XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Servizio Studi - Segreteria generale-Ufficio rapporti con l'Unione europea , Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: Israele e Territori occupati - 14-16 febbraio 2005
Serie: Missioni di studio    Numero: 36
Data: 11/02/05
Abstract:    Schede del Ministero degli Affari esteri sullo Stato di Israele e sull'Autorità nazionale palestinese (ANP); schede del Servizio rapporti internazionali sulle relazioni parlamentari dell'Italia con l'ANP, sulla 'road map' e sulla discussione, nella Knesset, in merito al disimpegno dai territori occupati; schede dell'Ufficio rapporti con l'Unione europea sui rapporti UE-Israele, Ue-ANP e sulla politica mediterranea dell'Unione; pubblicistica; documentazione.
Descrittori:
ISRAELE   PALESTINA
RELAZIONI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Servizio studi

 

missioni di studio

Israele e Territori occupati

14-16 febbraio 2005

n. 36

 


xiv legislatura

11 febbraio 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

SIWEB

 

 

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File: ES0366.doc

 


 

INDICE

Ministero degli Affari esteri

§      Scheda Paese Stato di Israele                                                                        3

§      Scheda Paese Autorità Nazionale Palestinese                                             29

§      La Road Map  63

§      La discussione alla Knesset  sul piano di disimpegno dai Territori occupati73

§      Il Vice Presidente della Knesset e Presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Italia-Istraele, Moshe Kahlon  77

§      Il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese,  Mahmoud Abbas (ABU MAZEN)79

§      Il Primo Ministro  dell’Autorità Nazionale Palestinese,  Ahmed Qurei (ABU ALA)81

Schede a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea

§      La politica mediterranea dell’Unione europea  87

§      Rapporti tra l'Unione europea e l’Autorità palestinese  99

§      Rapporti Tra Unione Europea e Israele  103

Pubblicistica

§      D. Del Giudice, Israele e Palestina: la soglia del non rinunciabile, in: Italiani europei, n. 2/2004      109

§      Intervista a Rashid Khalidi: Israel-Palestine: d’Oslo à la guerre contre le terrorisme, in Politique étrangère, n. 4/2004                                                                                    115

§      R.E. Hunter, S.G. Jones, An independent Palestine: the security dimension, in International Affairs, n. 2/2004                                                                                                          129

§      S.G. Jones, K.J. Riley, Law and Order in Palestine, in Survival, n. 4/2004-05147

§      F. Clementi, Non c’è sicurezza senza diritto. La Corte suprema israeliana e la questione della c.d. separation fence, in Diritto pubblico comparato ed europeo, III/2004         169

Documentazione

§      Nota dell’Associated press sul Vertice di Sharm-El-Sheik                         175

 

 


Ministero degli Affari esteri

 


Scheda Paese Stato di Israele

 

 

 

 


Scheda Paese Autorità Nazionale Palestinese

 


Schede a cura del Servizio rapporti internazionali

 


Relazioni parlamentari Italia-Autorità nazionale palestinese

Incontri bilaterali

Il 7 ottobre 2004, il Presidente della Camera ha incontrato a Roma il Ministro palestinese per la condizione femminile, Zahira Kamal.

 

Il Presidente della Camera ha riaffermato in tale occasione la sua convinzione che al popolo palestinese spetti uno Stato indipendente, riconosciuto internazionalmente, ed entro confini sicuri. Da parte palestinese è stato espressa gratitudine per l’appoggio italiano, con particolare riguardo alle iniziative di cooperazione in favore delle donne palestinesi.

 

 

L’11 febbraio 2004 il Presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, ha ricevuto a Roma il Primo Ministro dell'Autorità Nazionale Palestinese, Ahmed Qurei (Abu Ala).

 

Prima del colloquio, il Primo Ministro Abu Ala è stato salutato calorosamente dall’Aula. Nel corso dell’incontro, il Primo Ministro palestinese ha rinnovato la stima e l’amicizia nei confronti del popolo e del governo italiano presso il quale ha potuto constatare la stessa comprensione e apertura. Abu Ala ha manifestato, invece, forte preoccupazione e amarezza per la costruzione del muro da parte israeliana che sta inglobando circa il 58% del territorio palestinese. Allo stesso modo, si è detto sfiduciato nei confronti del Governo Sharon, il quale, malgrado le ripetute dichiarazioni a trovare una soluzione, secondo il leader palestinese, non ha invece fatto niente. Il Primo Ministro ha, altresì, posto l’accento sulla necessità di riattivare il Quartetto (Russia, ONU, USA e UE). Il Presidente Casini, rinnovando la profonda amicizia tra i due popoli e sottolineando l’attenzione con cui l’Italia segue gli sviluppi della questione palestinese, ha auspicato da parte dell’ANP un’azione più incisiva sia a livello dell’organizzazione statuale sia nella lotta al terrorismo. Abu Ala, pur convenendo sulla necessità di dare credibilità all’ANP, ha tenuto a ricordare che le forze di sicurezza palestinesi sono state smantellate e che nell’ANP il 60% della popolazione è disoccupata mentre il 70% vive al disotto della soglia di povertà; inoltre, le infrastrutture sono state distrutte e il popolo è disperato.

 

 

Il 22 maggio 2003 il Presidente della Camera, Casini, ha ricevuto la visita del Presidente del Consiglio Legislativo palestinese, Ahemd Qurie (Abu Ala).

 

Il colloquio è stato incentrato sulla possibilità di realizzazione della “road map” il piano di pace predisposto dal Quartetto (USA, Russia, Nazioni Unite e Unione europea) per il Medio Oriente. Da parte palestinese, Abu Ala ha confermato la piena accettazione ed il pieno impegno palestinese in favore del piano di pace. Abu Ala ha inoltre auspicato che la road map possa entrare nella fase esecutiva proprio durante il semestre di presidenza italiana dell’Ue (secondo semestre 2003). Anche il Presidente della Camera ha espresso ottimismo sulle possibilità della road map di riaprire il dialogo tra israeliani e palestinesi e favorire la soluzione pacifica di un lungo conflitto. Stesso ottimismo e fiducia sono stati espressi dal Presidente della Camera nei confronti dell’operato del nuovo Primo Ministro palestinese, Abu Mazen. Casini ha inoltre lanciato un appello perché il consiglio legislativo palestinese si possa riunire liberamente e si superino i problemi legati alla libera circolazione dei parlamentari. E’ necessario, ha ribadito il Presidente della Camera, che possa essere assicurato l'importante contributo del consiglio legislativo in una fase cosi' difficile per il popolo palestinese. Abu Ala ha infine invitato il Presidente della Camera a compiere una visita in Palestina.

 

Incontri delle Commissioni

 

Il 17 marzo 2004, il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Gustavo Selva, ha incontrato a Roma il Coordinatore generale della coalizione democratica palestinese, Tayseer Arouri.

 

Il Primo ministro dell'Autorità Nazionale Palestinese, Ahmed Qurei (Abu Ala) nel corso della sua visita in Italia ha incontrato l’11 febbraio 2004 anche le Commissioni Affari esteri riunite di Camera e Senato.

      

           L’incontro si è incentrato sul tema del conflitto israelo-palestinese. A questo proposito il Primo ministro palestinese ha ribadito come “la cultura dell’occupazione” portata avanti da Israele “non possa generare la pace, ma provoca una violazione sistematica dei diritti umani”. Abu Ala ha definito la costruzione del muro di separazione un semplice “pretesto” di Israele per impossessarsi di ulteriori territori palestinesi che, oltre a vanificare la possibilità di “creare due Stati”, alimenterà odio e inimicizia tra i due popoli. Sul ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, il leader arabo si è invece espresso favorevolmente; sottolineando però che il ritiro dovrebbe riguardare anche la Cisgiordania. A parere di Abua Ala, inoltre, non è sufficiente una tregua tra le parti ma necessita un “cessate il fuoco bilaterale”. Il Premier palestinese ha poi posto in rilievo come in Palestina, pur essendoci “due distinte posizioni politiche”quella ufficiale dell’OLP e quella degli integralisti –, Israele attacchi la prima e faccia accordi con la seconda, come testimonia lo scambio di prigionieri realizzato con gli Hezbollah. I Paesi arabi, ha proseguito Abu Ala, avevano elaborato una loro proposta per giungere ad un accordo ma il Governo israeliano non l’ha accettata. Il Premier palestinese, infine, si è dichiarato favorevole alla proposta avanzata dagli Stati Uniti di un “Grande Medio-Oriente”, ed ha auspicato che il Quartetto (USA, Russia, ONU e UE) torni a riunirsi prima possibile.

 

Il Presidente Abu Ala è stato ricevuto, nel corso della sua visita alla Camera del 22 maggio 2003, anche dal Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Gustavo Selva[1].

 

Il Presidente Selva ha garantito l’impegno italiano sia a favore della road map che a favore del piano per la ricostruzione dei territori palestinesi devastati dalla guerra (cosiddetto “piano Berlusconi”). Il Presidente Selva ha inoltre affermato che, attraverso la “road map” si è compiuto un passo decisivo ed irrevocabile verso il dialogo, lasciando alle spalle il terrorismo e le ideologie che si basano sullo scontro e la violenza. La parti hanno valutato positivamente il ruolo dell’Ue e dell’Italia (che ne è presidente di turno) nel processo di pace attualmente in corso, ed hanno affermato che tale ruolo sarà destinato a divenire sempre più rilevante se l’impegno americano, per esigenze di politica interna, sarà destinato a diminuire di intensità.

 

Si ricorda, inoltre, che il Presidente Casini, ha incontrato a Roma, il 1 agosto 2001 il Presidente dell’ANP e leader dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, Yasser Arafat. Il Presidente della Camera ha incontrato il 13 aprile 2002 a Gerusalemme il Presidente del Consiglio Legislativo Palestinese Ahmed Qurei (Abu Ala).

 

 

 

La mozione 1-00038 e la missione di una delegazione parlamentare in Medio oriente (gennaio 2002)

 Il 19 dicembre 2001 è stata approvata dalla Camera con due sole astensioni la Mozione 1-00038 (primo firmatario Elio Vito) che, in sintesi, impegna il Governo ad operare in ogni sede per favorire, anche attraverso l’indizione, al momento opportuno, di una Conferenza internazionale di pace, una soluzione di pace giusta e durevole, nonché a sostenere la proposta di una presenza adeguata di qualificati osservatori internazionali, a consolidare tutte le iniziative di cooperazione in atto e a lanciare concretamente un piano straordinario per lo sviluppo economico e sociale dell’area, e in particolare dei Territori palestinesi, ed a costruire a tal fine un tavolo permanente per la cooperazione e il dialogo con Israele e i Territori Palestinesi mediante il coinvolgimento delle Regioni e degli Enti locali, del mondo imprenditoriale, delle associazioni e delle Ong.

 

Per approfondire gli spunti indicati nella mozione, una delegazione parlamentare[2] guidata dal Presidente della III Commissione, on. Gustavo Selva, si è recata, dal 6 al 14 gennaio 2002, in Egitto, Giordania, Siria, Libano, Territori dell’ANP e Israele, incontrando le massime autorità[3].

 

Sintesi degli incontri svolti con gli interlocutori palestinesi (gennaio 2002)

 

Il Presidente del Consiglio legislativo palestinese, Ahmed Qurei (Abu Ala), ricordata l'amicizia dell'Italia che è stata il primo Paese europeo a riconoscere i diritti dei palestinesi, ha rimarcato la delicatezza della situazione che segna un punto decisivo della storia del suo popolo. Ha quindi accusato il governo israeliano di voler risolvere tutto nella questione della sicurezza, ignorando il processo di pace. alla forza. Il Presidente palestinese ha poi ribadito la strategicità del processo di pace per la sua parte e la ricerca di una soluzione permanente e globale, mentre gli israeliani violano tutti gli accordi e pretende che i palestinesi restino fermi. Occorre perciò che, di propria volontà o a seguito delle pressioni internazionali, Israele riprenda a trattare. Abu Ala ha quindi proposto che si presenti subito alle rispettive opinioni pubbliche l'obiettivo finale del processo di pace, e cioè la nascita dello Stato palestinese a fronte della sicurezza dello Stato di Israele, lungo le frontiere del 4 giugno 1967. Abu Ala ha poi giudicato di alto valore la proposta italiana di un Piano Marshall per la Palestina.

       Il Ministro per la cultura e l'informazione dell'ANP, Yasser Abed Rabbo, ha invitato a constatare direttamente le sempre più gravi condizioni del suo popolo ed ha quindi rivendicato il cessate-il-fuoco proclamato da Arafat il 16 dicembre 2001, nonostante che sia impossibile controllare ogni cittadino quando si è un popolo occupato di fronte ad un esercito occupante. Pur apprezzando il ruolo dell'Europa, Rabbo ha dovuto tuttavia ammmettere che esso è assai limitato, poiché la politica europea si modella su quella statunitense, anche perché i quindici Paesi non hanno assunto decisamente un comportamento unitario.

       Il Presidente dell’ANP, Yasser Arafat, ha innanzitutto ringraziato per una così importante visita in un momento tanto delicato. Arafat ha quindi lamentato le sofferenze di tutta la sua terra: gli aiuti sono bloccati, i pozzi d’acqua chiusi, gli ulivi sono sradicati, i fondi agricoli devastati. Eppure i palestinesi hanno firmato gli accordi di pace! E’ evidente la strategia israeliana di considerarli ormai superati; ci si domanda però come ciò possa essere accettato dalla comunità internazionale. Arafat ha quindi ripetuto la richiesta degli osservatori internazionali, approvata dall’Europa, ma ciononostante non esaudita. Proprio un intervento europeo oggi si impone come una necessità, in quanto ciò che accade in Medio Oriente non può non incidere sull’Europa. L’Italia, in particolare, può avere molta influenza, anche presso gli USA. Il Presidente palestinese ha quindi insistito sul fatto che il problema di fondo resta l’occupazione israeliana, che rende la situazione anomala e minaccia di distruggere l’ANP.

La crisi medio-orientale nel quadro della cooperazione euromediterranea

       Il Consiglio Legislativo Palestinese partecipa alla cooperazione parlamentare nell’ambito del Partenariato Euromediterraneo. Non ha potuto partecipare all’ultimo Forum parlamentare euromediterraneo (Bari, 17-18 giugno 2002) a causa dell’aggravamento della crisi medio-orientale. La delegazione palestinese ha invece preso parte alla riunione costitutiva dell’APEM (Assemblea parlamentare euromediterranea, Atene 22 marzo 2004), nonché all’insediamento delle relative Commissioni (Bruxelles, 21-22 settembre 2004). Si segnala a questo proposito che, secondo quanto previsto dall’ordine del giorno, si sarebbe dovuto procedere all’elezione degli Uffici di Presidenza delle tre Commissioni sulla base dell’accordo intercorso ad Atene. L’Ufficio di Presidenza della Commissione politica e di sicurezza prevedeva, oltre alla elezione della Presidente, on. Tokia Safia, membro del Parlamento europeo (regolarmente eletta) l’elezione di un Vice Presidente israeliano e di un Vice Presidente del Consiglio legislativo palestinese. Tuttavia, non è stato possibile procedere alla ratifica di tali nomine per l’opposizione della delegazione libanese e siriana, che si opponevano alla designazione di un rappresentante della Knesset. Per tale motivo si è stabilito concordemente di rinviare la decisione all’Ufficio di Presidenza dell’APEM.

 

Incentrata sulla crisi medio orientale è stata la riunione del Gruppo di Collegamento della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euromediterranei che si è tenuta al Cairo il 12 aprile 2002. La consueta composizione del Gruppo di Contatto (Egitto, Tunisia, Spagna e Italia) è stata allargata in tale occasione a Francia, Grecia e Marocco.

La riunione ha fatto seguito alla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euromediterranei tenutasi ad Atene dal 15 al 17 febbraio 2002. Nella dichiarazione finale di Atene è stata espressa particolare preoccupazione per la crisi medio-orientale ed è stata auspicata la presenza dei Presidenti dei Parlamenti europei a Ramallah, in occasione dell’eventuale visita al Consiglio Legislativo palestinese dell’allora Presidente della Knesset, Avraham Burg[4].

Precedentemente, il 21 novembre 1999 a Roma, si era tenuta una riunione dello stesso Gruppo di collegamento con i Presidenti dei Parlamenti giordano, israeliano e palestinese per avviare la discussione sull'eventualità di promuovere un dialogo parlamentare relativo al processo di pace in Medio Oriente. L’iniziativa non ha avuto seguito poiché la Siria ed il Libano hanno dapprima manifestato una disponibilità di massima a partecipare all’iniziativa e poi, a causa dell’aggravarsi della crisi, vi hanno rinunciato.

 

       La Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euromediterranei è tornata a riunirsi a Malta il 20 ed il 21 febbraio 2004, con la partecipazione del Presidente del Consiglio Legislativo Palestinese, Rafiq al-Natsheh; non era invece presente il nuovo Presidente della Knesset.

In particolare nella Dichiarazione finale adottata a conclusione della Conferenza si sottolinea, all’art. 7 del paragrafo II:

 

“I Presidenti hanno sottolineato l’importanza della ripresa del processo di pace in Medio Oriente, in conformità alla Dichiarazione di Barcellona e alle decisioni delle Conferenze Ministeriali, al fine di raggiungere una soluzione che preveda due Stati, quello Israeliano e quello Palestinese, che convivano fianco a fianco, così da realizzare una pace complessiva tra il popolo israeliano e quello palestinese attraverso la road map. Una pace complessiva dovrebbe comprendere anche la Siria e il Libano, secondo i principi di Madrid”.

 

 

 Il programma del Partenariato Euromediterraneo, che ha preso le mosse dalla Dichiarazione di Barcellona (1995), è volto a rafforzare cooperazione tra l’Unione europea, i suoi 15 Stati membri ed i 12 Paesi mediterranei (Algeria, Autorità Nazionale Palestinese, Cipro, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia). I suoi obiettivi sono di promuovere non solo i rapporti intergovernativi, ma soprattutto i contatti a livello di società civile, in tutti e tre gli ambiti in cui esso si articola (politico-militare, economico-finanziario, socio-culturale). E’ presente anche una dimensione parlamentare del partenariato, i cui organi sono l’Assemblea parlamentare euro-mediterranea, la Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti euromediterranei (l’ultima riunione si è tenuta a Malta dal 20 al 21 febbraio 2004) e il Gruppo di collegamento della Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti Euromediterranei (vi fanno parte Egitto, Italia, Spagna e Tunisia).

 

Unione interparlamentare

 

La sezione di amicizia bilaterale Italia-Mediterraneo Orientale (Giordania, Libano, Siria, Autorità Palestinese) è presieduta dal Sen. Gavino Angius. Opera nell’ambito dell’UIP anche un Comitato per la crisi medio-orientale, attualmente presieduto dal deputato norvegese Vallersnes.

 

 


 

La Road Map

30 aprile 2003

 

 

Tabella di marcia per una risoluzione del conflitto israelo-palestinese,

basata sulla creazione di due Stati indipendenti

 

Traduzione a cura del Servizio RIN

 

       Il presente documento contiene una tabella di marcia per il raggiungimento di specifici risultati; comporta delle tappe precise, un calendario, delle scadenze ed alcuni criteri destinati ad incoraggiare i progressi sia attraverso misure reciproche delle due parti in campo politico, economico, umanitario e della sicurezza, sia attraverso la creazione di istituzioni sotto gli auspici del Quartetto (USA, Ue, ONU e Russia). Lo scopo ultimo è la regolazione definitiva del conflitto israelo-palestinese entro il 2005, come ha indicato il Presidente Bush nel suo discorso del 24 giugno 2002 e come successivamente concordato anche da Ue, Russia e ONU nelle dichiarazioni ministeriali del Quartetto del 16 luglio e del 17 settembre.

 

       La soluzione del conflitto israelo-palestinese, basata sulla nascita di due Stati, non è realizzabile fino a quando non si porrà fine al terrorismo ed alle violenze, fino a quando  il popolo palestinese non avrà dei dirigenti in grado di contrastare efficacemente il terrorismo e che saranno capaci di instaurare un regime democratico, fondato sulla tolleranza e la libertà, fino a quando Israele non sarà disposto a fare quanto necessario affinché uno Stato palestinese possa nascere e fino a quando le due Parti non accetteranno con chiarezza le disposizioni che seguono. Il Quartetto aiuterà e faciliterà la realizzazione di tale piano, a cominciare dalla fase I, che prevede la negoziazione diretta tra le due Parti. Il Piano prevede un calendario di esecuzione realistico. Tuttavia, dato che si tratta di un progetto volto alla realizzazione di risultati, i progressi dipenderanno dalla buona fede delle Parti e dall’esecuzione, da parte di entrambe, delle obbligazioni indicate di seguito. Se le parti realizzano i loro compiti rapidamente, è possibile che i vari passaggi da una fase all’altra possano essere accorciati. Al contrario, il mancato adempimento degli obblighi ritarderà il processo.

 

       Un accordo, negoziato tra le Parti, condurrà alla creazione di uno Stato palestinese indipendente, democratico, che possa vivere accanto ad Israele ed agli altri Paesi limitrofi nella pace e nella sicurezza. L’accordo regolerà definitivamente il conflitto israelo-palestinese mettendo fine all’occupazione iniziata nel 1967, tenendo conto dei fondamenti della Conferenza di Madrid, dei principi “land for peace”, delle Risoluzioni 242, 338 e 1397 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, degli accordi conclusi anteriormente dalle parti, delle proposte del Principe ereditario saudita Abdallah, approvate dalla Lega Araba nel corso del Vertice di Beirut, che prevedono l’accettazione d’Israele quale Paese vicino con cui convivere in pace ed in sicurezza nel quadro di un regolamento generale. Tale iniziativa  è un elemento essenziale all’interno degli sforzi internazionali volti ad incoraggiare la pace in tutti i binari, compresi quello israelo-siriano e israelo-libanese.

 

       Il Quartetto si riunirà periodicamente, ai massimi livelli, per valutare la realizzazione del Piano da parte israeliana e palestinese. In ogni fase, le Parti sono tenute a soddisfare i loro compiti parallelamente, a meno che non vi siano indicazioni contrarie.

 

      

 

FASE I:

mettere fine alla terrore ed alla violenza, normalizzare la vita palestinese e stabilire istituzioni palestinesi

 

Maggio 2003

 

 

Nella FASE I, i Palestinesi mettano fine incondizionatamente alle violenze secondo i criteri di seguito sottolineati; tale azione sarà accompagnata da misure di supporto da parte di Israele. Palestinesi ed Israeliani riprendano la cooperazione in tema di sicurezza basata sulle misure contenute nel Piano Tenet per mettere fine al terrorismo, alla violenza ed ai suoi incitamenti, attraverso una reale ristrutturazione dei servizi segreti palestinesi. I Palestinesi realizzino una riforma delle istituzioni politiche a largo raggio che apra la via ad una riforma della Costituzione ed alla tenuta di elezioni libere e trasparenti. Israele compia ogni passo necessario per normalizzare la vita palestinese. Si ritiri dai territori occupati a partire dal 28 settembre 2000 e le due parti riconoscano lo status quo esistente a quella data come punto di riferimento nel settore della sicurezza. Spetta inoltre ad Israele bloccare qualsiasi nuovo insediamento, secondo quanto stabilito dal Piano Mitchell.

 

All’inizio della FASE I:

 

q       la leadership palestinese diffonda dichiarazioni inequivocabili relativamente al diritto all’esistenza di Israele in pace e sicurezza ed alla richiesta di un immediato ed incondizionato cessate-il-fuoco per mettere fine ad ogni azione contro Israele. Tutte le istituzioni palestinesi smettano di incitare le folle contro Israele;

 

q       la dirigenza israeliana diffonda dichiarazioni ribadendo il proprio impegno a favore di una soluzione del conflitto basata sulla coesistenza di due Stati, di cui uno palestinese, indipendente, che possa esistere in pace ed in sicurezza accanto ad Israele. Le istituzioni israeliane chiedano altresì l’immediata fine delle violenze contro i Palestinesi e mettano fine agli incitamenti contro i Palestinesi.

 

SICUREZZA

q       I Palestinesi dichiarino la fine inequivocabile della violenza e del terrorismo e compiano sforzi visibili per arrestare e reprimere gli individui ed i gruppi che mettono in atto o progettano attentati in Israele od altrove;

 

q       Ricostruito e reso più efficiente l’apparato di sicurezza palestinese, questo intraprenda operazioni di lunga durata, precise ed efficaci, per colpire tutti coloro che siano implicati nelle attività terroristiche, nonché per smantellare le infrastrutture e tutti i mezzi da loro adoperati;

 

q       Il Governo israeliano non assuma alcuna iniziativa in grado di minare la fiducia reciproca, con particolare riguardo alle espulsioni, agli attacchi contro la popolazione civile, la confisca o la demolizione di abitazioni od altri beni palestinesi, intesa quest’ultima sia come misura punitiva o come misura volta ad agevolare la costruzione di insediamenti israeliani; allo stesso modo il Governo israeliano eviti la distruzione di istituzioni od infrastrutture palestinesi ed attenersi alle altre misure previste nel Piano Tenet.

 

q       Per agevolare i meccanismi esistenti e le risorse presenti sul territorio, i rappresentanti del Quartetto intraprendano un’attività di monitoraggio e di consultazione a carattere informale con le parti riguardo alla possibilità di rendere formale tali attività.

 

q       Venga realizzato, come convenuto, il piano americano di ricostruzione, di formazione e di ripresa della cooperazione in materia di sicurezza in collaborazione con il Consiglio di sorveglianza indipendente (USA, Egitto e Giordania). Il Quartetto sostenga gli sforzi diretti al raggiungimento di un totale e durevole cessate il fuoco.

 

v        Tutte le organizzazioni di sicurezza palestinesi siano raggruppate in tre Servizi alle dipendenze del Ministro degli Interni.

 

v        Le forze di sicurezza palestinesi, ristrutturate e nuovamente addestrate, insieme alla controparte israeliana riprendano progressivamente la loro cooperazione ed i loro impegni relativi al Piano Tenet, inclusi i meeting ad alto livello, con la partecipazione dei responsabili della Sicurezza USA.

 

q       Gli Stati Arabi eliminino ogni forma di finanziamento e di sostegno ai gruppi coinvolti nella violenza e nel terrorismo.

 

q       Tutti i donatori provvedano a sostenere economicamente i Palestinesi attraverso versamenti in un unico conto del Ministro delle Finanze palestinese.

 

q       Realizzate tali misure nel campo della sicurezza, le Forze Armate israeliane si ritirino dai territori occupati a partire dal 28 settembre 2000, e le due parti restaurino lo status quo esistente prima di quella data. Le forze palestinesi si ridispongano nei territori lasciati liberi dalle forze israeliane.

 

LA INSTITUTION-BUILDING PALESTINESE

q       Sia messo in atto un credibile processo per creare un progetto di Costituzione per lo Stato palestinese. Il più rapidamente possibile, tale progetto sia diffuso dal Comitato redigente. Il progetto deve basarsi su un sistema in cui siano accentuate le garanzie democratiche ed in cui i poteri del Primo Ministro siano rafforzati. Alla diffusione del progetto faccia seguito un dibattito. Il progetto di Costituzione sarà sottoposto, dopo le elezioni, all’approvazione delle istituzioni palestinesi competenti.

 

q        Sia nominato un Primo Ministro ad interim o di un gabinetto ministeriale dotato dei poteri necessari.

 

q       Il Governo israeliano faciliti il trasferimento dei dirigenti politici israeliani in occasione delle riunioni del Consiglio Legislativo Palestinese, delle sessioni governativi e di ogni quant’altra attività legata allo sviluppo di riforme. Sostenga inoltre con misure adeguate tali tentativi di riforma.

 

q       Sia predisposta la nomina di Ministri palestinesi con i poteri di realizzare le riforme. Siano compiuti ulteriori passi in avanti nella divisione dei poteri, compreso ogni eventuale riforma legislativa necessaria a tale scopo.

 

q       Sia creata una commissione elettorale indipendente. Il Consiglio Legislativo Palestinese riesamini e rielabori la legge elettorale.

 

q       Siano realizzate le misure in campo giudiziario, amministrativo ed economico stabilite da Gruppo Internazionale sulle Riforme Palestinesi.

 

q       Siano organizzate dai Palestinesi elezioni libere ed il più possibile regolari, fondate sulle misure precedentemente esposte, precedute da una campagna elettorale multipartitica.

 

q       Il Governo israeliano faciliti le operazioni di voto permettendo la circolazioni degli aventi diritto ad esprimersi. Aiuti gli addetti nel conteggio dei voti e le NGO implicate in tale processo.

 

q       Il Governo israeliano apra di nuovo la Camera di Commercio palestinese e le altre istituzioni presenti a Gerusalemme est, a patto che tali istituzioni operino sulla falsariga degli accordi precedentemente stipulati.

 

SITUAZIONE UMANITARIA

q       Israele prenda le misure necessarie per migliorare la situazione umanitaria. Israeliani e Palestinesi realizzino in pieno tutte le raccomandazioni presenti nel Rapporto Bertini al fine di migliorare la condizioni umanitarie, in particolare togliendo il coprifuoco, allentando le restrizioni sul movimento di persone e beni, e consentendo un pieno, sicuro e senza intralci del personale appartenente alle organizzazioni internazionali ed umanitarie.

 

q       Il Comitato di Collegamento (AHLC) tracci un quadro della situazione umanitaria in Cisgiordania ed a Gaza e lanci una massiccia campagna di solidarietà internazionale, indirizzata anche ai tentativi di mettere in atto riforme.

 

SOCIETA’ CIVILE

q       Sia mantenuto il sostegno economico in favore dei Palestinesi, compresi i finanziamenti delle ONG e di altri organismi privati in favore dello sviluppo del settore privato e delle iniziative della società civile.

 

INSEDIAMENTI

q       Israele smantelli immediatamente tutti gli insediamenti creati a partire dal marzo 2001.

 

q       Coerentemente a quanto stabilito dal Rapporto Mitchell, Israele blocchi qualsiasi nuovo insediamento (compresa la crescita di quelli già esistenti).


 

 

FASE II:

transizione

 

Giugno 2003- Dicembre 2003

 

 

 

       Nella seconda fase gli sforzi sono concentrati nel tentativo di creare uno Stato palestinese indipendente, con confini provvisori, attributi di sovranità e fondato su di una nuova Costituzione, al fine di pervenire ad un accordo su un assetto definitivo. Come notato in precedenza, per arrivare a tale risultato è necessario che il popolo palestinese abbia una leadership impegnata con decisione contro il terrorismo, con la volontà e la capacità di attuare una democrazia fondata sulla tolleranza e la libertà. Con tale dirigenza, riformate le istituzioni civili e le strutture di sicurezza, i Palestinesi potranno beneficiare del sostegno attivo del Quartetto e di tutta la comunità internazionale per dare vita concretamente ad uno Stato indipendente.

      

       Il passaggio alla FASE II sarà basato su un giudizio di approvazione del Quartetto, dopo un’analisi del comportamento di entrambi i Paesi e l’accertamento delle condizioni richieste. Per accelerare la normalizzazione della vita dei Palestinesi e costruire le Istituzioni palestinesi, la FASE II inizierà dopo le elezioni palestinesi e terminerà con la possibile creazione di uno Stato palestinese con confini provvisori entro il 2003. I principali obiettivi della FASE II sono il raggiungimento di risultati costanti nel campo della sicurezza globale, il mantenimento di una cooperazione efficace sempre in materia di sicurezza, la normalizzazione della vita dei Palestinesi e la creazione delle loro istituzioni, la conservazione ed il rinforzamento degli obiettivi raggiunti nella FASE I , la ratifica di una Costituzione palestinese basata sulla democrazia, la creazione ufficiale della carica di Primo Ministro, il consolidamento delle riforme politiche, la creazione di uno Stato palestinese con confini provvisori.

 

·         Conferenza internazionale – Convocata dal Quartetto dopo aver consultato le parti ed immediatamente dopo lo svolgimento delle elezioni palestinesi, avrà come obiettivo quello di sostenere il rilancio economico palestinese e di dare avvio ad un processo che condurrà alla creazione di uno Stato palestinese indipendente con frontiere provvisorie.

 

q       Tale riunione includerà tutte le parti in causa e sarà basata sul tentativo di trovare una pace globale in Medio Oriente (compresi i conflitti tra Israele e Siria e tra Israele e Libano), nonché sui principi esposti nel preambolo di tale documento.

 

q       Gli Stati arabi dovranno ristabilire tutti i rapporti che avevano con Israele prima dell’inizio dell’Intifada (uffici commerciali, ecc.).

 

q       Saranno ripristinati tutti gli accordi multilaterali riguardanti le risorse idriche regionali, l’ambiente, lo sviluppo economico, i rifugiati, il controllo delle armi.

 

 

·         Una nuova Costituzione, per uno Stato palestinese democratico ed indipendente sarà approvata dalle autorità palestinesi competenti. Se necessario, si terranno nuove elezioni a seguito dell’approvazione della nuova Carta costituzionale.

 

·         Conformemente al progetto di Costituzione, la carica di Primo Ministro è ufficialmente stabilita ed è affiancata da un gabinetto con facoltà di attuare le riforme.

 

·         Sarà continuata l’azione in materia di sicurezza, compresa la cooperazione, secondo quanto descritto nella FASE I.

 

·         Sarà creato uno stato palestinese indipendente con confini provvisori, a seguito di un processo negoziale israelo-palestinese e di una Conferenza internazionale. Fa parte di tale processo l’applicazione degli accordi precedenti volti a stabilire la massima contiguità territoriale, comprese le misure relative agli insediamenti.

 

·         Sarà rinforzato il ruolo della comunità internazionale nel monitoraggio di tale periodo di transizione, insieme al supporto attivo del Quartetto.

 

·         Il Quartetto sosterrà il riconoscimento internazionale del futuro stato palestinese, inclusa la sua possibile ammissione nell’ONU.

 

 

 

FASE III:

accordo sull’assetto definitivo

e fine del conflitto israelo-palestinese

 

2004-2005

 

 

       Il passaggio alla III FASE è preceduto da un giudizio positivo da parte del Quartetto, tenuto conto di quanto svolto dalle parti e dall’azione di monitoraggio svolta dallo stesso Quartetto. Gli obiettivi della FASE III sono il consolidamento delle riforme e la stabilizzazione delle istituzioni palestinesi, una sicurezza palestinese sostenuta ed efficace e dei negoziati israelo-palestinesi volti a stabilire un accordo sullo status nel 2005.

 

·         Seconda Conferenza internazionale – Convocata dal Quartetto dopo aver consultato le parti, all’inizio del 2004, dovrà sanzionare gli accordi raggiunti da uno stato palestinese indipendente, ma con confini provvisori, e lanciare formalmente un processo con il supporto attivo, sostenuto ed operativo del Quartetto, per arrivare a d un risoluzione sullo status della regione permanente e definitiva nel 2005. L’accordo includerà anche le questioni relative ai confini, a Gerusalemme, ai profughi palestinesi, agli insediamenti ebraici. La Seconda Conferenza dovrà inoltre impegnarsi nel tentativo di trovare una soluzione a tutta la questione medio-orientale, attraverso un accordo tra Israele ed il Libano e tra Israele e la Siria da realizzarsi nel più breve tempo possibile.

 

·         Sarà progressivamente realizzata l’agenda messa a punto dal Gruppo di lavoro (Task Force) in vista dell’accordo finale sullo status della regione.

 

·         Sarà continuata l’azione in materia di sicurezza, compresa la cooperazione, secondo quanto descritto nella FASE I.

 

·         Si compiranno sforzi a livello internazionale per stabilizzare le istituzioni e l’economia palestinese in vista dell’accordo definitivo.

 

·         Sarà raggiunto un accordo finale e generale che metta fine al conflitto israelo.palestinese nel 2005, mediante un negoziato, condotto dalle Parti in base alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza n. 242, 338 e 1397, che metta fine all’occupazione iniziata da Israele nel 1967 e comprenda una soluzione concordata, giusta, equa e realistica, al problema dei rifugiati, che comprenda una risoluzione negoziata sullo status di Gerusalemme che tenga conto delle esigenze di entrambe le parti, come pure protegga gli interessi dei Ebrei, Cristiani e Musulmani di tutto il mondo, e che prevede infine la coesistenza pacifica e sicura di due Stati indipendenti, Israele ed una Palestina sovrana ed indipendente.

 

·         Gli Stati arabi riconosceranno ed instaureranno relazioni con Israele in un quadro di sicurezza reciproca e di pace per tutto il Medio Oriente.

 

 


 

La discussione alla Knesset
sul piano di disimpegno dai Territori occupati

Gerusalemme, 25-26 ottobre 2004

 

 

       Il Piano, adottato dal Governo israeliano il 6 giugno scorso, delinea il ritiro da 21 insediamenti a Gaza (per un totale di 8.000 coloni) e da 4 dei 160 insediamenti in Cisgiordania (per un totale di alcune centinaia di abitanti). Le operazioni – che dovrebbero iniziare nell’estate 2005 e terminare entro la fine dello stesso anno – si articoleranno in quattro fasi. Il ritiro dalla striscia di Gaza costituirebbe il primo ritiro da insediamenti di coloni israeliani dal 1982, anno in cui Israele restituì all’Egitto la penisola del Sinai, come previsto dagli accordi di pace del 1979. Nella tabella seguente è presentata la consistenza delle due etnie nei territori occupati.

        

Cisgiordania

230.000 coloni israeliani[5]

2.300.000 palestinesi

Striscia di Gaza

8.000 coloni israeliani

1.300.000 palestinesi

 

 

       La discussione e la votazione del piano di disimpegno sono state precedute da accese discussioni all’interno del LIKUD e dalla votazione di tre mozioni di sfiducia alla Knesset contro il Governo Sharon. Questi si è dimostrato intransigente nei confronti dell’ala dissenziente all’interno del suo partito – guidata dal suo rivale Benjamin Netanyahu – che si batte affinché sulla questione del disimpegno si pronunci direttamente il popolo attraverso un referendum.

       A favore della consultazione referendaria si sono schierati anche il Ministro degli Esteri, Shalom, ed il Presidente della Repubblica, Katsav[6]. Sharon invece si oppone a tale ipotesi affermando che si tratterebbe solo di “una perdita di tempo[7].

       Sharon ha paventato - se i contrasti diverranno insanabili -  la possibilità di indire elezioni anticipate che, ha affermato, finirebbero per tenersi in un momento particolarmente delicato per Israele, impegnato a fronteggiare il terrore e una difficile situazione economica.  Secondo alcuni osservatori, è possibile che si verifichi una scissione all’interno del LIKUD. Oltre alla fronda interna al suo partito, Sharon deve affrontare infatti gli appelli che i rabbini ed i leaders dei partiti ultrareligiosi hanno rivolto ai militari affinché si rifiutino di intervenire contro i coloni che non vorranno abbandonare gli insediamenti.

       Le tre mozioni di sfiducia sono state tutte respinte dalla Knesset il 18 ottobre, dopo che il LIKUD aveva deciso di boicottare il dibattito[8]. La prima mozione è stata presentata dai laburisti, che hanno accusato il Premier di bloccare il processo di pace (ha avuto 54 voti favorevoli e 54 contrari), la seconda è stata presentata dal Partito ultra-religioso Shas con motivazioni economiche (ha avuto lo stesso risultato della precedente), la terza è stata presentata dalla sinistra radicale che ha criticato la recente operazione militare a Gaza (ha ottenuto 17 voti favorevoli, 62 contrari e 20 astensioni). Per costringere alle dimissioni Sharon, una mozione di sfiducia deve ottenere 61 voti (il numero dei deputati è infatti pari a120).

       Il dibattito alla Knesset è stato preceduto da un’animata riunione di Governo in cui sono stati decisi gli indennizzi che spetteranno ai coloni. Per ogni famiglia sono stati stanziati fino ad un massimo di 300.000 dollari. Il risarcimento terrà conto del valore dell’abitazione e del tempo in cui la famiglia ha soggiornato negli insediamenti. Sono previste anche sanzioni economiche e sociali per coloro che si opporranno al regolare svolgimento del ritiro.

       In occasione del dibattito del piano di ritiro, il Presidente della Knesset, Rivlin, ha provveduto a rafforzare le misure di sicurezza, anche in considerazione del fatto che numerosi coloni si sono raccolti intorno all’edificio del Parlamento per manifestare contro il provvedimento. Alcuni deputati hanno addirittura faticato a raggiungere la Knesset, a causa dell’assembramento (si sono radunate più di centomila persone). Il dibattito è durato due giorni ed è stato concesso a tutti i deputati di prendere la parola. Sharon ha promesso il licenziamento di tutti i componenti del Governo che avessero votato contro il suo piano.

       Sharon ha presentato il piano affermando che il ritiro da Gaza rafforzerà il controllo israeliano sulle terre essenziali alla sua esistenza. Oltre a ricevere l’approvazione da entrambe le parti, romperà il boicottaggio di Israele e aiuterà gli sforzi di pace. “E’ stata la decisione più difficile che io abbia mai dovuto prendere”, ha affermato il leader del LIKUD.

       Peres ha preso la parola subito dopo il Premier per dire che una bocciatura del piano da parte della Knesset avrebbe comportato una catastrofe per Israele.  La sua approvazione a larga maggioranza sarà invece un evento importante perché darà il via libera ad un viaggio che ci porterà ad una soluzione permanente del conflitto”. Precedentemente l’esponente laburista aveva definito con chiarezza la posizione del suo partito che, pur restando all’opposizione, non ha intenzione di opporsi alla pace. “Meglio una pace incompleta che una non-pace completa”, ha affermato Peres. Il voto dei laburisti è stato decisivo per l’approvazione del piano, e dagli analisti viene dato ora per possibile il varo di un “governo di unità” composto da LIKUD, Shinui e laburisti.

       Netanyahu ha affermato che l’unica via per superare lo strappo politico passa per un referendum. L’ex Primo Ministro ha anche stigmatizzato il pericolo degli appelli alla disobbedienza lanciati dei rabbini ai soldati. “Gli inviti alla disobbedienza rappresentano una minaccia esistenziale per il nostro futuro, dal momento che le forze armate sono una componente essenziale per la stabilità di Israele”. Il Ministro delle Finanze ha tentato fino all’ultimo di ottenere un compromesso tra Sharon e la destra incentrato sul ricorso al referendum, offrendo al Premier il sostegno dell’ala intransigente del LIKUD e la permanenza al Governo del Partito Nazionale Religioso (6 deputati)[9].

       Alla fine, dopo reiterate dichiarazioni di voto contrario, anche Netanyahu ed il Ministro per l’Educazione, Limor Livnat, hanno dato il loro sostegno alla linea di Sharon.[10]

       Il capo della diplomazia israeliana, Shalom, ha a sua volta affermato che un voto favorevole al ritiro da Gaza non significa un voto favorevole all’abbandono degli insediamenti. Il Ministro degli Esteri ha cercato una difficile mediazione con l’ala intransigente del LIKUD e la destra nazionale e religiosa. Shalom ha inoltre chiesto (senza successo) al Premier di non licenziare i Ministri che avessero votato contro il provvedimento o si fossero astenuti, citando anche il parere contrario della Corte Suprema.[11]

       Hanno votato a favore del piano una parte del LIKUD, i centristi dello Shinui, la sinistra (laburisti, Yahad e Una Nazione) ed i due deputati arabi della Lista Araba Unita.

Hanno votato contro l’ala dissenziente del LIKUD, i partiti religiosi ed ultranazionalisti, i partiti arabo-israeliani.

       Il piano ha ottenuto 67 voti a favore, 45 contrari e 7 astensioni.

       Nella stessa giornata del voto – il 7 giugno - Sharon ha provveduto a rimuovere il Vice Ministro Michael Razon ed il Ministro senza portafoglio Uzi Landau per aver votato contro il piano governativo.

       Il 3 novembre il Parlamento israeliano ha approvato in prima lettura la Legge sull’evacuazione e la compensazione che prevede indennizzi per i coloni che dovranno sgomberare gli insediamenti. L’approvazione della nuova normativa (64 voti favorevoli, 44 contrari e 9 astensioni) è stata possibile grazie all’appoggio esterno dei laburisti. Il Governo, che non dispone attualmente di una maggioranza alla Knesset, è stato costretto a rinviare la discussione della legge finanziaria.

       L’8 novembre, il Partito Nazionale Religioso ha formalizzato la sua uscita dal Governo Sharon per protesta con il piano di disimpegno.

      


Il Vice Presidente della Knesset e Presidente del Gruppo parlamentare di amicizia Italia-Istraele,
Moshe Kahlon

 

 

 

 

 

 

E’ nato il 19 novembre 1960.

Membro del LIKUD.

Risiede ad Haifa. E’sposato ed ha tre figli.

Si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Haifa.

Ha ricoperto incarichi nell’Amministrazione della città di Haifa.

Dal 2000 al 2002 è stato Capo Ufficio e Consigliere presso il Ministero della Sicurezza Interna.

E’ entrato a far parte della Knesset nella presente legislatura.

Fa parte della Commissione Economia, della Commissione per l’Etica, della Commissione per l’Infanzia e della Commissione Lavoro, Affari Sociali e Sanità.

 

Khalon è stato in visita alla Camera il 18 novembre 2004.

 


 

Il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese,
Mahmoud Abbas
(ABU MAZEN)


 

 

 

Note biografiche

Mahmoud Abbas (Abu Mazen) è nato nel 1935 a Safad (Galilea). Ha tre figli e sette nipoti.

Dopo essersi rifugiato in Siria nel 1948 in seguito alla nascita dello Stato di Israele, ha lavorato come insegnante elementare e si è laureato in diritto presso l’Università di Damasco. Successivamente ha conseguito un dottorato in storia presso il Collegio Orientale a Mosca.

Nel 1995 è ritornato nei territori occupati dopo quasi 40 anni di esilio.

E’ appassionato di letteratura e di musica araba e degli studi storici.

 

Carriera politica

Abu Mazen è uno dei pochi membri fondatori di “Fatah” (il principale gruppo all’interno dell’OLP) ancora in vita. Dal 1964 fa parte del Comitato Centrale di Fatah ed ha seguito Arafat in esilio in Giordania, Libano e Tunisia. Dal 1968 fa parte del Consiglio Nazionale Palestinese[12].

All’interno dell’OLP è membro del Comitato Esecutivo dal 1980. Dal 1996 fino al novembre 2004 ha detenuto la carica di Segretario Generale, la carica più alta dopo quella di Presidente, detenuta da Arafat. Dopo la morte di questi, è stato eletto Presidente dell’OLP.

A partire dagli anni ’70 ha cominciato a stabilire contatti con la sinistra israeliana ed i movimenti pacifisti. Abu Mazen ha inoltre sviluppato rapporti con i leaders arabi ed ha raccolto finanziamenti in favore dell’OLP. Dopo aver coordinato la posizione palestinese nei negoziati della Conferenza di Madrid (1991), ha guidato la delegazione palestinese duranti gli incontri segreti che hanno preceduto gli Accordi di Oslo del 1993, da lui sottoscritti in rappresentanza dell’OLP. Sempre in rappresentanza di tale organizzazione, ha firmato l’accordo interinale (cosiddetto OSLO II) del 1995.

Nel 1996 ha presieduto la Commissione Elettorale Centrale, incaricata di controllare la regolarità delle elezioni politiche che si sono svolte nei Territori nello stesso anno.  

Il 29 aprile 2003 è stato nominato Primo Ministro dell’ANP dal Presidente Arafat. Nel settembre dello stesso anno ha dato le dimissioni a causa delle divergenze con Arafat sulle riforme ed il controllo dei servizi di sicurezza.

Dal 16 gennaio 2005 è il Presidente dell’ANP.

 

Abu Mazen è uno dei leaders palestinesi che più si sono impegnati per favorire una soluzione pacifica del conflitto con Israele. Gli si attribuisce una visione della politica pragmatica, ma non è provvisto dello stesso carisma di Arafat ed è considerato poco credibile da una parte consistente della popolazione palestinese che gli rimprovera un atteggiamento troppo condiscendente nei confronti degli israeliani. La sua ferma posizione riguardo alla necessità di garantire il rientro dei rifugiati palestinesi in Israele (questione sulla quale Israele oppone un netto e compatto rifiuto) è stata recentemente relegata in un secondo piano per favorire l’avvio della “road map”.


 

Il Primo Ministro
dell’Autorità Nazionale Palestinese,
Ahmed Qurei (ABU ALA)

 


PROFILO BIOGRAFICO E POLITICO

 

       Ahmed Qurei, più conosciuto con il nome di battaglia ABU ALA, è nato ad Abou Dis (nei pressi di Gerusalemme) nel 1937.

       Membro del movimento “Fatah”, è stato designato nel 1983 al vertice del Dipartimento Economico del Comitato Esecutivo dell’OLP. In tale ruolo ha in particolare curato la preparazione del “Programma per lo Sviluppo dell’Economia Nazionale Palestinese (1994-2000)”, documento centrale nella strategia predisposta dall’OLP per lo sviluppo dei territori palestinesi.

       Nel 1989 è diventato membro del Comitato Centrale del Movimento “Fatah”.

       E’ stato membro della cellula incaricata di tenere i contatti tra l’OLP e la delegazione palestinese impegnata nella Conferenza di Madrid (ottobre 1991).

       Successivamente è stato il capo della delegazione palestinese che ha condotto i negoziati segreti con Israele e che hanno portato alla firma degli Accordi di Oslo nel settembre 1993.

Abu Ala ha quindi condotto i negoziati che hanno portato alla sigla degli Accordi di Parigi (relativi alle relazioni economiche tra i territori palestinesi autonomi ed Israele), nell’aprile 1994, ed agli accordi provvisori sulla Cisgiordania e la Striscia di Gaza (Accordi di Taba) nel settembre 1995.

Specialista in questioni economiche e finanziarie, ha ricoperto le cariche di Ministro dell’Economia e del Commercio e di Ministro dell’Industria in seno all’Autorità Nazionale Palestinese (1994-1996).

Nelle elezioni legislative che si sono tenute a Gerusalemme nel 1996 è stato eletto membro del Consiglio Legislativo Palestinese e successivamente ne è diventato Presidente nello stesso anno.

In tale ruolo, ha incontrato con la delegazione palestinese per ben 13 volte il premer israeliano Benyamin Netayahu per giungere agli Accordi di Wye Plantation, firmati a Washington nell’ottobre 1998.

Dopo l’elezione a Premier di Ariel Sharon (marzo 2001) è stato uno dei primi leader palestinesi ad incontrarlo. Risalgono a questo periodo i contatti con l’allora Ministro degli Esteri del Governo di unità nazionale, Shimon Peres. Frutto di questi colloqui è stato un piano di pace “Peres Abu Ala”, che non ha avuto alcun seguito.

 

 

 

Abu Ala guida il terzo esecutivo dell’Autorità Nazionale Palestinese da quando è stata istituita la carica di Primo Ministro (aprile 2003). Il primo è stato guidato da Abu Mazen fino all’agosto 2003, il secondo, guidato dallo stesso Abu Ala, è stato un gabinetto di emergenza ristretto nel numero dei componenti e limitato nel suo mandato.

 Nel suo intervento di fronte al Consiglio Legislativo Palestinese con cui ha chiesto la fiducia (12 novembre 2003), Abu Ala ha invocato la fine di quello che ha definito “il caos armato” nelle strade della Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Ha ribadito inoltre la sua intenzione di cercare un cessate-il-fuoco con Israele  mettendo allo stesso tempo fine agli attacchi contro i civili. “Noi non siamo terroristi e non lo saremo mai, “ ha affermato, “la nostra lotta deve essere contro l’occupazione e non contro civili e bambini”.   Nella stessa occasione, si è rivolto alle parti in causa nel conflitto – nonché al Quartetto (USA, Russia, Ue ed ONU) – affinché sia indetta una Conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente basata sulla coesistenza di due Stati separati e indipendenti. Non ha dato tuttavia alcuna indicazione sulla volontà del Governo palestinese di smantellare i gruppi di militanti islamici, condizione ritenuta necessaria dalla controparte israeliana.

Abu Ala si oppone fermamente alla costruzione della barriera difensiva da parte di Israele ed all’espansione degli insediamenti ebraici nei Territori. Il leader palestinese ha affermato che non vi sarà alcuno Stato palestinese se Israele continuerà a costruire il muro. “Il Muro ucciderà il processo di pace, ucciderà chiunque parli di pace, “ha affermato, “ora c’è una relativa tranquillità, ma il terrorismo inizierà di nuovo e la barriera non potrà prevenirlo”.  Quanto alle affermazioni israeliane su una presunta “reversibilità” della barriera, il Premier palestinese le ha liquidate così: “Si spenderebbero 3 miliardi di dollari per un muro per poi distruggerlo? Se Israele lo avesse costruito nel suo territorio non avrei avuto obiezioni, se lo avesse costruito lungo la linea verde avremmo partecipato ai costi, ma non siamo disposti a cedere un solo millimetro della nostra terra”.

 


Schede a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea

 


 

La politica mediterranea dell’Unione europea

- Dimensione intergovernativa -

1. Il processo euromediterraneo

Il partenariato euromediterraneo è stato inaugurato dalla Conferenza di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 che ha riunito i Ministri degli esteri degli Stati membri dell'Unione insieme a quelli di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e dell'Autorità palestinese.

La Conferenza si è conclusa con l'adozione unanime di una Dichiarazione e del relativo programma di lavoro. Tali documenti stabiliscono le finalità ed il funzionamento del partenariato tra l'Unione europea e i paesi terzi del bacino mediterraneo. Il partenariato si articola in tre settori di attività, o volets:

·       cooperazione politica e di sicurezza;

·       cooperazione economica e finanziaria;

·       cooperazione nei settori sociale, culturale e umano.

La Dichiarazione di Barcellona indica inoltre le modalità per il futuro sviluppo del dialogo euromediterraneo, prevedendo i seguiti della Conferenza: una riunione periodica dei ministri degli affari esteri[13] e riunioni tematiche su argomenti specifici di ministri, alti funzionari, esperti e rappresentanti della società civile. La Dichiarazione ha poi fissato l’obiettivo della creazione di una zona di libero scambio entro il 2010.

Obiettivo generale dell'iniziativa è quella di fare del bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione che garantisca la pace, la stabilità e la prosperità.

Strumento indispensabile per l’attivazione e l’efficace attuazione del partenariato è rappresentato dagli accordi bilaterali di associazione tra i paesi mediterranei e l’Unione europea[14].

Questi accordi, di durata illimitata, mirano a rafforzare i legami esistenti tra i firmatari, instaurando relazioni fondate sulla reciprocità, la compartecipazione e il co-sviluppo nel rispetto dei principi democratici e dei diritti dell’uomo. Gli accordi prevedono l’instaurazione di un dialogo politico regolare; la delimitazione progressiva di una zona di libero scambio in conformità con le disposizioni dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC); le disposizioni in materia di libertà distabilimento, liberalizzazione dei servizi, libera circolazione dei capitali e concorrenza; il rafforzamento della cooperazione economica; una cooperazione sociale completata da una cooperazione culturale; una cooperazione finanziaria per sostenere gli sforzi di riforma richiesti dalla creazione di una zona di libero scambio tra i paesi terzi mediterranei e l’Unione europea.

Il Consiglio UE del 10 febbraio 2004 ha autorizzato la Commissione ad aprire negoziati con quei partner mediterranei non candidati che hanno concluso un accordo di associazione con l’UE, al fine di adattare tali accordi all’allargamento a 10 nuovi Stati membri, avvenuto lo scorso 1° maggio. I partner mediterranei interessati sono Algeria, Autorità palestinese, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco e Tunisia. Tale adattamento riguarderà essenzialmente il commercio di prodotti agricoli ed alcune procedure doganali.

Nel corso degli anni il Partenariato euromediterraneo si è dotato di diversi strumenti destinati a facilitare il dialogo e la cooperazione fra le Parti. Si segnalano in particolare:

·         l’Assemblea parlamentare euromediterraneaistituita, con un ruolo consultivo, in occasione della VI Conferenza ministeriale euromediterranea[15] tenutasi a Napoli il 2 e 3 dicembre 2003. L’Assemblea parlamentare euromediterranea, la cui istituzione è stata proposta dal Parlamento europeo nell’aprile 2002 e successivamente raccomandata dalla Commissione nella comunicazione  del 15 ottobre 2003[16], è composta da 240 membri, di cui 120 dei paesi della sponda sud e 120 europei (75 membri di Parlamenti nazionali e 45 del Parlamento europeo). Il 22 e 23 marzo 2004 si è tenuta ad Atene la prima sessione dei lavori dell’Assemblea, che ha approvato il regolamento, ha eletto l’Ufficio di Presidenza e ha adottato una dichiarazione finale. La prossima riunione si dovrebbe tenere in Egitto, nella prima metà del 2005.

·         Il Fondo euromediterraneo d’investimento e di partenariato (FEMIP), meglio noto come Euromediterranean Facility, varato il 18 ottobre 2002, con l’incarico di gestire i finanziamenti messi a disposizione dalla Banca europea degli investimenti a favore dei paesi mediterranei, sostenendo l’espansione del settore privato e la nascita di progetti volti a promuovere l’integrazione regionale. Il Consiglio ECOFIN del 25 novembre 2003 ha deciso di svilupparlo ulteriormente, con l’apertura di nuove linee di credito a sostegno del settore privato e dei processi di riforma strutturale.

·         la Fondazione euromediterranea, istituita dalla citata Conferenza ministeriale di Napoli per promuovere il dialogo tra civiltà e culture, sulla base dei principi individuati alla Conferenza di Creta, tenutasi il 26 e 27 maggio 2003. La fondazione sarà nota come “Fondazione euromediterranea Anna Lindh per il dialogo fra le culture”, in memoria del ministro degli affari esteri svedese assassinata nel 2003 e avrà sede nella biblioteca di Alessandria d’Egitto[17], dove godrà della collaborazione dell’Istituto svedese della stessa città egiziana. Il 26 ottobre 2004, nel corso di una riunione ad hoc tra i paesi dello spazio euromediterraneo, è stato costituito il Comitato consultivo della Fondazione e si sono fatti progressi nella definizione dello statuto.

 

1.1 La VII Conferenza ministeriale euromediterranea

L’ultima Conferenza dei ministri degli affari esteri euromediterranei[18], tenutasi a l’Aja il 29 e 30 novembre 2004, si è concentrata sull’analisi dei risultati e degli sviluppi futuri del processo di Barcellona, in vista del suo decimo anniversario. Come ha dichiarato il ministro degli affari esteri dei Paesi Bassi, Stato che detiene la Presidenza di turno dell’UE, l’obiettivo era quello di valutare come processo di Barcellona, accordi di associazione e politica di prossimità (cfr. infra) potessero essere utilizzati per sostenere le riforme politiche ed economiche della regione.

Nel corso della Conferenza i ministri hanno preso in esame gli importanti progressi conseguiti nel corso del 2004 nei settori del commercio, dell’industria, dell’energia e dei trasporti. Si segnala in particolare il cosiddetto Accordo di Agadir[19] firmato il 25 febbraio 2004, che istituisce a partire dal 1° gennaio 2006 un’area di libero scambio di tipo sud-sud tra Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia. L’iniziativa, sostenuta dall’UE sia dal punto di vista finanziario sia da quello tecnico, rappresenta un’importante esperienza da estendere agli altri partner e apre nuove prospettive all’integrazione della regione. La Conferenza ha quindi proceduto ad individuare a partire da questo primo importante risultato, i passi successivi per arrivare alla creazione dell’area euromediterranea di libero scambio per il 2010.

La Conferenza, che ha costituito l’occasione per un dibattito sul conflitto mediorientale e sulla ripresa del processo di pace, è stata caratterizzata dall’incontro tra i ministri degli affari esteri israeliano e palestinese, a poche settimane dalla morte di Arafat. Il colloquio è stato valutato positivamente sia dai due ministri sia dagli altri partecipanti, tanto da diffondere l’impressione generale che il rilancio del processo di pace in Medio Oriente sia nuovamente possibile. Nell’ambito del dibattito, l’argomento principale è stato rappresentato dalla prospettiva delle elezioni presidenziali palestinesi del gennaio 2005.

Nel corso della Conferenza è stato anche affrontato il tema della piena integrazione della Libia[20] al Processo di Barcellona.

Una revisione complessiva dei risultati del processo di Barcellona è attesa per la prossima Conferenza di medio termine che si terrà a Lussemburgo nel maggio 2005. In vista di questo appuntamento, nel corso della prossima primavera, la Commissione pubblicherà una comunicazione con le proposte per la commemorazione del decimo anniversario del Partenariato euromediterraneo, che dovrebbe culminare in un incontro ai più alti livelli a Barcellona, nel novembre 2005. La proposta, che è allo studio della Commissione, dovrebbe includere i temi della riforma e della modernizzazione, nonché quello dell’istruzione, con particolare riguardo alle donne. In vista del citato anniversario, i ministri euromediterranei hanno deciso di dichiarare il 2005 anno del Mediterraneo.

 

1.2 Le iniziative settoriali

Il 21 luglio 2004 si è tenuto ad Istanbul il quarto incontro dei ministri euromediterranei del commercio. Nel corso dell’incontro è stato adottato un documento contenente le linee guida per realizzare l’apertura del mercato dei servizi fra tutti i partner euromediterranei, integrando l’area di libero scambio dei beni già esistente e contribuendo al raggiungimento di uno degli obiettivi fissati dal Processo di Barcellona, vale a dire la creazione di un’area euromediterranea di libero scambio entro il 2010. I ministri hanno concordato su un’apertura del mercato in servizi attraverso due fasi dall’approccio innovativo: per quanto riguarda la prima fase, tutti i partner euromediterranei hanno adottato il Protocollo quadro di Istanbul sui servizi che contiene obiettivi e principi da raggiungere nei negoziati; nella seconda fase si procederà a negoziare accordi bilaterali nel rispetto delle regole OMC.

Il 27 settembre 2004 è stato inaugurato al Cairo il progetto MEDA Global Satellite Navigation System che avvia la cooperazione dei paesi euromediterranei al programma comunitario di navigazione satellitare Galileo[21]. Il progetto prevede attività di formazione e dimostrative in materia di servizi di radionavigazione satellitare nell’area mediterranea. Nella stessa occasione è stato inaugurato un ufficio specializzato, destinato a facilitare l’integrazione tra i partecipanti al progetto nella regione e ad assicurare la condivisione delle informazioni anche con altre regioni.

Il 6 ottobre 2004, in occasione di una conferenza organizzata congiuntamente dalla Commissione, dalla Presidenza olandese dell’UE e dal Governo italiano, i paesi euromediterranei hanno firmato la cosiddetta “Dichiarazione di Caserta” attraverso la quale hanno adottato la Carta euromediterranea per l’impresa[22]. Con tale iniziativa i partner mediterranei si sono impegnati ad attribuire ai temi dell’imprenditoria e della competitività una priorità molto elevata nelle loro agende politiche. La Carta contiene principi per favorire lo sviluppo delle imprese, prevedendo iniziative in materia di semplificazione amministrativa, formazione della capacità imprenditoriale e accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese.

La Conferenza si è occupata anche di questioni cruciali a livello settoriale. Si segnala in particolare che i ministri hanno deciso di trovare soluzioni comuni per il settore tessile e dell’abbigliamento attraverso la promozione di un dialogo euromediterraneo sull’argomento. Il settore è infatti destinato a subire un aumento di pressione in termini di competitività a causa dell’imminente scadenza dell’accordo multilaterale su tessile e abbigliamento firmato nel 1994 nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). L’accordo prevede un periodo di dieci anni per l’eliminazione delle restrizioni quantitative alle importazioni, che saranno vietate a partire dal 1° gennaio 2005, in conformità con le regole OMC.

 

1.3 La cooperazione finanziaria

Il programma MEDA[23] è il principale strumento finanziario dell'Unione europea per sostenere l'attuazione del partenariato euromediterraneo. Il programma, istituito nel 1996 e modificato nel 2000, riunisce in una gestione unitaria il finanziamento delle misure di cooperazione tecnica e finanziaria a favore dei paesi mediterranei. La maggior parte delle risorse MEDA viene erogata ai partner su base bilaterale, il resto è destinato ad attività regionali, di cui possono beneficiare tutti i partner.

I principali obiettivi del programma MEDA, direttamente derivati dalla dichiarazione di Barcellona del 1995, consistono nell'accompagnare le riforme politiche, economiche e sociali nei paesi partner e nel sostenere l'esecuzione degli accordi di associazione. Secondo questi accordi, la cooperazione MEDA si basa “sul rispetto dei principi democratici e dello Stato di diritto nonché sul rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la cui violazione giustifica l'adozione di appropriate misure”[24].

Il regolamento MEDA II[25] mette a disposizione un importo pari a 5,350 milioni di euro per il periodo 2000-2006. A tali stanziamenti si aggiungono 6,400 miliardi di euro messi a disposizione dalla BEI (Banca europea per gli investimenti). La Banca, inoltre, si è impegnata a fornire un ulteriore importo pari a 1 miliardo di euro, dalle proprie risorse e a proprio rischio in favore di progetti transnazionali.

Il 4 maggio 2004, alla vigilia della Conferenza di medio termine dei ministri degli affari esteri, la Commissione europea ha approvato, nell’ambito del programma MEDA, una dotazione finanziaria di 1,243 miliardi di euro per il periodo 2005/2006, destinata a finanziare diverse iniziative (riforme economiche e sociali, diritti umani e democratizzazione, lotta alla povertà, istruzione e formazione).

La somma totale è così distribuita: 106 milioni di euro all’Algeria, 243 all’Egitto, 110 alla Giordania, 70 al Libano, 275 al Marocco, 80 alla Siria, 144 alla Tunisia e 215 all’intera regione.

Le priorità della cooperazione bilaterale per gli anni 2005 e 2006 sono definite nei programmi indicativi nazionali, elaborati dalla Commissione in consultazione con i singoli paesi e pubblicati a giugno 2004.

Gli obiettivi strategici della cooperazione regionale e transfrontaliera per lo stesso periodo sono individuati nel Programma indicativo regionale pubblicato dalla Commissione il 29 giungo 2004. Il documento tiene conto degli sviluppi più importanti seguiti alla pubblicazione del documento di strategia regionale per il periodo 2002-2006[26], e in particolare delle priorità individuate nelle conferenze ministeriali euromediterranee di Valencia e di Napoli e dell’istituzione della politica europea di prossimità. Tre sono gli obiettivi principali della cooperazione:

·         rafforzare la cooperazione bilaterale e incoraggiare la diffusione delle migliori pratiche tra i partner del Mediterraneo;

·         affrontare temi di dimensione transnazionale;

·         sostenere lo sviluppo della cooperazione sud-sud.

Il Programma indicativo regionale enfatizza il ruolo della cooperazione regionale sui tre aspetti più rilevanti del processo di Barcellona e della politica europea di prossimità:

·         focus sulle riforme per promuovere armonizzazione e compatibilità tra le legislazioni dei paesi euromediterranei;

·         necessità di dialogo avanzato tra le culture, per creare una cornice alle attività di  collaborazione e ricerca a tutti i livelli della comunità accademica;

·         promozione delle reti di cooperazione tra istituzioni di politica estera, istituti economici di ricerca e autorità municipali e locali[27].


 

2. Il partenariato strategico dell’Unione europea con il Mediterraneo e il Medio Oriente

Il Consiglio europeo di dicembre 2003 ha invitato la Presidenza dell’UE e l’Alto rappresentante per la PESC, in coordinamento con la Commissione, ad avanzare proposte concrete per una strategia europea verso la regione medio-orientale. Facendo seguito a tale invito, è stato predisposto un documento, approvato dal Consiglio europeo di giugno 2004, che definisce principi e obiettivi generali di tale strategia e che costituirà una base coerente per le politiche dell'UE nei confronti dei paesi interessati.

Con il partenariato strategico l’UE si prefigge lo sviluppo di uno spazio comune di pace, prosperità e progresso nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Sulla base di un calendario politico concreto, puntando sul dialogo e sul riconoscimento delle diversità, l’Unione cercherà di:

• promuovere la riforma politica, la democrazia e i diritti dell'uomo;

incentivare gli scambi commerciali e la cooperazione economica, la liberalizzazione economica e i contatti tra le popolazioni;

• promuovere la prevenzione e la soluzione dei conflitti nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, anche attraverso l’adozione di misure destinate a combattere il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa e l'immigrazione illegale.

Nel perseguire gli obiettivi del partenariato strategico, sviluppati anche tenendo conto dei risultati delle consultazioni con i partner interessati, l’Unione europea si avvarrà in primo luogo delle strutture e degli strumenti esistenti. Il partenariato euromediterraeo e la politica europea di prossimità rimarranno dunque le pietre angolari nelle relazioni dell'Unione con i paesi del Mediterraneo.

La prima revisione del partenariato è prevista per il Consiglio europeo di giugno 2005; le revisioni successive avranno luogo ogni semestre.

 


3. La politica di prossimità

L’iniziativa europea denominata “politica di prossimità” si rivolge ai nuovi Stati indipendenti[28], ai paesi del Mediterraneo meridionale[29] e, a seguito della decisione del Consiglio del 14 giugno 2004, anche agli Stati del Caucaso[30]. L’obiettivo è quello di approfondire le relazioni con i nuovi vicini nel contesto dell’Unione europea allargata al fine di creare una zona di prosperità condivisa e buon vicinato.

La politica di prossimità, inaugurata dalla Commissione con una comunicazione[31] presentata l’11 marzo 2003, propone un nuovo approccio nei confronti di questi paesi: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali.

Tale iniziativa, rafforzata e precisata con due successive comunicazioni della Commissione del 1° luglio 2003[32]  e del 12 maggio 2004[33], con la creazione di una task-force per l’Europa ampliata e con i suggerimenti avanzati dalle altre istituzioni comunitarie, si esplicherà in alcune iniziative concrete:

·         istituzione, per il periodo 2004-2006, di programmi di prossimità volti a garantire la sicurezza delle frontiere esterne, a rafforzare la cooperazione transfrontaliera su temi comuni (ambiente, salute pubblica, lotta alla criminalità organizzata) e a favorire l’integrazione nello spazio europeo della ricerca e nei settori delle reti di trasporto[34], delle telecomunicazioni e dell’energia. Tali programmi saranno finanziati con un importo globale di 955 milioni di euro, nell’ambito degli strumenti finanziari esistenti;

·         a partire dal 2007 istituzione di un unico strumento finanziario[35] che consenta di associare attività di cooperazione transfrontaliera e regionale, destinato alla frontiera esterna dell’UE allargata;

·         predisposizione di piani d’azione per ciascuno dei paesi interessati, a cominciare da Ucraina, Moldova e partner del Mediterraneo con i quali sono stati conclusi accordi di associazione. I piani d’azione saranno differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni con ciascun paese, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, e definiranno il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni. Il 9 dicembre 2004 la Commissione ha presentato i primi sette piani d’azione per Autorità palestinese, Giordania, Israele, Marocco, Moldova, Tunisia e Ucraina, che sono stati approvati dal Consiglio nella riunione del 13 e 14 dicembre 2004.   

4. I diritti umani nell’area mediterranea

La promozione della democrazia, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali costituisce uno dei principali obiettivi delle politiche esterne dell’UE.

L’Unione europea ha, con tutti i paesi con cui intrattiene relazioni, un dialogo politico con un grado diverso di ufficialità. In molti casi il dialogo sui diritti umani e la democrazia è assicurato dalla clausola sugli “elementi essenziali” che dal 1992 figura in tutti gli accordi conclusi dalla Comunità con i paesi terzi e che si applica attualmente a più di 120 paesi. Qualora l’accordo in vigore non contempli tale clausola, il dialogo politico deve essere improntato alle disposizioni del Trattato relative ai diritti umani e alla democrazia. La clausola sugli “elementi essenziali” stabilisce che il rispetto dei diritti fondamentali e dei principî democratici, sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, informa le politiche interne ed esterne delle Parti e costituisce un elemento essenziale dell’accordo.

I diritti umani e le libertà fondamentali costituiscono una parte integrante ed essenziale del quadro che disciplina le relazioni tra l’Unione europea e i partner mediterranei, sia nel contesto regionale del partenariato euromediterraneo, sia nell’ambito degli accordi bilaterali di associazione.

Il 21 maggio 2003 la Commissione europea ha adottato la comunicazione[36] “Imprimere un nuovo impulso alle azioni dell’UE coi partner mediterranei nel campo dei diritti umani e della democratizzazione” nella quale esamina la situazione nei paesi partner e propone dieci raccomandazioni concrete per potenziare il dialogo tra l’UE e i suoi partner mediterranei e la cooperazione finanziaria dell’UE nelle questioni relative ai diritti umani. L'esecuzione delle raccomandazioni sarà rafforzata da tre livelli di complementarità:

·         tra il dialogo politico e gli aiuti finanziari;

·         tra il programma MEDA e gli aiuti nel quadro dell'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani[37];

·         tra la dimensione nazionale e quella regionale.

Le dieci raccomandazioni puntano a:

·         potenziare la componente dei diritti umani nei rapporti bilaterali, attraverso l’inclusione sistematica del tema in tutti i dialoghi politici istituzionalizzati con i partner mediterranei, l’istituzione di sottogruppi tecnici; il potenziamento della cooperazione in questioni quali le riforme giuridiche, la libertà di espressione e di associazione e i diritti delle donne;

·         rendere più efficaci gli strumenti esistenti, dedicando alla questione dei diritti umani una maggiore attenzione al momento della definizione degli orientamenti della cooperazione e della stesura dei documenti di strategia e dei programmi indicativi a livello regionale e nazionale;

·         incrementare la competenza dell’UE, migliorando la documentazione sui settori chiave connessi ai diritti umani di ogni paese mediterraneo, potenziando la cooperazione tra le delegazioni della Commissione e le ambasciate degli Stati membri in tali paesi, organizzando riunioni di esperti e contatti periodici con la società civile;

·         introdurre nuovi strumenti, quali piani d'azione nazionali e regionali dedicati al rispetto dei diritti umani ogniqualvolta i paesi partner vogliano sviluppare un'ulteriore cooperazione nel settore. Questi piani potranno focalizzarsi, per esempio, sui diritti delle donne o sulla cooperazione nel campo della giustizia;

·         migliorare il quadro generale delle elezioni nei vari paesi della regione, sfruttando le sinergie tra gli strumenti di osservazione e di sostegno elettorale esistenti (dialogo politico, MEDA, Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani).


Rapporti tra l'Unione europea e l’Autorità palestinese

 

L’Unione europea è impegnata da tempo a migliorare la situazione economica e la condizione umanitaria dei palestinesi. Inoltre, insieme agli altri membri del Quartetto[38] ha promosso la road map ed è impegnata a sostenerne la piena attuazione, con l’obiettivo di una soluzione equa e durevole fondata su due Stati, Israele e uno Stato palestinese, che vivano fianco a fianco in pace e sicurezza.

Per raggiungere questi obiettivi l’UE è attivamente impegnata nei fora internazionali, anche attraverso la partecipazione alla Task force internazionale[39] istituita nel 2002 per sostenere il processo di riforma avviato dall’Autorità palestinese.

In linea con i principi della road map, a partire dal 1996, l’Unione europea ha fornito il proprio sostegno allo svolgimento di libere elezioni nei Territori palestinesi. In vista delle elezioni presidenziali palestinesi del 9 gennaio 2005, l’Unione europea ha inviato una missione composta da 260 osservatori, finalizzata a favorire la trasparenza e a fornire una valutazione indipendente ed imparziale del processo elettorale[40].

Accordo di associazione

       Il 24 febbraio 1997 l’UE ha firmato con l’Autorità palestinese l’Accordo di associazione temporaneo volto a promuovere il commercio e la cooperazione, nel quadro del Partenariato euromediterraneo. L’accordo entrato in vigore il 1° luglio 1997 mirava alla creazione di un'area di libero scambio tra Unione europea e Territori palestinesi a partire dal 2001. L'escalation di violenza ha reso impossibile l'attuazione del piano.

Sulla base dell’articolo 1, gli ulteriori obiettivi dell’accordo sono:

·         stabilire le condizioni per la liberalizzazione del commercio;

·         fornire un quadro adeguato al dialogo tra la Parti.

·         favorire sviluppo di relazioni economici e sociali equilibrate attraverso dialogo e cooperazione

·         contribuire allo sviluppo sociale ed economico della striscia di Gaza   

·         incoraggiare la cooperazione regionale

·         promuovere la cooperazione in altre aree di comune interesse.

L’accordo prevede un Comitato congiunto annuale, oltre che incontri regolari dedicati alla politica macroeconomica, finanziaria e monetaria.

Assistenza finanziaria

L’assistenza finanziaria da parte dell’UE è cominciata già nel 1971, con il primo contributo al bilancio dell’Ufficio di assistenza delle Nazioni Unite per i profughi della Palestina in Medio Oriente (UNRWA). A partire dal 1986 inoltre l’UE ha garantito l’accesso preferenziale ai prodotti provenienti dai territori occupati.

A partire dalla conclusione degli Accordi di Oslo del settembre 1993, l’Unione europea ha dato inizio a un programma speciale per sostenere il Processo di pace in Medio Oriente e lo sviluppo della società palestinese. Tra il 1994 e il 2002 l’UE ha fornito circa 1 miliardo di euro in contributi e prestiti e ulteriori 500 milioni di euro all’UNRWA. L’assistenza unilaterale fornita dagli Stati membri ammonta a circa 2,5 miliardi di euro per lo stesso periodo. Se si considera l'aiuto pro-capite, i palestinesi sono tra i principali destinatari degli aiuti dell'UE nel mondo e l'Unione europea è il principale donatore per la società palestinese.

Il contributo finanziario fornito dall’UE viene fissato annualmente, data la volatilità della situazione.

Per il 2004 è stato previsto un importo totale di 250 milioni di euro[41] nell’ambito del bilancio comunitario. Il programma di intervento ha perseguito due obiettivi: rispondere alle urgenze e contribuire alla creazione di uno Stato palestinese. La somma totale è stata così suddivisa:

·         89 milioni di euro all’UNWRA;

·         29 per aiuti umanitari e circa 10 per aiuti alimentari attraverso il Programma alimentare mondiale e le organizzazioni non governative;

·         65 milioni al Reform Trust Fund istituito dalla Banca mondiale nell’aprile 2004 con l’obiettivo di migliorare la gestione delle finanze pubbliche;

·         22,75 milioni di euro a sostegno dei servizi sociali;

·         7,5 al Programma di partenariato europeo per la pace;

·         5 milioni di euro per assistenza tecnica all’Autorità palestinese nelle aree chiave della riforma;

·         1 milione di euro al programma TEMPUS sull’educazione universitaria.

Il 9 febbraio 2005, facendo seguito alla sua visita in Medio oriente[42] e alla dichiarazione di cessate il fuoco rilasciata da israeliani e palestinesi a Sharm el Sheikh, il Commissario per le relazioni esterne e la politica di vicinato, Benita Ferrero Waldner, ha annunciato che la Commissione prevede di rendere disponibili, per l’anno 2005, 250 milioni di euro a sostegno dei successivi passi verso la creazione di uno Stato palestinese. Il finanziamento dovrebbe avere i seguenti obiettivi:

·         sostenere le riforme politiche e economiche dell’Autorità palestinese attraverso pagamenti rateali, soggetti a programmi di valutazione delle prestazioni;

·         fornire un contributo all’UNRWA;

·         istituire un fondo per le infrastrutture destinato a finanziare progetti urgenti e servizi primari. Il fondo potrebbe essere utilizzato, tra l’altro, per rispondere alle esigenze palestinesi a seguito del disimpegno israeliano da Gaza e dalla Cisgiordania

Grazie alla partecipazione al Partenariato euromediterraneo, l’Autorità palestinese beneficia inoltre di finanziamenti attraverso il programma MEDA, che offre sostegno tecnico e finanziario per accompagnare il processo di riforme necessario all’attuazione dell’Accordo.

 


Rapporti Tra Unione Europea e Israele

1. Accordo di associazione

Dal 1° giugno 2000 è in vigore l’Accordo euromediterraneo di associazione tra l’Unione europeaed  Israele,  firmato il 20 novembre 1995 nel quadro della politica mediterranea dell’Unione europea inaugurata dalla Conferenza di Barcellona (27 e 28 novembre 1995).

L’accordo, concluso per una durata illimitata, mira a rafforzare i legami che esistono tra l’Unione europea e Israele instaurando relazioni fondate sulla reciprocità, la compartecipazione e il co-sviluppo nel rispetto dei principi democratici e dei diritti umani. Una dichiarazione congiunta, allegata all’accordo, sottolinea l’importanza che le Parti attribuiscono alla lotta contro la xenofobia, l’antisemitismo e il razzismo.

E’ istituito un dialogo politico regolare che si svolge a livello governativo – mediante incontri di ministri e di alti funzionari – e a livello parlamentare attraverso contatti tra il Parlamento europeo e la Knesset.

L’accordo sottolinea l’importanza della cooperazione regionale e la necessità di contribuire alla stabilità e alla prosperità della regione mediterranea. Vengono ampliate le concessioni reciproche per gli scambi[43] – rispetto a quelle previste dall’accordo di cooperazione del 1975 – ed è approfondita la cooperazione economica.

Poiché Israele è un paese ad elevato livello di sviluppo e industrializzazione ed ha un elevato reddito pro-capite[44], non usufruisce dei finanziamenti del Programma MEDA[45] a livello bilaterale e la sua partecipazione al programma è limitata alle iniziative di cooperazione regionale. Sotto questo profilo Israele ha partecipato a programmi regionali nel settore dei diritti umani, della promozione della pace, della conservazione del patrimonio culturale e dell’integrazione sociale.

 

2. Altri accordi

L’Unione europea ed Israele hanno concluso i seguenti accordi settoriali:

·         accordo sulle buone pratiche di laboratorio, entrato in vigore il 1° maggio 2004, che prevede il reciproco riconoscimento degli studi in materia di sicurezza dei prodotti chimici;

·         il terzo accordo di cooperazione scientifica e tecnica, entrato in vigore il 10 giugno 2003, che associa Israele al sesto Programma quadro comunitario per la ricerca e lo sviluppo tecnico (2003-2006)[46];

·         l’accordo concernente le misure di liberalizzazione reciproche, relativo alla maggior parte degli scambi nel settore agricolo, concluso il 22 dicembre 2003;

·         l’accordo di cooperazione al programma comunitario di navigazione satellitare Galileo, firmato il 17 marzo 2004.

          3. Conflitto Medio-orientale

       L’obiettivo politico dell’Unione europea in merito al conflitto in Medio oriente rimane quello della “coesistenza pacifica, fianco a fianco, di uno Stato palestinese vitale, contiguo, sovrano e indipendente con uno Stato di Israele esistente entro confini riconosciuti e sicuri”[47]. L’Unione punta ad una soluzione negoziata, concordata tra le parti, che risolva in modo equo la complessa questione di Gerusalemme e il problema dei profughi palestinesi.

Il sostegno al processo di pace è fornito dall’UE attraverso diverse iniziative.

L’UE contribuisce a facilitare il processo di pace attraverso incontri regolari con i principali attori della scena e visite dei leader dell’UE in Medio oriente[48] nonché grazie alle attività dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, Javier Solana, e del Rappresentante speciale per il processo di pace, Marc Otte.  Inoltre, l’UE è uno dei partner del Quartetto internazionale (insieme a Stati Uniti, Federazione russa e Nazioni Unite) che il 30 aprile 2003 ha presentato la road mapformalmente accettata dal Governo israeliano e dall’Autorità palestinese[49].

L’attività di facilitazione del processo di pace si svolge anche nell’ambito del Partenariato euromediterraneo, inaugurato a Barcellona nel 1995, che rimane l’unico forum multilaterale, oltre alle Nazioni Unite, in cui le parti in conflitto si incontrano. Inoltre, la cooperazione regionale prevista nel quadro euromediterraneo incoraggia l’integrazione e la mutua comprensione tra gli Stati della regione. Si segnala anche l’iniziativa specifica del Partenariato UE per la pace che si concentra su iniziative destinate alla società civile locale e internazionale allo scopo di promuovere la pace, la tolleranza e la non violenza.

L’UE è il maggior donatore dell’Autorità palestinese ed un importante partner economico di Israele, Egitto, Giordania, Libano e Siria. La cooperazione bilaterale in campo economico e finanziario con tutte le parti coinvolte nel processo di pace, fornita nell’ambito del programma MEDA e attraverso altri strumenti di cooperazione, si prefigge di porre le condizioni per la pace, la stabilità e la prosperità della regione.

L’UE sostiene il processo di riforme politiche ed economiche avviato dall’Autorità palestinese fornendo, oltre alle risorse finanziarie, anche l’assistenza tecnica in materia di institution-building. Inoltre, l’UE ha un ruolo guida nella Task force internazionale[50], istituita nel giugno 2002 con l’obiettivo di sostenere l’attuazione delle riforme civili palestinesi e di coordinare la comunità internazionale dei donatori.


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Documentazione

 


Nota dell’Associated press sul Vertice di Sharm-El-Sheik

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]     Il Presidente Selva ha inoltre incontrato a Roma, il 3 luglio 2002, il Gran Mufti di Gerusalemme, Imam della Moschea Al Aqsa (Gerusalemme), dott. Ekrama Sabri. Nel corso dell’incontro, le parti hanno convenuto sulla necessità che presso l’ANP si tengano libere elezioni e che sia trovata una soluzione diplomatica alla questione medio orientale. Da parte del Gran Mufti, il Presidente Selva ha avuto conferma della volontà palestinese di convivere accanto al popolo israeliano nella sicurezza e nel rispetto reciproco.

[2]     Oltre all’on. Selva, facevano parte della delegazione gli onn. Ballaman (LNIP), Boato (Misto-Verdi), De Laurentis (CCD-Cdu), La Malfa (Misto), Mantovani (Rifondazione Comunista), Monaco (Margherita), Rivolta (FI), Spini (DS), Zacchera (AN).

[3]    Precedentemente il Presidente della Commissione Esteri della Camera, on. Selva, insieme agli onn. D'Alema, Craxi e Cima, si era recato a Gaza (Autorità Palestinese) per partecipare al Convegno sulla cooperazione tra l'Ue ed il Consiglio Legislativo Palestinese dal 27 al 28 ottobre 2001. La delegazione si è inoltre recata a Betlemme ed a Gerusalemme.

[4]     L’idea era stata proposta dal Presidente dell’Assemblea Nazionale francese, Forni, ed aveva raccolto l’adesione dei Presidenti israeliano e palestinese il 23 febbraio 2002 a Parigi.

[5]     Al momento sono in costruzione circa 4.000 nuove case in Cisgiordania. Quando saranno popolate, la popolazione israeliana costituirà il 10%  della Cisgiordania.

[6]     Il Presidente della Repubblica ha preso ufficialmente posizione a favore del referendum alla vigilia del dibattito alla Knesset.

[7]     Secondo Sharon occorrerebbe almeno un anno per organizzare una consultazione che è valutata positivamente soltanto dai moderati, ma non dalle forze di destra che si oppongono comunque all’abbandono degli insediamenti.

[8]     Il Capo Gruppo LIKUD, Gideon Sa’ar ha affermato che le mozioni erano prive di valore ed avevano solo lo scopo di disturbare il dibattito. Sempre per Sa’ar  non esistono al momento argomenti che possano compattare la destra, la sinistra ed i partiti confessionali per rovesciare Sharon.

[9]     Senza l’appoggio del Partito Nazionale Religioso, il Governo Sharon diverrebbe minoritario alla Knesset potendo contare su 55 voti su 120.

[10]    Il cedimento di Netanyahu è stato variamente interpretato. Secondo alcuni è stata una tacita rinuncia la referendum, secondo altri la scelta è stata dettata dal fatto che il provvedimento aveva già ottenuto i 61 voti necessari.

[11]    Riguardo all’influenza della Corte Suprema sulla vita politica e sociale israeliana cfr. la scheda dedicata al Presidente della Knesset, Rivlin. La Corte ha ritenuto legittima la possibilità per un Ministro di votare contro o astenersi nella votazione di un provvedimento appoggiato dal Governo.

[12]    Il Consiglio Nazionale Palestinese è l’organo legislativo dell’OLP, il più alto organo rappresentativoper i Palestinesi che è in grado di prendere le decisioni definitive che li riguardano.

[13]   Si sono tenute sette Conferenze ministeriali euromediterranee: a Barcellona nel 1995, a Malta nel 1997, a Stoccarda nel 1999, a Marsiglia nel 2000, a Valencia nel 2002, a Napoli nel 2003 e a l’Aja il 29 e 30 novembre 2004; incontri informali di medio termine hanno avuto luogo a Palermo nel 1998, a Lisbona nel 2000, a Bruxelles nel 2001, a Creta nel 2003 e a Dublino nel maggio 2004.

[14]   Allo stato attuale sono in vigore gli accordi con Tunisia (1° marzo 1998), Marocco (1° marzo 2000), Israele (1° giugno 2000), Giordania (1° maggio 2002) ed Egitto (1° giugno 2004) e l’accordo interinale d’associazione sugli scambi e la cooperazione con l’Organizzazione per la liberazione della Palestina a vantaggio dell’Autorità palestinese (1° luglio 1997). Con la Turchia è in vigore dal 1964 un accordo di associazione, cosiddetto di prima generazione, superato dallo status di paese candidato della Turchia. Sono stati inoltre firmati gli accordi con l’Algeria, in occasione della Conferenza di Valencia del 22 e 23 aprile 2002, e con il Libano il 17 giugno 2002. Il negoziato con la Siria è stato concluso il 19 ottobre 2004.

[15]   Le cinque precedenti Conferenze ministeriali euromediterranee  si sono svolte a Barcellona nel 1995, a Malta nel 1997, a Stoccarda nel 1999, a Marsiglia nel 2000 e a Valencia nel 2002; incontri informali di medio termine hanno avuto luogo a Palermo nel 1998, a Lisbona nel 2000, a Bruxelles nel 2001 e a Creta nel 2003.

[16]   COM (2003) 610 per preparare il Vi incontro euromediterraneo dei ministri degli esteri , Napoli 2-3 dicembre 2003, (Barcellona VI)

[17]   La sede della fondazione è stata concordata durante la Conferenza di medio termine dei ministri degli affari esteri euromediterranei, tenutasi a Dublino il 5 e 6 maggio 2004. Nel documento finale i ministri euromediterranei citando le sedi proposte da Cipro, Italia e Malta affermano che la fondazione terrà conto in maniera particolare delle attività euromediterranee di questi paesi.

[18]   Alla Conferenza hanno partecipato, in qualità di osservatori, anche i rappresentanti di: Bulgaria, Lega Araba, Libia, Mauritania, Romania e Unione del Maghreb Arabo.

[19]   Il Processo di Agadir è una iniziativa sub-regionale lanciata nel maggio 2001 da Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia con l’obiettivo di stabilire una zona di libero scambio tra i paesi Euromed maggiormente in linea con i requisiti degli Accordi di associazione.

[20]   Lo scorso 27 febbraio, a margine del Vertice dell’Unità africana a Sirte, il Colonnello Gheddafi ha espresso la volontà di adesione della Libia al Processo di Barcellona, nei tempi più rapidi possibile. La Commissione è in attesa che la Libia formalizzi la richiesta di adesione, sulla quale dovrà esprimersi il Consiglio.

[21]   Il programma, nato per iniziativa della Commissione, è stato sviluppato congiuntamente all’Agenzia spaziale europea. Accordi di cooperazione sono stati firmati con Cina ed Israele e sono in via di negoziazione con India, Russia, Brasile, Corea del Sud, Messico ed Australia. La firma dell’accordo tra UE e USA del 26 giugno 2004 garantisce la piena interoperabilità tra Galileo e il sistema di navigazione satellitare statunitense (GPS).

[22]   Nell’ambito del processo di Barcellona è la prima volta che i partner della regione firmano un documento comune.

[23]    Regolamento (CE) n. 1488/96 del Consiglio, come modificato dal Regolamento (CE) n. 2698 (2000) del 27 novembre 2000.

[24]    L'art.16 del regolamento MEDA, modificato dal regolamento (CE) n. 780/1998 del Consiglio, stabilisce che quando viene a mancare un elemento essenziale per continuare a fornire misure di sostegno ad un partner mediterraneo, il Consiglio, votando a maggioranza qualificata sulla base di una proposta della Commissione, può decidere di prendere misure appropriate.

[25]   Regolamento (CE) n. 2698/2000.

[26]    Il documento di strategia regionale per il periodo 2002-2006 è stato pubblicato nel febbraio 2002, contestualmente al programma indicativo regionale per il periodo 2002-2004.

[27]   Le prime due reti sono già attive: EUROMESCO (tra istituzioni di politica estera) e FEMISE (istituti economici).

[28]   Bielorussia, Moldova, Ucraina.

[29]   Algeria, Autorità palestinese, Egitto, Giordania, Israele, Libano, Libia, Marocco, Siria, Tunisia.

[30]   Armenia, Azerbaigian e Georgia.

[31]   COM(2003)104.

[32]   COM(2003)393

[33]   COM(2004) 373.

[34]   Il 18 e 19 ottobre 2004 si è tenuto il primo incontro del gruppo di alto livello istituito dalla Commissione con l’obiettivo di individuare iniziative idonee a migliorare la connessione delle reti di trasporto transeuropee con le regioni vicine. Del gruppo di alto livello fanno parte i rappresentanti dei vicini e delle istituzioni finanziarie internazionali.

[35]   Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2004) 628) che istituisce uno strumento europeo di vicinato e di partenariato.

[36]   COM (2003) 294.

[37]   L’Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani è un capitolo di bilancio istituito nel 1994 su impulso del PE. Comprende i finanziamenti relativi alla promozione dei diritti umani, alla democratizzazione e alla prevenzione dei conflitti ed è complementare ai programmi comunitari e può essere attuata con la collaborazione di partner diversi, in particolare con le organizzazioni non governative (ONG) e le organizzazioni internazionali.

[38]   I membri del Quartetto sono: USA, Russia, ONU e UE.

[39]   Della Task force fanno parte, oltre all’UE, Stati Uniti, Russia, Nazioni Unite, Norvegia, Giappone, Canada, Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.

[40]   Secondo il resoconto della missione, le elezioni presidenziali del 9 gennaio 2005 hanno rappresentato un genuino sforzo di condurre un processo elettorale regolare.

[41]   Analoga somma è stata stanziata per il 2003.

[42]   La visita si è svolta dal 6 all’8 febbraio 2005. Nel corso della visita, il Commissario Ferrero Waldner ha incontrato, tra gli altri, il Primo ministro israeliano Sharon e il neo eletto Presidente dell’Autorità palestinese, Abbas.

[43]   Sulla base di un accordo raggiunto a dicembre 2004 dal Comitato di cooperazione doganale UE-Israele, a partire dal 1° febbraio 2005 è stato disposto che le dichiarazioni su fattura e i certificati di circolazione emessi in Israele rechino indicazione della zona di origine del prodotto. L’intento è quello di individuare i prodotti che provengono dai territori che dal 1967 sono sotto il controllo dell’amministrazione israeliana. Tali prodotti secondo l’Unione europea non sono ammessi a beneficiare del trattamento tariffario preferenziale previsto dall’accordo di associazione Ue-Israele.

[44]   Il reddito pro-capite stimato per il 2002 a circa 15.600 euro per abitante pone Israele tra le 25 maggiori economie mondiali.

[45]   Il programma MEDA è il principale strumento finanziario dell'Unione europea per sostenere l'attuazione del partenariato euromediterraneo.

[46]    Due accordi precedenti del 1996 e del 1999 hanno associato Israele al quarto e al quinto programma quadro. Si segnala che Israele è stato il primo paese non europeo ad essere associato ai programmi quadro comunitari, in virtù del suo elevatissimo livello di competenza scientifica.

[47]   Tale impegno è stato ribadito dal Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 che ha espresso la volontà di sostenere il ritiro di Israele dalla striscia di Gaza e da parte della Cisgiordania settentrionale quale primo passo nel processo globale, conformemente alle condizioni stabilite dal Consiglio europeo del marzo 2004.

[48]   Il 7 e 8 febbraio 2005 il Commissario per le relazioni esterne e la politica di vicinato, Ferrero Waldner, si è recata in visita in Israele e nei Territori palestinesi. La visita intende sottolineare la determinazione dell’UE a dare tutto il suo sostegno al processo di pace, in un momento in cui sembrano aprirsi nuove prospettive.

[49]   L’ultimo incontro del Quartetto si è tenuto il 23 novembre 2004 a Sharm-el-Sheik, a margine della Conferenza internazionale sull’Iraq. In quella occasione il Quartetto ha esaminato i modi per rilanciare il processo di pace in Medio Oriente e per contribuire al regolare svolgimento delle elezioni presidenziali palestinesi.

[50]   La Task force è composta, oltre che dall’Unione europea, da Stati uniti, Federazione russa, Nazioni Unite, Norvegia, Giappone, Canada, Banca mondiale e Fondo monetario internazionale.