XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Altri Autori: | Servizio Biblioteca | ||
Titolo: | Istituzione di una zona di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale - A.C. 5358 | ||
Serie: | Progetti di legge Numero: 685 | ||
Data: | 15/12/04 | ||
Abstract: | Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa; schede di lettura; testo del disegno di legge; attività parlamentare; normativa di riferimento; pubblicistica; documentazione. | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari | ||
Riferimenti: |
|
Servizio studi |
progetti di legge |
|||
Istituzione di una zona di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale A.C. 5358 |
|||
n. 685 |
|||
15 dicembre 2004 |
Camera dei deputati
Dipartimento Affari Esteri
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni
responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non
consentiti dalla legge.
File: ES0353.doc
INDICE
Scheda
di sintesi per l’istruttoria legislativa
Elementi per
l’istruttoria legislativa
§
Necessità dell’intervento
con legge
§
Rispetto delle competenze
legislative costituzionalmente definite
Normativa di riferimento
§
L. 2 dicembre 1994, n. 689 Ratifica ed
esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con
allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché dell'accordo
di applicazione della parte XI della convenzione stessa, con allegati, fatto a
New York il 29 luglio 1994 (stralci)
§
L. 11
ottobre 2001, n. 391 Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla
creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma
il 25 novembre 1999
Pubblicistica
§
F. Caffio, La
proclamazione croata della zona di protezione della pesca e dell’ambiente
marino, in: Rivista marittima, febbraio 2004
Documentazione
§
Legge n. 2003-346 del 15 aprile 2003 relativo
alla creazione d’una zona di protezione ecologica al largo delle coste della
Repubblica francese
§
Ministero degli affari esteri francese – Decreto
n. 2004-33 dell’8 gennaio 2004, concernente la creazione d’una zona di
protezione ecologica al largo delle coste mediterranee della Repubblica (Testo
come successivamente rettificato
Numero del progetto di legge |
A.C. 5358 |
Titolo |
Istituzione di una zona di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale |
Iniziativa |
Governativa |
Settore d’intervento |
Ambiente, Politica estera, Stati esteri. |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
2 |
Date |
|
§
presentazione alla
Camera |
18 ottobre 2004 |
§
annuncio |
19 ottobre 2004 |
§
assegnazione |
25 novembre 2004 |
Commissione competente |
Commissioni riunite III Affari esteri e VIII Ambiente |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
Commissioni I, V, VII, XIII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Il disegno di legge in esame mira all’istituzione di una zona di protezione ecologica al di fuori della fascia del mare territoriale italiano. Tale proposito obbedisce a un triplice ordine di motivazioni: in primo luogo, prevenire scarichi di sostanze inquinanti in acque internazionali, ma prospicienti le coste italiane; in secondo luogo, far fronte al mutamento della condizione giuridica del Mediterraneo indotta da recenti atti legislativi di diversi Stati rivieraschi (Spagna, Francia, Croazia), che hanno istituito proprie zone di interesse particolare, a scopo di tutela ambientale o della pesca; in terzo luogo, costituire una posizione negoziale adeguata dell’Italia, in vista della stipula di futuri Accordi bilaterali di demarcazione delle rispettive sfere di influenza con gli Stati che già hanno attuato analoghe iniziative.
Per comprendere l’esatta portata del
disegno di legge in esame è utile tenere presente alcuni istituti del diritto
internazionale marittimo ora codificati dalla Convenzione sul diritto del mare
firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982 e ratificata
dall’Italia con la legge 2 dicembre 1994, n. 689.
Il mare territoriale è quella zona di mare adiacente alle coste sulla
quale si estende la sovranità degli Stati. L’acquisto di tale
sovranità è automatica e l’estensione del mare territoriale è pari ad un
massimo di 12 miglia marine dalla costa. Lo Stato esercita sul mare
territoriale gli stessi poteri esercitati nell’ambito del territorio con due
fondamentali limitazioni: il diritto di passaggio c.d. inoffensivo o innocente
di navi straniere e il divieto di esercitare la giurisdizione penale in ordine a fatti puramente interni alla nave straniera.
La piattaforma territoriale è quella parte del suolo marino contigua
alle coste che costituisce un naturale prolungamento
delle coste e si mantiene ad una profondità costante di circa 200 metri per poi
precipitare negli abissi. Lo Stato costiero ha, al di là del
mare territoriale, il diritto esclusivo di sfruttare tutte le risorse della
piattaforma. Sussiste il problema di delimitare l’ambito della piattaforma tra
Stati che si fronteggiano e tra Stati contigui. L’art. 83 della citata
Convenzione individua nell’accordo tra gli Stati interessati
il criterio sulla base del quale procedere alla delimitazione.
La zona economica esclusiva, istituto che si è andato in anni più
recenti sovrapponendo alla piattaforma continentale, riconosce allo Stato
costiero il controllo esclusivo su tutte le risorse economiche della zona, sia
biologiche sia minerali, per un’estensione massima di 200 miglia marine, limite
da calcolarsi a partire dalla linea di base del mare territoriale. L’art. 74
della Convenzione di Montego Bay prevede, anche in questo caso, che alla
delimitazione di detta zona tra stati frontalieri o contigui
si proceda sulla base di accordi tra gli Stati stessi.
Il disegno di legge è accompagnato dalla relazione introduttiva e da una analisi tecnico-normativa (ATN).
Il provvedimento realizza una parziale attuazione di un istituto, la zona economica esclusiva, previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 di cui l’Italia è parte. Poiché la predetta Convenzione è stata ratificata con legge (legge 2 dicembre 1994, n. 689), il disegno di legge interviene in una materia la cui disciplina ha rango legislativo. Il ricorso allo strumento legislativo appare opportuno per una ulteriore ragione. Il provvedimento estende, sotto il profilo spaziale, l’applicazione di norme interne, europee ed internazionali di rango primario e ciò sembra dover avvenire con atto legislativo.
Come già osservato, il disegno di legge rappresenta una forma di parziale
applicazione di un istituto contemplato da una Convenzione internazionale
sottoscritta e ratificata dall’Italia. Trattandosi di un atto rilevante sul
piano della politica internazionale, la competenza ad
adottarlo spetta allo Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. a),
della Costituzione che riserva in via esclusiva al legislatore statale la
materia della politica estera e dei rapporti internazionali. Inoltre, il
contenuto del provvedimento in esame è espressamente finalizzato alla tutela
dell’ambiente e dell’ecosistema, materia riservata in via esclusiva alla legge
statale dall’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.
Nel disegno di legge viene specificato che
la protezione dell’ambiente marittimo nell’ambito dell’istituenda
zona di protezione ecologica avverrà, in particolare, in conformità alle
disposizioni comunitarie vigenti in materia.
L’art. 1, c. 2, dispone che i limiti esterni dell’istituenda zona di protezione ecologica siano determinati con legge in esecuzione di accordi con Stati esteri il cui territorio sia adiacente o fronteggi il territorio italiano.
A riguardo andrebbero
approfondite le ragioni che hanno indotto a prevedere l’adozione di una legge per
l’esecuzione di accordi internazionali anziché una
semplice legge di ratifica di tali accordi. Va, in
particolare, considerato come la legge nazionale non potrebbe che
attenersi strettamente al contenuto degli accordi, al fine di non determinare
un contenzioso con gli Stati firmatari degli accordi stessi. Inoltre, una volta conclusi gli accordi, al fine della relativa
applicazione, sembrerebbe semmai esservi la necessità di individuare l’organo
competente ad adottare l’atto, verosimilmente di carattere amministrativo,
idoneo a delimitare in concreto la zona di protezione ecologica.
L’art. 2, comma 2, si limita ad estendere alla zona ecologica “le norme del diritto italiano, del diritto dell’Unione europea e dei trattati internazionali in vigore in materia di prevenzione e di repressione di tutti i tipi di inquinamento”. Non vengono, invece, indicati i singoli atti normativi, nazionali, comunitari e internazionali che si intende rendere applicabili nella zona ecologica che non appartiene al territorio dello Stato. Non può inoltre ritenersi nemmeno pacifico che, a differenza di quanto si verifica per il mare territoriale, a detta zona si estenda la sovranità dello Stato italiano.
Andrebbe in particolare
approfondito se, in ottemperanza al principio di tassatività
e determinatezza delle norme penali incriminatici, non sarebbe
opportuno richiamare le disposizioni relative ai reati perseguibili nell’ambito
della zona ecologica. Va tra l’altro tenuto presente che, ai sensi dell’art.
230 della Convenzione di Montego Bay, al di là del
mare territoriale la violazione di normative nazionali o internazionali in
materia di inquinamento marino può dar luogo esclusivamente all’irrogazione di
pene pecuniarie.
Sotto il profilo del coordinamento con la normativa internazionale vigente, va osservato come la zona economica esclusiva – l’istituto che costituisce la base dell’intervento effettuato con il provvedimento in esame – rappresenti ormai un istituto di diritto consuetudinario e possa estendersi sino a 200 miglia marine a partire dalla linea di base del mare territoriale. La legge francese di analogo contenuto (L. n. 2003-346 del 15 aprile 2003[1] citata nella relazione governativa) prevede che la zona di protezione ecologica possa estendersi sino a 188 miglia marine oltre il mare territoriale (la cui estensione è pari a 12 miglia).
La mancata menzione di tale
limite massimo da parte del provvedimento in esame appare peraltro dovuto alla
circostanza che la vicinanza all’Italia di altri Stati
impedisce, in concreto, l’applicazione di tale limite massimo e richiede invece
l’individuazione di un “confine” a distanza più ravvicinata dalle coste
italiane.
L’art. 1, c. 3, prevede che, sino alla definizione di appositi accordi con gli Stati vicini, i limiti esterni della zona di protezione ecologica “seguono il tracciato della linea mediana, ciascun punto della quale è equidistante dai punti più vicini delle linee di base del mare territoriale italiano e di quello dello Stato interessato”. Viene pertanto contemplata la possibilità che l’ambito della zona di protezione ecologica venga definito unilateralmente dall’Italia.
A riguardo si segnala
innanzitutto come il provvedimento si limiti ad enunciare il criterio sulla
base del quale addivenire alla delimitazione della
zona ma non determini né l’organo competente né il tipo di atto con il quale si
dovrà in concreto procedere a tale delimitazione.
Andrebbe inoltre verificata la
compatibilità della disposizione in questione con l’art. 74 della Convenzione
di Montego Bay in materia di delimitazione della zona
economica esclusiva tra Stati con coste opposte o adiacenti. Tale articolo
prevede che alla delimitazione si provveda tramite accordi e che, nelle more,
gli Stati interessati “compiano ogni sforzo per addivenire
ad intese provvisorie di carattere pratico” che non pregiudicano tuttavia la soluzione finale. Qualora non si addivenga ad un accordo in un tempo ragionevole, gli Stati
interessati possono ricorrere alle procedure per la soluzione delle
controversie previste dalla Convenzione[2].
Sembrerebbe pertanto che l’individuazione del
limite esterno della zona di protezione ecologica se effettuata dall’Italia in
modo unilaterale sulla base del c. 3 dell’art. 1 possa venire contestata dagli Stati frontisti o contigui alla luce del
diritto internazionale ed in particolare della Convenzione di Montego Bay
che risulta in vigore per la totalità di tali Stati con l’eccezione della
Libia.
E’ peraltro da osservare come
in modo nella sostanza non dissimile sembra essersi comportata la Francia. Nonostante infatti la
legge n. 2003-346 cit. non individuasse i criteri sulla base dei quali
istituire le zone di protezione ecologica e la relazione governativa di
accompagnamento facesse riferimento ad accordi da concludersi con gi Stati
vicini, il decreto di applicazione adottato dal Consiglio di Stato provvede a
delimitare l’estensione della zona di protezione ecologica al largo delle coste
francesi del Mediterraneo in modo (almeno apparentemente) unilaterale attraverso
una lista di linee e segmenti determinati da una loxodromia
(linea dritta sulle carte in proiezione Mercatore) o
dal limite del mare territoriale a partire dalla linea di base.
Il disegno di legge A.C. 5358, predisposto dal Ministro dell’ambiente di concerto con i Ministri degli affari esteri e dei beni culturali, concerne l’istituzione di una zona di protezione ecologica al di fuori della fascia del mare territoriale italiano.
La relazione introduttiva al disegno di legge spiega le diverse motivazioni della proposta: in particolare, si rileva l’urgenza di creare una zona di protezione ecologica onde prevenire scarichi di sostanze inquinanti – sia volontari che fortuiti – in acque internazionali, ma prospicienti le coste italiane. Tale esigenza rileva maggiormente nell’ambito del Mediterraneo, per il carattere di mare semichiuso che esso presenta, nel quale gli effetti di inquinamenti su larga scala verrebbero amplificati in modo drammatico.
Inoltre, l’urgenza dell’iniziativa legislativa viene motivata con le trasformazioni della condizione giuridica del Mediterraneo indotta da recenti atti legislativi di diversi Stati rivieraschi (Spagna, Francia, Croazia), i quali si sono avvalsi della facoltà di istituire proprie zone di interesse particolare, riconosciuta dal diritto internazionale del mare, e specificamente dalla più vasta codificazione di esso operata dalla Convenzione di Montego Bay del 1982 (v. infra nella trattazione dell’articolato). Soprattutto l’istituzione francese della zona di protezione ecologica, resa operante dal Decreto emanato l’8 gennaio 2004 a seguito della legge n. 346 del 15 aprile 2003 (v. infra), pone l’Italia di fronte al rischio che i potenziali inquinatori scelgano solamente rotte di prossimità al nostro Paese, con gravi conseguenze per l’ambiente marino.
Infine, l’istituzione da parte italiana di una zona di protezione ecologica viene configurata come atto di compensazione necessario in vista di futuri Accordi bilaterali di delimitazione con gli Stati che già hanno attuato analoghe iniziative.
(Istituzione della zona di protezione ecologica e
fissazione dei limiti esterni).
Il disegno di legge si compone di due articoli: l’articolo 1, comma 1 istituisce una zona di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale italiano.
Con la legge 2
dicembre 1994, n. 689 è stata resa esecutiva la citata Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata a Montego
Bay il 10 dicembre 1982, unitamente all'accordo di applicazione
della parte XI della Convenzione stessa, siglato a New York il 29 luglio 1994.
Come sopra accennato, la Convenzione in oggetto
costituisce il più ampio esercizio di codificazione del diritto internazionale
del mare, e conta attualmente 146 Parti, tra cui l’Italia
e la Comunità europea. La Convenzione detta quindi (Parte II)
disposizioni per la determinazione del regime giuridico e dell’estensione del
mare territoriale, con le pertinenze correlate dello spazio aereo
soprastante, del fondo marino e del sottosuolo, della zona contigua. Quest’ultimo concetto è propedeutico alla trattazione di
nostro interesse, poiché si tratta di una prima estensione di poteri dello
Stato costiero al di là del proprio territorio. Lo
Stato interessato, in una fascia di non oltre 24 miglia marine dalla linea di
base[3] normale – si ricorda che l’estensione del mare
territoriale non dovrebbe superare le 12 miglia marine -, ha il diritto di
controllo al fine di “prevenire le violazioni delle proprie leggi e regolamenti
doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione”, ovvero
di punire le violazioni di cui sopra una volta commesse.
Assai più
rilevanti per il comma 1 in commento sono le previsioni della Parte V della Convenzione di Montego Bay, dedicate a definire la nozione di zona economica esclusiva. Si tratta qui
di una fascia posta al di là del mare territoriale, ma
ad esso adiacente, di estensione ben più ampia della zona contigua di cui in
precedenza: la zona economica esclusiva non deve infatti superare le 200 miglia
marine dalla linea di base normale utilizzata per definire la larghezza del
mare territoriale. La zona economica esclusiva è sottoposta a
uno specifico regime giuridico - quale definito appunto nella Parte V della
Convenzione -; in particolare, lo Stato costiero ha una serie di diritti, quali
la ricerca e lo sfruttamento di risorse biologiche o minerali, nonché la
produzione di energia derivata dall’acqua o dai venti. Inoltre, nella zona economica esclusiva lo Stato
costiero ha giurisdizione su una serie di questioni, tra le quali la protezione
e conservazione dell’ambiente marino.
L’istituzione della zona di protezione
ecologica di cui al comma 1, articolo 1 del disegno di legge in esame si
configura pertanto alla stregua di esercizio parziale
di diritti e facoltà internazionalmente garantiti, limitatamente al settore
della tutela ambientale.
In base al comma 2, la zona si estende fino al limite derivante da Accordi bilaterali da stipularsi con gli Stati interessati, Accordi ai quali verrà data esecuzione con legge.
Tale previsione sembra coerente con l’articolo 74 della Convenzione di
Montego Bay, dedicato alla delimitazione della zona economica esclusiva tra
Stati con coste opposte o adiacenti: ivi infatti si
prevede per la delimitazione la via dell’Accordo internazionale, nelle more
dell’entrata in vigore del quale le due Parti si sforzano di addivenire ad
intese di carattere pratico e meramente transitorio.
Nelle more dell’entrata in vigore di detti Accordi, il comma 3 prevede che i limiti esterni della zona siano determinati come linea mediana, ossia la congiunzione dei punti equidistanti dalle linee di base del mare territoriale di ciascuno dei due Stati interessati.
(Applicazione della normativa all’interno della zona di
protezione ecologica).
Il comma 1 dispone che entro la zona di protezione ecologica sia esercitata la giurisdizione italiana in materia di protezione e di preservazione dell’ambiente marino, ivi compreso il patrimonio archeologico, conformemente alle relative disposizioni internazionali contenute nella Convenzione di Montego Bay.
Tale Convenzione ha affrontato in modo organico anche il
problema della tutela del mare da varie forme di inquinamento,
in particolare il tema della «protezione e preservazione dell’ambiente marino»
é oggetto della XII parte della Convenzione e comporta 46 articoli ripartiti in
undici sezioni. Le prime quattro enunciano gli obblighi che si
impongono a tutti gli Stati e, fra questi, quelli di adottare le misure
idonee a prevenire, ridurre o controllare l’inquinamento ed il dovere di
informare gli Stati suscettibili di essere interessati da un inquinamento
marino. La sezione quinta disciplina i diversi obblighi che si propongono allo
Stato costiero in relazione alle seguenti diverse
forme di inquinamento:
- inquinamento da fonti terrestri;
- inquinamento provocato da attività relative al fondo marino
soggette alla giurisdizione nazionale;
- inquinamento da attività condotte nell’Area (fondo del mare, fondo
degli oceani e relativo sottosuolo, al di là dei limiti della giurisdizione
nazionale);
- inquinamento da immissione;
- inquinamento provocato da navi;
- inquinamento di origine atmosferica e transatmosferica.
Di regola, la giurisdizione ed i
poteri dello Stato costiero sono esclusivi, salvo la concorrente competenza
dello Stato di bandiera e dell’Autorità internazionale dei fondi marini per
quanto attiene alla zona internazionale.
In tema di inquinamento da
navi, lo Stato di bandiera ha l’obbligo di adottare una regolamentazione avente
almeno lo stesso grado di efficacia di quella elaborata dall’organizzazione
internazionale competente (OMI). Ciò significa che al di là
delle acque territoriali la sola regolamentazione applicabile é quella
internazionale.
La Convenzione regola inoltre le misure per facilitare
l’esercizio dei poteri di polizia e controllo (sezione settima), i diritti
degli Stati costieri sulla banchisa (sezione ottava), i profili di
responsabilità (nona), l’esclusione dal campo di applicazione
della normativa delle navi da guerra o di quelle statali utilizzate per fini
diversi da quelli commerciali (decima); infine, la sezione undicesima prende in
esame gli obblighi discendenti da altri strumenti internazionali con gli
obiettivi ed i princìpi generali della Convenzione
sul diritto del mare.
Il
comma 2 prevede che entro la zona di
protezione ecologica vengano applicate, anche nei
confronti delle navi battenti bandiera straniera e delle persone di nazionalità
straniera, le norme del diritto italiano, del diritto dell’Unione europea e dei
trattati internazionali in vigore per l’Italia in materia di prevenzione e di
repressione di tutti i tipi di inquinamento marino.
Viene,
inoltre, specificato, che tale materia comprende anche:
-
l’inquinamento da navi
e da acque di zavorra;
-
l’inquinamento da
immersione di rifiuti;
-
l’inquinamento da
attività di esplorazione e di sfruttamento dei fondi marini;
-
l’inquinamento di
origine atmosferica.
In relazione alle norme del
diritto interno, si ricorda che la legge organica sulla difesa del mare
risale al 31 dicembre 1982 (legge 31 dicembre
1982, n. 979 Disposizioni per la difesa del mare) e sostanzialmente non ha
subito modifiche nel ventennio successivo alla sua approvazione.
Essa prevede disposizioni volte sia alla protezione
dell'ambiente marino ed alla prevenzione di effetti
inquinanti le risorse marine, sia alla definizione di un piano operativo da
attuarsi in caso di sinistri in mare.
Il compito di attuare la politica volta alla tutela
dell'ambiente marino spetta al Ministero dell'ambiente, a seguito delle
disposizioni recate dall'art. 1, comma 10, della legge
n. 537 del 1993 che ha disposto altresì che esso possa avvalersi dell'Istituto
centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM).
Per la realizzazione delle finalità previste dall'art.
1 della Legge n. 979, il Ministero dell'ambiente deve elaborare, d'intesa con
le regioni un "Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di
tutela dell'ambiente marino" valido su tutto il territorio nazionale[4].
In particolare si ricordano le disposizioni contenute
nel Titolo III (artt. 10-14) recanti le norme
fondamentali per la disciplina del pronto intervento in caso di
inquinamento causato da incidenti.
In materia di inquinamento da
idrocarburi, si ricorda la legge 7 marzo 2001, n. 51 con la quale, in
conformità alla politica comunitaria sulla sicurezza dei mari, e
compatibilmente con le tecnologie disponibili, al fine di prevenire gli
incidenti in mare o di limitare le conseguenze dei sinistri marittimi nei quali
siano coinvolte navi cisterna, viene promosso l'uso di navi cisterna a basso
impatto ambientale e dotate dei più elevati standard
di sicurezza, e lo sviluppo dell'attività di controllo e assistenza al traffico
marittimo mercantile che interessa i porti italiani e le acque antistanti le
coste nazionali.
Per quanto riguarda la normativa comunitaria si ricorda
innanzitutto la Decisione 20 dicembre 2000, n. 2850/2000/CE (modificata
recentemente dalla decisione n. 787/2004/CE), che ha istituito un “Quadro
comunitario di cooperazione nel settore dell'inquinamento marino dovuto a cause
accidentali o intenzionali” per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il
31 dicembre 2006.
Successivamente sono state emanate le direttive 2001/106/CE (recepita
nell’ordinamento italiano con il D.M. infrastrutture e trasporti 13 ottobre
2003, n. 305) e 2002/84/CE in materia di sicurezza marittima e prevenzione
dell'inquinamento provocato dalle navi, volte entrambe a modificare la
direttiva 95/21/CE del Consiglio, del 19 giugno 1995, riguardante l'attuazione
di norme internazionali relativa alla sicurezza delle navi, alla prevenzione
dell'inquinamento e alle condizioni di vita e di lavoro a bordo, per quelle
navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la
giurisdizione degli Stati membri (controllo dello Stato di approdo).
Si ricordano, inoltre, la direttiva 2002/59/CE
relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico
navale e d'informazione e che abroga la direttiva 93/75/CEE ed il regolamento
18 febbraio 2002, n. 417 sulla sicurezza delle petroliere, nonché
la decisione 2004/575/CE relativa alla conclusione del protocollo della
convenzione di Barcellona per la protezione del Mare Mediterraneo
dall'inquinamento.
In relazione alle norme
internazionali si ricordano le disposizioni contenute nella Sezione 5 della
Convenzione di Montego Bay e relative alle norme internazionali ed alla
legislazione nazionale per la prevenzione, riduzione e controllo
dell'inquinamento dell'ambiente marino.
Agli articoli 207 e seguenti della Convenzione vengono infatti disciplinate le diverse tipologie di inquinamento
marino e le disposizioni di carattere legislativo e regolamentare che i vari
Stati sono tenuti ad adottare al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto
controllo le diverse tipologie di inquinamento.
Si
ricordano brevemente le diverse forme di inquinamento marino contemplate nella sezione 5 della
Convenzione di Montego Bay, e rilevanti per il disegno di legge in esame.
Inquinamento da immissione (art. 210).
L’inquinamento dovuto alle operazioni di scarico volontario effettuato dalle
navi o dagli aeromobili, il cosiddetto dumping, deriva dalla immissione
volontaria in mare di rifiuti prodotti a terra e non di rifiuti derivanti dalle
attività connesse alla navigazione. Si ricorda, inoltre, che tale forma di inquinamento è oggetto anche di apposita regolamentazione
operata dalla Convenzione di Londra del 1972 per la prevenzione
dell’inquinamento da scarico di rifiuti e di altre sostanze. Si rammenta,
altresì, il Protocollo per la prevenzione dell’inquinamento del Mar
Mediterraneo da operazioni di immersione effettuate da
navi ed aeromobili, adottato a Barcellona il 16 febbraio 1976 (emendato a
Barcellona il 10 giugno 1995). L’art. 210 della Convenzione di Montego Bay prevede
che ogni Stato adotti atti normativi per la prevenzione dell’inquinamento da
immissione, diretti in particolare a garantire che nessuna immissione
di rifiuti possa essere effettuata in mare senza l’autorizzazione delle
competenti autorità nazionali. E’ altresì previsto che l’immissione di sostanze
nocive nel mare territoriale, nella zona economica esclusiva o sulla
piattaforma continentale sia subordinata al consenso preventivo ed esplicito
dello Stato costiero.
Inquinamento provocato da navi (art. 211).
Tale tipo di inquinamento é quello risultante dal
versamento in mare di sostanze nocive, involontariamente od a seguito di
incidenti, in connessione con l’attività di navigazione. Invero, tale forma di inquinamento può assumere aspetti di particolare gravità
nel caso di navi esercenti il trasporto di materiale nocivo, quali idrocarburi
o prodotti chimici. Com’é noto, é invalsa la prassi di effettuare
lo scarico in mare delle acque utilizzate per il lavaggio delle cisterne o per
zavorra, che possono contenere la presenza di sostanze altamente inquinanti.
Sul piano generale, la Convenzione per la prevenzione dell’inquinamento del
mare da idrocarburi, conclusa a Londra nel 1954 e la Convenzione di Londra del
2 novembre 1973 per la prevenzione dell’inquinamento da navi (denominata
MARPOL), sostitutiva della precedente, contengono norme dirette alla lotta
contro tale forma di inquinamento.
Attesa
la dettagliata regolamentazione degli standard di carattere tecnico volti alla
prevenzione, riduzione e controllo dell’inquinamento da navi operata dalla
MARPOL, la Convenzione di Montego Bay, all’art. 211, si é limitata a porre a
carico di ogni Stato l’obbligo di adottare leggi e regolamenti per prevenire
l’inquinamento del mare da parte delle navi che inalberano la loro bandiera, o
da essi immatricolate, la cui efficacia non sia inferiore rispetto alle regole
e norme accettate a livello internazionale.
Accanto
a tale obbligo dello Stato di bandiera, la Convenzione in argomento prevede in
capo ad ogni Stato costiero il potere di emanare regole antinquinamento quali
condizioni di accesso ai propri porti e acque interne,
e norme per la prevenzione dell’inquinamento da navi applicabili entro il mare
territoriale: tali norme non devono comunque pregiudicare il diritto di passaggio
inoffensivo delle navi straniere.
Inquinamento di origine
atmosferica e transatmosferica (art. 212). L’art.
212 della Convenzione di Montego Bay pone a carico degli Stati l’obbligo di
adottare misure normative aventi lo scopo di ridurre e tenere sotto controllo
l’inquinamento marino di origine atmosferica o transatmosferica.
I successivi articoli 216-222 dettano disposizioni
relative, tra l’altro, all’applicazione della normativa relativa
all’inquinamento da immissione; ad iniziative investigative dello Stato
nei cui porti o installazioni al largo si trovino navi sospette di aver
provocato gravi inquinamenti nei vari spazi marini di pertinenza di detto Stato
o di altri Stati richiedenti; a controlli sulle condizioni di navigabilità di
navi, volti a prevenire possibili inquinamenti; a misure atte ad evitare
inquinamenti a seguito di incidenti marittimi, ecc.
Particolarmente
interessante è quanto previsto dall’articolo 220, e precisamente dai commi 3, 5
e 6, sulla base dei quali lo Stato costiero, in relazione a
una nave che ne attraversi la zona economica esclusiva e della quale si
sospetti che abbia violato le norme contro l’inquinamento marino, può
rispettivamente:
a)
esigere
informazioni sull’identità, l’immatricolazione, l’ultimo scalo e il prossimo (comma
3);
b)
in difetto di
chiarimenti o in presenza di contraddizioni, effettuare un’ispezione a bordo
della nave (comma 5);
c)
in presenza di prove
oggettive e chiare di una commessa violazione, iniziare un procedimento
conformemente alla propria legislazione, che può giungere al sequestro della
nave.
Il
comma 3 dispone che entro la zona di
protezione ecologica si applicano, anche nei confronti delle navi battenti
bandiera straniera e delle persone di nazionalità straniera, le norme del
diritto italiano, del diritto dell’Unione europea e dei trattati internazionali
in vigore per l’Italia in materia di protezione dei mammiferi e della biodiversità.
Per quanto riguarda la tutela della biodiversità il quadro
principale di riferimento, a livello internazionale, è rappresentato dalla Convenzione internazionale sulla Biodiversità siglata a Rio de Janeiro nel 1992, con cui
è stata riconosciuta, tra l’altro, la necessità di impegnarsi nella protezione
di tutti quegli elementi che caratterizzano la diversità biologica marina. Tale
Convenzione è stata ratificata dalla Comunità europea con la decisione del
Consiglio 93/626/CEE, del 25 ottobre 1993, e dall’Italia con la legge 14 febbraio 1994, n. 124.
Si ricorda, inoltre, che il protocollo alla
Convenzione di Barcellona relativo alle Aree
Specialmente Protette e la Biodiversità in
Mediterraneo (Protocollo ASP) siglato nel 1995, prende in considerazione anche
le specie protette e quelle sfruttate commercialmente; inoltre prevede
l'istituzione di Aree Speciali Protette di Importanza Mediterranea (ASPIM), con
criteri che prendono in considerazione il grado di biodiversità
vero e proprio, la peculiarità dell'habitat e la presenza di specie rare,
minacciate o endemiche.
A livello europeo, occorre ricordare la direttiva Habitat 92/43/CEE (recepita in Italia con il D.P.R. 8 Settembre 1997, n. 357) relativa alla conservazione degli
habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche,
che prevede che gli stati membri dell'Unione individuino sul proprio territorio
aree che ospitano specie animali, vegetali e habitat la cui conservazione è
considerata una priorità di rilievo europeo. L'Italia ai sensi delle Direttive
92/43/CEE e 79/409/CEE[5], con la collaborazione delle Regioni, ha segnalato
alla Commissione Europea, un elenco dei Siti di Importanza
Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciali, tra i quali figurano numerosi SIC marini.
Occorre inoltre ricordare che il Titolo V (artt. 25-32) della legge 31 dicembre 1982, n. 979
(Disposizioni per la difesa del mare) reca disposizioni relative
alle riserve marine, alla loro istituzione, tutela, modalità di
vigilanza e gestione.
Esse sono costituite da ambienti marini, dati dalle
acque, dai fondali e dai tratti di costa prospicienti che presentano un
rilevante interesse per le caratteristiche naturali, geomorfologiche,
fisiche, biochimiche con particolare riguardo alla flora e alla fauna marine e
costiere e per l'importanza scientifica, ecologica, culturale, educativa ed
economica che rivestono.
Vengono istituite con Decreto del Ministro dell'ambiente che
contiene la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi e la
disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione. Sulle aree protette marine[6], la normativa di riferimento è oggi costituita anche
dalla successiva legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree
protette) e, in particolare, dall’art. 19.
Relativamente alla protezione dei
mammiferi marini si ricorda che nel novembre 1996 è stato raggiunto a
Monaco un accordo per la conservazione dei cetacei nel Mediterraneo, nel Mar
Nero e nelle contigue aree atlantiche; tale accordo, denominato ACCOBAMS, è stato firmato da quasi
tutti i paesi del Mediterraneo e prevede da parte di ogni firmatario un impegno
a livello normativo, socio-economico nonché scientifico, per l'eliminazione o
la riduzione al minimo degli effetti delle attività antropiche sulla
sopravvivenza dei cetacei in questi mari, ritenendo altresì indispensabile
l'istituzione di aree marine protette per la tutela dei questi animali.
Si ricorda, in proposito, che sempre al fine di
tutelare i grandi mammiferi marini, e con essi un
importante ecosistema del Mediterraneo, l'Italia ha stipulato il 25 novembre
1999 un accordo internazionale, con
la Francia e il Principato di Monaco, per l'istituzione di un Santuario dei cetacei nella porzione di
mare compresa tra la Sardegna settentrionale, le coste della Toscana
settentrionale, la Liguria e la Costa Azzurra, ratificato nel nostro Paese con
la legge 11 ottobre 2001, n. 391.
Si ricorda, altresì, che a livello europeo la
Convenzione di Washington sul commercio internazionale di specie di flora e di
fauna minacciate di estinzione, ratificata dall'Italia
nel 1975, è attualmente disciplinata dal Regolamento
338/97/CE e successive modifiche, in cui sono comprese tutte le specie di cetacei e di tartarughe marine. Si
ricordano, altresì, i regolamenti
83/129/CEE e 337/99/CE relativi alla protezione di foche e delfini.
Il
comma 4, infine, esclude la pesca dall’ambito di
applicazione della presente legge.
Legge n. 2003-346 del 15 aprile 2003,
relativa alla creazione di una zona di protezione ecologica al largo delle
coste del territorio della Repubblica francese (a
cura del Servizio Biblioteca)
La
legge n. 2003-346 del 15 aprile 2003, relativa alla creazione di una zona di
protezione ecologica al largo delle coste del territorio della Repubblica
francese, pubblicata sul Journal Officiel del 16 aprile 2003, si
compone di otto articoli, sette dei quali hanno modificato o sostituito alcune
disposizioni legislative preesistenti.
La
legge si prefigge lo scopo di permettere la creazione di una zone de protection écologique
(ZPE) negli spazi marittimi situati al largo delle coste della Repubblica
francese dove, per motivi legati alle relazioni internazionali, le autorità
francesi non hanno istituito una zone économique exclusive (ZEE).
Si tratta sostanzialmente degli spazi del mar Mediterraneo. Proprio l’assenza
di zone sotto la giurisdizione francese nel Mediterraneo rendeva impossibile,
al di fuori delle acque territoriali, l’applicazione alle navi straniere delle
disposizioni contenute nella legge n. 83-583 del 5 luglio 1983, modicata dalla legge n. 2001-380 del 3 maggio 2001, di
repressione dell’inquinamento provocato dalle navi. La legge n. 2003-346 è volta,
appunto, a rinforzare gli strumenti giuridici di prevenzione e di repressione
dell’inquinamento marino.
La
ZPE costituisce una declinazione della ZEE definita dalla parte V della
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare,
firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982. La legge n. 2003-346 consente la
creazione di una zona nella quale le autorità francesi esercitano le competenze
previste dall’articolo 56, paragrafo 1, lettera b), della Convenzione citata, che in
particolare riconosce allo Stato costiero la giurisdizione in materia di
protezione e preservazione dell’ambiente marino, rinunciando all’esercizio dei
diritti sovrani ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della
conservazione e della gestione delle risorse naturali menzionate al paragrafo
1, lettera a), del medesimo articolo.
La creazione di una zona di protezione ecologica non comporta conseguenze sulle
condizioni di esercizio della pesca da parte di navi
battenti bandiera straniera.
L’obiettivo
assegnato alla creazione di una ZPE è l’applicazione della parte XII
(Protezione e preservazione dell’ambiente marino) della Convenzione di Montego
Bay, che tratta delle misure miranti a proteggere l’ambiente marino
dall’inquinamento di natura tellurica, dall’inquinamento dovuto alle navi, dall’inquinamento
causato dalle immersioni e da quello di origine
atmosferica.
E’
previsto che la ZPE possa estendersi negli stessi limiti della ZEE, vale a dire
188 miglia marine al di fuori del limite esterno delle
acque territoriali (12 miglia). Nel Mediterraneo, la scelta della
larghezza della ZPE appare dettata dalla preoccupazione delle autorità francesi
di procedere alla creazione di tale zona negli spazi sui quali la Francia possa rivendicare l’esercizio della sua
giurisdizione, conformemente al diritto del mare. La sua delimitazione
definitiva in rapporto agli Stati vicini (Spagna, Italia, Monaco, Algeria) sarà
oggetto di accordi da concludere con ciascuno di tali
Stati.
Il
regime della ZEE, qualificata nel diritto interno francese come “zona economica”,
è stabilito dalla legge n. 76-655 del 16 luglio 1976, relativa alla zona
economica al largo delle coste del territorio della
Repubblica.
L'articolo
1 della legge n. 2003-346 integra la legge n. 76-655, di cui modifica il
titolo, allo scopo di inseririvi il regime della ZPE.
Nella
ZPE, le autorità francesi esercitano le competenze riconosciute dal diritto
internazionale nel campo della protezione e della preservazione dell’ambiente
marino, della ricerca scientifica marina, della sistemazione e dell’utilizzazione
di isole artificiali, installazioni e opere. La ZPE è
istituita con decreto del Consiglio di Stato, sull’esempio della zona
economica.
Il
regime giuridico applicabile alle navi da pesca straniere operanti nella zona
non è modificato. Tali navi sono sottoposte alla giurisdizione dello Stato di
bandiera, conformemente al diritto del mare e rispettando le convenzioni
internazionali che hanno per oggetto lo sviluppo durevole delle risorse
alieutiche. Le navi francesi sono sottoposte, nella ZPE, al decreto del
9 gennaio 1852, e successive modificazioni, e ai suoi testi di applicazione, ai regolamenti comunitari e alle
convenzioni internazionali. Le navi da pesca straniere sono sottoposte alla
legge del loro Stato e devono rispettare le misure prese nel
quadro delle convenzioni internazionali.
L’articolo
2 modifica la legge n. 86-826 dell’11 luglio 1986
relativa alla ricerca scientifica marina e recante modifica della legge
n. 76-655 del 16 luglio 1976 relativa alla zona economica al largo delle
coste del territorio della Repubblica. Tale modifica mira a sottomettere le
attività di ricerca scientifica marina intraprese nella ZPE al regime di autorizzazione preventiva applicabile a quelle che si
tengono nella zona economica.
Gli
articoli da 3 a 7 modificano le disposizioni del codice dell’ambiente relative all’inquinamento per i rifiuti delle navi, le
immersioni e gli incenerimenti.
L’articolo
3 modifica l'articolo L218-21 del codice
dell’ambiente, allo scopo di introdurre delle sanzioni penali applicabili ai rifuti inquinanti delle navi nella zona di protezione
ecologica, per estensione delle incriminazioni applicabili alle infrazioni
commesse nel mare territoriale o nella zona economica.
L’articolo
4 modifica l'articolo L218-29, estendendo alla ZPE le
regole di competenza giurisdizionale applicabili in materia di infrazioni alle
disposizioni della Convenzione internazionale per la prevenzione
dell’inquinamento causato dalle navi, del 2 novembre 1973. I tribunali del
litorale marittimo specializzati, istituiti dalla legge n. 2001-380 del 3
maggio 2001 e dal decreto di applicazione n. 2002-196
dell’11 febbraio 2002, relativo alle giurisdizioni competenti in materia
di inquinamento delle acque marine per rifiuti delle navi, hanno una competenza
esclusiva per il giudizio di tutte le infrazioni d’inquinamento marino,
indipendentemente dal fatto che siano avvenute nelle acque territoriali, nella
zona economica o nella ZPE.
L’articolo
5 modifica l'articolo L218-45 allo scopo di rendere
applicabili nella ZPE e nella zona economica le sanzioni penali previste per
l’inquinamento causato da operazioni di immersione nelle acque territoriali e
nelle acque interne marittime della Francia. Conformemente all’articolo 230
della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, possono essere
inflitte soltanto pene pecuniarie quando l’infrazione
è dovuta a una nave straniera e commessa al di fuori del mare territoriale.
L’articolo
6 modifica l'articolo L218-61, estendendo alla ZPE il
regime delle ammende sanzionanti l’inquinamento dovuto alle operazioni di
incenerimento nella zona economica da parte di navi straniere.
L’articolo
7 riproduce nel codice dell’ambiente l’articolo 4 della legge del
16 luglio 1976, così come modificato dalla legge n. 2003-346. In tal modo
è aggiunta una sezione 7, intitolata “zona di protezione ecologica”, al
capitolo VIII del titolo I del libro II del codice
dell’ambiente.
L’articolo
8 impegna il Governo a presentare un bilancio annuale al Parlamento sulla
sicurezza marittima e sulla protezione del litorale, a cui segue un dibattito
parlamentare.
Il
decreto di applicazione della legge è stato pubblicato
nel Journal Officiel
del 10 gennaio 2004 (decreto n. 2004-33 dell’8 gennaio 2004). Esso delimita
l’estensione della ZPE al largo delle coste francesi del
Mediterraneo. I limiti della zona sono definiti da una lista di linee e
segmenti determinati da una loxodromia (linea dritta
sulle carte in proiezione Mercatore) o dal limite del
mare territoriale a partire dalle linee di base. Il decreto delimita così una
zona che si estende a più di 100 chilometri dalle coste francesi. Il tribunale
del litorale marittimo di Marsiglia sarà competente per il perseguimento,
l’istruttoria e il giudizio delle infrazioni e degli inquinamenti illeciti
constatati nella ZPE del Mediterraneo.
N. 5358
¾
CAMERA DEI DEPUTATI ¾¾¾¾¾¾¾¾ |
|
DISEGNO DI LEGGE |
|
presentato dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio (MATTEOLI) di concerto con il ministro degli affari esteri (FRATTINI) e con il ministro per i beni e le attività culturali (URBANI) ¾ |
|
Istituzione di una zona di
protezione ecologica oltre il limite esterno del mare territoriale |
|
¾¾¾¾¾¾¾¾
Presentato il 18
ottobre 2004
¾¾¾¾¾¾¾¾
Onorevoli
Deputati! - Negli ultimi tempi, la condizione giuridica del Mediterraneo si sta
trasformando a seguito dell'iniziativa di vari Stati membri di istituire zone
sui generis che vanno al di là delle 12 miglia
nautiche del mare territoriale (di recente Spagna e Francia).
Il
diritto internazionale del mare (in particolare la Convenzione delle Nazioni
Unite sul diritto del mare del 1982 di cui l'Italia è
parte) attribuisce agli Stati costieri il diritto di istituire una zona
economica esclusiva. Questo implica anche il diritto di creare zone che
racchiudono soltanto alcune competenze esercitabili
nella stessa zona (in plus stat minus), come la gestione delle risorse biologiche (zona
di pesca) o la protezione dell'ambiente marino (zona di protezione ecologica).
Particolarmente
urgente appare, al largo delle coste italiane, la creazione di una zona di
protezione ecologica, dato il rischio di scarichi volontari di sostanze inquinanti
da parte di navi mercantili o di incidenti di
navigazione con effetti anche devastanti per l'ambiente marino. A questo si aggiunge il fatto che alcuni Stati terzi concedono molto
facilmente la loro bandiera senza esercitare alcun effettivo controllo sulle
condizioni di sicurezza della navigazione a bordo delle navi che la ricevono
(cosiddette «bandiere ombra o di compiacenza»).
Il
disegno di legge in esame fa seguito ad una analoga
legge adottata dalla Francia (legge n. 2003-306 del 15 aprile 2003) relativa
alla creazione di una zona di protezione ecologica e determinata dalla
necessità, avvertita in uguale misura dall'Italia, di assicurare un miglio di
protezione ambientale alle acque situate al di là del limite esterno del mare
territoriale (miglia nautiche). Vengono al riguardo in considerazione le
conseguenze disastrose che, in un mare semi chiuso come il Mediterraneo, lo
scarico di sostanze inquinanti da navi o la deliberata immersione di rifiuti
pericolosi potrebbero provocare. Evitando, almeno per
il momento, di istituire una zona economica esclusiva (come la Convenzione
delle Nazioni Unite sul diritto del mare consentirebbe loro di fare) la Francia e, come prevede il disegno di legge, anche
l'Italia vengono a stabilire una zona entro la quale si esercitano alcune
soltanto delle competenze che spetterebbero entro tale zona, in particolare le
competenze attinenti alla protezione e dalla preservazione dell'ambiente
marino.
Il
carattere urgente del disegno di legge italiano è dovuto
al fatto che la Francia, attenendosi a quanto concordato in un incontro
bilaterale del 15 maggio 2003, ha recentemente comunicato ufficialmente al
Governo italiano che il decreto che fissa i limiti esterni della zona di
protezione ecologica del Mediterraneo è già stato emanato. Tale decreto
determina, in attesa dei successivi negoziati, i
limiti esterni della zona di protezione ecologica francese. Se l'Italia non
procedesse a un'analoga misura, tutte le navi
pericolose per l'ambiente, in particolare le navi battenti bandiera di comodo,
sceglierebbero di navigare sul versante italiano, dove sarebbero immuni
dall'esercizio della giurisdizione da parte dello Stato costiero, con grave
pregiudizio per l'integrità ambientale del nostro Paese.
Inoltre, i futuri negoziati bilaterali di delimitazione vedrebbero
l'Italia in una posizione di debolezza, se alla misura francese non fosse
contrapposta una corrispondente misura italiana. Analoghe considerazioni valgono riguardo i negoziati di delimitazione che si prospettano con altri
Paesi le cui coste sono adiacenti od opposte a quelle italiane, Paesi che, come
è prevedibile, non mancheranno tra breve di istituire la loro zona di
protezione ecologica o la loro zona di pesca.
Il
disegno di legge prevede che entro la zona di protezione ecologica si
eserciteranno da parte dell'Italia quelle competenze, in materia di protezione
e di preservazione dell'ambiente marino (compresa quella del patrimonio
archeologico sommerso), che la sopra richiamata Convenzione delle Nazioni Unite
sul diritto del mare consente allo Stato costiero di esercitare al di là del limite delle 12 miglia nautiche del mare
territoriale e, cioè, entro un'ipotetica zona economica esclusiva (confronta,
ad esempio in materia di inquinamento da navi, gli articoli 211, paragrafo 5, e
216, paragrafo 1). Questo significa , in particolare,
che entro la zona il diritto e la giurisdizione italiana si estendono anche
alle navi di bandiera ed alle persone di nazionalità straniera, nei modi e nei
limiti di quanto previsto dal diritto dell'Unione europea e dai trattati
internazionali in vigore per l'Italia.
Il
disegno di legge specifica, a titolo esemplificativo, i tipi di
inquinamento marino che ricadono nell'ambito della giurisdizione
italiana. A questo si aggiungono poteri in materia di protezione della biodiversità e, in particolare, dei mammiferi marini (come
del resto previsto dall'Accordo del 1999 tra Francia, Italia e Monaco che ha
istituito un santuario dei mammiferi marini in acque che in buona misura si
sovrappongono alle zone di protezione ecologica francese e italiana).
Di
regola i limiti esterni della zona di protezione ecologica italiana saranno
definiti mediante accordi con i Paesi confinanti interessati, come prevede la
già richiamata Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. A questi
accordi, che possono intervenire in momenti diversi a seconda
degli Stati coinvolti, si darà esecuzione con legge. In
attesa della conclusione degli accordi in questione, il limite della zona
ecologica italiana è fissato nella linea di equidistanza (che potrebbe essere
derogata negli accordi in considerazione di circostanze speciali) tra le linee
di base del mare territoriale italiano e di quello dello Stato estero
adiacente. Va, infine, rilevato che il presente provvedimento non si applica
alle attività di pesca.
Il
presente disegno di legge non reca nuovi o maggiori
oneri per il bilancio dello Stato, in quanto le correlate attività di
protezione e preservazione dell'ambiente marino già sono svolte dai soggetti
istituzionalmente preposti alla vigilanza; pertanto non è stata predisposta la
relazione tecnica.
ANALISI
TECNICO-NORMATIVA
1. Aspetti tecnico-normativi in senso stretto.
A) Necessità dell'intervento normativo.
L'intervento normativo trova le sue motivazioni
nella necessità di emanare un provvedimento analogo a quello adottato
dal Governo francese, il quale ha comunicato ufficialmente al Governo italiano
l'imminente adozione di un decreto che fissa i limiti esterni della zona di
protezione ecologica del Mediterraneo, la cui istituzione è prevista dalla
legge n. 2003-306 del 15 aprile 2003.
Se il nostro Paese non provvedesse all'adozione del
provvedimento in esame, tutte le navi pericolose per l'ambiente sceglierebbero
di navigare sul versante italiano, con grave pregiudizio per l'integrità
ambientale dell'ecosistema marino.
B) Analisi del quadro normativo.
La giurisdizione italiana in materia di protezione
ecologica e preservazione dell'ambiente marino è esercitata conformemente alle
disposizioni rilevanti della parte XII della Convenzione delle
Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, resa esecutiva con legge 2
dicembre 1994, n. 689.
Come prevede la già richiamata
Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, agli accordi per la
definizione dei limiti esterni della zona di protezione ecologica italiana si
darà esecuzione con legge. Soltanto a titolo provvisorio il limite della
zona ecologica italiana è fissato nella equidistanza.
2. Elementi di drafting
e linguaggio normativo.
A) Individuazione delle nuove definizioni
normative introdotte dal testo.
Le disposizioni del provvedimento non introducono
nuove definizioni normative.
disegno di legge ¾¾¾ |
Art. 1. (Istituzione della zona di
protezione ecologica e fissazione dei limiti esterni). 1. È istituita una zona di protezione ecologica
a partire dal limite esterno del mare territoriale italiano e fino ai limiti
indicati nei commi 2 e 3. 2. I limiti esterni della zona di protezione
ecologica sono determinati con legge, che dà esecuzione agli accordi con gli
Stati esteri il cui territorio è adiacente al territorio italiano o lo
fronteggia. 3. Fino alla stipula
degli accordi previsti al comma 2, i limiti esterni della zona di protezione
ecologica seguono il tracciato della linea mediana, ciascun punto della quale
è equidistante dai punti più vicini delle linee di base del mare territoriale
italiano e di quello dello Stato estero interessato. Art. 2. (Applicazione della normativa
all'interno della zona di protezione ecologica). 1. Entro la zona di protezione ecologica è
esercitata la giurisdizione italiana in materia di protezione e di
preservazione dell'ambiente marino, ivi compreso il patrimonio archeologico,
conformemente alle disposizioni in materia della parte XII della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, resa
esecutiva con legge 2 dicembre 1994, n. 689. 2.
Entro la zona di protezione ecologica si applicano, anche nei confronti delle
navi battenti bandiera straniera e delle persone di nazionalità straniera, le
norme del diritto italiano, del diritto dell'Unione europea e dei trattati
internazionali in vigore per l'Italia in materia di prevenzione e di
repressione di tutti i tipi di inquinamento marino,
ivi compresi l'inquinamento da navi e da acque di zavorra, l'inquinamento da
immersione di rifiuti, l'inquinamento da attività di esplorazione e di
sfruttamento dei fondi marini e l'inquinamento di origine atmosferica. 3. Entro la zona di protezione ecologica si
applicano, anche nei confronti delle navi battenti bandiera straniera e delle
persone di nazionalità straniera, le norme del diritto italiano, del diritto
dell'Unione europea e dei trattati internazionali in vigore per l'Italia in
materia di protezione dei mammiferi e della biodiversità.
4. La presente legge non si applica alle attività di pesca. |
RISOLUZIONI
Martedì 4 novembre 2003. - Presidenza del
presidente della III Commissione Gustavo SELVA. - Interviene il sottosegretario
di Stato per le politiche agricole e forestali Paolo
Scarpa Bonazza Buora.
La seduta comincia alle 13.10.
7-00317 Scaltritti:
Proposta di creazione di una zona economica esclusiva nel tratto di Mare
Adriatico antistante la Croazia.
7-00319 Crucianelli:
Proposta di creazione di una zona economica esclusiva nel tratto di Mare
Adriatico antistante la Croazia.
7-00330 Franci:
Proposta di creazione di una zona economica esclusiva nel tratto di Mare Adriatico
antistante la Croazia.
(Discussione congiunta e approvazione).
Le Commissioni iniziano la discussione congiunta.
Gianluigi SCALTRITTI (FI),
illustrando la risoluzione n. 7-00317, volta ad evitare la costituzione, da
parte della Croazia, di una zona economica esclusiva nel Mare Adriatico,
precisa che, a tal fine, il governo croato in un primo momento era intenzionato
ad applicare, a suo esclusivo vantaggio e per la prima volta nel Mare
Mediterraneo, alcuni principi di diritto internazionale del mare introdotti
dalla Convenzione sul diritto del mare approvata a Montego Bay nel dicembre
1982. La Croazia,
mutando il suo iniziale orientamento, ha poi optato
per la creazione di una zona di protezione ittico-ambientale,
sulla base più di pressioni di natura politica che non di effettive esigenze di
carattere ambientale.
Osserva che la decisione unilaterale della Croazia
determinerebbe per il nostro paese problemi di carattere ecologico ed
economico, dal momento che gran parte del settore ittico italiano gravita
nell'ambito del Mare Adriatico per la gestione delle risorse. Rileva comunque che l'iniziativa croata appare riconducibile ad
eventi politici legati alle prossime scadenze elettorali, per cui ritiene
auspicabile una successiva modifica di tale posizione, stante l'interesse della
Croazia ad entrare nell'Unione europea.
Sottolinea inoltre l'importanza dell'adozione da parte del
Governo italiano di iniziative volte a instaurare con la Croazia un rapporto di
collaborazione indispensabile per la costruttiva gestione delle risorse ittiche
e per lo sviluppo del settore nell'intero Mare Mediterraneo.
Ritiene, infine, che debba essere considerata la
possibilità di addivenire alla formulazione di
un'unica risoluzione o comunque ad un'ampia convergenza tra le forze politiche
sulla materia, al fine di dare un supporto incisivo all'azione che il Governo
italiano dovrà svolgere per la riapertura di un dialogo costruttivo e sereno
con la Croazia.
Famiano CRUCIANELLI (DS-U), illustrando la
risoluzione n. 7-00319, osserva che la decisione di Zagabria di proclamare la
«zona ecologico-ittica» (assimilabile ad una zona
economica esclusiva) nell'Adriatico riporta alla ribalta un tema di cui
Parlamento e Governo italiano si sono già occupati in
passato: una regolamentazione della pesca adriatica, condivisa da tutti i paesi
dell'area, in grado di garantire gli interessi dei pescatori, ma integrata in
una strategia di sviluppo sostenibile.
Un passo significativo in
tale direzione è stato compiuto con l'avvio, sin dal 1999, del Progetto FAO-AdriaMed («Cooperazione scientifica a supporto della
pesca responsabile nel Mare Adriatico»), gestito dall'Organizzazione per
l'alimentazione e l'agricoltura (FAO) delle Nazioni Unite e finalizzato a
promuovere la cooperazione scientifica tra Albania, Croazia, Slovenia ed
Italia.
AdriaMed doveva tuttavia rappresentare la prima fase di un
progetto di più ampio respiro, elaborato sin dal 1997, che aveva l'obiettivo di
coinvolgere Unione europea e paesi adriatici per addivenire
ad un accordo di cooperazione che fissasse regole e modalità di gestione della
pesca, desse impulso allo sviluppo di più stretti rapporti economici per quel
che riguarda l'intera filiera della pesca e, più in generale, favorisse il
processo di avvicinamento dei paesi balcanici
all'Europa.
Tale progetto aveva avuto il sostegno della Camera
dei deputati, le cui Commissioni agricoltura e
politiche comunitarie, nel corso della passata legislatura, ne avevano fatto
oggetto di specifica risoluzione, ed era stato fatto proprio dal Governo
italiano che, nella relazione semestrale del Governo al Parlamento sulla
partecipazione dell'Italia al processo normativo comunitario (1o
gennaio-30 giugno 1997), si impegnava a promuovere un accordo internazionale
per la pesca in Adriatico.
Da allora la situazione sembra aver subito
preoccupanti involuzioni con il ritorno a sequestri di pescherecci ed a dispute internazionali su frontiere marittime e diritti
d'accesso alle acque internazionali. La crisi aperta dal contenzioso sulla
«zona ecologico-ittica» pone dunque l'esigenza di
riprendere l'iniziativa su questi temi chiamando le istituzioni comunitarie ad
assumersi le proprie responsabilità e coinvolgendo Consiglio d'Europa e FAO, da tempo proficuamente impegnati sui temi della cooperazione
interregionale e della pesca adriatica ed in grado di fornire un contributo
determinante in virtù del loro ruolo di organizzazioni super partes, garanti degli interessi di tutti i paesi
coinvolti.
Nel quadro delle iniziative promosse nell'area adriatica, il
Consiglio d'Europa, unitamente alla regione Molise che ospita la sede del
Centro FAO-AdriaMed, nei mesi scorsi ha affidato alla
FAO.
il compito di individuare processi e strumenti di
cooperazione idonei allo sviluppo di un nuovo sistema di gestione delle
attività economiche e sociali legate alla pesca.
I risultati dell'analisi condotta dalla FAO sono
stati riportati nel documento «Cooperazione per lo sviluppo sostenibile
dell'Adriatico: ipotesi e prospettive di coordinamento del settore pesca», che può costituire un'utile base di discussione e di
confronto con i paesi adriatici nell'ambito della prossima Conferenza
ministeriale per lo sviluppo sostenibile della pesca nel Mediterraneo.
Nell'ipotesi ivi formulata, la realizzazione da
parte di AdriaMed di una
rete di enti e centri di ricerca e di una idonea base di conoscenze
scientifiche e informazioni statistiche sul bacino adriatico rende possibile il
passaggio ad una fase di gestione comune delle attività di pesca, avviando un
progetto di cooperazione che si concentri su alcuni settori che hanno un
impatto diretto ed indiretto sugli equilibri dell'ecosistema adriatico e di
particolare rilievo anche sotto il profilo economico e sociale, tra i quali:
pesca costiera; pesca d'altura; acquacoltura; sicurezza
a mare; lavorazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici;
standard di qualità e sicurezza alimentare; attività di turismo legate alla
pesca; altre attività di integrazione al reddito delle comunità di pesca.
L'integrazione della cooperazione scientifica con
una gestione condivisa delle attività di pesca si realizzerebbe con
l'istituzione di una unità di coordinamento della
pesca in Adriatico. Di tale unità, che si avvarrebbe del supporto scientifico di AdriaMed, farebbero parte la Commissione
europea, la FAO/CGPM ed i rappresentanti nazionali e regionali dei paesi
adriatici.
Presupposto per la nascita dell'unità di
coordinamento è un'intesa multilaterale tra Comunità europea e Stati costieri
extracomunitari, promossa dalla Commissione europea e supportata dalla FAO e
dal Consiglio d'Europa.
Il processo di rafforzamento delle relazioni in
materia di pesca tra i paesi adriatici, nel quadro di
una strategia di sviluppo sostenibile, è coerente con le enunciazioni formulate
in sede di Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982 circa
l'opportunità di una stretta cooperazione tra gli Stati costieri dei mari
chiusi o semichiusi. Tale processo risulta inoltre
pienamente in linea con gli orientamenti della riforma della Politica comune
della pesca, dove questa auspica il passaggio da una fase di coordinamento
della ricerca scientifica finalizzata alla valutazione ed al monitoraggio delle
risorse biologiche del mare, ad una fase di sviluppo delle organizzazioni
regionali di pesca, in grado di perseguire l'obiettivo della salvaguardia
dell'ambiente marino attraverso uno sfruttamento sostenibile degli stock
ittici.
Il progetto in questione è ispirato al modello
adottato per il Mar Baltico da «Agenda 21 for the Baltic Sea Region»
(Baltic 21), cui partecipano undici Stati e
incentrato sulla cooperazione regionale in materia di ambiente,
agricoltura, energia, pesca, foreste, industria, turismo, trasporti e
pianificazione territoriale. Il coordinamento delle iniziative è affidato al
Senior Official Group
(SOG), composto da membri dei governi del Consiglio
degli Stati del Mar Baltico (CBSS), dall'Unione europea e da rappresentanti di
un largo numero di importanti organizzazioni regionali intergovernative e non
governative, e di istituzioni finanziarie internazionali. Del SOG fa parte la International Baltic Sea Fishery
Commission (IBSFC), a cui è attribuita la
responsabilità della cooperazione in materia di pesca e salvaguardia delle
risorse biologiche nel Mar Baltico.
Al modello del Mar Baltico fa esplicito
riferimento anche la Dichiarazione di San Pietroburgo
sullo spazio comune europeo, approvata recentemente dai partecipanti alla
ventesima Conferenza europa delle regioni, laddove
questa sollecita lo sviluppo di nuovi modelli di cooperazione transfrontaliera
e interregionale nell'ambito dello spazio comune europeo ed auspica in
particolare l'estensione all'Adriatico delle positive
esperienze maturate in altre aree dell'Europa ed in particolare nel Mar
Baltico.
Obiettivi, percorso e metodo sembrano dunque ben
definiti, così come la necessità di un approccio multilaterale ai problemi
legati alla zona ecologico-ittica è universalmente
condivisa e manifestata, nelle scorse settimane, dai massimi livelli
istituzionali del nostro Paese e dell'Unione europea. È urgente però, a questo
punto, assumere iniziative concrete, e l'imminente Conferenza di Venezia, come
ha dichiarato anche il Presidente del Consiglio, può e deve essere colta come
la prima occasione utile per delineare un nuovo scenario
di relazioni tra gli Stati dell'Adriatico.
In conclusione, la risoluzione in questione,
condivisa da un così ampio fronte di forze politiche di maggioranza e di opposizione, mira a ristabilire in un'area vitale per
l'Italia un rinnovato clima di fiducia e di dialogo e, nel perseguimento di
tale obiettivo, vuole fornire il necessario sostegno all'azione del Governo.
Aldo PREDA (DS-U), illustrando la risoluzione n.
7-00330, di cui è cofirmatario, segnala il rischio che la decisione croata,
forse assunta sulla scorta di pressioni elettorali interne, produca
gravi problemi alla flotta italiana e agli operatori del settore ittico
nazionale, nonché un contenzioso politico-diplomatico e tensioni nei rapporti
tra i pescatori croati e quelli italiani.
Evidenzia la necessità di prendere atto del
processo di integrazione in corso a livello europeo,
che comporta un'approfondita riflessione sui problemi della pesca e, più in
generale, del settore agricolo in relazione ai rapporti tra l'Italia e i paesi
dell'ex Jugoslavia, rispetto ai quali vi sono una serie di questioni tuttora
aperte.
Pone pertanto l'esigenza che il Governo italiano assuma nei confronti delle autorità croate una forte
iniziativa politica e diplomatica sui problemi sopra menzionati e che impegni
l'Unione europea ad istituire un tavolo di condivisione delle politiche nel
Mare Adriatico fra tutti i paesi rivieraschi.
Il sottosegretario Paolo SCARPA BONAZZA BUORA
osserva che il Parlamento croato ha adottato il 3 ottobre 2003 la decisione di
istituire una zona di protezione ittica ed ambientale nell'Adriatico. Tale zona
diventerebbe effettiva al termine di un periodo sospensivo di un anno e si
estenderebbe, secondo le linee della piattaforma continentale, fino a metà
dell'ampiezza dell'Adriatico, riservando alla Croazia il controllo della pesca
in tale area.
Tale iniziativa, che dal punto di vista croato
risponde ad esigenze interne di natura politico-economica, si ripercuote
negativamente sul piano del diritto internazionale ed in particolare nei delicati
rapporti bilaterali fra Croazia da un lato ed Italia e Slovenia dall'altro.
Essa, inoltre, incidendo sull'esercizio delle attività dei pescatori italiani,
rischia di danneggiare oggettivamente gli interessi economici italiani.
Per tali motivi, sottolinea
che la posizione dell'Italia è chiara. Da un lato, infatti, non si può non
condividere l'esigenza di tutela dell'Adriatico e l'opportunità di studiare,
contestualmente a tutti i paesi interessati ed alle istituzioni europee
competenti, in un'ottica di sviluppo e cooperazione, modalità
concordate di tutela delle risorse dell'Adriatico; dall'altro, tuttavia, non si
possono appoggiare iniziative unilaterali che non siano conformi ai principi
europei di cooperazione regionale e non ricerchino soluzioni concordate, nel
rispetto dello scenario comunitario e delle delicate relazioni intercorrenti
fra l'Italia come Stato membro dell'UE e gli Stati costieri extracomunitari.
Rileva che, con tale atto, la Croazia, in
un'ottica di cooperazione, si pone in posizione di contrasto. Pertanto, nel
tentativo di giungere ad una soluzione, capace anche di dare nuova linfa e
respiro ai rapporti di dialogo e cooperazione reciproca fra i vari Stati
rivieraschi e, nel contempo, di favorire il processo di avvicinamento
dei Balcani all'Unione Europea, si è ritenuto
opportuno proporre di rinnovare il Progetto di accordo internazionale per la
pesca in Adriatico.
Sottolinea che l'imminente Conferenza ministeriale di
Venezia sulla pesca sostenibile nel Mediterraneo rappresenterà un'importante
occasione per lanciare un messaggio politicamente molto forte sulla
corresponsabilità e sul dovere di tutti gli Stati che hanno interessi di pesca
nel bacino mediterraneo, affinché si prenda coscienza della indilazionabile
necessità di provvedere alla tutela ed alla conservazione delle risorse ittiche
nell'ottica di una pesca responsabile e sostenibile.
Nel contesto del rafforzamento della cooperazione tra tutti gli
Stati, siano essi costieri del bacino o comunque aventi in esso interessi di
pesca, la Conferenza approfondirà la riflessione sulla possibilità di creare
zone di protezione della pesca, finalizzate alla migliore conservazione delle
risorse condivise ed alla lotta contro il pernicioso fenomeno della pesca
illegale, secondo un approccio fondato sul dialogo e sulla concertazione
regionale, tenendo ben presente l'importanza, a tali fini, delle organizzazioni
regionali di pesca competenti.
Fa inoltre presente che, nella consapevolezza
dell'urgente necessità di attuare una politica della pesca funzionale alle
peculiari caratteristiche biologiche, socio-economiche
e culturali del Mediterraneo, l'Italia è fortemente impegnata, nel suo semestre
di Presidenza, ad avviare l'esame della proposta legislativa, recentemente
avanzata dalla Commissione europea, relativa alle misure di gestione della
pesca mediterranea esercitata dai quattro paesi membri che vi si affacciano,
con l'obiettivo di pervenire ad uno sfruttamento sostenibile e razionale delle
risorse, senza nel contempo pregiudicare il legittimo interesse dei pescatori
italiani a svolgere la propria attività in condizioni economicamente
accettabili.
Rileva che il Governo italiano ha costantemente
seguito la vicenda e, in particolare, in occasione di un incontro con le
autorità croate nel luglio scorso, ha manifestato la contrarietà ad un
approccio unilaterale, nella convinzione che il principio della concertazione
multilaterale debba valere a maggior ragione per il Mare Adriatico. Nella
stessa occasione, a dimostrazione dello spirito di collaborazione, ricorda che
il Governo italiano ha proposto di mettere a disposizione della Croazia e degli
altri paesi che si affacciano sull'Adriatico il sistema delle
blue box. Il Governo croato, per motivi politici interni, ha
invece scelto in via unilaterale di percorrere la strada che porta alla
creazione di una zona di protezione ittico-ambientale.
Quello che appare non accettabile è l'assunzione
di decisioni unilaterali, non solo per le ripercussioni di carattere economico
ma anche in vista dell'adesione della Croazia all'Unione europea e
dell'imminente Conferenza di Venezia.
Sottolinea che il problema in esame ha suscitato una forte
mobilitazione di tutte le categorie del settore, coese nel sostenere la
necessità di un approccio multilaterale che porti alle creazione di aree di
gestione e sfruttamento delle risorse ittiche condivise dai paesi che si
affacciano sull'Adriatico.
Nel merito delle tre risoluzioni in discussione,
dichiara che il Governo ne condivide ampiamente i contenuti, sottolineando
che la loro approvazione potrebbe rappresentare un utile supporto all'azione
che l'esecutivo dovrà portare avanti per la soluzione del problema in esame.
Gustavo SELVA, presidente, sottolinea il carattere univoco della linea politica
italiana in materia, finalizzata alla conclusione di accordi multilaterali per
giungere ad una cooperazione la più ampia possibile tra i paesi membri e quelli
candidati all'Unione europea nell'ambito dell'Adriatico e, più in generale, del
Mediterraneo.
Ritiene che le Commissioni riunite possano
procedere alla formulazione e votazione di una risoluzione unitaria oppure alla
votazione delle tre risoluzioni in discussione, posto che il rappresentante del
Governo ha dichiarato di condividerle tutte.
Gianluigi SCALTRITTI (FI), nel ribadire la
disponibilità alla formulazione di una unica
risoluzione, in cui convergano i contenuti dei tre documenti presentati,
dichiara che, qualora le risoluzioni fossero invece poste in votazione
separatamente, esprimerebbe su di esse un voto favorevole.
Famiano CRUCIANELLI (DS-U) ritiene preferibile che
le Commissioni votino distintamente le tre risoluzioni presentate, atteso che
la predisposizione di un documento unitario comporterebbe un allungamento dei
tempi al fine di coinvolgere tutti i firmatari. Preannuncia il suo voto
favorevole sulle risoluzioni stesse.
Aldo PREDA (DS-U), nel concordare sulla procedura prescelta,
dichiara il voto favorevole su tutte e tre le risoluzioni presentate.
Le Commissioni, con distinte votazioni, approvano
le risoluzioni Scaltritti n. 7-00317, Crucianelli n. 7-00319 e Franci
n. 7-00330.
La seduta termina alle 13.55.
ATTI DI
INDIRIZZO
Risoluzione in Commissione:
premesso che:
la pesca rappresenta nel bacino del Mar Adriatico e
per le comunità italiane che vi si affacciano un'importante economia diretta
oltre che un consistente indotto formato dal sistema commerciale, dai cantieri
e dal turismo;
lo sfruttamento delle risorse trova un equilibrio
nell'attuale gestione dell'intero bacino ove la flotta spalma la sua attività
in maniera uniforme sia nelle zone costiere che nelle zone d'alto mare;
il Governo della Repubblica di Croazia sarebbe
intenzionato ad applicare, a suo esclusivo vantaggio, alcuni principi di
diritto internazionale del mare introdotti dalla «Convenzione sul diritto del
mare» approvata a Montego Bay nel dicembre del 1982, in materia di «zona
economica esclusiva» (Z.E.E.);
gli stati costieri del Mediterraneo hanno fissato
principi di collaborazione basati sullo spirito del «buon vicinato»,
nell'ambito degli accordi stipulati a Barcellona nel 1976, in seno al Consiglio
Generale della Pesca nel Mediterraneo (C.G.P.M.),
organismo della FAO, composto da tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo,
che ha la competenza esclusiva in materia di sviluppo, conservazione, gestione
razionale e valorizzazione delle risorse marine viventi;
i principi della collaborazione sono stati
formalizzati nell'articolo 123 della citata «Convenzione sul diritto del mare»
dove si raccomanda che gli Stati costieri in mari chiusi o semi-chiusi
cooperino tra loro nell'esercizio dei loro diritti, coordinandosi tra l'altro,
per un migliore sfruttamento delle risorse ittiche e per la protezione e a
preservazione dell'ambiente marino;
nessun Paese del Mediterraneo ha
finora preso provvedimenti in materia di istituzione di zone economiche
esclusive all'interno di questo bacino;
a causa della conformazione geo-morfologica
della costa dalmata, per la presenza di numerosi isolotti, e dei criteri di
individuazione della «linea di base» da cui partire per individuare la ZEE, la
Croazia si troverebbe ad esercitare diritti di pesca esclusivi su circa i 3/5
del Mare Adriatico, penalizzando fortemente la flotta da pesca italiana che
opera in alto mare, mettendo a rischio numerosi posti di lavoro e l'indotto
stesso del settore nell'Adriatico;
molte specie ittiche si riproducono
nelle basse e sabbiose coste italiane per poi accrescere in quelle profonde balcaniche a dimostrazione di un inscindibile legame ed
anello, anche biologico, tra le due realtà e che quindi vi sarebbero anche incalcolablli danni ambientali saltando gli equilibri
gestionali perché da un lato si darà la caccia alle forme mature (Croazia) e
dall'altra, per motivi di sopravvivenza, (Italia) si cattureranno le fattrici e
le forme giovanili;
attualmente negli specchi acquei
adriatici interessati dall'eventuale istituzione della zona economica esclusiva
opera quasi esclusivamente la flotta da pesca alturiera
italiana;
la creazione di una ZEE da parte di uno Stato
rivierasco del Mediterraneo e più ancora dell'Adriatico determinerebbe gravi
ripercussioni politiche e commerciali tra gli stati interessati;
le politiche comunitarie, con iniziative varie,
tendono sempre più ad avviare progetti transfrontalieri volti ad unire, e non a
dividere, le realtà economiche, gestionali e sociali degli Stati;
la Croazia ambirebbe ad entrare prossimamente a far
parte dell'Unione europea e che l'eventuale decisione di istituire la ZEE
rallenterebbe senza dubbio questo processo, influenzando negativamente anche il
progetto di collaborazione Scientifica a supporto della Pesca Responsabile nel
Mare Adriatico (ADRIAMED);
impegnano il Governo:
a scongiurare la limitazione delle aree di pesca
che avrebbe come conseguenza lo sconvolgimento dei piani gestionali del
settore, previsti dai Piani Triennali e dal Piano di Orientamento Pluriennale,
in un'area fondamentale per la produzione ittica nazionale;
ad attuare una politica della pesca che tenga conto
della riproduzione e dell'accrescimento delle risorse ittiche nell'intero
bacino Adriatico;
a perseguire nel semestre di presidenza europeo la
preparazione di una efficiente politica della pesca nel Mediterraneo, per un
più razionale sfruttamento delle risorse e una corretta competizione tra gli
Stati rivieraschi di questo bacino;
ad adoperarsi in tutte le sedi affinché venga
evitata la creazione, da parte della Croazia, di una zona economica esclusiva
nel Mare Adriatico.
(7-00317)«Scaltritti,
Zama».
TESTO AGGIORNATO AL 5 NOVEMBRE 2003
ATTI DI INDIRIZZO
premesso che:
le autorità della Croazia si accingono a proclamare
una «zona ecologico-ittica», che si estenderebbe
dalla costa croata fino alla linea mediana dell'Adriatico e riserverebbe alla
Croazia il controllo della pesca in tale area;
tale iniziativa avrebbe pesanti
ripercussioni sull'esercizio delle attività di pesca da parte dei pescatori
italiani e aprirebbe un serio contenzioso politico-diplomatico con la Slovenia,
con conseguenze negative nei rapporti bilaterali tra Croazia da un lato e
Italia e Slovenia dall'altro;
nel corso della XIII legislatura il Governo italiano,
nella «sua Relazione semestrale al Parlamento sulla partecipazione dell'Italia
al processo normativo comunitario (1o gennaio - 30 giugno 1997)», ha
fatto proprio un progetto di accordo internazionale per la pesca in Adriatico e
le Commissioni Agricoltura e Politiche Comunitarie della Camera dei Deputati,
nell'esame della relazione, hanno approvato una risoluzione che impegnava il
Governo a promuovere e sostenere tale iniziativa;
è necessario un approccio multilaterale ai problemi
inerenti regole e modalità di gestione della pesca adriatica;
impegnano il Governo:
ad assumere un'iniziativa che coinvolga Unione
europea e Paesi adriatici nell'individuazione di processi e strumenti di
cooperazione idonei allo sviluppo di un partenariato
efficace nella gestione delle attività economiche e sociali legate alla pesca e
nella salvaguardia degli equilibri dell'ecosistema marino, ristabilendo in tale
modo un clima di dialogo e di proficua cooperazione tra i Paesi rivieraschi e
favorendo il processo di avvicinamento degli Stati balcanici
all'Unione europea;
a cogliere l'opportunità fornita dalla imminente
«Conferenza ministeriale per lo sviluppo sostenibile della pesca nel
Mediterraneo» per aprire un confronto su questi temi con tutte le parti in
causa, con il contributo determinante delle
organizzazioni sopranazionali competenti, quali Consiglio d'Europa e FAO.
(7-00319)
«Crucianelli, Landi di Chiavenna, Pacini, Giovanni Bianchi, Mantovani, Bulgarelli,
Calzolaio».
TESTO AGGIORNATO AL 17 DICEMBRE 2003
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni
in Commissione:
premesso che:
il mare Adriatico rappresenta una area sensibile sia
dal punto di vista economico per l'attività di pesca che li si esercitano, sia
dal punto di vista delle relazioni internazionali con i paesi rivieraschi;
nel passato non sono stati infrequenti conflitti e
tensioni fra i nostri pescatori e le autorità croate, con sequestri di
pescherecci anche nel periodo più recente;
le aree di riproduzione e sfruttamento delle zone
ittiche sono condivise, e richiedono una gestione armonizzata e comune tra i
paesi che si affacciano sull'Adriatico;
il processo di integrazione e di ulteriore
allargamento dell'Unione europea prevede un percorso che interesserà l'intera
area dei balcani ed in maniera particolare la
Croazia;
tale prospettiva rappresenta un
importante obbiettivo della nostra politica estera ed un contributo essenziale
alla stabilizzazione dell'area coinvolta in un lungo e drammatico conflitto;
la Croazia, con decisione unilaterale, intenderebbe
individuare nelle acque internazionali una zona economica di pesca e di tutela
ambientale in Adriatico, ossia con diritto esclusivo di pesca che allargherebbe
la giurisdizione croata nelle acque finora internazionali;
la convenzione del diritto del mare di Montego Bay,
del 10 dicembre 1982 recependo gli indirizzi derivanti dalla Corte
Internazionale di giustizia e dalla prassi pattizia
degli stati, ha tra l'altro, introdotto il principio per cui la delimitazione di
zone economiche di pesca deve farsi per mezzo di accordo, in modo da
raggiungere una soluzione equa;
in merito alla istituzione di tale zona non esiste
alcun precedente in nessun paese del bacino mediterraneo, trattandosi di un
mare chiuso;
qualora la Croazia desse
unilateralmente seguito alla istituzione di detta zona, le aree di pesca delle
nostre flotte adriatiche si ridurrebbero drasticamente, provocando la crisi di
migliaia di imprese, concentrando lo sforzo di pesca unicamente sulla fascia
occidentale dell'Adriatico e pregiudicando così una gestione razionale delle
risorse accentuandone il sovrasfruttamento;
tutto ciò sta creando viva
preoccupazione tra i nostri pescatori che vedono minacciata la propria
attività, compromessa dallo spostamento nelle acque internazionali di tale zona
economica esclusiva
impegna il Governo:
ad
assumere nei confronti delle autorità Croate un iniziativa politica e
diplomatica, nell'ambito delle relazioni bilaterali tra Italia e Croazia,
affinché le scelte che quel paese si accingerebbe ad intraprendere non confliggano con l'attività delle nostre imprese;
ad
impegnare l'Unione europea, in considerazione delle competenze esclusive che quest'ultima esercita sulla gestione delle risorse ittiche,
ad istituire un tavolo di condivisione delle politiche nel mare Adriatico fra
tutti i paese rivieraschi, tenuto conto che le politiche di valorizzazione e
tutela delle risorse ittiche e marine hanno bisogno di una politica comune.
(7-00330)
«Franci, Sereni, Rava, Borrelli, Preda».
Allegato A
Seduta n. 441 del
18/3/2004
Trasmissioni
dal ministro degli
affari esteri.
Il ministro degli affari esteri,
con lettere dell'8 marzo 2004, ha trasmesso due note relative
all'attuazione data, per la parte di sua competenza, alle risoluzioni in
Commissione SCALTRITTI ed altri n. 7/00317, CRUCIANELLI ed altri n. 7/00319 e
FRANCI ed altri n. 7/00330, accolte dai Governo e approvate dalle Commissioni
riunite III (Affari esteri e comunitari) e XIII (Agricoltura) il 4 novembre
2003, concernenti la proposta di creazione di una zona economica esclusiva nel
tratto di mare Adriatico antistante la Croazia; all'ordine del giorno in
Assemblea GRILLO ed altri n. 9/4489/268, accolto come raccomandazione dal
Governo nella seduta dell'Assemblea del 17 dicembre 2003, concernente la
chiusura dell'ufficio informazioni dell'ONU a Roma.
Le suddette note sono a
disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo
parlamentare e sono trasmesse alla III Commissione (Affari esteri e comunitari)
e quella relativa agli atti nn.
7/00317, 7/00319 e 7/00330, altresì, alla XIII Commissione
(Agricoltura), competenti per materia.
L. 2 dicembre 1994, n. 689
Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del
mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché dell'accordo di applicazione della parte XI della
convenzione stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio 1994
(stralci)
------------------------
(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 dicembre 1994, n. 295, S.O.
(2) Vedi, anche, la L. 15 dicembre 1998, n. 498, riportata al n. LX.
--------------------------------------------------------------------------------
1. 1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982, nonché l'accordo di applicazione della parte XI della convenzione stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio 1994.
2. 1. Piena ed intera esecuzione è data agli atti internazionali di cui all'articolo 1 a decorrere dalla data della loro entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 308 della convenzione e dall'articolo 6 dell'accordo.
3. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la legge 20 febbraio 1985, n. 41 (3), è abrogata e cessa di avere efficacia il relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 11 marzo 1988, n. 200 (4).
2. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (5), saranno determinati i criteri e le procedure per il conferimento ai richiedenti del patrocinio da parte dello Stato italiano ai sensi dell'articolo 153 della convenzione di cui all'articolo 1 e per i fini dell'articolo 4 dell'Annesso III alla convenzione stessa.
(3) Riportata alla voce Miniere, cave e torbiere.
(4) Riportato alla voce Miniere, cave e torbiere.
(5) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
4. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, la definizione della piattaforma continentale, di cui all'articolo 1, primo comma, della legge 21 luglio 1967, n. 613 (6), è da intendersi sostituita dalla definizione di cui all'articolo 76 della convenzione di cui all'articolo 1.
(6) Riportata alla voce Idrocarburi.
5. 1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 1.000 milioni annui a decorrere dal 1995, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1994-1996, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministro del tesoro per l'anno 1994, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento riguardante il Ministero degli affari esteri.
2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
6. 1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
------------------------
Traduzione non ufficiale
La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982
Gli Stati contraenti della presente Convenzione,
animati dal desiderio di disciplinare, in uno spirito di mutua comprensione e cooperazione, tutti i problemi relativi al diritto del mare e coscienti della portata storica della presente Convenzione che costituisce un importante contributo al mantenimento della pace, della giustizia e del progresso di tutti i popoli del mondo,
constatando che l'evoluzione a partire dalle Conferenze delle Nazioni Unite sul diritto del mare tenutesi a Ginevra nel 1958 e nel 1960, ha accentuato la necessità di una nuova Convenzione sul diritto del mare generalmente accettabile,
consci che i problemi degli spazi oceanici sono strettamente collegati e devono essere considerati nel loro insieme,
riconoscendo che è auspicabile stabilire tramite la presente Convenzione, tenuto debitamente conto della sovranità di tutti gli Stati, un ordine giuridico per i mari e per gli oceani che faciliti le comunicazioni internazionali e che favorisca gli usi pacifici dei mari e degli oceani, l'utilizzazione equa ed efficiente delle loro risorse, la conservazione delle loro risorse viventi, e lo studio, protezione e preservazione dell'ambiente marino,
considerando che la realizzazione di questi obiettivi contribuirà alla realizzazione di un ordine economico internazionale equo e giusto che tenga conto degli interessi e delle necessità di tutta l'umanità ed in particolare, degli interessi e delle necessità specifici dei Paesi in via di sviluppo sia costieri che privi di coste,
desiderando che la presente Convenzione sviluppi i princìpi contenuti nella risoluzione 2749 (XXV) del 17 dicembre 1970, nella quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha in particolar modo solennemente dichiarato che l'area dei fondi dei mari e degli oceani ed il loro sottosuolo, oltre i limiti della giurisdizione nazionale, così come le loro risorse, sono patrimonio comune dell'umanità e che la loro esplorazione e sfruttamento vengono condotti a beneficio di tutta l'umanità, indipendentemente dalla collocazione geografica degli Stati,
convinti che la codificazione e lo sviluppo progressivo del diritto del mare realizzati con la presente Convenzione contribuiranno al rafforzamento della pace, della sicurezza, della cooperazione e delle relazioni amichevoli tra tutte le nazioni conformemente ai princìpi di giustizia e di uguaglianza dei diritti e che promuoveranno il progresso economico e sociale di tutti i popoli del mondo, conformemente agli Scopi ed ai princìpi delle Nazioni Unite, quali sono enunciati nella Carta,
affermando che le questioni non disciplinate dalla presente Convenzione continuano ad essere disciplinate dalle norme e dai princìpi del diritto internazionale generale,
hanno convenuto quanto segue:
PARTE I
Introduzione
Articolo 1
Uso dei termini e ambito d'applicazione
1. Ai fini della presente Convenzione:
1) Per «Area» s'intende il fondo del mare, il fondo degli oceani e il relativo sottosuolo, al di là dei limiti della giurisdizione nazionale;
2) per «Autorità» s'intende l'Autorità Internazionale dei Fondi Marini;
3) per «attività nell'Area» s'intende ogni attività di esplorazione e sfruttamento delle risorse dell'Area;
4) per «inquinamento dell'ambiente marino» s'intende l'introduzione diretta o indiretta, a opera dell'uomo, di sostanze o energia nell'ambiente marino ivi compresi gli estuari, che provochi o possa presumibilmente provocare effetti deleteri quali il danneggiamento delle risorse biologiche e della vita marina, rischi per la salute umana, impedimenti alle attività marine, ivi compresi la pesca e altri usi legittimi del mare, alterazioni della qualità dell'acqua di mare che ne compromettano l'utilizzazione, oppure il degrado delle attrattive ambientali;
5) a) Per «immissione» si intende:
i) ogni scarico volontario in mare di rifiuti o altri materiali da parte di navi, aeromobili, piattaforme o altre strutture artificiali;
ii) ogni affondamento volontario in mare di navi, aeromobili, piattaforme o altre strutture artificiali;
b) il termine «immissione» non include:
i) lo scarico in mare di rifiuti o di altri materiali quando sia fortuito o conseguente alle normali operazioni di navi, aeromobili, piattaforme o altre strutture artificiali e relative attrezzature, purché non si tratti dei rifiuti o di altri materiali destinati o trasportati a bordo di navi, aeromobili, piattaforme o altre strutture artificiali, la cui funzione sia lo smaltimento di tali materiali, oppure dei residui derivati dalla lavorazione di tali rifiuti o altri materiali, che avvenga a bordo di tali navi, aeromobili, piattaforme o altre strutture artificiali;
ii) il deposito di materiali per fini diversi dalla semplice eliminazione degli stessi, purché tale deposito non vada contro gli obiettivi della presente Convenzione.
2. 1) Per «Stati contraenti» si intendono gli Stati che hanno consentito ad essere vincolati dalla presente Convenzione, nei confronti dei quali la presente Convenzione è in vigore.
2) La presente Convenzione si applica, mutatis mutandis, ai soggetti menzionati all'articolo 305, 1, b), c), d), e) ed f), che diventano contraenti la presente Convenzione conformemente alle condizioni a ciascuno pertinenti, ed entro questi limiti la definizione «Stati contraenti» si riferisce a questi soggetti.
PARTE II
Mare territoriale e zona contigua
Sezione 1
Disposizioni generali
Articolo 2
Regime giuridico del mare territoriale, dello spazio aereo soprastante il mare territoriale, del relativo fondo marino e del suo sottosuolo
1. La sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne e, nel caso di uno Stato-arcipelago, delle sue acque arcipelagiche, a una fascia adiacente di mare, denominata mare territoriale.
2. Tale sovranità si estende allo spazio aereo soprastante il mare territoriale come pure al relativo fondo marino e al suo sottosuolo.
3. La sovranità sul mare territoriale si esercita alle condizioni della presente Convenzione e delle altre norme del diritto internazionale.
Sezione 2
Limiti del mare territoriale
Articolo 3
Larghezza del mare territoriale
Ogni Stato ha il diritto di fissare la larghezza del proprio mare territoriale fino a un limite massimo di 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla presente Convenzione.
Articolo 4
Limite esterno del mare territoriale
Il limite esterno del mare territoriale è la linea ciascun punto della quale si trova ad una distanza dal punto più prossimo della linea di base, uguale alla larghezza del mare territoriale.
Articolo 5
Linea di base normale
Salvo diversa disposizione della presente Convenzione, la linea di base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero.
Articolo 6
Scogliere affioranti
Nel caso di isole situate su atolli o di isole bordate da scogliere affioranti, la linea di base dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea della scogliera, dal lato del mare aperto, come indicato con simboli appropriati sulle carte nautiche ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero.
Articolo 7
Linee di base diritte
1. Nelle località dove la linea di costa è profondamente incavata e frastagliata, o vi è una frangia di isole lungo la costa nelle sue immediate vicinanze, si può impiegare il metodo delle linee di base diritte che collegano punti appropriati, per tracciare la linea di base dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale.
2. Laddove, per la presenza di un delta o di altre caratteristiche naturali, la linea di costa è altamente instabile, i punti appropriati possono essere scelti lungo la linea di bassa marea più avanzata e, anche in caso di ulteriori arretramenti della linea di bassa marea, le linee di base diritte rimangono in vigore fino a quando non vengono modificate dallo Stato costiero conformemente alla presente Convenzione.
3. Il tracciato delle linee di base diritte non deve discostarsi in misura sensibile dalla direzione generale della costa e le zone marine che giacciono all'interno delle linee debbono essere collegate in modo sufficientemente stretto al dominio terrestre per poter essere assoggettate al regime di acque interne.
4. Le linee di base diritte non debbono essere tracciate verso o da bassifondi emergenti a bassa marea, a meno che non vi siano stati costruiti fari o installazioni similari che siano in permanenza emergenti, o il tracciato di linee di base diritte verso o da tali bassifondi abbia ottenuto il generale riconoscimento internazionale.
5. Nei casi in cui il metodo delle linee di base diritte è applicabile in virtù del numero 1, si può tener conto, per la determinazione di particolari linee di base, degli interessi economici propri della regione considerata, la cui esistenza e importanza siano manifestamente dimostrate da lungo uso.
6. Il metodo delle linee di base diritte non può essere impiegato da uno Stato in modo tale da separare il mare territoriale di un altro Stato dall'alto mare o da una zona economica esclusiva.
(omissis)
Articolo 15
Delimitazione del mare territoriale tra Stati a coste opposte o adiacenti
Quando le coste di due Stati si fronteggiano o sono adiacenti, nessuno dei due Stati ha il diritto, in assenza di accordi contrari, di estendere il proprio mare territoriale al di là della linea mediana di cui ciascun punto è equidistante dai punti più prossimi delle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale di ciascuno dei due Stati. Questa disposizione, comunque, non si applica quando, in virtù di titoli storici o di altre circostanze speciali, è necessario delimitare in altro modo il mare territoriale dei due Stati.
(omissis)
Sezione 4
Zona contigua
Articolo 33
Zona contigua
1. In una zona contigua al suo mare territoriale, denominata «zona contigua», lo Stato costiero può esercitare il controllo necessario al fine di:
a) prevenire le violazioni delle proprie leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione entro il suo territorio o mare territoriale;
b) punire le violazioni delle leggi e regolamenti di cui sopra, commesse nel proprio territorio o mare territoriale.
2. La zona contigua non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale.
(omissis)
PARTE V
Zona economica esclusiva
Articolo 55
Regime giuridico specifico della zona economica esclusiva
La zona economica esclusiva è la zona al di là del mare territoriale e ad esso adiacente, sottoposta allo specifico regime giuridico stabilito nella presente Parte, in virtù del quale i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero, e i diritti e le libertà degli altri Stati, sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni della presente Convenzione.
Articolo 56
Diritti, giurisdizione e obblighi dello Stato costiero nella zona economica esclusiva
1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di:
a) diritti sovrani sia ai fini dell'esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l'esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall'acqua, dalle correnti e dai venti;
b) giurisdizione conformemente alle pertinenti disposizioni della presente Convenzione, in materia di:
i) installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture;
ii) ricerca scientifica marina;
iii) protezione e preservazione dell'ambiente marino;
c) altri diritti e doveri previsti dalla presente Convenzione.
2. Nell'esercitare i propri diritti e assolvere i propri doveri nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, lo Stato costiero tiene in debito conto i diritti e doveri degli altri Stati, e agisce in modo coerente con la presente Convenzione.
3. I diritti enunciati nel presente articolo relativamente al fondo del mare e al suo sottosuolo, vengono esercitati conformemente alla Parte VI.
Articolo 57
Larghezza della zona economica esclusiva
La zona economica esclusiva non si estende al di là di 200 miglia marine dalle linee di base da cui viene misurata la larghezza del mare territoriale.
Articolo 58
Diritti e obblighi degli altri Stati nella zona economica esclusiva
1. Nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale, godono, conformemente alle specifiche disposizioni della presente Convenzione, delle libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini, indicate all'articolo 87, e di altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi, aeromobili, condotte e cavi sottomarini, e compatibili con le altre disposizioni della presente convenzione.
2. Gli articoli da 88 a 115 e le altre norme pertinenti di diritto internazionale si applicano alla zona economica esclusiva purché non siano incompatibili con la presente Parte.
3. Nell'esercitare i propri diritti e nell'adempiere i propri obblighi nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, gli Stati tengono in debito conto i diritti e gli obblighi dello Stato costiero, e rispettano sia le leggi e i regolamenti emanati dallo Stato costiero conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sia le altre norme del diritto internazionale purché non siano incompatibili con la presente Parte.
Articolo 59
Base per la soluzione di conflitti relativi all'attribuzione di diritti e giurisdizione nella zona economica esclusiva
Nei casi in cui la presente Convenzione non attribuisca i diritti o giurisdizione allo Stato costiero o ad altri Stati nell'ambito della zona economica esclusiva, e sorga un conflitto tra gli interessi dello Stato costiero e quelli di un qualsiasi altro Stato o Stati, tale conflitto dovrebbe essere risolto sulla base dell'equità e alla luce di tutte le circostanze pertinenti, tenendo conto dell'importanza che tali interessi rivestono sia per le parti in causa, sia per la comunità internazionale nel suo complesso.
Articolo 60
Isole artificiali, installazioni e strutture nella zona economica esclusiva
1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode del diritto esclusivo di costruire e di autorizzare e disciplinare la costruzione, la conduzione e l'utilizzo di:
a) isole artificiali;
b) installazioni e strutture realizzate per gli scopi previsti dall'articolo 56 e per altri fini economici;
c) installazioni e strutture che possano interferire con l'esercizio dei diritti dello Stato costiero nella zona.
2. Lo Stato costiero ha giurisdizione esclusiva su tali isole artificiali, installazioni e strutture, anche in materia di leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari, di sicurezza e di immigrazione.
3. Debito preavviso deve essere dato della costruzione di tali isole artificiali, installazioni e strutture, e debbono essere predisposte attrezzature permanenti per segnalarne la presenza. Le installazioni o strutture che siano state abbandonate o disattivate, debbono essere rimosse per garantire la sicurezza della navigazione, tenuto conto di ogni disposizione internazionale generalmente accettata, emanata a questo proposito dalla competente organizzazione internazionale. Tale rimozione viene effettuata tenendo in debito conto anche la pesca, la protezione dell'ambiente marino e i diritti e obblighi degli altri Stati.
Adeguata informazione viene data in merito alla profondità, alla posizione e alle dimensioni di qualunque installazione o struttura che non sia stata completamente rimossa.
4. In caso di necessità lo Stato costiero può istituire, intorno a tali isole artificiali, installazioni e strutture, ragionevoli zone di sicurezza all'interno delle quali possa adottare misure atte ad assicurare la sicurezza sia della navigazione sia delle stesse isole artificiali, installazioni e strutture.
5. La larghezza delle zone di sicurezza viene stabilita dallo Stato costiero, tenuto conto delle pertinenti norme internazionali. Tali zone vengono stabilite secondo criteri idonei a garantirne la ragionevole rispondenza alla natura e alla funzione delle isole artificiali, installazioni e strutture, e non si estendono oltre la distanza di 500 metri intorno ad esse, misurata da ciascun punto del loro bordo esterno, salvo quanto autorizzato dalle norme internazionali generalmente accettate o quanto raccomandato dalla competente organizzazione internazionale. Dell'estensione delle zone di sicurezza viene data opportuna informazione.
6. Tutte le navi debbono rispettare tali zone di sicurezza e si conformano alle norme internazionali generalmente accettate, relative alla navigazione in prossimità delle isole artificiali, installazioni, strutture e zone di sicurezza.
7. Non si possono mettere in opera isole artificiali, installazioni e strutture, né istituire le zone di sicurezza circostanti, quando ne possa derivare un'interferenza con l'utilizzo di corridoi riconosciuti, essenziali per la navigazione internazionale.
8. Le isole artificiali, le installazioni e le strutture non hanno lo status di isole. Non possiedono un proprio mare territoriale e la loro presenza non modifica la delimitazione del mare territoriale, della zona economica esclusiva o della piattaforma continentale.
Articolo 61
Conservazione delle risorse biologiche
1. Lo Stato costiero stabilisce il volume massimo delle risorse biologiche di cui è consentita la cattura nella sua zona economica esclusiva.
2. Lo Stato costiero, tenuto conto delle informazioni scientifiche più attendibili di cui dispone a tale scopo, assicura, attraverso misure appropriate di mantenimento e di utilizzo, che la conservazione delle risorse biologiche della zona economica esclusiva non sia messa in pericolo da uno sfruttamento eccessivo. Lo Stato costiero e le competenti organizzazioni internazionali, subregionali, regionali o mondiali, collaborano a tal fine.
3. Tali misure mirano altresì a mantenere o a ricostituire le specie sfruttate a livelli tali da consentire la massima resa possibile, nel rispetto dei fattori ecologici ed economici pertinenti, ivi compresi i bisogni delle comunità costiere dedite alla pesca e le esigenze particolari degli Stati in via di sviluppo, tenuto conto dei metodi di pesca, dell'interdipendenza dei banchi e dei valori minimi internazionali generalmente raccomandati a livello subregionale, regionale o mondiale.
4. Nell'adottare tali misure lo Stato costiero prende in considerazione gli effetti sulle specie associate o dipendenti da quelle che sono oggetto di pesca, al fine di conservare o ricostituire le popolazioni di tali specie associate o dipendenti al di sopra dei livelli ai quali la loro riproduzione può venire seriamente compromessa.
5. L'informazione scientifica disponibile, le statistiche sul pescato e sull'attività di pesca e qualsiasi altro dato rilevante per la conservazione dei banchi di pesce vengono diffusi e scambiati regolarmente attraverso le competenti organizzazioni internazionali, subregionali, regionali o mondiali, laddove lo si ritenga appropriato e con la partecipazione di tutti gli Stati interessati, ivi compresi quelli di cui hanno la nazionalità i soggetti che sono stati autorizzati a pescare nella zona economica esclusiva.
Articolo 62
Sfruttamento delle risorse biologiche
1. Lo Stato costiero promuove l'obiettivo dello sfruttamento ottimale delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva, senza pregiudizio dell'articolo 61.
2. Lo Stato costiero determina la propria potenzialità di sfruttamento delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva. Quando lo Stato costiero non possiede i mezzi per pescare l'intera quota consentita, esso deve, attraverso accordi o altre intese conformi ai termini, alle condizioni e alle leggi e regolamenti indicati al numero 4, concedere ad altri Stati l'accesso all'eccedenza della quota consentita con particolare riguardo alle disposizioni degli articoli 69 e 70, soprattutto in relazione ai Paesi in via di sviluppo ivi menzionati.
3. Nel consentire agli altri Stati l'accesso nella propria zona economica esclusiva conformemente al presente articolo, lo Stato costiero prende in considerazione tutti gli elementi pertinenti, ivi inclusi tra l'altro: l'importanza che le risorse biologiche dell'area rivestono per l'economia e per altri interessi nazionali dello Stato costiero interessato; le disposizioni degli articoli 69 e 70; le esigenze degli Stati in via di sviluppo presenti nella subregione o regione, in relazione alla pesca di parte dell'eccedenza; e la necessità di contenere al minimo gli scompensi economici negli Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità abbiano abitualmente esercitato la pesca nella zona o abbiano dato un contributo sostanziale alla ricerca e all'identificazione dei banchi.
4. I soggetti aventi la nazionalità di altri Stati che esercitano la pesca nella zona economica esclusiva si attengono alle misure di conservazione e alle altre norme e condizioni stabilite dalle leggi e dai regolamenti dello Stato costiero. Tali leggi e regolamenti debbono essere conformi alla presente Convenzione, e possono avere per oggetto, tra l'altro:
a) il rilascio di licenze ai pescatori, ai pescherecci e alle attrezzature, ivi compresi il pagamento di tariffe e altre forme di remunerazione che, nel caso di Stati costieri in via di sviluppo, può consistere in un adeguato contributo in materia di finanziamento, attrezzature e tecnologia dell'industria della pesca;
b) l'individuazione delle specie che possono essere catturate, e la determinazione delle quote di cattura in relazione a particolari banchi o gruppi di banchi, o al pescato per battello in un dato arco di tempo, o al pescato dei soggetti aventi la nazionalità di ciascuno Stato durante un periodo prestabilito;
c) la regolamentazione delle stagioni e delle aree di pesca, dei tipi, dimensioni e quantità delle attrezzature, e dei tipi, dimensioni e numero dei pescherecci che possono essere utilizzati;
d) la determinazione dell'età e taglia del pesce e delle altre specie di cui è consentita la pesca;
e) la definizione delle informazioni richieste ai pescherecci, ivi incluse le statistiche sul pescato e sull'attività di pesca nonché i rapporti sull'ubicazione dei pescherecci;
f) la necessità, subordinata all'autorizzazione e al controllo dello Stato costiero, di condurre specifici programmi di ricerca sulla pesca e di disciplinarne l'esecuzione, compresi il campionamento del pesce catturato, e la messa a disposizione dei campioni e dei rapporti sui relativi dati scientifici;
g) l'invio a bordo, da parte dello Stato costiero, di osservatori o apprendisti;
h) lo scarico di tutto o parte del pescato da parte di tali pescherecci nei porti dello Stato costiero;
i) i termini e le condizioni relative ad azioni in compartecipazione o altre forme di cooperazione;
j) le condizioni per la formazione del personale e per il trasferimento di tecnologie nel settore della pesca, ivi incluso il potenziamento delle capacità dello Stato costiero nel campo della ricerca sulla pesca;
k) procedure esecutive.
5. Gli Stati costieri danno debita diffusione alla normativa adottata in materia di conservazione e di gestione.
Articolo 63
Banchi esistenti all'interno delle zone economiche esclusive di due o più Stati costieri oppure presenti contemporaneamente all'interno della zona economica esclusiva e in un'area esterna ad essa adiacente
1. Quando lo stesso banco o più banchi di specie associate si trovano entro le zone economiche esclusive di due o più Stati costieri, questi ultimi cercano di concordare, sia direttamente sia attraverso le competenti organizzazioni subregionali o regionali, le misure necessarie per coordinare e assicurare la conservazione e lo sviluppo di tali banchi, senza pregiudizio delle altre disposizioni della presente Parte.
2. Quando lo stesso banco o più banchi di specie associate si trovano contemporaneamente nella zona economica esclusiva e in un'area esterna ad essa adiacente, lo Stato costiero e gli Stati che sfruttano tali banchi situati nell'area adiacente cercano di concordare, mediante trattative dirette o attraverso le competenti organizzazioni subregionali o regionali, le misure necessarie per la conservazione di tali banchi nell'area adiacente.
Articolo 64
Specie altamente migratorie
1. Lo Stato costiero e gli altri Stati, i cui soggetti che ne hanno la nazionalità esercitano la pesca delle specie altamente migratorie elencate nell'Allegato I, cooperano, direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali, al fine di assicurare la conservazione e promuovere l'obiettivo dell'utilizzo ottimale di tali specie nell'intera regione, all'interno e al di là della zona economica esclusiva. Nelle regioni per le quali non esistono idonee organizzazioni internazionali, lo Stato costiero e gli altri Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità pescano tali specie nella regione, cooperano all'istituzione di una tale organizzazione e partecipano ai suoi lavori.
2. Le disposizioni del numero 1 si applicano congiuntamente con le altre disposizioni della presente Parte.
Articolo 65
Mammiferi marini
Nessuna disposizione della presente Parte limita il diritto di uno Stato costiero o la competenza di un'organizzazione internazionale, a seconda dei casi, di interdire, limitare o regolamentare lo sfruttamento dei mammiferi marini con norme più restrittive di quelle previste nella presente Parte. Gli Stati cooperano al fine di garantire la conservazione dei mammiferi marini e in particolare operano attraverso le apposite organizzazioni internazionali, a vantaggio della conservazione, della gestione e dello studio dei cetacei.
Articolo 66
Banchi anadromi
1. Gli Stati, nei cui fiumi hanno origine i banchi anadromi, ne sono i principali interessati e responsabili.
2. Lo Stato di origine dei banchi anadromi ne assicura la conservazione attraverso l'emanazione di misure atte a regolamentarne la pesca nelle acque situate all'interno dei limiti esterni della zona economica esclusiva, e la pesca conformemente al numero 3, b). Lo Stato di origine, dopo aver consultato gli Stati di cui ai numeri 3 e 4 che esercitano la pesca di tali banchi, può stabilire le quote massime consentite di pesca dei banchi anadromi che provengono dai suoi fiumi.
3. a) La pesca di banchi anadromi è consentita solamente nelle acque situate all'interno dei limiti esterni delle zone economiche esclusive, ad eccezione dei casi in cui tale disposizione possa comportare scompensi economici a uno Stato diverso dallo Stato d'origine. Per quanto riguarda la pesca oltre il limite esterno della zona economica esclusiva, gli Stati interessati si consultano al fine di accordarsi sui termini e sulle condizioni di tale attività, tenendo in debito conto le esigenze di conservazione dei banchi e le necessità dello Stato d'origine in relazione ad essi.
b) Lo Stato di origine coopera per contenere al minimo gli scompensi economici negli altri Stati che praticano la pesca dei banchi anadromi, tenendo conto della normale quantità di pescato e dei metodi di pesca di tali Stati, nonché di tutte le zone nelle quali questo tipo di pesca è praticato.
c) Gli Stati di cui alla lettera b), che partecipano, in virtù di accordi con lo Stato di origine, all'adozione di misure per il rinnovamento dei banchi anadromi, in particolare attraverso appositi finanziamenti, sono favoriti dallo Stato di origine per la pesca dei banchi provenienti dai suoi fiumi.
d) L'applicazione dei regolamenti relativi ai banchi anadromi oltre la zona economica esclusiva avviene tramite accordi tra lo Stato di origine e gli altri Stati interessati.
4. Qualora i banchi anadromi migrino entro o attraverso le acque interne ai limiti esterni della zona economica esclusiva di uno Stato diverso dallo Stato di origine, tale Stato coopera con lo Stato d'origine alla conservazione e alla gestione di tali banchi.
5. Lo Stato di origine dei banchi anadromi e gli altri Stati che praticano la pesca di tali banchi stipulano accordi per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo, se opportuno, attraverso organizzazioni regionali.
Articolo 67
Specie catadrome
1. Lo Stato costiero, nelle cui acque le specie catadrome trascorrono la maggior parte del loro ciclo vitale, ha la responsabilità della gestione di tali specie e deve assicurare l'entrata e l'uscita dei pesci in migrazione.
2. La pesca delle specie catadrome viene effettuata solamente nelle acque interne ai limiti esterni delle zone economiche esclusive. Quando è effettuata all'interno delle zone economiche esclusive, la pesca viene disciplinata dal presente articolo e dalle altre disposizioni della presente Convenzione relative alla pesca in tali zone.
3. Nei casi in cui le specie catadrome, che abbiano o no raggiunto l'età adulta migrano attraverso la zona economicamente esclusiva di un altro Stato, la gestione, inclusa la pesca, di tali specie è regolata da un accordo tra lo Stato menzionato al numero 1 e l'altro Stato interessato. Tale accordo deve assicurare la gestione razionale delle specie catadrome e tener conto delle responsabilità dello Stato citato al numero 1 per la conservazione di esse.
Articolo 68
Specie sedentarie
La presente Parte non si applica alle specie sedentarie quali sono definite all'articolo 77, 4.
Articolo 69
Diritto degli Stati privi di litorale
1. Gli Stati privi di litorale hanno il diritto di partecipare, su basi eque, allo sfruttamento di una parte adeguata dell'eccedenza delle risorse biologiche della zona economica esclusiva degli Stati costieri della stessa subregione o regione, tenuto conto delle pertinenti circostanze economiche e geografiche di tutti gli Stati interessati, conformemente alle disposizioni del presente articolo e degli articoli 61 e 62.
2. Le condizioni e modalità di tale partecipazione vengono stabilite dagli Stati interessati attraverso accordi bilaterali, subregionali o regionali, prendendo in considerazione fra l'altro:
a) la necessità di evitare effetti pregiudizievoli alle comunità di pescatori o all'industria ittica dello Stato costiero;
b) la misura in cui lo Stato privo di litorale, conformemente alle disposizioni del presente articolo, partecipa o ha il diritto di partecipare, in virtù di vigenti accordi bilaterali, subregionali o regionali, allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva di altri Stati costieri;
c) la misura in cui altri Stati privi di litorale e geograficamente svantaggiati partecipano allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva dello Stato costiero, e la conseguente necessità di evitare un onere eccessivo a carico di un tale Stato o parte di esso;
d) le necessità alimentari della popolazione di ciascuno di tali Stati.
3. Quando la capacità di pesca di uno Stato costiero si avvicina al punto in cui sarebbe ad esso possibile pescare l'intera quota di risorse biologiche consentita nella propria zona economica esclusiva, lo Stato costiero e gli altri Stati interessati cooperano per concludere accordi equi su base bilaterale, subregionale e regionale, al fine di consentire la partecipazione degli Stati in via di sviluppo privi di litorale, della stessa subregione o regione, allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva degli Stati costieri della subregione o regione, in modo appropriato alle circostanze e a condizioni soddisfacenti per tutte le parti. Nella applicazione di questa norma vengono considerati anche i fattori indicati al numero 2.
4. In virtù del presente articolo gli Stati sviluppati privi di litorale hanno il diritto di partecipare allo sfruttamento delle risorse biologiche solo nelle zone economiche esclusive di Stati costieri sviluppati della stessa subregione o regione, valutando la misura in cui lo Stato costiero, nel concedere ad altri Stati l'accesso alle risorse biologiche della propria zona economica esclusiva, abbia tenuto conto della necessità di ridurre al minimo gli effetti pregiudizievoli alle comunità di pescatori e le ripercussioni economiche negli Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità abbiano abitualmente esercitato la pesca nella zona.
5. Le disposizioni sopra citate si applicano senza pregiudizio degli accordi stipulati nelle subregioni o regioni i cui Stati costieri possono concedere agli Stati privi di litorale della stessa subregione o regione, diritti uguali o preferenziali per lo sfruttamento delle risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva.
Articolo 70
Diritti degli Stati geograficamente svantaggiati
1. Gli Stati geograficamente svantaggiati hanno il diritto di partecipare, su basi eque, allo sfruttamento di una parte adeguata dell'eccedenza delle risorse biologiche della zona economica esclusiva degli Stati costieri della stessa subregione o regione, tenendo conto delle pertinenti caratteristiche economiche e geografiche di tutti gli Stati interessati e conformemente alle disposizioni del presente articolo e degli articoli 61 e 62.
2. Ai fini della presente Parte, per «Stati geograficamente svantaggiati» si intendono gli Stati costieri, ivi inclusi gli Stati rivieraschi di mari chiusi o semichiusi, la cui situazione geografica li rende dipendenti dallo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva di altri Stati nella subregione o regione, per l'approvvigionamento di pesce in misura adeguata al fabbisogno alimentare della loro popolazione o parte di essa; e gli Stati costieri che non possono proclamare una propria zona economica esclusiva.
3. Le condizioni e modalità di tale partecipazione vengono stabilite dagli Stati interessati, attraverso accordi bilaterali, subregionali e regionali tenendo conto, tra l'altro:
a) della necessità di evitare effetti pregiudizievoli alle comunità di pescatori e all'industria ittica dello Stato costiero;
b) della misura in cui lo Stato geograficamente svantaggiato, conformemente alle disposizioni del presente articolo, partecipa o ha il diritto di partecipare, secondo vigenti accordi bilaterali, subregionali e regionali, allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva di altri Stati costieri;
c) della misura in cui gli altri Stati geograficamente svantaggiati o privi di litorale partecipato allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva dello Stato costiero, e della conseguente necessità di evitare un onere eccessivo a carico dello Stato costiero o parte di esso;
d) del fabbisogno alimentare delle popolazioni degli Stati interessati.
4. Quando la capacità di pesca di uno Stato costiero si avvicina al punto in cui sarebbe ad esso possibile pescare la massima quota consentita delle risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva, lo Stato costiero e gli altri Stati interessati cooperano alla conclusione di accordi equi su base bilaterale, subregionale e regionale, per permettere agli Stati in via di sviluppo geograficamente svantaggiati, della stessa subregione o regione, la partecipazione allo sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva degli Stati costieri della subregione o regione, in modo adeguato alle circostanze e a condizioni soddisfacenti per tutte le parti. Nell'applicazione della presente norma debbono essere considerati anche i fattori indicati al numero 3.
5. Gli Stati sviluppati geograficamente svantaggiati hanno diritto, in conformità del presente articolo, a partecipare allo sfruttamento delle risorse biologiche solo nella zona economica esclusiva di Stati costieri sviluppati della stessa subregione o regione, valutando la misura in cui lo Stato costiero, nel concedere ad altri Stati l'accesso allo sfruttamento delle risorse biologiche nella propria zona economica esclusiva, abbia tenuto conto della necessità di ridurre al minimo gli effetti pregiudizievoli alle comunità di pescatori e le ripercussioni economiche negli Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità hanno abitualmente esercitato la pesca nella zona.
6. Le disposizioni sopra citate si applicano senza pregiudizio degli accordi stipulati nelle subregioni o regioni dove gli Stati costieri possano garantire agli Stati geograficamente svantaggiati della subregione o regione diritti uguali o preferenziali per lo sfruttamento delle risorse biologiche nelle zone economiche esclusive.
Articolo 71
Non applicabilità degli articoli 69 e 70
Le disposizioni degli articoli 69 e 70 non si applicano nel caso di uno Stato costiero la cui economia sia prevalentemente dipendente dallo sfruttamento delle risorse biologiche della propria zona economica esclusiva.
Articolo 72
Limitazioni alla concessione di diritti
1. I diritti per lo sfruttamento delle risorse biologiche, previsti negli articoli 69 e 70, non possono essere ceduti direttamente o indirettamente a Stati terzi o soggetti che ne hanno la nazionalità, né tramite contratti di locazione o licenze, né mediante azioni in compartecipazione, né in nessun altro modo che abbia lo stesso effetto della cessione, salvo accordi diversi fra gli Stati interessati.
2. La norma di cui sopra non preclude agli Stati interessati la possibilità di ottenere assistenza tecnica o finanziaria da terzi Stati o da organizzazioni internazionali, intesa a facilitare l'esercizio dei diritti previsti agli articoli 69 e 70, a condizione che ciò non abbia gli effetti previsti al numero 1.
Articolo 73
Applicazione delle leggi e regolamenti dello Stato costiero
1. Lo Stato costiero, nell'esercizio dei propri diritti sovrani di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva, può adottare tutte le misure, ivi compresi l'abbordaggio, l'ispezione, il fermo e la sottoposizione a procedimento giudiziario, necessarie a garantire il rispetto delle leggi e dei regolamenti da esso adottati conformemente alla presente Convenzione.
2. Le navi fermate e i loro equipaggi debbono essere prontamente rilasciati dietro pagamento di una cauzione ragionevole o di altra forma di garanzia.
3. Le sanzioni previste dagli Stati costieri in caso di violazione delle leggi e dei regolamenti di pesca nella zona economica esclusiva non possono includere misure di restrizione della libertà personale salvo accordi diversi tra gli Stati interessati, né alcuna altra forma di pena fisica.
4. In caso di fermo o di sequestro di navi straniere, lo Stato costiero deve prontamente notificare allo Stato di bandiera, attraverso i canali appropriati, le azioni intraprese e ogni sanzione conseguentemente applicata.
Articolo 74
Delimitazione della zona economica esclusiva tra Stati con coste opposte o adiacenti
1. La delimitazione della zona economica esclusiva tra Stati con coste opposte o adiacenti viene effettuata per accordo sulla base del diritto internazionale, come previsto all'articolo 38 dello Statuto della Corte Internazionale di Giustizia, al fine di raggiungere un'equa soluzione.
2. Se non si addiviene a un accordo in un arco ragionevole di tempo, gli Stati interessati ricorrono alle procedure previste nella Parte XV.
3. In attesa dell'accordo di cui al numero 1, gli Stati interessati, in uno spirito di comprensione e cooperazione, compiono ogni sforzo per addivenire a intese provvisorie di carattere pratico e, durante questo periodo di transizione, non debbono compromettere od ostacolare l'accordo finale. Tali intese sono senza pregiudizio per la delimitazione finale.
4. Laddove esiste un accordo in vigore tra gli Stati interessati, la delimitazione della zona economica esclusiva viene determinata conformemente alle clausole di tale accordo.
Articolo 75
Carte nautiche ed elenchi di coordinate geografiche
1. Subordinatamente alla presente Parte, i limiti esterni della zona economica esclusiva e le linee di delimitazione tracciate conformemente all'articolo 74 sono riportati su carte nautiche a scala adeguata per determinare la posizione. Quando è opportuno, i limiti esterni e le linee di delimitazione possono essere sostituiti da elenchi di coordinate geografiche dei punti, specificando il datum geodetico utilizzato.
2. Lo Stato costiero deve dare la debita diffusione a tali carte o elenchi di coordinate geografiche, e deve depositarne una copia presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite.
(omissis)
PARTE VIII
Regime giuridico delle isole
Articolo 121
Regime giuridico delle isole
1. Un'isola è una distesa naturale di terra circondata dalle acque, che rimane al di sopra del livello del mare ad alta marea.
2. Fatta eccezione per il disposto del numero 3, il mare territoriale, la zona contigua, la zona economica esclusiva e la piattaforma continentale di un'isola vengono determinate conformemente alle disposizioni della presente Convenzione relative ad altri territori terrestri.
3. Gli scogli che non si prestano all'insediamento umano né hanno una vita economica autonoma non possono possedere né la zona economica esclusiva né la piattaforma continentale.
PARTE IX
Mari chiusi o semichiusi
Articolo 122
Definizione
Ai fini della presente Convenzione si intende per «mare chiuso o semichiuso» un golfo, un bacino o un mare circondato da due o più Stati e comunicante con un altro mare o con un oceano per mezzo di un passaggio stretto, o costituito, interamente o principalmente, dai mari territoriali e dalle zone economiche esclusive di due o più Stati costieri.
Articolo 123
Cooperazione tra Stati costieri di mari chiusi o semichiusi
Gli Stati costieri di un mare chiuso o semichiuso dovrebbero cooperare fra loro nell'esercizio dei diritti e nel'adempimento degli obblighi loro derivanti dalla presente Convenzione. A tal fine essi si impegnano, direttamente o per mezzo di una organizzazione regionale appropriata, a:
a) coordinare la gestione, la conservazione, l'esplorazione e lo sfruttamento delle risorse biologiche del mare;
b) coordinare l'esercizio dei loro diritti e l'adempimento dei loro obblighi relativi alla protezione ed alla preservazione dell'ambiente marino;
c) coordinare le loro politiche di ricerca scientifica ed intraprendere, se del caso, dei programmi comuni di ricerca scientifica nella zona considerata;
d) invitare, se del caso, altri Stati o organizzazioni internazionali interessati a cooperare con loro all'applicazione delle disposizioni del presente articolo.
(omissis)
PARTE XII
Protezione e preservazione dell'ambiente marino
Sezione 1
Disposizioni generali
Articolo 192
Obbligo generale
Gli Stati hanno l'obbligo di proteggere e preservare l'ambiente marino.
Articolo 193
Diritto sovrano degli Stati di sfruttare le proprie risorse naturali
Gli Stati hanno il diritto sovrano di sfruttare le proprie risorse naturali secondo le proprie politiche in ambito ambientale e nel rispetto del proprio obbligo di proteggere e preservare l'ambiente marino.
Articolo 194
Misure atte a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino
1. Gli Stati adottano, singolarmente o congiuntamente secondo i casi, tutte le misure conformi alla presente Convenzione atte a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, quale che ne sia la fonte, usando a tal fine gli strumenti più idonei in loro possesso secondo le loro capacità, e si adoperano per armonizzare le rispettive politiche in questo ambito.
2. Gli Stati adottano tutte le necessarie misure affinché le attività condotte sotto la loro giurisdizione e sotto il loro controllo siano condotte in modo tale da non provocare danni di inquinamento ad altri Stati e al loro ambiente, e l'inquinamento eventualmente causato da incidenti o da attività svolte sotto la loro giurisdizione e controllo non si propaghi al di là delle zone dove essi esercitano diritti sovrani conformemente alla presente Convenzione.
3. Le misure adottate conformemente alla presente Parte debbono prevedere tutte le possibili fonti di inquinamento dell'ambiente marino.
In particolare debbono includere, tra l'altro, provvedimenti atti a limitare al massimo:
a) il versamento di sostanze tossiche, dannose o nocive e in particolare quelle non degradabili provenienti da fonti terrestri o dall'atmosfera, o da immissione;
b) l'inquinamento da parte di navi, con particolare riferimento ai provvedimenti intesi a prevenire incidenti, e a fronteggiare le emergenze, garantendo la sicurezza delle operazioni in mare, prevenendo scarichi intenzionali o accidentali, e regolamentando la progettazione, la costruzione, l'armamento, le operazioni e la condotta delle navi;
c) l'inquinamento prodotto da installazioni e macchinari utilizzati per l'esplorazione o lo sfruttamento delle risorse naturali del fondo marino e del sottosuolo, con particolare riferimento ai provvedimenti intesi a prevenire incidenti e a fronteggiare le emergenze, garantendo la sicurezza delle operazioni in mare, e regolamentando la progettazione, la costruzione, l'armamento, le operazioni e la conduzione di tali installazioni e macchinari;
d) l'inquinamento prodotto da altre installazioni o apparecchiature che operano nell'ambiente marino, con particolare riferimento ai provvedimenti intesi a prevenire incidenti e a fronteggiare le emergenze garantendo la sicurezza delle operazioni in mare e regolamentando la progettazione, la costruzione, l'armamento, le operazioni e la condotta di tali installazioni o apparecchiature.
4. Nell'adottare misure atte a prevenire, ridurre o tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, gli Stati si astengono da ogni interferenza ingiustificata nelle attività condotte dagli altri Stati nell'esercizio dei loro diritti e nell'assolvimento dei loro obblighi conformemente alla presente Convenzione.
5. Le misure adottate conformemente alla presente Parte includono quelle necessarie a proteggere e preservare ecosistemi rari o delicati, come pure l'habitat di specie in diminuzione, in pericolo o in via di estinzione e altre forme di vita marina.
Articolo 195
Obbligo di non trasferire il danno o il rischio, o di non trasformare un tipo di inquinamento con un altro
Nell'adottare misure per prevenire ridurre, e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, gli Stati debbono agire in modo da non trasferire, direttamente o indirettamente, danni o rischi da un'area ad un'altra, e da non trasformare un tipo di inquinamento in un altro.
Articolo 196
Impiego di tecnologie oppure introduzione di specie importate o nuove
1. Gli Stati adottano ogni misura atta a prevenire, ridurre o tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino che deriva dall'impiego di tecnologie poste sotto la loro giurisdizione o controllo, oppure dall'introduzione intenzionale o accidentale di specie, importate o nuove, in una parte paticolare dell'ambiente marino, che possa ad esso provocare modifiche importanti o dannose.
2. Il presente articolo non modifica l'applicazione della presente Convenzione relativamente alla prevenzione, riduzione e controllo dell'inquinamento dell'ambiente marino.
Articolo 197
Cooperazione a livello mondiale o regionale
Gli Stati cooperano a livello mondiale e regionale, come è più opportuno, direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali, per elaborare regole, norme, pratiche e procedure raccomandate e coerenti con la presente Convenzione, intese a proteggere e preservare l'ambiente marino, tenendo conto delle caratteristiche peculiari della regione.
Articolo 198
Notifica di danni imminenti o in atto
Lo Stato che viene a conoscenza di circostanze indicative di un pericolo d'inquinamento dell'ambiente marino imminente o in atto, avverte immediatamente gli Stati che ritiene esposti a tale pericolo, come pure le competenti organizzazioni internazionali.
Articolo 199
Piani di intervento urgente contro l'inquinamento
Nei casi di cui all'articolo 198, gli Stati situati nell'area esposta cooperano secondo le proprie capacità con le competenti organizzazioni internazionali nella maniera più ampia possibile, per eliminare gli effetti dell'inquinamento e prevenire e ridurre al minimo i danni. A questo fine gli Stati sviluppano e promuovono congiuntamente piani di intervento per affrontare adeguatamente gli incidenti di inquinamento nell'ambiente marino.
Articolo 200
Studi, programmi di ricerca e scambi di dati e informazioni
Gli Stati cooperano, direttamente o tramite le competenti organizzazioni internazionali, al fine di promuovere studi, intraprendere programmi di ricerca scientifica e incoraggiare lo scambio di informazioni e dati sull'inquinamento dell'ambiente marino. Fanno il possibile per partecipare attivamente a programmi regionali e mondiali volti all'acquisizione delle conoscenze necessarie per determinare la natura e l'estensione dell'inquinamento, chi vi è esposto, i movimenti di esso, i rischi che comporta e i rimedi possibili.
Articolo 201
Criteri scientifici per elaborare la normativa pertinente
Alla luce delle informazioni e dei dati ricevuti conformemente all'articolo 200, gli Stati cooperano, direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali, per definire criteri scientifici idonei alla formulazione ed elaborazione di regole, norme, procedure e pratiche raccomandate per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino.
Sezione 3
Assistenza tecnica
Articolo 202
Assistenza tecnica e scientifica agli Stati in via di sviluppo
Gli Stati, agendo direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali,
a) promuovono programmi di assistenza scientifica, formativa, tecnica o di altro genere, agli Stati in via di sviluppo, intesi a proteggere e preservare l'ambiente marino e a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento marino. Tale assistenza, tra l'altro, consiste nel:
i) formare il loro personale scientifico e tecnico;
ii) favorire la loro partecipazione ai pertinenti programmi internazionali;
iii) fornire loro la strumentazione e le attrezzature necessarie;
iv) potenziare la loro capacità di produrre autonomamente tale strumentazione;
v) offrire servizi di consulenza e sviluppare i mezzi per la ricerca, il monitoraggio, l'istruzione e programmi di altro genere;
b) forniscono, in particolare agli Stati in via di sviluppo, l'assistenza necessaria a contenere al minimo gli effetti degli incidenti più gravi, che possono determinare un serio inquinamento dell'ambiente marino;
c) forniscono, in particolare agli Stati in via di sviluppo, l'assistenza necessaria per predisporre gli accertamenti ambientali.
Articolo 203
Trattamento preferenziale a favore degli Stati in via di sviluppo
Al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino o contenerne al minimo gli effetti, le organizzazioni internazionali accordano un trattamento preferenziale agli Stati in via di sviluppo, relativamente a:
a) concessione di finanziamenti e di assistenza tecnica appropriati;
e
b) utilizzazione dei loro servizi specialistici.
Sezione 4
Monitoraggio e accertamenti ambientali
Articolo 204
Monitoraggio dei rischi o degli effetti dell'inquinamento
1. Gli Stati si impegnano, per quanto è possibile e nel rispetto dei diritti degli altri Stati, direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali, a osservare, misurare, valutare e analizzare, mediante metodi scientifici riconosciuti, i rischi o gli effetti dell'inquinamento dell'ambiente marino.
2. In particolare, gli Stati vegliano sugli effetti di qualunque attività da essi autorizzata o intrapresa, al fine di valutare se tali attività rischiano di inquinare l'ambiente marino.
Articolo 205
Pubblicazione di rapporti
Gli Stati pubblicano rapporti dei risultati ottenuti, conformemente all'articolo 204, oppure li inviano periodicamente alle competenti organizzazioni internazionali, che li dovrebbero rendere disponibili a tutti gli Stati.
Articolo 206
Accertamento degli effetti potenziali delle attività
Quando gli Stati hanno motivi fondati per temere che attività programmate nell'ambito della loro giurisdizione o sotto il loro controllo possano provocare inquinamento grave o cambiamenti significativi e nocivi nell'ambiente marino, essi debbono valutare, per quanto possibile, gli effetti potenziali di tali attività sull'ambiente marino, e comunicare i rapporti dei risultati di tali accertamenti, come indicato all'articolo 205.
Sezione 5
Norme internazionali e legislazione nazionale per la prevenzione, riduzione e controllo dell'inquinamento dell'ambiente marino
Articolo 207
Inquinamento da fonti terrestri
1. Gli Stati adottano leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino d'origine terrestre, ivi inclusi fiumi, estuari, condutture e installazioni di scarico, tenendo conto delle regole, delle norme, delle procedure e delle pratiche raccomandate, concordate in ambito internazionale.
2. Gli Stati adottano ogni altra misura necessaria a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale inquinamento.
3. Gli Stati si impegnano ad armonizzare le rispettive politiche a tale riguardo, nell'ambito regionale pertinente.
4. Gli Stati si impegnano, soprattutto agendo attraverso le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche, a concordare, a livello mondiale e regionale, regole, norme, procedure e pratiche raccomandate per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino scaturito da fonti terrestri, tenendo in debito conto le peculiari caratteristiche regionali, le potenzialità economiche degli Stati in via di sviluppo e le loro esigenze di sviluppo economico.
Tali regole, norme, procedure e pratiche raccomandate saranno oggetto di periodica revisione, secondo necessità.
5. Le leggi, regolamenti, misure, regole, norme, procedure e pratiche raccomandate, di cui ai numeri 1, 2 e 4, includono quelle atte a contenere al minimo, per quanto è possibile, l'immissione nell'ambiente marino di sostanze tossiche, dannose o nocive, e in particolare di quelle non degradabili.
Articolo 208
Inquinamento provocato da attività relative al fondo marino soggette alla giurisdizione nazionale
1. Gli Stati costieri adottano leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino provocato direttamente o indirettamente da attività relative al fondo marino soggette alla loro giurisdizione, o da isole artificiali, installazioni e strutture sotto la loro giurisdizione in virtù degli articoli 60 e 80.
2. Gli Stati adottano ogni altra misura che si renda necessaria al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale inquinamento.
3. Tali leggi, regolamenti e misure non debbono essere meno efficaci di regole, norme, procedure e pratiche raccomandate a livello internazionale.
4. Gli Stati si impegnano ad armonizzare le rispettive politiche in questo senso, agli opportuni livelli regionali.
5. Gli Stati, operando in particolare attraverso le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche, stabiliscono a livello mondiale e regionale regole, norme, procedure e pratiche raccomandate, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino di cui al numero 1. Tali regole, norme, procedure e pratiche raccomandate sono oggetto di periodica revisione, se necessario.
Articolo 209
Inquinamento da attività condotte nell'Area
1. Vengono stabilite norme, regolamenti e procedure internazionali, conformemente alla Parte XI, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino derivato da attività condotte nell'Area. Tali norme, regolamenti e procedure sono oggetto di revisione periodica, se necessario.
2. Alle condizioni delle disposizioni della presente sezione, gli Stati adottano leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino derivato da attività condotte nell'Area da navi, installazioni, strutture e altri dispositivi che battono la loro bandiera o sono immatricolati nei loro registri o operano sotto la loro autorità. Tali leggi e regolamenti non debbono essere meno efficaci delle norme, regolamenti e procedure di cui al numero 1.
Articolo 210
Inquinamento da immissione
1. Gli Stati adottano leggi e regolamenti per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino derivante da immissione.
2. Gli Stati adottano qualsiasi altra misura necessaria a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale inquinamento.
3. Tali leggi, regolamenti e misure assicurano che l'immissione non sia effettuata senza l'autorizzazione delle competenti autorità statali.
4. Gli Stati, operando di preferenza attraverso le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche, si adoperano per stabilire, a livello mondiale e regionale, regole, norme, procedure e pratiche raccomandate, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento da immissione.
Tali regole, norme, procedure e pratiche raccomandate sono oggetto di revisione periodica, se necessario.
5. Non è possibile effettuare alcuna immissione all'interno del mare territoriale e della zona economica esclusiva o sulla piattaforma continentale senza la preventiva esplicita autorizzazione dello Stato costiero, che ha il diritto di consentire, disciplinare e controllare l'immissione dopo aver debitamente esaminato la questione con gli Stati che, in ragione della propria posizione geografica, possono riceverne ripercussioni negative.
6. Le leggi, regolamenti e misure adottate in ambito nazionale per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale tipo di inquinamento, debbono avere efficacia non inferiore rispetto alla normativa a carattere mondiale.
Articolo 211
Inquinamento provocato da navi
1. Gli Stati, agendo tramite le competenti organizzazioni internazionali o una conferenza diplomatica generale, stabiliscono regole e norme internazionali atte a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino causato da navi, e favoriscono l'adozione, attraverso gli stessi canali e ogni qual volta sia opportuno, di sistemi di canalizzazione del traffico intesi a ridurre al minimo il rischio di incidenti che possano provocare l'inquinamento dell'ambiente marino, incluse le coste, e danni conseguenti agli interessi connessi degli Stati costieri. Tali regole e norme sono ugualmente riesaminate nel tempo, secondo necessità.
2. Gli Stati adottano leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino causato da navi che battono la loro bandiera o da essi immatricolate. Tali leggi e regolamenti debbono avere efficacia non inferiore rispetto alle regole e norme internazionali generalmente accettate, emanate attraverso la competente organizzazione internazionale o conferenza diplomatica generale.
3. Gli Stati che, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, impongono alle navi straniere disposizioni particolari per l'entrata nei loro porti o acque interne, o per l'utilizzo delle loro installazioni per l'ormeggio al largo della costa, debbono dare ad esse la debita diffusione e comunicarle alla competente organizzazione internazionale. Ogni qualvolta tali condizioni sono emanate in forma identica da due o più Stati costieri al fine di uniformare le rispettive politiche, la comunicazione deve precisare quali sono gli Stati che partecipano a tali accordi di collaborazione. Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera o è immatricolata nel suo registro, durante la navigazione nel mare territoriale di uno Stato che partecipa a tali accordi di collaborazione, fornisca, a richiesta dello Stato in questione, informazioni circa la propria eventuale destinazione verso uno Stato della stessa regione che partecipa a tali accordi di collaborazione e, in caso affermativo, comunichi se la nave risponde alle condizioni d'entrata nei porti di quello Stato. Questo articolo non pregiudica l'esercizio continuato del diritto di passaggio inoffensivo né l'applicazione dell'articolo 25, 2.
4. Gli Stati costieri, nell'esercizio della propria sovranità nel proprio mare territoriale, possono adottare leggi e regolamenti per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento marino da parte di navi straniere, incluse le navi che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo. Tali leggi e regolamenti non debbono ostacolare il passaggio inoffensivo delle navi straniere, ai sensi della Parte II, sezione 3.
5. Gli Stati costieri, ai fini dell'applicazione prevista nella sezione 6, possono adottare nella propria zona economica esclusiva leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, che si conformino e diano applicazione alle regole e norme internazionali generalmente accettate, stabilite attraverso la competente organizzazione internazionale o conferenza diplomatica generale.
6. a) Quando le norme e regole internazionali di cui al numero 1 non consentono di far fronte in modo adeguato a circostanze particolari e uno Stato costiero ha fondati motivi per ritenere che in un'area particolare e chiaramente definita della propria zona economica esclusiva si richieda l'adozione di particolari misure ingiuntive al fine di prevenire l'inquinamento provocato da navi, rese necessarie da evidenti ragioni tecniche correlate alle caratteristiche ecologiche e oceanografiche della zona come pure alla sua utilizzazione, alla protezione delle sue risorse e al carattere peculiare del traffico locale, lo Stato costiero può, dopo le opportune consultazioni con gli altri Stati interessati attraverso la competente organizzazione internazionale, inviare a quest'ultima una comunicazione relativa a quell'area fornendo documentazione illustrativa e prove scientifiche e tecniche a sostegno della necessità di strutture di ricezione. Entro 12 mesi dalla ricezione della comunicazione, l'organizzazione decide se le caratteristiche dell'area corrispondono alle condizioni su descritte. In caso affermativo lo Stato costiero può adottare in quell'area leggi e regolamenti atti a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, attuando le regole, pratiche di navigazione e norme internazionali rese applicabili tramite l'organizzazione per le aree speciali.
Tali leggi e regolamenti non sono applicabili alle navi straniere prima di 15 mesi dalla data della comunicazione all'organizzazione.
b) Lo Stato costiero pubblica i limiti di tali aree particolari e chiaramente definite.
c) Nell'inviare la comunicazione di cui sopra, lo Stato costiero contemporaneamente informa l'organizzazione competente della propria intenzione di emanare ulteriori leggi e regolamenti per tale area, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi.
Tali ulteriori leggi e regolamenti possono riguardare gli scarichi o le pratiche di navigazione ma non obbligano le navi straniere a osservare norme di progettazione, costruzione e armamento diverse da quelle internazionali generalmente accettate; ed entrano in vigore, per le navi straniere, 15 mesi dopo la data di comunicazione all'organizzazione, a condizione che quest'ultima le approvi entro 12 mesi da tale data.
7. Le regole e norme internazionali previste dal presente articolo dovrebbero includere, tra l'altro, l'obbligo di notifica tempestiva agli Stati costieri la cui costa e relativi interessi possano essere compromessi da qualsiasi tipo di incidente in mare che provochi o possa provocare scarichi in mare.
Articolo 212
Inquinamento di origine atmosferica o transatmosferica
1. Gli Stati, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento marino di origine atmosferica o transatmosferica, adottano leggi e regolamenti applicabili allo spazio aereo sotto la loro sovranità e alle navi che battono la loro bandiera o alle navi e aeromobili immatricolati nei loro registri, tenuto conto delle regole, norme e procedure raccomandate in ambito internazionale, e della sicurezza della navigazione aerea.
2. Gli Stati adottano, se necessario, altre misure per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale tipo di inquinamento.
3. Gli Stati, operando particolarmente attraverso le organizzazioni internazionali competenti o una conferenza diplomatica, si impegnano per adottare a livello mondiale e regionale regole, norme, procedure e pratiche raccomandate al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo tale tipo di inquinamento.
Sezione 6
Applicazione
Articolo 213
Applicazione della normativa relativa all'inquinamento di origine terrestre
Gli Stati assicurano l'applicazione delle proprie leggi e regolamenti adottati conformemente all'articolo 207, e adottano leggi, regolamenti e altre misure necessarie al fine di dare attuazione alle pertinenti regole e norme internazionali stabilite tramite le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche, per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino di origine terrestre.
Articolo 214
Applicazione della normativa relativa all'inquinamento derivato da attività connesse con il fondo del mare
Gli Stati assicurano l'applicazione delle proprie leggi e regolamenti adottati conformemente all'articolo 208, ed emanano leggi, regolamenti e altre misure necessarie a dare attuazione alle pertinenti regole e norme internazionali stabilite tramite le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino derivato direttamente o indirettamente da attività con il fondo del mare posto sotto la loro giurisdizione, o da isole artificiali, installazioni e strutture poste sotto la loro giurisdizione, ai sensi degli articoli 60 e 80.
Articolo 215
Applicazione della normativa internazionale relativa all'inquinamento derivato da attività condotte nell'Area
L'applicazione di norme, regolamenti e procedure internazionali stabilite conformemente alla Parte XI, per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino derivato da attività condotte nell'Area, è disciplinata da quella Parte.
Articolo 216
Applicazione della normativa relativa all'inquinamento da immissione
1. Le leggi e regolamenti emanati conformemente alla presente Convenzione e alle pertinenti regole e norme internazionali stabilite tramite le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino provocato da immissione vengono applicati:
a) dallo Stato costiero, se l'immissione avviene all'interno del suo mare territoriale o della sua zona economica esclusiva, o sulla sua piattaforma continentale;
b) dallo Stato di bandiera, per quanto concerne navi che battono la sua bandiera oppure navi o aeromobili immatricolati nei suoi registri;
c) da qualunque Stato, per quanto concerne il carico di rifiuti o di altri materiali che avvenga entro il suo territorio o presso le installazioni per l'ormeggio situate al largo.
2. Nessuno Stato è obbligato, ai sensi del presente articolo, a iniziare un procedimento quando questo sia stato già iniziato da un altro Stato, conformemente al presente articolo.
Articolo 217
Applicazione della normativa da parte degli Stati di bandiera
1. Gli Stati assicurano che le navi che battono la loro bandiera o sono da loro immatricolate, rispettino le regole e norme internazionali pertinenti, emanate tramite la competente organizzazione internazionale o una conferenza diplomatica generale, e le leggi e regolamenti adottati conformemente alla presente Convenzione al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino causato da navi; inoltre essi adottano leggi, regolamenti e altre misure necessarie a dare attuazione alla normativa di cui sopra.
Gli Stati di bandiera impongono l'effettiva applicazione di tali regole, norme, leggi e regolamenti, indipendentemente dal luogo ove si verifichi la violazione.
2. Gli Stati adottano, in particolare, misure idonee al fine di interdire la navigazione alle navi battenti la loro bandiera o da loro immatricolate, fintanto che esse non siano adeguate alle regole e norme di cui al numero 1, ivi comprese le disposizioni in materia di progettazione, costruzione e armamento delle navi.
3. Gli Stati assicurano che le navi battenti la loro bandiera o da loro immatricolate abbiano a bordo i documenti richiesti e rilasciati nel rispetto delle regole e norme internazionali di cui al numero 1. Gli Stati assicurano che le navi battenti la loro bandiera siano ispezionate periodicamente al fine di accertare che tali documenti siano conformi alle condizioni effettive delle navi. Gli altri Stati accettano quei documenti come prova delle condizioni delle navi e li considerano probanti alla stregua di quelli da loro stessi rilasciati, a meno che non esistano motivi fondati per ritenere che le condizioni delle navi siano difformi in misura sostanziale dalle descrizioni riportate sui documenti.
4. Se una nave commette una violazione delle regole e norme istituite attraverso la competente organizzazione internazionale o una conferenza diplomatica generale, lo Stato di bandiera, senza pregiudizio degli articoli 218, 220 e 228, apre immediatamente un'inchiesta e, se necessario, inizia un procedimento avente ad oggetto la presunta violazione, indipendentemente da dove questa sia stata commessa o dove l'inquinamento si sia verificato o sia stato individuato.
5. Nel corso dell'inchiesta gli Stati di bandiera possono chiedere l'assistenza di un qualsiasi altro Stato la cui collaborazione potrebbe essere utile per chiarire le circostanze del caso. Gli Stati fanno il possibile per soddisfare richieste appropriate da parte degli Stati di bandiera.
6. Su richiesta scritta di un qualunque Stato, gli Stati svolgono indagini in merito a qualsiasi violazione attribuita alle navi che battono la loro bandiera e procedono senza indugio, conformemente al proprio diritto nazionale, contro la presunta violazione, se sono certi di avere raggiunto prove sufficienti in tal senso.
7. Gli Stati di bandiera informano tempestivamente lo Stato che inoltra la richiesta e la competente organizzazione internazionale delle azioni intraprese e dei relativi risultati. Tutti gli Stati hanno accesso a tali informazioni.
8. Le sanzioni previste dalle leggi e regolamenti degli Stati per le navi che battono la loro bandiera debbono essere severe in misura adeguata a scoraggiare le violazioni, dovunque esse possano verificarsi.
Articolo 218
Applicazione della normativa da parte dello Stato del porto
1. Quando una nave si trova volontariamente in un porto o presso un'installazione per l'ormeggio al largo di uno Stato, quest'ultimo può aprire un'inchiesta e, quando gli elementi di prova lo giustificano, può iniziare un procedimento in relazione a qualunque scarico riversato da quella nave al di fuori delle acque interne, del mare territoriale o della zona economica esclusiva dello Stato stesso, in violazione delle pertinenti regole e norme internazionali stabilite attraverso la competente organizzazione internazionale o conferenza diplomatica generale.
2. Nessun procedimento viene iniziato ai sensi del numero 1 in relazione agli scarichi riversati nelle acque interne, nel mare territoriale o nella zona economica esclusiva di un altro Stato, se non su richiesta di quest'ultimo, dello Stato di bandiera o di uno Stato che è stato o rischia di essere danneggiato dallo scarico illecito, o nel caso che tale violazione abbia causato o possa causare l'inquinamento delle acque interne, del mare territoriale o della zona economica esclusiva dello Stato che inizia il procedimento.
3. Quando una nave si trova volontariamente in un porto o presso un'installazione per l'ormeggio al largo di uno Stato, quest'ultimo soddisfa, per quanto possibile, la richiesta di un qualunque altro Stato affinché venga aperta un'inchiesta in relazione a scarichi effettuati in violazione delle norme di cui al numero 1, che si ritiene siano accaduti, abbiano causato o minacciato di causare danni nelle acque interne, nel mare territoriale o nella zona economica esclusiva dello Stato che ha avanzato la richiesta. Allo stesso modo lo Stato del porto deve dare seguito, per quanto possibile, alla richiesta dello Stato di bandiera che venga aperta un'inchiesta in merito alla violazione, indipendentemente da dove questa si sia verificata.
4. Gli atti dell'inchiesta condotta dallo Stato del porto in virtù del presente articolo vengono trasmessi su richiesta allo Stato di bandiera o allo Stato costiero. Qualunque procedimento iniziato dallo Stato del porto sulla base di tale inchiesta può essere sospeso, alle condizioni della sezione 7, su richiesta dello Stato costiero quando la violazione si è verificata nelle sue acque interne, nel suo mare territoriale o nella sua zona economica esclusiva. In questo caso gli elementi di prova e gli atti del procedimento, nonché eventuali cauzioni o altre forme di garanzia finanziaria depositate presso le autorità dello Stato del porto, vengono trasmesse allo Stato costiero. Tale invio preclude la prosecuzione del procedimento nello Stato del porto.
Articolo 219
Misure di controllo delle condizioni di navigabilità delle navi al fine di evitare inquinamento
Alle condizioni della sezione 7, gli Stati che, su richiesta altrui o di propria iniziativa, abbiano accertato che una nave in uno dei loro porti o presso una delle loro installazioni per l'ormeggio al largo della costa, stia violando le pertinenti norme e regole internazionali in materia di navigabilità delle navi, dalla quale può derivare un danno all'ambiente marino, adottano misure amministrative, per quanto possibile, per impedire alla nave di navigare. Tali Stati consentono alla nave di procedere solo fino al più vicino idoneo cantiere di riparazione e, rimosse le cause della violazione, permettono alla nave di riprendere il mare senza indugi.
Articolo 220
Applicazione della normativa da parte dello Stato costiero
1. Quando una nave si trova volontariamente in un porto o presso un'installazione per l'ormeggio al largo di uno Stato, quest'ultimo può, alle condizioni della sezione 7, iniziare un procedimento per qualunque violazione delle proprie leggi e regolamenti adottati conformemente alla presente Convenzione o alle pertinenti regole e norme internazionali per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, quando la violazione si è verificata all'interno del suo mare territoriale o della sua zona economica esclusiva.
2. Quando uno Stato ha fondati motivi per ritenere che una nave in navigazione nel suo mare territoriale, abbia violato, durante il suo passaggio, leggi e regolamenti emanati dallo Stato stesso conformemente alla presente Convenzione e alle pertinenti regole e norme internazionali per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, esso può, senza pregiudizio per l'applicazione delle pertinenti disposizioni della Parte II, sezione 3, effettuare un'ispezione della nave per accertare la violazione e, se gli elementi di prova lo giustificano, può iniziare un procedimento, ivi compreso il sequestro della nave conformemente alle sue leggi, alle condizioni della sezione 7.
3. Quando uno Stato ha fondati motivi per ritenere che una nave in navigazione nella zona economica esclusiva o nel mare territoriale abbia commesso nella zona economica esclusiva una violazione delle pertinenti regole e norme internazionali per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, o delle leggi e regolamenti dello Stato stesso emanate conformemente a tali regole e norme e in applicazione di esse, quest'ultimo può esigere che la nave comunichi la propria identità e luogo di immatricolazione, l'ultimo porto di scalo e il successivo, e ogni altro elemento atto a stabilire se una violazione sia stata commessa.
4. Gli Stati emanano leggi e regolamenti e adottano le misure necessarie affinché le navi battenti la loro bandiera soddisfino le richieste di informazioni di cui al numero 3.
5. Quando uno Stato ha fondati motivi per ritenere che una nave in navigazione nella sua zona economica esclusiva o nel suo mare territoriale abbia commesso, nella zona economica esclusiva, una violazione secondo il numero 3 da cui è derivato uno scarico considerevole che ha provocato o rischia di provocare l'inquinamento grave dell'ambiente marino, tale Stato può effettuare un'ispezione della nave in relazione a questioni connesse con la violazione se la nave ha rifiutato di fornire chiarimenti o se questi ultimi sono in evidente contraddizione con i fatti avvenuti, e se le circostanze giustificano tale ispezione.
6. Quando esistono prove chiare e oggettive che una nave in navigazione nella zona economica esclusiva o nel mare territoriale di uno Stato ha commesso, nella zona economica esclusiva, una violazione secondo il numero 3, da cui è derivato uno scarico che ha provocato o rischia di provocare danni gravi alla costa o agli interessi connessi dello Stato costiero, o a una qualunque risorsa del suo mare territoriale o della sua zona economica esclusiva, tale Stato, alle condizioni della sezione 7 e se gli elementi di prova lo giustificano, può iniziare un procedimento, ivi compreso il sequestro della nave, conformemente alla propria legislazione.
7. Nonostante le disposizioni del numero 6, ogni qualvolta sono state stabilite procedure appropriate attraverso la competente organizzazione internazionale o secondo accordi diversi, per garantire l'osservanza degli obblighi relativi al versamento di una cauzione o di altre forme di garanzia finanziaria, lo Stato costiero che sia vincolato da tali procedure permette alla nave di proseguire la navigazione.
8. Le disposizioni dei numeri 3, 4, 5, 6, 7, si applicano anche alle leggi e regolamenti nazionali adottati conformemente all'articolo 211, 6.
Articolo 221
Misure atte a evitare l'inquinamento derivato da incidenti in mare
1. Nessuna disposizione della presente Parte pregiudica il diritto degli Stati, in virtù del diritto internazionale sia consuetudinario sia convenzionale, di adottare e applicare al di là del mare territoriale misure proporzionate al danno subito o prevedibile, al fine di proteggere le proprie coste e gli interessi correlati, ivi compresa la pesca, dall'inquinamento o da una minaccia di inquinamento determinato da un incidente in mare o da azioni ad esso connesse, da cui è ragionevole aspettarsi conseguenze gravemente dannose.
2. Ai fini del presente articolo per «incidente in mare» si intende un abbordaggio, un incaglio o altro incidente di navigazione, o altro evento verificatosi a bordo o all'esterno della nave, che abbia arrecato danni materiali o comporti il pericolo imminente di danni materiali a una nave o al suo carico.
Articolo 222
Applicazione della normativa relativa all'inquinamento atmosferico o transatmosferico
Entro lo spazio aereo sottoposto alla loro sovranità oppure nei confronti di navi che battono la loro bandiera o di navi e aeromobili da loro immatricolati, gli Stati applicano le leggi e i regolamenti adottati conformemente all'articolo 212, 1, e alle altre disposizioni della presente Convenzione, e adottano leggi e regolamenti e altre misure necessarie a dare attuazione alle pertinenti regole e norme internazionali stabilite attraverso le competenti organizzazioni internazionali o conferenze diplomatiche, al fine di prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino d'origine atmosferica o transatmosferica, conformemente a tutte le pertinenti regole e norme internazionali relative alla sicurezza della navigazione aerea.
Sezione 7
Garanzie
Articolo 223
Misure atte a facilitare lo svolgimento di procedimenti
Nel corso di procedimenti iniziati in applicazione della presente Parte, gli Stati adottano misure atte a facilitare l'audizione dei testimoni e l'ammissione delle prove prodotte dalle autorità di un altro Stato o dalla competente organizzazione internazionale, nonché la partecipazione a tali procedimenti dei rappresentanti ufficiali della competente organizzazione internazionale, dello Stato di bandiera e di qualunque Stato coinvolto dall'inquinamento provocato da una qualsiasi violazione. I rappresentanti ufficiali che partecipano a tali procedimenti hanno i diritti e gli obblighi previsti dalle legislazioni nazionali o dal diritto internazionale.
Articolo 224
Esercizio dei poteri di polizia
I poteri di polizia contro navi straniere conformemente alla presente Parte possono essere esercitati solo da pubblici ufficiali o da navi da guerra, aeromobili militari o altre navi o aeromobili chiaramente contrassegnati e identificabili come unità in servizio di Stato, in tal senso autorizzati.
Articolo 225
Obbligo di evitare conseguenze nefaste nell'esercizio dei poteri di polizia
Nell'esercizio dei propri poteri di polizia contro navi straniere in virtù della presente Convenzione, gli Stati non debbono compromettere la sicurezza della navigazione né in alcun modo determinare cause di pericolo alle navi né condurle a porti o ancoraggi insicuri, né esporre l'ambiente marino a rischi eccessivi.
Articolo 226
Indagini su navi straniere
1. a) Gli Stati non trattengono le navi più a lungo dell'indispensabile ai fini delle indagini previste agli articoli 216, 218 e 220. Qualunque ispezione a bordo di navi straniere deve essere circoscritta all'esame dei certificati, registri e altri documenti che le navi sono tenute ad avere a bordo in virtù delle regole e norme internazionali generalmente accettate, o documenti similari. Ulteriori ispezioni sulla nave possono essere disposte solo dopo tale esame e solo quando:
i) esistono fondati motivi per ritenere che le condizioni della nave o delle sue strumentazioni nella sostanza non corrispondono alla descrizione riportata sui documenti;
ii) il contenuto di tali documenti non è sufficiente a confermare o verificare una presunta violazione; oppure
iii) la nave non è munita di certificati e documenti validi.
b) Se le indagini consentono di accertare una violazione delle leggi e regolamenti o delle regole e norme internazionali intese a proteggere e preservare l'ambiente marino, il rilascio della nave deve essere immediato dopo che siano state esperite formalità ragionevoli quali il deposito di una cauzione o altra adeguata garanzia finanziaria.
c) Senza pregiudizio delle pertinenti regole e norme internazionali in materia di navigabilità delle navi, il rilascio di una nave, quando dovesse comportare un rischio eccessivo a carico dell'ambiente marino, può essere rifiutato o subordinato alla condizione che la nave si diriga al più vicino e idoneo cantiere di riparazioni. Quando il rilascio della nave è stato rifiutato o subordinato a qualche condizione, lo Stato di bandiera della nave deve essere prontamente informato e può chiedere il rilascio conformemente alla Parte XV.
2. Gli Stati cooperano alla definizione di procedure atte ad evitare ispezioni superflue a bordo di navi in mare.
Articolo 227
Obbligo di evitare discriminazioni ai danni di navi straniere
Nell'esercitare i loro diritti e nell'assolvere i loro obblighi conformemente alla presente Parte, gli Stati non debbono effettuare discriminazioni di diritto o di fatto ai danni delle navi di qualunque altro Stato.
Articolo 228
Sospensione dei procedimenti e limiti all'apertura degli stessi
1. Il procedimento iniziato da uno Stato al fine di punire le violazioni delle pertinenti leggi e regolamenti o regole e norme internazionali adottate per prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento provocato da navi, commesse da una nave straniera al di fuori del mare territoriale dello Stato in questione, viene sospeso non appena lo Stato di bandiera abbia iniziato esso stesso un procedimento contro la stessa violazione entro sei mesi dalla data in cui è stato aperto il primo procedimento. Tale sospensione non ha luogo nel caso che il procedimento riguardi danni gravi a carico dello Stato costiero oppure nel caso che lo Stato di bandiera abbia ripetutamente ignorato il proprio obbligo di dare efficacemente corso alle pertinenti regole e norme internazionali violate dalle proprie navi. Lo Stato di bandiera che ha richiesto la sospensione del procedimento deve, conformemente al presente articolo, tempestivamente rimettere, allo Stato che ha intentato il primo procedimento, la documentazione completa e i verbali del proprio procedimento. Quando il procedimento iniziato dallo Stato di bandiera è giunto a compimento, viene chiuso anche il procedimento sospeso. Ad avvenuto pagamento delle pertinenti spese processuali, lo Stato costiero deve restituire l'eventuale cauzione o le altre garanzie finanziarie depositate in relazione a tale procedimento.
2. Allo scadere di tre anni dalla data della violazione non è possibile iniziare un procedimento contro navi straniere e nessuno Stato può iniziare un procedimento se un altro Stato lo abbia aperto a norma delle disposizioni di cui al numero 1.
3. Le disposizioni del presente articolo non pregiudicano il diritto dello Stato di bandiera di adottare le misure, tra cui l'apertura di procedimenti giudiziari, previste dalla propria legislazione nazionale, indipendentemente dai procedimenti già iniziati da un altro Stato.
Articolo 229
Istituzione di procedimenti civili
Nessuna disposizione della presente Convenzione limita il diritto di iniziare una causa civile in caso di perdite o danni derivati dall'inquinamento dell'ambiente marino.
Articolo 230
Pene pecuniarie e rispetto dei diritti riconosciuti dell'accusato
1. Solo pene pecuniarie possono essere inflitte in caso di violazione delle leggi e regolamenti nazionali o delle pertinenti regole e norme internazionali intese a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, commesse da navi straniere al di là del mare territoriale.
2. Solo pene pecuniarie possono essere inflitte per violazioni delle leggi e regolamenti nazionali o delle pertinenti regole e norme internazionali intese a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento dell'ambiente marino, commesse da navi straniere nel mare territoriale, a meno che non si tratti di un atto volontario e grave di inquinamento nel mare territoriale.
3. Nel corso di un procedimento iniziato per tali violazioni commesse da una nave straniera per le quali possono essere inflitte pene pecuniarie, si debbono rispettare i diritti riconosciuti dell'accusato.
Articolo 231
Notifica allo Stato di bandiera e agli Stati interessati
Gli Stati notificano prontamente allo Stato di bandiera e agli altri Stati interessati le misure adottate contro navi straniere conformemente alla sezione 6, e sottopongono allo Stato di bandiera tutta la documentazione ufficiale relativa a tali misure. Tuttavia, in caso di violazione commessa nel mare territoriale, lo Stato costiero deve rispettare tale obblighi solo in relazione a misure adottate nel corso di procedimenti. Gli agenti diplomatici o i funzionari consolari e, quando è possibile, le autorità marittime dello Stato di bandiera vengono immediatamente informate di tali misure adottate contro le navi straniere conformemente alla sezione 6.
Articolo 232
Responsabilità degli Stati derivanti dalle misure di applicazione
Gli Stati sono responsabili di danni o perdite ad essi imputabili, conseguenti a misure adottate nell'applicazione della sezione 6, quando tali misure siano illegittime o siano eccessive rispetto a quelle che sono ragionevolmente necessarie alla luce delle informazioni disponibili. Gli Stati prevedono la possibilità di ricorrere ai propri organi giurisdizionali per i risarcimenti di tali danni o perdite.
Articolo 233
Garanzie relative agli stretti usati per la navigazione internazionale
Nessuna disposizione delle sezioni 5, 6 e 7 modifica il regime giuridico degli stretti usati per la navigazione internazionale. Tuttavia, se una nave straniera diversa da quelle previste nella sezione 10 ha violato le leggi e regolamenti di cui all'articolo 42, 1, a) e b), arrecando o rischiando di arrecare danni gravi all'ambiente marino degli stretti, gli Stati rivieraschi degli stretti possono adottare le misure di applicazione appropriate nel rispetto, mutatis mutandis, delle disposizioni della presente sezione.
Sezione 8
Aree coperte dai ghiacci
Articolo 234
Aree coperte dai ghiacci
Gli Stati costieri hanno il diritto di adottare e applicare leggi e regolamenti non discriminanti intesi a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l'inquinamento marino provocato dalle navi in aree coperte dai ghiacci entro i limiti della zona economica esclusiva, dove condizioni climatiche particolarmente rigide e la presenza di ghiacci per la maggior parte dell'anno ostacolano o determinano condizioni di eccezionale pericolosità per la navigazione, e l'inquinamento dell'ambiente marino provocherebbe danni gravi o scompensi irreversibili all'equilibrio ecologico. Tali leggi e regolamenti debbono tenere in debito conto le esigenze della navigazione nonché la protezione e la preservazione dell'ambiente marino, sulla base della documentazione scientifica più affidabile di cui si disponga.
Sezione 9
Responsabilità
Articolo 235
Responsabilità
1. Gli Stati sono responsabili dell'adempimento dei propri obblighi internazionali in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino, e ne rispondono conformemente al diritto internazionale.
2. Gli Stati garantiscono la possibilità di ricorso in accordo con il proprio ordinamento giudiziario, che consenta di ottenere un indennizzo rapido e adeguato o altre forme di reintegrazione dei danni causati da inquinamento dell'ambiente marino imputabile a persone fisiche o giuridiche poste sotto la loro giurisdizione.
3. Al fine di assicurare l'indennizzo rapido e adeguato per qualunque danno derivato dall'inquinamento dell'ambiente marino, gli Stati collaborano per assicurare l'applicazione del diritto internazionale esistente e l'ulteriore sviluppo del diritto internazionale relativamente all'accertamento e all'indennizzo dei danni e alla soluzione delle relative controversie nonché, quando è opportuno, all'elaborazione di criteri e procedure per il pagamento di adeguati indennizzi quali assicurazioni obbligatorie o fondi di indennizzo.
Sezione 10
Immunità sovrana
Articolo 236
Immunità sovrana
Le disposizioni della presente Convenzione in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino non si applicano alle navi da guerra, alle navi ausiliarie e ad altre navi o aeromobili di proprietà dello Stato o da esso condotte e impiegate, all'epoca in questione, esclusivamente per fini governativi non commerciali. Tuttavia ogni Stato deve adottare misure opportune, che non compromettano le attività o le capacità operative di tali navi o aeromobili di Stato, per assicurare che essi agiscano in maniera compatibile, per quanto è possibile e ragionevole, con la presente Convenzione.
Sezione XI
Obblighi derivati da altre convenzioni in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino
Articolo 237
Obblighi derivati da altre convenzioni in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino
1. Le disposizioni della presente Parte si applicano senza pregiudizio degli obblighi specifici assunti dagli Stati in virtù di speciali Convenzioni e accordi precedenti in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino, e di accordi che possono essere conclusi per facilitare l'applicazione dei princìpi generali enunciati dalla presente Convenzione.
2. Obblighi specifici assunti dagli Stati in virtù di speciali convenzioni in materia di protezione e preservazione dell'ambiente marino dovrebbero essere assolti coerentemente con i princìpi generali e con gli obiettivi della presente Convenzione.
L. 11
ottobre 2001, n. 391
Ratifica ed esecuzione dell'Accordo relativo alla
creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, fatto a Roma
il 25 novembre 1999
------------------------
(1)
Pubblicata nella Gazz. Uff.
30 ottobre 2001, n. 253.
(2)
Il Ministero degli affari esteri, con Comunicato 20 marzo 2002 (Gazz. Uff. 20 marzo 2002, n. 67),
ha reso noto che il deposito dello strumento di ratifica previsto per l'entrata
in vigore dell'accordo qui allegato si è perfezionato il giorno 21 gennaio
2002; di conseguenza il medesimo Accordo, a norma del
paragrafo 2 dell'art. 19 dello stesso, è entrato in vigore il 21
febbraio 2002.
1. 1. Il
Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per
i mammiferi marini, fatto a Roma il 25 novembre 1999.
2. 1. Piena ed
intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla
data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo
19 dell'Accordo stesso.
3. 1. Per la
definizione delle misure nazionali e delle misure da proporre, in accordo con
gli altri Stati Parte, nelle sedi internazionali relativamente
all'Accordo di cui all'articolo 1, è istituito un comitato di pilotaggio
dell'Accordo, composto da un rappresentante designato dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, un rappresentante designato dal
Ministro degli affari esteri, un rappresentante designato dal Ministro delle
politiche agricole e forestali, un rappresentante designato dal Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti e un rappresentante designato dalla Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano. Al comitato partecipano altresì, con funzioni consultive,
tre rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute. Il comitato
può essere integrato da esperti designati dai Ministri rappresentati. Il
comitato è presieduto dal rappresentante designato dal Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio (3).
------------------------
(3)
Il comitato di pilotaggio previsto dal presente articolo è stato costituito con
D.M. 7 febbraio 2003 (pubblicato, per comunicato, in Gazz. Uff. 24 febbraio 2003, n.
45).
4. 1. Alle
spese di funzionamento del comitato di pilotaggio di
cui all'articolo 3, determinate nel limite massimo di lire 250 milioni annue a
decorrere dal 2001, si provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell'àmbito dell'unità previsionale di
base 8.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per il 2001,
intendendosi conseguentemente ridotta l'autorizzazione di spesa di cui
all'articolo 18, comma 5, della legge
6 dicembre 1991, n. 394.
2. All'ulteriore onere derivante dall'attuazione della presente
legge, nel limite massimo di lire 800 milioni annue a decorrere dal 2001, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2001-2003, nell'àmbito dell'unità
previsionale di base di parte corrente «Fondo
speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica per l'anno finanziario 2001, allo scopo
parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero
degli affari esteri.
3. Con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze sono apportate le
occorrenti variazioni di bilancio.
5. 1. Nelle
more della concertazione con gli Stati Parte, prevista dall'articolo
9 dell'Accordo di cui all'articolo 1, nelle acque territoriali italiane
comprese nell'area del santuario di cui all'Accordo stesso, è vietata la
competizione di barche veloci a motore.
6. 1. La
presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
------------------------
Allegato
Accordo relativo alla
creazione nel mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini
Le Parti del presente
Accordo,
Considerando le
minacce che gravano sui mammiferi marini nel Mediterraneo e particolarmente sul
loro habitat;
Considerando che nel
Mare Mediterraneo esiste una zona di ripartizione di questi animali
particolarmente importante per la loro conservazione;
Considerando che,
sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la zona
in questione è costituita in parte di acque sulle
quali ciascuna delle Parti esercita la sua sovranità o giurisdizione;
Considerando che la
Comunità europea esercita, per due Stati Parti, una competenza esclusiva in
materia di conservazione e gestione delle risorse acquatiche marine viventi;
che le misure tecniche di conservazione delle risorse di pesca nel Mediterraneo
sono attualmente fissate dal regolamento (CE) n.
1626/1994 del Consiglio del 27 giugno 1994;
Riconoscendo che, per
due Stati Parti, le disposizioni che saranno adottate in applicazione del
presente Accordo non possono mettere in discussione i princìpi
e le disposizioni comunitarie pertinenti, nè mettere
in causa le loro obbligazioni e i loro impegni in quanto
Stati membri della Comunità;
Tenuto conto dei
trattati e degli altri strumenti internazionali pertinenti e in particolare:
le
convenzioni sulla conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna
selvaggia e relativi alla conservazione della vita animale e dell'ambiente
naturale d'Europa;
la
convenzione internazionale per la regolamentazione della caccia alla balena e
l'Accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mediterraneo e
della zona atlantica adiacente;
la
convenzione sulla protezione dell'ambiente marino e del litorale del
Mediterraneo e i relativi protocolli;
Desiderose di
adoperarsi per la conservazione dei mammiferi marini nel Mediterraneo;
hanno
convenuto quanto segue:
Articolo 1
Ai fini del presente
Accordo:
a) lo stato di
conservazione è giudicato «favorevole» quando le
conoscenze sulle popolazioni indicano che i mammiferi marini della regione
costituiscono un elemento vitale degli ecosistemi ai quali essi appartengono;
b) la parola
«habitat» significa ogni zona dell'area di ripartizione dei
mammiferi marini occupata provvisoriamente o in permanenza da questi ultimi, in
particolare per la riproduzione, il parto, l'allattamento e le vie di
migrazione;
c) la parola
«presa» significa la caccia, la cattura, l'uccisione o la molestia nei
confronti dei mammiferi marini, nonché il tentativo di
compiere tali atti.
Articolo 2
1. Le Parti
istituiscono un Santuario marino nella zona del Mediterraneo
definita all'articolo 3, la cui diversità e ricchezza biologica
costituiscono fattori indispensabili alla protezione dei mammiferi marini nel
loro habitat.
2. Nel Santuario le
Parti proteggono i mammiferi marini di ogni specie.
Articolo 3
Il Santuario è
costituito da zone marittime situate nelle acque interne e nei mari
territoriali della Repubblica francese, della Repubblica italiana e del
Principato di Monaco, nonché dalle zone di alto mare
adiacenti. I suoi limiti sono i seguenti:
ad
ovest, una linea che va dalla punta Escampobariou
(punta ovest della penisola di Giens: 43°01'70'' N,
060°5'90'' E) a Capo Falcone, situato sulla costa occidentale della Sardegna
(40°58'00'' N, 008012'00'' E);
ad
est, una linea che va da Capo Ferro, situato sulla costa nord-orientale della
Sardegna (41°09'18'' N, 009°31'18'' E) a Fosso Chiarone,
situato sulla costa occidentale italiana (42°21'24'' N, 011°31'00'' E).
Articolo 4
Le Parti si impegnano a prendere nel Santuario le misure appropriate
indicate agli articoli seguenti, per garantire uno stato di conservazione
favorevole dei mammiferi marini proteggendoli, insieme al loro habitat,
dagli impatti negativi diretti o indiretti delle attività umane.
Articolo 5
Le Parti cooperano
allo scopo di valutare periodicamente lo stato delle popolazioni di mammiferi
marini, le cause di mortalità e le minacce che gravano sul loro habitat
e in particolare sulle loro funzioni vitali, come l'alimentazione e la
riproduzione.
Articolo 6
1. Tenuto conto dei
loro impegni internazionali, le Parti esercitano la sorveglianza nel Santuario
e intensificano la lotta contro ogni forma di inquinamento,
di origine marittima o tellurica, che abbia o sia suscettibile di avere un
impatto diretto o indiretto sullo stato di conservazione dei mammiferi marini.
2. Le Parti adottano
strategie nazionali miranti alla soppressione progressiva degli scarichi di
sostanze tossiche nel Santuario, accordando la priorità a quelle elencate
nell'Allegato I del protocollo della Convenzione di Barcellona relativa alla protezione del Mar Mediterraneo contro
l'inquinamento derivante da fonti e attività situate a terra.
Articolo 7
Nel Santuario le
Parti:
a) vietano
ogni presa deliberata o turbativa intenzionale dei mammiferi: possono tuttavia
autorizzare prese non letali in situazioni di urgenza
o nel quadro di lavori di ricerca scientifica in situ
condotti nel rispetto del presente Accordo;
b) si
conformano alla normativa internazionale e della Comunità europea, in
particolare per quanto riguarda l'utilizzo e la detenzione dello strumento da
pesca denominato «rete derivante»;
c) si
concertano, per quanto necessario, in vista di promuovere nei fori competenti,
dopo valutazione scientifica, l'adozione di regole riguardanti
l'uso di nuovi sistemi di pesca che potrebbero comportare la cattura dei
mammiferi marini o mettere in pericolo le loro risorse alimentari, tenuto conto
del rischio di perdita o abbandono degli strumenti da pesca in mare.
Articolo 8
Nel Santuario le
Parti regolamentano l'osservazione dei mammiferi marini a fini turistici.
Articolo 9
Le Parti si
concertano in vista di regolamentare ed eventualmente vietare nel Santuario le
competizioni di barche veloci a motore.
Articolo 10
Le Parti si
concertano in vista di armonizzare per quanto possibile le misure stabilite in
applicazione degli articoli precedenti.
Articolo 11
Senza pregiudizio
delle relative disposizioni del diritto internazionale ed eventualmente della
normativa della Comunità europea, le disposizioni precedenti non inficiano il
diritto delle Parti di stabilire misure interne più rigorose.
Articolo 12
1. Le Parti tengono
regolarmente riunioni per la messa in opera e l'applicazione del presente
Accordo. Esse fissano le condizioni di organizzazione
di tali riunioni tenendo conto delle strutture già esistenti.
2. In questo contesto esse favoriscono ed incoraggiano:
a) i programmi
di ricerca nazionali e internazionali miranti a realizzare l'applicazione
scientifica delle disposizioni del presente Accordo;
b) le campagne
di sensibilizzazione presso gli operatori e gli altri utilizzatori del mare, nonché le organizzazioni non governative, soprattutto per
quanto riguarda la prevenzione delle collisioni tra navi e mammiferi marini e
la comunicazione alle autorità competenti della presenza di mammiferi marini
morti o in difficoltà.
Articolo 13
Per assicurare
l'applicazione delle disposizioni del presente Accordo le
Parti fanno appello in particolare ai servizi abilitati ad esercitare la
sorveglianza in mare. Esse si impegnano a cooperare e
scambiarsi ogni informazione necessaria al riguardo. A questo scopo le Parti
facilitano l'utilizzo reciproco dei loro porti aerei e marittimi secondo
procedure semplificate.
Articolo 14
1. Nella parte di
Santuario situata nelle acque che ricadono sotto la sua sovranità o
giurisdizione ognuno degli Stati Parti al presente
Accordo è competente per assicurare l'applicazione delle disposizioni di quest'ultimo.
2. Nelle altre parti
del Santuario ciascuno degli Stati Parti è competente ad assicurare
l'applicazione delle disposizioni del presente Accordo nei confronti delle navi
battenti la sua bandiera nonché, nei limiti previsti
dalle regole del diritto internazionale, nei confronti di navi battenti la
bandiera di Stati terzi.
Articolo 15
Nulla nel presente
Accordo può mettere in discussione l'immunità sovrana delle navi da guerra od
altre navi appartenenti o comunque utilizzate da uno
Stato, nella misura in cui sono adibite ad un servizio pubblico non
commerciale. Tuttavia ogni Stato Parte deve accertarsi che le sue navi e
aeromobili che godono di immunità sovrana secondo il
diritto internazionale agiscano secondo modalità compatibili con il presente
Accordo.
Articolo 16
Non appena il
protocollo relativo alle aree specialmente protette ed
alla diversità biologica nel Mediterraneo entrerà per esse in vigore, le Parti
presenteranno una proposta congiunta di iscrizione del Santuario sulla lista
delle aree specialmente protette di importanza mediterranea.
Articolo 17
1. Le Parti invitano
gli altri Stati che esercitano delle attività nella zona definita all'articolo
3 a prendere misure di protezione simili a quelle previste dal presente
Accordo, tenuto conto del piano di azione adottato nel
quadro del PAM/UNEP per la conservazione dei cetacei nel Mediterraneo e
dell'Accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del Mediterraneo e
della zona atlantica adiacente o di ogni altro trattato pertinente.
2. Il presente
Accordo è comunicato a tutte le organizzazioni internazionali competenti sul
piano internazionale o regionale, nonché alle Parti
della Convenzione sulla protezione dell'ambiente marino e del litorale del
Mediterraneo.
Articolo 18
Il presente Accordo è
sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione delle Parti firmatarie.
Articolo 19
1. Gli strumenti di
ratifica, di accettazione od approvazione sono
depositati presso il Governo designato come depositario del presente Accordo.
2. Il presente
Accordo entrerà in vigore il trentesimo giorno successivo alla data di deposito
degli strumenti di ratifica, accettazione od
approvazione delle Parti firmatarie.
Articolo 20
1. Le Parti possono
invitare ogni altro Stato od organizzazione internazionale interessata ad aderire al presente Accordo. L'adesione sarà aperta dopo
l'entrata in vigore dell'Accordo.
2. Il presente
Accordo entrerà in vigore, nei confronti delle parti aderenti, il trentesimo
giorno successivo alla data di deposito dello strumento di adesione,
accettazione od approvazione.
Articolo 21
1. Ogni Parte potrà
chiedere la convocazione di una conferenza di revisione
dell'Accordo. Qualunque revisione necessiterà del
consenso delle Parti firmatarie.
2. Ogni Parte potrà
denunciare l'Accordo. La denuncia prenderà effetto tre mesi dopo la sua
notifica al depositario. La denuncia fatta da una Parte aderente non comporta
l'estinzione dell'accordo per le altre Parti.
Articolo 22
1. Il presente
Accordo, redatto in lingua italiana e francese, ognuna delle
versioni facente egualmente fede, è depositato agli archivi del Governo
del Principato di Monaco.
2. Il presente
Accordo sarà registrato dal depositario conformemente
all'articolo 102 della Carta delle Nazioni Unite.
Fatto a Roma, il
venticinque novembre millenovecentonovantanove.
Dichiarazione
I rappresentanti
delle tre Parti firmatarie si compiacciono dell'ottimo esito di un dossier sul
quale hanno lavorato per più di sei anni. Ben inteso, come tutte le opere
umane, anche questo accordo è perfettibile, ma
rappresenta una prima tappa importante verso una reale ed efficace protezione
dei mammiferi nel Mediterraneo occidentale.
Senza attendere le
procedure di ratifica, le Parti firmatarie s'impegnano sin d'ora a facilitare
la messa in opera dell'Accordo gettando le basi per la gestione del Santuario.
Le Parti firmatarie
potranno reciprocamente avvalersi dei lavori già intrapresi, sia a livello di
Stati che di collettività territoriali. In particolare, l'esperienza acquisita
nell'àmbito dell'Accordo Ramoge
potrà contribuire positivamente alla messa in opera e alla gestione del
Santuario.
Le Parti auspicano,
oltre ad una rapida messa in opera degli impegni che figurano nell'Accordo da
parte delle autorità competenti degli Stati e delle collettività territoriali,
che fin d'ora in applicazione del principio di precauzione vengano
condotti studi su alcuni aspetti che ne completeranno l'applicazione di
sostanza. Si tratta in particolare delle conseguenze sui mammiferi marini,
dell'utilizzazione dei mezzi di prospezione e di
rilevazione sismica o acustica e dell'eventuale sfruttamento delle risorse
morte naturali. Meriterà infine di essere esaminato il problema del rumore e
della velocità delle imbarcazioni veloci, già evocate nell'Accordo
[1] Nel dossier è contenuta un’apposita scheda relativa a tale legge.
[2] Tale disposizione appare aver recepito una sentenza della Corte internazionale di giustizia del 20 febbraio 1969 in materia di piattaforma territoriale che aveva stabilito come i confini delle piattaforme andassero determinati tramite accordi fra gli Stati, precisando come il criterio dell’equidistanza, accolto dalla Convenzione di Ginevra del 1958, non fosse sorretto dalla consuetudine.
[3] La Convenzione di Montego Bay definisce (articolo 5) “la linea di base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale” come coincidente con “la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero”.
[4] A tutt'oggi il Piano non è stato ancora adottato.
[5] Relativa alla conservazione degli uccelli selvatici.
[6] Per una consultazione dell’elenco delle aree istituite e dei relativi riferimenti normativi si rinvia all’indirizzo
internet
http://www.minambiente.it/Sito/settori_azione/sdm/amp/amp_menu.asp.