente agli obblighi di comunicazione nei propri riguardi da parte degli emittenti quotati.

Con modificazione alla lettera b) del comma 1, viene esteso il novero dei soggetti da cui la CONSOB può assumere notizie, anche mediante audizione. Secondo la nuova disciplina, essa può assumere notizie dai componenti degli organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dagli altri dirigenti, dalle società di revisione, dalle società e dai soggetti indicati nella lettera a).

 

La richiamata lettera a) consente alla CONSOB di richiedere agli emittenti quotati, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate la comunicazione di notizie e documenti, fissandone le modalità.

 

Il potere di eseguire ispezioni – attualmente esercitabile dalla CONSOB nei riguardi degli emittenti, dei soggetti che li controllano e delle società da questi controllate – viene esteso anche nei confronti degli altri soggetti indicati nella lettera b), modificata come sopra detto, nonché – mediante modificazione al comma 2 dello stesso articolo 115, nei confronti dei soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell'articolo 120 o che partecipano a un patto parasociale di cui all'articolo 122, e specificato con l’indicazione della finalità di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia.

 

Nel testo del comma 2 dell’articolo 115 del TUF, i richiami alle lettere a), b) e c) debbono intendersi riferiti alle corrispondenti partizioni del precedente comma 1.

 

La lettera i) introduce nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria gli articoli 117-bis, riguardante le fusioni tra società con azioni quotate e società con azioni non quotate, e 117-ter, riguardante la finanza etica.

Il nuovo articolo 117-bis del TUF assoggetta alle disposizioni dell’articolo 113 le operazioni di fusione nelle quali una società con azioni non quotate viene incorporata in una società con azioni quotate, quando l'entità degli attivi di quest'ultima, diversi dalle disponibilità liquide e dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, sia significativamente inferiore alle attività della società incorporata. In relazione a ciò è previsto che, fermi restando i poteri conferiti dall'articolo 113, comma 2, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisca disposizioni specifiche relative alle suddette operazioni.

 

L’articolo 113 del TUF disciplina obbligo e contenuto del prospetto per la quotazione degli strumenti finanziari.

Prima della data stabilita per l'inizio delle negoziazioni degli strumenti finanziari in un mercato regolamentato l'emittente pubblica un prospetto contenente le informazioni indicate nell'articolo 94, comma 2 (ossia le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dei prodotti finanziari e degli emittenti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire a un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull'evoluzione dell'attività dell'emittente nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti). A norma del comma 2, spetta alla CONSOB determinare con regolamento i contenuti del prospetto e le relative modalità di pubblicazione, con specifiche disposizioni per i casi in cui l'ammissione alla quotazione in un mercato regolamentato sia preceduta da una sollecitazione all'investimento, e indicare all'emittente eventuali informazioni integrative da inserire nel prospetto e specifiche modalità di pubblicazione.

 

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 33), la disposizione tende ad evitare che la disciplina della quotazione possa venire elusa da un soggetto non quotato attraverso l’incorporazione in una società già quotata (di attivo significativamente minore) mediante fusione con la medesima.

 

L’articolo 70 del regolamento di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernente la disciplina degli emittenti (adottato dalla CONSOB con delibera 14 maggio 1999, n. 11971) prescrive che, in ipotesi di operazioni significative di fusione, scissione o di aumento di capitale mediante conferimento di beni in natura, individuate secondo criteri generali predeterminati dalla CONSOB, ovvero su richiesta di quest'ultima, in relazione alle caratteristiche dell'operazione, gli emittenti mettano a disposizione del pubblico presso la sede sociale e la società di gestione del mercato, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l'assemblea, un apposito documento informativo, che non è tuttavia sottoposto all’autorizzazione della CONSOB.

 

Il nuovo articolo 117-ter del TUF reca disposizioni relative alla cosiddetta finanza etica. Esso prevede che la CONSOB, consultati i soggetti interessati e sentite le competenti autorità di vigilanza, determini con regolamento gli obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili.

 

La nozione di finanza etica non è normativamente definita. Essa è impiegata con riferimento a distinte attività di carattere bancario e finanziario:

- la microfinanza (soprattutto nella forma del microcredito), consistente nella prestazione di servizi bancari e finanziari, per importi unitari molto bassi, a favore di soggetti che hanno difficilmente accesso ai servizi degli intermediari maggiori, allo scopo di favorire lo sviluppo attraverso iniziative economiche individuali o di gruppo (piccoli artigiani, disoccupati, microimprese solitamente individuali);

- l'investimento etico, cioè la gestione di patrimoni, raccolti con strumenti quali i fondi comuni, con l’investimento in imprese selezionate anche sulla base di un giudizio etico e di natura sociale sulla loro attività, ovvero anche con la finalità di sostenere organizzazioni operanti nei settori dei servizi sociali, dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile, della cultura e della cooperazione internazionale.

Questo secondo aspetto sembra più direttamente rilevante per l’interpretazione della norma sopra illustrata.

Si richiama anche la risoluzione Grandi ed altri n. 7-00275, approvata dalla Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati nella seduta del 22 ottobre 2003.

 

La lettera l) aggiunge nel TUF un nuovo articolo 118-bis, che demanda alla CONSOB di stabilire con regolamento le modalità e i termini per il riesame periodico delle informazioni comunicate al pubblico ai sensi di legge dagli emittenti quotati, comprese le informazioni contenute nei documenti contabili.

 

La disposizione – che, secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, pp. 33-34) ha lo scopo “di assicurare che l'informazione fornita al mercato sia sempre, nel suo complesso, regolarmente aggiornata e corrispondente all'attuale situazione della società, senza pregiudizio per gli obblighi d'informazione e di comunicazione specificamente imposti dall'articolo 114 del testo unico” – sembra richiedere, in particolare, che l’autorità di vigilanza espliciti attraverso un proprio atto i criteri che presiedono all’attività di vigilanza da essa esercitata sulla trasparenza degli emittenti quotati.

 

Si segnala a quest’ultimo proposito che la Commissione delle autorità europee di regolazione dei mercati (CESR) ha adottato alcuni princìpi comuni per la vigilanza sull’informazione finanziaria (CESR/03-073 del 12 marzo 2003); con un secondo documento (CESR/03-317c del 22 aprile 2004) sono stati aggiunti princìpi relativi in particolare al coordinamento fra le diverse autorità nazionali.

 

La lettera m) introduce una specifica disciplina relativa all’informazione sull’applicazione dei codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori. La disciplina proposta – sulla base del carattere di autodisciplina che connota i menzionati codici – prescrive, con l'aggiunta di un nuovo articolo 124-bis del TUF, alle società con azioni quotate l’obbligo di diffondere annualmente, nei termini e con le modalità stabilite dalla CONSOB, informazioni sull'adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull'osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell'eventuale inadempimento.

Il nuovo articolo 124-ter del TUF – in aggiunta a quanto previsto dall’articolo 149, comma 1, lettera c-bis), del medesimo testo unico, aggiunta dall’articolo 2, comma 1, lettera c), della presente legge, che conferisce all’organo di controllo societario il compito di vigilare sull’attuazione dei suddetti codici – prevede una funzione pubblica di vigilanza sull’applicazione delle suddette regole di governo societario contemplate da codici di comportamento. In tale ambito, infatti, è conferito alla CONSOB il compito di stabilire le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento, di vigilare sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e di irrogare – in caso di false comunicazioni – la sanzione amministrativa pecuniaria (da diecimila a trecentomila euro, con pubblicazione del provvedimento) secondo quanto previsto dall’articolo 192-bis del testo unico, introdotto dal successivo articolo 36.

 

Secondo la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 34), con il complesso delle disposizioni adottate a questo riguardo “non si è inteso mutare la natura dei codici di comportamento, che esplicano la loro efficacia nella sfera demandata all'autodisciplina degli operatori, né imporne l'osservanza attraverso l'introduzione di una disciplina di carattere pubblicistico, che verserebbe in radicale contraddizione con la qualità e il fine di tali strumenti. Si è inteso invece rafforzare il valore di questi atti sul piano della trasparenza e dell'informazione societaria, ponendo a presidio della veridicità delle informazioni fornite relativamente ad essi poteri di vigilanza e di sanzione che ne prevengano e ne colpiscano l'impiego distorto o, peggio, fraudolento. L'interesse del legislatore non si rivolge quindi al contenuto di questi codici, allo scopo di attrarlo nella sfera della disciplina legislativa; esso riguarda invece e soltanto le informazioni pubblicamente diffuse circa l'osservanza degli impegni pubblicamente assunti sulla base dei codici di autodisciplina, che - ove non siano conformi al vero - sono certamente idonee a formare presso gli investitori un'opinione erronea circa la struttura, l'organizzazione e la condotta della società, alterando in misura più o meno grave la determinazione delle loro scelte d'investimento”. Allo stesso effetto è stata introdotta “una specifica sanzione, di carattere amministrativo, che colpisca non già la mancata adesione o l'inosservanza degli obblighi assunti (stante il carattere eminentemente volontario delle regole di autodisciplina), bensì la sola diffusione di informazioni false a tale riguardo”.

 

Mentre le disposizioni introdotte dalla presente lettera m) non sono di immediata applicazione, in quanto necessitano di interventi regolamentari della CONSOB, è immediatamente applicabile la disposizione dell’articolo 149, comma 1, lettera c-bis), del TUF, introdotta dal precedente articolo 2, comma 1, lettera c), che impone all’organo di controllo interno il dovere di vigilare sulle modalità di attuazione delle regole di governo societario derivanti dalla volontaria adesione a codici di comportamento.

 

La lettera n) disciplina, con l'aggiunta del nuovo articolo 154-bis del TUF, la figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, prescrivendone la nomina nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati.

 

La limitazione dell’ambito di applicazione della norma alle sole società con azioni quotate risulta con evidenza dalla collocazione testuale della norma, inserita nel capo II del titolo III del TUF, che – giusta il disposto dell’articolo 119 – disciplina le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’Unione europea[48].

 

La determinazione delle modalità di nomina è rimessa allo statuto, il quale deve comunque prevedere a questo fine il previo parere obbligatorio dell’organo di controllo (comma 1)

 

Come già rilevato nell’illustrazione degli articoli 2 e 6, l’espressione "organo di controllo" designa collettivamente – come nell’articolo 2391-bis del codice civile e nella rubrica premessa alla sezione V del capo II del titolo III della parte IV del TUF – il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo sulla gestione, che in altre disposizioni del medesimo testo unico sono elencati per esteso.

 

A tale dirigente debbono venire conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo (comma 4).

 

La disposizione qualifica il soggetto come dirigente, con riferimento alla classificazione dei collaboratori dell’imprenditore prevista dall’articolo 2095 del codice civile. Si richiede pertanto che esso sia legato alla società da un rapporto di lavoro subordinato, collocato nei livelli più elevati della gerarchia aziendale con autonomia di direzione. Non viene specificata la relazione con gli organi di amministrazione e controllo e con il direttore generale. Dal disposto del comma 4 potrebbe per altro ricavarsi l’opportunità che sia riservata al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, in corrispondenza alle competenze specificamente attribuitegli dalla legge, un’area di autonomia funzionale con diretta responsabilità verso gli organi di amministrazione e di controllo della società.

 

In particolare, il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari deve:

§      apprestare adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio d’esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario (comma 3);

§      attestare, unitamente agli organi amministrativi delegati, con apposita relazione, allegata al bilancio d’esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle suddette procedure nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili (comma 5);

§      attestare, unitamente al direttore generale, la corrispondenza al vero degli atti e delle comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società (comma 2).

È previsto che le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applichino anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società (comma 6).

Al medesimo riguardo, l’articolo 15 della presente legge reca modificazioni a varie disposizioni dei codici civile, penale e di procedura civile, che – unitamente alle modificazioni agli articoli 2621 e 2622 del codice civile (inserite nella novella contenuta nel successivo articolo 30 della presente legge) – definiscono sul piano penale la responsabilità del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari.

 

Stante la previsione di una competenza statutaria circa la determinazione delle modalità di nomina del dirigente proposto alla redazione dei documenti contabili societari, la disposizione diverrà applicabile alle società già esistenti soltanto dopo l’adozione delle conseguenti modificazioni statutarie, per la quale l’articolo 42, comma 1, della presente legge stabilisce il termine di un anno dalla sua entrata in vigore (12 gennaio 2007).

 

La lettera o) modifica l’articolo 190 del TUF, relativo alle sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati, introducendo nel comma 2 una nuova lettera d-bis).

Tale lettera estende l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria, prevista dal comma 1 dello stesso articolo 190 del TUF, ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2 del TUF.

 

L’articolo 25-bis del TUF, introdotto dall’articolo 11, comma 3, della presente legge, disciplina la sottoscrizione e il collocamento dei prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione, prevedendo l’applicazione degli articoli 21[49] e 23 del TUF, relativi alla disciplina dello svolgimento dei servizi d’investimento.

 

La misura della sanzione, fissata in origine tra lire un milione (pari a 516,46 euro) e lire cinquanta milioni (pari a 25.822,84 euro), è ora quintuplicata in forza dell’articolo 39, comma 3, della presente legge, e risulta quindi determinata fra un minimo di euro 2582,30 e un massimo di euro 129.114,20.

 

Della lettera p) si è dato conto nell’esposizione della precedente lettera f).

 

La lettera q) modifica il comma 1 dell'articolo 193 del TUF, adeguando la misura della sanzione amministrativa pecuniaria ivi prevista (da cinquemila a cinquecentomila euro) per l’inosservanza delle disposizioni contenute negli articoli 113, 114 e 115 e nelle norme applicative da parte delle società, degli enti e delle associazioni tenute alle comunicazioni ivi previste, ovvero delle persone fisiche, ove le comunicazioni siano dovute da queste ultime.

 

La disposizione contiene un rinvio all’articolo 190, comma 3, del TUF.

 

L’articolo 190 del TUF stabilisce la sanzione amministrativa pecuniaria per numerose violazioni in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati.

In particolare, il comma 3 prevede che le sanzioni previste dai commi 1 e 2 nei riguardi dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e dei dipendenti responsabili delle violazioni si applicano anche ai soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle società o negli enti ivi indicati, i quali abbiano violato le disposizioni indicate nei medesimi commi o non abbiano vigilato, in conformità dei doveri inerenti al loro ufficio, affinché le disposizioni stesse non fossero da altri violate.

 

Il richiamo della disposizione sembra discendere da una mancanza di coordinamento nel procedimento legislativo lungo e complesso che ha condotto all’approvazione della presente legge.

La formulazione finale proviene infatti dal testo approvato dalla Camera (A.S. 3328), che modificava fra l’altro il sistema sanzionatorio stabilito dall’articolo 190 nei confronti degli esponenti societari, prevedendo l’irrogazione della sanzione alla persona giuridica e stabilendo, al comma 3, l’obbligo di regresso da parte dell’ente nei riguardi della persona fisica responsabile della violazione. La soppressione di quelle disposizioni, operata nel corso dell’esame presso il Senato, ha reso inconferente il richiamo normativo al comma 3 dell’articolo 190, contenuto nel nuovo comma 1 dell’articolo 193 qui illustrato, e ha introdotto un elemento di asistematicità nella formulazione del medesimo comma 1, in quanto vi è prevista la sanzione a carico della persona giuridica (società, enti o associazioni), invece che a carico delle persone fisiche svolgenti funzioni di amministrazione, direzione e controllo.

Si segnala, inoltre, che nel novellato comma 1 dell’articolo 193 del TUF non è stato riprodotto l’ulteriore richiamo dell’articolo 115-bis del medesimo TUF, frattanto inserito dall'articolo 9, comma 1, della legge n. 62 del 2005. Tale richiamo sarebbe stato necessario allo scopo di evitare che rimanesse priva di sanzione la violazione degli obblighi previsti dall’articolo 115-bis (tenuta del registro delle persone che hanno accesso ad informazioni privilegiate, agli effetti dell’applicazione della disciplina in materia di abusi di mercato), aggiunto dalla citata legge n. 62 del 2005.


Articolo 15
(Responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)

 


1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2434, dopo le parole: «dei direttori generali» sono inserite le seguenti: «, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari»;

b) all’articolo 2635, primo comma, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,»;

c) all’articolo 2638, commi primo e secondo, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».

2. All’articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, dopo le parole: «i direttori generali» sono inserite le seguenti: «, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari».

3. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 32-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;

b) all’articolo 35-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;

c) all’articolo 622, secondo comma, dopo le parole: «direttori generali,» sono inserite le seguenti: «dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».


 

 

L’articolo 15 in esame riunisce le modificazioni ai codici civile, penale e di procedura civile, volte a configurare la responsabilità della nuova figura di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, prevista dall’articolo 14, comma 1, lettera n), della presente legge, inserendone la menzione nelle disposizioni legislative nelle quali vengono nominatamente indicati gli esponenti societari.

 

Si ricorda che le analoghe modificazioni agli articoli 2621 e 2622 del codice civile sono inserite nel nuovo testo di questi articoli, contenuto nell’articolo 30 della presente legge.

 

La determinazione della responsabilità deve essere integrata mediante il riferimento all’articolo 154-bis, comma 6, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, introdotto dal citato articolo 14, comma 1, lettera n), della presente legge, il quale prevede che al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari si applichino le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame provvede ad inserire la menzione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nei seguenti articoli del codice civile:

 

a)        all'articolo 2434, primo comma, il quale prevede che l'approvazione del bilancio non implica liberazione degli amministratori, dei direttori generali e dei sindaci per le responsabilità incorse nella gestione sociale;

 

b)       all'articolo 2635, primo comma, a norma del quale gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione sino a tre anni;

 

c)        all'articolo 2638, commi primo e secondo.

Il primo comma dell'articolo 2638 prevede che gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l'esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da uno a quattro anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Il secondo comma prevede che sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali, in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.

 

La stessa menzione è introdotta con il comma 2 nell'articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, che fra le cause sulle quali il tribunale giudica in composizione collegiale annovera le cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi.

 

Essa è infine introdotta con il comma 3 nei seguenti articoli del codice penale:

 

a) all'articolo 32-bis, primo comma, a norma del quale l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.

La suddetta interdizione consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

 

b) all'articolo 35-bis, primo comma, a norma del quale la sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.

La predetta interdizione non può avere durata inferiore a quindici giorni né superiore a due anni e consegue ad ogni condanna all'arresto per contravvenzioni commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

 

c) all'articolo 622, secondo comma, il quale definisce il delitto della rivelazione di segreto professionale come la condotta di chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto. Se dal fatto può derivare nocumento, esso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione. La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.

 


Articolo 16
(Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori)

 


1. Dopo l’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«Art. 114-bis. - (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori). – 1. I piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate sono approvati dall’assemblea dei soci. Almeno quindici giorni prima dell’esecuzione dei piani sono rese pubbliche, mediante invio di un comunicato alla CONSOB, alla società di gestione del mercato, che lo mette immediatamente a disposizione del pubblico, e ad almeno due agenzie di stampa, le informazioni concernenti:

a) le ragioni che motivano l’adozione del piano;

b) i soggetti destinatari del piano;

c) le modalità e le clausole di attuazione del piano, specificando se la sua attuazione è subordinata al verificarsi di condizioni e, in particolare, al conseguimento di risultati determinati;

d) l’eventuale sostegno del piano da parte del Fondo speciale per l’incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, di cui all’articolo 4, comma 112, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;

e) le modalità per la determinazione dei prezzi o dei criteri per la determinazione dei prezzi per la sottoscrizione o per l’acquisto delle azioni;

f) i vincoli di disponibilità gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti, con particolare riferimento ai termini entro i quali sia consentito o vietato il successivo trasferimento alla stessa società o a terzi.

2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116.

3. La CONSOB definisce con proprio regolamento:

a) le informazioni, relative agli elementi indicati nel comma 1, che devono essere fornite in relazione alle varie modalità di realizzazione del piano, prevedendo informazioni più dettagliate per piani di particolare rilevanza;

b) cautele volte ad evitare che i piani di cui al comma 1 inducano comportamenti contrastanti con l’interesse della società, anche disciplinando i criteri per la fissazione del prezzo delle azioni e degli altri strumenti finanziari, le modalità e i termini per l’esercizio dei diritti che essi attribuiscono, i limiti alla loro circolazione».


 

 

L’articolo 16 in esame riguarda i piani di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori (cosiddette stock options), pratica diffusa anche come strumento di remunerazione aggiuntiva e come incentivo al conseguimento di risultati nella gestione o nell’impresa sociale[50].

 

Al riguardo, attualmente obblighi di informativa sono previsti dal regolamento emittenti della CONSOB (informazione societaria, Allegato 3C, pag. 36).

 

Al fine di evitare sviamenti rispetto all’interesse della società e degli azionisti, si introduce un nuovo articolo 114-bis nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), con il quale vengono previsti specifici obblighi informativi a carico delle società con azioni quotate o diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

Nel dettaglio, il nuovo articolo 114-bis del TUF prevede che i piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate debbano essere approvati dall'assemblea dei soci.

 

Si ricorda che la raccomandazione 2004/913/CE, adottata dalla Commissione europea il 14 dicembre 2004, relativamente alle retribuzioni degli amministratori delle società quotate in borsa, invita tra l’altro gli Stati membri a stabilire che la parte di remunerazione variabile, ovvero derivante dall’attribuzione di azioni o stock-options, sia subordinata ad una deliberazione dell’assemblea generale degli azionisti, che dovrebbe definire il sistema di remunerazione e le regole da applicare.

 

La disposizione prevede una serie di obblighi informativi qualora una società approvi un piano di attribuzione di azioni ai seguenti soggetti:

a)      componenti del consiglio d’amministrazione ovvero del consiglio di gestione;

b)      dipendenti o a collaboratori non legati alla stessa da rapporti di lavoro subordinato;

c)      componenti del consiglio d’amministrazione ovvero del consiglio di gestione;

d)      dipendenti o collaboratori di altre società appartenenti al medesimo gruppo.

In tali casi, si stabilisce che prima dell'esecuzione dell'operazione il consiglio di amministrazione debba pubblicare, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico, le informazioni riguardanti:

a)      le ragioni che motivano l'adozione del piano;

b)      i soggetti destinatari del piano;

c)      le modalità e le clausole di attuazione del piano, dovendosi specificare se la sua attuazione risulta condizionata, in particolare, al conseguimento di risultati determinati;

d)      l’eventuale sostegno del piano da parte del Fondo speciale per l’incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, previsto dall’articolo 4, comma 112, della legge n. 350 del 2003, il quale interviene a sostegno di programmi, predisposti per l’attuazione di accordi sindacali o statuti societari, finalizzati a valorizzare la partecipazione dei lavoratori ai risultati o alle scelte gestionali delle imprese medesime;

e)      le modalità per la determinazione dei prezzi o dei criteri per la determinazione dei prezzi per la sottoscrizione o per l'acquisto delle azioni;

f)        i vincoli di disponibilità gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti, con particolare riferimento ai termini entro i quali sia consentito o vietato il successivo trasferimento alla stessa società o a terzi.

 

Il comma 2 dell’articolo 114-bis ne stabilisce l’applicazione anche agli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del TUF.

 

Il citato articolo 116 del TUF stabilisce che gli articoli 114 e 115 dello stesso testo unico si applicano anche agli emittenti strumenti finanziari che, ancorché non quotati in mercati regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante. La CONSOB stabilisce con regolamento i criteri per l'individuazione di tali emittenti e può dispensare, in tutto o in parte, dall'osservanza degli obblighi previsti dai predetti articoli emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati di altri paesi dell'Unione Europea o in mercati di paesi extracomunitari, in considerazione degli obblighi informativi a cui sono tenuti in forza della quotazione.

Gli emittenti indicati sottopongono il bilancio di esercizio e quello consolidato, ove redatto, al giudizio di una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.

 

L’articolo 114 prevede che, fermi gli obblighi di pubblicità previsti da specifiche disposizioni di legge, gli emittenti quotati e i soggetti che li controllano informano il pubblico dei fatti che accadono nella loro sfera di attività e in quella delle società controllate, non di pubblico dominio e idonei, se resi pubblici, a influenzare sensibilmente il prezzo degli strumenti finanziari. La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità dell'informazione del pubblico su tali fatti, detta disposizioni per coordinare le funzioni attribuite alla società di gestione con le proprie e può individuare compiti da affidarle per il corretto svolgimento delle funzioni previste dall'articolo 64, comma 1, lettera b).

Gli emittenti quotati impartiscono le disposizioni occorrenti affinché le società controllate forniscano tutte le notizie necessarie per adempiere gli obblighi di comunicazione previsti dalla legge. Le società controllate trasmettono tempestivamente le notizie richieste.

La CONSOB può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l'informazione del pubblico. In caso di inottemperanza la CONSOB provvede direttamente a spese degli interessati.

Qualora i soggetti indicati nel comma 1 oppongano, con reclamo motivato, che dalla comunicazione al pubblico delle informazioni possa derivare loro grave danno, gli obblighi di comunicazione sono sospesi. La CONSOB, entro sette giorni, può escludere anche parzialmente o temporaneamente la comunicazione delle informazioni, sempre che ciò non possa indurre in errore il pubblico su fatti e circostanze essenziali. Trascorso tale termine, il reclamo si intende accolto.

La CONSOB stabilisce con regolamento in quali casi e con quali modalità devono essere fornite informazioni al pubblico sugli studi e sulle statistiche concernenti gli emittenti quotati, elaborati da questi ultimi, da intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento, nonché da soggetti in rapporto di controllo con essi.

 

L’articolo 115 prevede che la CONSOB, al fine di vigilare sulla correttezza delle informazioni fornite al pubblico può, anche in via generale:

a)       richiedere agli emittenti quotati, ai soggetti che li controllano e alle società dagli stessi controllate, la comunicazione di notizie e documenti, fissandone le relative modalità;

b)      assumere notizie dagli amministratori, dai sindaci, dalle società di revisione e dai dirigenti delle società e dei soggetti indicati nella lettera a);

c)       eseguire ispezioni presso i soggetti indicati nella lettera a).

I poteri previsti dalle lettere a) e b) possono essere esercitati nei confronti dei soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell'articolo 120 o che partecipano a un patto previsto dall'articolo 122.

La CONSOB può altresì richiedere alle società o agli enti che partecipano direttamente o indirettamente a società con azioni quotate l'indicazione nominativa, in base ai dati disponibili, dei soci e, nel caso di società fiduciarie, dei fiducianti.

 

Il comma 3, lettera a), dell’articolo 114-bis demanda alla CONSOB il compito di definire con proprio regolamento le informazioni che debbono essere fornite in relazione alle varie modalità di attribuzione delle azioni. Si specifica, in particolare, che si debbano prevedere informazioni più dettagliate per piani di attribuzione di azioni di particolare rilevanza.

La lettera b) del comma 3 demanda inoltre alla CONSOB il compito di definire, con proprio regolamento, oltre alle informazioni che devono essere fornite, anche apposite cautele volte ad evitare che i piani di attribuzione di azioni possano indurre comportamenti contrastanti con l'interesse sociale.

Ciò, in particolare, mediante una disciplina:

a)      dei criteri per la fissazione del prezzo delle azioni e degli altri strumenti finanziari;

b)      delle modalità e dei termini per l'esercizio dei diritti che essi attribuiscono;

c)      dei limiti alla loro circolazione.

 


Articolo 17
(Disposizioni in materia di mediatori creditizi)

 

1. I mediatori creditizi iscritti all’albo di cui all’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108, possono svolgere anche l’attività di mediazione e consulenza nella gestione del recupero dei crediti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 17 concede ai mediatori creditizi, regolarmente iscritti nell’apposito albo, la facoltà di esercitare anche l’attività di mediazione e consulenza finalizzata al recupero dei crediti insoluti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[51].

 

Con D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287, ai sensi dell’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), è stato emanato il regolamento concernente l’attività di mediazione creditizia. Ai sensi dell’articolo 2 del citato regolamento il mediatore creditizio è colui che professionalmente, anche se non a titolo esclusivo, ovvero abitualmente, mette in relazione, anche attraverso attività di consulenza, banche o intermediari finanziari determinati con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma.

 

L’articolo 3 disciplina l’istituzione di un apposito albo presso l’Ufficio italiano dei cambi sotto la vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze. In tale albo possono essere iscritte persone fisiche, società con sede legale in Italia e stabili organizzazioni in Italia di società aventi sede legale all'estero.

I requisiti prescritti per l’esercizio dell’attività di mediatore creditizio sono:

1)       per quanto concerne i cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione europea o di uno Stato con il quale esista trattamento di reciprocità:

a)       domicilio in Italia;

b)      diploma di scuola media superiore ovvero iscrizione nei ruoli di cui alla legge 3 febbraio 1989, n. 39;

c)       onorabilità ai sensi dell’articolo 109 del TUB.

2)       per quanto riguarda, invece, le società con sede legale in Italia e le stabili organizzazioni in Italia di società aventi sede legale all'estero:

a)       oggetto sociale comprendente la mediazione creditizia;

b)      possesso dei citati requisiti di onorabilità, da parte dei soci di controllo, di cui all'articolo 23 del TUB;

c)       possesso dei citati requisiti di onorabilità, da parte dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo;

d)       svolgimento dell'attività di mediazione creditizia per il tramite di soggetti iscritti all'albo.

 

Successivamente, con provvedimento dell’Ufficio italiano dei cambi del 29 aprile 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 maggio 2005, n. 116) è stata disciplinata, più in dettaglio, l’attività di mediatore creditizio.

In particolare, come ribadito nel citato provvedimento, ai fini dell’individuazione dei limiti di attività dei mediatori creditizi, costituisce concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma l'attività di concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma. Rientra in tale attività, tra l'altro, ogni tipo di finanziamento connesso con operazioni di locazione finanziaria, acquisto di crediti, credito al consumo (fatta eccezione per la dilazione di pagamento), credito ipotecario, prestito su pegno, rilascio di fidejussioni, avalli, aperture di credito documentarie, accettazioni, girate nonché impegni a concedere credito.

Lo stesso provvedimento stabilisce che, conformemente all'articolo 1754 del codice civile e all'articolo 2, comma 2, del D.P.R. n. 287 del 2000, i mediatori creditizi svolgono la propria attività senza essere legati ad alcuna delle parti da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.

Ad essi è vietato concludere contratti nonché effettuare, per conto di banche o intermediari finanziari, l'erogazione di finanziamenti e ogni forma di pagamento o di incasso di denaro contante, di altri mezzi di pagamento o di titoli di credito, ad eccezione della mera consegna di assegni non trasferibili, integralmente compilati dall'intermediario o dal cliente.

Non è attività di mediazione creditizia la raccolta, nell'ambito della specifica attività svolta e strumentalmente ad essa, di richieste di finanziamento effettuata sulla base di apposite convenzioni stipulate con banche e intermediari finanziari da parte di:

a)       soggetti iscritti in ruoli, albi o elenchi tenuti da pubbliche autorità, da ordini o da consigli professionali;

b)      fornitori di beni o servizi.

 


Articolo 18
(Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, dopo la parola: «156,» è inserita la seguente: «160»;

b) l’articolo 159 è sostituito dal seguente:

«Art. 159. – (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea, in occasione dell’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato ad una società di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 determinandone il compenso, previo parere del collegio sindacale.

2. L’assemblea revoca l’incarico, previo parere dell’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico ad altra società di revisione secondo le modalità di cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al conferimento d’ufficio da parte della CONSOB.

3. Alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2 adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni con azioni quotate in mercati regolamentati si applica l’articolo 2459 del codice civile.

4. L’incarico ha durata di sei esercizi, è rinnovabile una sola volta e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. In caso di rinnovo il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto.

5. Le deliberazioni previste dai commi 1 e 2 sono trasmesse alla CONSOB entro il termine fissato ai sensi del comma 7, lettera b). La CONSOB, entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di conferimento dell’incarico, può vietarne l’esecuzione qualora accerti l’esistenza di una causa di incompatibilità, ovvero qualora rilevi che la società cui è affidato l’incarico non è tecnicamente idonea ad esercitarlo, in relazione alla sua organizzazione ovvero al numero degli incarichi già assunti. Entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di revoca, la CONSOB può vietarne l’esecuzione qualora rilevi la mancanza di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effetto dalla scadenza dei termini di cui, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo, qualora la CONSOB non ne abbia vietata l’esecuzione.

6. La CONSOB dispone d’ufficio la revoca dell’incarico di revisione contabile qualora rilevi una causa di incompatibilità ovvero qualora siano state accertate gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, anche in relazione ai princìpi e criteri di revisione stabiliti ai sensi dell’articolo 162, comma 2, lettera a). Il provvedimento di revoca è notificato alla società di revisione e comunicato immediatamente alla società interessata, con l’invito alla società medesima a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione, secondo le disposizioni del comma 1, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. Qualora la deliberazione non sia adottata entro tale termine, la CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico entro trenta giorni. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al provvedimento della CONSOB.

7. La CONSOB stabilisce con regolamento:

a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l’incarico di revisione contabile. La corresponsione del compenso non può comunque essere subordinata ad alcuna condizione relativa all’esito della revisione, né la misura di esso può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della società di revisione;

b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2, le modalità e i termini di trasmissione;

c) le modalità e i termini per l’adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;

d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione depositano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti indicati ai commi 1, 2, 5 e 6.

8. Non si applica l’articolo 2409-quater del codice civile»;

c) all’articolo 160, il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Al fine di assicurare l’indipendenza della società e del responsabile della revisione, l’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni di incompatibilità stabilite con regolamento dalla CONSOB.

1-bis. Con il regolamento adottato ai sensi del comma 1, la CONSOB individua altresì i criteri per stabilire l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione, costituita dalla struttura più ampia cui appartiene la società stessa e che si avvale della medesima denominazione o attraverso la quale vengono condivise risorse professionali, e comprendente comunque le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo; determina le caratteristiche degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l’indipendenza della società di revisione; stabilisce le forme di pubblicità dei compensi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete hanno percepito, distintamente, per incarichi di revisione e per la prestazione di altri servizi, indicati per tipo o categoria. Può stabilire altresì prescrizioni e raccomandazioni, rivolte alle società di revisione, per prevenire la possibilità che gli azionisti di queste o delle entità appartenenti alla loro rete nonché i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le medesime intervengano nell’esercizio dell’attività di revisione in modo tale da compromettere l’indipendenza e l’obiettività delle persone che la effettuano.

1-ter. La società di revisione e le entità appartenenti alla rete della medesima, i soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo non possono fornire alcuno dei seguenti servizi alla società che ha conferito l’incarico di revisione e alle società da essa controllate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo:

a) tenuta dei libri contabili e altri servizi relativi alle registrazioni contabili o alle relazioni di bilancio;

b) progettazione e realizzazione dei sistemi informativi contabili;

c) servizi di valutazione e stima ed emissione di pareri pro veritate;

d) servizi attuariali;

e) gestione esterna dei servizi di controllo interno;

f) consulenza e servizi in materia di organizzazione aziendale diretti alla selezione, formazione e gestione del personale;

g) intermediazione di titoli, consulenza per l’investimento o servizi bancari d’investimento;

h) prestazione di difesa giudiziale;

i) altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati, in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva n. 84/253/CEE del Consiglio, del 10 aprile 1984, in tema di indipendenza delle società di revisione, dalla CONSOB con il regolamento adottato ai sensi del comma 1.

1-quater. L’incarico di responsabile della revisione dei bilanci di una stessa società non può essere esercitato dalla medesima persona per un periodo eccedente sei esercizi sociali, né questa persona può assumere nuovamente tale incarico, relativamente alla revisione dei bilanci della medesima società o di società da essa controllate, ad essa collegate, che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, neppure per conto di una diversa società di revisione, se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente.

1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, i soci, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano, né possono prestare lavoro autonomo o subordinato in favore delle medesime società, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere soci, amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93.

1-sexies. Coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, direttori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso una società non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima società né delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano, se non sia decorso almeno un triennio dalla cessazione dei suddetti incarichi o rapporti di lavoro.

1-septies. La misura della retribuzione dei dipendenti delle società di revisione che partecipano allo svolgimento delle attività di revisione non può essere in alcun modo determinata, neppure parzialmente, dall’esito delle revisioni da essi compiute né dal numero degli incarichi di revisione ricevuti o dall’entità dei compensi per essi percepiti dalla società.

1-octies. La violazione dei divieti previsti dal presente articolo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro irrogata dalla CONSOB»;

d) all’articolo 161, comma 4, le parole: «a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile» sono sostituite dalle seguenti: «o avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali, comprensiva della garanzia per infedeltà dei dipendenti, per la copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa è stabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori parametri da essa eventualmente individuati con regolamento»;

e) all’articolo 162:

1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nello svolgimento di tale attività, la CONSOB provvede a verificare periodicamente e, comunque, almeno ogni tre anni l’indipendenza e l’idoneità tecnica sia della società, sia dei responsabili della revisione»;

2) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Nell’esercizio della vigilanza, la CONSOB:

a) stabilisce, sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione;

b) può richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini;

c) può eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai membri degli organi di controllo e dai dirigenti della società di revisione»;

3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Le società di revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito, comunicano alla CONSOB i nomi dei responsabili della revisione entro dieci giorni dalla data in cui essi sono stati designati»;

f) all’articolo 163:

1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. La CONSOB, quando accerta irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, tenendo conto della loro gravità, può:

a) applicare alla società di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a cinquecentomila euro;

b) intimare alle società di revisione di non avvalersi nell’attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;

c) revocare gli incarichi di revisione contabile ai sensi dell’articolo 159, comma 6;

d) vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a tre anni.

1-bis. Quando l’irregolarità consista nella violazione delle disposizioni dell’articolo 160, l’irrogazione della sanzione prevista dal comma 1-octies del medesimo articolo non pregiudica l’applicabilità dei provvedimenti indicati nel comma 1 del presente articolo nei riguardi della società di revisione»;

2) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«c-bis) la violazione attiene al divieto previsto dall’articolo 160, qualora risulti la responsabilità della società. In tutti i casi, la CONSOB comunica i nomi dei soci o dei dipendenti personalmente responsabili della violazione al Ministro della giustizia, il quale ne dispone la cancellazione dal registro dei revisori contabili con il procedimento previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88»;

g) all’articolo 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. La società incaricata della revisione contabile della società capogruppo quotata è interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. A questo fine, essa riceve i documenti di revisione dalle società incaricate della revisione contabile delle altre società appartenenti al gruppo; può chiedere alle suddette società di revisione o agli amministratori delle società appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonché procedere direttamente ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime società. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata»;

h) nella parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, dopo l’articolo 165 è aggiunto il seguente:

«Art. 165-bis. - (Società che controllano società con azioni quotate). – 1. Le disposizioni della presente sezione, ad eccezione dell’articolo 157, si applicano altresì alle società che controllano società con azioni quotate e alle società sottoposte con queste ultime a comune controllo.

2. Alla società incaricata della revisione contabile della società capogruppo si applicano le disposizioni dell’articolo 165, comma 1-bis.

3. La CONSOB detta con regolamento disposizioni attuative del presente articolo, stabilendo, in particolare, criteri di esenzione per le società sottoposte a comune controllo, di cui al comma 1, che non rivestono significativa rilevanza ai fini del consolidamento, tenuto conto anche dei criteri indicati dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127».


 

 


L’articolo 18 in esame reca modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti, intervenendo sul testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF).

 

Si ricorda che, dopo la riforma del diritto societario attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, in attuazione della delega legislativa conferita dalla legge 3 ottobre 2001, n. 366, il controllo contabile sulle società per azioni, a norma dell’articolo 2409-bis del codice civile, è ordinariamente esercitato da un revisore contabile iscritto nel registro istituito presso il Ministero della giustizia.

Per le società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse fra il pubblico in misura rilevante è prescritta la revisione da parte di una società di revisione, soggetta alla disciplina prevista dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e sottoposta alla vigilanza della CONSOB.

Per le sole società che non abbiano le suddette caratteristiche e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato è consentito che il controllo contabile sia esercitato dal collegio sindacale, il quale deve in questo caso essere interamente costituito da revisori contabili iscritti nel registro.

Il presente articolo interviene quindi sulla disciplina della revisione dei conti delle società con azioni quotate in mercati regolamentati, contenuta nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e applicabile per relationem nei casi previsti dal citato articolo 2409-bis del codice civile (società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante).

 

La lettera a) del comma 1 stabilisce che, nel caso di società emittenti strumenti finanziari non quotati ma diffusi fra il pubblico in misura rilevante a norma dell’articolo 116 del TUF, oltre alle disposizioni già indicate nel vigente comma 2 di tale articolo debbano applicarsi le norme in materia di incompatibilità contenute nell’articolo 160 dello stesso testo unico, con le modificazioni recate dalla presente legge, secondo quanto verrà illustrato di seguito.

 

Le successive lettere recano modificazioni riferite alla sezione VI del capo II del titolo III del TUF, recante la disciplina della revisione contabile degli emittenti quotati.

La lettera b) modifica il procedimento per il conferimento e per la revoca dell’incarico di revisione (articolo 159 del TUF).

 

A questo riguardo, la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati (COM (2004) 177), la cui elaborazione è attualmente in corso da parte dell’Unione europea, indica nell’assemblea degli azionisti il soggetto competente per la nomina, consentendo agli Stati di prevedere che la designazione sia subordinata all’approvazione preventiva di un’autorità di vigilanza o effettuata da un tribunale o altro organismo determinato dall’ordinamento nazionale.

 

Il vigente articolo 159 del TUF prevede che l'assemblea – in occasione dell'approvazione del bilancio o, per le società organizzate secondo il modello dualistico, della convocazione annuale prevista dall'articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile – conferisca l'incarico di revisione del bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato a una società di revisione iscritta nell'albo speciale, previo parere del collegio sindacale. L’assemblea determina altresì il corrispettivo spettante alla società di revisione.

L'incarico dura tre esercizi e può essere rinnovato per non più di due volte.

Spetta parimenti all'assemblea il potere di revocare l'incarico, previo parere del collegio sindacale, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l'incarico ad altra società di revisione. In caso di revoca, l'attività di revisione contabile continua a essere esercitata dalla società di revisione revocata fino a quando non acquista efficacia il conferimento del nuovo incarico.

Alle suddette deliberazioni, nel caso delle società in accomandita per azioni quotate, si applica l'articolo 2459 del codice civile (a norma del quale i soci accomandatari non hanno diritto di voto per le azioni ad essi spettanti).

Le deliberazioni di conferimento e di revoca sono trasmesse alla CONSOB. La stessa CONSOB provvede d'ufficio al conferimento dell'incarico, quando non sia deliberato dall’assemblea, determinandone anche il corrispettivo.

La CONSOB stabilisce con regolamento:

a) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni di conferimento e di revoca e le modalità e i termini di trasmissione;

b) le modalità e i termini per l'adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;

c) i termini entro i quali gli amministratori provvedono al deposito presso il registro delle imprese delle deliberazioni e dei provvedimenti di conferimento, revoca e conferimento d’ufficio.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 159 stabilisce che spetta all’assemblea della società il potere di conferire l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e consolidato ad una società di revisione iscritta all’albo e di determinare il relativo compenso. È richiesto il previo parere del collegio sindacale.

Non si prevede invece che la CONSOB provveda d’ufficio al conferimento dell’incarico e alla determinazione del corrispettivo quando esso non fosse stato deliberato.

 

La disposizione, attualmente prevista nel comma 6 del vigente articolo 159, non è riprodotta nel testo della novella (che disciplina il potere sostitutivo della CONSOB soltanto nell’ipotesi di nuovo conferimento conseguente a revoca del precedente revisore).

Sembrerebbe necessario ripristinare tale previsione, la cui soppressione priva di un necessario elemento di chiusura il sistema di nomina del revisore contabile.

 

La formulazione – secondo la relazione presentata dalle Commissioni del Senato all’Assemblea – tiene conto della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati (COM (2004) 177), la cui elaborazione è attualmente in corso da parte dell’Unione europea[52].

 

La richiamata proposta di direttiva europea ìndica nell’assemblea degli azionisti il soggetto competente per la nomina, consentendo tuttavia agli Stati di prevedere che la designazione sia subordinata all’approvazione preventiva di un’autorità di vigilanza o effettuata da un tribunale o altro organismo determinato dall’ordinamento nazionale.

 

La competenza a revocare l’incarico viene mantenuta all’assemblea, previo parere dell'organo di controllo, sotto la condizione del ricorrere di una giusta causa. Viene precisato, sulla scorta di quanto indicato nella menzionata proposta di direttiva europea, che non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione.

Viene mantenuta la disposizione già esistente, secondo cui per le deliberazioni adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni – ove siano sottoposte alla disciplina del testo unico – si applica l’articolo 2459 del codice civile, e pertanto i soci accomandatari non possono esercitare in questi casi il diritto di voto.

 

L’articolo 2459 del codice civile stabilisce che i soci accomandatari non hanno diritto di voto per le azioni ad essi spettanti nelle deliberazioni dell'assemblea che concernono la nomina e la revoca dei sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e l'esercizio dell'azione di responsabilità.

 

Le deliberazioni di conferimento e di revoca debbono essere comunicate alla CONSOB, la quale, entro venti giorni, può vietarne l’esecuzione: il provvedimento può fondarsi, nel caso del conferimento dell’incarico, sull’esistenza di una causa d’incompatibilità o sull’inidoneità tecnica della società di revisione, accertata in relazione alla sua organizzazione ovvero al numero degli incarichi già assunti; nel caso della revoca, sulla constatata mancanza di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effetto solo dopo che questo termine sia scaduto. In ogni caso, è garantita la continuità nell’esercizio della funzione di revisione, prevedendosi che la società incaricata continui ad esercitare la revisione finché non divenga efficace – secondo la procedura sopra descritta – la deliberazione che conferisce l’incarico ad altro soggetto.


Il comma 4 del nuovo articolo 159 stabilisce che l’incarico conferito alla società di revisione ha durata di sei anni, è rinnovabile una sola volta, e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente.

 

La proposta di direttiva europea sopra richiamata prevede che l’organo di revisione legale dei conti sia sostituito al più tardi dopo sette anni e sia riammesso a partecipare alla revisione contabile della stessa società dopo un periodo minimo di due anni.

 

Nella formulazione della disposizione non risulta chiaro se i limiti posti al rinnovo (una sola volta e dopo non meno di tre anni dalla scadenza del precedente incarico) debbano intendersi alternativamente o, come sembrerebbe dalla letterale interpretazione, cumulativamente.

In quest’ultima ipotesi, si osserva che l’esistenza di un esiguo numero di società che esercitano l’attività di revisione potrebbe comportare, in progresso di tempo, l’impossibilità di conferire l’incarico.

 

Si stabilisce inoltre che, in caso di rinnovo (possibile – sembrerebbe – solo dopo tre anni dal precedente incarico) il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto[53].

È comunque previsto che la CONSOB disponga d’ufficio la revoca dell'incarico in caso d’incompatibilità o di gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione. In tal caso la società, entro trenta giorni, deve deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione, secondo la procedura sopra descritta: in mancanza vi provvede la CONSOB entro ulteriori trenta giorni. Anche in questa circostanza, la continuità delle funzioni di controllo contabile è frattanto assicurata dalla società revocata.

 

Poteri regolamentari sono conferiti alla CONSOB per l’attuazione delle disposizioni predette. In particolare, essa stabilisce:

a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l'incarico di revisione contabile. La corresponsione del compenso non può comunque essere subordinata ad alcuna condizione relativa all'esito della revisione, né la misura di esso può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della società di revisione;

 

Anche la citata proposta di direttiva europea prende in considerazione quest’aspetto, richiedendo agli Stati di prevedere regole volte ad assicurare che i compensi risultino adeguati a consentire una revisione di buona qualità, non siano soggetti a condizione né influenzati o determinati dalla prestazione di servizi aggiuntivi.

 

b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni di nomina e revoca, le modalità e i termini di trasmissione;

c) le modalità e i termini per l'adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;

d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione depositano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti di nomina e revoca deliberati dall’assemblea o disposti dalla CONSOB.

È confermata l’inapplicabilità dell’articolo 2409-quater del codice civile, contenente la disciplina generale del conferimento dell’incarico, in quanto il TUF stabilisce una disciplina speciale completa a questo riguardo.

 

Con riguardo al regime transitorio concernente le disposizioni contenute nell’articolo 159 del TUF, si segnala l’Ordine del Giorno 9/2436-B/1, presentanto dall’On.le Scherini il 22 dicembre 2005 nella seduta n. 724 della Camera dei deputati, che ha impegnato il Governo, considerate le difficoltà interpretative con riferimento all'articolo 18, comma 1, lettera b), capoverso articolo 159, comma 4, ad adottare ogni opportuna iniziativa normativa volta a prevedere, in via transitoria, che:

-       qualora l'incarico di revisione sia in corso nel primo triennio di mandato, il rinnovo sia possibile, al termine del primo triennio, per un periodo di sei anni, ulteriormente rinnovabili alla stessa società per un periodo non superiore a tre anni;

-       qualora l'incarico di revisione sia in corso nel secondo triennio di mandato, il rinnovo sia possibile, al termine del secondo triennio, alla stessa società per un periodo di sei anni;

-       qualora l'incarico di revisione sia in corso nel terzo triennio di mandato, il rinnovo sia possibile, al termine del terzo triennio, alla stessa società per un periodo non superiore a tre anni.

 

La lettera c) interviene sulla disciplina dell’incompatibilità contenuta nell’articolo 160 del TUF.

 

Il vigente articolo 160 stabilisce che, al fine di assicurare l'indipendenza della società e del responsabile della revisione, l'incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni d'incompatibilità stabilite con regolamento adottato dal Ministro di grazia e giustizia, sentita la CONSOB.

Il divieto di rappresentare i soci nell’assemblea, previsto dall'articolo 2372, quinto comma, del codice civile, si applica anche alla società di revisione alla quale sia stato conferito l'incarico e al responsabile della revisione.

 

Il quinto comma dell’articolo 2372 del codice civile prevede che i soci non possano essere rappresentati nell’assemblea né dai membri degli organi amministrativi o di controllo della società, né dai dipendenti della società stessa, né dalle società da essa controllate, né dai membri degli organi amministrativi o di controllo o dai dipendenti di queste.

 

La nuova disciplina dell’incompatibilità viene posta in diretta correlazione con l’indipendenza della società e del responsabile della revisione, prescrivendosi a tal fine che l'incarico non possa venire conferito a società di revisione le quali versino in una delle situazioni d’incompatibilità stabilite con regolamento dalla CONSOB.

Lo stesso regolamento deve individuare i criteri per stabilire l'appartenenza di un'entità alla rete di una società di revisione.

La nozione di rete è mutuata dalla già citata proposta di direttiva europea: s’intende con questa denominazione la struttura più ampia cui eventualmente appartenga la società di revisione, avvalentesi della medesima denominazione o attraverso la quale vengano condivise risorse professionali.

La disposizione qui commentata precisa che sono comunque comprese nella rete le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo.

Con il suddetto regolamento la CONSOB determina le caratteristiche degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l'indipendenza della società di revisione; stabilisce le forme di pubblicità dei compensi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete hanno percepito, per incarichi di revisione e per la prestazione di altri servizi.

La CONSOB può inoltre stabilire prescrizioni e raccomandazioni volte a prevenire la possibilità che gli azionisti delle società di revisione o delle entità appartenenti alla loro rete, nonché i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le medesime, intervengano nell'esercizio dell'attività di revisione in modo tale da compromettere l'indipendenza e l'obiettività delle persone che la effettuano.

 

Quest’ultima previsione è volta a realizzare un’indicazione contenuta nella proposta di direttiva più volte citata.

 

In ogni caso, vengono individuati espressamente dal comma 1-ter del nuovo articolo 160 del TUF alcuni servizi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete, nonché le persone fisiche aventi relazioni qualificate con essa (soci, amministratori, componenti degli organi di controllo e dipendenti della società di revisione e delle società controllate, controllanti o sottoposte a comune controllo), non possono fornire alla società che ha conferito l'incarico di revisione e alle società da essa controllate, o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo. Si tratta in particolare di:

§      servizi relativi alla contabilità e ai connessi sistemi informativi;

§      attività di valutazione, stima ed emissione di pareri pro veritate;

 

Restano ovviamente salvi i casi in cui la legge prescriva l’espressione del parere del revisore, come nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 2433-bis, quinto comma, del codice civile.

 

§      servizi attuariali, di controllo interno, di organizzazione aziendale, selezione, formazione e gestione del personale;

§      servizi bancari d'investimento, intermediazione di titoli, consulenza per l'investimento;

§      servizi di difesa giudiziale.

 

In particolare, la lettera i) del nuovo comma 1-ter stabilisce che rientrano nell’elenco gli altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati dalla CONSOB con il regolamento di cui al comma 1 dell’articolo 160 del TUF. Il regolamento dovrà essere emanato in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva 84/253/CEE del 10 aprile 1984[54], in tema di indipendenza delle società di revisione.

 

Le disposizioni rilevanti contenute nella citata direttiva sembrano essere le seguenti:

-       articolo 3, secondo cui le autorità di uno Stato membro accordano l'abilitazione all’esercizio del controllo legale dei conti soltanto a persone in possesso dei necessari requisiti di onorabilità e che non esercitino nessuna attività incompatibile, in virtù del diritto di tale Stato membro, con il controllo medesimo;

-       l’articolo 23, secondo cui gli Stati membri prescrivono che le persone abilitate all’esercizio del controllo legale dei conti non possano effettuare un controllo di legge se non sono indipendenti secondo il diritto dello Stato membro che lo impone;

-       l’articolo 26, secondo cui gli Stati membri garantiscono che le persone abilitate siano passibili di adeguate sanzioni qualora non effettuino il controllo di legge con diligenza e in forma indipendente;

-       l’articolo 27, secondo cui gli Stati membri garantiscono che almeno gli associati, gli azionisti e altri soci delle società di revisione abilitate, nonché i membri dell'organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza di dette società che non soddisfano personalmente, in uno Stato membro, ai requisiti previsti per l’accesso all’attività di revisore non intervengano nell'espletamento di funzioni di controllo in modo da compromettere l'indipendenza della persona fisica che effettua il controllo legale dei conti in nome della società di revisione.

 

La già citata proposta di nuova direttiva europea enunzia più precisi criteri di indipendenza e obiettività, riferiti ai revisori operanti sia individualmente, sia per conto di società di revisione.

Il revisore legale o l'impresa di revisione contabile debbono essere indipendenti dal soggetto sottoposto a revisione e non essere in alcun modo coinvolti nelle decisioni prese dalla sua direzione. Essi debbono certificare nei documenti di revisione i possibili rischi per la loro indipendenza nonché le misure adottate per limitare tali rischi. Non effettuano comunque la revisione legale dei conti di un ente con il quale hanno relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere (comprese quelle derivanti dalla prestazione al cliente di taluni servizi aggiuntivi) che potrebbero comprometterne l'indipendenza.

I proprietari o azionisti dell'impresa di revisione contabile e i membri degli organi di amministrazione, di direzione o di vigilanza di detta impresa o di un'affiliata non debbono poter intervenire nell'espletamento della revisione legale dei conti in alcun modo che possa compromettere l'indipendenza e l'obiettività del revisore legale che effettua la revisione legale per conto dell'impresa di revisione contabile.

È previsto che gli Stati membri assicurino regole adeguate che prevedano che gli onorari richiesti per la revisione legale dei conti:

a) siano di livello adeguato a consentire una revisione dei conti di buona qualità;

b) non siano né influenzati né determinati dalla prestazione di servizi aggiuntivi all'ente sottoposto alla revisione contabile;

c) non siano subordinati ad alcuna condizione.

 

La disciplina relativa all’incompatibilità delle società di revisione è integrata da prescrizioni relative alle persone fisiche le quali la esercitano. Si prevede quindi che il responsabile della revisione non possa esercitare tale incarico per più di sei esercizi relativamente ai bilanci della stessa società, e che non possa assumere nuovamente lo stesso incarico – neppure per conto di una diversa società di revisione – se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente. Il divieto è esteso anche alla revisione dei bilanci delle società controllate, collegate, controllanti o sottoposte a comune controllo.

 

La già citata proposta di direttiva europea prevede che il revisore legale o il socio principale incaricato della revisione legale per conto dell'impresa di revisione contabile siano sostituiti nella funzione di revisione legale dei conti al più tardi dopo cinque anni o, in alternativa, che l'impresa di revisione contabile sia sostituita al più tardi dopo sette anni.

Si ricorda che l’articolo 159, comma 4 (nel testo modificato dalla precedente lettera b))ha previsto come durata massima dell’incarico di revisione sei esercizi, vietando il rinnovo prima di ulteriori tre anni.


Viene disposto altresì che i soci e gli esponenti della società di revisione e delle società controllate, controllanti o collegate, nonché i dipendenti della società di revisione che abbiano preso parte alla revisione del bilancio di una società, non possono assumere funzioni di amministrazione o controllo nella società sottoposta a revisione né in sue controllate, controllanti o collegate, né prestare lavoro autonomo o subordinato in favore di queste, prima che sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell'incarico o dal momento in cui sia terminato il rapporto con la società di revisione o gli altri soggetti a questa collegati.

Allo stesso modo, coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, direttori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso una società non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima società né delle sue controllate, controllanti o collegate prima di tre anni dalla cessazione di tali incarichi o rapporti di lavoro.

Infine, si prevede che la misura della retribuzione dei soggetti che effettuano la revisione non possa dipendere in alcun modo dall'esito delle revisioni né dal numero degli incarichi che la società abbia ricevuto o dall'entità dei compensi da questa percepiti.

Per la violazione dei descritti divieti è prevista un’idonea sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro, irrogata dalla CONSOB.

 

La lettera d) interviene sul comma 4 dell’articolo 161 del TUF, riguardante l’iscrizione delle società di revisione nell’albo speciale tenuto dalla CONSOB.

 

L’articolo 161 attribuisce alla CONSOB la tenuta di un albo speciale delle società di revisione abilitate all'esercizio delle attività di revisione disciplinate dal medesimo testo unico.

Per l’iscrizione è previsto l’accertamento dei requisiti previsti dall'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, e del requisito di idoneità tecnica. Inoltre, le società di revisione devono essere munite di idonea garanzia prestata da banche, assicurazioni o intermediari iscritti nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, a copertura dei rischi derivanti dall'esercizio dell'attività di revisione contabile.

 

Si prevede che la garanzia richiesta a copertura dei rischi derivanti dalla revisione contabile possa essere sostituita da una polizza d’assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali, comprensiva della garanzia per infedeltà dei dipendenti. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa è stabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori parametri da essa eventualmente individuati con regolamento.

Come espressamente previsto dal successivo articolo 42, comma 4, la disposizione diviene efficace a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, continuando ad applicarsi fino a tale data le disposizioni attualmente vigenti in materia.

 

La lettera e) modifica l’articolo 162 del TUF, che individua i poteri di vigilanza della CONSOB sulle società di revisione.

 

Secondo il vigente articolo 162, la CONSOB vigila sull'attività delle società iscritte nell'albo speciale per controllarne l'indipendenza e l'idoneità tecnica.

 

Nell'esercizio della vigilanza, la CONSOB può:

§      richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini;

§      eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai sindaci e dai direttori generali della società di revisione;

§      raccomandare princìpi e criteri da adottare per la revisione contabile, richiedendo preventivamente il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

 

Si ricorda che il decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, concernente la costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, ha disposto all’articolo 59 che, a far data dal 1° gennaio 2008, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e il Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali sono soppressi e, a decorrere dalla medesima data, è istituito il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

 

Si osserva che, poiché il nuovo Ordine sarà costituito e operante dal 1° gennaio 2008, fino a tale data sarebbe formalmente impossibile acquisire il prescritto parere.

 

Le società di revisione iscritte nell'albo speciale sono tenute a comunicare alla CONSOB entro trenta giorni la sostituzione degli amministratori, dei soci che rappresentano la società nella revisione contabile e dei direttori generali, nonché il trasferimento delle quote e delle azioni; entro lo stesso termine debbono comunicare ogni altra modificazione della compagine sociale, dell'organo amministrativo e dei patti sociali, che incida sui requisiti previsti per l’iscrizione nell’albo.

 

Il nuovo testo prescrive la verifica periodica, e comunque almeno triennale, dell’indipendenza e dell’idoneità tecnica delle società e dei responsabili della revisione da parte della CONSOB.

È inoltre attribuito alla stessa il potere di stabilire i princìpi e criteri di revisione contabile, precisandosi che essi possono venire determinati anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione.

 

La già citata proposta di direttiva europea contempla un’ulteriore misura, consistente nell’impiego obbligatorio dei princìpi internazionali di revisione che verranno adottati dalla Commissione europea, consentendo agli Stati di imporre procedure di revisione aggiuntive solo se derivanti da requisiti specifici relativi alla portata della revisione stessa.

 

Il potere di eseguire ispezioni e assumere notizie viene esteso anche nei riguardi dei dirigenti delle società di revisione.

Come già esposto, l’attuale formulazione dell’articolo 162, comma 2, lettera b), consente alla CONSOB di eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai sindaci e dai direttori generali della società di revisione

È altresì prescritto alle società di revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito, di comunicare alla CONSOB i nomi dei responsabili di ciascun incarico di revisione entro dieci giorni dalla data in cui essi sono stati designati.

 

La lettera f) modifica l’articolo 163 del TUF, riguardante i provvedimenti sanzionatorî e interdittivi che la CONSOB può adottare quando accerti irregolarità nello svolgimento dell'attività di revisione.

 

Il vigente articolo 163 prevede che la CONSOB, quando accerta gravi irregolarità nello svolgimento dell'attività di revisione, con riferimento a uno o più incarichi, possa:

-       intimare alla società di non avvalersi nell'attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a due anni, del responsabile della revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;

-       vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a un anno.

-       Inoltre, è prescritta la cancellazione dall'albo speciale quando:

-       le irregolarità sono di particolare gravità;

-       vengono meno i requisiti previsti per l'iscrizione nell'albo speciale e la società non provvede a ripristinarli entro il termine, non superiore a sei mesi, assegnato dalla CONSOB;

-       la società non ottempera ai provvedimenti sopra indicati.

La CONSOB può altresì disporre la cancellazione dall'albo speciale delle società di revisione in caso di inattività protratta per cinque anni (quando cioè non abbiano svolto incarichi di revisione ad essa comunicati ai sensi dell'articolo 159).

I provvedimenti sanzionatorî e di cancellazione dall’albo speciale sono comunicati agli interessati e al Ministero della giustizia; quest'ultimo comunica alla CONSOB i provvedimenti adottati nei confronti dei soggetti iscritti nel registro dei revisori contabili.

Il provvedimento di cancellazione dall'albo speciale è comunicato immediatamente alle società che hanno conferito l'incarico di revisione, affinché provvedano a conferire un nuovo incarico.

 

La nuova disciplina prevede che, secondo la gravità delle violazioni, la CONSOB possa:

a)     applicare alla società di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a cinquecentomila euro;

b)     intimare alle società di revisione di non avvalersi nell'attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;

c)     revocare gli incarichi di revisione contabile;

d)     vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a tre anni.

 

Tra le ipotesi che comportano la cancellazione della società di revisione dall’albo speciale viene aggiunta la violazione del divieto di prestare i servizi determinati dall'articolo 160 del TUF, se risulti la responsabilità della società.

In aggiunta a ciò, è prescritto che i soci e i dipendenti materialmente responsabili della violazione siano cancellati dal registro dei revisori contabili, disciplinato dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (Attuazione della direttiva n. 84/253/CEE, relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili). A questo fine è previsto che la CONSOB comunichi al Ministro della giustizia, il quale ne dispone la cancellazione con il procedimento previsto nell’articolo 10 del citato decreto legislativo n. 88 del 1992.

 

L’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, prevede che l'autorità giudiziaria, le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici per i propri dipendenti, la CONSOB e gli ordini professionali comunichino al Ministero della giustizia i provvedimenti adottati a carico degli iscritti per inadempienze ai doveri inerenti alle attività di controllo legale dei conti.

Il Ministro, quando accerta fatti che compromettono gravemente l'idoneità al corretto svolgimento delle funzioni di controllo dei conti, sentito l'interessato, può disporre la sospensione dall'esercizio dell'attività di controllo dei conti per un periodo non superiore ad un anno e nei casi più gravi può disporre la cancellazione.

I suddetti provvedimenti sono motivati e notificati all'interessato.

 

Un’ultima serie d’interventi – esplicantisi nella modificazione dell’articolo 165 del TUF e nell’introduzione di un nuovo articolo 165-bis – riguarda la disciplina della revisione contabile dei gruppi e la sua estensione alle società che controllano emittenti quotati.

 

Il vigente articolo 165 disciplina la revisione contabile dei gruppi. Esso prescrive che si applicano anche alle società controllate da società con azioni quotate le disposizioni della sezione VI del capo II del titolo III della parte IV del TUF, che disciplina la revisione contabile delle società con azioni quotate, ad eccezione dell'articolo 157 (effetti dei giudizi sui bilanci).

Alla CONSOB è attribuito il potere di determinare con regolamento, d'intesa con le competenti autorità di vigilanza per quanto attiene a specifiche categorie di società sottoposte a vigilanza pubblica, le disposizioni attuative stabilendo, in particolare, criteri di esenzione per le società controllate che non rivestano significativa rilevanza ai fini del consolidamento.

 

In conformità con quanto si trova indicato nella proposta di direttiva europea più volte menzionata, con la novella all’articolo 165 del TUF contenuta nella lettera g), alla società incaricata della revisione contabile della società capogruppo quotata viene attribuita l’intera responsabilità per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. È inoltre prescritto che i revisori delle altre società appartenenti al gruppo trasmettano ad esso i documenti di revisione; gli è data facoltà di chiedere ai revisori o agli amministratori delle società appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonché di procedere direttamente ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime società. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata (come previsto dall’articolo 155, comma 2, del TUF, per lo svolgimento degli incarichi di revisione).

 

In virtù dell’articolo 165-bis, introdotto nel TUF dalla lettera h), l’applicazione della disciplina prevista per la revisione dei gruppi viene estesa alle società che controllano società con azioni quotate e alle società sottoposte con queste ultime a comune controllo da parte di un medesimo soggetto non quotato. Viene espressamente previsto che il revisore della società capogruppo abbia l’intera responsabilità per la revisione del bilancio consolidato, come sopra illustrato in relazione alla lettera g). È fatta eccezione – come nell’articolo 165, per l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 157.

 

L’articolo 157 del TUF disciplina gli effetti dei giudizi della società di revisione sui bilanci.

Esso prevede che la deliberazione dell'assemblea o del consiglio di sorveglianza che approva il bilancio d'esercizio possa essere impugnata, per mancata conformità del bilancio alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione, da tanti soci che rappresentano almeno il cinque per cento del capitale sociale. Tanti soci che rappresentano la medesima quota di capitale della società con azioni quotate possono richiedere al tribunale di accertare la conformità del bilancio consolidato alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione. Per le società cooperative, l’indicata percentuale di capitale è rapportata al numero complessivo dei soci. La CONSOB può esercitare in ogni caso le stesse azioni entro sei mesi dalla data di deposito del bilancio d'esercizio e del bilancio consolidato presso l'ufficio del registro delle imprese.

 

È infine attribuito alla CONSOB il compito di dettare le disposizioni attuative, determinando in quali casi le società sottoposte a comune controllo unitamente ad una società quotata siano esenti dall’obbligo di revisione nei termini anzidetti, qualora non rivestano significativa rilevanza ai fini del consolidamento, anche sulla base dei criteri indicati dall'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127.

 

L’articolo 28 del D.Lgs. n. 127/1991 disciplina i casi di esclusione dal consolidamento.

Devono essere escluse dal consolidamento le imprese controllate la cui attività abbia caratteri tali che la loro inclusione renderebbe il bilancio consolidato inidoneo a realizzare una chiara rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria.

Possono essere inoltre escluse dal consolidamento le imprese controllate quando:

-       la loro inclusione sarebbe irrilevante ai medesimi fini, sempre che il complesso di tali esclusioni non contrasti con i fini suddetti;

-       l'esercizio effettivo dei diritti della controllante è soggetto a gravi e durature restrizioni;

-       non è possibile ottenere tempestivamente, o senza spese sproporzionate, le necessarie informazioni;

-       le loro azioni o quote sono possedute esclusivamente allo scopo della successiva alienazione.

 


Articolo 19
(Banca d’Italia)

 


1. La Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.

2. La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.

3. Le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, assicurano alla Banca d’Italia ed ai componenti dei suoi organi l’indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria per il migliore esercizio dei poteri attribuiti nonché per l’assolvimento dei compiti e dei doveri spettanti.

4. La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni e con particolare riferimento a quelle di vigilanza, opera nel rispetto del principio di trasparenza, naturale complemento dell’indipendenza dell’autorità di vigilanza. Riferisce del suo operato al Parlamento e al Governo con relazione semestrale sulla propria attività.

5. Gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia hanno forma scritta e sono motivati, secondo quanto previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Delle riunioni degli organi collegiali viene redatto apposito verbale.

6. La competenza ad adottare i provvedimenti aventi rilevanza esterna rientranti nella competenza del governatore e quella relativa agli atti adottati su sua delega sono trasferite al direttorio. Agli atti del direttorio si applica quanto previsto dal comma 5. Le deliberazioni del direttorio sono adottate a maggioranza; in caso di parità dei voti prevale il voto del governatore. La disposizione contenuta nel primo periodo non si applica, comunque, alle decisioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.

7. Il governatore dura in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo del mandato. Gli altri membri del direttorio durano in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo del mandato. In sede di prima applicazione i membri del direttorio diversi dal governatore cessano dalla carica secondo una articolazione delle scadenze disciplinata dallo statuto dell’Istituto, compresa in un periodo comunque non superiore ai cinque anni.

8. La nomina del governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia. Il procedimento previsto dal presente comma si applica anche, nei casi previsti dall’articolo 14.2 del Protocollo sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, per la revoca del governatore. Le disposizioni del presente comma e del primo periodo del comma 7 entrano in vigore alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

9. Lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle disposizioni contenute nei commi da 1 a 7 entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43. Entro il medesimo termine lo statuto della Banca d’Italia è adeguato ridefinendo le competenze del Consiglio superiore in modo tale da attribuire allo stesso anche funzioni di vigilanza e controllo all’interno della Banca d’Italia. Le istruzioni di vigilanza sono adeguate alle disposizioni contenute nei commi da 1 a 8 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

10. Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.

11. I commi 2, 3 e 6 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono abrogati.

12. Per le operazioni di acquisizione di cui all’articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e per le operazioni di concentrazione ai sensi dell’articolo 6 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, che riguardano banche sono necessarie sia l’autorizzazione della Banca d’Italia, ai sensi del citato articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, per le valutazioni di sana e prudente gestione, sia l’autorizzazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all’articolo 10 della citata legge n. 287 del 1990, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della medesima legge, ovvero il nulla osta della stessa a seguito delle valutazioni relative all’assetto concorrenziale del mercato.

13. I provvedimenti delle Autorità di cui al comma 12 sono emanati con un unico atto, entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza completa della documentazione occorrente. L’atto deve contenere le specifiche motivazioni relative alle finalità attribuite alle due Autorità.

14. Al fine di assicurare la funzionalità dell’attività amministrativa e di contenere gli oneri per i soggetti vigilati, le Autorità di cui al comma 12 si coordinano ai sensi dell’articolo 21.


 

Premessa

L’articolo 19 incide sull’organizzazione e sull’attività della Banca d’Italia, nonché sul riparto di competenze fra questa e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Su parte delle previsioni recate da tale disposizione è intervenuto, nel corso dell’esame parlamentare, il parere emesso dalla Banca centrale europea (BCE) in data 6 ottobre 2005(CON/2005/34).

La partecipazione al SEBC

Il comma 1 contiene un enunziato meramente ricognitivo dell’assetto di competenze e di rapporti esistente fra il livello nazionale e il livello europeo, dichiarando che la Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) e agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea (BCE).

Come è noto, il ruolo svolto dalle banche centrali nazionali (BCN) all’interno del SEBC si esplica sotto un duplice profilo: per un verso, le BCN, tramite la partecipazione dei rispettivi governatori al Consiglio direttivo della BCE, sono chiamate a co-determinare la politica monetaria all’interno dell’area dell’euro; dall’altro, alle BCN viene demandata, secondo una logica di decentramento, l’esecuzione delle operazioni deliberate nell’ambito del SEBC.

In particolare, il meccanismo istituzionale che regola i rapporti all’interno del SEBC si basa sull’emanazione di indirizzi e istruzioni da parte della BCE, in conformità dei quali le BCN pongono in essere le operazioni di competenza del SEBC (articoli 12.1 e 14.3 dello Statuto del SEBC).

 

Il legislatore italiano ha provveduto ad adeguare l'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di SEBC con il decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43.

Ai sensi dell’articolo 1dello statuto della Banca d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, e successive modificazioni, la Banca d'Italia, banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Essa svolge i compiti e le funzioni che in tale qualità le competono, nel rispetto dello statuto del SEBC e della BCE. Persegue gli obiettivi assegnati al SEBC ai sensi dell'articolo 105 del trattato che istituisce la Comunità europea.

 

In tale contesto organizzativo, l’accentramento decisionale assicura il carattere unitario della politica monetaria dell’area dell’euro, mentre il decentramento operativo, in applicazione del principio di sussidiarietà, riflette le differenze esistenti nella struttura dei mercati finanziari e negli ordinamenti giuridici dei diversi Stati membri.

Natura giuridica e struttura proprietaria

Il comma 2 stabilisce che la Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico.

La natura pubblicistica dell’ente risulta già prevista dall’articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, convertito dalla legge 7 marzo 1938, n. 141, recante “Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia” (cosiddetta “legge bancaria”), che dichiara la Banca d'Italia, creata con legge 10 agosto 1893, n. 449, “istituto di diritto pubblico”.

L’articolo 1 dello statuto della Banca d'Italia, approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, ribadisce che essa è un istituto di diritto pubblico ai sensi del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375.

Al riguardo, giova tuttavia osservare che l’individuazione della natura giuridica della Banca d’Italia risulta operazione non semplice, stante la diversità delle funzioni svolte e la complessità del quadro normativo di riferimento.

Infatti, la coesistenza, nell’ordinamento della banca, di componenti tipicamente privatistiche, come lo svolgimento di funzioni “bancarie” ai sensi dell’articolo 1 dello Statuto e l’utilizzo di strumenti negoziali per l’assolvimento dei propri compiti, e di elementi pubblicistici, quali lo svolgimento di funzioni nell’interesse della collettività nell’esercizio di poteri amministrativi attribuiti ex lege, ha fatto sì che l’istituto fosse ricondotto di volta in volta nelle figure organizzatorie dell’organo dello Stato, ovvero dell’ente parastatale, dell’ente strumentale, dell’ente pubblico ovvero dell’ente pubblico economico, dell’autorità indipendente.

La dottrina più recente (R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, Il Mulino, 2001, 148) sottolinea che la Banca d’Italia «pur svolgendo attività di impresa non viene considerata un ente pubblico economico, ritenendosi che le funzioni pubbliche, non di impresa, ad essa assegnate abbiano una incidenza preponderante nella configurazione giuridica dell’ente e, comunque, costringano in una posizione non significativa sotto questo profilo l’attività di impresa. Si può convenire sulla preponderanza delle funzioni pubbliche e quindi sulla negazione della qualità di ente pubblico economico alla Banca d’Italia, ma non si può trascurare la dimensione imprenditoriale della banca medesima. (…) Questa connotazione imprenditoriale è posta in tutta evidenza dallo Statuto della Banca d’Italia (…) laddove si precisa che questa “esercita funzioni bancarie”, svolgendo tutte le attività che le competono in qualità di parte integrante del sistema europeo di banche centrali. Più esattamente, la Banca d’Italia adempie alla propria funzione ora con atti amministrativi ora con negozi di diritto privato, dando vita, in questo secondo caso, ad un’attività di impresa che consente l’adempimento della funzione pubblica solo se viene esercitata in rispetto del principio di economicità della gestione. E di questa duplice anima vi è traccia evidente nella struttura organizzativa della Banca stessa».

Norme in tema di organizzazione interna e di disciplina dell’attività della Banca d’Italia

Il comma 3 stabilisce che le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, devono assicurare alla Banca d’Italia e ai componenti dei suoi organi l’indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria.

La finalità della disposizione è indicata nel migliore esercizio dei poteri attribuiti e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri spettanti all’Istituto.

A riguardo, si può ricordare come diverse norme del trattato istitutivo della Comunità europea e dello Statuto del SEBC conferiscono alla BCE e alle BCN una piena indipendenza nei confronti di ogni altra istituzione, comunitaria o nazionale.

 

Tale indipendenza viene assicurata innanzitutto grazie alla previsione secondo cui, nell’esercizio dei propri poteri, la BCE, le BCN e i singoli membri dei rispettivi organi decisionali non possono sollecitare o ricevere istruzioni dai Governi degli Stati membri, né dalle istituzioni o dagli organi comunitari (art. 108 del Trattato).

L’autonomia del SEBC è inoltre tutelata dalle norme che garantiscono la stabilità dei componenti degli organi della BCE, prevedendo un’ampia durata della loro carica (otto anni per i membri del comitato esecutivo della BCE e almeno cinque anni per i Governatori delle BCN), nonché regole restrittive in materia di revoca del mandato (articoli 11.2, 11.4 e 14.2 dello Statuto del SEBC).

L’indipendenza si basa anche sulla necessaria autonomia finanziaria. Il trattato stabilisce infatti che la BCE abbia un proprio bilancio, distinto da quello dell’Unione europea e che al capitale della BCE partecipino esclusivamente le BCN, con quote commisurate alla popolazione e al reddito dei rispettivi paesi. Le BCN, sempre in proporzione alla popolazione e al reddito dei rispettivi paesi, conferiscono parte delle proprie riserve valutarie alla BCE, ripartendosi tra le BCN la somma dei rispettivi redditi monetari nonché parte dei profitti e delle perdite della BCE.

 

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 19 qui illustrato, la Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni, con particolare riferimento a quelle di vigilanza, è tenuta ad operare nel rispetto del principio di trasparenza, inteso come naturale complemento dell’indipendenza dell’autorità di vigilanza.

 

Non è chiaro il significato dell’inciso “con particolare riferimento a quelle di vigilanza”, posto che non si specifica l’eventuale diverso modo di operare del principio di trasparenza che pure si vorrebbe prescrivere. Si segnala altresì che princìpi di trasparenza e motivazione degli atti sono stabiliti, con riferimento a tutte le autorità di vigilanza, nei successivi articoli 23 e 24.

 

Lo stesso comma 4 impone alla Banca d’Italia di riferire semestralmente sulla propria attività al Parlamento e al Governo.

Al riguardo, si ricorda che attualmente, oltre alla relazione annuale che il Governatore della Banca d’Italia presenta sull’esercizio annuale dell’Istituto all’Assemblea generale dei partecipanti al capitale, l’articolo 4, comma 4, del D.Lgs. n. 385 del 1993, recante il testo unico bancario (TUB), prevede che la Banca d'Italia pubblichi annualmente una relazione sull'attività di vigilanza.

La Banca, ai sensi dell’articolo 117 del testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, è inoltre obbligata a comunicare in tempo utile al Ministero dell’economia e delle finanze il conto profitti e perdite.

Ai sensi dell’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 43 del 1998 la Banca d'Italia deve trasmettere mensilmente al Ministro dell’economia e delle finanze una situazione dei conti redatta secondo il modello approvato, su proposta della Banca, dallo stesso Ministro, con proprio decreto.

 

Il comma 5 del presente articolo dispone che gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia debbano avere forma scritta e debbano essere motivati.

Si richiama a tal fine quanto disposto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo, secondo cui la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.

 

Ai sensi dell’articolo 4, commi 2 e 3, del TUB, la Banca d'Italia determina e rende pubblici previamente i princìpi e i criteri dell'attività di vigilanza. Fermi restando i diversi termini fissati da disposizioni di legge, essa stabilisce i termini per provvedere, individua il responsabile del procedimento, ìndica i motivi delle decisioni e pubblica i provvedimenti aventi carattere generale. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge n. 241 del 1990, intendendosi attribuiti al Governatore della Banca d'Italia i poteri per l'adozione degli atti amministrativi generali previsti da dette disposizioni.

 

Gli obblighi di motivazione degli atti sono disciplinati, con riferimento a tutte le autorità di vigilanza, anche nei successivi articoli 23, comma 1 (in relazione agli atti regolamentari e generali) e 24, comma 2 (in relazione ai provvedimenti individuali).

 

Lo stesso comma 5 prescrive inoltre che debba essere redatto apposito verbale delle riunioni degli organi collegiali, al fine di consentire la trasparenza e la sindacabilità del processo decisionale.

 

Il comma 6 trasferisce al direttorio la competenza ad adottare i provvedimenti aventi rilevanza esterna rientranti nella competenza del governatore e quella relativa agli atti adottati su sua delega. Tale disposizione non si applica, comunque, alle decisioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.

Agli atti del direttorio si applica quanto previsto dal comma 5, che impone la forma scritta, la motivazione e la redazione di verbale della riunione in cui l’atto è adottato.

Si stabilisce che le deliberazioni del direttorio sono adottate a maggioranza; in caso di parità dei voti prevale il voto del governatore.

 

Il Direttorio è costituito dal governatore, dal direttore generale e da due vice direttori generali.

Ai sensi dell’articolo 5 dello Statuto della Banca d’Italia, infatti, i poteri dell'istituto risiedono:

a)       nell'assemblea generale dei partecipanti;

b)      nel Consiglio superiore e nel Comitato del Consiglio superiore;

c)       nel direttorio, costituito dal Governatore, dal Direttore generale e da due Vice Direttori generali.

 

Nel parere sopra citato, la BCE ha osservato (punto 14) che “alla luce della pratica diffusa nell’Unione europea per le decisioni in materia di vigilanza, sarebbe auspicabile una modifica dell’attuale bozza di articolo al fine di introdurre il principio di collegialità”.

 

Il comma 7 prevede che il governatore dura in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo del mandato.

Gli altri membri del direttorio durano in carica sei anni, con la possibilità di un solo rinnovo del mandato.

In sede di prima applicazione i membri del direttorio diversi dal governatore cessano dalla carica secondo una articolazione delle scadenze disciplinata dallo statuto dell’Istituto, compresa in un periodo comunque non superiore ai cinque anni.

 

Lo Statuto del SEBC richiede per i Governatori delle BCN una durata in carica di almeno cinque anni.

 

Ai sensi del comma 8, la nomina del governatore è disposta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia.

Tale procedimento si applica anche, nei casi previsti dall’articolo 14.2 del Protocollo sullo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, per la revoca del governatore.

Le disposizioni del comma 8 e del primo periodo del comma 7 entrano in vigore alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

Secondo l’articolo 14.2 dello Statuto del SEBC, il Governatore di una BCN può essere sollevato dall’incarico solo se non soddisfa più le condizioni necessarie per l’esercizio delle sue funzioni o se si è reso colpevole di gravi mancanze. La disposizione è divenuta efficace nell’ordinamento italiano in forza dell’ordine di esecuzione contenuto nell’articolo 2 della legge 3 novembre 1992, n. 454, che ha autorizzato la ratifica del Trattato sull'Unione europea, con i 17 protocolli e atto finale, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1992.

 

Nel parere sopra citato, la BCE aveva avvertito (punto 11) che “le disposizioni del trattato che tutelano la continuità del mandato del Governatore si applicano altresì agli altri componenti degli organi decisionali delle BCN coinvolti nell’assolvimento dei compiti connessi al SEBC. Ciò vale in particolare quando gli altri componenti debbano fare le veci del Governatore”. Rilevato che attualmente non vi sono limiti al mandato degli altri membri del Direttorio, la BCE osserva che, “alla luce dei poteri attribuiti al Direttorio, sarebbe opportuna l’introduzione di una analoga limitazione del mandato”.

Disposizioni e modalità di attuazione

Il comma 9 dispone l’adeguamento dello statuto della Banca d’Italia alle disposizioni contenute nell’articolo 19, qui illustrato, entro due mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni in esame.

L’adeguamento deve avvenire con le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 10 del D.Lgs. 10 marzo 1998, n. 43, in base al quale le modifiche dello statuto della Banca sono deliberate dall'assemblea straordinaria dei partecipanti e sono approvate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

Entro il medesimo termine di due mesi lo statuto della Banca d’Italia dovrà essere adeguato ridefinendo le competenze del Consiglio superiore al fine di attribuire allo stesso anche funzioni di vigilanza e controllo all’interno della Banca d’Italia.

Le istruzioni di vigilanza dovranno invece essere adeguate alle disposizioni contenute nei commi da 1 a 8 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Le modificazioni all’assetto proprietario della Banca d’Italia

Il comma 10 dell’articolo 19 qui commentato affida ad un regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 il compito di ridefinire l’assetto proprietario della Banca d’Italia e di disciplinare le modalità di trasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o da altri enti pubblici.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 20 del regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, stabilisce che il capitale della Banca è di trecento milioni di lire ed è rappresentato da trecentomila quote di mille lire ciascuna interamente versate.

Ai fini della tutela del pubblico credito e dalla continuità di indirizzo dell'Istituto di emissione, le quote di partecipazione al capitale sono nominative e possono appartenere solamente a:

a)      casse di risparmio;

b)      istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale;

c)      istituti di previdenza;

d)      istituti di assicurazione.

 

Al riguardo, si deve ricordare che la struttura societaria della Banca d’Italia, di tipo privatistico, venne mantenuta inalterata dalla citata legge bancaria del 1936, che pure dichiarava la natura pubblicistica dell’Istituto e procedeva a una sua parziale nazionalizzazione.

Il legislatore stabilì allora, infatti, che “ai fini della tutela del pubblico credito della continuità di indirizzo dell’Istituto di emissione”, gli ex azionisti privati venissero rimborsati integralmente e che il capitale della Banca, pari a 300 milioni di lire interamente versato, e rappresentato da 300 mila quote di partecipazione nominative da lire 1.000 cadauna, potesse essere posseduto esclusivamente da Casse di risparmio, istituti di credito di diritto pubblico, banche di interesse nazionale, istituti di previdenza e di assicurazione[55].

Il processo di trasformazione delle banche pubbliche in società per azioni, che si è verificato nel corso negli anni ’90 del secolo passato ad opera del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, ha influito – di fatto – sulla titolarità delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia[56].

Nella specie, il D.P.R. 6 marzo 1992 ha aggiunto all’articolo 3 dello statuto della Banca d’Italia una disposizione secondo la quale le quote di partecipazione possono essere cedute, previo consenso del Consiglio superiore, solamente da uno ad altro ente compreso nelle categorie sopra indicate. In ogni caso dovrà essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della Banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici.

Il successivo decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153,ha quindi disciplinato la partecipazione al capitale della Banca d’Italia da parte delle fondazioni bancarie, enti di diritto privato che avevano effettuato il conferimento delle aziende bancarie alle società nate dal processo di trasformazione delle banche pubbliche.

 

In particolare, l’articolo 27, comma 1, del citato D.Lgs n. 153 del 1999 ha stabilito che le fondazioni che hanno provveduto ad adeguare gli statuti sono incluse tra i soggetti che possono partecipare al capitale della Banca d'Italia, a condizione che:

a)       abbiano un patrimonio almeno pari a 50 miliardi;

b)      operino, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti, in almeno due province ovvero in una delle province autonome di Trento e Bolzano;

c)       prevedano nel loro ordinamento che sia devoluta ai fini statutari nei settori rilevanti una parte di reddito superiore al limite minimo stabilito dall'Autorità di vigilanza ai sensi dell'articolo 10 dello stesso decreto.

 

Si può ricordare, infine, che risulta peculiare anche il regime delle modalità di partecipazione del socio alla vita dell’ente, in quanto lo Statuto della Banca d’Italia fissa regole speciali – in deroga alle norme civilistiche sulle società di capitali – in tema di circolazione delle quote, di diritto agli utili della gestione e di diritto di voto in assemblea.

 

Il richiamo operato all’articolo 17 della legge n. 400 del 1988 sembrerebbe potersi specificare con riferimento al comma 1, che disciplina l’emanazione dei regolamenti di esecuzione, attuazione e integrazione delle leggi.

Il riassetto delle competenze in materia di fusioni bancarie

I commi 11, 12, 13 e 14 dell’articolo 19 in esame provvedono ad un riassetto delle competenze dell’autorità di vigilanza in materia di fusioni bancarie, prevedendo che sia necessaria non più soltanto l’autorizzazione della Banca d’Italia, bensì anche la valutazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, condotta sulla base delle considerazioni relative all’assetto concorrenziale del mercato

Il comma 11 provvede, innanzitutto, ad abrogare i commi 2, 3 e 6 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante “Norme per la tutela della concorrenza e del mercato”.

 

Il comma 2 dell’articolo 20 della legge n. 287 del 1990 prevedeva che nei confronti delle aziende ed istituti di credito l'applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 della stessa legge spettasse alla competente autorità di vigilanza (i.e., alla Banca d’Italia).

Ai sensi del comma 3, i provvedimenti della Banca d’Italia, in applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6, erano adottati sentito il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che si pronunciava entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine l'autorità di vigilanza poteva adottare il provvedimento di sua competenza.

Secondo il comma 6, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato poteva segnalare alla Banca d’Italia la sussistenza di ipotesi di violazione degli articoli 2 e 3 della legge n. 287 del 1990.

 

Il comma 12 stabilisce che per le operazioni di acquisizione di cui all’articolo 19 del TUB e per le operazioni di concentrazione ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 287 del 1990 che riguardano banche sono necessarie le autorizzazioni:

a)      della Banca d’Italia, ai sensi del citato articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, per le valutazioni di sana e prudente gestione;

b)      dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all’articolo 10 della citata legge n. 287 del 1990, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della medesima legge, ovvero il nulla osta della stessa a seguito delle valutazioni relative all’assetto concorrenziale del mercato.

 

Ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del TUB, la Banca d'Italia autorizza preventivamente l'acquisizione a qualsiasi titolo di partecipazioni rilevanti in una banca e in ogni caso l'acquisizione di azioni o quote di banche da chiunque effettuata quando comporta, tenuto conto delle azioni o quote già possedute, una partecipazione superiore al 5 per cento del capitale della banca rappresentato da azioni o quote con diritto di voto.

Il comma 2 prevede che la Banca d'Italia autorizzi preventivamente le variazioni delle partecipazioni rilevanti quando comportano il superamento dei limiti dalla medesima stabiliti e, indipendentemente da tali limiti, quando le variazioni comportano il controllo della banca stessa.

Secondo il comma 3, l'autorizzazione prevista dal comma 1 è necessaria anche per l'acquisizione del controllo di una società che detiene le partecipazioni di cui al medesimo comma.

Ai sensi del comma 4, la Banca d'Italia individua i soggetti tenuti a richiedere l'autorizzazione quando i diritti derivanti dalle partecipazioni rilevanti spettano o sono attribuiti ad un soggetto diverso dal titolare delle partecipazioni stesse.

Secondo il comma 5, la Banca d'Italia rilascia l'autorizzazione quando ricorrono condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca; l'autorizzazione può essere sospesa o revocata.

Il comma 6 prevede che i soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgono in misura rilevante attività d'impresa in settori non bancari né finanziari non possono essere autorizzati ad acquisire partecipazioni quando la quota dei diritti di voto complessivamente detenuta sia superiore al 15 per cento o quando ne consegua, comunque, il controllo della banca. A tali fini, la Banca d'Italia individua i diritti di voto e gli altri diritti rilevanti.

Secondo il comma 7, la Banca d'Italia nega o revoca l'autorizzazione in presenza di accordi, in qualsiasi forma conclusi, da cui derivi durevolmente, in capo ai soggetti indicati nel comma 6, una rilevante concentrazione di potere per la nomina o la revoca della maggioranza degli amministratori o dei componenti del consiglio di sorveglianza della banca, tale da pregiudicare la gestione sana e prudente della banca stessa.

Se alle operazioni indicate nei commi 1 e 3 partecipano soggetti appartenenti a Stati extracomunitari che non assicurano condizioni di reciprocità, la Banca d'Italia, ai sensi del comma 8, comunica la domanda di autorizzazione al Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del quale il Presidente del Consiglio dei Ministri può vietare l'autorizzazione.

Il comma 8-bis specifica che le autorizzazioni previste dal presente articolo e il divieto previsto dal comma 6 si applicano anche all'acquisizione, in via diretta o indiretta, del controllo derivante da un contratto con la banca o da una clausola del suo statuto. Ai sensi del comma 9, la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emana disposizioni attuative del presente articolo 19.

 

Secondo l’articolo 6, comma 1, della legge n. 287 del 1990 nei riguardi delle operazioni di concentrazione soggette a comunicazione ai sensi dell'articolo 16 della stessa legge, l'Autorità valuta se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. Tale situazione deve essere valutata tenendo conto delle possibilità di scelta dei fornitori e degli utilizzatori, della posizione sul mercato delle imprese interessate, del loro accesso alle fonti di approvvigionamento o agli sbocchi di mercato, della struttura dei mercati, della situazione competitiva dell'industria nazionale, delle barriere all'entrata sul mercato di imprese concorrenti, nonché dell'andamento della domanda e dell'offerta dei prodotti o servizi in questione.

Ai sensi del comma 2, l'Autorità, al termine dell'istruttoria di cui all'articolo 16, comma 4, quando accerti che l'operazione comporta le conseguenze di cui al comma 1, vieta la concentrazione ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze.

 

Ai sensi del comma 13 dell’articolo 19 in esame, i provvedimenti della Banca d’Italia e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato Autorità di cui al comma 12 sono emanati con un unico atto, entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza completa della documentazione occorrente.

L’atto deve contenere le specifiche motivazioni relative alle finalità attribuite alle due Autorità.

 

Secondo il comma 14, al fine di assicurare la funzionalità dell’attività amministrativa e di contenere gli oneri per i soggetti vigilati, le Autorità di cui al comma 12 devono coordinarsi ai sensi dell’articolo 21 della presente legge.

 


Articolo 20
(Coordinamento dell'attività delle Autorità)

 


1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca indipendenza, individuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento.

2. Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autorità indicate nel medesimo comma almeno una volta l’anno.


 

 

L’articolo 20 dispone che le autorità pubbliche che vigilano, a vario titolo, sui mercati finanziari (la Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato) debbano individuare forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite.

 

Le forme di coordinamento possono individuarsi anche attraverso:

a)      la stipulazione di protocolli d’intesa;

b)      l’istituzione di comitati di coordinamento, senza che ne conseguano maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 2 stabilisce che le forme di coordinamento realizzate a norma del comma 1 debbono prevedere la riunione delle autorità almeno una volta l’anno.

 

Si può ricordare che la normativa attuale prevede forme di collaborazione fra le autorità che esercitano la vigilanza sui mercati finanziari.

 

In particolare, l’articolo 7 del testo unico bancario (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, prevede che la Banca d'Italia, la CONSOB, la COVIP, l'ISVAP e l'UIC collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Detti organismi non possono reciprocamente opporsi il segreto d'ufficio.

La Banca d'Italia collabora, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Le informazioni ricevute dalla Banca d'Italia possono essere trasmesse alle autorità italiane competenti, a meno di diniego dell'autorità dello Stato comunitario che ha fornito le informazioni.

Nell'ambito di accordi di cooperazione e di equivalenti obblighi di riservatezza, la Banca d'Italia può scambiare informazioni preordinate all'esercizio delle funzioni di vigilanza con le autorità competenti degli Stati extracomunitari; le informazioni che la Banca d'Italia ha ricevuto da un altro Stato comunitario possono essere comunicate soltanto con l'assenso esplicito delle autorità che le hanno fornite.

La Banca d'Italia può scambiare informazioni con autorità amministrative o giudiziarie nell'ambito di procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a banche, succursali di banche italiane all'estero o di banche comunitarie o extracomunitarie in Italia, nonché relativi a soggetti inclusi nell'ambito della vigilanza consolidata.

La Banca d'Italia può comunicare ai sistemi di garanzia italiani e, a condizione che sia assicurata la riservatezza, a quelli esteri informazioni e dati in suo possesso necessari al funzionamento dei sistemi stessi. Nel rispetto delle condizioni previste dalle direttive comunitarie applicabili alle banche, la Banca d'Italia può scambiare informazioni con altre autorità e soggetti esteri indicati dalle direttive medesime

Ai sensi dell’articolo 4 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, la Banca d'Italia, la CONSOB, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l'ISVAP e l'Ufficio italiano dei cambi collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, al fine di agevolare le rispettive funzioni. Dette autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d'ufficio.

La Banca d'Italia e la CONSOB collaborano, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti dell'Unione Europea e dei singoli Stati comunitari, al fine di agevolare le rispettive funzioni.

Al medesimo fine, la Banca d'Italia e la CONSOB possono cooperare, anche mediante scambio di informazioni, con le autorità competenti degli Stati extracomunitari.

Le informazioni ricevute dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB ai sensi delle richiamate disposizioni non possono essere trasmesse a terzi né ad altre autorità italiane, ivi incluso il Ministro dell'economia e delle finanze, senza il consenso dell'autorità che le ha fornite.

La Banca d'Italia e la CONSOB possono scambiare informazioni:

a)       con autorità amministrative e giudiziarie nell'ambito di procedimenti di liquidazione o di fallimento, in Italia o all'estero, relativi a soggetti abilitati;

b)      con gli organismi preposti all'amministrazione dei sistemi di indennizzo;

c)       con gli organismi preposti alla compensazione o al regolamento delle negoziazioni dei mercati;

d)       con le società di gestione dei mercati, al fine di garantire il regolare funzionamento nei mercati da esse gestiti.

Lo scambio di informazioni con autorità di Paesi extracomunitari è subordinato all'esistenza di norme in materia di segreto di ufficio.

La Banca d'Italia e la CONSOB possono esercitare i poteri a esse assegnati dall'ordinamento anche ai fini della cooperazione con altre autorità e su richiesta delle medesime. Le autorità competenti di Stati comunitari o extracomunitari possono chiedere alla Banca d'Italia e alla CONSOB di effettuare per loro conto, secondo le norme previste nel presente decreto, un'indagine sul territorio dello Stato. Le predette autorità possono chiedere che venga consentito ad alcuni membri del loro personale di accompagnare il personale della Banca d'Italia e della CONSOB durante l'espletamento dell'indagine. Restano ferme le norme che disciplinano il segreto d'ufficio sulle notizie, i dati e le informazioni in possesso della Banca d'Italia.

La Banca d'Italia può concordare con le autorità di vigilanza di altri Stati comunitari forme di collaborazione, ivi compresa la ripartizione dei compiti di ciascuna autorità, per l'esercizio della vigilanza su base consolidata nei confronti di gruppi operanti in più paesi.

 

Con riguardo all’attività dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’articolo 10, comma 4, della legge n. 287 del 1990 stabilisce che l'Autorità ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico, e di chiedere ad essi, oltre a notizie ed informazioni, la collaborazione per l'adempimento delle sue funzioni. L'Autorità, in quanto autorità nazionale competente per la tutela della concorrenza e del mercato, intrattiene con gli organi delle Comunità europee i rapporti previsti dalla normativa comunitaria in materia.

 


Articolo 21
(Collaborazione fra le Autorità)

 


1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, per agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni. Le Autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio. Tutti i dati, le informazioni e i documenti comunque comunicati da una ad altra Autorità, anche attraverso l’inserimento in archivi gestiti congiuntamente, restano sottoposti al segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’Autorità che li ha prodotti o acquisiti per prima.


 

 

L’articolo 21 in esame prevede che la Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato collaborino tra loro, per agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni, anche mediante scambio d’informazioni.

Rispetto al dettato degli articoli 7 del testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB), e 4 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), la norma estende espressamente il dovere di collaborazione e i relativi obblighi anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Si specifica che le predette autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio.

In particolare, si precisa che restano sottoposti al segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’autorità che li ha prodotti o acquisiti per prima tutti i dati, le informazioni e i documenti comunicati ad altra autorità, anche mediante l’inserimento in archivi comuni.

Per quanto concerne il segreto d’ufficio, l’articolo 7 del TUB stabilisce che tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell'economia e delle finanze, Presidente del CICR. Il segreto non può essere opposto all'autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini, o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente. I dipendenti della Banca d'Italia, nell'esercizio delle funzioni di vigilanza, sono pubblici ufficiali e hanno l'obbligo di riferire esclusivamente al Governatore tutte le irregolarità constatate, anche quando assumano la veste di reati; essi sono vincolati dal segreto d'ufficio.

 

Al riguardo, si può ricordare che la dottrina (G. MONTEDORO, Commento all’art. 7, in F. CAPRIGLIONE, Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Padova, 2001, I, 66), in relazione alla richiamata norma del TUB inerente all’inopponibilità del segreto d’ufficio, rileva che “qualche perplessità desta la assolutezza della regola dell’inopponibilità del segreto d’ufficio, possono infatti ipotizzarsi situazioni peculiari nelle quali è possibile che la circolazione delle informazioni metta in crisi proprio il valore che mira a tutelare ossia la stabilità del sistema finanziario. In tali casi, da ritenersi eccezionali, e solo dopo aver cercato, in ossequio al principio di leale collaborazione fra pubbliche autorità, di raggiungere modalità concordate di azione amministrativa deve ritenersi possibile che sia legittimo opporre un rifiuto alla collaborazione”.

 


Articolo 22
(Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)

 


1. Nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva, le Autorità di cui all’articolo 20 possono avvalersi, in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti, del Corpo della guardia di finanza, che agisce con i poteri ad esso attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi, utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi.

2. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dal Corpo della guardia di finanza nell’assolvimento dei compiti previsti dal comma 1 sono coperti dal segreto d’ufficio e vengono senza indugio comunicati esclusivamente alle Autorità competenti.


 

 

L’articolo 21 in esame prevede, al comma 1, la possibilità di avvalersi del Corpo della guardia di finanza da parte della Banca d’Italia, della CONSOB, dell'ISVAP, della COVIP e dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva loro attribuiti.

Lo svolgimento di tali ulteriori eventuali compiti da parte della Guardia di finanza deve essere effettuato utilizzando strutture e personale esistenti, in modo tale da non comportare una maggiore spesa a carico del bilancio dello Stato. In termini operativi, si precisa che la Guardia di finanza agisce con i poteri ad essa attribuiti per l’accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi.

 

Si ricorda che per l'Autorità garante della concorrenza e del mercato la possibilità di avvalersi del Corpo della guardia di finanza è già stabilita dalla legge 6 febbraio 1996, n. 52 (legge comunitaria per il 1994), che all'articolo 54 prevede come, nell'espletamento delle istruttorie di cui al titolo II della legge n. 287/90 (intese restrittive della libertà di concorrenza e di abuso di posizione dominante, operazioni di concentrazione), l'Autorità si avvale della collaborazione dei militari della Guardia di Finanza, che agiscono con i poteri e con le facoltà previste ai fini dell'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi.

 

L’articolo 187-octies, comma 12, del TUF prevede inoltre per la CONSOB la possibilità di avvalersi della Guardia di finanza nell'esercizio dei poteri di vigilanza e di indagine ad essa attribuiti in materia di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato, stabilendo altresì che la Guardia di finanza esegua gli accertamenti richiesti con gli stessi poteri di indagine ad essa attribuiti per l’accertamento dell’IVA e delle imposte sui redditi, e che le relative informazioni e dati acquisiti dalla guardia di finanza siano coperti dal segreto d’ufficio e comunicate, senza indugio, esclusivamente alla CONSOB.

 

Il comma 2 prevede che i dati, le notizie e le informazioni acquisiti dalla Guardia di finanza nello svolgimento dei compiti ad essa attribuiti da Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP e Autorità garante della concorrenza e del mercato sono coperti dal segreto d'ufficio e devono essere comunicati tempestivamente alle Autorità competenti.

 


Articolo 23
(Procedimenti per l'adozione di atti regolamentari e generali)

 


1. I provvedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP aventi natura regolamentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all’organizzazione interna, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono.

2. Gli atti di cui al comma 1 sono accompagnati da una relazione che ne illustra le conseguenze sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori. Nella definizione del contenuto degli atti di regolazione generale, le Autorità di cui al comma 1 tengono conto in ogni caso del principio di proporzionalità, inteso come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari. A questo fine, esse consultano gli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori.

3. Le Autorità di cui al comma 1 sottopongono a revisione periodica, almeno ogni tre anni, il contenuto degli atti di regolazione da esse adottati, per adeguarli all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

4. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.


 

 

L’articolo 23 in esame reca norme in materia di procedimenti per l’adozione degli atti regolamentari e generali delle autorità di vigilanza di settore.

 

Il comma 1 stabilisce che i provvedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP aventi natura regolamentare o di contenuto generale, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono.

La norma esclude da tale obbligo di motivazione gli atti relativi all'organizzazione interna.

 

Si ricorda che, con riguardo alla disciplina generale posta dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, in tema di procedimento amministrativo, l’articolo 3 della stessa dispone che ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile anche l'atto cui essa si richiama.

Tuttavia, la motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale.

Si ricorda inoltre che, ai sensi dell’articolo 4, comma 3, del TUB la Banca d'Italia, fermi restando i diversi termini fissati da disposizioni di legge, stabilisce i termini per provvedere, individua il responsabile del procedimento, indica i motivi delle decisioni e pubblica i provvedimenti aventi carattere generale. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge n. 241 del 1990, intendendosi attribuiti al Governatore della Banca d'Italia i poteri per l'adozione degli atti amministrativi generali previsti da dette disposizioni.

 

La norma recata dal comma 1 in esame non appare costituire una deroga all’articolo 3 della legge n. 241 del 1990, in quanto la motivazione richiesta in relazione agli atti generali riguarda in generale le scelte di regolazione o di vigilanza del settore ovvero della materia che regolano.

In tal senso, la norma appare specificare, in relazione ai singoli provvedimenti, il disposto dell’articolo 4, comma 2, del TUB, a mente del quale la Banca d'Italia determina e rende pubblici previamente i princìpi e i criteri dell'attività di vigilanza.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che gli atti delle autorità aventi natura regolamentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all'organizzazione interna devono essere accompagnati da una relazione che ne illustri le conseguenze sulla regolamentazione, sull'attività delle imprese e degli operatori nonché sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

La norma applica sostanzialmente all’attività delle autorità un modello di analisi di impatto della regolamentazione (di seguito, AIR), la cui previsione è stata introdotta, in via generale, nell’ordinamento dall’articolo 5 della legge n. 50 del 1999.

 

In particolare, l'AIR consiste in una valutazione preventiva dei provvedimenti di regolazione che possono incidere in maniera molto significativa sulle condizioni di vita dei cittadini e sull'attività delle imprese, intervenendo sui comportamenti dei loro destinatari per regolarne gli aspetti strettamente economici (condizioni di accesso ai mercati, prezzi, concorrenza) ovvero le conseguenze sociali (in ambiti quali salute, sicurezza sul lavoro, ambiente). L'AIR ha il compito di mettere in evidenza i vantaggi e gli eventuali svantaggi dei provvedimenti regolativi orientando i decisori politici verso l'assunzione di scelte più efficaci e maggiormente rispondenti alle esigenze dei cittadini.

È possibile, infatti che in molte circostanze si corra un rischio di un eccesso di regolazione (norme troppo numerose, inutilmente dettagliate, invadenti, restrittive della libertà d'azione). E' a tale rischio che va ricondotta la funzione dell'AIR: valutare se un dato intervento è veramente indispensabile e garantire, anche con l'utilizzo di analisi costi/benefici, la scelta dell'opzione regolativa migliore, evitando, in ogni caso, provvedimenti ingiustificatamente onerosi per i destinatari.

L'AIR è già stata introdotta in alcuni paesi europei ed il rapporto OCSE 2001 sulla riforma della regolazione in Italia definisce l'AIR uno strumento fondamentale per migliorare la regolazione, attraverso l'utilizzo di tecniche e strumenti di indagine sugli impatti relativi ai costi-benefici per i cittadini e per la collettività. La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 marzo 2000 ha definito i tempi e le modalità di effettuazione dell'analisi tecnico normativa (ATN) e dell'Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR).

Con riguardo all’attività delle autorità indipendenti, la legge 29 luglio 2003, n. 229, recante interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione (legge di semplificazione per il 2001), all’articolo 12 dispone che le autorità amministrative indipendenti, cui la normativa attribuisce funzioni di controllo, di vigilanza o regolatorie, si debbano dotare, nei modi previsti dai rispettivi ordinamenti, di forme o metodi di analisi dell'impatto della regolamentazione per l'emanazione di atti di competenza e, in particolare, di atti amministrativi generali, di programmazione o pianificazione, e, comunque, di regolazione. Le autorità devono trasmettere al Parlamento le relazioni di analisi di impatto della regolamentazione da loro realizzate e devono provvedere alla verifica degli effetti derivanti dall'applicazione di contratti predisposti mediante moduli o formulari ovvero di clausole e condizioni contrattuali normativamente previste o a contenuto generale.

Vengono comunque escluse dall'applicazione di tali disposizioni le segnalazioni e le altre attività consultive, nonché i procedimenti previsti dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

 

Si prevede, quindi, che nella definizione del contenuto degli atti di regolazione generale, le autorità siano tenute ad applicare - consultando gli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori - il principio di proporzionalità, sulla base del quale il potere conferito per il raggiungimento dei pubblici fini deve essere conseguito con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari.

 

In base al comma 3 dell’articolo in esame gli atti di regolazione della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP vanno sottoposti a revisione periodica, almeno ogni tre anni, al fine adeguarne il contenuto all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

 

Infine il comma 4 demanda ai regolamenti delle singole autorità l'applicazione dei princìpi indicati ai commi precedenti.

Conferisce inoltre facoltà di indicare i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza che possano consentire la deroga agli stessi princìpi.

 


Articolo 24
(Procedimenti per l'adozione di provvedimenti individuali)

 


1. Ai procedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i princìpi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei princìpi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione. Le Autorità di cui al presente comma disciplinano le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione.

2. Gli atti delle Autorità di cui al comma 1 devono essere motivati. La motivazione deve indicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

3. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.

4. Alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’ISVAP, dalla COVIP e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta contenute nell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, salvo che per le sanzioni indicate dall’articolo 193, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per la violazione delle disposizioni previste dall’articolo 120, commi 2, 3 e 4, del medesimo testo unico.

5. Avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4 può essere proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. I termini processuali sono ridotti della metà, con esclusione di quelli previsti per la presentazione del ricorso. Non possono essere nominati consulenti tecnici d’ufficio i dipendenti dell’Autorità sul cui atto verte il ricorso, anche se cessati dal servizio. Restano ferme le disposizioni previste per l’impugnazione dei provvedimenti sanzionatori dall’articolo 145, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dall’articolo 195, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dall’articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57, dagli articoli 12, quinto comma, e 19, settimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall’articolo 10, sesto comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall’articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

6. L’appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza o le ordinanze emesse in primo grado non sospende l’esecuzione delle stesse né l’efficacia dei provvedimenti impugnati.


 

 

L’articolo 24 in esame reca disposizioni riguardanti i procedimenti delle autorità di regolazione e vigilanza sui mercati finanziari finalizzati all’adozione di provvedimenti individuali.

Il comma 1 stabilisce che ai procedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP volti all'emanazione di provvedimenti individuali si debbano applicare i princìpi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 sull'individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull'accesso agli atti amministrativi. L’applicazione viene comunque subordinata alla compatibilità di tali principi con la disciplina e l’attività delle autorità in questione.

 

Si ricorda che la legge n. 241 del 1990 reca norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

Con riguardo all'individuazione e alle funzioni del responsabile del procedimento, l’articolo 4, comma 1, stabilisce che, ove non sia già direttamente stabilito per legge o per regolamento, le pubbliche amministrazioni sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro competenza l'unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale.

Secondo l’articolo 6, il responsabile del procedimento: a) valuta, ai fini istruttori, le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per l'emanazione di provvedimento; b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all'uopo necessari, e adotta ogni misura per l'adeguato e sollecito svolgimento dell'istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali; c) propone l'indizione o, avendone la competenza, indice le conferenze di servizi; d) cura le comunicazioni, le pubblicazioni e le modificazioni previste dalle leggi e dai regolamenti; e) adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all'organo competente per l'adozione.

Ai sensi dell’articolo 7, ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento.

Secondo l’articolo 9, qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento.

Ai sensi dell’articolo 22, al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale, tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli per i quali l’accesso è escluso dalla legge o dal Governo, mediante regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, nei casi previsti dalla legge.

 

Il comma 1 dispone inoltre che i procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatorî debbano essere svolti osservando i princìpi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttorî, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie ai fini dell’irrogazione della sanzione.

 

Si segnala che la recente legge 11 febbraio 2005, n. 15 ha recato modifiche e integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

Essa modifica, in particolare, gli articoli 1, 2, 6, 8, 11, 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater, 22, 24, 25, 27 e 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ne abroga l’articolo 31 e vi aggiunge gli articoli 3-bis (Uso della telematica), 10-bis (Comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza), 14-quinquies (Conferenza di servizi in materia di finanza di progetto), nonché un nuovo capo IV-bis, recante la disciplina dell’efficacia e dell’invalidità del provvedimento amministrativo, della revoca e del recesso (articoli da 21-bis a 21-novies).

 

Si demanda inoltre alle Autorità sopra citate il compito di disciplinare le modalità organizzative volte a dare attuazione al predetto principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

 

Si segnala, a questo proposito, che la legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2005), in occasione del recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato, ha introdotto disposizioni analoghe – limitatamente alle sanzioni previste a tale riguardo – nell’articolo 187-septies del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria.

Il comma 2 del citato articolo stabilisce infatti che il procedimento sanzionatorio è retto dai princìpi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttorî, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

La stessa formulazione è adottata nel comma 2 dell’articolo 195 del medesimo testo unico, come sostituito dalla citata legge n. 62 del 2005.

 

Il comma 2 dell’articolo 23 in esame stabilisce che gli atti delle autorità devono essere motivati, disponendo in particolare che la motivazione deve indicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che, con riferimento alle risultanze dell'istruttoria, hanno determinato la decisione.

 

L’obbligo di motivazione è prescritto per gli atti amministrativi in generale dall’articolo 3 della legge n. 241 del 1990. Secondo tale disposizione, ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato. La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria. La motivazione non è richiesta per gli atti normativi e per quelli a contenuto generale. Se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell'amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest'ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l'atto cui essa si richiama.

 

Il comma 3 demanda ai regolamenti delle singole autorità la disciplina dell’applicazione dei princìpi di cui ai commi precedenti.

Gli stessi regolamenti possono indicare i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza in base ai quali viene consentito di derogare all’applicazione di tali princìpi.

 

Ai sensi del comma 4, alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’ISVAP, dalla COVIP e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta contenute nell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Fanno eccezione le sanzioni di cui all’articolo 193, comma 2, del TUF per la violazione delle disposizioni previste dall’articolo 120, commi 2, 3 e 4.

Il richiamato articolo 16 della legge n. 689 del 1981 ammette il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 145, comma 11, del TUB alle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dal Ministro dell’economia e delle finanze su proposta della Banca d’Italia non si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 16 della legge n. 689 del 1981.

 

Il comma 2 dell'articolo 193 del TUF in materia di informazione societaria e doveri dei sindaci e delle società di revisione prevede che l'omissione delle comunicazioni delle partecipazioni rilevanti e dei patti parasociali previste rispettivamente dagli articoli 120, commi 2, 3 e 4, e 122, commi 1 e 2 e 5, nonché la violazione dei divieti previsti dall'articolo 120, comma 5, 121, commi 1 e 3, e 122, comma 4, siano punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire dieci milioni a lire duecento milioni.

 

Ai sensi del comma 5 dell’articolo in esame, avverso gli atti adottati dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’ISVAP, dalla COVIP e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato può essere proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

I termini processuali vengono ridotti della metà, con esclusione di quelli previsti per la presentazione del ricorso.

 

Si ricorda che l’articolo 23-bis, comma 1, lettera d) della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante l’istituzione dei tribunali amministrativi regionali, prevede un rito speciale abbreviato per i procedimenti avverso i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti.

Nel dettaglio, il richiamato articolo 23-bis prevede che i termini processuali ordinariamente previsti sono ridotti alla metà, salvo quelli per la proposizione del ricorso. Salva l'applicazione dell'articolo 26, quarto comma, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciarsi sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso ai sensi dell'articolo 21, se ritiene ad un primo esame che il ricorso evidenzi l'illegittimità dell'atto impugnato e la sussistenza di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione nel merito alla prima udienza successiva al termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronunzia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale che ne dà avviso alle parti.

Nel giudizio le parti possono depositare documenti entro il termine di quindici giorni dal deposito o dal ricevimento delle ordinanze di cui al medesimo comma e possono depositare memorie entro i successivi dieci giorni.

Con ordinanza, in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari, enunciando i profili che, ad un sommario esame, inducono a una ragionevole probabilità sul buon esito del ricorso.

Il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria. Il termine per la proposizione dell'appello avverso la sentenza del tribunale amministrativo regionale pronunciata è di trenta giorni dalla notificazione e di centoventi giorni dalla pubblicazione della sentenza. La parte può, al fine di ottenere la sospensione dell'esecuzione della sentenza, proporre appello nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione del dispositivo, con riserva dei motivi, da proporre entro trenta giorni dalla notificazione ed entro centoventi giorni dalla comunicazione della pubblicazione della sentenza. Tali disposizioni si applicano anche davanti al Consiglio di Stato, in caso di domanda di sospensione della sentenza appellata.

 

Il comma 5 in esame pone inoltre il divieto, al fine di evitare l’insorgere di situazioni di conflitti di interesse, per i dipendenti dell’autorità sul cui atto verte il ricorso, anche se cessati dal servizio, di essere nominati consulenti tecnici d’ufficio, onde garantire l’assoluta indipendenza e imparzialità di questi ultimi.

 

Sempre il comma 5, infine, specifica che restano comunque ferme le disposizioni che configurano apposite procedure per l’opposizione alle sanzioni amministrative irrogate dalle autorità in discorso.

Tali disposizioni per l'impugnazione dei provvedimenti sanzionatorî sono rappresentate, nel dettaglio, dall'articolo 145, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico bancario – TUB), dall'articolo 195, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (testo unico della finanza – TUF), dall'articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57, dagli articoli 12, ultimo comma, e 19, ultimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall'articolo 10, ultimo comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall'articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall'articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.

 

I commi 4 e seguenti dell’articolo 145 del TUB prevedono che contro il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che irroga la sanzione amministrativa proposta dalla Banca d’Italia è ammessa opposizione alla corte di appello di Roma. L'opposizione deve essere notificata all'autorità che ha proposto il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del decreto impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica. L'autorità che ha proposto il provvedimento trasmette alla corte di appello gli atti ai quali l'opposizione si riferisce, con le sue osservazioni. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. La corte di appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato. La corte di appello, su istanza delle parti, fissa i termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché per consentire l'audizione anche personale delle parti. La corte di appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato. Copia del decreto è trasmessa, a cura della cancelleria della Corte di appello, all'autorità che ha proposto il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione, per estratto, nel bollettino della Banca d’Italia.

 

I commi 4 e seguenti dell’articolo 195 del TUF prevedono che contro il provvedimento di applicazione delle sanzioni è ammessa opposizione alla corte d'appello del luogo in cui ha sede la società o l'ente cui appartiene l'autore della violazione ovvero, nei casi in cui tale criterio non sia applicabile, nel luogo in cui la violazione è stata commessa. L'opposizione deve essere notificata al Ministero dell'economia e delle finanze e all'autorità che ha proposto l'applicazione della sanzione entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento e deve essere depositata presso la cancelleria della corte d'appello entro trenta giorni dalla notifica. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. La corte d'appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato. La corte d'appello, su istanza delle parti, può fissare termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché consentire l'audizione anche personale delle parti. La corte d'appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato. Copia del decreto è trasmessa a cura della cancelleria della corte d'appello al Ministero dell'economia e delle finanze e all'autorità proponente ai fini delle pubblicazione, per estratto, nel bollettino di quest'ultima.

 

L’articolo 6 della legge n. 57 del 2001 stabilisce che avverso il provvedimento col quale ai sensi dell'articolo 4 della legge 12 agosto 1982, n. 576, recante la riforma della vigilanza sulle assicurazioni, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato irroga la sanzione per le infrazioni di specie, è ammesso ricorso al giudice amministrativo che provvede a norma degli articoli 33, comma 1, e 45, comma 18, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80. Tale disposizione si applica anche ai provvedimenti di irrogazione di sanzioni pecuniarie ovvero disciplinari previste da ogni altra norma che disciplina l'esercizio delle assicurazioni private, ivi compreso quello dell'attività di agente, di mediatore di assicurazione e di riassicurazione e di perito assicurativo.

 

Gli articoli 12, ultimo comma, e 19, ultimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, stabiliscono che i provvedimenti riguardanti l’iscrizione all'albo nazionale degli agenti di assicurazione e i provvedimenti disciplinari di radiazione dall’albo stesso sono impugnabili davanti all'autorità giudiziaria ordinaria entro novanta giorni dalla data della comunicazione, notifica o pubblicazione.

 

L'articolo 10, ultimo comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792 prevede che contro il provvedimento di radiazione dall'albo dei mediatori di assicurazione può essere proposta impugnazione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria.

 

L'articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166 prevede che contro il provvedimento di radiazione dal ruolo nazionale dei periti assicurativi per l'accertamento e la stima dei danni ai veicoli a motore ed ai natanti soggetti alla disciplina della legge 24 dicembre 1969, n. 990 può essere proposta impugnazione, entro novanta giorni dalla data di comunicazione della relativa deliberazione, con ricorso al tribunale nella cui circoscrizione l'iscritto aveva la sua sede operativa, il quale decide in camera di consiglio sentito il pubblico ministero.

 

L'articolo 18-bis, comma 5-bis, del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, recante la disciplina delle forme pensionistiche complementari, rimanda per l’individuazione della procedura di applicazione delle sanzioni amministrative di specie alla disciplina contenute nel titolo VIII, capo VI, del testo unico bancario, fatta salva l'attribuzione delle relative competenze esclusivamente alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione e al Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Non si applica l'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Si segnala che, per quanto concerne l’attività sanzionatoria della Consob, la norma si limita a citare l’articolo 195 del TUF, ma non anche l’articolo 187-septies dello stesso testo unico che disciplina i procedimenti sanzionatori per gli abusi di mercato, come introdotto dall’articolo 9 della legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 2005).

In mancanza di un’esplicita menzione dell’articolo 187-septies, che tenga ferma la giurisdizione del giudice ordinario, potrebbe quindi prevalere la giurisdizione del giudice amministrativo, con risultati di scarsa coerenza sotto il profilo della sistematicità dell’individuazione degli organi di tutela giurisdizionale.

Si segnala inoltre che alcune fra le leggi sopra indicate risultano abrogate a decorrere dal 1° gennaio 2006, a seguito dell’entrata in vigore del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Si tratta, in particolare, delle seguenti:

-       legge 7 febbraio 1979, n. 48;

-       legge 28 novembre 1984, n. 792;

-       legge 17 febbraio 1992, n. 166;

-       articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57.

La materia è regolata dal titolo XVIII, capi VII (articoli 325-328) e VIII (articoli 329-331) del citato decreto legislativo n. 209 del 2005.

 

Il comma 6 dell’articolo 23 in esame specifica infine che l’appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza o le ordinanze emesse in primo grado non esplica efficacia sospensiva dell’esecuzione delle stesse, né vale a sospendere l’efficacia dei provvedimenti impugnati.


Articolo 25
(Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)

 


1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, alinea, le parole: «sentita la Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «sentite la CONSOB e la Banca d’Italia»;

b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, dopo le parole: «La Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB,»; al terzo periodo, dopo le parole: «della Banca d’Italia» sono aggiunte le seguenti: «, adottate d’intesa con la CONSOB»;

c) all’articolo 127, comma 3, dopo le parole: «Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB».

2. Le competenze stabilite dall’articolo 109, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, con riguardo ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella di cui all’allegato I del medesimo decreto legislativo sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con la CONSOB.

3. Le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio. Restano ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e le competenze in materia di sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, incluse quelle relative ai prodotti assicurativi con finalità previdenziali.

4. All’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, all’alinea, le parole: «l’unitarietà e» sono soppresse.


 

 

L’articolo 25 reca disposizioni che incidono sulla ripartizione delle competenze fra le diverse autorità di vigilanza di settore in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione.

 

Il comma 1, lettera a),modifica l’articolo 116, comma 2, alinea, del TUB, disponendo il Ministro dell'economia e delle finanze, nella determinazione di detrimenti criteri riguardo ai titoli di Stato (criteri e parametri per la determinazione delle eventuali commissioni massime addebitabili alla clientela in occasione del collocamento; criteri e parametri volti a garantire la trasparente determinazione dei rendimenti; ulteriori obblighi di pubblicità, trasparenza e propaganda, da osservare nell'attività di collocamento) debba sentire non solo la Banca d'Italia, ma anche la CONSOB.

La lettera b) del comma 1, modificando l’articolo 117, comma 8, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, stabilisce che la Banca d’Italia eserciti d’intesa con la CONSOB le proprie competenze in materia di determinazione del contenuto tipico dei contratti o titoli aventi una particolare denominazione.

La lettera c) del comma 1, modificando l’articolo 127, comma 3, del TUB,dispone che il potere di proposta nei riguardi del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) relativamente ad una serie di deliberazioni previste dal titolo VI del medesimo TUB sia esercitato dalla Banca d’Italia d’intesa con la CONSOB.

 

Queste deliberazioni riguardano: individuazione dei servizi da sottoporre a pubblicità, forma e modalità di pubblicità e conservazione degli atti, criteri per l’indicazione dei tassi e il calcolo degli interessi, compresa la produzione d’interessi sugli interessi, e disciplina degli annunzi pubblicitari (articoli 116, comma 3, e 120, comma 2, del testo unico); deroghe alla forma scritta dei contratti (articolo 117, comma 2); disciplina delle comunicazioni periodiche ai clienti e della comunicazione delle variazioni sfavorevoli apportate unilateralmente alle condizioni contrattuali (articoli 118, comma 1, e 119, comma 1); limiti di applicabilità delle norme sul credito al consumo (articolo 121, comma 4, lettera a); modalità di calcolo del tasso annuo effettivo globale per il credito al consumo ed esemplificazione di tale calcolo negli annunzi pubblicitari (articoli 122, comma 2, e 123, comma 2); misura di equa riduzione del costo del credito al consumo in caso di anticipato adempimento (articolo 125, comma 2); determinazione delle autorità competenti per i controlli su taluni soggetti (articolo 128, comma 4).

 

Il comma 2 dispone che le competenze previste dall’articolo 109, comma 4, del D.Lgs. n. 174 del 1995 sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con la CONSOB, limitatamente ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella di cui all’allegato I dello stesso decreto.

 

L’articolo 109, comma 4, del D.Lgs. n. 174 del 1995, recante disposizioni per l’attuazione della direttiva 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita, prevede il potere di prescrivere alle imprese di fornire informazioni supplementari rispetto a quanto stabilito in via generale, qualora ciò risulti necessario alla piena comprensione degli elementi essenziali del contratto da parte del contraente.

 

I prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella contenuta nell’allegato I del decreto citato sono le assicurazioni sulla durata della vita umana, le assicurazioni di nuzialità e di natalità connesse con fondi di investimento.

 

Si segnala che il decreto legislativo n. 174 del 1995 è compreso fra le disposizioni che sono state abrogate con l’entrata in vigore del codice delle assicurazioni, emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, il 1° gennaio 2006. Le disposizioni contenute nell’articolo 109, comma 4, sono ora trasfuse nell’articolo 185, comma 4, del codice delle assicurazioni.

 

L’articolo 34-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha stabilito che le disposizioni del presente articolo 25, comma 2, si applicano a decorrere dal 17 maggio 2006 ovvero, ove previste, dall'emanazione delle relative disposizioni di attuazione da parte della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP)[57].

 

Per l’emanazione delle disposizioni di attuazione l’articolo 42, comma 5-bis, della presente legge stabilisce il termine di dodici mesi dalla data della sua entrata in vigore (12 gennaio 2007).

 

Il comma 3 riguarda l’esercizio delle competenze in materia di trasparenza e correttezza relativamente alle forme di previdenza complementare.

 

Si prevede che le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge n. 243 del 2004, siano esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio.

 

Ai sensi del citato articolo 1, comma 2, lettera h), della legge n. 243 del 2004, recante “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”, il Governo è delegato a perfezionare l'unitarietà[58] e l'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare, con riferimento a tutte le forme pensionistiche collettive e individuali previste dall'ordinamento, e semplificare le procedure amministrative tramite:

1) l'esercizio da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'attività di alta vigilanza mediante l'adozione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di direttive generali in materia;

2) l'attribuzione alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ferme restando le competenze attualmente ad essa attribuite, del compito di impartire disposizioni volte a garantire la trasparenza delle condizioni contrattuali fra tutte le forme pensionistiche collettive e individuali, ivi comprese quelle di cui all'articolo 9-ter del D.Lgs. n. 124 del 1993, e di disciplinare e di vigilare sulle modalità di offerta al pubblico di tutti i predetti strumenti previdenziali, compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio, al fine di tutelare l'adesione consapevole dei soggetti destinatari;

3) la semplificazione delle procedure di autorizzazione all'esercizio, di riconoscimento della personalità giuridica dei fondi pensione e di approvazione degli statuti e dei regolamenti dei fondi e delle convenzioni per la gestione delle risorse, prevedendo anche la possibilità di utilizzare strumenti quale il silenzio assenso e di escludere l'applicazione di procedure di approvazione preventiva per modifiche conseguenti a sopravvenute disposizioni di legge o regolamentari.

 

Il medesimo comma 3 tiene ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge n. 287 del 1990, nonché le competenze in materia di sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge n. 576 del 1982, incluse quelle relative ai prodotti assicurativi con finalità previdenziali.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), relativo alla revisione del sistema di vigilanza sulla previdenza complementare.

Nei principi e criteri di delega a questo fine stabiliti, viene soppresso il riferimento al perfezionamento dell'unitarietà della vigilanza nel settore della previdenza complementare.

 

In attuazione della delega, l’articolo 18, comma 1, del D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, stabilisce che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali vigila sulla COVIP ed esercita l'attività di alta vigilanza sul settore della previdenza complementare, mediante l'adozione, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di direttive generali alla COVIP, volte a determinare le linee di indirizzo in materia di previdenza complementare.

La COVIP è istituita con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari, avendo riguardo alla tutela degli iscritti e dei beneficiari e al buon funzionamento del sistema di previdenza complementare. La COVIP ha personalità giuridica di diritto pubblico.

L’esercizio della delega non ha potuto tener conto della soppressione del criterio di delega consistente nell’unitarietà della vigilanza in materia, soppressione intervenuta solo successivamente ad opera della legge n. 262 del 2005 in commento.

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del comma 49 dell’articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 243, come modificatodall'art. 2, della legge 25 giugno 2005, n. 109, disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi possono essere adottate entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui ai commi 1, 2, 10, 11, 31, 32 e 33 e con le stesse modalità di cui ai commi da 41 a 48. Nel caso in cui siano stati già emanati i testi unici di cui al comma 50, le disposizioni integrative e correttive andranno formulate con riferimento ai predetti testi unici, se riguardanti disposizioni in essi ricomprese.

 

 


Articolo 26
(Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)

 


1. Sono trasferite alla Banca d’Italia le funzioni del Ministro e del Ministero dell’economia e delle finanze previste dagli articoli 14, comma 4, e 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

2. All’articolo 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d’Italia o l’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all’ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte applicano le sanzioni con provvedimento motivato»;

b) il comma 2 è abrogato;

c) i commi 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:

«3. Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 144, commi 3 e 4, è pubblicato, per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e spese della banca, della società o dell’ente al quale appartengono i responsabili delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il provvedimento di applicazione delle altre sanzioni previste dal presente titolo è pubblicato per estratto sul bollettino previsto dall’articolo 8.

4. Contro il provvedimento che applica la sanzione è ammessa opposizione alla corte di appello di Roma. L’opposizione deve essere notificata all’autorità che ha emesso il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica»;

d) il comma 8 è sostituito dal seguente:

«8. Copia del decreto è trasmessa, a cura della cancelleria della corte di appello, all’autorità che ha emesso il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione per estratto nel bollettino previsto dall’articolo 8».

3. Sono trasferite all’ISVAP le funzioni del Ministro delle attività produttive previste dagli articoli 4, sesto comma, e 6, quarto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, nonché le altre analoghe competenze ministeriali in materia sanzionatoria previste da altre leggi.

4. Sono trasferite alla COVIP le funzioni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali previste dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 26 trasferisce alle autorità di vigilanza sui mercati bancario, finanziario e assicurativo e sui fondi pensione alcuni poteri di autorizzazione all’esercizio di attività, di vigilanza e di applicazione delle sanzioni attualmente spettanti al Ministro o Ministero rispettivamente competente.

 

Al riguardo, si può ricordare che, da ultimo, l'articolo 9, comma 2, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004) ha introdotto nel corpo del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) emanato con D.Lgs. n. 58 del 1998 un nuovo articolo 187-septies, a mente del quale le sanzioni amministrative in materia di abusi di mercato sono applicate direttamente dalla CONSOB con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le deduzioni da essi presentate nei successivi trenta giorni.

Il medesimo articolo 9 ha sostituito l’articolo 195 del TUF (che precedentemente attribuiva al Ministro dell’economia e delle finanze la competenza a irrogare le sanzioni, su proposta della competente autorità di vigilanza), trasferendo il potere sanzionatorio alla Banca d'Italia o alla CONSOB, secondo le rispettive competenze.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame trasferisce alla Banca d'Italia le funzioni del Ministro e del Ministero dell'economia e delle finanze previste dagli articoli 14, comma 4, e 45 del testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB), concernenti, rispettivamente, l'autorizzazione allo stabilimento in Italia della prima succursale di una banca extracomunitaria e la vigilanza sul Fondo interbancario di garanzia.

 

Il richiamato articolo 14 del TUB prevede che la Banca d'Italia autorizza l'attività bancaria quando ricorrano le seguenti condizioni:a) sia adottata la forma di società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata; a-bis) la sede legale e la direzione generale siano situate nel territorio della Repubblica; b) il capitale versato sia di ammontare non inferiore a quello determinato dalla Banca d'Italia; c) venga presentato un programma concernente l'attività iniziale, unitamente all'atto costitutivo e allo statuto; d) i titolari di partecipazioni rilevanti abbiano i requisiti di onorabilità stabiliti dall'articolo 25 del TUB e sussistano i presupposti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 19 dello stesso TUB; e) i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo abbiano i requisiti di professionalità, onorabilità ed indipendenza indicati nell'articolo 26 del TUB; f) non sussistano, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri soggetti, stretti legami che ostacolino l'effettivo esercizio delle funzioni di vigilanza.

La Banca d'Italia nega l'autorizzazione quando dalla verifica di tali condizioni non risulti garantita la sana e prudente gestione, e disciplina la procedura di autorizzazione e le ipotesi di decadenza dalla stessa quando la banca autorizzata non abbia iniziato l'esercizio dell'attività. In mancanza dell’autorizzazione non si può dare corso al procedimento per l'iscrizione nel registro delle imprese.

Il comma 4 dell’articolo 14 del TUB, in particolare, prevede che lo stabilimento in Italia della prima succursale di una banca extracomunitaria è autorizzato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro degli affari esteri, sentita la Banca d'Italia. L'autorizzazione è comunque subordinata al rispetto di condizioni corrispondenti a quelle sopra indicate alle lettere b), c) ed e). L'autorizzazione viene rilasciata tenendo anche conto della condizione di reciprocità.

L’articolo 45 del TUB, recante disposizioni in tema di Fondo interbancario di garanzia, stabilisce al comma 1 che le operazioni di credito agrario possono essere assistite dalla garanzia sussidiaria del Fondo stesso, avente personalità giuridica e gestione autonoma e sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma 2 prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per il coordinamento delle politiche agricole, alimentari e forestali, individua le operazioni alle quali si applica la garanzia e determina i criteri e i limiti degli interventi del Fondo, nonché l'entità delle contribuzioni a esso dovute da parte delle banche, in rapporto all'ammontare dei finanziamenti assistiti dalla garanzia.

Ai sensi del comma 3, l'organizzazione interna e il funzionamento del Fondo sono disciplinati dallo statuto approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Presso il Fondo, secondo il comma 5, è altresì operante una Sezione di garanzia per il credito peschereccio, avente personalità giuridica con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio, sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze. Alla Sezione si applicano le disposizioni dei commi 2 e 3.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 145 del TUB, relativo alla procedura di irrogazione delle sanzioni bancarie, adottando, a fini di maggiore chiarezza normativa, il metodo puntuale della novellazione.

 

Il citato articolo 145 prevede, al comma 1, che per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d'Italia o l'UIC, nell'ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all'ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, propongono al Ministro dell'economia e delle finanze l'applicazione delle sanzioni.

Secondo il comma 2, il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base della proposta della Banca d'Italia o dell'UIC, provvede ad applicare le sanzioni con decreto motivato.

Ai sensi del comma 3, il decreto di applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 144, commi 3 e 4, del TUB è pubblicato per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data della notificazione, a cura e spese della banca, della società o dell'ente al quale appartengono i responsabili delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il decreto di applicazione delle altre sanzioni previste nel presente titolo, emanato su proposta della Banca d'Italia, è pubblicato, per estratto, sul bollettino previsto dall'articolo 8 del TUB.

Contro il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze è ammessa, ai sensi del comma 4, opposizione alla corte di appello di Roma. L'opposizione deve essere notificata all'autorità che ha proposto il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del decreto impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica. L'autorità che ha proposto il provvedimento trasmette alla corte di appello gli atti ai quali l'opposizione si riferisce, con le sue osservazioni.

L'opposizione, secondo il comma 5, non sospende l'esecuzione del provvedimento. La corte di appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato.

Ai sensi del comma 6, la corte di appello, su istanza delle parti, fissa i termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché per consentire l'audizione anche personale delle parti. Secondo il comma 7, la corte di appello decide sull'opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato.

Il comma 8 dispone che copia del decreto venga trasmessa, a cura della cancelleria della Corte di appello, all'autorità che ha proposto il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione, per estratto, nel bollettino previsto dall'articolo 8 del TUB.

 

In particolare, la lettera a)sostituisce quindi il comma 1 dell’articolo 145 del TUB, prevedendo che competa alla Banca d’Italia o all’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, sia contestare gli addebiti sia applicare le sanzioni.

Di conseguenza, la lettera b)abrogail comma 2 dell’articolo 145 del TUB, che affida attualmente al Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base della proposta della Banca d'Italia o dell'UIC, il compito di applicare le sanzioni con decreto motivato.

La lettera c)sostituiscei commi 3 e 4 dell’articolo 145 del TUB, al fine di tener conto del trasferimento di competenza per l’applicazione della sanzione dal Ministro dell’economia e delle finanze alla Banca d’Italia.

Pertanto, al comma 3, la denominazione dell’atto d’irrogazione della sanzione è adeguata sostituendo il termine “decreto”, quale atto del Ministro competente, con il termine “provvedimento”.

Il comma 4 viene modificato, non prevedendosi più, ai fini dell’opposizione alla sanzione, la necessità della previa notifica dell’atto di opposizione alla Banca d’Italia quale autorità proponente, che ne dovrebbe poi curare la trasmissione alla corte d’appello, con le osservazioni del caso.

Parimenti, la lettera d)del nuovo comma 2 sostituisceil comma 8 dell’articolo 145 del TUB, stabilendo che la cancelleria della corte d’appello debba trasmettere copia del decreto che decide l’opposizione non all’autorità che ha proposto il provvedimento sanzionatorio, come accade nell’attuale procedura, bensì all’autorità che lo ha emesso.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame prevede che siano trasferite all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) le funzioni esercitate in materia sanzionatoria dal Ministro delle attività produttive ai sensi degli articoli 4, ultimo comma, e 6, quarto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, nonché le altre analoghe competenze ministeriali in materia sanzionatoria previste da altre leggi.

 

Il richiamato articolo 4, ultimo comma, della legge n. 576 del 1982 prevede che il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, su proposta dell'ISVAP, formulata successivamente agli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689, applica le sanzioni con provvedimento motivato.

L’articolo 6, comma quarto, prevede che in caso di inosservanza dell'obbligo di comunicazione di cui al precedente comma[59], il legale rappresentante della società fiduciaria o l'agente di cambio o l'apparente acquirente sono puniti con una sanzione amministrativa di importo pari a un sesto del valore di mercato delle azioni negoziate. La sanzione è irrogata, su rapporto del presidente dell'ISVAP, dal Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. I proventi delle sanzioni sono devoluti all'ISVAP.

 

Il comma 4 dell’articolo 26 in esame dispone infine il trasferimento alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) delle funzioni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali in materia sanzionatoria previste dall’articolo 18-bis del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.

 

Il richiamato articolo 18-bis stabilisce, al comma 1, che chiunque esercita l'attività relativa alla conduzione e gestione di fondi pensione senza l'autorizzazione del Ministro del lavoro e della previdenza sociale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire dieci milioni a lire cinquanta milioni. È sempre ordinata la confisca delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato o che ne sono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato.

In particolare, il comma 5-bis prevede che le sanzioni amministrative previste sono applicate con la procedura di cui al titolo VIII, capo VI, del TUB, fatta salva l'attribuzione delle relative competenze esclusivamente alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione e al Ministro del lavoro e della previdenza sociale.

Di conseguenza, le sanzioni vengono applicate dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale su proposta della Commissione di vigilanza.

 


Articolo 27
(Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l’istituzione, in materia di servizi di investimento, di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione di procedure di conciliazione e di arbitrato da svolgere in contraddittorio, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, dinanzi alla CONSOB per la decisione di controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela;

b) previsione dell’indennizzo in favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le procedure di cui alla lettera a), la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi ivi indicati, ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi;

c) salvaguardia dell’esercizio del diritto di azione dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo riconosciuto ai sensi della lettera b);

d) salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria per le azioni di cui all’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, e successive modificazioni;

e) attribuzione alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, del potere di emanare disposizioni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) destinazione del fondo all’indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo medesimo, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, detratti l’ammontare dell’indennizzo di cui al comma 1 eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso comunque percepiti a titolo di risarcimento;

b) previsione della surrogazione del fondo nei diritti dell’indennizzato, limitatamente all’ammontare dell’indennizzo erogato, e facoltà di rivalsa del fondo stesso nei riguardi della banca o dell’intermediario responsabile;

c) legittimazione della CONSOB ad agire in giudizio, in rappresentanza del fondo, per la tutela dei diritti e l’esercizio della rivalsa ai sensi della lettera b), con la facoltà di farsi rappresentare in giudizio a norma dell’articolo 1, decimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni, ovvero anche da propri funzionari;

d) finanziamento del fondo esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme di cui alla lettera a);

e) attribuzione della gestione del fondo alla CONSOB;

f) individuazione dei soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e determinazione della sua misura massima;

g) attribuzione del potere di emanare disposizioni di attuazione alla CONSOB.

3. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la redazione dello statuto dei risparmiatori e degli investitori, che individua l’insieme dei diritti loro riconosciuti e definisce i criteri idonei a garantire un’efficace diffusione dell’informazione finanziaria tra i risparmiatori, e per la redazione del codice di comportamento degli operatori finanziari.


 

 

L’articolo 27, al comma 1, prevede, mediante il conferimento di apposita delega legislativa al Governo, l’istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, “in materia di servizi d’investimento”.

 

Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, del D.Lgs. n. 58 del 1998, recante il testo unico della finanza (TUF), per «servizi di investimento» si intendono le seguenti attività, quando hanno per oggetto strumenti finanziari:

a)       negoziazione per conto proprio;

b)      negoziazione per conto terzi;

c)       collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell'emittente;

d)       gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;

e)       ricezione e trasmissione di ordini nonché mediazione.

 

Nel dettaglio, si prevede che le procedure di conciliazione e di arbitrato debbano svolgersi in contraddittorio, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, dinnanzi alla CONSOB.

Al riguardo si prevede che si debba tener conto di quanto disposto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, recante norme in tema di definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

 

Secondo l’articolo 1 del richiamato decreto, che delinea il cosiddetto “processo societario”, si osservano le disposizioni dello stesso decreto in tutte le controversie, incluse quelle connesse a norma degli articoli 31, 32, 33, 34, 35 e 36 del codice di procedura civile, relative a:

a)       rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l'accertamento, la costituzione, la modificazione o l'estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative nonché contro il soggetto incaricato della revisione contabile per i danni derivanti da propri inadempimenti o da fatti illeciti commessi nei confronti della società che ha conferito l'incarico e nei confronti dei terzi danneggiati;

b)      trasferimento delle partecipazioni sociali, nonché ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti;

c)       patti parasociali, anche diversi da quelli disciplinati dall'articolo 2341-bis del codice civile, e accordi di collaborazione di cui all'articolo 2341-bis, ultimo comma, del codice civile;

d)       rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, vendita di prodotti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa;

e)       materie di cui al testo unico bancario (TUB), quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio;

f)        credito per le opere pubbliche.

 

Restano ferme tutte le norme sulla giurisdizione. Spettano esclusivamente alla corte d'appello tutte le controversie di cui agli articoli 145 del TUB, e 195 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF).

Salvo che nelle controversie di cui alla lettera e), il tribunale giudica in composizione collegiale. Nelle azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio il tribunale giudica in composizione collegiale anche se relative alle materie di cui alla lettera e). Per ciò che non sia diversamente disciplinato, si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili.

 

Oggetto delle procedure sono le controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi d’informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela.

Si prevede poi la corresponsione di un indennizzo a favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le suddette procedure, la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi sopra indicati. E’ comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi.

Viene in ogni caso salvaguardato l’esercizio del diritto d’azione dinnanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo che viene riconosciuto. Viene altresì prevista, in particolare, la salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire avanti agli organi della giurisdizione ordinaria per le azioni di cui all'articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281.

 

Il richiamato articolo 3 della legge n. 281 del 1998 (il cui contenuto, abrogato dal D.Lgs. n. 206 del 2005 - recante il cosiddetto “Codice del consumo” - è ora mantenuto dall’articolo 139 dello stesso decreto) prevede che le associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale inserite nell’elenco tenuto presso il Ministero delle attività produttive ai sensi dell'articolo 5 della stessa legge, sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi, richiedendo al giudice competente:

-       di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

-       di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate;

-       di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

Gli organismi pubblici indipendenti, e le organizzazioni riconosciuti in altro Stato dell'Unione europea ed inseriti nell'elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, possono agire ai sensi del comma 1 nei confronti di atti o comportamenti lesivi per i consumatori del proprio Paese, posti in essere in tutto o in parte sul territorio dello Stato.

Le associazioni sopra citate possono attivare, prima del ricorso al giudice, la procedura di conciliazione dinanzi alla camera di commercio competente per territorio a norma dell'articolo 2, comma 4, lettera a), della legge 29 dicembre 1993, n. 580. La procedura è, in ogni caso, definita entro sessanta giorni. Il processo verbale di conciliazione, sottoscritto dalle parti e dal rappresentante della camera di commercio, è depositato per l'omologazione nella cancelleria della pretura del luogo nel quale si è svolto il procedimento di conciliazione. Il pretore, accertata la regolarità formale del processo verbale, lo dichiara esecutivo con decreto. Il verbale di conciliazione omologato costituisce titolo esecutivo.

In ogni caso l'azione in discorso può essere proposta solo dopo che siano decorsi quindici giorni dalla data in cui le associazioni abbiano richiesto al soggetto da esse ritenuto responsabile, a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la cessazione del comportamento lesivo degli interessi dei consumatori e degli utenti.

In caso di inadempimento degli obblighi stabiliti dal provvedimento reso nel giudizio, ovvero previsti dal verbale di conciliazione, il giudice, anche su domanda dell'associazione che ha agito in giudizio, dispone il pagamento di una somma di denaro da 516 euro a 1.032 euro, per ogni giorno di ritardo rapportato alla gravità del fatto. Tale somma è versata all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze al Fondo da istituire nell'àmbito di apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, per finanziare iniziative a vantaggio dei consumatori.

Nei casi in cui ricorrano giusti motivi di urgenza, l'azione inibitoria si svolge a norma degli articoli 669-bis e seguenti del codice di procedura civile. Fatte salve le norme sulla litispendenza, sulla continenza, sulla connessione e sulla riunione dei procedimenti, si prevede che comunque le disposizioni in esame non precludono il diritto ad azioni individuali dei consumatori che siano danneggiati dalle medesime violazioni.

 

La lettera e) del comma 1 in esame demanda infine alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, la potestà di emanare disposizioni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame delega il Governo ad adottare - senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la finanza pubblica - uno o più decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori, secondo una serie di princìpi e criteri direttivi.

In particolare, il fondo dovrà esser destinato all’indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo stesso, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), relative agli obblighi nei confronti della clientela, detratti l’ammontare dell’indennizzo eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso già avuti a titolo di risarcimento.

Nei limiti dell’ammontare dell’indennizzo erogato, per il fondo dovrà prevedersi:

-       la surrogazione nei diritti dell’indennizzato;

-       la facoltà di rivalsa nei riguardi della banca o dell’intermediario finanziario responsabile.

Si prevede poi che il fondo venga finanziato esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), relative agli obblighi nei confronti della clientela.

Alla CONSOB viene attribuita:

-       la gestione del fondo;

-       la potestà di emanare disposizioni di attuazione;

-       la legittimazione ad agire in giudizio in rappresentanza del fondo, con facoltà di farsi rappresentare in giudizio dall'Avvocatura dello Stato o anche da propri funzionari.

Sarà il legislatore delegato a individuare, poi, i soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e a determinare la misura massima dell’indennizzo.

 

Il comma 3 dell’articolo 27 in esame delega infine il Governo ad adottare un decreto legislativo per la redazione dello statuto del risparmiatore e dell'investitore. La delega dovrà essere esercitata sempre nel termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Lo statuto, in particolare, dovrà:

a)      individuare l'insieme dei diritti riconosciuti ai risparmiatori e agli investitori;

b)      definire i criteri idonei a garantire un'efficace diffusione dell'informazione finanziaria tra i risparmiatori;

c)      definire i criteri per la redazione del codice di comportamento degli operatori finanziari.

 

Si può ricordare che, in àmbito tributario, le disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, incidendo anche su rapporti regolati da altre norme di legge, sono state poste con norma di fonte primaria (legge 27 luglio 2000, n. 212).

 


Articolo 28
(Disposizioni in materia di personale della CONSOB)

 


1. Al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla presente legge, può essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni. La ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato è stabilita con apposita deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranza prevista dal nono comma dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974, e successive modificazioni. Resta fermo il disposto di cui al settimo comma del citato articolo 2 del medesimo decreto-legge. Alla copertura degli oneri derivanti dal presente articolo si provvede secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 28 reca varie disposizioni in materia di personale della CONSOB.

 

Si prevede, innanzitutto, che possa essere aumentato il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalle norme del provvedimento in esame. L’aumento può essere disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il citato articolo 2 istituisce un apposito ruolo del personale dipendente della Commissione nazionale per le società e la borsa. Il numero dei posti previsti dalla pianta organica è aumentato fino a trecentocinquanta unità. Il trattamento giuridico ed economico del personale e l'ordinamento delle carriere sono stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 1, ottavo comma, dello stesso decreto, in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative della Commissione. Il regolamento detta altresì norme per l'adeguamento alle modificazioni del trattamento giuridico ed economico che intervengano nel predetto contratto collettivo, in quanto applicabili.

Il regolamento indicato può prevedere, per il coordinamento degli uffici, la qualifica di direttore generale, determinandone le funzioni. Il direttore generale risponde del proprio operato alla Commissione. La deliberazione relativa alla sua nomina è adottata con non meno di quattro voti favorevoli. Gli incarichi e le qualifiche dirigenziali sono attribuiti dalla Commissione, anche in sede di inquadramento, con deliberazione adottata con non meno di quattro voti favorevoli.

L'assunzione del personale avviene per pubblici concorsi per titoli ed esami con richiesta di rigorosi requisiti di competenza ed esperienza nei settori di attività istituzionali della Commissione. I concorsi sono indetti dalla stessa Commissione nazionale e si svolgono secondo i bandi appositamente emanati.

 

Viene previsto che la ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato sia stabilita con deliberazione della CONSOB, adottata con la maggioranza prevista dal comma 9 dell’articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974.

 

Il citato articolo 1, comma 9, prevede che le deliberazioni della Commissione concernenti i regolamenti di cui ai precedenti commi dello stesso articolo 1 sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.

 

È fatto salvo, comunque, il disposto dell’articolo 2, comma 7, del citato decreto-legge n. 95 del 1974, secondo cui la Commissione, per l'esercizio delle proprie attribuzioni, può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, in numero di centoventicinque unità. Le relative deliberazioni sono adottate con non meno di quattro voti favorevoli.

 

Si ricorda che l’articolo 9, comma 8, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla nuova disciplina in materia di abusi di mercato, ha aumentato di 150 unità (da 450 a 600) il numero complessivo dei posti della pianta organica della medesima autorità, prevedendo che alla copertura degli oneri si provveda mediante le contribuzioni dei soggetti vigilati, secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

Si prevede che gli oneri derivanti dall’eventuale applicazione del presente comma siano coperti secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

 

Il richiamato articolo 40 reca disposizioni in ordine al sistema di finanziamento della CONSOB.

Nel dettaglio, ai fini del proprio autofinanziamento la Consob segnala al Ministro del tesoro entro il 31 luglio di ciascun anno, a decorrere dal 1995, il fabbisogno finanziario per l'esercizio successivo, nonché la previsione delle entrate, realizzabili nello stesso esercizio, per effetto dell'applicazione delle contribuzioni dei soggetti vigilati.

Sulla base di tale segnalazione, il Ministro dell’economia e delle finanze determina con proprio decreto, ai sensi del comma 2, l'ammontare annuo del fondo necessario per assicurare la copertura degli oneri di funzionamento della Consob, non finanziati con le contribuzioni.

Ai sensi del comma 3, entro il limite del fabbisogno finanziario, la Consob determina in ciascun anno l'ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni essa adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti. Tali contribuzioni sono versate direttamente alla CONSOB in deroga alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni, e vengono iscritti in apposita voce del relativo bilancio di previsione. La riscossione coattiva delle contribuzioni avviene tramite ruolo e secondo le modalità di cui all'articolo 67, comma 2, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

Il citato comma 2 è stato abrogato dall'articolo 1, comma 68, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006).

L’articolo 1, comma 65, della stessa legge finanziaria per il 2006 ha previsto che, a decorrere dall'anno 2007, le spese di funzionamento della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e della Commissione di vigilanza sui fondi pensione sono finanziate dal mercato di competenza, per la parte non coperta da finanziamento a carico del bilancio dello Stato, secondo modalità previste dalla normativa vigente ed entità di contribuzione determinate con propria deliberazione da ciascuna Autorità, nel rispetto dei limiti massimi previsti per legge, versate direttamente alle medesime Autorità. Le deliberazioni, con le quali sono fissati anche i termini e le modalità di versamento, sono sottoposte al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per l'approvazione con proprio decreto entro venti giorni dal ricevimento. Decorso il termine di venti giorni dal ricevimento senza che siano state formulate osservazioni, le deliberazioni adottate dagli organismi ai sensi del presente comma divengono esecutive.

 


Articolo 29
(Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)

 


1. Dopo l’articolo 128 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è aggiunto il seguente:

«Art. 128-bis. – (Risoluzione delle controversie). – 1. I soggetti di cui all’articolo 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.

2. Con deliberazione del CICR, su proposta della Banca d’Italia, sono determinati i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento».


 

 

L’articolo 29 aggiunge un articolo 128-bis nel corpo del D.Lgs. n. 385 del 1993, recante il testo unico bancario (TUB). La norma dispone l’adesione a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori dei soggetti di cui all’articolo 115 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario, ossia:

1)      le banche;

2)      gli intermediari finanziari.

 

Si ricorda che, nel sistema del Testo Unico, sono “banche” le imprese autorizzate all'esercizio dell'attività bancaria (raccolta di risparmio tra il pubblico ed esercizio del credito, ogni altra attività finanziaria, attività connesse o strumentali); sono “intermediari finanziari” i soggetti, iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC (Ufficio italiano cambi), che esercitano nei confronti del pubblico le attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi.

 

La disposizione cita, come controparte delle controversie per le quali è delineata una possibilità di soluzione stragiudiziale, i “consumatori”.

 

Secondo la definizione data dall’articolo 3, comma 1, lettera a), del recente D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo, per consumatore o utente si intende la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

 

È demandata ad una deliberazione del CICR, su proposta della Banca d’Italia, la determinazione dei criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente.

Il citato decreto dovrà informarsi ai seguenti principi:

a)      quanto alla composizione dell’organo decidente: essa dovrà essere tale da garantire – al contempo - l’imparzialità e la rappresentatività dei membri;

b)      quanto alle procedure: esse dovranno essere congegnate in maniera tale da assicurare la rapidità della decisione, la economicità della soluzione delle controversie e la effettività della tutela.

La disposizione precisa, inoltre, che il sistema stragiudiziale è aggiuntivo e non sostitutivo rispetto ad ogni altro mezzo di tutela del consumatore previsto dall’ordinamento.

 


Articolo 30
(False comunicazioni sociali)

 


1. L’articolo 2621 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino a due anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa».

2. L’articolo 2622 del codice civile è sostituito dal seguente:

«Art. 2622. - (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori). – Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio.

La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori.

Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.

La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.

In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa».

3. È istituita, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, la Commissione per la tutela del risparmio, di seguito denominata «Commissione», alle dirette dipendenze funzionali del Presidente del Consiglio dei ministri.

4. La Commissione è organo collegiale, composta da un presidente e due commissari, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

5. Il Governo adotta, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, volto a determinare i requisiti di nomina del presidente e dei membri della Commissione e le funzioni della Commissione, al fine di garantirne l’autonomia e l’efficacia operativa.

6. La Commissione:

a) svolge le proprie funzioni d’ufficio o su istanza dei risparmiatori;

b) relaziona con cadenza semestrale sulla propria attività al Presidente del Consiglio dei ministri, che riferisce periodicamente ai Presidenti delle Camere;

c) si avvale del supporto di un ufficio composto da dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in posizione di comando secondo i rispettivi ordinamenti, il cui servizio presso il medesimo ufficio è equiparato ad ogni effetto a quello prestato presso le amministrazioni di appartenenza;

d) ha l’obbligo di rendere rapporto all’autorità giudiziaria nei casi previsti dalla legge.


 

 

 

Le fattispecie di false comunicazioni sociali

 

L’articolo 30 in esame provvede alla modifica degli articoli 2621 (false comunicazioni sociali) e 2622 (false comunicazioni sociali in danno dei soci e dei creditori) del codice civile.

 

Come è noto tali norme, nella loro attuale formulazione, sono state introdotte dal decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 che, in attuazione dell’articolo 11 della legge delega n. 366 del 2001, ha individuato tre diverse figure di reato: quella di cui all’articolo 2621, diretta a presidiare il bene giuridico collettivo della veridicità e della completezza dell’informazione societaria, ha natura contravvenzionale; le altre due, di cui all’articolo 2622, riguardano l’inedita figura delle false comunicazioni sociali dannose per i creditori e i soci ed hanno natura delittuosa: si tratta, per l’appunto, di due autonome ma identiche ipotesi di delitto, distinte unicamente dal fatto di riguardare l’una, gli illeciti commessi nell’ambito di società quotate e l’altra quelli consumati in seno alle altre società di capitali.

L’oggetto materiale comune a tutte le ipotesi in esame, fermo restando il riferimento alle relazioni e ai bilanci, è costituito dalle “altre comunicazioni sociali” previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico: le comunicazioni devono essere, pertanto, tipiche, anche se facoltative: il che equivale a dire che le comunicazioni atipiche, quand’anche false e potenzialmente lesive degli interessi tutelati dalle norme incriminatici, non possono mai costituire l’oggetto materiale dei reati in esame. Tanto l’articolo 2621 quanto l’articolo 2622, poi, precisano, con riguardo alle omissioni di informazioni, che la comunicazione deve essere imposta dalla legge, quindi obbligatoria: solo in tale ipotesi eventuali comportamenti omissivi compiuti dai soggetti indicati (amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori) potranno assumere, qualora ricorrano gli altri elementi previsti, rilevanza penale.

Oltre che previste (o imposte) dalla legge, le comunicazioni devono essere dirette ai soci o al pubblico, non rilevando, pertanto, le comunicazioni interorganiche o quelle dirette ad un unico destinatario privato o pubblico. Al destinatario unico resta l’ordinaria tutela patrimoniale assicurata dall’incriminazione per truffa. Per l’unico destinatario pubblico, invece, qualora si tratti di autorità pubblica di vigilanza, la tutela è racchiusa nel nuovo articolo 2638 del codice civile, riguardante il reato di ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

Tra le comunicazioni incriminabili sono state, inoltre, specificamente indicate quelle (come il bilancio consolidato di gruppo) contenenti informazioni sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria del gruppo e quelle relative a beni estranei al patrimonio della società, ma da questa fiduciariamente posseduti.

Per quanto riguarda l’elemento oggettivo delle fattispecie in esame, il nucleo del fatto incriminato dalle disposizioni in commento consiste nell’esposizione di fatti materiali, ancorché oggetto di valutazioni, non rispondenti al vero, nonché nella omissione di informazioni la cui comunicazione sia imposta dalla legge (v. supra), sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene.

Tanto l’articolo 2621 che il successivo articolo 2622 del codice civile prevedono che le condotte anzidette debbano essere idonee ad indurre in errore i destinatari (pubblico o soci) sulla predetta situazione; la integrale riproduzione dell’elemento oggettivo della fattispecie contravvenzionale in quelle delittuose ha causato alcune incertezze interpretative con riguardo all’attitudine ingannatoria delle comunicazioni: se tale requisito, infatti, ben si adatta alla figura di reato di pericolo individuata dall’articolo 2621, qualche perplessità suscita, invece, il suo inserimento nell’ambito di figure di reato di danno, quali quelle di cui all’articolo 2622. In particolare, una rigorosa applicazione delle disposizioni dettate da tale ultima norma porterebbe ad escludere la sussistenza del reato nella ipotesi in cui il previsto danno patrimoniale alla società, ai soci, ai creditori, ovvero ad altri soggetti, si sia verificato, ma le false comunicazioni sociali da cui il predetto nocumento sia scaturito siano prive della prescritta attitudine ingannatoria (idoneità ad indurre in errore i destinatari).

Relativamente all’evento del reato, mentre la fattispecie di cui all’articolo 2621,come già accennato, può considerarsi reato di mera condotta (perché tale contravvenzione si perfezioni è sufficiente, infatti, la diffusione di comunicazioni non veritiere, dotate di attitudine ingannatoria, con l’intenzione di indurre in errore i soci ed il pubblico o al fine di conseguire un ingiusto profitto), le due fattispecie delittuose disciplinate dall’articolo 2622 appartengono, invece, alla categoria dei reati di danno: la diminuzione del patrimonio dei soci o dei creditori è strutturata, dunque, come evento del delitto, realizzando così un’evidente analogia con il paradigma della truffa. La configurazione di un evento di danno incide, inoltre, sulla determinazione del momento consumativo del reato che dovrà essere individuato in quello in cui si produce il danno economico al patrimonio dei soci o dei creditori.

Tutte le fattispecie introdotte dal D.Lgs n. 61 del 2002 (sia quella di natura contravvenzionale, sia quella di natura delittuosa) contemplano casi di non punibilità del fatto: anzitutto il fatto non è punibile se è il frutto di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta; la punibilità è, altresì, esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo o comunque determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5%, o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, comune a tutte le fattispecie di reato (sia a quella di cui all’articolo 2621, sia a quelle di cui all’articolo 2622), è richiesto un dolo specifico intenzionale, racchiuso nella locuzione “con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico”, che va ad aggiungersi al dolo generico avente ad oggetto gli elementi strutturali del fatto.

Ad integrare il reato, sotto il profilo psicologico, è altresì necessario che il soggetto attivo si proponga l’ulteriore scopo “di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto”, locuzione talmente utilizzata nell’ambito dei reati di natura patrimoniale, da non richiedere particolari commenti, se non per specificare che tra “gli altri” per i quali il soggetto agente può proporsi di conseguire un profitto (ingiusto), dovrebbe ricomprendersi anche la società.

Il delitto previsto dal comma 1 dell’articolo 2622 del codice civile è procedibile esclusivamente a querela della persona offesa e, quindi, dei soci o dei creditori danneggiati, contrariamente a quanto previsto per la fattispecie di natura contravvenzionale e per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci e creditori di società quotata, procedibili, invece, d’ufficio. Il comma 2 dell’art. 2622 prescrive che si proceda a querela anche qualora il fatto integri altro delitto in danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, a meno che tale ulteriore delitto non sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Circa i rilievi mossi da dottrina e giurisprudenza relativamente alla circostanza che il fatto meno grave sia perseguibile d’ufficio e quello più grave a querela, si ricorda che la relazione di accompagnamento al disegno di legge delega sostiene che “i soci potrebbero preferire non portare all’esterno irregolarità che avrebbero l’effetto di danneggiare l’immagine commerciale dell’impresa”.

 

Si espongono di seguito le innovazioni introdotte nell’ambito dei suddetti articoli del codice civile dalla norma in esame.

Occorre in primo luogo ricordare che relativamente all’articolo 2621, in cui si disciplina la fattispecie di false comunicazioni sociali, fermi restando tutti gli elementi costitutivi del reato precedentemente illustrati (oggetto materiale, elemento oggettivo, elemento soggettivo, condizioni di procedibilità, ipotesi di non punibilità del fatto), nonché la sua natura contravvenzionale, si è proceduto: ad ampliare il novero dei soggetti attivi mediante la indicazione, accanto agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci ed ai liquidatori, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari; ad innalzare la pena edittale dell’arresto da un anno e sei mesi a due anni.

Altra novità consiste nella introduzione di una sanzione amministrativa da irrogare ai soggetti che, pur avendo diffuso false comunicazioni sociali dotate di attitudine ingannatoria, con lo scopo di indurre in errore i soci o il pubblico e al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio, non sono sanzionabili penalmente in quanto ricorre una delle ipotesi di non punibilità di cui ai commi terzo e quarto ( si ricorda che il fatto non è punibile se è il frutto di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta; la punibilità è, altresì, esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo o comunque determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5%, o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1%).

Si introduce, pertanto, accanto ad un illecito penale di natura contravvenzionale, un illecito di natura amministrativa che ha in comune con il primo tutti gli elementi costitutivi, ad eccezione di quello consistente nel raggiungimento delle predette soglie e che è punito con la sanzione pecuniaria da dieci a cento quote, nonché con l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni.

 

Il riferimento alla sanzione delle quote sembra ricollegarsi alle previsioni del decreto legislativo n. 231 del 2001, relativo alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche nel caso di commissione di determinati reati nel loro interesse da parte dei dirigenti: ai sensi dell’ articolo 10 del suddetto provvedimento la sanzione pecuniaria viene applicata alla persona giuridica per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille; l’importo di una quota varia da un minimo di lire cinquecentomila ad un massimo di lire tre milioni e viene stabilito a seconda della situazione economica dell’ente, al fine di rendere efficace la sanzione pecuniaria.

Per quanto concerne, poi, l’ulteriore sanzione dell’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche per un periodo che può variare dai sei mesi ai tre anni conseguente all’illecito amministrativo, si ricorda come l’articolo 35-bis del codice penale, anche in relazione a ipotesi di maggiore gravità (condanna all’arresto derivante dalla commissione di reati di natura contravvenzionale), preveda una analoga sanzione, ma di durata sensibilmente inferiore (da quindici giorni a due anni).

 

Di portata più ampia appare l’intervento concernente l’articolo 2622, in cui si disciplinano due differenti ipotesi di delitto di false comunicazioni sociali, l’una commessa nell’ambito di società quotate e l’altra consumata in seno alle altre società di capitali.

Una prima innovazione riguarda, anche in tal caso, l’ampliamento del novero dei soggetti attivi del reato mediante la indicazione, accanto agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari; altra modifica concerne l’evento e i soggetti passivi del reato: oltre alla diminuzione del patrimonio dei soci o dei creditori, acquista rilevanza anche quella del patrimonio della società e, nella ipotesi di false comunicazioni relative a società quotate, il grave nocumento ai risparmiatori; in particolare quando si verifichi quest’ultima eventualità la pena da irrogare può variare da due a sei anni.

La disposizione in esame sembra intesa a porre rimedio ad un’incongruenza rilevata dalla dottrina[60] all’indomani della entrata in vigore del nuovo articolo 2622: nell’ambito della vigente fattispecie penale, infatti, mentre da un lato il pubblico rileva sotto un triplice profilo (le comunicazioni sociali per avere rilevanza penale devono essere dirette ai soci o al pubblico ed essere idonee a indurre in errore questi ultimi; l’elemento soggettivo del reato consiste, tra l’altro, nella intenzione di ingannare i soci o il pubblico), dall’altro il danno patrimoniale considerato è soltanto quello prodotto ai soci e ai creditori, ai quali soli è attribuito il diritto di querela: i terzi non soci né creditori non possono considerarsi soggetti passivi né la diminuzione subita dal loro patrimonio evento del reato.

Il nocumento al risparmio si considera grave quando riguarda un numero di risparmiatori superiore allo 0,5 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT (attualmente si tratta di circa 28500 persone) o, in alternativa, se consiste nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,5 per mille del PIL.

 

Nessun riferimento è presente nella legge alla fonte cui far riferimento per la individuazione del valore del prodotto interno lordo, in termini ad esempio, di un rinvio all’ultima rilevazione operata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

Anche nell’ambito dell’articolo 2622 è stata inserita una ipotesi di illecito amministrativo che ha in comune con le fattispecie delittuose tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi, ad eccezione del requisito consistente nel raggiungimento delle soglie prescritte per l’irrogazione delle sanzioni penali: nel caso in cui amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori,dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, con l’intenzione di ingannare il pubblico o i soci e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle comunicazioni sociali previste dalla legge e dirette ai soci o al pubblico espongano fatti materiali falsi (ovvero omettano informazioni imposte dalla legge) in modo idoneo da indurre in errore i destinatari, ma le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, ovvero determinano una alterazione del risultato economico di esercizio non superiore all’1% o una variazione del patrimonio netto non superiore al 5%[61], tali soggetti sono puniti con la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e con l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni[62].

 

L’istituzione della Commissione per la tutela del risparmio

I commi 3, 4, 5 e 6 dell’articolo 30 provvedono ad istituire e a disciplinare il funzionamento della “Commissione per la tutela del risparmio”.

 

Nel dettaglio, il comma 3 istituisce, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, tale Commissione, che viene posta alle dirette dipendenze funzionali del Presidente del Consiglio dei ministri.

Secondo il comma 4, la Commissione è organo collegiale, composta da un presidente e due commissari.

Essi sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

Ai sensi del comma 5, il Governo è chiamato ad adottare, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, diretto a determinare:

a) i requisiti di nomina del presidente e dei membri della Commissione;

b) le funzioni della Commissione, al fine di garantirne l’autonomia e l’efficacia operativa.

Il comma 6 prevede che la Commissione svolga le proprie funzioni d’ufficio o su istanza dei risparmiatori, relazionando con cadenza semestrale sulla propria attività al Presidente del Consiglio dei ministri, che riferisce periodicamente ai Presidenti delle Camere. Essa ha l’obbligo di rendere rapporto all’autorità giudiziaria nei casi previsti dalla legge.

La Commissione si avvale del supporto di un ufficio composto da dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in posizione di comando secondo i rispettivi ordinamenti.

 

Ai sensi del citato comma 2 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 165 del 2001, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

Si chiarisce che il servizio presso l’ufficio è equiparato ad ogni effetto a quello prestato presso le amministrazioni di appartenenza.

 


Articolo 31
(Omessa comunicazione del conflitto d'interessi)

 


1. Nel libro V, titolo XI, capo III, del codice civile, prima dell’articolo 2630 è inserito il seguente:

«Art. 2629-bis. - (Omessa comunicazione del conflitto d’interessi). – L’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, della legge 12 agosto 1982, n. 576, o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che vìola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi».

2. All’articolo 25-ter, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: «codice civile» sono inserite le seguenti: «e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi previsto dall’articolo 2629-bis del codice civile».


 

 

L’articolo 31 in esame, al comma 1, inserisce nel codice civile, nel capo relativo agli illeciti commessi dagli amministratori, il delitto di omessa comunicazione del conflitto di interessi.

La fattispecie viene delineata dal nuovo articolo 2629-bis del codice civile nel modo seguente.

 

Soggetti attivi del reato possono essere l’amministratore o il componente del consiglio di gestione di:

-       una società quotata in borsa (nel mercato italiano o in quello di uno degli altri Stati membri dell’UE);

-       una società emittente strumenti finanziari che, ancorché non quotati in mercati regolamentati italiani, siano diffusi tra il pubblico in misura rilevante;

-       un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensidella normativa in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993), assicurativa (legge n. 576/1982), in tema di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58/1998) e di fondi pensione (D.Lgs. n. 124/1993).

 

La condotta consiste nella violazione degli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma del codice civile, e dunque essenzialmente dell’obbligo di comunicare agli altri amministratori e al collegio sindacale ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, l’amministratore o il componente del consiglio di gestione abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata; nonché dell’obbligo, per l’amministratore delegato, di astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale.

 

L’evento è dato dalla produzione di danni alla società o a terzi.

 

La sanzione è fissata nella reclusione da 1 a 3 anni. Si ricorda inoltre che, comunque, ai sensi dell’articolo 2391 del codice civile, l’amministratore risponderà anche dei danni derivati alla società dalla sua azione od omissione e dei danni che siano derivati alla società dall’utilizzazione a vantaggio proprio o di terzi di dati, notizie o opportunità di affari appresi nell'esercizio del suo incarico.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame - apportando una modifica alla lettera r) del comma 1 dell’articolo 25-ter del D.Lgs. n. 231 del 2001 - prevede che a seguito dell’accertamento della fattispecie penale di omessa comunicazione del conflitto di interesse, se il delitto è stato commesso nell’interesse della società, alla società si applichi la sanzione pecuniaria da 200 a 500 quote.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 231/2001 opta per un sistema commisurativo della sanzione pecuniaria “per quote”, che opera attraverso due fasi: nella prima fase il giudice determina l’ammontare del numero delle quote sulla scorta degli indici di gravità (articolo 11, comma 1), mentre nella seconda egli qualifica il valore monetario della singola quota considerando le condizioni economiche dell'ente (articolo 11, comma 2). Ciò avviene nel rispetto del minimo e del massimo fissati dalla legge delega (legge n. 300/2000):

-       la sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a 100 né superiore a mille;

-       l'importo di una quota va da un minimo di 258 euro ad un massimo di 1.549 euro.

 


Articolo 32
(Ricorso abusivo al credito)

 


1. L’articolo 218 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 218. – (Ricorso abusivo al credito). – 1. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni».


 

 

L’articolo 32 in esame interviene sulla legge fallimentare (regio decreto 16 marzo 1942, n. 267) per modificare il delitto di ricorso abusivo al credito.

 

Attualmente, ai sensi dell’articolo 218 della legge fallimentare il delitto è commesso dall’imprenditore esercente un’attività commerciale che ricorre o continua a ricorrere al credito, dissimulando il proprio dissesto, salvo che il fatto costituisca un reato più grave.

Soggetto attivo è dunque l’imprenditore in stato d’insolvenza, mentre la condotta si concreta in una attività diretta ad ottenere credito, accompagnata dall’occultamento del proprio stato di dissesto. L’elemento soggettivo richiesto, trattandosi di reato di pericolo, è il dolo generico, ossia la coscienza e volontà di far ricorso al credito nonostante il pericolo che lo stato di dissesto possa recare danno ai creditori, indipendentemente dal raggiungimento dello scopo.

La sanzione consiste nella reclusione fino a 2 anni, unita all’inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale ed all'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a 3 anni.

Le disposizioni dell’articolo 218 si applicano anche agli amministratori ed ai direttori generali di società dichiarate fallite (art. 225 L.F.) nonché all’institore dell’imprenditore dichiarato fallito (art. 227 L.F.).

 

L’articolo 31 sostituisce l’articolo 218 del R.D. n. 267/1942. La nuova fattispecie di reato di ricorso abusivo al credito presenta alcune caratteristiche analoghe alla disciplina attualmente vigente; in particolare, invariate risultano la condotta e le sanzioni accessorie. Le novità riguardano:

 

§      i soggetti attivi del reato, individuati negli amministratori, nei direttori generali, nei liquidatori e negli imprenditori esercenti un’attività commerciale;

§      la sanzione, che viene individuata nella reclusione da 6 mesi a tre anni;

§      la previsione di un aumento di pena quando il soggetto attivo del reato operi in società con azioni quotate in mercati regolamentari italiani o di altri paesi dell’Unione europea (soggette dunque alla disciplina del D.Lgs. n. 58 del 1998, parte IV, titolo III, capo II).

 


Articolo 33
(Istituzione del reato di mendacio bancario)

 


1. All’articolo 137 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al comma 2 è premesso il seguente:

«1-bis. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sé o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente ad una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino ad euro 10.000».


 

 

L’articolo 33 in esame, novellando l’articolo 137 del TUB (D.Lgs. n. 385/1993 “Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia”), reintroduce nell’ordinamento la figura di reato denominata “mendacio bancario”.

 

Commette tale delitto, punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a 10.000 euro, chi, al fine di ottenere per sé o per le aziende che amministra una concessione di credito, o di mutare le condizioni del credito precedentemente concesso, fornisce dolosamente ad una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito.

 

La formulazione della disposizione incriminatrice è quasi interamente sovrapponibile a quella già contenuta nell’articolo 137, comma 1, del D.Lgs. 385/1993 (abrogato dall'art. 8 del D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61): l’unica differenza consiste nella elevazione della sanzione pecuniaria (che il testo previgente stabiliva nel limite massimo di dieci milioni di lire).

 

Il delitto in esame sembra dunque avere una configurazione identica a quella dell’omonima, previgente fattispecie:

a)      quanto all’elemento oggettivo, pare si tratti di un delitto di pericolo “astratto”, in quanto nella struttura del reato non rientra alcun evento lesivo, né si richiede alcuna indagine specifica del giudice circa la concreta idoneità della condotta mendace ad esporre a pericolo il bene giuridico protetto (che potrebbe essere identificato nella tutela della funzione creditizia e del risparmio, ovvero nella tutela dei beni predetti e del patrimonio della banca, ciò che renderebbe il reato “pluri-offensivo”)[63];

b)        quanto all’elemento soggettivo, si tratta di un delitto caratterizzato dal dolo specifico, in quanto non occorre solo che il soggetto attivo abbia la coscienza e la volontà di mentire alla banca (come ribadito dall’avverbio “dolosamente”), ma anche che egli agisca perseguendo il fine ulteriore di ottenere un credito o condizioni di finanziamento più favorevoli (per sé o per le aziende amministrate);

c)        quanto al rapporto con altre fattispecie incriminatici, vi è una clausola di sussidiarietà espressa (contenuta nell’incipit della disposizione), in base alla quale se il fatto è sussumibile, oltre che nella previsione del “mendacio bancario”, anche in quella di altra più grave disposizione incriminatrice, dovrebbero applicarsi le pene previste da quest’ultima.

 

Un discorso a parte va fatto sulla individuazione del soggetto attivo del reato. Già sulla base della disposizione previgente, era stato notato come la fattispecie avesse una formulazione non del tutto perspicua sul punto. Infatti, mentre la prima parte della fattispecie incriminatrice sembrerebbe delineare un reato “comune” (potendo il soggetto attivo essere sia un amministratore di società sia un soggetto “comune” che richiede per sé il credito), la seconda parte, col richiedere notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito, sembra delineare un reato “proprio”. In sintesi, come rilevato dalla dottrina, tale formulazione, presa “alla lettera”, rischia “di non avere alcun plausibile significato concreto”:

§      se si afferma che il mendacio è un reato proprio dell'imprenditore non si spiega la prima locuzione;

§      se si afferma che il mendacio è un reato comune risulta incomprensibile la seconda.

 

Il reato di “mendacio bancario” non è, come già rilevato in precedenza, una fattispecie del tutto nuova. Esso era stato introdotto nell’ordinamento già con il R.D.L. 12 marzo 1936 n. 375 (“Disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia”), convertito con modificazioni nella legge 7 marzo 1938 n. 141. In seguito, la fattispecie è stata dapprima modificata dal D.Lgs. 481/1992, e poi è confluita nell’articolo 137 del D.Lgs. 383/1993 (che ha quasi completamente abrogato il regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375). Infine, il reato è stato soppresso dall'art. 8 del D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61 (“Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell'articolo 11 della L. 3 ottobre 2001, n. 366”).

Può allora essere utile riportare alcune delle ulteriori riflessioni della dottrina sulla figura di reato in esame, attesa la quasi integrale corrispondenza testuale fra il reato di “mendacio bancario” delineato dal previgente art. 137, comma 1, del Testo Unico bancario e quello di cui l’articolo in esame propone il reinserimento.

I primi commentatori, a seguito della introduzione di tale figura di reato nell’ordinamento, rilevarono come essa potesse costituire una vera “pietra angolare” del sistema repressivo delle fattispecie penali bancarie, riconoscendo alla norma una specifica “funzione moralizzatrice” dei rapporti creditizi[64].

In seguito, tuttavia, l’evoluzione della riflessione dottrinale, prendendo atto di una prassi giurisprudenziale che ha visto rare applicazioni della norma, pervenne alla conclusione che la fattispecie fosse "ormai obsoleta", costituendo null’altro che un’ipotesi di truffa, conservata solo per "sterili ragioni sistematiche"[65].

In effetti, il problema giuridico principale è stato in passato proprio quello del rapporto fra la fattispecie del “mendacio bancario” e quella della “truffa”[66]. Ove si ritenga che la previsione del “mendacio bancario” tuteli (anche o solo) il patrimonio della banca, la clausola di sussidiarietà espressa potrebbe condurre all’applicazione della più rigorosa norma sulla truffa o sulla truffa tentata, almeno tutte le volte che la condotta mendace sia idonea a trarre in inganno il potenziale creditore[67]. In questo modo, se il “mendacio bancario” viene configurato come reato di pericolo “concreto”[68], non sembra rimanere per esso alcuno spazio di applicazione pratica, in quanto sarà sempre “salva” l’applicazione della più severa pena prevista per la truffa (tentata o consumata). Se invece il reato di “mendacio bancario” è ricostruito come reato di pericolo “astratto”[69], allora potrebbe residuare uno spazio applicativo: la fattispecie sarebbe applicabile alle condotte mendaci non idonee trarre in inganno la banca (e dunque non punibili a titolo di truffa, tentata o consumata).

Altro problema che ha impegnato la dottrina, per molti aspetti collegato a quello del rapporto fra “mendacio bancario” e “truffa”, è proprio quello relativo alla individuazione del bene giuridico protetto dalla norma: taluni hanno ritenuto che il bene tutelato sia la funzione creditizia e (correlativamente) il risparmio; altri hanno individuato la ratio della norma penale nella tutela del patrimonio della banca; altri autori hanno rinvenuto nel mendacio bancario un reato pluri-offensivo, la cui previsione tutela sia il corretto esercizio del credito, sia il risparmio, sia il patrimonio della banca (quando non le stesse pubblica economia e pubblica fede)[70].

Come noto, l’individuazione del bene giuridico tutelato è molto rilevante al fine di decidere se un concorso di norme penali sia meramente apparente (per cui deve applicarsi solo la disposizione speciale ex art. 15 c.p.), o se invece si sia in presenza di un concorso formale di reati (ossia di una sola condotta che vìola più norme penali, alla quale si applica, ex art. 81 c.p., la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo).

 


Articolo 34
(Falso in prospetto)

 


1. Dopo l’articolo 173 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). – 1. Chiunque, allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento o l’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».

2. L’articolo 2623 del codice civile è abrogato.


 

 

L’articolo 34 in esame riscrive la fattispecie del falso in prospetto attualmente disciplinata dall’articolo 2623 del codice civile, di cui viene disposta l’abrogazione.

Ponendo fine ai contrasti interpretativi sulla riconducibilità alla categoria delle “comunicazioni sociali” del prospetto informativo per gli investimenti, derivanti dalla collocazione della norma nell’ambito del codice civile, l’illecito viene “trasferito” aggiungendo l'articolo 173-bis al testo unico della finanza (TUF) di cui al D.Lgs n. 58/1998.

 

L’articolo 2623 c.c., come riformato dal D.Lgs n. 61 del 2002, disciplinava il falso in prospetto come fattispecie speciale rispetto agli illeciti previsti dagli articoli 2621 e 2622 (false comunicazioni sociali). La norma distingueva due ipotesi, pur unificate dall’identica condotta: una fattispecie di pericolo, punita in via contravvenzionale, ed una di danno, avente natura di delitto.

Si prevedeva, infatti, che chiunque, per conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti informativi per gli investimenti o per l’ammissione ai mercati regolamentati o nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubblico di acquisto e di scambio, con la consapevolezza della falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari, espone false informazioni ed occulta dati e notizie in modo idoneo ad indurre i suddetti destinatari in errore, è punito con l’arresto fino a un mese se la condotta non ha loro causato un danno patrimoniale. Ferma l’identità della condotta, l’ipotesi era punita con la reclusione da uno a tre anni quando, invece, i destinatari del prospetto subiscono un danno patrimoniale.

A parte la sanzione, l’unico elemento distintivo tra le due fattispecie riguarda, quindi, l’evento dannoso.

 

Nell’ambito del nuovo articolo 173-bis del TUF viene eliminato il riferimento al reato di danno e, contestualmente, la residua fattispecie di pericolo viene trasformata da contravvenzione in delitto, punito, pertanto, con la pena della reclusione da uno a cinque anni: il nuovo trattamento sanzionatorio risulta, dunque, nel complesso aggravato, sia perché ad un reato di pericolo, attualmente punito con l’arresto, viene applicata la pena della reclusione, sia perché tale pena, attualmente prevista per il solo reato di danno, viene comunque aumentata nella sua entità (in particolare il limite massimo edittale è portato da tre a cinque anni).

Rispetto al vigente articolo 2623, inoltre, pur essendo mantenuto l’elemento soggettivo del dolo specifico, esso concerne la sola “intenzione di ingannare” i destinatari del prospetto.

 


Articolo 35
(Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione)

 


1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte V, titolo I, capo III, all’articolo 175 sono premessi i seguenti:

«Art. 174-bis. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). – 1. I responsabili della revisione delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, i quali, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con l’intenzione di ingannare i destinatari, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, dell’ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

2. Nel caso in cui il fatto previsto dal comma 1 sia commesso per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con gli amministratori, i direttori generali o i sindaci della società assoggettata a revisione, la pena è aumentata fino alla metà.

3. La stessa pena prevista dai commi 1 e 2 si applica a chi dà o promette l’utilità nonché agli amministratori, ai direttori generali e ai sindaci della società assoggettata a revisione, che abbiano concorso a commettere il fatto.

Art. 174-ter. - (Corruzione dei revisori). – 1. Gli amministratori, i soci, i responsabili della revisione contabile e i dipendenti della società di revisione, i quali, nell’esercizio della revisione contabile delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, fuori dei casi previsti dall’articolo 174-bis, per denaro o altra utilità data o promessa, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chi dà o promette l’utilità».


 

 

L’articolo 35 in esame aggiunge due articoli al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58/1998 (TUF), volti a disciplinare due distinte ipotesi di reato, la falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione (articolo 174-bis) e la corruzione dei revisori (articolo 174-ter).

 

Il nuovo articolo 174-bis del TUF, in particolare, prevede un illecito che riguarda i responsabili della revisione delle società quotate o emettitrici di strumenti finanziari diffusi, ponendosi, pertanto, in rapporto di specialità rispetto alle fattispecie già regolate dall’articolo 2624 del codice civile, che continuerà ad applicarsi con riferimento ai responsabili della revisione di tutte le persone giuridiche non ricomprese nell’ambito circoscritto dall’articolo 174-bis.

 

Il vigente articolo 2624 del codice civile (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione) prevede due distinte figure criminose che hanno sostituito la singola fattispecie di cui all’articolo 175 del TUF: una di natura contravvenzionale e l’altra di natura delittuosa, che, a differenza della prima, si realizza al verificarsi di un danno patrimoniale. Il primo comma della norma in esame stabilisce che i responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti, se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale, con l'arresto fino a un anno. La fattispecie delittuosa di cui al secondo comma, invece, punisce con la reclusione da uno a quattro anni i revisori che abbiano con l’indicata condotta cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni.

 

La nuova disposizione provvede a collocare nell’ambito del TUF - ferma restando la operatività della fattispecie di cui al citato articolo 2624 del codice civile nei limiti sopra indicati - il reato di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, riguardante le società con azioni quotate, le società da queste controllate e le società che emettono strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo116 dello stesso testo unico[71].

La norma in esame dispone la reclusione da uno a cinque anni per i responsabili della revisione che, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con l'intenzione di ingannare i destinatari, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, dell'ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari: anche in tal caso si tratta di una fattispecie delittuosa di pericolo, non essendo necessario, per la configurabilità del reato, il verificarsi di un effettivo danno patrimoniale.

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specificolimitato alla “intenzione di ingannare” e, rispetto alla analoga fattispecie di pericolo di cui all’articolo 2624 del codice civile, l’entità e la natura della pena sono modificate: in particolare si prevede la pena della reclusione (applicabile, in base all’articolo 2624, al solo reato di danno ivi disciplinato) da uno a cinque anni (l’articolo 2624 dispone, invece, per la fattispecie di natura contravvenzionale di pericolo, l’arresto fino ad un anno e per quella delittuosa di danno la reclusione da uno a quattro anni).

La finalità del conseguimento di un ingiusto profitto, che nella fattispecie di cui all’articolo 2624 del codice civile concorre ad integrare l’elemento psicologico del reato, figura, invece, unitamente ad altri elementi, al comma 2 della disposizione in esame come circostanza aggravante: si prevede, infatti, l’aumento della reclusione fino alla metà quando il fatto illecito sia commesso per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con i dirigenti – amministratori, direttori generali, sindaci – della società assoggettata a revisione.

Si dispone, infine, che le pene previste dalla norma in esame si applichino anche ai terzi “corruttori”(a coloro cioè che danno o promettono l’utilità), nonché agli amministratori, ai direttori generali e ai sindaci della società assoggettata a revisione che abbiano concorso a commettere il fatto.

 

Il nuovo articolo 174-ter del TUF introduce una figura di reato (corruzione dei revisori) che, riprendendo alcuni elementi presenti nella fattispecie di cui al vigente articolo 2635 del codice civile, è diretta a sanzionare alcune condotte illecite degli amministratori, dei responsabili della revisione, nonché dei dipendenti delle società di revisione.

 

L’articolo 2635 del codice civile (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità) punisce con la reclusione sino a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società. La stessa pena si applica a chi dà o promette l'utilità. Si procede a querela della persona offesa.

 

Come per l’articolo 174-bis, oggetto della attività di revisione devono essere le società con azioni quotate, le società da queste controllate e le società che emettono strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del medesimo TUF. Soggetti attivi del reato sono, come accennato, gli amministratori, i responsabili della revisione contabile e i dipendenti di una società di revisione che – fuori dei casi di cui all’articolo 174-bis – per denaro o altra utilità data o promessa compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti all'ufficio. La pena prevista, applicabile anche ai terzi che promettono o danno l'utilità, è, anche in questo caso, la reclusione da uno a cinque anni.

Rispetto alla fattispecie di cui all’articolo 2635 del codice civile, quella in esame si distingue per essere di pericolo e non di danno (la norma codicistica richiede l’ulteriore elemento del nocumento alla società), per disporre la procedibilità d’ufficio anziché a querela della persona offesa, per la previsione di una pena edittale più elevata nel massimo.

 


Articolo 36
(False comunicazioni circa l'applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate)

 


1. Dopo l’articolo 192 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:

«Art. 192-bis. - (False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i direttori generali di società quotate nei mercati regolamentati i quali omettono le comunicazioni prescritte dall’articolo 124-bis ovvero, nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulgano o lasciano divulgare false informazioni relativamente all’adesione delle stesse società a codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, ovvero all’applicazione dei medesimi, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro. Il provvedimento sanzionatorio è pubblicato, a spese degli stessi, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale».


 

 

L’articolo 36 in esame introduce il nuovo articolo 192-bis nel TUF (testo unico della finanza di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), che concerne le false comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate.

 

L’articolo 192-bis, in particolare, prevede, salvo che il fatto costituisca reato, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro agli amministratori, ai componenti degli organi di controllo e ai direttori generali delle società quotate nei mercati regolamentati che:

a)        nei termini e con le modalità decise dalla CONSOB, non diffondano annualmente le informazioni sull’adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull’osservanza dei relativi impegni;

b)       nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulghino o lascino divulgare false informazioni relativamente all'adesione delle stesse società ai codici di comportamento o alla loro applicazione.

Come sanzione accessoria per la violazione dei suddetti obblighi è prevista, inoltre, la pubblicazione del provvedimento sanzionatorio su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale; le spese relative alla applicazione di tale sanzione sono sostenute dai soggetti cui è imputabile la condotta illecita.

 


Articolo 37
(Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo)

 


1. All’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, il comma 3-bis è sostituito dal seguente:

«3-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, i componenti degli organi di controllo, i quali omettano di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni di cui all’articolo 148-bis, comma 2, sono puniti con la sanzione amministrativa in misura pari al doppio della retribuzione annuale prevista per l’incarico relativamente al quale è stata omessa la comunicazione. Con il provvedimento sanzionatorio è dichiarata altresì la decadenza dall’incarico».


 

 

L’articolo 37 introduce nell’articolo 193 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, una disposizione sanzionatoria per la violazione dell’obbligo di comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo, previsto dall’articolo 148-bis, comma 2, del medesimo testo unico, introdotto dall’articolo 2, comma 1, lettera b), del presente progetto.

 

Si ricorda che l’articolo 193 del TUF (Informazione societaria e doveri dei sindaci e delle società di revisione) prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.164 a 103.291 euro nei seguenti casi:

-       a carico di chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso società, enti o associazioni e non osserva le disposizioni in tema di informazione societaria di cui agli articoli 113, 114 e 115 del TUF (prospetto di quotazione e comunicazioni al pubblico e alla CONSOB);

-       in caso di violazione delle disposizioni relative agli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti (art. 120 del TUF) e agli obblighi relativi ai patti parasociali (art. 122 del TUF);

-       a carico dei sindaci e degli amministratori delle società di revisione che omettono comunicazioni alla CONSOB (art. 149, comma 3, del TUF per quanto riguarda i sindaci e art. 162, comma 3, del TUF per quanto riguarda le società di revisione).

 

Il nuovo comma introdotto nell’articolo 193 del testo unico non è aggiuntivo, bensì sostitutivo rispetto al testo vigente. Per conseguenza, viene meno la disposizione (introdotta recentemente nel vigente comma 3-bis dell’articolo 193, in sede di recepimento della direttiva europea sugli abusi di mercato, dall’articolo 9 della legge 18 aprile 2005, n. 62) che esclude la possibilità di pagamento in misura ridotta per le violazioni indicate nel medesimo articolo.

 

Si ricorda che la possibilità di pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è comunque esclusa in via generale dall’articolo 23, comma 4, della presente legge, per le sanzioni amministrative irrogate dalle autorità di vigilanza, con le sole eccezioni ivi espressamente enunziate.

 

La disposizione in commento sanziona i componenti degli organi di controllo che omettono di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni relative al cumulo degli incarichi, di cui all’articolo 148-bis, comma 2, del TUF.

Si prevede per questa fattispecie la decadenza dall’incarico e una sanzione pecuniaria individuata nel doppio della retribuzione annua prevista per l’incarico per il quale è stata omessa la comunicazione.

La sanzione amministrativa non si applica laddove l’omissione della comunicazione integri una fattispecie di reato (ad esempio nell'ipotesi prevista dall'articolo 2638, secondo comma, del codice civile, qualora l'omissione implichi il più grave delitto di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, ossia quando essa sia dolosamente preordinata al fine di ostacolare l'esercizio di tali funzioni).


Articolo 38
(Abusive attività finanziarie)

 

1. All’articolo 132, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La stessa pena si applica a chiunque svolge l’attività riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco».

 

 

L’articolo 38 in esame introduce nell’articolo 132, comma 1, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 la previsione per cui la pena in esso contemplata si applica a chiunque svolge l’attività riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco.

 

Il citato articolo 132, al comma 1, commina la sanzione della reclusione da sei a quattro anni e della multa da quattro milioni a venti milioni di lire, a chiunque svolga, nei confronti del pubblico, una o più delle attività finanziarie, previste dall'articolo 106, comma 1, senza essere iscritto nell'elenco previsto dal medesimo articolo.

 

La stessa pena è, pertanto, applicata a coloro che svolgono attività riservata agli intermediari finanziari senza essere inseriti nell’elenco speciale, tenuto dalla Banca d’Italia, di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, relativo agli intermediari finanziari che rispondono a specifici criteri oggettivi, determinati dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, e riferibili all'attività svolta, alla dimensione e al rapporto tra indebitamento e patrimonio.

 

La disposizione elimina una lacuna normativa, in conseguenza della quale rimaneva privo di sanzione l’abusivo esercizio delle attività per cui è richiesta l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 del testo unico bancario.

 


Articolo 39
(Aumento delle sanzioni penali e amministrative)

 


1. Le pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, sono raddoppiate entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale.

2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 2625, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58»;

b) all’articolo 2635, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58»;

c) all’articolo 2638, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58».

3. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che non sono state modificate dalla presente legge, sono quintuplicate.

4. All’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge 29 luglio 2003, n. 229, dopo il numero 1) è inserito il seguente:

«1-bis) raddoppiando la misura delle sanzioni penali e quintuplicando la misura massima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad eccezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni».

5. Le sanzioni pecuniarie previste dall’articolo 25-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono raddoppiate.


 

 

L’articolo 39, comma 1,dispone il raddoppio delle pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58(T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), dalla legge 12 agosto 1982, n. 576 (Riforma della vigilanza sulle assicurazioni), e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421), da operarsi entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale (artt. 22-27 c.p.).

 

I limiti stabiliti dalle citate disposizioni del codice penale sono i seguenti:

1)      per i delitti:

-        reclusione: da quindici giorni a ventiquattro anni (articolo 23);

-        multa: da lire diecimila (pari a euro 5,16) a lire dieci milioni (pari a euro 5164,57); per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da lire diecimila a lire quattro milioni (pari a euro 2065,83) (articolo 24);

2)      per le contravvenzioni:

-        arresto: da cinque giorni a tre anni (articolo 25);

-        ammenda: da lire quattromila (pari a euro 2,07) a lire due milioni (pari a euro 1032,91) (articolo 26).

 

Le sanzioni penali pecuniarie comminate dagli atti legislativi cui dovrebbe applicarsi l’aggravamento di pena previsto dal presente comma, per le fattispecie più gravi, risultano sovente superiori ai massimi stabiliti dal codice penale.

Si riportano i seguenti esempi riferiti ai testi unici bancario (TUB) e dell’intermediazione finanziaria (TUF):

 

 

delitti:

 

Articolo

Fattispecie

Sanzione attuale

Nuova sanzione

131 TUB

Abusiva attività bancaria

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

131-bis TUB

Abusiva emissione di moneta elettronica

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da 2.066 euro a 10.329 euro

reclusione da un anno a otto anni e multa da 4.132 euro a 10.329 euro

132 TUB

Abusiva attività finanziaria

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

136 TUB

Violazioni relative alle obbligazioni degli esponenti bancari

reclusione da uno a tre anni e multa da 206 a 2.066 euro

reclusione da due a sei anni e multa da 412 a 4.312 euro

166.1 TUF

Abusiva prestazione di servizi d’investimento

reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da lire quattro milioni a lire venti milioni

reclusione da un anno a otto anni e multa da lire otto milioni a lire venti milioni

170-bis TUF (1)

Ostacolo alle funzioni di vigilanza della CONSOB

reclusione fino a due anni e multa da euro diecimila a euro duecentomila

reclusione fino a quattro anni e multa da euro dieci­mila a euro duecen­tomila

 

NOTA:

 

La sanzione prevista dall’articolo 170-bis del TUF è applicabile fuori dai più gravi casi previsti dall'articolo 2638 del codice civile.

L’articolo 2638 del codice civile, che punisce l’ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, prevede la reclusione da uno a quattro anni.

Il comma 2 del presente articolo dispone il raddoppio della pena prevista dall’articolo 2638 qualora la violazione riguardi società con azioni quotate o strumenti diffusi fra il pubblico in misura rilevante.

 

172. 1 TUF

Irregolare acquisto di azioni proprie

reclusione da sei mesi a tre anni e multa da lire quattrocentomila a lire due milioni

reclusione da un anno a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire quattro milioni

173 TUF

Omessa alienazione di partecipazioni

reclusione fino ad un anno e multa da lire duecentomila a lire due milioni

reclusione fino a due anni e multa da lire quattrocen­tomila a lire quat­tro milioni

177 TUF

Illeciti rapporti patrimoniali tra il revisore e la società sottoposta a revisione

reclusione da uno a tre anni e multa da lire quattrocento
mila a lire quattro milioni

reclusione da due a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire otto milioni

178 TUF

Compensi illegali ai revisori

reclusione da sei mesi a tre anni e multa da lire quattrocentomila a lire due milioni

reclusione da un anno a sei anni e multa da lire ottocentomila a lire quattro milioni

184. 1 TUF

Abuso di informazioni privilegiate (2)

reclusione da uno a sei anni e multa da euro ventimila a euro tre milioni

reclusione da due a dodici anni e multa da euro ventimila a euro tre milioni

185.1 TUF

Manipolazione del mercato (2)

reclusione da uno a sei anni e multa da euro ventimila a euro cinque milioni

reclusione da due a dodici anni e multa da euro ventimila a euro cinque milioni

(1) Aggiunto dalla legge 18 aprile 2005, n. 62, art. 9.

(2) Sostituito dalla legge 18 aprile 2005, n. 62, art. 9.

 

 


Contravvenzioni:

 

Articolo

Fattispecie

Sanzione attuale

Nuova sanzione

130 TUB

Abusiva attività di raccolta del risparmio

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire venticinque milioni a lire cento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire venticinque milioni a lire cento milioni

137. 2 TUB

Falso interno bancario

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda fino a lire venti milioni.

arresto da un anno a tre anni e ammenda fino a lire venti milioni.

167 TUF

Gestione infedele

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

168 TUF

Confusione di patrimoni gestiti

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire duecento milioni

169 TUF

False informazioni sulle partecipazioni al capitale

arresto da sei mesi a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni

arresto da un anno a tre anni e ammenda da lire dieci milioni a lire cento milioni

 

 

Il comma 2 apporta modificazioni al codice civile. Le modificazioni sono state redatte in forma di puntuale novella al codice.

Con riferimento alle fattispecie definite dagli articoli 2625 (Violazione di obblighi incombenti ai liquidatori), 2635 (Omissione dell’iscrizione nel registro delle imprese) e 2638 (Accettazione di retribuzione non dovuta),si prevede il raddoppio della pena quando tali fattispecie riguardino società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.

Il comma 3 dell’articolo 39 stabilisce che la quintuplicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia), al decreto legislativo n. 58 del 1998 (T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), dalla legge 12 agosto 1982, n. 576 (Riforma della vigilanza sulle assicurazioni), e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera v), della L. 23 ottobre 1992, n. 421) abbia luogo limitatamente a quelle che non sono direttamente modificate dalla presente legge.

 

Si segnala che la disposizione incide sugli aggravi del regime sanzionatorio di talune aree di disciplina del TUF già operate dall’articolo 9 della legge comunitaria per il 2004, che ha dettato la disciplina di attuazione della normativa comunitaria in materia di abusi di mercato, determinando così un rilevante inasprimento delle relative sanzioni.

 

 

Il comma 4 dell’articolo in commento - emendando l’articolo 4 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione 2001[72]) - dispone che il Governo, nell’emanare i decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni in materia di assicurazioni, debba riformulare l'apparato sanzionatorio prevedendo il raddoppio delle sanzioni penali e la quintuplicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro.

Sono escluse da tale riformulazione le sanzioni in materia di vigilanza sulle assicurazioni disciplinate alla legge n. 576 del 1982, in quanto già aumentate, in modo diretto, da alcuni dei commi precedenti.

 

Il comma 4 modifica il criterio di delega previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge n. 229 del 2003, concernente l’emanazione del codice delle assicurazioni.

Il termine per l’esercizio della delega è trascorso, essendo il codice stato emanato con decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

Tuttavia, si ricorda che l’articolo 20-bis della legge n. 229 del 2003, come introdotto da ultimo dall'articolo 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246, prevede che entro un anno dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 11 della stessa legge n. 229, il Governo può adottare uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.

Pertanto, l’aggravamento delle sanzioni previsto dal comma 4 in commento potrebbe essere ora suscettibile di realizzazione con tale modalità, anche se le sanzioni in materia assicurativa sono state già notevolmente inasprite dalle disposizioni dello stesso codice.

 

Infine al comma 5 sono raddoppiate le sanzioni pecuniarie a carico delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, laddove reati in materia societaria previsti dal codice civile siano commessi da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, nell'interesse della società (sanzioni previste dall’articolo 25-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231[73]).

 


Articolo 40
(Sanzioni accessorie)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative applicate ai sensi del titolo XI del libro V del codice civile, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) applicazione delle sanzioni accessorie e determinazione della loro durata, comunque non superiore a tre anni, in ragione della gravità della violazione, valutata secondo i criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, o della sua reiterazione;

b) previsione della sanzione accessoria della sospensione o della decadenza dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario, ovvero dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso società;

c) previsione della sanzione accessoria dell’interdizione dalle cariche presso banche e altri intermediari finanziari o dalle cariche societarie;

d) previsione della sanzione accessoria della pubblicità della sanzione pecuniaria e accessoria, a carico dell’autore della violazione, su quotidiani e altri mezzi di comunicazione a larga diffusione e nei locali aperti al pubblico delle banche e degli altri intermediari finanziari presso i quali l’autore della violazione ricopra cariche societarie o dei quali lo stesso sia dipendente;

e) previsione della sanzione accessoria della confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente;

f) attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni accessorie alla medesima autorità competente ad irrogare la sanzione principale.


 

 

L’articolo 40 in esame delega il Governo ad emanare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative in materia di società e di consorzi previste dal codice civile (titolo XI del libro V, artt. 2621-2641) ed alle sanzioni previste dalla normativa in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993), in tema di intermediazione finanziaria (D.Lgs. n. 58/1998), di vigilanza sulle assicurazioni (legge n. 576/1982) e di fondi pensione (D.Lgs. n. 124/1993).

 

Nel disciplinare le sanzioni accessorie il Governo dovrà attenersi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

§      la durata delle sanzioni accessorie non dovrà superare i 3 anni e dovrà essere commisurata alla gravità della violazione desunta da una serie di indici, individuati dall’articolo 133 del codice penale (lettera a);

L’articolo 133 del codice penale prevede che il giudice, per stabilire quale pena applicare in concreto all'interno del minimo e del massimo imposti dalla legge, debba tener conto di due criteri, l'uno oggettivo e l'altro soggettivo: la gravità del reato commesso e la capacità di delinquere del reo. La prima si desume da:

-        ogni modalità dell'azione o dell'omissione che ha causato il reato;

-        dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa;

-        dall'intensità del dolo o dal grado della colpa.

La capacità di delinquere, che consiste nella soggettiva possibilità che il soggetto commetta ulteriori reati, si desume invece:

-        dai motivi per delinquere e dal carattere del reo;

-        dai precedenti penali e giudiziari dell'imputato e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo antecedenti al reato;

-        dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;

-        dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo.

§      dovranno essere previste, fra le sanzioni accessorie, la sospensione o decadenza dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti (lettera b), ovvero l’interdizione dalle cariche (lettera c), presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario, ovvero società;

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 32-bis del codice penale, l’interdizione e sospensione dagli uffici direttivi è una pena accessoria che comporta il divieto di rivestire gli uffici di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e tutti gli uffici di rappresentanza nelle imprese e nelle persone giuridiche in genere, per la durata della pena principale. Consegue a ogni condanna non inferiore a sei mesi di reclusione per delitti commessi con abuso di poteri o violazione di doveri inerenti all'ufficio svolto.

§      dovrà inserirsi la previsione che della condanna alla sanzione pecuniaria, nonché alla sanzione accessoria sia data pubblicità a spese del condannato sui mezzi di comunicazione, nei locali aperti al pubblico delle banche e delle finanziarie presso le quali l’autore della violazione ricopriva cariche o era dipendente (lettera d);

§      dovrà essere prevista la sanzione accessoria della confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente (lettera e).

Si ricorda che l’istituto della confisca è disciplinato in generale dall’articolo 240 del codice penale. Si tratta di una misura di sicurezza disposta dal giudice, consistente nel ritiro, da parte dell'autorità giudiziaria, di oggetti pertinenti al reato; può essere obbligatoria o facoltativa.

È facoltativa la confisca riguardante: a) le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato; b) le cose che rappresentano il prodotto del reato; c) le cose che rappresentano il profitto del reato.

È obbligatoria la confisca riguardante: a) le cose che costituiscono il prezzo del reato, cioè ciò che l'agente ha ricevuto per commetterlo; b) le cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituiscono reato, anche se non è stata pronunciata condanna.

 

La lettera f) inserisce, nel novero dei princìpi e criteri direttivi previsti per l’esercizio della delega legislativa conferita dal presente articolo, la precisazione secondo cui la competenza ad irrogare le sanzioni accessorie dev’essere attribuita alla medesima autorità competente ad irrogare la sanzione principale.

 


Articolo 41
(Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull'istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca)

 


1. La Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, di cui all’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, è soppressa.

2. Sono abrogati gli articoli 110 e 112 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni. All’articolo 47, secondo periodo, del medesimo testo unico, sono soppresse le parole: «, col parere della Commissione permanente di vigilanza sugli istituti di emissione,».


 

 

L’articolo 41 in esame sopprime, al comma 1, la Commissionepermanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, di cui all’articolo 110 del testo unico approvato con regio decreto 28 aprile 1910, n. 204.

La Commissione, avente composizione mista e formata da rappresentanti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e di organi della pubblica amministrazione, era stata istituita dall’articolo 3 del regio decreto 20 dicembre 1893, n. 670, come organo di alta vigilanza sugli istituti che con la Banca d’Italia, istituita nello stesso anno, esercitavano la prerogativa di emettere biglietti di banca pagabili al portatore e a vista.

Tale funzione è stata confermata nel testo unico testo unico delle leggi sugli istituti di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca approvato con regio decreto 28 aprile 1910 n. 204. La sua rilevanza si è venuta riducendo a séguito delle modificazioni intervenute nell’ordinamento, segnatamente con la riforma della Banca d’Italia e con la riorganizzazione della vigilanza bancaria, operate dal regio decreto-legge 12 marzo 1936, n. 375, recante disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 marzo 1938, n. 141.

La creazione della Banca centrale europea e del Sistema europeo di banche centrali, prevista nel 1992 dal trattato sull'Unione europea, fatto a Maastricht il 7 febbraio 1992, ha aperto una transizione compiuta il 1° gennaio 2002 con il passaggio alla moneta dell’euro, a séguito della quale appare superata la funzione di vigilanza su una non più attuale ipotesi di emissione monetaria effettuata a livello nazionale.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame abroga di conseguenza gli articoli 110, e 112 del testo unico approvato con regio decreto n. 204 del 1910.

 

Nel dettaglio, il richiamato articolo 110 prevede che, agli effetti della vigilanza sugli istituti di emissione è istituita una commissione permanente presieduta dal Ministro dell’economia e delle finanze.

Essa è composta: di quattro senatori e di quattro deputati eletti dalle Camere rispettive, e, in caso di scioglimento della Camera dei deputati, i deputati rimangono in ufficio sino a nuove nomine; di cinque membri nominati per decreto del Presidente della Repubblica, promosso dal Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze), udito il Consiglio dei Ministri.

I membri di nomina governativa sono:

-        un presidente o consigliere del Consiglio di Stato;

-        un presidente o consigliere della Corte dei conti;

-        il direttore generale del tesoro;

-        l'ispettore generale per la vigilanza sugli istituti di emissione, sui servizi del tesoro e sulle opere di risanamento della città di Napoli;

-        il direttore generale del credito e della previdenza presso il Ministero di agricoltura industria e commercio (ora Ministero dell’economia e delle finanze).

La commissione elegge nel suo seno un vice presidente.

Secondo il richiamato articolo 112, la Commissione permanente, quando ne sia richiesta dal Ministro del tesoro, estenderà il suo esame sopra:

-        le proposte di modificazione allo statuto della Banca d'Italia nei limiti delle leggi;

-        le proposte di modificazioni che si credesse necessario introdurre negli statuti e nei regolamenti dei Banchi di Napoli e di Sicilia;

-        e, in generale, sopra tutti i provvedimenti indispensabili all’attuazione della medesima legge.

Alla Commissione è comunicata, per il suo parere, la relazione di cui nell'articolo 47 del testo unico.

 

Lo stesso comma 2 dell’articolo in esame sopprime poi, all’articolo 47, primo comma, secondo periodo, del medesimo testo unico, il riferimento al parere della Commissione permanente di vigilanza sugli istituti di emissione.

 

Il richiamato articolo 47 prevede che il Banco di Napoli presenti ogni anno al Ministro dell’economia e delle finanze una relazione sull'andamento del servizio di cui agli articoli 45 e 46. La relazione, col parere della Commissione permanente di vigilanza sugli istituti di emissione, è presentata al Parlamento dal Ministro.

 


Articolo 42
(Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)

 


1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le società iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte.

2. Fino alla costituzione dell’albo unico dei promotori finanziari ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 14, comma 1, lettera b), della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dal citato articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

3. Le disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotti dall’articolo 6, comma 1, della presente legge, si applicano alle società che vi sono soggette, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

4. La disposizione di cui all’articolo 161, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera d), della presente legge, si applica a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo articolo 161, comma 4, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

5. Gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e che ricadono in una delle situazioni specifiche di incompatibilità previste dalle disposizioni contenute nell’articolo 18 per le società di revisione e le entità appartenenti alla medesima rete, i loro soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, possono essere portati a definizione secondo i previsti termini contrattuali, senza possibilità di rinnovo. Entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il recesso unilaterale da parte della società, o dei soggetti appartenenti alla medesima rete, dall’incarico revisionale o da contratti per lo svolgimento di servizi, giustificato dalla necessità di rimuovere una causa di incompatibilità, non comporta obblighi di indennizzo, risarcimento o l’applicazione di clausole penali o sanzioni, anche se previste in norme di legge o in clausole contrattuali.

5-bis. Le disposizioni regolamentari e quelle di carattere generale di attuazione della presente legge sono adottate dalla CONSOB entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.


 

 

L’articolo 42 in esame reca, per un verso, la disciplina dei termini per gli adempimenti previsti dal presente provvedimento e, per altro verso, regola alcune situazioni di diritto transitorio.

 

In relazione alle modificazioni introdotte alla disciplina delle società, il comma 1 dell'articolo 40 prevede che, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, le società iscritte nel registro delle imprese debbano provvedere ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questo introdotte.

 

Il comma 2 prevede che, in relazione all’istituzione dell’albo unico dei promotori finanziari ai sensi dell’articolo 31 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera b), del presente provvedimento, fino alla costituzione dello stesso continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dal citato articolo 31, nel testo attualmente vigente.

 

Secondo il comma 3, le disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del TUF introdotti dall’articolo 6, comma 1, del presente provvedimento, relativi agli obblighi posti in tema di trasparenza delle società estere, si applicano alle società che vi sono soggette a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Il comma 4 prevede che la disposizione di cui all’articolo 161, comma 4, del TUF, relativo alla previsione di un’assicurazione per l’esercizio dell’attività di revisione contabile, come sostituito dall’articolo 18, comma 1, lettera d), del provvedimento in esame, si applica a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento. Si precisa che, fino a tale data, continueranno ad applicarsi le disposizioni del medesimo articolo e comma, nel testo attualmente vigente.

 

Il comma 5 disciplina l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di incompatibilità, riferite alle società di revisione contabile, previste dall’articolo 18, comma 1, lettera c).

È stabilito a questo proposito che gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, i quali ricadano in una delle situazioni specifiche di incompatibilità previste dalle suddette disposizioni per le società di revisione e le entità appartenenti alla medesima rete, i loro soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, possono essere conclusi secondo i previsti termini contrattuali, senza possibilità di rinnovo.

È stabilito altresì che il recesso unilaterale, da parte della società di revisione o dei soggetti appartenenti alla medesima rete, dall'incarico di revisione o da contratti per lo svolgimento di servizi, giustificato dalla necessità di rimuovere una causa di incompatibilità, non comporta obblighi di indennizzo, risarcimento o l'applicazione di clausole penali o sanzioni, anche se previste in norme di legge o in clausole contrattuali, a condizione che intervenga entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Il comma 5-bis, introdotto dall’articolo 34-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80,- (Tutela del risparmio), stabilisce che le disposizioni regolamentari e quelle di carattere generale di attuazione della presente legge sono adottate dalla CONSOB entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa.

Le disposizioni di attuazione di competenza della CONSOB previste dalla legge n. 262 del 2005 sono le seguenti:

1)       art. 2, comma 1, lettera a), numero 2): la CONSOB stabilisce con regolamento modalità per l'elezione di un membro effettivo del collegio sindacale delle società con azioni quotate in mercati regolamentati da parte dei soci di minoranza;

2)       art. 2, comma 1, lettera b): con regolamento della CONSOB sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo delle società con azioni quotate o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante possono assumere presso tutte le società di capitali, quotate e no, e le modalità di informazione alla CONSOB e al pubblico sugli incarichi da essi rivestiti;

3)       art. 4, comma 1: la CONSOB stabilisce i limiti per la raccolta di deleghe di voto nel caso di società quotate ad elevata capitalizzazione e azionariato particolarmente diffuso;

4)       art. 6, comma 1: la CONSOB emana le disposizioni di attuazione relative ai rapporti tra società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante e società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria; in particolare, con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali è consentito alle predette società italiane di controllare imprese aventi sede in uno di tali Stati;

5)       art. 11, comma 2, lettera c): la CONSOB determina le informazioni che debbono essere contenute nel documento informativo da consegnarsi – in alternativa alla garanzia di solvenza – agli acquirenti che non siano investitori professionali, in caso di cessione di strumenti finanziari originariamente destinati ai soli investitori professionali;

6)       art. 11, comma 3: la CONSOB esercita poteri di vigilanza regolamentare in relazione ai prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione;

7)       art. 12: è prevista l’attribuzione di poteri regolamentari alla CONSOB in conseguenza dell’attuazione, mediante delega legislativa, della direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari;

8)       art. 14, comma 1, lettera a): con regolamento dalla CONSOB sono definiti i criteri per la classificazione del grado di rischiosità dei prodotti finanziari;

9)       art. 14, comma 1, lettera b): la CONSOB regolamenta l’attività dell’organismo per la gestione dell’Albo dei promotori finanziari;

10)   art. 14, comma 1, lettera c), numero 3): la CONSOB determina con regolamento alcuni requisiti e criteri per la quotazione di determinati tipi di società;

11)   art. 14, comma 1, lettera f): la CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico in misura rilevante e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere un contenuto tipico determinato;

12)   art. 14, comma 1, lettera i), primo capoverso: la CONSOB, con proprio regolamento stabilisce disposizioni specifiche per le operazioni di fusione nelle quali una società con azioni non quotate viene incorporata in una società con azioni quotate, quando l'entità degli attivi di quest'ultima sia significativamente inferiore alle attività della società incorporante;

13)   art. 14, comma 1, lettera i), secondo capoverso: la CONSOB determina con proprio regolamento gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili;

14)   art. 14, comma 1, lettera l): la CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i termini per il riesame periodico delle informazioni comunicate al pubblico ai sensi di legge, comprese le informazioni contenute nei documenti contabili, dagli emittenti quotati;

15)   art. 14, comma 1, lettera m): la CONSOB stabilisce le forme di pubblicità cui sono soggetti i codici di comportamento e le modalità e i termini per la diffusione delle informazioni sull'adesione ad essi;

16)   art. 14, comma 1, lettera n): la CONSOB stabilisce con regolamento il modello per l’attestazione circa l'adeguatezza e l'effettiva applicazione delle procedure di redazione dei documenti contabili societari, nonché circa la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili, da parte degli organi amministrativi delegati e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili;

17)   art. 16, comma 1: la CONSOB definisce con regolamento informazioni da rendere al pubblico e cautele da osservarsi in relazione ai piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di amministratori, dipendenti o collaboratori della società o di altre società controllanti o controllate;

18)   art. 18, comma 1, lettera b): la CONSOB stabilisce con regolamento i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l'incarico di revisione contabile e modalità e termini per le comunicazioni dovute in materia di nomina e revoca della società di revisione;

19)   art. 18, comma 1, lettera c): la CONSOB individua con regolamento i casi di incompatibilità delle società di revisione, definisce la nozione di “rete” e determina ulteriori servizi che le società di revisione non possono prestare alle società sottoposte a revisione;

20)   art. 18, comma 1, lettera d): la CONSOB determina annualmente l’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa delle società di revisione;

21)   art. 18, comma 1, lettera e), numero 2): la CONSOB determina con regolamento i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione;

22)   art. 18, comma 1, lettera h): la CONSOB determina, con regolamento, disposizioni sulla revisione contabile delle società che controllano società con azioni quotate.

Inoltre, all’articolo 10, comma 1, lettera a), è previsto che la Banca d'Italia, d'intesa con la CONSOB, disciplini i casi in cui, al fine di prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi d’investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome.

L’articolo 25 prevede la partecipazione della CONSOB all’adozione della disciplina relativa alla trasparenza dei contratti bancari (comma 1) e all’esercizio di alcuni poteri in materia di trasparenza dei contratti assicurativi (comma 2).

 


Articolo 43
(Delega al Governo per il coordinamento legislativo)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, nonché delle altre leggi speciali, alle disposizioni della presente legge, apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse.


 

 

L’articolo 43 in esame delega il Governo a provvedere, mediante l’adozione di uno o più decreti legislativi, all’adeguamento del testo unico bancario di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (TUB), del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF), nonché delle altre leggi speciali, alle disposizioni del presente provvedimento, apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse.

La delega legislativa conferita dovrà essere esercitata entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

 


Articolo 44
(Procedura per l'esercizio delle deleghe legislative)

 


1. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla presente legge, ciascuno dei quali deve essere corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Le competenti Commissioni parla-mentari esprimono il parere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di novanta giorni.


 

 

L’articolo 44 in esame provvede a porre una disciplina uniforme relativamente alla procedura per l’esercizio di tutte le deleghe legislative previste nel presente provvedimento.

 

Nel dettaglio, si prevede che gli schemi dei decreti legislativi previsti devono essere corredati di una relazione tecnica sui loro effetti finanziari ed essere trasmessi al Parlamento per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari.

Le Commissioni parlamentari competenti devono esprimere il parere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione.

Ove il termine per l'espressione del parere decorra senza che lo stesso sia rilasciato, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

Qualora, invece, il termine previsto per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.


 

 

 



[1]    In tal senso anche la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 5.1.

[2]    Così la circolare dell’Associazione bancaria italiana (ABI) in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 2.

[3]    La disposizione è stata introdotta dall’emendamento Moro 1.6, approvato nella seduta pomeridiana dell’Assemblea del Senato del 21 settembre 2005. Dai lavori parlamentari non si evincono indicazioni sulla ratio della norma.

[4]    Per favorire la trasparenza delle deliberazioni, la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 5.2, e il Codice di autodisciplina delle società quotate (ed. Marzo 2006, p. 32, consultabile anche nel sito internet www.borsaitaliana.it) suggeriscono un uso più esteso della dichiarazione di voto, in particolare da parte degli azionisti qualificati (di maggioranza, di controllo) e dei soggetti istituzionali.

[5]    Così la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 1.7. In senso contrario – sulla base della connessione fra la presente disposizione e quella del comma 3 riguardante la rappresentanza delle minoranze nell’organo di amministrazione – la circolare dell’ABI in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 2. Deve per altro osservarsi che l’inciso: “in aggiunta a quanto disposto dal comma 3” esplicita che la presenza dell’amministratore indipendente, nei casi previsti, è aggiuntiva rispetto a quella del rappresentante della minoranza, ma non istituisce un nesso necessario fra l’applicazione delle due disposizioni.

[6]    In questo senso, la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb.-A, p. 12) ipotizzava la possibilità di deroghe al principio del voto di lista, ad esempio con l’adozione di “modi diversi d'integrazione del collegio nel caso in cui le liste presentate non contenessero soggetti forniti di idonei requisiti (soprattutto nell'ipotesi in cui il numero degli amministratori venga determinato dall'assemblea, a norma dell'articolo 2380-bis, quarto comma, del codice civile, e non sia quindi prevedibile il superamento della soglia oltre la quale è richiesta la nomina del membro indipendente)”. L’ipotesi avrebbe per altro carattere di eccezionalità rispetto alla portata generale del precetto contenuto nel comma 1 del nuovo articolo 147-ter; più frequente potrebbe essere invece la necessità di derogare all’ordine di elezione fissato dalla lista, laddove il membro indipendente non vi figuri in posizione tale da risultare eletto. Si vedano a questo riguardo le considerazioni formulate nella circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 1.7.

[7]    La disposizione qui illustrata non specifica quali tra le funzioni di direzione richiedano il possesso dei prescritti requisiti. Parrebbe ragionevole individuare i destinatari della disposizione nei soggetti che svolgono funzioni di vertice (ad es. direttori generali) o comunque qualificate da responsabilità specifiche normativamente determinate (dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari). Il regolamento recante norme per l'individuazione dei requisiti di professionalità e di onorabilità dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso SIM, società di gestione del risparmio e SICAV, adottato con decreto ministeriale 11 novembre 1998, n. 468, ad esempio, ha limitato l’applicazione dei requisiti ai direttori generali e ai titolari delle cariche che comportino l’esercizio di funzioni equivalenti.

[8]    In senso conforme la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 2.2. Contra la circolare dell’Associazione bancaria italiana (ABI) in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 3, che reputa necessaria la disciplina delle modalità di nomina mediante il previsto regolamento della CONSOB.

[9]    Nel medesimo senso l’espressione "organi di controllo" ricorre altresì nelle successive lettere d), n. 1) (articolo 151 TUF), e), n. 1) (articolo 151-bis TUF) e f), n. 1) (articolo 151-ter TUF), nonché nell’articolo 1, comma 1 (articolo 147-quinquies TUF), nell’articolo 6 (articoli da 165-ter a 165-sexies TUF), nell’articolo 14, comma 1, lettera n) (articolo 154-bis, comma 2, TUF), nell’articolo 18, comma 1, lettera b) (articolo 159, comma 2, TUF), lettera c) (articolo 160, commi 1-ter, 1-quinquies e 1-sexies, TUF), lettera e) (articolo 162, comma 2, TUF) e lettera g) (articolo 165, comma 1-bis, TUF), nell’articolo 36 (articolo 192-bis TUF) e nell’articolo 37 (articolo 193, comma 1-bis, TUF).

[10]   Salvo il caso in cui dalla denunzia dei soci emergano fatti censurabili di rilevante gravità commessi dagli amministratori, secondo quanto previsto in via generale dall’articolo 2408, secondo comma, del codice civile, richiamato per il comitato dall’articolo 2409-octiesdecies, sesto comma.

[11]   In senso conforme la circolare dell’Associazione bancaria italiana (ABI) in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 3, e la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 4.

[12]   Il testo approvato dalla Camera (A.S. 3328: si veda anche A.C. 2436-A) disponeva che gli amministratori fossero revocati dall’ufficio anche nel caso di azione di responsabilità promossa dal collegio sindacale con voto unanime. Questa nuova ipotesi di revoca degli amministratori è stata soppressa nel corso dell’esame presso il Senato, dal quale è risultata la formulazione poi approvata definitivamente.

[13]   In senso conforme la circolare dell’ABI in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 4, e la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 8: quest’ultima osserva che, nell’esercizio dell’autonomia statutaria, le società potrebbero eventualmente ridurre il quorum per la presentazione delle richieste d’integrazione dell’ordine del giorno.

[14]   Il testo del comma 4 approvato dalla Camera faceva riferimento a “ulteriori criteri equivalenti”. La formulazione definitiva, derivante da una modificazione con cui nel corso dell’esame presso il Senato è stata soppressa la parola “ulteriori”, sembra sottolineare l’esclusività del requisito dell’equivalenza dei criteri individuati mediante atto regolamentare rispetto ai criteri stabiliti in forma legislativa nel precedente comma 3.

[15]   Ulteriori integrazioni di carattere settoriale sono state introdotte successivamente:

-        legge 7 marzo 2001, n. 62 (Nuove norme sull'editoria e sui prodotti editoriali): acquisto, secondo parametri fissati dall'Autorità di vigilanza, su richiesta delle singole istituzioni scolastiche, di prodotti editoriali da devolvere agli istituti scolastici pubblici e privati nell'àmbito del territorio nel quale opera la fondazione, con il vincolo che tali istituti utilizzino i medesimi prodotti editoriali per attuare azioni a sostegno della lettura tra gli studenti e favorire la diffusione della lettura dei giornali quotidiani nelle scuole;

-        legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti), articolo 7: la realizzazione di lavori pubblici o di pubblica utilità rientra tra i settori ammessi all’intervento delle fondazioni.

[16]   In precedenza, il D.L. n. 332 del 1994, convertito dalla legge n. 474 del 1994, aveva rimesso a un decreto del Ministro del tesoro la fissazione dei criteri e delle procedure di carattere generale da adottare per la cessione delle partecipazioni detenute dagli enti conferenti risultanti dalle procedure di trasformazione delle banche, nonché per l'utilizzo dei relativi proventi da impiegare secondo criteri di diversificazione del rischio degli investimenti; la successiva “direttiva Dini” del 1994 aveva disciplinato l’applicazione alla disposizione contenuta nel D.L. n. 332 del 1994. Queste misure non hanno tuttavia determinato l’effettiva dismissione delle partecipazioni detenute dalle fondazioni.

[17]    Si tratta degli atti di indirizzo del Ministro del tesoro 5 agosto 1999, che contiene indicazioni per l'adeguamento degli statuti delle fondazioni alla nuova disciplina, 19 aprile 2001, riguardante la redazione, da parte delle fondazioni bancarie, del bilancio relativo all'esercizio chiuso il 31 dicembre 2000, e 22 maggio 2001, riguardanti, in particolare la questione delle incompatibilità.

[18]    In particolare, il TAR del Lazio, con ordinanza dell’11 gennaio 2002, si è pronunciato in termini critici nei confronti dell’atto di indirizzo del 22 maggio 2001.

Il TAR ha richiamato una sua precedente pronuncia in base alla quale l’articolo 10, comma 3 lettera e) del citato D.Lgs. n. 153/1999, consente “all’Autorità emanante la facoltà di modulare il proprio intervento, con riguardo tanto al contenuto quanto ai destinatari, nella maniera ritenuta più consona agli interessi da realizzare”. Peraltro, tale criterio generale andava considerato alla luce del fatto che gli atti di indirizzo adottabili dall’Autorità di vigilanza non dovrebbero sostanziarsi in “singole e precise statuizioni … ma piuttosto nell’illustrazione delle problematiche connesse all’interpretazione della legge, con puntualizzazioni degli aspetti più rilevanti nonché con esemplificazioni” in modo da orientare l’attività applicativa, in particolare per quanto concerne l’approvazione degli statuti. A giudizio del TAR, l’atto di indirizzo del 22 maggio 2001 (con il quale, tra le altre cose, si è stabilito che coloro i quali abbiano fatto parte degli organi decisionali che hanno concorso alla designazione di membri in carica degli organi delle fondazioni non possono ricoprire funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo presso le stesse fondazioni, se non sia decorso almeno un anno dalla cessazione della carica dell’organo decisionale), contiene precise prescrizioni e non semplici suggerimenti o indicazioni, come sarebbe confermato dal fatto che si imporrebbe, con immediata precettività delle disposizioni contenute nell’atto stesso, alle fondazioni di uniformarvisi puntualmente mediante modifiche al proprio statuto. La stessa ordinanza del TAR del Lazio afferma che il legislatore, sia delegante che delegato, avrebbe configurato nelle fondazioni un modello di persona giuridica sostanzialmente sovrapponibile a quello privatistico, per cui una “coartazione o, quanto meno, un condizionamento ab externo e di natura autoritativa ... ” si porrebbe in contrasto con l’articolo 41 della Costituzione nonché, in termini ancora più gravi, in relazione agli articoli 18 e 2 della Costituzione che tutelano, rispettivamente, il diritto di associazione dei cittadini e i diritti dell’uomo nelle formazioni sociali ammesse dall’ordinamento.

[19]    Oltre a 2 ricorsi proposti dall’ACRI, si tratta dei ricorsi individuali presentati dalla Fondazione Banca Nazionale delle Comunicazioni, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Venezia, dalla Fonazione bancaria Compagnia di San Paolo, dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Roma, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste, nonché di un ricorso proposto dall’Adusbef.

[20]   Sulle agevolazioni tributarie attribuite alle fondazioni – ma con riferimento alla disciplina antecedente le modificazioni qui descritte – si è pronunziata la Corte di giustizia delle Comunità europee (Sezione II), la quale, con la sentenza 10 gennaio 2006 (C-222/04), ha statuito che:

1) in esito ad una valutazione che spetta al giudice nazionale compiere sulla base della disciplina applicabile nel periodo rilevante, una persona giuridica come quella oggetto della causa principale (ossia una fondazione bancaria secondo la disciplina originariamente contenuta nel decreto legislativo n. 153 del 1999) può essere qualificata come «impresa» ai sensi dell’articolo 87, numero 1, del trattato istitutivo della Comunità europea e in quanto tale essere sottoposta, per tale periodo, alle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato;

2) in esito ad una valutazione che spetta al giudice nazionale compiere, un’esenzione dalla ritenuta sui dividendi come quella oggetto della causa principale (richiesta di applicazione dell’articolo 10-bis della legge n. 1745 del 1962, avanzata da una fondazione bancaria e contestata dall’amministrazione finanziaria italiana) può essere qualificata come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 87, numero 1, del medesimo trattato.

[21]    Si tratta, in particolare, del regolamento di attuazione emanato dall’Autorità di vigilanza recante disposizioni in materia di attività istituzionale delle fondazioni, di composizione e nomina dell’organo di indirizzo, di requisiti di professionalità e onorabilità e alla incompatibilità dei i soggetti che svolgono funzioni di indirizzo, amministrazione, direzione e controllo, di finalità istituzionali, di partecipazioni bancarie di controllo e di società di gestione del risparmio.

[22]   Secondo l’articolo 2359 c. c., si verifica l’ipotesi del controllo quando:

1)       una società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria di altra società;

2)       una società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria di altra società;

3)       una società esercita influenza dominante su altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

[23]   Si richiama a questo riguardo l’articolo 2391 del codice civile, a tenore del quale l'amministratore deve dare notizia agli altri amministratori e al collegio sindacale di ogni interesse che, per conto proprio o di terzi, abbia in una determinata operazione della società, precisandone la natura, i termini, l'origine e la portata; se si tratta di amministratore delegato, deve altresì astenersi dal compiere l'operazione, investendo della stessa l'organo collegiale, se si tratta di amministratore unico, deve darne notizia anche alla prima assemblea utile. In questi casi, la deliberazione del consiglio di amministrazione deve adeguatamente motivare le ragioni dell'operazione e la sua convenienza per la società. È disciplinata l’impugnazione delle deliberazioni adottate in violazione di queste norme o con il voto determinante dell'amministratore interessato. È altresì prevista la responsabilità dell’amministratore per i danni derivati alla società dalla sua azione od omissione nonché dall’utilizzazione di dati, notizie o opportunità di affari, appresi nell'esercizio del suo incarico, a vantaggio dell’amministratore stesso o di terzi.

      La sanzione penale della reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi, è comminata dall’articolo 2629-bis del codice civile (aggiunto dall’articolo 31 della presente legge) agli amministratori di società con titoli quotati in mercati regolamentati o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ovvero di soggetti sottoposti a vigilanza che non adempiano ai predetti obblighi di comunicazione o di astensione.

[24]   In questo senso la circolare dell’Assogestioni in data 10 febbraio 2006, n. 21/06/C, p. 3 (par. 1.1).

[25]   In precedenza, l’articolo 1 del decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 6 (non convertito nel termine costituzionale), aveva differito l’applicazione al 18 marzo 2006. La stessa disposizione era stata introdotta nell’articolo 24-bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, tuttavia superato dalla norma successiva richiamata nel testo.

[26]   Ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, sono considerate società controllate:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

[27]   La delega legislativa per il recepimento è contenuta nella legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), nel cui allegato B è compresa la direttiva 2004/39/CE. L’articolo 16 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005), con apposita novella all’articolo 1 della citata legge n. 62 del 2005, ha introdotto la possibilità di emanare disposizioni integrative e correttive al fine di tenere conto delle eventuali disposizioni di attuazione adottate dalla Commissione europea.

[28]   Si confronti in proposito la circolare dell’Assogestioni in data 10 febbraio 2006, n. 21/06/C, pp. 6-8 (par. 1.2).

[29]   La disposizione abrogata, per quanto concerne le società soggette alla legge nazionale, appariva meramente confermativa della situazione esistente, la disciplina dell’articolo 2412 del codice civile applicandosi alle loro emissioni obbligazionarie, indipendentemente dal luogo di emissione.

Per quanto attiene invece alle emissioni effettuate da società di diritto estero, oltre alla difficoltà pratica che poteva incontrare l’accertamento dei presupposti (valore del capitale e delle riserve) per la determinazione del limite di emissione, appariva dubbia l’applicabilità del previsto limite a soggetti sottoposti a un ordinamento straniero per emissioni effettuate all’estero. In quest’ipotesi, risultava applicabile soltanto la garanzia di solvenza a carico dell’intermediario soggetto al diritto nazionale.

[30]   Si confrontino le opinioni espresse sul punto nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera, congiuntamente con le Commissioni 6a e 10 a del Senato, richiamate nel documento conclusivo (Camera dei deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, 18 marzo 2004, p. 50).

[31]   Si confronti la circolare dell’Assogestioni in data 10 febbraio 2006, n. 21/06/C, par. 2.1.1. (p. 13).

[32]   In tal senso la circolare dell’Assogestioni in data 10 febbraio 2006, n. 21/06/C, par. 2.1.1. (pp. 13-14).

[33]   L’articolo 23 esclude altresì l’applicazione delle disposizioni del titolo VI, capo I, del testo unico bancario, in materia di trasparenza contrattuale ai servizi d’investimento e al servizio accessorio di consulenza. Nel medesimo ambito, stabilisce che agli strumenti finanziari derivati e agli strumenti analoghi non si applichi l'articolo 1933 del codice civile (che nega il diritto di azione per il pagamento di debiti di giuoco o di scommessa, ancorché non proibiti).

[34]   In precedenza, l’articolo 1 del decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 6 (non convertito nel termine costituzionale), aveva differito l’applicazione al 18 marzo 2006. La stessa disposizione era stata introdotta nell’articolo 24-bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51 , tuttavia superato dalla norma successiva richiamata nel testo.

[35]   Con la decisione del 1° aprile 1987, la Commissione aveva dato istruzioni ai suoi Servizi di procedere alla codificazione costitutiva o ufficiale degli atti giuridici al più tardi dopo la decima modifica ad essi apportata, sottolineando che si trattava di una regola minima, poiché nell'interesse della chiarezza e della corretta comprensione della legislazione comunitaria i servizi dovrebbero tentare di codificare i testi di cui sono responsabili ad intervalli ancora più brevi.

[36]   La direttiva 79/279/CEE è stata recepita con la legge 4 giugno 1985, n. 281, e con il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 89.

[37]   La direttiva 80/390/CEE è stata recepita con la legge 4 giugno 1985, n. 281, e con il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 89.

[38]   La direttiva 82/121/CEE è stata recepita con la legge 4 giugno 1985, n. 281.

[39]   La direttiva 88/627/CEE è stata recepita con il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 90.

[40]   La direttiva 89/298/CEE è stata recepita con il D.Lgs. 25 gennaio 1992, n. 85.

[41]    Tale metodo prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:

-       al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC);

-       al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alle procedure di comitatologia di cui alla decisione 1999/468/CE. A tal fine la Commissione è assistita dal Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che opera quale comitato di regolamentazione;

-       il terzo livello decisionale consiste nel coordinamento, in via informale, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui mercati finanziari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli: a tal fine, viene attribuito un ruolo preminente ad un organismo appositamente costituito, il Comitato delle autorità europee di regolamentazione e vigilanza sui valori mobiliari (CESR);

-       al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.

[42]   L’irrogazione della sanzione alla società o ente, con obbligo di regresso nei confronti della persona fisica responsabile, era prevista nella novella all’articolo 190 del TUF, recata dall’articolo 14, comma 1, lettera o), del testo approvato dalla Camera (A.S. 3328). La disposizione è venuta meno nel corso dell’esame presso il Senato.

[43]   Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 87/102/CEE relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.

[44]   A.S. 3328, art. 13: si veda anche la relazione presentata all’Assemblea della Camera (A.C. 2436 e abb-A, p. 27, nell’illustrazione dell’articolo 12).

[45]   In questo senso anche la circolare dell’Associazione bancaria italiana (ABI) in data 3 gennaio 2006, n. OF/52, p. 7, la quale fa riferimento all’indicazione dell’ISC (indicatore sintetico di costo), prevista dalle Istruzioni di vigilanza per le banche, emanate dalla Banca d’Italia, al titolo X, capitolo I, sezione II, paragrafo 3.1.

[46]   In proposito, si segnala anche il documento della Banca d’Italia concernente “Istruzione per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura”.

[47]   Gli intermediari sono quelli iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (TUB).

[48]   In questo senso anche la circolare dell’Assogestioni in data 31 gennaio 2006, n. 12/06/C, par. 7.1.

[49]    Si ricorda che l’articolo 21 del TUF è novellato dalla lettera a) dell’articolo 14, comma 1, in esame.

[50]   Su tali strumenti v. da ultimo, in dottrina, S. CAPPIELLO, La remunerazione degli amministratori. "Incentivi azionari" e creazione di valore, Milano, Giuffrè, 2005.

[51]    Ai sensi del D.M. 13 maggio 1996 (G.U. 20 maggio 1996, n. 125) sono obbligati ad iscriversi nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del TUB, tenuto dalla Banca d’Italia:

a)       gli intermediari esercenti l'attività di finanziamento sotto qualsiasi forma che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a lire 200 miliardi (pari a 103.291.379,82 euro) ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a lire 10 miliardi (pari a 5.164.568,99 euro);

b)       gli intermediari esercenti l'attività di assunzione di partecipazioni che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a lire 100 miliardi (pari a 51.645.689,91 euro) ovvero mezzi patrimoniali pari o superiori a lire 50 miliardi (pari a 25.822.844,95 euro);

c)       gli intermediari esercenti l'attività di intermediazione in cambi con assunzione di rischi in proprio;

d)       gli intermediari esercenti l'attività di emissione e gestione di carte di credito e di debito;

e)       gli intermediari per i quali ricorrono le condizioni stabilite dalla Banca d'Italia, in armonia con le disposizioni comunitarie riguardanti il mutuo riconoscimento;

f)         le società per la cartolarizzazione;

g)       gli intermediari incaricati della riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento, previsti dall'articolo 2, comma 3, lettera c), della legge 30 aprile 1999, n. 130;

h)       le altre società per la cartolarizzazione istituite ai sensi di leggi speciali.

[52]    In data 11 ottobre 2005 il Consiglio economico e finanziario (ECOFIN) ha raggiunto l’accordo politico sulla ricordata proposta di direttiva di modifica delle direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE concernenti, rispettivamente, la revisione legale dei conti annuali di taluni tipi di società e dei conti consolidati.

[53]    Con riferimento alle incompatibilità relative al responsabile della revisione, si veda anche il comma 1-quater dell’articolo 160 del TUF, come modificato dalla successiva lettera c) dell’articolo 18, comma 1, in esame.

[54]    La direttiva 84/253/CEE è stata recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 27.

[55]    Sull’evoluzione storica della regolamentazione inerente al capitale della Banca d’Italia v. R. DE MATTIA, Storia del capitale della Banca d’Italia e degli istituti predecessori, voll. I e II, Roma, Staderini, 1977-1978.

[56]    Sulla distinzione, ai fini dell’individuazione dei soggetti legittimati a partecipare al capitale della Banca d’Italia, tra banche pubbliche e banche private, cfr. V. CATAPANO, Assetti partecipativi della Banca d’Italia, in AA.VV., Scritti in memoria di Pietro De Vecchis, Roma, Banca d’Italia, 1999.

[57]   In precedenza, l’articolo 1 del decreto-legge 17 gennaio 2006, n. 6 (non convertito nel termine costituzionale), aveva differito l’applicazione al 18 marzo 2006. La stessa disposizione era stata introdotta nell’articolo 24-bis del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51 , tuttavia superato dalla norma successiva richiamata nel testo.

[58]   Il comma 4 del presente articolo prevede la soppressione delle parole: “l’unitarietà e”.

[59]Ai sensi del quale le società fiduciarie, gli agenti di cambio e ogni altro soggetto che abbia acquistato azioni ordinarie di società esercenti alcuna delle attività di cui al primo comma dell'articolo 4 debbono comunicare all'ISVAP, entro quindici giorni dalla relativa richiesta, i nomi, rispettivamente, dei mandanti fiduciari, degli acquirenti delle azioni ordinarie trasferite con la loro intermediazione o degli effettivi acquirenti.

[60]    Cfr. N. LETTIERI, La riforma del diritto societario lascia irrisolto il nodo della tutela dei terzi, in D&G 2002 (29), p. 66 ss; ALBERTO DI MARTINO, False comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, in La legislazione penale 2003 (74), p. 440.

[61]    Ovvero ancora se il fatto è conseguenza di valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10% da quella corretta.

[62]    In relazione al rapporto tra tale ultima sanzione e quella analoga disciplinata all’articolo 35-bis c.p., v. supra

[63]    La ricostruzione del “mendacio bancario” come reato di pericolo “astratto”era sostenuta da parte della dottrina, già sulla base della formulazione previgente (che, come detto, è quasi interamente sovrapponibile a quella qui proposta). La fattispecie, è stato notato, costituisce “un reato di pericolo che comporta una tutela anticipata del credito, attraverso l'imposizione di un obbligo di sincerità verso la banca, senza alcun riguardo a connotati di ulteriore specificità della condotta. Non si tiene conto, cioè, delle modalità di attacco alla posizione del potenziale creditore e della stessa idoneità ad indurlo in errore e si prescinde ovviamente anche dalla realizzazione del profitto con il conseguente danno per la banca” (così E. Palombi, Relazione nell’ambito del Convegno su "La nuova disciplina in materia bancaria introdotta dal decreto legislativo 14 dicembre 1992 n. 481, in attuazione delle direttive CEE", organizzato in Torino, in data 7-8 maggio 1993, dal Centro Studi di Diritto penale "Gian Domenico Romagnosi", pubblicata in Rivista Penale dell'Economia, 1993).

[64]    Così Alibrandi, I reati bancari, Giuffrè, 1976, p. 34.

[65]    Così Torrebruno, Disciplina sanzionatoria a rischio di incostituzionalità, in Guida Normativa de Il Sole 24, 1993, n. 11, 55.

[66]    Si ricorda che, ai sensi dell’art. 64 c.p., commette il reato di truffa chiunque con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. La pena prevista è la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da euro 51 a euro 1.032.

[67]    È stato notato da una parte della dottrina che il mendacio bancario "può considerarsi un tentativo di truffa" (così Nuvolone, Problemi di diritto penale bancario, in Banca, borsa e titoli di credito, 1976, I, 188).

      Si ricorda che, secondo la prevalente dottrina, un reato è di pericolo concreto quando, ai fini della condanna, il giudice deve accertare la idoneità in concreto della condotta tipica ad esporre a pericolo il bene giuridico protetto.

[68]    Vassalli, L'art. 95 della legge bancaria. Un precetto primario ed un'incriminazione sussidiaria, in Banca, borsa e tit. cred., 1959, 336, ha sostenuto che per la sussistenza del reato di mendacio bancario è necessario che la falsità sia idonea a trarre in inganno la banca, ricostruendo dunque la fattispecie come di “pericolo concreto”.

[69]    Secondo E. Palombi, op. cit., “L'indagine sulla concreta idoneità ad ingannare se e' essenziale al delitto di truffa, viceversa e' del tutto al di fuori dello schema del mendacio bancario, la cui condotta si esaurisce nel fornire dati e notizie false al fine di ottenere il credito”.

[70]    Vi è stato anche chi ha individuato il bene giuridico protetto nella “autenticità dell'informazione che gli imprenditori indirizzano ad una banca insieme con una richiesta di credito”.

[71]    In base al regolamento attuativo dell’art. 116 del TU n. 58/1998 (Del. Consob 14 maggio 1999, n. 11971, come modificata, da ultimo, dalla Del. 23 dicembre 2003, n. 14372), si considerano emittenti azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante le società italiane le quali, contestualmente: a) abbiano azionisti diversi dai soci di controllo in numero superiore a 200 che detengano complessivamente una percentuale di capitale sociale almeno pari al 5%; b) non abbiano la possibilità di redigere il bilancio in forma abbreviata ai sensi dell'art. 2435-bis, primo comma, del codice civile.

      I limiti di cui al comma precedente si considerano superati soltanto se le azioni alternativamente: a) abbiano costituito oggetto di una sollecitazione all'investimento o corrispettivo di un'offerta pubblica di scambio; b) abbiano costituito oggetto di un collocamento, in qualsiasi forma realizzato, anche rivolto a soli investitori professionali come definiti ai sensi dell'art. 100 del TUF; c) siano negoziate su sistemi di scambi organizzati con il consenso dell'emittente o del socio di controllo; d) siano emesse da banche e siano acquistate o sottoscritte presso le loro sedi o dipendenze.

      Non si considerano emittenti diffusi quegli emittenti le cui azioni sono soggette a limiti legali alla circolazione riguardanti anche l'esercizio dei diritti aventi contenuto patrimoniale, ovvero il cui oggetto sociale prevede esclusivamente lo svolgimento di attività non lucrative di utilità sociale o volte al godimento da parte dei soci di un bene o di un servizio. Sono emittenti obbligazioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante gli emittenti italiani dotati di un patrimonio netto non inferiore a cinque milioni di euro e con un numero di obbligazionisti superiore a duecento.

[72]    Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001.

[73]    D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300.