XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento difesa , Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace di di guerra e per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare - A.C. 5433 - Iter al Senato
Serie: Progetti di legge    Numero: 680    Progressivo: 1
Data: 01/12/04
Descrittori:
DIRITTO PENALE MILITARE   LEGGE DELEGA
Organi della Camera: II-Giustizia
IV-Difesa
Riferimenti:
AS n.2645/14   AS n.2663/14
AS n.3009/14   AS n.1533/14
AS n.1432/14   AC n.5433/14

Servizio studi

 

progetti di legge

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra e per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

A.C. 5433

Iter al Senato

 

n. 680/1

 


xiv legislatura

1° dicembre 2004

 

Camera dei deputati


Il presente dossier contiene l’iter al Senato dei disegno di legge A.C. 5433.

La scheda di sintesi, la scheda di lettura e i relativi riferimenti normativi sono contenuti nel dossier n. 680.

 

 

 

 

 

Dipartimento difesa

 

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Dipartimento Giustizia

 

SIWEB

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

File:DI0253a.doc


INDICE

Iter al Senato

Progetti di legge

§      A.S. 1432, (Sen. Manzione ed altri), Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto  5

§      A.S. 1533, (Sen. Nieddu ed altri), Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento giudiziario militare  11

§      A.S. 2493, (Governo), Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare  37

§      A.S. 2645, (Sen. Pascarella ed altri), Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile  101

§      A.S. 2663, (Sen. Florino ed altri), Modifiche al codice penale militare di pace  105

§      A.S. 3009, (Sen. Pessina), Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004  109

Esame in sede referente presso le Commissioni riunite 2a Giustizia e 4a Difesa

Seduta del 14 gennaio 2004  113

Seduta del 28 aprile 2004  121

Seduta del 1° giugno 2004  137

Seduta del 21 luglio 2004  139

Seduta del 28 luglio 2004  149

Seduta (antimeridiana) del 29 luglio 2004  157

Seduta (pomeridiana) del 29 luglio 2004  161

Seduta del 13 ottobre 2004  166

Seduta (pomeridiana) del 27 ottobre 2004  171

Seduta (notturna) del 27 ottobre 2004  185

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alla III Commissione (Affari esteri)

-       1a Commissione (Affari Costituzionali)

Seduta del 20 luglio 2004  193

Seduta del 9 novembre 2004  195

-       5a Commissione (Bilancio)

Seduta del 28 luglio 2004  197

Seduta del 21 settembre 2004  199

Seduta del 16 novembre 2004  201

Seduta del 17 novembre 2004  205

Relazione delle Commissioni permanenti 2ª Giustizia e 4ª Difesa

§      A.S. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009-A, Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare  209

Discussione in Assemblea

Seduta del 16 novembre 2004  261

Seduta (antimeridiana) del 17 novembre 2004  275

Seduta (pomeridiana) del 17 novembre 2004  301

Seduta (antimeridiana) del 18 novembre 2004  365

 


 

Iter al Senato

 


Progetti di legge

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1432

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa dei senatori MANZIONE, BEDIN, FILIPPELLI, CAVALLARO, DALLA CHIESA e MAGISTRELLI

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 MAGGIO 2002

 

 

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Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto «nonnismo»

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Onorevoli Senatori. – Nonostante il fenomeno del cosiddetto «nonnismo venga in evidenza solo occasionalmente, in relazione agli episodi di violenza più tragici e vistosi, la sua diffusione e persistenza rimangono tali da giustificare un vivo allarme sociale.

Tale allarme, peraltro, non risulta ridimensionato dal processo di progressiva professionalizzazione delle Forze armate, avviato con la legge 14 novembre 2000, n. 331 (approvata dalla maggioranza di centrosinistra nella XIII legislatura), che condurrà alla scomparsa del servizio militare di leva obbligatorio.

È pur vero, infatti, che il fenomeno del «nonnismo» potrebbe corrispondentemente diminuire, ma non per questo viene meno la necessità di dare un chiaro segnale di sanzione morale e sostanziale di questi comportamenti devianti – anche per scoraggiarne la riproposizione in ogni altro contesto della vita militare – attraverso l’adozione di quelle misure d’intervento normativo lungamente e vanamente invocate.

Nella XIII legislatura, infatti, attraverso alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare e un disegno di legge governativo, si è tentato di intervenire – purtroppo senza alcun esito – per sanare le persistenti carenze della normativa in materia di tutela penale nei confronti dei comportamenti violenti, persecutori o intimidatori perpetrati nelle caserme, soprattutto ai danni dei giovani che prestano il servizio di leva obbligatorio.

A stimolare quelle iniziative legislative era stata anche l’emozione suscitata presso l’opinione pubblica da alcuni gravi episodi, il più tragico dei quali – avvenuto a Pisa nell’agosto del 1999 – ha provocato la morte del paracadutista Emanuele Scieri.

Da quel drammatico episodio ha preso le mosse anche un’indagine conoscitiva su «Episodi di violenza e qualità della vita nelle caserme delle Forze armate», svolta dalla Commissione difesa della Camera dei deputati tra il settembre 1999 e il febbraio 2000. Anche in quella sede, era emersa con chiarezza la portata e l’estensione di un fenomeno che per la sua stessa natura si presta a rimanere in larga misura sottotraccia, almeno nei casi in cui non si determinano lesioni fisiche apprezzabili.

L’effettiva misura del fenomeno sfugge, dunque, alle rilevazioni quantitative effettuate dall’autorità giudiziaria; rilevazioni che comunque registrano una flessione rispetto al passato, come confermato anche dal procuratore generale militare della Repubblica presso la Corte militare di appello, dottor Vindicio Bonagura, nel corso dell’ultima relazione svolta per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.

A proposito dei reati originati dal «nonnismo», il procuratore generale ha infatti annunciato che negli due anni il fenomeno si è significativamente ridimensionato: a fronte degli 861 reati verificatisi nel 1999, se ne sono contati 350 nel 2000 e 204 nel 2001 (una cifra che comunque rimane elevatissima, anche in considerazione della porzione «sommersa» del fenomeno, che si suppone prevalente). Pur registrando naturalmente con soddisfazione «questa tendenza declinante dovuta, soprattutto, alla vigilanza preventiva attualmente esercitata nei reparti», il dottor Bonagura non ha omesso di segnalare le «persistenti carenze della normativa» in materia di reati originati dal «nonnismo».

In tal senso, le valutazioni espresse dal procuratore generale appaiono di estrema rilevanza, per cui conviene riferirne testualmente:

«Oggi, l’individuazione in fatto dei casi di nonnismo, in mancanza di previsioni astratte che ne delineino le peculiarità, è rimessa agli opinabili giudizi delle autorità che procedono. Episodi di ingiuria, minaccia o violenza vengono ricondotti (o non) al nonnismo sulla base di valutazioni di merito svincolate dai normali criteri di qualificazione fondati sul rapporto tra casi concreti e fattispecie astratte.

È intuitivo – prosegue il procuratore Bonagura – che, in relazione agli esiti di tali valutazioni, sarà diversa l’attenzione dedicata ai fatti, a partire dalla scelta, riservata al comandante del corpo, di richiedere (o non) il procedimento penale, dal momento che i reati militari contro la persona più frequentemente ravvisabili nei fatti medesimi sono perseguibili soltanto a richiesta, ai sensi dell’articolo 260 del codice penale militare di pace.

(...) Poichè, talvolta, il confine tra la prevaricazione e la goliardia è molto sottile, sembrerebbe del tutto ragionevole attribuire rilevanza all’apprezzamento dei soggetti passivi circa la reale valenza di fatti che coinvolgono i loro diritti personali (...). E ciò sarebbe realizzabile mediante l’introduzione della querela, in alternativa alla richiesta di procedimento, per i reati contro la persona sanzionati con pene che non raggiungono la soglia della procedibilità d’ufficio».

Come opportunamente segnalato dal procuratore generale militare presso la Corte militare di appello, la principale carenza normativa è dunque da rintracciare nella mancata previsione, nell’ambito del codice penale militare di pace, di un meccanismo di procedibilità a querela della persona offesa, ferma restando la prerogativa dei comandanti di corpo di valutare l’incidenza dei fatti, anche in relazione al mantenimento dell’ordine pubblico militare, ed eventualmente di richiedere il procedimento.

Una modifica in tal senso del codice penale militare penale di pace è proposta all’articolo 2 del presente disegno di legge, dove si introduce all’articolo 260 un comma aggiuntivo specificamente riferito ai reati contro la persona di cui agli articoli 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228 e 229 del codice penale militare di pace (percosse, lesioni personali, ingiuria, minaccia).

Questa modifica, ancorchè rilevante, non è tuttavia sufficiente a dare esplicita qualificazione ai reati riconducibili al «nonnismo».

Si è dunque ritenuto di inserire, all’articolo 3, una disposizione integrativa dell’articolo 225 del codice penale militare di pace, recante la qualificazione delle circostanze aggravanti. In quel contesto, si è previsto un aumento della pena fino al doppio, nei casi in cui ricorra la circostanza aggravante dell’abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla posizione di servizio o al grado o al comando rivestito. La stessa aggravante è riconosciuta se il reato è commesso valendosi della «forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra i militari più anziani di servizio», secondo una formula idonea a introdurre per la prima volta nel nostro ordinamento una codificazione dei comportamenti riconducibili al «nonnismo», pur senza farne oggetto di una nuova fattispecie di reato.

In definitiva, per combattere il «nonnismo» occorre un intervento idoneo ad estirpare definitivamente tutte le cause, anche di vario ordine, che stanno alla base del fenomeno.

Per un verso, dunque, è necessario sanare le lacune normative che hanno consentito fino ad oggi la persistenza di un problema, spesso drammatico, lungamente rimosso dalle gerarchie militari e dalla stessa società civile.

Il presente disegno di legge si propone di colmare questa lacuna, offrendo un idoneo strumento normativo alle vittime di questi comportamenti.

D’altronde, occorre anche individuare e colpire le cause di ordine sociale e culturale del «nonnismo», per le quali si imporrebbero un’adeguata campagna di informazione (anche attraverso le strutture scolastiche) e, in generale, uno sforzo delle istituzioni per la formazione di una più matura coscienza civile e democratica presso i nostri giovani, orientato in particolare alla corretta assimilazione dei diritti e doveri rispetto alla collettività, anche in relazione alla prestazione del servizio militare.

In fine, a tutela della dignità e libertà di tutti i cittadini, rimane sempre indispensabile vigilare sulla piena ed effettiva attuazione del principio di cui all’articolo 52 della Costituzione, laddove si prescrive che l’ordinamento delle Forze armate sia informato allo spirito democratico della Repubblica.

 


 


 


DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge ha la finalità di garantire la pari dignità, l’integrità fisica e l’onore dei cittadini che prestano il servizio militare, a tutela della piena ed effettiva attuazione dei princìpi di cui all’articolo 52, commi secondo e terzo, 2 e 3, della Costituzione.

2. Per le finalità di cui al comma 1, la presente legge riconosce ai cittadini che prestano servizio militare una specifica tutela dai reati contro la persona, di cui al libro secondo, titolo IV, capo III del codice penale militare di pace, commessi da un altro militare valendosi della sua posizione di servizio ovvero del grado o comando rivestito, oppure giovandosi del vincolo di solidarietà o di reticenza tra militari più anziani in servizio.

Art. 2.

(Ammissibilità della perseguibilità a querela dei reati contro la persona)

1. All’articolo 260 del codice penale militare di pace, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«I reati contro la persona di cui agli articoli 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228 e 229, sono puniti a querela della persona offesa o su richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano».

Art. 3.

(Modifiche al libro secondo, titolo IV, capo III, del codice militare penale di pace)

1. All’articolo 225 del codice penale militare di pace, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Per i reati di cui agli articoli 222, 223, 224, 226, 227 228 e 229, la pena è aumentata fino al doppio se ricorre la circostanza aggravante dell’abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla posizione di servizio o al grado o al comando rivestito, oppure se il reato è commesso valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra i militari più anziani di servizio».

 


 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 1533

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa dei senatori NIEDDU, BRUTTI Massimo, FORCIERI, PASCARELLA e STANISCI

———–

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2002

 

 

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Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento

giudiziario militare

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Onorevoli Senatori. – I codici penali militari vigenti in Italia risalgono al 1941: la stessa data di origine, nonchè il contesto in cui furono emanati (in tempo di guerra) rendono evidente la loro inadeguatezza, sia sotto il profilo degli interessi tutelati (data anche la profonda evoluzione registrata in oltre cinquanta anni nella struttura e nelle esigenze delle forze armate), sia sotto il profilo delle tecniche di tutela, con riguardo in particolare al rispetto dei princìpi costituzionali rilevanti in materia penale. Non stupisce al riguardo che la Corte costituzionale abbia più volte rivolto al legislatore un «pressante» invito per la riforma della legislazione penale militare: ad esempio con le sentenze n. 188 del 29 maggio 1996, n. 284 del 15 giugno 1995, n. 467 del 16 dicembre 1991 e n. 343 del 20 luglio 1993.

Con riguardo all’ordinamento giudiziario militare e al processo penale militare, si sono registrati importanti cambiamenti, per effetto della legge 7 maggio 1981, n. 180 (sulla riforma dell’ordinamento giudiziario militare di pace), e della legge 30 dicembre 1988, n. 561 (istitutiva del consiglio della magistratura militare), e per l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. A seguito della riforma è rimasto un ruolo di magistrati militari (attualmente i magistrati militari in servizio sono circa settanta), separato dal ruolo dei magistrati ordinari, cui peraltro i primi sono equiparati ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 180 del 1981. L’applicazione del principio di unità della giurisdizione dovrebbe comportare la soppressione del ruolo dei magistrati militari e il trasferimento al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura delle competenze ora spettanti al Ministro della difesa e al Consiglio della magistratura militare secondo le modalità illustrate più avanti.

Quanto al diritto penale militare sostanziale, non vi sono state riforme organiche: se si eccettuano le leggi in tema di obiezione di coscienza e di insubordinazione (legge 22 dicembre 1972, n. 772, e legge 26 novembre 1985, n. 689) ed alcune importanti sentenze della Corte costituzionale, occorre constatare che il sistema penale militare è rimasto immutato nella parte sostanziale.

Fin dalla IX legislatura fu presentato un disegno di legge delega per la riforma del codice penale militare di pace, ripresentato periodicamente (in ultimo, atto Camera n. 3394, presentato il 24 novembre 1988).

Attualmente, le prevedibili difficoltà nella compilazione di nuovi codici mediante delega al Governo (considerando anche che, secondo un convincimento unanime, la procedura penale militare non dovrebbe divergere da quella ordinaria se non per aspetti marginali) fanno ritenere che le esigenze di riforma della legislazione penale militare possano essere soddisfatte nel modo migliore mediante una legge che introduca direttamente le modifiche ritenute necessarie.

In tal senso, ad esempio, è l’esperienza della Germania federale, in cui la riforma della legge penale militare è stata attuata con la Wherstrafgeseetz del 30 marzo 1957, nel testo risultante dopo l’emanazione della legge del 1970 (che consta di 48 articoli).

In questo modo, oltretutto, si lascia al Parlamento la decisione su aspetti non secondari della riforma, quali la compiuta determinazione degli elementi costituivi e del trattamento sanzionatorio dei reati militari.

Il disegno di legge disciplina l’intera materia in soli 74 articoli, rispetto ai 433 del codice penale militare di pace del 1941: si tratta di una riduzione necessaria, se si considera che il codice del 1941 contiene una nutrita serie di disposizioni già contenute nella legge penale.

Vanno considerate inoltre le conseguenze che sotto il profilo della composizione e della natura del rapporto di servizio sono venute a determinarsi con l’abolizione del servizio di leva obbligatorio e la trasformazione in senso totalmente professionale dello strumento militare italiano. Concorrono, infine, a modificare sostanzialmente struttura e compiti delle nostre forze armate, due fattori fondamentali:

l’ormai avviata costituzione di forze collegate al nuovo ordinamento voluto dall’Unione europea;

il mutato scenario operativo che sempre più frequentemente porta ad intervenire al di fuori dei confini nazionali in operazioni di mantenimento o imposizione della pace e di interposizione, a volte anche al limite del conflitto armato.

In molte di tali situazioni il codice penale militare di pace ha mostrato limiti evidenti e il codice penale militare di guerra una sostanziale inadeguatezza non essendo in atto una situazione di guerra.

È l’insieme di queste considerazioni che ci inducono a presentare il presente disegno di legge al fine di realizzare un nuovo codice penale militare che tenga conto della peculiarità delle varie situazioni in cui sono chiamati ad operare i militari italiani.


 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Reato militare)

1. Costituisce reato militare, oltre alla violazione delle disposizioni del titolo II della presente legge, qualunque altra violazione della legge penale prevista quale delitto contro la personalità dello Stato e l’ordine pubblico, commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla qualità di militare, o comunque in luogo militare, ovvero quale delitto contro la pubblica amministrazione o l’amministrazione della giustizia o la fede pubblica o l’incolumità pubblica o la moralità pubblica e il buon costume o la persona o il patrimonio, dallo stesso commessa a danno del servizio o dell’amministrazione militare, o di altro militare purchè in luogo militare o a causa del servizio militare, o a danno dell’attività giudiziaria militare.

2. Costituisce inoltre reato militare qualunque violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, e di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare.

3. La pena detentiva temporanea stabilita per i reati previsti dal presente articolo è aumentata fino a un sesto.

Art. 2.

(Appartenente alle Forze armate)

1. Agli effetti della legge penale, «appartenente alle Forze armate» e «militare» è colui che presta, ancorchè di fatto, servizio attivo nelle Forze o nei Corpi armati dello Stato, anche se assente dal reparto di appartenenza, e colui che, seppure non in servizio attivo, sconti una pena detentiva per un reato militare in uno stabilimento militare di pena o in un luogo di cura militare o ivi si trovi in stato di custodia cautelare.

2. Il servizio attivo inizia per il militare dal momento stabilito per la presentazione e termina con il collocamento in congedo.

3. Agli effetti della legge penale militare, i reati commessi da militari italiani a danno di militari o delle Forze armate di uno Stato alleato sono considerati come se fossero commessi a danno di militari e delle Forze armate dello Stato italiano. L’applicazione del presente comma è subordinata alla condizione che lo Stato alleato garantisca parità di tutela penale ai militari italiani e alle Forze armate dello Stato italiano. Sono fatte salve le previsioni al riguardo dei trattati internazionali ratificati dallo Stato italiano ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione.

Art. 3.

(Reati militari commessi in territorio estero)

1. Oltre che nei casi indicati nel codice penale, è punito secondo la legge italiana chi commette reati militari in territorio estero di occupazione, soggiorno e transito delle Forze armate dello Stato italiano.

2. Nei casi diversi da quelli contemplati al comma 1, il militare che commette reati militari in territorio estero è punito secondo la legge italiana su segnalazione dell’amministrazione italiana da cui nella circostanza dipende.

Art. 4.

(Nozione di luogo militare, di nave o

aeromobile militare e di servizio specifico)

1. Sotto la denominazione di luogo militare si comprendono le caserme, le navi, gli aeromobili, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si trovano, anche se momentaneamente, per ragioni di servizio.

2. Sono navi e aeromobili militari le navi e gli aeromobili da guerra, nonchè ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle Forze armate dello Stato alla dipendenza di un comando militare.

3. Agli effetti della legge penale, costituisce servizio specifico ogni servizio armato, ovvero il servizio svolto in reparti inquadrati organicamente per operazioni militari o di protezione civile, ovvero il particolare servizio esplicitamente regolato mediante consegne.

Art. 5.

(Reato commesso in esecuzione di ordini)

1. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine di un superiore o di altra autorità competente, ne risponde anche il militare che lo ha eseguito, quando l’ordine sia manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la sua esecuzione costituisca comunque manifestamente reato.

Art. 6.

(Uso legittimo delle armi)

1. Non è punibile il militare che, al fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza.

2. La legge determina gli altri casi nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica.

3. Le Forze armate italiane applicano, in specifiche missioni all’estero, le regole di ingaggio previste, per le predette missioni, da trattati internazionali ratificati ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione, nonché da determinazioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e degli organi di comando delle alleanze militari alle quali lo Stato italiano aderisce.

Art. 7.

(Necessità militare)

1. Non è punibile il militare che ha commesso un fatto che costituisce reato quando vi è stato costretto dalla necessità di impedire condotte di ammutinamento, saccheggio, devastazione, o comunque fatti tali da compromettere la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile.

Art. 8.

(Eccesso colposo)

1. Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti dagli articoli 6 e 7, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine del superiore o di altra autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è previsto dalla legge come reato colposo.

Art. 9.

(Circostanze aggravanti)

1. Oltre alle circostanze aggravanti comuni previste dal codice penale, aggravano il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le seguenti circostanze:

a) l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando;

b) l’avere commesso il fatto in concorso con l’inferiore;

c) l’avere commesso il fatto con le armi in dotazione militare o durante un servizio militare o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare;

d) l’avere commesso il fatto alla presenza di tre o più militari;

e) l’avere commesso il fatto in territorio estero mentre il colpevole vi si trovava per causa di servizio.

Art. 10.

(Circostanze attenuanti)

1. Oltre alle circostanze attenuanti comuni previste dal codice penale attenuano il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le seguenti circostanze:

a) l’avere commesso il fatto per eccesso di zelo nell’espletamento dei doveri militari;

b) l’essere il fatto commesso da militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando si tratta di reati previsti dal capo II del titolo II.

Art. 11.

(Reclusione militare)

1. Costituisce reclusione militare la pena della reclusione che, essendo inflitta nel caso e con le modalità indicate nel comma 2, viene scontata negli stabilimenti militari penali.

2. Nel caso di condanna per reati militari, da pronunciare o pronunciata nei confronti di militari, ancorchè non più in servizio attivo, in luogo della reclusione si applica la reclusione militare per uguale durata, salvo che alla condanna consegua l’interdizione dai pubblici uffici o che il condannato abbia in altro modo perduto la qualità di militare.

3. La reclusione militare è ad ogni effetto equiparata alla pena della reclusione.

4. Il trattamento rieducativo del militare condannato per reati militari tende al recupero della sua consapevolezza e senso di responsabilità, con specifico riferimento alla osservanza dei doveri inerenti allo stato militare. Il programma di trattamento penitenziario è stabilito in funzione dello sviluppo e del consolidamento delle attitudini militari per la ripresa del servizio attivo.

5. Sono eseguite negli stabilimenti penali militari la custodia cautelare in carcere e le pene detentive inflitte ai militari in servizio permanente per reati comuni.

Art. 12.

(Sanzioni sostitutive delle pene detentive e misure alternative alla detenzione)

1. Il giudice applica le sanzioni sostitutive previste dalla legge penale comune e le misure alternative alla detenzione previste dalla legislazione vigente in materia di trattamento penitenziario, secondo modalità che non pregiudichino il normale svolgimento delle prestazioni di servizio del militare condannato.

Art. 13.

(Interdizione dai pubblici uffici)

1. L’interdizione dai pubblici uffici, perpetua o temporanea, conseguente a condanna per reati militari, fermo restando quanto previsto dall’articolo 28 del codice penale, priva il militare condannato della qualità di militare e della capacità di prestare qualunque servizio, incarico od opera per le Forze armate dello Stato.

 

TITOLO II

REATI CONTRO IL SERVIZIO

E LA DISCIPLINA MILITARE

Capo I

Reati contro il dovere di prestazione del servizio militare

Art. 14.

(Rifiuto del servizio militare)

1. Il militare che rifiuta di svolgere il servizio militare è punito con la reclusione da due a cinque anni.

2. La pena è da tre a sette anni se il fatto è commesso dopo che il militare ha iniziato il servizio militare.

3. La condanna importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici. La sospensione condizionale della pena non si estende all’interdizione dai pubblici uffici.

Art. 15.

(Omessa assunzione del servizio militare)

1. Chiunque, avendo l’obbligo di assumere il servizio alle armi, non vi adempie, senza giusto motivo, entro otto giorni da quello prefisso è punito, salvo quanto previsto all’articolo 14, con la reclusione da sei mesi a due anni.

Art. 16.

(Diserzione)

1. Il militare che interrompe la prestazione del servizio alle armi allontanandosi arbitrariamente od omettendo di presentarsi senza giusto motivo e rimane assente per oltre otto giorni è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

2. Se il militare rimane assente per più di due volte, ciascuna per oltre 24 ore, la pena è della reclusione fino a un anno.

3. Si applica il comma 3 dell’articolo 14, quando il militare, dopo essere stato condannato per tre volte per il reato di cui al comma 1 del presente articolo, riporta un’altra condanna per lo stesso reato.

Art. 17.

(Circostanza aggravante.

Causa di estinzione del reato)

1. Nei casi previsti dagli articoli 15 e 16, la pena è aumentata se la durata dell’assenza supera i sei mesi.

2. Nel caso di condanna per i reati di cui agli articoli 15 e 16, il reato è estinto se è stata concessa la sospensione condizionale della pena ed il militare completa la ferma di leva senza commettere ulteriori reati militari.

 

 

Art. 18.

(Fraudolenta sottrazione all’obbligo del servizio militare)

1. Chiunque, avendo l’obbligo di prestare il servizio militare, ne ottiene l’esenzione, anche temporanea, procurandosi o simulando un’infermità, o con altri mezzi fraudolenti, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Capo II

Reati contro particolari doveri

di servizio militare

Art. 19.

(Disobbedienza. Omessa assunzione

di un servizio specifico)

1. Il militare che indebitamente rifiuta, omette o ritarda di eseguire un ordine attinente al servizio ed alla disciplina militari, intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica nei confronti del militare che omette di assumere il servizio specifico cui è stato assegnato o che gli è stato richiesto dall’autorità competente.

2. Non è punibile il militare che dichiara di non voler eseguire l’ordine, quando comunque, dopo che l’ordine è stato confermato dal superiore, lo esegue.

3. Se il fatto è commesso durante un servizio specifico, ovvero a bordo di una nave o di un aeromobile, la reclusione è da sei mesi a due anni. Se il fatto è commesso in occasione di operazioni militari o di interventi di protezione civile, ovvero in altre circostanze di grave pericolo, la reclusione è da uno a cinque anni.

Art. 20.

(Inottemperanza a intimazioni

di militare in servizio)

1. Il militare che non ottempera alle intimazioni fatte dal militare preposto ad un servizio specifico nell’esecuzione di regolamenti, prescrizioni od ordini che ne disciplinano l’adempimento è punito con la reclusione fino ad un anno; la reclusione è da sei mesi a tre anni se il fatto è commesso nelle circostanze indicate nell’articolo 19, comma 3, secondo periodo.

Art. 21.

(Mancata presentazione alla partenza del corpo, della nave o dell’aeromobile)

1. Il militare che, appartenendo all’equipaggio di una nave militare o di aeromobile militare, o comunque essendo stato destinato ad un corpo di spedizione o operazione, si trova assente, senza autorizzazione, al momento della partenza del corpo, della nave o dell’aeromobile è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 22.

(Interruzione di un servizio specifico)

1. Il militare che interrompe il servizio specifico al quale è stato assegnato o che gli è stato richiesto dall’autorità competente, ovvero lo presta in modo non conforme ai regolamenti o alle prescrizioni che ne disciplinano l’adempimento, in modo da determinare un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni; la reclusione è da uno a cinque anni se il fatto è commesso nelle circostanze indicate dall’articolo 19, comma 3, secondo periodo.

Art. 23.

(Fraudolenta sottrazione

a un servizio specifico)

1. Il militare che, svolgendo o dovendo svolgere un servizio specifico, ne ottiene l’esenzione, procurandosi o simulando un’infermità o con altri mezzi fraudolenti, è punito con la reclusione da quattro mesi a un anno.

Art. 24.

(Menomazione della capacità di prestare

un servizio specifico)

1. Il militare che, durante lo svolgimento di un servizio specifico ovvero dopo essere stato comandato per il medesimo, è colto in stato di ubriachezza o di intossicazione acuta da sostanze stupefacenti o psicotrope, volontaria o colposa, tale da escludere o menomare la sua capacità di prestarlo, è punito con la reclusione fino a un anno.

Capo III

Reati contro i doveri del comando

Art. 25.

(Perdita colposa di navi, aeromobili,

stabilimenti o infrastrutture militari)

1. Il comandante di unità militare che, per colpa, cagiona la perdita o la cattura di navi, aeromobili, stabilimenti, infrastrutture militare o adibite al servizio delle Forze armate è punito con la reclusione fino a dieci anni.

Art. 26.

(Violazione di doveri inerenti all’esercizio del comando)

1. Il comandante di unità militare che non osserva le istruzioni ricevute per lo svolgimento di una operazione militare, o non adotta le modalità di organizzazione del servizio stabilite dall’autorità superiore oralmente o per iscritto, è punito, se dal fatto deriva pregiudizio per l’operazione ovvero pericolo per l’efficienza o l’integrità della nave, dell’aeromobile, dello stabilimento o dell’infrastruttura militare o adibita al servizio delle Forze armate, dipendente dal suo comando, con la reclusione fino a cinque anni.

2. Il comandante di unità militare che, per negligenza o imprudenza nello svolgimento dei compiti di comando, pregiudica l’esito di una operazione militare che era incaricato di compiere, è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 27.

(Violazione di norme cautelari)

1. Il comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme di sicurezza generali o particolari concernenti la salvaguardia dell’integrità fisica del militare, ovvero omette di vigilare sull’avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire infortuni o altri eventi dannosi, è punito, se dal fatto deriva un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme generali o particolari concernenti l’organizzazione, l’impiego o l’addestramento dei militari o relative alla conservazione o gestione amministrativa dei beni appartenenti all’amministrazione militare, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile.

Art. 28.

(Movimento arbitrario di Forze armate)

1. Il comandante di unità militare che, senza incarico o autorizzazione ovvero senza necessità, contravvenendo alle norme in vigore, ordina un movimento di Forze armate, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 29.

(Abbandono di comando)

1. Il comandante di unità militare che durante operazioni militari abbandona il comando è punito con la reclusione da due a cinque anni.

2. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso in circostanze di grave pericolo o determina pregiudizio per l’esito dell’operazione si applica la reclusione da quattro a otto anni.

Capo IV

Reati speciali contro la persona

Art. 30.

(Violenza in servizio)

1. Il militare che usa violenza contro un superiore o un inferiore per cause attinenti al servizio e alla disciplina, ovvero contro un militare che svolge un servizio specifico, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso per costringere l’altro militare a compiere un atto contrario ai propri doveri, ovvero ad omettere un atto del proprio ufficio o servizio, la pena è della reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 31.

(Minaccia in servizio)

1. Il militare che minaccia un ingiustificato danno a un superiore o a un inferiore, per cause attinenti al servizio ed alla disciplina, ovvero a un militare che svolge un servizio specifico, è punito con la reclusione fino a tre anni.

2. Nei casi di cui al comma 2 dell’articolo 30, la pena è della reclusione da tre mesi a cinque anni.

Art. 32.

(Aggravanti)

1. Le pene stabilite dagli articoli 30 e 31 sono aumentate se ricorrono le circostanze di cui all’articolo 339, primo comma, del codice penale, ovvero, per il reato di minaccia in servizio, se il colpevole si è avvalso della forza intimidatrice derivante dal vincolo di solidarietà, resistente o supposto, tra i militari più anziani in servizio.

2. Se ricorrono le circostanze di cui all’articolo 339, secondo comma, del codice penale, la pena è della reclusione da due a otto anni nelle ipotesi semplici, e della reclusione da tre a quindici anni nelle ipotesi previste dall’articolo 30, comma 2, e dall’articolo 31, comma 2.

Art. 33.

(Ingiurie in servizio)

1. Il militare che offende il prestigio, l’onore o la dignità di un superiore o di un inferiore, per cause attinenti al servizio ed alla disciplina, ovvero di un militare che svolge un servizio specifico, in sua presenza, è punito con la reclusione fino a due anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al militare che commette i fatti indicati nello stesso comma mediante comunicazione telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, ovvero con scritti o disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione.

Art. 34.

(Maltrattamenti)

1. Il militare che, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla sua posizione di servizio o al grado o al comando rivestito, ovvero giovandosi del vincolo di solidarietà tra i militari più anziani di servizio, sottopone a maltrattamenti altro militare, così da rendere più gravoso il servizio o la convivenza nell’ambiente militare, è punito, per ciò solo, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 35.

(Prevaricazione)

1. Il militare che minaccia un ingiusto danno ad altro militare valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra i militari più anziani di servizio, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 36.

(Abuso di potere)

1. È punito con la reclusione fino a quattro anni il militare che, abusando del suo grado o delle sue funzioni, in qualsiasi modo impedisce ad un inferiore di presentare istanze, denunzie o ricorsi alle autorità competenti, gli infligge sanzioni disciplinari non consentite, ovvero lo costringe a svolgere prestazioni non attinenti al servizio e alla disciplina.

Art. 37.

(Abuso di prestazioni d’opera)

1. Il militare che, abusando del suo grado o delle sue funzioni, utilizza a profitto proprio o altrui le prestazioni lavorative di un inferiore è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni.

Capo V

Reati speciali contro l’ordine pubblico

Art. 38.

(Ammutinamento)

1. Sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni i militari che, riuniti in numero di cinque o più, indebitamente rifiutano, omettono o ritardano di eseguire un ordine attinente al servizio ed alla disciplina loro intimato da un superiore, ovvero omettono di assumere lo specifico servizio cui sono stati assegnati o che viene loro richiesto dall’autorità competente.

2. La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto l’ammutinamento è della reclusione da uno a cinque anni.

3. La pena è della reclusione da tre a quindici anni se i militari, avendo preso arbitrariamente le armi, rifiutano, omettono o ritardano di eseguire l’ordine di deporle, intimato da un loro superiore. Nel caso previsto dal comma 2 la pena è della reclusione non inferiore a sei anni.

4. Se il fatto è commesso durante un servizio specifico o a bordo di una nave o di un aeromobile militare, o in occasione di operazioni militari o di interventi di protezione civile, o in circostanze di grave pericolo, la pena è aumentata dalla metà a due terzi.

5. Non è punibile il militare che desiste immediatamente dall’azione dopo che l’ordine è reiterato dal superiore.

Art. 39.

(Accordo per commettere reati militari)

1. Sono puniti con la reclusione fino a tre anni i militari che in numero di cinque o più si accordano per commettere il reato previsto dall’articolo 38, se il reato non viene commesso.

2. Con la stessa pena di cui al comma 1 sono puniti i militari che si accordano per commettere un reato al fine di compromettere la sicurezza della nave, dell’aeromobile o del posto, o al fine di impedire l’esercizio dei poteri del comandante, se il reato non viene commesso.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la pena applicabile è sempre inferiore alla metà di quella stabilita per il reato cui si riferisce l’accordo.

Art. 40.

(Istigazione a commettere reati militari)

1. Il militare che istiga uno o più inferiori a commettere un reato militare è punito, se l’istigazione non è accolta, ovvero se l’istigazione è accolta ma il reato non è commesso, con la reclusione fino a cinque anni. La pena è sempre applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l’istigazione.

Art. 41.

(Omesso impedimento di reati militari)

1. Il militare che, in violazione dei propri doveri di servizio, non usa ogni mezzo possibile per impedire l’esecuzione di alcuno dei reati contro la personalità dello Stato o di ammutinamento che si commette in sua presenza è punito, al di fuori dei casi di concorso di reato, con la reclusione fino a cinque anni. La pena è sempre inferiore alla metà di quella prevista per il reato commesso in presenza del militare.

Art. 42.

(Omesso rapporto)

1. Il militare che, anche se non presente ad alcuno dei reati indicati nell’articolo 41, omette di farne rapporto ai superiori non appena ne ha avuto notizia, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 43.

(Sedizione)

1. Il militare che pubblicamente compie manifestazioni sediziose o emette grida sediziose è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino ad un anno.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al militare che promuove un’adunata sediziosa o vi partecipa.

Capo VI

Reati contro beni di interesse militare

Art. 44.

(Danneggiamento colposo di opere militari)

1. Il militare che, per colpa, distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle Forze armate è punito con la reclusione fino a cinque anni.

Art. 45.

(Danneggiamento di armi od oggetti

di armamento militare)

1. Il militare che distrugge, disperde o rende, in tutto o in parte, inservibili armi, munizioni o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare è punito con la reclusione da due a dieci anni. Se il fatto è commesso per colpa, la reclusione è diminuita dalla metà ai due terzi.

Art. 46.

(Appropriazione e sottrazione di armi o di oggetto di armamento militare)

1. Il militare che, avendo il possesso o comunque la disponibilità di armi, munizioni, o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

2. Il militare che si impossessa di armi, munizioni o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare, sottraendoli all’amministrazione militare o ad altro militare che li detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si applicano le aggravanti previste dall’articolo 625 del codice penale.

TITOLO III

DISPOSIZIONI PROCESSUALI

Art. 47.

(Giurisdizione penale militare)

1. La giurisdizione penale militare è esercitata secondo le disposizioni della presente legge e del codice di procedura penale, intendendosi sostituiti agli organi della giurisdizione ordinaria i corrispondenti organi giudiziari militari.

2. Gli organi giudiziari militari in tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate, esclusi coloro i quali non hanno raggiunto la maggior età.

3. Tra i procedimenti di competenza del giudice militare ed i procedimenti di competenza del giudice ordinario, in nessun caso opera la connessione stabilita dall’articolo 12 del codice di procedura penale.

Art. 48.

(Competenza per i reati commessi

in corso di navigazione o all’estero)

1. La competenza per i reati militari commessi interamente in navigazione su navi o aeromobili militari, ovvero all’estero, appartiene al tribunale militare del luogo in cui ha sede il reparto di appartenenza dell’imputato.

2. Se il reparto ha sede all’estero, la competenza è determinata dall’ultima sede di servizio dell’imputato nel territorio dello Stato.

3. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il più elevato in grado, o, a parità di grado, per il più anziano.

4. Se non è possibile determinare la competenza nei modi indicati nei commi da 1 a 3, questa appartiene al tribunale militare del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335 del codice di procedura penale.

Art. 49.

(Incompatibilità speciali per i giudici

militari)

1. Non possono esercitare l’ufficio di giudice gli ufficiali che appartengono allo stesso corpo cui appartiene l’imputato, o che comunque, per il fatto per cui si procede, hanno partecipato a un precedente giudizio disciplinare.

Art. 50.

(Delegazioni)

1. Per gli atti da eseguire fuori del comune in cui risiedono, il pubblico ministero o il giudice, quando non ritengono di dovere, per ragioni di urgenza o altro motivo, procedere personalmente, possono delegare il pubblico ministero o il giudice del tribunale militare del luogo, o in mancanza, l’autorità giudiziaria ordinaria.

Art. 51.

(Messo giudiziario militare)

1. Per le notificazioni degli atti del procedimento penale il messo giudiziario militare può svolgere le mansioni spettanti all’ufficiale giudiziario.

Art. 52.

(Attività di indagine

all’interno di luoghi militari)

1. Quando il pubblico ministero o la polizia giudiziaria devono procedere all’arresto in flagranza, al fermo o all’esecuzione di misure coercitive, ovvero compiere perquisizioni, ispezioni, sequestri o altre attività d’indagine, all’interno di luoghi militari, ne danno avviso, immediatamente prima, al comandante del luogo, il quale, se ciò non reca pregiudizio o ritardo alle indagini, può chiedere di assistere alle operazioni o di farvi assistere un ufficiale da lui delegato.

Art. 53.

(Arresto facoltativo in flagranza)

1. Fermo quanto disposto dall’articolo 381 del codice di procedura penale, gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza dei reati previsti negli articoli 15, 16, 30, 31, 34, 35, 39, 43 e 45 della presente legge.

Art. 54.

(Polizia giudiziaria)

1. Per i reati militari esercitano funzioni di polizia giudiziaria, oltre alle persone indicate dal codice di procedura penale, i comandanti di corpo, di distaccamento o di posto.

2. In ciascuna procura militare della Repubblica è istituita una sezione specializzata di polizia giudiziaria.

TITOLO IV

MODIFICHE ALLA LEGISLAZIONE DI GUERRA

Art. 55.

(Norma di principio)

1. Fino alla riforma complessiva delle leggi penali militari di guerra si applicano, ove compatibili, le disposizioni del presente Titolo.

Art. 56.

(Applicazione della legge penale militare di guerra nello stato di pace)

1. La legge penale militare di guerra può essere eccezionalmente applicata nello stato di pace, nei casi previsti dalla legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa autorizzazione delle Camere.

 

 

Art. 57.

(Giurisdizione militare di guerra)

1. La giurisdizione militare di guerra è esercitata dagli organi giudiziari militari di pace. Si osservano le disposizioni processuali previste per il tempo di pace, fatta salva l’osservanza delle norme del presente Titolo.

Art. 58.

(Azione penale contro comandanti in guerra)

1. I reati commessi da comandanti nell’esercizio del comando durante lo stato di guerra sono puniti a richiesta del comandante supremo. Il potere di richiesta non è soggetto a termini.

2. Entro i tre mesi successivi alla cessazione dello stato di guerra la richiesta di cui al comma 1 può essere presentata dal Ministro della difesa.

Art. 59.

(Copie di atti e informazioni

al comandante supremo)

1. Il comandante supremo può chiedere all’autorità giudiziaria copie di atti processuali ed informazioni scritte sul loro contenuto; l’autorità giudiziaria deve provvedere nel termine stabilito nella richiesta o, in mancanza, entro cinque giorni.

2. L’autorità giudiziaria può trasmettere al comandante supremo copie di atti e informazioni anche di propria iniziativa.

3. Le copie di atti e le informazioni acquisite in applicazione dei commi 1 e 2 sono coperte dal segreto di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale.

Art. 60.

(Poteri di fermo del comandante)

1. Nel caso in cui un reato non colposo soggetto alla giurisdizione penale militare sia stato commesso o scoperto in navigazione o, comunque, in circostanze tali da rendere impossibile o non compatibile con le esigenze della guerra il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il comandante al quale sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria militare, se non si è proceduto ad arresto in flagranza, può disporre il fermo per tutti i reati punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni. In tal caso, e nel caso in cui si sia proceduto ad arresto in flagranza, si osservano le disposizioni dell’articolo 61.

Art. 61.

(Protrazione della custodia)

1. Il comandante, dopo l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato e l’eventuale compimento di atti di polizia giudiziaria, valutate la sufficienza degli indizi e la gravità del reato, se lo ritiene necessario per prevenire l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga o per salvaguardare la disciplina, l’ordine o la sicurezza della nave o del posto, dispone che sia protratto lo stato di custodia; in caso contrario ordina l’immediata liberazione. Successivamente egli ordina la liberazione, se sono venute meno le ragioni che hanno motivato la protrazione della custodia.

2. Entro quarantotto ore dal momento in cui sono venute meno le circostanze indicate nell’articolo 60, il comandante procede alla consegna dell’arrestato o del fermato all’autorità giudiziaria.

Art. 62.

(Conflitti armati internazionali)

1. L’articolo 165 del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 165. - (Conflitti armati internazionali) – Le disposizioni del presente titolo si applicano in ogni caso di conflitto armato internazionale, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra».

Art. 63.

(Modifiche all’articolo 185 del codice penale militare di guerra)

1. All’articolo 185 del codice penale militare di guerra sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Violenza di militari italiani contro persone civili o di abitanti dei territori occupati contro militari italiani»;

b) il primo comma è sostituito dal seguente:

«Il militare che, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro persone civili, che non prendono direttamente parte alle operazioni militari, è punito con la reclusione fino a cinque anni».

Art. 64.

(Modifica dell’articolo 185-bis del codice penale militare di guerra)

1. L’articolo 185-bis del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 185-bis. - (Altre offese contro persone protette dalle convenzioni internazionali) – Il militare che, per cause non estranee alla guerra, compie, a danno di prigionieri di guerra, di persone civili o di altre persone protette, atti di discriminazione razziale o di tortura, trattamenti inumani o degradanti, trasferimenti illegali, deportazioni, ovvero altre condotte vietate dalla convenzioni internazionali, è punito, qualora il fatto non costituisca più grave reato, con la reclusione fino a cinque anni».

Art. 65.

(Cattura di ostaggi)

1. L’articolo 219 del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 219. - (Cattura di ostaggi) – Il militare che, per cause non estranee alla guerra, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata, al fine di costringere lo Stato nemico, militari nemici o terzi, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.

Si applicano i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell’articolo 289-bis del codice penale.

Se il fatto è di lieve entità si applicano le pene previste dall’articolo 605 del codice penale, aumentata dalla metà ai due terzi».

Art. 66.

(Modifica all’articolo 230 del codice penale militare di guerra)

1. All’articolo 230, primo comma, del codice militare penale di guerra, dopo le parole: «reati preveduti dagli articoli» è inserita la seguente: «185,».

 

 

Art. 67.

(Modifica all’articolo 65 della legge

di guerra)

1. All’articolo 65 del testo della legge di guerra, di cui al regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, le parole: «, salvochè esse possano esserne ritenute solidalmente responsabili» sono soppresse.

 

TITOLO V

DISPOSIZIONI IN MATERIA

DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 68.

(Soppressione del ruolo dei magistrati

militari)

1. È soppresso il ruolo dei magistrati militari, istituito presso il Ministero della difesa ai sensi del regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316.

2. I magistrati militari in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge transitano nel ruolo dei magistrati ordinari secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza e, al momento del transito di ruolo, continuano ad esercitare le funzioni già ricoperte presso gli uffici giudiziari militari.

3. Il ruolo organico della magistratura è aumentato di 103 unità, delle quali tre con qualifica di magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive superiori e dieci di magistrato di cassazione.

4. È soppresso il Consiglio della magistratura militare, istituito dalla legge 30 dicembre 1988, n. 561.

5. È soppresso il corpo degli ufficiali della giustizia miliare, istituito dal regio decreto 28 novembre 1935, n. 2397.

Art. 69.

(Ufficio centrale per la giustizia militare)

1. Presso il Ministero della giustizia è istituito l’Ufficio centrale per la giustizia militare, avente attribuzioni corrispondenti a quelle del Dipartimento per la giustizia minorile.

 

 

Art. 70.

(Personale in servizio presso gli uffici

giudiziari militari)

1. Alla data di entrata in vigore della presente legge, il personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie militari transita nel ruolo delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza ed è assegnato allo stesso ufficio giudiziario ove prestava servizio al momento del transito di ruolo. La dotazione organica del personale delle cancellerie e delle segreterie è aumentata in misura corrispondente agli organici attualmente previsti concernenti le cancellerie e le segreterie giudiziarie militari.

2. Il personale amministrativo del Ministero della difesa che presta servizio presso uffici giudiziari militari può chiedere, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il transito nel ruolo del Ministero della giustizia di corrispondente profilo funzionale.

Art. 71.

(Locali degli uffici giudiziari militari)

1. Le modifiche alle circoscrizioni degli uffici giudiziari militari sono stabilite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro della difesa, previo parere del Consiglio superiore della magistratura.

Art. 72.

(Composizione del collegio giudicante della corte militare di appello)

1. All’articolo 3, quinto comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero 2), le parole: «due magistrati militari» sono sostituite dalle seguenti: «un magistrato»;

b) al numero 3), le parole: «due militari» e «estratti» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «un militare» ed «estratto».

 

 

 

 

 

TITOLO VI

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 73.

(Norme di adeguamento)

1. Quando in disposizioni di legge si fa riferimento ai reati previsti dal codice penale militare di pace, si intendono richiamati i reati previsti dalla presente legge.

2. La pena della reclusione militare prevista dalle disposizioni del codice penale militare di guerra è sostituita con la pena della reclusione di pari durata.

Art. 74.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati:

a) il codice penale militare di pace, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303;

b) il libro quarto del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303;

c) gli articoli da 57 a 91 dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022;

d) l’articolo 13, comma 2, del codice di procedura penale;

e) la legge 30 dicembre 1988, n. 561;

f) il regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316.

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA  ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 2493

DISEGNO DI LEGGE

 

 

presentato dal Ministro della difesa

(MARTINO)

di concerto col Ministro della giustizia

(CASTELLI)

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 SETTEMBRE 2003

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonchè per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

¾¾¾¾¾¾¾¾

 



 

Onorevoli Senatori. – 1. Premessa.

Il presente disegno di legge ha ad oggetto l’attribuzione al Governo di una delega legislativa finalizzata ad una revisione generale dei codici penali militari di pace e di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, ed al conseguente adeguamento delle norme dell’ordinamento giudiziario militare.

I codici penali militari italiani costituivano, già nella loro formulazione originaria, un corpo normativo di assai elevata qualità tecnica e di non particolare pregnanza politica, effetto riflesso della posizione istituzionale che continuava a connotare le Forze armate pur nel regime autoritario. Non a caso, il codice penale militare di guerra (c.p.m.g.) è stato ripetutamente utilizzato nel dopoguerra dall’Italia democratica per punire i crimini di guerra commessi dagli occupanti tra il 1943 e il 1945.

Mentre il codice penale militare di pace (c.p.m.p.) ha subìto in questi anni diverse modifiche, la più incisiva delle quali è stata quella recata dalla legge 23 marzo 1956, n. 167, il codice penale militare di guerra è rimasto sostanzialmente immutato, se si esclude l’abolizione della pena di morte di cui alla legge 13 ottobre 1994, n. 589.

Nel frattempo, la piena vigenza della Costituzione con i conseguenti interventi della Corte costituzionale ha portato a ulteriori conseguenze la conformazione di questa legislazione alla Carta costituzionale, eliminando le restanti disposizioni ritenute in contrasto con essa.

Dal punto di vista organizzativo, l’antico assetto proprio della magistratura militare è stato nel tempo rivisto sin nelle fondamenta, con la decisa rimozione di quelle caratterizzazioni che potevano qualificare negativamente la sua specialità come eccezione alle garanzie della imparzialità e del rigore nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità. Oggi dunque, dopo le riforme delle leggi 7 maggio 1981, n. 180, e 30 dicembre 1988, n. 561, ci si trova di fronte ad una magistratura che ha in tutto le stesse caratteristiche organizzative e di status, e le medesime garanzie di autonomia e indipendenza che sono proprie della magistratura ordinaria. La sua specificità consiste ormai solo nell’essere caratterizzata da una preziosa expertise attagliata alla qualificazione di militarità dei fatti, degli autori, dell’ambiente e delle circostanze, e dunque si risolve essenzialmente in specializzazione per materia su ciò che riguarda la presenza dell’interesse pubblico militare: non dissimilmente, del resto, da quanto avviene per organi della giurisdizione ordinaria caratterizzati, come questa, dalla presenza minoritaria di componenti non togati nei collegi giudicanti.

Malgrado un tale poderoso aggiornamento organizzativo dell’apparato giurisdizionale, per ciò che riguarda la strumentazione giuridica, la legislazione penale militare è rimasta ancora sostanzialmente ferma nella sua configurazione tradizionale. Nondimeno, sul piano fattuale e delle nuove esigenze pratiche, alle quali la legge deve per sua propria funzione anzitutto sopperire, il rapido e progressivo mutare dello scenario internazionale, con la fine del bipolarismo e l’apertura di un periodo di più diretto impegno italiano nel concorrere ad assicurare altrove la pace, ha generato nuove esigenze di tutela penale militare e aperto nuove prospettive, in cui l’uso della forza militare diviene strumento e garanzia dei beni essenziali e comuni dell’ordine e della stabilità internazionali. Le Forze armate sono andate associando alla loro tradizionale e primaria funzione di difesa nazionale altri e nuovi compiti, manifestatisi soprattutto in occasione delle numerose missioni all’estero in sostegno della pace e della sicurezza. A questi si sono aggiunti il concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni e lo svolgimento di compiti specifici in occasione di pubbliche calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza. Tutti questi «compiti delle Forze armate» sono ormai testualmente enunciati dall’articolo 1 della recente legge 14 novembre 2000, n. 331.

È comunque in occasione delle missioni di pace all’estero che si è sempre più manifestata la necessità di un’espressa e attuale modulazione che, pur evitando l’automatismo della integrale applicazione della legge penale militare di guerra ai corpi di spedizione all’estero in tempo di pace, già voluto dall’articolo 9 del c.p.m.g., evitasse per contro anche il reiterarsi di lacune, incongruenze e incertezze dovute all’impropria sua espressa inapplicazione, che era stata frettolosamente voluta con vari decreti-legge a partire dai primi interventi nel Golfo (1990) e che per i suoi gravi inconvenienti era stata stigmatizzata dalla dottrina giuridica. Il ricorso espresso al solo codice di pace, che è proprio di una condizione generale di addestramento anzichè di un impiego operativo che può anche giungere a rimarchevole intensità, lasciava infatti senza protezione situazioni e beni giuridici di primaria importanza in simili contesti di uso della forza, sovente delicato e pericoloso: non solo l’imputazione allo Stato degli atti dei componenti del contingente nello svolgimento dell’impegno, con connesse responsabilità e doveri, ma anche la necessaria coesione, in un tale ambiente, del contingente medesimo, come anche la condizione giuridica dei catturati. E venivano soprattutto lasciati senza specifica tutela penale, come l’esperienza concreta ha prima di tutto dimostrato, i soggetti deboli coinvolti (infermi, feriti, popolazione civile, prigionieri e così via): non può dimenticarsi che a difesa penale di tutti costoro, il nostro codice di guerra contiene, unico esempio per i tempi in cui fu posto, importanti disposizioni (quelle del Libro III, Titolo IV) sui «reati contro le leggi e gli usi di guerra», vale a dire su quelli che, sul piano internazionale, si chiamano «crimini di guerra». È grazie a quelle norme che in Italia fu possibile giudicare i criminali di guerra senza violare i princìpi di civiltà giuridica del nullum crimen sine lege e della precostituzione del giudice. Vale la pena di rammentare a questo riguardo quanto scrisse nel 1948 Giuliano Vassalli, nell’aggiornamento dell’Enciclopedia Italiana, sui Crimini di guerra: «l’Italia era l’unico paese che avesse ... un codice militare tanto moderno e che tanto perfettamente adeguasse il proprio diritto penale interno alle convenzioni internazionali».

In ragione di queste esigenze umanitarie oggi presenti dove più necessitano gli interventi di pace, dove sembra non si conoscano più limiti alle atrocità, oltre che per assicurare coesione e protezione ai nostri militari, il Governo, sin dai primi decreti-legge sull’operazione Enduring Freedom (decreto-legge 1º dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, ed il decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15) fu dell’avviso di non derogare più all’applicazione di quel codice, ma solo alle sue obsolete disposizioni sulla cosiddetta giustizia di guerra. Al contempo, lo stesso Governo volle l’introduzione, o direttamente nel caso di urgenza, o con il disegno di legge di conversione, o comunque condividendo la quasi generalità dei relativi emendamenti approvati, di alcuni primi adattamenti di quel pur sempre valido tessuto normativo al diverso quadro costituzionale, alle mutate esigenze operative e all’aggiornamento del diritto internazionale umanitario.

Si avviò così, sotto la pressante spinta di dare uno status giuridico congruo alla operazione internazionale di lotta al terrorismo, una prima attualizzazione di questo corpo normativo.

Il Governo intende ora dare completo e fattivo seguito a quella sua prima e urgente iniziativa riformatrice, dando corso ad una revisione ed attualizzazione generale di questo settore dell’ordinamento.

Fu, anzi, proprio in occasione della conversione in legge del secondo di quei decreti, che il Governo, sùbito accogliendo convergenti ordini del giorno, si impegnò politicamente il 23 gennaio 2002 davanti al Senato della Repubblica a presentare un disegno di legge per una delega legislativa volta ad introdurre un corpo di norme per la disciplina generale delle missioni all’estero e per razionalizzare, in armonia con la Costituzione, l’organizzazione e il riparto della giurisdizione tra l’autorità giudiziaria militare e l’autorità giudiziaria ordinaria; e che, analogamente e con altrettanta immediatezza, il 29 gennaio 2002 si impegnò davanti alla Camera dei deputati.

È, appunto, muovendo dal più che spontaneo adempimento ad un tale impegno, pienamente convergente con i suoi intendimenti in tema di Difesa, che il Governo ora presenta all’approvazione delle Camere questa iniziativa di revisione generale della legge penale militare e di alcune norme dell’ordinamento giudiziario militare. A questo scopo il Governo, per poter garantire la massima espressione della qualità tecnica e della condivisione di contenuti, si è avvalso dell’accurata opera di una qualificata Commissione di studio, nominata dal Ministro della difesa, autorevolmente presieduta dal Procuratore generale militare presso la Corte di Cassazione, dott. Giuseppe Scandurra, e composta da esperti di primo piano delle magistrature, dell’università e del mondo militare, e rappresentativa di un’ampia varietà di posizioni, che ha atteso ai relativi lavori a ritmo serrato per il tempo intercorso.

Quanto ai contenuti, oltre quanto si è già detto, va considerato, in tale contesto, che è il riferimento alla presenza del ricordato interesse militare – additato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e dalla più recente e accreditata dottrina come l’elemento sostanziale di definizione dell’ambito di questa giurisdizione – che ha guidato la razionalizzazione del riparto di giurisdizione. Interesse militare che è presente non soltanto nel profilo soggettivo ma, ovviamente, anche nelle caratteristiche oggettive e occasionali delle fattispecie, e che conduce agevolmente a sottoporre al vaglio di questo ben organizzato giudice, ormai altrettanto autonomo e indipendente di quello ordinario, ma con in più l’indispensabile expertise, la conoscenza dei fatti in cui l’interesse stesso è coinvolto. Si tratta infatti di un giudice pienamente legittimato, che produce giustizia a pieno e ottimo titolo, applicando le norme dell’ordinamento senza distinzione e che ha in più, a proposito di un contesto complesso quale la militarità, quella specializzazione che, per un elementare criterio, costituisce la formula organizzativa principe.

A questo riguardo, si deve tra l’altro considerare la materia dei crimini di guerra, che è anche un oggetto dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232. Poichè l’Italia, sottoscrivendolo, si è impegnata a darvi attuazione e questo comporta, secondo la dottrina internazionalistica, che siano colmate eventuali lacune dell’ordinamento interno circa la repressione dei fatti corrispondenti ai crimini internazionali previsti dallo Statuto medesimo, le rammentate previsioni del libro III, titolo IV, del codice penale militare di guerra circa i reati contro le leggi e gli usi di guerra, già oggetto di alcune delle recenti prime modifiche (ad esempio gli articoli 165, 183, 184-bis, 185, 185-bis) e che definiscono questa come la giusta sedes materiae per il relativo adattamento, vanno con l’occasione ulteriormente integrate per ottenere una compiuta e finale conformazione all’articolo 8 (sui crimini di guerra) di tale significativo strumento internazionale e alle altre convenzioni di diritto umanitario per noi impegnative. In tale modo la nostra legislazione interna manterrà intatto, su questi temi di così alto significato, quel primato umanitario che, come si è ricordato, la ha già in passato positivamente contraddistinta e che aveva fatto della legge penale militare italiana uno strumento di eccezionale modernità e garanzia.

Al tempo stesso, le importanti trasformazioni di struttura dello strumento militare introdotte nel corso di questi ultimi anni, non solo con la riconfigurazione della loro organizzazione, ma anche con la decisa trasformazione verso il servizio militare professionale (legge 14 novembre 2000, n. 331), richiedono, ove appare necessario nei codici, che siano aggiornati e riconsiderati precetti e sanzioni, in modo tale da rendere più attuale la protezione dei beni giuridici che sono a fondamento delle Forze armate e che debbono avere particolare fondamento e vigore in un esercito a base volontaria. Non può, infatti, sfuggire che, dal punto di vista dello statuto penale, il passaggio ad una siffatta forma di reclutamento richiede, in corrispondenza al modello di militare che si vuole ne derivi, motivato quanto pronto e fedele alle istituzioni, che siano considerate con particolare attenzione le esigenze legate alla coesione, alla valorizzazione delle responsabilità e alla rispondenza della struttura operativa agli obiettivi discendenti dalla fonte costituzionalmente legittimata a definirli.

La revisione dei codici militari comporta anche, per riflesso organizzativo, la revisione dell’ordinamento giudiziario militare di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e poi profondamente rivisto con le leggi 7 maggio 1981, n. 180, e 30 dicembre 1988, n. 561, che hanno attribuito alla magistratura militare, pur nel rispetto della sua specializzazione, uno statuto e delle garanzie di autonomia e indipendenza ormai del tutto simili a quelle della magistratura ordinaria. Ed è anche per aggiornare ulteriormente queste previsioni, pertanto, e in primis per rimuovere quelle sulla ricordata «giustizia di guerra», che il Governo domanda di essere delegato a legiferare, per quanto nei contenuti termini che si vedranno.

È una precisa scelta quella di procedere con il metodo della novellazione dei codici esistenti, anzichè di redigere codici penali militari del tutto nuovi. A parte i tempi di predisposizione sia del testo della legge delega sia del decreto legislativo, che sarebbero stati assai più lunghi e avrebbero frustrato l’impegno preso dal Governo con il Parlamento mentre invece l’impegno nelle missioni prosegue, va considerato con realismo, obiettività e dovuta attenzione, il dato di base che l’impianto dei codici esistenti è di eccellente fattura tecnica e costituisce un patrimonio da non disperdere se non per ragioni imprescindibili, che qui non ricorrono nella realtà condivisa. Va anche considerato che su di essi si è formato in questi decenni, grazie all’apporto della giurisprudenza e della dottrina, un cospicuo e specialistico diritto vivente, in relazione al quale si sono consolidate certezze e prevedibilità che richiederebbero un nuovo lungo tempo per formarsi nuovamente, e a prezzo di un lungo periodo di difficile nuovo orientamento per destinatari che, soprattutto in teatro di operazioni, domandano invece certezze e immediatezze. Va considerato, nondimeno, che non si vede come un tale impianto di base possa essere sostituito se non con uno che sostanzialmente, se vuole essere condiviso, ne replichi gli istituti e le implicazioni, sicchè a seguire quella via vi sarebbe un inutile eccesso di mezzo rispetto al fine. Va considerato, ancora, che proprio nello Stato più autenticamente democratico l’efficienza e la ferma rispondenza delle Forze armate al mandato assegnato dalle espressioni costituzionali della volontà popolare e verificato dalle istituzioni di garanzia generale, richiede una pregnante tutela penale di beni sostanziali e di interessi organizzativi a ciò strumentali: il riconoscimento della più alta dimensione pubblica – e perciò di una specifica qualificazione penale, oggettiva e soggettiva – dell’interesse militare, in tale contesto, è esso stesso elemento del complessivo corretto, coerente e moderno funzionamento democratico delle istituzioni.

Tutte queste considerazioni, rapportate al fatto che la legge penale militare, lungi dall’essere un sistema integralmente autosufficiente, è retta dal principio di complementarità rispetto a quella comune, inducono senz’altro a preferire la soluzione di una sicura revisione, per quanto generale ed incisiva, del testo esistente piuttosto che la lunga e tormentata via di una tabula rasa e di una rifondazione, fatalmente solo formale oppure esposta ad un elevato tasso di opinabilità e confutazione, della intera materia.

Quanto allo strumento, la delega legislativa appare la via tecnicamente da preferire, secondo quanto è uso fare in casi simili. I «lunghi» princìpi e criteri direttivi, elaborati dalla Commissione di studio, che qui vengono proposti, danno peraltro, con la loro analiticità, piena e integrale attuazione al precetto dell’articolo 76 della Costituzione e segnano un particolare rispetto verso il ruolo del Parlamento.

Sui contenuti della delega il Ministro della difesa ha richiesto, a norma dell’articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 24 marzo 1989, n. 158, il parere del Consiglio della magistratura militare, competente ad esprimere l’avviso sui disegni di legge «riguardanti l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia militare».

Il Consiglio ha espresso il proprio parere (atto del Plenum n. 213 del 27 maggio 2003), in termini di positiva valutazione. Il Consiglio ha affermato che «lo schema di legge delega presenta un impianto complessivo che recepisce le sollecitazioni ripetutamente rivolte dalla magistratura militare agli organi titolari del potere legislativo e delinea un quadro di princìpi e criteri che rendono possibile il varo di una normativa idonea ad assicurare razionalità e completezza alla legislazione penale militare, oggi disseminata di incongruenze e lacune e per tale ragione causa principale di un frammentario e insoddisfacente esercizio della giurisdizione. Gli obiettivi della legge delega sono senza dubbio da condividere, discendendo da essi un recupero di funzionalità ed efficienza della giurisdizione penale militare ed essendo ciò condicio sine qua non per il corretto permanere dell’istituzionale esercizio di questa speciale giurisdizione. Sicchè è da accogliersi con soddisfazione questa inversione di tendenza, che segna il superamento di una lunga fase di inerzia e pone le premesse per l’introduzione di elementi di razionalità e coerenza nell’ambito della legislazione penale militare».

Contestualmente, il Consiglio ha anche espresso l’avviso su alcuni temi che, anche oltre le questioni di ordine giudiziario, riguardano il merito della riforma.

Delle osservazioni del Consiglio il Governo ha tenuto considerazione, aderendo ad esse ove opportuno e ove finanziariamente possibile.

Nel disegno di legge delega, in relazione alle esigenze di tutela penale degli interessi delle Forze armate, è stata così espressamente mantenuta la fondamentale bipartizione nei due corpi normativi fondamentali, aventi come riferimento centrale l’uno la condizione addestrativa delle Forze armate, l’altro quella operativa. Nel quadro di quest’ultima, in cui i beni giuridici tutelati sono un indispensabile strumento della coerenza dello strumento militare impegnato, lo statuto penale delle operazioni militari armate all’estero viene configurato – conformemente alla crescita della loro importanza – in termini modulati e in modo parzialmente autonomo rispetto anche alla situazione di vera e propria guerra o conflitto armato, non solo per quanto riguarda la selezione dei precetti da congruamente invocare al riguardo, ma anche con opportuna modulazione e gradazione delle sanzioni. Si va, cioè dalla situazione estrema – quella della vera e propria guerra difensiva – in decrescendo verso modulazioni diverse dell’uso della forza militare, sostanzialmente fino al peace keeping, in modo tale da assicurare la congruenza e la proporzionalità dell’esigenza di coesione rispetto al contesto operativo generale dell’azione militare.

Si è comunque proceduto anzitutto alla individuazione dei beni giuridici da tutelare.

Sotto un primo profilo, con riguardo alla tutela dei beni e degli interessi specificamente militari del servizio e della disciplina (destinati inevitabilmente a costituire il nucleo fondamentale di ogni legislazione penale militare), si è potuto verificare che, nonostante il tempo trascorso dall’emanazione dei codici, i mutamenti nella organizzazione delle Forze armate, l’affidamento a queste di nuovi compiti (articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331 - realizzazione della pace e della sicurezza in conformità alle regole del diritto internazionale, salvaguardia delle libere istituzioni, intervento in circostanze di pubbliche calamità), hanno fatto ritenere soddisfacente un mero aggiornamento, rispetto alle previsioni del 1941, senza giungere ad una rielaborazione di più vasta portata.

In tale ambito, l’imprescindibile rilievo del principio di offensività conduce comunque ad una riconsiderazione delle fattispecie in cui la normativa vigente appare connotata da eccessivo rigore, ovvero da una dimensione del tutto formale.

Sotto un secondo profilo, è stato verificato fino a che punto la presenza di specifici caratteri di militarità possa consentire la qualificazione, in termini di reato militare, di fatti che sono offensivi di interessi comuni (sicurezza dello Stato, persona, patrimonio, pubblica amministrazione). Al riguardo hanno assunto rilievo, ai fini di una definizione non restrittiva del concetto di reato militare, la raggiunta equiparazione delle garanzie assicurate dalla giustizia militare all’imputato militare, in termini di indipendenza del giudice ed in termini di regole processuali (oggi, la legge prevede maggiori garanzie per l’imputato militare rispetto a quello comune, come ad esempio, in tema di collegialità dei giudizi o di presupposti per l’adozione di misure cautelari), come pure la progressiva omogeneizzazione della disciplina generale del reato militare (ad esempio in tema di imputazione soggettiva, di scusabilità dell’ignoranza della legge o di ammissibilità delle sanzioni sostitutive) rispetto al reato comune.

Inoltre, non è apparso indifferente, nell’ottica della individuazione del concetto di reato militare, verificare gli interventi sulla parte generale dei codici penali militari (così con riguardo al sistema sanzionatorio, al sistema delle scriminanti e delle circostanze, alla previsione di specifiche cause di estinzione del reato e della pena), il cui esame appare in certo senso pregiudiziale rispetto alla formulazione delle scelte di parte speciale.

Nel rivedere la parte sostanziale dei codici penali militari, il provvedimento àncora l’individuazione dei reati militari a interessi definibili come militari e come tali degni di tutela. In merito, è indubbio che molti reati comuni, in presenza di ben circostanziate ipotesi e se considerati in rapporto agli interessi militari, assumono una ulteriore offensività in grado di compromettere la salvaguardia dei valori che le Forze armate sono chiamate a tutelare, così da rendere indispensabile – nel rispetto del canone della ragionevolezza che presiede al discrezionale apprezzamento del legislatore in materia – la loro attrazione nell’ambito della giurisdizione penale militare (Corte cost. n. 42 del 1977, n. 298 del 1995). Tali valori sono da ricondurre, anzitutto, a quel valore - fine costituito - della «difesa della Patria» (articolo 52 della Costituzione), inteso come difesa da attacchi esterni, ma anche come salvaguardia delle libere istituzioni. Inoltre, se tra i compiti delle Forze armate rientrano le azioni finalizzate alla realizzazione della pace e della sicurezza (conformemente, tra l’altro, alle regole del diritto internazionale), nonchè lo svolgimento di attività specifiche in situazioni di pubbliche calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza, è chiaro che anche quei beni funzionali a tali scopi delle Forze armate devono essere tutelati. La «salvaguardia delle libere istituzioni» e lo «spirito democratico» cui deve improntarsi l’ordinamento delle Forze armate postulano una rigorosa e approfondita tutela dei valori e dei beni comunque interessanti la persona, nei confronti sia del singolo militare sia dei terzi, a contatto dei quali (cittadini e non) i militari operino, in Patria e all’estero. Soltanto attraverso il continuo e pressante richiamo alla centralità della persona, sarà possibile mantenere al centro dell’universo militare gli imprescindibili valori di democraticità, libertà, dignità e uguaglianza della persona; da qui la previsione, quali reati militari, dei reati contro la persona, nonchè di quei reati (ad esempio contro la fede pubblica e la pubblica incolumità) attraverso i quali si devono, altresì, tutelare la correttezza dei rapporti tra mondo militare e realtà civile, in cui le Forze armate sono e sempre più saranno chiamate ad operare.

Si espone di seguito il contenuto dell’articolato.

2. - Articolo 1. – Delega al Governo

L’articolo 1 contiene la delega legislativa al Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi concernenti disposizioni modificative ed integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, nonchè dell’ordinamento giudiziario militare, della legge 7 maggio 1981, n. 180, di modifica dell’ordinamento giudiziario militare di pace e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, di istituzione del Consiglio della magistratura militare.

3. - Articolo 2. – Princìpi e criteri direttivi generali

L’articolo 2 fissa i princìpi ed i criteri direttivi generali della delega.

Una riforma novellistica dei codici penali militari di pace e di guerra, nonché una ridefinizione dei limiti della giurisdizione penale militare e una modifica dell’ordinamento giudiziario militare, a distanza di oltre 60 anni dalla loro emanazione, non potevano che prendere le mosse – nel prospettare i princìpi ed i criteri direttivi per il legislatore delegato - dalla necessità di adeguare la suddetta normativa ai princìpi che, in materia, si ricavano dalla Costituzione repubblicana del 1948.

Ciò premesso, va osservato che, nella specie, la consueta generica formula, indicativa di una «conformità ai princìpi e ai valori della Costituzione della Repubblica», pur usuale e necessaria ad un tempo – e, come tale, inserita nell’articolo 2, comma 1, capoverso – non è sembrata sufficiente.

Infatti, alcuni di questi princìpi costituzionali – senza che se ne voglia certo sostenere una maggiore valenza rispetto ad altri – sono emersi con particolare intensità negli ultimi tempi, sia dalle numerose questioni di legittimità costituzionale sollevate nei giudizi in corso davanti alla giurisdizione penale militare, sia, e soprattutto, in virtù delle pronunce della Corte delle leggi.

Si è ritenuto, pertanto, di assegnare ad essi un risalto particolare, indicandoli espressamente: princìpi di personalità, di offensività, di sufficiente determinatezza, di colpevolezza – articolo 2, comma 1, lettera c) – e, in tema di opzione penale e depenalizzazione, quelli di proporzione e di sussidiarietà – articolo 2, comma 1, lettera d).

Il loro evidenziarsi può richiedere appena qualche breve nota di commento, consistente nel rilevare che, prima della Costituzione, essi erano quasi ignorati e comunque trascurati o, addirittura, avversati, proprio per il loro mancato riconoscimento in una Costituzione rigida.

Quanto ora osservato, peraltro, non toglie certo significatività agli altri, emersi subito, già da una prima lettura del testo, dopo l’entrata in vigore della Costituzione e che furono immediatamente riconosciuti, sia in sede giurisprudenziale sia dottrinale.

Essi sono, in buona parte, propri di tutto il sistema penale, generale o speciale che sia. Riguardano, quindi, anzitutto la legge penale comune e, poi, la legge penale militare. Altri, addirittura riguardano, ancora più in generale, l’intero ordinamento giuridico.

E nella riforma deve tenersi doveroso conto di tutti questi princìpi, pur ripartiti in questi tre gruppi: princìpi costituzionali inerenti all’intero ordinamento giuridico; princìpi costituzionali propri del sistema penale; princìpi costituzionali del sistema penale, che si sono particolarmente posti in evidenza.

Ovviamente, appare necessario sottolineare, anzitutto, alcuni di quelli del primo gruppo.

Numerosi princìpi, infatti, nella Costituzione o in leggi costituzionali, vincolano in generale il legislatore, pur non avendo specifico riferimento al settore penale: e sono, ad esempio, quelli, fondamentali per tutto l’ordinamento, che riconoscono i diritti inviolabili dell’uomo (articolo 2 della Costituzione) e l’uguaglianza (articolo 3 della Costituzione) o quelli attributivi dei diritti di libertà (nelle varie forme della libertà di pensiero, di stampa, di sciopero, di riunione).

Non meno dotati di rilievo ai nostri fini, poi – onde non si vede come si possa «costruire» oggi un nuovo sistema penale sostanziale o «rivedere» quello esistente, «novellandolo», senza rispettarli (pena la incostituzionalità della norma) – sono i princìpi relativi al grande tema delle fonti di produzione, ricavabili tutti dall’articolo 25, secondo comma, di riserva assoluta di legge statale, di irretroattività della norma penale sfavorevole, di tassatività (intesa come divieto di analogia in malam partem e, secondo qualche opinione, anche in bonam partem), di materialità (come esclusione della rilevanza penale di fatti meramente interni al soggetto).

E ancora, quanto al tema delle possibili conseguenze giuridiche del reato, si deve certamente tener conto dei princìpi ricavabili dall’articolo 27 della Costituzione, quali quello del divieto della pena di morte (divieto esteso dalla legge 13 ottobre 1994, n. 589, anche alle violazioni delle leggi penali militari in tempo di guerra), nonchè quelli della umanizzazione, proporzionalità e tendenza rieducativa della pena.

A questi princìpi costituzionali cardine del sistema penale vanno aggiunti, poi – nel grande quadro di riferimento – quelli, sempre riguardanti il sistema penale, ma talora, forse, meno evidenti e ricavabili da altre norme costituzionali, quali, e sia detto senza pretesa di esaustività, quelle degli articoli 10, 24, 26, 68, 75, 79, 87, 90, 96 e 101 della Costituzione.

Ciò premesso, non può non riconoscersi che soprattutto i quattro princìpi sopra indicati, ossia quelli di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza (ed ancora, come si vedrà più avanti, quelli di proporzione e di sussidiarietà), siano stati tenuti presenti nella stesura del presente disegno di legge per la esistenza di varie norme dei codici penali militari che aprono rischiose prospettive di responsabilità per fatto altrui, per fatto inoffensivo, per fatto indeterminato e, quindi, non riconoscibile dalla previsione astratta (o, il che in definitiva è lo stesso, ricostruibile con particolare difficoltà), o per fatto non richiedente nè dolo nè colpa ed attribuito a mero titolo di responsabilità oggettiva.

Pur se, dal punto di vista quantitativo, tali princìpi non abbiano dato luogo ad un rilevante numero di sentenze costituzionali, non si può certo dimenticare, in particolare, quanto al principio di colpevolezza, la sentenza costituzionale del 20 febbraio 1995, n. 61, relativa all’articolo 39 del codice penale militare di pace ed affermativa dell’efficacia scusante della ignoranza inevitabile dei doveri inerenti allo stato militare; sentenza costituente lo sviluppo ulteriore della storica sentenza costituzionale n. 364 del 1988, relativa all’articolo 5 del codice penale comune. E, del pari, non può omettersi di ricordare la sentenza costituzionale n. 2 del 1991, relativa all’articolo 233, primo comma, n. 1), del codice penale militare di pace, in tema di furto militare d’uso con mancata restituzione della cosa sottratta, dovuta a caso fortuito o forza maggiore; costituente, questa volta, ulteriore sviluppo della sentenza n. 1085 del 1988 (anch’essa collegata alla storica sentenza costituzionale n. 364 del 1988).

Le ipotesi di reato in cui la responsabilità penale derivi da fatti altrui, indeterminati, inoffensivi o incolpevoli, restano puntualmente precluse da quei princìpi costituzionali; e la Corte delle leggi lo ha, appunto, varie volte già affermato.

Come già accennato, nel quadro emergente dalla necessità di uniformare il diritto penale militare ai princìpi costituzionali del sistema penale, occorre tener conto di un altro aspetto di particolare rilievo: della possibile previsione di nuove figure di reato militare, o, al contrario, della depenalizzazione.

In tale prospettiva, si muove il richiamo, di cui all’articolo 2, comma 1, lettera d), del disegno di legge, dei due princìpi di proporzione e di sussidiarietà: princìpi che segnalano, il primo, la necessità di uno specifico aspetto dell’interesse da proteggere penalmente e di una particolare gravità dell’offesa da sanzionare (danno o pericolo concreto); il secondo, l’insufficienza delle sanzioni non penali al fine di impedire il fatto stesso.

Essi sono, entrambi, ricavati da norme della Costituzione: e, precisamente, il primo, dall’articolo 27, terzo comma, nella parte in cui assegna alla sanzione penale funzione rieducativa e, come tale, proporzionata alla gravità del fatto; e il secondo dall’articolo 13, secondo comma, della Costituzione, che consente di ricorrere alla limitazione della libertà personale (e tale è sempre, direttamente o indirettamente – attesa la convertibilità – il contenuto afflittivo della sanzione penale) solo come extrema ratio.

In tali princìpi, sono da ritrovare le linee guida per le scelte legislative sulla previsione di un fatto come reato o solo come illecito amministrativo (e, quindi, anche per le scelte sulla depenalizzazione).

E da tali princìpi sono stati ricavati i riferimenti nelle ipotesi in cui si è trattato di scegliere se proporre di conservare figure di reato o lasciare il campo alla depenalizzazione.

È stato, in particolare, necessario costruire, in relazione alle varie fattispecie, un concetto di reato militare incentrato sull’offesa ad un concreto bene o interesse giuridico, piuttosto che sulla mera violazione di un dovere incombente sul militare, secondo l’impostazione che fu propria dei compilatori degli attuali codici. Necessità scaturente dalla stessa esigenza di fissare un sistema conforme alle norme ed allo spirito della Costituzione, che pone come direttrice fondamentale di politica legislativa penale il principio di offensività del reato. Tale necessità ha imposto la previa individuazione delle fondamentali categorie di oggettività giuridiche bisognevoli di tutela, costituendo le stesse il vero e proprio supporto del principio di offensività.

I codici penali militari del 1941 erano basati sul principio della tutela di doveri giuridici, mentre la tutela del bene o interesse giuridico rimaneva in secondo piano. Tale prospettiva non è più attuale, poichè il concetto di dovere, in una visione realistica del bene giuridico, non è rispettoso del principio di offensività.

Sulla base di tali valutazioni, si è tentato di giungere ad una costruzione del reato militare incentrato sul principio di offensività, allo scopo di identificare i beni giuridici da tutelare. Per assolvere ad una funzione autenticamente di garanzia, questi beni non potevano che essere mutuati, come avanti esposto, da quei valori, pur preesistenti alla norma penale, ma presenti nella Costituzione o, al più, desumibili dalla realtà delle Forze armate nell’attuale contesto storico.

Per ricordare qui, a modo di esempio, solo uno di tali casi, basta far riferimento al reato di violata consegna (articoli 118 e seguenti c.p.m.p.) per il quale si dovrebbe inserire, nella descrizione del fatto, il requisito di danno o pericolo concreto che giustifichi la rilevanza penale (nel rispetto, appunto, del principio di proporzione e, al tempo stesso, di quello di offensività) riguardo alle ipotesi in cui quel requisito difetti, ipotesi da lasciare all’area dell’illecito amministrativo-disciplinare.

È di grande interesse segnalare, a completamento del quadro, anche quali siano i princìpi costituzionali sulla cui base, in concreto, sono state emesse negli ultimi dieci anni pronunce di incostituzionalità di norme contenute nelle leggi penali militari sostanziali o processuali.

Ne resta puntualmente confermato, infatti, il panorama sopra delineato e, quindi, il bisogno di uniformare ad essi la «novellazione» del sistema.

E così, dalle sentenze costituzionali emerge il particolare rilievo assunto nel «diritto vivente» degli ultimi dieci anni, appunto, dagli articoli 3 (uguaglianza e ragionevolezza), 13 (libertà personale), 17 (libertà di riunione), 21 (libertà di manifestazione del pensiero), 24 (diritto alla difesa), 25 (divieto di sottrarre l’imputato al giudice naturale; irretroattività della legge penale), 27, terzo comma (funzione rieducativa della sanzione penale), 31 (tutela della famiglia), 32 (diritto alla salute), 52 (dovere di difesa della Patria; democraticità delle Forze armate), 103, terzo comma (giurisdizione penale militare), 108 (indipendenza della magistratura).

Come già ricordato, l’adeguamento della normativa da «novellare» concerne non soltanto le norme di diritto sostanziale, ma anche quelle processuali, nonchè quelle dell’ordinamento giudiziario militare.

Ora, quanto a tali settori normativi, i princìpi costituzionali ai quali fare riferimento sono del pari numerosi, anche se in misura minore (alcuni risultano già dal panorama giurisprudenziale delineato in precedenza), rispetto a quelli relativi al diritto sostanziale.

E vanno, per ricordarne solo alcuni, dagli articoli 11, 24, 25, primo comma, 103, terzo comma, e 111 della Costituzione, alla VI delle Disposizioni transitorie e finali della stessa. Norme, queste, nel cui ambito, rispettivamente, vengono in rilievo, tra l’altro, i princìpi della difesa, del giudice naturale, dell’indipendenza del giudice, del giusto processo, del contraddittorio.

All’articolo 2, comma 1, lettera a), del disegno di legge viene previsto l’obbligo di adeguare la legge penale militare agli obblighi nascenti per l’Italia dal diritto internazionale umanitario, con richiamo esplicito alla necessità di dare attuazione allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, limitatamente alla disciplina penale e alla punizione dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra.

La successiva lettera b) prevede l’adeguamento del Codice penale militare di guerra in riferimento ai conflitti armati o alle operazioni militari all’estero, con particolare riguardo alle missioni di pace affidate alle Forze armate.

La lettera e) prevede, infine, che il legislatore riveda e armonizzi la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonché del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune.

4. - Articolo 3. – Modifiche al codice penale militare di pace

L’articolo 3 reca i princìpi e criteri direttivi per le modificazioni del codice penale militare di pace.

4.1. – Parte generale

Quanto alla parte generale, viene prevista l’eliminazione di ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune, che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare.

4.1.1. – Pene militari

L’attuale sistema delle pene militari, disciplinato dagli articoli 22 e seguenti c.p.m.p., si fonda sia su pene speciali militari sia sulla utilizzazione di talune pene comuni.

Originariamente, le pene speciali erano costituite dalla pena di morte e dalla reclusione militare, mentre le pene comuni erano quelle dell’ergastolo e della reclusione comune.

Dopo l’abolizione definitiva della pena di morte, disposta anche per il c.p.m.g. e per le leggi militari di guerra con legge 13 ottobre 1994, n. 589, è residuata, come pena militare vera e propria, solo la reclusione militare.

Essa si caratterizza come una pena autonoma, dotata di autonoma disciplina giuridica, sia per le modalità esecutive, sia per gli effetti ad essa collegati.

A norma dell’articolo 26, primo comma, c.p.m.p., la reclusione militare viene, infatti, scontata in uno speciale stabilimento militare di pena, con l’obbligo del lavoro, secondo le norme stabilite dalla legge o dai regolamenti militari approvati con decreto del Presidente della Repubblica. Non è previsto l’isolamento notturno, imposto, invece, per la reclusione comune, dall’articolo 23 c.p. e ad essa non accedono le pene accessorie comuni previste dagli articoli 28 e segg. c.p., ma diverse e specifiche pene militari accessorie. Disponendo che la pena militare deve essere espiata in uno stabilimento militare di pena, il legislatore ha inteso perseguire un triplice scopo: in primo luogo, ha tenuto separati i detenuti militari da quelli comuni; in secondo luogo, ha voluto far sì che il militare rimanesse sempre in ambiente militare ed assoggettato alla legge penale militare ed alla disciplina militare; infine, ha voluto specificatamente che, in aggiunta ai comuni mezzi di rieducazione (lavoro, istruzione, e così via), venissero espletati anche quelli tipicamente militari, consistenti nell’istruzione militare e nell’addestramento militare, idonei ad assicurare, oltre al reinserimento sociale del condannato, l’attitudine alla ripresa del servizio militare. Va, inoltre, evidenziato che il militare condannato in espiazione di pena è un militare considerato in servizio alle armi (articolo 5 c.p.m.p.).

Ciò premesso, il disegno di legge prevede, anzitutto, il mantenimento della reclusione militare come pena autonoma rispetto alla reclusione comune, in considerazione delle peculiari caratteristiche sopra evidenziate. Si intende proporre, inoltre, una nuova disciplina delle modalità di esecuzione della reclusione militare, secondo criteri idonei ad assicurare, oltre al reinserimento sociale del condannato, una più spiccata attitudine alla ripresa del servizio militare, con la definizione di norme di raccordo fra le leggi di ordinamento penitenziario e quelle di ordinamento penitenziario militare.

Si è ritenuto, anche, di mantenere l’attuale previsione secondo cui la reclusione militare può essere inflitta anche per reati puniti con pena superiore nel massimo a cinque anni, così che, in nessun modo, può operare la pena accessoria della degradazione.

Se ne deduce che, per certi reati militari, anche la condanna a pena detentiva avente una durata superiore a cinque anni, non determina una «indegnità militare» e non rende, quindi, la detenzione militare incompatibile con il mantenimento della qualità di militare.

È stato, invece, ritenuto opportuno diminuire da trenta giorni a quindici giorni il minimo previsto per la reclusione militare (equiparandolo a quello previsto per la reclusione comune), considerato che non sussiste più alcun motivo per mantenere una diversa misura. È da rilevare, al riguardo, che l’elevazione a tale maggiore livello di un mese fu motivata con l’opportunità di assicurare una corrispondenza con la misura delle sanzioni detentive disciplinari, ugualmente fissata ad un mese. A prescindere dal rilievo che tale corrispondenza non può, oggi, essere considerata valida, va rilevato che, attualmente, la misura massima prevista per l’inflizione della consegna di rigore, che è la più grave delle sanzioni disciplinari militari di corpo, non supera il limite di quindici giorni (articolo 14 della legge 11 luglio 1978, n. 382). Non vi è, perciò, alcuna ragione per mantenere un minimo edittale della reclusione militare diverso da quello previsto per la reclusione comune. Vi è, poi, da considerare che, ai sensi dell’articolo 63, n. 3, c.p.m.p., la stessa reclusione militare può essere applicata, in sostituzione della reclusione inflitta per reati comuni, anche per periodi inferiori ad un mese.

Non dovendosi più ritenere sussistenti le condizioni ostative all’inserimento della pena della multa fra le pene militari (opportunità di non creare motivi discriminatori fra soggetti dotati di maggiore capacità patrimoniale e quelli privi di beni personali), si è ritenuto di dover inserire anche la multa fra le pene comuni applicabili ai reati militari.

In tema di pene accessorie militari, non sono state, anzitutto, ritenute necessarie modifiche alla attuale disciplina della degradazione.

Per quanto concerne la rimozione – che è pena accessoria del tutto originale e coerente con specifiche esigenze del consorzio militare, consistenti nell’assicurare la prosecuzione della prestazione del servizio militare, nella posizione di militare di ultima classe, anche da parte dei militari che, a cagione del reato commesso, si siano rivelati indegni di continuare a ricoprire il grado posseduto – la funzione di tale istituto sembra ancorata, soprattutto, alle situazioni in cui è applicabile la legge penale di guerra, dato che, in tempo di pace, appare difficile immaginare la prosecuzione del servizio militare, come semplice soldato o militare di ultima classe, da parte dei militari che, anteriormente alla condanna, rivestivano un grado. Tale considerazione è, soprattutto, valida con riguardo alla imminente professionalizzazione delle Forze armate, in cui l’attribuzione di un grado è, comunque, connessa alla instaurazione di un rapporto di impiego.

Nonostante tali osservazioni, è sembrata opportuna la conservazione di pena accessoria in esame, la cui applicazione è oggi prevista a seguito di condanne alla reclusione militare per un tempo superiore a tre anni.

La individuazione di specifiche ipotesi di reato che rendano obbligatoria la rimozione (per reati comuni: articolo 33, n. 2, c.p.m.p.), ovvero che ne impongano l’applicazione automatica desta particolare perplessità, perchè non consente, nè al giudice, nè alla amministrazione militare, una valutazione in concreto di proporzione e congruità fra la gravità della condanna irrogata e l’effetto, particolarmente incisivo sullo stato giuridico del militare, della pena accessoria. È sembrato, pertanto, opportuno limitare l’applicazione della rimozione soltanto alle ipotesi di reati di particolare gravità.

Con riferimento alla sospensione dell’impiego ed alla sospensione dal grado, è stato ritenuto opportuno rendere omogenea la disciplina di cui agli articoli 30 e 31 c.p.m.p., che differenzia la posizione degli ufficiali rispetto a quella dei sottufficiali e graduati di truppa.

Va, inoltre, introdotta, anche per i reati militari, la pena accessoria della «estinzione del rapporto di lavoro o di impiego» (articolo 32-quinquies c.p.).

Quanto alla pena di morte, va notato che, in attuazione della chiara volontà espressa dal legislatore con la legge 13 ottobre 1994, n. 589, essa va esclusa dalle pene militari principali, e conseguentemente, vanno abrogate tutte le disposizioni contenute nel codice di pace relative alla sua applicazione ed alla sua esecuzione.

4.1.2. – Sanzioni sostitutive

Il capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, prevede la possibilità di sostiture la pena detentiva breve con sanzioni sostitutive.

Appare evidente l’impossibilità di adottare le sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata ai militari in servizio. Infatti, per entrambe le sanzioni è previsto il divieto di detenere «a qualsiasi titolo» armi, esplosivi e munizioni, mentre a tale divieto si aggiunge, per quanto concerne la semidetenzione, l’obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno in istituti di pena situati nel comune di residenza del condannato o in un comune viciniore e, per quanto riguarda la libertà controllata, l’obbligo di presentarsi una volta al giorno presso il locale ufficio di pubblica sicurezza, o, in mancanza, presso il locale comando dell’Arma dei carabinieri.

I suddetti obblighi colpirebbero in maniera talmente incisiva l’attività del militare, da impedirne l’assolvimento dei compiti di servizio. La Corte costituzionale, con sentenza n. 284 del 29 giugno 1995, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 53 della citata legge n. 689 del 1981, nella parte in cui non prevede l’applicabilità delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi ai reati militari.

Ma tale sentenza inserisce nel dispositivo il seguente inciso: «Secondo i princìpi di cui in motivazione», sicchè entra a far parte del dispositivo anche la motivazione, almeno nei suoi princìpi informatori. In particolare, si legge in motivazione:

«Senonchè, ferma restando la caducazione della norma censurata e la conseguente applicabilità anche ai reati militari delle sanzioni sostitutive – secondo le modalità che verranno definite dal legislatore e nei limiti di pena stabiliti dall’articolo 53, primo, secondo e quarto comma, della legge n. 689 del 1981 – residua l’esigenza di comporre le antinomie emergenti tra il sistema dettato dalla legge di modifiche al sistema penale e le particolari categorie di soggetti nei confronti dei quali le ulteriori norme della legge n. 689 del 1981 devono essere applicate. Con la conseguenza che gli altri precetti della stessa legge che dettino prescrizioni in materia di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi saranno riferibili anche ai reati militari, alla condizione che esse non risultino incompatibili con la posizione soggettiva del condannato. Rimane riservato al legislatore, nel rispetto del principio di ragionevolezza e degli altri princìpi costituzionali, il compito di apprestare una disciplina che adegui il regime delle sanzioni sostitutive sia alle peculiari finalità rieducative della pena militare sia al particolare status del condannato. Un intervento divenuto ormai davvero indifferibile anche in vista di non determinare, in conseguenza del vuoto normativo, una nuova disparità di trattamento, questa volta a favore dei militari e non certo addebitabile al decisum della Corte».

Poichè la stessa Corte costituzionale ha ribadito la necessità di sanzioni sostitutive compatibili con lo status di militare in casi di condanna a pene superiori ai tre mesi e comprese entro l’anno, è sembrato pertanto opportuno prevedere per il militare professionista o per quello di leva ancora in servizio al momento della condanna, specifiche sanzioni sostitutive diverse dalla semidetenzione e dalla libertà controllata previste dall’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, da eseguirsi presso reparti militari e tali da essere compatibili con lo stato del militare e con le esigenze del servizio militare.

4.1.3. – Reato militare

Il disegno di legge non interviene sull’articolo 37 c.p.m.p. che, com’è noto, fornisce una definizione assolutamente formale del reato militare. Viene, invece, prevista l’abrogazione dell’articolo 38 c.p.m.p. perchè la funzione normativa, svolta dalla norma come base di legittimazione della particolare potestà disciplinare è venuta meno, tenuto conto che nel frattempo la potestà disciplinare ha trovato espressa previsione nelle «Norme di principio sulla disciplina militare» di cui alla legge 11 luglio 1978, n. 382, e nel relativo «Regolamento di disciplina militare», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545. A favore di una abrogazione della disposizione in esame intervengono altre considerazioni, quali l’inopportunità di mantenere in un codice penale una norma che si riferisce a fatti non penali e che perpetuerebbe la vecchia concezione, non più sostenibile, secondo cui la repressione penale militare sarebbe una specie di continuazione dell’azione di comando e per la quale tra illecito penale ed illecito disciplinare vi sarebbe solo una differenza quantitativa.

Si prevede, inoltre, l’abrogazione dell’articolo 39 c.p.m.p. La norma è storicamente fondata sulla necessità di garantire, in un contesto di esercito di massa e di coscritti, un regolare e tempestivo afflusso delle reclute ai reparti di assegnazione. Si volle, pertanto, da parte del legislatore del 1941 «togliere ogni difficoltà in materia di prova della effettiva conoscenza dei manifesti di chiamata». Una finalità, dunque, ben circoscritta al luogo ed al tempo della presentazione alle armi, ma che la formulazione assai generale della norma in questione ha esteso ben al di là, sino a fare dell’articolo 39 una eccessiva ed indebita deroga a tutto l’articolo 47 c.p. In altri termini la disposizione dilata in maniera eccessiva per il militare il «dovere di conoscenza» non limitandolo ai soli doveri imposti per legge. D’altra parte, una sua limitazione ai soli doveri scaturenti da leggi, lo renderebbe inutile, in quanto la rilevanza dell’errore su legge extrapenale è già disciplinata dall’articolo 47, ultimo comma, c.p.

4.1.4. – Cause di giustificazione

In tema di cause di giustificazione il disegno di legge prevede esplicitamente, per i reati militari ed in luogo dell’articolo 51 c.p., la causa di giustificazione speciale costituita dall’esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, escludendo dalla relativa area di operatività l’esecuzione di un ordine costituente manifestamente reato o manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato. Già l’abrogato articolo 40 c.p.m.p. conteneva, all’ultimo comma, una disposizione molto precisa ed integratrice della norma comune di cui all’articolo 51, ultimo comma, c.p., per la quale «non è punibile chi esegue l’ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell’ordine». Con tale disposizione, speciale e cronologicamente successiva, si chiariva l’ambito del sindacato da parte del militare che non doveva limitarsi a verificare la legittimità solo formale dell’ordine (competenza del dante causa, competenza dell’esecutore, attinenza al servizio ed alla disciplina) ma riguardava anche un profilo di legittimità sostanziale, in quanto il militare non può addurre la scriminante dell’aver adempiuto ad un ordine del superiore «quando l’esecuzione di questo costituisca manifestamente reato».

Non si è intervenuti, poi, sulla scriminante speciale prevista dall’articolo 41 c.p.m.p. («Uso legittimo delle armi»), soprattutto perchè la corrispondente esimente comune ex articolo 53 c.p., limitata ai pubblici ufficiali, non si applicherebbe al militare privo di tale qualifica.

Peraltro, ed in coerenza con quanto disposto dal legislatore comune in riferimento ad ipotesi delittuose particolarmente gravi (articolo 14 della legge 22 maggio 1975, n. 152), se ne propone una integrazione, nel senso di estendere la operatività alla necessità di impedire la consumazione dei reati previsti dalla corrispondente scriminante comune e di reati militari di particolare gravità.

Ancora va esplicitato che la disposizione in parola si applica all’estraneo alle Forze armate che, legalmente richiesto dal militare, gli presti assistenza.

Quanto alla legittima difesa, il legislatore del 1941 aveva previsto che, «per i reati militari, in luogo dell’articolo 52 del codice penale», dovesse andar configurata una diversa e più ristretta forma di legittima difesa (articolo 42 c.p.m.p.), diversa e più circoscritta sotto due profili: in primo luogo, perchè limitata alla tutela della propria o dell’altrui incolumità o integrità fisica (con esclusione, quindi, dei beni patrimoniali); in secondo luogo perchè esclude la punibilità di chi ha commesso un fatto costituente reato militare solo in presenza di una violenza attuale ed ingiusta, laddove per la corrispondente norma comune (articolo 52) è sufficiente il pericolo attuale.

Peraltro, e come per effetto di un ripensamento, al comma 2, si ammettevano dei casi specifici di legittima difesa patrimoniale, capaci di scriminare il militare che, in tali contesti, avesse commesso un fatto di insubordinazione o di abuso di autorità.

La vigente disciplina cosi gravemente derogatoria in peius rispetto a quella comune non sembra in alcun modo giustificata, specie una volta che si sia riconosciuto come il militare sia non solo destinatario di doveri, ma anche titolare di diritti.

Viene, pertanto, prevista l’abrogazione dell’articolo 42 c.p.m.p.

Viene anche prevista l’abrogazione dell’articolo 46 c.p.m.p. («Pena per il delitto tentato») in quanto non più attuale nei suoi nn. 1 e 2, stante l’avvenuta eliminazione dal nostro ordinamento della pena di morte, ed inutile nei suoi numeri 3 e 4, perché assolutamente ripetitivi della disciplina comune (articolo 56 c.p.).

4.1.5. – Circostanze del reato militare

In tema di aggravanti comuni del reato militare di cui all’articolo 47 c.p.m.p., il disegno di legge prevede la modifica dell’articolo 47, primo comma, n. 2.

L’attuale formulazione dell’aggravante de qua, e cioè «l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando» è apparsa infatti eccessiva, soprattutto nella prospettiva del nuovo modello «professionale» cui vanno orientandosi le nostre Forze armate, secondo il quale tutti i militari, o quasi tutti, rivestiranno un grado.

Gli articoli 50, 51 e 52 c.p.m.p. sono da abrogare, perchè rispettivamente ripetitivi degli articoli 64, 65, 66 e 67 c.p.

4.1.6. – Concorso di reati

Gli articoli 53 e 54 sono da abrogare con una generale e finale norma di chiusura relativa a tutte le ipotesi di applicazione della pena di morte. L’articolo 56 è ugualmente da abrogare perchè ripetitivo della disposizione comune di cui all’articolo 78 c.p.

4.1.7. – Recidiva

L’articolo 57 deve essere abrogato. La ratio della norma risiede, infatti, nella originaria differente disciplina di diritto comune che sanciva il carattere obbligatorio della recidiva. Il legislatore militare, atteso il minore allarme sociale destato dai reati esclusivamente militari, aveva opportunamente stabilito la facoltatività della recidiva fra reati preveduti dalla legge penale comune e reati esclusivamente militari. Attualmente, stante il generale carattere facoltativo della recidiva anche nella disciplina comune, la norma speciale in parola non ha più alcuna utilità pratica. Naturalmente, ove il legislatore penale comune dovesse – ad alcuni limitati effetti – ristabilire la obbligatorietà della recidiva, occorrerebbe un intervento di coordinamento con la legislazione penale militare.

4.1.8. – Concorso di persone nel reato

L’articolo 58, secondo comma c.p.m.p., è da abrogare, perchè norma eccessivamente severa, in quanto l’automatica rimozione, come effetto necessario di una subita condanna a pena detentiva, comporterebbe per il superiore, qualora provvisto di un rapporto di impiego, la perdita dello stesso.

4.1.9. – Estinzione del reato militare e della pena militare

In tema di estinzione del reato militare e della pena militare, vanno senz’altro abrogati il secondo comma dell’articolo 66 c.p.m.p., per la parte relativa all’equiparazione della pena di morte, nonchè l’articolo 67 c.p.m.p., per il suo riferimento alla pena capitale.

Considerato che, per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, l’attuale primo comma dell’articolo 68 c.p.m.p. prevede, per la prescrizione dei reati e per l’estinzione della pena per decorso del tempo, disposizioni speciali, quanto alla decorrenza del termine, e considerato, altresì, che detta norma era dettata dal particolare ordinamento delle Forze armate, strutturato in maniera preponderante sulla leva obbligatoria, si impongono nel diverso ordinamento a base professionale, ed in presenza di modelli fondati su «ferme» a scadenza variabile, norme generali più adeguate. È, infatti, manifestamente non corrispondente ai tempi attuali il principio secondo cui il termine prescrizionale decorre, «se l’assenza perduri, dal giorno in cui il militare ha compiuto l’età per la quale cessa in modo assoluto l’obbligo dal servizio militare, a norma delle leggi sul reclutamento».

Stante la mancanza nelle attuali circostanze di tempo di una più calibrata ed aggiornata disciplina di stato sui militari, il disegno di legge prevede l’adeguamento delle disposizioni speciali in materia di prescrizione, per i reati di mancanza alla chiamata e diserzione, al nuovo sistema di reclutamento delle Forze armate.

La disciplina speciale, dettata dall’articolo 70 c.p.m.p., che consente il beneficio della non menzione della condanna nel casellario in caso di prima condanna alla pena della reclusione militare non superiore a tre anni, laddove la disciplina comune fissa il limite di due anni, è stata ritenuta norma di favore ingiustificato, data la sua generale applicabilità a qualsiasi reato militare. È stato previsto, pertanto, di mantenere tale deroga solo per i reati esclusivamente militari, tenuto conto del minor allarme sociale e della limitata offensività di tali reati per le esigenze dello strumento militare. Si è, peraltro, considerato che in un codice penale militare novellato nei termini della presente delega con il richiamo ed inserimento, attraverso clausole di militarizzazione, di numerose fattispecie delittuose comuni, quella deroga, nella sua valenza assolutamente generalizzata, estensibile anche per questi reati, si confermerebbe come una disposizione speciale di privilegio ingiustificata.

Il secondo comma dello stesso articolo 70 deve essere abrogato, perchè esso non ha più alcuna utilità, dal momento che anche la contraria disposizione dettata dall’ultimo comma dell’articolo 175 del codice penale è stata abrogata dall’articolo 7 della legge 7 febbraio 1990, n. 19.

L’articolo 71 c.p.m.p. («Liberazione condizionale») è norma da abrogare, perchè essa implica un trattamento di sfavore per il condannato a pena militare detentiva che può essere ammesso alla liberazione condizionale «se il rimanente della pena non supera tre anni», laddove, per il condannato a pena detentiva comune, «il rimanente della pena non superi i cinque anni» (articolo 176, primo comma, del c.p.): disposizione speciale peggiorativa che non appare assolutamente giustificata.

Quanto alla riabilitazione militare considerata nell’articolo 72, si prevede una modifica nel senso che la riabilitazione militare è disposta dal giudice militare secondo la disciplina prevista dalla legge penale comune. Non appare, infatti, giustificato che, per l’estinzione delle pene militari accessorie e di ogni altro effetto penale militare occorra, dapprima e come presupposto, ottenere la riabilitazione ordinata a norma della legge penale comune e, successivamente, la riabilitazione militare «conceduta nei modi stabiliti dalla legge penale militare». Detta disciplina appare criticabile perchè comporta un ingiustificato doppio giudizio riabilitativo, prima dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria e poi dinanzi all’autorità giudiziaria militare.

4.1.10. – Misure amministrative di sicurezza

Il dibattito già presente in dottrina sull’integrale applicabilità dei medesimi criteri di pericolosità sociale anche ai reati esclusivamente militari è stato risolto con la sostanziale conferma delle previsioni attuali del codice, già ispirate, fin dal 1941, al criterio dell’integrazione della legge penale militare in quella comune.

Ovviamente, la concreta formulazione delle norme richiede adeguamenti formali, ma non sostanziali, ivi inclusa la previsione dell’articolo 76 c.p.m.p., che prevede la sospensione dell’esecuzione di talune misure amministrative di sicurezza durante il servizio militare: infatti, a parte ogni considerazione sulla difficile compatibilità di tali misure con l’efficace svolgimento del servizio, le stesse esigenze di vigilanza sulla condotta personale sono più che adeguatamente assicurate dalla natura della prestazione del servizio militare stesso.

4.2. – Reati contro la fedeltà e la difesa militare

Il titolo I, libro II, del c.p.m.p. è posto a tutela dei beni supremi che fanno capo alle Forze armate e che qualificano lo status del militare. Tuttavia, quanto al reale contenuto delle norme incriminatrici esso corrisponde, in maniera pressochè completa, con l’area già penalizzata dalle norme incriminatrici relative ai delitti contro la personalità dello Stato nel codice comune.

Emblematico, al riguardo, il delitto di «alto tradimento» con cui il titolo si apre. Qui, il legislatore si limita a richiamare specificamente le disposizioni del codice penale a cui intende riferirsi, sostituendo il «chiunque» con il «militare» quale soggetto attivo, e prevedendo, come conseguenza di questa specificazione, il generalizzato aumento di un terzo della pena detentiva prevista nella norma richiamata. Si tratta, peraltro, di un aumento sanzionatorio non sempre concretamente operante, dato che una parte delle norme richiamate già commina la massima delle pene detentive (l’aumento vale solo per gli articoli 277, 283, 284, secondo comma, 288, 289).

Altre volte, il legislatore militare non richiama espressamente la norma comune, ma ne riproduce pedissequamente il contenuto (ad esempio articoli 81, 82, 83 c.p.m.p., in relazione agli articoli 290, 291, 292 del c.p.), sempre al fine di un aumento sanzionatorio correlato alla specificazione del soggetto attivo.

Altre volte ancora, addirittura, la specificazione militare del soggetto attivo e dell’oggetto materiale della condotta non determina neppure alcuna conseguenza sulla comminatoria penale: è il caso, nella materia del segreto militare, degli articoli 86, 88, 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, 91 e 93 c.p.m.p., corrispondenti agli articoli 256, 257, 258, 260, primo comma, numeri 1, 2 e 3, 261 e 262 c.p.

Il disegno di legge non apporta modificazioni rilevanti alla materia e conferma il sostanziale parallelismo tra reati contro la fedeltà e la difesa militare e reati contro la personalità dello Stato, limitando il proprio intervento alla razionalizzazione e all’aggiornamento della materia.

Sulla premessa che la trasformazione del bene comune «personalità dello Stato» nel bene militare «fedeltà e difesa» avvenga per il solo fatto della qualità militare del soggetto attivo, il disegno di legge prevede l’automatica «militarizzazione» del reato comune, qualora realizzato dal militare; ha collegato un uniforme incremento del carico sanzionatorio a note che ulteriormente qualifichino il salto di qualità dell’offesa: la commissione del fatto con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti la qualità o la disciplina militare, ovvero riguardanti la prestazione di servizio, da un lato, la commissione del fatto in territorio estero nel corso di una operazione militare armata svolta dalle Forze armate italiane, ovvero il pregiudizio dell’esito di tale operazione, dall’altro. Si tratta di note tipiche che imprimono al fatto un sensibile contrassegno militare, capaci di determinare la più elevata comminatoria, anche alla luce dei rilievi formulati di recente nella specifica materia dalla Corte costituzionale (sentenza n. 531 del 15 novembre 2000).

In particolare, la materia del segreto militare risulta disciplinata sul presupposto che tale concetto rappresenti una parte della nozione di segreto di Stato, alla stregua della definizione offerta dall’articolo 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, e che il militare commetta reato militare, anche quando riveli o si procacci notizie segrete non di tipo militare. In proposito, si ritiene che la differenza emergente nella formulazione delle norme sullo spionaggio del codice penale militare, rispetto a quelle corrispondenti nel codice comune, in relazione alla specifica direzione spionistica della condotta tipica (lo «scopo di spionaggio» compare solo nella rubrica degli articoli a differenza che nel codice comune, ove va a comporre anche la fattispecie criminosa), non comporti alcuna sostanziale diversità nella effettiva portata incriminatrice delle norme stesse.

Si è deciso di abrogare, inoltre, la discussa norma di cui all’articolo 96, che prevede che il fine di favorire lo Stato italiano non esclude la punibilità del colpevole, dando luogo eventualmente soltanto a una circostanza attenuante; la Commissione, infatti, non ha ravvisato ragioni per discostarsi sul punto dalla regolamentazione del codice comune, la quale, tacendo sul punto, non pone limiti alla pienezza dell’accertamento e della valutazione giudiziale del fatto.

4.3. – Reati contro il servizio militare

In merito al titolo II del c.p.m.p., il disegno di legge interviene sui reati di omessa presentazione in servizio, abbandono di posto e violazione di consegna. Premesso che già sul dettato dell’articolo 122 (violata consegna da parte di militare preposto di guardia a cosa determinata) la Corte costituzionale, con sentenza in data 15 giugno 1992, n. 299, ha rilevato l’illegittimità costituzionale, si intende procedere ora ad un riassetto normativo che meglio tenga conto delle caratteristiche generali della norma penale, piuttosto che conservare l’attuale sistemazione che evidenzia una sorta di suddivisione dello schema normativo in previsioni sempre più ridotte e ripetitive.

Gli articoli di cui trattasi sono posti a tutela non solo della mera finalità del servizio militare, nella sua accezione più larga, ma, piuttosto, delle modalità di esecuzione dello stesso, dalle quali non è dato discostarsi neppure per conseguire un supposto, migliore esito positivo.

Nelle varie ipotesi che, tecnicamente, vengono anche configurate come reati contro il «servizio nel servizio», vi è la presenza di un soggetto attivo, e cioè di un militare di sentinella, vedetta o scolta o semplicemente di guardia o di servizio, e un servizio determinato e specifico, regolato da consegna, a cui il primo è comandato.

Per la realizzazione di uno degli indicati reati, si richiede che il militare, comandato per un servizio regolato da consegne, disattenda le prescrizioni ed i comportamenti costituenti le modalità esecutive del servizio stesso.

La violazione della consegna costituisce, quindi, nella sua accezione più varia, un elemento determinante.

L’articolo 26 del regolamento di disciplina militare di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986, stabilisce, al riguardo, che «la consegna è costituita dalle prescrizioni generali o particolari, permanenti o temporanee, scritte o verbali impartite per l’adempimento di un particolare servizio».

In tale quadro di riferimento, il disegno di legge intende operare un riallineamento sistematico dei reati in questione e, senza apportare in realtà cambiamenti sostanziali, mira a ridefinire, in modo chiaro e semplice, le varie ipotesi che risentono del tempo e del momento storico-culturale nel quale furono scritte, evitando così frammentazioni e sovrapposizione.

Nello svolgere tale operazione, non può non tenersi conto delle argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 263 del 6 luglio 2000, in cui, nel dichiarare non fondata la questione di costituzionalità dell’articolo 120 c.p.m.p., in relazione, soprattutto, al secondo comma dell’articolo 25 della Costituzione, per violazione della riserva di legge, ha evocato la cosiddetta problematica delle norme penali in bianco.

Muovendo dall’assunto posto a fondamento dell’eccezione di incostituzionalità e secondo cui l’articolo 120 c.p.m.p. non assicurerebbe il rispetto del principio di legalità, inteso come tassatività-determinatezza della norma incriminatrice, per una mancata determinazione della consegna da parte del legislatore e per una presunta delega al comandante militare del potere di integrare, di volta in volta, il contenuto della consegna, la Corte ha rilevato come la consegna, nell’ambito dell’ordinamento militare, ha sempre avuto una accezione fortemente tecnica, precisa e per nulla indeterminata, tale, quindi, da individuare in modo tassativo il comportamento del militare di servizio.

Ne deriva, quindi, che il bene giuridico tutelato dalla violazione della consegna, in senso lato, è la funzionalità e l’efficienza di determinati servizi, garantiti dal legislatore mediante la determinazione, da parte dell’autorità competente, di rigide e tassative modalità di esecuzione, obbligatorie e vincolanti per il militare comandato per tali servizi.

Sarà compito dell’autorità giudiziaria militare, valutare se tutte le prescrizioni impartite siano finalizzate al corretto svolgimento del servizio comandato e, se, in concreto, l’eventuale inadempimento del militare ad alcuna di esse sia idoneo a pregiudicare l’integrità del bene protetto, costituito, come si è detto da un servizio determinato.

Per eliminare preliminarmente ogni ulteriore equivoco, e stato chiarito, per quanto riguarda il soggetto attivo, che il reato può essere commesso non, genericamente, da un militare di servizio, ma esclusivamente dal militare comandato ad un servizio determinato, regolato da una specifica consegna.

Nella proposta di ridefinizione legislativa e, sempre al fine di rendere più chiara la norma finale, la Commissione intende presentare, sotto l’accezione della violazione di consegna, anche l’abbandono di posto e l’omessa presentazione in servizio, ipotesi che, in senso lato, non sono altro che una violazione particolare della consegna che viene violata anche con l’abbandono fisico – spaziale del posto di servizio.

Occorre, ovviamente, anche prevedere circostanze aggravanti riferibili alla natura dei servizi e alle loro modalità di esecuzione e alle situazioni di pericolo.

In tema di rivelazione del contenuto di comunicazioni o di violazione o di sottrazione di corrispondenza, si ritiene che non possano essere trascurati i sistemi di comunicazione, impostati sulla telematica, ovviamente non previsti dal legislatore del 1941. Il disegno di legge intende, pertanto, estendere i reati di cui agli articoli da 128 a 131 c.p.m.p. anche alle ipotesi riferibili a tale tipo di corrispondenza, nonchè ai militari addetti al relativo servizio.

Si è ritenuto, altresì, di procedere all’abrogazione del reato di cui all’articolo 126 (procurata evasione colposa) riportandolo, sia nella forma dolosa che in quella colposa, nel nuovo capo dei «reati contro l’Amministrazione della giustizia militare», come sede più consona dal punto di vista sistematico.

Il Legislatore del 1941 ha previsto l’ubriachezza, volontaria o colposa, come lo stato obnubilante capace di escludere o menomare la capacità, nel militare, di prestare servizio.

Allo stato di ubriachezza è stato equiparato lo stato di alterazione psichica, determinata dall’azione di sostanze stupefacenti. L’odierna realtà sociale, non può trascurare tali elementi, atti a costituire ed a rappresentare seri motivi di ostacolo alla piena capacità operativa del militare.

Si è ritenuto, pertanto, necessario prevedere come reati militari, mediante rinvio alle vigenti disposizioni comuni, i reati previsti dalle leggi in materia di stupefacenti e di sostanze psicotrope, allorchè commessi da militari in luoghi militari o comunque se il fatto avviene tra militari.

L’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti assume, infatti, rilievo penale, quando essa sia tale da intaccare o quanto meno porre in pericolo l’integrità del servizio, attraverso la esclusione o la menomazione della capacità del militare a prestare il servizio stesso. In tal caso, ne deriva un pregiudizio al regolare funzionamento dell’organizzazione militare nel suo complesso, in quanto, il militare che faccia uso di sostanze stupefacenti o assuma bevande alcoliche, nei termini indicati, compromette la sua idoneità psico-fisica, i cui parametri è tenuto ad osservare per il fatto di rivestire un particolare status soggetto a specifici doveri, specie nell’attuale fase di trasformazione delle Forze armate in senso interamente professionale.

Allo sforzo di far corrispondere la legislazione penale militare al nuovo contesto sociale, penale e militare, non poteva sfuggire una revisione sia pure parziale della disciplina prevista per i reati di assenza dal servizio.

La vigente legislazione penale militare, infatti, prevede quali violazione dell’obbligo della presenza alle armi, condotte attive o passive, penalmente rilevanti, fra loro ripartite a seconda che il fatto sia riferito all’arbitraria interruzione del servizio ovvero alla mancata assunzione dello stesso.

I codici penali militari, sia di pace che di guerra, inquadrano tali reati, rispettivamente, il primo, nel libro secondo, titolo II, capo III, il secondo, nel libro terzo, titolo III, capo VIII e prevedono, per ciascuno di essi, una diversa disciplina precettiva e sanzionatoria.

I principali elementi distintivi di tali fattispecie, che determinano, poi, anche la diversità della disciplina sanzionatoria, possono essere sintetizzati, seppur in via un po’ semplicistica, in tre diversi elementi costitutivi: condotta (attiva o passiva), durata dell’assenza e pena.

Sulla durata dell’assenza è stata ravvisata la necessità di apportare, per la legislazione del tempo di pace, alcune modificazioni di tipo «novellistico». In queste valutazioni, la Commissione ha tenuto conto dell’incidenza affettivo-dissuasiva dello speciale sistema di sanzioni disciplinari, vigenti nell’ordinamento militare e che garantisce, più di ogni altro, prontezza ed efficacia della reazione punitiva. Sui restanti due elementi, la condotta e la pena, la Commissione ha ritenuto di lasciarli fondamentalmente invariati. Sono rimasti pure invariati, all’interno dello stesso gruppo di reati, le previsioni di cui agli articoli 150, 152, 153, 154, n. 1, 155 e 156 c.p.m.p.

In ossequio ai princìpi e criteri guida, tra cui quelli della proporzionalità e della sussidiarietà, nonchè in relazione alle mutate esigenze organiche delle Forze armate, sono stati elevati i periodi minimi di assenza necessari per integrare i reati di allontanamento illecito, diserzione e mancanza alla chiamata.

Si è passati da uno a tre giorni per le ipotesi di allontanamento illecito e da cinque a dieci giorni, per quelle di diserzione e di mancanza alla chiamata. Correlativamente, è stata, poi, prevista l’estensione da quindici a trenta giorni, per il requisito temporale richiesto ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante riferita ad una ridotta durata dell’assenza (articolo 154, n. 2, c.p.m.p.).

Così facendo, si è passati da termini alquanto ristretti, che potevano, in alcuni casi, dare adito a casi giudiziari problematici, a termini più ampi, tali da rendere inequivocabile la manifestazione di volontà di voler realizzare un’assenza temporanea dal servizio.

Da tale diversa impostazione può derivare anche un notevole giovamento all’economia processuale, in quanto, con la nuova formulazione, dovrebbe risultare meno complicato l’accertamento della condotta illecita del soggetto-agente.

Più sostanziali modifiche sono state apportate, invece, all’articolo 149 c.p.m.p., che disciplina le ipotesi della cosiddetta diserzione immediata, caratterizzata da un’assenza non condizionata ad una duratura.

Dalla citata previsione normativa è stato eliminato il disposto di cui ai numeri 2 e 3 del primo comma, laddove preveda, come casi di diserzione immediata, l’evasione del militare mentre sta scontando la pena detentiva militare, nonchè quella del militare che evade da un carcere militare dove si trova in stato di detenzione preventiva (custodia cautelare) o, dovunque per un reato soggetto alla giurisdizione penale militare. Entrambe tali figure vanno trasposte con il nomen più esatto di «evasione», nell’ambito di un nuovo gruppo di reati contro l’amministrazione della giustizia militare, fra le violazioni contro l’autorità delle decisioni degli organi giudiziari militari.

L’ineludibile evoluzione socio-normativa della legislazione penale comune e delle norme sull’ordinamento penitenziario, congiunta alle nuove disposizioni sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, non poteva non ripercuotersi anche sulla legislazione penale militare, di cui costituisce il necessario complemento.

Le fattispecie citate, perciò, pur avendo elementi caratteristici strettamente collegati al particolare status del soggetto attivo del reato ed alla sua presenza alle armi, vanno ritenute, dal punto di vista della pertinenza normativa, non più adeguate all’attuale contesto di un’assenza dal servizio.

Un’ulteriore modifica, invece, riguarda l’introduzione, nell’ambito del reato de quo, di una nuova ipotesi di diserzione immediata, in cui va inclusa l’assenza ingiustificata commessa dal militare nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme, a lui note.

Tale integrazione dell’articolo 149 c.p.m.p., si è resa necessaria, in quanto, la tradizionale e settoriale suddivisione del tempo di pace e del tempo di guerra non consentiva di dare il giusto risalto processuale o, meglio, la necessaria gradualità sanzionatoria alle assenze ingiustificate poste in essere durante particolari contingenze operative delle Forze armate.

Fra i reati contro il servizio militare va compresa una nuova figura di reato costituita dalla dispersione colposa di oggetti di armamento, di munizioni da guerra, materiali o altri oggetti forniti al militare, a norma dei regolamenti, come costituenti il suo armamento individuale. Trattasi di ovviare ad un’evidente lacuna legislativa in cui è incorso il legislatore del 1941.

Per quanto concerne i reati di falso, l’attuale, insufficiente disciplina penale è contenuta nel capo II del titolo IV del libro secondo c.p.m.p. Articolato su due soli articoli, di cui uno (articolo 220) punisce con pena, piuttosto mite, solo le ipotesi di falso in fogli di licenza, di via e simili, mentre l’altro (articolo 221) punisce l’usurpazione di decorazioni o distintivi militari, esso era strettamente funzionale alla vigenza del vecchio testo dell’articolo 264 c.p.m.p., che consentiva la giurisdizione dei tribunali militari anche per reati di falso previsti dal codice penale comune, se commessi a danno del servizio o dell’amministrazione militare. Venuto meno tale articolo 264, si è generata una situazione per più versi assurda, per cui sia il falso strumentale ad altri reati militari (quale il peculato militare), sia il solo falso in documenti militari non previsti dall’articolo 220 (per esempio, un ordine di operazioni, una memoria operativa, un ordine di servizio, una relazione di servizio, un rapporto di pattuglia) sono considerati reati comuni, di competenza del giudice ordinario.

Un primo tipo di intervento in materia avrebbe potuto prevedere la ricostruzione codicistica della maggior parte delle fattispecie di falso ideologico o documentale, attraverso la riproduzione nel c.p.m.p. delle corrispondenti figure di reato previste dal codice penale, e delle relative estensioni, quale quella del falso informatico previsto dall’articolo 491-bis del codice penale. Ciò sulla base di due considerazioni essenziali: anzitutto, il fatto che mal si adatta alla realtà militare la distinzione esistente nel codice penale comune tra atto pubblico e scrittura privata, avendo esclusivamente rilievo il fatto che il documento fosse destinato ad uso di servizio; in secondo luogo, la considerazione della gravità delle pene previste dal codice penale comune, a fronte, di una moltitudine di atti, moduli, richiesti dalle esigenze militari, la falsificazione della gran parte dei quali potrebbe non rivestire una gravità corrispondente alle pene edittali comminate dal codice penale comune; per tale motivo, era stato previsto di mantenere piuttosto basse le pene edittali per le ipotesi-base, intervenendo con severe aggravanti ad effetto speciale, ove la falsità avesse riguardato un verbale od altro atto destinato a far fede del suo contenuto, o risultasse che il colpevole avesse agito a fine di lucro o per avere, nei rapporti, nei piani, negli ordini o nei documenti in genere di carattere operativo, causato un danno alla preparazione od alla difesa militare, ovvero all’efficienza operativa od al buon andamento delle operazioni militari.

Una soluzione così articolata sarebbe risultata, tuttavia, in controtendenza rispetto a quella individuata per altre categorie di reati.

È stato preferito, pertanto, procedere alla «militarizzazione» delle ipotesi di reato comune, attraverso un rinvio al codice penale comune. In ogni caso, le ipotesi di entità realmente tenue, o comunque non idonee a ledere il bene protetto, univocamente ravvisato nel servizio militare, sarebbero potute andare esenti da sanzione penale, in base ai princìpi generali od alla stessa previsione dell’articolo 49 c.p.

4.4. – Reati contro la disciplina militare

Per quanto attiene ai reati contro la disciplina militare è stata rilevata la necessita di un’accorta ricomposizione attraverso il riordino dei reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli teleologicamente dai fatti di sedizione. Tanto si postula sia per una inderogabile esigenza di sistematica giuridica, sia per una più attenta aderenza concettuale alla natura delle singole figure criminose, in modo da meglio definire, ad esempio, anche comportamenti che, in modo puntuale ed autonomo, possano essere previsti, qualora commessi da militari, come specifico reato militare (semprechè non costituiscano reati più gravi) quali le violazioni del diritto di sciopero, l’abbandono collettivo di servizio o di uffici, l’interruzione collettiva del servizio, l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio militare. In tale ottica, ad esempio, troverà collocazione come forma di disobbedienza collettiva il reato di ammutinamento, distinguendolo, dal punto di vista sistematico, dalle forme specifiche di attività sediziosa.

In effetti, la rilevanza penale dell’attività sediziosa è in funzione di tutela del mantenimento della disciplina militare (che costituisce a sua volta elemento essenziale per rispondere alle esigenze di coesione, di efficienza e di funzionalità dello strumento militare).

Per non sconvolgere il sistema, lasciando permanere quelle disposizioni che si mostrano rispondenti alle esigenze, anche attuali, dell’impianto penalistico militare, il disegno di legge non modifica il contenuto degli articoli 181 (casi di non punibilità); 182 (attività sediziosa); 183 (manifestazioni e grida sediziose); 184 (raccolta di sottoscrizioni per rimostranza o protesta, adunanza di militari) e prevede come innovativa figura autonoma di reato militare, qualora non costituiscano reati piu gravi, le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non è stato realizzato; la raccolta o la partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina.

Infatti, pur essendo indubbio che ai militari spettano, in ogni caso, i diritti costituzionalmente garantiti, non è men vero che tali diritti possano trovare una limitazione. Ciò in connessione alla necessità di garantire l’efficace assolvimento dei compiti spettanti alle Forze armate. Non possono, infatti, essere trascurate le conseguenze, potenzialmente negative, che siffatte agitazioni, anche solo programmate, potrebbero avere sulla funzionalità di una struttura organizzata secondo le regole militari. Struttura, si soggiunge, che, pur informandosi allo spirito democratico della Repubblica, deve essere sempre in grado di svolgere effettivamente ed efficacemente i compiti di difesa, visti come «sacro dovere del cittadino», dalla norma Costituzionale.

Peraltro, la stessa Corte costituzionale, pronunciandosi su una questione interessante la supposta disparità di trattamento tra appartenenti alle Forze armate ed alle Forze di Polizia in materia di libertà sindacale, ha osservato che il Legislatore ha non solo escluso il diritto di sciopero per gli appartenenti alle Forze dell’Ordine ad ordinamento civile, ma anche le azioni che, effettuate durante il servizio, «possono pregiudicare le esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica o le attività di polizia giudiziaria», concludendo, infine, con l’affermazione che il legislatore ha sì riconosciuto una circoscritta libertà sindacale, ma ciò ha disposto contestualmente alla smilitarizzazione del corpo di polizia.

Tutto ciò premesso ed osservato, assume ampia giustificazione la previsione di specifiche norme di tutela nel senso previsto dal disegno di legge in esame. Si ritiene, infatti, che l’obbedienza, l’ordine pubblico militare, la potestà autoritativa del Comandante, la disciplina, il servizio della difesa armata dello Stato siano beni che giustificano l’esigenza di prevenire il pericolo derivante da tutti tali precisi intenti delittuosi e compromissivi della sicurezza dell’ambiente militare.

Negli ultimi anni le Forze armate, a fronte anche della riduzione di personale, hanno seguito una politica di esternalizzazione della maggior parte dei servizi di carattere generale, attraverso contratti di pubbliche forniture (cosiddetto outsourcing).

Tale nuova realtà organizzativa ha portato personale estraneo alle Forze armate e dipendente dalle ditte assuntrici dei citati servizi, ad operare nell’ambito del contesto militare. A tal proposito, quindi, il presente disegno di legge prevede l’applicabilità della legge penale militare nei casi in cui le ipotesi di rifiuto, omissione o ritardo ad ottemperare a disposizioni legittime impartite dai comandanti di corpo, di distaccamento o di posto o dal personale militare da questi delegato, ai soggetti estranei alle Forze armate, nell’adempimento di contratti di pubbliche forniture o di espletamento di servizi contrattualmente assunti, in materia di vigilanza e custodia o di servizi collegati ad operazioni militari.

Con tale previsione si colma una lacuna normativa che avrebbe potuto compromettere, in maniera significativa, la continuità e la regolarità dei servizi in materia di sorveglianza, in occasione di operazioni militari, specie negli interventi militari all’estero.

Nella revisione delle norme penali relative a forme di rivendicazione collettiva o alle condotte collaterali e collegate con l’attività sediziosa, la novella dei codici non poteva non tener conto della giurisprudenza della Corte costituzionale intervenuta nella soggetta materia.

D’altra parte, pur nell’ambito delle acquisizioni introdotte con le norme di principio sulla disciplina militare (legge 11 luglio 1978, n. 382), non è parso opportuno deflettere dal divieto di sciopero previsto dall’articolo 8 dell’indicata legge nè dalle condotte ad esso collaterali e collegate.

Ferma restando la rilevanza penale dell’attività sediziosa, posta a tutela del mantenimento della disciplina militare, fattore essenziale alle esigenze di coesione, di efficienza e di funzionalità del servizio militare e dei compiti istituzionali delle Forze armate (v. Corte costituzionale, sentenza n. 519 del 15 novembre 2000), va mantenuta, inoltre, anche la configurazione dell’ipotesi di reclamo in forma comportamentale, previsto e punito dal secondo comma dell’articolo 180 c.p.m.p., giacchè, secondo una affermazione giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione, «l’esigenza di tutela di interessi propri dell’ordinamento militare, connessi alla salvaguardia dei valori fondamentali della disciplina e della gerarchia, rende pienamente ammissibile una limitazione dell’esercizio del diritto di manifestazione del pensiero, ove esso sia attuato con modalità pregiudizievole per i predetti interessi» (Cass. 28 ottobre 1985).

Appare, quindi, necessario, in sede di riforma, ancorare la tutela penale ai divieti dell’articolo 8 della legge n. 382 del 1978.

Occorre, perciò, prevedere come reati, con pene detentive differenziate, qualora le condotte non costituiscano reati più gravi, le fattispecie già indicate in precedenza.

Sulla base di una concreta applicazione del principio di offensività in sede penale, rimarranno relegati all’ambito disciplinare:

– i divieti di costituire associazioni professionali a carattere sindacale (si veda, in proposito, la sentenza della Corte costituzionale 13 dicembre 1999, n. 449) e di aderire ad altre organizzazioni sindacali;

– i divieti di riunione non di servizio nell’ambito dei luoghi militari o comunque destinati al servizio, salvo quelle relative alle attività degli organismi militari di rappresentanza (articolo 7 della legge n. 382 del 1978);

– i divieti di propaganda politica (articolo 6 della legge n. 382 del 1978) e il rilascio arbitrario di dichiarazioni (attualmente oggetto dell’articolo 185 c.p.m.p.), tranne che si tratti di rivelazioni di notizie classificate o di segreto d’ufficio, che ovviamente ricadono in ambito penale.

Nello sforzo di giungere ad una costruzione del reato militare riconducibile al principio di offensività, è stata prevista l’abrogazione del complesso di norme, di cui al libro II, titolo III, capo VI, relative al reato militare di duello, non più rispondente all’identificazione di un bene giuridico da tutelare, alla luce della vigente Carta costituzionale o dei valori desumibili dalla realtà delle Forze armate nell’attuale contesto storico. Trattasi di reati che tutelano interessi difficilmente conciliabili con la Costituzione o con interessi costituzionalmente rilevanti e, comunque, trattasi di interessi anacronistici rispetto all’attuale realtà delle Forze armate.

Il fatto che tali norme non siano state applicate negli ultimi decenni dimostra che il loro mantenimento è assolutamente inutile.

Non si deve ignorare, però, che l’ipotesi de qua offriva forse, in passato, una via alternativa (illecita, senza dubbio) alle vie di fatto, o al rancore, o alle vie legali (spesso impraticabili e comunque lunghissime), o a pratiche sleali, come le vendette di bassa lega o gli esposti anonimi.

Pertanto, potrebbe raccomandarsi nell’ambito disciplinare l’istituzione di procedimenti alternativi, per la soluzione di liti o questioni fra militari, per cause estranee al servizio.

4.5. – Reati contro l’amministrazione militare

I reati speciali contro l’Amministrazione militare, contemplati nel capo I, titolo IV, del libro secondo del c.p.m.p., sono posti a tutela degli interessi patrimoniali, nonchè del regolare svolgimento delle funzioni amministrative e di comando dell’Amministrazione militare.

Le fattispecie ivi previste agli articoli 215-219, del peculato e della malversazione militare nelle varie forme di manifestazione, rispecchiano in modo pressochè pedissequo, le corrispondenti ipotesi comuni, differenziandosene, ovviamente, solo per determinati aspetti, quali lo status militare del soggetto attivo, l’analoga qualità del soggetto passivo o l’oggetto particolare del reato.

Quindi, pur nella sostanziale identità tra il reato di cui all’articolo 215 c.p.m.p. e quello di cui all’articolo 314 c.p., l’inserimento nel codice militare di tale fattispecie lascia trasparire la preoccupazione del legislatore che un illecito di tale natura possa turbare l’ordinata convivenza dell’ambiente militare.

Comunque, va considerato che l’autonomia di cui beneficia la legge penale militare non vuol dire indipendenza dalla legge generale. Quando, perciò, nel consorzio militare non è rinvenibile una previsione specifica ed occorre disciplinare un caso particolare, si fa ricorso al diritto penale comune, mediante l’utilizzazione dei princìpi di sussidiarietà e di complementarietà.

In tale quadro di riferimento, dopo aver analizzato, in modo approfondito, i reati speciali contro l’amministrazione militare e, a seguito delle significative modifiche, apportate sia dal legislatore sia dalle conseguenti decisioni della Corte costituzionale, si è ritenuto di dover procedere ad un riallineamento sistematico ed organico di tutto il capo I.

Certe discrasie, quale, ad esempio, quelle delle ipotesi del peculato d’uso introdotto nel codice penale ordinario e ignorato in quello militare o alcune dicotomie giurisdizionali, motivo e ragione di inopinati rimbalzi alternativi fra la giurisdizione ordinaria e quella militare, come si verifica, ad esempio, nell’ipotesi del peculato militare cui siano strumentali ipotesi di falso, non giovano ad un moderno Stato di diritto, dove le esigenze di chiarezza, efficienza e trasparenza delle varie amministrazioni sono sempre più sentite.

Per meglio comprendere la situazione attuale, occorre risalire alla legge 26 aprile 1990, n. 86, in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, causa e ragione di alcune modifiche sostanziali, con cui è stata introdotta la nuova figura del peculato d’uso, non presente nel c.p.m.p., mentre, di contro, è stata eliminata l’ipotesi del peculato per distrazione, rimasta, invece, in vigore nel c.p.m.p.

Siffatta situazione aveva causato una evidente disparità di trattamento tra il pubblico ufficiale che veniva a rispondere del meno grave reato comune, cosiddetto peculato d’uso, ed il militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, per il quale continuava ad applicarsi, in ogni caso, l’ipotesi del peculato per distrazione di cui all’articolo 215 c.p.m.p.

In tale quadro normativo di riferimento, la Corte costituzionale, dopo aver dichiarato, in un primo momento, inammissibile la questione di legittimità costituzionale (sentenza n. 473 del 9 ottobre 1990), è ritornata sulla materia, e, con sentenza n. 448 del 4 dicembre 1991, ha dichiarato la parziale illegittimità costituzionale del peculato militare, limitatamente alle parole «ovvero lo distrae a profitto proprio o di altri». In aggiunta alla declaratoria di incostituzionalità, la Corte, nella motivazione, ha precisato che le condotte dei militari precedentemente punite a titolo di peculato militare per distrazione, sarebbero state ugualmente perseguibili, qualora avessero integrato la fattispecie di cui al novellato articolo 314 c.p., secondo comma, come peculato d’uso ovvero quella di abuso d’ufficio di cui all’articolo 323 c.p., con conseguente giurisdizione del magistrato ordinario.

In sostanza, l’attuale situazione dei reati speciali di che trattasi, risente degli effetti della legge n. 86 del 1990 e della sentenza della Corte costituzionale che hanno relegato il peculato militare alla sola ipotesi dell’appropriazione.

Al «disarticolato» contesto normativo ha posto rimedio una cospicua giurisprudenza, sia di legittimità sia di merito, che ha riportato le varie ipotesi delittuose nell’alveo naturale, con la conseguente competenza, a seconda dei casi, del giudice ordinario o di quello militare.

Da quanto precede, al fine di dare un ruolo più appropriato al sistema penale militare, nel disegno di legge delega si propone di introdurre le fattispecie comuni dei reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione nell’ambito del codice penale militare, adottando la formula del rinvio ricettizio.

A completamento dell’armonizzazione sistematica di tale settore, si ritiene inoltre che si debba prevedere l’equiparazione del militare avente particolari qualifiche al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio. Ed in tal senso, nel disegno di modifica è prevista l’introduzione, in sostituzione delle qualifiche ordinarie di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, previste per i reati comuni, delle figure del militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, o di direzione o di controllo o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio. Pur potendosi ritenere sufficiente, per tali figure, attraverso una interpretazione estensiva, l’enunciazione riportata al primo comma dell’articolo 314 c.p., in realtà si è reputato necessario, per esigenze di chiarezza, esplicitare tutte quelle situazioni soggettive ipotizzabili in ambito militare, ai fini della individuazione dei soggetti attivi dei reati di cui trattasi. A tal proposito è fondamentale ribadire che la chiarezza delle norme definitorie consentirà di evitare dubbi interpretativi.

Nel caso di specie, le funzioni di comando, di direzione o di controllo sono tipiche, ai vari livelli, nella struttura militare, di chi ha un potere autoritativo legittimamente conferito dall’ordinamento, così come il militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio è colui che svolge uno specifico incarico all’interno dell’amministrazione militare.

Tali proposte di sistemazione organica, presuppongono inoltre, l’individuazione e la definizione di un concetto «nuovo» di amministrazione militare, non più basata sul principio secondo cui essa va intesa e circoscritta alle strutture occorrenti per l’organizzazione del personale e dei mezzi materiali destinati alla difesa armata dello Stato ma, in adesione alla giurisprudenza di legittimità della Suprema Corte di cassazione, va estesa a tutti i reparti o formazioni militari dello Stato che, indipendentemente dall’appartenenza al Ministero della difesa, perseguono fini istituzionali che possono, in qualche modo, essere ricompresi nell’ambito della difesa armata dello Stato. In tal senso, quindi, ai fini della tutela penale, occorrerà introdurre una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare non più di tipo contabile, ma secondo una accezione funzionale.

Le medesime caratteristiche della società militare consigliano di portare ad una condizione di più stretto contatto la trama delle disposizioni penali, poste a tutela del corretto uso delle risorse, umane e patrimoniali, delle Forze armate. L’organizzazione a piramide della funzione gerarchica, la necessità di disporre con immediatezza di mezzi e di persone, l’inevitabile scarsa incisività preventiva dei controlli costituiscono facile terreno di coltura per usi indebiti e per impieghi illeciti, idonei a produrre perdite patrimoniali, oltrechè inefficienze.

Una speciale integrazione deve, perciò, riguardare l’impiego distorto del personale militare per scopi privati o, comunque, non istituzionali.

Per dare una compiuta sistemazione organica al capo I del c.p.m.p. ed alla stregua di quanto già avviene per gli appartenenti alla Polizia di Stato (articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121), occorre estendere, pertanto, anche ai militari incaricati di funzioni amministrative o di comando o di direzione o di controllo, l’ipotesi criminosa del reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative del personale dipendente, commesso, in contrasto con i compiti di istituto, al fine di realizzare un profitto proprio o altrui.

4.6. – Reati contro l’amministrazione della giustizia militare

Si è ritenuto opportuno inserire nel c.p.m.p. la categoria dei «reati contro l’amministrazione della giustizia militare», ritenendo che quella particolare branca dell’organizzazione statale costituita dagli organi giudiziari militari e la attività di controllo della legalità da questa svolta (in funzione ultima dell’interesse al buon funzionamento e all’efficienza delle Forze armate) debbano essere tutelate attraverso la specifica previsione, quali reati militari, di comportamenti che ne turbano e ne ostacolano la regolarità.

È apparso, in altre parole, giuridicamente fondato, oltrechè logico, prevedere che siano reati militari quei comportamenti che, offendendo l’interesse costituito dal buon funzionamento degli organi giudiziari militari, vengono, ancorchè in forma indiretta e mediata, a porre a repentaglio, altresì, quegli interessi più strettamente militari alla cui tutela (penale) sono preposti proprio i tribunali militari.

Si è, a tal fine, ritenuto opportuno operare un rinvio dinamico alle fattispecie di reati comuni contro l’Amministrazione della giustizia, con la duplice limitazione, costituita dalla necessaria qualità militare del soggetto attivo e dalla concomitanza di un procedimento militare, nel corso o in funzione del quale il delitto viene commesso.

4.7. – Reati contro l’incolumità pubblica

Quanto mai opportuna è apparsa la introduzione di specifiche previsioni incriminatrici volte alla tutela, nell’espletamento di attività militari, dell’integrità fisica dei militari ad esse addetti, nonchè alla salvaguardia delle infrastrutture militari ed in genere del patrimonio dell’Amministrazione militare stessa.

Al riguardo, si è, quindi, ritenuto di inserire una disposizione costituente una forma avanzata di tutela per quei beni primari costituiti, da un lato, dalla salute e, dall’altro, dall’integrità dei beni dello Stato.

Tutela avanzata che si è ritenuto di realizzare attraverso il rinvio alle violazioni della legge penale comune, costituenti reato in materia di tutela della sicurezza e di prevenzione di infortuni nei luoghi di lavoro, commesse dai militari in luogo militare. Ciò proprio in considerazione dell’importanza che riveste l’integrità fisica del militare in rapporto alle concrete esigenze di servizio.

Verrà ad integrare il reato non già la mera, formale, inosservanza di tali norme, ma solo quelle violazioni ed inottemperanze che abbiano fatto insorgere un pericolo concreto per la incolumità della persona o per l’integrità dei beni e delle infrastrutture militari.

Si è ritenuto opportuno che detta norma trovasse la sede più consona nell’ambito del libro II, titolo quarto, del c.p.m.p.

4.8. – Reati contro la persona

Con riferimento ai «reati contro la persona», il disegno di legge prevede una soluzione dettata essenzialmente da una serie di motivazioni riguardanti prevalentemente la tutela dei beni e degli interessi giuridici dell’istituzione militare.

Le ragioni di ordine sostanziale scaturiscono dalla esistenza nel sistema penale militare di una evidente lacuna, tale da far trasparire, per certi versi, una tutela incompleta e contraria ai più elementari princìpi della convenienza, in quanto alcune fattispecie di reato comune non sono contemplate nel c.p.m.p., provocando, quindi, dei pericolosi rimbalzi di competenza tra le due giurisdizioni.

Da tale incongruenza deriva un’altra di carattere procedurale, inerente le condizioni di procedibilità dei reati in questione. Sussiste, infatti, una insufficiente protezione dei diritti fondamentali dei militari in quanto, per quasi tutti i reati considerati, ivi compresa la lesione personale, quando la malattia non supera i dieci giorni, si concretizza la perseguibilità solo a richiesta del Comandante di corpo. In questo modo, l’atteggiamento della persona offesa non ha alcun rilievo ai fini della procedibilità del reato. Ciò sembra peccare di una sorta di irrazionalità: se i reati in esame offendono anche interessi comuni, oltre quelli militari, non si riscontra una plausibile ragione per affidare la perseguibilità di tali reati al solo Comandante di corpo, che avrà la capacità di valutare il grado di rilevanza di certi interessi militari, ma certamente non degli interessi attinenti a beni propri della persona.

Del resto, l’adozione del rimedio di prevedere la punibilità di tali forme di reato in un unico contesto, si è resa necessaria nella considerazione che l’accertamento e la repressione dei comportamenti criminosi commessi in ambito militare assumono rilievo proprio per garantire la tutela di fondamentali princìpi costituzionali ai quali si ispirano le Forze armate come istituzione e parte integrante dell’ordinamento dello Stato. Non si tratta solo di assicurare, anche mediante lo strumento penale, la tutela di interessi essenziali ai fini dell’efficienza e della funzionalità dell’organizzazione militare, ma anche di rendere certo, attraverso un controllo penale di legalità nell’ambito delle Forze armate, il rispetto dei valori della persona, in una organizzazione in cui i diritti individuali sono inevitabilmente e significativamente compressi.

La convivenza forzata, la disponibilità delle armi, l’organizzazione interna ai singoli reparti rendono i beni della dignità, della riservatezza e della libertà personale, facenti capo alla persona del militare, più esposti ad azione di offesa, rispetto agli stessi beni della comune persona, perchè rendono più frequenti vessazioni, microviolenze, strumentalizzazioni delle varie posizioni o delle funzioni rivestite per abusi diretti alla sfera personale dell’altro militare e perchè, inoltre, la percezione del valore persona, come dimostra il triste fenomeno del nonnismo, tende ad affievolirsi nella collettività militare, sino a rischiare di disperdersi nell’indistinto anonimato della divisa o di annientarsi nell’esaltazione della forza e del falso mito del super uomo.

Per conseguire un sufficiente margine di omogeneità e di compiutezza, si è ritenuto opportuno accogliere, in materia, un rinvio completo alle fattispecie previste dal c.p., così conseguendo l’ulteriore fine di uno snellimento del c.p.m.p. e, al tempo stesso, di raggiungere un risultato meglio rispondente alle esigenze di tutela dei beni giuridici della compagine militare, onde evitare che eventuali riforme della legge penale comune non possano essere recepite nell’ambito penale militare. A tale scopo, è stato previsto un implicito richiamo ai reati contenuti nel titolo XII, libro secondo, del c.p.

Per l’applicazione di tali norme incriminatrici comuni, è stata richiesta la qualifica di «militare» tanto nel soggetto attivo del reato quanto nella persona offesa. Ovviamente, tali fatti comuni assumono rilevanza, ai fini della tutela del servizio e della disciplina militare, se commessi in luogo militare, o in alcune delle circostanze indicate nell’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, e cioè qualora «i militari svolgano attività di servizio, se gli stessi si trovano in luoghi militari o comunque destinati al servizio, se indossano l’uniforme, se si qualificano, in relazione ai compiti di servizio, come militari o si rivolgono ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali, ovvero se commessi in territorio estero».

Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, una volta superate le ragioni di una differenziata previsione con le pene stabilite per le fattispecie comuni previste dal c.p. e tenuto conto che l’articolo 133 c.p. consente al giudice di graduare la pena in relazione alle particolarità dei casi specifici, si è addivenuti alla conclusione di prevedere l’applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale con esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace.

Tale rinvio potrebbe, altresì, ovviare all’accennata questione della procedibilità, estendendo la valutazione sulla perseguibilità di tali reati anche alla persona offesa del reato, a cui è così consentito proporre querela.

Occorre, inoltre, notare che l’inadeguatezza della normativa in atto non ha consentito, finora, una efficace repressione del grave fenomeno del cosiddetto nonnismo, produttivo di gravi effetti sulla integrità fisica e morale del personale militare.

Per supplire a tale inefficienza, è stata quindi introdotta una specifica ed autonoma fattispecie criminosa, formulando, per eterointegrazione dal c.p., sulla falsa riga della «violenza privata», il compimento di atti di prevaricazione connesso con l’anzianità di servizio.

La esplicita previsione di tali fattispecie criminose ricalca sostanzialmente un’analoga iniziativa legislativa promossa nella scorsa legislatura (atto Camera n. 6947).

Tale innovazione potrà garantire una giustizia rapida ed efficiente, all’interno delle strutture militari, in modo da assicurare, anche in considerazione dell’inserimento della componente femminile nell’ambito delle Forze armate, un’adeguata tutela al cittadino militare contro ogni forma di abuso e di prevaricazione.

4.9. – Reati contro il patrimonio

In merito ai reati contro il patrimonio, l’analisi dei reati speciali compresi nel capo IV del titolo quarto del libro secondo sotto la rubrica dei «reati contro il patrimonio», unitamente alla disamina di tutta la serie degli altri reati di cui al titolo IV, libro secondo, c.p.m.p., ha posto in particolare evidenza alcune censure, già mosse a quelle fattispecie criminose.

La maggiore perplessità è derivata dalla natura plurioffensiva di tali reati e dalla constatazione che essi sono stati inseriti in questo titolo senza alcun criterio metodologico. L’aver ricompreso in un unico contesto la tutela di beni ed interessi giuridici fra loro del tutto diversi ed eterogenei, appare in totale contrasto con le normali regole di organicità e di chiarezza sistematica.

Un ulteriore e forse ancora più grave motivo di censura è dato dalla mancanza di completezza del sistema penale militare, in quanto alcune fattispecie di reato previste dal c.p. comune non si riscontrano nel c.p.m.p., determinando frequentemente successive «sovrapposizioni» delle due giurisdizioni, ordinaria e militare, e, per conseguenza, una carente tutela degli interessi lesi.

Si imponeva, perciò, il rimedio di dover prevedere la punibilità di tali forme di reato in un unico contesto, in base alla considerazione che l’accertamento e la repressione dei comportamenti criminosi commessi in ambito militare vengono ad assumere evidenza di significato, proprio perchè essi garantiscono la tutela dei fondamentali princìpi costituzionali ai quali si ispira l’ordinamento delle Forze armate, inteso nella sua unità istituzionale e nel suo rapporto con l’ordinamento dello Stato. Possono essere, così, assicurati, anche mediante lo strumento penale, la tutela di interessi essenziali ai fini dell’efficienza e della funzionalità dell’organizzazione militare.

La linea di soluzione presa in considerazione dal disegno di legge è stata quella dell’adozione della tecnica del rinvio alle corrispondenti fattispecie criminose del codice penale ordinario. L’ammissione di tale richiamo alle ipotesi incriminatrici comuni, oltre a rispondere a precipue esigenze di tutela dei beni giuridici della compagine militare, è idoneo a garantire, altresì, un effettivo snellimento del c.p.m.p. Si evita, inoltre, che eventuali riforme del c.p. non vengano recepite nell’ambito penale militare.

Al fine di conseguire un funzionale completamento, con l’esclusione di qualsiasi elemento estraneo alla tutela dei beni di interesse militare, è apparso necessario circoscrivere l’applicazione delle norme incriminatrici comuni alla circostanza che il soggetto attivo, così come il titolare dell’interesse leso, che in alcuni casi è la stessa amministrazione militare, rivestano la qualità di «militare».

È stato anche previsto che le particolari condizioni o situazioni oggettive in cui vengono perpetrate le violazioni, rispondano all’esigenza della commissione del fatto in «luogo militare ovvero in territorio estero, mentre il militare ivi si trova per causa di servizio o a causa del servizio militare».

Viene, inoltre, previsto come reato l’ipotesi criminosa di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, sull’utilizzo di alcune forme di credito automatizzato (ad esempio bancomat, carte di credito), reato che oggi sfugge completamente alla cognizione del giudice militare.

Per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio, sono state superate le ragioni di una previsione differenziate dalle pene stabilite per le fattispecie comuni del c.p., tenuto conto che l’articolo 133 c.p. consente sempre al giudice di graduare la pena in relazione alla particolarità dei casi specifici. Si è, perciò, addivenuti alla conclusione di prevedere l’applicazione delle pene originariamente previste dal c.p. con esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace, strettamente funzionale a quella giurisdizione.

L’adeguamento alla legislazione penale comune consente di ovviare alle questioni concernenti le condizioni di procedibilità, estendendo la valutazione sulla perseguibilità di tali reati anche alla persona offesa del reato, a cui, è, così, consentito proporre querela. Posto che i reati in esame sono da ritenere plurioffensivi, in quanto, per un verso ledono la disciplina militare e, per un altro verso, ledono gli interessi pubblici della persona, non si riscontra una plausibile ragione per affidare la perseguibilità di tali reati al solo Comandante di corpo, che avrà la capacita di valutare il grado di rilevanza degli interessi militari, ma non certamente di quelli attinenti al patrimonio della persona.

4.10. – Procedura penale militare di pace

Quanto alla procedura penale di pace, viene prevista l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del c.p.p., salvo non sussista una esigenza di disciplina differenziata, nonchè l’abrogazione espressa delle norme processuali del c.p.m.p. inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo c.p.p.

4.10.1. – Giudice penale militare

Nella considerazione che la specialità che caratterizza gli organi giudiziari militari deriva non solo dalla materia trattata (se cosi fosse diverrebbe giudice speciale anche il tribunale ordinario quando giudica reati militari e persino la Corte di Cassazione quando è chiamata a decidere ricorsi su provvedimenti emessi da organi giudiziari militari) ma anche dalla particolare composizione mista di tali organi (magistrati militari, giudici d’arma), è stata confermata la esclusiva composizione collegiale del giudice militare nei procedimenti che si svolgono con rito normale. Resta quale giudice monocratico (magistrato militare) il giudice delle indagini preliminari (GIP) e giudice delle udienze preliminari (GUP), nelle ipotesi di dichiarazione di non luogo a procedere (in tali casi il magistrato non ha giurisdizione piena in quanto non può emettere sentenza di condanna) e nelle ipotesi di applicazione della pena su richiesta delle parti e di giudizio abbreviato.

Il procedimento speciale dell’applicazione della pena su richiesta delle parti non può essere, tuttavia, equiparato al giudizio di cognizione per i limitati poteri del giudice, il quale può solo controllare se non ricorrano le condizioni per l’applicazione dell’articolo 129 c.p.p., la correttezza della qualificazione del fatto e delle circostanze, nonché la congruità della pena.

Quanto al giudizio abbreviato svolto innanzi al GUP, esso non può aver luogo se non a richiesta dell’imputato. È costui, quindi, a rinunciare alla garanzia della partecipazione del giudice d’arma e della sua esperienza di vita militare.

Solo nei casi predetti appare ammissibile l’esistenza di un giudice monocratico che possa emettere provvedimento conclusivo di un procedimento.

4.10.2. – Limiti soggettivi della giurisdizione militare

Per quanto concerne l’assoggettamento alla giurisdizione penale militare, in tempo di pace, e comunque quando non sia applicabile la legge di guerra, non si è ritenuto opportuno modificare l’articolo 263 c.p.m.p. in quanto la precisa determinazione dell’articolo 103 della Costituzione, secondo cui, in tempo di pace, la giurisdizione penale militare è limitata ai reati militari commessi dagli appartenenti alle Forze armate, è stata effettuata da chiare sentenze della Corte costituzionale. Così la sentenza n. 429 del 23 ottobre 1992, non rende assoggettabili alla giurisdizione militare altre persone oltre quelle «elencate nell’articolo 3 (militari in servizio alle armi) e nell’articolo 5 (militari considerati in servizio alle armi) c.p.m.p.»: per tali figure di militari, si verifica coincidenza con la nozione costituzionale di «appartenenti alle Forze armate».

La sentenza n. 78 del 22 febbraio 1989, ha ulteriormente limitato la giurisdizione dei tribunali militari, contenendola entro l’ambito dei militari «maggiorenni».

L’esclusione della competenza dei tribunali militari per i minori trova il suo fondamento nel secondo comma dell’articolo 31 della Costituzione. Spetta al tribunale per i minorenni, assicurare l’uniformità di trattamento con finalità di recupero e reinserimento sociale, per il minore degli anni 18 anche quando questi commetta un reato militare.

4.10.3 – Querela e richiesta di procedimento

Viene prevista l’introduzione della condizione di procedibilità della querela per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità. Viene confermata per tali reati la richiesta del comandante di corpo, allo scopo di lasciare la valutazione sulla lesività del fatto al comandante di corpo per quanto riguarda l’interesse tipicamente militare della tutela della disciplina e alla parte lesa relativamente all’interesse personale.

Si stabilisce, inoltre, la procedibilità esclusivamente a querela della parte lesa per i reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti c.p., per i quali si applica la disciplina prevista dal codice penale.

Saranno, infine, previste forme di raccordo tra la richiesta del Comandante di corpo e la querela.

4.10.4. – Misure cautelari e arresto in flagranza

Per quanto attiene alle misure cautelari non si ravvisano, per il tempo di pace, motivi per derogare alla disciplina prevista dalle norme del codice di procedura penale comune.

Per ciò che attiene all’arresto in flagranza, si è ritenuto di dover distinguere le ipotesi a seconda che si versi in tempo di pace o in tempo di guerra. Premesso che, con sentenza 26 ottobre 1989, n. 503, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il primo comma dell’articolo 308 del c.p.m.p., che prevedeva l’arresto obbligatorio per chiunque venisse colto nella flagranza di un qualsiasi reato militare, si è atteso da allora l’intervento del legislatore per la disciplina dell’arresto obbligatorio o facoltativo nella flagranza di alcuni reati militari, visto che, correttamente, la Corte costituzionale aveva escluso l’arresto obbligatorio nella flagranza della generalità dei reati militari.

Stante la mancanza di un’autonoma disciplina, oggi si applicano le norme contenute negli articoli 380 e 381 c.p.p., che regolano i casi di arresto nella flagranza. Tali articoli, peraltro, nel loro comma 1 stabiliscono, in generale, in quali casi si possa procedere all’arresto in flagranza obbligatorio o facoltativo con riferimento alla pena edittale (ergastolo o reclusione) del reato commesso; nel comma 2 tuttavia stabiliscono l’obbligatorietà o la facoltatività dell’arresto nella flagranza di alcuni specifici reati, a prescindere dall’entita della pena. Alcuni dei reati indicati nell’articolo 380 c.p.p. (furto aggravato) o nell’articolo 381 c.p.p. (peculato mediante profitto dell’errore altrui, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, furto, lesione personale, danneggiamento, truffa, appropriazione indebita) trovano reati corrispettivi nel c.p.m.p., ma per i reati militari non è possibile procedere ad arresto nella flagranza di essi, in quanto il c.p.p. indica i reati per cui è possibile l’arresto non solo con il nomen iuris ma anche con l’indicazione dell’articolo del codice penale che li prevede, quindi escludendo i corrispettivi reati militari.

Esistono, inoltre, reati militari per i quali, a prescindere dalla pena edittale, appare necessaria l’obbligatorietà o la facoltatività dell’arresto nella loro flagranza.

In particolare, si prevede di introdurre nuove norme che disciplinino l’arresto facoltativo in flagranza in tempo di pace e l’arresto obbligatorio in flagranza nell’ipotesi di conflitti armati o nello stato di guerra.

Nelle ipotesi di conflitto armato, o laddove venga dichiarato lo stato di guerra, appare necessario disciplinare l’arresto obbligatorio in flagranza con una apposita norma che impone l’arresto anche per altri particolari reati.

Quanto alla procedura per la convalida, si prevede l’applicazione delle norme previste dai commi 5 e 6 dell’articolo 9 del decreto-legge 1º dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, recante «Disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all’operazione multinazionale denominata Enduring Freedom» per la convalida dell’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza qualora non sia possibile procedere nel territorio nazionale o sul posto all’udienza secondo le norme previste dal codice di procedura penale.

4.10.5. – Sezioni di polizia giudiziaria militare

Il disegno di legge prevede l’istituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare presso le procure militari della Repubblica.

 La necessità di tale specifica disposizione di legge muove dalla constatazione che, nonostante la Costituzione preveda, all’articolo 109, la polizia giudiziaria nella disponibilità diretta dell’autorità giudiziaria e, nonostante siano trascorsi quasi tre lustri dall’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale del 1988 che, appunto, ha previsto l’istituzione di sezioni di polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica, il precetto costituzionale non ha avuto ancora attuazione legislativa per quanto concerne le analoghe sezioni presso le procure militari della Repubblica.

L’esigenza di un provvedimento legislativo è ulteriormente avvalorata dalla considerazione espressa dal Ministro della difesa, nel lontano 1991, della necessità di un attento coordinamento delle nuove emanande disposizioni con quanto prescrivono gli articoli 301 e 305 c.p.m.p.

La mancata istituzione di tali sezioni non ha, ovviamente, impedito lo svolgimento delle normali funzioni di polizia giudiziaria, ad opera degli organi a ciò preposti ed il cui fondamento legislativo è dato sia dal complesso di norme dettate dal paragrafo 1 della sezione I, capo I, titolo IV, libro III dell’attuale c.p.m.p. relative appunto, in modo specifico, agli «Atti di polizia giudiziaria militare», sia dal carattere di complementarietà che lega i codici penali militari al c.p.p. attraverso l’articolo 261 c.p.m.p. Competente ad emettere il decreto istitutivo delle sezioni di polizia giudiziaria militare deve ritenersi il Ministro della difesa.

Era, però, necessario disporre l’istituzione di specifiche sezioni.

Tale lacuna appare ora eliminata, non diversamente da quanto è già avvenuto per le sezioni specializzate di polizia giudiziaria istituite con l’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, in ciascuna procura della Repubblica presso i tribunali per i minorenni.

Sarà assegnato alle sezioni di polizia giudiziaria solo personale militare appartenente all’Arma dei carabinieri o al Corpo della guardia di finanza.

4.10.6. – Altre modifiche alla procedura penale

Il provvedimento prevede di adottare per i reati di competenza dei tribunali militari punibili con la pena della reclusione militare o della reclusione sino a quattro anni il rito previsto dal c.p.p. (ferma restando la composizione collegiale dell’organo giudicante) per il giudizio monocratico. Tale tipo di procedura, che equipara quella militare a quella comune (con l’unica variante del Giudice collegiale), consente da una parte il perfetto parallelismo tra procedura comune e militare e d’altra parte fà sì che si snellisca il processo militare per questo tipo di reati, altrimenti più complesso rispetto a quello comune.

Viene anche prevista, per notifiche di atti giudiziari emessi dagli organi giudiziari militari, la possibilità che esse vengano effettuate con le modalità previste dal codice di procedura penale, ovvero anche a mezzo dei messi giudiziari militari, o a mezzo della polizia giudiziaria militare.

Quanto ai problemi derivanti dalla istituzione della Corte penale internazionale, si prevede di confermare la competenza dei tribunali militari per i crimini di guerra previsti dal c.p.m.g., corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, se commessi nello stato di guerra o in ogni caso di conflitto armato.

5. - Art. 4. – Codice penale militare di guerra

L’articolo 4 reca i princìpi e criteri direttivi per le modificazioni del codice penale militare di guerra.

Con riguardo alla legge penale militare di guerra, il legislatore del 1941 ha costruito una codificazione ad hoc per il tempo di guerra ed escogitato un sistema per cui tale legge, pur formalmente in vigore anche durante la fisiologia del tempo di pace, non può trovare pratica applicazione se non al verificarsi di specifici presupposti, formali o materiali, riconducibili ad una situazione bellica o di tensione istituzionale o ad un impiego straordinario delle Forze armate.

È stata creata, cioè, una inedita situazione normativa di scissione tra validità e applicabilità della legge non ispirata a criteri certi e univoci, molto probabilmente consigliata in vista dell’esigenza di dover garantire lo speciale complesso normativo con una particolare carica intimidativa.

Con riferimento alla realtà giuridica, le fattispecie penali accolte in seno al codice di guerra impongono al giudice un duplice accertamento che si articola su due differenti piani, quello della conformità del fatto al tipo, e quello più generale relativo alla verifica della condizione applicativa, comune a tutte le fattispecie.

Siffatto elaborato ordinamento appare nel tempo presente di difficile funzionalità, giacchè un «tempo di guerra» non è più facilmente riconoscibile nel contesto di un tempo normale di vita dell’ordinamento giuridico, dato che la guerra non tende più a manifestarsi come una catastrofica calamità che affligga l’intera nazione, imponendo trasformazioni ordinamentali, ma spesso assume le sembianze di un «conflitto» parziale e limitato, in grado di coesistere con una normale situazione ordinamentale.

La più vistosa disfunzionalità del sistema deriva, tuttavia, da una realtà che mostra sempre più frequentemente l’impiego operativo delle Forze armate all’estero nell’ambito di operazioni internazionali di pacificazione o di uso della forza. Tali situazioni, come la prassi ha dimostrato, non richiedono il passaggio da uno stato di pace a uno di guerra, ma, nondimeno, impongono ai militari, sia il rispetto delle regole internazionali sulle modalità di conduzione della violenza militare, sia un particolare impegno nella scrupolosa osservanza dei propri doveri, data la delicatezza delle operazioni e la pericolosità del contesto in cui si svolgono.

Tuttavia, come è noto, nelle occasioni di impiego all’estero delle Forze armate italiane, che si sono verificate con notevole frequenza e consistenza a partire dagli anni Ottanta, l’apparato normativo bellico è sembrato al legislatore troppo impegnativo, al punto da doverne decretare l’espressa inapplicabilità, ma, al contempo, non è stato possibile realizzare quell’integrazione del bagaglio penale del militare, secondo le esigenze ora segnalate.

Come è stato già osservato in premessa, il presente disegno di legge conferma l’attuale sistema mantenendo in vita, sia pure con i necessari adeguamenti, un codice penale militare di pace ed un codice penale militare di guerra, applicabile, quest’ultimo, oltrechè per i reati commessi nello stato di guerra (articolo 3 c.p.m.g.) o per i Corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate (articolo 9 stesso codice) ovvero, per i reati contro le leggi e gli usi della guerra, in «ogni caso di conflitto armato» (articolo dello 165 dello stesso codice), anche per quelli commessi nel corso di un conflitto armato internazionale in cui sia coinvolto lo Stato italiano, nonchè per i reati commessi nel corso di un attacco armato allo Stato italiano. Vanno, in quest’ultima ipotesi, precisate le modalità di delimitazione degli ambiti territoriali e personali in caso di attacchi non generalizzati. Il c.p.m.p. si applica per ogni altra ipotesi di missioni militari all’estero.

5.1. – Legge penale militare di guerra in generale

La novella prevede, anzitutto, l’abrogazione dell’articolo 2 c.p.m.g., non essendo più giustificate forme di pubblicazione delle leggi di guerra diverse da quelle ordinarie, attesa l’avvenuta soppressione dei bandi militari, e posto che il problema della loro conoscenza è di natura affatto diversa, talchè la mancata divulgazione stessa potrà escludere la punibilità, in ossequio ai nuovi princìpi generali, in caso di accertata, inevitabile ignoranza del contenuto delle leggi in questione.

Si è ritenuto, poi, di escludere dall’articolo 3 c.p.m.g. (legge penale militare di guerra in relazione al tempo) ogni ipotesi di retroattività della legge penale, derivante dall’inciso «in tutto o in parte» talchè, per i reati non istantanei, l’interprete dovrà, di volta in volta, accertare la rilevanza della sola condotta posta in essere dopo la dichiarazione dello stato di guerra.

Viene prevista la conferma dell’applicazione della legge penale militare di guerra, ancorchè nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate. In tal caso, tuttavia, in conformità al principio generale di graduale applicazione di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), del disegno di legge, viene prevista la diminuzione delle pene edittali fino ad quarto, ad eccezione di quelle relative alle violazioni gravi del diritto umanitario.

I problemi più rilevanti sono stati posti dall’insieme sistematico già costituito dagli articoli 5 e 10 (già abrogati) e dallo scontato orientamento ad abrogare anche l’articolo 8.

In particolare, l’avvenuta abrogazione dell’articolo 5 lascia scoperte altre, gravi ipotesi in cui la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra potrebbero essere applicate, quali, per esempio, il verificarsi di un attacco armato al territorio dello Stato, la cui gestione potrebbe anche essere incompatibile con i tempi richiesti per una deliberazione parlamentare e, nel caso di uso di armi di distruzione di massa, anche con i tempi necessari per la decretazione d’urgenza ex articolo 77 Costituzione, ovvero, comunque, con il coinvolgimento, di fatto, di forze armate italiane in un conflitto armato internazionale, al di là della previsione dell’articolo 9.

Del resto, la recente riforma dell’articolo 165 c.p.m.g., disposta con la legge 31 gennaio 2002, n. 6, e, in particolare, l’evidente transitorietà del suo terzo comma, rende evidente la volonta già espressa dal Parlamento di riordinare organicamente tutta la suddetta materia, tanto che la soluzione adottata può ritenersi perfettamente in linea con tale volontà, oltre che con le legislazioni, esplicite al riguardo, di molti Paesi europei.

Resterà, ovviamente, al legislatore delegato il compito di precisare modalità di delimitazione degli ambiti territoriali o personali di applicazione della legge penale militare di guerra, nel caso che i conflitti armati internazionali o gli attacchi armati di cui lo Stato fosse oggetto non avessero carattere generalizzato, ma fossero tali da richiedere un’applicazione puramente locale o localizzata della legge penale militare di guerra.

Il disegno di legge abroga anche l’ultimo comma dell’articolo 17 c.p.m.g., quale residuo dopo l’intervenuta modifica apportata con l’articolo 2, comma 1, lettera h), della legge 31 gennaio 2002, n. 6, di conversione del decreto-legge 1º dicembre 2001, n. 421. E tuttavia, poichè anche dopo l’avvenuta eliminazione del potere di bando, il grado speciale di responsabilità di chi è investito del comando di tutte le forze operanti potrebbe conservare ugualmente un rilievo ai fini penalistici, è sorto il problema, che dovrà essere oggetto di soluzione in altra sede, anche per il necessario coordinamento con la legge di guerra e con altre fonti, di definire diversamente tale carica, adottando terminologie più conformi a quelle in uso nelle convenzioni internazionali, e più in armonia con i termini della legge 18 febbraio 1997, n. 25, sulla ristrutturazione dei vertici delle Forze armate.

5.2. – Reati e pene militari, in generale

Nell’ambito del libro secondo viene previsto il mantenimento, in base ai criteri generali di delega già definiti, dell’articolo 26, il cui carattere premiale, per atti di valore o per gravi lesioni riportate in guerra, appare tuttora ragionevole e meritevole di conferma, anche per incentivare il buon rendimento nelle operazioni da parte di tutti i militari.

È stata, invece, decisa la abrogazione dell’articolo 27 (Pubblicazione della sentenza di condanna), ritenendo sufficiente la disciplina apprestata, per la stessa materia, dall’articolo 32 c.p.m.p. e troppo infamante, anche per i riflessi sull’onore familiare, l’ulteriore previsione della pubblicazione della sentenza (ancorchè per reati di indiscutibile gravità) anche nel comune in cui il militare abbia l’ultima residenza o dimora.

Quanto all’articolo 28, relativo al potere indubbiamente atipico del «condono» è stato ravvisato un insanabile contrasto con i princìpi costituzionali, che riservano il potere di grazia al Capo dello Stato. Pertanto, viene prevista la soppressione di tale articolo, pur riconoscendo il suo carattere premiale e la sua funzione incentivante, diretta a stimolare i militari condannati a tenere buona condotta.

È stata confermata la struttura generale del titolo II del libro secondo, relativo all’istituto chiaramente derogatorio del differimento dell’esecuzione delle pene, in considerazione del fatto che il codice penale ha conosciuto, anche recentemente, altre forme di differimento della pena, sia pure dettate da esigenze diverse, ma soprattutto, perchè non sono venute meno le esigenze, eminentemente pragmatiche, che determinarono la sua conferma nei codici del 1941, e che furono rappresentate dall’esigenza di non sottrarre alla forza militare personale fisicamente efficiente e di non consentire, attraverso la detenzione, spinte delinquenziali, volte ad evitare i rischi del servizio in guerra. Oltre tutto, ancorchè la mobilitazione generale delle risorse umane del Paese appaia oggi veramente remota, la disponibilità per operazioni militari armate di personale altamente specializzato e spesso infungibile potrebbe essere sicuramente preminente rispetto all’immediatezza dell’esecuzione della pena.

Ovviamente, il differimento dovrà essere disposto dall’autorità giudiziaria competente, a richiesta del Ministro della difesa e non più su ordine di quest’ultimo.

L’articolo 47 c.p.m.g., recentemente riformulato dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, di conversione del citato decreto-legge n. 421 del 2001, richiede ulteriori modifiche, nel senso di una sua semplificazione, la cui esigenza è chiaramente derivante dalla transitorietà di tale ultima novellazione e dalle modifiche già previste nel presente disegno di legge per il c.p.m.p.

In particolare, l’aumento di pena di cui al comma 1 per le ipotesi di reato previste dal c.p.m.p. viene limitato fino ad un terzo, apparendo di eccessiva latitudine (da un sesto alla metà) quello attualmente previsto; l’aumento di pena per dette ipotesi di reato viene ulteriormente limitato fino ad un quarto in caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; si provvede, inoltre, ad una più precisa definizione di tale aumento, visti anche i dubbi che esso ha suscitato in dottrina sulla natura di aggravante o di distinta pena edittale che esso produce: sarebbe, infatti, del tutto improvvido e vanificante esporre tale aumento di pena al rischio del giudizio di bilanciamento con le circostanze attenuanti, ed in particolare con quelle generiche.

I commi successivi dello stesso articolo, infine, richiedono di essere semplificati ed unificati, per evitare dubbi interpretativi e problemi di coordinamento con le analoghe previsioni già proposte per l’inserimento nel c.p.m.p.

5.3. – Reati contro la fedeltà e la difesa militare

I reati contro la fedeltà e la difesa contenuti nel codice di guerra – pur integrando la tutela stabilita in tempo di pace nella categoria dei reati contro la personalità dello Stato, contenuti nel codice penale, e dei reati contro la fedeltà e la difesa descritti nel codice di pace – presentano molteplici profili innovativi.

In una materia così importante e delicata l’intervento normativo persegue un duplice obiettivo: da una parte, assicurare il migliore coordinamento fra la legislazione di pace e la legislazione di guerra, indicando in particolare al legislatore delegato la necessità di sopprimere tutte le fattispecie che risultino superflue, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace e tenuto conto della circostanza che, nel caso di applicazione della legislazione penale di guerra, già l’articolo 47 garantisce una più rigorosa protezione degli interessi tutelati; dall’altra, recependo gli indirizzi già tracciati dal legislatore nei più recenti interventi, garantire la compatibilità del settore normativo in questione con i princìpi costituzionali, escludendo che l’esistenza di una situazione di conflitto armato possa essere considerata idonea a giustificare limiti, penalmente sanzionati, alla libertà di stampa, di critica o comunque di espressione del pensiero, al di là di quanto sia ovviamente giustificato dalla necessità di impedire la rivelazione e la diffusione di notizie segrete, riservate o di cui, comunque, sia stata vietata la divulgazione.

Coerentemente con i criteri generali sopra indicati è stata anche prevista la soppressione del delitto di cui all’articolo 75, che determina una inammissibile limitazione della libertà di stampa, con riguardo a predeterminate notizie di interesse militare (come quelle relative al numero dei feriti, morti o prigionieri), non comunicate o non autorizzate dal Governo o dai comandi militari, ed indipendentemente dalla apposizione di uno specifico vincolo di riservatezza su taluna di tali notizie.

L’estensione della tutela del potere di ordinanza militare tende invece a colmare la lacuna che, in materia di protezione di rilevanti interessi militari, è sembrata conseguire alla soppressione delle norme (articoli 17 e seguenti) concernenti il potere di emanare bandi. Escluso che l’Autorità militare possa introdurre precetti, sanzionati penalmente, in caso di violazione, è stato d’altra parte considerato che non può essere negata la possibilità per i comandi militari (in particolare per assicurare la sicurezza pubblica in zona di operazioni, nonchè il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario) di emanare ordinanze, la cui osservanza deve essere garantita con la previsione legislativa di una sanzione penale (secondo il modello, ritenuto compatibile con il principio di legalità in materia penale, di cui all’articolo 650 c.p.).

È sembrato opportuno ribadire che tale potere di ordinanza dovrà essere esercitato nel rispetto dei princìpi generali del nostro ordinamento giuridico e dei precetti costituzionali, in particolare.

5.4. – Reati contro il servizio in guerra

Il titolo III del libro terzo c.p.m.g. tutela, in modo specifico, gli interessi militari connessi all’esito delle operazioni belliche. Tale specificità è, ulteriormente, sottolineata dalla presenza di ulteriori requisiti spazio-temporali (oltre, naturalmente, quelli di carattere generale stabiliti per l’applicazione della legge di guerra) nelle specifiche norme incriminatrici. Infatti, in taluni casi, le fattispecie descritte sono punite se compiute «durante il combattimento» (articolo 108), «in presenza del nemico» (articolo 144), «nel territorio delle operazioni militari» (articolo 157).

L’apprezzamento a suo tempo compiuto dal legislatore del 1941 per ciascuna fattispecie richiede oggi una opportuna lettura e interpretazione in chiave moderna, allo scopo di conferire alle norme significati e valori in consonanza con i distinti concetti di «stato di guerra» e di «conflitto armato», riconducibili al tempo presente: sulla base di tale linea sarà valutata l’opportunità di modificare, integrare o espungere talune previsioni nonchè la congruità del trattamento sanzionatorio previsto dalla vigente normativa.

In particolare deve procedersi alla soppressione dell’articolo 118, che configura come reato ogni violazione dei doveri di servizio o di disciplina commessa per «timore di un pericolo personale» (o per codardia), ove non costituisca più grave reato. Il legislatore del 1941, cioè, ha incentrato su un elemento soggettivo (la codardia) la rilevanza penale della condotta, violando il principio di legalità in materia penale.

5.5. – Reati contro le leggi e gli usi della guerra

La revisione dei reati contro le leggi e gli usi della guerra, oggetto del titolo IV del libro terzo c.p.m.g., prevede, in posizione di centralità, l’adeguamento alle Convenzioni internazionali firmate a Ginevra dell’8 dicembre 1949, in materia di diritto umanitario bellico, ratificate ai sensi della legge 27 ottobre 1951, n. 1739, nonchè ai due Protocolli aggiuntivi dell’8 giugno 1977 (il primo sulla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali, il secondo sulla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali), ratificati ai sensi della legge 11 dicembre 1985, n. 762. L’evoluzione del diritto internazionale in materia richiede l’inserimento di disposizioni dichiarative che consentano una più esatta indicazione delle aree di applicazione relativamente ai conflitti armati internazionali e ai conflitti armati non internazionali, anche in relazione ai richiami contenuti nello Statuto della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.

Va precisato al riguardo che dalla disaggregazione dei crimini di competenza della Corte, oggetto di previsione ratione materiae nell’articolo 5 dello Statuto, il presente disegno di legge interviene solo con riguardo ai crimini di guerra, tenuto conto anche di quanto concordato con la Commissione per l’adeguamento della legislazione italiana allo Statuto della Corte penale internazionale, costituita presso il Ministero della giustizia.

In tale quadro, è stato espressamente previsto tra i princìpi e i criteri della delega legislativa il richiamo alla tipologia dei crimini di guerra, contenuta nell’articolo 8 dello Statuto della Corte.

In coerenza con l’articolo 28 dello Statuto è stata, inoltre, prevista la delega per configurare la responsabilità in vigilando dei superiori militari. In effetti, pur essendo affermato il principio fondamentale della responsabilità penale individuale (articolo 25 dello Statuto), le particolari connotazioni organizzative delle Forze armate configurano la necessità di forme di controllo e intervento repressivo da parte dei capi militari e di altri superiori gerarchici. Si tratta peraltro di principio già affermato nell’articolo 86, comma 2, e nell’articolo 87 del I Protocollo aggiuntivo, adottato a Ginevra nel 1977.

5.6. – Procedura penale militare di guerra

Quanto alle norme processuali per i reati commessi nello stato di guerra o nei territori ove i militari delle Forze armate siano impegnati in conflitti armati, il disegno di legge prevede come principio generale che il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con alcune deroghe e integrazioni.

Anzitutto viene prevista la sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque, nel tempo di un conflitto armato, commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane, nell’ambito di una operazione militare armata.

Sul punto va ricordato che l’articolo 103, terzo comma, della Costituzione pone limiti alla giurisdizione militare per il tempo di pace, mentre demanda alla legge ordinaria la determinazione della giurisdizione per il tempo di guerra.

Al riguardo va sottolineato che «tempo di guerra» è concetto ben diverso da quello di «stato di guerra».

Lo stato di guerra, dalla cui dichiarazione dipende l’applicazione della legge penale militare di guerra ai sensi dell’articolo 3 c.p.m.g., presuppone uno stato di diritto, che deve essere deliberato e dichiarato secondo norme giuridiche interne. Il tempo di guerra, invece, è una situazione di fatto, intesa normalmente come conflitto armato.

Tutto ciò premesso, sembra evidente che il costituente, usando la nozione di tempo di guerra (più ampia di quella di stato di guerra, tanto da abbracciare in sè, ai sensi dell’articolo 310 c.p., il periodo di «imminente pericolo di guerra quando questo sia seguito») abbia voluto ampliare i limiti della giurisdizione militare in tutti i casi di conflitto armato, anche fuori dai casi di applicabilità, ai sensi dell’articolo 3 c.p.m.g., della legge penale militare di guerra.

L’interpretazione dell’articolo 103, terzo comma, della Costituzione nei termini sopra indicati appare particolarmente importante per rendere possibile la sottoposizione alla giurisdizione militare anche dei reati contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, commessi da chiunque nel tempo di un conflitto armato ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane nel corso di una operazione militare armata.

Tuttavia, non si è ritenuto di discostarsi (anche se ciò astrattamente appare possibile) nell’ipotesi di conflitto armato dalle norme che prevedono tre gradi di giurisdizione (tribunali militari, corte militare d’appello, corte di cassazione) ma si è proposta la citazione diretta (e quindi l’esclusione dell’udienza preliminare) per tutti i reati commessi da militari impegnati nei conflitti armati.

È stata, poi, confermata la competenza del tribunale di Roma per tutti i reati commessi all’estero. Tale decisione è stata frutto di attenta considerazione. Premesso che l’articolo 9 della legge n. 180 del 1981 aveva fissato la competenza del tribunale militare di Roma per tutti i reati commessi all’estero, era evidente che la norma non si riferisse ai reati commessi all’estero nello stato di guerra, ma solo a quei reati commessi in corso di missioni militari all’estero, dato che tale legge introduceva «modifiche all’ordinamento giudiziario militare di pace».

La competenza del tribunale militare di Roma era stata fissata al fine di superare la norma prevista dall’articolo 10 c.p.p., di complessa applicazione nel caso di reati commessi da militari. Infatti, nel caso di concorso di militari nel reato, i criteri della residenza, dimora o domicilio, ai fini dell’individuazione della competenza, potevano non essere sufficienti (specie in caso di pluralità di autori del reato), così come appariva inutile quello dell’arresto o della consegna, e come appariva foriero di disguidi anche il criterio del luogo ove ha sede l’ufficio del pubblico ministero che per primo ha iscritto nell’apposito registro la notizia di reato. La determinazione di un unico ufficio giudiziario competente per tali reati era apparsa al legislatore del 1981 la più conveniente.

Gli stessi argomenti hanno suggerito di determinare in un unico ufficio giudiziario (quello di Roma, tenuto conto della sua centralità e del suo organico più numeroso rispetto ad altri tribunali militari) la competenza per i reati commessi all’estero nei casi di applicazione della legge di guerra. Altre considerazioni si sono aggiunte a favore della competenza determinata presso un unico tribunale militare rispetto a quelle tenute presenti dal legislatore del 1981. Infatti, è stato ritenuto necessario concentrare presso un solo ufficio giudiziario le apparecchiature necessarie per una eventuale convalida di arresto in flagranza effettuata mediante udienza svolta a distanza con conferenza telematica; inoltre, l’esperienza ventennale di missioni svolte all’estero ha dimostrato l’esiguità di reati commessi all’estero (meno di una decina l’anno), tale da consigliarne la concentrazione presso il solo ufficio giudiziario di Roma.

Le medesime considerazioni sono apparse valide, per lo stato di guerra e per il tempo di guerra (che, come si e detto, abbraccia ogni conflitto armato), anche per i reati commessi a bordo di navi militari o aeromobili militari in navigazione in acque o spazi internazionali o in acque territoriali estere.

Viene, inoltre, prevista la condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio delle funzioni di comando, con esclusione dei crimini di guerra.

Al fine, poi, di accelerare la definizione dei processi nello stato di guerra e nell’ipotesi di reati commessi nei luoghi ove si svolgano conflitti armati, viene previsto di:

– escludere la sospensione feriale dei termini processuali;

– abbreviare i termini processuali compatibilmente con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive.

Per quanto attiene al tempo di guerra o allo stato di guerra, è sembrato opportuno disporre, tranne per i casi di eccezionale gravità, la prevalenza delle esigenze connesse alle operazioni militari rispetto alle esigenze cautelari, anche al fine di evitare che il militare possa artificiosamente sottrarsi alle operazioni belliche.

Per quanto attiene alle attività che possono essere compiute dalla polizia giudiziaria militare, si è ritenuto che, qualora ricorra una delle seguenti eccezionali circostanze e cioè: si agisca in zona di operazioni; viga, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione; ovvero il fatto costituente reato si sia verificato presso un reparto isolato, o a bordo di nave militare o aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti, la polizia giudiziaria possa:

– compiere d’iniziativa quegli atti che secondo le disposizioni del codice di procedura penale possono essere compiuti solo su delega del pubblico ministero;

– procedere, fermo restando l’obbligo della presenza del difensore, all’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, dando, però, atto, in entrambe le ipotesi, nel relativo processo verbale, dell’esistenza di almeno una delle eccezionali situazioni sopra descritte.

È evidente che gli atti così compiuti dalla polizia giudiziaria potranno essere utilizzati nel dibattimento soltanto se non più ripetibili, a prescindere dalla prevedibilità o meno della loro irripetibilità.

Ricorrendo una delle anzidette eccezionali circostanze, si è previsto, inoltre, che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare possano, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti nel corso di attività ad iniziativa della stessa polizia giudiziaria.

Infine, è sembrato opportuno prevedere che, per gli atti compiuti dalla polizia giudiziaria in una delle eccezionali circostanze prima descritte e per i quali sia necessaria la convalida, i termini ordinari della convalida siano raddoppiati, con eccezione per quelli stabiliti per i provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva a quella della cessazione della causa d’impedimento.

6. - Art. 5. – Modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare

È prevista l’applicabilità delle norme relative all’ordinamento giudiziario ordinario, in quanto compatibili, tenuto conto dell’evidente peculiarità della giustizia militare.

Muovendo dalla considerazione che attualmente, nel collegio, la figura dell’ufficiale giudice non sempre assicura un adeguato contributo, sia per la presenza di ufficiali non in possesso della necessaria esperienza di servizio, sia per la limitata durata del mandato (due mesi), è apparso anzitutto opportuno rivedere la normativa vigente relativa ai requisiti di grado, cause di dispensa e durata dell’incarico dei giudici d’arma, ferma restando la loro estrazione a sorte e la composizione numerica degli organi giudiziari militari, così come prevista dagli articoli 2 e 3 della legge 7 maggio 1981, n. 180.

La specialità della giurisdizione militare scaturisce non solo dalla materia trattata, ma soprattutto dalla composizione mista del collegio (magistrati togati- ufficiali giudici). La prevalenza dell’elemento togato su quello laico e l’attribuzione della presidenza ad un magistrato trovano spiegazione nella necessità di garantire il massimo di indipendenza e di tecnicismo ai collegi giudicanti.

Va, infatti, ricordato che, per quanto attiene ai magistrati militari, l’articolo 1 della citata legge n. 180 del 1981 attribuisce loro le medesime garanzie di indipendenza fissate per i magistrati ordinari (l’unica differenza è data dal fatto che per questi ultimi è la Costituzione a porre le norme che garantiscono l’indipendenza, mentre per i magistrati militari le stesse norme sono contenute in legge ordinaria).

Si è ritenuto opportuno non proporre la modifica delle modalità di designazione per sorteggio dell’ufficiale giudice, considerando questo sistema il migliore possibile per garantire l’indipendenza di tale figura dal rapporto gerarchico. È stata, inoltre, esclusa l’ipotesi di istituire un corpo di ufficiali giudici o un istituto di ufficiali fuori ruolo da poter impiegare nei collegi giudicanti, perchè tali soluzioni non assicurerebbero le necessarie garanzie di autonomia e di indipendenza, per incompatibilità con le leggi di stato militari.

Per quanto concerne le sezioni della corte militare di appello, le stesse sono, come afferma la legge, distaccate, ma non autonome. Si propone, quindi, la modifica del secondo comma dell’articolo 3 della legge n. 180 del 1981, riaffermando l’unicità della corte militare di appello.

È apparso necessario rivedere le circoscrizioni territoriali dei tribunali militari, tenuto conto dell’avvenuta modificazione della dislocazione delle truppe, che ha comportato un aumento del carico di lavoro per alcuni tribunali militari ed una scarsa funzionalità per altri tribunali. I criteri a cui dovrà attenersi il legislatore delegato, a tal fine, sono quelli di tener conto dell’estensione del territorio, del complesso dei militari ivi esistenti, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie zone e la sede dell’ufficio giudiziario, del prevedibile carico di lavoro, finalizzando tali valutazioni alla realizzazione di un’equa distribuzione del carico di lavoro e di una adeguata funzionalità degli uffici giudiziari.

La necessità di garantire la difesa dell’imputato nei casi di reati commessi all’estero in corso di conflitti armati e sin dalla fase delle indagini, ha indotto ad esaminare varie ipotesi. Ferma restando in ogni caso la possibilità per l’indagato di nominare un difensore di fiducia, la quasi assoluta impossibilità di fare intervenire all’estero un difensore d’ufficio, ha fatto sorgere la necessità di trovare soluzioni adeguate. La problematica relativa all’istituzione di un corpo di avvocati militari, finalizzata a creare una riserva di ufficiali in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, che assumano la difesa davanti ai tribunali militari e alla corte militare di appello, è stata affrontata anche alla luce delle nuove realtà che vedono con sempre maggiore frequenza unita militari italiane partecipare ad operazioni militari armate in territorio estero. Anche in questo caso, sono valse le considerazioni fatte per il giudice d’arma, ritenendo non opportuno creare «corpi» o «istituti» nell’ambito dell’ordinamento giudiziario militare italiano.

In tale ottica, è stato ritenuto opportuno e sufficiente prevedere la possibilità che l’imputato, sia all’estero che in Patria, possa essere difeso da ufficiali che abbiano l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato.

Risultano, così, assicurati i diritti costituenti il patrimonio inviolabile della persona umana, al fine di conseguire un’adeguata ed effettiva difesa.

Il predisposto quadro normativo mostra disposizioni intese ad assicurare non soltanto una tutela degli interessi soggettivi del militare, ma soprattutto una difesa che, in termini oggettivi, possa essere svolta in condizioni di imparzialità e di indipendenza, anche nei confronti delle pressioni che potrebbero derivare dagli ambienti esterni. Tale garanzia di indipendenza potrebbe essere conseguita, per esempio, scegliendo il difensore nell’ambito di Forza armata diversa da quella di appartenenza dell’imputato.

Con specifico riferimento ai procedimenti disciplinari a carico dei magistrati militari, si è anche rilevata la necessità di prevedere l’istituzione, all’interno del Consiglio della magistratura militare, di due distinte sezioni, in modo da eliminare l’attuale lacuna procedurale, costituita dall’impossibilità di formare, in sede di rinvio, un altro collegio, nell’eventualità che le Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione, competenti a conoscere dei ricorsi avverso le deliberazioni disciplinari del Consiglio, emettano una decisione di annullamento con rinvio. Attualmente, infatti, il Consiglio della magistratura militare, a differenza di quanto avviene nell’organo di autogoverno per i magistrati ordinari, giudica in materia disciplinare in composizione plenaria, con l’unica esclusione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione.

Tale diversità è stata già sottoposta al vaglio della Corte costituzionale per la parte in cui non risulta istituita specifica composizione disciplinare, come collegio «perfetto», con previsione, cioè, di eventuali supplenti, ma tali questioni sono state dichiarate infondate, con sentenza n. 52 del 1998 e con ordinanze n. 251 del 1998 e n. 116 del 1999.

Sussiste, però, sempre il dubbio sulla costituzionalità delle norme correlative, laddove queste non consentano la sostituzione dei componenti del collegio, nell’eventualità che essi vengano a trovarsi in posizione di incompatibilità.

Ne potrebbe derivare una violazione del principio di imparzialità e terzietà del giudice ex articolo 111 della Costituzione. In tal senso si è pronunciata la Corte di Cassazione che, con recente ordinanza del 25 giugno 2002, n. 9283, ha riproposto la questione di costituzionalità degli articoli 4 e 6 della legge 24 marzo 1958, n. 195, nel corso di un procedimento disciplinare a carico di un magistrato ordinario.

Unica alternativa sarebbe, per i magistrati militari, quella di attendere, per il nuovo giudizio, l’elezione di un nuovo Consiglio della magistratura militare, semprechè non siano decorsi due anni dalla sentenza di annullamento, termine oltre il quale si prescriverebbe l’esercizio dell’azione disciplinare.

Alla luce di quanto sopra, si rende, quindi, necessario introdurre la modifica normativa innanzi indicata.

Viene, inoltre, prevista l’integrazione della composizione del Consiglio della magistratura militare mediante un ufficiale (estratto a sorte con le modalità previste per la composizione dei collegi giudicanti) con grado di tenente generale o equiparato nell’ipotesi di procedimento disciplinare svolto presso il Consiglio della magistratura militare a carico di giudice d’arma, e solo per la durata di tale procedimento.

È apparso, inoltre, necessario prevedere la soppressione del concorso per titoli riservato ai magistrati ordinari per il reclutamento dei magistrati militari. Tale concorso, infatti, spesso non ha dato esito positivo, in quanto frequentemente i magistrati ordinari, dopo qualche tempo, ritornano ad esercitare le loro funzioni presso la giustizia ordinaria.

È stato, poi, previsto che anche nello stato di guerra, come già nelle operazioni militari all’estero e in tempo di guerra, la composizione dei collegi giudicanti di primo grado sia identica a quella prevista per i collegi che operano in Italia in tempo di pace.

Nel caso in cui sia dichiarato lo stato di guerra, al fine di ottenere una veloce definizione dei procedimenti si propone, per i procedimenti militari, di eliminare il giudizio per cassazione.

Poiché è tuttora previsto, nell’ipotesi di stato di guerra, il Tribunale supremo militare, si propone che presso tale organo (che potrebbe giudicare in fatto e in diritto e che potrebbe essere composto dal presidente della corte militare di appello che lo presiede, da tre magistrati militare di cassazione e da un ufficiale, estratto a sorte, con grado minimo di brigadiere generale o corrispondente) possa essere rivolto ricorso, quale unico motivo di gravame avverso le sentenze dei tribunali militari.

Al riguardo si pone il problema di quale procedura prevedere per il Tribunale supremo militare e cioè se sia preferibile quella tipica della corte d’appello o un misto tra quella di appello e quella della Corte di Cassazione. In particolare, il problema si pone nell’ipotesi di sentenza assolutoria in primo grado con ricorso del pubblico ministero. In caso di riforma della sentenza, resta il problema se – come avviene in appello – possa essere pronunziata condanna (che sarebbe definitiva) o – come avviene nel giudizio di cassazione – se il Tribunale supremo militare debba annullare la sentenza di primo grado con rinvio.

Si è rilevato che la condanna emessa dal giudice dell’impugnazione lascerebbe molte perplessità per la sua definitività, in quanto emessa in contrasto con la decisione del primo giudice. Per converso, si è rilevato, da una parte, che proprio per garantire la più celere definizione di fatti costituenti reato nello stato di guerra, la Costituzione ha consentito nell’articolo 111 la possibilità di non ammettere il ricorso per cassazione (e nel momento in cui si è creata detta norma non esisteva la corte militare d’appello, sicchè non era possibile un nuovo giudizio militare) e d’altra parte che la possibilità di annullamento con rinvio, cancellerebbe o renderebbe meno possibile la celere definizione del procedimento, per la necessità di un terzo giudizio e la possibilità di altri (giudizio di rinvio, nuovo ricorso, nuovo annullamento con rinvio e così via). Verrebbe, in tal caso, meno quell’esigenza di celerità che, in definitiva, costituisce la ragione per cui si è ritenuto necessario distaccarsi dai tre gradi di giudizio. A fronte di tale alternativa, che lascia motivi di perplessità in ognuna delle due possibili soluzioni, è sembrato opportuno lasciare al legislatore delegato la soluzione.



Analisi tecnico-normativa

1. ASPETTI TECNICO-NORMATIVI IN SENSO STRETTO

a) Necessità dell’intervento normativo

Le disposizioni del disegno di legge prevedono il conferimento della delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra e l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare.

La riforma, già avviata con le leggi 31 gennaio 2002, n. 6, e 27 febbraio 2002, n. 15, di conversione, rispettivamente, dei decreti-legge 1º dicembre 2001, n. 421, e 28 dicembre 2001, n. 451, si rende necessaria per adeguare la legislazione penale militare, risalente al 1941, ai princìpi costituzionali, alle mutate esigenze operative e al diritto umanitario internazionale.

L’iniziativa dà anche attuazione a convergenti ordini del giorno con i quali il Governo, in occasione dell’approvazione della citata legge n. 15 del 2002, di conversione del decreto-legge n. 451 del 2001 (relativo alla proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali), si è impegnato a presentare un disegno di legge volto ad introdurre un corpo di norme per la disciplina penale delle missioni all’estero e per razionalizzare, in armonia con la Costituzione, l’organizzazione e il riparto della giurisdizione tra l’autorità giudiziaria militare e l’autorita giudiziaria ordinaria.

Quanto allo strumento, si ritiene che, data l’incidenza dell’intervento normativo sul sistema codicistico, la delega legislativa sia la scelta tecnicamente più opportuna, secondo una prassi consolidata. Gli analitici princìpi e criteri direttivi proposti con il disegno di legge sono conformi al dettato dell’articolo 76 della Costituzione.

b) Analisi del quadro normativo

Il codice penale militare di pace ha subìto negli anni diverse modifiche, la più incisiva delle quali è stata quella portata dalla legge 23 marzo 1956, n. 167.

Il codice penale militare di guerra è rimasto, invece, sostanzialmente immutato, se si esclude l’abolizione della pena di morte recata dalla legge 13 ottobre 1994, n. 589.

Inoltre, gli interventi della Corte costituzionale hanno portato a ulteriori conseguenze la conformazione di questa legislazione, eliminando le restanti disposizioni ritenute in contrasto con la Carta costituzionale.

Dal punto di vista organizzativo, l’antico assetto proprio della magistratura militare è stato nel tempo rivisto sin nelle fondamenta, con la rimozione di quelle caratterizzazioni che potevano qualificare la sua specialità come eccezione alle garanzie della imparzialità e del rigore nell’accertamento dei fatti e delle responsabilità. Oggi dunque – dopo le riforme dalle leggi 7 maggio 1981, n. 180, e 30 dicembre 1988, n. 561 – ci si trova di fronte ad una magistratura che ha in tutto le stesse caratteristiche organizzative e di status, e le medesime garanzie di autonomia e indipendenza che sono proprie della magistratura ordinaria. La sua specificità consiste ormai solo nell’essere caratterizzata da una preziosa expertise attagliata alla qualificazione di militarità dei fatti, degli autori, dell’ambiente e delle circostanze, e dunque si risolve essenzialmente in specializzazione per materia su ciò che riguarda la presenza dell’interesse pubblico militare: non dissimilmente, del resto, da quanto avviene per organi della giurisdizione ordinaria caratterizzati, come questa, dalla presenza minoritaria di componenti non togati nei collegi giudicanti.

Malgrado tale aggiornamento organizzativo, per ciò che riguarda la strumentazione giuridica, la legislazione penale militare è rimasta ancora sostanzialmente ferma nella sua configurazione tradizionale. Nondimeno, il rapido e progressivo mutare dello scenario internazionale, con la fine del bipolarismo e l’apertura di un periodo di più diretto impegno italiano nel concorrere ad assicurare la pace in ambito internazionale, ha poi generato nuove esigenze di tutela penale militare e aperto nuove prospettive, in cui l’uso della forza militare diviene strumento e garanzia dei beni essenziali e comuni dell’ordine e della stabilità internazionali. Le Forze armate sono andate associando alla loro tradizionale e primaria funzione di difesa nazionale altri e nuovi compiti, manifestatisi soprattutto in occasione delle numerose missioni all’estero in sostegno della pace e della sicurezza. A questi si sono aggiunti il concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni e lo svolgimento di compiti specifici in occasione di pubbliche calamità e in altri casi di straordinaria necessità ed urgenza, testualmente enunciati dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331.

La medesima legge n. 331 del 2000 ha, altresì, avviato il processo di trasformazione in chiave professionale del servizio militare, rendendo necessario l’aggiornamento e la riconsiderazione dei precetti e delle sanzioni penali, in modo da rendere più attuale la protezione dei beni giuridici che sono a fondamento delle Forze armate e che debbono avere particolare tutela e vigore in un esercito a base volontaria.

È, comunque, in occasione delle missioni di pace all’estero che si è sempre più manifestata la necessità di un’espressa e attuale modulazione del c.p.m.g. che, pur evitando l’automatismo della integrale applicazione della legge penale militare di guerra ai corpi di spedizione all’estero in tempo di pace, gia previsto dall’articolo 9 c.p.m.g., evitasse per contro anche il reiterarsi di lacune, incongruenze e incertezze dovute all’impropria sua espressa inapplicazione. Il ricorso al solo codice militare di pace – proprio di una condizione generale di addestramento anzichè di un impiego operativo che può anche giungere a rimarchevole intensità – lascia infatti senza protezione situazioni e beni giuridici di primaria importanza in simili contesti di uso della forza, sovente delicato e pericoloso: non solo l’imputazione allo Stato degli atti dei componenti del contingente nello svolgimento dell’impegno, con connesse responsabilità e doveri, ma anche la necessaria coesione, in un tale ambiente, del contingente medesimo, come anche la condizione giuridica dei catturati. E sono soprattutto i soggetti deboli coinvolti (infermi, feriti, popolazione civile, prigionieri) che vengono lasciati senza specifica tutela penale, prevista invero dal titolo IV del libro III del codice penale militare di guerra (reati contro le leggi e gli usi di guerra).

In ragione di queste esigenze, il Governo, sin dai primi decreti-legge sull’operazione Enduring Freedom (decreto-legge 1º dicembre 2001, n. 421, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, e decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15) ha ritenuto di non dover più derogare all’applicazione di quel codice, ma solo alle obsolete disposizioni sulla cosiddetta giustizia di guerra.

È stato avviato così, sotto la pressante spinta di dare uno status giuridico congruo alla operazione internazionale di lotta al terrorismo, una prima attualizzazione di questo corpo normativo.

Il quadro normativo di riferimento è completato dallo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232. Questo comporta che siano colmate eventuali lacune dell’ordinamento interno circa la repressione dei fatti corrispondenti ai crimini internazionali previsti dallo Statuto medesimo. Le rammentate previsioni del libro III, titolo IV, del codice penale militare di guerra circa i reati contro le leggi e gli usi di guerra, già oggetto di alcune recenti modifiche (si vedano, ad esempio, gli articoli 165, 183, 184-bis, 185, 185-bis), vanno pertanto integrate per ottenere una compiuta e finale conformazione all’articolo 8 (sui crimini di guerra) di tale significativo strumento internazionale e alle altre convenzioni di diritto umanitario recepite dall’Italia.

La revisione dei codici militari comporta anche, per riflesso organizzativo, un’ulteriore revisione dell’ordinamento giudiziario militare di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, già profondamente modificato, come detto, con le leggi 7 maggio 1981, n. 180, e 30 dicembre 1988, n. 561.

c) Incidenza delle norme proposte sulle leggi e i regolamenti vigenti

Il disegno di legge, avendo ad oggetto unicamente il conferimento di una delega legislativa, non incide direttamente sulla legislazione vigente.

d) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario

Trattandosi di disposizioni in materia penale e di ordinamento giudiziario, di esclusiva competenza, sulla base del trattato dell’Unione europea, degli ordinamenti interni degli Stati membri, non si ravvisano profili di incompatibilità con l’ordinamento comunitario.

e) Analisi della compatibilità con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale

Non si ravvisano profili di incompatibilità delle disposizioni del disegno di legge con le competenze delle regioni ordinarie ed a statuto speciale, essendo la materia attribuita alla legislazione esclusiva dello Stato dall’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

f) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali

Ugualmente non si pone alcun problema di possibile interferenza con le fonti legislative che dispongono il trasferirnento di funzioni alle regioni e agli enti locali.

g) Verifica dell’assenza di rilegificazioni e della piena utilizzazione delle possibilità di delegificazione

Le disposizioni del provvedimento non incidono su materie disciplinate da fonti regolamentari, nè possono costituire oggetto di atti normativi secondari.

2. ELEMENTI DI DRAFTING E LINGUAGGIO NORMATIVO

a) Individuazione delle nuove definizioni normative introdotte dal testo, della loro necessità, della coerenza con quelle già in uso

Le disposizioni del disegno di legge non introducono nuove definizioni normative.

b) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, con particolare riguardo alle successive modificazioni ed integrazioni subite dai medesimi

È stata verificata positivamente la correttezza dei riferimenti normativi contenuti negli articoli del disegno di legge.

c) Ricorso alla tecnica della novella legislativa per introdurre modificazioni ed integrazioni a disposizioni vigenti

Il disegno di legge, avendo ad oggetto unicamente il conferimento di una delega legislativa, non introduce modifiche e integrazioni a disposizioni vigenti.

d) Individuazione di effetti abrogativi impliciti di disposizioni dell’atto normativo e loro traduzione in norme abrogative espresse nel testo normativo

Dalle disposizioni del disegno di legge non conseguono effetti abrogativi impliciti.

 

3. ULTERIORI ELEMENTI

a) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità sul medesimo o analogo oggetto

Non risultano attualmente pendenti giudizi di costituzionalità riguardanti la materia oggetto del provvedimento.

b) Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento e relativo stato dell’iter

Nella materia oggetto del provvedimento risultano presentati i seguenti atti parlamentari:

Atto Camera n. 258 (SPINI);

Atto Camera n. 534 (CARBONI);

Atto Camera n. 576 (LAVAGNINI);

Atto Camera n. 2724 (KESSLER e altri);

Atto Camera n. 2807 (MINNITI e altri);

Atto Camera n. 3565 (FRAGALÀ);

Atto Senato n. 1533 (NIEDDU e altri);

Atto Senato n. 1638 (IOVENE e altri).

 


 

Analisi di impatto della regolamentazione (AIR)

a) Destinatari dell’intervento

Destinatari diretti dell’intervento normativo in esame sono gli individui, anche non cittadini, in quanto possibili soggetti attivi dei reati previsti dai codici penali militari.

Per quanto riguarda le amministrazioni pubbliche, destinataria diretta dell’intervento è la magistratura militare, sia in relazione all’esercizio della funzione giurisdizionale, sia sul piano organizzativo. Destinatari indiretti possono considerarsi l’amministrazione militare e le strutture di supporto della magistratura militare (polizia giudiziaria militare, uffici di cancelleria).

b) Obiettivi e risultati attesi

Obiettivo dell’intervento è adeguare la legislazione e l’ordinamento penale militare ai princìpi costituzionali, alle mutate esigenze operative e al diritto umanitario internazionale.

I risultati attesi consistono nella più adeguata protezione dei beni-interessi militari, al fine di garantire la piena funzionalita delle Forze armate nell’assolvimento dei compiti istituzionali.

c) Impatto sull’organizzazione e sull’attività delle pubbliche amministrazioni; condizioni di operatività

Il provvedimento non presenta profili problematici di copertura amministrativa, in quanto le innovazioni non richiedono incrementi delle attuali strutture giudiziarie militari e dei relativi apparati amministrativi.

 

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Delega al Governo)

1. Al fine di assicurare la piena funzionalità delle Forze armate per l’assolvimento dei compiti istituzionali previsti dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni modificative e integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, della legge 7 maggio 1981, n. 180, e successive modificazioni, di modifica dell’ordinamento giudiziario militare di pace, e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, di istituzione del Consiglio della magistratura militare, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo, in conformità ai princìpi e valori della Costituzione della Repubblica e del diritto internazionale, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) adeguare la legge penale militare agli obblighi derivanti per l’Italia dal diritto internazionale umanitario, anche mediante l’attuazione, con riguardo all’ambito della legge penale militare italiana, dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, con riferimento alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

b) adeguare le norme del codice penale militare di guerra e graduarne anche l’applicazione in relazione alle esigenze connesse ai conflitti armati e alle operazioni militari armate all’estero;

c) dare attuazione ai princìpi di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza;

d) individuare, in attuazione dei princìpi di proporzione e di sussidiarietà, le ipotesi che siano meritevoli di pena e quelle, invece, da depenalizzare, avuto riguardo al grado di offensività e all’effettività della sanzione;

e) rivedere e armonizzare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonchè del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

f) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non piu rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.

Art. 3.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di pace)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di pace, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere le disposizioni di carattere generale, con l’eliminazione di ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune, che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare. In particolare: rivedere la nozione di «militari in servizio alle armi», intendendo come tali i militari di tutte le categorie dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui vengono posti in congedo, nonchè la nozione di «militari considerati in servizio alle armi» alla luce delle leggi che regolano lo stato di militare; prevedere i casi di applicabilità della legge penale militare ai militari stranieri nelle ipotesi di cooperazione internazionale, qualora consentita dalle convenzioni internazionali, nonchè agli estranei alle Forze armate per i servizi di vigilanza e custodia affidati a quest’ultimi o per l’adempimento di servizi collegati a operazioni militari, limitatamente alle condotte qualificate, per i militari, come violata consegna e abbandono di posto, nelle forme semplici o aggravate, omessa presentazione in servizio, disobbedienza e inadempienze nelle somministrazioni militari; prevedere l’inserimento della multa fra le pene principali e di sanzioni sostitutive compatibili con lo stato di militare del condannato; limitare, in tema di pene accessorie, i casi di applicazione automatica della rimozione in connessione al titolo di reato per cui è intervenuta condanna, escludendo l’automaticità della rimozione nel caso di concorso con inferiore; regolamentare in termini omogenei la sospensione dall’impiego e dal grado e prevedere la pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego; rivedere le norme relative alle cause di giustificazione, escludendo dalle esimenti l’esecuzione di un ordine costituente manifestamente reato, ed alle circostanze comuni del reato militare; riesaminare le disposizioni sulle esecuzioni delle pene comuni e delle misure cautelari per i militari di servizio; rivedere le disposizioni in tema di prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, nonchè in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario e di sospensione condizionale della pena; prevedere che la riabilitazione per i reati militari sia disposta dalla autorità giudiziaria militare;

b) riesaminare i reati contro la fedeltà e la difesa militare, prevedendo come reato militare qualunque violazione della legge penale comune costituente delitto contro la personalità dello Stato se commessa da militare; curare il coordinamento con le disposizioni concernenti la tutela del segreto di stato e i servizi di informazione e sicurezza;

c) rivedere i reati di omessa presentazione in servizio, abbandono di posto e di violata consegna, tenuto conto delle nuove, concrete articolazioni di impiego;

d) aggiornare, nell’ambito delle violazioni di doveri inerenti speciali servizi, le previsioni in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni;

e) prevedere una specifica ed autonoma disciplina dei reati in materia di stupefacenti e di sostanze psicotrope, allorchè commessi da militari in luoghi militari o comunque se il fatto avvenga tra militari, in riferimento alla tutela dell’idoneità fisica e in rapporto alle concrete esigenze di servizio;

f) riordinare i reati di assenza dal servizio, elevando la soglia del reato di allontanamento illecito a tre giorni di assenza, quella dei reati di diserzione e di mancanza alla chiamata a dieci giorni e quella dell’attenuante relativa alla breve durata dell’assenza a trenta giorni;

g) riformulare le ipotesi di diserzione immediata, includendo l’assenza ingiustificata nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme note all’autore del fatto;

h) prevedere la fattispecie di natura colposa della dispersione di oggetti di armamento, di munizioni da guerra, materiali o altri oggetti forniti, a norma dei regolamenti, dall’amministrazione militare come costituenti dotazione individuale;

i) disciplinare, in apposito capo del titolo secondo del libro secondo, i reati di falso prevedendo, in particolare, integrazioni mediante il richiamo alle ipotesi previste dalla legge penale comune commesse da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina;

l) riordinare i reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli dai fatti di sedizione, mediante disaggregazione in capi distinti. In particolare: prevedere la non punibilità del ritardo nell’esecuzione di un ordine, semprechè ricorrano le circostanze previste dall’articolo 25, comma 2, primo periodo, del regolamento di disciplina militare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545; prevedere come reati militari, con pene detentive differenziate, qualora le condotte del militare non costituiscano reati più gravi: le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato; la raccolta o la partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina;

m) rivedere i reati speciali contro l’amministrazione militare, in modo da:

1) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, se commessa da militare;

2) integrare le qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio previste per i soggetti attivi dei reati della legge penale comune, con le qualifiche di militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, o di direzione o di controllo o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio;

3) inserire una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare, ai fini della tutela penale, secondo una accezione funzionale e non di carattere contabile;

4) estendere ai militari incaricati di funzioni amministrative, o di comando o di direzione o di controllo, il reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative di personale dipendente, previsto, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, dall’articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121;

n) sostituire l’articolo 220 del codice penale militare di pace con una disposizione che preveda come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro l’amministrazione della giustizia, se commessa da militare nel corso o in funzione di un procedimento penale militare;

o) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto contro l’incolumità pubblica, ovvero costituente reato in materia di tutela della sicurezza e di prevenzione di infortuni nei luoghi di lavoro, commessa da militare in luogo militare;

p) sostituire gli articoli da 222 a 229 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro la persona, se commessa da militare a danno di un altro militare, a causa del servizio militare ovvero in luogo militare o in talune delle circostanze indicate all’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ovvero in territorio estero mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale ed esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace;

q) prevedere come reato militare il fatto del militare che usi violenza o minaccia nei confronti di altro militare, valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra militari piu anziani di servizio;

r) sostituire gli articoli da 230 a 237 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro il patrimonio, se commessa da militare a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale ed esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace;

s) prevedere come reato militare i fatti di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, commessi da militare in danno di altro militare;

t) prevedere nell’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace la perseguibilità a richiesta del Ministro della difesa anche del reato di cui all’articolo 117 del medesimo codice;

u) prevedere l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del codice di procedura penale, salvo che sussista una esigenza di disciplina differenziata, nonche l’abrogazione espressa delle norme processuali del codice penale militare di pace inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. In particolare, prevedere: la procedibilità anche solo a querela della persona offesa per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità; la procedibilità, in tali casi, anche a richiesta del comandante di corpo, ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, nonchè disposizioni, anche transitorie, di collegamento fra richiesta e querela; l’introduzione di norme che stabiliscano casi specifici di arresto in flagranza per le ipotesi più gravi di reati di assenza dal servizio e per i reati militari per le cui corrispondenti fattispecie la legge penale comune stabilisce la medesima misura restrittiva; l’introduzione di norme relative alla notifica di atti processuali ed alla costituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare; l’applicazione della disciplina prevista dal libro VIII del codice di procedura penale per i reati militari puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, ferma restando la composizione collegiale del giudice del dibattimento; la conferma, per i reati appartenenti alla giurisdizione dei tribunali militari, delle attribuzioni degli organi giudiziari militari, corrispondenti a quelli ordinari indicati dalla legge, nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, con riguardo alla normativa di cui al libro undicesimo del codice di procedura penale; determinazione di analoghe attribuzioni con riguardo alla cooperazione con la Corte penale internazionale per quanto attiene ai fatti corrispondenti ai crimini di guerra; l’introduzione, limitatamente ai reati militari, di forme di concerto con il Ministro della difesa per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge al Ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere;

v) abrogare gli articoli 38, 39, 42, 46, da 50 a 54, 56, 57, 58, secondo comma, 60, 63, primo comma, numeri 1, 4 e 6, 64, 70, secondo comma, 71, 78, 79, da 81 a 83, da 85 a 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, secondo e terzo comma, da 91 a 93, da 95 a 97, 98, limitatamente all’ipotesi dell’istigazione, 99, 102, 126, 149, primo comma, numeri 2 e 3, da 200 a 210, 345, 372 del codice penale militare di pace ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

Art. 4.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di guerra)

1. Quanto alle modificazioni del codice penale militare di guerra, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’applicazione della legge penale militare di guerra in relazione al tempo, avuto riguardo all’evoluzione dei conflitti armati internazionali e dei conflitti armati interni;

b) escludere ogni ipotesi di retroattività della legge penale militare di guerra;

c) prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino anche per i reati commessi nel corso di un conflitto armato ovvero per i reati commessi nel caso di attacco armato allo Stato italiano, precisando le modalità per la delimitazione degli ambiti territoriali e personali di applicazione in caso di attacchi non generalizzati;

d) confermare l’applicazione della legge penale militare di guerra, ancorchè nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate, prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni gravi del diritto umanitario;

e) prevedere che il differimento delle pene detentive temporanee sia in ogni caso disposto dall’autorità giudiziaria militare;

f) sopprimere, adeguare o integrare tutte le norme che, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace, considerato l’aumento di pena stabilito dall’articolo 47 del codice penale militare di guerra, risultino superflue per la marginalità dell’estensione della tutela penale o della maggiore severità della sanzione;

g) elevare fino ad un terzo le pene previste dal codice penale militare di pace nel caso di richiamo ai sensi dell’articolo 47 del codice penale militare di guerra; elevare fino ad un quarto le medesime pene nel caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; prevedere che costituisca, altresì, reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare o in luogo militare e prevista come delitto contro l’ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume; che, inoltre, costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trovi nei territori di operazione all’estero; prevedere che costituisca, infine, reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, commessa dall’appartenente alle Forze armate;

h) estendere la tutela del potere di ordinanza militare ai provvedimenti emessi per assicurare l’ordine e la sicurezza dei reparti e del personale militare, la sicurezza pubblica in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario, nonchè dagli accordi di tregua, sospensione d’armi, armistizio e dalle altre convenzioni militari, ovvero il rispetto delle salvaguardie e dei salvacondotti comunque rilasciati dalle autorità militari italiane;

i) rivedere il titolo quarto del libro terzo per adeguarne il contenuto alla tipologia dei crimini di guerra prevista dall’articolo 8 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, nonchè dalle altre convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati ratificate dall’Italia, in modo da:

1) prevedere che, ai fini della legge penale militare di guerra, costituiscano conflitti armati: i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all’interno del territorio dello Stato, e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi;

2) escludere dai conflitti interni indicati al numero 1) della presente lettera le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi;

3) disciplinare, in coerenza con gli articoli 28 e 32 del citato Statuto della Corte penale internazionale, la responsabilità personale dei comandanti militari, differenziandola in relazione al grado di colpevolezza;

4) determinare le pene principali ed accessorie per le singole fattispecie con riferimento alle ipotesi di base e a quelle oggetto di circostanze aggravanti o attenuanti mediante criteri di adeguatezza e di congruità nel quadro sistematico del codice penale militare di guerra;

l) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra, il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con le seguenti deroghe e integrazioni:

1) sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque, nel tempo di un conflitto armato, commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane, nell’ambito di una operazione militare armata;

2) competenza del tribunale militare di Roma sia per i reati commessi all’estero sia per quelli commessi in navigazione a bordo di navi o aeromobili militari in acque o spazi internazionali o territoriali esteri;

3) esclusione della sospensione feriale dei termini processuali;

4) possibilità di abbreviazione dei termini processuali, in funzione della massima tempestività, compatibile con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive, nella definizione del processo;

5) previsione che non siano di regola emesse misure coercitive, salvo che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo ovvero con la reclusione superiore a venti anni, quando l’esigenza di partecipazione dell’imputato alle operazioni militari risulti prevalente rispetto alle esigenze cautelari;

6) previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, nonchè alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere tempestivamente posto a disposizione dell’autorità giudiziaria;

7) previsione della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra, con esclusione dei crimini di guerra;

m) prevedere, limitatamente ai conflitti armati fuori dal territorio nazionale:

1 ) che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, procedano, d’iniziativa, a compiere tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solamente su delega del pubblico ministero, nonche l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, allorchè ricorra una delle seguenti condizioni, di cui debba essere fatta espressa menzione:

1.1) si agisca in zona di operazioni;

1.2) viga, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione;

1.3) si tratti di reparto isolato, di nave militare o di aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti;

2) il raddoppio dei termini ordinari per la convalida, ove prevista, degli atti di polizia giudiziaria, eccetto quelli stabiliti per la convalida dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva alla cessazione della causa di impedimento;

3) che, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare possano deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti nel corso di attività a iniziativa della polizia giudiziaria, quando ricorra una delle condizioni indicate ai numeri 1.1), 1.2) e 1.3);

4) prevedere l’utilizzabilità degli atti di cui al numero 1) soltanto nel caso di irripetibilità degli atti stessi;

n) confermare il principio secondo cui lo stato di guerra ha per effetto l’esercizio della giurisdizione penale militare di guerra relativamente ai reati ad essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, in tal caso, l’applicazione della procedura prevista dal libro ottavo del codice di procedura penale, nonchè il ricorso in unica istanza, per motivi di legittimità e di merito, al tribunale supremo militare, ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione;

o) confermare che i crimini di guerra, previsti dal codice penale militare di guerra e corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, rientrano nella giurisdizione dei tribunali militari se commessi in stato di guerra o in ogni caso di conflitto armato;

p) abrogare gli articoli 2, 8, 17, 27, 28, 39, 44 e 47, secondo comma, 75, 118 e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

Art. 5.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni dell’ordinamento

giudiziario militare)

1. Quanto alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’applicabilità nell’ordinamento giudiziario militare delle norme in tema di ordinamento giudiziario, in quanto compatibili e dovendosi tener conto delle esigenze di disciplina differenziata;

b) rivedere la normativa vigente relativa ai requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

c) confermare l’unicità della Corte militare d’appello, pur nella articolazione nelle sezioni distaccate di Verona e di Napoli;

d) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del prevedibile carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle Forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie province e la sede degli uffici giudiziari;

e) prevedere che le variazioni delle circoscrizioni dei tribunali militari di cui alla lettera d) non determinino lo spostamento di competenza per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 della presente legge;

f) prevedere la possibilità che la difesa dinanzi agli organi giudiziari militari possa essere assunta da ufficiali che abbiano l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato;

g) prevedere l’istituzione di due sezioni disciplinari nell’ambito del Consiglio della magistratura militare e l’integrazione del medesimo Consiglio mediante la partecipazione di un ufficiale estratto a sorte nel caso di giudizio disciplinare a carico di ufficiali giudici;

h) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

i) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata in primo grado dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace;

l) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del Presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

Art. 6.

(Norme finali)

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 entrano in vigore decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati, perchè sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti il parere entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi, criteri direttivi e procedure di cui alla presente legge.

 


 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 2645

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa dei senatori PASCARELLA, BRUTTI Massimo, BARATELLA, BASTIANONI, BATTAGLIA Giovanni, BEDIN, BRUNALE, CADDEO, CARELLA, CAVALLARO, COMPAGNA, CORTIANA, CREMA, CRINÒ, D’AMBROSIO, DE PAOLI, DI GIROLAMO, DI SIENA, D’IPPOLITO, DONATI, FASOLINO, FLAMMIA, FORCIERI, FORMISANO, FRANCO Vittoria, GARRAFFA, GASBARRI, GIOVANELLI, IERVOLINO, IZZO, LIGUORI, LONGHI, MACONI, MALABARBA, MARINI, MARTONE, MONTINO, MURINEDDU, NIEDDU, NOCCO, PETERLINI, PETRINI, PIATTI, PILONI, ROTONDO, SODANO Tommaso, STANISCI, TONINI, TURCI, TURRONI e VISERTA COSTANTINI

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L’11 DICEMBRE 2003

 

 

 

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Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge è reso necessario dall’imminente cessazione dell’obbligo di prestare il servizio militare.

Al fine di garantire una professionalità sempre più elevata, in grado di dare una risposta efficiente alla crescente domanda di sicurezza, sia interna che internazionale, che grava ormai da qualche anno sulle Forze armate, nella scorsa legislatura l’Italia ha avviato un grande processo di riforma che ha condotto ad abbandonare l’ormai obsoleto istituto della leva militare.

Il termine ultimo di scadenza dell’obbligo di prestare il servizio militare è stato inizialmente fissato al 2007.

Il Senato della Repubblica si appresta tra qualche settimana ad esaminare un disegno di legge (atto Senato n. 2572), già approvato dalla Camera dei deputati e condiviso da tutte le forze politiche, destinato ad anticipare gli effetti della riforma, e dunque la cessazione della leva militare, al 1º gennaio 2005.

Tutto ciò spinge a chiudere un’epoca e a voltare pagina, chiudendo i conti con la giustizia di coloro che si sono sottratti negli scorsi anni all’obbligo del servizio militare.

È per tale motivo che viene proposto il presente disegno di legge, che prevede la concessione di amnistia per i reati di mancanza alla chiamata (articolo 151 del codice penale militare di pace), di sottrazione all’obbligo da parte di coloro che sono già iscritti alla leva o si trovano in congedo (articolo 160 del codice penale militare di pace) e di sottrazione al servizio civile (articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230).

Contestualmente si propone di depenalizzare i medesimi delitti, trasformandoli in mere violazioni amministrative, al fine di non creare una sproporzione in danno di coloro – i nati entro il 1985 – che dovranno soddisfare l’obbligo del servizio militare sino al 1º gennaio 2005.

Il termine di efficacia per l’applicazione dell’amnistia, sempre rinunciabile nel rispetto del dettato costituzionale, è previsto al 1º dicembre 2003.


 


 


DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

(Amnistia)

1. È concessa amnistia per i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

2. L’amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato, purché non sia applicabile la circostanza aggravante prevista dall’articolo 162 del codice penale militare di pace.

Art. 2.

(Rinunciabilità all’amnistia)

1. L’amnistia di cui alla presente legge non si applica qualora l’interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

Art. 3.

(Termine di efficacia)

1. L’amnistia ha efficacia, nei limiti di cui alla presente legge, per i reati commessi fino al 1º dicembre 2003.

Art. 4.

(Depenalizzazione di delitti

e contravvenzioni)

1. Non costituiscono reato e sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

Art. 5.

(Entità della somma dovuta)

1. La somma dovuta come sanzione amministrativa per le violazioni indicate nell’articolo 4, comma 1, è così determinata:

a) da euro 750 ad euro 1.500 per le violazioni previste dalle lettere a), salvo che ricorrano le aggravanti ivi contemplate, e c);

b) da euro 1.000 ad euro 2.000 per la violazione prevista dalla lettera b);

c) da euro 1.250 ad euro 2.500 per la violazione prevista dalla lettera a), nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti ivi contemplate.

Art. 6.

(Disposizioni finali e transitorie)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, quando il procedimento penale non sia stato definito con sentenza passata in giudicato o con decreto irrevocabile.

2. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, in quanto compatibili.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono indicati gli uffici periferici ai quali deve essere inviato il rapporto di cui all’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 7.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 2663

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa dei senatori FLORINO, BOBBIO Luigi, CARUSO Antonino, BALBONI, BEVILACQUA, BONATESTA, BONGIORNO, CONSOLO, COZZOLINO, CURTO, DANIELI Paolo, DELOGU, DE MASI, GRILLOTTI, MAGNALBÒ, MASSUCCO, MEDURI, MENARDI, MORSELLI, MUGNAI, MULAS, PACE, PALOMBO, PELLICINI, PONTONE, RAGNO, SEMERARO, SPECCHIA, TOFANI, ULIVI, VALDITARA e ZAPPACOSTA

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 DICEMBRE 2003

 

 

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Modifiche al codice penale militare di pace

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Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge si propone come un indispensabile e per molti aspetti improcrastinabile adattamento dell’attuale normativa penale militare.

Oramai in Italia è in atto un inarrestabile indirizzo normativo che vede la progressiva scomparsa del servizio militare di leva a beneficio di un esercito composto da professionisti, un esercito specializzato, qualificato e con militari volontari e ben motivati.

In questa prospettiva si rende necessario anche rivedere ed attualizzare l’attuale normativa del codice militare penale di pace, adattandola a quelli che a breve saranno dei percorsi di arruolamento strutturati su base volontaria e non più di ferma obbligatoria.

Più precisamente con il presente disegno di legge si intende abrogare la sezione III del libro II, titolo II, capo III, del codice penale militare di pace, perché le disposizioni in essa contenute sono destinate ad essere superate dalle nuove esigenze di difesa e di organizzazione militare dello Stato.

La figura del militare di leva è fisiologicamente destinata a svanire, e pertanto non si vede come si possa mantenere in vita una normativa obsoleta quale la «mancanza alla chiamata» con le relative circostanze aggravanti nonché la fattispecie di cui all’articolo 153 del codice penale militare di pace (militare chiamato alle armi, che si fa sostituire).

Alla stessa maniera si vuole fare in modo che cessino immediatamente gli effetti penali delle condanne per i soggetti giudicati rei per i reati che si intendono abrogare, e ciò anche al fine di raggiungere una diminuzione della popolazione carceraria militare rispetto ad una fattispecie che, giova ribadirlo, è destinata a non destare più il benché minimo allarme sociale e soprattutto ricadute nella sfera del rapporto cittadino-servizio militare.

L’idea è quella di giungere ad una ulteriore ridefinizione delle fattispecie penali militari, circoscrivendo i reati a quelli che realmente potrebbero prospettarsi e realizzarsi in prospettiva di un esercito composto prevalentemente o totalmente da militari professionisti. In questo senso è auspicabile, anche se questa non è la sede per parlarne, l’avvio anche di idonei corsi di formazione ed aggiornamento professionale sia per i militari sia per gli operatori della giustizia militare.

Il presente disegno di legge abroga gli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace; perdono, di conseguenza, di efficacia, per quanto ad essi di riferimento, gli articoli 154, 155 e 156 del medesimo codice; si procederà, in futuro, a ridisegnare in maniera organica tutta la materia per evitare i rischi di una riforma incompleta.


 


 


DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Sono abrogati gli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace; perdono di efficacia, per quanto ad essi di riferimento, gli articoli 154, 155 e 156 del medesimo codice.

Art. 2.

1. A partire dalla data di entrata in vigore della presente legge cessano gli effetti dei reati di cui agli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace e, per quanto ad essi di riferimento, dei reati di cui agli articoli 154, 155 e 156 del medesimo codice.

Art. 3.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 3009

DISEGNO DI LEGGE

 

d’iniziativa del senatore PESSINA

 

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 GIUGNO 2004

 

 

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Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

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Onorevoli Senatori. – Negli ultimi otto anni una serie di decreti e leggi hanno rivoluzionato le nostre Forze armate, riordinandone la struttura interna, aprendo le porte alle donne e trasformando la leva da obbligatoria a volontaria. A quest’ultimo proposito, è in fase di definitiva approvazione presso il Senato il disegno di legge d’iniziativa governativa che fissa al 1º gennaio 2005 il momento a partire dal quale il nostro esercito sarà composto esclusivamente da professionisti (v. atto Senato n. 2572). Viene in tal modo anticipata di ben due anni, rispetto alla data inizialmente prevista, la completa trasformazione dello strumento militare da obbligatorio in professionale.

Orbene, proprio l’obbligatorietà della prestazione del servizio militare si pone allo stato come il necessario presupposto per l’applicazione di varie norme, che comminano severe sanzioni ai destinatari dell’obbligo che manchino di adempierlo. Pensiamo all’articolo 151 del codice penale militare di pace, che punisce il reato di mancanza alla chiamata con la reclusione fino a due anni, o il successivo articolo 152, che aggrava tale pena qualora il fatto sia avvenuto mediante il passaggio all’estero, cioè mediante una modalità frequentissima. È chiaro, peraltro, che l’applicabilità di queste norme, presupponendo il mancato adempimento di un obbligo che, come detto, verrà definitivamente a cessare tra meno di sei mesi, contemplano fattispecie che a partire da quel momento non si potranno più verificare, con la conseguenza che le stesse troveranno applicazione solo relativamente a fatti pregressi, punendo i soggetti che si siano sottratti alla prestazione del servizio militare o di quello civile, in un momento in cui però tale fatto non è più percepito né dalla legge, né dalla comune coscienza sociale, come pericoloso.

In questo si sostanzia la ratio del presente disegno di legge, che si propone di concedere l’amnistia a tutti coloro che abbiano compiuto i delitti previsti dagli articoli 151 e 160 del codice penale militare di pace e dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, fino alla data del 31 maggio 2004.

 


 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1

(Amnistia)

1. È concessa amnistia per i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente il rifiuto di prestare il servizio civile.

2. L’amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato.

3. L’amnistia non si applica qualora l’interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

4. L’amnistia ha efficacia, nei limiti previsti dalla presente legge, per i reati commessi fino al 31 maggio 2004.

Art. 2.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

Esame in sede referente presso le Commissioni riunite 2a Giustizia e 4a Difesa

 


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

 

MercoleDI' 14 gennaio 2004

5a Seduta

 

Presidenza del Presidente della 4a Commissione

CONTESTABILE

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Berselli e il sottosegretario di stato per la Giustizia Valentino.

La seduta inizia alle ore 14,20 .

 

IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto «nonnismo»

(Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 2493 e 1533, congiunzione con l'esame del disegno di legge n. 1432 e rinvio. Esame del disegno di legge n. 1432, congiunzione con il seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 2493 e 1533 e rinvio)

 

 

Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta del 10 dicembre 2003.

Interviene il relatore per la Commissione Giustizia, CIRAMI (UDC), il quale, dopo essersi richiamato all'ampia relazione scritta che accompagna il disegno di legge n. 2493 e alla relazione svolta dal relatore per la Commissione Difesa, Peruzzotti, osserva come sotto il profilo tecnico giuridico il citato disegno di legge n. 2493 affronti una serie di problematiche indubbiamente reali e meriti da questo punto di vista una valutazione senz'altro positiva. Ciò non toglie che sia però necessario richiamare l'attenzione su alcuni aspetti dello stesso sui quali sembrerebbe indispensabile un ulteriore approfondimento.

Per quanto riguarda l'articolo 2 rileva che, se la genericità dei criteri di delega ivi previsti è compensata dai criteri specifici indicati nei successivi articoli 3, 4 e 5, tuttavia la portata di alcune previsioni andrebbe meglio chiarita. Così, ad esempio, la disposizione di cui alla lettera c) potrebbe essere interpretata nel senso di autorizzare il legislatore delegato ad effettuare interventi modificativi di fattispecie incriminatrici ulteriori rispetto a quelli espressamente menzionati nei successivi articoli 3 e 4, mentre la successiva lettera d) potrebbe ritenersi tale da consentire di procedere alla depenalizzazione di reati militari non espressamente richiamati nelle successive disposizioni di delega. Analogamente la lettera e) potrebbe essere intesa come una sorta di delega "in bianco" per rivedere la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati. La soluzione interpretativa testé esposta non è peraltro l'unica possibile essendo anche sostenibile che i criteri indicati nell'articolo 2 - fatta eccezione per quello di carattere meramente formale di cui alla lettera f) - siano piuttosto da considerarsi dei criteri interpretativi dei criteri di delega specificamente indicati nei successivi articoli 3, 4 e 5. Appare pertanto auspicabile un intervento sul testo che elimini ogni incertezza sulla portata dell'articolo in questione. La soluzione preferibile sotto il profilo tecnico sarebbe senz'altro quella di definire la normativa di delega nella maniera più puntuale e più circoscritta possibile. Ciò infatti è coerente con l'orientamento assunto dal legislatore delegante nei più recenti interventi che hanno portato a modifiche di rilievo della normativa di diritto penale sostanziale. Si fa riferimento in particolare alla legge n. 205 del 1999, recante delega al Governo per la depenalizzazione dei reati minori e per la riforma del sistema penale tributario, e alla legge n. 366 del 2001 (quest'ultima assai significativa proprio perché la delega assumeva un carattere di maggiore dettaglio nella parte relativa alla riforma dei reati societari, mentre i criteri di delega avevano un carattere più generale nella parte che non incideva nella materia del diritto penale sostanziale). Peraltro l'indirizzo seguito dal legislatore delegante nelle ultime due legislature risponde ad auspici formulati dalla stessa Corte costituzionale - si vedano le sentenze n. 53 del 1997 e n. 49 del 1999 - e tiene conto di altre pronunce della stessa Corte costituzionale che hanno preteso con particolare rigore il rispetto dei principi e criteri di delega quando la stessa incide in materia che tocca le libertà costituzionali; si vedano in questo senso le sentenze n. 250 del 1991, n. 354 del 1998, n. 427 del 2000, n. 251 del 2001, n. 212 del 2003, dalle quali può fondatamente desumersi il principio che, quando la delega tocca la materia dei diritti fondamentali, essa deve essere intesa dal legislatore delegato in senso minimale.

Passando all'articolo 3 del disegno di legge va sottolineato come tale disposizione realizzi sul codice penale militare di pace un intervento modificativo di notevole portata. La previsione di delega appare per molti aspetti sufficientemente dettagliata, fatta eccezione però per alcuni profili. Così in merito alla lettera a), la previsione dell'eliminazione "di ogni deroga ai principi stabiliti dalla legge penale comune che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare" è talmente generica che - alla luce delle considerazioni già espresse in tema di delega - essa finirebbe per risultare di portata molto limitata ovvero una previsione pericolosa se suscettibile di indurre il legislatore delegato ad interventi che la Corte costituzionale potrebbe ritenere non aventi una base adeguata nella delega stessa.

L'articolo 3 poi, a partire dalla lettera b), individua una serie di interventi innovativi che ridisegnano l'ambito dei reati militari, estendendone in modo assai rilevante la portata. Tutta una serie di reati previsti oggi solo dalla legge penale comune - che non sono pertanto qualificabili come reati militari e sono quindi attribuiti alla cognizione del giudice ordinario anche se commessi da militari - dovranno essere configurati come reati militari se commessi da militari (e, talora, purché ricorrano anche ulteriori criteri di collegamento con la realtà militare). Certamente questa soluzione consente di evitare alcune incongruenze che oggi si verificano (ad es. configura reato militare l'omicidio a danno del superiore o dell'inferiore, nelle ipotesi di cui agli articoli 186 e 195 codice penale militare di pace ricorrendo le condizioni di cui all'articolo 199 dello stesso codice, ma non quello commesso sempre dal militare e nell'ambiente militare in altre circostanze; è reato militare il furto a danno di militare in luogo militare, ma non la rapina nelle stesse condizioni, la minaccia rivolta da un militare ad un altro militare ma non la violenza privata) e che fanno si che attualmente il riparto della giurisdizione fra giudice ordinario e giudice militare non sia spesso riconducibile ad una ratio unitaria ben identificabile. Il disegno di legge risolve questo problema con un rilevante ampliamento della nozione di reato militare, con tutte le conseguenze che ne derivano (che vanno dalla applicabilità delle circostanze aggravanti e attenuanti specificamente previste per i reati militari alla cognizione del giudice militare). Deve però richiamarsi l'attenzione sul fatto che l'intero articolo 3 - fatta eccezione per le lettere p) ed r) che contengono un rinvio alle pene "originariamente previste dal codice penale ad esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace" - non contiene alcuna indicazione circa i livelli di pena edittale che saranno previsti per i nuovi reati. Al riguardo va con forza sottolineato che una simile impostazione rischia di porre seri problemi al legislatore delegato in quanto le soluzioni che verranno dallo stesso adottate potranno assai facilmente essere ritenute non avere una base nella legge di delega. Un rimedio potrebbe essere quello di fare riferimento ai livelli di pena già previsti dalle norme vigenti per le varie classi delittuose prese in considerazione (come sembrerebbe doversi desumere dalla lettera e) dell'articolo 2 e coerentemente con un orientamento già altre volte utilizzato dalla Corte costituzionale). Si tratta di una soluzione che non potrebbe però essere seguita quando il reato militare non trova il suo corrispondente in una fattispecie comune o quando non si tratta di estendere l'ambito soggettivo o oggettivo di una fattispecie già esistente - si consideri ad esempio il caso della fattispecie colposa della dispersione di oggetti di armamento, munizioni e altri materiali militari di cui alla lettera h) - ma in ogni caso se l'intenzione del legislatore delegante è che il legislatore delegato non debba modificare i limiti edittali di pena attualmente previsti (ma limitarsi a trasformare dei reati comuni in reati militari ovvero ampliare l'ambito di applicazione di reati militari già previsti) sarebbe opportuno che ciò venisse detto espressamente nella delega. Se invece si intende consentire al legislatore delegato di intervenire in modo innovativo sui limiti di pena edittale non basta la previsione di cui alla lettera e) dell'articolo 2, ma occorrerebbe dire chiaramente quali sono i nuovi livelli di pena che si intendono introdurre.

Con riferimento all'articolo 4 segnala parimenti l'opportunità di una riflessione circa la necessità che vengano dettati specifici criteri direttivi sia in ordine agli interventi sui livelli di pena edittale che si intendono effettuare, sia in ordine alle fattispecie incriminatici che si intendono sopprimere, sia infine - per quel che riguarda l'adeguamento del codice penale militare di guerra alle disposizioni dello statuto istitutivo della corte penale internazionale - in ordine alle nuove fattispecie incriminatici da introdurre.

Peraltro l'articolo 4 e le modifiche da esso proposte con riferimento al codice penale militare di guerra richiederanno una valutazione attenta anche con riferimento ad altri aspetti di particolare delicatezza. Si tratta innanzitutto delle previsioni che consentono l'applicazione della legge penale di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra "per i reati commessi nel corso di un conflitto armato ovvero per i reati commessi nel caso di attacco armato allo stato italiano", anche a prescindere dalla dichiarazione dello stato di guerra. Il presupposto da cui muove la soluzione proposta dal disegno di legge è che la nozione costituzionale di "tempo di guerra" debba essere intesa come riferita ad una situazione di fatto e possa quindi prescindere dalla dichiarazione dello stato di guerra. Prima di aderire a questa conclusione le Commissioni riunite dovranno però valutare se la stessa sia coerente con il complessivo quadro costituzionale in materia di guerra. Se infatti si considera il carattere fortemente derogatorio rispetto al quadro costituzionale ordinario che caratterizza le disposizioni che presuppongono il tempo di guerra (possibile ampliamento della giurisdizione dei tribunali militari, possibilità, perlomeno in astratto, che questi pronuncino sentenze anche inoppugnabili in unico grado, applicabilità della legge penale militare di guerra e quindi possibilità teorica - nonostante il recente intervento del legislatore ordinario - che sia ammesso il ricorso alla pena di morte) risulta evidente la necessità che le norme sul tempo di guerra siano intese in senso restrittivo, e potrebbe anche fondatamente sostenersi che la loro applicazione sul territorio nazionale non può prescindere da una deliberazione ad hoc del Parlamento, la centralità del quale costituisce uno dei cardini del vigente quadro costituzionale. Inoltre, la formulazione delle lettere c), i) ed l) dell'articolo 4 non sembra affrontare in modo adeguato ed esplicito il problema della definizione di un meccanismo - che non potrà che consistere nella adozione di un atto formale da parte di un'autorità determinata - il quale consenta di individuare con assoluta sicurezza e in via generale il momento in cui si passa dal "tempo di pace" al "tempo di guerra", dovendosi ovviamente escludere il rischio di ogni incertezza circa il momento temporale che segna il discrimine fra l'applicabilità sul piano sostanziale e processuale delle norme ordinarie, prima, e l'applicabilità, poi, della normativa prevista per il tempo di guerra. D'altra parte la nozione di conflitto armato fornita dal numero 1 della lettera i) dell'articolo 4 appare di tale ampiezza (estendendosi fino a ricomprendere i conflitti interni ad uno Stato che raggiungono la soglia di una guerra civile o di un'insurrezione armata, nonché i conflitti interni prolungati tra le forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi) che la stessa potrebbe risultare difficilmente conciliabile con l'esigenza, desumibile dal quadro costituzionale, di un'interpretazione restrittiva della nozione di "tempo di guerra" alla quale si è fatto cenno in precedenza. Non sembra a questo proposito inutile richiamare l'attenzione sul fatto che forse l'impostazione seguita dal testo potrebbe essere precisata ulteriormente tenendo conto della distinzione fra territorio nazionale e territorio estero, distinzione che, pur considerata ad altri fini, non sembra nell'insieme adeguatamente valorizzata.

Altro profilo al quale indubbiamente le Commissioni riunite dovranno rivolgere una particolare attenzione è quello relativo alle deroghe previste rispetto al modello procedurale ordinario per l'accertamento dei reati avvenuti nell'ambito di conflitti armati fuori dal territorio nazionale, ai sensi della lettera m) dell'articolo 4. Al riguardo, se le previsioni contenute nei numeri 1) e 2) sembrano, ad una prima disamina, accettabili nella loro ratio ispiratrice alla luce delle particolari condizioni operative considerate, ben più complessi appaiono i profili problematici sottesi ai numeri 3) e 4). Logicamente è necessario prendere le mosse da quest'ultima disposizione che prevede l'utilizzabilità degli atti indicati nel numero 1) - si tratta degli atti di indagine compiuti da coloro che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria che, nelle ipotesi considerate, potranno compiere di propria iniziativa anche gli atti che secondo il regime procedurale ordinario possano essere compiuti solo su delega del pubblico ministero - soltanto nel caso di irripetibilità degli stessi. La norma non distingue fra le ipotesi di irripetibilità originaria ed irripetibilità sopravvenuta. Si tratta di una scelta voluta - come emerge dalla relazione - ma che non può non lasciare perplessi. Infatti, mentre l'utilizzabilità di atti originariamente irripetibili (ad esempio verbali di sequestro, perquisizioni, ovvero verbali e trascrizioni di intercettazioni) è perfettamente coerente con il vigente sistema processuale e non ha quindi alcun carattere derogatorio, l'utilizzabilità degli atti formati in fase di indagine e divenuti irripetibili per cause sopravvenute - riferibile essenzialmente agli atti a contenuto dichiarativo - a seguito della riforma costituzionale che ha introdotto il nuovo testo dell'articolo 111 della Costituzione viola il principio del contraddittorio nella formazione della prova ed è pertanto inammissibile in linea di massima, fatta eccezione per le limitate ipotesi indicate nel quinto comma del medesimo articolo 111 (consenso dell'imputato, impossibilità di natura oggettiva, provata condotta illecita). Si tratta della soluzione che emerge dal sistema delineato negli articoli 500, 512, 512-bis, e 513 del codice di procedura penale come risultanti anche a seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 63 del 2001 proprio in attuazione della citata riforma costituzionale, soluzione dalla quale non si vede come sia possibile discostarsi in modo così radicale come sembrerebbe suggerito dal numero 4 della lettera m) dell'articolo 4. Più specificamente la previsione della generale utilizzabilità degli atti raccolti nella fase di indagine in caso di irripetibilità consentirebbe l'utilizzabilità in giudizio, ai fini della prova dei fatti in esse affermati, delle dichiarazioni rese da un imputato in un procedimento connesso o collegato ovvero da una persona informata sui fatti anche nell'ipotesi in cui l'irripetibilità sia conseguenza del fatto che questa persona si è avvalsa della facoltà di non rispondere o ha in fatto omesso di rispondere in sede dibattimentale, un esito questo che si porrebbe in radicale contrasto con la volontà della legge costituzionale n. 2 del 1999, conclusione questa difficilmente contestabile ricordando la tormentata vicenda che ebbe inizio con le sentenze della Corte costituzionale n. 254 e n. 255 del 1992, per arrivare alla legge n. 267 del 1997, cui fece seguito un ulteriore intervento della Corte costituzionale con la sentenza n. 361 del 1998, per giungere infine alla citata legge costituzionale n. 2 del 1999 e alla legge ordinaria n. 63 del 2001. Certamente non sfuggono le particolarissime condizioni in cui avrebbero luogo i procedimenti considerati dal disegno di legge, ma di questo si potrebbe tener conto mediante norme ad hoc nei limiti in cui si determini un'irripetibilità di tipo oggettivo dell'atto assunto in fase di indagine, non mai nella ipotesi di irripetibilità sopravvenuta di tipo diverso, fatti salvi ovviamente i casi - anch'essi costituzionalmente consentiti - di una provata condotta illecita.

Problemi sostanzialmente analoghi pone la previsione di cui al numero 3 della lettera m) dell'articolo 4 laddove consente alle persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare di deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti nei casi di cui al numero 1 della stessa lettera m). Il divieto di testimonianza indiretta per gli agenti e gli ufficiali di polizia giudiziaria sulle dichiarazioni raccolte in sede di indagini e delle quali è stato redatto verbale - previsto dal comma 4 dell'articolo 195 del codice di procedura penale - è infatti funzionale a garantire l'inutilizzabilità ai fini probatori di questi verbali, inutilizzabilità che è la conseguenza del fatto - come già detto - che questi atti sono stati formati unilateralmente e non nel contraddittorio fra le parti. Al riguardo sembra opportuno riportare parte delle argomentazioni con cui la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2002, nel dichiarare infondata la questione di legittimità del citato comma 4 dell'articolo 195 codice di procedura penale ha sottolineato appunto come il divieto di testimonianza indiretta nell'ipotesi in questione corrisponda ad un'esigenza costituzionalmente garantita: " ... I giudici rimettenti chiedono in sostanza a questa Corte di dichiarare illegittimo il divieto della testimonianza indiretta degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, appellandosi alle argomentazioni svolte nella sentenza n. 24 del 1992, che aveva appunto dichiarato illegittima l'originaria formulazione dell'articolo 195, comma 4, codice di procedura penale. I rimettenti omettono peraltro di considerare che, rispetto al momento in cui è stata emessa tale sentenza, è profondamente mutato non solo il sistema delle norme che disciplinano l'attività investigativa della polizia giudiziaria e il regime della lettura degli atti irripetibili, ma, ciò che più conta, il quadro di riferimento costituzionale, ora integrato dalla previsione, contenuta nella prima parte del quarto comma dell'articolo 111 della Costituzione, del principio del contraddittorio nella formazione della prova. Da questo principio, con il quale il legislatore ha dato formale riconoscimento al contraddittorio come metodo di conoscenza dei fatti oggetto del giudizio, deriva quale corollario il divieto di attribuire valore di prova alle dichiarazioni raccolte unilateralmente dagli organi investigativi (ed evidentemente anche dal difensore). Nel dare attuazione al principio costituzionale la legge n. 63 del 2001 ha appunto previsto il divieto della testimonianza indiretta degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria sulle dichiarazioni ricevute dalle persone informate sui fatti con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere b) e c), del codice di procedura penale, al fine di evitare che tali dichiarazioni possano surrettiziamente confluire nel materiale probatorio utilizzabile in giudizio attraverso la testimonianza sul loro contenuto resa da chi le ha raccolte unilateralmente nel corso delle indagini preliminari....".

Le conclusioni raggiunte dalla Corte nella sentenza n. 32 del 2002 sono state poi successivamente ribadite nelle ordinanze n. 325 e n. 326 del 2002, n. 489 del 2002 e n. 258 del 2003.

Ancora con riferimento all'articolo 4, le Commissioni riunite dovranno certamente soffermarsi sulla problematica del proposto riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra e del regime di impugnabilità delle sentenze emesse in primo grado dei Tribunali militari di guerra.

Passando all'articolo 5 del disegno di legge appare indispensabile un ulteriore approfondimento sulla lettera a) la cui impostazione, volta a prevedere nell'ordinamento giudiziario militare l'applicazione delle norme dell'ordinamento giudiziario "in quanto compatibili e dovendosi tener conto dell'esigenza di una disciplina differenziata", è certamente condivisibile, ma dovrà probabilmente essere ulteriormente precisata tenendo conto delle importanti modifiche previste in materia di ordinamento giudiziario dal disegno di legge n. 1296 in questo momento all'esame del Senato. Se infatti sia la progressione in carriera dei magistrati militari, sia il passaggio dalle funzioni requirenti alle giudicanti e viceversa, dovranno presumibilmente essere rivisti secondo un'impostazione coerente con quella che sarà introdotta per la magistratura ordinaria, è però innegabile che sarebbero auspicabili in questa prospettiva alcune scelte di fondo da parte del Parlamento in considerazione dell'estrema difficoltà di una trasposizione automatica del nuovo sistema delineato per i magistrati ordinari ai magistrati militari.

Relativamente all'articolo 6 ci si limita a segnalare alle Commissioni riunite l'opportunità di disciplinare la modalità di espressione del parere eventualmente prevedendo un doppio intervento delle Commissioni parlamentari - ispirandosi al meccanismo che venne seguito per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale - e la probabile esigenza di inserire una delega ad hoc per gli interventi di coordinamento e la disciplina transitoria.

In conclusione, pur ribadendo la necessità di un intervento del legislatore sui temi oggetto del disegno di legge n. 2493, nonché la condivisibilità della complessiva impostazione allo stesso sottesa, le considerazioni che precedono hanno inteso sommariamente e parzialmente evidenziare la complessità della materia all'esame e l'indispensabilità di una riflessione attenta e approfondita sulla stessa. In questa prospettiva il relatore Cirami, dopo essersi brevemente soffermato sul contenuto degli altri disegni di legge in titolo, ritiene che sarebbe senz'altro opportuno se le Commissioni riunite procedessero alla costituzione di un comitato ristretto nell'ambito del quale procedere prima allo svolgimento di alcune audizioni e poi alla predisposizione di un testo che, muovendo dal disegno di legge di iniziativa governativa tenga però conto anche, se del caso, delle indicazioni contenute negli altri disegni di legge nonché di eventuali contributi ulteriori.

 

Prende quindi brevemente la parola il sottosegretario BERSELLI, osservando che il provvedimento presentato dal Governo ha ad oggetto una riforma, quella della legislazione penale militare vigente, ampiamente condivisa a livello parlamentare nonché sollecitata dal personale del settore. È necessario, infatti, apportare delle modifiche all'impianto codicistico del 1941 che, pur senza innovare completamente la disciplina, possano far fronte ad indifferibili esigenze di certezza, soprattutto in relazione all'applicazione della legge penale militare nell'ambito delle missioni internazionali in corso.

Conclude auspicando l'approvazione della riforma entro la legislatura in corso, ed esprimendo avvio favorevole alla possibilità, prospettata dai relatori nei loro interventi, di costituire un apposito comitato ristretto.

 

Dopo un breve dibattito nel quale intervengono il senatore CENTARO (FI), il presidente CONTESTABILE, il relatore CIRAMI (UDC), il presidente Antonino CARUSOe di nuovo il senatore CENTARO (FI), le Commissioni convengono di procedere alla costituzione di un comitato ristretto.

 

Il presidente CONTESTABILE invita i rappresentanti dei Gruppi nelle Commissioni riunite a designare i loro rappresentanti nel comitato ristretto entro sette giorni.

 

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 15.


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

MERCOLEDÌ 28 APRILE 2004

7a Seduta

Presidenza del Presidente della 4a Commissione

CONTESTABILE

 

 

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Bosi.

La seduta inizia alle ore 8,40 .



IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto «nonnismo»

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 2493, 1432 e 1533, congiunzione con i disegni di legge nn. 2645 e 2663 e rinvio. Esame dei disegni di legge nn. 2645 e 2663, congiunzione con i disegni di legge nn. 2493, 1432 e 1533 e rinvio. Proposta di un testo unificato.)

 

Riprende l'esame congiunto, sospeso nella seduta del 14 gennaio scorso, allorché le Commissioni riunite avevano deliberato la costituzione di un comitato ristretto.

 

Il senatore PERUZZOTTI (LP), relatore per la Commissione Difesa, riferisce sui disegni di legge nn. 2645 e 2663, assegnati alle Commissioni riunite mentre erano in corso i lavori del Comitato ristretto.

In particolare, per quanto attiene al disegno di legge n. 2645, osserva che l'articolo 1 dispone la concessione dell'amnistia per i delitti previsti dagli articoli 151 e 160 del codice penale militare di pace (che sanzionano, rispettivamente, la mancanza alla chiamata alle armi e la sottrazione all'obbligo di chiamata da parte di iscritti di leva o di cittadini che si trovino in stato di congedo), per le circostanze aggravanti di cui agli articoli 152 e 154 dello stesso, ai soggetti concorrenti nei reati (salvo quanto previsto dall'articolo 162), e per i delitti previsti dall'articolo 14 della legge n. 230 del 1998. In ossequio ad un principio costituzionale, è prevista quindi all'articolo 2 la sottrazione, a richiesta, alla concessione dell'amnistia, mentre l'articolo 3 stabilisce l'applicabilità della stessa solo ai reati commessi fino al 1° dicembre 2003. Strettamente collegato all'articolo 1 appare invece l'articolo 4, che prevede la depenalizzazione dei delitti previsti dai citati articoli 151 e 160 del codice penale militare di pace e dall'articolo 14 della sempre citata legge n. 230 del 1998: ciò allo scopo di non introdurre una situazione di disuguaglianza tra si soggetti nati prima e quelli nati dopo il 1985, ultimo anno presunto di soggezione alla coscrizione obbligatoria. Conseguentemente, l'articolo 5 individua le corrispondenti sanzioni amministrative, consistenti nel pagamento di una somma di denaro, variante a seconda dell'infrazione commessa. Infine, l'articolo 6 concerne le disposizioni transitorie e finali, stabilendo l'applicabilità delle norme sulla depenalizzazione a tutti i procedimenti non conclusi alla data di entrata in vigore del provvedimento, rinviando alle disposizioni della legge n. 689 del 1981 per le casistiche non espressamente previste nel testo del provvedimento (nei limiti di compatibilità della normativa citata), e stabilendo che sia un apposito decreto del Presidente della Repubblica (da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri), a determinare gli uffici periferici cui inviare il rapporto, redatto dal funzionario che abbia accertato la violazione di legge, di cui all'articolo 17 della citata legge n. 689 del 1981, mentre l'articolo 7 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento.

Per quanto concerne il disegno di legge n. 2663, rileva quindi che l'articolo 1 dispone l'abrogazione degli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace, nonché la perdita di efficacia degli articoli 154, 155 e 156 limitatamente alle parti che si riferiscono alle disposizioni abrogate; conseguentemente, l'articolo 2 statuisce la cessazione degli effetti dei reati di cui agli articoli precedentemente citati alla data di entrata in vigore del provvedimento. Infine, l'articolo 3 concerne l'entrata in vigore delle disposizioni illustrate.

L'oratore conclude la sua esposizione osservando che la legge n. 269 del 2000, disponendo la sospensione del servizio di leva obbligatoria in tempo di pace, non esclude a ben vedere una serie di ipotesi (citate nella lettera f) del primo comma dell'articolo 2), in cui tale istituto risulta ancora oprante nell'ordinamento giuridico, facendo apparire inopportuna l'abrogazione delle disposizioni che rendono cogente l'obbligo di rispondere ad una eventuale chiamata. Al riguardo, quindi, sarebbe opportuno, a suo avviso, prendere in considerazione un meccanismo di tipo di tipo diverso, con la previsione di una depenalizzazione limitata ai periodi in cui l'obbligo di chiamata alle armi risulti effettivamente sospeso. Peraltro, il riferimento alla data del 1° gennaio 2005 appare prematuro, essendo ancora nel suo pieno svolgimento l'iter del disegno di legge n. 2572, che potrebbe anche concludersi con l'introduzione di modifiche relative alla data di sospensione anticipata del servizio militare obbligatorio. Infine, a suo avviso, sarebbe altresì utile valutare l'opportunità di una allargamento dei lavori del Comitato ristretto anche alle due proposte legislative poc'anzi illustrate, onde evitare un'eccessiva e disordinata moltiplicazione degli interventi correttivi della legislazione penale militare.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) riferisce sui lavori svolti dal Comitato ristretto costituito nell'ultima seduta delle Commissioni riunite, facendo presente come, in primo luogo, nell'ambito del Comitato medesimo si sia svolta un'ampia discussione su alcune problematiche di carattere generale, fra le quali in particolare quella della necessità di conservare una magistratura militare ad hoc distinta dalla magistratura ordinaria, quella dell'ambito costituzionalmente imposto per la nozione di appartenente alle forze armate utilizzata nell'articolo 103 della Costituzione, e infine quella relativa ad un'eventuale revisione delle attuali circoscrizioni degli uffici giudiziari militari. Il Comitato ristretto ha peraltro ritenuto preferibile riservare i temi testé richiamati alla fase dell'esame degli emendamenti da parte delle Commissioni riunite e limitare i propri interventi rispetto al disegno di legge governativo n. 2493 - che è stato naturalmente assunto a base dei lavori del Comitato ristretto - a modifiche di carattere prevalentemente tecnico volte soprattutto a precisare in modo più puntuale e dettagliato alcuni principi e criteri direttivi di delega. Ulteriori modifiche hanno poi tenuto conto sia di profili sui quali si era richiamata l'attenzione nel corso delle relazioni alle Commissioni riunite, sia di indicazioni emerse nel corso delle audizioni svolte dal Comitato ristretto.

Passando più specificamente ad illustrare i contenuti del testo unificato proposto dal Comitato ristretto - testo che viene pubblicato in allegato al resoconto della seduta odierna - il relatore Cirami rileva che, come già accennato, il Comitato ha assunto come testo base il disegno di legge n. 2493 rispetto al quale ha convenuto di non proporre alcuna modifica per quanto riguarda l'articolo 1, mentre le limitate modifiche proposte all'articolo 2, specificamente nell'alinea del comma 1, sono finalizzate essenzialmente a chiarire che i principi e i criteri direttivi contenuti nell'articolo 2 medesimo hanno esclusivamente una funzione interpretativa rispetto ai principi e ai criteri direttivi indicati negli articoli successivi. Sotto un diverso punto di vista, sempre con riferimento all'articolo 2, andrebbe comunque fatta una valutazione circa l'opportunità di conservare la previsione contenuta nella lettera a) relativa allo statuto istitutivo della Corte penale internazionale. Al riguardo, infatti, va sottolineato che la materia è già trattata in modo esauriente nel successivo articolo 4 per cui la portata della menzionata lettera a) appare obiettivamente incerta.

Le modifiche proposte all'articolo 3, per quanto riguarda la lettera a), sono finalizzate innanzitutto ad espungere la possibilità di un intervento del legislatore delegato sulla materia delle cause di giustificazione del reato militare e su quella della disciplina della sospensione condizionale, in quanto le relative previsioni di delega apparivano del tutto generiche, genericità assolutamente inaccettabile su temi così delicati e complessi. Ciò ovviamente non esclude peraltro che nel prosieguo dell'esame possano essere presi in considerazione interventi modificativi sul punto purché formulati in modo preciso ed esaustivo. Il criterio di delega relativo alla revisione della disciplina delle circostanze aggravanti e attenuanti del reato militare è stato, invece, riformulato recependo le indicazioni contenute negli articoli 9 e 10 del disegno di legge n. 1533. Analogamente si è provveduto per quanto riguarda il criterio di delega relativo alle sanzioni sostitutive, dove si è utilizzato come modello l'articolo 12 del citato disegno di legge n. 1533. Per quanto concerne gli altri interventi relativi alla medesima lettera a), fra questi vanno segnalati quelli volti a prevedere in via generale la non applicabilità da parte dei tribunali militari delle sanzioni irrogabili in ragione della competenza penale del giudice di pace - previsione questa peraltro già contenuta nella formulazione originaria dell'articolo 3 del disegno di legge n. 2493 nelle lettere q) e r) anche se limitatamente alle stesse - e a chiarire quanto già discende dall'articolo 103 della Costituzione per quanto riguarda i militari stranieri e i non militari cui sono affidati compiti di vigilanza e custodia, i quali in tempo di pace non potranno essere sottoposti alla giurisdizione dei Tribunali militari. Al riguardo, va ricordato che, come precisato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 48 del 1959, "deve ritenersi che l'articolo 103 abbia inteso riferirsi alle forze armate dello Stato italiano", il che esclude sul punto la praticabilità di qualsiasi soluzione alternativa.

Per quel che attiene poi alle modifiche apportate alle lettere b), c), d), e), f), g), h), i), l), m), n), o), q) ed s) dell'articolo 3 rispetto alla formulazione iniziale del disegno di legge n. 2493, le stesse sono dirette a fissare in modo esplicito i limiti di pena entro i quali deve collocarsi l'intervento del legislatore delegato. Ovviamente i limiti proposti sono opinabili, ma è irrinunciabile l'esigenza che dei limiti siano comunque fissati. Per quanto riguarda la lettera b), va inoltre evidenziato, in particolare, come la soluzione suggerita sia innovativa in quanto esclude per alcuni delitti contro la personalità dello Stato l'aumento di pena oggi previsto dall'articolo 77 del codice penale militare di pace. La previsione di cui alla lettera o-bis) è stata invece mutuata dall'articolo 27 del disegno di legge n. 1533, anche in questo caso nella prospettiva di definire il relativo criterio di delega in modo più preciso e puntuale.

Per quanto riguarda le modifiche relative alle lettere u) e seguenti dello stesso articolo 3, queste sono volte a circoscrivere al solo coordinamento la possibilità di interventi del legislatore delegato derogatori rispetto alle norme del codice di procedura penale e ulteriori rispetto a quelli che vengono espressamente e dettagliatamente previsti nelle lettere citate e, in secondo luogo, a prevedere il ricorso al procedimento a citazione diretta in un'area ben più vasta di quella prevista nel codice di procedura penale, area che viene a coincidere in linea di massima con quella delle attribuzioni del Tribunale in composizione monocratica nel processo ordinario. Si tratta di una soluzione nella quale, da un lato, non si dovrebbe avere una riduzione delle garanzie, in quanto il venir meno dell'udienza preliminare appare compensato dal carattere comunque collegiale dell'organo giudicante, e, dall'altro, si viene incontro sia all'esigenza di rapidità dei giudizi sia a quella di soluzioni che attenuino il problema delle incompatibilità, esigenze su cui si è richiamata l'attenzione a più riprese.

Da ultimo sempre con riferimento all'articolo 3 il Comitato ha scelto di non intervenire su alcuni punti sui quali, pur essendosi rilevata la necessità di una maggiore specificazione dei principi e criteri direttivi, si è però ritenuto indispensabile acquisire ulteriori chiarimenti da parte del Governo nel corso dell'ulteriore iter dei disegni di legge in titolo; si tratta in particolare delle previsioni di cui al numero 7) e al numero 10) della lettera a) dell'articolo 3.

Per quel che concerne l'articolo 4, le modifiche apportate al testo iniziale del disegno di legge n. 2493 hanno avuto riguardo soprattutto ai profili problematici già evidenziati in sede di relazione alle Commissioni riunite. Si è pertanto modificata la disciplina dei casi nei quali è consentita l'applicazione delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra nel senso, più in particolare, di limitare l'applicabilità di tali disposizioni sul territorio nazionale alle sole ipotesi in cui sia stato dichiarato lo stato di guerra ai sensi degli articoli 78 e 87 della Costituzione, prevedendo però una disciplina specifica per quanto riguarda la fattispecie delle operazioni militari all'estero in situazioni di conflitto armato. Altri punti su cui si è intervenuti, ancora con riferimento alle norme applicabili per i fatti verificatisi fuori dal territorio nazionale in condizione di conflitto armato, sono poi quelli riguardanti l'utilizzabilità degli atti irripetibili - riconducendo esplicitamente la disciplina relativa nei limiti posti dall'articolo 111 della Costituzione - e la disciplina della testimonianza indiretta, eliminando con riferimento a quest'ultima qualsiasi deroga rispetto alle norme processuali ordinarie.

Nessun intervento è stato effettuato sull'articolo 5, ritenendosi preferibile attendere l'esito dell'esame presso la Camera dei deputati del disegno di legge governativo di riforma dell'ordinamento giudiziario per trarre da questo utili indicazioni circa il quadro entro cui definire gli adattamenti necessari per l'ordinamento giudiziario militare.

Sull'articolo 6 ci si è limitati a prevedere un più efficace meccanismo di interlocuzione fra governo e parlamento nella fase di elaborazione degli schemi di decreto delegato.

Per quanto concerne infine i due disegni di legge sui quali ha testé riferito il relatore Peruzzotti, il relatore Cirami sottolinea che le Commissioni riunite dovranno senz'altro valutare se, sia in considerazione della prossima sospensione del servizio obbligatorio di leva sia alla luce delle modifiche che verranno apportate al codice penale militare di pace, non si ponga l'esigenza di un provvedimento di amnistia funzionale ad evitare disparità di trattamento ingiustificate che potrebbero determinarsi sul piano strettamente penalistico in conseguenza del passaggio dal vecchio al nuovo assetto normativo. È chiaro, però, che qualsiasi intervento dovrà tener conto del fatto che il disposto dell'articolo 7 del decreto legislativo n. 215 del 2001 prevede, appunto, la sola sospensione del servizio obbligatorio di leva e non la soppressione dello stesso, e ciò implica conseguentemente che dovrà essere conservato un presidio penalistico per il caso in cui le disposizioni relative al servizio di leva vengano a riacquistare nuovamente efficacia.

 

Il senatore MANFREDI (FI), dopo aver posto l'accento sul fatto che i recenti interventi legislativi hanno disposto sì, una sospensione, ma non una totale abrogazione dell'istituto della leva obbligatoria, manifesta le proprie perplessità in ordine alle proposte di depenalizzazione di cui ai disegni di legge nn. 2645 e 2663.

 

Il senatore FLORINO (AN), primo firmatario del disegno di legge n. 2663, auspica che l'importante tematica sottesa alla sua proposta legislativa (peraltro evidenziata anche dalla Procura generale militare) sia presa in adeguata considerazione sia dalle Commissioni riunite che dal Governo. Invita quindi i commissari a valutare l'opportunità di procedere ad un esame disgiunto del disegno di legge a sua firma (estrapolandolo quindi dal complesso dei provvedimenti volti a modificare l'ordinamento giudiziario militare), onde poter pervenire ad una sua sollecita approvazione.

 

Il senatore BOREA (UDC) sottolinea come i due disegni di legge sui quali ha da ultimo riferito il relatore Peruzzotti, a suo avviso, si integrino reciprocamente.

 

Il presidente CONTESTABILE osserva che le disposizioni di cui ai disegni di legge nn. 2645 e 2663 appaiono strettamente connesse all'entrata in vigore dei nuovi codici penali militari. Ciò quindi suggerirebbe di procedere ad un esame congiunto con il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto.

 

Il relatore CIRAMI (UDC)propone che venga indicato fin da ora un termine per la presentazione degli emendamenti.

 

Il presidente CONTESTABILE osserva che, ai fini di una opportuna velocizzazione dell'iter dei provvedimenti in titolo, sarebbe opportuno procedere da subito alla fissazione di un termine per la presentazione di eventuali proposte emendative, onde poter poi procedere alla loro discussione.

 

Dopo un intervento del senatore ZANCAN (Verdi-U) - che propone che il termine per la presentazione degli emendamenti sia fissato al prossimo 30 giugno in considerazione del rilievo e della complessità che dovranno assumere le proposte emendative - su proposta del presidente CONTESTABILE le Commissioni riunite convengono di fissare a martedì 25 maggio 2004, alle ore 19, il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato proposto dal Comitato ristretto per i disegni di legge in titolo; testo, che viene assunto a base per il prosieguo dell'esame.

 

Convengono le Commissioni riunite.

 

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 9,20.


TESTO UNIFICATO PROPOSTO DAL COMITATO RISTRETTO PER I DISEGNI DI LEGGE N. 2493 E ABBINATI

 

Art. 1.

(Delega al Governo)

 

1. Al fine di assicurare la piena funzionalità delle Forze armate per l’assolvimento dei compiti istituzionali previsti dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni modificative e integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, della legge 7 maggio 1981, n. 180, e successive modificazioni, di modifica dell’ordinamento giudiziario militare di pace, e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, di istituzione del Consiglio della magistratura militare, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.

 

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali)

 

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo dà attuazione ai principi e criteri direttivi stabiliti negli articoli 3, 4 e 5, in conformità ai princìpi e valori della Costituzione della Repubblica e del diritto internazionale, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) adeguare la legge penale militare agli obblighi derivanti per l’Italia dal diritto internazionale umanitario, anche mediante l’attuazione, con riguardo all’ambito della legge penale militare italiana, dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, con riferimento alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

b) adeguare le norme del codice penale militare di guerra e graduarne anche l’applicazione in relazione alle esigenze connesse ai conflitti armati e alle operazioni militari armate all’estero;

c) dare attuazione ai princìpi di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza;

d) individuare, in attuazione dei princìpi di proporzione e di sussidiarietà, le ipotesi da depenalizzare, avuto riguardo al grado di offensività e all’effettività della sanzione;

e) adeguare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonché del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

f) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non più rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.


Art. 3.

(Princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni
del codice penale militare di pace)

 

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di pace, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riesaminare le disposizioni di carattere generale, anche al fine di eliminare ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare, in particolare in modo da:

1) rivedere la nozione di «militari in servizio alle armi», intendendo come tali i militari di tutte le categorie dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui vengono posti in congedo, nonché la nozione di «militari considerati in servizio alle armi» alla luce delle leggi che regolano lo stato di militare;

2) prevedere i casi di applicabilità della legge penale militare ai militari stranieri nelle ipotesi di cooperazione internazionale, qualora consentita dalle convenzioni internazionali, nonché agli estranei alle Forze armate per i servizi di vigilanza e custodia affidati a quest’ultimi o per l’adempimento di servizi collegati a operazioni militari, limitatamente alle condotte qualificate, per i militari, come violata consegna e abbandono di posto, nelle forme semplici o aggravate, omessa presentazione in servizio, disobbedienza e inadempienze nelle somministrazioni militari, ferma restando in tali ipotesi la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria;

3) prevedere l’inserimento della multa fra le pene principali;

3-bis) prevedere sanzioni sostitutive delle pene detentive definendone il contenuto e i limiti in modo conforme a quanto previsto dalla legge penale comune salve le deroghe necessarie ad assicurare che le sanzioni sostitutive siano compatibili con lo svolgimento delle prestazioni di servizio del militare condannato;

4) escludere l'applicabilità delle pene previste in ragione della competenza penale del giudice di pace;

5)limitare, in tema di pene accessorie, i casi di applicazione automatica della rimozione in connessione al titolo di reato per cui è intervenuta condanna, escludendo l’automaticità della rimozione nel caso di concorso con inferiore;

6) regolamentare in termini omogenei la sospensione dall’impiego e dal grado e prevedere, relativamente ai reati di cui al n.1 della lettera m),la pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego, fermi restando i limiti di pena previsti dalla legge penale comune;

7) riesaminare le disposizioni sulla esecuzione delle pene comuni e delle misure cautelari per i militari di servizio;

8) prevedere, che oltre alle circostanze aggravanti comuni previste dal codice penale, aggravino il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le seguenti circostanze:

8.1) l'essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando;

8.2) l'avere commesso il fatto in concorso con l'inferiore;

8.3) l'avere commesso il fatto con le armi in dotazione militare o durante un servizio militare o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare;

8.4) l'avere commesso il fatto alla presenza di più militari;

8.5) l'avere commesso il fatto in territorio estero mentre il colpevole vi si trovava per causa di servizio;

9) prevedere che oltre alle circostanze attenuanti comuni previste dal codice penale attenuino il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le seguenti circostanze:

9.1) l'avere commesso il fatto per eccesso di zelo nell'espletamento dei doveri militari;

9.2) l'essere il fatto commesso da militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando si tratta di reato esclusivamente militare;

10) rivedere le disposizioni in tema di prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, nonché in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario;

11) prevedere che la riabilitazione per i reati militari, per gli appartenenti alle forze armate, sia disposta dalla autorità giudiziaria militare;

b) modificare la disciplina dei reati contro la fedeltà e la difesa militare, prevedendo come reato militare qualunque violazione della legge penale comune costituente delitto contro la personalità dello Stato se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune; curare il coordinamento con le disposizioni concernenti la tutela del segreto di stato e i servizi di informazione e sicurezza;

c) rivedere i reati di omessa presentazione in servizio, abbandono di posto e di violata consegna, tenuto conto delle nuove, concrete articolazioni di impiego, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

d) aggiornare, nell’ambito delle violazioni di doveri inerenti speciali servizi, le previsioni in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

e) prevedere una specifica ed autonoma disciplina dei reati in materia di stupefacenti e di sostanze psicotrope, allorché commessi da militari in luoghi militari o comunque se il fatto avvenga tra militari, in riferimento alla tutela dell’idoneità fisica e in rapporto alle concrete esigenze di servizio, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune;

f) modificare la disciplina deireati di assenza dal servizio, elevando la soglia del reato di allontanamento illecito a tre giorni di assenza, quella dei reati di diserzione e di mancanza alla chiamata a dieci giorni e quella dell’attenuante relativa alla breve durata dell’assenza a trenta giorni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

g) riformulare le ipotesi di diserzione immediata, includendo l’assenza ingiustificata nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme note all’autore del fatto, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

h) prevedere la fattispecie di natura colposa della dispersione di oggetti di armamento o dimunizioni da guerra forniti, a norma dei regolamenti, dall’amministrazione militare come costituenti dotazione individuale, stabilendo che la stessa sia punita con la pena della reclusione militare fino a due anni;

i) disciplinare, in apposito capo del titolo secondo del libro secondo, i reati di falso prevedendone l'integrazione mediante il richiamo alle ipotesi previste dalla legge penale comune commesse da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

l) riordinare i reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli dai fatti di sedizione, mediante disaggregazione in capi distinti. In particolare: prevedere la non punibilità del ritardo nell’esecuzione di un ordine, sempreché ricorrano le circostanze previste dall’articolo 25, comma 2, primo periodo, del regolamento di disciplina militare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545; prevedere come reati militari, con pene detentive differenziate e comunque non superiori alla reclusione militare fino a tre anni, qualora le condotte del militare non costituiscano reati più gravi: le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato; la raccolta o la partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina; prevedere nelle ipotesi di abbandono collettivo di un servizio o di un ufficio ovvero di interruzione collettiva di un servizio la pena della reclusione militare non inferiore nel minimo a tre anni e non superiore nel massimo a sette anni nei confronti dei capi, dei promotori od organizzatori;

m) rivedere i reati speciali contro l’amministrazione militare, in modo da:

1) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

2) integrare le qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio previste per i soggetti attivi dei reati della legge penale comune, con le qualifiche di militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, o di direzione o di controllo o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio;

3) inserire una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare, ai fini della tutela penale, secondo una accezione funzionale e non di carattere contabile;

4) estendere ai militari incaricati di funzioni amministrative, o di comando o di direzione o di controllo, il reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative di personale dipendente, previsto, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, dall’articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121;

n) sostituire l’articolo 220 del codice penale militare di pace con una disposizione che preveda come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro l’amministrazione della giustizia, se commessa da militare in relazione ad un procedimento penale militare o ad una decisione dell'autorità giudiziaria militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

o) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto contro l’incolumità pubblica commessa da militare in luogo militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

o-bis) prevedere come reato militare la condotta del comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l'osservanza delle norme di sicurezza generali o particolari concernenti la salvaguardia dell'integrità fisica del militare, ovvero omette di vigilare sull'avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire infortuni o altri eventi dannosi, stabilendo che la stessa sia punita, se dal fatto deriva un pericolo per l'incolumità delle persone o per l'integrità dei beni appartenenti all'amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell'aeromobile, con la reclusione da sei mesi a tre anni; prevedere che la stessa pena si applichi al comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l'osservanza delle norme generali o particolari concernenti l'organizzazione, l'impiego o l'addestramento dei militari o relative alla conservazione o gestione amministrativa dei beni appartenenti all'amministrazione militare, se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità delle persone o per l'integrità dei beni appartenenti all'amministrazione militare o destinati al servizio militare per la sicurezza del posto, della nave o dell'aeromobile.

p) sostituire gli articoli da 222 a 229 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro la persona, se commessa da militare a danno di un altro militare, a causa del servizio militare ovvero in luogo militare o in talune delle circostanze indicate all’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ovvero in territorio estero mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

q) prevedere come reato militare il fatto del militare che usi violenza o minaccia nei confronti di altro militare, valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra militari più anziani di servizio, stabilendo che lo stesso sia punito con la pena della reclusione militare da sei mesi a cinque anni;

r) sostituire gli articoli da 230 a 237 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro il patrimonio, se commessa da militare a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

s) prevedere come reato militare i fatti di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, commessi da militare in danno di altro militare con applicazione delle pene previste dal medesimo articolo 12;

t) prevedere nell’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace la perseguibilità a richiesta del Ministro della difesa anche del reato di cui all’articolo 117 del medesimo codice;

u) prevedere l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del codice di procedura penale, salvi gli interventi di coordinamento necessari, nonchè l’abrogazione espressa delle norme processuali del codice penale militare di pace inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;

u-bis)prevederela procedibilità anche solo a querela della persona offesa per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità, nonchéla procedibilità, in tali casi, anche a richiesta del comandante di corpo, ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, nonché disposizioni, anche transitorie, di collegamento fra richiesta e querela;

u-ter) prevederel’introduzione di norme che stabiliscano casi specifici di arresto in flagranza per le ipotesi più gravi di reati di assenza dal servizio e per i reati militari per le cui corrispondenti fattispecie la legge penale comune stabilisce la medesima misura restrittiva;

u-quater) prevedere l’introduzione di norme relative alla notifica di atti processuali ed alla costituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare;

u-quinquies) prevederel’applicazione della disciplina prevista dal libro VIII del codice di procedura penale per i reati militari puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a dieci anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, nonché per i reati indicati nella lettera e),ferma restando la composizione collegiale del giudice del dibattimento;

u-sexies) prevederela conferma, per i reati appartenenti alla giurisdizione dei tribunali militari, delle attribuzioni degli organi giudiziari militari, corrispondenti a quelli ordinari indicati dalla legge, nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, con riguardo alla normativa di cui al libro undicesimo del codice di procedura penale, introducendo analoghe attribuzioni con riguardo alla cooperazione con la Corte penale internazionale per quanto attiene ai fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

u-septies) introdurre, limitatamente ai reati militari, forme di concerto con il Ministro della difesa per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge al Ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere;

v) abrogare gli articoli 38, 39, 42, 46, da 50 a 54, 56, 57, 58, secondo comma, 60, 63, primo comma, numeri 1, 4 e 6, 64, 70, secondo comma, 71, 78, 79, da 81 a 83, da 85 a 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, secondo e terzo comma, da 91 a 93, da 95 a 97, 98, limitatamente all’ipotesi dell’istigazione, 99, 102, 126, 149, primo comma, numeri 2 e 3, da 200 a 210, 345, 372 del codice penale militare di pace ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 

Art. 4.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di guerra)

 

1. Quanto alle modificazioni del codice penale militare di guerra, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) escludere ogni ipotesi di retroattività della legge penale militare di guerra;

b) prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra possano trovare applicazione sul territorio nazionale solo in conseguenza della dichiarazione dello stato di guerra ai sensi degli articoli 78 e 87 della Costituzione;

c) prevedere, al di fuori del territorio nazionale, che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, nell'ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l'applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra siano disposte, previa autorizzazione delle Camere, con decreto del Presidente della Repubblica;

d) confermare l’applicazione della sola legge penale militare di guerra, ancorché nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate in condizioni diverse dal conflitto armato, prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni del diritto umanitario;

e) prevedere che il differimento delle pene detentive temporanee sia in ogni caso disposto dall’autorità giudiziaria militare;

f) abrogare integralmente o parzialmente tutte le norme che, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace, considerato l’aumento di pena stabilito dall’articolo 47 del codice penale militare di guerra, risultino superflue per la marginalità dell’estensione della tutela penale o della maggiore severità della sanzione;

g) elevare fino ad un terzo le pene previste dal codice penale militare di pace nel caso di richiamo ai sensi dell’articolo 47 del codice penale militare di guerra; elevare fino ad un quarto le medesime pene nel caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; prevedere, ferma restando l'applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune,che costituisca, altresì, reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare o in luogo militare e prevista come delitto contro l’ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume; prevedere inoltre, ferma restando l'applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trovi nei territori di operazione all’estero;prevedere infine, ferma restando l'applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, commessa dall’appartenente alle Forze armate;

h) estendere la tutela del potere di ordinanza militare ai provvedimenti emessi per assicurare l’ordine e la sicurezza dei reparti e del personale militare, la sicurezza pubblica in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario, nonchè dagli accordi di tregua, sospensione d’armi, armistizio e dalle altre convenzioni militari, ovvero il rispetto delle salvaguardie e dei salvacondotti comunque rilasciati dalle autorità militari italiane;

i) rivedere il titolo quarto del libro terzo provvedendo, laddove già non previsti dalle disposizioni vigenti, alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra prevista dall’articolo 8 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, nonché dalle altre convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati ratificate dall’Italia, in modo da:

1) prevedere che, ai fini della legge penale militare di guerra, costituiscano conflitti armati: i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all’interno del territorio dello Stato, e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi;

2) escludere dai conflitti interni indicati al numero 1) della presente lettera le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi;

3) disciplinare, in coerenza con gli articoli 28 e 32 del citato Statuto della Corte penale internazionale, la responsabilità personale dei comandanti militari, differenziandola in relazione al grado di colpevolezza;

4) determinare le pene principali ed accessorie per le singole fattispecie con riferimento alle ipotesi di base e a quelle oggetto di circostanze aggravanti o attenuanti mediante criteri di adeguatezza e di congruità nel quadro sistematico del codice penale militare di guerra;

i-bis) prevedere che, nei casi di applicazione della sola legge penale militare di guerra di cui alla lettera d), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace;

l) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra di cui alle lettere b) e c), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con le seguenti deroghe e integrazioni:

1) sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane, nell’ambito di una operazione militare armata;

2) competenza del tribunale militare di Roma sia per i reati commessi all’estero sia per quelli commessi in navigazione a bordo di navi o aeromobili militari in acque o spazi internazionali o territoriali esteri;

3) esclusione della sospensione feriale dei termini processuali;

4) possibilità di abbreviazione dei termini processuali, in funzione della massima tempestività, compatibile con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive, nella definizione del processo;

5) previsione che non siano di regola emesse misure coercitive, salvo che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo ovvero con la reclusione superiore a venti anni, quando l’esigenza di partecipazione dell’imputato alle operazioni militari risulti prevalente rispetto alle esigenze cautelari;

6) previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, nonché alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere tempestivamente posto a disposizione dell’autorità giudiziaria;

7) previsione della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra, con esclusione dei crimini di guerra;

m) prevedere, limitatamente ai conflitti armati fuori dal territorio nazionale:

1) che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, procedano, d’iniziativa, a compiere tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solamente su delega del pubblico ministero, nonché l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, allorchè ricorra una delle seguenti condizioni, di cui debba essere fatta espressa menzione:

1.1) si agisca in zona di operazioni;

1.2) sia vigente, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione;

1.3) si tratti di reparto isolato, di nave militare o di aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti;

2) il raddoppio dei termini ordinari per la convalida, ove prevista, degli atti di polizia giudiziaria, eccetto quelli stabiliti per la convalida dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva alla cessazione della causa di impedimento;

3) prevedere l’utilizzabilità degli atti di cui al numero 1), anche al di fuori dei casi previsti dal codice di procedura penale, qualora gli stessi siano divenuti irripetibili per morte, infermità o irreperibilità, in conseguenza di fatti o circostanze derivanti dalle condizioni indicate nel numero 1);

n) prevedere che la dichiarazione dello stato di guerra abbia per effetto l’esercizio della giurisdizione penale militare di guerra relativamente ai reati ad essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, solo in tal caso, l’applicazione per tutti i reati militari della procedura prevista dal libro ottavo del codice di procedura penale, nonché il ricorso in unica istanza, per motivi di legittimità, al tribunale supremo militare, ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, attribuendo al giudizio davanti al medesimo tribunalesupremo esclusivamente natura rescindente;

o) prevedere che i crimini di guerra, previsti dal codice penale militare di guerra e corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, rientrano nella giurisdizione dei tribunali militari se commessi in stato di guerra ovvero, al di fuori del territorio nazionale, in ogni caso di conflitto armato;

p) abrogare gli articoli 2, 8, 17, 27, 28, 39, 44 e 47, secondo comma, 75, 118 e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 

Art. 5.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni dell’ordinamento

giudiziario militare)

 

1. Quanto alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’applicabilità nell’ordinamento giudiziario militare delle norme in tema di ordinamento giudiziario, in quanto compatibili e dovendosi tener conto delle esigenze di disciplina differenziata;

b) rivedere la normativa vigente relativa ai requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

c) confermare l’unicità della Corte militare d’appello, pur nella articolazione nelle sezioni distaccate di Verona e di Napoli;

d) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del prevedibile carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle Forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie province e la sede degli uffici giudiziari;

e) prevedere che le variazioni delle circoscrizioni dei tribunali militari di cui alla lettera d) non determinino lo spostamento di competenza per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 della presente legge;

f) prevedere la possibilità che la difesa dinanzi agli organi giudiziari militari possa essere assunta da ufficiali che abbiano l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato;

g) prevedere l’istituzione di due sezioni disciplinari nell’ambito del Consiglio della magistratura militare e l’integrazione del medesimo Consiglio mediante la partecipazione di un ufficiale estratto a sorte nel caso di giudizio disciplinare a carico di ufficiali giudici;

h) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

i) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata in primo grado dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace;

l) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del Presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

 

Art. 6.

(Norme finali)

 

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 entrano in vigore decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati, perché sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti il parere entro il termine di sessanta giorni. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, gli schemi dei decreti legislativi al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati affinché le competenti Commissioni permanenti esprimano il loro parere definitivo entro il termine di trenta giorni. Decorsi inutilmente i termini previsti per i pareri, i decreti sono emanati anche in mancanza degli stessi. In caso di ritardo nella trasmissione degli schemi dei decreti legislativi, che non consenta il rispetto di entrambi i termini previsti per i pareri, il termine per l'esercizio della delega è prorogato per un periodo di tempo corrispondente e comunque non oltre centoventi giorni.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi, criteri direttivi e procedure di cui alla presente legge.


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

 

MARTEDÌ 1° GIUGNO 2004
8a Seduta

Presidenza del Presidente della 2a Commissione
ANTONINO CARUSO

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

IN SEDE REFERENTE

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto «nonnismo»

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

 

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame sospeso nella seduta del 28 aprile scorso.

 

Le Commissioni riunite convengono sulla proposta del PRESIDENTE di riaprire il termine per la presentazione degli emendamenti al testo unificato predisposto dal Comitato ristretto per i disegni di legge in titolo, già pubblicato in allegato al resoconto della seduta del 28 aprile scorso, e di fissare tale termine a martedì 22 giugno 2004, alle ore 10.

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 15,15


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

MERCOLEDÌ 21 LUGLIO 2004
9a Seduta

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Bosi.

La seduta inizia alle ore 8,40.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Esame del disegno di legge n. 3009 e congiunzione con il seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 2493, 1432, 1533, 2645 e 2663. Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge nn. 2493, 1432, 1533, 2645 e 2663, congiunzione con l'esame del disegno di legge 3009 e rinvio)

 

Su proposta del presidente Antonino CARUSO e dopo brevi interventi dei senatori FASSONE (DS-U) e ZANCAN (Verdi-U) le Commissioni riunite convengono di congiungere l'esame del disegno di legge n. 3009 con quello degli altri disegni di legge in titolo.

Il presidente avverte che si passerà quindi alla votazione degli emendamenti presentati a partire dall'unica proposta emendativa riferita all'articolo 1.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) illustra l'emendamento 1.1 sottolineando come tale proposta vada letta in correlazione con il successivo emendamento 6.1. Le due proposte sono volte a eliminare la possibilità di prorogare il termine per l'esercizio della delega - come previsto nel comma 2 dell'articolo 6 - ed a prevedere un unico termine complessivo in cui dovranno comunque aver luogo tutti gli adempimenti governativi e parlamentari a tal fine diretti.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) si rimette al governo per quanto riguarda l'emendamento 1.1, osservando però, con riferimento all'emendamento 6.1, come la previsione che lo stesso si propone di sopprimere sia finalizzata a tutelare una piena possibilità di interlocuzione del Parlamento nel procedimento di esercizio della delega.

 

Il sottosegretario BOSI si rimette alla Commissione sull'emendamento 1.1.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 1.1, sottolineando, in particolare, l'opportunità di spostare il più avanti possibile nel tempo il momento in cui verrà esercitata la delega in esame, così da poter tener conto di quelli che in concreto saranno gli effetti e le difficoltà che produrrà il passaggio dalla leva obbligatoria ad un esercito professionale integralmente su base volontaria.

 

Il presidente Antonino CARUSO ritiene prudente la proposta formulata con l'emendamento 1.1, in quanto questa si limita ad individuare un termine massimo e nulla impedisce al Governo di esercitare prima la delega che gli viene conferita.

 

Il senatore BOBBIO (AN) annuncia il voto contrario sull'emendamento 1.1 in quanto, nonostante le considerazioni svolte dal presidente Antonino Caruso, ritiene prioritaria l'esigenza di assicurare un rapido adeguamento del quadro normativo su cui interviene la delega alla luce delle urgenze imposte dall'attuale situazione internazionale.

 

Segue un breve intervento del sottosegretario BOSI il quale fa presente che nell'esercito italiano già esiste una significativa componente volontaria e che questo dovrebbe quindi consentire di superare le obiezioni sollevate dal senatore Zancan.

 

Dopo che il presidente Antonino CARUSO ha constatato la presenza del numero legale , posto ai voti è respinto l'emendamento 1.1.

 

E' quindi approvato l'articolo 1.

 

Si passa all'esame degli emendamenti relativi all'articolo 2.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) illustra l'emendamento 2.1 sottolineando come tale proposta soppressiva sia motivata dal rilievo che il riferimento all'attuazione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, previsto nella lettera a) dell'articolo 2, è del tutto pleonastico essendo già contenuto nella lettera i) dell'articolo 4, mentre il richiamo generico all'attuazione degli obblighi derivanti per l'Italia dal diritto internazionale è assolutamente indeterminato e quindi inopportuno in sede di definizione dei principi e criteri direttivi di una delega concernente la materia penale.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) illustra l'emendamento 2.2, evidenziando come alla luce degli effetti che l'ordinamento vigente ricollega alla nozione di tempo di guerra la proposta emendativa intende prevedere che - analogamente a quanto specificamente previsto dalla Costituzione per lo stato di guerra - l'accertamento del presupposto dei predetti effetti possa discendere solo da un'espressa deliberazione parlamentare. Si tratta di una soluzione che gli sembra collocarsi opportunamente in una logica di garanzia e di sostanziale conformità ai principi della carta costituzionale.

 

Il relatore CIRAMI(UDC), nel rilevare che la proposta avanzata con l'emendamento 2.2 deve probabilmente ritenersi pleonastica alla luce di quanto già previsto dall'articolo 4, lettere b) e c), del testo in esame, invita comunque il senatore Fassone a ritirare l'emendamento e a ripresentare tale proposta in sede di esame del predetto articolo 4, che riguarda specificamente il tema delle leggi penali militari di guerra.

 

Il senatore FASSONE(DS-U), accogliendo l'invito del relatore, ritira l'emendamento 2.2.

 

Il sottosegretario di Stato BOSI esprime parere favorevole sull'emendamento 2.1.

 

Posti separatamente ai voti sono approvati l'emendamento 2.1, nonché l'articolo 2 come emendato.

 

Si passa all'esame degli emendamenti relativi all'articolo 3.

 

Il presidente Antonino CARUSO dispone, ai sensi dell'articolo 100, comma 9, del Regolamento, che la discussione degli emendamenti relativi all'articolo 3 venga suddivisa nel senso che prima verranno esaminati e votati gli emendamenti relativi all'articolo 3, comma 1, lettere a), b) c), d) ed e) e, quindi, i restanti emendamenti relativi all'articolo 3.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) illustra gli emendamenti 3.1, 3.4, 3.5, 3.7, 3.8, 3.10, 3.11, 3.12, 3.14, 3.16, 3.17, 3.18, 3.19, 3.20 e 3.21. Al riguardo, si sofferma innanzitutto sull'emendamento 3.1 sottolineando come lo stesso intenda inserire tra i principi e i criteri direttivi della delega le indicazioni fornite dalla Corte costituzionale - in particolare con la sentenza n. 429 del 1992 - con riferimento all'interpretazione della nozione di appartenente alle Forze armate utilizzata nell'articolo 103 della Costituzione.

Per quanto riguarda invece l'emendamento 3.5, il senatore Fassone sottolinea come tale proposta emendativa, tenendo conto delle previsioni di cui agli articoli 28, 29, 30, 31 e 33 del codice penale militare di pace, intende evitare che la trasformazione di una serie di reati comuni in reati militari implichi poi l'inapplicabilità in relazione a questi delle pene accessorie previste per essi dalla legge penale comune, effetto che invece inevitabilmente si produrrebbe alla luce dell'attuale quadro normativo.

Relativamente poi agli emendamenti 3.8, 3.10, 3.11, 3.12 e 3.14 il senatore Fassone osserva come gli stressi siano volti a modificare la disciplina delle circostanze aggravanti e attenuanti in ordine a profili che non appaiono condivisibili.

Di particolare importanza appare infine l'emendamento 3.20 che intende inserire nella delega un criterio direttivo volto a ricostruire la nozione di reato militare circoscrivendola, in via di principio, alle sole condotte che offendono i beni della fedeltà, della disciplina e dell'efficace espletamento dei compiti affidati alle forze armate. Si tratta di una scelta di fondo la cui adozione avrebbe inevitabili ricadute nell'esame dei successivi emendamenti e che, però, gli appare senz'altro quella più coerente con la ratio ispiratrice dell'articolo 103, terzo comma, della Costituzione.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) illustra l'emendamento 3.2 sottolineando come tale proposta emendativa abbia esclusivamente natura definitoria e si collochi in una prospettiva di ulteriore precisazione e specificazione della delega in esame.

Illustra poi l'emendamento 3.3, sottolineando come lo stesso si inserisca in una linea di tendenza legislativa volta ad escludere o comunque ad attenuare in modo significativo il carattere meramente indulgenziale del beneficio della sospensione condizionale della pena. In questa prospettiva vanno ricordati l'articolo 60 del decreto legislativo n. 274 del 2000 - che esclude l'applicabilità del predetto beneficio per le pene irrogate in ragione della competenza penale del giudice di pace - e soprattutto la recente legge n. 145 del 2004 che interviene sull'articolo 165 del codice penale stabilendo che la sospensione condizionale della pena possa essere subordinata, oltre che all'obbligo delle restituzioni e al risarcimento del danno ovvero all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, anche alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività secondo le modalità previste per il lavoro di pubblica utilità nel citato decreto legislativo n. 274 del 2000. La proposta emendativa in esame quindi ha sostanzialmente natura di coordinamento. Infatti, poiché il condannato alla reclusione militare non perde la qualità di militare ai sensi dell'articolo 5 codice penale militare di pace, è sembrato opportuno che l'obbligo di svolgere un'attività a favore della collettività cui può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale avesse, in questo caso specifico, riferimento alla prestazione del servizio militare.

Il relatore passa poi all'emendamento 3.6 sottolineando come lo stesso sia volto a riordinare la materia delle misure alternative alla detenzione per il condannato militare, nonché quella dei permessi premio. Va sottolineato il fatto che l'emendamento propone una possibilità di ammissione più ampia all'affidamento in prova speciale previsto per il condannato militare, prevedendo un limite di pena di quattro anni; nella legislazione penale comune tale limite è invece ordinariamente di tre anni ed è elevato a quattro solo per le misure alternative alla detenzione relative ai tossicodipendenti. Si intende in questo modo incentivare la specifica funzione di recupero del condannato alla vita militare che contraddistingue la misura in questione.

Il relatore illustra infine l'emendamento 3.23 evidenziando come lo stesso sia volto a riformulare la lettera e) dell'articolo 3 proponendo un criterio meno soggetto a incertezze sul piano applicativo per l'individuazione dei reati militari ivi considerati.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) illustra gli emendamenti 3.9, 3.13, 3.15 e 3.22 soffermandosi in particolare sull'emendamento 3.9 e sull'emendamento 3.22. Osserva, tra l'altro, con riferimento a quest'ultimo come sia del tutto irragionevole la configurazione come reato militare dei reati in materia di uso di stupefacenti rifacendosi a questo proposito alle considerazioni svolte dal senatore Fassone in merito all'emendamento 3.20.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) esprime parere favorevole sugli emendamenti 3.5, 3.7, 3.16 - a condizione che sia modificato inserendo, dopo la parola "altresì" le altre "le disposizioni" - e 3.17. Esprime poi parere contrario sugli altri emendamenti riferiti all'articolo 3 testé illustrati, invitando peraltro i presentatori a ritirare in particolare gli emendamenti 3.1, 3.4, 3.8, 3.9, 3.10, 3.11, 3.12, 3.14, 3.15, 3.18 e 3.19.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) modifica l'emendamento 3.16 nel senso suggerito dal relatore.

 

Il sottosegretario di Stato BOSI si esprime in senso conforme al relatore, formulando altresì parere favorevole sugli emendamenti 3.2, 3.3, 3.6 e 3.23 presentati dal relatore medesimo.

 

Il seguito dell'esame congiunto è infine rinviato.

 

 

La seduta termina alle ore 9,40.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493

 

 

Art. 1.

1.1

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1 sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «diciotto mesi».

 

Art. 2.

2.1

Cirami

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

 

2.2

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:

«b-bis) definire la nozione di “tempo di guerra“, facendo discendere anche la medesima da una espressa deliberazione parlamentare;».

 

Art. 3.

3.1

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), numero 1), alle parole: «rivedere la nozione» premettere le parole: «definire la nozione di “appartenente alle Forze armate“ in coerenza con il dettato costituzionale e con le sentenze della Corte costituzionale in tema di sottoposizione alla giurisdizione militare, e».

 

3.2

Cirami

Al comma 1, alla lettera a), dopo il numero 1) inserire i seguenti:

«1-bis) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per luogo militare si intendano le caserme, le navi e gli aeromobili militari, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si trovano, anche se momentaneamente, per regioni di servizio;

«1-ter) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per navi e aeromobili militari si intendano le navi e gli aeromobili da guerra, nonché ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle Forze armate dello Stato alla dipendenza di un comando militare;».

 

3.3

Cirami

Al comma 1, dopo il numero 2) inserire il seguente:

«2-bis) prevedere che, per la reclusione militare, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa, e nel caso di cui al secondo comma dell’articolo 165 del Codice penale debba, essere subordinato all’obbligo delle restituzioni e del risarcimento del danno o all’obbligo dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità previste dalla legge penale comune, ovvero all’obbligo di svolgere determinate prestazioni di servizio militare;».

 

3.4

Forcieri, Fassone, Stanisci, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 4).

 

3.5

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, lettera a), al numero 5), alla parola: «limitare» premettere le seguenti: «prevedere, in caso di condanna per reato militare, l’applicabilità anche di tutte le pene accessorie comuni che conseguono al reato medesimo quando sia previsto come tale dalla legge penale comune, e».

 

3.6

Cirami

Al comma 1, alla lettera a) sostituire il numero 7 con il seguente:

«7) modificare le disposizioni relative all’esecuzione della pena della reclusione militare prevedendo:

7.1) che la misura dell’affidamento in prova del condannato militare di cui alla legge 29 aprile 1983 n. 167 possa essere disposta qualora la pena detentiva inflitta non sia superiore a quattro anni;

7.2) l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 1 della citata legge n. 167 del 1983;

7.3) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare dei benefici di cui agli articoli 30 e 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

7.4) l’applicabilità al condannato alla reclusione militare della misura alternativa della detenzione domiciliare limitatamente alle ipotesi di cui all’articolo 47-ter, comma 1, lettera c), e comma 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

7.5) l’applicabilità al condannato alla reclusione militare del beneficio della liberazione anticipata;

7.6) l’esclusione dell’applicabilità al condannato alla reclusione militare delle altre misure alternative alla detenzione previste dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, dell’ammissione al lavoro all’esterno di cui all’articolo 21 della predetta legge n. 354, nonchè delle disposizioni di cui agli articoli 90 e 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990».

 

3.7

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a) numero 7), aggiungere, in fine, le parole: «introducendo la previsione delle misure alternative alla detenzione compatibili con le esigenze del servizio, e disciplinando l’esecuzione della reclusione militare in modo da favorire sia il reinserimento sociale del condannato, sia una sua maggiore disponibilità alla ripresa del servizio».

 

3.8

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), al numero 8), sopprimere il punto 8.1).

 

3.9

Zancan

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 8.1).

 

3.10

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera a), al numero 8), sopprimere il numero 8.2).

 

3.11

Nieddu, Fassone, Forcieri, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, lettera a), al numero 8), punto 8.4), sostituire le parole: «alla presenza di più militari» con le parole: «in circostanze di luogo tali che ne risulti gravemente pregiudicato il prestigio dell’istituzione alla quale il militare appartiene».

 

3.12

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), al numero 8), sopprimere il punto 8.5).

 

3.13

Zancan

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 9.1).

 

3.14

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), al numero 9), dopo il punto 9.2) aggiungere il seguente:

«9.2-bis) l’avere commesso il fatto per i modi non convenienti usati da altro militare».

 

3.15

Zancan

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 10).

 

3.16

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera a), numero 10), dopo le parole: «mancanza alla chiamata» inserire le parole: «stabilendo che il termine decorra dal giorno in cui viene ultimato, o avrebbe dovuto considerarsi ultimato, il servizio alle armi»; e sostituire la parola: «nonché» con le parole: «e rivedere altresì».

 

3.17

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, lettera a), dopo il numero 10), inserire il seguente:

«10-bis) rivedere la disciplina della liberazione condizionale rendendola omogenea a quanto previsto dalla legge penale comune».

 

3.18

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), numero 11), sostituire le parole: «per gli appartenenti» con le seguenti: «per coloro che, al momento della richiesta, appartengono».

 

3.19

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera a), numero 11), aggiungere, in fine, le parole: «secondo la disciplina prevista dalla legge penale comune».

 

3.20

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, prima della lettera b) inserire la seguente:

«b.1) prevedere una nozione di reato militare limitata alle condotte che offendono i beni della fedeltà, della disciplina e dell’efficace espletamento dei compiti affidati alle Forze armate».

 

3.21

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente nella lettera u-quinquies, sopprimere le parole: «nonché per i reati indicati nella lettera e).

 

3.23

Cirami

Al comma 1, sostituire la lettera e), con la seguente:

e) prevedere come reati militari le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti e psicotrope allorchè commessi da militari, in luoghi militari o comunque in danno di militari, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune».

 3.22

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

 

Art. 6.

6.1

Nieddu, Fassone, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

MERCOLEDÌ 28 LUGLIO 2004
10a Seduta

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Berselli.

 

La seduta inizia alle ore 8,40.

 

IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta del 21 luglio scorso.

 

Il presidente Antonino CARUSO ricorda che nel corso dell'ultima seduta, era stato avviato l'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3 del testo unificato proposto dal Comitato ristretto pubblicato in allegato al resoconto della seduta del 28 aprile 2004 ed avverte che si riprenderà a partire dall'emendamento 3.24.

 

Interviene quindi il senatore FASSONE (DS-U) per avanzare la proposta di accantonare la votazione degli emendamenti all'articolo 3 in ragione del fatto che la loro valutazione risulta condizionata dall'esito che avrà la discussione sull'articolo 5 in tema di ordinamento giudiziario militare. Gli emendamenti proposti dalla sua parte politica infatti sono volti a limitare la sfera di competenza dei tribunali militari mentre l'impostazione del disegno di legge tende ad una sua dilatazione, in maniera quasi da far coincidere la nozione di reato militare con quella di reato commesso da militare. Ove l'esame dell'articolo 5 conducesse ad una soluzione soddisfacente, gli emendamenti in discussione potrebbero essere diversamente valutati, mentre la loro immediata reiezione vanificherebbe l'utilità del successivo esame del medesimo articolo.

 

Il relatore CIRAMI(UDC), pronunciandosi sulla proposta del senatore Fassone, osserva che, pur condividendo l'opportunità di una riflessione, in particolare quando si arriverà all'esame dell'articolo 5, sulle implicazioni che deriveranno dalla riforma dell'ordinamento della magistratura ordinaria sulla materia militare, gli appare invece possibile procedere con l'esame dell'articolo 3 e dei relativi emendamenti, anche perché la diversa impostazione diretta a sostituire alla giurisdizione militare un sistema di sezioni specializzate in materia di reati militari, sottesa in alcune successive proposte emendative, non gli sembra percorribile alla luce del dettato costituzionale.

 

Il rappresentante del GOVERNO dichiara di concordare con le valutazioni espresse dal relatore.

 

Il presidente Antonino CARUSO avverte che pertanto si continuerà nell'esame degli emendamenti.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) illustra l'emendamento 3.24, soppressivo della lettera h) giudicando eccessiva e inaccettabile la pena della reclusione fino a due anni prevista per i militari che disperdono oggetti di armamento o munizioni da guerra. Si tratta di una fattispecie la cui natura colposa rende quantomeno impervia l'acquisizione delle prove, dovendosi sottolineare inoltre come i tribunali militari si troverebbero sopraffatti da procedimenti per illeciti la cui natura appare difficilmente riconducibile alla materia penale militare. L'emendamento 3.26, in subordine, è volto invece a mitigare la sanzione prevista nella medesima lettera h) dell'articolo 3.

Illustra quindi l'emendamento 3.28 volto a superare la genericità del riferimento a raccolte o partecipazioni a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina. Riferendosi poi all'emendamento 3.33 osserva che la proposta in esso contenuta intende risolvere possibili difficoltà interpretative, chiarendo che debba trovare applicazione la previsione di cui all'articolo 322 del codice penale nei casi ivi previsti. Si sofferma quindi sull'emendamento 3.36, osservando come la proposta di sopprimere la lettera o-bis) si giustifica per le distorsioni che la norma sarebbe in grado di provocare, con riferimento a numerosi aspetti quali le possibili duplicazioni di processi, gli accertamenti peritali che sono sofisticati e costosi, la mancanza di esperienza nell'accertamento di reati colposi da parte dei giudici militari. Illustra quindi l'emendamento 3.41 osservando come la specificazione che si propone di introdurre con riferimento alla circostanza che il fatto sia avvenuto in luogo militare o territorio estero mira a circoscrivere la disposizione che invece estende in modo inaccettabile la nozione di reato militare.

 

Il senatore FASSONE (DS-U), illustrando l'emendamento 3.27, osserva che la proposta in esso contenuta mira ad evitare la dilatazione della materia penale militare anche ai reati di falso, ritenendo al più possibile mantenere la disciplina vigente in materia che circoscrive la rilevanza del falso per il diritto penale militare solo a poche fattispecie. Illustra quindi brevemente gli emendamenti 3.29, 3.31 e 3.32, sottolineando in particolare l'inopportunità sotto diversi profili della disposizione in base alla quale ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione se commessa da militare deve essere prevista come reato militare. Del pari non convincente gli appare la disposizione di cui alla lettera o) che riconduce alla materia del diritto penale militare ogni violazione costituente delitto contro l'incolumità pubblica commessa da militare proponendone conseguentemente la soppressione con l'emendamento 3.34. Illustrando l'emendamento 3.35 invita a riflettere sulle implicazioni della previsione interessata che chiama a rispondere il militare in relazione a condotte avvenute in assenza dell'osservanza delle norme di sicurezza con la conseguente messa in pericolo non soltanto dell'incolumità delle persone, ma anche dell'integrità dei beni indicati. La disposizione gli appare eccessiva in quanto riconduce alla materia penale militare reati di pericolo previsti con riferimento all'integrità di beni e non soltanto all'incolumità delle persone, come sarebbe invece apparso accettabile. Il senatore Fassone illustra poi brevemente gli emendamenti 3.39, 3.40, 3.42, e 3.43 che rispondono variamente alla filosofia di restringere l'ambito della materia alla quale attribuire natura di reato militare. Dichiara di ritirare infine l'emendamento 3.38.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) si sofferma brevemente sugli emendamenti 3.44 e 3.45 a sua firma, osservando che l'emendamento 3.44 intende evitare l'abrogazione degli articoli 50, 51 e 52 del codice penale militare di pace. Queste disposizioni corrispondono agli articoli 64, 65 e 66 del codice penale comune. Nella relazione al disegno di legge n. 2493 la loro abrogazione è giustificata con il fatto che gli stessi sarebbero meramente ripetitivi delle predette disposizioni del codice penale comune. Tale conclusione potrebbe però non essere condivisa in sede interpretativa in quanto almeno gli articoli 50 e 52 hanno una funzione autonoma poiché la loro formulazione rende applicabile anche ai reati puniti con la pena della reclusione militare previsioni che il codice penale riferisce alla sola reclusione in senso proprio. Certo potrebbe sostenersi - anche se a conclusioni diverse dovrebbe indurre il tenore dell'articolo 23 del codice penale militare di pace - che alla reclusione militare devono applicarsi le norme sulla reclusione salvo che non sia diversamente disposto, ma il mancato richiamo del limite di trent'anni agli aumenti di pena - contenuto nell'articolo 66 del codice penale comune e attualmente nell'articolo 52 del codice penale militare di pace di cui il testo propone la soppressione - potrebbe appunto considerarsi una disposizione in senso diverso. Conclusivamente sembra più prudente evitare l'abrogazione dei predetti articoli 50 e 52, conservando per ragioni di simmetria anche l'articolo 51.

Quanto invece all'emendamento 3.45 dichiara di non comprendere la ragione della soppressione dell'articolo 64 del codice penale militare di pace. L'articolo 63 si riferisce infatti ai militari in servizio permanente alle armi, mentre l'articolo 64 ai militari in servizio temporaneo. Poiché quest'ultima categoria non scompare, la norma continuerebbe ad avere una sua funzione.

 

Il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U) fa proprio e dà per illustrato l'emendamento 3.30.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) presenta e la Commissione ammette l'emendamento 3.290 diretto ad aggiungere alla lettere l) dopo le parole "la raccolta o la partecipazione" le seguenti: "in forma pubblica".

 

Il RELATORE (UDC) formula parere contrario su tutti gli emendamenti illustrati nel corso della seduta odierna ad eccezione degli emendamenti 3.41 e 3.42 sui quali il parere è favorevole. Raccomanda quindi l'approvazione degli emendamenti a sua firma.

 

Il GOVERNO formula parere conforme al relatore e parere favorevole sugli emendamenti 3.290, 3.44 e 3.45.

 

Il seguito dell'esame congiunto è infine rinviato.

 

La seduta termina alle ore 9,35.

 


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493

Art. 3.

3.24

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

 

3.25

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, alla lettera h), sopprimere le parole: «o di munizioni da guerra».

 

3.26

Zancan

Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «sino a sei mesi».

 

3.27

Nieddu, Fassone, Pascarella, Forcieri, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

 

3.28

Zancan

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» fino a: «alla disciplina».

 

3.29

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» fino a: «attinenti alla disciplina».

 

3.290

Il Relatore

Al comma 1, lettera e), dopo le parole: «la raccolta o la partecipazione» sono inserite le seguenti: «in forma pubblica».

 

3.30

Cavallaro, Bedin

Alla lettera l), sostituire il penultimo periodo con il seguente: «, prevedere la depenalizzazione dei reati di raccolta o partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti la disciplina, se commessi in tempo di pace da militari non impegnati in missioni all’estero».

 

3.31

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera l), ultima proposizione, sostituire le parole: «tre anni» con le seguenti: «un anno».

 

3.32

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).

 

3.33

Zancan

Al comma 1, lettera m), numero 1), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «prevedere che si estenda ai reati militari contro la pubblica amministrazione la previsione di cui all’art. 322 del codice penale».

 

3.34

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera o).

 

3.35

Nieddu, Fassone, Forcieri, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera o-bis).

 

3.36

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera o-bis).

 

3.37

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera p).

Conseguentemente, sopprimere la lettera u-bis.

 

3.38

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

 

3.39

Fassone, Forcieri, Stanisci, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera r).

 

3.40

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera s).

 

3.41

Zancan

Al comma 1, lettera s), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero».

 

3.42

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera u-bis), dopo le parole: «prevedere la procedibilità» sopprimere le seguenti: «anche solo».

 

3.43

Forcieri, Fassone, Pascarella, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera u-ter), aggiungere, in fine, le parole: «avendo comunque riguardo alla natura volontaria del rapporto».

 

3.44

Cirami

Al comma 1, alla lettera v), sostituire le parole: «da 50 a 54» con le altre: «53, 54».

 

3.45

Cirami

Al comma 1, alla lettera v), sopprimere la parola: «64».

 


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

 

GIOVEDÌ 29 LUGLIO 2004
11ª Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Berselli.

La seduta inizia alle ore 8,30.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame congiunto dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta di ieri.

 

Si procede nell'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 3, già pubblicati in allegato al resoconto delle ultime due sedute.

 

Senza discussione è posto ai voti l'emendamento 3.1, che risulta respinto, mentre sono separatamente approvati gli emendamenti 3.2 e 3.3. È poi respinto l'emendamento 3.4, mentre risulta approvato l'emendamento 3.5.

 

Sull'emendamento 3.6 il senatore ZANCAN (Verdi-U) invita a riflettere sull'esigenza di mantenere la compatibilità con la normativa generale e pertanto non auspica l'approvazione della proposta emendativa del relatore CIRAMI(UDC), il quale difende invece la specificità della formulazione, attesa la specificità della condizione dei destinatari la norma de qua.

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.6 è approvato.

 

Il PRESIDENTE rende noto che l'emendamento 3.7 è pertanto precluso.

 

Nei confronti dell'emendamento 3.8 il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U) manifesta perplessità, che non sono condivise dal relatore CIRAMI(UDC).

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) si dichiara favorevole all'esclusione dell'aggravante anche in ragione del fatto che essa è espressione di una concezione arcaica e in contrasto con i tempi.

 

Il senatore MANFREDI (FI) reputa non del tutto infondate le tesi dianzi esposte dai colleghi dell'opposizione. Ad avviso del senatore andrebbe quanto meno valutata l'opportunità di escludere l'applicazione della norma di cui al punto 8.1) del numero 8) della lettera a) di cui al comma 1 dell'articolo 3 del testo proposto dal Comitato ristretto riguardo ai reati nei quali non è in gioco un rapporto disciplinare.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) manifesta delle perplessità in ordine alle osservazioni formulate dal senatore Zancan.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) insiste invece sulla validità delle ragioni sottese agli emendamenti 3.8 e 3.9.

 

Il senatore ZICCONE (FI) osserva che, essendo il testo proposto dal Comitato ristretto improntato all'estensione dell'ambito di operatività della legge penale militare, taluni reati previsti, per quanto simili ai reati comuni, mantengono una loro specificità tale da giustificare l'adozione di particolari circostanze aggravanti.

 

Sono quindi posti congiuntamente ai voti e respinti gli emendamenti 3.8 e 3.9, di identico contenuto.

 

Il senatore ZANCAN(Verdi-U), nel preannunciare il voto favorevole sull'emendamento 3.10, osserva che il punto 8.2 di cui al numero 8) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 configura, unito al precedente 8.1), una duplice aggravante di natura eccessiva. Propone quindi un coordinamento tra i due punti citati e a tal fine aggiunge la sua firma all'emendamento 3.10 e lo riformula nell'emendamento 3.10 (testo 2).

 

Sull'emendamento 3.10 (testo 2) esprimono avviso favorevole il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U) ed il relatore CIRAMI(UDC).

 

Le Commissioni riunite approvano quindi l'emendamento 3.10 (testo 2).

 

I senatori ZANCAN (Verdi-U) e DALLA CHIESA (Mar-DL-U) esprimono quindi il loro avviso favorevole sull'emendamento 3.11, sul quale manifestano invece delle perplessità il relatore CIRAMI (UDC) ed il senatore SEMERARO(AN).

 

Il senatore ZICCONE (FI) illustra il subemendamento 3.11/2, rimarcando la diversità sostanziale tra l'aggravante prevista al punto 8.4) del numero 8) della lettera a) di cui al comma 1 dell'articolo 3 e quella contenuta nell'emendamento 3.11, volta a sostituire la prima.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) osserva che, qualora fosse approvato il subemendamento 3.11/2, il suo parere sull'emendamento 3.11 potrebbe essere favorevole.

 

Il sottosegretario BERSELLI illustra brevemente il subemendamento 3.11/3, volto a conferire una maggiore razionalità all'emendamento 3.11.

 

Il senatore MANFREDI (FI) illustra il subemendamento 3.11/1, osservando che il prestigio della Forza armata cui il militare che commette reato appartiene sarebbe effettivamente leso soltanto nell'ipotesi in cui il soggetto attivo riveste un grado superiore a quello di coloro che assistono alla consumazione della fattispecie criminosa.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) ribadisce le considerazioni da lui già precedentemente espresse.

 

Dopo un breve dibattito in cui intervengono il presidente Antonino CARUSO, il sentore ZANCAN(Verdi-U), il senatore ZICCONE (FI) ed il relatore CIRAMI(UDC), i senatori ZICCONE (FI) e MANFREDI (FI) ritirano le loro proposte modificative all'emendamento 3.11.

 

Con distinte votazioni sono quindi approvati il subemendamento 3.11/3 e l'emendamento 3.11, come modificato.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) preannuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.12, evidenziando l'ingiustificato aggravamento di pena previsto dal punto 8.5) di cui al punto 8) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3.

 

Replica brevemente il relatore CIRAMI(UDC), ricordando le ragioni di base che giustificano l'adozione della disposizione citata dal senatore Zancan.

 

Ad avviso del senatore DALLA CHIESA(Mar-DL-U), sarebbe opportuno operare una distinzione tra le fattispecie di reato alle quali sarebbe effettivamente da applicare la circostanza aggravante di cui al citato punto 8.5) e quelle, invece, nei confronti delle quali tale applicazione non si renderebbe necessaria.

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.12 risulta respinto dalle Commissioni riunite.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) pone quindi l'accento sull'opportunità dell'approvazione dell'emendamento 3.13. Infatti, il comprendere l'eccesso di zelo tra le circostanze attenuanti potrebbe dar luogo, nei fatti, alla mancata sanzione di numerosi fatti criminosi.

 

Il senatore ZICCONE (FI) invita le Commissioni Riunite a valutare attentamente l'opportunità di mantenere nel testo dell'articolo 9 l'attenuante di cui al punto 9.1).

 

Il relatore CIRAMI (UDC) ricorda che la citata circostanza attenuante era stata inserita nel testo unificato a seguito di apposita deliberazione del Comitato ristretto, che aveva in ogni caso analizzato attentamente la questione.

 

Sulle osservazioni formulate dal senatore ZANCAN (Verdi-U) interviene, in senso adesivo, il senatore DALLA CHIESA(Mar-DL-U).

 

Il sottosegretario BERSELLI pone in evidenza la genericità del concetto di zelo. In ragione di ciò, invita le Commissioni riunite a valutare l'opportunità di un momentaneo accantonamento degli emendamenti riferiti all'articolo 3 onde poter compiere un esame più approfondito sulle delicate questioni ad essi sottese in un secondo momento.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) osserva che, allo stato attuale dell'iter dei provvedimenti iscritti all'ordine del giorno, sarebbe opportuno proseguire nell'esame delle proposte emendative riferite all'articolo 3, anche eventualmente approvando l'emendamento 3.13. Ciò in quanto ulteriori valutazioni di merito potranno eventualmente essere compiute in sede di esame in Assemblea.

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.13 risulta approvato.

 

Il seguito dell'esame congiunto è, quindi, rinviato alla prossima seduta.

 

SUI LAVORI DELLE COMMISSIONI RIUNITE

 

Il presidente Antonino CARUSO rende noto che le Commissioni riunite giustizia e difesa torneranno nuovamente a riunirsi nella giornata odierna al termine della seduta della Commissione giustizia, convocata per le ore 14, con lo stesso ordine del giorno della presente seduta.

Le Commissioni riunite convengono.

 

La seduta termina alle ore 9,35


 

COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

 

GIOVEDÌ 29 LUGLIO 2004
12ª Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Berselli.

 

La seduta inizia alle ore15,10.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame sospeso nella seduta antimeridiana odierna.

 

Si prosegue nell'esame degli emendamenti all'articolo 3 già pubblicato in allegato al resoconto delle sedute del 21 luglio e del 28 luglio 2004, a partire dall'emendamento 3.14.

 

Il presidente Antonino CARUSO ricorda che il relatore aveva invitato i presentatori a ritirare l'emendamento 3.14.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) ritiene di non poter accogliere l'invito del relatore.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) ribadisce quindi il proprio parere contrario sull'emendamento 3.14 che, posto ai voti, è respinto.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.15, sottolineando l'inaccettabile indeterminatezza e l'ambiguità della previsione di delega contenuta nella disposizione di cui al numero 10 della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3.

 

Il senatore DALLA CHIESA (Mar-DL-U) annuncia anch'egli il voto favorevole sull'emendamento 3.15, condividendo quanto evidenziato dal senatore Zancan.

 

Il presidente Antonino CARUSO ricorda che il relatore ha invitato a ritirare l'emendamento 3.15 e ha espresso invece parere favorevole sull'emendamento 3.16, che viene incontro all'esigenza di precisare la portata della disposizione di delega su cui hanno testé richiamato l'attenzione i senatori Zancan e Dalla Chiesa.

 

Il senatore ZANCAN(Verdi-U), accogliendo l'invito del relatore, ritira quindi l'emendamento 3.15.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) sottolinea che l'emendamento 3.16 risolve il problema di una specificazione del disposto del numero 10 della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 con riferimento al tema della prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza da chiamata. Continua però a rimanere indeterminato il criterio di delega relativo alla non menzione della condanna nel certificato del calendario. A quest'ultimo proposito, il senatore Fassone sottolinea la delicatezza di tale aspetto in considerazione del forte ampliamento della competenza dei tribunali militari che deriverebbe dall'approvazione del testo in esame e alla luce dell'attuale previsione in materia contenuta nell'articolo 70 del codice penale militare di pace.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) si riserva un'ulteriore riflessione, nel prosieguo dell'esame, in ordine ai profili su cui ha ora richiamato l'attenzione il senatore Fassone.

 

Segue un breve intervento del senatore MANFREDI (FI) il quale ritiene non perfettamente chiaro il disposto del numero 10 della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 per come lo stesso verrebbe modificato in seguito all'approvazione dall'emendamento 3.16.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) e il presidente Antonino CARUSO non condividono le perplessità del senatore Manfredi.

 

Posto ai voti è, quindi, approvato l'emendamento 3.16, come modificato nella seduta del 21 luglio scorso.

 

Il presidente Antonino CARUSO rinvia infine il seguito dell'esame congiunto.

 

 

La seduta termina alle ore 16,10.


SUBEMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493

 

3.11/1

Manfredi

Sostituire l’emendamento 3.11 con il seguente:

«Al comma 1, lettera a), al numero 8, punto 8.4), aggiungere, in fine, le seguenti parole: “di grado inferiore“».

 

3.11/2

Ziccone

All’emendamento 3.11, dopo le parole: «8,4,», sostituire le parole: «sostituire le parole: “alla presenza di più militari“ con le parole: “in“» con le seguenti: «aggiungere in fine le seguenti: “o“».

 

3.11/3

Il Governo

All’emendamento 3.11, sostituire le parole: «in circostanze di luogo tali che ne risulti gravemente pregiudicato il prestigio dell’istituzione alla quale il militare appartiene» con le seguenti: «alla presenza di più persone».

 

 


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493

 

Art. 3.

3.10 (testo 2)

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Zancan

Al comma 1, alla lettera a), al numero 8, al punto 8.1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «o l’aver commesso il fatto in concorso con l’inferiore» e conseguentemente sopprimere nel medesimo numero il punto 8.2.

 

 

 

 


COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

MERCOLEDÌ 13 OTTOBRE 2004
15ª Seduta

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Berselli.

La seduta inizia alle ore 8,40

 

IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame del testo unificato dei disegni di legge in titolo, sospeso nella seduta pomeridiana del 29 luglio scorso.

 

Le Commissioni riunite proseguono l'esame delle proposte modificative riferite all'articolo 3 del testo unificato proposto dal Comitato ristretto.

 

Per dichiarazione di voto favorevole sull’emendamento 3.17 interviene quindi il senatore ZANCAN (Verdi-U).

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.17 risulta approvato.

 

Il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI ed il sottosegretario BERSELLI invitano quindi i presentatori al ritiro dell'emendamento 3.18.

 

Il senatore ZANCAN osserva che l'emendamento in questione mira, a suo avviso più che correttamente, ad assicurare che l'istituto della riabilitazione sia disposto dall'organo giurisdizionale militare solo nei confronti di coloro che appartengono alle Forze armate al momento della richiesta. In ragione di ciò, preannuncia, a nome del suo Gruppo di appartenenza, il voto favorevole.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) osserva che appare quanto mai opportuno che sia il giudice civile a decidere in ordine all'applicazione dell'istituto della riabilitazione nel caso in cui, al momento della richiesta, il soggetto beneficiario non appartenga più alle Forze armate. Dichiara quindi di non poter accogliere l'invito al ritiro formulato dal relatore Cirami e dal rappresentante del Governo.

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.18 viene respinto dalle Commissioni riunite.

 

Il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI invita parimenti i presentatori a valutare l'opportunità di procedere al ritiro dell'emendamento 3.19.

 

Il senatore FASSONE insiste per la votazione della proposta emendativa in questione.

 

L'emendamento 3.19 è quindi posto ai voti e risulta respinto.

 

Il senatore FASSONE osserva che l'impostazione generale del provvedimento all'esame delle Commissioni riunite sembrerebbe tesa a realizzare una sostanziale coincidenza della figura del reato militare con quella del reato commesso da un appartenente alle Forze armate. Ciò desta, a suo avviso, notevoli perplessità dal punto di vista costituzionale.

Conclude preannunciando il voto favorevole all'emendamento 3.20

 

Per dichiarazione di voto favorevole sulla proposta emendativa in questione interviene anche il senatore ZANCAN, osservando che il testo unificato all'esame delle Commissioni riunite configura una delega legislativa sostanzialmente generica (nonchè una eccessiva dilatazione della nozione di reato militare), in aperto contrasto con i principi dettati dalla Costituzione in materia.

 

Replica brevemente il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI, osservando che in ogni caso le problematiche inerenti alla sufficiente determinatezza della delega legislativa potranno trovare debito approfondimento in Assemblea in sede di esame dell'articolo 2.

 

Posto ai voti, l'emendamento 3.20 viene respinto dalle Commissioni riunite.

 

Si procede quindi all'esame congiunto degli emendamenti 3.21 e 3.22, entrambi soppressivi della lettera e) di cui al comma 1 dell'articolo 3 del testo unificato all'esame delle Commissioni riunite.

 

Il sottosegretario BERSELLI conferma, a nome del Governo, il parere contrario sugli emendamenti 3.21 e 3.22, già espresso nella seduta del 21 luglio scorso.

 

In senso adesivo interviene anche il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI, osservando al contempo che, in ogni caso, il successivo emendamento 3.23, recante la sua firma, apporta delle opportune modifiche alla lettera e) del comma 1.

 

Il senatore FASSONE osserva brevemente che l'emendamento 3.23 potrebbe produrre un ulteriore ampliamento della nozione di reato militare.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) osserva che il disposto della lettera e) di cui al comma 1 dell'articolo 3 concerne una materia già disciplinata dalla legislazione vigente, con la previsione di una apposita circostanza aggravante nel caso di spaccio di sostanze stupefacenti in prossimità delle strutture militari. Inoltre, la formulazione dell'inciso appare eccessivamente generica, nonché in grado di produrre, nella pratica, un'assurda duplicazione dei processi, stante l'esistenza di due differenti discipline sulla stessa materia.

Conclude preannunciando, a nome della sua parte politica, il voto favorevole sugli emendamenti 3.21 e 3.22.

 

Per dichiarazione di voto favorevole sugli emendamenti 3.21 e 3.22 interviene quindi il senatore FASSONE (DS-U) , esprimendo piena condivisione in ordine ai rilievi formulati dal senatore Zancan e rilevando al contempo che l'articolo 158 del Codice penale militare di pace (che non cesserebbe in ogni caso dall'avere vigore a seguito dell'approvazione della delega legislativa all'esame delle Commissioni riunite), provvede già a sanzionare il militare che si rende volontariamente inabile all'assolvimento dei propri doveri.

 

Il seguito dell'esame è quindi rinviato a prossima seduta.

 

SUI LAVORI DELLE COMMISSIONI RIUNITE

 

Il senatore PERUZZOTTI, relatore per la Commissione Difesa sui provvedimenti concernenti la riforma della legislazione penale militare, osserva che le ultime osservazioni formulate dai senatori Zancan e Fassone in ordine agli emendamenti 3.21 e 3.22 non appaiono del tutto prive di fondamento. In ragione di ciò, potrebbe rendersi opportuna una pausa di riflessione onde consentire ai commissari delle forze politiche di maggioranza ed al Governo di valutarle attentamente.

 

Il senatore MANFREDI (FI), pur ribadendo il suo sostanziale apprezzamento in ordine all'impostazione generale del testo unificato all'esame delle Commissioni riunite, concorda con il relatore Peruzzotti sulla necessità di approfondire alcune delle argomentazioni specifiche addotte dai senatori Zancan e Fassone, nell'ambito di un confronto produttivo tra i relatori, il Governo e le forze politiche di maggioranza.

 

Sulle osservazioni poc'anzi formulate dal senatore Manfredi intervengono, in senso adesivo, i senatori CALLEGARO (UDC) e ZICCONE (FI) .

 

In senso contrario interviene invece il senatore Luigi BOBBIO (AN). A suo avviso, la proposta del relatore Peruzzotti, oltre ad essere tardiva, considerato lo stato avanzato dell'iter del testo unificato all'esame delle Commissioni riunite, appare infatti suscettibile di produrre una discussione tale da investire l'intera portata della delega legislativa in oggetto.

 

Il sottosegretario BERSELLI osserva brevemente che il Governo è sempre stato disponibile ad ogni confronto politico nel corso dell'esame del testo unificato presso le Commissioni riunite.

 

Il relatore per la Commissione Difesa PERUZZOTTI (LP) precisa che la sua proposta non era in ogni caso volta a dar luogo ad una discussione sui principi di fondo sottesi alla delega legislativa in questione, bensì ad approfondire alcune tematiche circostanziate a suo avviso degne di nota.

 

Il presidente Antonino CARUSO (AN) osserva che la richiesta di una pausa di riflessione potrebbe apparire, paradossalmente, irrispettosa delle prerogative delle forze politiche di opposizione: infatti, un confronto democratico con la maggioranza parlamentare e con il Governo non può che avvenire proprio in sede di esame del testo unificato presso le Commissioni riunite.

Conclude esprimendo, a titolo personale, una condivisione di massima sulle osservazioni formulate dal senatore Bobbio: più che altro le rilevanti questioni giuridiche sottese al testo all'esame delle Commissioni riunite hanno fisiologicamente determinato una maggiore frequenza degli interventi del relatore per la Commissione Giustizia.

 

La seduta termina alle ore 9,20.


EMENDAMENTI AL TESTO UNIFICATO DEI DISEGNI DI LEGGE NN. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 E 3009
Art. 3.

3.17

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Stanisci

Nel comma 1, lettera a), dopo il numero 10), inserire il seguente:

«10-bis) rivedere la disciplina della liberazione condizionale rendendola omogenea a quanto previsto dalla legge penale comune».

 

3.18

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Nel comma 1, lettera a), numero 11), sostituire le parole: «per gli appartenenti» con le parole: «per coloro che, al momento della richiesta, appartengono».

 

3.19

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Nel comma 1, lettera a), numero 11), aggiungere in fine le parole: «secondo la disciplina prevista dalla legge penale comune».

 

3.20

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Nel comma 1, prima della lettera b), inserire la seguente lettera:

«b.1) prevedere una nozione di reato militare limitata alle condotte che offendono i beni della fedeltà, della disciplina e dell’efficace espletamento dei compiti affidati alle Forze armate».

 

3.21

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Manzella, Stanisci

Nel comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente nella lettera u-quinquies), sopprimere le parole: «nonché per i reati indicati nella lettera e)».

 

3.22

Zancan

Al comma 1 sopprimere la lettera e).

 

3.23

Il Relatore Cirami

Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

«e) prevedere come reati militari le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope allorché commessi da militari, in luoghi militari o comunque in danno di militari, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune».

 


 

COMMISSIONI 2a e 4a RIUNITE

2a (Giustizia)

4a (Difesa)

 

MERCOLEDÌ 27 OTTOBRE 2004
16ª Seduta

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

Intervengono il sottosegretario di Stato per la difesa Bosi e il sottosegretario di Stato per la giustizia Valentino.

 

La seduta inizia alle ore 15.

 

IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

Riprende l'esame congiunto sospeso nella seduta del 13 ottobre scorso.

 

Le Commissioni riunite proseguono l'esame delle proposte modificative riferite all'articolo 3 del testo unificato proposto dal Comitato ristretto.

 

Posti ai voti è respinto l'emendamento 3.21, sostanzialmente identico all'emendamento 3.22.

 

Posto ai voti è approvato l'emendamento 3.23.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.24, giudicando assurda una previsione incriminatrice volta a configurare come delitto colposo la dispersione di oggetti d'armamento.

 

Il senatore CONTESTABILE (FI) evidenzia come in un contesto militare la perdita di oggetti d'armamento, anche se dovuta a colpa, rappresenti un fatto di non trascurabile gravità la cui configurazione come illecito penale non può assolutamente considerarsi anomala.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.24 e lo preannuncia sull'emendamento 3.25, raccomandando in particolare l'approvazione di quest'ultimo che eliminando dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 3 il riferimento alle munizioni da guerra sembra suscettibile di ricondurre la nuova ipotesi delittuosa in un ambito più circoscritto ed accettabile.

 

Dopo che il senatore CIRAMI(UDC), relatore per la 2a Commissione, ha ribadito il parere contrario sugli emendamenti 3.24 e 3.25, tali emendamenti sono posti separatamente ai voti e respinti.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.26 evidenziando come lo stesso sia volto a ricondurre i limiti di pena edittale previsti per l'ipotesi di cui alla già menzionata lettera h) del comma 1, dell'articolo 3, entro una soglia tale da consentire in ogni caso la sostituzione della pena detentiva con la pena della multa.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) ribadisce il parere contrario sull'emendamento 3.26, ritenendo che i limiti edittali previsti nel testo proposto dal Comitato ristretto siano idonei a meglio ricomprendere la diversa gravità dei casi concreti riconducibili all'ipotesi di cui alla citata lettera h).

 

Posto ai voti è quindi respinto l'emendamento 3.26.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.27 osservando come la scelta sottesa alla previsione di cui alla lettera i) del comma 1 dell'articolo 3 innovi profondamente rispetto all'attuale assetto del codice penale militare di pace che prevede come reati militari solo due ipotesi specifiche di falso, e cioè il falso in fogli di licenza, di via e simili, e l'usurpazione di decorazioni e distintivi militari, ipotesi per le quali ovviamente non vi è nessun problema a riconoscere la giurisdizione dei tribunali militari. Al contrario, la lettera i) del comma 1 dell'articolo 3 attribuisce ai tribunali militari la cognizione di tutti i reati di falso previsti dalla legge penale comune commessi da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina, determinando così - per i profili qui considerati - un'abnorme estensione della nozione di reato militare con un inopportuno e inevitabile incremento del rischio di una duplicazione di processi nei casi in cui il fatto veda il coinvolgimento non solo di militari, ma anche di civili.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia anch'egli il voto favorevole sull'emendamento 3.27, sottolineando come l'esperienza giudiziaria confermi la previsione che nei reati di falso sarà frequente il concorso di civili con militari e quindi il rischio di una duplicazione dei processi su cui ha testé richiamato l'attenzione il senatore Fassone. Il senatore Zancan prosegue poi evidenziando come, per quanto il Governo e la maggioranza cerchino di configurare nuovi reati per la giurisdizione dei tribunali militari, l'esiguità del numero dei componenti del nuovo esercito professionale farà sì che la dimensione complessiva di questa giurisdizione si attesti sempre su un livello insufficiente a giustificare l'apparato giudiziario che della stessa dovrà occuparsi.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.27.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.28, sottolineando l'assoluta inattualità della previsione che tale proposta intende sopprimere.

 

Il sottosegretario BOSI conferma il parere contrario del Governo sull'emendamento 3.28, di contenuto identico all'emendamento 3.29, sottolineando come la finalità della previsione incriminatrice di cui al penultimo periodo della lettera l) del comma 1 dell'articolo 3 va rinvenuta nell'esigenza di sanzionare non la manifestazione del pensiero in quanto tale, ma quelle forme di manifestazione del pensiero che hanno luogo senza l'osservanza delle specifiche disposizioni previste al riguardo dalle norme in materia di disciplina militare.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.28, di contenuto identico all'emendamento 3.29, sottolineando come la previsione di cui si propone la soppressione appaia in contrasto con le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale n. 126 del 1985. Al riguardo, la correzione proposta con l'emendamento 3.290 del relatore non appare poi convincente e, in ogni caso, va sottolineato che né il testo proposto dal Comitato ristretto, né tale testo per come risulterebbe modificato per effetto della approvazione dell'emendamento 3.290, corrispondono alla ricostruzione interpretativa affacciata dal sottosegretario Bosi sulla quale invece sarebbe d'accordo a condizione che il testo venisse però, sul punto in questione, riformulato in modo corrispondente.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.28, di contenuto identico all'emendamento 3.29.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) fa proprio l'emendamento 3.30 e annuncia su di esso il voto favorevole.

 

L'emendamento 3.30 è quindi posto ai voti e respinto, mentre è approvato l'emendamento 3.290.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.31, sottolineando come la previsione, nell'ipotesi considerata, di un limite minimo edittale di pena detentiva pari a tre anni, pur trovando sistematicamente un precedente nel secondo comma dell'articolo 331 del codice penale, gli appare nel merito non condivisibile poiché le attività di promozione e organizzazione qui considerate possono di fatto integrare condotte dalla offensività non eccessiva e comunque non tale da giustificare un minimo edittale così elevato. Sarebbe quindi opportuno prevedere un limite minimo più basso e cogliere l'occasione per modificare anche il secondo comma del citato articolo 331.

 

Anche il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.31, sottolineando come i limiti edittali proposti per le attività di promozione e organizzazione qui considerate vengano addirittura a coincidere con quelli previsti dall'articolo 416 del codice penale per l'ipotesi di associazione a delinquere.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.31.

 

Il senatore FASSONE (DS-U) preannuncia fin da ora il voto favorevole su tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 3.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sugli emendamenti 3.32 e 3.33.

 

Posti separatamente ai voti, gli emendamenti 3.32 e 3.33 sono respinti.

 

Dopo che il senatore CALVI (DS-U) ha annunciato il voto favorevole sull'emendamento 3.34, anche il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole su tale emendamento sottolineando come la natura specialistica dei delitti contro l'incolumità pubblica renda inopportuna l'attribuzione della cognizione degli stessi ai tribunali militari.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.34.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.35, di contenuto identico all'emendamento 3.36, che è posto ai voti e respinto.

Il senatore Zancan annuncia il voto favorevole sull'emendamento 3.37 evidenziando la non condivisibilità della scelta di attribuire ai tribunali militari la cognizione dei delitti contro la persona nelle ipotesi considerate nella lettera p) del comma 1 dell'articolo 3.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.37.

 

Dopo che il PRESIDENTE ha ricordato che l'emendamento 3.38 è stato ritirato, il senatore CALVI (DS-U) e il senatore ZANCAN (Verdi-U) annunciano il voto favorevole sull'emendamento 3.39 che, posto successivamente ai voti, risulta respinto.

 

Dopo che il senatore ZANCAN (Verdi-U) ha annunciato il voto favorevole sull'emendamento 3.40, tale emendamento è posto ai voti e respinto.

Il senatore Zancan, recependo un suggerimento del relatore Cirami, modifica l'emendamento 3.41 riformulandolo nell'emendamento 3.41 (testo 2).

 

Posti separatamente ai voti, sono approvati gli emendamenti 3.41 (testo 2) e 3.42.

 

Posto ai voti è respinto l'emendamento 3.43.

 

Posti separatamente ai voti, sono approvati gli emendamenti 3.44 e 3.45.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) annuncia quindi il voto contrario sull'articolo 3 come emendato, rifacendosi alle considerazioni già espresse nel corso del dibattito.

 

Posto ai voti è poi approvato l'articolo 3 come emendato.

 

Si passa all'esame degli emendamenti relativi all'articolo 4.

 

Ha quindi la parola il senatore ZANCAN (Verdi-U) per l'illustrazione dell'emendamento 4.1. con il quale propone di eliminare dal testo la previsione in base alla quale, al di fuori dal territorio nazionale, trova applicazione la legge penale di guerra, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra. L'articolo 11 della Costituzione verrebbe infatti in tal modo violato o comunque aggirato: in assenza di dichiarazione di guerra, nelle missioni cosiddette di pace non possono essere applicate altre leggi che non siano quelle vigenti in tempo di pace. Illustra poi l'emendamento 4.6 soppressivo della lettera o) del comma 1 con la quale si stabilisce un impervio rapporto di corrispondenza tra i crimini di guerra del codice e le fattispecie di cui all'articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale. Dopo aver ritirato l'emendamento 4.3, il senatore Zancan aggiunge la firma e ritira l'emendamento 4.30 e, dopo averlo sottoscritto, illustra invece gli emendamenti 4.2 e 4.5 giudicando inaccettabile la previsione che assegna al Ministro della difesa il ruolo di arbitro della procedibilità per i reati militari connessi all'esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra.

 

Il relatore CIRAMI (UDC) illustra gli emendamenti a sua firma 4.100, 4.4 e 4.200.

 

Previo parere contrario del RELATORE e del Rappresentante del GOVERNO, il PRESIDENTE pone quindi separatamente in votazione gli emendamenti 4.1, 4.10, 4.2, 4.5, 4.40 e 4.6 che risultano respinti.

 

Col parere favorevole del rappresentante del GOVERNO sono invece approvati gli emendamenti 4.100, 4.4, 4.200 e 4.20 dopo che il senatore ZANCAN (Verdi-U) ha aggiunto la propria firma a quest'ultimo e, recependo un suggerimento del relatore Cirami, lo ha modificato sostituendo il riferimento all'articolo 380 del codice di procedura penale con quello all'articolo 381 dello stesso codice.

 

I senatori ZANCAN (Verdi-U) e CALVI (DS-U) annunciano il voto contrario sull'articolo 4 come emendato.

 

Posto ai voti, risulta infine approvato l'articolo 4, come emendato.

 

Si passa quindi all'esame degli emendamenti riferiti all'articolo 5.

 

Dopo che il relatore CIRAMI (UDC) ha espresso parere contrario sull'emendamento 5.1 e ritirato l'emendamento 5.3, il relatore medesimo illustra l'emendamento 5.100 soppressivo delle lettere a), c), d), e), f) e g) del comma 1 dell'articolo 5. Trattandosi di norme afferenti all'ordinamento giudiziario militare, è sua precisa intenzione riformulare tali disposizioni per l'esame in Assemblea, tenendo in debito conto sia le proposte della opposizione che, soprattutto, la prossima definizione della riforma dell'ordinamento giudiziario ordinario alla quale questa dovrà ragionevolmente uniformarsi pur con le necessarie differenziazioni.

 

Posto ai voti, è respinto l'emendamento 5.1.

 

Posto ai voti è poi approvato l'emendamento 5.100.

 

Dalla precedente approvazione risultano quindi preclusi gli emendamenti 5.2, 5.4, 5.5, 5.6, 5.7 e 5.10.

 

Il RELATORE illustra successivamente l'emendamento 5.8 volto a ridefinire la composizione e la durata in carica dei componenti il Consiglio superiore della magistratura militare.

 

L'emendamento 5.8 è quindi posto ai voti e approvato.

 

Preso atto del parere contrario della Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, il RELATORE ritira poi l'emendamento 5.9.

 

Il PRESIDENTE pone infine in votazione l'articolo 5, come modificato, che, previa dichiarazione di voto contrario del senatore ZANCAN(Verdi-U), risulta approvato.

 

Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493
Art. 3.

3.21

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente nella lettera u-quinquies), sopprimere le parole: «nonché per i reati indicati nella lettera e).

 

3.22

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

 

3.23

Cirami, relatore

Al comma 1, sostituire la lettera e), con la seguente:

«e) prevedere come reati militari le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope allorché commessi da militari, in luoghi militari o comunque in danno di militari, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune».

 

3.24

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

 

3.25

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, alla lettera h), sopprimere le parole: «o di munizioni da guerra».

 

3.26

Zancan

Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: «due anni» con le seguenti: «sino a sei mesi».

 

3.27

Nieddu, Fassone, Pascarella, Forcieri, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

 

3.28

Zancan

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» fino a: «alla disciplina».

 

3.29

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» sino a: «attinenti alla disciplina».

 

3.30

Cavallaro, Bedin

Al comma 1, lettera l) sostituire i penultimo periodo con il seguente: «; prevedere la depenalizzazione dei reati di raccolta o partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti la disciplina, se commessi in tempo di pace da militare non impegnati in missioni all’estero».

 

3.290

Cirami, relatore

Al comma 1, alla lettera l), dopo le parole: «la raccolta o la partecipazione» sono inserite le seguenti: «in forma pubblica».

 

3.31

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Staniscia, Manzella

Al comma 1, lettera l), ultima proposizione, sostituire le parole: «tre anni» con le seguenti: «un anno».

 

3.32

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).

 

3.33

Zancan

Al comma 1, lettera m), numero 1) aggiungere infine le seguenti parole: «prevedere che si estenda ai reati militari contro la pubblica amministrazione la previsione di cui all’articolo 322 del codice penale».

 

3.34

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera o).

 

3.35

Nieddu, Fassone, Forcieri, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera o-bis).

 

3.36

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera o-bis).

 

3.37

Fassone, Nieddu, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera p).

Conseguentemente, sopprimere la lettera u-bis), o quantomeno le parole: «ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale».

 

3.38

Pascarella, Fassone, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

 

3.39

Fassone, Forcieri, Stanisci, Nieddu, Pascarella, Manzella

Al comma 1, sopprimere la lettera r).

 

3.40

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella, Stanisci

Al comma 1, sopprimere la lettera s).

 

3.41 (testo 2)

Zancan

Al comma 1, lettera s), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero, a causa del servizio militare».

 

3.41

Zancan

Al comma 1, lettera s), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero».

 

3.42

Forcieri, Fassone, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera u-bis), dopo le parole: «prevedere la procedibilità» sopprimere le parole: «anche solo».

 

3.43

Forcieri, Fassone, Pascarella, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera u-ter), aggiungere, in fine, le parole: «avendo comunque riguardo alla natura volontaria del rapporto».

 

3.44

Cirami, relatore

Al comma 1, lettera v), sostituire le parole: «da 50 a 54» con le altre: «53, 54».

 

3.45

Cirami, relatore

Al comma 1, lettera v), sopprimere la parola: «64».

 

Art. 4.

4.1

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera c)».

 

4.10

Fassone, Pascarella, Nieddu, Forcieri, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, la seguente proposizione: «prevedere che anche la sussistenza di un “conflitto armato“, quale definito dalla successiva lettera i), numero 1), sia affermata a seguito di una procedura conclusa con un voto delle Camere ed un decreto del Presidente della Repubblica;».

 

4.100

Cirami, relatore

Al comma 1, lettera c), sostituire le parole: «previa autorizzazione delle Camere» con le altre: «previa deliberazione delle Camere».

 

4.2

Cavallaro, Bedin

Alla lettera h), aggiungere il seguente periodo: «precisare che, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 78 della Costituzione, il potere di ordinanza militare sia esercitato nel rispetto dei diritti riconosciuti dalla Costituzione e dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico».

 

4.3

Zancan

Al comma 1, sopprimere la lettera l).

 

4.4

Cirami, relatore

Al comma 1, lettera l), numero 5), sostituire le parole: «di regola» con le altre: «salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».

 

4.20

Fassone, Nieddu, Forcieri, Stanisci, Pascarella, Manzella

Al comma 1, lettera l), numero 6), dopo le parole: «arresto in flagranza» inserire le seguenti: «estendendone la facoltà ai reati militari puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quella prevista dall’articolo 380 del codice di procedura penale».

 

4.30

Fassone, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Stanisci, Manzella

Al comma 1, lettera l), numero 6), dopo le parole: «dell’autorità giudiziaria» aggiungere le seguenti: «, prevedendo in ogni caso la sollecita comunicazione dell’avvenuto arresto all’autorità medesima ed una procedura di convalida in contraddittorio, attuata ove occorra attraverso lo strumento dell’audizione a distanza».

 

4.5

Cavallaro, Bedin

Alla lettera l) sopprimere il numero 7).

 

4.40

Fassone, Pascarella, Nieddu, Forcieri, Stanisci, Manzella

Nel comma 1, lettera m) numero 3), sopprimere le parole: «per morte, infermità o irreperibilità».

 

4.6

Zancan

Al comma 1 sopprimere la lettera o).

 

4.200

Cirami, relatore

Al comma 1 alla lettera o) sostituire le parole: «in ogni caso di conflitto armato» con le altre: «nelle ipotesi di cui al secondo periodo della lettera c)».

 

5.1

Fassone, Nieddu, Forcieri, Stanisci, Pascarella, Manzella

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. Il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, per quanto concerne la riforma dell’ordinamento giudiziario militare, si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione del ruolo dei magistrati militari, istituito presso il Ministero della Difesa ai sensi del regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316 e, conseguentemente, prevedere che i magistrati militari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto attuativo della presente disposizione transitino nel ruolo dei magistrati ordinari, secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza, continuando ad esercitare le funzioni già ricoperte presso gli Uffici giudiziari militari;

a-bis) prevedere che il ruolo organico della magistratura sia aumentato di 103 unità, delle quali tre con qualifica di magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive superiori, e dieci di magistrato di cassazione;

a-ter) prevedere la soppressione del Consiglio della magistratura militare, istituito dalla legge 30 dicembre 1988. n. 561;

a-quater) prevedere la soppressione del corpo degli ufficiali della giustizia militare, istituito dal regio decreto 28 novembre 1935, n. 2397;

a-quinquies) prevedere l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia, dell’Ufficio centrale per la giustizia militare, avente attribuzioni corrispondenti a quelle del Dipartimento per la giustizia minorile».

 

5.100

Cirami, relatore

Sopprimere le lettere a), c), d), e), f) e g).

 

5.2

Fasone, Pascarella, Nieddu, Forcieri, Stanisci, Manzella

Nel comma 1 sostituire la lettera a) con le seguenti:

«a) prevedere che i tribunali militari abbiano sede presso il tribunale ubicato nel capoluogo del distretto di ciascuna Corte d’appello ordinaria;

a-bis) prevedere che i tribunali militari costituiscano una sezione del tribunale di cui allalettera a) e che siano formati da un magistrato militare di appello, che lo presiede, e da più magistrati militari di tribunale o di appello, in numero sufficiente a svolgere anche le funzioni di giudice delle indagini preliminari ed a fronteggiare eventuali cause di incompatibilità, adeguando, ove occorra, il ruolo organico dei magistrati militari, quale definito dall’articolo 11 della legge 7 maggio 1981. n. 180;

a-ter) prevedere che della sezione di cui alla lettera a-bis) possano fare parte anche magistrati ordinari e che tutti i componenti della sezione possano conoscere anche degli affari di competenza dei giudici ordinari;

a-quater) prevedere che gli affari di competenza dei tribunali militari siano trattati con precedenza rispetto ad ogni altro;

a-quinquies) prevedere che il tribunale militare giudica con l’intervento del presidente della sezione di cui alla lettera a-bis), che lo presiede, o, in caso di suo impedimento, del magistrato militare di grado o di anzianità più elevata, di un magistrato militare di tribunale o di appello, con funzioni di giudice e di un ufficiale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica o della Guardia di Finanza. estratto a sorte;

a-sexies) prevedere l’applicabilità ai magistrati militari di tutte le norme dell’ordinamento giudiziario, salva l’oblettiva incompatibilità di taluna di esse con le specifiche esigenze militari, in particolare prevedendo disposizioni che agevolino ed incentivino la mobilità fra le sedi e le funzioni. in considerazioni dell’esiguità del ruolo organico».

 

5.3

Cirami, relatore

Al comma 1 sostituire la lettera c) con la seguente:

«c) prevedere un’unica Corte militare d’appello sopprimendo le due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste».

 

5.4

Fassone, Pascarella, Forcieri, Nieddu, Stanisci, Manzella

Al comma 1 sostituire la lettera d) con la seguente:

«d) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari, assegnando a ciascuno quella del distretto nel quale esso è ubicato;».

 

5.5

Cirami, relatore

Al comma 1, alla lettera d) sostituire le parole: «rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari» con le altre: «prevedere che il numero dei tribunali militari non sia superiore a quattro e rivederne le circoscrizioni».

 

 

5.6

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Nel comma 1, alla lettera e) aggiungere dopo le parole: «della presente legge» le parole: «salvo lo spostamento di sede nel caso in cui il tribunale militare esistere non sia ubicato presso un capoluogo di distretto».

 

5.7

Zancan

Al comma 1 sopprimere la lettera f).

 

5.10

Fassone, Stanisci, Forcieri, Nieddu, Pascarella, Manzella

Nel comma 1, lettera f) dopo le parole: «possa essere assunta» inserire le parole: «, quando non è possibile assicurarla altrimenti,».

 

5.8

Cirami, relatore

Al comma 1 dopo la lettera f) inserire la seguente:

«f-bis) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura militare sia presieduto dal Presidente della Repubblica e sia composto dal procuratore generale militare presso la corte di cassazione, da sei componenti eletti dai magistrati militari dei quali due magistrati militari di cassazione, nonché da due componenti estranei alla magistratura; prevedere che i due componenti estranei alla magistratura siano eletti da parte del Parlamento in seduta comune dalle due Camere a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea; prevedere che uno dei due componenti estranei alla magistratura sia eletto dal Consiglio vice presidente; prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili; prevedere inoltre, in particolare, che ai magistrati militari componenti del Consiglio si applichino le disposizioni dell’articolo 30 dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni,».

 

5.9

Cirami, relatore

Al comma 1 dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra di cui alla lettera c) dell’articolo 4, ove ciò risulti necessario ai fini di un più funzionale esercizio dell’attività giudiziaria militare, possano istituirsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa di concerto con il Ministro della giustizia, uno o più tribunali presso il comando dei corpi di spedizione all’estero, stabilendo che la competenza di tali tribunali sia determinata dal decreto che li istituisce e che la stessa sia comunque limitata ai reati commessi successivamente alla loro costituzione».

 


COMMISSIONI 2a e 3a RIUNITE

2a (Giustizia)

3a (Affari esteri, emigrazione)

MERCOLEDÌ 27 OTTOBRE 2004
17ª Seduta (notturna)

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione
Antonino CARUSO

 

 

Il sottosegretario di Stato per la difesa Bosi.

La seduta inizia alle ore 20, 45.

 

IN SEDE REFERENTE

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nocche' per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell' integrita' fisica e della dignita' dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo "

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Seguito e conclusione dell'esame congiunto. Proposto un testo unificato dei disegni di legge nn. 2493-1432-1533-2645-2663-3009)

 

Riprende l'esame del testo unificato dei disegni di legge in titolo e degli emendamenti ad esso presentati, sospeso nella seduta pomeridiana odierna.

 

Il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI (UDC) illustra brevemente l'emendamento 5.0.1, recante la sua firma, osservando che esso introduce nel testo in esame una previsione di delega ad hoc per il coordinamento.

 

Il sottosegretario BOSI esprime, a nome del Governo, parere favorevole sull'emendamento in questione.

Il presidente CARUSO pone quindi in votazione l'emendamento 5.0.1.

 

Il senatore MARITATI (DS-U) chiede la verifica del numero legale.

 

Il presidente CARUSO constata che le Commissioni riunite non sono in numero legale per deliberare. In ragione di ciò, sospende la seduta per venti minuti, ai sensi dell'articolo 30, comma 5, del Regolamento.

 

La seduta, sospesa alle ore 20,50, riprende alle ore 21,10.

 

Dopo che il presidente CARUSO ha accertato la presenza del prescritto numero di senatori per votare, le Commissioni riunite approvano l'emendamento 5.0.1.

 

Si procede successivamente all'esame delle proposte emendative riferite all'articolo 6 del testo unificato.

 

Il senatore ZANCAN (Verdi-U) aggiunge la propria firma e dà per illustrati gli emendamenti 6.1 e 6.2, preannunciando altresì, a nome del proprio Gruppo di appartenenza, il voto favorevole.

 

Il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI (UDC) ed il sottosegretario BOSI esprimono quindi parere contrario sugli emendamenti 6.1 e 6.2.

 

Posti separatamente ai voti, gli emendamenti 6.1 e 6.2 vengono respinti dalle Commissioni riunite, mentre risulta successivamente approvato l'articolo 6 nel suo complesso, senza modificazioni.

 

Si passa quindi all'esame degli emendamenti aggiuntivi all'articolo 6 del testo unificato.

 

Il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI (UDC) illustra brevemente gli emendamenti 6.0.1 e 6.0.2, rilevando che essi si propongono di consentire al Governo, attraverso l'emanazione di opportuni decreti legislativi, di procedere alla redazione di un testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento giudiziario militare e di un testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento penitenziario militare.

 

Il sottosegretario BOSI esprime, a nome del Governo, parere favorevole sugli emendamenti poc'anzi illustrati dal relatore Cirami.

 

Posti separatamente ai voti, gli emendamenti 6.0.1 e 6.0.2 sono quindi approvati dalle Commissioni riunite.

 

Esaurita la trattazione delle proposte emendative, si procede infine al conferimento del mandato ai relatori a riferire in Assemblea sul testo unificato del disegno di legge in titolo, con gli emendamenti approvati.

Il senatore ZANCAN, nel preannunciare il voto contrario della sua parte politica sul testo unificato all'esame delle Commissioni riunite, rileva che l'approvazione, avvenuta nella seduta pomeridiana, dell'emendamento 5.100 a firma del relatore Cirami, il quale sopprime le lettere a), c) d), e) f) e g) dell'articolo 5, ha sostanzialmente dilazionato la soluzione del problema più rilevante sotteso al provvedimento di cui sopra, ossia la valorizzazione della professionalità dell'istituto della magistratura militare, che, allo stato attuale dei fatti, potrebbe vedere in forse la sua stessa ragione d'essere, stante la sua attività discontinua e circostanziata.

 

Il senatore Luigi BOBBIO (AN) pone invece l'accento sull'importanza del provvedimento, che opera un fondamentale ed improcrastinabile riordinamento della materia. In ragione di ciò preannuncia, a nome del proprio Gruppo di appartenenza, il voto favorevole.

 

Il senatore ZICCONE (FI) , pur riconoscendo di aver manifestato qualche perplessità su talune soluzioni adottate nella formulazione originaria del testo unificato all'esame delle Commissioni riunite, rileva che esse sono da considerarsi assolutamente superate grazie all'ottimo lavoro svolto dal relatore Cirami attraverso le sue proposte modificative. Preannuncia quindi il voto favorevole della sua parte politica.

 

Per dichiarazione di voto favorevole interviene quindi il senatore MANFREDI (FI) , ponendo l'accento sia sull'impossibilità di considerare la legislazione penale militare sullo stesso piano di quella ordinaria (in quanto funzionale al mantenimento della disciplina all'interno dei reparti delle Forze armate), sia sull'opportunità di sanzionare prontamente determinate condotte le quali non possono, per la loro particolare natura, essere paragonate a normali fattispecie criminose, sia, infine, sulla necessità di salvaguardare l'importante patrimonio tecnico e professionale della magistratura militare.

 

Intervengono brevemente anche i senatori TIRELLI (LP) e CALLEGARO (UDC), per esprimere, a nome del proprio Gruppo di appartenenza, avviso favorevole sul testo unificato dei disegni di legge in titolo.

 

Replica brevemente agli intervenuti il relatore per la Commissione Giustizia CIRAMI (UDC), osservando brevemente che l'emendamento 5.100 era sostanzialmente mirato a consentire di rivedere, d'intesa con il Governo, un occasione del prosieguo dell'esame in Assemblea la materia dell'assesto dei tribunali militari sul territorio la fine di migliorare l'espletamento della funzione giudiziaria militare.

 

Le Commissioni riunite conferiscono quindi mandato ai relatori Cirami e Peruzzotti a riferire favorevolmente in Assemblea sul testo unificato dei disegni di legge in titolo, quale risultante dalle modificazioni apportate, autorizzandoli altresì a richiedere lo svolgimento della relazione orale e ad effettuare le modificazioni di coordinamento formale eventualmente necessarie.

La seduta termina alle ore 21,25.


EMENDAMENTI AL DISEGNO DI LEGGE N. 2493

Art. 5.

5.0.1

Il relatore Cirami

Dopo l’articolo inserire il seguente:

«Art. 5-bis.

1. In sede di esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo è altresì delegato ad adottare le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi di cui al medesimo articolo 1 con le altre leggi dello Stato nonché le norme di carattere transitorio».

 

Art. 6.

6.1

Nieddu, Fassone, Forcieri, Pascarella, Stanisci, Manzella, Zancan

Al comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.

 

6.2

Cavallaro, Bedin, Zancan

Al comma 3, aggiungere, infine, le seguenti parole: «Anche su tali disposizioni correttive deve essere preventivamente acquisito il parere delle Commissioni parlamentari permanenti ai sensi del comma precedente».

 

6.0.1.

Il relatore Cirami

Dopo l’articolo aggiungere il seguente:

«Art. 6-bis.

(Testo unico)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 6.

3. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario militare».

 

6.0.2

Il relatore Cirami

Dopo l’articolo aggiungere il seguente.

«Art. 6-bis.

(Testo unico)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento penitenziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Per l’emanazione del decreto legislativo di cui al comma 1 si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 6.

3. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento penitenziario militare».

 

 

 


Esame in sede consultiva


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

Sottocommissione per i pareri


MARTEDI' 20 LUGLIO 2004
194ª seduta

 

Presidenza del Presidente
FALCIER

 


Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gagliardi.

 

La seduta inizia alle ore 14,05.

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo".

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare.

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile.

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace.

(Parere su testo unificato ed emendamenti alle Commissioni 2ª e 4ª riunite. Esame. Parere non ostativo sul testo unificato e sugli emendamenti)

 

 

Il relatore BOSCETTO (FI) illustra il testo unificato in titolo e gli emendamenti ad esso riferiti che non presentano, a suo avviso, profili problematici di natura costituzionale; propone pertanto di esprimere sia sul testo unificato che sul complesso degli emendamenti un parere non ostativo.

 

Concorda la Sottocommissione.

 

La seduta termina alle ore 14,30.

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

Sottocommissione per i pareri

MARTEDI' 9 NOVEMBRE 2004
207ª seduta

Presidenza del Presidente
FALCIER

 

 

 

La seduta inizia alle ore 14.

 

(2493-1432-1533-2645-2663-3009-A) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

(Parere all'Assemblea. Esame. Parere non ostativo con rilievo)

 

Il presidente FALCIER (FI) illustra, in sostituzione del relatore designato, il disegno di legge in titolo, rilevando che le sue disposizioni sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettera l), della Costituzione; propone pertanto di esprimere, per quanto di competenza, parere non ostativo.

D'intesa con il relatore designato ritiene utile, nell'occasione, richiamare l'attenzione sull'articolo 5, comma 1, lettera b), che tra l'altro attribuisce al Presidente della Repubblica la presidenza del "Consiglio superiore della magistratura militare": si tratta, infatti, di una nuova attribuzione del Presidente della Repubblica, non prevista dalla Costituzione. Occorre valutare, dunque, se sia o meno legittimo, e in ogni caso se sia opportuno, introdurre nell'ordinamento - con disposizione di legge ordinaria - una simile e importante innovazione.

 

La Sottocommissione concorda con il parere così formulato.

 

La seduta termina alle ore 14,25.

 

 

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

 

MERCOLEDI’ 28 LUGLIO 2004

359a seduta (antimeridiana)

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze Vegas.

 

La seduta inizia alle ore 9,35.

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Parere alle Commissioni riunite 2a e 4a su testo unificato ed emendamenti. Esame e rinvio. Richiesta di relazione tecnica)

 

Il relatore NOCCO (FI) illustra il provvedimento in esame nonché i relativi emendamenti, rilevando, per quanto di competenza, che il comma 1 dell'articolo 5 prevede disposizioni suscettibili di determinare maggiori oneri per il bilancio dello Stato tra le quali segnala l'applicazione, in quanto compatibili, delle norme in tema di ordinamento giudiziario (lettera a), che va posta in correlazione con gli oneri recati dall'atto Senato 1296-B non ancora definitivamente approvato), la revisione delle circoscrizioni dei tribunali militari (lettera d)) e l'istituzione di due sezioni disciplinari nell'ambito del Consiglio della magistratura militare (lettera g)). Rileva, pertanto, la necessità di valutare l'opportunità di acquisire una quantificazione debitamente verificata degli oneri connessi al provvedimento. Per quanto attiene agli emendamenti, segnala le proposte 5.1 (limitatamente alla lettera a-bis)), 5.2 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)) e 5.9, in quanto sembrano comportare maggiori oneri privi della corrispondente copertura finanziaria. Ritiene necessario, infine, valutare gli eventuali effetti finanziari della proposta 5.1 (limitatamente alla lettera a)) al fine di verificare se la soppressione del ruolo dei magistrati militari ed il loro transito nel ruolo dei magistrati ordinari comporti il trascinamento di automatismi diretti e indiretti.

 

Il sottosegretario VEGAS rileva l’esigenza di acquisire la relazione tecnica sul provvedimento in esame.

 

La Sottocommissione conviene, quindi, di richiedere la relazione tecnica sul testo unificato relativo ai disegni di legge in titolo.

 

Il seguito dell’esame è pertanto rinviato.

 

La seduta termina alle ore 9,40.

 

 

 

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

MARTEDI’ 21 SETTEMBRE 2004
363a seduta

Presidenza Del Presidente
AZZOLLINI

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

 

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(1432) MANZIONE ed altri. - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri. - Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Parere su testo unificato ed emendamenti alle Commissioni riunite 2a e 4a. Seguito dell’esame e conclusione. Parere condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sul testo. Parere in parte non ostativo, in parte contrario, ai sensi della medesima norma costituzionale, sugli emendamenti)

 

Riprende l’esame sospeso nella seduta dello scorso 28 luglio.

 

Il presidente AZZOLLINI avverte che, in ordine al provvedimento in titolo, sul quale è stata richiesta la relazione tecnica lo scorso 28 luglio, che peraltro non è ancora pervenuta, è stato trasmesso l’emendamento 5.100, di cui occorre valutare l’idoneità a superare i rilievi emersi a proposito del testo.

 

Il relatore NOCCO (FI) illustra l'ulteriore emendamento 5.100, rilevando, premesso che sulla proposta non vi sono osservazioni, che lo stesso, sopprimendo alcune disposizioni dell'articolo 5, appare idoneo a superare i rilievi emersi in ordine al testo.

 

Il presidente AZZOLLINI propone quindi di conferire mandato al relatore a redigere un parere di nulla osta sul testo, condizionato all’approvazione dell’emendamento 5.100, nonché contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sulle proposte 5.1 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)), 5.2 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)) e 5.9, oggetto dei rilievi esposti dal relatore nella precedente seduta.

 

Su proposta del relatore la Sottocommissione approva, infine, il seguente parere: “La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il testo unificato relativo ai disegni di legge in titolo ed i connessi emendamenti trasmessi, per quanto di propria competenza, esprime parere di nulla osta sul testo condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, all’approvazione della proposta 5.100, sulla quale esprime parere di nulla osta, nonché parere contrario, ai sensi della medesima norma costituzionale, sugli emendamenti 5.1 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)), 5.2 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)) e 5.9.”

 

 

 

La seduta termina alle ore 15,40

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

MARTEDÌ 16 NOVEMBRE 2004
391a seduta

Presidenza del Presidente
AZZOLLINI



Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Gagliardi ed il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze Maria Teresa Armosino.

 

La seduta inizia alle ore 14,20.

 

 

(1432) MANZIONE ed altri - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri - Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Parere all’Assemblea su testo unificato ed emendamenti. Esame. Parere condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sul testo. Parere in parte non ostativo, in parte condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, in parte contrario, ai sensi della medesima norma costituzionale, sugli emendamenti)

 

Il relatore FRANCO Paolo (LP) segnala, per quanto di competenza, in relazione al testo, con riferimento all'articolo 5, comma 1, lettera b), che trasforma il Consiglio della magistratura militare (che peraltro non viene espressamente soppresso, potendosi configurare, in assenza di chiarimenti, una duplicazione di oneri) nel Consiglio superiore della magistratura militare, che l'ultimo periodo della citata lettera b) sembra comportare maggiori oneri non coperti correlati al riconoscere ai magistrati militari che compongono il suddetto organismo il collocamento fuori ruolo nonché il rientro, alla cessazione dalla carica, nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate anche in soprannumero. Fa presente che occorre inoltre valutare l'opportunità di corredare di una clausola di invarianza finanziaria le deleghe previste dall'articolo 6, relativa al coordinamento dei decreti legislativi di cui all'articolo 1 con altre leggi dello Stato, e dall'articolo 8, comma 1, sull'adozione di un testo unico in materia di ordinamento giudiziario militare, e comma 2, sull'adozione di un testo unico in materia di ordinamento penitenziario militare.

Per quanto concerne gli emendamenti segnala che la Commissione ha già espresso un parere contrario, ai sensi dell'articolo 81, su disposizioni identiche o analoghe a quelle recate dalle proposte 5.100 (limitatamente alle lettere a, c e d, cui sono strettamente correlate le lettere b, e e f), in relazione alla quale occorre inoltre valutare gli effetti della lettera g), 5.1 (limitatamente alle lettere a e b), in ordine alla quale occorre inoltre valutare gli effetti della lettera e), e 5.2 (limitatamente alle lettere a-bis, a-ter e a-sexties). La proposta 5.4 sembra inoltre recare maggiori oneri non quantificati né coperti. Riscontra altresì l’esigenza di valutare gli eventuali effetti finanziari derivanti dai seguenti emendamenti: 4.30 (che prevede l'introduzione dell'istituto dell'audizione a distanza); 5.103 (che istituisce, nell'ambito del citato Consiglio superiore della magistratura militare una sezione disciplinare); 5.106 (verificando la compatibilità della clausola di invarianza finanziaria ivi indicata con la possibilità di istituire uno o più tribunali presso i corpi di spedizione all'estero). Segnala poi che occorre valutare se derivino eventuali effetti finanziari, correlati alle indennità di trasferimento dei relativi magistrati, dalla soppressione delle sezioni distaccate di Verona e di Napoli della Corte militare d'appello, di cui alla proposta 5.104, e dalla riduzione dei tribunali militari, di cui alla proposta 5.105. Fa presente, infine, che non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti trasmessi.

 

Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO riscontra l’onerosità dell’ultimo periodo della lettera b) dell’articolo 5, comma 1, del disegno di legge in esame e conviene con il relatore sull’opportunità di inserire delle clausole di invarianza finanziaria agli articoli 6 e 8.

In ordine agli emendamenti esaminati, rileva l’onerosità delle proposte 5.100, 5.1, 5.2, 5.4, 4.30 e 5.106 e rileva l’opportunità di corredare l’emendamento 5.103 di una clausola di invarianza finanziaria.

 

Il presidente AZZOLLINI precisa che il nulla osta sul testo potrà essere reso oltre che sulla base delle condizioni segnalate dal Rappresentante del Governo, nel presupposto che il Consiglio superiore della magistratura militare di cui all'articolo 5 sostituisca il Consiglio della magistratura militare di cui alla legge n. 561 del 1988.

Per quanto concerne gli emendamenti, conviene con le osservazioni del Relatore e del Rappresentante del Governo, rilevando che, per quanto attiene alle proposte 5.104 e 5.105, i risparmi correlati alla soppressione delle strutture ivi indicate appaiono palesemente idonei a confermare le eventuali indennità di trasferimento dei magistrati interessati.

Propone, pertanto, di conferire mandato al relatore e formula un parere del seguente tenore: “La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, nel presupposto che il Consiglio superiore della magistratura militare di cui all'articolo 5 sostituisca il Consiglio della magistratura militare di cui alla legge n. 561 del 1988, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta con le seguenti condizioni, rese ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione:

a) che all'articolo 5, comma 1, alla lettera b) siano soppresse le parole da: "prevedere, inoltre, in particolare, che ai magistrati militari" fino alla fine della lettera;

b) che all'articolo 6, comma 1, dopo le parole: "ad adottare" siano inserite le seguenti: ", senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,";

c) che all'articolo 8, ai commi 1 e 2, dopo le parole: "di cui all'articolo 1," siano rispettivamente inserite le seguenti: "senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,".

La Commissione, esaminati inoltre i relativi emendamenti, esprime parere di nulla osta, ad eccezione delle proposte 5.100, 5.1, 5.2, 5.4, 4.30 e 5.106, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, e dell'emendamento 5.103, sul quale il parere di nulla osta è reso a condizione, ai sensi della medesima norma costituzionale, che dopo la parola: "prevedere", siano inserite le seguenti: ", senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,".

 

La Sottocommissione approva, infine, la proposta del Presidente.

 

 

La seduta termina alle ore 14,50.

 

 

 


BILANCIO (5a)

Sottocommissione per i pareri

MERCOLEDI’ 17 NOVEMBRE 2004
393a seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente
AZZOLLINI


Interviene il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze Maria Teresa Armosino.

 

La seduta inizia alle ore 14,45.

 

 

(1432) MANZIONE ed altri - Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo".

(1533) NIEDDU ed altri - Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l' adeguamento dell' ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri - Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri - Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA - Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Parere all’Assemblea su ulteriori emendamenti. Esame. Parere non ostativo)

 

Il relatore FRANCO Paolo (LP) illustra l’ulteriore emendamento 5.700 (testo 2), trasmesso dall'Assemblea, al testo unificato proposto dalle Commissioni di merito in relazione ai disegni di legge n. 1432 e connessi, segnalando, per quanto di competenza, che non vi sono osservazioni da formulare.

 

Il sottosegretario Maria Teresa ARMOSINO esprime avviso conforme al relatore.

 

Su proposta del PRESIDENTE, la Sottocommissione conviene, infine, di conferire mandato al relatore a formulare un parere di nulla osta sull’emendamento 5.700 (testo 2).

La seduta termina alle ore 15,40.


Relazione delle Commissioni permanenti 2ª Giustizia e 4ª Difesa

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾

 

N. 2493, 1432, 1533, 2645, 2663 e 3009-A

TESTO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI PERMANENTI 2ªGIUSTIZIA E 4ª DIFESA RIUNITE

Comunicato alla Presidenza il 10 novembre 2004

PER I

DISEGNI DI LEGGE

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare (2493)

presentato dal Ministro della difesa

di concerto col Ministro della giustizia

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 SETTEMBRE 2003

———–

Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto «nonnismo» (1432)

d’iniziativa dei senatori MANZIONE, BEDIN, FILIPPELLI, CAVALLARO, DALLA CHIESA e MAGISTRELLI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 22 MAGGIO 2002

———–

Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento
giudiziario militare (1533)

d’iniziativa dei senatori NIEDDU, BRUTTI Massimo, FORCIERI, PASCARELLA e STANISCI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 25 GIUGNO 2002

———–

 

 

Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile (2645)

d’iniziativa dei senatori PASCARELLA, BRUTTI Massimo, BARATELLA, BASTIANONI, BATTAGLIA Giovanni, BEDIN, BRUNALE, CADDEO, CARELLA, CAVALLARO, COMPAGNA, CORTIANA, CREMA, CRINÒ, D’AMBROSIO, DE PAOLI, DI GIROLAMO, DI SIENA, D’IPPOLITO, DONATI, FASOLINO, FLAMMIA, FORCIERI, FORMISANO, FRANCO Vittoria, GARRAFFA, GASBARRI, GIOVANELLI, IERVOLINO, IZZO, LIGUORI, LONGHI, MACONI, MALABARBA, MARINI, MARTONE, MONTINO, MURINEDDU, NIEDDU, NOCCO, PETERLINI, PETRINI, PIATTI, PILONI, ROTONDO, SODANO Tommaso, STANISCI, TONINI, TURCI, TURRONI e VISERTA COSTANTINI

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L’11 DICEMBRE 2003

———–

Modifiche al codice penale militare di pace (2663)

d’iniziativa dei senatori FLORINO, BOBBIO Luigi, CARUSO Antonino, BALBONI, BEVILACQUA, BONATESTA, BONGIORNO, CONSOLO, COZZOLINO, CURTO, DANIELI Paolo, DELOGU, DE MASI, GRILLOTTI, MAGNALBÒ, MASSUCCO, MEDURI, MENARDI, MORSELLI, MUGNAI, MULAS, PACE, PALOMBO, PELLICINI, PONTONE, RAGNO, SEMERARO, SPECCHIA, TOFANI, ULIVI, VALDITARA e ZAPPACOSTA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 DICEMBRE 2003

———–

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004 (3009)

d’iniziativa del senatore PESSINA

COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 24 GIUGNO 2004

———–

 

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

¾¾¾¾¾¾¾¾

 


PARERI DELLA 1ª COMMISSIONE PERMANENTE

(AFFARI COSTITUZIONALI, AFFARI DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E DELL’INTERNO, ORDINAMENTO GENERALE DELLO STATO E DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)

 

 

sul testo unificato e sui relativi emendamenti

(Estensore: Boscetto)

20 luglio 2004

La Commissione, esaminato il testo unificato dei disegni di legge nn. 2493, 1432, 1533, 2645, 2663 e 3009 e gli emendamenti ad esso riferiti, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.

 

sul testo proposto dalle Commissioni riunite all’Assemblea

(Estensore: Falcier)

9 novembre 2004

La Commissione, esaminato il testo del disegno di legge proposto dalle Commissioni riunite all’Assemblea, rilevato che le sue disposizioni sono riconducibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo.

Nell’occasione, la Commissione richiama l’attenzione sull’articolo 5, comma 1, lettera b), che tra l’altro attribuisce al Presidente della Repubblica la presidenza del «Consiglio superiore della magistratura militare»: si tratta, infatti, di una nuova attribuzione del Presidente della Repubblica, non prevista dalla Costituzione. Occorre valutare, dunque, se sia o meno legittimo, e in ogni caso se sia opportuno, introdurre nell’ordinamento – con disposizione di legge ordinaria – una simile e importante innovazione.

 


PARERE DELLA 5ª COMMISSIONE PERMANENTE

(PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO)

 

 

(Estensore: Nocco)

sul testo unificato e sui relativi emendamenti

21 settembre 2004

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il testo unificato relativo ai disegni di legge nn. 2493, 1432, 1533, 2645, 2663 e 3009 ed i connessi emendamenti trasmessi, per quanto di propria competenza, esprime parere di nulla osta sul testo condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, all’approvazione della proposta 5.100, sulla quale esprime parere di nulla osta, nonché parere contrario, ai sensi della medesima norma costituzionale, sugli emendamenti 5.1 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)), 5.2 (limitatamente alle lettere a) e a-bis)) e 5.9.

 

 

 


 


 

Testo proposto dalle Commissioni riunite

—-

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

 

Art. 1.

(Delega al Governo)

1. Al fine di assicurare la piena funzionalità delle Forze armate per l’assolvimento dei compiti istituzionali previsti dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni modificative e integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante modifiche all’ordinamento giudiziario militare di pace, e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, recante istituzione del Consiglio della magistratura militare, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo dà attuazione ai princìpi e criteri direttivi stabiliti negli articoli 3, 4 e 5, in conformità ai princìpi e valori della Costituzione della Repubblica e del diritto internazionale, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) adeguare le norme del codice penale militare di guerra e graduarne anche l’applicazione in relazione alle esigenze connesse ai conflitti armati e alle operazioni militari armate all’estero;

b) dare attuazione ai princìpi di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza;

c) individuare, in attuazione dei princìpi di proporzione e di sussidiarietà, le ipotesi da depenalizzare, avuto riguardo al grado di offensività e all’effettività della sanzione;

d) adeguare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonché del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

e) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non più rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.

Art. 3.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di pace)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di pace, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riesaminare le disposizioni di carattere generale, in modo da:

1) eliminare ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare;

2) rivedere la nozione di «militari in servizio alle armi», intendendo come tali i militari di tutte le categorie dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui vengono posti in congedo, nonché la nozione di «militari considerati in servizio alle armi» alla luce delle leggi che regolano lo stato di militare;

3) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per luogo militare si intendano le caserme, le navi e gli aeromobili militari, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si trovano, anche se momentaneamente, per ragioni di servizio;

4) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per navi e aeromobili militari si intendano le navi e gli aeromobili da guerra, nonché ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle Forze armate dello Stato alla dipendenza di un comando militare;

5) prevedere i casi di applicabilità della legge penale militare ai militari stranieri nelle ipotesi di cooperazione internazionale, qualora consentita dalle convenzioni internazionali, nonché agli estranei alle Forze armate per i servizi di vigilanza e custodia affidati a questi ultimi o per l’adempimento di servizi collegati a operazioni militari, limitatamente alle condotte qualificate, per i militari, come violata consegna e abbandono di posto, nelle forme semplici o aggravate, omessa presentazione in servizio, disobbedienza e inadempienze nelle somministrazioni militari, ferma restando in tali ipotesi la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria;

6) prevedere che, per la reclusione militare, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa, e nel caso di cui al secondo comma dell’articolo 165 del codice penale debba, essere subordinato all’obbligo delle restituzioni e del risarcimento del danno o all’obbligo dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità previste dalla legge penale comune, ovvero all’obbligo di svolgere determinate prestazioni di servizio militare;

7) prevedere l’inserimento della multa fra le pene principali;

8) prevedere sanzioni sostitutive delle pene detentive definendone il contenuto e i limiti in modo conforme a quanto previsto dalla legge penale comune, salve le deroghe necessarie ad assicurare che le sanzioni sostitutive siano compatibili con lo svolgimento delle prestazioni di servizio del militare condannato;

9) escludere l’applicabilità delle pene previste in ragione della competenza penale del giudice di pace;

10) prevedere, in caso di condanna per reato militare, l’applicabilità anche di tutte le pene accessorie comuni che conseguano al reato medesimo quando sia previsto come tale dalla legge penale comune e limitare, in tema di pene accessorie, i casi di applicazione automatica della rimozione in connessione al titolo di reato per cui è intervenuta condanna, escludendo l’automaticità della rimozione nel caso di concorso con inferiore;

11) regolamentare in termini omogenei la sospensione dall’impiego e dal grado e prevedere, relativamente ai reati di cui al numero 1) della lettera m), la pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego, fermi restando i limiti di pena previsti dalla legge penale comune;

12) modificare le disposizioni relative all’esecuzione della pena della reclusione militare prevedendo:

12.1) che la misura dell’affidamento in prova del condannato militare di cui alla legge 29 aprile 1983, n. 167, possa essere disposta qualora la pena detentiva inflitta non sia superiore a quattro anni;

12.2) l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 1 della citata legge n. 167 del 1983;

12.3) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare dei benefici di cui agli articoli 30 e 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

12.4) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare della misura alternativa della detenzione domiciliare limitatamente alle ipotesi di cui all’articolo 47-ter, commi 1, lettera c), e 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

12.5) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare del beneficio della liberazione anticipata;

12.6) l’esclusione dell’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare delle altre misure alternative alla detenzione previste dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, dell’ammissione al lavoro all’esterno di cui all’articolo 21 della predetta legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni, nonchè delle disposizioni di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

13) prevedere che, oltre alle circostanze aggravanti comuni previste dal codice penale, aggravino il reato militare, quando non ne siano elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le seguenti circostanze:

13.1) l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando o l’aver commesso il fatto in concorso con l’inferiore;

13.2) l’avere commesso il fatto con le armi in dotazione militare o durante un servizio militare o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare;

13.3) l’avere commesso il fatto alla presenza di più persone;

13.4) l’avere commesso il fatto in territorio estero mentre il colpevole vi si trovava per causa di servizio;

14) prevedere che, oltre alle circostanze attenuanti comuni previste dal codice penale, attenui il reato militare, quando non ne sia elemento costitutivo o circostanza attenuante speciale, l’essere il fatto commesso da militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando si tratta di reato esclusivamente militare;

15) rivedere le disposizioni in tema di prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, stabilendo che il termine decorra dal giorno in cui viene ultimato, o avrebbe dovuto considerarsi ultimato, il servizio alle armi, e rivedere altresì le disposizioni in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario;

16) rivedere la disciplina della liberazione condizionale rendendola omogenea a quanto previsto dalla legge penale comune;

17) prevedere che la riabilitazione per i reati militari, per gli appartenenti alle Forze armate, sia disposta dalla autorità giudiziaria militare;

b) modificare la disciplina dei reati contro la fedeltà e la difesa militare, prevedendo come reato militare qualunque violazione della legge penale comune costituente delitto contro la personalità dello Stato se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune; curare il coordinamento con le disposizioni concernenti la tutela del segreto di Stato e i servizi di informazione e sicurezza;

c) rivedere i reati di omessa presentazione in servizio, di abbandono di posto e di violata consegna, tenuto conto delle nuove, concrete articolazioni di impiego, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

d) aggiornare, nell’ambito delle violazioni di doveri inerenti speciali servizi, le previsioni in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

e) prevedere come reati militari le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope allorché commessi da militari, in luoghi militari o comunque in danno di militari, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune;

f) modificare la disciplina dei reati di assenza dal servizio, elevando la soglia del reato di allontanamento illecito a tre giorni di assenza, quella dei reati di diserzione e di mancanza alla chiamata a dieci giorni e quella dell’attenuante relativa alla breve durata dell’assenza a trenta giorni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

g) riformulare le ipotesi di diserzione immediata, includendo l’assenza ingiustificata nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme note all’autore del fatto, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

h) prevedere la fattispecie di natura colposa della dispersione di oggetti di armamento o di munizioni da guerra forniti, a norma dei regolamenti, dall’amministrazione militare come costituenti dotazione individuale, stabilendo che la stessa sia punita con la pena della reclusione militare fino a due anni;

i) disciplinare, in apposito capo del titolo II del libro secondo, i reati di falso prevedendone l’integrazione mediante il richiamo alle ipotesi previste dalla legge penale comune commesse da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

l) riordinare i reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli dai fatti di sedizione, mediante disaggregazione in capi distinti. In particolare: prevedere la non punibilità del ritardo nell’esecuzione di un ordine, sempreché ricorrano le circostanze previste dall’articolo 25, comma 2, primo periodo, del regolamento di disciplina militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545; prevedere come reati militari, con pene detentive differenziate e comunque non superiori alla reclusione militare fino a tre anni, qualora le condotte del militare non costituiscano reati più gravi: le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato; la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina; prevedere, nelle ipotesi di abbandono collettivo di un servizio, o di un ufficio ovvero di interruzione collettiva di un servizio, la pena della reclusione militare non inferiore nel minimo a tre anni e non superiore nel massimo a sette anni nei confronti dei capi, dei promotori od organizzatori;

m) rivedere i reati speciali contro l’amministrazione militare, in modo da:

1) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

2) integrare le qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio previste per i soggetti attivi dei reati della legge penale comune, con le qualifiche di militare incaricato di funzioni amministrative o di comando o di direzione o di controllo, o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio;

3) inserire una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare, ai fini della tutela penale, secondo una accezione funzionale e non di carattere contabile;

4) estendere ai militari, incaricati di funzioni amministrative o di comando o di direzione o di controllo, il reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative di personale dipendente, previsto, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, dall’articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121;

n) sostituire l’articolo 220 del codice penale militare di pace con una disposizione che preveda come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro l’amministrazione della giustizia, se commessa da militare in relazione ad un procedimento penale militare o ad una decisione dell’autorità giudiziaria militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

o) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto contro l’incolumità pubblica commessa da militare in luogo militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

p) prevedere come reato militare la condotta del comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme di sicurezza generali o particolari concernenti la salvaguardia dell’integrità fisica del militare, ovvero omette di vigilare sull’avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire infortuni o altri eventi dannosi, stabilendo che la stessa sia punita, se dal fatto deriva un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, con la reclusione da sei mesi a tre anni; prevedere che la stessa pena si applichi al comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme generali o particolari concernenti l’organizzazione, l’impiego o l’addestramento dei militari o relative alla conservazione o gestione amministrativa dei beni appartenenti all’amministrazione militare, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile;

q) sostituire gli articoli da 222 a 229 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro la persona, se commessa da militare a danno di un altro militare, a causa del servizio militare ovvero in luogo militare o in talune delle circostanze indicate all’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ovvero in territorio estero mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

r) prevedere come reato militare il fatto del militare che usi violenza o minaccia nei confronti di altro militare, valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra militari più anziani di servizio, stabilendo che lo stesso sia punito con la pena della reclusione militare da sei mesi a cinque anni;

s) sostituire gli articoli da 230 a 237 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro il patrimonio, se commessa da militare a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

t) prevedere come reato militare i fatti di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, commessi da militare in danno di altro militare con applicazione delle pene previste dal medesimo articolo 12, se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero, a causa del servizio militare;

u) prevedere nell’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace la perseguibilità a richiesta del Ministro della difesa anche del reato di cui all’articolo 117 del medesimo codice;

v) prevedere l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del codice di procedura penale, salvi gli interventi di coordinamento necessari, nonché l’abrogazione espressa delle norme processuali del codice penale militare di pace inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;

z) prevedere la procedibilità a querela della persona offesa per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità, nonché la procedibilità, in tali casi, anche a richiesta del comandante di corpo, ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, nonché disposizioni, anche transitorie, di collegamento fra richiesta e querela;

aa) prevedere l’introduzione di norme che stabiliscano casi specifici di arresto in flagranza per le ipotesi più gravi di reati di assenza dal servizio e per i reati militari per le cui corrispondenti fattispecie la legge penale comune stabilisce la medesima misura restrittiva;

bb) prevedere l’introduzione di norme relative alla notifica di atti processuali ed alla costituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare;

cc) prevedere l’applicazione della disciplina prevista dal libro VIII del codice di procedura penale per i reati militari puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a dieci anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, nonché per i reati indicati nella lettera e), ferma restando la composizione collegiale del giudice del dibattimento;

dd) prevedere la conferma, per i reati appartenenti alla giurisdizione dei tribunali militari, delle attribuzioni degli organi giudiziari militari, corrispondenti a quelli ordinari indicati dalla legge, nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, con riguardo alla normativa di cui al libro XI del codice di procedura penale, introducendo analoghe attribuzioni con riguardo alla cooperazione con la Corte penale internazionale per quanto attiene ai fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

ee) introdurre, limitatamente ai reati militari, forme di concerto con il Ministro della difesa per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge al Ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere;

ff) abrogare gli articoli 38, 39, 42, 46, 53, 54, 56, 57, 58, secondo comma, 60, 63, numeri 1, 4 e 6, 70, secondo comma, 71, 78, 79, da 81 a 83, da 85 a 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, secondo e terzo comma, da 91 a 93, da 95 a 97, 98, limitatamente all’ipotesi dell’istigazione, 99, 102, 126, 149, primo comma, numeri 2 e 3, da 200 a 210, 345 e 372 del codice penale militare di pace ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

Art. 4.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di guerra)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di guerra, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) escludere ogni ipotesi di retroattività della legge penale militare di guerra;

b) prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra possano trovare applicazione sul territorio nazionale solo in conseguenza della dichiarazione dello stato di guerra ai sensi degli articoli 78 e 87 della Costituzione;

c) prevedere, al di fuori del territorio nazionale, che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, nell’ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l’applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra sia disposta, previa deliberazione delle Camere, con decreto del Presidente della Repubblica;

d) confermare l’applicazione della sola legge penale militare di guerra, ancorché nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate in condizioni diverse dal conflitto armato, prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni del diritto umanitario;

e) prevedere che il differimento delle pene detentive temporanee sia in ogni caso disposto dall’autorità giudiziaria militare;

f) abrogare integralmente o parzialmente tutte le norme che, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace, considerato l’aumento di pena stabilito dall’articolo 47 del codice penale militare di guerra, risultino superflue per la marginalità dell’estensione della tutela penale o della maggiore severità della sanzione;

g) elevare fino ad un terzo le pene previste dal codice penale militare di pace nel caso di richiamo ai sensi dell’articolo 47 del codice penale militare di guerra; elevare fino ad un quarto le medesime pene nel caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; prevedere, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca, altresì, reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare o in luogo militare e prevista come delitto contro l’ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume; prevedere inoltre, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trovi nei territori di operazione all’estero; prevedere infine, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, commessa dall’appartenente alle Forze armate;

h) estendere la tutela del potere di ordinanza militare ai provvedimenti emessi per assicurare l’ordine e la sicurezza dei reparti e del personale militare, la sicurezza pubblica in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario, nonché dagli accordi di tregua, sospensione d’armi, armistizio e dalle altre convenzioni militari, ovvero il rispetto delle salvaguardie e dei salvacondotti comunque rilasciati dalle autorità militari italiane;

i) rivedere il titolo IV del libro terzo provvedendo, laddove già non previsti dalle disposizioni vigenti, alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra previsti dall’articolo 8 dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, nonché dalle altre convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati ratificate dall’Italia, in modo da:

1) prevedere che, ai fini della legge penale militare di guerra, costituiscano conflitti armati: i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all’interno del territorio dello Stato e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi;

2) escludere dai conflitti interni indicati al numero 1) le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi;

3) disciplinare, in coerenza con gli articoli 28 e 32 del citato statuto della Corte penale internazionale, la responsabilità personale dei comandanti militari, differenziandola in relazione al grado di colpevolezza;

4) determinare le pene principali ed accessorie per le singole fattispecie con riferimento alle ipotesi di base e a quelle oggetto di circostanze aggravanti o attenuanti mediante criteri di adeguatezza e di congruità nel quadro sistematico del codice penale militare di guerra;

l) prevedere che, nei casi di applicazione della sola legge penale militare di guerra di cui alla lettera d), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace;

m) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra di cui alle lettere b) e c), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con le seguenti deroghe e integrazioni:

1) sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane nell’ambito di una operazione militare armata;

2) competenza del tribunale militare di Roma sia per i reati commessi all’estero sia per quelli commessi in navigazione a bordo di navi o aeromobili militari in acque o spazi internazionali o territoriali esteri;

3) esclusione della sospensione feriale dei termini processuali;

4) possibilità di abbreviazione dei termini processuali, in funzione della massima tempestività, compatibile con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive, nella definizione del processo;

5) previsione che non siano, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza,emesse misure coercitive, salvo che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo ovvero con la reclusione superiore a venti anni, quando l’esigenza di partecipazione dell’imputato alle operazioni militari risulti prevalente rispetto alle esigenze cautelari;

6) previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, estendendone la facoltà ai reati militari puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quella prevista dall’articolo 381 del codice di procedura penale, nonché alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere tempestivamente posto a disposizione dell’autorità giudiziaria;

7) previsione della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra, con esclusione dei crimini di guerra;

n) prevedere, limitatamente ai conflitti armati fuori dal territorio nazionale:

1) che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, procedano, d’iniziativa, a compiere tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solamente su delega del pubblico ministero, nonché l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, allorché ricorra una delle seguenti condizioni, di cui debba essere fatta espressa menzione:

1.1) si agisca in zona di operazioni;

1.2) sia vigente, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione;

1.3) si tratti di reparto isolato, di nave militare o di aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti;

2) il raddoppio dei termini ordinari per la convalida, ove prevista, degli atti di polizia giudiziaria, eccetto quelli stabiliti per la convalida dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva alla cessazione della causa di impedimento;

3) l’utilizzabilità degli atti di cui al numero 1), anche al di fuori dei casi previsti dal codice di procedura penale, qualora gli stessi siano divenuti irripetibili per morte, infermità o irreperibilità, in conseguenza di fatti o circostanze derivanti dalle condizioni indicate nel numero 1);

o) prevedere che la dichiarazione dello stato di guerra abbia per effetto l’esercizio della giurisdizione penale militare di guerra relativamente ai reati ad essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, solo in tal caso, l’applicazione per tutti i predetti reati della procedura prevista dal libro VIII del codice di procedura penale, nonché, avverso le sentenze pronunciate in primo grado dai tribunali militari, il ricorso in unica istanza, per motivi di legittimità, al Tribunale supremo militare, ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, attribuendo al giudizio davanti al medesimo Tribunale supremo esclusivamente natura rescindente;

p) prevedere che i crimini di guerra, previsti dal codice penale militare di guerra e corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 del citato statuto della Corte penale internazionale, rientrano nella giurisdizione dei tribunali militari se commessi in stato di guerra ovvero, al di fuori del territorio nazionale, nelle ipotesi di cui al secondo periodo della lettera c);

q) abrogare gli articoli 2, 8, 17, 27, 28, 39, 44, 47, secondo comma, 75 e 118 del codice penale militare di guerra ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

Art. 5.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni dell’ordinamento

giudiziario militare)

1. Con riferimento alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere la normativa vigente relativa a requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

b) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura militare sia presieduto dal Presidente della Repubblica e sia composto dal procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, da sei componenti eletti dai magistrati militari dei quali due magistrati militari di cassazione, nonché da due componenti estranei alla magistratura; prevedere che i due componenti estranei alla magistratura siano eletti dal Parlamento in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea; prevedere che uno dei due componenti estranei alla magistratura sia eletto dal Consiglio vice presidente; prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili; prevedere inoltre, in particolare, che ai magistrati militari componenti del Consiglio si applichino le disposizioni dell’articolo 30 dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

c) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

d) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace, fatto salvo quanto previsto dalla lettera e) del presente comma e dall’articolo 4, comma 1, lettera o);

e) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

Art. 6.

(Norme di coordinamento e transitorie)

1. In sede di esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo è altresì delegato ad adottare le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi di cui al medesimo articolo 1 con le altre leggi dello Stato, nonché le norme di carattere transitorio.

Art. 7.

(Norme finali)

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 entrano in vigore decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni permanenti entro il termine di sessanta giorni. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, gli schemi dei decreti legislativi al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati affinché le competenti Commissioni permanenti esprimano il loro parere definitivo entro il termine di trenta giorni. Decorsi inutilmente i termini previsti per i pareri, i decreti sono emanati anche in mancanza degli stessi. In caso di ritardo nella trasmissione degli schemi dei decreti legislativi, che non consenta il rispetto di entrambi i termini previsti per i pareri, il termine per l’esercizio della delega è prorogato per un periodo di tempo corrispondente e comunque non oltre centoventi giorni.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi, dei criteri direttivi e delle procedure di cui alla presente legge.

Art. 8.

(Testi unici)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento penitenziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

3. Per l’emanazione dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 7.

4. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario militare.

5. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 2, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento penitenziario militare.

 

 



DISEGNO DI LEGGE

N. 2493

D’iniziativa del Governo

Art. 1.

(Delega al Governo)

1. Al fine di assicurare la piena funzionalità delle Forze armate per l’assolvimento dei compiti istituzionali previsti dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni modificative e integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, della legge 7 maggio 1981, n. 180, e successive modificazioni, di modifica dell’ordinamento giudiziario militare di pace, e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, di istituzione del Consiglio della magistratura militare, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.

Art. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo, in conformità ai princìpi e valori della Costituzione della Repubblica e del diritto internazionale, si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) adeguare la legge penale militare agli obblighi derivanti per l’Italia dal diritto internazionale umanitario, anche mediante l’attuazione, con riguardo all’ambito della legge penale militare italiana, dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, con riferimento alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

b) adeguare le norme del codice penale militare di guerra e graduarne anche l’applicazione in relazione alle esigenze connesse ai conflitti armati e alle operazioni militari armate all’estero;

c) dare attuazione ai princìpi di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza;

d) individuare, in attuazione dei princìpi di proporzione e di sussidiarietà, le ipotesi che siano meritevoli di pena e quelle, invece, da depenalizzare, avuto riguardo al grado di offensività e all’effettività della sanzione;

e) rivedere e armonizzare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonchè del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

f) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non piu rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.

 

 

 

 

Art. 3.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di pace)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di pace, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere le disposizioni di carattere generale, con l’eliminazione di ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune, che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare. In particolare: rivedere la nozione di «militari in servizio alle armi», intendendo come tali i militari di tutte le categorie dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui vengono posti in congedo, nonchè la nozione di «militari considerati in servizio alle armi» alla luce delle leggi che regolano lo stato di militare; prevedere i casi di applicabilità della legge penale militare ai militari stranieri nelle ipotesi di cooperazione internazionale, qualora consentita dalle convenzioni internazionali, nonchè agli estranei alle Forze armate per i servizi di vigilanza e custodia affidati a quest’ultimi o per l’adempimento di servizi collegati a operazioni militari, limitatamente alle condotte qualificate, per i militari, come violata consegna e abbandono di posto, nelle forme semplici o aggravate, omessa presentazione in servizio, disobbedienza e inadempienze nelle somministrazioni militari; prevedere l’inserimento della multa fra le pene principali e di sanzioni sostitutive compatibili con lo stato di militare del condannato; limitare, in tema di pene accessorie, i casi di applicazione automatica della rimozione in connessione al titolo di reato per cui è intervenuta condanna, escludendo l’automaticità della rimozione nel caso di concorso con inferiore; regolamentare in termini omogenei la sospensione dall’impiego e dal grado e prevedere la pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego; rivedere le norme relative alle cause di giustificazione, escludendo dalle esimenti l’esecuzione di un ordine costituente manifestamente reato, ed alle circostanze comuni del reato militare; riesaminare le disposizioni sulle esecuzioni delle pene comuni e delle misure cautelari per i militari di servizio; rivedere le disposizioni in tema di prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, nonchè in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario e di sospensione condizionale della pena; prevedere che la riabilitazione per i reati militari sia disposta dalla autorità giudiziaria militare;

b) riesaminare i reati contro la fedeltà e la difesa militare, prevedendo come reato militare qualunque violazione della legge penale comune costituente delitto contro la personalità dello Stato se commessa da militare; curare il coordinamento con le disposizioni concernenti la tutela del segreto di stato e i servizi di informazione e sicurezza;

c) rivedere i reati di omessa presentazione in servizio, abbandono di posto e di violata consegna, tenuto conto delle nuove, concrete articolazioni di impiego;

d) aggiornare, nell’ambito delle violazioni di doveri inerenti speciali servizi, le previsioni in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni;

e) prevedere una specifica ed autonoma disciplina dei reati in materia di stupefacenti e di sostanze psicotrope, allorchè commessi da militari in luoghi militari o comunque se il fatto avvenga tra militari, in riferimento alla tutela dell’idoneità fisica e in rapporto alle concrete esigenze di servizio;

f) riordinare i reati di assenza dal servizio, elevando la soglia del reato di allontanamento illecito a tre giorni di assenza, quella dei reati di diserzione e di mancanza alla chiamata a dieci giorni e quella dell’attenuante relativa alla breve durata dell’assenza a trenta giorni;

g) riformulare le ipotesi di diserzione immediata, includendo l’assenza ingiustificata nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme note all’autore del fatto;

h) prevedere la fattispecie di natura colposa della dispersione di oggetti di armamento, di munizioni da guerra, materiali o altri oggetti forniti, a norma dei regolamenti, dall’amministrazione militare come costituenti dotazione individuale;

i) disciplinare, in apposito capo del titolo secondo del libro secondo, i reati di falso prevedendo, in particolare, integrazioni mediante il richiamo alle ipotesi previste dalla legge penale comune commesse da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina;

l) riordinare i reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli dai fatti di sedizione, mediante disaggregazione in capi distinti. In particolare: prevedere la non punibilità del ritardo nell’esecuzione di un ordine, semprechè ricorrano le circostanze previste dall’articolo 25, comma 2, primo periodo, del regolamento di disciplina militare di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545; prevedere come reati militari, con pene detentive differenziate, qualora le condotte del militare non costituiscano reati più gravi: le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato; la raccolta o la partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina;

m) rivedere i reati speciali contro l’amministrazione militare, in modo da:

1) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, se commessa da militare;

2) integrare le qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio previste per i soggetti attivi dei reati della legge penale comune, con le qualifiche di militare incaricato di funzioni amministrative o di comando, o di direzione o di controllo o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio;

3) inserire una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare, ai fini della tutela penale, secondo una accezione funzionale e non di carattere contabile;

4) estendere ai militari incaricati di funzioni amministrative, o di comando o di direzione o di controllo, il reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative di personale dipendente, previsto, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, dall’articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121;

n) sostituire l’articolo 220 del codice penale militare di pace con una disposizione che preveda come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro l’amministrazione della giustizia, se commessa da militare nel corso o in funzione di un procedimento penale militare;

o) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto contro l’incolumità pubblica, ovvero costituente reato in materia di tutela della sicurezza e di prevenzione di infortuni nei luoghi di lavoro, commessa da militare in luogo militare;

p) sostituire gli articoli da 222 a 229 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro la persona, se commessa da militare a danno di un altro militare, a causa del servizio militare ovvero in luogo militare o in talune delle circostanze indicate all’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ovvero in territorio estero mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale ed esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace;

q) prevedere come reato militare il fatto del militare che usi violenza o minaccia nei confronti di altro militare, valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra militari piu anziani di servizio;

r) sostituire gli articoli da 230 a 237 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro il patrimonio, se commessa da militare a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale ed esclusione di quelle applicate in ragione della competenza penale del giudice di pace;

s) prevedere come reato militare i fatti di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, commessi da militare in danno di altro militare;

t) prevedere nell’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace la perseguibilità a richiesta del Ministro della difesa anche del reato di cui all’articolo 117 del medesimo codice;

u) prevedere l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del codice di procedura penale, salvo che sussista una esigenza di disciplina differenziata, nonche l’abrogazione espressa delle norme processuali del codice penale militare di pace inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale. In particolare, prevedere: la procedibilità anche solo a querela della persona offesa per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità; la procedibilità, in tali casi, anche a richiesta del comandante di corpo, ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, nonchè disposizioni, anche transitorie, di collegamento fra richiesta e querela; l’introduzione di norme che stabiliscano casi specifici di arresto in flagranza per le ipotesi più gravi di reati di assenza dal servizio e per i reati militari per le cui corrispondenti fattispecie la legge penale comune stabilisce la medesima misura restrittiva; l’introduzione di norme relative alla notifica di atti processuali ed alla costituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare; l’applicazione della disciplina prevista dal libro VIII del codice di procedura penale per i reati militari puniti con la reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, ferma restando la composizione collegiale del giudice del dibattimento; la conferma, per i reati appartenenti alla giurisdizione dei tribunali militari, delle attribuzioni degli organi giudiziari militari, corrispondenti a quelli ordinari indicati dalla legge, nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, con riguardo alla normativa di cui al libro undicesimo del codice di procedura penale; determinazione di analoghe attribuzioni con riguardo alla cooperazione con la Corte penale internazionale per quanto attiene ai fatti corrispondenti ai crimini di guerra; l’introduzione, limitatamente ai reati militari, di forme di concerto con il Ministro della difesa per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge al Ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere;

v) abrogare gli articoli 38, 39, 42, 46, da 50 a 54, 56, 57, 58, secondo comma, 60, 63, primo comma, numeri 1, 4 e 6, 64, 70, secondo comma, 71, 78, 79, da 81 a 83, da 85 a 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, secondo e terzo comma, da 91 a 93, da 95 a 97, 98, limitatamente all’ipotesi dell’istigazione, 99, 102, 126, 149, primo comma, numeri 2 e 3, da 200 a 210, 345, 372 del codice penale militare di pace ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

Art. 4.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni del codice penale

militare di guerra)

1. Quanto alle modificazioni del codice penale militare di guerra, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’applicazione della legge penale militare di guerra in relazione al tempo, avuto riguardo all’evoluzione dei conflitti armati internazionali e dei conflitti armati interni;

b) escludere ogni ipotesi di retroattività della legge penale militare di guerra;

c) prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino anche per i reati commessi nel corso di un conflitto armato ovvero per i reati commessi nel caso di attacco armato allo Stato italiano, precisando le modalità per la delimitazione degli ambiti territoriali e personali di applicazione in caso di attacchi non generalizzati;

d) confermare l’applicazione della legge penale militare di guerra, ancorchè nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate, prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni gravi del diritto umanitario;

e) prevedere che il differimento delle pene detentive temporanee sia in ogni caso disposto dall’autorità giudiziaria militare;

f) sopprimere, adeguare o integrare tutte le norme che, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace, considerato l’aumento di pena stabilito dall’articolo 47 del codice penale militare di guerra, risultino superflue per la marginalità dell’estensione della tutela penale o della maggiore severità della sanzione;

g) elevare fino ad un terzo le pene previste dal codice penale militare di pace nel caso di richiamo ai sensi dell’articolo 47 del codice penale militare di guerra; elevare fino ad un quarto le medesime pene nel caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; prevedere che costituisca, altresì, reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare o in luogo militare e prevista come delitto contro l’ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume; che, inoltre, costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trovi nei territori di operazione all’estero; prevedere che costituisca, infine, reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, commessa dall’appartenente alle Forze armate;

h) estendere la tutela del potere di ordinanza militare ai provvedimenti emessi per assicurare l’ordine e la sicurezza dei reparti e del personale militare, la sicurezza pubblica in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario, nonchè dagli accordi di tregua, sospensione d’armi, armistizio e dalle altre convenzioni militari, ovvero il rispetto delle salvaguardie e dei salvacondotti comunque rilasciati dalle autorità militari italiane;

i) rivedere il titolo quarto del libro terzo per adeguarne il contenuto alla tipologia dei crimini di guerra prevista dall’articolo 8 dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, nonchè dalle altre convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati ratificate dall’Italia, in modo da:

1) prevedere che, ai fini della legge penale militare di guerra, costituiscano conflitti armati: i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all’interno del territorio dello Stato, e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi;

2) escludere dai conflitti interni indicati al numero 1) della presente lettera le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi;

3) disciplinare, in coerenza con gli articoli 28 e 32 del citato Statuto della Corte penale internazionale, la responsabilità personale dei comandanti militari, differenziandola in relazione al grado di colpevolezza;

4) determinare le pene principali ed accessorie per le singole fattispecie con riferimento alle ipotesi di base e a quelle oggetto di circostanze aggravanti o attenuanti mediante criteri di adeguatezza e di congruità nel quadro sistematico del codice penale militare di guerra;

l) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra, il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con le seguenti deroghe e integrazioni:

1) sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque, nel tempo di un conflitto armato, commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane, nell’ambito di una operazione militare armata;

2) competenza del tribunale militare di Roma sia per i reati commessi all’estero sia per quelli commessi in navigazione a bordo di navi o aeromobili militari in acque o spazi internazionali o territoriali esteri;

3) esclusione della sospensione feriale dei termini processuali;

4) possibilità di abbreviazione dei termini processuali, in funzione della massima tempestività, compatibile con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive, nella definizione del processo;

5) previsione che non siano di regola emesse misure coercitive, salvo che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo ovvero con la reclusione superiore a venti anni, quando l’esigenza di partecipazione dell’imputato alle operazioni militari risulti prevalente rispetto alle esigenze cautelari;

6) previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, nonchè alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere tempestivamente posto a disposizione dell’autorità giudiziaria;

7) previsione della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra, con esclusione dei crimini di guerra;

m) prevedere, limitatamente ai conflitti armati fuori dal territorio nazionale:

1 ) che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, procedano, d’iniziativa, a compiere tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solamente su delega del pubblico ministero, nonche l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, allorchè ricorra una delle seguenti condizioni, di cui debba essere fatta espressa menzione:

1.1) si agisca in zona di operazioni;

1.2) viga, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione;

1.3) si tratti di reparto isolato, di nave militare o di aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti;

2) il raddoppio dei termini ordinari per la convalida, ove prevista, degli atti di polizia giudiziaria, eccetto quelli stabiliti per la convalida dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva alla cessazione della causa di impedimento;

3) che, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare possano deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese da persone informate sui fatti nel corso di attività a iniziativa della polizia giudiziaria, quando ricorra una delle condizioni indicate ai numeri 1.1), 1.2) e 1.3);

4) prevedere l’utilizzabilità degli atti di cui al numero 1) soltanto nel caso di irripetibilità degli atti stessi;

n) confermare il principio secondo cui lo stato di guerra ha per effetto l’esercizio della giurisdizione penale militare di guerra relativamente ai reati ad essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, in tal caso, l’applicazione della procedura prevista dal libro ottavo del codice di procedura penale, nonchè il ricorso in unica istanza, per motivi di legittimità e di merito, al tribunale supremo militare, ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione;

o) confermare che i crimini di guerra, previsti dal codice penale militare di guerra e corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 dello Statuto della Corte penale internazionale, rientrano nella giurisdizione dei tribunali militari se commessi in stato di guerra o in ogni caso di conflitto armato;

p) abrogare gli articoli 2, 8, 17, 27, 28, 39, 44 e 47, secondo comma, 75, 118 e ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

 

Art. 5.

(Princìpi e criteri direttivi relativi

alle modificazioni dell’ordinamento

giudiziario militare)

1. Quanto alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere l’applicabilità nell’ordinamento giudiziario militare delle norme in tema di ordinamento giudiziario, in quanto compatibili e dovendosi tener conto delle esigenze di disciplina differenziata;

b) rivedere la normativa vigente relativa ai requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

c) confermare l’unicità della Corte militare d’appello, pur nella articolazione nelle sezioni distaccate di Verona e di Napoli;

d) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del prevedibile carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle Forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie province e la sede degli uffici giudiziari;

e) prevedere che le variazioni delle circoscrizioni dei tribunali militari di cui alla lettera d) non determinino lo spostamento di competenza per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 della presente legge;

f) prevedere la possibilità che la difesa dinanzi agli organi giudiziari militari possa essere assunta da ufficiali che abbiano l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato;

g) prevedere l’istituzione di due sezioni disciplinari nell’ambito del Consiglio della magistratura militare e l’integrazione del medesimo Consiglio mediante la partecipazione di un ufficiale estratto a sorte nel caso di giudizio disciplinare a carico di ufficiali giudici;

h) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

i) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata in primo grado dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace;

l) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del Presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

 

 

 

Art. 6.

(Norme finali)

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 entrano in vigore decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei Deputati, perchè sia espresso dalle competenti Commissioni permanenti il parere entro il termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza del parere.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi, criteri direttivi e procedure di cui alla presente legge.

 


DISEGNO DI LEGGE

N. 1432

D’iniziativa dei senatori Manzione ed altri

Art. 1.

(Finalità)

1. La presente legge ha la finalità di garantire la pari dignità, l’integrità fisica e l’onore dei cittadini che prestano il servizio militare, a tutela della piena ed effettiva attuazione dei princìpi di cui all’articolo 52, commi secondo e terzo 2 e 3, della Costituzione.

2. Per le finalità di cui al comma 1, la presente legge riconosce ai cittadini che prestano servizio militare una specifica tutela dai reati contro la persona, di cui al libro secondo, titolo IV, capo III del codice penale militare di pace, commessi da un altro militare valendosi della sua posizione di servizio ovvero del grado o comando rivestito, oppure giovandosi del vincolo di solidarietà o di reticenza tra militari più anziani in servizio.

Art. 2.

(Ammissibilità della perseguibilità a querela dei reati contro la persona)

1. All’articolo 260 del codice penale militare di pace, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«I reati contro la persona di cui agli articoli 222, 223, 224, 225, 226, 227, 228 e 229, sono puniti a querela della persona offesa o su richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano».

Art. 3.

(Modifiche al libro secondo, titolo IV,

capo III, del codice militare penale di pace)

1. All’articolo 225 del codice penale militare di pace, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«Per i reati di cui agli articoli 222, 223, 224, 226, 227 228 e 229, la pena è aumentata fino al doppio se ricorre la circostanza aggravante dell’abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla posizione di servizio o al grado o al comando rivestito, oppure se il reato è commesso valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra i militari più anziani di servizio».




DISEGNO DI LEGGE

N. 1533

D’iniziativa dei senatori Nieddu ed altri

TITOLO I

DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.

(Reato militare)

1. Costituisce reato militare, oltre alla violazione delle disposizioni del titolo II della presente legge, qualunque altra violazione della legge penale prevista quale delitto contro la personalità dello Stato e l’ordine pubblico, commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti alla qualità di militare, o comunque in luogo militare, ovvero quale delitto contro la pubblica amministrazione o l’amministrazione della giustizia o la fede pubblica o l’incolumità pubblica o la moralità pubblica e il buon costume o la persona o il patrimonio, dallo stesso commessa a danno del servizio o dell’amministrazione militare, o di altro militare purchè in luogo militare o a causa del servizio militare, o a danno dell’attività giudiziaria militare.

2. Costituisce inoltre reato militare qualunque violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, e di produzione, uso e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare.

3. La pena detentiva temporanea stabilita per i reati previsti dal presente articolo è aumentata fino a un sesto.

Art. 2.

(Appartenente alle Forze armate)

1. Agli effetti della legge penale, «appartenente alle Forze armate» e «militare» è colui che presta, ancorchè di fatto, servizio attivo nelle Forze o nei Corpi armati dello Stato, anche se assente dal reparto di appartenenza, e colui che, seppure non in servizio attivo, sconti una pena detentiva per un reato militare in uno stabilimento militare di pena o in un luogo di cura militare o ivi si trovi in stato di custodia cautelare.

2. Il servizio attivo inizia per il militare dal momento stabilito per la presentazione e termina con il collocamento in congedo.

3. Agli effetti della legge penale militare, i reati commessi da militari italiani a danno di militari o delle Forze armate di uno Stato alleato sono considerati come se fossero commessi a danno di militari e delle Forze armate dello Stato italiano. L’applicazione del presente comma è subordinata alla condizione che lo Stato alleato garantisca parità di tutela penale ai militari italiani e alle Forze armate dello Stato italiano. Sono fatte salve le previsioni al riguardo dei trattati internazionali ratificati dallo Stato italiano ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione.

Art. 3.

(Reati militari commessi in territorio estero)

1. Oltre che nei casi indicati nel codice penale, è punito secondo la legge italiana chi commette reati militari in territorio estero di occupazione, soggiorno e transito delle Forze armate dello Stato italiano.

2. Nei casi diversi da quelli contemplati al comma 1, il militare che commette reati militari in territorio estero è punito secondo la legge italiana su segnalazione dell’amministrazione italiana da cui nella circostanza dipende.

Art. 4.

(Nozione di luogo militare, di nave o

aeromobile militare e di servizio specifico)

1. Sotto la denominazione di luogo militare si comprendono le caserme, le navi, gli aeromobili, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si trovano, anche se momentaneamente, per ragioni di servizio.

2. Sono navi e aeromobili militari le navi e gli aeromobili da guerra, nonchè ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle Forze armate dello Stato alla dipendenza di un comando militare.

3. Agli effetti della legge penale, costituisce servizio specifico ogni servizio armato, ovvero il servizio svolto in reparti inquadrati organicamente per operazioni militari o di protezione civile, ovvero il particolare servizio esplicitamente regolato mediante consegne.

Art. 5.

(Reato commesso in esecuzione di ordini)

1. Se un fatto costituente reato è commesso per ordine di un superiore o di altra autorità competente, ne risponde anche il militare che lo ha eseguito, quando l’ordine sia manifestamente rivolto contro le istituzioni dello Stato o la sua esecuzione costituisca comunque manifestamente reato.

Art. 6.

(Uso legittimo delle armi)

1. Non è punibile il militare che, al fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza.

2. La legge determina gli altri casi nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica.

3. Le Forze armate italiane applicano, in specifiche missioni all’estero, le regole di ingaggio previste, per le predette missioni, da trattati internazionali ratificati ai sensi dell’articolo 80 della Costituzione, nonché da determinazioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e degli organi di comando delle alleanze militari alle quali lo Stato italiano aderisce.

Art. 7.

(Necessità militare)

1. Non è punibile il militare che ha commesso un fatto che costituisce reato quando vi è stato costretto dalla necessità di impedire condotte di ammutinamento, saccheggio, devastazione, o comunque fatti tali da compromettere la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile.

Art. 8.

(Eccesso colposo)

1. Quando, nel commettere alcuno dei fatti previsti dagli articoli 6 e 7, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine del superiore o di altra autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è previsto dalla legge come reato colposo.

 

 

 

 

Art. 9.

(Circostanze aggravanti)

1. Oltre alle circostanze aggravanti comuni previste dal codice penale, aggravano il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le seguenti circostanze:

a) l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando;

b) l’avere commesso il fatto in concorso con l’inferiore;

c) l’avere commesso il fatto con le armi in dotazione militare o durante un servizio militare o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare;

d) l’avere commesso il fatto alla presenza di tre o più militari;

e) l’avere commesso il fatto in territorio estero mentre il colpevole vi si trovava per causa di servizio.

 

Art. 10.

(Circostanze attenuanti)

1. Oltre alle circostanze attenuanti comuni previste dal codice penale attenuano il reato militare, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le seguenti circostanze:

a) l’avere commesso il fatto per eccesso di zelo nell’espletamento dei doveri militari;

b) l’essere il fatto commesso da militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando si tratta di reati previsti dal capo II del titolo II.

Art. 11.

(Reclusione militare)

1. Costituisce reclusione militare la pena della reclusione che, essendo inflitta nel caso e con le modalità indicate nel comma 2, viene scontata negli stabilimenti militari penali.

2. Nel caso di condanna per reati militari, da pronunciare o pronunciata nei confronti di militari, ancorchè non più in servizio attivo, in luogo della reclusione si applica la reclusione militare per uguale durata, salvo che alla condanna consegua l’interdizione dai pubblici uffici o che il condannato abbia in altro modo perduto la qualità di militare.

3. La reclusione militare è ad ogni effetto equiparata alla pena della reclusione.

4. Il trattamento rieducativo del militare condannato per reati militari tende al recupero della sua consapevolezza e senso di responsabilità, con specifico riferimento alla osservanza dei doveri inerenti allo stato militare. Il programma di trattamento penitenziario è stabilito in funzione dello sviluppo e del consolidamento delle attitudini militari per la ripresa del servizio attivo.

5. Sono eseguite negli stabilimenti penali militari la custodia cautelare in carcere e le pene detentive inflitte ai militari in servizio permanente per reati comuni.

Art. 12.

(Sanzioni sostitutive delle pene detentive

e misure alternative alla detenzione)

1. Il giudice applica le sanzioni sostitutive previste dalla legge penale comune e le misure alternative alla detenzione previste dalla legislazione vigente in materia di trattamento penitenziario, secondo modalità che non pregiudichino il normale svolgimento delle prestazioni di servizio del militare condannato.

Art. 13.

(Interdizione dai pubblici uffici)

1. L’interdizione dai pubblici uffici, perpetua o temporanea, conseguente a condanna per reati militari, fermo restando quanto previsto dall’articolo 28 del codice penale, priva il militare condannato della qualità di militare e della capacità di prestare qualunque servizio, incarico od opera per le Forze armate dello Stato.

TITOLO II

REATI CONTRO IL SERVIZIO

E LA DISCIPLINA MILITARE

Capo I

Reati contro il dovere di prestazione

del servizio militare

Art. 14.

(Rifiuto del servizio militare)

1. Il militare che rifiuta di svolgere il servizio militare è punito con la reclusione da due a cinque anni.

2. La pena è da tre a sette anni se il fatto è commesso dopo che il militare ha iniziato il servizio militare.

3. La condanna importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici. La sospensione condizionale della pena non si estende all’interdizione dai pubblici uffici.

 

Art. 15.

(Omessa assunzione del servizio militare)

1. Chiunque, avendo l’obbligo di assumere il servizio alle armi, non vi adempie, senza giusto motivo, entro otto giorni da quello prefisso è punito, salvo quanto previsto all’articolo 14, con la reclusione da sei mesi a due anni.

Art. 16.

(Diserzione)

1. Il militare che interrompe la prestazione del servizio alle armi allontanandosi arbitrariamente od omettendo di presentarsi senza giusto motivo e rimane assente per oltre otto giorni è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

2. Se il militare rimane assente per più di due volte, ciascuna per oltre 24 ore, la pena è della reclusione fino a un anno.

3. Si applica il comma 3 dell’articolo 14, quando il militare, dopo essere stato condannato per tre volte per il reato di cui al comma 1 del presente articolo, riporta un’altra condanna per lo stesso reato.

Art. 17.

(Circostanza aggravante.

Causa di estinzione del reato)

1. Nei casi previsti dagli articoli 15 e 16, la pena è aumentata se la durata dell’assenza supera i sei mesi.

2. Nel caso di condanna per i reati di cui agli articoli 15 e 16, il reato è estinto se è stata concessa la sospensione condizionale della pena ed il militare completa la ferma di leva senza commettere ulteriori reati militari.

Art. 18.

(Fraudolenta sottrazione all’obbligo

del servizio militare)

1. Chiunque, avendo l’obbligo di prestare il servizio militare, ne ottiene l’esenzione, anche temporanea, procurandosi o simulando un’infermità, o con altri mezzi fraudolenti, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.

Capo II

Reati contro particolari doveri

di servizio militare

Art. 19.

(Disobbedienza. Omessa assunzione

di un servizio specifico)

1. Il militare che indebitamente rifiuta, omette o ritarda di eseguire un ordine attinente al servizio ed alla disciplina militari, intimatogli da un superiore, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica nei confronti del militare che omette di assumere il servizio specifico cui è stato assegnato o che gli è stato richiesto dall’autorità competente.

2. Non è punibile il militare che dichiara di non voler eseguire l’ordine, quando comunque, dopo che l’ordine è stato confermato dal superiore, lo esegue.

3. Se il fatto è commesso durante un servizio specifico, ovvero a bordo di una nave o di un aeromobile, la reclusione è da sei mesi a due anni. Se il fatto è commesso in occasione di operazioni militari o di interventi di protezione civile, ovvero in altre circostanze di grave pericolo, la reclusione è da uno a cinque anni.

Art. 20.

(Inottemperanza a intimazioni

di militare in servizio)

1. Il militare che non ottempera alle intimazioni fatte dal militare preposto ad un servizio specifico nell’esecuzione di regolamenti, prescrizioni od ordini che ne disciplinano l’adempimento è punito con la reclusione fino ad un anno; la reclusione è da sei mesi a tre anni se il fatto è commesso nelle circostanze indicate nell’articolo 19, comma 3, secondo periodo.

 

Art. 21.

(Mancata presentazione alla partenza

del corpo, della nave o dell’aeromobile)

1. Il militare che, appartenendo all’equipaggio di una nave militare o di aeromobile militare, o comunque essendo stato destinato ad un corpo di spedizione o operazione, si trova assente, senza autorizzazione, al momento della partenza del corpo, della nave o dell’aeromobile è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 22.

(Interruzione di un servizio specifico)

1. Il militare che interrompe il servizio specifico al quale è stato assegnato o che gli è stato richiesto dall’autorità competente, ovvero lo presta in modo non conforme ai regolamenti o alle prescrizioni che ne disciplinano l’adempimento, in modo da determinare un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni; la reclusione è da uno a cinque anni se il fatto è commesso nelle circostanze indicate dall’articolo 19, comma 3, secondo periodo.

Art. 23.

(Fraudolenta sottrazione

a un servizio specifico)

1. Il militare che, svolgendo o dovendo svolgere un servizio specifico, ne ottiene l’esenzione, procurandosi o simulando un’infermità o con altri mezzi fraudolenti, è punito con la reclusione da quattro mesi a un anno.

Art. 24.

(Menomazione della capacità di prestare

un servizio specifico)

1. Il militare che, durante lo svolgimento di un servizio specifico ovvero dopo essere stato comandato per il medesimo, è colto in stato di ubriachezza o di intossicazione acuta da sostanze stupefacenti o psicotrope, volontaria o colposa, tale da escludere o menomare la sua capacità di prestarlo, è punito con la reclusione fino a un anno.

Capo III

Reati contro i doveri del comando

Art. 25.

(Perdita colposa di navi, aeromobili,

stabilimenti o infrastrutture militari)

1. Il comandante di unità militare che, per colpa, cagiona la perdita o la cattura di navi, aeromobili, stabilimenti, infrastrutture militare o adibite al servizio delle Forze armate è punito con la reclusione fino a dieci anni.

Art. 26.

(Violazione di doveri inerenti all’esercizio del comando)

1. Il comandante di unità militare che non osserva le istruzioni ricevute per lo svolgimento di una operazione militare, o non adotta le modalità di organizzazione del servizio stabilite dall’autorità superiore oralmente o per iscritto, è punito, se dal fatto deriva pregiudizio per l’operazione ovvero pericolo per l’efficienza o l’integrità della nave, dell’aeromobile, dello stabilimento o dell’infrastruttura militare o adibita al servizio delle Forze armate, dipendente dal suo comando, con la reclusione fino a cinque anni.

2. Il comandante di unità militare che, per negligenza o imprudenza nello svolgimento dei compiti di comando, pregiudica l’esito di una operazione militare che era incaricato di compiere, è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 27.

(Violazione di norme cautelari)

1. Il comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme di sicurezza generali o particolari concernenti la salvaguardia dell’integrità fisica del militare, ovvero omette di vigilare sull’avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire infortuni o altri eventi dannosi, è punito, se dal fatto deriva un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme generali o particolari concernenti l’organizzazione, l’impiego o l’addestramento dei militari o relative alla conservazione o gestione amministrativa dei beni appartenenti all’amministrazione militare, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile.

Art. 28.

(Movimento arbitrario di Forze armate)

1. Il comandante di unità militare che, senza incarico o autorizzazione ovvero senza necessità, contravvenendo alle norme in vigore, ordina un movimento di Forze armate, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 29.

(Abbandono di comando)

1. Il comandante di unità militare che durante operazioni militari abbandona il comando è punito con la reclusione da due a cinque anni.

2. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso in circostanze di grave pericolo o determina pregiudizio per l’esito dell’operazione si applica la reclusione da quattro a otto anni.

Capo IV

Reati speciali contro la persona

Art. 30.

(Violenza in servizio)

1. Il militare che usa violenza contro un superiore o un inferiore per cause attinenti al servizio e alla disciplina, ovvero contro un militare che svolge un servizio specifico, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

2. Se il fatto di cui al comma 1 è commesso per costringere l’altro militare a compiere un atto contrario ai propri doveri, ovvero ad omettere un atto del proprio ufficio o servizio, la pena è della reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 31.

(Minaccia in servizio)

1. Il militare che minaccia un ingiustificato danno a un superiore o a un inferiore, per cause attinenti al servizio ed alla disciplina, ovvero a un militare che svolge un servizio specifico, è punito con la reclusione fino a tre anni.

2. Nei casi di cui al comma 2 dell’articolo 30, la pena è della reclusione da tre mesi a cinque anni.

Art. 32.

(Aggravanti)

1. Le pene stabilite dagli articoli 30 e 31 sono aumentate se ricorrono le circostanze di cui all’articolo 339, primo comma, del codice penale, ovvero, per il reato di minaccia in servizio, se il colpevole si è avvalso della forza intimidatrice derivante dal vincolo di solidarietà, resistente o supposto, tra i militari più anziani in servizio.

2. Se ricorrono le circostanze di cui all’articolo 339, secondo comma, del codice penale, la pena è della reclusione da due a otto anni nelle ipotesi semplici, e della reclusione da tre a quindici anni nelle ipotesi previste dall’articolo 30, comma 2, e dall’articolo 31, comma 2.

Art. 33.

(Ingiurie in servizio)

1. Il militare che offende il prestigio, l’onore o la dignità di un superiore o di un inferiore, per cause attinenti al servizio ed alla disciplina, ovvero di un militare che svolge un servizio specifico, in sua presenza, è punito con la reclusione fino a due anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al militare che commette i fatti indicati nello stesso comma mediante comunicazione telegrafica, telefonica, radiofonica o televisiva, ovvero con scritti o disegni o con qualsivoglia altro mezzo di comunicazione.

Art. 34.

(Maltrattamenti)

1. Il militare che, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla sua posizione di servizio o al grado o al comando rivestito, ovvero giovandosi del vincolo di solidarietà tra i militari più anziani di servizio, sottopone a maltrattamenti altro militare, così da rendere più gravoso il servizio o la convivenza nell’ambiente militare, è punito, per ciò solo, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 35.

(Prevaricazione)

1. Il militare che minaccia un ingiusto danno ad altro militare valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra i militari più anziani di servizio, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 36.

(Abuso di potere)

1. È punito con la reclusione fino a quattro anni il militare che, abusando del suo grado o delle sue funzioni, in qualsiasi modo impedisce ad un inferiore di presentare istanze, denunzie o ricorsi alle autorità competenti, gli infligge sanzioni disciplinari non consentite, ovvero lo costringe a svolgere prestazioni non attinenti al servizio e alla disciplina.

Art. 37.

(Abuso di prestazioni d’opera)

1. Il militare che, abusando del suo grado o delle sue funzioni, utilizza a profitto proprio o altrui le prestazioni lavorative di un inferiore è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni.

Capo V

Reati speciali contro l’ordine pubblico

Art. 38.

(Ammutinamento)

1. Sono puniti con la reclusione da sei mesi a quattro anni i militari che, riuniti in numero di cinque o più, indebitamente rifiutano, omettono o ritardano di eseguire un ordine attinente al servizio ed alla disciplina loro intimato da un superiore, ovvero omettono di assumere lo specifico servizio cui sono stati assegnati o che viene loro richiesto dall’autorità competente.

2. La pena per chi ha promosso, organizzato o diretto l’ammutinamento è della reclusione da uno a cinque anni.

3. La pena è della reclusione da tre a quindici anni se i militari, avendo preso arbitrariamente le armi, rifiutano, omettono o ritardano di eseguire l’ordine di deporle, intimato da un loro superiore. Nel caso previsto dal comma 2 la pena è della reclusione non inferiore a sei anni.

4. Se il fatto è commesso durante un servizio specifico o a bordo di una nave o di un aeromobile militare, o in occasione di operazioni militari o di interventi di protezione civile, o in circostanze di grave pericolo, la pena è aumentata dalla metà a due terzi.

5. Non è punibile il militare che desiste immediatamente dall’azione dopo che l’ordine è reiterato dal superiore.

Art. 39.

(Accordo per commettere reati militari)

1. Sono puniti con la reclusione fino a tre anni i militari che in numero di cinque o più si accordano per commettere il reato previsto dall’articolo 38, se il reato non viene commesso.

2. Con la stessa pena di cui al comma 1 sono puniti i militari che si accordano per commettere un reato al fine di compromettere la sicurezza della nave, dell’aeromobile o del posto, o al fine di impedire l’esercizio dei poteri del comandante, se il reato non viene commesso.

3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 la pena applicabile è sempre inferiore alla metà di quella stabilita per il reato cui si riferisce l’accordo.

Art. 40.

(Istigazione a commettere reati militari)

1. Il militare che istiga uno o più inferiori a commettere un reato militare è punito, se l’istigazione non è accolta, ovvero se l’istigazione è accolta ma il reato non è commesso, con la reclusione fino a cinque anni. La pena è sempre applicata in misura inferiore alla metà della pena stabilita per il reato al quale si riferisce l’istigazione.

Art. 41.

(Omesso impedimento di reati militari)

1. Il militare che, in violazione dei propri doveri di servizio, non usa ogni mezzo possibile per impedire l’esecuzione di alcuno dei reati contro la personalità dello Stato o di ammutinamento che si commette in sua presenza è punito, al di fuori dei casi di concorso di reato, con la reclusione fino a cinque anni. La pena è sempre inferiore alla metà di quella prevista per il reato commesso in presenza del militare.

Art. 42.

(Omesso rapporto)

1. Il militare che, anche se non presente ad alcuno dei reati indicati nell’articolo 41, omette di farne rapporto ai superiori non appena ne ha avuto notizia, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 43.

(Sedizione)

1. Il militare che pubblicamente compie manifestazioni sediziose o emette grida sediziose è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino ad un anno.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica al militare che promuove un’adunata sediziosa o vi partecipa.

Capo VI

Reati contro beni di interesse militare

Art. 44.

(Danneggiamento colposo di opere militari)

1. Il militare che, per colpa, distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle Forze armate è punito con la reclusione fino a cinque anni.

Art. 45.

(Danneggiamento di armi od oggetti

di armamento militare)

1. Il militare che distrugge, disperde o rende, in tutto o in parte, inservibili armi, munizioni o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare è punito con la reclusione da due a dieci anni. Se il fatto è commesso per colpa, la reclusione è diminuita dalla metà ai due terzi.

Art. 46.

(Appropriazione e sottrazione di armi

o di oggetto di armamento militare)

1. Il militare che, avendo il possesso o comunque la disponibilità di armi, munizioni, o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

2. Il militare che si impossessa di armi, munizioni o altri oggetti di armamento o comunque adibiti alla difesa militare, sottraendoli all’amministrazione militare o ad altro militare che li detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Si applicano le aggravanti previste dall’articolo 625 del codice penale.

 

 

TITOLO III

DISPOSIZIONI PROCESSUALI

Art. 47.

(Giurisdizione penale militare)

1. La giurisdizione penale militare è esercitata secondo le disposizioni della presente legge e del codice di procedura penale, intendendosi sostituiti agli organi della giurisdizione ordinaria i corrispondenti organi giudiziari militari.

2. Gli organi giudiziari militari in tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate, esclusi coloro i quali non hanno raggiunto la maggior età.

3. Tra i procedimenti di competenza del giudice militare ed i procedimenti di competenza del giudice ordinario, in nessun caso opera la connessione stabilita dall’articolo 12 del codice di procedura penale.

 

Art. 48.

(Competenza per i reati commessi

in corso di navigazione o all’estero)

1. La competenza per i reati militari commessi interamente in navigazione su navi o aeromobili militari, ovvero all’estero, appartiene al tribunale militare del luogo in cui ha sede il reparto di appartenenza dell’imputato.

2. Se il reparto ha sede all’estero, la competenza è determinata dall’ultima sede di servizio dell’imputato nel territorio dello Stato.

3. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il più elevato in grado, o, a parità di grado, per il più anziano.

4. Se non è possibile determinare la competenza nei modi indicati nei commi da 1 a 3, questa appartiene al tribunale militare del luogo in cui ha sede l’ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall’articolo 335 del codice di procedura penale.

Art. 49.

(Incompatibilità speciali

per i giudici militari)

1. Non possono esercitare l’ufficio di giudice gli ufficiali che appartengono allo stesso corpo cui appartiene l’imputato, o che comunque, per il fatto per cui si procede, hanno partecipato a un precedente giudizio disciplinare.

Art. 50.

(Delegazioni)

1. Per gli atti da eseguire fuori del comune in cui risiedono, il pubblico ministero o il giudice, quando non ritengono di dovere, per ragioni di urgenza o altro motivo, procedere personalmente, possono delegare il pubblico ministero o il giudice del tribunale militare del luogo, o in mancanza, l’autorità giudiziaria ordinaria.

Art. 51.

(Messo giudiziario militare)

1. Per le notificazioni degli atti del procedimento penale il messo giudiziario militare può svolgere le mansioni spettanti all’ufficiale giudiziario.

Art. 52.

(Attività di indagine

all’interno di luoghi militari)

1. Quando il pubblico ministero o la polizia giudiziaria devono procedere all’arresto in flagranza, al fermo o all’esecuzione di misure coercitive, ovvero compiere perquisizioni, ispezioni, sequestri o altre attività d’indagine, all’interno di luoghi militari, ne danno avviso, immediatamente prima, al comandante del luogo, il quale, se ciò non reca pregiudizio o ritardo alle indagini, può chiedere di assistere alle operazioni o di farvi assistere un ufficiale da lui delegato.

 

 

 

Art. 53.

(Arresto facoltativo in flagranza)

1. Fermo quanto disposto dall’articolo 381 del codice di procedura penale, gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza dei reati previsti negli articoli 15, 16, 30, 31, 34, 35, 39, 43 e 45 della presente legge.

Art. 54.

(Polizia giudiziaria)

1. Per i reati militari esercitano funzioni di polizia giudiziaria, oltre alle persone indicate dal codice di procedura penale, i comandanti di corpo, di distaccamento o di posto.

2. In ciascuna procura militare della Repubblica è istituita una sezione specializzata di polizia giudiziaria.

TITOLO IV

MODIFICHE ALLA LEGISLAZIONE

DI GUERRA

Art. 55.

(Norma di principio)

1. Fino alla riforma complessiva delle leggi penali militari di guerra si applicano, ove compatibili, le disposizioni del presente Titolo.

Art. 56.

(Applicazione della legge penale militare

di guerra nello stato di pace)

1. La legge penale militare di guerra può essere eccezionalmente applicata nello stato di pace, nei casi previsti dalla legge, con decreto del Presidente della Repubblica, previa autorizzazione delle Camere.

Art. 57.

(Giurisdizione militare di guerra)

1. La giurisdizione militare di guerra è esercitata dagli organi giudiziari militari di pace. Si osservano le disposizioni processuali previste per il tempo di pace, fatta salva l’osservanza delle norme del presente Titolo.

Art. 58.

(Azione penale contro comandanti in guerra)

1. I reati commessi da comandanti nell’esercizio del comando durante lo stato di guerra sono puniti a richiesta del comandante supremo. Il potere di richiesta non è soggetto a termini.

2. Entro i tre mesi successivi alla cessazione dello stato di guerra la richiesta di cui al comma 1 può essere presentata dal Ministro della difesa.

Art. 59.

(Copie di atti e informazioni

al comandante supremo)

1. Il comandante supremo può chiedere all’autorità giudiziaria copie di atti processuali ed informazioni scritte sul loro contenuto; l’autorità giudiziaria deve provvedere nel termine stabilito nella richiesta o, in mancanza, entro cinque giorni.

2. L’autorità giudiziaria può trasmettere al comandante supremo copie di atti e informazioni anche di propria iniziativa.

3. Le copie di atti e le informazioni acquisite in applicazione dei commi 1 e 2 sono coperte dal segreto di cui all’articolo 329 del codice di procedura penale.

Art. 60.

(Poteri di fermo del comandante)

1. Nel caso in cui un reato non colposo soggetto alla giurisdizione penale militare sia stato commesso o scoperto in navigazione o, comunque, in circostanze tali da rendere impossibile o non compatibile con le esigenze della guerra il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il comandante al quale sono attribuite le funzioni di polizia giudiziaria militare, se non si è proceduto ad arresto in flagranza, può disporre il fermo per tutti i reati punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo a tre anni. In tal caso, e nel caso in cui si sia proceduto ad arresto in flagranza, si osservano le disposizioni dell’articolo 61.

Art. 61.

(Protrazione della custodia)

1. Il comandante, dopo l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato e l’eventuale compimento di atti di polizia giudiziaria, valutate la sufficienza degli indizi e la gravità del reato, se lo ritiene necessario per prevenire l’inquinamento delle prove o il pericolo di fuga o per salvaguardare la disciplina, l’ordine o la sicurezza della nave o del posto, dispone che sia protratto lo stato di custodia; in caso contrario ordina l’immediata liberazione. Successivamente egli ordina la liberazione, se sono venute meno le ragioni che hanno motivato la protrazione della custodia.

2. Entro quarantotto ore dal momento in cui sono venute meno le circostanze indicate nell’articolo 60, il comandante procede alla consegna dell’arrestato o del fermato all’autorità giudiziaria.

Art. 62.

(Conflitti armati internazionali)

1. L’articolo 165 del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 165. - (Conflitti armati internazionali) – Le disposizioni del presente titolo si applicano in ogni caso di conflitto armato internazionale, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra».

Art. 63.

(Modifiche all’articolo 185 del codice penale militare di guerra)

1. All’articolo 185 del codice penale militare di guerra sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Violenza di militari italiani contro persone civili o di abitanti dei territori occupati contro militari italiani»;

b) il primo comma è sostituito dal seguente:

«Il militare che, per cause non estranee alla guerra, usa violenza contro persone civili, che non prendono direttamente parte alle operazioni militari, è punito con la reclusione fino a cinque anni».

Art. 64.

(Modifica dell’articolo 185-bis del codice penale militare di guerra)

1. L’articolo 185-bis del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 185-bis. - (Altre offese contro persone protette dalle convenzioni internazionali) – Il militare che, per cause non estranee alla guerra, compie, a danno di prigionieri di guerra, di persone civili o di altre persone protette, atti di discriminazione razziale o di tortura, trattamenti inumani o degradanti, trasferimenti illegali, deportazioni, ovvero altre condotte vietate dalla convenzioni internazionali, è punito, qualora il fatto non costituisca più grave reato, con la reclusione fino a cinque anni».

Art. 65.

(Cattura di ostaggi)

1. L’articolo 219 del codice penale militare di guerra è sostituito dal seguente:

«Art. 219. - (Cattura di ostaggi) – Il militare che, per cause non estranee alla guerra, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata, al fine di costringere lo Stato nemico, militari nemici o terzi, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.

Si applicano i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell’articolo 289-bis del codice penale.

Se il fatto è di lieve entità si applicano le pene previste dall’articolo 605 del codice penale, aumentata dalla metà ai due terzi».

Art. 66.

(Modifica all’articolo 230 del codice penale militare di guerra)

1. All’articolo 230, primo comma, del codice militare penale di guerra, dopo le parole: «reati preveduti dagli articoli» è inserita la seguente: «185,».

Art. 67.

(Modifica all’articolo 65 della legge

di guerra)

1. All’articolo 65 del testo della legge di guerra, di cui al regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, le parole: «, salvochè esse possano esserne ritenute solidalmente responsabili» sono soppresse.

TITOLO V

DISPOSIZIONI IN MATERIA

DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

Art. 68.

(Soppressione del ruolo dei magistrati

militari)

1. È soppresso il ruolo dei magistrati militari, istituito presso il Ministero della difesa ai sensi del regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316.

2. I magistrati militari in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge transitano nel ruolo dei magistrati ordinari secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza e, al momento del transito di ruolo, continuano ad esercitare le funzioni già ricoperte presso gli uffici giudiziari militari.

3. Il ruolo organico della magistratura è aumentato di 103 unità, delle quali tre con qualifica di magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive superiori e dieci di magistrato di cassazione.

4. È soppresso il Consiglio della magistratura militare, istituito dalla legge 30 dicembre 1988, n. 561.

5. È soppresso il corpo degli ufficiali della giustizia miliare, istituito dal regio decreto 28 novembre 1935, n. 2397.

Art. 69.

(Ufficio centrale per la giustizia militare)

1. Presso il Ministero della giustizia è istituito l’Ufficio centrale per la giustizia militare, avente attribuzioni corrispondenti a quelle del Dipartimento per la giustizia minorile.

Art. 70.

(Personale in servizio presso gli uffici

giudiziari militari)

1. Alla data di entrata in vigore della presente legge, il personale delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie militari transita nel ruolo delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza ed è assegnato allo stesso ufficio giudiziario ove prestava servizio al momento del transito di ruolo. La dotazione organica del personale delle cancellerie e delle segreterie è aumentata in misura corrispondente agli organici attualmente previsti concernenti le cancellerie e le segreterie giudiziarie militari.

2. Il personale amministrativo del Ministero della difesa che presta servizio presso uffici giudiziari militari può chiedere, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il transito nel ruolo del Ministero della giustizia di corrispondente profilo funzionale.

Art. 71.

(Locali degli uffici giudiziari militari)

1. Le modifiche alle circoscrizioni degli uffici giudiziari militari sono stabilite con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro della difesa, previo parere del Consiglio superiore della magistratura.

Art. 72.

(Composizione del collegio giudicante

della corte militare di appello)

1. All’articolo 3, quinto comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al numero 2), le parole: «due magistrati militari» sono sostituite dalle seguenti: «un magistrato»;

b) al numero 3), le parole: «due militari» e «estratti» sono sostituite rispettivamente dalle seguenti: «un militare» ed «estratto».

TITOLO VI

DISPOSIZIONI FINALI

Art. 73.

(Norme di adeguamento)

1. Quando in disposizioni di legge si fa riferimento ai reati previsti dal codice penale militare di pace, si intendono richiamati i reati previsti dalla presente legge.

2. La pena della reclusione militare prevista dalle disposizioni del codice penale militare di guerra è sostituita con la pena della reclusione di pari durata.

Art. 74.

(Abrogazioni)

1. Sono abrogati:

a) il codice penale militare di pace, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303;

b) il libro quarto del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303;

c) gli articoli da 57 a 91 dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022;

d) l’articolo 13, comma 2, del codice di procedura penale;

e) la legge 30 dicembre 1988, n. 561;

f) il regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316.

 




DISEGNO DI LEGGE

N. 2645

D’iniziativa dei senatori Pascarella ed altri

Art. 1.

(Amnistia)

1. È concessa amnistia per i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

2. L’amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato, purché non sia applicabile la circostanza aggravante prevista dall’articolo 162 del codice penale militare di pace.

Art. 2.

(Rinunciabilità all’amnistia)

1. L’amnistia di cui alla presente legge non si applica qualora l’interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

Art. 3.

(Termine di efficacia)

1. L’amnistia ha efficacia, nei limiti di cui alla presente legge, per i reati commessi fino al 1º dicembre 2003.

Art. 4.

(Depenalizzazione di delitti

e contravvenzioni)

1. Non costituiscono reato e sono soggetti alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230.

Art. 5.

(Entità della somma dovuta)

1. La somma dovuta come sanzione amministrativa per le violazioni indicate nell’articolo 4, comma 1, è così determinata:

a) da euro 750 ad euro 1.500 per le violazioni previste dalle lettere a), salvo che ricorrano le aggravanti ivi contemplate, e c);

b) da euro 1.000 ad euro 2.000 per la violazione prevista dalla lettera b);

c) da euro 1.250 ad euro 2.500 per la violazione prevista dalla lettera a), nel caso in cui ricorrano le circostanze aggravanti ivi contemplate.

Art. 6.

(Disposizioni finali e transitorie)

1. Le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, quando il procedimento penale non sia stato definito con sentenza passata in giudicato o con decreto irrevocabile.

2. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, si applicano le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, in quanto compatibili.

3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono indicati gli uffici periferici ai quali deve essere inviato il rapporto di cui all’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Art. 7.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.




DISEGNO DI LEGGE

N. 2663

D’iniziativa dei senatori Florino ed altri

Art. 1.

1. Sono abrogati gli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace; perdono di efficacia, per quanto ad essi di riferimento, gli articoli 154, 155 e 156 del medesimo codice.

 

Art. 2.

1. A partire dalla data di entrata in vigore della presente legge cessano gli effetti dei reati di cui agli articoli 151, 152 e 153 del codice penale militare di pace e, per quanto ad essi di riferimento, dei reati di cui agli articoli 154, 155 e 156 del medesimo codice.

Art. 3.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


 



DISEGNO DI LEGGE

N. 3009

D’iniziativa del senatore Pessina

Art. 1.

(Amnistia)

1. È concessa amnistia per i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente il rifiuto di prestare il servizio civile.

2. L’amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato.

3. L’amnistia non si applica qualora l’interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

4. L’amnistia ha efficacia, nei limiti previsti dalla presente legge, per i reati commessi fino al 31 maggio 2004.

Art. 2.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 


 

 

Discussione in Assemblea

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

696a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MARTEDÌ 16 NOVEMBRE 2004

_________________

 

Presidenza del vice presidente FISICHELLA,

indi del vice presidente SALVI

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 15,02).

Si dia lettura del processo verbale.

TIRELLI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 10 novembre.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

 

Discussione dei disegni di legge:

(1432) MANZIONE ed altri. – Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. – Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. – Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. – Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009.

I relatori, senatori Peruzzotti e Cirami, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni la richiesta si intende accolta.

Ha pertanto ha facoltà di parlare il relatore, senatore Peruzzotti.

PERUZZOTTI, relatore. Signor Presidente, onorevoli senatori, signor rappresentante del Governo, l’Atto Senato n. 2493 è la prima risposta concreta che viene data agli atti di indirizzo approvati ormai tre anni or sono dal Parlamento in occasione della decisione italiana di aderire alla campagna contro il terrorismo internazionale.

Come si ricorderà, l’applicazione del codice penale militare di guerra venne infatti contemplata, per la prima volta dopo il 1945, nel decreto-legge n. 421, che autorizzò, il 1° dicembre 2001, la nostra partecipazione militare a Enduring Freedom, più volte confermata da allora e tuttora prevista anche in relazione alla missione Antica Babilonia.

E’ appena il caso di ricordare come questa novità si fosse rivelata all’epoca una fonte di significative difficoltà in Parlamento e come le resistenze opposte tanto dall’area del centro-sinistra quanto dalla stessa maggioranza venissero superate solo concordando una serie di immediati interventi correttivi al codice penale militare di guerra, in effetti in alcune parti non più compatibile con lo spirito democratico dell’ordinamento repubblicano, in attesa di una riforma di più vasta portata dell’intera legge penale militare che il Governo si impegnò a preparare.

La scelta di applicare ai nostri militari coinvolti in "Enduring Freedom" il codice penale militare di guerra, opportunamente emendato, alla fine, si giovò di un largo consenso parlamentare. Ma la questione della più organica e complessiva riforma della legge penale militare si è riaffacciata più volte ed è permanentemente di attualità. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia, il senatore Peruzzotti sta svolgendo la relazione. Vi prego di attenuare il brusìo.

PERUZZOTTI, relatore. Il disegno di legge Castelli-Martino, presentato a Palazzo Madama… (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente)… l’Atto Senato n. 2493, è il primo frutto degli sforzi che hanno fatto seguito a queste vicende ed è l’esito dei lavori di una commissione ad hoc insediata dai due Dicasteri e composta da personalità di spicco delle Amministrazioni della giustizia e della difesa e del mondo accademico.

Il disegno di legge è stato approfonditamente esaminato nel corso degli ultimi mesi dalle Commissioni giustizia e difesa, insieme ad altri cinque disegni di legge di iniziativa parlamentare: gli Atti Senato nn. 1432, 1533, 2645, 2663 e 3009, tutti poi confluiti nel testo unitario oggi all’esame dell’Assemblea del Senato.

Tecnicamente, il provvedimento all’esame delle Commissioni giustizia e difesa del Senato contiene una delega al Governo, che chiede di essere investito del compito di elaborare una serie di decreti legislativi per modificare i due codici penali militari e lo stesso ordinamento giudiziario militare.

Si è quindi deciso di procedere alla novellazione dei codici esistenti, anziché alla loro completa riscrittura, giudicandosi l’impianto dei testi normativi del 1941 buono ed ancora valido dal punto di vista strutturale.

L’obiettivo dichiarato dell’intervento del Governo, condiviso da entrambe le Commissioni che sono state investite del suo esame in sede referente, è quello di rendere l’intera legge penale militare armonica con lo spirito dell’ordinamento repubblicano, i valori prevalenti nella cultura giuridica italiana di questo inizio di secolo e le nuove realtà di fatto sviluppatesi nella politica internazionale, che in luogo dell’antica dicotomia pace-guerra propone oggi un vastissimo spettro di situazioni intermedie.

La letteratura strategica anglosassone raggruppa il complesso insieme di queste situazioni "grigie" sotto la definizione di Operations other than war, Operazioni diverse dalla guerra.

Al suo interno, si trovano tutte le tipologie degli interventi militari italiani autorizzati dal Parlamento dal 1982 sino ad oggi: le missioni militari strettamente umanitarie, gli interventi di mantenimento, consolidamento e costruzione della pace, nonché il cosiddetto peace enforcement, cui si dà luogo quando la comunità internazionale raggiunge il consenso circa la necessità di imporre con le armi il ripristino della pace violata, come accadde nel 1991 nei confronti dell'Iraq che aveva invaso il Kuwait.

Il provvedimento è ampio e contiene sei articoli, cui occorre però sommare i tre articoli aggiuntivi il cui inserimento è stato deliberato dalle Commissioni giustizia e difesa: il 5-bis, il 6-bis ed il 6-ter.

Il primo esplicita gli oggetti dell'intervento riformatore per il quale il Governo chiede la delega, nonché i tempi per esercitarla: dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega.

Il secondo articolo è dedicato ai princìpi e criteri direttivi generali cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio dei poteri conferitigli dal Parlamento.

Il terzo articolo enuncia i princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni del codice militare di pace, mentre il quarto contiene quelli per la riforma del codice penale militare di guerra.

Il quinto articolo stabilisce i princìpi e criteri direttivi specifici da osservare nella riforma dell'ordinamento giudiziario militare.

Il sesto ed ultimo articolo del testo unitario varato dal Comitato ristretto contiene, come di consuetudine in questi casi, le norme finali che disciplinano la fase finale del processo di delegazione legislativa.

È prevista la trasmissione degli schemi dei decreti legislativi ai due rami del Parlamento, allo scopo di permettere alle competenti Commissioni di merito, giustizia e difesa, di esprimere il proprio parere, seppure entro il termine di sessanta giorni.

È stabilito altresì che i decreti legislativi delegati emanati dal Governo in esercizio della delega conferita dall'Atto Senato n. 2493 entrino in vigore dopo sei mesi dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Si dà infine facoltà al Governo, a due anni dall'entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, di disporre, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di questa legge delega, le disposizioni correttive che fossero giudicate necessarie.

Dei tre articoli aggiuntivi, il 5-bis è dedicato alle norme di coordinamento che saranno indispensabili per armonizzare la riforma con le rimanenti disposizioni dell'ordinamento giuridico, mentre il 6-bis ed il 6-ter riguardano l'emanazione dei futuri testi unici dell'ordinamento giudiziario militare e dell'ordinamento penitenziario militare.

Si tratta quindi di un provvedimento di ampia portata, destinato ad incidere profondamente sulla condizione militare e a dispiegare importanti conseguenze anche sulle decisioni politiche relative all'uso della forza armata da parte dell'Italia.

Tendenzialmente, infatti, il provvedimento mira a porre strutturalmente fine alla pratica, prevalsa fino al 2001, di applicare il codice penale militare di pace ai nostri corpi di spedizione in missione all'estero, facendo della legge penale di guerra il regime normale per tutti i futuri interventi oltremare.

E' probabilmente un bene che sia così, una volta adeguato il codice penale militare di guerra alla mutata sensibilità e cultura giuridica nazionale.

E' infatti all'interno della legge penale di guerra che si trova il diritto bellico umanitario, che permette di reprimere gli eventuali abusi perpetrati dai militari italiani in missione sulle popolazioni locali. Ed è soprattutto all'interno della legge penale di guerra che si trovano le previsioni più idonee a tutelare la sicurezza dei soldati.

Risulta naturalmente impossibile condensare in pochi minuti il contenuto di questo ambizioso provvedimento. Ci si limiterà pertanto ad enucleare e descrivere quelli che sembrano gli spunti più interessanti ed innovativi.

In primo luogo, pare opportuno rilevare come fin dal secondo articolo sia inserito tra i princìpi direttivi generali della delega quello di perseguire l'adeguamento della legge penale militare italiana ai valori della Costituzione ed al diritto internazionale.

Egualmente di gran peso sembrano le previsioni che inseriscono tra i criteri e princìpi direttivi cui il Governo si dovrà attenere nell'esercizio della delega l'adattamento del codice penale militare di guerra alle nuove situazioni di conflitto armato ed alle operazioni militari armate condotte all'estero other than war, che erano sconosciute ai codificatori degli anni Quaranta.

Rilevanti sono certamente anche le disposizioni che implicano la revisione generale delle ipotesi che sono destinate a produrre delle pene e la soppressione dei termini che risultino ormai desueti.

Esistono poi indicazioni specifiche per i singoli codici militari - all'interno degli articoli 3 e 4 - sui quali si desidera richiamare l'attenzione.

Per la legge penale militare di pace, in particolare, si prevede di ridurre al minimo le deroghe apportate al regime penale ordinario: orientamento che dovrebbe suscitare l'apprezzamento generalizzato delle forze politiche.

Tuttavia, in almeno due casi, i criteri enunciati dal provvedimento sembrano paradossalmente destinati ad allargare l'ambito di applicazione del codice penale militare di pace: una scelta sulla quale si dovrà necessariamente sviluppare un dibattito in questa Assemblea, così come se ne è sviluppato uno in sede di Commissione.

Il primo: nel provvedimento si ipotizza di applicare il codice penale militare di pace anche a militari stranieri, qualora sia in atto una cooperazione internazionale e ciò sia previsto dalle convenzioni che regolano tale cooperazione.

II secondo: nel disegno di legge si prevede altresì che possa essere applicato il codice penale militare di pace anche ai civili cui siano affidati servizi di vigilanza e custodia o siano appaltate commesse collegate allo svolgimento di operazioni militari. In particolare, il codice penale militare di pace "riformato" ipotizzerebbe la loro soggezione alle disposizioni che sanzionano la violata consegna, l'abbandono di posto, l'omessa presentazione in servizio, la disobbedienza e l'inadempienza nelle somministrazioni.

Si tratta di una scelta destinata ad avere importanti implicazioni, posto il fatto che la trasformazione delle Forze armate italiane in uno strumento militare a base integralmente professionale postula inevitabilmente un più esteso ricorso alla formula dell'outsourcing, vale a dire all'appalto di alcuni servizi ad imprese private esterne all'Amministrazione della difesa.

Resta peraltro da stabilire quale giudice sia chiamato ad applicare ai civili in questione le norme del codice penale militare di pace, posto che quello militare non è necessariamente il "giudice naturale" dei cittadini in borghese.

Proprio alla complessiva trasformazione in senso professionale delle Forze armate sono da collegarsi altri interventi correttivi, come quello che contempla tra le sanzioni accessorie l'estinzione del rapporto di impiego con la Difesa: una disposizione che non avrebbe avuto alcun senso all'interno di un sistema militare basato sulla coscrizione obbligatoria. Per effetto di questa innovazione, il militare che si macchi di un reato punibile ai sensi delle norme del nuovo codice penale militare di pace, oltre a subire la pena specificamente prevista, potrà essere licenziato.

La tutela della specificità della professione militare viene ribadita, per altro verso, dalle disposizioni del provvedimento che riguardano la definizione come reati militari della violazione del divieto di sciopero, dell'abbandono collettivo del servizio o di uffici, dell'interruzione collettiva di servizio e di altre forme tradizionali di protesta "sindacale".

Tra le altre novità, si ritiene di dover menzionare l'introduzione del nonnismo tra le fattispecie rilevanti dal punto di vista penale, seppure questo termine non venga esplicitamente menzionato. Il Governo viene così incontro ad istanze più volte emerse nei due rami del Parlamento.

Si allargherebbe, inoltre, il novero dei casi nei quali è ammesso l'avvio dell'azione penale su querela di parte, importantissima nella repressione di questo fenomeno in particolare.

Per quanto riguarda il codice penale militare di guerra, le innovazioni più importanti concernono la volontà di renderlo applicabile alle nuove situazioni di conflitto armato, seguendo gli indirizzi consolidatisi negli ultimi due anni, con la partecipazione italiana alla campagna globale contro il terrorismo internazionale e alla stabilizzazione dell'Iraq.

La formulazione di questo concetto cruciale all'interno del testo normativo proposto dal Governo sembra risentire sia del portato dei più recenti dibattiti parlamentari quanto delle convenzioni internazionali che l'Italia ha firmato e ratificato. Ma è di portata storica, essendo la definizione di conflitto armato destinata a rimpiazzare a fini pratici quella di guerra, sostanzialmente sparita dall'orizzonte politico mondiale.

L'articolo 4 del disegno di legge delega esplicita la definizione di conflitto armato rilevante ai fini dell'applicazione della legge di guerra, inserendovi, oltre ai conflitti armati internazionali di tipo tradizionale, "i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano all'interno del territorio dello Stato, e raggiungano la soglia di una guerra civile o di una insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi".

La legge penale militare di guerra si applicherà comunque a tutti coloro che, durante un conflitto armato così definito, vìolino le leggi e gli usi di guerra a danno dello Stato italiano, del territorio della Repubblica o delle sue stesse Forze armate rischierate all'estero.

Se questo orientamento trovasse il Parlamento favorevole, come anticipato, la legge penale di guerra tornerà ad essere il regime giuridico normale per i contingenti inviati all'estero e troverà applicazione ogni qual volta le Forze armate italiane si trovino ad intervenire in situazioni di aperto conflitto e, comunque, in caso di attacco armato allo Stato italiano.

Competente a giudicare su tutti i reati commessi all'estero o in navigazione sarebbe in ogni caso il tribunale militare di Roma.

Non è, invece, ancora del tutto chiaro l'impatto potenzialmente derivante dall'applicazione delle previsioni del provvedimento che attribuiscono al personale in missione abilitato a svolgere funzioni di polizia giudiziaria militare il potere di procedere d'iniziativa al compimento di tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solo su delega del pubblico ministero, incluso l'interrogatorio dei militari arrestati o fermati, ancorché in circostanze ben definite e limitate e cioè in zona d'operazioni, in costanza di divieto di comunicazioni con la Madrepatria dettato da ragioni di sicurezza o all'interno di reparti isolati ed aeromobili in navigazione, qualora non siano possibili collegamenti.

Proprio per questa ragione sull'argomento sarebbe stato auspicabile acquisire il punto di vista degli ufficiali che hanno esercitato funzioni di comando sui nostri contingenti impegnati in "Enduring Freedom" ed in Iraq. Audizioni ad hoc di alto profilo avrebbero dovuto essere focalizzate sull'esperienza compiuta sui teatri operativi che hanno visto i militari italiani soggetti alla legge penale militare di guerra ed in particolare sui casi nei quali sarebbe stato necessario attivare il meccanismo sanzionatorio previsto dal codice penale militare di guerra.

Sarebbe stato infatti opportuno accertare che l'aumento dei poteri riconosciuti agli ufficiali di polizia giudiziaria sul campo non finisca con il tradursi in gravi forme di condizionamento dell'attività di comando dalla quale, in ultima istanza, dipendono sia il successo delle missioni che la sicurezza dei militari italiani.

E sarebbe parimenti stato necessario verificare in concreto come l'applicazione del codice penale militare di guerra, ed in particolare alcuni aspetti quali il tele-interrogatorio, abbiano finora garantito i diritti della difesa.

Tuttavia, gli sviluppi in atto sul terreno hanno sconsigliato di procedere lungo questa strada, almeno per il momento, rinunciando a quelle che potevano essere le audizioni a nostro dire più interessanti.

L'ultimo campo nel quale il Governo chiede la delega è relativo al riordino dell'ordinamento giudiziario militare. La magistratura militare deve certamente riqualificarsi e adattarsi ad un contesto nel quale essa non sarà più chiamata a pronunciarsi su reati tipicamente collegati alla prestazione del servizio militare obbligatorio.

L'articolo 5 del provvedimento all'esame del Senato contempla, tra i princìpi e criteri direttivi da osservare nell'esercizio della delega legislativa su questo specifico terreno, l'idea che il Governo riveda la normativa sui requisiti di grado, le cause di dispensa, la durata dell'incarico e l'estrazione a sorte dei giudici militari.

Si stabilisce, inoltre, che l'attività giudiziaria militare continui ad essere esercitata, almeno in primo grado, in relazione alla legge penale di guerra, dagli stessi organi che l’amministrano in relazione al codice penale militare di pace. E' altresì disposto il riordino del Tribunale supremo militare di guerra.

Si tratta di interventi che vengono descritti come necessari adeguamenti di una struttura che è stata prevista dalla stessa Costituzione - e non può quindi essere cancellata - ma in funzione dell’amministrazione della giustizia militare in un contesto che è prossimo alla scomparsa, e cioè all'interno di Forze armate composte da personale coscritto.

Su questo punto, tuttavia, preferiamo affidare il compito di descrivere il provvedimento e le sue probabili implicazioni al relatore per la 2a Commissione, senatore Cirami.

Concludendo questo intervento introduttivo, sembra opportuno sottolineare come l'obiettivo ideale cui deve tendere la riforma sia soprattutto la tutela degli interessi di un personale militare che abbraccia la professione delle armi su base volontaria ed è chiamato sempre più frequentemente a svolgere missioni ad alto rischio per il Paese.

È altresì auspicabile che il testo che licenzierà il Senato possa contare sul consenso più vasto possibile. Lo spirito costruttivo cui si è informato il dibattito nelle Commissioni costituisce, in questa prospettiva, un precedente particolarmente incoraggiante per tutti noi. (Applausi dal Gruppo LP e del senatore Pessina).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Cirami.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, ringrazio il senatore Peruzzotti, che ha tracciato un quadro abbastanza concreto e complesso del lavoro che si prospetta all'Aula per quanto riguarda questo disegno di legge. Ho da aggiungere soltanto alcune note esplicative concernenti alcune modifiche introdotte.

Le Commissioni riunite, prima in sede di Comitato ristretto e poi in sede plenaria, hanno proceduto nel loro lavoro assumendo come testo base - si è detto - il disegno di legge n. 2493 di iniziativa governativa.

Rispetto alla formulazione originaria di tale disegno di legge, si è convenuto di non proporre alcuna modifica per quanto riguarda l'articolo 1, mentre le limitate modifiche proposte all'articolo 2 sono state finalizzate essenzialmente a chiarire che i princìpi ed i criteri direttivi contenuti nell'articolo 2 medesimo hanno esclusivamente una funzione interpretativa rispetto ai princìpi e ai criteri direttivi indicati negli articoli successivi e ad eliminare la previsione contenuta nell'originaria lettera a), relativa allo statuto istitutivo della Corte penale internazionale. A quest'ultimo proposito, si è infatti ritenuto che la materia fosse stata già trattata in modo esauriente nel successivo articolo 4. (Brusio in Aula. Richiami del Presidente). Forse disturbo qualcuno, signor Presidente.

Le modifiche proposte poi all'articolo 3, per quanto riguarda la lettera a), sono state dirette innanzitutto ad espungere la possibilità di un intervento del legislatore delegato sulla materia delle cause di giustificazione del reato militare, in quanto le relative previsioni di delega apparivano del tutto generiche, genericità assolutamente inaccettabile su temi così delicati e complessi.

Per quanto riguarda, invece, la materia della sospensione condizionale, la previsione introdotta nella lettera a), numero 6, del medesimo articolo 3 si inserisce in una linea di tendenza legislativa volta ad escludere, o comunque ad attenuare in modo significativo, il carattere meramente indulgenziale del beneficio della sospensione condizionale della pena.

In questa prospettiva vanno ricordati l'articolo 60 del decreto legislativo n. 274 del 2000 - che esclude l'applicabilità del predetto beneficio per le pene irrogate in ragione della competenza penale del giudice di pace - e soprattutto la recente legge n. 145 del 2004, che è intervenuta sull'articolo 165 del codice penale stabilendo che la sospensione condizionale della pena possa - e nel caso di seconda concessione debba - essere subordinata o all'obbligo delle restituzioni e al risarcimento del danno, oppure all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero ancora alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività secondo le modalità previste per il lavoro di pubblica utilità dal citato decreto legislativo n. 274 del 2000.

La previsione richiamata, quindi, ha sostanzialmente natura di coordinamento. Infatti, poiché il condannato alla reclusione militare non perde la qualità di militare ai sensi dell'articolo 5 del codice penale militare di pace, è sembrato necessario stabilire che l'obbligo di svolgere un'attività a favore della collettività cui può essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena avesse riferimento alla prestazione del servizio militare.

Il criterio di delega relativo alla revisione della disciplina delle circostanze aggravanti e attenuanti del reato militare è stato, poi, riformulato recependo - con alcune limitate correzioni - le indicazioni contenute negli articoli 9 e 10 del disegno di legge n. 1533, primo firmatario il senatore Nieddu. Analogamente si è provveduto per quanto riguarda il criterio di delega relativo alle sanzioni sostitutive, dove si è utilizzato come modello l'articolo 12 del citato disegno di legge n. 1533.

Per quanto concerne gli altri interventi relativi alla medesima lettera a), fra questi vanno segnalati quelli volti a prevedere in via generale la non applicabilità da parte dei tribunali militari delle sanzioni irrogabili in ragione della competenza penale del giudice di pace - previsione questa peraltro già contenuta nella formulazione originaria dell'articolo 3 del disegno di legge n. 2493 nelle lettere q) e r), anche se limitatamente alle stesse - e a chiarire quanto già discende dall'articolo 103 della Costituzione per quanto riguarda i militari stranieri e i non militari cui sono affidati compiti di vigilanza e custodia, i quali in tempo di pace non potranno essere sottoposti alla giurisdizione dei tribunali militari.

Al riguardo va ricordato che, come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 48 del 1959, per il tempo di pace deve ritenersi che l'articolo 103 abbia inteso riferirsi alle forze armate dello Stato italiano, il che esclude sul punto la praticabilità di qualsiasi soluzione alternativa.

Ulteriori interventi hanno poi riguardato la materia delle pene accessorie e quella della liberazione condizionale. Sono state inoltre introdotte previsioni volte a riordinare la materia delle misure alternative alla revisione per il condannato militare, nonché quelle dei permessi premio.

Si sottolinea che si propone una possibilità di ammissione più ampia dell'affidamento in prova speciale previsto per il condannato militare, prevedendo un limite di pena di quattro anni (nella legislazione penale comune tale limite è ordinariamente di tre anni ed è elevato a quattro solo per le misure alternative alla detenzione relative ai tossicodipendenti). Si intende in questo modo incentivare la specifica funzione di recupero del condannato alla vita militare che contraddistingue la reclusione militare nell'attuale ordinamento.

Per quanto riguarda poi le modifiche apportate alle lettere b), c), d), e), f), g), h), i), l), m), n), o), q) e s) dell'articolo 3 rispetto alla formulazione iniziale del disegno di legge n. 2493, le stesse sono essenzialmente volte a fissare in modo esplicito i limiti di pena entro i quali deve collocarsi l'intervento del legislatore delegato. Ovviamente i limiti proposti sono opinabili, ma l'esigenza che dei limiti siano comunque fissati è stata ritenuta irrinunciabile dalle Commissioni riunite.

Per quanto riguarda la lettera b), va inoltre evidenziato in particolare che la soluzione suggerita è innovativa in quanto esclude per alcuni delitti contro la personalità dello Stato l'aumento di pena oggi previsto dall'articolo 77 del codice penale militare di pace. La previsione di cui alla lettera p) è stata invece mutuata dall'articolo 27 del disegno di legge n. 1533, anche in questo caso nella prospettiva di definire il relativo criterio di delega in modo più preciso e puntuale.

Per quanto attiene alle modifiche relative alle lettere u) e seguenti dello stesso articolo 3, queste sono volte a circoscrivere al solo coordinamento la possibilità di interventi del legislatore delegato derogatori rispetto alle norme del codice di procedura penale e ulteriori rispetto a quelli che vengono espressamente e dettagliatamente previsti nelle lettere citate e, in secondo luogo, a prevedere il ricorso al procedimento a citazione diretta in un'area ben più vasta di quella prevista nel codice di procedura penale, area che viene a coincidere in linea di massima con quella delle attribuzioni del tribunale in composizione monocratica nel processo ordinario.

Si tratta di una soluzione con la quale, da un lato, non si dovrebbe avere una riduzione delle garanzie - in quanto il venire meno dell'udienza preliminare appare compensato dal carattere comunque collegiale dell'organo giudicante - e, dall'altro, si viene incontro sia all'esigenza di rapidità dei giudizi sia a quella di soluzioni che attenuino il problema delle incompatibilità, esigenze su cui si è richiamata l'attenzione a più riprese.

Per quel che concerne l'articolo 4, rispetto al testo iniziale del disegno di legge n. 2493 si è modificata la disciplina dei casi nei quali è consentita l'applicazione delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra nel senso, più in particolare, di limitare l'applicabilità di tali disposizioni sul territorio nazionale alle sole ipotesi in cui sia stato dichiarato lo stato di guerra ai sensi degli articoli 78 e 87 della Costituzione, prevedendo però una disciplina specifica per quanto riguarda la fattispecie delle operazioni militari all'estero in situazioni di conflitto armato. In entrambe le ipotesi la formulazione proposta ha però inteso comunque assicurare la centralità della deliberazione parlamentare quale ineludibile presupposto per l'applicazione delle predette disposizioni.

A questo proposito le Commissioni riunite hanno infatti ritenuto che qualunque soluzione che non assicurasse tale centralità sarebbe non condivisibile nel merito e incompatibile con il vigente quadro costituzionale.

Altri punti su cui si è intervenuti, in relazione alle norme applicabili per i fatti verificatisi fuori dal territorio nazionale in condizione di conflitto armato, sono poi quelli riguardanti l'utilizzabilità degli atti irripetibili - riconducendo esplicitamente la disciplina relativa nei limiti posti dall'articolo 111 della Costituzione in tema di formazione della prova nel processo penale - e la disciplina della testimonianza indiretta, eliminando con riferimento a quest'ultima qualsiasi deroga rispetto alle norme processuali ordinarie, anche in questo caso al fine di assicurare il pieno rispetto del principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale. (Brusio in aula). Non è possibile! (Richiami del Presidente).

Per quanto riguarda l'articolo 5, sono state eliminate le previsioni contenute nelle originarie lettere a), c), d), e), f) e g) dell'articolo 5 del disegno di legge n. 2493 in quanto, da un lato, si è ritenuto opportuno attendere l'esito dell’esame del disegno di legge di riforma dell'ordinamento giudiziario e, dall'altro, si è ritenuto preferibile riservare alcuni temi all'esame dell'Assemblea in considerazione di problemi di copertura evidenziati in sede di 5a Commissione permanente.

È stata poi introdotta la previsione di cui alla lettera b) dell'articolo 5 nel testo licenziato dalle Commissioni riunite, volta ad assimilare maggiormente la composizione e la struttura del Consiglio della magistratura militare a quella del Consiglio superiore della magistratura ordinaria.

In questa prospettiva, la presidenza del Consiglio è attribuita al Presidente della Repubblica, a tal proposito ritenendosi che le previsioni costituzionali che attribuiscono al Presidente della Repubblica il comando delle Forze armate e la presidenza del Consiglio superiore della magistratura ordinaria rendano non solo legittimo, ma auspicabile e opportuno un intervento in tale direzione. Viene conseguentemente eliminata la presidenza del primo presidente della Corte di cassazione, che è un magistrato estraneo alla magistratura militare.

Sono stati poi previsti due componenti elettivi, eletti dai magistrati militari di Cassazione, e si è stabilito, mediante il rinvio all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 916 del 1958, che i magistrati componenti elettivi siano collocati fuori dal ruolo organico (in merito presenterò un emendamento che eliminerà la formulazione dell’ultimo periodo, per il parere contrario della 5a Commissione), nonché che gli stessi durino in carica sei anni, in quanto la scarsa consistenza numerica della magistratura militare fa sì che elezioni a distanza troppo ravvicinata potrebbero comportare problemi di ordine pratico.

Sull'articolo 6 ci si è limitati a prevedere un più efficace meccanismo di interlocuzione fra Governo e Parlamento nella fase di elaborazione degli schemi di decreto delegato.

L'articolo 7 delega, infine, il Governo alla redazione di testi unici in materie - come quella dell'ordinamento giudiziario militare e dell'ordinamento penitenziario militare - nelle quali un riordino della normativa in questo senso costituisce ormai un'esigenza ineludibile.

Da ultimo, si richiama l'attenzione sul fatto che il testo che viene sottoposto all'esame dell'Assemblea contiene alcuni interventi di coordinamento formale. Fra questi si segnala, in particolare, che all'articolo 3, lettera a), il numero 1) originariamente figurava come inciso nell'alinea della medesima lettera a) e che all’articolo 4, lettera o) e all'articolo 5, lettera d), sono state apportate modifiche di carattere formale, volte ad esplicitare il carattere eccezionale della competenza del tribunale supremo militare di guerra. (Applausi dai Gruppi UDC e FI).

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi, vorrei prospettare le due più rilevanti questioni di incostituzionalità, dovendo peraltro premettere che è tutto il tessuto connettivo dei disegni di legge in discussione ad essere permeato di incostituzionalità.

Il comma 3 dell’articolo 103 della Costituzione prevede che, per aversi giurisdizione dei tribunali militari, debbano sussistere due condizioni, che il reato sia commesso da un appartenente alle Forze armate e che si tratti di un reato militare.

L’incostituzionalità nasce da una precisa evenienza pratica. Siccome uno dei due addendi, ovverosia gli appartenenti alle Forze armate, diminuirà numericamente con il termine della leva obbligatoria, quindi gli utenti del tribunale militare al 1° gennaio 2005 scenderanno a 140.000, per aversi un’apprezzabile utenza dei tribunali militari, che si vogliono conservare nella loro entità con uno sbagliato senso di orgoglio istituzionale, poiché 140.000 utenti sono pari agli utenti della pretura di Moncalieri, avendo necessità di aumentare la competenza, si è deciso di estendere il secondo addendo, ossia il reato militare.

Sennonché, il reato militare non è qualcosa che si possa tirare attraverso l'interpretazione, ma è un reato che ontologicamente attiene - come dicono tutti i manuali di diritto penale militare, il Maggiore, il Venditti e quant'altro - alla disciplina e alla gerarchia militare, un concetto assolutamente chiaro e preciso.

Ora, succede che, per aumentare i reati di competenza del tribunale militare - voi pensate se mai si debbano fare le leggi per dare da lavorare ad una categoria di giudici pur stimabili e rispettabili, e questa è la partenza assolutamente viziata dei disegni di legge in discussione - una serie di articoli incomincino nel seguente modo: "prevedere come reato militare" - sentano i colleghi, perché la lettera in questo caso è estremamente significativa - per esempio, le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti.

Il prevedere che è un fatto che costituisce reato è assolutamente convincente circa il fatto che esso non è ontologicamente reato, ma diventa reato militare attraverso una finzione giuridica: diventano militari tutti i reati commessi in danno di militari o all'interno delle strutture militari.

Allora, tutti i reati di violenza alla persona all'interno di una struttura militare saranno reati militari di competenza dei tribunali militari; col che ne consegue che un bisticcio tra tifosi in un campo di calcio adiacente a una struttura militare se si conclude con lesioni gravi o, peggio, con la morte, sarà un reato militare di competenza del tribunale militare, con quanto rispetto del dettato costituzionale lo raccomando all'attenzione dei signori senatori.

Vi è una seconda questione, ancora più importante sotto il profilo non soltanto tecnico-giuridico ma politico. L'articolo 4, lettera d), prevede, nelle ipotesi di corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate, ancorché nello stato di pace (e quindi senza quella dichiarazione dello stato di guerra che trova una precisa scansione legislativa Parlamento-Presidente della Repubblica e che ci auguriamo non venga mai deliberata), la conferma dell'applicazione della sola legge penale militare di guerra.

Si tratta, quindi, di rendere legislativamente e positivamente stabilito quello che in via surrettizia ed eccezionale si era, invece, stabilito per i vari corpi di spedizione di cui il Parlamento ha discusso, purtroppo, in questi anni.

Dare una previsione generale comporta di andare a vedere se mai ciò abbia giustificazione sul piano della razionalità e del rispetto del principio fondamentale previsto nell'articolo 3 della Costituzione, ovverosia che la legge è uguale per tutti, e soprattutto che è uguale per identiche situazioni, e soprattutto che deve rispondere ad un vaglio di razionalità; quindi, andare a vedere come possa rispondere il codice penale militare di guerra, al di fuori di quella eccezionale, eccezionalissima, situazione che è appunto lo stato di guerra, ad un principio di razionalità e di parità tra le parti.

Se andiamo a leggere il codice penale militare di guerra (mi rincresce proprio che i dieci minuti che mi sono concessi non mi consentano di esemplificare), vediamo ad esempio, a lettura di pagina, che l’ubriachezza in servizio è sanzionata con la reclusione fino a tre anni, che per la frode in forniture è prevista una pena minima di anni cinque e che, se da questa frode in forniture consegue malore alla truppa dei militari è previsto l’ergastolo.

Allora, come possiamo prevedere che, in una situazione di pace, con una spedizione, sia pure armata ma di pace (perché la premessa è tutta in questo, altrimenti ci dovrebbe essere la dichiarazione dello stato di guerra), si possano applicare norme che hanno un’eccezionale, straordinaria severità, quali sono quelle del codice militare di guerra, proprio perché si applicano nella situazione eccezionale e straordinaria dello stato di guerra? Se pensiamo che la pena per tutti i reati comuni è aumentata da un sesto alla metà, ci rendiamo conto che si determina uno stravolgimento di tutti i parametri della sanzione, e che è assolutamente incongrua, irrazionale, non compatibile con i princìpi dell’articolo 3 tutta la previsione sanzionatoria del codice militare di guerra.

Perché è stato previsto tutto questo? Lasciatemi esprimere un giudizio molto duro e terribile: perché piace giocare alla guerra anche quando siamo in situazioni di pace! (Vivi commenti dai banchi della maggioranza. Richiami del Presidente). Eh, cari colleghi, non c’è nessuna razionalità nel fatto che vi sia una competenza del tribunale militare di guerra se le nostre spedizioni vanno all’estero a portare pace. Non c’è nessuna razionalità nella competenza esclusiva del tribunale di Roma, se non quella di attribuire una competenza che si vuole di controllo rispetto alle nostre operazioni all’estero.

Sono queste le ragioni che mi convincono a chiedere al Senato di voler accogliere l’eccezione di incostituzionalità. (Applausi dai Gruppi Verdi-U, DS-U e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. Ricordo che nella discussione sulle questioni pregiudiziali può prendere la parola non più di un rappresentante per ogni Gruppo parlamentare, per non più di dieci minuti.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, i Democratici di Sinistra voteranno a favore della questione pregiudiziale, perché la ritengono ampiamente fondata.

È bene ricordare che la nostra Costituzione usa come sostanzialmente sinonimici i concetti di "stato di guerra" e "tempo di guerra", perché, nel momento in cui fu varata, questi due concetti in effetti coincidevano: non ci può essere una guerra e, conseguentemente, uno stato di guerra e, conseguentemente, un tempo di guerra se non a seguito delle procedure definite dall’articolo 87 della Costituzione, cioè una deliberazione del Parlamento e una dichiarazione da parte del Capo dello Stato.

La conseguenza è pesante, come si ricava da varie disposizioni della Carta costituzionale. L’articolo 103 stabilisce che "i tribunali militari in tempo di guerra" - sottolineo "tempo di guerra" - "hanno la giurisdizione stabilita dalla legge", il che significa che il "tempo di guerra" consente e prevede non soltanto l’istituzione dei tribunali militari, ma anche l’assegnazione a loro di una giurisdizione molto più vasta di quella dei tribunali militari in tempo di pace, con tutte le conseguenze proiettate anche sul mondo dei civili.

L’articolo 111 della Costituzione, a sua volta, prevede che contro le decisioni dell’autorità giudiziaria è ammesso il ricorso per Cassazione, ma che a questa norma si può derogare in tempo di guerra, quindi contempla una procedura assai meno garantita a fronte di sanzioni assai più pesanti ed estese.

Infine, l’articolo 27 prevede che, nei casi previsti dalle legge militari di guerra, si può anche fare applicazione della pena di morte. E’ vero che con legge ordinaria questa è stata cassata dal nostro ordinamento, ma è altresì vero che la Costituzione tuttora la permette. Quindi, in una situazione di guerra abbiamo questi risvolti ampiamente preoccupanti.

Ora nessuno ignora che la nozione di guerra in questi ultimi tempi è notevolmente mutata. La nozione di guerra, nel senso classico e tradizionale, significa impiego della forza militare massima nei confronti di uno Stato nemico, quindi l’uso della massima capacità distruttiva.

Oggi invece abbiamo l’impiego della forza militare in operazioni che sicuramente hanno un self-restraint molto più marcato - si parla addirittura, con ossimoro discutibile, di "guerra umanitaria" - e quindi un impiego di forza estremamente contenuto. Ciò non toglie che anche in tali casi, proprio perché ci accingiamo a scrivere che si tratta di un tempo di guerra, devono valere quanto meno le garanzie procedurali per entrare in questo tempo che produce gli effetti di cui ho parlato.

Il disegno di legge in esame nella sua stesura originaria era notevolmente inquietante, perché prevedeva addirittura tutta una latitudine di situazioni di conflitto armato nelle quali si applicava la legislazione di guerra, pur senza avere la procedura costituzionalmente garantita prescritta dall’articolo 87.

I relatori hanno opportunamente accolto parecchie sollecitazioni contro questa disposizione e oggi le lettere b) e c) dell’articolo 4 effettivamente pongono rimedio, prevedendo in ogni caso la procedura costituzionale, ma la lettera d) continua a prevedere l’applicazione della sola legge penale militare di guerra ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate in condizioni diverse dal conflitto armato.

Abbiamo quindi ancora una situazione di applicazione delle leggi di guerra che bypassa, che prescinde dalla procedura parlamentare prescritta dalla Costituzione. Questo è, a mio avviso, il primo profilo di indubbia rilevanza e gravità.

Ce n’è un secondo, ed è quello sul quale si è soffermato il senatore Zancan. L’articolo 103 della Costituzione, che ho già richiamato a proposito dei tribunali militari in tempo di guerra, prevede che in tempo di pace questi tribunali hanno giurisdizione solo per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze Armate.

Vi è quindi una chiara dissociazione tra la connotazione soggettiva (appartenente alle Forze Armate) e la connotazione oggettiva (reato militare): non ogni comportamento penalmente illecito tenuto dal militare costituisce un reato militare.

Ora ciò nel codice penale militare vigente in effetti ha un’attuazione rispettosa, perché i reati militari sono abbastanza circoscritti. Con la delega al nostro esame si ha una quasi universale trasformazione del reato commesso da militare in reato militare, pochissime categorie sono eccettuate. Pertanto, abbiamo una tendenziale sovrapposizione del requisito soggettivo e del requisito oggettivo, che la Costituzione invece chiaramente dissocia. Anche sotto questo profilo dunque mi pare che l’eccezione abbia fondamento.

C’è poi un terzo profilo che va posto all’attenzione dei colleghi. L’articolo 5, quale modificato dalle Commissioni riunite, ha introdotto una sorprendente innovazione in tema di competenze del Presidente della Repubblica, poiché nella lettera b) di tale articolo è previsto che il Consiglio, impropriamente chiamato Consiglio superiore della magistratura militare, è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Le attribuzioni del Presidente della Repubblica stanno scritte nella Costituzione. Non c’è un’obiezione aprioristica al fatto che egli possa essere nominato presidente anche di questo Consiglio della magistratura militare, ma l’obiezione è - anche qui - di metodo, analoga a quella che tempo fa produsse la caduta di un certo lodo.

Intendo dire che, se si vuole innovare nelle competenze del Presidente della Repubblica, è giocoforza farlo con legge costituzionale, atteso che il richiamato articolo 87 espressamente già gli attribuisce il comando delle Forze Armate e la presidenza del Consiglio supremo di difesa, e quindi è estremamente anomalo che un’ulteriore attribuzione omologa alle due precedenti sia sancita da una legge ordinaria.

Mi limito a ricordare che altre pregiudiziali, sollevate in precedenza e guardate con una certa sufficienza, hanno poi avuto un esito negativo, per chi aveva proposto quei testi di legge, di fronte della Corte costituzionale. È nostra convinzione che anche in questo caso l’esito possa essere analogo. (Applausi dai Gruppi DS-U e Verdi-U).

MALABARBA (Misto-RC). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, concordo con il senatore Zancan sull’eccezione di costituzionalità che il mio Gruppo intende appoggiare.

Lo hanno già sostenuto i colleghi che mi hanno preceduto: in tempo di pace, sia quella che potremmo definire la militarizzazione dei reati comuni commessi dai militari (non si capisce perché, ad esempio, i reati commessi contro la pubblica amministrazione da parte dei militari dovrebbero essere trattati dai tribunali militari, che avrebbero così competenza esclusiva anche per fatti di corruzione e concussione), sia il qualificare reati militari quelle fattispecie che vedono quale parte offesa soggetti estranei alle Forze armate sono, a nostro avviso, contrari ai princìpi costituzionali.

Mi preme, però, sottolineare un altro elemento, di natura politica e costituzionale insieme. L’elemento fondamentale è quello che, di fatto, prevede la "decostituzionalizzazione" dell’articolo 11 della Costituzione, perché tutto il provvedimento assume lo stato di guerra e l’intervento in guerra dell’Italia come condizione di normalità cui adeguare l’ordinamento giudiziario. È da qui che deriva l’ampliamento dell’attività dei tribunali militari invece del loro superamento a favore della magistratura ordinaria.

Penso che ci sia abbastanza materia per dire che il provvedimento alla nostra attenzione è ampiamente anticostituzionale.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione della questione pregiudiziale.

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

 

La seduta è tolta (ore 19,45).

 

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

697a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDI’ 17 NOVEMBRE 2004

(Antimeridiana)

_________________

Presidenza del vice presidente DINI,

indi del vice presidente MORO

e del presidente PERA

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente DINI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,33).

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1432) MANZIONE ed altri. – Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto “nonnismo”

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. – Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. – Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. – Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Votazione finale qualificata ai sensi dell’articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009.

Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno svolto la relazione orale ed è stata presentata una questione pregiudiziale.

Passiamo alla votazione.

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Mi rammarico.

Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 10,35, è ripresa alle ore 11).

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn.1432,1533,2493,2645,2663 e3009

PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori.

Passiamo nuovamente alla votazione della questione pregiudiziale.

 

Verifica del numero legale

ZANCAN (Verdi-U). Chiedo a dodici colleghi di sostenere la richiesta di verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale) (Alcuni senatori dell’opposizione segnalano la presenza di luci sui banchi della maggioranza cui non corrisponderebbero senatori presenti. Richiami del Presidente).

MALAN (FI). E le luminarie di là, signor Presidente?

PRESIDENTE. Le togliamo anche di là. Dichiaro chiusa la votazione.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti la questione pregiudiziale, avanzata dal senatore ancan.

Non è approvata.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore Nieddu. Ne ha facoltà.

NIEDDU (DS-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole Sottosegretario, che i codici penali militari del 1941 fossero da rivedere è da tempo convinzione ampiamente condivisa in sede parlamentare, e non solo in essa. La stessa Corte costituzionale, intervenuta con varie sentenze in più occasioni, ha sottolineato l’esigenza di riformare la legislazione penale militare, in particolare riguardo alla necessaria aderenza della stessa al rispetto dei principi della Carta costituzionale.

Con l’Atto Senato n. 1533 del 2002 abbiamo cercato di corrispondere a questa esigenza ed alle relative sollecitazioni, avanzate anche dalla istituzione militare, considerata l’evoluzione della struttura delle Forze armate, le sue mutate esigenze, rese evidenti dal superamento della leva obbligatoria e dal passaggio al sistema interamente professionale.

Oltre un anno dopo, nel settembre 2003, con un proprio disegno di legge, l’Atto Senato n. 2493, assunto poi come testo base in sede di Comitato ristretto, il Governo ha finalmente avanzato una proposta, sostanzialmente chiedendo una ennesima delega al Parlamento. La richiesta di delega sottrae al Parlamento la potestà decisionale sulla compiuta determinazione degli elementi costitutivi della legislazione sostanziale e del trattamento sanzionatorio dei reati militati, nonché degli adeguamenti in materia processuale ed ordinamentale.

I criteri di delega licenziati dalla maggioranza in sede di esame congiunto delle Commissioni difesa e giustizia hanno sostanzialmente lasciato invariato l’impianto della proposizione governativa, un impianto che asserisce trovare ragioni nella citata necessità di riforma rivolta all’obiettivo della razionalizzazione in rapporto alle mutate esigenze, però in concreto costruito su premesse distorte, poco aderenti alla effettiva attuale realtà. Mi riferisco soprattutto alla scelta di voler tenere un ruolo dei magistrati militari separato da quello dei magistrati ordinari.

Signor Presidente, colleghi, abbiamo quotidianamente da darci delle priorità nell’attività legislativa, date le difficoltà di bilancio dello Stato e dunque la ristrettezza della disponibilità di risorse pubbliche che, tra l’altro, limita gravemente anche nella prossima finanziaria le esigenze di ammodernamento, sviluppo e funzionamento delle Forze armate.

Allora, dobbiamo chiederci responsabilmente se si può predisporre una riforma strutturale della materia, relativa alle leggi penali militari e all’ordinamento giudiziario militare, e licenziare alla fine un testo che elude il problema dell’esistenza di una magistratura militare sostanzialmente inutile, oltre che insostenibile sulla base del principio di utilità per la collettività.

Invito i colleghi a leggere l’ultima relazione del procuratore generale militare d’appello, svolta all’inaugurazione dell’anno giudiziario il 17 febbraio scorso, perché lì ritroviamo la plastica evidenza della insussistenza delle ragioni del permanere della magistratura militare come corpo speciale e autonomo; un ramo secco nel tronco dell’ordinamento giurisdizionale delineato dalla Costituzione: è questa la definizione del citato procuratore generale militare d’appello in un eloquente passo della sua relazione.

Dalle tabelle allegate alla relazione in parola apprendiamo che nel 2003 i nove tribunali militali hanno, tutti insieme prodotto 762 sentenze gip-gup, 1.000 sentenze dibattimentali; tre corti d’appello militari hanno emanato 100 sentenze; la procura generale militare di cassazione ha deciso 41 ricorsi nell’anno. Sono dati oggettivi che indicano la marginalità della devianza penale nell’ambito militare, ovvero l’elevato tasso di rispetto della legalità penale nella condotta degli appartenenti alle Forze armate. E questo non può che farci piacere.

Ma se così è, considerate le condizioni della nostra finanza pubblica, può un carico di lavoro decisamente inconsistente giustificare un ordinamento giudiziario militare a sé stante?

Peraltro, con il passaggio al sistema interamente professionale, cui corrisponde una notevole contrazione della platea dei componenti delle Forze armate, la dimensione complessiva della giurisdizione militare sarà ancora più ridotta e dunque sarà ancora meno giustificabile un apposito ed esclusivo apparato giudiziario ad esso preposto, rivolto ad una platea complessiva di 240.000 cittadini, l’equivalente di una pretura del comune di Milano.

C’è anche un altro profilo che è forse sfuggito ai colleghi della maggioranza: quello relativo alle conseguenze della riforma dell’ordinamento giudiziario ordinario sull’ordinamento giudiziario militare per il quale, vigendo analoghe norme e ancani, si avranno, ad esempio in tema di separazione delle funzioni o di temporaneità degli incarichi direttivi, effetti paralizzanti su un organico composto di solo 103 magistrati militari. Né è desumibile che tutto ciò possa essere risolto dalla abnorme dilatazione del concetto di reato militare, pensando di ottenere un aumento del carico di lavoro della giurisdizione militare tale da poterne rendere accettabile la permanenza. Meglio sarebbe stato affrontare alla radice il problema dell’assenza di adeguate sufficienti ragioni concrete atte a mantenere un siffatto autonomo ordinamento militare.

Più lineare sarebbe l’applicazione del principio di unità della giurisdizione, con la soppressione del ruolo dei magistrati militari e il trasferimento al Ministero della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura delle competenze ora in capo al Ministro della difesa e al Consiglio della magistratura militare.

Al transito della magistratura militare e dei cancellieri militari in quella ordinaria può seguire, ai fini razionali del recupero di funzionalità ed efficienza della giurisdizione militare, l’istituzione di sezioni specializzate nelle procure ordinarie e presso le sedi di corte d’appello, preservando così la cosiddetta expertise della legislazione militare sostanziale e le esigenze specifiche connesse alle Forze armate.

Peraltro, questa soluzione sarebbe coerente con quanto la Corte costituzionale ha rilevato più volte circa i limiti rigorosi in cui può aversi la giurisdizione militare coerentemente con quanto dispone l’articolo 103, comma 3, della Costituzione che, ponendo limiti alla giurisdizione militare, indica la giurisdizione ordinaria come quella naturale in tempo di pace.

Con questo disegno di legge, che prevede la dilatazione delle fattispecie del reato militare (un reato civile, per il solo fatto di essere commesso da un militare, diverrebbe reato militare), si vuole compiere un’operazione antistorica ed in contro tendenza anche rispetto a quanto deciso dai principali Paesi europei e della NATO.

L’ordinamento giudiziario militare autonomo è stato superato in Francia, Belgio, Germania, per citare alcuni Paesi che hanno già riformato la materia adeguandola all’evoluzione democratica dell’ordinamento costituzionale interno ed alle mutate esigenze del contesto internazionale e del relativo, eventuale, impegno dello strumento militare nelle missioni militari all’estero nelle loro varie configurazioni, dal peace keeping al peace enforcing.

Il testo proposto al nostro esame elude il nodo dell’ordinamento giudiziario autonomo, sceglie la strada – niente affatto razionale – della confusa dilatazione del concetto di reato militare per tentare di accrescere la giurisdizione speciale anziché contenerla nel suo naturale ambito. Una soluzione opposta, come ho ricordato, a quella seguita in Europa dai principali Paesi alleati.

Ecco perché è improprio attribuirgli la dignità di riforma. Ecco perché non daremo il nostro consenso ed il nostro voto al testo in esame. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Malabarba. Ne ha facoltà.

MALABARBA (Misto-RC). Signor Presidente, un intervento legislativo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, la ridefinizione dei limiti della giurisdizione militare e l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario erano senz’altro opportuni. Come opportuno sarebbe stato intervenire non solo per ridefinire la normativa sostanziale ed intervenire in materia processuale, ma anche per riformare radicalmente gli organi giudiziari che le nuove norme saranno chiamati ad applicare.

Superare l’obsolescenza di un istituto come il tribunale militare ridefinendone magari il campo d’azione sarebbe stato un intervento più che giusto, prendendo atto che l’irrazionalità attuale non è limitata alla sola normativa sostanziale o processuale, perché forse ancora più irrazionale è la stessa esistenza di una struttura giudiziaria militare così come oggi è strutturata.

Il passaggio ad un esercito su base volontaria comporta, infatti, la scomparsa pressoché totale dei reati di mancanza alla chiamata e di diserzione, fattispecie che, benché con disvalore sociale sempre minore, comunque rappresentavano la maggior parte dell’attività dei tribunali militari. Alla giustizia militare resteranno da giudicare i reati che fino a qualche anno fa rappresentavano parte minoritaria dei processi. I tribunali militari sono tenuti così a giudicare, ad esempio, su condotte poste in essere da appartenenti all’Arma dei carabinieri o alla Guardia di finanza con modalità ed in situazioni del tutto identiche a quelle che sarebbero riconducibili a fattispecie comuni di competenza del giudice ordinario ove si trattasse di appartenenti alla Polizia di Stato (i quali godono di identico trattamento economico ed hanno analoghi obblighi di servizio e progressioni di carriera).

D’altronde, l’inadeguatezza dell’ordinamento giudiziario militare è stata sottolineata anche da chi dovrebbe far vivere la macchina della giustizia militare: il Consiglio della magistratura militare, con delibera del 3 dicembre 1996, sottolineava come: “poiché il potere giurisdizionale si caratterizza come potere diffuso, in cui ciascun magistrato risulta essere totalmente autonomo nell’esercizio delle funzioni (…) è evidente che le ristrette dimensioni degli organici determinano un inevitabile eccesso di personalizzazione delle decisioni, con conseguente elevato rischio di dissidi e tensioni spesso” – con evidenti conseguenze negative – “sul sereno svolgimento dell’attività giudiziaria”.

Lo stesso organo di autogoverno addirittura riteneva che: “in sede di una riforma della giustizia militare (…) non si possa prescindere dal considerare anche i gravi inconvenienti che, in via di fatto, derivano dalla strutturale inidoneità di una autonoma organizzazione giudiziaria di dimensioni troppo esigue”. Ma, se questo non fosse bastato, dal Consiglio della magistratura militare ci giungeva un’esternazione assolutamente netta. I giudici hanno voluto, infatti, “esprimere l’avviso che una riforma della giustizia militare debba necessariamente prevedere come irrinunciabile opzione la confluenza dei magistrati militari nel ruolo dei magistrati ordinari, con conseguente soppressione di un separato organo di autogoverno e passaggio delle competenze ministeriali al Dicastero della giustizia”.

Presidenza del vice presidente MORO

(Segue MALABARBA). È evidente, quindi, come sia impossibile negare l’esigenza di una riforma da più parti richiesta. Il punto è un altro: come questa riforma venga concepita, quale sia la sua filosofia di fondo. Se, leggendo le considerazioni di chi amministra la giustizia militare, si sente forte l’esigenza di una “smilitarizzazione” della stessa, ci si potrebbe stupire di come la proposta presentata dal Governo si muove in direzione radicalmente opposta. Si potrebbe essere tentati di imputare unicamente all’incapacità della maggioranza, peraltro dimostrata in tante altre occasioni, di legiferare con un minimo di senno e concretezza, se non si facessero i conti con il periodo che viviamo.

L’Italia è un Paese in guerra, ce lo ricorda autorevolmente anche il Presidente di questa Assemblea parlamentare, ancorché da parte mia in maniera ovviamente per nulla condivisibile, ma le conseguenze sono che, essendo in guerra, l’Italia vota leggi di guerra, interna o esterna che sia, combattuta in Iraq con le Forze armate o portata in casa nostra con norme giustizialiste e repressive. Questo è un Governo guerrafondaio e questa legge è l’adattamento italiano all’epoca della guerra preventiva ed infinita, come un altro esponente delle istituzioni, il ministro Martino, ci ha ricordato, e anche qui, devo dire, in maniera molto disinvolta, dato che nessuna risoluzione parlamentare lo prevede.

Ma tant’è. Considerato ciò, non ci meraviglia (seppure ci trova ovviamente contrari) che in questo disegno di legge si preveda, appunto, la militarizzazione dei reati comuni commessi dai militari. La normativa sembra quasi voler sottostare al detto “i panni sporchi si lavano in famiglia”, laddove, ad esempio, si prevede la “militarizzazione” di tutti i reati contro la pubblica amministrazione commessi da militari, a seguito della quale i tribunali militari avrebbero competenza esclusiva anche per fatti di corruzione o concussione. A parte tutte le ovvie ragioni di opportunità, occorre comunque ricordare che, quanto meno per il tempo di pace, sarebbe assolutamente inopportuno e – come abbiamo avuto modo di sottolineare nella discussione sull’eccezione di costituzionalità – forse anche contrario ai ancani costituzionali qualificare reati militari quelle fattispecie che vedono quale parte offesa soggetti estranei alle Forze armate.

L’esigenza che muove il Governo è evidentemente quella di abbassare la soglia fra pace e guerra, riesumando le leggi di guerra, rendendole pienamente utilizzabili ed immediatamente instaurabili. Ecco che si spiega l’orientamento volto a confermare, se non addirittura a ripristinare, alcune delle leggi militari più dure, alcune profondamente antistoriche come la conferma di fattispecie di danneggiamento colposo, con introduzione addirittura della punibilità del danneggiamento colposo di oggetti di equipaggiamento militare non perseguito dal legislatore del 1941 (e per scelta razionale e non per mera dimenticanza, come si è invece tentato di sostenere).

Questo disegno di legge dipinge uno scenario onestamente preoccupante, in cui l’Esercito, ma anche l’Arma dei Carabinieri o la Guardia di finanza, sono immaginati come un corpo sempre più estraneo alla società, difeso dai turbamenti di intromissioni esterne, ma anche da turbamenti interni.

In questo senso è scandalosamente restrittiva la norma secondo la quale sarebbe punibile con la detenzione “l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato”. Stiamo parlando di forme associative di tipo sindacale? Ho proprio l’impressione di sì.

Per quanto riguarda poi, specificamente, le modifiche al codice penale di guerra, quanto meno pericoloso, e di dubbia legittimità costituzionale, appare prevedere l’applicazione della legge penale militare di guerra, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra, anche per il caso dei “conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi”.

Se davvero si fosse voluto intervenire in maniera intelligente, concreta, sul sistema giudiziario militare, assolutamente preferibile sarebbe stato razionalizzare la normativa penale militare, limitando la competenza dei tribunali militari al tempo di guerra e alle operazioni militari all’estero in genere e al massimo alla vita interna dell’istituzione in armi. Il tutto prevedendo norme garantiste, che aggiornassero le norme previste nel codice penale militare, muovendosi in direzione di nuovi diritti e non di restrizioni sempre più dure, quasi nostalgiche di un ventennio da “ordine e disciplina”.

Questa riforma porta a compimento quel processo di introduzione strisciante della guerra nel nostro ordinamento, decostituzionalizzando l’articolo 11 della Costituzione ed aggirando definitivamente la procedura garantista prevista dagli articoli 78 e 87 della Costituzione. Si rende possibile una sorta di introduzione graduale delle leggi di guerra, garantendo all’Esecutivo la possibilità di scegliere cosa prendere e cosa lasciare dall’armamentario delle leggi di guerra, ma soprattutto dove e quando farle entrare in vigore.

Nell’applicazione graduale delle leggi di guerra sono previsti due stadi. Il primo stadio è quello che prevede l’introduzione, più o meno automatica, delle leggi di guerra, in aree limitate o nell’intero territorio nazionale, a cui corrisponde l’instaurarsi di un non meglio determinato “tempo di guerra”. Il secondo stadio è quello che consegue alla “dichiarazione dello stato di guerra”. Quest’ultima situazione, peraltro, viene considerata assolutamente marginale e remota.

È evidente l’ipotesi principale che ispira l’intero disegno di legge: rendere, in un certo senso, ordinario il ricorso alle leggi di guerra, svincolandolo dalla “dichiarazione dello stato di guerra” e da ogni altra garanzia politica. È forte la preoccupazione di fronte ad una tale proposta di legge, ma ci rimane la speranza che, anche tra le fila della maggioranza, almeno tra quanti non mancano di sottolineare le proprie radici democratiche e l’attaccamento alla Costituzione, vi sia qualcuno in grado di opporsi ad un pericoloso disegno che abolisce la distinzione fra lo stato di pace (che dovrebbe essere lo stato ordinario in cui si svolge la nostra vita collettiva) e lo stato di guerra (che dovrebbe costituire un’eccezione remota e, se possibile e sperabilmente, non attuata). (Applausi dal Gruppo Misto-RC).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore ancan. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, signori colleghi, gli alti comandi militari tengono molto alla conservazione della presente struttura dei tribunali militari. Questo è un dato concreto: lo hanno dimostrato con un’assidua, direi costante presenza in sede di audizioni in Commissione giustizia. Ho rispetto per questa ragione di prestigio che essi annettono alla conservazione dei tribunali militari; ma il prestigio che essi ripongono nella conservazione, a mio giudizio, è mal posto e soprattutto è fuori da ogni razionalità.

Vorrei segnalare ai colleghi che legiferare in questo momento storico sui tribunali militari e la giurisdizione militare è veramente fuori da qualsiasi comportamento del buon padre di famiglia (non so se esista ancora il buon padre di famiglia, ma poiché in giurisprudenza si utilizza questo termine, ne faccio uso). Dico ciò non soltanto perché con il 1° gennaio 2005 saranno 140.000 gli appartenenti alle Forze armate, ma anche perché saranno 140.000 volontari e penso che dalla volontarietà discenda una certa selezione, salvo ci si auguri che siano dei ladroni volontari.

Anche i volontari possono commettere dei reati, persino i sacerdoti commettono reati, ma certamente il numero dei volontari militari sarà inferiore al numero…

AGOGLIATI (FI). Anche gli avvocati.

ZANCAN (Verdi-U). Anche gli avvocati commettono dei reati, certamente, ma a causa della caratteristica di volontarietà di questi 140.000 penso ci sia anche una scrematura rispetto a quei reati di disagio che i ragazzi di leva obbligatoria potevano commettere. Certamente mi sembra incongruo pensare che un volontario, per andare a trovare la “morosa”, si assenti tre o quattro giorni dal servizio militare; è molto più incongruo che non invece per il povero soldatino di leva che commetteva reati di diserzione per le ragioni di cui ho detto.

Questi 140.000 utenti del servizio giustizia militare sono inferiori al numero degli utenti – ripeto – della pretura ancanii di Moncalieri, tenendo conto che la pretura di Moncalieri giudica su tutti i reati di questa utenza di 140.000 persone, quindi su tutti i reati comuni, non soltanto su quelli militari. Allora, per quanto dilatiamo i reati militari, sono certamente inferiori al complesso dei reati di una popolazione di pari numero.

Ciò sta a significare che tenere una struttura articolata su tutto il territorio nazionale (e non può non essere tale perché, se la restringiamo, significa che un pubblico ministero che deve indagare su un certo reato parte il mattino da Venezia per andare a fare un’indagine a Torino, cosa che praticamente non è possibile), tenere un’articolazione di tribunale, corte d’appello, sezione speciale della Corte di cassazione, Consiglio superiore della magistratura militare, ossia un centinaio di magistrati, è un fuor d’opra rispetto ad un’utenza che – ripeto – ha quel numero e quella dimensione di reati, salvo ipotizzare che 140.000 delinquenti si arruolino nelle nostre Forze armate, ma credo nessuno se lo auguri.

Non basta, perché la vostra struttura creerà non soltanto persone che non hanno nulla da fare (certamente non credo sia commendevole che dei magistrati stiano con le mani in mano), ma soprattutto determinerà un doppione di lavoro. Faccio qualche esempio concreto, perché mi piace ragionare anche con quelle forze militari che desiderano ardentemente che venga conservata questa struttura, che – ripeto – nei fatti è anacronistica. Abbiamo voluto tutti la soppressione del servizio di leva; allora, è un portato di questo e non vi è alcuna ideologia. Riconosco l’altissimo valore delle Forze armate, mi sono sempre trovato bene nei tribunali militari, ho avuto più cortesia e più garbo dei tribunali ordinari, non ce l’ho a priori con i tribunali militari, ma dobbiamo fare i conti con i numeri, è indispensabile.

Voi volete estendere ai reati in materia di sostanze stupefacenti la legislazione, purché si svolgano in luogo militare o in danno di un militare. Vi pongo il problema di un militare che con dieci grammi di hashish in tasca va in piazza in un momento di licenza e trova due amici, uno militare e l’altro non militare. Dà tre grammi ciascuno, fa una piccola attività di spaccio e, siccome il fatto in danno di un militare è un reato militare e siccome il fatto in danno di un civile è invece un reato ordinario, a questo punto il ragazzo che ha spacciato sei grammi di hashish avrà due processi, uno davanti al giudice civile, l’altro davanti al giudice militare. Quanto sia economico e conveniente tutto questo, ve lo raccomando.

Ma non basta, perché voi ritenete che, per esempio, tutti i reati in materia di incolumità nell’ambito delle Forze armate, ovverosia riguardo a tutte le normative in materia di infortunistica, saranno di competenza del tribunale militare. Voi sapete che l’accertamento di questi reati è molto sofisticato. Spesso la materia antinfortunistica è legata a complessi accertamenti peritali, poiché bisogna verificare con strumenti tecnici perché si siano commesse determinate infrazioni. Ma siccome le cautele antinfortunistiche prevedono un concorso di persone certo tra militari e civili, che magari andranno a costruire i ponteggi o un edificio in una caserma, ci saranno due processi (quando non tre, quattro o cinque) ai civili e ai militari.

C’è di più, perché in questo sperpero sovrano del denaro pubblico – ripeto: sperpero sovrano del denaro pubblico – si faranno due perizie, giacché non è certamente possibile che la perizia fatta nel tribunale ordinario venga mutuata rispetto a quella del tribunale militare. Quindi, ci potranno essere non solo un doppio processo e doppie spese, ma anche un doppio esito. Così si gioca col denaro pubblico per un mal riposto senso di prestigio.

Nessuno vuole sopprimere la giurisdizione militare quando attiene alla disciplina, ma è sufficiente una sezione specializzata, se volete presso la corte d’appello di Roma – la destinazione geografica non ha alcuna importanza – per risolvere con un decimo di spesa i problemi della giurisdizione militare.

Ieri nell’illustrazione della questione pregiudiziale ho detto che volete applicare il codice militare di guerra – quel codice che confidiamo non venga mai applicato e rimanga una normativa storica e non attuale – ad operazioni militari armate all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato, senza ovviamente la dichiarazione parlamentare di guerra (il che significa che sono operazioni di pace). Ma applicare il codice militare di guerra ad operazioni di pace ha un enorme significato simbolico e di controllo, perché tale codice prevede controlli che non sono certamente quelli in contraddittorio del processo ordinario, bensì molto più autoritari, molto più vessatori e molto più pesanti.

Quando fate una scelta di campo e dite che siete per le operazioni pacifiche, ma che volete che ad esse si applichi il codice militare di guerra, rivelate, nella contraddizione in termini, esattamente ciò che volete: un processo autoritario, un processo fuori di ogni ragionevolezza e di ogni equità per ragioni di controllo… (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Senatore ancan, mi scusi se la interrompo, ma devo invitare i colleghi a limitare il brusio.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, lei è veramente generoso nei confronti del mio impegno e la ringrazio.

Dicevo: voi volete operare un controllo attraverso un utilizzo del codice militare improprio e inopportuno, che smaschera le vere intenzioni della conservazione di questi istituti ormai vetusti quali i tribunali militari.

Per tali ragioni, ribadendo ancora una volta che siamo di fronte alla conservazione di norme assolutamente anacronistiche, già abolite dalla Corte costituzionale, dovremo parlare a lungo, in via ancanii, del ripristino delle sanzioni per la protesta collettiva; una protesta che nasce spesso da esigenze di sicurezza personale. Non vi è proprio nessuna ragione per cui in tempo di pace si sanzioni la protesta collettiva, che mira a preservare l’incolumità degli appartenenti alle Forze armate. Nessuno è chiamato ad immolarsi in tempo di pace – sia ben chiaro – e nessuno può andare ad operare in condizioni di non sicurezza.

Ripristinare, allora, il reato di protesta collettiva, che già la Corte costituzionale ha cassato e censurato, come vedremo in via ancanii, rivela, nella sostanza, un recupero di un autoritarismo militare che pensavamo ormai abbandonato dai tempi, dalla storia e dalla nostra civiltà giuridica. (Applausi dai Gruppi Verdi-U e DS-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Dalla Chiesa. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che questa discussione arrivi all’esame in sede assembleare, sia pur dopo un confronto abbastanza fitto in Commissione, priva di un orizzonte teorico soddisfacente.

Più volte abbiamo chiesto di poter analizzare in modo approfondito le condizioni che definiscono l’esistenza di una situazione di guerra o di pace. Ritengo fosse condivisa dalla maggioranza come dall’opposizione la necessità di rivedere la materia. Il fatto che questa revisione abbia cercato impropriamente, forse per ragioni supposte di tempo, di prescindere dai cambiamenti enormi che stanno accadendo nel mondo, nell’impiego delle Forze armate nel mondo, nella nascita delle missioni militari di pace, non aiuta sicuramente a riformulare il codice penale militare in termini coerenti, con le esigenze di una maggiore specificazione di comportamenti nocivi nei confronti della collettività, delle stesse Forze armate, delle loro finalità e dei comportamenti, invece sanzionati – come è stato ricordato in precedenza da alcuni colleghi – in modo impropriamente e abusivamente punitivi.

Da un lato, quindi, vi sono le esigenze di modernizzazione di un impianto legislativo; dall’altro, si scivola in una serie di misure di natura vetero-militarista che tendono a riassorbire nel codice penale militare una serie di comportamenti che impropriamente vi sono fatti rientrare e che non dovrebbero esservi ricondotti.

Il collega ancan ha richiamato l’esempio del consumo di sostanze stupefacenti, secondo me calzante, perché è a tutti facilmente comprensibile che l’utilizzo di sostanze stupefacenti è sicuramente dannoso e rischioso per una collettività, se è il militare che in situazioni di delicatezza o di allarme operativo risulta ancora sotto il loro effetto. Quindi, è comprensibile che ci si preoccupi di sanzionare in modo più pesante il ricorso a quelle sostanze, ma è anche vero che le situazioni in cui si possono trovare i nostri militari in missioni di pace non necessariamente sono di allarme operativo, coinvolgono o mettono a rischio la collettività di militari impegnati in servizio.

Risulta quasi disegnato un mondo di comportamenti che per il militare sono tutti reati militari e credo che questo sia un passo gravido di rischi, proprio in termini di qualificazione giuridica della condizione di militare.

In effetti, abbiamo costruito una specie di mondo a parte, che non ha una giustificazione. Proverò a fare un esempio: anche i membri della Polizia di Stato usano le armi, si trovano in condizioni di rischio, possono mettere a rischio anche una funzione delicata, collettiva, se dovessero risultare sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

Sto evidentemente facendo un esempio di scuola, non sto parlando di esempi concreti, ma solo cercando di ricordare coloro che, magari più frequentemente dei nostri militari in missione di pace, possono far ricorso alle armi ed intervenire pure individualmente in condizioni di rischio; per questa categoria di persone, per una serie di comportamenti, non è contemplata una sanzione così forte come quella invece prevista per i nostri militari, i quali certamente possono trovarsi impegnati in operazioni di guerra, ma possono anche condurre una normale vita di caserma, una di quelle accidiose vite di caserma che abbiamo conosciuto durante il nostro servizio di leva. È vero che il servizio di leva non ci sarà più, ma anche per i volontari professionisti possono verificarsi tali condizioni; possono esservi missioni di pace nelle quali i nostri militari sono acquartierati in condizioni relativamente tranquille proprio per presidiare tali condizioni. Vi è quindi una sproporzione tra le previsioni implicite in questa norma e le condizioni effettive che dovrebbero essere garantite.

Altrettanto, non credo che i reati contro la pubblica amministrazione compiuti da un militare potrebbero o dovrebbero essere tutti ricondotti ad un codice penale militare. Certo, il militare che compie un reato contro la pubblica amministrazione disonora la sua divisa, ma quante funzioni pubbliche vengono disonorate dal fatto che venga commesso un reato contro la pubblica amministrazione? Perché si prendono in considerazione soltanto i militari? Perché si tenta di riportare i militari in uno status particolarmente penalizzante? Perché si cerca di costruire un mondo chiuso? Si può certamente dire che si parte dal fatto che ora sono professionisti e quindi hanno regole di ingaggio molto chiare; saranno regole chiare, ma a mio avviso non sono giuste, perché dobbiamo costruire un esercito di professionisti che sostituisca un esercito di leva considerando i nostri militari, a pieno titolo, integrati in un mondo aperto e sottoposti a certi vincoli particolarmente cogenti nel momento in cui entrino in funzione e debbano garantire al Paese la massima operatività e funzionalità.

Rilevo dunque molte incongruenze in questa legge delega e vedo irrisolto il problema di quando siamo in pace e di quando siamo in guerra, che doveva essere il punto dal quale partire. Trovo giusto che siano state sollevate questioni pregiudiziali, perché ci sono questioni che si pongono non direttamente e immediatamente, ma in filigrana, di natura costituzionale. Abbiamo ampliato la zona intermedia tra la guerra e la pace che sta diventando il luogo privilegiato di impiego delle nostre forze militari. Quella zona intermedia che cos’è? È zona di pace o di guerra? A partire da questo punto possiamo dare risposte, delimitando gli ambiti in cui alcuni comportamenti possono essere particolarmente e fortemente sanzionati.

Infine, porterò un altro esempio dell’incongruenza di questa legge delega. So che spesso – i colleghi non me ne vogliano – i politici non hanno espletato il servizio militare, ma coloro che lo hanno prestato hanno nozione di cosa sia il nonnismo nelle caserme e di quanto sia facile subire scherzi nelle caserme, consistenti anche, ad esempio, nella sottrazione delle cartucce, cioè di materiale che è stato dato dall’amministrazione militare.

Ebbene, come si fa a introdurre addirittura la figura della dispersione colposa di questo materiale come reato militare? Questo può succedere per armi, cari colleghi, ma non può succedere per tutto il materiale che l’amministrazione militare somministra, perché questo veramente significa porre alla mercé delle relazioni improprie e informali di potere che esistono dentro le caserme l’ultimo arrivato. Ognuno di noi durante il servizio militare ha ancan punizioni da parte del proprio superiore perché qualcuno gli aveva sottratto qualcosa. Quindi, è una legge che prescinde anche non soltanto dai grandi scenari mondiali dove sono le zone di pace, dove sono le missioni militari di pace, dove sono le zone di guerra, discussione assolutamente scivolosa per noi, anche perché è condizionata da scelte governative che non sono condivise da tutto il Parlamento, ma che prescinde anche dalle vere condizioni materiali di vita dentro le caserme.

Per queste ragioni anticipo il nostro giudizio ed orientamento. Il Gruppo della Margherita apprezza la necessità di procedere ad una riformulazione del codice penale militare, apprezza – lo dico al Governo – un’indicazione che viene data, che è quella di ripulire il codice penale militare da forme di linguaggio vetusto ed antiquato (che se fosse stata adottata per la legge sull’ordinamento giudiziario ci avrebbe risparmiato il famoso “tramutamento”); questi sforzi di modernizzazione ci trovano consenzienti. Ma l’indirizzo che è stato adottato per realizzare questo sforzo di modernizzazione non ci trova invece consenzienti e quindi cercheremo di far passare gli emendamenti presentati. Nel caso la maggior parte di essi non passasse, impedendo così che questo provvedimento divenga più ragionevole, voteremo in senso contrario. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U e del senatore Fassone).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Fassone. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, colleghi, la legge che viene al nostro esame può veramente definirsi eccezionale per ampiezza dell’oggetto e rilevanza del suo significato. Ampiezza dell’oggetto perché essa investe niente meno che la riforma del codice penale militare di pace, del codice militare di guerra, dell’ordinamento giudiziario militare e, come si legge nell’articolo 1, altresì del Consiglio della giustizia militare. È eccezionale per la rilevanza, perché è una legge che in qualche modo, direttamente o indirettamente, incide sui diritti di libertà.

Sorprende che, a fronte di una simile ampiezza e di una simile rilevanza il percorso parlamentare si sia svolto sostanzialmente nel silenzio esterno. Nessuna notizia sui mezzi di informazione, pochi o nessun articolo specialistico su riviste qualificate, un solo convegno a mia conoscenza nel febbraio scorso. Io mi auguro che questo silenzio e questa disattenzione vengano meno, perché credo che siamo tutti d’accordo nel dire che si tratta di un intervento di grandissimo rilievo.

Per comprendere il significato di un intervento così ampio e radicale come quello che la delega ci propone, credo sia opportuno e necessario tener conto di tre grandi fenomeni che si sono succeduti e sviluppati in questi ultimi tempi. Il primo, che è anche il più risalente, è la tendenza ad assimilare il più possibile la giurisdizione militare alla giurisdizione ordinaria. Questa tendenza si manifesta, a non voler ulteriormente risalire, sin dalla legge 7 maggio 1981, n. 180, che modificava l’ordinamento giudiziario militare, producendo una forte convergenza tra il predetto e l’ordinamento ordinario; prosegue con la legge 30 dicembre 1988, n. 561, istitutiva del Consiglio della magistratura militare ed ha un punto di approdo di enorme rilievo, non sempre adeguatamente valutato, nella novellazione dell’articolo 111 della Costituzione che, dettando regole per il cosiddetto giusto processo, non fa eccezione alcuna e quindi pretende che il processo militare sia giusto nel senso sancito da questa innovazione costituzionale.

Presidenza del presidente PERA

(Segue FASSONE). Quindi, il primo elemento da considerare con attenzione è questa linea di tendenza alla omogeneizzazione dei due ordinamenti, culminata nell’innovazione costituzionale.

Il secondo fenomeno di grandissima rilevanza è la trasformazione della leva obbligatoria in servizio volontario professionale, sancita dalla legge 14 novembre 2000, n. 331. Questo fa sì, come afferma la stessa relazione al disegno di legge, che quanto meno il codice penale militare di pace sia un codice che ha ad oggetto forze in addestramento. Non siamo più in presenza di quella che poteva chiamarsi fino a ieri una sorta di servitù pubblica, con esigenza di disciplina particolarmente intensa in tempo di pace, siamo in presenza di regole di organizzazione di un corpo pubblico in fase di addestramento.

Il terzo fenomeno di enorme rilevanza – è già stato richiamato da vari colleghi che mi hanno preceduto, ma merita comunque ancora un accenno – è la progressiva modifica del concetto di guerra e la progressiva vanificazione del confine fra i concetti di guerra e di pace. L’impiego delle forze militari in operazioni internazionali di diversa natura, che vanno dall’intervento di tipo umanitario all’intervento di soccorso, all’intervento di peace keeping o di peace enforcing, ha profondamente modificato l’impiego della forza militare e ha quindi prodotto un’evoluzione del concetto di guerra.

Di questo dobbiamo farci carico e dico subito che, a leggere la relazione, è questa la vera motivazione che ha dato origine all’intervento modificatorio, ma dobbiamo renderci conto anche del gravissimo pericolo che è sotteso da questa vanificazione dei confini tra i concetti di pace e di guerra. Riprendendo un’efficace descrizione, credo di poter far mio quanto è stato detto: la decostituzionalizzazione della guerra è innanzitutto nei fatti e sta nella guerra che si fa fuori e contro i vincoli della Carta costituzionale; ed è anche teorica e consiste nella ridefinizione dei paradigmi stessi del concetto di guerra e nella riconfigurazione del nemico, che è il terrorismo internazionale. Il terrorismo internazionale è rigorosamente sottratto all’appartenenza ad un preciso territorio, a una precisa identità statuale e, nello stesso tempo, identificabile come operante in qualsiasi territorio e all’interno di qualsiasi entità statuale.

Se consideriamo che numerose norme del codice penale e militare di guerra prevedono la presenza del nemico, basta riflettere sulla vanificazione del concetto di nemico per comprendere come diventano delicate e difficili le operazioni di novellazione di questo codice.

Accanto a questi fenomeni vi è poi l’altro problema che ci ha suscitato forti preoccupazioni, e cioè il mantenimento e addirittura l’ampliamento della giurisdizione militare. Sarebbe molto interessante riflettere sulla genesi dell’articolo 103 della Costituzione, che ha dato copertura costituzionale ai tribunali militari anche in tempo di pace; il tempo non me lo consente, ma è assolutamente necessario considerare che questo apparato è, innanzitutto, vanificato dalla progressiva nullificazione della materia che gli è affidata. È già stata ricordata la relazione del procuratore generale militare all’inizio dell’anno in corso: nell’arco del 2003 i tribunali militari, che sono ben nove, hanno definito complessivamente 1.076 sentenze; un centinaio sono le sentenze delle tre corti d’appello, 41 i ricorsi definiti dalla Corte di cassazione contro provvedimenti della giustizia militare.

Si impone quindi una scelta sulla quale doverosamente ritorneremo ma che va, comunque, evidenziata in questo momento. La conservazione della giurisdizione militare è sicuramente uno spreco di risorse che può essere modificato secondo uno dei due corni del dilemma: o si trasferisce la giurisdizione militare nella giurisdizione ordinaria, sia pure conservando la configurazione specialistica dell’organo e quindi la presenza dell’ufficiale militare nei momenti del giudizio che è appunto il connotato specializzante di questo organo, ovvero – come ha previsto la legge delega – si cerca di implementarne la competenza attribuendogli un reato militare diventato, praticamente, onnicomprensivo.

Critichiamo, essenzialmente, la scelta perché da un lato non si è provveduto ad alcuna quantificazione della materia che gli verrà assegnata, dall’altro perché la universalizzazione del reato militare entra in forte tensione con il disposto dell’articolo 103 della Costituzione, che dissocia la qualifica soggettiva di appartenente alle Forze armate da quella oggettiva di reato militare. Infine e soprattutto, perché il mantenimento di questa organizzazione, così macchinosa e complessa nel suo insieme ma così esigua nel suo personale che si riduce a 80-90 magistrati, è del tutto incompatibile con il buon funzionamento della giustizia.

Per difetto di tempo riservo ulteriori considerazioni alle fasi di illustrazione degli emendamenti e di dichiarazione di voto. (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Bobbio Luigi. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, onorevoli colleghi, in sede di discussione generale faccio riferimento a taluni passaggi che ritengo importanti per arrivare a comprendere quale sia la portata, a mio avviso, di questo disegno di legge.

Prenderei le mosse dalla necessità di sottolineare che, a differenza di quanto hanno fatto sino adesso i colleghi dell’opposizione, è mia convinzione che la giurisdizione per i reati militari vada mantenuta all’interno dell’ordinamento militare conservando la specificità dell’ipotesi giurisdizionale di questa struttura.

Da ultimo, il collega Fassone diceva che l’ordinamento oggi – aggiungo io: non da oggi – sembra essersi trovato di fronte alla necessità di operare una scelta in materia di giustizia militare: da un lato, la possibilità – mi sembra di capire – condivisa dal centro-sinistra di arrivare ad una sorta di travaso o, se vogliamo, di allargamento della giurisdizione civile sino a ricomprendere tutto ciò che accade di rilevante giuridicamente nell’universo militare; dall’altro, la possibilità – rifiutata dal centro-sinistra – di mantenere, aumentandola, la competenza dell’attuale sistema giudiziario militare.

Per le cose che dirò di qui a breve, credo che l’opzione caldeggiata dai colleghi del centro-sinistra sia stata ed è, giustamente, disattesa da questo disegno di legge che, invece, afferma una serie di ancani e necessità che da troppo tempo ormai reclamavano una soluzione che giungesse attraverso un approccio finalmente chiaro in relazione, innanzitutto, ai presupposti della materia.

Credo vada detto con grande chiarezza che ciò che riguarda il sistema dell’ordinamento giudiziario militare e, in generale, il sistema della giustizia militare, costituisce – e a mio avviso bene si opera e si procede se lo si fa continuare a costituire – un sistema in sé concluso che, oggi più che mai, è fatto di alta specificità (anche questo è bene chiarirlo per sgombrare il campo da talune indicazioni che potrebbero sembrare, o meglio sono – a mio avviso – certamente faziose), che è comunque assistita e continua ad esserlo (non potrebbe essere diversamente) da forti garanzie, sia di tipo costituzionale che procedurale, del tutto compatibili e corrispondenti a quelle della giustizia ordinaria, quella che riguarda cioè i cittadini non militari.

Allora, questa perdurante e rafforzata presenza di garanzie costituzionali e procedurali, che peraltro sotto questo secondo aspetto il disegno di legge richiama in maniera sicuramente più forte e più netta di quanto non sia tuttora nel sistema dell’attuale giustizia militare e penale, deve chiaramente essere modellata proprio sulla specificità del sistema militare sul quale va ad incidere. È su questa linea di tendenza che si muove il disegno di legge di cui ci occupiamo: è quella che muove dalla specificità del sistema militare, dall’accentuata particolarità del sistema militare, dalla necessità di ampliare per dare rinnovato contenuto e senso alla necessità di avere una giustizia militare diversa dalla giustizia dei civili e che sia un sistema che, però, abbia in sé e tenga conto della necessità di ampliamento di ciò che costituisce condotta del militare che sia penalmente rilevante all’interno di un sistema rinnovato e rafforzato di giustizia penale militare.

Noi crediamo nella specificità dell’ordinamento militare e credo facciamo una cosa giusta e corretta nell’interesse del Paese difendendo oggi più che mai questa specificità dell’ordinamento giudiziario penale militare, tanto più nel momento in cui si avvia a conclusione (anzi, possiamo dire che è concluso) l’iter di professionalizzazione delle Forze armate nel nostro Paese.

Sono proprio la natura professionale delle Forze armate nel nostro Paese, l’entità enorme – da non sottovalutare – delle ricadute economiche che taluni comportamenti dannosi, dolosi o – come previsto dal disegno di legge per la prima volta – anche colposi possono avere dal punto di vista dell’enorme entità, oggi, dei costi di qualunque struttura – sia essa un sistema d’arma o un sistema logistico – che costituiscono la parte strutturale delle Forze armate di un Paese moderno e non solo delle nostre, la rilevanza delle operazioni che vedono l’impiego di uomini delle Forze armate in missioni di pace ma pur sempre in assetto di guerra, sono questi tutti aspetti non secondari ad imporre che si tenga ferma la natura militare della giustizia che riguarda i militari, che è chiamata ad occuparsi di cose militari. È la nuova natura professionistica dell’essere militare che comporta – anzi, a mio avviso impone – si sottolinei ed accentui la natura specifica del diritto militare in genere.

La riforma raggiungerà vari, importanti risultati, ma il più importante, a mio avviso, sarà costituito dall’estensione, finalmente dichiarata e non più desunta o desumibile in via di prassi o di interpretazione, del codice penale militare di guerra ai militari che operino in missioni di pace in teatri di guerra. La natura di missione di pace non può infatti permettere, trattandosi della messa in discussione di vite di soldati esposti comunque ad altissimo rischio, che, per esempio, le condotte violatrici di talune regole, come la cautela nelle comunicazioni, non vengano sanzionate come in un contesto di guerra guerreggiata.

Non vedo come ci si possa schierare, di fronte a questa constatazione, su posizioni men che corrispondenti a quella che noi sosteniamo con il presente disegno di legge.

Non è esatto dire che si sta modificando il concetto di guerra o, quanto meno, non è del tutto esatto fare un’affermazione del genere; è esatto certamente, invece, dire e prendere atto della circostanza che il rinnovato contesto mondiale impone, nel nuovo quadro dei rapporti internazionali, che Forze armate di Paesi non in stato di guerra siano presenti in teatri di guerra, senza – ripeto – che a loro volta dichiarino guerra. Questo è il nuovo contesto con cui è necessario confrontarsi e non averlo fatto fino ad oggi non è servito ad altro che ad alimentare polemiche e un clima di incertezza e di confusione, anche e forse soprattutto a danno della garanzia dei nostri stessi militari, ormai numerosissimi, impegnati in altrettanto numerose, nonché delicate e pericolose missioni di pace all’estero.

Molti sono stati i rilievi sollevati dai colleghi nello specifico: su tali rilievi torneremo nel corso dell’esame e delle dichiarazioni di voto sugli emendamenti presentati.

Concludendo, tengo a sottolineare che ancora una volta, in questa legislatura, un nostro disegno di legge consente finalmente – permettetemi di dirlo – di uscire dalle secche e dalle nebbie dell’incertezza e della genericità. (Applausi dal Gruppo AN).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Poiché i relatori non intendono intervenire, ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, intervengo per una breve replica, nella quale mi sembra innanzi tutto doveroso osservare che, di fronte ad una materia delicata e complessa come quella che ora stiamo discutendo, si è svolto un lavoro puntuale, attento, preciso, direi anche appassionato, delle Commissioni giustizia e difesa congiunte, le quali hanno approfondito e sviscerato la materia attraverso una partecipazione anche attiva e costruttiva da parte dell’opposizione, lavoro durante il quale molti emendamenti sono stati accolti. Rispetto a quello scenario, sembra un po’ strano che invece il dibattito in Aula si sia incentrato più su pregiudiziali o su rilevanti opzioni diverse che, per la verità, non erano mai emerse.

Voglio anche ricordare che noi, come Governo, abbiamo preparato questo disegno di legge attraverso un ampio coinvolgimento delle competenze scientifiche e tecniche di tutte le istituzioni in qualche modo interessate a questa riforma insieme al Ministero della giustizia e che si sono tenuti (lo dico in particolare al senatore Fassone) incontri e seminari; ho partecipato ad uno di questi, svolto ad alto livello presso l’Istituto internazionale di studi umanitari di Sanremo, e devo dire che nei confronti della legislazione militare del nostro Paese c’è un grande rispetto: voglio ricordare che addirittura il codice militare italiano è assunto a modello da parte di altri Paesi. Non vi è quindi necessità di una completa revisione: abbiamo invece optato per la risposta ad alcune necessità che derivano dal mutare della situazione.

Circa la questione della pace e della guerra, oggi non possiamo più ragionevolmente parlare in termini tradizionali di guerre guerreggiate, fortunatamente ce le siamo lasciate alle spalle: oggi abbiamo l’esigenza di forme di presenza militare, che possono chiamarsi interventi di mantenimento della pace o di carattere umanitario, laddove si verifichino grandi tragedie che possono anche costituire occasioni di intervento armato a progressivo rischio di aumento di intensità di combattimenti, come nel caso di contrasto al terrorismo o di interventi quali quelli delle missioni più note, dalla guerra del Golfo allo scenario dei Balcani, all’Iraq, all’Afghanistan, per non parlare di microinterventi rapidi come quelli effettuati in questi giorni in Costa d’Avorio che hanno causato vittime fra i militari.

Come non intervenire nel mondo in questi frangenti, in queste situazioni di crisi, e come farlo in modo diverso dal passato, tenendo conto che una cosa erano le guerre dichiarate fra Paesi, altro la realtà che noi viviamo, che è assolutamente diversa e richiede un adeguamento?

Non ripeto tutte le ragioni dell’adeguamento dei codici, che sono state illustrate molto puntualmente dai relatori, senatore Cirami e Peruzzotti, e che peraltro sono riecheggiate in alcuni interventi dell’opposizione, laddove si è spiegato molto nitidamente quali sono le nuove situazioni nelle quali le Forze armate vengono a trovarsi e per le quali bisogna riordinare e riconsiderare i codici.

Vi è una legge delega che rimanda ad altri decreti che verranno adottati e che completeranno questa opera di profonda revisione, sempre in un quadro di assolute garanzie di tipo costituzionale, istituzionale e democratico. Si è vista di fatto una omogeneizzazione delle norme del codice penale rispetto a quelle che si applicano per i reati commessi da militari, salvo alcune peculiarità che sono a maggiore tutela del cittadino rispetto alle potenzialità di rischio che possono derivare dal confronto con il cittadino militare, il quale gode di una maggiore possibilità di azione e di aggressione.

Volevo ricordare al senatore ancan, che non vedo in Aula, che non ci rivolgiamo ad una microplatea di 190.000 persone. In realtà, ci rivolgiamo ad una platea molto più vasta, perché se aggiungiamo ai famosi 190.000 individui, cui dovremmo arrivare con la professionalizzazione delle Forze armate, 120.000 appartenenti alla Forza Arma dei carabinieri e alle altre Forze militari, abbiamo una platea di 350.000-370.000 persone.

Quindi, ribadiamo l’importanza di un codice che si riferisca ai militari, peraltro in ossequio alla previsione costituzionale. È stato tante volte richiamato l’articolo 103 della Costituzione, laddove si parla di codici per i militari e delle leggi militari di guerra, che sono ben altra cosa; le leggi militari di guerra valgono anche nei confronti dei civili laddove vi sia lo stato di guerra. Parliamo di codici per i militari secondo il dettato della Costituzione.

Devo ringraziare davvero tutti per l’apporto competente e appassionato che è stato dato. Potremo andare orgogliosi, credo, di un’operazione difficile e importante che il nostro Parlamento riesce a compiere. L’Italia è forse tra le prime grandi nazioni a dotarsi di strumenti giuridici adeguati ad una nuova situazione che coinvolge le Forze armate di tutti i Paesi del mondo.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a dare lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sul testo unificato dei disegni di legge in esame e sugli emendamenti.

DATO, segretario. “La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, nel presupposto che il Consiglio superiore della magistratura militare di cui all’articolo 5 sostituisca il Consiglio della magistratura militare di cui alla legge n. 561 del 1988, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta con le seguenti condizioni, rese ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione:

a) che all’articolo 5, comma 1, alla lettera b) siano soppresse le parole da: “prevedere, inoltre, in particolare, che ai magistrati militari” fino alla fine della lettera;

b) che all’articolo 6, comma 1, dopo le parole: “ad adottare” siano inserite le seguenti: “, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,”;

c) che all’articolo 8, ai commi 1 e 2, dopo le parole: “di cui all’articolo 1,” siano rispettivamente inserite le seguenti: “senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,”;

La Commissione, esaminati inoltre i relativi emendamenti, esprime parere di nulla osta, ad eccezione delle proposte 5.100, 5.1, 5.2, 5.4, 4.30 e 5.106, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, e dell’emendamento 5.103, sul quale il parere di nulla osta è reso a condizione, ai sensi della medesima norma costituzionale, che dopo la parola: “prevedere”, siano inserite le seguenti: “, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato,”.

PRESIDENTE.

Procediamo all’esame degli articoli, nel testo unificato proposto dalle Commissioni riunite.

Passiamo all’esame dell’articolo 1, sul quale è stato presentato un emendamento che invito i presentatori ad illustrare.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, l’emendamento è uno di quelli per i quali si potrebbe dire che si illustra da sé, anche perché il Governo potrebbe dirmi di non preoccuparmi: se ha chiesto dodici mesi è perché ritiene di farcela in quel tempo.

Posso anche affidarmi alla sapienza del Governo, faccio però presente che l’impresa è veramente di quelle che fanno tremare le vene ai polsi, perché, come accennato, la delega concerne la novellazione del codice penale militare di pace, del codice penale militare di guerra, dell’ordinamento giudiziario militare e della composizione e del funzionamento del Consiglio della magistratura militare.

Aggiungo che, secondo quanto leggo in alcuni emendamenti proposti dal relatore, dei quali devo presumere l’approvazione, si tratterà anche di un’incisiva e profonda modifica della geografia giudiziaria militare, nel senso che si prevede che il numero dei tribunali militari venga ridotto a quattro, sulla base di una serie di parametri. Non so come questo sarà facilmente ottenibile, senza un accurato studio proprio dei parametri che il relatore propone. A ciò si accompagnerà anche l’esigenza di una disciplina transitoria estremamente accurata e puntuale, come avviene quando si sopprimono degli organi e si attrae quindi la competenza multipla in una competenza unitaria.

Vi sono una serie di problemi estremamente significativi. Penso, tanto per accennarne uno, a che cosa comporta l’applicazione del codice penale militare di guerra in determinate situazioni, quali la delega prevede, a proposito di quel capitolo estremamente significativo che riguarda la divulgazione di notizie riservate. Una serie di articoli del codice – articolo 72 e seguenti – prevedono sanzioni estremamente gravi per il caso di colui che si procura notizie concernenti la forza, la preparazione, la dislocazione, i movimenti delle Forze armate, il loro stato sanitario, la disciplina e simili. Combinare questa normativa, della quale intuisco la giustificazione in una situazione di guerra, con i diritti costituzionali di informazione e di espressione sarà un’impresa molto ardua, ma è una delle cento imprese che si porranno al legislatore delegato.

A nostro sommesso giudizio, il termine di dodici mesi potrà essere rispettato, ma a rischio di una legislazione estremamente approssimativa e densa di errori che noi vorremmo fossero evitati.

PRESIDENTE. Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, credo che il termine di dodici mesi sia stato apprezzato e valutato dal Governo. Non abbiamo tuttavia remore affinché tale termine venga ampliato.

Valuterà il Governo, al quale ci rimettiamo, se esso sia sufficiente o se, invece, è necessario ampliarlo. Considerato l’iter legislativo presso i due rami del Parlamento, prevedendo i diciotto mesi rischieremmo di oltrepassare il termine della legislatura.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, non vogliamo fare crociate su una questione concernente alcuni mesi, ma tenendo conto che quando si apre un processo di revisione bisogna saperlo chiudere anche in tempi ragionevoli per dare certezza del diritto a tutti e che, come ho già detto in Commissione, a mio parere quello di dodici mesi è un lasso di tempo sufficiente, esprimo parere contrario sull’emendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.1.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, apprezzo la risposta del relatore, senatore Cirami, che anche nell’ambito della discussione in Commissione ha dimostrato una certa disponibilità a comprendere le motivazioni addotte dall’opposizione per le proprie proposte emendative. Capisco che il Governo nutra la preoccupazione di chiudere la legislatura facendovi rientrare anche dei decreti legislativi adeguati. Però, credo che l’obiezione avanzata dal collega Fassone sia fondata.

Tornando al problema sollevato nel corso della discussione generale, riuscire davvero a discutere di quali siano i confini tra la pace e la guerra, a parte gli emendamenti successivi che proponiamo affinché questo procedimento istituzionale e costituzionale compia i necessari passaggi, mi sembra un’operazione molto complicata che non può procedere di fretta. Credo ci si debba appellare anche ad una serie di valutazioni politico-giuridico-costituzionali. Insomma, non disponiamo ancora di un diritto concernente le missioni di pace. Immaginare come possa nascere un codice penale militare di pace e di guerra sui diversi versanti che ne sono implicati, che tenga conto di tutti i problemi che stiamo sollevando, e non gratuitamente, e dei grandiosi aspetti di natura costituzionale, non credo sia possibile nell’arco di dodici mesi. Facendo i dovuti calcoli – mi rivolgo al Governo – i diciotto mesi rientrerebbero comunque nella legislatura.

Il Governo, quindi, potrebbe in ogni caso prendersi il titolo di essere intervenuto nella revisione e nella modernizzazione di questi codici; farlo in modo affrettato sarebbe di nocumento allo stesso Governo, al di là delle posizioni che si intendono assumere in questo dibattito. Ne verrebbe fuori, infatti, necessariamente un insieme di decreti legislativi, alcuni dei quali costruiti secondo una loro organicità, altri necessariamente raffazzonati.

A questo punto credo sia l’Assemblea chiamata a pronunciarsi, tenendo conto dell’apertura dimostrata dal relatore e della obiettiva qualità dei problemi che devono essere affrontati per licenziare questi decreti legislativi.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, colleghi, non è soltanto una questione di sei mesi in più. Il problema è che, come ho detto, con il 1° gennaio 2005 cessa la leva obbligatoria ed entra in vigore l’arruolamento volontario; allora prevedere almeno un anno per avere una statistica sul flusso dei reati mi sembra una minimale esigenza di verifica sul campo.

In risposta alla cortese osservazione del signor Sottosegretario di Stato (se è vero che la platea complessiva degli appartenenti alle Forze armate si deve incrementare anche con il numero dei Carabinieri e degli appartenenti agli altri Corpi, a parte che, signor Sottosegretario, confido che i Carabinieri continueranno ad essere, come avviene tuttora, utenti della giustizia penale assai raramente: infatti non sono di frequente utenti della giustizia penale, né ordinaria, né militare), sposterò il mio esempio sulla pretura di Moncalieri, cui aggiungerò la pretura di Carmagnola, sede distaccata di Bra: queste sono 300.000 utenze. Mi sembra che, anche una volta operato questo incremento per dare ragione al signor Sottosegretario di Stato, ciò non sposti il problema.

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, non vorrei che l’emendamento da noi presentato fosse letto come una sorta di tentativo malizioso di impedire l’approvazione di questa norma. Non è così. Siamo tutti consapevoli che tra diciotto mesi saremo veramente ai limiti formali di questa legislatura; se per caso finisse prima, noi tutti – parlo di noi dell’opposizione – saremmo felici, ma non proponiamo l’emendamento 1.1 sperando che non facciate in tempo.

L’emendamento è stato formulato portando il termine da dodici a diciotto mesi per dire “il Governo prenda tutto il tempo necessario”; se lo farà in quattro mesi o in un mese, è suo interesse farlo. Intendo dire che si tratta di un termine ulteriore che viene concesso qualora alla scadenza del dodicesimo mese vi fossero difficoltà, nel qual caso vorrà dire che ne impiegherete tredici. Questo è il senso dell’emendamento che così va letto, al di là di interpretazioni maliziose.

CIRAMI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, il termine indicato nell’articolo 1 del disegno di legge delega non significa che tutta la riforma debba essere attuata in dodici mesi; il termine dei dodici mesi indica il tempo entro il quale emanare i decreti legislativi, che potranno poi avere applicazione al di là di tale termine nei tempi e modi che si renderanno necessari, come indicato dal senatore Fassone.

In ogni caso non credo che su questo punto ci si possano stracciare le vesti.

NIEDDU (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NIEDDU (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 1.1, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l’articolo 1.

È approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 2, sul quale è stato presentato un emendamento che invito i presentatori ad illustrare.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, come ho già avuto modo e occasione di dire, la Costituzione distingue tra uno stato di guerra ed un tempo di guerra, anche se il secondo è un concetto nel quale si entra in conseguenza esclusivamente del primo. Soltanto uno stato di guerra proclamato attraverso la procedura di cui all’articolo 87 introduce nel tempo di guerra, ed il tempo di guerra è particolarmente significativo alla luce della Carta costituzionale proprio perché vengono meno talune garanzie, come, ad esempio, la ricorribilità in Cassazione e si apre teoricamente la prospettiva dell’applicazione della pena di morte.

Ora, questa endiadi – tempo di guerra e stato di guerra – è già stata legislativamente sciolta, ad esempio dal decreto-legge 1° dicembre 2001, n. 421, convertito dalla legge 31 gennaio 2002, n. 6, nel quale si è visibilmente dissociato il concetto di tempo di guerra da quello di stato di guerra, nel senso che si è prevista la soggezione alla legge penale militare di guerra, ancorché in tempo di pace, per i corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate.

Noi, quindi, riteniamo estremamente importante che sin dall’inizio della legge delega sia formalizzata questa individuazione non soltanto dello stato di guerra, ma anche di un tempo di guerra, per tutte le conseguenze di indole costituzionale che ne derivano. Ho già dato atto, e non ho difficoltà a ripetermi, che i relatori e le Commissioni riunite hanno in parte accolto questa sollecitazione prevedendo, appunto, all’articolo 4, che è quello relativo all’applicazione del codice penale militare di guerra, un’esigenza di costituzionalizzazione anche a proposito di quella nozione molto ampia ed inquietante che era quella di conflitti armati che potevano sottrarsi, invece, a questa procedura costituzionale.

Tuttavia, la previsione da parte dei relatori e della Commissione non è completa … (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Senatrice Dato, mi ascolti. Senatrice Dato, la prego di tornare ad accomodarsi accanto a me.

FASSONE (DS-U). Concludo, signor Presidente, ricordando, appunto, che lo stesso codice penale militare di guerra, all’articolo 3, prevede la connessione tra l’applicazione di esso codice militare e il tempo di guerra. Infatti, l’articolo 3 ha come rubrica “Legge penale militare di guerra in relazione al tempo”, e dispone che la legge penale militare di guerra si applichi per i reati da essa preveduti commessi in tutto o in parte dal momento della dichiarazione dello stato di guerra fino a quello della sua cessazione. Occorre, quindi, la formalizzazione di una sorta di dies a quo che comunque sia individuato, quale che sia poi la situazione dell’impegno della forza militare da cui discende l’applicazione di questa legge.

Ecco perché riteniamo necessaria questa cornice preliminare, che assorbe e perfeziona il pur apprezzabile intervento in sede di articolo 4.

PRESIDENTE. Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

CIRAMI, relatore. Esprimo parere contrario sull’emendamento 2.2 per un motivo molto semplice: a noi appare assolutamente pleonastica una proposta volta ad introdurre al comma 1 una lettera aggiuntiva dopo la lettera b). Infatti le lettere b) e c) dell’articolo 4 definiscono esattamente quando e come dovranno essere applicate le leggi militari di guerra, la lettera b) con riferimento ad una guerra sul territorio nazionale, la lettera c) con riferimento ad un intervento extraterritoriale. La procedura, di cui ha dato atto il senatore Fassone, prevede un atto di approvazione squisitamente parlamentare.

Il tempo di guerra presuppone un atto avente forza di legge se bene interpreto l’emendamento che il Governo ha presentato o si accinge a presentare, sostituendo alla lettera c) le parole “previa deliberazione delle Camere, con decreto del Presidente della Repubblica” con le seguenti: “con atto avente forza di legge”.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Condivido il parere del relatore; forse non tutti sono a conoscenza dell’emendamento presentato dal Governo in base al quale facciamo riferimento ad atti aventi valore di legge, che richiedono quindi un passaggio parlamentare.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.2.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALLA CHIESA (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevole colleghi, credo che in realtà l’emendamento 2.2 non sia pleonastico. Si tratta infatti di un problema che il Parlamento non ha risolto; lo ha affrontato di volta in volta attraverso atti che non sono stati spesso condivisi da tutti i componenti del Parlamento. In più occasioni è stato evocato un dibattito alto, innovativo, qualificato, ma ogni volta ci si è ritratti di fronte alla necessità di approfondire la definizione del tempo di guerra, subordinando tale esigenza a scelte contingenti, compiute in un momento particolare.

Proprio perché siamo di fronte a grandi mutamenti – direi epocali, se l’aggettivo non fosse abusato nel nostro dibattito – dare una definizione del tempo di guerra che benefici di un passaggio parlamentare è assolutamente importante. Se dobbiamo avere nuovi codici, è necessaria una definizione del tempo di guerra adeguata alle trasformazioni che stiamo vivendo; adeguata all’esistenza di missioni di pace, adeguata ad un ruolo che prevediamo per l’ONU ma che non si è ancora esplicato in tutte le possibilità desiderate o sollecitate da una parte consistente dell’opinione pubblica mondiale; adeguata alle ipotesi di interventi di contingenti militari europei e all’allargamento che ha avuto obiettivamente la NATO rispetto alle sue funzioni originarie.

Di fronte a tutto questo è necessario che si definisca il tempo di guerra e lo si faccia senza interferenze invasive nel nostro giudizio da parte di fatti contingenti, senza dipendere da divisioni di maggioranza e opposizione sulle scelte che devono essere concretamente compiute. Occorre partire da un’analisi fredda, porsi in una condizione di velo di ignoranza, senza sapere quale sarà il Governo che deciderà di intervenire. Cerchiamo di capire con uno sforzo comune come possa modificarsi il concetto di guerra oggi. I nostri militari sono impegnati in operazioni di guerra: è una cosa che pensiamo un po’ tutti, ma che non tutti possono dire perché si danno valutazioni diverse sulle modalità di impegno e di ingaggio delle nostre truppe nelle scenario iracheno.

Proprio perché i codici non possono nascere e avere le loro radici in un dibattito contingente ma in un riflessione generale, ampia e approfondita, inserire questa nozione all’interno del disegno di legge al nostro esame beneficiando di un passaggio parlamentare, credo sia davvero raccomandabile. Dico ciò pensando al futuro, alle varie situazioni che potranno configurarsi e alle quali dovrà essere applicato un codice militare di guerra o di pace.

Che questa definizione ci sia a me sembra l’asse discriminante delle modalità con cui i decreti legislativi dovranno essere scritti. Esiste un codice per il tempo di pace ed uno per il tempo di guerra, definiamo cosa si intenda per “tempo di guerra”. Ciò può sembrare assolutamente tautologico; oggi, invece, è un grande impegno di ordine politico ed intellettuale.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, credo che il più alto e preciso compito di un’eventuale riforma, non prevedendo questa definizione, verrebbe meno sul nascere. Se la Carta costituzionale, al terzo comma dell’articolo 103, prevede che: “I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge”, creando la legge che prevede quale è la giurisdizione dei tribunali militari dobbiamo definire anche cosa si intenda per tempo di guerra, altrimenti si rischia di fare un discorso monco creando una struttura senza sapere quando applicarla.

Aggiungo – e mi richiamo in toto alle riflessioni dei colleghi Fassone e Dalla Chiesa – che stiamo discutendo di incrementare i compiti del Parlamento. La previsione che il Parlamento debba mettere voce, poter votare e deliberare in una così delicata ed estrema questione dovrebbe trovare l’accordo di qualsiasi Camera del Parlamento. Si può essere in disaccordo nell’eventualità in cui vengano tolti dei poteri. Pensare che non sia il Parlamento a decidere quando è tempo di guerra, ovverosia in quali situazioni si applichi il codice militare di guerra, o quando si attuano, in conseguenza di ciò, delle limitazioni costituzionali, equivale ad abdicare al primo e più alto compito del Parlamento stesso.

Per queste ragioni, la definizione contenuta nell’emendamento 2.2 è non solo opportuna e per nulla pleonastica, ma necessaria e indispensabile.

NIEDDU (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NIEDDU (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

GASBARRI (DS-U). Signor Presidente, la prego di controllare la terza fila dei banchi in cui siedono i membri del Gruppo Forza Italia.

PRESIDENTE. Svolgeremo una verifica accuratissima, con il massimo dell’attenzione.

Non dichiarerò chiusa la verifica fintanto che non si sarà effettuato un controllo accuratissimo.

DATO, senatore segretario. Accanto alla postazione in cui è il senatore Travaglia, ci sono più luci accese di quanti siano i senatori presenti.

GASBARRI (DS-U). Signor Presidente, inviti gli assistenti parlamentari a controllare anche tra i banchi della maggioranza.

PAGANO (DS-U). Signor Presidente, ha mandato un assistente parlamentare a controllare i banchi del centro-sinistra; che controllino anche i banchi dove siede la maggioranza.

Chi c’è ai due lati del senatore Collino?

Se volete provocarmi, sappiate che non ce la farete; ho un’esperienza troppo grande, senatore Ferrara.

PETRINI (Mar-DL-U). Signor Presidente, controlli le luci accese nei primi banchi del Gruppo di Alleanza Nazionale.

PRESIDENTE. Il Senato non è in numero legale.

Apprezzate le circostanze, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 12,50).

 


DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare (1432-1533-2493-2645-2663-3009)

Risultante dall'unificazione dei disegni di legge:

Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo " (1432);

Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare (1533);

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare (2493);

Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile (2645);

Modifiche al codice penale militare di pace (2663);

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004 (3009)

ARTICOLO 1 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 1.

Approvato

(Delega al Governo)

1. Al fine di assicurare la piena funzionalità delle Forze armate per l’assolvimento dei compiti istituzionali previsti dall’articolo 1 della legge 14 novembre 2000, n. 331, il Governo della Repubblica è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni modificative e integrative del codice penale militare di pace e del codice penale militare di guerra, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, della legge 7 maggio 1981, n. 180, recante modifiche all’ordinamento giudiziario militare di pace, e della legge 30 dicembre 1988, n. 561, recante istituzione del Consiglio della magistratura militare, secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui alla presente legge.

EMENDAMENTO

1.1

FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1 sostituire le parole: «dodici mesi» con le seguenti: «diciotto mesi».

ARTICOLO 2 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 2.

(Princìpi e criteri direttivi generali)

1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo dà attuazione ai princìpi e criteri direttivi stabiliti negli articoli 3, 4 e 5, in conformità ai princìpi e valori della Costituzione della Repubblica e del diritto internazionale, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) adeguare le norme del codice penale militare di guerra e graduarne anche l’applicazione in relazione alle esigenze connesse ai conflitti armati e alle operazioni militari armate all’estero;

b) dare attuazione ai princìpi di personalità, offensività, sufficiente determinatezza e colpevolezza;

c) individuare, in attuazione dei princìpi di proporzione e di sussidiarietà, le ipotesi da depenalizzare, avuto riguardo al grado di offensività e all’effettività della sanzione;

d) adeguare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonché del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

e) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non più rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.

EMENDAMENTO

2.2

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:

«b-bis) definire la nozione di "tempo di guerra", facendo discendere anche la medesima da una espressa deliberazione parlamentare;».

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

698a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

MERCOLEDÌ 17 NOVEMBRE 2004

(Pomeridiana)

_________________

 

Presidenza del vice presidente DINI,

indi del vice presidente FISICHELLA

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente DINI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,30).

 

 

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1432) MANZIONE ed altri. – Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. – Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. – Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. – Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo unificato proposto dalle Commissioni riunite.

Do lettura dell'ulteriore parere espresso dalla 5a Commissione permanente: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l'ulteriore emendamento 5.700 (testo 2) trasmesso dall'Assemblea, relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta".

Ricordo che nella seduta antimeridiana ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all’articolo 2.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 2.2.

PETRINI (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Petrini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Colleghi, in attesa che decorra il termine di venti minuti dal preavviso di cui all'articolo 119, comma 1, del Regolamento, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16,45, è ripresa alle ore 17,01).

Riprendiamo i nostri lavori.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.2, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE.Passiamo all'esame dell'articolo 3, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, l’articolo 3 è amplissimo, gli emendamenti sono per conseguenza numerosi ed io non potrò illustrarli analiticamente. Mi limiterò pertanto, in questa sede, a completare quel discorso di carattere generale che mi proponevo di fare in sede di discussione generale e che, per un disguido tecnico che mi ha privato di una decina di minuti, non ho potuto svolgere. Mi rivolgo quindi alla sua cortesia, nel senso di consentirmi questa sorta di risarcimento postumo.

Il tema fondamentale posto dall’articolo 3 è la domanda che può essere espressa nei seguenti termini: che cosa vogliamo fare della giurisdizione militare? L’Italia, se sono correttamente informato, è una delle pochissime Nazioni al mondo che conserva ancora nella sua Costituzione e quindi, di riflesso nell’ordinamento, una forma specifica di giustizia militare. A mia conoscenza, sono sei le Nazioni al mondo che la conservano e in due di queste, il Belgio e l’Olanda, perché, per motivi di tradizione, viene affidato al Comando Reale il comando delle Forze armate. È quindi un istituto decisamente sulla via del tramonto.

Non soltanto lo dice un senatore dell’opposizione; lo stesso Consiglio della magistratura militare, nella relazione svolta alcuni anni or sono, già poneva questo quesito. Diceva il Consiglio della magistratura militare: "(…) poiché il potere giurisdizionale si caratterizza come potere diffuso, in cui ciascun magistrato risulta essere totalmente autonomo nell’esercizio delle funzioni (…) è evidente che le ristrette dimensioni degli organici determinano un inevitabile eccesso di personalizzazione delle decisioni con conseguente elevato rischio di dissidi e tensioni spesso insuperabili data la ristrettezza dei singoli ambienti di lavoro e le difficoltà di soluzioni alternative (…) quali il cambiamento di sede o di funzioni da parte di taluno degli interessati".

Aggiungeva il Consiglio: "Ogni provvedimento di trasferimento o di conferimento di funzioni (…) (ha) effetti prevedibili, diretti o indiretti, su tutta una serie di altri magistrati militari, ivi compresi i componenti "togati" del Consiglio (…) (che) permanendo in ruolo, continuano ad esercitare le funzioni e ad essere, pertanto, a loro volta potenzialmente interessati".

Non mi dilungo eccessivamente su questo punto, ricordando che il tutto nasce dalla considerazione obiettiva e ineludibile che si tratta di un organico, sulla carta, di 103 unità, nei fatti, di 80-90 unità.

Questo organico estremamente ridotto non so come potrà essere disciplinato dall'ordinamento giudiziario di nuovo conio che vi accingete a varare alla Camera dei deputati, che prevederà, tra le altre cose, la temporaneità degli incarichi direttivi dei procuratori della Repubblica; essendo questi ultimi oggi nove, domani quattro, non so come potranno ruotare, dal momento che non potranno passare alle funzioni giudicanti e fra di loro non avranno posti per essere destinati ad altri incarichi direttivi.

Vi sono, quindi, tutta una serie di inconvenienti di grandissimo rilievo che io invito a considerare. Ad esempio, la situazione attuale prevede circoscrizioni di enorme latitudine che, ove sia approvato l'emendamento proposto dal relatore che intende ridurre a quattro soltanto le circoscrizioni dei tribunali, diventeranno ancora più ampie, il che potrà produrre un qualche beneficio in termini di ampliamento dell'organico di ciascun tribunale, ma renderà estremamente problematica la conduzione delle indagini a centinaia di chilometri di distanza.

Ecco perché noi abbiamo insistito e continueremo ad insistere specificamente su questo punto. Molti emendamenti sono di dettaglio, e su di essi in questa sede non mi soffermo neppure un attimo, ma due punti sono assolutamente nodali: l'individuazione della nozione di reato militare, che il disegno di legge delega espande sino a quasi tutti i confini dell'illecito penale, e la strutturazione della giurisdizione militare.

Ben conosco l'obiezione che mi viene rivolta e cioè che i tribunali militari hanno una copertura costituzionale. E allora, vorrei ricordare in questa sede, perché verosimilmente non è stata fatta e non sarà mai fatta, una lettura dei lavori preparatori dell'articolo 103 della Costituzione che conduce a dare forza a quella parte della dottrina che nega vi sia una copertura costituzionale cogente nell'articolo 103.

Vorrei ricordare che la Commissione dei 75 aveva licenziato un testo che suonava così: "I tribunali militari possono essere istituiti solo in tempo di guerra". L'onorevole Mortati propose di sostituirlo con un'altra proposizione analogamente restrittiva: "Nella materia penale posssono istituirsi, con legge, giudici speciali solo per le infrazioni commesse da militari e nel caso di guerra dichiarata". Vari membri si espressero a favore del rinvio alla legge ordinaria, e quindi della limitazione della competenze ai soli reati militari in senso proprio. L'onorevole Bettiol ed altri proposero una formulazione altrettanto restrittiva: "I tribunali militari sono istituiti in tempo di guerra. Possono istituirsi in tempo di pace per reati commessi da appartenenti alle Forze armate". E voglio sottolineare il verbo "possono", che è indicativo non di una cogenza, ma di una libera scelta del legislatore.

Anche l'onorevole Leone fu contrario all'ampliamento della giurisdizione militare, e affermò che, in ogni modo, sarebbe stato opportuno stabilire anche per i giudici militari "le stesse garanzie di indipendenza dei magistrati ordinari", circostanza questa che è stata in gran parte realizzata, salva ancora l'ineludibile presenza di un ufficiale appartenente, quindi, all'ordinamento militare. Alla fine l'onorevole Ruini concluse che, a differenza di quanto proposto dalla Commissione, era emersa comunque una volontà intesa ad ammettere i tribunali militari anche in tempo di pace, ma a condizione che avessero giurisdizione solo su reati "propriamente militari commessi da appartenenti alle Forze armate".

Ho voluto fare questa rassegna della cui pedanteria mi scuso, qualora pedanteria sia, ma non credo sia tale, proprio per giustificare quella corrente dottrinaria che afferma che la previsione dell'articolo 103 rappresenta non un obbligo di previsione, ma un limite, e cioè il legislatore ordinario può o non può prevedere l'esistenza di tribunali militari in tempo di pace e, ove li preveda, questi hanno il limite scritto nello stesso articolo 103, e cioè un limite soggettivo, nel senso che conoscono di condotte dei soli appartenenti alle Forze armate, ed un limite oggettivo, nel senso che conoscono soltanto del reato militare che, secondo ripetute sentenze della Corte costituzionale, è il reato che attiene alla disciplina e all'organizzazione delle Forze armate.

Ve ne è quanto basta per dire che, già a Costituzione vigente, è possibile un diverso assetto quale noi fortemente auspichiamo e sarebbe stato comunque opportuno ed è ancora opportuno che nella riforma costituzionale, contenente tanti punti infelici, ne fosse previsto anche uno molto felice che è quello della scritturazione dell'articolo 103 in perfetta coerenza con i lavori preparatori, enunciando quel verbo "possono" che eliminerebbe ogni dubbio.

Ho sviluppato molto questo tema e, visto che il tempo sta per scadere, mi riservo di riprenderlo in fase di illustrazione dei successivi emendamenti, perché siamo tutti consapevoli, il Governo per primo, che l'attuale giurisdizione militare è un organismo largamente insoddisfacente proprio per la sua sottoutilizzazione che rasenta la frustrazione dei componenti.

La scelta del Governo, che è quella di cercare di implementarne la competenza e, ammesso che raggiunga l'obiettivo, di dare un maggiore contenuto alla giurisdizione militare, non rimuove certamente tutti gli altri inconvenienti sui quali, con il suo permesso Presidente, tornerò nei successivi interventi.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, è stato votato e respinto l'emendamento 2.2, ma non ho posto in votazione l'articolo nel suo complesso.

Metto pertanto ai voti l'articolo 2.

NIEDDU (DS-U). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Avanzerà la sua richiesta nella successiva votazione, perché ho già messo in votazione l'articolo 2.

È approvato.

Riprendiamo l'illustrazione degli emendamenti riferiti all'articolo 3.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, l'emendamento 3.100 merita qualche considerazione.

La proposta inserisce la multa tra le pene previste per i reati militari esclusivamente nei casi in cui tali reati corrispondono, nei loro elementi costitutivi, a reati previsti dalla legge comune e, per quest'ultima, la pena della multa sia prevista congiuntamente a quella della reclusione, sembrando invece preferibile in tutti gli altri casi mantenere la situazione attuale in cui, come è noto, per i reati previsti dalla legge penale militare non sono previste pene pecuniarie.

La mancata previsione della multa tra le pene previste per i reati militari trova infatti la sua giustificazione di ordine sistematico nel rapporto che intercorre in ambito militare fra il sistema sanzionatorio penale e quello disciplinare. Poiché quest'ultimo già contiene sanzioni che sono suscettibili d'incidere sulla libertà personale in modo diretto e considerato che la sanzione penale deve essere limitata solo a fatti che non possono essere regolarmente sanzionati in altro modo, ne consegue che, nell'ambito militare, il ricorso alla sanzione penale è giustificabile in una prospettiva penalistica solo da fatti che non possono essere adeguatamente sanzionati sul piano disciplinare.

Vista però l'entità delle sanzioni disciplinari ne deriva che i fatti per i quali queste non saranno adeguate, dovranno essere di non trascurabile gravità e tali da imporre comunque una restrizione della libertà personale.

In via ulteriore da ciò consegue che, dal punto di vista sistematico, uno spazio per la previsione di pene pecuniarie può essere preso in considerazione con specifico riferimento alla materia penale militare solo nell'ipotesi in cui tali pene vengano comminate congiuntamente ad una pena detentiva.

La proposta emendativa si fa carico, inoltre, di un problema che il testo in esame lasciava aperto, vale a dire la definizione, mediante il rinvio alla previsione della legge penale comune, dei limiti minimi e massimi della pena della multa nei casi in cui la stessa viene comminata.

Per quanto riguarda l’emendamento 3.104, la proposta completa la previsione facendo spesso riferimento al territorio estero, rendendola così omogenea a quella contenuta nelle lettere q) ed s) del medesimo articolo 3. Si tratta, in ultima analisi, di un intervento di coordinamento.

La proposta contenuta nell’emendamento 3.105, è volta semplicemente a rendere omogenea la formulazione della lettera t) con quella della lettera s) per quanto riguarda i presupposti della trasformazione del reato comune in reato militare. Si è assunta la lettera s) come modello in quanto la formulazione ivi contenuta appare più precisa.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, i colleghi mi devono scusare ma in poche ore stiamo discutendo i princìpi di ben due codici. Neanche i famosi legislatori assiri sarebbero stati capaci di discutere due codici in poche ore, neanche il mitico Hammurabi. Pertanto, i colleghi non si devono infastidire se spendo qualche parola nel tentativo di partecipare alla velocissima elaborazione di due codici.

Da parte mia cerco di emendare alcune delle più vistose discrasie. Ad esempio, con l’emendamento 3.22, cerco di riparare alla norma che prevede come reato militare le violazioni della legge penale in materia di sostanze stupefacenti.

All’articolo 3, comma 1, lettera e) si afferma che tali violazioni sono reato militare allorquando siano consumate in danno di militari (per la verità in materia di sostanze stupefacenti non è che l’acquirente sia un danneggiato: si tratta di un termine improprio) ovvero quando siano commesse in luogo militare.

Segnalo in proposito che la giusta cintura sanitaria intorno ai luoghi militari è già assicurata da una circostanza aggravante speciale in materia di sostanze stupefacenti; la norma, quindi, al di là degli inconvenienti di cui ho detto, in particolare il fatto che darà luogo a duplicazioni se non addirittura a triplicazioni di processi, è comunque ultronea perché - ripeto - la cintura sanitaria intorno ai luoghi militari è già assicurata da questa previsione di aggravante.

Mi sembra anche inaccettabile, e pertanto con l’emendamento 3.24 chiedo la soppressione o quantomeno la riduzione della sanzione, prevedere come reato militare la dispersione colposa di oggetti di armamento o di munizioni da guerra. La dispersione colposa di oggetti di armamento che prescinda dalla loro pericolosità, (dal momento che vi potrebbero essere anche oggetti di armamento che, ritrovati da qualsiasi persona, non provocano alcun pericolo) non può dar luogo ad una sanzione pari a due anni di reclusione militare. Questo mi sembra un fuor d’opra e come tale va stigmatizzato e censurato.

Nella lettera l) sono elencati i reati più tipicamente contrastanti con la disciplina militare. A me sembra che il ripristino, come reato, della raccolta e partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o proteste in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina, sanzionato fino a tre anni di reclusione, rappresenti veramente un ritorno indietro.

Io difesi intorno al 1968 un militare che era stato imputato di reato militare, di quale fattispecie specifica non ricordo, perché, montato sul treno, salutava i suoi commilitoni sventolando la cravatta rossa. Allora, mi sembra che si torni indietro di 35-40 anni perché la raccolta di firme per protestare, ad esempio, perché il vitto è insalubre e comunque insufficiente non mi pare un fatto così grave da meritare la reclusione fino a tre anni. Vi è - ripeto - un malriposto ritorno all'indietro dello spirito gerarchico e di disciplina che non mi sembra assolutamente da condividere.

Con altro emendamento si mira alla soppressione della lettera o), dove si prevede la competenza del giudice militare, perché diventa reato militare, per ogni delitto contro l'incolumità pubblica.

Voi pensate - perché soltanto se si esemplifica nel concreto si capisce quale sia l'assurdità di trasferire al tribunale militare la competenza per tali reati - se, per esempio, mal si governa una polveriera, o peggio, se attraverso questo malgoverno la polveriera esplode, il tribunale militare diventa competente magari di decine di morti - speriamo di no, ma questa è la previsione normativa - con la necessità di perizie, di costituzioni di parte civile. Insomma, i tribunali militari sono chiamati a svolgere un lavoro che non hanno mai fatto, senza nessuna esperienza e competenza, e qui, sì, diventa veramente esiziale e nocivo il trasferimento di reati al di fuori di qualsiasi esperienza di questi benedetti tribunali militari.

Ognuno faccia il suo mestiere, tenendo anche conto che la composizione dei tribunali militari prevede l'obbligatoria presenza di un militare. Possiamo pensare, per esempio, che i familiari di queste povere vittime accettino che il fatto che ha dato luogo alla morte dei loro cari sia giudicato da un tribunale in cui è prevista anche la presenza di un ufficiale gerarchicamente superiore rispetto a quello che è imputato di un reato contro l'incolumità pubblica?

Cerchiamo di vedere le problematiche nel concreto e non viviamo, per cortesia, nell'astrazione! Probabilmente i parenti delle vittime riterranno che tutto questo è giustizia di corpo, giustizia di casta; non vorrei ricordare le vicende giudiziarie relative alla famosa strage avvenuta col tranciamento dei fili della seggiovia in Trentino, dove la giustizia militare americana ha dato esempio di quanto possa essere corporativa una giustizia chiusa all’interno del settore militare, una vicenda nella quale le famiglie delle povere vittime attendono ancora giustizia e il risarcimento dei danni.

Allora, per evitare tutto ciò, eliminiamo questa previsione dei reati contro l'incolumità pubblica, che costringerebbe ad avviare l'azione civile nell’ambito di una giurisdizione che giudica molto bene in relazione alla disciplina o nel rispetto del principio gerarchico, ma che non giudica affatto bene se deve decidere, magari attraverso sofisticate perizie, che non si sia messa in pericolo l'incolumità pubblica.

Da ultimo, la lettera q) prevede che ogni tipo di violenza commessa da un militare in danno di un altro militare diventa di competenza del giudice militare solo perché avviene in un luogo militare. Ebbene, voi comprendete che qui trasferiamo alla competenza della giurisdizione militare anche i reati passionali, per esempio quelli dettati dalla gelosia (che so io, due militari che si contendono il cuore di una bella signorina, per cui uno accoltella l'altro e sfortunatamente per lui decide di farlo in terreno militare) ovvero i tipici reati violenti a cui porta la passione sportiva.

Cadiamo cioè, in concreto, nell'assurdità e nell'irrazionalità volendo cercare di riempire di lavoro questi benedetti tribunali militari. Ripeto perciò la mia critica di fondo, che ho già avanzato diverse volte: il Parlamento sta lavorando per cercare di far lavorare i giudici militari.

I giudici militari facciano il lavoro per il quale sono attrezzati e che sono costituzionalmente chiamati a svolgere; in sostanza, svolgano il lavoro che sino adesso, nella loro esperienza e competenza, hanno svolto. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Se poi è diminuito il numero degli utenti perché non c’è più il servizio di leva obbligatorio, parce sepultis, e finiamola anche con questa storia che si debbano conservare dei tribunali militari su tutto il territorio nazionale, quando - ripeto - una o due sezioni distaccate sarebbero assolutamente sufficienti, con rilevante risparmio da parte dello Stato.

NIEDDU (DS-U). Signor Presidente, gli emendamenti da me presentati sono pressoché tutti rivolti ad attenuare le più macroscopiche abnormità della dilatazione delle fattispecie del reato militare.

In particolare, tale dilatazione è prevista anche quando si tratta chiarissimamente di un reato civile, ricadente nella giurisdizione ordinaria, che è trasformato in reato militare per il solo fatto che a compierlo è un cittadino con le stellette.

Vorrei che tutti i colleghi riflettessero sul fatto che, così facendo, si adirebbero due diverse giurisdizioni, ad esempio, per diversi soggetti che pure abbiano la medesima qualifica di pubblici ufficiali. Infatti, il poliziotto che commettesse un reato, ad esempio, di concussione, sarebbe giudicato dal giudice ordinario, mentre il carabiniere o il finanziere, anch’essi pubblici ufficiali, ma con le stellette, lo sarebbero invece da parte del giudice militare. Senza considerare la circostanza che un eventuale complice civile di tale reato sarebbe comunque, per lo stesso reato, sottoposto alla giurisdizione ordinaria, con il non impossibile accadimento che per lo stesso reato si instaurino due procedimenti giudiziari, uno ordinario per il complice civile e uno militare per il complice militare, dagli esiti che potrebbero essere alquanto diversi, se non opposti, per il medesimo reato, per le medesime responsabilità dei contraenti il reato medesimo.

Questa abnormità, questo voler non affrontare alla radice il problema di una giurisdizione militare e di un ordinamento speciale militare che non trova ragioni d’essere oggettive, dilatando, per cercare di giustificarne l’esistenza, le fattispecie dei reati militari anche laddove sono indilatabili, credo creerà tantissimi problemi.

Senza considerare, signor Presidente, un ulteriore elemento, cioè che, per le cose già dette anche dai colleghi che mi hanno preceduto, la riforma in itinere per la giurisdizione ordinaria e per l’ordinamento della magistratura ordinaria avrà necessariamente degli effetti anche su quella militare, che è esigua e che gli effetti di questa esiguità renderanno inagibile la giurisdizione militare.

Questa è la ragione dei miei emendamenti: il tentativo di attenuare i dannosi effetti di una riforma sbagliata in radice, di una proposizione che ha delle conseguenze che saranno difficilmente gestibili e il cui onere è assolutamente spropositato per le finanze pubbliche rispetto agli effetti positivi che per la collettività possono derivare dall’esistenza di una giurisdizione speciale.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, il nostro è un emendamento molto puntuale e la sua illustrazione sarà quindi altrettanto breve.

L’emendamento 3.30, infatti, intende palesemente eliminare una previsione di reato che a noi non pare assolutamente ammissibile nel nuovo sistema costituzionale. La semplice protesta per rimostranze, a nostro giudizio, deve essere espressamente depenalizzata, soprattutto se si tratta di fatti commessi in tempo di pace da militari non impegnati in missioni all’estero (dove potrebbe essere coinvolto il prestigio nazionale), da cittadini che in questo caso sono anche dipendenti strutturalmente legati al loro servizio e che meritano quindi un trattamento il più simile possibile, dal punto di vista costituzionale, a quello degli altri cittadini. Tra i loro diritti certamente rientra quello alla garbata, civile protesta, eventualmente sanzionata da norme non penali in ordine a questioni che riguardino lo svolgimento del loro servizio.

PESSINA (FI). Signor Presidente, illustrerò brevemente l’emendamento 3.0.100, che tratta di una situazione piuttosto delicata.

Negli ultimi otto anni una serie di leggi e di decreti hanno rivoluzionato le nostre Forze armate, riordinandone la struttura interna, aprendo le porte alle donne e trasformando la leva da obbligatoria a volontaria. A quest’ultimo proposito è in fase di definitiva approvazione presso il Senato il disegno di legge di iniziativa governativa che fissa al 1° gennaio 2005 il momento a partire dal quale il nostro Esercito sarà composto esclusivamente da professionisti; mi riferisco all’Atto Senato n. 2572, con cui viene anticipata di ben due anni rispetto alla data inizialmente prevista la completa trasformazione dello strumento militare da obbligatorio a professionale.

Orbene, proprio l’obbligatorietà della prestazione del servizio militare si pone allo stato come il necessario presupposto per l’applicazione di varie norme che comminano severe sanzioni ai destinatari dell’obbligo che manchino di adempierlo: si pensi all’articolo 151 del codice penale militare di pace, che punisce il reato di mancanza alla chiamata con la reclusione fino a due anni, o al successivo articolo 152, che aggrava tale pena qualora il fatto sia avvenuto mediante il passaggio all’estero, ciò mediante una modalità frequentissima, e proprio questo è il punto.

Noi abbiamo numerosi giovani, migliaia direi, che sono emigrati con le proprie famiglie, per esempio, negli anni Ottanta, che oggi hanno un’età in virtù della quale dovrebbero essere sottoposti al servizio militare e che non hanno la possibilità di rientrare in Italia perché considerati renitenti alla leva.

È chiaro quindi che queste norme, presupponendo il mancato adempimento di un obbligo che, come si è detto, verrà definitivamente a cessare tra meno di due mesi, contemplano fattispecie che a partire da quel momento non si potranno più verificare, con la conseguenza che le stesse troveranno applicazione solo relativamente a fatti pregressi, quelli di cui parlavo poco fa, punendo i soggetti che si siano sottratti alla prestazione del servizio militare o di quello civile in un momento in cui, però, tale fatto non è più percepito né dalla legge né dalla comune coscienza sociale come pericoloso.

In questo si sostanzia la ratio dell’emendamento in esame, che si propone di concedere l’amnistia a tutti coloro che abbiano compiuto i delitti previsti dagli articoli 151 e 160 del codice penale militare di pace e dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, fino alla data del 31 maggio 2004.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CIRAMI, relatore. Invito i presentatori a ritirare l'emendamento 3.1, perché le sentenze della Corte costituzionale hanno già ribadito in termini restrittivi il concetto di "appartenente alle Forze armate". Pertanto, la formulazione dell’emendamento - con tutto il rispetto - appare assolutamente pleonastica.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 3.4 e 3.101. Per quando riguarda quest’ultimo, occorre ricordare che il termine di quattro anni per il periodo di rieducazione è stato ampliato rispetto a quello generale di tre anni. Tenuto conto delle caratteristiche del militare che resta in servizio, sembra più opportuno prevedere un termine di quattro anni, come avviene per i tossicodipendenti.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 3.8 e 3.9. Per quanto riguarda l'emendamento 3.11, mi sembra che la formulazione "gravemente pregiudicato il prestigio dell’istituzione alla quale il militare appartiene" sia generica e più opinabile rispetto a quella del testo del disegno di legge.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 3.12 e 3.14. In particolare, la formulazione di quest’ultimo è assolutamente generica. Esprimo altresì parere contrario sugli emendamenti 3.18 e 3.19. Con riferimento all’emendamento 3.19, desidero aggiungere che la riabilitazione per i reati militari estingue le pene militari accessorie e dunque va affrontata dai giudici militari.

Ritengo che il criterio di costruzione delle norme penali secondo il principio di offensività, di cui all’articolo 2, lettera b) del testo in esame, renda addirittura superflua e pleonastica la formulazione dell’emendamento 3.20, sul quale si esprime pertanto parere contrario. Esprimo altresì parere contrario sugli emendamenti 3.21, 3.22 e 3.24.

Per quanto riguarda l’emendamento 3.25, mi rendo conto che può esserci un equivoco con riferimento alla dispersione delle munizioni, che deve essere grave. Propongo pertanto ai presentatori di modificare il testo della lettera h) del comma 1 inserendo le seguenti parole: "della dispersione dell’armamento e della dispersione, se grave, di munizioni costituenti dotazione individuale". L’estensione della pena a due anni consente una maggiore simmetria della pena, che varia a seconda della gravità della dispersione degli armamenti e delle munizioni. Di conseguenza, esprimo parere contrario sull’emendamento 3.26. In questa riformulazione, quindi, la dispersione delle munizioni è da ritenersi grave.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 3.27, 3.28 e 3.29. Sono contrario anche all’emendamento 3.30. Abbiamo discusso molto nelle Commissioni riunite dell’attuale formulazione del testo, che è rivisitata rispetto a quella presentata dal Governo e che ritengo più aderente al rispetto delle condizioni del militare. Infatti, la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni può essere assimilata ad una sorta di sedizione, per cui si lede il prestigio dell’amministrazione militare.

L’emendamento 3.31 incontra la nostra contrarietà perché l’ampiezza del termine è mutuata dal codice penale ordinario e quindi è in assoluta armonia con la normativa penale comune.

Esprimo parere contrario sull’emendamento 3.32. Potrei esprimere parere favorevole sull’emendamento 3.102 se si prevedesse di aggiungere soltanto le parole: "nel corso o in funzione di attività di carattere militare". Propongo pertanto di espungere la restante parte dell’emendamento. Se i presentatori accettano tale riformulazione, il parere sarebbe favorevole.

Esprimo parere favorevole sugli emendamenti 3.33 e 3.103 e parere contrario sugli emendamenti 3.34, 3.35, 3.36, 3.39, 3.40, 3.43 e sugli emendamenti 3.37 e 3.38 che non mi spiego, in quanto il sistema delle aggravanti e delle attenuanti è stato ripreso testualmente dal disegno di legge di iniziativa del senatore Nieddu; esprimo parere favorevole sugli emendamenti 3.104 e 3.105, una semplice riformulazione del testo.

Invito il senatore Pessina a ritirare l’emendamento 3.0.100 e trasformarlo in un ordine del giorno G3.100 che impegni il Governo a risolvere le problematiche di cui all’emendamento 3.0.100.

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Pessina se intende accogliere l’invito del relatore.

PESSINA (FI). Ritiro l’emendamento 3.0.100 per sostituirlo con l’ordine del giorno G3.100, il cui testo recepisce l'indicazione del Governo.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore. Quanto all’ordine del giorno G3.100, inviterei il presentatore, senatore Pessina, a modificarne la dizione nel modo seguente:"…impegna il Governo a valutare l’opportunità di…". Così riformulato, il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Sull'emendamento 3.1 è stato rivolto dal relatore un invito al ritiro. Chiedo, pertanto, al senatore Fassone se lo accoglie.

FASSONE (DS-U). No, signor Presidente, non lo ritiro ed insisto per la votazione.

NIEDDU (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NIEDDU (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.1, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.100 (testo corretto).

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.100 (testo corretto), presentato dal relatore, senatore Cirami.

E' approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.4.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, ritiro l’emendamento 3.4, ma prima voglio spiegare brevemente perché lo abbiamo formulato.

In effetti, il numero 9) della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 esclude l’applicabilità delle pene previste in ragione della competenza penale del giudice di pace. Poiché la competenza penale del giudice di pace è stata definita con il decreto legislativo n. 274 dell’agosto 2000 e questo testo non la incrementa in alcun modo, la disposizione a prima lettura appare superflua.

Essa ha però una ragion d’essere alla luce dell’articolo 63 del citato decreto legislativo del 2000, che dispone che quando i reati di competenza del giudice di pace sono giudicati da un giudice diverso si osservano le disposizioni del Titolo II di quel decreto legislativo, e cioè le sanzioni effettive affidate alla cognizione del giudice di pace.

È quindi possibile che determinati reati, (ad esempio percosse, lesioni o simili), che verranno giudicati da tribunali militari, sono reati di competenza del giudice di pace, e se non ci fosse questa previsione il tribunale militare dovrebbe applicare le sanzioni devolute a quel giudice. Ora, effettivamente, è inopportuno che ad un militare in servizio siano comminate sanzioni come le prestazioni di pubblica utilità o la detenzione domestica che, in effetti, non possono essere praticate.

Per questo motivo, persuaso dell’utilità del numero 9), ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.101, presentato dai senatori Malabarba e Sodano Tommaso.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.8, presentato dal senatore Pascarella e da altri senatori, identico all'emendamento 3.9, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.11.

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, vorrei premettere che probabilmente non sono riuscito ad ascoltare con la dovuta attenzione le ragioni per le quali il relatore ha espresso il suo parere contrario.

Vorrei far osservare che siamo di fronte ad una formulazione giuridicamente impropria, con qualche dubbio di coerenza sistematica. Siamo infatti in tema di aggravanti e nel testo si dice che il reato militare sarebbe aggravato allorquando sia commesso alla presenza di più persone. Questa dizione è sistematicamente impropria; è una formulazione giuridicamente incoerente. Perché? Una prima questione è la seguente. Si dice che il reato sarebbe aggravato allorquando il fatto sia commesso in presenza di più persone. Che cosa si intende per "più persone"? Due, tre, cinque, ventisei, novantatre? Dire "più persone" significa due o più, cioè che alla presenza di due persone il reato viene aggravato.

Io capisco la ragione di un aggravamento di pena nel caso in cui il fatto venga commesso alla presenza di una molteplicità di persone, perché in questo caso il prestigio dell'autorità militare viene in qualche modo leso proprio per la presenza di una pluralità di persone, così come avviene nel nostro sistema penale. Tuttavia, l'espressione "più persone" è assolutamente atipica, impropria, perché non indica né un numero, né una quantità di persone sufficienti; indica semplicemente una pluralità: basta la presenza di due persone per consentire l'aggravamento del reato.

E allora, qual è la finalità della norma? Perché si aggrava il delitto? Si aggrava il delitto con questa specifica aggravante allorquando viene commesso e determina un pregiudizio al prestigio dell'istituzione. Possono essere presenti due, cinque o novantatré persone, non cambierà, perché l'oggetto è la tutela del prestigio dell'istituzione e non già il numero di persone.

Io posso fare un'affermazione gravemente lesiva del prestigio dell'istituzione davanti a due persone, ma non invece ledere il prestigio della stessa commettendo il fatto alla presenza di 100.000 persone allo stadio. Ecco, se un militare allo stadio commette un reato anche modesto, a questo punto tale reato è inevitabilmente aggravato? O invece non occorre, affinché la pena sia aggravata, ricercare la finalità propria della tutela, che è quella della tutela del prestigio dell'istituzione?

Per questo io credo che, mantenendo fermo lo spirito che è legato a questa aggravante, sia opportuno sostituire le parole "alla presenza di più persone" con le altre "in circostanze di luogo tali che ne risulti gravemente pregiudicato il prestigio dell'istituzione alla quale il militare appartiene".

Mi sembra molto più ragionevole, razionale e coerente con il nostro sistema e molto più forte la tutela dell'istituzione, se è questa che volete tutelare. Se invece volete prevedere semplicemente la possibilità di un aggravamento di pena, perché quando il delitto viene commesso la condotta è tenuta avanti a due persone, mi sembra che non si raggiunga il fine di tutelare il prestigio dell'istituzione, ma semplicemente quello di dire che, se sei davanti a una persona sei punito con una pena, se sei davanti a due persone sei punito con una pena aggravata, il che francamente è assolutamente irragionevole. Davanti a due persone, infatti, posso ledere il prestigio dell'istituzione, davanti a 100.000, cioè in uno stadio, dove nessuno potrà accorgersi di ciò che faccio, non vado a ledere il prestigio dell'istituzione.

Mi sembra che il nostro emendamento 3.11 meriti una maggiore attenzione ed invito i colleghi - molti dei quali non stanno naturalmente ad ascoltare, ma non mi meraviglio - ad esprimere un voto favorevole su di esso.

NIEDDU (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NIEDDU (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.11, presentato dal senatore Nieddu e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.12.

Verifica del numero legale

NIEDDU (DS-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.12, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.14.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, collega relatore, l'emendamento 3.14 non urta frontalmente contro alcuna impostazione della delega e mi permetto di insistere, oltre che dichiarare il voto favorevole. Il numero 14) della lettera a) del comma 1prevede determinate attenuanti e non prevede quella che proponiamo nell'emendamento.

Nutro una preoccupazione perché il codice penale militare di pace prevedeva inizialmente una attenuante particolare, che è quella della provocazione, in un contesto normativo molto ristretto. Prevedeva cioè che per i militari l'aver reagito in stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui costituisse circostanza di attenuazione soltanto nei casi stabiliti dalla legge.

Era una logica coerente con l'ordine militare nel senso che, da un lato, è comprensibile che le relazioni in questa materia siano talora piuttosto aspre e tese perché il contesto le suggerisce, dall'altro lato, è delicato configurare fatto ingiusto quello del superiore che ha dato causa alla reazione del provocato, e questo spiegava, anche se non giustificava, la previsione dell'attenuante soltanto in limitatissimi contesti.

Tale disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza 12 luglio 1984, n. 213. Proprio in ossequio all'intervento della Corte che giudicava ingiustificata la restrizione, il legislatore nel novembre 1985 ha introdotto proprio il testo che noi proponiamo, secondo cui costituisce circostanza attenuante l'aver commesso il fatto per i modi non convenienti usati da altro militare.

In questo modo sparisce la connotazione di ingiustizia che - posso capire - è delicato attribuire al fatto del superiore, ma entra in campo quello che più ci preme, e cioè l'attenuazione della pena per colui che ha reagito in effetti ad un comportamento in qualche modo non lodevole che ha dato causa e parziale giustificazione al comportamento illecito.

Per questa ragione mi sembra che possa essere modificato il parere e accolta la nostra proposta che non interviene in alcun modo frontale a smantellare l'impostazione del Governo, ma introduce una norma comunque raccomandabile.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore e al rappresentante del Governo se ritengono opportuno rivedere il parere contrario alla luce della richiesta avanzata dal senatore Fassone, la cui proposta introdurrebbe un'altra attenuante rispetto a quelle già previste dal testo del disegno di legge.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, confermo il parere contrario e non per una questione di ripicca.

Quando mi si dice che come attenuante dovrebbe valere l'aver commesso il fatto per i modi non convenienti usati da altro militare, vorrei chiedere quale certezza del diritto si avrà. Un modo non conveniente può essere per qualcuno un atto di maleducazione, per un altro un atto di facchineria. Bisogna avere un criterio oggettivo nella valutazione.

Il criterio elaborato dal diritto penale ordinario sulla provocazione mi sembra sufficiente. L'attenuante proposta dall'emendamento è assolutamente generica perché rinvia ad una valutazione soggettiva della convenienza del fatto illecito commesso, che può essere un fatto caratteriale, una scortesia, un ghigno. La non convenienza non dà adito alla certezza del diritto nell'attenuazione di una pena.

FASSONE (DS-U). Ma la provocazione non è menzionata!

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, condivido le considerazioni testé svolte dal relatore alle quali il Governo si conforma.

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell’emendamento 3.14.

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.14, presentato dal senatore Pascarella e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.18, presentato dal senatore Forcieri e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.19, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 3.20.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, quello in esame è un emendamento straordinario che se avessimo a cuore la buona tecnica giuridica dovremmo accogliere immediatamente. L’emendamento 3.20, infatti, in poche parole dice tutto, risolvendo tutti i problemi interpretativi in materia di nozione di reato militare.

Per inciso, non l’ho scritto io, ma chiedo di aggiungere la mia firma elogiandolo nei termini anzidetti. Definire reato militare quello che offende i beni della fedeltà, della disciplina e dell’efficace espletamento dei compiti affidati alle Forze armate, significa esprimere nel modo migliore e più efficace con tre sole definizioni, che qui assumono una valenza giuridica, la nozione di reato militare fissandone i limiti.

Per queste ragioni, credo che, in spirito di collaborazione, da tecnici a tecnici, la maggioranza dovrebbe accogliere questo emendamento e il rappresentante del Governo dovrebbe esprimere un parere favorevole.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, questo è l’ultimo tentativo, il cui esito già mi prefiguro, per cercare di avviare un confronto, non pregiudizialmente chiuso, sul tema centrale della riforma: il futuro della giurisdizione militare.

Nella precedente puntata, se così posso esprimermi, ho cercato di argomentare che non c’è una vera ed effettiva esigenza di natura costituzionale per la conservazione dei tribunali militari in tempo di pace. Conosco le obiezioni, non solo di natura costituzionale ma soprattutto sostanziale e di merito, lungamente esposte nelle Commissioni riunite.

Le obiezioni sono diverse. Innanzitutto, si sostiene che è necessario mantenere nell’organo giurisdizionale quella particolare sensibilità militare che viene soltanto dall’essere operatori di giustizia in questo terreno. Quindi, la particolare sensibilità militare e l’esigenza di sollecitudine. Si dice infatti che i tempi della giustizia ordinaria sono tali da non permettere di rispondere alle esigenze di disciplina e prontezza di reazione che ha l’ambiente militare.

Mi sono fatto ripetutamente carico di queste obiezioni e mi è parso che la prima provi troppo. Infatti, se davvero occorresse avere la particolare sensibilità militare in tutte le situazioni in cui un organo giudiziario conosce di un reato militare dovremmo non prevedere la possibilità che un giudice ordinario conosca mai di reati militari.

Qualcosa di simile, ma di profondamente diverso, avviene per i minorenni: anche per i minorenni è prevista una particolare sensibilità che giustifica una giurisdizione speciale, ma questa non può mai essere derogata. Ricordiamo che la sentenza n. 222 del 1983 della Corte costituzionale colpì proprio quelle disposizioni che prevedevano, per ragioni di connessione, l'attrazione del minorenne davanti al tribunale ordinario. Questa era un'effettiva costituzionalizzazione di una sensibilità particolare che non ammette deroghe.

Qui non c'è, ma non c'è oggi e non ci sarà nemmeno nel testo che vi apprestate a licenziare, perché nelle ipotesi di connessione, di cui all'articolo 264 del codice penale militare e di cui all'articolo 13 del codice di procedura penale, in particolari situazioni di connessione il giudice ordinario conosce del reato militare. Non solo, ma la Cassazione, e quindi la giurisdizione ordinaria, è chiamata istituzionalmente - e lo sarà anche secondo il vostro schema - a decidere dei ricorsi su provvedimenti dei giudici militari.

Quindi, è possibile ed avviene concretamente che la giurisdizione ordinaria conosca del reato militare. Se ci si attesta su questa linea di difesa, indubbiamente si va incontro a queste obiezioni.

L'altra esigenza, e cioè che la giustizia militare abbia una sollecitudine maggiore della giustizia ordinaria, può anche essere vera, io ho qualche riserva, ma concedendo che sia fondata, può trovare agevole soddisfazione individuando una corsia preferenziale per cui i reati militari sono giudicati con precedenza sugli altri.

Ecco perché mi sembra che l'attestarsi su questo sviluppo eccezionale della competenza dei tribunali militari sia non giustificato alla luce delle ragioni che vengono addette e produca, invece, tutta una serie di inconvenienti, sulla quale la prego di riflettere - certo lo ha già fatto - ulteriormente, signor Sottosegretario.

Pensiamo a cosa significa il fatto che Carabinieri e Guardia di finanza sono assimilati ai militari e quindi finiscono sotto la giurisdizione dei tribunali militari, la polizia non lo è e non di rado potrà accadere che un poliziotto e un carabiniere siano coimputati nello stesso contesto e gli uni vadano davanti ad un giudice ordinario, gli altri davanti ad un giudice militare.

Pensiamo cosa significa un'estensione della competenza quasi universale, come quella che vi apprestate a licenziare, in termini di concorso di persona nel reato: più aumenta la tipologia, più è facile che ci sia un civile concorrente, anche in questo caso avremo una duplicazione di procedimenti con un enorme dispendio di energia giudiziaria e il rischio di giudicati contraddittori.

Ecco perché dicevo che la scelta che vi accingete a consacrare, respingendo questo emendamento che rappresenta l'ultimo tentativo di riflessione, risponde solo in parte alla prima constatazione, cioè che la giurisdizione militare è oggi largamente sottutilizzata e quindi bisogna incrementare la sua competenza, perché anche qualora vi riusciate - e io non credo che l'incremento di competenza sarà tale comunque da giustificare questo apparato così complesso e macchinoso - permarranno quegli inconvenienti di cui ho detto.

Ne aggiungo ancora uno, proprio perché mi viene in mente tardivamente, ma non è certo l'ultimo della serie. Nelle ipotesi sempre più frequenti di connessione, in merito alle quali la Corte di cassazione nell'aprile di quest'anno ha recuperato la validità dell'articolo 264, che affida quindi la cognizione ai tribunali ordinari quando c'è un reato comune e un reato militare, quale pubblico ministero farà le indagini: quello militare in ragione del fatto che c'è un militare, o quello ordinario in ragione del fatto che c'è un civile?

Credo che tutta questa serie di incovenienti sia tale da richiedere ancora una riflessione - riflessione che nel corso dei lavori in Commissione fu in effetti sollecitata anche da forze politiche della maggioranza - perché la scelta fatta è assolutamente disfunzionale.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, chiedo a quindici colleghi di appoggiare la richiesta di voto elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Cavallaro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell’emendamento 3.20, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 3.21, identico all’emendamento 3.22.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per chiedere a dodici colleghi l’appoggio alla richiesta di verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l’emendamento 3.21, presentato dal senatore Pascarella e da altri senatori, identico all’emendamento 3.22, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Il relatore, senatore Cirami, ha proposto una riformulazione dell’emendamento 3.24, che è stata accolta dai proponenti.

Pertanto, metto ai voti l’emendamento 3.24 (testo 2), presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

È approvato.

L’emendamento 3.25 è precluso dall’approvazione dell’emendamento 3.24 (testo 2).

Metto ai voti l’emendamento 3.26, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 3.27.

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori (non gli assenti, ma i presenti) a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 3.27, presentato dal senatore Nieddu e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.28, identico all’emendamento 3.29.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, voglio ritornare su questo argomento perché l’emendamento 3.28 mira a sopprimere la sanzionabilità in termini così gravi, ovverosia la reclusione militare fino a tre anni per chi si renda responsabile (attenzione, signori colleghi del Senato) della sottoscrizione di una petizione, anche se volta a chiedere miglioramenti della vita militare.

Credo che non possiamo insegnare a persone giovani o meno giovani, le quali facciano il servizio militare che qualsiasi manifestazione pubblica di libero pensiero in questo esercito - un esercito che comunque non può non ispirarsi anche ai princìpi della democrazia - e in particolare una sottoscrizione, per il semplice fatto di essere firmata, significhi carcere, a prescindere dal merito.

Pensiamo ad episodi di nonnismo che spesso non si denunziano privatamente, ma pubblicamente, attraverso una sottoscrizione ed una petizione. Per cortesia, cerchiamo di non creare una struttura che proprio per la sua rigidità rispetto a queste manifestazioni del pensiero non si raccomanda anche sotto il profilo dell’efficienza.

Per queste ragioni, credo che l’emendamento in esame, che non costa niente, rappresenti una modifica lievissima di una misura voluta da un malriposto spirito gerarchico di corpo. Sottolineo questo punto perché non sto negando la sanzione disciplinare, non sto dicendo che non si possono dare cinque o sette giorni di isolamento o che non si possono togliere, per esempio, le licenze o altri vantaggi della vita militare; come è possibile, però, che diventi un reato militare scrivere che il vitto fa schifo?

Qui siamo di fronte ad un reato che incide sul certificato penale e con gli odierni chiari di luna della situazione occupazionale, il certificato penale è un passaporto indispensabile per lavorare. E allora, se voi incidete sul certificato penale per una sciocchezza di questo tipo, magari dovuta alla giovane età dei soggetti che controfirmano questa protesta collettiva, vi rendete responsabili della difficoltà di vita di un giovane.

Per cortesia, ripensateci! Non è affatto detto che non possa essere sufficiente lo strumento disciplinare e si debba invece ricorrere alla penalizzazione di fatti che magari possono disturbare, che magari possono avere movenze non proprio commendevoli, ma che sono amplissimamente coperti dalle sanzioni disciplinari.

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà (Brusio in Aula)..

CALVI (DS-U). Signor Presidente, mi auguro di essere ascoltato non solo dal relatore, ma anche dal presidente dalla 1a Commissione, il senatore Pastore, dato che l’emendamento potrebbe anche, in qualche modo, riguardare le sue attuali funzioni.

L’emendamento in esame propone che al comma 1, lettera l), dell’articolo 3 siano soppresse le parole che vanno da "la raccolta" fino alle altre: "attinenti alla disciplina". Una prima osservazione in proposito è che siamo di fronte alla reintroduzione di un reato che è stato sicuramente cancellato dalla Corte costituzionale.

Alcuni di voi, mi auguro, almeno uno o due, ricorderanno per averlo sentito più volte dal senatore Fassone che la Corte costituzionale, con sentenza 29 aprile-2 maggio 1985, n. 126, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 180, comma 1, del codice penale militare di pace in relazione all’articolo 97 della Costituzione. È evidente che la Corte costituzionale ha fatto prevalere la legittimità dell’espressione del libero pensiero rispetto ad una norma che la impediva.

So bene, dato che il relatore ha già interloquito sul punto, che si obietta che la novità introdotta sarebbe la forma pubblica, cioè che la raccolta e la partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o proteste sia fatta in forma pubblica. Quindi, nella sostanza, si differenzia il reato di cui al vecchio articolo 180 del codice militare con questa nuova ipotesi, in altre parole si tipizza una fattispecie che è diversa dalla precedente perché in questo caso si verifica in forma pubblica.

Io trovo che sia una sorta di foglia di fico, rispetto alle difficoltà di superare lo sbarramento imposto dall’orientamento della Corte costituzionale. Infatti, stabilire che la manifestazione riguardante un proprio pensiero che determina la raccolta di una sottoscrizione (per protestare, ad esempio, contro il vitto insufficiente o contro un eccesso di severità nell’applicazione delle regole disciplinari) sia fatta in forma pubblica non modifica in alcun modo la fattispecie di cui stiamo discutendo.

La raccolta di firme non è certo fatta in forma privata o segreta. In sostanza, si prevede che, se la sottoscrizione fosse effettuata con segretezza, di notte, non sarebbe reato; se invece venisse fatta nella caserma, pubblicamente, allora diventerebbe reato.

Trovo in questo una ovvia incongruità, ma anche un tentativo di superare la sentenza della Corte costituzionale in modo surrettizio. Ma sicuramente la Corte tornerà sul punto, sicuramente la norma sarà cassata, perché la Corte costituzionale ne dichiarerà certamente l’illegittimità, poiché essa viola l’articolo 97 della nostra Carta costituzionale.

Del resto, come ho già detto, in questo modo si sostiene che una raccolta di firme fatta in modo occulto, segreto, di notte, non costituirebbe un atto illecito, mentre se venisse fatta in caserma o davanti a tutti i colleghi si realizzerebbe la fattispecie tipica prevista da questa norma.

A me sembra francamente che ci sia un eccesso di zelo, ma anche una carenza di fantasia, diciamo così. Certamente, non parlo della fantasia giuridica, perché il senatore Cirami è uomo esperto in questioni di diritto; mi riferisco invece ad una carenza di fantasia nell’elaborare un concetto che superi lo sbarramento della sentenza n. 126 del 1985 della Corte costituzionale.

Credo pertanto che sia interesse di tutti, per ragioni di carattere sostanziale, accogliere questo emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo al relatore se vuole aggiungere qualcosa al parere che ha già espresso.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, vorrei che quando si citano le sentenze della Corte costituzionale, lo si facesse in maniera corretta, per rispetto dell’Aula. Dare un’informativa dimezzata, che può suscitare perplessità, è azione non corretta.

L’articolo 180 del codice penale militare di pace era formato da due commi. Il primo comma recitava: "Quando dieci o più militari, collettivamente o separatamente, ma previo accordo, presentano la stessa domanda o lo stesso esposto o reclamo, ciascuno di essi è punito con la reclusione militare fino a un anno".

Questo comma è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale. Resta invece vigente il secondo comma, che prevede quanto segue: "Se la domanda, l’esposto o il reclamo è presentato da quattro o più militari mediante pubblica manifestazione, la pena è della reclusione militare da sei mesi a tre anni". Questo, dunque, è ancora illecito penale.

Nella formulazione del disegno di legge delega, abbiamo voluto essere ancora più cauti, riferendoci alla pubblica sottoscrizione e non al reclamo collettivo. Si tratta, quindi, di un’ipotesi più restrittiva rispetto a ciò che rimane reato, nonostante l’abolizione del primo comma dell’articolo 180, decisa dalla Corte costituzionale.

Pertanto, mi sembra assai poco corretto - ripeto - parlare delle sentenze della Corte costituzionale senza citarne per intero le argomentazioni.

PRESIDENTE. Il relatore ed il rappresentante del Governo confermano quindi il loro parere contrario sugli emendamenti 3.28 e 3.29.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.28, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori, identico all’emendamento 3.29, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.30.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Cavallaro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 3.30, presentato dai senatori Cavallaro e Bedin.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.31, presentato dal senatore Forcieri e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.32, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Il relatore ha proposto una modifica all'emendamento 3. 102, che è stata accolta dai proponenti.

Metto pertanto ai voti l’emendamento 3.102 (testo 2), presentato dai senatori Malabarba e Sodano Tommaso.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.33.

CIRAMI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, vorrei far presente che nell’emendamento vi è un'omissione di carattere formale laddove si fa riferimento all’articolo 322 del codice penale, mentre correttamente si dovrebbe far riferimento all’articolo 322-ter del codice penale. Invito pertanto i proponenti a correggere il testo dell'emendamento.

PRESIDENTE. Chiedo al presentatore, senatore Zancan, se accoglie l’invito del relatore.

ZANCAN (Verdi-U). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.33 (testo corretto), presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

È approvato.

L’emendamento 3.103 risulta pertanto assorbito.

Metto ai voti l'emendamento 3.34, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.104, presentato dal relatore, senatore Cirami.

E' approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.37.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole all’emendamento 3.37, limitatamente alla prima proposizione. Ritiro invece la seconda, che inizia con la parola: "Conseguentemente..", e ne spiego il motivo.

Il relatore si è sorpreso di questo emendamento che, tra le altre, prevede che sia configurato come reato militare il comportamento del comandante che omette di vigilare sull’avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire importuni o altri eventi dannosi se dal fatto deriva un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni. Ricordo che nell’articolo 2, votato poc’anzi, sono stati enunciati il debito e l'osservanza del principio di offensività.

Il principio di offensività, nella natura penale, significa che può essere configurato come reato solamente un comportamento che lede un bene di rilevanza tale da essere configurato come illecito penale o, se si tratta di pericolo, deve essere un pericolo assai prossimo e, a sua volta, un pericolo che investe un oggetto particolarmente qualificato.

Ora, che da questa omissione derivi semplicemente un generico pericolo per l’integrità dei beni mi sembra un fatto certamente non commendevole, che può essere sanzionato in sede disciplinare; trasformarlo in un illecito penale configura invece un privilegio di cui i comandanti non so se saranno fieri, posto che analoga condotta in campo civilistico costituisce reato soltanto qualora vi sia davvero una lesione dell’incolumità personale del soggetto.

In questo caso, quindi, configuriamo un’evidente disparità di trattamento che in un codice penale militare di pace, a mio avviso, non ha ragione di sussistere.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 3.37 (testo 2), presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 3.35, identico all’emendamento 3.36.

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

NIEDDU (DS-U). Presidente, facciamo qualcosa, è scandaloso!

PRESIDENTE. Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.35, presentato dal senatore Nieddu e da altri senatori, identico all’emendamento 3.36, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.38, presentato dal senatore Pascarella e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.39, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.40, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.105, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 3.43, presentato dal senatore Forcieri e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'articolo 3, nel testo emendato.

È approvato.

Il rappresentante del Governo ha proposto una modifica all’ordine del giorno G3.100, che è stata accolta dal presentatore.

Metto pertanto ai voti l’ordine del giorno G3.100 (testo 2), presentato dal senatore Pessina.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 4, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

Presidenza del vice presidente FISICHELLA

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, con gli emendamenti presentati all'articolo 4 si cerca di incidere sulla questione, che abbiamo già stigmatizzato sia in sede di questioni di costituzionalità che in sede di discussione generale, e sulla quale è indispensabile ritornare. Si tratta, in altre parole, di cercare di contrastare - e lo facciamo con l'emendamento 4.1 - la chiusura della norma alle lettere c) e d), che prevede l'applicazione della sola legge penale militare di guerra ai corpi di spedizione all'estero per operazioni militari armate in condizioni diverse dal conflitto armato.

E allora, se l'italiano ha ancora un significato, "in condizioni diverse dal conflitto armato" significa "in una condizione di pace"; io mi domando perché mai ad una nostra spedizione all'estero, che non può altro che essere di pace (se non fosse di pace avrebbe dovuto avere l'autorizzazione parlamentare per la dichiarazione di guerra), non di conflitto, si debba applicare il codice penale militare di guerra.

È un mistero di questa legge, mistero che ha peraltro una significanza assai rilevante, perché aumenta le pene, aumenta il controllo, diminuisce quelle che sono le garanzie del contradditorio processuale, dà una competenza specifica incardinata unicamente presso il tribunale di Roma, e quindi snatura la disciplina ordinaria dei reati militari. Non si capisce perché mai questo avvenga in una situazione che non ha nulla a che vedere con la situazione di guerra.

Io non vorrei risvegliare il signor De Lapalisse, il quale dorme sempre i suoi sonni, salvo quando si scrive che un codice militare di guerra si deve applicare in una spedizione di pace, in una situazione di pace: questo è veramente un disturbo indebito.

Un retropensiero che ho già definito pericolosissimo quello di giocare a fare la guerra attraverso delle non assunzioni di responsabilità, in modo surrettizio, attraverso l'utilizzo dello strumento codice militare di guerra che diventa, per l'appunto, pericolosissimo, non garantente, privativo delle garanzie, privativo del contraddittorio, privativo di mezzi di impugnazione delle decisioni, insomma un codice tutt'affatto diverso.

Queste sono le considerazioni per le quali abbiamo presentato un emendamento soppressivo. Questa norma, che ha una così straordinaria incidenza e che era stata, apparentemente in modo surrettizio ed eccezionale, utilizzata per le recenti spedizioni all'estero delle nostre Forze armate, diventerebbe di regime, tale per cui i nostri soldati quando vanno all'estero, anche a portare rose, fiori o a lavorare per risolvere, ad esempio, i danni di un'alluvione, sarebbero sempre soggetti alla legge militare di guerra. Si tratta di una contraddizione in termini che io ritengo inspiegabile e, come tale, inaccettabile.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, il mio emendamento 4.100 ha una mera funzione di coordinamento, ed è volto a chiarire l'alternatività delle previsioni di cui alle lettere c) e d): la prima, ricorrendo ai relativi presupposti, si applicherà nei casi di operazioni militari all'estero in condizioni di conflitto armato; la seconda, in tutti gli altri casi di operazioni militari all'estero.

L'emendamento 4.100 ha soltanto una funzione di coordinamento, essendo volto a chiarire l'alternatività delle previsioni di cui alle lettere c) e d); la prima, ricorrendo i relativi presupposti, si applicherà nei casi di operazioni militari all'estero in condizioni di conflitto armato, la seconda in tutti gli altri casi di operazioni militari all'estero.

L'emendamento 4.101 ha natura essenzialmente di coordinamento, introducendo il rinvio ai limiti di pena già previsti dalla legislazione militare vigente in coerenza con l'impostazione generale seguita dalle Commissioni riunite, salvi i limitati casi in cui sia adottata una soluzione ad hoc diversa.

La proposta di cui all'emendamento 4.102 è volta, conformemente all'articolo 103 della Costituzione, ad ampliare, limitatamente ai casi in cui ricorrano i presupposti per l'applicabilità delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra, la giurisdizione dei tribunali militari, sembrando ragionevole che in tale circoscritta ipotesi sia attribuita a tale giurisdizione la cognizione di tutti i reati militari anche quando non commessi da militari.

L'emendamento 4.103 ha un carattere applicativo essendo volto a sostituire il rinvio alla nozione di tempo di guerra con il rinvio più preciso alle disposizioni che individuano secondo quali modalità viene accertata la sussistenza del requisito del tempo di guerra.

L'emendamento 4.104 propone di inserire l'articolo 233 del codice penale militare di guerra tra le disposizioni di cui si prevede l'abrogazione. Tale disposizione, consentendo che il giudice militare possa per ragioni di convenienza rimettere all'autorità giudiziaria ordinaria taluni procedimenti di sua competenza, appare in contrasto con il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, sia in quanto lo spostamento di competenza verrebbe deciso a posteriori, con una valutazione insindacabile in relazione a casi non tassativamente individuati, sia in quanto non sarebbe predeterminato il giudice ordinario a favore del quale avrebbe luogo lo spostamento di competenza. Al riguardo, vi è la sentenza della Corte costituzionale n. 110 del 1963.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, illustro l'emendamento 4.2.

La lettera h) del comma 1 dell'articolo 4 prevede addirittura l'estensione della tutela del potere di ordinanza militare. Come giustamente si evince dalla dizione letterale dell'articolo, il potere di ordinanza militare in questi casi è consistente, di notevole rilievo, in quanto le ordinanze debbono essere emesse per assicurare l'ordine e la sicurezza dei reparti, la sicurezza in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e degli accordi di tregua.

Sono poteri particolarmente invasivi e incisivi. Noi non riteniamo d'inficiare tale facoltà, proponiamo soltanto che, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 78 della Costituzione, vi sia un richiamo normativo specifico ai diritti costituzionali e ai princìpi generali dell'ordinamento giuridico.

L'obiezione che può essere mossa è che si tratta di una norma endiadica o addirittura superflua, tuttavia, poiché parliamo di ordinanze emesse in condizioni e con modalità particolari, crediamo che l'invocazione specifica dei princìpi generali non sia inutile.

L'emendamento soppressivo 4.5 si illustra da sé.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, con l'emendamento 4.30 ci proponiamo non di incidere ma semplicemente di puntualizzare la previsione di cui al numero 6), che riguarda una materia di particolare delicatezza e importanza, e cioè la libertà personale.

L’articolo 4, alla lettera m), numero 6) affida al Governo la previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, dilatando questa facoltà, e prevede un mandato generico relativamente alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere posto tempestivamente a disposizione dell’autorità giudiziaria.

È il caso di ricordare che ci muoviamo nella cornice del codice penale militare di guerra e quindi è normale, anche se non inevitabile, che l’autorità giudiziaria non sia in prossimità del luogo dell’avvenuto arresto. Pertanto, il criterio presente nella delega, così come espresso, è relativamente generico perché non dice cosa si deve fare per assolvere quel debito che l’articolo 13 della Costituzione prevede universalmente e quindi anche nei casi del codice penale militare.

Questo è il motivo per cui mi sembra raccomandabile che quantomeno sia prevista una sollecita comunicazione dell’arresto quando l’autorità giudiziaria non sia in loco e una qualche forma di convalida in contraddittorio che, qualora l’autorità non sia raggiungibile facilmente, avvenga attraverso le forme dell’audizione a distanza.

Ciò che ritengo necessario inserire e che mi preme è proprio questo corredo di garanzia che il criterio affaccia genericamente ma che in questo modo verrebbe meglio puntualizzato.

Con l’emendamento 4.40 proponiamo di rimuovere il possibile equivoco racchiuso nel comma 1, lettera n), numero 3). Quest’ultimo prevede uno sforzo di conservazione degli atti, avuto riguardo al particolare teatro nel quale questi vengono raccolti, cioè un teatro di guerra. Infatti, si propone di conservare l’utilizzabilità di questi atti anche al di fuori della casistica prevista dal codice di procedura penale.

A me sembra che l’aver opportunamente previsto la conservazione degli atti quando gli stessi siano divenuti irripetibili può trovare un limite nell’inciso "per morte, infermità o irreperibilità". Queste, infatti, sono situazioni irrilevanti esclusivamente nel caso della prova dichiarativa. Potrebbe avvenire però che anche altra prova sia raccolta e divenga irripetibile proprio per il particolare teatro nel quale avviene.

Sopprimendo questo inciso non si perdono sicuramente i tre eventi considerati, perché se vi sono producono di per sé l’irripetibilità, ma si apre la strada anche ad altre cause di irripetibilità che sarebbe inopportuno escludere da questo sforzo di conservazione.

PRESIDENTE. Invito i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull’emendamento 4.1, anche tenendo conto dell’emendamento 4.700 presentato dal Governo, sul quale esprimo parere favorevole, che riformula la parte finale, elidendo il riferimento al decreto del Presidente della Repubblica che sostituisce con la previsione che la dichiarazione del conflitto del teatro di guerra avvenga "con atto avente forza di legge".

Il mio parere non può che essere favorevole sugli emendamenti 4.100, 4.101 e 4.102, a mia firma. Il parere è, invece, contrario sull’emendamento 4.2, di cui lo stesso senatore Cavallaro ha riconosciuto la natura pleonastica, e sull’emendamento 4.3.

Signor Presidente, esprimo parere favorevole sull’emendamento 4.30 pur non avendo compreso le ragioni per le quali la 5a Commissione ha espresso parere contrario. Vorrei che qualcuno mi spiegasse le motivazioni di tale parere.

L’emendamento 4.30 recita: ", prevedendo in ogni caso la sollecita comunicazione dell’avvenuto arresto all’autorità medesima e una procedura di convalida in contraddittorio, attuata ove occorra attraverso lo strumento dell’audizione a distanza".

Non capisco che spese possano comportare le telecomunicazioni tra la zona delle operazioni e la procura della Repubblica. In ogni caso, le comunicazioni devono avvenire comunque, perché all’autorità giudiziaria procedente - che nel caso di specie, se ci si trova all’estero, è la procura della Repubblica di Roma - un’informativa deve essere trasmessa e quindi rientrerebbe nelle spese della giustizia. Ripeto, non capisco la ratio di quel parere e ribadisco il mio parere favorevole.

Esprimo parere contrario sull'emendamento 4.5 e favorevole, ovviamente, sull'emendamento 4.103, a mia firma.

Sull'emendamento 4.40 esprimo parere contrario perché la norma è già derogatoria e quindi i casi d'irripetibilità degli atti, senatore Fassone, devono risultare per fatti certi: per morte, per infermità o per irreperibilità, non ce ne sono altri, visto che qui è contenuta una deroga.

Esprimo ugualmente parere contrario sull'emendamento 4.6 ed ovviamente parere favorevole sull'emendamento 4.104.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

Solo un accenno per dire che l'emendamento 4.700 del Governo mira a sostituire la previsione di cui al testo della Commissione, che parlava di una deliberazione delle Camere in senso generico come, ad esempio un ordine del giorno, con quella di un atto avente forza di legge. Credo che ciò possa garantire tutto il Parlamento, che verrà chiamato a votare una legge qualora ci dovessimo trovare nelle condizioni di essere in tempo di guerra, con tutto quel che ne consegue e di cui abbiamo parlato.

Quanto alla questione, accennata dal relatore Cirami, del parere contrario espresso dalla 5a Commissione sull'emendamento 4.30, il quale fa riferimento allo strumento dell'audizione a distanza, poiché qui si tratta di una delega al Governo, qualora ci fossero preoccupazioni di questo genere si può trovare anche una formula diversa (ad esempio dire: "attraverso i mezzi di comunicazione di cui siamo dotati"), se questo è il problema, ma spero davvero non sia così.

Per il resto, come ho già detto, concordo con il parere espresso dal relatore.

AZZOLLINI (FI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, ricordo che il parere della 5a Commissione è espresso in conformità alle leggi di contabilità pubblica. Per quanto riguarda l'emendamento 4.30, si tratta di una nuova modalità, che pertanto deve essere implementata, e ciò comporta oneri. Si tratta di un principio generale che è valso, purtroppo, anche in questo caso.

Ricordo che noi non valutiamo mai il merito della proposta emendativa o della norma, ma che la nostra è solo una considerazione relativa all'onere che ne deriva.

Colgo poi l'occasione per esprimere, ai sensi dell'articolo 100, comma 7, del Regolamento, parere favorevole sull'emendamento 5.700 (testo 3), proprio perché si è indicata la copertura così come, sommessamente ma in modo convinto, la Commissione bilancio aveva richiesto.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.1.

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.1, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.700, presentato dal Governo.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.100, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.101, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.2.

 

Verifica del numero legale

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo per chiedere a dodici colleghi il sostegno alla richiesta di verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

ZANCAN (Verdi-U). Senatore Consolo, ci sono quattro luci accese vicino a lei!

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la verifica del numero legale.

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l’emendamento 4.2, presentato dai senatori Cavallaro e Bedin.

Non è approvato.

Metto ai voti l’emendamento 4.3, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l’emendamento 4.102, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Passiamo all'emendamento 4.30, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

CALVI (DS-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, ovviamente, per superare lo sbarramento del parere della 5a Commissione, chiederemo il voto elettronico di quest’emendamento. Tuttavia, mi sia consentito innanzi tutto di prendere atto del parere favorevole del Governo e del relatore.

Vorrei poi ricordare al senatore Azzollini che siamo in tema di procedura di convalida dell’arresto: se non si fa entro un certo tempo, il soggetto che ha commesso l’atto delinquenziale viene scarcerato.

A questo punto, non attueremmo tale procedura non avendo a disposizione poche delle vecchie lire, perché si tratta di una comunicazione telefonica che riguarda un militare che, ad esempio, è in Afghanistan o in Iraq, dove comunque le comunicazioni vi sono sempre, perché i nostri militari sono in collegamento con l’autorità giudiziaria militare italiana.

Dunque, di fronte a un dovere istituzionale, qual è quello di una procedura di convalida in contraddittorio, che serve a convalidare l’arresto (altrimenti decade il provvedimento di custodia) e, nello stesso tempo, a fronte di una spesa di poche centinaia delle vecchie lire per una telefonata, per un collegamento che utilizzi gli strumenti militari già esistenti, ad esempio, in Afghanistan o in Iraq, io non solo credo sia da votare in ogni caso l’emendamento 4.30 con il voto elettronico per superare lo sbarramento del parere della 5a Commissione, ma credo che l’opinione del collega Azzollini, che certamente è fondata su dati meramente formali, sia sostanzialmente inaccettabile, perché - lo ripeto - per poche lire s'impedisce l’esecuzione di un provvedimento che è legittimo e la cui esecuzione, appunto, potrebbe essere sicuramente legittimata, per esempio, attraverso la convalida.

Insisto quindi perché si voti l’emendamento 4.30.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Calvi, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 4.30.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, io voglio invece dissociarmi dal parere del senatore Calvi e associarmi al parere del presidente Azzollini, perché, siccome qui si applica il codice militare di guerra, che prevede come reato l’uccisione dei piccioni viaggiatori, evidentemente, conoscendo questa norma, il senatore Azzollini ha pensato che il mezzo di comunicazione fossero i piccioni viaggiatori…

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, volevo informare i signori senatori, quindi anche quelli della 5a Commissione, che già attualmente è in dotazione, nelle missioni, sulle navi, ovunque siano presenti i nostri contingenti, un sistema di collegamento audio e addirittura anche video di cui si usufruisce.

L’emendamento 4.30, quindi, non costituisce un onere aggiunto nella maniera più assoluta. Se poi non bastassero le mie parole, si possono aggiungere, in calce a quest’emendamento, dopo le parole: "attraverso lo strumento dell’audizione a distanza", le altre: "già in dotazione". Questo credo possa tagliare la testa al toro, come si suol dire.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Sottosegretario.

Il relatore concorda con tale proposta di modifica avanzata dal Governo?

CIRAMI, relatore. Sì, Signor Presidente, mi pare che tale modifica sia assolutamente opportuna. È risibile sostenere che non possiamo attuare la procedura perché manca qualche centinaio di lire per i collegamenti, utilizzando gli strumenti già esistenti.

Quanto suggerito dal Governo è dunque un espediente che mi pare possa superare le giuste obiezioni, dal punto di vista contabile, della 5a Commissione.

PRESIDENTE. Invito il Presidente della 5a Commissione permanente a pronunziarsi sulla proposta di modifica avanzata dal Governo.

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, vorrei prima chiedere al sottosegretario Bosi di dare lettura del testo così come modificato dalla sua correzione.

PRESIDENTE. Sottosegretario Bosi, la prego di dare lettura della sua proposta di modifica.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, ho proposto di aggiungere in calce, dopo le parole "audizione a distanza", le altre "già in dotazione".

AZZOLLINI (FI). Signor Presidente, nonostante le simpatiche osservazioni dei senatori Calvi e Zancan la modifica non appare convincente. Qui non stiamo parlando dello strumento - è ben noto del resto che esso è in dotazione - parliamo dei collegamenti.

Mi rendo conto che magari in questo caso si tratta di poco, ma per quello che mi riguarda il mio compito è di verificare se vi sia o meno un onere: ebbene, è di tutta evidenza in questo caso che l’onere c’è. Faccio presente che soltanto in questa legge che state esaminando per un altro emendamento che aveva un problema analogo o addirittura sembrava di tenore più basso si è poi constatato che il suo costo è pari a circa 10.000 euro. Ogni legge, ogni emendamento, va valutato per quello che è e vi sono centinaia o anche migliaia di proposte emendative, onerose o meno.

Questa è dunque la mia valutazione: così come stanno le cose e senza aver riunito la Commissione (mi sembrerebbe peraltro eccessivo dover attuare adesso un procedimento intero), sulla base di quello che posso dire ai sensi dell’articolo 100 del Regolamento, comma 7, cioè senza la previa consultazione della Commissione, il mio parare non può che confermarsi contrario. (Applausi dei senatori Moro e Ferrara).

PRESIDENTE. Rimane allora in piedi la proposta del senatore Calvi tendente a verificare se vi sono quindici colleghi che chiedono la votazione per superare tale parere della 5a Commissione.

GUBERT (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GUBERT (UDC). Signor Presidente, a titolo di buonsenso, desidero dichiarare che voterò a favore di questo emendamento. Non è pensabile che vi siano due pesi e due misure su alcuni aspetti e che si scivoli su qualche centinaio di euro.

Mi sembra che ci vorrebbe da parte del presidente della Commissione bilancio un minimo di buon senso per capire, come ha testimoniato anche il rappresentante del Governo, che per pochi soldi non va in crisi nessun equilibrio finanziario.

CALVI (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALVI (DS-U). Signor Presidente, intervengo seriamente e non scherzosamente, come ho fatto prima. Il senatore Azzollini ha svolto il suo dovere formale fino in fondo, poiché deve esercitare un controllo anche se si tratta di un solo euro. A questo punto, però, vorrei rivolgere un appello all’Aula, affinché si prenda atto di ciò che diceva poco fa il senatore Gubert e cioè che occorre un po’ di buonsenso.

Non vorrei, senatore Azzollini, che essendo incrementato il reato di furto a carico dei militari e non potendo più trattenerli perché non si fa una comunicazione per la convalida dell’arresto, qualcuno sospettasse che ci sia un’istigazione a commettere reato o un favoreggiamento (naturalmente ora sto scherzando).

Rivolgo quindi all’intera Assemblea l’appello che poc’anzi il senatore Gubert faceva al senatore Azzollini, affinché il buonsenso prevalga e quindi si voti a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Procediamo dunque con la votazione.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

(art. 102-bis Reg.)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 4.30, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.5, presentato dai senatori Cavallaro e Bedin.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.103.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale. (Commenti dai Gruppi FI e AN).

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta non risulta appoggiata).

Metto ai voti l'emendamento 4.103, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.40.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole su questo emendamento. Prendo la parola unicamente perché mi sembra che il parere contrario formulato dal relatore nasca da un equivoco. Il senatore Cirami ha detto che queste parole delle quali propongo la soppressione sono necessarie per tipizzare le situazioni…(Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di fare silenzio. Prego, senatore Fassone, può continuare.

FASSONE (DS-U). La ringrazio, Presidente. Dicevo che il senatore Cirami ha espresso parere contrario alla soppressione di queste parole per una esigenza di tipizzazione delle situazioni di irreperibilità.

A me sembra che l’articolo 512 del codice di procedura penale, che nella situazione ordinaria disciplina il recupero degli atti per irreperibilità, non sia ancorato necessariamente a queste tre fattispecie. Queste tre situazioni (la morte, l’infermità e l’irreperibilità) sono invece presenti nell’articolo 195, a proposito della testimonianza indiretta, che risponde ad un’altra esigenza, e in effetti sono legate alla situazione della prova dichiarativa. Se la persona è morta, è diventata inferma o non si sa più dove sia, allora è effettivamente necessario tipizzare la situazione per dare ingresso alle sue dichiarazioni attraverso un altro veicolo.

L’irreperibilità, però, applicata all’universo delle prove, quindi non solo a quelle dichiarative, non necessita di questa specificazione, che anzi rischia di non considerare recuperabili tutti gli atti a sorpresa, ovvero tutti gli atti in cui ad esempio la situazione topografica è mutata laddove la situazione dei luoghi è necessaria ai fini della prova. Mi sembra, pertanto, opportuno insistere su questo emendamento.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Chiediamo la verifica del numero legale.

 

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato è in numero legale.

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.40, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.6, presentato dal senatore Zancan e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 4.104, presentato dal relatore, senatore Cirami.

E' approvato.

Mette ai voti l’articolo 4, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 5, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, è l’ultimo intervento in una battaglia condotta con tutti i mezzi corretti a disposizione e destinata ad essere sconfitta. Rimane, però, una testimonianza di quella che potrebbe e, a nostro avviso, dovrebbe essere la soluzione corretta per far fronte sia all’esigenza di specificità della giurisdizione militare sia all’esigenza di non avere un apparato complesso e macchinoso come quello previsto, che si occupa di un oggetto molto limitato, con tutti gli inconvenienti cui si è fatto cenno.

L’emendamento 5.1 è il più radicale e riconosco che esso entrerebbe in tensione con l’articolo 103 della Costituzione, anche se ho cercato di argomentare come una lettura corretta di questa norma costituzionale, alla luce dei lavori preparatori, dia spazio alla tesi sostenuta da parte della dottrina per cui la previsione, nell’articolo 103, dei tribunali militari sarebbe non un obbligo di strutturazione ma un limite.

Comunque, come ho detto, l’emendamento 5.1 è la proposta più radicale che affidiamo come testimonianza concreta quanto meno di uno sbocco futuro in una revisione effettiva dei punti nevralgici della Costituzione.

A livello di Costituzione vigente si muove, invece, l’emendamento 5.2 che prevede la conservazione dei tribunali militari come organo specializzato, tale definito dalla VI Disposizione transitoria e finale della Costituzione. Li mantiene quindi nella loro composizione, nella previsione di un ruolo organico ed autonomo, nella previsione che vi sia l’ufficiale militare chiamato a portare la particolare sensibilità delle Forze armate in questa materia, ma li configura come articolazione della giurisdizione ordinaria, prevedendone un impiego più razionale, più efficiente e comunque rispondente alle esigenze di tempestività, affacciate dai difensori dell’assetto vigente attraverso una corsia preferenziale e privilegiata dei reati militari.

Questa tesi, a nostro avviso, potrebbe e dovrebbe opportunamente rappresentare un punto di confluenza delle opposte esigenze.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, l’emendamento 5.103 (testo 2) ha per oggetto l’istituzione di una sezione disciplinare nell’ambito del Consiglio della magistratura militare. Le ragioni di una simile soluzione sono analoghe a quelle che hanno indotto il legislatore ordinario a prevedere una identica soluzione per il Consiglio superiore della magistratura ordinaria.

In particolare, rispetto all’assetto attualmente esistente, per cui la competenza in materia disciplinare è del plenum del Consiglio, va sottolineato come la soluzione suggerita consenta di ovviare in modo più agevole alle problematiche in tema di incompatibilità tanto in caso di rinvio a giudizio, quanto negli altri casi in cui le stesse potrebbero porsi.

È semplicemente da ricordare che i componenti del Consiglio della giustizia militare non vanno fuori ruolo e quindi nell’esercizio dell’attività ordinaria possono essere passibili di procedimenti disciplinari, per cui la sezione disciplinare, così come è stata prevista nell’emendamento, credo debba poter ovviare alle forme di incompatibilità nel giudizio disciplinare.

L’emendamento 5.104 concerne l’accorpamento degli uffici giudiziari che, nel caso della magistratura militare, tenendo conto del numero dei magistrati militari e del carico di lavoro cui gli stessi devono far fronte, corrisponde ad un’esigenza di razionalizzazione evidenziata da più parti, magistrati auditi compresi. L’emendamento prevede la soppressione delle due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste.

Anche l’emendamento 5.105 prevede l’accorpamento degli uffici giudiziari nel caso della magistratura militare, tenendo conto del numero dei magistrati militari e del carico di lavoro, che da più parti si è detto assolutamente risibile e defatigante, cui gli stessi magistrati devono far fronte. Anche in questo caso l’emendamento corrisponde ad un’esigenza di razionalizzazione evidenziata da più parti, magistrati compresi.

Per quanto riguarda l’emendamento 5.106, che mi pare possa incontrare resistenze e del quale mi riservo di valutare la proposta di ritiro, esso intendeva attribuire all’Esecutivo la facoltà di istituire uno o più tribunali presso il comando dei corpi di spedizione all’estero per far fronte a situazioni impreviste in cui l’accentramento presso il tribunale militare di Roma - come previsto dall’articolo 4, comma 1, lettera m), numero 2) del testo in esame - della competenza relativa alla cognizione dei reati commessi all’estero potrebbe risultare non opportuno, ad esempio perché il teatro delle operazioni si trova a grande distanza, o per la presumibile mole di lavoro, o per le difficoltà di comunicazioni, o per altri motivi ancora (come può essere anche la durata del tempo della missione), e potrebbe invece essere utile avere un ufficio giudiziario operante sul posto.

Questo è il contenuto degli emendamenti da me presentati, che sottopongo all’Assemblea.(Brusìo in Aula. Richiami del Presidente).

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Con l’emendamento 5.700 (testo 3), rispetto al testo licenziato dalla Commissione, prevediamo che sia il Primo presidente della Corte di cassazione a presiedere il Consiglio della magistratura militare anziché il Presidente della Repubblica. Peraltro, con l’occasione, abbiamo voluto anche dare copertura alla composizione del Consiglio superiore della magistratura militare.

Infine, con riferimento all’emendamento 5.106 del relatore Cirami, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario, comunico che per quanto riguarda il Governo nulla osta al ritiro così come dichiarato dallo stesso senatore Cirami.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti s'intendono illustrati.

ZANCAN (Verdi-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANCAN (Verdi-U). Signor Presidente, l’emendamento proposto dal Governo… (Commenti dai banchi della destra). Scusate, colleghi, ma esso mi suscita forti dubbi di costituzionalità e poiché non è venuta meno la possibilità di porre un’eventuale pregiudiziale costituzionale, dal momento che l’emendamento del Governo viene presentato in questo istante, ragiono secondo logica sistematica.

Siccome il Primo presidente della Corte di cassazione fa parte di diritto del Consiglio superiore della magistratura ordinario e siccome esiste un principio costituzionale per il quale nessuno può far parte di organi costituzionali diversi, perché questi debbono avere ciascuno la propria autonomia, a me sembra che la soluzione di far presiedere il Consiglio superiore della magistratura militare dal Primo presidente della Corte di cassazione, che già fa parte di diritto del Consiglio superiore della magistratura ordinario, sia molto sospettabile di incostituzionalità.

Ecco perché chiedo al relatore e al Governo di meditare, perché sarebbe un errore tragico se in due organi costituzionali fosse presente la medesima persona, nel caso in ispecie il Primo presidente della Cassazione.

PRESIDENTE. Senatore Zancan, abbiamo preso atto di quanto lei ha detto. Tenga conto che questo emendamento del Governo recepisce sostanzialmente le conclusioni cui è pervenuta la 1a Commissione permanente del Senato: tanto le volevo segnalare.

A questo punto dobbiamo acquisire i pareri dei relatori e del Governo sugli emendamenti all'articolo 5.

Invito pertanto i relatori ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, il mio parere è contrario all'emendamento 5.100.

Spiegherò brevemente le ragioni per cui il mio parere è contrario gli emendamenti 5.1 e 5.2… (Brusìo in Aula). Se i colleghi non lo tollerano, signor Presidente, possiamo rinviare la seduta…

PRESIDENTE. Vada avanti, senatore Cirami.

CIRAMI, relatore. Per quanto riguarda gli emendamenti 5.1 e 5.2, credo, con tutto il rispetto per le opinioni espresse dal senatore Fassone, che se ne sia discusso abbondantemente in sede di Commissioni riunite. Mi pare di aver colto oggi una contraddizione, che prima non mi risultava, e cioè che c'è un limite costituzionale al trasferimento dei tribunali penali speciali militari a tribunali militari come sezioni specializzate. Tale limite costituzionale è stato ribadito dalla Corte costituzionale più volte e noi ci siamo arresi a questo arresto giurisprudenziale della Corte.

De iure condendo, sono perfettamente d'accordo sulle ragioni di accorpamento della magistratura militare con la magistratura ordinaria, ma a Costituzione vigente ciò non mi pare possibile, e per questo molto sinteticamente ho espresso parere contrario a questi emendamenti.

Parere ugualmente contrario sugli emendamenti 5.101 e 5.102. Il mio parere è ovviamente favorevole sugli emendamenti 5.103 (testo 2) e 5.104, a mia firma. Intendo però riformulare il 5.104 in questo senso: "al comma, dopo la lettera e), aggiungere la seguente: "e-bis) prevedere un'unica sede di corte militare d'appello, sopprimendo conseguentemente le due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste"".

Esprimo parere favorevole sull'emendamento 5.105, a mia firma, mentre ritiro l'emendamento 5.106. Infine, il mio parere è contrario sull'emendamento 5.4.

Per quanto riguarda l’emendamento 5.700 (testo 3) del Governo, l'Aula mi dovrà consentire qualche osservazione, perché vorrei capire la ragione di questo emendamento, signor Presidente, che arriva in zona cesarini. Visto che nel corso della discussione sono state sollevate delle perplessità circa la compatibilità con il vigente quadro costituzionale dell'attribuzione al Capo dello Stato della Presidenza del Consiglio della magistratura militare, devo rilevare che tali osservazioni sono state formulate sulla base dell'assunto che le funzioni attribuite al Capo dello Stato sarebbero tassativamente individuate dalla Costituzione.

Premesso che, anche a volere condividere tale tesi, le competenze costituzionalmente attribuite al Presidente della Repubblica (comando delle Forze armate, presidenza del Consiglio superiore della magistratura ordinaria) forniscono la base sufficiente ad assicurare la razionalità ed il fondamento della soluzione proposta dalle Commissioni riunite in ordine alla Presidenza del Consiglio della magistratura militare, va sottolineato che l'affermazione secondo la quale al Capo dello Stato spettano solo le funzioni allo stesso attribuite dalla Costituzione o da leggi costituzionali non solo non trova concorde la dottrina - essendo sostenuta in taluni casi e non condivisa in altri - ma è smentita dalla legislazione vigente.

Si pensi alle competenze del Presidente della Repubblica in materia di scioglimento di consigli comunali e provinciali, a quelle in tema di ricorso straordinario al Capo dello Stato, ai provvedimenti di annullamento straordinario di atti amministrativi illegittimi, ai provvedimenti relativi alla cittadinanza, che configurano ipotesi non discusse in cui il Capo dello Stato esercita funzioni non espressamente attribuite dalla Costituzione.

In aggiunta a quanto precede, va poi ricordato che la tesi di un'attribuzione tassativa di funzioni al Capo dello Stato da parte della Costituzione è stata espressamente contraddetta rispetto alle funzioni amministrative - e quella in esame è una funzione amministrativa, non potendo essere inquadrata tra le funzioni legislative o giurisdizionali - dalla sentenza della Corte costituzionale n. 35 del 1962, che fa riferimento ad un'ipotesi diversa, dalla quale è enucleabile il principio di carattere generale che induce a ritenere oltre che non pertinente non condivisibile nel merito l'assunto da cui muovono le critiche sollevate sul punto in questione.

A parte la "Enciclopedia del diritto" edita da Giuffré, posso citare la pubblicazione di Giuseppe Ugo Rescigno che, essendo un sostenitore della tassatività delle funzioni attribuite al Presidente della Repubblica dall'articolo 87 della Costituzione, ha l'onestà intellettuale di riconoscere che altrettanta dottrina, capitanata da Tesauro, Pergolesi, Sandulli e altri, parla di non tassatività delle funzioni.

Mi chiedo perché l'organo di autogoverno di una magistratura togata quale quella militare non possa essere presieduto dal Presidente della Repubblica; vorrei capire come possa ostare l'articolo 87, che non lo vieta. Al tempo, tra l'altro, non esisteva il Consiglio della magistratura militare per cui l'attribuzione di quella funzione rappresentativa al Presidente della Repubblica non poteva essere prevista.

È stato forse un errore nel 1988 introdurre come un cavolo a merenda la presidenza del Consiglio della giustizia militare da parte del Primo presidente della Corte di cassazione che è organo estraneo, senatore Zancan.

ZANCAN (Verdi-U). Lo so.

CIRAMI, relatore. Chiedo al Governo di accogliere un subemendamento che sostituisca il Primo presidente della Corte di cassazione alla presidenza del Consiglio della giustizia militare, in armonia con l'attuale composizione del Consiglio superiore della magistratura, attribuendone la presidenza a uno dei due componenti eletti dal Parlamento.

PRESIDENTE. Acquisito il parere del relatore, invito il Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame, esprimendo, se ritiene, le sue considerazioni a proposito dell'emendamento 5.700 (testo 3), in relazione ai problemi posti dal relatore.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, condivido il parere del relatore su tutti gli emendamenti.

Sono naturalmente favorevole all'emendamento dal Governo: comprendo le ragioni di dottrina alle quali ha fatto riferimento il senatore Cirami che sono serie e rispettabili, ma non trattandosi di un organo costituzionale e non essendo espressamente prevista la presidenza del Presidente della Repubblica, si tratterebbe con legge ordinaria di compiere un atto che comporta probabilmente un rischio di rinvio alle Camere.

Se vi fosse una legge costituzionale che assegna questo ruolo al Presidente della Repubblica, la situazione sarebbe diversa, ma qui siamo in sede di legge ordinaria.

L'emendamento resta pertanto immutato rispetto al testo attualmente in esame.

PRESIDENTE. Gli emendamenti 5.100 e 5.1 sono improcedibili.

Passiamo all'emendamento 5.2, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Ne chiediamo la votazione.

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, a questo emendamento, che reca come primo firmatario il senatore Fassone, vorrei aggiungere la mia firma ritenendo che esso esprima una posizione sulla quale converge anche il Gruppo della Margherita. Mi ha molto colpito, nell’illustrazione fatta dal senatore Fassone, la necessità, che a me pare del tutto convincente, di una soppressione della specialità della magistratura militare, anche se si vuole lasciare una specializzazione della stessa sul piano giurisdizionale.

Ciò non solo per le ricordate ragioni, come la quasi eccezionalità universale di una magistratura militare, ma per la necessità che ciò avvenga. Infatti, alla luce di un nuovo dispiegamento delle Forze armate italiane in vari scenari internazionali e in considerazione della loro diversa natura, non più esercito temporaneo di cittadini ma esercito di professionisti, è opportuno che, a maggior ragione, si rafforzi la giurisdizione ordinaria e non si debba parlare quindi di giurisdizione speciale ma specializzata.

Le obiezioni mosse alla costituzionalizzazione del principio mi sembrano ampiamente superate e risolte nell’emendamento 5.2, facendo rilevare fra l’altro come sia indirizzo di tutta la nostra legislazione sostituire, ovunque possibile, alle giurisdizioni speciali, che trovano origine in un diverso assetto costituzionale ed in una diversa articolazione dei poteri, le giurisdizioni specializzate.

Aggiungo che, non a caso, il disagio di voler sostenere a tutti i costi la giurisdizione militare, per ragioni di mera opportunità, ha portato e porta in questa sede ad introdurre correttivi troppo significativi anche al testo presentato dalle Commissioni riunite.

Lo stesso impianto originario, con ciò intendendosi quello giunto in Aula alle soglie della discussione, diventa ora significativamente diverso sia nell’articolazione territoriale proposta sia nell’organo di autogoverno della magistratura militare, e ciò anche in relazione alle osservazioni formulate dal relatore che non credo siano da tenere in considerazione soltanto per i profili dottrinari avanzati, ma anche per quelli istituzionali e di opportunità politica.

Non è pensabile che il Capo dello Stato, istituzionalmente capo delle Forze armate e costituzionalmente Presidente del Consiglio superiore della magistratura, quando vi sia una giurisdizione speciale, confermata in questo provvedimento legislativo, non abbia la medesima funzione di raccordo istituzionale fra le due responsabilità e che, soltanto in quel caso, vi sia invece il primo presidente della Corte di cassazione. Non depone a favore la circostanza che attualmente lo sia, perché comunque rivediamo in maniera generale la materia.

Si dice sia necessario approvare una legge costituzionale: questo intanto sarebbe un motivo di riflessione da parte nostra e da parte di tutta l'Aula sulla necessità di porre mano eventualmente anche a questa situazione. In ogni caso, in base alle osservazioni del relatore mi sembra si possa parlare della possibilità di procedere anche mediante legge ordinaria.

Lo scenario complessivo che ci si presenta rende, a mio parere, anche sotto questo profilo, ancor più indispensabile, per esempio, l'emendamento 5.2, cioè l'uscita dalla giurisdizione speciale e da tutte quelle problematiche che sempre più si presentano, anche perché, mentre una sezione specializzata di giurisdizione ordinaria può essere riarticolata e modificata, sia sul piano territoriale che sul piano ordinamentale, con provvedimenti attuativi, non altrettanto può essere fatto se confermiamo questa natura - ripeto - non più strutturalmente comprensibile di giurisdizione speciale e vogliamo che essa rimanga senza alcuna articolazione.

Per questo, mi permetto di insistere fortemente per l'approvazione dell'emendamento, ma anche per una riconsiderazione forte della tematica che siamo andati a discutere, in particolare, in relazione all'ordinamento giudiziario militare.

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

(art. 102-bis Reg.)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 5.2, presentato dal senatore Fassone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.500, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.700 (testo 3).

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiariamo il voto favorevole a questo emendamento del Governo, perché effettivamente, quali che siano le considerazioni dal punto di vista dottrinario e tecnico, ci pare non consigliabile affidare la presidenza di questo organismo al Presidente della Repubblica, soprattutto perché, in considerazione del fatto che la vice presidenza verrebbe affidata al componente esterno, del quale non è garantita alcuna qualificazione particolare, noi avremmo di fatto il risultato di un'esautorazione della magistratura, che attualmente presiede il Consiglio nella persona del primo presidente della Cassazione, e l'attribuzione della presidenza dell'organo ad un componente estraneo del quale non conosciamo la qualificazione.

È per questo che mi permetto di suggerire, forse fuori tempo massimo ma il Governo comunque ha la possibilità di recuperare l'ingresso, la proposta di precisare ulteriormente in questo emendamento chi è questo soggetto estraneo. La legge vigente lo individua proprio nella linea di quella possibile omogeneità con il Consiglio superiore della magistratura, prevedendo che i componenti estranei sono scelti tra i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale.

Vedrei con molto favore se il Governo integrasse la sua previsione con questa dizione, che effettivamente attribuisce una forte qualificazione giuridica ai soggetti chiamati a completare la magistratura togata di questo organo.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, concordo con la proposta avanzata dal senatore Fassone, che mi sembra ragionevole, giusta ed opportuna, quindi sono favorevole ad integrare il testo con la specificazione delle caratteristiche dei membri estranei o esterni al Consiglio superiore della magistratura militare.

PRESIDENTE. Invito i relatori a pronunziarsi sulla proposta del senatore Fassone.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere favorevole in coerenza con le ragioni esposte.

Credo però che l’emendamento 5.700 (testo 3) vada votato per parti separate, perché la prima parte prevede la sostituzione delle parole: "Presidente della Repubblica" con le altre: "primo presidente della Corte di cassazione", mentre la seconda parte riguarda invece l’introduzione dell’elemento di copertura in calce alla lettera b). Sono quindi due questioni che vanno votate separatamente.

PRESIDENTE. Dunque, la seconda parte sarebbe quella che inizia con le parole "Conseguentemente, alla fine della lettera b)". Va bene?

CIRAMI, relatore. Esatto.

PRESIDENTE. Qui c’è un problema di copertura finanziaria, perché la seconda parte dell’emendamento è quella che reca la copertura finanziaria in relazione alla prima parte. È così o no? Mi dica lei, senatore Cirami.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, non vedo quale sia il problema, perché la prima parte dell’emendamento chiede soltanto di sostituire le parole "Presidente della Repubblica" con le altre: "Primo presidente della Corte di cassazione", quindi non muta nulla rispetto all’articolo che verrebbe votato, mentre la copertura è un elemento aggiuntivo.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Non è che percepiscano uno stipendio per questo.

CALVI (DS-U). Non è che percepiscano un’indennità.

PRESIDENTE. Colleghi, il parere della 5a Commissione è nel senso che la seconda parte dell’emendamento 5.700 (testo 3) è condicio sine qua non rispetto alla prima parte… (Cenni di dissenso del senatore Cirami). Senatore Cirami, in questa maniera io leggo la questione. Volete modificare l’emendamento?

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, io credo che la parola errata sia "Conseguentemente", perché la seconda parte dell’emendamento non è una conseguenza della prima. Infatti, la copertura prevista da questo emendamento del Governo in coda alla lettera b) vale per tutta la composizione del Consiglio superiore della magistratura militare, non riguarda la sostituzione delle parole "Presidente della Repubblica" con le altre: "Primo presidente della Corte di cassazione".

Chiedo quindi al Governo di cassare la parola "Conseguentemente", che non c'entra nulla. La copertura - ripeto - non riguarda il Primo presidente della Corte di cassazione.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, si tratta di questioni delicate che investono il Presidente della Repubblica e il Primo presidente della Corte di cassazione. Se permettete, vogliamo avere chiari i termini della questione! (Applausi dei senatori Cavallaro e Zancan). Per il dovere che ho verso queste due figure istituzionali, il Capo dello Stato e il Primo presidente della Corte di cassazione, ho il diritto di avere chiari i termini della situazione. Allora, vi prego, con umiltà, di consentirmi di chiarire questa situazione.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, credo che lei abbia ragione nell’affermare che così come strutturato l’emendamento induce una certa confusione. In effetti, la parte dattiloscritta di questo emendamento si riferiva agli aspetti di copertura finanziaria; essa è preceduta (per accorpare un altro emendamento che avevo in precedenza presentato) da una parte scritta con grafia manuale. Il termine "Conseguentemente" può indurre in errore, perché si tratta di due questioni diverse.

La lettera b) del comma 1 inizia con le seguenti parole: "prevedere che il Consiglio superiore della magistratura militare sia presieduto dal Presidente della Repubblica". La parte scritta a mano del testo dell’emendamento recita: "Al comma 1, lettera b), sostituire le parole "Presidente della Repubblica" con le seguenti: "Primo presidente della Corte di cassazione"", come è attualmente per il Consiglio superiore della magistratura militare.

Proporrei di eliminare la parola "Conseguentemente"; quindi, il capoverso si leggerebbe: "Alla fine della lettera b) aggiungere i seguenti periodi: "Al relativo onere pari a 10.000 euro annui a decorrere dal 2006 si provvede (…)". Questa riformulazione serve per dare risposta ad un’osservazione della Commissione bilancio, la quale faceva presente che la nuova composizione del Consiglio superiore della magistratura militare provoca un aggravio di spesa.

Si tratta di due aspetti assolutamente distinti; forse induce in errore il modo in cui questo emendamento è giunto alla Presidenza e soprattutto l’espressione "Conseguentemente", che io casserei. Si tratta sostanzialmente di due proposte emendative che si collocano l’una all’inizio e l’altra in calce alla lettera b) del comma 1. Spero di essere riuscito a spiegare quanto richiesto.

MORO (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO (LP). Signor Presidente, innanzitutto vorrei sapere se questo emendamento è il frutto di un'ulteriore elaborazione e se è stato visionato dalla 5a Commissione, perché se la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole sull’emendamento nel testo che a noi viene proposto, credo che debba essere votato in tale formulazione e che non ci siano ulteriori punti da togliere o da aggiungere, perché se pervenissimo a una diversa formulazione, dovremmo chiedere nuovamente il parere della 5a Commissione.

Diversamente, è meglio accantonare l’emendamento (non so se nell’economia dei lavori ciò sia possibile) perché sia molto chiaro ciò che in esso viene proposto. Così com'è formulato, s'intende che quella indicata è la copertura della disposizione precedente, altrimenti non si vede perché si debba adesso eliminare la parola "Conseguentemente" che mi sembra strettamente collegato all'emendamento in esame.

CIRAMI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, a mio avviso, stiamo incorrendo in un equivoco di fondo. Intanto, il parere della 5a Commissione non è stato dato su questo emendamento.

MORO (LP). Peggio ancora!

CIRAMI, relatore. Questo emendamento è una conseguenza del parere contrario espresso dalla 5a Commissione sul testo stampato dell’emendamento…

PRESIDENTE. Mi scusi, la interrompo per ricordare il parere della 5a Commissione: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato l’ulteriore emendamento 5.700 (testo 3), trasmesso dall’Assemblea, relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta". Non ci sono dubbi, quindi, che si tratti del testo 3.

Quello di cui stiamo parlando è in parte scritto a mano e in parte dattiloscritto. Poi, nel corso del presente dibattito, è emersa la proposta di un’ulteriore integrazione ("Inoltre, alla medesima lettera b), dopo le parole" e così via). Noi stiamo lavorando su questo testo, non sul precedente.

CIRAMI, relatore. Presidente, siamo tutti un po’ stanchi.

La copertura di cui si fa cenno nell’emendamento del Governo, che ripara ad una obiezione della 5a Commissione, non è riferita né è riferibile alla sostituzione del Presidente della Repubblica con il Primo presidente della Cassazione, che ha già la copertura perché attualmente presiede il Consiglio superiore della magistratura militare.

Il problema invece si pone - e qui è sorto l’equivoco - perché in una parte dell’articolo si prevede l’aumento dei componenti del Consiglio superiore della magistratura militare, mentre nella seconda parte addirittura si prevede che i magistrati di detto Consiglio siano posti fuori ruolo. Tanto ho condiviso le ragioni della 5a Commissione che ho presentato un emendamento soppressivo di quest’ultima parte.

La copertura richiesta dalla Commissione bilancio, per la motivazione indicata prima, riguardava solo l’aumento dei componenti del Consiglio. La sostituzione del Presidente della Repubblica con il Primo presidente della Cassazione, quindi la restaurazione della presenza di quest’ultimo (arbitraria, secondo la mia opinione) nell’ambito del Consiglio superiore della magistratura militare, non ha copertura perché questa già esiste.

PRESIDENTE. Colleghi, la mia decisione serena e motivata, per precise ragioni istituzionali, è la seguente. Se si intende votare per parti separate, si voterà la prima parte, dalle parole: "Al comma 1, lettera b), sostituire le parole" alle parole: "Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio", con la soppressione della parola "conseguentemente", che rientra nel linguaggio corrente e non giuridico, e la seconda parte, che è quella che è stata aggiunta nel corso della presente discussione e che inizia con le seguenti parole: "Alla medesima lettera b)".

Quindi, o votiamo l’emendamento per intero, oppure lo votiamo per parti separate, individuandole come ho appena detto.

PERUZZOTTI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERUZZOTTI, relatore. Signor Presidente, penso che a questo punto convenga accantonare l'emendamento e riprenderne l’esame domani, perché ci sono alcuni aspetti che devono essere approfonditi. D’altra parte, mancano solo cinque minuti al termine della seduta.

PRESIDENTE. Trasferisco immediatamente la sua proposta al rappresentante del Governo, che è il firmatario dell’emendamento.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, mi rimetto all’Aula. Non credo che vi siano ragioni particolari per rinviare a domani, perché mi sembra che i termini della questione siano stati da lei chiariti molto bene. Condivido quindi la sua proposta, ma se l’Aula intende rinviare a domani, non mi oppongo.

MORO (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO (LP). Signor Presidente, da parte nostra c’è la richiesta di procedere alla votazione e, contestualmente, alla verifica della presenza del numero legale.

PRESIDENTE. Richiedete dunque la votazione?

MORO (LP). Sì, signor Presidente, previa verifica del numero legale. (Brusìo in Aula).

PRESIDENTE. Colleghi, non si può procedere in questa maniera!

Era stata avanzata una richiesta di votazione dell’emendamento 5.700 (testo 4) per parti separate che - se ho ben capito - non ha avuto seguito; tutto il dibattito, infatti, ha avuto luogo per decidere se votare separatamente le prime due righe, fino alle parole "Primo presidente della Corte di cassazione" rispetto alla seconda parte dell’emendamento nel testo originario. Non vi è stato invece dibattito su un’eventuale votazione per parti separate dell’ulteriore periodo aggiunto. Quindi, la votazione non sarà fatta per parti separate ma avrà luogo sull’emendamento nel suo complesso.

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Invito dunque il senatore segretario a verificare se la richiesta, precedentemente avanzata dal senatore Moro, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Invito pertanto i senatori a far constatare la loro presenza mediante procedimento elettronico.

(Segue la verifica del numero legale).

Il Senato non è in numero legale.

Data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 19,58).

 

 

 


DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare (1432-1533-2493-2645-2663-3009)

Risultante dall'unificazione dei disegni di legge:

Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo " (1432);

Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare (1533);

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare (2493);

Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile (2645);

Modifiche al codice penale militare di pace (2663);

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004 (3009)

ARTICOLO 2 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 2.

APPROVATO

(PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI GENERALI)

1. NELL’ESERCIZIO DELLA DELEGA DI CUI ALL’ARTICOLO 1, IL GOVERNO DÀ ATTUAZIONE AI PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI STABILITI NEGLI ARTICOLI 3, 4 E 5, IN CONFORMITÀ AI PRINCÌPI E VALORI DELLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA E DEL DIRITTO INTERNAZIONALE, ATTENENDOSI AI SEGUENTI PRINCÌPI E CRITERI DIRETTIVI GENERALI:

A) ADEGUARE LE NORME DEL CODICE PENALE MILITARE DI GUERRA E GRADUARNE ANCHE L’APPLICAZIONE IN RELAZIONE ALLE ESIGENZE CONNESSE AI CONFLITTI ARMATI E ALLE OPERAZIONI MILITARI ARMATE ALL’ESTERO;

B) DARE ATTUAZIONE AI PRINCÌPI DI PERSONALITÀ, OFFENSIVITÀ, SUFFICIENTE DETERMINATEZZA E COLPEVOLEZZA;

C) INDIVIDUARE, IN ATTUAZIONE DEI PRINCÌPI DI PROPORZIONE E DI SUSSIDIARIETÀ, LE IPOTESI DA DEPENALIZZARE, AVUTO RIGUARDO AL GRADO DI OFFENSIVITÀ E ALL’EFFETTIVITÀ DELLA SANZIONE;

d) adeguare la misura delle sanzioni stabilite per i singoli reati, tenuto conto della rilevanza dei beni giuridici offesi, delle modalità di aggressione, nonché del rapporto sistematico con analoghe fattispecie previste dalla legge penale comune;

e) sopprimere o adeguare le denominazioni e il lessico antiquati o non più rispondenti all’ordinamento interno e internazionale.

EMENDAMENTO

2.2

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:

«b-bis) definire la nozione di "tempo di guerra", facendo discendere anche la medesima da una espressa deliberazione parlamentare;».

ARTICOLO 3 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 3.

Approvato con emendamenti

(Princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni del codice penale militare di pace)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di pace, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riesaminare le disposizioni di carattere generale, in modo da:

1) eliminare ogni deroga ai princìpi stabiliti dalla legge penale comune che non debba ritenersi giustificata dalla necessità di una disciplina speciale del reato militare;

2) rivedere la nozione di «militari in servizio alle armi», intendendo come tali i militari di tutte le categorie dal momento stabilito per la loro presentazione fino al momento in cui vengono posti in congedo, nonché la nozione di «militari considerati in servizio alle armi» alla luce delle leggi che regolano lo stato di militare;

3) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per luogo militare si intendano le caserme, le navi e gli aeromobili militari, gli stabilimenti militari e qualunque altro luogo dove i militari si trovano, anche se momentaneamente, per ragioni di servizio;

4) prevedere che, agli effetti della legge penale militare, per navi e aeromobili militari si intendano le navi e gli aeromobili da guerra, nonché ogni altra nave e ogni altro aeromobile adibiti al servizio delle Forze armate dello Stato alla dipendenza di un comando militare;

5) prevedere i casi di applicabilità della legge penale militare ai militari stranieri nelle ipotesi di cooperazione internazionale, qualora consentita dalle convenzioni internazionali, nonché agli estranei alle Forze armate per i servizi di vigilanza e custodia affidati a questi ultimi o per l’adempimento di servizi collegati a operazioni militari, limitatamente alle condotte qualificate, per i militari, come violata consegna e abbandono di posto, nelle forme semplici o aggravate, omessa presentazione in servizio, disobbedienza e inadempienze nelle somministrazioni militari, ferma restando in tali ipotesi la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria;

6) prevedere che, per la reclusione militare, il beneficio della sospensione condizionale della pena possa, e nel caso di cui al secondo comma dell’articolo 165 del codice penale debba, essere subordinato all’obbligo delle restituzioni e del risarcimento del danno o all’obbligo dell’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, secondo le modalità previste dalla legge penale comune, ovvero all’obbligo di svolgere determinate prestazioni di servizio militare;

7) prevedere l’inserimento della multa fra le pene principali;

8) prevedere sanzioni sostitutive delle pene detentive definendone il contenuto e i limiti in modo conforme a quanto previsto dalla legge penale comune, salve le deroghe necessarie ad assicurare che le sanzioni sostitutive siano compatibili con lo svolgimento delle prestazioni di servizio del militare condannato;

9) escludere l’applicabilità delle pene previste in ragione della competenza penale del giudice di pace;

10) prevedere, in caso di condanna per reato militare, l’applicabilità anche di tutte le pene accessorie comuni che conseguano al reato medesimo quando sia previsto come tale dalla legge penale comune e limitare, in tema di pene accessorie, i casi di applicazione automatica della rimozione in connessione al titolo di reato per cui è intervenuta condanna, escludendo l’automaticità della rimozione nel caso di concorso con inferiore;

11) regolamentare in termini omogenei la sospensione dall’impiego e dal grado e prevedere, relativamente ai reati di cui al numero 1) della lettera m), la pena accessoria dell’estinzione del rapporto d’impiego, fermi restando i limiti di pena previsti dalla legge penale comune;

12) modificare le disposizioni relative all’esecuzione della pena della reclusione militare prevedendo:

12.1) che la misura dell’affidamento in prova del condannato militare di cui alla legge 29 aprile 1983, n. 167, possa essere disposta qualora la pena detentiva inflitta non sia superiore a quattro anni;

12.2) l’abrogazione del secondo comma dell’articolo 1 della citata legge n. 167 del 1983;

12.3) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare dei benefici di cui agli articoli 30 e 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

12.4) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare della misura alternativa della detenzione domiciliare limitatamente alle ipotesi di cui all’articolo 47-ter, commi 1, lettera c), e 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni;

12.5) l’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare del beneficio della liberazione anticipata;

12.6) l’esclusione dell’applicabilità al condannato alla pena della reclusione militare delle altre misure alternative alla detenzione previste dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, dell’ammissione al lavoro all’esterno di cui all’articolo 21 della predetta legge n. 354 del 1975, e successive modificazioni, nonchè delle disposizioni di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;

13) prevedere che, oltre alle circostanze aggravanti comuni previste dal codice penale, aggravino il reato militare, quando non ne siano elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le seguenti circostanze:

13.1) l’essere il militare colpevole rivestito di un grado o investito di un comando o l’aver commesso il fatto in concorso con l’inferiore;

13.2) l’avere commesso il fatto con le armi in dotazione militare o durante un servizio militare o a bordo di una nave militare o di un aeromobile militare;

13.3) l’avere commesso il fatto alla presenza di più persone;

13.4) l’avere commesso il fatto in territorio estero mentre il colpevole vi si trovava per causa di servizio;

14) prevedere che, oltre alle circostanze attenuanti comuni previste dal codice penale, attenui il reato militare, quando non ne sia elemento costitutivo o circostanza attenuante speciale, l’essere il fatto commesso da militare che non abbia ancora compiuto trenta giorni di servizio alle armi, quando si tratta di reato esclusivamente militare;

15) rivedere le disposizioni in tema di prescrizione per i reati di diserzione e di mancanza alla chiamata, stabilendo che il termine decorra dal giorno in cui viene ultimato, o avrebbe dovuto considerarsi ultimato, il servizio alle armi, e rivedere altresì le disposizioni in tema di non menzione della condanna nel certificato del casellario;

16) rivedere la disciplina della liberazione condizionale rendendola omogenea a quanto previsto dalla legge penale comune;

17) prevedere che la riabilitazione per i reati militari, per gli appartenenti alle Forze armate, sia disposta dalla autorità giudiziaria militare;

b) modificare la disciplina dei reati contro la fedeltà e la difesa militare, prevedendo come reato militare qualunque violazione della legge penale comune costituente delitto contro la personalità dello Stato se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune; curare il coordinamento con le disposizioni concernenti la tutela del segreto di Stato e i servizi di informazione e sicurezza;

c) rivedere i reati di omessa presentazione in servizio, di abbandono di posto e di violata consegna, tenuto conto delle nuove, concrete articolazioni di impiego, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

d) aggiornare, nell’ambito delle violazioni di doveri inerenti speciali servizi, le previsioni in relazione all’utilizzo delle nuove tecnologie nel settore delle comunicazioni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

e) prevedere come reati militari le violazioni della legge penale comune costituenti delitti in materia di sostanze stupefacenti o psicotrope allorché commessi da militari, in luoghi militari o comunque in danno di militari, con applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune;

f) modificare la disciplina dei reati di assenza dal servizio, elevando la soglia del reato di allontanamento illecito a tre giorni di assenza, quella dei reati di diserzione e di mancanza alla chiamata a dieci giorni e quella dell’attenuante relativa alla breve durata dell’assenza a trenta giorni, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

g) riformulare le ipotesi di diserzione immediata, includendo l’assenza ingiustificata nel corso di operazioni militari o di situazioni di emergenza o di allarme note all’autore del fatto, fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare;

h) prevedere la fattispecie di natura colposa della dispersione di oggetti di armamento o di munizioni da guerra forniti, a norma dei regolamenti, dall’amministrazione militare come costituenti dotazione individuale, stabilendo che la stessa sia punita con la pena della reclusione militare fino a due anni;

i) disciplinare, in apposito capo del titolo II del libro secondo, i reati di falso prevedendone l’integrazione mediante il richiamo alle ipotesi previste dalla legge penale comune commesse da militari nei casi di lesione al servizio e alla disciplina, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

l) riordinare i reati di disobbedienza individuale e collettiva, distinguendoli dai fatti di sedizione, mediante disaggregazione in capi distinti. In particolare: prevedere la non punibilità del ritardo nell’esecuzione di un ordine, sempreché ricorrano le circostanze previste dall’articolo 25, comma 2, primo periodo, del regolamento di disciplina militare, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 18 luglio 1986, n. 545; prevedere come reati militari, con pene detentive differenziate e comunque non superiori alla reclusione militare fino a tre anni, qualora le condotte del militare non costituiscano reati più gravi: le violazioni del divieto di sciopero; l’abbandono collettivo di servizio o di uffici; l’interruzione collettiva del servizio; l’abbandono o la interruzione individuale di un servizio a scopo di reclamo; l’attività diretta a promuovere, organizzare o dirigere forme di turbativa della continuità e della regolarità del servizio, anche se l’evento programmato non sia realizzato; la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti alla disciplina; prevedere, nelle ipotesi di abbandono collettivo di un servizio, o di un ufficio ovvero di interruzione collettiva di un servizio, la pena della reclusione militare non inferiore nel minimo a tre anni e non superiore nel massimo a sette anni nei confronti dei capi, dei promotori od organizzatori;

m) rivedere i reati speciali contro l’amministrazione militare, in modo da:

1) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione, se commessa da militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

2) integrare le qualifiche di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio previste per i soggetti attivi dei reati della legge penale comune, con le qualifiche di militare incaricato di funzioni amministrative o di comando o di direzione o di controllo, o di militare incaricato dell’esecuzione di un particolare servizio;

3) inserire una disposizione che precisi la nozione di amministrazione militare, ai fini della tutela penale, secondo una accezione funzionale e non di carattere contabile;

4) estendere ai militari, incaricati di funzioni amministrative o di comando o di direzione o di controllo, il reato di arbitraria utilizzazione di prestazioni lavorative di personale dipendente, previsto, per gli appartenenti alla Polizia di Stato, dall’articolo 78 della legge 1º aprile 1981, n. 121;

n) sostituire l’articolo 220 del codice penale militare di pace con una disposizione che preveda come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro l’amministrazione della giustizia, se commessa da militare in relazione ad un procedimento penale militare o ad una decisione dell’autorità giudiziaria militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

o) prevedere come reato militare ogni violazione della legge penale costituente delitto contro l’incolumità pubblica commessa da militare in luogo militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

p) prevedere come reato militare la condotta del comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme di sicurezza generali o particolari concernenti la salvaguardia dell’integrità fisica del militare, ovvero omette di vigilare sull’avvenuta predisposizione delle cautele prescritte per prevenire infortuni o altri eventi dannosi, stabilendo che la stessa sia punita, se dal fatto deriva un pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile, con la reclusione da sei mesi a tre anni; prevedere che la stessa pena si applichi al comandante di unità militare che ordina o consente lo svolgimento di attività di servizio senza l’osservanza delle norme generali o particolari concernenti l’organizzazione, l’impiego o l’addestramento dei militari o relative alla conservazione o gestione amministrativa dei beni appartenenti all’amministrazione militare, se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità delle persone o per l’integrità dei beni appartenenti all’amministrazione militare o destinati al servizio militare o per la sicurezza del posto, della nave o dell’aeromobile;

q) sostituire gli articoli da 222 a 229 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro la persona, se commessa da militare a danno di un altro militare, a causa del servizio militare ovvero in luogo militare o in talune delle circostanze indicate all’articolo 5 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ovvero in territorio estero mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

r) prevedere come reato militare il fatto del militare che usi violenza o minaccia nei confronti di altro militare, valendosi della forza di intimidazione derivante dal vincolo di solidarietà, esistente o supposto, tra militari più anziani di servizio, stabilendo che lo stesso sia punito con la pena della reclusione militare da sei mesi a cinque anni;

s) sostituire gli articoli da 230 a 237 del codice penale militare di pace e prevedere come reato militare qualunque violazione del codice penale costituente delitto contro il patrimonio, se commessa da militare a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene originariamente previste dal codice penale;

t) prevedere come reato militare i fatti di cui all’articolo 12 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, commessi da militare in danno di altro militare con applicazione delle pene previste dal medesimo articolo 12, se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero, a causa del servizio militare;

u) prevedere nell’articolo 260, primo comma, del codice penale militare di pace la perseguibilità a richiesta del Ministro della difesa anche del reato di cui all’articolo 117 del medesimo codice;

v) prevedere l’applicabilità nel processo penale militare delle norme del codice di procedura penale, salvi gli interventi di coordinamento necessari, nonché l’abrogazione espressa delle norme processuali del codice penale militare di pace inapplicabili a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale;

z) prevedere la procedibilità a querela della persona offesa per i reati militari contro la persona e contro il patrimonio, quando la legge penale comune preveda tale condizione di procedibilità, nonché la procedibilità, in tali casi, anche a richiesta del comandante di corpo, ad eccezione dei reati di violenza sessuale di cui agli articoli 609-bis e seguenti del codice penale, nonché disposizioni, anche transitorie, di collegamento fra richiesta e querela;

aa) prevedere l’introduzione di norme che stabiliscano casi specifici di arresto in flagranza per le ipotesi più gravi di reati di assenza dal servizio e per i reati militari per le cui corrispondenti fattispecie la legge penale comune stabilisce la medesima misura restrittiva;

bb) prevedere l’introduzione di norme relative alla notifica di atti processuali ed alla costituzione di sezioni di polizia giudiziaria militare;

cc) prevedere l’applicazione della disciplina prevista dal libro VIII del codice di procedura penale per i reati militari puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a dieci anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva, nonché per i reati indicati nella lettera e), ferma restando la composizione collegiale del giudice del dibattimento;

dd) prevedere la conferma, per i reati appartenenti alla giurisdizione dei tribunali militari, delle attribuzioni degli organi giudiziari militari, corrispondenti a quelli ordinari indicati dalla legge, nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere, con riguardo alla normativa di cui al libro XI del codice di procedura penale, introducendo analoghe attribuzioni con riguardo alla cooperazione con la Corte penale internazionale per quanto attiene ai fatti corrispondenti ai crimini di guerra;

ee) introdurre, limitatamente ai reati militari, forme di concerto con il Ministro della difesa per l’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge al Ministro della giustizia in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere;

ff) abrogare gli articoli 38, 39, 42, 46, 53, 54, 56, 57, 58, secondo comma, 60, 63, numeri 1, 4 e 6, 70, secondo comma, 71, 78, 79, da 81 a 83, da 85 a 89, 90, primo comma, numeri 2, 3 e 4, secondo e terzo comma, da 91 a 93, da 95 a 97, 98, limitatamente all’ipotesi dell’istigazione, 99, 102, 126, 149, primo comma, numeri 2 e 3, da 200 a 210, 345 e 372 del codice penale militare di pace ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

EMENDAMENTI

3.1

FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), numero 2), alle parole: «rivedere la nozione» premettere le parole: «definire la nozione di "appartenente alle Forze armate" in coerenza con il dettato costituzionale e con le sentenze della Corte costituzionale in tema di sottoposizione alla giurisdizione militare, e».

3.100 (testo corretto)

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera a), sostituire il numero 7 con il seguente:

«7) prevedere l’inserimento della multa come pena principale per il reato militare esclusivamente nei casi in cui il reato sia previsto come tale dalla legge penale comune e quest’ultima preveda la multa congiuntamente alla pena della reclusione, determinando in tali casi il limite minimo e massimo della multa conformemente alle previsioni della medesima legge penale comune; prevedere che, nei casi di cui all’articolo 63, numeri 4) e 6), del codice penale militare di pace le pene della multa o dell’ammenda inflitte non congiuntamente a pena detentiva per reati previsti dalla legge penale comune siano sostituite con le sanzioni indicate nel n. 8) della presente lettera».

Conseguentemente, nella medesima lettera a), nel numero 8 dopo la parola: «prevedere», inserire le altre: «, con esclusione delle pene pecuniarie,» e alla lettera ff), dopo le parole: «63, numeri 1», sopprimere le parole: «4 e 6».

3.4

FORCIERI, FASSONE, STANISCI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA

Ritirato

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 9).

3.101

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera a), n. 12, punto 12.1, sostituire le parole da: «qualora la pena», fino alla fine del punto con le seguenti: «negli stessi limiti di pena previsti per il caso dei reati comuni».

3.8

PASCARELLA, FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 13.1).

3.9

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Id. em. 3.8

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 13.1).

3.11

NIEDDU, FASSONE, FORCIERI, PASCARELLA, MANZELLA, STANISCI

Respinto

Al comma 1, lettera a), al numero 13.3) sostituire le parole: «alla presenza di più persone» con le parole: «in circostanze di luogo tali che ne risulti gravemente pregiudicato il prestigio dell’istituzione alla quale il militare appartiene».

3.12

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), sopprimere il numero 13.4).

3.14

PASCARELLA, FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), al numero 14), aggiungere, in fine il seguente periodo: «ovvero, l’avere commesso il fatto per i modi non convenienti usati da altro militare».

3.18

FORCIERI, FASSONE, NIEDDU, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), numero 17), sostituire le parole: «per gli appartenenti» con le seguenti: «per coloro che, al momento della richiesta, appartengono».

3.19

FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera a), numero 17), aggiungere, in fine, le parole: «secondo la disciplina prevista dalla legge penale comune».

3.20

FASSONE, STANISCI, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, dopo della lettera a) inserire la seguente:

«a-bis) prevedere una nozione di reato militare limitata alle condotte che offendono i beni della fedeltà, della disciplina e dell’efficace espletamento dei compiti affidati alle Forze armate».

3.21

PASCARELLA, FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, MANZELLA, STANISCI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente nella lettera cc), sopprimere le parole: «nonché per i reati indicati nella lettera e).

3.22

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Id. em. 3.21

Al comma 1, sopprimere la lettera e).

Conseguentemente nella lettera cc), sopprimere le parole: «nonché per i reati indicati nella lettera e).

3.24

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

V. testo 2

Al comma 1, sopprimere la lettera h).

3.24 (testo 2)

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Approvato

Al comma 1, lettera h), dopo le parole: «di oggetti di armamento o», inserire le seguenti: «della dispersione, se grave,».

3.25

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Precluso

Al comma 1, alla lettera h), sopprimere le parole: «o di munizioni da guerra».

3.26

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, lettera h), sostituire le parole: «fino a due anni» con le seguenti: «sino a sei mesi».

3.27

NIEDDU, FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera i).

3.28

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» fino a: «alla disciplina».

3.29

FASSONE, STANISCI, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA

Id. em. 3.28

Al comma 1, lettera l), sopprimere le parole da: «la raccolta» fino a: «attinenti alla disciplina».

3.30

CAVALLARO, BEDIN

Respinto

Al comma 1, lettera l), sostituire le parole: «la raccolta o la partecipazione in forma pubblica a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti la disciplina», con le seguenti: «, prevedere la depenalizzazione dei reati di raccolta o partecipazione a sottoscrizioni per rimostranze o protesta in cose di servizio militare o attinenti la disciplina, se commessi in tempo di pace da militari non impegnati in missioni all’estero».

3.31

FORCIERI, FASSONE, NIEDDU, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera l), ultimo periodo, sostituire le parole: «tre anni» con le seguenti: «un anno».

3.32

FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1).

3.102

MALABARBA, SODANO TOMMASO

V. testo 2

Al comma 1, lettera m), n. 1, dopo le parole: «se commesse da militare», aggiungere le altre: «nel corso o in funzione di attività di carattere militare, e quindi non nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria, di polizia di sicurezza, di polizia amministrativa o tributaria».

3.102 (testo 2)

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Approvato

Al comma 1, lettera m), n. 1, dopo le parole: «se commesse da militare», aggiungere le altre: «nel corso o in funzione di attività di carattere militare».

3.33 (testo corretto)

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Approvato

Al comma 1, lettera m), numero 1), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «prevedere che si estenda ai reati militari contro la pubblica amministrazione la previsione di cui all’articolo 322-ter del codice penale».

3.103

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Assorbito

Al comma 1, lettera m), dopo il n. 4, inserire il seguente:

«4-bis) estendere ai corrispondenti reati militarizzati la previsione della confisca di cui all’articolo 322-ter del codice penale».

3.34

FASSONE, STANISCI, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera o).

3.104

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera o), dopo le parole: «in luogo militare» inserire le altre: «ovvero in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi per causa di servizio o a causa del servizio militare».

3.37

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

V. testo 2

Al comma 1, sopprimere la lettera p).

Conseguentemente, sopprimere la lettera z).

3.37 (testo 2)

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera p).

 

3.35

NIEDDU, FASSONE, FORCIERI, PASCARELLA, MANZELLA, STANISCI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

3.36

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Id. em. 3.35

Al comma 1, sopprimere la lettera q).

3.38

PASCARELLA, FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera r).

3.39

FASSONE, FORCIERI, STANISCI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera s).

3.40

FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, MANZELLA, STANISCI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera t).

3.105

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera t), sostituire le parole: «in danno di altro militare con applicazione delle pene previste dal medesimo articolo 12, se il fatto è avvenuto in luogo militare o territorio estero, a causa del servizio militare» con le altre: «a danno di un altro militare o dell’amministrazione militare, in luogo militare o in territorio estero, mentre il militare ivi si trovi, per causa di servizio o a causa del servizio militare, con applicazione delle pene previste dal medesimo articolo 12».

3.43

FORCIERI, FASSONE, PASCARELLA, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1, lettera aa), aggiungere, in fine, le parole: «avendo comunque riguardo alla natura volontaria del rapporto».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 3

3.0.100

PESSINA

Ritirato e trasformato nell'odg G3.100

Dopo l’articolo 3, inserire il seguente:

«Art. 3-bis.

(Amnistia)

1. È concessa amnistia per i delitti previsti:

a) dall’articolo 151 del codice penale militare di pace, concernente la mancanza alla chiamata, anche qualora ricorrano le circostanze aggravanti previste dagli articoli 152 e 154 del medesimo codice;

b) dall’articolo 160 del codice penale militare di pace, concernente i fatti commessi dagli iscritti di leva o durante lo stato di congedo;

c) dall’articolo 14 della legge 8 luglio 1998, n. 230, concernente il rifiuto di prestare il servizio civile.

2. L’amnistia prevista al comma 1, lettere a) e b), si applica anche ai concorrenti nel reato.

3. L’amnistia non si applica qualora l’interessato faccia esplicita richiesta di non volerne usufruire.

4. L’amnistia ha efficacia, nei limiti previsti dalla presente legge, per i reati commessi fino al 31 maggio 2004».

ORDINE DEL GIORNO

G3.100 (già em. 3.0.100) (TESTO 2)

PESSINA

Approvato con l'integrazione evidenziata

Il Senato,

in sede di esame del disegno di legge n. 1432 e connessi,

impegna il Governo a valutare l'opportunità di risolvere le problematiche di cui all'emendamento 3.0.100.

ARTICOLO 4 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 4.

Approvato con emendamenti

(Princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni del codice penale militare di guerra)

1. Con riferimento alle modificazioni del codice penale militare di guerra, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) escludere ogni ipotesi di retroattività della legge penale militare di guerra;

b) prevedere che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra possano trovare applicazione sul territorio nazionale solo in conseguenza della dichiarazione dello stato di guerra ai sensi degli articoli 78 e 87 della Costituzione;

c) prevedere, al di fuori del territorio nazionale, che la legge penale militare di guerra e le disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra si applichino per i reati commessi nel corso di un conflitto armato, anche indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, nell’ipotesi in cui manchi la dichiarazione dello stato di guerra, che l’applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni che presuppongono il tempo di guerra sia disposta, previa deliberazione delle Camere, con decreto del Presidente della Repubblica;

d) confermare l’applicazione della sola legge penale militare di guerra, ancorché nello stato di pace, ai corpi di spedizione all’estero per operazioni militari armate in condizioni diverse dal conflitto armato, prevedendo la diminuzione delle pene edittali fino ad un quarto, ad esclusione di quelle relative alle violazioni del diritto umanitario;

e) prevedere che il differimento delle pene detentive temporanee sia in ogni caso disposto dall’autorità giudiziaria militare;

f) abrogare integralmente o parzialmente tutte le norme che, alla luce della tutela già apprestata dal codice penale e dal codice penale militare di pace, considerato l’aumento di pena stabilito dall’articolo 47 del codice penale militare di guerra, risultino superflue per la marginalità dell’estensione della tutela penale o della maggiore severità della sanzione;

g) elevare fino ad un terzo le pene previste dal codice penale militare di pace nel caso di richiamo ai sensi dell’articolo 47 del codice penale militare di guerra; elevare fino ad un quarto le medesime pene nel caso di operazioni militari all’estero in condizioni diverse dal conflitto armato; prevedere, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca, altresì, reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate con abuso di poteri o violazione dei doveri inerenti allo stato militare o in luogo militare e prevista come delitto contro l’ordine pubblico, la moralità pubblica e il buon costume; prevedere inoltre, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale commessa dall’appartenente alle Forze armate in luogo militare o a causa del servizio militare, in offesa del servizio militare o dell’amministrazione militare o di altro militare o di appartenente alla popolazione civile che si trovi nei territori di operazione all’estero; prevedere infine, ferma restando l’applicazione delle pene originariamente previste dalla legge penale comune, che costituisca reato militare ogni altra violazione della legge penale prevista quale delitto in materia di controllo delle armi, munizioni ed esplosivi, commessa dall’appartenente alle Forze armate;

h) estendere la tutela del potere di ordinanza militare ai provvedimenti emessi per assicurare l’ordine e la sicurezza dei reparti e del personale militare, la sicurezza pubblica in zona di operazioni, il rispetto degli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario, nonché dagli accordi di tregua, sospensione d’armi, armistizio e dalle altre convenzioni militari, ovvero il rispetto delle salvaguardie e dei salvacondotti comunque rilasciati dalle autorità militari italiane;

i) rivedere il titolo IV del libro terzo provvedendo, laddove già non previsti dalle disposizioni vigenti, alla punizione e alla disciplina penale dei fatti corrispondenti ai crimini di guerra previsti dall’articolo 8 dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma, il 17 luglio 1998, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232, nonché dalle altre convenzioni internazionali di diritto umanitario applicabili ai conflitti armati ratificate dall’Italia, in modo da:

1) prevedere che, ai fini della legge penale militare di guerra, costituiscano conflitti armati: i conflitti armati internazionali; i conflitti interni tra gruppi di persone organizzate, che si svolgano con le armi all’interno del territorio dello Stato e raggiungano la soglia di una guerra civile o di insurrezione armata; i conflitti interni prolungati tra le Forze armate dello Stato e gruppi armati organizzati o tra tali gruppi;

2) escludere dai conflitti interni indicati al numero 1) le situazioni interne di disordine o di tensione, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi;

3) disciplinare, in coerenza con gli articoli 28 e 32 del citato statuto della Corte penale internazionale, la responsabilità personale dei comandanti militari, differenziandola in relazione al grado di colpevolezza;

4) determinare le pene principali ed accessorie per le singole fattispecie con riferimento alle ipotesi di base e a quelle oggetto di circostanze aggravanti o attenuanti mediante criteri di adeguatezza e di congruità nel quadro sistematico del codice penale militare di guerra;

l) prevedere che, nei casi di applicazione della sola legge penale militare di guerra di cui alla lettera d), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace;

m) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra e delle disposizioni di legge che presuppongono il tempo di guerra di cui alle lettere b) e c), il processo sia disciplinato dalle stesse disposizioni del codice penale militare di pace, con le seguenti deroghe e integrazioni:

1) sottoposizione alla giurisdizione penale militare anche di chiunque commetta un reato contro le leggi e gli usi della guerra a danno dello Stato o di cittadini italiani, ovvero nel territorio estero sottoposto al controllo delle Forze armate italiane nell’ambito di una operazione militare armata;

2) competenza del tribunale militare di Roma sia per i reati commessi all’estero sia per quelli commessi in navigazione a bordo di navi o aeromobili militari in acque o spazi internazionali o territoriali esteri;

3) esclusione della sospensione feriale dei termini processuali;

4) possibilità di abbreviazione dei termini processuali, in funzione della massima tempestività, compatibile con il rispetto sostanziale delle garanzie difensive, nella definizione del processo;

5) previsione che non siano, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza,emesse misure coercitive, salvo che per i reati puniti con la pena dell’ergastolo ovvero con la reclusione superiore a venti anni, quando l’esigenza di partecipazione dell’imputato alle operazioni militari risulti prevalente rispetto alle esigenze cautelari;

6) previsione di specifiche disposizioni relative alla obbligatorietà o facoltatività dell’arresto in flagranza, estendendone la facoltà ai reati militari puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a quella prevista dall’articolo 381 del codice di procedura penale, nonché alla convalida dell’arresto nei casi in cui l’arrestato non possa essere tempestivamente posto a disposizione dell’autorità giudiziaria;

7) previsione della condizione di procedibilità della richiesta del Ministro della difesa per i reati militari connessi all’esercizio di funzioni di comando in tempo di guerra, con esclusione dei crimini di guerra;

n) prevedere, limitatamente ai conflitti armati fuori dal territorio nazionale:

1) che le persone che esercitano le funzioni di polizia giudiziaria militare, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale, procedano, d’iniziativa, a compiere tutti gli atti di polizia giudiziaria, compresi quelli che normalmente sono svolti solamente su delega del pubblico ministero, nonché l’interrogatorio dell’arrestato o del fermato, allorché ricorra una delle seguenti condizioni, di cui debba essere fatta espressa menzione:

1.1) si agisca in zona di operazioni;

1.2) sia vigente, per motivi di sicurezza, il divieto di comunicazione;

1.3) si tratti di reparto isolato, di nave militare o di aeromobile militare in navigazione e non siano possibili collegamenti;

2) il raddoppio dei termini ordinari per la convalida, ove prevista, degli atti di polizia giudiziaria, eccetto quelli stabiliti per la convalida dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, con decorrenza dall’ora successiva alla cessazione della causa di impedimento;

3) l’utilizzabilità degli atti di cui al numero 1), anche al di fuori dei casi previsti dal codice di procedura penale, qualora gli stessi siano divenuti irripetibili per morte, infermità o irreperibilità, in conseguenza di fatti o circostanze derivanti dalle condizioni indicate nel numero 1);

o) prevedere che la dichiarazione dello stato di guerra abbia per effetto l’esercizio della giurisdizione penale militare di guerra relativamente ai reati ad essa soggetti, che siano commessi dopo la dichiarazione dello stato di guerra; prevedere, solo in tal caso, l’applicazione per tutti i predetti reati della procedura prevista dal libro VIII del codice di procedura penale, nonché, avverso le sentenze pronunciate in primo grado dai tribunali militari, il ricorso in unica istanza, per motivi di legittimità, al Tribunale supremo militare, ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, attribuendo al giudizio davanti al medesimo Tribunale supremo esclusivamente natura rescindente;

p) prevedere che i crimini di guerra, previsti dal codice penale militare di guerra e corrispondenti alle fattispecie di cui all’articolo 8 del citato statuto della Corte penale internazionale, rientrano nella giurisdizione dei tribunali militari se commessi in stato di guerra ovvero, al di fuori del territorio nazionale, nelle ipotesi di cui al secondo periodo della lettera c);

q) abrogare gli articoli 2, 8, 17, 27, 28, 39, 44, 47, secondo comma, 75 e 118 del codice penale militare di guerra ed ogni altra disposizione incompatibile con la presente legge.

EMENDAMENTI

4.1

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera c)».

4.700

IL GOVERNO

Approvato

Al comma 1, lettera c), ultima parte, sostituire le parole: «previa deliberazione delle Camere con decreto del Presidente della Repubblica» con le seguenti: «con atto avente forza di legge».

4.100

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera d), sostituire le parole: «in condizioni diverse dal conflitto armato» con le altre: «al di fuori dei casi di cui alla precedente lettera c)».

4.101

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera h), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «fermi restando i limiti di pena già previsti dalla legge penale militare».

4.2

CAVALLARO, BEDIN

Respinto

Al comma 1, lettera h), aggiungere il seguente periodo: «precisare che, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 78 della Costituzione, il potere di ordinanza militare sia esercitato nel rispetto dei diritti riconosciuti dalla Costituzione e dei princìpi generali dell’ordinamento giuridico».

4.3

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1, sopprimere la lettera l).

4.102

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera m), al numero 1, dopo le parole: «usi della guerra» inserire le altre: «o comunque un reato militare».

4.30

FASSONE, FORCIERI, NIEDDU, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA

Approvato

Al comma 1, lettera m), numero 6), dopo le parole: «dell’autorità giudiziaria» aggiungere le seguenti: «, prevedendo in ogni caso la sollecita comunicazione dell’avvenuto arresto all’autorità medesima ed una procedura di convalida in contraddittorio, attuata ove occorra attraverso lo strumento dell’audizione a distanza».

4.5

CAVALLARO, BEDIN

Respinto

Al comma 1, lettera m) sopprimere il numero 7).

4.103

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera m), al numero 7, sostituire le parole: «in tempo di guerra» con le altre: «nelle ipotesi di cui alle lettere b) e c)».

4.40

FASSONE, PASCARELLA, NIEDDU, FORCIERI, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Nel comma 1, lettera n) numero 3), sopprimere le parole: «per morte, infermità o irreperibilità».

4.6

ZANCAN, BOCO, CARELLA, CORTIANA, DE PETRIS, DONATI, MARTONE, TURRONI, RIPAMONTI

Respinto

Al comma 1 sopprimere la lettera p).

4.104

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, alla lettera q), dopo la parola: «118» inserire l’altra: «233».

ARTICOLO 5 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 5.

(Princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare)

1. Con riferimento alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere la normativa vigente relativa a requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

b) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura militare sia presieduto dal Presidente della Repubblica e sia composto dal procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, da sei componenti eletti dai magistrati militari dei quali due magistrati militari di cassazione, nonché da due componenti estranei alla magistratura; prevedere che i due componenti estranei alla magistratura siano eletti dal Parlamento in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea; prevedere che uno dei due componenti estranei alla magistratura sia eletto dal Consiglio vice presidente; prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili; prevedere inoltre, in particolare, che ai magistrati militari componenti del Consiglio si applichino le disposizioni dell’articolo 30 dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

c) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

d) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace, fatto salvo quanto previsto dalla lettera e) del presente comma e dall’articolo 4, comma 1, lettera o);

e) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

EMENDAMENTI

5.100

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Improcedibile

Sostituire l’articolo 5, con il seguente:

«Art. 5. - (Principi e criteri direttivi relativi alle modifiche in materia di ordinamento giudiziario). – 1. Quanto all’ordinamento giudiziario, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) soppressione del ruolo dei magistrati militari, del Consiglio della magistratura militare, del corpo degli ufficiali della giustizia militare;

b) soppressione della Procura generale militare presso la Corte di Cassazione;

c) transito dei magistrati militari già in servizio nel ruolo dei magistrati ordinari (con incremento di organico pari a 103 unità), con l’anzianità e la qualifica maturata e mantenimento delle funzioni attualmente ricoperte presso gli uffici giudiziari militari;

d) transito dei magistrati militari già in servizio presso l’ufficio di cui alla precedente lettera b) alla Procura generale presso la Corte suprema di cassazione, con funzioni di sostituto procuratore generale o (per il caso del procuratore generale militare) di Procuratore generale aggiunto;

e) transito del personale di cancelleria e di segreterie già in servizio negli uffici giudiziari militari nel ruolo delle cancellerie e delle segreterie giudiziarie (con conseguente aumento di organico), con l’anzianità e la qualifica maturata ed assegnazione allo stesso ufficio giudiziario;

f) transito a domanda del restante personale amministrativo già in servizio presso gli uffici giudiziari militari nei corrispondenti ruoli del Ministero della giustizia;

g) modifica della composizione del collegio giudicante della Corte militare di appello con riduzione a tre del numero dei componenti, di cui due togati ed uno non togato;

h) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra il quale giudichi, nei ricorsi avverso le sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del Presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati con funzioni di appello addetti alla medesima e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

5.1

FASSONE, NIEDDU, FORCIERI, STANISCI, PASCARELLA, MANZELLA

Improcedibile

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. Il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, per quanto concerne la riforma dell’ordinamento giudiziario militare, si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere la soppressione del ruolo dei magistrati militari, istituito presso il Ministero della Difesa ai sensi del regio decreto 19 ottobre 1923, n. 2316 e, conseguentemente, prevedere che i magistrati militari in servizio alla data di entrata in vigore del decreto attuativo della presente disposizione transitino nel ruolo dei magistrati ordinari, secondo l’anzianità e la qualifica maturate nel ruolo di provenienza, continuando ad esercitare le funzioni già ricoperte presso gli Uffici giudiziari militari;

b) prevedere che il ruolo organico della magistratura sia aumentato di 103 unità, delle quali tre con qualifica di magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive superiori, e dieci di magistrato di cassazione;

c) prevedere la soppressione del Consiglio della magistratura militare, istituito dalla legge 30 dicembre 1988. n. 561;

d) prevedere la soppressione del corpo degli ufficiali della giustizia militare, istituito dal regio decreto 28 novembre 1935, n. 2397;

e) prevedere l’istituzione, presso il Ministero della Giustizia, dell’Ufficio centrale per la giustizia militare, avente attribuzioni corrispondenti a quelle del Dipartimento per la giustizia minorile».

5.2

FASSONE, PASCARELLA, NIEDDU, FORCIERI, STANISCI, MANZELLA

Respinto

Al comma 1 dopo la lettera a) inserire le seguenti:

«a-bis) prevedere che i tribunali militari abbiano sede presso il tribunale ubicato nel capoluogo del distretto di ciascuna Corte d’appello ordinaria;

a-ter) prevedere che i tribunali militari costituiscano una sezione del tribunale di cui allalettera a) e che siano formati da un magistrato militare di appello, che lo presiede, e da più magistrati militari di tribunale o di appello, in numero sufficiente a svolgere anche le funzioni di giudice delle indagini preliminari ed a fronteggiare eventuali cause di incompatibilità, adeguando, ove occorra, il ruolo organico dei magistrati militari, quale definito dall’articolo 11 della legge 7 maggio 1981, n. 180;

a-quater) prevedere che della sezione di cui alla lettera a-bis) possano fare parte anche magistrati ordinari e che tutti i componenti della sezione possano conoscere anche degli affari di competenza dei giudici ordinari;

a-quinquies) prevedere che gli affari di competenza dei tribunali militari siano trattati con precedenza rispetto ad ogni altro;

a-sexies) prevedere che il tribunale militare giudica con l’intervento del presidente della sezione di cui alla lettera a-bis), che lo presiede, o, in caso di suo impedimento, del magistrato militare di grado o di anzianità più elevata, di un magistrato militare di tribunale o di appello, con funzioni di giudice e di un ufficiale dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica o della Guardia di Finanza. estratto a sorte;

a-sexties) prevedere l’applicabilità ai magistrati militari di tutte le norme dell’ordinamento giudiziario, salva l’obiettiva incompatibilità di taluna di esse con le specifiche esigenze militari, in particolare prevedendo disposizioni che agevolino ed incentivino la mobilità fra le sedi e le funzioni. in considerazioni dell’esiguità del ruolo organico».

5.500

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, lettera b) sopprimere la parola: «superiore».

5.700 (testo 2)

IL GOVERNO

V. testo 3

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «Presidente della Repubblica» con le seguenti: «Primo presidente della Corte di cassazione», le parole: «sei componenti» con le seguenti: «cinque componenti» e le parole: «dei quali due magistrati militari di cassazione» con le seguenti: «dei quali uno magistrato militare di cassazione».

5.700 (testo 3)

IL GOVERNO

V. testo 4

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «Presidente della Repubblica» con le seguenti: «Primo presidente della Corte di cassazione»,.

Conseguentemente, alla fine della lettera b) aggiungere i seguenti periodi: «Al relativo onere pari a 10.000 euro annui a decorrere dal 2006 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

5.700 (testo 4)

IL GOVERNO

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «Presidente della Repubblica» con le seguenti: «Primo presidente della Corte di cassazione»,.

Alla fine della lettera b) aggiungere i seguenti periodi: «Al relativo onere pari a 10.000 euro annui a decorrere dal 2006 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».

Alla medesima lettera b), dopo le parole: «componenti estranei alla magistratura» inserire le seguenti: «scelti fra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale».

5.101

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole da: «procuratore generale» fino a militari di cassazione», con le altre: «Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, da cinque componenti eletti dei quali uno magistrato di cassazione,».

5.102

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole da: «prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili» con le parole: «prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica quattro anni e non siano immediatamente rieleggibili e che i componenti estranei alla magistratura durino in carica quattro anni».

5.600

IL RELATORE CIRAMI

Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole da: «prevedere, inoltre, in particolare, che ai magistrati militari» fino alla fine della lettera.

5.103 (testo 2)

IL RELATORE CIRAMI

Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:

«b-bis) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nell’ambito del Consiglio della magistratura militare l’istituzione di una sezione disciplinare del Consiglio, composta di tre membri effettivi e tre membri supplenti; prevedere che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra i magistrati militari di cassazione componenti elettivi del Consiglio, che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra gli altri magistrati militari componenti elettivi e che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra i componenti eletti dal Parlamento».

5.104

IL RELATORE CIRAMI

V. testo 2

Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:

«e-bis) prevedere un’unica Corte militare d’appello sopprimendo le due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste».

5.104 (testo 2)

IL RELATORE CIRAMI

Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:

«e-bis) prevedere un’unica sede di Corte militare d’appello sopprimendo conseguentemente le due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste».

5.105

IL RELATORE CIRAMI

Al comma 1, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che il numero dei tribunali militari non sia superiore a quattro e rivederne le circoscrizioni al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie provincie e la sede degli uffici giudiziari».

5.106

IL RELATORE CIRAMI

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra di cui alla lettera c) dell’articolo 4, ove ciò risulti necessario ai fini di un più funzionale esercizio dell’attività giudiziaria militare e in deroga alla previsione di cui all’articolo 4, comma 1, lettera m), numero 2), possano istituirsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa di concerto con il Ministro della giustizia, uno o più tribunali presso il comando dei corpi di spedizione all’estero, stabilendo che la competenza di tali tribunali sia determinata dal decreto che li istituisce e che la stessa sia comunque limitata ai reati commessi successivamente alla loro costituzione; prevedere che dall’applicazione della presente disposizione non possano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;».

5.4

FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Al comma 1 dopo la lettera e), aggiungere la seguente:

«e-bis) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari, assegnando a ciascuno quella del distretto nel quale esso è ubicato;».

 

 

 

 


SENATO DELLA REPUBBLICA

¾¾¾¾¾¾¾¾¾ XIV LEGISLATURA ¾¾¾¾¾¾¾¾¾

 

699a SEDUTA

PUBBLICA

RESOCONTO STENOGRAFICO

GIOVEDÌ 18 NOVEMBRE 2004

(Antimeridiana)

_________________

 

Presidenza del presidente PERA,

indi del vice presidente MORO

 

 

 

Presidenza del presidente PERA

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,32).

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(1432) MANZIONE ed altri. – Disposizioni per la tutela dell’integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto "nonnismo"

(1533) NIEDDU ed altri. – Riforma dei codici penali militari e dell’ordinamento giudiziario militare

(2493) Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

(2645) PASCARELLA ed altri. – Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile

(2663) FLORINO ed altri. – Modifiche al codice penale militare di pace

(3009) PESSINA. – Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004

(Votazione finale qualificata ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento) (Relazione orale)

Approvazione, con modificazioni, in un testo unificato, con il seguente titolo: Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009.

Riprendiamo l'esame degli articoli, nel testo unificato proposto dalle Commissioni riunite.

Ricordo che nella seduta pomeridiana di ieri ha avuto inizio la votazione degli emendamenti presentati all’articolo 5.

Passiamo alla votazione dell’emendamento 5.700 (testo 4) del Governo, che il relatore, senatore Cirami, ha chiesto sia votato per parti separate.

Chiedo pertanto al senatore Cirami di precisare quali parti dovrebbero essere messe distintamente in votazione.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, ho letto l'emendamento 5.700 (testo 4) che, rispetto alla formulazione di ieri, ridisegna correttamente tre distinte proposte. La prima parte prevede, infatti, la sostituzione delle parole "Presidente della Repubblica" con le altre "Primo presidente della Corte di cassazione".

La seconda parte aggiunge alla lettera b) i periodi relativi alla copertura finanziaria. La terza parte accoglie una proposta del senatore Fassone, prevedendo l'inserimento, dopo le parole "componenti estranei alla magistratura", delle altre: "scelti fra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale".

Chiedo pertanto che sia messa ai voti separatamente la prima parte dell'emendamento, sul quale il mio parere è contrario, mentre sono favorevole alla restante parte dell'emendamento.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sulla richiesta avanzata dal relatore.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, sono d'accordo con la proposta di votazione per parti separate. Desidero, inoltre, far pervenire alla Presidenza una formulazione, leggermente diversa, della parte dell'emendamento relativa alla copertura finanziaria, in base alla quale si provvede a valere sui finanziamenti previsti dall'articolo 3, comma 155, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

MORO (LP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORO (LP). Signor Presidente, gradirei che la modifica testé illustrata dal rappresentante del Governo sia stampata e distribuita e che su tale nuova proposta sia espresso il parere della 5a Commissione permanente, trattandosi di una nuova copertura finanziaria.

PRESIDENTE. Ha ragione il senatore Moro, ma, se così è, devo sospendere la seduta per chiedere il parere della Commissione bilancio.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, se si addiviene ad un ulteriore rinvio, sebbene non lo ritenga fondato perché le coperture, sia nel testo già stampato che nella formulazione da me proposta, sono assicurate dal Ministero della difesa, rinuncio alla nuova formulazione.

PRESIDENTE. Se il Governo mantiene immutato il testo dell'emendamento, senatore Moro, non occorre un nuovo parere della Commissione bilancio.

MORO (LP). Il Governo ha ritirato la proposta di modifica della copertura finanziaria, lasciando immutato il testo sul quale la Commissione bilancio ha già espresso parere di nulla osta.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione della prima parte dell'emendamento 5.770 (testo 4).

CIRAMI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, non me ne voglia il Governo e non me ne vogliano i colleghi della maggioranza, ma vorrei difendere il lavoro che hanno svolto le Commissioni riunite, le quali avevano individuato nella figura carismatica del Presidente della Repubblica il Presidente dell’organo di autogoverno della magistratura togata militare, il che mi pareva essere in sintonia con le ragioni che portano alla Presidenza del Consiglio superiore della magistratura ordinario il Presidente della Repubblica.

Nella seduta di ieri, sinteticamente, ma anche con il conforto di molta parte della dottrina, ci eravamo espressi sulle ragioni che avevano indotto a formulare il testo della norma partendo dal presupposto che il paradigma delle funzioni assegnate al Presidente della Repubblica dall’articolo 87 della Costituzione non fosse un elenco tassativo, facendo anche delle esemplificazioni di carattere amministrativo per cui il Presidente della Repubblica con legge ordinaria è stato destinatario di funzioni non previste dalla Carta costituzionale.

Non avendo ricevuto risposta a tali ragioni, nel senso di considerazioni contrarie al suddetto orientamento, né da parte del Governo né da parte dei colleghi, per un minimo di coerenza, sia pure a livello personale, debbo esprimere il mio orientamento contrario alla prima parte dell’emendamento del Governo.

PERUZZOTTI, relatore. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PERUZZOTTI, relatore. Signor Presidente, il senatore Peruzzotti, in qualità di correlatore della Commissione difesa esprime invece parere favorevole all’emendamento proposto dal Governo.

BOBBIO Luigi (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOBBIO Luigi (AN). Signor Presidente, Alleanza Nazionale voterà a favore dell’emendamento presentato dal Governo anche se (lo preannuncio fin d’ora nel motivare la mia dichiarazione di voto) credo che, a questo punto, sulla materia sia indispensabile procedere alla presentazione di un disegno di legge costituzionale.

Vorrei solo sottolineare all’attenzione dei colleghi che il tentativo posto in atto con la formulazione che l'emendamento va a modificare, in relazione all’attribuzione del potere e del ruolo (più che della prerogativa, direi) di presidente del Consiglio superiore della magistratura militare al Presidente della Repubblica, aveva e ha una genesi fortemente problematica.

Da un lato, l'emendamento tende al ripristino di una situazione (la Presidenza attribuita al Primo presidente della Corte di cassazione) in cui si perpetua una sorta di allargamento francamente non del tutto comprensibile del potere e del ruolo del vertice della magistratura ordinaria in ordine all’organo di autogoverno della magistratura militare, quindi una sostanziale disomogeneità del soggetto di vertice rispetto all’organismo che è designato a presiedere.

Dall’altro, è ben vero che la Costituzione disegna poteri e ruoli del Presidente della Repubblica e non include fra di essi il ruolo che il testo del disegno di legge vorrebbe oggi attribuirgli. È altresì vero, però, che in questo caso la norma non andrebbe ad incidere, a violare o a modificare il testo della Costituzione, ma avrebbe una funzione additiva: indubbiamente tutto ciò avrebbe un sapore quanto meno strano in ordine al rispetto della lettera della Carta costituzionale.

Va detto - e questo è il punto di fondo realmente problematico - che a latere, e in maniera speculare rispetto alla sostanziale disomogeneità della Presidenza attuale, così come verrebbe confermata dall’approvazione dell'emendamento, dell’organo di autogoverno della magistratura militare abbiamo una sostanziale omogeneità rispetto al testo del disegno di legge che modifichiamo.

Infatti, l’attribuzione, prevista dal testo, del ruolo di presidente del CSM al Presidente della Repubblica in relazione all’organo di autogoverno della magistratura militare, da un lato, sarebbe stata certamente omogenea con il ruolo che lo stesso Presidente si vede assegnato dalla Costituzione quale Presidente del CSM ordinario; dall’altro, si verte in ipotesi di magistratura militare e quindi l’aspetto di omogeneità sarebbe stato ulteriormente rafforzato dal ruolo che il Presidente della Repubblica, a termini di Costituzione, riveste quale capo delle Forze armate.

In conclusione, ribadisco, voteremo a favore dell’emendamento del Governo, ma rendendoci conto e segnalando all’Aula che esiste un forte problema di revisione della Costituzione per assicurare un’omogeneità della disciplina di queste materie.

PASTORE (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PASTORE (FI). Signor Presidente, il Gruppo Forza Italia voterà a favore dell'emendamento del Governo.

Mi corre l'obbligo di confermare che tale voto favorevole è dettato dalla impossibilità giuridica - almeno questa è la valutazione che è stata fatta anche dalla Commissione affari costituzionali - di attribuire al Presidente della Repubblica una responsabilità, un compito, una funzione che la Costituzione non prevede.

Al di là delle discettazioni di carattere tecnico, che non è il caso di approfondire in questa sede, faccio presente ai colleghi che da un punto di vista di opportunità politica, attribuire con legge ordinaria al Presidente della Repubblica funzioni che la Costituzione non prevede espressamente potrebbe comportare un conflitto istituzionale, perché il Parlamento potrebbe caricare il Presidente della Repubblica di funzioni non appropriate a questa altissima carica; così come ci potrebbe essere, d'altra parte, una tentazione a premere sul Parlamento per ottenere nuove investiture, il che mi sembrerebbe, nell'un caso e nell'altro, cosa altamente inopportuna e foriera di conflitti.

Nulla quaestio sull'eventuale percorso di revisione costituzionale, ma lo strumento della legge ordinaria è assolutamente inadatto a realizzare lo scopo. Anche se le intenzioni manifestate da chi ha inteso prevedere questa presidenza così altamente qualificata sono del tutto meritevoli di apprezzamento, esse tuttavia non sono realizzabili in questa sede.

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 5.700 (testo 4), presentato dal Governo, consistente nel primo capoverso.

È approvata.

Metto ai voti la seconda parte dell'emendamento 5.700 (testo 4), presentato dal Governo, consistente nel secondo e nel terzo capoverso.

È approvata.

Metto ai voti l'emendamento 5.700 (testo 4), presentato dal Governo, nel suo complesso.

È approvato.

A seguito della precedente votazione, l'emendamento 5.101 è precluso.

Metto ai voti l'emendamento 5.102, presentato dai senatori Malabarba e Sodano Tommaso.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.600, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.103 (testo 2), presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 5.104 (testo 2), presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.105.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il nostro voto contrario, ma vorrei anche argomentarne la motivazione.

Risponde indubbiamente ad una esigenza di razionalizzazione rivedere la geografia giudiziaria nella materia militare, prevedere però solamente quattro tribunali credo produca delle disfunzionalità evidenti.

Secondo logica e secondo prevedibilità, questi tribunali saranno allocati a Milano, Roma, Napoli e Palermo (immagino sia questa la quasi inevitabile allocazione). Questo significa che essi insisteranno su una circoscrizione territoriale vastissima: il tribunale dell’Italia settentrionale, quale che sarà la sede, opererà da Ventimiglia a Trieste e, a fronte della notevolmente accresciuta competenza (nel senso che quasi tutti i reati militari saranno devoluti a questo organismo), le indagini saranno praticamente impossibili: è di fatto impossibile che un sostituto procuratore assicuri con assiduità e continuità la sua presenza a centinaia di chilometri di distanza.

Aggiungo che l’individuazione di quattro sedi quasi certamente penalizzerà la Sardegna, dove sono allocati importanti comandi militari e dove è opportuno che una sede a non grande distanza sia prevista.

Pertanto, non essendo io nella condizione di proporre emendamenti, perché questo emendamento del relatore è stato formalizzato in data 12 novembre, quando ormai era decorso il termine per presentare emendamenti per l’Aula, rassegno queste considerazioni al Governo, che ha tuttora la possibilità di intervenire quando lo ritenga, facendo presente che effettivamente questa proposta del relatore creerà delle probabilissime disfunzioni proprio in quell’apparato che si vuole invece, da parte del Governo e della maggioranza, cercare di razionalizzare.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, intervengo anch’io per una dichiarazione di voto brevissima e per chiedere, in calce al mio intervento, il voto elettronico su questo emendamento.

La mia dichiarazione di voto è conforme a quella del collega Fassone. In particolare, già nella discussione di ieri abbiamo fatto rilevare come la riconfigurazione delle circoscrizioni dei tribunali non possa essere discussa e definita in sede di esame degli emendamenti in Aula, ma avrebbe meritato e meriterebbe maggiore discussione e un’assai più ampia riflessione.

Fra l’altro, trattandosi comunque di un disegno di legge delega, credo che, anche in relazione all’esercizio più ampio della delega da parte del Governo, sia opportuno come minimo stabilire (così del resto era previsto dal testo originario) che sarà poi nell’espletamento di tale funzione che il Governo ridisegnerà l’articolazione territoriale.

Aggiungo come ulteriore argomento che abbiamo già discusso più volte del fatto che si tratterà di una competenza probabilmente significativa, per esempio per gli appartenenti all’Arma dei carabinieri e alla Guardia di finanza; va considerato anche che un’organizzazione territoriale così ampia rischia di penalizzare moltissimo gli appartenenti a questi due importanti Corpi militari del nostro Paese. Quindi, anche sotto questo aspetto, si suggerirebbe o una riformulazione o addirittura il ritiro dell’emendamento 5.105.

A conclusione del mio intervento, rinnovo l’istanza di voto elettronico.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, le osservazioni avanzate dal senatore Fassone meritano effettivamente una risposta e una riflessione.

Faccio presente che noi non definiamo le sedi e nemmeno esattamente il loro numero: attraverso questo emendamento del relatore stabiliamo un tetto massimo. Può anche darsi che, nella ridefinizione delle sedi, il numero massimo sia quello scelto di quattro, ma effettivamente tale numero è un po’ stretto.

Accetto, quindi, la riflessione del collega Fassone e propongo che in luogo di quattro si prevedano cinque sedi, precisando che è questo il tetto massimo: pertanto, la parola "quattro" va cambiata in "cinque".

PRESIDENTE. Come risolvere il problema della copertura finanziaria delle cinque sedi? Credo che i costi per cinque sedi sono più elevati rispetto alle quattro previste.

Chiedo al relatore di pronunziarsi al riguardo.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, considerando che attualmente i tribunali militari in Italia sono nove, con due sezioni di corte d’appello, credo che il ridimensionamento trovi comunque una sufficiente copertura.

PRESIDENTE. L’emendamento 5.105, nella nuova formulazione proposta dal Governo e accolta dal relatore, è dunque modificato nel senso che le parole "non sia superiore a quattro" sono sostituite con le altre "non sia superiore a cinque".

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, a questo punto, per correttezza e cortesia istituzionale, non insisto con la richiesta di voto elettronico.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.105 (testo 2), presentato dal relatore, senatore Cirami.

E’ approvato.

Ricordo che l’emendamento 5.106 è stato ritirato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 5.4 è improcedibile.

Metto ai voti l’articolo 5, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 6, sul quale è stato presentato un emendamento che si intende illustrato.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.500, presentato dal relatore, senatore Cirami.

E’ approvato.

Metto ai voti l’articolo 6, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 7, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, l’articolo 7, recante "Norme finali", prevede, al comma 3 (come del resto è tipico della materia della legislazione delegata), la possibilità, entro due anni dall’entrata in vigore dei decreti legislativi, di disposizioni espressamente definite "correttive", nel rispetto - si dice genericamente - dei princìpi e delle procedure di cui alla presente legge.

Appare molto opportuno ribadire che anche su tali provvedimenti, trattandosi di disposizioni correttive e quindi non necessariamente di mera applicazione, debba essere acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari. Faccio notare - e si rileva anche nell’emendamento in questione - che l’articolo 7, comma 2, prevede la partecipazione delle Commissioni nelle altre fattispecie, in particolare nel procedimento di emanazione dei decreti delegati.

Ribadisco l’importanza della partecipazione delle Commissioni parlamentari a questo procedimento di legificazione successiva e quindi raccomando l’emendamento ai relatori e al Governo.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, esprimo parere contrario sull’emendamento 7.100.

Per quanto riguarda l’emendamento 7.101, il senatore Cavallaro non se ne abbia a male, ma è veramente pleonastico. Basta leggere il comma 3 dell’articolo 7, dove il contenuto di tale disposizione è già scritto, quindi non mi pare possibile ripeterlo.

Infine, esprimo naturalmente parere favorevole sull’emendamento 7.102.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Il Governo esprime parere conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.100, presentato dal senatore Nieddu e da altri senatori.

Non è approvato.

Senatore Cavallaro, il relatore Cirami le ha rivolto, in sostanza, un invito a ritirare l’emendamento 7.101. Accoglie tale invito?

CAVALLARO (Mar-DL-U). Le considerazioni svolte dal relatore mi convincono e pertanto ritiro l’emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 7.102.

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, dichiaro il voto contrario su questo emendamento, perché le ragioni per prorogare fino a un limite di ulteriori due anni la durata del Consiglio della magistratura militare non ci sembrano sufficienti.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 7.102, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 7, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo all’esame dell’articolo 8, sul quale è stato presentato dal relatore un emendamento che s'intende illustrato.

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull’emendamento in esame.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 8.500, presentato dal relatore, senatore Cirami.

È approvato.

Metto ai voti l’articolo 8, nel testo emendato.

È approvato.

Passiamo alla votazione finale.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CAVALLARO (Mar-DL-U). Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che ci è stato proposto è il frutto innegabile di un’elaborazione abbastanza complessa delle Commissioni permanenti 2a e 4a riunite e presenta alcuni elementi di significativa novità.

Tutti noi conveniamo sul principio di carattere generale che sia necessaria la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra e che conseguentemente debba essere adeguato l’ordinamento giudiziario militare. Tuttavia, al di là della discussione, sia nelle Commissioni che in Aula, ci sono alcuni punti, che non vorrei definire pregiudiziali o preliminari, ma di carattere generale, che non ci hanno visto fin dal primo momento d’accordo e che continuano a segnare una netta divaricazione tra il risultato definitivo che viene odiernamente rassegnato all’Aula e quello che invece noi ritenevamo fosse necessario approfondire e integrare.

In particolare, mi riferisco al punto nodale, cioè al mutamento radicale della stessa nozione di pace e di guerra e al mutamento radicale dell’impegno delle Forze armate del nostro Paese, che comunque rimane segnato e contrassegnato dal rispetto dell’articolo 11 della Costituzione.

Non è il caso che io, in sede di dichiarazione di voto finale, torni a soffermarmi su princìpi generali. Vorrei soltanto ribadire che la nostra Costituzione contiene un significativo elemento di valutazione della guerra, come elemento che possa dirimere le controversie tra popoli, e a questo scopo usa la parola, non soltanto suggestiva, ma indicativa, di ripudio.

È una nozione che, è stato rilevato, sembrerebbe metagiuridica, tuttavia è giuridica poiché viene usata nella nostra Costituzione. Sotto questo profilo il disegno di legge non stabilisce, come avremmo ritenuto necessario, in maniera nitida e chiara quali siano le circostanze, le modalità e le condizioni nelle quali si può e si deve parlare di intervento di pace e di intervento di guerra.

Come voi sapete, anche nelle attività cosiddette di pacificazione, che sono oramai variamente qualificate e definite (peace keeping, peace enforcing), cioè con gradualità e gradazione diversa di modalità di intervento, ricorre la necessità di graduare altrettanto la natura giuridica del nostro Paese su scenari internazionali e le condotte conseguenti dei militari chiamati ad operare in questi disparati scenari e con questi disparati modelli di comportamento internazionale.

Presidenza del vice presidente MORO

(Segue CAVALLARO). Non a caso, l’ultima vicenda che ci vede profondamente divisi è quella della valutazione di due distinti concreti interventi militari. Abbiamo più volte ribadito la legittimità di interventi ricompresi in iniziative delle Nazioni Unite e degli organi internazionali.

Diversa ci pare invece la questione, anche senza entrare nel dettaglio della cosiddetta teoria della guerra preventiva, quando si tratta di guerre unilateralmente dichiarate e che possono comportare una non decisione unanime e totalitaria della comunità internazionale. Questo, quindi, ha anche delle conseguenze inevitabili nella condotta delle nostre Forze armate.

Aggiungo che, a seguito di un’altra modifica strategica, cambia la nozione stessa di esercito e di Forze armate. Anche di questo vi è una non chiara e non coerente traccia nella delega che stiamo esaminando in quanto non si è forse tenuto in sufficiente conto che ormai è intervenuta una trasformazione del nostro esercito: da esercito di leva, quindi soggetto a determinate regole e in cui la disciplina ha un certo valore cogente (perché rappresenta un indirizzo inevitabile per persone che per poco tempo sono chiamate a svolgere il servizio alla Patria), a esercito professionale in cui la nozione di disciplina è certamente un valore, ma non meno è un valore la cooperazione responsabile di tutti i soggetti, indipendentemente dal grado che essi rivestono, per la realizzazione dell’obiettivo militare che ad essi viene proposto.

Si tratta di una forma di collaborazione, d'intervento consapevole nel quale le regole della ripartizione, della gerarchia e della responsabilità risultano ovviamente completamente diverse da quelle dell’esercito cosiddetto di coscritti o di leva.

Ripeto, anche di questo vi è una scarsa eco. Anzi, si è tentata una soluzione che abbiamo definito di mera opportunità, cioè quella della dilatazione stessa della nozione di reato militare, più soggettiva che oggettiva, probabilmente nel tentativo - questa è l’ultima parte della mia dichiarazione, concernente l’aspetto meno nobile del testo di legge - di assegnare alla magistratura militare compiti ed impegni maggiori rispetto a quelli che attualmente riveste, non tenendosi conto dell’altro elemento, più volte ricordato in varie occasioni nel corso dell’esame in Aula, cioè che nel nostro sistema appartengono stabilmente alle Forze armate alcune categorie di soggetti - in particolare, si è richiamata più volte l’appartenenza alle Forze armate della Guardia di finanza e dei Carabinieri - che svolgono ampi e complessi compiti non soltanto sul piano del diritto interno, ma anche nell'ambito delle missioni internazionali.

In queste ultime, come è noto, con grande orgoglio e soddisfazione del nostro Paese, questi corpi specializzati sono stati più volte richiesti proprio per svolgere funzioni di alto livello professionale e di speciale qualificazione.

Sotto questo aspetto, dunque, è addirittura paradossale assegnare a questi Corpi e ai soggetti che ne fanno parte una sorta di giurisdizione speciale che finisce per diventare afflittiva e costituzionalmente sospetta. Non trattandosi di cittadini per breve tempo in armi, bensì di persone che professionalmente svolgono questo lavoro al servizio dell’interesse della Patria, non vi è infatti motivo di trattarli, entro i limiti del possibile, diversamente dagli altri lavoratori.

Non è in ballo, quindi, soltanto la dilatazione della nozione di reato militare. Non a caso, un emendamento segnalato per la sua efficacia era teso a stabilire che l’iniziativa e l’impegno della giurisdizione militare fosse circoscritto a qualificare come reati militari solo quelli che attengono alla lesione dell’onore, della fedeltà, della dignità e delle forme di organizzazione militare. Non è stato accolto, ma ritengo sarebbe stata una dirimente iniziativa legislativa.

Infine, si segnala il conseguente mantenimento della giurisdizione militare. Si obietta che la giurisdizione militare riposi nella Costituzione e che quindi, a Costituzione invariata, non si possa sostenere un cambiamento di questo tipo; l’obiezione che muoviamo, a nostra volta, è che intanto, quando vogliamo, poniamo mano rapidamente anche a riforme di grande impianto costituzionale.

PRESIDENTE. Senatore Cavallaro …

CAVALLARO (Mar-DL-U). Un minuto, signor Presidente, sto concludendo.

E, comunque, mi sembra di poter segnalare che nello scenario internazionale certamente è opportuno uscire da una giurisdizione militare speciale e, semmai, parlare di una giurisdizione militare specializzata come parte di quella ordinaria.

Tutto questo nel disegno di legge che odiernamente dovremmo approvare non c’è e quindi annuncio il voto contrario del Gruppo della Margherita. (Applausi dal Gruppo Mar-DL-U).

FASSONE (DS-U). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FASSONE (DS-U). Signor Presidente, era una riforma necessaria. Poteva essere una buona riforma, è stato un non lodevole esempio di integralismo militare.

Era ed è una riforma necessaria, lo abbiamo detto e lo confermiamo, perché in questi ultimi tempi sono avvenuti fatti nuovi di grande rilevanza: la progressiva omologazione della giurisdizione militare a quella ordinaria, sancita dall’articolo 111 della Costituzione; la trasformazione della leva obbligatoria in leva professionale; l’impiego della forza militare in operazioni che non possono più ricondursi al concetto di guerra tradizionale.

Questo esigeva un intervento, ma di segno profondamente diverso. Potevate effettuare la riforma avvicinando le due giurisdizioni, facendo salve le esigenze della giustizia militare, ma rendendola sempre più omologa a quella ordinaria. Potevate democratizzare la giurisdizione militare; rischiate, invece, di militarizzare la democrazia.

Guardando l’esito di questo percorso parlamentare, avremo quattro o forse cinque (grazie all’opportuna correzione effettuata dal rappresentante del Governo) grandi tribunali aventi competenza su tutto il territorio della Repubblica; quattro o cinque piccole cittadelle giudiziarie in grado sì, probabilmente, di celebrare i processi relativi alla violazione della disciplina militare, ma quasi certamente non in grado di effettuare indagini penetranti ed efficaci su tutti i reati che avete voluto attribuire alla giurisdizione militare.

Egregi colleghi, avete militarizzato la corruzione e la concussione degli operatori della Guardia di finanza, facendo prevalere le esigenze di un’asserita giustizia militare rispetto alle esigenze dell’erario. Avete messo in pericolo la libertà di espressione nel tempo di guerra; in proposito, torno a sottolineare la pericolosità del Capo III del codice penale militare di guerra, operante, secondo il vostro testo, in un "tempo di guerra" che non necessariamente è lo "stato di guerra", per cui la libertà di espressione è a rischio.

Avete respinto addirittura piccole cose, come l’inserimento della provocazione, codificando, forse anche senza percepirlo, il principio che l’autorità non è mai ingiusta. Avete prodotto una serie di inasprimenti e di sanzioni per gli stessi reati ordinari commessi da militari quando ricadono nell’ambito della giurisdizione militare. Avete creato le premesse per una sterminata duplicazione di procedimenti in tutti i casi di concorso di persone nel reato, quando uno dei concorrenti è un civile. Avete addirittura eliminato l’applicazione delle regole dell’ordinamento giudiziario all’ordinamento militare sotto l’affermazione, direi formale, che il nuovo ordinamento giudiziario non è ancora in vigore, anche se sapete benissimo che lo sarà tra breve (tant’è vero che nel disegno di legge questa previsione c’era), ma perché siete consapevoli che le due riforme che vi accingete a mandare in porto non sono compatibili tra loro.

Vorrò sapere come riuscirete a tradurre in concreti atti operativi la gestione del personale militare a fronte della divisione delle carriere e della temporaneità degli incarichi direttivi.

Sullo sfondo di questo intervento c'è l'esigenza vera, che è quella di un robusto inasprimento della disciplina e delle sanzioni militari, a fronte di una leva obbligatoria che, quando è stata istituita, non conosceva ancora le varie operazioni in Afghanistan, in Iraq e quelle che purtroppo seguiranno e che quindi avete bisogno di assoggettare ad una disciplina più rigorosa.

Purtroppo, la conclusione è quella che abbiamo già dovuto pronunciare in altre situazioni: volete fare questa riforma? Fatevela! Noi aggiungiamo unicamente quelle cinque brevi parole che sono apparse su milioni di cartelloni un anno e mezzo fa "But not in my name", ma non nel nostro nome! (Applausi dai Gruppi DS-U e Mar-DL-U).

PALOMBO (AN). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PALOMBO (AN). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, sono fermamente convinto che abbiamo condotto una proficua e illuminata riforma dei codici penali militari di pace e di guerra. In particolare, abbiamo uniformato i loro contenuti allo spirito democratico della Costituzione.

Conosciamo da tempo gli intendimenti riformatori dell'opposizione che, ponendo in campo i princìpi di economia e semplificazione, in realtà vuole ad ogni utile occasione massificare e demolire la legislazione di fondo dello Stato di diritto.

Naturalmente, nell'evenienza della riforma dei codici penali militari, l'intendimento dell'opposizione era volto a far rientrare l'amministrazione della giustizia militare nell'ambito delle competenze della magistratura ordinaria, cancellando con un colpo di spugna l'ordinamento giudiziario militare.

Storicamente e, quindi, per necessità naturale, la giustizia militare ha la sua origine nella peculiarità atipica delle Forze armate. Disquisire sull'ordinamento dello strumento militare, che è transitato dall'esercito di leva a quello professionale, per affermare che più non sussiste la necessità di codici penali militari, significa ignorare che nella storia militare la presenza degli eserciti di leva è incidentale. Invece la regola è il professionalismo.

Mettere in campo il conferimento della connotazione di reato militare a fattispecie fino ad ora contemplate dal codice penale, per attestare che con tale accorgimento si è voluto rimpinguare le attività dei tribunali militari, per giustificarne la permanenza, significa di nuovo ignorare la peculiarità atipica delle Forze armate.

Dall'esito che abbiamo avuto sulle spese dello Stato e sull'efficacia delle riforme fino ad oggi attuate, seguendo le idee della sinistra, bene abbiamo fatto a non seguire le proposte della minoranza in questa occasione. Infatti, alle affermazioni dell'opposizione si contrappongono in altri campi, ad esempio, l'esosità e l'ingovernabile elefantiasi che riduce l'efficacia del Sistema sanitario nazionale, la lentezza e la inadeguatezza con cui opera, costretta da mancanza di risorse economiche e da organici inadeguati, la giustizia ordinaria.

In sede referente, nelle riunioni delle Commissioni riunite 2a e 4a, ho ascoltato i colleghi dell'Ulivo denigrare i codici penali militari risalenti al 1941 e, anche qui in Aula, le loro osservazioni e critiche sono state aspre e ripetute.

Eppure, così si espresse, cari colleghi, Giuliano Vassalli, nel 1948, aggiornando nell'Enciclopedia Italiana la voce "crimini di guerra": "Con tali codici l'Italia è stata l'unico Paese che avesse un codice militare tanto moderno e che tanto perfettamente adeguasse il proprio diritto penale interno alle convezioni internazionali".

Dunque, alla nostra attenzione c'era un testo di base di assai elevata qualità tecnica e di non particolare pregnanza politica, che in sé rifletteva la corretta posizione istituzionale, nonostante la sua redazione risalisse ai tempi in cui l'Italia era governata da un regime autoritario. Voglio dire che allora le Forze armate avevano una collocazione istituzionale privilegiata, che ne tutelava la peculiare atipicità funzionale.

Riguardo ai contenuti della delega, è sotto gli occhi di tutti noi che si tratta di un mandato particolareggiato e insistito, che vincolerà il Governo a seguire pedissequamente la volontà del Parlamento.

La riforma, una volta attuata, potrà tutelare giuridicamente la coesione delle Forze armante e i soggetti deboli. Questi ultimi in particolare sono i prigionieri, i feriti, la popolazione civile inerme, l'infanzia e così via.

Da un lato, si procede a grandi passi verso l'integrazione politica del Vecchio continente, dall'altro, crescono la turbolenza e l'instabilità internazionali. È mutata la realtà dello scenario internazionale, è mutata la struttura del nostro strumento militare, dovevamo quindi aggiornare e non cancellare i codici penali militari di pace e di guerra. Tale esigenza, personalmente, nel passato ho a più riprese rappresentato.

Il 27 marzo 2003 in occasione della conversione in legge dell'ennesimo decreto-legge di proroga delle nostre missioni militari e umanitarie all'estero, avevo raccomandato al Governo di provvedere alla definitiva riforma dei codici militari. Oggi, passiamo dalle parole ai fatti, e affianchiamo alle nostre Forze armate nuovi codici penali militari di pace e di guerra, che rispondono ai cambi di situazione intervenuti e, in particolare, agli obblighi del diritto internazionale umanitario.

Già adesso, noi della maggioranza possiamo affermare con orgoglio che la legge militare italiana tutelerà l'uomo in divisa, cioè la persona, dagli abusi autoritari durante l'esercizio della professione militare, e tutelerà anche la coesione del più delicato strumento di difesa dello Stato e della Repubblica, vale a dire le Forze armate. In particolare, la forza dei codici penali militari impedirà ad esse di macchiarsi impunemente di delitti contro l'umanità. Questo era un vecchio vanto del nostro esercito di leva e lo sarà anche del nostro esercito professionale.

In sostanza, nel rispetto dello spirito della Costituzione e in ossequio al principio di simmetria, la giustizia militare opererà autonomamente nella peculiarità dell'universo militare, ferma restando, come per tutti gli altri cittadini, la garanzia dei tre gradi di giudizio per gli imputati.

In sede di attuazione della riforma non escludo che si presenterà nell'immediato futuro la necessità di revisionare l'ordinamento giudiziario militare, per adeguarne gli organici e le competenze territoriali al contemporaneo ridimensionamento numerico delle Forze armate.

Dunque, con questa riforma i nostri militari in patria, ma soprattutto quando impegnati in missioni di pace, avranno un regime giudiziario moderno e adeguato alle loro esigenze operative.

Pertanto, per le argomentazioni che ho espresso e nel pieno convincimento che il provvedimento che stiamo approvando è vivamente atteso dal mondo militare poiché esso darà completa garanzia di tutela ai suoi appartenenti e al loro operato, esprimo il mio voto favorevole e quello di Alleanza Nazionale alla riforma dei codici penali militari di pace e di guerra. (Applausi dai Gruppi AN, UDC e FI. Congratulazioni).

BRIGNONE (LP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRIGNONE (LP). Signor Presidente, il Gruppo della Lega voterà a favore del disegno di legge per i seguenti motivi.

Esso, anzitutto, mira ad attualizzare agli odierni compiti delle Forze armate, specialmente con riguardo alle missioni di pace all'estero, il corpus della legge penale militare, dando compiutamente seguito ai primi interventi di sua modifica fatti a cavallo fra il 2001 e il 2002 con i primi due decreti-legge su Enduring Freedom e conformando il nostro ordinamento agli obblighi per esso nascenti dal contemporaneo diritto internazionale umanitario, in particolare all'articolo 8 (sui crimini di guerra) dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, il che consente di attualizzare i "reati contro le leggi e gli usi di guerra" già presenti nel nostro - solo fra tutti - codice di guerra (vedi Libro III, Titolo IV).

Si considerano a tal fine non solo i mutati compiti delle Forze armate, ma anche la loro configurazione ormai professionale, con le inerenti caratteristiche di volontarietà dell'assoggettamento allo status di militare che sostituisce la precedente prestazione personale imposta.

In secondo luogo, lo statuto penale delle operazioni militari armate all’estero viene configurato (conformemente alla crescita della loro importanza) in termini modulati e in modo parzialmente autonomo rispetto alla situazione di vera e propria guerra o conflitto armato, anche con opportuna modulazione delle sanzioni. Si va, cioè, dalla situazione estrema (quella della vera e propria guerra difensiva), in decrescendo, verso modulazioni diverse dell’uso della forza militare, sostanzialmente fino al peace keeping, in modo da assicurare la congruenza e la proporzionalità dell’esigenza di coesione rispetto al contesto operativo generale dell’azione militare.

In terzo luogo, occorre razionalizzare l’irrazionale attuale riparto di attribuzioni tra la giurisdizione ordinaria e quella militare, anche in considerazione del fatto che ormai il magistrato militare gode delle medesime garanzie di autonomia ed indipendenza proprie del giudice ordinario; si caratterizza, perciò, come un magistrato specializzato ad ordinamento autonomo.

Tale razionalizzazione viene fatta sia avendo riguardo (come indicano sia la giurisprudenza della Corte costituzionale che la dottrina) all’interesse militare (per il quale il giudice militare ha la necessaria expertise), sia considerando che, per effetto della sospensione della leva obbligatoria, viene meno gran parte della domanda di giustizia di cui fino a ieri si occupavano i giudici militari (vale a dire reati connessi all’inadempimento degli obblighi di leva) e ciò va compensato per ottimizzare una risorsa (la giustizia militare) costituzionalmente garantita.

Con questa riforma, i nostri militari impegnati all’estero nelle missioni di pace avranno un regime giuridico moderno e adeguato alla loro condizione ed alle effettive esigenze. Sarà maggiormente garantita la loro coesione, così come saranno maggiormente tutelati i soggetti deboli (prigionieri, feriti, popolazione civile e così via), mentre l’apparato giudiziario sarà proprio quello del tempo di pace, con tutte le sue garanzie. (Applausi dal Gruppo LP e del senatore Carrara. Congratulazioni).

RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RIGHETTI (Misto-Pop-Udeur). Signor Presidente, onorevoli colleghi, la necessità di provvedere ad una riforma delle leggi penali militari a più di sessant’anni dall’entrata in vigore di quelle attuali è riconosciuta e condivisa.

La nuova realtà della situazione internazionale, segnata particolarmente dalla fine della Guerra fredda, dal devastante conflitto che ha coinvolto i Paesi della ex Jugoslavia e poi, successivamente, dall’esplodere sulla scena mondiale del fenomeno del terrorismo internazionale rende i nostri strumenti legislativi in materia assolutamente inadeguati.

La decisione, da parte dei Governi del nostro Paese, di partecipare in maniera sempre più attiva a missioni internazionali definite di pace (anche quando questa definizione era ed è obiettivamente smentita dai fatti) ha mostrato sempre di più la difficoltà di regolare e gestire situazioni che riguardano i nostri militari in esse impegnati e anche una serie di strutture ad essi collegate, con i vecchi strumenti legislativi, inadatti ad affrontare una realtà completamente diversa da quella del 1941.

Nonostante il fatto che migliaia di cittadini italiani in armi siano impegnati ed impiegati in varie parti del mondo (non c’è solo l’Iraq), non si può parlare di guerra; però, i nostri militari sono presenti in quei territori in condizioni obiettivamente di guerra, sono bersaglio di pesanti e gravissimi attacchi armati e già hanno pagato un contributo in vite umane molto alto, insopportabilmente alto. Devono usare le armi per difendersi e probabilmente non solo per difendersi. Ma queste operazioni vengono ormai tecnicamente, cinicamente, forse anche ipocritamente definite "operazioni diverse dalla guerra", mutuando questa espressione dal linguaggio degli strateghi militari internazionali.

Con questo provvedimento, dunque, si vuole adeguare il nostro ordinamento giudiziario militare per fare fronte ad una situazione così profondamente mutata e complessa. La decisione di attribuire una delega al Governo non appare in questo contesto particolarmente scandalosa: lo scenario è ulteriormente complicato anche dal fatto che a partire dal prossimo anno scomparirà la leva obbligatoria e anche le nostre Forze armate si caratterizzeranno come professionali.

I senatori Popolari-Udeur, quindi, non negano né la necessità di pervenire a una rielaborazione e a un adeguamento dei codici militari, né il fatto di fare ricorso alla delega per giungere a questa riforma. Vi sono, però, forti, fortissime perplessità circa il contenuto e lo spirito di questa delega, legate soprattutto al fatto che in alcuni aspetti appare evidente un conflitto con le precise e rigide norme della nostra Costituzione; in particolare, con gli articoli 3, 87 e 103.

Altri colleghi, nel corso del dibattito, hanno significativamente approfondito i numerosi elementi che giustificano questa critica. A noi pare, però, fortemente preoccupante la decisione di stravolgere e dilatare oltre l'inverosimile le disposizioni di cui al terzo comma dell'articolo 103 della Costituzione, circa la giurisdizione dei tribunali militari, così come appare del tutto preoccupante la trasformazione del concetto di reato militare.

Sappiamo che nell'attuale ordinamento i reati militari sono ben circostanziati: con questa delega si stabilisce invece, nei fatti, che diventa reato militare qualsiasi reato commesso da militari, inventando questa equazione assolutamente sconcertante ed inquietante, con una ulteriore violazione costituzionale: quella dell'articolo 3, secondo il quale la legge è uguale per tutti.

Va, infine, sottolineato che solo in "zona Cesarini" il Governo si è reso conto di quella incredibile previsione contenuta alla lettera b) dell'articolo 5, come approvato dalla Commissione, che estendeva con legge ordinaria le competenze del Presidente della Repubblica, e ne ha proposto la soppressione.

Per questi motivi, signor Presidente, dichiaro il voto contrario dei senatori Popolari-Udeur.

BOREA (UDC). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOREA (UDC). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge in esame conferisce una delega al Governo perché, attraverso decreti legislativi, proceda alla revisione - ritenuta oramai essenziale, necessaria ed urgente - dei codici penali militari di pace e di guerra ed introduca altresì innovative modifiche all'ordinamento giudiziario militare, istituendo un organismo di controllo e di indirizzo della giurisdizione militare: il Consiglio superiore della magistratura militare.

Qualche perplessità in Commissione si era nutrita relativamente all'attribuzione, con legge ordinaria, al Capo dello Stato della presidenza di tale istituendo organismo. L'emendamento approvato in proposito elimina ogni possibile dubbio in ordine a profili di incostituzionalità, per cui il Gruppo dell'UDC dichiara il proprio convinto voto favorevole, perché le modifiche al codice penale militare (sia per quanto riguarda il periodo di pace, sia per quello vigente in periodo di guerra) appaiono interessanti e finalizzate anche all'armonizzazione delle norme stesse al diritto internazionale.

Vorrei tranquillizzare i colleghi dell'opposizione relativamente al rispetto dei princìpi costituzionali, ricordando che l'ultimo comma dell'articolo 103 della Costituzione, attribuendo poteri ai tribunali militari in tempo di guerra, vincola la loro giurisdizione al dettato della legge, mentre, in tempo di pace, attribuisce loro la giurisdizione soltanto per i reati militari commessi dagli appartenenti alle Forze armate dello Stato italiano.

Vi è, poi, il recupero della centralità del Parlamento per la dichiarazione dello stato di guerra e quindi per l'applicabilità delle disposizioni sul territorio nazionale del codice penale militare di guerra.

Mi sembrano interessanti gli spunti che la delega introduce in ordine alla possibilità delle misure alternative alla detenzione, così innovandosi anche l'ordinamento penitenziario militare e conformandosi e omologandosi anche all'ordinamento penitenziario ordinario.

Così come l’introduzione, nel processo militare, del principio del contraddittorio, che va rispettato anche nella formazione della prova in riferimento anche alle testimonianze indirette, di fatto attua, anche per il processo penale militare, i princìpi costituzionali dell’articolo 111, così novellati.

Per tutte queste ragioni, ringraziando i relatori ed il Governo per il lavoro svolto sino ad ora, l’UDC ribadisce il proprio convinto voto favorevole alla delega al Governo. (Applausi dai Gruppi UDC, FI e AN).

*MANFREDI (FI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MANFREDI (FI). Signor Presidente, onorevole Sottosegretario, onorevoli colleghi, nell'annunciare il voto favorevole di Forza Italia sul provvedimento alla nostra attenzione, desidero esprimere, a supporto di questo punto di vista, un parere che fa sostanzialmente astrazione da un puro giudizio sul piano giuridico dell'articolato.

La giustizia, militare o civile che sia, è infatti funzionale ad uno scopo sociale oppure operativo, quale che esso sia, che si vuole raggiungere nello stabilire le regole della vita della collettività e quindi, sotto questo profilo, assume una rilevanza cui non sempre si dà il rilievo che merita.

Ritengo, quindi, assolutamente necessario valutare questo provvedimento anche attraverso l'ottica degli obiettivi che ci si ripropone, che sono, per quanto riguarda la giustizia militare, soprattutto operativi.

Da quando abbiamo affrontato, in Commissione e in Aula, il problema di rivedere l'impostazione dei codici penali militari, aleggia nell'opposizione non poco scetticismo, perché sembra abbastanza convincente affermare che le Forze armate si sono fortemente ridimensionate, talché l'attuale volume organico della magistratura militare appare sproporzionato.

Si è affermato che la magistratura militare sarebbe addirittura inutile, perché i reati militari sono ridotti praticamente a poche fattispecie e la maggior parte di quelli commessi da militari sono paragonabili ad analoghi reati civili (come per esempio il furto, non importa se di un caricatore o di una confezione di pari valore in un supermercato), ragion per cui sarebbe assolutamente illogico ed iniquo sanzionare gli uni e gli altri con provvedimenti diversi fra loro.

Si sostiene, infine, che la maggior parte dei reati commessi da militari in servizio non siano isolati e ascrivibili soltanto a personale in divisa, bensì vi siano spesso connivenze o coinvolgimenti di personale civile, con il pericolo, quindi, di dover instaurare due processi paralleli: civile e militare.

Non ultima in ordine d'importanza, una considerazione critica dell’opposizione riguarda il fatto che appare decisamente incostituzionale applicare il codice penale militare di guerra nei casi di impegni armati all'estero in assenza di una dichiarazione di guerra.

A fronte di queste osservazioni, siamo, invece, convinti che, sotto un profilo funzionale, che dovrebbe essere prevalente, il disegno di legge sia assolutamente valido e necessario per tre motivi fondamentali.

In primo luogo, la giustizia militare, peraltro prevista da un articolo della Costituzione, ha la sua ragion d'essere, da sempre, non solo nel perseguimento dei reati in se stessi, ma soprattutto nella sua funzionalità alla disciplina militare, aspetto che non ha paragone, per quanto riguarda la giustizia civile, nei confronti della società civile.

Per mantenere la disciplina (uno degli aspetti fondamentali di un reparto militare), non è, infatti, sufficiente applicare il regolamento di disciplina, che riguarda condotte passibili di sanzione disciplinare. (Brusìo in Aula. Richiami del Presidente). Anche un reato non perseguito con giusta, ma soprattutto tempestiva severità contribuisce a minare la disciplina.

Un processo per diserzione che si trascini per anni, come purtroppo succede nei procedimenti civili, non raggiungerebbe certo lo scopo previsto. Questo è il motivo per cui è assolutamente necessario che la giustizia militare viva e sia in condizione di istruire e condurre un processo con la massima celerità. Anche l'individuazione dei reati militari deve tener conto dello scopo essenziale del mantenimento della disciplina dei reparti e a ciò contribuisce anche il perseguimento di reati che apparentemente potrebbero sembrare solo squisitamente civili.

In secondo luogo, la magistratura militare costituisce un patrimonio di professionalità ed esperienza che sarebbe errato annullare. L'evoluzione delle situazioni politico-strategiche internazionali avviene abbastanza celermente e in maniera imprevedibile. Ciò che oggi può essere considerato sovradimensionato domani potrebbe essere insufficiente.

In terzo ed ultimo luogo, esistono oggi situazioni di conflitti non dichiarati, oppure di impieghi di reparti per fini di mantenimento della pace che esigono provvedimenti tipici di una legislazione di guerra, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia giuridica dei civili e dei militari coinvolti.

Desidero sottolineare, per rispondere ad un’osservazione che è stata fatta anche questa mattina, che ripudiare la guerra, come vuole la Costituzione, non significa non mettersi in condizione di difendersi con le armi se qualcuno ci attacca, con o senza dichiarazione formale.

Non ci si può trincerare dietro l'assenza di una dichiarazione formale di guerra per negare il ruolo che un codice come quello che stiamo per votare ha nell'ottica, non solo, come ho detto, della disciplina dei reparti, ma anche in quello delle garanzie a favore di chi è coinvolto in eventi bellici, pur se condotti con reali intenti di pace secondo il diritto internazionale.

Confermo, in conclusione, il convinto voto favorevole del Gruppo di Forza Italia. (Applausi dai Gruppi FI, AN e UDC).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di procedere alla votazione, ha chiesto di parlare il relatore, senatore Peruzzotti. Ne ha facoltà.

PERUZZOTTI, relatore. Signor Presidente, al termine di questa epocale riforma della giustizia militare, vorrei ringraziare il Presidente della Commissione giustizia e il Presidente della Commissione difesa del Senato, nonchè tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, che hanno dato il loro contributo fattivo a questo risultato. (Applausi dai Gruppi LP, FI e AN).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il relatore, senatore Cirami. Ne ha facoltà.

CIRAMI, relatore. Signor Presidente, intendo unirmi al ringraziamento rivolto dal senatore Peruzzotti a tutti i colleghi, che hanno consentito di portare a termine il lavoro assai impegnativo già svolto dalla commissione istituita presso il Ministero della difesa per la revisione dei codici militari, assolutamente necessaria soprattutto per i tempi che viviamo e per le operazioni che vengono condotte all’estero.

Credo che, nella dialettica assai rispettosa delle reciproche posizioni, i colleghi vadano tutti ringraziati.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il rappresentante del Governo. Ne ha facoltà.

BOSI, sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, mi sembra che l’importante dibattito che si è svolto in questi giorni non necessiti di particolari commenti.

Prendo atto con soddisfazione che giunge in porto una riforma di grande rilievo e significato, che - mi sia permesso di dirlo - è largamente condivisa, nonostante alcune affermazioni un po’ forti venute dalle opposizioni, alle quali voglio comunque rivolgere un ringraziamento per l’apporto dato in termini di miglioramento del provvedimento, ringraziamento che, naturalmente, rivolgo anche ai relatori per il grande lavoro svolto. (Applausi dai Gruppi UDC, FI, AN e LP).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 120, comma 3, del Regolamento, indíco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del testo unificato dei disegni di legge nn. 1432, 1533, 2493, 2645, 2663 e 3009, nel testo emendato, con il seguente titolo: "Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare", con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi dai Gruppi FI, AN, UDC e LP).

 

La seduta è tolta (ore 12,55).

 

 


Allegato A

DISEGNO DI LEGGE

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario militare (1432-1533-2493-2645-2663-3009)

Risultante dall'unificazione dei disegni di legge:

Disposizioni per la tutela dell'integrità fisica e della dignità dei cittadini che prestano servizio militare, anche in relazione al fenomeno del cosiddetto " nonnismo " (1432);

Riforma dei codici penali militari e dell'ordinamento giudiziario militare (1533);

Delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di guerra, nonché per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario militare (2493);

Concessione di amnistia e contestuale depenalizzazione dei delitti di renitenza alla leva e di rifiuto della prestazione del servizio civile (2645);

Modifiche al codice penale militare di pace (2663);

Concessione di amnistia per i delitti di renitenza alla leva e di sottrazione al servizio civile commessi fino al 31 maggio 2004 (3009)

 

ARTICOLO 5 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

Art. 5.

Approvato con emendamenti. Cfr. anche sed. 698.

(Princìpi e criteri direttivi relativi alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare)

1. Con riferimento alle modificazioni dell’ordinamento giudiziario militare, di cui al regio decreto 9 settembre 1941, n. 1022, e successive modificazioni, il Governo, nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, si attiene, oltre a quelli indicati nell’articolo 2, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rivedere la normativa vigente relativa a requisiti di grado, cause di dispensa, durata dell’incarico ed estrazione a sorte dei giudici militari, ferma restando la composizione numerica degli organi giudiziari militari;

b) prevedere che il Consiglio superiore della magistratura militare sia presieduto dal Presidente della Repubblica e sia composto dal procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, da sei componenti eletti dai magistrati militari dei quali due magistrati militari di cassazione, nonché da due componenti estranei alla magistratura; prevedere che i due componenti estranei alla magistratura siano eletti dal Parlamento in seduta comune delle due Camere, a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell’Assemblea; prevedere che uno dei due componenti estranei alla magistratura sia eletto dal Consiglio vice presidente; prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili; prevedere inoltre, in particolare, che ai magistrati militari componenti del Consiglio si applichino le disposizioni dell’articolo 30 dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, e successive modificazioni;

c) prevedere la soppressione del concorso per titoli per il reclutamento dei magistrati militari;

d) prevedere che, nel caso di applicazione delle leggi penali militari di guerra, anche quando sia dichiarato lo stato di guerra, l’attività giudiziaria militare sia esercitata dagli stessi organi che la esercitano nello stato di pace, fatto salvo quanto previsto dalla lettera e) del presente comma e dall’articolo 4, comma 1, lettera o);

e) prevedere il riordinamento del Tribunale supremo militare di guerra, il quale giudichi, nei ricorsi avverso sentenze emesse dai tribunali militari nello stato di guerra, con l’intervento del presidente della Corte militare di appello, con funzioni di presidente, e di quattro giudici, dei quali tre magistrati militari e un ufficiale avente grado superiore a quello dell’imputato e comunque non inferiore al grado di brigadiere generale o gradi equiparati, estratto a sorte.

EMENDAMENTO 5.700 (TESTO 4) E SEGUENTI

5.700 (TESTO 4)

IL GOVERNO

Approvato. Votato per parti separate

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «Presidente della Repubblica» con le seguenti: «Primo presidente della Corte di cassazione».

Alla fine della lettera b) aggiungere i seguenti periodi: «Al relativo onere pari a 10.000 euro annui a decorrere dal 2006 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della difesa. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio».

Alla medesima lettera b), dopo le parole: «da due componenti estranei alla magistratura» inserire le seguenti: «scelti fra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno quindici anni di esercizio professionale».

5.101

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Precluso

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole da: «procuratore generale» fino a militari di cassazione», con le altre: «Presidente della Corte di cassazione, dal Procuratore generale militare presso la Corte di cassazione, da cinque componenti eletti dei quali uno magistrato di cassazione,».

5.102

MALABARBA, SODANO TOMMASO

Respinto

Al comma 1, lettera b), sostituire le parole da: «prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica sei anni e non siano immediatamente rieleggibili» con le parole: «prevedere che i componenti elettivi del Consiglio durino in carica quattro anni e non siano immediatamente rieleggibili e che i componenti estranei alla magistratura durino in carica quattro anni».

5.600

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole da: «prevedere, inoltre, in particolare, che ai magistrati militari» fino alla fine della lettera.

5.103 (testo 2)

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera b), inserire la seguente:

«b-bis) prevedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, nell’ambito del Consiglio della magistratura militare l’istituzione di una sezione disciplinare del Consiglio, composta di tre membri effettivi e tre membri supplenti; prevedere che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra i magistrati militari di cassazione componenti elettivi del Consiglio, che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra gli altri magistrati militari componenti elettivi e che un membro effettivo e un membro supplente siano scelti fra i componenti eletti dal Parlamento».

5.104 (testo 2)

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera e), aggiungere la seguente:

«e-bis) prevedere un’unica sede di Corte militare d’appello sopprimendo conseguentemente le due sezioni distaccate di Verona e Napoli attualmente previste».

5.105

IL RELATORE CIRAMI

V. testo 2

Al comma 1, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che il numero dei tribunali militari non sia superiore a quattro e rivederne le circoscrizioni al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie provincie e la sede degli uffici giudiziari».

5.105 (testo 2)

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che il numero dei tribunali militari non sia superiore a cinque e rivederne le circoscrizioni al fine di pervenire ad un’equa distribuzione del carico di lavoro e ad un’adeguata funzionalità degli uffici giudiziari, tenuto conto della modificazione avvenuta nella dislocazione dei comandi, reparti ed enti delle forze armate, dell’estensione territoriale delle circoscrizioni stesse, del complesso dei militari ivi in servizio, delle caratteristiche dei collegamenti tra le varie provincie e la sede degli uffici giudiziari».

5.106

IL RELATORE CIRAMI

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che, nei casi di applicazione della legge penale militare di guerra di cui alla lettera c) dell’articolo 4, ove ciò risulti necessario ai fini di un più funzionale esercizio dell’attività giudiziaria militare e in deroga alla previsione di cui all’articolo 4, comma 1, lettera m), numero 2), possano istituirsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro della difesa di concerto con il Ministro della giustizia, uno o più tribunali presso il comando dei corpi di spedizione all’estero, stabilendo che la competenza di tali tribunali sia determinata dal decreto che li istituisce e che la stessa sia comunque limitata ai reati commessi successivamente alla loro costituzione; prevedere che dall’applicazione della presente disposizione non possano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato;».

5.4

FASSONE, PASCARELLA, FORCIERI, NIEDDU, STANISCI, MANZELLA

Improcedibile

Al comma 1 dopo la lettera e), aggiungere la seguente:

«e-bis) rivedere le circoscrizioni dei tribunali militari, assegnando a ciascuno quella del distretto nel quale esso è ubicato;».

ARTICOLO 6 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 6.

Approvato con un emendamento

(Norme di coordinamento e transitorie)

1. In sede di esercizio della delega di cui all’articolo 1, il Governo è altresì delegato ad adottare le norme necessarie al coordinamento delle disposizioni dei decreti legislativi di cui al medesimo articolo 1 con le altre leggi dello Stato, nonché le norme di carattere transitorio.

EMENDAMENTO

6.500

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Al comma 1, dopo le parole: «da adottare» inserire le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».

ARTICOLO 7 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 7.

Approvato con un emendamento

(Norme finali)

1. I decreti legislativi di cui all’articolo 1 entrano in vigore decorsi sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui all’articolo 1 sono trasmessi al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, perché su di essi sia espresso il parere delle competenti Commissioni permanenti entro il termine di sessanta giorni. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, gli schemi dei decreti legislativi al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati affinché le competenti Commissioni permanenti esprimano il loro parere definitivo entro il termine di trenta giorni. Decorsi inutilmente i termini previsti per i pareri, i decreti sono emanati anche in mancanza degli stessi. In caso di ritardo nella trasmissione degli schemi dei decreti legislativi, che non consenta il rispetto di entrambi i termini previsti per i pareri, il termine per l’esercizio della delega è prorogato per un periodo di tempo corrispondente e comunque non oltre centoventi giorni.

3. Entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, il Governo può emanare disposizioni correttive nel rispetto dei princìpi, dei criteri direttivi e delle procedure di cui alla presente legge.

EMENDAMENTI

7.100

NIEDDU, FASSONE, FORCIERI, PASCARELLA, STANISCI, MANZELLA, ZANCAN

Respinto

Al comma 2, sopprimere l’ultimo periodo.

7.101

CAVALLARO, BEDIN

Ritirato

Al comma 3, aggiungere, infine, le seguenti parole: «Anche su tali disposizioni correttive deve essere preventivamente acquisito il parere delle Commissioni parlamentari permanenti ai sensi del comma precedente».

7.102

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Nelle more dell’approvazione dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, in considerazione della necessità di provvedere senza ritardo alle iniziative necessarie per la conseguente redistribuzione territoriale della vigente pianta organica del personale della magistratura militare, l’attuale Consiglio della magistratura militare è prorogato sino alla data di entrata in vigore dei predetti decreti e comunque non oltre due anni dalla scadenza naturale del mandato».

ARTICOLO 8 NEL TESTO UNIFICATO PROPOSTO DALLE COMMISSIONI RIUNITE

ART. 8.

Approvato con un emendamento

(Testi unici)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento giudiziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi emanati nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, un decreto legislativo contenente il testo unico delle disposizioni legislative in materia di ordinamento penitenziario militare nel quale riunire e coordinare fra loro le disposizioni della presente legge e quelle contenute nei predetti decreti legislativi con tutte le altre disposizioni legislative vigenti al riguardo, apportandovi esclusivamente le modifiche a tal fine necessarie.

3. Per l’emanazione dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 si applicano le disposizioni del comma 2 dell’articolo 7.

4. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento giudiziario militare.

5. Il Governo provvede ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui al comma 2, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, un testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento penitenziario militare.

EMENDAMENTO

8.500

IL RELATORE CIRAMI

Approvato

Ai commi 1 e 2, dopo le parole: «di cui all’articolo 1» inserire le seguenti: «senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato».