XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Accordo con le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda - A.C. 6193 | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 847 | ||
Data: | 09/12/05 | ||
Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||
Riferimenti: |
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Servizio studi |
progetti di legge |
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Accordo con le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale per il Ruanda A.C. 6193
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n. 847
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xiv legislatura 9 dicembre 2005 |
Camera dei deputati
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: ES0442.doc
INDICE
Dati identificativi del disegno di legge di ratifica
Contenuto del disegno di legge di ratifica
Esame in sede referente presso la 3ª Commissione Affari esteri
§ Pareri resi alla 3ª Commissione (Affari esteri)
- 1ª Commissione (Affari costituzionali)
Relazione della 3ª Commissione Affari esteri
Normativa di riferimento
§ L. 2 agosto 2002, n. 181 Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio del Ruanda e Stati vicini
Risoluzioni delle Nazioni Unite
§ ONU, Consiglio economico e sociale, Risoluzioni 663 (XXIV) del 31 luglio 1957 e 2067 (LXII) del 13 maggio 1977, Regole sullo standard minimo nel trattamento dei detenuti
§ ONU, Assemblea Generale, Risoluzione n. 43/173 del 9 dicembre 1988, Principi sulla protezione di tutte le persone che si trovino in qualsivoglia forma di detenzione o imprigionamento
§ ONU, Assemblea generale, Risoluzione n. 45/111 del 14 dicembre 1990, Principi fondamentali sul trattamento dei detenuti
§ ONU, Consiglio di Sicurezza, Risoluzione n. 955 (1994) sull’istituzione del Tribunale internazionale per il Ruanda e l’adozione dello Statuto del tribunale
§ ONU, Consiglio di Sicurezza, Risoluzione n. 1165/1998 sul Tribunale internazionale per il Ruanda
Pubblicistica
§ Limiti della primazia del Tribunale penale internazionale per il Ruanda in materia di esecuzione delle sentenze e di concessione della grazia, in: Rivista di diritto internazionale, Vol. LXXXVII, Fasc. 2/2004
Dati identificativi del disegno di
legge
di ratifica
Numero del progetto di legge |
6193 |
Titolo dell’Accordo |
Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda |
Iniziativa |
Governativa |
Settore d’intervento |
Trattati e accordi internazionali; organizzazioni internazionali |
Firma dell’Accordo |
Roma, 17 marzo 2004 |
Iter al Senato |
Sì |
Numero di articoli del ddl di ratifica |
4 |
Date del ddl di ratifica |
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§ trasmissione alla Camera |
23 novembre 2005 |
§ annuncio |
24 novembre 2005 |
§ assegnazione |
24 novembre 2005 |
Commissione competente |
III (Affari esteri e comunitari) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I, II e V |
Oneri finanziari |
No |
Il conflitto tra le Forze armate del Governo ruandese, prevalentemente composto da uomini di etnia Hutu, e il Fronte Patriottico Ruandese, di etnia Tutsi, è cominciato nell’ottobre 1990 al confine tra il Ruanda e l’Uganda. Nonostante, a partire da quel momento, siano stati raggiunti dalle parti in conflitto numerosi accordi di cessate il fuoco, le ostilità sono ricominciate nella parte nord del Paese all’inizio del mese di febbraio 1993, interrompendo in tal modo i negoziati tra il governo de Ruanda e il Fronte Patriottico, che erano stati sostenuti e incoraggiati dall’Unione Africana e dalla Repubblica di Tanzania.
Il primo coinvolgimento attivo delle Nazioni Unite risale al 1993, quando sia il Ruanda che l’Uganda hanno richiesto l’intervento di osservatori militari lungo il confine comune per impedire al Fronte Patriottico di utilizzare l’area. Il Consiglio di sicurezza ha così istituito, nel giugno 1993, la Missione di Osservatori Uganda-Ruanda (UNOMUR), che si è insediata sul lato ugandese del confine per verificare che il Ruanda non ricevesse aiuti militari.
Nel frattempo, i negoziati di pace sono continuati, fino a giungere, il 4 agosto 1993, alla firma dell’Accordo di Arusha, nel quale si prevedevano elezioni democratiche e la creazione di un governo provvisorio ampiamente rappresentativo delle parti in conflitto, che sarebbe rimasto in carica fino alle elezioni. Per garantire l’applicazione dell’Accordo, su richiesta delle due parti, le Nazioni Unite hanno inviato sul posto una forza di peace-keeping (UNAMIR). Ma nel 1994, dopo la morte, avvenuta in circostanze mai del tutto chiarite, dei Presidenti del Ruanda e del Burundi, si è verificata un’ondata di violenze principalmente ai danni di uomini politici, o su base etnica.
Il culmine delle atrocità fu raggiunto tra il mese di aprile e il mese di giugno del 1994, quando furono uccise circa 800 mila persone: il genocidio fu commesso principalmente dalle forze armate, dalla guardia presidenziale e dalle milizie giovanili del partito al governo, contro cittadini di etnia Tutsi e, in misura minore, contro moderati Hutu. Inoltre, gravi violazioni del diritto umanitario internazionale si verificarono negli Stati vicini, ad opera di cittadini ruandesi.
Nel mese di luglio del 1994 le forze del Fronte Patriottico hanno preso il controllo del Ruanda, ponendo fine alla guerra civile e dando vita ad un governo ampiamente rappresentativo.
A seguito della richiesta del Governo del Ruanda, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha autorizzato con risoluzione n. 955 dell’8 novembre 1994 l’istituzione del Tribunale internazionale incaricato di perseguire i responsabili delle gravi violazioni del diritto umanitario e degli atti di genocidio commessi sia nel Ruanda che negli Stati limitrofi tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1994. La risoluzione n. 955, che in allegato contiene lo Statuto del Tribunale, è stata successivamente integrata da altre risoluzioni, e in particolare dalla n. 1165 del 30 aprile 1998, che istituisce una terza camera presso il Tribunale ed emenda conseguentemente lo Statuto.
Il Tribunale per il Ruanda è quindi ora formato da tre Camere di primo grado e da una Camera d’appello. I giudici sono eletti dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite tra una rosa di canditati proposti dal Consiglio di sicurezza e indicati dagli Stati membri. La composizione del Tribunale deve tenere in debito conto i principali sistemi giuridici esistenti. I giudici, il cui mandato dura quattro anni, sono rieleggibili. La Camere sono composte da 16 giudici indipendenti, provenienti da Stati diversi: tre giudici siedono in ciascuna delle tre Camere di prima istanza e i rimanenti sette nella Camera di appello, che è comune ai due Tribunali Internazionali, per il Ruanda e per l’ex Iugoslavia.
L’Italia ha provveduto ad adeguare la legislazione nazionale alle prescrizioni delle risoluzioni dell’ONU più sopra citate e dello statuto del tribunale ivi annesso con la legge 2 agosto 2002, n. 181, le cui disposizioni sono dirette a garantire la cooperazione giudiziaria dell’Italia con il Tribunale internazionale per il Ruanda.
Il Tribunale per il Ruanda, che ha sede ad Arusha (Tanzania), è il secondo dei Tribunali internazionali istituiti dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dopo quello creato nel 1993 per giudicare i crimini di guerra e contro l’umanità commessi nei territori della ex Jugoslavia. L’Accordo in esame ricalca sostanzialmente quello concluso all’Aja tra il Governo italiano e le Nazioni Unite il 6 febbraio 1997, ratificato dall’Italia con legge 7 giugno 1999, n. 207, per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale per la ex Jugoslavia [1].
L’attività del Tribunale per il Ruanda è iniziata alla fine del 1995, ma il primo processo è cominciato solo nel gennaio 1997, a seguito dell’arrivo del primo imputato, avvenuto nel maggio 1996. La risoluzione n. 1503, adottata dal Consiglio di sicurezza dell’ONU il 28 agosto 2003, ha stabilito che il Tribunale avrebbe dovuto concludere le inchieste entro la fine del 2004, mentre l’attività processuale dovrà essere portata a termine entro la fine del 2008.
Fino al mese di maggio 2005, il Tribunale aveva emesso 19 sentenze, riguardanti 25 imputati. Sempre alla stessa data erano in corso nove processi che coinvolgevano 25 accusati. Tutti gli imputati, tranne il giornalista Ruggiu, sono ricorsi in appello. Sedici imputati sono in attesa di processo e diciannove indiziati sono latitanti.
Il disegno di legge in esame, già approvato dal Senato, autorizza la ratifica dell’Accordo fra il Governo italiano e le Nazioni Unite, fatto a Roma il 17 marzo 2004, al fine di rendere esecutive le sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, ovvero per rendere possibile a persone condannate dal Tribunale Internazionale di scontare la pena in Italia.
L’Accordo si compone di un Preambolo e di tredici articoli.
Nel Preambolo viene menzionato l’articolo 26 dello Statuto del Tribunale per il Ruanda il quale prevede che la pena inflitta dal Tribunale possa essere scontata anche in uno Stato scelto dal Tribunale medesimo fra quelli che hanno comunicato al Consiglio di sicurezza la disponibilità ad ospitare persone in tal modo condannate. Viene inoltre richiamata la legge 2 agosto 2002, n. 181, già citata, Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio del Ruanda e Stati vicini con la quale l’Italia si obbliga a cooperare con il Tribunale.
L’articolo 1, recante l’oggetto e l’ambito di applicazione, specifica che si intende disciplinare le richieste rivolte allo Stato italiano relative all’esecuzione delle sentenze del Tribunale internazionale. L’articolo 2 dell’Accordo prescrive che, ai fini dell’esecuzione della sentenza, il Cancelliere del Tribunale internazionale, con l’approvazione del Presidente, debba far prevenire al Governo italiano la relativa richiesta, trasmettendo al Ministro della giustizia la documentazione, indicata nello stesso art. 2. Le autorità italiane competenti decideranno se accogliere la richiesta in conformità con quanto stabilito dall’art. 7 della legge 2 agosto 2002, n. 181 cit.
L'articolo 7 della legge n. 181 del 2002 detta disposizioni in materia di riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale in attuazione dell’articolo 26 dello Statuto. In particolare prevede che, nel caso in cui il Tribunale internazionale abbia indicato lo Stato italiano come luogo di espiazione della pena, il Ministro della giustizia richiede il riconoscimento della sentenza del Tribunale e, a tale scopo, trasmette la richiesta al procuratore generale presso la corte d'appello di Roma la quale è competente a deliberare il riconoscimento con sentenza emessa in camera di consiglio.
Il riconoscimento non interviene se la sentenza non è divenuta irrevocabile, se il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana, se nella sentenza sono contenute disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano oppure, per rispetto del principio ne bis in idem, quando vi sia già una sentenza irrevocabile in Italia per lo stesso fatto e contro la medesima persona.
La disposizione, contenuta nel comma 4, secondo la quale la sentenza determina la durata della pena, che non può superare trenta anni di reclusione, è oggetto di modifica da parte dell’articolo 3 del ddl di ratifica dell’Accordo in esame (vedi nota n. 2 e la sezione dedicata al “Contenuto del ddl di ratifica”).
In merito all’esecuzione della pena, l’Accordo, all’articolo 3 dispone che, mentre la durata della detenzione è imposta dalla sentenza inflitta dal Tribunale internazionale [2], le condizioni di detenzione sono quelle stabilite dalla legge dello Stato presso il quale viene espiata la pena. Esse dovranno essere compatibili con le regole sullo standard minimo nel trattamento dei detenuti approvate dal Consiglio economico e sociale (risoluzioni 663/57 e 2067/77), nonché con i principi fondamentali stabiliti in materia dalle Nazioni Unite (risoluzioni 43/173 del 1988 e risoluzione 45/111 del 1990), disposizioni e principi richiamati nel Preambolo dell’Accordo.
Se il condannato, in base alla legge nazionale dello Stato richiesto, può essere ammesso a misure alternative alla detenzione o al lavoro esterno o alla liberazione condizionale, il Ministro della giustizia ne informa il Presidente del Tribunale internazionale cui compete decidere sull’applicazione delle predette misure; in caso di opposizione, il Ministro provvede al trasferimento del condannato al Tribunale internazionale a norma dell’art. 10 dell’Accordo.
Analogamente si procede se il condannato sia ritenuto meritevole di grazia o possa beneficiare di una qualche forma di commutazione della pena in applicazione della legge dello Stato ospitante.
Per il trasferimento del condannato l’articolo 4 dispone che esso abbia luogo in base ai necessari accordi fra il Cancelliere del Tribunale internazionale e le autorità nazionali competenti e che il condannato, prima del trasferimento, sia informato dei contenuti dell’Accordo in esame.
L’articolo 5 riafferma il principio del ne bis in idem secondo il quale il condannato non sarà nuovamente processato dallo Stato richiesto per gli stessi fatti per i quali è già stato processato dal Tribunale Internazionale.
Ai fini della verifica delle condizioni di detenzione (articolo 6), conformemente a quanto stabilito dall’art. 8 della L. 181/2002 citata, si prevede che il Ministro della giustizia autorizzi ispezioni da parte del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) in ogni momento e su base periodica, con frequenza stabilita dal Comitato medesimo. A tale organo compete peraltro far pervenire al Ministro e al Presidente del Tribunale internazionale un rapporto confidenziale sui risultati delle ispezioni effettuate.
È inoltre prevista la trasmissione di informazioni da parte del Ministro al Presidente del Tribunale sia nei casi di evasione e di decesso del detenuto sia due mesi prima delle dimissioni per conclusa detenzione, nonché l’eventualità di consultazioni fra le due autorità per questioni relative alle modalità dell’esecuzione della pena (articolo 7).
La cessazione dell’esecuzione della sentenza, in base all’articolo 9 dell’Accordo, ha luogo, oltre che nei casi di avvenuta espiazione della pena, o di decesso, o di concessione della grazia, anche in qualsiasi altro momento per decisione del Tribunale e conseguente richiesta di trasferimento del condannato in altro Stato o presso il Tribunale stesso.
L’articolo 10 prevede che, nel caso in cui la sentenza non possa essere eseguita, il Ministro della giustizia comunichi tale situazione al Cancelliere, il quale provvede al trasferimento del condannato.
Le spese di trasferimento del condannato sono, in linea di massima, a carico del Tribunale internazionale, mentre le spese derivanti dall’esecuzione della sentenza sono a carico dello Stato richiesto (articolo 11).
Al riguardo, si segnala che la Sottocommissione per i pareri della Commissione bilancio del Senato, nella seduta del 15 novembre scorso, ha espresso parere non ostativo sul provvedimento a seguito dell’illustrazione, da parte del sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, Brambilla, di una nota della Ragioneria generale dello Stato dalla quale non risultano effetti finanziari correlati al provvedimento in esame.
Con riferimento all’entrata in vigore e alla durata dell’Accordo, gli articoli 12 e 13 prevedono che la vigenza decorra dalla data in cui le Nazioni Unite riceveranno la notifica da parte italiana dell’avvenuto espletamento delle procedure interne sino al momento in cui le sentenze del Tribunale non siano state eseguite dallo Stato richiesto ai termini e alle condizioni previste dall’Accordo stesso. La richiesta di cessazione dell’Accordo può essere avanzata da ciascuna delle due Parti, previa consultazione, con preavviso di due mesi; la denuncia dell’Accordo non può aver luogo prima che l’esecuzione delle sentenze cui si applica sia sta completata o prima del trasferimento del condannato deliberato in applicazione dell’art. 10.
Il disegno di legge in esame si compone di quattro articoli. I primi due recano, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione dell’Accordo per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda.
L’articolo 3 novella il comma 4 dell’articolo 7 della legge 2 agosto 2002, n. 181, più sopra illustrato nella direzione di adeguarlo all’articolo 3 dell’Accordo che dispone che la durata della pena sia stabilita dal Tribunale. La modifica introdotta, pertanto, vincola la Corte di appello di Roma, competente a pronunciare il riconoscimento della sentenza emessa dal Tribunale Internazionale, alla durata della pena da quest’ultimo stabilita. Viene quindi meno il limite massimo di pena pari a 30 anni attualmente previsto dal comma in questione.
L’articolo 4 stabilisce l’entrata in vigore del provvedimento per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica presentato al Senato (A.S. 3552) è accompagnato da una Analisi tecnico-normativa (ATN) e da una Analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR).
L’ATN afferma che il provvedimento non presenta profili di incompatibilità con il diritto comunitario. L’Accordo, invece, incide su materia regolata dalla normativa nazionale. Più precisamente, l’ATN cita l’articolo 7, comma 4, della legge n. 181/2002 che, in merito alla durata della sentenza, diviene incompatibile con l’articolo 3, comma 1, per le ragioni più sopra illustrate. Quanto alle disposizioni relative ai casi di trasferimento del condannato, disposto dal Ministro della giustizia – disciplinati dall’Accordo - l’ATN precisa che essi non sono regolati dalla legge 181/2002, né sono a tali casi applicabili gli articoli 742 e segg. del codice di procedura penale sull’esecuzione all’estero di sentenze penali italiane.
Nell’AIR non è previsto quante persone condannate in via definitiva dal Tribunale internazionale potrebbero scontare la pena in Italia.
N. 6193
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CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
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DISEGNO DI LEGGE |
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APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA il 22 novembre 2005 (v. stampato Senato n. 3552) presentato dal ministro degli affari esteri (FINI) di concerto con il ministro dell'interno (PISANU) con il ministro della giustizia (CASTELLI) e con il ministro dell'economia e delle finanze (SINISCALCO) ¾ |
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Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno |
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Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica
il 23 novembre 2005
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disegno di legge ¾¾¾
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Art. 1. (Autorizzazione alla ratifica). 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004.
Art. 2. (Ordine di esecuzione). 1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12 dell'Accordo stesso.
Art. 3. (Riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale). 1. All'articolo 7, comma 4, della legge 2 agosto 2002, n. 181, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Nell'esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, la Corte è vincolata dalla durata stabilita nella sentenza».
Art. 4. (Entrata in vigore). 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
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INSERIRE 442 Accordo
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
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N. 3552
DISEGNO DI LEGGE |
presentato dal Ministro degli affari esteri (FINI) di concerto col Ministro dell’interno (PISANU) col Ministro della giustizia (CASTELLI) e col Ministro dell’economia e delle finanze (SINISCALCO)
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COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 LUGLIO 2005 |
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Ratifica ed esecuzione dell’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno
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Onorevoli Senatori. – A seguito delle tragiche vicende occorse nello Stato africano del Ruanda durante l’anno 1994, vicende che assunsero i caratteri di un vero e proprio genocidio, e delle gravi violazioni del diritto umanitario internazionale verificatesi negli Stati vicini al Ruanda ad opera di cittadini ruandesi, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ritenne opportuno seguire la stessa linea di condotta adottata per i crimini commessi nell’ex Jugoslavia, consistente nell’istituzione di un Tribunale ad hoc per giudicare e punire le persone fisiche responsabili dei crimini. Ciò avvenne mediante la risoluzione n. 955 adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’8 novembre 1994, che, esprimendo il serio allarme per il genocidio e le altre sistematiche, diffuse e flagranti violazioni del diritto umanitario internazionale commesse in Ruanda, e nell’intento di portare davanti alla giustizia i responsabili di tali atrocità, istituiva il Tribunale penale internazionale per il Ruanda. Notevoli sono le analogie tra i due Tribunali, quello per il Ruanda e quello per l’ex Jugoslavia. Essi hanno una matrice comune (il Tribunale per l’ex Jugoslavia era stato istituito un anno e mezzo prima con risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 827 del 25 maggio 1993); i due Statuti sono paralleli, pur con le diversità richieste dalle differenti situazioni e vi sono legami istituzionali tra i due organi giudiziari, che hanno in comune la stessa Camera di Appello.
Ora, poiché l’Italia in data 6 febbraio 1997 aveva firmato all’Aja un accordo con le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, ratificato ai sensi della legge 7 giugno 1999, n. 207, si è ravvisata l’opportunità di fare altrettanto con il Tribunale penale internazionale per il Ruanda. Il relativo Accordo con le Nazioni Unite è stato fatto a Roma il 17 marzo 2004. Tranne alcune necessarie modifiche di dettaglio (come ad esempio quelle relative ai riferimenti legislativi, alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza, ecc.) esso riproduce esattamente il testo del citato Accordo del 6 febbraio 1997.
L’Accordo ha lo scopo di consentire che le persone condannate dal Tribunale possano espiare la pena in Italia. In particolare l’Accordo, che richiama la legge 2 agosto 2002, n. 181, contenente disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale, prevede che un’eventuale richiesta del Tribunale stesso tendente all’esecuzione di una propria sentenza nel nostro Paese, sia trasmessa al Ministro della giustizia. Quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 7 della legge predetta, richiederà alla Corte d’appello di Roma il riconoscimento della sentenza.
In termini generali, l’Accordo assume valore ed importanza, ritenendo che senza un’esecuzione giusta e certa delle pene inflitte, verrebbe compromessa l’opera del Tribunale, la cui attività è di notevole rilevanza per il processo di riconciliazione nazionale in Ruanda e per il raggiungimento di qualsiasi sistemazione definitiva degli equilibri politici nell’area dei Grandi Laghi. Infatti, non si può ignorare che la crisi, ancora perdurante di questa regione dell’Africa, prenda origine proprio dal genocidio in Ruanda, e che la condanna dei massimi responsabili del genocidio potrà contribuire al consolidamento dei processi di pace in corso.
Dal canto loro le Autorità ruandesi si sono impegnate per favorire il processo di riconciliazione nazionale anche mediante il ripristino delle giurisdizioni locali ed hanno sottolineato come l’iniziativa sia importante per promuovere la giustizia e decongestionare le prigioni del Paese, come dimostrato dalla scarcerazione di circa 40.000 dei 120.000 detenuti incriminati per atti collegati al genocidio, grazie ai processi celebrati da questi tribunali.
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha fissato un termine al mandato del Tribunale penale internazionale, obbligato a concludere tutte le inchieste entro la fine dell’anno 2004 e l’attività processuale entro l’anno 2008. Per rispettare questi termini, il Presidente del Tribunale ha elaborato una strategia che limita l’attività processuale ai casi più gravi, lasciando tutti gli altri agli Stati che vorranno farsene carico ed in primo luogo alla giustizia ruandese.
Questa strategia sta dando buoni risultati e l’Italia considera positivamente l’andamento dei lavori del Tribunale, acceleratosi nell’ultimo periodo, nel tentativo di rispettare il termine previsto per la fine del mandato. Il favorevole esito dell’attività del Tribunale è motivo di compiacimento per il nostro Paese che ne ha sostenuto e ne sostiene l’opera, sia con finanziamenti che ci collocano al sesto posto fra i Paesi contribuenti, sia attraverso la partecipazione ai lavori del Tribunale di noti giuristi e magistrati italiani.
Esame dell’articolato.
L’articolo 1 definisce l’oggetto e gli ambiti di intervento dell’Accordo.
L’articolo 2 prevede che il Cancelliere del Tribunale internazionale debba far pervenire al Governo della Repubblica italiana, nella persona del Ministro della giustizia, la richiesta per l’esecuzione della sentenza. La richiesta deve essere accompagnata da specifica documentazione. Le competenti autorità nazionali decideranno se accettare o meno la richiesta in conformità con la legge italiana, in particolare ai sensi dell’articolo 7, comma 1, della legge 2 agosto 2002, n. 181.
L’articolo 3, paragrafo 1, stabilisce che in ogni caso, nell’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, le autorità nazionali dello Stato richiesto siano vincolate alla durata stabilita nella sentenza.
L’articolo 3, paragrafo 2, richiamandosi alla sopra citata legge n. 181 del 2002, indica che le condizioni della detenzione sono quelle previste dalla legge dello Stato richiesto.
L’articolo 3, paragrafo 3, prevede che in base alla legge nazionale dello Stato richiesto il condannato possa essere ammesso a misure alternative alla detenzione o al lavoro esterno, ovvero beneficiare della libertà condizionale, previa informazione da parte del Ministro della giustizia al Tribunale internazionale.
L’articolo 3, paragrafo 4, indica le procedure da adottare qualora il Presidente del Tribunale internazionale, in consultazione con i giudici, non ritenga opportuna l’applicazione al condannato di una delle misure indicate nel paragrafo 3.
L’articolo 3, paragrafo 5, indica che le condizioni di detenzione dovranno essere compatibili con le regole sullo standard minimo nel trattamento dei detenuti, nonché con i princìpi fondamentali sul trattamento e sulla protezione di tutte le persone che si trovino in qualsiasi forma di detenzione o imprigionamento.
L’articolo 4 stabilisce che il Cancelliere del Tribunale internazionale prenda gli accordi opportuni con le competenti autorità nazionali dello Stato richiesto per il trasferimento del condannato ed informi lo stesso del contenuto dell’Accordo prima del trasferimento.
L’articolo 5 ribadisce il principio del non-bis-in-idem.
L’articolo 6 stabilisce che il Ministro della giustizia dello Stato richiesto, conformemente a quanto previsto dalla legge 2 agosto 2002, n. 181, permetterà ispezioni al fine di verificare le condizioni di detenzione e trattamento dei detenuti, da parte del Comitato internazionale della Croce Rossa che predisporrà un rapporto confidenziale per il Ministro della giustizia e per il Presidente del Tribunale internazionale.
All’articolo 7 sono previste trasmissioni di informazioni da parte del Ministro della giustizia al Presidente del Tribunale internazionale nei casi di evasione, decesso e scarcerazione del condannato per espiazione della pena.
L’articolo 8, paragrafo 1, prevede che qualora in applicazione della legge nazionale dello Stato richiesto, il condannato sia ritenuto meritevole di grazia o possa beneficiare di una forma di commutazione della pena, il Ministro della giustizia ne informi il Cancelliere del Tribunale internazionale.
L’articolo 8, paragrafo 2, prevede, altresì, che qualora il Presidente del Tribunale internazionale, in consultazione con i giudici, consideri inopportuna la concessione delle misure previste al paragrafo 1, ne informi il Ministro della giustizia che provvederà al trasferimento del condannato al Tribunale internazionale.
L’articolo 9, al paragrafo 2, prevede che in qualunque momento il Tribunale internazionale può richiedere la cessazione dell’esecuzione della sentenza nello Stato richiesto ed il trasferimento del condannato in altro Stato o presso il Tribunale internazionale stesso.
L’articolo 10 stabilisce che qualora in un momento successivo alla decisione di dare esecuzione alla sentenza, tale esecuzione dovesse risultare impossibile, il Ministro della giustizia deve notificare al Cancelliere del Tribunale detta impossibilità. Il Cancelliere dovrà, quindi, prendere gli accordi necessari per il trasferimento del condannato. Le autorità competenti dello Stato richiesto, dovranno, comunque, attendere sessanta giorni dalla notificazione, prima di adottare ogni altra misura.
Le spese di trasferimento del condannato verso o dallo Stato richiesto, salvo diverso accordo tra le Parti, sono a carico del Tribunale internazionale, mentre tutte le altre spese derivanti dall’esecuzione della sentenza saranno a carico dello Stato richiesto (articolo 11).
Le clausole finali (articoli 12-13) dettano le norme rituali in materia di entrata in vigore e durata dell’Accordo. In particolare l’articolo 13, paragrafo 2, stabilisce che l’Accordo non può essere denunciato prima che l’esecuzione delle sentenze alle quali si applica sia stata completata e, laddove applicabile, prima del trasferimento del condannato in applicazione dell’articolo 10 dell’Accordo stesso.
Normativa d’attuazione.
Il presente disegno di legge con gli articoli 1 e 2 dispone l’autorizzazione alla ratifica dell’Accordo e l’ordine di esecuzione del medesimo; l’articolo 3 modifica la legge 2 agosto 2002, n. 181, relativa all’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, adeguandola a quanto previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, dell’Accordo il quale prescrive che nell’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, le autorità nazionali siano vincolate alla durata stabilita nella sentenza; infine l’articolo 4 dispone in ordine all’entrata in vigore.
Dall’attuazione del presente provvedimento non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, pertanto non si rende necessaria la relazione tecnica di cui al comma 2 dell’articolo 11-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468.
Analisi tecnico-normativa
Necessità dell’intervento normativo.
Il provvedimento è necessario per dare esecuzione all’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda ed introdurre, nell’ordinamento interno, disposizioni atte a modificare norme preesistenti.
L’Accordo è stato sottoscritto dall’Italia il 17 marzo 2004.
Analisi
del quadro normativo ed incidenza delle norme proposte sulle leggi e i
regolamenti vigenti.
L’Accordo in esame incide su
materia regolata dal codice di procedura penale e dalla legge 2 agosto 2002, n.
181, e comporta modifiche a quest’ultima. Si
sottolinea, in particolare, quanto segue:
– il
paragrafo 1 dell’articolo 3 dell’Accordo prevede che nell’esecuzione della pena
inflitta dal Tribunale internazionale, le autorità nazionali «saranno vincolate
alla durata stabilita nella sentenza». Viene così meno il limite massimo di
anni trenta di reclusione, previsto dall’articolo 7, comma 4, della citata
legge n. 181 del 2002;
– il paragrafo 4 dello stesso articolo 3, il paragrafo 2 dell’articolo 8 e l’articolo 10 dell’Accordo prevedono e regolano ipotesi in cui il Ministro della giustizia, in un momento successivo alla decisione di dare esecuzione in Italia alla sentenza, dispone il trasferimento del condannato al Tribunale internazionale. La materia non è regolata dalla citata legge n. 181 del 2002, non sono applicabili le disposizioni degli articoli 742 e seguenti del codice di procedura penale, per una serie di ragioni, che derivano dalla non completa equiparabilità delle ipotesi dell’Accordo e quelle del codice, e tra le quali spicca la non applicabilità ai casi dell’Accordo delle condizioni previste nell’articolo 742, commi 2 e 3.
Ulteriori ipotesi di trasferimento del condannato al Tribunale (o ad altro Stato), anch’essa non regolata da disposizioni di legge vigenti, è prevista nell’articolo 9, paragrafo 2, dell’Accordo.
In particolare, nella legge 7 giugno 1999, n. 207, fu ritenuto opportuno inserire un articolo (articolo 3), che dopo l’articolo 13 del decreto-legge 28 dicembre 1993, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 febbraio 1994, n. 120, inseriva un nuovo articolo 13-bis sull’arresto da parte della polizia giudiziaria; nel caso in esame un tale inserimento non è necessario, in quanto la legge 2 agosto 2002, n. 181, prevede già, all’articolo 14, tale norma.
Analisi
della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario.
Le disposizioni del disegno di
legge di ratifica dell’Accordo non presentano alcun profilo di incompatibilità
con il diritto comunitario.
Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a
statuto speciale.
L’intera materia rientra nella
competenza esclusiva dello Stato, ai sensi del titolo V, articolo 117, secondo
comma, lettere a) ed l), della Costituzione.
Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il
trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali.
La disciplina dell’Accordo è
coerente con le norme primarie di trasferimento di funzioni alle regioni ed
enti locali.
Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni
ed integrazioni a disposizioni vigenti.
L’articolo 3 del provvedimento
in esame apporta una modifica all’articolo 7, comma 4, della legge 2 agosto
2002, n. 181, adeguandolo a quanto previsto dall’articolo 3, paragrafo 1,
dell’Accordo che prescrive che, nell’esecuzione della pena inflitta dal
Tribunale internazionale, le autorità nazionali siano vincolate alla durata
stabilita nella sentenza.
Analisi dell’impatto della regolamentazione
(AIR)
Ambito dell’intervento con particolare riguardo all’individuazione dei soggetti destinatari e dei soggetti coinvolti.
Il provvedimento è volto alla ratifica dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, istituito dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 955 dell’8 novembre 1994.
L’Accordo
è stato sottoscritto dall’Italia il 17 marzo 2004.
Sono destinatari diretti del
provvedimento il Tribunale penale internazionale ed il Ministero della
giustizia.
Sono destinatari indiretti le
persone condannate con sentenze pronunciate dal Tribunale penale
internazionale.
Valutazione
dell’impatto sulla pubblica amministrazione.
L’esperienza del precedente
analogo Accordo di esecuzione delle sentenze del Tribunale penale
internazionale per l’ex Jugoslavia ha dimostrato che tutto il meccanismo è
congegnato in modo che, senza bisogno di ulteriori norme regolamentari o di
applicazione, il Ministero della giustizia possa agevolmente raggiungere gli
obiettivi prefissati e fare fronte alle richieste che gli perverranno dal
Presidente del Tribunale per il Ruanda.
Tali richieste tenderanno a far sì che un limitato numero di persone condannate dal Tribunale, e la cui sentenza sia passata in giudicato, possano espiare la loro pena in Italia. La legge di ratifica dell’Accordo metterà il Ministero della giustizia in condizione di poter assolvere a dette richieste, dopo aver promosso il riconoscimento della sentenza da parte della Corte di appello di Roma.
DISEGNO DI LEGGE (Autorizzazione alla ratifica) 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004. (Ordine d’esecuzione) 1. Piena ed intera esecuzione è data all’Accordo di cui all’articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 12 dell’Accordo stesso. (Riconoscimento
della sentenza 1. All’articolo 7, comma 4, della legge 2 agosto 2002, n. 181, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Nell’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, la Corte è vincolata dalla durata stabilita nella sentenza». (Entrata in vigore) 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
(omissis)
|
Esame in sede referente presso la 3ª
Commissione
Affari esteri
AFFARI ESTERI (3a)
MARTEDÌ 15 NOVEMBRE 2005
257a Seduta
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Margherita Boniver.
IN SEDE REFERENTE
(3552) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
(Esame e rinvio)
Introduce l’esame il senatore PIANETTA (FI), evidenziando che l'Accordo in esame ha come scopo la possibilità di consentire che le persone condannate dal Tribunale Penale Internazione per il Ruanda possano espiare la pena in Italia sulla base di precise richieste da parte dello stesso Tribunale tendenti all'esecuzione di proprie sentenze nel nostro Paese. Senza una esecuzione giusta e certa della pena inflitta, infatti, verrebbe ovviamente compromessa la credibilità del predetto Tribunale la cui attività riveste grande rilevanza nel processo di riconciliazione in atto in Ruanda. E' un contributo senz'altro importante, inoltre, per il raggiungimento di un definitivo equilibrio politico in una zona così tormentata come quella dei Grandi Laghi africani, la cui crisi ebbe origine proprio dal terribile genocidio del 1994, che fece registrare oltre 800mila morti a seguito di tragiche e orrende violazioni del diritto umanitario, in merito alle quali la comunità internazionale e in particolare le Nazioni Unite non intervennero adeguatamente e tempestivamente. Del resto, il caso Ruanda è stato emblematicamente considerato, anche in occasione della riforma delle Nazioni Unite, come un momento estremamente negativo e inconcludente del ruolo posto in capo all'ONU.
Il relatore ricorda poi che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con la risoluzione 955 dell'8 novembre 1994, istituì il Tribunale internazionale per il Ruanda, anche sulla base di analogie che avevano precedentemente portato alla istituzione di un Tribunale ad hoc per perseguire i crimini commessi nella ex Jugoslavia. Pertanto, l'Italia, avendo il 6 febbraio 1997 firmato all'Aja uno specifico accordo per l'esecuzione delle sentenze di condanna relative alle gravi violazioni del diritto umanitario nella ex Jugoslavia, ha ritenuto di mettere in atto analogo comportamento nei confronti del Tribunale che giudica le atrocità commesse in Ruanda e, in data 17 marzo 2004, ha quindi firmato l'accordo in esame.
Egli fa inoltre presente che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha stabilito che le inchieste del Tribunale per il Ruanda debbono concludersi entro il 2004 e che l'attività processuale deve avere termine entro l'anno 2008. Il Presidente del medesimo Tribunale ha peraltro deciso di affrontare i casi più gravi, lasciando alla giustizia ruandese e di altri Stati interessati la risoluzione delle altre controversie. Quanto all'Italia, essa ha sostenuto il Tribunale sia ponendosi al sesto posto come Paese finanziatore, sia attraverso la partecipazione diretta di giuristi e magistrati italiani.
Il relatore si sofferma successivamente sul contenuto degli articoli dell'Accordo, specificando in particolare che, nell'esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, le autorità nazionali dello Stato richiesto sono vincolate alla durata stabilita nella sentenza, e che le condizioni della detenzione sono invece quelle previste dalla legge dello Stato richiesto, con connessa previsione di misure alternative alla detenzione stessa. Rende inoltre noto che le spese di trasferimento del condannato verso o dallo Stato richiesto sono a carico del Tribunale internazionale, mentre tutte le altre spese derivanti dall'esecuzione della sentenza sono a carico dello Stato richiesto. Egli conclude infine la relazione invitando la Commissione a valutare favorevolmente il provvedimento in titolo.
Il seguito dell’esame è quindi rinviato.
AFFARI ESTERI (3a)
MERCOLEDÌ 16 NOVEMBRE 2005
258a Seduta
Presidenza del Presidente
Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Margherita Boniver.
IN SEDE REFERENTE
(3552) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
(Seguito e conclusione dell'esame)
Riprende l'esame sospeso nella seduta di ieri, martedì 15 novembre, nel corso della quale era stata svolta la relazione.
Non essendovi richieste di interventi in discussione generale, prende nuovamente la parola il relatore PIANETTA (FI) , il quale fa presente che nel titolo del disegno di legge e nell'articolo 1, per un equivoco formale, il Tribunale penale internazionale per il Ruanda è definito erroneamente "Tribunale penale internazionale del Ruanda". Rilevata pertanto l'opportunità di correggere il testo, egli illustra gli emendamenti T.1 e 1.1, allegati al resoconto, invitando la Commissione ad accoglierli.
Verificata la presenza del numero legale, vengono pertanto posti separatamente ai voti e approvati gli emendamenti Tit.1 e 1.1.
La Commissione conferisce infine mandato al relatore a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge in esame come emendato.
EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 3552
1.1
IL RELATORE
All’articolo 1 sostituire le parole: "Tribunale penale internazionale del Ruanda" con le seguenti: "Tribunale penale internazionale per il Ruanda".
Tit.1
IL RELATORE
Sostituire nel titolo le parole: "Tribunale penale internazionale del Ruanda" con le seguenti: "Tribunale penale internazionale per il Ruanda".
AFFARI COSTITUZIONALI (1a)
Sottocommissione per i pareri
MartEDÌ 15 NOVEMBRE 2005
260a Seduta
Presidenza del Presidente
(3552) Ratifica
ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le
Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale
internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di
adeguamento dell'ordinamento interno
(Parere alla 3ª Commissione. Esame. Parere non ostativo)
Il relatore MAGNALBO' (AN) illustra il disegno
di legge in titolo, che non presenta a suo avviso profili problematici in
termini di costituzionalità; propone pertanto di esprimere, per quanto di
competenza, un parere non ostativo.
La Sottocommissione concorda con il relatore.
GIUSTIZIA (2a)
Sottocommissione per i pareri
MARTEDÌ 15 NOVEMBRE 2005
169a Seduta
Presidenza del Presidente
(3552) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno : parere di nulla osta.
BILANCIO (5a)
Sottocommissione per i pareri
MARTEDÌ 15 NOVEMBRE 2005
522a Seduta
Presidenza del Presidente
AZZOLLINI
Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali Brambilla.
(3552) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
(Parere alla 3a Commissione. Esame. Parere non ostativo)
Il relatore GRILLOTTI (AN) in merito al provvedimento in titolo, segnala, per quanto di competenza, che l’Accordo prevede (all'articolo 11) che tutte le spese per l’esecuzione delle sentenze emesse dal Tribunale penale internazionale del Ruanda nei confronti dei responsabili delle atrocità commesse nell’anno 1994, ad eccezione di quelle per il trasferimento del condannato, sono a carico degli Stati che abbiano espresso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite la disponibilità ad accettare persone condannate. Informa che occorre pertanto verificare se le spese eventualmente poste a carico dello Stato italiano possano rientrare tra le attività ordinarie svolte dalle pubbliche Amministrazioni.
Il sottosegretario BRAMBILLA illustra una nota della Ragioneria generale dello Stato dalla quale non risultano effetti finanziari correlati al provvedimento in esame.
Su proposta del RELATORE la Sottocommissione conviene quindi di formulare un parere di nulla osta sul disegno di legge in titolo.
Relazione della 3ª Commissione Affari esteri
SENATO DELLA REPUBBLICA ¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾
|
N. 3552-A
RELAZIONE DELLA 3ª COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE)
(Relatore PIANETTA)
Comunicata alla Presidenza il 16 novembre 2005
SUL
DISEGNO DI LEGGE
Ratifica ed esecuzione dell’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno
presentato dal Ministro degli affari esteri
di concerto col Ministro dell’interno
col Ministro della giustizia
e col Ministro dell’economia e delle finanze
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 LUGLIO 2005
¾¾¾¾¾¾¾¾
PARERE DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE
(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)
(Estensore: Magnalbò)
15 novembre 2005
La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.
PARERE DELLA 5ª COMMISSIONE PERMANENTE
(PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO)
(Estensore: Grillotti)
15 novembre 2005
La Commissione, esaminato il disegno di legge, esprime per quanto di propria competenza, parere di nulla osta.
DISEGNO DI LEGGE |
DISEGNO DI LEGGE |
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Testo d’iniziativa del Governo |
Testo proposto dalla Commissione |
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Ratifica ed esecuzione dell’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno |
Ratifica ed esecuzione dell’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno |
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(Autorizzazione alla ratifica) |
(Autorizzazione alla ratifica) |
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1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004. |
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004. |
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Art. 2. |
Art. 2. |
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(Ordine di esecuzione) |
(Ordine di esecuzione) |
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1. Piena ed intera esecuzione è data all’Accordo di cui all’articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 12 dell’Accordo stesso. |
Identico |
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Art. 3. |
Art. 3. |
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(Riconoscimento
della sentenza |
(Riconoscimento
della sentenza |
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1. All’articolo 7, comma 4, della legge 2 agosto 2002, n. 181, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Nell’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, la Corte è vincolata dalla durata stabilita nella sentenza». |
Identico |
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Art. 4. |
Art. 4. |
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(Entrata in vigore) |
(Entrata in vigore) |
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1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. |
Identico |
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Discussione del disegno di legge:
(3552) Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale del Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (ore 17,03)
Approvazione, con modificazioni, con il seguente titolo: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3552.
La relazione è stata già stampata e distribuita. Chiedo al relatore se intende integrarla.
CASTAGNETTI, f. f. relatore. Signor Presidente, mi rimetto alla relazione scritta.
PRESIDENTE. Non essendovi iscritti a parlare nella discussione generale, ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
VENTUCCI, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Concordo con la relazione scritta.
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli, nel testo proposto dalla Commissione.
Metto ai voti l'articolo 1.
È approvato.
Metto ai voti l'articolo 2.
È approvato.
Metto ai voti l'articolo 3.
È approvato.
Metto ai voti l'articolo 4.
È approvato.
Metto ai voti il disegno di legge, nel suo complesso, con il seguente titolo: «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno».
È approvato.
Ringrazio i colleghi per le undici ratifiche che sono state approvate molto rapidamente dal Senato. Spesso lo Stato italiano, per varie ragioni della nostra amministrazione, porta all'esame del Parlamento con considerevole ritardo le ratifiche di Accordi internazionali. Mi pare che oggi sia stato compiuto un buon lavoro, di cui ringrazio nuovamente i colleghi.
PRESIDENTE. Se non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.
Allegato A
DISEGNO DI LEGGE
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l'esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (3552)
ARTICOLI 1, 2, 3 E 4 NELTESTO PROPOSTO DALLA COMMISSIONE
ART. 1.
Approvato
(Autorizzazione alla ratifica)
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l’Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e le Nazioni Unite per l’esecuzione delle sentenze del Tribunale penale internazionale per ilRuanda, fatto a Roma il 17 marzo 2004.
Art. 2.
Approvato
(Ordine di esecuzione)
1. Piena ed intera esecuzione è data all’Accordo di cui all’articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall’articolo 12 dell’Accordo stesso.
Art. 3.
Approvato
(Riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale)
1. All’articolo 7, comma 4, della legge 2 agosto 2002, n. 181, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Nell’esecuzione della pena inflitta dal Tribunale internazionale, la Corte è vincolata dalla durata stabilita nella sentenza».
Art. 4.
Approvato
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L. 2
agosto 2002, n. 181
Disposizioni in materia di cooperazione con il Tribunale internazionale
competente per gravi violazioni del diritto umanitario commesse nel territorio
del Ruanda e Stati vicini
(1)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 agosto 2002, n. 190.
Art. 1
Definizioni.
1. Ai fini della presente legge:
a) per «risoluzione» si intende la risoluzione n. 955/1994, integrata dalla risoluzione n. 1165/1998, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l'8 novembre 1994 ai sensi del capitolo VII dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945, reso esecutivo con legge 17 agosto 1957, n. 848;
b) per «Tribunale internazionale» si intende il Tribunale internazionale istituito dalla risoluzione per giudicare i responsabili di crimini di genocidio e di altre gravi violazioni del diritto umanitario internazionale commesse nei territori del Ruanda e Stati vicini dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1994;
c) per «statuto» si intende lo statuto del Tribunale internazionale adottato dal Consiglio di sicurezza con la risoluzione.
Art. 2
Obbligo di cooperazione.
1. Lo Stato italiano coopera con il Tribunale internazionale conformemente alle disposizioni della risoluzione, dello statuto e della presente legge.
2. L'autorità competente a ricevere le richieste di cooperazione del Tribunale internazionale previste dalla presente legge e a dare seguito ad esse è il Ministro della giustizia.
Art. 3
Trasferimento dei procedimenti penali.
1. Quando il Tribunale internazionale richiede, a norma dell'articolo 8, paragrafo 2, dello statuto, il trasferimento del procedimento penale pendente dinanzi ad un'autorità giudiziaria, il giudice dichiara con sentenza che non può ulteriormente procedersi per l'esistenza della giurisdizione prioritaria del Tribunale internazionale, sempre che ricorrano le seguenti condizioni:
a) se il Tribunale internazionale procede per il medesimo fatto per il quale procede il giudice italiano;
b) se il fatto rientra nella giurisdizione territoriale e temporale del Tribunale internazionale ai sensi dell'articolo 7 dello statuto.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 127 del codice di procedura penale, con la partecipazione necessaria del difensore; il ricorso per cassazione ha effetto sospensivo.
3. Il giudice trasmette gli atti al Ministro della giustizia per l'inoltro al Tribunale internazionale.
4. Nel caso previsto dal comma 1 il corso della prescrizione rimane sospeso per non più di tre anni. La prescrizione riprende il suo corso se viene riaperto il procedimento a norma dell'articolo 4.
Art. 4
Riapertura del procedimento nazionale.
1. Il procedimento penale dinanzi all'autorità giudiziaria italiana è riaperto quando ricorre una delle seguenti ipotesi:
a) se il procuratore del Tribunale internazionale decide, ai sensi dell'articolo 17 dello statuto, di non formulare l'atto di accusa;
b) se il giudice del Tribunale internazionale decide, ai sensi dell'articolo 18 dello statuto, di non confermare l'atto di accusa;
c) se il Tribunale internazionale dichiara la propria incompetenza.
2. Qualora ricorra una delle ipotesi indicate nel comma 1, il giudice per le indagini preliminari autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero; in tale caso i termini per le indagini iniziano a decorrere nuovamente. Se è stata già esercitata l'azione penale, il giudice per le indagini preliminari ovvero il presidente del tribunale provvede alla rinnovazione dell'atto introduttivo della fase o del grado nei quali è stato deciso il trasferimento del processo penale a favore del Tribunale internazionale.
Art. 5
Divieto di nuovo giudizio.
1. Una persona che è stata giudicata con sentenza definitiva del Tribunale internazionale non può essere di nuovo sottoposta a procedimento penale nel territorio nazionale per il medesimo fatto.
2. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni dell'articolo 649 del codice di procedura penale.
Art. 6
Comunicazioni e trasmissioni di atti.
1. L'autorità giudiziaria comunica senza ritardo al Tribunale internazionale le iscrizioni nel registro previsto dall'articolo 335 del codice di procedura penale relative alle notizie di reato in ordine alle quali ritiene sussistere la giurisdizione concorrente del Tribunale internazionale. La comunicazione contiene, altresì, una sommaria esposizione dei fatti.
2. Qualora il Tribunale internazionale ne faccia domanda, al fine di valutare se richiedere il trasferimento del procedimento penale, l'autorità giudiziaria trasmette una sommaria esposizione dei fatti unitamente agli atti che non sono coperti dal segreto o a quelli dei quali il pubblico ministero consente la pubblicazione con decreto motivato.
Art. 7
Riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale.
1. Qualora, sulla base della dichiarazione di disponibilità espressa ai sensi dell'articolo 26 dello statuto, il Tribunale internazionale abbia indicato lo Stato come luogo di espiazione della pena, il Ministro della giustizia richiede il riconoscimento della sentenza del Tribunale internazionale. A tale scopo trasmette al procuratore generale presso la corte di appello di Roma la richiesta, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati. Il procuratore generale promuove il riconoscimento con richiesta alla corte di appello.
2. La sentenza del Tribunale internazionale non può essere riconosciuta se ricorre una delle seguenti ipotesi:
a) la sentenza non è divenuta irrevocabile a norma dello statuto e delle altre disposizioni che regolano l'attività del Tribunale internazionale;
b) la sentenza contiene disposizioni contrarie ai princìpi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato;
c) il fatto per il quale è stata pronunciata la sentenza non è previsto come reato dalla legge italiana;
d) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile.
3. La corte di appello di Roma delibera con sentenza in ordine al riconoscimento, osservate le forme previste dall'articolo 127 del codice di procedura penale. Si applica l'articolo 734, comma 2, del codice di procedura penale.
4. La corte di appello di Roma, quando pronuncia il riconoscimento, determina la pena che deve essere eseguita nello Stato. A tale fine converte la pena detentiva stabilita dal Tribunale internazionale nella pena della reclusione. In ogni caso la durata della pena non può eccedere quella di anni trenta di reclusione.
Art. 8
Esecuzione della pena.
1. Nel caso previsto dall'articolo 7 la pena è eseguita secondo la legge italiana.
2. Il controllo da parte del Tribunale internazionale ai sensi dell'articolo 26 dello statuto è esercitato sulla base di accordi con il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia.
Art. 9
Provvedimenti relativi alla grazia.
1. Nel caso previsto dall'articolo 8 il Ministro della giustizia, se ritiene che il condannato sia meritevole della grazia, la propone al presidente del Tribunale internazionale per la decisione ai sensi dell'articolo 27 dello statuto, trasmettendo gli atti dell'istruttoria espletata.
Art. 10
Cooperazione giudiziaria.
1. Il Ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dal Tribunale internazionale a norma dell'articolo 28 dello statuto, trasmettendole per l'esecuzione al procuratore generale presso la corte di appello di Roma, salvo quanto previsto dal comma 6.
2. Qualora la richiesta abbia per oggetto una attività di indagine o di acquisizione di prove, il procuratore generale chiede alla corte di appello di dare esecuzione alla richiesta.
3. La corte di appello dà esecuzione alla richiesta con decreto, delegando il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono essere compiuti.
4. Per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme del codice di procedura penale, salva l'osservanza delle forme espressamente richieste dal Tribunale internazionale che non siano contrarie ai princìpi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
5. Se il Tribunale internazionale ne ha fatto domanda, l'autorità giudiziaria delegata lo informa della data e del luogo di esecuzione degli atti richiesti. Il procuratore e i giudici del Tribunale che lo richiedono sono ammessi a presenziare all'esecuzione degli atti e possono proporre domande e suggerire modalità esecutive.
6. Le citazioni e le altre notificazioni richieste dal Tribunale internazionale sono trasmesse al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo in cui esse devono essere eseguite, il quale provvede senza ritardo.
7. Se il Tribunale internazionale ne fa richiesta, è disposto l'accompagnamento coattivo davanti ad esso del testimone, del perito o del consulente tecnico i quali, sebbene citati, non siano comparsi. Le spese dell'accompagnamento sono a carico dello Stato.
Art. 11
Consegna di imputato.
1. Quando la richiesta indicata nell'articolo 10, comma 1, ha per oggetto la consegna di un imputato al Tribunale internazionale, il procuratore generale, ricevuti gli atti, presenta senza ritardo la requisitoria alla corte di appello. La requisitoria è depositata nella cancelleria della corte di appello unitamente agli atti. Dell'avvenuto deposito è data comunicazione alle parti con l'avviso della data dell'udienza.
2. La corte di appello decide senza ritardo, con le forme dell'articolo 127 del codice di procedura penale, con la partecipazione necessaria del difensore, con sentenza. Tuttavia il ricorso per cassazione, che può essere proposto anche per il merito, ha effetto sospensivo.
3. La corte di appello pronuncia sentenza con la quale dichiara che non sussistono le condizioni per la consegna solo se ricorre una delle seguenti ipotesi:
a) non è stato emesso dal Tribunale internazionale un provvedimento restrittivo della libertà personale;
b) non vi è identità fisica tra la persona richiesta e quella oggetto della procedura di consegna;
c) il fatto in relazione al quale la consegna è richiesta non è compreso nella giurisdizione temporale e territoriale del Tribunale internazionale;
d) il fatto per il quale la consegna è richiesta non è previsto come reato dalla legge italiana;
e) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile.
4. Si applica l'articolo 701, comma 2, del codice di procedura penale.
5. Il Ministro della giustizia provvede con decreto sulla richiesta della consegna senza ritardo dopo avere ricevuto comunicazione della scadenza del termine per l'impugnazione della sentenza della corte di appello o del deposito della sentenza della Corte di cassazione ovvero il verbale indicato nell'articolo 12, comma 3, contenente il consenso della persona alla consegna e prende accordi con il Tribunale internazionale circa il tempo, il luogo e le modalità della consegna. Si applica l'articolo 709, comma 1, del codice di procedura penale.
Art. 12
Applicazione di misura cautelare ai fini della consegna.
1. Il procuratore generale, ricevuti gli atti a norma dell'articolo 10, comma 1, richiede alla corte di appello l'applicazione di una misura cautelare coercitiva; se il Tribunale internazionale ha richiesto la custodia in carcere della persona ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 2, lettera d), dello statuto, ovvero altra misura specifica, il procuratore generale richiede alla corte di appello l'applicazione esclusivamente di tale misura.
2. La corte di appello dispone con ordinanza la misura richiesta; può disporre una misura meno grave solo se il procuratore generale non ha espressamente richiesto di provvedere esclusivamente in ordine alla misura indicata. Si applica l'articolo 719 del codice di procedura penale.
3. Il presidente della corte di appello, al più presto e comunque entro cinque giorni dalla esecuzione della misura, provvede all'identificazione della persona e ne raccoglie l'eventuale consenso alla consegna, facendone menzione nel verbale. Il verbale che documenta il consenso è trasmesso al procuratore generale per l'ulteriore inoltro al Ministro della giustizia. Si applica l'articolo 717, comma 2, del codice di procedura penale.
4. La misura della custodia in carcere può essere sostituita quando ricorrono gravi motivi di salute.
5. Le misure cautelari sono revocate:
a) se dall'inizio della loro esecuzione ovvero nel caso di applicazione provvisoria della misura cautelare a norma dell'articolo 13, dal momento in cui è pervenuta la richiesta di consegna sono decorsi venticinque giorni senza che la corte di appello si sia pronunciata sulla richiesta di consegna;
b) se la corte di appello abbia pronunciato sentenza contraria alla consegna;
c) se sono decorsi quindici giorni dalla scadenza dei termini indicati nell'articolo 11, comma 5, senza che il Ministro della giustizia abbia emesso il decreto con cui è disposta la consegna;
d) se sono decorsi trenta giorni dal giorno fissato per la presa in consegna da parte del Tribunale internazionale, senza che questa sia avvenuta.
Art. 13
Applicazione provvisoria di misura cautelare.
1. Se il Tribunale internazionale ne fa domanda, l'applicazione della misura cautelare coercitiva può essere disposta provvisoriamente anche prima che la richiesta di consegna sia pervenuta, se:
a) il Tribunale internazionale ha dichiarato che nei confronti della persona è stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale e che intende presentare richiesta di consegna;
b) il Tribunale internazionale ha fornito la descrizione dei fatti, la specificazione del reato e gli elementi sufficienti per l'esatta identificazione della persona.
2. Ai fini dell'applicazione della misura si osservano le disposizioni dell'articolo 12.
3. Il Ministro della giustizia comunica immediatamente al Tribunale internazionale l'avvenuta esecuzione della misura cautelare. Essa è revocata se entro venti giorni dalla comunicazione non perviene la richiesta di consegna da parte del Tribunale internazionale.
Art. 14
Arresto da parte della polizia giudiziaria.
1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all'arresto della persona nei confronti della quale il Tribunale internazionale ha formulato una domanda di applicazione di una misura cautelare coercitiva, se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 13, comma 1. Essa provvede altresì al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato.
2. L'autorità che ha proceduto all'arresto ne informa immediatamente il Ministro della giustizia e al più presto, e comunque non oltre quarantotto ore, pone l'arrestato a disposizione del presidente della corte di appello del distretto in cui è avvenuto l'arresto, mediante la trasmissione del relativo verbale.
3. Quando non deve disporre la liberazione dell'arrestato, il presidente della corte di appello di cui al comma 2, entro quarantotto ore dal ricevimento del verbale, lo convalida con ordinanza disponendo l'applicazione di una misura cautelare coercitiva. I provvedimenti emessi e gli atti sono trasmessi senza ritardo alla corte di appello di Roma.
4. La misura cautelare coercitiva cessa di avere effetto se la corte di appello di Roma entro venti giorni dalla sua applicazione non provvede a norma dell'articolo 13.
5. Delle decisioni assunte la corte di appello di Roma informa senza ritardo il Ministro della giustizia.
6. Il Ministro della giustizia comunica immediatamente al Tribunale internazionale l'applicazione della misura coercitiva. Essa è revocata se entro venti giorni dalla comunicazione non perviene la richiesta di consegna da parte del Tribunale internazionale.
Art. 15
Ruolo delle organizzazioni non governative.
1. Lo Stato italiano favorisce la collaborazione delle organizzazioni non governative nazionali ed internazionali con il Tribunale internazionale, in particolare con riferimento alla diffusione presso il pubblico degli scopi e delle attività del Tribunale medesimo e alla raccolta e trasmissione di informazioni ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, dello statuto.
2. Nella fase delle indagini preliminari nei procedimenti penali davanti all'autorità giudiziaria italiana relativi a fatti che sono ricompresi nella competenza del Tribunale internazionale, le organizzazioni indicate al comma 1 hanno facoltà di presentare memorie e indicare fonti ed elementi di prova.
Art. 16
Modifiche al decreto-legge 28 dicembre 1993, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 febbraio 1994, n. 120.
1. Al decreto-legge 28 dicembre 1993, n. 544, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 febbraio 1994, n. 120, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all'articolo 3, al comma 2, la parola: «; tuttavia» è sostituita dalle seguenti: «, con la partecipazione necessaria del difensore;»;
b) (2);
c) (3);
d) all'articolo 11, al comma 2, dopo le parole: «procedura penale» sono inserite le seguenti: «, con la partecipazione necessaria del difensore»;
e) (4);
f) all'articolo 11, al comma 4, dopo le parole: «nell'articolo 12, comma 3,» sono inserite le seguenti: «contenente il consenso della persona alla consegna».
2. Le disposizioni del comma 1 che prevedono la partecipazione necessaria del difensore non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.
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(2) Sostituisce il comma 2 dell'art. 5, D.L. 28 dicembre 1993, n. 544.
(3) Aggiunge la lettera a-bis) al comma 2 dell'art. 7, D.L. 28 dicembre 1993, n. 544.
(4) Aggiunge il comma 3-bis all'art. 11, D.L. 28 dicembre 1993, n. 544.
Art. 17
Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
[1] L’Accordo è in vigore dal 27 agosto 1999.
[2] Tale disposizione ha reso necessario l’adeguamento del comma 4 dell’articolo 7 della L. 181/2002, che prevedeva un limite massimo di durata della pena di trenta anni. Con l’articolo 3 del ddl di ratifica del presente Accordo (v. infra) si provvede alla modifica in questione.