XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Organizzazione e funzionamento della Pubblica Amministrazione - D.L. 4/2006 - A.C. 6259 - Schede di lettura
Serie: Decreti-legge    Numero: 206
Data: 13/01/06
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
Riferimenti:
AC n.6259/14   DL n.4 del 10/01/06

Servizio studi

 

decreti-legge

Organizzazione e funzionamento della Pubblica Amministrazione

D.L. 4/2006 - A.C. 6259

Schede di lettura

n. 206

 


xiv legislatura

13 gennaio 2006

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SIWEB

 

Coordinamento: Dipartimento Istituzioni

 

I paragrafi “Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea” inclusi nelle schede di lettura sono stati curati dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D06004.doc

 

 


 

INDICE

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  8

Elementi per l’istruttoria legislativa  9

§      Motivazioni della necessità ed urgenza  9

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  9

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni10

§      Compatibilità comunitaria  10

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  10

§      Formulazione del testo  11

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Strumenti di semplificazione e qualità, nonchè di monitoraggio e valutazione della regolazione).15

§      Articolo 2 (Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287).27

§      Articolo 3 (Personale delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo).29

§      Articolo 4 (Monitoraggio sui contratti a tempo determinato e la somministrazione a tempo determinato nelle pubbliche amministrazioni).37

§      Articolo 5 (Proroga dei contratti a tempo determinato della Croce rossa italiana).47

§      Articolo 6 (Semplificazione degli adempimenti amministrativi per le persone con disabilità).51

§      Articolo 7 (Monitoraggio dell'attuazione della legge 12 marzo 1999, n. 68).55

§      Articolo 8 (Comitato nazionale italiano permanente per il Microcredito).59

§      Articolo 9 (Agevolazione della mobilità volontaria).61

§      Articolo 10 (Segretari comunali e provinciali).65

§      Articolo 11 (Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).71

§      Articolo 12 (Proroga delle assunzioni autorizzate).77

§      Articolo 13 (Contratti di collaborazione).81

§      Articolo 14 (Priorità nelle assunzioni per l'anno 2006).85

§      Articolo 15 (Modifica al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)89

§      Articolo 16 (Reggenza di uffici dirigenziali non generali).91

§      Articolo 17 (Strumenti informativi per la sicurezza dei trasporti).95

§      Articolo 18 (Gestione dei diritti da parte di Cinecittà Holding Spa).101

§      Articolo 19 (Ruolo organico dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato).105

§      Articolo 20 (Disposizioni urgenti in materia di energia elettrica).109

§      Articolo 21 (Ambito delle attività di Stretto di Messina Spa).119

§      Articolo 22 (Conferimento di funzioni a magistrati ordinari e a quelli elettivi del Consiglio superiore della magistratura).123

§      Articolo 23 (Dirigenti dell'Amministrazione archivi notarili).127

§      Articolo 24 (Autorità portuali).131

§      Articolo 25 (Modifiche all'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).137

§      Articolo 26 (Disposizioni in materia di pari opportunità).139

§      Articolo 27 (Comitato atlantico italiano).145

§      Articolo 28 (Istituto per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori - ISFOL).149

§      Articolo 29 (Consigli di amministrazione delle fondazioni lirico-sinfoniche).151

§      Articolo 30 (Adeguamento della componente aereonavale del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera).155

§      Articolo 31 (Sistema di trasporto ad impianti fissi).157

§      Articolo 32 (Carta nazionale dei servizi).161

§      Articolo 33 (Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee).165

§      Articolo 34 (Funzionamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio).169

§      Articolo 35 (Entrata in vigore).173

Progetto di legge

§      A.C. 6259, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, recante misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione  177

 

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 6259

Numero del decreto-legge

4/2006

Titolo del decreto-legge

Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione

Settore d’intervento

Pubblica amministrazione

Iter al Senato

No

Numero di articoli

35

Date

 

§       emanazione

10 gennaio 2006

§       pubblicazione in Gazzetta ufficiale

11 gennaio 2006

§       assegnazione

11 gennaio 2006

§       scadenza

12 marzo 2006

Commissione competente

I (Affari costituzionali)

Pareri previsti

Commissioni II, III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1 del decreto-legge reca disposizioni di varia natura finalizzate a promuovere e verificare la semplificazione e la qualità della produzione normativa, nonché il monitoraggio e la valutazione della regolazione, prevedendo in primo luogo l’istituzione di un apposito Comitato interministeriale per indirizzare le politiche di semplificazione e di qualità della regolazione.

L’articolo 2 amplia i requisiti per il conferimento dell’incarico di dirigente amministrativo della Scuola superiore della pubblica amministrazione.

L’articolo 3 introduce la possibilità, per il personale  delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo, di ottenere la “stabilizzazione” transitando nei ruoli delle amministrazioni presso cui prestano servizio.

L’articolo 4 è volto a porre dei vincoli più stringenti per il ricorso, da parte delle pubbliche amministrazioni, ai contratti di lavoro a tempo determinato, ai contratti di formazione e lavoro e alle altre forme flessibili di utilizzazione del personale.

L’articolo 5 autorizza la Croce rossa italiana a prorogare, fino al 31 dicembre 2006, i contratti di lavoro a tempo determinato in essere.

L’articolo 6 detta una serie di disposizioni volte ad agevolare le persone affette da disabilità.

L’articolo 7 è volto a realizzare un sistema di monitoraggio in materia di accesso al lavoro presso pubbliche amministrazioni dei soggetti disabili ai sensi della disciplina del collocamento obbligatorio.

L’articolo 8 rende permanente il Comitato nazionale italiano per il microcredito istituito nel 2005, Anno Internazionale del Microcredito.

L’articolo 9 autorizza l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di una banca dati informatica allo scopo di “agevolare l’incontro tra le domande di mobilità volontaria dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e il fabbisogno professionale delle stesse”.

L’articolo 10, comma 1, con una novella al comma 3 dell’art. 10-bis del D.L. 203/2005, amplia l’ambito soggettivo di applicazione della procedura di mobilità del contingente di segretari comunali e provinciali da assegnare al Dipartimento della funzione pubblica con l’obiettivo di rafforzare alcune attività di competenza del Dipartimento medesimo. Il successivo comma 2 prevede, attraverso l’inserimento di un comma 2-bis all’articolo 40 del D.Lgs. 165 del 2001, l’introduzione di una disciplina distinta nel CCNL di comparto, per i segretari comunali e provinciali.

L’articolo 11 modifica il co. 1 dell’art. 6 del D.Lgs. 165/2001 al fine di migliorare la definizione dei fabbisogni di personale delle pubbliche amministrazioni.

L’articolo 12 consente alle amministrazioni pubbliche che erano state autorizzate ad avviare le assunzioni a tempo indeterminato di personale ai sensi del D.P.R. 6 settembre 2005, a completare le assunzioni in oggetto entro il 30 aprile 2006. Lo stesso articolo, inoltre, stabilisce che le assunzioni a tempo indeterminato previste per il 2005, possano essere effettuate dagli enti locali, dalle Camere di commercio e del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità ed i criteri individuati in appositi decreti.

L’articolo 13 disciplina in maniera più rigorosa, rispetto alla normativa previgente, per le pubbliche amministrazioni, il ricorso a collaborazioni coordinate e continuative e comunque il conferimento di incarichi individuali, ad esperti di provata competenza, per esigenze cui non si può far fronte con il personale in servizio.

L’articolo 14 prevede la trasformazione dei contratti di formazione e lavoro in essere presso l’INPDAP, l’INPS e l’INAIL, già prorogati, in contratti di lavoro a tempo indeterminato.

L’articolo 15 uniforma i limiti di durata minimi e massimi (rispettivamente 3 e 5 anni) per tutti i tipi di incarichi di funzione dirigenziale conferiti al personale esterno ai ruoli dei dirigenti.

L’articolo 16 disciplina la fattispecie della reggenza di uffici dirigenziali non generali per gli organi dell’amministrazione periferica del Ministero per i beni e le attività culturali.

L’articolo 17 istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un sistema di controllo e monitoraggio delle informazioni inerenti alla sicurezza e alla regolarità della circolazione stradale e dello svolgimento dei servizi di trasporto. Il sistema deve essere realizzato mediante il continuo interscambio di dati reso possibile dalla connessione stabile, in via telematica, dei centri di controllo, delle sale operative e delle strutture apposite esistenti presso le pubbliche amministrazioni, gli enti ed i soggetti operatori, pubblici e privati, comunque preposti ai settori della circolazione stradale e del trasporto dei passeggeri e delle merci.

L’articolo 18 interviene sulla disciplina relativa alla acquisizione, da parte dello Stato, della quota di diritti di utilizzazione e sfruttamento dei film finanziati ai sensi del D.Lgs. 28/2004, nel caso di mancata restituzione della quota finanziata dallo Stato. A tal fine, si prevede che la gestione di tali diritti, nonché di quelli relativi ai film già finanziati ai sensi dell’art. 28 della L. 1213/1965, sia affidata a Cinecittà Holding S.p.A. e che le relative procedure siano oggetto di una specifica convenzione tra il Ministero e detta società.

L’articolo 19 autorizza l’incremento dell’organico dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella misura di sette unità, per le nuove funzioni di vigilanza in materia di concorrenza bancaria ad essa conferite dall’art. 19 della L. 262/2005, concernente la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari.

I commi da 1 a 8 dell’articolo 20 recano disposizioni urgenti in materia di energia elettrica finalizzate a contenere il costo della tariffa elettrica mediante  un’operazione finanziaria di cartolarizzazione dei crediti del GRTN volta alla riduzione e stabilizzazione della componente tariffaria A3 posta a copertura degli oneri di incentivazione delle fonti rinnovabili, mentre i commi 9 e 10 del medesimo articolo recano disposizioni in materia di interventi per la razionalizzazione, ristrutturazione e riconversione produttiva dell'industria bellica.

L’articolo 21 prevede che la Stretto di Messina S.p.a., titolare della concessione di cui alla L. 1158/1971, sia altresì autorizzata a svolgere attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture di trasporti e di opere connesse, nonché ad assumere ed espletare, quale organismo di diritto pubblico, compiti di assistenza tecnica a pubbliche amministrazioni per l'appalto di infrastrutture di trasporti.

L’articolo 22, commi 1 e 2, concerne il conferimento di funzioni direttive e semidirettive a magistrati ordinari e del CSM, stabilendo che, ai fini del conferimento ex L. 150/2005, di delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario, debba essere valutato dal CSM lo svolgimento di particolari funzioni ed incarichi, e dettando disposizioni transitorie relative alla situazione antecedente all’entrata in vigore del decreto-legge.

Il comma 3 dell’articolo 22 attiene al ricollocamento in ruolo di magistrati elettivi componenti il CSM alla scadenza del mandato.

L’articolo 23 reca norme finalizzate a rimediare alla carenza di figure professionali idonee allo svolgimento della funzione di coadiutore notarile, allargando (comma 1) la platea dei candidati coadiutori e (comma 2) dettando disposizioni in merito alla competenza alla nomina del coadiutore temporaneo in casi stabiliti di assenza del notaio. Il comma 3 abroga, infine, il previgente limite temporale allo svolgimento delle funzioni di coadiutore notarile.

L’articolo 24 modifica l’art. 8 della L. 84/1994[1], incidendo sulla procedura di nomina del Presidente dell’Autorità portuale con la previsione di un’ulteriore intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali.

L’articolo 25 permette la partecipazione al concorso per esami per la dirigenza pubblica di coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali presso pubbliche amministrazioni, per un periodo non inferiore a 2 anni se in possesso, oltre che del diploma di laurea, anche del diploma triennale di dottorato di ricerca.

L’articolo 26 chiarisce che gli oneri derivanti dall’istituzione dell’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, inclusi quelli relativi al personale, devono trovare copertura finanziaria esclusivamente nella disponibilità dell’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 29, co. 2, della legge comunitaria 2001.

L’articolo 27 assegna un contributo straordinario di 200.000 euro annui per il triennio 2006-2008 a favore del Comitato atlantico italiano.

L’articolo 28 reca un’autorizzazione di spesa pari a 10 milioni di euro in favore dell’ISFOL, al fine di garantire l’espletamento dei compiti istituzionali dello stesso ente.

L’articolo 29 apporta alcune modifiche alla disciplina delle fondazioni lirico-sinfoniche, stabilendo che i membri dei consigli di amministrazione delle fondazioni (il cui numero è pari a sette compreso il presidente) possano essere aumentati fino a nove (lettera a)); in tal caso all’autorità di Governo competente in materia di spettacolo sono attribuiti almeno due rappresentanti (lettera b)).

L’articolo 30 autorizza un contributo annuale di 4 milioni di euro per 15 anni, a decorrere dal 2007, per rafforzare le capacità di pattugliamento e sorveglianza marittima del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, tramite l’adeguamento della propria struttura aeronavale.

L'articolo 31 individua un limite temporale per il riconoscimento delle regolazioni debitorie dei disavanzi delle ferrovie in concessione ed in ex gestione commissariale governativa comprensivi anche degli oneri di trattamento di fine rapporto maturati alla data del 31 dicembre 2000. A tal fine la disposizione limita il riconoscimento di tali regolazioni alle istruttorie, eseguite congiuntamente dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relative alle istanze presentate e alle comunicazioni effettuate dalle aziende interessate entro la data del 31 agosto 2005.

L’articolo 32 proroga al 31 dicembre 2006 il termine per l’accertamento preventivo del possesso della carta di identità elettronica; tale verifica è finalizzata all’emissione, in favore dei cittadini che non risiedono nei comuni in cui è rilasciato tale documento, della carta nazionale di servizi.

L’articolo 33 prevede che una quota pari a 10 milioni di euro a valere sull'autorizzazione  di  spesa per l'anno 2005 relativa al fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, istituito dall’art. 32-bis del D.L. 269/2003, sia conservata in bilancio e versata in entrata nel 2006, per essere destinata al finanziamento della prosecuzione dei lavori per la realizzazione del “Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee” istituito dalla L. 237/1999.

L’articolo 34 reca l’istituzione, ai fini dell’immediato potenziamento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e senza aumenti di spesa a carico del bilancio dello Stato, della Direzione generale per il danno ambientale.

L’articolo 35 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto-legge.

Relazioni allegate

Il disegno di legge di conversione è corredato della relazione tecnica, ma non della relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).


Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

La premessa al decreto-legge, composto di 35 articoli che incidono su varie materie, si limita a rilevare la “straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni finalizzate ad ottimizzare l’organizzazione ed il funzionamento di taluni settori della pubblica amministrazione”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il decreto-legge in esame, che presenta disposizioni incidenti su svariate discipline, appare riconducibile ad una pluralità di materie, in larga parte riservate alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

La gran parte delle disposizioni da esso recate è riconducibile alla materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” , di cui alla lett. g) dell’art. 117, secondo comma, Cost..

Con riferimento a specifiche disposizioni, appaiono altresì rilevare le seguenti materie, anch’esse elencate dall’art. 117, secondo comma Cost.:

§         “politica estera e rapporti internazionali dello Stato” (lett. a));

§         “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (lett. m));

§         “ordinamento civile” (lett. l));

§         “ordine pubblico e sicurezza” (lett. h));

§         “previdenza sociale” (lett. o));

§         “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” (lett. r));

§         opere dell’ingegno (lett. r))

§         “tutela della concorrenza”(lett. e));

§         “sistema tributario e contabile dello Stato” (lett. e));

Per alcune disposizioni, sembrano inoltre rilevare alcune materie attribuite alla potestà legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., quali “governo del territorio”; “grandi reti di trasporto e di navigazione”, “porti e aeroporti civili”; “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, “tutela e sicurezza del lavoro”, “professioni”, “sostegno all’innovazione per i settori produttivi”, “valorizzazione dei beni culturali”.

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il decreto-legge reca disposizioni tra loro eterogenee, per quanto nella loro gran parte attinenti o riconducibili all’ambito dell’organizzazione amministrativa dello Stato e di enti pubblici nazionali.

Compatibilità comunitaria

Per alcuni rilievi concernenti specifici articoli (in specie gli artt. 1 e 17), si rinvia alle schede di lettura ed, al loro interno, ai paragrafi “Documenti all’esame dell’Unione europea”, redatti a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

L’articolo 1, comma 3, lett. e), opera un rinvio all’art. 18 della L. 229/2003 (legge di semplificazione 2001); tale articolo è stato peraltro abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’art. 75 del D.Lgs. 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale).

All’articolo 17, non appare chiara la relazione tra la funzione di coordinamento in materia di informazione stradale – attualmente svolta dal Centro di coordinamento Informazioni sulla sicurezza stradale (CCISS) – e la posizione di “controllo e monitoraggio delle informazione inerenti alla sicurezza e alla regolarità della circolazione stradale e dello svolgimento di servizi di trasporto” previste dall’articolo.

Con riguardo all’articolo 24, sembra opportuno verificare l’effettivo coordinamento tra le procedure per la nomina delle autorità portuali previste dal previgente art. 8 della L. 84/1994 e l’iter procedimentale che l’intesa promossa ai sensi della disposizione in commento dovrebbe individuare ai fini del raggiungimento dell’accordo tra il Ministro e la regione necessario per la nomina del Presidente.

Collegamento con lavori legislativi in corso

L’articolo 6, comma 3, modifica l’art. 97, comma 2, della L. 388/2000. Tale disposizione risulta peraltro modificata anche dal D.L. 250/2005, attualmente all’esame dell’Assemblea del Senato, che, all’art. 4 precisa che i soggetti affetti da talidomide sono esonerati da ogni visita medica, anche a campione, volta all’accertamento della permanenza della disabilità (tale precisazione non è contenuta nel testo in esame).

Articoli di tenore analogo a quello di cui agli articoli 18 e 29 sono stati approvati dalla 7° Commissione del Senato in sede di conversione del D.L. 250/2005 (A.S. 3684), attualmente all’esame dell’Assemblea.

Formulazione del testo

All’articolo 3, comma 1, con riferimento ai criteri per l’inquadramento del personale, andrebbe chiarito se si intende far riferimento all’anzianità di servizio complessiva presso le amministrazioni dello Stato o, come sembrerebbe preferibile, all’anzianità di servizio presso l’amministrazione nei cui ruoli dovrebbe aver luogo il trasferimento.

All’articolo 4, comma 1, sarebbe opportuno coordinare la formulazione del testo con l’art. 35, co. 4, del D.Lgs. 165/2001, che fa in realtà riferimento ad un “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze”.

All’articolo 14, dal punto di vista formale, parrebbe opportuno formulare la lettera h-bis) nel seguente modo: “h-bis) del personale titolare di contratti di formazione e lavoro già prorogati presso l’Inpdap, l’Inps e l’Inail, mediante la trasformazione in contratti a tempo indeterminato, da destinare agli uffici con maggiori carenze di organico”.

Con riguardo all’articolo 17, si segnala l’opportunità di chiarire se il sistema di controllo e di monitoraggio della regolarità dello svolgimento dei servizi di trasporto ivi previsto sia inerente al solo trasporto su strada ovvero, come sembrerebbe dal dettato della norma e dalla relazione illustrativa, a tutte le modalità di trasporto. Andrebbe, poi, valutata la necessità di prevedere un termine finale per l’adozione del decreto ministeriale di cui al comma 2.

Il comma 3 dell’articolo 23, che abroga il secondo comma dell’articolo unico della L. 17/1983, contiene un refuso avendo, chiaramente, il legislatore voluto riferirsi alla legge 2 maggio 1983, n. 179, Modifica all'art. 7 della legge 19 luglio 1957, n. 588, sugli archivi notarili.

Per ulteriori, specifiche osservazioni, si rinvia alle schede di lettura dei singoli articoli.


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Strumenti di semplificazione e qualità,
nonchè di monitoraggio e valutazione della regolazione).


1. L'attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, anche ai sensi della legge 28 novembre 2005, n. 246, sono attribuite ad un Comitato interministeriale di indirizzo, di seguito denominato: «Comitato», presieduto dai Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro per la funzione pubblica da lui delegato. I componenti del Comitato sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica. Possono essere invitati a partecipare a riunioni del Comitato, secondo l'oggetto della discussione, altri componenti del Governo, esponenti di autorità regionali e locali e delle associazioni di categoria.

2. Il Comitato predispone, entro il 31 marzo di ogni anno, un piano di azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l'anno successivo. Il piano, sentito il Consiglio di Stato, è approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alle Camere.

3. Il Comitato verifica, durante l'anno, lo stato di realizzazione degli obiettivi, che viene reso pubblico ogni sei mesi. Inoltre il Comitato:

a) svolge funzioni di indirizzo, di coordinamento e, ove necessario, di impulso delle amministrazioni dello Stato nelle politiche della semplificazione, del riassetto e della qualità della regolazione;

b) può richiedere un approfondimento dell'esame delle iniziative normative del Governo in caso di proposte che non appaiano necessarie o giustificate relativamente al rapporto tra costi e benefici o alla coerenza con gli obiettivi del piano di azione annuale di cui al comma 2, anche avvalendosi degli strumenti di cui all'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246;

c) individua, assume e sostiene iniziative non normative di semplificazione, anche tramite progetti di innovazione tecnologica o amministrativa, di comunicazione e di formazione;

d) effettua, con le opportune procedure di verifica di impatto, il monitoraggio successivo dell'efficacia delle misure di semplificazione introdotte e della loro effettiva applicazione, proponendo, ove necessario, interventi correttivi;

e) individua forme e modalità stabili di consultazione con le organizzazioni rappresentative degli interessi della società civile, anche prevedendo, ove possibile in via elettronica, forme di pubblicizzazione di tale attività e coordinando la consultazione in via telematica di cui all'articolo 18 della legge 29 luglio 2003, n. 229, ed all'articolo 55 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

4. Ai fini dell'attuazione delle direttive e delle linee strategiche dettate dal Comitato, ciascun Ministro individua un proprio referente per le politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, dandone comunicazione al Comitato.

 5. Ai sensi dell'articolo 20-ter della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e dell'articolo 2, comma 3, della legge 29 luglio 2003, n. 229, il Comitato acquisisce indirizzi e proposte nella materia della qualità della regolazione e osservazioni per l'adozione di strumenti comuni nell'ambito della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con particolare riguardo ai processi di semplificazione, riassetto e codificazione, analisi e verifica dell'impatto della regolazione, consultazione, nonché alla individuazione di livelli minimi essenziali di semplificazione dell'attività di impresa che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, corrispondenti a una misura massima di oneri burocratici che lo Stato e le regioni possono imporre in ciascun settore di attività.

6. Il Comitato si avvale del supporto tecnico fornito dalla Commissione di cui all'articolo 3, comma 6-duodecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, denominata: «Commissione per la semplificazione e la qualità della regolazione». I componenti di tale Commissione durano in carica tre anni. Nello svolgimento delle proprie competenze in materia normativa il Comitato e la Commissione si avvalgono del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per l'attuazione delle deleghe di cui all'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, ci si può avvalere anche del Consiglio di Stato ai sensi dell'articolo 14, numero 2o, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e in tale caso non va acquisito il relativo parere previsto dall'articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nonché dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. A tale fine la dotazione organica dei presidenti di sezione del Consiglio di Stato è incrementata di una unità da destinare alla relativa Sezione per gli atti normativi, assicurandosi l'invarianza della spesa mediante la contestuale riduzione di una unità nella dotazione organica dei consiglieri di Stato, ed è altresì costituita presso la stessa Sezione per gli atti normativi una segreteria tecnica, composta da un contingente di quindici unità, individuate nell'ambito delle amministrazioni pubbliche e obbligatoriamente poste in posizione di distacco, con oneri a carico dell'amministrazione di appartenenza.

7. All'articolo 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 6-duodecies, dopo le parole: «da un numero massimo di», la parola: «venti» è sostituita dalla seguente: «trenta» e dopo le parole: «dirigenti delle amministrazioni pubbliche» sono aggiunte le seguenti: «, esperti nelle materie economiche e statistiche»;

b) al comma 6-terdecies dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Le professionalità amministrative della segreteria tecnica della Commissione sono rinvenute, ove possibile, all'interno delle amministrazioni pubbliche, nel limite numerico complessivo di trenta unità. A tale fine si provvede tramite comando, anche contestualmente alla riorganizzazione di strutture già operanti per finalità analoghe e utilizzando le corrispondenti dotazioni finanziarie».

8. Il termine di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è prorogato di sessanta giorni, limitatamente alla definizione dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e valutazione dell'attuazione delle indicazioni programmatiche e degli obiettivi definiti da ciascun Ministro, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, al fine di consentire l'adeguamento di questi ultimi al sistema informatico messo a punto dal Ministro per l'attuazione del programma di Governo, sulla base di linee guida emanate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

9. Per l'implementazione del sistema informatico e per la definizione delle linee guida di cui al comma 8, nonché per lo svolgimento delle ulteriori attività di monitoraggio e valutazione della regolazione e dei suoi effetti con riguardo alla attuazione del programma di Governo e per i conseguenti aspetti di comunicazione istituzionale, nell'anno 2006 il Ministro per l'attuazione del programma di Governo si avvale di un Comitato tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'attuazione del programma di Governo, presieduta dal Ministro o da un suo delegato e composta dal Capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con funzioni di vicepresidente, e da un numero massimo di otto componenti scelti tra le categorie di cui all'articolo 3, comma 6-duodecies, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. Il Comitato tecnico si avvale di una segreteria tecnica composta di non più di sei unità di personale, scelte anche tra estranei alla pubblica amministrazione.

10. La nomina dei componenti del Comitato tecnico e della segreteria tecnica di cui al comma 9 è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per l'attuazione del programma di Governo da lui delegato, che ne disciplina altresì l'organizzazione ed il funzionamento. Nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 12, con successivo decreto dello stesso Ministro, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti ai predetti componenti.

11. Per l'attuazione del comma 7 è autorizzata la spesa massima di euro 600.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come determinata dalla tabella C della legge 23 dicembre 2005, n. 266; dall'anno 2009 si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

12. Per l'attuazione dei commi 9 e 10 è autorizzata la spesa massima di 650.000 euro per l'anno 2006, a valere sull'autorizzazione di spesa per l'anno 2006 di cui all'articolo 1, comma 261, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

L’articolo in esame concerne strumenti finalizzati a promuovere e verificare la semplificazione e la qualità della produzione normativa, nonché il monitoraggio e la valutazione della regolazione, prevedendo in primo luogo l’istituzione di un apposito Comitato interministeriale (“cabina di regia”) per indirizzare le politiche di semplificazione e di qualità della regolazione.

L’articolo in esame si inserisce in un articolato processo normativo, già in corso, che recentemente ha trovato, con l’approvazione della legge di semplificazione 2005, un ulteriore riassetto e consolidamento degli strumenti di intervento previsti.

Venendo ai contenuti specifici, il comma 1 dell’articolo in esame concerne appunto l’istituzione di un Comitato interministeriale di indirizzo (di seguito denominato “Comitato”), al quale sono attribuite “l’attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, anche ai sensi della legge 28 novembre 2005, n. 246” (legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005).

Quanto alla composizione del Comitato, l’articolo dispone che esso è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal ministro per la funzione pubblica da lui delegato, mentre per l’individuazione dei componenti del Comitato si prevede l’intervento di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la funzione pubblica.

Possono poi essere invitati a partecipare a riunioni del Comitato, secondo l’oggetto della discussione, altri componenti del Governo, esponenti di autorità regionali e locali e delle associazioni di categoria.

Ai sensi del comma 2, il Comitato è tenuto a predisporre, entro il 31 marzo di ogni anno, un piano di azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l’anno successivo. Si prevede che tale piano sia approvato – sentito il Consiglio di Stato – dal Consiglio dei ministri, e quindi venga trasmesso alle Camere.

Ai sensi del comma 3, al Comitato compete:

§         verificare, durante l’anno, lo stato di realizzazione degli obiettivi, che viene reso pubblico ogni sei mesi;

§         svolgere funzioni di indirizzo, di coordinamento e, ove necessario, di impulso delle amministrazioni dello Stato nelle politiche della semplificazione, del riassetto e della qualità della regolazione;

§         richiedere un approfondimento dell’esame delle iniziative normative del Governo in caso di proposte che non appaiano necessarie o giustificate relativamente al rapporto tra costi e benefici o alla coerenza con gli obiettivi del piano di azione annuale di cui al comma 2, anche avvalendosi degli strumenti di cui all’articolo 14 della citata L. 246/2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005); è da ritenere che la disposizione faccia principalmente riferimento ai commi da 1 a 11 dell’articolo, nei quali si dispone l’applicazione obbligatoria e generalizzata dell’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), sin allora prevista in via sperimentale, e si introduce e disciplina il nuovo strumento della verifica di impatto della regolamentazione (VIR).

 

L’analisi di impatto della regolamentazione (AIR) è stata introdotta in via sperimentale nel 1999 (art 5, co. 1, L. 50/1999[2]), nell’ambito delle iniziative finalizzate a migliorare la qualità della produzione normativa, con lo scopo di verificare in via preventiva la necessità di una legge o di un atto normativo del Governo, valutandone gli effetti sia sull’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, sia sui destinatari diretti e indiretti.

I commi 1 e 2 del citato art. 14 della L. 246/2005, recano la definizione dell’AIR (“valutazione preventiva degli effetti di ipotesi di intervento normativo […] mediante comparazione di opzioni alternative”) e ne individuano la funzione di supporto alle decisioni politiche. Il comma 3 rende obbligatoria l’AIR per tutti gli schemi di atti normativi del Governo, secondo le modalità e con le eccezioni individuate nei commi 5 e seguenti.

Il comma 4 reca la definizione della verifica dell’impatto della regolamentazione (VIR): “valutazione, anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini, delle imprese e sull’organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni”, e ne prevede l’applicazione dopo il primo biennio successivo alla data di entrata in vigore della legge oggetto di valutazione e, successivamente, con periodicità biennale;

 

§         individuare, assumere e sostenere iniziative non normative di semplificazione, anche tramite progetti di innovazione tecnologica o amministrativa, di comunicazione e di formazione;

§         effettuare, con le opportune procedure di verifica di impatto, il monitoraggio successivo dell’efficacia delle misure di semplificazione introdotte e della loro effettiva applicazione, proponendo, ove necessario, interventi correttivi;

§         individuare forme e modalità stabili di consultazione con le organizzazioni rappresentative degli interessi della società civile, anche prevedendo, ove possibile in via elettronica, forme di pubblicizzazione di tale attività e coordinando la consultazione in via telematica di cui all’articolo 18 della legge 29 luglio 2003, n. 229, ed all’articolo 55 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

L’art. 55 del d.lgs. n. 82 del 2005 (codice dell’amministrazione digitale), concernente la consultazione delle iniziative normative del Governo, prevede che la Presidenza del Consiglio dei Ministri possa pubblicare su sito telematico le notizie relative ad iniziative normative del Governo, nonché i disegni di legge di particolare rilevanza, assicurando forme di partecipazione del cittadino in conformità con le disposizioni vigenti in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali. La Presidenza del Consiglio dei Ministri può inoltre pubblicare atti legislativi e regolamentari in vigore, nonché i massimari elaborati da organi di giurisdizione.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuate le modalità di partecipazione del cittadino alla consultazione gratuita in via telematica.

 

L’articolo 75 del D.Lgs. 82/2005 ha disposto l’abrogazione (v. (lett.e)), a decorrere dal 1° gennaio 2006, dell’art. 18 della L. 229/2003 (legge di semplificazione 2001), che recava disposizioni in larga parte analoghe a quelle contenute dal citato art. 55.

Sembrerebbe dunque opportuno omettere – nella formulazione del comma 3, lett. e), dell’art. 1 in esame – il riferimento all’art. 18, ora abrogato, della L. 229/2003.

 

Il comma 4 prevede che, ai fini dell’attuazione delle direttive e delle linee strategiche dettate dal Comitato, ciascun Ministro individui un proprio referente per le politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, dandone comunicazione al Comitato.

Il comma 5 prevede che il Comitato, ai sensi dell’articolo 20-ter della legge n. 59 del 1997[3], nonché dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 229 del 2003[4], acquisisce indirizzi e proposte nella materia della qualità della regolazione e osservazioni per l’adozione di strumenti comuni nell’ambito della Conferenza unificata[5], con particolare riguardo ai processi di semplificazione, riassetto e codificazione, analisi e verifica dell’impatto della regolazione, consultazione, nonché alla individuazione di livelli minimi essenziali di semplificazione dell’attività di impresa che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Tali livelli di semplificazione devono essere “corrispondenti a una misura massima di oneri burocratici che lo Stato e le regioni possono imporre in ciascun settore di attività”.

 

Tra le varie disposizioni che sono state introdotte in materia di semplificazione e riordino normativo, si ricorda in particolare che l’articolo 20-ter della legge n. 59 del 1997 (espressamente richiamato dal comma 5 dell’articolo in esame), introdotto dalla recente legge di semplificazione per il 2005, già prevede che il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata, anche sulla base delle migliori pratiche e delle iniziative sperimentali statali, regionali e locali, accordi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per il perseguimento delle comuni finalità di miglioramento della qualità normativa nell’àmbito dei rispettivi ordinamenti, al fine, tra l’altro, di:

§         favorire il coordinamento dell’esercizio delle rispettive competenze normative e svolgere attività di interesse comune in tema di semplificazione, riassetto normativo e qualità della regolazione;

§         definire princìpi, criteri, metodi e strumenti omogenei per il perseguimento della qualità della regolazione statale e regionale, in armonia con i princìpi generali stabiliti dalla presente legge e dalle leggi annuali di semplificazione e riassetto normativo, con specifico riguardo ai processi di semplificazione, di riassetto e codificazione, di analisi e verifica dell’impatto della regolazione e di consultazione;

§         concordare, in particolare, forme e modalità omogenee di analisi e verifica dell’impatto della regolazione e di consultazione con le organizzazioni imprenditoriali per l’emanazione dei provvedimenti normativi statali e regionali;

§         valutare, con l’ausilio istruttorio anche dei gruppi di lavoro già esistenti tra regioni, la configurabilità di modelli procedimentali omogenei sul territorio nazionale per determinate attività private e valorizzare le attività dirette all’armonizzazione delle normative regionali.

L’articolo 5 della medesima legge di semplificazione per il 2005 reca poi, al comma 1, un’apposita delega destinata al riassetto degli adempimenti amministrativi delle imprese[6], con riferimento alla quale figurano, tra i principi e i criteri direttivi, la previa consultazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche, produttive e professionali interessate, la semplificazione, la razionalizzazione e lo snellimento degli adempimenti relativi alle fasi di svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell’attività d’impresa, ivi incluse le attività di certificazione, e agli aspetti inerenti l’iscrizione al registro delle imprese, anche prevedendo il coordinamento con le attività degli sportelli unici; la delegificazione della disciplina dei procedimenti amministrativi connessi allo svolgimento dell’attività d’impresa[7].

Inoltre, ai sensi del comma 2, il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi[8], in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, al fine di:

§         favorire il coordinamento dell’esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e di procedimenti di autorizzazione, di licenza o di assenso, comunque denominati, per l’esercizio dell’attività di impresa;

§         favorire l’armonizzazione della regolamentazione relativa alla semplificazione degli adempimenti connessi all’esercizio dell’attività d’impresa;

§         favorire il conseguimento di livelli minimi di semplificazione degli adempimenti connessi allo svolgimento dell’attività d’impresa su tutto il territorio nazionale, previa individuazione delle migliori pratiche e verifica dei risultati delle iniziative sperimentali adottate dalle regioni e dagli enti locali;

§         individuare particolari forme di semplificazione, omogenee su tutto il territorio nazionale, degli adempimenti connessi allo svolgimento dell’attività delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane;

§         adottare le misure idonee a garantire la completezza e l’aggiornamento costante delle informazioni contenute nel Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, di cui all’articolo 16 della legge 29 luglio 2003, n. 229, nonché a coordinarne i contenuti con i processi di semplificazione e riassetto della regolazione statale, regionale e locale;

§         assicurare la rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l’estensione e lo sviluppo dell’operatività degli stessi[9].

Ai sensi del comma 4, le regioni adeguano, sulla base delle intese e degli accordi di cui al comma 2, la propria legislazione concernente la disciplina degli adempimenti amministrativi delle imprese alle finalità e agli obiettivi stabiliti dai commi da 1 a 3 e in coerenza con i decreti legislativi di cui al comma 1.

 

Il comma 6 prevede che il Comitato si avvalga del supporto tecnico fornito dalla Commissione di cui all’articolo 3, comma 6-duodecies, del decreto-legge  14 marzo 2005, n. 35[10], denominata “Commissione per la semplificazione e la qualità della regolazione”. I componenti di tale Commissione durano in carica tre anni. Il successivo comma 7 (v. infra) dispone anche in ordine al numero massimo ed ai requisiti dei componenti di tale Commissione, nonché al personale della relativa segreteria tecnica.

La disposizione prevede inoltre che, nello svolgimento delle proprie competenze in materia normativa, il Comitato e la Commissione si avvalgono del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DAGL).

Inoltre, per l’attuazione delle deleghe di cui all’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246 (cd. norma “taglialeggi” della legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005[11]), ci si può avvalere anche del Consiglio di Stato (ai sensi dell’articolo 14, numero 2°, del regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054[12]). Il medesimo comma 6 precisa che in tale caso non va acquisito il relativo parere[13].

A tal fine la dotazione organica dei presidenti di sezione del Consiglio di Stato è incrementata di una unità da destinare alla relativa Sezione per gli atti normativi, assicurandosi l’invarianza della spesa mediante la contestuale riduzione di una unità nella dotazione organica dei consiglieri di Stato.

È altresì costituita presso la stessa Sezione per gli atti normativi una segreteria tecnica, composta da un contingente di quindici unità, individuate nell’ambito delle amministrazioni pubbliche e obbligatoriamente poste in posizione di distacco, con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza.

 

Il comma 7 reca due novelle all’articolo 3 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35[14], già citato. In particolare:

§         risulta modificato il comma 6-duodecies, nel senso che il numero massimo dei componenti della Commissione per la semplificazione e la qualità della regolazione viene ampliato, passando da venti a trenta; inoltre, per quanto concerne la qualificazione dei medesimi componenti, viene specificato che possono essere chiamati a far parte dell’organismo anche esperti nelle materie economiche e statistiche (tale precisazione precede quella, già presente nel testo novellato, di “esperti di elevata professionalità”);

§         sono inseriti ulteriori periodi nell’ambito del comma 6-terdecies (dopo il primo periodo), con lo scopo di precisare che le professionalità amministrative della segreteria tecnica della Commissione già citata sono rinvenute, ove possibile, all’interno delle amministrazioni pubbliche, nel limite numerico complessivo di trenta unità. A tale fine si provvede tramite comando, anche contestualmente alla riorganizzazione di strutture già operanti per finalità analoghe e utilizzando le corrispondenti dotazioni finanziarie.

 

I commi da 8 a 10 attengono complessivamente ad attività di monitoraggio e valutazione della regolazione e dei suoi effetti con riguardo alla attuazione del programma di Governo, ed al relativo coordinamento informatico messo a punto dal Ministro per l’attuazione del programma di Governo

Il comma 8 stabilisce in particolare una proroga di sessanta giorni del termine di cui all’articolo 14, comma 1, del D.Lgs. 165/2001[15] – attualmente individuato in dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio – limitatamente alla definizione dei meccanismi e degli strumenti di monitoraggio e valutazione dell’attività dirigenziale, con riguardo all’attuazione delle indicazioni programmatiche e degli obiettivi definiti da ciascun Ministro[16], al fine di consentire l’adeguamento di questi ultimi al sistema informatico messo a punto dal Ministro per l’attuazione del programma di Governo, sulla base di linee guida emanate con DPCM.

Il comma 9 prevede l’istituzione di un Comitato tecnico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’attuazione del programma di Governo, del quale si avvale, nell’anno 2006, il Ministro per l’attuazione del programma di Governo, al fine della implementazione del sistema informatico e per la definizione delle linee guida di cui al comma 8, nonché per lo svolgimento  delle ulteriori attività di monitoraggio e valutazione della regolazione e dei suoi effetti con riguardo alla attuazione del programma di Governo (e per i conseguenti aspetti di comunicazione istituzionale).

Il Comitato è presieduto dal Ministro o da un suo delegato ed è composto dal Capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con funzioni di vicepresidente, e da un numero massimo di otto componenti scelti tra le categorie di cui all’articolo 3, comma 6-duodecies, del già citato decreto-legge n. 35 del 2005.

 

Si ricorda che, ai sensi del citato comma 6-duodecies, che individua – come già ricordato – la composizione della Commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica (presieduta dal Ministro o da un suo delegato). Essa è composta dal Capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con funzioni di vice presidente, e da un numero massimo di venti componenti (rectius, trenta - v. supra le modifiche apportate dal comma 7 dell’articolo in esame) scelti fra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità[17].

 

La segreteria tecnica del Comitato è composta da non più di sei unità di personale, scelte anche tra estranei alla pubblica amministrazione.

Ai sensi del comma 10, la nomina dei componenti del Comitato tecnico e della segreteria  tecnica è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro per l’attuazione del programma di Governo da lui delegato, che ne disciplina altresì l’organizzazione ed il funzionamento.

Nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui al successivo comma 12, con successivo decreto dello stesso Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti ai predetti componenti.

 

I commi 11 e 12 recano autorizzazioni di spesa, relative all’attuazione dei commi 7, 9 e 10.

In particolare, per l’attuazione del comma 7 è autorizzata la spesa massima di euro 600.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Dall’anno 2009 si  provvede mediante appostazione in legge finanziaria, ai sensi dell’art. 11, co. 3, lett. d), della legge 5 agosto 1978, n. 468.

Ai sensi del comma 12, per l’attuazione dei commi 9 e 10 è autorizzata la spesa massima di 650.000 euro per l’anno 2006, a valere sull’autorizzazione di spesa per l’anno 2006 di cui all’art. 1, co. 261, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

 

Ai sensi del comma citato, per le attività di monitoraggio delle politiche pubbliche adottate dal Governo, di analisi del loro impatto sul Sistema-Paese, di informazione e comunicazione istituzionale sulle riforme attuate, il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero il Ministro a ciò delegato, può avvalersi di enti o istituti di ricerca, pubblici o privati, di istituti demoscopici nonché di consulenti dotati di specifica professionalità. A tal fine è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea

L’attività di semplificazione della regolamentazione è da alcuni anni una delle priorità dell’attività delle istituzione europee, soprattutto della Commissione europea che ha varato in proposito numerose iniziative e programmi.

Per quanto attiene alle iniziative più recenti, la semplificazione e la qualità della legislazione figurano tra le priorità del programma operativo del Consiglio per il 2006 e del programma di lavoro della Commissione europea per il 2006.

La Commissione europea ha presentato il 16 marzo 2005 una comunicazione intitolata “Migliorare la regolamentazione per la crescita e l’occupazione nell’Unione europea” (COM(2005)97) che contiene una serie di iniziative atte a garantire che il quadro normativo dell’UE corrisponda agli obiettivi della strategia di Lisbona[18].

 

La Commissione propone tre linee d’azione: a) promuovere ulteriormente lo sviluppo e l’applicazione degli strumenti per una migliore regolamentazione a livello UE, in particolare per quanto riguarda la valutazione d’impatto e la semplificazione; b) lavorare in contatto più stretto con gli Stati membri per garantire che i princìpi di una migliore regolamentazione siano applicati coerentemente in tutta l’UE da tutti i partecipanti al processo normativo; c) rafforzare il dialogo costruttivofra tutti i partecipanti al processo normativo a livello UE e nazionale, e con tutti i soggetti interessati.

La Commissione europea si impegnerà in particolare, tra l’altro, a incoraggiare gli Stati membri a promuovere una migliore regolamentazione al momento di concepire nuovi atti normativi nazionali, mediante la semplificazione delle normative nazionali esistenti e una migliore attuazione della legislazione europea a livello nazionale; La Commissione prevede inoltre di coinvolgere gli Stati membri con l’istituzione di un gruppo ad alto livello di esperti nazionali, per consigliare la Commissione e sviluppare una strategia comune per una migliore regolamentazione.

 

La Commissione europea ha presentato il 27 settembre 2005 una comunicazione intitolata “Risultato dell’esame delle proposte legislative pendenti” (COM(2005)462) con la quale propone il ritiro di 68 proposte legislative pendenti, presentate prima del 1° gennaio 2004, e che sono ancora formalmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo. Si tratta, in particolare, di proposte considerate non più conformi agli obiettivi di Lisbona e o alle norme in materia di migliore regolamentazione, o ancora di proposte superate o il cui iter legislativo è bloccato ormai da molti anni.

Il 25 ottobre 2005 la Commissione ha, infine, presentato una comunicazione intitolata “Applicare il programma comunitario di Lisbona: una strategia di semplificazione dell’ambiente normativo” (COM(2005)435) con la quale ha proposto un nuovo programma sulla semplificazione per i prossimi tre anni che coinvolgerà numerosi settori.

 

 

 


 

Articolo 2
(Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287).


 1. All'articolo 2, comma 6, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 287, e successive modificazioni, dopo le parole: «in base ai rispettivi ordinamenti» sono aggiunte le seguenti: «, nonché tra persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni,».


 

 

L’articolo 2 reca modifiche al decreto legislativo n. 287 del 1999[19], di riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione (SSPA), novellandone l’art. 2, co. 6, che definisce i requisiti per il conferimento dell’incarico di dirigente amministrativo, organo di livello dirigenziale generale, responsabile in via esclusiva della gestione amministrativa della Scuola.

La novella sortisce l’effetto di ampliare e rendere più flessibili i requisiti professionali richiesti per la scelta del dirigente amministrativo, con l’obiettivo, dichiarato nella relazione governativa, di individuare un soggetto dotato delle competenze manageriali e gestionali necessarie per il ruolo di vertice amministrativo della SSPA.

Pertanto, accanto agli specifici requisiti previsti dalla normativa vigente, la quale stabilisce che il dirigente amministrativo sia, professionalmente:

§         dirigente di prima fascia dello Stato, ovvero

§         dirigente di amministrazioni pubbliche di livello equivalente,

si introduce la possibilità che il dirigente sia individuato tra i soggetti in possesso delle qualità richieste dall’art. 19, co. 6, del testo unico sul pubblico impiego[20] che, per il conferimento di incarichi dirigenziali di vertice nelle amministrazioni dello Stato, richiede persone di particolare e comprovata qualificazione professionale:

§         che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero in aziende pubbliche o private con esperienza acquisita almeno per un quinquennio in funzioni dirigenziali;

§         che abbiano conseguito di una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per l’accesso alla dirigenza;

§         che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato.

L’urgenza dell’intervento di modifica in commento risiederebbe, secondo la relazione governativa, nella vacanza del posto di direttore amministrativo della SSPA.

 

 


 

Articolo 3
(Personale delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo).


1. Al fine di un più efficace e razionale utilizzo delle risorse umane in servizio, il personale non dirigente di ruolo delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo, ad esclusione degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di Polizia, è trasferito, su domanda da presentarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nei ruoli delle Amministrazioni dello Stato in cui presta servizio alla data del 30 settembre 2005, nei limiti dei posti disponibili della dotazione organica complessiva, con inquadramento sulla base dell'anzianità di servizio nell'area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta, salvo quanto disposto, per il personale non dirigente di ruolo delle Amministrazioni dello Stato in posizione di comando o di fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri, dall'articolo 30, comma 2-ter, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.

2. A seguito delle procedure di trasferimento di cui al comma 1, le dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza sono contestualmente ridotte in misura pari alle unità di personale trasferito e, conseguentemente, sono trasferite le risorse finanziarie relative al trattamento economico. Limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, le procedure di trasferimento comportano anche una corrispondente riduzione della dotazione organica complessiva del personale di prestito, di cui agli articoli 2 e 3 e alle relative tabelle C e D del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 11 luglio 2003, e successive modificazioni.

3. Il personale non immediatamente trasferito per carenza di posti disponibili in organico nelle amministrazioni dove presta servizio, permane nella posizione di comando o fuori ruolo, previo assenso dell'interessato, fino al successivo inquadramento a copertura di posti resisi disponibili in organico, con precedenza rispetto alle procedure concorsuali.

4. Le disposizioni del presente articolo non comportano oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.


 

 

L’articolo in esame introduce la possibilità, per il personale  delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo, di ottenere la “stabilizzazione” transitando nei ruoli delle amministrazioni presso cui prestano servizio.

 

Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio.

L’ordinamento vigente non reca invece la definizione del distacco; in mancanza di una specifica disciplina, parte della dottrina considera il distacco come una semplice situazione di fatto, mentre altro orientamento ritiene che si configura un distacco quando l’impiegato statale è destinato a prestare servizio non presso altra amministrazione statale (come nel comando), bensì presso altro ente pubblico. Inoltre per il distacco si fa in genere riferimento alla disciplina che riguarda i dirigenti collocati in aspettativa retribuita, per cui si verifica più propriamente una sospensione del rapporto di lavoro[21].

La riforma del pubblico impiego, attuata con il D. Lgs 29 del 1993 poi trasfuso nel D.Lgs, 165 del 2001 (T.U. del pubblico impiego) non ha disciplinato l’istituto del comando né quello del distacco, che vanno pertanto ricostruiti all’interno di un quadro più generale, costituito dalla disciplina civilistica e dalla contrattazione collettiva, ferma restando l’applicabilità del T.U. del pubblico impiego nell’ambito dei settori del lavoro pubblico non contrattualizzato, in funzione suppletiva.

Si può quindi interpretare il silenzio del legislatore come un rinvio in via immediata alle regole privatistiche ed alla contrattazione collettiva, che sono destinate ormai a disciplinare il rapporto dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001). In proposito, sulla disapplicazione dell’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3, prevista dalla contrattazione collettiva con riferimento al personale statale del comparto Ministeri e del comparto aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, vedi ultra.

Si tenga inoltre presente che a volte i termini di “comando” e “distacco” sono talvolta utilizzati come sinonimi.

Si ricorda che il collocamento fuori ruolo è uno degli istituti propri del pubblico impiego che comportano una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro. In particolare, il collocamento fuori ruolo, a differenza del comando e del distacco, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. La retribuzione è a carico dell’amministrazione presso la quale si presta il servizio.

Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 della L. 3 del 1957, recante lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'amministrazione stessa.

In particolare, l’articolo 58 dispone che l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo.

Al collocamento fuori ruolo si provvede con decreto dei ministri competenti di concerto con il ministro per il Tesoro (attualmente dell’economia e delle finanze), sentito l'impiegato.

I casi nei quali gli impiegati possono essere collocati fuori ruolo, sono determinati col regolamento. Infine, al collocamento fuori ruolo dell'impiegato con qualifica non inferiore a direttore generale si provvede in conformità al quarto comma del precedente articolo 56, recante disposizioni in materia di comando. Il successivo articolo 59 stabilisce che all'impiegato collocato fuori ruolo si applicano le norme dell'articolo 57, che precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio.

Inoltre, l'impiegato collocato fuori ruolo che consegue la promozione o la nomina a qualifica superiore rientra in organico andando ad occupare, secondo l'ordine della graduatoria dei promossi o dei nominati, un posto di ruolo.

 

Come sopra accennato, l’art. 4 del CCNL siglato il 15.5.2001, integrativo del CCNL del personale del comparto Ministeri sottoscritto in data 16.2.1999, ha disciplinato ex novo l’istituto del comando, determinandosi conseguentemente, sulla base dell’articolo 34 dello stesso CCNL, la disapplicazione dell’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3[22].

L’articolo 4 in questione prevede che il dipendente, a domanda, può essere assegnato temporaneamente ad altra amministrazione anche di diverso comparto che ne faccia richiesta per utilizzarne le prestazioni (posizione di "comando"). Il personale assegnato temporaneamente in posizione di comando presso altra amministrazione, continua a coprire un posto nelle dotazioni organiche dell'amministrazione di appartenenza, che non può essere coperto per concorso o per qualsiasi altra forma di mobilità. La posizione di comando cessa al termine previsto e non può superare la durata di 12 mesi rinnovabili una sola volta. Alla scadenza del termine massimo, il dipendente può chiedere, in relazione alla disponibilità di posti in organico, il passaggio diretto all'amministrazione di destinazione, secondo le procedure di cui all'art. 27 del CCNL sottoscritto in data 16.2.99 e nel rispetto di quanto previsto dall'art. 20, comma 1, lett.c), penultimo periodo della legge 488/99, che rende prioritarie le procedure di mobilità. In caso contrario il dipendente rientra all'amministrazione di appartenenza. Il comando può cessare, prima del termine previsto, qualora non prorogato ovvero per effetto del ritiro dell'assenso da parte dell'interessato o per il venir meno dell'interesse dell'amministrazione che lo ha richiesto.

La posizione di comando può essere disposta, senza limiti temporali, solo nei seguenti casi:

1) qualora norme di legge e di regolamento prevedano appositi contingenti di personale in assegnazione temporanea, comunque denominata, presso altra amministrazione;

2) per gli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dei Sottosegretari;

3) per gli enti di nuova istituzione sino all'istituzione delle relative dotazioni organiche ed ai provvedimenti di inquadramento.

L' assegnazione temporanea di cui al presente articolo non pregiudica la posizione del dipendente agli effetti della maturazione dell'anzianità lavorativa, dei trattamenti di fine lavoro e di pensione e dello sviluppo professionale.

La spesa per il personale in posizione di comando è a carico dell'amministrazione di destinazione.

La disciplina del comando sopra richiamata decorre per le assegnazioni temporanee disposte dal 1° gennaio 2001.

Nulla è innovato per la disciplina delle assegnazioni temporanee disposte in relazione a specifiche esigenze dell'amministrazione di appartenenza nei casi previsti da disposizioni di legge o di regolamento, qualora sia necessario assicurare particolari e non fungibili competenze attinenti agli interessi dell'amministrazione, che dispone la temporanea diversa assegnazione e che non rientrano nei compiti istituzionali della medesima (posizione di "fuori ruolo").

 

Secondo la relazione illustrativa, “l’inquadramento di tale personale nei ruoli delle amministrazioni in cui presta servizio comporta una riduzione di spesa o, meglio, un risparmio di gestione, anche per le amministrazioni di originaria appartenenza, le quali vedranno diminuire i costi per il personale, senza tuttavia subire alcun depauperamento di professionalità, trattandosi di personale che comunque non è utilizzato da anni”.

In particolare, si prevede che il personale non dirigente delle amministrazioni dello Stato in posizione di comando o fuori ruolo, ad esclusione degli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia, può optare per il trasferimento nei ruoli delle amministrazioni dello Stato presso cui presta servizio alla data del 30 settembre 2005, nei limiti dei posti disponibili della dotazione organica complessiva.

A tal fine i soggetti interessati devono presentare apposita domanda entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge.

Il personale viene trasferito “sulla base della precedente anzianità di servizio” e viene inquadrato nell’area funzionale e posizione economica corrispondente a quella posseduta. Pertanto, come si desume anche dalla relazione illustrativa, nel caso in cui i posti disponibili non fossero sufficienti a soddisfare tutte le richieste di trasferimento, si adotta il criterio di attribuire priorità al personale con maggiore anzianità di servizio.

Andrebbe chiarito se si intende far riferimento all’anzianità di servizio complessiva presso le amministrazioni dello Stato o, come sembrerebbe preferibile, all’anzianità di servizio presso l’amministrazione nei cui ruoli dovrebbe aver luogo il trasferimento.

Viene espressamente fatto salvo quanto previsto, per il personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri, dall’articolo 30, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

 

Si ricorda che l’articolo 30 del decreto legislativo n. 165 del 2001 disciplina il passaggio diretto del personale tra amministrazioni diverse. Le pubbliche amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro dipendenti con la medesima qualifica in servizio presso altre amministrazioni, previa domanda di trasferimento da parte degli interessati e consenso dell’amministrazione di appartenenza (art. 30, comma 1).

Le procedure ed i criteri generali per l’attuazione del passaggio diretto dei dipendenti sono definiti dai contratti collettivi nazionali. Si stabilisce la nullità degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi che intendano eludere l’obbligo di ricorrere alla mobilità prima di procedere al reclutamento di nuovo personale. (art. 30, comma 2).

Il comma 2-bis dell’art. 30, aggiunto dall’art. 5, comma 1-quater, del D.L. n. 7/2005, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 43/2005, prevede che le amministrazioni pubbliche, al fine di coprire le vacanze di organico e prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, devono attivare le procedure di mobilità mediante passaggio diretto dei dipendenti di cui al comma 1 del medesimo art. 30. Esse devono comunque provvedere in via prioritaria all’immissione in ruolo dei dipendenti che, provenienti da altre amministrazioni, prestino già attività presso l’amministrazione in posizione di comando o di fuori ruolo, purché tali dipendenti appartengano alla medesima area presentino la relativa domanda di trasferimento. Entro i limiti dei posti vacanti, i dipendenti sono inquadrati nella medesima area funzionale e con la posizione economica corrispondente a quella posseduta nella amministrazione di provenienza.

I successivi commi 2-ter e 2-quater[23] dell’art. 30 recano disposizioni in merito all’immissione in ruolo del personale della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli affari esteri. In particolare il comma 2-ter prevede che l’immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli affari esteri, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili.

 

Pertanto sembra desumersi che. per il personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri, il trasferimento, nel limite dei posti disponibili, non avvenga su semplice domanda ma solamente dopo un filtro di valutazione discrezionale da parte della stessa amministrazione.

Si consideri che la disposizione di cui all’articolo 30, comma 2-ter, viene fatta salva esclusivamente per il personale in posizione di comando o di fuori ruolo presso il Ministero degli affari esteri.

Sembrerebbe pertanto che ciò non vale per la Presidenza del Consiglio, per la quale amministrazione invece si applicherebbe la procedura di cui al comma 1 dell’articolo in esame. Sarebbe tuttavia opportuna una formulazione più chiara della disposizione.

 

Il comma 2 prevede che, a seguito delle procedure di trasferimento di cui al comma precedente, sono contestualmente ridotte le dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza in misura corrispondente alle unità di personale trasferito. Conseguentemente sono trasferite le risorse finanziarie destinate alla corresponsione del trattamento economico dello stesso personale.

Con riferimento alla Presidenza del Consiglio, si dispone inoltre che le procedure di trasferimento comportano una corrispondente riduzione della dotazione organica complessiva del relativo personale di prestito (cioè non appartenente ai ruoli della stessa amministrazione), di cui agli articoli 2 e 3 e alle allegate Tabelle C e D, del D.P.C.M. 11 luglio 2003, e successive modificazioni.

 

Si consideri che il D.P.C.M. su citato ha provveduto – oltre che alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale della Presidenza del Consiglio – alla rideterminazione del contingente del personale di prestito in servizio presso la stessa amministrazione, “al fine di procedure ad una successiva graduale riduzione del medesimo”.

In particolare l’articolo 2 rinvia alla Tabella C per la rideterminazione del contingente del personale in prestito, fatta eccezione per quello utilizzabile nelle strutture di diretta collaborazione, di missione e di supporto ai Commissari straordinari di Governo, ai sensi dell’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo n. 303 del 1999[24]. Si prevede inoltre che tale contingente, pari a 530 unità complessive[25], sia gradualmente ridotto fino a raggiungere entro tre anni una percentuale non superiore al 20 per cento della dotazione organica della Presidenza del Consiglio, in conformità a quanto previsto dall’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 303 del 1999[26].

L’articolo 3 rinvia alla Tabella D per la rideterminazione del contingente del personale di prestito non dirigenziale dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, procedendo contestualmente alla soppressione della tabella allegata al D.P.C.M. 28 febbraio 2002. La tabella D prevede un contingente complessivo di 90 unità di personale.

 

Il comma 3 dispone una misura di salvaguardia per il personale comandato o fuori ruolo che non può essere trasferito in mancanza dei posti disponibili in organico. In particolare si prevede che tale personale, previo assenso, può permanere nella posizione di comando o fuori ruolo, fino al successivo trasferimento nei ruoli organici del personale dell’amministrazione presso cui presta servizio, a copertura di posti resisi disponibili in organico, con precedenza rispetto alle procedure concorsuali.

Sembra pertanto che tale personale possa rimanere in posizione di comando o di fuori ruolo a tempo indeterminato, fino a che si rendano disponibili i posti per il trasferimento. Inoltre le amministrazioni di servizio non possono indire procedure concorsuali per la copertura di posti vacanti, se non dopo aver permesso il trasferimento del personale comandato o fuori ruolo.

 

Il comma 4 contiene una clausola di invarianza della spesa.

 

 

 


 

Articolo 4
(Monitoraggio sui contratti a tempo determinato e la somministrazione a tempo determinato nelle pubbliche amministrazioni).


1. All'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo il comma 4, è inserito il seguente:

«4-bis. L'avvio delle procedure concorsuali mediante l'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, di cui al comma 4 si applica anche alle procedure di reclutamento a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, inclusi i contratti di formazione e lavoro, e tiene conto degli aspetti finanziari, nonché dei criteri previsti dall'articolo 36».

2. All'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Le amministrazioni possono attivare i contratti di cui al comma 1 solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l'opportunità di attivazione di contratti con le agenzie di cui all'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi.

1-ter. Le amministrazioni pubbliche trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, le convenzioni concernenti l'utilizzo dei lavoratori socialmente utili».

 


 

 

 

L’articolo in esame è volto a porre dei vincoli più stringenti per il ricorso, da parte delle pubbliche amministrazioni, ai contratti di lavoro a tempo determinato, ai contratti di formazione e lavoro e alle altre forme flessibili di utilizzazione del personale.

Il comma 1 estende la procedura autorizzatoria, tramite apposito D.P.C.M.,  del reclutamento del personale a tempo indeterminato, prevista dall’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, ai concorsi diretti a selezionare personale a tempo determinato per contingenti superiori alle cinque unità, “inclusi i contratti di formazione e lavoro”.

Si osserva che l’articolo 35, comma 4, su citato fa in realtà riferimento ad un “decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze”. Sarebbe opportuno quindi coordinare la formulazione del comma in esame a tale disposizione.

 

Si ricorda che il comma 187 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), detta disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni. In particolare, si dispone che, a decorrere dall’anno 2006, le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60 % della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

Più specificamente, tale norma è diretta:

-      alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-      alle agenzie, comprese le agenzie fiscali;

-      agli enti pubblici non economici;

-      agli enti di ricerca;

-      alle università;

-      agli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001 .

Il secondo periodo del comma in esame precisa che la richiamata disciplina limitativa non trova applicazione per il comparto scuola e per quello delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale, per i quali si rinvia alle relative, specifiche disposizioni di settore.

Infine, l’ultimo periodo del comma evidenzia che il mancato rispetto dei limiti di spesa in discorso integra un illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Il successivo comma 188 contiene una deroga al limite di utilizzo del personale a tempo determinato. Più specificamente, si dispone che gli enti ed istituti indicati possano effettuare assunzioni di personale con contratto a tempo determinato e stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa, per l’attuazione di progetti di ricerca e di innovazione tecnologica ovvero di progetti finalizzati al miglioramento dei servizi per gli studenti.

Gli enti ed istituti sono i seguenti:

-      enti di ricerca;

-      Istituto superiore di sanità;

-      Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;

-      Agenzia per servizi sanitari regionali;

-      Agenzia italiana del farmaco;

-      Agenzia spaziale italiana;

-      Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente;

-      CNIPA (Centro nazionale per l’informatica nella p.a.);

-      Università;

-      Scuole superiori ad ordinamento speciale;

-      Istituti zooprofilattici sperimentali (inseriti nel corso dell’esame del provvedimento presso la V Commissione Bilancio della Camera dei deputati).

La deroga opera a condizione che gli oneri derivanti da tali assunzioni non risultino a carico dei bilanci di funzionamento degli enti stessi o del Fondo di finanziamento degli enti o del Fondo di finanziamento ordinario delle Università.

 

Vengono espressamente fatti salvi i criteri di cui all’articolo 36, relativi ai limiti per l’utilizzazione di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale (vedi amplius ultra).

Si prevede inoltre che l’avvio delle procedure concorsuali in questione “tiene conto degli aspetti finanziari”.

Tale inciso, per la verità abbastanza generico, sembra assumere una valenza “sollecitatoria” per le amministrazioni pubbliche, in modo da evidenziare che l’avvio delle procedure concorsuali debba avvenire solamente se strettamente necessario e comunque considerando l’impatto finanziario delle conseguenti assunzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 35 . del decreto legislativo n. 165 del 2001 disciplina il reclutamento del personale presso le pubbliche amministrazioni.

Si prevede che l'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:

a) tramite procedure selettive, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;

b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità (comma 1).

Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68 (collocamento obbligatorio), avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere (comma 2).

Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi:

a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire;

c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;

d) decentramento delle procedure di reclutamento;

e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali (comma 3).

Di particolare interesse il comma 4, ai sensi del quale le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 2 inserisce due nuovi commi all’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, relativo alla utilizzazione di forme flessibili di lavoro.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 36 del D.Lgs. 165 del 2001, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale, possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. In particolare, alla contrattazione collettiva nazionale è demandata la disciplina della materia dei contratti a tempo determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo. Lo stesso articolo, inoltre, stabilisce che in ogni caso la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni: al lavoratore interessato è riconosciuto il diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative.

 

Il comma 2, aggiungendo il nuovo comma 1-bis all’articolo 36, pone limiti molto stringenti alla utilizzazione di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale, precisandosi in primo luogo che le pubbliche amministrazioni possono attivarle solamente per esigenze temporanee ed eccezionali e “previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea”.

La disposizione sembra voler prevedere che alle forme di lavoro flessibile, anche per ragioni di carattere finanziario, si debba ricorrere come extrema ratio, solamente nel caso in cui non sia possibile disporre di idoneo personale tramite il comando o il collocamento fuori ruolo di personale appartenente ad altre pubbliche amministrazioni.

Si prevede, inoltre, che si possa ricorrere alle forme flessibili di lavoro “previa valutazione circa l’opportunità di attivazione di contratti con le agenzie” di somministrazione di personale a tempo determinato di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 276 del 2003, “ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi”.

Con la disposizione in questione sembra che si intende limitare l’utilizzazione del lavoro temporaneo tramite le agenzie di somministrazione di personale, prevedendosi che vada attentamente valutata, in alternativa, l’opportunità di esternalizzare le attività interessate, tramite appalto dei servizi. Sarebbe tuttavia opportuna una formulazione più chiara.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 276 del 2003 reca attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30 (Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro).

Nel Titolo II (Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro) viene delineata la nuova organizzazione del mercato del lavoro e della relativa disciplina legale. Si intende realizzare un sistema efficace e coerente di strumenti volti a garantire trasparenza ed efficienza al mercato del lavoro ed a migliorare le capacità di inserimento professionale dei disoccupati e di quanti sono in cerca di prima occupazione, con particolare riguardo alle fasce più deboli.

Tali obiettivi saranno raggiunti mediante sia il nuovo regime autorizzatorio e di accreditamento regionale, sia la “borsa continua del lavoro”, che riformeranno l’attuale sistema del collocamento, pur mantenendo salve le funzioni amministrative delle province previste dal Decreto 469 del 1997 e confermate dall’articolo 1, comma 1, lettera e) della Legge delega.

Per realizzare tali obiettivi:

§         viene identificato un unico regime di autorizzazione per i soggetti che svolgono attività di somministrazione di lavoro, intermediazione, ricerca e selezione del personale, ricollocazione professionale (articolo 4);

§         vengono precisati i criteri per il rilascio dell’autorizzazione, i criteri e le modalità di revoca dell’autorizzazione stessa, nonché ogni altro profilo relativo alla organizzazione e alle modalità di funzionamento dell’albo delle agenzie del lavoro (articoli da 2 a 6);

§         vengono stabiliti i principi generali per la definizione dei regimi di accreditamento regionali degli operatori pubblici o privati che forniscono servizi al lavoro nell’ambito dei sistemi territoriali di riferimento (articolo 7);

§         vengono ridefinite il regime di trattamento dei dati relativi all’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, nel rispetto della legge 31 dicembre 1996, n. 675, recante disposizioni a tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali (articoli da 8 a 10);

§         vengono identificate forme di politiche attive del lavoro mediante il coinvolgimento di cooperative sociali, con accordi tra operatori accreditati e agenzie del lavoro (articoli da 11 a 14);

§         a garanzia dell’effettivo godimento del diritto al lavoro, viene costituita la borsa nazionale del lavoro, quale sistema aperto e trasparente di incontro tra domanda e offerta di lavoro imperniato su una rete di nodi regionali (articoli da 15 a 17);

§         si prevedono sanzioni penali o amministrative per l’abusivo o irregolare esercizio dell’attività di somministrazione o di intermediazione (articoli 18 e 19).

Nel Titolo III (Somministrazione di lavoro, di appalto di servizi, distacco) viene in primo luogo disciplinato il contratto di somministrazione di lavoro, che potrà essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il contratto di somministrazione potrà essere concluso a termine o a tempo indeterminato.

Il Capo II distingue in primo luogo l’appalto di servizi dalla somministrazione di lavoro, sulla base del criterio dell’esercizio pieno da parte dell’appaltatore del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto e il possesso da parte sua della professionalità specifica per il servizio dedotto in contratto.

Viene inoltre disciplinato l’istituto del distacco, recependo sostanzialmente criteri già elaborati dalla giurisprudenza.

 

Il comma 2, aggiungendo il nuovo comma 1-ter all’articolo 36, introduce, per le amministrazioni pubbliche, un obbligo di comunicazione, alla Presidenza del Consiglio (Dipartimento della funzione pubblica) e Al Ministero dell’economia (Ragioneria Generale dello Stato) delle convenzioni concernenti l’utilizzazione di lavoratori socialmente utili.

La disposizione sembra volta a disporre un aggiornato e costante monitoraggio delle convenzioni in esame.

 

Sono considerati lavori socialmente utili  (LSU) tutte le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, attraverso l'utilizzo di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione speciale oppure mediante il coinvolgimento in progetti di lavori socialmente utili di soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati.

In particolare, rientrano nella competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i lavoratori socialmente utili appartenenti al cosiddetto "bacino nazionale", cioè quei soggetti che abbiano effettivamente maturato 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili negli anni 1998-1999.

La gestione degli LSU è demandata alle Regioni, che agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. La normativa prevede una serie di incentivi per favorire la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili: incentivi per le imprese e le amministrazioni pubbliche che li assumono, finanziamenti per l'avvio di attività autonome, titoli di preferenza per le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni.

Le Regioni possono finanziare con proprie risorse progetti di lavori socialmente utili (cosiddetti lavoratori socialmente utili autofinanziati) ed erogare incentivi per la stabilizzazione degli stessi in aggiunta a quelli finanziati dallo Stato.

La normativa in materia di LSU è stata contraddistinta, negli ultimi anni, da una evoluzione caratterizzata in una prima fase da una progressiva dilatazione dell'istituto, nato come strumento per l'utilizzazione a fini di utilità collettiva dei lavoratori in cassa integrazione, verso l'area delle politiche volte a promuovere occupazione con prospettive di stabilità; successivamente, anche in connessione con il conferimento alle regioni delle funzioni in materia di collocamento e politiche attive del lavoro, si è operata la chiusura (al 31 dicembre 1999) del bacino dei lavoratori ammessi alle attività socialmente utili, prevedendo l'assunzione a carico degli enti utilizzatori di una quota dei relativi oneri finanziari e potenziando nel contempo le misure per la ricollocazione lavorativa o l'accompagnamento alla pensione dei lavoratori già impegnati nelle predette attività.

Questa evoluzione è passata attraverso tre interventi principali (art. 1 del D.L. 510 del 1996; D.Lgs. 468 del 1997; D.Lgs. 81 del 2000), intervallati da numerosi altri provvedimenti di aggiustamento progressivo della normativa, i quali hanno assunto normalmente nella prima fase della legislatura la forma del provvedimento d'urgenza, per trovare poi collocazione, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha impedito la reiterazione dei decreti legge, nelle manovre finanziarie annuali .

Per quanto riguarda invece la revisione organica della normativa sui LSU la delega conferita dalla legge n. 196/1997 è stata attuata con il D.Lgs. n. 468/1997.

In particolare, sono state definite quattro diverse tipologie di LSU, distinte per finalità e durata :

§         lavori di pubblica utilità, finalizzati ad una futura attività imprenditoriale, con una durata di 12 mesi, rinnovabili per altri 12;

§         lavori di tirocinio inseriti in progetti di formazione, della durata di 12 mesi;

§         lavori "straordinari", della durata di sei mesi, rinnovabili per altri sei;

§         utilizzo diretto, anche per attività ordinarie dei soggetti promotori, di percettori di trattamenti previdenziali, per il periodo di durata degli stessi.

Il richiamato D.Lgs n. 468 ha inoltre definito analiticamente i settori e gli ambiti di attività nei quali è possibile organizzare i LSU; ha dettato le disposizioni generali sui soggetti promotori, sui soggetti utilizzabili, sulle procedure per l'approvazione dei progetti e per l'assegnazione dei lavoratori ai progetti stessi, nonché per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori impegnati nei LSU, con particolare riguardo agli aspetti fiscali e previdenziali, in precedenza in gran parte rimessi alle circolari emanate dal Ministero del lavoro e dall'INPS.

Accanto alle disposizioni di cui sopra il D.Lgs. n. 468 ha introdotto anche misure finalizzate a consentire l'uscita dei lavoratori dall'esperienza dei LSU. Alla riserva di posti nelle società miste costituite dagli enti promotori per la prosecuzione delle attività oggetto dei progetti (già prevista nel D.L. n. 510/1996) si è affiancata così una analoga riserva nei confronti dei soggetti terzi affidatari (a seguito di procedure di evidenza pubblica) delle attività medesime; una più vasta strumentazione è poi stata apprestata per favorire la ricollocazione lavorativa o il raggiungimento dei requisiti pensionistici dei lavoratori già impegnati da oltre 12 mesi in progetti di LSU.

Si ricorda, infine, che la legge 23 dicembre 2000, n. 388 (finanziaria 2001) ha disposto numerose disposizioni direttamente finalizzate a garantire, in diverse forme, una stabilizzazione occupazionale per i soggetti già utilizzati nei LSU.

In particolare, ai sensi dell’articolo 78, commi 1-6, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è stato autorizzato a stipulare convenzioni con le regioni in riferimento a situazioni straordinarie che non consentivano, entro il 30 giugno 2001, di esaurire il bacino regionale dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 81 del 2000 . Lo stesso articolo, inoltre, ha prorogato dal 30 aprile 2001 al 30 giugno 2001 la destinazione, di cui all'articolo 8, comma 3, del citato D.Lgs. 81, delle risorse del Fondo per l'occupazione al pagamento dei sussidi per lo svolgimento dei lavori socialmente utili. Sempre con riferimento alla durata dei LSU è stata prorogata di due mesi la durata complessiva degli stessi: sei mesi più rinnovo per otto, anziché sei mesi più rinnovo per sei (a decorrere dal 1° maggio 2000). La norma ha previsto che le convenzioni, i cui contenuti sono disciplinati dallo stesso articolo 78 del D.Lgs. 388 del 2000, siano sottoscritte nei limiti delle risorse del Fondo per l'occupazione preordinate allo scopo e tenendo conto dei conguagli derivanti dall'applicazione dell'articolo 45, comma 6, L. n. 144 del 1999, che individua la destinazione delle risorse destinate alle attività progettuali di lavori socialmente utili e non utilizzate per tali finalità. Si è stabilito quindi che, a seguito dell'attivazione di tali convenzioni, siano trasferite alle regioni le responsabilità di programmazione e di destinazione delle risorse finanziarie, in conformità alle disposizioni precedentemente citate.

 

Si ricorda, inoltre, che il comma 430 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (finanziaria 2006) reca disposizioni in merito allo svolgimento di attività socialmente utili (ASU).

In particolare, il primo periodo, riproducendo analoghe disposizioni contenute nell’articolo 1, comma 262, della Legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali a prorogare, limitatamente all’esercizio 2006, le convenzioni stipulate direttamente con i comuni, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, ai fini dello svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nonché per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro.

Più specificamente, le convenzioni sono state stipulate:

a)    direttamente con i comuni , per lo svolgimento di ASU;

b)    oppure al fine dell’attuazione di misure volte a garantire una definitiva stabilizzazione occupazionale sia dei lavoratori che siano nella disponibilità dei comuni stessi da almeno tre anni per le medesime attività, sia dei lavoratori che, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3 , del D.Lgs. n. 468 del 1997  e prorogate in attesa di una definitiva stabilizzazione dei soggetti interessati.

Il limite complessivo di spesa viene fissato in 35 milioni di euro destinati alla realizzazione delle misure indicate alla lettera a), ed in 13 milioni di euro per le misure di cui alla lettera b) sopra illustrate.

Il terzo periodo del comma autorizza il Ministero del lavoro, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, a stipulare nuove convenzioni direttamente con i comuni con meno di 50.000 abitanti, per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno sette anni. L’autorizzazione viene concessa limitatamente all'anno 2006 e nel limite di spesa complessivo di 1 milione di euro.

 

 

 


 

Articolo 5
(Proroga dei contratti a tempo determinato della Croce rossa italiana).


1. Al fine di assicurare l'espletamento delle funzioni istituzionali, possono essere prorogati per l'intero anno 2006, a tutti gli effetti di legge, i contratti a tempo determinato stipulati dalla Croce rossa italiana. Alla copertura del relativo onere si provvede con le ordinarie dotazioni finanziarie della Croce rossa italiana, senza ulteriori aggravi per le finanze pubbliche. Alla compensazione degli effetti finanziari che ne derivano sui saldi di finanza pubblica, relativi all'indebitamento e al fabbisogno, si fa fronte mediante riduzione di 8,5 milioni di euro dell'importo complessivo fissato dall'articolo 1, comma 33, della legge 23 dicembre 2005, n. 266


 

 

La disposizione in esame prevede una nuova autorizzazione nei confronti della Croce rossa italiana per la proroga al 31 dicembre 2006 dei contratti di lavoro a tempo determinato attualmente in essere.

La norma afferma che la Croce rossa dovrà far fronte con le ordinarie dotazioni di bilancio a tali spese, senza cioè aggravi per la finanza pubblica. Tuttavia, si determina un oggettivo peggioramento dei saldi (in termini di indebitamento e fabbisogno): conseguentemente, sono ridotte di 8,5 milioni di euro le erogazioni previste nel 2006 per il Fondo rotativo per l’innovazione tecnologica[27].

 

Si ricorda che l’art. 5 del decreto legge n. 314 del 2004[28] aveva già disposto una proroga dei contratti stipulati  “in attuazione del decreto legislativo n. 368 del 2001”, nell’ambito delle convenzioni con il Servizio sanitario nazionale.

Si sottolinea a tale riguardo che il decreto legislativo n. 368 del 2001[29] reca la disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato ed il loro ambito di applicazione. In particolare, l’art. 4 delimita in modo rigoroso la durata di tali contratti, che possono essere prorogati per una sola volta, previo consenso del lavoratore, e per una durata complessiva non superiore a tre anni[30].

 

Si rileva che la legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006)[31] detta disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni, salvo alcune deroghe espressamente indicate. In particolare si stabilisce che, a decorrere dall’anno 2006, tali amministrazioni possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60 % della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

 

La relazione di accompagnamento sottolinea che la misura si rende necessaria in quanto il personale interessato, per la quale è stata già utilizzata la proroga prevista dalla legge, ha competenze professionali specifiche, indispensabili per lo svolgimento delle attività istituzionali (gestione di emergenze, come il servizio 118; servizi presso centri di permanenza temporanea; attività nei centri di rieducazione motoria per bambini celebrolesi).

La relazione tecnica presenta una quantificazione dettagliata dei maggiori oneri per il prolungamento dei contratti in scadenza (si tratta complessivamente di 371 contratti) che sono comunque largamente coperti dalle entrate derivanti dalle convenzioni sottoscritte dalla Croce rossa.

 

Il D.P.C.M. del 4 giugno 2004 ha classificato l’Associazione italiana della Croce Rossa quale “ente di alto rilievo” (anziché “ente di notevole rilievo”), in ragione della significativa crescita dell’attività della Croce rossa, delle risorse finanziarie da essa gestite e della struttura organizzativa dell’ente. Gli oneri finanziari relativi sono a carico del bilancio dell’Ente[32].

 

L’art. 20 della legge n. 70/1975 prevede che con decreti del Presidente del Consiglio, emanati secondo la procedura ivi posta al primo comma, i summenzionati enti “parastatali” vengano distinti in tre livelli, “in relazione all’importanza degli enti stessi” – importanza “desunta” in base agli elementi indicati nel secondo comma dell’art. 20 –. A ciascuno di tali livelli corrisponde un determinato tipo di trattamento economico del direttore generale. Riguardo all’Associazione italiana della Croce Rossa, la classificazione precedente era stata operata dall’art. 2 del D.P.C.M. 12 settembre 1975, che inseriva tale ente nel livello intermedio.

 

Si ricorda infine che, nel corso della legislatura, disposizioni riguardanti la Croce rossa sono presenti in diversi decreti legge; in particolare:

§         l’art. 5 del decreto legge n. 8/2002[33], relativo alla proroga degli organi amministrativi dell’Associazione italiana della Croce Rossa;

§         il decreto legge n. 187/2002, concernente una nuova proroga degli organi amministrativi della Croce Rossa, non convertito in legge[34];

§         l’art. 3 bis del decreto legge n. 220/2004[35], che concerne l’autorizzazione al commissario straordinario della Croce Rossa a ratificare, previo parere dei Ministri vigilanti, alcune ordinanze commissariali relative all’organizzazione dell’ente[36];

§         il decreto-legge n. 276/2004, recante disposizioni urgenti per snellire le strutture ed incrementare la funzionalità della Croce rossa italiana.

 

 

 


 

Articolo 6
(Semplificazione degli adempimenti amministrativi per le persone con disabilità).


1. Le regioni, nell'ambito delle proprie competenze, adottano disposizioni dirette a semplificare e unificare le procedure di accertamento sanitario di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, per l'invalidità civile, la cecità, la sordità, nonché quelle per l'accertamento dell'handicap e dell'handicap grave di cui agli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, effettuate dalle apposite Commissioni in sede, forma e data unificata per tutti gli ambiti nei quali è previsto un accertamento legale.

2. Al comma 3 dell'articolo 399 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, dopo le parole: «non si applica al personale di cui all'articolo 21 della legge 5 febbraio 1992, n. 104» sono aggiunte le seguenti: «e al personale di cui all'articolo 33, comma 5, della medesima legge».

3. Il comma 2 dell'articolo 97 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è sostituito dal seguente:

«2. I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell'handicap. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sono individuate, senza ulteriori oneri per lo Stato, le patologie e le menomazioni rispetto alle quali sono esclusi gli accertamenti di controllo e di revisione ed è indicata la documentazione sanitaria, da richiedere agli interessati o alle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali qualora non acquisita agli atti, idonea a comprovare la minorazione».

 


 

 

Le norme in esame intervengono sulla materia degli adempimenti amministrativi delle persone disabili, prevedendo altresì agevolazioni per i familiari con parenti affetti da grave handicap.

Semplificazione delle procedure (comma 1)

Le regioni, “nell’ambito delle proprie competenze”, sono autorizzate ad adottare disposizioni per semplificare ed unificare le procedure di accertamento sanitario [37] e di situazioni di handicap[38], che le Commissioni competenti dovranno effettuare “in sede, forma e data unificata per tutti gli ambiti nei quali è previsto un accertamento legale”.

La normativa previgente disciplina la composizione delle commissioni mediche, l’assistenza del medico di fiducia dell’interessato, la partecipazione di rappresentanti delle associazioni di categoria, i tempi massimi per il rilascio della certificazione e le modalità dei ricorsi nei confronti delle commissioni.

La relazione di accompagnamento sottolinea la finalità della norma, volta ad evitare la ripetizione di accertamenti medico legali necessari per il riconoscimento di diritti anche relativi ad ambiti diversi (scuola, assistenza sociale, lavoro, trasporti etc.), secondo le indicazioni contenute anche nel parere del Consiglio di Stato n. 4699/2003.

La medesima relazione sottolinea l’esigenza di rispettare le competenze delle regioni in materia di sanità e di assistenza sociale,  facendo cenno anche a linee guida, da adottare in sede di Conferenza Stato regioni, cui le regioni si dovrebbero attenere nel disciplinare il funzionamento delle commissioni.

Al riguardo si osserva che la norma in esame non fa riferimento a linee guida della Conferenza Stato-regioni.

Si rileva inoltre che la norma in esame non appare riguardare la procedura di individuazione dell’alunno in situazione di handicap, recentemente disciplinata ai sensi dell’art. 35, comma 7, della legge n. 289 del 2002[39]. Tale disposizione rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio, sulla base di un’intesa della Conferenza unificata Stato-autonomie locali e previo parere delle Commissioni parlamentari.

Per tale fattispecie, pur in presenza di una posizione contraria delle regioni all’esercizio del potere regolamentare da parte statale, si era ritenuto essenziale adottare un procedimento uniforme su tutto il territorio nazionale, in relazione alla stretta connessione tra la prestazione richiesta da parte del soggetto portatore di handicap e la procedura di accertamento dei requisiti, che si qualifica come presupposto essenziale del riconoscimento della prestazione (cfr. al riguardo il dossier del Servizio Studi n. 479 sullo schema di regolamento n. 541, nel quale è riportato tra l’altro anche il citato parere del Consiglio di Stato).

Trasferimento del personale docente (comma 2)

È consentito il trasferimento ad altra sede del personale docente di ruolo con familiare gravemente handicappato.

La normativa previgente[40] prevede che i docenti immessi in ruolo non possano chiedere il trasferimento ad altra sede, nella stessa provincia, prima di due anni scolastici e in altra provincia prima di tre anni scolastici. Questa limitazione non si applica peraltro al personale con elevato grado di invalidità[41] assunta presso enti pubblici come vincitrice di concorso o ad altro titolo.

Il comma in esame sopprime il limite al trasferimento, negli anni immediatamente successivi all’immissione in ruolo, anche al genitore o al familiare lavoratore che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato[42].

La relazione di accompagnamento evidenzia che la norma in esame estende anche al personale docente un beneficio attualmente previsto per altre categorie di pubblici dipendenti.

Accertamento della permanenza dello stato di handicap (comma 3)

È nuovamente modificata la normativa sull’accertamento della permanenza della situazione di handicap, prevedendo che i soggetti portatori di “menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti” siano esonerati da ogni visita medica successiva volta a verificare la sussistenza della patologia.

La normativa previgente (art. 97, comma 2, della legge n. 388/2000[43], come modificata dal decreto legge n. 269 del 2003)[44] prevede tale esonero per i “portatori di gravi menomazioni fisiche permanenti, di gravi anomalie cromosomiche nonché i disabili gravi con effetti permanenti”.

La norma in esame mantiene il rinvio ad un successivo decreto interministeriale per l’identificazione puntuale delle patologie in questione.

La relazione di accompagnamento sottolinea il forte disagio arrecato dalla normativa previgente ai cittadini affetti da handicap irreversibili, per i quali le visite di controllo risultano del tutto inutili, determinando altresì un aggravio di lavoro per le commissioni mediche.

Si sottolinea che il decreto-legge n. 250 del 2005, attualmente all’esame dell’Assemblea del Senato, intervene anch’esso sul medesimo comma 2 dell’art. 97 della legge n. 388/2000. In particolare, l’art. 4 precisa che i soggetti affetti da talidomide sono esonerati da ogni visita medica, anche a campione, volta all’accertamento della permanenza della disabilità (tale precisazione non è contenuta invece nel testo in esame).

 

Si ricorda infine che il tema della limitazione delle visite, anche a campione, per i soggetti disabili il cui handicap non è soggetto a modifica significativa nel tempo è stato a lungo oggetto di dibattito in Parlamento, anche sulla base delle iniziative di legge presentate al riguardo (cfr. A.A.C.C. 2213 e 3880). Nel corso dell’esame parlamentare era stata sottolineata anche la difficoltà da parte degli uffici ministeriali di individuare con puntualità, in base alla legislazione vigente, le patologie per le quali escludere il ricorso a nuove visite di controllo.

 

 

 


Articolo 7
(Monitoraggio dell'attuazione della
legge 12 marzo 1999, n. 68).


1. Al fine di verificare la corretta ed uniforme applicazione della legge 12 marzo 1999, n. 68, le amministrazioni pubbliche, chiamate a dare attuazione alle disposizioni in materia di collocamento obbligatorio, sono tenute a comunicare semestralmente e comunque entro il 31 dicembre di ogni anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, l'elenco del personale disabile collocato nel proprio organico e le assunzioni relative effettuate nell'anno e previste nell'ambito della programmazione triennale dei fabbisogni.


 

 

L’articolo in esame è volto a realizzare un sistema di monitoraggio in materia di accesso al lavoro presso pubbliche amministrazioni dei soggetti disabili ai sensi della disciplina del collocamento obbligatorio.

 

Con la legge 12 marzo 1999 n. 68, ed i successivi provvedimenti attuativi emanati dal Ministero del lavoro, si è inteso il più possibile favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo produttivo delle persone portatrici di handicap .

Le principali innovazioni introdotte rispetto alla normativa precedente consistono:

§         nell'individuare nei soli portatori di handicap psico-fisici, negli invalidi di guerra, civili di guerra, per servizio, nonché nei ciechi e sordomuti i destinatari della normativa (articolo 1);

§         nel definire una disciplina ed una organizzazione amministrativa ispirate al concetto di 'collocamento mirato', cioè individualizzato in rapporto alla concreta capacità lavorativa del singolo soggetto disabile (articolo 2);

§         nell'affiancare agli strumenti che impongono un obbligo (quote di riserva sulle assunzioni) la previsione di misure di incentivazione per le imprese (articolo 13).

In questo contesto si dispone, da un lato, per le imprese di maggiori dimensioni, una riduzione percentuale (dal 15% al 7%) della quota di riserva da assegnare ai disabili in relazione al totale dei posti di lavoro; dall’altro, una estensione della platea delle imprese destinatarie degli obblighi di assunzione, comprendendo sia i datori pubblici sia quelli privati, nonché le imprese aventi un numero di dipendenti compreso tra 15 e 35.

In particolare l’articolo 3 della Legge impone a tutti i datori di lavoro pubblico e privati con più di 14 dipendenti di avere alle proprie dipendenze una certa percentuale di persone disabili e precisamente:

§         il 7%, se i dipendenti sono più di 50,

§         2 lavoratori, se i dipendenti sono compresi tra 36 e 50,

§         1 lavoratore, se i dipendenti sono compresi tra 15 e 35.

Sono previste alcune eccezioni, in particolare per i datori di lavoro che operano nel settore del trasporto aereo, marittimo e terrestre (articolo 5).

In caso di inadempimento agli obblighi di assunzione, il datore di lavoro è tenuto a versare al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili una somma a titolo di sanzione amministrativa per ogni lavoratore disabile non occupato (articolo 15).

Si ricorda che per garantire il rispetto della normativa a tutela del lavoro dei portatori di handicap, la legge 68 prevede – tra l’altro - che le imprese che partecipano a bandi per appalti pubblici o che intrattengono rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche amministrazioni devono presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che attesti il rispetto delle norme che disciplinano il collocamento obbligatorio, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l’ottemperanza alle norme stesse (art. 17 della legge n. 68 del 1999; art. 8 del D.P.R. 333 del 2000).

La medesima Legge 68 prevede poi, all’articolo 6, la costituzione di appositi organismi che si occupano, in raccordo con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi presenti sul territorio, di programmare, attuare, verificare gli interventi volti a favorire l’inserimento dei disabili, nonché “all’avviamento lavorativo, alla tenuta delle liste, al rilascio delle autorizzazioni, degli esoneri e delle compensazioni territoriali, alla stipula delle convenzioni e all’attuazione del collocamento mirato”.

Tra il datore di lavoro e i servizi per l'impiego, infatti, possono essere stipulate convenzioni (articolo 11) aventi ad oggetto la determinazione di un programma mirante al conseguimento degli obiettivi occupazionali della legge stessa. Tali convenzioni – come indicato nell’articolo 13 della Legge - possono prevedere, tra l'altro, la concessione di sgravi contributivi per l'assunzione di soggetti disabili (anche da parte di datori di lavoro non soggetti all'obbligo di assunzione) in proporzione alla riduzione della capacità lavorativa degli stessi.

Anche se la Legge 68 non prevede espressamente la creazione di posti di lavoro per le persone handicappate, l’articolo 1, comma 3, del medesimo provvedimento richiama norme già in vigore atte a favorire l'assunzione di non vedenti  per determinati impieghi: centralinisti telefonici; massaggiatori e massofisioterapisti; terapisti della riabilitazione; insegnanti.

Si ricorda, infine, che tra le disposizioni transitorie, l’articolo 18, comma 3, della più volte richiamata L. 68 ha disposto, fino al 31 dicembre 2004 , che gli invalidi del lavoro ed i soggetti appartenenti alle forze di polizia, forze militari e della protezione civile invalidi per servizio, che alla medesima data risultino iscritti nelle liste delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private di cui alla L. 2 aprile 1968, n. 482, siano avviati al lavoro dagli uffici competenti senza necessità di inserimento nella graduatoria dei disabili disoccupati.

 

Al fine di effettuare un controllo circa gli adempimenti in materia di assunzione di soggetti disabili, si prevede per le amministrazioni pubbliche un obbligo di comunicare “semestralmente e comunque entro il 31 dicembre di ogni anno”, alla Presidenza del Consiglio (Dipartimento per la funzione pubblica):

§         l’elenco del personale disabile collocato nel proprio organico;

§         le assunzioni relative al collocamento obbligatorio effettuate nell’anno e previste nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale.

Si ricorda che il principio della programmazione triennale del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche è stato introdotto dall’articolo 39, comma 1, della legge 449/1997[45], al fine espresso di assicurare le esigenze di funzionalità e di ottimizzare le risorse per il migliore funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Si prevede espressamente che la programmazione triennale del fabbisogno di personale sia comprensiva anche delle unità di personale relative al collocamento obbligatorio. Il comma 19 del medesimo articolo dispone che anche gli enti locali, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le università e gli enti di ricerca adeguassero i propri ordinamenti ai princìpi di cui al comma 1 finalizzandoli alla riduzione programmata delle spese di personale.

Si consideri, inoltre, che l’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 prevede che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni. Inoltre per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, compresa l’agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca con organico superiore alle 200 unità, l’avvio delle procedure concorsuali è subordinato all’emanazione di un apposito DPCM, da adottare di concerto tra il Ministro per la funzione pubblica ed il Ministro dell’economia.

 

Come si desume dalla relazione illustrativa, i dati saranno utilizzati per realizzare un’apposita banca-dati “necessaria ai fini di una completa e funzionale raccolta e catalogazione dei medesimi dati”.

Si osserva che andrebbe chiarita la periodicità della trasmissione delle comunicazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Difatti l’obbligo di comunicazione semestrale non appare coordinato con la previsione della comunicazione “comunque entro il 31 dicembre di ogni anno”[46].

 

 


 

Articolo 8
(Comitato nazionale italiano permanente per il Microcredito).


1. Per consentire lo sviluppo dei programmi di microfinanza, in conformità a quanto previsto dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nelle risoluzioni 53/198 e 58/221, il Comitato nazionale italiano per il 2005, anno internazionale del Microcredito, è trasformato nel Comitato nazionale italiano permanente per il Microcredito, senza oneri aggiuntivi per l'erario.


 

 

L’articolo mira a rendere permanente l’attività del Comitato nazionale italiano istituito nel 2005, Anno Internazionale del Microcredito, al fine di consentire la prosecuzione dello sviluppo dei programmi di microfinanza curati dalle competenti Istituzioni italiane.

La disposizione prevede che l’attività del Comitato si svolga in conformità a due risoluzioni dell’Assemblea Generale dell’ONU: la risoluzione n. 198 della 53ª Sessione e la risoluzione n. 221 della 58ª sessione.

La risoluzione n. 198, al paragrafo 16, sottolinea il ruolo del microcredito come importante strumento contro la povertà, capace di generare iniziative economiche autonome e di accrescere il potere sociale dei poveri, con particolare riguardo alle donne. Le istituzioni dell’ONU, quelle impegnate nella lotta alla povertà e anche i singoli Governi sono chiamati a sviluppare in ogni modo lo strumento della microfinanza, includendolo nei propri programmi. La risoluzione n. 197 della 53ma Sessione è propriamente dedicata alla proclamazione del 2005 come Anno Internazionale del Microcredito.

In base alla risoluzione n. 221, l’Assemblea Generale ha in seguito approvato il Piano d’azione per l’ Anno Internazionale del Microcredito, tra gli obiettivi del quale figurano: il contributo al raggiungimento degli “Obiettivi del Millennio”[47], l’incremento della capacità e dell’efficienza dei fornitori di servizi microfinanziari, la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’importanza del microcredito nella lotta alla povertà a livello mondiale.

Il Comitato nazionale italiano per il 2005, anno Internazionale del Microcredito, è stato costituito il 29 ottobre 2004, è presieduto dall’On. Ministro Mario Baccini ed è composto da rappresentanti della Pubblica Amministrazione, delle Organizzazioni internazionali e non governative, degli Enti locali, del settore bancario, del mondo imprenditoriale e di vari Istituti e Fondazioni. Il Comitato ha creato due gruppi di lavoro, il primo dedicato alla promozione del microcredito attraverso un’attività di riflessione sulle numerose problematiche connesse, e il secondo a mettere in atto tutte le iniziative suscettibili di coinvolgere soprattutto attori del settore economico privato nello sviluppo degli strumenti di aiuto microfinanziari.

Uno di risultati più significativi dell’attività svolta dal Comitato è stato l’avvio di iniziative per convogliare le rimesse degli immigrati in Italia verso attività produttive nei Paesi di origine, unitamente alla costituzione di canali di microfinanza facenti capo al nostro sistema bancario. In tale contesto, sono stati aperti due Fondi fiduciari, rispettivamente presso la Banca Interamericana di sviluppo (3 milioni di euro) e presso l’IFAD (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, per un ammontare di 5 milioni di euro).

 

Lo strumento del microcredito, nell’ambito della più articolata gamma[48] che costituisce l’approccio microfinanziario alle problematiche dello sviluppo dei Paesi meno avanzati, costituisce forse la più rilevante novità, negli ultimi anni, nell’attività di cooperazione internazionale. Il microcredito, infatti, non si configura quale aiuto allo sviluppo a fondo perduto, ma presuppone la possibilità che le pur piccole somme erogate nei PVS a favore di una vasta platea di attori economici vengano restituite. Pertanto il microcredito è rivolto soprattutto a mobilitare le energie sociali e imprenditoriali presenti in quei Paesi, ma che spesso non possono mettere in atto validi progetti per mancanza perfino di un ridotto plafond iniziale: l’articolazione del credito nei PVS, infatti, in molti casi esclude del tutto i piccoli potenziali clienti. Va rilevato che anche i tassi di interesse sui microprestiti non sono particolarmente bassi, ma l’esperienza ha dimostrato che nella maggior parte dei casi le iniziative da essi innescate sono in grado di remunerare ampiamente il capitale iniziale, proprio in quanto di carattere tendenzialmente imprenditoriale.

 

L’articolo prevede che la trasformazione del Comitato da temporaneo a permanente non comporti oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

 

 


 

Articolo 9
(Agevolazione della mobilità volontaria).


 1. Per agevolare l'attuazione del previo esperimento delle procedure di mobilità e la razionale distribuzione dei dipendenti tra le pubbliche amministrazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica può istituire, senza oneri aggiuntivi a carico dell'erario, una banca dati informatica, ad adesione volontaria, finalizzata all'incontro tra la domanda e l'offerta di mobilità.


 

 

 

L’articolo 9 “autorizza” l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, di una banca dati informatica allo scopo, come riportato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, di “agevolare l’incontro tra le domande di mobilità volontaria dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e il fabbisogno professionale delle stesse”. La richiamata banca dati è ad adesione volontaria e non comporta oneri aggiuntivi a carico dell’erario.

 

L’istituto della mobilità volontaria è disciplinato dall’articolo 30 del D.Lgs. 165 del 2001. Tale articolo dispone che Le pubbliche amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante cessione del contratto di lavoro[49] dipendenti con la medesima qualifica in servizio presso altre amministrazioni, previa domanda di trasferimento da parte degli interessati e consenso dell’amministrazione di appartenenza (art. 30, comma 1).

Le procedure ed i criteri generali per l’attuazione del passaggio diretto dei dipendenti sono definiti dai contratti collettivi nazionali. Si stabilisce la nullità degli accordi, atti o clausole dei contratti collettivi che intendano eludere l’obbligo di ricorrere alla mobilità prima di procedere al reclutamento di nuovo personale. (art. 30, comma 2).

Il comma 2-bis dell’art. 30, aggiunto dall’art. 5, comma 1-quater, del D.L. n. 7/2005, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 43/2005, prevede che le amministrazioni pubbliche, al fine di coprire le vacanze di organico e prima dell’espletamento delle procedure concorsuali, devono attivare le procedure di mobilità mediante passaggio diretto dei dipendenti di cui al comma 1 del medesimo art. 30. Esse devono comunque provvedere in via prioritaria all’immissione in ruolo dei dipendenti che, provenienti da altre amministrazioni, prestino già attività presso l’amministrazione in posizione di comando o di fuori ruolo, purché tali dipendenti appartengano alla medesima area presentino la relativa domanda di trasferimento. Entro i limiti dei posti vacanti, i dipendenti sono inquadrati nella medesima area funzionale e con la posizione economica corrispondente a quella posseduta nella amministrazione di provenienza.

I successivi commi 2-ter e 2-quater dell’art. 30 recano disposizioni in merito all’immissione in ruolo del personale della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli affari esteri. In particolare il comma 2-ter prevede che l’immissione in ruolo di cui al comma 2-bis, limitatamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero degli affari esteri, in ragione della specifica professionalità richiesta ai propri dipendenti, avviene previa valutazione comparativa dei titoli di servizio e di studio, posseduti dai dipendenti comandati o fuori ruolo al momento della presentazione della domanda di trasferimento, nei limiti dei posti effettivamente disponibili.

Il comma 2-quinquies all’art. 30 prevede, in merito al trattamento del dipendente trasferito per mobilità, che, salvo diversa previsione, al dipendente si applica il trattamento giuridico ed economico – compreso quello accessorio – previsto dal contratto collettivo vigente nel comparto dell’amministrazione cui è stato destinato.

La mobilità volontaria è quindi possibile all'interno di tutta la pubblica amministrazione e quindi anche all'esterno del comparto. E' comunque sempre richiesto il nulla osta dell'Amministrazione di appartenenza.

Al riguardo, si ricorda che sia il CCNL 16 febbraio 1999 per il personale non dirigente degli enti pubblici non economici (cd. parastato) - parte normativa 1998/2001 e parte economica 1998/1999- sia il CCNL 16 febbraio 1999 comparto Ministeri personale non dirigente - parte normativa 1998/2001 e parte economica 1998/1999 –, hanno disciplinato, entrambi all’articolo 27, la mobilità volontaria nell'ambito del comparto, stabilendo che gli enti del comparto possano ricoprire i posti vacanti in organico, destinati all'accesso dall'esterno, mediante passaggio diretto, a domanda, di dipendenti in servizio presso altro ente del medesimo comparto che rivestano la posizione corrispondente nel sistema classificatorio. Il dipendente viene trasferito, previo consenso dell'ente di appartenenza, entro quindici giorni dall'accoglimento della domanda.

Nella pubblica amministrazione, una particolare tipologia della mobilità che si attiva per volontà del dipendente è rappresentata dalla mobilità compensativa (o interscambio), cioè lo scambio volontario di posto di lavoro con un altro dipendente della pubblica amministrazione.

Per quanto concerne la mobilità compensativa, ai sensi dell'articolo 7 del D.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325, recante le procedure per l’attuazione del principio di mobilità nell’ambito delle pubbliche amministrazioni, infatti, la mobilità dei singoli dipendenti è consentita in ogni momento, nell’ambito delle dotazioni organiche di ogni amministrazione, presso la stessa od altre amministrazioni, anche di diverso comparto, nei casi di domanda congiunta di compensazione con altri dipendenti di corrispondente profilo professionale, previo nulla osta dell’amministrazione di provenienza e di quella di destinazione.

 

Sempre secondo le relazione illustrativa, la previsione in esame “corrisponde ad un’iniziativa progettuale già in fase di avvio, assistita dal relativo finanziamento su base progettuale”; inoltre la stessa disposizione “è indispensabile per consentire al Dipartimento il trattamento dei dati personali rilevanti per la gestione della banca dati; la realizzazione della banca dati viene inclusa nelle finalità istituzionali del Dipartimento della funzione pubblica e in tal modo viene consentito il trattamento dei dati personali ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196”.

 

Si osserva, in proposito, che l’istituzione della richiamata banca dati è eventuale: la stessa relazione illustrativa, infatti, nel ribadire che la norma non comporta oneri finanziari per il bilancio dello Stato, afferma che “la realizzazione della banca dati è prevista come eventuale è può essere realizzata nell’ambito di fondi già stanziati e destinati mediante affidamento a progetti specifici relativi alla valorizzazione della mobilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni”.

 

 


 

Articolo 10
(Segretari comunali e provinciali).


1. All'articolo 10-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, al comma 3, le parole: «di cui all'articolo 3-ter del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, già in posizione di disponibilità ai sensi dell'articolo 101 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «in disponibilità ai sensi dell'articolo 101 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,».

2. All'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Per i segretari comunali e provinciali è stabilità una disciplina distinta nell'ambito del contratto collettivo di comparto. L'ARAN ammette alle trattative le organizzazioni rappresentative del comparto ai sensi dell'articolo 43 e le organizzazioni sindacali rappresentative dei segretari comunali e provinciali».


 

 

 

L’articolo 10, comma 1, amplia l’ambito soggettivo di applicazione della procedura di mobilità del contingente di segretari comunali e provinciali da assegnare al Dipartimento della funzione pubblica con l’obiettivo di rafforzare alcune attività di competenza del Dipartimento medesimo.

Il comma 2 prevede l’introduzione di una disciplina distinta nel CCNL di comparto, per i segretari comunali e provinciali.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, con una novella al comma 3 dell’art. 10-bis del D.L. 203/2005[50], stabilisce che, ai fini della copertura del contingente di 30 segretari comunali e provinciali in mobilità da destinare al Dipartimento della funzione pubblica, possano essere assegnati, in generale, i segretari che si trovino in posizione di disponibilità ai sensi dell’art. 101 del D.Lgs. 261/2000[51] (vedi infra) e non più soltanto quelli indicati dall’art. 3-ter del D.L. 136/2004[52] (vedi infra), richiamato dal comma 3 dell’art. 10-bis del D.L. 203/2005. Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, molti di questi segretari, già utilizzati presso il Dipartimento della funzione pubblica, sono stati destinati ad altre pubbliche amministrazioni, essendo decorso il quadriennio di disponibilità previsto.

 

I commi da 2 a 4 dell’art. 10-bis del D.L. 203/2005 stabiliscono che il Dipartimento per la funzione pubblica si avvalga, per un periodo massimo di quattro anni, di un contingente di personale pari a 30 unità, attingendo al tal fine al novero dei segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità.

L’obiettivo della disposizione, come precisato dal comma 2, è quello di rafforzare talune attività di competenza del Dipartimento e in particolare quelle attinenti:

§       alla semplificazione delle norme e delle procedure amministrative;

§       al monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini;

§       alla gestione del personale in eccedenza di cui agli artt. 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001[53].

Con riguardo alle attività connesse alla gestione del personale in eccedenza, si ricorda che gli artt. 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001 recano disposizioni in merito alla gestione del personale in disponibilità[54].

Il comma 3 dell’art. 10-bis del D.L. 203/2005, nel testo vigente prima dell’adozione del D.L. in esame, disponeva che alla copertura del contingente si provvedesse utilizzando temporaneamente i segretari comunali e provinciali di cui all’art. 3-ter del D.L. 136/2004[55] (vedi infra), che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (3 dicembre 2005), si trovassero già in posizione di disponibilità ai sensi dell’art. 101 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000).

 

Ai sensi dell’art. 101 del D.Lgs. 267/2000 (co. 1 e 4), il segretario che abbia perso o sia comunque privo di incarico presso una sede comunale o provinciale è collocato in disponibilità per la durata massima di due anni, durante i quali egli rimane iscritto all’Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali ed è a disposizione della relativa Agenzia autonoma[56], che esercita i poteri di pertinenza del datore di lavoro, affidandogli incombenze inerenti alla gestione dell’Albo, attività di consulenza, mansioni presso altre amministrazioni, che si assumono i relativi oneri. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti, e il relativo onere è a carico dell’Agenzia. Il termine di due anni è sospeso qualora il segretario sia utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo presso altre pubbliche amministrazioni e in ogni altro caso previsto dalla legge. Decorso il termine senza che abbia preso servizio quale titolare in altra sede, il segretario è collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.

Sulla disciplina illustrata hanno inciso gli artt. 3-ter e 3-quater del D.L. 136/2004.

In particolare l’art. 3-ter, richiamato dal comma 3 del D.L. 203/2005, ha previsto (co. 1) norme transitorie per quei segretari che avessero concluso il periodo (all’epoca quadriennio) di disponibilità nel 2002 e che non fossero stati ricollocati: per essi si stabiliva la permanenza alle dipendenze dell'Agenzia fino al momento del passaggio in mobilità (comunque non oltre il 31 dicembre 2004). Per i segretari che abbiano terminato il periodo di disponibilità a decorrere dal 2003 si applica (co. 2) la disciplina generale in materia di mobilità d’ufficio, recata dagli artt. 33 e 34 del testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001), con conseguente loro ulteriore collocamento nella disponibilità ivi prevista (art. 33, co. 8) che ha una durata di 24 mesi.

 

Il successivo comma 2 prevede, attraverso l’inserimento di un comma 2-bis all’articolo 40 del D.Lgs. 165 del 2001, l’introduzione di una disciplina distinta nel CCNL di comparto, per i segretari comunali e provinciali.

Il richiamato articolo 40 reca disposizioni in merito alla contrattazione collettiva nazionale ed integrativa nel pubblico impiego.

 

In proposito, si ricorda che l’elemento più rilevante della privatizzazione dei dipendenti pubblici consiste nella previsione della fonte contrattuale, sia collettiva sia individuale, come strumento per la regolamentazione del rapporto di lavoro.

La contrattazione collettiva, espressamente disciplinata dal titolo III del D.Lgs. 165/2001, si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali. Ad essa spetta la competenza di disciplinare, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali ed integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi livelli.

Nella procedura per la stipulazione dei contratti collettivi di lavoro dei dipendenti pubblici, la pubblica amministrazione è rappresentata dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), come controparte dei sindacati rappresentativi dei dipendenti pubblici.

 

Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell’ARAN e intervengono nelle varie fasi della procedura che porta alla sottoscrizione definitiva del contratto collettivo nazionale attraverso appositi Comitati di settore. In particolare, per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera come Comitato di settore il Presidente del Consiglio tramite il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia ovvero, per il sistema scolastico, di concerto con il Ministro dell’istruzione.

La contrattazione collettiva si effettua per comparti e si articola in vari livelli, secondo una gerarchia discendente delle fonti contrattuali:

§       gli accordi quadro, che hanno il compito di individuare, per settori omogenei o affini, i comparti per ognuno dei quali dovranno essere stipulati i contratti collettivi nazionali;

§       i contratti collettivi nazionali di comparto, cui è deferita la competenza generale, e nel cui ambito possono essere previste discipline differenziate per le specifiche tipologie professionali e per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o attività professionali oppure tecnico - scientifiche e di ricerca;

§       i contratti collettivi integrativi, destinati a regolare le materie loro demandate dai contratti collettivi nazionali nei limiti da questi ultimi stabiliti.

Sono inoltre costituite autonome separate aree di contrattazione per i dirigenti e per i professionisti degli enti pubblici (già X qualifica funzionale), relativamente a uno o più di uno dei comparti in cui si svolge la contrattazione collettiva nazionale.

L’ARAN, in qualità di rappresentante della pubblica amministrazione, procede alla definizione dei contratti collettivi sulla base degli indirizzi deliberati dai Comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell’ARAN .

L’ARAN tiene informati costantemente i Comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative; una volta raggiunta l’ipotesi di accordo, l’ARAN acquisisce il parere favorevole del Comitato di settore (o, per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, del Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri) sul testo dell’accordo e sugli oneri finanziari che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate.

L’ipotesi di accordo viene quindi trasmessa alla Corte dei conti per la valutazione dei costi contrattuali e la verifica dell’attendibilità della loro quantificazione e della compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio. Qualora la verifica dia esito positivo, l’ARAN sottoscrive definitivamente il contratto; in caso contrario, l’ARAN o consulta il Comitato di settore o il Presidente del Consiglio e assume le misure per adeguarsi alla pronuncia della Corte dei conti, oppure, ove non ritenga che ciò sia possibile, riapre la negoziazione con le organizzazioni sindacali.

La procedura di certificazione deve comunque concludersi entro 40 giorni dall’ipotesi di accordo, decorsi i quali il Presidente dell’ARAN ha mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo, salvo che non si renda necessaria la riapertura delle trattative per le ragioni suesposte.

Ai contratti e agli accordi collettivi nazionali sottoscritti definitivamente è data pubblicità attraverso la loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

 

Più specificamente, il richiamato articolo 40 stabilisce che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.

In particolare, il comma 2 ha disposto che, attraverso appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative dei sindacati di cui al successivo articolo 43, comma 4, vangano stabiliti i comparti della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini.

In questo senso, il citato comma 2 ha stabilito che i professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica funzionale, costituiscono, unitamente alla dirigenza, in separata sezione, un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della distinzione di ruolo e funzioni. Inoltre si prevede, per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi e per gli archeologi e gli storici dell'arte aventi il requisito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254, nonché per gli archivisti di Stato, i bibliotecari e gli esperti della ex carriera direttiva che svolgono le attività tecnico-scientifiche e di ricerca indicate nella tabella I, numeri 5, 6 e 7, annessa al D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, in possesso di almeno cinque anni di effettivo servizio che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti tecnico scientifici e di ricerca, la costituzione di discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto.

 

In sostanza, il comma 2 ha disciplinato l’opportunità, rilevata in varie sedi, di istituire una specifica disciplina per le professionalità richiamate.

 

Tale necessità, tra l’altro, è presente nella dichiarazione a verbale C.S.A contenuta nel CCNL del 22 gennaio 2004 del personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003, nella quale “si sottolinea l'esigenza di affrontare la trattazione, nell'ambito della Commissione bilaterale prevista all'art. 12, di un articolato specifico riservato ai professionisti degli enti pubblici, anche in virtù dell'esplicita previsione contenuta nell'art. 40 del D.Lgs. 165/2001 ove si prevede che ‘per le figure professionali che, in posizione di elevata responsabilità svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi oppure tecnico scientifici e di ricerca sono stabilite discipline distinte nell'ambito dei contratti collettivi di comparto’”.

 

Il comma in esame, quindi, attraverso il nuovo comma 2-bis, come accennato in precedenza, prevede che lo specifico articolato sia costituito anche per i segretari comunali e provinciali.

A tali fini, lo stesso comma prevede che l’ARAN ammetta alle trattative le “organizzazione sindacali rappresentative del comparto”, ai sensi del l’articolo 43, del citato D.Lgs. 165, nonché le organizzazioni sindacali rappresentative dei segretari comunali e provinciali.

 

L’articolo 43, comma 1, ai fini della rappresentatività, prevede che l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell'ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'ambito considerato.

Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali siano affiliate le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva di cui sopra.

Il comma 4 stabilisce, inoltre, che l'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative.

 

Si osserva che andrebbe chiarito se, nell’ambito del contratto collettivo di comparto, la previsione di una disciplina distinta implica la costituzione di un’area contrattuale autonoma.

Inoltre, dal punto di vista formale, sarebbe opportuno precisare che sono ammesse alle trattative le organizzazioni rappresentative del comparto “ai sensi dell’articolo 43, comma 1…”.

 

 

 


 

Articolo 11
(Modifica all'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).


1. Al comma 1 dell'articolo 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Nell'individuazione delle dotazioni organiche, le amministrazioni non possono determinare, in presenza di vacanze di organico, situazioni di soprannumerarietà di personale, anche temporanea, nell'ambito dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale. Ai fini della mobilità collettiva le amministrazioni effettuano annualmente rilevazioni delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale».


 

 

L’articolo 11, provvede a modificare il comma 1 dell’articolo 6 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, con lo scopo, come affermato nella relazione illustrativa allegata al provvedimento, di “migliorare la definizione dei fabbisogni di personale delle pubbliche amministrazioni”, determinando, di conseguenza, l’eliminazione di passaggi di personale generalizzati ed incongrui tra aree funzionali e tra posizioni economiche, “realizzando l’ottimale utilizzo delle risorse umane e garantendo un corretto sviluppo delle carriere professionali”.

 

Si ricorda che l’articolo 6, comma 1, del richiamato D.Lgs 165 del 2001, recante l’organizzazione e la disciplina degli uffici e dotazioni organiche, ha disposto che nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate nel precedente articolo 1, comma 1[57], previa verifica degli effettivi fabbisogni e previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Le amministrazioni pubbliche, inoltre, devono curare l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale.

 

L’articolo in esame inserisce un nuovo periodo dopo il primo periodo del comma 1 del citato articolo 6, che prevede il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di determinare situazioni di soprannumero (anche temporaneo) di personale, in presenza di vacanze di organico, nell’ambito dei contingenti relativi alle singole posizioni economiche delle aree funzionali e di livello dirigenziale.

E’ inoltre previsto che le stesse amministrazioni effettuino, ai fini della mobilità collettiva, delle rilevazioni annuali delle eccedenze di personale su base territoriale per categoria o area, qualifica e profilo professionale.

 

Si ricorda che la mobilità attivata d’ufficio (cd. mobilità collettiva) è disciplinata dagli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 165 del 2001.

Essa è legata ad una situazione di esubero del personale, e si attiva quando non è possibile trasferire il personale eccedente nell’ambito della medesima amministrazione o non è possibile collocare lo stesso in altra amministrazione, oppure quando il personale interessato si rifiuti di prendere servizio presso la diversa amministrazione a cui sia stato destinato (articolo 33, comma 7).

Più specificamente, il D.Lgs 165 indica quale unica ipotesi di cessazione definitiva del rapporto di lavoro la scadenza del periodo in cui il dipendente è stato collocato in disponibilità (articolo 34, comma 4). In ogni caso, ciò può accadere qualora si presentino eccedenze di personale rispetto alle esigenze dell’amministrazione.

La procedura per il collocamento del personale in disponibilità è regolata dall’articolo 33 del D.Lgs. 165.

L’eccedenza di personale, qualora interessi almeno 10 dipendenti (articolo 33, comma 2) attiva una procedura nella quale partecipano i sindacati, e si può concludere o meno con un accordo. I contratti collettivi nazionali possono inoltre stabilire (articolo 33, comma 6) criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso la mobilità volontaria presso altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali.

Nel caso di conclusione della prevista procedura oppure nel caso l’esubero si quantifichi in meno di 10 dipendenti, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito il ricollocamento (articolo 33, comma 7).

Il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto, ai sensi dell’articolo 33, comma 8, ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa.

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone in via generale che il personale risultato in eccedenza e posto in disponibilità al termine dell’apposita procedura disciplinata dall’art. 33 del medesimo decreto legislativo, sia iscritto, secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, in appositi elenchi formati e gestiti:

-        dal Dipartimento della funzione pubblica, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali (comma 2);

-        dalle strutture regionali e provinciali individuate con legge regionale ai sensi del D.Lgs. n. 469/1997, per le altre amministrazioni (comma 3).

È previsto espressamente che il Dipartimento della funzione pubblica realizzi "opportune forme di coordinamento" tra l'elenco da esso gestito e quelli tenuti dalle strutture regionali e provinciali. A tale coordinamento, nonché alla collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica ai fini della riqualificazione e ricollocazione del personale, fa riferimento il comma 3 dell’art. 34 ove dispone che "le leggi regionali previste dal D.Lgs. n. 469/1997, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2".

Principalmente alle strutture regionali e provinciali sono affidati i compiti relativi allariqualificazione professionaledel personale e alla sua ricollocazione presso altre amministrazioni; per quanto riguarda il personale statale, infatti, è previsto che a tali fini il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga della loro collaborazione. In materia interviene poi il successivo comma 5, che prevede che i contratti collettivi nazionali possano costituire fondi riservati per riqualificare personale in disponibilità ed incentivarne la ricollocazione, in particolare mediante mobilità volontaria. Essi possono essere utilizzati per riqualificare anche il personale eccedente trasferito (ai sensi dell'art. 35) prima del collocamento in disponibilità.

Il comma 4 completa la disciplina relativa all’indennità di disponibilità prevista dall’art. 33, comma 8, e dispone la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente alla decorrenza del periodo massimo di fruizione della stessa.

Viene stabilito che il dipendente collocato in disponibilità ha diritto all’indennità per la durata prevista dall’art. 33 (al massimo 24 mesi); per tutto tale periodo, ha altresì diritto a che siano corrisposti all’ente previdenziale di riferimento gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità. Le spese, relative sia all’erogazione dell’indennità che alla corresponsione degli oneri sociali, gravano sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente fino alla sua ricollocazione o alla decorrenza del termine massimo di disponibilità.

Scaduto tale termine senza che sia stata possibile la ricollocazione presso altra amministrazione, e a far data da esso, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.

Ilcomma 6 subordina la possibilità di procedere a nuove assunzioni all’utilizzo del personale collocato in disponibilità. Viene infatti disposto che, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni prevista dall’art. 39 della L. n. 449/1997[58], le nuove assunzioni siano subordinate alla verifica dell’impossibilità di ricollocare tale personale.

Infine, i commi 7 e 8 dell'art. 34dettano disposizioni particolari per gli enti pubblici territoriali in generale e per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario. I primi vengono autorizzati ad utilizzare le economie derivanti dalla minore spesa dal collocamento in disponibilità del personale per la formazione e riqualificazione di esso. Quanto agli enti territoriali in dissesto, si prevede che ad essi continui ad applicarsi la disciplina dettata in materia di gestione del personale in disponibilità dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 “Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali”.

L’articolo 34-bis, che reca disposizioni in materia di mobilità, prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità o in mobilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.

In particolare, il comma 1 dell’art. 34-bis stabilisce che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso, con particolare riguardo per l’area, il livello (ovvero la posizione economica all’interno dell’area), la sede di destinazione.

I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione - che sono gli stessi i quali, ai sensi dell’art. 34 del D.Lgs. n. 165/2001 - formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità, sono:

-        il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali;

-        le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469[59], per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni.

Il comma 2 dell’articolo 34-bis stabilisce che il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità.

Nel caso in cui la comunicazione sia stata rivolta alle strutture regionali e provinciali e queste abbiano accertato l’assenza nei propri elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni richiedenti. In tal caso le suddette strutture devono tempestivamente (non è stabilito un termine preciso) comunicare al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni che gli sono state a loro volta comunicate dall’amministrazione richiedente. Il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvederà, entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. Avvenuta l’assegnazione, l’amministrazione provvede ad iscrivere il dipendente ad essa destinato nei propri ruoli; conseguentemente il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni possono provvedere ad organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.

Il comma 4 del citato art. 34-bis prevede che le amministrazioni potranno avviare la procedura di assunzione mediante concorso per tutte le posizioni che non sono state coperte con assegnazione di personale in disponibilità, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica. La comunicazione è diretta se proviene dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici comprese le università e per conoscenza per le altre amministrazioni..

Il comma 5 dispone la nullità delle assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste per la mobilità dallo stesso articolo.

Il comma 5-bis dà mandato al Dipartimento della funzione pubblica di verificare presso le amministrazioni pubbliche l’eventuale interesse ad acquisire in mobilità i dipendenti in eccedenza di altre amministrazioni. In tal caso saranno applicate le disposizioni dell’art. 4, comma 2, del D.L. n. 163/1995, convertito, con modificazione, dalla Legge n. 273/1995, che ha previsto un meccanismo di snellimento delle procedure di assegnazione dei dipendenti pubblici dichiarati “eccedenti”, disponendo che essi possano essere trasferiti con decreto del Ministro della funzione pubblica ad altra amministrazione che ne faccia richiesta, previo assenso dell'interessato.

 

Secondo la relazione illustrativa, infine, la disposizione in esame “non comporta oneri finanziari per il bilancio dello Stato in quanto tesa alla razionalizzazione degli aspetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni”.

 

 

 

 


 

Articolo 12
(Proroga delle assunzioni autorizzate).


 1. Le assunzioni autorizzate per l'anno 2005 con decreto del Presidente della Repubblica in data 6 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 221 del 22 settembre 2005, possono essere effettuate entro il 30 aprile 2006. Le assunzioni di personale a tempo indeterminato di cui all'articolo 1, comma 98, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, relative all'anno 2005, possono essere effettuate secondo le modalità ed i criteri individuati nei decreti ivi previsti.


 

 

L’articolo in esame, in primo luogo consente alle amministrazioni di cui all’articolo 1, commi 95-97, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), che erano state autorizzate ad avviare le assunzioni a tempo indeterminato di personale ai sensi del D.P.R. 6 settembre 2005, a completare le assunzioni in oggetto anche nel corso del 2006, a condizione che vengano effettuate entro il 30 aprile 2006.

 

Si ricorda che i richiamati commi 95-97 recano disposizioni in materia di blocco delle assunzioni a tempo indeterminato (c.d. “blocco del turn over”) per il triennio 2005-2007.

In particolare, le disposizioni del comma 95riguardano il divieto di assumere personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 - fatta eccezione per le assunzioni relative alle categorie protette[60] - presso i seguenti enti:

§       amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

§       agenzie;

§       enti pubblici non economici;

§       enti di ricerca;

§       enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001[61].

La previsione si estende anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali ed al personale ancora in regime di diritto pubblico.

Lo stesso comma, peraltro, fa salve le assunzioni previste dam specifiche disposizioni.

Il successivo comma 96reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie di cui al precedente comma 95 – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.

A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia, le cui risorse dovrebbero consentire[62] circa 3.000/3.500 assunzioni annue.

Il comma 97, infine, indica le priorità da osservare per le assunzioni “in deroga” autorizzate dal comma precedente.

 

Successivamente, con il D.P.R. 6 settembre 2005, le amministrazioni richiamate sono state autorizzate ad assumere, nell'anno 2005, un contingente di personale a tempo indeterminato pari a complessive 4.213 unità.

Più specificamente, sono state autorizzate le seguenti assunzioni:

§       766 unità nel comparto ministeri;

§       53 unità nel comparto agenzie;

§       2.971 unità nel settore sicurezza;

§       140 unità nel comparto enti pubblici non economici;

§       278 unità nel comparto enti di ricerca;

§       5 unità per quanto concerne i segretari comunali di cui all’articolo 1, comma 49, della L. 311 del 2004.

Oltre a ciò, ai sensi dell'articolo 1-bis del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito dalla L. 17 agosto 2005, n. 168, recante misure per la funzionalità della pubblica amministrazione, l'Università degli studi di Palermo è stata autorizzata, per gli anni 2005 e 2006, a prorogare i contratti a tempo determinato concernenti 97 unità di personale, già autorizzate con D.P.R. 30 novembre 2004.

Infine, il D.P.R. 18 aprile 2005, sempre ai sensi dell'articolo 1, commi 95-97, della L. 311 del 2004, ha autorizzato l'ISTAT ad assumere, nell'anno 2005, un contingente di personale a tempo indeterminato pari a complessive 174 unità.

 

Lo stesso articolo, inoltre, stabilisce che le assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, comma 98, della richiamata L. 311 del 2004, relative all’anno 2005, possano essere effettuate secondo le modalità ed i criteri individuati nei decreti previsti.

 

Il comma 98 reca la disciplina relativa alle assunzioni di personale da parte delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché da parte delle camere di commercio e dell’Unioncamere nel triennio 2005-2007.

Più specificamente, il comma 98 demanda a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, la determinazione di criteri e limiti relativi alle assunzioni per il triennio 2005-2007. Tali criteri devono garantire la realizzazione di determinate economie di spesa lorde[63].

In ogni caso, i limiti alle assunzioni sono applicati previa attivazione delle procedure di mobilità e sono comunque fatte salve le assunzioni del personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale[64].

Fino all’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, si applicano il comma 95, primo periodo, che prevede, per il triennio 2005-2007, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, ad eccezione delle assunzioni relative a categorie protette.

Per le assunzioni a tempo indeterminato da parte delle Camere di commercio e dell’Unioncamere, è invece prevista l’emanazione di un apposito decreto del Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Presidenza del Consiglio - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’economia, con il quale sono stabiliti specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario volti a fissare criteri e limiti. I criteri e limiti dovranno essere conformi alle previsioni generali del comma in oggetto.

 

Si evidenzia che, alla data di redazione della presente scheda, non risultano ancora emanati né i D.P.C.M. di determinazione dei criteri e dei limiti relativi alle assunzioni delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, né il decreto relativo alle Camere di commercio.

La disposizione in esame, pertanto, sembra volta a chiarire che, anche le assunzioni programmate per il 2005, possono essere effettuate sulla base dei criteri e delle modalità indicati nei decreti da emanare.

 

 

 

 

 


 

Articolo 13
(Contratti di collaborazione).


1. Al fine di ridurre il numero delle collaborazioni coordinate continuative nelle pubbliche amministrazioni, all'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, il comma 6 è sostituito dai seguenti:

«6. Per esigenze cui non possono fare fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza in presenza dei presupposti di seguito specificati:

a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente e, altresì, corrispondere ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;

c) l'esigenza deve essere di natura temporanea e richiedere prestazioni altamente qualificate;

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

6-bis. Con appositi regolamenti, da trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le amministrazioni definiscono procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

6-ter. Le disposizioni di cui al comma 6 costituiscono norme di principio per l'attribuzione degli incarichi di cui all'articolo 110, comma 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267».


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame sostituisce il comma 6 dell’articolo 7 del D. Lgs. n. 165/2001[65] che prevede il conferimento di incarichi individuali da parte della P.A. ad esperti di provata competenza per esigenze cui non può far fronte con il personale in servizio, determinandone preventivamente la durata, il luogo, l’oggetto ed il compenso della collaborazione.

In relazione all’eccessivo utilizzo da parte della P.A. di tali contratti (secondo la relazione presentata dal Governo al provvedimento in esame negli anni dal 2001 al 2004 si è passati da 63.243 contratti a 206.451) la disposizione in oggetto, riscrivendo il disposto del comma 6 dell’articolo 7 del Decreto 165, prevede che il conferimento di incarichi ad esperti possa avvenire solo in presenza dei seguenti presupposti:

§         corrispondenza dell’oggetto della prestazione alle competenze proprie dell’amministrazione interessata, nonché ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

§         impossibilità oggettiva da parte dell’amministrazione ad utilizzare il personale alle proprie dipendenze;

§         temporaneità della prestazione e alta qualificazione della medesima;

§         preventiva determinazione di: durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

 

Inoltre, con il nuovo comma 6-bis dell’articolo 7, viene fatto obbligo per le amministrazioni pubbliche di definire le procedure comparative per l’assegnazione degli incarichi con appositi regolamenti trasmessi al Dipartimento della funzione pubblica.

Il nuovo comma 6-ter stabilisce che le disposizioni sopra illustrate costituiscono norma di principio anche ai fini del conferimento di incarichi ad alto contenuto di professionalità da parte degli enti locali, che possono essere previsti dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi dei medesimi enti per determinati obiettivi e con convenzioni a termine (D. Lgs. n. 267/2000, art. 110, comma 6).

 

In materia di contratti di collaborazione coordinata e continuativa è intervenuta di recente la legge finanziaria per il 2006 (Legge n. 266/2005) che all’articolo 1, comma 187, nel dettare disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle amministrazioni dello stato e di altre pubbliche amministrazioni, ha stabilito che – a decorrere dall’anno 2006 - le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60% della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

 

Si ricorda, in proposito, che la circolare del 15 luglio 2004, n. 4, del Dipartimento della funzione pubblica, ha evidenziato alcuni aspetti delle collaborazioni coordinate e continuative nella pubblica amministrazione, specificamente per quanto concerne i presupposti e i limiti alla stipula dei contratti, gli aspetti relativi all'oggetto degli incarichi e agli elementi caratteristici del rapporto che lo differenziano rispetto al lavoro subordinato, il regime fiscale e previdenziale nonché l’autonomia contrattuale.

Relativamente ai presupposti, la circolare evidenzia la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità, contraddistinte da una elevata autonomia nel loro svolgimento, tale da caratterizzarle quali prestazioni di lavoro autonomo, in quanto in caso contrario sarebbero aggirate e violate le norme sull’accesso alla pubblica amministrazione tramite concorso pubblico, in contrasto con i principi costituzionali (articoli 51 e 97 della Costituzione).

L’affidamento dell’incarico a terzi, quindi, può avvenire solamente nell’ipotesi in cui l’amministrazione non sia in grado di far fronte ad una particolare e temporanea esigenza con le risorse professionali presenti in quel momento al suo interno. Da ciò l’impossibilità di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell’amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi.

La Circolare sottolinea che tale connotazione del rapporto di collaborazione e' stata ravvisata anche dalla Corte dei conti, che in più occasioni ha ribadito l'impossibilita' di affidare, mediante rapporti di collaborazione, i medesimi compiti che sono svolti dai dipendenti dell'amministrazione, proprio al fine di evitare una duplicazione delle funzioni ed un aggravio di costi[66]. Al riguardo vengono elencati i seguenti principi guida elaborati dalla Corte, quali condizioni necessarie per il conferimento degli incarichi:

§         rispondenza  dell'incarico agli obiettivi dell'amministrazione conferente;

§         impossibilita' per l'amministrazione conferente di procurarsi all'interno  della  propria organizzazione le figure professionali idonee allo svolgimento delle prestazioni oggetto dell'incarico;

§         specifica indicazione delle modalita' e dei criteri di svolgimento dell'incarico;

§         temporaneita' dell'incarico;

§         proporzione fra compensi erogati all'incaricato e le utilita' conseguite dall'amministrazione;

§         essere stipulati per iscritto, con l’indicazione dell'oggetto della prestazione e della durata della collaborazione.

La necessita' di ricorrere ad un incarico di collaborazione coordinata e continuativa, deve costituire, dunque, un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze peculiari per le quali l'amministrazione necessita dell'apporto di apposite competenze professionali.

La circolare, inoltre, nell'affermare la possibilità di prorogare il contratto ove ciò sia funzionale al raggiungimento dello scopo per il quale questo è stato posto in essere, evidenzia altresì l'illegittimità di una successione indiscriminata e non giustificata di proroghe o di rinnovi, in quanto la necessità di ricorrere ad un incarico di collaborazione esterna - e nello specifico di collaborazione coordinata e continuativa - deve costituire un rimedio eccezionale per far fronte ad esigenze peculiari per le quali l’amministrazione necessita dell’apporto di apposite competenze professionali.

Per quanto concerne il contenuto della prestazione, la circolare afferma che, in sostanza, il vero criterio distintivo del rapporto di lavoro in esame “può essere individuato nella mancanza del vincolo di subordinazione, come risulta invece disciplinato negli articoli 2094, 2086 e 2104 del codice civile”.

In ordine alle caratteristiche della collaborazione coordinata e continuativa, sempre la circolare sottolinea che esse risiedono, oltre alla mancanza del vincolo di subordinazione, nell’autonomia nell’eseguire la prestazione e nell’impossibilità di applicare automaticamente gli istituti tipici del lavoro subordinato, quali l’obbligo di prestazione oraria e il relativo controllo delle presenze.

Infine, per quanto riguarda l’autonomia contrattuale, non potendo andare contro le disposizioni riguardanti l’assunzione dei lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni (quale sarebbe l’automatica conversione del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come avviene per il settore privato a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 276 del 2003), la circolare afferma che “la tutela attualmente accordabile al collaboratore delle amministrazioni pubbliche, nel caso di stipulazione del contratto al di fuori dei presupposti di legge, non potrà mai determinarsi la conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma potrà estrinsecarsi esclusivamente in forma risarcitoria e cioè nei limiti di cui all’art. 2126 c.c. (e solo qualora il contratto di collaborazione abbia la sostanza del rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto del lavoratore a tutte le differenze retributive e alla ricostruzione della posizione contributiva e previdenziale). In tal caso, si potrebbe certamente configurare una responsabilità amministrativa del dirigente che ha stipulato il contratto di co.co.co illegittimo, con addebito del danno erariale verificatosi”.

 

 


 

Articolo 14
(Priorità nelle assunzioni per l'anno 2006).


1. All'articolo 1, comma 97, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo la lettera h), è aggiunta la seguente:

«h-bis) la trasformazione dei contratti di formazione e lavoro già prorogati presso l'Inpdap, l'Inps e l'Inail in contratti a tempo indeterminato, da destinare agli uffici con maggiori carenze di organico».

 


 

 

La disposizione in esame, mediante l’inserimento di una lettera h-bis) al comma 97 dell’articolo 1 della Legge n. 311 /2004 (legge finanziaria 2005), prevede la trasformazione dei contratti di formazione e lavoro in essere presso l’INPDAP, l’INPS e l’INAIL (e già prorogati) in contratti di lavoro a tempo indeterminato.

Il personale sarà destinato a colmare le gravi carenze di organico di taluni uffici degli enti previdenziali situati in prevalenza nelle regioni del Centro-Nord, come evidenziato nella relazione presentata dal Governo al provvedimento in esame che precisa, tra l’altro, che la norma non comporta oneri finanziari per il bilancio statale.

Si osserva, dal punto di vista formale, che sarebbe opportuno formulare la lettera h-bis) nel seguente modo: “h-bis) del personale titolare di contratti di formazione e lavoro già prorogati presso l’Inpdap, l’Inps e l’Inail, mediante la trasformazione in contratti a tempo indeterminato, da destinare agli uffici con maggiori carenze di organico”.

Per contratto di formazione e lavoro si intende un particolare tipo di contratto di lavoro a termine, caratterizzato da una causa mista che risulta dallo scambio fra la prestazione di lavoro da parte del giovane e un'erogazione non soltanto di retribuzione, ma anche di addestramento professionale specifico, da parte del datore di lavoro[67].

Una delle principali caratteristiche di tale tipo di contratto, che ha contribuito alla sua grande diffusione, è la riduzione degli oneri contributivi a carico del datore di lavoro. Le leggi che si sono susseguite nel tempo hanno delineato un sistema di sgravi che operano in diversa misura a seconda del tipo di impresa, della sua localizzazione e del settore di attività. Tale sistema differenziato di sgravi è stato dichiarato dalla Commissione europea incompatibile con il mercato comune. In conseguenza di tale intervento, Il Ministero del lavoro con la nota n. 5/25389/70/CFL del 15 febbraio 2000 e con la successiva circolare n. 5/26969/70/CFL del 22 giugno 2000, ha fatto presente che i contratti di formazione e lavoro stipulati senza tenere conto dei criteri fissati dalla Commissione "non sono pienamente supportati dalle agevolazioni, ma non per questo perdono la propria qualificazione giuridica di contratti a causa mista e a tempo determinato."

Il contratto di formazione e lavoro ha una durata massima di 24 mesi (per le professionalità intermedie o elevate) o di 12 mesi (contratti miranti ad agevolare l’inserimento lavorativo). In seguito all’intervento dell’UE, per poter usufruire dei benefici contributivi è necessario che il lavoratore abbia un’età inferiore a 25 anni o, se laureato, 30 anni.

 

Si ricorda che la Legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005) dispone all’articolo 1, commi 95-97, per le amministrazioni statali, il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”).

Una disposizione di analogo tenore era già contenuta nelle precedenti leggi finanziarie: tuttavia, rispetto alle precedenti discipline, il blocco previsto dalla Legge 311 riguarda non un solo anno, ma un triennio (2005-2007). E' stato inoltre stabilito che, trascorso tale periodo, le amministrazioni possano assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.

Il successivo comma 96 del citato articolo 1 reca una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie di cui al precedente comma 95 – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.

A tal fine viene istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del il Ministero dell’economia, le cui risorse possono consentire circa 3.000/3.500 assunzioni annue[68].

Il comma 97 indica le priorità da osservare per le assunzioni “in deroga” autorizzate dal comma precedente.

 

In particolare, deve essere considerata prioritaria l’immissione in servizio:

§       del personale del settore della ricerca;

§       del personale in servizio nel dicembre 2003, o che abbia prestato servizio per almeno due anni, in posizione di distacco o comando presso l’Azienda per la protezione dell’ambiente e per i Servizi tecnici ai sensi dell’articolo 2, comma 6, del decreto-legge 180/1998 convertito dalla legge 276/1998[69];

§       dei vincitori e degli idonei al concorso pubblico per la copertura di 443 posti di ufficiale giudiziario C1, per la copertura delle vacanze organiche nei ruoli degli ufficiali giudiziari C1 e in quelli dei cancellieri C1 dell’Amministrazione giudiziaria;

§       del personale del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (C.R.A.);

§       dei candidati a magistrato del Consiglio di Stato risultati idonei al concorso a posti di Consiglieri di Stato che abbiano conservato, senza soluzione di continuità, i requisiti per la nomina a tale qualifica fino al 1° gennaio 2005;

§       dei dirigenti e funzionari del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’Agenzia delle entrate che abbiano superato uno speciale corso-concorso pubblico unitario, bandito e curato dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze;

§       del personale necessario per assicurare il rispetto degli impegni internazionali e al controllo dei confini dello Stato;

§       degli addetti alla difesa nazionale e dei vincitori di concorsi banditi per le esigenze di personale civile degli arsenali della Marina militare ed espletati alla data del 30 settembre 2004.

 

Con la disposizione in esame viene inserita, tra le priorità, l’assunzione anche di coloro che attualmente hanno in essere un contratto di formazione e lavoro presso INPS, INPDAP e INAIL (che sia stato già prorogato) .

Secondo la relazione illustrativa, è necessario inserire espressamente tale previsione tra le priorità del comma 97 su citato, poiché il fondo residuo di cui al comma 96, “per il 2006 è ormai pari a 27 milioni di euro a regime (a fronte di richieste per 300 milioni di euro)”.

 

Si ricorda che in materia di contratti di formazione e lavoro presso la P.A. è intervenuta di recente la legge finanziaria 2006 (Legge n. 266/2005) che, all’articolo 1, comma 243, prevede il mantenimento in servizio, fino al 31 dicembre 2006, del personale che, avendo partecipato ai corsi di formazione e lavoro e avendo superato le previste prove selettive, non può comunque essere inquadrato in ruolo per effetto del blocco delle assunzioni. Lo stesso comma, riproducendo sostanzialmente il contenuto dell’articolo 1, comma 121, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004), stabilisce che le procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro, possano essere effettuate unicamente nel rispetto delle limitazioni e delle modalità previste dalla normativa vigente per l’assunzione di personale a tempo indeterminato.

La medesima legge finanziaria 2006 ha anche previsto, all’articolo 1, commi 246-253, l’assunzione di personale da parte di talune pubbliche amministrazioni ed al comma 239 la proroga al 31 dicembre 2006 dei contratti a tempo determinato stipulati da alcuni enti della P.A., tra i quali figurano INPS, INPDAP e INAIL: in particolare, per quanto concerne tali enti previdenziali, la proroga concerne i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati, già prorogati ai sensi dell’articolo 1, comma 118, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, i cui oneri continuano ad essere posti a carico dei bilanci degli enti predetti.

Il citato comma 118 aveva previsto la facoltà di prorogare fino al 31 dicembre 2005, con oneri a carico dei bilanci degli enti interessati, i seguenti contratti a tempo determinato:

-        contratti stipulati dagli organi della magistratura amministrativa (Consiglio di Stato e tribunali amministrativi regionali);

-        contratti stipulati dall’INPS, INPDAP e INAIL, in base alla convenzione siglata il 23 novembre 2000 tra tali enti e il Ministero del lavoro, riguardanti lavoratori socialmente utili già impegnati presso il Ministero del lavoro[70];

-        contratti a tempo determinato stipulati tra l’INPDAP e i soggetti che, pur avendo superato con esito positivo una selezione pubblica espletata a seguito di bando di offerta di formazione e lavoro per l’assunzione presso l’INPDAP di giovani disoccupati, avevano superato, al momento della stipula del contratto, l’età prescritta dalla normativa sui contratti di formazione e lavoro[71] .

 


 

Articolo 15
(Modifica al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)

1. All'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «La durata di tali incarichi, comunque, non può essere inferiore a tre anni eccedere il termine di cinque anni».

 

 

L’articolo 15 reca una novella puntuale al D.Lgs. n. 165 del 2001[72], prevedendo per tutti gli incarichi di funzione dirigenziale, conferiti a personale esterno ai ruoli dei dirigenti, gli stessi limiti di durata minimi e massimi (rispettivamente 3 e 5 anni).

 

L’art. 19, co. 6, modificato dalla disposizione in esame, differenzia la durata degli incarichi in base alla loro tipologia:

§         la durata è pari a tre anni per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai co. 3 e 4 del medesimo art. 19, cioè gli incarichi:

-          di Segretario generale di ministeri,

-          di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali,

-          di livello equivalente ai predetti,

-          di funzione dirigenziale di livello generale;

§         la durata è di cinque anni per gli altri incarichi di funzione dirigenziale.

L’effetto della disposizione in esame è duplice: da un lato introduce un limite minimo di durata (3 anni) non previsto in precedenza, dall’altro innalza a 5 anni il limite massimo di durata degli incarichi dirigenziali nelle posizioni apicali.

 

La modifica in oggetto modifica la durata degli incarichi per i soggetti esterni equiparandola a quella prevista in via generale per i dirigenti di ruolo.

Anche per quest’ultimi erano previsti due termini per la durata degli incarichi: 3 anni per le qualifiche superiore e 5 per le altre. L’omologazione dei termini di durata minimi e massimi (3 anni e 5 anni) è avvenuta ad opera dell’art. 14-sexies del decreto legge 115 del 2005[73] che ha modificato l’art. 19, co. 2, del D.Lgs.

 

Ai sensi del citato co. 3 dell’art. 19, gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’art. 23 del D.Lgs. 165/2001 o, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.

Ai sensi del successivo co. 4, gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all’art. 23 o, in misura non superiore al 70 per cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.

Il co. 5 dell’art. 19 riguarda gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, che sono conferiti dal dirigente dell’ufficio di livello dirigenziale generale, ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. c), del D.Lgs. 165/2001.

Come anticipato nei commi 3 e 4, è previsto, all’art. 19, co. 6, la possibilità, secondo certe condizioni, di conferire incarichi di funzione dirigenziale a personale esterno ai ruoli dei dirigenti con contratto a tempo determinato. Il numero di incarichi non può comunque eccedere una certa soglia, per ciascuna amministrazione, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l’8% di quella di seconda fascia. Inoltre, devono essere conferiti a personale di particolare e comprovata esperienza professionale.

 

 


 

Articolo 16
(Reggenza di uffici dirigenziali non generali).


1. Allo scopo di consentire la continuità dell'azione amministrativa, il Ministero per i beni e le attività culturali, nel caso di temporanea indisponibilità di dirigenti da preporre agli uffici dirigenziali non generali di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2004, n.173, può conferire, nei limiti di cui all'articolo 1, comma 187, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la reggenza di tali uffici a personale particolarmente qualificato appartenente all'Area funzionale C3, come individuata nel contratto collettivo nazionale di lavoro - Comparto Ministeri. L'incarico di reggenza non può superare la durata di dodici mesi ed è rinnovabile una sola volta. All'incarico così attribuito non si applica l'articolo 2103 del codice civile; pertanto non si dà luogo all'attribuzione di alcun trattamento economico aggiuntivo rispetto a quello in godimento.


 

 

L’articolo 16 disciplina la specifica fattispecie della reggenza di uffici dirigenziali non generali per gli organi dell’amministrazione periferica del Ministero per i beni e le attività culturali di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 173 del 2004[74].

L’intervento normativo si rende urgente, secondo la relazione governativa al disegno di legge, in ragione dello stato attuale di indisponibilità di personale dirigenziale da preporre a tali uffici e considerata la necessità di garantire la continuità dell’azione amministrativa.

Gli organi interessati dalla nuova disciplina, ovvero gli organi periferici del Ministero dei beni culturali, sono individuati nel comma 1 dell’art. 19 sopra richiamato. Si tratta: a) delle direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici; b) delle soprintendenze per i beni architettonici e per il paesaggio; c) delle soprintendenze per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico; d) delle soprintendenze per i beni archeologici; e) delle soprintendenze archivistiche; f) degli archivi di Stato; g) delle biblioteche statali; h) dei musei e altri istituti dotati di autonomia.

Fatta eccezione per quelli di cui alla lettera a), gli organi sopra menzionati sono tutti uffici di livello dirigenziale non generale.

Per essi, l’art. 16 in esame prevede, in caso di temporanea indisponibilità di dirigenti, l’affidamento in reggenza a funzionari altamente qualificati, che verrebbero così incaricati dello svolgimento di mansioni superiori inerenti a una funzione dirigenziale, configurando una nuova fattispecie rispetto alla disciplina delle mansioni recata nell’art. 52 del testo unico sul pubblico impiego e ulteriormente precisata nel Contratto collettivo nazionale di lavoro – comparto ministeri.

 

In base alla disciplina recata dal testo unico sul pubblico impiego[75], il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’àmbito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore: a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti; b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell’assenza per ferie, per la durata dell’assenza. In tali casi, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora l’utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.

 

L’art. in commento dispone espressamente che tali funzionari vanno individuati tra gli appartenenti all’area funzionale C, e, all’interno di essa, alla posizione economica C3. L’area C, come individuata nel Contratto collettivo nazionale di lavoro – comparto ministeri[76], comprende in via generale i lavoratori che per la conoscenza dei processi gestionali svolgono funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività di importanza rilevante, ovvero funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.

All’interno di tale area, la posizione economica C3 comprende lavoratori con ulteriori specifiche professionali: elevate conoscenze, capacità ed esperienze consolidate; direzione e controllo di unità organiche con assunzione diretta di responsabilità e risultati; relazioni esterne. Si tratta, sempre ai sensi del contratto, di lavoratori che per l’elevata professionalità assumono temporaneamente funzioni dirigenziali in assenza del dirigente titolare; dirigono e coordinano attività di vari settori e strutture di livello non dirigenziale; svolgono attività ispettive o di valutazione di particolare rilevanza ovvero per l’elevato livello professionale, collaborano ad attività specialistiche.

L’articolo 16 dispone inoltre che il conferimento dell’incarico di reggenza rispetti quanto statuito dall’art. 1, comma 187, della legge finanziaria per il 2006[77], che introduce limitazioni all’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni, stabilendo che, a decorrere dall’anno 2006, ci si attenga al limite del 60% della spesa sostenuta per tali finalità nell’anno 2003.

L’incarico di reggenza, così configurato, si caratterizza inoltre per la sua temporaneità, non potendo superare la durata di dodici mesi, con possibilità di un solo rinnovo.

Si stabilisce infine, all’ultimo periodo, che all’incarico di reggenza non si applichi la disciplina sulle mansioni del prestatore di lavoro contenuta nell’art. 2103 del codice civile, in tal modo escludendo per il funzionario reggente l’attribuzione di un trattamento economico aggiuntivo rispetto a quello in godimento. Tale disposizione consente di escludere, conseguentemente, che l’articolo in esame possa determinare una variazione degli oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 


 

Articolo 17
(Strumenti informativi per la sicurezza dei trasporti).


1. Ferme restando le competenze, anche in ordine al coordinamento tecnico-operativo, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, nonché del Ministero dell'interno, è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato e comunque avvalendosi delle strutture esistenti e delle risorse già stanziate, un sistema di controllo e monitoraggio delle informazioni inerenti alla sicurezza e alla regolarità della circolazione stradale e dello svolgimento dei servizi di trasporto, da realizzarsi mediante il continuo interscambio di dati grazie alla connessione stabile, in via telematica, dei centri di controllo, delle sale operative e delle strutture apposite esistenti presso le pubbliche amministrazioni, gli enti ed i soggetti operatori, pubblici e privati, comunque preposti ai settori della circolazione stradale e del trasporto dei passeggeri e delle merci.

2. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sono adottate direttive per l'organizzazione del sistema di cui al comma 1 e per l'attuazione degli strumenti di connessione.  


 

 

L’articolo 17[78] istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un sistema di controllo e monitoraggio delle informazioni inerenti alla sicurezza e alla regolarità della circolazione stradale e dello svolgimento dei servizi di trasporto.

 

La relazione illustrativa precisa che “la norma trae spunto dalla necessità di collegare stabilmente i centri di controllo e le sale operative delle amministrazioni, degli enti e degli operatori nel campo della sicurezza stradale e comunque dei vari settori di trasporto (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Archivio nazionale strade - CCISS - ANAS - Società Autostrade - Ferrovie dello Stato - Guardia costiera - ANSV - ENAC - ENAV, eccetera), già esistenti ma non adeguatamente collegati in rete, in modo da creare una circolazione stabile e continuativa di tutte le informazioni inerenti alla sicurezza stradale e dei trasporti e comunque al regolare svolgimento di questi ultimi. In questo modo, in una visione intermodale della sicurezza e della regolarità dei servizi di trasporto, potrà essere fornito adeguato ausilio alle strutture operative e di coordinamento, in situazioni di emergenza o meno, garantendo più efficienza e tempi di intervento più rapidi”.

 

Il comma 1 prevede che tale sistema, da istituire senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato e comunque avvalendosi delle strutture esistenti e delle risorse già stanziate, deve essere realizzato mediante il continuo interscambio di dati reso possibile dalla connessione stabile, in via telematica, dei centri di controllo, delle sale operative e delle strutture apposite esistenti presso le pubbliche amministrazioni, gli enti ed i soggetti operatori, pubblici e privati, comunque preposti ai settori della circolazione stradale e del trasporto dei passeggeri e delle merci.

 

La relazione illustrativa chiarisce che la norma non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato perché, senza creare un ulteriore organismo autonomo, potranno essere utilizzate le strutture e le risorse già esistenti ed in particolare, al fine di far convergere in un centro unico tutte le informazioni, la sala operativa già istituita presso il Comando generale delle Capitanerie di porto nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per la messa in opera delle connessioni si potrà utilizzare il sistema informativo unitario della pubblica amministrazione, già operante, senza aggravio di costi.

Ne deriveranno, anzi, risparmi di risorse collegati al recupero di efficienza dei sistemi di controllo e delle relative procedure di intervento.

 

Quanto al monitoraggio dei dati inerenti la circolazione stradale si ricorda che l’articolo 5, comma 4 del DL 465/1988[79] ha autorizzato il Ministro dei lavori pubblici a istituire, di concerto con il Ministro dell’interno, un centro di coordinamento che avesse le seguenti finalità:

§         raccolta, elaborazione e selezione di informazioni sul traffico e sulla viabilità;

§         distribuzione e trasmissione delle notizie utili alla fluidità ed alla sicurezza della circolazione;

§         elaborazione e realizzazione di campagne sulla sicurezza stradale.

L’istituzione del centro era volta a rendere l’informazione sul traffico e sulla viabilità adeguata alle esigenze di sicurezza stradale e di orientamento dei flussi veicolari. L’articolo 4 in esame ha infine previsto che il centro di coordinamento si avvalesse anche della struttura “Viaggiare informati”, già istituita da polizia stradale,ANAS, Autostrade s.p.a.[80] e RAI, operante presso l’ACI, prevedendo l’avvio delle iniziative necessarie alla tutela della qualità di ricezione del servizio da parte dell’utenza automobilistica. La norma ha autorizzato il centro di coordinamento alla stipula di apposite convenzioni con l’ANAS, la RAI, le concessionarie autostradali, l’ACI e gli enti in grado di fornire informazioni utili al funzionamento del centro.

Con D.M. 8 maggio 1990, n. 154 è stato emanato il Regolamento concernente l'istituzione e il funzionamento del Centro di coordinamento delle informazioni sul traffico, sulla viabilità e sulla sicurezza stradale. Il regolamento ha quindi istituito il centro di coordinamento assegnandogli i medesimi compiti stabiliti dalla legge, ha stabilito le risorse umane da destinarsi al centro, e ha previsto che il centro si avvalesse di una commissione consultiva composta da :

a) il direttore e il vice direttore del Centro;

b) due esperti in materia di circolazione e sicurezza stradale, di cui uno designato dal Ministro dell'interno;

c) un funzionario della polizia stradale e un funzionario dell'Ispettorato circolazione e traffico del Ministero dei lavori pubblici ed uno dell'ANAS;

d) un rappresentante della società Autostrade ed uno dell'Aiscat - Associazione italiana società concessionarie di autostrade e trafori;

e) un funzionario dell'ACI - Automobile club d'Italia;

f) un rappresentante della RAI - Radiotelevisione italiana;

g) un rappresentante dell'ANCUPM - Associazione nazionale comandanti e ufficiali di polizia municipale;

h) un rappresentante dell'UPI - Unione province italiane

Allo stato attuale quindi il coordinamento a livello nazionale in materia di informazioni sulla sicurezza stradale è svolto dal CCISS - Centro di Coordinamento Informazioni sulla Sicurezza Stradale - organizzazione di pubblica utilità, nata nel 1990 per informare gli automobilisti sulla percorribilità della rete viaria nazionale, che opera sotto il controllo del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Direzione Generale per la Motorizzazione e la Sicurezza del Trasporto Terrestre e del Ministero dell'Interno - Direzione dei Servizi di Polizia Stradale.

Alla diffusione della cultura della sicurezza stradale il CCISS dedica la gran parte dei propri spazi radiofonici, approfondendo temi e normative e collaborando al compito educativo di contribuire fin dall'età scolare a costruire la cultura della sicurezza stradale dei cittadini di domani.

La Commissione Consultiva del CCISS è l'organo decisionale (al quale partecipano tutti gli Enti che lo compongono) che emana le direttive per la gestione della Centrale Operativa che è in funzione 24 ore su 24, dove collaborano il personale della Polstrada, dei Carabinieri, dell'ANAS, dell'ACI, dell'AISCAT, della Società Autostrade e della RAI (che fornisce il supporto editoriale e tecnico).

Alla Centrale confluiscono, in tempo reale, informazioni sulla circolazione stradale nazionale e si sta realizzando lo scambio di notizie concernenti la mobilità in Francia, Svizzera, Austria e Baviera. Gli aggiornamenti informativi sulla mobilità nazionale sono inseriti anche nel Televideo nazionale, da pagina 480 a 487.

Un ulteriore servizio curato e fornito dal CCISS è il 1518 (numero telefonico di pubblica utilità), funzionante dal 23 dicembre 1999, attivo 24 ore su 24, completamente gratuito anche per chiamate dai telefoni cellulari; esso fornisce notizie sul traffico dell'intera rete stradale e riceve le segnalazioni di incidenti, ingorghi, ecc. da parte degli automobilisti. Le informazioni del CCISS sono anche diffuse in parte del Nord Italia tramite il servizio RDS-TMC, attivo su RadioUno FM, e possono essere decodificate dalle autoradio con funzione TMC e dai navigatori per auto con tale opzione attiva. La redazione RAI del CCISS ha spazi di aggiornamenti televisivi su RAINews ogni 30 minuti, su Unomattina, su RAI 3 ed il TG2. Approfondimenti su Radio 1, Radio 2 e Radio 3, e appuntamenti continui su Isoradio.

Enti pubblici o privati, possono inviare per posta (anche CD) e fax documentazione tecnica e legislativa, comunicazioni di eventi od iniziative attinenti alla mobilita' ed alla sicurezza stradale, a ricerche e sperimentazioni e indicazioni di link. Tale documentazione, se ritenuta di interesse, viene resa disponibile agli utenti.

 

Il comma lascia ferme le competenze, anche in ordine al coordinamento tecnico-operativo, della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile, nonché del Ministero dell'interno.

 

Il comma 2 rinvia al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, la determinazione delle direttive per l'organizzazione del suddetto sistema e per l'attuazione degli strumenti di connessione.

 

Relativamente alla formulazione della disposizione in commento, si segnala l’opportunità di chiarire se  il sistema di controllo e di monitoraggio della regolarità dello svolgimento dei servizi di trasporto sia inerente al solo trasporto su strada ovvero, come sembrerebbe dal dettato della norma e dalla relazione illustrativa,  a tutte le modalità di trasporto.

Circa poi il coordinamento con la normativa vigente, si segnala che non appare chiara la relazione tra la funzione di coordinamento in materia di informazione stradale – attualmente svolta dal Centro di coordinamento Informazioni sulla sicurezza stradale (CCISS) -  e la posizione di “controllo e monitoraggio delle informazione inerenti alla sicurezza e alla regolarità della circolazione stradale e dello svolgimento di servizi di trasporto” previste dall’articolo in esame.

Andrebbe, inoltre, valutata la necessità di prevedere un termine finale per l’adozione del decreto ministeriale di cui al comma 2, stante che ad esso è demandata l’adozione delle direttive per l’organizzazione del sistema istituito ai sensi dell’articolo in esame.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea

La necessità di contribuire al miglioramento della sicurezza stradale mediante la creazione di banche dati per lo scambio di informazioni in materia, avvalendosi anche dei nuovi ritrovati del progresso tecnico, è stata sottolineata dalla Commissione a più riprese in una serie di documenti con i quali prospetta misure volte a dimezzare il numero delle vittime degli incidenti stradali entro il 2010.

Fra questi documenti figurano:

§         il Libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370)[81].

 

Questo documento auspica l’aumento della cooperazione e dello scambio di esperienze tra gli Stati membri in materia di prevenzione e di analisi degli incidenti mediante strumenti comuni quali la banca dati CARE[82] (Community database on Accidents on the Roads in Europe) che dovrebbe essere ospitata all’interno di un Osservatorio europeo per la sicurezza stradale volto a coordinare tutte le attività comunitarie relative alla raccolta e all’analisi dei dati sugli incidenti stradali. Il Libro bianco propone, inoltre, l’istituzione presso la Commissione di un comitato di esperti incaricato di sviluppare una metodologia comunitaria per lo svolgimento di inchieste tecniche indipendenti sulle cause degli incidenti al fine di migliorare la legislazione vigente in materia di sicurezza. Il Libro bianco sottolinea, infine, la necessità di dotare la rete transeuropea di trasporto in termini di sistemi telematici di raccolta dati e centri di controllo del traffico e/o informazione stradale al fine digarantire la qualità e l’affidabilità delle informazioni;

 

§         il programma di azione sulla sicurezza stradale valido per il periodo 2003-2010 (COM(2003)311).

 

Al fine di contribuire a ridurre le principali cause di incidenti stradali la Commissione riconosce la necessità di procedere alla raccolta, all’analisi e alla diffusione dei dati sugli incidenti e propone,a questo riguardo, la creazione di banche dati sugli incidenti per favorire la diffusione di informazioni sule cause, le circostanze e le conseguenze degli incidenti.

La Commissione riconosce, inoltre, il ruolo fondamentale che le nuove tecnologie nel settore dell’informazione e della comunicazione (TIC) possono svolgere ai fini del rafforzamento della sicurezza passiva (protezione in caso di incidente) e di quella attiva (prevenzione degli incidenti).

Anche il Parlamento europeo, in una risoluzione sul programma di azione adottata il 29 settembre 2005, sottolinea il grande contributo che le nuove tecnologie, come la telematica, possono dare al fine di eliminare pressoché totalmente gli incidenti mortali ed invita tutti i soggetti interessati a cooperare e ad intensificare la ricerca in questo settore. Chiede, inoltre, un maggiore coordinamento al fine di promuovere la diffusione dei dati, lo scambio delle migliori prassi, l’armonizzazione delle statistiche sugli incidenti e il loro inserimento nelle banche dati dell’Unione europea.

 

L’importanza delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per il settore dei trasporti è stata ribadita dalla Commissione nella proposta di decisione che istituisce il settimo programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico (COM(2005)119) del 6 aprile 2005.

 

La proposta sottolinea il ruolo fondamentale che tali tecnologie possono svolgere al fine di modernizzare il settore dei trasporti e ricorda i grandissimi vantaggi che possono derivare dalla loro applicazione per la mobilità, soprattutto per quanto riguarda il miglioramento della sicurezza e dell’efficienza del trasporto di persone e merci.

 

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 4 aprile 2006.

 

Si segnala, infine, che il 15 settembre 2003 la Commissione ha adottato una comunicazione dal titolo “Tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni per veicoli sicuri e intelligenti” (COM(2003)542) con la quale illustra le azioni che intende adottare per accelerare lo sviluppo, l'adozione su larga scala e l'uso dei sistemi intelligenti di sicurezza dei veicoli nell’Unione europea al fine di rendere più sicura ed efficiente la mobilità in Europa.

 


 

Articolo 18
(Gestione dei diritti da parte di Cinecittà Holding Spa).


1. Cinecittà Holding S.p.a., istituita ai sensi dell'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 23 aprile 1993, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 1993, n. 202, gestisce, per conto del Ministero per i beni e le attività culturali, i diritti di utilizzazione e di sfruttamento dei film finanziati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, nonché dei film già finanziati ai sensi dell'articolo 28 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, e successive modificazioni. Il negativo e le copie delle opere filmiche di cui al presente comma, già depositate presso la Fondazione centro sperimentale di cinematografia, ovvero presso laboratori di sviluppo e stampa per conto della medesima, permangono presso la Fondazione stessa, che le utilizza nell'ambito dei propri programmi di diffusione culturale.

2. Lo sfruttamento dei diritti di cui al comma 1 è oggetto di apposita convenzione stipulata tra il Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione generale per il cinema e Cinecittà Holding S.p.a., sentita la Consulta territoriale per le attività cinematografiche di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni.

3. I proventi derivanti dallo sfruttamento dei diritti di cui al comma 1 sono versati al Fondo di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e successive modificazioni, per le finalità di cui al comma 3, lettera a), del medesimo articolo.

4. Dalla presente disposizione, ed in particolare dalla convenzione di cui al comma 2, non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 18 interviene sulla disciplina relativa alla acquisizione, da parte dello Stato, della quota di diritti di utilizzazione e sfruttamento dei film finanziati ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2004, nel caso di mancata restituzione della quota finanziata dallo Stato. A tal fine, si prevede che la gestione di tali diritti, nonché di quelli relativi ai film già finanziati ai sensi dell’articolo 28 della legge 4 novembre 1965, n.1213, sia affidata a Cinecittà Holding S.p.A. e che le relative procedure siano oggetto di una specifica convenzione tra il Ministero e detta società.

 

Con riferimento a Cinecittà Holding Spa, si ricorda che i commi 1 e 2 dell’art. 5-bis del DL 118/1993[83] hanno trasformato l’Ente Autonomo di Gestione per il Cinema (istituito nel 1957 come ente a partecipazione statale per coordinare l’intervento pubblico nel settore della cinematografia) in società per azioni, denominata Ente Cinema S.p.A., ed assegnato[84] la titolarità della partecipazione societaria dello Stato al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora Ministro dell’economia e delle finanze) nonché l’esercizio dei diritti dell’azionista al Ministro per i beni e le attività culturali.

Si ricorda comunque che dal 30 marzo 1998, a seguito di una deliberazione dell’assemblea societaria, l’Ente cinema ha assunto il nome di Cinecittà Holding S.p.A.; essa si configura attualmente come società di diritto privato che persegue fini eminentemente pubblici, sulla base di direttive impartite dal Ministro per i beni e le attività culturali, ed è sottoposta al controllo della Corte dei conti[85]. Alla Holding fanno capo una serie di società partecipate che essa coordina: in particolare la Holding detiene la totalità delle azioni dell’Istituto Luce S.p.A. (preposto alla produzione ed alla distribuzione di opere cinematografiche) ed è azionista tra l’altro di Cinecittà Studios S.p.A.; Gruppo Mediaport (circuito multiplex); Cinecittà Cinema, e di Audiovisual Industry Promotion S.p.A.[86].

 

Riguardo ai diritti di utilizzazione e sfruttamento dei film finanziati ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 28[87], occorre preliminarmente rilevare che tale decreto, a norma dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137[88], ha dettato una nuova disciplina organica in materia di cinematografia, rinviando, per molti aspetti, a regolamenti ministeriali di attuazione. Il provvedimento, in particolare, ha definito un nuovo sistema di sostegno pubblico al cinema, riordinando gli strumenti e gli organismi operanti nel settore. L’intervento finanziario dello Stato si polarizza, essenzialmente, attorno a un fondo di nuova istituzione, il Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche, al quale affluiscono le risorse esistenti, in particolare, nel Fondo di intervento, nel Fondo di sostegno e nel Fondo di garanzia, nonché la quota del cinema nell’ambito del Fondo unico dello spettacolo (FUS). La gestione di tale Fondo è rimessa, in via transitoria, alla BNL (Sezione per il credito cinematografico)[89]. Gli strumenti di intervento trovano sostanziale corrispondenza in quelli previgenti (contenuti nella legge 4 novembre 1965, n.1213[90]), peraltro con alcune significative differenze di fondo:

§         la riduzione della quota massima di costo del film finanziabile dallo Stato;

§         l’introduzione di parametri automatici di valutazione, al fine di ridurre gli elementi di discrezionalità;

§         una nuova disciplina per la dichiarazione di film di interesse culturale, rimessa alla sola Commissione per la cinematografia;

§         la previsione della possibilità di utilizzare marchi e prodotti all’interno dei film (cosiddetto product placement).

Per quanto qui interessa, l’articolo 13 del D.Lgs. stabilisce, in particolare, che i proventi dei diritti di utilizzazione dei film prodotti con il finanziamento dello Stato siano destinati prioritariamente alla restituzione della quota finanziata dallo Stato. Qualora tale restituzione non avvenga entro tre anni dall’erogazione, lo Stato acquisisce la quota dei diritti di utilizzazione e sfruttamento dell’opera corrispondente alla parte del finanziamento non ammortizzato.

 

In particolare, il comma 1 prevede che Cinecittà Holding s.p.a., gestisca per conto del Ministero i diritti di utilizzazione e di sfruttamento dei film finanziati ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28, nonché dei film già finanziati ai sensi dell’articolo 28 della legge 4 novembre 1965, n. 1213, nei casi in cui la quota finanziata dallo Stato non sia stata restituita secondo quanto previsto dalle predette norme. È inoltre previsto che il negativo e le copie delle opere filmiche permangano presso la Fondazione stessa, che li può utilizzare nell’ambito dei propri programmi di diffusione culturale.

 

Il comma 2 stabilisce il Ministero per i beni e le attività culturali stipuli a tal fine una convenzione con Cinecittà Holding s.p.a., previo parere della Consulta territoriale per le attività cinematografiche.

 

Si ricorda che la Consulta territoriale per le attività cinematografiche è stata istituita dall’articolo 4 del citato D.Lgs. n. 28 del 2004 ed è composta di 12 membri, di cui 3 promananti dalle regioni e 3 dagli enti locali. Essa provvede alla predisposizione di un programma triennale, approvato dal Ministro per i beni e le attività culturali, contenente l’individuazione, per ciascuna regione, delle aree geografiche di intervento per la realizzazione di sale cinematografiche; l’individuazione, sul territorio nazionale, delle aree privilegiate di investimento; l’individuazione degli obiettivi per la promozione delle attività cinematografiche.

 

Ai sensi del comma 3, i proventi derivanti dallo sfruttamento dei diritti in questione sono versati al Fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche sopra citato e destinati allo sviluppo di progetti, promossi da associazioni senza scopo di lucro e fondazioni che contribuiscono a sostenere iniziative per le programmazioni stagionali e per la codistribuzione di film (secondo quanto previsto dal comma 3, lettera a), dell’articolo 12 del d.lgs. n. 28/2004 che ha istituito il Fondo).

 

Infine, il comma 4 stabilisce che dalle norme descritte non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, “la norma si presenta come del tutto neutra, in quanto l’affidamento della gestione a Cinecitta` Holding Spa […] non comporta sopravvenienze né attive né passive per la società. Quest’ultima, infatti, si rivarrà unicamente delle spese per lo svolgimento dell’attività, che verranno detratte dai proventi dei diritti cinematografici gestiti”.

 

Si segnala, infine, che un articolo di analogo tenore è stato approvato dalla 7° Commissione Istruzione del Senato nel corso del dibattito concernente il d.d.l. recante Conversione in legge del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (AS 3684), attualmente all’esame dell’Assemblea.

 

 

 


 

Articolo 19
(Ruolo organico dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato).


1. Nell'ambito delle risorse assegnate e per lo svolgimento delle funzioni in materia di concorrenza bancaria, il ruolo organico dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato di cui all'articolo 11 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è integrato di sette unità da assumere attraverso selezione pubblica. L'Autorità può altresì assumere sette unità, aggiuntive rispetto a quelle previste dall'articolo 11 della citata legge n. 287 del 1990, con contratto a tempo determinato e può fare ricorso agli istituti del comando e del fuori ruolo da altre pubbliche amministrazioni.


 

 

L’articolo 19 dispone l’adeguamento dell’organico dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione allo svolgimento delle nuove funzioni di vigilanza in materia di concorrenza bancaria ad essa assegnate ai sensi dell’articolo 19 della legge 28 dicembre 2005, n. 262.

 

Il richiamato articolo 19 della legge n. 262 del 2005, recante “Disposizioni per la tutela del risparmio e per la disciplina dei mercati finanziari”, ha modificato la disciplina relativa alle competenze sulla vigilanza in materia di concorrenza nel settore bancario.

In particolare, il comma 11 ha abrogato i commi 2, 3 e 6 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, che, relativamente alle aziende e agli istituti di credito (ora complessivamente denominati banche secondo la terminologia del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385), attribuivano alla competente autorità di vigilanza (la banca d’Italia), con il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la competenza per l'applicazione delle seguenti disposizioni della medesima legge n. 287 del 1990:

§         articolo 2 (in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza);

§         articolo 3 (concernente l’abuso di posizione dominante);

§         articolo 4 (ipotesi di deroga al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza);

§         articolo 6 (recante il divieto delle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza).

In relazione a quest’ultima fattispecie, il comma 12 dell’articolo 19 della citata legge n. 262 del 2005 ha prescritto che, oltre all'autorizzazione della Banca d'Italia (per le valutazioni di sana e prudente gestione) sia necessaria l'autorizzazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (cfr. oltre), ovvero il nulla osta della stessa a seguito delle valutazioni relative all'assetto concorrenziale del mercato, per le operazioni di acquisizione previste dall'articolo 19 del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) e per le operazioni di concentrazione ai sensi dell'articolo 6 della legge 287/90[91], riguardanti le banche.

Il successivo comma 13 prevede che i provvedimenti delle suddette due Autorità in materia di acquisizioni e concentrazioni siano emanati con un unico atto contenente le specifiche motivazioni relative alle finalità loro rispettivamente attribuite. Il termine ultimo per l’emanazione è fissato in sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza completa della documentazione occorrente.

A norma del comma 14, per assicurare la funzionalità dell'attività amministrativa e il contenimento degli oneri a carico dei soggetti vigilati, le suddette Autorità si coordinano ai sensi dell'articolo 21 della stessa legge n. 262 del 2005, che prescrive la collaborazione fra le autorità aventi competenze sui mercati finanziari (Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP, Autorità garante della concorrenza e del mercato) anche attraverso lo scambio d’informazioni, con l’inopponibilità reciproca del segreto d’ufficio.

Si ricorda che il coordinamento tra le suddette Autorità è inoltre previsto dall’articolo 20 della stessa legge, che alle medesime rimette l’individuazione delle forme appropriate, prevedendo, tuttavia, che tali forme di coordinamento possano realizzarsi anche attraverso la stipulazione di protocolli d’intesa o l’istituzione di comitati di coordinamento, senza che ne conseguano maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Lo stesso articolo prevede altresì che le Autorità interessate si riuniscano almeno una volta all’anno.

 

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, i cui compiti e la cui natura sono stabiliti dall'articolo 10 della legge n. 287 del 10 ottobre 1990 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato")[92], è preposta alla tutela e alla promozione dei meccanismi concorrenziali attraverso la vigilanza sulle eventuali infrazioni ai divieti relativi alle tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, rispettivamente, dagli articoli da 2 a 6 dalla stessa legge n. 287 del 1990, ossia le intese restrittive della libertà di concorrenza, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni, qualora siano tali da determinare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.

 

A tal fine l’Autorità esercita poteri ispettivi e d’indagine che le consentono di verificare l'esistenza di tali infrazioni, nonché poteri istruttorî, di diffida e sanzionatorî, le cui le procedure di esercizio sono specificamente previste dalla legge in relazione a ciascna delle tre fattispecie individuate.

In materia di poteri sanzionatorî dell’Autorità, si segnalano inoltre quelli ad essa recentemente attribuiti in materia di conflitto di interessi dall’articolo 6, comma 8, della legge 20 luglio 2004, n. 215, recante “Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi“.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato esercita altresì – ai sensi degli articoli 21 e 22 della legge n. 287 del 1990 – poteri di segnalazione e consultivi che le consentono di segnalare al Governo, al Parlamento o alle amministrazioni pubbliche competenti i casi in cui essa ritenga che provvedimenti normativi già vigenti o in via di formazione introducano restrizioni della concorrenza, non giustificate in base ad esigenze d’interesse generale.

Va ricordato, infine, che all'Autorità garante della concorrenza e del mercato è stata rimessa dal 1992 la competenza per la tutela amministrativa contro la pubblicità ingannevole.

 

Il presente articolo 19 prevede, in particolare, l’integrazione del ruolo organico dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, determinato dall’articolo 11, comma 1, della citata legge n. 287 del 1990, mediante aggiunta di sette unità da assumere mediante selezione pubblica.

La disposizione qui illustrata consente altresì all’Autorità di assumere mediante contratto a tempo determinato ulteriori sette unità di personale, in aggiunta a quello già previsto dal citato articolo 11, comma 4, nonché di impiegare personale comandato o collocato fuori ruolo da altre pubbliche amministrazioni.

 

Si ricorda che l’articolo 11 della legge n. 287 del 1990, che disciplina l'istituzione del ruolo del personale dipendente dell’Autorità, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'assunzione del medesimo personale, stabilisce che il numero dei posti previsti dalla pianta organica non può eccedere le centocinquanta unità. L'assunzione del personale, ai sensi dello stesso articolo, avviene per pubblico concorso, fatta eccezione per le categorie per le quali sono previste assunzioni in base all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 (Norme sull'organizzazione del mercato del lavoro)[93].

Precedenti incrementi della pianta organica sono stati disposti dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 67 (Attuazione della direttiva 97/55/CE, che modifica la direttiva 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa) e dall’articolo 9 della legge 20 luglio 2004, n. 215 (Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi).

In particolare, l’articolo 5 del D.Lgs. n. 67 del 2000, al comma 2, ha disposto un incremento dei posti previsti per la pianta organica del personale di ruolodell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nella misura di 10 unità nell'anno 2000, di 5 unità nell'anno 2001 e di 5 unità nell'anno 2002, mentre l’articolo 9della legge n. 215 del 2004, in conseguenza dei nuovi compiti attribuiti in materia all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha disposto un incremento di 15 unità del ruolo, consentendo ad entrambe le autorità di utilizzare sino a 15 unità di personale eventualmente resosi disponibile a seguito dell’attuazione dei processi di riordino di enti ed amministrazioni pubbliche, o posto in posizione di comando o in analoghe posizioni. L'Autorità garante della concorrenza e del mercatoè stata inoltre autorizzata ad assumere (a parità di oneri) 10 unità aggiuntive con una corrispondente riduzione di 10 contratti a tempo determinato.

 

 


 

Articolo 20
(Disposizioni urgenti in materia di energia elettrica).


1. A decorrere dal 1o gennaio 2006, i termini per la copertura dei costi di cui all'articolo 3, comma 13, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, sono prorogati alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente articolo, al fine di stabilizzare e ridurre le tariffe elettriche.

2. Il Gestore del sistema elettrico S.p.a., in conformità agli indirizzi stabiliti dal Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, può cedere, a condizioni di mercato, ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130, i diritti di credito corrispondenti alle differenze tra costi e ricavi di cui all'articolo 3, comma 13, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

3. In caso di insolvenza di qualsiasi soggetto cui siano attribuite funzioni di esazione delle prestazioni imposte destinate al pagamento dei crediti di cui al comma 2, il diritto del Gestore del sistema elettrico S.p.a. ovvero dei relativi aventi causa è assistito da privilegio su tutti i beni del soggetto insolvente, con prevalenza sui titoli di prelazione di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385.

4. All'articolo 3, comma 13, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, dopo le parole: «oneri di sistema» sono inserite le seguenti: «dovuti dall'insieme degli utenti finali e raccolti dai soggetti a ciò abilitati ai sensi delle disposizioni in materia adottate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas».

5. Le cessioni di cui al comma 2 sono opponibili ai competenti organi della procedura in caso di insolvenza del Gestore del sistema elettrico S.p.a. e i relativi contratti non possono essere sciolti.

6. I costi finanziari connessi alle operazioni di cui al comma 2 sono compresi tra i costi di acquisto dell'energia, ai sensi dell'articolo 3, comma 13, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

7. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, tenuto conto delle operazioni poste in essere dal Gestore del sistema elettrico S.p.a. ai sensi del presente articolo, stabilisce la durata della proroga di cui al comma 1 e adotta ogni altro opportuno provvedimento finalizzato a garantire le risorse necessarie a soddisfare i diritti dei soggetti creditori, anche prevedendo la segmentazione della componente tariffaria attualmente destinata alla copertura dei medesimi costi.

8. Il Gestore del sistema elettrico S.p.a. può versare a tutti o parte degli aventi diritto, in via anticipata, tutto o parte dell'importo che è tenuto a riconoscere ai sensi dell'articolo 3, comma 12, secondo periodo, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. Nel caso in cui gli importi anticipati debbano essere restituiti, in tutto o in parte, per accertata carenza di titolo ovvero per mancata produzione, la documentazione comprovante i predetti versamenti costituisce titolo esecutivo per la restituzione delle somme versate e il diritto alla restituzione al Gestore del sistema elettrico S.p.a. è assistito da privilegio che prevale sui titoli di prelazione di cui all'articolo 46 del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385. In caso di insolvenza dei medesimi soggetti che abbiano ricevuto versamenti anticipati e di continuazione della attività di impresa, i relativi contratti non possono essere sciolti dai competenti organi della procedura.

9. Per l'anno 2006, il termine per la presentazione delle domande di cui al decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, e al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 2 agosto 1995, n. 434, è prorogato al 15 aprile 2006.

10. Al fine di assicurare, per l'anno 2006, la realizzazione degli interventi di cui al decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, intendendosi applicabile l'ammontare degli interventi nella misura massima del 70 per cento. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.


 

 

I commi da 1 a 8 dell’articolo 20 recano disposizioni in materia di energia elettrica, mentre i commi 9 e 10 recano interventi in materia di razionalizzazione, ristrutturazione e riconversione produttiva dell’industria bellica.

 

In particolare, i commi da 1 a 8, in conformità all’orientamento del Governo espresso nel DPEF 2006-2009 – nel quale si prevedeva, al fine di contenere il costo della tariffa elettrica, l’adozione di “iniziative volte alla riduzione e stabilizzazione della componente tariffaria a copertura degli oneri di incentivazione delle fonti rinnovabili attraverso idonee operazioni finanziarie” - disciplinano un’operazione di cartolarizzazioni dei crediti, oggi vantati dal Gestore del sistema elettrico nazionale – GRTN SpA, legati alla componente A3 della tariffa elettrica, che il Gestore stesso riceve per coprire i costi dell’incentivazione dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili ed assimilate ai sensi del provvedimento del Comitato interministeriale prezzi adottato il 29 aprile 1992, cosiddetta energia  CIP6.

 

In proposito, occorre rilevare, preliminarmente, come attualmente sulla bolletta elettrica gravino degli extra costi che prescindono dai costi di produzione: fra tali costi sono compresi, tra gli altri, anche le forme di remunerazione incentivata - accordata tramite le convenzioni stipulate ai sensi del citato provvedimento del Comitato interministeriale CIP6 - alle fonti energetiche rinnovabili e “assimilate”.[94]

 

Al riguardo, si ricorda che il GRTN ha il compito per legge di ritirare l’energia elettrica prodotta dagli impianti CIP6 alimentati a fonti rinnovabili e/o assimilate ad un prezzo definito dal medesimo provvedimento CIP6. La differenza tra costi e ricavi derivanti dalla vendita di tale energia è integrata con la componente tariffaria A3, che è una delle voci che compongono la bolletta elettrica e che rientra nella categoria dei c.d. oneri di sistema.

 

I commi in esame, al fine di contenere e stabilizzare il valore della componente tariffaria A3, disciplinano con norme di rango primario l’insieme delle garanzie tecniche necessarie per l’attuazione di quanto nella sostanza già previsto dal Consiglio di Amministrazione del GRTN  spa, il quale in una riunione dello scorso mese di settembre  ha assegnato ad un apposito Consorzio l’incarico di arrangere collocatore dei titoli relativi alla cartolarizzazione dei crediti del GRTN legati alla componente tariffaria A3, a copertura dei costi relativi all’energia CIP6.

Tale operazione di cartolarizzazione, che secondo un comunicato stampa del GRTN avrebbe dovuto concludersi entro la fine dell’anno 2005, avrebbe lo scopo di monetizzare parte dei crediti relativi alla componente tariffaria A3 che il GRTN incasserà fino al termine delle convenzioni in essere del CIP6. Secondo il medesimo comunicato stampa, la cartolarizzazione in oggetto consentirebbe alle aziende di raccogliere risorse finanziarie sui mercati mobiliari a fronte della cessione degli attivi di cui sono titolari; l’operazione consisterebbe  così nel monetizzare parte dei crediti relativi alla componente tariffaria A3 che il GRTN incasserà fino al termine delle convenzioni del CIP6; la liquidità generata dalla cartolarizzazione potrà essere impiegata per ridurre gli oneri in bolletta attraverso l’anticipazione di parte dei ricavi futuri ai produttori proprietari di impianti CIP6, nonché per finanziare l’eventuale stabilizzazione della componente tariffaria A3, sulla quale si ricorda, peraltro, attualmente incidono anche i costi di copertura delle tariffe incentivanti previste dal c.d. “conto energia fotovoltaico”.

 

Secondo la relazione illustrativa dell’articolo in esame, gli oneri finanziari connessi all’operazione di cartolarizzazioni dei crediti del GRTN “saranno sostenuti promuovendo in parallelo un’azione di c.d. buy out nei confronti dei produttori titolari degli incentivi tariffari – ossia una liquidazione anticipata dei contributi CIP 6/92 di cui gli stessi avrebbero diritto – con l’obiettivo di ridurre l’entità complessiva dell’importo spettante” (ossia di ottenere nella sostanza uno sconto a fronte dell’anticipazione) e “diminuire l’impatto sul lungo termine dei corrispondenti oneri tariffari”. La medesima relazione specifica, inoltre, che in base al livello di adesione la manovra potrà essere definita operativamente, fermo restando che l’esigenza ad essa sottostante è che “l’iniziativa offra soluzioni efficaci per la stabilizzazione nel breve e medio periodo del valore attuale della componente tariffaria A3”, e dunque per il contenimento delle tariffe elettriche, “anticipando quindi fin dai prossimi mesi gli effetti di riduzione della stessa componente previsti a partire dal 2007-2008”,  periodo entro il quale verranno a scadenza le c.d. convenzioni CIP 6.

 

Ciò premesso, si rileva, segnatamente, come il comma 1 dell’articolo in esame preveda  che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, i termini per la copertura dei costi  di  cui  all’articolo 3, comma  13, del  decreto legislativo 16 marzo  1999,  n.  79,  siano prorogati alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente articolo, al fine di stabilizzare e ridurre le tariffe elettriche.

 

Si ricorda che l’art.3, comma 12, del D.Lgs. n.79/99, c.d. decerto Bersani , recante ”Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”  dispone, al terzo periodo,  che con apposite convenzioni - previa autorizzazione del Ministro delle attività produttive, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas - siano ceduti al GRTN, da parte delle imprese produttrici - distributrici, l’energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate ed i relativi diritti alle contribuzioni di cui al titolo IV, lettera B), del provvedimento CIP n. 6/1992.

Il successivo comma 13 del medesimo articolo 3, richiamato dalla disposizione in esame, prevede che il gestore ceda l’energia acquisita ai sensi del precedente comma 12 al mercato; peraltro, ai fini di assicurare la copertura dei costi sostenuti dal gestore, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas include negli oneri di sistema la differenza tra i costi di acquisto del gestore e la somma dei ricavi derivanti dalla vendita dell’energia sul mercato e dalla vendita dei diritti di produzione da fonti rinnovabili (c.d. certificati verdi) cui al comma 3 dell’articolo 11 del medesimo D.Lgs.n.79/99.

In via generale, si ricorda altresì che il provvedimento Cip 6/92 rientra tra i meccanismi "tradizionali" di incentivazione dell’energia, ovvero quei meccanismi che promuovono la realizzazione di impianti alimentati a fonti rinnovabili e assimilate attraverso la remunerazione dell’energia a un prezzo garantito.

Il GRTN è il soggetto che, ai sensi del citato art. 3, comma 12 del D.Lgs. 79/99, ritira e remunera l’energia prodotta da impianti di generazione a fonti rinnovabili e assimilate che gode di forme di remunerazione incentivata, ossia in particolare:

§         l’energia ceduta al GRTN da impianti titolari di convenzione di cessione destinata che percepiscono le tariffe Cip6 o quelle previste dalla deliberazione AEEG n. 81/99;

§         l’energia ceduta al GRTN da impianti titolari di convenzione per la cessione delle eccedenze di energia elettrica remunerati ai sensi della deliberazione AEEG n. 108/97.

La tariffa Cip 6 è strutturata in quattro componenti di costo:  costo evitato di impianto;   costo evitato di esercizio, manutenzione e spese generali connesse; costo evitato di combustibile; ulteriore componente (per i primi otto anni di esercizio dell’impianto).

 Le convenzioni CIP6, ai tempi siglate con Enel e oggi trasferite al Grtn hanno una durata fissata in otto anni a partire dalla messa in esercizio degli impianti ed il prezzo corrisposto include anche il costo evitato[95].

La copertura dell’onere sostenuto dal GRTN è a carico della componente tariffaria A3 corrisposta dai consumatori finali.

Per quanto attiene alle modalità di ritiro dell’energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili e non, va altresì ricordato come l’articolo 1, comma 41 della legge n. 239/04, di riordino del settore energetico, confermando quanto disposto dal citato articolo 13 del D.Lgs. n.387/03, abbia previsto che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas determini, facendo riferimento a condizioni economiche di mercato, le modalità per il ritiro dell’ “energia elettrica prodotta da impianti di potenza inferiore a 10 MVA” e dell’energia elettrica “di cui al secondo periodo del comma 12 dell’articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79” (ossia le eccedenze da fonti rinnovabili e assimilate). Ai sensi dell’ultimo periodo  del medesimo comma 41 della legge n. 239/04, dopo la scadenza delle convenzioni in essere, l’energia elettrica prodotta da impianti CIP 6 di potenza eguale o maggiore a 10 MVA deve essere ceduta al mercato.

Si ricorda infine che l’energia ritirata dai produttori incentivati viene destinata dal GRTN agli operatori del mercato libero e del mercato vincolato secondo modalità, definite di anno in anno, con decreto del Ministero delle attività produttive.

Dal 2001 al 2004 le modalità di assegnazione dell’energia Cip6 è avvenuta per bande di potenza di durata annuale (o trimestrale o mensile) agli operatori di mercato, libero e vincolato, in funzione della capacità produttiva garantita in tutte le ore dell’anno.

La "capacità residuale", intesa come differenza tra l’energia complessivamente ritirata dal GRTN e l’energia assegnata, è stata destinata sempre a copertura del fabbisogno del mercato vincolato.

In concomitanza dell’avvio del mercato dell’energia con domanda attiva (formulazione attiva di offerte di acquisto da parte degli operatori della domanda ammessi alle contrattazioni), il Ministero delle attività produttive con DM del 24.12.2004 ha adottato un nuovo schema per l’assegnazione dell’energia Cip6 relativa al 2005: il GRTN offre l’energia Cip6 direttamente sul mercato dell’energia, mentre i soggetti assegnatari della capacità Cip6 per il 2005 (5.800 MW) stipulano con il GRTN un contratto per differenza in base al quale ricevono o versano, per le rispettive quote di capacità assegnata, la differenza tra il prezzo medio di mercato (PUN) e il prezzo di assegnazione fissato a 50 €/MWh.

 

Il successivo comma 2 autorizza il Gestore del sistema elettrico a  cedere, a cartolarizzare i crediti legati alla componente A3 della tariffa elettrica che il Gestore stesso vanta per coprire i costi dell’incentivazione dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili ed assimilate ai sensi del citato provvedimento del Comitato interministeriale prezzi adottato il 29 aprile 1992, c.d. CIP6. Il Gestore ha, infatti, il compito di ritirare l’energia elettrica prodotta dagli impianti CIP6 alimentati a fonti rinnovabili e/o assimilate ad un prezzo definito dal medesimo provvedimento CIP6; la differenza tra costi e ricavi derivanti dalla vendita di tale energia è integrata con la componente tariffaria A3, che è una delle voci che compongono la bolletta elettrica e che rientra nella categoria dei c.d. oneri di sistema. La disposizione prevede dunque che il Gestore del  sistema elettrico S.p.a., in conformità agli indirizzi stabiliti dal  Ministro delle attività  produttive, di concerto  con  il  Ministro dell’economia e  delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, possa cedere, a condizioni di mercato, ai sensi della legge 30 aprile 1999, n. 130[96], i diritti di credito corrispondenti alle differenze tra costi e ricavi di cui al citato articolo 3, comma 13, del D.Lgs. n. 79/99.

 

Si ricorda che dal novembre 2005 è diventato operativo il Gestore del sistema elettrico – GRTN S.p.A. Tale società, in seguito al trasferimento - con effetto dal 1° novembre 2005 – dal GRTN – Gestore della Rete di trasmissione Nazionale a Terna S.p.A. del ramo d’azienda relativo alle attività di dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete di trasmissione, si focalizza sulla gestione delle fonti rinnovabili. L’attività di promozione, incentivazione e sviluppo delle fonti rinnovabili e assimilate, e la gestione di tutte le attività di natura pubblicistica del settore elettrico, rappresenta la nuova missione del Gestore del sistema elettrico, che diventa il punto di riferimento nel settore per l’attuazione della politica energetica nel Paese.

Il Gestore del sistema elettrico – GRTN S.p.A. promuove, nel rispetto delle disposizioni nazionali e internazionali di settore, lo sviluppo delle fonti rinnovabili sia attraverso l’erogazione di incentivi agli impianti di generazione, sia con campagne di sensibilizzazione per un consumo di energia elettrica responsabilee compatibile con le tematiche dello sviluppo sostenibile in coerenza con la politica di risparmio energetico nazionale.

Il GRTN svolge un’attività nel sistema elettrico italiano attraverso il meccanismo d’incentivazione della produzione di energia e la gestione dei flussi economici e finanziari di tutte le fonti rinnovabili e assimilate.

In particolare il GRTN: a) ritira dai produttori e colloca sul mercato l’energia prodotta da impianti da fonti rinnovabili e assimilate (“CIP6”); b) gestisce, in qualità di soggetto attuatore, il sistema di incentivazione dell’energia prodotta da impianti fotovoltaici (c.d. conto energia); c) emette i certificati verdi e verifica i relativi obblighi da parte dei produttori e importatori; d) qualifica gli impianti alimentati da fonti rinnovabili; e) rilascia la garanzia d’origine dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili ed effettua il riconoscimento degli impianti di produzione in cogenerazione.

Il GRTN partecipa, inoltre, alla piattaforma internazionale di scambio certificati gestita dall’AIB (Association of Issuing Bodies), associazione internazionale di cui è membro. In tale ambito, il GRTN emette i certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione di energia elettrica rinnovabile

In via generale si ricorda, inoltre, che secondo l’ultima relazione annuale dell’AEEG (31 marzo 2005) il totale di produzione ritirata dal GRTN nel 2004 ai sensi dell’art. 3, co. 12 del D.Lgs 79/99 è di 56.664 GWh (19,8% della produzione termoelettrica nazionale), di cui i ritiri da fonti assimilate ammontano 42.226 GWh, di cui 34.181 GWh si riferiscono a impianti “nuovi” che percepiscono una tariffa media di ritiro di 88,17 €/MWh; la quota rimanente, a capo di impianti “esistenti” e dunque non comprensiva della componente incentivante, è stata valorizzata con una tariffa media di 61,85 €/MWh.  Tali costi di ritiro devono essere paragonati al prezzo medio di vendita dell’energia CIP6 da parte del GRTN all’Acquirente Unico e al mercato libero pari a 50,80 €/MWh.

Si segnala, inoltre, come la relazione 2005 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, sottolinei che i ritiri obbligati, che riguardano quasi interamente energia prodotta in impianti in convenzione CIP6, sono cresciuti del 5,1 per cento rispetto all’anno scorso incrementando, se pur lievemente, il proprio contributo alla generazione nazionale.

Secondo l’Autorità, gli incrementi riscontrabili in tutte le voci di bilancio relative ai ritiri da parte del GRTN sono imputabili a diverse motivazioni.

L’aumento più consistente si è avuto nella generazione assimilata, in particolare negli impianti cosiddetti esistenti, ovvero quelli per i quali è scaduto il periodo di incentivazione specifico, ma rimane ancora in essere la convenzione di cessione dell’energia elettrica al GRTN.

Gli aumenti del CIP6 rinnovabile sono, al contrario, imputabili a un forte incremento della produzione per la voce impianti a biomasse e a rifiuti, riconducibile all’entrata in esercizio di nuovi impianti; per le altre voci le differenze rispetto ai livelli di generazione dello scorso anno sono dovute allo scadere delle convenzioni e, nello specifico degli impianti idroelettrici, a una diversa idraulicità del periodo.

I costi totali del CIP6 sono stimabili, pur su dati non ancora a consuntivo, in 2.271 milioni di euro quale risultato della differenza tra i costi di ritiro e i ricavi derivati dalla vendita dell’energia al mercato libero e all’Acquirente Unico, nonché dei ricavi originati dalla cessione dei certificati verdi ai soggetti a obbligo.

La medesima relazione sottolinea, inoltre, come i forti incrementi del programma CIP 6 nel 2004 rispetto all’anno precedente siano riconducibili a una molteplicità di fattori, quali: la maggiore generazione degli impianti in convenzione; la rilevante diminuzione del prezzo medio di cessione dell’energia sul mercato; l’aggiornamento annuale delle tariffe CIP6 che prevedono u incremento delle varie componenti, nonché la diminuzione dei ricavi dalla vendita di certificati verdi.  

 

Al fine di rafforzare le garanzie tecniche necessarie per la promozione dell’operazione, il comma 3 prevede che in caso di insolvenza di qualsiasi soggetto cui siano attribuite funzioni di esazione delle prestazioni imposte destinate al pagamento dei crediti di cui al precedente comma 2, il diritto del Gestore del sistema elettrico S.p.a., ovvero dei relativi aventi causa, sia assistito da privilegio su tutti i beni del soggetto insolvente, anche con prevalenza sui titoli di prelazione  di cui all’articolo 46 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.

 

L’art. 46 del citato D.Lgs. 385/93, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dispone che la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di banche alle imprese può essere garantita da privilegio speciale su beni mobili, comunque destinati all’esercizio dell’impresa, non iscritti nei pubblici registri. Il privilegio può avere a oggetto: a) impianti e opere esistenti e futuri, concessioni e beni strumentali;  b) materie prime, prodotti in corso di lavorazione, scorte, prodotti finiti, frutti, bestiame e merci; c) beni comunque acquistati con il finanziamento concesso; d) crediti, anche futuri, derivanti dalla vendita dei beni indicati nelle lettere precedenti. Tale privilegio, a pena di nullità, deve risultare da atto scritto e in questo devono essere esattamente descritti i beni e i crediti sui quali il privilegio viene costituito, la banca creditrice, il debitore e il soggetto che ha concesso il privilegio, l’ammontare e le condizioni del finanziamento nonché la somma di denaro per la quale il privilegio viene assunto.

L’opponibilità a terzi del privilegio sui beni è subordinata alla trascrizione, nel registro indicato nell’articolo 1524, secondo comma, del codice civile, dell’atto dal quale il privilegio risulta. Il privilegio in oggetto si colloca nel grado indicato nell’art. 2777, ultimo comma, del codice civile e non pregiudica gli altri titoli di prelazione di pari grado con data certa anteriore a quella della trascrizione. Fermo restando quanto disposto dall’art. 1153 del codice civile, il privilegio può inoltre essere esercitato anche nei confronti dei terzi che abbiano acquistato diritti sui beni che sono oggetto dello stesso dopo la trascrizione. Nell’ipotesi in cui non sia possibile far valere il privilegio nei confronti del terzo acquirente, il privilegio si trasferisce sul corrispettivo.

 

Il comma 4 novella il citato articolo 3, comma 13, del D.Lgs. 79/99, specificando che gli oneri di sistema - fra quali, ai fini di assicurare la copertura dei costi sostenuti dal gestore, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas include la differenza tra i costi di acquisto del gestore e la somma dei ricavi derivanti dalla vendita dell’energia sul mercato e dalla vendita dei certificati verdi -  sono quelli “dovuti dall’insieme degli utenti finali e raccolti dai soggetti a ciò abilitati ai sensi  delle  disposizioni  in  materia adottate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas”.

 

Sempre al fine di rafforzare le garanzie tecniche necessarie per la promozione dell’operazione di cartolarizzazione, il comma 5 dispone che, in caso di insolvenza del Gestore del sistema elettrico S.p.a., le cessioni dei crediti di cui  al comma 2 sono opponibili ai competenti organi della procedura e i relativi contratti non possono essere sciolti.

 

Il comma 6 precisa che i costi  finanziari connessi alle operazioni di cessione dei crediti di cui al comma 2 sono compresi tra i costi di acquisto dell’energia ai  sensi del citato l’articolo  3, comma 13, del D.Lgs. n. 79/99.

 

Il comma 7 prevede che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, tenuto conto delle operazioni poste in essere dal Gestore del sistema elettrico S.p.a. ai sensi dell’articolo in esame, stabilisca la durata della proroga di cui al comma 1 e adotti ogni altro opportuno provvedimento finalizzato a garantire le risorse necessarie a soddisfare i diritti dei soggetti creditori, anche prevedendo la segmentazione della componente tariffaria attualmente destinata alla copertura  dei medesimi costi.

 

Il successivo comma 8 dispone invece che il Gestore del sistema elettrico possa versare in via anticipata a tutti o parte degli aventi diritto, tutto o parte dell’importo che è tenuto a riconoscere ai sensi dell’articolo 3, comma 12, secondo periodo, del D.Lgs. n. 79/99.

 

Il  secondo periodo del citato comma 12 prevede che il Gestore ritiri le cosiddette “eccedenze” di energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate di cui al comma 3, dell’art.22, della legge 9 gennaio 1991 n. 9, offerta dai produttori ai prezzi determinati dall’Autorità in applicazione del criterio del costo evitato; i produttori terzi, in pratica, cedono l’energia generata da propri impianti in eccesso ai propri fabbisogni ad un prezzo fissato amministrativamente sulla base dei criteri stabiliti con provvedimento dell’Autorità. 

 

In proposito, si osserva come alla luce della ratio dell’intervento normativo in esame, come illustrata nella relativa relazione governativa di accompagnamento (cfr.sopra), il richiamo normativo circoscritto al solo “secondo periodo” del citato comma 12 dell’art. 3 – ossia alle c.d. eccedenze da fonti rinnovabili – potrebbe inficiare la portata complessiva dell’operazione finanziaria in oggetto, in quanto non consentirebbe ad esempio la liquidazione anticipata dei contributi CIP 6 - cui i produttori avrebbero diritto ai sensi del “terzo periodo” del citato coma 12 – che secondo la relazione governativa dovrebbe essere finalizzata proprio all’obiettivo di “ridurre l’entità complessiva dell’importo spettante” e diminuire in tal modo l’impatto sul lungo termine dei corrispondenti oneri tariffari.

Si rileva pertanto l’esigenza di valutare l’opportunità di richiamare nella norma in oggetto l’intero comma 12 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 79/99.

 

Si ricorda al riguardo che il primo periodo del citato comma 12 si riferisce espressamente alle cessioni dei diritti e delle obbligazioni relative all’acquisto di energia da parte di Enel al GRTN; il secondo periodo riguarda, come accennato,  soltanto le "eccedenze" da fonti rinnovabili e assimilate, mentre il terzo periodo si riferisce agli impianti CIP 6 delle imprese distributrici che immettono energia elettrica direttamente sulla propria rete di distribuzione.

 

Nel caso in cui gli importi anticipati debbano essere restituiti, in  tutto  o  in parte, per accertata carenza di titolo ovvero per mancata produzione, la documentazione  comprovante i predetti versamenti  costituisce  titolo  esecutivo  per la restituzione delle somme  versate  e il diritto alla restituzione al Gestore del sistema elettrico S.p.A. e’ assistito da privilegio che prevale sui titoli di prelazione di cui al citato ‘articolo 46 del decreto legislativo 1° settembre  1993, n. 385 (cfr. sopra). Si prevede, inoltre, che in caso  di  insolvenza dei medesimi soggetti che abbiano ricevuto versamenti anticipati  e  di continuazione della attività di impresa, i relativi contratti non possano essere sciolti dai competenti organi della procedura.

 

I commi 9 e 10 recano disposizioni in materia di interventi per la razionalizzazione, ristrutturazione e riconversione produttiva dell’industria bellica.

In particolare, il comma 9 dispone, per l’anno 2006, la proroga dal 15 marzo al 15 aprile 2006 del termine per la presentazione delle domande di contributo cui al decreto-legge  20 maggio  1993, n. 149, convertito, con modificazioni,  dalla  legge 19 luglio 1993, n. 237, e al decreto del Ministro  dell’industria,  del  commercio e dell’artigianato 2 agosto 1995, n. 434.

 

Si ricorda che l’art. 6, commi 7, 8, 8-bis e 9, del citato decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 237, ha previsto interventi per favorire la razionalizzazione, la ristrutturazione e la riconversione produttiva delle imprese operanti nel settore della produzione di materiale di armamento;  il richiamato D.M. 02-08-1995 n. 434 reca invece il regolamento di attuazione del citato art. 6, commi 7, 8 e 8-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149.

In particolare, l’articolo 6 del citato DM n.434 prevede che le imprese operanti nel settore dei materiali di armamento che intendano usufruire dei contributi previsti dall’art. 6, comma 7, del citato DL n. 149/93 per favorire la razionalizzazione, la ristrutturazione e la riconversione produttiva nel campo civile e duale delle imprese operanti nel settore della produzione di materiali di armamento nelle aree del territorio nazionale caratterizzate da elevata incidenza delle attività di produzione e di manutenzione di materiali di armamento debbono presentare domanda al Ministero delle attività produttive a partire dal 15 febbraio e non oltre il 15 marzo di ciascun anno.

 

Il successivo comma 10, al fine di assicurare, per l’anno 2006, la realizzazione degli interventi di razionalizzazione, ristrutturazione e riconversione produttiva nel campo civile e duale delle imprese operanti nel settore della produzione di materiali di armamento - di cui al  citato decreto-legge 20 maggio  1993,  n.  149 - autorizza la  spesa  di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, intendendosi a tal fine applicabile l’ammontare degli interventi nella misura massima del 70 per cento.

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa inerente il Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

In relazione alla formulazione dei commi 9 e 10 si rileva l’esigenza di specificare come il richiamo ivi contenuto al DL. n.149/93 debba essere verosimilmente riferito al solo articolo 6 del DL medesimo. In via generale si rileva, inoltre, l’opportunità di riformulare la rubrica dell’articolo in esame comprendendovi anche il riferimento alle disposizioni testè illustrate in materia di industria bellica.

 

 


 

Articolo 21
(Ambito delle attività di Stretto di Messina Spa).


1. La Stretto di Messina S.p.a., titolare della concessione di cui alla legge 17 dicembre 1971, n. 1158, e successive modificazioni, è altresì autorizzata a svolgere, in Italia e all'estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture di trasporti e di opere connesse, nonché ad assumere ed espletare, quale organismo di diritto pubblico, compiti di assistenza tecnica a pubbliche amministrazioni per l'appalto di infrastrutture di trasporti


 

 

L’articolo 21 prevede che la Stretto di Messina S.p.a., titolare della concessione di cui alla legge 17 dicembre 1971, n. 1158, e successive modificazioni, sia altresì autorizzata a svolgere, in Italia e all'estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture di trasporti e di opere connesse, nonché ad assumere ed espletare, quale organismo di diritto pubblico, compiti di assistenza tecnica a pubbliche amministrazioni per l'appalto di infrastrutture di trasporti.

 

Si ricorda che in base alla legge 17 dicembre 1971, n. 1158 alla realizzazione di un collegamento stabile viario e ferroviario e di altri servizi pubblici fra la Sicilia ed il continente - si provvede mediante affidamento dello studio, della progettazione e della costruzione, nonché dello esercizio del solo collegamento viario, ad una società per azioni al cui capitale sociale partecipi direttamente o indirettamente l'Istituto per la ricostruzione industriale con almeno il 51 per cento Il restante 49 per cento del capitale sociale doveva invece essere sottoscritto dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, dall'ANAS, dalle regioni Sicilia e Calabria e da amministrazioni ed enti pubblici.

Si ricorda inoltre che il Decreto Legislativo n. 190/2002 di attuazione della legge n. 443 del 2001(“legge obiettivo”) dispone all'articolo 16 che all'attraversamento stabile dello Stretto di Messina si applichino "le procedure di approvazione, finanziamento e affidamento previste" dallo stesso decreto legislativo "anche in deroga alle previsioni della legge 1158/71." Lo stesso articolo, inoltre, ribadisce la definizione della Società, quale Organismo di Diritto Pubblico, ai sensi e per gli effetti della direttiva 93/36/CEE, della direttiva 93/37/CEE e della direttiva 92/50/CEE, che è, pertanto, sottoposta al rispetto delle procedure previste da tali direttive ed eventuali successive modificazioni per l'aggiudicazione di appalti pubblici di forniture, lavori e servizi. L'articolo 3 del decreto legislativo citato prevede inoltre che "i soggetti aggiudicatori trasmettano al Ministero delle Infrastrutture entro il termine di 6 mesi dall'approvazione del programma, il progetto preliminare delle infrastrutture di competenza; per le opere già previste nel primo programma, il termine decorre dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo" (dal 10 settembre 2002).

 

Il 23 maggio 2003 la Gazzetta Ufficiale n. 118, ha pubblicato il Decreto Legislativo n. 114 che - in attuazione di specifica delega contenuta nell'art. 14 della legge 1° agosto 2002, n. 166 - aggiorna la Legge n. 1158/1971 per la disciplina del collegamento stabile, viario e ferroviario fra la Sicilia ed il Continente, che costituisce opera di preminente interesse nazionale. Nel provvedimento sono in particolare contenute specifiche disposizioni volte a definire il ruolo e la missione della Società Stretto di Messina, al fine di consentire ed accelerare la realizzazione dell'opera e in particolare:

§         La conferma della Stretto di Messina quale concessionaria per lo studio, la progettazione, la costruzione e la gestione dell'opera per il collegamento stabile fra la Sicilia ed il Continente (concessione già assentita nel 1985 ai sensi della legge n. 1158 del 1971) e quale organismo di diritto pubblico;

§         Il subentro del Ministero delle Infrastrutture ad ANAS ed RFI nella funzione di soggetto Concedente; i relativi rapporti con la Società Concessionaria saranno regolati con apposita Convenzione, da stipularsi entro 60 giorni dall'approvazione del Progetto Preliminare da parte del CIPE;

§         L'attribuzione al Ministero delle Infrastrutture dei compiti di vigilanza sulle attività della Società concessionaria;

§         La realizzazione dell'opera attraverso l'affidamento dei lavori a Contraenti Generali o mediante concessione di costruzione e gestione;

§         La costituzione presso la Stretto di Messina S.p.A., con oneri a proprio carico, di un Comitato Scientifico con compiti di consulenza tecnica, composto da 9 membri scelti, d'intesa con il Ministro delle Infrastrutture, tra soggetti dotati di adeguata specializzazione ed esperienza.

 

La disposizione in commento attribuisce alla società Stretto di Messina s.p.a. due differenti compiti:

§         l’autorizzazione a svolgere, in Italia e all'estero, quale impresa di diritto comune ed anche attraverso società partecipate, attività di individuazione, progettazione, promozione, realizzazione e gestione di infrastrutture di trasporti e di opere connesse;

§         l’autorizzazione ad assumere ed espletare, quale organismo di diritto pubblico, compiti di assistenza tecnica a pubbliche amministrazioni per l'appalto di infrastrutture di trasporti.

 

Con l’attribuzione del primo dei due compiti si intende quindi fare riferimento alla possibilità per la società Stretto di Messina s.p.a. di partecipare alle gare per l’affidamento della gestione e realizzazione di infrastrutture di trasporti e di opere connesse in Italia e all’estero, mentre con il secondo compito si intende assegnare alla società Stretto di Messina s.p.a la funzione di assistere “tecnicamente” altre pubbliche amministrazioni nell’ambito della realizzazione di appalti di infrastrutture e di trasporti.

Con riferimento al secondo compito si osserva che sembrerebbe opportuno specificare in cosa consiste l’attività di assistenza tecnica che la società può espletare. Tale nozione può infatti comprendere una serie di attività (consulenza, prestazioni di manodopera, …) e sembrerebbe quindi opportuno specificare a quali di queste attività ci si riferisce.

 

 


 

Articolo 22
(Conferimento di funzioni a magistrati ordinari e a quelli elettivi del Consiglio superiore della magistratura).


1. Ai fini del conferimento delle funzioni previste dall'articolo 2, comma 1, lettera h), numeri da 7) a 16), e lettera i), numeri 1) e 2), della legge 25 luglio 2005, n. 150, il Consiglio superiore della magistratura valuta, anche sotto i profili del merito, delle attitudini e della capacità organizzativa, lo svolgimento da parte dei magistrati ordinari, per almeno due anni, degli incarichi di capo o vice capo degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri, di capo o vice capo di Dipartimento, ovvero di incarichi non inferiori a quelli di funzione dirigenziale di livello generale o equiparati, anche presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché quelli conferiti ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai magistrati ordinari che hanno svolto, per almeno due anni, gli incarichi ivi previsti antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. I magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura in scadenza nel periodo previsto per l'esercizio delle deleghe di cui alla legge 25 luglio 2005, n. 150, alla cessazione dell'incarico sono ricollocati in ruolo nell'ufficio di provenienza ovvero, a domanda, in altro posto libero per il quale non sia stata avviata la procedura di copertura, senza distinzione di funzioni, ma con esclusione di qualunque incarico direttivo, tenuto conto dell'anzianità di servizio. Per tale ricollocamento in ruolo non si applicano le disposizioni dell'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'articolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. I magistrati destinati all'ufficio di provenienza sono legittimati a presentare domanda di trasferimento o per il conferimento di funzioni di legittimità, semidirettive od direttive, trascorsi sei mesi dalla data di immissione in servizio.


 

 

L’articolo 22 contiene tre distinte disposizioni: le prime (commi 1 e 2) riguardano il conferimento di funzioni direttive e semidirettive a magistrati ordinari e del CSM; l’ultima (comma 3) è relativa al ricollocamento in ruolo di magistrati elettivi componenti il CSM alla scadenza del mandato.

Il comma 1 stabilisce che - ai fini dell’attribuzione di specifiche funzioni direttive e semidirettive previste dalla legge 150/2005[97] - di delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario - il C.S.M. debba pienamente valutare (in relazione a merito, attitudini, capacità organizzativa) anche lo svolgimento, almeno biennale, da parte dei magistrati ordinari:

a) di funzioni di capo o vicecapo presso uffici di diretta collaborazione di ministri;

b) di funzioni di capo o vicecapo presso Dipartimenti;

c) di incarichi, di livello almeno dirigenziale o equiparati, presso la Presidenza del Consiglio nonché di funzioni di coordinamento dell’attività normativa del Governo (ex art. 6, D.Lgs 303/1999)[98] svolte presso il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della stessa Presidenza.

Le funzioni in relazione al cui conferimento va fatta la citata valutazione da parte dell’organo di autogoverno sono quelle semidirettive giudicanti e requirenti di primo e secondo grado, le funzioni direttive giudicanti e requirenti di primo grado, primo grado elevato e secondo grado (art. 2, co, 1, lett. h), nn. 7-16, L. 150/2005) nonchè le funzioni direttive giudicanti e requirenti di legittimità (art. 2, co, 1, lett. i), nn. 1 e 2, L. 150/2005).

 

Per quanto concerne queste ultime (presidente di sezione della Corte di cassazione e avvocato generale della procura generale presso la Corte di cassazione), va ricordato che ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. i), n. 6, della legge 150/2005, tali funzioni possano essere conferite esclusivamente ai magistrati che, in possesso dei requisiti richiesti, abbiano frequentato un apposito corso di formazione alle funzioni direttive presso la Scuola superiore della magistratura il cui giudizio finale è valutato dal C.S.M., siano stati positivamente valutati nel previsto concorso per titoli ed abbiano ancora due anni di servizio prima della data di ordinario collocamento a riposo.

 

Le indicate funzioni di supporto e collaborazione all’attività di Governo da parte dei magistrati non sono, quindi, valutate ai fini del conferimento delle sole funzioni direttive superiori (giudicanti e requirenti) ed apicali di legittimità.

Le prime sono quelle di presidente aggiunto della Corte di cassazione, presidente del Tribunale superiore delle acque pubbliche, procuratore generale e procuratore generale aggiunto presso la Corte di cassazione); quelle direttive superiori apicali sono riferiribili unicamente alle funzioni di primo Presidente della Corte di cassazione.

 

Il comma 2 dell’articolo 22 introduce una disposizione transitoria in base alla quale - ai fini dell’attribuzione degli incarichi direttivi e semidirettivi indicati - possono beneficiare della valutazione di cui al precedente comma anche i magistrati che abbiano svolto le previste funzioni prima dell’entrata in vigore del decreto legge in esame.

 

Il comma 3 concerne, come accennato, il rientro in servizio, alla fine dell’attuale consiliatura, dei membri togati elettivi del CSM.

 

Il vigente art. 30, comma 2, del D.P.R. 16 settembre 1958 n. 916 (Disposizioni di attuazione e di coordinamento della L. 24 marzo 1958, n. 195, concernente la costituzione e il funzionamento del Consiglio superiore della magistratura e disposizioni transitorie) stabilisce che, a fine mandato, il CSM dispone, eventualmente anche in soprannumero, il rientro in ruolo dei magistrati nella sede di provenienza e nelle funzioni precedentemente esercitate. Prima che siano trascorsi due anni dal giorno in cui ha cessato di far parte del Consiglio, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell’elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie. Tale disposizione, tuttavia, non si applica quando il collocamento fuori del ruolo organico è disposto per consentire lo svolgimento di funzioni elettive.

 

La nuova norma – che assume carattere di specialità rispetto a quella del DPR 916/1958 - riguarda, quindi, gli attuali 16 magistrati elettivi del C.S.M. in scadenza nel 2006; per essi, al termine del mandato è prevista, a domanda, la ricollocazione in ruolo nell’ufficio giudiziario in precedenza ricoperto (ma non in soprannumero) ovvero, su domanda, ad altro posto libero (la cui procedura di copertura non sia, però, iniziata), senza distinzione di funzioni ma con esclusione di ogni incarico direttivo, tenuto conto dell’anzianità di servizio.

 

La precisazione da parte del comma 3 dell’inapplicabilità, in sede di ricollocamento in ruolo, dell’art. 13 della legge 97/1979[99] sembra finalizzata ad evitare che i magistrati “ricollocati” possano godere dei benefici economici collegati ai trasferimenti di sede non richiesti; ai sensi della citata norma, è infatti in particolare corrisposta un’indennità di missione (in misura intera per il primo anno e in misura ridotta alla metà per il secondo anno) in caso di trasferimento d’ufficio o comunque a sede per la quale il magistrato non abbia proposto domanda anchorchè abbia manifestato il consenso o la disponibilità (fuori della ipotesi di trasferimento per incompatibilità).

 

Infine, si prevede che i magistrati destinati agli uffici giudiziari di provenienza non possano avanzare domanda di trasferimento né di conferimento di funzioni (direttive o semidirettive) di legittimità prima di sei mesi dalla data di immissione in servizio.

 

 

 


Articolo 23
(Dirigenti dell'Amministrazione archivi notarili).


1. Il secondo comma dell'articolo 7 della legge 19 luglio 1957, n. 588, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «I dirigenti dell'Amministrazione degli archivi notarili che abbiano svolto almeno venti anni di effettivo esercizio delle funzioni di conservatore, di cui almeno dieci nelle qualifiche dirigenziali, dopo la concessazione dal servizio, d'ufficio o a domanda, anche senza diritto al trattamento pensionistico, possono esercitare le funzioni di coadiutore notarile, ai sensi degli articoli 45 e 46 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, fino all'età massima di settantacinque anni».

2. Il quarto comma dell'articolo 45 della legge 16 febbraio 1913, n. 89, è sostituito dal seguente:

«Un coadiutore temporaneo può essere nominato, per un periodo non inferiore ad un mese, al notaio assente per servizio militare o, in luogo del delegato di cui all'articolo 44, al notaio assente in permesso o temporaneamente impedito. Competente per la nomina è il presidente del consiglio notarile ovvero il consiglio qualora il notaio assente rivesta la qualifica di presidente del consiglio».

3. È abrogato il secondo comma dell'articolo unico della legge 2 maggio 1983, n. 17.


 

 

La norma in esame mira a rimediare alla carenza di figure professionali idonee allo svolgimento della funzione di coadiutore notarile.

A tal fine, il comma 1 dell’art. 23 riformula il comma 2 dell’art. 7 della legge 19 luglio 1957, n. 588 “Norme complementari alla L. 17 maggio 1952, n. 629, sul riordinamento degli archivi notarili”.

Tale ultima disposizione ha previsto, fino all’entrata in vigore del DL in esame, che gli impiegati della carriera direttiva degli Archivi notarili che avessero conseguito la qualifica di conservatore capo aggiunto o qualifica equiparata, potessero, dopo la cessazione dal servizio, esercitare funzioni di coadiutore, ai sensi degli artt. 45 e 46 della legge 16 febbraio 1913, n. 89.

 

La legge 16 febbraio 1913, n. 89 “Ordinamento del notariato e degli archivi notarili”) prevede (art. 45) l’eventualità che il notaio - per cecità, sordità, sopravvenuto impedimento assoluto alla scrittura o che abbia già 40 anni di esercizio effettivo - sia affiancato da un coadiutore. La nomina di quest’ultimo, scelto fra le persone che abbiano tutti i requisiti per la nomina a notaio, o anche fra i notai esercenti nello stesso comune, avviene su proposta del notaio stesso ed è di competenza del Ministro della giustizia, udito il parere del Consiglio notarile (comma 1). Il coadiutore esercita tutte le funzioni notarili in nome e nell'interesse del notaio impedito e ne assume tutti gli obblighi, ma non ha alcun diritto di futura successione. (comma 2) Il notaio coadiuvato ha facoltà di assistere il coadiutore e di concorrere con lui nell'esercizio delle funzioni notarili, ma non può esercitarle da solo (comma 3). Un coadiutore temporaneo potrà analogamente essere nominato, per un periodo non minore di un mese, dall'autorità competente a concedere il permesso d'assenza, al notaio assente in servizio militare, o, in luogo del delegato di cui all'art. 44, del notaio assente in permesso, o temporaneamente impedito (comma 4).

L’art. 46 stabilisce che il notaio depositario, delegato o coadiutore, in ogni atto, non escluse le autenticazioni delle copie, degli estratti, e dei certificati, sia obbligato di menzionare l'avvenuta nomina o delegazione, indicandone la data senza esprimerne la causa (comma 1). Al notaio impedito, sospeso, inabilitato o interdetto temporaneamente spetterà soltanto la metà degli onorari per le operazioni compiute dal notaio depositario o delegato, a vantaggio del quale rimarranno i rimanenti proventi (comma 2).

 

Il nuovo comma 2 del citato art. 7 abilita, quindi, all’esercizio delle funzioni di coadiutore notarile i dirigenti a riposo dell’amministrazione degli archivi notarili con almeno 20 anni di esercizio effettivo delle funzioni di conservatore, di cui la metà svolte come dirigente.

L’allargamento della platea dei candidati-coadiutori deriverebbe, quindi, dalla eliminata necessità del possesso della specifica qualifica di conservatore capo aggiunto (o qualifica equiparata) essendo ora sufficiente l’esercizio di fatto delle funzioni di conservatore (anche se per almeno 20 anni, di cui la metà come dirigente).

Il comma 2 precisa, inoltre, che l’attribuzione delle funzioni avviene (dopo la cessazione del servizio) a domanda o d’ufficio – anche senza diritto al trattamento pensionistico - fissando a 75 anni il limite massimo d’età dei coadiutori così nominati.

Si osserva come la formulazione di tale parte della norma potrebbe dar adito a difformi interpretazioni. Infatti, a prima lettura, potrebbe opinarsi che il riferimento alla procedura “d’ufficio” possa riguardare l’attribuzione stessa delle funzioni di coadiutore notarile (sarebbe, quindi, l’amministrazione ad agire d’ufficio in tal senso), cosa che, riguardando un dipendente legittimamente collocato a riposo, non appare ovviamente possibile. Plausibile, invece, che l’interpretazione corretta sia quella riferita alla cessazione del servizio “a domanda” (nel caso, ad esempio, di pensioni di anzianità) o “d’ufficio” (in caso di raggiunti limiti di età per la pensione di vecchiaia).

 

Il comma 2 dell’art. 23 in esame sostituisce poi il comma 4 del citato art. 45 della legge 89/1913 che prevedeva (v. ante) la possibile nomina di un coadiutore temporaneo (per un periodo minimo di un mese) del notaio assente in servizio militare o in luogo del notaio delegato ex art. 44, assente in permesso o temporaneamente impedito.

 

L’art. 44 della legge 89/1916 stabilisce che in caso di impedimento temporaneo del notaio all’esercizio delle funzioni (per assenza, per sospensione, inabilitazione o interdizione temporanea, per malattia o altro) il presidente del Consiglio notarile può delegare d'ufficio un altro notaio per la pubblicazione dei testamenti e per il rilascio delle copie, degli estratti e dei certificati. Tale funzione, quando per analoghi motivi sia nominato un notaio a ricevere in deposito gli atti e repertori di altro notaio, spetterà di diritto al medesimo notaio nominato.

 

Il nuovo comma 4 precisa che la competenza alla nomina del coadiutore temporaneo appartiene al presidente del consiglio notarile ovvero al consiglio stesso (quando il notaio assente è lo stesso presidente del consiglio notarile).

 

Il comma 3 abroga, infine, il seconda comma dell’articolo unico della legge 2 maggio 1983, n. 17.

Si rileva come il testo del comma 3 contenga un refuso, avendo, chiaramente, il legislatore voluto riferirsi alla legge 2 maggio 1983, n. 179 “Modifica all'art. 7 della legge 19 luglio 1957, n. 588, sugli archivi notarili”

La norma oggetto di abrogazione prevedeva che, dopo l'entrata in vigore della legge, le funzioni di coadiutore assegnate ai sensi dei citati artt. 45 e 46 della L. 89/1913 potessero essere esercitate fino e non oltre un quinquennio dalla data di prima assunzione delle funzioni stesse.

All’abrogazione consegue, perciò (anche per i coadiutori notarili già in attività), la possibilità di esercitare le funzioni anche oltre il decorso del termine indicato, fermo restando i limite dei 75 anni.

 

 

 


 

Articolo 24
(Autorità portuali).


1. Dopo il comma 1 dell'articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, è inserito il seguente:

«1-bis. Il Governo promuove, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, la stipula di una intesa con le regioni, le province autonome e le autonomie locali, in sede di Conferenza unificata, finalizzata a definire le procedure di individuazione dei candidati da inserire nella terna di esperti di cui al comma 1 ed a delineare l'iter procedimentale di raggiungimento dell'intesa tra il Ministro e la regione interessata per la nomina del presidente, nel rispetto dei principi di leale collaborazione tra organi dello Stato».


 

 

L’articolo in esame reca una modifica all’articolo 8 della legge 84/1994[100] incidente sulla procedura di nomina del Presidente dell’Autorità portuale.

 

In Italia, la legge n. 84 del 1994, cha ha previsto l’istituzione delle autorità portuali, ha fortemente innovato il precedente modello organizzativo, basato su porti interamente pubblici, introducendo al suo posto il modello del landlord port authority, caratterizzato dalla separazione tra le funzioni di programmazione e controllo del territorio e delle infrastrutture portuali - che sono affidate all’autorità portuale quale soggetto pubblico - e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali, che sono privatizzate, ferma la proprietà pubblica dei suoli e delle infrastrutture.

Le Autorità portuali sono chiamate, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 84 del 1994, a svolgere le seguenti attività: l'indirizzo, la programmazione, il coordinamento e il controllo delle operazioni portuali e delle altre attività commerciali e industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e ordinanza anche in riferimento alla sicurezza; la manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni, compresi i fondali, attraverso apposite convenzioni con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; l'affidamento e il controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti di servizi di interesse generale, che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad individuare con propri decreti.

 

La disciplina del procedimento di nomina dei presidenti delle autorità portuali è dettata dall’articolo 8 della legge 84/94, modificato dall’articolo 6 del decreto-legge n.136/2004[101].

Secondo le disposizioni di cui al comma 1 dell’articolo 8, il presidente dell’autorità portuale deve essere nominato, previa intesa con la regione interessata, con decreto ministeriale, nell’ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio competenti sul territorio. La terna è comunicata al Ministro dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare entro trenta giorni dalla richiesta una seconda terna di candidati nell’ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente, previa intesa con la regione interessata, comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale.

Con l’approvazione del DL 136/2004 che ha introdotto il comma 1-bis nell’articolo 8 della legge n. 84/94, è stata espressamente prevista una procedura volta a superare il mancato raggiungimento dell’intesa con la regione interessata e ad evitare il ricorso alla nomina di commissari straordinari nel caso in cui l’intesa non venga raggiunta. La disposizione è stata oggetto di approfondito esame da parte delle Commissioni parlamentari, che hanno proposto modifiche al testo originario dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136, in particolare affidando un ruolo rilevante al presidente della Giunta regionale.

Secondo il testo originario del decreto legge, una volta esperite le procedure già stabilite dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 84 del 94 “qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il ministro può chiedere al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, che provvede con deliberazione motivata”[102].

La formulazione poi approvata del comma 1-bis dell'articolo 8 della legge 84 del 1994 prevede che “Esperite le procedure di cui al comma 1, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'àmbito di una terna formulata a tale fine dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Ove il presidente della giunta regionale non provveda alla indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei Ministri, che provvede con deliberazione motivata”.

 

Nell’ambito del dibattito concernente il ruolo delle autorità portuali e l’attuazione della legge n. 84 del 1994, la problematica relativa alla nomina dei presidenti e degli organi delle Autorità portuali ha assunto – soprattutto negli ultimi anni - una particolare rilevanza. Tale problematica è stata oggetto di approfondimento in varie sedi parlamentari (in particolare, nell’ambito dell’esame delle proposte di nomina a presidente di autorità portuali, del disegno di legge S. 2757, di riforma della legislazione in materia portuale, di atti di sindacato ispettivo e di documenti di indirizzo)[103], specie nella fase anteriore a quella della approvazione del decreto-legge n. 136 del 2004. Nella fase successiva all’approvazione del predetto decreto-legge, la riflessione si è concentrata per lo più sulla corretta applicazione della nuova disciplina, e su eventuali elementi di ambiguità che ancora possono presentare le relative norme.

A tale riguardo, si ricorda che il Consiglio di Stato – con parere n. 89/2005 - ha segnalato che, sia nel caso in cui la regione sia rimasta silente, sia nel caso in cui la stessa regione abbia provveduto ad esternare la propria terna, il Ministro, nell'esercizio del suo potere di nomina, potrà discrezionalmente avvalersi anche («tenendo conto») delle proposte degli enti locali; nel caso di terna regionale le indicazioni degli enti locali potranno costituire parametro, seppure non vincolante, di scelta ministeriale. Il Consiglio di Stato ha altresì precisato,in primo luogo, che dall’evidente finalità acceleratoria perseguita dalla novella del 2004 sembra potersi desumere la preclusione della facoltà di chiedere una seconda terna di candidati, anche laddove il Ministro non ritenga alcuno dei tre designati dalla regione idoneo a ricoprire l'incarico, in secondo luogo, che il potere di investire della “questione” il Consiglio dei ministri presuppone solo l'ipotesi omissiva, non anche quella di dissenso tra Ministro e regione.

Peraltro, con riferimento all’ipotesi in cui alcuni dei soggetti della terna indicati dal Presidente della Giunta regionale risultino soggetti a situazioni di incompatibilità “non rimovibili”, il Consiglio di Stato nel parere n. 302 espresso nell’adunanza della II sezione del 16 marzo 2005 ha precisato che la questione della possibilità di integrazione della terna mediante la sostituzione dei nominativi ritenuti incompatibili dal Ministero con altri candidati deve essere risolta alla stregua del superiore principio di leale collaborazione. Il Consiglio di Stato ha così chiarito che “In presenza di tale adempimento (comunicazione della terna da parte del Presidente della Giunta regionale) ben potrebbe il Ministro, ispirandosi al principio di leale collaborazione (nonché a quello della conservazione degli atti solo parzialmente invalidi), scegliere all’interno degli altri due nomi della terna che non presentino preclusioni, ovvero richiedere egli stesso modificazioni della terna per motivate ragioni di evidente e non rimovibile incompatibilità”e che “In caso di assenza di richieste da parte del Ministro, ove l’irregolarità dovesse essere riscontrata dalla Regione proponente, l’attuazione del principio di leale collaborazione dovrebbe poter giustificare, dietro ampia e in presenza di circostanze oggettive, anche un intervento correttivo diretto da parte della Regione”.

 

Si sottolinea, peraltro, che sulla questione della nomina dei Presidenti delle Autorità portuali è intervenuta di recente la Corte costituzionale pronunciandosi sul ricorso presentato dal Consiglio dei ministri avverso la legge regionale  del Friuli Venezia Giulia recante disposizioni sulla nomina del Presidente dell’Autorità portuale di Trieste.

In particolare, si ricorda che, anteriormente all’entrata in vigore del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, è stata approvata una legge regionale del Friuli-Venezia Giulia (legge regionale 24 maggio 2004, n. 17, recante Riordino normativo dell'anno 2004 per il settore degli affari istituzionali, entrata in vigore in data 26 maggio 2004) nella quale è stata inserita una disposizione che ridefinisce la procedura di nomina del presidente dell’Autorità portuale di Trieste, attribuendo sostanzialmente al presidente della regione, che tra l’altro promuove l’intesa con il Ministro, il potere di nomina del Presidente dell'autorità portuale (sia pure a seguito di una procedura di concertazione più ampia, che coinvolge anche gli enti locali)[104].

La Corte costituzionale si è pronunciata sulla questione con sentenza n. 378 del 2005 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136 del 2004 nel testo precedente alle modifiche intervenute in sede di conversione , nonché dell’articolo 1, comma 2, della relativa legge di conversione (n. 186 del 2004) che  faceva salvi gli atti compiuti ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge (applicandosi, in particolare, alla fattispecie della nomina del Presidente dell’Autorità portuale di Trieste, cui si è proceduto in pendenza di conversione del decreto-legge).

Nella motivazione della sentenza, la Corte Costituzionale evidenzia, in particolare, come nella fattispecie contemplata dall’articolo 6 del decreto-legge “il meccanismo escogitato per superare la situazione di paralisi determinata dal mancato raggiungimento dell’intesa è tale da svilire il potere di codeterminazione riconosciuto alla Regione, dal momento che la mera previsione della possibilità per il Ministro di far prevalere il suo punto di vista, ottenendone l’avallo dal Consiglio dei Ministri, è tale da rendere quanto mai debole, fin dall’inizio del procedimento, la posizione della Regione che non condivide l’opinione del Ministro e da incidere sull’effettività del potere di codeterminazione”.

Occorre, comunque, precisare che la Corte  nella stessa sentenza n. 378 del 2005 ha inoltre dichiarato “non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 6 del decreto-legge n. 136 del 2004, come modificato dalla legge n. 186 del 2004, sollevata in riferimento agli articoli 117, comma terzo, e 118 della Costituzione dalla regione Fruili Venezia Giulia con proprio ricorso”. Sul punto, la Consulta – richiamando le argomentazioni addotte per dichiarare l’illegittimità costituzionale della sopra citata legge regionale del Friuli Venezia Giulia -  ha in primo luogo precisato che “l'esigenza di leale cooperazione, insita nell'intesa, non esclude a priori la possibilità di meccanismi idonei a superare l'ostacolo che, alla conclusione del procedimento, oppone il mancato raggiungimento di un accordo sul contenuto del provvedimento da adottare; […..] Tali meccanismi, quale che ne sia la concreta configurazione, debbono in ogni caso essere rispettosi delle esigenze insite nella scelta, operata dal legislatore costituzionale, con il disciplinare la competenza legislativa in quella data materia: e pertanto deve trattarsi di meccanismi che non stravolgano il criterio per cui alla legge statale compete fissare i principî fondamentali della materia; che non declassino l'attività di codeterminazione connessa all'intesa in una mera attività consultiva; che prevedano l'allocazione delle funzioni amministrative nel rispetto dei principî di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all'art. 118 Cost”. Sulla base di tali premesse la Corte ha specificato che “la scelta, operata dal legislatore statale nel 1994, di coinvolgere la Regione nel procedimento di nomina del Presidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell'economia regionale e, prima ancora, locale (…..)” e che “ la scelta del legislatore costituente del 2001 - di inserire la materia "porti e aeroporti civili" nel terzo comma dell'art. 117 Cost. - non può essere intesa quale "declassamento" degli interessi dell'intera comunità nazionale connessi all'attività dei più importanti porti: interessi, anche questi, la cui cura è, con la vastità dei compiti assegnatigli ed il ruolo riconosciutogli, affidata in primo luogo al Presidente, e pertanto la sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge generale del 1994, così resta a lui attribuita dalla medesima legge-quadro che ancora oggi governa la materia” La Corte conclude  precisando che “l'originaria previsione in tema di potere di nomina si coordina con l'insieme della legge contribuendo, quale sua organica articolazione, all'equilibrio che essa realizza tra istanze centrali, regionali e locali; sicché tale previsione continua a costituire principio fondamentale della materia, alla pari delle altre sulla composizione degli organi e sui loro compiti e poteri”.

 

La disposizione in commento introduce all’articolo 8 della legge 84/94 un comma prima del comma 1-bis sopra descritto, a norma del quale il Governo promuove, in sede di Conferenza unificata, un’intesa – ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 131/2003[105] - con le regioni, le province autonome e le autonomie locali, finalizzata a:

§         definire le procedure di individuazione dei candidati da inserire nella terna degli esperti prevista al comma 1;

§         individuare un iter procedimentale per il raggiungimento dell’intesa tra il Ministro e la regione interessata necessaria per la nomina del Presidente, in un ottica di leale collaborazione tra organi dello Stato.

 

La relazione illustrativa precisa che la disposizione è finalizzata a consentire la definizione delle procedure per la nomina del Presidente dell'Autorità portuale in caso di mancato raggiungimento dell'intesa con la regione territorialmente competente.

Il rinvio all’intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'individuazione dell'esatto iter procedimentale di nomina risponde – sempre secondo quanto si legge nella relazione illustrativa -  all'esigenza, ribadita più volte negli ultimi pronunciamenti della Corte costituzionale, di garantire un maggiore coinvolgimento degli enti territoriali nella nomina dei presidenti delle autorità portuali.

 

 

Sembrerebbe da verificare l’effettivo coordinamento tra le procedure per la nomina previste dal previgente articolo 8 della legge 84/94 e l’iter procedimentale che l’intesa promossa ai sensi della disposizione in commento dovrebbe individuare ai fini del raggiungimento dell’accordo tra il Ministro e la regione necessario per la nomina del Presidente.

 

 

 

 


 

Articolo 25
(Modifiche all'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).


1. All'articolo 28, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo le parole: «purché muniti di diploma di laurea» sono inserite le seguenti: «ovvero, se in possesso di diploma di laurea e dottorato triennale di ricerca, coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a due anni».

 


 

 

L’articolo 25 consente l’accesso al concorso per esami per la dirigenza pubblica a coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati presso pubbliche amministrazioni, per un periodo non inferiore a 2 anni se in possesso, oltre che del diploma di laurea, anche del diploma triennale di dottorato di ricerca.

 

Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001[106] sono due le modalità per l’accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni pubbliche: il concorso per esami, riservato ai dipendenti pubblici, e il corso-concorso selettivo di formazione, aperto a tutti i cittadini (art. 28):

§       al concorso per esami possono partecipare i dipendenti delle pubbliche amministrazioni muniti o coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali ai sensi dell’art. 19, co. 6 del D.Lgs. 165/2001;

§       al corso-concorso possono essere ammessi i cittadini muniti di laurea e di titolo di studio post – universitario. Il corso dura un anno, ed è seguito da uno stage di sei mesi presso amministrazioni pubbliche o private. A conclusione del corso è previsto un esame finale.

I vincitori dei concorsi sono tenuti a frequentare un corso di formazione.

I concorsi sono banditi dal Presidente del Consiglio dei ministri – che nomina anche le commissioni esaminatrici – e consistono in due prove scritte e una prova orale. Nel caso in cui il numero dei candidati sia  molto alto può essere prevista una prova preselettiva per determinare l’ammissione dei candidati alle successive prove scritte. Il test preselettivo è articolato in requisiti a risposta multipla.

In particolare, per quanto riguarda il concorso per esami, oggetto della novella operata dalla disposizione in esame, sono quattro le categorie ammesse:

1)       i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno 5 anni di servizio svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. (il periodo e ridotto a 4 anni per i vincitori del corso-concorso e a 3 anni per coloro che sono in possesso del diploma di specializzazione);

2)       i dirigenti di strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali;

3)       i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno 4 anni presso organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea;

4)       coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea.

 

Relativamente ai soggetti di cui al punto 4, si tratta di personale esterno ai ruoli di dirigenti ai quali possono essere conferiti, a determinate condizioni, incarichi di funzione dirigenziale con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001. Il numero di incarichi non può eccedere una certa soglia, per ciascuna amministrazione, pari al 10% della dotazione organica dei dirigenti di prima fascia e l’8% di quella di seconda fascia. Inoltre, possono essere conferiti a personale di particolare e comprovata esperienza professionale.

L’articolo in esame amplia appunto la platea dei possibili candidati al concorso per esami appartenenti a questa categoria: non solamente, dunque, i laureati che hanno svolto funzioni dirigenziali per 5 anni, ma anche coloro che hanno avuto un incarico per 2 anni e che, però, oltre al diploma di laurea sono in possesso anche di un dottorato triennale di ricerca.

 

 

 


 

Articolo 26
(Disposizioni in materia di pari opportunità).


1. Tutti gli oneri derivanti dall'istituzione dell'ufficio di cui all'articolo 29, comma 1, lettere i) ed l), della legge 1o marzo 2002, n. 39, ivi compresi i compensi per gli esperti e consulenti esterni previsti dall'articolo 7, comma 5, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, nonché gli emolumenti accessori, determinati con decreto del Ministro competente, per il personale di altre amministrazioni pubbliche collocato presso l'ufficio in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo in applicazione del medesimo articolo 7, comma 5, trovano esclusiva ed integrale copertura nello stanziamento di cui al comma 2 dell' articolo 29 della citata legge n. 39 del 2002.


 

 

L’articolo in esame è volto a chiarire che gli oneri derivanti dall’istituzione dell’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, ivi compresi i compensi per gli esperti e consulenti esterni, nonché gli emolumenti accessori per il personale di altre amministrazioni pubbliche collocato in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo, ai sensi dell’articolo 7, comma 5, del decreto legislativo n. 215 del 2003[107], devono trovare copertura finanziaria esclusivamente nella disponibilità dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 29, comma 2, della legge n. 39 del 2002[108].

 

Si ricorda che l’articolo 29 della legge comunitaria 2001 ha disposto il recepimento della direttiva del Consiglio 2000/43/CE, del 29 giugno 2000, volta a dar attuazione al principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. A tal fine, l'articolo in esame conferisce una delega al Governo per l'emanazione di uno o più decreti legislativi, il cui oggetto è individuato sia nell'organica attuazione della direttiva in questione, sia nel coordinamento (anche attraverso modifica o integrazione) delle disposizioni vigenti in materia di garanzie contro le discriminazioni per cause direttamente  o  indirettamente collegate alla razza o all'origine etnica. I decreti legislativi avrebbero dovuto dare attuazione al diritto comunitario in oggetto, nel rispetto di una pluralità di specifici principi e criteri direttivi, analiticamente dettati nell'articolo.

Particolare rilievo assume il criterio contenuto nella lett. i) che prevede l'istituzione nell'anno 2003, presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un ufficio di controllo e di garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di garanzia, con compiti di promozione della parità di trattamento e di rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica.

Si ricorda che la delega legislativa di cui al citato articolo 29 della legge comunitaria 2001 è stata attuata con il decreto legislativo n. 215 del 2003 su citato. In particolare, l’articolo 7 di tale decreto legislativo ha provveduto ad istituire l’ufficio per il contrasto delle discriminazioni presso il dipartimento pere le pari opportunità.

L'ufficio, alla cui direzione è posto un responsabile nominato dal Presidente del Consiglio, dovrà attendere alle proprie funzioni attraverso attività di assistenza indipendente, nei procedimenti giurisdizionali o amministrativi, ai soggetti lesi dalle discriminazioni.

Tra le altre funzioni previste dall'articolo si segnalano lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione (nel rispetto delle prerogative dell'autorità giudiziaria); la promozione di misure specifiche e di azioni positive presso soggetti pubblici e privati; la formulazione di pareri, raccomandazioni e proposte di modifica della vigente normativa in materia; la redazione di una relazione annuale al Parlamento sull'applicazione del principio di parità di trattamento e sull'operatività dei meccanismi di garanzia, e al Presidente del Consiglio dei ministri, specificamente sull'attività svolta; la diffusione di informazioni sulla normativa vigente in materia di parità di trattamento.

In particolare, il comma 5 dell’articolo 7 prevede che il summenzionato ufficio possa avvalersi di personale di altre amministrazioni pubbliche (compresi magistrati, avvocati e procuratori dello Stato), in posizione di comando, aspettativa o fuori ruolo, e di ulteriori esperti e consulenti esterni.

Si ricorda inoltre che il comma 2 dell'articolo 29 della legge comunitaria 2001 quantifica l'onere derivante dall'istituzione dell'ufficio di controllo e di garanzia della parità di trattamento e dell'operatività degli strumenti di garanzia, in 2.035.357 euro annui, a decorrere dall'anno 2003. La copertura del summenzionato onere è posta a carico del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie di cui all'articolo 21 della L. 183/1987.

Il comma 3 dell'articolo 29 precisa che l'attuazione dell'articolo non comporta altri oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, fatta eccezione per quanto disposto dal comma 2.

 

Si ricorda inoltre che l’aspettativa implica una sospensione temporanea del rapporto di lavoro per ragioni particolari e contingenti, in sostanza è la condizione giuridica in cui viene a trovarsi il dipendente pubblico quando sia temporaneamente esonerato dal servizio. L’aspettativa, quindi, si configura come una situazione giuridicamente tutelata dei pubblici impiegati, la quale in particolari casi può assumere la consistenza di un diritto soggettivo perfetto. La determinazione concreta di tale situazione soggettiva, nel rapporto di lavoro privatizzato, è rimessa alla contrattazione collettiva.

Nel pubblico impiego l’istituto dell’aspettativa è disciplinato dall’articolo 66 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, stabilisce le cause dell'aspettativa.  In particolare, il richiamato articolo dispone che l'impiegato può essere collocato in aspettativa  per:

     servizio militare: l’articolo 67 del D.P.R. 3 del 1957 stabilisce che l'impiegato chiamato alle armi per adempiere agli obblighi di leva o per anticipazione del servizio di leva in seguito ad arruolamento volontario è collocato in aspettativa per servizio militare, senza assegni. L'impiegato richiamato alle armi in tempo di pace è collocato in aspettativa per il periodo eccedente i primi due mesi di richiamo; per il tempo eccedente tale periodo compete all'impiegato richiamato lo stipendio più favorevole tra quello civile e quello militare, oltre gli eventuali assegni personali di cui sia provvisto. Il tempo trascorso in aspettativa è computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza ;

     infermità: l’articolo 68 del D.P.R. 3 del 1957 stabilisce che l’aspettativa per infermità è disposta, d'ufficio o a domanda, quando sia accertata, in base al giudizio di un medico scelto dall'amministrazione, l'esistenza di una malattia che impedisca temporaneamente la regolare prestazione del servizio.L'aspettativa per infermità ha termine col cessare della causa per la quale fu disposta; essa non può comunque protrarsi per più di 18 mesi. Durante l'aspettativa l'impiegato ha diritto all'intero stipendio per i primi dodici mesi ed alla metà di esso per il restante periodo, conservando integralmente gli assegni per carichi di famiglia. Il tempo trascorso in aspettativa per infermità è computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. Nel caso in cui l'infermità che è motivo dell'aspettativa sia riconosciuta dipendente da causa di servizio, all’impiegato viene riconosciuto, per tutto il periodo dell'aspettativa, il diritto a tutti gli assegni escluse le indennità per prestazioni di lavoro straordinario;

     motivi di famiglia: l’articolo 69 del D.P.R. 3 del 1957 stabilisce il carattere discrezionale di questa fattispecie di aspettativa. La domanda, motivata, è posta dal dipendente al capo del servizio. L'amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese ed ha facoltà, per ragioni di servizio da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne l'accoglimento e di ridurre la durata dell'aspettativa richiesta. L'aspettativa può in qualunque momento essere revocata per ragioni di servizio. Il periodo di aspettativa non può eccedere la durata di un anno. L'impiegato non ha diritto ad alcun assegno. Infine, il tempo trascorso in aspettativa per motivi di famiglia non è computato ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.

A seguito della privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 2, D.Lgs. 165/2001), il rapporto di lavoro in questione è regolamentato dalla disciplina civilistica e dalla contrattazione collettiva, eccetto che per il personale ancora in regime di diritto pubblico (di cui all’articolo 3 del D. lgs. 165/2001). Tale regolamentazione contrattuale ha riguardato anche l’aspettativa, determinando conseguentemente, ai sensi dell’articolo 71 del decreto legislativo n. 165/2001[109], la disapplicazione delle norme relative all’aspettativa contenute nel D.P.R. n. 3 del 1957[110].

Per esempio, l’art. 7 del CCNL siglato il 16.5.2001, integrativo del CCNL del personale del comparto Ministeri sottoscritto in data 16.2.1999, ha disciplinato ex novo l’istituto del comando, determinandosi conseguentemente, sulla base dell’articolo 34 dello stesso CCNL, la disapplicazione dell’articolo 66 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3.[111]

Si prevede che al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta, possono essere concessi, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia, senza retribuzione e senza decorrenza dell'anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio. Il dipendente rientrato in servizio non può usufruire di un altro periodo di aspettativa per motivi di famiglia anche per motivi diversi se non siano intercorsi almeno quattro mesi di servizio attivo. Qualora l'aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per l'educazione e l'assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali periodi pur non essendo utili ai fini della retribuzione e dell'anzianità, sono utili ai fini degli accrediti figurativi per il trattamento pensionistico. L'amministrazione, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, invita il dipendente a riprendere servizio con un preavviso di dieci giorni. Il dipendente per le stesse motivazioni e negli stessi termini può riprendere servizio di propria iniziativa. Nei confronti del dipendente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa del termine di preavviso di cui sopra, il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso.

Alcune tipologie di aspettativa sono previste direttamente dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n.165. In particolare, il provvedimento richiamato ha stabilito che l’aspettativa si può avere per:

     mandato parlamentare: l’articolo 68 del D.Lgs., dispone che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale, al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato. Gli eletti, inoltre, possono optare per la conservazione, in luogo dell'indennità parlamentare e dell'analoga indennità corrisposta ai consiglieri regionali, del trattamento economico in godimento presso l'amministrazione di appartenenza, che resta a carico della medesima. Il periodo di aspettativa, infine, è utile ai fini dell'anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza;

     permesso sindacale: l’articolo 50 del D.Lgs. 165 del 2001 ha affidato alla contrattazione collettiva il compito di determinare i limiti massimi della fruizione di aspettative e permessi dei lavoratori per incarichi sindacali, con l’obiettivo del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico. Lo strumento di tale intervento è stato individuato in un apposito accordo tra l’ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell’articolo 43 dello stesso D.Lgs. 165 del 2001.

 

Per gli istituti del comando e del fuori ruolo nelle pubbliche amministrazioni, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 3.

 

 

 


 

Articolo 27
(Comitato atlantico italiano).


1. Al fine di assicurare la funzionalità del Comitato atlantico italiano, incluso nella tabella degli enti a carattere internazionalistico di cui alla legge 28 dicembre 1982, n. 948, e successive modifiche ed integrazioni, è assegnato un contributo straordinario a favore dello stesso di 200.000 euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

La norma in oggetto assegna un contributo straordinario di 200.000 euro annui per il triennio 2006-2008 a favore del Comitato atlantico italiano. Tali somme sono reperite a carico del fondo speciale di parte corrente (bilancio triennale 2006-2008), mediante parziale utilizzazione dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

 

Il Comitato atlantico italiano è uno degli enti sottoposti alla vigilanza del Ministero degli Affari esteri e destinatari di contributi ai sensi della legge 28 dicembre 1982, n. 948  (Norme per l'erogazione dei contributi statali agli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del Ministero degli affari esteri).

 

Beneficiari dei contributi sono gli enti che svolgono attività di studio, ricerca e formazione nel campo della politica estera o di promozione e sviluppo dei rapporti internazionali, a condizione che operino sulla base di una programmazione triennale e dispongano delle attrezzature idonee per lo svolgimento delle attività programmate.

Ai sensi della legge 948/82, il contributo destinato ai singoli enti è determinato da una tabella allegata alla legge stessa e soggetta a revisione triennale mediante decreto del Presidente della Repubblica[112]. In sede di revisione della tabella possono essere inclusi anche enti che non abbiano precedentemente fruito di contributi: in tal caso il contributo statale non può superare il 65 per cento delle entrate risultanti dal bilancio preventivo dell'ultimo anno.

Il contributo, programmato su base triennale, viene però erogato annualmente e ha carattere ordinario. Tuttavia la legge 948/82 prevede, all'art. 2, che il Ministro degli esteri possa concedere contributi straordinari a favore di singole iniziative di particolare interesse. Di tali contributi e delle ragioni che li hanno determinati il Ministro deve dare conto nella relazione annuale al Parlamento, prevista all'art. 3 della stessa legge 948/82.

La legge 948/82 dispone che il Ministero eserciti la vigilanza attraverso l'esame dei bilanci preventivi e consuntivi degli enti nonché di altri documenti. E' inoltre prevista, ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, la partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

 

Da ultimo, il Decreto del Ministro degli Affari esteri 10 agosto 2004, Approvazione della tabella per l'erogazione del contributo annuale dello Stato, per il triennio 2004-2006, a favore degli enti a carattere internazionalistico sottoposti alla vigilanza del Ministero degli affari esteri, ha operato la revisione degli enti ammessi ai contributi statali, quantificando altresì la misura annuale degli stessi, riconoscendo al Comitato atlantico un contributo pari a 22 mila euro annui.

 

Si ricorda che mentre il Decreto che approva la tabella triennale configura per il triennio di riferimento gli enti beneficiari e i relativi importi ordinari annuali, nonché l'ammontare dei contributi straordinari per singoli progetti previsti dall'art. 2 della legge 948/1982; altri interventi normativi possono naturalmente, di anno in anno, determinare effetti di incremento o decremento. Va tenuto presente, in particolare, l’articolo 32, comma 2 della legge finanziaria per il 2002, che ha disposto che i contributi a favore degli enti e associazioni - di cui alla Tabella 1 allegata alla legge finanziaria per il 2002 - di interesse di ogni Ministero vengano raggruppati in un'unica UPB (Unità previsionale di base) del relativo stato di previsione. La ripartizione dei contributi viene affidata a decreti ministeriali, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari entro il 31 gennaio di ogni anno. Ai sensi del successivo comma 3, la quantificazione annuale dell’UPB che ogni Ministero attribuisce al finanziamento di enti e associazioni avviene nella Tabella C della legge finanziaria (per il Ministero degli Affari esteri a carico del cap. 1163). La previsione dell’ articolo 32, comma 2 della legge finanziaria per il 2002 è rilevante per gli enti a carattere internazionalistico, giacché essi sono ricompresi nella sezione della tabella 1 riguardante il Ministero degli Affari esteri.

 

In base alla relazione - trasmessa alla Camera il 12 dicembre 2005 dal Ministero degli Affari esteri – sull’attività nel 2004 degli enti a carattere internazionalistico, il Comitato atlantico italiano, con sede a Roma, ha lo scopo di diffondere la conoscenza in ordine agli scopi e alle attività della NATO, e da cinquanta anni promuove in particolare l’analisi delle problematiche di politica estera, sicurezza e difesa, riferite al ruolo dell’Alleanza atlantica. Il Comitato atlantico assicura inoltre la presenza italiana in seno all’ATA (Associazione del Trattato atlantico), la quale ha il compito di raccordare la NATO con le opinioni pubbliche dei Paesi membri.

Nel 2004 l’evento più importante organizzato dal Comitato atlantico è stata la 50ma Assemblea Generale dell’ATA, svoltasi a Roma dal 1° al 3 dicembre, e dedicata al tema del futuro della sicurezza euro-atlantica.

Proprio in ragione di questo evento, il bilancio 2004 del Comitato atlantico presenta un forte incremento sia delle voci in entrata che in uscita, le prime quintuplicate rispetto all’esercizio precedente, e le seconde più che raddoppiate. Fra le entrate legate alla contingenza prima ricordata si contano 172.000 euro di sponsorizzazioni e un contributo straordinario del Ministero degli Affari esteri di 60.000 euro (dei quali 50.000 espressamente finalizzati all’organizzazione della 50ma Assemblea Generale dell’ATA).

Il bilancio preventivo 2005 del Comitato atlantico, in assenza dell’evento in precedenza richiamato, ha un profilo prudente sia nelle entrate che nelle uscite: si ricorda infatti che mentre nel 2004 il Comitato atlantico ha ricevuto 23.280 euro dalla NATO e 3.895 euro dal Ministero della Difesa, l’ente non gode in pratica di nessun finanziamento privato.

Nella prospettiva probabile di ulteriori tagli dei contributi statali ordinari, il provvedimento in esame mira – come espressamente dichiarato – a integrare in misura notevole il bilancio del Comitato, onde garantirne la funzionalità.

 

 


 

Articolo 28
(Istituto per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori - ISFOL).

 


1. Per il finanziamento delle attività istituzionali dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2006. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, all'uopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame reca un’autorizzazione di spesa pari a 10 milioni di euro in favore dell’ISFOL, al fine di garantire l’espletamento dei compiti istituzionali dell’ente.

La relazione sottolinea che la disposizione “la carattere di urgenza in quanto il finanziamento è indispensabile al funzionamento dell’istituto”.

Alla copertura dell’onere si provvede mediante la riduzione, per un importo corrispondente, dello stanziamento iscritto nell’U.P.B. “Fondo speciale” del Ministero dell’economia nel bilancio triennale 2006-2008, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro  e delle politiche sociali.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell’economia ad apportare, mediante apposito provvedimento, le conseguenti variazioni di bilancio.

 

Nella relazione presentata dal Governo al provvedimento in esame viene evidenziata la seguente previsione di utilizzo del contributo per il 2006:

 

per gli organi dell’ente

633.489 euro

per il personale

5.484.203 euro

per il funzionamento dell’ente

2.488.530 euro

per lo svolgimento dell’attività

1.393.778 euro

 

 

L'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) è un ente nazionale di ricerca, istituito con D.P.R. 30 giugno 1973, n. 478, che opera nel campo della formazione, delle politiche sociali e del lavoro al fine di contribuire alla crescita dell'occupazione, al miglioramento delle risorse umane, all'inclusione sociale e allo sviluppo locale.

A seguito dell’approvazione del nuovo Statuto (DPCM 19 marzo 2003), l’ente ha visto allargato lo spettro operativo cui rivolgere le iniziative istituzionali.

Ai sensi dell’articolo 1 dello Statuto, l’ente è dotato di indipendenza di giudizio e di autonomia scientifica, metodologica, organizzativa, amministrativa e contabile.

Nelle materie di competenza l'ISFOL:

§         svolge e promuove attività di studio, ricerca, sperimentazione, documentazione, informazione e valutazione, consulenza ed assistenza tecnica;

§         fornisce supporto tecnico-scientifico allo Stato, alle regioni e province autonome, agli enti locali, alla Conferenza Stato-Regioni ed alla Conferenza unificata;

§         può svolgere attività di consulenza tecnico-scientifica per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per altri Ministeri e istituzioni nazionali, pubbliche e private, e incarichi che gli vengano attribuiti dal Parlamento;

§         promuove, svolge e realizza le attività previste nel Programma nazionale per la ricerca;

§         può fornire servizi a pubbliche amministrazioni e ad organismi terzi in regime di diritto privato;

§         realizza specifici progetti ed iniziative sperimentali nazionali a carattere innovativo ed esemplare;

§         svolge, anche attraverso propri programmi di assegnazione di borse di studio e di ricerca, attività di formazione nei corsi universitari di dottorato di ricerca;

§         svolge attività di ricerca statistica, in quanto facente parte del Sistema statistico nazionale (SISTAN).

L’articolo 3 dello Statuto precisa che con apposito regolamento dell’ISFOL viene disciplinata la dotazione organica ed il personale, nel rispetto dell’ordinamento vigente e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, mentre la dotazione finanziaria è costituita da (art. 12 dello Statuto):

§         un contributo ordinario annuo per il funzionamento e le attività di istituto, di cui al piano triennale previsto dall'art. 11, a carico dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

§         b) da eventuali contributi a carico del Fondo integrativo speciale di cui all'art. 1, comma 3, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204;

§         c) da eventuali assegnazioni e contributi da parte dell'Unione europea o di altri organismi internazionali, o da parte di enti pubblici o privati;

§         d) da ogni altra eventuale entrata connessa alle proprie attività.

 

 

 


 

Articolo 29
(Consigli di amministrazione delle fondazioni lirico-sinfoniche).


1. All'articolo 12 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 le parole: «da sette membri» sono sostituite dalle seguenti: «da sette a nove membri»;

b) al comma 2 è aggiunto, infine, il seguente periodo: «Per le fondazioni il cui consiglio di amministrazione è composto da nove membri, lo statuto deve prevedere che all'autorità di Governo in materia di spettacolo siano attribuiti almeno due rappresentanti».

 


 

 

L’articolo in esame apporta alcune modifiche alla disciplina delle fondazioni lirico sinfoniche.

 

Si ricorda che la legge n. 800 del 1967[113] dichiarava il “rilevante interesse generale” dell’attività lirica e concertistica “in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale delle collettività nazionali”. L’articolo 5 attribuiva agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza del Ministero del turismo e dello spettacolo[114]. L’articolo 6 riconosceva come enti autonomi 11 teatri lirici[115] ed individuava l’Accademia nazionale di Santa Cecilia (Roma) e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina (Cagliari ) quali istituzioni concertistiche assimilate. Venivano inoltre definiti gli organi di tali enti (presidente, sovrintendente, direttore artistico, consiglio di amministrazione, collegio dei revisori) ed elencate le entrate, costituite da contributi dello Stato, degli enti locali, di enti, associazioni o privati, nonché dai proventi patrimoniali e di gestione.

In seguito, il decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367[116] ha disposto la graduale trasformazione degli enti operanti nel settore musicale in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 163/1985[117].

Sulla materia è intervenuto, da ultimo, l’articolo 3-ter del DL 31 gennaio 2005, n. 7[118], che ha modificato la disciplina vigente attraverso vari interventi volti ad ottimizzare la gestione ed a favorire il contenimento dei costi per gli allestimenti e per il personale; a tal fine il DL ha: disposto (commi 1 e 2) il coordinamento tra le fondazioni; dettato norme in materia di contrattazione nazionale e integrativa (commi 3-5, 8); limitato le assunzioni per il triennio 2005-2007 (comma 6); novellato alcuni articoli del citato D.Lgs.367/1996 (comma 7)[119].

 

In particolare, l’articolo stabilisce - con una modifica all’articolo 12 del d.lgs. 29 giugno 1996, n.367[120] - che i membri dei consigli di amministrazione delle fondazioni (il cui numero è pari a sette compreso il presidente) possano essere aumentati fino a nove (lettera a)); in tal caso  all’autorità di Governo competente in materia di spettacolo sono attribuiti almeno due rappresentanti (lettera b)).

 

Si segnala, infine, che una disposizione di analogo tenore è contenuta in un articolo aggiuntivo approvato dalla 7° Commissione Istruzione del Senato nel corso del dibattito concernente il ddl recante Conversione in legge del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di rinegoziazione di mutui (AS 3684), attualmente all’esame dell’Assemblea.

 

 

 


 

Articolo 30
(Adeguamento della componente aereonavale del Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera).


1. Al fine di rafforzare le capacità di pattugliamento e sorveglianza marittima del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, tramite l'adeguamento della propria componente aeronavale, è autorizzato un contributo annuale di 4 milioni di euro per quindici anni a decorrere dall'anno 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 78, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.


 

 

L'articolo 30 autorizza un contributo annuale di 4 milioni di euro per quindici anni, a decorrere dall’anno 2007, per rafforzare le capacità di pattugliamento e sorveglianza marittima del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera, tramite l’adeguamento della propria struttura aeronavale. Per la copertura del relativo onere, la disposizione prevede una riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 78, della legge 266/2005[121], relativo ad interventi infrastrutturali.

 

La relazione illustrativa precisa che il finanziamento è attuato attraverso la concessione di contributi pluriennali alle imprese nazionali fornitrici, secondo il disposto dell'articolo 4, comma 177, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (come modificato dall'articolo 16 della legge 21 marzo 2005, n. 39) ed è necessario per l'acquisizione di un velivolo ATR 42 MP che consentirebbe di disporre di una linea di volo basata su tre unità di tali aeromobili (attualmente composta da 2 velivoli), con capacità di pattugliamento e sorveglianza marittima atta a garantire, ai fini della sicurezza nazionale, una copertura delle aree di interesse anche internazionale (in virtù anche dei trattati o convenzioni vigenti) pressoché continua. Il finanziamento consentirebbe altresì la fornitura di nuovi elicotteri per il miglioramento dell'attuale organizzazione della componente ad ala rotante, nonché l'approvvigionamento di altre unità (motovedette) al fine di consolidare la componente navale anche in relazione alla nuova formulazione dell'articolo 830 del codice della navigazione che prevede esplicitamente la responsabilità dell'organizzazione di soccorso marittimo in caso di incidente aeronautico civile in mare.

La dotazione di tre velivoli del tipo ATR 42 MP consentirebbe l'ottimale gestione della linea di volo, potendo avvicendare adeguatamente gli aeromobili in dotazione anche nella verosimile ipotesi di avarie tali da rendere inefficiente un velivolo, con le conseguenti ripercussioni sulla capacità di ottimale funzionalità del servizio. L'incremento della predetta linea di volo è finalizzato, in prospettiva di medio-lungo termine, anche in funzione della graduale riduzione della linea di volo costituita dagli aerei P166 DL3 SEM in servizio già da oltre 15 anni.

Nella relazione si evidenzia, infine, che l'esigenza di ottimizzazione della linea di volo elicotteri sopra accennata è collegata alla necessità sempre più cogente di rispondere adeguatamente ad un'attività operativa sempre più intensa, incrementata anche dagli impegni assunti presso la comunità internazionale, con specifico riferimento al controllo delle aree marine ricadenti nell'ambito SAR di cui alla Convenzione di Amburgo del 1979, nonché al monitoraggio delle aree protette e delle acque di interesse nazionale ai fini della tutela dell'ecosistema marino.

 

L’articolo 1, comma 78, della legge 23 dicembre, n. 266 (legge finanziaria per l’anno 2006) autorizza un contributo annuale di 200 milioni di euro, per quindici anni, a decorrere dall'anno 2007 per interventi infrastrutturali. Tra i principali interventi destinatari del contributo si rammentano gli interventi per la realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale, gli  interventi per la realizzazione del programma nazionale degli interventi nel settore idrico ed infine gli interventi tesi al  consolidamento, la manutenzione straordinaria ed il  potenziamento delle opere e delle infrastrutture portuali di competenza di Autorità portuali di recente istituzione e comunque successive al 30 giugno 2003.

 

Il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per  fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della sua opera, fra cui il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che dal 1994 svolge le funzioni collegate all'uso del mare per le attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto, precedentemente svolte dal Ministero della marina mercantile.

Le principali linee di attività del Corpo sono:

§         sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;

§         ricerca e soccorso in mare;

§         protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

§         controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;

§         amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

§         polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.

Ulteriori funzioni sono svolte in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa (arruolamento personale militare), dal Ministero dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), dal Ministero dell’interno (controlli in materia di immigrazione), dal Ministero di grazia e giustizia e dal Dipartimento della protezione civile.

 

 


 

Articolo 31
(Sistema di trasporto ad impianti fissi).


1. Le regolazioni debitorie dei disavanzi delle ferrovie concesse e in ex gestione commissariale governativa, comprensivi degli oneri di trattamento di fine rapporto maturati alla data del 31 dicembre 2000, previste dall'articolo 145, comma 30, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si intendono definite nei termini delle istruttorie effettuate congiuntamente dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dal Ministero dell'economia e delle finanze a seguito delle comunicazioni effettuate e delle istanze formulate dalle aziende interessate entro il 31 agosto 2005.


 

 

L'articolo 31 individua un limite temporale per il riconoscimento delle regolazioni debitorie - previste dall’art. 145, co. 30 della L. 388/2000[122] - dei disavanzi delle ferrovie in concessione ed in ex gestione commissariale governativa, comprensivi anche degli oneri di trattamento di fine rapporto maturati alla data del 31 dicembre 2000. A tal fine la disposizione limita il riconoscimento di tali regolazioni alle istruttorie, eseguite congiuntamente dal Ministero dell’economia e delle finanze e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relative alle istanze presentate e alle comunicazioni effettuate dalle aziende interessate entro la data del 31 agosto 2005.

 

La relazione illustrativa, afferma che “la norma è finalizzata alla definitiva chiusura dell’attività di regolazione delle partite debitorie  e creditorie connesse alla copertura del  disavanzo delle ferrovie concesse in  ex gestione commissariale governativa, comprensiva degli oneri di trattamento di fine rapporto maturati alla data del 31 dicembre 2000, effettuata ai sensi dell’articolo 145, comma 30, della legge 23 dicembre n. 388. La relazione afferma inoltre che l’applicazione della norma comporterà “da un lato, la rinuncia dello Stato all’accertamento di eventuali sopravvenienze attive, dall’altro un risparmio per la finanza statale connesso al mancato riconoscimento delle sopravvenienze passive per le richieste formulate successivamente al 31 agosto 2005”.

 

Il decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422 reca disposizioni relative al conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale. L’articolo 8, comma 6 del citato decreto legislativo pone a carico dello Stato la copertura dei  disavanzi maturati dalle ferrovie in gestione commissariale governativa[123] e delle ferrovie in concessione non affidate alla Ferrovie dello Stato.

La disposizione prevede, più puntualmente, che la copertura dei disavanzi maturati  - ivi compresi gli oneri per il trattamento di fine rapporto[124] - avvenga fino alla data del conferimento alle regioni della gestione delle ferrovie in gestione commissariale governativa e delle ferrovie in concessione, non affidate alla Ferrovie dello Stato. Tale termine viene stabilito dal comma 2 dell’articolo 8 nella data del 1° gennaio 2000. La norma prevede inoltre che al reperimento delle risorse disponibili si provveda con successivi provvedimenti legislativi.

 

Per attuare tali previsioni, l’articolo 145, comma 30, della legge del 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria per l’anno 2001) ha previsto che per le regolazioni debitorie dei disavanzi delle ferrovie concesse e in ex gestione commissariale governativa, comprensivi degli oneri di trattamento di fine rapporto, maturati alla data del 31 dicembre 2000, ad esclusione della società Ferrovie dello Stato S.p.A., e per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubblico locale relativi all'anno 1999, il Ministro dei trasporti e della navigazione, con decreto emanato di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede nell'anno 2001 all'erogazione di lire 1.500 miliardi, nonché di ulteriori lire 300 miliardi per la copertura, per il tramite dell'INPS, degli oneri sopportati dalle aziende esercenti pubblici servizi di trasporto in conseguenza del mancato allineamento, per l'anno 1999, delle aliquote contributive di dette aziende a quelle medie del settore industriale.

Con D.P.C.M. del 16 novembre 2000 concernente l’individuazione ed il trasferimento alle regioni delle risorse per l’esercizio delle funzioni e compiti conferiti ai sensi degli articoli 8 e 12 del D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422 si ricorda che viene ribadito all’articolo 3, comma 1, l’impegno, da parte dello Stato, alla copertura dei disavanzi maturati alla data del conferimento, come previsto dal citato articolo 8, comma 6, del decreto  legislativo 19 novembre 1997, n. 422. Il successivo comma 2 dell’articolo 3 stabilisce, inoltre, l’attribuzione degli oneri relativi alle liti pendenti alladata di trasferimento delle gestioni alle regioni, in capo allo Stato.

 

Si segnala che la rubrica dell’articolo non appare coerente con il contenuto della disposizione, recando un riferimento al diverso tema del “Sistema di trasporto ad impianti fissi”.

 

 


 

Articolo 32
(Carta nazionale dei servizi).


1. Il termine relativo alla procedura di accertamento preventivo del possesso della Carta d'identità elettronica (CIE), di cui all'articolo 8, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 2 marzo 2004, n. 117, è prorogato al 31 dicembre 2006 limitatamente alle richieste di emissione di Carta nazionale dei servizi (CNS) da parte di cittadini non residente nei comuni in cui è diffusa la Carta d'identità elettronica (CIE).


 

 

L’articolo 32 proroga al 31 dicembre 2006 il termine, previsto dall’articolo 8, comma 5, del DPR 117/2004[125], per l’accertamento preventivo del possesso della carta di identità elettronica; tale verifica è finalizzata all’emissione, in favore dei cittadini che non risiedono nei comuni in cui è rilasciato tale documento, della carta nazionale di servizi.

 

Affine alla carta d’identità elettronica, la carta nazionale dei servizi (CNS) è un documento su supporto informatico che consente ai cittadini l'accesso per via telematica ai servizi erogati dalla pubblica amministrazione e da altri enti, senza peraltro svolgere la funzione di documento di identità. Si tratta di uno strumento provvisorio, istituito con il D.Lgs. n. 10 del 2002[126] con lo scopo di anticipare le funzioni di accesso ai servizi in rete della P.A. e da utilizzarsi nella fase transitoria in attesa della piena diffusione della carta d’identità elettronica.

Con il D.P.R. 117/2004 è stato approvato il regolamento concernente la diffusione della carta nazionale dei servizi.

La carta nazionale dei servizi è emessa, su richiesta del soggetto interessato, dalle pubbliche amministrazioni che intendono rilasciarla e si assumono i relativi oneri di produzione e rilascio. Essa ha validità determinata dall'amministrazione emittente, comunque non superiore a sei anni e costituisce lo strumento principale per l’accesso ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, sia quelli di dominio pubblico, sia quelli contenenti informazioni personali del cittadino (dati fiscali, previdenziali, sanitari, ecc.). La carta consente ai cittadini di fruire dei servizi da una postazione dotata di lettore (PC) senza doversi recare personalmente nei vari uffici. La carta nazionale dei servizi può essere utilizzata anche per i pagamenti informatici tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni, secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Le pubbliche amministrazioni che erogano servizi in rete devono consentirne l'accesso ai titolari della carta nazionale dei servizi indipendentemente dall'ente di emissione, che è responsabile del suo rilascio.

Al momento dell'emissione o del rinnovo della carta nazionale dei servizi, l'amministrazione, utilizzando i servizi telematici resi disponibili dall'indice nazionale delle anagrafi (INA), effettua la verifica della corrispondenza dei dati identificativi e accerta che il soggetto richiedente non sia già in possesso della carta di identità elettronica. In caso di corrispondenza dei dati identificativi e se il soggetto richiedente non risulta titolare di una carta d'identità elettronica, l'amministrazione emette la carta nazionale dei servizi ed invia il codice numerico identificativo della carta, la data del rilascio e la data di scadenza all'indice nazionale delle anagrafi, al fine di formare ed aggiornare la lista di emissione.

Con il decreto del Ministro dell'interno, del Ministro per l'innovazione e del Ministro dell'economia del 9 dicembre 2004 sono state definite le regole tecniche e di sicurezza relative alle tecnologie e ai materiali utilizzati per la produzione della Carta nazionale dei servizi.

Con bando di gara pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26 maggio 2005, il CNIPA ha avviato il procedimento per la stipula di un contratto quadro per la fornitura alle pubbliche amministrazioni di un massimo di 3.000.000 di smart card conformi allo standard CNS.

 

La disciplina in precedenza recata dall’art. 36 del D.P.R. 445/2000 è confluita nel Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005[127]). In particolare, le caratteristiche essenziali delle due carte elettroniche (CIE e CNS) sono individuate dall’articolo 66 del Codice. L’art. 64 disciplina inoltre le modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni stabilendo il principio secondo cui le pubbliche amministrazioni possono consentire l'accesso ai servizi in rete da esse erogati che richiedono l'autenticazione informatica anche con strumenti diversi dalla CIE e dalla CSN, purché tali strumenti consentano di accertare l'identità del soggetto che richiede l'accesso. L'accesso con CIE e CSN è comunque consentito indipendentemente dalle modalità di accesso predisposte dalle singole amministrazioni.

 

L’introduzione della carta nazionale dei servizi per quanto riguarda sia le funzioni di controllo del procedimento di emissione in “sicurezza” delle carte da parte dei Comuni, sia quelle relative all’utilizzo del nuovo documento da parte dei cittadini è strettamente connessa al progetto INA-SAIA.

I commi quarto e quinto dell’art. 1 della L. 1228/1954[128], introdotti dall’art. 2-quater del D.L. 392/2000[129], hanno istituito, presso il Ministero dell'interno, l'Indice nazionale delle anagrafi (INA), con l’obiettivo di migliorare l’esercizio della funzione di vigilanza e di gestione dei dati anagrafici tenuti dai comuni.

L’INA è un archivio di servizio, accessibile in rete a tutti i Comuni, nel quale sono contenute una serie di informazioni (cognome e nome del cittadino; codice fiscale; codice del comune di ultima residenza presso il quale sono conservate le informazioni anagrafiche). Le informazioni di dettaglio continuano comunque ad essere contenute e gestite dalle rispettive anagrafi comunali: l’INA pertanto non costituisce un'anagrafe centralizzata, ma una sorta di anagrafe virtuale realizzata attraverso il collegamento telematico delle singole anagrafi comunali.

L’articolo 1-novies del D.L. 44/2005[130] riformula il quarto e il quinto comma dell’art. 1 della L. 1228/1954, recante la disciplina delle anagrafi al fine di alimentare l’indice nazionale delle anagrafi (INA) in vista della diffusione della carta d’identità elettronica.

Con il decreto del Ministero dell’interno 23 aprile 2002, n. 513, è stato costituito il Centro nazionale per i servizi demografici presso il Dipartimento per gli affari interni e territoriali, competente, fra l’altro, in ordine alle funzioni connesse alla gestione dei processi di autenticazione e convalida dei dati anagrafici, alla gestione, all'aggiornamento e alla consultazione dell'INA, alla gestione del Centro servizi anagrafi del Sistema di accesso e interscambio anagrafico (SAIA).

Il continuo e costante aggiornamento delle informazioni contenute nell'INA è garantito dalle comunicazioni di variazioni anagrafiche che vengono inviate tramite il SAIA.

 

 


 

Articolo 33
(Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee).


1. Una quota pari a 10 milioni di euro a valere sull'autorizzazione di spesa per l'anno 2005 di cui all'articolo 32-bis, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è conservata in bilancio e versata in entrata nel 2006, per essere destinata al finanziamento della prosecuzione dei lavori per la realizzazione del «Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee».


 

 

L’articolo 33 prevede che una quota pari a 10 milioni di euro a valere sull'autorizzazione di spesa per l'anno 2005 relativa al fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, istituito dall’articolo 32-bis del DL 269/2003[131] sia conservata in bilancio e versata all’entrata nel 2006, per essere destinata al finanziamento della prosecuzione dei lavori per la realizzazione del “Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee” istituito dalla L. 237/1999[132].

 

Si ricorda che già l’articolo 5 del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 164, recante disposizioni urgenti in materia di attività cinematografiche, aveva disposto – con diversa copertura finanziaria – l’erogazione di un contributo straordinario di 10 milioni di euro per l’anno 2005 per completare la ristrutturazione degli edifici adibiti a sede il Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, ma che tale decreto non è stato convertito in legge.

 

L’articolo 1 (comma 1) della legge 237/1999 ha istituito in Roma il Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee, con il compito di raccogliere, conservare, valorizzare ed esporre le testimonianze materiali della cultura visiva internazionale; a tal fine il Centro è destinato ad ospitare il Museo dell’architettura del Novecento ed il Museo delle arti contemporanee. La stessa norma ha stanziato 20 miliardi (pari a 10,3 milioni di euro) per attività di progettazione e 85 miliardi (pari a 43,9 milioni di euro) per la ristrutturazione edilizia del complesso sede del Centro (che dal 2003 ha assunto la denominazione di MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo)[133].

Recentemente il decreto del ministro dell'economia e delle finanze 8 luglio 2005[134] ha assegnato al ministero per i beni culturali e le attività culturali, per l’esercizio 2005, un finanziamento di 5 milioni di euro destinato al Centro.

Si ricorda inoltre che gli artt. 9 e 11 del DDL S. 2867 (Legge quadro sulla qualità architettonica) di iniziativa governativa, in corso di esame presso la 7° Commissione del Senato, precisano i compiti del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee nel settore dell’architettura e dell’urbanistica e recano le corrispondenti autorizzazioni di spesa.

 

Il finanziamento del Centro per la documentazione e valorizzazione delle arti contemporanee è posto a valere sull'autorizzazione di spesa relativa al fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, istituito dall’articolo 32-bis del D.L. n. 269/2003.

 

L’articolo 32-bisdel DL 269/2003 ha istituito un apposito fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, autorizzando a tal fine la spesa di 73,487 milioni di euro per l'anno 2003 e di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005 destinati a:

§         contribuire alla realizzazione di interventi infrastrutturali, con priorità per quelli connessi alla riduzione del rischio sismico;

§         far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d’arte.

Il fondo è iscritto nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, nel capitolo 7449 (U.P.B. 3.2.10.3 - Presidenza del Consiglio dei ministri - Protezione civile).

Alla data del 31 dicembre 2005 risultano disponibili sul Fondo 10 milioni di euro, che corrispondono esattamente all’importo considerato dall’articolo in esame, che, pertanto, vengono versate all’entrata del bilancio per l’anno 2006 per essere successivamente riassegnate alla pertinente U.P.B.di spesa.

 

In proposito si applica la disciplina dettata dal DPR del 10 novembre 1999 n. 469 “Regolamento di semplificazione del procedimento per il versamento di somme all'entrata e la riassegnazione alle unità previsionali di base per la spesa del bilancio dello Stato”.

L’articolo 2 prevede che le riassegnazioni alle pertinenti unità previsionali di base di particolari entrate, previste da specifiche disposizioni legislative, anche riguardanti finanziamenti dell'Unione europea, sono disposte con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, che devono essere registrati alla Corte dei conti.

Qualora tali somme siano versate all’entrata entro il 31 ottobre di ciascun anno, queste sono riassegnate alla UPB nell’anno finanziario di competenza. Le somme versate dopo tale data e comunque entro il 31 dicembre sono riassegnate alle corrispondenti UPB nell’esercizio successivo.

 

Con il ricorso alla procedura contabile prevista dal comma in esame si determina, in sostanza, il trasferimento di risorse di conto capitale pari a 10 milioni di euro dal bilancio relativo al 2005 a quello relativo al 2006, che vengono destinati ad interventi diversi da quelli previsti dall’art. 32-bis del D.L. 269/2003.

 

 

 

 


Articolo 34
(Funzionamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio).


1. Per l'immediato potenziamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio è istituita, senza aumenti di spesa a carico del bilancio dello Stato, la Direzione generale per il danno ambientale.

2. Alla nuova Direzione generale è attribuito un posto di funzione di livello dirigenziale generale. A tale fine è soppressa una unità del contingente previsto dall'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2003, n. 261. Alla Direzione generale sono attribuiti uffici di livello dirigenziale, con imputazione alla corrispondente dotazione organica dei dirigenti determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 93, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, da individuarsi ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

3. La Direzione generale svolge le funzioni di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio in materia di danno ambientale, nonché quelle inerenti alla gestione e sviluppo dei sistemi informativi e statistici, ivi compresi quelli cartografici, utilizzati dalle altre strutture ministeriali, con le correlate attività di studio e ricerca ed a quelle per la informazione e la comunicazione ambientale.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni allo stato di previsione della spesa del bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

 


 

 

Il comma 1 dell’articolo 34 prevede l’istituzione ai fini dell’immediato potenziamento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e senza aumenti di spesa a carico del bilancio dello Stato, della direzione generale per il danno ambientale.

In base al comma 2, alla istituenda direzione generale è attribuito un posto di funzione di livello dirigenziale generale.

Il Ministero dell’ambiente è composto, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 17 giugno 2003, n. 261 dalle seguenti direzioni generali:

Direzione per la Protezione della Natura;

Direzione per la Qualità della Vita ;

Direzione per la Ricerca Ambientale e lo Sviluppo;

Direzione per la Salvaguardia Ambientale,

Direzione per la Difesa del Suolo;

Direzione per i Servizi Interni del Ministero

A tal fine è soppressa una unità del contingente previsto dall’articolo 1, comma 3 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2003, n.261.

Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 17 giugno 2003, n. 261 prevede che per le specifiche esigenze di consulenza, studio e ricerca, nelle materie di competenza del Ministero, sono previsti, nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, due posti di funzioni di livello dirigenziale generale, per l'esercizio dei relativi compiti.

Il comma 2 prevede inoltre che alla direzione generale sono attribuiti uffici di livello dirigenziale, con imputazione alla corrispondente dotazione organica dei dirigenti determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 14 ottobre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 284 del 6 dicembre 2005, ai sensi dell'articolo 1, comma 93, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, da individuarsi ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

Il comma 93 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 prevede che le dotazioni organiche delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui agli articoli 62, 63 e 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca e degli enti di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono rideterminate, sulla base dei princìpi e criteri di cui all'articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo e all'articolo 34, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, apportando una riduzione non inferiore al 5 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione, tenuto comunque conto del processo di innovazione tecnologica.

Il comma 4 dell’articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, prevede che all'individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale di ciascun ministero e alla definizione dei relativi compiti si provvede con decreto ministeriale di natura non regolamentare

Il comma 3 prevede chela Direzione generale per il danno ambientale svolga le funzioni di competenza delMinistero dell'ambiente e della tutela del territorio in materia didanno ambientale, nonche' quelle inerenti alla gestione e sviluppodei sistemi informativi e statistici, ivi compresi quellicartografici, utilizzati dalle altre strutture ministeriali, con lecorrelate attivita' di studio e ricerca ed a quelle per lainformazione e la comunicazione ambientale.

Si ricorda a tal proposito che in base all’articolo 4 comma 1 lettera e) del d.p.r.  17 giugno 2003, n. 261, la direzione generale per la ricerca ambientale e lo sviluppo svolge anche compiti di “informazione e rapporti con i cittadini e le istituzioni pubbliche e private in materia di tutela ambientale”, mentre ai sensi dell’articolo 1 comma 6 lettera g) e comma 7 lettera l) del d.p.r.  17 giugno 2003, n. 261 la direzione generale per la difesa del suolo si occupa del coordinamento dei sistemi cartografici e la direzione generale per i servizi interni si occupa della gestione e sviluppo dell'informatizzazione, ivi inclusi i rapporti con l'Autorità per l'informatica per la pubblica amministrazione.

Si osserva quindi che occorrerebbe coordinare i compiti attribuiti alla istituenda direzione generale con quelli appena citati

Si ricorda inoltre per quel che riguarda la materia del danno ambientale che la disciplina relativa, contenuta originariamente nell’articolo 18 della legge n.349 del 1986, è stata rivisitata dalla legge n. 266 del 2005( finanziaria per il 2006), che nei commi 439-443 ha previsto -in particolare- il trasferimento della competenza a conoscere del danno ambientale e a pronunciare i relativi provvedimenti sanzionatari dal giudice ordinario al Ministero dell’ambiente, operando un rinvio per quel che riguarda la definizione di danno ambientale alla direttiva 35 del 2004 in materia di danno ambientale. Tale ultime disposizioni non hanno peraltro abrogato in modo esplicito le disposizioni contenute nell’articolo 18 incompatibili con la disciplina successivamente introdotta.

Si ricorda da ultimo che lo schema di decreto legislativo di attuazione della delega in materia ambientale di cui alla legge n. 308 del 2004 – attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari competenti – riprende, nella sostanza  le disposizioni introdotte nell’ultima legge finanziaria approvata, aggiungendo una serie di norme e procedure volte a rendere la disciplina del danno ambientale conforme alle disposizioni contenute nella direttiva n.35 del 2004. E’ inoltre prevista l’abrogazione dell’articolo 18 della legge n. 349 del 1986.

Il comma 4 prevede infine che il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato adapportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni allo stato diprevisione della spesa del bilancio del Ministero dell'ambiente edella tutela del territorio.

 

 


 

Articolo 35
(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

L’articolo 35 si limita a disporre che il decreto-legge in oggetto entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (avvenuta in data 11 gennaio 2006).

 

 


Progetto di legge

 


 

 

 

 

 

 

 

 


 

 



[1]    Legge 28 gennaio 1994, n. 84 recante Riordino della legislazione in materia portuale.

[2]     L. 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[3]     Legge 15 marzo 1997, n. 59 (e successive modificazioni), recante Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[4]     Legge 29 luglio 2003, n. 229 (legge di semplificazione 2001), il cui articolo 2, comma 3 ha già previsto che, nell’ambito della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo acquisisce indirizzi e proposte nella materia della qualità della regolazione e osservazioni per l’adozione di strumenti comuni.

[5]     Di cui al già citato articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

[6]     “A esclusione di quelli fiscali, previdenziali, ambientali e di quelli gravanti sulle stesse in qualità di datori di lavoro”. La rubrica dell’articolo 5 nel suo complesso recita “Delega al Governo per la semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese e il rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive”.

[7]     Secondo i criteri di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni.

[8]     Ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

[9]     La disposizione reca ulteriori criteri specifici relativi a questo aspetto.

[10]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[11]    Si ricorda, in estrema sintesi, che l’art. 14, ai commi 12 e seguenti, introduce una particolare procedura volta alla riduzione e alla semplificazione del corpus legislativo che prevede, al termine della (già avviata) ricognizione delle leggi statali vigenti, l’abrogazione di tutte le disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, con l’eccezione di quelle elencate al comma 17 e di quelle che siano ritenute indispensabili dal Governo con propri decreti legislativi.

[12]    Ai sensi del citato articolo 14 del regio decreto 1054 del 1924 (ex art. 10 del testo unico 17 agosto 1907, n. 638.), relativo alle attribuzioni consultive del Consiglio di Stato, tale organo:

      “1° dà parere sopra le proposte di legge e sugli affari di ogni natura, pei quali sia interrogato dai Ministri del Re;

      2° formula quei progetti di legge ed i regolamenti che gli vengono commessi dal Governo”.

[13]    Previsto dall’articolo 17, comma 25, della legge 15 maggio 1997, n. 127, nonché dall’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[14]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[15]    Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, recante Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. L’art. 14, comma 1 prevede testualmente che “Il Ministro esercita le funzioni di cui all’articolo 4, comma 1 [in materia di indirizzo politico-amministrativo]. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all’articolo 16: a) definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione; b) effettua, ai fini dell’adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l’assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi comprese quelle di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni e integrazioni, ad esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.”

[16]    Di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.

[17]    Se appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni, gli esperti possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, secondo le norme ed i criteri dei rispettivi ordinamenti. La Commissione è assistita da una segreteria tecnica. Il contingente di personale da collocare fuori ruolo ai sensi del presente comma non può superare le dieci unità.

[18]    Vedi bollettino “Rilancio della strategia di Lisbona” del 15 febbraio 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[19]    D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 287, Riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[20]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[21] Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 8 gennaio 2003, n. 2 (Comportamenti di rilievo penale e posizione di comando del dipendente pubblico – nota di Rossella Bocci) ,in “Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni”, n. 1, an.2003.

[22] Analoge disposizioni sono contenute rispettivamente negli articoli 3 e 37 del CCNL siglato il 24 aprile 2002, integrativo del CCNL del comparto aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo del 24 maggio 2000.

[23] Commi aggiunti dal comma 1-quater dell'art. 5, D.L. 31 gennaio 2005, n. 7,

[24] Tale disposizione prevede che il Presidente del Consiglio, con proprio decreto, stabilisce il contingente del personale di prestito, ai sensi dell'articolo 11, comma 4, il contingente dei consulenti ed esperti, e le corrispondenti risorse finanziarie da stanziare in bilancio. Il Presidente può ripartire per aree funzionali, in relazione alle esigenze ed alle disponibilità finanziarie, i contingenti del personale di prestito, dei consulenti ed esperti. Al giuramento di un nuovo Governo, cessano di avere effetto i decreti di utilizzazione del personale estraneo e del personale di prestito addetto ai gabinetti e segreterie delle autorità politiche. Il restante personale di prestito è restituito entro sei mesi alle amministrazioni di appartenenza, salva proroga del comando o conferma del fuori ruolo disposte sulla base di specifica e motivata richiesta dei dirigenti preposti alle strutture della Presidenza.

[25] Pari al 25,9 per cento del personale di ruolo.

[26] L’articolo 11, comma 4, prevede che in sede di prima applicazione del decreto n. 303 del 1999, il rapporto tra consistenza del personale di ruolo della Presidenza e contingente del personale di prestito è determinato sulla base del personale che alla data del 1° giugno 1999 risulta assegnato alle strutture della Presidenza. A successive determinazioni delle due grandezze, modificative delle tabelle allegate alla legge 23 agosto 1988, n. 400, si perviene con decreto del Presidente, sentite le organizzazioni sindacali, tenendo conto degli ulteriori trasferimenti di funzioni e strutture e dell'obiettivo di una graduale riduzione, nelle strutture non di diretta collaborazione, del rapporto tra personale di prestito e personale di ruolo.

 

 

 

[27]    Cfr. art. 1, comma 33, della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), che prevede un limite massimo di 1.900 milioni di euro.

[28]    convertito nella L. 26/2005.

[29]    Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNIRE, dal CEEP e dal CES.

[30]    La norma prevede altresì che esistano ragioni obiettive per la proroga e che l’attività lavorativa sia la medesima di quella inizialmente svolta.

[31]    Articolo 1, comma 187.

[32]    Vedi il comma 2 dell’articolo 1 del D.P.C.M..

[33]    Convertito nella L. 56/2002 (cfr. al riguardo il dossier decreti-legge del Servizio studi n. 43).

[34]    Cfr. al riguardo il dossier decreti-legge del Servizio studi n. 70.

[35]    Convertito nella L. 257/2004 (cfr. al riguardo il dossier decreti-legge n. 156 del Servizio studi).

[36]    Una norma analoga era stata inizialmente inserita nel corso dell’iter del D.L. 136/2004 (cfr. al riguardo il dossier decreti-legge n. 153 del Servizio studi); nel testo definitivo tale disposizione non è invece presente.

[37]    Di cui all’art. 1 della legge n. 295 del 1990 (che disciplina gli accertamenti sanitari effettuati dalle ASL con particolare riferimento alla verifica delle domande per la pensione, l’assegno e le indennità di invalidità civile).

[38]    Di cui alla legge n. 104 del 1992 (Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate).

[39]   Legge finanziaria per il 2003.

[40]   D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297,  Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado; in particolare l’art. 399, comma 3.

[41]   di cui all'articolo 21 della legge n. 104/1992, ossia persona handicappata con grado di invalidità superiore ai due terzi o con minorazioni iscritte nelle prime tre categorie di invalidità della tabella A annessa alla legge 648/1950 (Riordinamento delle disposizioni sulle pensioni di guerra). L’arti. 21 della legge 104/1992 prevede che tale personale abbia al momento dell’assunzione il diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili e la precedenza in sede di trasferimento a domanda.

[42]   L’articolo 33, comma 5 della legge 104/1992, citato nella norma in esame, si limita a prevedere che tale personale abbia diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

[43]   Legge finanziaria per il 2001.

[44]   Art. 42, comma 7.

[45]    L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica .

[46] Si consideri che la relazione illustrativa fa riferimento ad un obbligo “di comunicare ed inviare annualmente” le informazioni in questione.

[47]Si tratta degli obiettivi contenuti della Dichiarazione sottoscritta l’8 settembre 2000, nel corso del Millennium Summit dell’Assemblea Generale dell’ONU, e la cui attuazione è stata prevista per l’anno 2015. Gli obiettivi del Millennio si possono schematizzare come segue:

1 - Eliminazione della miseria e della fame

2 - Istruzione primaria per tutti

3 - Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

4 - Ridurre la mortalità infantile

5 - Migliorare  la salute materna

6 - Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

7- Assicurare un ambiente sostenibile

8 - Allargare il  partenariato mondiale per lo sviluppo

[48]   Si tratta, oltre ai prestiti, di risparmi, assicurazioni, trasferimento di servizi e altri prodotti finanziari mirati ai clienti a basso reddito.

[49] La cessione del contratto di lavoro, disciplinata dagli artt. 1406-1410 c.c., si realizza quando una delle parti contraenti sostituisce a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto stesso. La cessione del contratto è consentita alle seguenti condizioni:

•     si tratti di un contratto a prestazioni corrispettive;

•     le prestazioni non siano ancora state eseguite;

•     sia acquisito il consenso dell’altra parte.

La cessione può essere effettuata solo dal datore di lavoro, mentre al lavoratore non è consentito farsi sostituire da altri soggetti. Il consenso del lavoratore, condizione indispensabile per la validità della cessione, può essere prestato contestualmente o successivamente alla cessione, ma anche in via preliminare all’atto dell’assunzione, senza che ciò renda necessaria la stipula di una clausola da approvarsi specificatamente per iscritto.

Le parti contraenti possono stipulare, come clausola accessoria alla cessione del contratto, un patto di retrocessione, con il quale convengono di ripristinare il rapporto di lavoro originario.

La cessione del contratto comporta un mutamento nella figura di uno dei soggetti contraenti, ma non nel contenuto del contratto: pertanto viene salvaguardata la posizione che il lavoratore ha acquisito presso il precedente datore. In linea di principio non è consentita una modifica in pejus degli elementi che non sono suscettibili di modificazione nell’ambito del rapporto di lavoro (a titolo esemplificativo: inquadramento, retribuzione, mansioni), anche se non è da escludersi che – in via residuale e nell’interesse dello stesso lavoratore – si realizzi una cessione di contratto a condizioni di minor favore allo scopo di evitare, ad esempio, il trasferimento o il licenziamento per giustificato motivo oggettivo del dipendente.

A cessione avvenuta o contestualmente alla stessa è possibile che il lavoratore ed il nuovo datore di lavoro apportino concordemente modifiche al contenuto del contratto originario.

[50]   D.L. 30 settembre 2005, n. 203 (conv. L. 2 dicembre 2005, n. 248), Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[51]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[52]    Nonché i commi 46, 48 e 49 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), che hanno tra l’altro modificato l’art. 101 del D.Lgs. 267/2000 riducendo il periodo massimo di disponibilità da quattro a due anni.

[53]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. In particolare, il citato art. 34 prevede, tra l’altro, che il personale in disponibilità sia iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, gestiti dal Dipartimento della funzione pubblica (per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali), o dalle strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (per le altre amministrazioni).

Il successivo art. 34-bis, oltre a prevedere l’obbligo, da parte delle amministrazioni pubbliche, con esclusione delle amministrazioni previste dall'art. 3, co. 1, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, di comunicare ai soggetti interessati dalla mobilità, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste, stabilisce le procedure per la ricollocazione del personale interessato dal provvedimento di mobilità.

[54]   In particolare, il citato art. 34 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che il personale in disponibilità sia iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, gestiti dal Dipartimento della funzione pubblica (per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali), o dalle strutture regionali e provinciali (per le altre amministrazioni).

Il successivo art. 34-bis, oltre a prevedere l’obbligo, da parte delle amministrazioni pubbliche, con esclusione delle amministrazioni previste dall'art. 3, co. 1, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, di comunicare ai soggetti interessati dalla mobilità, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste, stabilisce le procedure per la ricollocazione del personale interessato dal provvedimento di mobilità.

[55]    D.L. 28 maggio 2004, n. 136 (conv. L. 27 luglio 2004, n. 186), Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione,.

[56]    I co. 67 ss. dell’art. 17 della L. 127/1997, in seguito confluiti negli artt. 97-106 del Testo unico sugli enti locali, hanno riformato il ruolo dei segretari comunali e provinciali. Essi non sono più – come in precedenza – funzionari statali facenti capo al Ministero dell’interno, ma dipendenti di un’apposita Agenzia autonoma posta sotto la vigilanza del ministro dell’interno, ed iscritti ad un albo nazionale, articolato in sezioni regionali e suddiviso per fasce professionali, al quale attingono le amministrazioni locali. Il segretario comunale o provinciale dipende funzionalmente dal capo dell’amministrazione locale. Il suo rapporto di lavoro è disciplinato in base alla contrattazione collettiva, secondo la disciplina generale prevista dal D.Lgs. 165/2001 per i dipendenti di pubbliche amministrazioni.

[57]   Il richiamato articolo 1, comma 1, prevede che le disposizioni del D.Lgs. 165 disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:

a)       accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione europea, anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;

b)       razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica;

c)       realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quello del lavoro privato.

Si ricorda che il richiamato articolo 97, primo comma, della Costituzione non è stato modificato dal testo di legge costituzionale approvato in seconda votazione a maggioranza assoluta ma inferiore ai due terzi dei membri di ciascuna Camera, recante: “Modifiche alla Parte II della Costituzione”, pubblicata nella G.U. del 18 novembre 2005, n. 269.r

[58]    L’articolo 39 della legge n. 449/1997 disciplina le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ponendo a carico dei loro organi di vertice un obbligo di programmazione triennale del fabbisogno di personale (co. 1), per assicurare le esigenze di funzionalità e ottimizzare le risorse compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.

[59]    Si ricorda che i capi I-III del D.Lgs. n. 469, e successive modificazioni, hanno conferito alle regioni, nonché - tramite queste ultime - agli enti locali (in particolare, alle province) le funzioni amministrative in materia di collocamento (pubblico) e di politiche attive del lavoro, fermo restando il ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento da parte dello Stato.

[60]    Con riguardo alle categorie protette, si ricorda che la legge 68 del 1999 ha imposto a tutti i datori di lavoro pubblici e privati, con più di 14 dipendenti, di avere alle proprie dipendenze una certa percentuale di persone disabili e precisamente:

-        il 7%, se i dipendenti sono più di 50,

-        2 lavoratori, se i dipendenti sono compresi tra 36 e 50,

-        1 lavoratore, se i dipendenti sono compresi tra 15 e 35.

      In caso di inadempimento a questo obbligo, fatta esclusione per taluni casi, il datore di lavoro deve versare al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili, un somma a titolo di sanzione amministrativa per ogni lavoratore disabile non occupato.

[61]    Gli enti di cui al citato articolo 70, comma 4, sono: ente EUR; enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate; Agenzia spaziale italiana; Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura; Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell'energia nucleare e delle energie alternative (ENEA); Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale e Registro aeronautico italiano (RAI); CONI; Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL); Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.).

[62]   Secondo la relazione tecnica allegata dal Governo nel corso dell’esame del provvedimento presso la Commissione bilancio del Senato.

[63]   Occorre ricordare, in proposito, che rispetto al testo originariamente presentato dal Governo nel corso della prima lettura presso il Senato, in relazione a dette assunzioni è stato eliminato il "tetto" percentuale alle nuove assunzioni (fissato al 20% per ciascuno degli 2005 e 2006 ed al 50% per l'anno 2007, rispetto alle cessazioni dal servizio dell'anno precedente), ed è stato introdotto, in luogo del suddetto “tetto”, un vincolo finalistico di natura finanziaria.

Tale modifica deve essere posta in relazione con la sentenza della Corte costituzionale n. 390 del 2004, relativa ad analoghe disposizioni contenute nelle due precedenti leggi finanziarie.

Tale sentenza è stata emanata in seguito ai ricorsi presentati da diverse regioni sulla legittimità costituzionale dell’articolo 34 della L. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), e dell’articolo 3, commi 53-65, della L. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), che recavano una disciplina sostanzialmente analoga a quella del testo originario del comma 98 (limiti alle assunzioni degli enti locali).

In particolare, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34, comma 11, della L. 289 del 2002 e dell’articolo 3, comma 60, della L. 350 del 2003, con riferimento alla parte in cui dispongono che le assunzioni a tempo indeterminato delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale «devono, comunque, essere contenute (…) entro percentuali non superiori al 50% delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002» ovvero dell’anno 2003.

[64]   Si ricorda, inoltre, che in conformità con quanto previsto dal comma 33, le province e i comuni che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo nell’anno successivo a quello del mancato rispetto. A tal fine le province ed i comuni interessati ad eventuali assunzioni di personale dovranno autocertificare il rispetto del patto di stabilità interno per l’anno precedente. Sono consentite inoltre le assunzioni di personale a seguito del trasferimento di funzioni alle regioni ed agli enti locali il cui onere è coperto da trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale.

[65] “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

[66] Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Veneto, 3 novembre 2003, n. 1124/2003; Corte  dei conti, sez. I, 18 gennaio 1994, n. 7; sez. I 7 marzo 1994, n. 56; sezioni riunite, 12 giugno 1988, n. 27; sez. II 22 aprile 2002, n. 137; sez. controllo enti, 22 luglio 1994, n. 33.

[67] Si ricorda che, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 276 del 2003, emanato in attuazione della delega recata dalla legge 30 del 2003 (c.d. legge Biagi), nel solo settore privato il contratto di formazione e lavoro è stato sostituito dal contratto di inserimento, di cui agli articoli 54-59 del decreto 276.

 

[68] E’ stato inoltre previsto che ai fini dell’assunzione venga seguita la procedura di cui all’articolo 39, comma 3-ter, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), ai sensi del quale le richieste di autorizzazione ad assumere dovranno essere corredate da una relazione illustrativa delle iniziative di riordino e riqualificazione, adottate o in corso, finalizzate alla definizione di modelli organizzativi rispondenti ai principi di semplificazione e di funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi, con specifico riferimento, eventualmente, anche a nuove funzioni e qualificati servizi da fornire all'utenza. L'autorizzazione all'assunzione è disposta con apposito DPCM.

 

[69] “Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania”.

[70]    Si ricorda che l’articolo 1 del D.Lgs. 81 del 2000 ha dato facoltà ai soggetti promotori di lavori socialmente utili – che alla data del 31 dicembre 1999 avevano in corso l’attuazione di tali progetti con oneri a carico del Fondo per l’occupazione – di continuare ad utilizzare le medesime unità lavorative anche mediante il loro trasferimento presso enti pubblici economici sulla base di apposite convenzioni con essi stipulate.

      Con il Decreto del Ministero del lavoro del 19 aprile 2000 è stato approvato l’elenco nominativo dei soggetti impegnati al 31 dicembre 1999 nel progetto promosso dal dicastero a supporto del processo di decentramento amministrativo in materia di mercato del lavoro. A seguito della pre-intesa raggiunta tra il Ministero del lavoro e l’INPS, l’INAIL e l’INPDAP in data 4 agosto 2000, è stata poi stipulata tra i medesimi enti la Convenzione 23 novembre 2000, in base alla quale le unità già impegnate in lavori socialmente utili presso il Ministero del lavoro sono state così redistribuite presso gli enti previdenziali:

-          112 unità presso l’INPS;

-          52 unità presso l’INAIL;

-          49 unità presso l’INPDAP.

      Gli enti utilizzatori hanno provveduto ad intraprendere le procedure per la stabilizzazione del rapporto di lavoro e, previo superamento di un’apposita selezione, hanno assunto i lavoratori con contratto a tempo determinato per un periodo di 18 mesi, dal 1° luglio 2001 al 31 dicembre 2002; successivamente i contratti sono stati prorogati per ulteriori 18 mesi fino al 30 giugno 2004. Essendo stato così raggiunto il limite di tre anni, previsto dalla normativa vigente (articolo 4 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368) quale durata massima dei contratti a tempo determinato, i contratti sono stati prorogati al 31 dicembre 2004 con una norma di rango legislativo (articolo 1 del D.L. 136 del 2004, convertito dalla L. 186 del 2004).

[71]    I lavoratori suindicati sono stati assunti con contratto a tempo determinato ai sensi dell’art. 16 del CCNL del comparto del personale degli enti pubblici non economici per il quadriennio normativo 1994-1997 e il biennio economico 1994-1995 . l contratti erano stati prorogati fino all’8 aprile 2004. Anche questi contratti, dopo il raggiungimento del limite massimo dei tre anni, per i contratti a tempo determinato, sono stati prorogati al 31 dicembre 2004 con una norma di rango legislativo (articolo 1 del D.L. 136 del 2004, convertito dalla L. 186 del 2004).

[72]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[73]    D.L. 30-6-2005 n. 115, Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione. (convertito dalla L. 17 agosto 2005, n. 168).

[74]    D.P.R. 10 giugno 2004, n. 173, Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali.

[75]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[76]    Il nuovo sistema di classificazione del personale, improntato a criteri di flessibilità correlati alle esigenze connesse ai nuovi modelli organizzativi introdotti nell’impiego pubblico, introdotto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro – comparto ministeri del 16 febbraio 1999 è stato confermato anche nei CCNL successivi.

[77]    L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[78]   Si ricorda che una disposizione sostanzialmente identica a quella in commento è stata oggetto di un emendamento al DL 184/2005 in materia di codice della strada, per il quale non è intervenuta la conversione in legge.

[79]   D.L. 4 novembre 1988, n. 465 recante Misure urgenti e straordinarie per la realizzazione di strutture turistiche, ricettive e tecnologiche.

[80] Oggi Autostrade per l’Italia spa

[81]Il 27 ottobre 2005 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica in vista della revisione di metà percorso del Libro bianco che si è conclusa il 31 dicembre 2005.Nel documento aperto alla consultazione la Commissione, dopo aver richiamato gli obiettivi fissati inizialmente nel Libro bianco, illustra le principali misure adottate e i cambiamenti intervenuti successivamente alla loro adozione.

[82]La banca dati CARE è stata istituita con la decisione n. 93/704/CE.

[83]    D.L. 23 aprile 1993, n. 118, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno1993, n. 202, recante Disposizioni urgenti per la soppressione del Ministero delle partecipazioni statali e per il riordino di IRI, ENI, ENEL, IMI, BNL e INA.

[84]   Tale disposizione è stata introdotta dall’ art. 12 L. 237/1999 (Istituzione del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e di nuovi musei, nonché modifiche alla normativa sui beni culturali ed interventi a favore delle attività culturali).

[85]   Con relazione trasmessa alle Camere in data 12 maggio 2005 la Corte ha riferito da ultimo sull’esercizio finanziario 2003 ( Doc. Camera XV, n. 318).

[86]   Ulteriori informazioni possono trarsi dal sito www.cinecitta.com/holding/missione.asp

[87]   Riforma della disciplina in materia di attività cinematografica

[88]   L’art. 10 della legge n. 137/2002 (c.d. legge Frattini) aveva delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di cinematografia. Il termine per l’esercizio della delega era fissato a 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 137/2002 (scadenza 23 gennaio 2004).

[89]   L’articolo 14-vicies del DL 30 giugno 2005, n. 115, ha prorogato di ulteriori 3 mesi - fino al 31 dicembre 2005 - il termine fissato dall’art. 12 del D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 28 per la gestione transitoria da parte della BNL (Sezione per il credito cinematografico) del nuovo fondo per il sostegno alla cinematografia istituito dal medesimo articolo. Tale termine, originariamente fissato entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, è stato successivamente prorogato fino al 30 settembre 2005 dall’articolo 19-nonies del D.L. 266/2004.

[90]   Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia

[91]Si ricorda che la  legge n. 287 del 10 ottobre 1990 ("Norme per la tutela della concorrenza e del mercato") ha introdotto nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei princìpi stabiliti dagli articoli 85 e 86 del Trattato CEE (ora articoli 81 e 82 TCE), individuando le fattispecie che possono configurare comportamenti anticoncorrenziali vietati, ossia le intese restrittive della libertà di concorrenza, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni, qualora siano tali da determinare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza. L’articolo 6, in particolare, disciplina gli adempimenti relativi alle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza che ai sensi dell’articolo 5, possono realizzarsi:

      a) quando due o più imprese procedono a fusione;

      b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;

      c) quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.

      L'assunzione del controllo di un'impresa non si verifica nel caso in cui una banca o un istituto finanziario acquisti, all'atto della costituzione di un'impresa o dell'aumento del suo capitale, partecipazioni in tale impresa al fine di rivenderle sul mercato, a condizione che durante il periodo di possesso di dette partecipazioni, comunque non superiore a ventiquattro mesi, non eserciti i diritti di voto inerenti alle partecipazioni stesse. Inoltre, le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo ad una concentrazione.

[92]   Ai sensi dell’articolo 10 l'Autorità - operante in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione - è definita organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri, nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti dei due rami del Parlamento

[93]   Si tratta dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo, e per la cui assunzione da parte delle amministrazioni dello Stato e di enti pubblici si provvede mediante selezioni effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento e in quelle di mobilità, aventi la professionalità eventualmente richiesta e i requisiti previsti per l'accesso al pubblico impiego.

[94]   Si ricorda che per fonti “assimilate” si intendono le risorse energetiche di origine fossile che, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, venivano assimilate alle fonti rinnovabili in virtù degli elevati rendimenti energetici. 

[95]   Più specificamente, le convenzioni CIP6 hanno una durata variabile per quanto riguarda la cessione di energia elettrica (remunerata in base al costo evitato) e una durata limitata ad otto anni per la corresponsione della quota incentivante specifica per tecnologia.

[96]   Si ricorda che la legge 30 aprile 1999 n. 130, reca la disciplina generale sulla cartolarizzazione dei crediti, la quale si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti; le somme corrisposte dal debitore o dai debitori ceduti debbono essere destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione.

[97] Legge 25 luglio 2005, n. 150, Delega al Governo per la riforma dell’ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza, della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonché per l’emanazione di un testo unico.

[98] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303 “Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[99] Legge 2 aprile 1979, n. 97 “Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato”.

[100]Legge 28 gennaio 1994, n. 84 recante Riordino della legislazione in materia portuale.

[101]Decreto legge 28 maggio 2004, n. 136 recante Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186.

[102]Tale norma ha trovato concreta applicazione unicamente per la nomina del presidente dell'autorità portuale di Trieste, avvenuta nel corso dei lavori parlamentari di conversione in legge del decreto legge in questione.

[103]Si segnala che la IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera ha r approvato in data 20 dicembre 2005 il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sull’assetto del settore portuale, nell’ambito del quale viene presa in considerazione anche la problematica della nomina del Presidente delle Autorità portuali.

[104]  Contro tale legge regionale del Friuli-Venezia Giulia è stato deliberato un ricorso per legittimità costituzionale dal Consiglio dei ministri in data 3 giugno 2004, con il quale si lamenta che la disposizione di cui all’art. 9, co. 2 e 3, della legge eccede la competenza legislativa regionale, poiché la materia dei porti non è attribuita dallo Statuto alla potestà legislativa regionale e l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione - che può ritenersi applicabile alla Regione Friuli-Venezia Giulia in base all’articolo 10 della legge costituzionale n. 3/2001 - attribuisce alla regione la competenza legislativa concorrente; pertanto, si sostiene che l’art. 8 della legge 84/1994 deve considerarsi norma di principio, non derogabile dalla regione.

[105]Legge 5 maggio 2003 n. 131 recante Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Il comma 6 dell’articolo 8 della legge 131/2003 prevede che il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

[106]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[107] “Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.”

[108] “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001.”

[109] Tale articolo prevede che, a seguito della stipulazione dei contratti collettivi, cessano di produrre effetti per ciascun àmbito di riferimento le norme di cui agli allegati A) e B) allo stesso decreto, con le decorrenze ivi previste, in quanto contenenti le disposizioni espressamente disapplicate dagli stessi contratti collettivi.

[110] In sostanza, gli articoli 66-70 del D.P.R. n. 3/1957 rimangono applicabili esclusivamente per il personale in regime di diritto pubblico.

[111] Disapplicazioni analoghe si sono verificate, con diversa tempistica, per gli articoli 67-70 del D.P.R n. 3/1957 e per gli altri comparti della pubblica amministrazione, a seguito della sottoscrizione dei contratti collettivi per il quadriennio 1994-1997 o della tornata contrattuale 1998-2001 (ai sensi degli allegati A e B del decreto legislativo n. 165 del 2001).

[112]  A partire dalla ripartizione triennale 1992-94, lo strumento adottato non è stato più un decreto del Presidente della Repubblica, come stabilito dalla legge n. 948/82, bensì un decreto del Ministero degli affari esteri, come prevede la legge 12 gennaio 1991, n. 13 Determinazione degli atti amministrativi da adottarsi nella forma del decreto del Presidente della Repubblica.

[113]Legge 14 agosto 1967, n. 800, recante Nuovo ordinamento degli enti lirici e delle attività musicali

[114]Con il decreto legislativo n. 368 del 1998 le competenze in materia di spettacolo sono state trasferite al Ministero per i beni e le attività culturali.

[115]Il Teatro comunale di Bologna, il Teatro comunale di Firenze, il Teatro comunale dell’Opera di Genova, il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell’Opera di Roma, il Teatro regio di Torino, il Teatro comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l’Arena di Verona; a questi si è aggiunto a seguito della legge

[116]Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato. Il Dlgs è stato adottato ai sensi della legge 549/1995 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) recante, tra l’altro una delega al Governo per la trasformazione degli enti di prioritario interesse nazionale che operassero nel settore musicale in fondazioni di diritto privato. 

Oltre a prescrivere (artt. 1 e 2) la citata trasformazione degli enti lirici in fondazioni di diritto privato ed a disciplinarne il procedimento (artt. 5-9), il D.Lgs. 367 del 1996 indica (artt. 11-14) gli organi di gestione della fondazione; individua le finalità (art. 3) delle fondazioni nel perseguimento, senza scopo di lucro, della diffusione dell'arte musicale, della formazione professionale dei quadri artistici e dell'educazione musicale della collettività; assegna a queste ultime (nel medesimo art. 3) la gestione dei teatri loro affidati, e la realizzazione di spettacoli lirici, di balletto e concerti, eventualmente affiancata da attività commerciali ed accessorie; detta (art. 10) norme sul contenuto indispensabile degli statuti (scopo dell’ente, composizione, competenze, poteri degli organi) definendo tra l’altro il ruolo dei soggetti privati; dispone in materia di erogazioni liberali, patrimonio e gestione; scritture contabili e bilancio, contributi statali (riconducibili, come già segnalato,  al F.U.S), disposizioni tributarie (artt.15-18, 24 25);. assoggetta le fondazioni alla vigilanza (art. 19) dell’autorità di Governo (oggi Ministero per i beni e le attività culturali) e conferma il controllo della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria (art. 15); disciplina l’amministrazione straordinaria (artt. 20 e 21); reca, infine, norme generali sul personale artistico e tecnico (art.22 e 23).

[117]la legge 30 aprile 1985, n. 163, recante Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo, nell’intento di porre fine alla frammentazione dell'intervento statale e alla conseguente pressoché annuale approvazione di apposite leggi di finanziamento, ha creato uno strumento nuovo, il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), da ripartire annualmente tra i diversi settori (cinema, musica, teatro, danza, circhi e spettacolo viaggiante) con decreto dell'autorità di governo competente in materia di spettacolo. L’importo del FUS è stabilito annualmente in tabella C della legge finanziaria.

[118]Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43.

[119]Si ricorda, infine, che in aggiunta alle 13 fondazioni lirico sinfoniche derivanti dalla trasformazione degli enti di cui all’art. 6 della citata legge 800/1967 è stata recentemente costituita con legge 310/2003 (Legge 11 novembre 2003, n. 310, recante Costituzione della Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari”, con sede in Bari, nonché disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attività culturali.) la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatro di Bari.

[120]Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato

[121]Legge 23 dicembre 2005, n. 266 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)

[122]L. 23 dicembre 2000, n. 388, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[123]Affidate per la ristrutturazione alle società Ferrovie dello Stato S.p.a. dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662  recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”.

[124] Tali oneri sono da considerasi al  netto degli interventi già disposti ai sensi della legge 30 maggio 1995, n. 204 recante interventi urgenti in materia di trasporti. L’articolo 2, comma 1, della citata legge prevede che al fine di contribuire al risanamento e allo sviluppo dei trasporti locali ad impianti fissi di competenza statale esercitati in regime di concessione o in gestione governativa, il Ministro dei trasporti e della navigazione definisce con decreto da emanarsi di concerto con il Ministro del tesoro, sentite le regioni interessate, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, piani finanziari per il riassorbimento dei disavanzi di esercizio rilevati al 31 dicembre 1993. Il successivo comma 2 prevede che sulla base dei piani di cui al comma 1, le aziende esercenti servizi ferroviari in regime di concessione o in gestione governativa, ad esclusione delle Ferrovie dello Stato S.p.a., sono autorizzate a contrarre mutui decennali per la copertura dei disavanzi di esercizio di cui al comma 1. I relativi oneri di ammortamento per capitale ed interessi sono a carico del bilancio dello Stato nel limite complessivo di lire 150 miliardi annue. Con decreto del Ministro del tesoro, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti le procedure, i criteri e le condizioni per la contrazione dei predetti mutui

[125]  D.P.R. 2 marzo 2004, n. 117, Regolamento concernente la diffusione della carta nazionale dei servizi, a norma dell’articolo 27, comma 8, lettera b), della legge 16 gennaio 2003, n. 3. Quest’ultima legge (recante disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), ha previsto l’emanazione di uno o più regolamenti di delegificazione per introdurre nella disciplina vigente le norme necessarie ai fini del conseguimento di una serie di obiettivi, tra i quali la diffusione e uso della carta nazionale dei servizi.

[126]  D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, Attuazione della direttiva 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche. In particolare, si veda l’art. 8 che novella l’art. 36 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[127]D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell’amministrazione digitale.

[128]  Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente.

[129]  D.L. 27 dicembre 2000, n. 392 (conv. L. 28 febbraio 2001, n. 26), Disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[130]D.L. 31 marzo 2005, n. 44 (conv. L. 31 maggio 2005, n. 88), Disposizioni urgenti in materia di enti locali.

[131]Decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 recante disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici.

[132]L. 12 luglio1999 n. 237, Istituzione del Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee e di nuovi musei, nonché modifiche alla normativa sui beni culturali ed interventi a favore delle attività culturali.

[133]Ulteriori informazioni sono  presenti in http://www.maxximuseo.org/storia.htm.

[134]Individuazione degli enti beneficiari degli ulteriori contributi statali, previsti per gli anni 2004, 2005, 2006 e 2007 dall'articolo 2-bis del decreto-legge n. 7 del 2005, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005, nonche' le relative modalita' di erogazione.