XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||
Titolo: | Tutela del risparmio e mercati finanziari - A.C. 2436 e abb.-B. - Lavori preparatori al Senato -Esame in Assemblea | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 559 Progressivo: 9 | ||
Data: | 27/10/05 | ||
Organi della Camera: | VI-Finanze | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
Tutela del risparmio A.C. 2436 e abb.-B Lavori preparatori al Senato Testo del disegno di legge A.S. 3328 e abb.-A Esame in Assemblea |
n. 559/9
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xiv legislatura 27 ottobre 2005
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Camera dei deputati
Dipartimento Finanze
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: FI0581i.doc
I N D I C E
§ Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari
§ Seduta del 14 settembre 2005 (ant.)
§ Seduta del 14 settembre 2005 (pom.)
§ Seduta del 15 settembre 2005
§ Seduta del 20 settembre 2005
§ Seduta del 21 settembre 2005 (ant.)
§ Seduta del 21 settembre 2005 (pom.)
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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858a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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VENERDÌ 29 LUGLIO 2005
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Presidenza del presidente PERA,
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Discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e di depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 11,19)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
La relazione è già stata stampata e distribuita.
Chiedo ai relatori, senatori Semeraro ed Eufemi, se intendono integrarla.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento legislativo in esame costituisce espressione della volontà di reagire con immediatezza e determinazione alle incresciose vicende che hanno caratterizzato la realtà economica italiana degli ultimi tempi. È chiaro il riferimento ai dissesti Parmalat e Cirio, che oltre a costituire pregiudizievoli situazioni per l'attività imprenditoriale hanno rappresentato anche un duro e sostanziale attentato ai patrimoni dei nostri risparmiatori.
È da respingere l'addebito secondo il quale vi sarebbe stato ritardo nella doverosa reazione della compagine di Governo. Valga evidenziare a tal riguardo che i sistemi in essere, cui la legislazione sta mettendo mano, sono in uso da vario tempo e mai prima d'ora si è pensato di intervenire; ritengo perciò che vi siano le condizioni per rivendicare il merito di aver fatto seguire alla dimostrata sensibilità una concreta attività operativa.
È stata sostanzialmente sentita la necessità di apprestare un idoneo sistema di tutela nel tentativo di offrire adeguata protezione ai risparmiatori, anche in considerazione della grande rilevanza nazionale del fenomeno del risparmio. Si consideri che in Italia la predisposizione al risparmio costituisce una realtà facilmente riscontrabile in ogni categoria sociale, tanto da rappresentare non soltanto un diritto ma anche un dovere verso se stessi, la famiglia e il contesto sociale.
Il disegno di legge in esame rappresenta un provvedimento estremamente articolato, dalla complessa collocazione sistematica, che affronta aspetti molto spesso eterogenei proprio per costruire un quadro di certezze per gli operatori del settore e per l'affidabilità dei mercati che, proprio per le vicende dette, risultano essere stati particolarmente scossi.
Presidenza del vice presidente SALVI (ore 11,21)
(Segue SEMERARO, relatore). È indubbio che la previsione costituzionale già esistente all'articolo 47 abbia fino ad oggi trovato attuazione in difesa più della liquidità monetaria che dei risparmiatori e degli imprenditori medi e piccoli. Ed è importante sottolineare come il disegno di legge in discussione si ponga in un'ottica completamente diversa, cioè in quella della decisa difesa dell'attività del risparmiatore, del risparmio, ovvero di quel patrimonio che, se ben affidato e opportunamente tutelato, produce ulteriore ricchezza.
Per altro verso, è importante evidenziare come il disegno di legge si ponga in una situazione di decisa continuità con il lavoro già svolto dal Governo e dal Parlamento durante questa legislatura e consistente essenzialmente nella riforma del diritto societario.
La normativa in discussione investe, infatti, vari profili societari ed essenzialmente quelli attinenti alla disciplina delle società per azioni. Specificamente si riferisce agli organi di amministrazione e controllo, all'azione di responsabilità, alla disciplina delle società estere, alla regolamentazione dei conflitti d'interesse e al sistema di circolazione dei prodotti finanziari e degli strumenti finanziari, oltre che assicurativi.
La finalità essenziale è comunque quella di realizzare la maggiore e migliore trasparenza perché è proprio con l'esaltazione della trasparenza che si realizza la possibilità per l'operatore di scegliere consapevolmente tra le varie offerte e quindi si accrescono le dinamiche competitive dei mercati.
Non v'è dubbio, infatti, che la possibilità di operare in una situazione di certezza e a piena cognizione dei vari meccanismi tecnico-giuridici, metta l'operatore nelle condizioni di operare di più con conseguente vantaggio della competitività dei mercati.
Per altro verso, non può e non deve ritenersi attendibile quanto da alcune parti è stato sostenuto, ovvero la mancanza in seno al Governo e alla maggioranza di un effettivo intento politico di riforma. A tali affermazioni è agevole replicare invitando ad esaminare compiutamente il provvedimento legislativo che, come è agevole riscontrare da una semplice lettura del testo, introduce sostanziali innovazioni che certamente comporterà particolare impegno attuare, ma che non v'è dubbio faranno di contro riscontrare maggiore interesse per il risparmio e per la sua produttività.
Ugualmente da respingere è l'affermazione secondo la quale sarebbe stata prevalente la volontà di non ingenerare conflitti con la Banca d'Italia.
Va considerato che l'intento di attuare una determinata regolamentazione non può e non deve essere confuso con l'intento di evitare ipotizzate conflittualità. È certamente vero, invece, che la conflittualità non sorge quando istituzioni diverse tendono, sia pure con percorsi diversi, all'attuazione della stessa finalità.
Si precisa che in riferimento al riassetto delle posizioni e dei poteri della Banca d'Italia si propone e si desidera attuare ciò che realmente si vuole perché ritenuto più adeguato e non già solo per evitare conflitti. D'altra parte, non sembrano essere le avverse prospettazioni particolarmente motivate né con riferimento a princìpi di diritto, né con riferimento a princìpi semplicemente logici. A dire il vero certe posizioni sembrano più motivate da ragioni di opposizione politica, che da vere e proprie argomentazioni tecniche ed operative.
Invero la disciplina varata dalla Camera dei deputati già realizzava la finalità prima detta e consentiva quindi di ritenere già attuata la conseguente tutela.
Le Commissioni industria e finanze di questo ramo del Parlamento, riunite in seduta comune, hanno ritenuto di apportare alcune variazioni nel tentativo di rendere la legge ancor più adeguata e quindi ancor più capace di attuare l'auspicata tutela.
Sono così stati effettuati interventi ritenuti utili per realizzare gli intenti detti, senza tuttavia eccessive penalizzazioni e restrizioni. Con alcune specifiche modificazioni si è, per esempio, cercato di evitare improvvisi riassetti dell'azionariato con possibilità di conseguenti situazioni decisamente pregiudizievoli. Infatti una più rigida regolamentazione dei rapporti banche-imprese potrebbe determinare la necessità di improvvise vendite di pacchetti azionari con il pericolo di realizzare un assetto non utile o meno conforme alle nostre aspettative.
Particolare attenzione è stata posta nella valutazione dell'attività di amministrazione e nell'esame dei relativi sistemi di reazione a comportamenti di amministrazione non adeguati. A tal riguardo, tuttavia pur nella determinazione di voler attivare idonei sistemi repressivi, si ritiene non potersi condividere la possibilità di automatica revoca degli amministratori in casi di azione di responsabilità proposta dai sindaci, perché una tale impostazione comporterebbe il riconoscimento per il collegio sindacale di poteri di ingerenza nell'attività di gestione.
Con riferimento all'apparato sanzionatorio, si fa osservare che i dissesti sopra richiamati hanno evidenziato alcune inadeguatezze, soprattutto in relazione alle sanzioni in quanto tali. Non v'è dubbio che siano stati proposti emendamenti modificativi in tal senso, e cioè per la determinazione di sanzioni più adeguate.
Particolare attenzione è stata poi posta nel tentativo di eliminare al massimo i conflitti di interesse che costituiscono, com'è noto, una delle ragioni fondamentali di turbativa.
E stata finalmente affrontata la problematica connessa ai depositi giacenti presso le banche. A tal riguardo preme evidenziare che, pur riconoscendo valenza alle argomentazioni a sostegno della non prescrittibilità, non può non considerarsi che in assenza di titolata richiesta di disponibilità non troverebbe attuazione alcun sistema successorio.
In riferimento poi all'espletamento di alcuni compiti connessi alla gestione delle risorse dei fondi pensione, è stato ritenuto necessario riaffidare i compiti medesimi alla COVIP, in considerazione della ritenuta necessità di un approccio unitario e specifico alla relativa attività di vigilanza.
La tutela dei risparmiatori viene infine ulteriormente migliorata mercé la previsione della delega al Governo per l'istituzione di un Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori. In sostanza gli operatori tutti nel settore del risparmio in virtù della legge in esame vengono ad essere tutelati non soltanto con l'attuazione dell'obbligo dei prospetti informativi, ma anche con l'ulteriore possibilità di far ricorso al Fondo di garanzia in presenza di situazioni comunque pregiudizievoli.
Infine va evidenziato che per la prima volta si fa riferimento ad uno statuto dei risparmiatori per la migliore individuazione di tutti i diritti loro riconosciuti.
Non è stata condivisa la richiesta, pur avanzata, di creare sezioni specializzate del tribunale, perché così facendo sarebbe stato sostanzialmente realizzato un nuovo accentramento presso le sedi centrali dei tribunali, con conseguente vanificazione dei benefici realizzati con la creazione delle sedi distaccate; tanto, ovviamente, con ulteriore appesantimento dei ruoli giudiziari e conseguente rallentamento della generale amministrazione della giustizia.
Per concludere, senza ovviamente osare di pensare d'aver fatto riferimento a tutte le problematiche trattate e le innovazioni introdotte, va detto che il provvedimento in esame costituisce davvero un'importante conquista e appare oltremodo idoneo alla soddisfazione della funzione sociale cui è preposto. (Applausi dal Gruppo AN).
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nelle relazione scritta viene dato ampio conto delle modifiche intervenute sulla nuova normativa per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari nelle Commissioni riunite finanze e industria sul testo trasmesso dalla Camera.
Non abbiamo perso tempo. Presentiamo all'esame dell'Aula una riforma di sistema che si integra con la recente normativa sul market abuse, con più forti poteri di indagine, alla quale aggiungiamo la costruzione di un secondo pilastro di un edificio che va consolidato in più strutture.
Quella che stiamo per affrontare è una riforma importante che abbiamo portato avanti con determinazione per aprire una nuova fase di difesa piena del risparmio, in coerenza con i princìpi costituzionali fissati dall'articolo 47 della Carta costituzionale.
Abbiamo salvaguardato l'impianto trasmesso dalla Camera, senza rinunciare a interventi correttivi, migliorativi e di perfezionamento. Su molti punti si è registrato un consenso condiviso superando numerose delle originarie contrapposizioni. È un dato positivo che va sottolineato. Questa riforma va nella giusta direzione perché capace di innescare quel processo di trasformazione richiesto dal mutato contesto internazionale e dalla necessità di superare le difficoltà di adattamento del sistema italiano.
Viene affermata una cultura dei controlli mirando più al merito che alla forma, per tutelare più efficacemente il risparmio e i risparmiatori.
È stata preferita la vigilanza per finalità, caratterizzata dalla presenza di più Autorità, ognuna competente, ponendole, in una nuova e funzionale articolazione, in grado di migliorare la loro capacità operativa, rispetto agli obiettivi di stabilità, trasparenza e concorrenza, nonché la specificità rispetto al sistema di vigilanza sul sistema assicurativo e su quello previdenziale.
Questo disegno è stato realizzato nella consapevolezza di quell'indispensabile rafforzamento della CONSOB, sia in termini di competenza che di risorse, già compiuto con il varo della disciplina sugli abusi di mercato.
Rappresenta una precisa e valida risposta ai mercati finanziari, recuperando una più forte fiducia nel sistema e nel suo funzionamento.
Abbiamo operato per recuperare i ritardi nel determinare un più forte ed adeguato ambiente giuridico a tutela del risparmio, strumento e condizione essenziale per accrescere le potenzialità di sviluppo del Paese, che non possono prescindere dalla immissione di risparmio nei circuiti finanziari destinati al sostegno delle attività produttive e determinando una ripresa di investimenti finanziari piuttosto che scelte difensive di liquidità.
Vengono rafforzati i presìdi a tutela degli investitori e dei risparmiatori, predisponendo regole, procedure e controlli più semplici ed efficaci.
Rappresenta quell'indispensabile, profondo rinnovamento del diritto finanziario, del governo societario e dell'apparato sanzionatorio, adeguandoli alla sfida di un'economia globalizzata, rafforzando le regole della democrazia e proteggendo i cittadini risparmiatori.
Lo dimostrano alcuni numeri particolarmente significativi, relativamente alle modifiche intervenute sul TUF, il testo unico della finanza (in numero di 52), e sul TUB, il testo unico bancario (in numero di 12), nonché ai sette princìpi di delega.
I risparmiatori sono stati al centro delle nostre scelte politiche e parlamentari.
Aggiungo un dato che merita di essere richiamato. Nell'elaborazione delle norme è stata recuperata ed affermata una centralità parlamentare che esalta la funzione del Senato e del Parlamento.
Si è ritenuto di mantenere sostanzialmente inalterata la parte relativa al governo societario, salvo modeste correzioni.
Sono state poi apportate le seguenti significative innovazioni.
Interventi più radicali sulle società off-shore, i cosiddetti paradisi fiscali, con una disciplina speciale volta ad assicurare trasparenza sulle società estere controllate da società italiane, con rafforzamento dei controlli per contrastare più efficacemente interventi elusivi rispetto alla normativa nazionale, rafforzando i poteri della CONSOB sulla possibilità di detenere il controllo di società in Paesi con gravi carenze sulle informative societarie.
Sul sistema dei compensi premianti (le cosiddette stock options), affermiamo una cultura delle opzioni di crescita attraverso maggiore trasparenza e conoscenza degli azionisti; rispetto alla caduta di standard etici, è necessario indirizzare comportamenti che orientino un corretto rapporto tra azionisti e manager, fondato sulla trasparenza e sulla integrità.
In merito ai rapporti banca-impresa si è guardato a responsabilizzare l'autorità creditizia nella valutazione del credito concedibile, attesa la funzione tipica di vigilanza prudenziale; si evitano quelle rigidità che avrebbero determinato un riassetto forzoso dell'azionariato delle banche quotate in Italia, oltre che dannose conseguenze.
Sulla circolazione dei prodotti finanziari è stata operata una scelta precisa: si è garantito l'obbligo di prospetto per le offerte fuori sede, garantendo e tutelando i risparmiatori rispetto ai rischi finanziari dei prodotti; tale condizione è parsa ineludibile rispetto all'esigenza di difendere il risparmio sulla vendita di prodotti assicurativi a contenuto finanziario. Ciò acquista ancora più forte significato in vista della disciplina del trattamento di fine rapporto.
Sulle società di revisione, si è guardato agli orientamenti comunitari, puntando sulla qualità e sulla responsabilità.
L'uso della Guardia di finanza viene garantita alle Authority nell'esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva loro attribuiti, tenendo conto della riservatezza e del vincolo del segreto d'ufficio.
L'impianto sanzionatorio è stato rafforzato, rendendolo più rigoroso ed efficace. Rappresenta uno dei cardini del provvedimento, passando dalla natura contravvenzionale alla natura penale.
Abbiamo ritenuto di superare la difficile applicabilità delle soglie con norme in linea con la disciplina europea in materia di bilanci societari adottando sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni delle informazioni societarie.
L'esigenza di tutela del risparmio emersa a seguito dei noti scandali finanziari viene confermata con le disposizioni recanti aumento delle sanzioni penali e amministrative.
Onorevole Presidente, senatori, una buona legge può non essere sufficiente per impedire comportamenti fraudolenti o manipolazione dei conti.
Nonostante la legge Sarbanes-Oxley, negli Stati Uniti si sono registrati nuovi recenti scandali. Gli scandali non sono solo di oggi. Per Benedetto Croce "sono cose di tutti i tempi e di tutti i Paesi".
Compito del legislatore è, tuttavia, creare buone regole per rendere difficili comportamenti illeciti adeguando il quadro normativo alle asimmetrie createsi tra norme vigenti, prassi e comportamenti degli operatori che, soprattutto in una economia globalizzata, cercano di fuggire dalle giurisdizioni locali. Ecco perché si rende necessario intervenire sul diritto del mercato finanziario con risposte adeguate, attraverso un costante adeguamento dei vincoli di comportamento che non sono solo giuridici ma anche morali, perché il sistema economico e finanziario non è indifferente a tali comportamenti.
È necessario recuperare quel valore impalpabile che è la fiducia dei cittadini, oltre che la certezza dei diritto soprattutto in sede giurisdizionale. Essa è una determinante della crescita, se la si prepara attraverso un contesto di regole certe e rispetto delle stesse da parte di tutti i soggetti: Autorità di controllo, istituzioni, emittenti, collocatori e sottoscrittori.
Approvare questa riforma in tempi brevi, perché diventi pienamente operativa, non è l'obiettivo esclusivo del Governo o della maggioranza che lo sostiene. Riteniamo invece, al contrario, che tutti devono farsi carico di perseguirla affinché possa costituire un elemento fondamentale per favorire la crescita del Paese.
Questa legge non è una occasione perduta. Sappiamo bene che non è l'unica occasione e neppure l'ultima per intervenire su un quadro economico-finanziario in continua evoluzione, per adeguare le infrastrutture normative in modo coerente. Tra queste rientreranno tra breve gli interventi sui conglomerati finanziari e sulle OPA.
Tutto ciò richiede un Parlamento capace di intervenire prontamente e con decisione, evitando sterili e dannose polemiche. Sarebbe estremamente dannoso per l'immagine internazionale dell'Italia e del nostro sistema economico e produttivo non raggiungere in tempi rapidi gli obiettivi che questa legge si pone. (Applausi dal Gruppo UDC e del senatore Fasolino).
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale che, come convenuto, avrà luogo nella seduta antimeridiana di mercoledì 14 settembre.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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860a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 14 SETTEMBRE 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del presidente PERA,
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 10,06)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Ricordo che nella seduta del 29 luglio i relatori hanno integrato la relazione scritta ed è stata dichiarata aperta la discussione generale.
Ha chiesto di parlare il ministro dell'economia e delle finanze, professor Siniscalco, che saluto e ringrazio.
SINISCALCO, ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, onorevoli senatori, riprende oggi la discussione del disegno di legge sul risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.
Vorrei innanzitutto ringraziare i Presidenti delle Commissioni di merito, i relatori e tutti i senatori che hanno partecipato ai lavori, assicurando un importante contributo di proposte.
All'avvio della discussione in Aula, anche alla luce dei più recenti accadimenti, vorrei dare un inquadramento sistematico al provvedimento e ai suoi profili più rilevanti.
Come tutti sapete, dall'ottobre 2001 in tutto il mondo occidentale si sono manifestati gravi scandali finanziari, il più noto dei quali, quello della Enron, era costato ai risparmiatori 83 miliardi di dollari, seguito da World-com, Vivendi in Francia, Ahold in Olanda, e da un notevole numero di scandali e di frodi di dimensioni più contenute.
I principali Paesi hanno reagito agli scandali finanziari con profonde riforme dell'assetto delle Autorità di regolazione e soprattutto della disciplina dei mercati finanziari stessi.
In Italia, nello stesso periodo, sono emerse tre questioni rilevanti con grave danno per i risparmiatori: il collocamento dei bond argentini, lo scandalo Cirio, lo scandalo Parmalat, le cui dimensioni si aggirano, solo per quest'ultimo, intorno ad un punto di prodotto interno lordo. A questi si sono aggiunti casi di frode connessi a prodotti strutturati (My Way e 4 You) o fallimenti (Giacomelli) che, tuttavia, hanno coinvolto grandi numeri di risparmiatori.
Questi eventi hanno posto in luce nel nostro, come in altri Paesi, una serie di gravi carenze a più livelli di governance e di controllo del sistema. Non c'era sicuramente un solo colpevole, ma le mancanze andavano individuate nei consigli di amministrazione, che non hanno fatto appieno il loro compito e soprattutto dove gli amministratori indipendenti non hanno svolto la necessaria funzione di controllo, nei collegi sindacali, nei revisori dei conti, nelle agenzie di rating, molto propense a rilasciare giudizi positivi fino a quando lo scandalo poi si manifestava, nelle banche, nelle Autorità di mercato, nelle Autorità di vigilanza; carenze determinate anche da una serie di regole rivelatesi obsolete e comunque inadeguate.
In poche parole, credo che non si sbagli quando si dice che gli scandali finanziari sono stati resi possibili anche per le regole inadeguate.
Come in altri Paesi, alcune soluzioni sono state subito introdotte nel nostro ordinamento con l'ultimo decreto correttivo del diritto societario (il decreto del dicembre 2004, che interveniva sulle emissioni di corporate bonds, ossia obbligazioni di impresa emesse da società estere e sulle operazioni con parti correlate); con il recepimento, che considero molto importante, della direttiva europea sugli abusi di mercato (legge n. 62 del 2005); con la riforma del diritto fallimentare (introdotta con il decreto-legge sulla competitività del 2005), che ha innovato la disciplina del fallimentare innanzitutto in tema di revocatorie e di bancarotta preferenziale.
Il disegno di legge che oggi approda nell'Aula del Senato è la risposta sistematica, organica ai problemi che ho richiamato. Come sapete, il provvedimento innova sul piano della governance (amministratori e sindaci), sulla tutela degli investitori, sul piano dei rapporti con le società di revisione, delle autorità di mercato, delle sanzioni.
L'idea di fondo alla base di questo provvedimento, fondata su un'amplissima evidenza internazionale molto studiata anche dagli economisti, è che soltanto se gli azionisti e i creditori sono adeguatamente tutelati, i capitali affluiscono in un Paese e si sviluppa il mercato dei capitali con tutti i vantaggi che ne conseguono sul piano dell'efficienza, dell'innovazione e della concorrenza; tanto che molte grandi imprese che desiderano attrarre capitali, in forma - per esempio - di emissione di azioni, si quotano sia sul mercato nazionale che su quello americano, come modo di vincolarsi a quelle regole e come modo di attrarre maggiori capitali in quanto autoassoggettati ad una disciplina più rigorosa. Siamo in un'Aula parlamentare, quindi non in una sede accademica, per cui non mi dilungo su questo aspetto. Tuttavia, l'evidenza empirica che correla la protezione degli azionisti e dei creditori allo sviluppo dei mercati è ormai molto ferma e ben nota nelle discipline economiche.
L'iter del provvedimento che oggi riprendiamo, specialmente nella prima fase, è stato - come ricordate - molto tormentato, anche perché il suo contenuto era obiettivamente complesso e perché in alcune parti si scontrava contro assetti ed interessi consolidati che hanno saputo erigere efficaci barriere contro il cambiamento.
La strada scelta allora dal Governo (in tre interventi alla Camera nel novembre 2004) era stata quella di "disinnescare" i punti più controversi del provvedimento e andare avanti quanto più speditamente possibile sulla parti meno controverse e difficili, che urtavano in misura minore determinati interessi, vista anche l'attesa da parte degli investitori internazionali di un progetto di riforma nel nostro Paese.
In particolare, sui temi legati alla struttura e alle competenze della Banca d'Italia, pur constatando anomalie - ciò che avevo fatto appunto in quelle tre audizioni - il Governo auspicava che i correttivi necessari, come - per esempio - il mandato a termine del Governatore, avvenissero per autoriforma (questo dissi nel corso di un'audizione svolta il 25 novembre 2004). Abbiamo atteso nove mesi, ma di questa autoriforma non si è avuta alcuna traccia e nemmeno un segnale.
Dal novembre 2004 nel nostro Paese hanno inizio operazioni per acquisire il controllo di due banche, che vedono contrapposti soggetti stranieri ed italiani. Queste contese accelerano nella primavera del 2005, con la presentazione di due offerte pubbliche d'acquisto e di scambio su due banche (BNL e Antonveneta), e registrano una situazione di crisi a fine luglio con provvedimenti della magistratura ordinaria (sequestro di azioni ed interdizione su una delle due operazioni).
Come sapete, l'attenzione su questi casi è stata molto elevata anche a livello internazionale. La Commissione europea ha iniziato ad occuparsene sin dall'inizio, chiedendo delucidazioni sul piano della concorrenza alla Banca d'Italia e poi, via via, il Consiglio dei ministri ECOFIN e la BCE hanno tenuto altissima l'attenzione su questo tema.
A differenza degli scandali finanziari che menzionavo in precedenza, in questi due casi la controversia ruota intorno a presunti ostacoli alla libera circolazione dei capitali ed evolve poi su comportamenti potenzialmente rilevanti per la magistratura; sconfina, come dicevo, quasi subito in un dibattito molto acceso, soprattutto nelle sede istituzionali internazionali. Gli appunti o se volte che io sia più chiaro ancora le critiche che vengono mosse al nostro Paese dalla Commissione europea, dalla comunità finanziaria internazionale e, da ultimo, dalla Banca Centrale Europea nascono dal sospetto che vi sia stato via via un intento, più o meno esplicito, di difendere l'«italianità» delle banche con strumenti amministrativi, addirittura comportamenti discriminatori da parte delle Autorità; una condotta, questa, contraria alla logica del mercato unico europeo ed in palese contrasto con la funzione propria delle autorità moderne di vigilanza, che devono regolare interessi in contrasto e non certamente favorire un interesse contro l'altro o viceversa.
Attenzione: è di tutta evidenza - e non vorrei essere frainteso - che la proprietà delle banche è una questione estremamente rilevante, ma la proprietà deve essere - come si dice in gergo - contendibile, cioè contesa tra investitori, senza discriminazioni amministrative delle Autorità in base alla nazionalità.
La questione della legittimità dei comportamenti e della regolarità degli atti del regolatore non è sicuramente di competenza né del Parlamento né del Governo. Lo è invece la credibilità del sistema; credibilità che è un bene pubblico che dipende direttamente dalla bontà delle regole, oltreché dai comportamenti di chi le applica. E visti i danni alla reputazione del nostro sistema, su cui ancora questa mattina è tornato il commissario europeo alla concorrenza McCreevy, che è in Italia oggi e domani, tanto più i comportamenti sono stati rispettosi della legge e dei regolamenti, tanto più profondo è il bisogno di innovare sul piano delle regole.
Da questo punto di vista, le regole che informano il modus operandi della nostra Banca centrale non aiutano su questo piano. Infatti, si imputa alle nostre regole un eccessivo margine di discrezionalità nella loro applicazione, la possibilità di invadere ruoli, di manovrare sulla tempistica delle decisioni, sui modi e sulle forme del processo decisionale e alla fine sulla trasparenza.
Questo corpo di regole, sedimentato nei decenni, era sicuramente appropriato quando il sistema bancario era tutto nazionale, quando la Banca Centrale svolgeva una funzione di regista più che di arbitro e operava attraverso la cosiddetta moral suasion. Non esito a dire che questo sistema di regole cessa di essere adeguato e, anzi, espone a critiche la stessa Banca d'Italia in un contesto assai diverso, dove la credibilità delle Autorità si estrinseca nel saper essere arbitro neutrale fra interessi contrapposti.
Per questi motivi il Governo, in sede di Consiglio dei ministri, il 1° settembre ha proposto e presentato un emendamento sulla Banca d'Italia che propone una riforma che corregge le regole in senso più moderno, intervenendo su alcuni ambiti (la collegialità delle decisioni, la trasparenza degli atti, le regole più certe, il mandato a termine del Governatore); elementi presenti in tutte le Banche centrali europee che si conoscono, oltreché nelle principali banche degli altri Paesi del mondo.
Per evitare anche il sospetto più remoto di conflitto di interessi tra vigilante e vigilati si è anche previsto il trasferimento della proprietà della Banca centrale dalle banche vigilate allo Stato o ad altri enti pubblici, di nuovo in conformità con quanto accade nella più gran parte dei Paesi europei.
Nell'emendamento proposto non vi è nulla di originale sul piano organizzativo, ma anzi si adottano dei principi che definirei primitivi, come la collegialità, la trasparenza, come il termine del mandato, come l'assenza di conflitti potenziali tra vigilanti e vigilati. Con questi princìpi, che devono essere anche recepiti nello statuto della Banca e nelle istruzioni di vigilanza, si consente un'evoluzione della Banca d'Italia che - lo affermo nuovamente con forza - è una delle istituzioni più prestigiose del Paese che va tutelata innanzitutto nella propria indipendenza, ma anche nella propria reputazione.
I tempi cambiano, le autorità cambiano: anche la Banca d'Italia deve cambiare. Credo che con l'emendamento presentato dal Governo possa nascere una Banca d'Italia più moderna e più al passo con i tempi.
Come previsto da una decisione del Consiglio europeo del 1998, l'emendamento è stato per tempo trasmesso alla Banca Centrale Europea, con cui intratteniamo un dialogo informale su questi temi dalla metà dell'estate. Attendiamo (è questione, ormai, di giorni se non di ore) il parere definitivo su questo emendamento nei suoi diversi commi che lo compongono.
Resta invece da discutere il tema della tutela della concorrenza nel settore bancario, su cui il Consiglio dei ministri ha espresso l'orientamento di muovere in modo più netto verso un modello di vigilanza per finalità, anziché per soggetti (vale a dire trasparenza, concorrenza e stabilità) su cui noi intendiamo ascoltare con grandissima attenzione il dibattito parlamentare perché da esso devono scaturire le soluzioni più appropriate.
Sempre in base alle discussioni che abbiamo avuto nell'ambito del Governo, resta da discutere il tema del miglior coordinamento tra le Autorità sia sul piano del funzionamento (un coordinamento operativo fra loro) sia sul piano della tempistica degli atti, perché atti che prevedano tempistiche diverse sullo stesso tipo di operazioni generano situazioni di incertezza che, evidentemente, non giovano all'ordinato funzionamento del mercato.
In sintesi - e concludo, signor Presidente - il giudizio del Governo è che il disegno di legge, opportunamente integrato, vada approvato nei tempi più brevi e con decisione. Insieme alla riforma del diritto fallimentare e al secondo pilastro della previdenza, riteniamo sia la riforma economica più importante che occorre ultimare.
Il rischio, in assenza di un nuovo corpo di regole, è la progressiva emarginazione del nostro mercato dei capitali per l'insufficiente chiarezza delle regole e tutela degli investitori.
Come ho già detto - ma lo ripeto - se gli investitori non hanno regole moderne e certe non investono in un mercato. Credo che il rischio di emarginazione sia da evitare a tutti i costi proprio in un momento in cui l'attività di fusioni ed acquisizioni è finalmente ripartita. Pensate che in Europa sono state annunciate da inizio agosto operazioni per 70 miliardi di dollari, rispetto ai 35 del periodo gennaio-agosto dell'anno scorso. Non possiamo emarginarci da questo flusso di capitali per il banalissimo motivo che non esiste un sistema capitalistico senza capitali.
Per questo motivo, l'opinione che esprimo è che la riforma da oggi in discussione nell'Aula del Senato debba essere approvata nei tempi più brevi ricercando tutto, dove è possibile, il massimo consenso. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e del senatore Fassone).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, allo scopo di concedere ai Gruppi tempo per riflettere sulla relazione illustrata dal Ministro dell'economia e delle finanze, sospendo la seduta fino alle ore 11,15.
(La seduta, sospesa alle ore 10,22, è ripresa alle ore 11,23).
Riprendiamo i nostri lavori.
È iscritto a parlare il senatore Angius. Ne ha facoltà.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, innanzitutto vorrei chiedere scusa a lei, al Ministro e ai colleghi per il ritardo di qualche minuto con cui sono giunto in Aula. Avevamo una riunione molto importante e delicata: volevamo compiere una valutazione delle comunicazioni che il Governo ha reso stamattina al Senato tramite il Ministro dell'economia e delle finanze, in particolare sulla crisi che ha attraversato e sta attraversando la nostra Banca centrale, Bankitalia, e sulle motivazioni che hanno indotto l'Esecutivo a presentare un significativo emendamento al disegno di legge di riforma del settore del risparmio in discussione presso questo ramo del Parlamento.
Noi consideriamo insufficiente, non adeguato, e dunque non condividiamo, l'emendamento che il Governo ha approntato per affrontare la grave e acuta crisi di credibilità che ha investito e sta investendo la Banca centrale del nostro Paese. Ci sono significative differenze - come il Ministro avrà notato - rispetto, ad esempio, all'emendamento presentato unitariamente dall'Unione e agli altri emendamenti che le opposizioni hanno depositato in Aula e che discuteremo ed affronteremo.
Devo però dirle, signor Ministro, che una delle ragioni per le quali ho ritardato qualche minuto nel venire in Aula è che noi, senatrici e senatori dell'Unione, siamo rimasti molto colpiti dall'iniziativa che la Casa delle Libertà (credo con il concorso del Governo, quindi devo supporre anche con la sua condivisione) ha preso nella giornata di ieri presentando alla Camera dei deputati una significativa proposta di modifica della legge elettorale del nostro Paese. Abbiamo avuto modo di discutere, nella giornata di ieri ma anche questa mattina presto, dei contenuti di fondo di questo provvedimento.
Non voglio entrare nel merito perché so bene che questa non è la sede opportuna, dal momento che stiamo discutendo di un'altra questione sulla quale anch'io mi voglio intrattenere.
Tuttavia, di fronte ai drammatici problemi del nostro Paese, di fronte a questioni irrisolte come, per esempio, una crescita, per quest'anno, pari allo 0,1 per cento, considerata dal Governo un grande risultato; dinanzi a problemi enormi quali il dissesto dei conti pubblici (non ci può stupire, infatti, che l'Italia sia tenuta sotto osservazione dalla Commissione europea, la quale - lo dico senza giri di parole - ci ha accusato di avere falsificato per tre anni il bilancio dello Stato); di fronte ad un problema enorme che riguarda la crisi che le famiglie italiane attraversano, (con una falcidia dei redditi, delle pensioni, dei salari, che ha portato, nel corso degli ultimi mesi, letteralmente ad un crollo dei consumi; di fronte a problemi enormi quali quelli, tra l'altro, della credibilità in Europa del nostro Istituto centrale (lei stesso, del resto, ha fatto testimonianza - se sono vere le notizie apparse sulla stampa - in una riunione del Consiglio dei ministri, di un ponderoso fascicolo che raccoglieva gli editoriali, gli articoli usciti sui più importanti giornali non solo europei ma del mondo, relativamente alla sostanziale inaffidabilità della Banca centrale italiana); di fronte a questi e ad altri ancora drammatici problemi che il Paese sta vivendo e dinanzi a ciò che era stato affermato nella primavera scorsa dal Presidente del Consiglio e da autorevoli Ministri, i quali avevano detto che occorreva rimboccarsi le maniche per cercare di recuperare il tempo perduto e di perseguire gli obiettivi prefissati sulla crescita del Paese, sullo sviluppo, sulla redistribuzione della ricchezza del nostro Paese, insomma, di fronte al compito che lo stesso Governo e la stessa maggioranza si erano posti di affrontare i problemi degli italiani, noi ieri abbiamo assistito a qualcosa che è enorme: la proposta di un'organica, profonda, stravolgente modifica della legge elettorale a soli sette mesi dal voto.
Ora, chiedo a lei, signor Ministro, qual è la ragione, la motivazione che ha indotto la Casa delle Libertà e il Governo a cambiare così clamorosamente l'ordine dei lavori parlamentari, della politica italiana, sino a spingervi a proporre una modifica tanto radicale, profonda e stravolgente della legge elettorale. Non si tratta, infatti, di un aggiustamento tecnico, parziale, da discutere e verificare, ma di uno stravolgimento completo, che prevede il passaggio dal sistema maggioritario a quello proporzionale e un insieme di proposte che non stanno in piedi sul piano logico e democratico (poi spiegherò il motivo).
Qual è la ragione che ha indotto il Governo a sostenere questo? Lei, signor Ministro, sa quali sono i drammatici problemi che vive il Paese e che - non vorrei prendere le sue difese d'ufficio - investono lei stesso. A 20 giorni dalla presentazione della legge finanziaria, ci faccia qualche rivelazione, perché qualcuno afferma che non ne è stata scritta neanche una riga. Questa manovra dovrebbe costare lacrime e sangue agli italiani e sarà così, perché qualcuno dovrà pur pagare il falso in bilancio operato con le ultime tre leggi finanziarie. Sono curioso di sapere chi dovrà pagare il vostro clamoroso buco dei conti pubblici.
Si vive una condizione drammatica. Eppure, davanti ai drammatici problemi degli italiani, delle imprese, di lavoratori e lavoratrici, si sostiene che l'esigenza primaria è quella di cambiare la legge elettorale. Ma perché? Del resto, quella legge elettorale non si può dire che non vi abbia consentito di governare il Paese, visto che vi ha premiato oltre ogni modo, assegnandovi una maggioranza di 100 deputati alla Camera e di 45 senatori a Palazzo Madama. Cosa vi ha impedito di governare il Paese? Non si può dire che abbiate avuto una maggioranza risicata; piuttosto, vi siete dimostrati una classe dirigente divisa, incapace di governare e di guidare un grande Paese. Questo è il punto. E poiché sapete che state andando incontro ad una clamorosa sconfitta elettorale, compite una manovra furbesca, da ladri di polli: voi rubate i voti.
Cari colleghi, l'avete vista bene la proposta che è stata presentata alla Camera dalla Casa delle Libertà? Vi sembra normale che in un Paese democratico - leggete quella proposta - si stabilisca in una legge elettorale che l'espressione di voto di circa 4 milioni e mezzo, 5 milioni di italiani viene cancellata, non viene calcolata, non viene attribuita a nessuno?
GRILLOTTI (AN). È lo sbarramento!
VALLONE (Mar-DL-U). Si chiama furto!
ANGIUS (DS-U). Questo è un furto di voti, un furto di democrazia, perché non si prevede, ad esempio, di spalmare quei voti nella coalizione o di distribuirli in altro modo. (Commenti dal Gruppo AN).
CONSOLO (AN). L'argomento è la Banca d'Italia!
ANGIUS (DS-U). Arriviamo anche alla Banca d'Italia; ce ne sarà anche per lei, senatore Consolo, stia tranquillo, non la deluderò neanche su questo argomento.
Una situazione di questo genere non trova esempi in alcun Paese democratico; si possono anche cambiare le leggi elettorali, per carità, ma deve esserci una ragione che attiene al funzionamento della legge elettorale stessa. Si può certo integrarla, correggerla, migliorarla per rendere più governabile il Paese.
Una legge elettorale è lo strumento che consente ai cittadini di pronunciarsi, per cui il primo obbligo democratico che una legge elettorale deve avere è quello di garantire ai cittadini una piena partecipazione, un pronunciamento netto, una facoltà di scelta trasparente. Con il sistema maggioritario - se ne può discutere - ciò era consentito e infatti i cittadini hanno scelto: nel 1996 hanno preferito l'Ulivo e le forze del centro-sinistra, nel 2001 hanno optato per la Casa delle Libertà e le forze di centro-destra.
Dopodiché, oggi si vuol cambiare la legge elettorale perché, cancellando quei 4,5 milioni di voti dei cittadini, annullandoli come se non si pronunciassero verso le forze politiche che ottengono meno del 4 per cento (quindi non calcolando questi voti, questo pronunciamento democratico), si scopre che il premio di maggioranza anziché andare a chi ha più voti, a chi è maggioranza nel Paese, va a chi è minoranza nel Paese e che su questa base potrebbe governare. Cioè, chi perde le elezioni, chi non ha il consenso dei cittadini, chi è minoranza nel Paese in base al voto dei cittadini ha la possibilità di governare e chi invece è maggioranza non può governare.
Questo non è accettabile; questo è un vulnus. Si possono presentare 10.000 proposte di riforma della legge elettorale, ma questa non è accettabile! Ora, signor Presidente, su tale punto - concludo, ma volevo dirlo anche per correttezza nei suoi confronti e nei confronti del Governo - faremo, motivati da questo allarme democratico, un ostruzionismo totale qui in Senato e alla Camera dei deputati - lo sappia il Governo - e ci batteremo nell'interesse dei cittadini, per difendere il diritto democratico e la democrazia di questo Paese, che è colpita e danneggiata.
Poche parole sulla proposta nel merito che lei ha fatto, signor Ministro. Interverranno altri colleghi del Gruppo che ho l'onore di presiedere e anche di tutta l'Unione che, con grande attenzione e competenza, con grande serietà e rigore, hanno seguito la vicenda della crisi della Banca d'Italia. La crisi è profonda ed è grave, è inutile girarci attorno, ed è fondamentalmente una crisi di credibilità dell'Istituto.
Tale crisi non deriva da una scarsità di competenze all'interno della Banca d'Italia; al contrario, questa crisi di credibilità sta colpendo la professionalità e le competenze, grandi e straordinarie per tanti versi, presenti in quell'Istituto e questo è un problema, badate, perché dovremmo avere il dovere di preservare quello che personalmente considero uno dei grandi patrimoni del nostro Paese, un patrimonio di professionalità e competenza che in tanti ci invidiano.
La crisi di credibilità è dovuta al modo in cui l'Istituto è stato diretto in quest'ultima fase. Una delle istituzioni più prestigiose del nostro Paese sta subendo un dileggio, offensivo per quella che è la storia della Banca centrale in Europa e nel mondo. Guardate che questo non è soltanto un danno morale al nostro Paese, alle sue migliori professionalità e competenze; è un danno che avrà un peso anche nel sistema economico, nel sistema bancario e in quello finanziario.
Noi non gioiamo di questo, non apparteniamo a coloro che hanno scatenato nei confronti del Governatore campagne sconsiderate avendolo blandito fino a qualche settimana fa. Noi facciamo un discorso serio che riguarda la necessità di una riforma profonda della Banca d'Italia, così come di un avvicendamento nella sua guida.
Ci sono anche da tenere in considerazione le esigenze dei risparmiatori, cioè degli italiani, che affidando alle banche i loro risparmi, il loro denaro, hanno bisogno di una tranquillità, di una serenità assoluta e totale.
Veniamo da vicende in cui questa serenità assoluta e totale non c'è stata, per tante storie che stanno alle nostre spalle. Molti istituti bancari sono entrati in crisi nel corso di questi anni; è intervenuta Bankitalia, è intervenuto il Governo, si è dovuto mettere rimedio a crisi assai serie, profonde, che hanno messo in discussione il diritto al risparmio dei nostri cittadini.
Sappiamo bene, quindi, che la materia è estremamente delicata; tanto è delicata che anche a proposito dei comportamenti di Bankitalia - come sapete - sono in corso indagini della magistratura, rispetto alle quali non voglio dire neanche una parola per rispetto assoluto dell'azione della magistratura e anche per rispetto assoluto di chi dirige Bankitalia.
La magistratura romana compia le sue indagini, interroghi, investighi. Noi partiamo innanzitutto dall'esigenza di una riforma seria e profonda di Bankitalia, ma anche dall'esigenza di una riforma del sistema delle Authority nel nostro Paese: vanno ridistribuite competenze, vanno ridistribuiti compiti, vanno risistemate tante cose.
Vede, signor Ministro, illustriamo la questione nel modo più semplice: chi, come il Governatore della Banca d'Italia, o di una Banca centrale qualsiasi, ha i poteri di vigilare sul corretto funzionamento del sistema bancario e anche di guidarlo (è un Governatore, governa, non è soltanto un vigile che controlla il traffico tra questa e quella banca) non avrebbe dovuto prestare il fianco alla minima impressione di parzialità, invece questo è accaduto.
È accaduto a proposito dell'OPA lanciata dalla Banca Popolare Italiana nei confronti di una banca importante come Antonveneta. Per questa ragione il Governatore della Banca d'Italia non ha partecipato alle ultime riunioni informali dell'ECOFIN che si sono svolte a Manchester, probabilmente anche per sottrarsi alle domande indiscrete del Governatore della Banca Centrale Europea e del Ministro dell'economia e delle finanze olandesi.
Si è commesso un errore. Voglio essere chiaro: difendiamo Bankitalia e proprio per questo non possiamo difendere il Governatore. Da questo punto di vista, caro Ministro, consideriamo insufficiente l'emendamento che ha qui proposto a nome del Governo.
La verità - e concludo, signor Presidente, signor Ministro, siamo in un'Aula parlamentare e di questo dobbiamo parlare - è che anche sulla vicenda della Banca d'Italia abbiamo assistito ad una totale inadeguatezza nelle linee, negli indirizzi, nelle scelte di fondo del Governo.
Lei, signor Ministro, nel momento in cui ha fatto ripetutamente delle affermazioni sull'esigenza di una riforma di Bankitalia, sulla necessità di avvicendarne la guida, nei modi e nelle forme che abbiamo letto e abbiamo ascoltato, dopo dieci minuti - lei lo sa, signor Ministro - ha ricevuto le reprimende di alcuni suoi importanti colleghi di Governo.
La verità è che il Governo e la maggioranza sono divisi nell'affrontare la crisi di Bankitalia: il Presidente del Consiglio si è barcamenato, ha detto una cosa e poi il suo esatto contrario, ha dato ragione ad uno e poi ha dato ragione anche all'altro. Alla fine è venuto fuori un emendamento che interviene sul mandato a termine del Governatore, sulle modalità dei conferimenti del suo mandato, sull'efficacia immediata della norma che riguarda anche il Governatore in carica - come noi abbiamo proposto - una volta che la norma viene approvata, sulla proprietà di Bankitalia e sul trasferimento della competenza di vigilanza sulla concorrenza bancaria all'Antitrust.
Signor Ministro, conosco la sua opinione, ma in una sede parlamentare non se la può - per così dire - cavare su una questione di tale portata e rilevanza rimettendosi all'Aula. Lei sa bene che il Governo di cui fa parte e la sua maggioranza sono divisi e lacerati anche su questa fondamentale questione.
PRESIDENTE. Senatore Angius, per favore, concluda il suo intervento.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, le chiedo scusa, ma troppe sono le considerazioni da fare.
PRESIDENTE. La prego di concludere perché sta parlando da oltre venti minuti.
ANGIUS (DS-U). Per queste ragioni riteniamo che sia del tutto insufficiente la proposta avanzata, che contrasteremo in quei modi e in quelle forme che ho esplicitato all'inizio dell'intervento.
Innanzitutto, contrasteremo nel merito la proposta da lei formulata e contemporaneamente presenteremo una proposta alternativa, o se vuole integrativa e correttiva, rispetto a quella del Governo, sulla quale chiediamo anche i voti di quella parte della maggioranza che negli ultimi mesi si è dichiarata nel merito a noi sostanzialmente concorde.
Motiviamo, inoltre, la nostra contrarietà anche con l'altra ragione politica più di fondo alla quale teniamo molto, che riguarda il futuro dell'assetto democratico del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-Un, Aut, Misto-Com e Misto-RC. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Azzollini. Ne ha facoltà.
AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, in un'Aula parlamentare è sempre utile attenersi seriamente all'oggetto del dibattito ed evitare toni polemici, che semmai riguardano problemi estranei a ciò di cui si dibatte al momento.
Occorre quindi tentare di giungere a norme comprensibili per i cittadini, che siano efficaci nel regolare le questioni che normano e condivise il più possibile in tale spirito dall'Aula parlamentare. Naturalmente l'obiettivo deve essere quello di portare a termine il dibattito, e quindi il procedimento normativo.
A questo ispirerò il mio intervento, naturalmente cogliendo alcuni elementi, sia storici che di attualità, che rendono necessaria l'approvazione del disegno di legge sul risparmio di cui oggi nell'Aula del Senato riprende l'iter.
È evidente che il disegno di legge in esame nasce come risposta del Governo ad alcuni gravissimi problemi - mi riferisco ai casi Cirio, Parmalat ed altri - che hanno colpito decine di migliaia di risparmiatori e ai quali il Governo e la maggioranza, sin dall'inizio, si sono posti il problema di dare risposte efficaci.
Naturalmente, quando si mette mano a simili materie bisogna tenere conto delle decine di interessi in gioco e dei vari interessi consolidati e cercare di superare le resistenze. Innovare è sempre difficile, ma la maggioranza ha mostrato, e continua oggi a mostrare, il suo fermo intento di proseguire su questa strada.
La prima affermazione da fare - desidero ricordarlo a tutti - è che ai problemi gravi insorti nel mercato finanziario questa maggioranza ha dato risposte importanti, che già il Ministro ha menzionato nel corso del suo intervento, ma che io desidero ribadire.
C'è stata non solo la riforma del diritto societario, ma soprattutto il decreto correttivo della riforma del diritto societario, con particolare riguardo alla emissione dei cosiddetti corporate bonds. Vi è stato il recepimento della direttiva sul market abuse, che ha avuto un certo rilievo. C'è stata la riforma del diritto fallimentare, che si è posta come una vera e propria innovazione nell'ordinamento, come il serio tentativo di rispondere ai problemi insorti. Vi è stato il disegno di legge sul risparmio che oggi continua il suo iter e che vede da parte del Governo anche un importante emendamento sulla questione Banca d'Italia.
Questo è quanto con grande concretezza e a difesa di tutti i cittadini il nostro Governo e la nostra maggioranza hanno fatto in questo periodo. Naturalmente il disegno di legge oggi al nostro esame, una volta approvato, completerà l'insieme di normative che hanno affrontato il problema per risolverlo in maniera adeguata alle nuove necessità dei mercati internazionali.
Non mi sembra banale l'affermazione, solo apparentemente lapalissiana, già udita in quest'Aula che il capitalismo ha bisogno di capitali, non è banale perché talvolta ho la sensazione che nelle polemiche lo si dimentichi molto facilmente. Compito essenziale del Governo è invece regolare - questa è la sua funzione - il mercato in modo da attrarre investimenti, siano capitali italiani o esteri. D'altra parte, tutti sanno che questo è uno dei problemi attuali: la capacità di attrarre capitali esteri. Con questa riforma si tenta naturalmente di continuare su questa strada e di migliorare il mercato italiano, in modo che i capitali esteri trovino convenienza e certezze nell'investimento in Italia.
Naturalmente le banche in questo processo sono un elemento essenziale. Per questa ragione ci sono state negli ultimi periodi notevoli offerte pubbliche di acquisto e di scambio, che hanno interessato grandi banche italiane e che hanno visto l'Italia al centro dell'attenzione internazionale.
Ho scelto nel tono del mio intervento di evitare polemiche e continuerò su questo terreno, ma anche in questo caso il Governo ha avuto un comportamento esemplare sotto il profilo internazionale e sotto il profilo interno, salvaguardando con forza sia le regole del mercato sia l'autonomia del regolatore del mercato: la Banca d'Italia. In questo caso, con la necessaria delicatezza istituzionale, ma anche chiarezza, si è posto i problemi che emergevano.
L'emendamento sulla Banca d'Italia, introdotto dal Governo al riguardo, è un esempio di come si vada avanti su tale questione. Già da tempo, a proposito della Banca d'Italia, il Governo aveva auspicato un'autoriforma. Con la presentazione dell'emendamento governativo non si nega questa facoltà, ma il Governo si assume le proprie responsabilità.
Francamente, non comprendo le critiche a questo modo estremamente corretto di porsi e voglio ricordare a tutti, a tutte le forze che aspirano al Governo, che la cautela è uno degli elementi fondamentali per agire sul mercato ed un Governo che non si attenga a questa regola farebbe malissimo. Il nostro Governo si attiene rigidamente a questa regola e continua a farlo.
Con l'emendamento sulla Banca d'Italia che il Governo presenta in Aula è evidente che si tende ad innovare e modernizzare il ruolo di questa grandissima istituzione, salvaguardarne l'indipendenza e l'autonomia, ponendola nella condizione di evitare anche potenziali conflitti d'interessi.
L'emendamento, a mio avviso, corona questo disegno e va quindi approvato, a parte - lo dico come Presidente della Commissione bilancio - alcuni problemi di copertura che, però, abbiamo già avviato molto felicemente a soluzione, anche qui con il determinante concorso del Governo e della nostra Commissione.
Anche sotto questo profilo, quindi, mi auguro - anzi, ne sono certo - che l'emendamento sarà esemplare.
È, infine, evidente che con tale emendamento si viene incontro anche alle esigenze internazionali perché, come è ben noto, la Banca d'Italia opera ormai in costante contatto e confronto con la Banca Centrale Europea e con le altre Banche centrali dell'Unione Europea. In questo senso, l'emendamento si pone come un tentativo di adeguare il contesto normativo italiano in materia di autorità centrale del risparmio agli ordinamenti europei e al nuovo contesto al cui centro si colloca la Banca Centrale Europea.
Mi pare, pertanto, che approvare il disegno di legge sul risparmio in un testo emendato, cioè con gli emendamenti presentati dal Governo e con gli altri che l'Aula, nella sua sovranità, deciderà di approvare, rappresenti un ulteriore passo importante, determinante, per la modernizzazione dei mercati, per una migliore competizione sul mercato dei capitali, per una efficace e più puntuale azione degli organismi regolatori dei mercati e per una distribuzione efficace dei poteri delle autorità che operano nei mercati. Questo è il senso dell'emendamento e del disegno di legge, ed io credo che la maggioranza ed il Governo li approveranno tempestivamente.
Spero, con il mio intervento, di aver contribuito ad un dibattito che deve contemplare la possibilità di entrare nel merito di tali questioni. Ritengo, infatti, che il ritorno della serenità su argomenti come il mercato dei capitali e le autorità che lo regolano sia un elemento essenziale per accompagnare l'Italia nella ripresa che si intravede all'orizzonte, la quale, se deve incentrarsi sull'economia reale, non può che essere accompagnata da nuova serenità, credibilità e attenzione sul mercato dei capitali. (Applausi dal Gruppo FI e dei senatori Grillotti e Vanzo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bordon. Ne ha facoltà.
BORDON (Mar-DL-U). Signor Presidente, indubbiamente (come accennava poc'anzi il collega, senatore Angius, parlando a nome di tutta l'Unione) c'è un fatto che incombe su questa nostra importantissima discussione.
Del resto, basterebbe ricordare il titolo che il principale quotidiano italiano ha dato oggi all'articolo di un commentatore, solitamente imparziale e certamente non sospettabile di particolari simpatie per il centro-sinistra, Pierluigi Battista, per capire di cosa stiamo parlando. Il titolo è il seguente: «Gesto di prepotenza all'ultimo minuto».
È evidente, quindi, che i toni della nostra risposta non potranno che essere, dovrei dire «all'altezza» ma in questo caso il termine più adeguato è «alla bassezza» di tale comportamento.
Sarà una risposta che utilizzerà tutti gli strumenti possibili e contemplati in democrazia dai Regolamenti parlamentari e che sarà ferma e molto dura.
È del tutto incredibile, signor Ministro, che ciò avvenga proprio in prossimità dell'avvio della discussione sull'atto fondamentale di una legislatura - la legge di bilancio e la finanziaria - proprio mentre lei interviene in quest'Aula esponendoci alcune questioni, che, di per sé, sarebbero altamente sufficienti a dimostrare gravità e inconcludenza nello stesso tempo: gravità dei fatti e inconcludenza dell'azione di Governo.
Lei nell'esporcelo, in ricordo della sua attività principale, quella di professore universitario, ci ha prima di tutto giustamente ricordato, che non si tratta certamente di discussione accademica (che ha altro significato), perchè qui siamo in un'Aula parlamentare. Ebbene, signor Ministro, proprio questo io le imputo: di aver svolto un'analisi (mi permetta di dirlo, ma non è un'affermazione che giudica il merito delle sue qualità, che io so essere ben superiori) che è di tipo scolastico, forse nemmeno di tipo universitario, che potrebbe, per l'appunto, essere sufficiente in una discussione accademica (secondo me perfino insufficiente anche in quella occasione).
Ma noi ci saremmo aspettati dal Ministro dell'economia, ossia dal Ministro che assorbe in sé le funzioni più rilevanti su tale questione, qualcosa di più. Lei stesso prima signor Ministro ha parlato di scandali; nel nostro Paese ormai le parole - lo dicevo prima al collega Giaretta - rotolano, per così dire, e quindi spesso finiscono con il perdere il senso del loro significato letterale o storico, ma «scandalo» è una parola gravissima.
É più esattamente, lei ha parlato di scandali «gravi» (ha aggiunto quindi un aggettivo rafforzativo) accennando a tre fatti che, giustamente (lei ha perfettamente ragione), sono da ritenersi gravissimi, oltre infatti ad essere catalogabili sotto la categoria dello scandalo, e forse anche qualcosa di penalmente più rilevante, coinvolgono una platea di risparmiatori che attendono, da un tempo che ormai sta diventando quasi infinito, una risposta. Lei ha parlato dei bond argentini, della Cirio, della Parmalat, questioni che ben conosciamo, utilizzando, rispetto a questo, un'altra definizione, nella sua analisi, diciamo, scolastica, ha parlato cioè di emendamenti che introducono, nella regolamentazione della Banca d'Italia, questioni che giustamente lei ha definito - la cito con certezza - «primitive». (Cenni di assenso del ministro Siniscalco).
Il significato del termine è chiarissimo. Si potrebbe usare un altro termine per capirci ancora meglio, parlare cioè di questioni che dovrebbero essere sottese, questioni di base. Qualche volta scherzando, quando faccio considerazioni di questo tipo, dico che un tempo esisteva la prova del saper leggere e scrivere per chi era eletto consigliere comunale: si tratta ovvero di considerazioni che uno dà per scontate.
Orbene, nel dire questo è chiaro come lei abbia messo in evidenza una gravità, per così dire, al cubo, perché, se nemmeno questioni che sono primitive, che cioè dovrebbero esistere da sempre, da tempo immemorabile, sono oggi nella regolamentazione dell'attuale Banca d'Italia, è evidente qual è il vulnus, il ritardo, la gravità della questione.
Inoltre, nel dire questo, lei ha messo in evidenza anche un altro aspetto, cioè quello che il Governo ha proposto ed è, per l'appunto, la condizione appena elementare del funzionamento di questa istituzione. E io sono assolutamente d'accordo con lei su questo.
L'elemento che invece ci differenzia nettamente, signor Ministro, credo di averglielo già implicitamente fatto cogliere: il Ministro, non essendo soltanto un buon professore universitario, ma avendo una responsabilità politica e di governo, dovrebbe non soltanto farci conoscere le sue opinioni, ma spiegarci che cosa il Governo ha fatto in questi due anni e mezzo, al di là dei ritardi omissivi che possono esserci stati da parte del Parlamento (io sono convinto che non ci sono stati da questa parte, ma potrei perfino dire da questa o da quella parte del Parlamento). Dovrebbe dirci cosa ha fatto il Governo, essendo fra l'altro, con la legge maggioritaria, nella condizione di esercitare un controllo molto stretto - come abbiamo visto in altre occasioni - sulla sua stessa maggioranza, affinché questi ritardi e queste omissioni venissero superati.
Ma soprattutto, signor Ministro, lei ci dovrebbe spiegare un'altra cosa. Perché nei lanci di agenzia un Ministro - di solito lei - dice una cosa e un minuto dopo un altro Ministro smentisce affermando che si tratta di una dichiarazione personale? E perchè questo è continuato costantemente senza che si sia prodotto alcun atto formale di qualsiasi tipo? I miei uffici mi hanno, infatti, preparato una piccola raccolta delle dichiarazioni dei Ministri in carica sulla questione Bankitalia e sulla questione governatore Fazio: gliela risparmio.
Fra l'altro, mi deve perdonare, nemmeno in quest'occasione le cose sono cambiate, anzi, in quest'occasione, sia negli atti formali, che sono gli emendamenti, sia nelle sue dichiarazioni, si è lasciato capire, attraverso una lettura indiretta dell'intervento, quello che non si diceva esplicitamente. Ma non si è detto nulla, negli emendamenti, di come si intenda risolvere la questione della credibilità.
Io non credo che lei - che probabilmente la pensa come chi in questo momento sta parlando, ma non può dirlo - ritenga che il problema della credibilità si possa risolvere soltanto introducendo princìpi primitivi ed elementari all'interno della regolamentazione della Banca d'Italia. È evidente che lei pensa che ci debba essere un qualcosa di più, che riconduca (oggi lei ha citato il commissario alla concorrenza, il quale ha detto delle cose anche lui, pur bloccato dal suo ruolo, abbastanza esplicite) la situazione di questa nostra importantissima istituzione a quella condizione di autorevolezza che è la condizione primaria.
Quando sento parlare di indipendenza e di autonomia della Banca d'Italia, che dobbiamo tutti avere a cuore, io dico che la più grande garanzia di indipendenza e autonomia sta nel non mettere in discussione la credibilità complessiva di tale istituzione, a cominciare da chi ne regge (quasi da monarca, e direi che il "quasi" può essere tolto) la conduzione nell'attuale regola. Oggi così non è.
Vorrei rileggere con lei, signor Ministro, alcune parti dei princìpi fondamentali dei codici di condotta per i membri del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea, ovviamente sottoscritti da tutti i Governatori allora in carica, e per quanto ci riguarda dal nostro sicuramente: «I membri del Consiglio direttivo sono tenuti ad agire dando prova di indipendenza, imparzialità, discrezione e non tenendo conto dei propri interessi personali. Sono tenuti ad evitare qualunque situazione che possa dar luogo ad un conflitto d'interessi. Consapevoli dei propri compiti e responsabilità, devono seguire una condotta che consenta» - so che la conosce, ma la pregherei di valutare attentamente quest'ultima frase - «di mantenere la fiducia del pubblico nella Banca Centrale Europea», e quindi, implicitamente, nelle banche nazionali che la compongono, i cui Governatori sono parte del direttivo della Banca Centrale Europea.
Non credo che tutto il Paese, tutti i commentatori (tranne pochissimi), compresi quelli internazionali, siano abbagliati da, non si sa bene quale, discriminazione e strumentalizzazione nell'aver sostenuto che attualmente tale condizione non c'è più.
Chi le parla non ha mai fatto alcuna dichiarazione men che rispettosa nei confronti dell'attuale Governatore. Egli svolge questo incarico da un numero elevato di anni e quindi ho avuto modo di averlo come interlocutore, come elemento di confronto e di supporto costante anche nella mia attività di Governo, pertanto non ho motivi di dubitare della sua competenza. Pongo soltanto onestamente a lui, a noi e a voi la domanda se oggi, con ciò che sappiamo (per quello che non sappiamo e che taluni ventilano, quando mai esistesse, altri decideranno e affronteranno la questione nelle sedi opportune, non certo noi in questa sede), quelle condizioni minime ma anche massime di credibilità e di fiducia siano rispettate.
Penso che la risposta sia semplice, non sono rispettate. Come ci insegnava qualcuno quando la responsabilità era considerata importante, esiste il dovere di separare i propri destini personali da quelli dell'istituzione, che viene prima ed è più importante, nel momento in cui questo minimo di credibilità del rapporto si incrina, al di là di ciò che il soggetto possa pensare di se stesso e della propria condotta.
È evidente, signor Ministro, che lei ha ragione quando chiede - ma oggi non lo ha fatto, quindi non ho capito se le sue fossero dichiarazioni personali, dal momento che questa era la sede in cui doveva parlarne - che il Governatore apprezzi tali circostanze e si comporti di conseguenza. Mi sarei tuttavia aspettato anche altro.
Se è vero ciò che lei ha detto (ed è verissimo), che il dato della credibilità impatta duramente sulla situazione complessiva economica e di mercato del Paese e dunque non si può attendere oltre la risoluzione, vorrei che lei ci dicesse qualcosa di più su cosa il Governo intende fare, anche semplicemente come atto di volontà politica, nei limiti delle difficoltà legislative che conosciamo.
Come lei sa, alcuni pensano che esistono delle strade perché tale situazione venga rimossa nel più breve tempo possibile. Direi quasi che si doveva fare ieri, perchè ogni secondo che passa subiamo un danno che rischia di essere irreversibile. Non so quanto abbiamo già perso, non so quanti investitori, abbiamo già rinunciato a fare una partita di mercato in Italia pensando di venire in un Paese in cui le regole non sono perfettamente rispettate, dal momento che chi deve essere l'arbitro può anche partecipare al gioco. In sostanza, non so quanti danni abbiamo già subito.
Mi aspetto di sentire da lei qualcosa di più sugli emendamenti che, così come sono stati presentati, sono totalmente insufficienti. Come ha detto il collega Angius, abbiamo presentato alcuni emendamenti e come Unione, e come Margherita, in cui tali questioni vengono chiaramente affrontate, come la modifica dei procedimenti di nomina del Governatore, la concezione della collegialità del direttorio, che secondo noi dovrebbe auspicabilmente superare questa fase di monarchia della massima istituzione di garanzia del nostro Paese.
Mi sarei aspettato che anche su questo lei si pronunciasse, come mi aspetto - malgrado tutto - che da parte della maggioranza (che è divisa su questo punto, o che comunque si interroga su tale argomento) vi siano espressioni di voto che consentano di correggere in Parlamento ciò che il Governo finora non ha proposto, in modo da riuscire a giungere ad una risposta credibile a quegli scandali gravi che, come lei poco fa ha ricordato, sono drammaticamente passati sulla pelle, sulla testa e purtroppo anche sulle tasche di milioni di cittadini italiani.
Oggi, torno a chiedere che, fin quando questo non avverrà, quindi con questa cappa che grava sulle nostre spalle, e che, come qualcuno poc'anzi ha ricordato, potrebbe essere, senza forzare alcun termine, catalogata sotto la categoria della "truffa di democrazia" (cappa che ovviamente rischia di essere il problema prioritario rispetto a qualsiasi discussione) lei voglia, magari nel prosieguo di questa discussione, non effettuare soltanto un'analisi accademica, ma anche cercare di avanzare le proposte che, se questa è la sua analisi, ci si aspettano da un Ministro dell'economia. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-Un e Aut. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tarolli. Ne ha facoltà.
TAROLLI (UDC). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'appuntamento di oggi è significativo per l'UDC perché è volto a dare risposte a milioni di cittadini e di famiglie italiane.
Il disegno di legge sul risparmio è uno strumento che dà una risposta certa al tema della credibilità del sistema del risparmio italiano, dà risposta all'esigenza di trasparenza dell'operatività dei vari soggetti in campo e alla cultura dei controlli, che vengono centrati più nel merito e non solo nella forma, e, in ultima istanza, assicura maggiore tutela ai cittadini e ai risparmiatori.
Si tratta di un testo che si presenta come una riforma di sistema e mi fa piacere che anche il Ministro, questa mattina, lo abbia inquadrato come una risposta organica. A questo punto, signor Presidente, in questa premessa mi preme sottolineare la determinazione dell'UDC nell'aver voluto questo disegno di legge e nell'aver procurato tutto il suo impegno per l'approvazione, nonostante le varie "Cassandre".
Desidero sottolineare la determinazione dell'UDC anche nel voler calendarizzare il provvedimento quando altri partiti non volevano, determinazione dell'UDC testimoniata anche dal ruolo del relatore, senatore Eufemi, che ha svolto un grande lavoro e ha effettuato un'opera di sintesi meritoria, che oggi ci consente di dire davvero che abbiamo una riforma di sistema a portata di mano.
Si poteva fare prima? Certo, si poteva fare prima, come velocemente è stato fatto in Senato, se i risparmiatori fossero stati posti al centro delle scelte politiche; invece (non dobbiamo aver paura di ricordarlo) ci si è attardati, sia alla Camera, che in sedi governative, su temi e questioni che niente avevano a che fare con la tutela del risparmio e da qui è nato il ritardo nell'approvazione del testo.
Oggi, possiamo considerare le modifiche al testo introdotte dal Senato significative, ma comunque non tali da stravolgerne l'impianto, che è rimasto quello licenziato dalla Camera dei deputati. In Senato, sono stati rafforzati i presìdi per coloro che si avvalgono di società off-shore (vale a dire i paradisi fiscali), sono state inasprite le pene per le società di revisione che devono rispondere di danni accertati; il rapporto tra banca e impresa è stato affrontato nel segno della responsabilizzazione dell'autorità creditizia; sulla vendita dei prodotti assicurativi a contenuto finanziario si è optato per l'obbligo di prospetto, assicurando quindi maggior tutela al risparmiatore; e, per ultimo, voglio ricordare l'uso della Guardia di finanza che è assicurato alle Authority nell'esercizio dei poteri di vigilanza.
Sono tutte norme che contribuiranno a ridare certezza del diritto, a ridare fiducia ai cittadini e agli operatori e a ristabilire la credibilità sui mercati finanziari, e questo - signor Presidente, me lo consenta - è merito soprattutto del lavoro parlamentare. Il Parlamento è sempre una sede in cui si possono confrontare le diverse posizioni, ma anche da cui, alla fine, escono prodotti di grande levatura.
Il tema di questa mattina si è andato poi incentrando sull'emendamento del Governo, che ha affrontato quattro questioni: il mandato a termine, la proprietà, la trasparenza degli atti e la collegialità delle decisioni.
Voglio ricordare al Governo che l'UDC, che ha fatto degli approfondimenti collegiali in merito, esprime forte preoccupazione perché il testo non ci convince appieno; l'UDC è seriamente preoccupata dal testo che stiamo esaminando e vuole capire di più; l'UDC ha grande riserva sul testo ed è molto critica su due questioni fondamentali: il passaggio di proprietà allo Stato, perché anche se le intenzioni oggi possono non essere messe in discussione, può però mettere in discussione il patrimonio di autonomia e di indipendenza della Banca d'Italia, e l'eccessiva giuridicizzazione degli atti, che può portare a mortificare l'autorevolezza e la stessa autonomia.
Chiediamo pertanto al Governo di fornirci risposte più esaurienti, perché sui temi dell'indipendenza, dell'autonomia e dell'autorevolezza della Banca d'Italia l'UDC sarà intransigente.
Il Ministro si è soffermato, poi, su altre questioni che voglio affrontare. In primo luogo, ha ventilato presunti ostacoli alla libera circolazione dei capitali, ha fatto riferimento alla presunta discriminazione nei confronti dei contendenti. Ricordo che in Italia ci sono stati due organismi tecnici tecnico-amministrativi, il TAR e il CICR, che si sono pronunciati e non hanno espresso alcun rilievo sull'operato delle vicende di questi ultimi mesi; ricordo altresì che in sede internazionale la Banca centrale europea e la Commissione europea non hanno espresso alcun rilievo ma si sono limitate a richiedere chiarimenti.
La questione, allora, se la si vuole affrontare nei termini corretti, è prettamente politica. Lo scontro è tra due filosofie, tra due modi di intendere l'Unione Europea: da una parte, l'Europa del libero mercato, delle regole, dove giocano un ruolo decisivo l'alta burocrazia, i gruppi illuminati, l'Europa darwiniana dove deve o può vincere il migliore, se poi è solo il più forte questo non importa; dall'altra parte, si contrappone la tesi di chi vede un'Europa diversa, l'Europa della sussidiarietà, l'Europa del punto di equilibrio tra il libero mercato e i valori, l'Europa che ritiene il libero mercato non un bene assoluto ma un bene parziale che va coniugato con altre idee guida e con altri valori.
Il primo modello è quello che ha contribuito a far frenare l'Europa nella sua evoluzione, quello che è andato a sbattere. Le regole, prese a paradigma da questo modello, servono per guidare, servono per un ordinato traffico, servono per garantire la sicurezza, ma a decidere se andare in una direzione o andare in un'altra direzione non sono le regole ma è la politica, è una decisione che devono prendere le istituzioni.
Da questo punto di vista, la debolezza dell'esposizione del Ministro sta proprio nel non voler tentare di cercare il punto di equilibrio tra mercato e interessi nazionali e territoriali che sono legittimi. È qui che la politica si deve misurare e questo rende debole la tesi del Ministro.
Sui temi della credibilità e autorevolezza, questione sempre sollevata dal Ministro, vorrei osservare che la credibilità si acquisisce sul campo non attraverso convenienze, siano esse giornalistiche o mediatiche. La credibilità di un'istituzione si acquisisce difendendo le sue posizioni e non cambiandola secondo le convenienze.
La credibilità nello specifico di Banca d'Italia è data dall'esito del numero delle impugnazioni degli atti in sede giurisdizionale. Voglio ricordare che è stata respinta la quasi totalità delle impugnative da parte dei soggetti interessati di fronte ai tribunali sia amministrativi che ordinari.
La fonte e l'oggettività della credibilità e dell'autorevolezza nascono dalla bontà dei propri atti e comportamenti; si alimentano in queste sedi e non certo grazie alle patenti giornalistiche o massmediatiche del momento.
Se esamino il numero delle impugnative e delle sentenze contrarie, che quindi avvalorano l'operato della Banca d'Italia, non posso non affermare che la credibilità e l'autorevolezza non sono assolutamente messe in discussione.
Per quanto riguarda il passaggio della concorrenza all'antitrust, non è vero che Banca d'Italia è l'unica banca centrale avente competenza nella materia. Ancora oggi la Federal Reserve ha larga parte di competenza in questo campo e vi ricordo che sto parlando della banca centrale di una potenza mondiale, la quale ha gestito la materia in modo diverso rispetto alle tante teorie che si vorrebbero da noi assumere.
La concorrenza bancaria in Italia, sotto la regia della Banca d'Italia, è notevolmente accresciuta ed è stata potenziata. Sul piano teorico mi interessa ribadire un concetto. Tra stabilità e concorrenza non esiste contrapposizione, come taluni hanno teorizzato per giustificare questa tesi. Non esiste affatto contrapposizione tanto che la concorrenza può generare efficienza. Dobbiamo però ricordare che l'efficienza è il presupposto essenziale ai fini della stabilità. C'è quindi una compenetrazione ed una correlatività naturale tra concorrenza e stabilità.
Il dibattito ha, quindi, natura politica. Tante volte la cultura italiana rinnega se stessa per traslarne altre come - ad esempio - la cultura anglosassone, le cui esperienze, contenuti e modalità sono diverse.
Il dibattito è fra chi ha una posizione pregiudiziale dogmatica e chi invece ne ha una pragmatica e vuole che tutto funzioni, tenendo conto del fatto che la trasformazione del sistema del credito in Italia non deve ancora considerarsi conclusa. Il sottoscritto si riconosce nella posizione più pragmatica, che più avanti nel tempo potrà ricevere aggiornamenti e mutamenti. Certamente si riconosce una grande compenetrazione tra efficienza, da una parte, e concorrenza, dall'altra, ai fini della stabilità.
Per quanto riguarda, infine, le polemiche sorte negli ultimi due mesi - mi riferisco all'operatività della Banca d'Italia, alla richiesta del mandato a termine e alle dimissioni - francamente si è verificata una evidente sproporzione tra i fatti oggetto dell'analisi e le polemiche sorte.
Signor Presidente, mi lasci dire retoricamente che non siamo di fronte ad un atto di guerra; non abbiamo a che fare con un'invasione di un Paese per opera di un altro. Siamo semplicemente davanti al tentativo di acquisire due banche italiane di media grandezza. Siamo stati testimoni di una pressione, di una enfatizzazione massmediatica del tema francamente sospettosa.
Le polemiche sono legittime come lo sono i dissensi, ma - a mio giudizio - nel caso specifico sono state sproporzionate e talvolta sono sfociate in vere e proprie aggressioni che non hanno fatto onore a chi le ha promosse.
Signor Presidente, mi consenta di affermare che da questa vicenda ho tratto personalmente un insegnamento davvero prezioso per la mia convinzione ed attività politica. A coloro che non hanno ancora completamente interiorizzato il concetto dico che il potere finanziario è forte. Nell'epoca in cui stiamo vivendo il potere finanziario è davvero fortissimo ed ha a disposizione mezzi e strumenti che non dispongono neanche le istituzioni politiche. Esso è in grado di influenzare la politica e di interferire anche nelle decisioni istituzionali.
Occorrono quindi istituzioni forti. Per reggimentare questo strapotere occorrono istituzioni forti, in grado di esercitare le proprie funzioni e di difendere le proprie decisioni, così come ha fatto il Governatore.
Di tale comportamento non va fatta a lui una colpa; semmai dobbiamo trarne insegnamento. Sulla scorta di queste argomentazioni l'UDC sosterrà, in maniera convinta, il testo approvato dalla Commissione di merito, ritenendolo una grande opportunità ed una utile indicazione per ripristinare la credibilità di cui i cittadini risparmiatori avevano bisogno, ma aspetterà anche utili indicazioni da parte del Governo perché sull'emendamento proposto dallo stesso vi sono, a nostro parere, punti che richiedono un approfondimento necessario perché la posta in gioco è troppo importante per l'UDC, ma soprattutto - voglio ricordarlo, signor Presidente - per il Paese perché Banca d'Italia è stato un patrimonio del Paese, di cui l'UDC crede non ne possiamo ancora fare a meno. (Applausi dai Gruppi UDC e FI. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedrizzi. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, seguirò nello sviluppo del mio intervento lo schema illustrato dal ministro Siniscalco: concordo con lui in particolare sulla diagnosi, della genesi degli scandali finanziari nazionali ed internazionali, avendo tutti i Paesi più sviluppati dovuto subire le patologie cui abbiamo assistito, che abbiamo subìto anche nel nostro Paese. Concordo, inoltre, con il giudizio del Ministro dell'economia sulla sistematicità dell'intervento che stiamo portando avanti in tutto il settore del risparmio finanziario, bancario e delle Authority.
Concordo anche sulla differenziazione operata tra gli episodi che avevano coinvolto Cirio, Parmalat, i bond argentini e gli episodi, agli onori della cronaca, degli ultimi mesi. Vi è una differenza abissale: con le vicende Parmalat, Cirio, bond argentini i piccoli risparmiatori sono stati gettati sul lastrico, perdendo buona parte dei propri risparmi; dovranno essere ristorati e bisognerà porre termine a questa situazione di ingiustizia. Con gli ultimi episodi nessuno ha perso una lira! Anzi i risparmiatori in molti settori, ad iniziare dagli agricoltori del Veneto, si sono arricchiti ed hanno visto i propri risparmi lievitare notevolmente.
Sono altresì d'accordo con il ministro Siniscalco quando afferma che le questioni di legittimità e regolarità delle procedure relative alle fattispecie concrete, sotto gli occhi di tutti nell'ultimo mese - mi riferisco a BNL ed Antonveneta - non sono di competenza del Parlamento o tantomeno del Governo.
Del resto, lo ricordava il senatore Tarolli, su quelle tecniche autorizzative si sono già pronunciati il TAR del Lazio, il CICR, addirittura la Commissione europea che ha riconosciuto quegli atti, quelle autorizzazioni regolari e legittime.
Altro è la credibilità dei sistemi finanziario, bancario, delle Authority, che non può evidentemente dipendere dal numero degli articoli di stampa o di quotidiani esteri che, nel corso di questa legislatura, si sono ripetuti. D'altronde, simili campagne stampa sono state fatte contro il nostro Presidente del Consiglio dal momento della sua elezione. Concordo anche con il ministro Siniscalco quando dice che si imputa - non dà quindi un giudizio di valore - eccessiva la discrezionalità, la tempistica delle autorizzazioni, la mancanza di collegialità.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA (ore 12,29)
(Segue PEDRIZZI). Veniamo ora ad alcune considerazioni di carattere generale, seguendo lo schema illustrato dal ministro Siniscalco.
Dinanzi a vicende di crisi come quelle che hanno coinvolto prima importanti imprese italiane quotate in borsa poi, in questi ultimi mesi, istituzioni finanziarie dal grande prestigio, occorre innanzitutto senso delle istituzioni e grande responsabilità al servizio del bene comune.
Solo partendo da questa premessa indispensabile è possibile impostare una seria riflessione sui rapporti tra imprese e sistema finanziario e sulla riforma delle Autorità di controllo.
È inoltre indubbio che con i fatti delle ultime settimane sia venuta alla luce, in un certo senso, una debolezza nel sistema istituzionale dei controlli del nostro Paese.
Bene ha fatto il ministro Siniscalco, quindi, a ricordare la genesi e lo sviluppo degli avvenimenti. Voglio soltanto rammentare che in Italia la difesa del risparmio sancita dalla Costituzione, con il testo unico relativo al settore bancario prima e con il testo unico sull'intermediazione finanziaria poi, è stata prevalentemente impostata sul corretto funzionamento dei mercati finanziari.
Nei Paesi con struttura finanziaria evoluta, a partire dagli anni Ottanta, si è sviluppata la tendenza al contatto diretto sul mercato tra le imprese che richiedono mezzi di finanziamento e i risparmiatori che acquistano obbligazioni o titoli azionari immessi sul mercato dalle stesse imprese. Si è trattato di una trasformazione profonda rispetto a quando accadeva in precedenza.
Oggi, pertanto, dinanzi a una quota sempre crescente di risparmio che si dirige direttamente al finanziamento delle imprese, assistiamo ad uno spostamento del rischio stesso dell'impresa, passato dagli intermediari direttamente in capo agli investitori privati.
Si è trattato di un cambiamento epocale rispetto al quale, probabilmente, non vi è stata piena consapevolezza. Infatti, in Italia il controllo sulle imprese appare meno cogente rispetto a quello previsto altrove. Prendendo come riferimento gli Stati Uniti, lì la SEC, dotata di poteri penetranti di indagine e sanzionatori, è stata fortemente rafforzata dopo gli scandali che hanno caratterizzato quel Paese e relativi ad ENRON, World Com ed altre società.
Se facciamo riferimento, ad esempio, al caso Parmalat e a quello relativo alla Cirio, possiamo notare che soltanto un terzo dei finanziamenti era stato raccolto sul mercato italiano, mentre la restante parte era stata ottenuta su mercati esteri tramite emissioni obbligazionarie, mercati che, in taluni casi, non erano né regolamentati, né trasparenti: i cosiddetti paradisi fiscali.
Complessivamente, come ha ricordato lo stesso Ministro questa mattina, gli scandali finanziari hanno mostrato l'esistenza di carenze sotto molti punti di vista: non hanno funzionato i controlli, né quelli interni, né quelli della sorveglianza delle società e del mercato, né hanno funzionato i controlli possibili a livello internazionale. Ulteriori ed evidenti disfunzioni sono imputabili a conflitti di interessi riscontrati nelle fasi di revisione contabile, di consulenza aziendale e tra gli analisti finanziari.
Vi è un importante ed ulteriore aspetto da sottolineare. In Italia l'universalità dell'impresa bancaria, consentendo all'istituto di credito di impegnarsi nell'industria tramite partecipazioni indirette mediante fondi, gestioni patrimoniali e altro ancora, ha determinato situazioni di conflitto di interessi proprio nel momento in cui l'impresa industriale attraversava una situazione di crisi. Tale conflitto ha sollecitato comportamenti anomali nel collocamento di valori mobiliari sul mercato e, forse ancora più grave, nel finanziamento in generale.
Probabilmente il gruppo bancario, alla scopo di salvare il proprio credito, può essere stato tentato di ritardare e coprire la crisi dell'impresa industriale. Casi come quello della Cirio e della Parmalat hanno fatto emergere anche l'importanza di un intervento relativo all'assetto della vigilanza. Per questo motivo è apparso necessario, in particolare, rafforzare la normativa e i poteri dell'Autorità che sovrintende al mercato finanziario. Come ha ricordato il collega, senatore Azzollini, provvedimenti come il market abuse e altri tendenti al rilancio dell'economia hanno rafforzato la CONSOB, ulteriori rafforzamenti sono contemplati nel provvedimento oggi al nostro esame.
È stato necessario rivedere anche l'assetto ed alcune normative della Banca d'Italia, come indicato dal Governo con il suo emendamento.
Soluzioni di tipo diverso rispetto alle indicazioni sopra esposte, e date anche dal Governo e dal Ministro dell'economia, potrebbero dare la sensazione di voler divagare rispetto al cuore del problema o, peggio ancora, rischiare di destabilizzare un equilibrio già difficile di per sé.
Ho esordito evidenziando la centralità che devono rivestire in certi frangenti il senso delle istituzioni e la disponibilità al servizio del bene comune. È in questa ottica che occorre varare al più presto il disegno di legge sul risparmio.
Tale disegno di legge arriva in Assemblea in un testo che conferma pienamente le linee di fondo della proposta di legge approvata dalla Camera dei deputati, con modifiche migliorative soprattutto per quanto riguarda la difesa dei risparmiatori, in particolare di quelli piccoli.
Prima di commentare i punti maggiormente qualificanti della proposta delle Commissioni riunite (che ringrazio nella loro globalità, maggioranza ed opposizione; i due relatori hanno svolto veramente un grande lavoro di approfondimento, di affinamento, di perfezionamento, con il contributo anche dell'opposizione), ritengo necessario svolgere ancora alcune considerazioni di ordine più generale che attengono al lavoro complessivamente svolto dalle due Camere.
Il disegno di legge sulla tutela del risparmio non è affatto un'occasione mancata, come qualcuno sostiene (e mi fa piacere che il Ministro dell'economia abbia concordato in questo giudizio positivo su tutto l'impianto del provvedimento), perché questo disegno di legge metterà ordine nella legislazione finanziaria e societaria italiana, poiché con esso si affrontano e si risolvono alcune delle questioni più rilevanti sorte - come dicevo prima - dagli scandali della Cirio e della Parmalat, perché i controlli interni alle società, i conflitti di interesse tra banche e imprese, le operazioni con società controllate e collegate aventi sedi legali nei cosiddetti paradisi fiscali e illegali, i conflitti di interesse nella circolazione di determinati strumenti finanziari, la vigilanza e il controllo delle attività di intermediazione finanziaria vengono ben disegnati e ben strutturati.
Sono i temi, del resto, che le Commissioni congiunte sesta e decima di Camera e Senato avevano individuato a conclusione dell'indagine conoscitiva come i punti di maggior rilievo per un intervento legislativo volto a superare le difficoltà e arginare gli scandali. Sono i temi che lo stesso Ministro dell'economia aveva segnalato nelle osservazioni allegate alla relazione della CONSOB ai mercati finanziari per l'anno 2003.
Su tali questioni il Parlamento è intervenuto dettando nuove regole e modificando la legislazione vigente. Il compito del Senato è stato facilitato in questo dal chiaro indirizzo espresso dalla Camera dei deputati con il conforto del ministro Siniscalco e va dato atto al rappresentante del Governo in Commissione, la sottosegretario Armosino, di aver collaborato efficacemente affinché l'iter parlamentare proseguisse in maniera spedita ed ordinata.
Vanno quindi respinte le accuse di aver compiuto una controriforma della legge sul risparmio, perché, proprio per quanto riguarda gli assetti delle autorità di vigilanza e di controllo, il disegno complessivo appare coerente e organico, soprattutto a seguito della presentazione da parte del Governo di una proposta emendativa che affronta anche la questione della governance della Banca d'Italia.
Alla luce delle vicende degli ultimi mesi, tuttavia, il Parlamento è chiamato ad affrontare problematiche differenti e per certi versi inedite, che richiamano tutti ad un confronto approfondito, ma sereno, anche sugli aspetti poc'anzi citati del mandato a termine del Governatore e delle competenze della Banca d'Italia.
Il comparto bancario italiano è entrato in una fase di trasformazione per le offerte pubbliche di acquisto volte a conseguire la governance di due importanti istituti bancari da parte di banche europee, a testimonianza dell'appetibilità, per i competitori stranieri, non solo delle banche italiane, ma soprattutto del mercato domestico.
Le regole esistenti garantiscono la tutela degli azionisti di minoranza attraverso la disciplina delle offerte pubbliche e affidano alla valutazione del mercato la bontà delle operazioni finanziarie.
Senza voler entrare nel merito delle vicende Antonveneta e BNL, in attesa doverosa delle risultanze di tutti gli organismi preposti al controllo, appare opportuno focalizzare l'attenzione sugli interessi generali del Paese e della comunità finanziaria. Una pregiudiziale dei meccanismi di mercato appare debole laddove non si comprenda che l'ingresso in qualità di azionisti di maggioranza di gruppi stranieri potrebbe anche indebolire le banche italiane.
La situazione dell'economia italiana "bancocentrica" è nota a tutti, quindi il ruolo di un gruppo straniero nell'economia complessiva italiana potrebbe essere non favorevole e alle volte destabilizzante. Viceversa, però, e tendo a sottolinearlo, una chiusura ad oltranza a tutela degli assetti azionari esistenti, ovvero a favore di gruppi non in grado di elaborare convincenti strategie industriali, rischia di estromettere le imprese italiane da processi di aggregazione e di sviluppo che, soli, garantiscono la crescita su scala internazionale.
Il Governo, dal canto suo, ha sciolto una riserva importante nel proporre i princìpi di riforma degli assetti della Banca d'Italia e del mandato a termine del Governatore, consentendo anche quel periodo transitorio sollecitato dalla Banca centrale europea nel maggio del 2004, allorquando rese un parere appunto sulla riforma del risparmio. Si tratta di questione che il Parlamento aveva valutato, anche alla luce del citato parere della Banca centrale europea, con un'attenzione particolare e, per quanto mi riguarda, guardando anche alla necessità di intervenire per evitare interferenze tra le banche detentrici di quote di capitale della Banca d'Italia e le funzioni di controllo e vigilanza della Banca stessa.
Certo, ci sono delle perplessità circa la formulazione del comma relativo a questa problematica; ci sono delle perplessità sulle procedure indicate e sulla copertura finanziaria. Allo stato attuale, però, nel loro complesso, i princìpi indicati dall'emendamento del Governo adeguano la normativa nazionale a quella comunitaria e di altri Stati europei e appaiono necessari per rinsaldare la fiducia e la credibilità dell'operato dell'Istituto di vigilanza, credibilità che non dipende da articoli della stampa, e queste proposte assunte dal Governo in tutta la sua collegialità vanno intese come parte di una strategia complessiva di ridefinizione delle funzioni di controllo della Banca d'Italia e come tali possono essere discusse.
Voglio quindi riprendere l'analisi del testo approvato dalle Commissioni riunite, come sottoposto all'Assemblea.
Innanzitutto, il Parlamento, già con la legge comunitaria per il 2004 aveva realizzato uno dei punti qualificanti della proposta del Governo all'indomani dello scandalo Parmalat: il rafforzamento delle competenze e delle risorse in capo alla CONSOB.
Anche nel disegno di legge in esame i poteri della CONSOB sono stati rafforzati.
Le Commissioni riunite hanno poi riconosciuto la specificità dei settori assicurativi e dei prodotti previdenziali, confermando, le funzioni delle autorità preposte, ISVAP e COVIP.
Per quanto concerne la Governance societaria, le Commissioni hanno confermato la presenza nel consiglio di amministrazione di rappresentanti di una minoranza qualificata: è prevalsa l'idea che l'amministratore di minoranza possa esercitare un controllo e una supervisione sulla scelte societarie maggiore rispetto agli amministratori cosiddetti indipendenti.
La stessa logica ha guidato la conferma della presidenza del collegio sindacale affidata al sindaco espresso dalla minoranza. Vengono, inoltre, confermate le norme sull'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori.
Meritano attenzione anche le disposizioni finalizzate a rendere più stringente la disciplina relativa alle operazioni con società con sede legale nei paradisi fiscali.
Sempre in linea con le indicazioni del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, risultano le disposizioni in materia di revisori contabili, con qualche modifica che ha riguardato la durata dell'incarico di revisione che può essere rinnovato una sola volta. Inoltre, in caso di rinnovo, il responsabile della revisione dovrà essere sostituito con un altro soggetto.
Infine è stata introdotta una limitazione alla responsabilità civile della società di revisione, che dovranno rispondere per danni sino a dieci volte il corrispettivo percepito per l'incarico di revisione ovvero sino al venti per cento del capitale della società di revisione (se superiore). Su tali limiti, appare opportuno un'ulteriore riflessione da parte dell'Assemblea.
Per quanto concerne i conflitti di interesse tra banche e imprese è stato confermato il principio di negare condizioni di privilegio ad amministratori ed a chi detiene quote di controllo di banche.
Sono state inoltre dettate disposizioni volte ad evitare che insorgano conflitti di interesse nella prestazione dei sevizi di investimento da parte delle banche, in modo tale che le attività attinenti siano svolte da strutture distinte e autonome rispetto all'attività creditizia vera e propria.
Rispetto alle problematiche emerse nel corso dell'indagine conoscitiva sulla circolazione dei bond senza prospetto, ovvero emessi solo per gli investitori istituzionali e poi rivenduti alla clientela retail, le scelte delle Commissioni appaiono particolarmente rilevanti: da un alto, gli investitori istituzionali rispondono della solvenza dell'emittente nei confronti degli acquirenti per un anno dalla cessione del titolo; dall'altro, in alternativa, è prevista sempre la consegna del prospetto informativo: mai più quindi sarà possibile "piazzare" titoli poco affidabili e molto rischiosi accollandone il rischio al risparmiatore, ovvero senza che quest'ultimo sia in grado di valutare approfonditamente la rischiosità dell'investimento.
Si tratta di un intervento mirato e preciso che da solo potrebbe giustificare tutto il lavoro compiuto per tutelare i risparmiatori, soprattutto i piccoli risparmiatori.
Infine, l'apparato sanzionatorio.
Per quanto concerne l'articolo 2621 del codice civile - riguardante la fattispecie di false comunicazioni sociali - s'introduce per amministratori, direttori generali, sindaci eccetera, la reclusione da uno a cinque anni (nel caso la falsità o l'omissione alterino in modo sensibile la rappresentazione della realtà economica, patrimoniale o finanziaria della società), introducendo altresì la sanzione amministrativa dell'interdizione, da uno a tre anni, dagli uffici direttivi delle società o dall'ufficio di amministratore, sindaco, direttore generale eccetera.
Per quanto riguarda le "false comunicazioni sociali delle società che fanno appello al pubblico risparmio" (in luogo di false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori), è aumentata la pena da due a sei anni (anziché da uno a quattro anni); è prevista in ogni caso la sanzione amministrativa dell'interdizione, da uno a cinque anni, dagli uffici direttivi delle società o dall'ufficio di amministratore, sindaco, direttore generale eccetera.
In conclusione, si può affermare che il disegno di legge migliora l'ambiente giuridico complessivo nel quale operano gli attori finanziari e le società, crea certezze per le imprese e dota di maggiori poteri le Autorità di controllo e vigilanza.
Occorre però essere consapevoli che nessuna norma giuridica è efficace senza una valida e robusta coscienza etica dei singoli e senza un capitale sociale che espelle e isola chi vìola le norme. Di converso, gli stessi princìpi di responsabilità personale e di concorrenza leale sono travolti dall'illecito e dalla criminalità senza una disciplina certa ed efficace. Per questo il Parlamento può e deve intervenire adeguando gli strumenti legislativi.
Ma, come si legge anche nelle tesi dei giovani imprenditori che furono presentate a Capri nel giugno 2002, c'è una sola strada che porta alla rinascita: promuovere un'etica della trasparenza in cui la responsabilità divenga l'arma esclusiva in mano all'impresa per avere successo sui mercati. In quell'occasione, di fronte agli scandali finanziari a catena che stavano sconvolgendo i mercati finanziari, dal mondo imprenditoriale si volle sottolineare come l'erosione del rapporto di fiducia tra investitori ed imprenditori, su cui si fonda il grande gioco del mercato, possa essere combattuta soltanto dando avvio ad una vera e propria rivoluzione culturale. E i primi rivoluzionari - affermarono i giovani industriali giustamente - dovrebbero essere coloro che fanno impresa ogni giorno, comprendendo fino in fondo il valore di una comunicazione corretta, di comportamenti trasparenti e rispettosi del rapporto di fiducia con tutti i soggetti terzi che entrano in relazione con l'impresa.
Ma la diffusione di un'etica della trasparenza va aiutata, incentivata e suscitata. Dallo stesso mondo dell'impresa viene un invito al legislatore a predisporre meccanismi di controllo e sanzionatori che fondino la loro efficacia sulla reputazione dei soggetti che operano sui mercati. Come legislatori cercheremo di rispondere al meglio a tale appello, convinti come siamo che la morale necessaria allo stesso svolgersi dell'attività di impresa, lungi dal danneggiarla, migliora nel lungo periodo il suo stesso andamento ed è funzionale anche ai suoi risultati economici.
Ribadisco quindi la piena soddisfazione per il lavoro compiuto in Commissione e auspico che il provvedimento venga velocemente approvato dall'Aula del Senato, come auspico che venga sostenuto da tutta la maggioranza l'emendamento proposto all'unanimità dal Consiglio dei ministri, dimostrando in tal modo la maggioranza di centro-destra compattezza e senso di responsabilità. Lo esiteremo all'altro ramo del Parlamento e spero vivamente che la Camera dei deputati possa approvare definitivamente il disegno di legge entro la fine dell'anno. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Eufemi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Turci. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, preciso subito che su molte delle parti più rilevanti del disegno di legge al nostro esame interverrà nel corso del dibattito generale il collega Pasquini, il quale illustrerà meglio alcuni punti importanti che non abbiamo approvato in Commissione, che addirittura secondo noi, nel passaggio dalla Camera al Senato, sono stati peggiorati, il che rende ancora più logico il nostro giudizio negativo sull'insieme del provvedimento.
Io mi concentrerò sulle parti proposte qui stamattina dal ministro Siniscalco e sulle quali, peraltro, si è concentrato l'intervento degli oratori che mi hanno preceduto. Personalmente posso esprimere un apprezzamento su diversi punti dell'esposizione del ministro Siniscalco; noterò però, alla fine del mio ragionamento, che c'è una contraddizione profonda fra ciò che il ministro Siniscalco ci fa intendere nelle sue esposizioni (quella fatta in Consiglio dei ministri, quella fatta al Convegno Ambrosetti e soprattutto quella resa stamattina in Aula) e ciò che concretamente propone nella sua veste di Ministro dell'economia.
C'è una contraddizione, un conflitto (non è un conflitto di interessi, sia chiaro, ma forse un conflitto di prospettive) tra un Ministro che si trova imbarazzato e bloccato da un Governo diviso, che non ha la forza di decidere, e un Ministro professore d'economia che, di fronte alla comunità dei suoi colleghi e al suo possibile futuro ritorno nella comunità scientifica, vorrebbe salvare almeno l'anima e la coscienza, nonché la reputazione intellettuale e professionale. Questo può fare onore alla persona del professor Siniscalco, ma non risolve la grave crisi politica che le ultime vicende hanno ulteriormente messo in evidenza e che ha il suo fulcro nell'attuale gestione della Banca d'Italia.
Come dicevo, esprimo apprezzamento per ciò che il Ministro ha detto questa mattina, soprattutto quando ha affermato con nettezza (a differenza di quanto hanno detto qui alcuni colleghi della maggioranza) che in queste settimane, dall'azione del Governatore, al di là della legittimità formale degli atti, su cui non compete al Parlamento e al Governo decidere, è derivato un danno di reputazione (uso l'espressione pronunciata dal Ministro) per il nostro Paese. È un'affermazione secca, precisa e netta, contenuta nella relazione del Ministro, che noi condividiamo.
Siamo d'accordo anche sul passaggio in cui il Ministro richiama la distinzione fra il rispetto delle regole, sempre necessario, e la credibilità, che ha nel rispetto delle regole uno dei presupposti, ma non tutti i presupposti necessari. Potrei citare un lungo passaggio, che non a caso appare in corsivo, della relazione che il ministro Siniscalco ha letto al Consiglio dei ministri del 2 settembre, in cui esplicitamente si evidenzia cosa si intende per credibilità e quali sono le condizioni per una piena credibilità di istituzioni importanti, terze, arbitri, garanti, come per esempio la Banca d'Italia. Sono tutte parole condivisibili.
È altrettanto condivisibile una delle conseguenze che il Ministro trae da tali considerazioni, cioè che, visto che si è potuto perdere reputazione anche rispettando formalmente le regole, questa è una ragione in più per cambiarle rapidamente. Il Ministro però aggiunge che non si tratta solo di cambiare le regole, perché c'è stato un problema anche di come queste sono state applicate, per il contesto, per il modo e lo stile con cui tali regole sono state gestite.
Egli ci ricorda autocriticamente che, a novembre dell'anno scorso, intervenne personalmente per tre volte nelle Commissioni competenti della Camera per bloccare le parti della riforma relative alle Authority, quella relativa al mandato a termine della Banca d'Italia e quella relativa al passaggio delle competenze sull'Antitrust dalla Banca d'Italia alla specifica Autorità garante della concorrenza e del mercato, confidando sull'autoriforma della Banca d'Italia.
Il Ministro sottolinea quasi ironicamente che sono trascorsi nove mesi e non è stata partorita alcuna autoriforma. Da ciò deriva - egli afferma - la determinazione del Governo a proporre la riforma, senza affidarsi più all'autoriforma, tanto più (lo aggiungo io, ma si capisce anche dalle parole del Ministro) che non solo il governatore Fazio non ha promosso alcuna autoriforma, ma la ha perfino osteggiata. Si parla esplicitamente di interessi consolidati che hanno resistito in tutti i modi ad ogni ipotesi di riforma.
Sono perfino imbarazzato per il modo in cui, in questa vicenda della riforma del risparmio, un'istituzione pubblica terza rispetto al Governo e al Parlamento abbia potuto condizionare così pesantemente i lavori delle Camere. Sarebbe interessante ripercorrere la storia del Parlamento della Repubblica italiana per capire se esista qualche precedente simile.
I giornali hanno ironicamente parlato di un partito fazista (e non fascista, non c'è nessun riferimento al Congresso di Fiuggi) operante in Parlamento. Siamo arrivati al fatto grottesco che alcuni parlamentari ci raccontano i sogni del Governatore, ci riferiscono i suoi pensieri mattutini e i suoi intendimenti, ci anticipano le OPA di questo o quell'altro. Piuttosto che criticare i colleghi che si espongono a questo ruolo, devo dire che in ciò c'è anche qualcosa di piacevole.
Questa è una vicenda triste e penosa per il nostro Paese, che costa gravemente non solo alla Banca d'Italia ma anche alla credibilità dell'Italia, quindi ascoltare a giorni alterni le note ilari del Grillo canterino, nonché nostro collega senatore, che ci racconta questi particolari piacevoli, almeno alleggerisce la tensione con cui viviamo tale vicenda.
Al di là delle battute e dei ruoli dei grilli canterini, ricordo che il cambiamento di regime per la Banca d'Italia era già previsto dalla riforma del testo unico bancario del 1993, in forza del quale le banche diventavano imprese, si prevedeva un mercato del controllo delle banche e c'erano nuove norme di taglio europeo per il sistema creditizio italiano.
Di fronte a questa riforma, che diventava ancor più necessaria man mano che entravano in funzione i meccanismi di integrazione europea, la direzione della Banca d'Italia in capo al Governatore ha manifestato una resistenza crescente e tetragona, fino alle ultime vicende.
Vi ricordate le due OPA importantissime del 1999, che avrebbero probabilmente rivoluzionato l'assetto bancario del nostro Paese, ovvero quella del San Paolo-IMI su Banca di Roma e quella dell'Istituto che allora si chiamava ancora Credito Italiano su COMIT? Furono bloccate ad nutum, con un cenno del sopracciglio, senza motivazioni, senza dichiarazioni pubbliche, senza che avessimo la possibilità di leggere un documento di motivazione.
Da lì si è continuato in questo modo, per cui sostanzialmente non abbiamo avuto un arbitro del mercato creditizio, non solo nei rapporti con l'estero ma anche all'interno, ma abbiamo avuto un regista, il quale o ha operato secondo un piano regolatore sconosciuto e noto solo al regista stesso, oppure, in alcuni casi, ha fatto nascere il sospetto di operare sulla base di catene amicali, volta a volta costruite e disfatte.
Pensate ai grandi favori fatti per un lungo periodo alla Banca di Roma e alla famosa vicenda Bipop-Carire, negata, come ha rivelato recentemente «Il Sole-24 ORE», ad acquirenti stranieri che l'avrebbero comprata a 5-6 euro ad azione, mentre alla fine è stata ceduta per 1,7 euro ad azione alla Banca di Roma. Fu tacitata, anche in quel caso ad nutum, qualche banca italiana che sommessamente aveva manifestato il suo interesse (cito per tutte la Banca Popolare di Milano).
Si è trattato, quindi, come è stato detto più volte, di una gestione autocratica e non trasparente, perché le motivazioni non venivano date, nel senso che la pratica si chiudeva prima, al caminetto. Questo regime poteva forse funzionare per gli anni passati, ma - lo ha detto il Ministro - non reggeva più in questo nuovo contesto europeo.
Collega Tarolli, se ho capito bene, lei ha parlato di due modelli di Europa: l'Europa delle regole, come vorrebbe Siniscalco, in cui tutti corrono e vince il migliore, e l'Europa dei valori. A parte il fatto che non ho capito bene questa distinzione, credo che il primo valore in assoluto sia rispettare le regole sottoscritte, diversamente non ci sono valori di sorta.
Non mi pare che grandi prove di valore - per usare questo termine nobile - siano state date dagli scalatori dell'Antonveneta con 1,1 miliardi di prestiti senza garanzie erogati agli amici (in odore di insider trading) dell'amministratore delegato Fiorani per andare a comprare preventivamente di nascosto, senza comunicarlo ufficialmente al mercato e tanto meno alle istituzioni, quote di Antonveneta. Non capisco neanche cosa c'entrino i valori con le interferenze dei consiglieri spirituali o dei familiari del Governatore nella scalata Antonveneta.
Lasciamo stare dunque questa presunta distinzione tra l'Europa dei valori e l'Europa delle regole: prima di tutto ci sono regole che è un valore rispettare una volta che si sono sottoscritte. Questo non è stato fatto. Comunque, pur rispettando questa parte della relazione del Ministro, pongo alcune domande più precise.
Nell'emendamento del Governo in merito a Banca d'Italia non si dice nulla sulla nomina del Governatore. Chi nominerà il nuovo Governatore? Le opposizioni, unitariamente, hanno avanzato una proposta precisa.
Come peraltro ha anticipato il candidato del centro-sinistra, il professor Prodi, nell'intervista rilasciata ad agosto, noi proponiamo la nomina del Governatore attraverso il seguente passaggio: Governo-maggioranza qualificata della Commissione parlamentare-decreto di approvazione del Presidente della Repubblica. È una proposta che - attenzione! - avanziamo per il Governatore e non per l'intero direttorio. Non capiamo assolutamente, invece, cosa proponga il Governo.
Per quel che riguarda la proprietà, il Ministro - che, tra l'altro, oltre ad essere Ministro è economista - ha ignorato totalmente le osservazioni puntuali pubblicate ieri dal Servizio Studi del Senato in merito ai problemi di copertura e di legittimità di questo emendamento. Noi aggiungiamo che non crediamo affatto che la proprietà sia il problema dirimente relativo ai conflitti di interesse che si sono manifestati nella gestione di Banca d'Italia. Quindi, si può rinviare, con più calma, ad un provvedimento studiato bene, soprattutto che non elargisca un inutile regalo alle banche.
Avete visto come le varie banche hanno stimato nei loro bilanci il valore delle quote di Banca d'Italia? Avete visto qual è la banca che valuta più alta la sua quota di Banca d'Italia? Ma guarda un po', è la banca amministrata fino a ieri da Fiorani che, non a caso, aveva bisogno di dimostrare una forte patrimonializzazione, visto che nel frattempo ha effettuato una pirotecnica scalata, protetta dal governatore Fazio, a banche e banchette in tutta Italia, fino a quella impantanatasi - ma non per merito della Banca d'Italia, bensì della CONSOB e della magistratura - ad Antonveneta. Dunque, è bene dedicare un momento di riflessione ad hoc a questo tema della proprietà.
Infine, qualche parola sull'Antitrust. Immaginavo che Tarolli e - credo di aver capito bene - anche Pedrizzi avrebbero obiettato alla timida apertura effettuata dal Ministro. Ma quest'ultimo non se la può cavare con una timida apertura di disponibilità; deve dire se il Governo ritiene, come accade per le banche centrali (lasciamo stare la Federal Reserve) di tutti i Paesi europei, che la concorrenza non sia di competenza della Banca centrale bensì di un'autorità specifica che si chiama Antitrust.
Il Governo deve dire sì o no; questo problema è stato già dibattuto lungamente nell'altro ramo del Parlamento, non ve la potete cavare con un timido accenno, come è stato nelle parole del Ministro.
Comunque, come la mettiamo con la resistenza del Governatore, con il danno che sta derivando alla Banca d'Italia, una delle istituzioni più prestigiose nella storia d'Italia, un'istituzione che fino ad oggi ha rappresentato un marchio di qualità garantita per chiunque vi abbia operato, per chiunque ci operi, per qualunque documento venga edito da quell'Istituto?
Questo marchio si sta rapidamente svilendo per la resistenza tetragona di un Governatore che non vuole prendere atto della condanna dell'opinione pubblica italiana e internazionale, della comunità scientifica, del mondo economico e di gran parte del mondo politico. Aspetta forse che a decidere sia la magistratura? Mi auguro che non sia la magistratura a risolvere un problema come questo.
Il Governatore non vuole neanche prendere atto che un'Authority parallela, la Consob, ha fatto un lavoro che Banca d'Italia non ha svolto, o meglio, che avevano svolto gli ispettori della vigilanza, i quali, però, si sono visti bloccare il loro lavoro e mettere da parte con un po' di consulenze esterne, tra l'altro richieste in un modo - come è noto - anche molto discutibile.
Bene, qui c'è una resistenza tetragona che danneggia il Paese. A questo punto, però, badate, accanto al danno che deriva alla Banca d'Italia e al Paese stesso dalla resistenza del Governatore, c'è un danno ormai crescente e forse superiore che deriva dall'impasse del Governo.
Non ho più voglia di continuare a mettere sotto tiro il Governatore, che ho criticato politicamente, pur non avendo nulla di personale contro di lui, perché ritengo assolutamente insensata la sua posizione. A questo punto, però, un danno maggiore al Paese, al di là della resistenza del Governatore, deriva dall'incapacità di questo Governo. Bisogna cominciare a dire che sotto tiro in questo momento c'è il Governo Berlusconi e, certo, per la sua parte, anche il Ministro dell'economia e delle finanze che almeno dovrebbe avere il coraggio di essere coerente con le sue affermazioni.
Il Presidente del Consiglio si è rimesso a tutti, salvo che prendere decisioni: si è appellato alla coscienza di Fazio, che non gli ha risposto perché - come è noto - pare che in sogno abbia avuto sollecitazioni notevoli a resistere. Peraltro, in tutta questa vicenda c'è un aspetto strano che davvero non capisco; non capisco perché la Conferenza episcopale italiana, attraverso suoi autorevoli esponenti, perché "L'Avvenire d'Italia" (che ha scritto come se fossimo ancora alla guerra sulla legge n. 40), o perché "L'Osservatore Romano" debbano schierarsi in questa battaglia avallando lo schema di un banchiere cattolico e pio assediato da logge massoniche, da lobby ebraiche, dalla finanza plutocratica internazionale: signori, ci si dovrebbe vergognare a parlare di queste cose nell'Italia del 2005!
Dicevo che il Presidente del Consiglio si è appellato alla coscienza del Governatore e la coscienza per ora risponde no; si è appellato a Trichet, il quale ha risposto che ognuno ha il suo compito, ognuno deve fare il proprio mestiere a casa sua, e quindi intanto fai quello che compete a te; si è appellato al Parlamento, ma - sono d'accordo - non tocca al Parlamento votare una mozione di fiducia o di sfiducia al Governatore visto che non è stato eletto da quest'organo, ma il Governo sì…
TAROLLI (UDC). Proprio questa mattina i giornali riportano che Trichet ha detto che il Governatore deve rimanere altri cinque anni.
TURCI (DS-U). Ho visto quest'agenzia un momento fa. Con rispetto parlando, senatore Tarolli, vorrei che ne discutessimo quando avremo sottomano non solo le dichiarazioni di Trichet, ma l'articolo del Trattato cui Trichet si rifà. Infatti, un conto è dire che nessun Governatore, anche cambiando la legge nazionale che regola quell'Authority, può essere cacciato prima di cinque anni, altro conto è sostenere che deve restare ancora cinque anni. Nel caso del governatore Fazio raggiungeremmo i diciassette anni; gli auguro di campare in eterno e faccio tutti gli scongiuri necessari a favore del Governatore, ma la questione sarà da discutere, perché non credo che la norma sia così vincolante. In ogni caso, Trichet ha risposto che non tocca a lui risolvere il problema di Fazio.
Alla fine, dicevo, il Presidente del Consiglio si è rivolto al Parlamento. Escludo che il Parlamento possa votare una mozione di fiducia o di sfiducia nei confronti del Governatore, visto che con la normativa vigente il Parlamento non interviene nel processo di nomina del Governatore, mentre il Governo interviene, eccome.
Ha ricordato recentemente il professor Spaventa, menzionando tutto l'iter della nomina del Governatore, che esiste un passaggio decisivo in capo al Governo. Se è vero che l'iniziativa parte dal Consiglio superiore della Banca centrale, è pur vero che il Governo recepisce quella proposta, l'accetta o meno, la istruisce e poi la propone al Presidente della Repubblica. Dunque, se l'anello intermedio decisivo dichiara di ritirare la fiducia al Governatore in carica, al di là di tutti gli appelli alla coscienza, credo che non potrebbe resistere alcun Governatore. In ogni caso, il Governo ha il dovere di dire se il Governatore in carica gode o meno della sua fiducia, ma questo non è stato detto. Perché?
Non è stato detto non perché non lo pensi il Ministro dell'economia e delle finanze, il quale anzi, in mille modi, ci ha spiegato che il Governatore non gode della sua fiducia tanto che non voleva andare insieme a lui a Manchester. Non è stato detto non perché non lo pensino magari il vice presidente Tremonti e il ministro degli esteri Fini, ma per un altro motivo. Non è stato detto per il veto di un partitino, che vi ricordo voleva impiccare il governatore Fazio al momento del caso Parmalat. È mancato solo il cappio nel corso delle audizioni sullo scandalo Parmalat da parte dei parlamentari leghisti.
Poi però si è verificata una strana vicenda che ha visto coinvolta una banchetta ridicola, salvata dal noto salvatore Fiorani. A quel punto, chiaramente, non è stata dichiarata la sfiducia del Governo perché la Lega è un partito d'onore e quindi rispetta i debiti d'onore: è stato contratto un debito verso Fiorani per cui bisogna difenderlo a tutti i costi in nome della Banca padana.
Vi ricordo che le principali banche del Paese sono tutte nella Padania. Mi riferisco a San Paolo IMI, a UniCredit, a Banca Intesa, tutte banche che si trovano nel cuore della Padania. Forse Bossi non ha ben chiara la geografia del nostro Paese e dovrebbe partecipare ad un rapido corso di aggiornamento, magari insieme a quegli immigrati ai quali dobbiamo impartire lezioni sulla nostra storia.
Dunque, il vero problema risiede nel Governo, nel Presidente del Consiglio e nella maggioranza divisa che, già nei toni che abbiamo sentito questa mattina, critica persino le modeste e timide ammissioni del Ministro dell'economia e delle finanze.
In questo modo state portando ulteriormente all'avvitamento la crisi che è partita dalla Banca d'Italia, una crisi che coinvolge l'immagine ed il prestigio internazionale del nostro Paese. È chiaro che in queste condizioni non ci sono le basi per un accordo bipartisan sulla legge al nostro esame. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e del senatore Peterlini).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Marino. Ne ha facoltà.
MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, affrontiamo questa discussione, da lungo tempo attesa, mentre il Governo ha deciso arrogantemente d'imporre modifiche alla legge elettorale per rimediare, con meccanismi truffaldini, alla perdita di consenso nel Paese.
Si tratta di modifiche profondamente antidemocratiche, oltre tutto non condivise in finale di legislatura, le quali finiranno non soltanto per dividere il Parlamento e il Paese ma anche, a pochi giorni ormai dalla presentazione della finanziaria, a scompaginare inevitabilmente l'ordine del giorno dei lavori parlamentari e dei necessari provvedimenti da adottare.
Ciò a fronte di una crisi determinata soprattutto dalle scelte di politica economica del centro-destra; una crisi caratterizzata da una crescita ormai zero, dalla crisi non solo delle grandi, ma anche delle piccole e medie aziende, da un export in discesa con conseguente perdita di quote di mercato, da consumi ridotti, da una situazione nella quale i ricchi sono diventati più ricchi e i poveri più poveri, dove dal Sud i laureati emigrano anche all'estero, con un lavoro sempre più precario.
La genesi del provvedimento legislativo - l'ha ricordato lo stesso ministro Siniscalco - è negli scandali finanziari intervenuti nel Paese, dalla My Way ai bonds argentini, dalla Cirio alla Parmalat. Certamente le responsabilità sono soprattutto degli amministratori di queste società, di coloro che sono deputati ai controlli all'interno e all'esterno delle imprese, ma non si possono ignorare le responsabilità proprie anche delle autorità di vigilanza sul sistema bancario e sul mercato finanziario.
Si tratta di responsabilità diffuse: abbiamo registrato una lunga ed ininterrotta teoria di falsificazioni di bilancio, di conti truccati, di arditezze finanziarie, di avventurismi imprenditoriali e, nello stesso tempo, bende sugli occhi di tutti coloro che erano tenuti a garantire la corretta amministrazione (consiglio di amministrazione, collegio sindacale, società di revisione, ma anche CONSOB, Antitrust, Banca d'Italia e così via). Da qui scaturisce l'urgenza di intervenire a tutti i livelli per stabilire nuove e più rigorose regole nel sistema dei controlli, rivelatisi del tutto inesistenti.
Signor Presidente, a pochi giorni dallo scandalo, mi trovavo a Parma per partecipare ad una manifestazione nella quale pensavo di trovare soprattutto le maestranze.
Mi sono trovato lavoratori con le lacrime agli occhi per aver investito anche i soldi della liquidazione nelle azioni della Parmalat. Qui ci chiedevano del perché di tutta questa insussistenza di controlli sulla gestione, a partire da tutti gli organi di vigilanza interni ed esterni, e soprattutto cosa avessero certificato le società di revisione, lautamente ricompensate, che addirittura avevano fornito e favorivano soluzioni di finanza creativa. Ci chiedevano quando esse saranno chiamate a rispondere del loro operato, che aveva offerto alle banche la possibilità di giustificarsi delle operazioni effettuate, che hanno finito per trasferire tutti i rischi sugli investitori.
Si imponeva quindi, alla luce di quanto successo, una revisione rigorosa del diritto societario, ancora a nostro avviso insufficiente, con la riscrittura delle norme relative alle società di revisione, ai loro compiti ed obblighi, e quindi del sistema sanzionatorio, con la previsione di più severe misure di tutela. Qualcuno ha sostenuto che la CONSOB non ha poteri sufficienti. In ogni caso, se lo stato delle cose è questo, quando si metterà la CONSOB in grado di esercitare gli stessi poteri che ha ad esempio la SEC (Securities and Exchange Commission) negli Stati Uniti, la quale ha addirittura poteri spettanti alla magistratura, come quello di ordinare persino l'arresto dei trasgressori? Dopo lo scandalo ENRON negli Stati Uniti, controlli e sanzioni sono stati rafforzati con la legge Steven-Glass. In Italia, invece, si è proceduto in direzione opposta.
Cosa ha fatto la stessa Banca d'Italia, cui spetta la vigilanza sul sistema del credito e che quotidianamente riceve i tabulati delle operazioni creditizie delle banche? Questo aspetto va approfondito, senza cadere nelle strumentalizzazioni. Infine l'Antitrust dovrà avere mezzi e personale adeguati per svolgere i suoi compiti e le sue funzioni. Qui viene spontaneo il quesito: chi dovrà garantire il rispetto delle regole della concorrenza tra le banche? Il Governo sostiene che debba essere la stessa Banca d'Italia, che invece si occupa e dovrebbe occuparsi solo, a nostro avviso, della stabilità del sistema bancario nel suo complesso.
Ma l'obiettivo della stabilità non confligge forse con l'altro obiettivo della concorrenza? E in tutta la tragica vicenda della Parmalat, ma anche in quella della Cirio, al di là delle volontà truffaldine e dell'assoluto disprezzo di qualunque etica imprenditoriale, della megalomania anche dei singoli personaggi, le colpe sono ampiamente diffuse sino a livello del Governo, che con la depenalizzazione di fatto del falso in bilancio, con tutte le sanatorie, i condoni, con il premio per giunta dell'anonimato per il rientro dei capitali esportati illegalmente e con tutte le altre misure, volte a rafforzare l'arroganza degli evasori fiscali, non ha certamente contribuito, anzi ha finito certamente per avallare in vario modo comportamenti illegali ed immorali da "capitalismo straccione".
Il testo normativo di cui oggi ci occupiamo non risponde nemmeno ai problemi posti dalle Commissioni VI e X della Camera nella loro indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e tutela del risparmio. Ma perché anzitutto il ritardo? Malgrado l'esigenza di interventi immediati, perché tanto tempo dopo gli scandali finanziari intervenuti? Certamente per contrasti all'interno della maggioranza, per pressione da parte degli addetti ai lavori. D'altra parte, lo stesso ministro Siniscalco ha parlato di un iter tormentato e di interessi consolidati, ovviamente per la stessa vicenda che interessa il Governatore della Banca d'Italia, come ha testé ricordato il senatore Turci.
Ma il ritardo vi è stato anche nel recepimento della direttiva comunitaria sugli abusi del mercato, avvenuto con la legge n. 62 del 2005 citata dal Ministro. Si sono determinate contrapposizioni che non hanno agevolato l'esame del provvedimento, scevro da pregiudizi e riserve mentali. Riteniamo che, senza un serio ripensamento sul testo licenziato e sugli emendamenti presentati dall'opposizione compatta, avremo ancora una volta perso un'occasione.
A nostro avviso ancora prima di licenziare il provvedimento, in sede di esame degli emendamenti, si può rendere più certa e precisa la regolamentazione della materia, più efficace la tutela dei risparmiatori attraverso una più incisiva normativa anche in materia di revisione contabile, recependo le raccomandazioni dell'Unione Europea in tal senso.
Il disegno di legge allo stato delude le aspettative dei risparmiatori, non li protegge realmente; il testo è del tutto carente rispetto agli interventi legislativi tanto attesi; non si proteggono i risparmiatori nei confronti di operazioni societarie poco trasparenti. Non li tutela realmente, a nostro avviso, ove dovessero restare in capo alla Banca d'Italia, tutte le competenze attuali e le responsabilità relative alla vigilanza e alla concorrenza. In sostanza, viene mantenuto l'attuale assetto; non viene colta l'occasione, anche alla luce delle recenti vicende finanziarie, per ripartire i poteri tra le diverse autorità di controllo in modo da avere più occhi a tutela del risparmio.
Il senatore Tarolli ci ha voluto ricordare che le soluzioni variano da ordinamento a ordinamento, e ciò è vero. Vi è però anche una tendenza, ormai generalizzata, che tende ad applicare le norme antitrust al settore bancario erodendo le attuali competenze in capo all'autorità di vigilanza quindi, nel nostro caso, in capo alla Banca d'Italia.
I risparmiatori, inoltre, non verranno tutelati pienamente se non si realizzeranno le condizioni perché siano correttamente informati sulle caratteristiche e sui rischi dei diversi strumenti finanziari e se non verrà ripristinata la norma, eliminata dalla Camera, che prevedeva la nullità dei contratti di investimento stipulati tra risparmiatori e intermediari in caso di violazione degli obblighi di comportamento degli intermediari stessi.
L'emendamento presentato dal Governo tocca un punto molto delicato. La scelta dello statuto della Banca d'Italia risalente al 1936 fu quella non di mettere nelle mani dello Stato la maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia per evitare inevitabili ingerenze, bensì di riservare alle Casse di risparmio, agli Istituti di credito di diritto pubblico e alle banche di interesse nazionale quote di capitale della Banca d'Italia proprio per evitare ingerenze che avrebbero compromesso l'indipendenza della stessa Banca. Si dirà che oggi tutto è stato privatizzato, che di banche pubbliche non ve ne sono più.
Per brevità richiamo solo brevemente i rilievi mossi dalla Commissione bilancio per quanto riguarda l'operazione che viene regolata nell'ambito del Fondo ammortamento titoli sotto il profilo della quantificazione, per non parlare del programma di ulteriori svendite per reperire le risorse necessarie. Al di là di questi rilievi e dei problemi di copertura finanziaria - lo ripeto - certamente non è possibile acquisire tali quote dalle banche senza compromettere il principio di indipendenza cui deve conformarsi la Banca d'Italia.
È sufficiente proclamare il principio dell'indipendenza mandando avanti un'operazione di acquisizione da parte dello Stato che potrebbe - attenzione! - comportare un regalo vistoso alle banche, dal momento che i criteri di valutazione dell'acquisto sono assolutamente assenti e tanto meno definiti?
Crediamo sia più praticabile, invece, la proposta avanzata dal professor Francesco Forte, pubblicata anche sabato scorso su "Il Foglio", il quale afferma che lo Stato non ha bisogno di prendersi tali quote; basta che le mantenga al valore nominale trasformandole in azioni privilegiate senza diritto di voto, mantenendo per il resto invariate le norme dello statuto.
Anche l'impianto sanzionatorio è assolutamente carente. La deterrenza è assolutamente insufficiente nei confronti di operazioni societarie poco trasparenti. Inefficace è il sistema di sanzioni anche in caso di grave nocumento ai risparmiatori. Malgrado l'inasprimento di alcune sanzioni, come per il reato di false comunicazioni, nessun ripensamento rispetto alla depenalizzazione, di fatto, del falso in bilancio a differenza degli Stati Uniti, stanti evidentemente alcune vicende giudiziarie ancora in corso.
Resta del tutto inadeguata la disciplina dei conflitti d'interesse degli intermediari finanziari. Non è prevista nessuna disposizione per le azioni di gruppo a tutela dei consumatori e degli utenti.
Insomma, noi Comunisti italiani siamo per il rafforzamento dei poteri della CONSOB, soprattutto per quanto riguarda la trasparenza; per il trasferimento di poteri dalla Banca d'Italia all'Antitrust (in materia di concorrenza bancaria); ovviamente siamo a favore dell'introduzione del principio di collegialità e per il mandato a termine del Governatore della Banca d'Italia.
Qui vorrei solamente ricordare, signor Presidente, che noi Comunisti italiani, sin dal luglio 2001, cioè prima che scoppiasse qualsiasi scandalo (Cirio, Parmalat, eccetera), abbiamo presentato il disegno di legge n. 551, perché avevamo posto il problema che questo privilegio della nomina del Governatore senza limiti temporali, cioè a vita, sia certamente un retaggio del passato, che non corrisponde al ruolo profondamente mutato dell'Istituto ed alle funzioni diverse che è chiamato ad assolvere nel mutato contesto. Di qui la necessità di una modifica alla normativa vigente, che preveda un termine di scadenza dell'incarico, fatta salva, a nostro avviso, la possibilità di un rinnovo della nomina per una sola volta e per un periodo comunque non superiore ad altri cinque anni (ma abbiamo anche sottoscritto, insieme ad altri colleghi, un emendamento per un diverso limite temporale).
Ma questa discussione (e ripeto che noi presentammo un disegno di legge all'inizio di questa legislatura, prima che avvenisse tutto quello che è avvenuto) oggi avviene mentre c'è una perdita di credibilità all'estero della Banca d'Italia (lo stesso ministro Siniscalco ha parlato di perdita di credibilità per quanto riguarda le regole e i comportamenti); una credibilità fortemente compromessa anche per la «commistione di poteri», a nostro avviso, tra stabilità, concorrenza e trasparenza; una perdita di credibilità che è stata anche «certificata», insieme al declassamento.
È stata violata la deontologia dei banchieri centrali, il cui codice di condotta è chiaro. I banchieri centrali, membri del consiglio direttivo della Banca centrale europea, sono «tenuti ad agire» - dice il codice - «dando prova di onestà, indipendenza, imparzialità, e discrezione» e «ad evitare qualunque situazione che possa dar luogo ad un conflitto di interessi», mentre qui c'è stata una eccessiva vicinanza tra Governatore in carica e gruppi finanziari che si sono mossi in tutto questo periodo.
Allora, signor Presidente, concludendo, al di là della posizione storicamente critica dei Comunisti italiani sulle Authority, su queste autorità che si sono volute creare nel nostro ordinamento, noi siamo perché siano rispettate le regole del gioco, perché si stabiliscano anche nuove regole, ma perché si rispettino, che siano rispettate da tutti e in ogni caso. (Applausi della senatrice De Petris).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché non vi sarebbe tempo per un ulteriore intervento, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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861a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 14 SETTEMBRE 2005 (Pomeridiana) |
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 16,39)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Ricordo che nella seduta antimeridiana è intervenuto il Ministro dell'economia e delle finanze e ha avuto inizio la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Cambursano. Ne ha facoltà.
CAMBURSANO (Mar-DL-U). Signor Presidente, questa mattina il ministro Siniscalco ha iniziato il suo intervento ricordando solo alcuni degli scandali e dei crack finanziari (Finmatica, Cirio, Parmalat) ma, ahimè, l'elenco è molto più lungo: Opengate, Giacomelli, My Way, 4 You e quant'altri ancora, che non hanno toccato grandi quantità di risparmiatori, ma che hanno lasciato naturalmente tante famiglie a soffrire per essersi visto tolti i loro risparmi.
Oggi ci interroghiamo su che fare per tutelare questi risparmi; bisognerebbe anche chiedersi se le famiglie italiane riescono ancora a risparmiare con quanto sta avvenendo dal punto di vista della produzione di ricchezza nel nostro Paese.
Tuttavia, va detto subito che a quasi ventiquattro mesi ormai dall'ultimo disastroso crack finanziario siamo ancora qui a discutere sul che fare; negli Stati Uniti, invece, in meno di sei mesi, in modo bipartisan, è stato approvato il Sarbanes-Oxley Act, che porta appunto il nome di un democratico e di un repubblicano.
La domanda da porci è: perché in Italia tanti scandali? La risposta drammatica, ma anche molto evidente, è che da noi l'illegalità è diffusa, c'è un mercato senza regole, il lassismo è imperante (quante volte ci siamo sentiti dire: tutto è lecito, evviva il più furbo!) e invece così non dovrebbe essere. Abbiamo degli esempi clamorosi, addirittura di conflitto d'interessi pesante a Palazzo Chigi e arbitri che diventano giocatori a seconda delle circostanze. Soprattutto, però, in questi quattro anni sono state approvate leggi che hanno indotto a comportamenti sicuramente non corretti, per usare un eufemismo: mi riferisco alla legge sul falso in bilancio, ai condoni fiscali ed edilizi, allo scudo fiscale.
Uno studio degli economisti di Harvard ha individuato due parametri per classificare i Paesi occidentali rispetto al sistema normativo per la tutela del risparmio e agli effettivi comportamenti. Ebbene, se l'Italia rispetto al primo parametro, cioè al sistema normativo, ha appena raggiunto la sufficienza, rispetto invece al secondo, relativo al comportamento degli operatori, è ampiamente insufficiente. Che cosa ha fatto il legislatore in questi anni?
Il 9 aprile del 2002 il Ministero dell'economia istituiva la commissione Galgano, la quale di lì a pochi mesi, il 27 settembre dello stesso anno, produceva già una serie di proposte di riforma che però hanno lasciato il tempo che hanno trovato, sono rimaste lettera morta, così come non hanno trovato riscontro le raccomandazioni comunitarie in tema di revisori contabili. La direttiva sul marketing abuse dell'aprile 2003, a scandalo Cirio già scoppiato, è stata recepita soltanto poche settimane fa con la legge n. 62 di quest'anno.
Lo stesso disegno di legge n. 3058 in materia di azioni collettive e tutela dei risparmiatori, già approvato alla Camera dei deputati, è ancora fermo in questo ramo del Parlamento. Responsabilità enormi, quindi, del Governo e delle divisioni interne alla maggioranza che, anziché mettere mano a quanto le istituzioni internazionali ma soprattutto i risparmiatori defraudati, si aspettavano e si aspettano, si sono lanciati a cavalcare l'onda dello sdegno popolare e a mettere le mani sul potere finanziario e bancario. Illuminante è stato per mesi il comportamento dell'allora ministro dell'economia Giulio Tremonti.
Molti del centro-sinistra nell'altro ramo del Parlamento hanno creduto nella possibilità di una collaborazione forte e alta fra maggioranza e opposizione per poter giungere rapidamente alla definizione di una norma chiara e stringente. Non si trattava soltanto della voglia di imitare la best practice di alcuni altri Paesi, il già ricordato Sarbanes-Oxley Act, ma anche di rispondere alle esigenze proprie del nostro Paese di modernizzare il nostro sistema, di assicurare la trasparenza dei nostri mercati finanziari, di allineare le norme a quelle di altri Paesi. Ma con questa maggioranza non è possibile nessun accordo bipartisan: lo dimostra quanto sta avvenendo sulla legge di riforma elettorale!
Così, dopo due anni, arriviamo invece senza un nulla di fatto o quasi, affidando pressoché interamente al controllo di legalità attuato dalla magistratura la credibilità del nostro sistema finanziario. Magistratura e credibilità che ora si vogliono mettere sotto controllo con la legge che per l'appunto controlla le intercettazioni telefoniche. Queste inadempienze, questi ritardi sono da addebitarsi unicamente alle divisioni interne al Governo e alla maggioranza, tuttora evidenti sull'unica questione che li ha appassionati davvero tanto.
Lo abbiamo sentito anche in tarda mattinata dal collega Tarolli: la Banca d'Italia, quale potere attribuire al Governatore e per quanto tempo esercitarlo. Questo ritardo doloso ha portato ai fatti della primavera-estate scorsa, quando chi doveva fare l'arbitro si è ancora una volta trasformato in giocatore; dico ancora una volta perché questo accadeva già nel 1999. Ricordo quando Unicredit propose l'OPA, poi dichiarata da Banca d'Italia ostile, mentre invece tale non era, nei confronti della Comit e quando il San Paolo-Imi propose un'OPA su BNL, sappiamo bene come è andata a finire: la prima a Banca Intesa; la seconda è in cerca di famiglia.
Dall'indagine conoscitiva, confermata anche dall'indagine della magistratura, risulta chiaro che nei crack Cirio e Parmalat nessun livello di controllo, Banca d'Italia per primo, ha funzionato. Per tale motivo la riforma deve essere compiuta a 360 gradi e - a nostro avviso - uno dei suoi cardini è la riforma del sistema di vigilanza. Tale sistema è stato rivisto in tutti i maggiori Paesi europei secondo una suddivisione della vigilanza per finalità e non per soggetti.
Rispetto a tale riforma la maggioranza ed il Governo hanno fatto un grave passo indietro e noi, attraverso i nostri emendamenti presentati in Commissione e riproposti in Aula, continuiamo a definire i contorni esatti delle competenze per funzioni. Si è costituito invece un sistema misto, un ibrido incomprensibile che creerà conflitti di competenze. Il rischio che corriamo con l'assetto proposto è di avere una sorta di vigilanza preventiva del mercato, che indirizza in modo dirigistico l'esito degli interessi e dei rapporti. Al nuovo assetto dobbiamo invece garantire trasparenza ed impugnabilità delle decisioni di tutte le Authority.
La seconda modifica che auspichiamo è quella di ridefinire il confine tra Antitrust e Banca d'Italia. La titolarità sulla concorrenza spetta all'Antitrust, quella sulla stabilità alla Banca d'Italia. Lo diciamo chiaro e forte.
La terza è quella relativa al mandato del Governatore. La previsione di un termine definito per il suo mandato non tocca affatto l'indipendenza della Banca d'Italia. Personalmente da sempre, dal 1999, proprio per i fatti citati prima, sono tra coloro che chiedevano e chiedono a gran voce di eliminare l'anacronistica norma del mandato illimitato.
Finalmente anche il ministro Siniscalco - che mi auguravo fosse presente, ma sicuramente la sottosegretario Armosino riferirà - dopo le ulteriori, pesanti interferenze su operazioni di mercato, camuffate dalla difesa dell'italianità ma che avallavano operazioni illegittime e financo illegali, si è ricreduto.
Sì, si è ricreduto perché soltanto sette mesi fa lo stesso Ministro, il 21 febbraio di quest'anno, diceva, come riportato negli atti parlamentari: "Per quanto riguarda il mandato a termine o meno del Governatore della Banca d'Italia, non si tratta di militare a favore di una o dell'altra soluzione, ma semplicemente di riconoscere che la questione della durata del mandato del Governatore è estranea alla tutela dei risparmiatori e del risparmio". Questa mattina abbiamo sentito un'altra musica. Non è più, come dicevamo noi, estranea alla tutela del risparmio e dei risparmiatori. Non è mai troppo tardi! Ora, però, ci aspettiamo che con l'approvazione della legge in esame, che ne limita la durata, si cambi subito il vertice della Banca d'Italia ed il suo assetto azionario, ma non così come viene previsto: in mano pubblica e senza copertura.
Onorevole Presidente, il tempo a mia disposizione non mi permette di entrare nel merito di ogni singola questione aperta. Lo faremo sicuramente nell'esame dell'articolato e degli emendamenti. Ora mi limito a qualche osservazione.
In primo luogo, per quanto riguarda la questione del conflitto d'interesse, si rende necessaria l'introduzione di una norma più stringente in tema di rapporti tra settore industriale e bancario, anche attraverso l'introduzione di espliciti divieti e di corrispondenti sanzioni per ogni forma potenzialmente condizionante il mercato.
Tale questione riveste un'importanza fondamentale per il corretto funzionamento del sistema economico e quindi ci deve essere totale separazione tra amministratori delle imprese immobiliari, industriali e di servizi e gestione degli istituti di credito.
In secondo luogo, i recenti scandali finanziari hanno evidenziato l'inadeguatezza dei rimedi risarcitori individuali sia sotto il profilo degli effetti deterrenti che del ristoro dei danni. Gli operatori economici sono indotti a perseguire comportamenti non corretti sino a che i costi delle sanzioni e dei risarcimenti siano compensati e superati dai benefici derivati dalle violazioni. E' per tali ragioni che ritengo urgente ora e qui l'introduzione della class action nel nostro ordinamento, senza più rinvii.
In terzo luogo, incomprensibile è l'abrogazione dal testo in esame, avvenuta alla Camera dei deputati, dell'articolo 16, che era stato approvato all'unanimità dalle Commissioni competenti di quel ramo del Parlamento, relativo ai doveri d'informazione degli intermediari. Questo articolo deve essere reintrodotto; i risparmiatori devono conoscere le caratteristiche di rischio dei rapporti finanziari, nonché delle eventuali perdite verificatisi nel corso dell'esecuzione del rapporto.
Ma il punto più dolente di tutto questo provvedimento sta nella inadeguatezza sanzionatoria prevista per il reato di falso in bilancio e false comunicazioni sociali, in palese contrasto con il regime che invece ha caratterizzato il contenuto del Sarbanes-Oxley Act già citato e la sua applicazione rigida da parte della magistratura ordinaria americana: 20-25 anni di condanna ai CEO responsabili dei default Enron e World.Com.
Da noi si è preferito mantenere le soglie di non punibilità e la perseguibilità a querela per le società quotate. L'inadeguatezza del sistema sanzionatorio potrebbe offrire un messaggio distorto ai risparmiatori e ai mercati in quanto il valore della trasparenza non sembra ancora sufficientemente tutelato. I capitali - mi domando - affluiscono laddove vi è rigore nel governo dei mercati finanziari, oppure laddove vi è un regime lassista e non si sa come vengono colpiti reati importanti quali in falso in bilancio?
Il signor Ministro stamane a parole si è pronunciato per la prima ipotesi. Nei comportamenti, con riferimento al disegno di legge al nostro esame, è invece palese il secondo comportamento. Si vuole competere con il Regno Unito, la Germania e la Francia, oppure il nostro concorrente è il Lussemburgo?
L'avvocato generale presso la Corte di giustizia della Comunità Europea ce l'ha chiesto in modo esplicito: le indicazioni sono chiare e pongono fuori gioco il sistema sanzionatario italiano in tema di falso in bilancio. Non vogliamo adeguarci? Vogliamo far finta di niente? Vogliamo che provveda la Corte di giustizia europea? Non credo che sia una scelta saggia! Non è tollerabile che nel nostro Paese paghino solo i ladri di polli e non coloro che falsificano, corrompono e si arricchiscono impoverendo il Paese e chi intende limitare il potere degli inquirenti di intercettare quanto di marcio sta avvenendo fa una precisa scelta: a favore dei manipolatori del mercato e contro la trasparenza del medesimo.
La facoltà di porre sotto controllo telefoni sospetti nel mondo degli affari nasce - lo voglio ricordare a chi in queste settimane si è dilettato diversamente - dal recepimento della direttiva europea in tema di abuso di mercato. Si vuole cancellare l'unica cosa buona fatta in questi due anni! Ora si vuole fare marcia indietro così il prestigio internazionale tanto evocato dal nostro Ministro sarà ridotto a zero, con tutte le conseguenze che ne derivano per gli investitori che faranno altre scelte in altri Paesi del mondo occidentale. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pasquini. Ne ha facoltà.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, sono passati ormai due anni dall'esplosione del crack Parmalat e prima del 21 dicembre 2003 si erano verificati i dissesti Cirio, Giacomelli, Bipop-Carire e Banca 121.
Sgomenta l'incredibile facilità con cui sono state commesse truffe ed imbrogli ai danni di centinaia di migliaia di risparmiatori. Se ad essi si aggiunge poi lo scandalo dei tango-bond, si può dire che più di 800.000 risparmiatori sono stati coinvolti in queste vicende, con una perdita secca di 37 miliardi di euro.
Non si può non rilevare che dall'attuale impostazione derivano diffusi conflitti d'interesse, scarsa tutela delle minoranze, comportamenti che spingono verso l'opacità del sistema, insufficiente incidenza dell'elemento reputazionale, definito anche come «cultura della vergogna», una cultura accentuata dalla diffusa illegalità, certamente non contrastata ma incoraggiata in questi ultimi anni dai provvedimenti del Governo e della sua maggioranza in materia giudiziaria ed economico-finanziaria.
Bisogna oggi invertire questa rotta. Si tratta, in sostanza, di meglio tutelare i risparmiatori e sviluppare anche per questa via la competitività delle imprese, ridando credibilità e fiducia alla piazza finanziaria italiana.
Oltre al danno recato ai risparmiatori, per i quali questo provvedimento giungerà sempre in ritardo per ridare fiducia ai mercati, va rammentato anche il danno arrecato alle imprese che, a seguito di queste vicende, hanno dovuto rinviare sine die i loro programmi di quotazione in borsa o di emissione di corporate bonds a sostegno dei loro programmi di sviluppo.
Siamo in presenza, nel nostro Paese, di uno sviluppo zero. Tutti riconoscono che sono necessarie politiche industriali per favorire i processi di crescita della piccola e media impresa.
Non si può ignorare che parte di questo processo è rappresentato dallo sviluppo dei mercati finanziari e che ciò è molto condizionato dalla riforma del risparmio che la maggioranza non è stata in grado di assicurare al Paese.
Non si può ignorare che i nostri emendamenti affrontavano, in tempi non sospetti, i nodi che sono venuti al pettine in questo mese e in queste settimane. Intendo riferirmi al mandato a termine del Governatore, alla funzione antitrust e al falso in bilancio (quest'ultimo, peraltro, ha già trovato significative modifiche nella discussione nelle Commissioni riunite del Senato).
Ma, anziché tener conto della necessità di riforma imposta dall'ingresso dell'Italia nell'Unione Europea, dall'avvento della Banca centrale europea e dai processi di internazionalizzazione, la nostra maggioranza è tornata all'antico. In sostanza, per le banche il provvedimento, nel testo attuale, non solo non attribuisce le competenze antitrust all'Autorità a ciò preposta, ma sottrae anche la trasparenza di competenze della CONSOB. Non c'è quindi solo un problema antitrust, ma c'è anche un problema di trasparenza.
Il provvedimento, nel testo attuale, è insufficiente ad assicurare ai mercati e ai risparmiatori credibilità e trasparenza del sistema finanziario italiano, a promuovere la propensione al risparmio e all'investimento, a recuperare il disincanto dei risparmiatori sull'efficienza del sistema delle aziende. Oggi l'investitore, nell'allocazione delle risorse, è mosso da una logica di paura e non di convenienza e ciò rappresenta un turbamento dei mercati finanziari.
Qualcosa deve pur insegnare il caso Parmalat. La lezione da trarre è che la normativa societaria e gli assetti di vigilanza vanno adeguati alla globalizzazione dei mercati finanziari e ai sempre più diffusi fenomeni di criminalità economica e illegalità, abbandonando un modello di riferimento che, sotto l'impulso del ministro Tremonti, pareva diventato quello dei paradisi legali e fiscali.
Ha scritto Marco Onado: «La disinvolta facilità con cui banche straniere, dai nomi prestigiosi, incassano pingui commissioni per confezionare prodotti complessi, sembrano fatti apposta per la finanza creativa, cioè per elevare fitte cortine fumogene intorno ai conti delle aziende» E ancora: «Come nel caso Parmalat, molte (troppe) grandi banche hanno fiutato le difficoltà del cliente italiano e hanno prontamente trovato i prodotti strutturati adeguati a fornire al mercato indicazioni fuorvianti. L'italianità viene così difesa trasformandoci nella discarica della finanza internazionale, per di più pagando profumatamente. Che affare!».
Qualcosa sarà pur successo se oggi gli operatori economici e il mercato, quando esaminano lo stato di salute di una società, si domandano, in via prioritaria: «Sarà in grado di rimborsare i bond alla loro scadenza?».
La realtà è che interventi legislativi e regolatori capaci di coniugare severità e rispetto del mercato si richiedono non solo in relazione ai diffusi episodi di risparmio tradito, ma anche per la competitività del nostro sistema finanziario e le importanti ricadute sul sistema economico.
Se prendiamo in esame la capacità del sistema Paese di attrarre investimenti esteri, non possiamo ignorare le barriere che si frappongono, anche in questo campo, allo sviluppo di tali investimenti e al corretto funzionamento dei mercati finanziari: la diffusa pratica dei sindacati azionari; i sistemi di controllo societario a piramide (le cosiddette scatole cinesi); gli incredibili intrecci azionari; la difesa surrettizia dell'italianità che nasconde di fatto la difesa degli assetti di potere esistenti.
La frequentazione dei «salotti buoni» rimane ancor oggi la condizione indispensabile per muoversi in mercati finanziari chiusi e poco trasparenti. Una situazione che condiziona la capacità di operare nei mercati finanziari.
D'altra parte, come sarà possibile stroncare questi comportamenti e lasciar fare al mercato, nel pieno rispetto di regole severe, se dalla massima autorità di vigilanza, come risulta dalle vicende BPI-Antonveneta, l'esempio che dovrebbe venire dall'alto si muove nella stessa direzione? L'intervento della Banca d'Italia non si limita al controllo di stabilità delle banche, ma interviene nei processi di ristrutturazione scegliendo alleanze, sostenendo cordate, respingendo progetti, in nome della difesa dell'italianità ma, di fatto, riproducendo un sistema chiuso, autoreferenziale, lontano anni luce dalle esigenze dei mercati e dallo sviluppo della concorrenza.
Ma ciò che colpisce di più nell'analisi di questa situazione sono alcuni aspetti, in primo luogo il vuoto della politica riempito dalle iniziative giudiziarie impegnate a difendere il buon nome del mercato finanziario nazionale.
Se non fosse stato stravolto il testo uscito dalle Commissioni della Camera e se fossero stati accettati gli emendamenti presentati a suo tempo dai Democratici di Sinistra sul mandato a termine del Governatore e sul passaggio delle competenze antitrust in materia bancaria dalla Banca d'Italia all'Autorità competente, probabilmente avremmo risparmiato al Paese questo ennesimo scandalo finanziario.
In secondo luogo, quel che colpisce sono i rapporti intimi, affettuosi e sodali del controllore e dei suoi familiari con il controllato, a testimonianza di un conflitto di interessi grande come una casa: un regolatore e arbitro che diviene giocatore in campo. Una situazione insostenibile, da cui l'interessato dovrebbe trarre le conseguenze per un problema di decoro istituzionale, per la salvaguardia di quel che resta del buon nome della Banca d'Italia e del prestigio internazionale del nostro Paese.
In terzo luogo, infine, colpisce la sordità del Governatore nel portare avanti i pur evidenti indilazionabili provvedimenti di autoriforma. Il limite insuperabile che hanno davanti a sé il legislatore e la società nel suo complesso è la soglia minima di eticità individuale e collettiva senza la quale non esiste attività legislativa e regolamentativa efficace.
A queste linee direttrici abbiamo ispirato la nostra azione. Il voto contrario espresso dai DS alla Camera dei deputati sull'insieme del provvedimento, che pure aveva visto in Commissione un'ampia convergenza, era proprio motivato dal pauroso arretramento della maggioranza in Aula in materia di antitrust e di mandato a termine, oltre al falso in bilancio, peraltro significativamente corretto in Commissione al Senato. Un testo per noi ancora insufficiente e, pur tuttavia, con una inversione di rotta di centottanta gradi, rispetto alla normativa del 2001, che sconfessa apertamente l'operato della maggioranza di Governo sul falso in bilancio.
Com'è possibile che la coalizione di centro-destra, così forte dei numeri in Parlamento, non sia in grado di dare al Paese una riforma del risparmio adeguata ai tempi? D'altra parte, un diffuso senso di incertezza e di impotenza la maggioranza e il Governo lo stanno dando in questi giorni con le vicende della Banca d'Italia.
Vi sono alcuni punti su cui bisogna concentrare la nostra attenzione. Già molti hanno parlato del mandato a termine del Governatore, per cui non mi soffermerò su questo aspetto. Mi soffermo invece sulle funzioni antitrust per le banche che, ancora una volta, vengono sottratte alla CONSOB dalla discussione nelle Commissioni riunite del Senato e ricondotte in capo alla Banca d'Italia.
Noi siamo da sempre per la vigilanza per funzioni, per una semplificazione del sistema delle Autorità, da ridurre a tre (Banca d'Italia-stabilità, Antitrust-concorrenza, CONSOB-trasparenza). Siamo perché si realizzi un'effettiva cooperazione tra le Autorità e non per forme molto astratte e generiche di coordinamento all'acqua di rose, come la maggioranza ha voluto con l'approvazione di un emendamento nelle Commissioni riunite.
Siamo convinti che comunque la madre di tutte le riforme della Banca d'Italia sia la separazione della funzione di vigilanza sulla sana e prudente gestione delle banche (il controllo di stabilità) dalla funzione di controllo sulla concorrenza.
Se queste due funzioni rimanessero unificate non si porrebbe mano alla vera riforma del nostro ordinamento creditizio e finanziario, basato essenzialmente sulla correzione di alcune rilevanti distorsioni.
Io credo che occorra sottolineare un aspetto molto importante: rimangono, con il testo sottoposto alla nostra discussione, eccessivi margini di discrezionalità in capo alla Banca d'Italia, accentuati dalla mancanza di motivazione delle decisioni prese e dalla struttura monocratica, non collegiale, che contraddistingue l'assetto della stessa Banca d'Italia. Ma il Governo non affronta adeguatamente questo problema.
Il Governatore da arbitro, quale sarebbe la sua funzione, diviene regista in un contesto in cui trasparenza e mercato sono messi in soffitta. E se il senatore Grillo sostiene che l'ordinamento riservava al Governatore questa funzione, bisogna ricordargli che, con l'avvento della Banca Centrale Europea, il nostro ingresso nell'Unione monetaria europea e le scalate di banche estere il suo ruolo è cambiato e di questo, credo, il primo a rendersene conto e a trarne le conseguenze dovrebbe proprio essere il Governatore.
Ma è evidente, ed è un problema fondamentale, che permanendo questi margini troppo ampi di discrezionalità, permanendo la necessità di avere rapporti con i salotti buoni del nostro Paese, occorre un sistema di relazioni (sindacali, economiche, finanziarie e politiche) che faccia aggio sulle regole del mercato, sulla trasparenza e sulla concorrenza. Questo è uno dei problemi fondamentali.
Vorrei, inoltre, sottolineare alcuni aspetti che riguardano il falso in bilancio. La pena edittale dell'arresto sino a due anni è diventata reclusione da uno a cinque anni (e per le società quotate da due a sei anni). Noi avevamo proposto pene più severe, tuttavia valutiamo positivamente la soppressione del riferimento ad un ipotetico reato di grave nocumento del risparmio e che il reato di danno (perseguibile a querela di parte) torni a diventare reato di pericolo, dal momento che non reca più la disposizione: «false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori».
Nel corso della discussione nelle Commissioni riunite sono stati molti i punti del nostro disaccordo rispetto ad un intervento «normalizzatore» della maggioranza. Voglio ricordare i punti più importanti: si sono ridotti i poteri d'intervento dei collegi sindacali in varie materie; è proseguita l'opera di demolizione delle competenze proprie della CONSOB in materia di trasparenza e conflitti d'interesse.
Ricordo, in particolare, i conflitti d'interesse nella gestione dei patrimoni degli OICR e nella prestazione dei servizi d'investimento; le modifiche al Testo Unico della finanza in materia di correttezza, trasparenza, struttura organizzativa, responsabilità e sanzioni a carico degli intermediari finanziari e dei promotori finanziari; le competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione. Tutti elementi nei quali abbiamo registrato in Commissione, qui al Senato, un significativo arretramento di fronte ad un testo già mutilato nella discussione in Aula alla Camera dei deputati.
Gran parte dei poteri per questa materia che il testo della Camera aveva attribuito alla CONSOB sono ricondotti alla Banca d'Italia, con il contentino, in qualche caso, che essi vanno esercitati d'intesa con la CONSOB. Formula che, stante la disponibilità al coordinamento tra le nostre Autorità, è sinonimo di paralisi.
Sappiamo bene - lo abbiamo verificato di persona nelle audizioni - che la Banca d'Italia ha ben scarso entusiasmo nell'attivare una stretta cooperazione tra gli uffici delle diverse Autorità, e che l'intesa sarà esercitata attraverso lunghe, estenuanti e laboriose pratiche formali, lontane anni luce dalle esigenze tempestive di intervento nei mercati finanziari che corrono a velocità vertiginose. In sostanza, questa intesa porterà alla paralisi dei provvedimenti nelle materie indicate.
Ricordo ancora l'inopinata modifica dell'articolo 2412 del codice civile, apportata dalla maggioranza in Commissione, per esentare banche ed assicurazioni dall'obbligo di prospetto per i prodotti finanziari emessi all'estero ma collocati in Italia. Chiediamo alla maggioranza di ritirare questa modifica all'articolo 11, che ha visto l'abrogazione del comma 7, sul quale, peraltro, abbiamo presentato un emendamento.
Continueremo la nostra battaglia in Aula sul mandato a termine del Governatore nella nuova formulazione, per la collegialità nella direzione della Banca d'Italia, per il trasferimento delle competenze in materia di concorrenza bancaria dalla Banca d'Italia all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e per l'assetto proprietario della Banca d'Italia, che non consideriamo un problema prioritario, oltre ai problemi che comporterà per la finanza pubblica.
Ci batteremo anche per la soppressione del CICR, per forme più definite di cooperazione tra le diverse Autorità, per la tutela preventiva del risparmio, per la class action e per lo Statuto dei diritti dei risparmiatori, visto che la delega concessa al Governo è troppo generica per un intervento a favore dei sottoscrittori delle obbligazioni pubbliche argentine, nonché per una migliore e più stringente definizione dell'articolo 8, che riguarda la concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari.
Ci sembra che le vicende dell'Antonveneta e della Banca Popolare Italiana testimonino come occorra affrontare tale delicata materia con ben maggiore rigore rispetto al testo al nostro esame.
C'è un altro emendamento su cui esprimo il nostro più netto dissenso, quello relativo alle fondazioni ex bancarie. Occorre che la maggioranza si metta il cuore in pace. Dopo le sentenze nn. 300 e 301 della Corte costituzionale le fondazioni ex bancarie sono a tutti gli effetti enti privati e il legislatore non può intervenire su questioni che attengono all'esercizio di diritti di proprietà. Contro questa realtà sbatté il naso l'allora ministro Tremonti, che voleva imporre per regolamento modelli di governance e criteri di investimento.
L'articolo 7 approvato in Commissione presenta, dunque, importanti profili di incostituzionalità. È un provvedimento dirigista, punitivo, in quanto rivolto sostanzialmente a penalizzare un solo soggetto, immotivato, contraddittorio e parziale, poiché riferito al pacchetto azionario di una sola fondazione.
Ma se si volesse affrontare la materia in modo organico, se lo scopo del provvedimento fosse quello di ridurre l'incidenza delle fondazioni bancarie negli istituti di credito, occorrerebbe far riferimento a tutti i patti di sindacato o ai concerti con cui un certo numero di fondazioni detengono il controllo di una banca o le fondazioni piccole. Perché fare differenze? Se si leggono gli emendamenti, ci manca solo che venga scritto che sono esentate anche le fondazioni i cui presidenti hanno i capelli biondi e gli occhi azzurri perché lo stock delle eccezioni sia completo.
In conclusione, signor Presidente, per esclusiva responsabilità della maggioranza di Governo l'Italia, a quasi due anni dal crack Parmalat, non ha ancora una legge sul risparmio che ponga rimedio alle distorsioni venute alla luce e che affermi i diritti dei risparmiatori.
Questo passaggio al Senato è una prova di appello che può servire almeno parzialmente a recuperare questi colpevoli ritardi. Noi siamo pronti ad assicurare l'approvazione di alcuni provvedimenti che vadano nel senso e nella direzione esattamente contraria a quella della marcia che si è intrapresa nel corso della discussione in Commissione. Tale modifica di orientamento e di indirizzo è richiesta a fronte dei problemi di credibilità internazionale dell'Italia, del prestigio delle sue istituzioni, della fiducia nei mercati finanziari, della tutela dei risparmiatori e del sostegno alla ripresa dell'economia. (Applausi dal Gruppo DS-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Castellani. Ne ha facoltà.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, credo che questa discussione si verifichi in un momento diverso rispetto a quello che ci saremmo aspettati, perché il clima politico è cambiato, certamente è peggiorato. Essa cade alla ripresa dei lavori, in un momento in cui viene presentata la nuova legge elettorale con un colpo di maggioranza che certamente costringerà l'opposizione, come è già stato annunciato, ad affrontare questo tema bloccando i lavori parlamentari, al fine di piegare la maggioranza a rivedere le sue posizioni sulla legge elettorale.
Per restare al tema al nostro esame, credo che dobbiamo riconoscere che mai tante parole sono state spese dalla stampa nel confronto politico per un provvedimento legislativo come quello che ci accingiamo ad esaminare, in un testo, come quello che ci giunge dalla Commissione, che non risponde alle esigenze che lo avevano sollecitato.
Un provvedimento sulla tutela del risparmio infatti non può non rispondere alla elementare esigenza di tutelare il risparmiatore, che si è trovato solo e privo di tutela nei molti casi che sono stati qui ricordati (Cirio, Parmalat, bond argentini ed altro).
Le tante audizioni effettuate dalle Commissioni parlamentari competenti nel corso delle indagini non hanno fatto altro che confermare questa solitudine del risparmiatore e l'assenza di una sua vera tutela, con l'aggravante del dover assistere ad un certo non elegante scaricabarile tra le varie istituzioni preposte al controllo dei mercati e degli attori finanziari. Audizioni dalle quali possiamo dire che non è venuto fuori il colpevole: tutti avevano rispettato le norme e i regolamenti, ma il risparmiatore era stato dimenticato. Da qui, la sua solitudine.
In sostanza, tutti si sono trincerati dietro l'ossequio formale della normativa e delle varie disposizioni, il che fa pensare chiaramente che il sistema necessiti di una radicale e profonda riforma, se ha potuto offrire una così ampia copertura ad una sostanziale e collettiva deresponsabilizzazione.
Se questi sono i problemi - e lo sono per certo - il provvedimento che abbiamo dinanzi è assolutamente inadeguato per insufficienza delle misure che regolano i vari conflitti di interessi, perché pur reintroducendo il reato di falso in bilancio non affronta questo tema con il necessario rigore, come le necessità hanno determinato e richiesto, perché non affronta con decisione e con la necessaria chiarezza il riordino delle Authority assegnando le competenze per funzioni e, quindi, non prende in considerazione, almeno per il momento, il nodo della riforma della Banca d'Italia esploso così rumorosamente durante l'estate.
Una prima rilevante questione riguarda l'intreccio esistente tra banche ed imprese. So perfettamente quanto sia importante la funzione bancaria per lo sviluppo delle imprese, ma questo non può far dimenticare che la banca opera essenzialmente con il denaro dei risparmiatori, che vanno tutelati e difesi da chi vuole, in ogni caso, scaricare sulle banche, come è avvenuto, tutti i rischi delle imprese.
A proposito di questo intreccio, abbiamo potuto constatare di tutto: imprenditori che hanno trasferito sulle banche i propri debiti e banche che hanno poi trasferito quegli stessi debiti sui risparmiatori, mettendo in circolazione obbligazioni fasulle; finanzieri d'assalto che hanno cercato di raggiungere il controllo di banche con spericolate operazioni di aperture di credito presso la stessa banca da conquistare o presso banche a quest'ultima correlate.
Abbiamo inoltre registrato improvvise (anche a 24 ore dalla richiesta) aperture di credito per fidi milionari quando operazioni del genere a normali operatori richiedono mesi di attesa. E quando abbiamo chiesto come tutto questo sia potuto accadere ci è stato risposto che tutto è avvenuto nel rispetto formale delle norme, anche se è evidente un mancato controllo, non si sa se per negligenza o per colpevole compiacenza.
Per queste ragioni ritengo che i conflitti di interesse non vengano ben affrontati nel provvedimento in esame, che poi è stato peggiorato con l'eliminazione, avvenuta in Commissione, delle norme introdotte dalla Camera agli articoli 7 e 8 circa la incompatibilità tra amministratori di banche, azionisti e debitori delle stesse. So perfettamente che il problema è complesso e delicato, ma ciò non può giustificare che non si provi neppure ad affrontarlo.
Maggiore decisione e fermezza sono poi necessarie nei confronti degli intermediari finanziari stabilendo la nullità, e non già la semplice annullabilità, dei contratti posti in essere in violazione dei doveri di comportamento ed è assolutamente necessario rafforzare le misure rivolte alla prevenzione del danno nei confronti del risparmiatore attraverso campagne di informazione che coinvolgano anche le associazioni dei consumatori, che è un altro modo per declinare in modo più concreto il tema della partecipazione dei cittadini alla Cosa pubblica.
A questo riguardo, non si può dimenticare che avrebbe grande valore di prevenzione e di forte deterrenza l'introduzione nel nostro ordinamento della cosiddetta class action, decisione questa che sembrava oramai matura dopo il voto della Camera sul provvedimento che si è poi invece arenato al Senato. Ci sono comunque nostri emendamenti che vanno in questo senso e ci auguriamo che l'Aula ne tenga conto.
Infine, c'è la questione del sistema bancario e della Banca d'Italia, che ritengo sia intrinsecamente connessa al problema della tutela del risparmio, tenuto conto del ruolo che le banche hanno avuto nella negoziazione dei titoli, rivelatisi poi spazzatura, e dei costi bancari che in Italia sono notevolmente superiori alla media europea (ricordo ai colleghi che un bonifico mi è costato quattro euro). Ciò sta inequivocabilmente a dimostrare che il nostro sistema bancario, pur notevolmente ristrutturato, non ha ancora raggiunto quel livello di efficienza ottimale da tutti auspicato.
Del resto, il tormentone di quest'estate è stato proprio il ruolo della Banca d'Italia in relazione alle vicende di due imprese bancarie italiane oggetto di scalate sulla cui opportunità deciderà certamente il mercato, ma sulla cui legittimità decideranno le indagini disposte dalla magistratura.
In ogni caso, da questa vicenda emerge con chiarezza la necessità di una riforma della Banca d'Italia e del suo ruolo nel contesto del sistema delle Authority del nostro Paese. Appare ancor più evidente come, avvertendo il pericolo di una caduta della credibilità internazionale dell'istituzione Bankitalia e senza voler censurare sul versante della legalità il comportamento del Governatore, quanto meno quest'ultimo sia caduto in quello che George Stigler, richiamato da Alberto Alesina su "II Sole 24 ORE" del 28 luglio scorso, definisce come la teoria della regulatory capture ovvero quella teoria "che prevede che i regolatori pubblici, passando molto del loro tempo a contatto con il settore che devono regolare e immedesimandosi con esso, finiscono per adottare come loro obbiettivo non l'interesse generale del Paese ma quello degli operatori del settore regolato, nel caso della Banca d'Italia gli istituti di credito italiani".
Credo che per evitare questo anche per il futuro non basti introdurre il mandato a termine per il Governatore e la collegialità nelle decisioni della Banca d'Italia (anche se la proposta del Governo non prevede una vera e propria collegialità, perché fa riferimento soltanto ad un preventivo parere obbligatorio ma non vincolante del direttorio), cose indubbiamente indispensabili per assimilare anche la Banca d'Italia al regime delle altre Authority, in linea del resto anche con le indicazioni della BCE, ma occorra - come ha già richiamato il collega Cambursano - trasferire le competenze sulla concorrenza all'Antitrust, proprio per giungere ad una definizione delle competenze per funzioni e per rendere più trasparente l'assoggettabilità del sistema bancario alle regole del mercato.
Il ministro Siniscalco questa mattina ha mostrato una qualche apertura in questo senso, anche se ci sarebbe piaciuto che l'apertura non fosse così personale, di un Ministro, ma del Governo; il Ministro, infatti, sa benissimo che il Governo e la sua maggioranza sono divisi su questo argomento e quindi è venuto qui per rimettersi all'Aula, anche se non sappiamo quale "autorità" (tra virgolette, non voglio offenderlo) gli provenga dall'essere dentro un Governo che su questo punto non è stato capace di prendere una decisione.
Sembra che alla convinzione di apportare modifiche al sistema della Banca d'Italia siano giunti anche il Governo e la maggioranza, sia pure in modo ridotto, anche se, proprio per le ragioni che ho già espresso, è di tutta evidenza l'inadeguatezza della proposta del Governo che non affronta il tema della competenza sulla concorrenza e rinvia, come sembra rinviare, l'entrata in vigore della riforma stessa al dopo-Fazio, lasciando al Governatore in carica la possibilità di determinare con il proprio comportamento l'entrata in vigore delle nuove norme.
Questo è ben singolare. Abbiamo più volte chiesto al Governo di prendere posizione su tale argomento. Il Governo non ha preso posizione e lo stesso Ministro si è trovato spiazzato rispetto a sue dichiarazioni circa una chiara richiesta di dimissioni dell'attuale Governatore.
Se la riforma proposta dal Governo andrà in vigore quando l'attuale Governatore deciderà con il proprio comportamento di farla entrare in vigore, chiedo allora al ministro Siniscalco se essa è davvero così urgente per recuperare la credibilità internazionale del nostro Paese, come ha sostenuto lo stesso Ministro. Infatti, se questa riforma è urgente deve entrare in vigore subito.
Inoltre, quanto tempo si è perso fino ad ora e quanto ci è voluto perché la convinzione della necessità di una riforma, che sembrava maturata all'indomani degli scandali Cirio e Parmalat, tornasse prorompente nell'agenda politica e parlamentare. Si dirà che non si voleva colpire un uomo che pure, a detta di molti, ha agito correttamente.
Ma come non leggere con qualche inquietudine le parole conclusive della relazione del Governatore alla riunione del CICR del 26 agosto scorso. Dice il Governatore: «La correttezza dei provvedimenti e dei comportamenti non può che derivare dalla loro conformità alla legge. Non sussistono altri parametri. Ciò che fuoriesce da questo ambito non attiene ai fattori da prendere in esame, soprattutto in sedi istituzionali, come questa.». Infatti, non è proprio l'ossequio meramente formale alla legge che spesso copre il tradimento al suo spirito? Quante prove ne abbiamo avute nella storia anche recente del nostro Paese o nella prassi quotidiana di un certo modo di interpretare l'azione amministrativa?
L'ossequio formale alla legge è il tradimento del suo spirito. Credo che abbiamo bisogno di qualcosa di più del mero ossequio alla legge se vogliamo evitare episodi come quelli di Cirio, Parmalat o dei bond argentini, anche se certamente è nostro compito di legislatori provvedere a modificare le leggi quando si sono mostrate inadeguate come in questo caso.
Resta inoltre da affrontare, cosa che non avviene nel testo in esame, il problema del risarcimento del danno subito da tanti risparmiatori sia nei casi Cirio e Parmalat che in quello dei bond argentini. Numerosi emendamenti sono stati presentati al riguardo e mi auguro che l'Aula possa trovare un'adeguata soluzione.
Onorevoli colleghi, in questi giorni ci attende un lavoro serio finalizzato a migliorare il testo e a vararlo possibilmente con il consenso di tutti, anche se non credo ve ne siano più le condizioni. È certo, tuttavia, che da troppo tempo i cittadini risparmiatori aspettano. Il Parlamento deve dare risposte adeguate e mi auguro possa ancora farlo, anche se certamente l'orizzonte non sembra così roseo. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Peterlini. Ne ha facoltà.
PETERLINI (Aut). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, parlerò di un problema specifico di questa legge, quello dei cosiddetti conti dormienti, rifacendomi anche all'intervento del collega Renzo Michelini del Gruppo per le Autonomie che seguirà e che illuminerà altri aspetti delle legge stessa.
Mi permettano però, signor Presidente e onorevoli colleghi, prima di passare all'argomento in discussione di rappresentare all'Aula un fatto grave, e cioè la palese incostituzionalità che emerge dalla proposta di legge elettorale presentata in Commissione alla Camera dei deputati. Tale proposta porterebbe infatti, se non vi fossero il ripensamento che auspichiamo e le trattative che invitiamo a iniziare (il termine per la presentazione degli emendamenti scade domani nelle prime ore del pomeriggio), alla totale eliminazione dalla rappresentanza parlamentare sia alla Camera che al Senato della minoranza linguistica sudtirolese da noi rappresentata.
Ricordo che l'articolo 6 della Costituzione prevede che la Repubblica tuteli con apposite norme le minoranze linguistiche. La Südtiroler Volkspartei presente in Parlamento, e penso anche degnamente rappresentata, dal 1948 ha dato il suo contributo, non solo a propria tutela ma anche per la ricchezza della legiferazione dello Stato. Non credo possa essere nelle intenzioni di uno Stato democratico eliminare una rappresentanza parlamentare, di cui tanti si vantano, anche nel mondo; lo stesso Ministro degli esteri e giustamente l'intero Governo si fanno vanto della grande tutela operata attraverso lo Statuto dell'autonomia.
Porto alla vostra attenzione questo problema perché, come abbiamo detto, i tempi sono molto stretti e se un tale fatto si verificasse dovremo portarlo all'attenzione della Corte costituzionale: quest'ultima si è già occupata della legge elettorale esistente che ci esclude, già da adesso, dalla ripartizione proporzionale del 25 per cento riservato alle liste proporzionali, con la clausola del 4 per cento previsto.
A tale proposito, la Corte costituzionale già ci ha dato ragione, invitando il Parlamento a legiferare al riguardo per eliminare questa palese ingiustizia. Il problema, però, era almeno alleviato dal fatto che siamo rappresentati - nel territorio della Provincia di Bolzano rappresentiamo il 60 ed oltre per cento dell'elettorato - tramite i collegi. Se domani i collegi dovessero sparire e si partisse da un sistema proporzionale puro con la clausola del 4 per cento, si eliminerebbe tutto questo. Anche la Germania ha uno sbarramento simile, ma la minoranza linguistica danese presente nello Schleswig-Holstein gode di una esenzione.
Colgo l'occasione per invitare i colleghi a ripensare questa proposta. Siamo alla scadenza della legislatura, tutti naturalmente si sono politicamente impegnati nell'ambito del proprio collegio, come richiede la legge attuale, con il massimo della presenza, di lavoro, rispondendo praticamente alle esigenze di tutto il territorio nazionale, ma riservando particolare attenzione, come è giusto che sia, al proprio collegio che, tuttavia, all'ultimo momento, non sarebbe più quello di riferimento. Saremmo infatti eletti su una base circoscrizionale che nel nostro caso è la Regione o una parte di essa, stravolgendo all'ultimo momento la partita in gioco e azzerando il lavoro politico che tutti noi abbiamo svolto sul territorio. Dico ciò indipendentemente dalla parte politica di appartenenza: tutti noi abbiamo - penso - curato il nostro territorio.
Vorrei, inoltre, ricordare che è previsto il premio di maggioranza, ma non ho capito con quale presupposto politico. Se l'attuale maggioranza di Governo introduce un premio di maggioranza che scatta per chi vince le elezioni anche con il solo 40 per cento, è chiaro che parte dal presupposto che la maggioranza esistente di centro-destra vinca. Altrimenti, a differenza di quanto il senatore Angius ha oggi lamentato, questo premio di maggioranza passerebbe alla sinistra. Vorrei solo evidenziare il rischio che si corre con questi giochetti elettorali all'ultimo momento.
Si parla poi di preferenze reintrodotte, però, a metà. Questo significa lasciar decidere chi sarà in Parlamento a pochi personaggi che dirigono i partiti, che si blinderanno in liste bloccate, mentre gli altri parlamentari dovranno combattere con tanto di investimento finanziario per la loro preferenza, vedendosi poi sopravanzati da chi è nella lista bloccata. Dico ciò senza alcun pregiudizio verso maggioranza o opposizione perché la questione riguarderebbe tutti quanti.
Penso che questo provvedimento, prima di approdare in quest'Aula, debba essere considerato con attenzione. Pertanto, invito i colleghi della maggioranza - e questo non lo dico soltanto nell'interesse della nostra parte politica - ad un'attenta riflessione. Ritengo infatti che almeno la parte riguardante il Senato poteva essere lasciata all'elaborazione di pensiero di quest'Aula.
Con riferimento al tema in argomento, ricordo che già nel 2001 l'inserto economico del quotidiano «Corriere della Sera», in un articolo di fondo, aveva evidenziato una questione molto delicata che, da un lato, ha spaventato il mondo bancario e, dall'altro, ha mobilitato tutte le associazioni dei consumatori. Mi riferisco ai cosiddetti conti dormienti.
Cito un passaggio interessante di un articolo del «Corriere della Sera» del 2 aprile 2001 che così riportava: «Informandosi tra i bancari emerge l'inquietante zona d'ombra. Alcuni sostengono che potrebbe esserci un ingente tesoro non reclamato nelle sedi centrali di molte banche italiane incrementatosi soprattutto a causa dei frequenti incidenti stradali mortali. Qualcuno aggiunge che se scompare un'intera famiglia e non esiste un testamento i responsabili della filiale dove sono depositati i risparmi potrebbero perfino appropriarsene illecitamente dopo essersi accertati che gli eredi non sono in grado di sapere di quel denaro. Ma proprio questo sospetto potrebbe ora convincere ad un intervento la procura della Repubblica per fare chiarezza su questa zona d'ombra e magari imporre di rendere pubbliche le somme abbandonate nelle banche e i nomi dei rispettivi intestatari, cosa che non solo negli Stati più progrediti d'Europa ma addirittura nelle Filippine è legge dello Stato».
Quest'articolo risale al 2001. Io ho seguito il tema insieme ad altri colleghi; abbiamo anche presentato un disegno di legge che è entrato a far parte del testo coordinato adottato dalla Commissione. Ho avuto anche l'onore di poter partecipare, per quanto riguarda questa parte del dibattito, ai lavori delle Commissioni riunite finanze e tesoro e industria, presiedute, con grande interessamento e sensibilità, dai senatori Pedrizzi e Pontone, che voglio ringraziare in questa sede.
Una grande sensibilità è stata manifestata anche dai relatori Eufemi e Semeraro e in Commissione si è cercato di trovare una soluzione. Il tema non è in discussione solo a livello nazionale, ma interessa anche il Regno Unito. Il «Financial Times», che in proposito ha scritto vari articoli, stima addirittura che nel proprio Paese siano 15 miliardi di sterline, corrispondenti a 22 miliardi di euro circa, i depositi giacenti nelle banche che appartengono a sconosciuti e legittimi eredi che però non sanno niente della loro fortuna e di cui le banche non sempre si sforzano di determinare l'eredità.
Questo problema ha e potrebbe avere una semplice soluzione, come del resto abbiamo suggerito nel testo del nostro disegno di legge, vale a dire di prevedere che ogni cittadino che apre un conto corrente, effettui un deposito bancario di valori o effettui altre forme d'investimento, magari depositando quei valori in una cassetta di sicurezza della banca in questione, sia invitato con una procedura molto semplice a dichiarare in quella circostanza, oltre ovviamente alle generalità personali, anche quelle degli eventuali aventi diritto nel caso del suo decesso.
Questa semplice formula (rilevata dal «Corriere della Sera» e anche da altri giornali, quale il «Financial Time», come dicevo, ma fatta propria nel frattempo da tutte le associazioni di tutela dei consumatori) è però rimasta finora, dal 2001, una pura teoria. Neanche nelle Commissioni riunite siamo riusciti a definire il testo, nonostante lo sforzo dei relatori Eufemi e Semeraro, che ringrazio, i quali hanno mostrato la massima disponibilità. Non vorrei che sotto sotto vi fosse la lobby delle banche che lo impedisce.
Spero venga trovata in questa sede la soluzione e invito a far ciò anche la rappresentante del Governo, l'onorevole Armosino, che ha seguito con grande attenzione ed impegno i lavori delle Commissioni riunite. La soluzione è semplice: la banca dev'essere obbligata non solo a richiedere i nomi, ma anche ad avvertire, nel caso di una non attività, come si diceva, di cinque anni, i possibili eredi, i quali possono poi accedere alla loro proprietà.
Rimane la domanda: cosa succede con l'accumulato? Infatti, se in un Paese simile al nostro per numero di abitanti si trovano 15 miliardi di euro depositati nelle banche illegittimamente, di cui i proprietari non sanno niente, si può desumere che una cifra simile possa anche giacere nelle banche italiane. Ho presentato un'interrogazione al Governo, che finora non è stata onorata di risposta; spero che venga, ma forse il Governo non lo sa neanche, perché sono le singole banche ad avere questi mezzi.
Ma immaginiamo il dramma familiare in cui si trovano gli eredi, perché qui si tratta normalmente non di persone anziane che provvedono con il testamento e le quali magari, una volta raggiunti i 65 o 70 anni, oltre al testamento redigono anche una lista dei loro depositi, dei conti correnti che hanno; qui normalmente succede che in un grave incidente stradale muoia l'intestatario o addirittura, in casi drammatici, tutti e due i genitori ed effettivamente poi, in casi di genitori giovani, i figli in tenera età non trovino neanche quel sostentamento che i genitori con grande sacrificio hanno cercato di accumulare.
Dunque, la formula c'è. È stato presentato un emendamento da parte dei relatori, che è simile a quanto avevamo già proposto noi, come Gruppo per le Autonomie, come disegno di legge, e ci va in linea di massima bene. Rimane, come dicevo, la questione dell'accumulato: noi proponiamo una procedura sulla quale nelle Commissioni riunite non si è ancora trovato - neanche in proposito - un consenso; spero che con l'apporto del Governo e dei relatori si trovi la soluzione e si compia un'attenta valutazione di quanto noi abbiamo proposto.
Noi abbiamo proposto che le banche, entro un anno, debbano attivarsi per avviare le ricerche, queste ultime rivolte, naturalmente, innanzi tutto all'intestatario stesso che non ha dato segni di vita; quindi, una volta trascorso un certo termine, che ci si rivolga ai Comuni di ultima residenza degli intestatari dei beni accumulati; tale ricerca potrebbe dare come risultato o l'attestazione di morte o una nuova residenza; proponiamo altresì che la banca vada avanti nella sua ricerca e sia obbligata, in caso ulteriore di non ritrovamento delle persone, a pubblicarne i nomi in modo molto palese nei locali della banca; e, se anche questa procedura non portasse a buon fine, ad avvertire la Banca d'Italia affinché da parte sua provveda a una pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e su quotidiani nazionali, sperando che si ritrovino i legittimi eredi.
Questa è una proposta, possono esservi mille altri modi per promuovere questa ricerca. Il punto importante è che ci si sforzi e che questa legge dia una risposta, come su tante altre questioni, anche all'esigenza di ritrovare gli eredi di questi conti dormienti.
Ringrazio per l'attenzione prestatami, però mi auguro che, oltre all'attenzione, effettivamente si trovi una risposta a questo problema. (Applausi dal Gruppo Aut).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore D'Amico. Ne ha facoltà.
D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, c'è una cosa che ha detto oggi il Ministro dell'economia che ho particolarmente apprezzato. Egli ha detto: signori, la capacità di un Paese di svilupparsi, di attrarre capitali, di sviluppare un mercato finanziario moderno dipende anche da un sistema di regole efficienti, adeguate alla moderna economia globalizzata.
Ha ragione, e questa posizione non è irrilevante, supera numerose posizioni che per anni sono state sostenute da parte della destra, non solo in Italia, secondo cui il criterio fondamentale è un mero criterio di deregulation, di deregolamentazione. Con dovizia di argomentazioni, il Ministro ha ribadito invece una tesi che anch'io condivido: c'è evidenza anche empirica che dimostra che un sistema di regole adeguato, capace di tutelare gli investitori, è essenziale per lo sviluppo e quindi anche per la crescita di un Paese. Di recente, il Ministro dell'economia e delle finanze ci ha ricordato, pure in Parlamento prima della pausa estiva, che l'Italia ha essenzialmente un problema di crescita e per la crescita servono regole adeguate sui mercati finanziari.
Ebbene, dopo le vicende di due anni fa, dopo gli scandali Cirio e Parmalat e il collocamento di bond argentini, emerse con chiarezza che il Paese aveva bisogno di nuove regole adeguate a questo scopo: favorire lo sviluppo dei mercati finanziari e dei capitali, e quindi anche la crescita economica. Ma in questi due anni tali regole non sono state prodotte perché la maggioranza e il Governo sono stati lacerati al proprio interno da una serie di dissidi, di litigi, di incapacità di decidere.
Questo Governo e questa maggioranza, fra l'altro, portano questa gravissima responsabilità. Aggiungo che personalmente ritenni allora e continuo a ritenere oggi che in tali vicende non emergeva una responsabilità della Banca d'Italia, che si occupa di banca e non di titoli delle imprese. Quella era la mia convinzione e tale rimane con riferimento a quei fatti.
Nel frattempo, però, sono emerse cose nuove, rilevanti, a mio avviso molto gravi, che attengono agli specifici campi di azione della Banca d'Italia, a decisioni che l'ordinamento affida alla Banca d'Italia. Su questo terreno si è prodotto un problema serio…(Commenti del senatore Grillo). Il problema serio - è inutile che citiamo le intercettazioni - è individuato e chiarito, al di là di ogni dubbio, nel codice di condotta dei membri del Consiglio direttivo della BCE, che reca la firma, fra l'altro, dell'attuale Governatore della Banca d'Italia: non agire e neanche dare l'impressione di agire in conflitto di interessi. Per conflitto di interessi si intende anche, appunto, dare l'impressione di favorire amici, conoscenti e familiari.
Ora, noi ci troviamo di fronte ad un caso che non ha precedenti, almeno a mia memoria (sono stato quindici anni in Banca d'Italia): quello di un Governatore che sovverte la decisione assunta dai propri uffici. È nel suo potere farlo, ma è un caso senza precedenti…
GRILLO (FI). Ma di che cosa parla?
D'AMICO (Mar-DL-U). Sì, senatore Grillo. Io ero in Banca d'Italia, lei no: non ci sono precedenti! Dicevo, assume questa decisione che non ha precedenti, in un caso nel quale emerge che aveva una particolare familiarità con il soggetto in qualche modo beneficiario di tale decisione. Ciò crea l'impressione che ci sia stato un favoritismo: siamo nel caso previsto dal codice di condotta della BCE al punto 4.1.
Governo e maggioranza si sono lacerati al proprio interno. Questo ancora una volta è molto grave. Ci sembra di conoscere (l'ha manifestata oggi con qualche timidezza e l'ha resa nota in altre occasioni) la posizione del Ministro che, se comprendo, è la posizione secondo la quale la permanenza in carica del Governatore della Banca d'Italia reca danno alla credibilità del Paese, e dunque anche all'economia nazionale. È una questione importante recare danno all'economia nazionale!
Ancora non conosciamo la posizione del Governo. Vorremmo conoscere la posizione del Presidente del Consiglio. Egli è interrogato non solo da noi, dai mercati, dagli osservatori, dagli analisti indipendenti, dalla stampa internazionale: tutti coloro che si occupano di questa vicenda lo interrogano, ma egli non risponde. Non rispondendo, si assume una responsabilità grave, secondo la tesi del Ministro dell'economia: rischia di produrre l'effetto di un grave danno all'economia nazionale.
L'opposizione si è pronunciata con chiarezza e lo ha fatto attraverso la voce del proprio candidato a Presidente del Consiglio, cioè del suo leader Romano Prodi. L'opposizione dice con chiarezza che sarebbe opportuno un celere ricambio al vertice della Banca d'Italia, che sarebbe opportuna una riforma del funzionamento della stessa e che l'una e l'altra cosa sono ugualmente necessarie. Ciò vuol dire che non basta il ricambio senza riforma e non è sufficiente la riforma senza ricambio. Gradiremmo conoscere l'opinione del Governo e del Presidente del Consiglio, cioè del Capo del Governo e della maggioranza.
Con il collega senatore Lamberto Dini, ricordando il periodo trascorso in Banca d'Italia che ci ha dato modo di conoscere il funzionamento interno dell'istituto, abbiamo ritenuto di fare una proposta dettagliata di riforma. Tale proposta è sostanzialmente coerente con la posizione assunta dall'opposizione nella sua interezza ed è un po' più dettagliata perché tiene conto dei meccanismi di funzionamento interni.
I punti essenziali di questa proposta, della quale parlerò riferendomi a quanto proposto dal Governo, prevedono la trasformazione del Direttorio in un organo collegiale. Vi sono numerosi motivi che inducono a questa scelta. Probabilmente questa scelta non era stata necessaria nella storia della Banca perché è noto che per lungo tempo della sua storia la Banca ha sostanzialmente funzionato come un organo collegiale.
Oggi ci sembra di capire che non è più così e comunque, rispetto alla modernità delle regole, emerge con chiarezza dai mercati e dagli analisti la necessità di una maggiore trasparenza del procedimento decisionale. Infatti, un procedimento decisionale che si risolve in una singola persona che deve prendere le decisioni, alla fine, per sua natura, non può essere reso trasparente, e dunque la richiesta di trasparenza delle decisioni comporta una collegialità.
Da questo punto di vista, come i colleghi sanno bene, la proposta del Governo percorre un pezzettino della strada, cioè propone una specie di collegialità limitata, relativa solo all'espressione di un parere. È un passo avanti, ma noi crediamo che questa strada debba essere percorsa per intero sul modello, fra l'altro, seguito da altre banche centrali, a partire dalla Banca centrale europea fino alla generalità delle autorità italiane. Ovviamente, deve essere esplicitato - forse con maggior chiarezza di quanto faccia la proposta del Governo - il mantenimento al Governatore delle specifiche funzioni a lui attribuite in relazione alla partecipazione della Banca d'Italia al sistema europeo delle banche centrali.
Una delle proposte è quella di attribuire al Direttorio della Banca, così trasformato, alcuni poteri oggi attribuiti al Consiglio superiore della Banca d'Italia, in particolare poteri in materia di organizzazione interna, e tornerò alla fine a spiegare il perché una simile misura a noi sembrerebbe necessaria e fa male il Governo a non intervenire su questo tema.
Noi prevediamo espressamente una cosa che il Governo non fa, secondo me sbagliando, e cioè una nuova procedura di nomina per il Governatore e i membri del Direttorio sull'esempio di quanto previsto nella generalità dei Paesi del mondo, con una più chiara individuazione di responsabilità politica nel procedimento di nomina. Questa chiara individuazione di responsabilità politica nel procedimento di nomina deve essere accompagnata, a nostro avviso, dalla altrettanto chiara indicazione dei requisiti elevati di professionalità delle persone chiamate a ricoprire degli incarichi così importanti.
Noi crediamo che debba esplicitamente essere prevista la possibilità che uno di questi requisiti possa - e non debba - essere l'aver svolto la propria funzione in Banca d'Italia. Infatti, esiste una tradizione secondo la quale al vertice della Banca sono spesso - non sempre - arrivate persone che avevano prestato la loro opera in Banca d'Italia. Secondo noi si tratta di una tradizione che ha dato buona prova di sé nel complesso della vita dell'istituzione e che sarebbe poco desiderabile abbandonare.
Il procedimento, ricordo, prevederebbe sostanzialmente la nomina tramite decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e con il parere favorevole espresso dai due terzi delle Commissioni parlamentari competenti. Uguale procedura dovrebbe essere prevista, a nostro avviso, per la revoca, che ovviamente sarebbe possibile solo nei casi previsti dallo statuto della Banca centrale.
La durata del Governatore e dei membri del Direttorio dovrebbe essere limitata nel tempo. Noi prevediamo un tempo lungo: otto anni, uno dei mandati più lunghi previsti per le banche centrali dei Paesi sviluppati.
C'è un aspetto su cui la proposta del Governo non interviene, che secondo noi è invece importante, quello relativo alla previsione, accanto alla durata limitata del mandato dei membri del Direttorio, di scadenze inizialmente sfasate nel tempo, al fine di evitare che l'intero Direttorio subisca un rinnovo repentino e completo. Ciò ostacolerebbe eventuali tentativi di lottizzazione, ma soprattutto garantirebbe la continuità nella funzione dell'istituzione. Ricordiamo che questo modello, seguito dalla BCE (i primi membri del board di tale istituzione furono infatti nominati con scadenze graduate nel tempo) sta dando ottima prova di sé.
L'altro punto su cui a nostro parere è necessario intervenire, ancora una volta seguendo il modello della BCE ma anche, per esempio, della Federal Reserve, riguarda la previsione di un reporting sistematico del Governatore e del Direttorio della Banca d'Italia alle competenti Commissioni del Parlamento. Abbiamo un problema di accountability, come è stato detto più volte; per quanto interveniamo sulle norme nell'esercizio dell'attività di vigilanza, permangono ovviamente margini di discrezionalità che ritengo essenzialmente tecnici, e così devono essere. Esiste un margine di discrezionalità, che è opportuno rimanga, ma che pone un problema di accountability. Crediamo pertanto necessario prevedere un meccanismo di reporting, di riferimento al Parlamento.
Vi è poi il sostanziale passaggio all'Autorità garante della concorrenza e del mercato delle competenze in materia di antitrust nel settore bancario, oggi attribuite alla Banca d'Italia. Ciò avviene con alcuni accorgimenti, relativi in particolare ad un potere di istruttoria rafforzato da parte della Banca d'Italia (quando discuteremo degli emendamenti entreremo maggiormente nel merito).
La soppressione del CICR è un altro tema su cui il Governo non interviene. Crediamo vi siano numerosi motivi per sopprimere tale organo. L'ultimo motivo che giustificherebbe tale soppressione è relativo a quanto avvenuto nell'ultima riunione di tale comitato.
Come ricordato dal collega Castellani, in quella occasione i Ministri della Repubblica hanno tollerato che venisse loro detto che la correttezza dei provvedimenti e dei comportamenti non può che derivare dalla loro conformità alla legge, che non sussistono altri parametri e che ciò che fuoriesce da quell'ambito non attiene ai fattori da prendere in esame, soprattutto in sedi istituzionali come quella.
Ora è ovvio che il rispetto della legge lo si valuta di fronte ai giudici penali, civili e amministrativi. Un comitato di Ministri non è una sede in cui l'unico giudizio ammissibile è quello basato sul rispetto della legge. I Ministri che hanno tollerato che ciò venisse detto loro hanno squalificato l'istituzione che rappresentavano in quella sede! (Applausi del senatore Morando).
Per tale ragione, chiederei al Governo, visto che giustamente ha parlato di trasparenza e di accountability, di rendere disponibili sul sito del Ministero dell'economia i verbali del CICR. Poiché vogliamo che il direttorio decida con trasparenza e a maggioranza, vogliamo anche che quelle decisioni vengano rese pubbliche. Vorremmo vedere i verbali del CICR e chiediamo formalmente al Ministro dell'economia di metterli a disposizione del Parlamento. Tale organo lo -ripeto - in prospettiva dovrebbe essere abolito, tanto più dopo la figura che i Ministri della Repubblica hanno accettato di fare nell'ultima occasione in cui il CICR si è riunito.
Sempre restando alla parte transitoria, che è delicatissima, anche a seguito della posizione assunta dal presidente della Banca Centrale Europea Trichet questa mattina innanzi al Parlamento europeo, noi prevediamo tempi brevi per l'adeguamento dello statuto della Banca d'Italia e per l'emanazione di un decreto legislativo di coordinamento.
Completato il quadro normativo, si avvierebbe il nuovo procedimento di nomina. Di per sé la radicale riforma del Direttorio della Banca d'Italia giustificherebbe l'intero rinnovo; tuttavia, in aderenza allo spirito della disciplina comunitaria, nella nostra proposta prevediamo che venga garantita a chi in quel momento sia in carica da meno di otto anni la permanenza nella carica fino a tale termine.
Siamo consci del fatto che tale soluzione potrebbe apparire in contrasto con le indicazioni a suo tempo fornite dalla BCE e - sembra - oggi ribadite dal presidente Trichet, ma ricordiamo che quel parere fu espresso in un momento diverso, su una proposta diversa, che non introduceva una riforma complessiva del funzionamento della Banca d'Italia. In più, quella proposta non prevedeva alcuna forma di regime transitorio, che invece nella nostra proposta sarebbe espressamente previsto.
Vorrei comunque che per chiarezza restasse agli atti del Parlamento la circostanza che il Consiglio direttivo della BCE non ha mai affermato che il Parlamento italiano non potrebbe adottare una norma che producesse la cessazione dalla carica del Governatore. Il Consiglio della BCE ha detto una cosa che poteva ben dire: a suo parere, ove una riforma producesse la cessazione dalla carica del Governatore, essa si configurerebbe, nella sostanza, come una revoca del Governatore, e ciò è possibile solo nei casi previsti dallo statuto della BCE medesima.
Dunque, nel caso in cui la norma italiana che producesse questo esito dovesse arrivare di fronte alla Corte di giustizia, quest'ultima dovrebbe anzitutto pronunciarsi se si tratti o meno di revoca (personalmente credo che non lo sia, ma la Corte di giustizia dovrebbe pronunciarsi su questo). Tuttavia, una volta che essa avesse accertato che di revoca si tratta, non per questo dichiarerebbe illegittimo l'atto che produce l'effetto della revoca; sarebbe chiamata a misurarsi con le regole del trattato e dello statuto della BCE che prevedono alcune condizioni per la revoca. Si tratterebbe di discutere se quelle condizioni esistono o meno.
Da ultimo, la nostra proposta non interviene direttamente sulla proprietà della Banca d'Italia, lo fa indirettamente: sottrae al Consiglio superiore, formalmente espressione degli azionisti, i poteri di nomina e revoca, che verrebbero affidati a Governo e Parlamento, e alcuni poteri di amministrazione dell'istituto. In tal modo si risolverebbe in grandissima parte il problema del cosiddetto conflitto potenziale di interessi fra banche al tempo stesso partecipanti al capitale e vigilate.
Siamo contrari al passaggio della proprietà della Banca d'Italia al Tesoro dello Stato. Ci sono motivi finanziari che giustificano questa posizione, ma esattamente c'è un motivo essenziale, che è quello che viene invocato per favorire tale passaggio. Si dice: signori, chi è proprietario ha possibilità di influire sulle scelte di vigilanza della Banca d'Italia e dunque esiste un conflitto di interessi se chi è proprietario è anche banca.
A parte che giusto qualche caro amico da Chicago può immaginare che il problema della Banca d'Italia oggi sia che essa è catturata dalle grandi banche italiane azioniste (diciamo che lo si può immaginare da Chicago, ma chi ha presente la situazione italiana non lo immagina); tuttavia, se fosse vero questo, l'assunto è che il proprietario può influire sulla vigilanza, per cui non vogliamo che i proprietari siano banche, perché sarebbero in conflitto di interessi.
Ma, a maggior ragione, non vogliamo che sia la politica, perché uno dei problemi è mantenere l'autonomia della funzione di vigilanza bancaria dalla politica! E proprio l'argomentazione che induce qualcuno a dire che bisogna evitare che siano banche, induce egualmente a dire che bisogna evitare che sia la politica ad essere proprietaria della Banca d'Italia.
Allora, la nostra idea su questo tema è che è possibile ridurre ulteriormente il rischio potenziale di conflitto di interessi depotenziando la capacità dei proprietari delle azioni della Banca d'Italia in relazione all'amministrazione dell'istituto, ricordando che lo statuto della Banca d'Italia già esclude che possano in alcun modo ingerirsi nelle funzioni di vigilanza o di banca centrale.
Una volta risolto così, per l'oggi, il problema, di concerto con il rinnovato vertice della Banca d'Italia, collegiale e rinnovato, si potranno trovare soluzioni che risolvano il problema della contraddizione tra l'attuale situazione della proprietà della banca e lo statuto della banca medesima (come è noto esso prevede che in maggioranza le quote debbano essere di enti pubblici).
Noi riteniamo che il problema si possa risolvere con soluzioni che evitino di cadere dalla padella alla brace, cioè che evitino di cadere dal potenziale conflitto di interessi fra banche vigilate e vigilante, al potenziale conflitto di interessi (se guardiamo alla storia d'Italia ben più dannoso) tra politica e azione di vigilanza bancaria.
Con questo ho concluso l'esposizione della mia proposta e siamo pronti ad entrare nel merito. Per entrare nel merito sarebbe necessario che maggioranza e Governo risolvessero le contraddizioni che vivono al loro interno su temi che - ripeto - ad opinione dello stesso Ministro dell'economia e a nostra opinione rischiano di produrre un danno complessivo all'economia del Paese.
Il centro-sinistra, che si presenta come alternativa di Governo, ha presentato proposte di merito che sarebbero in grado di avviare a soluzione un problema grave che pone, come ho detto, potenzialmente pregiudizio alla necessità del Paese di riprendere la via della crescita e dello sviluppo e di intraprendere una via più favorevole a creare condizioni di vita migliori per tutti i cittadini! (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U e del senatore Amato).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Izzo. Ne ha facoltà.
IZZO (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Armosino, non tratterrò più di tanto l'Assemblea su questa riforma che finalmente stiamo affrontando con la prudenza che è necessaria nella regolarizzazione e regolazione del settore specifico. La materia è oggetto dell'articolo 47, primo comma, della Costituzione; la tutela del risparmio, quindi, è un bene pubblico.
Ascoltando gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto e cercando di far mente locale sull'attenzione particolare che è stata posta in questi ultimi tempi sul problema della tutela del risparmio, mescolato per la verità alle problematiche che derivavano dalla situazione nella quale si è venuto a trovare il Governatore della Banca d'Italia, credo che da parte nostra si debba fare un passo indietro, essere tutti più sereni, per affrontare la vera questione che ci affligge e allo stesso tempo deve essere risolta, ovvero la necessità di tutelare il risparmio come bene pubblico.
È arrivato ormai il momento di chiudere la partita della tutela di questo bene in modo da evitare di continuare ad assistere all'operato di istituzioni bancarie così immerse in conflitti di interesse da non poter distinguere un ruolo da un altro: prestatori di fondi, collocatori di titoli e polizze ai risparmiatori, consulenti. Banche che dopo aver dato credito a imprese ospitano gli stessi imprenditori nei loro consigli di amministrazione, quotano tali imprese in Borsa, ne vendono le azioni e i bond ai propri clienti, o li acquistano e li vendono con propri fondi di investimento.
A tali quesiti rispondeva il disegno di legge già esaminato dalla Camera, ma quel testo, alla luce del risultato del lavoro prodotto alla Camera dei deputati, è stato arricchito e migliorato anche dal dibattito in Aula oltre che nella Commissione competente e nelle Commissioni riunite.
Per brevità, citerò le sole modifiche intervenute in materia di azione di responsabilità e quelle in tema di trasparenza, di cui all'articolo 6, finalizzate a permettere l'individuazione di Stati che presentano ordinamenti particolarmente carenti in fatto di trasparenza delle strutture societarie.
Degna di attenzione particolare è pure la previsione dell'articolo 7, laddove si stabilisce finalmente che a decorrere dal 1° gennaio 2006 alcune fondazioni non possono più esercitare il diritto di voto per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie.
Di sicuro interesse sono anche le modifiche agli articoli 8 e 10 in tema di conflitto di interesse, così come numerose altre modifiche sarebbero degne di sottolineature, ma non vorrei appesantire il dibattito, per cui mi rifaccio integralmente alla relazione svolta in modo egregio dai relatori, che hanno evidenziato gli aspetti positivi e la bontà del provvedimento.
Proprio in riferimento a questi temi di modifica si inserisce l'oramai ben noto emendamento del Governo che reca - io dico finalmente - una nuova disciplina della Banca d'Italia. In particolare, si prevedono leggi, atti aventi forza di legge, regolamenti che assicurano alla Banca d'Italia e ai suoi organi l'indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria; si impone alla stessa di riferire semestralmente al Parlamento e al Governo sulla propria attività e di operare nel rispetto del principio della trasparenza, prevedendo la forma scritta e la motivazione degli atti emessi.
E veniamo finalmente ad un altro aspetto: il comma 7 pone un tetto temporale all'azione del Governatore della Banca d'Italia, fissandone il mandato in sette anni senza possibilità di rinnovo; un termine in linea con quelli previsti per i Governatori delle Banche centrali degli altri Paesi dell'Unione Europea. Certamente, il fatto che ciò sia accaduto in un momento particolare non deve dare la sensazione di essere un atto punitivo nei confronti di chicchessia e meno che mai dell'attuale Governatore.
Mi preoccupa soprattutto la campagna massmediatica straordinariamente aspra nei confronti di quest'uomo. Su questo aspetto - e parlo a titolo personale e non a nome del partito al quale mi onoro di appartenere - sono molto perplesso e vorrei invitare tutti ad un giudizio sereno, ricordando anche con preoccupazione i trascorsi storici relativi ad aggressioni nei confronti di persone molto importanti. Ne ricordo uno per tutti, come ha fatto il senatore Colombo, il presidente Leone. Pertanto, vorrei lasciare all'uomo interessato la serenità della decisione, atteso che finora non sono emersi provvedimenti, atteggiamenti, atti o azioni che abbiano posto in dubbio la serenità dell'azione del Governatore.
Finalmente abbiamo stabilito un limite temporale alla carica del Governatore della Banca d'Italia mettendoci in linea con gli altri Paesi e recuperando un deficit sotto il profilo legislativo. Nel provvedimento in esame si stabilisce anche che la maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, confermata quale istituto di diritto pubblico, è detenuta dallo Stato, mentre la restante parte può essere detenuta esclusivamente da altri enti pubblici.
Anche su questo stiamo lavorando in Commissione bilancio e credo che entro stasera riusciremo a definire tale aspetto. Il Governo ha provveduto a coprire la spesa e vi è stata un'ulteriore relazione della sottosegretario Armosino che ci ha convinto in modo assoluto.
La Commissione esprimerà il proprio parere questa sera o quanto prima per risolvere un altro aspetto assolutamente degno di notazione e sottolineatura. Mi riferisco alla necessità di un intervento da parte del Governo per dare serenità ai risparmiatori e far sì che nell'immaginario collettivo venga recuperata la fiducia nei confronti dell'Istituto centrale. Tale disposizione solleva il problema della regolazione degli effetti finanziari.
Occorre segnalare, infine, come sia necessario verificare il raggiungimento del medesimo risultato, vale a dire l'indipendenza assoluta del controllore dal controllato, al fine di evitare i rischi paventati dalla famosa teoria della regulatory capture, con un maggiore sforzo di innovazione normativa in tal senso. Si può pensare di attribuire ai partecipanti al capitale della banca diritti di voto limitati in ragione della natura, pubblica o privata, del detentore. Un'altra soluzione potrebbe essere quella di trasformare le quote della Banca d'Italia in mano privata in azioni privilegiate senza diritto di voto, evitando un esborso eccessivo per l'erario.
L'emendamento del Governo non affronta però un ulteriore problema: quello dell'assetto e della ripartizione dei compiti tra le diverse autorità di controllo. L'obiettivo iniziale del ministro Tremonti era quello di istituire un'unica Autorità a tutela del risparmio, ma il risparmio ha una natura troppo eterogenea per richiedere un unico tipo di tutela. Credo che lo sforzo di immaginazione del Ministro, pur andando nella direzione giusta, probabilmente non appariva esaustivo e capace di dare la risposta che ci si aspettava. Questa considerazione quindi ha reso necessario un supplemento di riflessione e di dibattito.
Per affrontare il problema debbo rammentare una situazione nota a tutti: il sistema finanziario italiano si è trasformato, dalla famosa foresta pietrificata, per dirla con una frase fatta, in un sistema nel quale un ruolo centrale è coperto dalla banca universale, che svolge tutte le funzioni prima attuate da intermediari diversi. Autorità specializzate per soggetto sono divenute quindi inadatte se non addirittura obsolete.
Appare condivisibile, pertanto, passare da un modello basato sui soggetti ad un modello basato sulle funzioni. Le funzioni sono, secondo me, prevalentemente tre e rispondono ai tre beni pubblici che necessitano assolutamente di tutela: stabilità, trasparenza/correttezza nei comportamenti e concorrenza. Qui diventa cruciale il ruolo da attribuire alla Banca d'Italia: essa, come è a tutti noto, non ha più la titolarità diretta della politica monetaria.
Ferma restando pertanto la sua autorevolezza, le residue funzioni, oltre al servizio centrale di tesoreria dello Stato, ineriscono essenzialmente alla pur importantissima tutela della stabilità degli intermediari creditizi. Ma queste funzioni necessitano dell'esistenza di un superiore vaglio di trasparenza e legittimazione dell'operato dell'autorità di vigilanza bancaria.
L'emendamento prevede appunto, come dinanzi riferito, che un ruolo più rilevante venga assunto dal Parlamento, quale sede ove la Banca d'Italia espone la propria politica e dà anche conto del proprio operato rispetto alle finalità enunciate così da avere finalmente una trasparenza non soltanto delle volontà ma anche dei propositi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori del Governo, riteniamo che il provvedimento in esame, seppur non esaustivo, vada nella direzione delle aspirazioni e delle aspettative dei nostri concittadini. Ancora una volta questo Governo ha lasciato al Parlamento assoluta serenità di giudizio e di esame su di un provvedimento da troppo tempo atteso. Un provvedimento che mi auguro che sia capace di dare finalmente maggiore serenità ai risparmiatori italiani e quindi linfa vitale alle necessità di recupero del sistema-Paese nella competitività internazionale. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e del senatore Semeraro).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare la senatrice De Petris. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, qualche osservatore e commentatore ha definito questo disegno di legge per la tutela del risparmio - vorrei sottolineare la materia di cui tratta poiché ne abbiamo letto poco persino all'interno del testo giunto in Aula - come una sorta di tela di Penelope. Sono infatti trascorsi due anni da quando sono esplosi gli scandali Cirio e Parmalat, ma avevamo già avuto problemi molto seri ed altri scandali precedenti.
Dopo due anni ci ritroviamo a discutere in Aula di un testo che ha avuto varie vicissitudini. All'indomani degli scandali Cirio e Parmalat, era emerso, anche nel corso dell'indagine svolta sui fatti accaduti dalle Commissioni della Camera e del Senato, con estrema chiarezza il fatto che era assolutamente venuto meno - all'epoca sembrava una consapevolezza quasi diffusa - il sistema dei controlli che non solo aveva mostrato la sua palese inadeguatezza, ma aveva mostrato delle falle enormi, colpevoli o meno che fossero.
Il senatore D'Amico ha affermato di essere convinto che non vi era all'epoca una responsabilità della Banca d'Italia. Certamente la domanda, chiara e precisa, all'epoca attraversò tutto il lavoro delle Commissioni parlamentari. Tutti noi ci chiedevamo come la Banca d'Italia avesse potuto ignorare quanto stava succedendo. In generale però era proprio il sistema della vigilanza e dei controlli che si era dimostrato assolutamente inadeguato ed insufficiente a tutelare la trasparenza del mercato finanziario e soprattutto i risparmiatori.
Tutti voi sapete perfettamente che la tutela del risparmio è un bene pubblico e l'osservanza di questa regola che dovremmo, nel prosieguo dell'esame del testo, tenere sempre presente, era venuta meno. Perché ho definito il Testo, e ribadisco tale definizione, "tela di Penelope"? In Commissione da una parte veniva tessuto il lavoro per predisporre il Testo, ma poi la sera, come faceva Penelope, qualcun altro lo disfaceva.
A questo hanno contribuito - è inutile fare finta di niente - un insieme di conflitti di interesse, il condizionamento di poteri forti e, a mio modo di vedere, l'onnipresente questione delle vicende della Banca d'Italia intorno al nodo del mandato a termine e del riordino dell'intero sistema della governance della Banca stessa.
È stato uno dei nodi che hanno impedito - e sappiamo bene che il testo approvato dalle competenti Commissioni della Camera presentava delle lacune - di fare dei passi in avanti. Proprio nel corso dell'esame in Aula sono stati soppressi alcuni degli elementi più significativi, non a caso quello del mandato a termine e dunque del riordino della governance della Banca. Ci tengo a sottolinearlo!
Purtroppo, neppure nell'ambito del lavoro svolto in Commissione al Senato è stato preso in considerazione un importante articolo, certamente migliorabile, relativo alla tutela preventiva del risparmio. Sulla base di queste considerazioni, almeno inizialmente, sembrava quasi che, con afflato bipartisan, tutti volessero concorrere per arrivare ad un'efficace tutela che deve in primo luogo intervenire preventivamente e dunque non solo successivamente per risarcire i danni.
Quindi, la tela di Penelope in questo anno e mezzo di lavoro ha continuato ad essere tessuta, fino a quando non si è di nuovo arrivati all'esplosione forte, plateale, di quest'estate del caso Banca d'Italia.
Era evidente a tutti - e lo ribadisco con estrema chiarezza - che il nostro sistema aveva necessità di una riforma degli assetti di vigilanza. Questo era stato uno degli elementi di discussione più importanti nel momento in cui si tentava insieme di arrivare ad una riforma efficace, anche in considerazione del fatto che nel corso della seconda metà degli anni Novanta gli ordinamenti di Paesi importanti quali la Francia, la Spagna, la Germania e il Regno Unito si erano posti il problema del riassetto delle competenze in materia di vigilanza.
Ognuno lo aveva fatto in maniera diversa, ma evidentemente si era trattato di uno degli elementi fondamentali proprio perché in quell'arco temporale erano intervenute delle modifiche sostanziali all'interno dell'assetto dei mercati finanziari, per non parlare poi del fatto che nel nostro Paese nel 1992 una parte delle banche era ancora pubblica e dunque rispondeva in una certa misura allo Stato. Poi, a seguito dei processi di privatizzazione, si era reso ancora più necessario intervenire.
Rispetto a ciò - e dunque nella consapevolezza della necessità di un riassetto del sistema di vigilanza - abbiamo presentato qui in Commissione alcuni emendamenti, che abbiamo ripresentato ora insieme ai colleghi dell'Unione. Riteniamo che questa sia una delle questioni fondamentali. Era evidente a tutti che quel sistema non poteva più funzionare così come è adesso. Non sto parlando soltanto di fatti recenti o relativi agli scandali di Cirio e Parmalat, ma anche di vicende non meno gravi che si erano verificate precedentemente. Era assolutamente necessario quindi arrivare ad una nuova architettura che si fondasse su un modello per finalità: la Banca d'Italia per la stabilità, l'Antitrust per la concorrenza e la CONSOB per la trasparenza e la tutela dei consumatori.
Ora, tutto ciò non si può disgiungere dal problema serio delle garanzie per la tutela dei risparmiatori, né dal problema del nuovo assetto e della nuova governance della Banca d'Italia.
Su questo punto, nella stessa introduzione di questa mattina, anche il ministro Siniscalco ha detto che si sarebbe rimesso (quindi anche sul passaggio della concorrenza all'Antitrust) al dibattito in Aula, però è evidente che da parte del Governo, nel momento in cui ha presentato quell'emendamento, come emerge anche da molti degli interventi che sono stati svolti oggi da parte della maggioranza, vi è la tendenza a non affrontare assolutamente questo problema, mentre le due questioni non possono evidentemente essere disgiunte.
Non solo: sebbene qualcuno dica che nelle Commissioni riunite sono stati migliorati, anche rispetto al testo che ci è pervenuto dalla Camera, molti aspetti concernenti le tre questioni fondamentali della governance delle società, del conflitto di interesse e del sistema della vigilanza, ciò, per quanto ci riguarda, non risponde a verità. Questa valutazione attiene anche all'articolo 2 e all'articolo 3, riguardante sempre la governance societaria, che è stato peggiorato. Per non parlare poi del fatto che, per quanto riguarda il sistema di vigilanza, addirittura alla CONSOB sono stati sottratti altri poteri.
Per esempio, per ciò che concerne la questione specifica del conflitto di interesse, addirittura viene ribadita in capo alla Banca d'Italia la regolamentazione per quanto riguarda il limite qualitativo all'emissione di affidamenti agli azionisti e l'entità stessa della partecipazione detenuta. Per non parlare poi di altre sottrazioni di potere anche in termini di trasparenza alla CONSOB stessa. Francamente, quindi, non so come si possa dire che questo testo è stato migliorato proprio sui punti che noi riteniamo più scabrosi.
Per non parlare poi - torno a ripetere - della questione della tutela preventiva del risparmio. Abbiamo già ripresentato il nostro emendamento al riguardo, lo sosterremo con forza, perché è veramente incredibile che in questo dibattito, nessuno, se non pochissimi esponenti dell'opposizione, ha richiamato il punto da cui siamo partiti: le centinaia di migliaia di risparmiatori che ancora piangono e attendono una risposta.
Ovviamente, questo è un punto che sottopongo di nuovo con forza, in quanto il Ministro parlava di credibilità; noi dobbiamo avere credibilità, riconquistare la fiducia dei cittadini e dei risparmiatori, perché ciò, tra l'altro, ha un rapporto diretto con la possibilità di una ripresa degli stessi meccanismi di investimento nel nostro mercato finanziario.
È una questione - torno a ripetere - fondamentale, perché la tutela del risparmio avviene innanzitutto stabilendo dei princìpi e delle regole di trasparenza per quanto riguarda alcune operazioni e la tutela dei risparmiatori può quindi essere realizzata solo migliorando il grado di informazione preventiva attraverso una normativa adeguata che in qualche modo tuteli in via preventiva la garanzia all'informazione vera, reale dei cittadini.
Quindi, a maggior ragione credo che oggi le cronache ci hanno riportati proprio al punto da cui siamo partiti, cioè a quello che è il nodo della questione ma questo avviene dopo due anni.
Ricordo che noi, tra i pochi, abbiamo ripresentato in Commissione un emendamento riguardante l'assetto della Banca d'Italia e vogliamo dire anche con molta chiarezza che noi consideriamo insufficiente l'emendamento del Governo. Arriva finalmente il mandato a termine - vivaddio! - dopo due anni. Qualche anno fa (lo dico tra parentesi), il Governatore della Bundesbank fu sostituito in due-tre settimane perché era emerso dai giornali che, insieme alla famiglia, aveva accettato, per un paio di giorni, l'ospitalità a spese di un soggetto vigilato.
Il Governo e il sistema tedesco fecero sì che, nonostante il Governatore (il Fazio tedesco) si fosse profuso in scuse pubbliche, dovette comunque andarsene. Noi fino ad ora non abbiamo avuto la stessa prontezza, etica e senso di responsabilità da parte del Governatore della Banca d'Italia, ma certamente esigiamo dal Governo parole chiare.
Perché sosteniamo che l'emendamento del Governo è insufficiente? Perché nel momento stesso in cui si parla di mandato a termine, di maggiore collegialità e così via non si affronta, ad esempio, la questione del passaggio della concorrenza all'Antitrust, la questione della norma transitoria, di quando, a partire da quale momento e a chi si applica il mandato a termine.
Abbiamo presentato, come Unione, un emendamento chiaro e preciso - lo abbiamo ripresentato anche come Verdi - con il quale si stabilisce che, al momento dell'entrata in vigore della legge, se il Governatore in carica ha superato (il riferimento è alla durata complessiva del mandato) i sette anni ovviamente non può che decadere. La nostra proposta prevede che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge - se si arriverà ad approvare il presente provvedimento - la Banca d'Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle nuove disposizioni e al Governatore in carica si applica la nuova disciplina.
Perché dico questo? Non avete voluto affrontare il problema della norma transitoria, come è emerso chiaramente anche nel dibattito di oggi, e - ha ragione il senatore D'Amico - è stata davvero incredibile la discussione svoltasi all'interno del CICR e l'intervento di Fazio, le sue giustificazioni, che neanche si possono definire tali. Dobbiamo avere ben chiaro che non vi è stata fino ad ora una volontà, e per questo si è protratta questa situazione incredibile e incresciosa che mette davvero a repentaglio la credibilità del nostro Paese.
E non ci si può consolare dicendo che la credibilità non si basa sugli articoli di giornale stranieri. No, la credibilità della Banca d'Italia e del sistema Paese nel suo insieme - lo sapete tutti quanti come noi - è stata davvero messa seriamente a repentaglio. Se il Governo e il Presidente del Consiglio avessero davvero voluto affrontare fino in fondo e risolvere questa questione, evidentemente si sarebbe avuto un atteggiamento molto più repentino e nello stesso emendamento del Governo forse ci sarebbe stata un'indicazione chiara sull'applicazione delle nuove norme e sui loro tempi di applicazione.
Oggi sono stati fatti degli strani discorsi. L'intervento del senatore Tarolli è stato molto significativo a proposito del fatto che esistono nella maggioranza profonde divisioni. Il collega Tarolli ha detto con molta evidenza che non condivide l'emendamento del Governo e in tutto il suo intervento ha messo fortemente in discussione l'esposizione e le prese di posizione del ministro Siniscalco in quest'Aula, ma ha fatto alcuni riferimenti, su cui vorrei ritornare, che fanno veramente pensare. Egli ha parlato di un'Europa delle regole e di un'altra, invece, a cui si sarebbe evidentemente attenuto il comportamento del Governatore, che sarebbe quella dei valori.
Non sono certamente io a dover difendere il libero mercato, ma credo e vorrei ribadire con molta chiarezza che nel momento in cui si accettano e si firmano delle regole a queste ci si deve attenere. Non si riesce a capire di quali valori si sta parlando da questa parte: i valori della cordata di Fiorani e Ricucci? I valori di una finanza che assume comportamenti a dir poco discutibili?
Io francamente non riesco a capire cosa c'entra questo ragionamento con un'idea di trasparenza di comportamento, di rispetto delle regole e di etica. Oppure si vuole continuare sulla strada di contrapporre addirittura, come si è fatto in questi giorni, una finanza cattolica, rappresentata dal governatore Fazio, e - come qualcuno ha detto - una massoneria ebraica?
In conclusione, credo che dovremmo tutti quanti avere un po' più il senso della realtà e sapere che siamo arrivati già tardi due anni fa, quando abbiamo cominciato a discutere il disegno di legge sulla tutela del risparmio, perché bisognava mettere mano prima al sistema dei controlli.
Oggi noi dobbiamo operare il riassetto del sistema di vigilanza; dobbiamo tutelare seriamente i risparmiatori, se vogliamo avere ancora il coraggio di guardare in faccia le tante persone, anche anziane, che hanno perso tutti i loro risparmi, spesso quelli di una vita. Soprattutto, dobbiamo approvare il riassetto della governance della Banca d'Italia, il mandato a termine, la collegialità vera e, soprattutto, l'applicabilità immediata della riforma.
Se riuscissimo a fare almeno questo potremmo - ma non so più se vi sono le condizioni - tentare di recuperare un po' di quella credibilità di cui parlava lo stesso vostro Ministro. (Applausi dal Gruppo Verdi-Un e dei senatori Piatti e Betta).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Passigli. Ne ha facoltà.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli senatori, il provvedimento che stiamo esaminando ha un'indubbia origine: quella degli scandali finanziari che hanno travagliato la nostra economia e il nostro mercato finanziario negli ultimi anni. I nomi tutti li conoscono: Parmalat, Cirio e i bond argentini. Quali sono le cause di questi scandali?
Il Ministro questa mattina ha detto che le cause sono da ricercare anche in "regole non adeguate", e in questo concordo con lui. Quando in questo Senato ci furono audizioni sui casi Parmalat, Cirio e sui bond argentini il ministro Tremonti, ma anche altri (penso agli onorevoli La Malfa e Tabacci) furono estremamente critici nei confronti del Governatore. Io in tale occasione dissi che alcune di quelle situazioni originavano da carenze, da vuoti legislativi, che lo stesso Ministro dell'economia avrebbe dovuto colmare, e che la responsabilità delle Autorità di vigilanza era variegata e diversa, caso per caso.
Sicuramente, laddove venivano collocate in Italia obbligazioni emesse in paradisi fiscali, senza obbligo di prospetto, vi erano dei vuoti legislativi; laddove, invece, le Banche italiane operavano sul mercato secondario collocando emissioni già avvenute, là effettivamente una maggiore vigilanza avrebbe potuto e dovuto essere esercitata. Si tratta quindi di una situazione variegata in cui le responsabilità del Governatore della Banca d'Italia erano almeno condivise da altri, e in cui molto andava imputato a carenze legislative.
Il Ministro, però, a fianco di queste regole non adeguate ha enumerato anche responsabilità, tra le quali quelle appunto delle Autorità di vigilanza, riferendosi in particolare alla Banca d'Italia. In proposito, ha affermato - e chi gli darebbe torto - che "le Autorità di vigilanza sono credibili solo se neutrali" e che «il modus operandi della nostra Banca centrale non aiuta la credibilità del sistema che è stata messa in discussione».
Egli ha inoltre aggiunto che: «I rilievi mossi a livello nazionale e internazionale si basano su diversi elementi, tra cui l'eccessiva discrezionalità delle regole e della loro applicazione, il rispetto dei ruoli, la tempistica delle decisioni, i modi e le forme del processo decisionale, la trasparenza della comunicazione e» - lo sottolineo - «l'imparzialità dell'intero processo, anche alla luce di rapporti poco rituali emersi tra vigilante e vigilati». Questo è il giudizio del Governo; perché il Ministro dell'economia è venuto qui a nome del Governo, non a titolo personale.
Il Ministro ha poi quantificato tale caduta di credibilità, parlando del rischio, in assenza di provvedimenti, di progressiva emarginazione del nostro mercato dei capitali per l'insufficiente chiarezza delle regole e della tutela degli investitori, nonché della necessità di non emarginarci dal flusso dei capitali internazionali (70 miliardi di dollari di operazioni avvenute in Europa dall'inizio di agosto).
A fronte di una simile situazione, che il Ministro dipinge in maniera drammatica e in modo molto chiaro, addebitandola a impropri "rapporti poco rituali emersi tra vigilante e vigilati", ci dobbiamo porre due domande. In primo luogo, perché così tanto ritardo nell'affrontare questa legge di tutela del risparmio? Perché così tanto ritardo nell'iter di questo provvedimento? In secondo luogo, venendo alla sostanza, qual era la risposta necessaria? E inoltre, questa risposta è sufficiente?
Anche in questo caso, voglio ricordare quanto ha detto il Ministro, che di nuovo cito testualmente. Egli ha affermato che "l'iter parlamentare è stato bloccato da interessi consolidati". Mi voglio allora chiedere: quali sono questi interessi consolidati? Se in un ramo del Parlamento il Ministro dell'economia viene a dire che un iter parlamentare è stato bloccato da interessi consolidati - presumo contro la volontà del Governo e della maggioranza - mi chiedo allora quali siano tali interessi.
Se adottassi il criterio del cui prodest, dovrei forse dire che erano i concertisti a trarre vantaggio da tali situazioni? Gli stessi concertisti che vanno all'assalto di RCS, unitamente a figure e personaggi vicini al Premier? Non credo francamente che il Ministro lo possa pensare o lo possa aver pensato. Potrei pensarlo io, senatore di opposizione, ma non certamente il Ministro; se così fosse, non dovrebbe sedere in quel Governo. Di chi si tratta allora? Delle banche? È evidente che questi interessi consolidati non sono che quelli della Banca d'Italia; nella logica dell'affermazione del Ministro non possono essere che quelli della Banca d'Italia.
Ricordo bene, perché fui il primo presentatore, già in sede di Commissione bicamerale per le riforme, della proposta di un mandato a termine per il Governatore della Banca d'Italia (proposta che, come alcuni colleghi ricorderanno, ho ripresentato anche in quest'Aula nel corso del dibattito sulla riforma costituzionale), le pressioni che venivano dalla Banca d'Italia affinché non si introducessero norme che ponessero limiti al mandato del Governatore. Ma allora, se gli interessi consolidati sono questi - e comunque quali che siano - come può un Governo con una maggioranza di 100 parlamentari alla Camera e di 50 al Senato addurre impotenza nei confronti di un tale tipo di interesse consolidato?
So bene che questo Governo non è riuscito a varare nemmeno una legge di riforma degli ordini professionali, e che quindi è molto sensibile a interessi consolidati che ritiene vicini alla sua matrice politica, ma è francamente sconfortante, dopo un anno e mezzo (perché l'esame di questo provvedimento è cominciato alla Camera, in Commissione, nel febbraio 2004), sentire il Ministro dell'economia che viene a dirci che l'iter è stato bloccato da interessi consolidati. Come se l'Esecutivo fosse un qualcosa di assolutamente irrilevante negli iter parlamentari, quando abbiamo invece visto che quando il Governo (o "qualcuno" nel Governo) vuole, le leggi camminano con grande rapidità e con grande efficacia, per il loro patron e i loro fautori!
Il giudizio politico, quindi, non può essere che estremamente negativo per un Governo che adduce impotenza di fronte a un iter parlamentare per un provvedimento di questa rilevanza in una situazione così grave.
E veniamo alla seconda domanda: il maxiemendamento che il Governo ha presentato è una risposta sufficiente? Di nuovo credo che il giudizio non possa che essere negativo, e la risposta non possa che essere no. La risposta del Governo è insufficiente.
Lo stesso Ministro afferma che nell'emendamento non vi è "nulla di nuovo sul piano organizzativo". Ma come? Di fronte a un'analisi, effettuata dallo stesso Ministro, di eccezionale gravità di un quadro così preoccupante, si dice poi che nell'emendamento non vi è nulla di nuovo sul piano organizzativo rispetto ai princìpi che regolano le banche centrali? Ma forse, in questo caso, si doveva fare qualcosa di più! Forse era necessario riallocare le funzioni tra le cinque Autorità di vigilanza che vigilano, o non vigilano, adeguatamente sul risparmio in Italia. Forse, soprattutto, era ed è necessario adottare provvedimenti che ridiano legittimità alla Banca d'Italia, quella legittimità che la Banca d'Italia ha drammaticamente perso negli ultimi mesi.
Per farlo occorreva però affrontare con ben altra decisione la posizione del Governatore; se andiamo a vedere tale posizione, devo dire che già dal giudizio del Ministro emergono con chiarezza gravi irregolarità nella condotta del Governatore, non fatte valere, peraltro, dal Ministro nella sede in cui poteva farle valere, cioè nel Comitato interministeriale per il credito e il risparmio.
Quali sono i fatti? Una progressiva conduzione verticistica che ha fatto venire meno quello spirito di collegialità che aveva animato il Direttorio sotto altri Governatori. Questa non è materia per un'imputazione, ma il disattendere il giudizio degli uffici immotivatamente? È materia su cui indagano i giudici, e non ho intenzione in questo momento di pronunciarmi sul punto; ma è certo singolare che si disattenda il parere dei due capi degli uffici competenti e che si ricorra a un parere di consulenti esterni fornendo loro - così dice uno dei consulenti - solo un quadro parziale della situazione.
Vi è inoltre da credere, avendo letto quanto pubblicato dagli organi di stampa, che vi fosse un qualche grado di conoscenza dell'operatività di quanti ormai si è soliti chiamare "i concertisti"; conoscenza, cioè, di un concerto che comunque i giudici stanno indagando, e che questo grado di conoscenza fosse diffuso in Banca d'Italia, visti i contatti che gli stessi concertisti tenevano con Banca d'Italia, o che comunque teneva sicuramente l'amministratore delegato di Banca Popolare Italiana.
Vi è infine l'ammissione del Governatore, fatta proprio in sede di Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, che almeno temporaneamente non vi era stato un allineamento dei parametri patrimoniali della BPI.
E ancora vi è l'interrogativo se la vendita delle minorities fosse reale oppure fittizia, in quanto completata da un put degli acquirenti nei confronti del venditore BPI. Vi è insomma un quadro che spero la magistratura ci vorrà dare con chiarezza, un quadro in cui la condotta impropria e spericolata del Governatore emerge però già da ora con chiarezza. E vi è il giudizio che il Ministro ha più volte espresso - ma non solo lui, anche i due Vice presidenti del Consiglio - con inviti espliciti al Governatore, trasmessi in televisione, ad andarsene; un Governatore visto ormai come fonte di discredito internazionale per l'Italia.
Vi è purtroppo una ragione più fondata per invitare il Governatore a ritirarsi e per sperare che lo faccia: il timore - che spero non si avveri - che in futuro debba dimettersi sotto la pressione di una eventuale comunicazione giudiziaria; se verranno rinviate a giudizio alcune delle persone oggi indagate è difficile non pensare, se non ad un concorso, almeno ad un favoreggiamento da parte del Governatore. Quale diverrebbe il prestigio di Banca d'Italia in quel momento?
Di fronte a queste prospettive così inquietanti, che non sta a noi risolvere, cosa doveva fare il Governo? Prevedere semplicemente nel maxiemendamento la proposta di un mandato a termine del Governatore? Una proposta che nulla risolve, se è corretto che oggi, Trichet, il presidente della Banca Centrale Europea, ha dichiarato che nei casi in cui vi siano cambiamenti di legge in ogni caso e in ogni Stato membro il Governatore in carica deve rimanere per un periodo di tempo minimo, identificato dal Trattato in cinque anni.
Allora, vorrei sapere se l'intenzione del Governo è quella di far restare in carica il governatore Fazio per altri cinque anni proprio attraverso una modifica di legge, se questa è la sua esplicita volontà, o se il Governo pensa che inserendo nella legge un periodo massimo di sette anni di mandato faciliti eventuali dimissioni di un Governatore che ha già dichiarato che non intende darle. Quale delle due alternative: imperizia, cioè non conoscenza della norma europea, oppure un azzardo, un'ulteriore forma di pressione quando già tutte le altre non hanno funzionato?
Esiste una via maestra, quella della sfiducia politica; esiste un procedimento di nomina e di revoca, un procedimento di nomina che vede attivarsi il Consiglio superiore di Bankitalia, la designazione da parte del Governo, la nomina da parte del Presidente della Repubblica. Il Parlamento non ha alcun ruolo nel processo di nomina; non può perciò avere alcun ruolo in un processo di revoca. Credo però che il Governo, avendo avuto un ruolo nella nomina, possa e debba in questo caso avere un ruolo anche nel processo di revoca. La responsabilità è del Governo. Il Presidente del Consiglio ha cercato di scaricarla sulla Presidenza della Repubblica ricevendo - come è giusto - un cortese no; ha cercato di scaricarla sulla Banca centrale europea ricevendo un cortese no; oggi cerca di scaricarla sul Parlamento. In conclusione credo che dobbiamo chiarire bene l'impatto e la portata di norme italiane che potrebbero avere l'effetto opposto di quello che il Governo dichiara di volere.
Allora, perché il Governo non compie questo atto di responsabilità politica?
Mi dispiace che il ministro Siniscalco in questo momento non sia in Aula, perché gli avrei domandato - e chiedo alla cortesia della signora Sottosegretario di sottolineare tale aspetto - se ha chiesto al Consiglio dei ministri esplicitamente un'espressione formale di sfiducia nei confronti del Governatore. Se non lo ha chiesto, non ha fatto seguire ad una analisi impietosa della situazione, e della gravità della stessa, il solo atto che poteva contribuire a risolverla; se lo ha fatto e non ha ottenuto questa espressione di sfiducia, credo che avrebbe dovuto dimettersi.
Non credo di dover ricordare al ministro Siniscalco che spesso i Governi sono stati identificati non solo dal nome del Presidente del Consiglio, ma anche da quello del Ministro del tesoro, figura di grande importanza nel Governo. Se tale figura chiede qualcosa al Consiglio dei ministri e non la ottiene, in una situazione impietosamente descritta come di assoluta gravità, credo ne debba tirare le conclusioni. Le mie, signor Presidente, sono queste: il provvedimento che abbiamo dinanzi ha alcuni meriti (ma lo valuteremo nei suoi pregi e nei suoi difetti durante l'esame dell'articolato). Alcune norme in materia di governance societaria, di conflitti di interessi e così via sono accettabili, altre migliorabili, altre ancora andrebbero probabilmente cassate.
Tuttavia, uno dei maggiori problemi, quello dell'attribuzione delle funzioni in materia di concorrenza bancaria, viene risolto, a mio avviso, in maniera insoddisfacente. Non è risolto nemmeno il problema della vigilanza; ma soprattutto il provvedimento in esame è gravemente insufficiente rispetto alla necessità di ridare legittimità e autorevolezza alla Banca d'Italia.
Forse però, signor Presidente, onorevoli colleghi, è troppo chiedere ad un Governo che ha perso qualsiasi autorevolezza (anche con le decisioni della maggioranza di queste ultime ore), ad un Governo non autorevole e sempre più illegittimo perché non rappresenta più la maggioranza di questo Paese, di essere capace di ridare legittimità e autorevolezza ad altre istituzioni.
Questo è il vero problema politico che il Paese ha dinanzi. Questo problema poteva essere risolto da elezioni anticipate. Adesso, alla luce della presentazione di un disegno di legge in materia elettorale, capiamo perché le elezioni anticipate facevano così paura a questo Governo. Certamente finché questo Governo è in carica non possiamo attenderci provvedimenti capaci di dare soluzione ai gravi problemi del Paese, e in particolare, visto che parliamo di una legge a tutela del risparmio, in grado di dare una risposta soddisfacente ai tanti problemi sollevati in questi ultimi due anni in relazione alla necessità di ridare legittimità e autorevolezza alla Banca d'Italia. (Applausi dei senatori Turci, Zancan e Zanda).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pagliarulo. Ne ha facoltà.
PAGLIARULO (Misto-Com). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collega Marino ha già detto che riteniamo deludente il provvedimento in discussione, ma consentitemi di aggiungere che per alcuni aspetti appare sorprendente l'intervento del Ministro.
Pensiamo che il provvedimento non tuteli sufficientemente i risparmiatori; riteniamo che non contenga soluzioni di sufficiente deterrenza nei confronti di operazioni poco trasparenti; pensiamo che non sia prevista una adeguata disciplina dei conflitti di interesse, né che sia previsto in modo ragionevole il meccanismo attraverso cui far rispettare le regole per tutti e in ogni caso.
Ma ciò che ho definito prima sorprendente attiene all'intervento del Ministro nel quale egli ha parlato di regole inadeguate, di iter tormentato che si è scontrato con assetti che hanno saputo erigere barriere al cambiamento; vi è stato inoltre - lo ha ricordato poco fa il senatore Passigli - un blocco da parte di interessi consolidati e non si è avviata alcuna autoriforma da parte di Bankitalia.
L'impressione è che il Ministro abbia descritto i problemi con coraggio, ma con genericità e non abbia fornito soluzioni. Vorrei chiedere - scusatemi se non uso giri di parole - cosa intende fare il Governo per risolvere il problema rappresentato dall'attuale Governatore; vorrei chiedere perché non vi è stata una formale sfiducia nei suoi confronti da parte del Presidente del Consiglio.
Vorrei poi sapere come sarà nominato in futuro il Governatore, sapendo che vi è una proposta dell'Unione che prevede a questo fine anche un importante passaggio parlamentare. Vorrei sapere come si intende operare per un recupero di credibilità di Bankitalia.
In sostanza, pensiamo che questo provvedimento contenga soluzioni inadeguate ai problemi, ahimè gravissimi, che attraversa oggi il risparmio in Italia. E' palese anche dalle parole del Ministro, come dal dibattito delle scorse settimane, la profonda lacerazione nel Governo e nella maggioranza su questo come su tanti altri temi. Il dramma è che tali lacerazioni e tali comportamenti si trasformano, come nel caso della vicenda Bankitalia, in una caduta della credibilità internazionale dell'Italia, già incrinata dalla situazione finanziaria, economica e produttiva. Il recente monito della Banca Centrale europea lo confermava.
Faccio perciò mie le considerazioni del collega Marino in merito al rafforzamento dei poteri della CONSOB, al trasferimento di poteri da Bankitalia all'Antitrust, in merito all'introduzione del principio del mandato a termine per il Governatore, peraltro da noi proposto in tempi non sospetti.
In sostanza, noi pensiamo che questo disegno di legge, allo stato, deluda le aspettative dei risparmiatori e non li protegga effettivamente; di conseguenza, auspichiamo che si possa modificare migliorandolo attraverso gli emendamenti.
Ma io, signor Presidente, non vorrei essere ipocrita perché la situazione, già molto grave anche a causa del caso Fazio, è stata resa esplosiva dalla scelta di presentare le note proposte di modifica della legge elettorale. Vedete, chi ha presentato tale provvedimento era perfettamente consapevole che questa scelta avrebbe subito determinato uno scontro violentissimo nel Parlamento e nel Paese.
Io credo plausibile che tale scelta determini anche ulteriori laceranti contraddizioni all'interno della maggioranza e fra i partiti della maggioranza. Mi sembra che stia già avvenendo in queste ore: staremo a vedere. Ma è certo che, decidendo di presentare quelle modifiche, voi avete gettato una cisterna di benzina sul fuoco della crisi generale del Paese, sapendo perfettamente che lo scontro sulla legge elettorale che avete ricercato metterà in secondo piano il dramma sociale che sta vivendo l'Italia. Un Paese - è bene che ciascuno di noi, a cominciare da me, lo ricordi sempre - in cui una parte sempre maggiore della popolazione esaurisce il salario o la pensione alla terza settimana del mese, un Paese in cui il crollo dei consumi di massa e la crescita del mercato delle auto di gran lusso rappresenta simbolicamente la drammatica redistribuzione del reddito che è avvenuta negli ultimi anni.
Presentando quelle modifiche alla legge elettorale ci si è perciò consapevolmente assunti la responsabilità di quello che succederà da oggi in Parlamento. Volendo usare la ragione della forza, cioè di numeri per i quali si ha la maggioranza in Parlamento, che non corrisponde più alla maggioranza del Paese, ci si è resi responsabili di uno scontro in Parlamento che sarà generalizzato.
D'altra parte, la sostanza della modifica della legge elettorale, signor Presidente, è molto semplice: alle prossime politiche verrà considerata vincente e usufruirà eventualmente del premio di maggioranza non la coalizione che ha ottenuto più voti, ma quella che ha ottenuto più seggi.
Ciò vuol dire che potrà succedere che una coalizione di minoranza vinca le elezioni e dunque governi il Paese, mentre una coalizione di maggioranza perda le elezioni e sia perciò costretta all'opposizione. Ciò vorrebbe dire non solo espropriare del loro diritto milioni di elettori, ma anche negare la volontà popolare.
Penso perciò che sia necessario che su un argomento così grave e delicato le più alte cariche istituzionali assumano una posizione di responsabilità. Penso in particolare, fra gli altri, al Presidente della Camera che il 10 settembre, riferendo sul differenziale di nove punti in meno alla Casa delle Libertà rispetto all'Unione riportato da un sondaggio, affermava che chiunque parli con la gente sa che le cose stanno così.
È sconcertante prendere atto che la Casa delle libertà propone oggi una nuova legge elettorale pur sapendo di essere in minoranza nel Paese o, per essere più precisi, proprio perché sa di essere minoranza nel Paese. Vedete, onorevoli colleghi, nessuna legge elettorale è un tabù, ma è un tabù cambiarla con questi tempi, con questi schieramenti, con questi contenuti!
Non si può truccare la partita pochi mesi prima delle elezioni, non si può cambiare la legge elettorale se non c'è stata alcuna discussione con l'opposizione, non si può cancellare il voto di milioni di cittadini che, detto per inciso, non sarebbero più uguali davanti alla legge e il cui voto, paradossalmente, potrebbe essere di fatto attribuito allo schieramento opposto, violando in modo indecente la volontà dell'elettore.
Se la cosa è gravissima sul piano elettorale, cioè sulle regole, sulla formazione della rappresentanza popolare, lo è altrettanto sul piano politico perché fa pensare immediatamente ad uno scambio: tu dai a me questo cambiamento della legge elettorale io do a te la riforma della Costituzione, cioè la devolution. Tutto ciò sarà contrastato con determinazione non solo dai Comunisti italiani, ma da tutta l'Unione.
Insomma, vi state assumendo una pesantissima responsabilità. Nessuna risposta alla crisi del Paese, nessuna prospettiva di miglioramento per milioni di famiglie, nessuna luce per uscire dal tunnel nei confronti di coloro che non arrivano alla fine del mese, nessuna informazione sulla prossima finanziaria!
Ricordo che sono di circa un mese fa due contemporanee autorevoli previsioni sulla portata della finanziaria. Il ministro Siniscalco indicava una cifra, il vice ministro Baldassarri ne indicava un'altra, che era esattamente il doppio. E oggi, dopo la vicenda Fazio, il capovolgimento della legge elettorale: è un colpo di teatro! Alcuni affermano che è un colpo di Stato. È sicuramente un atto di devastazione democratica, uno sfregio a tutti gli elettori, compresi quelli della maggioranza. Io credo che non ce la farete perché da tempo questo Governo non regge più, come è dimostrato anche dal travagliato percorso delle leggi in discussione in questi giorni.
Mai come oggi credo che sia interesse nazionale arrivare alle elezioni anticipate, elezioni - sia chiaro - le cui regole siano decise e valide per tutti. Esattamente il contrario di quello che avete fatto presentando la proposta di modifica della legge elettorale. (Applausi dai Gruppi Misto-RC e DS-U).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, dovrei ora dare lettura del calendario dei lavori dei lavori dell'Assemblea fino al 22 settembre, quale è emerso dalla Conferenza dei Capigruppo, però sul disegno di legge in esame sarebbe iscritto a parlare in discussione generale il senatore Grillo.
Pertanto, se il senatore Grillo riesce a contenere il suo intervento nell'arco di dieci-dodici minuti, pur avendo diritto a venti minuti, compiendo quindi una rinuncia volontaria, gli do la parola. Si deve però espressamente impegnare in tal senso; in caso contrario, debbo passare a dar lettura delle risultanze della Conferenza dei Capigruppo e quindi del calendario dei lavori.
GRILLO (FI). Signor Presidente, la ringrazio per questa generosità procedurale e mi impegno a parlare per dodici minuti, anche perché nel corso dei prossimi giorni sarà possibile intervenire sui singoli emendamenti che i Gruppi hanno presentato. Le dico quindi fin d'ora, signor Presidente: alla soglia dei dodici minuti mi tolga pure la parola.
PRESIDENTE. D'accordo, senatore Grillo. Ha facoltà di parlare.
GRILLO (FI). Desidero puntualizzare alcune cose nel breve termine di questo… (Commenti e cenni di dissenso dei senatori De Petris e Ripamonti).
PRESIDENTE. Colleghi, il senatore Grillo era iscritto a parlare; è intervenuto il fatto nuovo della vicenda di Latina; abbiamo detto che dopo le ore 19 avremmo dato notizia del nuovo calendario, ma ora facciamo parlare il senatore Grillo, suvvia!
GRILLO (FI). Signor Presidente, dico fin d'ora che voterò a favore dell'emendamento illustrato dal Ministro e del disegno di legge emendato dalle Commissioni riunite, però desidero soffermarmi su alcuni aspetti perché ho l'impressione che la più violenta, e io aggiungo vergognosa, campagna massmediatica degli ultimi trent'anni della storia democratica del nostro Paese ha fatto segno, nel senso che molti colleghi anche quest'oggi hanno continuato a ripetere cose immaginando che fossero vere, che risultassero per tabulas, quando invece sono verità esclusivamente lanciate in orbita dai grandi giornali del nostro Paese.
Andando per ordine, non recupero nulla sulla vicenda Parmalat, sulla quale si è soffermato il Ministro. Mi limito solo a dire ai colleghi, affinché capiscano, che sulla vicenda Parmalat è emerso - è quanto sta verificando il commissario - che i due terzi dei finanziamenti erano stati concessi da banche estere e le banche estere nel nostro Paese, purtroppo (ma in nessun Paese d'Europa), sono in qualche modo registrate nella centrale dei rischi. Quindi, su questo grande scandalo finanziario internazionale, che va addebitato soprattutto alle banche estere, la Banca d'Italia non aveva alcun potere di intervenire.
Lo dico perché si continuano a creare questi fumi per cui, anziché occuparsi della governance, dell'amministratore delegato delinquente, dei consiglieri incapaci, dei sindaci revisori, delle società di revisione, delle società di rating, si pensa subito all'ultimo scalino della responsabilità, che però nel caso non aveva questi poteri. (Commenti del senatore Garraffa).
Sulla vicenda delle due offerte pubbliche d'acquisto, credo che veramente qui siamo alla commedia di Rascel, perché ho sentito un'affermazione del tipo: non si discute la legittimità del comportamento del Governatore; non si discute il fatto che le procedure adottate siano procedure che l'unico tribunale che si è pronunciato in questo Paese, il TAR, ha definito assolutamente imparziali (perché c'è già un tribunale che si è pronunciato e che, appunto, ha sancito la correttezza e l'imparzialità della Banca d'Italia); però si dice che c'è un problema di credibilità.
Ma, un momento: cari colleghi, facciamo attenzione, se parliamo di credibilità, perché, se ne parla un rappresentante del Governo, a fronte di dati oggettivi che non danno riscontro a quest'affermazione, è un conto; se la credibilità, come è stato detto da qualcuno, dipende dai 160 articoli del «Financial Times», non esiste; nel Parlamento britannico non è mai accaduto che qualche parlamentare, per mettere in discussione la credibilità dell'Inghilterra, abbia citato cento articoli del «Corriere della Sera», non esiste!
Da cosa facciamo dipendere la credibilità allora? Ci sono dei parametri oggettivi che sono lì a indicare se il nostro Paese è ancora credibile nel mondo finanziario o non lo è più? Cari colleghi, ci sono e sapete in cosa consistono? Nel buon andamento dei BTP. Quando vengano emessi i BTP, se a fronte della domanda ci sono delle offerte, vuol dire che il mercato internazionale ha ancora fiducia in noi.
Ma c'è una cosa ancora più sconvolgente, che evidentemente il Ministro ignora: lo spread, cioè la differenza tra i tassi tedeschi e i tassi italiani, non ha mai segnato un andamento così favorevole come negli ultimi sei mesi. Abbiamo l'orgoglio di dire - lo dico io - che, in virtù certamente di una politica fatta da questo Governo, lo spread fra gli interessi sui BTP decennali in capo alla Germania e i BTP italiani non è mai stato così contenuto. È il tasso più contenuto degli ultimi trent'anni.
Ma questi, che sono dati oggettivi che testimoniano il fatto che il nostro Paese è ancora credibile, sui mercati finanziari italiani si ignorano e si continua a parlare degli articoli del «Financial Times», oppure di quelli che appaiono sul «The Economist». Il direttore di quest'ultimo giornale ha rilasciato un'intervista al «Corriere della Sera» in cui afferma: voi non siete credibili. L'articolista chiede: è perché Fazio ha difeso l'italianità della Banca? Ma no, risponde quello: difendere le proprie banche è una cosa che fanno tutti i governatori centrali; voi non siete credibili perché il vostro governatore ha puntato su una banca sull'orlo della bancarotta fraudolenta.
Peccato che il giorno dopo si è preso una denuncia e la Popolare di Lodi ha dichiarato di avere un patrimonio netto di 4 miliardi di euro, cioè di 8.000 miliardi di vecchie lire. Ditemi voi se meritano attenzione le dichiarazioni di questo signore, che evidentemente non vuol bene al nostro Paese per affermare cose false, che ovviamente il "Corriere della Sera" ha ripreso con tanta insistenza.
Per quanto riguarda le due OPA che sono l'oggetto di questo cosiddetto scandalo internazionale… (Commenti dai banchi del centro-sinistra). Questione morale? E no, la questione morale è una questione interna al centro-sinistra. Non ci sono corruzioni, non c'è concussione, non ci sono risparmiatori traditi, anzi - lo dico adesso, così non lo ripeterò più - nei 110 anni di storia di questo Paese i risparmiatori che hanno portato denaro nelle banche non sono mai stati traditi. Anche in presenza del fallimento di alcune banche, il sistema ha reagito e ha fatto in modo che nessuno ne pagasse le conseguenze.
Si dice ancora: Fazio non è stato arbitro, non ha dimostrato imparzialità, ha difeso l'italianità della Banca. Mi dispiace che non sia presente il presidente Amato, di cui sono stato indegno Sottosegretario e con il quale di queste cose abbiamo discusso tanto. Dovete consentirmi: Fazio non è un arbitro, sono invenzioni giornalistiche. La Banca d'Italia non è un'Authority paragonabile alle altre Autorità: è una cosa diversa. Perché è nata 110 anni fa, mentre le Authority esistono solo da sette anni? Perché controlla un bene tutto particolare: la moneta. Fazio arbitro? No!
Quando nel 1990 abbiamo varato la prima legge di riordino del sistema bancario, quando nel 1991 Guido Carli disse che il sistema doveva essere organizzato con la banca universale, quando si fecero le direttive con il Governo Dini nel 1994, quando si è fatta la legge Ciampi, abbiamo affidato al governatore della Banca d'Italia poteri enormi: la stabilità: la vigilanza, la concorrenza. È questo l'arbitro?
Ma come potete pensare che sia un arbitro una persona (il governatore Fazio e nessun altro, perché è stato lui il protagonista in questi dodici anni) che ha gestito 720 operazioni di fusione? Quando è fallito il Banco di Napoli pensate che sia intervenuto l'arbitro? Quando è fallito il Banco di Sicilia, quando è fallita la Cassa di risparmio di Calabria o la Cassa di risparmio di Puglia è intervenuto un arbitro? Non facciamo ridere i mercati internazionali!
Il Governatore è il Governatore e ha tali e tanti poteri che, a mio modo di vedere, ha esercitato nella maniera più corretta e più finalizzata agli interessi del Paese. Vedete, mentre dieci anni fa il nostro sistema bancario era gracile, sottocapitalizzato, periferico e le nostre banche erano facilmente aggredibili, oggi abbiamo un sistema bancario tra i più forti d'Europa. Sono bugie quelle di coloro che dicono che i costi dei servizi sono maggiori in Italia, superiori ad altri: non esiste documentazione al riguardo. Noi abbiamo cinque gruppi in grado di competere nel mondo e questo è un merito storico.
L'arbitro? No, arbitri non ne esistono. Esiste un Governatore, così come esiste una Banca d'Italia. Andatevi a leggere un pregevole articolo, pubblicato stamattina su «Il Sole-24 ORE», in cui si spiega che la Banca d'Italia non è assimilabile ad altre banche perché ancora oggi, nell'economia dell'euro, la Banca d'Italia governa la moneta e poi i pagamenti, le riserve, tutta una serie di competenze che sono straordinariamente delicate e che la pongono in una condizione diversa. Quale arbitro? È una falsità ideologica che dicono i giornalisti; lasciamolo dire al «Corriere della Sera», a «la Repubblica», a «Il Sole-24 ORE».
Nel nostro Paese il Governatore, per le leggi approvate da questo Parlamento, per le direttive comunitarie, per quanto recita lo statuto della Banca d'Italia e della BCE non è un arbitro, così come nei suoi confronti non può intervenire né il Parlamento, né il Governo.
Si dice poi che Fazio non è stato imparziale, ma questo bisogna dimostrarlo, perché, senatore Passigli, quando il Governatore ha fatto la riunione e ha spiegato per tabulas come è avvenuto il processo decisionale, ha chiarito, ad esempio, una cosa che io ho sentito rimbalzare quest'oggi e che è una falsità: l'idea, cioè, che c'è un Governatore che ha il potere di decidere contro tutti, perché la struttura della Banca d'Italia è monocratica. Ma è una falsità che, avuto un parere negativo dalla struttura decide per suo conto: non esiste agli atti un parere negativo di nessun funzionario della Banca d'Italia che nel merito di queste due vicende si sia formalmente espresso. È una falsità. Lo ha scritto il Corriere della Sera, lo hanno scritto tanti giornali.
TURCI (DS-U). Abbia pazienza, chi ha inventato la storia dei due ispettori: il «Corriere della Sera»? La procura di Milano?
GRILLO (FI). Lei contesti documentalmente quello che io affermo. Io dico che non esiste agli atti alcun parere negativo.
PRESIDENTE. Lasciamo parlare il senatore Grillo, che ormai ha soltanto due minuti e pochi secondi.
GRILLO (FI). Se lei va a leggere le relazioni del Governatore della Banca d'Italia al CICR, cosa che evidentemente pochi hanno fatto, scoprirà, a pagina 4, che il Governatore dice che nella Banca d'Italia ci sono due livelli: un livello di istruttoria e un livello decisionale.
Il livello di istruttoria, quindi, istruisce, raccoglie documenti, raccoglie pezze giustificative e si informa, ma non esprime alcun parere. Il livello decisionale, poi, in Banca d'Italia è ad altri livelli: è il direttore generale della vigilanza, il Direttorio, il Governatore.
Eppure su questo si è costruita l'infamia dell'immagine di un Governatore che decide contro tutti, ma questo è falso, non risponde ai dati documentali e non risulta da nessuna parte!
TURCI (DS-U). Risulta dalle intercettazioni.
GRILLO (FI). Le intercettazioni sono una vergogna di questo Paese, sono una pagina vergognosa organizzata volutamente, scientificamente e cinicamente da chi voleva perseguire l'obiettivo ben più grande di screditare il Governatore.
Senatore Turci, gliela dico fino in fondo: Fazio ha difeso l'italianità? Che cosa dovrebbe fare un Governatore della Banca d'Italia: difendere le banche straniere? Non credo. Ma in quale atto è scritto che Fazio ha detto che bisogna difendere l'italianità delle banche? Da quale documentazione emerge questo fatto? Da nessuna parte.
CHIUSOLI (DS-U). Ci siamo sognato tutto.
GRILLO (FI). Allora, cari amici, mi riservo di tornare su questi argomenti. Signor Presidente, oggi, in Italia, siamo già il Paese più aperto ai capitali stranieri; l'Italia è il Paese europeo più aperto al capitale delle banche straniere; le prime cinque banche sono partecipate da colossi europei.
Ebbene, tra il progetto di chi voleva realizzare una grande banca sulle due Regioni più sviluppate d'Italia, il Veneto e la Lombardia, per creare un nuovo gruppo bancario tutto italiano e l'idea di farsi colonizzare da un gruppo olandese che non viene in Italia tanto per sostenere di più il nostro apparato produttivo, ma perché siamo il Paese al mondo con la maggior capacità di risparmio (quindi c'è della polpa) e perché siamo un grande mercato di consumo e quindi c'è la possibilità di inventare prodotti all'estero… (Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatore Grillo, il tempo che avevamo convenuto è trascorso.
GRILLO (FI). Mi faccia concludere...
PRESIDENTE. Senatore Grillo, avevamo convenuto questo termine.
GRILLO (FI). La ringrazio comunque, signor Presidente. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e AN).
PRESIDENTE. A questo punto, come convenuto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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862a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 15 SETTEMBRE 2005
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Presidenza del vice presidente SALVI, indi del presidente PERA
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 9,33)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri è proseguita la discussione generale.
MANZIONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANZIONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, ieri abbiamo terminato la seduta pomeridiana con il tentativo di approvare il calendario dei lavori che era stato adottato a maggioranza e così proposto all'Assemblea.
Come prevede il nostro Regolamento, è stata posta ai voti la proposta alternativa formalizzata dal senatore Giaretta e su tale votazione è stata richiesta la verifica del numero legale, che obiettivamente non vi era, tant'è vero che la seduta è stata aggiornata.
Signor Presidente, a mio avviso sarebbe necessario ripartire dall'approvazione del calendario, che è stato l'ultimo atto espletato dal Senato ieri pomeriggio. Sull'ordine dei lavori le chiederei quindi di valutare la correttezza della ripresa della discussione generale del disegno di legge n. 3328 e connessi rispetto alla necessità, a mio avviso, di concludere quel percorso che è rimasto aperto, proprio perché non vi era il numero legale.
PRESIDENTE. Senatore Manzione, la seduta odierna era dedicata, già nel precedente calendario, all'esame di questo argomento. Tuttavia, nel corso della seduta, fra non molto, sarà riproposto il voto del calendario dei lavori, che è indispensabile per le sedute della prossima settimana. D'altra parte, questa è la prassi consolidata.
Riprendiamo dunque la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Sodano Tommaso. Ne ha facoltà.
SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, l'esigenza di un urgente riordino legislativo delle competenze in materia di risparmio è fortemente condizionata dalla discussione contingente sulle scelte del Governatore della Banca d'Italia, con la conseguente incapacità di affrontare il tema all'interno di un disegno strategico di lungo periodo. In questa vicenda si inserisce, nelle ultime ore, anche l'ipotesi di riforma elettorale che avvelena il clima politico e rende non sereni i lavori di questo ramo del Parlamento.
L'articolo 47 della Costituzione ci ricorda che: «La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito». Evidentemente, nella forma ci richiama al ruolo dello Stato e quindi dell'autorità pubblica, al fine di tutelare quel bisogno di sicurezza che, monetariamente, chiamiamo "risparmio" e che in concreto significa tranquillità della vita dei cittadini del nostro Paese. Si tratta dunque di una grande questione politica e, come tale, non può essere risolta in modo tecnicistico.
Non è la prima volta che i vertici della Banca d'Italia sono nell'occhio del ciclone politico e giudiziario. Nelle precedenti occasioni, però, i vertici di Bankitalia manifestarono un comportamento consono al prestigio e alla dignità dell'istituzione che presiedevano, contribuendo così a rafforzare l'immagine di disinteresse personale e di senso dello Stato che aveva sempre contraddistinto i massimi dirigenti di via Nazionale.
Persino i più accaniti critici della politica monetaria italiana, sempre attenta a salvaguardare gli interessi strategici del capitalismo nazionale anche a dispetto delle rivendicazioni operaie, non avevano difficoltà a riconoscere il rigore morale e la competenza professionale con cui l'istituzione era gestita.
Questo patrimonio morale è stato dilapidato negli ultimi anni. Già all'epoca dell'esplosione dello scandalo Parmalat furono in molti a dubitare della correttezza e dell'efficienza dei controlli di vigilanza effettuati da Bankitalia, che tuttavia riuscì, grazie all'inerzia del Governo, a superare la bufera.
Oggi però la bufera è tornata ed ha assunto le dimensioni di un uragano. È legittimo interrogarsi sulle modalità attraverso cui Fazio è stato tirato pubblicamente in ballo nelle inchieste sull'affare Antonveneta, perché la diffusione a mezzo stampa delle intercettazioni telefoniche di una persona formalmente non indagata suscita perplessità, soprattutto nella mia parte politica, che ha sempre avuto grande attenzione su questi aspetti e sul tema delle garanzie individuali.
Tuttavia, con la privatizzazione del sistema bancario avvenuta nel corso dell'ultimo decennio si sono posti nuovi e delicati problemi: le banche sono diventate a tutti gli effetti soggetti economici privati a fini di lucro; scopo principale dei loro manager non è più l'allocazione socialmente corretta del credito, bensì la massimizzazione della redditività aziendale e in tale contesto e in tale situazione diventa cruciale evitare che le banche utilizzino il loro potere di creazione di ricchezza per incrementare il proprio valore societario.
In altre parole, occorre costruire un sistema di norme, di regole e di controlli, al cui vertice è collocata l'autorità di vigilanza, che impediscano ad una banca di finanziare le proprie operazioni aziendali attraverso il credito che essa stessa può creare. È per tale ragione che le operazioni di acquisizione della proprietà di una banca devono ottenere preventivamente l'autorizzazione della Banca d'Italia.
La concessione delle autorizzazioni è subordinata, tra gli altri, a due requisiti fondamentali. In primo luogo, occorre valutare che l'acquisizione del controllo di una banca non sia il frutto di un'operazione speculativa, il cui fine non sia l'esercizio della funzione creditizia ma la realizzazione di un utile immediato derivante dalla compravendita di azioni. In secondo luogo, quando il soggetto acquirente è esso stesso un istituto di credito, occorre verificare che le risorse necessarie all'acquisto provengano dai mezzi propri e non da prestiti bancari che, direttamente o indirettamente, la banca acquirente può concedere a se stessa o ai propri fiduciari.
È in questo quadro che si inserisce la vicenda di Antonveneta, dove, in attesa anche degli esiti dell'indagine della magistratura, possiamo certamente già da subito dire che c'è stato un atteggiamento da parte del Governatore incomprensibile e comunque è venuto meno il principio fondamentale dell'azione di controllo e di vigilanza. Certo, la vicenda è contrassegnata fin dalla sua origine da uno scontro interno ai poteri forti della politica e della finanza e quindi bisogna sempre giudicare i fatti con molta prudenza. Tuttavia, anche considerando tali elementi, il comportamento di Fazio appare ingiustificabile sul piano dello stile e della sostanza.
Di fronte a queste anomalie, avvenute nel pieno di una polemica internazionale sulla trasparenza del sistema bancario italiano, non è sufficiente che gli atti amministrativi siano formalmente corretti, o che non vi sia alcun rilievo penale finora mosso al Governatore. Un banchiere centrale non è un qualsiasi dipendente pubblico. Egli governa un settore fondamentale dell'organizzazione economica e sociale di un Paese e lo fa in totale autonomia e indipendenza.
La sua legittimazione morale è ancora più importante della sua legittimazione formale, perché il governo della moneta e del credito si basa essenzialmente sulla fiducia che i cittadini e le imprese rivestono nella trasparenza, nella neutralità e nella correttezza dei comportamenti di chi è chiamato a questo compito. Se questa fiducia è incrinata, a rischio sono, non solo la concorrenzialità, ma anche la stabilità dell'intero sistema economico e finanziario del Paese.
Di fronte a quanto è accaduto è allora urgente intervenire per modificare le regole di funzionamento di Bankitalia, a cominciare dalla fissazione di un termine per il mandato del Governatore, e in sede conoscitiva a chiedere direttamente relazioni periodiche sull'attività.
Resta da sperare che questi necessari passaggi possano avvenire in un clima più sereno, in cui la Banca d'Italia, questa fondamentale istituzione del nostro Paese, abbia recuperato in pieno la dignità e il prestigio che un tempo la circondava.
La vicenda del Governatore rischia di portare a sottovalutare il contesto in cui operiamo, vale a dire lo scontro in atto che è scontro di potere vero tra diverse componenti delle classi dirigenti per posizionarsi meglio in vista di una sconfitta delle destre, ormai data per scontata dagli stessi poteri forti nonché da quelli rampanti. La posta in gioco è precisamente come poter condizionare meglio il futuro Governo, sia completando tutte le operazioni finanziarie ed economiche possibili, che intrecciando ambigui sistemi di relazioni e di complicità.
Per questo continuiamo ad essere perplessi sulla vicenda Unipol-BNL, malgrado il via libera della CONSOB. Il problema infatti non sta nella regolarità formale dei passi compiuti, quanto negli effetti dell'operazione in corso che ha permesso al gruppo degli "immobiliaristi" di intascare plusvalenze per un miliardo e 200 milioni di euro, con cui proseguire in altre scalate, magari quella al "Corriere della Sera".
In questa ottica hanno un senso anche le proposte che avanziamo per dare nuove regole alla Banca d'Italia, a partire dalla durata del mandato del Governatore, che non può essere a vita ma abbastanza lungo e superiore a quello di un Esecutivo, proprio per garantirne autonomia e indipendenza, per dare un elemento di garanzia e di equilibrio ai risparmiatori, agli operatori economici ed a tutti gli italiani.
Cosi come riteniamo di grande importanza il tema del controllo e immaginiamo per l'Antitrust un ruolo che non può limitarsi alle imprese, ma deve garantire la concorrenza effettiva nei mercati finanziari, compreso quello bancario, in una epoca in cui la concentrazione pare invece essere la legge dominante. Riteniamo importante allargare la partecipazione democratica di associazioni, di risparmiatori, di consumatori in un organismo che abbia voce sui controlli del sistema bancario e dell'andamento del risparmio nel nostro Paese, garantire ai risparmiatori, che depositano il loro denaro nelle banche, la possibilità di qualche forma di controllo sul sistema bancario.
Abbiamo presentato emendamenti a questo provvedimento, consapevoli che non sarà un provvedimento sul risparmio a modificare i rapporti di forza o a tarpare le ali al capitale finanziario speculativo internazionale, ma per tentare quantomeno di ridurre il danno.
Intanto nell'emendamento presentato dal Governo si stabilisce il passaggio delle quote di partecipazione dai privati allo Stato rimandandone la regolazione ad un successivo regolamento. Ma, poiché pare difficile la quantificazione di questa operazione, a fronte delle diverse interpretazioni in campo, nessuno è in grado di valutare correttamente l'entità del capitale della Banca d'Italia.
Per la sottosegretario Armosino tale valore sarebbe di un miliardo, altre fonti autorevoli stimano invece in 10 miliardi e oltre il valore complessivo delle quote di partecipazione al capitale di Bankitalia: in tal caso il costo della ripubblicizzazione dell'Istituto supererebbe la capienza del fondo di ammortamento del debito pubblico, a carico del quale dovrebbe pesare l'onere dell'intero provvedimento secondo la copertura utilizzata dal Governo.
La soluzione potrebbe trovarsi nell'accoglimento del nostro emendamento che prevede di trasferire almeno i due terzi delle quote di partecipazione della Banca d'Italia detenute da soggetti ed enti di diritto privato allo Stato, a titolo gratuito. Questa nostra proposta, che apparentemente appare come una provocazione, in realtà consentirebbe di superare tutte le difficoltà contabili e soprattutto eviterebbe nuovi regali ad altri banchieri. Ci pare una soluzione possibile, salvo vanificare tutta l'operazione di ripubblicizzazione di Bankitalia.
È in questo quadro che riteniamo che la politica debba riacquistare il suo ruolo democratico. Il compito della politica attiene alla definizione degli indirizzi strategici e delle scelte di fondo che devono essere assunte per le esigenze di sviluppo economico e sociale del nostro Paese e dell'Europa. È la premessa indispensabile alla riconquista di uno spazio democratico, autonomo dagli interessi del grande capitale globale.
Occorre integrare, sia in Italia che in Europa, il governo della moneta e del credito, e quindi dei mercati e dell'intera economia, nell'alveo della democrazia, del controllo politico e sociale, delle responsabilità istituzionali. È questo il terreno in cui ci confronteremo con le altre forze dell'Unione per dare una nuova politica economica, nuove regole e un nuovo Governo all'Italia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Debenedetti. Ne ha facoltà.
DEBENEDETTI (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, heri dicebamus: riprendiamo l'esame del provvedimento invocato a gran voce come risposta agli scandali che quasi due anni fa avevano turbato mercati e risparmiatori. Un lavoro che il Parlamento ha affrontato in modo sistemico, alla ricerca della cause più che delle colpe, come è testimoniato dall'ingente e prezioso lavoro di indagine, consegnato nei quattro volumi dei resoconti delle audizioni.
Hanno parlato in tanti e di tutto, in questi ultimi tempi, ma non ricordo che nessuna voce istituzionale si sia levata a ricordare quel lavoro svolto dalle Camere e a raccomandare che non finisse bruciato nel fuoco delle polemiche: sia consentito quindi a un semplice parlamentare di provvedervi.
Heri dicebamus, quindi, nel senso di esortazione a riprendere quel lavoro da dove lo avevamo lasciato. Molte volte l'eventualità di non riuscire a concluderlo era stata additata come un grave pericolo per la credibilità del Paese. C'era chi attribuiva questo ritardo alla cocciuta determinazione di quanti hanno voluto che questa legge sul risparmio contenesse le norme su Bankitalia come parte integrante; e quindi in particolare ai DS, che invece questo principio hanno sempre attivamente sostenuto, senza ripensamenti e senza esitazioni, nella convinzione che a tutelare il risparmio non bastasse il pur indispensabile rafforzamento dei poteri inquisitivi e degli strumenti dissuasivi e repressivi.
Heri dicebamus, dunque, anche nel senso più specifico della riforma di Bankitalia che noi DS riprendiamo esattamente al punto in cui l'avevamo lasciata prima delle vicende delle due OPA. Noi non abbiamo avuto bisogno di questi episodi per riconoscere che già le risposte date dal Governatore alle OPA del 1999 avevano l'effetto di schermare il sistema bancario dallo strumento principe nel creare concorrenza, concorrenza per il controllo e non solo agli sportelli.
Non abbiamo avuto bisogno delle intercettazioni per denunciare il potere assoluto che viene a determinarsi quando il potere di vigilanza si somma a quello su fusioni e concentrazioni e per sapere che i poteri assoluti sempre generano favoritismi. Non abbiamo avuto bisogno di temere per le minacce a equilibri societari complessi, che si reggono con strumenti delicati, per sapere che nessuna struttura è inattaccabile e che ciò offre ampia possibilità di guadagni ad arbitraggisti che scommettono sulla loro intrinseca fragilità.
Oggi queste cose le riconoscono tutti, o almeno così dicono, e noi vi troviamo motivo di compiacimento, ricordando che non conta l'ora a cui si va a lavorare nel campo del Signore. Nelle prime ore del giorno molti alla cerimonia della lettura delle Considerazioni finali applaudivano il Governatore quando vantava i risultati del suo modo di controllare il sistema bancario italiano. Era tutto noto, e andava bene a tutti, o almeno alla grande maggioranza di banchieri, imprenditori, politici.
Non eravamo in molti in quegli anni a sostenere che il nostro sistema economico ha bisogno di più concorrenza, di più meritocrazia, dato che è reso asfittico da troppe protezioni e favori; che la nostra è una finanza relazionale; che si deve incominciare a cambiare proprio là dove il merito viene valutato e il credito concesso; che non si può chiedere al Paese di accettare la sfida della concorrenza estera e spronarlo a batterla puntando su innovazione e coraggio imprenditoriale quando a controllare il flusso della linfa che deve promuovere l'una e alimentare l'altro c'è un sistema chiuso verso l'esterno, tetragono e protetto.
E, se mi è consentito un riferimento personale, fui solo lo scorso anno quando, terminate le audizioni, smorzato il clamore per gli scandali, iniziati i dibattiti parlamentari, avanzai pubblicamente la proposta di un cambio al vertice di Palazzo Koch. Era il 3 agosto 2004: e il silenzio con cui fu accolta la mia proposta fu più assordante del clamore di queste ultime settimane.
E quindi è legittimo domandarsi se vogliamo la stessa cosa; se il coro di chi oggi grida "crucifige" abbia gli stessi obbiettivi di chi da anni - dai tempi delle leggi sulle fondazioni bancarie - sostiene che il Paese ha bisogno di liberalizzare in modo assai più radicale il proprio sistema bancario. E' legittimo domandarselo a proposito del tema antitrust che non compare - o non compare ancora, o non compare forse, si direbbe dopo aver ascoltato il ministro Siniscalco - nel testo del Governo.
Come si fa a non vedere che questa parte della riforma è quella anche simbolicamente più importante se si vuole rendere evidente a tutti, ad incominciare dall'Autorità di regolazione, la volontà politica - ripeto, politica - di lasciare che siano le forze della concorrenza a determinare gli assetti proprietari delle banche? La volontà di eliminare le artificiose separazioni, per quanto riguarda le regole di concorrenza cui sottostare, tra imprese bancarie e imprese industriali? Una modifica, tra l'altro, assai meno rivoluzionaria di quanto vogliano far credere. Infatti le ragioni della stabilità saranno sempre sovraordinate rispetto a quelle della trasparenza e della concorrenza: lo impone il dettato costituzionale, lo recepiscono gli statuti del sistema delle banche centrali europee.
E' legittimo chiederselo a proposito di iniziative politiche che si ammantano di preoccupazioni morali, ma che con le esigenze delle imprese e con i diritti dei risparmiatori non hanno nulla a che vedere. E che hanno dato luogo ad attacchi subdoli, resi insidiosi dall'evanescenza dei sospetti di cui sono fatte e che sono stati lanciati proprio contro i DS, che tra tutte le forze politiche sono stati i più compatti, coerenti e costanti nell'esigere proprio quelle riforme su cui ora in tanti dicono di voler convergere.
È legittimo chiederselo soprattutto riflettendo sulla questione del ricambio al vertice di Bankitalia. Perché un conto è dire che il cambiamento di linea politica comporta di necessità che nel ruolo di Governatore ci sia una persona diversa da quella che per anni si è coerentemente e caparbiamente identificata con una certa linea politica come è ovvio e - per quanto mi riguarda - detto e scritto, tutt'altro conto é invece chiedere il cambiamento per punire un comportamento che si ritiene sanzionabile, o per ristabilire un prestigio che si ritiene leso.
Logicamente, al primo posto viene il cambiamento delle regole con cui si esercita il controllo sul sistema bancario; il cambiamento al vertice ne è la necessaria conseguenza. E non vale il contrario: il cambiamento al vertice di per sé non dà nessuna garanzia che si introducano le riforme, o che le riforme introdotte siano quelle che si ritengono necessarie per il Paese. Se si inverte l'ordine delle priorità, logiche e temporali, il risultato non è lo stesso. Perché l'ordine logico di causa ed effetto sia chiaro, nell'emendamento che ho presentato insieme ai colleghi DS, io chiederò che il cambiamento del vertice derivi non dall'introduzione del mandato a termine, ma dal cambiamento di politica. Infatti, é solo in modo molto indiretto che maggiore trasparenza e concorrenza sono conseguenza di un mandato di sette anni non rinnovabile.
Chi sceglie la via morale alla riforma in luogo della via politica deve chiedere le dimissioni di Fazio per colpa. Ma è logico che Fazio usi tutti gli strumenti di cui dispone per esercitare il suo diritto a difendersi da accuse che ritiene infondate. In questa materia non esiste un tribunale sovraordinato (quello amministrativo ha dato torto su tutti i punti al ricorso presentato da Abn contro le decisioni di Bankitalia): le norme lasciano enormi margini di discrezionalità e le procedure non sono chiaramente stabilite. Sindacare le ragioni per cui viene concesso un certo aumento di quota di partecipazione e non un altro, entro una certa data e non un'altra, è quanto mai arduo. C'è il rischio che l'invelenirsi delle polemiche diventi «oggettivamente» il modo per evitare che si introducano le riforme che servono al Paese.
Fazio ha il diritto di opporsi ad accuse che ritiene infondate. Ma Fazio non potrebbe opporsi alla volontà politica del Parlamento. Il Parlamento fa leggi e atti di indirizzo politico, non fa processi e non consuma vendette. L'obiettivo politico di cambiare il modo in cui si esercita il controllo del nostro sistema bancario, di fare maggiore spazio, accanto alle esigenze di stabilità, a quelle della trasparenza e della concorrenza, e quindi di correggere i corrispondenti rapporti tra le varie autorità ad esse preposte, è sempre stato fatto proprio dai DS.
Non ce ne siamo accorti perché qualcuno attaccava equilibri proprietari delicati; non ci siamo mossi punti sul vivo da apprezzamenti in un articolo di giornale. Gli emendamenti che abbiamo presentato sono quelli che abbiamo già votato alla Camera e qui in Commissione, con l'innesto di quelli su collegialità e modalità di nomina, su cui ultimamente sembrava possibile una convergenza di consensi.
Nei giorni passati ho avanzato una proposta. Parallelamente all'esame della legge, il Parlamento voti un documento molto stringato che contenga solo le riforme essenziali: nomina e durata, antitrust, trasparenza e collegialità delle decisioni. Si dia un termine di sei mesi alla Banca per recepire la volontà politica nel suo statuto, e al Governo per intervenire, magari per decreto, per quanto di sua competenza; trascorso questo termine il cambiamento deve essere reso evidente a tutti e immediatamente operabile. Che cosa questo significhi è palese. Un gesto del Governatore che confermasse che il messaggio è stato compreso e che il Parlamento non dovrà reiterare l'espressione della propria volontà politica, rimuoverebbe un grosso ostacolo sulla strada delle riforme.
L'iniziativa farebbe quindi piazza pulita di sospetti, accuse, recriminazioni, mentre anche le vicende da cui è partito l'incendio vanno trovando soluzione, e consentirebbe di approvare un testo che risponda alle aspettative del Paese e dei mercati finanziari.
E' chiaro che questo presuppone una comune volontà tra maggioranza e opposizione ed è evidente che l'iniziativa del Governo in materia elettorale rende oggi questa prospettiva improbabile. Di questo e delle conseguenze che inevitabilmente ricadranno anche su un provvedimento così importante per il nostro Paese l'opposizione non potrà certo essere incolpata. Forse il mio intervento sarà solo servito a testimoniarlo una volta di più. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U e dei senatori Michelini e Franco Paolo).
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il senatore Michelini. Ne ha facoltà.
MICHELINI (Aut). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge n. 3328, recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari che stiamo esaminando è stato scritto a più mani, se si considera che è il frutto dell'assemblaggio tra numerosi disegni di legge sia di iniziativa del Governo che dei parlamentari. In esso dovrebbero essere confluite le conclusioni di un'indagine conoscitiva promossa dalle competenti Commissioni di Camera e Senato, nonché la sensibilità di molti colleghi proponenti e comunque le proposte del Governo nella materia. Il tema è quello della disciplina dei rapporti tra sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio.
Il provvedimento, già approvato dalla Camera, non compone peraltro un disegno di legge unitario ed innovativo della disciplina vigente quanto invece un insieme di modifiche e integrazioni delle norme stesse. Nel suo percorso formativo il disegno di legge ha senz'altro risentito delle "truffe finanziarie" legate ai casi Cirio e Parmalat, che hanno riproposto anche all'attenzione pubblica il delicato tema dei mercati finanziari, nei quali si possono consumare dei veri e propri furti a carico dei risparmiatori.
Il segno è evidente nelle molte modifiche proposte alla normativa in vigore riguardante la composizione, i poteri e le responsabilità degli organi societari, i limiti e le condizioni poste alle società bancarie e finanziarie che controllano società collegate ad altre società operanti in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria, la disciplina dei conflitti d'interesse nella gestione dei patrimoni e di organismi di investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali e nella gestione di portafogli su base individuale, nonché le disposizioni relative alla formazione e commercializzazione di prodotti finanziari.
L'obiettivo può ben risultare quello del conferimento di un carattere di maggiore trasparenza al sistema bancario e finanziario, ma il risultato a cui perviene la proposta in esame è quello della scarsa organicità, poiché non incide efficacemente sulla struttura del sistema e quindi sull'insieme dei rapporti che legano gli attori finanziari siano essi operativi che di controllo, nonostante i profondi cambiamenti intervenuti.
Non innova inoltre, alla stregua di quanto avviene invece negli altri Stati dell'Unione, la disciplina dei rapporti tra banca e impresa sia per quanto riguarda la partecipazione nei rispettivi capitali di rischio, sia per quanto riguarda le garanzie nella concessione del credito quasi come il nostro Paese fosse estraneo alle nuove regole del "Basilea 2". Eppure l'impermeabilità dei rapporti banca-impresa ha costituito il terreno fertile sul quale sono cresciute molte disgrazie finanziare e, tra le più note, quelle appunto di Parmalat e Cirio. Non affronta anche in maniera sistematica il tema dei prodotti finanziari mobiliari collocati dal mercato internazionale, gestiti dalle autorità degli altri Stati come è il caso che va sotto il nome di "tango-bond" argentini. Non riordina infine le regole del controllo e della vigilanza affidati alla Banca d'Italia.
Per quest'ultimo aspetto vi è un emendamento del Governo. Un emendamento elaborato e proposto in questa sede sotto la spinta di un'opinione pubblica nazionale e internazionale che ha sanzionato pesantemente l'operato del Governatore in merito all'operazione BPI-Antonveneta.
Non è che l'operato del Governatore non meriti, a mio giudizio, di essere stigmatizzato e non tanto per quel suo amore di patria che vorrebbe mantenere da noi le teste di banche che dovrebbero ingrandirsi a dimensione mondiale, quanto per la confusione tra dimensione personale e familiare e dimensione professionale alla quale si è ispirato e che ha minato quel requisito dell'agire professionale che è il «rigore» inteso sì nella sua dimensione etica, ma, prima ancora, in quella di saper stare al proprio posto e fare il proprio dovere, secondo regola.
Ma la questione della Banca d'Italia non può consistere soltanto nell'operato del suo Governatore. La questione è invece quella della nostra appartenenza all'euro e quindi la delega data dall'Italia all'Unione Europea in materia di leva monetaria dell'economia.
La Banca d'Italia non svolge più questa funzione, e ciò impone di essere ripensata soppesando con lungimiranza a chi spetti l'esercizio della funzione di governo del sistema bancario, quello di vigilanza sulla gestione del risparmio ed infine quello del rapporto tra l'euro e la nostra economia.
Esaminando l'emendamento del Governo non mi pare purtroppo che il nodo che ho sopra prospettato trovi considerazione. Esso si limita nella sostanza a promuovere un'operazione patrimoniale di pubblicizzazione della Banca d'Italia, la quale attualmente è una società di capitale privato.
Che si richiami la Banca d'Italia da un sistema privato ad uno pubblico, è scelta condivisibile poiché essa svolge funzioni pubbliche. Ciò che non è condivisibile è il fatto che lo Stato debba acquisire le quote azionarie detenute da altre banche, con un onere che sarà determinato con regolamento ma che viene stimato - così dice il Ministro dell'economia - in 1 miliardo di euro.
La copertura del relativo onere non c'è e, per conferire costituzionalità all'emendamento, il Governo dovrà recuperare i fondi necessari, così come richiesto dalla Commissione bilancio.
Se peraltro l'operazione di pubblicizzazione della Banca d'Italia fosse stata proposta non già attraverso l'acquisizione della maggioranza del suo capitale sociale, ma dando vita ad un nuovo istituto centrale, quest'onere potrebbe essere di gran lunga inferiore.
Rimarrebbe, è vero, ma comunque rimane l'inquietante interrogativo di chi sosterrà gli oneri ingenti di funzionamento dell'istituto stesso. Un capitolo, questo, che non è affrontato nell'emendamento ma, in quanto la Banca d'Italia viene costituita in soggetto economico pubblico e la sua attività si estrinseca nell'assolvimento di funzione pubblica, va da sé che i relativi oneri dovrebbero trovare copertura a carico del bilancio dello Stato.
Concludo, signor Presidente, richiamando l'attenzione del Governo e dell'Aula sull'incresciosa questione del default dei bond argentini, che coinvolge tantissimi nostri concittadini, in relazione al fatto che nessuno, in Italia, ha detto una parola chiara sulle scelte da adottare sia a fronte delle offerte argentine sia del lavoro che sta svolgendo l'ABI.
Considerando il carattere internazionale dell'operazione, uno scenario dove, nella sostanza, il nostro Paese è stato assente e dato che tantissimi cittadini italiani si sono trovati con un pugno di mosche in mano, per carenze oggettive sia pubbliche che private, sarebbe quanto mai giusto ed opportuno dar vita ad una soluzione che distribuisca equamente gli oneri in spirito di solidarietà ed eviti che sia la magistratura a dover decidere.
In questo senso anche noi del Gruppo Per le Autonomie abbiamo presentato un emendamento che potrebbe porre la parola fine su uno dei più disgraziati capitoli finanziari di questi ultimi tempi, riconoscendo un giusto valore dei titoli ai sottoscrittori e ridistribuendo la differenza sulla generalità dei cittadini attraverso il meccanismo del credito d'imposta del quale potrebbero beneficiare gli istituti di credito emittenti che hanno collocato i titoli stessi. (Applausi del senatore Peterlini. Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Ripamonti. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, la Camera dei deputati ha impiegato 14 mesi per licenziare questo disegno di legge, fra l'altro peggiorandolo molto rispetto a come le era pervenuto. Il Senato lo sta esaminando da sei mesi ed esiste il rischio concreto che il provvedimento non venga definitivamente approvato in questa legislatura.
Voglio ricordare, signor Presidente, che gli Stati Uniti d'America, a seguito di scandali finanziari che anche in quel Paese si sono verificati, hanno impiegato tre mesi per approvare un provvedimento, tra l'altro bipartisan, che avrebbe dovuto essere di riferimento anche per l'azione legislativa del nostro Paese. Si tratta di un provvedimento che prevede più controllo sui mercati e maggiori sanzioni economiche e penali per chi truffa sui bilanci. Ovviamente il confronto con il nostro Paese è disarmante e deludente e quindi si capisce anche perché i cittadini hanno perso fiducia e non hanno più ragione di pensare ad investire i propri risparmi in operazioni utili, interessanti sia per quanto riguarda la possibilità di tutelare i propri risparmi sia per l'economia nel suo complesso.
Certamente alcune questioni sono state affrontate. Per esempio vi sarà una stretta sulle società off-shore con l'individuazione e la migliore definizione dei paradisi fiscali attraverso un decreto legislativo che dovrà essere emanato. Ci dovrebbe essere uno stop ai bond senza prospetto informativo, anche se tale questione per la verità avrebbe dovuto già essere risolta poiché le banche avrebbero dovuto informare adeguatamente i cittadini e i risparmiatori circa l'emissione dei bond. Viene affrontata in modo migliore la questione delle minoranze nei consigli di amministrazione e vengono previste regole più stringenti sui conflitti di interesse tra banche e imprese. È prevista inoltre una maggiore trasparenza sui fondi e sui prodotti finanziari etici.
Ma quali erano le esigenze che dovevano essere affrontate e alle quali occorreva dare risposte in tempi celeri? Innanzitutto la questione rilevantissima delle perdite subite dai risparmiatori, che a volte hanno messo sul lastrico diversi cittadini i quali hanno perso i risparmi di una vita. Dopo la catastrofe dei bond argentini e le vicende finanziarie e giudiziarie relative a Cirio e Parmalat, perché non si dovrebbe prevedere - e noi siamo di questa idea - che siano le banche a pagare almeno una parte di queste perdite? Le banche, infatti, hanno avuto responsabilità in questa vicenda, quanto meno per non aver informato adeguatamente i cittadini e i risparmiatori.
Bisogna quindi introdurre norme più rigide per impedire la manipolazione dei bilanci. Tale questione è affrontata dal provvedimento al nostro esame? A me sembra di no. Almeno, non è affrontata con l'adeguatezza che questo tema dovrebbe imporre. Bisogna scoraggiare con sanzioni pesanti la tentazione di fregare i risparmiatori. Infine, occorrono norme più severe sul falso in bilancio, per impedire di lucrare con bilanci fasulli. Niente di tutto questo. Io non riscontro all'interno del provvedimento che stiamo esaminando la definizione di dette questioni.
Qualcuno, poi, ha parlato di resa della politica, ma io credo si sia verificato l'esatto contrario, cioè che abbia vinto la politica, quella solita politica che cerca appunto di privilegiare e salvare gli amici degli amici attraverso accordi all'interno della maggioranza, in cui ciascuno porta a casa qualcosa per sé. Faccio riferimento, per esempio, alla questione della vigilanza e della concorrenza; devo dire che alla Camera c'è stato il tentativo di sottoporla all'Antitrust, ma poi non è stata affrontata o, comunque, si è stravolto il testo.
C'è poi la questione del mandato a termine del Governatore, la questione del falso in bilancio, che prima si è modificato facendo finta di inasprire le pene e poi si è completamente cassata attraverso un accordo all'interno della maggioranza basato sul solito asse del Nord tra Berlusconi e la Lega. Qualcuno ha anche parlato di una vittoria di Fazio, ma io credo sia stata una vittoria di Pirro, perché poi, alla fine, i problemi vengono fuori.
La questione è la seguente: come mai questo Governo, che ha sempre propagandato la cosiddetta cultura del fare, in questo caso non fa e non decide? Come mai questo Governo, che ha sempre propagandato il fatto di prendere le decisioni in modo rapido e celere, in questo momento non decide? Io credo che sia interesse di questo Governo, in particolare - dirò anche il perché - del Presidente del Consiglio, avere un Governatore della Banca d'Italia che fondamentalmente non fa un'analisi rigorosa sullo stato dei conti pubblici del nostro Paese e quindi non faccia il pelo e il contropelo sulla situazione economica e le scelte che vengono compiute in questo Paese.
Poi, c'è la questione del falso in bilancio perché, evidentemente, alcune inchieste sulle società di Berlusconi che sono tuttora invischiate sul terreno giudiziario sono ancora in corso e quindi c'è un problema di manipolazione dei bilanci e di fare in modo che la legge sul falso in bilancio rimanga invariata, con un testo che finge di inasprire le pene quando poi non è vero che questo avviene.
Credo dunque che si tratti della solita politica che si basa sui ricatti e sugli scambi reciproci all'interno della maggioranza. Guardate, per esempio, la Lega che ha cambiato posizione più volte, in modo molto disinvolto, attorno a tale vicenda, ma poi ha garantito che si arrivasse alla definizione di questo testo che io ritengo peggiorativo rispetto a quello che era entrato in Parlamento.
Certamente il tempo è galantuomo. Io credo che la posizione del Governatore dopo le vicende Antonveneta e BNL sia diventata non più difendibile.
Si ipotizza una limitatissima riforma, così come è stata definita dall'emendamento presentato dal Governo ed illustrato ieri mattina dal ministro Siniscalco.
Occorrono invece più rigore e più trasparenza, con un rafforzamento della CONSOB; occorre mantenere alla Banca d'Italia la prerogativa sulla garanzia della stabilità; occorre più concorrenza, trasferendo la tutela di quest'ultima all'Antitrust; occorrono più collegialità e trasparenza nelle decisioni. È necessario prevedere un mandato a termine ed anche un limite di età, oppure la definizione di una norma transitoria che permetta, approvata la legge, di fuoriuscire da una situazione che vede un Governatore della Banca d'Italia che ricopre tale carica da tredici anni e che fondamentalmente, secondo i suoi intendimenti, non dovrebbe passare la mano.
Si pone poi la questione dell'assetto proprietario della Banca d'Italia. Fortunatamente il Governo ci ha risparmiato il tentativo di trasferire parte della proprietà della Banca d'Italia agli Enti locali e alle Regioni. Questa sarebbe stata forse la barzelletta più esilarante che poteva essere pronunciata alla fine della legislatura. Tuttavia, - lo diciamo con franchezza - siamo disposti ad affrontare il problema dell'assetto proprietario che però non può essere risolto in fretta attraverso un emendamento del Governo.
Si pone la necessità di approfondire alcune questioni: garantire ad esempio che non vi sia un conflitto d'interessi tra chi vigila e chi deve essere vigilato. Tale questione, però, ovviamente deve essere affrontata prevedendo la possibilità di approfondimenti successivi che in questo momento non siamo in grado di compiere. Se non si operano tali scelte credo che la riforma potrebbe risultare inutile.
Perché il Governatore si è trovato in questa situazione? Il Governatore della Banca d'Italia ha perso le redini della moneta e del tasso di cambio e a lui è rimasto il compito di controllare le banche italiane. È successo però qualcosa in questi ultimi anni: siamo entrati in Europa, c'è la moneta unica e dovrebbe sussistere libertà di insediamento delle banche su tutto il territorio europeo. Cosa fa allora il Governatore della Banca d'Italia che sta perdendo anche questo potere? Cerca di evitare che le banche diventino multinazionali a scapito della concorrenza che dovrebbe garantire servizi più efficienti a costi più contenuti, che dovrebbe garantire i cittadini, i consumatori, i clienti.
Ho sentito fare ieri dal senatore Grillo un'affermazione stupefacente. Il senatore Grillo ha avuto l'impudenza di dire che non è vero che in Italia i servizi bancari costano più di quelli degli altri Paesi. Questo è palesemente falso. Questo è falso!
A scapito della concorrenza il Governatore ha inventato la tesi della scelta della difesa della italianità del sistema bancario. Siamo però arrivati all'assurdo: siamo passati dalla difesa della italianità alla difesa della padanità delle banche perché alla fine il progetto era quello della creazione della cosiddetta grande banca padana, la grande banca del Nord che avrebbe dovuto garantire i consumatori e i cittadini della Padania. Siamo passati dalle banche italiane alla banca padana, un capolavoro, grazie anche alle scelte compiute dal Governatore della Banca d'Italia.
La Lega ha cambiato spesso posizione con noncuranza, guardando più all'interesse di partito: prima si è schierata contro Fazio, poi in suo favore, dopo il salvataggio della banca a lei vicina, prima contro la riforma, poi a favore della mini riforma, di una riforma che garantisca la creazione della grande banca del Nord che adesso non esiste più perché la Banca Popolare Italiana sta vendendo le proprie azioni presso Antonveneta. Le sta vendendo ad una banca che viene da fuori, dall'Olanda. E allora, cosa succede? C'è ancora la prospettiva della grande banca del Nord oppure no? Personalmente credo di no.
E poi, cosa dirà la Lega quando la Banca Popolare Italiana, la banca di Lodi che è attualmente senza gruppo dirigente e prospettive di sviluppo, presumibilmente verrà comprata da una grande banca del Nord, che probabilmente non è vicina o amica della Lega? Oppure se verrà divisa e acquistata sul mercato come dal macellaio, quando si acquista lo spezzatino?
Aspettiamo il prossimo voltafaccia; attendiamo le scelte del Governo. Intanto, però, i cittadini chiedono tutele. Noi chiediamo banche che funzionino e che questo Paese venga governato. (Applausi del senatore Basso).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Gaburro. Ne ha facoltà.
GABURRO (UDC). Signor Presidente, signor Sottosegretario, colleghi, il crollo della Cirio, della Parmalat, di Finmatica (solo per menzionare i casi più eclatanti) ha drammaticamente rivelato la mancanza di strumenti efficaci di controllo sulle operazioni finanziarie e sui comportamenti dei vari attori della vita economica, quali possono essere le agenzie di certificazione di bilancio, di rating, di consulenza, di collocamento di azioni e obbligazioni e altro.
Presidenza del presidente PERA (ore 10,20)
(Segue GABURRO). Si tratta di crisi finanziarie che non rimangono semplicemente nei circuiti delle borse e dei cosiddetti addetti ai lavori, ma che vanno a colpire direttamente i redditi di milioni di risparmiatori, distruggendo capacità produttive e incidendo negativamente sui livelli di occupazione.
Tali scenari hanno posto in evidenza l'importanza di un'adeguata tutela del risparmio e quindi la necessità di sviluppare un efficace sistema di governo delle imprese quale strumento per lo sviluppo del mercato dei capitali e per incanalare efficacemente il risparmio verso nuovi investimenti produttivi.
Anche in considerazione della internazionalizzazione dei mercati finanziari, un buon governo delle imprese è importante per limitare le crisi finanziarie e moderare la volatilità del sistema finanziario globale. La trasparenza del mercato ne rafforza la stabilità e crea un ambiente favorevole al flusso del capitale internazionale fungendo da sistema di monitoraggio preliminare.
Oltre ad abbassare il costo del capitale per le imprese, un buon sistema di corporate governance accresce la fiducia degli azionisti e aggiunge valore all'impresa, creando meccanismi efficaci per lo sviluppo di un business competitivo.
Infine, facilitare l'accesso all'informazione, incrementare la trasparenza e la responsabilità delle imprese del settore privato costituisce un passo fondamentale nel contenere la corruzione e ristabilire la fiducia nell'Amministrazione.
Controlli adeguati all'interno delle imprese e una stretta supervisione sull'operato del management esecutivo da parte del consiglio di amministrazione, nonché l'indicazione di chiare linee di responsabilità ridurrebbero le opportunità dei manager e di altri operatori dell'impresa di coinvolgere la stessa in casi di corruzione.
La storia del nostro sistema finanziario a partire dal dopoguerra delinea una situazione in cui i mercati hanno avuto un ruolo marginale. È stata una storia contrassegnata dal dominio delle banche commerciali, per lungo tempo sotto il controllo pubblico, e da esigenze pressanti di finanziamento del debito pubblico, che hanno condizionato profondamente il funzionamento dei circuiti finanziari.
Il nostro sistema è caratterizzato da imprese in cui la proprietà azionaria è fortemente concentrata nelle mani di pochi e grossi azionisti, che spesso si identificano in famiglie abbienti e dove, di conseguenza, il mercato per il controllo aziendale è stato poco attivo, almeno fino agli anni recenti. Nelle grandi imprese italiane, la famiglia che esercita il controllo, rappresentando una sorta di mix tra manager e proprietà che detiene la quota azionaria di maggioranza, si contrappone al resto degli azionisti che non possono partecipare al processo decisionale. In tali circostanze, centrale diventa il conflitto di interessi tra il gruppo familiare, che detiene il controllo delle azioni e dei voti nel consiglio di amministrazione, e gli azionisti di minoranza.
La struttura del capitale delle nostre imprese, inoltre, è tipica di un sistema finanziario scarsamente sviluppato. In particolare, in Italia il finanziamento bancario copre una quota predominante del finanziamento complessivo delle imprese, al contrario di Paesi in cui i mercati azionari molto più sviluppati ed il finanziamento obbligazionario coprono un maggior ammontare di finanziamento esterno. Nel contesto italiano, quindi, le banche hanno sempre giocato un ruolo significativamente molto attivo nel monitorare e disciplinare le imprese del nostro Paese. Tuttora, anche dopo l'entrata in vigore del testo unico della finanza nel 1998, il nostro sistema di governo delle imprese risulta poco sviluppato.
In realtà, sistemi di successo, come quello anglo-americano orientato al mercato, o come il sistema orientato alla banca diffuso in gran parte dell'Europa continentale ed in Giappone, si basano su una diversa combinazione di due importanti variabili: la concentrazione della proprietà e la tutela legale degli investitori. Mentre nei mercati finanziari orientati al mercato la struttura di tutela legale degli investitori risulta molto sviluppata, nei sistemi orientati alla banca, al contrario, si fa meno affidamento su elaborate protezioni legali, ma vi è maggiore fiducia nel ruolo dei grandi investitori e delle banche.
Di fronte a questo scenario, risulta chiaro come il disegno di legge sul risparmio sia l'unica strada percorribile per poterci considerare un Paese moderno. Il documento, di natura correttiva, mira a trasformare un non-mercato in un mercato e interviene su molteplici questioni di estrema importanza e delicatezza. Tra le principali novità vogliamo sottolineare quelle relative alle nuove regole di governance societaria, contenute nei primi articoli del provvedimento, dal primo al settimo articolo, che disciplinano la tutela delle minoranze all'interno dei consigli di amministrazione delle società e dei collegi sindacali.
Il nuovo testo prevede, infatti, che i membri dei consigli di amministrazione delle società per azioni vengano eletti sulla base di liste di candidati e che almeno uno dei membri del consiglio sia espresso dalla lista di minoranza più votata. Se il consiglio di amministrazione è composto da più di sette membri almeno uno dovrà avere i requisiti di indipendenza. Tali norme mirano al rafforzamento dei controlli interni alle aziende attraverso la presenza, nel consiglio di amministrazione e nel consiglio di gestione, di persone non legate all'azionista principale. Si affida, inoltre, alla CONSOB il compito di stabilire attraverso un regolamento le modalità affinché un membro effettivo del collegio sindacale venga eletto dai soci di minoranza.
Il terzo articolo prevede, inoltre, che il collegio possa promuovere azioni di responsabilità verso gli amministratori, con la maggioranza dei due terzi dei componenti, mentre il quarto articolo, con l'obiettivo di agevolare la partecipazione delle minoranze alla formazione delle decisioni dell'assemblea dei soci delle società quotate, reca modifiche all'articolo 139 del testo unico della finanza in materia di delega del voto: è prevista la possibilità per un soggetto iscritto da almeno sei mesi nel libro dei soci per le medesime quantità di azioni, di richiedere deleghe di voto che rappresentino almeno l'1 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto.
Risulta chiaro l'intento del disegno di legge di risolvere il problema generale, sollevato in parte dalle recenti crisi finanziarie, della presenza di elevati costi di agenzia legati ad un mercato finanziario condizionato dai ripetuti conflitti d'interesse tra azionisti di maggioranza e azionisti (risparmiatori) di minoranza.
Anche se in virtù di queste innovazioni la qualità del nostro sistema finanziario e di governance migliorerà, due considerazioni meritano un approfondimento. Prima di tutto, in una prospettiva di migliore governance societaria sono da considerarsi ugualmente importanti i problemi di tutela giuridica dei prestatori di lavoro e dei terzi creditori della società, passando da un concetto di protezione degli shareholders, adottato dal TUF e dal disegno di legge sul risparmio, ad un concetto più ampio di stakeholders.
La crescente domanda di una politica del diritto a sufficiente tutela di questi altri portatori di interesse dell'impresa (e delle sue controparti) costituisce emblematico punto di emersione di una più generale problematica di responsabilità sociale dell'impresa, ormai così spesso segnalata anche da posizioni ufficiali di autorità di Governo ed istituzionali. Anche l'OCSE, in una recente pubblicazione, concorda nell'osservare che va respinta l'idea erronea secondo la quale agire di impresa e «obiettivi sociali» inevitabilmente «si trovano» in obbligato «conflitto».
Sebbene i mutamenti che questi indubbi e notevoli miglioramenti della disciplina societaria produrranno non sono a priori verificabili, gli effetti indotti dall'introduzione del TUF nel 1998 in sé possono fungere da guida. Certamente la qualità del mercato è migliorata, la capitalizzazione della borsa italiana in rapporto al PIL è aumentata arrivando al 60 per cento.
Recenti pubblicazioni dimostrano come il voting premium, ossia il premio di quotazione delle azioni ordinarie rispetto a quelle senza diritto di voto (di risparmio), si sia ridotto tra i cinque ed i quattordici punti percentuali. Ma tali miglioramenti dovrebbero essere accompagnati da un aumento del numero delle società che si quotano in Borsa, da una riduzione della concentrazione della proprietà e del controllo, nonché dallo sviluppo di nuove istituzioni finanziarie, quali fondi pensione e fondi comuni di investimento, che operino attivamente in un mercato finanziario maggiormente liquido. Quello che si osserva è diverso: il numero di società quotate è aumentato di poco ed è tra i più bassi in Europa; similmente l'ammontare di capitalizzazione delle società quotate in borsa nelle mani degli azionisti di minoranza, dopo un leggero incremento si è nuovamente ridotta arrivando sotto il 50 per cento.
In definitiva, anche se le regole contano molto per lo sviluppo dei mercati, parimenti conta l'evoluzione storica. I mercati non si sviluppano all'improvviso, e la teoria della path dependance, secondo la quale le regole di governo societario devono tenere conto sia della genesi di un'impresa, sia dell'ambiente in cui opera, è qualcosa di più di un criterio metodologico. In quest'ottica appare chiaro come nel disegno di legge, oltre alla costruzione di regole certe a favore degli azionisti di minoranza, contemporaneamente si dovrebbe perseguire l'obiettivo della competitività del mercato finanziario.
Non si può ignorare l'impatto che il perseguimento dell'obiettivo esplicito della tutela dei risparmiatori può avere sullo sviluppo dei mercati. Sebbene in passato vi fosse la tendenza a considerare incompatibili i concetti di efficienza ed equità nello sviluppo dei mercati finanziari, numerosi studi dimostrano che così non è. Il testo unico delle finanza inglese, ad esempio, prevede esplicitamente la necessità di «preservare la posizione competitiva della piazza finanziaria inglese». II concetto congiunto di regolamentazione per lo sviluppo e competitività non può essere ignorato.
Con queste osservazioni e suggerimenti, confermiamo il voto favorevole dell'UDC a questo importante provvedimento. (Applausi dal Gruppo UDC).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Grillotti. Ne ha facoltà.
GRILLOTTI (AN). Signor Presidente, colleghi, davanti a questo provvedimento non posso prescindere dal tenere ben presente la distinzione in esso contenuta: la prima parte si occupa di risparmio, quindi di cittadini; la seconda è una sorta di filosofia strana che parla di Bankitalia, ponendo come presupposto il fatto che siamo tutti d'accordo nel ritenere che la Banca d'Italia è un'altra cosa; il Governatore non ha più le funzioni di prima; non può fare politica monetaria. Quindi il riassetto è indispensabile; sul riassetto, però, non sento proporre organizzazioni alternative.
Il dibattito è tutto puntato a come procedere al licenziamento di Fazio: se in tronco, a termine, se dopo cinque anni. Non ci è chiara la parte del licenziamento, insomma. Rimango sorpreso perché per il Parlamento e per il Governo non esiste questa possibilità. Infatti, dal dibattito emerge la necessità di una risoluzione politica, una chiara dichiarazione di volontà politica affinché la Banca d'Italia ne prenda atto. A me pare che tutto il firmamento politico abbia reiterato fino alla consunzione la richiesta di fare un passo indietro. Quindi, l'invito è già stato fatto. Se non vi è la possibilità di redigere un documento che dichiari la necessità assoluta di sostituirlo, stiamo discutendo di lana caprina!
Sono però più preoccupato del fatto che in tutto il dibattito che si è svolto il convitato di pietra è ancora il cittadino. La prima parte parla di risparmio ed indica gli accorgimenti proposti dal Governo per evitare che possa ancora succedere quanto è accaduto per Cirio e per Parmalat, cambiando le norme riguardanti la nomina dei revisori e dei sindaci, e quindi dando garanzia di organi indipendenti con responsabilità soggettiva, anche penale. Di conseguenza, siamo certi che non dovremmo più vedere pareri di comodo.
Tutti i grossi gruppi industriali, quali FIAT o Pesenti, venticinque anni fa gestivano i soldi di famiglia, quindi si potevano anche nominare revisori facendo poco danno. Ma siccome nell'ultimo decennio, o anche ventennio, hanno utilizzato il 90 per cento di un capitale che non è loro, bensì è reperito in Borsa o addirittura deriva da finanziamenti pubblici, mi sembra ovvio che ci debba essere un controllo.
In questo dibattito il cittadino è assente: abbiamo assistito a due o tre voli pindarici sulla riforma elettorale, argomento che non mi sembra c'entri granché con questa discussione, ma nessuno ha detto cosa faremo per obbligare alla restituzione dei soldi fregati - scusatemi il termine, però nel caso Cirio è esattamente così - ai cittadini. Erano titoli non cedibili, sono stati ceduti ed è successo quello che sappiamo. La gente si aspetta che almeno in questo caso si faccia una norma chiara: l'importo delle azioni Cirio deve essere restituito.
Per quanto riguarda la Parmalat, invece, avendo il titolo in ogni caso tutte le caratteristiche per essere negoziato, ciò non consente una misura così drastica; potremmo però almeno cominciare a parlare di un'eventuale percentuale di rimborso d'accordo con le banche, ad esempio trasformando i titoli in altri titoli. Sono convinto che l'opinione pubblica sarebbe molto più interessata ad un argomento del genere che non a questo dibattito sul risparmio.
È una questione culturale. La tutela del risparmio va benissimo, pensiamo all'articolo 47 citato dal senatore Sodano, cioè alla difesa del risparmio sempre e comunque; però dovremmo anche precisare che c'è una piccola differenza tra risparmio e investimento perché sul tema c'è una confusione diffusa. Quando una persona investe in capitali a rischio, cioè con tassi di interesse che sono pari a quattro o cinque volte quelli normale, gli va spiegato che «capitale a rischio» vuol dire mettere a rischio le proprie disponibilità. Invece BOT e CCT, cioè gli investimenti a risparmio, garantiscono il capitale con un bassissimo tasso di interesse.
Lo dico perché non vorrei che si facesse l'errore che si è fatto anni fa. Anni fa io ero un esportatore e non ho mai potuto avere conti in valuta perché era vietato. La prima opportunità è stata quella dei finanziamenti in ECU ad un tasso di interesse veramente molto basso rispetto a quelli praticati dalle banche. La corsa del risparmiatore, suggerita non so da quale Solone, portò molte persone a richiedere mutui in ECU, con tassi del 4 per cento (io pagavo tassi del 15 per cento). Ad un certo punto, ovviamente, il cambio dell'ECU aumentò; fu un macello ed intervenne il Governo perché, poverini, questa gente aveva perso i propri soldi. Non ho visto nessuno al quale sono stati rimborsati i nove punti di differenza rispetto agli anni del mutuo.
Bisogna quindi stare attenti nel dire che tutto è dovuto. Evidentemente questo Paese adesso discute della cosiddetta terza gamba, perché con tassi di interesse al 2 o al 3 per cento la liquidazione non serve più nel comune sentire. Una volta la gente pensava che, poiché alla fine della carriera lavorativa riceveva circa 100 milioni di lire, mettendoli in banca ne avrebbe potuto ricavare circa 15 milioni di lire annui che, insieme alla pensione, avrebbero garantito un capitale adeguato. Il paradosso era che con un alto tasso di inflazione i ceti meno abbienti stavano meglio, e questa è l'impressione che ha la gente anche oggi. Bisogna invece tentare di far capire alla gente che gli accantonamenti, i fondi alternativi e la costituzione di capitali danno garanzie per il futuro a condizione che però il capitale venga anche impiegato. Non si può più pensare di mantenere tutto. Occorre quindi che si dica chiaramente cosa è il risparmio e cosa è l'investimento, in modo che la gente sappia a cosa va incontro.
L'atteggiamento truffaldino delle banche è stato oramai più che smascherato, però sono anche sorpreso dall'atteggiamento che si assume oggi, favorevole all'eliminazione obbligatoria del governatore Fazio. Infatti, forse ricordo male, ma alla Camera su questo disegno di legge c'era un relatore, Saglia, di Alleanza Nazionale, e un altro relatore (del quale non ricordo il nome) dei Democratici di Sinistra. Quando è saltato tutto il marchingegno? Quando il relatore Saglia ha proposto, oltre che il mandato a termine, anche un limite di età per essere certo che questa legge avesse effetto un giorno preciso. È saltato tutto perché tutti hanno detto di non accettare l'inquisizione, che non si poteva licenziare Fazio e che bisognava parlarne. Ne stiamo ancora parlando e adesso chi voleva licenziarlo in tronco sembra abbia fatto un passo indietro, chi invece sa che non lo possiamo fare oggi ne chiede il licenziamento.
Mi pare evidente che dal punto di vista politico tutti o quasi hanno segnalato la necessità di risolvere questo problema, però mi metto anche nella posizione del dottor Fazio: con tutte le accuse che ha ricevuto, se lui pensa che non siano vere, dare le dimissioni e trovare una motivazione che lo liberi dai dubbi è difficile, quindi pretende di rimanere lì per dimostrare che non ha fatto veramente quiescenza.
Concludo dicendo che non mi è piaciuto nel dibattito il continuo rimarcare la mancanza di fiducia gli uni negli altri, maggioranza e opposizione, o verso gruppi finanziari. Ho ascoltato interventi secondo i quali far diventare pubblica la Banca d'Italia è peggio che lasciarla in mano alle banche, perché la politica metterebbe le mani anche sulla Banca d'Italia. A me pare che, visto lo statuto di quest'ultima, chi vuole diventarne socio fa solo un atto di vocazione: mette lì il capitale, non partecipa alle assemblee, non ha capacità decisionale, prende i soldi se ha voglia di darglieli il direttore generale. Non capisco, quindi, in cosa possa consistere questa ingerenza, questa influenza.
Dunque, partire dal presupposto che non ci si fida non mi piace. Può esservi un po' di timore reverenziale nel senso che, se le banche sono proprietarie della Banca d'Italia, si suppone che il direttore generale nei controlli e nelle valutazioni sia un po' più largo con i figli che con i nipoti, ma è un problema insuperabile. Ma, se si parte dal presupposto che non ci si fida mai di nessuno, penso che nel nostro Paese andremo poco lontano. Vediamo dunque durante la discussione degli emendamenti se riusciamo anche a dire quando restituiamo i soldi del maltolto relativi ai due scandali originari.
Permettetemi poi di dire che - guarda caso - l'immagine della Banca d'Italia non ha conosciuto segnali negativi nei casi Cirio e Parmalat, perché è vero quello che diceva il collega Grillo: in Italia le banche non sono più tali, sono soprattutto istituti di intermediazione, e nei casi Parmalat e Cirio il 70 per cento dei bond è stato emesso da Deutsche Bank e da altre banche estere. Non vorrei che le nostre banche avessero pensato: «se la Deutsche Bank può commercializzare in Italia i bond della Parmalat, non ho capito perché non possiamo piazzare anche i nostri», e quindi non vorrei che lo scandalo internazionale, che abbiamo fatto finta fosse italiano, fosse una delle ragioni per le quali l'Europa si è defilata, dal momento che erano coinvolte nella vicenda banche di tutti i Paesi.
L'immagine l'abbiamo persa nelle due scalate Unipol-BNL e in quella relativa alla banca olandese. È strano che l'Europa si svegli e ci bacchetti solo in casi particolari. Quindi, non fasciamoci la testa preoccupandoci dell'Europa che poi ci risponde con una norma nella quale si sostiene che, se introduciamo un nuovo statuto, dobbiamo tener presente che comunque il Governatore uscente rimarrà in carica cinque anni. Mi pare che il problema sia di difficile soluzione.
Di qui la necessità di un accordo sulla parte relativa al risparmio e al cambiamento della governance della Banca d'Italia, soprattutto perché noi - almeno così ritengo - dobbiamo dare un segnale forte relativamente a cos'era la Banca d'Italia e a cosa è oggi. Infatti, questo timore reverenziale deve venire meno. Si tratta di un'istituzione che dovrebbe e deve collaborare con tutte le altre istituzioni, chiarendo bene che oggi i suoi poteri e le sue competenze sono diversi. Quindi, il passaggio di alcune competenze alla CONSOB o all'Antitrust era normale e doveroso. Questa è la ragione per cui voteremo a favore del provvedimento in esame. (Applausi dai Gruppi AN, UDC e LP e del senatore Peterlini).
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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864a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 20 SETTEMBRE 2005
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Presidenza del vice presidente MORO, indi del vice presidente DINI
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 17,25)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 15 settembre è proseguita la discussione generale.
È iscritto a parlare il senatore Chiusoli. Ne ha facoltà.
CHIUSOLI (DS-U). Signor Presidente (stavo per dire signora Sottosegretario ma non la vedo tra i banchi del Governo), questo disegno di legge è, nella nostra valutazione, tanto indispensabile quanto insufficiente. In particolare, l'emendamento riguardante la Banca d'Italia è largamente insoddisfacente: non vi esprimete sulle modalità di nomina del Governatore, non siete incisivi sulla collegialità delle decisioni e, ancora, non vi esprimete sull'assegnazione della concorrenza bancaria all'Antitrust, dopo aver sottratto la trasparenza alla CONSOB.
Non ne siamo, però, stupiti, perché questo disegno di legge è emblematico dell'azione del Governo, di questo Governo. Infatti, pur essendo necessario a prescindere dalle contingenze temporali, il provvedimento trae origine e impulso dalle conseguenze, gravi, delle crisi finanziarie che principalmente amministratori infedeli e fraudolenti hanno provocato; che molti organismi di vigilanza interni ed esterni alle aziende, quanto meno distratti, hanno più o meno consapevolmente consentito; che istituti di credito hanno anch'essi più o meno consapevolmente - lo deciderà la magistratura - cavalcato e in parte provocato, che una genìa di spregiudicati speculatori ha vissuto e sfruttato e che, infine, una larga, larghissima fascia di forse sprovveduti, ma certamente incolpevoli risparmiatori ha subìto sulla propria pelle e sui propri risparmi, frutto spesso di sacrifici e sempre di lavoro.
Infatti, di tutela del risparmio si tratta in ogni caso e anche le prime, indispensabili proposte finalizzate alla riforma della Banca d'Italia - che ora anche il Governo e la maggioranza riconoscono necessarie quando fino a poche settimane orsono rifiutavano drasticamente di volerne prendere atto - hanno per noi questo scopo prioritario ed inderogabile.
Voglio però ritornare al punto nevralgico del mio ragionamento. Di fronte ai casi Cirio, Parmalat, tango bond, Giacomelli, e via citando, si era, si è creata nel nostro Paese l'emergenza risparmio, un uragano Katrina nei bilanci di molte, troppe famiglie italiane.
Di fronte ad un'emergenza la politica, certo in generale, ma il Governo per primo, avevano un dovere principale, ineludibile: quello di agire tempestivamente, anche a costo di forse inevitabili incompletezze ed imprecisioni; il dovere cioè della tempestività, allo scopo, ovvio, di ricostruire certezze, fiducia, consapevolezza di poter riprendere un cammino economico-finanziario virtuoso.
Gli Stati Uniti d'America (vorrei ricordarlo al ministro Siniscalco), di fronte ai loro grandi scandali finanziari (da Enron a World-com), si erano mossi in questa ottica e questa ottica avrebbe dovuto adottare il Governo italiano correndo rischi inevitabili, anche a costo di arrivare a procedere con decreto-legge, come autorevolissimi esponenti della nostra parte politica avevano più volte sollecitato, vista la difficoltà di trovare e definire un'intesa parlamentare che pure sarebbe stata possibile e forse auspicabile, come il dibattito nelle Commissioni riunite alla Camera dei deputati aveva ampiamente dimostrato.
E invece no! Non avete avuto, in questa occasione in cui sarebbe stato necessario, il coraggio, la forza, l'arroganza e la spregiudicatezza che in altre deprecabilissime occasioni avete dimostrato. Certo, in quelle occasioni si doveva forzare la mano, perché erano in gioco interessi che vi stavano molto a cuore; qui c'erano solo i risparmi degli italiani: potevano pazientare.
Qui, dove era necessario un intervento tempestivo (magari di cento giorni), avete lasciato marcire quell'azione parlamentare che in altri casi avete forzato, umiliando il Parlamento e la vostra stessa maggioranza. E oggi, come ci ha ricordato autorevolmente il presidente Amato, risulta molto difficile poter raddrizzare le gambe del cane che questo testo di legge rappresenta.
Noi ci proveremo comunque, (esemplare l'azione del collega Pasquini per il nostro Gruppo), ci proveremo con una proposta emendativa che nel corso della discussione illustreremo nel dettaglio, sintetica, seria nella sostanza, mirata unicamente alle questioni fondamentali, perché abbiamo in ogni caso la consapevolezza che il Paese e i risparmiatori hanno già atteso troppo, oltre il limite della decenza parlamentare, anche se non abbiamo soverchie speranze, visti i precedenti scoraggianti che ci sono alle spalle.
Il Governo e la maggioranza hanno un'ultima possibilità di confronto positivo e produttivo con l'opposizione, quello sugli elementi di riforma della Banca d'Italia e sulla ripartizione per materie delle Autorità indipendenti: dunque, competenze dell'Istituto di vigilanza, collegialità vera nell'assunzione delle deliberazioni significative, definizione della durata del mandato del Governatore e modalità della sua nomina, individuazione delle azioni opportune nella fase di transizione, modalità di definizione di un nuovo, necessario assetto proprietario esercitandosi anche con possibili proposte innovative che metteremo in campo.
Qui si giocano le residue possibilità d'intesa, cominciando con lo spostamento della titolarità della vigilanza in materia di concorrenza dalla Banca d'Italia all'Autorità antitrust e terminando con l'eliminazione della possibilità di stabilire, attraverso un regolamento di Governo, l'attuazione del nuovo assetto proprietario della Banca centrale: una proposta che rasenta l'impresentabilità politica.
In ogni caso, Governo e maggioranza si assumano le loro responsabilità di fronte al Paese, fino a cessare l'inverecondo balletto del palleggiamento di competenze al quale abbiamo assistito. Finora il Governo e soprattutto il Presidente del Consiglio non hanno voluto e saputo decidere (niente male per il sedicente Governo del fare), appellandosi - lo ricordava il collega Turci - allo stesso tempo e di volta in volta alla Banca centrale europea come alla coscienza individuale degli uomini, fino ad arrivare all'ultima delle stravaganze estive: l'ipotesi di un voto parlamentare di sfiducia al Governatore della Banca d'Italia, come se, a suo tempo, vi fosse stato un corrispondente voto di fiducia.
Altro sul Governatore non voglio dire, se non ricordare ad alcuni ottimi colleghi che in ogni attività politica, economica, direi umana, vi sono le cose che si è tenuti a fare perché lo vogliono le regole e le leggi e vi sono le cose che, al di là di queste, è opportuno fare. E se la stragrande maggioranza degli eletti dal popolo italiano e - sembra - la quasi totalità del Governo legittimo del popolo italiano ritengono opportuno che il Governatore si dimetta, allora è bene che questo avvenga, checché ne dicano da un lato «The Economist» o il «Financial Times» e, dall'altro, «L'Osservatore Romano», che, in ogni caso, nulla hanno a che spartire con queste decisioni.
Ma tutto questo sarebbe ancora sopportabile se le conseguenze restassero nella sfera esclusiva della politica. In realtà, Governo e maggioranza, contro ogni affermazione teorica, hanno lasciato aggravare le condizioni di due pilastri fondamentali dell'economia nazionale: i risparmiatori, da un lato, e il sistema produttivo, dall'altro, che sono le vere vittime dell'incapacità di agire.
È della scorsa settimana il nuovo studio della Banca mondiale che colloca il nostro Paese al settantesimo posto nella possibilità di svolgere attività di impresa, in particolare dietro tutti i Paesi industrializzati tranne la Grecia, e questo, mi viene da sottolineare, nonostante siano quasi cinque anni che governa il Presidente-imprenditore. Le vicende e le questioni che qui ed ora stiamo discutendo non hanno certo avuto un ruolo secondario nella costruzione di quel poco brillante risultato.
Sull'altro versante, i risparmiatori sono rimasti in stand by, in attesa di capire con quali nuove ed efficaci regole si sarebbe potuto ripartire. L'attesa non è ancora terminata e non si capisce nemmeno se riuscirà a terminare in questa legislatura, perché i contrasti interni alla maggioranza e fra maggioranza e Governo sembrano tutt'altro che esauriti.
E qui voglio inserire una considerazione tutta rivolta all'interno del mio schieramento politico, in senso largo: forse faremmo bene ad usare una parte del tempo che manca al termine della legislatura per definire con precisione persino i dettagli di quella che potrebbe essere la nostra legge a tutela del risparmio per poi approvarla a tamburo battente nel nuovo Parlamento, per marcare, qualora qualcuno avesse ancora dubbi, la differenza tra il nostro modo di governare e quello del centro-destra. In ogni caso, potrebbe essere un lavoro utile in relazione alle modifiche che si rendessero con tutta evidenza necessarie.
Un comportamento politico, il nostro dunque, concreto, propositivo, volto al futuro, ma che non vuole assolutamente transigere sulle responsabilità del passato. Se siamo arrivati a questo punto è perché, come ho detto all'inizio, vi sono colpe gravi, gravissime di amministratori e di organi di vigilanza. Su alcune di queste sarà l'indipendente sovranità della magistratura a decidere, su altre, però, tocca alla politica parlare forte e chiaro, anche con gli esempi, che in un contesto così delicato restano, a mio avviso, decisivi.
Voglio essere brutalmente esplicito: troverei francamente inaccettabile e scandaloso che fra qualche tempo queste vicende si spegnessero con gli amministratori responsabili in vacanza ai Caraibi o in Sardegna, i responsabili di ogni tipo di vigilanza ben saldi sulle loro poltrone o spostati ad altro incarico, le banche impegnate a recuperare sui clienti le eventuali perdite e con un'unica, certa e concreta conseguenza: i risparmiatori con una larga parte dei loro risparmi volatilizzata. Tutto ciò, si capisce, nel rispetto delle norme di legge vigenti, la paternità delle quali risiede comunque nel Parlamento della Repubblica e grava quindi su di me e su tutti noi. No, questa sarebbe francamente un'incomprensibile resa della politica e una devastante beffa per i cittadini.
L'Italia, dunque, rischia di esaurire ogni possibile riserva di fiducia: all'interno, dei cittadini nei confronti delle istituzioni e, nel mondo, delle istituzioni internazionali e degli investitori verso il nostro sistema-Paese.
Questo Governo sembra non rendersene conto, o per lo meno non lo dimostra con gli atti che compie e le contraddizioni che mette in campo. Voi siete decisionisti solo nel respingere le proposte dell'opposizione, trascurando il particolare che siete già minoranza nel Paese e ne siete talmente consapevoli che, tra comprensibili contorcimenti politici e rinnegando quello che fino a ieri avete duramente sostenuto, state proponendo, a partita sostanzialmente iniziata, uno stravolgimento delle regole elettorali che sta ottenendo come primo risultato quello di scatenarvi contro una larga parte del vostro stesso elettorato, che finora vi aveva sostenuto proprio in ragione del cambiamento che volevate rappresentare.
Tornando all'argomento, per concludere, l'ostinazione con la quale il Governo si rifiuta finora di prendere posizione sul trasferimento della concorrenza bancaria all'Antitrust è la dimostrazione della vostra palese impotenza politica.
È vero, come afferma il Ministro, che gli scandali sono stati possibili anche per l'inadeguatezza delle regole, ma la risposta forte che serviva non c'è stata, perché avete affossato quella che sembrava possibile come primo frutto del lavoro compiuto dalle Commissioni riunite della Camera dei deputati.
Vi erano, invece, tutti i presupposti per costruire una risposta all'altezza delle questioni in campo, vi sono state e vi sono ancora le proposte concrete di una opposizione dura ma responsabile e le disponibilità politiche, in qualche fase, a mio avviso personale, anche oltre il necessario, ma sembra non bastare.
I relatori sono paralizzati di fronte alle proposte del Governo; quest'ultimo è immobile di fronte alle proposte dell'opposizione in Senato, forse perché teme la sua stessa maggioranza alla Camera. Ne sta uscendo, forse tardivamente, un testo pressoché unanimemente giudicato insufficiente ed in alcuni aspetti dannoso.
Se non sarò smentito - e lo spererei vivamente - dal lavoro dell'Aula, si preannuncia un'altra legge, l'ennesima, alla quale dovremo presto mettere mano per riportarla su binari di efficacia, giustizia ed incisività. Se gli italiani lo vorranno, siamo pronti ad assumercene il compito e le conseguenti responsabilità. (Applausi dal Gruppo DS-U e dei senatori Castellani e Formisano. Congratulazioni).
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, il disegno di legge che stiamo esaminando ha un evidente rilievo per la complessità delle modifiche che comporta al sistema finanziario e creditizio italiano, per le ricadute di carattere sociale, economico e per le rilevanti conseguenze anche sulla condizione dei lavoratori impegnati nelle singole imprese.
D'altra parte, dall'esame del provvedimento, risulta che le disposizioni introdotte in materia di governance societaria e di responsabilità degli organi di controllo ed amministrativi all'interno delle imprese non sono tali da risolvere le incongruenze e le inadeguatezze che hanno caratterizzato la situazione che ha portato poi alle note crisi di Parmalat, Cirio, e così via. Quindi, la soluzione prospettata non è tale da dare una garanzia di sviluppo per il futuro.
Allo stesso modo, le misure adottate, che dovrebbero portare ad una distinzione netta, per quanto comporta il cosiddetto conflitto di interesse, tra il ruolo della banca e il ruolo dell'impresa, a mio giudizio, non sembrano così nette da garantire una trasparenza dell'operato in questo settore e quindi tali da assicurare una chiarezza di prospettiva per i due ruoli sopra ricordati. Anche in questo caso, siamo di fronte ad una situazione che può provocare incertezza per i lavoratori.
Inoltre, le norme che si prospettano per la ridefinizione del ruolo delle Authority e, in particolare, per la riorganizzazione della Banca d'Italia, con l'ampio dibattito che c'è stato hanno fatto dei passi in avanti, ma non siamo ancora al punto di avere un panorama di certezza, di effettività e di efficacia del loro ruolo e del loro funzionamento, al fine di dare al nostro mercato finanziario i necessari requisiti di chiarezza, trasparenza, autonomia e indipendenza delle parti.
Siccome questi tre elementi, la non chiarezza della governance societaria e la mancata definizione sia di una chiara distinzione dei compiti tra banca e impresa sia del ruolo complessivo delle Authority, sono tali da comportare il rischio, come si è verificato, di ricadute negative per l'apparato produttivo del nostro Paese e quindi per le condizioni di lavoro di migliaia di lavoratori, ai sensi dell'articolo 98 del Regolamento, le chiederei di valutare la possibilità di rinviare l'esame di questo provvedimento al fine di acquisire il necessario parere del CNEL.
PRESIDENTE. Senatore Maconi, la ringrazio, ma la sua richiesta è tardiva. Inoltre, non essendo emersi, a parere della Presidenza, elementi a suo sostegno, non sussistono le motivazioni per cui si possa accedere alla stessa.
È iscritto a parlare il senatore Marini. Ne ha facoltà.
MARINI (Misto-SDI-US). Signor Presidente, colleghi, l'esplosione di scandali per l'uso improprio del risparmio, resi ancor più gravi dalle azioni discutibili di società bancarie, hanno posto all'attenzione del legislatore alcune questioni: i ritardi nel disciplinare la tutela del cittadino risparmiatore nei confronti di un mercato finanziario ampliatosi enormemente e non più vincolato da norme rigorose e da sanzioni severe per i comportamenti illeciti; la dilatazione dell'attività finanziaria, che ha consentito enormi utili protetti, per giunta, da un regime fiscale favorevole, come del resto è emerso anche nel confronto che ha interessato la maggioranza alla vigilia della legge finanziaria; il finanziamento dell'attività produttiva con il ricorso al risparmio, trasferendo in tal modo il rischio dell'investimento dalle società bancarie direttamente al privato investitore.
L'assenza di una normativa adeguata è apparsa chiara in occasione del default dei bond argentini e dell'insolvenza dei prestiti obbligazionari della Cirio e della Parmalat. In questi casi è apparsa evidente la mancata tutela del risparmiatore, che ha subito enormi danni nel ridimensionamento del proprio capitale finanziario.
Il cittadino, il più delle volte, impiega il proprio denaro allettato dalla convenienza dell'investimento e fidandosi delle indicazioni della banca presso la quale si appoggia in qualità di cliente. Ma il cittadino comune, lo sappiamo, non ha alcuna conoscenza dello stato di salute del gruppo industriale o finanziario che ha chiesto il prestito ed è la banca, in definitiva, che indirizza l'investimento.
Se poi accade, come nei casi Parmalat e Cirio, laddove la banca ha collocato i titoli perché si è trattenuta il ricavato per ridurre l'esposizione delle due società citate, allora si verifica un'anomalia grave ed intollerabile.
Il mercato finanziario, infatti, ha assunto un ruolo importante nell'economia contemporanea e il numero di cittadini che vi operano è cresciuto enormemente; la legislazione in materia ha camminato con estrema lentezza e l'adeguamento alle esigenze nuove ha riguardato l'introduzione della banca universale, in sostituzione del vincolo specialistico, la trasformazione delle banche in società per azioni e, di conseguenza, la privatizzazione del sistema e della disciplina di base degli intermediari finanziari.
La presenza, invece, del cittadino quale soggetto contraente nell'economia finanziaria è stata trascurata con gravi pregiudizi per la parte più debole del rapporto, rappresentato appunto dall'uomo comune. Il rischio d'impresa, componente ineliminabile nell'economia di mercato, negli investimenti finanziari tradizionalmente era supportato dagli istituti a ciò preposti, sorretti da strutture protezionali in grado, quindi, di valutare la solidità economica del richiedente ed il loro grado di solvibilità.
Ebbene, dalle note vicende emerse in questi mesi vengono alla luce tutti i punti critici dei nuovi problemi che hanno posto interrogativi sul ruolo di alcune istituzioni dello Stato e sul sistema di controllo pubblico nella materia.
Appare, per esempio, colleghi - tutti dobbiamo riconoscerlo - poco verosimile che l'organo di vigilanza Banca d'Italia non abbia avuto conoscenza del rapporto inquinato da commistioni inspiegabili tra amministratori di aziende e banche che hanno scaricato le perdite sui risparmiatori.
E questo no della Banca d'Italia è molto emblematico, colleghi; l'episodio, da ultimo, della Banca Popolare di Lodi, relativo alla scalata o al tentativo di acquisizione dell'Antonveneta, e la difesa del sistema bancario fatta da parte della Banca d'Italia hanno aperto una serie di interrogativi sui quali credo che il disegno di legge e il Governo stesso, attraverso i suoi atti ufficiali, non abbiano ancora dato risposta. Il Governatore della Banca d'Italia è un organo monocratico, l'unico forse esistente in Italia; ha una durata monarchica, paragonabile alla durata di un regnante, perché la nomina è appunto a vita, caso unico in Europa ed anche questo è fonte, alla luce degli ultimi avvenimenti, di forte anomalia.
Certo, oggi parliamo dell'anomalia della durata del mandato del Governatore della Banca d'Italia; in passato non era emersa la necessità di porla all'ordine del giorno del Parlamento perché in realtà la statura morale dei Governatori che si sono succeduti in questo dopoguerra ha fatto sì che in definitiva questa anomalia passasse inosservata e, comunque, non costituisse un problema per il nostro ordinamento economico-finanziario. Il Governatore è sempre stato circondato da un rispetto sacrale, quasi fosse disdicevole poter esprimere una qualsiasi critica e ogni qualvolta sono nati dei problemi nell'andamento economico della nostra produzione, del nostro cosiddetto sistema Italia, tutti hanno atteso con attenzione quali indicazioni provenissero dal santuario della Banca d'Italia.
Questo meccanismo oggi si è rotto perché l'attuale Governatore ha inteso utilizzare male quello che è insito nei poteri monocratici di cui è investito. In democrazia sappiamo che non può esistere un potere assoluto, non è della democrazia un potere assoluto senza controlli e, per giunta, inamovibile. L'inamovibilità - guardate - si è manifestata in maniera evidente con il rifiuto delle dimissioni. Importanti esponenti del Governo si sono espressi in maniera diretta ed indiretta per le dimissioni: quasi tutto l'arco delle forze politiche, ad eccezione di qualcuna che ha inteso esprimere solidarietà, si è espresso per le dimissioni; eppure, il Governatore, forte della sua inamovibilità, ha inteso non accettare tale invito, mettendo l'intero Governo in una situazione di grave difficoltà nell'ambito europeo, indebolendo il ruolo dell'Italia e, soprattutto, la considerazione dell'Italia in Europa.
Peraltro, anche in Europa si aspettavano le dimissioni del governatore Fazio, proprio perché ritenevano che le vicende che hanno interessato la Banca Popolare di Lodi erano state così violentemente contrarie allo spirito dell'Unione Europea, a quello che soprattutto è uno dei princìpi dell'attuale Unione Europea, quello della libera concorrenza all'interno del mercato europeo, che apparivano del tutto ovvie le dimissioni del Governatore.
Ed allora, colleghi, noi abbiamo questo problema che la legge non risolve; la legge di cui stiamo discutendo non risolve il problema dell'attuale Governatore, perché aver introdotto un limite di tempo non prevedendo una disciplina transitoria per la grave situazione che attualmente esiste, ha fatto sì che in realtà questo problema venga rinviato al futuro perché non viene risolto dal disegno di legge, che pure avrebbe dovuto darvi una risposta.
Noi abbiamo assistito a cose incredibili, signor Presidente, lei lo deve riconoscere. Abbiamo appreso niente di meno che clienti, i cosiddetti clienti-amici del patron, del capo della banca, hanno acquistato azioni di un'altra banca perché sollecitati dalla banca principale, in questo caso dalla Popolare di Lodi, dopo di che, le hanno tenute in portafoglio. Ma non le hanno acquistate con soldi propri, le hanno acquistate con i soldi della Banca Popolare di Lodi.
Non hanno dato nemmeno garanzie, quindi nemmeno hanno affrontato il rischio, perché le garanzie sono state offerte da un'altra banca che aveva rapporti con quella di Lodi, una banca estera che fa parte dello stesso gruppo, per cui non hanno nemmeno offerto garanzie. Dopo qualche mese hanno rivenduto le azioni alla Banca Popolare di Lodi, cioè alla banca che ha commissionato l'acquisto, realizzando utili stratosferici.
E non hanno nemmeno pagato le tasse, perché questo è l'unico caso delle plusvalenze che non vengono tassate come sono tassate tutte le altre rendite in Italia. È un caso unico; quindi, non hanno nemmeno pagato le tasse, hanno fatto un grande affare, sono diventati miliardari nel giro di un paio di mesi senza nemmeno pagare le tasse, che pure il cittadino comune è costretto a pagare.
Ebbene, se questo non fa scandalo, se la conoscenza di questi fatti non determina una forte reazione da parte del Parlamento, se tutto questo diventa lecito, immaginando che non è possibile che fatti di questo tipo, che sono a conoscenza della stampa, siano passati inosservati in Banca d'Italia, perché non è possibile che fatti di questo genere non fossero a conoscenza del Governatore, che cosa si aspetta allora ad assumere le decisioni necessarie per ridare autorevolezza a quello che è uno dei massimi santuari dell'economia italiana?
È anche emersa, in occasione degli scandali verificatisi in questi mesi, la questione relativa alla proprietà delle banche. È un problema che in passato non ci eravamo mai posti, perché in realtà di conflitti violenti, apparenti, scandalosi non ne erano venuti fuori. È emersa l'altra anomalia della Banca d'Italia, le cui azioni sono possedute da altre banche però - badate bene - non dal sistema delle banche in generale, ma da alcune grosse banche italiane.
E allora io mi chiedo: è pensabile che questo non determini una situazione di debolezza della Banca d'Italia, sapendo il cittadino che la stessa Banca d'Italia non è dello Stato, ma proprietarie delle sue azioni sono le altre banche?
È immaginabile che non sia nato nel cittadino meridionale, che si è visto espropriato del proprio sistema di banche autonome attraverso operazioni di acquisizione discutibili pilotate dalla Banca d'Italia (operazioni per giunte dirette ad aumentare il patrimonio di banche che poi erano azioniste della stessa Banca d'Italia) il sospetto che non sia stata proprio questa anomalia a determinare poi un comportamento discutibile della Banca d'Italia nel favorire operazioni di acquisizione del sistema bancario meridionale, che poi si sono risolte, alla luce degli avvenimenti degli anni successivi, in grandissimi guadagni?
Basti pensare che in passato l'intervento della Cariplo, l'attuale Banca Intesa, più volte criticato dai colleghi della Lega, di acquisizione della Cassa di risparmio di Calabria e Lucania ha fruttato, in termini di plusvalenze a Banca Intesa, 2.700 miliardi, perché questo è stato l'utile nel momento in cui ha rivenduto la banca acquisita a suo tempo per 240 milioni di vecchie lire, con una successiva ricapitalizzazione di 180 milioni di vecchie lire.
Allora mi chiedo, ma chiedo anche a voi: a fronte dell'atteggiamento tenuto all'epoca dalla Banca d'Italia, che pilotò l'operazione di acquisizione tramite il commissariamento e tramite uno statuto che attribuì la maggioranza degli organi all'allora gruppo di banche del Nord, pur non avendo la maggioranza della proprietà, perché acquisirono il 50 per cento, però ebbero per statuto il 75 per cento degli organi, i quali decisero a loro volta, successivamente, le varie ricapitalizzazioni, non nasce il sospetto che probabilmente questa disponibilità della Banca d'Italia ad assecondare le grandi banche del Nord nasca proprio dall'anomalia di una proprietà che non è dello Stato quando sarebbe necessario che fosse invece dello Stato?
Allora, questa questione la dobbiamo risolvere e mi pare che l'indicazione contenuta nel provvedimento al nostro esame non sia convincente (anche se, per lo meno, il problema viene posto, è quanto meno all'ordine del giorno).
Come pure, per quanto riguarda la questione del doppio ruolo della Banca d'Italia della vigilanza e del controllo sulla concorrenza: non si può vigilare e contemporaneamente pensare di dirigere, di stabilire fino a che punto la concorrenza sia stata lesa, fino a che punto cioè il mercato abbia funzionato a dovere.
Non è pensabile: si tratta di due funzioni diverse ed è giusto che esse vengano separate, così come tutte le funzioni pubbliche, che, proprio per il principio generale della divisione dei poteri, è bene che vengano svolte in maniera chiara, precisa, in modo che le responsabilità delle funzioni siano fra di loro non conflittuali, né nascano conflitti di interesse.
Ecco perché, colleghi, la legge al nostro esame è insufficiente, ecco perché siamo convinti che essa non risolva nessuno dei problemi che sono sul tappeto, perché non scioglie i nodi che sono nati intorno alla Banca d'Italia e non tutela il risparmiatore, il soggetto debole del rapporto economico.
Il cittadino che mette da parte il frutto del proprio lavoro e intende reinvestirlo dev'essere protetto dallo Stato e nell'attuale sistema non solo non è protetto, ma può succedere quello che è accaduto con la Parmalat e la Cirio, allorché le banche creditrici della Parmalat e della Cirio hanno collocato obbligazioni di queste due società utilizzando i risparmi dei propri clienti e così poi questi poveri clienti hanno visto distrutto il loro lavoro perché il risparmio si è volatilizzato, in quanto la stessa accumulazione di denaro fatta attraverso le obbligazioni di queste due società è stata incamerata dalle banche proprio in quanto dovevano far fronte alla situazione di credito che vantavano verso le due società medesime.
E allora il cliente, il cittadino debole, il cittadino comune da chi viene tutelato, se lo Stato si disinteressa? Questa era un'occasione favorevole per fare in modo che finalmente lo Stato prendesse le difese di chi non ha le strutture per potersi difendere, non ha la possibilità di conoscere il mercato finanziario e però vuole concorrere alla produzione e allo sviluppo del mercato.
Ecco, debbo dire con rammarico che abbiamo perso un'occasione e che è un peccato che essa sia stata persa.
Anche la previsione nella legge dell'eventuale limite temporale nel richiedere somme depositate da parte del cittadino è assurda, perché un cittadino che abbia depositato dei soldi non può subire una specie di prescrizione per cui, se non dovesse ritirare il proprio denaro, lo perde.
Non è possibile, questa è un'anomalia gravissima che potrebbe disaffezionare il risparmiatore, e in Italia sappiamo che il risparmiatore è soprattutto quello piccolo, da noi il risparmio è soprattutto quello delle famiglie che non possiamo disincentivare in queste forme.
Ma sapete cosa avviene molte volte, soprattutto per i risparmiatori che hanno la filosofia del risparmio, che, messi da parte i soldi in banca, se ne dimenticano finanche? Come si può allora pensare d'introdurre, anche in linea di principio, la possibilità che il risparmio possa prescriversi? Questo mi pare danneggi ulteriormente l'uomo comune e quindi faccia registrare una volontà poco attenta del Governo nel tener conto della condizione del cittadino.
Un'ultima considerazione, colleghi. Le polemiche che si sono susseguite in questi giorni sulla finanza cattolica, cioè sul tentativo della cosiddetta finanza laica di vincere il suo confronto con la finanza cattolica, mi pare siano tutte inventate.
Già debbo dire, con molta serenità, che mi sono parsi del tutto impropri gli interventi fatti da «Avvenire», da «L'Osservatore Romano» e da alcune autorità religiose, che non potevano, non dovevano e non debbono difendere un Governatore sol perché cattolico, in quanto l'interesse generale del Paese non è quello di avere un Governatore cattolico, bensì quello di avere un buon Governatore, che è cosa diversa.
Debbo anche dire che farebbero bene soprattutto le autorità cattoliche a ricordare che forse lo scandalo maggiore del sistema bancario, quello dell'Ambrosiano, ha anch'esso la sigla della cosiddetta finanza cattolica.
Qui mi pare che dobbiamo riaffermare con forza il principio della laicità dello Stato e con forza dobbiamo chiedere al mondo organizzato dei cattolici di essere rispettoso di quel principio, perché, così come è giusto che il mondo civile sia rispettoso dell'organizzazione e del modo di essere e di esprimersi del mondo cattolico, allo stesso modo, credo che lo Stato laico debba trovare una forte difesa da parte di tutti noi nell'affermazione della sua autonomia e del principio che le questioni dello Stato laico vanno risolte dalle istituzioni preposte a tale compito.
Colleghi, vi ringrazio per avermi ascoltato, augurandomi che questo provvedimento non venga approvato, per farne uno migliore. (Applausi dai Gruppi Misto-SDI-US e DS-U).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cantoni. Ne ha facoltà.
CANTONI (FI). Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, ai relatori e ai senatori tutti che hanno partecipato con molta professionalità ai lavori delle Commissioni rivolgo un doveroso ringraziamento, anche perché voglio ricordare che questo è un disegno di legge che ormai si trascina da oltre un anno e mezzo.
Dalle discussioni svoltesi in Aula e dall'esposizione del Ministro si evidenzia che il provvedimento è non tanto necessario, quanto assolutamente necessario e da varare nel tempo più veloce, perché è in ballo la nostra credibilità, è in ballo una risposta doverosa che dobbiamo dare ai mercati finanziari, nonché ai risparmiatori e a tutti coloro che hanno perso denaro in modo assolutamente inaccettabile.
Presidenza del vice presidente DINI (ore 18,10)
(Segue CANTONI). Lo voglio dire perché molti hanno ricordato gli scandali Enron, Vivendi, Parmalat, Cirio, bond argentini. Voglio solo ribadire che oltre un milione di risparmiatori italiani è stato coinvolto da situazioni oserei dire di negligenza, che devono far riflettere profondamente il sistema bancario, i politici e tutti noi su quello che è successo. Il disegno di legge mi sembra uno degli strumenti fondamentali per dare risposte.
Quello che è curioso è che nello scandalo dei bond argentini 450.000 italiani sono stati oggetto di una profonda tosatura, per oltre 25.000 miliardi di vecchie lire. È anche curioso pensare che si è trattato prevalentemente di risparmiatori italiani e non di altri Paesi europei; quindi, c'è una grossa responsabilità da parte di coloro che ciò hanno consentito, o su cui quanto meno non hanno vigilato, e delle banche che hanno propinato quasi carta straccia a risparmiatori che sono prevalentemente anziani e che hanno investito la loro pensione dopo decenni di duro lavoro, ritrovandosi, oggi, con un mucchio di carta straccia.
È un profilo morale, etico che non possiamo sottacere. Quindi, non possiamo neppure affrontare alla larga l'aspetto fondamentale di un cambiamento della legge che non solo è indispensabile, ma doveroso per l'onore di parlamentari che, in quanto eletti dal popolo, hanno la responsabilità di dare risposte valide e ferme. Questo provvedimento deve dunque andare avanti con sollecitudine.
Il Ministro ha dichiarato che gli scandali finanziari sono stati resi possibili anche per regole inadeguate. Il Ministro è stato molto generoso. Noi prendiamo atto di questo aspetto e pertanto che la legge deve essere profondamente emendabile.
Il disegno di legge approdato al Senato ritengo sia una risposta sistematica e organica ai problemi, anche se incompleta, e parlerò più avanti di un emendamento.
Come sapete, il provvedimento innova prevalentemente sul piano della governance (quindi, amministratori e sindaci), della tutela degli investitori, dei rapporti con le società di revisione, sul piano delle autorità di mercato e delle sanzioni, anche perché si sono dimostrate profonde lacune in un capitalismo e in un sistema eccessivamente negligente verso coloro che hanno il dovere di proteggere non solamente i grandi gruppi ma, prioritariamente, le persone più deboli e i risparmiatori.
L'iter del provvedimento è stato molto tormentato, eccessivamente lungo perché complesso e perché molte lobbies fortissime hanno creato parecchi ostacoli. Infatti, il cambiamento dei cosiddetti poteri forti non è gradito ai poteri forti.
Qui però è in gioco la credibilità del nostro Paese, della nostra democrazia, del nostro sistema bancario e finanziario; soprattutto, la credibilità rispetto coloro che ogni giorno danno l'obolo alle banche affidando loro, con grande fatica, i propri risparmi.
Il Consiglio dei ministri, il 1° settembre, ha approvato un testo sulla Banca d'Italia che propone una riforma che ritengo coraggiosa rispetto alle critiche cui ho assistito, mosse da decine di ottimi colleghi dell'opposizione, ai quali però vorrei ricordare che i loro Governi non hanno mai proposto alcun cambiamento delle regole relative alla Banca d'Italia, alla sua governance e alla durata del mandato dal Governatore. Infatti, già ai tempi della nomina del governatore Fazio si parlava di una durata del mandato di cinque anni: basta leggere i giornali e i Resoconti stenografici di allora.
Pertanto, la sinistra non ha proposto nulla e devo aggiungere - lo dico senza provocazione e senza voglia di polemica - che questi scandali sono nati prevalentemente nel periodo in cui questa ha governato.
Quindi, si propone oggi una riforma che corregge le regole in senso più moderno, intervenendo su alcuni ambiti: l'assoluta necessità della collegialità delle decisioni in un momento in cui la globalizzazione porta a difficoltà enormi, ad una complessità delle decisioni che non debbono essere più ascritte monocraticamente ad una persona sola, ma devono essere demandate alla collegialità; la trasparenza degli atti; le regole più certe; il mandato a termine del Governatore; gli azionisti della Banca d'Italia che possono essere le stesse banche che, a loro volta, devono essere vigilate dalla Banca centrale.
Si tratta di elementi che in tutte le banche centrali europee, oltre che nelle principali banche degli altri Paesi del mondo, sono presenti da alcuni decenni; semmai, noi vi arriviamo con un gravissimo ritardo.
Il disegno di legge non è originale; mi rendo conto che non c'è un cambiamento stravolgente, ma così deve essere, perché dobbiamo essere prudenti. Dobbiamo dare la possibilità di democratizzare questo aspetto fondamentale, tenendo conto che la Banca d'Italia è estremamente prestigiosa e presente nel contesto mondiale e nella coscienza di tutti noi. Dobbiamo, quindi, agire con molta prudenza.
Sul piano organizzativo, si adottano princìpi che sono stati definiti primitivi (come la collegialità, la trasparenza, il termine del mandato, l'assenza di conflitti potenziali tra vigilanti e vigilati), ma tali princìpi devono essere assolutamente introdotti nel disegno di legge, che deve costituire il punto fondamentale per un cambiamento e un recupero della credibilità del nostro Paese.
Ripeto: la Banca d'Italia è una delle istituzioni più prestigiose del Paese e va tutelata innanzitutto nella propria indipendenza (su questo siamo assolutamente chiari), ma anche nella propria reputazione, perché mai come oggi, da quando è nata, la Banca d'Italia ha perso reputazione.
Per quanto concerne la tutela della concorrenza nel settore bancario, su cui il Consiglio dei ministri ha espresso l'orientamento di muovere in modo più netto (cito testualmente) verso un modello di vigilanza per finalità, anziché per soggetti (vale a dire trasparenza, concorrenza e stabilità), il Ministro ha detto di attendere che si svolga un dibattito parlamentare. Noi lo ringraziamo per questo; magari, avremmo preferito una più decisa presa di posizione del Governo e del Ministro, però siamo pronti a svolgere un dibattito parlamentare.
Se gli investitori - voglio ribadire - non hanno regole moderne, non investono in un mercato. Il rischio di emarginazione del nostro Paese nel contesto dei circuiti finanziari bancari mondiali è molto forte. Quindi, in un momento in cui la globalizzazione porta a fusioni e acquisizioni, in cui in Europa si cambia con estrema velocità, noi dobbiamo dotarci di organi istituzionali, di una mentalità e di una cultura internazionali, che certamente non possono agire secondo culture provinciali, come invece abbiamo visto succedere nel nostro Paese.
A margine del mio intervento, fornirò alcune risposte che ritengo puntuali, non solo alla minoranza, ma anche ad esponenti della maggioranza che hanno criticato il disegno di legge.
Vorrei fare una puntualizzazione, su un mio emendamento che il relatore Eufemi, con sottile ironia, ha definito personale, ma che tanto personale non è, perché so che una larga parte del Senato (o quanto meno una sua parte) lo considera degno di attenzione e di discussione.
Tengo a dire che non si tratta di un emendamento frutto di una mia bizzarria; piuttosto, si tratta di una proposta di modifica che rende coerente quanto da anni continuo ad affermare in merito alla riforma della Banca d'Italia e soprattutto in relazione al metodo della collegialità.
Non è certo questa la sede per un excursus (come alcuni vorrebbero) su ciò che è successo nel mondo bancario; ho però fortissime critiche da muovere su quanto è accaduto e soprattutto sulle enormi disponibilità di capitali che si sono volatilizzate, con ricadute sull'eccessivo costo dei servizi che pagano sempre i risparmiatori, che sono sempre meno cittadini e che per il sistema bancario sembrano quasi sudditi. Tutto ciò deve finire. Propongo, quindi, che la tutela del risparmio e le funzioni di controllo passino dalla Banca d'Italia all'Autorità antitrust.
Capisco che si tratta di un emendamento che può definirsi personale e sono onorato se esso, come tale, magari non sarà approvato perché le lobbies e le minacce sono fortissime, ma io ritengo anche di essere un uomo libero e di poter dire, come specialista e come esperto, quanto ritengo opportuno.
Infatti, posso con vanto dichiarare di aver salvato ben due banche: l'Istituto bancario italiano, che era vicino al fallimento, e la Banca nazionale del lavoro, che era tecnicamente fallita quando, il 3 ottobre 1989, ne assunsi la presidenza, su espressa richiesta del ministro del tesoro Guido Carli. (Applausi dei senatori Guzzanti, Ioannucci, Moncada e Scotti).
Il presidente Dini, che mi fa piacere sia presente, conosce molto bene questa vicenda e, se vuole, mi può anche smentire, ma so che è una persona perbene, estremamente perbene, e sa che sto dicendo la verità.
Dopo gli anni Trenta, in Italia il legislatore impose una separazione tra aziende bancarie e industriali; tra banche commerciali, che erogavano credito, e banche di investimento, che collocavano i titoli presso i risparmiatori; tra banche e assicurazioni, e così via. Gli organismi di regolamentazione e supervisione erano quindi distinti e specializzati per soggetto.
Con gli anni, la normativa si è modificata e dagli anni Ottanta il sistema finanziario italiano si è trasformato in un sistema nel quale un ruolo centrale è svolto dalla banca universale, che svolge tutte le funzioni prima attuate da intermediari diversi.
Le autorità specializzate per soggetto sono dunque diventate inadatte e soprattutto obsolete; quindi, è obsoleto il fatto che ci sia un'unica autorità per la vigilanza e la stabilità, che giustamente deve essere esclusivamente rafforzata nella Banca d'Italia, mentre invece la tutela della concorrenza e del mercato deve far capo ad un'altra autorità, per dare maggiore democraticità al mercato e soprattutto maggiori garanzie ai risparmiatori.
Nello slang bancario si dice che si deve passare da un modello basato sui soggetti ad un modello basato sulle funzioni. Le funzioni - ricordo per tutti coloro che non conoscono molto bene questo aspetto - sono tre e rispondono ai tre beni pubblici che sono, in senso assoluto, il verbo sul quale noi, in modo etico e morale, e il sistema bancario dobbiamo vigilare e che deve anche essere modus vivendi nell'attività di negozio giornaliero.
I tre beni pubblici sono: la stabilità, la trasparenza e la correttezza nei comportamenti e la concorrenza. La stabilità è riferita al sistema delle banche ed è necessaria per evitare perdite degli investimenti in moneta; la trasparenza è riferita ad imprese e a società finanziarie che fanno appello al pubblico risparmio direttamente o attraverso la Borsa valori, ed è necessaria per evitare che i risparmiatori perdano la fiducia in coloro che, pur con qualche rischio, ma noto e gravante su tutti allo stesso modo, gestiscono i loro risparmi; la concorrenzialità è riferita a tutto il sistema delle imprese creditizie e finanziarie ed è necessaria affinché le rendite delle gestioni di queste attività vadano il più possibile - lasciatemi dire in modo naïf - nelle tasche dei consumatori.
Oggi abbiamo esempi eclatanti di come dalle tasche dei risparmiatori sia stato sfilato denaro e non voglio neanche rispondere ai colleghi che hanno ricordato che due terzi dei bond Parmalat, Cirio, sono stati emessi all'estero e quindi non c'era possibilità di controllo da parte dell'istituzione di vigilanza.
Sappiamo benissimo che è una tesi assolutamente inaccettabile, perché chi conosce bene e professionalmente le regole sa che quei bond dovevano essere emessi da istituzioni e banche all'estero e non potevano essere poi trasferiti in Italia e spalmati sui risparmiatori. È stata una truffa.
Dobbiamo avere il coraggio (io ne ho il coraggio, e lo dico più volte) e l'assoluta, morale dignità di ricordare che tutti questi aspetti devono essere fondati sulla verità: quei bond non potevano essere venduti al pensionato, al risparmiatore, a tutti coloro che non avevano neppure la possibilità e la capacità - non dico professionale, ma elementare - di effettuare un controllo.
Il nostro è un Paese bancocentrico, esageratamente bancocentrico; probabilmente, anche in un declino del capitalismo c'è questa eccessiva bancocentricità per cui i più grandi imprenditori sono pesantemente indebitati verso il sistema bancario, che quindi diventa un centro di potere politico, vigilato da un centro di potere politico monocratico della Banca d'Italia, del Governatore, assolutamente inaccettabile.
L'emendamento che ho presentato mira a modificare l'attribuzione delle competenze dell'Autorità di vigilanza in materia di concorrenza nel settore bancario. La proposta emendativa mira a trasferire all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la relativa competenza nei confronti delle banche e sull'attuazione delle disposizioni riguardanti le intese restrittive della libertà di concorrenza, l'abuso di posizione dominante e le operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza.
Signor Presidente, il tempo a mia disposizione volge al termine e sono costretto a tagliare notevolmente il mio intervento. Voglio solamente rimarcare che questo aspetto di crisi ha una precisa data di nascita: inizia con la nefasta riunione sul «Britannia», dove, ahimè, tanti attori ancora sul mercato erano soggetti fondamentali in un processo di privatizzazione che è stato una delle grandi pagine sulle quali dovremmo istituire una Commissione per stabilire la verità.
Sono stati causati danni al sistema e alla credibilità italiana; quindi, ci attendiamo che questa riforma venga fatta con responsabilità e con le modalità possibilmente più veloci, al fine di dare una risposta vera e democratica e avere la coscienza a posto verso il popolo italiano. (Applausi dai Gruppi FI, LP e dei senatori Moncada e Grillotti. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Eufemi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, a conclusione di un dibattito ricco di ben 25 interventi desidero rivolgere il più sentito ringraziamento ai colleghi per le opinioni espresse e gli elementi portati su un tema centrale come quello del risparmio e della tutela dei mercati finanziari.
Il dibattito è stato tuttavia caricato di molti significati impropri, di molti argomenti estranei, compresa la legge elettorale. Non abbiamo ascoltato una penetrante valutazione delle scelte operate e delle norme licenziate dalle Commissioni riunite, nessun riconoscimento, come se fosse tutto da respingere.
Bene ha fatto il Ministro dell'economia ad inquadrare la riforma in un continuum di interventi volti a definire una più complessa architettura di regole finanziarie efficaci, adeguate ad un sistema aperto e globalizzato.
Il dibattito è stato aperto dall'intervento del Ministro che ha posto due questioni: la crisi di credibilità del Paese ed il problema del passaggio delle funzioni della concorrenza sul credito dalla Banca d'Italia all'Antitrust.
Occorre sgombrare il campo dagli equivoci. La stessa indagine conoscitiva parte ben prima delle vicende relative al controllo di due banche. Il punto di partenza è quello degli scandali finanziari in Italia, che seguono e non precedono quelli europei e degli Stati Uniti. Ad ogni buon conto, va ricordato che il caso Enron non è stato scaricato sulla FED, a differenza di quanto si è registrato da noi con accuse indiscriminate e quindi superficiali.
Non è la questione Banca d'Italia ad impedire o ritardare la riforma. I tempi non coincidono con le recenti vicende bancarie. La crisi di credibilità è stata innescata, ben prima delle vergognose polemiche per rovesciare le decisioni del mercato a favore della banca olandese, dall'incapacità di dare concreta e credibile attuazione ad una vera politica di risanamento della finanza pubblica, indispensabile per sostenere la crescita e lo sviluppo del Paese.
La credibilità si misura dai comportamenti degli investitori e dei risparmiatori. Non vi è stata la coda di questi ultimi agli sportelli delle banche, come nel 1992, in occasione del prelievo straordinario del 6 per mille sui conti correnti. Bene ha fatto il senatore Grillo a ricordare il rapporto, che oggi è rimasto inalterato, tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi.
Abbiamo ascoltato molte sciocchezze nei giorni scorsi, compresa quella sulla cancellazione di un'offerta di bond a trent'anni, cogliendo di sorpresa i mercati e provocando un piccolo salto nel prezzo dei titoli trentennali emessi in passato. È un'affermazione falsa, che noi respingiamo. Da un anno le emissioni dei BTP a trent'anni non vengono effettuate. (Applausi del senatore Grillo).
In ogni caso, dobbiamo dire che il calendario delle emissioni del Tesoro è stato pienamente rispettato con l'annuncio delle aste a cinque e quindici anni, avvenute il 6 settembre scorso.
Non sembra inoltre dimostrabile che le vicende in corso abbiano cominciato ad avere effetti concreti sul nostro debito pubblico. Infatti, le aste dei titoli suddetti, svoltesi il giorno 13 settembre, hanno registrato una buona domanda (8,3 miliardi di euro a fronte di 4,5 offerti), con rendimenti di aggiudicazione in discesa. Sui BTP a quindici anni è stato addirittura fatto registrare il minimo storico del 3,58. Il mercato secondario non è stato turbato dalle vicende in corso, in quanto il differenziale di rendimento tra BTP e Bund decennali è diminuito dai 23 centesimi di punto toccati il 6 giugno, a valori tra 20 e 21 centesimi, registrati stabilmente dallo scorso luglio. Questi sono i fatti sui quali invito i colleghi a riflettere.
Perché solo ora si è chiesta una riforma profonda della Banca d'Italia? Perché solo ora la sinistra chiede un intervento, ma non ha fatto nulla nei cinque anni di Governo? (Commenti del senatore Bonavita). Perché non ha utilizzato la grande riforma della finanza per intervenire? Non stiamo parlando di una cosa di settant'anni fa, come la legge bancaria del 1936, ma della legge Draghi, che è del 1998. Il Testo Unico di finanza è solo di sette anni fa. Quello era il momento di avanzare proposte o di emanare norme, ma non è stato fatto. Quella era l'occasione per incidere, prendendo atto delle grandi trasformazioni dopo la legge sulla ristrutturazione del sistema bancario, che ha portato alla sua crescita dimensionale, ad una sua più forte patrimonializzazione, insieme ad una maggiore capacità competitiva.
È stato fatto un terrorismo mediatico per altri interessi. «Il rischio prevalente» - scriveva Menichella - «non era dentro il sistema bancario, ma esterno ad esso ed era quello della ricostituzione degli oligopoli industrial-finanziari, a danno dei consumatori e delle piccole e medie imprese.
Al senatore Angius vorrei dire che nella fattispecie non si può separare la difesa della Banca d'Italia dal Governatore. Se si colpiscono le persone, si finisce per colpire le istituzioni. Coloro che ne vogliono la sostituzione, vogliono anche ferirne l'autonomia, travolgendo le regole, comprese quelle europee, previste dai Trattati internazionali e dallo statuto della Banca centrale europea, che non sono un optional.
GARRAFFA (DS-U). Noi vogliamo salvaguardare le istituzioni!
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, la prego di non disturbare il relatore.
EUFEMI, relatore. Sulla riforma del modello delle Autorità di vigilanza, ho trovato sorprendente che il Ministro dell'economia abbia riproposto una questione che ritenevamo chiusa con la decisione delle Commissioni e che riconfermiamo in quest'Aula dopo la discussione generale.
Nella ricostruzione degli avvenimenti mancano alcuni elementi fondamentali e particolarmente rilevanti come la inequivocabile sentenza del TAR che ha riconosciuto la piena correttezza dell'operato della Banca d'Italia, i pronunciamenti della Commissione europea e dalla Banca centrale europea e, da ultimo, il rispetto della legge, come sostenuto da parte del commissario McCreevy, il quale comunque non può essere il supremo interprete delle leggi italiane né ha il ruolo di giudice di legittimità. Nel momento in cui si assume questa responsabilità, finisce per venire meno il suo ruolo super partes rispetto ai Paesi europei: non sapevamo che Bruxelles fosse divenuta Bisanzio!
Sarebbe più pertinente ed urgente eliminare i conflitti di interesse che riguardano alcuni commissari europei. Nel dibattito non abbiamo trovato riconoscimenti rispetto alle scelte operate dalle Commissioni sulla qualità degli interventi nella governance societaria, nel rafforzamento dei controlli, in una più forte trasparenza sulle società offshore, sulla disciplina del prospetto informativo che offrirà maggiori garanzie ai risparmiatori rispetto ai collocamenti e impedirà nuovi scandali finanziari. Si è guardato a tutelare non interessi di parte, ma esclusivamente i risparmiatori e, soprattutto, i risparmi dei giovani nella prospettiva dell'afflusso delle risorse del TFR sul mercato.
Condivido pienamente i rilievi del senatore Tarolli sull'emendamento del Governo relativo al passaggio delle quote proprietarie della Banca d'Italia, sul calcolo delle quote del valore delle stesse legato ai diritti patrimoniali piuttosto che al valore corrente o economico delle stesse, sull'eccesso di giurisdizione e sulle modalità di copertura finanziaria. Purtuttavia, rispettiamo la decisione unanime e collegiale del Governo.
L'eccesso di procedure burocratiche può portare ad impedire il raggiungimento dell'obiettivo della trasparenza che si dice di voler perseguire e ad accrescere il tasso di lottizzazione delle e nelle istituzioni, accrescendo la loro inefficienza, oltre che la loro inefficacia. Siamo prioritariamente impegnati in una riforma di sistema che guarda al futuro e potrà rappresentare una valida risposta ai mercati finanziari, recuperando un clima di fiducia, di più forte fiducia.
Il senatore Grillo ha ricordato gli anni dal 1987 al 1992. Credo che lo meritino perché quel periodo segna una riforma del mercato finanziario che, per incisività e per ampiezza, non ha precedenti. L'evoluzione della finanza internazionale ed il processo di consolidamento delle istituzioni finanziarie impongono una riflessione per le conseguenze sul sistema e per le sfide che si impongono al nostro sistema creditizio in termini di efficienza e di concorrenza. Diverso è svolgere una seria valutazione sul modello di banca universale, sul modello di specializzazione dell'industria bancaria.
Il problema non è solo quello degli impieghi ma è anche quello della raccolta, poiché le due funzioni sono strettamente legate. Il problema non è solo la contendibilità e la concorrenzialità; non si può perdere di vista la finalità e la funzione del risparmio, quella cioè di favorire gli investimenti, la crescita e l'occupazione.
Il senatore Cantoni, insieme ai senatori Debenedetti, Turci e Cambursano tra gli altri, ha espresso rammarico per il fatto che il provvedimento non interverrebbe su alcuni profili che interessano la Banca d'Italia e, in particolare, sulla durata del mandato del Governatore e sulle competenze antitrust nel settore bancario. Sulla Banca d'Italia il Governo ha deliberato un intervento legislativo. Sul trasferimento di funzioni all'Antitrust, senatore Cantoni, no! Non vi possono essere maggioranze variabili, a seconda dell'argomento; altrimenti sarebbe il caos dei nostri lavori e l'impossibilità di raggiungere in tempi rapidi l'obiettivo di questa riforma.
Sulla seconda questione, occorre dire che si tratta di aspetti che non riguardano gli scandali dai quali il provvedimento prende le mosse… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente)… e che per converso incidono su equilibri complessivi degli assetti di controllo sul sistema finanziario. Questi ultimi hanno dimostrato di poter assicurare l'indipendenza dell'azione tecnica di vigilanza e la crescita del comparto bancario in contesti dapprima caratterizzati dalla prevalenza della banca pubblica, e successivamente dalla privatizzazione del sistema e dal suo funzionamento secondo i canoni di un mercato aperto e concorrenziale.
L'attribuzione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato di competenze in materia antitrust nel settore bancario è molto controversa; non si ritrova nella normativa degli Stati Uniti, non sarebbe una scelta efficiente nel nostro Paese. L'attuale riparto consente che la Banca d'Italia promuova e tuteli la concorrenza sia nella veste di Autorità antitrust che in quella di organo di vigilanza, costituendo la competitività del sistema creditizio e finanziario uno degli obiettivi della vigilanza prudenziale disciplinata dal testo unico bancario. L'accentramento in un'unica istituzione delle due competenze consente sinergie negli strumenti, nella elaborazione delle informazioni, nello sviluppo delle professionalità.
La Banca d'Italia ha svolto, nella veste di autorità preposta alla tutela della concorrenza, oltre 50 istruttorie. Su un altro settore dell'economia è stato condotto in Italia un numero così elevato di procedimenti antitrust, da quando è entrata in vigore la legge n. 287 del 1990. Tutti gli indicatori dimostrano inequivocabilmente la crescita nell'ultimo decennio della concorrenza nel sistema bancario con riguardo alla struttura del mercato e dei tassi d'interesse, nonché alla redistribuzione delle quote facenti capo ai diversi operatori.
È bene, infine, sgombrare il dibattito da un equivoco. La titolarità delle funzioni antitrust nel comparto nevralgico delle concentrazioni nulla ha a che vedere con l'apertura internazionale del sistema, e in particolare con la possibilità che operatori esteri acquisiscano quote di controllo nel capitale di banche nazionali.
L'autorizzazione per l'acquisto di partecipazioni di controllo, o comunque rilevanti in enti creditizi, è espressamente prevista dal diritto comunitario, al fine di garantire la sana e prudente gestione dell'impresa bancaria. Diverse sono le valutazioni antitrust, volte ad accertare se un'operazione di concentrazione sia suscettibile di restringere la competizione tra operatori. Tale valutazione investe la struttura del mercato nazionale ed europeo e non le esigenze della singola banca.
Le differenti prospettive fanno sì che non siano possibili, neppure in astratto, conflitti tra le conclusioni cui giungono i procedimenti di vigilanza e quelli antitrust. Ciò è naturalmente vero anche allorché l'istruttoria in materia di concorrenza sia svolta dalla Commissione europea. Non vi sono evidenze che le decisioni siano state motivate per fini di stabilità, a scapito della concorrenza. Lo stesso diritto comunitario prefigura le due procedure come nettamente distinte, e prevede che le valutazioni prudenziali sugli assetti proprietari delle banche vengano svolte esclusivamente dalle Autorità nazionali di vigilanza.
Le valutazioni di vigilanza in materia di assetti proprietari sono conformi ai princìpi contenuti nella legislazione comunitaria, nel testo unico bancario e, in attuazione di quest'ultimo, nelle deliberazioni del CICR e nelle istruzioni di vigilanza della Banca d'Italia. Tali valutazioni hanno natura tecnica e, in presenza di operatori comunitari, prescindono da considerazioni non prudenziali quali la nazionalità dell'istante.
La correttezza dell'operato della Banca d'Italia in questo ambito è testimoniata dalla circostanza che i provvedimenti in materia non sono mai stati oggetto di annullamento giudiziario. La stessa ultima decisione del TAR si basa su una istruttoria correttamente svolta dalla Banca d'Italia. Non c'è quindi alcuna credibilità da recuperare in ordine ai comportamenti della Banca d'Italia!
Il senatore D'Amico ha presentato un emendamento che contiene tra l'altro la riforma del CICR. Ho trovato senz'altro mutata la sua posizione rispetto a quanto scriveva e leggevo negli anni '90 in materia sulla necessità che il credito rientrasse nelle funzioni della concorrenza affidate alla Banca d'Italia.
Sarebbe interessante, senatore D'Amico, rileggere il comportamento della Banca d'Italia all'interno del CICR sul finire degli anni '80, tra i sostenitori di una lira sopravvalutata a vantaggio degli investitori USA, che portò poi alla crisi valutaria del 1992, e i sostenitori invece di un'idea diversa.
Caratteristica peculiare del nostro sistema è quella di conferire alla Banca d'Italia la competenza in materia di stabilità e di concorrenza nel settore bancario, giustificata dalla relazione di complementarità tra concentrazione e concorrenza e dalla migliore informazione di cui dispongono le autorità di supervisione.
V'è intreccio tra normativa nazionale e quella sovranazionale.
L'elevata tecnicità dell'analisi della concorrenza nel settore del credito costituisce il principale portato degli elementi di specificità. In un recente libro di Napoletano viene riportata una frase del primo presidente dell'Antitrust, professor Saja, del seguente tenore (e mi rivolgo in particolare al senatore Grillo): «Noi di banche non capiamo niente. Per questo trasferire la competenza del sistema creditizio all'Antitrust sarebbe un errore perché non può essere disgiunta dalla stabilità e quindi dalla vigilanza che ha una conoscenza diretta, quasi automatica del sistema bancario. Insomma sa chi siamo e dove andiamo».
Al senatore Cantoni vorrei ricordare che lo stesso presidente… (Richiami del Presidente). Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Dicevo che lo stesso Antonio Catricalà, attuale presidente dell'Antitrust, ha riconosciuto, nei giorni scorsi, precisamente domenica, credo al congresso di Pesaro, che sulle concentrazioni bancarie l'Antitrust non è né preparata, né attrezzata.
Con la legge n. 287 del 1990 fu fatta una scelta precisa: le norme specifiche riferite al settore del credito per le asimmetrie informative riflettono con chiarezza il ruolo inequivoco che il legislatore nazionale ha voluto attribuire alla concorrenza e in tale ramo di attività - e, dunque, la specificità del ruolo della Banca d'Italia e (vorrei ricordarlo al senatore Passigli) - e nell'editoria e nelle assicurazioni. Questa è la specificità. Questo principio, che vige dal 1991, è stato ribadito nel 1998 dalla normativa sul mercato finanziario.
Il legislatore, dunque, ha affidato alla Banca d'Italia il ruolo di tutela della concorrenza nel settore creditizio per la specificità del settore. È molto semplice: la legge n. 287 si muove in coerenza con la filosofia della legge n. 218 del 1990.
Trovo francamente contraddittorie le critiche alla protezione dell'italianità, a una presunta pretesa protezionistica e dirigistica dell'italianità, di esponenti della stessa parte politica che si è lamentata nei giorni scorsi della vendita di Wind a un investitore straniero, in un settore, come quello telefonico, dove è già presente un importante operatore italiano.
Converranno quindi i sostenitori della contendibilità che le banche straniere non vengono in Italia a fare beneficenza. Non abbiamo visto presenti le banche straniere in molti casi di ristrutturazione industriale, come nel caso FIAT, nella SMI di Orlando, nella SIR di Rovelli, nell'Alitalia, nella Montedison, nel gruppo Ferruzzi, ma solo, com'è ovvio, presenze opportunistiche dove non vi sono rischi e nei collocamenti dove vi sono ricche commissioni.
Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, è il momento di dare risposte concrete ai mercati e ai risparmiatori. Da parte nostra non ci sottrarremo a queste responsabilità.
Finché c'è questo sistema democratico parlamentare e le Camere assolvono ai loro compiti non potranno esserci lobby editorial-finanziarie o di altro genere capaci di imporre soluzioni fuori dalle regole democratiche.
Senatore Cantoni, noi vogliamo andare avanti. Abbiamo contenuto le modifiche proprio per raggiungere l'obiettivo alto della riforma così come auspicato dal Capo dello Stato.
Guardiamo con fiducia al senso di responsabilità di ciascuno affinché questa riforma possa entrare rapidamente nell'ordinamento. (Applausi dal Gruppo UDC e dei senatori Grillo, Carrara e Fasolino. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Semeraro.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, signori colleghi, desidero anch'io porgere un vivo ringraziamento ai componenti delle due Commissioni, che hanno lavorato con molto impegno e grande determinazione perché desiderosi di portare e far giungere all'approvazione una legge tanto importante e di grande ricaduta sociale. Intendo poi ringraziare tutti coloro che sono intervenuti nel corso di questo dibattito; ognuno ha offerto il suo contributo, molte volte non condivisibile, ma in ogni caso utile per approfondire la discussione della problematica in trattazione.
Non ho preparato un intervento scritto, signor Presidente, e debbo dire che in effetti la replica svolta dal senatore Eufemi è stata oltremodo completa, per cui ritengo di poterla interamente confermare. Mi sia consentito, però, svolgere un semplicissimo esame di questo complicato iter legislativo, perché desidero che ci si renda conto che probabilmente, con il passare del tempo e con l'approfondimento del dibattito, ci si è abbandonati a discussioni non molto rilevanti rispetto alla finalità e alla ratio del provvedimento.
Questa legge costituisce, a mio avviso, un punto di sintesi importantissimo di un complesso impegno legislativo nato nel 2004, che approda ora nell'Aula di Palazzo Madama.
Nel 2004 l'Italia si accorge, a seguito di grossi crack finanziari, e quindi di gravissimi dissesti che hanno comportato disavanzi economici notevolissimi per un grandissimo numero di operatori economici, di non avere una legislazione adeguata e capace di offrire la necessaria tutela dei diritti di ogni operatore finanziario, di riconoscere e sostenere i diritti medesimi, e soprattutto della necessità di intervenire legislativamente, anche in considerazione dell'inadeguatezza delle previsioni dell'articolo 47 della Costituzione, che non sono state e non potevano essere applicate alla problematica della tutela del risparmio. Ci si rende conto che necessariamente bisogna dar corso ad un testo di legge.
Finalità della legge era - come dicevo prima - quella di predisporre una tutela per gli operatori economici e quindi di creare un sistema di controllo intrecciato, più rigoroso. Si trattava di intervenire perché era quanto mai necessario cercare di eliminare la possibilità di conflitti di interessi, perché sappiamo molto bene che determinano disordini e creano difficoltà di gestione.
Ci si rende conto, allora, della necessità di una più completa regolamentazione dei rapporti fra banche e imprese e di una serie di questioni sulle quali si tenta di intervenire con vari disegni di legge, tutti unificati poi nel provvedimento oggi in trattazione.
A seguito dell'esame della legge, che stava già per diventare definitiva, sorge un'altra questione e attraverso la pubblicazione sui mezzi di stampa di alcune intercettazioni telefoniche (di cui in quest'Aula hanno parlato tutti) ci si rende conto - e sorge forse la necessità - di intervenire legislativamente per una disciplina diversa da quella che costituiva la ratio della tutela del risparmio. Tanto è vero che in un primo momento si discusse se questa diversa disciplina relativa ad una fattispecie completamente diversa dovesse costituire parte integrante di questa legge o dovesse invece essere oggetto preponderante di un altro disegno di legge. Sta di fatto che il Governo, intervenendo puntualmente sulla vicenda che era al suo esame, predispose un emendamento da sottoporre all'esame di questa Assemblea.
Da quel momento, signor Presidente, io credo di non essere smentito e di non poter essere smentito se affermo che tema dominante della legge non è stata più la necessità della tutela del risparmio bensì la ristrutturazione della Banca d'Italia, la durata in carica del Governatore, la sua nomina, le eventuali possibilità e cause di decadenza e quant'altro connesso.
Questa non è un'affermazione che faccio io, ma è qualcosa che si evince da tutti i vari interventi. Ci sono stati vari interventi di illustri esponenti dell'opposizione, a volte anche vaghi e riferiti a situazioni e fattispecie diverse; si è addirittura parlato, da più parti, della riforma elettorale che era stata appena appena ventilata in quei giorni, eppure ha costituito oggetto specifico di intervento in occasione di questa discussione.
In ogni caso, si tratta della credibilità nazionale; si discute della possibilità di Fazio di rimanere e si chiede se c'era o meno la possibilità che il Governo intervenisse con i suoi poteri e si addebita al Governo stesso un'omissione di condotta in riferimento proprio a quello che doveva essere fatto in relazione al Governatore della Banca d'Italia.
Una cosa è certa: a me sembra che argomento specifico di questa legge non sia quest'altro risvolto che, per l'amor di Dio, è pure importante e merita particolare attenzione, ma io non credo, o perlomeno non penso che causa determinante ed esclusiva di quei dissesti finanziari di cui abbiamo parlato e che hanno afflitto moltissimo tanti operatori economici sia stata, ad esempio, la durata in carica del Governatore, o sia stato il mutato assetto, la mutata composizione della struttura della Banca d'Italia. Io credo che si tratti di questioni completamente diverse.
Allora, se mi è consentito, desidero rimanere più attinente al merito della questione e desidero confrontarmi con gli illustri colleghi dell'opposizione e della maggioranza su tutte quelle questioni che, in effetti, debbono essere trattate perché una tutela efficace del risparmio possa essere attuata.
Dobbiamo subito dire che, in effetti, il risparmio in Italia costituisce un elemento importantissimo. L'Italia è uno dei Paesi al mondo dove si realizza il maggior risparmio. L'Italia vive in un sistema bancocentrico, perché tutte le maggiori possibilità, anche di sviluppo economico, passano attraverso gli istituti bancari, per cui è a queste vicende che bisogna guardare con particolare attenzione.
E allora, in che modo dobbiamo farlo? Innanzitutto occorre mutare l'assetto organizzativo di quelle strutture che gestiscono il risparmio; cercare di predisporre delle regole certe per tutti quegli operatori che svolgono come attività prevalente la vendita di prodotti finanziari e, sotto certi aspetti, anche di prodotti assicurativi; cercare di evitare, come ho detto prima, la realizzazione di conflitti di interesse; far sì che gli organi di controllo sia interni che esterni siano organizzati in maniera tale che attraverso il controllo incrociato si riesca a raggiungere in realtà e a realizzare invero la chiarezza, la linearità e la trasparenza.
Dunque, per dirlo in poche parole, la finalità essenziale di questa legge era ed è l'esaltazione della trasparenza negli scambi di carattere economico e nella vendita dei prodotti finanziari attraverso l'allegazione di tutti i rapporti informativi, perché attraverso l'esaltazione della trasparenza si dà fiducia ai risparmiatori e soprattutto si intensifica l'attività dai mercati finanziari.
Signor Presidente, mi pare che nel corso di questo dibattito approfondito e, sotto certi aspetti, avvincente si sia parlato molto poco di queste vicende e ci si sia invece lasciati andare ad affermazioni che, a mio avviso, hanno un sapore politico, ma soprattutto hanno il sapore di chi si vuole impegnare per cambiare determinate cose che forse debbono pure essere cambiate, ma che certamente non costituiscono una ragione fondamentale e importante per la realizzazione degli intenti che invece si vuole realizzare.
Il riferimento specifico che faccio - questa è la ragione, signor Presidente, per cui non ho predisposto una relazione scritta - è che non mi pare che siano state sollevate delle precise contestazioni all'attività svolta nelle Commissioni competenti. Il lavoro svolto presso la Camera dei deputati, a mio avviso, era in un certo qual modo già esauriente: noi, qui al Senato, abbiamo svolto una attività di maggiore approfondimento, abbiamo introdotto delle innovazioni, abbiamo realizzato dei cambiamenti, abbiamo fatto in modo di porre dei limiti precisi e determinati.
Credo che su questi argomenti, sui quali non mi pare si sia dibattuto, si dovrà discutere e mi auguro che ciò avvenga nel corso dell'esame degli emendamenti. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli senatori, chiederei alla vostra cortesia di consentire al Governo di svolgere la replica nella giornata di domani, in modo da poter esaminare più compiutamente anche quanto emerso nel corso del dibattito odierno.
PRESIDENTE. La Presidenza accoglie la richiesta del Governo.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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865a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 21 SETTEMBRE 2005 (Antimeridiana) |
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA, indi del vice presidente DINI
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 9,34)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione generale ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori.
Ha facoltà di parlare la rappresentante del Governo.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è stato ampiamente dibattuto in quest'Aula il disegno di legge volto ad offrire una risposta normativa alle carenze di governance e di controlli emerse nel nostro Paese, che hanno trovato massima enfasi negli scandali finanziari Cirio e Parmalat.
In relazione a tali eventi, è stato sottolineato come la legislazione vigente non sembri offrire strumenti adeguati. A tal fine il Governo è intervenuto proponendo un progetto di legge a tutela dei risparmiatori e della stabilità dei mercati.
E' il caso di ricordare ancora una volta che l'iter parlamentare del presente provvedimento è stato ostacolato anche dalla difficoltà di pervenire ad una soluzione che fosse condivisa tanto dalla maggioranza quanto dall'opposizione, ai fini dell'approvazione di quella che inizialmente era stata concepita come una legge bipartisan. In ogni caso, le soluzioni cui si è pervenuti nell'attuale testo appaiono, per gli scopi che ci siamo prefissi, soddisfacenti.
A tal riguardo, si richiamano in particolare le disposizioni dettate in tema di governance societaria. Si tratta di regole che mirano a disciplinare i diritti degli azionisti, degli obbligazionisti e dei cosiddetti stakeholders, e i modi che essi hanno di farli valere, sia al fine di trovare la soluzione ai problemi derivanti dalla separazione di proprietà e controllo, coordinando e tutelando gli interessi delle varie figure coinvolte, sia al fine di dare una rappresentazione maggiormente trasparente della situazione economica dell'impresa.
Parallelamente, si è ritenuto di dover intervenire sul fronte dei controlli esterni, razionalizzando il sistema della vigilanza. In tale contesto, ai fini di un progetto di razionalizzazione dei ruoli delle diverse autorità di vigilanza operanti nel settore, si colloca l'iniziativa del Governo mirante a rivedere l'assetto della Banca d'Italia.
Il Governo ha proposto all'esame dell'Aula un emendamento che, nel rispetto dei principi vigenti a livello europeo, sottolinea la natura pubblica dei partecipanti al capitale della Banca d'Italia, assicurando, nel contempo, la collegialità e la trasparenza delle decisioni della Banca centrale.
L'emendamento comporta un onere a carico del bilancio dello Stato pari a 800 milioni di euro, ed è stata indicata la modalità di copertura. Ci siamo trovati di fronte al problema di indicare un principio il più possibile oggettivo per la quantificazione di quest'onere, tenuto conto delle diverse appostazioni che di identiche partecipazioni hanno dato le singole proprietarie in relazione ai valori.
Si è quindi individuata come modalità di lavoro l'applicazione dei due criteri legati alla quota di dividendi e alla quota di partecipazione ai frutti degli investimenti delle riserve della Banca d'Italia.
Sul primo profilo si è assunto il criterio di attualizzazione con riferimento al tasso di uno swap ventennale o comunque pluriennale. La partecipazione ai frutti degli investimenti delle riserve, secondo lo statuto dell'Istituto, può essere invece al massimo pari al 4 per cento delle riserve stesse, acclarato però che dal 2000 ad oggi è stata stabilita una percentuale annua di distribuzione dello 0,5 per cento di quest'ultima. Sino al 2000 tale percentuale non ha mai superato lo 0, 2 e nell'ultimo anno, in modo particolare, il totale delle risorse distribuite ai partecipanti è stato pari a 42 milioni di euro da attualizzare secondo la metodologia che ho prima indicato. Sappiamo che su tale questione si è aperta una discussione. Abbiamo detto e ribadiamo che nel regolamento verrà comunque determinata una più concreta quantificazione, all'interno tuttavia di princìpi prestabiliti, e ciò è quanto contiene oggi il provvedimento sul quale il Parlamento si accinge a votare.
Si prevede poi, sempre nell'emendamento governativo, un termine al mandato del Governatore della Banca d'Italia. Su questo tema abbiamo assistito ad un'ampia discussione in quest'Aula e mi pare che vi sia sostanzialmente un accordo - se ho ben inteso gli interventi svolti - sulla fissazione di un termine mentre sono state sollevate da taluni obiezioni, nel senso che il provvedimento governativo è stato ritenuto insufficiente in relazione al fatto che il medesimo non contempla una disciplina transitoria volta a regolamentare la permanenza in carica dell'attuale Governatore. È un aspetto sul quale avremo comunque modo di ritornare in relazione all'esame degli emendamenti proposti.
È poi stata posta un'obiezione di insufficienza del testo relativamente al mancato inserimento nel provvedimento all'esame dello strumento delle class action. Su tale argomento si riconosce come in altri ordinamenti esse abbiano rappresentato un efficace strumento di deterrenza contro comportamenti perversi degli amministratori. È noto che negli Stati Uniti hanno prodotto risultati importanti, a fronte di una fase critica in cui è venuto meno il rapporto di fiducia tra il mercato e le società di revisione, di rating e degli analisti finanziari. Riteniamo tuttavia che strumenti più efficaci siano previsti dall'articolo 26, che stabilisce una delega al Governo per l'istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori. In tal modo si ritiene che si potrà prevenire il contenzioso e la conflittualità, con minori costi per i risparmiatori e le imprese.
Tra gli interventi volti alla tutela dei risparmiatori ricordo ancora la disposizione che disciplina la trasparenza delle società estere, residenti nei cosiddetti paradisi fiscali. Relativamente a tali norme rilevo come la disciplina recata, nel rispetto dei princìpi costituzionali in materia, non mira a porre dei divieti in capo alle società, che possono pianificare liberamente i propri assetti, ma si limita a rafforzare gli obblighi di informazione e di trasparenza nei confronti del mercato.
Si ricorda inoltre l'articolo 8, che inasprisce la disciplina prevista dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, per quanto concerne la concessione di credito da parte delle banche in favore di propri azionisti o dei soggetti che svolgono presso di esse funzioni di amministrazione, direzione e controllo, nonché le obbligazioni degli esponenti bancari.
L'articolo 9 conferisce al Governo la delega per l'adozione di uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare i conflitti di interesse nella gestione dei patrimoni degli organismi di investimento collettivo del risparmio, dei prodotti assicurativi e di previdenza complementare e delle gestioni su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi.
Nell'ambito del principio di maggiore tutela che questa norma si prefigge, faccio rilevare la disposizione che disciplina la figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, prescrivendone la nomina nelle società con azioni quotate in mercati regolamentati. I compiti di tali dirigenti, come si è visto, consistono soprattutto nell'elaborazione di procedure amministrative e contabili adeguate alle caratteristiche, all'organizzazione e alla dimensione della società ed eventualmente del gruppo, per la predisposizione del bilancio di esercizio e - ove previsto - del bilancio consolidato.
Ci paiono rilevanti, inoltre, le disposizioni che rafforzano i poteri di vigilanza della CONSOB.
Un articolo specifico questo progetto dedica alla modifica della disciplina relativa alla revisione dei conti, che mira in particolare a tutelare l'indipendenza dei revisori, sia con la fissazione di limiti temporali alla durata dell'incarico, sia con l'individuazione di un elenco di servizi che le società di revisione non possono prestare a favore della società che ha conferito l'incarico, né a società del medesimo gruppo.
Ricordo ancora la disposizione che disciplina il problema dell'esercizio dei diritti sui depositi giacenti presso le banche, nel caso in cui l'assenza di movimentazione dei medesimi faccia ritenere che il titolare del deposito, per assenza o morte sopravvenuta, non sia in grado di rivendicarlo.
Abbiamo ritenuto di fare questa sintesi perché restino a verbale le soluzioni offerte dal disegno di legge in esame alle problematiche emerse e si possa constatare l'attenzione con la quale si è voluto affrontare tali questioni, al fine di dare una risposta a tutti quei soggetti che nei crac di ordine finanziario hanno perso i loro risparmi e per rafforzare quel sentimento di fiducia che è presupposto per un ordinato esercizio di questi rapporti.
Ribadisco quanto è già stato detto in apertura di discussione, e cioè l'esigenza che l'approvazione di questo provvedimento sia rapida e che sia data priorità assoluta a tale processo di riforma.
Sappiamo - e su ciò concordiamo - che è in gioco la tutela del risparmio e anche quella del mercato. Sappiamo inoltre che senza un'adeguata tutela dei risparmiatori, dei creditori e degli azionisti non c'è sviluppo né del mercato, né dell'economia. Auspico pertanto che il provvedimento venga approvato da quest'Aula molto rapidamente, come risposta ormai assolutamente improcrastinabile agli scandali finanziari degli ultimi anni.
È inoltre urgente e necessaria una riforma della Banca d'Italia, che - da ente monocratico, discrezionale e dirigista - deve subire un processo di ammodernamento nei princìpi di collegialità, trasparenza, certezza delle regole. Non ci sembra che il provvedimento e, in particolare, l'emendamento proposto dal Governo aggravino le procedure o rendano più rigido e ingessato il sistema.
Vogliamo operare in questa maniera proprio per adeguare la struttura della Banca d'Italia e per fare in modo che essa riacquisisca appieno la sua credibilità.
Resta una problematica che è all'attenzione di quest'Assemblea e sulla quale vi è estrema diversità di posizioni tra l'opposizione e la maggioranza ed anche all'interno della maggioranza stessa. Si tratta di una problematica relativa alla indicazione che, sia pure non in forma di emendamento, è emersa dal Consiglio dei ministri, e cioè la riforma della Banca d'Italia non solo sotto l'aspetto dell'assetto della proprietà, ma anche dal punto di vista di una più chiara specializzazione della vigilanza per finalità: stabilità, trasparenza e concorrenza.
Entrambi gli interventi discussi in Consiglio dei ministri sono rivolti a risolvere potenziali conflitti di interesse e, come tali, sono stati giustamente oggetto di dibattito in quest'Aula e, sia pure con le varie precisazioni che in seguito farò, devono essere affrontati, per trovare una definizione all'interno di questo progetto. Su tale argomento torneremo in sede di esame dei singoli emendamenti. (Applausi dal Gruppo AN e del senatore Fasolino).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sottosegretario.
Colleghi, poiché i pareri espressi dalla 5a Commissione permanente in ordine al disegno di legge in esame sono numerosi, essi verranno distribuiti e saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.
VALLONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo di non passare all'esame degli articoli, perché la proposta del disegno di legge dibattuta e discussa, ascoltando il relatore e il rappresentante del Governo, ci convince sempre meno.
Bene ha detto il Sottosegretario nell'immaginare che questo disegno di legge dovesse e potesse diventare un provvedimento bipartisan; tuttavia, così non è stato e c'è una motivazione: così non è stato perché esso non risponde alle esigenze, non risponde alla necessità di tutela del risparmio e non risponde ai cittadini. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).
Prova ne è che tra le questioni che il disegno di legge si prefiggeva di affrontare vi erano alcune competenze, soprattutto della Banca d'Italia, in materia di controlli. Ma, signor Presidente, dopo la crisi finanziaria, dopo lo scandalo di Parmalat, Cirio, i bond argentini, com'è, com'è stato possibile non intervenire con urgenza su una questione così drammatica? Com'è possibile immaginare che in un Paese come il nostro possa verificarsi una situazione di tale drammaticità e che si impieghi circa due anni per affrontarla? Com'è possibile non metter mano all'ordinamento della Banca d'Italia?
Il Governo con il suo emendamento ha pensato esclusivamente di limitare la durata temporale dell'incarico del Governatore della Banca d'Italia, ma nulla ha fatto per un riordino complessivo del sistema. (Brusìo in Aula).
PRESIDENTE. Per favore, colleghi, lasciate parlare il collega.
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, spesso abbiamo ascoltato i membri della maggioranza affrontare un'altra questione, quella relativa alla giustizia, sostenendo che si dovesse arrivare alla separazione delle carriere, non foss'altro perché ci si trovava in presenza del magistrato giudicante e del pubblico ministero convivono nella stessa situazione.
È mai possibile che ciò avvenga anche nella Banca d'Italia? Com'è pensabile che vi possa essere un controllo di garanzia se la proprietà non è completamente pubblica, se addirittura della proprietà fanno parte soggetti privati come le stesse banche, cioè controllori e controllati? Mi pare davvero difficile che con questo meccanismo si possa pensare di dare garanzie ai cittadini in materia di risparmio.
Chiediamo, allora, il non passaggio all'esame degli articoli affinché si torni a discutere attentamente e a ripensare il disegno di legge, perché così come ce lo proponete non solo non ci convince, ma siamo vieppiù dell'idea che non risolva le questioni specifiche alle quali si voleva dare una risposta.
Signor Presidente, in una situazione così drammatica per il Paese mi sembra che non vi sia la volontà di dare un colpo d'ala, di dimostrare che le forze politiche, il Governo, le Aule del Parlamento hanno l'orgoglio di rompere il peso di questi gruppi di potere così forti per tornare a discutere dei problemi dei cittadini, per tornare ad affrontare le questioni vere che riguardano il Paese, per tornare ad affrontare le questioni che tutti i giorni vivono i nostri cittadini.
È sufficiente pensare che i costi che ogni cittadino sopporta relativamente ai propri depositi bancari sono in assoluto i maggiori nell'Unione Europea. Guarda caso, stamattina i giornali riportano che mediamente ad un cittadino italiano un conto corrente costa circa 252 euro, contro una cifra pari a meno della metà in altri Paesi dell'Unione Europea, per non parlare dell'Olanda con un costo di circa 34 euro. Di tutto ciò nessuno si interessa, i cittadini sono sempre più sudditi e anche questo disegno di legge, con il quale ci si riprometteva di risolvere i problemi della trasparenza e della garanzia, non risolve le questioni che in molti pensavamo dovessero essere risolte.
Ecco perché - lo ripeto - chiediamo, signor Presidente, il non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge, perché si possa riaffrontare la questione e far emergere la posizione delle forze politiche che hanno lottato per modificare il testo: l'UDC in Commissione alla Camera avanzò delle proposte che non vennero accolte, probabilmente gli «amici» di Banca d'Italia, gli «amici» del Governatore della Banca d'Italia non hanno a cuore l'interesse del Paese. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, anch'io intendo chiedere il non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge in esame, ai sensi dell'articolo 96 del Regolamento.
Abbiamo maturato questa convinzione anche sentendo ieri sera la replica del senatore Eufemi e questa mattina la replica della rappresentante del Governo, che ci sono parse un po' distanti - per usare un eufemismo - ed hanno evidenziato con forza la netta divaricazione che c'è all'interno della maggioranza: abbiamo assistito, da parte del relatore Eufemi, ad una specie di difesa ad oltranza dell'operato di Bankitalia e del governatore Fazio, mentre da parte della rappresentante del Governo si è riproposta la riforma di Bankitalia già delineata dal ministro Siniscalco nel suo intervento all'inizio del dibattito sul disegno di legge al nostro esame. Su questo punto e sull'emendamento presentato dal Governo, nonostante si affermi l'intenzione di volerlo votare, ci è parso di cogliere ancor di più e con maggiore chiarezza una certa distanza.
Per quanto riguarda l'assetto degli organismi di vigilanza, dal Governo viene riproposta un'ipotesi dalla quale non si riesce a comprendere se si vuole dimostrare una disponibilità ad accogliere una serie di emendamenti presentati dall'opposizione per arrivare, finalmente, ad un riordino della vigilanza per finalità (anche se in tal senso vi è una volontà manifestata dal Governo ma non - mi sembra - dalla maggioranza).
Credo che proprio i forti elementi politici emersi evidenzino purtroppo (ed, ahimè, sempre più, basta leggere i quotidiani di ieri e di questa mattina) da una parte una sorta di isolamento del ministro Siniscalco, dall'altra un riorganizzarsi del partito "fazista" all'interno del Senato che, come possiamo notare dalla composizione dei banchi rappresentanti la Commissione, è piuttosto consistente.
La nostra richiesta di non passaggio agli articoli mira, essenzialmente, ad un chiarimento forte all'interno della maggioranza e, sul punto specifico relativo alla Banca d'Italia, ad una più completa assunzione di responsabilità da parte del Governo. Come abbiamo ripetuto più volte questa mattina, tale nostra richiesta si traduce in un invito al Governo a venire qui in Senato per riferire con chiarezza non solo in merito all'emendamento presentato, ma anche su cosa si intenda fare fino in fondo e se si abbia intenzione di avviare un processo che possa portare, finalmente, ad un cambiamento nei vertici di Bankitalia. (Brusìo in Aula).
PRESIDENTE. C'è troppo brusìo in Aula. Vi prego, colleghi, di permettere alla senatrice De Petris di parlare.
DE PETRIS (Verdi-Un). Anche a tale riguardo abbiamo necessità di ascoltare parole chiare. Chiediamo, quindi, la presentazione di un testo preciso o la formulazione di una altrettanto chiara indicazione, se si vuole convergere su un altro testo per quanto riguarda gli assetti degli organismi di vigilanza.
Credo, pertanto, vi siano tutti gli elementi per avanzare la richiesta di non procedere all'esame degli articoli.
La terza questione che evidenziamo - come ricordava poc'anzi un collega della Margherita - riguarda l'insufficienza delle norme proposte in questo testo relative alla tutela del risparmio. Personalmente, ripropongo con forza il tema della tutela preventiva del risparmio, che non si è voluto prendere in considerazione, nonostante il lavoro svolto dalle Commissioni competenti della Camera dei deputati. Tale lavoro aveva portato ad un testo che certamente poteva essere migliorato, ma che costituiva un segnale forte da inserire in un disegno di legge che, nonostante sia intitolato alla tutela del risparmio, poco contiene al suo interno al riguardo.
Poiché, come è evidente, i risparmiatori non dispongono di un'adeguata conoscenza del mercato, tale da consentire loro di cogliere i reali rischi insiti nei vari prodotti finanziari, è necessario che siano supportati e garantiti. È necessario, pertanto, che siano forniti di strumenti seri e validi, di notizie ed informazioni che possano renderli consapevoli ma, soprattutto, di una conoscenza preventiva adeguata. Alla tutela preventiva, a nostro avviso, deve evidentemente essere affiancata una adeguata tutela successiva. A tal riguardo, faccio riferimento al tema delle action class sul quale si è sorvolato e che non si è voluto approfondire.
Torno a ripetere ancora una volta che vi sono tutti gli elementi - questo è il terzo - per chiedere il non passaggio all'esame degli articoli del disegno di legge al nostro esame, una nuova proposta da parte del Governo finalmente chiara sui primi due punti ed una riformulazione per quanto riguarda la questione del risparmio.
A maggior ragione, essendo trascorsi molti anni, e a distanza di due anni dai crac Parmalat e Cirio (che peraltro non rappresentavano i primi scandali finanziari per il nostro Paese), ritengo che non sia possibile presentarci ai cittadini, ai risparmiatori, a tutti coloro che in questi anni hanno sofferto e hanno visto bruciare i propri risparmi nel giro di pochissimo tempo con trucchi che conosciamo bene (e cioè per coprire i debiti e le esposizioni che le banche avevano nei confronti della Cirio e della Parmalat che sono stati scaricati su cittadini ignari, che non avevano alcuna consapevolezza della situazione), con un testo del tutto insufficiente come il presente.
Per questo motivo chiediamo sia di non passare all'esame degli articoli, sia una riformulazione della norma in materia di risparmio e, soprattutto, un'assunzione di responsabilità e chiarezza da parte del Governo, poste anche le contraddizioni emerse in questi giorni sia sulla vicenda della Banca d'Italia, sia sulla questione degli assetti della vigilanza. (Applausi dal Gruppo Verdi-Un e del senatore Piatti).
*PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, stamattina stiamo assistendo ad un vero e proprio minuetto. È infatti paradossale che, nonostante tutti siamo d'accordo sull'analisi e sulla diagnosi dei fenomeni che hanno portato a quegli scandali che hanno procurato danni enormi ai risparmiatori; nonostante tutti quanti condividiamo la necessità di dare risposte a questi risparmiatori, e soprattutto ai mercati internazionali; nonostante tutti abbiamo fatto riferimento all'esperienza statunitense e agli interventi legislativi posti in atto per rafforzare la SEC (l'organismo preposto alla vigilanza sui mercati finanziari americani); nonostante tutti affermiamo che è opportuno dare risposte ai risparmiatori, agli investitori, ai mercati e alle Authority, rafforzandole; nonostante tutti sottolineiamo la necessità di rafforzare la CONSOB, ripeto, nonostante tutto questo, ora si chieda di tornare in Commissione per valutare nuovamente tutto il provvedimento.
Ieri con un intervento magistrale il relatore, senatore Semeraro, ha dimostrato come in pratica l'intero dibattito svoltosi in quest'Aula non abbia riguardato il disegno di legge in materia di risparmio - sul quale presso la Camera è stato condotto un importante lavoro preparatorio che aveva già disegnato l'impalcatura dell'intero provvedimento - visto che in quest'Aula la discussione si è accentrata esclusivamente sulla Banca d'Italia e sul suo Governatore.
Oggi, pur conducendo tutti la stessa analisi e la stessa diagnosi e affermando la necessità di intervenire velocemente, da parte dell'opposizione si chiede però di tornare in Commissione: per rivedere che cosa, per valutare quali articoli del presente testo? Abbiamo preso in esame la governance delle società e risolto il problema dei controlli interni; abbiamo affrontato il problema dei conflitti di interesse delle banche, e delle banche e della Borsa, abbiamo risolto i problemi dei cosiddetti Paesi offshore, e dei paradisi fiscali e legali, al fine di evitare quanto si è verificato nei casi della Cirio e della Parmalat; abbiamo messo a punto la funzione e i ruoli dei revisori dei conti; abbiamo esaminato la figura degli analisti finanziari; abbiamo preso persino in esame in maniera organica, con l'emendamento proposto dal Governo e votato all'unanimità dal Consiglio dei ministri, gli assetti organizzativi della Banca d'Italia; abbiamo affermato altresì l'opportunità di rafforzare la CONSOB per consentirle di essere più penetrante nell'ambito dei controlli e dell'esame dei bilanci delle società. Ebbene, adesso ci si dice che dobbiamo bloccare l'esame del provvedimento e tornare in Commissione.
Mi sembra un discorso paradossale e oltretutto da irresponsabili, perché questo significa che per motivi politici, per motivi ideologici, non si vogliono dare risposte ai risparmiatori, ai mercati internazionali e agli investitori, arrecando un grave danno non solo al sistema bancario, ma anche al sistema finanziario e soprattutto al sistema economico del nostro Paese.
Per tali motivi noi siamo fortemente contrari ed intendiamo andare avanti nella votazione degli emendamenti per dare queste risposte e per esitare nel più breve tempo possibile al Senato questo provvedimento. (Applausi dai Gruppi AN, FI, UDC e LP).
GRILLO (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRILLO (FI). Signor Presidente, anche io ritengo che sia nella convenienza del Parlamento entrare nel merito degli emendamenti presentati e discutere finalmente in Aula un problema di straordinaria importanza. Ricordo ai colleghi che la richiesta di non passaggio agli articoli è evidentemente contraddittoria, perché si sollecitano decisioni da parte della pubblica opinione, si fa riferimento a fatti accaduti due anni e mezzo fa, si richiama l'attenzione sulla necessità di creare nuove e maggiori tutele per i risparmiatori, e poi succede che in Parlamento arriva il provvedimento e gli stessi colleghi che hanno contribuito a dichiarazioni, pronunciamenti, atteggiamenti finalizzati a sollecitare decisioni da parte del Governo e del Parlamento questa mattina chiedono il rinvio del provvedimento.
Guardate, colleghi, io credo che ci sia una necessità in più per affrontare nella sede competente, l'Aula del Senato, questi argomenti: sono quarantacinque giorni che i mass media italiani pretendono di indicare al Paese le vie d'uscita per risolvere i problemi. Io non credo che il «Corriere della Sera», «la Repubblica» e gli altri grandi giornali - che rispetto, per carità - siano nelle condizioni di poter dettare le soluzioni al Parlamento. Credo che noi dobbiamo recuperare il massimo di dignità, di autorevolezza, che pure abbiamo, dimostrando di avviare pacatamente, seriamente, concretamente, un dibattito su questioni assai delicate.
Occorre sgombrare il campo dai polveroni che pure ci sono stati in queste settimane e in questi mesi, cercare di entrare nel merito, giudicare le persone per quello che hanno fatto. Ho letto, ad esempio, più di una volta, affermazioni di colleghi dell'opposizione di questo tenore: Fazio si difenda. Fazio non è, come tutti gli ex Governatori di questa Repubblica, persona che rilascia interviste alla stampa, che interviene sulle televisioni. (Commenti del senatore Turroni). Fazio si difende con gli atti che compie… (Commenti dai banchi del centro-sinistra. Richiami del Presidente)… e noi dobbiamo avere l'onestà, colleghi senatori, di entrare nel merito di questi atti. (Commenti del senatore Novi).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, fate parlare il senatore Grillo.
GRILLO (FI). Non credo che sia nell'interesse di nessuno confondere i ruoli che ciascuno di noi deve svolgere. Noi abbiamo il dovere di produrre una normativa adeguata ai tempi. Sono accadute delle cose negli anni passati e il Parlamento ha il dovere di dare risposte alte e qualificate. Per dare queste risposte dobbiamo studiare la documentazione in nostro possesso, non farci condizionare dai proclami, dalle quantità enormi di falsità che sono circolate sui mass media, ultima quella di stamattina in ordine al Governatore indagato. Ieri sera, per fortuna, il procuratore capo ha smentito questa notizia, però sulle prime pagine di tutti i giornali di oggi non si parla che di questo.
Il disegno di legge sulla tutela del risparmio contiene, come i colleghi delle Commissioni finanze e attività produttive sanno, norme estremamente importanti, a prescindere dalle questioni relative alla Banca d'Italia. La Banca d'Italia è entrata in questo dibattito per una vergognosa ed assolutamente assurda campagna massmediatica che nel mese di agosto i principali quotidiani hanno organizzato… (Commenti dai banchi del centro-sinistra. Richiami del Presidente). Discutiamo di tutto, anche di questo, ma non perdiamo di vista che la centralità delle questioni non è questa; discutiamo di tutto, ma con cognizione di causa, soprattutto dopo aver dimostrato di conoscere le cose di cui stiamo dibattendo. (Applausi dal Gruppo FI e del senatore Eufemi).
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli.
TURRONI (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURRONI (Verdi-Un). Buongiorno, signor Presidente, occorre che preliminarmente dica una cosa.
PRESIDENTE. Senatore Turroni, per il suo Gruppo è già intervenuta la senatrice De Petris.
TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, ricordo che l'articolo 96 del Regolamento recita che «ciascun Senatore può avanzare la proposta» che non si passi all'esame degli articoli ed io sono un senatore, fino a prova contraria.
PRESIDENTE. Può essere che mi sbagli, senatore Turroni, ma mentre la proposta cui lei si riferisce può essere presentata da ciascun senatore, gli interventi possono poi essere svolti da un rappresentante per Gruppo.
TURRONI (Verdi-Un). Comunque, signor Presidente, mi lasci prendere la parola per una questione diversa da quella che lei aveva inteso.
Ieri - interverrò solo per qualche secondo - ho salutato con simpatia il senatore Moro per l'incarico temporaneo da lui assunto. E la circostanza che lei è qui mi porta a dire che, con altrettanta simpatia e stima, avrei salutato questa supplenza, qualora fosse toccata a lei; anzi, sarei stato più contento se fosse arrivata fino alla fine della legislatura, signor Presidente.
Detto questo, chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, la prego di far controllare gli scranni situati sopra quello del senatore Moncada.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, ci sono molte luci accese cui non corrisponde la presenza di alcun senatore!
PRESIDENTE. La prego, senatore Passigli: si sta procedendo alla verifica.
Il Senato non è in numero legale. (Applausi dai banchi del centro-sinistra).
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,17, è ripresa alle ore 10,37).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760,
2765 e 3308
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli.
Verifica del numero legale
DE PETRIS (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
(Proteste dai banchi del centro-sinistra. Alcuni senatori dell'opposizione segnalano alla Presidenza chepresso i banchi del centro-destra vi sono luci accese cui non corrisponderebbe la presenza di senatori).
La Presidenza avrà modo di verificare che alle luci accese corrispondano effettivamente i senatori votanti.
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, controlli la postazione posta dietro quella del senatore Tunis.
PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 10,40, è ripresa alle ore 11,01).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760,
2765 e 3308
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli.
Verifica del numero legale
DE PETRIS (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
(Proteste dai banchi del centro-sinistra. Alcuni senatori dell'opposizione segnalano alla Presidenza che presso i banchi del centro-destra vi sono luci accese cui non corrisponderebbe la presenza di senatori).
PRESIDENTE. Colleghi, non c'è bisogno: ancorché lievemente astigmatico, sono in grado di vedere tutto. Datemi il tempo di controllare. (Vivaci proteste dai banchi del centro-sinistra).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo nuovamente la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 11,03, è ripresa alle ore 11,25).
Presidenza del vice presidente DINI
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760,
2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione della proposta di non passare all'esame degli articoli.
Verifica del numero legale
DE PETRIS (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Colleghi, vi prego di sedervi, perché altrimenti non possiamo verificare. Accanto al senatore Piccioni c'è una scheda in più.
PAGANO (DS-U). Senatore Marano, la finisca!
PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE.
Procediamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.
MORANDO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, intendo avanzare una proposta sull'ordine dei lavori.
C'è enorme attenzione - lo dico ai senatori Grillo e Pedrizzi, che hanno svolto pochi minuti fa interventi su questo punto, ai quali do ragione - nell'opinione pubblica, tra gli operatori economici, i risparmiatori, i cittadini italiani e non soltanto in Italia, allo sviluppo della discussione in Senato su questo disegno di legge. I senatori Grillo e Pedrizzi sanno perché su tale punto abbiamo portato avanti in Senato un'iniziativa ostruzionistica anche questa mattina: non c'è nessun riferimento al merito del problema e del provvedimento che stiamo discutendo; si tratta, invece, di un atteggiamento ostruzionistico che l'Unione ha deciso con riferimento alla discussione in corso, tra centro-destra e centro-sinistra, sulla questione della legge elettorale.
Detto questo, non c'è dubbio che confermiamo il nostro interesse, nello stesso interesse del Paese, a che la discussione del disegno di legge sul risparmio vada avanti.
L'attenzione - mi rivolgo, in particolare, ai colleghi della maggioranza - dell'opinione pubblica italiana, già elevatissima in rapporto all'esplodere di scandali finanziari gravissimi come quelli di Cirio e Parmalat, si è ulteriormente accresciuta nel corso dell'estate a causa della crisi del vertice della Banca d'Italia, su cui per adesso non voglio formulare valutazioni di merito. Mi limito dunque a constatare che nel corso delle ultime settimane vi è stata un'ulteriore crescita dell'attenzione sul tema originata, appunto, dalla crisi del vertice della Banca d'Italia.
Così grave, signor Presidente, è la situazione determinatasi per la Banca d'Italia che il Ministro dell'economia, intervenendo nel dibattito svoltosi in Senato, dopo avere rivendicato la competenza del Parlamento e del Governo alla tutela della credibilità del sistema finanziario e del credito, in quanto «bene pubblico che dipende direttamente dalla bontà delle regole, oltre che dai comportamenti di chi le applica», ha affermato esplicitamente - come risulta dal Resoconto stenografico - che nel corso di questa fase (cioè nelle ultime settimane) si sono determinati, in rapporto alla vicenda della crisi del vertice della Banca d'Italia, danni alla reputazione del nostro sistema economico e finanziario. Queste le parole pronunciate dal Ministro dell'economia, che ho riportato.
Per esplicita affermazione del Governo, debbo dedurre largamente condivisa dalla maggioranza in quest'Aula, siamo in presenza di qualcosa che determina un danno per la reputazione - valore anche economicamente inestimabile - del nostro sistema economico e finanziario.
Qual è allora, signor Presidente, la mia proposta sul tema?
L'esame dell'emendamento presentato dal Governo, cioè l'emendamento 019.1 (testo 2), concernente regole per il funzionamento della Banca d'Italia, a nostro avviso (e con decisione unanime di quest'Aula), dovrebbe essere anticipato rispetto a quello delle altre norme contenute nel disegno di legge, in modo tale che si affronti responsabilmente e immediatamente il tema della riorganizzazione, con riferimento, prima di tutto, alle regole che presiedono al funzionamento della Banca d'Italia, consentendo così al Parlamento di fare fino in fondo la propria parte.
Nel corso delle settimane che ci siamo lasciati alle spalle, signor Presidente (lei lo sa bene), si è sviluppata una discussione anche a proposito di ciò che il Parlamento potrebbe o non potrebbe fare in relazione alla vicenda della Banca d'Italia.
Al riguardo sono state sostenute posizioni tra loro anche molto diverse, ma a me pare, signor relatore e signori della maggioranza, che dovremmo convenire pacificamente su due punti essenziali. In primo luogo, è fuori discussione che il Parlamento abbia il potere di intervenire nella ridefinizione delle regole che presiedono al funzionamento della Banca d'Italia: in buona sostanza, tutto ciò che riguarda la natura del suo assetto proprietario, le caratteristiche della procedura e la titolarità dei poteri, la procedura di nomina e di revoca, le regole di funzionamento, con riferimento alla collegialità o meno delle decisioni, la questione delle competenze, con particolare riferimento alle competenze in capo alla Banca d'Italia, oltre che in materia di vigilanza sul sistema creditizio anche in materia di concorrenza nello stesso settore.
Chiudendo questa discussione estiva, molto dannosa - a mio avviso - anche per la stessa dignità del Parlamento circa quello che potrebbe o non potrebbe fare, il Parlamento stesso può intervenire sulle regole, tant'è che il Governo ha presentato un emendamento che affronta esattamente temi che ho citato.
Siccome siamo in un regime parlamentare, quando il Governo ha da svolgere funzioni inerenti un'attività di tipo non legislativo, ma amministrativo, il Parlamento può sempre inviare al Governo un atto di indirizzo circa lo svolgimento dei compiti affidati all'Esecutivo, e credo che al riguardo siamo tutti d'accordo.
A questo punto, allora, la proposta è semplice: si richiede che il Parlamento - in questo caso, l'Assemblea del Senato - affronti immediatamente un determinato tema. Non c'è nessuna ragione di tipo regolamentare per non farlo, posto che mi sto riferendo ad un emendamento e a proposte di modifica tendenti ad inserire articoli aggiuntivi nel testo che affrontano un tema, quello della Banca d'Italia, che nella normativa al nostro esame, così come licenziata dalle Commissioni riunite, non è stato affrontato; credo pertanto che si dovrebbe anticipare la discussione sul suddetto tema, rispetto a quella relativa alla materia trattata in altri articoli ed emendamenti presentati.
Signor Presidente, nel momento in cui l'Assemblea delibera su una proposta di non passaggio all'esame degli articoli basata su quelle stesse motivazioni ostruzionistiche più generali che ho prima ricordato, avanzo formalmente la proposta - come scelta sensata, ragionevole e di comune interesse, al di là quindi del merito delle posizioni che sul tema vorremo sostenere - che il Parlamento inizi immediatamente a discutere gli emendamenti presentati a partire dal 0.19.1 (testo2) proposto dal Governo e dagli ordini del giorno riferiti alla Banca d'Italia.
Come è stato detto dal Ministro dell'economia e delle finanze, e non dal sottoscritto, ne va della credibilità del sistema economico-finanziario del Paese, posto che, se esiste un problema di questo tipo, non si comprende perché rifiutarsi di fare la propria parte per affrontarlo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Colleghi, nell'eccitazione dello svolgimento della verifica del numero legale - tengo peraltro a precisare che il Senato è ampiamente in numero legale - per una svista abbiamo omesso di porre ai voti la proposta di non passare all'esame degli articoli.
Metto pertanto ai voti la proposta di non passare all'esame degli articoli avanzata, con diverse motivazioni, dai senatori Vallone e De Petris.
Non è approvata.
Passiamo quindi alla proposta avanzata dal senatore Morando. Ricordo che, ai sensi dell'articolo 92 del Regolamento, ha facoltà di intervenire, dopo il proponente, un oratore contro e uno a favore, per non più di dieci minuti ciascuno.
GIARETTA (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIARETTA (Mar-DL-U). Signor Presidente, colleghi, intervengo per sostenere la proposta avanzata dal senatore Morando, una proposta che non attiene a quegli espedienti procedurali che pure stiamo mettendo in campo in ragione dell'ostruzionismo che stiamo svolgendo anche in quest'Aula come elemento di pressione per convincere la maggioranza dell'errore profondo che sta compiendo nel voler intervenire con una radicale modifica legislativa della legge elettorale in modo del tutto unilaterale. Stiamo ponendo, infatti, una questione che ci sembra avere a che fare con gli interessi generali del Paese e su cui chiediamo al Governo e alla maggioranza una riflessione attenta.
Nell'esame della normativa in materia di risparmio ci sembra opportuno sgombrare preventivamente il campo da una questione che si è sovrapposta e che riguarda non tanto e solo il giudizio sul comportamento del Governatore della Banca d'Italia, ma anche la questione, ben più strutturale, delle nuove norme che devono presiedere all'attività di una istituzione così prestigiosa del nostro Paese, posto che le vicende svoltesi hanno evidenziato una insufficienza normativa ed un mancato adeguamento alle nuove realtà entrate in campo con la realizzazione del sistema della moneta unica.
Riteniamo utile distinguere fin dall'inizio una questione così rilevante dall'altra, altrettanto rilevante, della necessità di adottare idonee soluzioni legislative a maggiore tutela del comparto del risparmio. Ci sembra un errore grave schiacciare tutto il dibattito ed unire le due questioni, anche perché in questo modo ci sembra non emerga con sufficiente chiarezza una riflessione sulla normativa uscita dalla Commissione finanze sulla tutela del risparmio, che è, a nostro avviso, purtroppo del tutto inadeguata rispetto alle esigenze di profonde innovazioni di un sistema che ha dimostrato di non essere in grado di prevenire fatti gravi che hanno danneggiato i nostri risparmiatori.
Ora, perché è utile anticipare il nostro dibattito sulla questione della Banca d'Italia? Lo ha già ricordato poco fa il senatore Morando, per cui aggiungerò poche parole alle riflessioni appropriate che egli stesso ha svolto. C'è un'attenzione dell'opinione pubblica interna ed internazionale che guarda alla capacità del Governo (ma qui siamo in Parlamento, ed il Parlamento ha delle responsabilità importanti in questo campo e non può limitarsi, come qualcuno vorrebbe far credere, ad attendere le decisioni di non si sa quali altri organi) di tranquillizzare quella stessa opinione pubblica sul fatto che dalla lezione di questi mesi il Parlamento sappia trarre rapidamente le opportune decisioni.
Ciò riguarda le regole future, di cui dovremo discutere; abbiamo qui ascoltato appassionate difese dell'azione del Governatore in questi mesi e come Unione abbiamo espresso un giudizio, chiaro, di insufficienza. Ne discuteremo nel merito, quando entreremo nel dialogo, ad esempio, con il senatore Grillo, che ha fatto affermazioni molto ultimative. Si tratta ora di dimostrare che per il futuro siamo in grado di predisporre un sistema di regole di funzionamento della Banca d'Italia tale da consentire non il ripetersi di deviazioni da un corretto sentiero, ma, in linea generale, regole adeguate al nuovo contesto istituzionale in cui la stessa Banca d'Italia si trova ad operare.
Badiamo bene: se depuriamo il dibattito svoltosi in queste settimane dagli eccessi polemici, indubbiamente appare, dalle dichiarazioni in verità alquanto oscillanti - e ne capiamo bene le ragioni politiche - del Ministro del tesoro, un terreno su cui potrebbe esercitarsi responsabilmente un'azione del Parlamento, intanto per costruire insieme le regole per il futuro. Lasciamo per ora il giudizio - in questo senso abbiamo presentato un ordine del giorno - sul danno a nostro avviso causato dall'azione del Governatore in questi mesi relativamente alle vicende su cui ci siamo soffermati e sull'opportunità che il Parlamento dia al Governo un indirizzo per le opportune azioni.
Si tratta ora, come ripeto, di costruire le regole del futuro. Ebbene, riteniamo insufficiente la proposta del Governo, così come è stata depositata, e abbiamo presentato emendamenti migliorativi sia come Unione, sia come singoli senatori.
Tuttavia, ci sembra che, se affrontassimo con responsabilità questa materia, sarebbe possibile migliorare la proposta del Governo (che ci appare, ripeto, insufficiente) in ordine a quei temi che sappiamo essere stati individuati nel dibattito: non solo, quindi, il la previsione di un termine per la durata in carica del Governatore, ma anche il perfezionamento di una delicata fase transitoria che attualmente manca nella proposta del Governo, con una più precisa indicazione dei criteri e delle regole di collegialità e trasparenza nelle determinazioni della Banca d'Italia e, infine, una indicazione (che ci sembra importante, avendo colto nella replica della signora Sottosegretario l'attenzione ad una riflessione su questo aspetto) che a noi sembra indispensabile e che riguarda il trasferimento delle competenze sul controllo sulla concorrenza all'apposita Authority, fornendo così un contributo importante alla realizzazione di un sistema di controlli generali sulle attività economiche a presidio della trasparenza del mercato, che è uno degli elementi essenziali per agire sulla competitività del nostro Paese.
Penso, perciò, che sarebbe quanto mai opportuno che venire accolta la proposta che abbiamo formulato, dando al Paese il chiaro segnale che il Parlamento responsabilmente affronta la questione e - impregiudicato il giudizio su ciò che è avvenuto in questi mesi - fornendo assicurazioni per il futuro. Non vediamo dunque motivi ostativi all'accoglimento della proposta. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-Un e Aut).
SCHIFANI (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione le osservazioni dei colleghi Morando e Giaretta. Tali osservazioni non mi hanno convinto e ritengo che non abbiano convinto nemmeno la maggioranza parlamentare.
Non intendo certo sottovalutare la delicatezza degli argomenti e delle tematiche poste dai colleghi, ma vorrei significare come avremmo valutato in maniera diversa la richiesta di anticipazione di un dibattito se si fosse trattato di voler anticipare l'esame di un disegno di legge rispetto ad altri. Mi spiego meglio.
Siamo chiamati a discutere una riforma organica del risparmio e non riteniamo che l'anticipazione della discussione di un articolo rispetto ad altri possa essere efficace, dando una soluzione concreta alla tematica oggetto del disegno di legge nel suo insieme. Tra l'altro, credo che si darebbe un segnale non condivisibile alla stragrande maggioranza del Paese laddove dovessimo dare ai cittadini il senso di privilegiare come oggetto di dibattito una tematica quale quella della Banca d'Italia e della sua credibilità o meno in rapporto a vicende note, rispetto ad un altro tema che credo stia ancora più a cuore ai cittadini; mi riferisco alle norme che precedono l'articolo 19 e che riguardano la tutela dei risparmiatori e la raccolta del risparmio.
Invito quindi l'opposizione a riflettere su tale richiesta perché, tenuto conto che l'anticipazione del dibattito non porterebbe alcun effetto concreto sull'intervento, sull'efficacia e sull'entrata in vigore dell'impianto legislativo, rischieremmo, da un lato, di non ottenere quell'effetto e, dall'altro, di dare un segnale sbagliato al Paese.
Ecco perché la maggioranza, non condividendo tale scelta, invita l'opposizione a riflettere e in ogni caso voterà contro questa proposta di anticipazione per le motivazioni che ho testé esplicitato. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta, avanzata dal senatore Morando, di iniziare l'esame delle proposte modificative presentate al provvedimento in esame a partire dall'emendamento 019.1 (testo 2) e relativi subemendamenti.
Non è approvata.
PAGANO (DS-U). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
PAGANO (DS-U). Dovevate chiudere le porte subito: avete fatto entrare cinque senatori.
PRESIDENTE. Non è approvata.
MORANDO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, intervengo per chiedere che venga letto il parere espresso dalla Commissione bilancio sull'emendamento governativo relativo alla Banca d'Italia. Come è noto, signor Presidente, si può decidere di leggere o meno i pareri. Ebbene, mentre ritengo che per tutti gli altri possa anche essere tralasciata un'informazione puntuale all'Aula, per quello contrassegnato con il n. 4 del fascicolo penso sia invece necessaria.
A mio avviso, infatti, il relatore e il rappresentante del Governo dovrebbero informare l'Assemblea dei loro intendimenti in ordine a tale parere. Nel suddetto parere è scritto che sull'assetto proprietario della Banca d'Italia il testo del Governo presenta un evidente aspetto di violazione dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, e pertanto la Commissione bilancio - non mi sto pronunciando nel merito - propone di sostituire il testo del Governo con un altro compatibile con il summenzionato articolo della Costituzione.
E' assolutamente determinante ai fini del prosieguo dei nostri lavori la lettura di questo parere. Le chiedo pertanto, signor Presidente, se sia possibile invitare il senatore segretario a procedere in tal senso.
EUFEMI, relatore. E' stato già fatto.
PAGANO (DS-U). Studiate il Regolamento! I pareri si leggono all'inizio.
PASTORE (FI). L'annuncio è stato dato dal presidente Fisichella.
PRESIDENTE. Prima di invitare il senatore segretario a dare lettura dei pareri, tengo a precisare che essi non sono stati già letti, bensì solo distribuiti.
SPECCHIA (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPECCHIA (AN). Signor Presidente, desidero farle presente che pochi secondi fa, quando lei ha dato ordine di chiudere le porte per procedere alla controprova, mi trovavo esattamente sulla porta, con un piede dentro l'Aula, ma sono stato spinto fuori. Questo fatto non lo accetto assolutamente. Chiedo pertanto alla Presidenza di dare disposizioni ai commessi affinché possano svolgere le loro funzioni nel rispetto dei senatori che intendono adempiere ai loro doveri.
PRESIDENTE. Senatore Specchia, la Presidenza prende atto della sua precisazione.
Quanto alla lettura dei pareri della 5a Commissione, ritengo del tutto normale procedere in tal senso. Pertanto, chiedo al senatore segretario di dare lettura dei pareri 4 e 5 espressi in data 14 e 15 settembre.
FIRRARELLO, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l'emendamento relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta a condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che il comma 10 venga riformulato nel senso di prevedere che all'onere derivante dal comma 2, valutato in 800 milioni di euro, si provveda mediante parziale utilizzo delle disponibilità in essere sul fondo di cui all'articolo 2 della legge n. 432 del 1993, fermi rimanendo gli obiettivi di riduzione del debito pubblico.
La Commissione, a rettifica del parere già reso sull'emendamento 16.0.100, esprime inoltre parere contrario sulla suddetta proposta, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».
«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati i subemendamenti all'emendamento 019.1 e i restanti emendamenti 019.13 e 019.14 relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere contrario sulla proposta 019.1/201 in quanto suscettibile di violare i princìpi di autonomia e indipendenza della Banca d'Italia sanciti nell'ambito della normativa relativa alla Banca centrale europea, parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 019.1/106, 019.1/109 (limitatamente al comma 6-bis, lettere a) e b)), 019.1/107, 019.1/108 e 019.14 nonché parere di nulla osta sulle restanti proposte esaminate».
GARRAFFA (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, in considerazione del fatto che per problemi tecnici la lettura dei pareri non si è sentita in modo chiaro, ritengo sia utile distribuire il loro testo a tutti i senatori.
PRESIDENTE. Un certo numero di copie è già stato distribuito. Si provvederà ora a distribuirne altre, in modo che tutti i colleghi le possano esaminare.
Passiamo ora all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi limiterò ad illustrare gli emendamenti 1.1 e 1.16; gli altri emendamenti che ho firmato insieme al senatore Castellani saranno illustrati da quest'ultimo.
Ci sono diversi strumenti per accrescere l'efficacia dei consigli di amministrazione delle società, per evitare che questi (soprattutto i consigli delle società che accedono al pubblico risparmio, diciamo le società quotate) siano luoghi finti e fare invece in modo che siano luoghi di effettiva verifica dei comportamenti del management.
I principali strumenti che vengono utilizzati a questo scopo sono due: l'obbligo (che magari può anche essere autoimposto dalle società) della presenza di un certo numero di amministratori cosiddetti indipendenti, oppure - in generale questi due strumenti sono posti in alternativa - la presenza di consiglieri espressi dalle minoranze azionarie. Vorrei ricordare che in Italia quest'ultimo istituto fu introdotto al momento delle privatizzazioni delle grandi imprese pubbliche. Allora fu prevista espressamente e fu inserita nello statuto la norma in base alla quale quelle società avrebbero mantenuto un'esplicita rappresentanza degli azionisti di minoranza. In sostanza, ciò voleva dire prevedere l'obbligo del voto di lista e la riserva di uno o più eletti alla minoranza.
Oggi, in Italia, abbiamo uno schema in base al quale per quelle società è prevista la presenza di rappresentanti della minoranza, mentre ciò non accade per le altre società, per le quali - come sappiamo - è prevista in maniera autoregolamentativa la presenza di consiglieri cosiddetti indipendenti.
Il disegno di legge licenziato dalla Camera (mi sembra di ricordare che non sia stato modificato in Commissione al Senato) introduce per tutte le società quotate, oltre all'obbligo della presenza di consiglieri indipendenti, anche l'obbligo della presenza di consiglieri di minoranza. È una scelta piuttosto radicale, considerato che in genere nel resto del mondo i due obblighi vengono considerati in alternativa. Non c'è dubbio che ciò rischia di provocare l'effetto di trasformare i consigli di amministrazione, che sostanzialmente sono organi di governo, in una specie di rappresentanza proporzionale dei vari interessi in qualche modo coinvolti.
Ci sono anche indicazioni quantitative che inducono a ritenere ciò che mi appresto ad affermare. In Italia, il potere di controllo sulle società comporta l'attribuzione di benefici privati, così si suol dire, molto alti. Ciò significa che in effetti i consigli di amministrazione non hanno funzionato, non funzionano sufficientemente bene. Pertanto, una legge che introduca vincoli più stringenti per far sì che i consigli di amministrazione siano effettivamente luoghi di verifica dei comportamenti del management e per garantire una più forte tutela degli azionisti di minoranza è giustificata da una serie di evidenze, non da ultimo dai casi Cirio e Parmalat, nei quali è risultato evidente a tutti che i consigli di amministrazione non hanno svolto la funzione per la quale il codice civile li aveva pensati.
Nella specifica situazione italiana, a mio avviso, si giustifica una particolare decisione, che è quella di non scegliere una delle due soluzioni presenti nel mondo, ma di prevederle entrambe, anche alla luce del fatto che la presenza di consiglieri di minoranza all'interno delle società privatizzate (consiglieri espressi cioè da un voto di lista con un numero di posti riservati alla minoranza azionaria) ha dato buona prova di sé. È una valutazione generalizzata che i consigli delle società privatizzate hanno funzionato meglio grazie alla presenza di rappresentanti degli azionisti diversi dagli azionisti di controllo.
La norma introduce questo obbligo per tutte le società quotate. Tuttavia, bisogna aver presente che nel panorama delle società quotate italiane ci sono anche società finanziariamente molto piccole e prevedere anche per queste società fin da subito l'obbligo della presenza nei consigli di amministrazione di rappresentanti della minoranza si presta a numerose obiezioni, la più ovvia delle quali è la seguente: in caso di piccole società, il rischio è che non si abbia un rappresentante dei piccoli azionisti diffusi (ad esempio il rappresentante dei fondi comuni di investimento), bensì che si generi il semplice effetto per cui il concorrente di una società che produce quel dato bene compra in Borsa una piccola quota di azioni di quella società ed entra nel consiglio di amministrazione.
Con ciò si ottiene l'effetto contrario a quello che si vorrebbe ottenere; il risultato cioè è che quel consiglio di amministrazione non potrebbe in alcun caso diventare il luogo nel quale si effettuano le discussioni strategiche sull'impresa.
Come ho detto, quindi, per temperare i vari interessi in campo abbiamo avanzato una proposta che concorda con la scelta generale di prevedere la presenza degli azionisti di minoranza nel consiglio di amministrazione con un proprio rappresentante oltre ai rappresentanti indipendenti e, tuttavia, in via di prima applicazione limita quest'obbligo alle sole società del MIB 30-R, alle prime trenta società quotate; prevede una graduale estensione di questo obbligo tendenzialmente a tutte le società, ma secondo una gradualità governata dall'Autorità di Borsa (la CONSOB). Credo che questa sarebbe una soluzione più ragionevole.
Vi è poi una seconda questione, affrontata in particolare dall'emendamento 1.16, ma anche dall'emendamento di cui ho parlato. Una delle evidenze emerse dagli scandali e a mio avviso non sufficientemente considerata nel dibattito è quella relativa al fatto che i cosiddetti consiglieri indipendenti spesso non si sono rivelati tali. Per infiniti motivi i criteri di indipendenza previsti dall'ordinamento vigente sono criteri di natura molto formale; in realtà, quello di indipendenza deve essere un criterio sostanziale.
Da questo punto di vista avanziamo alcune proposte tese, in primo luogo, a rafforzare le responsabilità nella verifica dell'indipendenza. Ciò vuol dire proceduralizzare una responsabilità del consiglio di amministrazione per la verifica dell'indipendenza.
Esiste poi il problema dei requisiti di onorabilità, questione delicatissima poiché essi attengono alla capacità delle persone. Crediamo che nel quadro complessivo e nel ridisegno, previsto nella proposta di legge in esame, della responsabilità della società di revisione sia giusto affermare che in tema di requisiti di onorabilità - che debbono essere disciplinati con una certa previsione perché, come ho detto, attengono alla capacità delle persone - deve essere prevista una esplicita funzione delle società di revisione, relativa alla verifica della loro sussistenza, e deve essere prevista altresì la possibilità per la società di revisione, in caso di dubbi relativi alla sussistenza di tali requisiti, di attivare la CONSOB perché possa, se del caso, dichiarare decaduto l'amministratore di cui si sta trattando. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, mi limiterò ad illustrare gli emendamenti 1.8 e 1.13 che, come ben sa, incidono sulla composizione degli organi per le società che gestiscono intermediazioni finanziarie Questo è il punto centrale della riforma, dal momento che gli scandali cui abbiamo assistito sono tutti avvenuti in quanto società di intermediazione finanziaria non hanno risposto appieno alle esigenze di tutela dei consumatori e, soprattutto, alle esigenze della trasparenza del mercato.
Credo che il nodo sia tutto qui, ed è per questo che critichiamo il disegno di legge in esame. Esso, infatti, non incide profondamente sulla questione dei controlli e della trasparenza in ordine al mercato dei capitali e soprattutto dei titoli, che possono diventare spazzatura.
Credo che la maggioranza e il Governo possano convenire sull'osservazione che il disegno di legge è debole, non dà risposte puntuali alle esigenze di tutela dei risparmiatori ed avendo suscitato molte attese, soprattutto da parte dei consumatori e degli utenti, ha determinato una diffusa disillusione non essendo state queste attese accolte.
Entrando nel merito, l'emendamento 1.8 incide sulle disposizioni che prevedono l'obbligo generalizzato di adozione del voto di lista per la nomina dei membri del consiglio di amministrazione. Siamo d'accordo sull'introduzione del voto di lista, ma intendiamo introdurre alcune correzioni orientate, per un verso, a riconoscere le peculiarità dei due modelli societari, quello monista e quello dualista, perché il testo uscito dalla Commissione non sembra tener conto delle differenziazioni fra questi due modelli di gestione della società, e, per altro verso, a distinguere le responsabilità amministrative e gestionali da quelle di controllo. Il nodo centrale infatti risiede proprio nelle modalità di controllo di chi gestisce effettivamente le società; sempre in tale ambito rientra il problema della vigilanza che, a differenza degli altri aspetti prima menzionati, deve prevedere forme idonee ed efficaci di coinvolgimento delle minoranze.
L'emendamento proposto tiene conto proprio di tali aspetti. Ricordo che nel primo comma, che si riferisce alle società che hanno un'organizzazione di tipo monistico, si prevede che almeno uno degli amministratori, in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all'articolo 2409-septiesdecies del codice civile, venga nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti, perché abbiamo visto come possono crearsi dei concerti - chiamiamoli così - in questo campo.
Con il comma successivo si disciplinano le modalità con cui vengono accertati i requisiti di indipendenza previsti dall'articolo 2409-septiesdecies del codice civile, precisando che devono essere verificati dal consiglio di amministrazione con cadenza semestrale, perché certamente in tale lasso di tempo questi profili possono mutare: anche chi ha avuto riconosciuti tali profili di indipendenza, avendo o accettando cariche in altre società, quindi collegandosi con vari intrecci a chi detiene e determina la maggioranza nella gestione della società, può perderli, ovvero possono essere verificati dalla CONSOB in ogni momento qualora ne faccia espressa richiesta almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione. Il difetto di tali requisiti determina la decadenza dalla carica. Quindi, la norma che intendiamo introdurre è molto puntuale.
Un ulteriore comma precisa che nelle società organizzate secondo il sistema ordinario, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve essere espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti. Anche in questo caso occorre la verifica dei requisiti di indipendenza, per cui rimandiamo a quanto previsto nel precedente comma.
Con l'ultimo comma vorremmo affidare alla CONSOB, che poi dovrà esprimersi con proprio regolamento, la possibilità di stabilire «ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione nominati ai sensi della stessa disposizione per le società organizzate secondo il sistema monistico». In questo modo riteniamo di poter assicurare un controllo e una gestione trasparenti di queste società che hanno il compito veramente delicato di immettere nel mercato titoli e obbligazioni.
Con l'emendamento 1.13 intendiamo sopprimere il capoverso «Art. 147-quater» del disegno di legge in esame che riguarda la modifica dell'articolo 147-ter in materia di elezione e composizione del consiglio di amministrazione.
Vogliamo sopprimere questo capoverso, introdotto ex novo dal disegno di legge, perché riteniamo che disciplini in modo non soddisfacente o, almeno, non del tutto soddisfacente, la modalità di composizione del consiglio di gestione nel modello dualistico. Come abbiamo già affermato, infatti, vogliamo distinguere le due configurazioni di gestione, cioè il modello monistico da quello dualistico.
Tale capoverso prescrive, infatti, la presenza nei consigli di gestione con quattro o più membri di almeno un membro indipendente con requisiti di indipendenza analoghi a quelli stabiliti per i sindaci. Noi vogliamo, invece, prescindere dalla soglia stabilita dei quattro membri che ci sembra fissata in modo arbitrario.
Questa modifica non sembra, infatti, riconoscere il carattere del tutto peculiare delle società gestite secondo il modello dualistico che hanno, invece, nel consiglio di gestione l'organo denominato esecutivo il quale, in effetti, adotta nel sistema dualistico tutte le decisioni gestionali. Riteniamo, soprattutto, che questo capoverso non riconosca la posizione peculiare attribuita nel nostro ordinamento ai consiglieri indipendenti ai quali viene riconosciuto il diritto di voto negli organi amministrativi.
Come potete notare, i due emendamenti appena illustrati vanno esattamente nella direzione preannunciata: vogliamo migliorare la legge e, soprattutto, rendere più trasparente le modalità di gestione e di controllo degli organismi che gestiscono le società di intermediazione finanziaria, quelle stesse società che sono state oggetto di lunghe audizioni presso le Commissioni riunite e che certamente hanno dimostrato di non essere all'altezza delle attese dei consumatori durante questi ultimi anni che hanno visto esplodere i casi Cirio e Parmalat. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Zancan).
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, illustrerò gli emendamenti 1.4 e 1.10; l'emendamento 1.11 sarà, invece, illustrato dal senatore Ripamonti.
L'articolo 1, insieme all'articolo 6, si riferisce al tema della governance societaria, tema sul quale è stata incentrata la discussione nelle Commissioni riunite per le questioni da noi poste, e cioè: la necessità di intervenire su una nuova disciplina delle società per azioni per rafforzare il sistema dei controlli interni sulla gestione delle imprese e, soprattutto, la sorveglianza sulla corretta rappresentazione della loro situazione finanziaria.
Gli emendamenti da noi presentati all'articolo 1 vogliono tentare di compiere un passo in avanti in materia di governance delle società con azioni quotate nei mercati regolamentati.
Infatti, riteniamo che il risultato raggiunto dalla maggioranza nelle Commissioni riunite con l'articolo 1 non riesca a raggiungere l'obiettivo di garantire nella vita aziendale un adeguato pluralismo nelle forme di controllo e quindi un'adeguata trasparenza che sappiano costituire uno degli aspetti più delicati e, a nostra opinione, anche uno dei punti assolutamente fondamentali al fine di evitare che possano verificarsi nuovamente situazioni incredibili come quelle cui ci siamo trovati di fronte e che inviterei verificare attentamente anche alla luce dei fatti accaduti negli ultimi tempi: in tal senso, basterebbe leggere alcune notizie pubblicate oggi dal quotidiano "Il Sole-24 Ore".
Ora proprio perché l'articolo 1, così come perviene all'esame dell'Aula, non riesce a raggiungere il suddetto obiettivo, che è - ripeto - quello di garantire un adeguato pluralismo nelle forme di controllo, ci siamo concentrati sulla possibilità di aumentare e garantire maggiormente la presenza dei rappresentanti delle minoranze nei consigli d'amministrazione. Occorre, pertanto, fare di più; va detto che, rispetto al testo licenziato dalla Camera, è stato migliorato proprio l'aspetto della presenza dei rappresentanti della minoranza nei consigli d'amministrazione; tuttavia, ripeto, consideriamo necessario fare di più. Siamo, infatti, dell'avviso che la trasparenza e il pluralismo nel governo delle società costituiscano la condizione indispensabile per prevenire i reati di falsificazione dei bilanci e dei documenti alla base degli scandali cui abbiamo assistito e al fine di evitare che si ripetano vicende come quelle che - ahimè! - hanno colpito il nostro Paese, come casi Parmalat e Cirio, ma anche in altre occasioni.
Occorre quindi credere fino in fondo alla trasparenza e al rafforzamento del pluralismo nei consigli d'amministrazione. Per questa ragione con i nostri emendamenti prevediamo un reale rafforzamento delle minoranze attraverso la possibilità di presentare liste di minoranza da parte di detentori di quote azionarie minori. Il primo emendamento che illustro, l'emendamento 1.4, intende raggiungere proprio questo obiettivo e cioè abbassare il quorum dall'attuale 20 all'1 per cento, tant'è, che al comma 1, capoverso «Articolo 147-ter», comma 1, dell'articolo in esame prevediamo espressamente di sostituire le parole: «a un quarantesimo» con le seguenti: «all'1 per cento».
Si tratta evidentemente di un obiettivo chiarissimo che - torno a ripetere - consideriamo centrale nel meccanismo di avvio di procedure trasparenti, cioè quello di far pesare maggiormente le minoranze attraverso la reale possibilità di presentare liste di minoranza anche da parte di chi detiene quote azionarie basse. Se questo meccanismo fosse stato attivo, ad esempio, nel caso della Parmalat e della Cirio, forse già attraverso il meccanismo di controllo interno avremmo potuto avere la percezione esatta di quanto stava per accadere.
Chiediamo quindi di abbassare tale quorum e portarlo all'1 per cento, posto che, oltre tutto, è normale che non solo vi sia l'esigenza della trasparenza, che in questo modo sarebbe assolutamente rafforzata, così come del pluralismo, ma anche perché è evidente che la presenza anche di chi detiene quote azionarie basse favorirebbe una maggiore dialettica all'interno dell'azienda, garantendo la reale possibilità di condurre un'azione di controllo da parte delle minoranze.
Sappiamo che il problema dei controlli è esterno, ma anche interno. Se le minoranze possono essere presenti, possono rappresentare davvero per tutti una garanzia di controllo maggiore di quella prevista dall'articolo 1, così come è stato licenziato dalle Commissioni riunite. È evidente che il lavorare e l'agire sulle minoranze, insieme con gli emendamenti illustrati dal senatore D'Amico ed anche dal senatore Castellani, volti a far sì che sia meno aleatorio il concetto stesso di affidabilità e onorabilità per quanto riguarda i requisiti di coloro che devono sedere nel consiglio d'amministrazione, ma che sia anche legato molto di più alla possibilità di intervento della CONSOB, è un modo serio - molto serio - di rispondere non con un maquillage di facciata al sistema attuale delle governance, ma incidendo profondamente sui meccanismi di governo delle società.
L'emendamento 1.10 ha l'obiettivo preciso, sempre nell'ottica del rafforzamento delle minoranze, di garantire la presenza nei consigli d'amministrazione di membri espressi dalla minoranza nelle seguenti quote: due, se i membri del consiglio d'amministrazione sono più di sette, e in ogni caso almeno il 20 per cento. Questo emendamento, signor Presidente, consentirebbe alle minoranze di essere meglio rappresentate nel consiglio d'amministrazione e quindi, attraverso un loro maggiore ruolo, di ottenere un primo elemento di controllo nel consiglio d'amministrazione. Ciò rappresenta - non ci stancheremo mai di dirlo - una garanzia per il corretto funzionamento delle società, per la trasparenza del mercato finanziario italiano e per una tutela, anche questa dall'interno, dei risparmiatori.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, colleghi, illustrerò l'emendamento 1.11. Riteniamo quella trattata dall'articolo 1 sia forse una delle questioni decisive che possono permetterci di affrontare in modo più adeguato, più corretto, più stringente il tema generale della gestione dei consigli d'amministrazione ed in particolare, signor Presidente, il tema della previsione di garanzie più stringenti attorno alle questioni della trasparenza, dei diritti delle minoranze e soprattutto delle garanzie per i risparmiatori, per i cittadini, per i clienti, circa la possibilità di controllare meglio che fine fanno i propri soldi, perché poi, alla fine, la questione di fondo è questa.
L'articolo 1, al comma 2, affronta un aspetto importante relativo alla elezione e alla composizione dei consigli di amministrazione. Riteniamo questo un passaggio importante, una cosa positiva, anche se siamo stati costretti a presentare emendamenti a tale articolo, perché, pur esprimendo un giudizio positivo sul testo all'esame, riteniamo che, proprio per l'importanza dei temi della trasparenza e della gestione, si debba fare un ulteriore passo avanti.
Al comma 2 si prevede che «almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione» sia «espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero dei voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti». Ripeto, signor Presidente, che consideriamo importante questo aspetto, perché si consente finalmente alle minoranze di avere un ruolo nella gestione dei consigli di amministrazione. Cerchiamo però di rafforzare tale aspetto positivo attraverso l'emendamento 1.10, testé illustrato dalla senatrice De Petris, e l'emendamento 1.11, che sto ora illustrando: ovviamente, signor Presidente, lei comprenderà che l'emendamento 1.11 è in subordine rispetto all'emendamento 1.10, assolutamente più garantista e più stringente rispetto alle questioni che sto trattando.
Al comma 3 si prevede che, «in aggiunta a quanto disposto dal comma 2», vale a dire che ci sia la presenza di una quota delle minoranze, «qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall'articolo 148, comma 3, nonché» i requisiti previsti dai codici di comportamento di società di gestione di mercati regolamentati.
Il nostro emendamento interviene in materia riducendo da sette a cinque il numero dei membri del consiglio di amministrazione, al di sopra del quale almeno uno deve essere espresso come da noi proposto e avere i requisiti previsti dalla norma che stiamo trattando, requisiti cioè di indipendenza.
Ricordo nuovamente, signor Presidente, che questo emendamento è stato presentato in subordine al principale, che è l'1.10, testé illustrato dalla senatrice De Petris. Tuttavia, anche questo emendamento permette di fare un passo in avanti, perché, intervenendo sul tema della gestione, della trasparenza e del controllo, aumenta la possibilità di avere una norma più garantista e, da parte dei consumatori, degli utenti, dei cittadini, di controllare, alla fine, come vengono gestiti i loro soldi.
Per questi motivi, signor Presidente (lo ripeto ancora una volta), chiediamo che venga approvato l'emendamento 1.10 appena illustrato dalla senatrice De Petris; in subordine, chiediamo che venga valutato con attenzione anche l'emendamento 1.11, di cui è prima firmataria la stessa senatrice De Petris, in quanto esso va nella stessa direzione, che ci garantisce di disporre di una norma più efficace.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, illustrerò gli emendamenti 1.9, 1.12, 1.14. All'emendamento 1.15 aggiunge la propria firma il senatore Fassone, che provvederà poi ad illustrarlo.
L'emendamento 1.9 si riferisce sempre ai problemi della composizione del consiglio d'amministrazione, dal momento che riteniamo che il primo presidio per evitare il determinarsi di situazioni come quelle delle vicende dei crack Cirio, Parmalat ed altri, che si sono verificati un paio d'anni fa e che ci hanno portato a questo disegno di legge, seppur in notevole ritardo rispetto alle esigenze di dare risposte ai mercati finanziari e ai risparmiatori, sia per l'appunto prevedere un intervento sui requisiti e le modalità di composizione della governance societaria e quindi del consiglio d'amministrazione e del collegio sindacale (il quale ultimo sarà poi affrontato nel successivo articolo 2).
L'emendamento 1.9 si riferisce al modello dualistico, vale a dire alle società in cui esistono sia il consiglio di amministrazione che i due organi, vale a dire il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale, come era tradizione nel nostro Paese (realtà oggi modificata dalla riforma del diritto societario).
Ebbene, le esperienze assolutamente negative riscontrate con i casi Cirio e Parmalat hanno dimostrato l'assenza di controlli interni e diffuse situazioni di collusione e di conflitto di interessi non solo tra consiglieri di amministrazioni e collegio sindacale, ma anche all'interno degli stessi consigli di amministrazione e sindacale.
Non siamo tanto favorevoli ai consiglieri di minoranza, espressioni delle liste di minoranza, perché riteniamo - e i più convinti tra noi sono coloro che hanno maturato una certa esperienza nei consigli di amministrazione di società per azioni - che essi siano collocati in quel ruolo semplicemente per impedire certi passaggi e quindi, in sostanza, per esercitare pratiche ostruzionistiche nelle attività esecutiva e amministrativa della società. Pertanto, riteniamo che la funzione fondamentale di controllo debba essere riportata in capo al collegio sindacale, mentre in questo disegno di legge - peraltro gravemente modificato nel passaggio dalla Camera alle Commissioni riunite del Senato - si assiste ad una forte riduzione dei suoi poteri. È per questo che chiediamo un ripristino di quelle funzioni, argomento che in ogni caso verrà trattato più specificamente quando verrà esaminato l'articolo 2 del disegno di legge.
Per quanto riguarda, invece, il consiglio di amministrazione, il nostro riferimento non è ad un consigliere in rappresentanza della minoranza, ma ad un terzo di consiglieri indipendenti. Al riguardo, sorge un problema. Si potrebbe obiettare che nella Parmalat vi erano già consiglieri apparentemente indipendenti. Ed allora, piuttosto che far riferimento ai codici di autoregolamentazione - che peraltro mantengono la loro importanza, giacché nel nostro Paese, oltre all'intervento del legislatore, sarebbe necessario divulgare la cultura della vergogna e della reputazione, dal momento che non è tollerabile che bancarottieri che hanno creato gravi danni al Paese in un passato non molto lontano improvvisamente si trovino di nuovo sulla cresta dell'onda - sul piano degli interventi legislativi riteniamo che i requisiti di indipendenza per quel terzo dei membri del consiglio di amministrazione che proponiamo debbano essere stabiliti e controllati dalla CONSOB. Qualora dal riscontro emergessero conflitti di interesse e il mancato rispetto dei requisiti di indipendenza si verificherebbe la decadenza automatica dall'incarico di amministratore.
È vero che in alcuni casi il consigliere di minoranza ha funzionato, ma si tratta in particolare di società ex pubbliche, ex partecipazioni statali nelle quali molto spesso è rimasto a ricoprire tale posizione in rappresentanza del Ministero una volta del tesoro ed oggi dell'economia. In quei casi, sì, ha funzionato, ma - lo ripeto - egli svolgeva quel ruolo in qualità di rappresentante dello Stato, mentre nelle società per azioni private egli non sarebbe certamente tenuto al rispetto di certi comportamenti. Di qui la scelta e la proposta di consiglieri indipendenti.
Quindi, l'emendamento 1.9 fa riferimento al consiglio di amministrazione di una governance societaria di tipo dualistico, con un consiglio di amministrazione e un collegio sindacale.
L'emendamento 1.12 presenta le stesse caratteristiche e contenuti dell'emendamento 1.9, ma fa riferimento al sistema monistico, noto anche come modello anglosassone, un sistema al cui interno non esiste il collegio sindacale, che invece è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla riforma del diritto societario, quanto piuttosto amministratori interni ed esterni nell'ambito dello stesso consiglio di amministrazione. I secondi dovrebbero controllare i primi.
L'emendamento 1.14 presenta gli stessi contenuti dei precedenti, ma li riferisce al modello renano, in cui le funzioni del collegio sindacale sono svolte dal consiglio di sorveglianza. Anche quando esistono entrambi gli organismi, come nel caso del modello renano introdotto dalla riforma del diritto societario, si propone che anche nel consiglio di gestione siano presenti gli amministratori, che siano indipendenti e che i loro requisiti siano definiti dalla CONSOB. (Applausi del senatore Battafarano).
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 1.15 si propone di intervenire sull'articolo 147-quater del decreto legislativo n. 58 del 1998 che regola, come noto, la materia dell'intermediazione finanziaria.
L'articolo 147-quater, quale proposto dalle Commissioni riunite, prevede che, qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere determinati requisiti di indipendenza. Si è quindi in presenza del cosiddetto modello dualistico, cioè il secondo dei tre modelli introdotti dai decreti legislativi che hanno ridisegnato la materia del diritto societario, accanto al modello tradizionale e a quello monistico.
Il modello dualistico prevede, per l'appunto, un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza. Il testo licenziato dalle Commissioni riunite prevede giustamente che tra i componenti del consiglio di gestione, quando il medesimo ha una certa dimensione e quindi lascia presupporre una certa rilevanza della società, vi sia una componente, sia pure minoritaria, di soggetti indipendenti. Il concetto è certamente condivisibile perché avendo le società per azioni avuto, soprattutto negli ultimi tempi, una modifica strutturale che le porta normalmente a fare appello a più canali di finanziamento, è importante che la tutela del risparmio cui è finalizzato il disegno di legge in esame sia, per quanto possibile, anticipata ed arretrata al momento interno.
È molto significativo ed importante che si prevedano momenti di controllo a posteriori e addirittura che si sia rafforzata la sanzione penale, anche se queste forme di controllo intervengono per definizione quando il guaio è già avvenuto. Molto importante ed utile invece è che la trincea sia avanzata al momento delle deliberazioni o attraverso la formula dei componenti di minoranza, che peraltro presenta profili di ambiguità e di pericolo, quali quelli illustrati dal senatore D'Amico, o, soprattutto, attraverso la presenza di soggetti muniti di caratteristiche di indipendenza tali che li mettano tendenzialmente e normalmente al riparo da pesanti influenze degli altri componenti del consiglio di amministrazione.
E sin qui andrebbe bene, nel senso che il concetto è condivisibile; tuttavia, i requisiti di indipendenza stabiliti dall'articolo 148, comma 3, del citato decreto legislativo n. 58, sono piuttosto tenui, formali, evanescenti, a fronte dell'esigenza che il soggetto sia veramente capace di contrapporsi a determinate manovre o intenzioni del consiglio di amministrazione nella sua maggioranza, quando queste manovre devono essere contrastate. Infatti, l'articolo 148, comma 3, che è dettato per i sindaci, prevede genericamente delle situazioni di ineleggibilità, che qui vengono trapiantate testualmente e che consistono nel fatto di essere parenti entro il quarto grado degli amministratori della società, o di avere rapporti di lavoro autonomo o subordinato con la società, nonché il trovarsi nelle condizioni previste dall'articolo 2382 del codice civile, quale novellato dai decreti legislativi in tema di diritto societario, che affianca altre situazioni, ma anch'esse tutte nell'ordine dei requisiti prevalentemente formali.
Per tali motivi, l'emendamento che illustro, e di cui raccomando l'approvazione, si propone di rendere più penetrante il requisito dell'indipendenza, facendo appello non soltanto ai requisiti formali previsti in via generale per tutto il diritto societario dal codice civile, ma in particolare a requisiti più significativi e incisivi, quali soltanto il regolamento della CONSOB è in grado di enunciare con attenzione specifica a questo tipo di società. Torno a dire infatti che i requisiti di cui al codice civile si riferiscono a tutte le società, mentre noi stiamo ragionando in particolare in tema di società di intermediazione finanziaria, che hanno intuitivamente dei connotati particolari.
Non posso sottrarmi dal rilevare che questa esigenza di fare richiamo non ai requisiti del codice civile, ma ai requisiti del regolamento della CONSOB è fatta propria da un autorevole senatore della maggioranza, il senatore Cantoni, nell'emendamento 1.200, laddove proprio a proposito del consiglio di amministrazione generale, cioè del modello tradizionale delle società di intermediazione, si fa appello ai requisiti di indipendenza stabiliti non dal codice civile, ma dal regolamento della CONSOB.
Se si vuole veramente proseguire nella linea dell'esaltazione del criterio della objectivity nella composizione dei consigli di amministrazione (che è il criterio normalmente bilanciato con quello della rappresentazione nei vari ordinamenti giuridici), se si vuole proseguire su questa plausibile linea della implementazione dell'oggettività e dell'indipendenza, conviene fare appello a requisiti più penetranti e più incisivi, quali quelli proposti dal nostro emendamento.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, occorre precisare che il testo dell'articolo 1, che disciplina la governance societaria, è rimasto inalterato sia rispetto alla Camera, sia rispetto a quanto emerso in Commissione. Riteniamo che l'articolo 1 debba essere mantenuto nel testo approvato dalle Commissioni riunite, perché è dannoso modificare questi aspetti della governance, rischiando di compromettere un delicato equilibrio.
Abbiamo pertanto scelto di tutelare la presenza delle minoranze nei consigli di amministrazione rispetto agli indipendenti, che sono tuttavia previsti per il sistema dualistico, il quale poggia su consigli di sorveglianza e consigli di gestione.
Per queste ragioni, insieme al senatore Semeraro, esprimo i seguenti pareri. Invito il senatore Cantoni a ritirare l'emendamento 1.200. Esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.1 e 1.2. Invito i senatori Iervolino e Danzi a ritirare l'emendamento 1.201, diversamente il parere è contrario. Invito altresì il senatore Moro a ritirare l'emendamento 1.3. Esprimo parere contrario sull'emendamento 1.4.
Invito il senatore Ciccanti a ritirare l'emendamento 1.5, diversamente il parere è contrario. Esprimo infine parere favorevole sull'emendamento 1.6 e contrario sugli emendamenti 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 1.15 e 1.16.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sull'emendamento 1.200 è stato formulato un invito al ritiro, che il Governo conferma.
Il parere del Governo è contrario su tutti gli altri emendamenti presentati all'articolo 1 ad eccezione dell'emendamento 1.6, sul quale è favorevole.
PRESIDENTE. Sull'emendamento 1.200 è stato formulato un invito al ritiro da parte del relatore e della rappresentante del Governo.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Lei non è firmatario, vuole aggiungere la sua firma? (Il senatore Fassone fa cenno di voler intervenire).
PAGANO (DS-U). Il senatore Cantoni non c'è, quindi non può ritirarlo! Il senatore Fassone vuole intervenire per una dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Se non c'è il senatore Cantoni, l'emendamento deve essere dichiarato decaduto.
Il senatore Fassone fa proprio l'emendamento 1.200 del senatore Cantoni?
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare. (Commenti della senatrice Pagano).
PASTORE (FI). Ma stai zitta!
PAGANO (DS-U). Stai zitta lo dici a tua sorella! Stai zitto tu, che non capisci niente!
PASTORE (FI). Signor Presidente, lo fa proprio il senatore Pedrizzi!
PRESIDENTE. Senatore Pedrizzi, ha facoltà di parlare.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, penso che dopo tre legislature abbiamo acquisito un minimo di conoscenza del Regolamento.
PAGANO (DS-U). Non è detto.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, se mi avesse dato subito la parola avrei detto che, non essendo presente il senatore Cantoni, facevo mio l'emendamento 1.200, accogliendo la proposta del relatore e del Governo di ritirarlo.
PAGANO (DS-U). Il senatore Fassone, comunque, fa suo l'emendamento 1.200 e siamo allo stesso punto.
PEDRIZZI (AN). Siamo allo stesso punto, però, senatrice Pagano, la procedura è questa ed io mi attengo alla procedura.
PRESIDENTE. Senatore Fassone, lei fa suo questo emendamento?
FASSONE (DS-U). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Dunque, l'emendamento 1.200 non è ritirato.
Passiamo quindi alla sua votazione.
FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FASSONE (DS-U). Signor Presidente, chiarisco perché abbiamo fatto nostro l'emendamento 1.100 del senatore Cantoni: perché esso è molto simile all'emendamento del nostro Gruppo su questo argomento, cioè l'emendamento 1.9, che ha come primo firmatario il senatore Pasquini. Se ne differenzia in qualche punto, ma non talmente da non permetterci di accogliere questo significativo segnale che proviene da un autorevole senatore della maggioranza e quindi fare nostro questo emendamento per la particolare importanza che esso ha nella materia in esame.
Sono d'accordo anch'io con alcuni senatori della maggioranza che la discussione che si è svolta in precedenza è stata in larga parte ipotecata dalle questioni relative alla Banca d'Italia, al suo Governatore e alle vicende che hanno arroventato l'estate appena conclusa; materia sicuramente importante, ma in effetti non tale da oscurare l'importanza anche di altre materie, come, in particolare, quella sottesa all'emendamento in discussione.
In effetti, come ho accennato precedentemente, in sede di illustrazione degli emendamenti, è molto importante che le difese del risparmio, il quale tra l'altro ha un'importante e significativa copertura nell'articolo 47 della Costituzione, vengano per quanto possibile anticipate al momento delle decisioni che i risparmiatori possono pregiudicare.
È importante, dicevo quindi, la composizione degli organi decidenti, che amministrano queste società e, in particolare, le società di intermediazione finanziaria, che, va precisato, rappresentano il vero oggetto dell'intervento di questa prima sezione del disegno di legge al nostro esame.
L'emendamento 1.200 del senatore Cantoni propone un intervento notevolmente innovativo sulla struttura disegnata dal testo licenziato dalle Commissioni, il quale - come è già stato ricordato - prevede la composizione dei consigli di amministrazione secondo liste e quindi la possibilità che almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione sia espresso dalla lista di maggioranza. Soltanto per il modello monistico viene eccettuato da questa situazione e soltanto in quello è prevista invece la presenza di soggetti indipendenti.
Mi pare importante inquadrare la materia sullo sfondo che si è delineato a seguito delle profonde riforme della struttura finanziaria delle società per azioni, che hanno determinato l'allargamento dei canali di finanziamento dell'impresa stessa prevedendo nuove tipologie di finanziatori oltre a quelle tradizionalmente note e considerate.
È risaputo che nella maggior parte degli ordinamenti si cerca di far sì che il controllo sull'amministrazione sia caratterizzato da un compromesso, più o meno riuscito, più o meno fattibile, ma comunque cercato, tra due distinti elementi: da un lato, una adeguata prossimità o vicinanza del soggetto preposto al controllo con il soggetto controllato, dall'altro, una oggettività del giudizio nell'adempimento dei doveri di vigilanza. La prima caratteristica, proximity, presupponendo una prossimità o vicinanza tra chi esercita il controllo e chi vi è soggetto, ha il vantaggio di assicurare al controllore un accesso agevolato e più rapido alle informazioni necessarie con l'ulteriore possibilità di esercitare un controllo ex ante al momento stesso della formazione della decisione gestionale, ma, a rovescio, la proximity può avere come effetto che il soggetto con funzioni di controllo sia catturato dal socio di maggioranza o dagli amministratori controllati, quindi con una perdita di oggettività del giudizio.
Per quanto attiene, invece, ai sistemi di controllo caratterizzati da una maggiore objectivity - così riferisce l'autorevole dottrina alla quale mi rifaccio - essi sono contraddistinti da una distanza considerevole tra i controllori ed il management, conseguentemente, il soggetto preposto al controllo, da un lato, incontra maggiore difficoltà nel reperire le informazioni necessarie per esperire efficacemente i suoi compiti e deve limitarsi ad un controllo ex post, ma, dall'altro, conserva una maggiore oggettività di giudizio.
Ora, la formula affacciata, cioè quella di inserire dei soggetti muniti di particolari requisiti di indipendenza, cerca di risolvere efficacemente la miscela dei due requisiti proprio mantenendo sia il valore della prossimità, poiché questi soggetti fanno parte del consiglio di amministrazione, sia quello dell'indipendenza, poiché essi sono - per quanto è possibile umanamente ottenerlo - allontanati dagli interessi e dalla convergenza pregiudiziale con quelli del consiglio di amministrazione.
Ecco perché ci sembra che l'emendamento 1.100 meriti l'approvazione, anche se rispetto a quello proposto dal nostro Gruppo non conserva il concetto delle liste e della rappresentanza di minoranza, ma è un sacrificio che accettiamo volentieri anche alla luce delle considerazioni svolte poc'anzi dal senatore D'Amico; quindi, ci pare che meriti consenso, non solo nostro. (Applausi dal Gruppo DS-U e del senatore D'Amico).
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (3328)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 1 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
TITOLO I
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ PER AZIONI
Capo I
ORGANI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO
Art. 1.
(Nomina e requisiti degli amministratori)
1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 147-bis, è inserita la seguente sezione:
«Sezione IV-bis.
Organi di amministrazione
Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
3. In aggiunta a quanto disposto dal comma 2, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.
Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.
Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».
EMENDAMENTI
1.200
CANTONI
(*)
Al comma 1, sostituire il capoverso 147-ter con il seguente:
«Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio d’amministrazione). – 1. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno un terzo dei membri del consiglio d’amministrazione e del consiglio di sorveglianza deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento dalla Consob».
Sopprimere il capoverso 14-quater.
________________
(*) Assente il proponente, è fatto proprio dal senatore Fassone.
1.1
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Al comma 1, sostituire il capoverso «Art. 147-ter» con il seguente:
«Art. 147-ter. - (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Le società con capitalizzazione non inferiore alla soglia di cui al comma 6, entro due anni dal raggiungimento di tale soglia, sono tenute ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
2. Nelle società di cui al comma 1 organizzate secondo il sistema monistico, almeno uno degli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, è nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti.
3. Il possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile è verificato dal consiglio di amministrazione, entro trenta giorni dalla nomina e con periodicità semestrale, ovvero dalla CONSOB in ogni momento qualora ne faccia espressa richiesta almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
4. Nelle società di cui al comma 1 organizzate secondo il sistema ordinario, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti, e deve possedere i requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile. Per la verifica del possesso dei requisiti di indipendenza si applicano le disposizioni di cui al comma 3. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
5. Fermi restando i requisiti stabiliti dal secondo comma dell’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione nominati ai sensi della stessa disposizione per le società organizzate secondo il sistema monistico, ovvero ai sensi del comma 4 per le società organizzate secondo il sistema ordinario. Lo stesso regolamento disciplina il procedimento di verifica del possesso degli stessi da parte del consiglio di amministrazione e, nei casi previsti dalla legge, della CONSOB.
6. Al fine di una graduale estensione dell’obbligo di elezione del consiglio di amministrazione con voto di lista, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi con periodicità triennale, su proposta della CONSOB, è individuata, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, la soglia minima di capitalizzazione che rende obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1. In sede di prima applicazione della presente disposizione, si assume come soglia minima la capitalizzazione della società a minore capitalizzazione tra quelle ammesse all’indice MIB 30-R alla data del 31 dicembre 2004».
1.2
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con i seguenti:
«1. Le società con capitalizzazione non inferiore alla soglia di cui al comma 1-bis, entro due anni dal raggiungimento di tale soglia, sono tenute ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati, e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
1-bis. Al fine di una graduale estensione dell’obbligo di elezione del consiglio di amministrazione con voto di lista, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi con cadenza triennale, su proposta della CONSOB, è individuata, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, la soglia minima di capitalizzazione che rende obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1. In sede di prima applicazione della presente disposizione, si assume come soglia minima la capitalizzazione della società a minore capitalizzazione tra quelle ammesse all’indice MIB 30-R alla data del 31 dicembre 2004».
1.201
IERVOLINO, DANZI
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con i seguenti:
«1. Le società che rispettino i parametri definiti al comma 1-bis sono tenute, entro due anni dal superamento di tali parametri, ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati, e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
1-bis. La Consob, con regolamento da emanarsi in sede di prima applicazione entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, individua i parametri al superamento dei quali è obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, della capitalizzazione, del flottante e degli assetti proprietari delle società quotate a dimensione delle società, degli assetti proprietari, del flottante, e dell’evoluzione dei mercati finanziari».
1.3
MORO
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina i requisiti minimi per la presentazione delle liste stesse, che debbono corrispondere ad una misura non superiore ad un quarantesimo del capitale sociale ovvero ad un numero di presentatori, per lista, di almeno 100 soci».
1.4
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 1, sostituire le parole: «a un quarantesimo» con le seguenti: «all’1 per cento».
1.5
CICCANTI
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Per le liste presentate da associazioni di azionisti la quota minima è determinata in misura non superiore a 500 azionisti, qualunque sia la quota di capitale rappresentata».
1.6
MORO
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Per le elezioni alle cariche sociali le votazioni debbono sempre svolgersi con scrutinio a voto segreto».
1.8
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:
«2. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, almeno uno degli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, è nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti.
3. Il possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile è verificato dal consiglio di amministrazione con cadenza semestrale ovvero dalla CONSOB in ogni momento qualora ne faccia espressa richiesta almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
4. Nelle società organizzate secondo il sistema ordinario, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti, e deve possedere i requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile. Per la verifica del possesso dei requisiti si applicano le disposizioni di cui al comma 3. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
5. Fermi restando i requisiti stabiliti dal secondo comma dell’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione nominati ai sensi della stessa disposizione per le società organizzate secondo il sistema monistico, ovvero ai sensi del comma 4 per le società organizzate secondo il sistema ordinario. Lo stesso regolamento disciplina il procedimento di verifica del possesso degli stessi da parte del consiglio di amministrazione e, nei casi previsti dalla legge, della CONSOB».
1.9
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», al comma 2, sostituire le parole da: «uno dei membri» fino alla fine del comma con le seguenti: «un terzo dei membri del consiglio di amministrazione deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento della CONSOB. Il difetto dei requisiti, certificati dalla CONSOB, determina la decadenza dalla carica».
Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il terzo comma.
1.10
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: «è espresso» fino alla fine del periodo con le seguenti: «ovvero almeno due se sono più di sette, e, in caso di numero superiore a dieci, almeno il venti per cento debbono essere espressione della minoranza degli azionisti».
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: «il membro espresso» con le seguenti: «i membri espressi».
1.11
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 3, primo periodo, sostituire le parole: «sette membri» con le seguenti: «cinque membri».
1.12
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 3, sopprimere l’ultimo periodo.
1.13
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Al comma 1, sopprimere il capoverso «Art. 147-quater».
1.14
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, RIPAMONTI
Al comma 1, capoverso «Art. 147-quater», comma 1, sostituire le parole da: «Qualora» fino a: «uno di essi» con le seguenti: «Almeno un membro del consiglio di amministrazione».
1.15
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, DE PETRIS
Al comma 1, capoverso «Art. 147-quater», comma 1, sostituire le parole: «per i sindaci dall’articolo 148, comma 3» con le seguenti: «con regolamento della CONSOB».
1.16
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Al comma 1, dopo il capoverso «Art. 147-quinquies» aggiungere il seguente:
«Art. 147-sexies. - (Procedura per la verifica dei requisiti). – 1. Entro trenta giorni dalla nomina e con periodicità semestrale, il consiglio di amministrazione nei sistemi tradizionale e monistico ovvero il consiglio di gestione nel sistema dualistico, verifica il possesso dei requisiti di legge e statutari in capo ai singoli amministratori e, ove ne ricorrano i presupposti, dichiara la decadenza dall’ufficio dell’interessato.
2. Copia del verbale della riunione in cui il consiglio procede a tale verifica e della documentazione comprovante il possesso dei requisiti è trasmessa, senza indugio, alla società cui è conferito l’incarico di revisione che, entro trenta giorni, verifica la sussistenza dei requisiti di legge e statutari degli amministratori e ne dà comunicazione alla società, alla CONSOB ovvero alla Banca d’Italia per le banche e gli intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del decreto legislativo n. 385 del 1993.
3. Ove la società di revisione accerti l’assenza dei requisiti di legge in capo ai singoli amministratori, entro trenta giorni dal ricevimento del verbale e della documentazione, ne dà contestuale comunicazione alla società e alla CONSOB ovvero alla Banca d’Italia. L’Autorità di vigilanza competente, ove ne ricorrano i presupposti, entro trenta giorni dalla comunicazione della società di revisione, pronuncia la decadenza.
4. In ogni caso, a seguito della dichiarazione di decadenza, devono essere avviate le procedure per il reintegro dell’organo incompleto».
«Sezione IV-bis.
Organi di amministrazione
Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
3. In aggiunta a quanto disposto dal comma 2, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.
Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.
Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica» .
Allegato B
Pareri espressi dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite, e sui relativi emendamenti
Parere sul testo ed emendamenti riferiti agli articoli da 1 a 24
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo ed i relativi emendamenti riferiti agli articoli da 1 a 24, ivi inclusi quelli recanti articoli aggiuntivi ai suddetti, ad eccezione delle proposte 019.1, 019.13 e 019.14, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta sul testo, parere di nulla osta sulla proposta 14.0.4, a condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che al comma 1 dopo le parole: "delegato ad adottare", siano inserite le seguenti: "senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica" e parere di nulla osta sulla proposta 16.0.100 a condizione, ai sensi della medesima norma costituzionale, che al capoverso 6-bis siano soppresse le parole: "ed esattoriali".
La Commissione esprime inoltre parere contrario sulle proposte 21.2, 21.200 e 24.10, parere contrario, ai sensi della suddetta norma costituzionale, sugli emendamenti 16.0.3, 16.0.4, 18.1, 19.1, 19.2, 19.200, 21.4, 24.0.200, 24.0.1, 24.0.201 24.0.202, 15.204 (limitatamente al comma 5), 16.0.101, 16.0.102, 16.0.200, 16.0.201, 16.0.202, 24.201 (limitatamente ai commi 1, lettera b), 2 e 3) 24.0.203, 24.0.204, 24.0.205, 24.0.206 e 24.0.300, nonché parere di nulla osta sui restanti emendamenti esaminati.
Parere sugli emendamenti riferiti agli articoli da 26 a 42
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti riferiti agli articoli da 26 a 42 del disegno di legge in titolo, ivi inclusi quelli recanti articoli aggiuntivi ai suddetti, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta sulla proposta 26.202, a condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che al comma 1, dopo le parole: "a concorrere" siano inserite le seguenti: "nei limiti delle risorse di cui al comma 3",
La Commissione esprime inoltre parere contrario sulle proposte 26.212 e 26.213, parere contrario, ai sensi della suddetta norma costituzionale, sugli emendamenti 26.205, 26.216, 42.0.200, 42.0.201, 42.0.203, 42.0.300, 26.200 (limitatamente al comma l, lettera a), 26.201 (limitatamente al comma l, lettera a), 26.203, 26.219 (limitatamente alla lettera c) e 42.0.202, nonché parere di nulla osta sui restanti emendamenti esaminati.
Parere su ulteriori emendamenti e rettifica del parere sugli emendamenti 24.0.200 e 24.0.201
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminate le ulteriori proposte 24.0.200/1, 24.0.200/2, 24.0.201/1 e 24.0.201/2, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta e, a rettifica del parere già espresso sugli emendamenti 24.0.200 e 24.0.201, esprime parere di nulla osta sulla proposta 24.0.200 condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, all'approvazione del subemendamento 24.0.200/1 ovvero del subemendamento 24.0.200/2, nonché parere di nulla osta sulla proposta 24.0.201 condizionato, ai sensi della suddetta norma costituzionale, all'approvazione del subemendamento 24.0.201/1 ovvero del subemendamento 24.0.201/2.
Parere sull'emendamento 019.1 e rettifica del parere sull'emendamento 16.0.100
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l'emendamento relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta a condizione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, che il comma 10 venga riformulato nel senso di prevedere che all'onere derivante dal comma 2, valutato in 800 milioni di euro, si provveda mediante parziale utilizzo delle disponibilità in essere sul fondo di cui all'articolo 2 della legge n. 432 del 1993, fermi rimanendo gli obiettivi di riduzione del debito pubblico.
La Commissione, a rettifica del parere già reso sull'emendamento 16.0.100, esprime inoltre parere contrario sulla suddetta proposta, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
Parere sui subemendamenti all'emendamento 019.1 e sui restanti emendamenti 019.13 e 019.14
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati i subemendamenti all'emendamento 019.1 e i restanti emendamenti 019.13 e 019.14 relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere contrario sulla proposta 019.1/201 in quanto suscettibile di violare i princìpi di autonomia e indipendenza della Banca d'Italia sanciti nell'ambito della normativa relativa alla Banca centrale europea, parere contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 019.1/106, 019.1/109 (limitatamente al comma 6-bis, lettere a) e b)), 019.1/107, 019.1/108 e 019.14 nonché parere di nulla osta sulle restanti proposte esaminate.
Parere su emendamenti
La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti 019.1/106 (testo 2), 019.1/301, 019.1/300 e 019.1/302, relativi al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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866a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 21 SETTEMBRE 2005 (Pomeridiana) |
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Presidenza del vice presidente MORO, indi del vice presidente DINI
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 16,36)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.
Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
Riprendiamo le dichiarazioni di voto sull'emendamento 1.200.
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, il Gruppo dei Verdi ed io personalmente voteremo a favore dell'emendamento 1.200, presentato dal senatore Cantoni e fatto proprio dal senatore Fassone.
Come abbiamo già avuto modo di spiegare ampiamente nel corso dell'illustrazione dei nostri emendamenti, un serio lavoro di riforma del sistema di governance delle società è uno degli elementi fondamentali per garantire un processo di pluralismo e trasparenza.
L'emendamento in questione propone che almeno un terzo dei membri del consiglio di amministrazione e del consiglio di sorveglianza sia in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento dalla CONSOB, concetto che condividiamo assolutamente.
Riteniamo poi altrettanto indispensabile il successivo emendamento 1.9, di cui è primo firmatario il senatore Pasquini, in quanto prevede la decadenza nel momento in cui sia accertata la non sussistenza dei citati requisiti.
Si tratta di un'ipotesi di modifica dell'articolo 1 che va nella direzione da noi indicata, ossia quella della massima trasparenza. Infatti, per quanto riguarda il concetto di indipendenza, è a tutti evidente che esso non può essere affidato solo ed unicamente a generici requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza. Tali requisiti debbono essere stabiliti con regolamento dalla CONSOB, per compiere un ulteriore passo in avanti nella direzione della trasparenza.
Non comprendiamo per quale motivo sia stato espresso parere contrario sull'emendamento in questione da parte sia del relatore che del Governo, o forse lo comprendiamo fin troppo bene - tra l'altro è stato presentato da un autorevole rappresentante della maggioranza - se l'intenzione è di effettuare una riforma seria del sistema di governo delle società.
I requisiti, le regole, il rafforzamento della minoranza, il pluralismo, la possibilità che tutto questo sia dettato da un regolamento della CONSOB permette di avere una maggiore garanzia, un controllo interno ai consigli di amministrazione certamente migliore ed effettuato da persone che hanno i requisiti necessari, soprattutto legati ad una indipendenza certificata dalla CONSOB stessa perché questa può essere una delle garanzie per la trasparenza del mercato finanziario italiano e per la tutela dei risparmiatori.
Per questo motivo, noi abbiamo deciso di votare a favore dell'emendamento 1.200, già presentato dal senatore Cantoni, e speriamo che anche la maggioranza voglia fare altrettanto.
PAGANO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PAGANO (DS-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Pagano, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Colleghi, in attesa che decorra il termine di venti minuti dal preavviso di cui all'articolo 119, comma 1, del Regolamento, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 16,45, è ripresa alle ore 16,55).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200, presentato dal senatore Cantoni, decaduto e fatto proprio dal senatore Fassone.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.1.
PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, a titolo personale, dichiaro la mia contrarietà all'emendamento 1.1.
Il principio, ampiamente enunciato questa mattina dal senatore D'Amico, secondo il quale le società di un certo tipo, cioè quelle che abbiano una certa capitalizzazione, debbono avere nel consiglio di amministrazione rappresentanti eletti sulla base di liste e tutto il complesso di norme che l'emendamento stesso prevede, se si giustifica per società quotate, con base azionaria estremamente vasta, dove cioè esistano soci di minoranza non facilmente raggiungibili, identificabili o contattabili ai fini della vita della società (a parte le indicazioni contenute nei libri sociali), non si applicherebbe invece alle società a ristretta base azionaria.
Queste ultime non sono necessariamente società familiari; possono essere importantissime società che nelle nostre classifiche stanno estremamente in alto, che quindi hanno un'importanza rilevante per l'economia nazionale o che addirittura sono leader in certi settori. Pensiamo, ad esempio, al settore alimentare, che annovera importantissime società nazionali non quotate, possedute ancora da famiglie che sono ai vertici del proprio settore di attività.
L'introduzione di questo tipo di normativa, assimilando in qualche misura tali società alle società quotate e quindi garantendo gli azionisti di minoranza, verrebbe, in realtà, ad incoraggiare, in molti casi, una conflittualità all'interno della ristretta base azionaria; qualora i soci membri della famiglia di controllo fossero in possesso di una minoranza delle azioni, essi avrebbero gli strumenti, se non per bloccare, per interferire con gli azionisti di maggioranza.
Noi tutti sappiamo che nelle società a base ristretta, soprattutto quelle familiari, la conflittualità è molto spesso legata non alla vita della società stessa, ma a vicende della famiglia, a divisioni, a eredità, a litigi di natura personale che possono intercorrere fra parenti stretti. Non è opportuno che queste condizioni, che non attengono alla vita della Spa, possano poi trasferirsi nella vita degli organi amministrativi di quelle stesse società, interferendo con la loro ordinaria e ordinata presenza sui mercati.
La lettura dei vari commi dell'emendamento 1.1 ci induce a ritenere che non si possano prevedere elezioni del consiglio di amministrazione cui partecipano liste rappresentative del 2,5 per cento solo della base azionaria; se non altro, andrebbe elevata questa soglia.
Sempre sulla base dei contenuti dell'emendamento 1.1, richiediamo che gli organi di controllo siano in qualche misura espressione non indipendente, ma ricondotta alla composizione della base azionaria, aspetto che invece ci sembra contrastare con la generale assunzione che gli organi di controllo debbano essere totalmente indipendenti dall'azionariato, quale che esso sia.
Si indica addirittura il numero di consiglieri di minoranza la cui presenza sarebbe necessaria nel caso in cui il consiglio di amministrazione fosse composto da un certo numero di membri. Si applicano, inoltre, le norme della CONSOB a società che non sono quotate di cui si parla espressamente nell'articolo.
In questa maniera ampliamo il ruolo della CONSOB e così facendo o la si rende un organo che necessiterà di maggiori organici e maggiori risorse oppure si andrà ad interferire con il compito principale di tale autorità di vigilanza, che consiste nel sorvegliare le società quotate su mercati ufficiali. Se facessimo questo, in realtà depotenzieremmo il ruolo della CONSOB.
Nel complesso, ritengo che dobbiamo e possiamo condividere gli obiettivi dell'emendamento 1.1, del quale però non possiamo accettare l'articolato.
Per queste ragioni, mi auguro di non essere solo in questa mia obiezione all'emendamento presentato dai colleghi D'Amico, Castellani, Coviello e Cavallaro e faccio appello affinché anche altri aggiungano la loro voce alla mia opposizione.
VALLONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 17,05, è ripresa alle ore 17,26).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.1.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.1, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.2, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Chiedo ai presentatori se accolgono l'invito al ritiro formulato sull'emendamento 1.201.
IERVOLINO (UDC). Signor Presidente, ritiriamo l'emendamento.
PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, faccio mio l'emendamento 1.201.
Questa proposta di modifica sembra, solo apparentemente, ripercorrere la logica degli emendamenti precedenti, di cui è primo firmatario il senatore D'Amico, i quali indicano parametri al superamento dei quali gli statuti devono adeguarsi e prevedere l'elezione di membri del consiglio di amministrazione sulla base di liste di candidati. Ovviamente, l'obiettivo è quello di garantire la rappresentanza delle minoranze.
La differenza, in questo caso, è che si rimette alla CONSOB, e non quindi agli statuti societari, la valutazione dell'individuazione dei parametri di superamento. Gli statuti societari, infatti, potrebbero essere redatti in maniera tale da non rispondere all'obiettivo e alla logica dell'emendamento ed essere manipolati dalle maggioranze che ne potrebbero controllare la possibile revisione.
Affidare alla CONSOB l'individuazione dei parametri di superamento offre almeno la garanzia di un soggetto terzo che, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell'evoluzione dei mercati finanziari, stabilisce tali parametri.
Resta una mia obiezione di fondo: su società che, ancorché quotate, abbiano una ristretta base di controllo, inserire queste tenderebbe modifiche a fare dei consigli di amministrazione dei «parlamentini» e non degli organi di gestione. I consigli diventerebbero organi adatti magari a pronunciarsi sui grandi indirizzi e sulle scelte della società, in cui è logico che anche gli azionisti di minoranza facciano sentire la loro voce attraverso una loro presenza in consiglio, ma non organi abilitati a gestire quotidianamente il divenire di una società e le sue scelte.
Credo, pertanto, che l'emendamento 1.201 introduca un principio interessante, vale a dire il ruolo esplicito della CONSOB. Per tale ragione, ritengo che l'emendamento non debba essere ritirato, ma sottoposto al voto dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.201.
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Vallone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.201, presentato dai senatori Iervolino e Danzi, ritirato dai proponenti e fatto proprio dal senatore Passigli.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Commenti del senatore Longhi).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Sull'emendamento 1.3 vi è un invito al ritiro.
FRANCO Paolo (LP). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO Paolo (LP). Signor Presidente, sottoscrivo l'emendamento 1.3 e, accogliendo la richiesta del relatore e della rappresentante del Governo, lo ritiro.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.4.
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto su questo emendamento che ritengo molto importante.
L'obiettivo dell'emendamento 1.4 è quello di far pesare maggiormente il ruolo delle minoranze attraverso il riconoscimento della possibilità reale di liste di minoranza presentate da chi detiene quote azionarie basse. Proponiamo, pertanto, di abbassare il quorum per la presentazione delle liste da un quarantesimo, come stabilisce il testo proposto dalle Commissioni riunite, all'1 per cento. Ciò è importante non soltanto per tutelare la rappresentanza delle minoranze all'interno dei consigli di amministrazione ma soprattutto perché si tratta di una misura di trasparenza.
Vorrei ricordare che nella storia di questo Paese vi è sempre stato un impegno forte in tal senso. Queste norme non riguardano unicamente questioni di governo delle società ma anche il rapporto dei cittadini, dei consumatori e degli utenti con alcune società. Molti di voi ricorderanno i tentativi fatti acquistando le azioni e l'organizzazione stessa delle minoranze.
Penso, per esempio, ad una battaglia storica, che ha visto peraltro i Verdi protagonisti, condotta contro l'impegno di alcune banche al finanziamento di armamenti e nel commercio di armi. Nel nostro Paese vi è stata un'epoca, la cui azione continua ancora oggi, anche se gode meno dell'onore delle cronache, in cui l'acquisto diffuso di azioni ha rappresentato il tentativo di cambiare l'impostazione dell'attività delle imprese ponendola su un piano etico completamento diverso.
A maggior ragione, quindi, le minoranze devono essere tutelate per cui noi proponiamo di portare il quorum all'uno per cento, stabilendo un minimo di garanzia perché le minoranze possano davvero accedere.
Per questo motivo, annunciamo il nostro voto favorevole all'emendamento in esame e chiediamo di fare lo stesso a molti membri della maggioranza.
TURRONI (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, dissento con quanto appena detto dalla collega De Petris, non perché non condivida gli obiettivi che lei ha appena manifestato, ma perché il quorum sembra assolutamente alto.
A tale proposito, voglio spiegare - e lei, signor Presidente, converrà con me - le ragioni della mia posizione che non derivano dalla questione specifica, ma da tante altre battaglie che portiamo avanti sul territorio in difesa di tutte le minoranze, soprattutto quando queste si vedono escluse dalla conoscenza, dalla possibilità di controllo e di partecipazione a soggetti, che per la dimensione e chiusura di fatto sfuggono proprio alla conoscenza ed al controllo.
Riporto un solo esempio, signor Presidente: nella mia Regione si è costituita una holding cui ha partecipato (perché "Francia o Spagna, purché se magna") - mi rivolgo al senatore che mi sorrideva fino a poco fa - una persona che contemporaneamente era al Senato e nel consiglio di amministrazione di quella stessa holding, Hera spa. Essa si occupa di servizi, è quotata in Borsa e le sue azioni sono state vendute sul mercato.
Ebbene, vorremmo discutere, partecipare, conoscere i piani ed i progetti, operando su di essi un controllo da vicino. C'è chi ha fatto di questo un'attività in altri Paesi! Parlavo del senatore Magri, del suo partito.
Vorremmo quindi conoscere tutto questo da vicino, svolgendo quelle attività che in altri Paesi sono così utili ai piccolissimi azionisti, rendendo possibile, avendo una sola azione, entrare nelle assemblee e seguire da vicino quanto sta succedendo. Nel caso specifico non è possibile perché si può partecipare solamente se si acquista un pacchetto azionario. Noi però non vogliamo partecipare agli utili e quindi alle iniziative che quelle società portano avanti in nome di interessi spacciati per generali e collettivi, ma che in realtà si traducono nell'unica missione vera, propria delle società per azioni: quella di fare quattrini. Ed è bello, ed è facile, ed è dolce fare quattrini quando si esercita di fatto un monopolio! Abbiamo fatto delle privatizzazioni che somigliano molto a privatizzazioni sovietiche e lì finiva il confronto con il mercato.
Ebbene, signor Presidente, noi abbiamo cercato invano di comprare una ed una sola di quelle azioni; ci piacerebbe poterlo fare. E quindi, come possiamo accettare, in nome delle battaglie che noi stiamo combattendo, la proposta della mia amata collega De Petris, la quale sta compiendo un'azione meritoria per cercare di migliorare questa legge, nel contrasto che noi dobbiamo fare rispetto all'indegna, vergognosa proposta di modifica della legge elettorale a cui voi ci state portando, rimangiandovi le parole che avete fin qui detto per tanto tempo? (Commenti del senatore Tirelli).
Sì, siamo un partito planetario, non siamo un partito localistico o regionale come il vostro. E allora, signor Presidente, io non posso sostenere questo emendamento, per cui il mio voto sarà necessariamente un voto d'astensione.
Ma dal momento che ho la parola, signor Presidente, posso sottolineare anche un'altra circostanza, visto che non prenderò troppo spesso la parola su questo provvedimento. Ho ascoltato poco fa in quest'Aula delle parole faziose - mi consenta il doppio senso - perché qualcuno qui ha sostenuto che il Governatore della Banca d'Italia non è aduso parlare con i giornali, non rilascia dichiarazioni stampa, non dice nulla alla televisione. Per forza, signor Presidente: abbiamo i suoi portavoce, il suo ventriloquo!
Pertanto, ribadendo la mia astensione su questo emendamento, non potevo non sottolineare questa inaccettabile situazione. Noi vogliamo che qui si parli dei problemi politici che stiamo affrontando, non dei problemi di qualcun altro che non è in quest'Aula, essendovi i suoi portavoce, e che non è capace di fare altro che gli affari di altri.
PASSIGLI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, colleghi, le questioni di cui stiamo trattando possono sembrare marginali rispetto alle disposizioni contenute in questo disegno di legge; e può sembrare anche che alcuni di noi parlino a puro titolo di ostruzionismo. Non è così. Non stiamo intervenendo su un punto fondamentale di diritto societario, e cioè la composizione dell'organo di amministrazione delle società per azioni quotate.
L'emendamento del collega Cantoni aveva inizialmente una ben precisa logica: tendeva ad inserire nei consigli d'amministrazione delle società quotate, quindi aperte al pubblico risparmio, aperte ai sottoscrittori, dei consiglieri indipendenti, cioè dei consiglieri che non dipendono dalla maggioranza azionaria, cioè dagli azionisti di controllo di una società. Misura quanto mai opportuna, misura che viene adottata dalle grandi società nei grandi mercati finanziari per rafforzare il loro appeal anche nei confronti del risparmio, cioè per garantire che le società verranno, almeno in parte, dai consiglieri indipendenti amministrate nell'ottica dell'interesse generale e non nell'ottica dell'interesse esclusivo degli azionisti di maggioranza.
Noi sappiamo benissimo che molte nostre grandi società sono controllate da azionisti di maggioranza relativa, ma a volte con maggioranze esigue, a volte con delle progressive scatole cinesi che assicurano il controllo di grandi società con una partecipazione all'equity, al capitale di quelle società, molto bassa. L'inserire consiglieri indipendenti avrebbe significato un grande punto di svolta. Pensiamo anche che, con le modifiche introdotte al TFR, siamo alla vigilia dell'ingresso sul mercato finanziario di fondi ai quali una varietà di lavoratori affiderà una parte consistente della propria liquidazione, cioè dei risparmi di una vita di lavoro.
Dobbiamo dunque garantire gli azionisti di minoranza, ma si garantiscano attraverso consiglieri indipendenti, non attraverso consiglieri di minoranza. Era per questa ragione che mi ero prima opposto agli emendamenti del senatore D'Amico, perché i consiglieri di minoranza altro non sono che portatori di specifici interessi di minoranza, che si contrappongono talora ai consiglieri di maggioranza i quali talora, rispetto agli interessi di maggioranza, negoziano la loro posizione in consiglio per strappare a una qualche minoranza un qualche vantaggio anche rispetto ad altre minoranze.
Credo quindi che tutte le misure che vanno nella direzione di favorire la presenza in un consiglio di amministrazione di consiglieri di minoranza portatori comunque di interessi particolari, al contrario dei consiglieri indipendenti, che sono portatori di un interesse pubblico generale, siano da contrastare. Così, l'emendamento 1.4, che abbassa dal 2,5 all'1 per cento il diritto di presentare liste di minoranza, in altre parole incoraggia la microframmentazione degli interessi, il tentativo degli interessi di minoranza di essere più presenti e con più liste e in più numeri nei consigli di amministrazione: ciò non solo trasforma questi ultimi in parlamentini, invece che in organi di gestione, ma - ripeto - dà un indubbio vantaggio a degli interessi particolari, che hanno la sola differenziazione, rispetto a quelli di maggioranza, di essere minoritari sul piano azionario, ma non portatori di un interesse generale.
Vi è una seconda ragione per obiettare all'emendamento 1.4, e cioè che, può sembrare paradossale, ma in realtà quanto più viene abbassato il numero di azioni necessarie per presentare una lista di candidati di minoranza, tanto più si rischia di fare il giuoco degli interessi di maggioranza.
Poniamo che un consigliere di maggioranza debba spendere almeno il 2,5 per cento dei propri voti per presentare una lista di minoranza e avere una qualche possibilità di eleggere un consigliere; poniamo altresì che un consigliere di maggioranza controlli in realtà... (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente) una società con il 10-11-12 per cento (sappiamo che il maggiore azionista della maggiore società italiana, la «Generali», ha il 14 per cento dei voti in assemblea; la stessa Mediobanca è controllata da un patto di sindacato, ma il singolo azionista di maggioranza ha una percentuale inferiore al 14 per cento); è chiaro che un domani anche le norme sui patti di sindacato potrebbero variare e un azionista che possegga un cospicuo pacchetto, ma abbastanza piccolo, forse non sacrifica il 2,5 per cento dei suoi voti per presentare una lista di minoranza di comodo.
Se abbassiamo questo limite all'1 per cento, gli azionisti di maggioranza potrebbero influenzare l'elezione dei consigli presentando e facendo votare liste di minoranza a loro vicine, liste civetta, di comodo: rischiamo di ottenere l'effetto opposto a quello voluto.
Per queste ragioni, signor Presidente, come vede ragioni di sostanza e non legate semplicemente a un desiderio di rallentare l'iter di questo provvedimento di legge, desiderio che io non ho e che non condivido, chiedo all'Aula di respingere questo emendamento.
VALLONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, naturalmente sono favorevole all'emendamento 1.4, perché indubbiamente offre l'opportunità alle minoranze di essere rappresentate.
A me pare strano che il Governo e i relatori non accolgano questo emendamento. Infatti, in una situazione di garanzia, così come noi stiamo dibattendo pur con la nostra contrarietà (abbiamo già espresso questa mattina la nostra posizione), riteniamo che, se venisse accolto questo emendamento, esso determinerebbe maggior trasparenza e maggior garanzia.
Ma vi pare possibile che l'azionariato sociale di minoranza non abbia la possibilità di rappresentare i propri interessi e di essere rappresentato all'interno del sistema per colpa di una norma che fissa un quorum così alto?
Credo che l'abbassamento all'1 per cento, come previsto nell'emendamento, offra maggiori possibilità a tutti e soprattutto rappresenti un'incentivazione all'investimento in quanto le minoranze si potrebbero sentire fortemente garantite.
È questo un modello da perseguire e tutti noi dobbiamo convincerci che si tratta della strada giusta per offrire una garanzia sempre maggiore ai cittadini e a coloro che investono con una tale modalità.
Voteremo pertanto a favore dell'emendamento in esame. Chiediamo al Governo di riflettere su questa impostazione di maggiore trasparenza e garanzia sia per le minoranze presenti nei pacchetti azionari che per la società stessa. A mio giudizio, si commette un errore tutte le volte che ci si sottrae a tale modalità.
Il nostro Paese ha la necessità di vedere garantiti soprattutto gli interessi dei cittadini e credo che la norma in questione e la legge non lo facciano a pieno. In questa sede, quindi, lotteremo e vi chiederemo di esprimere un voto sereno su tutti gli emendamenti da noi presentati; ciò al fine di difendere realmente gli interessi dei cittadini e in particolare di coloro che hanno subito ingiustizie i quali oggi potrebbero avere, attraverso la legge in esame, la possibilità di normalizzare i loro risparmi ed essere certi di non dover più sopportare quanto è successo in passato.
Signor Presidente, chiedo a tutti di riflettere su questo punto e di votare a favore dell'emendamento della senatrice De Petris.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per illustrare le ragioni per le quali dissento dalla dichiarazione di voto che il collega Passigli ha fatto a nome del nostro Gruppo.
A mio giudizio, si deve approvare l'emendamento di cui è prima firmataria la senatrice De Petris. Faccio presente che due emendamenti presentati da esponenti della maggioranza sullo stesso punto sono stati ritirati. Un emendamento era del collega Ciccanti e proponeva 500 azionisti; uno era del collega Moro e proponeva un numero corrispondente a 100 soci.
Bisogna prestare attenzione: nelle società di grande capitalizzazione e a capitale molto disperso possono essere presenti associazioni di piccoli azionisti che non arrivano alla percentuale del 2,5 del totale del capitale. Non a caso, gli emendamenti dei due colleghi di maggioranza, ritirati su invito del relatore Eufemi, proponevano una soglia più bassa di garanzia.
Per questo motivo ritengo si debba votare a favore dell'emendamento della collega De Petris che, proponendo la soglia dell'1 per cento, apre più possibilità a favore dei piccoli azionisti o delle associazioni di azionisti dipendenti.
Quindi, in dissenso dal collega Passigli, sostengo l'emendamento della senatrice De Petris.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, annuncio la mia intenzione di ritirare la firma dall'emendamento della senatrice De Petris. Ovviamente il mio non è un atto di sfiducia nei confronti dell'azione che la collega sta portando avanti a nome di tutto il Gruppo dei Verdi. Si tratta di un'iniziativa che sosteniamo con convinzione, soprattutto perché l'articolo che stiamo esaminando è importante.
PRESIDENTE. Senatore Ripamonti, abbiamo preso nota della sua intenzione di ritirare la firma dall'emendamento.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Presidente, voglio spiegare per quale motivo ritiro la firma dall'emendamento della senatrice De Petris.
PRESIDENTE. Senatore Ripamonti, non si è mai verificato un fatto del genere. La Presidenza prende atto della sua decisione.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, le chiedo di concedermi dieci secondi di tempo.
PRESIDENTE. Soltanto dieci secondi per concludere, senatore Ripamonti.
RIPAMONTI (Verdi-Un). In questo modo si potrebbe anche contribuire ad un voto sereno dell'Aula, conoscendo ciascuno le posizioni degli altri ed avendo la possibilità di votare nel modo più trasparente.
Sono convinto, signor Presidente, che questo emendamento, partendo dalla motivazione giusta di garantire il diritto delle minoranze…(Il microfono si disattiva automaticamente).
PRESIDENTE. Senatore Ripamonti, abbiamo preso nota. I dieci secondi sono passati.
Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 1.4.
Verifica del numero legale
PASSIGLI (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 17,55, è ripresa alle ore 18,15).
Presidenza del vice presidente DINI
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 1.4.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
(Il senatore Garraffa lamenta la presenza di luci accese tra i banchi del centro-destra non corrispondenti a senatori presenti).
Colleghi, calma, per favore; il senatore segretario sta verificando.
Senatore Pontone, accanto a lei c'è una luce accesa che non corrisponde ad alcun senatore. La prego di togliere la tessera. (Gli assistenti parlamentari provvedono ad estrarre la tessera).
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, al secondo banco, dietro il senatore Pontone, ci sono quattro luci accese e tre senatori presenti. (Il senatore Garraffa si avvicina al senatore Semeraro).
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, guardi qua! Senatrice Dentamaro, controlli per favore!
PRESIDENTE. Dietro la senatrice Bianconi ci sono cinque luci accese e tre senatori presenti, mentre dietro il senatore Semeraro ce ne sono quattro ed un solo senatore presente. Vi prego di estrarre le tessere.
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 18,19, è ripresa alle ore 18,39).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.4.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Prego i senatori di prendere posto per facilitare le operazioni di verifica (I senatori segretari rilevano luci accese cui non corrisponde la presenza di un senatore).
Colleghi, vi invito a togliere le schede prima che lo facciano gli assistenti parlamentari. In effetti, nella terza fila c'è una luce in più. (Il senatore Garraffa si dirige verso i banchi della maggioranza per indicare le luci accese).
Vi prego di stare calmi quando si verifica il numero legale. Senatore Ronconi, torni al suo posto.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.4, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato. (Vivaci commenti. Richiami del Presidente).
Colleghi, se continuano i subbugli, mi obbligate a sospendere la seduta. Non è nel vostro interesse strillare.
NOVI (FI). Presidente, il suo è un atteggiamento provocatorio; faccia il Presidente e non provochi!
GARRAFFA (DS-U). Vi dovete clonare, non siete in Aula!
PRESIDENTE. Sull'emendamento 1.5 c'è un invito al ritiro. Senatore Ciccanti, cosa intende fare?
CICCANTI (UDC). Signor Presidente, lo ritiro.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.6, presentato dal senatore Moro.
È approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.8.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, vorrei ricordare all'Assemblea l'importanza dell'emendamento 1.8 e annunciare che il Gruppo della Margherita lo voterà compatto.
Si tratta di un argomento estremamente importante: la governance delle società che trattano titoli come obbligazioni e quant'altro. Il testo esitato dalla Camera ed approvato dalle Commissioni riunite non è, a nostro parere, soddisfacente, non garantendo la necessaria trasparenza affinché nella governance queste società abbiano un rispetto profondo delle esigenze del consumatore e, soprattutto, del risparmiatore.
Proprio per questo riteniamo che debbano essere apportati i correttivi qui segnalati, soprattutto quelli riguardanti modifiche all'articolo 2409-septiesdecies del codice civile, che consideriamo importanti perché nelle società organizzate secondo il sistema monistico vogliamo che almeno uno degli amministratori sia in possesso dei requisiti di indipendenza e che sia nominato dalla lista di minoranza, che - ripeto - non abbia alcun collegamento con altre liste che prendono più voti, per evitare l'opacità di certe decisioni all'interno degli organismi di gestione di queste società, purtroppo verificatesi, come abbiamo potuto constatare nelle lunghe audizioni svolte dalle Commissioni riunite, a seguito dell'esplosione dei noti scandali Cirio e Parmalat.
Vogliamo, pertanto, che vi sia grande trasparenza e soprattutto un rispetto profondo per le esigenze dei risparmiatori, che intendiamo assicurare rappresentati attraverso amministratori indipendenti all'interno dei consigli di amministrazione di queste società.
Altrettanto importante è il meccanismo teso ad individuare i requisiti di questa indipendenza. Indubbiamente, è facile rilevare la necessità di amministratori indipendenti, ma prefigurare la loro indipendenza è, a mio parere, un po' più difficile.
Allora, affidiamo al consiglio di amministrazione, con cadenza semestrale, l'accertamento dei requisiti di indipendenza; in caso contrario, si affida tale compito alla CONSOB, che deve assolverlo non già con cadenza semestrale, ma quando lo ritenga più opportuno e vi sia espressa richiesta di almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione.
Deve, inoltre, essere sancito con chiarezza che quando l'amministratore perde questi requisiti di indipendenza decade dalla carica. Con l'emendamento presentato riteniamo di introdurre maggiori puntualizzazioni per le società organizzate secondo il sistema ordinario; allorquando il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di questi deve essere espresso dalla lista di minoranza, purché non abbia alcun collegamento con le altre liste che hanno ottenuto più voti.
Anche in questo caso ci devono essere i requisiti di indipendenza, anche in questo caso vogliamo che ad operare sia semestralmente il consiglio d'amministrazione, oppure la CONSOB, a richiesta di un membro del consiglio d'amministrazione. Riteniamo necessario che la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisca gli ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio d'amministrazione nominati ai sensi delle disposizioni che vogliamo introdurre.
In questo modo affidiamo un compito estremamente importante alla CONSOB, perché - ripeto - il fine, l'obiettivo fondamentale del nostro emendamento è quello di assicurare maggiore trasparenza e maggiore capacità degli organi di gestione di queste società di intermediazione finanziaria di rispondere alle esigenze del mercato, e soprattutto alle esigenze dei risparmiatori che si affidano a queste società.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, intervengo a favore dell'emendamento 1.8, in merito all'affidamento alla CONSOB della verifica della permanenza dei requisiti di indipendenza.
La questione dell'indipendenza dei consiglieri per la quota in cui devono essere presenti nei consigli d'amministrazione è molto importante; tant'è vero che la legislazione americana approfondisce notevolmente il concetto di indipendenza dei membri del consiglio d'amministrazione.
Quindi, attribuire con un'innovazione sostanziale del nostro codice civile questa competenza alla CONSOB e prevedere la verifica periodica della permanenza dei requisiti è l'unico modo per dare veramente una base di serietà all'innovazione della presenza di consiglieri indipendenti credibili.
Le faccio presente, signor Presidente, e lo faccio presente ai colleghi della maggioranza, che nel consiglio di amministrazione della Parmalat sedevano consiglieri dichiarati indipendenti, la cui indipendenza, come si è potuto vedere, non esisteva assolutamente. Ecco perché bisogna rendere più esplicito e più verificabile il criterio dell'indipendenza.
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, intervengo per dichiarare il mio voto a favore di questo emendamento per l'importanza che esso riveste, aspetto sul quale siamo già intervenuti in occasione delle dichiarazioni di voto del primo emendamento all'articolo 1. Si tratta della questione di affidare alla CONSOB la verifica dei requisiti di indipendenza per i membri del consiglio di amministrazione.
Voi sapete quanto me quanto questo meccanismo sia delicato; è evidente che alla verifica del possesso dei requisiti di indipendenza è legata anche la garanzia che all'interno dei consigli di amministrazione si possa, appunto, esercitare un controllo interno indipendente.
Il senatore Turci citava poco fa il caso della Parmalat, in cui appunto figuravano dei consiglieri cosiddetti indipendenti, che erano invece legati mani e piedi agli azionisti di maggioranza; ed è evidente a tutti che potremmo citare molti altri casi arrivati all'onore delle cronache, anche se con un impatto meno drammatico rispetto al crac Parmalat.
L'emendamento 1.8 contiene delle proposte molto semplici, soprattutto nella prima parte, laddove prevede che nelle società organizzate secondo il sistema monistico, almeno uno degli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza è nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia in alcun modo collegata alla lista risultata prima.
Al numero 3 l'emendamento solleva la questione di affidare alla CONSOB la verifica con cadenza semestrale della permanenza dei requisiti di indipendenza.
L'aspetto della verifica con cadenza semestrale è assolutamente fondamentale, sempre nell'ambito della trasparenza, della garanzia per gli azionisti di minoranza, per il controllo interno, perché è evidente a tutti che si può entrare avendo i requisiti di indipendenza, ma si può poi operare in modo diverso.
Lo stesso emendamento prevede anche norme precise per quanto riguarda la presenza della minoranza. Com'è noto, noi abbiamo presentato emendamenti che la rafforzano ancora di più, ma pensiamo sarebbe indispensabile che almeno questo emendamento potesse essere approvato. Lo sottoponiamo di nuovo alla valutazione dei relatori e del Governo, poiché riteniamo che questo meccanismo proposto dai colleghi della Margherita, soprattutto con la verifica dei requisiti affidata alla CONSOB, possa rappresentare una garanzia per tutti.
Ancora una volta, quindi, non solo noi votiamo a favore, ma chiediamo che l'Aula si esprima analogamente su questo emendamento.
VALLONE (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo in dichiarazione di voto in dissenso sull'emendamento 1.8, perché esso è orientato ad introdurre, per le società a grande capitalizzazione, in particolare quelle ammesse all'indice MIB 30, l'obbligo del voto di lista per l'elezione dei membri del consiglio di amministrazione, rinviando agli statuti la fissazione di una quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di tali liste in misura non superiore ad un quarantesimo del capitale sociale.
A differenza del disegno di legge, che prevede in via generale il voto di lista, oggi rimesso all'autonomia statutaria, e che riserva alla lista di minoranza almeno un posto nel consiglio di amministrazione, a prescindere dalle dimensioni del capitale e dal tipo di modello societario adottato, monista o dualista, l'emendamento proposto razionalizza e distingue ciascuna singola fattispecie.
A me pare che si determinerebbe un forte irrigidimento, se venisse mai approvato questo emendamento. Infatti, la previsione generalizzata di amministratori di minoranza nel consiglio di amministrazione, sebbene giustificata con l'opportuna esigenza di rafforzare il ruolo delle minoranze, cosa che io condivido, finirebbe tuttavia per rivalutarlo perfino in maniera controproducente rispetto alla finalità dichiarata, rendendo meno chiara e distinguibile la responsabilità.
Il consiglio di amministrazione si troverebbe allora in queste condizioni di difficoltà rispetto alla specifica attività di controllo e sorveglianza, che già vede il coinvolgimento delle minoranze e che non richiede un loro ulteriore rafforzamento; diversamente si realizzerebbe un modello di governance societaria non corrispondente agli ordinamenti dei Paesi più avanzati.
Proprio al fine di evitare ogni indebita sovrapposizione di ruolo tra gestione e controllo, l'emendamento corregge l'approccio, almeno questa è la finalità. Ma, come dicevo, con esso si irrigidisce il consiglio di amministrazione.
Per queste ragioni voto in dissenso dal mio Gruppo e chiedo la verifica del numero legale. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. Senatore Vallone, lei vota dunque contro questo emendamento.
VALLONE (Mar-DL-U). Sì, signor Presidente.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di verifica del numero legale, avanzata dal senatore Vallone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Prego i colleghi di prendere posto affinché la Presidenza possa verificare la regolarità della votazione.
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, là ci sono tre senatori e quattro luci accese.
PRESIDENTE. Accanto al senatore Del Pennino c'è una scheda che dovrebbe essere estratta. (Il senatore Ziccone segnala la sua presenza). Allora sedetevi, per favore.
Dichiaro chiusa la votazione.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.8, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.9.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, richiamo l'attenzione dell'Aula sul fatto che, con l'emendamento in esame, si intende sostituire il criterio della presenza della minoranza con quello dei consiglieri indipendenti, prevedendo che un terzo dei membri del consiglio di amministrazione possegga i requisiti di indipendenza. Torniamo, quindi, sul tema su cui oggi ci siamo più volte soffermati.
Riteniamo più efficace, al fine di garantire i diritti di tutti gli azionisti ed in particolare di quelli di minoranza, la presenza di consiglieri indipendenti definiti tali e controllati sulla base di criteri fissati dalla CONSOB.
Quindi, invitiamo la maggioranza a riflettere per un attimo prima di bocciare l'emendamento 1.9.
CAMBURSANO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAMBURSANO (Mar-DL-U). Signor Presidente, invito i colleghi del Gruppo della Margherita a votare a favore dell'emendamento 1.9.
Se vogliamo far seguire i fatti alle tante parole finora pronunciate, a quanto abbiamo appreso durante l'indagine conoscitiva e agli stimoli pervenutici da più parti; se vogliamo davvero tutelare il risparmio e i risparmiatori, ritengo essenziale intervenire in modo deciso con il provvedimento al nostro esame.
Dobbiamo non solo introdurre nei consigli d'amministrazione i consiglieri di minoranza ma anche inserire obbligatoriamente nelle società quotate in Borsa consiglieri indipendenti. In tal modo, si garantisce l'assoluta - lo dice la parola stessa - indipendenza nei confronti degli atti assunti dalla maggioranza degli azionisti di riferimento del consiglio di amministrazione - come è successo nei casi Cirio e Parmalat - atti che possono danneggiare, oltre la società, i risparmiatori che sottoscrivono partecipazioni in azioni o in obbligazioni convertibili o meno.
Mi rivolgo in particolare al relatore Eufemi e al Governo, ai quali suggerisco di cambiare il loro parere e di votare in favore dell'emendamento 1.9. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
MACONI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, mi dispiace dover fare una dichiarazione contraria alle indicazioni di voto date dal mio Gruppo, non essendo mio costume esprimermi pubblicamente in quest'Aula in dissenso. Credo, però, che il tema che stiamo affrontando, ossia la riforma degli organi interni di controllo, sia di grande rilievo, soprattutto rispetto a tutti quegli episodi e situazioni che hanno esposto i risparmiatori a grossi rischi. I casi Parmalat e Cirio hanno dimostrato, in maniera evidente, l'incapacità degli organi interni di garantire i diritti dei risparmiatori e quindi la mancanza dei necessari criteri di controllo, garanzia e trasparenza.
Capisco le argomentazioni sostenute dai colleghi Cambursano e Turci, i quali preferiscono la presenza di un consigliere indipendente sulla base dei criteri stabiliti dalla CONSOB rispetto a quella dei consiglieri di minoranza. Capisco ciò che li ispira, ma sono convinto che una più efficace rappresentanza della minoranza all'interno degli organi di gestione e dei consigli di amministrazione possa garantire un controllo migliore. La dialettica tra un consigliere di maggioranza e uno di minoranza potrebbe garantire un maggiore equilibrio all'interno degli organi di controllo.
Quindi, riconfermo il voto contrario a questo emendamento in dissenso dal mio Gruppo.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, da parte mia e del Gruppo Verdi-l'Unione, dichiaro il voto favorevole su questo emendamento che riteniamo importante perché interviene su una materia sulla quale già ci siamo soffermati relativa alla gestione degli organi di amministrazione, cioè alla possibilità di garantire più trasparenza e più controllo da parte dei consumatori, dei clienti e dei risparmiatori sul funzionamento degli organi di gestione nei consigli di amministrazione.
Il voto favorevole deriva dal fatto che, pur ritenendo abbastanza positivo - come ho avuto modo di dire nell'illustrazione degli emendamenti presentati dal Gruppo dei Verdi, prima firmataria la senatrice Donati - il testo che noi stiamo esaminando (in particolare il comma 2 che prevede che almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione deve essere espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero dei voti e che non sia collegabile in nessun modo con la lista che ha raggiunto il maggior numero dei voti), la formulazione prevista dall'emendamento che ci accingiamo a votare - sul quale chiediamo un voto favorevole - è più garantista e stringente e ci fa avvicinare maggiormente all'obiettivo di garantire controllo, trasparenza e possibilità, da parte dei consumatori, di esercitare maggiormente i propri diritti.
Riteniamo quindi che sarebbe opportuno, da parte dei relatori, considerare positivamente questo emendamento perché crediamo che vada nella giusta direzione.
Per questi motivi, chiedo di aggiungere la firma mia e della senatrice De Petris all'emendamento e chiedo nuovamente che l'Assemblea lo valuti positivamente.
BASSANINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
BASSANINI (DS-U). Signor Presidente, prendo la parola in dissenso dal Gruppo ed è la prima volta che avviene in quest'Aula, a differenza del mio collega, senatore Debenedetti, perché normalmente sono d'accordo con il Gruppo e quindi questa rappresenta un'assoluta eccezione. Proprio per questo vorrei motivare molto accuratamente il mio intervento in dissenso.
La questione posta dal collega Turci con l'emendamento 1.9 è di assoluta rilevanza ed importanza. In un sistema di governance societaria come il nostro, la presenza di consiglieri indipendenti appare un'esigenza di grandissima importanza al fine di tutelare sia gli azionisti minori, sia la trasparenza del sistema.
Tuttavia, a me pare che la soluzione proposta dal collega Turci sia in qualche modo cauta e forse insufficiente, tanto insufficiente che vi sono già diverse società italiane che prevedono la presenza di consiglieri indipendenti in misura anche superiore ad un terzo.
Consigliere indipendente non significa un consigliere che non sia attento agli interessi della società. Tutti i consiglieri dovrebbero svolgere le loro funzioni nell'interesse della società e del complesso degli azionisti. Quindi, la presenza di consiglieri indipendenti significa che tali soggetti, in quanto non rappresentanti del socio di maggioranza, del socio di controllo, non sono tentati in alcun modo di privilegiare l'interesse del socio di maggioranza rispetto a quello complessivo della società.
Allora, perché non essere anche più coraggiosi del collega Turci e prevedere che, in luogo di un terzo di membri indipendenti, la metà dei membri del consiglio di amministrazione sia indipendente, garantendo così una presenza più significativa di tali soggetti? Infatti, un terzo dei membri indipendenti, attraverso i normali e democratici meccanismi di votazione, al massimo può far mettere a verbale il proprio dissenso e solo in casi limite previsti dalle leggi far valere in altre sedi le proprie ragioni.
Credo che tutti siano consapevoli del fatto che dobbiamo resistere alla giurisdizionalizzazione dei conflitti o delle controversie che possono determinarsi all'interno delle società. È bene che queste si risolvano senza improprie supplenze giudiziarie e quindi che i consiglieri indipendenti possano far valere le loro opinioni e valutazioni attraverso una presenza più significativa nell'ambito del consiglio di amministrazione, come avviene se in tale sede la metà dei consiglieri sono indipendente.
Naturalmente, mi rendo conto che l'emendamento 1.9 rappresenta comunque un importantissimo passo avanti; questa è la ragione per cui il dissenso dal mio Gruppo non mi porta a un voto contrario, ma ad esprimere un voto di astensione sulla proposta dei colleghi Pasquini, Turci, Brunale e Bonavita.
Tuttavia, questo mio voto ha proprio il significato che ora ho cercato di motivare: a mio avviso, sarebbe stato più coraggioso e significativo prevedere che la metà dei consiglieri fosse indipendente e che quindi si potesse creare all'interno della società una dialettica tra rappresentanti che sicuramente hanno a cuore soltanto l'interesse della società, e quindi la creazione di valore per gli azionisti nel loro insieme, rispetto a coloro che rappresentano il socio di maggioranza. Naturalmente, a questo punto sarebbe onere di questi ultimi convincere i consiglieri indipendenti - probabilmente basta convincerne anche uno solo - delle loro buone ragioni e della mancanza di un conflitto con gli interessi della società nel suo insieme.
La mia non è quindi una proposta che rende ingovernabili le società. Naturalmente, vogliamo che le società siano governabili. La mia è una proposta che renderebbe le società sicuramente governabili, ma attraverso una presenza più significativa e, nei casi limite, anche tale da costringere i consiglieri che rappresentano il socio di maggioranza a venire a patti con chi ha a cuore l'interesse di tutta la società, di tutti gli azionisti nel loro insieme.
Dico questo perché è il momento di essere innovatori e coraggiosi. Con le nostre innovazioni siamo pronti ad andare fino in fondo, anche verso soluzioni molto moderne, che peraltro sono state sperimentate in altri Paesi, non mancando di rilevare che vi sono società in Italia che molto opportunamente hanno aperto le porte a consiglieri indipendenti, in alcuni casi anche in misura superiore ad un terzo.
Ritengo invece - e questa è un'ulteriore ragione per cui il mio non è un voto contrario, ma di astensione - che sia molto efficace ed opportuna la previsione di un intervento della CONSOB nella sua funzione di autorità di regolazione che stabilisca i requisiti. Infatti, come i colleghi sanno meglio di me, anche perché molti di loro sono assai più esperti del sottoscritto in questa materia, molto spesso certi consiglieri sono indipendenti solo perché non sono stati direttamente indicati dal socio di maggioranza; sicuramente non sono dipendenti nel senso di "stipendiati" dal socio di maggioranza, ma sono amici o magari soci di maggioranza di altre società con le quali esiste qualche modesta partecipazione incrociata e a questo punto l'indipendenza non esiste.
Pertanto, sarebbe opportuno un regolamento della CONSOB che stabilisca i requisiti e anche i casi in cui l'indipendenza non può essere garantita per l'intreccio di interessi, per il conflitto di interessi - so che è un'espressione che parte di quest'Aula non ama - che il consigliere in realtà non indipendente finirebbe per avere se dovesse davvero esercitare la sua indipendenza.
Questa parte dell'emendamento 1.9 mi trova quindi assolutamente d'accordo ed è per questo motivo che limito il mio dissenso ad un atto di astensione dal voto. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e dei senatori Crema e Betta).
TURRONI (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
TURRONI (Verdi-Un). Signor Presidente, manifesto il mio dissenso nei confronti della dichiarazione di voto appena pronunciata dal mio collega Ripamonti.
Ho ascoltato con molta attenzione le ragioni per cui il senatore Ripamonti è stato indotto a sostenere che il Gruppo dei Verdi fosse a favore dell'emendamento 1.9, ma mi riconosco maggiormente nelle parole appena pronunciate dal senatore Bassanini, anche se per la verità questo non succede molto spesso, lo confesso.
Vorrei ricordare a quest'Aula e a me stesso - come si usa dire con una certa retorica - uno dei princìpi sui quali il collega Bassanini ha richiamato la nostra attenzione, principio che noi Verdi mettevamo in atto all'inizio della nostra esperienza politica in alcune Regioni, e vorrei ricordare quanto ciò che sto per dire riuscisse ad ottenere risultati positivi anche laddove vi erano conflitti.
La proposta appena avanzata dal senatore Bassanini, alla quale mi associo, volta ad elevare almeno al 50 per cento la presenza dei consiglieri indipendenti, obbligherebbe gli altri a ricercare il consenso e, quindi, a discutere e, quindi, a non esercitare sempre e comunque il potere dei numeri, che di per sé è capace di schiacciare le minoranze.
Lo abbiamo constatato anche in quest'Aula quando, baldanzosi, sulla base dei numeri che eravate riusciti a strappare (imbrogliando l'elettorato, aggiungo io), esercitavate il vostro potere numerico indifferenti alle buone ragioni dell'opposizione, senza confrontarvi con essa, andando avanti per la vostra strada, voi maggioranza, portando però il Paese al disastro.
La ricerca del confronto, la necessità di mettersi d'accordo su problemi comuni in un'associazione, in una società, porta necessariamente a raggiungere risultati migliori, perché comuni sono gli interessi sia dei consiglieri indipendenti sia di quelli che indipendenti non sono.
Ritengo che l'emendamento del collega Turci ed altri sia di notevole importanza e, come il collega Bassanini, ripeto qui un'espressione che certamente mi permetterà di usare - considerato che oggi abbiamo ascoltato una lettura del verbale che avrebbe necessitato forse di una traduzione - a commento di questa mia dichiarazione, cioè che il principio secondo il quale valuto comunque positivamente tale proposta emendativa è che "piuttost che nient, l'è megl piuttost!".
Quindi, accetto a malincuore la quota pari solo al 30 per cento dei consiglieri indipendenti. Sono preoccupato quando i requisiti di indipendenza debbono essere stabiliti dalla CONSOB; avrei preferito che fosse il Parlamento ad indicare alcune linee e principi per definire meglio questi requisiti, anche perché - come ha appena detto il collega Bassanini che cito molto spesso in questo mio intervento - di indipendenti ne conosciamo assai pochi, signor Presidente. Conosciamo molte partecipazioni intrecciate; abbiamo assistito (lo dico con rammarico, poi tutti sappiamo che pecunia olet assai poco) in campo societario ad un recentissimo tentativo di inedite - le voglio chiamare così - alleanze al fine di costituire un fondo di investimenti per il salvataggio di aziende, per favorire lo sviluppo di aziende che si trovano in cattive condizioni.
Anch'io, che, come è noto mi occupo di questioni che attengono più alla natura, all'ambiente, al paesaggio, ai beni culturali, ho visto, come del resto ogni cittadino italiano, quanto in molti casi siano profondi ed inestricabili gli intrecci che esistono nelle società, soprattutto quando hanno a che fare con la finanza.
Abbiamo sentito in Aula difendere gli interessi del Governatore, difendendo contemporaneamente anche gli interessi - non lo so, non lo voglio dire, però lo penso - di qualcuno di quei concertisti che ha messo in tasca grandi plusvalenze grazie a tutte quelle operazioni che sono state messe in campo. Perché quando si difende qualcuno e vi è molta vicinanza per questioni che riguardano le imprese, le società, magari le autostrade, c'è il legittimo sospetto - me lo lasci dire signor Presidente - che tali questioni abbiano ben poco a che fare con i disegni che si vogliono definire a proposito del risparmio ma rispondano a qualche interesse molto più terreno.
Sarebbe forse più opportuno che al posto del 30 per cento venisse prevista una quota del 50 per cento di consiglieri indipendenti e, soprattutto, sarebbe necessario che l'indipendenza fosse veramente garantita e che quindi fosse il Parlamento ad occuparsene. I consiglieri indipendenti, aumentati di numero, avrebbero così potuto avere una maggiore capacità di iniziativa e di azione, soprattutto quando questa avesse riguardato taluni problemi relativi al futuro della società della quale essi fanno parte … (Commenti del senatore Moro) … senatore Moro, la prego di non disturbarmi, mi scusi. Un maggior numero di consiglieri indipendenti avrebbe consentito di risolvere all'interno delle società, senza dover necessariamente ricorrere a soggetti esterni, problemi di supplenza nel caso di violazione delle regole che presiedono al buon funzionamento delle società stesse.
Per questi motivi, signor Presidente, accontentandomi delle buone ragioni illustrate dal collega Ripamonti nella sua dichiarazione di voto a nome del Gruppo, pur non essendone totalmente convinto, accogliendo il principio del minor danno che questo emendamento comunque realizza, anch'io dichiaro un voto che non può essere certamente favorevole, come ho avuto già occasione di dire, ma che non può neppure essere quel voto contrario che, se non ci fosse stato questo miglioramento della situazione che abbiamo di fronte, avrei senz'altro espresso. Per questo, signor Presidente, il mio sarà un voto di astensione.(Applausi dal Gruppo Verdi-Un e dei senatori Chiusoli, Rollandin e Betta).
BASSO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BASSO (DS-U). Signor Presidente, la questione si riferisce alle modalità di votazione. Da quando lei pronuncia le parole «dichiaro chiusa la votazione» a quando tecnicamente la chiude passa inevitabilmente un piccolo lasso di tempo nel quale mani piuttosto leste - e glielo posso assicurare essendo stato molto attento - accendono almeno una quindicina di luci. Si tratta ovviamente di luci che si accendono nei settori della maggioranza e sono numeri che fanno la differenza. Accade quasi sempre.
Questo, da una parte, vanifica il suo scrupoloso e preciso controllo, dall'altra, è sicuramente riprovevole sul piano morale e soprattutto danneggia l'opposizione che, spinta da giuste ragioni, in questa occasione sta conducendo una battaglia ostruzionistica.
Se mi è permesso, per evitare che ciò accada, la inviterei ad una maggiore contestualità tra la dichiarazione e la reale chiusura della votazione. (Applausi del senatore Rotondo).
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto delle sue osservazioni e cercherà di fare in modo che vi sia contestualità tra la chiusura della votazione e la comunicazione del voto.
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Chiediamo la verifica del numero legale.
Verifica del numero legale
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Chiedo a tutti i colleghi di sedersi in modo da poter verificare la regolarità della votazione, giacché questo è nostro dovere.
PAGANO (DS-U). Bravo Consolo, per quanti vuoi votare? Togli la scheda.
PRESIDENTE. Accanto al senatore Minardo ci sono schede disattese e pregherei il senatore stesso di estrarle.
LONGHI (DS-U). Signor Presidente, il senatore Pedrizzi cosa fa?
PRESIDENTE. Vedo cinque luci accese e quattro senatori presenti. Una scheda deve essere tolta.
Dichiaro chiusa la votazione e prego di verificare rapidamente il risultato.
Il Senato non è in numero legale.
Poiché vedo che molti colleghi chiedono di apprezzare le circostanze, accolgo tale richiesta.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (3328)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 1 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
TITOLO I
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ PER AZIONI
Capo I
ORGANI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO
Art. 1.
(Nomina e requisiti degli amministratori)
1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 147-bis, è inserita la seguente sezione:
«Sezione IV-bis.
Organi di amministrazione
Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
3. In aggiunta a quanto disposto dal comma 2, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.
Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.
Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».
EMENDAMENTI DA 1.200 A 1.9
1.200
FASSONE
Respinto
Al comma 1, sostituire il capoverso 147-ter con il seguente:
«Art. 147-ter. – (Requisiti di membri del consiglio d’amministrazione e del consiglio di sorveglianza). – 1. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno un terzo dei membri del consiglio d’amministrazione e del consiglio di sorveglianza deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento dalla Consob».
Sopprimere il capoverso 147-quater.
1.1
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sostituire il capoverso «Art. 147-ter» con il seguente:
«Art. 147-ter. - (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Le società con capitalizzazione non inferiore alla soglia di cui al comma 6, entro due anni dal raggiungimento di tale soglia, sono tenute ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
2. Nelle società di cui al comma 1 organizzate secondo il sistema monistico, almeno uno degli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, è nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti.
3. Il possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile è verificato dal consiglio di amministrazione, entro trenta giorni dalla nomina e con periodicità semestrale, ovvero dalla CONSOB in ogni momento qualora ne faccia espressa richiesta almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
4. Nelle società di cui al comma 1 organizzate secondo il sistema ordinario, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti, e deve possedere i requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile. Per la verifica del possesso dei requisiti di indipendenza si applicano le disposizioni di cui al comma 3. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
5. Fermi restando i requisiti stabiliti dal secondo comma dell’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione nominati ai sensi della stessa disposizione per le società organizzate secondo il sistema monistico, ovvero ai sensi del comma 4 per le società organizzate secondo il sistema ordinario. Lo stesso regolamento disciplina il procedimento di verifica del possesso degli stessi da parte del consiglio di amministrazione e, nei casi previsti dalla legge, della CONSOB.
6. Al fine di una graduale estensione dell’obbligo di elezione del consiglio di amministrazione con voto di lista, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi con periodicità triennale, su proposta della CONSOB, è individuata, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, la soglia minima di capitalizzazione che rende obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1. In sede di prima applicazione della presente disposizione, si assume come soglia minima la capitalizzazione della società a minore capitalizzazione tra quelle ammesse all’indice MIB 30-R alla data del 31 dicembre 2004».
1.2
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con i seguenti:
«1. Le società con capitalizzazione non inferiore alla soglia di cui al comma 1-bis, entro due anni dal raggiungimento di tale soglia, sono tenute ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati, e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
1-bis. Al fine di una graduale estensione dell’obbligo di elezione del consiglio di amministrazione con voto di lista, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi con cadenza triennale, su proposta della CONSOB, è individuata, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, la soglia minima di capitalizzazione che rende obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1. In sede di prima applicazione della presente disposizione, si assume come soglia minima la capitalizzazione della società a minore capitalizzazione tra quelle ammesse all’indice MIB 30-R alla data del 31 dicembre 2004».
1.201
IERVOLINO, DANZI
Respinto (*)
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con i seguenti:
«1. Le società che rispettino i parametri definiti al comma 1-bis sono tenute, entro due anni dal superamento di tali parametri, ad adeguare i rispettivi statuti in modo da prevedere che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati, e da individuare la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse in misura non superiore ad un quarantesimo.
1-bis. La Consob, con regolamento da emanarsi in sede di prima applicazione entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, individua i parametri al superamento dei quali è obbligatorio l’adeguamento statutario di cui al comma 1, tenendo conto delle dinamiche di crescita e dell’evoluzione dei mercati finanziari, della capitalizzazione, del flottante e degli assetti proprietari delle società quotate a dimensione delle società, degli assetti proprietari, del flottante, e dell’evoluzione dei mercati finanziari».
________________
(*) Ritirato dai proponenti, è fatto proprio dal senatore Passigli
1.3
MORO
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina i requisiti minimi per la presentazione delle liste stesse, che debbono corrispondere ad una misura non superiore ad un quarantesimo del capitale sociale ovvero ad un numero di presentatori, per lista, di almeno 100 soci».
1.4
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 1, sostituire le parole: «a un quarantesimo» con le seguenti: «all’1 per cento».
1.5
CICCANTI
Ritirato
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Per le liste presentate da associazioni di azionisti la quota minima è determinata in misura non superiore a 500 azionisti, qualunque sia la quota di capitale rappresentata».
1.6
MORO
Approvato
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Per le elezioni alle cariche sociali le votazioni debbono sempre svolgersi con scrutinio a voto segreto».
1.8
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», sostituire i commi 2 e 3 con i seguenti:
«2. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, almeno uno degli amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, è nominato dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti.
3. Il possesso dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile è verificato dal consiglio di amministrazione con cadenza semestrale ovvero dalla CONSOB in ogni momento qualora ne faccia espressa richiesta almeno uno dei componenti del consiglio di amministrazione. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
4. Nelle società organizzate secondo il sistema ordinario, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo alla lista risultata prima per numero di voti, e deve possedere i requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiesdecies del codice civile. Per la verifica del possesso dei requisiti si applicano le disposizioni di cui al comma 3. Il difetto dei predetti requisiti determina la decadenza della carica.
5. Fermi restando i requisiti stabiliti dal secondo comma dell’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce ulteriori requisiti di indipendenza dei componenti del consiglio di amministrazione nominati ai sensi della stessa disposizione per le società organizzate secondo il sistema monistico, ovvero ai sensi del comma 4 per le società organizzate secondo il sistema ordinario. Lo stesso regolamento disciplina il procedimento di verifica del possesso degli stessi da parte del consiglio di amministrazione e, nei casi previsti dalla legge, della CONSOB».
1.9
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», al comma 2, sostituire le parole da: «uno dei membri» fino alla fine del comma con le seguenti: «un terzo dei membri del consiglio di amministrazione deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento della CONSOB. Il difetto dei requisiti, certificati dalla CONSOB, determina la decadenza dalla carica».
Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il terzo comma.
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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878a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MERCOLEDÌ 5 OTTOBRE 2005
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Presidenza del vice presidente DINI, indi del vice presidente FISICHELLA
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 17,19)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.
Ricordo che nella seduta pomeridiana del 21 settembre è proseguita la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 1 e che sull'emendamento 1.9 è mancato il numero legale.
Metto ai voti l'emendamento 1.9, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.10, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.11, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.12, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.13, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.14, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.15, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 1.16, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 1, nel testo emendato.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 2, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario a tutti gli emendamenti presentati all'articolo 2.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Anche il Governo, signor Presidente, è contrario a tutti gli emendamenti.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.200, presentato dal senatore Nocco.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.1, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.300, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.201, presentato dal senatore Nocco.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.3, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.4, presentato dal senatore Marino e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.5, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.202, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, identico all'emendamento 2.203, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.7, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.8, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.204, presentato dal senatore Nocco.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 2.205, presentato dal senatore Nocco.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 2.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 3, sul quale sono stai presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 3.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è contrario su tutti gli emendamenti.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.200, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 3.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 3.3, presentato dal senatore Ciccanti.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 3.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, invito il presentatore, senatore Ciccanti, a ritirare gli emendamenti 4.1 e 4.0.1, diversamente il parere è contrario su entrambi.
PRESIDENTE. Senatore Ciccanti, accoglie l'invito al ritiro testé formulato dal relatore?
CICCANTI (UDC). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. L'emendamento 4.1 è pertanto ritirato.
Metto ai voti l'articolo 4.
È approvato.
Ricordo che l'emendamento 4.0.1 è stato ritirato.
Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 5.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 5.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.2, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.200, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.7, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 5.8, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 5.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 6, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
MARTONE (Misto-RC). Signor Presidente, il processo di finanziarizzazione dell'economia, con la sua ciclicità di bolle speculative, sostenuto dalle politiche di liberalizzazione e deregulation dei mercati di capitali, noto come il Consenso di Washington, ha causato un gravissimo aumento delle diseguaglianze sociali, non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo.
Il modello neoliberista non ha saputo assicurare stabilità e benessere diffuso, costruendo invece le premesse per un progressivo indebolimento del sistema finanziario. Gli scandali finanziari italiani, da Parmalat a Cirio, stanno a dimostrare che questo modello è ormai usurato e che sarà necessario costruire un'alternativa, basata su alcuni presupposti ineludibili.
Il primo riguarda la necessità di una responsabilizzazione delle imprese attraverso un rafforzamento degli organi societari interni all'impresa stessa, con l'abrogazione della legge sul falso in bilancio e la revisione della riforma del sistema societario, verso una maggior trasparenza interna e partecipazione alla gestione societaria.
Il secondo riguarda una maggiore responsabilizzazione ed autonomia delle società di revisione contabile e di rating.
Il terzo riguarda la necessità di vietare alle banche la collocazione presso il pubblico di bond di società verso le quali hanno una rilevante esposizione, nonché di proibire intrecci tra banche creditrici ed imprese debitrici.
Il quarto livello concerne le autorità pubbliche di vigilanza e di controllo. Sarà necessario assicurare il perseguimento della stabilità del sistema bancario e la trasparenza dei mercati e degli operatori riorganizzando il sistema di vigilanza sul risparmio intorno a tre Autorità, laddove la Banca d'Italia dovrà concentrare la sua attività sulla garanzia di stabilità del sistema bancario. La Consob dovrà garantire la trasparenza dei mercati e degli operatori, mentre l'Antitrust dovrà garantire la concorrenza nei mercati finanziari.
Riteniamo, tuttavia, che non potrà esserci alcuna democrazia economica né riforma dei mercati finanziari e del risparmio, senza un impegno chiaro ed inequivocabile contro i paradisi fiscali ed i mercati finanziari offshore.
Secondo i dati della Bank for International Settlements, al giugno 2004 almeno 2,7 trilioni di dollari erano depositati in conti di banche offshore, rappresentando un quinto dei depositi bancari in tutto il mondo. Questa cifra riguarda solo i depositi in contanti, mentre è più arduo definire il valore dei titoli azionari o relativi a proprietà immobiliari registrati presso enti offshore.
Secondo i calcoli fatti dalla campagna Tax Justice Network, riportati in Italia dalla ATTAC, il totale dei beni detenuti offshore ammonterebbe a 11-12 trilioni di dollari. Il ricorso ai paradisi fiscali permette così un livello elevatissimo di evasione fiscale: sempre secondo Tax Justice Network, su un totale di 860 miliardi di dollari offshore, le imposte non pagate ammonterebbero ad almeno 255 miliardi di dollari.
Orbene, vorrei qui ricordare che tutta la retorica del G8 e dell'ONU sulla lotta alla povertà si scontra con tale realtà. In effetti, il ricorso ai paradisi fiscali ed alle istituzioni offshore comporta per i Paesi impoveriti una perdita di gettito fiscale superiore ai flussi annui di aiuto allo sviluppo. Il dato aumenta per ciò che riguarda le fughe di capitali: un totale di 50 miliardi di dollari l'anno che vanno ai Paesi in via di sviluppo in aiuti allo sviluppo, mentre 500 miliardi di denaro sporco lasciano quei Paesi.
Un gettito d'imposta aumentato di un solo mezzo punto percentuale sui capitali mondiali detenuti offshore potrebbe quindi produrre quelle risorse finanziarie necessarie per il perseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio. Invece, ci troviamo di fronte ad un processo perenne di competizione fiscale, di deregulation e di privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite.
Quindi, il sistema offshore produce evasione fiscale e deregulation, creando un ambiente fertile per la corruzione, il commercio illegale di armi e droga e così via, rappresentando altresì una delle cause che sono alla radice delle crisi finanziarie che colpiscono i Paesi in via di sviluppo, con tutti gli aspetti devastanti dal punto di vista sociale e ambientale.
Per questo riteniamo oggi importante e urgente costruire un'alternativa basata sulla giustizia fiscale. Finora, però, ogni sforzo a livello internazionale contro i paradisi fiscali ha posto il maggior onere sulle economie dei Paesi con paradisi fiscali, tralasciando colpevolmente di considerare le responsabilità derivanti dalle strutture finanziarie dei Paesi industrializzati.
Siamo pertanto convinti che sia necessario garantire un cammino di giustizia fiscale ed economica a livello nazionale ed internazionale. A livello nazionale chiediamo maggior trasparenza attraverso la pubblicazione di statistiche dettagliate delle attività dei servizi finanziari e dei dati sui conti pubblici.
Per quanto riguarda la regolamentazione dei mercati a livello nazionale, un primo passo potrà essere quello di vietare alle società italiane operanti sul mercato finanziario di avere partecipazioni in società ubicate nei paradisi fiscali ed impedire l'accesso al mercato finanziario nazionale di titoli emessi da società che operano nei paradisi fiscali.
Mi avvio a concludere, signor Presidente, osservando come l'unica via che ci sembra praticabile in prospettiva riteniamo sia rappresentata dall'abolizione dei paradisi fiscali e dei centri finanziari offshore, accompagnando questa iniziativa con l'adozione di misure di tassazione e di regolamentazione dei movimenti di capitale a breve e brevissimo termine, sul tipo della Tobin tax, al fine di disincentivare condotte speculative e portare maggior trasparenza e democrazia sui mercati finanziari. (Applausi del senatore Malabarba. Congratulazioni).
CANTONI (FI). L'emendamento 6.202 riguarda gli obblighi delle società italiane controllanti. Quindi, specificatamente parliamo di obblighi per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all'articolo 119. Sono società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell'articolo 116, le quali fra l'altro controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con il decreto, di cui all'articolo 165-ter, comma 3.
Il testo attuale del disegno di legge prevede che il management (consiglio di amministrazione, direttore generale e dirigente responsabile della redazione dei documenti contabili societari) della società italiana controllante sottoscriva il bilancio della controllata estera, (mi riferisco in particolare alla prudenza che dobbiamo avere dopo - ahimè - i nefasti risultati delle società estere che erano in modo estroverso controllate e controllande) e che l'organo di controllo della società italiana predisponga un parere da allegare al bilancio della controllante come fatto sostanziale.
Pertanto, gli organi di amministrazione della controllante, pur non avendo un potere diretto sulla redazione ed approvazione del bilancio della società controllata estera, sarebbero, in virtù nella disposizione in esame, soggetti a responsabilità civile, penale ed amministrativa per le eventuali irregolarità commesse da parte di un soggetto giuridico del tutto autonomo, qual è la società controllata.
L'emendamento ha come scopo di prevedere un regime di responsabilità in capo agli organi di amministrazione della società controllante per l'operato della controllata. Quindi non appare condivisibile, alla luce del principio generale del diritto societario per cui la responsabilità di un organo è strettamente legata alla violazione di un proprio dovere. Uno dei fatti sostanziali che governano la società civile.
La soluzione preferibile è quella di uniformare la disciplina in esame a quella che lo stesso articolo 6 prevede per le società italiane controllate o collegate a società aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria. Sulla falsariga di detto articolo, il bilancio della società italiana sarà corredato da una semplice relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra questa e la società estera controllata. Tale relazione dovrà essere sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
SEMERARO, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 6.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Ho ascoltato ovviamente con attenzione le argomentazioni addotte dal senatore Cantoni. Gli chiedo, tuttavia, tenuto conto dell'esigenza di arrivare alla definizione di questa legge, di ritirare i suoi emendamenti in modo che si possa lavorare su un testo sul quale sappiamo di poter proseguire. Chiedo anche al senatore Moro di fare altrettanto. Viceversa, il parere, è contrario.
PRESIDENTE Metto ai voti l'emendamento 6.1, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, sostanzialmente identico all'emendamento 6.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.201, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.3, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.4, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.5, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.6, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.7, presentato dal senatore Turci e da altri senatori.
Non è approvato.
Sull'emendamento 6.202 il Governo ha invitato il presentatore a ritirarlo. Accetta tale invito, senatore Cantoni?
CANTONI (FI). Sì, signor Presidente, ritiro sia l'emendamento 6.202 che il successivo 6.203.
PASQUINI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, sottoscrivo gli emendamenti 6.202 e 6.203 e li faccio miei.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.202, presentato dal senatore Cantoni, ritirato dal proponente e fatto proprio dal senatore Pasquini.
Non è approvato.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.203, presentato dal senatore Cantoni, ritirato dal proponente e fatto proprio dal senatore Pasquini.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.9, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.10, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 6.11, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 6.
FERRARA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del Gruppo di Forza Italia all'approvazione di questo articolo.
Non sfuggirà ai colleghi l'importanza notevole dell'introduzione di un articolo che consenta una migliore individuazione di disposizioni tese ad acclarare la trasparenza delle società estere. La legislazione, come i colleghi sanno benissimo, era carente circa la possibilità di individuare la mancanza di previsioni relative all'obbligo di redigere i bilanci e la presentazione di chiare, veritiere e corrette situazioni patrimoniali, e quant'altro.
L'articolo che stiamo per votare, corretto, fra l'altro, dalle Commissioni riunite del Senato rispetto al testo approvato dalla Camera dei deputati, introduce la possibilità di emanare decreti che, ricondotti alle disposizioni di cui al comma 3, individuino Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi. Non solo: introducendo anche la possibilità che la CONSOB detti i criteri in base ai quali è consentito alle società italiane che emettono strumenti finanziari diffusi per il pubblico impiego, di controllare imprese, dà la possibilità di influenzare il controllo di imprese con sedi in Stati diversi da quello di cui al comma 5.
Tutto questo ci permette di rilevare un'innovazione notevole non soltanto del complesso delle disposizioni, ma del contenuto particolare dell'articolo 6, il primo degli articoli del Capo III, riguardante la disciplina delle società estere, che introduce un'innovazione notevole e pregnante. Si afferma, quindi, ancora una volta, la validità delle disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.
Per questo non ci possiamo sottrarre - anzi, lo facciamo con convinzione - dal dichiarare il nostro voto favorevole.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 6.
È approvato.
Sull'emendamento 6.0.2 è stato avanzato un invito al ritiro da parte del Governo. Chiedo al proponente se accoglie tale invito.
AGONI (LP). Signor Presidente, aggiungo la mia firma e ritiro l'emendamento 6.0.2.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
BOSCETTO (FI). Signor Presidente, colleghi, il 7.201 è emendamento soppressivo dell'articolo 7, mentre il 7.206 è emendamento modificativo.
In sostanza, si ritiene che questo articolo 7, introdotto dalla Commissione, vada a porsi in contrasto con la normativa fondamentale in materia di fondazioni, laddove si stabilisce che «le fondazioni sono persone giuridiche private senza fine di lucro, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale. Perseguono esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico secondo quanto previsto dai rispettivi statuti».
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 300 del 2003, ha ribadito che le fondazioni, pur avendo mantenuto un legame storico con i soggetti conferitari e conferenti, non possono in alcun modo essere considerate soggetti pubblici, bensì la trasformazione giuridica degli originari enti conferenti può dirsi compiutamente realizzata in favore della natura privata di tali enti.
Quindi, l'emendamento della Commissione, cioè questo articolo 7, che vede la sterilizzazione del diritto di voto delle fondazioni di origine bancaria nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società bancarie conferitarie per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale a partire dal 1° gennaio 2006, è in contrasto con la Costituzione della Repubblica, con la legislazione sulle fondazioni e con la giurisprudenza della Corte costituzionale.
La norma proposta comprime, infatti, l'autonomia delle fondazioni in misura inammissibile, in quanto, come si è detto, soggetti che hanno natura giuridica di diritto privato, e si pone in contrasto con tutti i princìpi dei quali ho parlato e contro i princìpi a salvaguardia della proprietà privata, creando una lesione del diritto di proprietà delle fondazioni stesse.
Se andiamo a vedere qual è l'attuale regolamentazione, abbiamo ben chiaro qual è il contesto. L'attuale testo vigente del decreto legislativo n. 153 del 1999, recita, all'articolo 25: «Qualora la fondazione, scaduti i periodi di tempo rispettivamente indicati ai commi 1 e 2, continui a detenere le partecipazioni di controllo ivi previste, alla dismissione provvede, sentita la fondazione ed anche mediante un apposito commissario, l'autorità di vigilanza, nella misura idonea a determinare la perdita del controllo e nei tempi ritenuti opportuni in relazione alle condizioni di mercato ed all'esigenza di salvaguardare il valore del patrimonio».
Quindi, una dismissione pilotata che tiene conto di determinate esigenze anche in termini di salvaguardia del valore del patrimonio e delle condizioni di mercato. Si vuole sterilizzare il diritto di voto per le azioni eccedenti il 30 per cento mettendo in essere una situazione espropriativa. Si stabilisce infatti che, anche con deliberazione dell'assemblea straordinaria delle società interessate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto.
Ma se la fondazione ha un pacchetto di azioni che supera il 30 per cento e obbligatoriamente convertiamo questa eccedenza in azioni senza diritto di voto la mettiamo in una situazione di totale espropriazione e andiamo ad influire, in modi imprevedibili ma sostanzialmente negativi, sugli equilibri delle banche che vedono come azionisti le fondazioni stesse.
È qualcosa che non può e non potrà reggere ad un vaglio costituzionale. Faccio anche presente che la situazione si innesta con quanto contenuto all'articolo 19. È stato presentato l'emendamento 019.8 (testo 2), a firma dei senatori Marino, Muzio e Pagliarulo, che al comma 2 stabilisce che le quote di partecipazione già detenute dagli istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale, dalle casse di risparmio, dalle società per azioni esercenti attività bancaria e così via si intendono trasferite alle fondazioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.
Chiedo pertanto ai relatori e al Governo, ai senatori Eufemi e Semeraro e alla sottosegretario Armosino, allo scopo di approfondire meglio la problematica, di accantonare l'esame dell'articolo 7 e dei relativi emendamenti per poterne discutere dopo aver affrontato l'esame dell'articolo 19 e segnatamente dell'emendamento 019.8 (testo 2) di cui ho parlato.
PRESIDENTE. Prendiamo atto della richiesta di accantonamento dell'articolo 7, presentata dal senatore Boscetto.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, siamo per la soppressione dell'articolo 7 per una serie di motivi. Siamo pertanto contrari ad un suo eventuale accantonamento, in quanto vogliamo votarlo per sopprimerlo. Ciò per una serie di motivi. Le sentenze nn. 300 e 301 del 2003 della Corte costituzionale hanno respinto le pretese del ministro Tremonti di imporre vincoli di governance e di investimento alle fondazioni. È una norma punitiva, dirigista, che cambia le regole del gioco in corsa.
Le norme di cui al decreto legislativo n. 153 del 1999 (la cosiddetta riforma Ciampi) saranno superate dopo il 31 dicembre di quest'anno. Si prevede una serie di interventi per la dismissione di quei pacchetti azionari delle fondazioni che eventualmente ottenessero il controllo delle banche e quindi si ledono princìpi generali ed astratti perché si tende a intervenire in modo particolare su una fondazione. Non c'è da meravigliarsi per una maggioranza che si è sempre distinta per la protervia con cui ha varato una serie di provvedimenti ad personam.
C'è un altro argomento a sostegno della nostra posizione. Fino a quando non decolleranno i fondi pensione, non riusciremo a capire chi potrà detenere il capitale sociale delle banche. Infatti, pur essendo fermamente contrari a ciò che è stato fatto recentemente dall'Autorità di vigilanza in nome della italianità delle banche, stupisce che con norme del genere il relatore e il Governo vadano in una direzione esattamente contraria.
Chiediamo perciò di votare l'emendamento 7.202 ed esprimiamo la nostra contrarietà all'accantonamento dell'articolo 7.
GRILLO (FI). Signor Presidente, mi rifaccio alle considerazioni già svolte dal senatore Boscetto per richiamare l'attenzione dei colleghi su una contraddizione che a me pare abbastanza evidente: noi abbiamo approvato la legge Amato che dispone dal 1° gennaio 2006 le fondazioni bancarie devono dismettere il controllo sulle spa.
Sono lontani i tempi in cui, nel 1990, con il presidente Amato si varò la legge n. 218 e l'allora cultura dominante era tale per cui le fondazioni dovevano controllare le spa. Poi, con la direttiva del presidente Dini del 1994 si cominciò il processo di privatizzazione. Oggi abbiamo una norma che stabilisce che a partire dal 1° gennaio 2006 le fondazioni "devono". Quindi, fare adesso un nuovo intervento a me sembra intanto intempestivo perché comunque dal 1° gennaio 2006 le fondazioni, in ossequio al decreto legislativo n. 153 del 1999, devono dismettere il loro controllo.
Non ripeterò le considerazioni svolte in ordine alla sentenza della Corte costituzionale che è successiva alle sentenze del TAR e del Consiglio di Stato e che ha codificato la natura privatistica delle fondazioni.
Dobbiamo porci un problema politico, signor Presidente; in un sistema bancario nel quale non abbiamo i fondi pensione, non abbiamo i fondi comuni, non possiamo fare affidamento sui capitalisti di casa nostra (che, oltretutto, per norme esistenti non possono intervenire oltre una certa percentuale), dobbiamo chiederci su chi deve fare affidamento il sistema bancario.
Signor Presidente, io ho sottoscritto con convinzione questo emendamento perché credo che oggi siamo davvero al terzo tempo delle fondazioni. Presidente Amato, dopo la fase istitutiva e dopo la consacrazione di un processo di privatizzazione che deve vedere due figure alternative, cioè coloro che gestiscono le fondazioni e coloro che gestiscono le banche, a mio modo di vedere, siamo oggi in presenza di una condizione politica nella quale esisterebbe lo spazio per un altro intervento del legislatore, ma non un intervento a carico dei soggetti (di questo non hanno bisogno avendo stabilito e consacrato con una disposizione della Corte costituzionale che questi sono enti di diritto privato, cioè enti nei confronti dei quali va garantita l'autonomia e l'indipendenza), bensì nei confronti della questione oggettiva, cioè della possibilità che hanno di fare determinate cose.
Con questo voglio dire che anche dopo l'approvazione della sussidiarietà orizzontale, affermata all'articolo 118, ultimo comma, della Costituzione, noi dovremmo operare nel solco di questo filone, che riconosce una precipua rilevanza costituzionale alla autonomia privata nel perseguimento di utilità generali.
Credo, quindi, che le fondazioni possono essere quei soggetti in forza dei quali, attuando il principio di un criterio propulsivo, si può sviluppare nella società civile un diverso rapporto tra pubblico e privato nel conseguimento di obiettivi di carattere collettivo. E' un po' la codificazione di una spinta allo sviluppo della cosiddetta società civile che, partendo dal basso, valorizza le energie individuali e le canalizza utilizzando le risorse di cui dispongono queste fondazioni.
Chiedo dunque attenzione all'Aula affinché ci si possa muovere nel solco di una coerenza che ha impegnato il Parlamento, almeno negli ultimi diciassette anni, verso questa evoluzione.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, abbiamo presentato un emendamento soppressivo e uno sostitutivo dell'articolo 7, in quanto troviamo assolutamente inopportuna la sua introduzione nel testo attuale relativa alla governance delle società, che impedisce alle fondazioni di esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee.
Riteniamo si tratti di una norma incostituzionale, non solo perché non rispettosa dei criteri di generalità e astrattezza della legge, ma anche perché interviene in una materia, questa volta sono d'accordo con il senatore Grillo, già oggetto di una riforma, la cosiddetta legge Ciampi, la quale stabilisce che le fondazioni che alla data del 31 dicembre 2005 manterranno il controllo della banca, perderanno i benefici fiscali connessi al riconoscimento della loro natura di enti non commerciali e quindi l'Autorità di vigilanza dovrà provvedere alle dismissioni di tali partecipazioni.
Nella presente legislatura si è tentato più volte di intervenire sulla materia. In questo momento, però, dopo il faticoso processo di riforma delle fondazioni, crediamo sia inopportuno farlo nel testo sul risparmio. Di conseguenza, con l'emendamento 7.204 chiediamo di sostituire l'intervento sulle fondazioni con il ripristino dell'articolo sulle operazioni con parti correlate e sui limiti di valore per il compimento di operazioni con parti correlate.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, come relatori, siamo contrari all'accantonamento degli emendamenti relativi all'articolo 7.
Vorrei svolgere qualche considerazione sull'articolo 7 e sull'emendamento accolto dalle Commissioni. La modifica che abbiamo introdotto si pone nel solco della cosiddetta riforma Ciampi, attuata con il decreto legislativo n. 153 del 1999, ed è volta a rafforzare e consentire la piena applicazione del principio di netta separazione tra fondazioni e banche conferitarie posto proprio da detta riforma.
Di fronte al perdurare di situazioni in contrasto con tale principio e nell'imminenza della scadenza prevista per la fine dell'anno, la norma che abbiamo introdotto è volta a garantire il pieno principio di questa separazione qualora il termine del 31 dicembre decorra inutilmente. Dal 1° gennaio 2006 le fondazioni che detengono partecipazioni di controllo nelle banche conferitarie, non potranno esercitare diritto di voto per le quote superiori al 30 per cento.
Dobbiamo anche dire, rispetto alle considerazioni svolte dai senatori Boscetto e Grillo, che colleghiamo il concetto di controllo a quanto previsto dal legislatore in materia di mercato mobiliare, dove la soglia del 30 per cento, fissata dal testo unico della finanza, è considerata adeguata a far presumere l'esistenza del controllo; favorisce, ciò è emerso durante il dibattito nelle Commissioni, l'ulteriore liberalizzazione del settore, consentendo una reale contendibilità degli istituti bancari conferitari nei quali le fondazioni abbiano oggi partecipazioni di controllo; non intacca i diritti delle fondazioni costituzionalmente garantiti, anzi tutela gli interessi patrimoniali delle fondazioni, prevedendo che la società bancaria possa convertire le azioni eccedenti il 30 per cento in azioni prive del diritto di voto e dotate di privilegi patrimoniali; infine, vengono escluse le fondazioni minori, vale a dire quelle con patrimonio netto contabile non superiore a 200 milioni di euro, nonché quelle con sedi operative prevalentemente in Regioni a Statuto speciale.
Per queste considerazioni, signor Presidente, respingiamo gli emendamenti e riconfermiamo il testo approvato in Commissione.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 7.200, identico agli emendamenti 7.201, 7.202 e 7.203.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, svolgerò una breve dichiarazione di voto, chiedendo al senatore Pasquini di poter sottoscrivere l'emendamento 7.202, soppressivo dell'articolo 7.
Il Gruppo della Margherita voterà a favore dell'emendamento soppressivo per le ragioni già espresse dai colleghi che, ovviamente, riguardano l'autonomia delle fondazioni e il sospetto - che è più di un sospetto - d'incostituzionalità su una norma che prevede una scissione netta tra proprietà azionaria e diritto al voto e, se volete, anche per un motivo un po' malizioso che aggiungo io, e cioè che questo articolo, che è stato introdotto surrettiziamente in Commissione in questo provvedimento che ovviamente riguarda tutt'altro (ossia la tutela del risparmio e non le fondazioni) vuole intervenire in modo non corretto, forse anche pesantemente, nel "risiko" bancario del nostro Paese. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e dei senatori Turci e Morando).
FERRARA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, vista l'autorevolezza del senatore Boscetto, non volevo e non posso sottrarmi, a nome del Gruppo di Forza Italia, dallo spiegare i motivi per i quali il nostro Gruppo invece vota per il mantenimento dell'articolo e quindi contro la richiesta di soppressione. Questo senza nulla togliere alla proposta e alle considerazioni espresse dal senatore Boscetto sulla necessità, secondo lo stesso, di non prevedere, come invece fa l'introduzione al Senato dell'articolo 7, l'impossibilità da parte delle fondazioni, a partire dal 1° gennaio 2006, di votare nelle assemblee per una quota eccedente al 30 per cento, ancorché posseduto.
Il ragionamento che viene fatto trova fondamento nel significato proprio del sistema delle fondazioni così come introdotto nel passato e sul fatto che ormai bisogna individuare nel sistema delle fondazioni e nel sistema bancario la consacrazione di una loro definitiva differenziazione, con funzioni che vengono svolte in modo assolutamente differente, anche se compatibili, dalle une e dalle altre.
Quindi, non me ne vogliano il Gruppo e il senatore Boscetto se l'alternativa tra fondazione e banche non può non essere introdotta, ed è bene che il Parlamento, il Senato, i colleghi della Commissione colgano l'occasione di questo provvedimento, nel quale la norma finisce con l'essere coerente con le finalità proprie e gli obiettivi perseguiti dalla legge in esame.
Difatti, anche le considerazioni del collega Castellani sui fondamenti costituzionali, sull'introduzione di una norma diversa e sulla soppressione dell'articolo così come introdotto vanno assolutamente lette in senso contrario, cioè nel senso che la Costituzione dispone un'autonomia in questa direzione.
Invece, l'assetto che era già stato pensato da tempo con la norma introdotta dal ministro del tesoro Ciampi durante il Governo Amato aveva una funzione completamente diversa e doveva essere interpretato in relazione a quel periodo particolare. Talché al punto in cui siamo e con una situazione che ormai è consolidata in modo diversificato tra il mondo delle fondazioni e il mondo bancario non si può che giustificare la necessità di introdurre tale norma.
Capisco bene le riserve avanzate non solo dal collega Boscetto, ma anche dai colleghi dell'opposizione. Il ragionamento che si fa è il seguente: se una fondazione è riuscita nel tempo ad aumentare la propria quota di partecipazione adesso verrebbe ad essere privata di un aumento di capitale raggiunto nel tempo con difficoltà e con il coinvolgimento del territorio.
Pertanto, quello che è stato un tentativo da parte del territorio e di tutti coloro che fanno parte delle fondazioni verrebbe ad essere storpiato dalla norma. Ma le ragioni di tale norma vanno rinvenute negli orientamenti che hanno portato all'introduzione del sistema delle fondazioni al fine di regolare e dare continuità e modernità al sistema finanziario nazionale.
Quindi, l'introduzione oggi della limitazione non può che essere colta nel senso di una stabilizzazione e di una consacrazione di una differenziazione che, non ce ne voglia ancora una volta il senatore Boscetto, viene condivisa non soltanto dalla maggioranza, ma che viene portata avanti fortemente dal Gruppo di Forza Italia. Per tale ragione siamo per il mantenimento dell'articolo.
BOSCETTO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.
BOSCETTO (FI). Signor Presidente, annuncio, con dispiacere, il mio dissenso e quindi il mio voto favorevole all'emendamento 7.201, da me proposto insieme al senatore Grillo.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole agli emendamenti 7.200, 7.201, 7.202 e 7.203, di identico contenuto.
Vorrei poi far presente che la normativa in vigore, quella che abbiamo chiamato riforma Ciampi, prevede che alla fine di quest'anno, nel caso di fondazioni che detengono ancora il controllo delle banche alle quali hanno dato origine, l'Autorità di vigilanza possa intervenire per far dismettere il controllo in termini compatibili con le condizioni di mercato relative all'alienazione di azioni.
Se noi sostituiamo la norma in vigore con quella proposta dal relatore Eufemi, ci troveremo ad immobilizzare il sistema per l'eternità. Comunque, sotto il 30 per cento le fondazioni non sono tenute ad andare, quindi una norma che viene presentata come favorevole al mercato diventerebbe addirittura una norma antimercato. Ecco perché difendiamo il testo della legge vigente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori, identico agli emendamenti 7.201, presentato dai senatori Boscetto e Grillo, 7.202, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori, e 7.203, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
(Segue la votazione).
Colleghi, non mi sono ancora pronunciato sull'esito di tale votazione ma, per quanto ho notato, mi sembra che ci sia un'espressione a favore della soppressione dell'articolo 7.
VOCI DAL CENTRO-DESTRA. No, no.
PRESIDENTE. Forse siete stati un po' distratti. (Commenti dal centro-destra).
PASTORE (FI). Chiediamo la controprova, signor Presidente.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
Non è approvato.
Presidenza del vice presidente FISICHELLA (ore 18,18)
Metto ai voti l'emendamento 7.204, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.205, presentato dai senatori Bassanini ed Amato.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.206, presentato dai senatori Boscetto e Grillo.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 7.
PASQUINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, per i motivi che ho prima esposto, siamo profondamente contrari all'approvazione dell'articolo 7, che introduce vincoli all'autonomia e all'indipendenza delle fondazioni, tanto più inaccettabili in quanto c'è una normativa in vigore che prevede una serie di interventi qualora le fondazioni continuassero a detenere il controllo delle banche dopo il 31 dicembre di questo anno.
Per questi motivi, annuncio il voto contrario dei Democratici di Sinistra su questo articolo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 7.
È approvato.
MORANDO (DS-U). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 7.0.100, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 8, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, credo che l'emendamento 8.201 abbia un significato ed un valore particolari.
Il tema del rapporto tra banche ed imprese è talmente conosciuto e ha visto vicende talmente eclatanti che non merita di dilungarvisi.
Mi limito ad osservare che il testo approvato dalle Commissioni riunite rappresenta indubbiamente un piccolo passo avanti rispetto al testo originario della Camera, anche se l'abolizione dell'ex articolo 7, contenuto nel Capo relativo al conflitto di interessi, ha ovviamente indebolito la forza di questa norma. L'emendamento in esame ha un valore nel senso di stabilire criteri di incompatibilità per quanto riguarda i rapporti tra banche ed imprese molto più stringenti e vincolanti rispetto a quanto previsto dal testo approvato dalle Commissioni riunite.
Basti solo un esempio: quello della Banca Popolare Italiana, che, per acquistare la Banca Antonveneta, ha concesso finanziamenti ai propri soci, i quali avrebbero così potuto concorrere all'acquisto della stessa Antonveneta. Con l'emendamento in esame a prima firma del collega Pasquini, queste operazioni non sarebbero possibili. Le banche sarebbero chiamate ad un controllo molto più rigoroso e quindi tutte le incursioni fatte, all'origine di vere e proprie avventure e veri e propri scandali, sarebbero molto più difficili e al tempo stesso controllabili.
Con il testo approvato dalle Commissioni riunite, che pure rappresenta un passo avanti, episodi come quello della Banca Popolare Italiana non sarebbero invece evitati. Credo quindi che l'emendamento vada nella direzione di dare maggiore chiarezza, trasparenza e fiducia ai consumatori.
ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, rinuncio ad illustrare l'emendamento 8.203 e chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento 8.0.100, che mi accingo ad illustrare.
Questo emendamento, a prima firma del senatore Passigli, è di straordinaria importanza e tocca una questione molto delicata: la trasparenza nella proprietà dei mezzi di informazione pubblica, in particolare dei giornali. Sappiamo che questo è un settore sottoposto a consistenti pressioni del sistema politico. Il Parlamento dovrebbe impegnarsi ad evitare che anche la proprietà dei mezzi di informazione possa essere soggetta a scarsa trasparenza.
Questo obiettivo comporta la necessità di impedire non soltanto le intestazioni fiduciarie e le operazioni di portage, ma l'acquisto di quote di proprietà azionaria di aziende editrici con ricorso all'indebitamento e con successiva garanzia da parte degli istituti di credito con consegna agli istituti stessi delle azioni dei giornali.
Faccio un esempio, in modo che i colleghi possano capire con chiarezza di cosa parliamo: quando il signor Ricucci ha acquistato le azioni del "Corriere della Sera", lo ha fatto con un finanziamento della Banca Popolare di Lodi; gliele ha consegnate in garanzia ed ha in questo modo creato una situazione di assoluta assenza di chiarezza sulla proprietà, tanto che ora si discute su chi possa disporre di queste azioni.
L'emendamento 8.0.100 pone riparo a questa situazione e impedisce questo giro tra acquisto e consegna delle azioni in garanzia alle banche. Chiedo quindi all'Assemblea di approvarlo, così contribuendo non soltanto ad una buona amministrazione delle banche, ma anche alla messa in regolarità di un settore strategico per la democrazia, come quello delle società editrici di giornali. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, non abbiamo eluso il problema, ma lo abbiamo affrontato e risolto. Riteniamo, però, di affidarci un po' alla disciplina secondaria per la regolamentazione dei conflitti di interesse. Vi sono criteri - quelli, ad esempio, relativi al patrimonio e all'entità della partecipazione - che vengono opportunamente valutati dalla Banca d'Italia per la regolamentazione e la concessione del credito.
Per questi motivi, esprimo parere contrario sull'emendamento 8.200 e su tutti gli altri emendamenti all'articolo 8.
In riferimento agli emendamenti 8.0.100 e 8.0.101, esprimo parere contrario ritenendo che comunque sussiste la stessa regolamentazione; in ogni caso, non riusciamo a comprendere la ragione vera per la quale vi dovrebbe essere questo trattamento differenziato e peggiorativo per quelle società che svolgono attività di edizione di mezzi di informazione.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 8.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 8.200.
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, noi riteniamo questo emendamento importante e fondamentale. Molte delle questioni, tra l'altro, sono state approfondite da altri miei colleghi.
L'articolo 8, relativo appunto alla concessione di credito da parte delle banche a soggetti loro collegati, è stato a nostro avviso modificato in maniera sostanziale, perché il testo approvato dalla Commissione stabilisce solo un limite qualitativo alle emissioni di affidamenti agli azionisti tenendo conto, appunto, dell'entità del patrimonio della banca, dell'entità della partecipazione detenuta, eccetera.
Il nostro emendamento, invece, riprende in qualche modo anche il testo originario e gli emendamenti presentati in Commissione, prevedendo dei limiti quantitativi. È evidente a tutti che con i limiti solo di natura qualitativa noi non potremo assolutamente far fronte davvero al conflitto di interesse. Con i limiti, tra l'altro, attualmente approvati, data la forte frantumazione della composizione azionaria, avremmo nei fatti creato una situazione per cui, con questo articolo, una ristretta cerchia di soggetti, come già in qualche modo è successo, potrebbe acquisire il controllo di più banche, e quindi il controllo del credito all'economia. E questo vale ancora di più per alcuni emendamenti successivi.
Io credo che su questo articolo sarebbe stato necessario porre dei limiti quantitativi molto precisi, non tanto perché questi poi alla fine garantissero effettivamente, ma sicuramente per il fatto di essere molto più cogenti.
FERRARA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, come si usa dire ogni tanto, e come diceva un illustre collega poc'anzi, l'intervento è necessario per capire di che cosa stiamo parlando.
L'emendamento 8.200 tende a reintrodurre una norma che era presente nel contesto delle disposizioni approvate alla Camera dei deputati e che sono state espunte con il voto della Commissione in questo ramo del Parlamento.
Quelle disposizioni prevedevano, in buona sostanza, tutta una disciplina che, con il nuovo testo approvato in Commissione alla Camera dei deputati, si affidava a una regolamentazione di secondo livello in testa alla Banca d'Italia, l'emendamento 8.200 tende a reintrodurre il testo della Camera dei deputati, laddove invece le condizioni che adesso sono individuate come proprie della Banca d'Italia, tenendo conto dei parametri che sono stati introdotti con il nuovo testo al Senato, e di conseguenza tutto quello che nella norma precedente era in un contesto molto rigido e regolato, adesso viene ad essere svicolato e delegato ad alcune regole con delle conseguenze di comportamento che sono proprie di un sistema, come quello della Banca d'Italia, che tante volte abbiamo detto dev'essere autonomo.
Dobbiamo capire che nell'emendamento 8.200 e nella correzione operata dalla Commissione finanze e tesoro di questo ramo del Parlamento si configurano due filosofie; cioè, il voto che ci accingiamo a dare non è sulla reintroduzione o no di una norma, non è sulla sua cancellazione, ma è sulla filosofia, su quello che dev'essere il ruolo della Banca d'Italia e delle Banche centrali in una rinnovata Unione Europea.
È un voto che sancisce se, quindi, questo ruolo debba essere di indipendenza e di autorità propria o se invece, facendo confusione, nella situazione attuale, tra una inficiata autorevolezza e un'autorità che verrebbe a essere inficiata essa stessa dall'introduzione dell'emendamento 8.200 - se approvato - nelle istituzioni l'autorevolezza non possa essere impersonata se del rango non è percepita l'autorità o se, al contrario, la mancanza momentanea di una supposta autorevolezza faccia sì che per l'autorità debba esser disposta una variazione che ne farebbe diminuire ancor più l'autorità e di conseguenza, in futuro, ancor più l'autorevolezza.
Infatti, se non pensiamo di delegare alla Banca d'Italia la capacità di stabilire quali sono i requisiti per poter limitare e regolare il mercato, se vogliamo ingabbiare, se vogliamo regolamentare ma non ci possiamo aspettare che il comportamento possa e debba essere un comportamento di indipendenza e autorevole, dobbiamo aspettarci invece che una limitazione dell'autorità venga meno a quella che è la filosofia di cui ci siamo fatti carico, cioè la filosofia di indipendenza, una filosofia in cui l'autorità monetaria dev'essere svincolata da quei limiti, da quei lacci e lacciuoli, da quelle imposizioni che invece erano presenti nel testo - ahimè - steso alla Camera dei deputati e che invece vengono corretti nella stesura del Senato della Repubblica.
Non possiamo, quindi, sottacere che non si tratta di un emendamento qualsiasi, che non è un emendamento da lasciar passare senza un'approfondita discussione; e il fatto che ciò avvenga in questo momento mi lascia pensare che invece lo scopo di una mancanza di dibattito sia altro, il camminare veloce per portarci alla discussione su altri emendamenti.
Tante volte l'opposizione ha rivolto critiche alla mancanza di dibattito in occasione della discussione di importanti disposizioni introdotte nella legislazione dal Senato negli ultimi anni; questa è un'occasione per rinsaldare quel convincimento della necessità di una dialettica, per cercare nel nostro confronto una permanenza del vario che per vostra critica sino a oggi è mancato. Ma, se vogliamo raggiungere la permanenza nella varietà delle nostre convinzioni, allora come mai nessuno parla dell'emendamento 8.200? Come mai nessuno parla della necessità di introdurre o meno questa variazione, di introdurre una possibilità di seconda regolamentazione della Banca d'Italia o di negarla ad essa? Cosa c'è sotto? Cosa vogliamo fare o dire?
È per questo motivo che Forza Italia in tutte le sue componenti si dichiara fortemente contraria all'approvazione dell'emendamento 8.200.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 8.200, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.201, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.202, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 8.3.
FERRARA (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FERRARA (FI). Signor Presidente, non posso non intervenire perché quello che oggi quest'Aula coglie è davvero un silenzio assordante. Inoltre, non dobbiamo sollecitare troppo la staffa, l'incudine e il martello dei colleghi.
Non vorrei fare il grillo parlante, anche se già esiste un altro Grillo al quale non posso paragonarmi, ma la senatrice De Petris e il senatore Pasquini vorrebbero che si eliminasse l'obbligo di rispettare la deliberazione del Comitato per il credito e il risparmio da parte della Banca d'Italia e vorrebbero addirittura fissare un altro termine di due mesi entro il quale la Banca d'Italia dovrebbe provvedere a fissare le condizioni per la concessione del credito agli esponenti bancari.
L'assurdità e la farraginosità della proposta non devono sfuggire e chiedo scusa ai colleghi se intendo sottolinearle, quindi anche su questo emendamento il Gruppo di Forza Italia esprimerà un voto contrario. (Applausi del senatore Fasolino).
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 8.3, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.203, presentato dal senatore Zanda e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.204, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.300, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 8.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.0.100, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 8.0.101, presentato dal senatore Passigli e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 9, sul quale sono stati presentati emendamenti che si danno per illustrati e su cui invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Sull'emendamento 9.2 esprimo un parere positivo perché introduce un principio di delega attinente alla finalità del provvedimento e quindi favorevole ai risparmiatori.
Esprimiamo invece parere contrario sui restanti emendamenti presentati all'articolo 9.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 9.2, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.200, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.201, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.202, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.203, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.10, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.204, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 9.11, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 9, nel testo emendato.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 10, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e sul quale invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Esprimo parere contrario.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo esprime parere contrario.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 10.200, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 10.
E' approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 11, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
D'IPPOLITO (FI). Signor Presidente, l'emendamento alla nostra attenzione è diretto ad impedire che i tradizionali intermediari assicurativi non possano più distribuire i prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione che, rimanendo inalterato il testo approvato in Commissione al Senato, potrebbero essere collocati fuori sede esclusivamente dai promotori finanziari.
Una disciplina siffatta determinerebbe conseguenze assai gravi sul piano occupazionale e non terrebbe conto del fatto che gli intermediari assicurativi già dispongono di una idonea capacità professionale e risultano iscritti a specifici albi sulla base di una normativa d'origine comunitaria e risalente nel tempo.
A ciò si aggiunga il fatto che non essendo le imprese di assicurazione ricomprese nel novero dei cosiddetti soggetti abilitati dal Testo unico di intermediazione finanziaria, e non potendo quindi incaricare direttamente della distribuzione i promotori finanziari, le stesse non potrebbero paradossalmente distribuire i prodotti finanziari da esse emessi e sarebbero quindi costrette a convenzionarsi con uno dei suddetti soggetti abilitati.
Oltre a ciò, al fine di tutelare maggiormente il risparmiatore, l'emendamento fa salvo l'obbligo per le imprese di assicurazione di utilizzare il prospetto informativo nella distribuzione dei prodotti finanziari dalle stesse emessi, così ribadendo e rafforzando quanto già stabilito attraverso la intervenuta abrogazione dell'articolo 100, comma 1, lettera f), del Testo unico di intermediazione finanziaria nel disegno di legge sulla tutela del risparmio. (Applausi del senatore Fasolino).
CANTONI (FI). Signor Presidente, vorrei aggiungere la firma, se lo consente la senatrice D'Ippolito, e ribadire un aspetto - già evidenziato dalla collega - riguardante un problema di carattere occupazionale, perché gli intermediari assicurativi non possono più distribuire i prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazioni.
Noi riteniamo che in un Paese prevalentemente bancocentrico le assicurazioni debbano avere un maggiore spazio e debbano continuare ad emettere i prodotti restando l'obbligo della consegna di un prospetto informativo analitico. Questa disciplina, invece, sembra non tener conto del fatto che gli intermediari assicurativi già dispongono di una idonea capacità professionale. Quindi, sarebbe opportuno dare loro la possibilità di espletare questa attività in un contesto più ampio di offerta a tutela dei risparmiatori.
E' anche evidente che questa disciplina determinerebbe una grave conseguenza - come ho detto prima - sul piano occupazionale perché si toglierebbe a questi intermediari la possibilità di continuare il proprio lavoro.
Non essendo le imprese di assicurazione ricomprese nel novero nei soggetti abilitati dal TUIF (quindi banche, SGR, Sim) e non potendo quindi incaricare della distribuzione i promotori finanziari, le stesse non potrebbero paradossalmente distribuire i prodotti finanziari che hanno emesso e sarebbero invece costrette a convenzionarsi con uno dei soggetti abilitati, con la conseguenza di un aumento dei costi.
Signor Presidente,come la collega ha evidenziato e come è stato già indicato nell'emendamento, riteniamo quindi opportuno che, a maggior tutela del risparmiatore, ci sia un obbligo per le imprese di assicurazione di consegnare un prospetto informativo, chiaramente stabilito attraverso l'intervenuta abrogazione della lettera f) del comma 1 dell'articolo 100 del TUIF sulla tutela del risparmio, dando così la possibilità di vendere anche questi prodotti assicurativi e offendo garanzie ai risparmiatori.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, qualche considerazione rispetto a quanto ascoltato.
Si tratta di un articolo particolarmente importante. In Commissione abbiamo deliberato un testo che vuole evitare che si ripetano nel Paese casi come quelli già registrati. Quindi, abbiamo consolidato delle norme attraverso strumenti più rigidi, con l'obbligo di prospetto per tutti. Questo consente di limitare i rischi per i risparmiatori. Sorgono poi i problemi richiamati dalla senatrice D'Ippolito e dal senatore Cantoni rispetto alla cosiddetta offerta fuori sede.
Sugli emendamenti al riguardo, l'11.201, l'11.202 e l'11.203, ci rimettiamo al Governo, mentre sugli altri il parere è contrario.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, esprimo parere favorevole sugli emendamenti 11.201, 11.202 e 11.203. Esprimo invece parere contrario su tutti gli altri emendamenti all'articolo 11.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 11.3, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.200, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.201, presentato dal senatore Sambin, identico agli emendamenti 11.202, presentato dal senatore Nocco, e 11.203, presentato dalla senatrice D'Ippolito e dal senatore Cantoni.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.204, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.18, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.205, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.20, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.23, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 11.25, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 11, nel testo emendato.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 12, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e sul quale invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimiamo parere contrario. Per la verità, con la modifica che si vorrebbe introdurre, intravediamo l'individuazione di una sorta di responsabilità oggettiva che non può essere condivisa.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.2, presentato dal senatore D'Amico e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 12.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 13, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e sul quale invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimiamo parere contrario.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 13.200, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 13.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 14, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, il problema dei cosiddetti conti dormienti è stato oggetto di lungo dibattito e i relatori avevano presentato anche un emendamento in tal senso, che andava incontro a proposte legislative presentate da più parti politiche e, in particolare, dal senatore Peterlini.
Alla luce dell'iniziativa del Governo, che pone questo problema all'interno della manovra di bilancio, abbiamo ritenuto opportuno, con l'emendamento 14.800, proporre la soppressione dell'articolo e affrontare la questione in quell'altra sede.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, anche il Governo chiede la soppressione di questo articolo, viceversa dovrebbe esprimere parere contrario su tutti gli emendamenti presentati, in quanto l'utilizzo di questi depositi è materia oggetto del decreto-legge fiscale e della legge finanziaria.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 14.800.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, sono contrario allo stralcio, cioè alla soppressione dell'articolo in questa sede e al rinvio dell'argomento, in nome del fatto che il contenuto sarebbe recuperato nella legge finanziaria, a meno che il Governo accolga un ordine del giorno che recuperi i princìpi contenuti negli emendamenti. Infatti, nella legge finanziaria è data carta bianca al Governo su come si debbano considerare i conti correnti cosiddetti dormienti, mentre qui c'è un lavoro svolto da un ramo del Parlamento, la Camera, e dalla nostra Commissione che definisce la natura di tali conti correnti.
Se il Governo accoglie un ordine del giorno che lo impegna riguardo agli orientamenti che dovranno dare corpo a ciò che verrà scritto nella legge finanziaria, si può accettare di soprassedere e sopprimere questo articolo, altrimenti ne chiedo la votazione.
PRESIDENTE. Senatore Turci, quest'ordine del giorno lo deve presentare lei o qualcuno dei colleghi.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, poiché ci siamo trovati all'improvviso di fronte a questo cambiamento, le chiedo di votare questo ordine del giorno al termine dell'esame del provvedimento.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, penso si possa accogliere la proposta del senatore Turci. Anzi, per dare a tale proposta maggiore sostanza, inviterei i relatori, che naturalmente non saranno più tali in occasione della sessione di bilancio, a presentare un emendamento, nel caso in cui volessimo vincolare ancor più il Governo su quelle decisioni che, grosso modo all'unanimità, avevano assunto la Commissione finanze e la Commissione attività produttive.
PRESIDENTE. Invito la rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla proposta testé formulata.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, credo occorra essere molto chiari su questo argomento: è intenzione del Governo utilizzare queste risorse a ristoro dei danni subiti dai risparmiatori per le note vicende Parmalat, Cirio, tango bond, e chi più ne ha, più ne metta.
Il Governo, quindi, è disponibilissimo a valutare nella sede appropriata, e cioè nel decreto-legge e nella legge finanziaria, quanto compatibile con la finalità che viene indicata. Certo, non con finalità incompatibili, perché ciò negherebbe il principio legislativo che è già stato affermato e che è, già da oggi, in vigore.
PRESIDENTE. Colleghi, procederemo ora a votare l'emendamento soppressivo 14.800. Dopodiché si predisporrà un ordine del giorno in coerenza con i quesiti posti, con le aspettative dell'opposizione e con le proposte avanzate dal Governo.
PETERLINI (Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PETERLINI (Aut). Signor Presidente, ho compreso la proposta del Governo, ora illustrata dal Sottosegretario e condivisa dai relatori, di espungere tale delicato tema dalla discussione per riportarlo nell'ambito della discussione sulla finanziaria. Esprimo solo una preoccupazione per farmi poi tranquillizzare da chi ha le carte in mano. Il problema della regolamentazione dei cosiddetti conti dormienti, cioè dei conti che appartengono ai legittimi eredi e che però, poiché questi ultimi purtroppo non sono a conoscenza della loro esistenza, rimangono di fatto nel patrimonio delle banche, è un problema che da molto tempo si cerca di risolvere.
Vi è stato un primo tentativo alla Camera dei deputati, con un disegno di legge che è stato esaminato in prima lettura. C'è poi stato un tentativo forte, condiviso da tutta la maggioranza, dai relatori e anche dalla signora Sottosegretario (anche in quel caso molto attenta al problema), i quali hanno condiviso una proposta da me presentata, la cui discussione in Commissione è stata poi rimandata.
Adesso siamo arrivati finalmente in Aula e anche qui si rinvia. C'è il sospetto che una forte lobby bancaria cerchi in qualche modo di procrastinare questa regolamentazione, che è invece nell'interesse di tutti ed è al di sopra di ogni parte politica.
Signor Presidente, se una persona muore e i parenti (che spesso sono bambini, quindi, in tenera età, in una delicata situazione) non sono a conoscenza delle disponibilità finanziarie della persona defunta, tali patrimoni, che si stimano in circa 20 miliardi di euro - non si tratta di piccole cifre - restano tranquillamente nelle banche.
Ora il ministro Tremonti, che ha un'eccellente capacità nell'individuare risorse, ha proposto di utilizzare tali fondi per risanare i conti dello Stato. Finché non si scoprono i veri eredi si può discutere sulla regolamentazione da adottare, ad esempio quella condivisa dalla Lega, che proponeva di dare questi fondi al Comune che ha dovuto sostenere eventuali spese per le persone in questione, o quella che prevede che tali fondi debbano andare allo Stato.
Almeno un aspetto deve però essere fatto salvo: si deve introdurre una regolamentazione che da ora in poi imponga a chi apre un conto corrente o deposita denaro o valori nelle cassette di sicurezza o che apre un fondo di investimento, nonché alle stesse banche, di indicare i nomi delle persone a cui inviare eventuali comunicazioni, in modo che non si verifichino più fatti di questo tipo. Occorrerebbe inoltre prevedere per il passato una regolamentazione che faccia almeno lo sforzo di individuare i legittimi eredi.
Questo è l'intento dell'emendamento da me presentato e da tutti condiviso. Ringrazio i relatori della grande attenzione che mi hanno prestato e per essere stati veramente sensibili a questo tema. Ringrazio anche il Sottosegretario e tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione. Il mio auspicio è che questo rinvio alla finanziaria effettivamente un giorno o l'altro sia attuato. (Applausi dai Gruppi Aut e LP).
RIPAMONTI (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, a titolo personale e senza impegnare il mio Gruppo, vorrei esprimere la mia contrarietà alla proposta del Governo di sopprimere l'articolo 14 e di concentrare la nostra attenzione sulla finanziaria riguardo al tema in oggetto.
Mi sembra infatti che l'articolo che stiamo esaminando, seppur non ancora in modo molto dettagliato, intervenga già sulla materia cercando di stabilire alcuni criteri per intervenire sul tema dei cosiddetti conti correnti dormienti e per venire incontro ai risparmiatori truffati.
La finanziaria, signor Presidente (credo che i senatori lo sappiano: non lo sa chi ancora non ha avuto modo di esaminare il punto), riguardo a tale questione esprime una indicazione molto generica: sostanzialmente, una sorta di delega in bianco per intervenire su questa materia. Il risultato di questa trasposizione sulla finanaziaria sarà che passeranno degli anni prima di individuare questi conti correnti dormienti e per fissare i criteri sulla base dei quali poter intervenire oppure che, alla fine, non si farà nulla.
Quindi - ripeto, lo dico a titolo personale - ritengo che sarebbe meglio che questo norma restasse nel provvedimento che stiamo votando, inerente alla riforma del risparmio.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 14.800, presentato dai relatori, interamente soppressivo dell'articolo.
È approvato.
Risultano pertanto preclusi i restanti emendamenti presentati all'articolo 14.
Metto ai voti l'emendamento 14.0.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 14.0.3.
PASQUINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, noi presentiamo un emendamento per le vicende verificatesi alcuni anni fa e che hanno avuto riflessi sulla tutela dei risparmiatori, che contiene delle proposte inserite nel quadro complessivo di un articolo aggiuntivo definito "tutela preventiva del risparmio".
So bene che in sede di discussione è stato recepito dal parte del Governo (lo abbiamo approvato in Parlamento) lo statuto dei diritti dei risparmiatori; però, a nostro avviso, la delega al Governo avviene in modo molto generico e senza che siano stabiliti dei paletti ben precisi. Intendiamo provvedere a ciò con questo emendamento che, come ho detto, concerne la tutela preventiva del risparmio e prevede, per tutti coloro che operano nei settori dell'intermediazione finanziaria (promotori finanziari, agenti di assicurazioni, dipendenti dei soggetti abilitati), una serie di punti di riferimento e di obblighi precisi.
In primo luogo, si prevede che ne venga garantita e assicurata l'identità nei confronti del risparmiatore con elementi identificativi.
In secondo luogo, è previsto che si chiedano al risparmiatore, con una dichiarazione scritta (una documentazione), informazioni sulla sua esperienza in materia finanziaria, la sua situazione finanziaria complessiva e la sua propensione al rischio. Infatti, ci sono troppi casi in cui sono stati venduti prodotti finanziari a dei pensionati o a dei lavoratori dipendenti per l'importo complessivo dei loro risparmi o del loro trattamento di fine rapporto. Credo, quindi, che questo sia un punto di assoluta importanza fondamentale.
In terzo luogo, riteniamo opportuno informare il risparmiatore dei costi relativi alle operazioni finanziarie, dei rischi patrimoniali e dell'adeguatezza delle operazioni finanziarie proposte in relazione alla sua situazione finanziaria e patrimoniale.
Infine, c'è una questione molto importante, soprattutto per le offerte fuori sede da parte degli agenti di assicurazioni che non sono soggetti a norme di comportamento o comunque a quelle che valgono per i promotori finanziari: è necessario che venga informato il risparmiatore sulle penali o sulle commissioni previste dall'investimento in caso di uscita anticipata, dunque nel caso di liquidazione anticipata dello strumento finanziario.
Questi sono i punti fondamentali del testo dell'emendamento in votazione, relativo all'articolo 14-bis di cui proponiamo l'introduzione, denominato "tutela preventiva del risparmio".
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 14.0.3, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 14.0.2, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 14.0.4 (testo 2), presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 14.0.200, presentato dal senatore Peterlini. Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 15, su cui sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno che invito i presentatori ad illustrare.
BONAVITA (DS-U). Signor Presidente, nel testo al nostro esame, all'articolo 15, lettera i), punto 2, si dettano disposizioni in materia di finanza etica, ma non viene precisato cosa sia e quali prodotti siano da considerarsi etici. Pertanto, oltre all'emendamento 15.204, ho presentato l'ordine del giorno G15.1, che impegna il Governo ad emanare provvedimenti in questa materia.
L'emendamento 15.204 attribuisce alla CONSOB ed alla Banca d'Italia la potestà di definire quali siano i prodotti etici, le modalità con cui devono essere erogati ed i controlli che devono essere effettuati. Poiché questo emendamento non stravolge il provvedimento, ma precisa alcuni compiti che possono e debbono essere svolti da organi come la CONSOB e la Banca d'Italia, credo possa essere recepito dalla totalità dell'Assemblea. Altrimenti, ci ritroveremmo a lasciare incontrollata la definizione dell'informazione agli utenti e consumatori su prodotti che non sappiamo se siano etici o no, dal momento che il controllo su questi prodotti finanziari non esiste, ma l'informazione su di essi viene data dagli stessi enti emittenti.
Invito dunque il Governo ed il relatore ad una riflessione: il provvedimento è già stato emendato. L'accoglimento di questa modifica non stravolgerebbe pertanto alcunché e si verrebbe incontro alle richieste dei soggetti che, a livello nazionale, conformandosi alle direttive comunitarie, operano nel settore della finanza etica.
Saluto
ad una delegazione dell'Associazione dei Cavalieri
dell'Ordine della Repubblica Italiana
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è presente in tribuna una delegazione dell'Associazione dei Cavalieri dell'Ordine della Repubblica Italiana, che festeggia i venticinque anni della sua fondazione. Tale Associazione conta 7.000 iscritti, che ci fa piacere salutare. (Generali applausi).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760,
2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
I restanti emendamenti all'articolo 15 si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, riteniamo che l'articolo 15 costituisca un tutt'uno ben concertato, per cui riteniamo debba essere approvato così com'è nella sua interezza.
D'altra parte, ad esempio, sull'emendamento 15.201, vi è addirittura il parere contrario della Ragioneria generale; altri emendamenti tendono addirittura a diminuire le sanzioni previste per i trasgressori. Pertanto, riteniamo di esprimere parere contrario su tutte le proposte di modifica.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno G15.1, mi rimetto al Governo.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo sugli emendamenti all'articolo 15 è contrario.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno G15.1, il Governo lo accoglie come raccomandazione.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 15.1, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.2, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.3, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.4, presentato dal senatore Turci e da altri senatori, identico all'emendamento 15.5, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.200, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.201, presentato dal senatore Latorre.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.202, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.203, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.14, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.15, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'emendamento 15.204, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, limitatamente al comma 5.
BONAVITA (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONAVITA (DS-U). Signor Presidente, stante il parere contrario della 5a Commissione, riformulo l'emendamento, sopprimendo il comma 5; tale comma era esplicativo delle disposizioni presenti in altri commi e quindi cassarlo non mi crea alcun problema.
Vorrei ribadire che ritengo le dichiarazioni del Governo (che ringrazio per aver accolto, seppur nella forma blanda di raccomandazione il mio ordine del giorno G15.1) alquanto contraddittorie. Infatti, l'emendamento non va a sconvolgere né a modificare alcunché, ma precisa gli ambiti in cui si può definire cos'è il prodotto etico e cos'è la finanza etica; credo che questa impostazione avrebbe dovuto trovare appoggio, perché non cambia la struttura del provvedimento e neanche dell'articolo 15.
Quindi, ritengo assolutamente contraddittorie le considerazioni espresse sia dal relatore che dal Governo e invito tutti i colleghi a votare a favore di questo emendamento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 15.204 (testo 2), presentato dal senatore Bonavita.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.205, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.17, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.18, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.206, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.207, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.208, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.209, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 15.210.
PASQUINI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, siamo in presenza di uno dei numerosi peggioramenti introdotti dalle Commissioni riunite del Senato al testo approvato dalla Camera, essendo stata soppressa la responsabilità solidale degli enti e delle società dai quali dipendono le persone (amministratori delegati, direttori generali, funzionari) che hanno commesso irregolarità sanzionabili; e ciò consente per l'ennesima volta di aggirare la legge indicando dei prestanome, formalmente responsabili ma che non hanno terre al sole, con la conseguenza che questa responsabilità va a finire nel nulla.
Ecco perché proponiamo di sostenere l'emendamento 15.210, che ripristina il testo della Camera e dunque la responsabilità solidale delle società e degli enti dai quali dipendono le persone che hanno commesso irregolarità. (Applausi del senatore Turci).
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, avrei voluto intervenire sull'emendamento 15.207, ma lo faccio ora perché quelli che abbiamo presentato all'articolo 15 sono emendamenti simili.
Purtroppo, devo dire che questo non è l'unico punto in cui le Commissioni riunite hanno notevolmente peggiorato il testo della Camera. All'articolo 15, che riguarda la della trasparenza, la correttezza e la responsabilità e le sanzioni a carico degli intermediari finanziari, il peggioramento operato dalle Commissioni riunite è particolarmente odioso, essendo stata soppressa la responsabilità solidale (che con questi emendamenti si tenta in qualche modo di reintrodurre) delle società e degli enti ai quali appartengono i soggetti sanzionati.
Il senso di questi emendamenti è, pertanto, quello di far sì che in qualche modo vi sia davvero una responsabilità di queste società ed enti cui appartengono gli intermediari e i promotori finanziari; altrimenti, grazie al peggioramento introdotto anche nell'articolo 15 (che ha, appunto, eliminato tale responsabilità), credo che ci ritroveremo come prima, nel senso che, in caso di truffa nei confronti dei risparmiatori non saranno certamente le società, né gli altri enti a cui appartengono gli intermediari e i promotori finanziari a rispondere del danno arrecato ai risparmiatori stessi.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 15.210, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 15.23.
EUFEMI, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EUFEMI,relatore. Signor Presidente, inviterei i presentatori a ritirare l'emendamento 15.23, poiché esso è superato dalla legge comunitaria 2004, che ha già disciplinato il market abuse e quindi l'articolo 195 del testo unico delle finanze.
PRESIDENTE. Domando ai presentatori se accolgono l'invito del relatore a ritirare l'emendamento 15.23.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, lo manteniamo.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 15.23, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.24, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.25, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 15.26, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Per quanto riguarda l'ordine del giorno G15.1, poiché il Governo lo ha accolto come raccomandazione, non dovremmo votarlo, a meno che il senatore Bonavita non insista per la votazione.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, poc'anzi mi ero permesso d'insistere per evitare di acquisire i pareri favorevoli del relatore e del Governo e poi intervenire con un'operazione opportunistica, chiedendo non solo di sottoscrivere l'ordine del giorno, ma anche di condividerne il contenuto e poi votarlo. È evidente che avendolo chiesto prima, questo tentativo di carpire il contenuto non c'è stato e non me ne vogliano i colleghi.
Quest'ordine del giorno è davvero importante e quindi ritengo che debba essere votato e approvato e non accolto come raccomandazione. Mi rivolgo pertanto al senatore Bonavita chiedendogli di insistere per la votazione.
Più volte abbiamo affermato che con il lavoro svolto nelle due Commissioni di merito, la 10a e la 6a, siamo stati capaci di creare un ambiente giuridico adeguato a prevenire, per quanto possibile, scandali finanziari come quelli di Parmalat, Cirio e dei bond argentini, predisponendo una serie di norme rigorose capaci di rispondere alle problematiche emerse da quegli scandali.
Tutti, maggioranza ed opposizione, siamo usciti dai lavori di Commissione con la convinzione che non bastano le leggi e le normative in materia per evitare che si verifichino ancora quei casi che ci hanno indotto ad intervenire come legislatori. Ciò che occorre è una moralizzazione dell'ambiente, la capacità di coniugare la finanza e l'economia con l'etica e la morale.
Quest'ordine del giorno concentra l'attenzione in particolare sulla finanza etica che sta svolgendo un ruolo importantissimo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nelle zone più arretrate del nostro territorio.
Invito, pertanto, il relatore e il Governo ad esprimere un parere favorevole sull'ordine del giorno e chiedo al senatore Bonavita di poterlo sottoscrivere annunciando il voto favorevole di Alleanza Nazionale.
ROLLANDIN (Aut). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROLLANDIN (Aut). Signor Presidente, intervengo per sottolineare che anche il Gruppo delle autonomie concorda sull'ordine del giorno e sull'importanza testé ribadita di attivare una serie di misure che facciano capire il senso della finanza etica rendendo questo strumento effettivamente operativo.
Per queste ragioni e comprendendo, dopo l'intervento del collega Pedrizzi, che il Governo impegnandosi in questa operazione non va al di là degli interessi legittimi delle banche, ma anzi agisce a sostegno di una politica solidale nei confronti dei problemi del Terzo mondo, insisto, a nome del mio Gruppo, affinché il Governo medesimo riveda il suo parere e l'ordine del giorno venga posto ai voti e accolto.
PRESIDENTE. Ricordo che il Governo ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno G15.1, al quale ha aggiunto la firma anche il senatore Iovene. Poiché ne è stata chiesta la votazione, procediamo in tal senso.
Metto ai voti l'ordine del giorno G15.1, presentato dal senatore Bonavita e da altri senatori.
E' approvato.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 15.
E' approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 16, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, si tratta di recuperare la class action. Faccio presente ai colleghi che la Camera dei deputati ha già approvato, con larghissima maggioranza, con provvedimento autonomo, esattamente i contenuti di questo emendamento. Tuttavia, quel disegno di legge, approvato a larghissima maggioranza dall'altro ramo del Parlamento, arrivato alle Commissioni di merito del Senato si è incagliato e non si è avuta più notizia di questo provvedimento.
Dal momento che parliamo di tutela dei risparmiatori, sia pure con luci e ombre l'esperienza degli Stati Uniti dimostra il valore di questo istituto per tutelare i risparmiatori e per indurre le grandi imprese ad un comportamento più etico (visto che di etica abbiamo parlato un secondo fa).
Noi dunque riteniamo opportuno recuperare il testo del provvedimento giunto dalla Camera, inserendolo come emendamento al provvedimento sul risparmio.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, l'emendamento 16.0.101 è per noi assolutamente fondamentale, così come lo era il 14.0.1, aggiuntivo all'articolo 14, relativo alla tutela del risparmio.
E' accaduto, infatti, che alla Camera dei deputati sono state cancellate proprio le forme più classiche - come quella della tutela preventiva del risparmio - di salvaguardia dei risparmiatori. Vorrei ricordare, tra l'altro, che questo disegno di legge reca, nel titolo, la tutela del risparmio.
Nello specifico, questo emendamento aggiuntivo all'articolo 16 tende ad introdurre la possibilità, per le associazioni dei consumatori e degli utenti, di agire in giudizio collettivo a difesa dei diritti degli associati. Guardate che si tratta davvero di una norma minima di civiltà, che negli Stati Uniti ha dato sicuramente degli esiti positivi. Su questo si era discusso molto alla Camera e sembrava che si fosse raggiunto anche un accordo tra maggioranza e opposizione.
Quindi, noi caldeggiamo davvero l'introduzione dell'istituto della class action perché è l'unico modo, oltre alla tutela preventiva, perché le associazioni dei consumatori e degli utenti possano andare in giudizio collettivo contro le parti.
ROLLANDIN (Aut). Signor Presidente, l'emendamento 16.0.200 si inserisce nel problema, più volte richiamato, dei portatori di obbligazioni pubbliche argentine e cerca di intervenire sui piccoli risparmiatori.
Sentiamo dire che ci deve essere una politica per la famiglia, per permettere a chi ha risparmiato di agire anche in una situazione di contingenza difficile. Purtroppo, molti piccoli risparmiatori, oltre ai crack Parmalat e Cirio, hanno vissuto la vicenda dei bond argentini, che li ha penalizzati pesantemente.
Secondo l'emendamento, le banche collocatrici hanno l'obbligo di acquistare le obbligazioni, scegliendo una tra le seguenti forme di corrispettivo: "contanti per il 50 per cento del valore nominale dei titoli consegnati per il rimborso degli obbligazionisti, entro il limite massimo di rimborso individuale di 50.000 euro; obbligazioni emesse dalle banche collocatrici (...) per un valore nominale corrispondente al 70 per cento di quello dei titoli consegnati entro il limite massimo individuale di 85.000 euro".
Infine: "Gli obbligazionisti in possesso di titoli di valore nominale superiore ad 85.000 euro possono richiedere l'esperimento di un tentativo di conciliazione (...)". Questa previsione si inserisce nell'ambito operativo promosso dalle associazioni dei risparmiatori, adesso definito class action, così da poter avere un intervento riparatore a favore dei piccoli risparmiatori che hanno avuto informazioni sbagliate o tardive.
Il Sottosegretario ha già parlato di questo tema e ha precisato la volontà di intervento, utilizzando una parte dei fondi cosiddetti dormienti, per riparare a questo danno. Credo che il processo con il quale si provvederà a formalizzare questo intervento sia solo in itinere, ma ne prendo comunque atto con soddisfazione.
Tenendo conto degli annunci per la finanziaria e di quanto indicato negli articoli precedenti, credo sia opportuno un impegno a favore dei sottoscrittori dei bond argentini. Qualora l'emendamento non venisse accolto, pregherei di tener conto di un'impostazione che privilegi in particolare i piccoli risparmiatori.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, inviterei il senatore Cantoni a ritirare l'emendamento soppressivo 16.201, poiché l'articolo 16 è molto importante, visto che tratta della responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari. Non vediamo le ragioni di tale emendamento, soprattutto perché con questa normativa viene decisa un'azione più forte.
Per quanto riguarda gli emendamenti successivi, relativi alle cosiddette class action, riteniamo che rispetto a quanto detto dal senatore Turci si debba procedere con quel provvedimento a latere, approvato dalla Camera e all'esame del Senato.
Vorrei solo far notare al collega che la class action negli Stati Uniti è sotto accusa. C'è una fase di ripensamento e il dipartimento di giustizia ha avviato un'inchiesta nei confronti di un importante studio legale sospettato di aver incentivato, mediante pagamenti sottobanco ad alcuni suoi clienti, a presentare denunce nei confronti di numerose aziende americane. Inoltre, l'ordinamento statunitense è completamente diverso da quello italiano e c'è distinzione tra tribunali dei singoli Stati e tribunali dell'intero Paese. Inviterei, dunque, a procedere sulla strada che ho appena richiamato.
Ci sono poi dei pareri contrari della Commissione bilancio su alcuni emendamenti relativi ai bond argentini e alla class action.
Per queste ragioni, siamo contrari a tutti gli emendamenti aggiuntivi all'articolo 16.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Anche il Governo invita il senatore Cantoni a ritirare l'emendamento 16.201; analogo invito rivolgerei al senatore Rollandin, proprio perché ritengo che questo argomento debba essere trattato in altra sede e non vorrei dare, per questa ragione, un parere negativo.
Esprimo parere contrario sugli altri emendamenti presentati.
PRESIDENTE. Senatore Cantoni, accoglie l'invito al ritiro testé formulato?
CANTONI (FI). Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Metto pertanto ai voti l'articolo 16.
È approvato.
Passiamo all'emendamento 16.0.3, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per una breve dichiarazione di voto sull'emendamento 16.0.3, segnalandole che il mio Gruppo ha presentato un emendamento analogo, ma riferito all'articolo 26, esattamente l'emendamento 26.200.
Mi richiamo, quindi, anche a quell'emendamento per annunciare il voto favorevole del Gruppo della Margherita su questi emendamenti, poiché essi, introducendo anche nel nostro ordinamento la cosiddetta class action, irrobustiscono il provvedimento in esame, che è a tutela del risparmio. Diversamente, mi si lasci dire, il disegno di legge che stiamo approvando, dal momento che non recepisce neppure tutte le modifiche introdotte dalla Camera dei deputati, finirebbe per essere un provvedimento molto anemico.
L'introduzione della class action anche nel nostro ordinamento, proprio in un provvedimento che vuole tutelare il risparmio, irrobustisce il provvedimento stesso per il valore forte di prevenzione e deterrenza che tale introduzione avrebbe.
Quanto detto dal senatore Eufemi rispetto all'ordinamento americano non può essere da noi preso in considerazione, tenuto conto che in ogni Paese certamente ci sono anche deviazioni rispetto alle questioni che sono state poste dalla legge e che indubbiamente vanno combattute in quel Paese.
Siamo in Italia, la Camera dei deputati ha già dato un voto di ampio consenso su tale punto, perché non recepirlo subito anche noi al Senato?
Per queste ragioni, insisto perché l'emendamento 16.0.3 sia posto in votazione e chiedo a quindici colleghi di sostenere la mia richiesta.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Castellani, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione
nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 16.0.3, presentato dal senatore Turci e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa
della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 16.0.100, 16.0.101, 16.0.102 e 16.0.4 sono improcedibili.
Sull'emendamento 16.0.200 è stato rivolto al proponente un invito al ritiro. Senatore Rollandin, lo accoglie?
ROLLANDIN (Aut). Signor Presidente, aderisco alla richiesta avanzata dalla Sottosegretario di ritirare l'emendamento 16.0.200, ringraziandola per l'attenzione e prendendo atto della disponibilità a discutere questo tema in altro provvedimento.
PRESIDENTE. L'emendamento 16.0.200 è pertanto ritirato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 16.0.201 e 16.0.202 sono improcedibili.
Passiamo all'esame dell'articolo 17.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame di un emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 17, che invito i presentatori ad illustrare.
VIVIANI (DS-U). Signor Presidente, l'emendamento 17.0.200 propone di estendere ai mediatori creditizi iscritti al rispettivo albo l'attività di mediazione e consulenza nella gestione di crediti ai fini del loro recupero. Come noto, questa attività negli ultimi tempi si è molto diffusa nell'ambito delle banche e degli intermediari finanziari. È un'attività soggetta anche ad una serie di rischi.
Per tale ragione, con questo emendamento si propone di estenderla a dei soggetti dotati di professionalità e sottoposti anche a un particolare controllo in quanto iscritti ad un albo professionale. Mi sembra che si tratti di un emendamento a carattere ordinamentale, che non costa nulla e che ha un particolare effetto di regolamentazione su un punto critico dell'attività delle banche e degli intermediari finanziari.
Per tale ragione, chiedo al Governo e al relatore un'attenzione particolare e spero anche un voto favorevole su tale emendamento.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, debbo fare ammenda, perché questo è un argomento che la nostra Commissione non ha trattato, quindi bene ha fatto il senatore Viviani a portarlo all'attenzione dell'Aula. Si tratta di predisporre nuovi criteri di organizzazione e nuovi strumenti per il recupero dei crediti delle banche.
Pertanto, se il senatore Viviani me lo consente, vorrei aggiungere la mia firma a tale emendamento, proponendo nel contempo una modifica al suo testo. Alla terza riga, dopo le parole «consulenza nella gestione» occorrerebbe inserire le altre «del recupero dei crediti da parte delle banche», sopprimendo, quindi, le parole «di crediti ai fini del loro recupero da parte di banche».
Se tale formulazione verrà accolta dal presentatore, il mio Gruppo voterà a favore dell'emendamento.
PRESIDENTE. Si tratta di una preziosa correzione alla quale penso che il senatore Viviani darà il suo consenso.
VIVIANI (DS-U). Certamente, signor Presidente.
PRESIDENTE. Invito pertanto il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla nuova formulazione dell'emendamento 17.0.200.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere favorevole all'emendamento 17.0.200, come testé riformulato.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sull'emendamento 17.0.200 (testo 2) il Governo si rimette all'Assemblea.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 17.0.200 (testo 2), presentato dal senatori Viviani e da altri senatori.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 18, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, vorrei illustrare l'emendamento 18.201 e tutti gli altri emendamenti all'articolo 18 a firma dei senatori del Gruppo dei Democratici di Sinistra.
Si tratta di un articolo che riguarda gli incarichi alle società di revisione. È una questione molto importante, perché dopo i primi controlli interni del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, riteniamo che il controllo fondamentale dipenda, appunto, dalla società di revisione.
Le Commissioni riunite del Senato hanno apportato delle modifiche peggiorative al testo licenziato dalla Camera che noi, con gli emendamenti presentati all'articolo, vorremo correggere.
Per quanto riguarda il conferimento dell'incarico, il testo della Camera prevedeva un preventivo "parere vincolante assunto all'unanimità dall'organo di controllo" vale a dire il collegio sindacale; il testo previsto dalle Commissioni riunite, invece, blandamente prevede un preventivo "parere del collegio sindacale".
Inoltre, è stato soppresso il periodo che attribuiva alla CONSOB il potere di provvedere "d'ufficio al conferimento dell'incarico (…) determinandone anche il corrispettivo", qualora l'assemblea non avesse provveduto a farlo: non comprendiamo il motivo di tale soppressione.
Eravamo d'accordo nello stabilire un periodo di durata dell'incarico di revisione "non inferiore a tre né superiore a sei esercizi", mentre nel testo proposto dalle Commissioni riunite il principio è stato modificato nel senso che tale incarico "ha durata di sei esercizi" ed "è rinnovabile una sola volta", dopo che "siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente", il che non ci trova d'accordo.
Infine, ci sono due questioni di fondo che a mio avviso vanno sottolineate.
In primo luogo, si stabilisce una responsabilità per i danni derivanti dall'attività della società di revisione "sino a un importo pari a dieci volte il corrispettivo percepito (…) ovvero sino a un importo pari al 20 per cento del capitale sociale della società di revisione", il che non ci trova d'accordo, perché a nostro avviso la responsabilità per danni deve prevedere livelli superiori e non solo limitati a dieci volte il corrispettivo percepito o al 20 per cento del capitale sociale. In secondo luogo e per ultimo c'è la questione più inquietante.
Il testo approvato dalla Camera faceva divieto di assumere incarichi di revisione a società che fossero in qualche modo controllate o collegate ad altre società (vedasi consulenze); il testo approvato dalle Commissioni riunite ha invece soppresso la previsione relativa alle società collegate, per cui oggi, se venisse confermato il testo proposto, sarebbe possibile che una società di revisione collegata ad un'altra società di consulenza, in una palese situazione di conflitto di interessi, possa tranquillamente esercitare la sua attività di revisione.
Essendo contrari a tutto questo, chiediamo un sostegno ai colleghi nel senso di esprimersi favorevolmente su questi emendamenti.
CANTONI (FI). Signor Presidente, le finalità dell'emendamento 18.202 è determinata dal fatto che le recenti vicende societarie hanno posto - come è noto a tutti - l'attenzione sul problema dell'adeguatezza e soprattutto dell'efficacia dei controlli svolti dalle società di revisione, e non è qui il caso di ricordare nuovamente gli scandali che si sono verificati in questi ultimi due anni.
Il punto critico dell'attività di revisione è il controllo contabile nei gruppi di impresa. Al riguardo, è stato opportunamente previsto che il responsabile unico della revisione dovrebbe essere la società di revisione della capogruppo, la quale assumerebbe anche la responsabilità degli atti di revisione delle società controllate dalla capogruppo stessa. Questo anche per evitare che si verifichi quel fenomeno cui pure si è assistito, per cui, senz'altro artatamente, la capogruppo aveva l'alibi di non conoscere le attività delle società controllate.
Coerentemente con tale misura, occorrerebbe prevedere il gradimento del revisore della società capogruppo sulle società incaricate della revisione delle controllate e stabilire che, anche in caso di gruppi con società quotate, la CONSOB adotti norme che consentano l'allineamento della durata degli incarichi, al fine di avere più facilmente un revisore di gruppo.
Noi riteniamo ciò estremamente importante per tutelare la trasparenza e l'etica nel comportamento, a tutto vantaggio degli investitori e dei risparmiatori.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, l'emendamento 18.700 è una mera norma di raccordo con la legislazione appena introdotta.
BUCCIERO (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, con l'emendamento 18.209 da me firmato insieme ad altri colleghi si intende sopprimere la lettera g) dell'articolo 18, introdotta in sede di Commissioni riunite. Alla Camera si è anche discusso della tutela delle società di revisione e inopportunamente inserendola nel disegno di legge che si riferisce alla tutela del risparmio e penso anche dei risparmiatori.
Ritengo e continuerò a farlo che si tratti di un errore, salvo cambiare idea ove i pareri dei relatori siano contrari alla soppressione della lettera g). Mi limito quindi a ricordare che alcuni revisori e società di revisione sono ancora oggi al vaglio della magistratura civile e penale italiana ed internazionale. Quindi, ritengo che cambiare le regole ora, in costanza di questi procedimenti, non sia certamente opportuno e non faremmo una bella figura ove questo emendamento non fosse accolto.
Aggiungo anche che altri tentativi in tal senso sono stati fatti in sedi diverse ed in altre Nazioni. In Inghilterra è stata respinta la manovra della lobby dei revisori, così come ritengo, signor Presidente, onorevoli colleghi, che non si possa chiamare ad alibi la legislazione europea.
Devo ricordare che in sede di risposta ad una interrogazione presentata alla Camera il ministro Giovanardi, a nome del Governo, ha testualmente affermato: "… da un punto di vista tecnico, il Governo italiano non ritiene opportuna l'introduzione di una limitazione della responsabilità civile dei revisori che potrebbe indirettamente diminuire la fiducia degli investitori e dei risparmiatori sull'attendibilità dell'informazione finanziaria, danneggiando lo sviluppo dei mercati finanziari e del sistema economico nel suo complesso"; più oltre il Ministro assicura che "(…) il Governo italiano vigilerà in sede comunitaria perché non vengano introdotte nelle direttive limitazioni alla responsabilità dei revisori".
Penso che la sottosegretario Armosino conosca l'intervento e la risposta del ministro Giovanardi. Per queste ragioni, raccomando l'accoglimento dell'emendamento soppressivo.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, l'articolo 18 ha subìto pochissime modifiche (basta confrontare i due testi, quello approvato dalla Camera e quello approvato dalle Commissioni riunite). Purtroppo, ci troviamo in una situazione tale per cui anche nel Parlamento europeo si sta procedendo con una legislazione, per così dire, di work in progress, tant'è che nei giorni scorsi è stata affrontata una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Parlo di pochissimi giorni fa, esattamente del 28 settembre.
Ci troviamo in una situazione tale per cui è chiaramente difficile orientarsi; possiamo, però, fissare alcuni princìpi; li abbiamo dunque fissati in maniera chiara e ad essi ci dovremmo attenere. Si pone anche il problema della responsabilità che sta assumendo un rilievo particolare anche in ragione di quanto è accaduto negli Stati Uniti.
Tutti fanno riferimento al caso della società di revisione dei conti Arthur Andersen, che è fallita; in Italia, però, noi siamo stati capaci di salvare una società importante come la Parmalat, tanto che in questi giorni sta rientrando nel mercato borsistico. Questo è l'elemento di diversità. Eppure, abbiamo introdotto delle norme in cui è prevista una responsabilità, fissando un limite al capitale delle aziende, per far sì da un lato che siano responsabilizzate e per consentire, dall'altro, di procedere attraverso forme assicurative, che altrimenti non ci sarebbero.
Questa è la ragione per la quale abbiamo introdotto quelle norme nelle Commissioni riunite. Vi è poi il problema che riguarda la durata del mandato; anche al riguardo il Parlamento europeo è orientato per un termine lungo per affermare la qualità della revisione.
Rispetto agli emendamenti presentati all'articolo 18, la nostra posizione è contraria; siamo tuttavia favorevoli agli emendamenti 18.14, 18.203 e 18.204, perché distinguono tra assistenza legale e difesa giudiziale. Si determina, cioè, una barriera per i revisori per quanto riguarda l'assistenza legale e viene invece consentita la difesa giudiziale.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore sugli emendamenti riferiti all'articolo 18 .
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 18.1 è improcedibile.
Metto ai voti l'emendamento 18.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.2, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.201, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.202, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.10, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.14, presentato dal senatore Fabbri, sostanzialmente identico agli emendamenti 18.203, presentato dal senatore Cicolani, e 18.204, presentato dai senatori Iervolino e Danzi.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.19, presentato dal senatore Fabbri, identico all'emendamento 18.205, presentato dai senatori Iervolino e Danzi.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.206, presentato dal senatore Cicolani.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.700, presentato dai relatori.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.207, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.20, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.208, presentato dal senatore Nocco.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 18.209, identico all'emendamento 18.210.
BUCCIERO (AN). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Bucciero, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, vorrei proporre al senatore Bucciero di riconsiderare l'emendamento 18.209, nel senso che si potrebbero eventualmente aumentare i moltiplicatori e le cifre indicati dalle Commissioni finanze e tesoro e attività produttive, in modo da trovare una mediazione tra le richieste del senatore Bucciero stesso e l'atteggiamento dei relatori e del Governo. Per quanto mi riguarda, sono disponibile ad aumentare tali moltiplicatori anche in modo consistente.
Il problema consiste nel fatto che, se omettiamo un limite, nessuna di queste società di revisione e consulenza potrà sperare di poter sottoscrivere un'assicurazione e quindi di poter rispondere integralmente dei danni che le stesse società dovessero eventualmente arrecare.
Noi vogliamo che queste società rispondano appieno e responsabilmente a quanto vanno facendo ed allora diamo ad esse la possibilità di assicurarsi e naturalmente alle compagnie di assicurazione di poter stipulare le assicurazioni e sottoscriverle.
Raggiungiamo dunque una mediazione, senatore Bucciero, e troviamo un limite, un break even, un equilibrio che possa far sì che la risposta venga data nella maniera più adeguata possibile e le compagnie di assicurazione possano sottoscrivere assicurazioni. (Applausi del senatore Specchia).
BUCCIERO (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BUCCIERO (AN). Signor Presidente e colleghi, in sostanza, qualsiasi sia il limite, anche maggiore, così come proposto dal senatore Pedrizzi, le società di revisione possono creare un danno da 100 milioni ma pagarne solo uno, perché - si dice - altrimenti non verrebbero assicurate. Mi chiedo: e gli altri 99 milioni di danno chi li paga? Voglio dire che esisteranno dei danneggiati non coperti: questo è il nocciolo della questione.
In questo momento non posso quindi accogliere la proposta di mediazione del senatore Pedrizzi.
Vi ho letto ciò che ha detto il ministro Giovanardi a nome del Governo e mi chiedo: ma cosa sta succedendo?
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vorrei sgombrare la discussione dai dubbi in ordine al fatto che non si voglia che le società che creano responsabilità rispondano dei danni.
Nel dibattito in Commissione si sono scissi i problemi: da un lato, il fatto che non si vuole limitare, per le società di revisione, il tetto massimo risarcibile; dall'altro, il problema, che è stato denunciato in concreto, che, a fronte di una illimitatezza di possibilità di danno che le società di revisione possono creare, queste ultime non ottengano più coperture assicurative. Da ciò discende che il soggetto che ha subìto il danno potrebbe trovarsi di fronte a una sentenza che condanna la società di revisione al pagamento di risarcimenti di danni milionari, ma che in concreto non vengono erogati.
In questo ambito dobbiamo vedere se sia possibile una regolamentazione. Il Governo non ha nulla in contrario a raddoppiare il limite indicato oggi negli articoli, ma non si dica mai che vogliamo impedire che le società di revisione risarciscano il danno causato, quasi fosse un'istigazione a compiere qualsiasi attività illecita perché tanto non vi sono conseguenze.
È evidente che qualora dovesse emergere che sono falsi i dati sulla base dei quali si è arrivati a questo ragionamento, e cioè che non è vero che le società di revisione non ottengono comunque forme assicurative, tutto il discorso dovrebbe essere rivisto.
TURCI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, poiché anche noi avevamo avanzato delle obiezioni su questo punto e vista la disponibilità del Governo e del collega Pedrizzi, credo sarebbe meglio accantonare questi emendamenti per vedere se una modifica che renda più corposa la responsabilità cui devono far fronte le società di revisione può consentirci di dare soluzione al problema.
Anche noi, infatti, riteniamo insoddisfacente il massimo di dieci volte il compenso annuale.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ritengo si debba aderire alla proposta avanzata dal senatore Turci, perché oltre ad essere assolutamente ragionevole ci consente di stabilire un punto fermo: non intendiamo escludere le responsabilità delle società di revisione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Sottosegretario per questo chiarimento. Colleghi, credo di interpretare la volontà di tutti voi terminando qui i nostri lavori.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (3328)
ARTICOLO 1 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 1 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
TITOLO I
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ PER AZIONI
Capo I
ORGANI DI AMMINISTRAZIONE E DI CONTROLLO
Art. 1.
Approvato con un emendamento. Cfr. sed. 866
(Nomina e requisiti degli amministratori)
1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 147-bis, è inserita la seguente sezione:
«Sezione IV-bis.
Organi di amministrazione
Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
3. In aggiunta a quanto disposto dal comma 2, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.
Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.
Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».
EMENDAMENTI 1.9 E SEGUENTI
1.9
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, RIPAMONTI, DE PETRIS
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», al comma 2, sostituire le parole da: «uno dei membri» fino alla fine del comma con le seguenti: «un terzo dei membri del consiglio di amministrazione deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti con regolamento della CONSOB. Il difetto dei requisiti, certificati dalla CONSOB, determina la decadenza dalla carica».
Conseguentemente, al medesimo capoverso, sopprimere il terzo comma.
1.10
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 2, primo periodo, sostituire le parole da: «è espresso» fino alla fine del periodo con le seguenti: «ovvero almeno due se sono più di sette, e, in caso di numero superiore a dieci, almeno il venti per cento debbono essere espressione della minoranza degli azionisti».
Conseguentemente, al medesimo comma, secondo periodo, sostituire le parole: «il membro espresso» con le seguenti: «i membri espressi».
1.11
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 3, primo periodo, sostituire le parole: «sette membri» con le seguenti: «cinque membri».
1.12
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-ter», comma 3, sopprimere l’ultimo periodo.
1.13
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sopprimere il capoverso «Art. 147-quater».
1.14
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, RIPAMONTI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-quater», comma 1, sostituire le parole da: «Qualora» fino a: «uno di essi» con le seguenti: «Almeno un membro del consiglio di amministrazione».
1.15
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, DE PETRIS, FASSONE
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 147-quater», comma 1, sostituire le parole: «per i sindaci dall’articolo 148, comma 3» con le seguenti: «con regolamento della CONSOB».
1.16
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, dopo il capoverso «Art. 147-quinquies» aggiungere il seguente:
«Art. 147-sexies. - (Procedura per la verifica dei requisiti). – 1. Entro trenta giorni dalla nomina e con periodicità semestrale, il consiglio di amministrazione nei sistemi tradizionale e monistico ovvero il consiglio di gestione nel sistema dualistico, verifica il possesso dei requisiti di legge e statutari in capo ai singoli amministratori e, ove ne ricorrano i presupposti, dichiara la decadenza dall’ufficio dell’interessato.
2. Copia del verbale della riunione in cui il consiglio procede a tale verifica e della documentazione comprovante il possesso dei requisiti è trasmessa, senza indugio, alla società cui è conferito l’incarico di revisione che, entro trenta giorni, verifica la sussistenza dei requisiti di legge e statutari degli amministratori e ne dà comunicazione alla società, alla CONSOB ovvero alla Banca d’Italia per le banche e gli intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del decreto legislativo n. 385 del 1993.
3. Ove la società di revisione accerti l’assenza dei requisiti di legge in capo ai singoli amministratori, entro trenta giorni dal ricevimento del verbale e della documentazione, ne dà contestuale comunicazione alla società e alla CONSOB ovvero alla Banca d’Italia. L’Autorità di vigilanza competente, ove ne ricorrano i presupposti, entro trenta giorni dalla comunicazione della società di revisione, pronuncia la decadenza.
4. In ogni caso, a seguito della dichiarazione di decadenza, devono essere avviate le procedure per il reintegro dell’organo incompleto».
«Sezione IV-bis.
Organi di amministrazione
Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo statuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste di candidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di esse, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.
2. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del codice civile, almeno uno dei membri del consiglio di amministrazione è espresso dalla lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente, con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle società organizzate secondo il sistema monistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi 3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
3. In aggiunta a quanto disposto dal comma 2, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio di amministrazione delle società organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimane fermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, secondo comma, del codice civile.
Art. 147-quater. - (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio di gestione sia composto da più di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonché, se lo statuto lo prevede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria.
Art. 147-quinquies. - (Requisiti di onorabilità). – 1. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilità stabiliti per i membri degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi dell’articolo 148, comma 4.
2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».
ARTICOLO 2 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 2.
Approvato
(Collegio sindacale e organi corrispondenti nei modelli dualistico e monistico)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 148:
1) al comma 1, le lettere c) e d) sono abrogate;
2) il comma 2 è sostituito dai seguenti:
«2. La CONSOB stabilisce con regolamento modalità per l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza.
2-bis. Il presidente del collegio sindacale è nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti dalla minoranza»;
3) al comma 3, lettera c), dopo le parole: «comune controllo» sono inserite le seguenti: «ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b)», e dopo le parole: «di natura patrimoniale» sono aggiunte le seguenti: «o professionale»;
4) i commi 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater sono sostituiti dai seguenti:
«4. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti la CONSOB, la Banca d’Italia e l’ISVAP, sono stabiliti i requisiti di onorabilità e di professionalità dei membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.
4-bis. Al consiglio di sorveglianza si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3.
4-ter. Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano le disposizioni dei commi 2-bis e 3. Il rappresentante della minoranza è il membro del consiglio di amministrazione eletto ai sensi dell’articolo 147-ter, comma 2.
4-quater. Nei casi previsti dal presente articolo, la decadenza è dichiarata dal consiglio di amministrazione o, nelle società organizzate secondo i sistemi dualistico e monistico, dall’assemblea entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto. In caso di inerzia, vi provvede la CONSOB, su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o qualora abbia avuto comunque notizia dell’esistenza della causa di decadenza»;
b) dopo l’articolo 148 è inserito il seguente:
«Art. 148-bis. - (Limiti al cumulo degli incarichi). – 1. Con regolamento della CONSOB sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, possono assumere presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB stabilisce tali limiti avendo riguardo all’onerosità e alla complessità di ciascun tipo di incarico, anche in rapporto alla dimensione della società, al numero e alla dimensione delle imprese incluse nel consolidamento, nonché all’estensione e all’articolazione della sua struttura organizzativa.
2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2400, quarto comma, del codice civile, i componenti degli organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, informano la CONSOB e il pubblico, nei termini e modi prescritti dalla stessa CONSOB con il regolamento di cui al comma 1, circa gli incarichi di amministrazione e controllo da essi rivestiti presso tutte le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codice civile. La CONSOB dichiara la decadenza dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento del numero massimo previsto dal regolamento di cui al primo periodo»;
c) all’articolo 149:
1) al comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:
«c-bis) sulle modalità di concreta attuazione delle regole di governo societario previste da codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria, cui la società, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi»;
2) al comma 4-ter, le parole: «limitatamente alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti: «limitatamente alle lettere c-bis) e d)»;
d) all’articolo 151:
1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;
2) al comma 2, terzo periodo, le parole: «da almeno due membri del collegio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;
e) all’articolo 151-bis:
1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;
2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del consiglio» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del consiglio, ad eccezione del potere di convocare l’assemblea dei soci, che può essere esercitato da almeno due membri»;
f) all’articolo 151-ter:
1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle società controllate»;
2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del comitato» sono sostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del comitato»;
g) all’articolo 193, comma 3, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo sulla gestione che commettono irregolarità nell’adempimento dei doveri previsti dall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter, ovvero omettono le comunicazioni previste dall’articolo 149, comma 3».
2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2400 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Al momento della nomina dei sindaci e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società»;
b) all’articolo 2409-quaterdecies, primo comma, dopo le parole: «2400, terzo» sono inserite le seguenti: «e quarto»;
c) all’articolo 2409-septiesdecies, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Al momento della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altre società».
EMENDAMENTI
2.200
NOCCO
Respinto
Al comma 1, lettera a), il numero 2 è sostituito dai seguenti:
«2. La Consob stabilisce con regolamento le procedure di voto idonee ad assicurare che uno dei membri effettivi sia eletto dai soci che non detengono il controllo ai sensi dell’articolo 93, ovvero dai rappresentanti dei possessori dei titoli obbligazionari e degli strumenti finanziari emessi dalla società. Se il collegio è formato da più di tre membri, il numero dei membri effettivi eletti dalla minoranza non può essere inferiore a due. In caso di mancata elezione dei membri effettivi da parte della minoranza vi provvede il Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, entro trenta giorni dallo svolgimento dell’assemblea, scegliendo fra i soggetti aventi i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità di cui ai commi 3 e 4, il sostituto o i sostituti, indicando il membro che assume la veste di Presidente del collegio.
2bis. Il presidente del collegio sindacale è scelto fra una terna di professionisti aventi i requisiti di indipendenza, onorabilità e professionalità di cui ai commi 3 e 4, indicata dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili».
2.1
D’AMICO, CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, lettera a), numero 2), dopo le parole: «La CONSOB stabilisce con regolamento nuove modalità per l’elezione di» inserire la seguente: «almeno».
2.2
DE PETRIS, PASQUINI, D’AMICO, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, MACONI
Respinto
Al comma 1, lettera a), numero 2), capoverso, comma 2, sostituire le parole: «un membro effettivo» con le seguenti: «membri effettivi».
2.300
CANTONI
Respinto
Al comma 1, lettera a), numero 2): il comma 2-bis è soppresso.
2.201
NOCCO
Respinto
Al comma 1, lettera a), il numero 3) è sostituito dal seguente:
«3) al comma 3, lettera c), dopo le parole: "comune controllo", sono aggiunte le seguenti: "ovvero agli amministratori della società e ai soggetti di cui alla lettera b)"».
2.3
CASTELLANI, COVIELLO, CAMBURSANO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
«a-bis) dopo l’articolo 148 è inserito il seguente:
"Art. 148-bis. - (Incompatibilità degli incarichi di amministrazione, direzione e controllo). – 1. I soggetti che, indipendentemente dal possesso di una partecipazione nel capitale, svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso società bancarie o assicurative comunque collegate a società facenti ricorso al capitale di rischio non possono ricoprire funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso le stesse società"».
2.4
MARINO, MUZIO, PAGLIARULO
Respinto
Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 148-bis», comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso è impedito a chiunque di assumere incarichi in organi di controllo delle società di cui al presente capo, nonché delle società emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante, superiori al numero di cinque».
2.5
CHIUSOLI, TURCI, MACONI, PASQUINI, BRUNALE, BONAVITA, GARRAFFA, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, DE PETRIS
Respinto
Al comma 1, lettera f), dopo il numero 1), aggiungere il seguente:
«1-bis) dopo il comma 1, è aggiunto il seguente:
"1-bis. Segnalazioni ed informazioni inviate ai membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza, del comitato per il controllo di gestione da dipendenti o collaboratori dell’impresa, in particolare da dipendenti della struttura operativa dell’impresa preposta al controllo contabile e di gestione, che contribuiscono all’individuazione di irregolarità, frodi e malversazioni sono definite ’comunicazioni protette’. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la CONSOB stabilisce, con proprio regolamento, le procedure per il recepimento, la verifica ed il trattamento delle comunicazioni protette, secondo i seguenti criteri:
a) l’identità dell’autore della comunicazione è protetta dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675;
b) chiunque renda nota l’identità dell’autore della comunicazione protetta è punibile ai sensi dell’articolo 167 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196;
c) il contenuto della comunicazione protetta, in relazione alla natura, grado ed urgenza della problematica evidenziata deve essere trasmesso entro tre giorni dal ricevimento al presidente del collegio sindacale, al presidente del consiglio di sorveglianza, al presidente del comitato per il controllo di gestione;
d) la comunicazione protetta deve essere firmata nelle seguenti materie: violazioni fiscali; irregolarità contabili; conflitto di interessi; distruzione/falsificazione di documenti aziendali; può essere anonima nei seguenti casi: pericolo per la sanità e la sicurezza pubblica;
e) le società quotate sono tenute a definire procedure interne per vagliare e verificare quanto esposto nelle comunicazioni protette; l’autore della comunicazione protetta che in tale comunicazione fornisca notizie o dati falsi con l’intenzione di ingannare i destinatari della comunicazione è punito con la reclusione fino ad un anno e con una multa fino a duecentomila euro"».
2.202
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
«f-bis) all’articolo 152, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, se ha fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiamo compiuto gravi irregolarità nella gestione della società o di una o più società controllate, può denunziare i fatti al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. In tale ipotesi le spese per l’ispezione sono a carico della società e il tribunale può revocare anche i soli amministratori».
2.203
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, MACONI, CHIUSOLI
Id. em. 2.202
Al comma 1, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
«f-bis) all’articolo 152, il comma 1 è sostituito dal seguente:
"1. Il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, se ha fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiamo compiuto gravi irregolarità nella gestione della società o di una o più società controllate, può denunziare i fatti al tribunale ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile. In tale ipotesi le spese per l’ispezione sono a carico della società e il tribunale può revocare anche i soli amministratori».
2.7
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, lettera a), al capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il difetto dei requisiti determina la decadenza».
2.8
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, lettera c), capoverso, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il difetto dei requisiti previsti per la nomina determina la decadenza dalla carica».
2.204
NOCCO
Respinto
Al comma 2, è aggiunta infine la seguente lettera:
«c-bis) all’articolo 2399, primo comma, alla lettera c), elidere la virgola fra le parole subordinato ed ovvero».
2.205
NOCCO
Respinto
Al comma 2, è aggiunta la seguente lettera:
«c-bis) all’articolo 2409-ter, è inseguito il seguente comma 4:
"4. Il Ministero della giustizia con apposito regolamento raccomanda i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, richiedendo preventivamente il parere del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli esperti contabili"».
ARTICOLO 3 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 3.
Approvato
(Azione di responsabilità)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2393:
1) dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«L’azione di responsabilità può anche essere promossa a seguito di deliberazione del collegio sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti»;
2) il quarto comma è sostituito dal seguente:
«La deliberazione dell’azione di responsabilità importa la revoca dall’ufficio degli amministratori contro cui è proposta, purché sia presa con il voto favorevole di almeno un quinto del capitale sociale. In questo caso, l’assemblea provvede alla sostituzione degli amministratori»;
b) all’articolo 2393-bis, secondo comma, le parole: «un ventesimo» sono sostituite dalle seguenti: «un quarantesimo»;
c) all’articolo 2409-duodecies, quinto comma, le parole: «dal quarto comma dell’articolo 2393» sono sostituite dalle seguenti: «dal quinto comma dell’articolo 2393».
2. All’articolo 145, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le parole: «2393, quarto e quinto comma» sono sostituite dalle seguenti: «2393, quinto e sesto comma».
EMENDAMENTI
3.200
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera a), numero 2) sostituire le parole: «del capitale sociale. In questo caso» con le seguenti: «del capitale sociale, ovvero con il voto unanime dei componenti del collegio sindacale. In questi casi».
3.2
DE PETRIS, CAMBURSANO, PASQUINI, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «un quarantesimo» con le seguenti: «l’1 per cento».
3.3
CICCANTI
Respinto
Al comma 1, punto 2, dopo la lettera b), inserire la seguente:
«b-bis. All’articolo 2393-bis, secondo comma, dopo le parole: "nello statuto", aggiungere le seguenti: "oppure dalle associazioni di azionisti che rappresentino almeno 500 soci"».
ARTICOLO 4 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 4 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
CAPO II
ALTRE DISPOSIZIONI A TUTELA DELLE MINORANZE
Art. 4.
Approvato
(Delega di voto)
1. All’articolo 139, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, le parole: «La CONSOB può stabilire» sono sostituite dalle seguenti: «La CONSOB stabilisce».
EMENDAMENTO
4.1
CICCANTI
Ritirato
Dopo il comma 1 aggiungere i seguenti:
«2. All’articolo 142, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo le parole: "istruzioni di voto." è aggiunto il seguente periodo: "La delega di voto può essere presentata anche tramite il depositario ovvero attraverso procedure informatiche e telematiche".
3. All’articolo 144, comma 1, primo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo le parole: "raccolta di deleghe." è aggiunto il seguente periodo: "A tale fine la CONSOB può avvalersi della collaborazione delle associazioni di azionisti maggiormente rappresentative o dei loro coordinamenti nazionali"».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 4
4.0.1
CICCANTI
Ritirato
Dopo l’articolo 4, aggiungere il seguente:
«Art. 4-bis.
(Deposito accentrato)
1. All’articolo 85, comma 4, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo le parole: "sopra indicata." è aggiunto il seguente periodo: "Al fine di facilitare la raccolta delle deleghe di voto da parte delle associazioni di azionisti, le predette certificazioni possono essere richieste, emesse e trasmesse in tempo reale anche mediante procedure informatiche e telematiche"».
ARTICOLO 5 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 5.
Approvato
(Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)
1. Dopo l’articolo 126 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«Art. 126-bis. - (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea). – 1. I soci che, anche congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti da essi proposti.
2. Delle integrazioni all’elenco delle materie che l’assemblea dovrà trattare a seguito delle richieste di cui al comma 1 è data notizia, nelle stesse forme prescritte per la pubblicazione dell’avviso di convocazione, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l’assemblea.
3. L’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, ai sensi del comma 1, non è ammessa per gli argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta».
EMENDAMENTI
5.1
DE PETRIS, CASTELLANI, PASQUINI, CAMBURSANO, COVIELLO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 126-bis», comma 1, sostituire le parole: «un quarantesimo» con le seguenti: «l’un per cento».
5.2
CASTELLANI, PASQUINI, DE PETRIS, CAMBURSANO, COVIELLO, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 126-bis», sostituire le parole: «un quarantesimo del capitale sociale» con le seguenti: «un ottantesimo del capitale sociale».
5.200
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 126-bis», secondo comma, sostituire le parole: «dieci giorni» con le seguenti: «cinque giorni».
5.7
COVIELLO, CAMBURSANO, PASQUINI, DE PETRIS, CASTELLANI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, CAVALLARO
Respinto
Al comma 3, sopprimere le parole: «o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta».
5.8
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 126-bis», comma 3, aggiungere, in fine, le parole: «, purché espressamente indicata nell’avviso di convocazione dell’assemblea».
ARTICOLO 6 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
CAPO III
DISCIPLINA DELLE SOCIETÀ ESTERE
Art. 6.
Approvato
(Trasparenza delle società estere)
Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 165-bis, introdotto dall’articolo 18, comma 1, lettera i), della presente legge, è aggiunta la seguente sezione:
«Sezione VI-bis.
Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria
Art. 165-ter. – (Ambito di applicazione). – 1. Sono soggette alle disposizioni contenute nella presente sezione le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllino società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società, nonché le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, le quali siano collegate alle suddette società estere o siano da queste controllate.
2. Si applicano le nozioni di controllo previste dall’articolo 93 e quelle di collegamento previste dall’articolo 2359, terzo comma, del codice civile.
3. Gli Stati di cui al comma 1 sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:
a) per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle società:
1) mancanza di forme di pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché delle successive modificazioni di esso;
2) mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi creditori, per la costituzione delle società, nonché della previsione di scioglimento in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un termine definito;
3) mancanza di norme che garantiscano l’effettività e l’integrità del capitale sociale sottoscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura o crediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;
4) mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a ciò abilitati da specifiche disposizioni di legge, circa la conformità degli atti di cui al numero 1) alle condizioni richieste per la costituzione delle società;
b) per quanto riguarda la struttura delle società, mancanza della previsione di un organo di controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno all’organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sulla contabilità, sul bilancio e sull’assetto organizzativo della società, e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza;
c) per quanto riguarda il bilancio di esercizio:
1) mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente almeno il conto economico e lo stato patrimoniale, con l’osservanza dei seguenti princìpi:
1.1) rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell’esercizio;
1.2) illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto economico e dello stato patrimoniale;
2) mancanza dell’obbligo di deposito, presso un organo amministrativo o giudiziario, del bilancio, redatto secondo i princìpi di cui al numero 1);
3) mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilità e il bilancio delle società a verifica da parte dell’organo o del comitato di controllo di cui alla lettera b) ovvero di un revisore legale dei conti;
d) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale impedisce o limita l’operatività della società stessa sul proprio territorio;
e) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale esclude il risarcimento dei danni arrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consente che tale clausola sia contenuta negli atti costitutivi delle società o in altri strumenti negoziali;
f) mancata previsione di un’adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell’attività sociale dopo l’insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;
g) mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che falsificano la contabilità e i bilanci.
4. Con i decreti del Ministro della giustizia, di cui al comma 3, possono essere individuati, in relazione alle forme e alle discipline societarie previste in ordinamenti stranieri, criteri equivalenti in base ai quali possano considerarsi soddisfatti i requisiti di trasparenza e di idoneità patrimoniale e organizzativa determinati nel presente articolo.
5. I decreti di cui al comma 3 possono individuare Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi con riguardo ai profili indicati alle lettere b), c) e g) del medesimo comma 3.
6. Con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali è consentito alle società italiane di cui all’articolo 119 e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati di cui al comma 5. A tal fine sono prese in considerazione le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.
7. In caso di inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6, la CONSOB può denunziare i fatti al tribunale ai fini dell’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.
Art. 165-quater. - (Obblighi delle società italiane controllanti). – 1. Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, allegano al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato, qualora siano tenute a predisporlo, il bilancio della società estera controllata, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane o secondo i princìpi contabili internazionalmente riconosciuti.
2. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoscritto dagli organi di amministrazione, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima, che attestano la veridicità e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Al bilancio della società italiana è altresì allegato il parere espresso dall’organo di controllo della medesima sul bilancio della società estera controllata.
3. Il bilancio della società italiana controllante è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
4. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoposto a revisione ai sensi dell’articolo 165 da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana; ove la suddetta società di revisione non operi nello Stato in cui ha sede la società estera controllata, deve avvalersi di altra idonea società di revisione, assumendo la responsabilità dell’operato di quest’ultima. Ove la società italiana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una società di revisione, deve comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della società estera controllata.
5. Il bilancio della società estera controllata, sottoscritto ai sensi del comma 2, con la relazione, i pareri ad esso allegati e il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione ai sensi del comma 4, sono trasmessi alla CONSOB.
Art. 165-quinquies. - (Obblighi delle società italiane collegate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali siano collegate a società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera collegata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
Art. 165-sexies. - (Obblighi delle società italiane controllate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, le quali siano controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllante, nonché le società da essa controllate o ad essa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
Art. 165-septies. - (Poteri della CONSOB e disposizioni di attuazione). – 1. La CONSOB esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115, con le finalità indicate dall’articolo 91, nei riguardi delle società italiane di cui alla presente sezione. Per accertare l’osservanza degli obblighi di cui alla presente sezione da parte delle società italiane, può esercitare i medesimi poteri nei riguardi delle società estere, previo consenso delle competenti autorità straniere, o chiedere l’assistenza o la collaborazione di queste ultime, anche sulla base di accordi di cooperazione con esse.
2. La CONSOB emana, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione della presente sezione».
2. Dopo l’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:
«Art. 193-bis. - (Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria). – 1. Coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera di cui all’articolo 165-quater, comma 2, le relazioni e i pareri di cui agli articoli 165-quater, commi 2 e 3, 165-quinquies, comma 1, e 165-sexies, comma 1, e coloro che esercitano la revisione ai sensi dell’articolo 165-quater, comma 4, sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi derivanti dall’esercizio dei poteri attribuiti alla CONSOB dall’articolo 165-septies, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 193, comma 1».
EMENDAMENTI
6.1
CASTELLANI, CAMBURSANO, COVIELLO, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 6. - (Trasparenza delle società cosiddette off-shore). – 1. Le società italiane o le società estere che controllano società italiane con titoli quotati in Italia o che raccolgono risparmio in Italia, che costituiscono società da esse controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, aventi sede in uno degli Stati aventi regime fiscale privilegiato come individuati dal decreto previsto dall’articolo 110, comma 10, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono allegare al proprio bilancio il bilancio delle società costituite nei citati Stati, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane ai sensi della disciplina vigente.
2. Il comma 11 dell’articolo 110 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è abrogato.
3. Il bilancio delle società costituite negli Stati aventi regime fiscale privilegiato, di cui al comma 1, deve essere sottoscritto anche da parte degli organi di amministrazione e di controllo della società italiana controllante o collegata, ed è soggetto a certificazione da parte della società di revisione della stessa società. Il bilancio deve altresì essere accompagnato da una relazione dell’organo di amministrazione contenente una compiuta illustrazione dei rapporti intercorrenti con la società italiana controllante o collegata.
4. Qualora, a causa di disposizioni normative vigenti negli Stati aventi regime fiscale privilegiato, non sia possibile ottemperare alle disposizioni di cui ai commi 1 e 3, i bilanci delle società di cui al comma 1 non sono ammessi a certificazione.
5. Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e comunque i soggetti che svolgono le stesse funzioni, anche se diversamente qualificati, per conto della società costituita negli Stati aventi regime fiscale privilegiato, di cui al comma 1, nonché i revisori che ne certificano il relativo bilancio, sono soggetti alla stessa disciplina in materia di responsabilità civile, penale e amministrativa dei corrispondenti organi della società italiana controllante o collegata».
6.2
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 6. – 1. Le società aventi sede legale in uno degli Stati individuati con i decreti di cui all’articolo 167, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le società controllate da società italiane o a queste collegate o componenti parti di gruppi operanti in Italia, o comunque ad esse riconducibili, prima dell’emissione e del collocamento di strumenti finanziari di qualsiasi tipo tesi alla raccolta e al collocamento del risparmio, devono darne comunicazione e chiedere l’autorizzazione alla CONSOB. Identica procedura è seguita qualora dette società e intermediari finanziari siano intenzionati, anche col consenso dei risparmiatori, a trasferire negli Stati di cui sopra il risparmio raccolto, depositato e investito sul territorio nazionale.
2. Qualsiasi operazione finanziaria sia compiuta in difformità da quanto previsto dal comma 1 è dichiarata nulla. La società che trasgredisce è obbligata a rimborsare ai risparmiatori interessati la somma da essi raccolta aumentata del 33 per cento.
3. La procedura di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle società straniere e loro collegate aventi sede presso gli Stati di cui al comma 1».
6.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Sost. id. em. 6.2
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 6. – 1. Le società aventi sede legale in uno degli Stati individuati con i decreti di cui all’articolo 167, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, le società controllate da società italiane o a queste collegate o componenti parti di gruppi operanti in Italia, o comunque ad esse riconducibili, prima dell’emissione e del collocamento di strumenti finanziari di qualsiasi tipo tesi alla raccolta e al collocamento del risparmio, devono darne comunicazione e chiedere l’autorizzazione alla CONSOB. Identica procedura è seguita qualora dette società e intermediari finanziari siano intenzionati, anche col consenso dei risparmiatori, a trasferire negli Stati di cui sopra il risparmio raccolto, depositato e investito sul territorio nazionale.
2. Qualsiasi operazione finanziaria sia compiuta in difformità da quanto previsto dal comma 1 è dichiarata nulla. La società che trasgredisce è obbligata a rimborsare ai risparmiatori interessati la somma da essi raccolta aumentata del 33 per cento.
3. Ad identica procedura di cui ai commi 1 e 2 sono obbligate le società straniere e loro collegate aventi sede presso gli Stati di cui al comma 1».
6.201
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 6. – 1. Alle società aventi sede legale in uno degli Stati individuati con i decreti di cui all’articolo 167 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, alle società controllate da società italiane o a queste collegate o componenti parti di gruppi operanti in Italia, o comunque ad esse riconducibili, è fatto divieto di raccolta del risparmio sul territorio nazionale e di emissione di qualsiasi strumento di carattere finanziario diretto alla raccolta e all’investimento sotto qualunque forma del risparmio.
2. Identico divieto di cui al comma 1 si applica altresì a società straniere e loro collegate aventi sede presso gli Stati di cui al comma 1».
6.3
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, COVIELLO, CAMBURSANO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-ter», comma 3, lettera a), sostituire i numeri da 2) a 4) con i seguenti:
«2) mancanza di forme di controllo circa la conformità degli atti di cui al numero 1;
3) mancanza di regolamentazione e di controlli sulla consistenza e la composizione del patrimonio, idonei a proteggere i terzi creditori della società».
6.4
CASTELLANI, COVIELLO, CAMBURSANO, D’AMICO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-ter», comma 3, lettera a), dopo il numero 4), inserire il seguente:
«4-bis) mancanza di un sistema di regolamentazione e controllo sulla consistenza e la composizione del patrimonio, idoneo a proteggere i terzi creditori della società».
6.5
COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, D’AMICO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-ter», comma 3, lettera c), dopo il numero 3), inserire il seguente:
«3-bis) mancanza di un apparato sanzionatorio amministrativo e penale per gli illeciti di falsità nelle comunicazioni sociali;».
6.6
PASQUINI, DE PETRIS, CAMBURSANO, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-ter», comma 3, dopo la lettera c), inserire la seguente:
«c-bis) la legislazione del paese ove la società ha sede legale non preveda la persecuzione del reato di false comunicazioni sociali nei confronti degli amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori che, nell’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire, per sé stessi o per altri, un ingiusto profitto, espongono nelle relazioni, nei bilanci o nelle altre comunicazioni sociali, fatti materiali non rispondenti al vero;».
6.7
TURCI, MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-ter», terzo comma, dopo la lettera c), inserire la seguente:
«c-bis) mancanza della previsione di adeguate forme di trasparenza e di conoscibilità della compagine sociale;».
6.202
CANTONI
Respinto (*)
Al comma 1, sostituire il capoverso 165-quater con il seguente:
«Art. 165-quater. - (Obblighi delle società italiane controllanti). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo».
________________
(*) Ritirato dal proponente, è fatto proprio dal senatore Pasquini
6.203
CANTONI
Respinto (*)
Al comma 1, capoverso 165-quater il comma 2 è soppresso.
Al comma 1, capoverso 165-quater il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione ai sensi del comma 3, è trasmesso alla CONSOB».
Conseguentemente al medesimo capoverso 165-quater dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5. Coloro che esercitano la revisione sul bilancio della società estera ai sensi del comma 3 sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane».
Al comma 2, capoverso 193-bis, il comma 1 è soppresso.
________________
(*) Ritirato dal proponente, è fatto proprio dal senatore Pasquini
6.9
CHIUSOLI, TURCI, MACONI, PASQUINI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, D’AMICO, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-quater», comma 2, dopo le parole: «è sottoscritto dagli organi di amministrazione» inserire le seguenti: «e di controllo».
6.10
CHIUSOLI, TURCI, MACONI, PASQUINI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, D’AMICO, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-quater», dopo il quarto comma inserire il seguente:
«4-bis. Coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera ai sensi del comma 2 e coloro che ne esercitano la revisione ai sensi del comma 4 sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane».
6.11
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 165-sexies», dopo il primo comma inserire il seguente:
«1-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, qualora le informazioni contenute nella relazione prevista dal comma 1 siano erronee o incomplete, coloro che l’hanno sottoscritta sono puniti con la sanzione pecuniaria da euro 5.164 a euro 516.457».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 6
6.0.2
MORO
Ritirato
Dopo l’articolo 6, aggiungere il seguente:
«Art. 6-bis.
(Modifica alla legge 3 aprile 2001, n. 142, in materia di società cooperative)
1. Il terzo comma dell’articolo 1 della legge 3 aprile 2001, n. 142, è sostituito dal seguente:
"3. Per esigenze organizzative e in relazione alla situazione del mercato, l’assemblea dei soci, su proposta del Consiglio di Amministrazione, può stabilire nei confronti del socio, successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto sia di lavoro, in forma subordinata o autonoma, sia in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativi ed eventualmente di lavoro in qualsiasi forma, derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte"».
«Sezione VI-bis.
Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria
Art. 165-ter. – (Ambito di applicazione). – 1. Sono soggette alle disposizioni contenute nella presente sezione le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllino società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimoniale e finanziaria e della gestione delle società, nonché le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, le quali siano collegate alle suddette società estere o siano da queste controllate.
2. Si applicano le nozioni di controllo previste dall’articolo 93 e quelle di collegamento previste dall’articolo 2359, terzo comma, del codice civile.
3. Gli Stati di cui al comma 1 sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:
a) per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle società:
1) mancanza di forme di pubblicità dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché delle successive modificazioni di esso;
2) mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi creditori, per la costituzione delle società, nonché della previsione di scioglimento in caso di riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un termine definito;
3) mancanza di norme che garantiscano l’effettività e l’integrità del capitale sociale sottoscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura o crediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;
4) mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a ciò abilitati da specifiche disposizioni di legge, circa la conformità degli atti di cui al numero 1) alle condizioni richieste per la costituzione delle società;
b) per quanto riguarda la struttura delle società, mancanza della previsione di un organo di controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno all’organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sulla contabilità, sul bilancio e sull’assetto organizzativo della società, e composto da soggetti forniti di adeguati requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza;
c) per quanto riguarda il bilancio di esercizio:
1) mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente almeno il conto economico e lo stato patrimoniale, con l’osservanza dei seguenti princìpi:
1.1) rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società e del risultato economico dell’esercizio;
1.2) illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto economico e dello stato patrimoniale;
2) mancanza dell’obbligo di deposito, presso un organo amministrativo o giudiziario, del bilancio, redatto secondo i princìpi di cui al numero 1);
3) mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilità e il bilancio delle società a verifica da parte dell’organo o del comitato di controllo di cui alla lettera b) ovvero di un revisore legale dei conti;
d) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale impedisce o limita l’operatività della società stessa sul proprio territorio;
e) la legislazione del Paese ove la società ha sede legale esclude il risarcimento dei danni arrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consente che tale clausola sia contenuta negli atti costitutivi delle società o in altri strumenti negoziali;
f) mancata previsione di un’adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell’attività sociale dopo l’insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;
g) mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che falsificano la contabilità e i bilanci.
4. Con i decreti del Ministro della giustizia, di cui al comma 3, possono essere individuati, in relazione alle forme e alle discipline societarie previste in ordinamenti stranieri, criteri equivalenti in base ai quali possano considerarsi soddisfatti i requisiti di trasparenza e di idoneità patrimoniale e organizzativa determinati nel presente articolo.
5. I decreti di cui al comma 3 possono individuare Stati i cui ordinamenti presentino carenze particolarmente gravi con riguardo ai profili indicati alle lettere b), c) e g) del medesimo comma 3.
6. Con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali è consentito alle società italiane di cui all’articolo 119 e alle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 di controllare imprese aventi sede in uno degli Stati di cui al comma 5. A tal fine sono prese in considerazione le ragioni di carattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa e corretta informazione societaria.
7. In caso di inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6, la CONSOB può denunziare i fatti al tribunale ai fini dell’adozione delle misure previste dall’articolo 2409 del codice civile.
Art. 165-quater. - (Obblighi delle società italiane controllanti). – 1. Le società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllano società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, allegano al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato, qualora siano tenute a predisporlo, il bilancio della società estera controllata, redatto secondo i princìpi e le regole applicabili ai bilanci delle società italiane o secondo i princìpi contabili internazionalmente riconosciuti.
2. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoscritto dagli organi di amministrazione, dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima, che attestano la veridicità e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Al bilancio della società italiana è altresì allegato il parere espresso dall’organo di controllo della medesima sul bilancio della società estera controllata.
3. Il bilancio della società italiana controllante è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
4. Il bilancio della società estera controllata, allegato al bilancio della società italiana ai sensi del comma 1, è sottoposto a revisione ai sensi dell’articolo 165 da parte della società incaricata della revisione del bilancio della società italiana; ove la suddetta società di revisione non operi nello Stato in cui ha sede la società estera controllata, deve avvalersi di altra idonea società di revisione, assumendo la responsabilità dell’operato di quest’ultima. Ove la società italiana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una società di revisione, deve comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della società estera controllata.
5. Il bilancio della società estera controllata, sottoscritto ai sensi del comma 2, con la relazione, i pareri ad esso allegati e il giudizio espresso dalla società responsabile della revisione ai sensi del comma 4, sono trasmessi alla CONSOB.
Art. 165-quinquies. - (Obblighi delle società italiane collegate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali siano collegate a società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera collegata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
Art. 165-sexies. - (Obblighi delle società italiane controllate). – 1. Il bilancio delle società italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle società italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, le quali siano controllate da società aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, è corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la società italiana e la società estera controllante, nonché le società da essa controllate o ad essa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione è altresì sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. È allegato ad essa il parere espresso dall’organo di controllo.
Art. 165-septies. - (Poteri della CONSOB e disposizioni di attuazione). – 1. La CONSOB esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115, con le finalità indicate dall’articolo 91, nei riguardi delle società italiane di cui alla presente sezione. Per accertare l’osservanza degli obblighi di cui alla presente sezione da parte delle società italiane, può esercitare i medesimi poteri nei riguardi delle società estere, previo consenso delle competenti autorità straniere, o chiedere l’assistenza o la collaborazione di queste ultime, anche sulla base di accordi di cooperazione con esse.
2. La CONSOB emana, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione della presente sezione».
2. Dopo l’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:
«Art. 193-bis. - (Rapporti con società estere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza societaria). – 1. Coloro che sottoscrivono il bilancio della società estera di cui all’articolo 165-quater, comma 2, le relazioni e i pareri di cui agli articoli 165-quater, commi 2 e 3, 165-quinquies, comma 1, e 165-sexies, comma 1, e coloro che esercitano la revisione ai sensi dell’articolo 165-quater, comma 4, sono soggetti a responsabilità civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio delle società italiane.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi derivanti dall’esercizio dei poteri attribuiti alla CONSOB dall’articolo 165-septies, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 193, comma 1».
ARTICOLO 7 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 7.
Approvato
(Modifiche al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153)
1. All’articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. A partire dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società indicate nei commi 1 e 2 per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee. Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interessate, le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto. Il presente comma non si applica alle fondazioni di cui al comma 3-bis».
EMENDAMENTI
7.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Sopprimere l’articolo.
7.201
BOSCETTO, GRILLO
Id. em. 7.200
Sopprimere l’articolo.
7.202
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BASSANINI, AMATO, MARINO
Id. em. 7.200
Sopprimere l’articolo.
7.203
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Id. em. 7.200
Sopprimere l’articolo.
7.204
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Sostituire l’articolo, con il seguente:
«Art. 7. - (Operazioni con parti correlate). – 1. Dopo l’articolo 2391-bis del codice civile è inserito il seguente:
"Art. 2391-ter. - (Limiti di valore per il compimento di operazioni con parti correlate). – Le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non possono contrarre, direttamente o indirettamente, obbligazioni di qualsiasi natura, nè compiere atti di compravendita, di valore complessivo superiore a cinquecentomila euro nel corso di ciascun esercizio sociale, con chiunque detenga, direttamente o indirettamente, una partecipazione di controllo nel loro capitale, con chiunque eserciti su di esse un’influenza notevole, ai sensi del terzo comma dell’articolo 2359, e con chi svolga presso di esse funzioni di amministrazione, direzione o controllo ovvero con le società controllate dai predetti soggetti, a meno di espressa autorizzazione del consiglio di amministrazione o di consiglio di gestione, deliberata senza la partecipazione del soggetto interessato e previo parere favorevole del collegio sindacale assunto all’unanimità.
Gli atti compiuti in difformità dall’autorizzazione di cui al primo comma, ovvero in mancanza di essa o in base ad autorizzazione deliberata senza l’osservanza delle prescritte condizioni, possono essere impugnati dai sindaci, dagli amministratori che non abbiano concorso a compierli, nonché dai soci che rappresentino, anche congiuntamente, l’1 per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il 5 per cento nelle altre. L’impugnazione può essere proposta nel termine di novanta giorni dalla data in cui è stato compiuto l’atto. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2377 e 2378".
2. All’articolo 2409-quaterdecies, primo comma, del codice civile, dopo le parole: "articoli 2388", è inserita la seguente: "2391-ter,".
3. All’articolo 2409-noviesdecies, primo comma, del codice civile, dopo la parola: "2391," è inserita la seguente: "2391-ter,".
4. All’articolo 2428, secondo comma, del codice civile, dopo il numero 2) è inserito il seguente:
"2-bis) le operazioni con parti correlate autorizzate nel corso dell’esercizio a norma dell’articolo 2391-ter, primo comma;"».
7.205
BASSANINI, AMATO
Respinto
Sostituire l’articolo, con il seguente:
«Art. 7. – 1. Il comma 3 dell’articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, è sostituito dal seguente:
"3. Qualora la fondazione, scaduti i periodi di tempo rispettivamente indicati ai commi 1 e 2, continui a detenere le partecipazioni di controllo ivi previste, si applica la disposizione dell’articolo 12, comma 3"».
7.206
BOSCETTO, GRILLO
Respinto
Sostituire l’articolo, con il seguente:
«Art. 7. – 1. All’articolo 25 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, il comma 3 è sostituito dal seguente:
"3. A partire dal 1º gennaio 2006 la fondazione non può esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società indicate nei commi 1 e 2 per le azioni eccedenti la partecipazione di controllo nel capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee delle Società bancarie conferitarie. Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle società interessate le azioni eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto. Tale disposizione non si applica alle fondazioni di cui al successivo comma 3-bis"».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 7
7.0.100
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, MACONI, CHIUSOLI
Respinto
Dopo l’articolo 7, aggiungere il seguente:
«Art. 7.
(Operazioni con parti correlate)
1. Dopo l’articolo 2391-bis del codice civile è inserito il seguente:
"Art. 2391-ter. - (Limiti di valore per il compimento di operazioni con parti correlate). – Le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non possono contrarre, direttamente o indirettamente, obbligazioni di qualsiasi natura, nè compiere atti di compravendita, di valore complessivo superiore a duecentocinquantamila euro nel corso di ciascun esercizio sociale, con chiunque eserciti su di esse un’influenza notevole, ai sensi del terzo comma dell’articolo 2359, e con chi svolga presso di esse funzioni di amministrazione, direzione o controllo ovvero con le società controllate dai predetti soggetti, a meno di espressa autorizzazione del consiglio di amministrazione o di consiglio di gestione, deliberata senza la partecipazione del soggetto interessato e previo parere favorevole del collegio sindacale.
Sono nulli gli atti compiuti in difformità dall’autorizzazione di cui al primo comma, ovvero quando essa manchi o sia stata deliberata senza l’osservanza ivi prevista.
2. All’articolo 2409-quaterdecies, primo comma, del codice civile, dopo le parole: "articoli 2388", è inserita la seguente: "2391-ter,".
3. All’articolo 2409-noviesdecies, primo comma, del codice civile, dopo la parola: "2391," è inserita la seguente: "2391-ter,".
4. In caso di inosservanza dell’articolo 2931-ter, del codice civile, introdotto dal comma 1, si applica l’articolo 2384, secondo comma del codice civile».
ARTICOLO 8 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
TITOLO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI D’INTERESSI E DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ FINANZIARIE
Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI D’INTERESSI
Art. 8.
Approvato
(Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)
1. All’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, per le attività di rischio nei confronti di:
a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo;
b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o più componenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della società capogruppo;
c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca o presso la società capogruppo;
d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;
e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.
b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:
«4-bis. Le condizioni di cui al comma 4 sono determinate tenuto conto:
a) dell’entità del patrimonio della banca;
b) dell’entità della partecipazione eventualmente detenuta;
c) dell’insieme delle attività di rischio del gruppo bancario nei confronti dei soggetti di cui al comma 4 e degli altri soggetti ai medesimi collegati secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.
4-ter. La Banca d’Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione.
4-quater. La Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR, disciplina i conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attività bancarie»;
2. All’articolo 136 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate»;
b) al comma 3, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 1, 2 e 2-bis».
EMENDAMENTI
8.200
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
L’articolo 8 è sostituito dal seguente:
«Art. 8.
(Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)
1. All’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 4 è sostituito dai seguenti:
"4. Le banche devono rispettare i limiti indicati dalla Banca d’Italia, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, per la concessione di credito in favore di:
a) soggetti che detengono, direttamente o indirettamente, una partecipazione rilevante nella banca;
b) soggetti che siano sottoscrittori di patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardanti la stessa banca;
c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca, indipendentemente dal possesso di una partecipazione nel capitale;
d) società controllate dai soggetti indicati nelle lettere a) e b) o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;
e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla Banca d’Italia.
4-bis. I limiti di cui al comma 4 sono determinati con esclusivo riferimento al patrimonio della banca e, ove esista, alla partecipazione in essa detenuta dal soggetto richiedente il credito.
4-ter. La Banca d’Italia, disciplina i conflitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attività bancarie.";
b) dopo il comma 4-ter sono aggiunti i seguenti:
"4-quater. Ferma restando l’applicazione del comma 4 e delle disposizioni di cui all’articolo 136, i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca, i quali detengano una partecipazione nel capitale della medesima, nonché i soggetti che siano sottoscrittori di patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, riguardanti una banca, non possono essere debitori nei riguardi della stessa banca per un ammontare che superi il valore dei tre quarti delle partecipazioni detenute. I sottoscrittori dei patti di cui al precedente periodo, che siano debitori nei riguardi della banca per un ammontare superiore al limite ivi indicato, non possono esercitare il diritto di voto inerente alle azioni quotate da loro possedute, anche indirettamente. Le disposizioni del presente comma si applicano quando il valore della partecipazione direttamente o indirettamente detenuta nella banca, calcolato secondo i criteri di liquidazione previsti in caso di recesso, sia superiore a cinquecentomila euro ovvero al maggiore importo corrispondente allo 0,75 per cento del capitale sociale con diritto di voto. I predetti limiti di valore della quota azionaria sono raddoppiati nei riguardi dei sottoscrittori dei patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modificazioni. Per l’applicazione del presente comma si considerano anche le partecipazioni indirette al capitale delle banche, di cui all’articolo 22.
4-quinquies. I possessori di partecipazioni rilevanti in una banca non possono dare in pegno, a garanzia di crediti loro concessi da banche o da società appartenenti a un gruppo bancario, partecipazioni nella stessa o in altra banca o in una società che la controlli, in misura superiore, per il complesso dei crediti medesimi, ai tre quarti della quota che costituisce una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 19.
4-sexies. Le banche e le società appartenenti a gruppi bancari comunicano alla Banca d’Italia, nei termini e con le modalità da questa stabilite, le partecipazioni nel capitale di banche o di società che le controllano, da esse ricevute in pegno a garanzia di crediti da loro concessi".
2. All’articolo 136 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
"2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate";
b) al comma 3, le parole: "dei commi 1 e 2" sono sostituite dalle seguenti: "dei commi 1, 2 e 2-bis".
3. Dopo l’articolo 139 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 139-bis. - (Violazione del limite al pegno di partecipazioni bancarie). – 1. L’inosservanza delle disposizioni dell’articolo 53, comma 4-septies, è punita con una sanzione amministrativa di importo pari al valore della partecipazione data in pegno oltre la misura massima ivi indicata. L’importo è computato con riferimento al valore che la partecipazione aveva al momento in cui è stato costituito il pegno".
4. All’articolo 144, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo la parola: "53" sono inserite le seguenti: ", commi da 1 a 4 e 4-octies"».
8.201
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera a) con le seguenti:
«a) al comma 4, primo periodo, le parole: "una partecipazione rilevante o comunque il controllo della banca o della società capogruppo" sono sostituite dalle seguenti: ", direttamente o indirettamente, una partecipazione rilevante o che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso di esse, possedendovi o meno una partecipazione nel capitale; in favore delle società controllate dai predetti soggetti o presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo; nonché in favore di soggetti che siano sottoscrittori di patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, riguardanti il controllo della stessa banca,";
a-bis) al comma 4, secondo periodo, dopo le parole: "al patrimonio della banca e" sono inserite le seguenti: ", ove esista,";
a-ter) al comma 4, terzo periodo, le parole: "chi detiene una partecipazione rilevante, relativi" sono sostituite dalle seguenti: "i soggetti indicati al primo periodo, in relazione"».
8.202
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, alla lettera a), comma 4, e alla lettera b), comma 4-quater, sopprimere le seguenti parole: «in conformità alle deliberazioni del CICR».
8.3
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera a), capoverso «4», sostituire le parole: «, in conformità alle deliberazioni del CICR» con le seguenti: «entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione».
Conseguentemente, alla medesima lettera, capoverso 4-ter, sopprimere le parole: «, in conformità alle deliberazioni del CICR,».
8.203
ZANDA, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, lettera a), dopo la lettera b), inserire la seguente:
«b-bis) soggetti che siano sottoscrittori di patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che abbiano per oggetto o per effetto il controllo della stessa banca;».
8.204
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 1, lettera b), sopprimere il capoverso comma 4-quater.
8.300
CASTELLANI, D’AMICO, COVIELLO, CAMBURSANO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:
«b-bis) dopo il comma 4-quater, sono aggiunti i seguenti:
"4-quinquies. Ferma restando l’applicazione del comma 4 e delle disposizioni di cui all’articolo 136, i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso una banca, i quali detengano una partecipazione nel capitale della medesima, nonché i soggetti che siano sottoscrittori di patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, riguardanti una banca, non possono essere debitori nei riguardi della stessa banca per un ammontare che superi il valore dei limiti a tal fine indicati dalla Banca d’Italia, in conformità a deliberazioni del CICR, a garanzia della sana e prudente gestione dei soggetti vigilati e della neutralità dell’efficienza allocativa. I sottoscrittori dei patti di cui al precedente periodo, che siano debitori nei riguardi della banca per un ammontare superiore al limite ivi indicato, non possono esercitare il diritto di voto inerente alle azioni quotate da loro possedute, anche indirettamente. Le disposizioni del presente comma si applicano quando il valore della partecipazione direttamente o indirettamente detenuta nella banca, calcolato secondo i criteri di liquidazione previsti in caso di recesso, sia superiore a cinquecentomila euro ovvero al maggiore importo corrispondente allo 0,75 per cento del capitale sociale con diritto di voto. l predetti limiti di valore della quota azionaria sono raddoppiati nei riguardi dei sottoscrittori dei patti previsti dall’articolo 122 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 58 del 1998, e successive modificazioni. Per l’applicazione del presente comma si considerano anche le partecipazioni indirette al capitale delle banche, di cui all’articolo 22.
4-sexies. La Banca d’Italia può autorizzare deroghe alle disposizioni di cui al comma 4-quater solo in relazione a specifiche motivate esigenze di tutela della sana e prudente gestione e di garanzia della efficienza allocativa, e in presenza di idonea garanzia ipotecaria.
4-septies. Il limite di cui al comma 4-sexies non si applica alle banche popolari e alle banche di credito cooperativo, di cui al titolo II, capo V, nè alle obbligazioni garantite da ipoteche.
4-octies. I possessori di partecipazioni rilevanti in una banca non possono dare in pegno, a garanzia di crediti loro concessi da banche o da società appartenenti a un gruppo bancario, partecipazioni nella stessa o in altra banca o in una società che la controlli, in misura superiore, per il complesso dei crediti medesimi, ai limiti indicati dalla Banca d’Italia, in conformità alle deliberazioni del CICR.
4-novies. Le banche e le società appartenenti a gruppi bancari comunicano alla Banca d’Italia, nei termini e con le modalità da questa stabilite, le partecipazioni nel capitale di banche o di società che le controllano, da esse ricevute in pegno a garanzia di crediti da loro concessi"».
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 8
8.0.100
PASSIGLI, DINI, BRUTTI MASSIMO, TREU, MORANDO, GIARETTA, MANZELLA, CREMA, CANTONI, ZANCAN, MALABARBA, MARINO
Respinto
Dopo l’articolo 8, inserire il seguente:
«Art. 8-bis.
(Concessione di credito in favore di azionisti di società editrici di mezzi di informazione)
1. Al fine di assicurare la massima trasparenza nella proprietà dei mezzi di informazione è fatto divieto agli istituti di credito e agli altri intermediari finanziari italiani e stranieri di concedere prestiti a fronte di pegno di azioni, obbligazioni convertibili, opzioni o altri strumenti atti a consentire la partecipazione al capitale sociale di società aventi come prevalente oggetto sociale l’edizione di quotidiani o periodici, o di emittenti radiotelevisive nazionali, o di società loro controllanti, o di società da esse controllate o ad esse collegate.
2. È del pari fatto divieto agli istituti di credito e agli intermediari finanziari italiani o stranieri di erogare prestiti in assenza di garanzie, o quando i beni dati in garanzia siano stati acquistati con disponibilità finanziarie concesse da altri intermediari in violazione del comma precedente, o a fronte di garanzie non prestate contestualmente all’accensione del prestito o insufficienti secondo prudenziali standards bancari.
3. Nel caso di operazioni di prestito in essere al momento dell’entrata in vigore della presente legge il diritto di voto delle azioni o obbligazioni correlate o risultanti da tali operazioni è sospeso fino alla completa estinzione dei prestiti concessi. L’Autorità per la Garanzia nella Comunicazioni, ai sensi delle competenze assegnategli dalla legge 31 luglio 1997 n. 249, decide sulle eventuali controversie relative alla identificazione delle azioni o obbligazioni correlate ai prestiti concessi.
4. In caso di violazioni alle disposizioni contenute nel presente articolo, l’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni commina all’intermediario finanziario responsabile della violazione una sanzione pari all’importo del prestito concesso.
8.0.101
PASSIGLI, MALABARBA, CREMA, MANZELLA, TREU
Respinto
Dopo l’articolo 8, inserire il seguente:
«Art. 8-bis.
(Concessione di credito in favore di azionisti di istituti di credito o società di intermediazione finanziaria)
1. Al fine di assicurare la massima trasparenza nella proprietà e nei processi di trasformazione del sistema del credito è fatto divieto agli istituti di credito e agli altri intermediari finanziari italiani e stranieri di concedere prestiti a fronte di pegno di azioni, obbligazioni convertibili, opzioni o altri strumenti atti a consentire la partecipazione al capitale sociale di istituti di credito o di intermediazione finanziaria, o di società loro controllanti, o di società da esse controllate o ad esse collegate.
2. È del pari fatto divieto agli istituti di credito e agli intermediari finanziari italiani o stranieri di erogare prestiti in assenza di garanzie, o quando i beni dati in garanzia siano stati acquistati con disponibilità finanziarie concesse da altri intermediari in violazione del comma precedente, o a fronte di garanzie non prestate contestualmente all’accensione del prestito o insufficienti secondo prudenziali standards bancari.
3. Nel caso di operazioni di prestito in essere al momento dell’entrata in vigore della presente legge il diritto di voto delle azioni o obbligazioni correlate o risultanti da tali operazioni è sospeso fino alla completa estinzione dei prestiti concessi. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato decide sulle eventuali controversie relative alla identificazione delle azioni o obbligazioni correlate ai prestiti concessi.
4. In caso di violazioni alle disposizioni contenute nel presente articolo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato commina all’intermediario finanziario responsabile della violazione una sanzione pari all’importo del prestito concesso.
ARTICOLO 9 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 9.
Approvato con un emendamento
(Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenziali nonché nella gestione di portafogli su base individuale)
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a disciplinare i conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni degli organismi d’investimento collettivo del risparmio (OICR), dei prodotti assicurativi e di previdenza complementare e nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi in titoli emessi o collocati da società appartenenti allo stesso gruppo cui appartengono i soggetti che gestiscono i suddetti patrimoni o portafogli ovvero, nel caso di prodotti di previdenza complementare, emessi anche da alcuno dei soggetti sottoscrittori delle fonti istitutive;
b) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera a), in titoli emessi o collocati da società appartenenti a gruppi legati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto che gestisce tali patrimoni o portafogli o con il gruppo al quale esso appartiene;
c) previsione del limite per l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo da parte dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera a), per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, in misura non superiore al 60 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;
d) salvo quanto disposto dalla lettera c), previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera a), di motivare, sulla base delle condizioni economiche praticate nonché dell’efficienza e della qualità dei servizi offerti, l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, qualora superi il 30 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;
e) previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonché dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera a) di comunicare agli investitori la misura massima dell’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo, da essi stabilita entro il limite di cui alla lettera c), all’atto della sottoscrizione di quote di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare ovvero all’atto del conferimento dell’incarico di gestione su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi, nonché ad ogni successiva variazione e comunque annualmente;
f) attribuzione del potere di dettare disposizioni di attuazione alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) d’intesa con la Banca d’Italia, per quanto riguarda gli OICR;
g) previsione di sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, in caso di violazione delle norme introdotte ai sensi del presente articolo, sulla base dei princìpi e criteri di cui alla presente legge, nel rispetto dei princìpi di adeguatezza e proporzione e riservando le sanzioni accessorie ai casi di maggiore gravità o di reiterazione dei comportamenti vietati;
h) attribuzione del potere di irrogare le sanzioni previste dalla lettera g) alla CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia;
i) riferimento, per la determinazione della nozione di gruppo, alla definizione di controllo contenuta nell’articolo 93 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
EMENDAMENTI
9.2
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI
Approvato
Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:
«0a) salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrità del mercato finanziario mediante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio».
9.200
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, alla lettera a) e alla lettera b), sostituire la parola: «titoli» con le seguenti: «prodotti finanziari».
9.201
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 9, comma 1, lettera c), sostituire le parole: «previsione del limite per l’impiego» con le seguenti: «divieto di impiego».
Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere le parole da: «, in misura non superiore» fino alla fine della lettera.
9.202
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 9, comma 1, sopprimere la lettera d).
9.203
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, alla lettera f) sopprimere le seguenti parole: «d’intesa con la Banca d’Italia, per quanto riguarda gli OICR».
9.10
MACONI, CHIUSOLI, GARRAFFA, BARATELLA
Respinto
Al comma 1, lettera f), sostituire le parole: «d’intesa con la Banca d’Italia per quanto riguarda gli OICR» con le seguenti: «che, per le assicurazioni, lo esercita sentito l’ISVAP».
9.204
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, alla lettera h) sopprimere le seguenti parole: «d’intesa con la Banca d’Italia».
9.11
MACONI, CHIUSOLI, GARRAFFA, BARATELLA
Respinto
Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: «d’intesa con la Banca d’Italia» con le seguenti: «che per le assicurazioni, lo esercita sentito l’ISVAP».
ARTICOLO 10 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 10.
Approvato
(Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
«2-bis. La Banca d’Italia, d’intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di prevenire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento, anche rispetto alle altre attività svolte dal soggetto abilitato, determinate attività debbano essere prestate da strutture distinte e autonome.»;
b) all’articolo 190, dopo il comma 3, è inserito il seguente:
«3-bis. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nei soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dall’articolo 6, comma 2-bis, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate in base al medesimo comma dalla Banca d’Italia, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a cinquecentomila euro».
EMENDAMENTO
10.200
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, MACONI, CHIUSOLI
Respinto
Al comma 1, lettera a), sostituire il capoverso 2-bis con il seguente:
2-bis. La CONSOB, sentita, per le banche, la Banca d’Italia, stabilisce disposizioni volte a prevenire l’insorgere di conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento. A questo fine, essa prescrive che i diversi servizi d’investimento siano prestati da strutture organizzative distinte tra loro e, per le banche, distinte anche da quella deputata all’esercizio dell’attività bancaria, determinando criteri organizzativi volti ad assicurare la separazione dei diversi servizi esercitati e l’effettiva autonomia decisionale dei responsabili di viascuna struttura. la gestione del portafoglio dei prodotti finanziari di proprietà della banca o dell’intermediario deve essere comunque attribuita a un’apposita unità organizzativa»;
Conseguentemente, al medesimo comma, sostituire la lettera b) con la seguente:
«b) dopo l’articolo 190 è inserito il seguente:
"Art. 190-bis. - (Sanzioni per l’inosservanza delle norme sulla separazione organizzativa). – 1. i soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dall’articolo 6, comma 2-bis, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate in base al medesimo comma dalla CONSOB, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a cinquecentomila euro nonchè, nei casi più gravi, con la sospensione da quindici a sessanta giorni, o con la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dei servizi d’investimento. La revoca è disposta dal Ministro dell’economia e delle finanze su proposta della CONSOB, sentita, per le banche, la Banca d’Italia.
2. Si applicano le disposizioni dell’articolo 190, commi 3 e 4"».
ARTICOLO 11 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
CAPO II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CIRCOLAZIONE DEGLI STRUMENTI FINANZIARI
Art. 11.
Approvato con un emendamento
(Circolazione in Italia di strumenti finanziari collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)
1. All’articolo 2412 del codice civile, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Al computo del limite di cui al primo comma concorrono gli importi relativi a garanzie comunque prestate dalla società per obbligazioni emesse da altre società, anche estere».
b) il settimo comma è abrogato.
2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari»;
b) la lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 è abrogata;
c) dopo l’articolo 100 è inserito il seguente:
«Art. 100-bis. - (Circolazione dei prodotti finanziari). – 1. Nei casi di sollecitazione all’investimento di cui all’articolo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazione in Italia di prodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono, fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, rispondono della solvenza dell’emittente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di un anno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 2412, secondo comma, del codice civile.
2. Il comma 1 non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB agli acquirenti che non siano investitori professionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermediario l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma.»;
d) all’articolo 118, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. L’articolo 116 non si applica agli strumenti finanziari emessi dalle banche, diversi dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni».
3. Nella parte II, titolo II, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dopo l’articolo 25 è aggiunto il seguente:
«Art. 25-bis. - (Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). – 1. Gli articoli 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.
2. In relazione ai prodotti di cui al comma 1 e nel perseguimento delle finalità di cui all’articolo 5, comma 3, la CONSOB esercita sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva di cui all’articolo 6, comma 2, all’articolo 8, commi 1 e 2, e all’articolo 10, comma 1, nonché i poteri di cui all’articolo 7, comma 1.
3. Il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione delle imprese di assicurazione informa senza indugio la CONSOB di tutti gli atti o i fatti, di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituire una violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.
4. Le società incaricate della revisione contabile delle imprese di assicurazione comunicano senza indugio alla CONSOB gli atti o i fatti, rilevati nello svolgimento dell’incarico, che possano costituire una grave violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.
5. I commi 3 e 4 si applicano anche all’organo che svolge funzioni di controllo e alle società incaricate della revisione contabile presso le società che controllano l’impresa di assicurazione o che sono da queste controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
6. L’ISVAP e la CONSOB si comunicano reciprocamente le ispezioni da ciascuna disposte sulle imprese di assicurazione. Ciascuna autorità può chiedere all’altra di svolgere accertamenti su aspetti di propria competenza».
EMENDAMENTI
11.3
COVIELLO, CASTELLANI, CAMBURSANO, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
«1. All’articolo 2412 del codice civile, dopo il terzo comma, sono inseriti i seguenti:
"Il limite di cui al primo comma è riferito alla somma delle obbligazioni e degli altri titoli di debito emessi dalla società unitamente alle garanzie prestate dalla società medesima per obbligazioni e altri titoli di debito emessi da società controllate o collegate, anche indirettamente, dalla società o dallo stesso soggetto che controlla detta società. Lo stesso limite si applica in relazione alle emissioni obbligazionarie di società estere nel mercato italiano.
Le società quotate nei mercati regolamentati che emettono obbligazioni in eccedenza rispetto al limite di cui al primo comma sono tenute a darne contestuale comunicazione alla CONSOB e a farne menzione nel prospetto. L’omissione di tale comunicazione è punita dalla CONSOB con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro".».
11.200
PASQUINI, TURCI, BRUNALE, MACONI, CHIUSOLI, DE PETRIS
Respinto
Al comma 1 sopprimere la lettera b).
11.201
SAMBIN
Approvato
Al comma 2, sostituire la lettera a) con la seguente:
«a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:
"9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo"».
11.202
NOCCO
Id. em. 11.201
Al comma 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:
"9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo"».
11.203
D’IPPOLITO
Id. em. 11.201
Al comma 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) all’articolo 30, il comma 9 è sostituito dal seguente:
"9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’obbligo di consegna del prospetto informativo"».
11.204
DE PETRIS, PASQUINI, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, sostituire la lettera c) con la seguente:
«c) dopo l’articolo 100 è inserito il seguente:
"Art. 100-bis.
(Successiva circolazione di prodotti finanziari destinati ai soli investitori professionali)
1. Qualora gli strumenti e gli altri prodotti finanziari collocati presso i soli investitori professionali in Italia, ai sensi dell’articolo 100, comma 1, lettera a), o anche all’estero, siano ceduti a soggetti diversi dagli investitori professionali, anche per il tramite di intermediari che svolgono il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, è prescritta la consegna di un prospetto contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB con proprio regolamento, anche quando la cessione avvenga su richiesta dell’acquirente. Ove non siano stati osservati gli obblighi previsti dal precedente periodo, l’acquirente può chiedere l’annullamento del contratto, unitamente al risarcimento del danno subìto.
2. Agli strumenti e agli altri prodotti finanziari emessi e collocati in Italia o all’estero presso i soli investitori professionali si applicano, per la durata di un anno dalla data della cessione e in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 2412, secondo comma, secondo periodo, del codice civile, ove la successiva circolazione avvenga in Italia presso investitori diversi dagli investitori professionali soggetti a vigilanza a norma delle leggi speciali, nell’esercizio delle attività disciplinate dalla parte II del presente testo unico.
3. La CONSOB, con il regolamento previsto dal comma 1, emana le disposizioni di attuazione e può determinare i casi in cui non si applicano, in tutto o in parte, le disposizioni dei commi 1 e 2"».
11.18
CAMBURSANO, DE PETRIS, PASQUINI, COVIELLO, CASTELLANI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 2, sostituire la lettera c) con la seguente:
«c) dopo l’articolo 100 è inserito il seguente:
"Art. 100-bis.
(Limiti alla circolazione e garanzia dei titoli di debito)
1. Le obbligazioni o altri titoli di debito destinati alla sottoscrizione da parte di investitori professionali sottoposti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali, devono essere conservati nel patrimonio dei predetti soggetti per un periodo non inferiore ad un anno. Trascorso tale termine, la eventuale cessione delle obbligazioni o degli altri titoli di debito a soggetti diversi dagli investitori professionali, anche per il tramite di intermediari che svolgono il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, è in ogni caso subordinata alla emissione di un prospetto contenente le informazioni stabilite dalla CONSOB con proprio regolamento, anche quando la cessione avvenga su richiesta dell’acquirente. Ove non siano stati osservati gli obblighi previsti dal presente comma, la relativa cessione è nulla. La nullità può essere rilevata dall’acquirente o dalle associazioni dei consumatori, i quali possono proporre l’azione di accertamento della nullità e chiedere il risarcimento del danno eventualmente subito.
2. Gli investitori di cui al comma 1 sono tenuti a rispondere della solvenza dell’emittente, nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali o soci della società emittente qualora abbiano trasferito le obbligazioni o gli altri titoli di debito prima della scadenza del termine di un anno ovvero se, al momento in cui è avvenuto il trasferimento, erano a conoscenza dell’insolvenza dell’emittente.
3. I limiti di cui al presente articolo si applicano anche alla sottoscrizione e all’acquisto di obbligazioni o altri titoli di debito emessi in altri ordinamenti"».
11.205
CANTONI
Respinto
Al comma 2, lettera c) nel capoverso 100-bis, comma 1, dopo le parole: «prodotti finanziari» sono inserite le parole: «non rappresentativi del capitale di rischio».
11.20
CASTELLANI, CAMBURSANO, COVIELLO, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire il seguente:
«2-bis. Alle società quotate nei mercati regolamentati che intendano emettere titoli di debito ai quali sia stato assegnato un giudizio di rating è fatto obbligo di preventiva comunicazione all’Autorità, che può disporre la menzione di tale giudizio nei prospetti informativi».
11.23
MACONI, CHIUSOLI, GARRAFFA, BARATELLA
Respinto
Al comma 3, sostituire il comma 1 del capoverso «Art. 25» con il seguente:
«Art. 25-bis. - (Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). – 1. Le disposizioni del presente capo si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche nonché, sentito l’ISVAP, ai prodotti di ramo terzo emessi da imprese di assicurazioni».
11.25
D’AMICO, CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 3, capoverso «Art. 25-bis», comma 1, sopprimere le parole: «, in quanto compatibili,».
ARTICOLO 12 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 12.
Approvato
(Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)
1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante le norme per il recepimento della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, di seguito denominata «direttiva».
2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dal comma 3, e con la procedura stabilita per il decreto legislativo di cui al comma 1, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo, anche per tenere conto delle misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della direttiva.
3. Con i decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono apportate al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le modifiche e le integrazioni necessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzione nell’ordinamento nazionale, mantenendo, ove possibile, le ipotesi di conferimento di poteri regolamentari ivi contemplate; i decreti tengono inoltre conto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) adeguare alla normativa comunitaria la disciplina dell’offerta al pubblico dei prodotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari come definiti, rispettivamente, dall’articolo 1, comma 1, lettera u), e comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;
b) individuare nella CONSOB l’Autorità nazionale competente in materia;
c) prevedere che la CONSOB, al fine di assicurare l’efficienza del procedimento di approvazione del prospetto informativo da pubblicare in caso di offerta pubblica di titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, stipuli accordi di collaborazione con la Banca d’Italia;
d) assicurare la conformità della disciplina esistente in materia di segreto d’ufficio alla direttiva;
e) disciplinare i rapporti con le Autorità estere anche con riferimento ai poteri cautelari esercitabili;
f) individuare, anche mediante l’attribuzione alla CONSOB di compiti regolamentari, da esercitare in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea:
1) i tipi di offerta a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto nonché i tipi di strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazione non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto;
2) le condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva rivendita di strumenti finanziari oggetto di offerte a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto siano da assoggettare a detto obbligo;
g) prevedere che il prospetto e i supplementi approvati nello Stato membro d’origine siano validi per l’offerta al pubblico o per l’ammissione alla negoziazione in Italia;
h) prevedere, nei casi contemplati dalla direttiva, il diritto dell’investitore di revocare la propria accettazione, comunque essa sia denominata, stabilendo per detta revoca un termine non inferiore a due giorni lavorativi, prevedendo inoltre la responsabilità dell’intermediario responsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a influenzare le decisioni d’investimento di un investitore ragionevole;
i) prevedere i criteri in base ai quali la CONSOB può autorizzare determinate persone fisiche e piccole e medie imprese ad essere considerate investitori qualificati ai fini dell’esenzione delle offerte rivolte unicamente a investitori qualificati dall’obbligo di pubblicare un prospetto;
l) prevedere una disciplina concernente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto;
m) prevedere che la CONSOB, con riferimento all’approvazione del prospetto, verifichi la completezza delle informazioni nello stesso contenute, nonché la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite;
n) conferire alla CONSOB il potere di disciplinare con regolamenti, in conformità alla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, anche le seguenti materie:
1) impiego delle lingue nel prospetto con individuazione dei casi in cui la nota di sintesi deve essere redatta in lingua italiana;
2) obbligo di depositare presso la CONSOB un documento concernente le informazioni che gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno;
3) condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’Autorità competente di un altro Stato membro;
4) casi nei quali sono richieste la pubblicazione del prospetto anche in forma elettronica e la pubblicazione di un avviso il quale precisi in che modo il prospetto è stato reso disponibile e dove può essere ottenuto dal pubblico;
o) avvalersi della facoltà di autorizzare la CONSOB a delegare compiti a società di gestione del mercato, nel rispetto dei princìpi stabiliti dalla direttiva;
p) fatte salve le sanzioni penali già previste per il falso in prospetto, prevedere, per la violazione dell’obbligo di pubblicare il prospetto, sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore a un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il controvalore stesso e, ove quest’ultimo non sia determinabile, di importo minimo di centomila euro e massimo di due milioni di euro; prevedere, per le altre violazioni della normativa interna e comunitaria, sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila euro a cinquecentomila euro; escludere l’applicabilità dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni; prevedere la pubblicità delle sanzioni salvo che, a giudizio della CONSOB, la pubblicazione possa turbare gravemente i mercati o arrecare un danno sproporzionato; prevedere sanzioni accessorie di natura interdittiva;
q) attribuire alla CONSOB il relativo potere sanzionatorio, da esercitare secondo procedure che salvaguardino il diritto di difesa, e prevedere, ove le violazioni siano commesse da persone giuridiche, la responsabilità di queste ultime, con obbligo di regresso verso le persone fisiche responsabili delle violazioni.
EMENDAMENTO
12.2
D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 3, lettera h), sostituire le parole: «, prevedendo inoltre la responsabilità dell’intermediario responsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a influenzare le decisioni di investimento di un investitore ragionevole» con le seguenti: «, individuando altresì i soggetti che in ogni caso devono considerarsi responsabili della veridicità e della completezza delle informazioni rispettivamente fornite, a seconda dei casi, dall’emittente, dall’offerente, dalla persona che chiede l’ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato, il garante».
ARTICOLO 13 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
CAPO III
ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SERVIZI BANCARI, TUTELA DEGLI INVESTITORI, DISCIPLINA DEI PROMOTORI FINANZIARI E DEI MERCATI REGOLAMENTATI E INFORMAZIONE SOCIETARIA
Art. 13.
Approvato
(Pubblicità del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari)
1. Al comma 1 dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per le operazioni di finanziamento, comunque denominate, è pubblicizzato il tasso effettivo globale medio computato secondo le modalità stabilite a norma dell’articolo 122».
EMENDAMENTO
13.200
CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sostituire la parola: «medio» con la seguente: «annuo».
Conseguentemente, nella rubrica, dell’articolo, sostituire la parola: «medio» con la seguente: «annuo».
ARTICOLO 14 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 14 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 14.
Non posto in votazione (*)
(Depositi giacenti presso le banche)
1. Al titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, dopo l’articolo 120 è inserito il seguente capo:
«Capo I-bis.
DEPOSITI GIACENTI PRESSO LE BANCHE
Art. 120-bis. - (Ricerca dei titolari dei depositi giacenti presso le banche). – 1. Nel caso in cui per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati, esclusa la banca stessa, relative ai contratti di deposito a risparmio nominativi e di conto corrente, nonché ai contratti di deposito di titoli, la banca informa l’intestatario del deposito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’ultimo indirizzo conosciuto, invitandolo a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta. Nell’ipotesi indicata al periodo precedente, la banca non può applicare commissioni per spese relative alla gestione dei medesimi contratti dal giorno successivo al compimento del quinquennio e fino alla data in cui venga compiuta una nuova operazione ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati.
2. Qualora nei successivi novanta giorni non abbia notizie dell’intestatario del deposito di cui al comma 1, la banca, limitatamente ai depositi con saldo superiore a 1.000 euro, chiede al sindaco del comune di residenza di comunicare quanto ad esso risulti circa l’esistenza in vita e il domicilio del medesimo, rilasciando il relativo certificato.
3. Ove dai certificati rilasciati a norma del comma 2 risultino l’esistenza in vita dell’intestatario del deposito e un domicilio diverso da quello cui è stata inviata la comunicazione prevista dal comma 1, la banca procede nuovamente a norma del medesimo comma 1.
4. Dalla data di ricevimento delle disposizioni impartite dall’intestatario a seguito degli inviti rivoltigli a norma dei commi 1 e 3, o, in mancanza, dalla data di rilascio del certificato che ne attesta l’esistenza in vita, a norma del comma 2, decorre un nuovo periodo quinquennale per gli effetti previsti dal presente articolo. Si applica comunque il disposto del comma 1, ultimo periodo.
5. Ove, dai certificati rilasciati a norma del comma 2, risulti la morte dell’intestatario, la banca chiede alla cancelleria del tribunale e all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competenti di comunicare quanto risulti circa la successione del medesimo. Ove necessario, essa chiede altresì al sindaco del luogo di apertura della successione di rilasciare il certificato relativo allo stato di famiglia del defunto. Qualora, sulla base delle informazioni acquisite, consti l’esistenza di eredi, la banca comunica ad essi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento l’esistenza del deposito, invitandoli a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta.
6. Decorso un anno dalla scadenza del quinquennio computato ai sensi del comma 1, qualora dalle ricerche effettuate ai sensi del comma 5 non sia risultata l’esistenza di eredi dell’intestatario del deposito, o qualora essi siano irreperibili o non abbiano dato notizie entro novanta giorni dal ricevimento della lettera raccomandata, la banca provvede alla pubblicazione del deposito giacente mediante avviso, esposto per trenta giorni nei locali aperti al pubblico della stessa banca, indicante soltanto il nome, la data e il luogo di nascita dell’intestatario del deposito.
7. L’elenco dei depositi intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dal comma 5, è pubblicato mediante avviso cumulativo, contenente soltanto i dati indicati nel comma 6, entro il 31 marzo di ciascun anno, anche a cura di associazioni di categoria delle banche, nella Gazzetta Ufficiale nonché su due quotidiani, di cui uno economico, a diffusione nazionale. Il medesimo elenco è altresì pubblicato in forma elettronica secondo le modalità stabilite dalla Banca d’Italia.
8. Per i libretti di deposito al portatore, in cui non risulti l’identità del depositante, decorso il termine indicato dal comma 1, la banca procede direttamente ai sensi dei commi 6 e 7. La pubblicazione e l’avviso cumulativo di cui ai medesimi commi contengono la sola indicazione dei dati identificativi del libretto nonché la data e il luogo in cui esso è stato aperto. Il disposto del comma 1, ultimo periodo, si applica anche ai libretti di deposito di cui al presente comma.
9. Le spese relative alle attività e alle ricerche prescritte dai commi 1, 2, 3 e 5 sono addebitate all’intestatario del deposito, nella misura massima fissata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze comunque non superiore al valore del deposito. La banca può provvedere allo svolgimento delle attività e delle ricerche anche avvalendosi di società aventi quale oggetto sociale esclusivo la prestazione di questo servizio. L’attività di queste società è disciplinata con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Il regolamento determina inoltre i requisiti di onorabilità che devono possedere i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione presso le medesime società, nonché i dipendenti delle medesime.
10. Le banche comunicano annualmente alla Banca d’Italia le seguenti informazioni relative ai depositi giacenti di cui ai commi 1 e 8:
a) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente si sia verificata la condizione prevista dal comma 1;
b) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente, mediante le procedure di cui al presente articolo, siano stati reperiti l’intestatario o i suoi eredi;
c) elenco dei depositi, intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dal comma 5;
d) valore complessivo dei depositi giacenti di cui ai commi 1 e 8 e valore complessivo dei depositi di cui alla lettera c), con distinta indicazione degli importi relativi a denaro e a titoli.
11. La Banca d’Italia emana disposizioni per l’attuazione del presente articolo, stabilendo altresì modalità e termini delle comunicazioni prescritte nel comma 10.
Art. 120-ter. - (Devoluzione dei depositi giacenti presso le banche). – 1. Decorso un anno dalla pubblicazione dell’avviso cumulativo di cui all’articolo 120-bis, commi 7 e 8, il deposito giacente presso la banca e non rivendicato è trasferito presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia in monte nella forma di deposito fruttifero al saggio degli interessi legali.
2. La Banca d’Italia pubblica in forma elettronica, con aggiornamento costante, l’elenco dei depositi trasferiti presso di essa ai sensi del comma 1, con l’indicazione del nome, della data e del luogo di nascita degli intestatari nonché della banca e dell’agenzia presso la quale il deposito era stato costituito.
3. Chiunque vi abbia diritto può richiedere le somme depositate, inclusi gli interessi maturati, ai sensi del comma 1 presso la Banca d’Italia entro dieci anni dalla data del trasferimento.
4. Le somme che non siano state rivendicate entro il termine di cui al comma 3 sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati. Esse sono destinate, per metà e comunque non oltre l’importo complessivo di 20 milioni di euro per anno, alla dotazione patrimoniale del fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori e, per l’importo residuo, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.
5. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l’attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 4, comprese le modalità relative alla vendita degli strumenti finanziari esistenti nei depositi di titoli giacenti.
Art. 120-quater. - (Contenuto delle cassette di sicurezza). – 1. Per gli oggetti e i valori depositati nelle cassette di sicurezza oggetto di apertura forzata ai sensi dell’articolo 1841 del codice civile, la banca procede alle ricerche e alle pubblicazioni ai sensi di quanto previsto dall’articolo 120-bis, commi 2, 3, 5, 6 e 7.
2. Le somme derivanti dalla vendita degli oggetti e dei valori rinvenuti sono depositate a norma dell’articolo 1841, terzo comma, del codice civile presso la Banca d’Italia, la quale provvede ai sensi dell’articolo 120-ter, comma 2. Qualora le somme non siano state rivendicate entro il termine ivi previsto, si applicano le disposizioni dell’articolo 120-ter, comma 4. Le somme di cui al presente comma concorrono al computo dell’importo ivi indicato.
Art. 120-quinquies. - (Comunicazione dell’esistenza del deposito). – 1. Gli intestatari dei contratti di deposito a risparmio nominativi e di conto corrente, nonché dei contratti di deposito di titoli, al momento della stipulazione o successivamente, possono indicare alla banca le generalità e il recapito di persone, in numero non superiore a tre, alle quali deve essere comunicata l’esistenza del deposito, con la sola indicazione del nome dell’intestatario e delle coordinate di esso, nel caso in cui per due anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati, esclusa la banca stessa».
2. All’articolo 2, comma 3, del regolamento recante norme sui servizi di bancoposta, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, le parole: «a 120» sono sostituite dalle seguenti: «a 120-ter».
3. Il terzo comma dell’articolo 1841 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Il tribunale detta le disposizioni necessarie per la conservazione degli oggetti e dei valori rinvenuti, da parte della banca medesima, per un periodo di due anni. Decorso tale periodo senza che i suddetti beni siano stati rivendicati, il tribunale ne ordina la vendita, assegnando alla banca dalla somma ricavata quanto le sia dovuto per canoni e spese. La somma rimanente è depositata presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia in monte nella forma di deposito fruttifero al saggio degli interessi legali. Chiunque vi abbia diritto può richiedere la somma depositata presso la Banca d’Italia, compresi gli interessi maturati, entro dieci anni dalla data del deposito. Le somme che non siano state rivendicate entro tale termine sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati».
________________
(*) Approvato l’emendamento soppressivo 14.800
EMENDAMENTI
14.800
I RELATORI
Approvato
Sopprimere l’articolo.
14.200
I RELATORI
Precluso
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 14.
(Depositi giacenti presso le banche)
1. Al titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, dopo l’articolo 120 è aggiunto il seguente:
"Art. 120-bis. - (Depositi giacenti presso le banche). – 1. Il diritto alla restituzione delle somme risultanti a credito del cliente relative a contratti di deposito a risparmio e di conto corrente nonché quello alla restituzione dei titoli depositati in contratti di deposito titoli e dei beni custoditi in cassette di sicurezza non si prescrive, in pendenza di rapporto, anche se non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati.
2. Il depositante ha l’obbligo di comunicare alla banca le generalità degli eredi beneficiari dei beni depositati e di informare la stessa su ogni variazione, anche riguardante il domicilio o il recapito delle persone interessate.
3. Nel caso in cui per venti anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati e dei beni custoditi per i rapporti costituiti successivamente all’entrata in vigore della presente legge ovvero dalla data di entrata in vigore della presente legge per i rapporti già in essere a tale data, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati, esclusa la banca, quest’ultima invia un avviso all’intestatario del rapporto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
4. Qualora nei novanta giorni successivi all’invio dell’avviso di cui al comma 3 la banca non riceva notizie dall’intestatario del deposito, essa provvede a contattare, con le medesime modalità di cui al comma precedente, le persone indicate come eredi beneficiari nel contratto di deposito, segnalando loro l’esistenza del rapporto.
5. Qualora nel termine di novanta giorni successivi all’invio dell’avviso di cui al comma 4 la banca non riceva notizie dalle persone indicate come eredi beneficiari nel contratto di deposito, essa trasferisce le somme ed i beni relativi ai contratti di cui al comma 1, entro sei mesi dal compimento dell’anno solare in cui si è maturato il predetto termine, presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia nella forma di deposito fruttifero al tasso di interesse di mercato.
6. Chiunque vi abbia diritto può richiedere le somme depositate, inclusi gli interessi maturati, ai sensi del comma 5 presso la Banca d’Italia, entro sei mesi dalla data del trasferimento.
7. Le somme che non siano state rivendicate entro il termine di cui al comma 6 sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati. Esse sono destinate al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.
La Banca d’Italia emana disposizioni per l’attuazione del presente articolo"».
14.201
PETERLINI
Precluso
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 14.
(Depositi giacenti presso le banche)
1. Al titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, dopo l’articolo 120 è inserito il seguente capo:
"Capo I-bis.
(Depositi giacenti presso le banche)
Art. 120-bis. - (Imprescrittibilità dei diritti dei depositanti). – 1. Il diritto alla restituzione delle somme risultanti a credito del cliente relative a contratti di deposito a risparmio e di conto corrente nonché quello alla restituzione dei titoli depositati in contratti di deposito titoli e dei beni custoditi in cassette di sicurezza non si prescrive, in pendenza di rapporto, anche se non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati.
2. Il depositante ha l’obbligo di comunicare alla banca le generalità degli eredi beneficiari dei beni depositati e di informare la stessa su ogni variazione, anche riguardante il domicilio o il recapito delle persone interessate.
3. Nel caso in cui per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati e dei beni custoditi, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati, esclusa la banca, quest’ultima invia un avviso all’intestatario del deposito, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
4. Qualora nei novanta giorni successivi all’invio dell’avviso di cui al comma 3 la banca non riceva notizie dall’intestatario del deposito, essa provvede a contattare, con le medesime modalità di cui al comma precedente, le persone indicate come eredi beneficiari nel contratto di deposito, segnalando loro l’esistenza del rapporto.
5. Le disposizioni contenute nell’articolo 120-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, trovano applicazione anche ai contratti di deposito in essere alla data di entrata in vigore della presente legge"».
14.2
D’AMICO, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, CAVALLARO
Precluso
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 14.
(Diritti dei titolari di depositi giacenti presso le banche)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo l’articolo 120 è aggiunto il seguente articolo:
"Art. 120-bis (Imprescrittibilità dei diritti dei depositanti).
1. Il diritto alla restituzione delle somme risultanti a credito del cliente relative a contratti di deposito a risparmio e di conto corrente nonché quello alla restituzione dei titoli depositati in contratti di deposito titoli e dei beni custoditi in cassette di sicurezza non si prescrive, in pendenza di rapporto, anche se non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati.
2. Il depositante ha l’obbligo di comunicare alla banca le generalità degli eredi beneficiari dei beni depositati e di informare la stessa su ogni variazione, anche riguardante il domicilio o il recapito delle persone interessate.
3. Nel caso in cui per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati e dei beni custoditi, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questi delegati, esclusa la banca, quest’ultima invia un avviso all’intestatario del deposito, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
4. Qualora nei novanta giorni successivi all’invio dell’avviso di cui al comma 3 la banca non riceva notizie dall’intestatario del deposito, essa provvede a contattare, con le medesime modalità di cui al comma precedente, le persone indicate come eredi beneficiari nel contratto di deposito, segnalando loro l’esistenza del rapporto". 5. Le disposizioni di cui all’articolo 120-bis del decreto legislativo 1º settembre 1993 n. 385, trovano applicazione anche ai contratti di deposito in essere alla data di entrata in vigore della presente legge».
14.3
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, DE PETRIS, FRANCO PAOLO, IZZO, MORO, IERVOLINO, MONTI, GRILLOTTI, VANZO, KOFLER, TONINI, TRAVAGLIA, GUBERT
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», premettere il seguente articolo:
«Art. 120-bis. - (Registrazione delle generalità degli eredi beneficiari di depositi presso banche e imprese di investimento). – 1. Tutte le imprese di investimento e le banche, al momento della stipulazione di un contratto, sono obbligate a registrare le generalità e il recapito degli eredi beneficiari degli intestatari dei depositi di ogni natura oppure di persone di fiducia, in numero non superiore a tre, alle quali deve essere comunicata l’esistenza del deposito in caso di irreperibilità o di morte del titolare.
2. Il depositante ha l’obbligo di comunicare le generalità e il recapito degli eredi beneficiari dei beni depositati oppure delle persone di fiducia di cui al comma 1 e di informare l’impresa di investimento o la banca su ogni eventuale variazione, anche riguardante il domicilio o il recapito delle persone interessate».
14.4
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: «nonché ai contratti di deposito titoli».
14.5
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, DE PETRIS, FRANCO PAOLO, IZZO, MORO, IERVOLINO, MONTI, GRILLOTTI, VANZO, KOFLER, TONINI, TRAVAGLIA, GUBERT
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», dopo il comma 4 inserire il seguente:
«4-bis. Ove, dai certificati rilasciati a norma del comma 2, risulti la morte dell’intestatario, o non siano state ottenute le informazioni richieste, la banca o l’impresa di investimento provvedono a contattare la persona o le persone indicate come eredi beneficiari o le persone di fiducia indicate nel contratto di deposito. Qualora, sulla base delle informazioni ottenute, venga accertata la sussistenza del diritto alla successione, l’impresa di investimento o la banca provvedono a rendere effettiva la titolarità del deposito in capo agli aventi diritto».
14.6
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, DE PETRIS, FRANCO PAOLO, IZZO, MORO, IERVOLINO, MONTI, GRILLOTTI, VANZO, KOFLER, TONINI, TRAVAGLIA, GUBERT
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», al comma 5 sostituire le parole: «Ove, dai Certificati rilasciati a norma del comma 2, risulti la morte dell’intestatario» con le seguenti: «In caso di mancata risposta o di documentazione incompleta».
14.7
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», sopprimere il comma 9.
14.10
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», sostituire il comma 9 con il seguente: «9. Nessuna spesa relativa alle attività e alle ricerche prescritte dai commi 1, 2 e 3 possono essere addebitata al titolare del conto».
14.11
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», comma 9, sopprimere il secondo, il terzo ed il quarto periodo.
14.13
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», comma 9, sopprimere il secondo, il terzo ed il quarto periodo.
14.15
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», comma 9, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «La banca rimane in ogni caso responsabile del comportamento delle predette società».
14.17
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-bis», comma 9, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «La banca rimane in ogni caso responsabile del comportamento delle predette società».
14.18
DE PETRIS, TURCI, COVIELLO, MACONI, CAMBURSANO, PASQUINI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, dopo il capoverso «Art. 120-bis», aggiungere il seguente:
«Art. 120-ter. – 1. A decorrere dal 1º gennaio 2006, le banche, al momento della stipula di nuovi contratti di deposito a risparmio nominativi e di conto corrente, nonché di contratti deposito titoli e di cassette di sicurezza, richiedono all’intestatario se intendono indicare le generalità, e i relativi recapiti, delle persone, in numero non superiore a tre, alle quali comunicare le coordinate del deposito nel caso in cui per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme, dei titoli e dei valori depositati, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati, esclusa la banca stessa.
2. Entro il 31 gennaio 2006, le banche provvedono a richiedere agli intestatari di depositi a risparmio nominativi e di conto corrente, di deposito titoli e di cassette di sicurezza, esistenti alla data del 31 dicembre 2005, se intendono indicare le generalità e i relativi recapiti delle persone, in numero non superiore a tre, alle quali comunicare le coordinate del deposito e delle cassette giacenti ai sensi del comma 1. La Banca d’Italia, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, con propria circolare, definisce i criteri e modalità per l’integrazione dei dati relativi ai depositi a norma del presente articolo, nonché le sanzioni da irrogare alle banche qualora non provvedano ad integrare tali dati entro il termine».
14.19
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Al capoverso «Art. 120-ter», comma 4, sostituire le parole: «allo Stato» con le seguenti: «al comune di ultima residenza».
14.20
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-ter», comma 4, sopprimere le parole da: «Esse sono destinate» fino a: «decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398».
14.22
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-ter», comma 4, secondo periodo, sostituire le parole da: «, per metà» fino alla fine del periodo con le seguenti: «alla dotazione patrimoniale del fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori».
Conseguentemente, al capoverso «Art. 120-quater», comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.
14.26
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 120-ter», sopprimere il comma 5.
14.27
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Al capoverso «Art. 120-quater», comma 1, sostituire le parole: «dall’articolo 120-bis, commi 2, 3, 5, 6 e 7» con le seguenti: «120-0 e 120-bis».
14.300
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, KOFLER, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, VANZO, MONTI, GRILLOTTI, TONINI, IERVOLINO, GUBERT, TRAVAGLIA, IZZO, DE PETRIS
Precluso
Al comma 1, sopprimere il capoverso «Art. 120-quinquies».
14.30
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Dopo il capoverso «Art. 120-quinquies», inserire il seguente ulteriore capoverso:
«Art. 120-sexies. - (Sanzioni). – 1. La violazione delle disposizioni di cui all’articolo 14 sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo del valore del deposito risultante all’atto della sua rilevazione».
14.29
PETERLINI, THALER AUSSERHOFER, ROLLANDIN, COSSIGA, PEDRINI, MICHELINI, FRANCO PAOLO, MORO, IERVOLINO, GRILLOTTI, KOFLER, IZZO, VANZO, TRAVAGLIA, MONTI, DE PETRIS, GUBERT, TONINI
Precluso
Al comma 3, sostituire le parole: «allo Stato» con le seguenti: «al comune di ultima residenza».
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 14
14.0.1
DE PETRIS, CAMBURSANO, MACONI, CASTELLANI, PASQUINI, COVIELLO
Respinto
Dopo l’articolo 14, aggiungere il seguente:
«Art. 14-bis.
(Tutela preventiva del risparmio)
1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, dopo l’articolo 24, è inserito il seguente:
"Art. 24-bis. - (Obblighi dei promotori finanziari e dei soggetti preposti ai servizi di assistenza agli investimenti). – 1. Al fine della tutela preventiva del risparmio, il promotore finanziario o i dipendenti di banche, delle poste o di società di assicurazione preposti al servizio di assistenza agli investimenti:
a) consegnano all’investitore, al momento del primo contatto e in ogni caso di variazione dei dati di seguito indicati, copia di una dichiarazione redatta dal soggetto abilitato da cui risultino gli elementi identificativi di tale soggetto, gli estremi di iscrizione all’albo e i dati anagrafici del promotore stesso, nonché il domicilio al quale indirizzare la dichiarazione di recesso prevista dall’articolo 30, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni;
b) chiedono all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento e la sua propensione al rischio;
c) illustrano all’investitore per iscritto in modo chiaro ed esauriente, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione di prodotti finanziari o dei documenti contrattuali per la fornitura di servizi di investimento, gli elementi essenziali dell’operazione, del servizio o del prodotto, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali e all’adeguatezza dell’operazione in rapporto alla sua situazione;
d) per gli investimenti che prevedano penali o commissioni rilevanti nel caso di liquidazione anticipata, informano per iscritto l’investitore del costo da sostenere nel caso fosse necessario disporre del capitale in anticipo rispetto alla scadenza;
e) per il collocamento di azioni o obbligazioni, informano per iscritto il cliente sull’identità del soggetto che cura il collocamento; qualora sia la banca, illustrano per iscritto la natura dei rischi dell’investimento, valutandone l’adeguatezza in considerazione delle caratteristiche soggettive del cliente, segnalando il conflitto di interesse;
f) raccolgono per iscritto le istruzioni impartite dal cliente;
g) per singoli titoli obbligazionari o azionari, forniscono copia scritta di informazioni e analisi prodotte da fonti attendibili;
h) per strumenti e prodotti di speculazione sui mercati finanziari, illustrano per iscritto le caratteristiche di questi strumenti e prodotti e, mettendo in evidenza i rischi di perdita del capitale, consigliano al cliente di limitare l’attività di speculazione ad una parte limitata del patrimonio, dopo aver analizzato e coperto altre esigenze primarie d’investimento quali la liquidità, la previdenza e la copertura assicurativa, la protezione del capitale e l’accumulazione;
i) consegnano all’investitore, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione di prodotti finanziari, copia del prospetto informativo o degli altri documenti informativi, ove prescritti;
l) consegnano all’investitore copia dei contratti, delle disposizioni di investimento o disinvestimento e di ogni altro documento da questo sottoscritto;
m) se dipendenti di banca, non possono ricevere dall’investitore alcuna forma di compenso ovvero di finanziamento;
n) a seguito di significative variazioni delle condizioni di mercato, informano per iscritto il cliente sull’andamento del suo portafoglio, evidenziando i risultati conseguiti e i rischi legati all’attuale allocazione delle risorse, concordando con il cliente, per iscritto, le soglie di perdita massima, anche di breve periodo, al raggiungimento delle quali informano tempestivamente, per iscritto, il cliente, prospettando scelte alternative e suggerendo interventi adeguati.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dell’obbligo di fornire per iscritto le informazioni di cui al comma 1 o l’esposizione di fatti non corrispondenti al vero nelle comunicazioni scritte di cui al medesimo comma 1 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a cinquantamila euro a carico dei promotori finanziari o dei dipendenti e dei responsabili del servizio di cui al comma 1"».
14.0.3
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, CAMBURSANO, D’AMICO, CASTELLANI, COVIELLO
Respinto
Dopo l’articolo 14, inserire il seguente:
«Art. 14-bis.
(Tutela preventiva del risparmio)
1. A fini di tutela preventiva del risparmio, i promotori finanziari e i dipendenti di soggetti abilitati al servizio di collocamento, nonché i dipendenti e i collaboratori di imprese di assicurazione, nel collocamento di prodotti finanziari e di servizi di investimento nell’ambito delle attività riservate al soggetto per conto del quale operano:
a) consegnano all’investitore, prima della conclusione del contratto e in ogni caso di variazione dei dati, copia di una dichiarazione redatta dal soggetto abilitato o dall’impresa di assicurazione da cui risultino i propri elementi identificativi;
b) chiedono al risparmiatore di fornire, mediante apposita dichiarazione scritta o su supporto durevole, elementi utili per valutare la sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, la sua propensione al rischio; in tale dichiarazione, il risparmiatore indica i suoi obiettivi di investimento, in particolare se l’investimento che intende realizzare deve soddisfare esigenze primarie quali la liquidità, la previdenza e la copertura assicurativa, la protezione del capitale;
c) illustrano al risparmiatore per iscritto o mediante supporto durevole, in modo chiaro ed esauriente, prima dell’acquisto o della sottoscrizione di prodotti finanziari o della conclusione del contratto, gli elementi essenziali dell’operazione, del servizio o del prodotto, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali ed all’adeguatezza dell’operazione in rapporto alla sua situazione;
d) per gli investimenti che prevedano penali o commissioni rilevanti nel caso di liquidazione anticipata, informano per iscritto o mediante supporto durevole l’investitore del costo da sostenere nel caso fosse necessario disporre del capitale in anticipo rispetto alla scadenza;
e) per il collocamento di azioni o obbligazioni, informano per iscritto, o mediante supporto durevole, l’investitore sull’identità del soggetto che cura il collocamento;
f) conservano prova documentale delle istruzioni impartite dall’investitore;
g) consegnano all’investitore, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione di prodotti finanziari, copia del prospetto informativo o degli altri documenti informativi, ove prescritti;
h) consegnano all’investitore copia dei contratti, delle disposizioni di investimento o disinvestimento e di ogni altro documento da questo sottoscritto;
i) non possono ricevere dall’investitore alcuna forma di compenso ovvero di finanziamento;
l) all’atto dell’investimento, comunicano all’investitore, per iscritto, o mediante supporto durevole, la soglia di perdita massima, anche di breve periodo, individuata dal soggetto per conto del quale operano, al raggiungimento della quale informano tempestivamente l’investitore, per iscritto, o mediante supporto durevole, sull’andamento del prodotto finanziario, o del servizio di gestione, evidenziando i risultati conseguiti e i rischi legati all’attuale allocazione delle risorse.
2. I soggetti abilitati e le imprese di assicurazione provvedono agli atti di indirizzo e di coordinamento e ai necessari adempimenti per l’attuazione del presente articolo e sono responsabili in solido dei danni arrecati a terzi dai soggetti di cui al comma 1, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale».
14.0.2
CAMBURSANO, DE PETRIS, TURCI, COVIELLO, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo l’articolo 14, inserire il seguente:
«Art. 14-bis.
(Statuto dei diritti dei risparmiatori)
1. Al fine di tutelare i risparmiatori e gli investitori, a garanzia della trasparenza e correttezza delle operazioni sui mercati finanziari, è fatto obbligo ai promotori finanziari e ai dipendenti di banche, delle poste o di società di assicurazione preposti al servizio di assistenza agli investimenti di:
a) consegnare all’investitore, al momento del primo contatto e in ogni caso di variazione dei dati di seguito indicati, copia di una dichiarazione redatta dal soggetto abilitato da cui risultino gli elementi identificativi di tale soggetto, gli estremi di iscrizione all’albo e i dati anagrafici del promotore stesso, nonché il domicilio al quale indirizzare la dichiarazione di recesso prevista dall’articolo 30, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni;
b) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento e la sua propensione al rischio;
c) illustrare all’investitore per iscritto in modo chiaro ed esauriente, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione di prodotti finanziari o dei documenti contrattuali per la fornitura di servizi di investimento, gli elementi essenziali dell’operazione, del servizio o del prodotto, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali e all’adeguatezza dell’operazione in rapporto alla sua situazione;
d) informare per iscritto l’investitore dei costi da sostenere nelle ipotesi di investimenti che prevedano penali o commissioni rilevanti, qualora sia necessario disporre del capitale in anticipo rispetto alla scadenza di liquidazione anticipata;
e) informare per iscritto il cliente sull’identità del soggetto che cura il collocamento, nelle ipotesi di acquisto di azioni o obbligazioni; qualora sia la banca, illustrare per iscritto la natura dei rischi dell’investimento, valutandone l’adeguatezza in considerazione delle caratteristiche soggettive del cliente, e segnalando il conflitto di interesse;
f) raccogliere per iscritto le istruzioni impartite dal cliente;
g) fornire copia scritta di informazioni e analisi prodotte da fonti attendibili per singoli titoli obbligazionari o azionari;
h) illustrare per iscritto le caratteristiche di strumenti e prodotti di speculazione sui mercati finanziari, e, mettendo in evidenza i rischi di perdita del capitale, consigliare al cliente di limitare l’attività di speculazione ad una sola parte del patrimonio, dopo aver analizzato e coperto altre esigenze primarie d’investimento quali la liquidità, la previdenza e la copertura assicurativa, la protezione del capitale e l’accumulazione;
i) consegnare all’investitore, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione di prodotti finanziari, copia del prospetto informativo o degli altri documenti informativi, ove prescritti;
l) consegnare all’investitore copia dei contratti, delle disposizioni di investimento o disinvestimento e di ogni altro documento da questo sottoscritto;
m) informare per iscritto il cliente sull’andamento del suo portafoglio a seguito di significative variazioni delle condizioni di mercato, evidenziando i risultati conseguiti e i rischi legati all’attuale allocazione delle risorse, concordando con il cliente, per iscritto, le soglie di perdita massima, anche di breve periodo, al raggiungimento delle quali informano tempestivamente, per iscritto, il cliente, prospettando scelte alternative e suggerendo interventi adeguati.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione dell’obbligo di fornire per iscritto le informazioni di cui al comma 1 o l’esposizione di fatti non corrispondenti al vero nelle comunicazioni scritte di cui al medesimo comma 1 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a cinquantamila euro a carico dei promotori finanziari o dei dipendenti e dei responsabili del servizio di cui al comma 1».
14.0.4 (testo 2)
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Dopo l’articolo 14, inserire il seguente:
«Art. 14-bis.
(Statuto dei diritti dei risparmiatori)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un decreto legislativo recante lo Statuto dei diritti dei risparmiatori, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) prevedere i diritti dei risparmiatori, e le modalità del loro esercizio, nei confronti delle banche e degli altri operatori ed intermediari finanziari;
b) stabilire principi e regole in materia di offerta dei servizi, di trasparenza delle condizioni, di forma e di contenuto minimo dei contratti;
c) stabilire principi e regole in materia di sollecitazione da parte dei risparmiatori e delle loro organizzazioni rappresentative, degli interventi di controllo e di tutela da parte delle Autorità di sistema».
14.0.200
PETERLINI
Respinto
Dopo l’articolo 14 inserire il seguente:
«Art. 14-bis.
(Norme transitorie per i depositi in essere giacenti presso le banche)
1. Al titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, dopo l’articolo 120 è inserito il seguente capo:
"Capo I-ter.
(Norme transitorie per i depositi in essere giacenti presso le banche)
Art. 120-sexies. – (Norme transitorie per i depositi in essere all’entrata in vigore della presente legge). – 1. Per i contratti stipulati e per i valori giacenti presso le banche antecedente l’entrata in vigore della presente legge si applica la seguente procedura:
a) Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge le imprese di investimento e le banche sono obbligate a richiedere a tutti i clienti intestatari di depositi informazioni circa le generalità dei propri eredi beneficiari di procedere secondo le procedure di cui al capoverso 120-bis;
b) Per i clienti intestatari irreperibili e che per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati, non abbiano compiuto operazioni ad iniziativa propria o di terzi da loro delegati, esclusa la banca stessa, la banca nuovamente informa l’intestatario del deposito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’ultimo indirizzo conosciuto, invitandolo a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta. Nell’ipotesi indicata al periodo precedente, la banca non può applicare commissioni per spese relative alla gestione dei medesimi contratti dal giorno successivo al compimento del quinquennio e fino alla data in cui venga compiuta una nuova operazione ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati;
c) Qualora nei successivi novanta giorni non abbia notizie dell’intestatario del deposito di cui alla lettera b), la banca, limitatamente ai depositi con saldo superiore a 1.000 euro, chiede al sindaco del comune di residenza di comunicare quanto ad esso risulti circa l’esistenza in vita e il domicilio del medesimo, rilasciando il relativo certificato;
d) Ove dai certificati rilasciati a norma della lettera c) risultino l’esistenza in vita dell’intestatario del deposito e un domicilio diverso da quello cui è stata inviata la comunicazione prevista dalla lettera b), la banca procede nuovamente a norma della medesima lettera b);
e) Dalla data di ricevimento delle disposizioni impartite dall’intestatario a seguito degli inviti rivoltigli a norma delle lettere b) e d) si procede secondo le disposizioni di cui al capoverso art. 120-bis;
f) Ove, dai certificati rilasciati a norma della lettera c), risulti la morte dell’intestatario, la banca chiede alla cancelleria del tribunale e all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competenti di comunicare quanto risulti circa la successione del medesimo. Ove necessario, essa chiede altresì al sindaco del luogo di apertura della successione di rilasciare il certificato relativo allo stato di famiglia del defunto. Qualora, sulla base delle informazioni acquisite, consti l’esistenza di eredi, la banca comunica ad essi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento l’esistenza del deposito, invitandoli a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta;
g) Decorso un anno dalla scadenza del quinquennio computato ai sensi della lettera b), qualora dalle ricerche effettuate ai sensi della lettera f) non sia risultata l’esistenza di eredi dell’intestatario del deposito, o qualora essi siano irreperibili o non abbiano dato notizie entro novanta giorni dal ricevimento della lettera raccomandata, la banca provvede alla pubblicazione del deposito giacente mediante avviso, esposto per trenta giorni nei locali aperti al pubblico della stessa banca, indicante soltanto il nome, la data e il luogo di nascita dell’intestatario del deposito;
h) L’elenco dei depositi intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dalla lettera f), è pubblicato mediante avviso cumulativo, contenente soltanto i dati indicati nella lettera g), entro il 31 marzo di ciascun anno, anche a cura di associazioni di categoria delle banche, nella Gazzetta Ufficiale nonchè su due quotidiani di cui uno economico, a diffusione nazionale. Il medesimo elenco è altresì pubblicato in forma elettronica secondo le modalità stabilite dalla Banca d’Italia;
i) Per i libretti di deposito al portatore, in cui non risulti l’identità del depositante, decorso il termine indicato dal comma 1, la banca procede direttamente ai sensi delle lettere g) e h). La pubblicazione e l’avviso cumulativo di cui ai medesimi commi contengono la sola indicazione dei dati identificativi del libretto nonché la data e il luogo in cui esso è stato aperto. Il disposto del comma 1, ultimo periodo, si applica anche ai libretti di deposito di cui al presente comma;
l) Le spese relative alle attività e alle ricerche prescritte dalle lettere b), c), d) e f) sono addebitate all’intestatario del deposito, nella misura massima fissata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze comunque non superiore al valore del deposito. La banca può provvedere allo svolgimento delle attività e delle ricerche anche avvalendosi di società aventi quale oggetto sociale esclusivo la prestazione di questo servizio. L’attività di queste società è disciplinata con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400 e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Il regolamento determina inoltre i requisiti di onorabilità che devono possedere i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione presso le medesime società, nonché i dipendenti delle medesime;
m) Le banche comunicano annualmente alla Banca d’Italia le seguenti informazioni relative ai depositi giacenti di cui alle lettere b) e i);
ma) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente sia verificata la condizione prevista dalla lettera b);
mb) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente, mediante le procedure di cui al presente articolo, siano stati reperiti l’intestatario o i suoi eredi;
mc) elenco dei depositi, intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dalle lettera f);
md) valore complessivo dei depositi giacenti di cui alle lettere b) e i) e valore complessivo dei depositi di cui al punto 3), con distinta indicazione degli importi relativi a denaro e a titoli;
n) La Banca d’Italia emana disposizioni per l’attuazione del presente articolo, stabilendo altresì modalità e termini delle comunicazioni prescritte nella lettera m).
2. Decorso un anno dalla pubblicazione dell’avviso cumulativo di cui al comma 1, il deposito giacente presso la banca e non rivendicato e trasferito presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia in monte nella forma di deposito fruttifero al saggio degli interessi legali.
3. La Banca d’Italia pubblica in forma elettronica, con aggiornamento costante, l’elenco dei depositi trasferiti presso di essa ai sensi del comma 1, con l’indicazione del nome, della data e del luogo di nascita degli intestatari nonché della banca e dell’agenzia presso la quale il deposito era stato costituito.
4. Chiunque vi abbia diritto può richiedere le somme depositate, inclusi gli interessi maturati, ai sensi del comma 1 presso la Banca d’Italia entro dieci anni dalla data del trasferimento.
5. Le somme che non siano state rivendicate entro 10 anni sono devolute al Comune di ultima residenza, compresi gli interessi maturati».
«Capo I-bis.
DEPOSITI GIACENTI PRESSO LE BANCHE
Art. 120-bis. - (Ricerca dei titolari dei depositi giacenti presso le banche). – 1. Nel caso in cui per cinque anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati, esclusa la banca stessa, relative ai contratti di deposito a risparmio nominativi e di conto corrente, nonché ai contratti di deposito di titoli, la banca informa l’intestatario del deposito mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento inviata all’ultimo indirizzo conosciuto, invitandolo a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta. Nell’ipotesi indicata al periodo precedente, la banca non può applicare commissioni per spese relative alla gestione dei medesimi contratti dal giorno successivo al compimento del quinquennio e fino alla data in cui venga compiuta una nuova operazione ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati.
2. Qualora nei successivi novanta giorni non abbia notizie dell’intestatario del deposito di cui al comma 1, la banca, limitatamente ai depositi con saldo superiore a 1.000 euro, chiede al sindaco del comune di residenza di comunicare quanto ad esso risulti circa l’esistenza in vita e il domicilio del medesimo, rilasciando il relativo certificato.
3. Ove dai certificati rilasciati a norma del comma 2 risultino l’esistenza in vita dell’intestatario del deposito e un domicilio diverso da quello cui è stata inviata la comunicazione prevista dal comma 1, la banca procede nuovamente a norma del medesimo comma 1.
4. Dalla data di ricevimento delle disposizioni impartite dall’intestatario a seguito degli inviti rivoltigli a norma dei commi 1 e 3, o, in mancanza, dalla data di rilascio del certificato che ne attesta l’esistenza in vita, a norma del comma 2, decorre un nuovo periodo quinquennale per gli effetti previsti dal presente articolo. Si applica comunque il disposto del comma 1, ultimo periodo.
5. Ove, dai certificati rilasciati a norma del comma 2, risulti la morte dell’intestatario, la banca chiede alla cancelleria del tribunale e all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competenti di comunicare quanto risulti circa la successione del medesimo. Ove necessario, essa chiede altresì al sindaco del luogo di apertura della successione di rilasciare il certificato relativo allo stato di famiglia del defunto. Qualora, sulla base delle informazioni acquisite, consti l’esistenza di eredi, la banca comunica ad essi mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento l’esistenza del deposito, invitandoli a impartire disposizioni entro il termine di novanta giorni e indicando le conseguenze della mancata risposta.
6. Decorso un anno dalla scadenza del quinquennio computato ai sensi del comma 1, qualora dalle ricerche effettuate ai sensi del comma 5 non sia risultata l’esistenza di eredi dell’intestatario del deposito, o qualora essi siano irreperibili o non abbiano dato notizie entro novanta giorni dal ricevimento della lettera raccomandata, la banca provvede alla pubblicazione del deposito giacente mediante avviso, esposto per trenta giorni nei locali aperti al pubblico della stessa banca, indicante soltanto il nome, la data e il luogo di nascita dell’intestatario del deposito.
7. L’elenco dei depositi intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dal comma 5, è pubblicato mediante avviso cumulativo, contenente soltanto i dati indicati nel comma 6, entro il 31 marzo di ciascun anno, anche a cura di associazioni di categoria delle banche, nella Gazzetta Ufficiale nonché su due quotidiani, di cui uno economico, a diffusione nazionale. Il medesimo elenco è altresì pubblicato in forma elettronica secondo le modalità stabilite dalla Banca d’Italia.
8. Per i libretti di deposito al portatore, in cui non risulti l’identità del depositante, decorso il termine indicato dal comma 1, la banca procede direttamente ai sensi dei commi 6 e 7. La pubblicazione e l’avviso cumulativo di cui ai medesimi commi contengono la sola indicazione dei dati identificativi del libretto nonché la data e il luogo in cui esso è stato aperto. Il disposto del comma 1, ultimo periodo, si applica anche ai libretti di deposito di cui al presente comma.
9. Le spese relative alle attività e alle ricerche prescritte dai commi 1, 2, 3 e 5 sono addebitate all’intestatario del deposito, nella misura massima fissata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze comunque non superiore al valore del deposito. La banca può provvedere allo svolgimento delle attività e delle ricerche anche avvalendosi di società aventi quale oggetto sociale esclusivo la prestazione di questo servizio. L’attività di queste società è disciplinata con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, lettera a), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze. Il regolamento determina inoltre i requisiti di onorabilità che devono possedere i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione e direzione presso le medesime società, nonché i dipendenti delle medesime.
10. Le banche comunicano annualmente alla Banca d’Italia le seguenti informazioni relative ai depositi giacenti di cui ai commi 1 e 8:
a) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente si sia verificata la condizione prevista dal comma 1;
b) elenco dei depositi relativamente ai quali nell’anno precedente, mediante le procedure di cui al presente articolo, siano stati reperiti l’intestatario o i suoi eredi;
c) elenco dei depositi, intestati a defunti, relativamente ai quali nell’anno precedente siano state inutilmente esperite le ricerche prescritte dal comma 5;
d) valore complessivo dei depositi giacenti di cui ai commi 1 e 8 e valore complessivo dei depositi di cui alla lettera c), con distinta indicazione degli importi relativi a denaro e a titoli.
11. La Banca d’Italia emana disposizioni per l’attuazione del presente articolo, stabilendo altresì modalità e termini delle comunicazioni prescritte nel comma 10.
Art. 120-ter. - (Devoluzione dei depositi giacenti presso le banche). – 1. Decorso un anno dalla pubblicazione dell’avviso cumulativo di cui all’articolo 120-bis, commi 7 e 8, il deposito giacente presso la banca e non rivendicato è trasferito presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia in monte nella forma di deposito fruttifero al saggio degli interessi legali.
2. La Banca d’Italia pubblica in forma elettronica, con aggiornamento costante, l’elenco dei depositi trasferiti presso di essa ai sensi del comma 1, con l’indicazione del nome, della data e del luogo di nascita degli intestatari nonché della banca e dell’agenzia presso la quale il deposito era stato costituito.
3. Chiunque vi abbia diritto può richiedere le somme depositate, inclusi gli interessi maturati, ai sensi del comma 1 presso la Banca d’Italia entro dieci anni dalla data del trasferimento.
4. Le somme che non siano state rivendicate entro il termine di cui al comma 3 sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati. Esse sono destinate, per metà e comunque non oltre l’importo complessivo di 20 milioni di euro per anno, alla dotazione patrimoniale del fondo di garanzia per gli investitori e i risparmiatori e, per l’importo residuo, al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.
5. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l’attuazione delle disposizioni dei commi 1 e 4, comprese le modalità relative alla vendita degli strumenti finanziari esistenti nei depositi di titoli giacenti.
Art. 120-quater. - (Contenuto delle cassette di sicurezza). – 1. Per gli oggetti e i valori depositati nelle cassette di sicurezza oggetto di apertura forzata ai sensi dell’articolo 1841 del codice civile, la banca procede alle ricerche e alle pubblicazioni ai sensi di quanto previsto dall’articolo 120-bis, commi 2, 3, 5, 6 e 7.
2. Le somme derivanti dalla vendita degli oggetti e dei valori rinvenuti sono depositate a norma dell’articolo 1841, terzo comma, del codice civile presso la Banca d’Italia, la quale provvede ai sensi dell’articolo 120-ter, comma 2. Qualora le somme non siano state rivendicate entro il termine ivi previsto, si applicano le disposizioni dell’articolo 120-ter, comma 4. Le somme di cui al presente comma concorrono al computo dell’importo ivi indicato.
Art. 120-quinquies. - (Comunicazione dell’esistenza del deposito). – 1. Gli intestatari dei contratti di deposito a risparmio nominativi e di conto corrente, nonché dei contratti di deposito di titoli, al momento della stipulazione o successivamente, possono indicare alla banca le generalità e il recapito di persone, in numero non superiore a tre, alle quali deve essere comunicata l’esistenza del deposito, con la sola indicazione del nome dell’intestatario e delle coordinate di esso, nel caso in cui per due anni consecutivi, decorrenti dalla data di libera disponibilità delle somme e dei titoli depositati, non siano state compiute operazioni ad iniziativa del depositante o di terzi da questo delegati, esclusa la banca stessa».
2. All’articolo 2, comma 3, del regolamento recante norme sui servizi di bancoposta, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 2001, n. 144, le parole: «a 120» sono sostituite dalle seguenti: «a 120-ter».
3. Il terzo comma dell’articolo 1841 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Il tribunale detta le disposizioni necessarie per la conservazione degli oggetti e dei valori rinvenuti, da parte della banca medesima, per un periodo di due anni. Decorso tale periodo senza che i suddetti beni siano stati rivendicati, il tribunale ne ordina la vendita, assegnando alla banca dalla somma ricavata quanto le sia dovuto per canoni e spese. La somma rimanente è depositata presso la Banca d’Italia, che ne cura la custodia in monte nella forma di deposito fruttifero al saggio degli interessi legali. Chiunque vi abbia diritto può richiedere la somma depositata presso la Banca d’Italia, compresi gli interessi maturati, entro dieci anni dalla data del deposito. Le somme che non siano state rivendicate entro tale termine sono devolute allo Stato, compresi gli interessi maturati».
ARTICOLO 15 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 15.
Approvato
(Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 21, comma 1, lettera a), è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I soggetti abilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla CONSOB, che a tale fine può avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rappresentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosità dei prodotti finanziari e delle gestioni di portafogli d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioni consigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, determinato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, della sua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scritta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, purché siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conservazione della documentazione dell’ordine»;
b) all’articolo 31:
1) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. È istituito l’albo unico dei promotori finanziari, articolato in sezioni territoriali. Alla tenuta dell’albo provvede un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresentative dei promotori e dei soggetti abilitati. L’organismo ha personalità giuridica ed è ordinato in forma di associazione, con autonomia organizzativa e statutaria, nel rispetto del principio di articolazione territoriale delle proprie strutture e attività. Nell’ambito della propria autonomia finanziaria l’organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagli iscritti e dai richiedenti l’iscrizione, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delle proprie attività. Esso provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, e svolge ogni altra attività necessaria per la tenuta dell’albo. L’organismo opera nel rispetto dei princìpi e dei criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB, e sotto la vigilanza della medesima»;
2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «indette dalla CONSOB» sono soppresse;
3) il comma 6 è sostituito dal seguente:
«6. La CONSOB determina, con regolamento, i princìpi e i criteri relativi:
a) alla formazione dell’albo previsto dal comma 4 e alle relative forme di pubblicità;
b) ai requisiti di rappresentatività delle associazioni professionali dei promotori finanziari e dei soggetti abilitati;
c) all’iscrizione all’albo previsto dal comma 4 e alle cause di sospensione, di radiazione e di riammissione;
d) alle cause di incompatibilità;
e) ai provvedimenti cautelari e alle sanzioni disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 55 e 196 e alle violazioni cui si applicano le sanzioni previste dallo stesso articolo 196, comma 1;
f) all’esame, da parte della stessa CONSOB, dei reclami contro le delibere dell’organismo di cui al comma 4, relative ai provvedimenti indicati alla lettera c);
g) alle regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari devono osservare nei rapporti con la clientela;
h) alle modalità di tenuta della documentazione concernente l’attività svolta dai promotori finanziari;
i) all’attività dell’organismo di cui al comma 4 e alle modalità di esercizio della vigilanza da parte della stessa CONSOB;
l) alle modalità di aggiornamento professionale dei promotori finanziari»;
c) all’articolo 62:
1) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Qualora le azioni della società di gestione siano quotate in un mercato regolamentato, il regolamento di cui al comma 1 è deliberato dal consiglio di amministrazione della società medesima»;
2) dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Il regolamento può stabilire che le azioni di società controllanti, il cui attivo sia prevalentemente composto dalla partecipazione, diretta o indiretta, in una o più società con azioni quotate in mercati regolamentati, vengano negoziate in segmento distinto del mercato»;
3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. La CONSOB determina con proprio regolamento:
a) i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del sistema dei controlli interni che le società controllate, costituite e regolate dalla legge di Stati non appartenenti all’Unione europea, devono rispettare affinché le azioni della società controllante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93;
b) le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di società controllate sottoposte all’attività di direzione e coordinamento di altra società;
c) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobiliare italiano delle società finanziarie, il cui patrimonio è costituito esclusivamente da partecipazioni»;
d) all’articolo 64:
1) al comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunica immediatamente le proprie decisioni alla CONSOB; l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione è sospesa finché non sia decorso il termine indicato al comma 1-bis, lettera a)»;
2) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. La CONSOB:
a) può vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione ovvero ordinare la revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, lettera c), se, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, ritiene la decisione contraria alle finalità di cui all’articolo 74, comma 1;
b) può chiedere alla società di gestione tutte le informazioni che ritenga utili per i fini di cui alla lettera a);
c) può chiedere alla società di gestione l’esclusione o la sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle negoziazioni.
1-ter. L’ammissione, l’esclusione e la sospensione dalle negoziazioni degli strumenti finanziari emessi da una società di gestione in un mercato da essa gestito sono disposte dalla CONSOB. In tali casi, la CONSOB determina le modificazioni da apportare al regolamento del mercato per assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, nonché per regolare le ipotesi di conflitto d’interessi. L’ammissione dei suddetti strumenti è subordinata all’adeguamento del regolamento del relativo mercato»;
e) all’articolo 74, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. La CONSOB vigila sul rispetto delle disposizioni del regolamento del mercato, relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 64, comma 1-ter, da parte della società di gestione»;
f) all’articolo 94 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«5-bis. La CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico ai sensi dell’articolo 116 e individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere un contenuto tipico determinato»;
g) all’articolo 114:
1) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. La CONSOB può, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1, ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonché ai soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipano a un patto previsto dall’articolo 122 che siano resi pubblici, con le modalità da essa stabilite, notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. In caso di inottemperanza, la CONSOB provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente»;
2) il comma 8 è sostituto dal seguente:
«8. I soggetti che producono o diffondono ricerche o valutazioni, con l’esclusione delle società di rating, riguardanti gli strumenti finanziari indicati all’articolo 180, comma 1, lettera a), o gli emittenti di tali strumenti, nonché i soggetti che producono o diffondono altre informazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di divulgazione o al pubblico, devono presentare l’informazione in modo corretto e comunicare l’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziari cui l’informazione si riferisce»;
h) all’articolo 115:
1) al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) assumere notizie, anche mediante la loro audizione, dai componenti degli organi sociali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e dagli altri dirigenti, dalle società di revisione, dalle società e dai soggetti indicati nella lettera a)»;
2) al comma 1, lettera c), le parole: «nella lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «nelle lettere a) e b), al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia»;
3) al comma 2, le parole: «dalle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «dalle lettere a), b) e c)»;
i) dopo l’articolo 117 sono inseriti i seguenti:
«Art. 117-bis. - (Fusioni fra società con azioni quotate e società con azioni non quotate). – 1. Sono assoggettate alle disposizioni dell’articolo 113 le operazioni di fusione nelle quali una società con azioni non quotate viene incorporata in una società con azioni quotate, quando l’entità degli attivi di quest’ultima, diversi dalle disponibilità liquide e dalle attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni, sia significativamente inferiore alle attività della società incorporata.
2. Fermi restando i poteri previsti dall’articolo 113, comma 2, la CONSOB, con proprio regolamento, stabilisce disposizioni specifiche relative alle operazioni di cui al comma 1 del presente articolo.
Art. 117-ter. - (Disposizioni in materia di finanza etica). – 1. La CONSOB, previa consultazione con tutti i soggetti interessati e sentite le Autorità di vigilanza competenti, determina con proprio regolamento gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cui sono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono prodotti e servizi qualificati come etici o socialmente responsabili»;
l) nella parte IV, titolo III, capo I, dopo l’articolo 118 è aggiunto il seguente:
«Art. 118-bis. - (Riesame delle informazioni fornite al pubblico). – 1. La CONSOB stabilisce con regolamento le modalità e i termini per il riesame periodico delle informazioni comunicate al pubblico ai sensi di legge, comprese le informazioni contenute nei documenti contabili, dagli emittenti quotati»;
m) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 124 è inserita la seguente sezione:
«Sezione I-bis.
Informazioni sull’adesione a codici di comportamento
Art. 124-bis. - (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalla CONSOB, informazioni sull’adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull’osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento.
Art. 124-ter. - (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. La CONSOB, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazione»;
n) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 154 è inserita la seguente sezione:
«Sezione V-bis.
Redazione dei documenti contabili societari
Art. 154-bis. - (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari). – 1. Lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.
2. Gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero.
3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.
4. Al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari devono essere conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo.
5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla CONSOB.
6. Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società»;
o) all’articolo 190, comma 2, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:
«d-bis) ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2»;
p) all’articolo 191, al comma 1, le parole: «comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 5-bis»;
q) all’articolo 193, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l’inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Si applica il disposto dell’articolo 190, comma 3. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest’ultima»;
EMENDAMENTI
15.1
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI
Respinto
Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:
«0a) All’articolo 8, il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. I poteri previsti dal comma 1 possono essere esercitati anche nei confronti della società incaricata della revisione contabile e di chiunque appaia informato sui fatti"».
15.2
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI
Respinto
Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:
«0a) All’articolo 19, il comma 4 è sostituito dal seguente: "4. La Banca d’Italia, sentita la CONSOB, autorizza l’esercizio dei servizi d’investimento da parte delle banche autorizzate in Italia, nonché dei servizi indicati nell’articolo 18, comma 3, da parte di intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385"».
15.3
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole da: «e rispettano il principio» fino a: «espressamente impartite dall’investitore» con le seguenti: «e i profili di propensione al rischio delle singole categorie di clientela, in rapporto alle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali, all’esperienza della clientela e alla frequenza delle operazioni, rispettando nel collocamento dei prodotti e nella gestione dei portafogli d’investimento la compatibilità tra il grado di rischiosità di questi e la propensione del cliente al rischio, salve le diverse disposizioni espressamente impartite dal cliente».
Conseguentemente, al medesimo comma, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
«a-bis). All’articolo 21, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: "2-bis. La violazione delle disposizioni contenute nel presente capo ovvero delle disposizioni di attuazione approvate con regolamenti dalla CONSOB comporta la nullità dei contratti. La nullità può essere rilevata solo dal cliente"».
15.4
TURCI, MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:
«a-bis). All’articolo 21, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: "2-bis. La violazione delle disposizioni contenute nel presente capo ovvero delle disposizioni di attuazione approvate con regolamenti dalla CONSOB comporta la nullità dei contratti. La nullità può essere rilevata solo dal cliente"».
15.5
CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, BASTIANONI, CAVALLARO
Id. em. 15.4
Al comma 1, dopo la lettera a), inserire la seguente:
«a-bis) all’articolo 21, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:
"2-bis. La violazione delle disposizioni contenute nel presente capo ovvero delle disposizioni di attuazione approvate con regolamenti dalla CONSOB comporta la nullità dei contratti. La nullità può essere rilevata solo dal cliente"».
15.200
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:
«e-bis). All’articolo 94, comma 2, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
"L’informativa resa disponibile al pubblico deve essere chiara, tempestiva e completa. Nel contratto e nel prospetto informativo devono risultare in evidenza le condizioni economiche, i profili di rischio, le prospettive di rischio e i costi a carico dell’investitore. In corso di contratto, l’investitore deve essere messo nelle condizioni di verificare agevolmente l’andamento dell’investimento effettuato, in relazione ai rendimenti e ai costi, e di avvalersi della facoltà di tempestivo recesso"».
15.201
LATORRE
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:
«f-bis). All’articolo 94 è aggiunto il seguente comma:
"2-bis). Al fine di rendere nota la percezione da parte dei clienti della qualità dei prodotti e servizi offerti dall’emittente, il prospetto contiene la misurazione della soddisfazione del cliente espressa attraverso indici di custumer satisfaction elaborati da società di rilevazione iscritte all’elenco di cui al successivo periodo. Presso la CONSOB è istituito l’Elenco delle società di rilevazione di custumer satisfaction. La CONSOB entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge può con regolamento stabilire che:
a) le società quotate in borsa individuino la società di rilevazione di cui avvalersi all’interno dell’Elenco delle società di rilevazione di custumer satisfaction e ne diano comunicazione alla Consob;
b) le società di rilevazione possano svolgere la loro attività presso la medesima società quotata in borsa per un periodo massimo di tre anni consecutivi. Trascorso tale periodo, le società di rilevazione non possono ricevere ulteriori incarichi dalla medesima società per il successivo triennio"».
15.202
CANTONI
Respinto
Al comma 1 alla lettera g) sopprimere il numero 1); sopprimere la lettera h);
alla lettera m), capoverso «art. 124-ter» le parole: «vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazioni» sono soppresse.
15.203
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera h), dopo il numero 2), inserire il seguente:
«2-bis. Al comma 1 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
"c-ter. richiedere all’autorità giudiziaria competente l’adozione dei provvedimenti di cui al titolo III del libro III del codice di procedura penale nei confronti dei soggetti di cui alla lettera a)"».
15.14
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI
Respinto
Al comma 1, lettera h), sostituire il numero 3) con il seguente:
«3) Il comma 2 è sostituito dal seguente:
"2. I poteri previsti dalle lettere a), b), c) e c-bis) del comma 1 possono essere esercitati nei confronti dei soggetti che detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipino ad un patto previsto dall’articolo 122"».
15.15
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera i), capoverso «Art. 117-bis», comma 1, sostituire le parole: «dell’articolo 113» con le seguenti: «del presente capo».
15.204
BONAVITA
V. testo 2
Al comma 1, lettera i), sostituire il capoverso «Art. 117-ter» con il seguente:
«Art. 117-ter.
(Disposizioni in materia di finanza etica)
1. La CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia e previa consultazione con le associazioni rappresentative della finanza etica, determina con regolamento da approvare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le caratteristiche delle emissioni che consentano di qualificare come etico l’investimento nei relativi titoli quotati nel mercato regolamentato. Il regolamento è ispirato ai seguenti criteri:
a) favorire la diffusione della finanza etica e solidale come possibile strumento aggiuntivo di sviluppo;
b) riconoscere l’importanza delle iniziative di finanza etica e solidale ai fini delle politiche di inclusione economica e sociale;
c) incoraggiare l’azione degli operatori della finanza etica e solidale;
d) sensibilizzare l’opinione pubblica sulle esperienze di finanza etica e solidale, quale strumento di lotta alla povertà;
e) distinguere con il contributo delle associazioni tra finanza etica e fondi socialmente responsabili o di finanza caritatevole che non possono essere denominati finanza etica.
2. Per i fini di cui al comma 1, la CONSOB d’intesa con la Banca d’Italia tiene prioritariamente in considerazione, oltre che l’integrale applicazione, da parte delle società emittenti, dei codici di autodisciplina redatti dalle associazioni di categoria, l’adozione, da parte delle medesime società, di sistemi di certificazione di processo o di prodotto ispirati a criteri di sostenibilità ambientale e fondati sui più avanzati standard comunitari e internazionali elaborati in materia di responsabilità sociale d’impresa.
3. La CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia negli ambiti di propria competenza, vigila affinché la qualificazione etica riferita agli investimenti effettuati in società quotate nei mercati regolamentati sia utilizzata nelle comunicazioni rivolte al pubblico solo qualora le società emittenti abbiano i requisiti definiti dal regolamento di cui al comma 1.
4. L’utilizzo della qualificazione etica in contrasto con le norme dei commi 1, 2 e 3 comporta il divieto assoluto di emissione di titoli e, in difetto, la loro restituzione con gli interessi legali ai sottoscrittori, entro quindici giorni dal ricevimento della notifica da parte della CONSOB e inoltre una sanzione amministrativa pecuniaria a carico degli amministratori tra 10.000 e 300.000 euro e la classificazione dell’atto come reato di falsa comunicazione sociale.
5. Viene costituito presso la CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia, un "Osservatorio nazionale per la finanza eticamente orientata" a cui partecipano i rappresentanti delle associazioni della finanza etica e solidale che assolve compiti di studio ed analisi e di consultazione, previsti al comma 1. Gli oneri per il suo funzionamento sono posti a carico della CONSOB"».
15.204 (testo 2)
BONAVITA
Respinto
Al comma 1, lettera i), sostituire il capoverso «Art. 117-ter» con il seguente:
«Art. 117-ter.
(Disposizioni in materia di finanza etica)
1. La CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia e previa consultazione con le associazioni rappresentative della finanza etica, determina con regolamento da approvare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le caratteristiche delle emissioni che consentano di qualificare come etico l’investimento nei relativi titoli quotati nel mercato regolamentato. Il regolamento è ispirato ai seguenti criteri:
a) favorire la diffusione della finanza etica e solidale come possibile strumento aggiuntivo di sviluppo;
b) riconoscere l’importanza delle iniziative di finanza etica e solidale ai fini delle politiche di inclusione economica e sociale;
c) incoraggiare l’azione degli operatori della finanza etica e solidale;
d) sensibilizzare l’opinione pubblica sulle esperienze di finanza etica e solidale, quale strumento di lotta alla povertà;
e) distinguere con il contributo delle associazioni tra finanza etica e fondi socialmente responsabili o di finanza caritatevole che non possono essere denominati finanza etica.
2. Per i fini di cui al comma 1, la CONSOB d’intesa con la Banca d’Italia tiene prioritariamente in considerazione, oltre che l’integrale applicazione, da parte delle società emittenti, dei codici di autodisciplina redatti dalle associazioni di categoria, l’adozione, da parte delle medesime società, di sistemi di certificazione di processo o di prodotto ispirati a criteri di sostenibilità ambientale e fondati sui più avanzati standard comunitari e internazionali elaborati in materia di responsabilità sociale d’impresa.
3. La CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia negli ambiti di propria competenza, vigila affinché la qualificazione etica riferita agli investimenti effettuati in società quotate nei mercati regolamentati sia utilizzata nelle comunicazioni rivolte al pubblico solo qualora le società emittenti abbiano i requisiti definiti dal regolamento di cui al comma 1.
4. L’utilizzo della qualificazione etica in contrasto con le norme dei commi 1, 2 e 3 comporta il divieto assoluto di emissione di titoli e, in difetto, la loro restituzione con gli interessi legali ai sottoscrittori, entro quindici giorni dal ricevimento della notifica da parte della CONSOB e inoltre una sanzione amministrativa pecuniaria a carico degli amministratori tra 10.000 e 300.000 euro e la classificazione dell’atto come reato di falsa comunicazione sociale.
15.205
CANTONI
Respinto
Al comma 1, lettera m) sostituire i capoversi «Art. 124-bis» e «Art. 124-ter» con i seguenti:
«Art. 124-bis – (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalle società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori informazioni sulla adesione a codici di comportamento da queste promossi e sulla osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento.
Art. 124-ter. – (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. Le società di gestione di mercati regolamentati e le associazioni di categoria degli operatori, ciascuna in relazione ai codici da essa promossi, sulla base delle informazioni diffuse dagli aderenti vigilano sull’applicazione delle regole contenute nei codici stessi ed irrogano le sanzioni da questi necessariamente previste in caso di violazione.
2. Il provvedimento sanzionatorio è comunque pubblicato, a spese della società sanzionata, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale».
Conseguentemente sopprimere l’articolo 35.
15.17
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera n), capoverso «Art. 154-bis», comma 1, aggiungere, in fine, le parole: «da comunicare all’assemblea».
15.18
CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, lettera n), dopo l’articolo 154-bis inserire il seguente:
«Art. 154-ter.
(Norme in materia di prevenzione e contrasto dei comportamenti ritorsivi nei confronti dei dipendenti)
1. Dopo l’articolo 4 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante: "Norme sui licenziamenti individuali", è inserito il seguente:
"Art. 4-bis. 1. Il licenziamento è in ogni caso nullo se indotto da rifiuto del dipendente alla commissione o omissione di atti che avrebbero determinato o concorso a determinare una violazione di leggi o di atti regolamentari.
2. È altresì nullo qualsiasi provvedimento disciplinare indotto dai comportamenti di cui al comma 1.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche ai dirigenti"».
15.206
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera n), inserire il seguente:
«n-bis) All’articolo 187-terdecies, comma 1 le parole: «ai sensi dell’articolo 195» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dell’articolo 187-septies».
15.207
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera o), con la seguente:
«Art. 190. – (Altre sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati). – 1. I soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dagli articoli 6, commi 1 e 2; 7, commi 2 e 3; 8, comma 1; 9; 10; 12; 13, comma 2; 21, commi 1 e 2; 22; 24, comma 1; 25; 25-bis, commi 1 e 2; 27, commi 3 e 4; 28, comma 3; 30, commi 3, 4 e 5; 31, commi 1, 2, 5, 6 e 7; 32, comma 2; 36, commi 2, 3, 4, 6 e 7; 37; 38, commi 3 e 4; 39, commi 1 e 2; 40, comma 1; 41, commi 2 e 3; 42, commi 2, 3, 4, 6, 7 e 8; 43, commi 7 e 8; 50, comma 1; 65, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate dalla Banca d’Italia o dalla CONSOB in base ai medesimi articoli, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a centoventicinquemila euro.
2. La stessa sanzione di cui al comma 1 si applica:
a) alle società di gestione del mercato, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dal capo I del titolo I della parte III e di quelle emanate in base ad esse;
b) alle società di gestione accentrata, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dal titolo II della parte III e di quelle emanate in base ad esse;
c) agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dagli articoli 78 e 79;
d) ai soggetti che gestiscono sistemi indicati negli articoli 68, 69, comma 2, e 70 e alla società indicata nell’articolo 69, comma 1, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dagli articoli 68, 69, 70 e 77, comma 1, e di quelle applicative delle medesime;
e) alle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2.
3. Le società e gli enti sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso:
a) nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e dei loro dipendenti ai quali siano imputabili le violazioni;
b) nei confronti dei soggetti che svolgono funzioni di controllo nelle società e negli enti, ai quali siano imputabili le violazioni ovvero che non abbiano vigilato, in conformità ai doveri inerenti al loro ufficio, affinché le disposizioni indicate ai commi 1 e 2 non fossero da altri violate.
4. Il mancato esercizio del diritto di regresso è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria di importo pari a quello della sanzione per la quale è stato omesso il regresso. Le società e gli enti comunicano all’autorità che ha applicato la sanzione l’avvenuto esercizio del diritto di regresso e ne danno notizia nella nota integrativa al bilancio, indicando i soggetti nei confronti dei quali esso è stato esercitato.
5. I soggetti che violano le disposizioni previste dagli articoli 8, commi da 2 a 6, e 25-bis, commi da 3 a 5, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a centoventicinquemila euro».
Conseguentemente, dopo la lettera q) aggiungere la seguente:
q-bis) all’articolo 195, il comma 9 è sostituito dal seguente:
«9. Le società e gli enti ai quali appartengono i soggetti sanzionati rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità previste dal secondo periodo del comma 3, e sono tenuti a esercitare il diritto di regresso verso i responsabili. Si dell’articolo 190, comma 4».
15.208
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera o), con la seguente:
o) l’articolo 190 è sostituito dal seguente:
«Art. 190. – (Altre sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari e dei mercati). –1. I soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dagli articoli 6, commi 1 e 2; 7, commi 2 e 3; 8, comma 1; 9; 10; 12; 13, comma 2; 21, commi 1 e 2; 22; 24, comma 1; 25; 25-bis, commi 1 e 2; 27, commi 3 e 4; 28, comma 3; 30, commi 3, 4 e 5; 31, commi 1, 2, 5, 6 e 7; 32, comma 2; 36, commi 2, 3, 4, 6 e 7; 37; 38, commi 3 e 4; 39, commi 1 e 2; 40, comma 1; 41, commi 2 e 3; 42, commi 2, 3, 4, 6, 7 e 8; 43, commi 7 e 8; 50, comma 1; 65, ovvero le disposizioni generali o particolari emanate dalla Banca d’Italia o dalla CONSOB in base ai medesimi articoli, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a centoventicinquemila euro.
2 La stessa sanzione di cui al comma 1 si applica:
a) alle società di gestione del mercato, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dal capo I del titolo I della parte III e di quelle emanate in base ad esse;
b) alle società di gestione accentrata, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dal titolo II della parte III e di quelle emanate in base ad esse;
c) agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dagli articoli 78 e 79;
d) ai soggetti che gestiscono sistemi indicati negli articoli 68, 69, comma 2, e 70 e alla società indicata nell’articolo 69, comma 1, nel caso di inosservanza delle disposizioni previste dagli articoli 68, 69, 70 e 77, comma 1, e di quelle applicative delle medesime;
e) alle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2.
3. I soggetti che violano le disposizioni previste dagli articoli 8, commi da 2 a 6, e 25-bis, commi da 3 a 5, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da mille a centoventicinquemila euro».
15.209
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera q), capoverso 1, sopprimere il secondo periodo.
15.210
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera q), inserire la seguente:
q-bis) all’articolo 195, il comma 9 è sostituito dal seguente:
"9. Le società e gli enti ai quali appartengono i soggetti sanzionati rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità previste dal secondo periodo del comma 3, e sono tenuti a esercitare il diritto di regresso verso i responsabili"».
15.23
CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera q) inserire la seguente:
«q-bis) l’articolo 195 è sostituito dal seguente:
«Art. 195. - (Procedura sanzionatoria). – 1. Le sanzioni amministrative previste nel presente titolo sono applicate dalla CONSOB o dalla Banca d’Italia, secondo le rispettive competenze.
2. L’applicazione delle sanzioni è disposta con decreto motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati e valutate le deduzioni dagli stessi presentate entro trenta giorni, in base al complesso delle informazioni raccolte.
3. Il decreto di applicazione delle sanzioni è pubblicato per estratto sul bollettino della Banca d’Italia o della CONSOB. Il Ministero dell’economia e delle finanze, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, può stabilire modalità ulteriori per dare pubblicità al provvedimento, ponendo le relative spese a carico dell’autore della violazione.
4. Contro il provvedimento di applicazione delle sanzioni è ammessa opposizione alla Corte d’appello del luogo in cui ha sede la società o l’ente cui appartiene l’autore della violazione ovvero, nei casi in cui tale criterio non sia applicabile, del luogo in cui la violazione è stata commessa. L’opposizione deve essere notificata all’autorità che ha disposto l’applicazione della sanzione entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento e deve essere depositata presso la cancelleria della Corte d’appello entro trenta giorni dalla notifica.
5. L’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento. La Corte d’appello, se ricorrono gravi motivi, può disporre la sospensione con decreto motivato.
6. La Corte d’appello, su istanza delle parti, può fissare termini per la presentazione di memorie e documenti, nonché consentire l’audizione anche personale delle parti.
7. La Corte d’appello decide sull’opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato.
8. Copia del decreto è trasmessa a cura della cancelleria della Corte d’appello all’autorità che ha disposto l’applicazione della sanzione ai fini della pubblicazione, per estratto, nel bollettino di quest’ultima.
9. Le società e gli enti ai quali appartengono gli autori delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità previste dal secondo periodo del comma 3 e sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso verso i responsabili».
15.24
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:
«q-bis) nella parte V, titolo II, dopo l’articolo 196, è aggiunto il seguente:
"Art. 196-bis.
(Dichiarazione di impedimento ad assumere cariche sociali)
1. La CONSOB, per gravi motivi, può dichiarare l’impedimento ad assumere la carica di amministratore, sindaco o membro del consiglio di sorveglianza di società quotate o di società controllanti società quotate, controllate da società quotate o sottoposte a comune controllo, se la condotta induce a ritenere che il soggetto non sia idoneo a ricoprire fedelmente la carica sociale, nei confronti di chiunque:
a) sia stato condannato in primo grado per i reati di cui agli articoli 2621, 2623 e 2625 del codice civile e di cui ai capi II, III e IV del medesimo titolo XI del libro V del citato codice;
b) sia stato condannato in primo grado per i reati di cui agli articoli 172, 173, 180 e 181;
c) sia stato condannato in primo grado per i reati di cui agli articoli 175, 176, 177 e 178;
d) sia stato condannato alle sanzioni amministrative di cui al titolo II della parte V"».
15.25
CHIUSOLI, TURCI, MACONI, PASQUINI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera q) aggiungere la seguente:
«q-bis) Nella parte V, titolo II dopo l’articolo 196, è aggiunto il seguente:
"Art. 196-bis. - (Impedimento ad assumere cariche sociali). – 1. Non possono assumere le cariche di amministratore, sindaco o membro del consiglio di sorveglianza di società con azioni quotate in mercati regolamentati, nè delle società che le controllano, sono da esse controllate o sono con esse sottoposte a comune controllo, coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati di cui al libro V, titolo XI, del codice civile o per i reati di cui agli articoli 172, 173, 173-bis, 174-bis, 174-ter, 177, 178 e 180, salvo che, nel pronunziare la condanna, il giudice abbia riconosciuto la circostanza attenuante della particolare tenuità ai sensi dell’articolo 2640 del codice civile, ovvero della speciale tenuità ai sensi dell’articolo 62 del codice penale"».
15.26
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera q) aggiungere la seguente:
«q-bis) Al Codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) all’articolo 32-bis, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"La pena accessoria di cui al primo comma consegue, inoltre, ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per i delitti di cui al libro V, titolo XI, del codice civile o per i delitti di cui agli articoli 172, 173, 173-bis, 174-bis, 174-ter, 177 e 178 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.";
2) all’articolo 35-bis, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
"La pena accessoria di cui al primo comma consegue, inoltre, ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per i delitti di cui al libro V, titolo XI, del codice civile".
t) all’articolo 290, comma secondo, del codice di procedura penale, dopo le parole: "codice penale", sono aggiunte le seguenti: "e per i delitti di cui agli articoli 172, 173, 173-bis, 174-bis, 174-ter, 177 e 178 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58"».
«Sezione I-bis.
Informazioni sull’adesione a codici di comportamento
Art. 124-bis. - (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Le società di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalità stabiliti dalla CONSOB, informazioni sull’adesione a codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori e sull’osservanza degli impegni a ciò conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento.
Art. 124-ter. - (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. La CONSOB, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicità cui sono sottoposti i codici di comportamento promossi da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicità delle informazioni riguardanti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga le corrispondenti sanzioni in caso di violazione»;
n) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 154 è inserita la seguente sezione:
«Sezione V-bis.
Redazione dei documenti contabili societari
Art. 154-bis. - (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari). – 1. Lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.
2. Gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero.
3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.
4. Al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari devono essere conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo.
5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla CONSOB.
6. Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società»;
o) all’articolo 190, comma 2, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:
«d-bis) ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipendenti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dall’articolo 25-bis, commi 1 e 2»;
p) all’articolo 191, al comma 1, le parole: «comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «commi 1 e 5-bis»;
q) all’articolo 193, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Nei confronti di società, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni previste dagli articoli 113, 114 e 115 è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquemila a cinquecentomila euro per l’inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi o delle relative disposizioni applicative. Si applica il disposto dell’articolo 190, comma 3. Se le comunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applica nei confronti di quest’ultima»;
ORDINE DEL GIORNO
G15. 1
BONAVITA
Approvato
Il Senato,
premesso che:
per finanza etica e solidale si intende un’attività di finanziamento delle attività di promozione umana, sociale ed ambientale alla luce di una valutazione etica ed economica del loro impatto su società e ambiente;
la finanza etica e solidale ha come obiettivo primario fornire il sostegno finanziario alle attività esercitate soprattutto in forma di associazioni, riconosciute e non riconosciute, cooperative, cooperative sociali e consorzi o anche – attraverso lo strumento del microcredito – a sinsgole persone in difficoltà;
la finanza etica e solidale è in forte crescita nel nostro Paese e coinvolge ormai più di 25 mila cittadini, associati alle Mutue auto gestite (Mag) e alla Banca Popolare Etica;
la finanza etica e solidale ritiene che il credito, in tutte le sue forme, sia un diritto umano e pertanto non discrimina tra i destinatari degli impieghi sulla base del sesso, dell’etnia o della religione e neanche sulla base del patrimonio curando perciò i diritti dei poveri e degli emarginati;
la finanza etica e solidale valuta, al pari delle garanzie di tipo patrimoniale, altrettanto valide quelle forme di garanzie personali, di categoria o di comunità che consentono l’accesso al credito anche alle fasce più deboli della popolazione;
la finanza etica e solidale considera l’efficienza una componente della responsabilità etica e non si caratterizza dunque come una forma di beneficenza ma come un’attività economicamente vitale che intende essere socialmente utile;
nella finanza etica e solidale il principio della partecipazione del risparmiatore alle scelte importanti dell’impresa riveste funzione essenziale. Le forme possono comprendere sia meccanismi diretti di indicazione delle preferenze nella destinazione dei fondi, sia meccanismi democratici di partecipazione alle decisioni;
gli operatori di finanza etica e solidale fanno della completa trasparenza e accessibilità alle informazioni per tutti un asse centrale della propria operatività. L’intermediario finanziario ha il dovere di trattare con riservatezza le informazioni sui risparmiatori di cui entra in possesso nel corso della sua attività, tuttavia il rapporto trasparente con il cliente impone la nominativa dei risparmi. I depositanti hanno il diritto di conoscere i processi di funzionamento dell’istituzione finanziaria e le sue decisioni d’impiego e di investimento;
la finanze etica e solidale non ritiene legittimo l’arricchimento basato sul solo possesso e scambio di denaro, che il tasso di interesse, in questo contesto è una misura di efficenza nell’utilizzo del risparmio, una misura dell’impegno a salvaguardiare le risorse messe a disposizione dai risparmiatori e a farle fruttare in progetti vitali e che, di conseguenza, il tasso di interesse, il rendimento del risparmio, va mantenuto il più basso possibile, sulla base di valutazioni economiche, ma anche sociali ed etiche;
la finanza etica e solidale esclude per principio rapporti finanziari con quelle attività economiche che ostacolano lo sviluppo umano e contribuiscono a violare i diritti fondamentali della persona, come la produzione e il commercio di armi, le produzioni gravemente lesive della salute e dell’ambiente, le attività che si fondano sullo sfruttamento dei minori o sulla repressione delle libertà civili;
la finanza etica e solidale richiede un’adesione globale e coerente da parte del gestore che ne orienta tutta l’attività;
nel Manifesto della Finanza Etica, sottoscritto da tutti gli operatori italiani della finanza etica e solidale, sono accolti questi stessi principi;
le organizzazioni senza scopo di lucro e le imprese sociali hanno una strutturale difficoltà ad accedere al credito ordinario: si calcola che soltanto il 29 per cento delle 221 mila organizzazioni censite dall’lSTAT riesca ad ottenere finanziamenti bancari;
il diritto al credito rappresenta una leva fondamentale per aiutare la fuoriuscita di soggetti a rischio dalla soglia della povertà;
l’approccio mutualistico e solidaristico all’attività finanziaria rappresenta una buona prassi soprattutto per il sostegno alle piccole imprese, alle organizzazioni senza scopo di lucro e alle persone fisiche;
le banche commerciali e le istituzioni finanziarie mondiali muovono, nel mercato dei cambi, quotidianamente, una media di 1.900 miliardi di dollari e che il 99 per cento delle operazioni si concludono entro l’anno, avendo perciò natura prettamente speculativa;
negli ultimi armi per il settore bancario l’insieme dei ricavi da servizi, dividendi e altri proventi supera regolarmente le entrate derivanti dall’attività di concessione di credito;
nel panorama giuridico italiano non esiste alcuna differenziazione tra l’attività tipica svolta dalle banche e quella atipica, per metodi e finalità, svolta dagli operatori di finanza etica e solidale;
numerosi comuni e province italiani hanno emanato specifiche delibere per favorire le inizaitive di finanza etica e solidale e hanno sviluppato progetti specifici per integrare questo strumento all’interno delle politiche politiche per lo sviluppo locale e la coesione sociale;
le regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Veneto e Umbria hanno emanato apposite leggi regionali per la promozione e lo sviluppo della finanza etica e solidale;
la Commissione europea ha definito Banca Popolare Etica buona prassi nelle politiche locali per l’occpazione (cfr. European Commission, Regional Employment Stralegies, dicembre 2000);
all’interno dell’Unione europea le diverse organizzazioni della finanza alternativa stanno già lavorando ad un progetto comune che possa essere volano per le realtà emergenti, costituendo una Federazione Euroepa delle Banche Etiche ed Alternative (Febea) ed una Società Europa di Finanza Etica ed Alternativa (Sefea), stante l’attuale regolamentazione e sistema legislativo gli operatori di finanza etica e solidale sono costretti ad operare con forme giuridiche improprie, spesso limitati nella operatività e personalizzati da una presunzione di atteggiamento speculativo che, se vale per gli altri operatori finanziari, è certo lontano dalla loro natura,
impegna il Governo:
a favorire la diffusione della finanza etica e solidale, come possibile strumento aggiuntivo di sviluppo;
a riconoscere l’importanza delle iniziative di finanza etica e solidale ai fini delle politiche di inclusione economica e sociale; a incoraggiare allo stesso modo l’azione degli operatori della finanza etica e solidale;
a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle esperienze di finanza etica e solidale, quale strumento di lotta alla povertà.
ARTICOLO 16 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 16 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 16.
Approvato
(Responsabilità dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)
1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2434, dopo le parole: «dei direttori generali» sono inserite le seguenti: «, dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari»;
b) all’articolo 2635, primo comma, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,»;
c) all’articolo 2638, commi primo e secondo, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».
2. All’articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, dopo le parole: «i direttori generali» sono inserite le seguenti: «, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari».
3. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 32-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;
b) all’articolo 35-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari»;
c) all’articolo 622, secondo comma, dopo le parole: «direttori generali,» sono inserite le seguenti: «dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».
EMENDAMENTO
16.201
CANTONI
Ritirato
Sopprimere l’articolo.
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 16
16.0.3
TURCI, DE PETRIS, MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, MANZIONE, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI
Respinto
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni per l’introduzione dell’azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti)
1. All’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
"6-bis. Le associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui al comma 1, le associazioni dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono altresì richiedere al tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, ivi compresi quelli in materia di credito al consumo, rapporti bancari e assicurativi, strumenti finanziari, servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. La legittimazione di cui al periodo precedente è esclusa nei settori in cui siano previste procedure di conciliazione o arbitrali per la risoluzione delle medesime controversie innanzi ad autorità amministrative indipendenti.
6-ter. L’atto con cui il soggetto abilitato promuove l’azione di gruppo di cui al comma 6-bis produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione.
6-quater. Con la sentenza di condanna il giudice determina, quando le risultanze del processo lo consentono, i criteri in base ai quali dovrà essere fissata la misura dell’importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti.
6-quinquies. In relazione alle controversie di cui al comma 6-bis, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale.
6-sexies. A seguito della pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 6-quater ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, le parti promuovono la composizione non contenziosa delle controversie azionabili da parte dei singoli consumatori o utenti presso la camera di conciliazione istituita presso il tribunale che ha pronunciato la sentenza. La camera di conciliazione è costituita dai difensori delle parti ed è presieduta da un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori ed indicato dal consiglio dell’ordine degli avvocati. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l’ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale, opportunamente pubblicizzata a cura e spese della parte convenuta nel precedente giudizio, rende improcedibile l’azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l’esecuzione della prestazione dovuta.
6-septies. In alternativa al ricorso alle camere di conciliazione di cui al comma 6-sexies, le parti possono promuovere la composizione non contenziosa presso uno degli organismi di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. Si applicano le disposizioni dell’ultimo periodo del comma 6-sexies e, in quanto compatibili, quelle degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003.
6-octies. In caso di inutile esperimento della composizione non contenziosa di cui ai commi 6-sexies e 6-septies; il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l’accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 6-quater e la determinazione precisa dell’ammontare del risarcimento dei danni o dell’indennità, riconosciuti ai sensi della medesima sentenza. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore. Le associazioni di cui al comma 6-bis e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura non sono legittimate ad intervenire nei giudizi previsti dal presente comma.
6-nonies. La sentenza di condanna di cui al comma 6-quater costituisce, ai sensi dell’articolo 634 del codice di procedura civile, prova scritta, per quanto in essa contenuto, per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, richiesta dal singolo consumatore o utente".
2. Le facoltà e i diritti di cui all’articolo 3, comma 6-bis, della legge 30 luglio 1998, n. 281, possono essere altresì esercitati dalle associazioni di investitori.
3. All’articolo 10, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e i procedimenti di cui all’articolo 3, commi 6-bis, 6-octies e 6-nonies della legge 30 luglio 1998, n. 281"».
16.0.100
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, aggiungere il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni per l’introduzione dell’azione di gruppo a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti)
1. All’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
"6-bis. Le associazioni dei consumatori e degli utenti, di cui al comma 1, le associazioni dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono altresì richiedere al tribunale del luogo ove ha la residenza o la sede il convenuto la condanna al risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori o utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, ivi compresi quelli in materia di credito al consumo, rapporti bancari e assicurativi ed esattoriali, strumenti finanziari, servizi di investimento e gestione collettiva del risparmio, sempre che ledano i diritti di una pluralità di consumatori o di utenti. La legittimazione di cui al periodo precedente è esclusa nei settori in cui siano previste procedure di conciliazione o arbitrali per la risoluzione delle medesime controversie innanzi ad autorità amministrative indipendenti.
6-ter. L’atto con cui il soggetto abilitato promuove l’azione di gruppo di cui al comma 6-bis produce gli effetti interruttivi della prescrizione ai sensi dell’articolo 2945 del codice civile, anche con riferimento ai diritti di tutti i singoli consumatori o utenti conseguenti al medesimo fatto o violazione.
6-quater. Con la sentenza di condanna il giudice determina, quando le risultanze del processo lo consentono, i criteri in base ai quali dovrà essere fissata la misura dell’importo da liquidare in favore dei singoli consumatori o utenti.
6-quinquies. In relazione alle controversie di cui al comma 6-bis, davanti al giudice può altresì essere sottoscritto dalle parti un accordo transattivo nella forma della conciliazione giudiziale.
6-sexies. A seguito della pubblicazione della sentenza di condanna di cui al comma 6-quater ovvero della dichiarazione di esecutività del verbale di conciliazione, le parti promuovono la composizione non contenziosa delle controversie azionabili da parte dei singoli consumatori o utenti presso la camera di conciliazione istituita presso il tribunale che ha pronunciato la sentenza. La camera di conciliazione è costituita dai difensori delle parti ed è presieduta da un conciliatore di provata esperienza professionale iscritto nell’albo speciale per le giurisdizioni superiori ed indicato dal consiglio dell’ordine degli avvocati. Essa definisce, con verbale sottoscritto dalle parti e dal presidente, i modi, i termini e l’ammontare per soddisfare i singoli consumatori o utenti nella loro potenziale pretesa. La sottoscrizione del verbale, opportunamente pubblicizzata a cura e spese della parte convenuta nel precedente giudizio, rende improcedibile l’azione dei singoli consumatori o utenti per il periodo di tempo stabilito nel verbale per l’esecuzione della prestazione dovuta.
6-septies. In alternativa al ricorso alle camere di conciliazione di cui al comma 6-sexies, le parti possono promuovere la composizione non contenziosa presso uno degli organismi di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. Si applicano le disposizioni dell’ultimo periodo del comma 6-sexies e, in quanto compatibili, quelle degli articoli 39 e 40 del citato decreto legislativo n. 5 del 2003.
6-octies. In caso di inutile esperimento della composizione non contenziosa di cui ai commi 6-sexies e 6-septies, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l’accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dalla sentenza di condanna di cui al comma 6-quater e la determinazione precisa dell’ammontare del risarcimento dei danni o dell’indennità, riconosciuti ai sensi della medesima sentenza. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore. Le associazioni di cui al comma 6-bis e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura non sono legittimate ad intervenire nei giudizi previsti dal presente comma.
6-nonies. La sentenza di condanna di cui al comma 6-quater costituisce, ai sensi dell’articolo 634 del codice di procedura civile, prova scritta, per quanto in essa contenuto, per la pronuncia da parte del giudice competente di ingiunzione di pagamento, ai sensi degli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile richiesta dal singolo consumatore o utente".
2. Le facoltà e i diritti di cui all’articolo 3, comma 6-bis, della legge 30 luglio 1998, n. 281, possono essere altresì esercitati dalle associazioni di investitori. 3. All’articolo 10, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e i procedimenti di cui all’articolo 3, commi 6-bis, 6-octies e 6-nonies della legge 30 luglio 1998, n. 281"».
16.0.101
DE PETRIS, CAMBURSANO, CHIUSOLI, PASQUINI, CASTELLANI, COVIELLO
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti, nonché le organizzazioni a vario titolo interessate, possono agire in giudizio collettivo a difesa dei diritti previsti dalla parte II del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e dalle norme dettate dalla presente legge.
2. L’esito positivo del giudizio comporta il rimborso di tutti i soggetti variamente interessati secondo le procedure e nei termini previsti dalla legge».
16.0.102
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
1. Le associazioni dei consumatori e degli utenti, nonché le organizzazioni a vario titolo interessate, possono agire in giudizio collettivo a difesa dei diritti previsti dalla parte II del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e dalle norme dettate dalla presente legge.
2. L’esito positivo del giudizio comporta il rimborso di tutti i soggetti variamente interessati secondo le procedure e nei termini previsti dalla legge».
16.0.4
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI, BRUNALE, LATORRE, BONAVITA, GARRAFFA, BARATELLA, CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni urgenti in favore dei portatori di obbligazioni pubbliche argentine)
1. Al fine di fare fronte alla grave emergenza economica e sociale conseguente al default dei titoli del debito pubblico argentino, largamente collocati presso i risparmiatori italiani nel periodo 1998-2003 senza adeguata informazione sui rischi dell’investimento e senza verifica dei profili di rischio dei risparmiatori medesimi, in attesa dell’esercizio delle deleghe di cui all’articolo 29, le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, di seguito denominate "obbligazionisti", che, alla data della dichiarazione di default sui titoli del debito pubblico argentino e sino alla data di entrata in vigore della presente legge, sono rimaste in possesso di obbligazioni emesse dalla Repubblica argentina e da enti pubblici argentini, collocate da banche iscritte all’albo previsto dall’articolo 13 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, di seguito denominate "banche collocatrici", hanno la facoltà, a decorrere dal 1º gennaio 2006, di vendere le predette obbligazioni alle rispettive banche collocatrici, che hanno l’obbligo di acquistarle entro otto giorni lavorativi dalla richiesta, scegliendo una tra le seguenti forme di corrispettivo:
a) contanti per il 50 per cento del valore nominale dei titoli consegnati per il rimborso dagli obbligazionisti, entro il limite massimo di rimborso individuale di 50.000 euro;
b) obbligazioni emesse dalle banche collocatrici o da banche appartenenti al medesimo gruppo creditizio, aventi durata non superiore a cinque anni, cedole semestrali e tasso di interesse variabile non inferiore all’EURIBOR a sei mesi maggiorato di due punti percentuali, per un valore nominale corrispondente al 70 per cento di quello dei titoli consegnati entro il limite massimo individuale di 85.000 euro.
2. L’esercizio della facoltà di cui al comma 1 comporta per l’obbligazionista la rinuncia di diritto ad esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni.
3. Entro i cinque giorni lavorativi successivi alla richiesta avanzata dagli obbligazionisti ai sensi del comma 1, lettere a) e b), le banche collocatrici o gli stessi obbligazionisti possono richiedere l’esperimento di un tentativo di conciliazione presso un organismo di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, al fine di tentare il raggiungimento di un accordo bonario i cui contenuti possono essere anche diversi da quelli previsti alle lettere a) e b) dello stesso comma 1. La procedura di conciliazione deve concludersi entro il termine perentorio di trenta giorni. Durante la procedura di conciliazione gli obbligazionisti possono essere rappresentati anche collettivamente, dalle associazioni dei consumatori e degli utenti. L’eventuale accordo di conciliazione comporta di diritto la rinuncia alla facoltà prevista nel comma 1 ed a quella di esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni; nel caso il tentativo di conciliazione fallisca, la banca collocatrice deve adempiere entro i successivi cinque giorni lavorativi, agli obblighi previsti dal medesimo comma 1. Le spese relative alla procedura di conciliazione sono a carico delle banche collocatrici.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana uno o più decreti per definire le modalità di attuazione del presente articolo.
5. Le modalità di rimborso e le procedure conciliative previste dal presente articolo sono adeguatamente pubblicizzate sulla stampa, sui mezzi radiotelevisivi, su Internet e sugli altri mezzi di informazione, a cura del Ministero dell’economia e delle finanze.
6. All’articolo 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
"2-bis. Per i soggetti di cui agli articoli 6 e 7, per il periodo di imposta in corso al 1º gennaio 2006, l’aliquota è stabilita nella misura del 7,7 per cento"».
16.0.200
ROLLANDIN, THALER AUSSERHOFER, MICHELINI, KOFLER, PETERLINI, BETTA, PEDRINI, FRAU
Ritirato
Dopo l’articolo 16, aggiungere il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni urgenti in favore dei portatori di obbligazioni pubbliche argentine)
1. Al fine di fare fronte alla emergenza economica e sociale conseguente al default dei titoli del debito pubblico argentino, collocati presso i risparmiatori italiani nel periodo 1998-2003, le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, di seguito denominate «obbligazionisti», che, alla data della dichiarazione di default sui titoli del debito pubblico argentino e sino alla data di entrata in vigore della presente legge, sono rimaste in possesso di obbligazioni emesse dalla Repubblica argentina e da enti pubblici argentini, collocate da banche iscritte all’albo previsto dall’articolo 13 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, di seguito denominate «banche collocatrici», hanno la facoltà, a decorrere dal 1º gennaio 2006, di vendere le predette obbligazioni alle rispettive banche collocatrici, che hanno l’obbligo di acquistarle entro otto giorni lavorativi dalla richiesta, scegliendo una tra le seguenti forme di corrispettivo:
a) contanti per il 50 per cento del valore nominale dei titoli consegnati per il rimborso dagli obbligazionisti, entro il limite massimo di rimborso individuale di 50.000 euro;
b) obbligazioni emesse dalle banche collocatrici o da banche appartenenti al medesimo gruppo creditizio, aventi durata non superiore a cinque anni, cedole semestrali e tasso di interesse variabile non inferiore all’EURIBOR a sei mesi maggiorato di due punti percentuali, per un valore nominale corrispondente al 70 per cento di quello dei titoli consegnati entro il limite massimo individuale di 85.000 euro.
2. L’esercizio della facoltà di cui al comma 1 comporta per l’obbligazionista la rinuncia di diritto ad esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni.
3. Gli obbligazionisti in possesso di titoli di valore nominale superiore ad 85.000 euro possono richiedere l’esperimento di un tentativo di conciliazione presso un organismo di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. La procedura di conciliazione deve concludersi entro il termine perentorio di trenta giorni. Durante la procedura di conciliazione gli obbligazionisti possono essere rappresentati anche collettivamente, dalle associazioni dei consumatori e degli utenti. L’eventuale accordo di conciliazione comporta di diritto la rinuncia alla facoltà prevista nel comma 1 ed a quella di esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni; nel caso il tentativo di conciliazione fallisca, la banca collocatrice deve adempiere entro i successivi cinque giorni lavorativi, agli obblighi previsti dal medesimo comma 1. Le spese relative alla procedura di conciliazione sono a carico delle banche collocatrici.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze sentiti il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana uno o più decreti per definire le modalità di attuazione del presente articolo.
5. Le modalità di rimborso e le procedure conciliative previste dal presente articolo sono adeguatamente pubblicizzate sulla stampa, sui mezzi radiotelevisivi, su INTERNET e sugli altri mezzi di informazione, a cura del Ministero dell’economia e delle finanze.
6. La perdita sui titoli derivante dagli acquisti di cui al comma 1 è dedotta dalle banche collocatrici, in deroga all’articolo 101 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quote costanti nell’esercizio in cui avviene l’acquisto e nei nove esercizi successivi. Alle minori entrate derivanti dall’applicazione del presente comma, valutate in 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006-2008 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto per gli anni 2006, 2007 e 2008 nell’Unità previsionale di bilancio di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze all’uopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
7. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti le occorrente variazioni di bilancio».
16.0.201
CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni urgenti in favore dei portatori di obbligazioni pubbliche argentine)
1. Al fine di fare fronte alla grave emergenza economica e sociale conseguente al default dei titoli del debito pubblico argentino, largamente collocati presso i risparmiatori italiani nel periodo 1998-2003 senza adeguata informazione sui rischi dell’investimento e senza verifica dei profili di rischio dei risparmiatori medesimi, in attesa dell’esercizio delle deleghe di cui all’articolo 29, le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, di seguito denominate "obbligazionisti", che, alla data della dichiarazione di default sui titoli del debito pubblico argentino e sino alla data di entrata in vigore della presente legge, sono rimaste in possesso di obbligazioni emesse dalla Repubblica argentina e da enti pubblici argentini, collocate da banche iscritte all’albo previsto dall’articolo 13 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, di seguito denominate "banche collocatrici", hanno la facoltà, a decorrere dal 1º gennaio 2006, di vendere le predette obbligazioni alle rispettive banche collocatrici, che hanno l’obbligo di acquistarle entro otto giorni lavorativi dalla richiesta, scegliendo una tra le seguenti forme di corrispettivo:
a) contanti per il 50 per cento del valore nominale dei titoli consegnati per il rimborso dagli obbligazionisti, entro il limite massimo di rimborso individuale di 50.000 euro;
b) obbligazioni emesse dalle banche collocatrici o da banche appartenenti al medesimo gruppo creditizio, aventi durata non superiore a cinque anni, cedole semestrali e tasso di interesse variabile non inferiore all’EURIBOR a sei mesi maggiorato di due punti percentuali, per un valore nominale corrispondente al 70 per cento di quello dei titoli consegnati entro il limite massimo individuale di 85.000 euro.
2. L’esercizio della facoltà di cui al comma 1 comporta per l’obbligazionista la rinuncia di diritto ad esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni.
3. Entro i cinque giorni lavorativi successivi alla richiesta avanzata dagli obbligazionisti ai sensi del comma 1, lettere a) e b), le banche collocatrici o gli stessi obbligazionisti possono richiedere l’esperimento di un tentativo di conciliazione presso un organismo di conciliazione di cui all’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, al fine di tentare il raggiungimento di un accordo bonario i cui contenuti possono essere anche diversi da quelli previsti alle lettere a) e b) dello stesso comma 1. La procedura di conciliazione deve concludersi entro il termine perentorio di trenta giorni. Durante la procedura di conciliazione gli obbligazionisti possono essere rappresentati anche collettivamente, dalle associazioni dei consumatori e degli utenti. L’eventuale accordo di conciliazione comporta di diritto la rinuncia alla facoltà prevista nel comma 1 ed a quella di esperire qualsiasi tipo di azione legale nei confronti delle banche collocatrici e degli emittenti delle obbligazioni; nel caso il tentativo di conciliazione fallisca, la banca collocatrice deve adempiere entro i successivi cinque giorni lavorativi, agli obblighi previsti dal medesimo comma 1. Le spese relative alla procedura di conciliazione sono a carico delle banche collocatrici.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio, la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana uno o più decreti per definire le modalità di attuazione del presente articolo.
5. Le modalità di rimborso e le procedure conciliative previste dal presente articolo sono adeguatamente pubblicizzate sulla stampa, sui mezzi radiotelevisivi, su Internet e sugli altri mezzi di informazione, a cura del Ministero dell’economia e delle finanze.
6. La perdita sui titoli derivante dagli acquisti di cui al comma 1 è dedotta, in deroga all’articolo 101 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in quote costanti nell’esercizio in cui avviene l’acquisto e nei nove esercizi successivi.
7. A decorrere dal 1º gennaio 2006, la ritenuta unica di cui all’articolo 1, comma 488, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è determinata nella misura del 12 per cento».
16.0.202
RONCONI
Improcedibile
Dopo l’articolo 16, inserire il seguente:
«Art. 16-bis.
(Disposizioni in favore dei sottoscrittori di titoli del debito pubblico argentino)
1. Le persone fisiche residenti fiscalmente in Italia, di seguitodenominati «obbligazionisti», che a decorrere dal 23 dicembre 2001 e sino alla entrata in vigore della presente legge, siano rimaste in possesso di titoli obbligazionari emessi dalla Repubblica argentina ovvero da enti pubblici argentini, ceduti o collocati da banche iscritte nell’albo di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, o da altri intermediari di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, possono valersi delle facoltà di cui al comma 2.
2. Entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 3, gli obbligazionisti possono esercitare il diritto di vendere i titoli obbligazionari di cui al comma 1 alle banche o agli intermediari dai quali li hanno ricevuti, che hanno l’obbligo di acquistarli, entro e non oltre cinque giorni lavorativi dalla richiesta dietro pagamento di nuove obbligazioni proprie, ovvero di banche appartenenti al medesimo gruppo, emesse nei limiti delle vigenti disposizioni di legge, aventi durata non superiore a quindici anni, zero coupons e tasso di interesse annuo del 7,5 per cento, per un valore nominale corrispondente al valore di acquisto delle obbligazioni di cui al comma 1, entro il limite massimo individuale di centocinquantamila euro.
3. Entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Commissione nazionale per la società e la borsa (CONSOB), emana uno o più decreti per definire le modalità di attuazione di quanto previsto al comma 2.
4. L’adesione alle misure di cui ai commi precedenti comporta la rinuncia al diritto di esperire qualsivoglia azione legale nei confronti delle banche o degli intermediari di cui al comma 1 relativamente alle operazioni aventi ad oggetto detti titoli, nonché nei confronti degli emittenti dei titoli obbligazionari».
ARTICOLO 17 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 17.
Approvato
(Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori)
1. Dopo l’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, è inserito il seguente:
«Art. 114-bis. - (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori). – 1. I piani di compensi basati su azioni o strumenti finanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla società da rapporti di lavoro subordinato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione, di dipendenti o di collaboratori di altre società controllanti o controllate sono approvati dall’assemblea dei soci. Almeno quindici giorni prima dell’esecuzione dei piani sono rese pubbliche, mediante invio di un comunicato alla CONSOB, alla società di gestione del mercato, che lo mette immediatamente a disposizione del pubblico, e ad almeno due agenzie di stampa, le informazioni concernenti:
a) le ragioni che motivano l’adozione del piano;
b) i soggetti destinatari del piano;
c) le modalità e le clausole di attuazione del piano, specificando se la sua attuazione è subordinata al verificarsi di condizioni e, in particolare, al conseguimento di risultati determinati;
d) l’eventuale sostegno del piano da parte del Fondo speciale per l’incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, di cui all’articolo 4, comma 112, della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
e) le modalità per la determinazione dei prezzi o dei criteri per la determinazione dei prezzi per la sottoscrizione o per l’acquisto delle azioni;
f) i vincoli di disponibilità gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti, con particolare riferimento ai termini entro i quali sia consentito o vietato il successivo trasferimento alla stessa società o a terzi.
2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116.
3. La CONSOB definisce con proprio regolamento:
a) le informazioni, relative agli elementi indicati nel comma 1, che devono essere fornite in relazione alle varie modalità di realizzazione del piano, prevedendo informazioni più dettagliate per piani di particolare rilevanza;
b) cautele volte ad evitare che i piani di cui al comma 1 inducano comportamenti contrastanti con l’interesse della società, anche disciplinando i criteri per la fissazione del prezzo delle azioni e degli altri strumenti finanziari, le modalità e i termini per l’esercizio dei diritti che essi attribuiscono, i limiti alla loro circolazione».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 17
17.0.200
VIVIANI, CHIUSOLI
V. testo 2
Dopo l’articolo 17, inserire il seguente:
«Art. 17-bis.
(Disposizioni in materia di mediatori creditizi)
.1. I mediatori creditizi iscritti all’albo di cui all’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108, possono svolgere anche l’attività di mediazione e consulenza nella gestione di crediti ai fini del loro recupero da parte di banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385».
17.0.200 (testo 2)
VIVIANI, CHIUSOLI, PEDRIZZI
Approvato
Dopo l’articolo 17, inserire il seguente:
«Art. 17-bis.
(Disposizioni in materia di mediatori creditizi)
.1. I mediatori creditizi iscritti all’albo di cui all’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108, possono svolgere anche l’attività di mediazione e consulenza nella gestione del recupero dei crediti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385».
ARTICOLO 18 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
TITOLO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI REVISIONE DEI CONTI
Art. 18.
(Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 116, comma 2, dopo la parola: «156,» è inserita la seguente: «160»;
b) l’articolo 159 è sostituito dal seguente:
«Art. 159. - (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea, in occasione dell’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato ad una società di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 determinandone il compenso, previo parere del collegio sindacale.
2. L’assemblea revoca l’incarico, previo parere dell’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico ad altra società di revisione secondo le modalità di cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al conferimento d’ufficio da parte della CONSOB.
3. Alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2 adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni con azioni quotate in mercati regolamentati si applica l’articolo 2459 del codice civile.
4. L’incarico ha durata di sei esercizi, è rinnovabile una sola volta e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. In caso di rinnovo il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto.
5. Le deliberazioni previste dai commi 1 e 2 sono trasmesse alla CONSOB entro il termine fissato ai sensi del comma 7, lettera b). La CONSOB, entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di conferimento dell’incarico, può vietarne l’esecuzione qualora accerti l’esistenza di una causa di incompatibilità, ovvero qualora rilevi che la società cui è affidato l’incarico non è tecnicamente idonea ad esercitarlo, in relazione alla sua organizzazione ovvero al numero degli incarichi già assunti. Entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di revoca, la CONSOB può vietarne l’esecuzione qualora rilevi la mancanza di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effetto dalla scadenza dei termini di cui, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo, qualora la CONSOB non ne abbia vietata l’esecuzione.
6. La CONSOB dispone d’ufficio la revoca dell’incarico di revisione contabile qualora rilevi una causa di incompatibilità ovvero qualora siano state accertate gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, anche in relazione ai princìpi e criteri di revisione stabiliti ai sensi dell’articolo 162, comma 2, lettera a). Il provvedimento di revoca è notificato alla società di revisione e comunicato immediatamente alla società interessata, con l’invito alla società medesima a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione, secondo le disposizioni del comma 1, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. Qualora la deliberazione non sia adottata entro tale termine, la CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico entro trenta giorni. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al provvedimento della CONSOB.
7. La CONSOB stabilisce con regolamento:
a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l’incarico di revisione contabile. La corresponsione del compenso non può comunque essere subordinata ad alcuna condizione relativa all’esito della revisione, nè la misura di esso può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della società di revisione;
b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2, le modalità e i termini di trasmissione;
c) le modalità e i termini per l’adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;
d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione depositano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti indicati ai commi 1, 2, 5 e 6.
8. Non si applica l’articolo 2409-quater del codice civile»;
c) all’articolo 160, il comma 1 è sostituito dai seguenti:
«1. Al fine di assicurare l’indipendenza della società e del responsabile della revisione, l’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni di incompatibilità stabilite con regolamento dalla CONSOB.
1-bis. Con il regolamento adottato ai sensi del comma 1, la CONSOB individua altresì i criteri per stabilire l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione, costituita dalla struttura più ampia cui appartiene la società stessa e che si avvale della medesima denominazione o attraverso la quale vengono condivise risorse professionali, e comprendente comunque le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo; determina le caratteristiche degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l’indipendenza della società di revisione; stabilisce le forme di pubblicità dei compensi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete hanno percepito, distintamente, per incarichi di revisione e per la prestazione di altri servizi, indicati per tipo o categoria. Può stabilire altresì prescrizioni e raccomandazioni, rivolte alle società di revisione, per prevenire la possibilità che gli azionisti di queste o delle entità appartenenti alla loro rete nonché i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le medesime intervengano nell’esercizio dell’attività di revisione in modo tale da compromettere l’indipendenza e l’obiettività delle persone che la effettuano.
1-ter. La società di revisione e le entità appartenenti alla rete della medesima, i soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo non possono fornire alcuno dei seguenti servizi alla società che ha conferito l’incarico di revisione e alle società da essa controllate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo:
a) tenuta dei libri contabili e altri servizi relativi alle registrazioni contabili o alle relazioni di bilancio;
b) progettazione e realizzazione dei sistemi informativi contabili;
c) servizi di valutazione e stima ed emissione di pareri pro veritate;
d) servizi attuariali;
e) gestione esterna dei servizi di controllo interno;
f) consulenza e servizi in materia di organizzazione aziendale diretti alla selezione, formazione e gestione del personale;
g) intermediazione di titoli, consulenza per l’investimento o servizi bancari d’investimento;
h) prestazione di assistenza legale;
i) altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati, in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva n. 84/253/CEE del Consiglio, del 10 aprile 1984, in tema di indipendenza delle società di revisione, dalla CONSOB con il regolamento adottato ai sensi del comma 1.
1-quater. L’incarico di responsabile della revisione dei bilanci di una stessa società non può essere esercitato dalla medesima persona per un periodo eccedente sei esercizi sociali, nè questa persona può assumere nuovamente tale incarico, relativamente alla revisione dei bilanci della medesima società o di società da essa controllate, ad essa collegate, che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, neppure per conto di una diversa società di revisione, se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente.
1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, i soci, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano, nè possono prestare lavoro autonomo o subordinato in favore delle medesime società, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere soci, amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93.
1-sexies. Coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, direttori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso una società non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima società nè delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano, se non sia decorso almeno un triennio dalla cessazione dei suddetti incarichi o rapporti di lavoro.
1-septies. La misura della retribuzione dei dipendenti delle società di revisione che partecipano allo svolgimento delle attività di revisione non può essere in alcun modo determinata, neppure parzialmente, dall’esito delle revisioni da essi compiute nè dal numero degli incarichi di revisione ricevuti o dall’entità dei compensi per essi percepiti dalla società.
1-octies. La violazione dei divieti previsti dal presente articolo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro irrogata dalla CONSOB»;
d) all’articolo 161, comma 4, le parole: «a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile» sono sostituite dalle seguenti: «o avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali, comprensiva della garanzia per infedeltà dei dipendenti, per la copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa è stabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori parametri da essa eventualmente individuati con regolamento»;
e) all’articolo 162:
1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nello svolgimento di tale attività, la CONSOB provvede a verificare periodicamente e, comunque, almeno ogni tre anni l’indipendenza e l’idoneità tecnica sia della società, sia dei responsabili della revisione»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Nell’esercizio della vigilanza, la CONSOB:
a) stabilisce, sentito il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali, i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione;
b) può richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini;
c) può eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai membri degli organi di controllo e dai dirigenti della società di revisione»;
3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Le società di revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito, comunicano alla CONSOB i nomi dei responsabili della revisione entro dieci giorni dalla data in cui essi sono stati designati»;
f) all’articolo 163:
1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:
«1. La CONSOB, quando accerta irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, tenendo conto della loro gravità, può:
a) applicare alla società di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a cinquecentomila euro;
b) intimare alle società di revisione di non avvalersi nell’attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;
c) revocare gli incarichi di revisione contabile ai sensi dell’articolo 159, comma 6;
d) vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a tre anni.
1-bis. Quando l’irregolarità consista nella violazione delle disposizioni dell’articolo 160, l’irrogazione della sanzione prevista dal comma 1-octies del medesimo articolo non pregiudica l’applicabilità dei provvedimenti indicati nel comma 1 del presente articolo nei riguardi della società di revisione»;
2) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«c-bis) la violazione attiene al divieto previsto dall’articolo 160, qualora risulti la responsabilità della società. In tutti i casi, la CONSOB comunica i nomi dei soci o dei dipendenti personalmente responsabili della violazione al Ministro della giustizia, il quale ne dispone la cancellazione dal registro dei revisori contabili con il procedimento previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88»;
g) all’articolo 164, comma 2, è premesso il seguente periodo: «La società di revisione deve rispondere per danni accertati sul suo operato sino a un importo pari a dieci volte il corrispettivo percepito per l’incarico di revisione riferito al singolo bilancio oggetto di revisione ovvero sino a un importo pari al 20 per cento del capitale sociale della società di revisione qualora tale parametro risulti superiore al precedente.»;
h) all’articolo 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. La società incaricata della revisione contabile della società capogruppo quotata è interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. A questo fine, essa riceve i documenti di revisione dalle società incaricate della revisione contabile delle altre società appartenenti al gruppo; può chiedere alle suddette società di revisione o agli amministratori delle società appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonchè procedere direttamente ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime società. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata»;
i) nella parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, dopo l’articolo 165 è aggiunto il seguente:
«Art. 165-bis. - (Società che controllano società con azioni quotate). – 1. Le disposizioni della presente sezione, ad eccezione dell’articolo 157, si applicano altresì alle società che controllano società con azioni quotate e alle società sottoposte con queste ultime a comune controllo.
2. Alla società incaricata della revisione contabile della società capogruppo si applicano le disposizioni dell’articolo 165, comma 1-bis.
3. La CONSOB detta con regolamento disposizioni attuative del presente articolo, stabilendo, in particolare, criteri di esenzione per le società sottoposte a comune controllo, di cui al comma 1, che non rivestono significativa rilevanza ai fini del consolidamento, tenuto conto anche dei criteri indicati dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127».
EMENDAMENTI
18.1
CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Improcedibile
Al comma 1, premettere i seguenti commi:
«01. È istituito presso la CONSOB il Comitato di garanzia delle attività di revisione contabile, di seguito denominato «Comitato». Il Comitato è costituito da cinque componenti, scelti tra professori ordinari di materie giuridiche o economiche ovvero tra specialisti della materia iscritti all’ordine degli avvocati, o all’albo dei dottori commercialisti e dei revisori contabili, con almeno venti anni di comprovata esperienza professionale, di cui:
a) due designati dalla CONSOB;
b) uno designato dalla associazione di categoria più rappresentativa delle società per azioni;
c) uno designato dalla associazione di categoria più rappresentativa dei gestori di fondi mobiliari e di gestioni patrimoniali;
d) uno designato dalle società di revisione iscritte all’albo di cui all’articolo 161 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
02. Il Comitato elegge un presidente, scelto tra i componenti designati dalla CONSOB. Ciascun componente dura in carica cinque anni e non è immediatamente rieleggibile. In sede di prima costituzione, i componenti sono designati dalla CONSOB e durano in carica tre anni.
03. Al fine di assicurare l’effettività e l’efficacia della vigilanza sull’attività di revisione contabile, il Comitato di cui al comma 1 svolge le seguenti funzioni:
a) approva le deliberazioni di conferimento ovvero revoca degli incarichi di revisione adottate dalle assemblee dei soci ai sensi dell’articolo 159 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come sostituito dall’articolo 10 della presente legge;
b) svolge attività consultiva a favore della CONSOB, in sede di adozione di disposizioni regolamentari in materia di revisione contabile;
c) stabilisce ogni due anni, sulla base dei criteri definiti con apposito regolamento dalla CONSOB, i profili tariffari applicabili dalle società di revisione, approvati dalla CONSOB stessa con apposito provvedimento.».
18.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 1, premettere il seguente:
«01. Presso la CONSOB è istituito l’Albo delle società di revisione di cui all’articolo 161 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Le società quotate in borsa individuano la società di revisione all’interno dell’Albo di cui al primo periodo e ne danno comunicazione all’Autorità; l’Autorità autorizza preliminarmente il ricorso alla società di revisione indicata dalla società quotata in borsa. Qualora l’Autorità negli motivatamente l’autorizzazione di cui alla lettera a-bis, contestualmente individua un’altra società di revisione e ne dà comunicazione alla società quotata. Le società di revisione possono svolgere la loro attività presso la medesima società quotata in borsa per un periodo massimo di tre anni consecutivi. Trascorso tale periodo, le società di revisione non possono ricevere ulteriori incarichi dalla medesima società per il successivo triennio.
Conseguentemente, al comma 1, sopprimere le lettere a) e b).
18.2
COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:
«b) l’articolo 159 è sostituito dal seguente:
"Art. 159. - (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea conferisce, in occasione dell’approvazione del bilancio, su proposta del collegio sindacale, l’incarico di revisione del bilancio d’esercizio e del bilancio consolidato a una società di revisione iscritta nell’albo speciale di cui all’articolo 161. La deliberazione è trasmessa alla CONSOB. In caso di inerzia da parte dell’assemblea, la CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico.
2. Il corrispettivo spettante alla società di revisione è stabilito dal collegio sindacale sulla base dei profili tariffari definiti ogni biennio con apposito provvedimento della CONSOB.
3. L’incarico conferito alla società di revisione dura cinque esercizi e non può essere immediatamente rinnovato.
4. L’assemblea può chiedere alla CONSOB, con istanza motivata e previo parere del collegio sindacale, l’autorizzazione a revocare l’incarico alla società di revisione, quando ricorra una giusta causa.
5. Alle deliberazioni previste dal comma 1 adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni quotate si applica l’articolo 2469 del codice civile.
6. In caso di revoca dell’incarico l’attività di revisione contabile continua a essere esercitata dalla società di revisione revocata fino a quando non acquista efficacia il conferimento del nuovo incarico.
7. La CONSOB stabilisce con regolamento:
a) le linee e i principi contabili cui l’attività di revisione deve attenersi;
b) i criteri per la determinazione delle tariffe applicabili dalle società di revisione;
c) le misure di incentivazione all’ingresso di nuove società nel mercato della revisione, anche attraverso il riconoscimento, ai fini dell’ammissione all’albo di cui all’articolo 161, di titoli individuati in sede comunitaria per l’attività di certificazione;
d) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni di cui al comma 1 e le modalità e i termini di trasmissione".»
18.201
PASQUINI, TURCI, MACONI, CHIUSOLI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera b) capoverso «Art. 159», sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. L’assemblea, in occasione dell’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, previo parere vincolante assunto all’unanimità dall’organo di controllo, conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato a una società di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 determinandone il compenso. La CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico, quando esso non sia deliberato, determinandone anche il corrispettivo».
18.202
CANTONI
Respinto
Al comma 1, lettera b) «Art. 159», comma 1, sostituire le parole: previo parere del collegio sindacale» con le seguenti: «previo parere vincolante dell’organo di controllo e, per le società di cui all’articolo 165, comma 1, anche previo parere favorevole della società di revisione della società capogruppo. La Consob stabilisce con regolamento i criteri generali, le modalità e i termini per l’espressione del parere della società incaricata della revisione della società capogruppo quotata; con lo stesso regolamento la Consob stabilisce le deroghe alla durata dell’incarico di revisione per le società appartenenti a gruppi di cui facciano parte società quotate».
18.10
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, lettera b), capoverso «Art. 159», comma 5, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: «, e la loro esecuzione rimane sospesa fino alla scadenza delle facoltà attribuite alla CONSOB dal presente articolo».
18.14
FABBRI
Approvato
Al comma 1, lettera c), comma 1-ter, lettera h), sostituire le parole: «assistenza legale» con le seguenti: «attività di difesa giudiziale».
18.203
CICOLANI
Sost. id. em. 18.14
Al comma 1, lettera c), capoverso 1-ter, lettera h), sostituire le parole: «assistenza legale» con le seguenti: «attività di difesa giudiziale».
18.204
IERVOLINO, DANZI
Sost. id. em. 18.14
Al comma 1, lettera c), capoverso 1-ter, lettera h), sostituire le parole: «assistenza legale» con le seguenti: «difesa giudiziale».
18.19
FABBRI
Respinto
Al comma 1, lettera c), sostituire il comma 1-quinquies con il seguente:
«1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate o che la controllano, se non sia decorso almeno un anno dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93».
18.205
IERVOLINO, DANZI
Id. em. 18.19
Al comma 1, lettera c), sostituire il capoverso 1-quinquies con il seguente:
«1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate o che la controllano, se non sia decorso almeno un anno dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93».
18.206
CICOLANI
Respinto
Al comma 1, lettera c), capoverso 1-quinquies, sopprimere le parole:«ad essa collegate» ovunque ricorrano e le parole: «né possono prestare lavoro autonomo o subordinato».
18.700
I RELATORI
Approvato
Al comma 1, lettera e), numero 2), capoverso 2, lettera a), sostituire le parole: «sentito il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali» con le seguenti: «sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili».
18.207
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 1, lettera f), numero 1), capoverso comma 1, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
«d-bis) disporre la cancellazione dall’albo della società di revisione».
18.20
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI
Respinto
Al comma 1, lettera f), dopo il comma 1-bis inserire i seguenti:
«1-ter. La CONSOB, in caso di fondato sospetto della presenza di irregolarità di cui al comma 1, può in via cautelare, adottare i provvedimenti di cui al medesimo comma 1, lettere b) e d), nonché sospendere lo svolgimento da parte di una società di uno o più degli incarichi di revisione contabile ad essa affidati, per un periodo non superiore a dodici mesi.
1-quater. Il provvedimento di revoca di cui alla lettera c) del comma 1, ovvero il provvedimento di sospensione cautelare di cui al comma precedente è notificato alla società di revisione e comunicato immediatamente alla società interessata con l’invito a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione».
18.208
NOCCO
Respinto
Al comma 1, sopprimere la lettera g), e dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
«1-bis. Il comma 2, dell’articolo 2407 del codice civile è sostituito dal seguente:
"Essi, nei limiti di dieci volte il corrispettivo conseguito per l’incarico, sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica"».
18.209
BUCCIERO, BONGIORNO, DE CORATO, COZZOLINO, SPECCHIA, BOBBIO LUIGI, CURTO, NOCCO, GENTILE, IZZO
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
18.210
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
18.211
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Al comma 1, lettera i), capoverso «Art. 165-bis», comma 3, dopo le parole: «comma 1», aggiungere le seguenti: «in aggiunta a quelli già individuati dai decreti di cui all’articolo 167, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 18
18.0.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Dopo l’articolo 18, aggiungere il seguente:
«Art. 18-bis.
1. È istituita, per la durata di cinque anni dalla sua costituzione, una Commissione bicamerale di inchiesta sul credito e il risparmio con i poteri dell’autorità giudiziaria.
2. La Commissione è composta da dieci senatori e dieci deputati nominati dai Presidenti della Camera e del Senato su designazione dei gruppi parlamentari in rapporto alla loro consistenza.
3. Il Presidente della Commissione è nominato tra i componenti delle forze politiche di minoranza parlamentare.
4. La Commissione:
a) valuta e monitora gli andamenti delle politiche creditizie e del risparmio sul territorio nazionale;
b) ha potere di indagine sui soggetti preposti alla politica creditizia e alla raccolta del risparmio;
c ha il potere di richiedere qualsivoglia documento ai soggetti variamente interessati, ritenuto utile alla conoscenza dei fatti e alle indagini in corso o da intraprendere;
d) ha il potere di convocazione e interrogazione di tutti coloro che siano ritenuti utili allo svolgimento dei propri compiti istituzionali;
e) ha potere di indirizzo e verifica sulle concentrazioni bancarie sul territorio nazionale.
5. I membri della Commissione sono vincolati al segreto».
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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879a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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GIOVEDÌ 6 OTTOBRE 2005
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Presidenza del vice presidente FISICHELLA, indi del presidente PERA
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 10,07)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.
Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 18.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 18.209, identico all'emendamento 18.210.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, richiamando la discussione di ieri sera, vorrei ricordare che avevo tentato una conciliazione fra l'articolato proposto dalle Commissioni riunite, sul quale ci siamo notevolmente impegnati con una riflessione approfondita, e le esigenze espresse dal senatore Bucciero, interprete di uno stato d'animo e di un orientamento indubbiamente presenti nel Paese e nel Parlamento.
Poiché le Commissioni avevano individuato delle soglie, mi permetto di suggerire al senatore Bucciero e ai relatori, che naturalmente dovranno fare propria la mia proposta, di elevare le soglie indicate sostituendo alle parole: «dieci volte i compensi» le altre: «venti volte i compensi» e sostituendo l'espressione: «20 per cento del capitale sociale» con l'altra: «50 per cento del capitale sociale».
Mi sembra un giusto punto di equilibrio tra le due esigenze e quindi invito l'Aula, maggioranza e opposizione, a prendere in considerazione tale proposta.
PRESIDENTE. Colleghi, proporrei di procedere nel seguente modo. Gli emendamenti 18.209 e 18.210 sono soppressivi e quindi, se non vengono formalmente ritirati, dobbiamo votarli.
E' stato poi presentato dal relatore, senatore Eufemi, un nuovo emendamento, il 18.800, che invito il presentatore ad illustrare. Vedremo in seguito se sussisteranno le condizioni affinché siano ritirati i due emendamenti precedenti.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, credo debbano essere spese alcune parole a chiarimento di quanto avvenuto e di quanto affermato ieri sera.
Il problema della responsabilità civile illimitata delle società di revisione ha assunto una rilevanza notevolissima in quanto non si trovano più sul mercato compagnie assicurative disposte a vendere polizze per danni da responsabilità civile delle società di revisione. Di fatto queste ultime rispondono ora con il proprio patrimonio. Detto questo, in tale situazione c'è il rischio concreto e non remoto che anche le società di revisione fino ad oggi sopravvissute possano scomparire, come è accaduto alla Arthur Andersen negli Stati Uniti alcuni anni fa (tra l'altro si trattava di una multinazionale).
Il persistere di tale situazione non è a protezione del risparmio pubblico, obiettivo verso il quale, invece, l'intero disegno di legge è improntato; quindi dobbiamo privilegiare l'obiettivo di tutelare effettivamente il risparmio pubblico. Ho ricordato proprio ieri il Parlamento europeo: nello specifico, la Commissione dovrà presentare una relazione sull'impatto che la normativa nazionale vigente in materia di responsabilità, nel contesto dello svolgimento di revisioni legali dei conti, esercita sui mercati europei dei capitali e sulle condizioni di assicurazione per i revisori legali e le imprese di revisione contabile.
Ho pertanto presentato al riguardo un emendamento che aumenta considerevolmente la soglia di responsabilità di tali società, considerati anche i maggiori compensi relativi alle maggiori società quotate, che non intendo ricordare. Ritengo che l'elevazione di tale soglia determini una maggiore responsabilità,che è quanto vogliamo, così come fa l'intero articolo 18 del disegno di legge.
Per tali ragioni, signor Presidente, mantengo il parere contrario sull'emendamento 18.209, che ha come primo firmatario il senatore Bucciero, mentre rivolgo ai presentatori l'invito a convergere sul mio emendamento 18.800.
PRESIDENTE. Invito la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'emendamento testé presentato dal relatore.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, vorrei innanzi tutto sapere se il senatore Bucciero intende aderire a questa nuova formulazione oppure se è ancora di parere contrario.
E' stato infatti sensibilmente incrementato l'ammontare del rischio effettivamente ottenibile, nel senso che viene commisurato al 50 per cento del capitale. Dunque, cambia sensibilmente il valore economico. Peraltro, come ho detto ieri, il Governo non intende in alcun modo limitare la responsabilità delle società di revisione, cercando, al contrario, di rendere oggettiva la possibilità di conseguire il risarcimento in modo tale che le sentenze non siano rese inutilmente e non finiscano per essere solo tanti bei quadri da appendere alle pareti.
Vorrei, pertanto, che si realizzasse in questa Assemblea un'adesione ad una proposta condivisa sul progetto comune di far sì che i danneggiati possano conseguire il ristoro lungi - lo ribadisco - dall'idea di limitare la responsabilità di coloro che provocano danno.
Comunque, su questa ipotesi o su altre che dovessero essere formulate, anche per un importo innalzato al 20 per cento rispetto a quello indicato, mi rimetto all'Aula.
PRESIDENTE. Per dare un certo ordine ai nostri lavori, darò ora la parola all'altro relatore, senatore Semeraro. Dopodiché il senatore Bucciero e la senatrice De Petris diranno se intendono mantenere o ritirare i loro emendamenti 18.209 e 18.210. Infine, daremo spazio agli interventi - se ci saranno - sull'emendamento proposto dalsenatore Eufemi.
Ha pertanto facoltà di parlare il senatore Semeraro.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, l'emendamento 18.800, su cui pure si era convenuto nelle Commissioni riunite, non è stato mai formalmente accolto ed è sempre stato rimesso alla possibilità di una discussione approfondita nel corso dei lavori dell'Aula.
Ho molto riflettuto sulla questione e la debbo ringraziare per la soluzione adottata ieri sera di interrompere i lavori, perché ciò ha consentito un approfondimento che ritengo estremamente utile per individuare la migliore soluzione possibile della problematica.
Ritengo - e di questo sono convinto - che una limitazione della responsabilità di queste società comporti una violazione di carattere costituzionale per due ordini di ragioni. Innanzitutto, perché verrebbe ad essere preventivamente limitata l'entità del risarcimento, e questo non esiste in alcun punto del nostro ordinamento giuridico; d'altra parte, non può neppure esistere perché sarebbe una forte menomazione del diritto di colui che deve ottenere il risarcimento.
Peraltro, una limitazione di tal genere comporterebbe una disparità di trattamento tra queste società e le altre società di professionisti e, in genere, gli altri professionisti, in riferimento ai quali un limite della propria esposizione risarcitoria non esiste.
Forse, sotto il profilo emotivo, in un primo momento si è pensato alla possibilità che individuare una forma di responsabilità illimitata - che poi è quella che esiste dappertutto - potesse costituire un pericolo ai fini dell'assicurazione del rischio.
Credo che neppure in riferimento a questo punto di vista la questione possa essere condivisa, perché ogni assicurazione, nel momento in cui va a coprire un rischio qualsiasi, pone un massimale, per cui, pur di fronte all'individuazione di una responsabilità illimitata, la compagnia di assicurazione potrebbe offrire la propria disponibilità ad una copertura assicurativa fino ad un certo limite, come avviene in ogni situazione e dappertutto.
Allora, esaminato sotto questo profilo e tenuto conto, peraltro, che un emendamento limitativo della responsabilità sostanzialmente uguale a quello di cui oggi trattiamo è stato respinto, mi sembra, da tutti i Gruppi politici alla Camera dei deputati, credo che una limitazione del genere non possa assolutamente essere condivisa e che si debba indirizzare la scelta nel senso di ritenere la sussistenza di una responsabilità illimitata.
D'altra parte, se l'aumento del limite di responsabilità può essere ritenuto un maggior richiamo di responsabilità per coloro che svolgono l'attività, ancor maggiore è il richiamo ove si dovesse considerare la responsabilità illimitata, ragion per cui ciò va ancor di più nella direzione in cui vogliamo procedere, ossia quella di tutelare al massimo le esigenze del risparmio e dei risparmiatori. (Applausi dal Gruppo AN).
PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori degli emendamenti 18.209 e 18.210 se accolgono l'invito al ritiro.
BUCCIERO (AN). Signor Presidente, mantengo l'emendamento e intendo motivarne le ragioni, anche perché ieri sera, dopo il mio intervento a difesa dell'emendamento che mi vede primo firmatario e che tende a sopprimere la norma introdotta in Commissione, ero veramente amareggiato e indignato con me stesso essendomi reso conto che, sia in Aula, che fuori dall'Aula subito dopo il termine della seduta, non ero stato evidentemente capace di spiegare le ragioni che supportano il mio emendamento.
Mi riferisco a quella norma che - come è stato ricordato - alla Camera è stata respinta da tutti i Gruppi - da Alleanza Nazionale a Rifondazione Comunista - e che, contro ogni principio della nostra legislazione, consentirebbe in sostanza a chi produce un danno di non risarcirlo, se non in minima parte o simbolicamente. Dico "simbolicamente" perché anche l'emendamento del senatore Eufemi che aumenta il risarcimento dal 20 al 50 per cento è simbolico, giacché nessuno ci dice quanto siano ponderosi i capitali di queste società; so che sono capitali molto scarsi, quindi anche il 50 per cento non rappresenta nulla.
Dicevo che si produce un danno, che non si può risarcire per legge, con la naturale conseguenza che le vittime non avranno alcun altro mezzo per ottenere soddisfazione, ma soprattutto con la conseguenza di permettere ai revisori di continuare a sbagliare avendo eliminato la loro responsabilità patrimoniale, che considero l'unico vero disincentivo alle negligenze, alle incapacità, al pressappochismo, quando addirittura non si tratti di vere e proprie collusioni.
Ieri sera in Aula ho sentito anche le ragioni degli sponsor di questa norma che intendo sopprimere. È doveroso ricordare che, se è vero, come è vero, che i bilanci di Cirio, Parmalat, Giacomelli, Finpart - tanto per ricordare solo alcuni recenti scandali - erano tutti muniti di certificazioni incondizionate, ciò vuol dire che i signori della revisione hanno completamente fallito nell'assolvimento dei compiti che la legge ha inteso attribuire loro. Allora, se in regime di totale responsabilità patrimoniale costoro hanno sbagliato per incapacità, come si fa a sostenere che limitandone la responsabilità patrimoniale le società di revisione sarebbero incentivate, per esempio, ad avvalersi di personale più competente?
Se si è trattato di negligenza, di scarsa competenza, o di dubbia professionalità, non è certo limitandone la responsabilità che le società sarebbero incentivate a richiamare i propri rappresentanti all'esercizio di una maggiore attenzione. Se, invece, si fosse trattato di collusione, la limitazione della responsabilità avrebbe il significato di un vergognoso colpo di spugna per malefatte passate e un salvacondotto per malefatte future. Non mi sembra affatto convincente la spiegazione che alle società di revisione dovrebbe essere riconosciuta per legge una limitazione della responsabilità per permettere loro di ottenere coperture assicurative a costi contenuti.
Il costo delle coperture assicurative varia, come è noto a tutti, al variare della misura del massimale, ma soprattutto in funzione dell'affidabilità del soggetto assicurato, vale a dire della sua capacità più o meno elevata di non provocare sinistri.
Vorrei fare un esempio che credo utile a tutti perché tutti, o quasi, guidiamo l'automobile: se guidando provoco un incidente per mia colpa l'assicurazione risarcisce… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente)… i danni da me provocati entro i limiti del massimale; se il massimale non è sufficiente, devo rispondere con il mio patrimonio per i danni ulteriori. Ma se provoco un incidente dietro l'altro, perché non so guidare, perché sono disattento o perché sono un imbroglione che truffa le assicurazioni, qualcuno in quest'Aula voterebbe una legge che mi consenta di continuare a guidare, di pagare poco la polizza assicurativa e di non avere contraccolpi sul mio patrimonio?
A parte ogni altra considerazione anche di natura giuridica, che senso ha il fatto che questo Parlamento abbia varato leggi che estendono alle persone giuridiche la responsabilità penale fino ad allora circoscritta alle persone fisiche? Tanto per essere ancora più chiari, considerato che alcune delle clamorose vicende cui prima ho fatto cenno hanno comportato la distruzione dei risparmi degli obbligazionisti, di posti di lavoro, di crediti di fornitori, di crediti delle banche (alcune banche sono oggetto di indagine da parte della magistratura che deciderà se abbiano o meno correttamente operato), riesce ad immaginare l'onorevole Sottosegretario quale reazione ci sarebbe stata in quest'Aula, e fuori di essa, se, per esempio, la lobby delle banche si fosse azzardata a proporre un emendamento che ne circoscrivesse la responsabilità patrimoniale ad un multiplo delle commissioni percepite per il collocamento delle famose obbligazioni che ora sono cartastraccia, perché le società fallite non sono oggi in grado di rimborsare i risparmiatori?
E allora, onorevole Sottosegretario, mi spieghi perché il Parlamento italiano dovrebbe considerare proponibile e accettabile una limitazione della responsabilità patrimoniale dei revisori proprio mentre il loro comportamento è al vaglio della magistratura civile e penale, al contrario di quanto ha fatto il Parlamento europeo, dove risulta che il Consiglio abbia bocciato senza riserve questa scandalosa ipotesi.
Il collega relatore, senatore Eufemi, ieri sera ha affermato che l'Unione Europea ha raggiunto un accordo nel senso di limitare la responsabilità dei revisori. Devo invece smentirlo, oppure lo invito a smentire quanto «Il Sole 24 Ore» ha riferito, e cioè che tale accordo è mancato per la ferma opposizione del Consiglio e della Commissione.
Infine, torno ad invitare il Sottosegretario a spiegarmi quale contraddizione è rilevabile tra quanto ha detto il ministro Giovanardi, che ieri ho citato testualmente, e quanto oggi viene sostenuto dallo stesso Sottosegretario.
In conclusione, voglio ricordare che stiamo varando una legge a tutela del risparmio e quindi dei risparmiatori, non una legge a tutela di chi ha danneggiato i risparmiatori stessi. (Applausi dei senatori Specchia e Morselli).
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Capisco il tentativo del relatore Eufemi di proporre un nuovo emendamento teso ad elevare il limite, ma non posso aderire all'invito a ritirare il mio emendamento 18.210. Capirete infatti, sulla base di un'affermazione di principio, che stabilire per legge il limite della responsabilità civile solo per alcune società, quelle di revisione, è un precedente grave soprattutto perché avviene nel corso di una serie di procedimenti. Ci assumeremmo una responsabilità grave nel confermare decisioni prese dalle Commissioni. Per questo motivo, non intendo ritirare l'emendamento.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 18.209, presentato dal senatore Bucciero e da altri senatori, identico all'emendamento 18.210, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
E' approvato.
PASTORE (FI). Chiediamo la controprova.
PRESIDENTE. Non mi pare ve ne sia la necessità, ma poiché vi sono divisioni all'interno di alcuni Gruppi parlamentari, procediamo alla controprova.
PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.
È approvato.
A seguito della precedente votazione, risulta pertanto precluso l'emendamento 18.800.
Metto ai voti l'emendamento 18.211, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 18, nel testo emendato.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 18.0.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 19, su cui sono stati presentati emendamenti e un ordine del giorno che invito i presentatori ad illustrare.
D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, in discussione generale ho illustrato abbastanza in dettaglio gli emendamenti presentati assieme al senatore Dini sulla riforma complessiva della governance della Banca d'Italia: un intervento più radicale, più generale di quello previsto nell'emendamento del Governo.
Ora intervengo su un dubbio che mi sembra cominci a serpeggiare: non vorrei che qualcuno credesse, anche in buona fede, alla bubbola che il Governo ci sta raccontando su tale questione. Sostanzialmente la tesi del Governo è articolata su due affermazioni: la prima, ormai ufficializzata in Aula dall'allora Ministro dell'economia (sappiamo come la pensa il nuovo), fatta propria dal Presidente del Consiglio (dobbiamo quindi presumere che sia la tesi del Governo), per cui la presenza in carica del Governatore della Banca d'Italia produce danni alla credibilità del Paese e dunque alla economia nazionale.
Un'affermazione categorica, drastica, molto rilevante. Un Governo che non si occupasse di questo verrebbe meno alla funzione cui è chiamato. La seconda affermazione del Governo - ecco la falsità - è dire che la pensa così, ma che, oltre a dirlo, nulla può fare! La disciplina comunitaria, in particolare lo speciale statuto di autonomia riconosciuto ai banchieri centrali dallo statuto della BCE e dallo stesso Trattato dell'Unione, impedisce al Governo, insomma, di procedere oltre. Il Governo non è in condizione di far cessare una situazione che produce un danno all'economia nazionale: questa è la tesi che il Governo stesso sta sostenendo.
Ebbene, questa tesi è semplicemente falsa e il Governo vi sta ricorrendo per evitare al proprio interno le divisioni che si genererebbero ove procedesse a fare quello che non solo può, ma - considerata l'affermazione del Governo medesimo a proposito della produzione di un danno all'economia nazionale - deve fare, proprio in base alle sue stesse affermazioni.
Provo ad argomentare velocemente questa tesi.
Com'è noto, il punto di partenza è il parere che il Consiglio direttivo della Banca centrale europea espresse l'11 maggio del 2004 sulla iniziale proposta di riforma avanzata dall'allora e nuovamente ministro dell'economia e delle finanze Tremonti. In quel parere, il Consiglio della BCE affermò che se per il Governatore in carica si fosse passati da un mandato a tempo indeterminato ad uno a tempo determinato, sarebbe stato allora necessario garantire al Governatore in carica una durata ulteriore almeno pari a cinque anni.
Questa tesi è discutibile innanzitutto in quanto si potrebbe argomentare diversamente, sostenendo che si dovrebbe garantire al Governatore complessivamente almeno il tempo minimo previsto dallo statuto della BCE; soprattutto il Governo omette di dire che questa non è la tesi del giudice, ma quella di una parte.
Non so se è chiaro che chiamato a giudicare della faccenda non è il Consiglio della BCE, bensì la Corte di giustizia dell'Unione o il Tribunale di primo grado e poi la Corte d'appello. Ciò significa che in un eventuale procedimento relativo alla legittimità di una decisione diversa da quella affermata nel parere della BCE, quest'ultima avrebbe la facoltà di intervenire come parte proponendo il ricorso alla Corte di giustizia. Non ci troviamo, quindi, né di fronte al parere del giudice chiamato a decidere, né alla decisione, ma al cospetto di una opinione di una parte nell'ambito dell'eventuale procedimento che si innescherebbe. Prima questione.
Seconda questione. L'affermazione della BCE non sostiene che non possa essere sostituito il Governatore, bensì il Consiglio stesso afferma che, nel caso in cui con provvedimento di legge venisse sancito che il Governatore in carica non lo è più, ci troveremmo di fronte ad una revoca. Ciò non vuol dire che non si possa percorrere la strada della revoca, ma che la Corte di giustizia, qualora fosse chiamata a giudicare, ove la BCE o lo stesso Governatore in carica sollevassero la questione - ricordo che ciascun membro del Consiglio della BCE è titolare di un diritto d'accesso alla Corte - non dichiarerebbe improponibile, inaccettabile o nulla l'eventuale revoca, ma sarebbe tenuta a giudicare dell'esistenza o meno dei requisiti previsti per la revoca, così come disposti nello statuto della BCE medesima.
Ricordo che le condizioni per la revoca sono esattamente l'inadeguatezza allo svolgimento dell'incarico o la presenza di gravi colpe. Dopo il giudizio espresso dal Governo secondo cui la presenza del Governatore in carica produrrebbe addirittura un danno all'economia nazionale, mi sembrerebbe difficile che sulla base di quest'affermazione la Corte di giustizia potesse dichiarare che non esistono le condizioni previste dallo statuto della BCE in materia di revoca, laddove si parla espressamente di mancanza delle condizioni necessarie per lo svolgimento dell'incarico.
Pertanto, la strada della revoca è possibile ed è nella disponibilità del Parlamento e del Governo, anche semplicemente attraverso la disposizione di una norma che preveda che da questo momento cambia il criterio di governance e quindi cambia il Governatore. Non è affatto vero, in primo luogo, che il parere della BCE sia quello del giudice, bensì - ripeto - è quello di una parte; in secondo luogo, quello stesso parere non comporta affatto che la Corte debba giudicare, anche aderendo a quel parere, la nullità dell'eventuale norma di revoca, posto che in quel caso la Corte sarebbe chiamata a giudicare dell'esistenza dei requisiti per la revoca.
Terza questione. Deve essere chiaro a tutti che secondo la disciplina dell'Unione Europea (Trattato e Statuto) stabilire a chi spetti il parere di revoca e di nomina è esclusiva competenza della normativa nazionale; non esiste infatti una norma europea che affermi che la revoca, o la nomina, debbano essere disposte dal Consiglio superiore della Banca d'Italia. Il Governo potrebbe quindi addirittura, mediante un decreto-legge, prendere questa decisione, e così pure il Parlamento potrebbe indicare i criteri di revoca e di nomina, ad esempio adottando in materia la disciplina francese o quella olandese, o una qualunque disciplina che già la BCE abbia dichiarato compatibile con il Trattato nel momento in cui fu realizzato l'Euro.
A quel punto, il Parlamento ha prodotto (cosa ben possibile e che assolutamente non contraddirebbe la disciplina comunitaria) una norma che cambia i criteri di nomina e di revoca, così come, per esempio, proposti nell'emendamento Dini-D'Amico; una volta chiesto, com'è obbligatorio fare, il parere alla BCE su quella stessa norma (che - ripeto - nell'ipotesi non comporta affatto revoca ma semplicemente cambiamento dei criteri di nomina e di revoca, il che è esclusiva competenza della disciplina nazionale), adottandola, e una volta sancitane (e non ci sarebbe dubbio, da questo punto di vista) la compatibilità con la disciplina comunitaria il potere di revoca sarebbe disciplinato dalla nuova norma: nell'ipotesi che noi facciamo, dal procedimento complesso che vede la presenza di due terzi nelle Commissioni parlamentari permanenti; oppure come verrebbe disposto in questa norma.
Voglio dire con ciò che il Governo, dopo l'affermazione che esso stesso ha fatto, secondo la quale la permanenza dell'attuale Governatore in carica produce danni all'economia nazionale, non può continuare a nascondersi dietro l'altra affermazione, secondo la quale esso Governo, nulla può fare, se nulla si fa per rimuovere il danno all'economia nazionale affermato dallo stesso Governo e per esclusiva responsabilità e incapacità del Governo medesimo di risolvere le proprie contraddizioni interne, su questo come su altri temi.
MENARDI (AN). Ma cosa dici?
D'AMICO (Mar-DL-U). Ora siamo al punto - e concludo - nel quale esaminiamo nel merito gli emendamenti che rendono possibile la soluzione al problema che il Governo stesso denuncia: se su questi emendamenti continueranno, maggioranza e Governo, a tenere una posizione, per così dire, alla Ponzio Pilato, essi si assumeranno la responsabilità di produrre quel danno all'economia nazionale denunciato dallo stesso Presidente del Consiglio. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Verdi-Un, Misto-Pop-Udeur e Misto-SDI. Congratulazioni).
PRESIDENTE. Debbo ricordare ai colleghi di tutti i Gruppi che i loro tempi si stanno esaurendo. Il Gruppo della Margherita ha ora poco più di venti minuti, dopo questa interessantissima illustrazione del senatore D'Amico. Cercate, quindi, tutti di esercitare l'autocontrollo.
Procediamo dunque nell'illustrazione degli emendamenti.
GIARETTA (Mar-DL-U). Stia tranquillo, signor Presidente, perché il senatore D'Amico ha già trattato parte degli argomenti.
Abbiamo presentato una pluralità di emendamenti per migliorare il testo del Governo attorno a quattro assi: il mandato a termine; la collegialità e pubblicità delle decisioni; il trasferimento delle competenze sulla concorrenza all'Antitrust; l'introduzione di una norma transitoria che, rispettando l'autonomia della Banca d'Italia, assicuri il tempestivo incardinarsi dei nuovi assetti e di un nuovo Governatore.
Mi limito, tuttavia, ad illustrare le ragioni della presentazione dell'ordine del giorno G019.1, che tende ad affrontare il seguente problema: cosa fare di fronte ad un Governatore che si è arroccato - secondo noi senza alcuna sensibilità istituzionale - nella difesa di un personale potere che nulla ha a che fare con gli interessi della Repubblica, dell'economia e della collettività.
Si vedrà se vi sono stati comportamenti con responsabilità penali; certo, sono però accertati comportamenti peggio che inopportuni, contrari al decoro di una prestigiosa istituzione come la Banca d'Italia, una conduzione familistica in cui gli amici del Governatore erano più amici e più eguali degli altri soggetti che operano liberamente sul mercato.
Questi amici hanno dimostrato di agire con disinvoltura, con abuso di posizioni di mercato, false informazioni sociali e un lungo elenco di reati contestati, ed erano amici che non avevano la dimensione economica per agire per il miglioramento del sistema bancario italiano, erano i «furbetti del quartierino», come con felice espressione uno di loro si è definito.
Noi non ci rassegniamo al fatto che una prestigiosa istituzione come la Banca d'Italia sia soggetta ad un così forte discredito. Difendiamo un'idea e giudichiamo i fatti, e non subordiniamo questo giudizio alle opportunità di carattere partitico.
In quest'Aula risuonano ancora i giudizi durissimi espressi dal partito della Lega Nord nei confronti del Governatore, che sono cessati quando si è realizzato il salvataggio di una banca promossa dalla stessa Lega Nord: la Credit Euronord. Ciò basta per dare un giudizio di discredito sui comportamenti.
Il nostro ordine del giorno impegna il Governo a prendere un'iniziativa concreta, ossia una deliberazione del Consiglio dei ministri. È vero che il Presidente del Consiglio ha dichiarato: «A questo punto, la permanenza in carica del Governatore della Banca d'Italia non è più compatibile con la credibilità internazionale del nostro Paese», ma è altrettanto vero che, cinque minuti dopo (cinque minuti dopo!), un ministro, Calderoli, ha detto: «Sono valutazioni personali», e dieci minuti dopo un altro ministro, Giovanardi, ha affermato: «Le parole di Berlusconi non hanno valenza giuridica».
Allora, il Governo deliberi, accerti se ritiene cessato il rapporto di fiducia con il Governatore ed inviti, perciò, il Consiglio superiore della Banca d'Italia ad esprimersi, ai sensi dell'articolo 19 dello statuto e dell'articolo 14 dello statuto della Banca europea, sulla sussistenza o meno dei presupposti per la revoca.
Ognuno si assuma con chiarezza le proprie responsabilità di fronte al Paese. Questo richiede una Repubblica degna della sua tradizione e gelosa custode del proprio decoro internazionale. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U, DS-U, Misto-SDI e del senatore Michelini. Congratulazioni).
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, finalmente oggi siamo arrivati a discutere in quest'Aula della questione Banca d'Italia. Avremmo voluto affrontarla e giungere a dei risultati prima di questa estate. Avremmo voluto che nelle Commissioni si arrivasse davvero a ciò che era stato ipotizzato nelle varie discussioni sulla tutela del risparmio, ossia la riforma e il riassetto della governance della Banca d'Italia. Già in sede di Commissione anche alla Camera la nostra parte politica aveva introdotto gli elementi chiave per poter riuscire, una volta per tutte, a modificare l'assetto della Banca d'Italia.
Lo abbiamo fatto - come qualcuno ieri ha detto - per spirito di odio, nell'intento di attaccare questa istituzione? Assolutamente no, perché era evidente a tutti - e si era già visto durante le varie discussioni dopo i casi Cirio e Parmalat - che non era più sostenibile un sistema come l'attuale, praticamente unico in Europa, nell'ambito dell'adesione alla BCE, giacché l'altro sistema - quello danese - è vero che non prevede termini come il nostro, ma almeno pone il limite dei settant'anni di età. È evidente che anche per questo, per la debolezza strutturale con cui aveva funzionato lo stesso sistema di vigilanza sulla concorrenza della Banca d'Italia, era necessario intervenire.
Ebbene, non solo questo non si è fatto, ma la vicenda Banca d'Italia e i due partiti che si sono contrapposti (i fazisti e gli antifazisti) hanno addirittura condizionato il destino del disegno di legge in discussione, perché questo è quanto è avvenuto in questi due anni.
Oggi siamo arrivati al dibattito, in una situazione in cui tutti dichiarano, a cominciare dal Presidente del Consiglio, che ormai la vicenda Fazio mette a rischio costantemente e in modo irreparabile il nostro prestigio come Paese, però non si fa nulla.
Vorrei ricordare a tutti che, sebbene da molto tempo vi siano stati interventi della magistratura, ancora non si riesce a prendere una decisione chiara e definita sulla questione; decisione che non potrebbe essere altro che la revoca. Il Presidente del Consiglio ed il Governo non possono infatti presentare il nuovo ministro Tremonti quasi con un segnale di sfiducia a Fazio, e subito dopo tornare alle prese di distanza e alle dichiarazioni contrastanti, a dimostrazione che sul punto il Governo è diviso.
È questo il motivo per il quale non si fanno passi avanti. L'unico modo per andare avanti consiste nel mettere mano ad una riforma di sistema, applicandola immediatamente. Quando si realizza una riforma di sistema non si compie soltanto un atto specifico ma, a maggior ragione, si giustifica la necessità di cambiare il Governatore in carica. D'altronde, prima ancora delle dimissioni del ministro Siniscalco avevamo già visto cos'era accaduto in quest'Aula sul punto specifico con la replica del relatore, molto diversa dalla relazione del Ministro e dalla stessa replica del Governo.
La scorsa settimana abbiamo avuto una riconferma della fiducia al Governatore da parte del consiglio superiore della Banca d'Italia, guarda caso, proprio mentre veniva reso noto l'invio dell'avviso di garanzia. Ci troviamo di fronte al ritrarsi continuo e costante del Governo dalle proprie responsabilità.
Ha detto bene il senatore D'Amico quando ha affermato che non ci si può trincerare dietro i giudizi espressi dalla BCE. Infatti, quando il protocollo della BCE fornisce indicazioni sulla revoca del Governatore, non soltanto cerca in tutti i modi di impedire che gli atti di revoca possano rappresentare un'intrusione sull'autonomia dell'organo, ma indica anche in modo chiaro le condizioni per le quali si può procedere alla revoca. Ad essa si deve procedere non soltanto perché il Governatore non gode più della fiducia, ma anche per i suoi comportamenti che non corrispondono alle regole deontologiche dell'organo, oltre al fatto che sta mettendo a repentaglio le sorti del proprio Paese e non solo il suo personale prestigio. In sostanza, sta procurando dei danni.
Esistono pertanto le condizioni per la revoca. Il protocollo della BCE stabilisce che, nel momento in cui vi è una revoca, il Governatore può adire la Corte di giustizia. Quindi, come affermava giustamente il senatore D'Amico, il protocollo della BCE da una parte fornisce anche la possibilità al Governatore revocato dal suo incarico di presentare ricorso. Esistono dunque tutte le condizioni per assumere delle decisioni.
Vi è un ordine del giorno presentato dall'Unione e, se la maggioranza e il Governo intendono assumersi per una volta le proprie questa responsabilità, basterebbe che esprimessero un parere favorevole su di esso. Oltretutto la proposta di sistema che avanziamo (mandato a termine, collegialità e applicazione immediata delle nuove regole) implica che, nel momento in cui si modificano le regole relative alla governance della Banca d'Italia, il nuovo sistema intervenga immediatamente sul Governatore in carica.Quindi, nel momento stesso in cui vengono stabilite ed applicate nuove regole necessariamente si deve arrivare alla nomina di un nuovo Governatore. Manca dunque solo ed unicamente la decisione politica, che non c'è stata.
Il Governo e il Presidente del Consiglio continuano ad alzare le mani come se ci trovassimo ormai nell'impossibilità totale - stabilitada non si sa chi - di fare alcunché, quando invece tutti quanti avremmo voluto un gesto, benché minimo, da parte del Governatore. Questo - ripeto - non c'è stato e continua a non esserci. Pertanto, ritengo che l'Assemblea, ma prima ancora il Governo e la maggioranza, debba assumersene fino in fondo la responsabilità per il bene del nostro Paese. (Applausi dei senatori Ripamonti e Piatti).
TURCI (DS-U). Signor Presidente, intendo illustrare l'insieme degli emendamenti riferiti all'articolo 19 che vedono come primo firmatario il senatore Angius. Si tratta di emendamenti che portano la firma dei rappresentanti tutti i Gruppi dell'opposizione e quindi, al di là delle singole sfumature illustrate, racchiudono una linea complessiva di cui l'opposizione si fa interprete.
Rilevo subito un fatto positivo, cioè che ci troviamo finalmente a discutere di una proposta emendativa presentata dal Governo attinente alla Banca d'Italia, dal momento che nei mesi di discussione nelle Commissioni competenti del Senato la maggioranza ha sempre negato che vi fosse necessità di affrontare il tema "Banca d'Italia" nel disegno di legge per la tutela del risparmio. Dunque, quanto meno siamo riusciti ad inserire tale questione nel progetto che stiamo discutendo.
Ciò premesso, il testo presentato dal Governo contiene una serie di contraddizioni politiche che non ci fanno capire quale sia lo sbocco che l'Esecutivo intende dare a questa vicenda che ormai - come affermato poc'anzi dal senatore D'Amico - è diventata insostenibile.
Peraltro, con tutto il rispetto per la signora sottosegretario Armosino, faccio notare che l'assenza del ministro Tremonti è il dato politicamente più rilevante dal momento che già nella sua prima versione, e poi nella seconda di Ministro di ritorno, è stato l'esponente del Governo e della maggioranza che con più insistenza e più tenacia ha posto la questione del rapporto tra la crisi del risparmio e le responsabilità della Banca d'Italia.
Ora, il ministro Tremonti non può pensare di cavarsela con le sceneggiate di Washington e del Fondo monetario internazionale. Anzi, ritengo che quelle due sceneggiate, avvenute sotto gli sguardi dell'opinione pubblica internazionale, abbiano danneggiato ulteriormente il prestigio del nostro Paese e la nostra credibilità, senza farci compiere alcun passo avanti nella soluzione del problema Banca d'Italia.
L'assenza del ministro Tremonti di questa mattina ha peraltro un significato preciso: dopo tante dichiarazioni di guerra, ha deciso, al momento, di sotterrare l'ascia perché concentrato sulla legge finanziaria, nella quale ha seminato una serie di illusioni ottiche utili per la fine della legislatura e per la prossima campagna elettorale del centro-destra; pertanto - ripeto - deve concentrare la sua nuova capacità di fantasista politico sulla legge finanziaria, lasciando perdere il capitolo Banca d'Italia. È questo il significato dell'assenza del Ministro in Aula.
Venendo al merito del testo del Governo, esso contiene una serie di mancate risposte che sono significative di come il Governo non abbia nessuna capacità, o meglio nessuna volontà di trovare una soluzione.
Segnalo, dunque, i punti più portanti di divergenza rispetto al testo del Governo che vorremmo modificare.
La prima modifica è tesa ad estrapolare da questo testo il tema della proprietà delle quote della Banca d'Italia. A nostro avviso, aprire oggi questo capitolo nel modo improvvisato in cui il Governo lo ha proposto vuol dire complicare la situazione, generare una confusione di norme nel rapporto con il sistema bancario e aprire probabilmente un varco enorme nei conti dello Stato, senza risolvere un problema che al momento non è così urgente. Proponiamo, dunque, che il tema della proprietà delle quote sia stralciato e costituisca un apposito provvedimento.
Ci sono altri temi più urgenti, come l'antitrust, su cui il Governo tace. Per antitrust intendo il passaggio delle competenze in materia di concorrenza dalla Banca d'Italia all'Authority dell'antitrust.
Ci sono emendamenti anche di esponenti della maggioranza, come il senatore Cantoni, analoghi a quelli presentati da noi dell'opposizione e quindi confidiamo che su questo punto possa essere una convergenza tale da superare il silenzio del Governo e l'opposizione del relatore di maggioranza.
Con riferimento alla collegialità, il testo del Governo propone per la governance della Banca d'Italia una collegialità molto moderata, perché dice che il Governatore deve sentire il parere obbligatorio, ma non vincolante, del direttorio, parere che deve essere reso pubblico per le decisioni più rilevanti attinenti alla vigilanza, ma non è tenuto a conformarsi alle decisioni di maggioranza del direttorio.
La nostra proposta è che la Banca d'Italia abbia una governance collegiale a tutti gli effetti, come la CONSOB, l'Antitrust e altre Authority, e quindi si decida a maggioranza sulle questioni di maggior rilevanza per quel che riguarda le competenze della Banca d'Italia.
Per quanto concerne la nomina del Governatore della Banca d'Italia, il testo del Governo tace su come si dovrebbe nominare nel nuovo assetto. La proposta che noi avanziamo, limitatamente al Governatore e che non riguarda gli altri componenti del direttorio, è che tale nomina, come peraltro anticipato in un'intervista rilasciata questa estate dal professor Prodi, sia effettuata attraverso un'iniziativa promossa dal Governo, che abbia l'adesione dei tre quarti delle Commissioni parlamentari competenti e sia codificata con un decreto del Presidente della Repubblica. Secondo noi è il modo per dare più trasparenza e anche più accountability al ruolo del Governatore della Banca d'Italia.
Con riferimento alle norme transitorie, il Governo non dice nulla su cosa succederebbe nella Banca d'Italia il giorno che fosse approvato il suo emendamento. Questo è un punto decisivo. Il senatore D'Amico si è già soffermato a commentare e illustrare il parere dato dalla Banca centrale europea e dal suo presidente Trichet nei mesi scorsi e ripetuto nelle ultime settimane.
Vedo che nel nostro Paese - ho sentito al riguardo molti commenti da parte di esponenti della maggioranza e di una parte della stampa - si tende ad interpretare le opinioni espresse dal Presidente della Banca centrale europea in questi termini: se si fa una legge che cambia la governance della Banca d'Italia, il Governatore in carica deve restare almeno per altri cinque anni.
Attenzione: questa interpretazione è totalmente irragionevole ai sensi dello statuto della Banca centrale europea, che, come è noto, è frutto di un trattato comunitario. Tale statuto prevede che in nessun Paese della Unione Europea il Governatore può durare in carica meno di cinque anni.
Lasciamo stare il caso italiano, dove perla carica di Governatore non sono previsti limiti di tempo (infatti l'attuale Governatore è in carica da più di dodici anni), e prendiamo il caso di un Paese con un Governatore che per legge resta in carica cinque anni: se al quarto anno il Governo di quel Paese promuovesse la riforma della sua Banca centrale, secondo la lettura di comodo che si dà delle dichiarazioni di Trichet, dovrebbe garantire automaticamente altri cinque anni di carica al Governatore esistente che tuttavia ha già ricoperto la carica per quattro anni.
È evidente l'irragionevolezza di questa interpretazione dell'opinione del Presidente della Banca centrale europea. Se la prendessimo alla lettera, approvando questa legge dovremmo garantire al governatore Fazio oltre ai dodici anni e mezzo già compiuti, altra cinque anni di carica, cosa assolutamente improbabile e non sostenibile in termini di ragionevolezza.
Abbiamo presentato una norma transitoria molto chiara, che prevede che, una volta approvata la legge sul risparmio con la relativa riforma della governance della Banca d'Italia e della nomina del Govenatore, entro tre mesi la Banca d'Italia adegui il proprio statuto, per poi procedere al rinnovo degli organi considerando ai fini della loro durata il periodo di tempo già ricoperto, il che vorrebbe dire, nel caso del governatore Fazio, che dovremmo conteggiare i dodici anni e mezzo in cui ha già ricoperto l'incarico. Applicando i sette anni della proposta del Governo e nostra, rispetto ai dodici anni e mezzo già effettuati si avrebbe addirittura un superamento della durata dell'incarico di cinque anni e mezzo. È chiaro dunque che, con le nuove procedure, si dovrebbe andare automaticamente alla nomina del nuovo Governatore.
Questo è l'impianto correttivo e alternativo al testo del Governo che presentiamo, sottolineando però ancora una volta la contraddizione di carattere politico.
Sono critico, e l'ho detto in discussione generale, sull'atteggiamento assunto dal governatore Fazio e ritengo totalmente insostenibile il modo tetragono in cui egli resta attaccato al suo incarico senza prendere atto non solo delle dichiarazioni del Governo, ma anche del sentimento dell'opinione pubblica italiana e internazionale. Tuttavia, a questo punto, la responsabilità è tutta del Governo ed è inutile che continuiamo a polemizzare con il governatore Fazio: il problema si chiama "Berlusconi-Tremonti". (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
*PASSIGLI (DS-U). Signor Presidente, non ripeterò quanto già affermato dal senatore D'Amico circa la compatibilità con la disciplina comunitaria di una nuova normativa italiana in materia di nomina e revoca e, in particolare il suo chiaro riferimento alla competenza degli organi giurisdizionali comunitari e non della Banca centrale. Né ripeterò quanto detto dal senatore Turci: sono affermazioni che condivido pienamente entrambe.
Una nuova disciplina in materia di nomina e revoca è dunque sicuramente nella disponibilità di questo Parlamento. Ma quali i criteri da adottare?
Presidenza del presidente PERA (ore 11,05)
(Segue PASSIGLI). Il testo del Governo e la massima parte degli emendamenti presentati adottano il criterio della durata del mandato, limitandolo a sette anni, in armonia con quanto previsto da molte altre Banche centrali, e non prevedono la rinnovabilità di questo mandato, cosa che invece credo sia auspicabile. Se non prevedessimo una qualche flessibilità, e cioè la possibilità di un secondo mandato, dovremmo in retrospetto riconoscere che sarebbe stato giusto privarsi di grandi governatori come Menichella, come Carli, come il presidente Ciampi, che tutti hanno tenuto la loro carica per 12-15 anni. Ricordo che il governatore Greenspan è in carica, rinnovato ogni quattro anni, da quasi diciotto anni. Dunque, la rinnovabilità mi sembra un criterio necessario da introdurre affianco al principio del mandato al limite.
È necessario, però, prevedere anche un secondo criterio: l'età massima, che vi propongo di fissare a settant'anni. La motivazione degli emendamenti che ho presentato in tal senso è che l'introdurre un secondo criterio avrebbe il vantaggio di porre comunque termine entro pochi mesi al mandato del Governatore in carica, pur mantenendo per il futuro criteri di nomina e revoca flessibili e non condizionati dalla necessità contingente di porre fine al mandato di un Governatore che il Governo stesso giudica pregiudizievole per l'economia nazionale.
Credo si debba riflettere sulla necessità di adottare entrambi questi criteri, ponendo fine al mandato del governatore Fazio ma conservando la flessibilità di rinnovare il mandato ad un Governatore che abbia ben meritato, sia pur entro i limiti di età massima fissati.
RIPAMONTI (Verdi-Un). Signor Presidente, l'emendamento 19.1 propone una riforma degli assetti di vigilanza del sistema bancario impostata sulle cosiddette finalità. Si tratta, a nostro avviso, di un passaggio importante per realizzare una riforma che garantisca trasparenza e controllo da parte dei risparmiatori e per evitare conflitti di interesse tra sistema bancario e sistema industriale nel suo complesso.
Fondamentalmente, proponiamo di trasferire alla Banca d'Italia le competenze tese ad assicurare la stabilità del sistema finanziario, di trasferire alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) le competenze per assicurare la trasparenza del sistema finanziario, di mettere in capo all'Antitrust il sistema di controllo sulla concorrenza. Chiediamo altresì la soppressione dei compiti di vigilanza della COVIP sui fondi pensione e dell'ISVAP sulle assicurazioni private.
Questa, ovviamente, è una parte della riforma complessiva che proponiamo sul sistema delle Authority nel suo complesso. Abbiamo già presentato in questa legislatura - e naturalmente diventerà un punto importante del nostro programma di Governo - la proposta di una riforma complessiva del sistema delle Authority, riducendo il numero delle Autorità, aumentando i controlli e unificando le competenze per garantire più regole al sistema economico, in modo da farlo diventare più aperto e rendere possibile una concorrenza virtuosa.
Questo è l'obiettivo che noi abbiamo in mente e ci risulta - vogliamo segnalarlo, signor Presidente - che sia esattamente il contrario di quanto ha fatto in questi anni il Governo, che ha operato per chiudere i mercati e difendere i mercati protetti e anche le corporazioni. Credo invece che si debba agire esattamente nella direzione opposta. (Applausi della senatrice De Petris).
CANTONI (FI). Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente l'emendamento 019.1/301, riguardante l'applicazione degli articoli 2 e 3 nei confronti delle banche, in cui si propone che il ruolo di garante della concorrenza e del mercato passi all'Antitrust.
I colleghi che mi hanno preceduto hanno ampiamente evidenziato, anche sotto l'aspetto tecnico, alcuni punti che mi trovano consenziente. Non c'è ovviamente una concordanza di carattere politico, perché ognuno vota secondo le proprie convinzioni, ma la mia convinzione professionale e tecnica, per i tantissimi anni nei quali ho lavorato ai vertici delle banche italiane (conoscendo quindi la situazione che si è determinata per la globalizzazione, nel cui ambito le decisioni devono essere le più trasparenti possibili) è che anche gli scandali che si sono verificati consigliano di passare ad un'Autorità di vigilanza che non sia strettamente correlata alla vigilanza e al governo del mercato e della concorrenza. Si corre il rischio altrimenti che, oltre a vigilare, si possa fare non solo l'arbitro ma anche il giocatore in una competizione che deve essere la più trasparente e a vantaggio dei risparmiatori e degli investitori.
La mia proposta, quindi, è che le competenze in materia di concorrenza e di mercato passino all'Antitrust. (Applausi dai Gruppi FI, DS-U e Mar-DL-U).
DEBENEDETTI (DS-U). Signor Presidente, desidero illustrare l'emendamento 019.1/128, che non è alternativo all'emendamento 019.1/127, che ho pure firmato, ma è ad esso subordinato. Ne differisce perché fa conseguire all'adeguamento dello statuto della Banca d'Italia non l'automatica decadenza del Governatore in carica, ma l'operatività e la percezione da parte dei mercati delle modifiche apportate.
Duplice è la ratio: in primo luogo, è volto ad evitare i rilievi della BCE, che si è già pronunciata contro questo tipo di «licenziamento». In secondo luogo, vi è la preoccupazione prioritaria di rimuovere le cause anziché sostituire le persone lasciandone inalterati i poteri. La preoccupazione, cioè, di non affidare alla sola «virtù» di chi ricoprirà la carica l'evitare il ripetersi degli scandali da cui nasce questa legge. Preoccupato non di chiudere la porta laterale di Palazzo Koch, ma di verificare che cosa ci va a fare chi entra dalla porta principale. Preoccupato non delle conversazioni intercettate nei tinelli, ma delle considerazioni ascoltate nei saloni e applaudite il 31 maggio, anno dopo anno.
Bastano le modifiche che abbiamo proposto? Assolutamente no e neppure basterebbero se verrà approvata la norma che dà all'Antitrust potere anche in materia bancaria. Devo riconoscerlo e quindi il mio intervento è anche a futura memoria. Come è risultato chiarissimo dalle audizioni che abbiamo condotto dopo gli scandali Cirio e Parmalat, il problema è più ampio e investe soprattutto la vigilanza tutoria.
Con l'introduzione della banca universale tutta l'intermediazione finanziaria in ogni sua forma passa attraverso la banca. Le banche controllano la Borsa, partecipano al capitale di aziende industriali: in un certo senso hanno sostituito le partecipazioni statali.
La conseguenza è che non soltanto la competenza della vigilanza viene estesa, ma la sua autorità è rafforzata dall'indipendenza del Governatore posta a cardine del sistema delle Banche centrali europee. Non solo, il suo potere è ancora aumentato dalla concentrazione in pochi gruppi bancari e dalla presenza delle fondazioni fra i loro azionisti.
Questa è la ragione per cui non basta estendere le competenze dell'Antitrust al sistema bancario. Per avere un mercato davvero concorrente, si dovrà circoscrivere la vigilanza al controllo prudenziale dei rischi senza affidarle la gestione delle crisi e sottraendole la responsabilità della stabilità delle singole imprese. E, di conseguenza, bisognerà sopprimere il controllo discrezionale sugli assetti proprietari. Questo sistema, che aveva una sua logica nel passaggio dalla proprietà pubblica alla proprietà privata, e che è servito ad accelerare il processo di concentrazione del sistema bancario è inadeguato da troppo tempo.
Di questo problema avremmo dovuto occuparci e dovremo occuparci. Non è solo questione di stabilire un termine alla carica di Governatore, non è questione della persona che riveste la carica, la quale farà sempre il gioco delle istituzioni e delle imprese vigilate. È sbagliata la vigilanza. Non è questione di etica, è questione di diritto. Si tratta sostanzialmente si privatizzare davvero l'attività finanziaria. (Applausi dei senatori Piatti e Crema).
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, svolgerò alcune considerazioni sull'emendamento 019.1 (testo 2) del Governo, essendo io già intervenuto in maniera molto diffusa nel corso della discussione.
Condivido innanzitutto l'impostazione della senatrice De Petris quando dice che siamo in ritardo nel varo di questo provvedimento. Sono d'accordo: siamo fortemente in ritardo per le ragioni che ella stessa ha individuato, vale a dire essersi voluti bloccare ed attardare su questioni che non riguardavano direttamente la tutela dei risparmiatori, la necessità di riportare la fiducia sui mercati internazionali.
I due fronti a cui la senatrice faceva riferimento, dei fazisti e antifazisti, i sostenitori della Banca d'Italia e coloro che la contrastavano, di fatto nel giro di un anno e mezzo hanno alzato un polverone, tanto che hanno bloccato il varo di questo provvedimento. Molto probabilmente sarebbe stato utile quanto ha detto lo stesso senatore Ripamonti - come vedete, siamo disponibilissimi ad accettare analisi, diagnosi e terapie - e cioè quando ha detto che sarebbe stato opportuno affrontare il problema del riordino delle Authority in maniera sistematica ed organica, non solamente tentando di tappare delle falle.
Capisco anche il tentativo dell'opposizione, in particolare dei senatori D'Amico e Giaretta, di voler spostare l'obiettivo dei loro strali dal Governatore della Banca d'Italia - meglio tardi che mai, questa resipiscenza - al Governo Berlusconi, a Silvio Berlusconi e persino a Tremonti quando ha compiuto all'estero degli atti che, secondo loro, avrebbero minato la credibilità del Paese, revocando al Governatore Fazio il mandato a rappresentare l'Italia. A volte un atteggiamento viene considerato positivo e a volte atteggiamenti delle medesime persone sono considerati negativi dato che legittimamente e correttamente si fa il mestiere dell'opposizione nell'individuare nella maggioranza e nel Governo l'obiettivo dei propri strali.
Quindi, questo tentativo è comprensibile.
La verità è che l'emendamento del Governo richiama e recepisce tutte le normative comunitarie ed affronta, risolvendole, tutte le problematiche emerse negli ultimi due mesi. È chiaro che avremmo preferito affrontare le questioni in esame a parte, riflettendoci sopra, tentando di conciliare esigenze di legalità e di legittimità con esigenze di credibilità e autorevolezza, ma le vicende degli ultimi due mesi hanno imposto al Governo e alla maggioranza di affrontare la questione così come viene affrontata attraverso l'emendamento del Governo.
Quali erano le questioni sul tappeto che tutti, maggioranza e opposizione, avevano sottoposto all'attenzione delle Commissioni prima e poi dell'Assemblea? Le cito di seguito. Erano, innanzitutto, l'inserimento e l'omogeneizzazione delle normative nazionali con quella comunitaria, e in particolare con la normativa della Banca centrale europea. In secondo luogo, la salvaguardia dell'indipendenza della Banca d'Italia.
Immaginate che cosa sarebbe successo presso quella stampa internazionale che ha dedicato decine e decine di articoli al nostro Paese, al nostro Governo e alla Banca d'Italia se, con atti coercitivi ed intimidatori, il Governo fosse intervenuto: ebbene, avrebbero parlato di un Governo liberticida e autoritario che violava l'autonomia di una istituzione sovrana!
Altre questioni sono: la trasparenza delle decisioni della Banca d'Italia; la motivazione e l'argomentazione degli atti della Banca d'Italia; la collegialità nell'assunzione delle suddette decisioni; il mandato a termine; tempi certi per la riforma della Banca d'Italia e, infine, l'eliminazione del conflitto di interessi tra vigilanti e vigilati.
Entrerò direttamente nel merito dell'emendamento del Governo, che voglio sottoporre in particolare all'attenzione dei colleghi dell'opposizione che ci hanno illustrato i propri emendamenti, parte dei quali rispecchia il contenuto della proposta governativa. L'emendamento in questione riconferma e incardina la Banca d'Italia nell'ambito del sistema delle Banche centrali, ne recepisce le normative e i Trattati che hanno assunto rango di legge primaria, se non addirittura costituzionale.
L'emendamento salvaguarda altresì l'indipendenza di questa istituzione e penso che tutti noi, maggioranza e opposizione, desideriamo salvaguardare un'istituzione benemerita di questo Paese che ha alimentato le classi dirigenti italiane. In quest'Assemblea sono presenti autorevoli rappresentanti provenienti proprio da quell'Istituto, a cominciare dal collega senatore Dini, ma penso anche allo stesso presidente della Repubblica Ciampi; in pratica, lo staff e i manager di enti e istituzioni pubbliche e private provengono da quella istituzione.
La norma assicura altresì la trasparenza, sostenendo che il principio della trasparenza dovrà caratterizzare tutte le decisioni che verranno assunte dalla Banca d'Italia; non solo: riafferma, per quanti di noi in particolare credono nel primato della politica, la funzione e il ruolo di quest'ultima, alla quale la Banca d'Italia dovrà riferire con relazioni semestrali al Parlamento e in particolare al Governo. Ci riappropriamo di un ruolo e di una funzione importantissimi, posto che viene prima la politica e poi l'economia e la finanza.
Questo emendamento, inoltre, garantisce la possibilità di ricorrere a tutti gli organi amministrativi perché, nella misura in cui le decisioni e gli atti dovranno essere motivati, daremo la possibilità a chiunque, a quisque de populo, di ricorrere alla giustizia amministrativa e ai tribunali competenti. Mai era avvenuto nel passato, mai c'era stata questa possibilità.
Ancora, l'emendamento introduce la collegialità nelle decisioni; il Governatore acquisisce in ogni caso il parere preventivo del direttorio. Mai c'era stata questa possibilità. Introduce il mandato a vita; vale a dire, introduce una novità nella nostra legislazione che completamente travolge, stravolge e modifica una consuetudine ed una prassi che erano rimaste solamente nel nostro Paese (Richiami del Presidente), tenendo conto, signor Presidente (le chiedo scusa, non interverrò più), delle indicazioni della BCE, che già si è espressa in tal senso, non solamente attraverso i comunicati e le dichiarazioni del suo presidente, Trichet, ma attraverso una lettera ufficiale che nella primavera del 2004 aveva espresso un giudizio sul testo di riforma che aveva presentato il Governo a suo tempo e che già chiedeva di garantire la permanenza di ancora cinque anni del Governatore della Banca d'Italia. (Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Senatore Pedrizzi, la invito a concludere.
PEDRIZZI (AN). Infine, viene eliminato il contrasto, il conflitto di interesse tra vigilati e vigilanti. Io ho - come, presumo, anche il Governo e qualche esponente della maggioranza o dell'opposizione - alcune perplessità sulla formulazione di questo comma; siamo in grado di poterlo rivedere e ridisegnare, anche perché la copertura finanziaria non mi sembra adeguata. Vi è stato un ampio dibattito sul piano giornalistico, anche con la partecipazione di esperti della materia.
In conclusione (ho finito e la ringrazio, signor Presidente), non si tratta da parte del Governo dell'assunzione di una posizione da Ponzio Pilato: il Governo ha assunto una posizione precisa, rigorosa e si è assunto le proprie responsabilità, facendo la diagnosi e adottando le giuste terapie. E si è assunto queste responsabilità all'unanimità: tutti i componenti del Governo hanno approvato questo emendamento collegialmente.
In questo emendamento può e deve riconoscersi la maggioranza, perché con esso diamo risposte serie al riordino dell'autorità Banca d'Italia. Non facciamo la caccia alle streghe e, soprattutto, diamo una risposta ai risparmiatori italiani, che hanno necessità di veder varato questo provvedimento nel più breve tempo possibile. Sapranno, anche gli investitori internazionali, di poter venire in Italia e trovare garanzie di trasparenza, regolarità e legittimità. (Applausi dai Gruppi FI e UDC).
PRESIDENTE. Invito i relatori e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sull'ordine del giorno in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, i relatori esprimono parere contrario su tutti i subemendamenti e gli emendamenti relativi all'articolo 19, ad esclusione dell'emendamento del Governo 019.1 (testo 2).
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo ha ovviamente ascoltato la discussione svolta in quest'Aula. L'emendamento presentato dal Governo, come già detto più volte in quest'Aula, contiene esattamente quanto la coalizione che governa il nostro Paese ha stabilito in Consiglio dei ministri.
Non ho ritenuto di illustrare tale emendamento perché la sua lettura è semplicissima e mi pare che su molte sue parti vi sia un'adesione sia della maggioranza, sia dell'opposizione.
Da taluni viene chiesto lo stralcio della parte concernente l'assetto proprietario.
Il Governo intende mantenere l'emendamento nella sua interezza.
Esprimo quindi parere contrario su tutte le proposte di modifica, ad eccezione di due emendamenti identici, uno di maggioranza e uno di opposizione (precisamente l'emendamento 019.1/106 (testo 2) e l'emendamento 019.1/301, quest'ultimo illustrato dal senatore Cantoni), che tendono a trasferire la competenza in materia di concorrenza dalla Banca d'Italia all'Antitrust.
È inutile nascondersi dietro le facciate: su questo vi sono posizioni non definite. Il punto non è stato oggetto dell'impegno del Consiglio dei ministri, dove c'è stato un atto di indirizzo ad un'attribuzione per finalità. Riteniamo che questa legge, per il suo contenuto, abbia una valenza costituzionale perché cambia profondamente l'assetto di tutta la nostra realtà.
Pertanto, in relazione ai due emendamenti citati, il Governo rimette la decisione all'Assemblea.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 019.2, presentato dai senatori Dini e D'Amico.
Non è approvato.
Colleghi, vi avverto - così gli interessati sono già informati - che la eventuale reiezione degli emendamenti identici 019.1/106 (testo 2) del senatore Angius e altri, e 019.1/301 del senatore Cantoni, così come degli identici emendamenti 019.1/300 del senatore Angius e altri, e 019.1/302 del senatore Cantoni, avrà effetti preclusivi sugli emendamenti di analogo contenuto presentati all'articolo 24. Questo è evidente.
Metto ai voti l'emendamento 019.3, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.5, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/100, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/101, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Ricordo che la proposta di stralcio S1 è inammissibile.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/102, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.
Non è approvato.
(E' pervenuta alla Presidenza richiesta di aggiunta di firma: agli emendamenti 019.1/102, 019.1/106, 019.1/300,019.1/109, 019.1/110, 019.1/111, 019.1/118, 019.1/127, 019.4 e all'ordine del giorno G019.1 dal senatore Passigli)
Metto ai voti l'emendamento 019.1/200, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/201, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/202, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/103, presentato dal senatore Ripamonti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/104, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/105, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/203, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/106 (testo 2), presentato dal senatore Angius e da altri senatori, identico all'emendamento 019.1/301, presentato dal senatore Cantoni. (Il senatore Grillo fa ripetutamente cenno di voler intervenire). Il senatore Grillo intende intervenire? Facciamolo parlare. (Proteste dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
MORANDO (DS-U). Presidente, siamo già in fase di votazione!
PRESIDENTE. Colleghi, il senatore Segretario mi ha giustamente richiamato all'attenzione che il senatore Grillo aveva alzato la mano. Non lo avevo visto, chiedo scusa e gli do la parola. (Proteste dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U). Non credo che succederà niente se facciamo parlare il senatore Grillo! Non succede niente.
GRILLO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRILLO (FI). Signor Presidente, desidero fare una dichiarazione di voto a nome del mio Gruppo. Il Gruppo Forza Italia voterà contro l'emendamento 0.19.1/106 (testo 2). Pur rispettando l'opinione del Governo, vorrei spiegare i motivi per i quali riteniamo che questo emendamento sia da respingere.
Ricordo ai colleghi, soprattutto a quelli testimoni di una storia, come il senatore Amato, come nacque la proposta di mantenere le competenze in materia di concorrenza in capo alla Banca d'Italia.
Fu il grande ministro Guido Carli nel 1991 a convincere il Parlamento dell'epoca di tale necessità, considerata l'esistenza di modelli diversi, giacché in alcuni Paesi europei l'Antitrust viene gestita da istituzioni diverse dalle banche centrali.
Vorrei quindi fare chiarezza affinché qualcuno cominci a riflettere, al di là della confusione creata dai polveroni sollevati dai giornalisti, i quali affermano che la concorrenza in tutte le parti del mondo è gestita da organismi diversi dalle Banche centrali. È falso. Ciò non corrisponde al vero. Nel Paese più grande del mondo, gli Stati Uniti d'America, la Banca centrale gestisce, oltre alla vigilanza, anche la concorrenza.
MORANDO (DS-U). Siamo in Europa, senatore Grillo.
GRILLO (FI). Sì, è vero, siamo in Europa, ma il modello americano, a parer mio, non si può ignorare facilmente, essendo quello più avanzato al mondo. In quel Paese c'è davvero la democrazia economica. (Commenti dal Gruppo DS-U). Quindi, dobbiamo renderci conto che la concorrenza è un fattore fondamentale di efficienza e che l'efficienza è il dato prioritario per garantire la stabilità del sistema. Se le cose nel nostro Paese sono andate in questo modo, e cioè bene, dipende dal fatto che in tutti questi anni è stata garantita la stabilità del sistema, che delle tre funzioni che competono alla Banca d'Italia è quella prioritaria … (Vivaci proteste della senatrice Baio Dossi e del senatore Garraffa. Richiami del Presidente).
Proverò a dire una cosa per cercare di convincere anche coloro che si mostrano insensibili al riguardo. Sappiate che dal 1993 ad oggi in Italia sono state realizzate 720 operazioni di aggregazione e di fusione. Sapete quanti sono stati i pareri contrastanti dell'autorità Antitrust e della Banca d'Italia? Nessuno. Ciò dimostra che questo modello ha sempre funzionato perfettamente.
Cari colleghi, dobbiamo riflettere prima di rimettere in discussione un modello che ha funzionato, avendo garantito sia la stabilità che l'efficienza, tant'è che oggi abbiamo a che fare con un sistema davvero efficiente. Una modifica, infatti, non si può realizzare sulla base di argomentazioni giornalistiche.
Se per caso il Parlamento dovesse approvare questa norma, accadrebbe un fatto molto semplice. Il presidente dell'Antitrust, in un'audizione alla Camera, ha detto in maniera onesta e puntuale di non essere in condizione di garantire oggi la sua funzione: il controllo sulla concorrenza nel Paese. Quindi, dobbiamo fare un'altra operazione. (Vivaci proteste della senatrice Baio Dossi).
PRESIDENTE. Senatrice Baio Dossi, cosa succede questa mattina? Non riesce ad essere più disciplinata e a non interrompere? Il senatore Grillo ha il diritto di svolgere il suo intervento senza essere interrotto. (Proteste dei senatori Bordon, Garraffa e Vallone).
GRILLO (FI). Scusate colleghi, stavo dicendo qualcosa che forse vi è utile sapere.
GIARETTA (Mar-DL-U). Gli amici del Governatore la stanno smantellando.
PRESIDENTE. Senatore Giaretta, può intervenire anche lei, se vuole, ma non così.
Fate parlare il senatore Grillo.
GRILLO (FI). Così com'è, l'Antitrust non è in grado di reggere a queste funzioni. Dovremmo, coercitivamente, prendere 300 ispettori della Banca d'Italia, trasferirli nelle sedi periferiche, trasferire l'Antitrust e compiere questa operazione. E perché mai, quando finora tutto ha funzionato nel modo che ho detto?
Ritengo che un'operazione del genere non abbia senso né ragione di essere. Credo piuttosto che tutto sia da inquadrare nella vergognosa ed ignobile campagna giornalistica condotta in questa torbida estate del 2005, senza motivazioni e senza documenti per incolpare nessuno. (Commenti dai banchi dell'opposizione. Brusìo in Aula). Credo che nei prossimi giorni qualcosa verrà fuori. Certamente finora questi elementi non sono stati provati né documentalmente accertati. ((Applausi dal Gruppo FI. Proteste dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
GIARETTA (Mar-DL-U). Riceverai un bacio in fronte.
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, eravamo in votazione. Amici di Fazio. Il Paese deve sapere che avevamo votato.
TAROLLI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto. (Proteste dei senatori Garraffa e Bordon).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, la prego, il senatore Tarolli ha diritto di intervenire in dichiarazione di voto. (Proteste dai banchi dell'opposizione).
GIARETTA (Mar-DL-U). Fate parlare il secondo amico!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Tarolli. (Proteste dal Gruppo DS-U e del senatore Vallone).
Senatore Vallone, per favore, la richiamo all'ordine. Senatore Tarolli, svolga la sua dichiarazione di voto.
TAROLLI (UDC). Signor Presidente, la ringrazio. (Proteste del senatore Bordon).
Intervengo in dichiarazione di voto sull'emendamento 019.1/106 (testo 2) per espressa richiesta del mio presidente, senatore D'Onofrio, e a nome del Gruppo...
MACONI (DS-U). Di maggioranza o di minoranza? Perché non si capisce più.
TAROLLI (UDC). ...dell'UDC, perché è bene chiarire esattamente a nome di chi il sottoscritto stia parlando.
Non vi è ombra di dubbio che il tema affrontato in questa sede sia stato di grande rilevanza in tutti questi anni; è tema sul quale si è sviluppato un ampio dibattito e vi sono stati grandissimi approfondimenti. E' altrettanto vero però che nel Paese e nelle istituzioni pubbliche a ciò deputate, così come tra gli esperti della materia, non si è mai arrivati a trovare un punto di sintesi perché gli approfondimenti anche teorici, indipendentemente dall'appartenenza all'uno o all'altro schieramento, non sono mai riusciti a produrre una sintesi.
Ciò perché il contesto sul quale una norma di questo tipo ricadrebbe non presenta ancora - ad avviso di altri - quella compiutezza e quell'autonomia tali da consentirci di navigare in mare aperto. Tesi tutte rispettabili; però, per obiettività in scienza e coscienza il sottoscritto, a nome del Gruppo al quale appartiene, ritiene che la questione meriti ulteriori approfondimenti, perché il Paese non è ancora arrivato ad una determinazione di sintesi.
Non c'è da meravigliarsi. Credo che la cosa più errata sarebbe affrontare la questione in termini ideologici, senza tener conto delle situazioni pragmatiche e contestuali. Anche perché, come ho ricordato anche in discussione generale, l'attribuzione o meno delle competenze in materia di concorrenza all'Antitrust è declinata nelle Nazioni industrializzate più avanzate in maniera differenziata, non c'è un modello unico.
Il collega Grillo poc'anzi ha giustamente ricordato che la Federal Reserve ha notevoli competenze in questo campo, e personalmente ricordo come la Federal Reserve sia la più grande Banca centrale mondiale, sulla cui politica ricade la responsabilità non solo della stabilità nel contesto degli Stati Uniti d'America, ma anche dell'equilibrio più generale di tutto il Pianeta: sappiamo che le politiche della Federal Reserve non hanno un ambito di agibilità ristretto agli Stati Uniti.
Quindi, affrontare il tema con la prudenza che merita credo non sia motivo di scandalo, ma solo sintomo di maturità. Tanto più che in questi anni, sotto la regìa della Banca d'Italia, la concorrenza bancaria italiana è notevolmente cresciuta e si è notevolmente potenziata.
Sul piano teorico - lo ripeto avendolo già ricordato in discussione generale - tra stabilità e concorrenza non esiste contrapposizione, ma c'è compenetrazione. Infatti l'efficienza è il prerequisito della stabilità: non c'è stabilità senza efficienza, e non c'è efficienza senza concorrenza.
Sono due concetti che sul piano teorico si compenetrano. Chi oggi ne teorizza la netta separazione fa proprio un modello come quello anglosassone, che non è vero abbia dato il risultato che tutti auspichiamo. Credo che affrontare la questione con il pragmatismo che la materia richiede sia sintomo di saggezza. Non bisogna cadere nell'ideologismo, perché tra questi due concetti c'è compenetrazione.
La Banca d'Italia in questi anni ha gestito le cose, ma in strettissimo collegamento con l'Antitrust, perché era naturale che le due istituzioni italiane procedessero in questo senso. Allora, l'emendamento che il Presidente ha messo in votazione da questo punto di vista, non ci fa fare quel salto in avanti che qualcuno paventa.
Il Governo, regolando la materia come ha fatto, dimostra di essere debole, insicuro e fragile. Infatti, se il Governo avesse avuto una certezza, avrebbe inserito questa materia nel pacchetto che ha presentato oggi. Perché non lo ha fatto? Perché il Governo è diviso, e quindi il Sottosegretario oggi viene qui a dirci: siccome è una questione tutto sommato poco chiara anche per noi, mi rimetto all'Aula. Non fa onore al Governo. Fa più onore al relatore la posizione da egli stesso assunta, che è più precisa.
Signor Presidente, per queste motivazioni ritengo opportuno votare contro l'emendamento 019.1/106 (testo 2), identico all'emendamento 019.1/301, lasciando che l'approfondimento e la maturazione nel Paese abbiano ancora luogo e che in tempi diversi, probabilmente tutti assieme, si possa essere in grado di arrivare ad una posizione più condivisa e matura. (Applausi dal Gruppo UDC e dal senatore Cingolani).
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, ha già parlato.
GARRAFFA (DS-U). Signor Presidente, eravamo in votazione!
PRESIDENTE. Lo fate parlare?
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, vorrei riportare un po' di calma e riflessione svolgendo un ragionamento esclusivamente istituzionale e tecnico. Sicuramente i colleghi dell'opposizione me lo consentiranno.
Tutti noi sappiamo che statistiche e rilevazioni, almeno negli ultimi dieci-quindici anni, hanno mostrato come sempre è stato assolto e garantito in maniera ineccepibile il controllo della concorrenza, tant'è che perfino i commissari alla concorrenza della Commissione europea - mi riferisco in particolare ai tecnici dell'opposizione che conoscono queste cose meglio di me - che certamente non sono amici del nostro Paese e delle nostre istituzioni, hanno dovuto riconoscere per fattispecie concrete, come quelle che si sono verificate negli ultimi mesi, che sempre è stato garantito il principio della concorrenza.
Voglio aggiungere che mai vi è stata una contestazione da parte dell'Antitrust di decisioni assunte dalla Banca d'Italia.
Del resto, voglio ricordarlo a me stesso ed ai colleghi, il disegno di legge introduce una maggiore e più organica collaborazione tra tutte le Autorità, in particolare tra la Banca d'Italia e l'Antitrust.
È stato inoltre riconosciuto da tutti - mi riferisco agli uomini che facevano capo a quella benemerita istituzione - che solamente la struttura periferica e capillare della Banca d'Italia è in grado di assolvere a quella funzione, non altri, e che le stesse Autorità che dovrebbero recepire per funzione questa nuova incombenza dichiarano - è vero, o non è vero? - di non essere in grado di poter assolvere a questo ruolo.
Sappiamo tutti che il controllo della stabilità è strettamente connesso al controllo della concorrenza. Allora, accogliamo anche le richieste dell'opposizione, come quella del senatore Ripamonti, facciamo una riflessione approfondita su tutte le Authority, affrontiamo questo argomento, ma non risolviamolo sotto l'emergenza e la pressione della stampa, di certi giornali interessati.
Il Governo ha presentato un emendamento, a cui ho fatto riferimento e sul quale mi sono soffermato, anzi che, nella sua collegialità, ritiene rispondere alle esigenze di riordino dell'autorità Banca d'Italia. Il Governo - e mi riferisco a tutta la maggioranza - non ha ritenuto opportuno inserire questa materia nell'emendamento; quindi, la maggioranza può e deve attestarsi sull'emendamento del Governo, fare quadrato su di esso e non introdurre nuove modifiche.
TIRELLI (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TIRELLI (LP). Signor Presidente, colleghi, questa mattina abbiamo assistito alla chiamata a raccolta - Cesare decretò strage e scatenò i mastini della guerra; a me, però, in quest'Aula qualche volta sembrano più bassotti - di una opposizione che non è mai stata così presente in Aula.
La Lega non entra nel merito della discussione, che registra all'interno del Gruppo anche posizioni di approfondimento. La Lega, però, prende atto di un fatto: abbiamo visto l'opposizione intenzionata a votare in un modo. Noi, diamo un segnale politico, cara Unione, la Lega non vota con voi! (Applausi dal Gruppo FI).
ANGIUS (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, vorrei far rilevare che, dal momento in cui è stata sospesa la votazione, che era già in corso, sono arrivati in Aula nove colleghi della maggioranza. Vorrei che ciò rimanesse agli atti.
PRESIDENTE. Va bene, senatore Angius, rimarrà agli atti.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/106 (testo 2) presentato dal senatore Angius e da altri senatori, identico all'emendamento 019.1/301, presentato dal senatore Cantoni.
Stante l'incertezza sull'esito della votazione, dispongo, ai sensi dell'articolo 114, comma 1, del Regolamento, che la medesima venga effettuata con procedimento elettronico. (Vibrate proteste dai banchi dell'opposizione).
PILONI (DS-U). È inutile che usiate il telefono per coprire la luce accesa.
MACONI (DS-U). Ci sono dei voti in più.
PRESIDENTE. Fra i banchi di Alleanza Nazionale, vi sono due senatori e tre luci accese. Prego di togliere una tessera. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).
CICOLANI (FI). Signor Presidente, ci sono delle schede disattese anche nei banchi in alto dell'opposizione.
SEMERARO, relatore. Dietro la senatrice Stanisci. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Per cortesia, prego di ritirare quella tessera. (Commenti dai banchi della maggioranza). Il controllo lo faccio io, insieme al senatore Segretario, che mi ha segnalato che tra i banchi lassù c'è una luce in più.
Non è approvato.
(Vibrate proteste e applausi polemici all'indirizzo della Presidenza dai banchi dell'opposizione).
Colleghi, applaudite alla maggioranza. Mi dispiace per voi, non ci si può far niente. (Vibrate proteste dai banchi dell'opposizione. Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP). Colleghi la votazione è completamente regolare. (Applausi ironici dai banchi dell'opposizione. Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP). Non si sa più chi applaude chi. Smettetela di applaudire perché non si capisce chi viene applaudito.
BORDON (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BORDON (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per un richiamo di carattere regolamentare. Vorrei che tutti noi avessimo presente quello che ci dice testualmente l'articolo 110 del nostro Regolamento: «Cominciata la votazione, questa non può essere interrotta e non è più concessa la parola fino alla proclamazione del voto, salvo che per un richiamo alle disposizioni del Regolamento relative alla esecuzione della votazione in corso o per segnalare irregolarità nella votazione stessa o difetti nel funzionamento del dispositivo elettronico di voto.".
Signor Presidente, mi pare che l'articolo 110 non lasci dubbi sul fatto che nella votazione precedente è avvenuto un fatto grave che, a mio avviso, ha inficiato la regolarità di quella votazione. Non posso pensare ora, signor Presidente, che lei abbia sospeso quella votazione dopo che era iniziata, anzi dopo che si era già svolta, solamente per negligenza.
Devo purtroppo pensare e voglio che rimanga, fatti salvi altri possibili interventi, agli atti di questa seduta che lei lo abbia fatto per manifesta intenzionalità, perché dal momento della sospensione di quel voto che - torno a dire - era già avvenuto, come ha ricordato il collega Angius, sono entrati in Aula diversi altri colleghi…
BAIO DOSSI (Mar-DL-U). Nove!
BORDON (Mar-DL-U). …che hanno sicuramente determinato un diverso risultato di quella votazione. Come ha ricordato il collega Angius, sono entrati ben nove colleghi che ovviamente hanno potuto ribaltare un risultato che ha avuto, come è risultato evidente, una differenza tra i contrari ed i favorevoli di soli sette voti.
Abbiamo avuto pertanto la deliberata manipolazione in Aula di un risultato e lei ne è responsabile, signor Presidente. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. Senatore Bordon, non è possibile determinare quanti siano entrati o siano usciti! (Commenti dai banchi dell'opposizione). Né è possibile determinare chi fossero!
GARRAFFA (DS-U). Lei lo ha visto, signor Presidente!
PETRINI (Mar-DL-U). Allora non doveva aprire la votazione!
PRESIDENTE. Le faccio osservare che prima dell'inizio della votazione il senatore Segretario mi ha segnalato - cosa che non avevo visto - la richiesta del senatore Grillo di intervenire, come era suo diritto, in dichiarazione di voto. (Applausi dei senatori Grillo ed Eufemi). Ciò è potuto avvenire e tutti hanno potuto parlare in dichiarazione di voto. Mi sembra molto strano, senatore Bordon, che lei mi richiami o mi accusi perché lei avrebbe desiderato impedire ai senatori di parlare in dichiarazione di voto. Questo mi stupisce! (Commenti dei senatori Petrini e Bordon).
Proseguiamo con i nostri lavori.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/300, presentato dal senatore Angius e da altri senatori, identico all'emendamento 19.1/302, presentato dal senatore Cantoni.
Stante l'incertezza sull'esito della votazione, dispongo che la stessa venga effettuata mediante procedimento elettronico.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 019.1/107, 019.1/108 e 019.1/109 sono improcedibili.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 019.1/110.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 12,06, è ripresa alle ore 12,28).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.
Passiamo nuovamente alla votazione dell'emendamento 019.1/110
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale). (La senatrice Donati richiama più volte l'attenzione della Presidenza su alcune luci fra i banchi delle maggioranza cui non corrisponderebbero senatori).
Senatore segretario, mi aiuti un po' lei, chi c'è sopra la porta? C'è una luce in più? Non la vedo. Accanto a lei, senatore Salini, c'è una luce in più?
GARRAFFA (DS-U). Izzo, ma per quanti voti?
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 019.1/110, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/111, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/112, presentato dal senatore Filippelli e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 019.1/113
VALLONE (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'emendamento 019.1/113, presentato dal senatore Filippelli e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 019.1/114.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato non è in numero legale.
Sospendo la seduta per venti minuti.
(La seduta, sospesa alle ore 12,30, è ripresa alle ore 12,54).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la seduta è ripresa.
Metto nuovamente ai voti l'emendamento 019.1/114, presentato dal senatore Filippelli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/115, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/116, presentato dai senatori Dini e D'Amico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/117, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/118, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/119, presentato dal senatore Filippelli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/120, presentato dal senatore Filippelli e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/121, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/122, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/123, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/124, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/125, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/126, presentato dai senatori Dini e D'Amico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/127, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/128, presentato dal senatore Debenedetti.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/204, presentato dal senatore Passigli.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/129, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 019.1/130, presentato dal senatore Giaretta e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 019.1 (testo 2).
MORANDO (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, siamo all'emendamento 019.1 (testo 2) del Governo, sul tema della Banca d'Italia. Si tratta di un emendamento, signor Presidente (vorrei richiamare per un attimo la sua attenzione), che in realtà, in buona sostanza, affronta tre problemi tra loro collegati, perché tutti e tre riferiti alla Banca d'Italia, ma al tempo stesso distinti.
Il primo problema è il limite alla durata del mandato del Governatore, ed è quanto previsto dal comma 7 dell'emendamento del Governo. Il secondo problema è quello dell'assetto proprietario della Banca d'Italia. Il terzo problema è quello relativo alla cosiddetta collegialità delle decisioni della Banca d'Italia stessa.
Ora, ci sono temi (in particolare, quello del limite alla durata del mandato del Governatore) su cui c'è una larghissima convergenza di maggioranza e opposizione sulla determinazione proposta dall'emendamento del Governo. Ci sono, invece, altri temi, come quello della collegialità, su cui l'opposizione ha manifestato un orientamento che considera assolutamente indispensabile introdurre il metodo della collegialità nelle decisioni della Banca d'Italia, ma ritiene insoddisfacente la soluzione che il Governo propone per garantire tale collegialità.
Infine, signor Presidente, si pone il tema, molto rilevante sotto il profilo costituzionale, dell'assetto proprietario della Banca d'Italia, su cui anche all'interno della maggioranza e nello stesso orientamento del Governo nel corso di tutta questa discussione si sono manifestate contraddizioni e posizioni diverse.
Mi chiedo allora, signor Presidente, se non sarebbe ragionevole procedere alla votazione dell'emendamento 019.1 (testo 2) per parti separate, in modo che risulti chiaro che si vota prima sulla parte della relativa all'assetto proprietario della Banca d'Italia.
Riteniamo, infatti, che il tema dell'assetto proprietario di Banca d'Italia debba essere affrontato, ma che la soluzione qui proposta sia obiettivamente approssimativa, e so per averne discusso diffusamente in Commissione bilancio che molti senatori che seguono le materie economiche convergono su questo giudizio.
Signor Presidente, i commi 2, 9 e 10 dell'emendamento in esame affrontano il tema dell'assetto proprietario della Banca d'Italia. Le proporrei dunque di metterli in votazione separatamente. Le proporrei, inoltre, la votazione separata del comma 7, perché si tratta di una decisione che ha una sua specificità, sulla quale conveniamo, per cui ci potrebbe essere un voto positivo di tutta l'Aula; infine, si voterebbe la restante parte dell'emendamento.
In questo modo, a mio parere, si consentirebbe al Senato di pronunciarsi in maniera assai precisa su ognuna delle tre questioni aperte; avremmo un orientamento chiaro, una decisione lineare, restando impregiudicata la possibilità di ogni Gruppo di pronunciarsi separatamente sulle tre questioni. Se fosse accolta questa proposta, il nostro Gruppo voterebbe a favore del comma 7 e contro le altre due soluzioni.
D'AMICO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'AMICO (Mar-DL-U). Signor Presidente, prima di pronunciare la mia dichiarazione di voto, vorrei comprendere se si procederà alla votazione per parti separate, se possibile.
PRESIDENTE. Senatore D'Amico, svolga pure il suo intervento, dopodiché chiederò all'Assemblea di pronunciarsi, a norma di Regolamento, sulla richiesta di votazione per parti separate.
D'AMICO (Mar-DL-U). Allora argomenterò il motivo del nostro no alle norme relative all'assetto proprietario della Banca d'Italia.
La questione stata sollevata, anche per l'azione di illustrissimi osservatori dell'economia e della finanza italiana, è relativa al presumibile conflitto di interessi che può ingenerarsi tra la proprietà della Banca d'Italia, oggi - come sappiamo - in larga misura detenuta da banche, e l'attività di vigilanza che la Banca medesima è chiamata ad esercitare sulle banche.
È una questione sicuramente delicata. A ciò si aggiunge che nei fatti l'attuale distribuzione delle quote di capitale della Banca d'Italia contraddice lo statuto della Banca d'Italia medesima, che prevede che almeno metà del capitale sia detenuto da enti pubblici, mentre le banche azioniste oggi non sono più enti pubblici. Quindi è sicuramente una questione delicata.
Ricordo peraltro, per amore di verità, che comunque il Consiglio superiore, che è espressione dei rappresentanti del capitale della Banca d'Italia, per esplicita disposizione dello statuto non ha competenze in materia di vigilanza bancaria. Il problema è delicato, e tuttavia deve trovare soluzione. D'altra parte, però, se è bene che questa soluzione assicuri l'indipendenza della funzione di vigilanza bancaria dai soggetti vigilati, è altrettanto necessario evitare ogni connessione, ogni possibile interazione di quella funzione di vigilanza bancaria con la politica.
Da questo punto di vista l'emendamento del Governo, limitandosi sostanzialmente a disporre il passaggio delle quote di proprietà, con forma peraltro discutibile, allo Stato, non introduce le necessarie cautele a tutela dell'autonomia della Banca d'Italia.
Dunque, crediamo che sia necessario intervenire sulla proprietà della Banca d'Italia e che sia necessario trovare soluzioni che garantiscano l'autonomia della Banca d'Italia dai soggetti vigilati e dalla politica. La proposta del Governo risolve solo una delle due questioni, mentre introduce un pericoloso rischio di ingerenza della politica nello svolgimento delle funzioni della Banca d'Italia.
Per questo motivo voteremo in senso contrario su questa parte dell'emendamento, ove si addivenisse ad una votazione per parti separate; voteremo nel complesso in senso contrario all'emendamento del Governo se non si addivenisse ad una votazione per parti separate. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
GRILLO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRILLO (FI). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia voterà a favore dell'emendamento 019.1 (testo 2) proposta del Governo perché la ritiene il punto più avanzato dello stato a cui il dibattito politico è pervenuto.
Non siamo d'accordo sulla richiesta di votazione per parti separate. Esporrò dunque tre brevissime argomentazioni sul merito di questo emendamento.
La collegialità in Banca d'Italia, come è noto a coloro che seguono queste materie, è sempre stata un metodo rispettato dai tempi del governatore Carli. Ai colleghi che, suggestionati dagli articoli del «Corriere della Sera», hanno ritenuto di prestare fede alle ricostruzioni fatte da quel giornale in ordine, ad esempio, alla delibera riguardante l'OPA su Antonveneta, suggerirei la lettura dell'atto ufficiale della Banca d'Italia, otto pagine nelle quali si dà conto dei pareri favorevoli, sostanzialmente assai superiori rispetto alle perplessità e ai pareri contrari su quello che fu, secondo la mia opinione, un grande progetto: costruire una forte banca radicata nel Nord-Est.
La collegialità c'è sempre stata e c'è tuttora grazie ad un confronto dialettico che i vari livelli esercitano, tenendo ben presente, come ha detto il Governatore al CICR, che una cosa sono i livelli istruttori e altra i livelli decisionali. Circa le OPA di cui si discute, non c'è dubbio che il direttorio e i direttori generali siano stati ampiamente coinvolti nella decisione.
Per quanto concerne la durata massima del mandato del Governatore, mi pare che i tempi siano maturi per procedere nel senso indicato dall'emendamento del Governo. In ordine al capitale della Banca d'Italia, signor Presidente, non trascurerei le argomentazioni che hanno svolto i colleghi, soprattutto il senatore D'Amico, nel senso che si può comprendere la proposta del Governo, ma il Governo stesso, mentre ci accingiamo a votare questa proposta, deve tenere ben presente che il trasferimento alle azioni di banche commerciali, come avviene in moltissimi Paesi del mondo (Belgio, Giappone, dove il 40 per cento della Banca centrale è controllato da banche private, e Stati Uniti, dove 2.532 banche private controllano il capitale della Banca centrale), deve avvenire a condizione di preservare l'autonomia e l'indipendenza della Banca d'Italia.
In questo senso credo che questo emendamento lo possiamo votare convintamente.
PRESIDENTE. Devo ora chiedere all'Assemblea di pronunciarsi sulla proposta avanzata dal senatore Morando, che - se non ho mal compreso - ha chiesto la votazione per parti separate dell'emendamento 019.1 (testo 2), nel senso di votare prima i commi 2, 9 e 10, quindi il comma 7 e, infine, la restante parte dell'emendamento.
Metto pertanto ai voti la proposta di votazione per parti separate, avanzata dal senatore Morando.
Non è approvata.
MORANDO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, considero abbastanza grave, francamente, che la maggioranza non abbia ritenuto di accogliere una proposta del tutto ragionevole della quale avevamo avuto lungamente modo di discutere nei giorni scorsi con esponenti della maggioranza e del Governo. Avevamo avuto anche ampia assicurazione che una votazione per parti separate sarebbe stata possibile. Mi pare perciò che la votazione appena svoltasi denoti un atteggiamento di faziosità preconcetto un poco misero, senatore Grillo.
In ogni caso, avendo già dichiarato come voteremo, dovendo votare sull'intero testo, ribadisco che esprimeremo un voto contrario - e mi dispiace - anche su quelle parti dell'emendamento 019.1 (testo 2) che avrebbero avuto il nostro consenso. Non capisco che cosa ci guadagni la maggioranza da un orientamento così inutilmente e ridicolmente fazioso e settario, ma ne prendo atto.
Poiché il senatore Grillo ci ha invitato a leggere un documento - ed ho intenzione di farlo - vorrei che consentisse che quello stesso documento fosse allegato agli atti della seduta in corso perché, da quanto ne so, esso non è a disposizione di nessuno, se non sua! Chiedo pertanto al senatore Grillo dove posso trovare quel documento, e a lei, signor Presidente, di disporre che quello stesso documento sia depositato agli atti.
PRESIDENTE. Chiedo al senatore Grillo se intende depositare il documento presso gli Uffici della Presidenza.
GRILLO (FI). Credo che chiunque chieda il documento alla Banca popolare italiana potrà riceverlo, essendo un atto pubblico.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 019.1 (testo 2), presentato dal Governo.
È approvato.
Risultano pertanto preclusi i successivi emendamenti da 019.4 a 019.15.
Sull'ordine dei lavori
ANGIUS (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIUS (DS-U). Il Presidente, il Governo ed i Presidenti dei Gruppi di maggioranza conoscono la nostra opinione e la nostra proposta, espressa sia in sede di Conferenza dei Capigruppo sia successivamente, per discutere ed approvare il provvedimento di legge in esame.
Abbiamo abbandonato ogni intento ostruzionistico, nonostante quanto di grave, almeno a nostro giudizio, sta accadendo alla Camera nella discussione di un provvedimento che prevede una modifica radicale del sistema elettorale a pochi mesi dal voto, in quanto consideravamo l'approvazione di questa legge molto importante per la Banca d'Italia e, naturalmente, per i risparmiatori italiani.
Quindi, abbiamo fatto prevalere un interesse di carattere generale che riguarda Bankitalia, la credibilità del Paese e centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, rispetto ad un interesse, pur legittimo, che come insieme delle opposizioni abbiamo avuto modo di manifestare e che legittimamente avremmo anche potuto far valere.
Abbiamo rinunciato all'ostruzionismo, a fronte di un'intesa raggiunta che consentisse una discussione serena in Aula. Su questioni delicatissime si misuravano opinioni diverse nel Governo, nella maggioranza e per quanto riguarda Bankitalia e per quanto riguarda le norme che tutelano il risparmio nel nostro Paese. Avevamo concordato una certa procedura per i nostri lavori, persino accettando completamente il contingentamento dei tempi della discussione proprio per approvare prima della sessione di bilancio questo provvedimento.
Voglio rivolgermi a lei, signor Presidente, ai rappresentanti del Governo ed ai colleghi della maggioranza per dire che giudichiamo francamente inaccettabile quanto è accaduto stamattina in Aula. La discussione che poteva essere animata, quel confronto che poteva essere persino acceso nel merito delle posizioni (ci saremmo limitati ad accettare il pronunciamento dell'Assemblea, la risoluzione del confronto, ancorché animato, quale che esso fosse) ha tuttavia alterato gravemente il senso del nostro dibattito, la serietà del nostro confronto … (Commenti del senatore Asciutti. Richiami del Presidente).
Vedo anche che di fronte alla richiesta, assolutamente ragionevole, che ha avanzato il collega senatore Morando, di discutere e votare la proposta emendativa del Governo per parti separate (proposta che niente - come è ovvio - avrebbe tolto alla facoltà di pronunciamento della maggioranza), di fronte ad una questione di fair play istituzionale che - ripeto - non avrebbe sottratto né al Governo né alla maggioranza alcuna prerogativa, abbiamo riscontrato un atteggiamento inutilmente polemico, sterilmente tracotante della maggioranza (Commenti del senatore Monti), posto che anche una ragionevole proposta come quella che abbiamo avanzato è stata rifiutata.
Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi della maggioranza, sono qui per dire … (Commenti del senatore Monti) … Il collega non ha ancora capito, ma adesso capirà, dove vogliamo arrivare, a differenza di altri colleghi.
Sono qui per dire, a nome di tutte le forze dell'opposizione, che assicureremo la nostra partecipazione al dibattito questa mattina, ma chiederemo costantemente la verifica del numero legale. Non faremo alcuna azione ostruzionistica, riferendoci ai tempi contingentati dei nostri interventi, quelli che abbiamo a disposizione e quelli che non lo sono, quindi rispetteremo assolutamente le decisioni che abbiamo prese, però - ripeto - chiederemo la verifica del numero legale perché voi, colleghi della maggioranza , dovete stare in Aula e avete l'onere, visto quello che è successo, di garantire la presenza del numero legale (Commenti del senatore Monti).
Dirò di più, signor Presidente e onorevoli colleghi, noi siamo pronti e disponibili, e lo dichiaro formalmente a nome di tutta l'opposizione, a proseguire i lavori dell'Assemblea questo pomeriggio, questa sera, se necessario anche domani, ma voi della maggioranza dovete stare in Aula a garantire quel numero legale che non c'è.
Signor Presidente,signori del Governo, onorevoli colleghi, dico questo perché quanto è successo questa mattina costituisce una lesione grave dei diritti dell'opposizione e noi non intendiamo farla passare. In questo modo teniamo un atteggiamento responsabile di fronte alla irresponsabilità e alla tracotanza di un Governo e di una maggioranza che dimostrano anche in questa occasione di avere interesse solo ai loro calcoli meschini, politici ed elettorali; di non avere interesse ad un vero confronto in Parlamento, né ad approvare una buona legge sul risparmio e sulla riforma della Banca d'Italia, ma esclusivamente ad imporre con un voto truffa quale quello che c'è stato questa mattina la loro opinione e le loro proposte.
Vorrei che rimanesse agli atti che di fronte ad una irresponsabile maggioranza c'è una opposizione responsabile, che ha a cuore gli interessi del Paese, del futuro della Banca d'Italia e dei risparmiatori italiani. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-Un, Misto-SDI-US e Misto-Com. Commenti e protese dal Gruppo LP).
SCHIFANI(FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, non ci aspettavamo molto in termini di coerenza dall'atteggiamento dell'opposizione e l'intervento del collega Angius ha confermato le nostre perplessità su quella che poteva essere la prosecuzione del loro atteggiamento. Ora ne prendiamo atto, posto che un'opposizione che non rispetta il voto d'Aula è un'opposizione che non rispetta la democrazia!
PAGANO (DS-U). Ma che cosa stai dicendo?
SCHIFANI (FI). Ripeto: un'opposizione che non rispetta il voto d'Assemblea è un'opposizione che non rispetta la democrazia! (Proteste dai banchi dell'opposizione). Il linguaggio dell'opposizione, offensivo della Presidenza del Senato, quello dei colleghi che mi interrompono, confermano le nostre serie preoccupazioni su quello che sarebbe il Paese se fosse governato da questi signori (Proteste dai banchi dell'opposizione).
PAGANO (DS-U). Sarà comunque governato da noi.
SCHIFANI (FI). L'andamento dei lavori d'Aula è stato sotto gli occhi di tutti. Il collega Grillo aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto ed aveva alzato il braccio, non certo per votare un emendamento, ma perché intendeva svolgere una dichiarazione di voto contrario a nome del Gruppo di Forza Italia. (Proteste della senatrice Donati). Allora, mi si venga a dire come poteva essere interpretato l'atteggiamento del collega Grillo… (Reiterate proteste della senatrice Donati. Repliche dai banchi della maggioranza. Vive proteste del senatore Garraffa. Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, per favore!
SCHIFANI (FI). La vostra arroganza petulante si commenta da sé e non merita altro che il nostro disprezzo politico per l'atteggiamento che assumete in questi momenti, quando parla un collega! (Applausi dal Gruppo FI).
PAGANO (DS-U). Parla con Asciutti, che ha interrotto il senatore Angius!
SCHIFANI (FI). Il collega Angius non è stato interrotto da interventi come i vostri. (Proteste della senatrice Pagano).
PRESIDENTE. Senatrice Pagano, lo faccia completare! Il senatore Angius ha svolto il suo intervento e nessuno l'ha interrotto, faccia altrettanto.
SCHIFANI (FI). È un disprezzo composto, motivato, ma responsabile, perché ci saremmo attesi maggiore responsabilità nell'atteggiamento del senatore Angius e di altri colleghi sull'andamento dei lavori d'Aula e sulla ricerca di un espediente quando ci si è resi conto che in Aula si era di meno rispetto a quelli che si pensava.
È andata male: su un emendamento avete cercato di batterci, c'eravamo, siamo andati sopra e allora vi siete, naturalmente, attenuti al vostro tipico atteggiamento di non accettare la tenuta della maggioranza. Speravate in qualcos'altro.
Allora, colleghi, se avete deciso sulla base di questo di mutare atteggiamento, devo definire il vostro comportamento subdolo sin dall'inizio rispetto al presunto rapporto di collaborazione con noi per l'approvazione di un disegno di legge che il Paese, l'intera cittadinanza italiana attendono. L'intero Paese aspetta una legge che tuteli i risparmiatori e voi, con il vostro atteggiamento, vi state rendendo ostici e contrari all'approvazione di un siffatto provvedimento. (Proteste dai banchi dell'opposizione).
MANIERI (Misto-SDI-US). Se lo attende il Paese, state in Aula.
SCHIFANI (FI). Allora, se siete responsabili, colleghi dell'opposizione, anziché tenere un atteggiamento ostruzionistico, state in Aula come ci staremo noi… (Proteste dai banchi dell'opposizione. Richiami del Presidente. Vive proteste del senatore Garraffa).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa!
SCHIFANI (FI). …e, se state in Aula, mettete la tessera e garantite la presenza, anziché rubare soldi all'erario… (Reiterate vive proteste del senatore Garraffa).
PRESIDENTE. Senatore Garraffa, la richiamo all'ordine!
SCHIFANI (FI). …perché stando in Aula, ma non manifestando la presenza, rubate soldi all'erario e questo va denunziato in tutte le sedi! (Applausi dal Gruppo FI). Voi, stando in Aula e non contribuendo al numero legale, rubate soldi all'erario e questo è un atto di irresponsabilità politica, istituzionale e civile!(Proteste dai banchi dell'opposizione). Questa è l'opposizione del nostro Paese, questo è il vostro atteggiamento e su questo il Paese sarà chiamato naturalmente a pronunziarsi! (Reiterate proteste dai banchi dell'opposizione. Richiami del Presidente).
PRESIDENTE. Senatori, per cortesia, ma perché dovete interrompere? (Commenti del senatore Angius). Senatore Angius, solo lei ha diritto a non essere interrotto? Quando lei è intervenuto nessuno l'ha interrotta: usi la reciprocità! (Repliche del senatore Angius). Senatore Angius, per favore, orsù! (Commenti del senatore Brutti Massimo).
SCHIFANI (FI). Se volete questa legge e avete responsabilità politica, non rifugiatevi dietro un inutile, sterile ostruzionismo, non nascondetevi dietro una foglia: contribuite al numero legale. Voi sarete in Aula e, se siete in Aula, dovete far sì che la verità politica rispecchi la verità virtuale: altrimenti, uscite dall'Aula e perdete la diaria! Ma la diaria vi sta a cuore, evidentemente! (Applausi dal Gruppo FI. Proteste dai banchi dell'opposizione. Richiami del Presidente).
GRUOSSO (DS-U). Buffone! (La senatrice Pagano fa animatamente cenno di voler intervenire).
PRESIDENTE. Senatrice Pagano, ho un elenco di iscritti a parlare: intendo rispettarlo.
PAGANO (DS-U). Voglio intervenire sull'ordine dei lavori!
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare sull'ordine dei lavori, senatrice Pagano. Ma si calmi, per cortesia: lei chiede di intervenire sull'ordine dei lavori e io le do la parola.
PAGANO (DS-U). Signor Presidente, contrariamente a quanto si pensa, al di là delle mie irruenze, i colleghi della maggioranza sanno che ho sempre cercato di avere con loro un dialogo e un modo di fare estremamente collaborativo, e lei lo sa, signor Presidente.
Ora, che il collega Schifani in questo momento ci accusi di rubare la diaria, quando sa benissimo che più di una volta…(Brusio in Aula). Signor Presidente, siccome vengo dal mondo della scuola, dove siamo abituati alla precisione e a conservare le carte, le comunico che ho conservato tutti i verbali delle sedute nelle quali ci sono vostri senatori che hanno votato senza essere in Aula. Non solo hanno, come dice il senatore Schifani, rubato la diaria (insieme a noi, evidentemente, questo è il suo discorso), ma hanno in qualche modo inficiato il risultato del voto. Questo ritengo sia abbastanza più grave.
Signor Presidente, vorrei dirle pure un'altra cosa. Mi dispiace, lei sa quanto io la stimi e mi consenta di dirle anche che le voglio bene (Commenti dai banchi della maggioranza), però, mi scusi, francamente…
PRESIDENTE. Colleghi, non interrompete, per favore!
PAGANO (DS-U). …mentre nel caso dell'interruzione del senatore Garraffa, che ha semplicemente detto: «Dovete stare in Aula», lei ha richiamato il collega due volte, di fronte all'accusa di rubare la diaria pronunciata dal senatore Schifani non ha detto assolutamente nulla.
Signor Presidente, la prego di ritornare tutti quanti insieme ad una discussione pacata, in cui la maggioranza faccia la sua parte con la presenza in Aula e l'opposizione, come sta facendo, farà la sua parte. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e della senatrice D'Ippolito).
PRESIDENTE. Grazie, senatrice Pagano. Allora, chiedo all'Assemblea di accogliere il suo invito ad una discussione pacata… (Vivaci commenti dai banchi del Gruppo DS-U).
BRUTTI Massimo (DS-U). Deve censurare le parole del senatore Schifani!
PRESIDENTE. Confermo che nessuno ruba niente e che tutte le votazioni sono state regolari.
ANGIUS (DS-U). Anche lei ruba in quest'Aula? Risponda a questo quesito!
PRESIDENTE. Ma quale atteggiamento è questo? Senatore Angius, la posso richiamare ad un atteggiamento responsabile?
ANGIUS (DS-U). Anche lei ruba in quest'Aula!
PRESIDENTE. Senatore Angius, con quell'atteggiamento minaccioso… (Commenti del senatore Angius). Per cortesia, non è questo il modo!
BRUTTI Massimo (DS-U). Deve censurare le parole di Schifani!
PRESIDENTE. Senatore Brutti, la prego. Per cortesia! Nessuno ruba niente e tutte le votazioni sono sempre state regolari. Basta questo.
DATO (Mar-DL-U). Non è vero!
TOFANI (AN). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOFANI (AN). Signor Presidente, se i colleghi, compreso il collega Brutti, hanno la compiacenza di permettermi di parlare, ne sarò loro grato.
Io penso, colleghi, che il problema sia molto più semplice. Il senatore Angius ci ha dato la chiave di lettura. E qual è la chiave di lettura, a mio parere? È che si cercava un motivo, un pretesto, per cambiare le posizioni emerse all'ultima Conferenza dei Capigruppo. Infatti non posso immaginare, anche per la consistenza e capacità politica dei Gruppi di opposizione, che si possa cambiare atteggiamento di fronte a ciò che è avvenuto questa mattina, che il collega Angius sa benissimo non essere quello che lui ha detto.
Non lo è perché non c'è stata nessuna votazione truffa; non lo è perché, se andiamo a contare i voti, ci rendiamo conto che l'opposizione credo abbia superato in attivismo la maggioranza, considerato che tra la prima e la seconda votazione ci sono stati quindici colleghi di opposizione in meno…
BAIO DOSSI (Mar-DL-U). Allora è falsa!
PETRINI (Mar-DL-U). Così contraddici il Presidente!
TOFANI (AN). …quindi, qui non ha rubato nulla nessuno. (Commenti dai banchi dell'opposizione). Ma è mai possibile che non avete il senso di ascoltare?
PETRINI (Mar-DL-U). Stiamo difendendo il Presidente.
TOFANI (AN). Collega, vuole avere la sensibilità di ascoltare? Ognuno di noi ha interpretazioni. Quando la vedo intervenire in questo modo mi preoccupo pure, perché già qualche altra volta un collega si è sentito male per eccessiva agitazione.
Non vorrei che si verificasse un episodio di questo tipo. Abbiate la compiacenza di lasciar parlare. Dovete lasciar parlare i colleghi. Non vi dobbiamo convincere, ma vogliamo esercitare il diritto-dovere di parlare.
A nostro parere, si sta configurando questa situazione: l'opposizione, attraverso il collega Angius, ha detto di aver ripensato a quanto era stato stabilito durante l'ultima Conferenza dei Capigruppo. Ovviamente ha dovuto trovare un pretesto, che va sempre trovato: questo è quanto si è verificato nel corso di questa mattinata con le azioni portate avanti. Pregherei… (Commenti della senatrice Pagano). Signor Presidente, o chiede ai colleghi di farmi parlare o rinuncio ad intervenire. La invito a far tacere l'opposizione perché questo modo di fare è scorretto. Siete dei provocatori, solo questo siete!
MANIERI (Misto-SDI-US). Parli di Schifani, evidentemente.
TOFANI (AN). Siete dei provocatori. Pensate che durante l'intervento del senatore Angius noi, che abbiamo ascoltato, fossimo d'accordo? Sicuramente no, ma per rispetto nei confronti del collega abbiamo ascoltato quanto stava dicendo.
FORCIERI (DS-U). Ma di' qualcosa!
TOFANI (AN). Colleghi della maggioranza, dobbiamo prendere atto che per la cultura dello scontro l'opposizione sta affossando questo importante provvedimento che riguarda i risparmiatori, tant'è che si è rimangiata la posizione chiaramente espressa da tutti i Capigruppo nel corso dell'ultima Conferenza dei Capigruppo.
Non posso immaginare, e concludo, che su un tema così importante, l'argomento discutibile di una votazione, che rappresenta un fattore minimale nel contesto di un dibattito, possa far cambiare opinione. La verità, a nostro parere, è questa e la denunciamo. Vi state assumendo gravissime responsabilità perché sapete bene che stiamo andando verso la sessione di bilancio e voi dovrete rendere conto ai risparmiatori, al di là del discorso aritmetico delle presenze o delle assenze, della vostra mancanza di responsabilità. (Applausi dai Gruppi AN e FI).
CHIUSOLI (DS-U). Ma cosa dici?
MANIERI (Misto-SDI-US). La responsabilità è anche vostra che dovete stare qui dentro.
PRESIDENTE. Senatrice Manieri, è possibile che non riuscite a farlo parlare? È così incontenibile la vostra voglia di interrompere? (Vivaci proteste del senatore Garraffa). Senatore Garraffa, non può esprimersi in questo modo, gridando con la mano in tasca e facendo gesti non educati. Siamo nell'Aula del Senato, senatore Garraffa, glielo devo ricordare ogni cinque minuti?
PAGANO (DS-U). Anche Schifani è nell'Aula del Senato.
BORDON (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BORDON (Mar-DL-U). Signor Presidente, spero che anche sulla base dell'appello rivolto dalla senatrice Pagano, dopo l'intervento - permettetemi di dirlo - intollerabile del senatore Schifani, che ha offeso la dignità di tutti i parlamentari, e dopo quello del senatore Tofani, che ora dovrebbe rivolgere lo stesso appello ai suoi colleghi che invece di ascoltare latrano…
TOFANI (AN). Non sta parlando nessuno.
FERRARA (FI). Sei davvero maleducato!
PRESIDENTE. Senatore Ferrara, non interrompa.
BORDON (Mar-DL-U). Come dicevo, io voglio sperare che si cerchi di ascoltare, magari cercando di non confondere due questioni che sono entrambe importanti, sia che vengano assunte insieme (e qualche volta avviene), sia che vengano considerate separate, e cioè una questione formale e una questione di contenuto.
La questione formale l'ho già ricordata nel richiamo al Regolamento ed è chiarissima. L'articolo 110 del Regolamento è chiarissimo, non vi sono possibilità interpretative per nessun Presidente, proprio perché tale articolo chiarisce anche quali possono essere le eccezioni e, per ciò stante, definisce inequivocabilmente il recinto dell'interpretabilità.
Dopodiché si può pensare, torno a dirlo, che ci sia stato un errore. Personalmente penso qualcosa di peggio, ma anche ammesso che si sia trattato soltanto di un errore, esso era catalogabile tra gli errori non risolvibili, non correggibili.
Infatti, non è possibile, per alcun motivo, nemmeno se il Presidente si accorge di non aver dato la parola, sospendere una votazione o addirittura consentire di intervenire quando la votazione, come è avvenuto, si è conclusa.
Questo è un aspetto oggettivo, colleghi. Poi si può discutere su come sarebbe andata. A nostro avviso, come abbiamo già detto, con buona probabilità sarebbe stato approvato l'emendamento che era stato proposto oltre che da noi anche dal senatore Cantoni, e questo è un fatto molto, molto grave che dovrebbe preoccupare tutti, se non altro perché costituisce un gravissimo precedente, per dato oggettivo o per dato soggettivo, di possibile manipolazione di una votazione già avvenuta su un punto importante.
Dunque, quando affermiamo l'esistenza di elementi talmente gravi da inficiare, a nostro avviso, la regolarità della votazione, diciamo qualcosa di esatto e non discutibile. Poi si può fare propaganda.
La seconda questione riguarda il contenuto. Non raccontateci che voi difendete i risparmiatori, perché questo disegno di legge giace qui in Senato da due anni! (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).
PEDRIZZI (AN). Ma cosa dici?
PRESIDENTE. Senatore Pedrizzi! La smetta.
SEMERARO, relatore. Sono solo tre mesi!
BORDON (Mar-DL-U). E in questi due anni, quante volte vi siete preoccupati degli interessi dei risparmiatori italiani? Quante volte?
EUFEMI, relatore. L'abbiamo fatta in tre mesi!
PRESIDENTE. Anche lei, senatore Eufemi, si calmi.
BORDON (Mar-DL-U). Ma oggi siamo arrivati a questo, dopo la dimostrazione del nostro assoluto senso di responsabilità che il senatore Angius ha chiarito. Noi avevamo assunto, rispetto a un fatto che riteniamo lesivo dei princìpi basilari di regolarità di una democrazia, quale è il tentativo di cambiare surrettiziamente e all'ultimo secondo, la legge elettorale, un atteggiamento di ostruzionismo in entrambi i rami del Parlamento. Di fronte all'esigenza, però, di dare una risposta ai risparmiatori e una anche alle questioni centrali - sulle quali sembrava che pure una parte della maggioranza si fosse finalmente fatta attenta - della definizione dei poteri della Banca d'Italia e dei limiti del mandato del Governatore, avevamo accettato non solo di non esercitare più l'ostruzionismo su questo provvedimento, ma addirittura di dare ad esso una vera e propria corsia privilegiata.
Ebbene, la risposta a questa dimostrazione di senso di responsabilità è stata la seguente: il risultato di una votazione manipolato artatamente… (Commenti del Gruppo FI). E, di fronte ad una richiesta che è incredibilmente normale e ragionevole - in realtà non incredibilmente, perché viene da una delle persone più ragionevoli di quest'Aula, il senatore Morando - e volta semplicemente a permettere pure a noi di votare le parti che condividevamo del vostro emendamento, voi avete negato anche questa semplice votazione per parti separate che avrebbe reso possibili voti diversi. Non ho capito bene con quale intenzione, se non quella di arrivare esattamente a ciò cui stiamo arrivando, e cioè non definire nemmeno quel minimo di riforma che dite pubblicamente di volere sulla Banca d'Italia, ma che evidentemente, nella realtà, non volete!
Avete negato anche questa semplice votazione dell'emendamento per parti separate al fine di rendere possibili voti diversificati. Quindi, è una questione di forma, è una questione di contenuto. È evidente che, se a questo punto accettassimo, facendo finta di non vedere, quello che sta avvenendo, saremmo corresponsabili di una legge sbagliata e anche di darvi la possibilità di dimostrare che fate qualcosa, mentre nella realtà non state facendo assolutamente niente.
Dopo di che, come ha detto il senatore Angius, noi siamo qui pronti - si convochi una Conferenza dei Capigruppo, si sposti l'inizio della sessione di bilancio - ad andare avanti anche venerdì, sabato e domenica, se è necessario, ma quello che non potete pretendere è che, se non siete in grado di essere presenti in Aula, noi approviamo una legge che consideriamo sbagliata e insufficiente per i risparmiatori e per gli interessi del Paese. Questo non potete permettervelo. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Vicini).
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, sono quattro anni che come Gruppo cerchiamo costantemente, in Aula, di richiamare al rispetto delle regole, che lei stesso, signor Presidente, molto spesso non ha rispettato, oggi non è la prima volta, ma è una delle più gravi.
Una delle questioni fondamentali nel rispetto delle regole, il minimo che ci si deve aspettare in Aula per svolgere il proprio dovere, è che, quando si è maggioranza, non si può pensare che per esaminare e votare i provvedimenti in Aula sia l'opposizione a dover garantire la presenza del numero legale.
In questi anni, molte discussioni in Aula sono avvenute perché assistiamo continuamente, ed in modo pesante - si pensi al fenomeno dei cosiddetti pianisti - alla violazione della legalità, con senatori che votano per quattro o cinque colleghi, com'è avvenuto «regolarmente» anche questa mattina e che solo un cieco, signor Presidente, potrebbe non vedere.
Davanti a tutto ciò, che da parte del senatore Schifani - al quale mi rivolgo - arrivino all'opposizione accuse di rubare, quando voi rubate costantemente il voto e altro, e il senatore Schifani sa benissimo quante volte il suo nome è comparso nell'elenco dei votanti, pur non essendo in Aula…
SCHIFANI (FI). Non è vero, è falso!
DE PETRIS (Verdi-Un). Lo sa benissimo, lo sa benissimo.
Noi continueremo a manifestare questa posizione.
La cosa più grave, signor Presidente - mi rivolgo a lei che fa sempre finta di non vedere quando altri chiedono la parola - è che oggi, guarda caso, dopo che ha visto il risultato del voto, allora si è accorto che qualcuno aveva chiesto di parlare e ha dato la parola non solo al senatore Grillo, ma, nel frattempo, è riuscito a riaprire le dichiarazioni di voto.
Se questa non è violazione delle regole, mi dica lei che cos'è: è violazione non solo del Regolamento, ma anche di quelle regole fondamentali per cui un senatore dell'opposizione si possa sentire rispettato nelle proprie prerogative, cosa che da molto tempo non avviene più. Lei sa quante volte abbiamo posto la questione.
Il senatore Tofani ha visto, anche in questi giorni, come da parte nostra si sia assunta, pure con una forte discussione, la responsabilità di fare in modo che si esaminasse finalmente il provvedimento sulla tutela del risparmio e si discutesse in quest'Aula anche la questione della Banca d'Italia. Ebbene, dopo tutto questo ci accusate di voler bloccare i lavori?
Noi vi chiediamo soltanto di fare il vostro dovere, di stare in Aula come vi hanno chiesto i cittadini che vi hanno eletti. Dovete stare in Aula, non potete pretendere che siano gli altri a garantirvi il numero legale. È solo questo, non c'è altro. Dopo quello che è accaduto noi ritorniamo a fare semplicemente il nostro dovere nel chiedere che siano rispettate le regole. (Applausi dai Gruppi Verdi-Un, Mar-DL-U, DS-U e del senatore Betta).
PRESIDENTE. Naturalmente ribadisco anche a lei, senatrice De Petris, che tutte le votazioni sono state regolari, in tutta la legislatura.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Invito il relatore e la rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'ordine del giorno G019.1
EUFEMI, relatore. Il mio parere è assolutamente contrario.
ARMOSINO, sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Il Governo esprime parere contrario.
PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'ordine del giorno G019.1.
MORANDO (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, molto rapidamente perché credo di avere purtroppo pochissimo tempo per questa dichiarazione di voto.
In ogni caso, il Testo Unico della legge bancaria al Titolo I, articolo 2, comma 1, recita testualmente: «Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio» - che è un organo del Governo - «ha l'alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio». Seconda premessa: la Banca d'Italia stessa definisce il Governatore alto consulente del Governo in materia economica e finanziaria. Terza premessa: lo Statuto della Banca d'Italia all'articolo 19 afferma un preciso ruolo del Governo nella procedura di nomina e di revoca del Governatore.
Si tratta di tre premesse, signor Presidente, per concludere che, in materia di credito e di Banca d'Italia, il Governo ha da svolgere una funzione di vigilanza assai rilevante e ha da compiere rilevanti atti di amministrazione.
Quindi, a proposito di questa funzione del Governo e di questi rilevanti atti amministrativi che il Governo deve compiere, è pacifico, signor Presidente, che il Parlamento possa esercitare la sua tradizionale azione di iniziativa di indirizzo verso il Governo.
Questo lo preciso perché il relatore, durante alcune fasi precedenti, e il senatore Grillo hanno sostenuto, in buona sostanza, che su questo tema, in realtà, il Parlamento non potesse pronunciarsi, con l'argomento - a mio avviso indiscutibile se considerato in sé - che ovviamente il Parlamento non può sfiduciare il Governatore. Certo, lo confermo: il Parlamento non può, guai lo se pretendesse, sfiduciare il Governatore della Banca d'Italia, poiché l'autonomia e l'indipendenza della Banca sono un bene supremo che va assolutamente tutelato, e non soltanto perché a questo ci lega il Trattato che ha dato poi luogo alla moneta unica e alla Banca centrale europea. È chiaro però che il Parlamento, stanti le competenze che il Governo ha, sia nell'esercizio della funzione di alta vigilanza sul credito, sia - secondo lo Statuto della Banca d'Italia - sulle procedure di nomina e di revoca, può esercitare la sua azione di indirizzo nei confronti del Governo per dire allo stesso Governo che, nello svolgere questa funzione, deve regolarsi secondo l'indirizzo che le Camere gli danno.
Pertanto, da questo punto di vista l'ordine del giorno è perfettamente legittimo e vorrei che tutti considerassero che è perfettamente corrispondente non alle innovazioni legislative di cui stiamo discutendo, ma è perfettamente coerente con la legislazione vigente, cioè con i poteri e le funzioni che il Governo esercita non in nome di questa innovazione legislativa, bensì in nome della legislazione assolutamente vigente.
Il Ministro dell'economia, signor Presidente, competente per materia nella fase di nomina e di revoca, ed il Presidente del Consiglio hanno formulato non in dichiarazioni giornalistiche, non fuori dalla sede parlamentare, ma in Aula, un giudizio inequivocabile. Prima il Ministro dell'economia ha affermato: «Vi è un danno per il sistema del credito italiano»; poi il Presidente del Consiglio ha espresso un giudizio altrettanto inequivocabile nei confronti del consulente primo del Governo in materia di economia, dicendo, in buona sostanza, che egli non gode della sua fiducia tanto che lo ha invitato, sia pure senza successo, ad un atto liberatorio, cioè un atto di dimissioni.
Permane, però, un'ambiguità. (Richiami del Presidente). Ho terminato, signor Presidente, ma lei mi consentirà qualche momento in più perché la questione è particolarmente rilevante, è l'oggetto di un confronto anche fuori dall'Assemblea, che dura da mesi e mesi: cosa diciamo nell'ordine del giorno? Facendo riferimento alle competenze del Governo a legislazione vigente, chiediamo all'Esecutivo di uscire dall'ambiguità perché, assieme a quei pronunciamenti che si sono determinati qui nell'Aula del Senato da parte del Ministro dell'economia e del Capo del Governo, abbiamo avuto manifestazioni di orientamenti ambigui: in buona sostanza, ci deve pensare la BCE, tutto quel che vi era da dire è stato detto e non si può fare nulla.
In realtà, non è così: sulla base della legislazione vigente non ci deve pensare la BCE a fare la parte che compete al Governo italiano. Essa deve fare la sua parte e credo che la stia già facendo e la farà. Mentre il Governo italiano può fare cose che, per la verità, sarebbero in perfetta coerenza con le dichiarazioni formali che il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell'economia pro tempore hanno reso in Aula.
Con questo ordine del giorno, che non è norma di legge, chiediamo al Governo di uscire dall'ambiguità e di pronunciare un giudizio definitivo nelle sedi formali e che, nel pieno rispetto - sia ben chiaro - dell'autonomia del Consiglio superiore della Banca d'Italia, se il suo orientamento è quello che fa pronunciare al Governo un giudizio di danno e di sfiducia, allora non deve revocare, perché non può farlo, ma si deve rivolgere al Consiglio superiore della Banca d'Italia perché convochi una riunione con il tema della revoca all'ordine del giorno.
Sotto il profilo della tutela della legislazione vigente siamo, a mio giudizio, perfettamente coerenti e ci proponiamo soprattutto l'obiettivo, semplice e chiaro, che verrà conseguito, signora Sottosegretario, tra breve, quando lei finalmente, dopo tutti questi mesi, dovrà esprimere su questo ordine del giorno una delle tre opzioni, anzi lo ha già detto: contraria, favorevole o di rimessione all'Assemblea.
Lei già detto di essere contraria, signora Sottosegretario. Quindi, da oggi purtroppo si è fatta chiarezza anche su questo punto fondamentale: sì, è vero, come ha detto il Ministro dell'economia, che vi è un danno; sì, è vero, come ha detto il Presidente del Consiglio che, vi è una caduta di credibilità.
Purtroppo, però sulla base del suo pronunciamento su questo ordine del giorno bisogna aggiungere una terza considerazione: sì, è vero, voi siete corresponsabili di questo danno e di questa caduta di credibilità. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U, Verdi-Un, Aut, Misto-Com, Misto-SDI-US e Misto-RC).
GRILLO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRILLO (FI). Signor Presidente, intendo chiarire sin da subito un aspetto; altrimenti finisce che ciò che viene scritto sul «Corriere della Sera» si assume come fatto vero.
Sulla base di dati oggettivi non risulta che il nostro Paese, signor Presidente, per stia perdendo credibilità. (Commenti dai banchi dell'opposizione). Vi è un parametro che tutti i Paesi d'Europa utilizzano per misurare la credibilità del sistema finanziario mondiale: lo spread dei tassi di interesse pluriennale dei BTP tedeschi con quelli italiani. Si sappia allora che, anche per merito del Governo Berlusconi, questo spread è il più basso degli ultimi venticinque anni; che non vi sono divaricazioni. Si sappia che l'ultima emissione dei BOT decennali è stata un successo straordinario perché le domande sono state superiori alle offerte.
Allora, la cosiddetta credibilità, (come purtroppo ha dovuto ammettere un Ministro che ora non c'è più) è riconducibile solo ai 160 articoli del "Financial Times" perché, purtroppo per i colleghi dell'opposizione, il nostro Paese continua a essere credibile sui mercati internazionali. (Commenti dai banchi dell'opposizione).
Signor Presidente, a nome del Gruppo Forza Italia, credo di poter dire che l'ordine del giorno in esame è inammissibile. Ho seguito con molta attenzione le motivazioni addotte in proposito dal senatore Morando e le rispetto; però, il collega Morando, con l'attenzione e l'intelligenza che gli sono proprie, deve consentire anche a me di esporre le ragioni per cui considero inammissibile questo ordine del giorno, che comunque va respinto (Commenti della senatrice Pagano).
MORANDO (DS-U). Questo lo deve dire il Presidente!
GRILLO (FI). Infatti, signor Presidente, non si può chiedere al Governo qualcosa che non può fare, perché - lo voglio sottolineare - il Governo non è competente a nominare il Governatore della Banca d'Italia.
MORANDO (DS-U). Questo non c'è scritto!
GRILLO (FI). Ribadisco che il Governo non è competente e non ha il potere di nominare il Governatore della Banca d'Italia, ma solo quello di approvare la nomina predisposta dal Consiglio superiore della Banca d'Italia.
MORANDO (DS-U). E fino a qui ci siamo.
GRILLO (FI). Tuttavia, colleghi - e qui mi appello ai giuristi presenti in quest'Aula e non a coloro che fanno delle semplificazioni demagogiche, e mi perdonerà il collega Morando se faccio questa affermazione - (Commenti della senatrice Pagano), questo potere di ratifica di una nomina avvenuta in altra sede, nel pieno rispetto delle divisioni dei compiti e dei poteri, esaurisce la sua funzione immediatamente: è, cioè, un atto di efficacia immediata e quindi non può essere recuperato con un voto diverso, caro collega Morando. L'atto di approvazione non è pertanto revocabile perché esaurisce in sé la sua funzione nel momento stesso in cui si compie la ratifica.
D'altro canto, signor Presidente, i colleghi continuano ad ignorare che la Banca centrale italiana ormai fa parte del sistema delle Banche centrali europee. Tale sistema si è dato uno statuto, collega Morandi…
MORANDO (DS-U). Mi chiamo Morando! (Commenti della senatrice Pagano).
GUZZANTI (FI). Stai zitta!
PRESIDENTE. Senatrice Pagano, per cortesia, se continua ad interrompere, non mi consente di chiudere la seduta.
GRILLO (FI). Lo statuto della BCE, quindi della Banca d'Italia, e del Sistema europeo di banche centrali (SEBC) è una norma di rango costituzionale perché è parte integrante del Trattato di Maastricht; non è neanche una legge ordinaria, ma ripeto, costituzionale! Ebbene, in tale ambito, i casi previsti per la revoca del Governatore sono precisamente individuati e sono soltanto due: quello del Governatore che non soddisfa le condizioni richieste, oppure quello del Governatore che si rende colpevole di gravi mancanze. È altresì prevista la procedura da attivare in tali casi, ma non è quella prospettata dal vostro ordine del giorno!
La realtà, signor Presidente, è che qui si vuole, in modo surrettizio, immaginare una strada che è impercorribile, che non è prevista nell'esperienza del nostro Paese, né in quella di nessun Paese europeo, con il richiamo ad un Governo che a parer mio si è dimostrato, anche e soprattutto nella persona del presidente Berlusconi, di grande equilibrio, tant'è che il Consiglio dei ministri del 2 settembre, a quanto mi consta, ha discusso a lungo questo problema per poi varare una soluzione che considero equilibrata.
Per questi motivi, signor Presidente, sono dell'opinione che simili impostazioni risentano di una cultura tardoparlamentaristica per cui il Parlamento può fare tutto. Questo - me lo consentirà il collega Morando - è un residuo del '68; oggi siamo in un Paese in cui il Parlamento è molto importante, ma esiste comunque una divisione dei poteri. (Proteste dai banchi dell'opposizione. Commenti dei senatori Castellani e Cavallaro).
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, dobbiamo votare. Senatore Grillo, la prego di concludere.
GRILLO (FI). La divisione dei poteri è molto importante e nella divisione dei poteri ciò che accade nell'ambito della BCE o del SEBC è purtroppo cosa di cui tenere conto.
TAROLLI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Senatore Tarolli, le ricordo che mancano pochi minuti al termine della seduta, quindi dovrebbe svolgere il suo intervento in tempi brevi.
TAROLLI (UDC). Signor Presidente, impiegherò solo qualche minuto.
Non c'è ombra di dubbio che su questa vicenda si sia sovrapposta una speculazione politica che non aiuta a dirimere la questione e a me premerebbe soprattutto riuscire a portare un contributo perché si chiarisca dove sta la speculazione politica e dove stanno, invece, le questioni tecnico-giuridiche.
Non vorrei che sulla questione Banca d'Italia qualcuno volesse costruire la propria verginità o la propria credibilità nel Paese e che la costruzione di questa verginità e credibilità andasse a detrimento, in spregio o, per così dire, a mortificazione di una delle istituzioni più prestigiose, di cui il Paese dev'essere onorato.
Sulla vicenda in corso, vale a dire sul tentativo di acquisizione di una banca di media entità, che - lo ricordo ai colleghi - è una questione di modesta rilevanza nell'ambito delle questioni generali di un Paese, si è creata una speculazione politico-mediatica, quasi fossimo in presenza della Terza guerra mondiale. Non siamo in presenza della Terza guerra mondiale: siamo in presenza di una contesa, punto e basta.
Per far valere le proprie ragioni, si è allora cominciato dicendo che l'operato della Banca d'Italia non era stato corretto, quindi si è fatto leva sulla correttezza. A distanza di tempo, negli organi deputati a chiarire la correttezza dell'operato della Banca d'Italia si è capito che l'operato di quest'ultima e del suo Governatore erano stati ineccepibili, quindi questo rilievo è stato cassato.
Si è passati allora ad un secondo addebito, dicendo che il Governatore non era stato arbitro imparziale ma era stato un giocatore. È nata allora un'altra polemica durata settimane e settimane per chiarire che la legge Amato e la legge Ciampi avevano assegnato al Governatore, attraverso lo strumento della moral suasion, un potere di indirizzo che era stato alla base…
PRESIDENTE. Senatore Tarolli, per cortesia, concluda.
TAROLLI (UDC). Ho quasi finito, signor Presidente.
C'è stata poi l'accusa sull'autorevolezza dell'Istituto. Ricordo che l'autorevolezza di un'istituzione si misura non in base al gradimento del momento politico o delle considerazioni giornalistiche, ma sulla bontà dei provvedimenti che questa istituzione adotta. E non v'è ombra di dubbio che la quasi totalità dei provvedimenti adottati dalla Banca d'Italia siano stati validati, confermati in tutte le sedi tecnico-giuridiche, amministrative o anche penali quando in quelle sedi si è ricorso.
Allora, se non c'è il motivo del contendere, direi ai colleghi dell'opposizione: le considerazioni politiche sono tutte legittime, ma l'autorevolezza, la correttezza e l'imparzialità della Banca d'Italia sono fuori discussione.
Pertanto, anche quest'ordine del giorno si colloca in un versante tale da non poter essere accolto.
ANGIUS (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANGIUS (DS-U). Signor Presidente, questa volta intervengo davvero brevemente.
Avevo posto una questione rispetto alla quale non ho sentito risposta ai colleghi della maggioranza, in particolare dai Presidenti di Gruppo che sono intervenuti.
La questione è molto semplice: poiché siamo arrivati alle 14, l'orario previsto per la chiusura della seduta antimeridiana, ho avanzato la proposta, a lei e anche al Governo e ai colleghi della maggioranza, di proseguire la discussione del disegno di legge sul risparmio continuando i nostri lavori, se del caso anche facendo slittare l'inizio della sessione di bilancio; questo ai fini di consentire al Governo e alla maggioranza di approvare il disegno di legge sul risparmio (purché, ovviamente, siano presenti in Aula: la maggioranza infatti - lo ricordo - ha ben cinquanta senatori più dell'opposizione, quindi è in grado ampiamente di garantire non solo il numero legale, ma l'approvazione del suo provvedimento, com'è suo intento). Chiedevo, quindi, di far slittare l'inizio della sessione di bilancio e riprendere alle ore 16, quando la seduta pomeridiana avrà inizio, con i punti all'ordine del giorno.
Insisto su questo punto, che vale per la maggioranza a prescindere da quello che sarà il nostro atteggiamento. Noi saremo qui in Aula, naturalmente, a chiedere la verifica del numero legale, ma è evidente che la maggioranza e il Governo hanno la responsabilità di decidere la prosecuzione dei lavori: è una responsabilità che spetta a loro. Vorrei quindi avere una risposta su questo punto.
PRESIDENTE. Senatore Schifani, intende dare una risposta?
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, è evidente che la proposta del collega Angius è graziosamente provocatoria…
ANGIUS (DS-U). E perché? Roba da matti!
SCHIFANI (FI). …perché se i colleghi dell'opposizione garantissero con la loro presenza anche la presenza politica e istituzionale, allora la maggioranza sarebbe pienamente d'accordo, con senso di responsabilità. Siccome, però, dietro questa proposta si nasconde in maniera non poco velata soltanto un atteggiamento squisitamente demagogico e provocatorio, prendiamo atto del fatto che l'opposizione ricorre a tutti i metodi e a tutti gli strumenti per cercare di nascondere il proprio mutamento di scelta politica: quella di non volere che una legge chiesta dal Paese, che tutela i risparmiatori, possa essere approvata! (Applausi dal Gruppo FI. Commenti dai banchi dell'opposizione).
PRESIDENTE. Colleghi, prima di chiudere la seduta devo dare una risposta sulla questione dell'ammissibilità dell'ordine del giorno presentato dal senatore Angius. Naturalmente non spetta al senatore Grillo, né ad alcun altro, la decisione su tale aspetto.
L'ordine del giorno non invita il Governo a chiedere la revoca del mandato del Governatore: cita la legge, indicando alla lettera quali sono le procedure (si parla di «decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri di concerto col Ministro dell'economia, sentito il Consiglio dei ministri») e impegna il Governo a verificare «se sussistano ancora le condizioni che resero possibile al Governo pro tempore di formulare il parere favorevole (…)».
Qui, senatore Morando, c'è una formulazione linguistica impropria, che andrebbe corretta, perché la dizione utilizzata nelle premesse dovrebbe essere adoperata anche nella parte dispositiva dell'ordine del giorno. Nell'impegno si parla di «parere favorevole», ma questo la legge non lo prevede. Quindi, io intendo che la stessa formula usata nelle premesse sia presente anche nell'impegno.
In questi termini, l'ordine del giorno è ammissibile e si procederà alla sua votazione a partire dalle ore 16 di oggi, perché a questo punto la seduta è conclusa.
Rinvio pertanto il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (3328)
ARTICOLO 18 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
TITOLO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI REVISIONE DEI CONTI
Art. 18.
Approvato con emendamenti. Cfr. anche sed. 878
(Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 116, comma 2, dopo la parola: «156,» è inserita la seguente: «160»;
b) l’articolo 159 è sostituito dal seguente:
«Art. 159. - (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea, in occasione dell’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, secondo comma, del codice civile, conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancio consolidato ad una società di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 determinandone il compenso, previo parere del collegio sindacale.
2. L’assemblea revoca l’incarico, previo parere dell’organo di controllo, quando ricorra una giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico ad altra società di revisione secondo le modalità di cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la divergenza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al conferimento d’ufficio da parte della CONSOB.
3. Alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2 adottate dall’assemblea delle società in accomandita per azioni con azioni quotate in mercati regolamentati si applica l’articolo 2459 del codice civile.
4. L’incarico ha durata di sei esercizi, è rinnovabile una sola volta e non può essere rinnovato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. In caso di rinnovo il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto.
5. Le deliberazioni previste dai commi 1 e 2 sono trasmesse alla CONSOB entro il termine fissato ai sensi del comma 7, lettera b). La CONSOB, entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di conferimento dell’incarico, può vietarne l’esecuzione qualora accerti l’esistenza di una causa di incompatibilità, ovvero qualora rilevi che la società cui è affidato l’incarico non è tecnicamente idonea ad esercitarlo, in relazione alla sua organizzazione ovvero al numero degli incarichi già assunti. Entro venti giorni dalla data di ricevimento della deliberazione di revoca, la CONSOB può vietarne l’esecuzione qualora rilevi la mancanza di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effetto dalla scadenza dei termini di cui, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo, qualora la CONSOB non ne abbia vietata l’esecuzione.
6. La CONSOB dispone d’ufficio la revoca dell’incarico di revisione contabile qualora rilevi una causa di incompatibilità ovvero qualora siano state accertate gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, anche in relazione ai princìpi e criteri di revisione stabiliti ai sensi dell’articolo 162, comma 2, lettera a). Il provvedimento di revoca è notificato alla società di revisione e comunicato immediatamente alla società interessata, con l’invito alla società medesima a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra società di revisione, secondo le disposizioni del comma 1, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione. Qualora la deliberazione non sia adottata entro tale termine, la CONSOB provvede d’ufficio al conferimento dell’incarico entro trenta giorni. Le funzioni di controllo contabile continuano ad essere esercitate dalla società revocata fino a quando la deliberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al provvedimento della CONSOB.
7. La CONSOB stabilisce con regolamento:
a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l’incarico di revisione contabile. La corresponsione del compenso non può comunque essere subordinata ad alcuna condizione relativa all’esito della revisione, nè la misura di esso può dipendere in alcun modo dalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della società di revisione;
b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2, le modalità e i termini di trasmissione;
c) le modalità e i termini per l’adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedimenti da essa assunti;
d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione depositano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti indicati ai commi 1, 2, 5 e 6.
8. Non si applica l’articolo 2409-quater del codice civile»;
c) all’articolo 160, il comma 1 è sostituito dai seguenti:
«1. Al fine di assicurare l’indipendenza della società e del responsabile della revisione, l’incarico non può essere conferito a società di revisione che si trovino in una delle situazioni di incompatibilità stabilite con regolamento dalla CONSOB.
1-bis. Con il regolamento adottato ai sensi del comma 1, la CONSOB individua altresì i criteri per stabilire l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione, costituita dalla struttura più ampia cui appartiene la società stessa e che si avvale della medesima denominazione o attraverso la quale vengono condivise risorse professionali, e comprendente comunque le società che controllano la società di revisione, le società che sono da essa controllate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo; determina le caratteristiche degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l’indipendenza della società di revisione; stabilisce le forme di pubblicità dei compensi che la società di revisione e le entità appartenenti alla sua rete hanno percepito, distintamente, per incarichi di revisione e per la prestazione di altri servizi, indicati per tipo o categoria. Può stabilire altresì prescrizioni e raccomandazioni, rivolte alle società di revisione, per prevenire la possibilità che gli azionisti di queste o delle entità appartenenti alla loro rete nonchè i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le medesime intervengano nell’esercizio dell’attività di revisione in modo tale da compromettere l’indipendenza e l’obiettività delle persone che la effettuano.
1-ter. La società di revisione e le entità appartenenti alla rete della medesima, i soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo non possono fornire alcuno dei seguenti servizi alla società che ha conferito l’incarico di revisione e alle società da essa controllate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo:
a) tenuta dei libri contabili e altri servizi relativi alle registrazioni contabili o alle relazioni di bilancio;
b) progettazione e realizzazione dei sistemi informativi contabili;
c) servizi di valutazione e stima ed emissione di pareri pro veritate;
d) servizi attuariali;
e) gestione esterna dei servizi di controllo interno;
f) consulenza e servizi in materia di organizzazione aziendale diretti alla selezione, formazione e gestione del personale;
g) intermediazione di titoli, consulenza per l’investimento o servizi bancari d’investimento;
h) prestazione di assistenza legale;
i) altri servizi e attività, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati, in ottemperanza ai princìpi di cui alla ottava direttiva n. 84/253/CEE del Consiglio, del 10 aprile 1984, in tema di indipendenza delle società di revisione, dalla CONSOB con il regolamento adottato ai sensi del comma 1.
1-quater. L’incarico di responsabile della revisione dei bilanci di una stessa società non può essere esercitato dalla medesima persona per un periodo eccedente sei esercizi sociali, nè questa persona può assumere nuovamente tale incarico, relativamente alla revisione dei bilanci della medesima società o di società da essa controllate, ad essa collegate, che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, neppure per conto di una diversa società di revisione, se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente.
1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una società, i soci, gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società di revisione alla quale è stato conferito l’incarico di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella società che ha conferito l’incarico di revisione e nelle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano, nè possono prestare lavoro autonomo o subordinato in favore delle medesime società, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovvero dal momento in cui abbiano cessato di essere soci, amministratori, componenti degli organi di controllo o dipendenti della società di revisione e delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93.
1-sexies. Coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, direttori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso una società non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima società nè delle società da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano, se non sia decorso almeno un triennio dalla cessazione dei suddetti incarichi o rapporti di lavoro.
1-septies. La misura della retribuzione dei dipendenti delle società di revisione che partecipano allo svolgimento delle attività di revisione non può essere in alcun modo determinata, neppure parzialmente, dall’esito delle revisioni da essi compiute nè dal numero degli incarichi di revisione ricevuti o dall’entità dei compensi per essi percepiti dalla società.
1-octies. La violazione dei divieti previsti dal presente articolo è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro irrogata dalla CONSOB»;
d) all’articolo 161, comma 4, le parole: «a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile» sono sostituite dalle seguenti: «o avere stipulato una polizza di assicurazione della responsabilità civile per negligenze o errori professionali, comprensiva della garanzia per infedeltà dei dipendenti, per la copertura dei rischi derivanti dall’esercizio dell’attività di revisione contabile. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa è stabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori parametri da essa eventualmente individuati con regolamento»;
e) all’articolo 162:
1) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nello svolgimento di tale attività, la CONSOB provvede a verificare periodicamente e, comunque, almeno ogni tre anni l’indipendenza e l’idoneità tecnica sia della società, sia dei responsabili della revisione»;
2) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Nell’esercizio della vigilanza, la CONSOB:
a) stabilisce, sentito il parere del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e del Consiglio nazionale dei ragionieri e periti commerciali, i princìpi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anche in relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle società sottoposte a revisione;
b) può richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, fissando i relativi termini;
c) può eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori, dai membri degli organi di controllo e dai dirigenti della società di revisione»;
3) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:
«3-bis. Le società di revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito, comunicano alla CONSOB i nomi dei responsabili della revisione entro dieci giorni dalla data in cui essi sono stati designati»;
f) all’articolo 163:
1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:
«1. La CONSOB, quando accerta irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, tenendo conto della loro gravità, può:
a) applicare alla società di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a cinquecentomila euro;
b) intimare alle società di revisione di non avvalersi nell’attività di revisione contabile, per un periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al quale sono ascrivibili le irregolarità;
c) revocare gli incarichi di revisione contabile ai sensi dell’articolo 159, comma 6;
d) vietare alla società di accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo non superiore a tre anni.
1-bis. Quando l’irregolarità consista nella violazione delle disposizioni dell’articolo 160, l’irrogazione della sanzione prevista dal comma 1-octies del medesimo articolo non pregiudica l’applicabilità dei provvedimenti indicati nel comma 1 del presente articolo nei riguardi della società di revisione»;
2) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«c-bis) la violazione attiene al divieto previsto dall’articolo 160, qualora risulti la responsabilità della società. In tutti i casi, la CONSOB comunica i nomi dei soci o dei dipendenti personalmente responsabili della violazione al Ministro della giustizia, il quale ne dispone la cancellazione dal registro dei revisori contabili con il procedimento previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88»;
g) all’articolo 164, comma 2, è premesso il seguente periodo: «La società di revisione deve rispondere per danni accertati sul suo operato sino a un importo pari a dieci volte il corrispettivo percepito per l’incarico di revisione riferito al singolo bilancio oggetto di revisione ovvero sino a un importo pari al 20 per cento del capitale sociale della società di revisione qualora tale parametro risulti superiore al precedente.»;
h) all’articolo 165, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. La società incaricata della revisione contabile della società capogruppo quotata è interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. A questo fine, essa riceve i documenti di revisione dalle società incaricate della revisione contabile delle altre società appartenenti al gruppo; può chiedere alle suddette società di revisione o agli amministratori delle società appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonchè procedere direttamente ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime società. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di controllo della società capogruppo e della società interessata»;
i) nella parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, dopo l’articolo 165 è aggiunto il seguente:
«Art. 165-bis. - (Società che controllano società con azioni quotate). – 1. Le disposizioni della presente sezione, ad eccezione dell’articolo 157, si applicano altresì alle società che controllano società con azioni quotate e alle società sottoposte con queste ultime a comune controllo.
2. Alla società incaricata della revisione contabile della società capogruppo si applicano le disposizioni dell’articolo 165, comma 1-bis.
3. La CONSOB detta con regolamento disposizioni attuative del presente articolo, stabilendo, in particolare, criteri di esenzione per le società sottoposte a comune controllo, di cui al comma 1, che non rivestono significativa rilevanza ai fini del consolidamento, tenuto conto anche dei criteri indicati dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127».
EMENDAMENTO 18.209 E SEGUENTI
18.209
BUCCIERO, BONGIORNO, DE CORATO, COZZOLINO, SPECCHIA, BOBBIO LUIGI, CURTO, NOCCO, GENTILE, IZZO
Approvato
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
18.210
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Id. em. 18.209
Al comma 1, sopprimere la lettera g).
18.800
Il Relatore Eufemi
Precluso
Al comma 1, lettera g) sostituire le parole: «dieci volte» con le altre: «quindici volte»; sostituire le parole: «20 per cento» con le altre: «50 per cento».
18.211
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 1, lettera i), capoverso «Art. 165-bis», comma 3, dopo le parole: «comma 1», aggiungere le seguenti: «in aggiunta a quelli già individuati dai decreti di cui all’articolo 167, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni».
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 18
18.0.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Dopo l’articolo 18, aggiungere il seguente:
«Art. 18-bis.
1. È istituita, per la durata di cinque anni dalla sua costituzione, una Commissione bicamerale di inchiesta sul credito e il risparmio con i poteri dell’autorità giudiziaria.
2. La Commissione è composta da dieci senatori e dieci deputati nominati dai Presidenti della Camera e del Senato su designazione dei gruppi parlamentari in rapporto alla loro consistenza.
3. Il Presidente della Commissione è nominato tra i componenti delle forze politiche di minoranza parlamentare.
4. La Commissione:
a) valuta e monitora gli andamenti delle politiche creditizie e del risparmio sul territorio nazionale;
b) ha potere di indagine sui soggetti preposti alla politica creditizia e alla raccolta del risparmio;
c ha il potere di richiedere qualsivoglia documento ai soggetti variamente interessati, ritenuto utile alla conoscenza dei fatti e alle indagini in corso o da intraprendere;
d) ha il potere di convocazione e interrogazione di tutti coloro che siano ritenuti utili allo svolgimento dei propri compiti istituzionali;
e) ha potere di indirizzo e verifica sulle concentrazioni bancarie sul territorio nazionale.
5. I membri della Commissione sono vincolati al segreto».
EMENDAMENTI TENDENTI A PREMETTERE ARTICOLI ALL’ARTICOLO 19, RELATIVI SUBEMENDAMENTI E PROPOSTA DI STRALCIO
019.2
DINI, D’AMICO
Respinto
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
(Banca d’Italia)
1. Il direttorio della Banca d’Italia è composto dal governatore, che lo presiede, e da quattro membri. In caso di assenza o impedimento del governatore, le sue funzioni sono esercitate dal membro del direttorio con maggiore anzianità nella carica, cui è conferito l’incarico di vicegovernatore.
2. Il governatore e gli altri membri del direttorio sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura e indipendenza, che abbiano maturato una esperienza professionale o accademica ai massimi livelli nel settore monetario, bancario o finanziario ovvero che siano stati dirigenti della Banca d’Italia per un periodo non inferiore a cinque anni, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, e parere favorevole delle Commissioni parlamentari di cui al comma 14, espresso con il voto dei due terzi dei componenti.
3. I membri del direttorio durano in carica otto anni e non sono rieleggibili. Qualora un membro del direttorio sia nominato governatore, la durata del suo mandato non può essere superiore a un periodo che, sommato alla presenza già maturata nel direttorio, sia superiore a dieci anni ovvero al maggior periodo necessario per consentire la permanenza minima di cinque anni nella carica.
4. I membri del direttorio sono revocati con decreto del Presidente della Repubblica qualora le Commissioni parlamentari di cui al comma 14, con la maggioranza dei due terzi dei propri componenti, abbiano accertato che sono venute meno le condizioni necessarie per l’esercizio delle funzioni ovvero che vi è stato un comportamento che costituisce una grave violazione dei doveri inerenti l’ufficio.
5. I membri del direttorio fanno parte del consiglio superiore della Banca d’Italia.
6. Ciascun membro del direttorio ha un voto. In caso di parità, prevale il voto del governatore o, in caso di sostituzione, del vice governatore.
7. Ai fini della validità delle delibere del direttorio è necessario che:
a) trattandosi di atti a carattere generale, vi siano almeno tre voti favorevoli;
b) trattandosi di atti diversi da quelli a carattere generale, vi sia il voto favorevole della maggioranza dei presenti, purché siano intervenuti almeno tre membri, incluso il governatore o, in caso di sostituzione, il vice governatore;
c) trattandosi di regolamenti attinenti al funzionamento del direttorio, vi siano almeno quattro voti favorevoli.
8. Il direttorio:
a) convoca e fissa l’ordine del giorno dell’assemblea dei partecipanti;
b) delibera sull’organizzazione dell’Istituto, in conformità al principio della distinzione tra le funzioni deliberative, di indirizzo e controllo, attribuite al direttorio o al governatore, e le funzioni di gestione e istruttorie, attribuite ai dirigenti. Le funzioni previste dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, come modificata dalla presente legge, sono attribuite a una struttura dedicata autonoma, che risponde direttamente al direttorio;
c) delibera con riguardo alla pianta organica, al trattamento giuridico ed economico, alla nomina, alla revoca, alle assegnazioni, alla carriera del personale;
d) adotta le decisioni sulla struttura periferica dell’Istituto;
e) esercita i poteri attribuiti alla Banca d’Italia dalla normativa in materia di vigilanza sui soggetti operanti nel settore creditizio e finanziario, ivi incluse le competenze attribuite al governatore dagli articoli 3 e 7, comma 2, del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, nonché i poteri concernenti la sorveglianza sui sistemi dei pagamenti e la tutela della concorrenza, nelle forme di cui all’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, come modificato dai commi da 17 a 20 del presente articolo.
9. Restano ferme le disposizioni di legge e dello statuto della Banca d’Italia che attribuiscono all’assemblea dei partecipanti, al consiglio superiore, al comitato del consiglio superiore, al governatore altre specifiche funzioni, anche in relazione alla partecipazione della Banca d’Italia al Sistema europeo delle banche centrali, quale banca centrale nazionale della Repubblica.
10. Ove non incompatibili con quanto previsto dalla presente legge, le funzioni attribuite dallo statuto della Banca d’Italia al direttore generale sono svolte dal vice governatore e quelle attribuite ai vice direttori generali sono riferite agli altri membri del direttorio.
11. Il governatore sovrintende all’attività istruttoria e cura l’esecuzione delle delibere del direttorio. In tale ambito, può delegare le proprie funzioni a un membro del direttorio in maniera permanente con riguardo all’amministrazione ordinaria dell’Istituto. Le delibere di competenza del direttorio possono essere eccezionalmente assunte dal governatore nei casi di urgenza indicati nello statuto della Banca d’Italia e i relativi provvedimenti sono portati a conoscenza del direttorio quanto prima.
12. Il direttorio adotta un regolamento nel quale sono definite le proprie modalità di funzionamento.
13. I membri del direttorio esercitano le proprie funzioni in piena indipendenza, astenendosi da qualsiasi comportamento che sia o possa apparire in conflitto di interessi. Il regolamento di cui al comma 12 include un codice di condotta per i membri del direttorio.
14. Le Commissioni parlamentari competenti per materia della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica si riuniscono, ai sensi dei rispettivi Regolamenti, al fine di:
a) esprimere il parere sulla nomina dei membri del direttorio della Banca d’Italia e deliberare sulla ricorrenza dei presupposti per la loro revoca, secondo quanto previsto dai commi da 1 a 13. In tale ambito, è possibile l’audizione delle persone interessate;
b) ascoltare il governatore o altra persona del direttorio, su iniziativa di questi ovvero su richiesta di una delle due Commissioni, con riferimento agli atti a portata generale adottati, agli indirizzi seguiti nello svolgimento dell’attività, all’adeguatezza della struttura organizzativa, ferme restando le vigenti disposizioni che disciplinano il segreto d’ufficio.
15. La Banca d’Italia può segnalare alle Commissioni parlamentari di cui al comma 14 le modifiche legislative ritenute necessarie o utili nelle materie di competenza.
16. Entro il 31 maggio di ciascun anno la Banca d’Italia presenta alle Commissioni di cui al comma 14 e al Ministro dell’economia e delle finanze il bilancio e una relazione sull’attività svolta, sugli indirizzi seguiti, sulle principali questioni affrontate nell’esercizio della vigilanza creditizia e finanziaria, sulla struttura organizzativa.
17. Il comma 2 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dal seguente:
"2. I provvedimenti dell’Autorità che interessano banche e intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono assunti dopo aver acquisito il parere della Banca d’Italia, che si pronuncia entro sessanta giorni dalla richiesta; qualora l’Autorità intenda discostarsi dal parere, ne motiva le ragioni nel provvedimento".
18. Il comma 3 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dal seguente:
«3. L’Autorità e la Banca d’Italia individuano, attraverso un accordo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, i casi in cui, a fini di speditezza, efficienza, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa nonché di riduzione degli oneri per gli operatori del mercato, l’istruttoria dei procedimenti che interessano i soggetti di cui al comma 2 è svolta, in tutto o in parte, dalla Banca d’Italia".
19. Il comma 5 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dal seguente:
"5. Nel rispetto del principio di proporzionalità, l’Autorità può autorizzare un’intesa o un’operazione di concentrazione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2 e 6, quando ne faccia richiesta la Banca d’Italia sulla base di motivazioni che attengono alla stabilità finanziaria ovvero all’ordinato funzionamento dei sistemi di pagamento".
20. I commi 6 e 8 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono abrogati.
21. Il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR), previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è soppresso.
22. Le competenze attribuite al CICR dal decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono esercitate dalla Banca d’Italia.
23. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle previsioni della presente legge, secondo la procedura disciplinata dall’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43.
24. Entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, il Governo adotta un decreto legislativo di coordinamento nel quale sono compendiate le disposizioni di legge sull’organizzazione e sulla struttura della Banca d’Italia.
25. A seguito dell’adeguamento dello statuto di cui al comma 23 e, comunque, decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il governatore e gli altri membri del direttorio decadono se, alla medesima data, hanno ricoperto la carica per un periodo pari o superiore a otto anni. Conseguentemente, si procede alla nomina dei nuovi membri ai sensi del comma 26.
26. In sede di prima attuazione della presente disciplina, vengono nominati, con le modalità di cui al comma 2:
a) a seguito della decadenza del governatore, un nuovo governatore con un mandato della durata di otto anni;
b) a seguito della decadenza del direttore generale, un membro del direttorio, l’incarico di vice governatore, con un mandato della durata di quattro anni;
c) a seguito della decadenza di un vice direttore generale, un membro del direttorio con un mandato di sei anni;
d) a seguito della decadenza dell’altro vice direttore generale, un membro del direttorio con un mandato di otto anni;
e) un membro del direttorio, con un mandato della durata di cinque anni».
019.3
GIARETTA, ZANDA, CASTELLANI
Respinto
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
(Nuove norme in materia di competenze e organizzazione della Banca d’Italia)
1. L’articolo 4 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:
"Art. 4. - (Banca d’Italia). – 1. La Banca d’Italia, banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). In tale qualità, persegue gli obiettivi assegnati al SEBC dall’ordinamento comunitario e svolge gli altri compiti e funzioni ad essa attribuiti dalla legge, nel rispetto dello statuto del SEBC e della Banca centrale europea (BCE).
2. La Banca d’Italia è titolare, in via esclusiva, dei poteri di vigilanza in materia di stabilità patrimoniale dei soggetti operanti nei settori bancario e creditizio.
3. Le deliberazioni in materia di stabilità patrimoniale dei soggetti vigilati e tutti gli altri provvedimenti con rilevanza esterna di competenza della Banca d’Italia sono adottati collegialmente, salvo casi di urgenza previsti dalla legge, dal direttorio costituito dal governatore, dal direttore generale e da due vicedirettori generali. Il governatore sovrintende all’attività istruttoria e cura l’esecuzione delle deliberazioni. Non è ammessa delega permanente di funzioni ai membri del direttorio. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio.
4. Il governatore della Banca d’Italia è scelto, secondo le modalità di cui ai commi seguenti, tra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nei settori monetario, bancario e creditizio e di indiscussa moralità e indipendenza.
5. Il governatore è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il governatore dura in carica sette anni e non può essere rinnovato.
6. L’indennità spettante al governatore è fissata nella misura dell’indennità annua lorda riconosciuta al presidente della Corte Costituzionale.
7. A pena di decadenza dall’ufficio, per tutta la durata dell’incarico il governatore non può esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza nei settori bancario e creditizio. Non può essere imprenditore commerciale, né amministratore, socio a responsabilità illimitata, sindaco o revisore di società commerciali. Non può essere dipendente di imprese commerciali o di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese sottoposte al controllo e alla vigilanza della Banca d’Italia. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l’intera durata dell’incarico. Il rapporto di lavoro dei dipendenti privati è sospeso ed i dipendenti stessi hanno diritto alla conservazione del posto.
8. Nei cinque anni successivi alla cessazione dell’incarico il governatore non può intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese e le società sottoposte, anche indirettamente, a procedimenti innanzi alla Banca d’Italia, né esercitare nell’ambito di esse funzioni societarie.
9. La Banca d’Italia trasmette annualmente alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sull’attività di vigilanza svolta, recante i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza. La Banca d’Italia disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo. Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore del nuovo statuto si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, la disciplina di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, come modificato dal presente articolo».
019.5
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
(Nomina e durata del mandato del Governatore e degli altri componenti del Direttorio della Banca d’Italia e collegialità in materia di vigilanza)
1. Il Governatore e gli altri componenti del Direttorio della Banca d’Italia sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e previo parere delle commissioni parlamentari, competenti espresso a maggioranza qualificata, secondo quanto stabilito dai Regolamenti parlamentari. I componenti del Direttorio sono nominati tra persone di riconosciuta levatura ed esperienza professionale nel settore monetario o bancario.
2. Il Governatore dura in carica sette anni e non può essere riconfermato. Gli altri componenti del Direttorio sono nominati per un numero di anni non inferiore a cinque stabilito nello Statuto della Banca d’Italia. Per almeno quattro anni dalla cessazione del mandato i componenti del Direttorio non possono intrattenere direttamente o indirettamente rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese soggette alla vigilanza della Banca d’Italia. Il limite di mandato di cui al presente comma si applica anche al Governatore in carica al momento dell’entrata in vigore della presente legge, con riferimento alla durata complessiva del mandato.
3. I poteri della Banca d’Italia in materia di vigilanza sono esercitati dal Direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da tre vicedirettori generali. Il Direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo Statuto della Banca d’Italia. Lo Statuto determina anche le modalità per rendere pubbliche le sue decisioni.
4. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo».
019.1/100
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 1 con il seguente:
«1. La Banca d’Italia, banca centrale della Repubblica italiana, è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali (SEBC). In tale qualità, persegue gli obiettivi assegnati al SEBC dall’ordinamento comunitario e svolge gli altri compiti e funzioni ad essa attribuiti dalla legge, nel rispetto dello statuto del SEBC e della Banca centrale europea (BCE)».
019.1/101
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, dopo il comma 1, inserire il seguente:
«1-bis. La Banca d’Italia è titolare, in via esclusiva, dei poteri di vigilanza in materia di stabilità patrimoniale dei soggetti operanti nei settori bancario e creditizio».
S1
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Inammissibile
All’emendamento 019.1, stralciare i commi 2, 9 e 10.
019.1/102
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 019.1, sopprimere i commi 2, 9 e 10.
019.1/200
PASSIGLI
Respinto
Al comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.
019.1/201
PASSIGLI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 2, sostituire l’ultimo periodo con il seguente: «Lo Stato detiene una quota di partecipazione al capitale della Banca d’Italia. Il voto favorevole di tale quota è necessario per: l’approvazione del bilancio di Banca d’Italia; l’eventuale distribuzione di utili; la delibera di conferimenti obbligatori al capitale della Banca; l’impiego delle risorse della Banca».
019.1/202
PASSIGLI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 2, sostituire l’ultimo periodo con il seguente: «Lo Statuto della Banca d’Italia stabilisce i criteri per la partecipazione al capitale della Banca d’Italia».
019.1/103
RIPAMONTI, DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 2, secondo periodo, sopprimere le parole da: «la restante parte», fino alla fine del comma.
019.1/104
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 3, sopprimere le parole: «e secondario».
019.1/105
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 4, sostituire il secondo periodo con i seguenti: «La Banca d’Italia trasmette annualmente alle Commissioni parlamentari competenti una relazione sull’attività di vigilanza svolta, recante i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione della operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza. La Banca d’Italia disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione».
019.1/203
PASSIGLI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 4, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «In particolare fornisce su base continuativa alla Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla CONSOB le informazioni disponibili presso la centrale rischi. Fornisce alle altre Autorità di Vigilanza le informazioni da esse richieste».
019.1/106 (testo 2)
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, MORANDO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 0.19.1, dopo il comma 4, inserire i seguenti:
«4-bis. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo.".
4-ter. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
4-quater. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217".
4-quinquies. Sulla base dei maggiori costi derivanti dal complesso delle attività di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4 quater, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina il fabbisogno finanziario, non coperto dagli ordinari stanziamenti di bilancio, cui si fa fronte con l’assoggettamento a contribuzione dei soggetti sottoposti a vigilanza.
4-sexies. Entro il limite del fabbisogno finanziario di cui al comma 4-quinquies l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina in ciascun anno l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni l’Autorità adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti.
4-septies. Le modalità di versamento e di riscossione coattiva sono regolate sulla base delle norme previste dall’articolo 40 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni».
019.1/301
CANTONI
Id. em. 019.1/106 (testo 2)
All’emendamento 0.19.1, dopo il comma 4, inserire i seguenti:
«4-bis. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo,".
4-ter. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
4-quater. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217".
4-quinquies. Sulla base dei maggiori costi derivanti dal complesso delle attività di cui ai commi 4-bis, 4-ter e 4-quater, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina il fabbisogno finanziario, non coperto dagli ordinari stanziamenti di bilancio, cui si fa fronte con l’assoggettamento a contribuzione dei soggetti sottoposti a vigilanza.
4-sexies. Entro il limite del fabbisogno finanziario di cui al comma 4-quinquies l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina in ciascun anno l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni l’Autorità adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti.
4-septies. Le modalità di versamento e di riscossione coattiva sono regolate sulla base delle norme previste dall’articolo 40 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni».
019.1/300
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, MORANDO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 0.19.1, dopo il comma 4, inserire i seguenti:
«4-bis. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo.".
4-ter. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
4-quater. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217".
4-quinquies. Sono trasferiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i dipendenti e le dotazioni della Banca d’Italia impegnati nell’attività di vigilanza sulla concorrenza nel settore bancario.
4-sexies. Il trasferimento del personale avviene previo accordo tra la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nella misura determinata dagli stessi enti.
4-septies. All’attuazione di quanto previsto dai commi 4-quinquies e 4-sexies si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nonchè le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
4-octies. Il personale della Banca d’Italia trasferito conserva il trattamento giuridico, economico e previdenziale goduto presso l’ente di provenienza. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono adottate le disposizioni di attuazione.
4-nonies. Le disposizioni dei commi da 4-quinquies a 4-octies si applicano nel rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della Banca d’Italia al Sistema europeo di banche centrali».
019.1/302
CANTONI
Id. em. 019.1/300
All’emendamento 0.19.1, dopo il comma 4, inserire i seguenti:
«4-bis. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo,".
4-ter. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
4-quater. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217".
4-quinquies. Sono trasferiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i dipendenti e le dotazioni della Banca d’Italia impegnati nell’attività di vigilanza sulla concorrenza nel settore bancario.
4-sexies. Il trasferimento del personale avviene previo accordo tra la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nella misura determinata dagli stessi enti.
4-septies. All’attuazione di quanto previsto dai commi 4-quinquies e 4-sexies si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nonchè le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
4-octies. Il personale della Banca d’Italia trasferito conserva il trattamento giuridico, economico e previdenziale goduto presso l’ente di provenienza. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono adottate le disposizioni di attuazione.
4-nonies. Le disposizioni dei commi da 4-quinquies a 4-octies si applicano nel rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della Banca d’Italia al Sistema europeo di banche centrali».
019.1/107
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Improcedibile
All’emendamento 019.1, sostituire i commi 6, 7, 8, 9 e 10 con i seguenti:
«5-bis. I poteri della Banca d’Italia in materia di vigilanza sono esercitati dal Direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal Direttore Generale e da due Vicedirettori.
5-ter. Il Direttorio decide a maggioranza semplice, ferma restando la duplice valenza del voto espresso dal Governatore in caso di parità di voto. Lo Statuto della Banca d’Italia determina le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio.
5-quater. Il Governatore dura in carica per sette anni e non può essere confermato.
5-quinquies. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo. Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore del nuovo statuto si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, la disciplina di cui al comma 5-quater».
019.1/108
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Improcedibile
All’emendamento 019.1, sostituire i commi 6, 7, 8, 9 e 10 con i seguenti:
«5-bis. Il Governatore della Banca d’Italia è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti.
5-ter. Il Governatore dura in carica per sette anni e non può essere confermato.
5-quater. I poteri della Banca d’Italia in materia di vigilanza sono esercitati dal Direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da tre vicedirettori generali. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio.
5-quinquies. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo. Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore del nuovo statuto si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, la disciplina di cui al comma 5-ter».
019.1/109
DINI, D’AMICO
Improcedibile
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 6 con i seguenti:
«6. Il direttorio della Banca d’Italia esercita i poteri attribuiti alla Banca d’Italia dalla normativa in materia di vigilanza sui soggetti operanti nel settore creditizio e finanzario, ivi incluse le competenze attribuite al governatore dagli articoli 3 e 7, comma 2, del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, nonché i poteri concernenti la sorveglianza sui sistemi dei pagamenti e la tutela della concorrenza, di cui all’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
6-bis. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
"2. I provvedimenti dell’Autorità che interessano banche e intermediari finanziari iscritti nell’elenco di cui all’articolo 107 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono assunti dopo aver acquisito il parere della Banca d’Italia, che si pronuncia entro 60 giorni dalla richiesta; qualora l’Autorità intenda discostarsi dal parere, ne motiva le ragioni nel provvedimento.
3. L’Autorità e la Banca d’Italia individuano, attraverso un accordo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, i casi in cui, a fini di speditezza, efficienza, economicità ed efficacia dell’azione amministrativa nonché di riduzione degli oneri per gli operatori del mercato, l’istruttoria dei procedimenti che interessano i soggetti di cui al comma 2 è svolta, in tutto o in parte, dalla Banca d’Italia";
b) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Nel rispetto del principio di proporzionalità, l’Autorità può autorizzare un’intesa o un’operazione di concentrazione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2 e 6, quando ne faccia richiesta la Banca d’Italia sulla base di motivazioni che attengono alla stabilità finanziaria ovvero all’ordinato funzionamento dei sistemi di pagamento»;
c) i commi 6 e 8 sono abrogati.
6-ter. Ai fini della validità delle delibere del direttorio è necessario che:
a) trattandosi di atti a carattere generale, vi siano almeno tre voti favorevoli;
b) trattandosi di atti diversi da quelli a carattere generale, vi sia il voto favorevole della maggioranza dei presenti, purché siano intervenuti almeno tre membri, incluso il governatore o, in caso di sostituzione, il vice governatore;
c) trattandosi di regolamenti attinenti al funzionamento del direttorio, vi siano almeno quattro voti favorevoli».
019.1/110
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 6 con il seguente:
«6. I poteri della Banca d’Italia in materia di vigilanza sono esercitati dal direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da tre vicedirettori generali. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio».
019.1/111
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 6 con il seguente:
«6. Le deliberazioni in materia di stabilità patrimoniale dei soggetti vigilati e tutti gli altri provvedimenti con rilevanza esterna di competenza della Banca d’Italia sono adottati collegialmente, salvo casi di urgenza previsti dalla legge, dal direttorio costituito dal governatore, dal direttore generale e da due vicedirettori generali. Il governatore sovrintende all’attività istruttoria e cura l’esecuzione delle deliberazioni. Non è ammessa delega permanente di funzioni ai membri del direttorio. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio».
019.1/112
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 6 con il seguente:
«6. Per i provvedimenti di sua competenza aventi rilevanza esterna e per quelli adottati su sua delega il governatore acquisisce in ogni caso il parere obbligatorio e vincolante del direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da tre vicedirettori generali. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio».
019.1/113
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 6 con il seguente:
«6. Per i provvedimenti di sua competenza aventi rilevanza esterna e per quelli adottati su sua delega il governatore acquisisce in ogni caso il parere obbligatorio e vincolante del direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da due vicedirettori. Il direttorio decide a maggioranza semplice, ferma restando la duplice valenza del voto espresso dal Governatore in caso di parità di voto. Lo statuto della Banca d’Italia determina le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio».
019.1/114
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 6, sostituire al parola: «preventivo» con le seguenti: «obbligatorio e vincolante».
019.1/115
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 6, dopo le parole: «parere preventivo» inserire la seguente: «vincolante».
019.1/116
DINI, D’AMICO
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire i commi 7 e 8 con i seguenti:
«7. Il governatore e gli altri membri del direttorio sono nominati, tra persone di riconosciuta levatura e indipendenza, che abbiano maturato una esperienza professionale o accademica ai massimi livelli nel settore monetario, bancario e finanziario ovvero che siano stati dirigenti della Banca d’Italia per un periodo non inferiore a cinque anni, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri, e parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti, espresso con il voto dei due terzi dei componenti.
8. I membri del direttorio durano in carica otto anni e non sono rieleggibili. Qualora un membro del direttorio sia nominato governatore, la durata del suo mandato non può essere superiore a un periodo che, sommato alla presenza già maturata nel direttorio, sia superiore a dieci anni ovvero al maggior periodo necessario per consentire la permanenza minima di cinque anni nella carica.
8-bis. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge, lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle previsioni della presente legge, secondo la procedura disciplinata dall’articolo10, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43.
8-ter. A seguito dell’adeguamento dello statuto di cui al comma 8-bis e, comunque, decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il governatore e gli altri membri del direttorio decadono se, alla medesima data, hanno ricoperto la carica per un periodo pari o superiore a otto anni. Conseguentemente, si procede alla nomina dei nuovi membri ai sensi del comma 8-quater.
8-quater. In sede di prima attuazione della presente disciplina, vengono nominati, con le modalità di cui al comma 7:
a) a seguito della decadenza del governatore, un nuovo governatore con un mandato della durata di otto anni;
b) a seguito alla decadenza del direttore generale, un membro del direttorio, che assume l’incarico di vice governatore, con un mandato della durata di quattro anni;
c) a seguito della decadenza di un vice direttore generale, un membro del direttorio con un mandato di sei anni;
d) a seguito della decadenza dell’altro vice direttore generale, un membro del direttorio con un mandato di otto anni;
e) un membro del direttorio, con un mandato della durata di cinque anni».
019.1/117
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 7 con i seguenti:
«7. Il governatore della Banca d’Italia è scelto, secondo le modalità di cui al comma 7-bis, tra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nei settori monetario, bancario e creditizio e di indiscussa moralità e indipendenza.
7-bis. Il governatore è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il governatore dura in carica sette anni e non può essere rinnovato.
7-ter. L’indennità spettante al governatore è fissata nella misura dell’indennità annua lorda riconosciuta al presidente della Corte Costituzionale.
7-quater. A pena di decadenza dall’ufficio, per tutta la durata dell’incarico il governatore non può esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza nei settori bancario e creditizio. Non può essere imprenditore commerciale, né amministratore, socio a responsabilità illimitata, sindaco o revisore di società commerciali. Non può essere dipendente di imprese commerciali o di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese sottoposte al controllo e alla vigilanza della Banca d’Italia. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l’intera durata dell’incarico. Il rapporto di lavoro dei dipendenti privati è sospeso ed i dipendenti stessi hanno diritto alla conservazione del posto.
7-quinquies. Nei cinque anni successivi alla cessazione dell’incarico il governatore non può intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese e le società sottoposte, anche indirettamente, a procedimenti innanzi alla Banca d’Italia, né esercitare nell’ambito di esse funzioni societarie».
019.1/118
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 7 con il seguente:
«7. Il Governatore della Banca d’Italia è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti. Il governatore dura in carica per sette anni e non può essere confermato».
019.1/119
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 7 con il seguente:
«7. Il Governatore della Banca d’Italia dura in carica sette anni e comunque fino alla nomina e all’insediamento del suo successore. Il mandato del Governatore scade al compimento del settantesimo anno di età, senza possibilità di rinnovo».
019.1/120
FILIPPELLI, FABRIS, RIGHETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 7 con il seguente:
«7. La durata dell’incarico del Governatore è di sette anni. L’incarico non è rinnovabile e scade automaticamente al compimento del settantesimo anno di età».
019.1/121
PASSIGLI
Respinto
Al comma 7, sopprimere le parole: «, senza possibilità di rinnovo» e aggiungere le seguenti: «l’incarico può essere rinnovato una sola volta per non più di cinque anni. Il mandato termina comunque al settantesimo anno di età salvo che sia in corso il primo settennato in carica».
019.1/122
PASSIGLI
Respinto
Al comma 7, sopprimere le parole: «, senza possibilità di rinnovo» e aggiungere le seguenti: «l’incarico può essere rinnovato una sola volta per non più di cinque anni. Il mandato termina comunque al settantesimo anno».
019.1/123
PASSIGLI
Respinto
Al comma 7, sostituire le parole: «senza possibilità di rinnovo» con le seguenti: «l’incarico può essere rinnovato una sola volta per non più di cinque anni».
019.1/124
PASSIGLI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 7, sostituire le parole: «senza possibilità di rinnovo» con le seguenti: «l’incarico può essere rinnovato una sola volta».
019.1/125
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 7, aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il limite di mandato di cui al presente comma si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, anche al Governatore in carica al momento dell’entrata in vigore della presente legge».
019.1/126
DINI, D’AMICO
Respinto
All’emendamento 019.1, dopo il comma 7, inserire il seguente:
«7-bis. Il governatore e gli altri membri del direttorio sono revocati con decreto del Presidente della Repubblica qualora le Commissioni parlamentari competenti, con la maggioranza dei due terzi dei propri componenti, abbiano accertato che sono venute meno le condizioni necessarie per l’esercizio delle funzioni ovvero che vi è stato un comportamento che costituisce una grave violazione dei doveri inerenti l’ufficio».
019.1/127
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 8 con il seguente:
«8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo. Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore del nuovo statuto si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, la disciplina di cui al comma 7».
019.1/128
DEBENEDETTI
Respinto
All’emendamento 019.1, sostituire il comma 8 con il seguente:
«8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo e a rendere immediatamente operabili e chiaramente percepibili dagli operatori i cambiamenti apportati».
019.1/204
PASSIGLI
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 8, dopo il primo periodo aggiungere il seguente: «Con l’entrata in vigore del nuovo statuto, ha termine il mandato del Governatore e dei membri del Direttorio in carica. Essi possono essere riconfermati nel rispetto del nuovo statuto».
019.1/129
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 8, dopo il primo periodo inserire il seguente: «Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore della presente legge si applica, con riferimento alla durata del mandato computata a decorrere dal suo insediamento, la disciplina di cui all’articolo 112, comma 2, lettera b), del Trattato che istituisce la Comunità europea, relativa alla durata del mandato del presente e degli altri membri del comitato esecutivo della Banca centrale europea».
019.1/130
GIARETTA, MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, ZANDA, CAVALLARO
Respinto
All’emendamento 019.1, al comma 9, dopo le parole: «ai sensi dell’articolo 17» inserire le seguenti: «, comma 1, lettera a),».
019.1 (testo 2)
IL GOVERNO
Approvato
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
(Banca d’Italia)
1. La Banca d’Italia è parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agisce secondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.
2. La Banca d’Italia è istituto di diritto pubblico. La maggioranza delle quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia è detenuta dallo Stato; la restante parte delle quote può essere detenuta esclusivamente da altri enti pubblici.
3. Le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, assicurano alla Banca d’Italia ed ai componenti dei suoi organi l’indipendenza richiesta dalla normativa comunitaria per il migliore esercizio dei poteri attribuiti nonché per l’assolvimento dei compiti e dei doveri spettanti.
4. La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni e con particolare riferimento a quelle di vigilanza, opera nel rispetto del principio di trasparenza, naturale complemento dell’indipendenza dell’autorità di vigilanza. Riferisce del suo operato al Parlamento e al Governo con relazione semestrale sulla propria attività.
5. Gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia hanno forma scritta e sono motivati, secondo quanto previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Delle riunioni degli organi collegiali viene redatto apposito verbale.
6. Per i provvedimenti di sua competenza aventi rilevanza esterna e per quelli adottati su sua delega il governatore acquisisce in ogni caso il parere preventivo del direttorio. Ai pareri del direttorio si applica quanto previsto dal comma 5 del presente articolo. La disposizione contenuta nel primo periodo del presente comma non si applica, comunque, alle decisioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.
7. Il governatore dura in carica sette anni, senza possibilità di rinnovo.
8. Lo statuto della Banca d’Italia è adeguato alle disposizioni contenute nel presente articolo entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità stabilite dal comma 2 dell’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43. Le istruzioni di vigilanza sono adeguate alle disposizioni contenute nel presente articolo entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
9. Con regolamento del Governo, da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di attuazione del comma 2 del presente articolo. Dalla data di entrata in vigore della presente legge e fino al trasferimento delle quote di partecipazione in favore dei soggetti indicati al comma 2, i diritti di voto relativi alle quote di partecipazione in possesso di soggetti diversi da quelli indicati nel citato comma 2 sono automaticamente sospesi e vengono esercitati dallo Stato.
10. All’onere derivante dal comma 2, valutato in 800 milioni di euro, si provvede mediante parziale utilizzo delle disponibilità del Fondo di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432, fermi rimanendo gli obiettivi di riduzione del debito pubblico».
019.4
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Precluso
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
(Nomina e durata della carica del Governatore della Banca d’Italia e collegialità in materia di vigilanza)
1. Il Governatore della Banca d’Italia è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, acquisito il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti.
2. Il Governatore dura in carica per sette anni e non può essere confermato.
3. I poteri della Banca d’Italia in materia di vigilanza sono esercitati dal direttorio, organo collegiale costituito dal Governatore, dal direttore generale e da tre vicedirettori generali. Il direttorio decide a maggioranza secondo le norme stabilite dallo statuto della Banca d’Italia. Lo statuto determina altresì le modalità per rendere pubbliche le decisioni del direttorio.
4. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Banca d’Italia provvede ad adeguare il proprio statuto alle disposizioni di cui al presente articolo. Al Governatore della Banca d’Italia in carica alla data di entrata in vigore del nuovo statuto si applica, con riferimento alla durata complessiva del mandato, la disciplina di cui al comma 2».
019.7
PASSIGLI
Precluso
Al titolo IV, capo I, prima dell’articolo 19 inserire il seguente:
«Art. 019.
(Durata della carica e limite di età del Governatore della Banca d’Italia)
1. In deroga a quanto disposto dall’articolo 10 del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43, allo Statuto della Banca d’Italia, di cui al regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, all’articolo 19, primo comma, come modificato dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1969, n. 593, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La durata dell’incarico del Governatore è di sette anni. L’incarico può essere rinnovato una sola volta. Il Governatore va in pensione al compimento del settantesimo anno di età salvo il suo diritto a completare il primo mandato".
2. In sede di prima applicazione il mandato del Governatore in carica termina trascorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».
019.6
THALER AUSSERHOFER, BETTA, FRAU, KOFLER, MICHELINI, PETERLINI, ROLLANDIN, PEDRINI
Precluso
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
(Nomina, durata e revoca della carica del Governatore della Banca d’Italia)
1. Il Governatore della Banca d’Italia è nominato su proposta del Consiglio dei ministri, con il parere vincolante espresso dalle Commissioni parlamentari competenti per materia, adottato a maggioranza dei due terzi dei componenti, con decreto del Presidente della Repubblica.
2. Il Governatore della Banca d’Italia così nominato dura in carica sette anni e non può essere riconfermato.
3. In caso di impedimento o per gravi inadempienze il Governatore della Banca d’Italia può essere revocato seguendo la medesima procedura di nomina di cui al comma 1».
019.8 (testo 2)
MARINO, MUZIO, PAGLIARULO
Precluso
All’articolo 19, premettere il seguente:
«Art. 019.
1. Allo Statuto della Banca d’Italia, di cui al regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) (Durata della carica del Governatore della Banca d’Italia) all’articolo 19, primo comma, come modificato dall’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 agosto 1969, n. 593, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "La durata dell’incarico del governatore è di cinque anni. L’incarico è rinnovabile una sola volta per un periodo comunque non superiore ad altri cinque anni"»;
b) (Quote di partecipazione al Capitale della Banca d’Italia) all’articolo 3, sopprimere le lettere a), b), c), e) ed inserire la seguente lettera:
"a.bis) fondazioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153" e sostituire l’ultimo comma con il seguente:
"Le quote di partecipazione restano al valore nominale e sono trasformate in azioni privilegiate, senza diritto di voto";
c) (Nomina del governatore) all’articolo 17, dopo le parole: "del governatore" inserire le altre: "nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, acquisito il parere obbligatorio delle Commissioni riunite Bilancio e Finanze e Tesoro di Camera e Senato con la maggioranza dei quattro quinti degli aventi diritto al voto. Alle stesse Commissioni riunite dovrà riferire semestralmente sull’operato dell’attività di vigilanza".
2. Le quote di partecipazione già detenute dagli istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale, dalle casse di risparmio dalle società per azioni esercenti attività bancaria risultanti dalle operazioni di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, dagli istituti di assicurazione si intendono trasferite alle fondazioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153».
019.9
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
1. All’articolo 19, comma 1, dello Statuto della Banca d’Italia approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Il Governatore rimane in carica sei anni e non è rieleggibile, superato il 72º anno di età viene posto comunque in quiescenza"».
019.10
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Precluso
Prima dell’articolo 19, inserire il seguente:
«Art. 019.
(Durata della carica del Governatore della Banca d’Italia)
1. Il Governatore della Banca d’Italia dura in carica sette anni e comunque fino alla nomina e all’insediamento del suo successore. Alla scadenza del mandato il Governatore uscente non è rieleggibile».
019.11
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
1. Il Governatore della Banca d’Italia dura in carica sette anni e comunque fino alla nomina e all’insediamento del suo successore. Alla scadenza del mandato il Governatore uscente non è rieleggibile».
019.12
DEBENEDETTI
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
(Durata della carica del Governatore della Banca d’Italia)
1. Lo statuto della Banca d’Italia stabilisce, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, limiti temporali alla carica di Governatore della Banca. Si applica la procedura prevista dall’articolo 10, comma 2, del decreto legislativo 10 marzo 1998, n. 43».
019.13
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
(Natura e composizione del capitale della Banca d’Italia)
1. In considerazione della natura di ente di diritto pubblico della Banca d’Italia, le quote di partecipazione al capitale della stessa detenute dallo Stato non possono essere inferiori al 75 per cento.
2. Le quote di partecipazione della Banca d’Italia detenute, alla data di entrata in vigore della presente legge da soggetti ed enti di diritto privato sono trasferite a titolo gratuito allo Stato.
3. Le modalità di attuazione del comma 2 del presente articolo sono stabilite da apposito regolamento del Governo da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla entrata in vigore della presente legge. Dall’entrata in vigore della presente legge fino all’avvenuto trasferimento delle quote di cui sopra, i diritti di voto relativi e tutte le quote di partecipazione in possesso di soggetti e enti di diritto privato vengono esercitati dallo Stato».
019.14
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
All’articolo 3, comma 3, dello statuto della Banca d’Italia approvato con regio decreto 11 giugno 1936, n. 1067, aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Le quote di partecipazione della Banca d’Italia dovranno essere cedute entro il 31 dicembre 2012 al Ministero dell’economia e delle finanze».
019.15
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Precluso
All’articolo 19 premettere il seguente:
«Art. 019.
1. La Banca d’Italia riferisce del suo operato al Parlamento con periodicità semestrale attraverso la presentazione di una relazione sulle proprie attività».
ORDINE DEL GIORNO
G019.1
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, SODANO TOMMASO, FALOMI, MORANDO, GIARETTA, TURCI, CREMA, CADDEO, D’AMICO, CHIUSOLI, DE PETRIS, FABRIS, BASSANINI, RIGHETTI, RIPAMONTI, MACONI
Il Senato,
preso atto:
di quanto sostenuto dal Ministro dell’Economia al Senato, nel suo intervento in sede di discussione generale del disegno di legge n. 3328, circa "la competenza del Parlamento e del Governo sulla credibilità del sistema (finanziario e del credito), in quanto bene pubblico che dipende direttamente dalla bontà delle regole oltre che dai comportamenti di chi le applica";
che il Ministro dell’Economia ha esplicitamente affermato, nella stessa sede, che si sono determinati "danni alla reputazione del nostro sistema";
premesso che:
il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Titolo I, all’articolo due comma 1 prevede che il "Comitato Interministeriale per il credito e il risparmio ha l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio";
l’articolo 19 dello Statuto della Banca d’Italia prevede, al primo comma, che "Il Consiglio superiore nomina e revoca il Governatore..." e, all’ultimo comma, che "Le nomine e le revoche debbono essere approvate con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto col Ministro dell’Economia, sentito il Consiglio dei Ministri",
impegna il Governo:
a verificare – attraverso una procedura promossa dal concerto tra il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Economia, tale da consentire la formulazione di un parere da parte del Consiglio dei Ministri – se sussistano ancora le condizioni che resero possibile al governo pro tempore di formulare il parere favorevole alla nomina del governatore attualmente in carica e di promuovere il relativo decreto del Presidente della Repubblica,
impegna altresì il Governo:
in caso di esito negativo della premessa verifica, a darne immediata comunicazione al Consiglio superiore della Banca d’Italia, affinché si riunisca ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto della Banca d’Italia per valutare se esistano le condizioni per la revoca prevista dal medesimo articolo, nonché dall’articolo 14.2 dello Statuto della Banca Centrale Europea .
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾
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881a SEDUTA |
PUBBLICA |
RESOCONTO STENOGRAFICO |
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MARTEDÌ 11 OTTOBRE 2005
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Presidenza del vice presidente MORO, indi del vice presidente DINI
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Seguito della discussione dei disegni di legge:
(3328) Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (Approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri)
(2202) PEDRIZZI. - Disposizioni sul regime della responsabilità e delle incompatibilità delle società di revisione
(2680) PASSIGLI ed altri. - Norme a tutela degli investitori relative alla emissione, collocamento e quotazione in Italia di valori mobiliari emessi da società italiane o estere
(2759) CAMBURSANO ed altri. - Riforma degli strumenti di controllo e vigilanza sulla trasparenza e correttezza dei mercati finanziari
(2760) CAMBURSANO ed altri. - Nuove norme in materia di tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori e di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra i soggetti operanti nei mercati finanziari
(2765) MANZIONE. - Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari
(3308) PETERLINI ed altri. - Norme in materia di risparmio e dei depositi bancari e finanziari non rivendicati giacenti presso le banche e le imprese di investimento (ore 11,20)
Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 3328
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge n. 3328, già approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dall'unificazione dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Armani ed altri; Benvenuto ed altri; Lettieri e Benvenuto; La Malfa ed altri; Diliberto ed altri; Fassino ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa; dei disegni di legge d'iniziativa dei deputati Antonio Pepe ed altri; Letta ed altri; Lettieri ed altri; Cossa ed altri; di un disegno di legge d'iniziativa governativa e del disegno di legge d'iniziativa dei deputati Grandi ed altri, e nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
MODICA (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MODICA (DS-U). Signor Presidente, avevo già chiesto d'intervenire giovedì scorso e questa mattina all'inizio della seduta.
Quello in corso è un dibattito importante quanto difficile: importante per il ruolo della Banca d'Italia, difficile per le ben note polemiche. In questo clima sono normali la vivacità dialettica e la passione polemica; sono elementi insostituibili della politica e della democrazia. La vivacità e la passione portano con sé inevitabilmente la possibilità per ciascuno di noi di dire qualcosa di troppo e di sbagliato; è capitato nel passato e capiterà sempre. È capitato giovedì scorso al collega Schifani che involontariamente, credo, ha usato parole pesanti ed impossibili da accettare da parte di noi senatori e da parte del Senato. È capitato a lui, poteva capitare a me o ad altri. È stato spiacevole, anche se l'atmosfera incandescente ha reso quel tipo di intervento in qualche modo comprensibile.
Signor Presidente, come già a volte è accaduto in passato, questi incidenti si chiudono, a mente più fredda, con una stretta di mano o con un qualunque altro gesto di scuse. La convivenza civile, se possibile anche amichevole, è un valore irrinunciabile, non solo per le persone ma anche per il funzionamento del Senato.
Mi permetto quindi di auspicare che in questo come in ogni altro caso un gesto conciliatorio chiuda la vicenda e ci permetta di continuare a confrontarci sul testo in esame con chiarezza e anche con asprezza, ma sempre con il senso preciso che stiamo compiendo un lavoro comune nell'interesse del nostro Paese. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 3328, nel testo proposto dalle Commissioni riunite.
Ricordo che nella seduta antimeridiana del 6 ottobre hanno avuto inizio le dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno G019.1.
EUFEMI, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, quanto all'ordine del giorno in esame, il clima convulso di fine seduta di giovedì scorso ha forse impedito un esame sereno delle questioni che erano state poste, in particolare dall'ordine del giorno G019.1, del collega Angius ed altri, di impegno al Governo affinché valuti se sono ancora presenti le condizioni che consentirono al Consiglio dei ministri di esprimere parere favorevole alla nomina del Governatore della Banca d'Italia, riconsiderando quindi il parere stesso. Ciò non può avvenire perché non può essere sottaciuto che la nomina è deliberata dal Consiglio superiore della Banca d'Italia, a seguito di un procedimento complesso in cui intervengono più soggetti: il Ministro dell'economia, il Presidente del Consiglio dei ministri, il Consiglio dei ministri e, in ultima analisi, il Presidente della Repubblica, il cui parere è solo una parte di un atto complesso.
II parere si traduce in un atto ad efficacia immediata, produttivo di effetti istantanei. Ne deriva la impossibilità di ritornare su un atto che ha esaurito i suoi effetti.
La revoca della nomina è attribuzione esclusiva del Consiglio superiore della Banca d'Italia, ai sensi dell'articolo 19 dello Statuto (e non vi può essere un percorso inverso) e può essere disposta solo conformemente all'articolo 14.2 dello Statuto del Sistema europeo delle Banche centrali.
Con l'ordine del giorno del presidente Angius si rischia di aggirare queste procedure previste, oltre che da nome statutarie, anche da una norma comunitaria che, in quanto compresa in un protocollo allegato al Trattato Europeo, finisce per avere rilievo costituzionale.
L'ordine del giorno non si giustifica nemmeno nel presupposto non fondato che il procedimento di approvazione della nomina miri a instaurare un rapporto fiduciario tra Governo e Banca d'Italia (rapporto che può poi venire meno). Un tale vincolo fiduciario è escluso dal Trattato dell'Unione Europea che prevede per le Banche centrali nazionali uno status di autonomia e indipendenza dai Governi.
Questo atto di indirizzo forza le norme oltre il loro dato formale e sostanziale per determinare un fatto politico che dovrebbe avere degli effetti a prescindere dalla sua conformità all'ordinamento nazionale e comunitario. Si tratterebbe dunque di una eccessiva strumentalizzazione della sede parlamentare oppure di una visione del Parlamento che dilaga nella amministrazione contro la separazione dei poteri.
Nel frattempo, presidente Angius, è intervenuto un fatto nuovo: il parere espresso dalla Banca centrale europea, riunita ad Atene, in risposta a quanto richiesto dal Governo italiano sulla riforma della Banca d'Italia e recepito nell'articolo 19 del provvedimento al nostro esame. Chiedo che tale parere, per la sua importanza e per il suo significato, possa rientrare nel Resoconto dei nostri lavori, inserendolo tra gli allegati di seduta.
Alla luce di tale fatto e delle considerazioni svolte, chiederei al presidente Angius di evitare forzature parlamentari, invitandolo a ritirare il suo ordine del giorno. In caso contrario, sarei costretto a mantenere il parere negativo non solo mio ma anche dell'altro relatore, senatore Semeraro.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, è sempre un piacere ascoltare il collega Eufemi e le sue argomentazioni. Tuttavia, leggendo il processo verbale, sembrava che la discussione fosse esaurita la scorsa settimana e che il relatore avesse quindi già espresso il suo parere. Di fatto questo suo intervento riapre la discussione per cui mi sembrerebbe corretto che anche altri colleghi potessero a questo punto intervenire.
PRESIDENTE. Lo si può fare in dichiarazione di voto.
MORANDO (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORANDO (DS-U). Signor Presidente, avrei intenzione di sollevare la stessa questione che è stata sollevata dal collega Maconi. Se la Presidenza ritiene (con una decisione che a me sembra criticabile, ma in ogni caso non voglio tornare adesso sulle polemiche) di non procedere, come si era impegnata a fare al termine della scorsa seduta, alla votazione sull'ordine del giorno, avendo già acquisito il parere contrario del relatore e del Governo ed essendo già state svolte le dichiarazioni di voto, se dunque la Presidenza (con una decisione che naturalmente è in grado di prendere, ma che - ripeto - è obiettivamente criticabile) riapre la discussione sul punto con l'intervento del collega relatore, naturalmente io chiedo di poter svolgere a mia volta una dichiarazione di voto a nome del mio Gruppo.
Immagino che di conseguenza anche altri Gruppi dell'opposizione, e forse della maggioranza, riterranno di intervenire. Considero questa, signor Presidente, una decisione abbastanza discutibile perché noi sappiamo di avere tempi molto ristretti per la votazione di questo disegno di legge prima dell'inizio della sessione di bilancio e la decisione della Presidenza inesorabilmente allunga tali tempi; non è colpa nostra se adesso dobbiamo a nostra volta intervenire.
Detto questo, signor Presidente, vorrei richiamare l'unico vero elemento di novità che, a proposito della questione sollevata dall'ordine del giorno, è intervenuto tra giovedì e oggi.
Il Governo giovedì scorso in quest'Aula, per bocca dell'onorevole Armosino, ha - legittimamente, è ovvio - espresso parere contrario sull'ordine del giorno, che in buona sostanza chiede al Governo di chiarire definitivamente quale sia il suo atteggiamento a proposito del giudizio da dare sull'operato del governatore Fazio in questa ultima fase. Questo è il senso del nostro ordine del giorno; per questa ragione, a mio parere, gli argomenti relativi alla BCE e al documento della BCE sono, sì, interessanti, ma non c'entrano nulla con l'ordine del giorno che noi abbiamo presentato.
Il nostro ordine del giorno invita il Governo a chiarire finalmente se la sua posizione a proposito del governatore Fazio è quella in quest'Aula manifestata apertamente dal ministro Siniscalco e poi dal Presidente del Consiglio o è un'altra.
Se è ancora quella che il ministro Siniscalco ed il Presidente del Consiglio hanno esposto, nel senso di un giudizio duramente negativo sull'operato del governatore Fazio che provocherebbe - cito il ministro Siniscalco - «danni al Paese» e - cito il Presidente del Consiglio - «danni alla credibilità del sistema Italia», noi chiediamo con il nostro ordine del giorno che il Governo ne tragga le conseguenze. Se il giudizio non fosse invece questo, il Governo legittimamente lo può manifestare in termini alternativi a quelli definiti prima dal ministro Siniscalco e poi dal Presidente del Consiglio, ma lo deve fare formalmente. Questa è la sostanza; il documento della BCE non c'entra praticamente nulla.
Ora, cosa è intervenuto nel frattempo, signor Presidente? Pochi minuti dopo che la sottosegretario Armosino ha espresso parere contrario sull'ordine del giorno, il Ministro dell'economia ha registrato una trasmissione televisiva, che poi abbiamo tutti potuto vedere la sera (parlo del Ministro dell'economia in carica, non di quello che ha dato le dimissioni), nella quale ha detto testualmente che il governatore Fazio è inadeguato a svolgere il suo ruolo e che dovrebbe lasciare il suo incarico.
Ora, signor Presidente, a lei non sfuggirà l'umiliazione che, attraverso questa pratica delle dichiarazioni alternative a quelle che si fanno ufficialmente qui in Aula da parte del Ministro in carica su questo tema, si infligge al Senato della Repubblica italiana, dove un Governo si dichiara contrario al nostro ordine del giorno, ma fuori di qui, nello stesso giorno, dice esattamente il contrario.
Quest'ordine del giorno lo vogliamo mantenere perché l'ambiguità del Governo su questo punto deve finire, perché il ministro Tremonti deve assumersi la sua responsabilità, se c'è danno, come lui ritiene, se c'è caduta di credibilità indotta dalla presenza del governatore Fazio al vertice della Banca d'Italia.
Adesso, con questo comportamento, è il Governo della Repubblica, è il Ministro dell'economia che stanno producendo questo danno e questa caduta di credibilità, che, certo, hanno al loro centro il tema Fazio, ma che, a causa di quest'ambiguità di comportamento e di collocazione, finiscono per concentrare gli strali polemici nostri, ma credo anche di tutta la comunità italiana e di quella finanziaria internazionale, sul Governo della Repubblica italiana.
Non solo, allora, non ritiriamo quest'ordine del giorno, ma reclamiamo la sua assoluta crucialità. E mi rivolgo ai colleghi della maggioranza: ma come potete accettare adesso voi in quest'Aula, voi che siete parlamentari, che il Governo vi obblighi a votare contro un ordine del giorno che dice esattamente quello che il Ministro dell'economia fuori di qui ripete tutti i giorni, addirittura facendo le imitazioni del Governatore nelle sedi internazionali di fronte ai giornalisti? Ma veramente voi volete umiliarvi fino a questo punto?
Se voi lo volete fare, fatelo, ma non chiedete a noi di ritirare un ordine del giorno che serve esattamente per fare chiarezza non sul punto che riguarda l'atteggiamento e il giudizio da dare sull'atteggiamento del governatore Fazio, ma, al contrario, serve a fare chiarezza sul giudizio da dare circa l'operato del Governo della Repubblica. (Applausi dai Gruppi DS-U, Mar-DL-U e dei senatori Amato e Michelini).
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Maconi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'ordine del giorno G019.1, presentato dal senatore Angius e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308 (ore 11,43)
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 19.1 e 19.2 sono improcedibili.
Passiamo all'emendamento 19.200, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
VALLONE (Mar-DL-U). Ne chiediamo la votazione.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Vallone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 19.200, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dietro il banco del senatore Novi ci sono quattro luci accese e tre senatori presenti. Prego il senatore Favaro di estrarre la scheda sul banco alla sua destra. (La scheda viene estratta).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 19.5.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 19.5, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 19.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 20, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 20.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Anche il Governo esprime parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 20.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 20.1, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 20.4, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 20.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 20.0.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 21, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il parere del Governo è contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 21.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 21.2, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 21.200, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori.
Non è approvato.
Stante il parere contrario della 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 21.4 è improcedibile.
Metto ai voti l'articolo 21.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 22, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 22.2.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, anch'io esprimo parere contrario sull'emendamento in esame.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 22.2, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 22.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 23.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 24, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, intervengo per illustrare l'emendamento 24.202. Nel corso dei lavori delle Commissioni riunite è stato operato un significativo peggioramento del testo pervenuto dalla Camera dei deputati. Coerentemente all'indirizzo della maggioranza, che ha continuato a privilegiare, nei rapporti tra le autorità, i poteri della Banca d'Italia, sono state sottratte competenze primarie alla CONSOB, assegnate dalla Camera dei deputati, per restituirle alla Banca d'Italia. L'emendamento 24.202 tende pertanto a ripristinare l'equilibrio definito con il voto della Camera dei deputati.
Vorrei richiamare l'importanza, anche emblematica, di questo emendamento, essendosi svolta una lunghissima discussione sullo stato attuale della Banca d'Italia.
ZANDA (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per sottolineare l'importanza dell'emendamento 024.2 che tende a limitare l'intreccio tra banche ed industrie e attribuisce alla Banca d'Italia il potere di autorizzare le partecipazioni industriali anche tra aziende sindacate ove superino il 5 per cento.
Ritengo che questo emendamento possa interessare anche i sostenitori dell'indipendenza e del ruolo della Banca d'Italia.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 24 perché l'attuale formulazione tutela la competenza per funzioni nell'attività, aumentando nel contempo i poteri effettivi e di controllo incrociato sulla trasparenza di tutti i prodotti finanziari e valorizzando la specificità dell'Autorità, e in particolare della CONSOB, nella trasparenza delle condizioni contrattuali e delle altre Autorità di settore per quanto attiene al concreto contenuto nelle diverse tipologie dei prodotti finanziari.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore sugli emendamenti all'articolo 24.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 024.1.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 024.1, presentato dal senatore Turci e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 024.2, presentato dal senatore Zanda.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 24.200, presentato dal senatore Turci e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'emendamento 24.201, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, limitatamente ai commi 1, lettera b), 2 e 3.
Metto ai voti l'emendamento 24.201, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori, per le parti non improcedibili.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 24.201a, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, sostanzialmente identico all'emendamento 24.202, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
L'emendamento 24.10 è stato ritirato.
Metto ai voti l'emendamento 24.11, presentato dal senatore Maconi e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 24.203, presentato dal senatore Ripamonti e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 24.
È approvato.
A seguito della reiezione dell'emendamento 019.1/106 (testo 2), identico all'emendamento 019.1/301, nonchè dell'emendamento 019.1/300, identico all'emendamento 019.1/302, gli emendamenti da 24.0.200/1 a 24.0.202 sono preclusi.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 24.0.203, 24.0.204, 24.0.205, 24.0.206 e 24.0.300 sono improcedibili.
Metto ai voti l'emendamento 24.0.207, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 24.0.208, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 25.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 26, su cui sono stati presentati emendamenti che si danno per illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, ritengo che l'attuale formulazione dell'articolo 26 soddisfi pienamente le nostre esigenze e, dal momento che molti emendamenti tendono ad una sua riformulazione, esprimo parere contrario su tutti.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere conforme a quello del relatore, ad eccezione che sull'emendamento 26.209, di cui primo firmatario è il senatore Rollandin, sul quale il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 26.200, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, limitatamente al comma 1, lettera a).
Metto ai voti l'emendamento 26.200, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori, per le parti non improcedibili.
Non è approvato.
Passiamo all'emendamento 26.201, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, limitatamente al comma 1, lettera a).
Metto ai voti l'emendamento 26.201, presentato dal senatore Cavallaro e da altri senatori, per le parti non improcedibili.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 26.202 e 26.203 sono improcedibili.
Metto ai voti l'emendamento 26.204, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 26.205 è improcedibile.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.206.
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta non risulta appoggiata).
Metto ai voti l'emendamento 26.206, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Con riferimento agli emendamenti 26.207, 26.208 e 26.209 chiedo al Governo di specificare meglio il proprio parere. Infatti, i tre emendamenti non sono identici, comparendo nei primi due la parola «stragiudiziale», che invece è assente nel terzo.
Chiedo pertanto al rappresentante del Governo di precisare su quale degli emendamenti ha espresso parere favorevole.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'emendamento su cui il Governo esprime parere favorevole è il 26.209, mentre sugli emendamenti 26.207 e 26.208 il parere del Governo è contrario.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.207, identico all'emendamento 26.208.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 26.207, presentato dal senatore Rollandin e da altri senatori, identico all'emendamento 26.208, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 26.209, identico all'emendamento 26.210.
SEMERARO, relatore. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, sull'emendamento 26.209 mi adeguo al parere espresso dal rappresentante del Governo.
PRESIDENTE. Ne prendo atto, senatore Semeraro.
Metto ai voti l'emendamento 26.209, presentato dal senatore Rollandin e da altri senatori, identico all'emendamento 26.210, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 26.211, presentato dal senatore Rollandin e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 26.212, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, identico all'emendamento 26.213, presentato dal senatore Rollandin e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 26.214, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 26.215, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 26.216 è improcedibile.
Metto ai voti l'emendamento 26.217, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 26.218, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'emendamento 26.219, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, limitatamente alla lettera c).
Metto ai voti l'emendamento 26.219, presentato dal senatore Marini e da altri senatori, per le parti non improcedibili.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 26, nel testo emendato.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 27.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 28, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, invito il senatore Zanda a ritirare l'emendamento 28.3, altrimenti sarei costretto a formulare parere contrario e ne spiego le ragioni: l'irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie, sulla base di accertamenti della Banca d'Italia e della CONSOB, è attribuita, dai Testi unici bancari e di finanza, al giudice ordinario e quindi alle corti d'appello. Con questa attribuzione al TAR si travolgerebbe dunque l'esperienza maturata dalle sezioni specializzate delle corti d'appello di Roma e di Milano.
Il parere è altresì contrario sull'emendamento 28.0.201.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il parere del Governo è contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 28.
PRESIDENTE. Senatore Zanda, aderisce alla richiesta testé formulata dal relatore?
ZANDA. (Mar-DL-U). No, signor Presidente.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 28.3, presentato dal senatore Zanda e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 28.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 28.0.201, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 29, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Il parere dei relatori è contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 29, perché anche in questo caso la previsione attuale ci sembra rispondente alle esigenze.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, mi conformo al parere espresso dal relatore sugli emendamenti presentati all'articolo 29.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 29.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.3, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.5, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 29.200, presentato dal senatore Chiusoli e da altri senatori, fino alle parole «con le seguenti».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 29.200 e gli emendamenti 29.201 e 29.202.
Metto ai voti l'emendamento 29.203, presentato dal senatore Marini e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.204, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.8, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 29.205, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, fino alle parole «con le seguenti».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 29.205 e l'emendamento 29.206.
Metto ai voti l'emendamento 29.16, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.17, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.18, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.19, presentato dal senatore Coviello e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.20, presentato dal senatore Cambursano e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.207, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo alla votazione dell'articolo 29.
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, voteremo a favore dell'articolo 29 perché, nonostante avessimo proposto emendamenti migliorativi, la norma ripristina comunque una logica accettabile in materia di falso in bilancio.
Faccio presente ai colleghi relatori, che vedo esprimere segni di soddisfazione per la mia dichiarazione, che nel frattempo, sulla base della norma approvata a suo tempo da questa maggioranza e da questo Governo, in un recente e importante processo a Milano, un gatto molto importante è passato indenne per la rete con il topo in bocca. Adesso che il gatto è passato per la rete ripristiniamo una norma civile: mi fa piacere, ma non dimentichiamo che per due anni è stata in vigore una legge ad personam che è servita ad una personalità molto importante che governa il Paese.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 29.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 29.0.200, presentato dal senatore Ognibene.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 30, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti presentati all'articolo 30.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere contrario sugli emendamenti all'articolo 30.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 30.200, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 30.1, presentato dal senatore Castellani e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 30.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 31, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e sul quale invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere contrario.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 31.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 31.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 32.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 33, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato e sul quale invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, esprimo parere contrario.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 33.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 33.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 34, sul quale sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 34.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, convengo con il parere del relatore sugli emendamenti riferiti all'articolo 34.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 34.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 34.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 34.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, identico all'emendamento 34.201, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 34.
È approvato.
Metto ai voti l'emendamento 34.0.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, identico all'emendamento 34.0.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 35, sul quale è stato presentato un unico emendamento interamente soppressivo dell'articolo, che si intende illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull'emendamento 35.200.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il mio parere è conforme a quello espresso dal relatore..
PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 35 altri emendamenti oltre quello soppressivo, passiamo alla votazione del mantenimento dell'articolo.
Verifica del numero legale
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.
(Segue la verifica del numero legale).
Il Senato è in numero legale.
Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 3328, 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308
PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 35 altri emendamenti oltre quello soppressivo 35.200, presentato dal senatore Cantoni, metto ai voti il mantenimento dell'articolo stesso.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 36.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 37.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 38, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, gli emendamenti da noi presentati all'articolo 38 hanno tutti lo stesso segno perché intendono inasprire le sanzioni penali ed amministrative previste per la violazione della disciplina societaria, bancaria, finanziaria e assicurativa della previdenza complementare.
Sottolineo con forza che, proprio per i danni che i reati commessi in questi settori comportano, non riteniamo sufficienti le sanzioni previste dal disegno di legge in esame. Per la verità, non ritenevamo adeguate, né sufficienti le pene previste per il reato di falso in bilancio, per quanto l'articolato del provvedimento relativo fosse stato migliorato in Commissione.
Per questa serie di motivi abbiamo voluto modificare l'articolo 38 del disegno di legge in titolo presentando emendamenti volti ad un inasprimento delle pene.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti presentati.
SEMERARO, relatore. Signor Presidente, poiché riteniamo che con le previsioni già in essere sia contemplato un preciso rapporto fra omissione o reato e sanzione, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Anch'io esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 38.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 38.200, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 38.4, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 38.5, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 38.6, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 38.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 39, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 39.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Anch'io, signor Presidente, esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 39.
PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 39.300, presentato dal senatore Cantoni.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 39.2, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 39.200, presentato dal senatore D'Amico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 39.201, presentato dal senatore D'Amico.
Non è approvato.
Metto ai voti l'emendamento 39.3, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, identico all'emendamento 39.202, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti l'articolo 39.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 40.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 41, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
SEMERARO, relatore. Esprimo parere contrario su tutti gli emendamenti all'articolo 41.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Concordo con il parere del relatore.
PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 41.1, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, fino alle parole «con le seguenti».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 41.1 e gli emendamenti 41.200 e 41.3.
Metto ai voti l'emendamento 41.7, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori.
Non è approvato.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 41.8, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, fino alle parole «con le seguenti».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 41.8 e l'emendamento 41.10.
Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 41.11, presentato dalla senatrice De Petris e da altri senatori, fino alle parole «con le seguenti».
Non è approvata.
Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 41.11 e l'emendamento 41.12.
Metto ai voti l'articolo 41.
È approvato.
Passiamo all'esame dell'articolo 42, su cui è stato presentato un unico emendamento interamente soppressivo dell'articolo, che si intende illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.
EUFEMI, relatore. Esprimo parere contrario sull'emendamento 42.200.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Mi associo al parere del relatore.
PRESIDENTE. Non essendo stati presentati sull'articolo 42 altri emendamenti oltre quello soppressivo 42.200, presentato dal senatore Sodano Tommaso e da altri senatori, metto ai voti il mantenimento dell'articolo stesso.
È approvato.
Passiamo all'esame degli emendamenti, volti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 42, che invito i presentatori ad illustrare.
PASQUINI (DS-U). Signor Presidente, di fronte alla complessità della materia societaria e fallimentare, intendiamo riproporre, a maggior tutela dei risparmiatori, la costituzione di sezioni specializzate presso i tribunali delle città sede di corti d'appello nonché presso altri Tribunali individuati sulla base di criteri da meglio definire successivamente, attraverso una delega nella quale si tenga conto della estensione del territorio, del numero delle imprese iscritte presso la Camera di commercio e del volume di contenzioso in essere.
Riteniamo questa una modifica dell'organizzazione del sistema giudiziario una misura a tutela del risparmiatore, che consentirebbe alla magistratura di intervenire efficacemente e tempestivamente con giudici specializzati in materia, laddove attualmente esiste un sistema giudiziario poco efficiente, che nei fatti comporta tempi lunghi che vanno a detrimento degli interessi dei risparmiatori.
PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.
Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.
EUFEMI, relatore. Signor Presidente, seppure i relatori avessero condiviso in sede di Commissioni riunite l'opportunità di sezioni specializzate per i procedimenti in materia bancaria e finanziaria, saremmo stati comunque vincolati dal parere della Commissione bilancio. Per questo invito i presentatori a ritirare gli emendamenti; diversamente il parere è contrario.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Esprimo parere conforme a quello del relatore.
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 42.0.300, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
VALLONE (Mar-DL-U). Ne chiediamo la votazione.
PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Vallone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)
PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 42.0.300, presentato dal senatore Pasquini e da altri senatori.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato non approva. (v. Allegato B).
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, gli emendamenti 42.0.200 e 42.0.201 sono improcedibili.
Passiamo all'emendamento 42.0.202, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.
FRANCO Paolo (LP). Signor Presidente, accolgo l'invito del relatore e ritiro l'emendamento.
PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 42.0.203 è improcedibile.
Passiamo all'esame dell'articolo 43.
Lo metto ai voti.
È approvato.
Passiamo alla votazione finale.
SODANO Tommaso (Misto-RC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SODANO Tommaso (Misto-RC). Signor Presidente, il voto finale su questo provvedimento giunge ormai dopo mesi di polemiche, di profonde lacerazioni nella maggioranza, con la sostituzione del ministro Siniscalco, ma lasciando senza risposte chiare il Paese avanti alla crisi di credibilità e di immagine internazionale che ha conosciuto la Banca d'Italia. E tutto si sta sviluppando in un clima avvelenato dalla scelta disperata del Governo e della maggioranza di imporre con un colpo di coda finale alcune riforme che scardinano l'assetto costituzionale e democratico del nostro Paese. Le divisioni al vostro interno hanno condizionato la discussione sul testo alla nostra attenzione e il risultato è, a nostro avviso, assolutamente insufficiente.
Noi siamo per una semplificazione delle funzioni all'interno del sistema bancario e creditizio italiano, questo a maggior ragione in un mercato integrato a livello internazionale. Non abbiamo chiesto la soppressione della proprietà privata, né di porre al bando i finanzieri, ma abbiamo chiesto che almeno vi fossero onestà e trasparenza, che non si abolisse il profitto e il superprofitto, ma almeno l'imbroglio, la turlupinatura e la fregatura nei confronti dei risparmiatori, cioè di coloro che ingenuamente si accostano agli sportelli bancari.
Per questo avevamo pensato e continuiamo a pensare, malgrado l'opinione contraria della maggioranza del Parlamento, ad una suddivisione su tre fronti (la Banca d'Italia a tutela della stabilità del sistema finanziario, la CONSOB deputata al controllo del funzionamento della Borsa e l'Antitrust per intervenire non soltanto sui mercati degli oggetti, ma anche sui mercati monetari e, di conseguenza, anche sulle banche e sulla finanza) come alla soluzione più semplice, più trasparente e più chiara dal punto di vista del cittadino e dell'investitore straniero.
Ciò diviene ancora più urgente di fronte ad un processo di privatizzazione del sistema bancario che forse non ha precedenti dal 1992 ad oggi. Come sempre, i processi di privatizzazione, contrariamente alle speranze di coloro che li propugnano, non favoriscono la concorrenza ma, più semplicemente, determinano la sostituzione di un monopolio pubblico con un monopolio od un oligopolio privato. In questo contesto le conseguenze sono negative tanto sui rapporti tra banche ed imprese quanto su quelli tra banche e singoli risparmiatori non istituzionali, vale a dire le singole persone, i singoli cittadini.
Noi esprimeremo un voto contrario per la mancanza di questo riordino del sistema di vigilanza e controllo. Esprimeremo un voto contrario perché, pur avendo eliminato l'incarico a vita per il Governatore della Banca d'Italia, non si sono volute affrontare nel merito, con un giudizio chiaro sull'operato di Fazio, le complesse vicende che hanno favorito le scalate degli immobiliaristi nel nostro Paese.
Esprimeremo un voto contrario perché ancora una volta la maggioranza ha ridicolizzato le norme sul falso in bilancio e sul conflitto di interessi, rendendo possibile ciò che ipocritamente si era detto, di non volere più consentire che accadesse (vedi i casi della Parmalat e della Cirio).
Altri Paesi, dopo i loro casi, hanno inasprito le norme, moltiplicato i controlli e reso più severe l'intera struttura e l'organizzazione della materia. Questo Parlamento fa il contrario! Come al solito, a rimetterci saranno quelli che hanno pochi centesimi da risparmiare.
Questo provvedimento giunge tardi non solo perché potevamo approvarlo prima - è da più di un anno che è rimasto fermo -, ma anche perché la gente non ha più nulla da risparmiare. Il problema è che già alla terza settimana del mese c'è un crollo dei consumi, di quelli essenziali, della spesa nei supermercati. La gente non ce la fa più a tirare avanti con lo stipendio che ha e l'economia italiana è depressa perché il livello dei consumi non cresce.
Parliamo di risparmio, un po', quando i buoi hanno già varcato l'uscio della stalla: questa è una colpa ulteriore ed una ragione in più per esprimere un voto contrario sul provvedimento in esame.
RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Popolari-Udeur esprimeranno un voto di astensione a questo provvedimento perché, nonostante l'esigenza di una tutela del risparmio sia chiaramente avvalorata dall'articolo 47 della nostra Costituzione, l'intera discussione sul disegno di legge per il riordino legislativo della materia non ci ha soddisfatto.
Abbiamo rinunciato all'ostruzionismo come atto responsabile per non impedire il varo di una legge a tutela dei cittadini, di cui tutto il centro-sinistra ha sempre sollecitato una rapida approvazione.
Vorrei sottolineare che un Governo che non ha credibilità non è in grado di farla riacquistare a nessuno, comprese le nostre istituzioni finanziarie. La sfiducia alla Banca d'Italia, che la comunità internazionale ha espresso in queste settimane, ormai mesi, è sostanzialmente una sfiducia a questo Governo, che quindi non può vantare nessuna credibilità per riformare un sistema che esso stesso ha delegittimato e screditato. In fondo, la stessa Bankitalia è vittima di un clima di pressappochismo e di deresponsabilizzazione generale, di cui il Governo ha dato ampia e continuata prova, attraverso l'esercizio dell'impunità e della prepotenza del potere.
Abbiamo assistito nelle ultime settimane ad una stucchevole lotta all'interno della stessa maggioranza, in cui il relatore contrastava le decisioni del Governo e nessuno sembrava essere d'accordo sulle decisioni più importanti da prendere. E ciò ha portato alle dimissioni del ministro Siniscalco, proprio alla vigilia del varo della legge finanziaria, arrecando un ulteriore e gravissimo danno alla credibilità internazionale del nostro Paese.
Il fatto che la norma relativa al mandato a termine proposta dal Governo non possa essere applicata all'attuale Governatore, ma solo al suo successore, continuerà a scatenare critiche a livello internazionale e non avremo più strumenti per controbattere. Prendiamone atto, onorevoli colleghi.
Come Popolari-Udeur, oltre ad aver firmato, insieme ad altri esponenti dell'opposizione, un emendamento sulla riforma di Bankitalia che ponesse un termine effettivamente reale al mandato del nostro Governatore, abbiamo insistito con qualsiasi mezzo per modificare il testo proposto dal Governo. Ma senza risultati.
Abbiamo chiesto un limite di età alla durata in carica del Governatore ed un concreto rafforzamento del direttorio. Ma nulla. Abbiamo proposto uno schema alternativo del funzionamento del direttorio, per cui non solo il Governatore ma pure il direttorio (un organo collegiale composto da Governatore, direttore generale e due vicedirettori) avrebbero dovuto prendere decisioni in materia di vigilanza, a maggioranza semplice, attribuendo un voto più forte al Governatore solo in caso di parità, trattandosi in questo caso di quattro componenti. Ma la nostra proposta non è stata accolta.
Eppure la cultura democratica del nostro Paese, la comunità internazionale, l'Unione Europea, ci imponevano di rivedere la decisionalità della Banca d'Italia in una chiave più collegiale e partecipativa, ma molto poco cambierà veramente.
E mentre siamo stati costretti ad assistere ai vostri vergognosi teatrini sulla difesa delle banche padane, sui progetti di creazione della cosiddetta Banca Padana, senza alcun rispetto di un qualsiasi sentimento di appartenenza nazionale, di ispirazione costituzionale e di italianità, i nostri cittadini hanno perso fiducia nelle istituzioni e chiedono tutela.
Solo per il nostro senso di responsabilità verso i cittadini risparmiatori, che tanti danni avrebbero a subire senza una legge a loro tutela, noi Popolari-Udeur esprimeremo un voto di astensione su questo provvedimento.
BISCARDINI (Misto-SDI-US). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BISCARDINI (Misto-SDI-US). Signor Presidente, noi affrontiamo l'approvazione della legge sul risparmio, dopo due anni di discussioni, anche sulla spinta dei fatti criminosi che hanno messo letteralmente sul lastrico i risparmiatori italiani - non meno di un milione - dopo il terremoto di tanti casi (Cirio, Parmalat, My way, Giacomelli, eccetera).
Affrontiamo una legge sul risparmio perché doveva contenere anche la riforma della Banca d'Italia, sotto la pressione di un'opinione pubblica sconcertata dallo scandalo della Banca popolare di Lodi. Ma la legge che vi apprestate a votare è secondo noi - ma non solo secondo noi, bensì secondo l'opinione pubblica - una legge inutile ed un'occasione persa.
Essa non va al cuore del problema, non affronta le questioni per cui si era imposta con assoluta urgenza, non affronta con chiarezza il tema della tutela del risparmio e del corretto comportamento delle banche in un sistema che rimane collusivo tra attività creditizia e attività di investimento, di fronte ad un sistema bancario che non ha saputo controbilanciare il potere centrale delle banche che controllano i flussi finanziari con un ruolo efficace e autorevole della CONSOB e di Bankitalia.
La riforma della Banca d'Italia, in particolare, da questo testo esce ridotta all'avvio di una rabberciante modifica del suo statuto. Insomma, la montagna ha partorito un topolino e, nonostante tanto tempo dedicato a questo tema, per ora - bisogna riconoscerlo - l'occasione è perduta.
Escono sconfitti, soprattutto, i cittadini risparmiatori, che attraverso le associazioni dei consumatori avevano chiesto una legge più efficace e rigorosa. Esce sconfitto il mondo del risparmio, che non ritrova in questa legge un'iniezione di fiducia in un momento reso difficile dalla caduta del potere di acquisto dei salari e degli stipendi, in cui aumenta pesantemente il costo della vita e in cui fasce di popolazione sempre più larghe, comprese alcune fasce del ceto medio, sono sempre più a rischio di povertà.
Non si è voluto fare una legge sul risparmio che garantisse trasparenza più di quanto avvenga oggi, che restituisse fiducia ai risparmiatori nei confronti dei mercati finanziari riducendo la dipendenza del sistema Paese dalle banche e punendo adeguatamente i comportamenti illeciti.
Esce sconfitto il sistema Italia, che doveva, con una legge efficace di riforma della Banca d'Italia, dimostrare anche all'estero di saper ritrovare credibilità: la credibilità del sistema bancario e quella della nostra Banca centrale.
Non si è voluto il passaggio della concorrenza all'Antitrust per separare le funzioni di vigilanza sulla stabilità del sistema finanziario da quelle di tutela della concorrenza, nonostante su questo sembrasse esserci non solo il consenso dell'opposizione, ma anche quello di autorevoli esponenti del Governo.
Non si è voluto separare il controllato dal controllore. Perché? Perché, si dice, in Parlamento ha vinto il partito di Fazio. Ma cos'è il partito di Fazio? Chi sono i suoi iscritti, i suoi dirigenti, i suoi militanti? Perché l'hanno fatto? E quali sono i loro obiettivi? Bisognerebbe capire bene tutte le ragioni, che probabilmente sono fra loro diverse; non tutti sono ispirati dalle stesse intenzioni, alcuni erano profondamente convinti fin dall'inizio, altri sono stati convinti in corso d'opera, dentro e fuori il Parlamento.
Vi hanno concorso in molti anche qui in Senato, compresa la forzatura del Regolamento per opera del Presidente del Senato, che sembra avere imparato, anche lui, la tendenza diffusa, quando si parla della Banca d'Italia, per cui l'arbitro si trasforma in giocatore.
Tutto un lavoro e un lavorio che risulterà inutile; anzi, il servizio fatto al Governatore dal cosiddetto partito di Fazio e dai suoi più accesi sostenitori alla lunga non si dimostrerà un buon servizio. Una difesa così plateale si trasformerà in una cattiva difesa, in un danno per il Governatore, per la Banca centrale, per il Paese e per la sua credibilità, per il Governo.
L'opposizione ha dimostrato di saper difendere Bankitalia senza bisogno di nascondere le responsabilità di chi la guida, mentre la maggioranza, nonostante la contraddizione con alcuni esponenti del Governo, ha voluto difendere il Governatore senza preoccuparsi di difendere la Banca centrale. Questo è il peggiore dei guai che state determinando.
Certo, si dirà che nella legge c'è il mandato a termine, ma anche questo è vero solo a metà. Non si è voluta includere l'immediata esecutività del provvedimento anche per il Governatore oggi in carica, pure se il governatore Fazio non dovrebbe rimanere indifferente al significato di questa norma, fatta certamente non per lui, ma anche per lui, fatta non solo ad personam, ma anche ad personam.
Secondo noi - e concludo il mio intervento - dopo l'approvazione di questa norma il governatore Fazio avrebbe dovuto, per senso di responsabilità e di rispetto verso il Parlamento, rassegnare le proprie dimissioni.
Presidenza del vice presidente DINI(ore 12,32)
(Segue BISCARDINI). Se l'avesse fatto, oggi si sarebbe potuto presentare ai magistrati per difendersi dai reati che gli sono contestati da libero cittadino, mettendo al riparo la Banca d'Italia per quello che ancora si può e si dovrebbe fare.
Per tutte queste ragioni, i Socialisti democratici italiani esprimeranno un voto contrario al provvedimento in esame denunciando il ritardo e la perdita di tempo che avete imposto al Parlamento per un prodotto che non è certo e sicuro.
MARINO (Misto-Com). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO (Misto-Com). Signor Presidente, preannuncio il voto contrario del mio Gruppo sul disegno di legge in esame. Per ragioni di brevità, mi ricollego a tutto quanto da noi espresso in sede di discussione generale.
Il provvedimento in esame, lungamente atteso dopo gli scandali finanziari avvenuti nel Paese (Cirio, Parmalat e così via), è deludente sotto tutti i punti di vista. Esso non è neanche in linea con quanto emerso dall'indagine conoscitiva svolta dalle Commissioni VI e X della Camera dei deputati in ordine ai rapporti tra imprese, mercati finanziari e tutela del risparmio; inoltre, delude profondamente le aspettative dei piccoli risparmiatori e dei risparmiatori in generale.
Il nostro voto contrario è dettato anche dal fatto che sono state respinte tutte le proposte modificative dell'opposizione tendenti a migliorare il testo normativo; anzi, questo testo è stato anche peggiorato in corso d'opera.
Voglio citare l'emendamento presentato dal senatore Eufemi, diventato parte integrante del testo, per il quale una Fondazione come quella del Monte dei Paschi di Siena non potrà esercitare il diritto di voto per le azioni eccedenti il 30 per cento. Ciò significherà per questa Fondazione rinunciare a far valere il 19 per cento del patrimonio azionario della banca: una ricchezza collettiva della comunità senese che, di fatto, viene espropriata per essere ceduta ai privati che operano secondo logiche di profitto senza tenere in alcuna considerazione lo sviluppo e la valorizzazione dei territori locali. A nostro avviso, si tratta di una norma che vìola i legittimi diritti delle Fondazioni e rappresenta l'ennesimo tentativo di limitarne l'autonomia statutaria.
Vorrei intervenire anche sulla questione relativa alla statizzazione delle quote di partecipazione appartenenti alle banche o ai privati. Già nel 1936, in pieno regime, si era evitata la statizzazione proprio per garantire l'autonomia e l'indipendenza della Banca d'Italia.
Con questa operazione - che è abbastanza ardita ed avventurosa anche dal punto di vista della copertura finanziaria - si è voluto invece procedere su tale via mentre noi ne avevamo indicata un'altra che è stata completamente trascurata, quella cioè di trasferire alle fondazioni, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, le quote di partecipazione già detenute dagli istituti di credito di diritto pubblico e banche di interesse nazionale e dalle casse di risparmio delle società per azioni esercenti attività bancaria. In sostanza, avevamo indicato una terza via che, invece, non si è voluto in alcun modo prendere in considerazione.
Inoltre, non si è voluto separare la responsabilità della vigilanza da quella della concorrenza, così come proposto da tutta l'opposizione unita.
Infine, resta un impianto sanzionatorio assolutamente carente rispetto a quanto avvenuto nel nostro Paese e a quanto diversamente è stato fatto ed operato negli Stati Uniti d'America dopo gli scandali finanziari che hanno avuto luogo in quel Paese.
Per tutti questi motivi che ho brevemente riassunto, su cui però mi sono già soffermato in sede di discussione generale, non posso fare altro che ribadire il voto contrario dei Comunisti Italiani sul provvedimento.
FRANCO Paolo (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCO Paolo (LP). Signor Presidente, la Lega padana voterà a favore di questo provvedimento. Intendo svolgere, in ogni caso, al riguardo alcune brevi considerazioni dal momento che esso ha assunto una valenza politica di particolare rilievo.
Tutto è iniziato con i crack finanziari nazionali ed internazionali verificatisi negli ultimi anni e che hanno reso davvero improcrastinabile l'intervento del Parlamento a modifica della normativa vigente.
È evidente che tale normativa non risultava più adeguata alle mutate condizioni dei mercati immobiliari e finanziari. Ciò è stato anche dovuto all'accelerazione del fenomeno della globalizzazione dei mercati e all'intensificarsi delle compravendite di valori immobiliari su scala internazionale. Tali innovazioni, infatti, hanno prodotto come conseguenza quella di richiedere maggiore tutela e trasparenza per gli investitori. Altri Paesi hanno già assunto decisioni che vanno in questa direzione.
Dunque, le norme che questo disegno di legge interviene a modificare erano carenti. D'altronde, già i due rami del Parlamento attraverso indagini conoscitive avevano messo in evidenza tale carenza normativa. Vi sono, inoltre, i risparmiatori danneggiati, che ancora oggi sono in attesa di risarcimento e più in generale tutto il popolo dei risparmiatori e degli investitori che chiede un provvedimento di garanzia. E l'approvazione di questo disegno di legge va nella direzione della tutela del risparmio, per lo meno nella misura in cui ciò è stato possibile.
Questo provvedimento ha avuto un iter davvero travagliato, durato quasi un anno nelle Commissioni riunite; credo che l'inizio dell'iter parlamentare risalga addirittura al marzo 2005. Un provvedimento sofferto, dunque, che ha rischiato anche di non essere varato. Pertanto, va dato merito alla maggioranza e al Parlamento di averlo portato a conclusione giacché si tratta di una risposta inderogabile ed indispensabile che viene fornita ai risparmiatori, sebbene in tempi non brevi. La Lega ritiene che si tratti anche di rispetto del mandato che abbiamo assunto proprio perché gli scandali finanziari si sono verificati antecedentemente al 2001. Dunque credo che tale atto qualifichi l'attività del Governo e del Parlamento.
Il testo che ci accingiamo a votare è indubbiamente ancora oggetto di polemiche, e lo sarà a lungo. Forse avrebbero potuto esserci soluzioni più forti e mirate.
La discussione degli emendamenti ci ha fatto capire quante diverse sfaccettature avrebbero potuto dar luogo ad interventi anche diversi, sia in ordine alla proprietà sia in ordine al controllo del sistema degli scambi e della crescita azionaria dei nostri istituti di credito.
Per quanto, in particolare, riguarda la Banca d'Italia credo che anche in questo caso sia stata comunque data una risposta di equilibrio. Infatti, se pure viene mantenuta in capo all'Istituto di via Nazionale la funzione antitrust nei confronti degli istituti di credito, la revisione dell'assetto azionario, così come è stata deliberata con l'approvazione dell'emendamento del Governo, nato dal doveroso confronto su quanto viene fatto negli altri Paesi sia europei che non europei, credo abbia una valenza importante, perché si è andati proprio nella direzione di evitare che controllore e controllato abbiano le stesse matrici; ritengo che il ritorno della proprietà dell'assetto azionario della Banca d'Italia allo Stato vada indubbiamente in questa direzione. Ben venga, quindi, questa modifica, che permette di evitare confusioni tra vigilanti e vigilati.
Il Gruppo della Lega, quindi, voterà a favore di questo provvedimento. Ci sono altri temi che rimangono sul tappeto e rivolgo un invito ai colleghi della maggioranza a valutare l'opportunità di introdurre lo strumento della class action nel nostro ordinamento: indubbiamente questo disegno di legge, che andrà nella direzione di migliorare tutto il sistema del controllo del risparmio, avrà anche bisogno, nel tempo, di assumere qualche altro strumento importante per essere, da un lato, davvero un motore della crescita finanziaria nazionale e, dall'altro, anche garante in egual misura del risparmiatore, cioè di chi investe, in modo che non si abbiano più a ripetere i casi tragici, sotto il profilo degli investitori, che si sono verificati nel nostro Paese negli ultimi anni.
Ribadisco, quindi, il voto favorevole della Lega Padana. (Applausi dal Gruppo LP).
DE PETRIS (Verdi-Un). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DE PETRIS (Verdi-Un). Signor Presidente, colleghi, nel preannunciare il voto contrario del Gruppo dei Verdi, non possiamo non far rilevare non solo la nostra forte contrarietà al testo che arriva, infine, al voto, ma anche - dobbiamo dirlo con franchezza - una certa amarezza. Infatti, il tentativo di attuare una riforma della tutela del risparmio di alto profilo, quale sembrava poter emergere anche alla conclusione dell'indagine delle Commissioni congiunte 6a e 10a del Senato e VI e X della Camera, che potesse innanzitutto rispondere alla crisi di fiducia dei risparmiatori italiani che erano stati taglieggiati dagli scandali Cirio, Parmalat (e potremo aggiungerne molti altri, come Giacomelli e company) è completamente fallito, dal momento che quello che arriva oggi al voto è un testo che, proprio sul fronte della tutela del risparmio, non dà assolutamente adeguate garanzie ai risparmiatori.
Dopo due anni dal crack Parmalat noi non siamo stati in grado, per colpa della maggioranza, di dare una risposta adeguata alla forte crisi di fiducia dei risparmiatori.
Non manco mai di sottolineare che questa è una legge che reca nel titolo "tutela del risparmio" e il testo, via via, è stato peggiorato (pensiamo anche a quel che è accaduto alla Camera nel momento del passaggio tra le Commissioni e l'Aula) e l'esame del Senato, ancorché più rapido, non ha certamente risolto alcuni dei gravi problemi e delle mancate risposte per la tutela dei risparmiatori.
Tra le tante questioni, voglio ricordare quella che per noi era assolutamente fondamentale: la norma per la tutela preventiva del risparmio.
Fra l'altro, si tratta di un testo su cui si era raggiunto un accordo in Commissione alla Camera, che è stato depennato, e né le Commissioni, né l'Aula del Senato hanno inteso in alcun modo riaffrontare la questione.
È evidente, signor Presidente, che non si può parlare di adeguata tutela del risparmio se questa non avviene in modo preventivo, stabilendo norme ed obblighi in base ai quali facciano si che i risparmiatori possano essere adeguatamente informati circa le posizioni in essere. Quindi, pochissima trasparenza, pochissimi obblighi per quanto riguarda l'informazione preventiva. Soprattutto, non si sono previste precise responsabilità per quanto riguarda gli eventuali danni arrecati ai risparmiatori.
All'ultimo minuto, anche grazie ad un nostro emendamento, è stata ripristinata una norma che prevede che la responsabilità civile per le società di revisione sia totale e non parziale. Ciò solo per segnalare come su questo fronte ci siano stati dei problemi.
Inoltre,nell'ambito della tutela del risparmio, non abbiamo avuto la riorganizzazione del sistema delle Authority per funzioni, che sarebbe stata indispensabile perché, dopo i casi Parmalat e Cirio, si era capito chiaramente che bisognava riordinare il sistema di vigilanza. Per di più, tutto si è concentrato sulla vicenda Banca d'Italia, che non ha avuto risposte adeguate, perché la montagna ha partorito solo il mandato a termine, che secondo questa maggioranza - come è stato confermato anche dalla bocciatura del nostro ordine del giorno - non si sa quando dovrà attuarsi, forse quando la magistratura avrà fatto il suo corso.
Stiamo mettendo seriamente a repentaglio il sistema di credibilità verso i risparmiatori, perché anche la vicenda della Banca d'Italia è un segnale negativissimo nei confronti dei risparmiatori, e vorremmo sapere come agli stessi rilievi di Trichet sulle operazioni e sui comportamenti del Governatore si intenda rispondere da parte della maggioranza, forse facendo ancora finta di niente. Certamente ha vinto il partito di Fazio, ma non credo sia stato fatto un favore né ai risparmiatori, né alla Banca d'Italia, né si è data risposta all'esigenza - che era fondamentale - legata alla tutela del risparmio, del riordino dell'Authority e del passaggio delle competenze in materia di concorrenza all'Antitrust.
Per questo motivo, signor Presidente, voteremo con forza contro il disegno di legge.
TAROLLI (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TAROLLI (UDC). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, l'UDC voterà a favore del provvedimento perché è convinto che esso contenga alcune misure che davvero possono contribuire a che il cittadino italiano che intende risparmiare e utilizzare le fatiche del proprio risparmio anche in forme diversificate possa godere di quella tutela che esempi come Parmalat e Cirio hanno dimostrato essere meritevole di essere aggiornata nella nostra legislazione.
Alla Camera dei deputati - lo ricordo al collega Bordon - il provvedimento è rimasto per quasi diciassette mesi, a dimostrazione delle difficoltà che in quel ramo del Parlamento si sono registrate nella modifica del testo originariamente presentato da parte del Governo. Qui al Senato i tempi sono stati notevolmente contenuti, perché in Commissione il provvedimento è rimasto sì e no tre mesi e in questi primi giorni di ottobre l'Aula si appresta a licenziarlo.
Quindi, con grande celerità di tempi il Parlamento adotta una misura che senz'altro sarà a presidio del risparmiatore italiano e costituirà anche un elemento di credibilità rispetto ai mercati internazionali.
Il Senato ha fatto un lavoro di completamento perché l'impianto è rimasto quello delineato dalla Camera dei deputati; abbiamo comunque apportato alcune modifiche sostanziali. Sono state rafforzate le sanzioni nei confronti di sindaci e collegi dei revisori che si rendessero responsabili di irregolarità; sono state rese più cogenti le misure a contrasto dei cosiddetti paradisi fiscali; nel rapporto banca-impresa è stato rafforzato il ruolo dell'organo di vigilanza; è stato introdotto l'obbligo del prospetto per le società che emettono prodotti finanziari proprio per rendere tale operazione più trasparente e a tal proposito sono state previste maggiori tutele e garanzie per quei giovani che si avventurano in questo settore ed è stato completato anche il quadro della tutela delle minoranze, principio sancito dalla Camera dei deputati. Pertanto, il Senato ha svolto un'opera di integrazione, di completamento e di rafforzamento senz'altro meritoria.
Se dovessi dire qual è l'elemento dominante del testo al nostro esame, dovrei individuare una parola chiave: responsabilità. Questo è l'elemento pregnante del disegno di legge, contrariamente a quanto scaturisce dalle decisioni dei magistrati, anche in procedimenti all'attenzione dell'opinione pubblica, con particolare riferimento al dramma Parmalat in cui si è verificato un intreccio debordante, una irresponsabilità colossale e commistioni fra i ruoli dei vari soggetti che hanno scritto una brutta pagina di questa società e del nostro Paese.
Il provvedimento in esame delinea in maniera chiara le responsabilità dei gestori, quelle dei sindaci e quelle delle società di revisione e di rating. Tutti vengono chiamati ad un'assunzione di responsabilità in maniera nuova. Ritengo che questo sia l'elemento fondamentale che ci induce a sostenere che il testo che ci apprestiamo ad approvare contiene una buona riforma; esso chiama tutti i soggetti in campo ad essere protagonisti ma anche responsabili, trasparenti e coerenti rispetto agli impegni che si sono assunti, anche nei confronti dei risparmiatori.
In alcuni momenti si è avuto anche in quest'Aula un dibattito sulla scelta di chi dovesse fare capo alla gestione della concorrenza. Si sono adottate le decisioni del caso. Certo è che in quel dibattito non ho assistito ad uno scontro fra innovatori e conservatori. Io tendo a dare una diversa interpretazione.
C'è stato chi ha avuto il coraggio di sostenere una tesi che, secondo me, presenta un'impronta dogmatica, troppo ideologica, che considere il mercato e le regole che lo presidiano come elementi caratterizzanti e dominanti della nostra vita economica e democratica; c'è stato chi invece, animato da sano pragmatismo, ha ritenuto che il mercato sia solo un bene parziale che deve coniugarsi con altri beni, primo fra tutti quello della sussidiarietà che deve vedere corresponsabilizzati numerosi livelli decisionali. È un tema su cui il confronto potrà svilupparsi ancora nel Paese.
Ritengo che rispetto ai modelli americano e anglosassone sia necessario individuare un modello che presenti il giusto equilibrio e che sia frutto altresì della cultura italiana, senza copiare meccanicamente esperienze straniere che non sempre hanno dato prova di saper rispondere appieno a tutte le attese.
Per ultimo, signor Presidente, mi consenta di esprimere al relatore, senatore Eufemi, la solidarietà e l'apprezzamento, oltre che del sottoscritto del Gruppo dell'UDC per come ha saputo gestire questa materia ed il suo delicato compito, dando prova di grande competenza ed autorevolezza nell'individuare un momento di sintesi tra le proposte portate in Commissione e rappresentando un punto di riferimento per le soluzioni da dare ai problemi.
Quindi, al senatore Eufemi va l'apprezzamento più sincero dell'UDC e credo doverosamente anche di tutta l'Assemblea. Annuncio pertanto il voto favorevole dell'UDC a un disegno di legge che riteniamo un buon lavoro, a beneficio di tutta la Nazione, di tutti i risparmiatori e che credo potrà essere d'esempio e di raffronto anche per la comunità internazionale. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN).
CASTELLANI (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CASTELLANI (Mar-DL-U). Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, al termine di questo lungo lavoro, ritengo opportuno chiedersi se al cittadino risparmiatore siano state date le giuste risposte alle domande nate dopo l'esplodere dei casi Parmalat e Cirio.
Quel cittadino, infatti, ci chiede con forza e pressantemente se sia stato messo in piedi un sistema che cerca di evitare il ripetersi di questi casi; se il sistema dei controlli e delle sanzioni sia tale da scoraggiare l'inquinamento del mercato e le scorribande all'interno dello stesso a danno del risparmiatore che ha affidato ed affida tuttora al sistema bancario e finanziario il frutto di anni di lavoro, i propri risparmi; se sia stata restituita autorevolezza alle istituzioni di garanzia che certamente dopo gli scandali lamentati hanno perso di credibilità sia all'interno che all'esterno del nostro Paese.
Queste domande le abbiamo raccolte nel lungo tempo che abbiamo dedicato, come Commissioni riunite di Camera e Senato, all'indagine conoscitiva. Vorrei a questo punto richiamare alla nostra memoria i dati che abbiamo raccolto: abbiamo potuto constatare un intreccio perverso tra imprese ed imprese debitrici e banche; una enorme facilità per alcuni nell'ottenere linee di credito servite per posizionarsi in modo favorevole nel gioco del risiko bancario, fino ad immaginare scalate a banche, ad imprese, con linee di credito aperte dalle medesime banche che si intendevano scalare; si è riscontrata l'offerta sul mercato di titoli e obbligazioni, rivelatisi poi spazzatura, senza il filtro di efficaci controlli e, anzi, con l'avvenuta attestazione formale di questi controlli, ma non con il loro sostanziale adempimento; si è dovuto constatare nel rapporto banche-imprese in alcuni casi (non voglio generalizzare) il passaggio di debiti da imprese a banche e poi da queste al risparmiatore che, solo ed indifeso, si è trovato a dover sopportare il peso di default da lui non certo voluti e causati.
Ecco perché dalle tante audizioni effettuate dalle Commissioni parlamentari competenti è emersa soprattutto la conferma di questa solitudine del risparmiatore e l'assenza di una vera tutela del risparmiatore stesso. È emerso anche - e questa è certamente un'aggravante - che di fronte alla ricerca delle responsabilità le istituzioni preposte al controllo del mercato e degli attori finanziari hanno usato l'arma non certo edificante dello scaricabarile, trincerandosi tutti dietro l'ossequio formale alla normativa, ai regolamenti.
Ciò fa pensare chiaramente che il sistema necessita di una radicale e profonda riforma, se si è dovuta riscontrare una così ampia copertura ad una sostanziale, collettiva deresponsabilizzazione. A questo punto, prima del voto, è doveroso chiederci se il provvedimento che il Senato si appresta ad approvare offra queste giuste risposte a quelle pressanti domande che ci sono state poste dal cittadino risparmiatore.
Credo purtroppo che in larga misura le risposte a quelle domande non ci siano, perché in molti casi il provvedimento che oggi esce dal Senato ha peggiorato il testo approvato dalla Camera in ordine ai problemi dei conflitti di interesse e in ordine alla mancanza di concrete previsioni che possano poi condurre ad un insieme di norme di prevenzione e ad un vero statuto del risparmiatore.
Sì, qualcosa è pur stato modificato in senso positivo (penso soprattutto alla reintroduzione in una qualche misura del reato di falso in bilancio), ma si è sfuggiti dall'affrontare seriamente il nodo dell'intreccio tra banche ed imprese e dei conflitti di interesse che ne derivano. Non ci si è posti di fronte a questo tema con la prospettiva di salvaguardare la trasparenza di un sistema, quello bancario, che certamente deve operare in favore delle imprese per lo sviluppo complessivo del Paese, ma che opera - non dimentichiamolo - per conto dei risparmiatori che a questo sistema affidano i propri danari, frutto dei loro risparmi.
E allora, se è vero questo, non si può non tutelare fino in fondo il risparmiatore attraverso una definitiva e più puntuale regolamentazione della possibile insorgenza di conflitti di interesse, che magari rischiano di piegare all'interesse di pochi, spesso la governance dell'impresa, le scelte che poi hanno portato a scaricare - come dicevo - sui risparmiatori i rischi stessi dell'impresa.
C'è poi stata - e c'è - la questione Bankitalia. Credo che anche in questo caso le risposte date siano del tutto insufficienti, anzi, abbiamo assistito ad una sorta di siparietto, ad una sceneggiata tra Governo e maggioranza. Da una parte il ministro Tremonti, e prima di lui il ministro Siniscalco, hanno lasciato all'Assemblea la decisione per quanto riguarda il passaggio delle competenze della vigilanza sulla concorrenza all'Antitrust. Ma abbiamo visto che l'Assemblea non ha risposto positivamente a questa pur debole apertura del Governo.
Non si è voluto quel riordino delle Authority per funzioni, come da molti auspicato. Si dice che la vigilanza sulla stabilità del sistema è profondamente connessa con la tutela della concorrenza. Ma mi chiedo: siamo proprio sicuri che non sia proprio qui il nodo da sciogliere? Si è privilegiata la stabilità, ma il sistema bancario è ancora da ristrutturare, come sanno i tanti utenti che pagano questo ritardo con gli alti costi bancari che in Italia siamo costretti a subire.
Non si è posta seriamente mano ad una riforma di Bankitalia, con un procedimento che conduca a nomine autorevoli e condivise. Sì, c'è il mandato a termine, ma non basta se non è connesso ad una vera collegialità delle decisioni che superi l'autocrazia dell'attuale sistema, così come, del resto, vuole la stessa BCE. Nel parere che ci è stato recapitato sicuramente anche la Banca centrale europea pone quesiti ai quali non è stata ancora data una risposta.
E ancora, non si è voluta introdurre la class action, vero elemento di forte pressione e deterrenza nei confronti dei comportamenti anomali e dannosi verso i risparmiatori. Non si è data risposta a chi a subìto gravi danni dai bond Cirio e argentini. Si rinvia alla finanziaria, ma il fondo che dovrebbe costituirsi con i depositi dormienti desta più di una perplessità sul piano giuridico e sul piano dell'equità stessa. Ne parleremo, ma è certo che la risposta doveva essere in questo provvedimento, che pomposamente fa riferimento proprio nel titolo alla tutela del risparmio.
Per concludere, a quel cittadino risparmiatore che ci interroga credo che questo provvedimento non dia le risposte desiderate. In larga misura, colleghi, quel cittadino si sente ancora solo di fronte a chi sa utilizzare a proprio piacimento il risparmio accumulato. Quel cittadino solo e senza adeguate risposte ci chiede ora di non votare, lo chiede a noi parlamentari della Margherita. E noi lo ascolteremo e annunciamo il nostro voto contrario, pur sapendo che con questo gesto offriamo solo la nostra solidarietà, ma non potremo curare completamente la sua solitudine. (Applausi dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PEDRIZZI (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PEDRIZZI (AN). Signor Presidente, prima di fare qualche riflessione vorrei rivolgere dei ringraziamenti doverosi. Innanzitutto agli Uffici che, dall'avvio dell'indagine conoscitiva sulle problematiche del risparmio, ci hanno affiancati sino a queste ultime ore, con un lavoro oscuro ma di grande approfondimento, di grande collaborazione, di grande importanza.
Un secondo ringraziamento lo voglio rivolgere ai relatori, ai senatori Maurizio Eufemi e Giuseppe Semeraro, per la loro preparazione, per il loro equilibrio nel gestire i lavori nelle Commissioni ed in Aula, per il loro contributo di pensiero al dibattito che si è svolto, in quest'Aula in particolare.
Un ringraziamento anche ai colleghi dell'opposizione e a quelli della maggioranza. Ai colleghi dell'opposizione voglio dire immediatamente, prima di inoltrarmi nel mio intervento, che qui non ha vinto nessuna fazione, qui non vi è stata partigianeria; se c'è qualcuno che ha vinto, ha vinto innanzitutto il Parlamento italiano, che ha ripreso la sua centralità e il suo ruolo: ed è un riconoscimento, questo, alla maggioranza e all'opposizione! (Applausi dei senatori Semeraro, Grillo ed Eufemi e del sottosegretario Costa). Ha vinto il popolo dei risparmiatori, in particolare di quelli piccoli.
PASQUINI (DS-U). Bah!
PEDRIZZI (AN). Hanno vinto gli investitori internazionali, che possono ritornare nel nostro Paese con fiducia. Ha vinto il sistema economico italiano. Ha vinto il sistema Paese, che ha dato dimostrazione di saper intervenire con approfondimenti, con riflessioni, con soluzioni adeguate e alla portata dei problemi che erano nati.
Avevo detto nel corso del mio intervento in discussione generale che, dinanzi a vicende di crisi come quelle che hanno coinvolto grandi imprese quotate in borsa e, successivamente, negli ultimissimi mesi, istituzioni dal grandissimo prestigio nazionale ed internazionale, bisognava avere innanzitutto senso delle istituzioni e grande responsabilità da mettere al servizio del bene comune.
Noi abbiamo avuto senso delle istituzioni, abbiamo avuto questo senso di responsabilità al servizio del bene comune: e, quando dico «noi», dico maggioranza e opposizione. Lo abbiamo dimostrato in Aula in questi giorni e anche in queste ultime ore, quando l'opposizione ha rinunciato a fare ostruzionismo, rispettando persino i tempi che ci eravamo dati quando abbiamo iniziato questo lavoro.
Il collega Bordon, forse molto preso dal suo incarico di capogruppo, non ha seguito da vicino i nostri lavori, quindi, quando ha parlato di due anni e di lungaggini dei lavori del Senato, non sapeva effettivamente, né di persona, né tramite qualche collega, come il senatore Castellani, che glielo avrebbe potuto probabilmente riferire, che questo provvedimento è stato varato alla Camera dei deputati il 3 marzo 2005, quindi è arrivato nelle Commissioni riunite finanze e tesoro e attività produttive a metà marzo del 2005; lo abbiamo consegnato alla Presidenza, qui in Aula, il 19 luglio, dopo quattro mesi, e solamente la pausa estiva ha interrotto l'esame in Aula, che abbiamo ripreso fin dal primo giorno dei nostri lavori.
Il disegno di legge sulla tutela del risparmio, quindi, non è affatto un'occasione mancata, come qualcuno si ostina a voler affermare. E fa piacere che lo stesso Ministro dell'economia abbia concordato in questo giudizio positivo su tutto l'impianto del provvedimento.
Questo disegno di legge, infatti, mette ordine nella legislazione finanziaria e societaria italiana e con esso si affrontano e si risolvono le questioni più rilevanti derivate dagli scandali della Cirio e della Parmalat. Su tali questioni il Parlamento è intervenuto dettando nuove regole e modificando la legislazione vigente.
Diciamo la verità: il compito del Senato è stato facilitato - come giustamente sottolineava il collega Ivo Tarolli - dall'impianto varato dalla Camera dei deputati. Il Senato, però, facendo degli aggiustamenti, negli ultimi giorni è dovuto intervenire su situazioni di emergenza nate nei mesi scorsi, e su quelle vicende ha svolto una riflessione approfondita affrontando problematiche differenti e per certi versi inedite rispetto a quelle precedenti, che hanno richiamato ad un confronto approfondito, per quanto vivace, anche in quest'Aula, un confronto rimasto fondamentalmente sereno anche quando si è parlato del mandato a termine del Governatore e della competenza della Banca d'Italia. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Chiedo ai colleghi di Forza Italia se hanno la compiacenza di non disturbare.
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di ridurre il brusìo e di consentire al senatore Pedrizzi di completare il suo intervento, in modo che tutti lo possano ascoltare.
PEDRIZZI (AN). Anche su questo tema del mandato a termine e delle competenze, della concorrenza tra Bankitalia e Antitrust, qualcuno sperava che la maggioranza andasse in frantumi, che nella maggioranza vi fossero franchi tiratori. La maggioranza ha dimostrato la propria compattezza e il proprio senso di responsabilità. Del resto il Governo, dal canto suo, aveva sciolto una riserva importante e aveva dato un proprio contributo determinante proponendo un emendamento articolato riguardante tutta la materia.
Per riassumere molto brevemente il significato e la filosofia di questo provvedimento possiamo dire che, per quanto riguarda la governance societaria, sono stati posti dei presìdi nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali introducendo o rafforzando l'azione di responsabilità, il che darà garanzie molto maggiori rispetto al passato.
Meritano attenzione anche le disposizioni finalizzate a rendere più stringente la disciplina relativa alle operazioni con società aventi sede legale all'estero (cosiddette offshore): i paradisi fiscali e paradisi legali, sui quali prima o poi la comunità internazionale dovrà intervenire e, se del caso, continuare a far conoscere le black list, ossia le liste nere, e mettere fuorilegge questi Paesi.
Sempre in linea con le indicazioni del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva promossa dalla mia Commissione risultano le disposizioni in materia di revisori contabili.
Abbiamo poi affrontato e risolto il problema dei conflitti di interesse tra banche e imprese, trovando un equilibrio accettabile. Sono state inoltre dettate disposizioni volte ad evitare che insorgano conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento da parte delle banche.
Vi è poi un aspetto estremamente importante: rispetto alle problematiche emerse nella circolazione dei bond senza prospetto, ovvero emessi solo per investitori internazionali e poi rivenduti alla clientela retail, è stato fatto in modo che non sarà più possibile piazzare titoli poco affidabili e molto rischiosi, accollandone - come avveniva in passato - il rischio al risparmiatore, ovvero senza che quest'ultimo sia in grado di valutare approfonditamente la rischiosità dell'investimento. (Richiami del Presidente).
Signor Presidente, ho bisogno solo di due minuti per concludere. Si tratta di un intervento mirato e preciso, che da solo potrebbe giustificare tutto il lavoro compiuto per tutelare i risparmiatori, soprattutto i piccoli risparmiatori.
Quanto all'apparato sanzionatorio, vengono aumentate tutte le sanzioni e le pene in maniera esemplare.
In conclusione, abbiamo predisposto un ambiente giuridico complessivo nel quale gli operatori finanziari e le società potranno operare con maggiori certezze e con maggiore affidabilità.
Onorevoli colleghi (e mi avvio alla conclusione), occorre essere consapevoli del fatto che nessuna norma giuridica è efficace senza una valida e robusta coscienza etica dei singoli e senza un capitale sociale che espelle ed isola chi vìola le norme; di converso gli stessi princìpi di responsabilità personale e di concorrenza leale sono travolti dall'illecito e dalla criminalità senza una disciplina certa ed efficace.
Per tale motivo, il Parlamento può e deve intervenire - come sta facendo - adeguando gli strumenti legislativi. Si deve promuovere, quindi, un'etica della responsabilità e della trasparenza in modo che si possano di nuovo coniugare il profitto con l'etica, l'economia con l'etica, e si possa riportare al centro della nostra economia un'impresa consapevole di svolgere un ruolo sociale al servizio della comunità locale e nazionale.
Per tutti questi motivi, il Gruppo Alleanza Nazionale preannuncia un voto favorevole ed auspica vivamente che la Camera dei deputati possa varare una volta per tutte il provvedimento in esame. (Applausi dai Gruppi AN, FI e UDC. Congratulazioni).
TURCI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TURCI (DS-U). Signor Presidente, in questa breve dichiarazione di voto finale, in cui preannuncio il voto contrario del mio Gruppo parlamentare sul provvedimento in esame, non insisterò ancora una volta sulla vicenda grottesca che non chiamerò più «vicenda Banca d'Italia», ma (come ha fatto questa mattina anche il collega Morando) «vicenda Banca d'Italia-Governo».
Al riguardo, abbiamo parlato ampiamente anche nel corso del dibattito svolto questa mattina. Mi limito solo a segnalare che pure con il contributo del provvedimento in esame il capitolo in questione è destinato ad avvitarsi ulteriormente.
Questo capitolo sta diventando un vero e proprio tormentone per la vita politica del Paese e per la sua immagine internazionale. Si tratta di un tormentone e di un avvitamento da cui nessuno ha nulla da guadagnare. Non ha da guadagnare la Banca d'Italia, che sta perdendo una vera e propria legittimazione politica e morale (che è stato il grande punto di forza nella storia del nostro Paese); non ha da guadagnare personalmente neanche il Governatore della Banca d'Italia.
Questa mattina, il collega Eufemi, intervenendo su un ordine del giorno presentato dall'opposizione, ha citato il giudizio espresso dal board della BCE. Ebbene, vorrei che egli esaminasse attentamente quel giudizio; sui giornali di questa mattina viene, infatti, riportato quanto ha affermato il presidente Trichet sulla vicenda BPL-Banca d'Italia.
Non ci guadagna neanche il nostro mercato finanziario, perché si trova ad essere vigilato da un'Autorità sotto impeachment politico e morale; non ci guadagna il Governo, il cui Ministro dell'economia e delle finanze si è ormai specializzato in gag internazionali di tipo goliardico; non ci guadagna, soprattutto, l'immagine internazionale del nostro Paese. Peraltro, non si vede, a breve, la fine di questo grave avvitamento.
Non mi soffermerò neppure sulla mancata riforma dell'assetto complessivo delle Authority. Cari colleghi, qualche giorno fa, dopo le sedute di giovedì scorso, ho letto sul più importante giornale economico che siamo di fronte ad un fallimento complessivo della classe politica, perché questo provvedimento non vara una riforma delle Authority.
Mi permetto di osservare che l'opposizione ha presentato un disegno organico di riforma della vigilanza sul sistema finanziario e creditizio: lo ha presentato durante il lavoro iniziale, bipartisan, svolto alla Camera dei deputati e lo ha riproposto con gli emendamenti nelle Commissioni riunite in Aula. La maggioranza ha respinto l'idea di cogliere questa occasione per avviare una riforma da tempo matura, in sintonia con il disegno istituzionale adottato da tutti i nostri partner europei.
Voglio soffermarmi su un aspetto che forse corre il rischio di passare in secondo piano in questa vicenda, mentre si tratta del punto dal quale abbiamo preso le mosse. Mi riferisco ai risparmiatori italiani. Questo provvedimento, infatti, ha preso le mosse dagli scandali Cirio e Parmalat, la cui palmare evidenza grida ancora oggi vendetta per il modo in cui alcune banche ed alcuni imprenditori disonesti hanno scaricato su migliaia di risparmiatori i loro default. Oltre alle vicende Cirio e Parmalat, vi sono state anche altre vicende, tra le quali il caso più consistente, quanto a numeri e a costi, è stato quello dei tango bond.
Ebbene, le associazioni dei risparmiatori hanno calcolato che in questi scandali sono stati coinvolti 800.000 risparmiatori, cioè 800.000 famiglie: si tratta, per la grandissima maggioranza, di piccoli risparmiatori, della vecchietta che, quando il mercato dei BOT non è stato più redditizio secondo le aspettative del passato inflazionistico, si è fidata della banca e ha trovato collocati nel suo portafoglio titoli ingestibili e indigeribili. Si tratta - ripeto - di 800.000 risparmiatori e di 37 miliardi di perdite, cioè una volta e mezza la finanziaria per l'anno prossimo.
Orbene, come viene risolto il problema con il testo in esame? Non c'è una risposta adeguata. Vogliamo citare alcuni tra i difetti principali, da questo punto di vista, della norma che stiamo esaminando? È stato indebolito il ruolo della CONSOB; non solo non c'è la riforma complessiva dell'architettura delle Authority, colleghi, ma voi, qui al Senato, avete modificato il testo approvato dalla vostra stessa analoga maggioranza alla Camera, trasferendo di nuovo in capo prioritariamente alla Banca d'Italia competenze assegnate alla CONSOB, in via prioritaria, circa l'attività di intermediazione finanziaria delle banche e la loro trasparenza.
Siamo di fronte ad una sorta di sudditanza morale, politica ed ideologica, tale per cui si nega alla CONSOB il suo compito principale, quello della vigilanza sulla trasparenza dell'attività bancaria, dopo che le banche sono state coinvolte fino in fondo in scandali che hanno danneggiato migliaia di risparmiatori per mancanza di trasparenza e di rispetto di un'etica professionale nei confronti di migliaia di famiglie. Nonostante ciò, non contenti del testo che vi arrivava dalla maggioranza della Camera, l'avete peggiorato mettendo anche sul tema della trasparenza la CONSOB in secondo piano.
Avete indebolito il ruolo del collegio sindacale: la Camera dei deputati aveva dato al collegio sindacale, in materia di governance aziendale, un potere più forte circa la possibilità di richiamare ad azioni di responsabilità verso gli amministratori; avete tolto questo potere, lasciandolo solo a una quota particolare dell'assemblea dei soci.
Avete rifiutato, ancora una volta, la normativa sulla class action, nonostante un testo identico all'emendamento che le opposizioni avranno presentato fosse stato approvato a larghissima maggioranza dalla Camera dei deputati.
Avete detto no, ancora una volta, alle sezioni specializzate. Vorrei che rifletteste: tutte le volte che parliamo di produttività del sistema Italia e capacità di attrarre investimenti esteri, ci diciamo che uno dei problemi più seri della mancata capacità di attrarre investimenti esteri in Italia è il nostro sistema giudiziario, la giustizia sia civile, sia penale; ebbene, c'era la possibilità di creare sezioni specializzate in materia di reati finanziari e societari - non è un tema nuovo, sono tre anni che se ne discute; non diteci che abbiamo fatto un'improvvisazione con questi emendamenti! - e ci avete detto ancora una volta no.
Avete detto no alla norma sul risarcimento parziale dei risparmiatori, che si sono trovati con la patata bollente dei tango bond, rinviando il tutto a una norma molto fumosa della legge finanziaria, preparata dal ministro Tremonti, che seminerà sicuramente molte illusioni, ma - temo - lascerà alla fine molte delusioni, oltre ai danni che già hanno subìto tasche dei risparmiatori.
Infine, avete respinto un nostro emendamento relativo alla tutela preventiva del risparmio, l'emendamento 14.03. Richiamo l'attenzione su tale emendamento ora, a conclusione del dibattito, perché è vero che in alcune parti abbiamo potenziato le norme a tutela dei risparmiatori, ma è anche vero che la norma che avete rifiutato chiudeva in modo circolare e preciso tutti gli obblighi relativi alle società di intermediazione finanziaria nei confronti dei piccoli risparmiatori.
Badate, rifiutando questa norma - caro senatore Eufemi - anche l'articolo 11, che abbiamo scritto e riscritto dieci volte, in materia di attività fuori sede delle assicurazioni, mantiene un'ombra di dubbio. Infatti, è vero che nel testo che abbiamo approvato è scritto che comunque si devono consegnare i prospetti ai risparmiatori, ma se aveste accettato la nostra norma saremmo stati più sicuri tutti, soprattutto i risparmiatori, che si troverebbero a comprare fuori sede prodotti finanziari delle assicurazioni.
Signor Presidente, concludo richiamando la sua attenzione su un punto: la questione delle assicurazioni è la stessa che ha bloccato il provvedimento sul TFR in Consiglio dei ministri la scorsa settimana. Vorrei dire ai colleghi della Lega (quelli che volevano impiccare in effigie il Governatore della Banca d'Italia un anno e mezzo fa e che oggi, con il ministro Maroni, fanno la voce grossa contro gli interessi del Presidente del Consiglio, che ha bloccato il TFR perché danneggia Mediolanum) che se avessero accettato il nostro emendamento in materia di trasparenza e tutela dei risparmiatori anche il capitolo TFR prospettico - per usare un aggettivo di moda - sarebbe forse guardabile con un po' più di tranquillità.
Ecco l'insieme di ragioni per cui annunciamo il nostro voto contrario su questa normativa. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).
GRILLO (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GRILLO (FI). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia voterà in modo convinto a favore del disegno di legge, che ritiene decisamente migliorativo, rispetto al testo licenziato dalla Camera dei deputati.
Anch'io voglio ringraziare sentitamente i relatori per il lavoro serio ed impegnativo che hanno prodotto. Ritengo che certamente l'Aula avrebbe potuto far meglio di quanto è stato fatto se non fossimo condizionati da una violenta, assurda e vergognosa campagna massmediale che, purtroppo, ci ha accompagnato in questi mesi di lavoro parlamentare.
Alla domanda che alcuni si sono posti su come giudicheranno il disegno di legge i risparmiatori, credo la risposta sia ovvia: i risparmiatori che da cent'anni portano i soldi in banca sono sempre stati garantiti, i risparmiatori che da moltissimi decenni investono in BTP sono sempre stati garantiti, così come i risparmiatori che hanno investito in BOT; mentre i risparmiatori che, con un atto di fiducia verso il mercato, le aziende, e la serietà degli imprenditori, hanno scommesso sui bond, certo avevano bisogno di una normativa più puntuale e più precisa. Ripeto, però, un'affermazione che ho fatto in un mio precedente intervento: se abbiamo impiegato tanto a licenziare il testo - non in Senato dove, come ha detto il senatore Tarolli, siamo stati velocissimi, ma alla Camera, dove hanno impiegato più di quindici mesi - è perché sono stati commessi due errori di base.
Il primo errore è stato quello di aver fatto credere all'opinione pubblica che si era all'anno zero: è falso, perché l'Italia ha il sistema normativo più avanzato d'Europa per quanto riguarda le logiche del mercato del credito.
Il secondo errore è stato quello di affermare che nel nostro Paese le responsabilità di Parmalat e Cirio non erano riconducibili all'infedeltà di imprenditori, di consigli di amministrazione, di sindaci revisori, di società di rating, di società di revisione, della CONSOB che ha sicuramente dormito nella nota vicenda Parmalat, ma erano esclusivamente del Governatore della Banca d'Italia. Allora, per mesi e mesi ci siamo arrovellati attorno…
TURCI (DS-U). Non lo ha mai detto nessuno!
PASSIGLI (DS-U). Il mercato secondario chi lo fa?
PRESIDENTE. Colleghi, non interrompete, per favore.
GRILLO (FI). Senatore Passigli, mi lasci terminare.
Credo che il Senato abbia fatto un buon lavoro: abbiamo razionalizzato le norme, abbiamo operato in senso migliorativo rispetto al lavoro svolto dalla Camera dei deputati. In questo modo abbiamo dato una prova di maturità e di serietà di fronte ad un'opinione pubblica costernata e frastornata a causa delle falsità che quotidianamente venivano spese sui giornali. Il senatore Turci ha fatto riferimento ad un articolo pubblicato su «Il Sole-24 ORE» dal titolo: «Il Governatore ha infranto le regole»: purtroppo per lui, c'è già un comunicato della Banca d'Italia che afferma che quelle notizie sono tendenziose e false.
TURCI (DS-U). Appunto, il comunicato è della Banca d'Italia!
GRILLO (FI).Allora, dobbiamo metterci d'accordo, caro collega Turci. Come diceva il senatore Amato, di fronte a tanti che affermavano che il Governatore dovesse dire la sua, dovesse rispondere, e dicevano di essere incalliti sostenitori del contraddittorio, ieri il Governatore della Banca d'Italia ha presentato una memoria difensiva, ha fatto una relazione al CICR. Perché non provate a criticare quella documentazione? Perché non vi chiedete come mai, a fronte delle calunnie che sono state spese da molti giornali… (Commenti dai Gruppi Mar-DL-U e DS-U).
PRESIDENTE. Silenzio, colleghi invito tutti alla calma.
GRILLO (FI). Perché non vi siete chiesti, se rispondeva o meno alla verità che il cosiddetto parere di funzionari della Banca d'Italia era contrario sull'OPA Popolare italiana riguardo ad Antonveneta?
Ieri il Governatore della Banca d'Italia ha dichiarato che questi signori gli hanno consegnato una relazione nella quale si ritiene che il progetto di acquisizione del controllo da parte… (Vivaci proteste da parte del Gruppo DS-U).
GARRAFFA (DS-U). Vergognati!
PRESIDENTE. Colleghi, per favore.
PASSIGLI (DS-U). Dubito che tu stia parlando a nome di Forza Italia.
GRILLO (FI). Signor Presidente, mi rendo conto che non esistono le condizioni per svolgere un confronto sereno. Evidentemente, i colleghi non accettano posizioni diverse. Pertanto, dichiaro il voto favorevole del Gruppo Forza Italia. (Applausi dai Gruppi FI, AN e UDC).
VALLONE (Mar-DL-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VALLONE (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.
SCHIFANI (FI). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SCHIFANI (FI). Signor Presidente, durante il dibattito odierno il senatore Modica si è richiamato a fatti verificatisi giovedì scorso. Prendendo spunto da quell'intervento, vorrei chiarire che le espressioni da me usate in quell'occasione, seppure accese, erano frutto di un clima d'Aula abbastanza teso, ma non intendevano minimamente offendere la sensibilità e l'onore dei colleghi, sia di maggioranza che di opposizione; nella fattispecie, di opposizione. (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e dai banchi del Governo).
Tenevo a fare questa precisazione prima che si concludesse il dibattito odierno, che si è articolato con toni altalenanti, affinché rimanesse traccia negli atti parlamentari che da parte del sottoscritto non vi era alcuna intenzione di offendere alcuno. (Applausi dal Gruppo FI).
PRESIDENTE. La Presidenza prende atto della dichiarazione e del gesto del senatore Schifani.
MACONI (DS-U). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MACONI (DS-U). Signor Presidente, mi sembra che la violazione del Regolamento del Senato sia ormai una regola costante. Invito a prestare molta più attenzione alla gestione dei lavori d'Aula.
PRESIDENTE. Senatore Maconi, la dichiarazione del senatore Schifani, che ha chiesto di parlare prima di passare alla votazione finale del provvedimento, mi sembra fosse interamente accettabile; anzi, apprezzo il suo gesto. (Applausi dai Gruppi FI, UDC e del senatore Consolo).
Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal senatore Vallone, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.
(La richiesta risulta appoggiata).
Votazione nominale con scrutinio simultaneo
PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge n. 3328, nel testo emendato, con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi FI, AN e UDC).
Restano pertanto assorbiti i disegni di legge nn. 2202, 2680, 2759, 2760, 2765 e 3308.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari (3328)
ORDINE DEL GIORNO
G019.1
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, SODANO TOMMASO, FALOMI, MORANDO, GIARETTA, TURCI, CREMA, CADDEO, D’AMICO, CHIUSOLI, DE PETRIS, FABRIS, BASSANINI, RIGHETTI, RIPAMONTI, MACONI, PASSIGLI
Respinto
Il Senato,
preso atto:
di quanto sostenuto dal Ministro dell’Economia al Senato, nel suo intervento in sede di discussione generale del disegno di legge n. 3328, circa "la competenza del Parlamento e del Governo sulla credibilità del sistema (finanziario e del credito), in quanto bene pubblico che dipende direttamente dalla bontà delle regole oltre che dai comportamenti di chi le applica";
che il Ministro dell’Economia ha esplicitamente affermato, nella stessa sede, che si sono determinati "danni alla reputazione del nostro sistema";
premesso che:
il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, Titolo I, all’articolo due comma 1 prevede che il "Comitato Interministeriale per il credito e il risparmio ha l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio";
l’articolo 19 dello Statuto della Banca d’Italia prevede, al primo comma, che "Il Consiglio superiore nomina e revoca il Governatore..." e, all’ultimo comma, che "Le nomine e le revoche debbono essere approvate con decreto del Presidente della Repubblica promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto col Ministro dell’Economia, sentito il Consiglio dei Ministri",
impegna il Governo:
a verificare – attraverso una procedura promossa dal concerto tra il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Economia, tale da consentire la formulazione di un parere da parte del Consiglio dei Ministri – se sussistano ancora le condizioni che resero possibile al governo pro tempore di formulare il parere favorevole alla nomina del governatore attualmente in carica e di promuovere il relativo decreto del Presidente della Repubblica,
impegna altresì il Governo:
in caso di esito negativo della premessa verifica, a darne immediata comunicazione al Consiglio superiore della Banca d’Italia, affinché si riunisca ai sensi dell’articolo 19 dello Statuto della Banca d’Italia per valutare se esistano le condizioni per la revoca prevista dal medesimo articolo, nonché dall’articolo 14.2 dello Statuto della Banca Centrale Europea.
ARTICOLO 19 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
TITOLO IV
DISPOSIZIONI CONCERNENTI LE AUTORITÀ DI VIGILANZA
Capo I
PRINCÌPI DI ORGANIZZAZIONE E RAPPORTI FRA LE AUTORITÀ
Art. 19.
Approvato
(Coordinamento dell’attività delle Autorità)
1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca indipendenza, individuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite anche attraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di comitati di coordinamento.
2. Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autorità indicate nel medesimo comma almeno una volta l’anno.
EMENDAMENTI
19.1
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Improcedibile
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 19. - 1. Le Autorità di vigilanza sui mercati finanziari sono la Banca d’ltalia, la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
2. La Banca d’Italia esercita le proprie competenze al fine di assicurare la stabilità del sistema finanziario.
3. La Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) esercita le proprie competenze al fine di assicurare la trasparenza del sistema finanziario.
4. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato esercita le proprie competenze al fine di assicurare la concorrenza nel mercato finanziario.
5. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private (Isvap) e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) sono soppressi.
6. Alla Banca d’Italia sono trasferiti:
a) le competenze e i poteri di vigilanza attribuiti dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap);
b) a partire dal termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le competenze e i poteri di vigilanza attribuiti dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), salvo quanto previsto dal comma 2;
c) le competenze e i poteri attribuiti dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al Ministro e al Ministero dell’economia e delle finanze e al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr).
7. Alla CONSOB sono trasferiti:
a) le competenze e i poteri attribuiti alla Banca d’Italia dal titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
b) le competenze e i poteri attribuiti all’Isvap dall’articolo 109 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174;
c) a partire dal termine di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le competenze e i poteri attribuiti alla Covip dall’articolo 17, comma 2, lettere e), f), h) e n), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni;
d) le competenze e i poteri attribuiti al Ministro e al Ministero dell’economia e delle finanze dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
8. Le competenze di cui al comma 7, lettera d), escluse quelle previste dall’articolo 195 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono esercitate d’intesa con la Banca d’Italia.
9. Il personale di ruolo, quello assunto a tempo determinato e i dipendenti di pubbliche amministrazioni che prestano servizio in situazione di comando o distacco presso l’Isvap sono trasferiti con la qualifica corrispondente a quella rivestita presso l’ente di provenienza, alla data di entrata in vigore della presente legge, nel ruolo della Banca d’Italia e della CONSOB, a seconda delle mansioni precedentemente svolte.
10. All’attuazione di quanto previsto dal comma 9 si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e la CONSOB nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
11. Ai dipendenti trasferiti ai sensi del comma 9 si applicano le norme sullo stato giuridico e il trattamento economico, di attività e di quiescenza, previsti per il personale dell’amministrazione o ente di destinazione. Il maggiore trattamento economico da essi eventualmente goduto è conservato, fino a riassorbimento, a titolo di assegno personale pensionabile.
Conseguentemente:
all’articolo 22, comma 1, sopprimere le parole: , dell’Isvap;
all’articolo 23, al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: , dell’Isvap;
al comma 4, sopprimere le parole: , dell’Isvap;
all’articolo 24, al comma 2, sostituire le parole: dall’Isvap d’intesa con la CONSOB con le seguenti: dalla CONSOB;».
19.2
COVIELLO, CASTELLANI, CAMBURSANO, BASTIANONI, CAVALLARO
Improcedibile
Sostituire l’articolo 19 con il seguente:
«Art. 19. - (Ripartizione delle competenze delle autorità di controllo sui mercati finanziari secondo il modello della vigilanza funzionale). – 1. Nell’esercizio delle proprie funzioni, la CONSOB ha la finalità di garantire la tutela di tutti i soggetti investitori nei mercati dei valori mobiliari, con particolare riguardo alla tutela delle persone fisiche che acquistano o sottoscrivono prodotti finanziari o strumenti di risparmio tramite intermediari autorizzati. Essa persegue tale finalità attraverso:
a) la vigilanza e il controllo sulla trasparenza dei mercati dei valori mobiliari e sulla correttezza dei comportamenti degli amministratori degli operatori, dei prestatori di servizi e di ogni altro soggetto coinvolto nella gestione e nello scambio di prodotti finanziari o strumenti di risparmio;
b) la regolazione, la prevenzione e il contrasto dei conflitti di interesse tra i soggetti che opera nell’ambito dei mercati sottoposti alla sua vigilanza.
2. Ferma restando la continuità nell’esercizio delle funzioni già attribuite alla data di entrata in vigore della presente legge, alla CONSOB sono trasferite le seguenti funzioni:
a) limitatamente alla materia della trasparenza dei mercati assicurativi, le funzioni di vigilanza già attribuite all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap), di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576;
b) limitatamente alla materia della trasparenza dei fondi di previdenza complementare le funzioni di vigilanza già attribuite alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;
c) vigilanza sulle materie di cui al titolo VI del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, limitatamente alla trasparenza dei servizi offerti dagli intermediari finanziari, previo parere motivato della Banca d’Italia;
d) espressione di pareri nei confronti della Banca d’Italia sulle materie di cui alla lettera c), limitatamente alla trasparenza dei servizi bancari.
3. Salvo quanto previsto dal comma 4 le funzioni di tutela della concorrenza nel settore del credito di cui all’articolo 20, comma 2, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono trasferite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. I provvedimenti previsti dall’articolo 6 della predetta legge n. 287 del 1990 sono adottati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ferma restando la competenza della Banca d’Italia in materia di rilascio dell’autorizzazione prevista dall’articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385.
4. È attribuita in via esclusiva alla Banca d’Italia la funzione di vigilanza sulla stabilità patrimoniale di tutti i soggetti che partecipano al mercato dei valori mobiliari, nonché la vigilanza in materia di operazioni di concentrazioni nel settore del credito. A tal fine, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, ferme restando le funzioni in materia di stabilità patrimoniale delle banche, dei gruppi bancari e degli intemediari finanziari, esercitate ai sensi del testo unico di cui decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono trasferite alla Banca d’Italia le funzioni in materia di stabilità patrimoniale delle società assicuratrici già attribuite all’Isvap.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 7, sono soppressi i seguenti organismi:
a) la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip), di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124;
b) l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (Isvap), di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576.
6. Con la medesima decorrenza di cui al comma 5, le competenze esercitate dalla Covip e quelle trasferite dall’Isvap ai sensi della presente legge sono attribuite alla CONSOB.
7. Al fine di consentire l’esercizio delle funzioni attribuite alla CONSOB dalla presente legge, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della resente legge un decreto legislativo per la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento della CONSOB. Nell’esercizio della delega il Governo è tenuto ad attenersi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) garantire l’esercizio coordinato delle competenze attribuite alla CONSOB dalla presente legge con quelle già spettanti alla Covip e all’Isvap e trasferite ai sensi della presente legge;
b) rispettare i criteri stabiliti dall’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
c) prevedere la destinazione alla CONSOB delle risorse strumentali, finanziarie e di personale già destinate al funzionamento della Covip e dell’Isvap. 8. La Banca d’Italia, la CONSOB e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, regolato da apposite convenzioni al fine di coordinare e agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni. Detti organismi non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio qualora le informazioni richieste siano utili al perseguimento delle finalità assegnate al richiedente dall’ordinamento. I predetti organismi nell’esercizio della rispettiva autonomia regolamentare, prevedono forme di consultazione periodica a cadenza almeno trimestrale, ovvero specifiche modalità di scambio delle informazioni».
19.200
PASQUINI, MACONI, TURCI, CHIUSOLI, BRUNALE, BONAVITA, GARRAFFA, BARATELLA
Respinto
Al comma 1, sopprimere le parole da: «l’Istituto> fino a: «(Covip)».
Conseguentemente:
a) all’articolo 20, comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: "l’Isvap, la Covip";
b) all’articolo 22, comma 1, sopprimere le parole: "dell’Isvap e della Covip";
c) all’articolo 23, al comma 1, primo periodo, sopprimere le parole: "dell’Isvap e della Covip"; e al comma 4, sopprimere le parole: "dall’Isvap, dalla Covip";
d) all’articolo 24, sostituire il comma 2 con il seguente: "2. Al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 38, comma 3, le parole: ’a richiesta dell’Isvap’ sono sostituite dalle seguenti: ’a richiesta della CONSOB’; b) all’articolo 72, comma 1, le parole: ’all’Isvap, a richiesta di questo’ sono sostituite dalle seguenti: ’alla CONSOB, su richiesta’; c) all’articolo 109, comma 4, le parole: ’L’Isvap’ sono sostituite dalle seguenti: ’La CONSOB’";
e) all’articolo 25, sopprimere i commi 3 e 4:
f) all’articolo 27, aggiungere i seguenti commi:
"1-bis. Il personale di ruolo, quello assunto a tempo determinato e i dipendenti di pubbliche amministrazioni che prestano servizio in situazione di comando o distacco presso la Covip e l’Isvap sono trasferiti con la qualifica corrispondente a quella rivestita presso l’ente di provenienza, alla data di entrata in vigore della presente legge, nel ruolo della Banca d’Italia e della CONSOB, a seconda delle mansioni precedentemente svolte.
1-ter. All’attuazione di quanto previsto dal comma 1-bis si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e la CONSOB, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
1-quater. Ai dipendenti trasferiti ai sensi del comma 12-bis si applicano le norme sullo stato giuridico e il trattamento economico, di attività e di quiescenza, previsti per il personale dell’amministrazione o ente di destinazione. Il maggiore trattamento economico da essi eventualmente goduto è conservato, fino a riassorbimento, a titolo di assegno personale pensionabile"».
19.5
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «individuano forme di coordinamento» con le seguenti: «operano in forma coordinata».
ARTICOLO 20 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 20 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 20.
Approvato
(Collaborazione fra le Autorità)
1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, per agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni. Le Autorità non possono reciprocamente opporsi il segreto d’ufficio. Tutti i dati, le informazioni e i documenti comunque comunicati da una ad altra Autorità, anche attraverso l’inserimento in archivi gestiti congiuntamente, restano sottoposti al segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’Autorità che li ha prodotti o acquisiti per prima.
EMENDAMENTI
20.1
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 20. – (Soppressione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio). – 1. È soppresso il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio previsto dall’articolo 2 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
2. Alla Banca d’Italia sono trasferite le competenze ed i poteri attribuiti dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al Ministro dell’economia e delle finanze e al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio».
Conseguentemente:
all’articolo 24, comma 1, sopprimere la lettera c);
all’articolo 42, aggiungere il seguente comma:
«1bis. – 1. Al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, l’articolo 9 è soppresso. Nel medesimo testo unico sono soppressi i riferimenti al CICR ovunque compaiano».
20.4
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, ultimo periodo, sopprimere le parole da: «secondo le disposizioni» fino alla fine del periodo.
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 20
20.0.1
DE PETRIS, PASQUINI, CAMBURSANO, TURCI, COVIELLO, CHIUSOLI, CASTELLANI
Respinto
Dopo l’articolo 20, aggiungere il seguente:
«Art. 20-bis.
1. Il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 4 della legge 30 luglio 1998, n. 281, può richiedere di essere audito dai comitati di coordinamento, ovvero dalle singole Autorità che vi partecipano, per questioni inerenti alla tutela dei consumatori o per segnalare fatti o comportamenti a danno degli utenti dei servizi bancari, finanziari e assicurativi. In caso di diniego, i comitati o le Autorità trasmettono per iscritto le relative motivazioni al Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti».
ARTICOLO 21 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 21.
Approvato
(Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)
1. Nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva, le Autorità di cui all’articolo 19 possono avvalersi, in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti, del Corpo della guardia di finanza, che agisce con i poteri ad esso attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi, utilizzando strutture e personale esistenti in modo da non determinare oneri aggiuntivi.
2. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dal Corpo della guardia di finanza nell’assolvimento dei compiti previsti dal comma 1 sono coperti dal segreto d’ufficio e vengono senza indugio comunicati esclusivamente alle Autorità competenti.
EMENDAMENTI
21.2
COVIELLO, CAMBURSANO, D’AMICO, CASTELLANI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, premettere le seguenti parole: «Fino al completo adeguamento dei rispettivi organici alle competenze e funzioni ad esse assegnate dalla legge».
21.200
CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, TURCI, D’AMICO, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI
Respinto
Al comma 1, sostituire le parole: «in relazione alle specifiche finalità degli accertamenti» con le seguenti: «, in attesa che si dotino di un adeguato corpo di ispettori,».
21.4
DE PETRIS, D’AMICO, CHIUSOLI, CAMBURSANO, PASQUINI, COVIELLO, CASTELLANI
Improcedibile
Al comma 1, sostituire le parole: «del Corpo della guardia di finanza» con le seguenti: «di appositi nuclei distaccati del Corpo della Guardia di finanza posti alle dipendenze funzionali delle Autorità stesse e» aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’approvazione della presente legge, sono stabilite le modalità relative all’istituzione, all’organizzazione e al funzionamento dei nuclei distaccati di cui al presente comma».
ARTICOLO 22 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 22 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
CAPO II
DISPOSIZIONI GENERALI SUI PROCEDIMENTI DI COMPETENZA DELLE AUTORITÀ
Art. 22.
Approvato
(Procedimenti per l’adozione di atti regolamentari e generali)
1. I provvedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP aventi natura regolamentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all’organizzazione interna, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza del settore ovvero della materia su cui vertono.
2. Gli atti di cui al comma 1 sono accompagnati da una relazione che ne illustra le conseguenze sulla regolamentazione, sull’attività delle imprese e degli operatori e sugli interessi degli investitori e dei risparmiatori. Nella definizione del contenuto degli atti di regolazione generale, le Autorità di cui al comma 1 tengono conto in ogni caso del principio di proporzionalità, inteso come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, con il minore sacrificio degli interessi dei destinatari. A questo fine, esse consultano gli organismi rappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori.
3. Le Autorità di cui al comma 1 sottopongono a revisione periodica, almeno ogni tre anni, il contenuto degli atti di regolazione da esse adottati, per adeguarli all’evoluzione delle condizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.
4. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.
EMENDAMENTO
22.2
Respinto
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «sulla regolamentazione», aggiungere le seguenti: «sul rapporto fra costi e benefici,».
ARTICOLO 23 NEL TESTO PROPOSTO
DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 23.
Approvato
(Procedimenti per l’adozione di provvedimenti individuali)
1. Ai procedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP volti all’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i princìpi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i procedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei princìpi della facoltà di denunzia di parte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione. Le Autorità di cui al presente comma disciplinano le modalità organizzative per dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazione della sanzione.
2. Gli atti delle Autorità di cui al comma 1 devono essere motivati. La motivazione deve indicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
3. Le Autorità di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione dei princìpi di cui al presente articolo, indicando altresì i casi di necessità e di urgenza o le ragioni di riservatezza per cui è ammesso derogarvi.
4. Alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’ISVAP, dalla COVIP e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato non si applicano le disposizioni sul pagamento in misura ridotta contenute nell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, salvo che per le sanzioni indicate dall’articolo 193, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per la violazione delle disposizioni previste dall’articolo 120, commi 2, 3 e 4, del medesimo testo unico.
5. Avverso gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4 può essere proposto ricorso giurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. I termini processuali sono ridotti della metà, con esclusione di quelli previsti per la presentazione del ricorso. Non possono essere nominati consulenti tecnici d’ufficio i dipendenti dell’Autorità sul cui atto verte il ricorso, anche se cessati dal servizio. Restano ferme le disposizioni previste per l’impugnazione dei provvedimenti sanzionatori dall’articolo 145, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dall’articolo 195, commi 4 e seguenti, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dall’articolo 6 della legge 5 marzo 2001, n. 57, dagli articoli 12, quinto comma, e 19, settimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n. 48, dall’articolo 10, sesto comma, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall’articolo 11, comma 5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124.
6. L’appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza o le ordinanze emesse in primo grado non sospende l’esecuzione delle stesse nè l’efficacia dei provvedimenti impugnati.
EMENDAMENTI TENDENTI A PREMETTERE ARTICOLI
ALL’ARTICOLO 24
024.1
TURCI, CHIUSOLI, PASQUINI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
All’articolo 24 premettere il seguente:
«Art. 024.
1. L’articolo 19 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è sostituito dal seguente:
Art. 19.
(Partecipazione qualificata in una banca)
1. Chiunque intenda acquisire a qualsiasi titolo una partecipazione che, tenuto conto delle azioni o quote già possedute, supera il 5 per cento del capitale della banca rappresentato da azioni o quote con diritto di voto e, indipendentemente da tale limite, quando la partecipazione preventiva alla Banca d’Italia.
2. La comunicazione preventiva deve essere effettuata anche quando le variazioni della partecipazione comportano partecipazioni al capitale della banca superiori ai limiti percentuali stabiliti dalla medesima Banca d’Italia e, indipendentemente da tali limiti, quando le variazioni comportano il controllo della banca stessa.
3. La comunicazione preventiva è necessaria anche per l’acquisizione del controllo di una società che detiene una partecipazione superiore al 5 per cento del capitale di una banca rappresentano da azioni o quote con diritto di voto o che, comunque, comporta il controllo della banca stessa.
4. La Banca d’Italia individua i soggetti tenuti alla comunicazione quando il diritto di voto spetta o è attribuito a un soggetto diverso dal socio.
5. La Banca d’Italia può opporsi all’acquisizione comunicata quando non ricorrano le condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca. Essa può altresì imporre la cessione della partecipazione qualora vengano meno tali condizioni.
6. I soggetti che, anche attraverso società controllate, svolgono in misura rilevante attività d’impresa in settori non bancari nè finanziari non possono acquisire azioni o quote che comportano, unitamente a quelle già possedute, una partecipazione superiore al 15 per cento del capitale di una banca rappresentato da azioni o quote con diritto di voto o, comunque, il controllo della banca stessa.
7. La Banca d’Italia può altresì opporsi all’acquisizione comunicata in presenza di accordi, in qualsiasi forma conclusi, da cui derivi durevolmente, in capo ai soggetti indicati nel comma 6, una rilevante concentrazione di potere per la nomina o la revoca della maggioranza degli amministratori della banca, tale da pregiudicare la gestione sana e prudente della banca stessa. Essa può altresì imporre la cessione della partecipazione qualora tali condizioni si verifichino in un momento successivo.
8. Le operazioni indicate nei commi 1 e 3 a cui partecipano soggetti appartenenti a Stati extracomunitari che non assicurano condizioni di reciprocità sono soggette ad autorizzazione. La domanda di autorizzazione, presentata alla Banca d’Italia, è da questa trasmessa al ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del quale il Presidente del Consiglio dei ministri può vietare l’autorizzazione.
9. La Banca d’Italia emana disposizioni attuative del presente articolo».
024.2
ZANDA
Respinto
All’articolo 24, premettere il seguente:
«Art. 024.
(Nuove norme in materia di autorizzazioni alla partecipazione al capitale delle banche per i soggetti aderenti ad accordi o patti)
1. All’articolo 19 del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
"1-bis. Ogni accordo o patto, in qualsiasi forma concluso, anche avente forma di associazione, stipulato tra soggetti le cui partecipazioni al capitale di una banca, anche cooperativa, o di una società che la controlla, complessivamente superano la soglia di cui al comma 1, deve essere autorizzato dalla Banca d’Italia. A tale fine, i partecipanti ovvero i legali rappresentanti della banca o della società cui l’accordo si riferisce devono darne comunicazione alla Banca d’Italia entro cinque giorni dalla stipulazione dell’accordo o del patto ovvero, se non concluso in forma scritta, dal momento di accertamento delle circostanze che ne rilevano l’esistenza. Quando dall’accordo o dal patto derivi il pericolo di una concertazione del voto da pregiudicare la gestione sana e prudente della banca d’Italia può sospendere il diritto di voto dei partecipanti all’accordo o al patto stesso"».
ARTICOLO 24 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
CAPO III
DISPOSIZIONI RELATIVE ALL’ORGANIZZAZIONE E ALLE COMPETENZE DELLE AUTORITÀ
Art. 24.
Approvato
(Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche, degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 116, comma 2, alinea, le parole: «sentita la Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «sentite la CONSOB e la Banca d’Italia»;
b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, dopo le parole: «La Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB,»; al terzo periodo, dopo le parole: «della Banca d’Italia» sono aggiunte le seguenti: «, adottate d’intesa con la CONSOB»;
c) all’articolo 127, comma 3, dopo le parole: «Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB».
2. Le competenze stabilite dall’articolo 109, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174, con riguardo ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) della tabella di cui all’allegato I del medesimo decreto legislativo sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con la CONSOB.
3. Le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti di cui all’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono esercitate dalla COVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio. Restano ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari attribuite all’Autorità garante della concorrenza e del mercato dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, e le competenze in materia di sana e prudente gestione delle imprese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, incluse quelle relative ai prodotti assicurativi con finalità previdenziali.
4. All’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, all’alinea, le parole: «l’unitarietà e» sono soppresse.
EMENDAMENTI
24.200
TURCI, MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, BRUNALE, BONAVITA, GARRAFFA, BARATELLA, DE PETRIS, RIPAMONTI
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 24.
(Riparto di competenze tra la Banca d’Italia e la Consob)
1. Alla Banca d’Italia sono trasferiti:
a) le competenze e i poteri di vigilanza attribuiti dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, all’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP);
b) le competenze e i poteri di vigilanza attribuiti dal decreto 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, alla Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), salvo quanto previsto dal comma 2;
c) le competenze e i poteri attribuiti dal testo unico di cui al decreto 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al Ministro e al Ministero dell’economia e delle finanze e al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CIRC).
2. Alla CONSOB sono trasferiti:
a) le competenze e i poteri attribuiti alla Banca d’Italia dal titolo VI del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni;
b) le competenze e i poteri attribuiti all’ISVAP dall’articolo 109 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 174;
c) le competenze e i poteri attribuiti alla COVIP dall’articolo 17, comma 2, lettere e), f), h) e n), del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni;
d) le competenze e i poteri attribuiti al Ministro e al Ministero dell’economia e delle finanze dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
3. Le competenze di cui al comma 2, lettera d), escluse quelle previste dall’articolo 195 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono esercitate d’intesa con la Banca d’Italia.
4. L’attuazione delle disposizioni relative al trasferimento delle competenze della COVIP, di cui al comma 1, lettera b) e al comma 2, lettera c), avviene non prima di 5 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge e comunque a seguito di una revisione dell’assetto della vigilanza sui fondi pensione da effettuarsi, previo confronto con le organizzazioni sindacali più rappresentative dei datori di lavoro e dei lavoratori, in connessione con la piena realizzazione degli obiettivi fissati dalla legge n. 243 del 2004».
24.201
CASTELLANI, GIARETTA, ZANDA, CAMBURSANO
Il comma 1 lettere a) e c) e il comma 4 e seguenti respinti; restante parte improcedibile
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 24.
(Ripartizione delle competenze delle autorità di controllo sui settori bancario e creditizio secondo il modello della vigilanza funzionale)
1. Le funzioni di vigilanza nei settori bancario e creditizio sono svolte:
a) dalla Banca d’Italia, con riferimento alla vigilanza in materia di stabilità patrimoniale delle banche, dei gruppi bancari e degli intermediari finanziari;
b) dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, limitatamente ai profili di tutela della concorrenza nei settori bancario e creditizio:
c) dalla CONSOB, con riferimento alla vigilanza alla vigilanza sulla trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche e degli intermediari finanziari.
2. La Banca d’Italia, l’Autorità garante della concorrenza e il mercato e la CONSOB collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni. regolate da apposite convenzioni, al fine di coordinare e agevolare l’esercizio delle rispettive funzioni. Detti organismi, nell’esercizio della rispettiva autonomia regolamentare, prevedono forme di consultazione periodica a cadenza almeno semestrale ovvero specifiche modalità di scambio delle informazioni.
3. Per le finalità di cui al presente articolo, all’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
«2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca dItalia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del procedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine. l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza:
4. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca dItalia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione».
5. Dopo larticolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
«Art. 155-bis. – (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217».
24.201a
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Sostituire il comma 1 con il seguente:
1. Al testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 116, comma 2, alinea, le parole: «sentita la Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «sentite la CONSOB e la Banca d’Italia»;
b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, le parole: «La Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «La CONSOB»; al terzo periodo, le parole: «della Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «della CONSOB»;
c) all’articolo 127, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le deliberazioni di competenza del CICR previste nel presente titolo sono assunte su proposta della CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia, ovvero con l’UIC per i soggetti operanti nel settore finanziario iscritti solo nell’elenco generale previsto dall’articolo 106»;
d) all’articolo 128:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente titolo, la CONSOB può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 o anche nel solo elenco generale previsto dall’articolo 106, nonchè presso i soggetti indicati nell’articolo 155, comma 5. A questo fine la CONSOB può avvalersi della collaborazione della Banca d’Italia ovvero dell’UIC, secondo le rispettive competenze»;
2) il comma 2 è abrogato;
3) al comma 5, le parole: «il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia o dell’UIC o delle» sono sostituite dalle seguenti: «la CONSOB, sentita la Banca d’Italia o l’UIC o le».
24.202
PASQUINI, MACONI, TURCI, CHIUSOLI, BRUNALE, BONAVITA, GARRAFFA, BARATELLA
Sost. id. em. 24.201a
Al comma 1 sostituire le lettere b) e c) con le seguenti:
«b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, le parole: «La Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «La CONSOB»; al terzo periodo, le parole: «della Banca d’Italia» sono sostituite dalle seguenti: «della CONSOB»;
c) all’articolo 127, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le deliberazioni di competenza del CICR previste nel presente titolo sono assunte su proposta della CONSOB, d’intesa con la Banca d’Italia, ovvero con l’UIC per i soggetti operanti nel settore finanziano iscritti solo nell’elenco generale previsto dall’articolo 106»;
d) all’articolo 128:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Al fine di verificare il rispetto delle disposizioni del presente titolo, la CONSOB può acquisire informazioni, atti e documenti ed eseguire ispezioni presso le banche e gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 o anche nel solo elenco generale previsto dall’articolo 106, nonchè presso i soggetti indicati nell’articolo 155, comma 5. A questo fine la CONSOB può avvalersi della collaborazione della Banca d’Italia ovvero dell’UIC, secondo le rispettive competenze»;
2) il comma 2 è abrogato;
3) al comma 5, le parole: «il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta della Banca d’Italia o dell’UIC o delle» sono sostituite dalle seguenti: «la CONSOB, sentita la Banca d’Italia o l’UIC o le».
24.10
MACONI, CHIUSOLI, GARRAFFA, BARATELLA, PASQUINI, TURCI, BRUNALE, BONAVITA
Ritirato
Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
«2-bis. Al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, dopo il comma 2 dell’articolo 17 è aggiunto il seguente: "2-bis. L’autorità garante della concorrenza e del mercato è competente in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensionistiche complementari"».
24.11
MACONI, PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Dopo il comma 2 inserire il seguente: «Al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 175, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 41, comma 1, le parole: "a richiesta dell’Isvap" sono sostituite dalle seguenti: "a richiesta dell’Isvap o della CONSOB";
b) all’articolo 83, comma 1, le parole: "all’Isvap, a richiesta di questo" sono sostituite dalle seguenti: "all’Isvap e alla CONSOB, su loro richiesta"».
24.203
RIPAMONTI, MACONI, DE PETRIS, CHIUSOLI, PASQUINI
Respinto
Sopprimere i commi 3 e 4.
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 24
24.0.200/1
MORANDO
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
All’emendamento 24.0.200, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Sulla base dei maggiori costi derivanti dal complesso delle attività di cui ai commi 1, 2 e 3, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina il fabbisogno finanziario, non coperto dagli ordinari stanziamenti di bilancio, cui si fa fronte con l’assoggettamento a contribuzione dei soggetti sottoposti a vigilanza.
3-ter. Entro il limite del fabbisogno finanziario di cui al comma 3-bis, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina in ciascun anno l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni l’Autorità adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti.
3-quater. Le modalità di versamento e di riscossione coattiva sono regolate sulla base delle norme previste dall’articolo 40 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni».
24.0.200/2
MORANDO
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
All’emendamento 24.0.200, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
«3-bis. Sono trasferiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i dipendenti e le dotazioni della Banca d’Italia impegnati nell’attività di vigilanza sulla concorrenza nel settore bancario.
3-ter. Il trasferimento del personale avviene previo accordo tra la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nella misura determinata dagli stessi enti.
3-quater. All’attuazione di quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
3-quinquies. Il personale della Banca d’Italia trasferito conserva il trattamento giuridico, economico e previdenziale goduto presso l’ente di provenienza. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono adottate le disposizioni di attuazione.
3-sexies. Le disposizioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies si applicano nel rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della Banca d’Italia al Sistema europeo di banche centrali».
24.0.200
ANGIUS, BORDON, BOCO, FILIPPELLI, MARINI, MARINO, FALOMI, SODANO TOMMASO, FORMISANO, TURCI, CHIUSOLI, CAMBURSANO, COVIELLO, DE PETRIS, MUZIO, LABELLARTE, RIGHETTI, CASILLO, BRUNALE, PASQUINI, LATORRE, DEBENEDETTI, BARATELLA, GARRAFFA, MACONI, CASTELLANI, D’AMICO, BASTIANONI, FABRIS, MALABARBA
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia di concorrenza)
1. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385 e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria a sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (Isvap), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza»;
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: «Salvo quanto disposto dal presente articolo,».
2. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione.
3. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
«Art. 155-bis. – (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217».
24.0.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
Art. 24-bis.
(Competenze in materia di concorrenza)
1. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituiti dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede ai sensi dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità.
6. Se l’Autorità ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede ai sensi dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità sono adottati sentito il parere dell’istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (ISVAP), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità può adottare il provvedimento di sua competenza;
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo,".
2. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge e successive modificazioni.
4-ter. La Banca d’ltalia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione".
3. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è inserito il seguente:
"Art. 155-bis. – (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento di cui decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile l998, n. 217"».
24.0.201/1
CANTONI
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
All’emendamento 24.0.201, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Sulla base dei maggiori costi derivanti dal complesso delle attività di cui ai commi 1, 2 e 3, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina il fabbisogno finanziario, non coperto dagli ordinari stanziamenti di bilancio, cui si fa fronte con l’assoggettamento a contribuzione dei soggetti sottoposti a vigilanza.
3-ter. Entro il limite del fabbisogno finanziario di cui al comma 3-bis, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato determina in ciascun anno l’ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza. Nella determinazione delle predette contribuzioni l’Autorità adotta criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti.
3-quater. Le modalità di versamento e di riscossione coattiva sono regolate sulla base delle norme previste dall’articolo 40 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni».
24.0.201/2
CANTONI
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
All’emendamento 24.0.201, dopo il comma 3, aggiungere i seguenti:
«3-bis. Sono trasferiti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato i dipendenti e le dotazioni della Banca d’Italia impegnati nell’attività di vigilanza sulla concorrenza nel settore bancario.
3-ter. Il trasferimento del personale avviene previo accordo tra la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nella misura determinata dagli stessi enti.
3-quater. All’attuazione di quanto previsto dai commi 3-bis e 3-ter si provvede con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sentite la Banca d’Italia e l’Autorità garante, nonché le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale.
3-quinquies. Il personale della Banca d’Italia trasferito conserva il trattamento giuridico, economico e previdenziale goduto presso l’ente di provenienza. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono adottate le disposizioni di attuazione.
3-sexies. Le disposizioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies si applicano nel rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza della Banca d’Italia al Sistema europeo di banche centrali».
24.0.201
CANTONI
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia di concorrenza)
1. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituite dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti delle banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede a norma dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
6. Se l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede a norma dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 5, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessaria al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono adottati sentito il parere dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (Isvap), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo,".
2. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e verbalizzazione".
3. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è aggiunto il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217"».
24.0.202
MANFREDI
Precluso dalla reiezione degli identici emm. 019.1/106 (testo 2) e 019.1/301 e degli identici emm. 019.1/300 e 019.1/302
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia di concorrenza)
1. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) alla rubrica, le parole: "Aziende ed istituti di credito" sono sostituite dalla seguente: "Banche";
b) i commi da 2 a 8 sono sostituite dai seguenti:
"2. L’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 nei confronti della banche spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Essa adotta i provvedimenti di propria competenza sentito il parere della Banca d’Italia, la quale si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento medesimo. In tali casi sono prorogati di eguale durata i termini per la conclusione dei procedimenti dell’Autorità. Decorso il termine di cui al secondo periodo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può adottare comunque i provvedimenti di propria competenza.
3. Se l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che si sia verificata un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante vietate ai sensi degli articoli 2 e 3, procede a norma dell’articolo 14 informandone la Banca d’Italia. Se a seguito dell’istruttoria di cui al precedente periodo ravvisi infrazioni agli articoli 2 o 3, ne informa la Banca d’Italia per l’espressione del parere di cui al comma 2.
4. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato può autorizzare, per un tempo limitato, intese in deroga al divieto dell’articolo 2 per esigenze di stabilità del sistema monetario, sulla base del parere della Banca d’Italia di cui al comma 2, tenendo conto dei criteri di cui all’articolo 4, comma 1.
5. Le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 riguardanti banche sono comunicate alla Banca d’Italia e all’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
6. Se l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene che l’operazione di concentrazione di cui al comma 5 sia suscettibile di essere vietata ai sensi dell’articolo 6, procede a norma dell’articolo 16 informandone la Banca d’Italia.
7. La Banca d’Italia, ricevuta la comunicazione prevista dal comma 4, procede ai sensi dell’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385.
8. Qualora la Banca d’Italia non accordi l’autorizzazione prevista dall’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6. Qualora la Banca d’Italia, nell’autorizzare l’operazione, rilevi che essa è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta, comunica il provvedimento adottato anche all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ove questa abbia aperto un’istruttoria ai sensi del comma 6, motivandolo in relazione a tale circostanza. Il termine per la conclusione dell’istruttoria dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato è prorogato in questo caso fino al quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del provvedimento motivato da parte della Banca d’Italia.
8-bis. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato può autorizzare un’operazione di concentrazione tra i soggetti di cui al comma 5 che determini o rafforzi una posizione dominante sul mercato nazionale, qualora la Banca d’Italia, nel provvedimento motivato ai sensi del comma 8, secondo periodo, dichiari che l’operazione è necessaria per assicurare la stabilità di una banca in essa coinvolta. L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni della concorrenza non strettamente necessaria al raggiungimento della finalità di cui al presente comma.
8-ter. Nel caso di operazioni che coinvolgono imprese assicurative, i provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono adottati sentito il parere dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e d’interesse collettivo (Isvap), che si pronunzia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può adottare il provvedimento di sua competenza";
c) al comma 9 sono premesse le seguenti parole: "Salvo quanto disposto dal presente articolo,".
2. All’articolo 57 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Per le operazioni di concentrazione di cui all’articolo 16 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, le quali riguardino banche, si applicano le disposizioni dell’articolo 20 della medesima legge.
4-ter. La Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra i soggetti sottoposti alla sua vigilanza e disciplina con proprio regolamento il procedimento per l’istruttoria, con disposizioni che assicurino agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e verbalizzazione".
3. Dopo l’articolo 155 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è aggiunto il seguente:
"Art. 155-bis. - (Disciplina transitoria per i procedimenti relativi alle operazioni di concentrazione). – 1. Fino all’adozione del regolamento della Banca d’Italia, previsto dall’articolo 57, comma 4-ter, per la disciplina del procedimento relativo all’istruttoria sulle operazioni di concentrazione si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nel regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217"».
24.0.203
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BONAVITA, BARATELLA, BRUNALE, GARRAFFA
Improcedibile
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia antitrust relative alle banche e alle imprese assicurative)
1. All’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
"2. Nel caso di intesa, abuso di posizione dominante o concentrazione riguardante imprese bancarie e assicurative, i provvedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sono adottati sentito il parere della competente autorità di vigilanza, la quale si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della documentazione posta a fondamento del provvedimento. Decorso inutilmente tale termine l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può adottare i provvedimenti di sua competenza.
2-bis. Un’operazione di concentrazione tra banche che determina o rafforza una posizione dominante sul mercato nazionale può essere autorizzata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato qualora la Banca d’Italia, nel parere reso ai sensi del comma 2, evidenzi che l’operazione è necessaria a garantire la stabilità di una delle banche coinvolte. L’autorizzazione non può in ogni caso consentire restrizioni non strettamente necessarie al raggiungimento della finalità di cui al presente comma".
2. All’articolo 57 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Le operazioni di concentrazione che determinano l’acquisto del controllo di una banca da parte di un’altra banca, di un’assicurazione o di un altro intermediario finanziario autorizzato devono essere notificate contestualmente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed alla Banca d’Italia, la quale può vietare l’operazione solo se essa è in grado di pregiudicare la sana e prudente gestione delle banche coinvolte. A tale fine la Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra banche.
4-ter. Qualora la Banca d’Italia ritenga che la concentrazione notificata è in grado di produrre gli effetti di cui al comma 5, avvia un’istruttoria entro trenta giorni dal ricevimento della notifica o dal momento in cui ne ha avuto conoscenza. Il procedimento è disciplinato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217.
4-quater. Se, in esito all’istruttoria di cui al comma 6 la Banca d’Italia ritiene che l’operazione di concentrazione notificata è in grado di pregiudicare la sana e prudente gestione delle banche coinvolte, può vietare l’operazione. Ove l’Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia avviato una istruttoria ai sensi dell’articolo 14 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il termine del procedimento di cui al citato comma 6 resta sospeso fino alla conclusione dell’istruttoria della stessa Autorità».
24.0.204
PASSIGLI
Improcedibile
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia antitrust relative alle banche e alle imprese assicurative)
1. All’articolo 57 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
"4-bis. Le operazioni di concentrazione che determinano l’acquisto del controllo di una banca da parte di un’altra banca, di un’assicurazione o di un altro intermediario finanziario autorizzato devono essere notificate contestualmente all’Autorità garante della concorrenza e del mercato ed alla Banca d’Italia, la quale può vietare l’operazione se essa è in grado di pregiudicare la sana e prudente gestione delle banche coinvolte. A tale fine la Banca d’Italia pubblica periodicamente i criteri di vigilanza prudenziale ai quali si attiene nella valutazione delle operazioni di concentrazione tra banche.
4-ter. Qualora la Banca d’Italia ritenga che la concentrazione notificata è in grado di produrre gli effetti di cui al comma 4-bis, avvia un’istruttoria entro trenta giorni dal ricevimento della notifica o dal momento in cui ne ha avuto conoscenza. Il procedimento è disciplinato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1998, n. 217.
4-quater. Se, in esito all’istruttoria di cui al comma 4-ter, la Banca d’Italia ritiene che l’operazione di concentrazione notificata è in grado di pregiudicare la sana e prudente gestione delle banche coinvolte, può vietare l’operazione. Ove l’Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia avviato una istruttoria ai sensi dell’articolo 14 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, il termine del procedimento di cui al citato comma 4-ter resta sospeso fino alla conclusione dell’istruttoria della stessa Autorità».
24.0.205
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Improcedibile
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia di concorrenza)
1. Il comma 2 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 è sostituito dal seguente:
«2. Nei confronti delle aziende e degli istituti di credito, l’applicazione degli articoli 2, 3, 4 e 6 spetta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato».
24.0.206
PASSIGLI
Improcedibile
Dopo l’articolo 24, inserire il seguente:
«Art. 24-bis.
(Competenze in materia antitrust)
1. La competenza in materia di concorrenza bancaria è affidata all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ai fini della propria decisione l’Autorità acquisisce il parere vincolante della Banca d’Italia relativo agli effetti sia sulla stabilità del sistema del credito che dei singoli istituti oggetto della decisione».
4.0.300
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Improcedibile
Dopo l’articolo 24, inserire il seguente:
«Art. 24-bis.
1. Entro novanta giorni dall’approvazione della presente legge, il Governo è delegato ad adottare un decreto legislativo recante norme volte a trasferire i poteri di vigilanza sulla concorrenza all’Antitrust, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) prevedere che nell’adozione dei provvedimenti di propria competenza l’Autorità acquisisca il parere della Banca d’Italia;
b) prevedere, nel caso che i provvedimenti coinvolgano imprese assicurative, il parere dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP);
c) prevedere infine, qualora si verifichi un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza o un’ipotesi di abuso di posizione dominante, l’immediata comunicazione alla Banca d’Italia».
24.0.207
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Dopo l’articolo 24, inserire il seguente:
«Art. 24-bis.
1. Al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legisaltivo 1º setembre 1993, n. 385, l’articolo 129 è soppresso.
24.0.208
PASQUINI, MACONI, TURCI, CHIUSOLI, BRUNALE, BONAVITA, GARRAFFA, BARATELLA
Respinto
Dopo l’articolo 24, aggiungere il seguente:
«Art. 24-bis.
1. I poteri attribuiti dall’articolo 129 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) e alla banca d’Italia sono attribuiti alla CONSOB che, per la regolamentazione dei profili che attengono al funzionamento del mercato, li esercita d’intesa con la Banca d’Italia. Art. 26.
ARTICOLO 25 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 25.
Approvato
(Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)
1. Sono trasferite alla Banca d’Italia le funzioni del Ministro e del Ministero dell’economia e delle finanze previste dagli articoli 14, comma 4, e 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.
2. All’articolo 145 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Per le violazioni previste nel presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d’Italia o l’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all’ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte applicano le sanzioni con provvedimento motivato.»;
b) il comma 2 è abrogato;
c) i commi 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti:
«3. Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 144, commi 3 e 4, è pubblicato, per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e spese della banca, della società o dell’ente al quale appartengono i responsabili delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il provvedimento di applicazione delle altre sanzioni previste dal presente titolo è pubblicato per estratto sul bollettino previsto dall’articolo 8.
4. Contro il provvedimento che applica la sanzione è ammessa opposizione alla corte di appello di Roma. L’opposizione deve essere notificata all’autorità che ha emesso il provvedimento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento impugnato e deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dalla notifica.»;
d) il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. Copia del decreto è trasmessa, a cura della cancelleria della corte d’appello, all’autorità che ha emesso il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione per estratto nel bollettino previsto dall’articolo 8».
3. Sono trasferite all’ISVAP le funzioni del Ministro delle attività produttive previste dagli articoli 4, sesto comma, e 6, quarto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, nonchè le altre analoghe competenze ministeriali in materia sanzionatoria previste da altre leggi.
4. Sono trasferite alla COVIP le funzioni del Ministro del lavoro e delle politiche sociali previste dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni.
ARTICOLO 26 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 26.
Approvato con un emendamento
(Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l’istituzione, in materia di servizi di investimento, di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) previsione di procedure di conciliazione e di arbitrato da svolgere in contraddittorio, secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità, dinanzi alla CONSOB per la decisione di controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela;
b) previsione dell’indennizzo in favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le procedure di cui alla lettera a), la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi ivi indicati, ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi;
c) salvaguardia dell’esercizio del diritto di azione dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo riconosciuto ai sensi della lettera b);
d) salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire dinanzi agli organi della giurisdizione ordinaria per le azioni di cui all’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, e successive modificazioni;
e) attribuzione alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, del potere di emanare disposizioni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) destinazione del fondo all’indennizzo, nei limiti delle disponibilità del fondo medesimo, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano le attività di cui alla parte II del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, detratti l’ammontare dell’indennizzo di cui al comma 1 eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallo stesso comunque percepiti a titolo di risarcimento;
b) previsione della surrogazione del fondo nei diritti dell’indennizzato, limitatamente all’ammontare dell’indennizzo erogato, e facoltà di rivalsa del fondo stesso nei riguardi della banca o dell’intermediario responsabile;
c) legittimazione della CONSOB ad agire in giudizio, in rappresentanza del fondo, per la tutela dei diritti e l’esercizio della rivalsa ai sensi della lettera b), con la facoltà di farsi rappresentare in giudizio a norma dell’articolo 1, decimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni, ovvero anche da propri funzionari;
d) finanziamento del fondo esclusivamente con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazione delle norme di cui alla lettera a), nonché con le somme di cui al comma 4 dell’articolo 120-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385;
e) attribuzione della gestione del fondo alla CONSOB;
f) individuazione dei soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo, escludendo comunque gli investitori professionali, e determinazione della sua misura massima;
g) attribuzione del potere di emanare disposizioni di attuazione alla CONSOB.
3. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la redazione dello statuto dei risparmiatori e degli investitori, che individua l’insieme dei diritti loro riconosciuti e definisce i criteri idonei a garantire un’efficace diffusione dell’informazione finanziaria tra i risparmiatori, e per la redazione del codice di comportamento degli operatori finanziari.
EMENDAMENTI
26.200
CAMBURSANO, MANZIONE, CASTELLANI, COVIELLO, CAVALLARO
Improcedibile limitatamente alla lettera a) del comma 1; restante parte respinta
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 26.
(Modifiche alla legge 30 luglio 1998, n. 281, in materia di azioni collettive a tutela dei diritti dei risparmiatori e degli investitori nei mercati finanziari)
1. Alla legge 30 luglio 1998, n. 281, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1:
1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) «consumatori e utenti»: le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta, nonché le persone fisiche che acquistino o sottoscrivano prodotti finanziari.»;
2) dopo la lettera b) è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«b-bis) "prodotto finanziario": qualsiasi strumento di risparmio della persona fisica acquistato tramite intermediari autorizzati.»;
b) all’articolo 3, comma 1, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:
«c-bis) di accertare il diritto al risarcimento dei danni o alla restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi da imprese fornitrici di beni o di servizi, da professionisti o da intermediari finanziari, ovvero di inadempimenti o di violazioni da questi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi ai sensi dell’articolo 1342 del codice civile, nonché, conseguentemente, di condannare al risarcimento dei danni stessi o alla restituzione delle somme dovute».
c) all’articolo 3, dopo il comma 7 sono aggiunti, in fine, i seguenti:
«7-bis. Nelle cause di cui al comma 1, lettera d), il giudice competente è il Tribunale civile in composizione monocratica, dinanzi al quale il giudizio si svolge a norma degli articoli 163 e seguenti del codice di procedura civile, fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi successivi.
7-ter. Nell’udienza fissata per la trattazione, il giudice, quando ritiene, alla luce degli atti depositati, la causa matura per la decisione con riferimento alla domanda di accertamento del diritto al risarcimento dei danni o alla restituzione di somme, invita le parti alla discussione e trattiene la causa in decisione ai fini dell’emanazione della sentenza parziale, ai sensi del comma 7-quinquies.
7-quater. Il giudice, ritiene la causa non matura per la decisione, ammette i mezzi di prova proposti dalle parti se ritiene che siano rilevanti, disponendo, con ordinanza resa nell’udienza, per la loro assunzione, se possibile nella stessa udienza. Qualora non sia possibile l’espletamento immediato della prova, il giudice fissa altra udienza, da tenersi al massimo entro trenta giorni, concedendo alle parti, ove ricorrano giusti motivi, un termine perentorio non superiore a cinque giorni prima dell’udienza di rinvio per il deposito in cancelleria di note difensive. Nel caso in cui vengano ammessi nuovi mezzi di prova, la controparte può dedurre i mezzi di prova che si rendano necessari in relazione a quelli ammessi, con assegnazione di un termine perentorio di cinque giorni Il giudice ammette, se rilevanti, i nuovi mezzi di prova dedotti dalla controparte e provvede alla loro assunzione. L’assunzione delle prove deve essere esaurita nella stessa udienza o, in caso di necessità, in udienza da tenersi nei giorni feriali immediatamente successivi. Le udienze di mero rinvio sono vietate.
7-quinquies. Il giudice, non appena ritiene, alla luce degli atti depositati e delle prove espletate, la causa matura per la decisione con riferimento all’accertamento del diritto vantato dall’attore emette sentenza parziale relativa all’accertamento del diritto al risarcimento dei danni o alla restituzione di somme, fissando contestualmente una nuova udienza per il proseguo della causa relativamente alla quantificazione del danno.
7-sexies. A seguito di pubblicazione della sentenza parziale di cui al comma precedente il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente, in contraddittorio, al fine di chiedere l’accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dallo stesso provvedimento, nonché la determinazione dell’ammontare del risarcimento dei danni riconosciuti ai sensi del medesimo provvedimento. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore».
26.201
CAVALLARO, CAMBURSANO, MANZIONE, CASTELLANI, COVIELLO
Improcedibile limitatamente alla lettera a) del comma 1; restante parte respinta
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 26.
(Disposizioni in materia di «azioni collettive» a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti)
1. All’articolo 2, comma 1, della legge 30 luglio 1998, n. 281, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) "consumatori e utenti": le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all’attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta, nonché le persone fisiche che acquistino o sottoscrivano prodotti finanziari; per "prodotto finanziario" qualsiasi strumento di risparmio della persona fisica acquistato tramite intermediari autorizzati»;
2. All’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 30 luglio 1998, n. 281, sono aggiunte le seguenti parole: ", ivi compresi la condanna al risarcimento dei danni o alla restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi da professionisti o da intermediari finanziari, ovvero di inadempimenti o di violazioni da questi commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, che ledono i diritti di una pluralità di consumatori e di utenti. A seguito di pubblicazione del provvedimento di condanna, ovvero di omologazione dell’accordo giudiziale transattivo, il singolo consumatore o utente può agire giudizialmente contraddittorio al fine di chiedere l’accertamento, in capo a se stesso, dei requisiti individuati dallo stesso provvedimento, e la determinazione precisa dell’ammontare del risarcimento del danni riconosciuti ai sensi del medesimo provvedimento. La pronuncia costituisce titolo esecutivo nei confronti del comune contraddittore"».
26.202
MANZIONE, COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, CAVALLARO
Improcedibile
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 26.
(Istituzione del Fondo di garanzia degli acquirenti di strumenti finanziari)
1. È istituito presso la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) il Fondo di garanzia a tutela degli investitori nei mercati finanziari, di seguito denominato «Fondo». Il Fondo è finalizzato a concorrere al ristoro delle perdite subite dai risparmiatori danneggiati da fenomeni di grave alterazione dei mercati finanziari.
2. La gestione del Fondo è affidata alla CONSOB, che ne disciplina l’organizzazione ed il finanziamento con apposito regolamento.
3. Il Fondo è alimentato dai proventi derivanti dalla maggiorazione del 20 per cento dell’aliquota della ritenuta sui redditi da capitale, di cui all’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.
4. Sono escluse dagli interventi del Fondo le seguenti categorie di soggetti:
a) banche, società di intermediazione mobiliare, società fiduciarie, imprese di investimento comunitarie ed extracomunitarie, agenti di cambio, soggetti di cui al titolo V del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, società di gestione del risparmio, organismi di investimento collettivo del risparmio, fondi pensione, imprese di assicurazione;
b) enti sopranazionali, amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici territoriali;
c) società appartenenti allo stesso gruppo dell’emittente;
d) soci che detengono, anche per interposta persona, almeno il 5 per cento del capitale dell’emittente, anche per le operazioni di investimento effettuate per interposta persona;
e) amministratori, dirigenti e sindaci dell’emittente o di altre società del gruppo di appartenenza dell’emittente medesimo, in carica negli ultimi due esercizi, anche per le operazioni di investimento effettuate per interposta persona;
f) soci della società di revisione che hanno certificato, negli ultimi due esercizi, il bilancio dell’emittente o di altre società del gruppo di appartenenza dell’emittente medesimo, anche per le operazioni di investimento effettuate per interposta persona;
g) investitori nei confronti dei quali sia intervenuta condanna per i reati previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale;
h) investitori che abbiano concorso a determinare l’insolvenza dell’emittente, come accertato dagli organi della procedura concorsuale;
i) coniuge e parenti fino al primo grado degli agenti di cambio e dei soggetti indicati alle lettere d), e), f), g) ed h)».
26.203
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE
Improcedibile
Sostituire l’articolo 26, con il seguente:
«Art. 26. – 1. Presso la CONSOB è istituito un Fondo premanente finalizzato all’indennizzo dei risparmiatori dei danni economici causati dalla violazione delle norme di cui alla parte II del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e dalle norme dettate dalla presente legge.
2. Il Fondo di cui al comma 1 è costituito dai versamenti annuali pari allo 0,1 per cento del bilancio delle banche e delle società di intermediazione finanziaria che operano nella raccolta del risparmio sull’intero territorio nazionale.
3. In presenza dei danni di cui al comma 1 causati ai risparmiatori, la CONSOB provvede all’indennizzo dei soggetti non istituzionali interessati secondo quanto previsto dal comma 6.
4. La CONSOB, comprovato il comportamento doloso o la colpa della banche e/o della società di intermediazione finanziaria intressati, si avvale del diritto di ottenere dai soggetti di cui sopra l’intera somma relativa all’indennizzo dei risparmiatori danneggiati. Le somme così recuperate concorrono alla dotazione del Fondo di cui al comma 1.
5. Alle banche e alle società di intermediazione finanziaria che si rendono responsabili delle violazioni di cui al comma 1, è inibita l’emissione di strumenti finanziari per la durata di dodici mesi.
6. La CONSOB, in attuazione di quanto previsto dal comma 3, provvede all’indennizzo dei risparmiatori non isitituzionali secondo i seguenti criteri:
a) il 100 per cento delle somme fino ad un massimo di investimento di 20.000 euro;
b) il 60 per cento delle somme fino ad un massimo di investimento di 40.000 euro;
c) il 40 per cento delle somme fino ad un massimo di investimento di 60.000 euro;
d) il 20 per cento delle somme fino ad un massimo di investimento di 1000.000 euro.
26.204
CANTONI
Respinto
Sopprimere il comma 1.
26.205
PASQUINI, MACONI, TURCI, CHIUSOLI, DE PETRIS, COVIELLO, CASTELLANI
Improcedibile
Sostituire il comma 1 con i seguenti:
«1. I soggetti che esercitano nei confronti del pubblico servizi di investimento aderiscono a organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 ovvero ad altre procedure alternative di risoluzione delle controversie affidate a organismi che si conformano alla normativa nazionale ovvero alla raccomandazione 98/257/CE del 30 marzo 1998, concernente i principi applicabili agli organi responsabili per la risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di consumo, e alla raccomandazione 2001/310/CE del 4 aprile 2001, concernente i principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo. 1-bis. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo che consenta alla Consob di istituire organismi di conciliazione ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, per le controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti con la clientela».
26.206
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «diciotto mesi» con le seguenti: «sei mesi».
26.207
ROLLANDIN, THALER AUSSERHOFER, MICHELINI, KOFLER, PETERLINI, BETTA, PEDRINI, FRAU
Respinto
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «e di arbitrato da svolgersi in contraddittorio» con le seguenti: «stragiudiziale, tenuto conto delle disposizioni del titolo VI del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
26.208
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Id. em. 26.207
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «e di arbitrato da svolgersi in contraddittorio» con le seguenti: «stragiudiziale, tenuto conto delle disposizioni del titolo VI del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
26.209
ROLLANDIN, THALER AUSSERHOFER, MICHELINI, KOFLER, PETERLINI, BETTA, PEDRINI, FRAU
Approvato
Al comma 1, lettera a), dopo le parole: «in contraddittorio» aggiungere le seguenti: «, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
26.210
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Id. em. 26.209
Al comma 1, lettera a), dopo le parole: «in contraddittorio» aggiungere le seguenti: «, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
26.211
ROLLANDIN, PETERLINI, MICHELINI, BETTA, FRAU, THALER AUSSERHOFER, KOFLER, PEDRINI
Respinto
Al comma 1, lettera a), sostituire le parole da: «risparmiatori o» fino alla fine della lettera con le seguenti: «clienti, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari circa l’adempimento degli obblighi di correttezza e trasparenza nell’esercizio dei servizi di investimento di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;».
Conseguentemente, al medesimo comma 1:
lettera b), sostituire le parole da: «risparmiatori» fino a: «abbia accertato» con le seguenti: «clienti, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari responsabili, qualora, dopo l’esperimento delle procedure di cui alla lettera a)», risulti;»;
al comma 2:
alinea, sopprimere le parole: «i risparmiatori e»;
lettera a), sostituire le parole: «dalla violazione» fino a: «testo unico» con le seguenti: «ai clienti, esclusi gli investitori professionali, dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudicato, delle norme che disciplinano la correttezza e la trasparenza nell’esercizio dei servizi di investimento»;
sostituire la lettera b), con la seguente:
«b) finanziamento del fondo con il versamento della metà degli importi delle sanzioni irrogate per la violazone delle norme di cui alla lettera a)»;
sostituire la lettera c), con la seguente:
«c) previsione della surrogazione del Fondo nei diritti dei clienti fino alla concorrenza dei pagamenti effettuati a favore di questi ultimi;»;
lettera f), aggiungere in fine le parole: «d’intesa con la Banca d’Italia, anche ai fini del coordinamento con il sistema di indennizzo di cui all’articolo 59 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;»;
sostituire la rubrica dell’articolo con la seguente: «Sistema d’indennizzo e fondo di garanzia per gli investitori».
26.212
DE PETRIS, PASQUINI, TURCI, CHIUSOLI, MACONI
Respinto
Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 4 della legge 30 luglio 1998, n. 281, coordina l’attività di informazione e di rappresentanza dei risparmiatori e investitori interessati alle predette procedure».
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera e), sostituire le parole: «sentita la Banca d’Italia» con le seguenti: «sentiti la Banca d’Italia e il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti».
26.213
ROLLANDIN, THALER AUSSERHOFER, MICHELINI, KOFLER, PETERLINI, BETTA, PEDRINI, FRAU
Id. em. 26.212
Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «Il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di cui all’articolo 4 della legge 30 luglio 1998, n. 281, coordina l’attività di informazione e di rappresentanza dei risparmiatori e investitori interessati alle predette procedure».
Conseguentemente, al medesimo comma, lettera e), sostituire le parole: «sentita la Banca d’Italia» con le seguenti: «sentiti la Banca d’Italia e il Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti».
26.214
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera b), sostituire le parole da: «dell’indennizzo» fino a: «ivi indicati» con le seguenti: «di un sistema di indennizzo automatico in favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediente le procedure di cui alla lettera a), o su denuncia e segnalazione degli interessati, la CONSOB accerti l’inadempimento degli obblighi indicati nella lettera a) o la violazione degli obblighi di corretterra e di informazione stabiliti dalla legge».
26.215
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 2, alinea, sostituire le parole: «diciotto mesi» con le seguenti: «dodici mesi».
26.216
ROLLANDIN, THALER AUSSERHOFER, MICHELINI, KOFLER, PETERLINI, BETTA, PEDRINI, FRAU
Improcedibile
Al comma 2, lettera e), sostituire le parole: «alla CONSOB» con le seguenti: «a un soggetto appositamente costituito».
26.217
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, lettera f), dopo le parole: «investitori professionali» aggiungere le seguenti: «ed includendo le associazioni di consumatori iscritte all’elenco di cui all’articolo 5 della legge 30 luglio 1998, n. 281, per iniziative di assistenza ed informazione a vantaggio dei risparmiatori».
26.218
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Al comma 3, sostituire le parole: «diciotto mesi» con le seguenti: «sei mesi».
26.219
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Improcedibile limitatamente alla lettera c);respinta la restante parte
Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:
«3-bis. Il Governo è delegato, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, ad emanare un decreto legislativo volto a stabilire sanzioni risarcitorie per quegli istituti che vendono alla propria clientela obbligazioni emesse da società che hanno affidamento con le banche collocatrici delle obbligazioni, secondo i seguenti principi criteri direttivi:
a) prevedere, nella fase istruttoria per l’accertamento di eventuali responsabilità, tempi ragionevoli che comunque non dovranno essere superiori a sei mesi;
b) prevedere, una volta accertata la responsabilità della banca collocatrice, un termine variabile da sei mesi ad un anno per il risarcimento del danno nei confronti del cliente;
c) prevedere che l’accertamento delle responsabilità e le conseguenti sanzioni siano affidate all’Autorità del Garante, sentito il parere della Banca d’Italia».
ARTICOLO 27 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 27
Approvato
(Disposizioni in materia di personale della CONSOB)
1. Al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dalla presente legge, può essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2 del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni. La ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato è stabilita con apposita deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranza prevista dal nono comma dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 95 del 1974, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974, e successive modificazioni. Resta fermo il disposto di cui al settimo comma del citato articolo 2 del medesimo decreto-legge. Alla copertura degli oneri derivanti dal presente articolo si provvede secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni.
ARTICOLO 28 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 28.
Approvato
(Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)
1. Dopo l’articolo 128 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è aggiunto il seguente:
«Art. 128-bis. - (Risoluzione delle controversie). – 1. I soggetti di cui all’articolo 115 aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.
2. Con deliberazione del CICR, su proposta della Banca d’Italia, sono determinati i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l’economicità della soluzione delle controversie e l’effettività della tutela.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso, in qualunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento».
EMENDAMENTO
28.3
ZANDA, CASTELLANI, COVIELLO, CAMBURSANO, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 1 inserire i seguenti:
1-bis. Avverso i provvedimenti sanzionatori definitivi emanati dalla CONSOB è ammesso ricorso. giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio che giudica secondo la speciale procedura accelerata prevista dai commi 1-ter e 1-quater e, per quanto non espressamente previsto, dall’articolo 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 come modificata dalla legge 21 luglio 2000, n. 205.
1-ter. Fermi restando tutti i termini processuali previsti dall’articolo 23-bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ciascuna fase del giudizio deve concludersi con sentenza entro tre mesi dal deposito del ricorso. Il termine di cui al precedente periodo può essere prorogato solo una volta per ulteriori quarantacinque giorni solo nel caso di motivate esigenze istruttorie. Il dispositivo della sentenza è pubblicato il giorno stesso dell’udienza mediante deposito in cancelleria.
1-quater. Nei giudizi di cui ai precedenti commi 1-bis e 1-ter il ricorso può essere proposto solo per i seguenti motivi:
a) incompetenza;
b) violazione di legge;
c) palese errore di fatto;
d) manifesta illogicità del provvedimento impugnato.
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 28
28.0.201
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Dopo l’articolo 28, aggiungere il seguente:
«Art. 28-bis.
1. Il Comitato interministeriale per il credito e il risparmio svolge attività di indirizzo generale e di coordinamento della politica creditizia e finanziaria ai fini dell’attuazione delle linee fondamentali di politica economica del Paese. Nell’esercizio di tale compito può chiedere informazioni generali alle autorità di vigilanza sul risparmio. Il Comitato esercita le sue funzioni anche su proposta delle autorità di vigilanza sul risparmio.
2. Alle sedute del Comitato partecipano il Governatore, della Banca d’Italia e i presidentei delle autorità di vigilanza sul risparmio».
ARTICOLO 29 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
TITOLO V
MODIFICHE ALLA DISCIPLINA IN MATERIA DI SANZIONI PENALI E AMMINISTRATIVE
Art. 29.
Approvato
(False comunicazioni sociali)
1. L’articolo 2621 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con l’interdizione da uno a tre anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, componente del consiglio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene».
2. L’articolo 2622 del codice civile è sostituito dal seguente:
«Art. 2622. - (False comunicazioni sociali delle società che fanno appello al pubblico risparmio). – Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatati sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da due a sei anni e con l’interdizione da uno a cinque anni dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, componente del consiglio di sorveglianza, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con poteri di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene».
EMENDAMENTI
29.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 29.
(Modifica del Titolo XI del libro V del codice civile, recante disposizioni penali in materia di società e di consorzi)
1. Il titolo XI del libro V del codice civile è sostituito dal seguente:
"TITOLO XI
DISPOSIZIONI PENALI IN MATERIA DI SOCIETÀ E DI CONSORZI
Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI PER LE SOCIETÀ SOGGETTE A REGISTRAZIONE
Art. 2621. (False comunicazioni ed illegale ripartizioni di utili o di acconti sui dividendi). – Salvo che il fatto costituisca reato più grave, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni multa da 1.500 a 11.000 euro:
1) i promotori, i soci fondatori, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, nelle relazioni, nei bilanci o in altre comunicazioni sociali, fraudolentemente espongono fatti non rispondenti al vero sulla costituzione o sulle condizioni economiche della società o nascondono in tutto o in parte fatti concernenti le condizioni medesime;
2) gli amministratori e i direttori generali che, in mancanza di bilancio approvato o in difformità da esso o in base ad un bilancio falso, sotto qualunque forma, riscuotono o pagano utili fittizi o che non possono essere distribuiti;
3) gli amministratori e i direttori generali che distribuiscono acconti sui dividendi:
a) in violazione dell’articolo 2433-bis, primo comma;
b) ovvero in misura superiore all’importo degli utili conseguiti dalla chiusura dell’esercizio precedente, diminuito delle quote che devono essere destinate a riserva per obbligo legale o statutario e delle perdite degli esercizi precedenti e aumentato delle riserve disponibili;
c) ovvero in mancanza di approvazione del bilancio dell’esercizio precedente o del prospetto contabile previsto nell’articolo 2433-bis, quinto comma, oppure in difformità da essi, ovvero sulla base di un bilancio o di un prospetto contabile falsi.
Art. 2622. (Divulgazione di notizie sociali riservate). – Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i loro dipendenti, i liquidatori, che, senza giustificato motivo, si servono a profitto proprio od altrui di notizie avute a causa del loro ufficio, o ne danno comunicazione, sono puniti, se dal fatto può derivare pregiudizio alla società, con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 300 a 11.000 euro.
Il delitto è punibile su querela della società.
Art. 2623. (Violazione di obblighi incombenti agli amministratori). – Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 250 a 11.000 euro gli amministratori che:
1) eseguono una riduzione di capitale o la fusione con altra società o una scissione in violazione degli articoli 2306, 2445 e 2503;
2) restituiscono ai soci palesemente o sotto forme simulate i conferimenti o li liberano dall’obbligo di eseguirli, fuori del caso di riduzione del capitale sociale;
3) impediscono il controllo della gestione sociale da par e del collegio sindacale, o, nei casi previsti dalla legge, da parte dei soci.
Art. 2624. (Prestiti e garanzie della società). – Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori che contraggono prestiti sotto qualsiasi forma, sia direttamente sia per interposta persona, con la società che amministrano o con una società che questa controlla o da cui è controllata, o che si fanno prestare da una di tali società garanzie per debiti propri, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 250 a 11.000 euro.
Per gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori delle società che hanno per oggetto l’esercizio del credito si applicano le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 2625. (Violazioni di obblighi incombenti ai liquidatori). – I liquidatori di società che procedono alla ripartizione dell’attivo sociale fra i soci prima che siano pagati i creditori o siano accantonate le somme necessarie per pagarli, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.500 a 11.000 euro.
Art. 2626. (Omissione ed esecuzione tardiva o incompiuta di denunzie, comunicazioni, depositi). – Agli amministratori, ai sindaci, ai liquidatori e ai preposti all’esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato di società costituite all’estero che omettono di fare, nel termine stabilito, all’ufficio del registro delle imprese una denunzia, una comunicazione o un deposito, a cui sono dalla legge obbligati, o li eseguono o li fanno eseguire in modo incompiuto, ovvero omettono di richiedere una pubblicazione nel Bollettino ufficiale delle società per azioni e a responsabilità limitata, nei casi in cui detta pubblicazione è prescritta dal codice, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 150 a 11.000 euro.
La stessa sanzione si applica al notaio nei casi in cui l’obbligo della denunzia, della comunicazione, del deposito o della pubblicazione è posto dalla legge anche a di lui carico.
Art. 2627. (Omissione delle indicazioni obbligatorie). – Agli amministratori, ai direttori generali, ai liquidatori e ai preposti all’esercizio di sede secondaria nel territorio dello Stato di società costituite all’estero che contravvengono alle disposizioni degli articoli 2250 e 2506, quarto comma, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 100 a 1.000 euro".
Capo II
DISPOSIZIONI SPECIALI PER LE SOCIETÀ PER AZIONI, IN ACCOMANDITA PER AZIONI, A RESPONSABILITÀ LIMITATA E PER LE SOCIETÀ COOPERATIVE
Art. 2628. (Manovre fraudolente sui titoli della società). – Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori che diffondono notizie false o adoperano altri mezzi fraudolenti atti a cagionare nel pubblico mercato o nelle borse di commercio un aumento o una diminuzione del valore delle azioni della società o di altri titoli ad essa appartenenti, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a 500 euro.
Art. 2629. (Valutazione esagerata dei conferimenti e degli acquisti della società). – Sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 250 a 2.500 euro:
1) i promotori ed i soci fondatori che nell’atto costitutivo esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o dei crediti conferiti;
2) gli amministratori, i promotori, i fondatori e i soci che nel caso di acquisto di beni o di crediti da parte della società previsto nell’articolo 2343-bis esagerano fraudolentemente il valore dei beni o dei crediti trasferiti;
3) gli amministratori e i soci conferenti che nel caso di aumento di capitale esagerano fraudolentemente il valore dei beni in natura o dei crediti conferiti;
4) gli amministratori che nel caso di trasformazione della società esagerano fraudolentemente il valore del patrimonio della società che si trasforma.
Art. 2630. (Violazione di obblighi incombenti agli amministratori). – Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 250 a 2.500 euro gli amministratori, che:
1) emettono azioni o attribuiscono quote per somma minore del loro valore nominale, ovvero emettono nuove azioni o attribuiscono nuove quote prima che quelle sottoscritte precedentemente siano interamente liberate;
2) violano le disposizioni degli articoli 2357, primo comma, 2358, 2359-bis, primo comma, 2360, o quelle degli articoli 2483 e 2522;
3) influiscono sulla formazione della maggioranza dell’assemblea, valendosi di azioni o di quote non collocate o facendo esercitare sotto altro nome il diritto di voto spettante alle proprie azioni o quote, ovvero usando altri mezzi illeciti;
4) omettono di offrire in borsa nei termini e con le modalità stabilite dal terzo comma dell’articolo 2441 i diritti di opzione non esercitati, se le relative azioni vengano sottoscritte.
Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 250 a 2.500 euro gli amministratori, che:
1) percepiscono compensi o partecipazioni in violazione dell’articolo 2389;
2) omettono di convocare, nei termini prescritti dalla legge, l’assemblea dei soci nei casi previsti dagli articoli 2367 e 2446;
3) assumono per conto della società partecipazioni in altre imprese, che, per la misura e per l’oggetto, importano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato dall’atto costitutivo;
4) violano le disposizioni degli articoli 2357, secondo, terzo e quarto comma, 2357-bis, secondo comma, 2357-ter, 2359-bis, secondo, terzo, quarto e quinto comma, 2359-ter, primo e secondo comma, e 2359-quater, secondo e terzo comma.
Art. 2630-bis. (Violazione del divieto di sottoscrizione di azioni proprie o di azioni o quote della società controllante). – Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 250 a 2.500 euro i promotori, i soci fondatori e gli amministratori che violano le disposizioni di cui agli articoli 2357-quater, primo comma, e 2359-quinquies, primo comma.
Art. 2631. (Conflitto d’interessi). – L’amministratore che, avendo in una determinata operazione per conto proprio o di terzi un interesse in conflitto con quello della società, non si astiene dal partecipare alla deliberazione del consiglio o del comitato esecutivo relativa alla operazione stessa, è punito con la multa da 250 a 2.500 euro.
Se dalla deliberazione o dall’operazione è derivato un pregiudizio alla società, si applica, oltre la multa, la reclusione fino a tre anni.
Art. 2632. (Violazione di obblighi incombenti ai sindaci). – Sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 150 a 1.500 euro i sindaci, che omettono:
1) nel caso previsto dal numero 2) dell’articolo 2621, di adempiere gli obblighi imposti dalla legge, fuori dei casi di concorso nel delitto da esso previsto;
2) di convocare l’assemblea nei casi previsti dagli articoli 2406 e 2408.
Sono puniti con la reclusione fino ad un anno e con la multa da 250 a 2.500 euro i sindaci che violano gli obblighi previsti dagli articoli 2357, quarto comma, 2359-ter, secondo comma, e 2359quater, secondo e terzo comma.
Art. 2633. (Irregolarità dei titoli azionari o obbligazionari). – Gli amministratori delle società per azioni e in accomandita per azioni, che emettono azioni o certificati provvisori senza l’osservanza dell’articolo 2354, oppure emettono obbligazioni in violazione dell’articolo 2413, sono puniti con l’ammenda da 150 a 1.500 euro.
Gli amministratori che emettono obbligazioni convertibili senza le indicazioni prescritte nell’ultimo comma dell’articolo 2420-bis sono puniti con l’ammenda da 1.000 a 5.000 euro.
Art. 2634. (Rappresentante comune degli obbligazionisti). – Il rappresentante comune degli obbligazionisti, che omette di richiedere l’iscrizione della sua nomina nel registro delle imprese nei termini previsti dall’articolo 2417, è punito con l’ammenda da 150 a 1.500 euro.
Capo III
DISPOSIZIONI SPECIALI PER I CONSORZI
Art. 2635. (Omissione dell’iscrizione nel registro delle imprese). – Agli amministratori dei consorzi, che omettono di richiedere nel termine prescritto le iscrizioni previste dall’articolo 2612, si applica la pena prevista dall’articolo 2626.
Capo IV
DEGLI AMMINISTRATORI GIUDIZIARI E DEI COMMISSARI GOVERNATIVI
Art. 2636. (Amministratori giudiziari e commissari governativi). – Agli amministratori giudiziari previsti dagli articoli 2091 e 2409, nonché ai commissari governativi previsti dagli articoli 2543 e 2619 si applicano le pene stabilite dagli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2626, 2627,2628 e 2630, se commettono alcuno dei fatti in essi previsti.
Nel caso di mancata convocazione della assemblea a norma del quinto comma dell’articolo 2409 all’amministratore giudiziario si applica la pena prevista dal secondo comma dell’articolo 2630.
Art. 2637. (Interesse privato dell’amministratore giudiziario e del commissario governativo). – Salvo che al fatto siano applicabili gli articoli 317, 318, 319 e 323 del codice penale, l’amministratore giudiziario o il commissario governativo che, direttamente o per interposta persona o con atti simulati, prende interesse privato in qualsiasi atto della gestione a lui affidata, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa non inferiore a 2.500 euro.
La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.
Art. 2638. (Accettazione di retribuzione non dovuta). – L’amministratore giudiziario o il commissario governativo che riceve o pattuisce una retribuzione, in danaro o in altra forma, in aggiunta dl quella legalmente attribuitagli, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 250 a 2.500 euro.
Nei casi più gravi può inoltre essere risposta l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Art. 2639. (Omessa consegna o deposito di cose detenute a causa dell’ufficio). – L’amministratore giudiziario o il commissario governativo che non ottempera all’ordine dell’autorità di consegnare o depositare somme o altra cosa, da lui detenute a causa del suo ufficio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a 2.000 euro.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a 400 euro.
Capo V
DISPOSIZIONI COMUNI
Art. 2640. (Circostanza aggravante). – Quando dai fatti previsti negli articoli 2621, 2622, 2623, 2628, e 2630, primo comma, deriva all’impresa un danno di gravità rilevante, la pena è aumentata fino alla metà.
Art. 2641. (Pene accessorie). – La condanna alla pena della reclusione pronunziata a carico di amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori per i delitti commessi nell’esercizio ed a causa del loro ufficio, importa l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per un periodo di dieci anni, salve le altre pene accessorie previste dal capo III, titolo II, libro I del codice penale.
Gli uffici direttivi a cui si riferisce l’incapacità prevista nel primo comma del presente articolo e nel secondo comma dell’articolo 2638 sono quelli di amministratore, sindaco, liquidatore e direttore generale.
Art. 2642. (Comunicazione della sentenza di condanna). – Ogni sentenza penale pronunziata a carico di amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori e commissari di qualsiasi impresa per i delitti commessi nell’esercizio od a causa del loro ufficio è comunicata, a cura del cancelliere dell’autorità giudiziaria che ha emesso la sentenza, per gli eventuali provvedimenti, all’organo che esercita la funzione disciplinare sugli iscritti nell’albo professionale al quale essi appartengono".
2. Sono abrogati il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 e l’articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366».
29.2
DE PETRIS, CHIUSOLI, COVIELLO, PASQUINI, CASTELLANI, CAMBURSANO
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 29.
(False comunicazioni sociali)
1. L’articolo 2621 del codice civile è sostituito dal seguente: "Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Gli amministratori, i direttori generali, i componenti degli organi di controllo e i liquidatori, i quali nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ovvero omettono informazioni doverose sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi"».
2. L’articolo 2622 del codice civile è abrogato».
29.3
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 29.
(False comunicazioni sociali)
1. L’articolo 2621 del codice civile è sostituito dal seguente: "Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ovvero omettono informazioni doverose sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi"».
2. L’articolo 2622 del codice civile è abrogato».
29.5
CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 1, sostituire l’articolo 2621 del codice civile con il seguente:
«Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). – Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorchè oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale, o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino i beni posseduti od amministrati dalla società per conto di terzi.
Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai soci o perdite alla società, la pena è della reclusione fino a quindici anni e la multa è aumentata fino al triplo».
29.200
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Le parole da: «Al comma 1,» a: «con le seguenti:» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 1, capoverso «Art. 2621», primo comma, sostituire le parole: «la reclusione da uno a cinque anni», con le seguenti: «la reclusione da due a dieci anni».
29.201
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Precluso
Al comma 1, capoverso «Art. 2621», primo comma, sostituire le parole: «la reclusione da uno a cinque anni», con le seguenti: «la reclusione da due a otto anni».
29.202
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Precluso
Al comma 1, le parole: «con la reclusione da uno a cinque anni», sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a sette anni».
29.203
MARINI, CREMA, MANIERI, LABELLARTE, BISCARDINI, CASILLO
Respinto
Al comma 1, le parole: «da uno a tre anni», sono sostituite dalle seguenti: «da un anno a quattro anni».
29.204
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 2621», sopprimere il terzo comma.
29.8
COVIELLO, CASTELLANI, CAMBURSANO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Al comma 2, sostituire l’articolo 2622 del codice civile con il seguente:
«Art. 2622. - (Falso in prospetto). – Chiunque nei prospetti richiesti ai fini della sollecitazione all’investimento o dell’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila. Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari del prospetto, la pena è della reclusione fino a dieci anni e la multa è aumentata fino al triplo».
29.205
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 2,» a: «seguenti:» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 2, capoverso Art. 2622, primo comma, sostituire le parole: «da due a sei anni» con le seguenti: «da tre a dieci anni».
29.206
CHIUSOLI, PASQUINI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 2, capoverso Art. 2622, primo comma, sostituire le parole: «da due a sei anni», con le seguenti: «da due a dieci anni».
29.16
CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire il seguente comma:
«2-bis. L’articolo 2623 del codice civile è sostituito dal seguente:
"2623. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). – I responsabili della revisione i quali, nelle relazioni o in altre comunicazioni, per colpa, da valutare secondo la diligenza professionale richiesta per l’esercizio della professione di revisione contabile, attestano fatti non corrispondenti al vero ovvero occultano informazioni che incidono sulla corretta rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni la pena è della reclusione fino ad otto anni e la multa è aumentata fino al doppio.
Se la condotta, pur prescindendo dal danno patrimoniale arrecato è stata posta in essere con la consapevolezza delle falsità e l’intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni, la pena prevista è della reclusione fino a dieci anni e la multa è aumentata fino al triplo.
Se oltre al dolo la condotta è stata finalizzata al conseguimento per sé o per altri di ingiusto profitto, ovvero ha cagionato danno patrimoniale ai destinatari delle comunicazioni la pena è della reclusione fino a quindici anni e la multa è aumentata fino al triplo"».
29.17
CASTELLANI, CAMBURSANO, COVIELLO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire il seguente comma:
«2-bis. L’articolo 2624 del codice civile è sostituito dal seguente:
"2624. - (Impedito controllo). – Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, ad altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro diecimila a euro centomila.
Se la condotta ha cagionato un danno ai soci, le sanzioni sono aumentate fino al triplo"».
29.18
CAMBURSANO, CASTELLANI, COVIELLO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire e il seguente comma:
«2-bis. II Capo II del Titolo XI del Libro V del codice civile è sostituito dal seguente:
"Capo II
DEGLI ILLECITI COMMESSI DAGLI AMMINISTRATORI
2625. (Indebita restituzione dei conferimenti). Gli amministratori che, fuori dei casi di legittima riduzione del capitale sociale, restituiscono. anche simulatamente, i conferimenti ai soci o li liberano dall’obbligo di eseguirli, sono puniti con la reclusione fino a tre anni con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
2626. (Illegale ripartizione degli utili delle riserve). Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, gli arnministratori che ripartiscono utili o acconti su utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero che ripartiscono riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite, sono puniti con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
2627. (Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante). Gli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote sociali, cagionando una lesione all’integrità del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge, sono puniti con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
La stessa pena si applica agli amministratori che, fuori dei casi consentiti dalla legge, acquistano o sottoscrivono azioni o quote emesse dalla società controllante, cagionando una lesione del capitale sociale o delle riserve non distribuibili per legge.
2628. (Operazioni in pregiudizio dei creditori). Gli amministratori che, in violazione delle disposizioni di legge a tutela dei creditori, effettuano riduzioni del capitale sociale o fusioni con altra società o scissioni, cagionando danno ai creditori, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila"».
29.19
COVIELLO, CAMBURSANO, CASTELLANI, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire il seguente comma:
«2-bis. II Capo III del Titolo XI del Libro V del codice civile è sostituito dal seguente:
"Capo III
DEGLI ILLECITI COMMESSI MEDIANTE OMISSIONE
2629. (Omessa esecuzione di denuncie, comunicazioni o depositi) Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti denunce comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese è punito con la multa da euro cinquemila a euro cinquantamila.
Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la multa è aumentata di un terzo.
2630. (Omessa convocazione dell’assemblea). Gli amministratori e i sindaci che omettono di convocare l’assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto, nei termini ivi previsti, sono puniti con la multa da euro cinquemila a euro cinquantamila. Ove la legge o lo statuto non prevedano espressamente un termine, entro il quale effettuare la convocazione questa si considera omessa allorché siano trascorsi trenta giorni dal momento in cui amministratori e sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione dell’assemblea dei soci.
La multa è aumentata fino a un terzo in caso di convocazione a seguito di perdite o per effetto di espressa legittima richiesta da parte dei soci"».
29.20
CAMBURSANO, COVIELLO, CASTELLANI, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Dopo il comma 2, inserire i seguenti:
«2-bis. Il Capo IV del Titolo XI del Libro V del codice civile è sostituito dal seguente:
Capo IV
DEGLI ALTRI ILLECITI, DELLE CIRCOSTANZE ATTENUANTI E DELLE MISURE DI SICUREZZA PATRIMONIALI
2631. (Formazione fittizia del capitale). Gli amministratori e i soci conferenti che, anche in parte, formano od aumentano fittiziamente il capitale sociale mediante attribuzioni di azioni o quote in misura complessivamente superiore all’ammontare del capitale sociale, sottoscrizione reciproca di azioni o quote, sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o di crediti ovvero del patrimonio della società nel caso di trasformazione sono puniti con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro cinquemila a euro cinquantamila.
2632. (Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori). I liquidatori che, ripartendo i beni sociali tra i soci prima del pagamento dei creditori sociali o dell’accantonamento delle somme necessario a soddisfarli, cagionano danni ai creditori, sono puniti con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro cinquemila a euro cinquantamila. Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale ai creditori, la pena è della reclusione fino a dieci anni e la multa da euro centomila a euro cinquecentomila.
2633. (Infedeltà patrimoniale). Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un interesse in conflitto con quello della società, compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, sono puniti con la reclusione fino a cinque anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila. La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale.
2634. (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità). Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, i liquidatori e i responsabili della revisione, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità, compiono od omettono atti, in violazione agli obblighi inerenti al loro ufficio, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro centomila a euro cinquecentomila. La stessa pena si applica a chi da o promette l’utilità.
Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un danno patrimoniale alla società, la pena è aumentata fino a un terzo.
2635. (Illecita influenza sull’assemblea). Chiunque, con atti simulati o fraudolenti determina la maggioranza in assemblea allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
2636. (Aggiotaggio). Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, quotati o non quotati, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro cinquantamila a euro cinquecentomila.
2637. (Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza). Gli amministratori, i direttori generali, i sindaci e i liquidatori di società o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza, o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali nelle comunicazioni alle predette autorità previste in base alla legge, al fine di ostacolare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria dei sottoposti alla vigilanza ovvero, allo stesso fine, occultano con altri mezzi fraudolenti, in tutto o in parte fatti che avrebbero dovuto comunicare, concernenti la situazione medesima, sono puniti con la reclusione da due a otto anni. La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi. Sono puniti con la stessa pena gli amministratori, i direttori generali, i sindaci i liquidatori di società, o enti e gli altri soggetti sottoposti per legge alle autorità pubbliche di vigilanza o tenuti ad obblighi nei loro confronti, i quali in qualsiasi forma, anche omettendo le comunicazioni dovute alle predette autorità, consapevolmente ne ostacolano le funzioni.
2638. (Estensione delle qualifiche soggettive). Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile e equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significative i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione.
Fuori dei casi di applicazione delle norme riguardanti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, le disposizioni sanzionatorie relative agli amministratori si applicano anche a coloro che sono legalmente incaricati dall’autorità giudiziaria o dall’autorità pubblica di vigilanza di amministrare la società o i beni dalla stessa posseduti o gestiti per conto di terzi.
2639. (Confisca). In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal presente titolo è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato e dei beni utilizzati per commetterlo. Quando non è possibile l’individuazione o l’apprensione dei beni indicati nel comma primo, la confisca ha ad oggetto una somma di denaro o beni di valore equivalente. Per quanto non stabilito nei commi precedenti si applicano le disposizioni dell’articolo 240 del codice penale.
2640. (Applicabilità dell’articolo 444 del codice di procedura penale). Per i reati previsti dal presente titolo l’imputato può chiedere al giudice, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 444 del codice di procedura penale, l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, ovvero di una pena detentiva diminuita fino a un terzo, qualora abbia integralmente risarcito il danno e non vi siano ulteriori conseguenze del reato.
2641. (Comunicazione della sentenza di condanna). Ogni sentenza penale pronunciata a carico di amministratori, direttori generali, sindaci, liquidatori e commissari di qualsiasi impresa per i delitti commessi nell’esercizio o a causa del loro ufficio è comunicata, a cura del cancelliere dell’autorità giudiziaria che ha emesso la sentenza, per gli eventuali provvedimenti, all’organo che esercita la funzione disciplinare sugli iscritti all’albo professionale al quale essi appartengono».
2-ter. All’articolo 15-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 1) è inserito il seguente: «1-bis. Nel caso di condanna a taluno dei delitti indicati nel comma 1, all’ente si applicano le sanzioni interdittive secondo i limiti e le modalità di cui all’articolo 13».
29.207
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 2, capoverso Art. 2622, sopprimere il terzo comma.
EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 29
29.0.200
OGNIBENE
Respinto
Dopo l’articolo 29, inserire il seguente:
«Art. 29-bis.
1. Dall’ambito dei provvedimenti interdittivi, anche giudiziari, emessi nei confronti di imprenditori, relativi ad agevolazioni, finanziamenti, contributi e sussidi a carico della finanza pubblica sono esclusi i trattamenti di cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, con pagamento diretto ai lavoratori, nonché dei trattamenti di mobilità, di disoccupazione o in occupazione dei lavoratori».
ARTICOLO 30 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 30 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 30.
Approvato
(Omessa comunicazione del conflitto d’interessi)
1. Nel libro V, titolo XI, capo III, del codice civile, prima dell’articolo 2630 è inserito il seguente:
«Art. 2629-bis. – (Omessa comunicazione del conflitto d’interessi). – L’amministratore o il componente del consiglio di gestione di una società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, della legge 12 agosto 1982, n. 576, o del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che vìola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, primo comma, è punito con la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla società o a terzi».
2. All’articolo 25-ter, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: «codice civile» sono inserite le seguenti: «e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d’interessi previsto dall’articolo 2629-bis del codice civile».
EMENDAMENTI
30.200
CANTONI
Respinto
Sopprimere l’articolo.
30.1
CASTELLANI, CAMBURSANO, COVIELLO, BASTIANONI, CAVALLARO
Respinto
Sostituire l’articolo con il seguente:
«Art. 30. - (Norme in materia di prevenzione e contrasto dei conflitti di interessi tra banche e imprese nonché tra imprese e società di revisione). – 1. Al fine di garantire la trasparenza dei mercati e di prevenire l’insorgenza dei conflitti di interesse nella gestione e nella allocazione dei valori mobiliari, alle società bancarie comunitarie operanti nel territorio nazionale che intendano collocare valori mobiliari ovvero gestire fondi delle società in favore delle quali prestano consulenza di tipo finanziario, nonché delle loro società controllate o controllanti, è fatto obbligo di preventiva comunicazione alla CONSOB, che può disporre la menzione di tale circostanza nei relativi prospetti informativi. L’omissione di tale comunicazione è punita dalla CONSOB con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000.
2. È inoltre fatto divieto:
a) agli azionisti di controllo, come individuati ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, di svolgere le funzioni di amministratore o di sindaco nelle società bancarie che hanno ammesso al credito le medesime società, prima che sia decorso almeno un triennio dalla scadenza dell’incarico ovvero dalla chiusura della linea di credito;
b) agli azionisti di controllo delle banche, come individuati ai sensi dell’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, di svolgere le funzioni di amministratore o di sindaco di società che abbiano accesso al credito presso le banche medesime, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza dell’incarico.
3. Le banche diverse dalle banche di credito cooperative non possono concedere prestiti fideiussioni, garanzie, né avere altro tipo di rapporto contrattuale economicamente rilevante inerente l’attività bancaria con azionisti che detengano, direttamente od indirettamente partecipazioni superiori al 2 per cento o che comunque partecipino a sindacati di voto.
4. II divieto di cui al comma 3 si estende ai componenti degli organi di amministrazione, controllo e vigilanza, nonché ai direttori generali e alle società nelle quali i propri soci ovvero i componenti dei propri organi di amministrazione, sorveglianza e controllo abbiano una partecipazione rilevante o di controllo.
5. I contratti vietati ai sensi del presente articolo, che siano stati conclusi prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono efficaci sino alla scadenza e in ogni caso per un periodo non superiore a diciotto mesi. Ove si tratti di operazioni soggette a revoca la stessa deve essere effettuata entro dodici mesi.
6. I soggetti di cui al comma 2 che, nonostante il divieto, svolgono le funzioni di amministratore e di sindaco sono dichiarati immediatamente decaduti dalla carica.
7. I soggetti che violano i divieti previsti dai commi da 2 a 4 sono puniti dalla CONSOB con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000. Se la condotta di cui al comma 1 ha cagionato un danno patrimoniale, la sanzione massima applicabile è incrementata fino al triplo.
8. Al fine di garantire la trasparenza dei mercati e di prevenire l’insorgere di conflitti di interesse tra imprese e società di revisione, è fatto divieto alle società di revisione di svolgere direttamente o indirettamente, per interposta persona o in qualunque altra forma, attività diverse a favore della società per la quale svolgono l’attività di revisione del bilancio, nonché in favore delle società controllate o controllanti, prima che sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o revoca dell’incarico.
9. È inoltre fatto divieto:
a) ai soci, amministratori, sindaci o dipendenti della società di revisione di svolgere le funzioni di amministratore o di sindaco in favore delle società per le quali svolgono l’attività di revisione del bilancio, nonché delle società controllate o controllanti;
b) ai soci, amministratori, sindaci o dipendenti della società di revisione di prestare lavoro autonomo o subordinato, nonché ogni forma di consulenza professionale, in favore delle società stesse, prima che sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o revoca dell’incarico.
10. I contratti vietati ai sensi dei commi 8 e 9, che siano stati conclusi prima della data di entrata in vigore della presente legge, sono efficaci sino alla scadenza e in ogni caso per un periodo non superiore ai diciotto mesi. Ove si tratti di operazioni soggette a revoca, la stessa deve essere effettuata entro dodici mesi.
11. Fatta salva comunque l’applicabilità delle sanzioni previste dall’articolo 163 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, i soggetti che violano i divieti previsti dal comma 9 sono puniti dalla CONSOB con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000. Se la condotta di cui al comma 8 ha cagionato un danno patrimoniale alla società, la sanzione massima applicabile è incrementata fino al triplo».
ARTICOLO 31 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 31 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 31.
Approvato
(Ricorso abusivo al credito)
1. L’articolo 218 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 218. - (Ricorso abusivo al credito). – 1. Gli amministratori, i direttori generali, i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attività commerciale che ricorrono o continuano a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimulando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a tre anni.
2. La pena è aumentata nel caso di società soggette alle disposizioni di cui al capo II, titolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni».
EMENDAMENTO
31.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 218», comma 1, sostituire le parole: «da sei mesi a tre anni» con le seguenti: «da due a dieci anni».
ARTICOLO 32 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 32 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 32.
Approvato
(Istituzione del reato di mendacio bancario)
1. All’articolo 137 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, al comma 2 è premesso il seguente:
«1-bis. Salvo che il fatto costituisca reato più grave, chi, al fine di ottenere concessioni di credito per sè o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni alle quali il credito venne prima concesso, fornisce dolosamente ad una banca notizie o dati falsi sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interessate alla concessione del credito, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino ad euro 10.000».
ARTICOLO 33 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 33 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 33.
Approvato
(Falso in prospetto)
1. Dopo l’articolo 173 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:
«Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). – 1. Chiunque, allo scopo di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento o l’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare i destinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i suddetti destinatari, è punito con la reclusione da uno a cinque anni».
2. L’articolo 2623 del codice civile è abrogato.
EMENDAMENTO
33.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 173-bis», comma 1, sostituire le parole: «da uno a cinque anni» con le seguenti: «da due a dieci anni».
ARTICOLO 34 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO 34 APPROVATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 34.
Approvato
(Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione)
1. Nel testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte V, titolo I, capo III, all’articolo 175 sono premessi i seguenti:
«Art. 174-bis. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). – 1. I responsabili della revisione delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, i quali, nelle relazioni o in altre comunicazioni, con l’intenzione di ingannare i destinatari, attestano il falso od occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, dell’ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.
2. Nel caso in cui il fatto previsto dal comma 1 sia commesso per denaro o altra utilità data o promessa, ovvero in concorso con gli amministratori, i direttori generali o i sindaci della società assoggettata a revisione, la pena è aumentata fino alla metà.
3. La stessa pena prevista dai commi 1 e 2 si applica a chi dà o promette l’utilità nonchè agli amministratori, ai direttori generali e ai sindaci della società assoggettata a revisione, che abbiano concorso a commettere il fatto.
Art. 174-ter. - (Corruzione dei revisori). – 1. Gli amministratori, i soci, i responsabili della revisione contabile e i dipendenti della società di revisione, i quali, nell’esercizio della revisione contabile delle società con azioni quotate, delle società da queste controllate e delle società che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, fuori dei casi previsti dall’articolo 174-bis, per denaro o altra utilità data o promessa, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.
2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chi dà o promette l’utilità».
EMENDAMENTI
34.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 174-bis», comma 1, aggiungere, in fine, le parole: «e con la cancellazione dall’albo».
34.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 174-ter», comma 1, sostituire le parole: «da uno a cinque anni» con le seguenti: «da due a dieci anni».
34.2
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, capoverso «Art. 174-ter», comma 1 aggiungere, in fine, le parole: «e con la cancellazione dall’albo».
34.201
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Id. em. 34.2
Al comma 1, capoverso «Art. 174-ter», comma 1, aggiungere, in fine, le parole: «e con la cancellazione dall’albo».
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 34
34.0.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Dopo l’articolo 34, aggiungere il seguente:
«Art. 34-bis.
1. Le norme previste dall’articolo 34 della presente legge si applicano, altresì, alle società di rating».
34.0.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Id. em. 34.0.1
Dopo l’articolo 34, aggiungere il seguente:
«Art. 34-bis.
1. Le norme previste dall’articolo 34 della presente legge si applicano, altresì, alle società di rating».
ARTICOLO 35 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO ALL'ARTICOLO
35 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 35.
Approvato
(False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate)
1. Dopo l’articolo 192 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è inserito il seguente:
«Art. 192-bis. - (False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei codici di comportamento delle società quotate). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo e i direttori generali di società quotate nei mercati regolamentati i quali omettono le comunicazioni prescritte dall’articolo 124-bis ovvero, nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulgano o lasciano divulgare false informazioni relativamente all’adesione delle stesse società a codici di comportamento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, ovvero all’applicazione dei medesimi, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro. Il provvedimento sanzionatorio è pubblicato, a spese degli stessi, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale».
EMENDAMENTO
35.200
CANTONI
Non posto in votazione (*)
Sopprimere l’articolo.
________________
(*) Approvato il mantenimento dell’articolo
ARTICOLI 36, 37 E 38 NEL TESTO PROPOSTO
DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 36.
Approvato
(Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi di amministrazione e controllo)
1. All’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
«3-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, i componenti degli organi di controllo, i quali omettano di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni di cui all’articolo 148-bis, comma 2, sono puniti con la sanzione amministrativa in misura pari al doppio della retribuzione annuale prevista per l’incarico relativamente al quale è stata omessa la comunicazione. Con il provvedimento sanzionatorio è dichiarata altresì la decadenza dall’incarico».
Art. 37.
Approvato
(Abusive attività finanziarie)
1. All’articolo 132, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La stessa pena si applica a chiunque svolge l’attività riservata agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco».
Art. 38.
Approvato
(Aumento delle sanzioni penali e amministrative)
1. Le pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, sono raddoppiate entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale.
2. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2625, dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58»;
b) all’articolo 2635, dopo il secondo comma è inserito il seguente:
«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.»;
c) all’articolo 2638, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58».
3. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, che non sono state modificate dalla presente legge, sono quintuplicate.
4. All’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge 29 luglio 2003, n. 229, dopo il numero 1) è inserito il seguente:
«1-bis) raddoppiando la misura delle sanzioni penali e quintuplicando la misura massima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad eccezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni».
5. Le sanzioni pecuniarie previste dall’articolo 25-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono raddoppiate.
EMENDAMENTI
38.200
DE PETRIS, RIPAMONTI, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, sostituire la parola: «raddoppiate» con la seguente: «triplicate».
Conseguentemente:
al comma 2, lettera a)sostituire la parola: «è raddoppiate» con la seguente: «è triplicate»;
al comma 2, lettera b)sostituire la parola: «è raddoppiate» con la seguente: «è triplicate»;
al comma 2, lettera c)sostituire la parola: «è raddoppiate» con la seguente: «è triplicate»;
al comma 4, capoverso 1-bis, sostituire la parola: «raddoppiando» con la seguente: «triplicando»;
al comma 5, sostituire la parola: «raddoppiate» con la seguente: «triplicate».
38.4
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 3, sostituire la parola: «quintuplicate» con la seguente: «decuplicate».
38.5
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 4, capoverso 1-bis, sostituire la parola: «quintuplicando» con la seguente: «decuplicando».
38.6
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 5, sostituire la parola: «raddoppiate» con la seguente: «decuplicate».
ARTICOLO 39 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 39.
Approvato
(Sanzioni accessorie)
1. Il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie alle sanzioni penali e amministrative applicate ai sensi del titolo XI del libro V del codice civile, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) applicazione delle sanzioni accessorie e determinazione della loro durata, comunque non superiore a tre anni, in ragione della gravità della violazione, valutata secondo i criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, o della sua reiterazione;
b) previsione della sanzione accessoria della sospensione o della decadenza dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario, ovvero dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso società;
c) previsione della sanzione accessoria dell’interdizione dalle cariche presso banche e altri intermediari finanziari o dalle cariche societarie;
d) previsione della sanzione accessoria della pubblicità della sanzione pecuniaria e accessoria, a carico dell’autore della violazione, su quotidiani e altri mezzi di comunicazione a larga diffusione e nei locali aperti al pubblico delle banche e degli altri intermediari finanziari presso i quali l’autore della violazione ricopra cariche societarie o dei quali lo stesso sia dipendente;
e) previsione della sanzione accessoria della confisca del prodotto o del profitto dell’illecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente.
f) attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni accessorie alla medesima autorità competente ad irrogare la sanzione principale.
EMENDAMENTI
39.300
CANTONI
Respinto
Al comma 1 sopprimere le parole: «e amministrative».
39.2
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, lettera a) sopprimere le parole: «, comunque non superiore a tre anni».
39.200
D’AMICO
Respinto
Al comma 1, alla lettera b), dopo le parole: «previsione della» inserire le seguenti: «applicazione, da parte del giudice penale, della».
39.201
D’AMICO
Respinto
Al comma 1, alla lettera c), dopo le parole: «previsione della» inserire le seguenti: «applicazione, da parte del giudice penale, della».
39.3
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
«c-bis) previsione della sanzione accessoria della cancellazione dall’albo».
39.202
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Id. em. 39.3
Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:
«c-bis) previsione della sanzione accessoria della cancellazione dall’albo».
ARTICOLO 40 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 39 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
TITOLO VI
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
Art. 40.
Approvato
(Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca)
1. La Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circolazione dei biglietti di banca, di cui all’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, è soppressa.
2. Sono abrogati gli articoli 110 e 112 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile 1910, n. 204, e successive modificazioni. All’articolo 47, secondo periodo, del medesimo testo unico, sono soppresse le parole: «, col parere della Commissione permanente di vigilanza sugli istituti di emissione,».
ARTICOLO 41 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
ART. 41.
Approvato
(Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le società iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte.
2. Fino alla costituzione dell’albo unico dei promotori finanziari ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 15, comma 1, lettera b), della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dal citato articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.
3. Le disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, introdotti dall’articolo 6, comma 1, della presente legge, si applicano alle società che vi sono soggette, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
4. Le disposizioni degli articoli 120-bis, 120-ter e 120-quater del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, introdotti dall’articolo 14, comma 1, della presente legge, entrano in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Alla medesima data entra in vigore il terzo comma dell’articolo 1841 del codice civile, come sostituito dall’articolo 14, comma 3, della presente legge. Entro lo stesso termine è emanato il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dal comma 9 dell’articolo 120-bis del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993. Entro i successivi dodici mesi, le banche e la società per azioni «Poste italiane Spa» provvedono agli adempimenti di cui al citato articolo 120-bis, commi 1, 2, 3 e 5, per i contratti relativamente ai quali non siano state compiute operazioni nei cinque anni antecedenti la data di entrata in vigore delle suddette disposizioni e per gli oggetti rinvenuti nelle cassette di sicurezza prima della medesima data. Per i contratti relativamente ai quali non siano state compiute operazioni nei dieci anni antecedenti la data di entrata in vigore delle suddette disposizioni, il termine indicato all’articolo 120-ter, comma 3, del citato testo unico è ridotto a cinque anni; per i contratti relativamente ai quali non siano state compiute operazioni nei sette anni e sei mesi antecedenti la data di entrata in vigore delle suddette disposizioni, lo stesso termine è ridotto a sette anni e sei mesi. Entro diciotto mesi dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale sono emanati il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dal comma 5 del citato articolo 120-ter e le disposizioni della Banca d’Italia previste dal comma 11 dell’articolo 120-bis del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993.
5. La disposizione di cui all’articolo 161, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera d), della presente legge, si applica a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge. Fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo articolo 161, comma 4, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.
6. Gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e che ricadono in una delle situazioni specifiche di incompatibilità previste dalle disposizioni contenute nell’articolo 18 per le società di revisioni e le entità appartenenti alla medesima rete, i loro soci, gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della società di revisione stessa e delle società da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sottoposte a comune controllo, possono essere portati a definizione secondo i previsti termini contrattuali, senza possibilità di rinnovo. Entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il recesso unilaterale da parte della società, o dei soggetti appartenenti alla medesima rete, dall’incarico revisionale o da contratti per lo svolgimento di servizi, giustificato dalla necessità di rimuovere una causa di in compatibilità, non comporta obblighi di indennizzo, risarcimento o l’applicazione di clausole penali o sanzioni, anche se previste in norme di legge o in clausole contrattuali.
EMENDAMENTI
41.1
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 1,» a: «seguenti:» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 1, sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «due mesi».
41.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE, TOGNI
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «tre mesi».
41.3
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 1, sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «sei mesi».
41.7
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Respinto
Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: «sei mesi» con le seguenti: «due mesi».
41.8
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 4,» a: «seguenti:» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 4, quarto periodo, sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «due mesi».
41.10
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 4, quarto periodo, sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «sei mesi».
41.11
DE PETRIS, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE ZULUETA, DONATI, RIPAMONTI, TURRONI, ZANCAN
Le parole da: «Al comma 4,» a: «seguenti:» respinte; seconda parte preclusa
Al comma 4, ultimo periodo, sostituire le parole: «diciotto mesi» con le seguenti: «tre mesi».
41.12
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA
Precluso
Al comma 4, ultimo periodo, sostituire le parole: «diciotto mesi» con le seguenti: «sei mesi».
ARTICOLO 42 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 41 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 42.
Approvato
(Delega al Governo per il coordinamento legislativo)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, nonché delle altre leggi speciali, alle disposizioni della presente legge, apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse.
EMENDAMENTI
42.200
SODANO TOMMASO, MALABARBA, MARTONE
Non posto in votazione (*)
Sopprimere l’articolo.
________________
(*) Approvato il mantenimento dell’articolo
EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 42
42.0.300
PASQUINI, CHIUSOLI, TURCI, MACONI, BRUNALE, BARATELLA, BONAVITA, GARRAFFA, DE PETRIS, COVIELLO, CAMBURSANO
Respinto
Dopo l’articolo 42, aggiungere il seguente:
«Art 42-bis.
(Delega al Governo per la nuova disciplina della giurisdizione in materia societaria, bancaria e finanziaria)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante norme dirette ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giurisdizionali nelle materie di cui alla lettera b), secondo i seguenti principi e criteri direttivi:
a) istituire, presso i tribunali delle città sedi di corte di appello, nonché presso altri tribunali individuati con riferimento a criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto dell’estensione del territorio di competenza, del volume del contenzioso in essere nelle materie di cui alla lettera b) e del numero delle imprese iscritte presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura del circondario, sezioni specializzate nella trattazione dei procedimenti che richiedono un elevato grado di conoscenza nei settori economico e finanziario, prevedendo altresì che, nelle medesime materie, le competenze riservate dalle vigenti leggi al presidente del tribunale spettino al presidente della sezione specializzata, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato né incrementi di dotazioni organiche;
b) prevedere che rientrino nella competenza delle sezioni specializzate, di cui alla lettera a) nell’ambito delle materie attribuite alla giurisdizione del giudice ordinario:
1) i procedimenti in materia di diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali;
2) tutti o alcuni dei procedimenti nelle materie disciplinate dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e dal testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, come da ultimo modificati dalla presente legge, comprese le azioni di risarcimento del danno verso le società di revisione;
3) i procedimenti in materia di concorrenza, brevetti e segni distintivi dell’impresa;
4) tutti i procedimenti previsti dalla disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e tutte le relative controversie, nonché tutti i procedimenti connessi e consequenziali; sono esclusi i procedimenti previsti dal capo I del titolo V del decreto legislativo 8 luglio l999, n. 270, che sono di competenza del tribunale del luogo in cui ha sede l’impresa;
5) tutte o alcune delle controversie in materia fallimentare e concorsuale in genere con esclusione della dichiarazione di fallimento e delle competenze gestorie del tribunale fallimentare;
c) istituire anche presso le corti di appello e la Corte di cassazione sezioni specializzate nella trattazione dei procedimenti nelle materie di cui alla lettera b), numeri 1), 2) e 3), nonché nella materia fallimentare e concorsuale in genere, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato né incrementi di dotazioni organiche;
d) attribuire alle sezioni specializzate di cui alla lettera a) una competenza territoriale estesa all’ambito dell’intero distretto o circondario, prevedendo che in una o più delle materie attribuite alla competenza delle predette sezioni, il giudizio di merito si svolga in unico grado, anche eventualmente presso le sezioni specializzate della corte di appello;
e) prevedere criteri di selezione dei giudici per l’assegnazione in via esclusiva alle sezioni di cui alle lettere a) e c), tali da assicurare una specifica competenza professionale nelle materie attribuite alla competenza delle stesse sezioni; prevedere altresì adeguati criteri di rotazione evitando comunque la dispersione delle competenze professionali acquisite; prevedere adeguati strumenti di formazione e di aggiornamento professionale dei magistrati che compongono detti organi giurisdizionali;
f) prevedere che le sezioni di cui alle lettere a) e c) siano integrate da esperti delle materie di cui alla lettera b), nominati dal Consiglio superiore della magistratura o, per sua delega, da presidenti di corte di appello ed iscritti in albi speciali presso le corti di appello stesse; prevedere, altresì, criteri di nomina ed incompatibilità idonei ad impedire conflitti di interessi.
2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso al Parlamento, affinché sia espresso il parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari entro il termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine il decreto è emanato anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine di cui al comma 1 o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di novanta giorni.
3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e con la procedura di cui al comma 2.
4. Dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1 del presente articolo, è abrogato l’articolo 1 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5».
42.0.200
CANTONI
Improcedibile
Dopo l’articolo 42, inserire il seguente:
«Art. 42-bis.
(Sezioni specializzate in materia societaria, bancaria e finanziaria)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante norme dirette ad assicurare una rapida ed efficace definizione dei procedimenti giurisdizionali attraverso l’istituzione presso i Tribunali (delle città sedi di Corti di appello) di sezioni specializzate competenti a conoscere le controversie:
nelle materie disciplinate dai titoli V, VI e VII, del libro V, del codice civile e da altre disposizioni di leggi speciali regolanti il settore societario;
nelle materie disciplinate dal testo unico della finanza, dal testo unico bancario e da altre disposizioni di leggi speciali regolanti il settore bancario e finanziario;
in materia fallimentare e concorsuale in genere, con esclusione della dichiarazione di fallimento e delle competenze gestorie del Tribunale fallimentare per assicurare una rapida ed efficace definizione dei procedimenti giurisdizionali».
42.0.201
COVIELLO, CAMBURSANO, D’AMICO, CAVALLARO
Improcedibile
Dopo l’articolo 42, inserire il seguente:
«Art. 42-bis.
(Sezioni specializzate in materia societaria, bancaria e finanziaria)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi delegati recanti norme dirette ad assicurare una rapida ed efficace definizione dei procedimenti giurisdizionali in materia societaria, bancaria e finanziaria attraverso l’istituzione, presso i Tribunali delle città sedi di Corti di Appello, di sezioni specializzate competenti a conoscere le controversie: a) nelle materie disciplinate dai titoli V, VI e VII del libro V del codice civile e da altre disposizioni di leggi speciali regolanti il settore societario;
b) nelle materie disciplinate dal Testo unico bancario, dal Testo Unico della finanza e da altre disposizioni di leggi speciali regolanti il settore bancario e finanziario;
c) in materia fallimentare e concorsuale in genere, con esclusione della dichiarazione di fallimento e delle competenze gestorie del Tribunale fallimentare, per assicurare una rapida ed efficace definizione dei procedimenti giurisdizionali».
42.0.202
FRANCO PAOLO
Ritirato
Dopo l’articolo 42, aggiungere il seguente:
«Art. 42-bis.
1. All’articolo 565 del codice civile, le parole: "allo Stato" sono sostituite dalle seguenti: "ai comuni di competenza ai sensi dell’articolo 586".
2. Il capo III del titolo II del libro II del codice civile è sostituito dal seguente:
"Capo III.
DELLA SUCCESSIONE DEI COMUNI
Art. 586. - (Acquisto dei beni da parte dei comuni di competenza). – In mancanza di altri suscettibili, l’eredità è devoluta: per i beni immobili, al comune censuario di appartenenza; per tutti i rimanenti beni, al comune di residenza. L’acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e non può farsi luogo a rinunzia.
Nel caso di residenza all’estero, l’eredità di competenza è devoluta al comune di ultima residenza in Italia.
I comuni non rispondono dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni acquistati".
3. Il comune utilizza i proventi dell’eredità acquisita per realizzare iniziative di interesse sociale a favore di persone in condizioni di disagio economico, sociale o psico-fisico. Nel bilancio del comune deve essere prevista un’apposita voce dalla quale risultino espressamente le entrate derivanti dall’attribuzione delle eredità giacenti.
4. Con gli stessi proventi di cui al comma 1, il comune può inoltre costituire fondazioni aventi per scopo la realizzazione delle iniziative di cui al medesimo comma. I componenti dei consigli di amministrazione delle fondazioni sono designati dal sindaco sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio comunale.
5. Il comune può altresì assegnare i proventi dell’eredità ad enti privati impegnati nel territorio comunale nella realizzazione delle iniziative di cui al comma 1».
42.0.203
GARRAFFA
Improcedibile
Dopo l’articolo 42, inserire il seguente:
«Art. 42-bis.
1. Al comma 1 dell’articolo 55 della legge 1º marzo 2002, n. 39, le lettere c), d) ed e) sono abrogate.
2. L’Ufficio Italiano Cambi è preposto all’autorizzazione per l’esercizio di Istituto moneta elettronica ai soggetti interessati secondo le prescrizioni previste dall’articolo 106 del decreto legislativo 1º settembre 1993. n. 385.
3. La gestione di sistemi di pagamento a spendibilità generalizzata è consentita agli Organismi no profit che ne fanno richiesta all’Ufficio italiano cambi, purché collegati ad iniziative di solidarietà sociale».
ARTICOLO 43 NEL TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE, IDENTICO
ALL'ARTICOLO 42 APPROVATO
DALLA CAMERA DEI DEPUTATI
ART. 43.
Approvato
(Procedura per l’esercizio delle deleghe legislative)
1. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla presente legge, ciascuno dei quali deve essere corredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Le competenti Commissioni parlamentari esprimono il parere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termine per l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, quest’ultimo è prorogato di novanta giorni.