XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Contrasto all'evasione fiscale e disposizioni in materia tributaria e finanziaria D.L. 205/2005 - A.C. 6176 - Schede di lettura
Serie: Decreti-legge    Numero: 204
Data: 14/11/05
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Riferimenti:
DL n.203 del 30/09/05   AC n.6176/14

Servizio studi

 

decreti-legge

Contrasto all’evasione fiscale e disposizioni in materia tributaria e finanziaria

D.L. 203/2005 – A.C. 6176

Schede di lettura

 

n. 204

 


xiv legislatura

14 novembre 2005

 

Camera dei deputati


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Coordinamento: Dipartimenti Bilancio e Finanze

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: D05203.doc


INDICE

 

Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto. 4

§      Contenuto. 4

§      Relazioni allegate. 20

§      Precedenti decreti-legge sulla stessa materia. 20

Elementi per l’istruttoria legislativa. 24

§      Motivazioni della necessità ed urgenza. 24

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite. 24

§      Rispetto degli altri princìpi costituzionali25

§      Specificità ed omogeneità delle disposizioni26

§      Compatibilità comunitaria. 26

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico. 28

§      Formulazione del testo. 33

Nota introduttiva

Gli effetti correttivi del decreto-legge n. 203 del 2005 sui conti pubblici per il 2005 e il 2006  43

§      La manovra correttiva per il 2005. 43

§      La manovra di finanza pubblica per il 2006. 47

Schede di lettura

§      Articolo 1, commi 1 e 2 (Partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale)53

§      Articolo 1, comma 2-bis (Applicazione articolo 1 nelle province di Trento e Bolzano - Clausola di compatibilità)57

§      Articolo 1-bis (Norme per la semplificazione delle procedure d’iscrizione al registro delle imprese e al repertorio delle notizie economiche e amministrative - REA)60

§      Articolo 2, commi 1 e12 (Anticipo dei controlli sui versamenti IVA)62

§      Articolo 2, comma 2 (Assunzioni presso il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza)62

§      Articolo 2, comma 3 (Assunzioni presso l’Agenzia delle dogane)62

§      Articolo 2, comma 4 (Rafforzamento del sistema doganale)62

§      Articolo 2, comma 4-bis (Sanzioni per acquisto di merci contraffatte)62

§      Articolo 2, commi 4-ter-4-quinquies (SIMEST S.p.A.)62

§      Articolo 2, comma 5 (Operazioni doganali)62

§      Articolo 2, commi 6 e 7 (Piani di intervento della Guardia di finanza per il contrasto dell’economia sommersa)62

§      Articolo 2, commi 8 e 9 (Utilizzazione della documentazione relativa all’accertamento  delle accise per l’accertamento di altre imposte)62

§      Articolo 2, commi 10 e 11 (Controlli sui versamenti di imposte)62

§      Articolo 2, comma 10-bis (Versamenti unitari tramite procedure telematiche)62

§      Articolo 2, comma 13 (Libretto di controllo per oli minerali in agricoltura)62

§      Articolo 2, commi 14, 14-bis e 14-ter (Anagrafe tributaria e codice fiscale dei contribuenti)62

§      Articolo 2, commi 14-quater e 14-quinquies (Accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche)62

§      Articolo 2, comma 14-sexies (Riscossione delle somme dovute dal concessionario per inadempimento. Definizione agevolata di irregolarità pregresse)62

§      Articolo 2, comma 14-septies (IVA sulle operazioni aventi ad oggetto oro in lamina)62

§      Articolo 2-bis (Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)62

§      Articolo 2-ter (Prodotti con false o fallaci indicazioni)62

§      Articolo 3, commi 1-15 (Servizio nazionale della riscossione)62

§      Articolo 3, commi 16-19-bis (Personale dipendente dai concessionari della riscossione)62

§      Articolo 3, commi 20-28 e 30-40, lettera a) (Ulteriori disposizioni sulla riscossione)62

§      Articolo 3, commi 29 e 36, lettera a), n. 3) (Tutela dei dati personali da parte di Riscossione S.p.A. e delle società da questa partecipate)62

§      Articolo 3, comma 29-bis (Riscossione effettuata sul territorio della regione Sicilia)62

§      Articolo 3, comma 40, lettere b) - b-ter) (Procedure di espropriazione forzata)62

§      Articolo 3, comma 41 (Trasmissione dati del pubblico registro automobilistico)62

§      Articolo 3, comma 41-bis (Gratuità della fornitura di dati)62

§      Articolo 3, comma 42 (Pagamento dell’imposta di bollo con modalità telematiche)62

§      Articolo 3, comma 42-bis (Assegnazione di rivendite di generi di monopolio)62

§      Articolo 3, commi 42-ter e 42-quater (Altre disposizioni in materia fiscale)62

§      Articolo 3, commi 42-quinquies e42-sexies (Cartolarizzazione crediti previdenziali – Esclusione per crediti previdenziali agricoli)62

§      Articolo 3-bis (Giustizia tributaria)62

§      Articolo 3-ter (Proroga dei termini per la rideterminazione canoni demaniali marittimi)62

§      Articolo 4 (Ambito di applicazione)62

§      Articolo 5, commi 1-3 (Plusvalenze finanziarie delle società - participation exemption)62

§      Articolo 5, comma 3-bis (Contributi alla regione Sicilia a fronte di imposte sull’assicurazione RC Auto)62

§      Articolo 5, comma 3-ter (Contributo di solidarietà alla regione Sicilia)62

§      Articolo 5-bis (Ammortamento dell’avviamento)62

§      Articolo 5-ter (Durata del contratto di leasing immobiliare)62

§      Articolo 5-quater (Modifica all’articolo 65 della legge 27 dicembre 2002, n. 289)62

§      Articolo 5-quinquies (Indeducibilità di minusvalenze su dividendi non tassati)62

§      Articolo 5-sexies (Interventi a favore dell’utilizzo di GPL e metano per autotrazione)62

§      Articolo 6 (Banche e assicurazioni)62

§      Articolo 6-bis (Tassa sui contratti di borsa)62

§      Articolo 6-ter (Disposizioni concernenti l’ANAS S.p.A.)62

§      Articolo 7, commi 1 e 2 (Spese di manutenzione degli immobili di proprietà delle imprese)62

§      Articolo 7, comma 1-bis (Credito di imposta per investimenti)62

§      Articolo 7, comma 2-bis (Esenzioni ICI)62

§      Articolo 7-bis (Dismissioni immobiliari)62

§      Articolo 7-ter (Privatizzazione di enti e aziende delle regioni)62

§      Articolo 7-quater (Rappresentanza dei contribuenti presso gli uffici dell’amministrazione)62

§      Articolo 7-quinquies, comma 1 (Competenza per l’assistenza fiscale)62

§      Articolo 7-quinquies, comma 2 (Norme di coordinamento in materia di albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili)62

§      Articolo 7-sexies (Asseverazione degli studi di settore)62

§      Articolo 8, commi 1 e 2 (Compensazioni alle imprese che conferiscono il TFR a forme pensionistiche complementari)62

§      Articolo 8, comma 3 (Tessera sanitaria)62

§      Articolo 8, comma 3-bis (Enti non commerciali con sede operativa nelle regioni Molise, Sicilia e Puglia)62

§      Articolo 8, comma 3-ter (Proroga del trattamento di CIGS alle agenzie turistiche)62

§      Articolo 8-bis (Incremento dei livelli occupazionali)62

§      Articolo 9 (Potenziamento di strumenti di programmazione finanziaria nel settore sanitario)62

§      Articolo 10, commi 1-6 (Trasferimento all’INPS di competenze in materia di invalidità civile)62

§      Articolo 10, comma 7 (Certificazione di regolarità contributiva ai fini di finanziamenti comunitari)62

§      Articolo 10-bis, comma 1 (Contenimento incarichi e collaborazioni P.A.)62

§      Articolo 10-bis, commi 2-4 (Contingente di segretari comunali e provinciali presso il dipartimento della funzione pubblica)62

§      Articolo 10-bis, comma 5 (Società di rilevazione statistica)62

§      Articolo 10-bis, commi 6-8 (Comitato sedi ONU in Italia)62

§      Articolo 10-bis, commi 9 e 10 (Giudizi contabili della Corte dei conti)62

§      Articolo 10-ter (Trasferimenti patrimoniali da Sviluppo Italia S.p.A. a I.S.A. S.p.A.)62

§      Articolo 11 (Totalizzazione dei periodi assicurativi ed integrazione tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311)62

§      Articolo 11-bis (Interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale)62

§      Articolo 11-ter, commi 1-3 (Riduzione di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato)62

§      Articolo 11-ter, commi 4 e 5 (Riduzione delle spese per consumi intermedi degli enti ed organismi pubblici non territoriali)62

§      Articolo 11-ter, comma 6 (Fondo per i consumi intermedi)62

§      Articolo 11-quater (Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate)62

§      Articolo 11-quinquies (Dismissione di immobili)62

§      Articolo 11-sexies (Razionalizzazione ed incremento dell’efficienza del settore del controllo del traffico aereo)62

§      Articolo 11-septies (Interventi a favore della sicurezza degli impianti ed operativa)62

§      Articolo 11-octies (Compensazione per gli eventi dell’11 settembre 2001)62

§      Articolo 11-nonies (Razionalizzazione e incremento dell’efficienza del settore dei gestori aeroportuali)62

§      Articolo 11-decies (Competitività del sistema aeroportuale)62

§      Articolo 11-undecies (Sviluppo delle infrastrutture aeroportuali)62

§      Articolo 11-duodecies (Sicurezza aeroportuale)62

§      Articolo 11-terdecies (Royalties sui carburanti)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 1 (Campionali mondiali di nuoto e giochi del Mediterraneo)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 2 (Convegno internazionale interconfessionale)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 3 (Spese per convenzione diversità biologica e per Ateneo formazione europea Jean Monnet)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 4 (Riapertura termini per la rivalutazione di terreni e partecipazioni)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 5 (Abbattimento ungulati)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 6 (Previdenza lavori occasionali)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 7 (Personale dei Parchi nazionali di Lazio, Abruzzo e Molise)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 8 (Durata organi Enti parco)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 9 (Proroga discariche)62

§      Articolo 11-quaterdecies, commi 10 e 11 (Contributi vari nel settore sanitario)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 12 (Prestito vitalizio ipotecario per soggetti di età superiore a 65 anni)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 13 (Riordino della normativa in tema di sicurezza degli impianti all’interno degli edifici)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 14 (Contributi al centro nazionale di adroterapia oncologica)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 15 (Interventi di bonifica e ripristino ambientale)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 16 (Norma interpretativa ICI (area fabbricabile))62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 17 (Contributo ANAS)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 18 (Fondo innovazione tecnologica)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 19 (Tonnage tax)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 20 (Completamento della diga foranea di Molfetta)62

§      Articolo 11-quaterdecies, comma 21 (Agevolazioni tariffarie postali per le spedizioni di prodotti editoriali da parte di associazioni per la ricerca oncologica)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, commi 1-6 (Raccolta a distanza di lotto, enalotto, ed altre scommesse)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, commi 7 e 8 (IVA su giochi e scommesse)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, comma 9 (Importo minimo scommesse)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, comma 10 (Personale CONI distaccato presso AAMS)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, comma 11 (Raccolta a distanza di scommesse, bingo e lotterie)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, comma 12 (Scommesse ippiche)62

§      Articolo 11-quinquiesdecies, comma 13 (Lotteria istantanea olimpiadi di Torino 2006)62

§      Articolo 11-sexiesdecies (Applicazione degli articoli 11-sexies, 11-septies, 11-nonies e 11-decies)62

§      Articolo 12 (Copertura finanziaria)62

 


Scheda di sintesi
per l'istruttoria legislativa


Dati identificativi

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 6176

Numero del decreto-legge

Decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203

Titolo del decreto-legge

Misure di contrasto all' evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria

Settore d’intervento

Fisco; giustizia tributaria; occupazione, previdenza e assistenza; pubblica amministrazione ed enti pubblici; trasporti stradali e aerei; sanità; ambiente.

Iter al Senato

Numero di articoli

 

§       testo originario

13 (decreto-legge); 1 (legge di conversione)

§       testo approvato dal Senato

47 (decreto-legge); 1 (legge di conversione)

Date

 

§       emanazione

30 settembre 2005

§       pubblicazione in Gazzetta ufficiale

3 ottobre 2005

§       approvazione del Senato

9 novembre 2005

§       assegnazione

11 novembre 2005

§       scadenza

2 dicembre 2005

Commissione competente

V (Bilancio) e VI (Finanze) riunite

Pareri previsti

I, II (art. 73, comma 1-bis, reg., per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, VII, VIII, IX (art. 73, comma 1-bis, reg.), X, XI (art. 73, comma 1-bis, reg., per le disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII, XIV e Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

L’articolo 1, commi 1 e 2, reca disposizioni tendenti a incentivare la partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale, attribuendo ai comuni intervenuti nell’accertamento fiscale il 30 per cento delle maggiori somme riscosse, relativamente ai tributi statali.

La determinazione delle modalità tecniche, delle forme di partecipazione dei comuni e delle ulteriori materie in cui essa può esplicarsi è demandata a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del territorio per i tributi di competenza di questa.

Il comma 2-bis introduce, in relazione all’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale, una clausola di “compatibilità” con la normativa delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, in questo caso limitatamente alle province autonome di Bolzano e di Trento.

 

L’articolo 1-bis demanda ad uno o più regolamenti di delegificazione, da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, la definizione delle norme di adeguamento del regolamento istitutivo del registro delle imprese, di cui al D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, con particolare riferimento alle esigenze di adeguamento e coordinamento del regime di pubblicità degli atti societari amministrato dal registro delle imprese con le novità in materia introdotte dalla riforma del diritto societario.

 

L’articolo 2, comma 1, attribuisce all'amministrazione finanziaria il potere di controllare l’effettuazione dei versamenti dell'imposta sul valore aggiunto anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

Il comma 2 autorizza l’assunzione di personale da parte del Ministero dell’economia delle finanze, del Corpo della Guardia di finanza e dell’Agenzia delle entrate, al fine di potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, alle frodi fiscali e all'economia sommersa nonché le attività connesse al controllo, alla verifica e al monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.

Il comma 3 fissa l'importo minimo dei maggiori diritti accertati nell'ambito dell'imposta sul valore aggiunto, che l'Agenzia delle Dogane dovrà conseguire grazie al potenziamento delle proprie attività. Al fine di conseguire tale obiettivo, è consentito all'Agenzia di avvalersi di personale assunto mediante contratti di formazione e lavoro, in attesa delle autorizzazioni per l'assunzione di personale a tempo indeterminato.

Il comma 4 stabilisce che le disposizioni dirette al rafforzamento del sistema doganale, alla lotta alla contraffazione e al sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo, contenute nell’articolo 1 del decreto-legge n. 35 del 2005, trovano applicazione non solo nell’ambito del sistema portuale, ma anche nei confronti di tutti gli uffici dell'Agenzia delle dogane che si occupano di operazioni di sdoganamento.

Il comma 4-bis modifica l’art. 1 della legge n. 80 del 2005 (conversione del D.L. n. 35 del 2005) in materia di sanzioni per acquisto di merci contraffatte.

La norma fissa anche nel minimo l’entità della sanzione per l’illecito amministrativo compiuto (100 euro), attualmente prevista dalla norma solo nel massimo (10.000 euro). Viene inoltre stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria molto più severa (da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro) in relazione alla particolare “qualità” dell’autore dell’illecito acquisto di merce contraffatta, ovvero quando questi sia un operatore commerciale, un importatore o, comunque, qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale.

Per l’applicazione delle sanzioni, è fatto rinvio alla legge n. 689 del 1981; si precisa, infine, che - ferme restando le competenze della polizia giudiziaria ex articolo 13 della stessa legge n. 689 del 1981 - le violazioni nella materia in oggetto sono accertate, d’ufficio o su denunzia, dagli organi di polizia amministrativa (ovvero quella degli enti locali).

È infine introdotta nello stesso articolo 1 una disposizione che prevede di destinare all’ente locale di appartenenza il 50 per cento delle sanzioni pecuniarieirrogate da organi di polizia amministrativa degli enti locali, ferma restando la destinazione del restante 50 per cento allo Stato.

Il comma 4-ter introduce nell’articolo 1 del D.L. n. 35 del 2005 un nuovo comma 6-bis, volto ad attribuire alle regioni la facoltà di assegnare in gestione alla SIMEST SpA propri fondi rotativi, con finalità di capitale di rischio, per l’acquisizione da parte della società di quote aggiuntive di partecipazione in società o imprese partecipate operanti nel loro territorio.

Il comma 4-quater modifica la composizione del consiglio d’amministrazione della Simest e i criteri di nomina dei relativi membri, mentre il comma 4-quinquies prevede il rinnovo del medesimo consiglio e l’adeguamento dello statuto societario.

Il comma 5 prevede che entro tre mesi siano raggiunte le intese necessarie all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio per la definizione dei termini dei procedimenti amministrativi concernenti le operazioni doganali d’importazione ed esportazione. Qualora tali intese non intervengano entro il detto termine, esse s’intenderanno positivamente acquisite.

I commi 6 e 7 dispongono l’intensificazione dell’azione della Guardia di finanza per il contrasto dell’economia sommersa, delle frodi fiscali e dell’immigrazione clandestina, rafforzando il controllo economico del territorio, anche al fine di proseguire il controllo dei prezzi.

I commi 8 e 9 consentono all’amministrazione finanziaria di utilizzare, ai fini dell’accertamento delle imposte dirette e dell’IVA, la documentazione acquisita dalla Guardia di finanza presso le banche e la società Poste italiane SpA, nell’ambito dell’accertamento delle imposte sulla produzione e sui consumi.

Il comma 10 attribuisce all'amministrazione finanziaria il potere di controllare l’effettuazione dei versamenti di imposte dirette, contributi e premi dovuti a titolo di acconto e di saldo, nonché delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

Il comma 10-bis attribuisce ai soggetti espressamente indicati la facoltà di effettuare i versamenti unitari tramite procedure telematiche, direttamente o mediante incarico ai soggetti abilitati.

Il comma 11 estende l’iscrizione a ruolo prevista dall’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 462 del 1997 alle somme che risultano dovute a seguito dei controlli eseguiti dagli uffici prima della presentazione delle relative dichiarazioni annuali.

Il comma 12 abroga il quarto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, contenente disposizioni analoghe a quelle introdotte dal comma 1 del presente articolo 2.

Il comma 13 modifica le modalità di conservazione del libretto di controllo rilasciato ai soggetti ammessi alle agevolazioni fiscali sugli olî minerali impiegati nel settore agricolo.

Il comma 14 apporta alcune modifiche agli articoli 6, 7 e 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, i quali dettano disposizioni in merito all’identificazione, mediante codice fiscale, dei soggetti che compiono determinati atti e alla comunicazione di dati e notizie all’anagrafe tributaria. Il comma 14-bis differisce al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore di alcune previsioni del precedente comma 14.

Il comma 14-ter dispone, relativamente ai periodi di imposta antecedenti al 1° gennaio 2006, che le banche e gli altri intermediari finanziari, per rispondere alle richieste di dati e notizie avanzate dall’amministrazione finanziaria, utilizzino i dati da essi acquisiti in base alla normativa anti-riciclaggio.

I commi 14-quater e 14-quinquies modificano – con efficacia estesa agli accertamenti notificati dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – la disciplina dell’accertamento sintetico dei redditi delle persone fisiche, riducendo da cinque a quattro il numero degli anni, antecedenti quello in cui le spese sono state effettuate, nei quali si presumono conseguiti i redditi con cui sono state sostenute spese per incrementi patrimoniali.

Il comma 14-sexies modifica i termini di versamento della prima rata per la definizione agevolata di irregolarità pregresse da parte dei concessionari della riscossione.

Il comma 14-septies limita il potere dell’amministrazione finanziaria di accertare la non rispondenza al vero delle scritture contabili del contribuente relative ad operazioni aventi oggetto oro in lamina.

 

L’articolo 2-bis disciplina le modalità di invio delle comunicazioni (c.d. avvisi bonari), da parte dell’Agenzia delle entrate, relativamente ai controlli automatici eseguiti sulle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 2006. In particolare, l’invito deve essere inviato con mezzi telematici al soggetto intermediario, se richiesto dal contribuente, ovvero con raccomandata postale con ricevuta di ritorno negli altri casi.

 

L’articolo 2-ter, novellando l’art. 4, comma 49, della legge finanziaria 2004 (Legge 350/2003), sanziona il tentativo di commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza.

 

I commi 1-15 dell’articolo 3 intervengono riformando il sistema nazionale di riscossione dei tributi, tramite la soppressione del sistema di affidamento in concessione a privati e l'attribuzione del servizio ad una società di nuova costituzione a maggioranza pubblica.

In sintesi, con la riforma vengono previsti:

-        la soppressione, dal 1° ottobre 2006, del vigente sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione dei tributi;

-        l'attribuzione delle funzioni relative alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate, che le esercita tramite una nuova società, denominata "Riscossione Spa", costituita entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame dall'Agenzia predetta insieme all'INPS con un capitale di 150 milioni di euro;

-        l'effettuazione, da parte di Riscossione Spa, dell'attività di riscossione mediante ruolo e dell'attività di riscossione delle entrate dello Stato, con possibilità di svolgere ulteriori attività quali la riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate;

-        la possibilità da parte di Riscossione Spa – la cui partecipazione pubblica non potrà comunque scendere al di sotto del 51 per cento – di acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (o del ramo di azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di Riscossione Spa;

-        il riacquisto, entro il 31 dicembre del 2010, delle azioni di Riscossione Spa cedute ai privati da parte dei soci pubblici;

-        la trasformazione, sempre dal 1° ottobre 2006, del Consorzio nazionale concessionari in società per azioni.

I commi 16-19-bis riguardano le condizioni normative, economiche, giuridiche e previdenziali previste per i lavoratori della costituenda società Riscossione S.p.A.

I commi 20-28 e 30-40, lettera a) dettano disposizioni varie in materia di riscossione, riguardanti, fra l’altro, alcune modifiche al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, la disciplina dei compensi per l’attività di riscossione, la modifica dei termini della sanatoria relativa all’attività di riscossione nonché alcune modifiche alla disciplina della riscossione mediante ruolo.

Il comma 29 disciplina gli effetti in materia di riservatezza dei dati personali conseguenti al passaggio dell’attività di riscossione a Riscossione Spa e alle sue partecipate.

Il comma 29-bisdisciplina le condizioni particolari secondo le quali la nuova disciplina delle riscossioni si applica al territorio e alle entrate riscosse nella Regione siciliana, prevedendo che nel suo territorio, con riguardo alle entrate non spettanti ad essa, le funzioni relative alla riscossione sono svolte dall’Agenzia delle entrate mediante la Riscossione S.p.A. ovvero altra società per azioni a maggioranza pubblica.

Il comma 36, lettera a), numero 3, interviene sul decreto legislativo n. 112 del 1999 per disporre che i concessionari possano procedere a trattamento dei dati acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 senza dover rendere ai debitori l’informativa prevista dal decreto legislativo n. 196 del 2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali) in ordine alle finalità e modalità del trattamento.

Il comma 40 apporta modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). In particolare, la lettera b)del comma 40 vi introduce l’articolo 72-bis,concernente l'espropriazione del quinto dello stipendio e di altri emolumenti connessi ai rapporti di lavoro. Per effetto del nuovo articolo viene estesa all’espropriazione del quinto degli stipendi la procedura esecutiva semplificata già prevista dall'articolo 72 per il pignoramento di fitti o pigioni.

La lettera b-bis)interviene sull’articolo 76 del D.P.R. n. 602 del 1973 per portare da 3 milioni di lire a 8.000 euro l'importo complessivo del credito tale da consentire al concessionario di procedere all'espropriazione immobiliare.

La successiva lettera b-ter)interviene invece sull’articolo 85 dello stesso D.P.R. n. 602 del 1973, concernente l’assegnazione dell’immobile allo Stato in caso di esito negativo dell’incanto. Le modifiche apportate dal Senato sono volte a sostituire ogni riferimento all’eventuale conguaglio con il prezzo per il quale è stata disposta l’assegnazione, così da allineare la disposizione all’interpretazione che ne viene comunemente data nella prassi.

Il comma 41 reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 86 del D.P.R. n. 602 del 1973, relativo al fermo dei beni mobili registrati. In base alla norma di interpretazione autentica - fino all’emanazione del decreto attuativo dell’articolo 86 - il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503.

Il comma 41-bis stabilisce il carattere gratuito di qualunque fornitura di dati da parte degli uffici del pubblico registro automobilistico ad organi costituzionali e della pubblica amministrazione, nonché ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, nei casi in cui l’erogazione si renda necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività affidata in concessione.

Il comma 42 modifica la disciplina vigente in materia di vendita di valori bollati al pubblico.

Il comma 42-bis demanda a una previsione regolamentare la definizione di condizioni e termini per l’assegnazione diretta di rivendite di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio.

I commi 42-ter e 42-quater provvedono a fornire interpretazioni di norme fiscali vigenti riconoscendo anche alle agenzie fiscali, rispettivamente, il potere di chiedere la sospensione del pagamento di somme dovute e l’esenzione dal pagamento degli oneri di riscossione per l’attività di transazione dei tributi iscritti a ruolo.

I commi 42-quinquies e 42-sexies prorogano al 31 dicembre 2008 il termine di riferimento per la cessione e alla cartolarizzazione dei crediti di natura contributiva dell’INPS, eccetto che per i crediti previdenziali del settore agricolo, per cui rimane fermo il termine del 31 dicembre 2005.

 

L’articolo 3-bis porta disposizioni in materia di giustizia tributaria e di assistenza tecnica dinnanzi alle commissioni tributarie, nonché di assistenza fiscale nei confronti di determinati contribuenti.

In particolare, la competenza degli organi di giurisdizione tributaria viene precisata ed estesa alle controversie su alcuni tributi attualmente spettanti alla cognizione del giudice ordinario. È riorganizzato il sistema di assegnazione degli incarichi vacanti presso le commissioni tributarie, mediante concorso fra i giudici in servizio e successivo concorso pubblico; vengono modificati altri requisiti e modalità per l’accesso alla magistratura tributaria. È abrogata la disposizione che consente alle commissioni tributarie di ordinare alle parti il deposito di documenti e sono integrate alcune norme di procedura.

Ai consulenti del lavoro è consentito di esercitare l’assistenza tecnica dinnanzi alle commissioni tributarie senza limitazioni di materia; ai medesimi è consentito altresì di prestare l’assistenza fiscale, agli effetti della dichiarazione dei redditi, in favore dei contribuenti non titolari di reddito autonomo o d’impresa.

 

L’articolo 3-ter differisce al 15 dicembre 2005 il termine per l’adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime, previsto dall’articolo 32 del decreto-legge n 269 del 2003.

 

L'articolo 4 prevede che le disposizioni del titolo III del presente provvedimento, denominato "perequazione delle basi imponibili", operano in anticipazione del disegno di perequazione contenuto nella legge finanziaria per il 2006.

 

I commi 1 e 3 dell’articolo 5 intervengono sulla disciplina delle plusvalenze esenti (c.d. participation exemption) restringendone l’ambito di applicazione. In primo luogo, l’esenzione delle plusvalenze realizzate non è più totale ma parziale (91 per cento e, dal 2007, 84 per cento); inoltre, sono resi più restrittivi i requisiti di durata del possesso per l’applicazione della medesima esenzione (non più dodici, ma diciotto mesi). Contemporaneamente si interviene sulla disciplina relativa alle minusvalenze e al pro rata patrimoniale al fine di evitare che queste ultime restino modificate per effetto dei nuovi requisiti stabiliti per l’esenzione delle plusvalenze.

Il comma 2 sopprime, a decorrere dall’anno 2007, il regime contabile semplificato previsto in favore dei contribuenti minimi (c.d. regime forfetario).

Il comma 3-bis attribuisce alla regione Sicilia contributi quindicennali di 10, 40 e 36 milioni di euro – a decorrere rispettivamente dal 2006, 2007 e 2008, a titolo di acconto per spettanze dovute alla regione e incassate dallo Stato in relazione alle imposte sulle assicurazioni Rc auto relative agli anni 2002-2004. La spettanza alla regione Sicilia delle suddette imposte è stata confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 306 del 2004.

Il comma 3-ter rifinanzia il Fondo di solidarietà nazionale per la regione Sicilia, previsto dall’art. 38 dello Statuto di autonomia, con un contributo quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2008.

 

L’articolo 5-bis dimezza, portandola a un ventesimo, la quota annua massima di ammortamento ordinario dell’avviamento deducibile ai fini fiscali, con l’effetto di prolungare dagli attuali 10 a 20 anni il periodo di ammortamento delle spese di avviamento iscritte nel bilancio delle società. L’applicazione della nuova misura decorre dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

L’articolo 5-ter modifica la disciplina fiscale relativa ai contratti di locazione finanziaria aventi per oggetti beni immobili. In particolare, subordina la deducibilità dei canoni di leasing alla stipulazione di un contratto di locazione finanziaria la cui durata non sia minore della metà del periodo di ammortamento del bene, e comunque non inferiore a otto né superiore a quindici anni.

 

L’articolo 5-quatermodifica la disciplina fiscale relativa all’operazione di concambio di titoli intervenuto fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia a norma dell’articolo 65 della legge 289 del 2002, prevedendo che la perdita occorsa alla Banca d’Italia in conseguenza della minusvalenza patrimoniale da esso derivante, nonché le perdite relative ai due periodi d’imposta successivi, siano deducibili soltanto fino a concorrenza del 50 per cento dei redditi imponibili del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 e di quelli successivi.

 

L'articolo 5-quinquies dispone, con finalità antielusive, l’indeducibilità delle minusvalenze e delle differenze negative derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie o di strumenti finanziari similari alle azioni, fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi percepiti nei trentasei mesi precedenti il realizzo. (c.d. dividend washing). Dispone, inoltre, la conseguente rideterminazione della misura degli acconti relativi all’imposta dovuta per il 2006.

 

L’articolo 5-sexies rifinanzia gli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione, nella misura di euro 40 milioni per l’anno 2005. In particolare, è introdotto un credito d’imposta per l’installazione di impianti di alimentazione a metano o GPL, che sarà operante dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

L’articolo 6 modifica la disciplina fiscale relativa alla deducibilità di svalutazioni e accantonamenti prevista per gli enti creditizi e finanziari e per le imprese di assicurazione.

In particolare, con riferimento alle imprese di assicurazione, il comma 1 dispone l’indeducibilità, ai fini dell’IRAP, delle svalutazioni dei crediti e degli accantonamenti per rischi su crediti, mentre il comma 2 modifica la disciplina relativa alle variazioni della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni, per la parte riferibile alle componenti di lungo periodo, riducendo dal 90 al 60 per cento la quota deducibile ai fini dell’IRES imputabile nell’esercizio.

Il comma 3 interviene sulla disciplina fiscale degli enti creditizi e finanziari, riducendo dallo 0,60 allo 0,40 per cento la quota di svalutazione dei crediti e degli accantonamenti per rischi su crediti deducibile ai fini IRES nell’anno in cui le svalutazioni vengono rilevate.

 

L’articolo 6-bis prevede che le società di gestione del risparmio possano corrispondere la tassa sui contratti di borsa in modo virtuale.

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 6-ter modificano disposizioni contenute nel decreto-legge n. 138 del 2002, che ha operato la trasformazione dell’ANAS S.pa. in società per azioni (comma 1), e assegnano (comma 2) al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una serie di funzioni relativamente alla programmazione degli interventi di manutenzione e gestione di strade e autostrade.

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 7, in relazione ai beni immobili non strumentali, né beni-merce di imprese ed enti non commerciali, eliminano la possibilità di riduzione forfetaria del canone di locazione, a titolo di spese di manutenzione, prevedendo che possono essere dedotte solamente le spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, entro il limite del 15 per cento del canone di locazione.

Il comma 1-bis contiene una disposizione interpretativa dell’articolo 8, comma 7, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria per il 2001), relativo al credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate.

Il comma 2-bis stabilisce che l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) prevista per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, s’intende applicabile a tali attività indipendentemente dalla natura eventualmente commerciale delle attività stesse.

 

L’articolo 7-bis detta disposizioni relative alla possibilità di acquisto e alla definizione bonaria della posizione debitoria degli occupanti delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali, privi di titolo o con assegnazione irregolare. Sono esclusi dall’applicazione dei benefici i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dall’occupazione abusiva come descritta.

 

L’articolo 7-ter introduce una norma concernente la privatizzazione degli enti e delle aziende delle regioni, novellando l’articolo 115 del testo unico sugli enti locali.

 

L’articolo 7-quater estende ad ulteriori soggetti la facoltà di autenticare, in qualità di rappresentanti dei contribuenti presso gli uffici finanziari, la sottoscrizione della procura speciale loro conferita.

 

L’articolo 7-quinquies, comma 1, riconosce agli iscritti nella Sezione B (Esperti contabili) e – implicitamente – agli iscritti nella Sezione A (Commercialisti) dell'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili la facoltà di prestare l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa.

Il comma 2, modificando l’articolo 78 del decreto legislativo n. 139 del 2005 (che ha costituito l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili), amplia l’ambito temporale nel quale, fino all’entrata a regime dell’unificazione (1° gennaio 2008), i richiami alla nuova terminologia che indica tali professionisti e i relativi organi rappresentativi vanno riferiti ai “dottori commercialisti” e ”ai ragionieri e periti commerciali” e ai rispettivi organi territoriali.

 

L’articolo 7-sexies prevede, in caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore, la possibilità di attestazione delle cause giustificative della mancata congruità dei ricavi o compensi dichiarati, rispetto a quelli derivanti dall’applicazione degli studi medesimi, e delle cause che giustificano un’incoerenza rispetto agli indici economici individuati da predetti studi. L’attestazione, su richiesta dei contribuenti, può essere rilasciata da parte di una serie di soggetti espressamente indicati.

 

L’articolo 8, commi 1 e 2, prevede, a favore delle imprese, misure intese a compensare la riduzione delle risorse per autofinanziamento, derivante dalla presumibile crescita degli accantonamenti corrispondenti alle quote di trattamento di fine rapporto che verranno destinati alle forme pensionistiche complementari.

Il comma 3 proroga di sei mesi il termine per la completa attivazione su tutto il territorio nazionale della tessera sanitaria.

Il comma 3-bis estende agli enti non commerciali in situazione di crisi aziendale aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia e operanti nel settore della sanità privata l’operatività del Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà, previsto dall’articolo 11, commi 3-6, del decreto-legge n. 35 del 2005. Proroga inoltre al 31 dicembre 2006 la sospensione dei termini per il pagamento di contributi, tributi e imposte, anche in qualità di sostituti d’imposta, accordata in favore dei medesimi enti. A quest’effetto autorizza la spesa di euro cinquecentomila per l’anno 2006.

 

Il comma 3-ter, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, proroga, non oltre il 31 dicembre 2006, i trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti.

 

L’articolo 8-bis reca disposizioni volte ad incrementare l’occupazione nelle regioni interessate dai programmi di sviluppo previsti nell’ambito dell’Obiettivo 1 (“promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo”) del Quadro comunitario di sostegno (QCS), per il periodo di programmazione 2000-2006.

 

L’articolo 9 prevede nuovi adempimenti finanziari e contabili a carico delle regioni, concernenti le risorse destinate alla copertura dei contratti collettivi di lavoro del personale sanitario), al fine di migliorare gli strumenti di monitoraggio della spesa sanitaria e il perseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa stessa.

 

L’articolo 10, commi da 1 a 6, attribuisce all’INPS le competenze residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già appartenenti al Ministero dell’economia e delle finanze, disciplinando in particolare i procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile.

Il comma 7 introduce l’onere di certificazione della regolarità contributiva, per le imprese di tutti i settori, al fine di beneficiare delle sovvenzioni comunitarie.

 

L’articolo 10-bis, comma 1, al fine di contenere le spese per incarichi e rapporti di collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni e di assicurare trasparenza ed efficacia all’attività amministrativa, anche tramite l’attivazione di un numero verde per la segnalazione di ritardi o inadempienze, integra l’articolo 60, comma 6, del decreto legislativo n. 265 del 2001 con riguardo alle funzioni svolte dall’Ispettorato per la funzione pubblica, anche d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

I commi da 2 a 4 prevedono che il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga, per un periodo massimo di quattro anni, di un contingente di personale pari a 30 unità, attingendo al tal fine al novero dei segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità, al fine di rafforzare le attività di semplificazione delle norme e procedure amministrative e di monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione e quelle connesse alla gestione del personale in eccedenza.

Il comma 5, prevede la costituzione, da parte dell’ISTAT, di una società di rilevazione statistica, con la partecipazione di regioni, enti locali, autonomie funzionali e loro associazioni, allo scopo di garantire l’efficienza e l’omogeneità su tutto il territorio nazionale dell’attività di rilevazione statistica.

I commi 6-8 istituiscono un comitato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il compito di valutare i progetti presentati allo scopo di riunire in un’unica sede, nella provincia di Roma, tutti gli uffici e sedi dell’ONU presenti in Italia.

I commi 9 e 10 apportano modifiche ad alcuni aspetti relativi ai giudizi di responsabilità di competenza della Corte dei conti.

 

L’articolo 10-ter dispone il trasferimento di talune risorse patrimoniali, nella disponibilità della società Sviluppo Italia, alla società Istituto sviluppo agroalimentare (ISA) di recente istituzione, con contestuale passaggio della quota di partecipazione detenuta da Sviluppo Italia in ISA al Ministero delle politiche agricole.

 

L’articolo 11 autorizza la spesa di 160 milioni di euro annui, a decorrere dal 2006, al fine di consentire l'attuazione della disciplina di delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), e comma 2, lettera o), della legge 23 agosto 2004, n. 243, relativa alla cosiddetta totalizzazione contributiva.

 

L’articolo 11-bis autorizza la spesa di 222 milioni di euro per il 2005 per la concessione di contributi statali per la realizzazione al finanziamento degli interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, secondo una procedura introdotta dalla legge finanziaria per il 2005.

 

L’articolo 11-ter reca disposizioni volte al contenimento della spesa delle amministrazioni pubbliche nel 2005.

In particolare, il comma 1 prevede la riduzione, in termini sia di competenza che di cassa, degli stanziamenti discrezionali per consumi intermedi indicati nell’elenco 1, per un importo complessivo di 300 milioni di euro nel 2005, e la riduzione, limitatamente alle sole autorizzazioni di cassa, degli stanziamenti discrezionali per investimenti fissi lordi, indicati nell’elenco 2, per un importo complessivo di 1.600 milioni di euro nel 2005. Sono esclusi gli stanziamenti destinati ai comparti della difesa, della sicurezza e del soccorso.

Il comma 2 dispone la riduzione dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri sul fondo speciale di parte corrente per l’anno 2005 per un importo complessivo di 31 milioni di euro.

Il comma 3 dispone per l’anno 2005 la riduzione delle autorizzazioni di spesa, per complessivi 147 milioni di euro in competenza e 70 milioni di euro in cassa, relative al Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente e agli stanziamenti aggiuntivi per l’aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo.

Il comma 4 dispone la riduzione degli stanziamenti di spesa per l’anno 2005 relativi alla categoria dei consumi intermedi iscritti nei bilanci degli enti e degli organismi pubblici non territoriali, che adottano una contabilità anche finanziaria, nella misura del 10 per cento degli stanziamenti iniziali, comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame. Per gli enti e gli organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica la norma fa riferimento alla riduzione, nella medesima misura del 10 per cento, dei costi della produzione, concernenti i beni di consumo e i servizi e il godimento di beni di terzi. Il comma 5 dispone che le somme provenienti dalle predette riduzioni siano versate da ciascun ente, entro il 30 giugno 2006, all’entrata del bilancio dello Stato.

Il comma 6 prevede l’istituzione, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo per far fronte ad indifferibili esigenze connesse alle spese per consumi intermedi.

 

L’articolo 11-quater modifica – limitatamente al periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge – la disciplina fiscale degli ammortamenti dei beni materiali strumentali per i soggetti che esercitano attività di trasporto e distribuzione del gas, di gestione della rete elettrica nazionale, nonché di distribuzione di energia elettrica, e dispone la conseguente rideterminazione degli acconti dovuti agli effetti dell’IRES e dell’IRAP per il medesimo periodo d’imposta.

 

L’articolo 11-quinquies detta disposizioni relative alla dismissione di beni immobili pubblici ad uso non abitativo, con particolare riferimento agli immobili della Difesa, esonerando fra l’altro dal pagamento delle imposte indirette gli atti connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato.

Il comma 7 esclude due immobili siti in Roma dalle procedure di vendita disciplinate dal decreto-legge n. 351 del 2001.

 

L’articolo 11-sexies reca disposizioni in materia di razionalizzazione e incremento dell’efficienza del settore del controllo del traffico aereo, in particolare attraverso modifiche all’articolo 5 del decreto-legge n. 77 del 1989 che ha istituito e disciplinato la tassa per i servizi di assistenza aerea di rotta e quella per l’assistenza di terminale.

 

L’articolo 11-septies reca interventi a favore della sicurezza degli impianti e della sicurezza operativa, trasferendo all’ENAV s.p.a. la quota attualmente riservata al Ministero dell’economia dell’addizionale comunale dei diritti di imbarco.

 

L’articolo 11-octies dispone compensazioni per gli eventi dell’11 settembre 2001, prevedendo un’autorizzazione alla spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2005 per la liquidazione dei risarcimenti dei danni – di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge n. 450 del 2001 – subìti da terzi, in essi inclusi i passeggeri trasportati e i dipendenti delle imprese di trasporto aereo.

 

L’articolo 11-novies reca disposizioni in materia di razionalizzazione ed efficientamento del settore dei gestori aeroportuali, in particolare modificando le disposizioni di cui al comma 10 dell’articolo 10 della legge n. 537 del 1993 relative alla determinazione dei diritti aeroportuali.

 

L’articolo 11-decies reca disposizioni in materia di competitività del sistema aeroportuale, prevedendo che i canoni di concessione demaniale corrisposti dalle società di gestione aeroportuale siano ridotti del 75 per cento fino alla data di introduzione del nuovo sistema di determinazione dei diritti aeroportuali previsto dal provvedimento in esame.

 

L’articolo 11-undecies introducedisposizioni concernenti lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali, prevedendo il principio secondo cui la programmazione degli interventi infrastrutturali per il settore dell’aviazione civile, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, deve soddisfare, in via prioritaria, le esigenze dei collegamenti con gli aeroporti d’interesse nazionale e, in particolare, con gli hub aeroportuali di Roma Fiumicino e di Milano Malpensa.

 

L’articolo 11-duodecies dispone in materia di sicurezza aeroportuale, prevedendo in particolare il principio della responsabilità sia per il gestore aeroportuale sia per le compagnie aeree della sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri.

 

L’articolo 11-terdecies reca disposizioni in ordine alle royalties sui carburanti, prevedendo che ai gestori aeroportuali e ai fornitori dei servizi non possono essere applicati sovrapprezzi, in particolare royalties sulla fornitura di carburanti, che non siano effettivamente connessi ai costi sostenuti per l’offerta del medesimo servizio.

 

L’articolo 11-quaterdecies, comma 1 autorizza il Dipartimento della protezione civile a provvedere con contributi quindicennali per la necessaria organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento dei Campionati mondiali di nuoto “Roma 2009” e dei “XVI Giochi del Mediterraneo" che si terranno a Pescara sempre nel 2009.

Il comma 2 autorizza una spesa pari a 5 milioni di euro per l’anno 2006 per l’organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento del Convegno internazionale interconfessionale.

Il comma 3, prima parte, autorizza la spesa aggiuntiva di 3 milioni di euro a decorrere dal 2006, per la prosecuzione degli interventi di cui all’articolo 1, comma 279, della legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311). La seconda parte autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro a favore della facoltà Jean Monnet, della Seconda Università degli studi di Napoli, per la prosecuzione delle attività di ricerca e formazione già finanziate con 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2005 dall’articolo 1, comma 278 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).

Il comma 4 dispone la riapertura del termine, scaduto il 30 giugno 2005, per la rivalutazione di terreni e partecipazioni, con conseguente pagamento delle imposte sostitutive. Il nuovo termine è fissato al 30 giugno 2006.

Il comma 5 prevede che le regioni e le province autonome, sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFN), possano regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento distinti per sesso e classi di età, anche al di fuori dei periodi e degli orari previsti dalla legge n. 157 del 1992.

Il comma 6 introduce nel novero delle prestazioni di lavoro accessorio le attività riferibili all’esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati.

Il comma 7 eroga la somma di 2,5 milioni di euro, a decorrere dal 2006, al fine di consentire la stabilizzazione occupazionale del personale fuori ruolo che opera nel Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e consente la stipula di nuovi contratti per il personale che attualmente presta attività professionale o di collaborazione presso il medesimo Ente parco, fino alla prevista stabilizzazione.

Il comma 8 prevede la possibilità, per i membri facenti parte degli organi degli enti parco, di essere rinominati più di una volta alla scadenza del loro incarico quinquennale.

Il comma 9 proroga alcuni termini relativi alla possibilità di conferire in via transitoria rifiuti in discarica in base a norme precedenti all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 36 del 2003.

I commi 10 e 11 dispongono una serie di finanziamenti ad organismi che operano nel settore dell’assistenza, della ricerca e della sanità.

Il comma 12 prevede il cosiddetto “prestito vitalizio ipotecario”, consistente in una forma di finanziamento destinata ai soggetti di età maggiore di 65 anni, garantita da un'ipoteca sulla casa. Gli interessi dovranno essere restituiti dagli eredi assieme al capitale.

Il comma 13 autorizza il Ministro delle attività produttive ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, uno o più decreti volti a riordinare le disposizioni in materia di installazione e verifica degli impianti all’interno degli edifici.

Il comma 14 dispone un contributo a favore del Centro nazionale di adroterapia oncologica.

Il comma 15 inserisce tra i siti di interesse nazionale da bonificare che usufruiscono del finanziamento pubblico previsto dalla legge n. 426 del 1998 l’area del territorio di cui al decreto del Presidente del consiglio dei ministri 19 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 maggio 2005, nn. 122.

Il comma 16, con norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, stabilisce che s’intende fabbricabile, agli effetti dell’imposta comunale sugli immobili, l’area utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi di esso.

Il comma 17 autorizza un contributo quindicennale all’ANAS, nella misura di 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2006, per la realizzazione di lavori di raccordo stradale.

Il comma 18 demanda ad un decreto del Ministro delle attività produttive la determinazione annuale della quota di risorse del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (FIT) da destinare, a valere sulla quota erogata a fondo perduto, alle imprese operanti nei settori del commercio, del turismo e dei servizi.

Il comma 19 estende la possibilità di optare per il regime forfetario di determinazione del reddito delle imprese marittime (c.d. tonnage tax) anche alle imprese che utilizzano navi prese a nolo, nel limite del 50 per cento del loro tonnellaggio complessivo.

Il comma 20 autorizza, per la prosecuzione degli interventi previsti per il completamento della diga foranea di Molfetta, un contributo quindicennale di un milione di euro a decorrere dal 2006.

Il comma 21 interviene sull’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 353 del 2003 estendendo i benefìci della riduzione sulle tariffe postali alle associazioni riconosciute a carattere nazionale aventi per oggetto statutario, da più di quaranta anni, lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca oncologica

 

L’articolo 11-quinquiesdecies, comma 1 introduce la possibilità di raccolta a distanza del giuoco del lotto, del concorso pronostici Enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore e della nuova scommessa ippica a totalizzatore sulle corse dei cavalli denominata “Vincente nazionale” e “Accoppiata nazionale”, attraverso internet, televisione digitale, terrestre e satellitare, nonché attraverso la telefonia fissa e mobile. Sono previste, inoltre, l’estrazione giornaliera della ruota nazionale dell’estrazione del lotto e l’effettuazione giornaliera del concorso pronostici Enalotto. Il comma 3 prescrive all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di individuare le modalità di pubblicizzazione del livello di raccolta di tali giuochi.

Il comma 2 dispone la variazione dell’aggio per alcuni giuochi.

Con il comma 4 si prevede l’introduzione di formule digiuoco opzionali, complementari al concorso pronostici enalotto e al giuoco del lotto.

Il comma 5 esclude per i concessionari delle scommesse ippiche e sportive la possibilità di essere titolari di oltre cento agenzie sul territorio nazionale.

Il comma 6 prevede per ciascun affidatario delle concessioni relative a scommesse su corse di cavalli e a scommesse a totalizzatore e a quota fissa su competizioni sportive la possibilità di aprire ulteriori tre sportelli distaccati, purché ubicati nella stessa regione.

Il comma 7 modifica il regime di detraibilità dell’IVA sugli acquisti relativi all’esercizio, prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione su lotto, lotterie, concorsi pronostici e scommesse, per i quali viene ammessa la detraibilità, subordinatamente all’approvazione da parte della Commissione europea (comma 8).

Il comma 9 stabilisce, con decorrenza dal 1º gennaio 2006, in un euro la posta unitaria per le scommesse diverse da quelle sulle corse dei cavalli, prevedendo inoltre che l’importo minimo per ogni biglietto giocato non può essere inferiore a 3 euro.

Il comma 10 prevede la possibilità che, dietro domanda, il personale della società CONI Servizi S.p.A., attualmente in servizio in posizione di distacco presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sia trasferito nei ruoli della medesima Amministrazione.

Il comma 11 reca misure per favorire la diffusione del gioco a distanza delle scommesse, del Bingo e delle lotterie attraverso internet, televisione digitale, telefonia fissa e mobile.

Il comma 12 ridefinisce i meccanismi di determinazione dell'aliquota dell'imposta unica sulle scommesse.

Il comma 13 prevede l’indizione da parte del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di un’apposita lotteria ad estrazione istantanea dedicata ai Giuochi olimpici invernali che si svolgeranno a Torino nel 2006.

 

L’articolo 11-sexiesdecies stabilisce nella data del 1º gennaio 2006 il termine di decorrenza delle disposizioni contenute negli articoli 11-sexies,11-septies, 11-novies e 11-decies del presente decreto-legge.

 

L’articolo 12 reca la norma di copertura finanziaria.

Relazioni allegate

Il testo presentato dal Governo al Senato (A.S. 3617) reca la relazione introduttiva, la relazione tecnica sugli effetti finanziari nonché l’allegato previsto dall’articolo 17, comma 30, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

In relazione all’articolo 3-bis, che estende ai consulenti del lavoro la facoltà di prestare assistenza fiscale, si ricorda che disposizioni volte a estendere tale facoltà a soggetti ulteriori erano contenute nell’articolo 3 del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163 (decaduto, a seguito di mancata conversione, il 17 ottobre 2005). In particolare, esso (nel testo originario del Governo) tendeva a consentire ai commercialisti, iscritti nella sezione A dell’istituendo Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, lo svolgimento dell’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e d’impresa. A seguito delle modificazioni apportate dal Senato, tale facoltà era altresì estesa agli esperti contabili, iscritti nella sezione B del medesimo Albo, e ai consulenti del lavoro.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 7, concernente il trattamento degli immobili strumentali locati a terzi agli effetti della fruizione del credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, è sostanzialmente identico all’articolo 5 del D.L. 17 agosto 2005, n. 163, recante ”Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture”, approvato dal Senato, con modificazioni, in data 5 ottobre 2005 e decaduto il 17 ottobre 2005, per scadenza dei termini di conversione.

Il comma 2-bis reca disposizioni concernenti gli immobili esenti dall’ICI, che hanno portata più ampia rispetto a quelle contenute nell’articolo 6 dello stesso decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163.

 

L’articolo 7-quinquies, comma 1, integra le competenze previste per gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, consentendo ad essi lo svolgimento dell’assistenza fiscale. L’articolo 3 del D.L. n. 163 del 2005, nel testo modificato durante l’esame parlamentare, consentiva ai commercialisti, iscritti nella sezione A dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, agli esperti contabili, iscritti nella sezione B del medesimo Albo, e ai consulenti del lavoro di svolgere assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e d’impresa. Tale decreto è tuttavia decaduto in quanto non convertito in legge nel termine costituzionale.

 

Con riferimento all’articolo 10-bis, comma 1, l’articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 168 del 2004 (convertito dalla legge n. 191 del 2004) recava disposizioni volte al contenimento della spesa per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei alle amministrazioni pubbliche.

Con riferimento ai commi 2-4, l’articolo 3, commi 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. n. 35 del 2005 (convertito dalla legge n. 80 del 2005) ha istituito fino al 31 dicembre 2007, presso il Dipartimento della funzione pubblica, una Commissione composta di esperti della quale il ministro per la funzione pubblica si avvale per lo svolgimento delle attività di propria competenza. Misure concernenti i segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità e in mobilità sono state introdotte dagli articolo 3-ter e 3-quater del D.L. n. 136 del 2004 (convertito dalla legge n. 186 del 2004).

Il comma 9 modifica il comma 8 dell’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), diretto ad aggiornare il limite di somma previsto da disposizioni contenute rispettivamente nel R.D. 12 luglio 1934, n. 14 (Testo unico della Corte dei conti) e nel R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 (Regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti).

Le disposizioni di interpretazione autentica dettate dal comma 10 si riferiscono, tra l’altro, a quanto disposto dal comma 2-bis dell’articolo 3 (concernente l’azione di responsabilità di competenza della Corte dei conti) del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti).

 

L’articolo 10-ter riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 1 del D.L. n. 224 del 3 novembre 2005 (“Interventi urgenti in materia di agroindustria e di ricerca e sperimentazione in agricoltura”, attualmente all’esame del Senato).

 

Finanziamenti analoghi a quelli previsti dall’articolo 11-bis, sono stati previsti dall’articolo 2-bis del decreto-legge n. 7 del 2005 (Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti), introdotto dalla legge di conversione n. 43 del 2005. Una norma di analogo contenuto era stata inoltre introdotta nel corso dell’esame presso il Senato del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163, recante disposizioni urgenti in materia di infrastrutture.

 

L’articolo 11-ter ha un contenuto pressoché identico a quello dell’articolo 1 del decreto-legge n. 211 del 2005, recante misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale.

Si ricorda che disposizioni volte al contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni, di natura analoga a quelle previste dall’articolo 11-ter, sono già state disposte a partire dal 2002, con il D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246 del 2002, (cd. decreto “bloccaspese”) e successivamente, nel 2004, con il D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191 del 2004 (c.d. decreto “tagliaspese”).

 

Per quanto riguarda l’articolo 11-octies, con riferimento alla garanzia dello Stato per la copertura assicurativa in favore delle imprese nazionali di trasporto aereo e di gestione aeroportuale per i rischi derivanti da atti di guerra e di terrorismo, si ricordano il D.L. 20 settembre 2001, n. 354, il D.L. 27 dicembre 2001, n. 450, il D.L. 28 marzo 2002, n. 45, il D.L. 1° giugno 2002, n. 105 e, infine, il DL 31 ottobre 2002, n. 244).

I decreti-legge successivi al primo sono intervenuti essenzialmente per prorogare il termine di efficacia della garanzia (che i competenti organi comunitari hanno via via autorizzato in via transitoria); al tempo stesso sono stati rivisti alcuni aspetti della disciplina relativa alle modalità di concessione ed all’ambito di applicazione della garanzia.

Più precisamente, la garanzia assicurativa è stata introdotta in favore delle imprese di trasporto aereo con il D.L. 28 settembre 2001, n. 354, convertito con modificazioni dalla legge 27 novembre 2001, n. 413. Tale decreto, intervenuto a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001 e delle conseguenti decisioni assunte dai competenti organi comunitari, aveva fissato al 31 dicembre 2001 la scadenza della garanzia, estesa in sede di conversione anche alle imprese di gestione aeroportuale.

Con il successivo D.L. 27 dicembre 2001, n. 450, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2002, n. 14, oltre alla proroga del termine sino al 31 marzo 2002 è stata introdotta, in linea con quanto stabilito da altri Stati membri della UE, la corresponsione di un premio da parte dei beneficiari della garanzia, originariamente prevista a titolo gratuito.

Il termine è stato quindi ulteriormente prorogato al 31 maggio 2002 con il D.L. 28 marzo 2002, n. 45, convertito con modificazioni dalla legge 24 maggio 2002, n. 100, che ha anche modificato alcuni aspetti della disciplina relativa alla corresponsione del premio prevista dal precedente decreto-legge.

Il D.L. 1° giugno 2002, n. 105, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2002, n. 162, ha infine disposto una nuova proroga del termine al 30 giugno 2002, stabilendo nel contempo la possibilità di prevedere ulteriori estensioni, sulla base di atti di indirizzo comunitari, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive. Conformemente all’atto di indirizzo della Commissione europea del 25 giugno 2002 è stato quindi emanato il D.M. 28 giugno 2002, che ha prorogato il termine al 31 ottobre 2002.

È quindi intervenuto il richiamato D.L. 31 ottobre 2002, n. 244 , che ha prorogato tale garanzia per il periodo dal 1° novembre al 31 dicembre 2002, introducendo altresì alcune precisazioni relative ai soggetti destinatari ed alle modalità di concessione e di prestazione della garanzia.

 

Le disposizioni dell’articolo 12, commi 1-bis e 1-ter, riproducono, per la copertura finanziaria relativa agli anni 2005-2008, il contenuto dell’articolo 12 del D.L. n. 211 del 2005.

 

Per ciò che attiene ai rapporti con decreti-legge attualmente in corso di conversione, si veda anche il paragrafo: Incidenza sull’ordinamento giuridico – Collegamento con lavori legislativi in corso.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Motivazioni della necessità ed urgenza

Nelle premesse del decreto-legge è richiamata la “straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per un più incisivo contrasto del fenomeno dell’evasione fiscale, nonché altre disposizioni tributarie e finanziarie urgenti”.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il decreto-legge, nel testo originario, conteneva disposizioni riguardanti la disciplina, l’accertamento e la riscossione dei tributi statali, il funzionamento dell’amministrazione finanziaria, nonché misure in materia di previdenza e assistenza, organizzazione e funzioni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e programmazione della spesa nel settore sanitario.

Le predette disposizioni trovavano fondamento nella competenza esclusiva attribuita alla legislazione statale dall’articolo 117, secondo comma, della Costituzione, rispettivamente:

-       dalla lettera e) per il sistema tributario e contabile dello Stato;

-       dalla lettera g) per l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;

-       dalla lettera o) per la previdenza sociale

e nella competenza concorrente disciplinata dal medesimo articolo 117, terzo comma, della Costituzione, relativamente a:

-       previdenza complementare e integrativa;

-       armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Nel corso dell’esame presso il Senato, sulla base degli emendamenti approvati presso la competente Commissione e con l’emendamento governativo ivi approvato dall’Assemblea, sono state introdotte numerose ed eterogenee materie, sommariamente riferibili ai seguenti ulteriori ambiti:

-       sanzioni amministrative, giustizia tributaria e giustizia contabile - riferibile alla competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. (ordinamento civile e penale, giustizia amministrativa);

-       assistenza fiscale - riferibile alla competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sistema tributario dello Stato);

-       sostegno dell’occupazione - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, secondo comma, Cost. (tutela e sicurezza del lavoro);

-       tutela dell’ambiente e dei beni culturali - riferibile alla competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali);

-       lavori pubblici - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. (porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e navigazione);

-       trasporto aereo - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. (porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e navigazione)[1];

-       dismissione di immobili pubblici - riferibile alla competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (sistema contabile dello Stato);

-       disciplina generale della privatizzazione degli enti delle regioni - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. (armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario);

-       disciplina della caccia - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. (alimentazione; ordinamento sportivo);

-       deposito di rifiuti nelle discariche - riferibile alla competenza esclusiva ex art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema);

-       sicurezza degli impianti interni degli edifici - riferibile alla competenza concorrente ex art. 117, terzo comma, Cost. (tutela e sicurezza del lavoro).

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Con riferimento ai contributi statali destinati agli enti locali previsti dall'articolo 11-bis, riconducibili a quanto disposto dall'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, va richiamata la giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 16 e 49 del 2004) sugli interventi speciali dello Stato volti, tra l'altro, a rimuovere gli squilibri economici e sociali. A tale proposito la Corte costituzionale ha chiarito che gli interventi speciali debbono essere aggiuntivi e riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale (o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni) e debbono essere indirizzati a determinati comuni o categorie di comuni (o province, città metropolitane, regioni). La Corte ha inoltre richiesto che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle regioni, queste siano chiamate alla programmazione e al riparto dei fondi all’interno del proprio territorio.

Specificità ed omogeneità delle disposizioni

Il testo originario del Governo conteneva disposizioni in materia tributaria e finanziaria. Nel corso dell’esame presso il Senato, mediante emendamenti approvati dalla Commissione referente e con l’emendamento 1.1000 su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, sono state introdotte disposizioni riguardanti numerose altre materie eterogenee, fra l’altro con l’inserimento del contenuto di altri decreti-legge in attesa di conversione.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il comma 1 dell’articolo 8 può comportare profili problematici riferiti all’istituzione del fondo di garanzia per agevolare l’accesso delle imprese al credito, finanziato con un contributo dello Stato.La disposizione andrebbe quindi valutata alla luce del principio di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, e della disciplina degli aiuti di Stato, contenuta negli articoli 87 e 88 TCE.

La riduzione degli oneri contributivi, prevista dall’articolo 8, comma 2, limitatamente alle sole imprese tenute a versare il TFR (in tutto o in parte) ai fondi pensione, potrebbe analogamente presentare profili problematici alla luce del principio di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, e della disciplina degli aiuti di Stato, contenuta negli articoli 87 e 88 TCE.

 

Con riferimento all’articolo 11-octies si fa presente che quanto alla compatibilità comunitaria della garanzia assicurativa per il risarcimento dei danni subiti da terzi in conseguenza di atti di terrorismo o di guerra, si ricorda che la garanzia dello Stato a favore delle imprese di trasporto aereo nazionali e dei gestori aeroportuali, in ragione anche della particolare e contingente condizione del mercato in ordine ai costi di assicurazione dei rischi derivanti da atti di guerra o terroristici, è stata introdotta dal precedente D.L. n. 354 del 2001 nel quadro di decisioni assunte dai competenti organi della UE a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001.

La garanzia assicurativa è stata successivamente prorogata dai decreti–legge 450/2001, 45/2202, 195/2002 e dal D.M. 28 giugno 2002, sulla base di atti di indirizzo comunitari. L

L’ulteriore proroga di cui al D.L. 244/2002 (al 31 dicembre 2002) è stata invece disposta in assenza di ulteriori atti di indirizzo comunitari in materia . Al fine di evitare di incorrere nella violazione della disciplina sugli aiuti di Stato il decreto 244, oltre a rendere la garanzia statale facoltativa, ha disposto un sensibile aumento dei premi che debbono essere corrisposti dalle imprese per essere ammesse alla garanzia statale (rispetto a quelli previsti fino al 31 ottobre 2002 ai sensi dell’art. 1, comma 1-ter, del D.L. 45/2002), in modo da renderli più vicini alle eventuali offerte di mercato.

Con riferimento al D.L. 450/2001 richiamato dalla disposizione in esame, si fa presente che la proroga del termine ivi prevista (31 marzo 2002) avveniva sulla base delle decisioni del Consiglio informale dei Ministri finanziari dell’Unione europea (ECOFIN) del 4 dicembre 2001, nel quale si stabiliva che qualsiasi intervento governativo in materia di assicurazione delle compagnie aeree dovesse concludersi entro e non oltre la fine del mese di marzo 2002. Il Consiglio stabiliva inoltre che qualsiasi intervento fino a quella data comportasse premi assicurativi stabiliti in funzione del mercato. Infine si demandava alla Commissione il compito di continuare a seguire gli interventi degli Stati membri in materia.

Nella successiva riunione del Consiglio dei Ministri dei trasporti europei (6-7 dicembre 2001), riguardo al profilo delle assicurazioni, la Presidenza prendeva atto che gli Stati membri avevano consentito a chi non fosse in grado di tornare ad una situazione di normale funzionamento del mercato di mantenere l’attuale regime fino a marzo.

La norma in esame andrebbe valutata alla luce della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, di cui agli articoli 87 e 88 del TCE.

Si ricorda, infatti, che l’articolo 87 dichiara incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati che – favorendo alcune imprese – falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Il medesimo articolo prevede, in ogni caso, delle deroghe al principio testé enunciato, ritenendo, in particolare, compatibili gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure ad altri eventi eccezionali (art. 87, par. 2, lett. b). In base all’articolo 88, par. 3, TCE, inoltre, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti e non possono dare attuazione a tali progetti finché la Commissione non abbia assunto le proprie determinazioni al riguardo.

 

La norma contenuta nell’articolo 11-quinquiesdecies, comma 5 andrebbe valutata alla luce del principio di libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 49 TCE, che vieta – appunto – le restrizioni alla libera prestazione dei servizi in ambito comunitario, nonché del principio comunitario di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, dal momento che essa sembra imporre un’ingiustificata restrizione alla libera attività economica.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Le relative osservazioni sono contenute nelle schede di lettura degli articoli.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Le relative osservazioni sono contenute nelle schede di lettura degli articoli.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Il presente decreto-legge attribuisce poteri normativi nelle seguenti forme:

-        regolamento governativo (art. 10-bis, co. 5);

-        regolamento di delegificazione (art. 1-bis);

-        regolamento ministeriale (art. 11-quaterdecies, co. 13);

-        decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (art. 10- bis, co. 9);

-        decreto ministeriale [art. 2, co. 2; art. 3, co. 5, 13 e 18; art. 5-sexies, co. 2, cpv. 2-bis, e co. 4, in base ad accordo di programma con associazioni di settore; art. 6-bis; art. 8-bis, co. 2; art. 10-bis, co. 4; art. 11, co. 1; art. 11-sexies, co. 1, lett. b), c), d), h); art. 11-novies, co. 1, lett. a), cpv. 10, e lett. b), cpv. 10-ter; art. 11-duodecies; art. 11-quaterdecies, co. 18];

-        atto ministeriale d’indirizzo [art. 6-ter, co. 1, lett. e), e co. 4];

-        provvedimenti di Agenzie fiscali e altre autorità sottordinate al Governo (art. 1, co. 2; art. 3, co. 42-bis; 5-quinquies, co. 3; art. 11-quinquiesdecies, co. 1, 3, 4, 6, 9, 11);

-        attribuzione di poteri alle regioni: art. 11-quaterdecies, co. 5.

 

In particolare, si segnala quanto segue.

All’articolo 1-bis, comma 2, si prevede che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, che determina le modalità tecniche di partecipazione dei comuni agli accertamenti tributari, individui altresì le “ulteriori materie” cui tale partecipazione è estesa, in aggiunta a quanto espressamente previsto dalla legislazione vigente per i singoli tributi.

L’articolo 10-bis, comma 5, rimette a regolamento (governativo, secondo quanto sembra) la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento di una società che sarà costituita dall’ISTAT con la partecipazione di altri soggetti pubblici o associazioni tra enti pubblici.

L’articolo 11-quaterdecies, comma 13, rimette a decreti ministeriali il riordino delle disposizioni in materia di sicurezza degli impianti interni degli edifici, compresa la determinazione delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali e la previsione di sanzioni.

In relazione a ciò, si rileva come lo strumento normativo scelto non appaia congruo, sia sul piano delle fonti del diritto. La materia è infatti attualmente regolata anche da norme di rango primario (in relazione alle quali, limitatamente alle materie non coperte da riserva assoluta di legge, sarebbe se mai possibile l’uso del regolamento governativo di delegificazione ex art. 17, co. 2, della legge n. 400 del 1988). Appare d’altronde dubbio, in relazione al quadro costituzionale delle competenze legislative e regolamentari in materia di edilizia pubblica e privata, che alla determinazione delle competenze statali, regionali e degli enti locali possa provvedersi con regolamento ministeriale.

Con l’articolo 1, comma 44, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico), era stata conferita delega legislativa per il riordinamento della materia. La delega non è stata esercitata.

Coordinamento con la normativa vigente

Con riferimento all’articolo 11-quaterdecies, comma 5 si rileva l’opportunità di configurare la norma come novella della legge n. 157 del 1992 (in particolare dell’articolo 18, commi 2, 3 e 7), che già reca una disciplina della materia per molti aspetti analoga a quella oggetto della disposizione in esame.

 

Con riferimento all’articolo 2, commi 6 e 7 si fa presente che l'articolo 2 del D.L. 9 settembre 2005, n. 182, recante " Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari", convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze impartisca direttive alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate per l’effettuazione di controlli mirati a rilevare i prezzi di cessione dei prodotti lungo la filiera agroalimentare, ovvero nei passaggi tra le varie fasi di trattamento dei prodotti agroalimentari.

 

Si osserva che l’articolo 7-terintroduce nel testo unico sugli enti locali una disposizione concernente i processi di privatizzazione di enti ed aziende delle regioni. Apparirebbe opportuno trovare una collocazione più appropriata per la norma.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Il decreto-legge, nel testo originario, constava di 13 articoli, recanti, oltre ai ricordati interventi in materia fiscale, disposizioni in materia di programmazione finanziaria nel settore sanitario e misure di natura espansiva in materia previdenziale (avvio della previdenza complementare e totalizzazione dei periodi assicurativi).

L’esame presso il Senato si è concluso, il 9 novembre, con l’approvazione di un emendamento interamente sostitutivo sul quale il Governo aveva posto la questione di fiducia.

Nel corso dell’esame presso il Senato sono stati introdotti oltre a numerosi commi aggiuntivi, 34 ulteriori articoli, che, tra l’altro, riproducono disposizioni contenute in decreti-legge in corso di conversione.

In particolare, nel decreto in esame:

§      sono confluite pressoché integralmente (articoli da 11-ter a 11-terdecies) le disposizioni del decreto-legge n. 211 del 2005[2], recante misure per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 2005 e disposizioni in materia aeroportuale; il decreto-legge è attualmente all’esame delle Commissioni Bilancio e Trasporti della Camera e scade il 17 dicembre (A.C. 6139);

§      è confluito (art. 3-ter) l’articolo unico del decreto-legge n. 223 del 2005, recante differimento del termine per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi; il decreto-legge è attualmente all’esame della Commissione Finanze della Camera e scade il 2 gennaio 2006 (A.C. 6162);

§      è riprodotta (art. 10-ter) la principale disposizione (trasferimenti da Sviluppo Italia a ISA) contenuta nel decreto-legge n. 224 del 2005, recante interventi in materia di agroindustria e di ricerca in agricoltura, il decreto-legge è attualmente all’esame del Senato e scade il 2 gennaio 2006 (A.S. 3638).

Il decreto riproduce inoltre alcune disposizioni del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163, in materia di infrastrutture, decaduto per decorrenza dei termini.

Sono state trasposte infine nel decreto alcune norme contenute originariamente nel disegno di legge finanziaria per il 2006, relative al trattamento tributario delle minusvalenze, a contributi per il Centro nazionale di adroterapia oncologica e alla disciplina di giuochi e lotterie.

 

La seguente tabella illustra le corrispondenze tra gli articoli del decreto in esame e le disposizioni contenute in altri provvedimenti legislativi.

 

DL 203/2005

Oggetto

Articolo corrispondente

Stato

Rapporto

3-bis, co. 9

Assistenza fiscale

Art. 3, co. 1-bis
DL 163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Sostanzialmente identico

3-ter

Canoni demaniali marittimi

Art. 1
DL 223/2005

(Canoni demaniali marittimi)

Scade
il 2 gennaio 2006

Sostanzialmente identico

5-quinquies

Indeducibilità di minusvalenze su dividendi non tassati

Art. 41,
(Ddl finanziaria)

Soppresso

Parzialmente identico

6-ter

ANAS

Art. 6-bis
DL 163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Parzialmente identico

7, co. 1-bis

Credito d’imposta per investimenti

Art. 5
DL
163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Parzialmente identico

7, co. 2-bis

Esenzione ICI enti non commerciali per attività commerciali

Art. 6
DL
163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Parzialmente identico

7-ter

Privatizzazione di enti e aziende delle regioni

Art. 1-ter
DL
163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Identico

7-quinquies, co. 1

Assistenza fiscale

Art. 3, co. 1
DL
163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Parzialmente identico

10-ter

Trasferimenti patrimoniali da Sviluppo Italia Spa a I.S.A. Spa

Art. 1
DL 224/2005

(Agroindustria)

Scade
il 2 gennaio 2006

Parzialmente identico

11-bis

Interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale

Art. 6-quinquies
DL
163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Sostanzialmente identico

11-ter

Riduzione di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato e delle spese per consumi intermedi degli enti e organismi pubblici non territoriali

Art. 1
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-quater

Ammortamento dei beni materiali strumentali per l'esercizio di alcune attività regolate

Art. 2
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-quinquies

Dismissione di beni immobili

Art. 3
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-sexies

Razionalizzazione e incremento dell'efficienza del settore del controllo del traffico aereo

 

Art. 4
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-septies

Interventi a favore della sicurezza degli impianti e operativa

Art. 5
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-octies

Compensazione per gli eventi dell'11 settembre 2001

Art. 6
DL 211/2005
 (Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

11-novies

Razionalizzazione e incremento dell'efficienza del settore dei gestori aeroportuali

Art. 7
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

11-decies

Competitività del sistema aeroportuale

Art. 8
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Sostanzialmente identico

11-undecies

Sviluppo delle infrastrutture aeroportuali

Art. 9
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

11-duodecies

Sicurezza aeroportuale

Art. 10
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

11-terdecies

Royalties sui carburanti

Art. 11
DL 211/2005
(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

11-quaterdecies, co. 7

Personale Parchi Lazio, Abruzzo e Molise

Art. 4, co. 1-bis
DL 163/2005 (Infrastrutture)

Decaduto

Identico

11-quaterdecies, co. 14

Contributi al Centro nazionale di adroterapia oncologica

Art. 21, co. 17

(Ddl Finanziaria)

Soppresso

Identico

11-quinquesdecies, co. 11

Raccolta a distanza bingo e lotterie

Art. 66, co. 29

(Ddl Finanziaria)

Soppresso

Identico

11-quinquesdecies, co. 12

Scommesse ippiche

Art. 66, co. 26

(Ddl Finanziaria)

Soppresso

Identico

12, co. 1-bis e 1-ter

Copertura finanziaria 2005-2008 interventi in materia di aeroporti

Art. 12, commi 1 e 2
DL 211/2005

(Manovra 2005 e aeroporti)

Scade
il 17 dicembre

Identico

 

Con particolare riferimento all’articolo 10-ter,si segnala che esso riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 1 del D.L. n. 224 del 3 novembre 2005 (“Interventi urgenti in materia di agroindustria e di ricerca e sperimentazione in agricoltura”, attualmente all’esame del Senato). Le uniche differenze tra i due articoli si rilevano al comma 9. In particolare, l’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 224 del 2005 abroga i commi 42, 43 e 44 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Legge finanziaria per il 2004), mentre il comma 9 dell’articolo in commento si limita a novellare il comma 42 dell’articolo 4 della suddetta legge n. 350 del 2003. Pertanto, la disposizione del presente articolo 10-ter interviene su una norma che non è attualmente in vigore.

 

Inoltre, in relazione all’articolo 5, comma 3-ter, si segnala che l’emendamento del Governo 1.2000 al disegno di legge finanziaria A.S. 3613, all’articolo 1, comma 75 - dispone un finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per la regione Sicilia, per gli anni 2006 e 2007.

 

Per quanto riguarda, infine, l’articolo 11-quaterdecies, comma 5, si fa presente che è attualmente all’esame dell’Assemblea della Camera dei deputati il testo unificato A.C. 27 e abb., che modifica in varie parti (inclusa quella relativa ai periodi di caccia) la legge n. 157 del 1992.

Formulazione del testo

Con riferimento all’articolo 1, comma 2-bis si fa presente che se la norma rimane riferita esclusivamente alle province di Trento e di Bolzano, sarebbe opportuno apportare una correzione testuale, in quanto l’ordinamento delle due province autonome è dettato da un unico statuto, il D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, recante “Approvazione del testo unico delle disposizioni costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige”.

 

All’articolo 1-bis, comma 1, si valuti l’opportunità di richiamare gli estremi normativi del regolamento istitutivo del registro delle imprese, ossia il D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, recante il “Regolamento di attuazione dell'art. 8 della L. 29 dicembre 1993, n. 580 ”.

 

L’articolo 2, comma 13, riguardante la tenuta del libretto di controllo per gli olî minerali in agricoltura, modifica con norma legislativa una disposizione contenuta in una fonte di rango secondario (regolamento approvato con decreto interministeriale 14 dicembre 2001, n. 454), in contrasto con le vigenti regole per la redazione dei testi normativi.

 

L’articolo 2, comma 14-sexies, e l’articolo 3, comma 39, prorogano – prevedendo per altro termini differenti – la data stabilita per il versamento della prima rata relativa alla sanatoria delle irregolarità compiute dai concessionari della riscossione, consentita dall’articolo 1, comma 426, della legge n. 311 del 2004.

 

Con riferimento all’articolo 2-tersi osserva che, rispetto all’ipotesi di “delitto tentato” di cui all’art. 56 del codice penale, l’art. 2-ter deroga sia in relazione alla mancata previsione della “idoneità” degli atti, sia con l’equiparazione - ai fini della pena - del delitto tentato al delitto consumato. Si ricorda, comunque, che analoga equiparazione esiste, ad esempio, per il delitto di contrabbando di cui agli artt. 74, L. 17 luglio 1942, n. 907(sul monopolio di sali e tabacchi) e 293, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (in materia doganale.

 

Il comma 42 dell'articolo 3 modifica la disciplina vigente in materia di vendita al pubblico di valori bollati. La ratio della modificazione apportata alla norma vigente non emerge per altro con immediata evidenza dal tenore letterale della disposizione, che potrebbe anche rivestire mero carattere formale. Sarebbe pertanto opportuno chiarirne il significato in maniera inequivoca.

Il comma 42-sexies, sembra opportuna una formulazione più chiara relativamente all’ambito della deroga prevista.

 

L’articolo 5, comma 1, modifica, rispettivamente alle lettere a) e d), gli articoli 64 e 101 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), in modo apparentemente non coordinato.

Infatti, il nuovo comma 1-bis,introdotto dalla lettera d) nell’articolo 101 del TUIR, subordina l’applicazione delle disposizioni del comma 1 dello stesso articolo, per i beni indicati nell’articolo 87 (partecipazioni esenti), all’ininterrotto possesso per dodici mesi. Le disposizioni del comma 1 dell’articolo 101 riguardano le minusvalenze relative a beni diversi da quelli indicati negli articoli 85, comma 1, e 87 del TUIR, consentendone l’integrale deducibibilità.

L’indeducibilità parziale (60%) delle minusvalenze relative alle partecipazioni esenti ex articolo 87 è disciplinata dall’articolo 64 che, nel testo modificato dalla lettera a), la subordina all’ininterrotto possesso per dodici mesi.

Pertanto, la modificazione apportata dalla lettera d) all’articolo 101 sembrerebbe regolare, con modalità diverse, la medesima fattispecie disciplinata dall’articolo 64, comma 1, come modificato dalla lettera a).

Sarebbe, quindi, opportuno chiarire la relazione fra i due interventi.

 

All’articolo 5-ter, comma 1, relativo all’ammortamento dei beni immobili utilizzati in locazione finanziaria, si segnala l’opportunità di sopprimere le parole: “se il contratto ha per oggetto beni mobili”.

 

L’articolo 5-quinquies, comma 1, novella l’articolo 109 del testo unico delle imposte sui redditi introducendo, fra l’altro, un nuovo comma 3-ter, la cui formulazione potrebbe comportare problemi interpretativi, per la cui compiuta illustrazione si rinvia alla relativa scheda di lettura.

 

Con riferimento alla lettera e) del comma 1 e al comma 4 dell’articolo 6-ter si osserva che sembrerebbe opportuno indicare parametri per il calcolo del corrispettivo di concessione da parte delle società subconcessionarie;

Con riferimento alla lettera f) del comma 1, si osserva che il comma 6 del D.L. 138/2002 attribuiva le azioni al Ministro dell’economia e delle finanze, che esercitava i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, mentre nella lettera f) si fa adesso riferimento al Ministero dell’economia e delle finanze

Con riferimento al comma 3 si osserva che occorrerebbe meglio chiarire le modalità per la costituzione della società ivi prevista;

 

L’articolo 7-bisprevede alcune agevolazioni per gli occupanti di immobili senza titolo, escludendone i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dall’occupazione abusiva. La formulazione del comma 3 non determina tuttavia in modo inequivoco quali siano le ipotesi di reato alle quali non risultano applicabili i benefici medesimi.

 

Si osserva che, in base un’interpretazione letterale, il riferimento nel testo dell’articolo 7-ter alle società di capitali “di cui al comma 1” dovrebbe indurre a ritenere che le regioni rispondano delle obbligazioni delle società di capitali costituite dagli enti locali, anziché di quelle costituite dalle regioni medesime. Appare opportuno un chiarimento al riguardo. Si valuti inoltre l’opportunità di chiarire che la nuova disciplina non si applica alle società di capitali già costituite.

 

L’articolo 7-quinquies, comma 1, integra le competenze previste per gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, consentendo ad essi lo svolgimento dell’assistenza fiscale. Si rileva che la data prevista dall’articolo 58 del decreto legislativo n. 139 del 2005 per l’istituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e la contestuale cessazione degli esistenti è il 1° gennaio 2008.

 

All’articolo 8, comma 1, sarebbe opportuno precisare secondo quali criteri le disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia si ripartiscono tra i due distinti fondi citati (fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale e fondo centrale di garanzia istituito presso l'Artigiancassa). Lo stesso comma non appare di univoca interpretazione nella parte in cui si riferisce alle “scadenze delle relative convenzioni”. Andrebbe precisato se ci si vuole riferire ad eventuali convenzioni da stipulare con i soggetti addetti alla gestione amministrativa del Fondo di garanzia.

All’articolo 8, comma 2, sarebbe opportuno chiarire quale sia la cadenza temporale di individuazione della percentuale di decremento di contribuzione, nonché se, all'interno del periodo di riferimento, occorra prendere in considerazione la media percentuale o solo il valore percentuale più elevato.

All’articolo 8, comma 3-ter, andrebbe chiarito se per la nuova ulteriore proroga prevista i trattamenti di CIGS e di mobilità siano ridotti e, in tale eventualità, l’importo della stessa riduzione. Si osserva, inoltre, che lo stesso comma non quantifica l’importo del limite complessivo di spesa a carico del Fondo per l’occupazione, per la proroga dei trattamenti in questione.

 

All’articolo 8-bis, comma 1, dopo le parole “si provvede nel limite” sarebbe opportuno aggiungere le seguenti “complessivo di spesa”.

Al comma 2 sarebbe opportuno precisare l’entità dell’importo del reintegro delle risorse del Fondo, eventualmente sostituendo le parole “di pari importo” con le seguenti “per un importo pari all’onere di cui al comma 1”.

 

All’articolo 10, comma 5, andrebbe chiarito se, nei casi di controversie instaurate nel periodo transitorio compreso tra la data di entrata in vigore del presente provvedimento e la data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, sia esclusa la rappresentanza in giudizio dell’Avvocatura dello Stato e degli avvocati dipendenti dall’INAIL.

 

L’articolo 10-bis, comma 3 concerne segretari comunali e provinciali che si trovano in posizione di disponibilità alla data di entrata in vigore della disposizione; non appare dunque di immediata chiarezza il richiamo all’articolo 3-ter del D.L. n. 136 del 2004, che si riferisce a segretari che abbiano già terminato il periodo di disponibilità.

Al comma 5 l’espressione “pubblicazione della presente disposizione” non appare corretta; sarebbe preferibile, infatti, a tal proposito, far riferimento all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge. Si osserva inoltre che lo stesso comma appare suscettibile di non univoca interpretazione sia relativamente al personale interessato al “transito” sia relativamente alle modalità di trasferimento dello stesso personale.

I commi 6-8 istituiscono un Comitato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con il compito di valutare i progetti presentati allo scopo di riaccorpare in un’unica sede, nella provincia di Roma, tutti gli uffici e sedi dell’ONU presenti in Italia.

Si ricorda che con le principali agenzie ed organismi delle Nazioni Unite (ed in particolare con FAO, PAM, IFAD e UNICRI) lo Stato italiano ha stipulato appositi accordi di sede, come di norma avviene quando occorre individuare le sedi degli organismi internazionali presenti in Italia.

La norma in esame, peraltro, non chiarisce né i soggetti che dovrebbero predisporre i progetti da sottoporre alla valutazione dell’istituendo Comitato, né se si intenda acquisire anche il punto di vista delle Nazioni Unite nei confronti di un intervento di così rilevante impatto sulle attività svolte in Italia dall’Organizzazione.

 

Con riferimento all’articolo 11-ter, comma 1, si osserva che appare opportuno che il Governo fornisca i dati relativi alle attuali disponibilità delle u.p.b. oggetto di riduzione, al fine di valutare l’incidenza percentuale dei tagli e la congruità delle disponibilità residue ad assicurare la funzionalità delle amministrazioni interessate.

Con riferimento al comma 4, si osserva che sarebbe opportuno che il comma 4 utilizzasse il termine “bilanci” anziché il termine “budget”.

Con riferimento al comma 6, si osserva che dalla formulazione della norma non risulta chiaro quali siano le “amministrazioni interessate” che avrebbero accesso alle risorse del Fondo previsto dal medesimo comma 6.

 

All’articolo 11-quater:

§      al comma 2, lettera a), si segnala che alla deliberazione n. 206 del 2005 (dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas: tuttavia, la disposizione non individua l’organo emanante) non risultano allegate tabelle. Poiché tale deliberazione, al punto 1, proroga per l'anno termico 2005-2006, in via transitoria sino a successivo provvedimento dell'Autorità e salvo conguaglio, l’applicazione delle tariffe stabilite ai sensi della deliberazione n. 170/04 del 29 settembre 2004 (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 16 ottobre 2004, n. 244), alla quale è allegata una tabella 2 rubricata: “Durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture”, potrebbe ritenersi che il riferimento debba intendersi operato a quest’ultima;

§      al comma 3, secondo periodo, non appare chiara la determinazione delle condizioni di applicabilità e dei soggetti destinatari della presente disposizione.

Poiché l’ente concessionario sembrerebbe identificabile in uno dei soggetti esercenti l’attività di trasporto e distribuzione, cui si applica la disciplina del presente articolo, la previsione di deducibilità delle quote di ammortamento “fino all’esercizio in cui avviene il trasferimento” (all’ente concessionario da parte di altro soggetto) parrebbe riguardare un soggetto diverso, non altrimenti sottoposto alle disposizioni del presente articolo. Potrebbe trattarsi di mero errore materiale, da sanare leggendo la parole: “concedente” in luogo di: “concessionario”. La norma disciplinerebbe in tal caso la deducibilità degli ammortamenti nell’ipotesi di cessione dell’infrastruttura all’ente pubblico territoriale che ha rilasciato la concessione;

§      al comma 4, l’ultimo periodo, avendo portata generale e residuale, dovrebbe essere collocato in separato comma;

§      ai commi 8 e 10 sarebbe più opportuno far riferimento alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

L’articolo 11-quinquies, comma 2, al primo periodo, fa salva l’applicazione dell’articolo 27 del decreto-legge n. 269 del 2003, mentre al terzo periodo conferma, limitatamente alle procedure di dismissione successive a quelle previste dai commi da 13 a 13-ter del medesimo articolo 27, l’applicazione degli articoli 12 e 54-57 del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 2004). Poiché le disposizioni contenute nell’articolo 27 del decreto-legge 269 del 2003 sono state sostituite dall’articolo 12 del citato codice, che ha fatto salvi solo alcuni commi del predetto articolo 27, occorrerebbe chiarire il rapporto tra le due norme qui richiamate, atteso che, dopo l’entrata in vigore dell’articolo 12 del codice e conclusa la fase di prima applicazione prevista dall’articolo 27 del decreto-legge, quest’ultimo dovrebbe aver esaurito la propria efficacia.

 

All’articolo 11-nonies, comma 1, lettera b), capoverso 10-bis - relativo alla soppressione della maggiorazione del 50% dei diritti aeroportuali applicata nei casi di approdo o partenza nelle ore notturne - andrebbe valutata l’opportunità di procedere all’abrogazione della disposizione contenuta nel secondo periodo del secondo comma dell’articolo 2 della citata legge n. 324 del 1976 che reca la suddetta maggiorazione.

 

All’articolo 11-terdecies, andrebbe valutata la congruità del riferimento alla direttiva 96/67/CE, stante il recepimento della stessa nell’ordinamento italiano ai sensi del D.Lgs. 13 gennaio 1999 n. 18.

 

All’articolo 11-quaterdecies, comma 6, la limitazione dell’ambito di applicazione della lettera e-ter) ai soli studenti e pensionati, non appare coordinata con l’ambito soggettivo generale di applicazione dell’istituto.

Al comma 7, andrebbe, precisata la natura dei rapporti attualmente in essere per il personale fuori ruolo, al fine di meglio individuare gli stessi soggetti interessati dalla stabilizzazione, chiarendo in particolare se tali soggetti coincidono con coloro che svolgono “attività professionale e collaborazione”, di cui al periodo successivo. Andrebbero anche precisate le modalità di stabilizzazione di tale personale. Inoltre andrebbe chiarita la natura dei nuovi contratti da stipulare con il personale che presta attività professionale o di collaborazione, evidenziando se tali contratti siano volti a mutare la natura del rapporto di lavoro con tali soggetti. Si osserva che sarebbe opportuno formulare in maniera più precisa la disposizione di copertura finanziaria, indicando espressamente il limite di spesa autorizzato e facendo riferimento ad una “corrispondente riduzione del fondo di cui al comma 96 ...”.

Con riferimento al comma 9 si osserva cha sembrerebbe opportuno formulare anche l’ultima disposizione come novella al decreto legislativo n. 36 del 2003. Si osserva inoltre che le disposizioni in commento sostituiscono un termine(16 luglio 2005), che non compare più nelle disposizioni dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 36 del 2003, in quanto il termine da sostituire è adesso, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 115 del 2005 il 31 dicembre 2005.

Il comma 12 rileva che la dizione “aziende ed istituti di credito” utilizzata dalla norma è stata sostituita, nella legislazione vigente, dal termine “banche” (articolo 1, comma 1, lettera b) del TUB).

 

Si rileva un’incongruenza tra il disposto dell’articolo 11-quater, comma 1, che destina le maggiori entrate derivanti dall’articolo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica (con l’eccezione di 50 milioni di euro destinati ad un Fondo per i consumi intermedi) e il disposto dell’articolo 12, comma 1-bis, che prevede una copertura a valere sulle suddette maggiori entrate.

Con riferimento all’articolo 12, comma 1-ter, relativo alla copertura finanziaria per gli anni 2005-2008, si osserva che:

-        tale disposizione introduce una rilevante deroga al principio di annualità del bilancio: il ricorso alla contabilità speciale ivi previsto appare finalizzato ad utilizzare risorse relative al bilancio 2005 per la copertura di oneri relativi al triennio 2006-2008;

-        andrebbe soppresso il riferimento all’articolo 11-octies, in quanto tale articolo non comporta oneri finanziari per il triennio 2006-2008;

-        l’ultimo periodo del comma prevede la riduzione di un’autorizzazione di spesa senza quantificarne l’entità; l’autorizzazione di spesa ridotta concerne infine spese di conto capitale, mentre gli oneri recati dal decreto sembrano riguardare spese di natura corrente.


Nota introduttiva

 


Gli effetti correttivi del decreto-legge n. 203 del 2005 sui conti pubblici per il 2005 e il 2006

 

Il decreto-legge n. 203 del 2005 reca misure volte al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 2005 ed il 2006 concordati a livello europeo.

 

Si ricorda che in data 28 luglio 2005 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la decisione sull’esistenza di un disavanzo eccessivo in Italia, in conformità all’articolo 104, paragrafo 6, del Trattato istitutivo della Comunità europea[3].

Nell’ambito della procedura per disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia, il Consiglio ha altresì approvato in via definitiva il 20 settembre 2005 la raccomandazione, ai sensi dell’articolo 104, paragrafo 7, del Trattato, sulle misure da prendere per porre fine alla situazione di disavanzo eccessivo in Italia.

Nell’ambito di queste misure, il Consiglio ha richiesto all’Italia:

a)       attuare con rigore il bilancio 2005;

b)       adottare le misure necessarie per garantire una riduzione cumulativa del disavanzo corretto per il ciclo, al netto di misure una tantum e di altre misure temporanee, di almeno l'1,6% del PIL nel periodo 2006-2007 rispetto al suo livello nel 2005; almeno la metà dell'aggiustamento dovrebbe essere realizzata nel 2006.

La manovra correttiva per il 2005

Gli interventi per il 2005 recati dal decreto-legge in esame - che corrispondono in larghissima misura a quelli previsti dal decreto-legge n. 211 del 2005 - risultano necessari ai fini del rispetto del parametro di indebitamento netto per il 2005 concordato con l’Unione europea, pari al 4,3 per cento del PIL.

 

Secondo la relazione illustrativa al decreto-legge n. 211 del 2005, tra le ipotesi previsive assunte alla base degli obiettivi di finanza pubblica, vi erano, tra l'altro, un sostanziale rispetto da parte delle diverse Amministrazioni pubbliche dei vincoli di contenimento di crescita delle spese previsti dalla legge finanziaria per il 2005 e la sostanziale conferma del programma di privatizzazioni previsto.

Per quanto riguarda la prima ipotesi, sempre secondo la citata relazione illustrativa, i segnali di possibili scostamenti, soprattutto nel comparto sanitario, prospettati nel DPEF, hanno trovato conferma e si sono accentuati anche per la difficoltà dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) di adottare gli interventi di propria competenza per il contenimento della spesa farmaceutica. Per quanto riguarda le alienazioni immobiliari, la mancata realizzazione dell'originario programma avrebbe riflessi significativi sul conseguimento dell'obiettivo per il 2005.

Il Governo ha ritenuto pertanto necessario un intervento volto contenere alcune spese delle pubbliche amministrazioni e ad agevolare il programma di dismissioni.

 

Più precisamente, si ricorda che il quadro tendenziale del 2005, sul quale va a incidere la manovra, presuppone, secondo i dati forniti dal Ragioniere generale dello Stato il 10 novembre 2005[4]:

il rispetto dei vincoli di contenimento della spesa previsti dalla scorsa finanziaria;

la realizzazione di circa 6,5 miliardi di euro dalle dismissioni immobiliari;

la sottoscrizione definitiva, nel 2005, dei contratti del pubblico impiego relativi al biennio 2004-2005 di Ministeri, Aziende, Scuola e Istituti di formazione artistica, nonché dei contratti del personale del settore sanitario.

 

Per quanto riguarda in particolare le dismissioni immobiliari, le stime del Governo per l’anno 2005, alla base del DPEF, prevedono, sempre secondo i dati forniti dal Ragioniere generale, introiti per 6,5 miliardi di euro, riferiti principalmente a:

 

(miliardi di euro)

Proventi già conseguiti al momento dell’approvazione del DPEF

0,7

Proventi immobili della difesa (grazie anche all’adozione di misure di semplificazione)

1

Proventi da immobili venduti tradizionalmente in via ordinaria dalle PP.AA.

1,3

Ristrutturazione dell’ANAS con conseguente dismissione del patrimonio immobiliare

3

 

L’intervento correttivo della manovra dovrebbe risultare, secondo le stime del Governo, pari a circa 2,68 miliardi di euro, corrispondenti a quasi 0,2 punti percentuali di PIL.

 

Si rileva peraltro che non sono stati forniti i dati sull’entità dello scostamento rispetto agli obiettivi di finanza pubblica indicati nel DPEF.

Ai fini di una verifica dell’idoneità della manovra correttiva per il 2005 a garantire il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, appare dunque opportuno che il Governo fornisca chiarimenti in ordine:

alle stime dell’effetto risultante sull’indebitamento netto dal mancato rispetto dei vincoli alla crescita delle spese delle amministrazioni pubbliche;

alla realizzazione del programma di dismissioni immobiliari del 2005, che dovrebbe dare proventi per 6,5 miliardi di euro.

 

In particolare, gli interventi di contenimento della spesa o volti a conseguire maggiori entrate sono pari a 2.738 milioni di euro.

A tale importo vanno sottratti 53 milioni di euro destinati, per 40 milioni di euro, alle agevolazioni fiscali per l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione (art- 5-sexies) e, per 13 milioni di euro, al risarcimento dei vettori aerei nazionali per gli effetti negativi derivanti alla chiusura dei cieli nord-americani in seguito agli eventi dell’11 settembre 2001 (art. 11-octies).

 

La seguente tabella riepiloga gli effetti, in termini di miglioramento dell’indebitamento netto per il 2005, degli interventi di contenimento della spesa o volti a conseguire maggiori entrate.

 

(milioni di euro)

Dismissioni immobiliari

 

 

950

Misure fiscali imprese settore energetico

 

 

911

Contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni

 

 

800

di cui:

 

 

 

-              Spese di funzionamento (consumi intermedi)

 

430

 

                -              Ministeri

250

 

 

                -              enti pubblici non territoriali

180

 

 

-              Investimenti fissi lordi

 

170

 

-              Fondo di riserva tabella C

 

100

 

-              Ministero degli affari esteri

 

80

 

                -              aiuto in favore dei paesi in via di sviluppo

70

 

 

                -              fondo speciale di parte corrente

10

 

 

-              Ministero dell’economia e delle finanze

 

 

 

                -              fondo speciale di parte capitale

 

20

 

Riduzione apporto capitale alle Ferrovie dello Stato

 

 

77

Totale

 

 

2.738

 


Le principali misure correttive sull’indebitamento netto per il 2005 contenute nel decreto-legge sono dunque le seguenti:

1)      accelerazione delle procedure di dismissione di beni immobili dello Stato ad uso non abitativo (articolo 11-quinquies). Il Governo stima un miglioramento dell’indebitamento netto pari a 950 milioni di euro. La relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/2005 specifica che si tratta di proventi non previsti nell’andamento tendenziale dei conti pubblici.

Pur avendo la norma una portata di carattere generale ed essendo riferibile a tutti i beni immobili dello Stato ad uso non abitativo, la relazione tecnica allegata al D.L. n. 211/2005 sembra fare riferimento esclusivamente alla dismissione di beni immobili del Ministero della difesa.

Si ricorda che in relazione a tali beni immobili sono in corso le procedure di dismissione previste dall’articolo 27, commi 13-13quinquies, del decreto-legge n. 269/2003, come modificati dall’articolo 1, comma 443, della legge finanziaria per il 2005; i proventi di dette dismissioni dovrebbero essere peraltro essere già presi in considerazione nell’andamento tendenziale dei conti pubblici.

Il miglioramento dell’indebitamento netto sembrerebbe dunque riferibile alla dismissione di immobili ulteriori rispetto a quelli del Ministero della difesa per cui sono in corso le procedure di dismissione.

Appare dunque opportuno un chiarimento del Governo al riguardo.

2)      modifica della disciplina fiscale degli ammortamenti relativa ai soggetti che esercitano attività di trasporto e distribuzione del gas, di gestione della rete elettrica nazionale, nonché di distribuzione di energia elettrica. (articolo 11-quater) per 911 milioni di euro.

3)      contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni per 800 milioni di euro, derivanti principalmente da:

-       riduzione delle spese per consumi intermedi dei Ministeri e degli enti pubblici non territoriali per 430 milioni di euro (art. 11-ter, commi 1 e 4-6);

-       riduzione delle spese per investimenti fissi lordi dei Ministeri per 170 milioni di euro (art. 11-ter, comma 1);

-       riduzione del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente per 100 milioni di euro (art. 11-ter, comma 3);

-       riduzionedegli stanziamenti aggiuntivi per l’aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo (art. 11-ter, comma 3).

Si osserva che, mentre la relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/05 valutava l’effetto positivo sull’indebitamento netto delle riduzioni degli stanziamenti di bilancio dei Ministeri per consumi intermedi ed investimenti fissi lordi in 800 milioni di euro, il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica del maxiemendamento presentato al Senato valuta detto effetto in 470 milioni di euro[5].

4)      riduzione dell’apporto di capitale alle Ferrovie dello Stato Spa per 77 milioni di euro, disposta nell’ambito della norma di copertura finanziaria (art. 12, comma 1, lettera a)).

La manovra di finanza pubblica per il 2006

Il decreto-legge in esame concorre al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 2006 ed è pertanto considerato dal Governo come provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2006.

 

Gli interventi previsti dal decreto in esame comportano complessivamente un miglioramento dell’indebitamento netto pari a quasi 4,6 miliardi di euro.

In particolare, gli interventi volti a conseguire maggiori entrate o comunque riduzioni di spesa sono pari a quasi 5 miliardi di euro, derivanti in larga misura da misura di carattere fiscale.

A tale importo vanno sottratti 360 milioni di euro destinati alla copertura dei decreti attuativi della legge di delega in materia previdenziale in materia di previdenza complementare (art. 8) e di totalizzazione dei periodi assicurativi (art. 11) e ulteriori 60 milioni di euro riferibili agli interventi in materia aeroportuale ed ad altri interventi di natura minore.

 

La seguente tabella riepiloga gli effetti, in termini di miglioramento dell’indebitamento netto per il 2006, degli interventi volti a conseguire maggiori entrate o di contenimento della spesa.


 

(milioni di euro)

Interventi in materia fiscale

 

 

4.755

di cui:

 

 

 

Misure fiscali per imprese e società

 

2.394

 

                -              disciplina degli ammortamenti

1.707

 

 

                -              plusvalenze e minusvalenze da partecipazioni

589

 

 

                -              proventi immobiliari

98

 

 

Misure fiscali in settori specifici

 

 

 

-              Banche

 

1.103

 

-              Banca d’Italia

 

264

 

-              Assicurazioni

 

236

 

-              Imprese del settore energetico

 

79

 

Interventi di carattere generale

 

 

 

-              Riforma della riscossione

 

374

 

-              Lotta all’evasione

 

305

 

Entrate da giochi e lotterie

 

 

30

Riduzione apporto capitale alle Ferrovie dello Stato

 

 

124

Emersione contributiva

 

 

50

Effetti delle riduzioni delle spese delle p.a. per il 2005

 

 

37

Totale

 

 

4.996

 

Entrate da misure fiscali

Le disposizioni fiscali che intervengono sul reddito di imprese e società in via generale dovrebbero comportare maggiori entrate derivanti da:

§      la modifica della disciplina dell’ammortamento dell’avviamento per 1.680 milioni di euro e dell’ammortamento del contratto di leasing immobiliare per 27 milioni di euro (artt. 5-bis e 5-ter);

§      disposizioni concernenti il cd. dividend washing per 535 milioni di euro (art. 5-quinquies) e la cd. “participation exemption - PEX” per 54 milioni di euro (art. 5);

§      disposizioni per le imprese che concedono in locazione immobili non strumentali per 98 milioni di euro (art. 7).

 

Altre disposizioni in materia fiscale riguardano determinate categorie di imprese o enti specifici e in particolare:

§      le banche, con la modifica della disciplina sulla svalutazione dei crediti, che dovrebbe comportare maggiori entrate per 1.104 milioni di euro (art. 6, comma 3);

§      la Banca d’Italia, con la modifica della disciplina delle perdite sulle minusvalenze da concambio, che dovrebbe comportare maggiori entrate per 264 milioni di euro (articolo 5-quater);

§      le assicurazioni, con la modifica della disciplina sull’indeducibilità dell’IRAP e sulle riserve relative ai sinistri, che dovrebbe comportare, rispettivamente, maggiori entrate per 22 milioni di euro e per 214 milioni di euro (art. 6, commi 1 e 2);

§      le imprese operanti nel settore energetico, per gli effetti derivanti dalla modifica della disciplina sull’ammortamento riferita al 2005 che dovrebbe comportare maggiori entrate per 79 milioni di euro (articolo 11-quater).

 

Sono previsti infine interventi di natura strutturale concernenti:

§      la lotta all’evasione, attraverso il rafforzamento della partecipazione dei comuni, che dovrebbe comportare maggiori entrate per 305 milioni di euro (art. 2 D.L. n. 203/2005);

§      la riforma del sistema nazionale di riscossione, da cui dovrebbero derivare maggiori entrate per 374 milioni di euro (art. 3 D.L. n. 203/2005).

Altre entrate

Altre entrate dovrebbero derivare da:

§      giochi e lotterie, per complessivi 30 milioni di euro (art. 11-quinquiesdecies);

§      disposizioni per l’emersione contributiva per 50 milioni di euro (art. 10, comma 2).

Minori spese

Sono infine previste:

§      una riduzione dell’apporto di capitale alle Ferrovie dello Stato Spa di 124 milioni di euro, disposta nell’ambito della norma di copertura finanziaria per gli interventi nel settore aeroportuale (art. 12, comma 1-ter);

§      minori spese derivanti dalla riduzione delle spese delle pubbliche amministrazioni disposta per il 2005 dall’art. 11-ter, per un totale di 37 milioni di euro.

Impatto sugli anni successivi al 2006

Per quanto attiene agli effetti della manovra contenuta del decreto-legge in esame sugli anni successivi al 2006, le stime del Governo prevedono un miglioramento dell’indebitamento netto inferiore a quello previsto per il 2006, pari a circa 3,5 miliardi di euro nel 2007 e a 4 miliardi di euro nel 2008.


Schede di lettura

 


Articolo 1, commi 1 e 2
(Partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale)

 


1. Per potenziare l’azione di contrasto all’evasione fiscale, in attuazione dei princìpi di economicità, efficienza e colla­borazione amministrativa, la partecipa­zione dei comuni all’accertamento fiscale è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del comune che abbia contribuito all’accertamento stesso.

2. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, emanato, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità tecniche di accesso alle banche dati e di trasmissione ai comuni, anche in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti, nonché quelle della partecipazione dei comuni all’accerta­mento fiscale di cui al comma 1 anche attraverso società ed enti partecipati dai comuni e comunque da essi incaricati per le attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi comunali. Con il medesimo provvedimento sono altresì individuate le ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all’accertamento fiscale; in tale ultimo caso, il provvedimento, adottato d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del territorio per i tributi di relativa competenza, può prevedere anche una applicazione graduale in relazione ai diversi tributi.


 

 

L’articolo 1 del decreto-legge reca disposizioni tendenti a incentivare la partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale.

 

Il comma 1, nel testo modificato dal Senato, attribuisce ai comuni intervenuti nell’accertamento fiscale il 30 per cento delle maggiori somme, relative a tributi statali, riscosse a seguito degli accertamenti cui abbia contribuito l’intervento del comune interessato.

 

La finalità della disposizione è dichiaratamente individuata nel potenziamento dell’azione di contrasto dell’evasione fiscale e nell’incentivazione della partecipazione dei comuni in attuazione di princìpi di economicità, efficienza e collaborazione amministrativa.

L’incentivo è costituito dal riconoscimento del 30 per cento delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo, in favore del comune il cui intervento abbia contribuito all’accertamento.

 

Il riferimento alle somme riscosse sembrerebbe poter includere, oltre a quelle riferite a maggiore debito d’imposta, anche gli importi dovuti a titolo di sanzione.

È stato rilevato[6] che in taluni casi potrebbe riuscire disagevole la determinazione della maggiore somma imputabile alla segnalazione operata dall’ente locale, in particolare laddove gli elementi segnalati non siano diretta espressione di autonoma capacità contributiva ma, unitamente ad altri già noti all’amministrazione, concorrano alla formazione della prova.

 

Il coinvolgimento di comuni, province e regioni nell’attività di accertamento volta a recuperare la capacità contributiva sottratta al prelievo tributario era già prefigurato nel documento di programmazione economico-finanziaria 2006-2009 (doc. LVII, n. 5, capitolo V. 6: La finanza pubblica locale), con la previsione della possibilità di trasferire a questi enti una quota delle maggiori entrate riscosse per effetto della loro collaborazione.

 

Lo stesso orientamento era formulato nel documento di programmazione economico-finanziaria 2005-2008 (doc. LVII, n. 4, capitolo III. 1, paragrafo: Lo sviluppo), che contemplava in particolare la possibilità di avvalersi della collaborazione dei comuni.

 

Le forme di partecipazione dei comuni all’accertamento delle imposte sui redditi delle persone fisiche sono previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

 

A questo fine, l’articolo 44 prescrive ai centri di servizio di trasmettere ai comuni di domicilio fiscale dei soggetti passivi le copie delle dichiarazioni dei redditi presentate dalle persone fisiche e agli uffici delle imposte di trasmettere ai medesimi comuni le proprie proposte di accertamento in rettifica o d’ufficio (con le successive integrazione e modificazioni) relative a persone fisiche[7].

Il comune di domicilio fiscale del contribuente, avvalendosi della collaborazione del consiglio tributario se istituito, può segnalare all'ufficio delle imposte dirette qualsiasi integrazione degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche, e indicare – anche nel caso di omissione della dichiarazione – dati, fatti ed elementi rilevanti con la loro idonea documentazione. A tal fine il comune può prendere visione presso gli uffici delle imposte degli allegati alle dichiarazioni già trasmessegli in copia dall'ufficio stesso.

In relazione alle proposte di accertamento, il comune può inoltre proporre l'aumento degli imponibili, fornendone idonea documentazione.

Per questi adempimenti, il comune può chiedere dati e notizie alle amministrazioni ed enti pubblici, che debbono rispondere gratuitamente.

Le proposte di aumento non condivise dall'ufficio delle imposte devono essere trasmesse a cura dello stesso, con le proprie deduzioni, all'apposita commissione operante presso ciascun ufficio, la quale determina gli imponibili da accertare[8].

 

L’articolo 51 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, consente ai comuni di indicare all'ufficio del registro elementi per la valutazione di beni immobili o diritti reali immobiliari, ai fini dell'eventuale rettifica del valore dichiarato.

Il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 (Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti), all’articolo 9, facoltizza i comuni a segnalare all'anagrafe tributaria dati e notizie, desunti da fatti certi, indicativi di capacità contributiva delle persone fisiche che risiedono nei rispettivi territori, vi possiedono beni o vi svolgono attività economica, nonché dati e notizie relativi ai soggetti, diversi dalle persone fisiche residenti, operanti o aventi beni nei rispettivi territori.

 

Non risulta essere stato emanato il decreto del Ministro per le finanze che avrebbe dovuto disciplinare le modalità e i termini delle segnalazioni.

 

Per quanto riguarda il concorso delle regioni, l’articolo 10 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, ha stabilito che le regioni a statuto ordinario partecipano all'attività di accertamento relativa ai tributi erariali, rimettendo a decreto del Ministro delle finanze, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, la determinazione delle modalità attuative, da stabilirsi in analogia con quanto previsto dal citato articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973[9].

Anche in questo caso, il previsto decreto non risulta essere stato emanato.

Il comma 2, nel testo modificato dal Senato, prevede misure amministrative intese ad agevolare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento.

 

A questo fine, la determinazione delle modalità tecniche per l’accesso alle banche dati e per la trasmissione ai comuni, anche in via telematica, di copia delle dichiarazioni relative ai contribuenti in essi residenti è rimessa a provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Lo stesso provvedimento dovrà determinare le forme per la partecipazione dei comuni all’accertamento fiscale anche attraverso società ed enti partecipati dai comuni stessi e comunque da essi incaricati delle attività di supporto ai controlli fiscali sui tributi comunali.

Con il medesimo provvedimento saranno infine individuate le ulteriori materie per le quali i comuni partecipano all’accertamento fiscale; in relazione a quest’aspetto è previsto che il provvedimento sia adottato d’intesa con il Direttore dell’Agenzia del territorio, per i tributi di competenza di questa, e possa prevedere anche un’applicazione graduale in relazione ai diversi tributi.

 

La norma sembra volta a superare la limitazione della collaborazione degli enti locali all’accertamento dei soli tributi (imposta sui redditi, imposta di registro) espressamente richiamati nelle disposizioni sopra citate.

 


Articolo 1, comma 2-bis
(Applicazione articolo 1 nelle province di Trento
e Bolzano - Clausola di compatibilità)

 

 

2-bis. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano rimane fermo quanto previsto dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione, ed in particolare dall’articolo 13 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268.

 

 

Per consentire l’applicazione delle disposizioni sulla partecipazione dei comuni al contrasto dell’evasione fiscale anche nel territorio delle province autonome di Trento e Bolzano il comma 2-bis introduce una clausola di “compatibilità” intesa a rendere esplicito che le nuove disposizioni si applicano ai comuni delle due province autonome nei limiti e con le modalità che derivano dalla disciplina che i questa materia dettano l’articolo 82 dello statuto speciale trentino e le relative norme di attuazione, quest’ultime richiamate espressamente.

 

Si ricorda in proposito che la cosiddetta “clausola di compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome è oramai introdotta sistematicamente in tutte le leggi finanziarie ed a completamento di molte altre disposizioni che disciplinano materie ed oggetti rientranti nelle competenze di quelle regioni e delle due province autonome. Lo è, in questo caso, la competenza primaria in materia di finanza locale e, ancor più, la spettanza delle compartecipazioni ai tributi erariali. Di fatto, le disposizioni della legge ordinaria non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti. L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale.

 

Ferma l’estensione a tutti i comuni del territorio nazionale del principio contenuto nel primo comma dell’articolo in esame – incentivazione della collaborazione dei comuni all’accertamento fiscale mediante il riconoscimento del 30% delle maggiori somme accertate - le modalità di accertamento e della collaborazione delle amministrazioni comunali restano disciplinate secondo le norme dettate dalla normativa delle due province autonome, in attuazione delle disposizioni statutarie. Laddove taluni aspetti e modalità di applicazione di questo principio non fossero disciplinati dalle province, ad essi si applicano, in via suppletiva, le disposizioni della normativa statale.

 

Per le province autonome di Trento e Bolzano le disposizioni statutarie sono:

-          l’art. 82 dello statuto speciale che riconosce alla regione e alle due province autonome la potestà di collaborare all’accertamento delle imposte erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nei rispettivi territori;

-          l’articolo 13 del D.Lgs. 268/1992 (norme di attuazione in materia finanziaria) il quale stabilisce al comma 2 che le amministrazioni comunali e gli enti pubblici operanti nell’ambito provinciale sono tenuti a fornire a richiesta (della Provincia e della regione) qualsiasi informazione utile ai fini del citato art. 82 dello statuto – ovvero “dati, fatti ed elementi rilevanti per la determinazione di un maggiore imponibile”.

Per le modalità operative con cui attuare la collaborazione, il comma 3 dello stesso articolo rinvia a leggi regionali o provinciali.

 

Si segnala che in questo contesto la ‘clausola di compatibilità’ fa riferimento, soltanto alle province autonome di Trento e di Bolzano e soltanto alla ‘competenza’ in materia di collaborazione all’accertamento dei tributi erariali. In realtà però le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo in esame se applicate ai tributi ed ai territori delle regioni a statuto speciale incidono su due aspetti comuni alle competenze di tutte le regioni a statuto speciale:

a)      la spettanza del gettito dei tributi erariali: a ciascuna regione a statuto speciale e alle province autonome è attribuita una quota del gettito dei tributi erariali incassati sul rispettivo territorio, o il cui presupposto d’imposta si sia verificato su quel territorio; le disposizioni in esame stabiliscono però che qualora alla riscossione a titolo definitivo di una maggiore somma abbia contribuito un comune tramite la sua collaborazione all’’accertamento,al medesimo comune spetta il 30% di tale maggiore riscossione. Intese in questo senso le disposizioni dei commi 1 e 2, riferite alle quote di tributi spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome non rispettano la gerarchia delle competenze. E’ di tutta evidenza che la quota attribuita al comune incide, in tutto o in parte, sulle somme che spettano alle regioni a statuto speciale ed alla province autonome. Per questa via la legge ordinaria, la legge di conversione in esame, dispone in materia riservata a norma costituzionale, quali sono gli statuti e le relative norme di attuazione. E ciò è da intendersi anche se le disposizioni finanziarie degli statuti speciali del Trentino e della Valle d’Aosta possono essere modificate con legge ordinaria ‘previa intesa’ con i rispettivi soggetti titolari delle compartecipazioni e quelle degli statuti speciali delle regioni Friuli-V.G. e Sardegna possono essere modificati con legge ordinaria, sentito il parere della regione. Per altro, fermo il testo vigente degli statuti speciali, il contenuto dell’articolo in esame si porrebbe come disposizione che ne modifica l’efficacia.

b)      Tutti gli statuti delle regioni speciali contengono disposizioni che attribuiscono alla regione stessa la potestà di (collaborazione all’) accertamento dei tributi erariali[10]. Lo statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia prevede anche l’obbligo dei comuni di collaborare a tale accertamento, con le medesime disposizioni recate dallo statuto trentino (l’articolo 6 del DPR 114/1965, come modificato dal D.Lgs. 8/1997, in riferimento all’articolo 53 dello statuto di autonomia (L.Cost. 1/1963). Inoltre, tutte le regioni a statuto speciale hanno competenza primaria in materia di finanza locale, anche se nelle regioni Sicilia e Sardegna questa competenza non ha trovato ancora attuazione esclusiva e i comuni e le province ricevono ancora i finanziamenti ordinari tramite i fondi nazionali. Per questo secondo aspetto non è pertanto chiara la ‘ratio’ della disposizione del comma 2-bis che limita la clausola di compatibilità alle sole province autonome di Trento e di Bolzano.

 

A tale riguardo si rileva, inoltre, l’erronea dicitura plurale “statuti”, in quanto l’ordinamento delle due province autonome è dettato da un unico statuto, il DPR 31 agosto 1972, n. 670, recante “Approvazione del testo unico delle disposizioni costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige”.

 


Articolo 1-bis
(Norme per la semplificazione delle procedure d’iscrizione al registro delle imprese e al repertorio delle notizie economiche e amministrative - REA)

 


1. Con uno o più regolamenti emanati secondo quanto disposto dal comma 2, sono stabilite le norme di adeguamento del regolamento istitutivo del registro delle imprese, di cui all’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, che dovranno prevedere in particolare:

a)la razionalizzazione delle forme di pubblicità per le imprese in coordinamento con le disposizioni di riforma del diritto societario, di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, emanato in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366;

b)la semplificazione delle procedure di iscrizione, modifica e cancellazione delle imprese, in coerenza con i processi di riforma della regolazione e secondo criteri di omogeneità di disciplina, unicità di responsabilità, snellimento di fasi ed eliminazione di adempimenti, anche in linea con i princìpi di telematizzazione del registro delle imprese, introdotti dall’articolo 31 della legge 24 novembre 2000, n. 340, e successive modificazioni, prevedendo l’attivazione di collegamenti telematici con le pubbliche amministrazioni e l’utilizzo del portale per i servizi integrati per le imprese;

c)l’individuazione, nel rispetto delle disposizioni del codice civile ed in attuazione dei princìpi della legislazione in materia di imprese, degli elementi informativi su soggetti, atti e fatti che devono essere riportati nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), prevedendo altresì interventi di iscrizione e cancellazione d’ufficio ed evitando duplicazioni di adempimenti a carico delle imprese;

d)la disciplina di sanzioni amministrative, comprese tra un ammontare minimo di euro 50 ed un ammontare massimo di euro 500, per il ritardo o l’omissione della presentazione delle domande d’iscrizione al REA, secondo criteri di tassatività, trasparenza e proporzionalità;

e)il rilascio, anche per corrispondenza e per via telematica, a chiunque ne faccia richiesta, di certificati e visure, attestanti l’iscrizione nel registro delle imprese e nel REA, ovvero il deposito di atti a tal fine richiesti, o che attestino la mancanza di iscrizione, nonché di copia integrale o parziale di ogni atto per il quale siano previsti l’iscrizione o il deposito nel registro delle imprese e nel REA, in conformità alle norme vigenti;

f)la disciplina semplificata delle misure da adottare in caso di smarrimento, distruzione o malfunzionamento del dispositivo di firma digitale o comunque di impedimento da parte del soggetto obbligato, anche per motivi dipendenti da disfunzioni del sistema, in modo da garantire la continuità di gestione amministrativa delle attività di pubblicità presso il registro delle imprese;

g)l’espressa abrogazione delle disposizioni regolamentari nonché delle disposizioni legislative di natura procedimentale in materia di registro delle imprese incompatibili con la nuova normativa, con particolare riferimento ai regolamenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, ed al decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n. 558;

h)l’integrazione della modulistica in uso per il registro delle imprese, per l’attivazione automatica dell’iscrizione agli enti previdenziali, ai sensi dell’articolo 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.

2. I regolamenti di cui al comma 1 sono emanati ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e per la funzione pubblica, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei pareri del Consiglio di Stato nonché delle competenti Commissioni parlamentari. I pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato sono resi entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari è reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque emanati.

3. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».


 

 

L’articolo in commento dispone, al comma 1, che, con uno o più regolamenti di delegificazione, da adottarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2 della L. n. 400/88, siano definite le norme di adeguamento del regolamento istitutivo del registro delle imprese, di cui al DPR n. 581 del 7 dicembre 1995.

Il fondamento di tale adeguamento normativo è rinvenibile nel fatto che la recente riforma del diritto societario ha inciso, in modo precipuo, sul regime di pubblicità degli atti societari, riverberandosi in particolare sul regime pubblicitario amministrato dal registro delle imprese.

Si ricorda che con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581,Regolamento di attuazione dell'art. 8 della L. 29 dicembre 1993, n. 580”, si è provveduto alla concreta istituzione del registro delle imprese di cui all'art. 2188 del codice civile, in attuazione dell'art. 8della L. 29 dicembre 1993, n. 580("Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura").

L'art. 8 della legge 580/93 ha avviato, infatti, l'attuazione del dettato del codice civile (artt. 2188 e seguenti) relativo all'istituzione del registro delle imprese, nel quale sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi esistenti per le varie attività imprenditoriali, provvedendo ad istituire il relativo ufficio presso le camere di commercio [11].

La tenuta è del registro, che è automatizzato, è affidata alla camera di commercio sotto la vigilanza di un Giudice delegato dal Presidente del Tribunale del capoluogo di Provincia; l'ufficio è retto da un "Conservatore", nominato dalla Giunta nella persona di un dirigente della Camera di commercio.

Funzioni proprie del Registro delle imprese, che costituisce una vera e propria anagrafe economica in cui sono registrati tutti i fatti salienti di un'impresa, dalla nascita alla cessazione, sono:

-        la predisposizione, tenuta, conservazione e gestione del registro stesso, secondo tecniche informatiche;

-        il rilascio di certificati relativi ad atti depositati;

-        il rilascio copie di atti depositati o iscritti;

-        la bollatura e numerazione dei libri e delle scritture sociali;

-        la tenuta del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA);

-        il rilascio di elenchi merceologici e di iscritti in albi e ruoli o registri camerali.

 

L'assetto del registro delle imprese, inizialmente costituito da una sezione ordinaria e quattro sezioni speciali riguardanti rispettivamente gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori (ivi compresi i coltivatori diretti) e le società semplici (comma 3), nonché le imprese artigiane di cui alla L. n. 443/1985, è stato da ultimo modificato dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558[12], che ha introdotto rilevanti semplificazioni procedimentali secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della c.d. legge Bassanini[13].

Ai sensi della lettera a) del comma 1, le norme di adeguamento inerenti il registro delle imprese dovranno in primo luogo prevedere la razionalizzazione delle forme di pubblicità per le imprese in coordinamento con le disposizioni di riforma del diritto societario, di cui al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, emanate in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

Tra le novità introdotte dalla riforma del diritto societario sul regime di pubblicità degli atti nel Registro delle Imprese, possono, tra le altre, essere richiamati: i nuovi termini per la presentazione della domanda di iscrizione al Registro delle Imprese (R.I.) dell’atto costitutivo (20 giorni per le società di capitali, 10 per le società cooperative; i soggetti obbligati al deposito e alla richiesta di iscrizione al Registro delle imprese, che sono il notaio rogante e gli amministratori: trascorsi inutilmente i termini previsti, potrà peraltro provvedervi direttamente ciascun socio, a spese della società; nella richiesta di iscrizione occorre precisare l’indirizzo specifico della sede legale, comprensivo della via e delnumero civico e, ove necessario , precisare in modo analitico le specificheattività economiche che la società si propone di svolgere. Ai sensi della riforma che, com’è noto, ha introdotto due nuovi modelli di amministrazione e controllo, occorre inoltre dichiarare il sistema di amministrazione adottato(tradizionale, dualistico o monistico). Quanto agli effetti dell’iscrizione della società nel Registro delle Imprese, si ricorda che essa ha efficacia costitutiva, con conseguente acquisto della personalità giuridica. Alla mancata iscrizione la riforma attribuisce peraltro efficacia risolutoria, essendo stato stabilito che, qualora entro 90 giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo o dal rilascio delle autorizzazioni previste, l’iscrizione non ha avuto luogo, le somme depositate sono restituite ai soci e l’atto costitutivo perde efficacia (art. 2331, c. 4, c.c.). Si ricorda, inoltre, che sono soggetti a pubblicità i c.d. patti parasociali, per i quali è previsto che debbano essere comunicati alla società e dichiaratiin apertura di ogni assemblea; la dichiarazione deve poi essere trascritta nel verbale e quest’ultimo deve essere depositato presso il Registro delleImprese. Per quanto attiene allo scioglimento delle società, si ricorda che la riforma ne modifica gli effetti pubblicitari, posto che dal 1° gennaio 2004 gli effetti dello scioglimento si determinano dalla data di iscrizione nel R.I. della dichiarazione degli amministratori che ha accertato l’esistenza di una delle cause. Da ultimo, si rileva come tra le novità introdotte dalla riforma del diritto societario vi sia anche la possibilità di costituzione, nella spa, di patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare; ai fini della costituzione di tali patrimoni occorre (salvo diversa previsione statutaria), oltre che una deliberazione del c.d.a. o del c.d.g. adottata a maggioranzaassoluta dei suoi componenti, il deposito per l’iscrizione nel R.I. a norma dell’art. 2436 (art. 2447-quater); peraltro, nei 2 mesi successivi all’iscrizione nel R.I. i creditori sociali anterioripossono fare opposizione e solo trascorsi i 2 mesi senza opposizione la deliberazione diventaefficace (art. 2447-quinquies).

 

La lettera b) dispone che le suddette norme di adeguamento del regolamento istitutivo del registro delle imprese prevedano la semplificazione delle procedure di iscrizione, modifica e cancellazione delle imprese, in coerenza con i processi di riforma della regolazione e secondo una serie di criteri, quali: l’omogeneità della disciplina, l’unicità della responsabilità, lo snellimento di fasi e l’eliminazione di adempimenti, anche in linea con i principi di telematizzazione del registro delle imprese, di cui all’art. 31 della legge 24 novembre 2000, n. 340, prevedendo nel contempo l’attivazione di collegamenti telematici con le pubbliche amministrazioni e l’utilizzo del portale per i servizi integrati per le imprese.

Si ricorda che il citato articolo 31 della L. n.340/2000 (legge di semplificazione per il 1999), ha abolito i fogli degli annunzi legali delle province, prevedendone a pubblicazione degli atti nella Gazzetta Ufficiale, nel caso che le disposizioni vigenti ne dispongano la pubblicazione nel foglio degli annunzi legali quale unica forma di pubblicità (comma 1 e 3). L’articolo prevede, in particolare, che le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano presentate all’ufficio del registro delle imprese, con esclusione di quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel REA, siano inviate per via telematica, ovvero presentate su supporto informatico ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59 [14]. Le modalità ed i tempi per l'assoggettamento degli imprenditori individuali e dei soggetti iscritti solo nel repertorio delle notizie economiche e amministrative al predetto obbligo sono rimessi ad un decreto del Ministro delle attività produttive (comma 2). La norma semplifica inoltre le modalità di attuazione degli strumenti di pubblicità delle società, stabilendo che il deposito dei bilanci, delle relazioni previste dagli articoli 2428 e 2429 cc, del verbale di approvazione dell’assemblea o del consiglio di sorveglianza, dell’elenco dei soci e dei soggetti diversi dai soci che sono titolari di diritti o beneficiari di vincoli sulle azioni, la cui pubblicazione è prevista dall’art. 2435 dello stesso codice civile, può essere effettuato mediante trasmissione telematica o mediante presentazione su supporto informatico degli stessi documenti. Il deposito può essere effettuato da parte dei soggetti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali. Tali soggetti, per esigenze di certezza del diritto, devono essere muniti della firma digitale e allo scopo incaricati dai legali rappresentanti della società (comma 2-quater)[15]. Con successivo DM 20 marzo 2003, modificato dal DM 8 agosto 2003, è stata disposta la sperimentazione dell’invio telematico dei bilanci di esercizio delle società [16]. L’articolo 31 in commento prevede, inoltre, che in tutti i casi nei quali le norme di legge impongono forme di pubblicità legale, l'individuazione degli strumenti per assicurare l'assolvimento dell'obbligo sia effettuata con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dovendosi procedere alla individuazione degli strumenti, anche telematici, differenziando, se necessario, per categorie di atti (comma 4). Si ricorda, infine, che con DM 20 gennaio 2004 è stata disposta l’attivazione in via sperimentale della protocollazione automatica delle pratiche trasmesse per via telematica al registro delle imprese.

Quanto al Portale per i servizi integrati per le imprese, ricevibile al sito internet http://www.impresa.gov.it/, esso svolge le funzioni di sportello telematico per le imprese, favorendo l'interazione e lo scambio di servizi informativi e amministrativi tra le imprese e gli enti pubblici. Il progetto scaturisce dall'impegno, sancito in un protocollo di intesa tra il Ministro delle attività produttive, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie ed il Presidente di Unioncamere, a realizzare il "Sistema informatizzato per l'erogazione di servizi integrati alle imprese" e vede coinvolti gli enti e le amministrazioni pubbliche nell'obiettivo di rendere più semplici ed efficaci i rapporti tra la pubblica amministrazione e il sistema produttivo. Il “Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA)”, nell’ambito della propria missione istituzionale di supporto delle politiche del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, assicura la governance del progetto.

Tramite il portale è attualmente possibile compilare la modulistica per svolgere le diverse incombenze amministrative delle aziende.

Il portale ospiterà anche il previsto Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, disciplinato dall’art. 11 del Codice dell’amministrazione digitale, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 [17]

La lettera c) prevede l’individuazione, nel rispetto delle disposizioni del codice civile ed in attuazione dei principi della legislazione in materia di imprese, degli elementi informativi su soggetti, atti e fatti che devono essere riportati nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), con interventi di iscrizione e cancellazione d’ufficio al fine di evitare duplicazioni di adempimenti a carico delle imprese.

 

Il sopra citato DPR 581/95, oltre a fissare le caratteristiche, le modalità di tenuta e il contenuto delle iscrizioni nel registro delle imprese, ha provveduto, all’articolo 9, alla istituzione, presso l’ufficio del Registro, a scopi esclusivamente documentali e statistici, del "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio. In sede di attuazione della legge 580/93 nel REA sono state fatte confluire tutte le informazione di carattere economico, non previste ai fini dell'iscrizione nel registro, in modo da dare continuità all'attività di raccolta di informazioni già svolta dalle camere di commercio attraverso il registro delle ditte.

Il Repertorio raccoglie, infatti, un insieme di dati di carattere economico, statistico e amministrativo che non vengono richiesti agli iscritti al Registro delle imprese all'atto dell'iscrizione (come l'attività economica svolta dalle società, il numero degli addetti, le unità locali, le iscrizioni in albi, ruoli, elenchi o registri, gli estremi delle autorizzazioni, licenze e simili, ecc.)

Le denunce al REA devono essere presentate da

-        tutti i soggetti iscritti al Registro Imprese;

-        gli imprenditori con sede legale all'estero che aprano una unità locale in provincia;

-         le associazioni, le fondazioni, i comitati e in generale altri enti non societari che - pur svolgendo un'attività economica commerciale e/o agricola - non abbiano come oggetto esclusivo o principale l'esercizio di un'impresa (quali associazioni, fondazioni, circoli).

Anche il REA è gestito secondo tecniche informatiche nel rispetto delle norme vigenti.

La lettera d) dispone che le norme di adeguamento di cui al comma 1 debbano prevedere la disciplina di sanzioni amministrative per il ritardo o l’omissione della presentazione delle domande d’iscrizione al REA, il cui ammontare dovrà essere fissato in un minimo di euro cinquanta ed massimo di euro cinquecento, secondo criteri di tassatività, trasparenza e proporzionalità.

Ai sensi della lettera e) i regolamenti di cui al comma 1 dovranno prevedere il rilascio, anche per corrispondenza e per via telematica, a chiunque ne faccia richiesta, di certificati e visure, attestanti l’iscrizione nel registro delle imprese e nel REA, ovvero il deposito di atti a tal fine richiesti, o che attestino la mancanza di iscrizione, nonché di copia integrale o parziale di ogni atto per il quale siano previsti l’iscrizione o il deposito nel registro delle imprese e nel REA.

La lettera f) dispone l’introduzione di una disciplina semplificata delle misure da adottare in caso di smarrimento, distruzione o malfunzionamento del dispositivo di firma digitale o comunque impedimento da parte del soggetto obbligato, anche per motivi dipendenti da disfunzioni del sistema, in modo da garantire la continuità di gestione amministrativa delle attività di pubblicità presso il registro delle imprese.

Per firma digitale, o firma elettronica, si intende, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, recante attuazione della direttiva 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica.

Ai sensi della lettera g) i regolamenti di delegificazione di cui al comma 1 dovranno prevedere l’espressa abrogazione delle disposizioni regolamentari, nonché delle disposizioni legislative di natura procedimentale, in materia di registro delle imprese incompatibili con la nuova normativa, con particolare riferimento al DPR 7 dicembre 1995, n. 581, ed al DPR 14 dicembre 1999, n. 558, sopra richiamati.

Da ultimo, ai sensi della lettera h) dovrà prevedersi l’integrazione della modulistica in uso per il registro delle imprese, per l’attivazione automatica dell’iscrizione agli Enti previdenziali, ai sensi dell’art. 44 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla 1, legge 24 novembre 2003, n. 326 e successive.

Per ciò che concerne la modulistica, si ricorda l’adozione del DM 13 luglio 2004, recante la modifica dei modelli di certificati tipo inerenti il registro delle imprese approvati con DM 7 febbraio 1996, previsti dall’art. 24 del DPR 581/1995.

Per quanto concerne l’art. 44 del DL 269 cit. si ricorda con tale disposizione si è introdotta una corrispondenza automatica tra l’iscrizione/cancellazione al Registro delle imprese e quella agli Enti previdenziali ai fini del versamento dei contributi obbligatori da parte degli assicurati. Infatti, il comma 8 dell’articolo prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, le domande di iscrizione al Registro delle imprese presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), effettuate dalle imprese esercenti attività commerciali rientranti tra quelle assoggettate alla relativa gestione INPS, e dalle imprese artigiane, di cui all’articolo 1, commi 202 e seguenti, della L. 662 del 1996 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997) abbiano effetto anche ai fini dell’iscrizione agli Enti previdenziali e del pagamento dei premi e contributi ad essi dovuti.

 

Ai sensi del comma 2,le norme di adeguamento del regolamento istitutivo del registro delle imprese saranno adottate con uno o più regolamenti da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Si ricorda che il citato articolo 17, comma 2, della legge n. 400/88, ha introdotto nell’ordinamento i c.d. regolamenti di delegificazione, ossia i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari; ai sensi della norma citata tali atti normativi sono adottati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato.

 

Quanto alla procedura per l’emanazione dei suddetti regolamenti di delegificazione, il comma in esame prevede l’adozione di un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e per la funzione pubblica, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei pareri del Consiglio di Stato nonché delle competenti Commissioni parlamentari.

In particolare, i pareri della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato debbono essere sono entro novanta giorni dalla richiesta; quello delle Commissioni parlamentari è invece reso, successivamente ai precedenti, entro sessanta giorni dalla richiesta.

Decorsi sessanta giorni dalla richiesta di parere alle Commissioni parlamentari, i regolamenti possono essere comunque emanati.

 

Da ultimo, il comma 3 prevede che dall’attuazione dell’articolo in oggetto non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Proposta di direttiva sui servizi

Il 25 febbraio 2004 la Commissione ha presentato la proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2004)2)[18].

La proposta mira a stabilire un quadro giuridico che elimini gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e alla libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri, e garantisca l'effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del Trattato CE.

La proposta, tra l’altro, prevede:

-        misure di semplificazione amministrativa, specificamente mediante la creazione di sportelli unici presso i quali il prestatore potrà compiere le procedure e le pratiche amministrative relative alla propria attività, anche per via elettronica;

-        una serie di regole e principi relativi alle autorizzazioni;

-        il divieto di alcune prescrizioni giuridiche particolarmente restrittive che possono ancora sussistere nelle legislazioni di taluni Stati membri.

 

Il Consiglio competitività del 25 e 26 novembre 2004 ha avviato la discussione della proposta soffermandosi in particolare sui temi del paese d’origine, della cooperazione amministrativa e della semplificazione amministrativa; il Consiglio ha definito la proposta un elemento chiave per il conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona.

 

Il 24 maggio 2005 è stata presentata al Parlamento europeo il progetto di relazione sulla proposta con una serie di emendamenti al testo originario che, tra l’altro, riguardano l’obbligo, per il fornitore che vuole prestare i propri servizi in un altro Stato membro, di presentare una dichiarazione pro forma allo sportello unico, l’esclusione dal campo di applicazione della direttiva dei servizi di interesse generale e la sostituzione del principio del paese d’origine con quello del reciproco riconoscimento..

La relazione avrebbe dovuto essere votata in commissione il 4 ottobre 2005, ma l’esame è stato rinviato per l’impossibilità di raggiungere un accordo tra i principali gruppi politici su emendamenti di compromesso che consentissero di “condensare” i 1.600 emendamenti presentati. Il voto in commissione sulla relazione e sugli emendamenti è stato rinviato al 22 novembre 2005.

Nel frattempo la relatrice ha predisposto emendamenti di compromesso, anche sulla base degli emendamenti consolidati presentati da tutti i gruppi. Gli emendamenti di compromesso sono stati sottoscritti, oltre che dalla relatrice (gruppo partito socialista europeo – PSE), anche da rappresentanti dei gruppi del partito popolare europeo e dei democratici europei (PPE), dell’alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa (ALDE), dei verdi/Alleanza libera Europa (Verdi-ALE), della sinistra unitaria indipendente europea e sinistra verde nordica (GUE/NGL).

La relazione dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura in occasione della sessione plenaria del 16-19 gennaio 2006, secondo la procedura di codecisione.

Oneri amministrativi

Il 10 giugno 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica on line (dal 1° giugno al 31.12.2005) in cui invita le imprese a comunicare le loro osservazioni per una migliore gestione dei loro obblighi amministrativi.

Le informazioni raccolte saranno poi esaminate dall’Osservatorio delle formalità amministrative e da altri servizi della Commissione.

 

Il Consiglio ECOFIN dell’8 novembre 2005 ha adottato delle conclusioni in materia di riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese. Il Consiglio, tra l’altro:

§      considera la metodologia di valutazione degli oneri amministrativi elaborata dalla Commissione europea come una base comune per la raccolta e lo scambio dei dati tra gli Stati membri;

§      ribadisce l’invito alla Commissione e agli Stati membri ad individuare degli obiettivi quantitativi per la riduzione degli oneri amministrativi che gravano sulle imprese di settori appositamente selezionati;

§      rileva che i requisiti normativi e le procedure amministrative spesso impongono oneri eccessivi alle piccole e medie imprese (PMI). Pertanto, invita la Commissione europea, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, a presentare delle proposte volte ad alleggerire l’onere gravante sulle PMI.

 


Articolo 2, commi 1 e12
(Anticipo dei controlli sui versamenti IVA)

 


1. All’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell’imposta, da eseguirsi ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, degli articoli 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 14 ottobre 1999, n. 542, nonché dell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405»;

b) nel comma 3 dopo le parole: «indicato nella dichiarazione,» sono inserite le seguenti: «ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta,».

 

omissis

 

12. Il quarto comma dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è abrogato.


 

 

Il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge interviene sul D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), recando due novelle all'articolo 54-bis in materia di liquidazione dell'IVA dovuta in base alle dichiarazioni.

La lettera a) del comma 1 aggiunge un nuovo comma 2-bis all'articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, attribuendo all'amministrazione finanziaria il potere di controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti dell'imposta anche prima della presentazione della dichiarazione annuale[19].

I versamenti IVA richiamati dalla disposizione in esame sono quelli da eseguirsi ai sensi:

§      dell’articolo 1, comma 4, del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 100;

L’articolo 1, comma 4, del D.P.R. n. 100 del 1998 stabilisce che, entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente versa l'importo della differenza tra l'ammontare complessivo dell'IVA esigibile sulle fatture emesse o sui corrispettivi incassati nel mese precedente e l’IVA per la quale viene esercitata la detrazione. Se l'importo dovuto non supera il limite di lire 50.000 (pari a 25,82 euro), il versamento è effettuato insieme a quello relativo al mese successivo.

§      degli articoli 6 e 7 del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542;

L’articolo 6 del D.P.R. n. 542 del 1999 stabilisce che la differenza tra l'ammontare dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale e l'ammontare delle somme già versate mensilmente, ai sensi del sopra ricordato articolo 1 del D.P.R. n. 100 del 1998, deve essere versata entro il 16 marzo di ciascun anno, ovvero entro il termine previsto per il pagamento delle somme dovute in base alla dichiarazione unificata annuale, maggiorando le somme da versare degli interessi nella misura dello 0,40 per cento per ogni mese o frazione di mese successivo alla predetta data.

Il successivo articolo 7 dello stesso D.P.R. prevede che i contribuenti con volume d’affari inferiore, nell’anno solare precedente, a determinati limiti[20] possono optare per l’effettuazione di liquidazioni periodiche trimestrali (entro il 16 maggio, il 16 agosto e 16 novembre di ogni anno), anziché mensili, ferma restando la liquidazione annuale da effettuare entro il 16 marzo di ciascun anno, ovvero entro il termine previsto per il pagamento delle somme dovute in base alla dichiarazione unificata annuale, maggiorando le somme da versare degli interessi nella misura dello 0,40 per cento per ogni mese o frazione di mese successivo alla predetta data.

§      dell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405.

L’articolo 6 della legge n. 405 del 1990 (legge finanziaria per il 1991), e successive modificazioni e integrazioni, detta disposizioni concernenti l’acconto IVA, da versare nel mese di dicembre di ciascun anno. In particolare, i soggetti obbligati agli adempimenti di liquidazione e versamento periodico dell’imposta sul valore aggiunto devono versarne l’acconto entro il 27 dicembre di ciascun anno. La misura dell’acconto è pari all’88% del debito IVA liquidato nell’ultimo mese (per i soggetti che effettuano la liquidazione mensilmente) ovvero nell’ultimo trimestre (per i soggetti che effettuano la liquidazione trimestralmente) dell’anno precedente.

 

Condizione affinché l'amministrazione possa procedere al controllo dei versamenti d’imposta prima della presentazione della dichiarazione è che sussista una situazione di pericolo per la riscossione.

 

La norma non precisa quando sia ravvisabile tale situazione. A tale proposito, potrebbe valutarsi l'opportunità di specificare le circostanze che possono considerarsi sintomatiche del periculum in mora (ad esempio: comportamenti pregressi del contribuente, esistenza di posizioni debitorie verso l'erario etc.).

 

In conseguenza della modifica apportata dalla lettera a), la successiva lettera b) del comma 1 aggiunge un periodo al comma 3 dell'articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Il comma 3 prevede che qualora dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione debba essere comunicato al contribuente. Per effetto della modifica apportata tale esito deve essere comunicato anche qualora emerga un'imposta (o una maggiore imposta) a seguito delle nuove tipologie di controllo previste dal nuovo comma 2-bis. Restano valide anche in questo caso le procedure ordinarie previste dal comma 3.

 

A questo riguardo si ricorda che il comma 3 dell'articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che l’esito della liquidazione deve essere comunicato al contribuente ai sensi e per gli effetti di cui al comma 6 dell'articolo 60 del medesimo decreto (iscrizione a ruolo delle somme, previo invito al versamento), nonché per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora, a seguito della comunicazione, rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, il contribuente può fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

 

In conseguenza delle novelle introdotte dal comma 1 dell’articolo qui illustrato, il successivo comma 12 dello stesso articolo abroga il quarto comma dell’articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale conteneva disposizioni sostanzialmente analoghe a quelle ora introdotte.

 

Il quarto comma del citato articolo 54 conferiva ai competenti uffici il potere, in caso di pericolo per la riscossione, di provvedere all’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto non versata[21] in tutto o in parte, anche prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale. Questa previsione non si applicava all’imposta non versata risultante dalla dichiarazione annuale – la quale era iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo, previo invito al versamento, ai sensi del sesto comma dell’articolo 60 dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972 – né alla maggiore imposta determinata a seguito della correzione di errori materiali o di calcolo, rilevati dall'ufficio in sede di controllo della dichiarazione.

 


Articolo 2, comma 2
(Assunzioni presso il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza)

 


2. Al fine di potenziare l’azione di contrasto all’evasione fiscale, alle frodi fiscali e all’economia sommersa, nonché le attività connesse al controllo, alla verifica e al monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente decreto, è autorizzata la spesa, nel limite di 40 milioni di euro per l’anno 2006, di 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007, per procedere, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti, ad assunzioni di personale per l’ammini­strazione dell’economia e delle finanze e all’incremento di organico ed alle assunzioni di personale del Corpo della Guardia di finanza. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono determinate le quote di personale, nell’ambito del contingente massimo consentito ai sensi del precedente periodo, assegnate alle articolazioni dell’ammini­strazione dell’economia e delle finanze, nonché all’incremento di organico ed alle assunzioni di personale del Corpo della Guardia di finanza e sono stabilite le modalità, anche speciali, per il reclutamento, ivi inclusa la possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate, anche ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ovvero di ricorrere alla mobilità. In relazione al maggior impegno derivante dall’attuazione del presente decreto, a valere sulle disponi­bilità di cui al primo periodo, l’Agenzia delle entrate è autorizzata, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti, a procedere ad assunzioni di personale nel limite di spesa, rispettivamente, di 39,1 milioni di euro per il 2006 e di 69,5 milioni di euro a decorrere dal 2007, anche utilizzando le graduatorie formate a seguito di procedure selettive bandite ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.


 

 

Il comma 2 dell’articolo 2 autorizza l’assunzione di personale da parte del Ministero dell’economia delle finanze, del Corpo della Guardia di finanza e della Agenzia delle entrate, al fine di:

§      potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, alle frodi fiscali e all'economia sommersa;

§      potenziare le attività connesse al controllo, alla verifica e al monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.

 

La relazione illustrativa allegata dal Governo al disegno di legge di conversione, con particolare riferimento all’Agenzia delle entrate, ribadisce le finalità della disposizione e chiarisce il carattere delle assunzioni autorizzate: la norma è volta a “disciplinare l’esigenza di una efficace azione di contrasto all’evasione fiscale, comportando per l’Agenzia delle entrate la necessità di procedere all’assunzione a tempo indeterminato di personale dotato di elevata professionalità soprattutto negli uffici del centro-nord, fortemente carenti di organico”.

 

Il comma 2 autorizza innanzitutto a procedere, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti, ad assunzioni di personale per l’amministrazione dell’economia e delle finanze nonché all’incremento di organico e alle assunzioni di personale del Corpo della Guardia di finanza, prevedendo a tal fine uno stanziamento di 40 milioni di euro per l’anno 2006 e di 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.

 

Si rileva che per l’amministrazione dell’economia e delle finanze si fa riferimento solo ad assunzioni di personale, mentre per il Corpo della Guardia di finanza è previsto anche un incremento di organico.

 

In relazione ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti in tema di assunzioni e dotazioni organiche, limiti cui la disposizione in esame consente espressamente di derogare, si ricorda che i commi 95-97 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha introdotto per le pubbliche amministrazioni – fatta eccezione per le assunzioni relative alle categorie protette – il divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per il triennio 2005-2007 (anziché per un solo anno, come già previsto nelle precedenti leggi finanziarie). Trascorso il triennio, le amministrazioni potranno assumere personale entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente (comma 103).

Il divieto di assumere riguarda i seguenti enti:

-        amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-        agenzie;

-        enti pubblici non economici;

-        enti di ricerca;

-        enti indicati all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 .

La previsione si estende anche alle assunzioni dei segretari comunali e provinciali e al personale ancora in regime di diritto pubblico.

Sono esclusi dal blocco delle assunzioni il comparto della scuola, le università, gli ordini e i collegi professionali con i relativi consigli e federazioni (comma 101).

Esiste inoltre una disciplina ad hoc per le assunzioni di personale da parte delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale, nonché da parte delle camere di commercio e dell’Unioncamere.

Vi è poi una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni: le amministrazioni destinatarie della disciplina di blocco – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità e al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza e urgenza – nel triennio 2005-2007 possono assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime, a seguito di un’articolata procedura che si conclude con un decreto di autorizzazione emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Il secondo periodo del comma 2 rimette a decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle quote di personale, nell’ambito del contingente massimo consentito ai sensi del precedente periodo (che per la verità si limita a stabilire gli importi massimi spendibili), assegnate alle articolazioni dell’amministrazione dell’economia e delle finanze, nonché all’incremento di organico e alle assunzioni di personale del Corpo della Guardia di finanza. Lo stesso decreto deve inoltre stabilire le modalità, anche speciali, per il reclutamento (ivi inclusa la possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate) ai sensi dell’articolo 36 del D.Lgs. n. 165 del 2001, ovvero di ricorrere alla mobilità.

 

Si ricorda che l’articolo 36 del D.Lgs. n. 165 del 2001 regolamenta il ricorso delle pubbliche amministrazioni all’utilizzazione di personale con contratti di lavoro a tempo determinato, o con altre formule contrattuali flessibili. In base al comma 2 del citato articolo 36, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime. Tale disposizione appare volta a garantire la stretta osservanza del principio costituzionale del pubblico concorso.

 

Il terzo periodo del comma 2 autorizza l’Agenzia delle entrate a procedere ad assunzioni di personale nel limite di spesa, rispettivamente, di 39,1 milioni di euro per il 2006 e di 69,5 milioni di euro a decorrere dal 2007, a carico delle disponibilità indicate al primo periodo. Pertanto, rispetto all’autorizzazione di spesa complessiva recata dal primo periodo, una parte preponderante delle risorse è destinata alle assunzioni di personale da parte di tale Agenzia.

Anche in questo caso, è previsto che si possa procedere alle assunzioni in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti, nonché utilizzando le graduatorie formate a seguito di procedure selettive bandite ai sensi dell’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001; non si menziona invece, in quest’ambito, la possibilità di ricorrere all’istituto della mobilità.

 


Articolo 2, comma 3
(Assunzioni presso l’Agenzia delle dogane)

 


3. L’Agenzia delle dogane, attraverso le misure di potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi, previste dal comma 4 dell’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, consegue maggiori diritti accertati per imposta sul valore aggiunto pari ad almeno 350 milioni di euro per l’anno 2006 ed a 364 e 385 milioni di euro, rispettivamente, per gli anni 2007 e 2008. A tale fine, in attesa delle autorizzazioni alle assunzioni a tempo indeterminato necessarie a completare le proprie dotazioni organiche, l’Agenzia delle dogane si avvale di personale con contratto di formazione e lavoro, utilizzando i fondi destinati alla stessa Agenzia ai sensi del disposto di cui al n. 3) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 10 ottobre 1989, n. 349, nell’ambito della relativa quota individuata dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, nel limite di spesa massimo di 17 milioni di euro nel 2006 e 10 milioni di euro nel 2007.


 

 

Il comma 3 dell'articolo 2 fissa l'importo minimo che l'Agenzia delle Dogane dovrà conseguire, in termini di maggiori diritti accertati, nell'ambito dell'imposta sul valore aggiunto, grazie al potenziamento delle attività antifrode previste dal decreto-legge n. 35 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2005. Tali importi sono pari ad almeno 350 milioni di euro per il 2006, 364 milioni di euro per il 2007 e 385 milioni di euro per il 2008.

Per conseguire tale obiettivo, all'Agenzia viene data facoltà di avvalersi di personale assunto mediante contratti di formazione e lavoro, in attesa delle autorizzazioni per l'assunzione di personale a tempo indeterminato. A copertura di tali spese l'Agenzia potrà impiegare i fondi ad essa destinati nell'ambito della legge n. 349 del 1989[22], con un limite di spesa di 17 milioni di euro nel 2006 e di 10 milioni di euro nel 2007 a valere sulla quota fissata dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 35 del 2005.

 

Il decreto-legge n. 35 del 2005, recante disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, all'articolo 1, comma 4, stabilisce che l'Agenzia delle Dogane utilizzi le maggiori somme versate all'Italia dall'Unione europea rispetto all'esercizio precedente, entro il limite di ottanta milioni di euro, nel quadro del rafforzamento del sistema doganale e, in particolare, al fine di garantire il potenziamento e la piena efficienza dei lettori ottici (scanner)in dotazione all'Agenzia, di favorire la presenza delle imprese sul mercato attraverso lo snellimento delle operazioni doganali corrette e il contrasto di quelle fraudolente, nonché di assicurare un alto livello di deterrenza ai traffici connessi al terrorismo e alla criminalità internazionale.

Tali somme sono disponibili in base al numero 3) della lettera i) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 349 del 1989 che ne impone la destinazione al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi.

 

In merito alla possibilità di impiego di personale mediante contratti di formazione e lavoro, si rileva che nella relazione tecnica allegata dal Governo al provvedimento in esame viene il numero dei soggetti da reclutare viene stimato in 300 unità. Grazie a tali assunzioni, secondo il Governo, l'Agenzia potrà riallocare personale esperto per adibirlo ad attività di verifica: in particolare, sarà possibile rafforzare le attività di accertamento e incrementare il numero delle verifiche riguardanti l’IVA.

Secondo la relazione illustrativa, l'assunzione di 300 unità di personale con contratto di formazione e lavoro comporta un onere complessivo di circa 26 milioni di euro per gli anni 2006 e 2007.

 


Articolo 2, comma 4
(Rafforzamento del sistema doganale)

 

4. Le disposizioni previste dai commi 1, 2, 3 e 4 dell’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, per il rilancio del sistema portuale, riguardano tutti gli uffici dell’Agenzia delle dogane ove si provvede ad operazioni di sdoganamento.

 

 

Il comma 4 dell'articolo 2 stabilisce che i commi da 1 a 4 dell'articolo 1 del decreto-legge14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, trovano applicazione non solo nell’ambito del sistema portuale, ma anche nei confronti di tutti gli uffici dell'Agenzia delle dogane che si occupano di operazioni di sdoganamento (e pertanto anche, come indicato nella relazione tecnica alla legge di conversione del presente decreto-legge, alle dogane aeroportuali e terrestri).

 

Si ricorda che i citati commi da 1 a 4 dell'articolo 1 del D.L. n. 35 del 2005 recano disposizioni dirette al rafforzamento del sistema doganale, alla lotta alla contraffazione e al sostegno dell'internazionalizzazione del sistema produttivo.

I commi 1 e 2 dell'articolo 1 mirano al rilancio del sistema portuale italiano e in generale al rafforzamento del sistema doganale, prescrivendo allo scopo il riassetto delle procedure amministrative relative all'attività di sdoganamento delle merci.

Allo scopo di consentire che l'esercizio dell'attività doganale dell'Unione europea si realizzi in tempi tecnici adeguati alle esigenze dei traffici commerciali e per il miglioramento dei sistemi logistici italiani, il comma 1 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che avrebbe dovuto essere emanato entro il 16 aprile 2005, si proceda al riordino delle procedure amministrative di sdoganamento delle merci, nel rispetto della normativa vigente in materia di servizi di polizia doganale.

A tal fine, il menzionato decreto dovrà individuare forme di semplificazione e di coordinamento operativo, che saranno affidate all'Agenzia delle dogane per le procedure di competenza di altre amministrazioni, salva la disciplina in materia di circolazione in ambito internazionale dei beni culturali prevista dal decreto legislativo n. 42 del 2004.

Le misure di semplificazione dovranno in ogni caso essere informate all'armonizzazione delle metodologie, all'uniformazione o all’unificazione dei procedimenti analoghi, all'informatizzazione delle procedure e al più ampio ricorso alle forme di autocertificazione, nell’osservanza delle disposizioni vigenti in materia. L’Agenzia delle dogane assolverà una funzione di coordinamento delle operazioni che coinvolgono più amministrazioni, anche al fine di ridurre i termini di conclusione dei procedimenti.

Nell'ambito delle procedure di semplificazione di cui al precedente comma, il comma 2 conferisce in ogni caso ai soggetti deputati al rilascio delle certificazioni la possibilità di ammettere, in alternativa, certificazioni rilasciate da soggetti privati abilitati.

Il comma 3 interviene sul comma 380 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), estendendo all'Agenzia delle dogane la possibilità di ricevere in via telematica le informazioni, attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli, trasmesse dai soggetti d’imposta. In precedenza tale possibilità era prevista per la sola Agenzia delle entrate.

Il comma 4 prevede l'utilizzo da parte dell'Agenzia delle dogane, entro il limite di 80 milioni di euro, delle maggiori somme versate all’Italia dall’Unione europea rispetto all’esercizio precedente. Conformemente al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera i), numero 3, della legge 10 ottobre 1989, n. 349[23], tali somme sono disponibili per l'acquisizione di mezzi tecnici e strumentali e finalizzate al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi da parte dell’amministrazione doganale.

In particolare, la disposizione ìndica le finalità di:

§       potenziare e migliorare la funzionalità e l'efficienza dei lettori ottici (scanner) in dotazione all'Agenzia, installati nei maggiori centri portuali e interportuali del territorio nazionale;

§       favorire la presenza delle imprese sul mercato mediante la semplificazione delle operazioni doganali e il contrasto delle frodi;

§       garantire un elevato livello di deterrenza nei riguardi dei traffici connessi al terrorismo e alla criminalità internazionale.


Articolo 2, comma 4-bis
(Sanzioni per acquisto di merci contraffatte)

 


4-bis. All’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 7, al primo periodo, dopo le parole: “sanzione amministrativa pecuniaria“ sono inserite le seguenti: “da 100 euro“ e sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: “Qualora l’acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale, la sanzione amministrativa pecuniaria è stabilita da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro. Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall’articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981, all’accertamento delle violazioni provvedono, d’ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa.“;

b) al comma 8 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nel caso di sanzioni applicate da organi di polizia locale, le somme sono destinate per il 50 per cento all’ente locale competente e per il restante 50 per cento allo Stato, secondo le modalità di cui al primo periodo“.


 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 2 – introdotto durante l’esame presso il Senato - interviene sui commi 7 e 8 dell’art. 1 della legge 80/2005 (di conversione del D:L. 35/2005) in materia di sanzioni per acquisto di merci contraffatte.

 

Il vigente comma 7 dell’art. 1 della legge 80/2005 delinea una fattispecie di illecito amministrativo, per la quale si commina una sanzione pecuniaria fino a euro 10.000,salvo che il fatto costituisca reato, per chi acquista o accetta, a qualsiasi titolo, senza averne prima accertata la legittima provenienza, cose che per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale.

Si ricorda che, in base al principio di cui all’articolo 9 della legge 689/1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.

L’incipit del comma sembra volto ad escludere l’applicazione del principio di specialità, e a sancire la prevalenza dell’eventuale fattispecie penale concorrente.

Anche ai soggetti che fanno da tramite tra l’acquirente e il venditore (coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo le “cose” di cui si parla), senza averne prima accertata la legittima provenienza, è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria sino a 10.000 euro (in questo caso non vi è però una clausola espressa di prevalenza di eventuali norme penali concorrenti).

La disposizione è finalizzata ad evitare, da un lato, che l’importazione, l’esportazione, o la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni possano trarre in inganno il consumatore, danneggiandolo o recando danno alla produzione nazionale e, dall’altro, che si proceda all’acquisto di merce contraffatta, nonostante la consapevolezza della sua dubbia provenienza.

La disposizione sembra in parte mutuare la propria formulazione dall’articolo 712 c.p. (Acquisto di cose di sospetta provenienza), in base al quale: “Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire ventimila.

Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.”

In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose che, per le loro caratteristiche, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale; inoltre è fatta salva, in modo esplicito, l'applicazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs 70 del 2003, recante "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico".

A tale ultimo riguardo, la direttiva citata, come è noto, costituisce uno dei cardini del programma di azione e-Europe, varato dalla Commissione europea con l'obiettivo di favorire il passaggio alla cosiddetta "società dell'informazione" mediante la diffusione della cultura informatica presso l'intera popolazione europea e la piena utilizzazione delle nuove tecnologie in ambito economico e sociale.

Ai fini della valutazione dell'emendamento qui in commento, vengono in considerazione le disposizioni relative al commercio elettronico, ed in particolare quelle che definiscono gli obblighi dei soggetti che operano nel settore e le relative sanzioni per il caso di inottemperanza.

Il comma 4-bis in esame propone una prima modifica del citato comma 7 che fissa anche nel minimo l’entità della sanzione per l’illecito amministrativo compiuto (100 euro), attualmente prevista dalla norma solo nel limite massimo (10.000 euro).

 

E’, poi, integrato il contenuto del comma 7 dell’art. 1 della legge 80/2005 con la previsione di tre ulteriori periodi.

Con il primo, è stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria molto più severa (da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro) in relazione alla particolare “qualità” dell’autore dell’illecito acquisto di merce contraffatta, ovvero quando questi sia un operatore commerciale, un importatore o, comunque, qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale.

 

Con il secondo periodo aggiunto è fatto rinvio, quanto all’applicazione delle sanzioni, alla legge 689/1981.

La legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale) definisce la sanzione amministrativa pecuniaria dichiarando che consiste “nel pagamento di una somma di denaro non inferiore a 6 euro e non superiore a 10.329 euro”, tranne che per le sanzioni proporzionali, che non hanno limite massimo; nel determinarne l'ammontare, l'autorità amministrativa deve valutare la gravità della violazione, l'attività svolta dall'autore per eliminare o attenuarne le conseguenze, le sue condizioni economiche e la sua personalità (artt. 10 e 11)[24].

L'applicazione della sanzione avviene secondo il seguente schema:

-        accertamento, contestazione-notifica al trasgressore;

-        pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa:

-        archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell’autorità amministrativa;

-        eventuale opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);

-        accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);

-        eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.

Dal punto di vista procedimentale, occorre innanzitutto che essa sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13). L'attività di accertamento può consistere nell'assunzione di informazioni, nell'ispezione della dimora privata, in rilievi segnaletici, fotografici e nel sequestro cautelare della cosa che è stata utilizzata per commettere l'illecito o che ne costituisce il prezzo o il profitto (come avviene in caso di guida di autoveicolo non coperto da assicurazione obbligatoria o senza documento di circolazione). In particolare, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, oltre che esercitare i poteri indicati, possono procedere, quando non sia possibile acquisire altrimenti gli elementi di prova, a perquisizioni in luoghi diversi dalla privata dimora, previa autorizzazione motivata del competente tribunale territoriale. È fatto salvo l'esercizio degli specifici poteri di accertamento previsti dalle leggi vigenti.

La violazione dev'essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16).

In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente; quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18).

Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all’ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso al giudice di pace (art. 22, 22-bis); fatte salve le diverse competenze stabilite da disposizioni di legge, l’opposizione si propone, invece, davanti al tribunale ratione materiae (materia di lavoro, edilizia, urbanistica ecc.) o per motivi di valore o di natura della sanzione (sanzione superiore nel massimo a 15.493 euro o applicazione di sanzione non pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per violazioni previste da specifiche leggi speciali): l'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento; contro tale sentenza è ammesso solo ricorso per cassazione (art. 23). Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.

In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l’autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26)

Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).

 

Il terzo dei periodi aggiunti al comma 7 precisa, infine, come, fermo restando le competenze della polizia giudiziaria ex art. 13, legge 689/1981, le violazioni nella materia in oggetto sono accertate, d’ufficio o su denuncia, dagli organi di polizia amministrativa (ovvero quella degli enti locali).

 

Il comma 4-bis dell’art. 2 integra anche il contenuto del comma 8 dell’art. 1 della legge 80/2005.

Il citato comma 8 stabilisce che le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni per gli illeciti amministrativi sopra illustrati sono destinate alla lotta alla contraffazione, essendo assegnate ad appositi capitoli, anche di nuova istituzione, dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive e del Ministero degli affari esteri.

La disposizione introdotta prevede di destinare all’ente locale di appartenenza il 50% delle sanzioni pecuniarie irrogate da organi di polizia amministrativa degli enti locali, ferma restando la destinazione allo Stato del restante 50%.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 luglio 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva e una proposta di decisione quadro per la lotta contro i reati in materia di proprietà intellettuale (COM(2005)276).

 

L’11 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005) 479) relativa alle possibili risposte delle amministrazioni doganali agli ultimi sviluppi nel campo della contraffazione e della pirateria commerciale.

 

Sui contenuti delle misure sopra indicate si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-ter.

 


Articolo 2, commi 4-ter-4-quinquies
(SIMEST S.p.A.)

 


4-ter. All’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 6, è inserito il seguente:

“6-bis. Al fine di potenziare l’attività della SIMEST S.p.a. a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese, le regioni possono assegnare in gestione alla società stessa propri fondi rotativi con finalità di venture capital, per l’acquisizione di quote aggiuntive di partecipazione fino ad un massimo del 49 per cento del capitale o fondo sociale di società o imprese partecipate da imprese operanti nel proprio territorio. Tali fondi sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della SIMEST S.p.a.“.

4-quater. All’articolo 1 della legge 24 aprile 1990, n. 100, il comma 6 è sostituito dal seguente:

6. Il consiglio di amministrazione della SIMEST S.p.a. è composto da undici membri, di cui sei su indicazione del Ministro delle attività produttive, compreso il presidente, dei quali due designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri e dell’economia e delle finanze; uno su proposta della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le nomine dei componenti degli organi sociali della SIMEST S.p.a., sono effettuate dall’assemblea“.

4-quinquies. Alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è rinnovato il consiglio di amministrazione della SIMEST S.p.a. e viene adeguato lo statuto della società.»;


 

 

Nell’ambito del potenziamento degli strumenti di supporto all’internazionalizzazione delle imprese, il comma 4-ter integra l’articolo 1 del D.L. 35/05[25] mediante l’inserimento di un nuovo comma 6-bis , volto ad attribuire alle regioni la facoltà di assegnare in gestione alla SIMEST SpA propri fondi rotativi con finalità di capitale di rischio - venture capital - per l’acquisizione da parte della società di quote aggiuntive di partecipazione, entro il limite massimo del 49% del capitale o del fondo sociale, in società o imprese partecipate operanti nel loro territorio.

Tali fondi rotativi delle regioni, gestiti dalla Simest, sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della società.

 

Si ricorda che la Simest (Società italiana per le imprese all'estero), è una società per azioni controllata dallo Stato, che ne detiene il 76 per cento del pacchetto azionario (le quote rimanenti fanno capo a banche, imprese, associazioni imprenditoriali e di categoria), istituita nel 1990 sulla base di quanto previsto dalla legge n. 100 del 1990 (Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero) ed operativa dal 1991.

La missione della Società è la promozione del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e l’assistenza degli imprenditori nelle loro attività all’estero, mediante la partecipazione alle società estere partecipate da imprese italiane (c.d. joint-ventures) ovvero ai consorzi che prestano servizi alle imprese, nonché l’offerta di servizi di assistenza e consulenza e la concessione di garanzie a favore delle imprese presso gli intermediari finanziari.

L'attività della SIMEST è stata potenziata dal decreto legislativon. 143 del 1998, recante "Disposizioni in materia di commercio coi l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", attraverso l'introduzione di modifiche alla stessa legge istitutiva che, tra l’altro, hanno riguardato: l’estensione dell’intervento di partecipazione della SIMEST alle società a capitale interamente italiano operanti all’estero e alle imprese con stabile organizzazione in uno Stato UE controllate da imprese italiane; l’aumento della quota di partecipazione ordinaria assumibile dalla SIMEST dal 15 al 25% del capitale sociale; l’attribuzione al CIPE della facoltà di individuare le ipotesi in cui possono essere derogati i limiti massimi indicati dalla legge in relazione alla quota di partecipazione e al termine per la cessione delle partecipazioni; la possibilità per la SIMEST di erogare finanziamenti diretti alle imprese partecipate (anche in cooperazione con istituzioni finanziarie internazionali) ed acquisire partecipazioni in società finanziarie, assicurative, di leasing e di factoring; la trasformazione dell’intervento di credito agevolato in contributo sugli interessi.

In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge n. 100/99 la Simest Spa è autorizzata:

a)         a promuovere la costituzione di società all'estero da parte di società ed imprese, anche cooperative, e loro consorzi e associazioni, cui possono partecipare enti pubblici economici ed altri organismi pubblici e privati;

b)         a partecipare, con quote di minoranza, nel limite del 25 per cento del capitale o fondo sociale della società o impresa oggetto della partecipazione a società ed imprese all'estero, anche già costituite (limite ora elevato, come si è appena visto, al 49 per cento);

c)         a sottoscrivere obbligazioni convertibili in azioni e acquistare certificati di sottoscrizione e diritti di opzione di quote o azioni delle società ed imprese di cui alle lettere a) e b), con il limite previsto alla lettera b);

d)         a partecipare ad associazioni temporanee di imprese e ad altri accordi di cooperazione tra società ed imprese all'estero, ancora con il limite previsto alla lettera b);

e)         ad effettuare, a favore delle società ed imprese partecipate, ogni altra operazione di assistenza tecnica, amministrativa, organizzativa e finanziaria;

f)           ad effettuare ricerche di mercato, sondaggi e studi di fattibilità, anche mediante apposite convenzioni, preordinate alla costituzione di società ed imprese all'estero, anche d'intesa con l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE);

g)         a rilasciare garanzia in favore di aziende ed istituti di credito italiani o esteri per finanziamenti a soci esteri locali a fronte della loro partecipazione nelle società ed imprese, sempre nel rispetto del limite di cui alla lettera b);

h)         a partecipare, in posizione di minoranza, a consorzi e società consortili, fra piccole e medie imprese che abbiano come scopo la prestazione di servizi reali a favore di imprese all'estero ed usufruiscano dei contributi o di altre agevolazioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

h-bis)    a concedere finanziamenti, di durata non superiore ad otto anni, alle imprese o società estere di cui alla lettera b), in misura non eccedente il 25 per cento dell'impegno finanziario previsto dal programma economico dell'impresa o società estera. Tale limite è aumentato al 50% dell'impegno finanziario nel caso in cui i finanziamenti siano erogati a favore delle piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 200/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, recante "Definizione delle microimprese, piccole e medie imprese; le operazioni effettuate su provvista fornita dalla BERS, dalla BEI, dalla IFC o da altri enti sopranazionali sono escluse dall’applicazione dei limiti stabiliti dalla stessa norma con riferimento: alla durata del finanziamento, ai soggetti destinatari e all’impegno previsto dal programma economico dell’impresa o della società estera (lettera così modificata dalla recente legge n. 56/2005, art. 7, co. 1[26]);

h-ter) a partecipare a società italiane o estere che abbiano finalità strumentali correlate al perseguimento degli obiettivi di promozione e di sviluppo delle iniziative di imprese italiane di investimento e di collaborazione commerciale ed industriale all'estero, quali società finanziarie, assicurative, di leasing, di factoring e di general trading;

h-quater) a costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare (lettera aggiunta dalla legge n. 56/2005, art. 7, co. 2);

h-quinquies) a gestire- in base ad apposite convenzioni con il Ministero delle attività produttive - i fondi di cui al comma 1, art. 25 del D.Lgs n. 143/98, nonché i fondi rotativi di cui all’ articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 21 marzo 2001, n. 84, e quelli istituiti ai sensi dell'articolo 46 della legge 12 dicembre 2002, n. 273(lettera aggiunta dalla citata legge n. 56/2005, art. 7, co. 2).

L’articolo 25, comma 1, del citato D.Lgs. n. 143/98, ha affidato alla SIMEST, con decorrenza 1° gennaio 1999, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema previste dalle varie leggi di settore (L. 24 n. 227/77; DL n. 251/81, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 394/81; L. n. 304/90; L. n. 100/90; art. 14 della L n. 317/91). La SIMEST, quale gestore unico di fondi pubblici, corrisponde, direttamente alle imprese italiane, contributi agli interessi (nella misura massima del 50% del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, della quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST.

Quanto ai fondi rotativi richiamati dalla suindicata lettera h-quinquies si ricorda che la legge n. 84/01 (Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell'area balcanica), all’articolo 5, co. 2,lettera c), prevede, l'istituzione presso la SIMEST Spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo delle vecchie lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.

Analogamente l’articolo 46 della legge 273/2002 (“Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”) ha autorizzato il Ministero delle attività produttive a costituire, ai sensi e per le finalità della legge n. 100 del 24 aprile 1990, e successive modificazioni, fondi rotativi per la gestione delle risorse deliberate dal CIPE per il sostegno degli investimenti delle piccole e medie imprese nella Repubblica Federale di Jugoslavia, per il finanziamento di operazioni venture capital nei Paesi del Mediterraneo e per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane[27].

Da ultimo, si ricorda che l’art. 1, comma 6, del citato DL 35/05, nell’ambito dell’attività di rafforzamento degli strumenti di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha provveduto ad elevare al 49% il limite massimo d'intervento della SIMEST (fissato al 25% dall'articolo 3, comma 1, della citata legge 24 aprile 1990, n. 100) limitatamente agli investimenti all’estero riguardanti“attività aggiuntive”,derivanti da acquisizioni di imprese, «joint-venture» o altro, che garantiscano il mantenimento delle capacità produttive interne del Paese.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’11 febbraio 2004 la Commissione ha presentato il Piano d’azione: un’agenda europea per l’imprenditorialità[28], che si basa sui risultati della consultazione sul libro verde sull’imprenditorialità[29] del 21 gennaio 2003. Il piano d’azione ha l’obiettivo di incoraggiare la creazione di nuove imprese, favorire lo spirito imprenditoriale fra i giovani, le donne e le minoranze etniche, migliorare il flusso del finanziamento e semplificare il quadro normativo e amministrativo.

Per rilanciare la dinamica imprenditoriale nell’UE, la Commissione individua cinque aree di azione politica:

-        alimentare la cultura imprenditoriale;

-        incoraggiare più persone a diventare imprenditori;

-        orientare gli imprenditori verso la crescita e la competitività;

-        migliorare il flusso dei finanziamenti;

-        creare un quadro regolamentare e amministrativo più favorevole alle PMI.

Le nuove azioni dovranno essere condotte nell’ambito del programma pluriennale per l’impresa e l’imprenditorialità (in particolare per le piccole e medie imprese) (2001-2005), adottato con decisione del Consiglio del 20 dicembre 2000, n. 819, modificata con decisione 21 luglio 2004, n. 593[30].

 

L’11 marzo 2004 il Consiglio ha esaminato il piano d’azione ed ha adottato conclusioni nelle quali, tra l’altro, invita gli Stati membri e la Commissione, nell'ambito delle loro rispettive competenze, ad intensificare gli sforzi nei seguenti settori:

-        migliorare l'istruzione e la formazione per l'imprenditorialità a tutti i livelli;

-        migliorare il contesto normativo, procedendo ad una valutazione dell'impatto della legislazione proposta sulla base delle informazioni raccolte mediante consultazioni sistematiche;

-        sostenere e facilitare l'accesso ai finanziamenti per gli imprenditori, in particolare per quanto riguarda la creazione e il trasferimento di imprese.

 

Il 20 aprile 2004 la Commissione europea ha presentato una comunicazione intitolata “Accompagnare le trasformazioni strutturali: una politica industriale per l’Europa allargata[31].

La comunicazione esamina le trasformazioni strutturali in atto nel comparto industriale, i risultati poco soddisfacenti nell’ambito della ricerca e dell’innovazione, il fenomeno della delocalizzazione di attività industriali; valuta inoltre le opportunità offerte dall’allargamento dell’Unione.

La Commissione indica tre azioni tese a favorire le trasformazioni strutturali:

-        adozione da parte dell’UE di norme favorevoli all’industria;

-        migliore utilizzo delle sinergie di tutte le politiche comunitarie che incidono sulla competitività dell’industria (politiche dell’innovazione, della ricerca, della formazione, della concorrenza, di coesione, ecc.);

-        sviluppo dei diversi settori industriali mediante l’utilizzo degli strumenti di intervento esistenti.

Ad avviso della Commissione, è opportuno sviluppare a livello comunitario la dimensione internazionale della politica industriale per favorire l'accesso delle imprese comunitarie ai mercati dei Paesi terzi e per esportare il metodo di regolamentazione adottato dall'Unione nel mercato interno.

 

Nella riunione del 24 settembre 2004 il Consiglio ha adottato conclusioni su politica industriale e trasformazioni strutturali nelle quali chiede alla Commissione e agli Stati membri di favorire le trasformazioni strutturali e una maggiore crescita della produttività creando le condizioni quadro in cui le imprese europee possano far fronte alla concorrenza, prosperare e diventare soggetti economici di primo piano a livello mondiale. Il Consiglio ha sottolineato che un contesto imprenditoriale favorevole richiede un quadro normativo efficace e efficiente che preveda, ove opportuno, il dialogo sociale, un mercato interno dei beni e dei servizi dinamico, competitivo e privo di ostacoli, un capitale umano con un elevato livello di competenze e conoscenze, mercati di capitali accessibili a imprese di tutte le dimensioni, comunicazioni moderne, infrastrutture per i trasporti e l'energia e politiche pubbliche favorevoli alla ricerca, all'innovazione e all'imprenditorialità.

Il Parlamento europeo il 9 giugno 2005 ha esaminato la comunicazione e ha approvato una risoluzione su “Rafforzare la competitività europea: conseguenze delle trasformazioni industriali sulla politica e il ruolo delle piccole e medie imprese” che appoggia le iniziative tese a consentire alle imprese di svilupparsi a livello internazionale, sottolinea che una politica industriale efficace deve prevedere una dimensione globale e auspica che nel periodo 2007-2013 si possa promuovere ed appoggiare l’internazionalizzazione delle imprese europee, segnatamente delle PMI, nei mercati dei paesi terzi.

 

Il comma 4-quater reca una novella all’articolo 1, comma 6, della legge 24 aprile 1990, n. 100, diretta a modificare i criteri di composizione e nomina dei membri del consiglio di amministrazione della Simest SpA.

Si ricorda che ai sensi della disciplina vigente il consiglio di amministrazione della SIMEST S.p.a. si compone di nove membri, cinque dei quali, compreso il Presidente, sono nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del commercio con l'estero (Ministero confluito nel MAP), mentre tre di questi membri sono designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri, del tesoro e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

 

In particolare, la novella in esame innalza da nove a undici il numero dei membri del consiglio di amministrazione della società; di questi, sei membri, compreso il Presidente, sono indicati dal Ministro delle attività produttive, due dei quali sono designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri e dell’economia e delle finanze, mentre uno è designato su proposta della Conferenza Stato- regioni.

La norma dispone, inoltre, che la nomina dei componenti gli organi sociali della Simest spetta all’Assemblea.

 

L. 24 aprile 1990, n. 100
Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero

Normativa vigente

Testo novellato

 

 

Articolo 1

Articolo 1

(omissis)

(omissis)

6. Il consiglio di amministrazione della SIMEST S.p.a. è composto da nove membri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del commercio con l'estero, nomina cinque membri dello stesso, compreso il presidente: tre di questi sono designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri, del tesoro e dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

6. Il consiglio di amministrazione della SIMEST S.p.a. è composto da undici membri , di cui sei su indicazione del Ministro delle attività produttive, compreso il Presidente, dei quali due designati, rispettivamente, dai Ministri degli affari esteri e dell’economia e delle finanze; uno su proposta della conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Le nomine dei componenti degli organi sociali della SIMEST spa, sono effettuate dall’Assemblea.

(omissis)

(omissis)

 

 

Il comma 4-quinquies prevede, infine, il rinnovo del CdA della Società alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, nonché l’adeguamento del relativo statuto societario.

 


Articolo 2, comma 5
(Operazioni doganali)

 

5. Le intese di cui al comma 59 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, finalizzate all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto nella medesima norma, devono intervenire nel termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. In mancanza le stesse si intendono positivamente acquisite.

 

 

Il comma 5 dell'articolo 2 fissa il termine di tre mesi, decorrente dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e che scadrà pertanto il 4 gennaio 2006, entro il quale devono essere raggiunte le intese con i ministri e con la Conferenza Stato-Regioni necessarie all'adozione del decreto del Presidente del Consiglio previsto, per la definizione dei termini dei procedimenti relativi alle operazioni doganali d’impostazione ed esportazione, dal comma 59 dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004). Qualora tali intese non intervengano entro il detto termine, si dispone che le stesse si considerino positivamente acquisite.

 

Il citato comma 59 dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003 demanda a decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e d'intesa con i Ministri interessati e con la Conferenza Stato-Regioni, la definizione, in via transitoria, dei termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi relativi alle operazioni doganali di importazione e di esportazione. Il comma dispone che tali termini resteranno validi fino a quando le amministrazioni competenti non provvederanno a fissarli con regolamento, ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). La durata dei termini fissati dalle amministrazioni non potrà comunque superare quella che sarà stata disposta dal predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Al riguardo, si ricorda che il comma 59 dell'articolo 4 della legge finanziaria 2004 si inserisce, unitamente ai commi 57, 58 e 60, nell'ambito delle disposizioni che istituiscono e disciplinano lo “sportello unico doganale” per la semplificazione delle operazioni doganali di importazione ed esportazione. In particolare, il comma 57 prevede la costituzione dello sportello presso gli Uffici dell’Agenzia delle Dogane al fine di snellire le attività di importazione e di esportazione e di concentrare su di esso i termini delle operazioni istruttorie a loro connesse, anche di competenza di amministrazioni diverse. Il comma successivo dispone che lo sportello unico raccoglie tutte le istanze inviate dagli operatori anche in via telematica e successivamente trasmette le informazioni raccolte alle amministrazioni interessate per favorire il coordinamento dei rispettivi procedimenti ed attività. Infine, al comma 60 si precisa che l’adozione degli sportelli unici doganali non deve comportare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

 


Articolo 2, commi 6 e 7
(Piani di intervento della Guardia di finanza per il contrasto dell’economia sommersa)

 


6. Al fine di intensificare la sua azione, il Corpo della Guardia di finanza, fermo restando l’espletamento delle ordinarie attività ispettive nell’ambito delle proprie funzioni di polizia economica e finanziaria, sviluppa nel triennio 2005-2007 appositi piani di intervento finalizzati al contrasto dell’economia sommersa, delle frodi fiscali e dell’immigrazione clandestina, raffor­zando il controllo economico del territorio, anche al fine di proseguire il controllo dei prezzi.

7. Per le finalità di cui al comma 6, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2007, la Guardia di finanza sviluppa un incremento dell’impiego delle risorse di personale nel contrasto all’economia sommersa, alle frodi fiscali e all’immi­grazione clandestina, in misura non inferiore al 25 per cento medio annuo rispetto a quanto pianificato per l’anno 2005.


 

 

Il comma 6 dell'articolo 2 stabilisce che la Guardia di Finanza, in aggiunta all'adempimento delle ordinarie attività ispettive nell'ambito delle proprie funzioni di polizia economica e finanziaria, dovrà sviluppare, nel triennio 2005-2007, piani d’intervento diretti al contrasto dell'economia sommersa, delle frodi fiscali e dell'immigrazione clandestina. Tali piani d’intervento dovranno essere realizzati mediante il rafforzamento del controllo del territorio, anche al fine di garantire la continuità nel controllo dei prezzi.

 

Con riguardo alle attività della Guardia di Finanza, si ricorda che l'articolo 4 della legge 31 marzo 2000, n. 78, che ha disposto il riordino del Corpo della Guardia di finanza, ha avviato l’adeguamento e l'integrazione dei compiti istituzionali del Corpo, che sono stati completati con l'adozione del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68. Tali atti normativi hanno confermato e rafforzato il ruolo della Guardia di finanza quale polizia economica e finanziaria a competenza generale, ai fini della prevenzione, della ricerca e della repressione delle violazioni in danno del bilancio dello Stato, delle Regioni, degli enti locali e dell’Unione europea, e ne hanno sancito la diretta dipendenza dal Ministero dell'economia e delle finanze.

In particolare, il menzionato D.Lgs. n. 68 del 2001 delinea i settori di intervento del Corpo e ne abilita gli appartenenti all'esercizio di tutte le potestà ispettive previste in materia tributaria. Al riguardo, vengono richiamati gli articoli 32 e 33 del D.P.R. n. 600 del 1973, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e gli articoli 51 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972, recante istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, che prevedono, tra gli altri poteri, la facoltà di accesso, ispezione e verifica nei locali, la facoltà di porre documenti sotto sequestro, di chiedere l'esibizione di documenti o la comparizione di determinati soggetti per l'esibizione di documenti, di procedere a perquisizioni o sequestri, di chiedere copie o estratti di documenti o notizie e informazioni, nel rispetto dei prescritti requisiti formali e in collaborazione con l'autorità giudiziaria.

 

In merito all'azione di controllo dei prezzi svolta dalla Guardia di finanza, si ricorda che l'articolo 2 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, recante interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, ha già previsto un’azione del Corpo su questo versante, limitatamente alle filiere produttive agroalimentari.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 2 del citato decreto-legge n. 182 del 2005 ha introdotto un più stretto controllo dei prezzi lungo le filiere produttive agroalimentari.

La norma prevede, a tale fine, che il Ministro dell’economia e delle finanze impartisca direttive alla Guardia di finanza e all’Agenzia delle entrate per l’effettuazione di controlli mirati a rilevare i prezzi di cessione dei prodotti lungo la filiera agroalimentare, ovvero nei passaggi tra le varie fasi di trattamento dei prodotti agroalimentari, dalla raccolta alla vendita al consumatore finale.

I controlli sono limitati alle filiere agroalimentari nelle quali si sono verificati, o sono in corso, anomali andamenti dei prezzi. Per lo svolgimento dei controlli sopra indicati, la Guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate possono avvalersi anche dei dati e degli elementi in possesso degli Osservatori dei prezzi istituiti presso il Ministero delle politiche agricole e forestali e il Ministero delle attività produttive.

L’articolo prevede infine che gli esiti dei controlli effettuati possano essere utilizzati anche ai fini della programmazione della revisione degli studi di settore, prevista dall’articolo 1, comma 399, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

Il comma 7, in relazione alle finalità indicate al precedente comma 6, stabilisce che la Guardia di Finanza dovrà aumentare l'impiego del proprio personale nell'ambito delle attività di contrasto dell'economia sommersa, delle frodi fiscali e dell'immigrazione clandestina.

La misura di tale incremento dovrà essere non inferiore, in media,al 25 per cento annuo rispetto alla pianificazione adottata per il 2005; la prescrizione ha efficacia dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (4 ottobre 2005) e fino al 31 dicembre 2007.

 

Articolo 2, commi 8 e 9
(Utilizzazione della documentazione relativa all’accertamento
delle accise per l’accertamento di altre imposte)

 


8. Al primo ed al secondo periodo del numero 2) del secondo comma dell’articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «o dell’articolo 63, primo comma», sono inserite le seguenti: «, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504».

9. Al primo ed al secondo periodo del numero 2), del primo comma dell’articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo le parole «terzo comma» sono aggiunte le seguenti parole: «, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504».


 

 

I commi 8 e 9 dell’articolo 2 consentono all’Amministrazione finanziaria di utilizzare la documentazione acquisita dalla Guardia di finanza, nell’ambito dell’accertamento delle imposte sulla produzione e sui consumi, presso gli istituti di credito e l'amministrazione postale, ai fini dell’accertamento delle imposte dirette e dell’IVA.

Secondo la Relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, queste disposizioni rispondono all'esigenza di dirimere i dubbi sulla possibilità che i dati desunti dall'esame della documentazione acquisita in materia di imposte sulla produzione e sui consumi siano utilizzabili ai fini dell'accertamento in materia di IVA e di imposte dirette, allo scopo di assicurare una migliore tutela degli interessi erariali.

 

Per quanto riguarda in particolare il comma 8 dell'articolo 2, esso aggiunge un inciso al primo e al secondo periodo dell'articolo 51, secondo comma, numero 2), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che ha istituito e disciplinato l'imposta sul valore aggiunto.

Il citato articolo 51, nel disciplinare le attribuzioni e i poteri degli uffici in materia di accertamento dell’imposta sul valore aggiunto, prevede che i suddetti uffici, per l'adempimento dei loro compiti, possano invitare i soggetti che esercitano imprese, arti o professioni a comparire per esibire documenti e scritture o per fornire dati, notizie e chiarimenti rilevanti ai fini degli accertamenti nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati:

-       acquisiti a norma dello stesso articolo 51, secondo comma, numero 7);

Il citato numero 7) disciplina la richiesta di dati, notizie e documenti, relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, alle banche, alla società Poste italiane SpA, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi d’investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie.

-       rilevati a norma dell'articolo 52, ultimo comma, dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972;

Il citato ultimo comma dell’articolo 52 disciplina l’accesso degli impiegati dell’amministrazione finanziaria presso le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici non economici, le società ed enti di assicurazione e le società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, allo scopo di rilevare direttamente dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie, e presso le banche e la società Poste italiane SpA allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie relativi ai conti la cui copia sia stata richiesta a norma del sopra illustrato numero 7) e non trasmessa entro il termine previsto, ovvero allo scopo di rilevare direttamente la completezza o l’esattezza dei dati e notizie, allorché l'ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio.

-       rilevati a norma dell'articolo 63, primo comma, dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972.

Il citato primo comma dell’articolo 63 disciplina la cooperazione della Guardia di finanza con gli uffici dell’amministrazione finanziaria per l’accertamento e la repressione delle violazioni in materia di IVA. La Guardia di finanza, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre Forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.

 

Il comma 8 qui illustrato prevede che l’invito a comparire possa avere l’ulteriore finalità di fornire dati, notizie e chiarimenti relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recante il testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi.

Detti dati e documenti sono quelli che la Guardia di finanza può richiedere alle banche o alla società Poste italiane SpA relativamente ai rapporti intrattenuti con il cliente. Per effetto della modifica introdotta, inoltre, anche i dati suddetti possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili.

 

A norma dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, gli ufficiali e i sottufficiali della Guardia di finanza, di propria iniziativa o su richiesta degli uffici finanziari – nell'ambito dell'attività diretta al reperimento e all'acquisizione degli elementi utili ad accertare la corretta applicazione delle disposizioni in materia di imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi e delle relative violazioni – possono richiedere, previa autorizzazione del comandante di zona, alle banche o alla società Poste italiane SpA di trasmettere copia di tutta la documentazione relativa ai rapporti intrattenuti con il cliente, secondo le modalità e i termini previsti dall'articolo 18 della legge 30 dicembre 1991, n. 413[32]. Gli elementi acquisiti potranno essere utilizzati anche ai fini dell'accertamento in altri settori impositivi.

 

Una disposizione analoga è quella contenuta nel successivo comma 9 del presente articolo 2, che aggiunge lo stesso inciso del comma 8 anche al primo e al secondo periodo dell'articolo 32, primo comma, numero 2), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

Il citato articolo 32, nel disciplinare i poteri degli uffici delle imposte ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, prevede che i suddetti uffici, per l'adempimento dei loro compiti, possano invitare i contribuenti a comparire, di persona o mezzo di rappresentanti, per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti, anche relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati:

-       acquisiti a norma dello stesso articolo 32, primo comma, numero 7);

Il citato numero 7) disciplina la richiesta di dati, notizie e documenti, relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, alle banche, alla società Poste italiane S.p.a., per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie.

-       rilevati a norma dell'articolo 33, secondo e terzo comma, dello stesso D.P.R. n. 600 del 1973.

Il citato secondo comma dell’articolo 33 disciplina l’accesso degli impiegati dell’amministrazione finanziaria presso le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici non economici, le società ed enti di assicurazione nonché le società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi, allo scopo di rilevare direttamente dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie, e presso le banche e la società Poste italiane SpA allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie relativi ai conti la cui copia sia stata richiesta a norma del sopra illustrato n. 7) e non trasmessa entro il termine previsto o allo scopo di rilevare direttamente la completezza o la esattezza dei dati e notizie, allorché l'ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio.

Il terzo comma dell’articolo 33 disciplina la cooperazione della Guardia di finanza con gli uffici dell’amministrazione finanziaria per l’accertamento e la repressione delle violazioni in materia di imposte dirette. La Guardia di finanza, previa autorizzazione dell'autorità giudiziaria, utilizza e trasmette agli uffici documenti, dati e notizie acquisiti direttamente o riferiti ed ottenuti dalle altre forze di polizia, nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria.

 

Anche il comma 9 prevede che l’invito a comparire possa avere l’ulteriore finalità di fornire dati e notizie relativamente ai rapporti e alle operazioni, i cui dati, notizie e documenti siano stati acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, recante il testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi.

Detti dati e documenti, come precedentemente ricordato, sono quelli che la Guardia di finanza può richiedere alle banche o alla società Poste italiane SpA relativamente ai rapporti intrattenuti con il cliente. Per effetto della modifica introdotta, inoltre, anche i dati suddetti possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti, se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza a tal fine. I prelevamenti o gli importi riscossi nell'ambito dei predetti rapporti od operazioni sono altresì posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche e accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili.

 


Articolo 2, commi 10 e 11
(Controlli sui versamenti di imposte)

 


10. All’articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Se vi è pericolo per la riscossione, l’ufficio può provvedere, anche prima della presentazione della dichia­razione annuale, a controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta»;

b) nel comma 3 dopo le parole: «indicato nella dichiarazione,» sono inserite le seguenti: «ovvero dai controlli eseguiti dall’ufficio, ai sensi del comma 2-bis, emerge un’imposta o una maggiore imposta,».

omissis

11. All’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, dopo le parole: «controlli automatici» sono inserite le seguenti: «, ovvero dei controlli eseguiti dagli uffici,».


 

 

Il comma 10 dell'articolo 2, con disposizione analoga a quella prevista dal comma 1 dello stesso articolo, consente di anticipare – rispetto alla presentazione della dichiarazione annuale – i controlli sui versamenti di imposte dirette, contributi e premi dovuti a titolo di acconto e di saldo nonché delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta.

La norma in esame interviene sul D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) con due novelle all'articolo 36-bis, recante disposizioni in materia di liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni.

Come si legge nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, l'obiettivo della disposizione è di accelerare i tempi, in caso di pericolo per la riscossione, mediante un’immediata constatazione della violazione e una più rapida emanazione dei successivi provvedimenti, compresa l'iscrizione a ruolo.

In dettaglio, la lettera a) del comma 10 aggiunge un nuovo comma 2-bis all'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, attribuendo all'amministrazione finanziaria il potere di controllare la tempestiva effettuazione dei versamenti delle imposte dirette, dei contributi e dei premi dovuti a titolo di acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d'imposta, anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.

Condizione affinché l'amministrazione possa procedere al controllo di tali versamenti prima della presentazione della dichiarazione è che si sia in presenza di una situazione di pericolo per la riscossione.

 

Come già rilevato in relazione al comma 1, potrebbe valutarsi l'opportunità di specificare le circostanze che possono considerarsi sintomatiche del pericolo per la riscossione.

 

In conseguenza della modifica apportata dalla lettera a), la successiva lettera b) del comma 10 aggiunge un periodo al comma 3 dell'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973.

Il comma 3 prevede che, qualora dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione debba essere comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta. Per effetto della modifica apportata, tale esito deve essere comunicato anche qualora emerga un'imposta (o una maggiore imposta) a seguito delle nuove tipologie di controllo previste dal nuovo comma 2-bis. Restano valide anche in questo caso le procedure ordinarie previste dal comma 3.

 

Il comma 3 dell'articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 stabilisce che quando dai controlli automatici eseguiti emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione, l'esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d'imposta per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente o il sostituto d’imposta rilevi eventuali dati o elementi non considerati o valutati erroneamente nella liquidazione dei tributi, gli stessi possono fornire i chiarimenti necessari all'amministrazione finanziaria entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

 

Il comma 11 dell'articolo 2 novella l’articolo 2, comma 1, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462 (Unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662).

 

Il citato articolo 2, comma 1, del D.Lgs. n. 462 del 1997 stabilisce che le somme che, a seguito dei controlli automatici effettuati ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 (novellato dal comma 10 dell’articolo 2 in esame) e dell’articolo 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 (novellato dal comma 1 dell’articolo 2 in esame), risultano dovute a titolo d'imposta, ritenute, contributi e premi o di minori crediti già utilizzati, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato o omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.

 

Il presente comma 11 estende le illustrate previsioni dell’articolo 2, comma 1, alle somme che risultano dovute a seguito dei controlli eseguiti dagli uffici prima della presentazione delle relative dichiarazioni annuali. La disposizione si ricollega direttamente alle modifiche apportate dal decreto-legge qui illustrato agli articoli 54-bis del D.P.R. n. 633 del 1972 e 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, rispettivamente dai commi 1 e 10 dell'articolo 2.

 


Articolo 2, comma 10-bis
(Versamenti unitari tramite procedure telematiche)

 

10-bis. I soggetti indicati nell’articolo 3, commi 2 e 2-bis, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, hanno facoltà, a partire dal 1º febbraio 2006, di effettuare i versamenti unitari indicati nell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, tramite le procedure telematiche, direttamente ovvero tramite gli incaricati indicati nell’articolo 3 richiamato.

 

 

Il comma 10-bis dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, attribuisce ai soggetti indicati nell’articolo 3, commi 2 e 2-bis, del D.P.R. n. 322 del 1998 la facoltà di effettuare i versamenti unitari, previsti dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, per mezzo di procedure telematiche.

Si ricorda innanzitutto che l’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, prevede l’esecuzione di versamenti unitari da parte dei contribuenti, con possibilità di compensazione tra debiti e crediti. I versamenti unitari riguardano:

-        le imposte sui redditi, le relative addizionali e ritenute alla fonte;

-        l’imposta sul valore aggiunto;

-        le imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;

-        l'imposta regionale sulle attività produttive e l’addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche;

-        i contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;

-        i contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa;

-        i premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali;

-        gli interessi previsti in caso di pagamento rateale;

-        le altre entrate individuate con decreto ministeriale;

-        il credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche.

I soggetti indicati ai commi 2 e 2-bis del citato articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998, obbligati, ai sensi di tali disposizioni, a presentare in via telematica le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'IRAP e all'IVA, sono:

-        i soggetti tenuti, per il periodo d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni, alla presentazione della dichiarazione IVA, con esclusione delle persone fisiche che hanno realizzato nel medesimo periodo un volume di affari non superiore a 10.000 euro;

-        i soggetti tenuti alla presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta;

-        i soggetti indicati all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi – TUIR)[33];

-        i soggetti tenuti alla presentazione del modello per la comunicazione dei dati relativi alla applicazione degli studi di settore;

-        i soggetti facenti parte di gruppi in cui almeno una società o ente rientrante fra i soggetti precedentemente descritti[34]

 

Le specifiche tecniche per l’effettuazione dei versamenti per via telematica (modello F24 on line) sono contenute nel Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2004 (G.U. 21 maggio 2004, n. 118).

 

Il servizio "F24 on line" permette la compilazione guidata del modello F24 ed il pagamento delle imposte per via telematica, con addebito su conto corrente, senza doversi recare presso gli sportelli bancari. Per poter utilizzare il servizio è necessario essere titolari di conto corrente presso una delle banche che hanno stipulato la convenzione con l’Agenzia delle entrate e possedere apposito codice (PIN) o essere utente del servizio Entratel.

 

Il versamento tramite procedura telematica può essere effettuato dai soggetti considerati nel presente comma direttamente o per il tramite degli incaricati indicati nel citato articolo 3 (comma 3) del D.P.R. n. 322 del 1998.

Il comma 3 dell’articolo 3 del D.P.R. n. 322 del 1998 elenca i soggetti incaricati della trasmissione delle dichiarazioni in via telematica (mediante il servizio telematico Entratel):

a)       gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)       i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)       le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del D.Lgs. n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)       i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)       gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze[35].

 

Si osserva che non sono attualmente previsti limiti alla possibilità di effettuare i versamenti tramite procedura telematica da parte dei contribuenti, direttamente o mediante conferimento di incarico ai soggetti abilitati.

 


Articolo 2, comma 13
(Libretto di controllo per oli minerali in agricoltura)

 


13. Il comma 5 dell’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali 14 dicembre 2001, n. 454, è sostituito dal seguente:

«5. Il libretto di controllo, tenuto nel rispetto dei princìpi fissati dall’articolo 2219 del codice civile, è detenuto dal titolare unitamente ai documenti fiscali a corredo ed è dallo stesso custodito per un periodo di cinque anni dalla data dell’ultima scritturazione».


 

 

Il comma 13 dell'articolo 2 novella l'articolo 6, comma 5, del regolamento concernente le modalità di gestione dell'agevolazione fiscale per gli olî minerali impiegati nei lavori agricoli, orticoli, in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica, approvato con decreto dei Ministri dell'economia e delle finanze e delle politiche agricole e forestali 14 dicembre 2001, n. 454, con riferimento alla tenuta del libretto di controllo.

 

Il libretto di controllo è l'apposito documento rilasciato, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, del citato regolamento, dall'ufficio regionale o provinciale incaricato di tale servizio, ai soggetti ammessi all'agevolazione prevista dall'articolo 1 dello stesso decreto, consistente nell'applicazione di aliquote ridotte di accisa alla benzina e agli olî da gas utilizzati per lo svolgimento di una serie di attività (agricoltura, orticoltura, allevamento, silvicoltura, piscicoltura e florovivaistica) con l'impiego di macchine adibite a lavori agricoli. Nel libretto vengono indicati, tra le altre cose, i quantitativi di olî minerali da ammettere all'impiego agevolato.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 6 del citato regolamento, i titolari del libretto di controllo si riforniscono di prodotti petroliferi denaturati per l'agricoltura presso i depositi fiscali e presso i depositi commerciali, nei limiti delle assegnazioni effettuate dall'ufficio regionale o provinciale, annotandone di volta in volta qualità e quantità sul libretto medesimo. Tali annotazioni sono convalidate, all'atto di effettuazione della fornitura, dall'esercente il deposito o da un suo delegato, con apposizione del proprio timbro e firma sul libretto stesso.

Entro il 30 giugno dell'anno successivo, i soggetti titolari del libretto di controllo presentano all'ufficio regionale o provinciale, anche per il tramite delle organizzazioni di categoria, una dichiarazione di avvenuto impiego di olî minerali negli usi agevolati per i quali erano stati richiesti, in cui indicano, complessivamente, i quantitativi utilizzati nei suddetti impieghi e quelli non utilizzati e di cui si tiene conto in sede di assegnazione nell'anno solare successivo, nonché le lavorazioni eseguite in loro favore dalle imprese agromeccaniche. A tale dichiarazione è allegata copia del libretto di controllo con le debite annotazioni.

 

Il previgente comma 5 dell'articolo 6 del citato regolamento stabiliva che il libretto di controllo fosse tenuto nel rispetto dei princìpi fissati dall'articolo 2219 del codice civile[36] e fosse custodito presso la sede dell'impresa, unitamente ai documenti fiscali a corredo, per un periodo di cinque anni dalla data dell'ultima scritturazione.

Ora, per effetto della novella apportata dalla disposizione in esame viene in sostanza precisato che, fermo restando il rispetto dei princìpi fissati dall'articolo 2219 del codice civile:

a)      il soggetto tenuto a detenere il libretto stesso, unitamente ai documenti fiscali a corredo, è il titolare del libretto;

b)      la custodia del libretto, per un periodo di cinque anni dalla data dell’ultima scritturazione, è affidata al titolare (non è più richiesta la custodia presso la sede dell'impresa).

 

Nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge si legge che è stato riscontrato come il libretto sia sovente detenuto non dal beneficiario, ma da altri soggetti (ad esempio: il fornitore, le associazioni di categoria, etc.). Da qui la decisione di introdurre nuove modalità di tenuta del libretto al fine di contrastare le diffuse distrazioni di prodotto agevolato verso usi per i quali è prevista l'applicazione dell'accisa intera.

 

Sul piano del corretto impiego delle fonti normative, si osserva che il ricorso a norma legislativa per modificare una norma contenuta in una fonte di rango secondario (regolamento approvato con decreto interministeriale) contrasta con le vigenti regole per la redazione dei testi normativi.


Articolo 2, commi 14, 14-bis e 14-ter
(Anagrafe tributaria e codice fiscale dei contribuenti)

 


14. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 6, primo comma, lettera e), le parole: «concessioni in materia edilizia e urbanistica rilasciate ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relati­vamente ai beneficiari delle concessioni ed ai progettisti dell’opera», sono soppresse, e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; immatricolazione e reimmatricolazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi»;

b) nell’articolo 7, quinto comma, dopo le parole: «attivata l’utenza» sono aggiunte le seguenti: «, dichiarati dagli utenti»;

c) nell’articolo 7, sesto comma:

       1) dopo la parola: “effettui“ sono inserite le seguenti: “, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi,“;

       2) dopo le parole: “operazione di natura finanziaria“ sono aggiunte le se­guenti: “ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro“»;

c-bis) nell’articolo 7, undicesimo comma:

       1) le parole: “di cui ai commi dal primo all’ottavo“ sono sostituite dalle seguenti:“ di cui ai commi dal primo al quinto e dal settimo all’ottavo“;

       2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Le rilevazioni e le evidenziazioni di cui al sesto comma sono utilizzate ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni“»;

d) nell’articolo 13, comma 1, lettera c), dopo le parole: «codice fiscale», sono aggiunte le seguenti: «e i dati catastali di cui all’articolo 7, quinto comma».

14-bis. Le disposizioni di cui al sesto comma dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificate dal comma 14 del presente articolo, hanno effetto dal 1º gennaio 2006.

14-ter. Per i periodi di imposta antecedenti il 1º gennaio 2006 e relati­vamente alle richieste di cui all’articolo 32, primo comma, n. 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e suc­cessive modificazioni, i soggetti destinatari ivi indicati utilizzano, ai fini delle risposte relative ai dati, notizie e documenti riguardanti operazioni non transitate in un conto, le rilevazioni effettuate ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, e dei relativi provvedimenti di attuazione.


 

 

Il comma 14 dell'articolo 2, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, apporta una serie di modificazioni al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, recante "Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti".

La lettera a) del comma 14 novella l’articolo 6 del citato D.P.R. n. 605 del 1973, il quale contiene l’elenco degli atti nei quali deve essere indicato il numero di codice fiscale. La disposizione in esame interviene con due modifiche sulla lettera e) dell’elenco contenuto nel primo comma del citato articolo 6.

La prima modifica elimina dall’elenco le concessioni in materia edilizia e urbanistica, rilasciate ai sensi della legge n. 10 del 1977, per le quali il numero di codice fiscale deve essere indicato relativamente ai beneficiari delle concessioni e ai progettisti dell’opera, in quanto, come indicato anche nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, tali atti sono ricompresi nella successiva lettera e-bis)[37] dello stesso comma dell’articolo 6, nell’ambito degli atti di assenso, comunque denominati, in materia di attività edilizia, rilasciati dai comuni.

La seconda modifica introduce nell’elenco gli atti di immatricolazione e reimmatricolazione di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, al fine di consentire, come si legge nella citata relazione illustrativa, di collegare direttamente l'oggetto (l'auto) con il soggetto (il proprietario) per ottimizzare la gestione delle tasse auto e la definizione del numero di autovetture possedute da uno stesso soggetto, ai fini del redditometro.

 

Si ricorda che, ai sensi del previgente testo del citato articolo 6, il numero di codice fiscale deve essere indicato nei seguenti atti:

a)  fatture e documenti equipollenti emessi ai sensi delle norme concernenti l'imposta sul valore aggiunto, relativamente all'emittente;

b)  richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso, relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, esclusi gli atti degli organi giurisdizionali e quelli elencati nella tabella allegata al decreto;

c)  comunicazioni allo schedario generale dei titoli azionari, relativamente alla società emittente, ai soggetti da cui provengono se diversi dalla società emittente, agli intestatari o cointestatari del titolo, nonché agli altri soggetti per cui tale indicazione è richiesta nel modello di comunicazione approvato con decreto del Ministro per le finanze;

d)  dichiarazioni dei redditi previste dalle norme concernenti l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora Imposta sui redditi delle società), comprese le dichiarazioni dei sostituti d'imposta e i certificati attestanti le ritenute alla fonte operate dagli stessi, relativamente ai soggetti da cui provengono ed agli altri soggetti in esse indicati o indicati in elenchi nominativi la cui allegazione è prescritta da leggi tributarie; richieste di attestazione della posizione tributaria dei contribuenti e relative certificazioni degli uffici finanziari, limitatamente alle persone che hanno redditi propri; distinte e bollettini di conto corrente postale per i versamenti diretti alle esattorie delle ritenute alla fonte e delle imposte sui redditi, relativamente ai soggetti da cui provengono i versamenti; bollettini di conto corrente postale per il pagamento delle imposte dirette iscritte a ruolo, relativamente ai soggetti tenuti al pagamento; atti di delega alle aziende di credito previsti per il pagamento dell’IRPEF dall'art. 17 della legge 2 dicembre 1975, n. 576, e conseguenti attestazioni di pagamento rilasciate dalle aziende delegate, relativamente ai soggetti deleganti; domande e note di voltura catastale, relativamente ai soggetti interessati; distinte e dichiarazioni di incasso da presentare ad enti delegati dal Ministero delle finanze all'accertamento e alla riscossione dei tributi, relativamente ai soggetti tenuti alla compilazione dei documenti; denunce di successione, relativamente al dante causa e agli aventi causa; note di trascrizione, iscrizione e annotazione, da presentare alle conservatorie dei registri immobiliari, con esclusione di quelle relative agli atti degli organi giurisdizionali;

e)  domande per autorizzazioni amministrative (specialità medicinali e simili, alimenti per la prima infanzia; esercizio di stabilimenti di acque minerali e di fabbriche di acque gassate o di bibite analcoliche; esercizio di stabilimenti termali o balneari; esercizio del commercio; importazione delle armi non da guerra; licenze di pubblico esercizio; esercizio delle arti tipografiche, litografiche o fotografiche; esercizio delle investigazioni per conto di privati; esercizio di rimessa di autoveicoli o vetture; produzione, commercio o mediazione di oggetti e metalli preziosi; concessioni di aree pubbliche; concessione del permesso di ricerca mineraria; autorizzazioni per la ricerca, estrazione e utilizzazione di acque sotterranee; licenze, autorizzazioni e concessioni per i servizi di autotrasporto di merci, per servizi pubblici automobilistici per viaggiatori, bagagli e pacchi agricoli; apertura e funzionamento di scuole non statali); domande di concessioni in materia edilizia e urbanistica rilasciate ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativamente ai beneficiari delle concessioni e ai progettisti dell'opera; domande ad amministrazioni statali per la concessione di contributi e di agevolazioni;

e-bis)    denunce di inizio attività presentate allo sportello unico comunale per l’edilizia, permessi di costruire ed ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia rilasciato dai comuni, relativamente ai soggetti dichiaranti, agli esecutori e ai progettisti dell’opera;

f)   domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e negli albi, registri ed elenchi istituiti per l'esercizio di attività professionali e di altre attività di lavoro autonomo, relativamente ai soggetti che esercitano l'attività; domande di iscrizione e note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi, od estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento nonché dichiarazioni di armatore, concernenti navi, galleggianti e unità da diporto soggette a registrazione; domande di iscrizione di aeromobili nel Registro aeronautico nazionale, note di trascrizione di atti costitutivi, traslativi o estintivi della proprietà o di altri diritti reali di godimento sugli aeromobili soggetti ad iscrizione nel Registro aeronautico nazionale, nonché dichiarazioni di esercente di aeromobili soggette a registrazione;

g)  atti emessi da uffici pubblici riguardanti le concessioni, autorizzazioni e licenze indicate alla lettera e), relativamente ai soggetti beneficiari;

g-bis) mandati, ordini ed altri titoli di spesa emessi dalle amministrazioni dello Stato o da altri enti pubblici, in esecuzione di obbligazioni diverse da quelle concernenti le borse di studio o derivanti da rapporti di impiego o di lavoro subordinato, anche in quiescenza, relativamente al beneficiario della spesa, tranne quelle derivanti da vincite e premi del lotto, delle lotterie nazionali e dei giochi e concorsi;

g-ter) contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile e all’assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas, relativamente agli utenti;

g-quater) ricorsi alle commissioni tributarie di ogni grado relativamente ai ricorrenti e ai rappresentanti in giudizio.

 

Le lettere b), c) e c-bis) del comma 14 novellano il successivo articolo 7 dello stesso D.P.R. n. 605 del 1973, concernente le comunicazioni all'anagrafe tributaria.

Ai sensi dell’articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973[38], gli uffici pubblici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti gli atti di concessione, autorizzazione e licenza da loro emanati, per i quali il precedente articolo 6, lettere e-bis) e g), prescriva l’indicazione del codice fiscale.

Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura devono comunicare mensilmente all'anagrafe tributaria i dati e le notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione, ad eccezione di quelli relativi agli albi degli artigiani per i quali i medesimi enti provvedono all’iscrizione d'ufficio nei registri delle ditte.

Gli ordini professionali e gli altri enti ed uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, indicati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, devono comunicare annualmente all’anagrafe tributaria le iscrizioni, variazioni e cancellazioni.

Le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di cui alla lettera g-ter) del primo comma dell'articolo 6 (contratti di assicurazione e contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas), compresi i dati catastali dell’immobile presso il quale è stata attivata l’utenza (quinto comma).

Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro rapporto o effettui qualsiasi operazione di natura finanziaria (sesto comma).

Gli ordini professionali e gli altri enti e uffici preposti alla tenuta di albi, registri ed elenchi, ai quali l'anagrafe tributaria trasmette la lista degli esercenti attività professionale, devono comunicare all'anagrafe tributaria medesima i dati necessari per il completamento o l'aggiornamento della lista, entro sei mesi dalla data di ricevimento della stessa.

I rappresentanti legali dei soggetti diversi dalle persone fisiche, che non siano tenuti a presentare la dichiarazione o a fornire le notizie previste dall'art. 35 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (dichiarazione di inizio, variazione e cessazione di attività ai fini dell’IVA), devono comunicare all'anagrafe tributaria, entro trenta giorni, l'avvenuta estinzione e le avvenute operazioni di trasformazione, concentrazione o fusione.

Gli amministratori di condominio negli edifici devono comunicare annualmente all'anagrafe tributaria l'ammontare dei beni e servizi acquistati dal condominio e i dati identificativi dei relativi fornitori.

Le suddette comunicazioni devono indicare il numero di codice fiscale dei soggetti cui le comunicazioni stesse si riferiscono e devono essere sottoscritte dal legale rappresentante dell'ente o dalla persona che ne è autorizzata secondo l'ordinamento dell'ente stesso o, per le amministrazioni dello Stato, dalla persona preposta all'ufficio che ha emesso il provvedimento.

Le comunicazioni sopra indicate sono trasmesse esclusivamente per via telematica, con le modalità e i termini definiti con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate (undicesimo comma).

Per l’esecuzione dei controlli sulle dichiarazioni dei contribuenti, il direttore dell’Agenzia delle entrate può richiedere a pubbliche amministrazioni, enti pubblici, organismi ed imprese, anche limitatamente a particolari categorie, di effettuare comunicazioni di dati e notizie in loro possesso all'anagrafe tributaria.

 

La lettera b) del comma 14 modifica il quinto comma del sopra illustrato articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, il quale prevede che aziende, istituti, enti e società comunichino all'anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas al fine dell'emersione delle attività economiche. Viene precisato che i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivata l'utenza, che devono essere comunicati, sono quelli dichiarati dagli utenti.

 

Si segnala che la successiva lettera d) del comma in esame prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa a coloro che rifiutano di comunicare o comunicano in maniera inesatta i dati catastali dell’immobile.

 

La lettera c), modificata nel corso dell’esame presso il Senato, novella il sesto comma dell'articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973.

Innanzitutto l’obbligo delle banche, della società Poste italiane SpA e degli altri operatori finanziari di cui al sesto comma dell’articolo 7, di rilevare e tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che effettui presso di loro qualsiasi operazione di natura finanziaria, viene esteso anche relativamente ai soggetti che effettuano materialmente tali operazioni, anche se le stesse sono compiute per conto o a nome di terzi [lettera c), numero 1)].

Il suddetto obbligo di identificazione e conservazione dei dati viene invece escluso per le operazioni di natura finanziaria effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro [lettera c), numero 2)].

 

Per la decorrenza delle modifiche disposte dalla presente lettera c) si veda il successivo comma 14-bis dell’articolo 2.

 

La lettera c-bis) del comma 14, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica l’undicesimo comma del dell'articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973, relativo all’obbligo di trasmissione telematica delle comunicazioni previste dai commi dal primo all’ottavo dello stesso articolo 7.

Il numero 1) della lettera c-bis) esclude dal suddetto obbligo gli adempimenti di cui al sesto comma, i quali non sono costituiti da comunicazioni, ma dalla rilevazione ed evidenziazione dei dati identificativi, compreso il codice fiscale, dei soggetti che intrattengono rapporti ed effettuano operazioni di natura finanziaria presso gli operatori finanziari indicati nello stesso sesto comma.

Il numero 2) della lettera c-bis) aggiunge un periodo finale al comma undicesimo dell’articolo 7, il quale prevede che le sopra ricordate rilevazioni ed evidenziazioni di cui al sesto comma dell’articolo 7 sono utilizzate ai fini delle richieste e delle risposte in via telematica di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

 

L’articolo 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 disciplina i poteri degli uffici dell’amministrazione finanziaria, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, mentre l’articolo 51 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina i poteri spettanti agli stessi uffici ai fini dell’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto. In tali ambiti, entrambe le disposizioni citate dalla norma in esame prevedono che i competenti uffici possano richiedere, previa autorizzazione, alle banche, alla società Poste italiane SpA, per le attività finanziarie e creditizie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata con i loro clienti.

Per l’individuazione dei dati e delle notizie, relativi ai periodi di imposta antecedenti al 1° gennaio 2006, che le banche e gli altri intermediari devono fornire all’amministrazione finanziaria ai sensi degli articoli 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, si veda il successivo comma 14-ter del presente articolo 2.

 

Infine la lettera d) del comma 14 in esame modifica l'articolo 13 del D.P.R. n. 605 del 1973 in materia di sanzioni, estendendo l’applicabilità della sanzione amministrativa da lire duecentomila (pari 103,29 euro) a lire quattro milioni (pari a 2.065,83 euro), già prevista a carico di coloro che non comunicano a terzi ovvero comunicano in maniera inesatta il proprio numero di codice fiscale, viene estesa anche a chi non comunica (o comunica in modo inesatto) i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivata una utenza di energia elettrica, acqua o gas.

 

Si ricorda che, ai sensi del previgente articolo 13 del D.P.R. n. 605 del 1973 viene punito, con la sopra indicata sanzione amministrativa, chi:

a)       non richiede entro i termini prescritti ovvero, salvo i casi in cui ciò sia espressamente previsto, richiede più volte l'attribuzione del numero del codice fiscale;

b)       omette di indicare o indica in maniera inesatta il proprio numero di codice fiscale ovvero indica quello provvisorio dopo, aver ricevuto la comunicazione del numero definitivo o quello emesso in data meno recente;

c)       non comunica a terzi ovvero comunica in maniera inesatta il proprio numero di codice fiscale;

d)       omette di indicare il numero di codice fiscale comunicato da altri soggetti;

e)       non presenta, entro il termine prescritto dall’articolo 21 del D.P.R. n. 605 del 1973, la richiesta di integrazione degli atti o delle iscrizioni ivi previste;

f)         non ottempera in qualità di pubblico ufficiale alla previsione disposta dall'articolo 11 dello stesso D.P.R.;

g)       non restituisce nel termine prescritto i questionari indicati all'articolo 8 del citato D.P.R.

 

Il comma 14-bis dell’articolo 2, introdotto nel corso del esame presso il Senato, stabilisce che le modifiche al sesto comma dell’articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973 apportate dalla lettera c) del precedente comma 14 (obbligo di rilevare e tenere in evidenza i dati di chi esegue operazioni finanziarie per conto o a nome di terzi ed esclusione del predetto obbligo nei confronti delle operazioni finanziare effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro) hanno effetto dal 1° gennaio 2006, anziché dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

A tal proposito si osserva che, al momento dell’entrata in vigore del decreto-legge in esame, il sesto comma del citato articolo 7 è già stato modificato, con decorrenza immediata, nel senso di escludere l’obbligo di identificazione e conservazione dei dati nei confronti di chi esegue operazioni di natura finanziaria mediante versamento in conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro[39]. Al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge riprenderebbe quindi vigore l’obbligo di identificazione e conservazione dei dati di chi esegue operazioni finanziarie in conto corrente postale di qualsiasi importo. A decorrere dal 1° gennaio 2006 tale obbligo cesserà di avere efficacia limitatamente alle operazioni finanziarie effettuate tramite bollettino di conto corrente postale del suddetto importo unitario.

L’obbligo di identificazione di coloro che eseguono operazioni finanziarie in nome o per conto di terzi, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, troverà invece applicazione direttamente a decorrere dal 1° gennaio 2006.

 

La formulazione dell’articolo 14-bis dispone che abbiano effetto dal 1° gennaio 2006 “le disposizioni di cui al sesto comma dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, come modificate dal comma 14 del presente articolo”. Poiché il citato sesto comma è già in vigore, deve ritenersi che la norma debba essere interpretata nel senso che il differimento dell’efficacia riguarda le modificazioni apportate dal comma 14 del presente articolo alle disposizioni del sesto comma dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973.

 

Il comma 14-ter dell’articolo 2, introdotto nel corso del esame presso il Senato, prevede l’utilizzazione dei dati, notizie e documenti acquisiti ai fini della normativa anti-riciclaggio da parte delle banche e degli altri soggetti di cui all’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. n. 600 del 1973, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. n. 633 del 1972[40], interpellati, ai sensi delle stesse disposizioni, dagli uffici dell’amministrazione finanziaria in merito alle operazioni non transitate in un conto, effettuate nei periodi di imposta antecedenti al 1° gennaio 2006.

La norma in commento prevede l’utilizzabilità delle rilevazioni effettuate ai sensi dell’articolo 2 del D.L. 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197, recante provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio, il quale dispone l’identificazione di chiunque effettua operazioni che comportano trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di qualsiasi tipo, di importo superiore a venti milioni di lire (pari a 10.329,14 euro) presso i soggetti indicati nell’articolo stesso (pubblica amministrazione, intermediari finanziari, imprese ed enti assicurativi, ecc.). Con il successivo D.M. 17 ottobre 2002 (G.U. 11 dicembre 2002, n. 290) l’originario importo di 20 milioni di lire è stato rideterminato in 12.500 euro.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 332, lettera a), numero 3), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) ha novellato il sesto comma dell’articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973 estendendo l’obbligo di identificazione ed evidenziazione dei dati identificativi dei soggetti che intrattengono rapporti con gli operatori finanziari, sia dal punto di vista dei soggetti obbligati (sono stati ricompresi le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio e ogni altro operatore finanziario) che dal punto di vista degli eventi che danno luogo all’obbligo (non solo rapporti di conto o deposito, ma qualsiasi rapporto ed operazione finanziaria). Prima dell’entrata in vigore della citata legge n. 311 del 2004 (1° gennaio 2005) pertanto gli operatori finanziari non erano tenuti ad identificare coloro che effettuavano operazioni non transitate in un conto, a meno che, in relazione all’importo di tali operazioni, non vi fossero obbligati in base alla normativa anti-riciclaggio.

Poiché la lettera c-bis), numero 2), del precedente comma 14, stabilisce che, per le richieste provenienti dagli uffici dell’amministrazione finanziaria ai sensi dei citati articoli 32 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del D.P.R. n. 633 del 1972, devono essere utilizzate dal 1° gennaio 2006 le evidenziazioni e le rilevazioni prescritte dall’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605 del 1973, il presente comma dispone che per le operazioni le quali, al momento della loro effettuazione, non erano soggette all’obbligo di identificazione, gli operatori finanziari debbono far riferimento alle rilevazioni prescritte dalla normativa contro il riciclaggio dei proventi di attività illecite.

 


Articolo 2, commi 14-quater e 14-quinquies
(Accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche)

 


14-quater. All’articolo 38, quinto com­ma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, le parole: “nei cinque precedenti“ sono sostituite dalle seguenti: “nei quattro precedenti“.

14-quinquies. La disposizione di cui al comma 14-quater ha effetto per gli accertamenti notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

Il comma 14-quater dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, novella il quinto comma dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, relativo al cosiddetto accertamento sintetico dei redditi.

 

L’accertamento sintetico, esperibile esclusivamente nei confronti delle persone fisiche, è disciplinato dai commi dal quarto all’ottavo del citato articolo 38 del D.P.R. n. 600 del 1973. Esso consente agli uffici finanziari di determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in base ad elementi e circostanze di fatto certi, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. Nell’ambito di tale disciplina, il quinto comma dell’articolo 38 stabilisce che uno degli elementi in base ai quali può essere esperito l’accertamento sintetico è l’effettuazione di spese per incrementi patrimoniali. Tali spese si presumono sostenute, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui sono state effettate e nei cinque anni precedenti[41].

 

Il comma 14-quater in esame stabilisce che le spese per incrementi patrimoniali considerate agli effetti dell’accertamento sintetico si debbano presumere sostenute con redditi conseguiti nell’anno in cui sono state effettuate e nei quattro anni precedenti (invece che cinque, come attualmente previsto).

 

Il comma 14-quinquies dell’articolo 2, parimenti introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone l’applicazione di quanto previsto dal precedente comma 14-quater agli accertamenti notificati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 


Articolo 2, comma 14-sexies
(Riscossione delle somme dovute dal concessionario per inadempimento. Definizione agevolata di irregolarità pregresse)

 

 

14-sexies. All’articolo 1, comma 426, terzo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: “la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 giugno 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “la prima pari al 40 per cento del totale, da versare entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’ultimo periodo del presente comma, e comunque entro il 20 dicembre 2005“.

 

 

Il comma 14-sexies dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica i termini di versamento della prima rata per la definizione agevolata di irregolarità pregresse da parte dei concessionari della riscossione.

 

L’articolo 1, comma 426, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005) prevede che sia effettuato mediante ruolo il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 46 del 1999.

In attesa della riforma organica del settore della riscossione, fermi restando i casi di responsabilità penale, i concessionari del servizio nazionale della riscossione e i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione, di cui al decreto legislativo n. 112 del 1999, hanno facoltà di sanare le responsabilità amministrative derivanti dall'attività svolta fino al 30 giugno 2005 dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1° gennaio 2004.

L'importo dovuto deve essere versato in tre rate:

a)      la prima rata pari al 40 per cento del totale, da versare entro il 30 settembre 2005 (il termine del 30 giugno 2005 è stato così prorogato dall’articolo 1, comma 5, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156);

b)      le altre due rate, ciascuna pari al 30 per cento del totale, da versare rispettivamente entro il 30 giugno 2006 e tra il 21 e il 31 dicembre 2006.

 

Lo stesso comma 426 rimette a decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di stabilire le modalità di applicazione delle relative disposizioni.

Tale decreto non risulta essere stato finora emanato.

 

Il presente comma 14-sexies modifica i termini per il versamento della prima rata, stabilendo:

a)      che essa debba essere versata entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale sopra richiamato;

b)      che essa debba essere versata comunque entro il 20 dicembre 2005.

 

Si segnala che l’articolo 3, comma 39, del presente decreto dispone una diversa proroga del medesimo termine, prevedendo che la prima rata sia versata entro il 29 dicembre 2005.

 


Articolo 2, comma 14-septies
(IVA sulle operazioni aventi ad oggetto oro in lamina)

 


14-septies. All’articolo 3, comma 11, della legge 17 gennaio 2000, n. 7, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “A tal fine, indipendentemente dalle risultanze contabili del contribuente, la data di effettuazione delle operazioni si intende quella risultante dagli atti di accertamento definitivo dell’amministrazione finanziaria o dalle eventuali sentenze passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge“.


 

 

Il comma 14-septies dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica l’articolo 3, comma 11, della legge 17 gennaio 2000, n. 7, recante “Nuova disciplina del mercato dell’oro, anche in attuazione della direttiva 98/80/CE del Consiglio, del 12 ottobre 1998”, ponendo un limite al potere dell’amministrazione finanziaria di accertare la non rispondenza al vero delle scritture contabili del contribuente, relative ad operazioni aventi ad oggetto oro in lamina.

Il citato articolo 3 della legge n. 7 del 2000 disciplina l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto alle operazioni aventi ad oggetto l’oro. Tale materiale, ai fini dell’applicazione della suddetta imposta, viene suddiviso in due categorie:

-        oro da investimento: lingotti o placchette di peso superiore ad un grammo e di purezza non inferiore a 995/1.000 e monete d’oro coniate dopo il 1800 con purezza non inferiore a 900/1.000 che hanno avuto o hanno corso legale e con valore non superiore al 180 per cento del valore dell’oro contenuto (articolo 10, primo comma, numero 10), del D.P.R. n. 633 del 1972);

-        oro industriale: oro diverso dal precedente.

Le cessioni interne e le importazioni di oro da investimento sono esenti da IVA ai sensi del citato articolo 10, primo comma, numero 10), e dell’articolo 68, primo comma, lettera c), dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, mentre le operazioni aventi ad oggetto oro industriale sono imponibili ai fini IVA, con applicazione dell’aliquota ordinaria del 20 per cento.

In via transitoria, l’articolo 3, comma 11, della legge n. 7 del 2000 ha disposto che l’esenzione IVA prevista dai sopra ricordati articoli 10 e 68[42] del D.P.R. n. 633 del 1972 sia applicabile anche alle operazioni aventi ad oggetto oro in lamina (materiale rientrante nella categoria dell’oro industriale), a condizione che le stesse siano state effettuate anteriormente al 5 febbraio 2000 (data di entrata in vigore della legge n. 7 del 2000).

 

Il presente comma 14-septies introduce un periodo finale nel comma 11 del citato articolo 3, il quale prevede che per stabilire la data di effettuazione delle operazioni aventi ad oggetto oro in lamina si debba fare riferimento agli atti di accertamento definitivo dell’amministrazione finanziaria o alle eventuali sentenze passate in giudicato anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 7 del 2000, indipendentemente dalle risultanze delle scritture contabili del contribuente.

Considerando che gli atti di accertamento definitivo dell’amministrazione finanziaria e le sentenze passate in giudicato prevalgono sempre sulle risultanze delle scritture contabili del contribuente, si deve ritenere che la portata innovativa della norma qui illustrata risieda nella limitazione del periodo nel quale le sentenze in questione devono essere passate in giudicato affinché le stesse possano prevalere sulle risultanze delle scritture contabili. Pertanto, le sentenze passate in giudicato in data successiva all’entrata in vigore della legge n. 7 del 2000, anche se accertano la non rispondenza al vero delle scritture contabili del contribuente, non avrebbero effetto ai fini della revoca dell’agevolazione di cui al citato articolo 3, comma 11, primo periodo.

 

La disposizione stabilisce nel 5 febbraio 2000 (data di entrata in vigore della legge n. 7 del 2000) il termine entro il quale le sentenze devono essere passate in giudicato. Ciò equivale a stabilire che, successivamente a tale data, l’unico mezzo per far valere la falsità delle scritture contabili agli effetti dell’applicazione della descritta agevolazione IVA è un atto di accertamento definitivo, ossia l’accertamento contro il quale il contribuente non abbia presentato ricorso. La presentazione di ricorso da parte del contribuente sarebbe quindi sufficiente per rendere definitivo quanto risultante dalle scritture contabili e il conseguente diritto all’agevolazione ai fini IVA.

Anche qualora la data di riferimento per il passaggio in giudicato delle sentenze fosse stata stabilita nella data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, sarebbero comunque fatte salve – in deroga ai princìpi generali – le agevolazioni fiscali basate su scritture contabili per le quali a tale data non esista atto di accertamento definitivo, anche se sia in corso il giudizio sull’impugnazione.

 


Articolo 2-bis
(Comunicazione degli esiti della liquidazione delle dichiarazioni)

 


1. A partire dalle dichiarazioni presentate dal 1º gennaio 2006, l’invito previsto dall’articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212, è effettuato:

a) con mezzi telematici ai soggetti di cui all’articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, che se previsto nell’incarico di trasmissione portano a conoscenza dei contribuenti interessati, tempestivamente e comunque nei termini di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell’invito;

b) mediante raccomandata con avviso di ricevimento in ogni altro caso.

2. Il termine di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, e successive modificazioni, decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell’invito di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo.


 

 

L’articolo 2-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni sulle modalità d’invio della comunicazione (cosiddetto avviso bonario) relativa agli esiti del controllo automatico eseguito sulle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1° gennaio 2006.

 

Il richiamato invito, previsto dall’articolo 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente), deve essere inviato da parte dell’Agenzia delle entrate prima di procedere all’iscrizione a ruolo.

 

L'articolo 6, comma 5, della legge, n. 212 del 2000, in materia di semplificazione delle procedure, stabilisce che l’amministrazione finanziaria, prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.

Il richiamato articolo 6, comma 5, dispone, tra l’altro, che l’obbligo della comunicazione sussiste anche in caso di incertezza su aspetti rilevanti della dichiarazione mentre non sussiste nell’ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Inoltre, è nulla l’iscrizione a ruolo eseguita senza il rispetto dei richiamati obblighi.

In merito alle modalità di invio della comunicazione, il citato comma 5 stabilisce che la comunicazione deve avvenire a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici.

 

Si segnala che l’obbligo, per l’amministrazione finanziaria, di comunicare gli esiti dei controlli automatici delle dichiarazioni è contenuto anche nell’articolo 36-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973, per quanto riguarda le imposte dirette, e nell’articolo 54-bis, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, in materia di IVA. Inoltre, l’articolo 36-bis, comma 4, del D.P.R. n. 600 del 1973 prevede l’obbligo di inviare la comunicazione anche relativamente agli esiti del controllo formale in materia di imposte dirette.

 

Da ultimo, l’articolo 1, comma 412, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha disposto che, in esecuzione dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000, l’Agenzia delle entrate deve comunicare mediante raccomandata con ricevuta di ritorno l’esito delle liquidazioni relative ai redditi soggetti a tassazione separata effettuate ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973. In caso di mancato pagamento da parte del contribuente entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, si procede all’iscrizione a ruolo, secondo le modalità indicate nel D.P.R. n. 602 del 1973, con applicazione della sanzione e degli interessi.

 

Per una più corretta collocazione della disposizione, sarebbe stato opportuno modificare l’articolo 6, comma 5, della legge n. 212 del 2000.

 

La disposizione in oggetto riguarda esclusivamente i controlli automatici, i quali non precludono in alcun modo eventuali successivi accertamenti. In altre parole, le comunicazioni in argomento si riferiscono alle verifiche sulla liquidazione delle imposte, ossia sui calcoli effettuati e sui versamenti e le trattenute eseguiti. La richiamata procedura, in sostanza, è diretta a consentire al contribuente, attraverso un’ulteriore attività propositiva e prima dell’iscrizione a ruolo da parte degli uffici, di eliminare dubbi e perplessità derivanti dalle dichiarazioni presentate.

Per quanto riguarda, invece, i successivi accertamenti che entrano nel merito dei redditi dichiarati e degli oneri dedotti e detratti, rimane inalterata la disciplina vigente.

 

L’ambito oggettivo di riferimento comprende le dichiarazioni dei redditi (modello UNICO), le dichiarazioni dei sostituti d’imposta (modello 770) nonché ogni altra dichiarazione d’imposta (ad esempio la dichiarazione IVA per i soggetti che non presentano il modello UNICO), presentata a decorrere dal 1° gennaio 2006.

 

Il comma 1, nel confermare le due modalità di invio previste nel citato articolo 6, comma 5 della legge n. 212 del 2000, chiarisce quando l’Amministrazione debba utilizzare il mezzo telematico e quando, invece, il servizio postale.

 

In particolare, l’invio telematico della comunicazione deve essere utilizzato qualora la dichiarazione sia stata inviata tramite uno dei soggetti intermediari indicati nell’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998.

 

Ai sensi del richiamato articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 sono soggetti intermediari:

-        gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

-        i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

-        le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

-        i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

-        gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[43].

 

In quest’ipotesi, qualora ciò sia previsto nell’incarico di trasmissione conferito dal contribuente, il soggetto incaricato informa il contribuente dell’esito ricevuto entro i termini indicati nell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997.

 

Il richiamato comma 2 dispone che l’iscrizione a ruolo non avviene se il contribuente provvede al pagamento delle somme entro trenta giorni dalla data di ricezione della comunicazione.

 

Si osserva che la disposizione prevede che l’intermediario informi dell’avviso ricevuto il contribuente interessato nel solo caso in cui sia previsto nell’incarico di trasmissione. In mancanza di ciò, il contribuente potrebbe non essere informato dell’avviso e non essere quindi in grado di provvedere conseguentemente ad esso.

 

In proposito, si segnala che il comma 2 dell’articolo 2-bis qui illustrato precisa che il termine per il versamento indicato nell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997 decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione telematica dell’invito sopra indicato.

 

La disposizione del comma 2 sembra volta a coordinare il termine previsto per il versamento delle somme dovute (che l’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997 stabilisce nel trentesimo giorno dalla data di ricezione della comunicazione) con il termine massimo entro cui il soggetto incaricato è tenuto ad informare il contribuente dell’esito ricevuto (egualmente il trentesimo giorno, stabilito per relationem alla stessa disposizione). Se tale è la corretta interpretazione, sarebbe opportuno precisare che il diverso computo del termine per il versamento, secondo quanto previsto dal comma 2 (trenta giorni decorrenti dal sessantesimo giorno successivo alla trasmissione telematica dell’invito), si applica soltanto nei casi in cui l’invito sia stato trasmesso per via telematica.

 

In tutti gli altri casi, l’invio dell’avviso bonario dovrà farsi a mezzo di raccomandata postale con ricevuta di ritorno, presumibilmente all’indirizzo del contribuente.

L’ipotesi in esame include, in particolare, anche gli avvisi relativi alle dichiarazioni inviate in via telematica o a mezzo di raccomandata direttamente dal contribuente.

 


Articolo 2-ter
(Prodotti con false o fallaci indicazioni)

 

1. All’articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, dopo le parole: “L’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercia­lizzazione“ sono inserite le seguenti: “o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione“».

 

 

L’articolo 2-ter, aggiunto durante l’esame al Senato, novella l’art. 4, comma 49, della legge finanziaria 2004 (Legge 350/2003) intervenendo sulla disciplina sanzionatoria a garanzia della genuinità dei prodotti made in Italy.

La norma - già oggetto di recente modifica ad opera dell’art. 1, comma 9, della legge 80/200 (di conversione del DL 35/2005) - punisce attualmente come reato, ai sensi dell’art. 517 del codice penale (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci), la condotta di chi commercializza ovvero importa o esporta a tal fine prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza.

 

L’art. 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003 (Finanziaria 2004), stabilisce che l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza (ora anche d’origine) costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio.

L’art. 517 c.p. stabilisce che chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 1032 euro.

 

L’articolo 2-ter in esame integra il novero delle condotte punibili prevedendo la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di tali prodotti.

La norma introdotta - modellata sul “delitto tentato” di cui all’art. 56 del codice penale – prende, quindi, in considerazione anche l’ipotesi (finora non prevista) di tentativo di commercializzazione dei prodotti.

 

L’art. 56, c.p. stabilisce che chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.

Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l'ergastolo; e, negli altri casi con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.

Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sé un reato diverso.

Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

Si osserva che, rispetto all’ipotesi penalistica tipica, l’art. 2-ter deroga sia in relazione alla mancata previsione della “idoneità” degli atti, sia equiparando ai fini della pena il delitto tentato al delitto consumato.

Si ricorda, comunque, che analoga equiparazione esiste, ad esempio, per il delitto di contrabbando di cui agli artt. 74, L. 17 luglio 1942, n. 907(sul monopolio di sali e tabacchi) e 293, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (in materia doganale.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 12 luglio 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva e una proposta di decisione quadro per la lotta contro i reati in materia di proprietà intellettuale (COM(2005)276).

Secondo la Commissione la situazione giuridica nella Comunità per quanto riguarda le sanzioni penali a tutela della proprietà intellettuale è caratterizzata dall’esistenza di differenze notevoli, in particolare per quanto riguarda il livello delle pene previste dalle normative nazionali. Poiché tali differenze non permetterebbero ai titolari di diritti di proprietà intellettuale di beneficiare di un livello di tutela equivalente su tutto il territorio della Comunità, la Commissione propone misure volte a promuovere un ravvicinamento delle legislazioni penali e a migliorare la cooperazione europea nella lotta contro gli atti di contraffazione.

La proposta di direttivarelativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (che segue la procedura di codecisione) mira al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri per quanto concerne la definizione dei reati e il tipo di sanzioni irrogabili.

La proposta di decisione quadrorelativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione delle violazioni della proprietà intellettuale (che segue la procedura di consultazione) stabilisce il livello minimo delle sanzioni penali (reclusione, ammende e confisca) da applicare agli autori di reati contro i diritti di proprietà intellettuale.

Le proposte sono in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

L’11 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005) 479) relativa alle possibili risposte delle amministrazioni doganali agli ultimi sviluppi nel campo della contraffazione e della pirateria commerciale.

La comunicazione prospetta una serie di misure, riunite in un piano d’azione, che mirano a rafforzare l’efficienza delle autorità doganali e a migliorare l’attuazione della politica e della legislazione in materia di lotta alla contraffazione. Si ritiene necessario intervenire principalmente in tre modi: aumentando la protezione a livello comunitario, migliorando il partenariato dogane-imprese e rafforzando la cooperazione internazionale.

La comunicazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione on line per acquisire le opinioni dei soggetti interessati – privati cittadini ed organizzazioni – in materia di marchi di origine (“Made in”), in vista di un’iniziativa legislativa sull’argomento.

Da qualche tempo la Commissione europea sta esaminando la possibilità di elaborare una normativa comunitaria sul marchio di origine. A questo scopo nel dicembre 2003 i servizi della Commissione hanno elaborato un documento di lavoro in cui, dopo aver esaminato la regolamentazione vigente negli Stati membri e nei principali partner commerciali dell’UE, proponevano quattro opzioni: mantenere lo status quo; introdurre una regolamentazione su base volontaria dei marchi d’origine sia per i beni importati sia per i beni prodotti nel territorio dell’UE; introdurre una regolamentazione obbligatoria per tutti i beni (importati o prodotti in casa); introdurre una regolamentazione dei marchi d’origine obbligatoria per i beni importati e volontaria per i beni prodotti in casa. Su queste diverse opzioni si è svolta, tra gennaio e maggio 2004, un’ampia consultazione dei principali soggetti interessati: industrie, associazioni di consumatori, sindacati e organizzazioni non governative.

Dopo aver analizzato le diverse indicazioni fornite nel corso del processo di consultazione, nel luglio 2004 la Commissione ha concluso che:

non sembra esserci un sufficiente sostegno all’introduzione di un marchio d’origine obbligatorio per i beni prodotti nel territorio dell’UE;

per quanto riguarda i beni importati, si riscontra un’ampia differenza di vedute a seconda del settore manifatturiero: alcuni settori - quali tessile, calzaturiero, abbigliamento, pelletteria, ceramica - manifestano un forte interesse per l’introduzione del marchio d’origine; altri settori esprimono la loro preferenza per il mantenimento dello status quo.

Su questa base la Commissione ha dunque individuato una soluzione di compromesso tra le diverse posizioni manifestate, ipotizzando una normativa comunitaria che imporrebbe un marchio obbligatorio indicante il paese d’origine soltanto per i beni importati nel territorio dell’UE e relativi a specifici settori; l’apposizione del marchio d’origine per i beni prodotti nell’UE avverrebbe, invece, su base volontaria.

La Commissione ha ritenuto comunque di sottoporre l’approccio settoriale così individuato ad un’ulteriore consultazione che, avviata il 6 aprile 2005, si è conclusa il 30 aprile 2005. La consultazione è stata organizzata in tre diversi questionari, a seconda che si rispondesse in qualità di consumatore, di produttore o di dettagliante.


Articolo 3, commi 1-15
(Servizio nazionale della riscossione)

 


1. A decorrere dal 1º ottobre 2006, è soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione nazionale sono attribuite all’Agenzia delle entrate, che le esercita mediante la società di cui al comma 2.

2. Per l’immediato avvio delle attività occorrenti al conseguimento dell’obiettivo di cui al comma 1 ed al fine di un sollecito riordino della disciplina delle funzioni relative alla riscossione nazionale, volto ad adeguarne i contenuti al medesimo obiettivo, l’Agenzia delle entrate e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) procedono, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, alla costituzione della «Riscos­sione S.p.a.», con un capitale iniziale di 150 milioni di euro, di cui il 51 per cento versato dall’Agenzia delle entrate ed il 49 per cento versato dall’INPS.

3. All’atto della costituzione della Riscossione S.p.a. si procede all’ap­provazione dello statuto ed alla nomina delle cariche sociali; la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione è composta da dirigenti di vertice dall’Agenzia delle entrate e dell’I.N.P.S. ed il presidente del collegio sindacale è scelto tra i magistrati della Corte dei conti.

4. La Riscossione S.p.a., anche avva­lendosi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di personale dell’Agenzia delle entrate e dell’I.N.P.S. ed anche attraverso altre società per azioni, partecipate ai sensi del comma 7:

a) effettua l’attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché l’attività di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237;

b) può effettuare:

       1) le attività di riscossione spontanea, liquidazione ed accertamento delle entrate, tributarie o patrimoniali, degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, nel rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica; qualora dette attività riguardino entrate delle regioni o di società da queste partecipate, possono essere compiute su richiesta della regione interessata ovvero previa acquisizione del suo assenso;

       2) altre attività, strumentali a quelle dell’Agenzia delle entrate, anche attra­verso la stipula di appositi contratti di servizio e, a tale fine, può assumere finan­ziamenti e svolgere operazioni finanziarie a questi connesse.

5. Ai fini dell’esercizio dell’attività di cui al comma 4, lettera a), il Corpo della Guardia di finanza, con i poteri e le facoltà previsti dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, attua forme di collaborazione con la Riscossione S.p.a., secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il comandante generale dello stesso Corpo della Guardia di finanza ed il direttore dell’Agenzia delle entrate; con lo stesso decreto possono, altresì, essere stabilite le modalità applicative agli effetti dell’articolo 27, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488.

6. La Riscossione S.p.a. effettua le attività di riscossione senza obbligo di cauzione ed è iscritta di diritto, per le attività di cui al comma 4, lettera b), n. 1), all’albo di cui all’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

7. La Riscossione S.p.a., previa formulazione di apposita proposta diretta alle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione, può acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale sociale di tali società ovvero il ramo d’azienda delle banche che hanno operato la gestione diretta dell’attività di riscossione, a condizione che il cedente, a sua volta, acquisti una partecipazione al capitale sociale della stessa Riscossione S.p.a.; il rapporto proporzionale tra i prezzi di acquisto determina le percentuali del capitale sociale della Riscossione S.p.a. da assegnare ai soggetti cedenti, ferma restando la partecipazione dell’Agenzia delle entrate e dell’INPS, nelle medesime proporzioni previste nell’atto costitutivo, in misura non inferiore al 51 per cento. Decorsi ventiquattro mesi dall’acquisto, le azioni della Riscossione S.p.a. così trasferite ai predetti soci privati possono essere alienate a terzi, con diritto di prelazione a favore dei soci pubblici.

8. Entro il 31 dicembre 2010, i soci pubblici della Riscossione S.p.a. riacquistano le azioni cedute ai sensi del comma 7 a privati; entro lo stesso termine la Riscossione S.p.a. acquista le azioni eventualmente ancora detenute da privati nelle società da essa non interamente partecipate. Dopo la scadenza del termine di cui al precedente periodo, i soci pubblici possono cedere le loro azioni anche a soci privati, scelti in conformità alle regole di evidenza pubblica, entro il limite del 49 per cento del capitale sociale della Riscossione S.p.a.

9. I prezzi delle operazioni da effettuare ai sensi dei commi 7 e 8 sono stabiliti sulla base di criteri generali individuati da primarie istituzioni finanziarie, scelte con procedure competitive.

10. A seguito degli acquisti delle società concessionarie previsti dal comma 7, si trasferisce ai cedenti l’obbligo di versamento delle somme da corrispondere a qualunque titolo in conseguenza dell’attività di riscossione svolta fino alla data dell’acquisto, nonché di quelle dovute per l’eventuale adesione alla sanatoria prevista dall’articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

11. A garanzia delle obbligazioni derivanti dal comma 10, i soggetti di cui allo stesso comma 10 prestano, fino al 31 dicembre 2010, con le modalità stabilite dall’articolo 28 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, ovvero mediante pegno su titoli di Stato o garantiti dallo Stato o sulle proprie azioni della Riscossione S.p.a., una cauzione per un importo pari al venti per cento della garanzia prestata dalla società concessionaria; nel contempo, tale ultima garanzia è svincolata.

12. Per i ruoli consegnati fino al 31 agosto 2005 alle società partecipate dalla Riscossione S.p.a. ai sensi del comma 7, le comunicazioni di inesigibilità sono presentate entro il 31 ottobre 2008.

13. Per effetto degli acquisti di cui al comma 7, relativamente a ciascuno di essi:

a) le anticipazioni nette effettuate a favore dello Stato in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso sono restituite, in dieci rate annuali di pari importo, decorrenti dal 2008, ad un tasso d’interesse pari all’euribor diminuito di 0,60 punti. La tipologia e la data dell’euribor da assumere come riferimento sono stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;

b) i provvedimenti di sgravio provvisorio e di dilazione relativi alle quote cui si riferiscono le anticipazioni da restituire ai sensi della lettera a) assumono il valore di provvedimenti di rimborso definitivi;

c) gli importi riscossi in relazione alle quote non erariali comprese nelle doman­de di rimborso e nelle comunicazioni di inesigibilità presentate prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono utilizzati ai fini della restituzione delle relative anticipazioni nette, che avviene con una riduzione del 10 per cento e che, comunque, è effettuata, a decorrere dal 2008, in venti rate annuali, ad un tasso d’interesse pari all’euribor diminuito di 0,50 punti; la tipologia e la data dell’euribor da assumere come riferimento sono stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;

d) la restituzione delle anticipazioni nette relative alle quote non erariali gravate dall’obbligo del non riscosso come riscosso, diverse da quelle di cui alla lettera c), avviene, per l’intero ammontare di tali anticipazioni, con le modalità e alle condizioni previste dalla stessa lettera c), a decorrere dall’anno successivo a quello di riconoscimento dell’inesigibilità.

14. Il Ministro dell’economia e delle finanze rende annualmente al Parlamento una relazione sullo stato dell’attività di riscossione; a tale fine, l’Agenzia delle entrate fornisce allo stesso Ministro dell’economia e delle finanze i risultati dei controlli da essa effettuati sull’efficacia e sull’efficienza dell’attività svolta dalla Riscossione s.p.a..

15. A decorrere dal 1º ottobre 2006, il Consorzio nazionale concessionari (C.N.C.), previsto dall’articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repub­blica 28 gennaio 1988, n. 44, opera in forma di società per azioni.


 

1.  Linee generali e motivazioni della riforma

L'articolo 3 del decreto-leggeinterviene riformando il sistema nazionale di riscossione dei tributi, tramite la soppressione del sistema di affidamento in concessione a privati e l'attribuzione del servizio ad una società di nuova costituzione comunque a maggioranza pubblica.

In altri termini, viene realizzato il passaggio della titolarità dell'attività di riscossione coattiva dei tributi dai soggetti privati (che attualmente operano in regime di concessione) ad una società per azioni in mano a soggetti pubblici.

In estrema sintesi, con la riforma viene prevista:

-        la soppressione, dal 1° ottobre 2006, del vigente sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione dei tributi;

-        l'attribuzione delle funzioni relative alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate, che le esercita tramite una nuova società, denominata "Riscossione Spa", costituita entro 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame dall'Agenzia predetta insieme all'INPS, con un capitale di 150 milioni di euro;

-        l'effettuazione, da parte di Riscossione Spa, dell'attività di riscossione mediante ruolo e dell'attività di riscossione di cui all'articolo 4 del D.Lgs. n. 237/1997, con possibilità di svolgere ulteriori attività quali la riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, mediante procedure di gara ad evidenza pubblica;

-        la possibilità da parte di Riscossione Spa – la partecipazione pubblica al cui capitale non potrà comunque scendere al di sotto del 51 per cento – di acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (o del ramo di azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di Riscossione Spa;

-        il riacquisto da parte dei soci pubblici, entro il 31 dicembre 2010, delle azioni di Riscossione Spa cedute ai privati ex concessionari;

-        la facoltà di cessione delle azioni possedute dai soci pubblici a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, successivamente al 31 dicembre 2010, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale;

-        la trasformazione del Consorzio nazionale concessionari (CNC) in società per azioni, con decorrenza dal 1° ottobre 2006.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del Governo, la realizzazione di una profonda riforma della disciplina della riscossione coattiva si è resa indispensabile per far fronte ad una serie di inefficienze che caratterizzano l'attuale sistema.

Un primo problema è costituito dalla mancanza di "cultura imprenditoriale" da parte delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione, che avrebbero continuato ad operare con una mentalità non orientata alla massimizzazione delle riscossioni. La riprova di quanto affermato sarebbe in alcuni dati alquanto deludenti, quali la capacità di riscossione, da parte delle aziende concessionarie, delle somme iscritte a ruolo, non superiore al 5-6 per cento del carico riscuotibile nell'arco di un triennio. In definitiva, secondo il Governo il valore aggiunto dell'attività esecutiva svolta dai concessionari sarebbe praticamente inesistente, dato che la quasi totalità delle somme riscosse dai concessionari sono versate spontaneamente dai contribuenti al momento della notifica della cartella di pagamento.

Altro problema è poi costituto dalla potenziale situazione di conflitto in cui verserebbero le banche (che sono quasi sempre i soggetti economici di riferimento delle società concessionarie) in quanto interessate al mantenimento dei rapporti con la clientela.

La relazione segnala poi il consistente esborso di denaro pubblico che l'attuale sistema comporta a favore di soggetti privati (circa 500 milioni di euro all'anno), nonché i costi economici legati al colloquio informatico con le 42 aziende concessionarie e i costi amministrativi per l'attività di vigilanza che l'amministrazione finanziaria svolge sui concessionari.

2.  Il quadro normativo di riferimento

Passando ad illustrare sinteticamente il quadro normativo di riferimento, si ricorda che la materia della riscossione dei tributi è principalmente regolata dalla legge n. 337/1998 (Delega al Governo per il riordino della disciplina relativa alla riscossione) e dai conseguenti decreti attuativi. Tra l'altro, la delega ha disposto:

-        la limitazione dell'attività dei concessionari, quanto ai tributi erariali, alla riscossione mediante ruolo, limitazione parzialmente compensata dalla previsione di un ampliamento della facoltà di ricorrere ai servizi dei concessionari da parte degli enti locali;

-        l'affidamento della riscossione mediante ruolo delle entrate proprie dello Stato, degli enti territoriali minori e degli enti pubblici, anche previdenziali, ai concessionari; la fissazione della durata massima delle concessioni in dieci anni, e la previsione per cui i concessionari debbano costituirsi in società di capitali (società per azioni, in particolare) aventi specifici requisiti di professionalità, tecnici e finanziari;

-        la facoltà delle predette S.p.A. di svolgere, in via parallela o collaterale al servizio di riscossione, ulteriori attività economiche, quali il supporto delle attività tributarie e di gestione patrimoniale degli enti diversi dallo Stato;

-        la facoltà di versamento diretto dei tributi da parte dei contribuenti anche mediante delega ai concessionari, al fine di aumentare i canali di riscossione per favorire gli adempimenti degli stessi contribuenti;

-        la possibilità, per gli enti diversi dallo Stato, di affidare ai concessionari la riscossione di tutte le proprie entrate, anche di natura non tributaria, mediante l'adozione di procedure ad evidenza pubblica;

-        l'abrogazione dell'istituto del cosiddetto «obbligo del non riscosso per riscosso», al fine di evitare di far gravare sui concessionari gli oneri finanziari connessi all'obbligo di anticipazione;

-        la ridefinizione degli ambiti territoriali da affidare alla competenza dei singoli concessionari, secondo il criterio dell'estensione almeno provinciale;

-        la nuova regolamentazione dei meccanismi di retribuzione del servizio di riscossione, improntato a determinati criteri, quali il collegamento del corrispettivo erogabile al concessionario a parametri definiti;

-        l'introduzione di un meccanismo di salvaguardia del risultato economico delle singole gestioni dell'ultimo biennio precedente, tenendo conto dei maggiori ricavi della riscossione mediante ruolo e dei minori costi di gestione derivanti, entrambi, dall'applicazione della nuova disciplina della riscossione;

-        l'obbligo, per i concessionari, di utilizzare sistemi informativi collegati fra loro e con quelli dell'amministrazione finanziaria e procedure informatiche uniformi per l'espletamento degli adempimenti amministrativo-contabili contemplati dalla legge;

-        la revisione delle sanzioni amministrative a carico dei concessionari, anche al fine di potenziarne l'efficacia deterrente per le violazioni diverse dagli omessi o tardivi versamenti;

-        la previsione della possibilità, per le società concessionarie, di esercitare l'attività di recupero crediti secondo le ordinarie procedure civilistiche.

 

La delega ha trovato attuazione con l'emanazione di alcuni decreti legislativi (il decreto legislativo n. 37 del 1999; il decreto legislativo n. 46 del 1999; il decreto legislativo n. 112 del 1999, il decreto legislativo n. 326 del 1999, il decreto legislativo n. 193 del 2001).

Tra questi, mentre il D.Lgs. 22 febbraio 1999, n. 37, ha disposto in merito ai versamenti mediante delega al concessionario, il D.Lgs. n. 46 del 1999, novellando il decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ha, tra l'altro, sostituito la qualifica di «esattore» con quella di «concessionario». Il D.Lgs. n. 326 del 1999 ha dettato disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 46/1999, mentre con il D.Lgs. n. 193 del 2001 sono state dettate ulteriori disposizioni integrative e correttive dei D.Lgs. n. 46 del 1999 e n. 112 del 1999.

 

Il D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, ha provveduto al riordino complessivo del servizio nazionale della riscossione, prevedendo, tra l'altro, all'articolo 57, come modificato dal decreto-legge n. 138 del 2002, che il servizio della riscossione rimanesse affidato fino al 31 dicembre 2004 ai soggetti che alla data dell'11 agosto 2002 lo gestivano in qualità di commissari governativi.

In proposito, la durata delle concessioni del servizio nazionale della riscossione è stata quindi prorogata, fino al 31 dicembre 2006, dal comma 427 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).

Ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 112 del 1999, il servizio nazionale della riscossione viene organizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze mediante ruolo articolato in ambiti territoriali affidati a concessionari di pubbliche funzioni.

La concessione del servizio di riscossione può essere affidata a società per azioni con capitale interamente versato di almeno 5 miliardi di lire e aventi ad oggetto lo svolgimento di tale servizio, di compiti ad esso connessi o complementari e che non siano state dichiarate decadute da precedenti concessioni del servizio stesso. Tali società devono altresì disporre di sistemi informativi automatizzati adeguati al volume delle operazioni da trattare e collegati telematicamente tra di loro e, con modalità centralizzate, con la rete unitaria della pubblica amministrazione.

Le concessioni del servizio nazionale della riscossione vengono affidate, per ciascuna circoscrizione territoriale, mediante procedure di evidenza pubblica, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.

L’articolo 4 del decreto ha quindi previsto che l'estensione dei singoli àmbiti delle concessioni, comunque non inferiore al territorio di una provincia, è determinata, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, tenendo conto della necessità di garantire l'economicità e l'efficienza del servizio, in relazione alle caratteristiche geografiche e alle condizioni sociali ed economiche del territorio, del numero dei residenti e dell'ammontare delle entrate iscritte a ruolo nel biennio precedente l'avvio della procedura di affidamento. La durata della concessione è fissata nell'atto di indizione della gara fino al termine massimo di dieci anni.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda. Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.

Passando alla materia dei compensi ai concessionari della riscossione, si tratta di un argomento che è stato, nel corso del tempo, oggetto di numerose modifiche. L'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999 ha inizialmente stabilito che i compensi in argomento devono essere determinati in base ad una percentuale (aggio) da applicare alle somme iscritte a ruolo ed effettivamente riscosse. L’importo complessivo dell’aggio deve essere ripartito tra il debitore e l’ente creditore, in modo che la quota a carico del contribuente non sia superiore al 4,65% della somma iscritta a ruolo. Il citato articolo 17 rinvia a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sia la definizione della misura dell'aggio, sia le modalità della sua erogazione per i ruoli emessi da uffici statali (mentre per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del riversamento delle somme riscosse all'ente impositore).

Tuttavia, accanto alle richiamate discipline a regime, hanno trovato attuazione disposizioni transitorie specificamente previste per ciascuno degli anni interessati.

In particolare, il decreto-legge n. 138 del 2002 ha previsto una disciplina transitoria per gli anni 2002 e 2003, la quale abrogava e sostituiva una disciplina transitoria precedentemente disciplinata dal decreto-legge n. 452 del 2001. Ai sensi dell’articolo 3 del citato decreto-legge n. 138 del 2002, in riferimento al biennio 2002-2003, la remunerazione spettante ai concessionari è composta da una indennità fissa, di importo pari a 370 milioni di euro per il 2002 e a 335 milioni di euro per il 2003, e da un’indennità variabile, determinata applicando la percentuale di aggio vigente al 31 dicembre 2001 sulle somme effettivamente riscosse dal concessionario negli anni considerati. Inoltre, ai sensi dei commi 6 e 8 del medesimo articolo 3, la corresponsione della indennità variabile è subordinata al conseguimento di obiettivi minimi che consistono in una maggiore riscossione rispetto al 2001 pari a 520 milioni di euro nel 2002 e 1.040 milioni di euro nel 2003. In particolare, se il concessionario realizza l’obiettivo richiesto, la percentuale dell’aggio viene incrementata del 50%, se, invece, non realizza gli obiettivi per il 2003 viene applicata una penalizzazione la cui misura dipende dallo scostamento tra la riscossione realizzata e l’obiettivo fissato. Successivamente l’articolo 3 del decreto-legge n. 143 del 2003 ha introdotto una ulteriore disposizione transitoria per il 2003, in sostituzione della precedente. In particolare, la nuova misura dei compensi per l’anno 2003 è stata fissata in 550 milioni di euro. Il predetto importo è stato introdotto in sostituzione sia delle indennità fisse e variabili di cui al decreto-legge n. 138 del 2002 sia dell’aggio di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, spettanti ai concessionari.

 Nella legge finanziaria per il 2004, tuttavia, è stato previsto un sistema di forfetizzazione della remunerazione dei concessionari e dei commissari della riscossione. In particolare, l'articolo 4, comma 118, ha previsto, per l'anno 2004, che ai concessionari e ai commissari governativi del servizio nazionale della riscossione fosse corrisposto, quale remunerazione per il servizio svolto, un importo pari a 470 milioni di euro, che tenesse luogo, per i ruoli emessi da uffici statali, dell'aggio di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e dell'aggio di cui all'articolo 12, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

3.  La riforma prevista dalle norme in esame: costituzione, organi e funzioni di Riscossione Spa

Il comma 1 dell'articolo 3 del presente decreto-legge stabilisce, con decorrenza dal 1° ottobre 2006, la soppressione dell'attuale sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione. Contestualmente, viene affidato all'Agenzia delle entrate l'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale.

Le funzioni inerenti alla riscossione vengono esercitate mediante una nuova società a capitale pubblico, denominata Riscossione Spa, che, ai sensi del comma 2, viene dotata di un capitale iniziale di 150 milioni di euro.

La nuova società dovrà essere costituita entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame da parte dell'Agenzia delle entrate e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS); in particolare, il 51 per cento del capitale dovrà essere versato dall’Agenzia delle entrate, il 49 per cento dall’INPS. La ristrettezza dei tempi entro cui si dovrà procedere a costituire la nuova società viene riconnessa all'esigenza di procedere celermente al riordino della disciplina della riscossione nazionale.

 

In merito alla scelta di attuare una riforma ampia e articolata come quella in esame e destinata ad esplicare la sua piena potenzialità a decorrere dal 1° ottobre 2006 tramite lo strumento del decreto-legge, nella relazione illustrativa il Governo ha puntualizzato di essere intervenuto con la decretazione d'urgenza sia in considerazione dei tempi tecnici necessari per consentire a Riscossione Spa di acquisire quote di capitale delle società azionarie (su cui vedi infra), sia per realizzare nel minor tempo possibile una riduzione delle spese derivanti dall'attività di riscossione coattiva e un aumento del volume dei crediti pubblici incassati.

 

Il comma 3 detta alcune norme sulle cariche sociali della Riscossione Spa. In particolare, si prevede che la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione sia espressa da dirigenti di vertice dei due soggetti pubblici che hanno costituito la società, mentre il presidente del collegio sindacale viene scelto tra i magistrati della Corte dei conti. La determinazione del numero dei membri dei collegi è rimessa allo statuto, che sarà approvato all'atto della costituzione della nuova società.

Con il comma 4 vengono individuate le attività che potranno essere svolte da Riscossione Spa, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Tali attività potranno essere effettuate anche avvalendosi di personale dell'Agenzia delle entrate e dell'INPS, nonché facendo ricorso alle società per azioni partecipate di Riscossione Spa secondo quanto previsto dal successivo comma 7.

La disposizione individua anzitutto [alla lettera a)] le attività che devono essere precipuamente svolte dalla nuova società, consistenti:

-        nell'attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602;

-        nell'attività di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237 (ossia riscossione delle entrate).

 

Si ricorda che con il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 sono state dettate disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. In particolare, il capo II del titolo I (Riscossione delle imposte) del decreto è dedicato alla riscossione mediante ruoli, mentre il titolo II tratta della riscossione coattiva.

In linea generale, la riscossione a mezzo di ruolo è utilizzata per:

-          i tributi per i quali non è prevista l'autoliquidazione dell'imposta (riscossione spontanea a mezzo ruolo)

-          le imposte erariali e locali non versate spontaneamente dal contribuente (riscossione coattiva)

-          altre entrate a carattere previdenziale o di natura patrimoniale per le quali il ruolo è l' unico mezzo di riscossione.

Il D.Lgs. n. 46 del 1999 ha ampliato il novero dei soggetti che possono formare il ruolo per la riscossione delle proprie entrate. L'articolo 17 prevede che continuino a essere riscosse a mezzo di ruolo tutte le entrate con tale mezzo riscosse al 1° luglio 1999; possono, pertanto, avvalersi del ruolo ordini professionali, casse previdenziali di natura privata, e anche soggetti privati che svolgono servizi di pubblica concessione.

Il ruolo è un elenco di debitori che l'ente creditore forma e consegna al concessionario della riscossione e che, reso esecutivo dall'ente creditore, costituisce titolo esecutivo per la riscossione dei tributi a mezzo del concessionario, che è così legittimato ad agire sui beni del debitore (titolo esecutivo collettivo).

Il ruolo è formato per tutti i comuni compresi nell'ambito territoriale dell'agente di riscossione ed è riferito a tutti i contribuenti che hanno il domicilio fiscale nel suddetto ambito territoriale. Questo criterio di formazione di un unico ruolo, che però raccoglie tributi diversi, distinto per ambito territoriale, evita il ricorso alla delega tra concessionari per la riscossione e consente la notifica di un'unica cartella, con riduzione del tempo necessario a riscuotere. L'ente creditore procede direttamente all'iscrizione a ruolo delle somme dovute dal debitore che è obbligato al pagamento, quale soggetto passivo nel rapporto obbligatorio tributario o contributivo, o in virtù di sentenza, ingiunzione o altro atto avente efficacia di titolo per la riscossione.

L'articolo 21 del D.Lgs. n. 46 del 1999 ha esteso la riscossione a mezzo di ruolo anche alle entrate che scaturiscono da un rapporto di diritto privato: in tal caso l'iscrizione a ruolo deve essere preceduta dalla formazione di un titolo avente efficacia esecutiva. In tal modo si può procedere, ad esempio, al recupero di quanto non versato dagli intermediari a seguito di notifica d'avviso d'irrogazione di sanzioni per violazione delle norme sulla trasmissione dei flussi dei versamenti unitari.

Il D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 237 (Modifica della disciplina in materia di servizi autonomi di cassa degli uffici finanziari ha invece individuato all'articolo 4 i soggetti incaricati della riscossione delle entrate (dove per entrate si intendono, ai sensi dell'articolo 2, le tasse e imposte indirette e relativi accessori e sanzioni, i canoni, proventi e relativi accessori, derivanti dalla utilizzazione di beni del demanio pubblico e del patrimonio indisponibile dello Stato, le somme dovute per l'utilizzazione, anche senza titolo, dei beni demaniali e patrimoniali dello Stato, le entrate patrimoniali, le entrate del Tesoro e delle altre amministrazioni dello Stato per le quali singole disposizioni ne prevedono il versamento ad un ufficio finanziario, le tasse e le entrate demaniali eventuali e diverse, le sanzioni inflitte dalle autorità giudiziarie ed amministrative, le tasse ipotecarie, i tributi speciali di cui alla tabella A allegata al D.P.R. n. 648 del 1972, e tutte le altre somme a qualsiasi titolo riscosse dagli uffici finanziari).

 

La lettera b) del comma 4 individua invece le ulteriori possibili attività che possono essere svolte da Riscossione S.p.a.:

-        le attività di riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate, tributarie o patrimoniali, degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, nel rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Si specifica che qualora tali attività riguardino entrate delle regioni o di società da queste partecipate, esse potranno essere effettuate soltanto dietro richiesta della regione interessata ovvero previa acquisizione del suo assenso;

-        attraverso la stipula di appositi contratti di servizio, lo svolgimento di attività strumentali a quelle dell'Agenzia delle entrate. In tale ipotesi è consentito alla società di assumere finanziamenti e svolgere le connesse operazioni finanziarie.

 

Si ricorda, per quanto concerne lo svolgimento dell'attività di riscossione, liquidazione e accertamento delle entrate di province e comuni, ai sensi dell'articolo 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che esse debbono venire affidate:

1)       mediante convenzione, alle aziende speciali di cui all'articolo 22 della legge n. 142/1990 e – nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali – a società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale;

2)       nel rispetto delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, alle società miste, per la gestione presso altri comuni, ai concessionari di cui al D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, a prescindere dagli àmbiti territoriali per i quali sono titolari della concessione del servizio nazionale di riscossione, ai soggetti iscritti nell'albo di cui al predetto articolo 53, fatta salva la facoltà del rinnovo dei contratti fino alla revisione del sistema delle concessioni di cui al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, previa verifica della sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse.

 

La realizzazione di forme di cooperazione tra Riscossione Spa e il Corpo della Guardia di finanza viene sancita dal comma 5, dove si prevede, richiamando il decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, che il Corpo della Guardia di finanza eserciti tale collaborazione nell'ambito delle attività di riscossione mediante ruolo nonché di riscossione delle entrate.

 

Il richiamato decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, all'articolo 2, ha conferito alla Guardia di finanza compiti di prevenzione, ricerca e repressione delle violazioni in materia di risorse e mezzi finanziari pubblici impiegati a fronte di uscite del bilancio pubblico, nonché di programmi pubblici di spesa, da svolgere avvalendosi (articolo 2, comma 4) delle facoltà e dei poteri previsti dagli articoli 51 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972 e degli articoli 32 e 33 del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

Con successivo decreto del Ministro dell'economia, sentiti il comandante generale della Guardia di finanza e il direttore dell'Agenzia delle entrate saranno definite le modalità per la realizzazione di tale collaborazione, nonché le modalità con cui procedere al versamento delle somme dovute per prestazioni e servizi resi (articolo 27, comma 2, della legge 23 dicembre 1999, n. 488).

 

Il comma 6 specifica che Riscossione Spa opera senza l'obbligo di prestare cauzione. Essa, inoltre, è iscritta di diritto all'albo dei soggetti (privati) a cui gli enti locali possono affidare le attività di riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate tributarie o patrimoniali.

 

Più precisamente, l'albo a cui viene iscritta di diritto Riscossione Spa è quello disciplinato dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che all'articolo 53 ha previsto l'istituzione, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, dell'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

L'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e la decadenza della gestione sono effettuate da un’apposita commissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanza dell'ANCI e dell'UPI. Le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione nell'albo sono definiti con decreti al fine di assicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la sussistenza di sufficienti requisiti morali e l'assenza di cause di incompatibilità da parte degli iscritti.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 27 del D.Lgs. n. 112 del 1999, l'obbligo di cauzione è previsto a carico dei concessionari. Più precisamente, è previsto che a garanzia degli obblighi derivanti dall'affidamento della concessione nei confronti degli enti tenuti ad effettuare la riscossione coattiva delle proprie entrate mediante ruolo, il concessionario presti una cauzione per un importo pari ad un settantaduesimo dell'ammontare delle entrate di tali enti iscritte a ruolo scadute nell'anno precedente a quello dell'affidamento e dei versamenti diretti spettanti agli stessi enti riscossi nello stesso periodo; la misura della cauzione è determinata con decreto del Ministero delle finanze. Se la cauzione risulta regolarmente prestata, il Ministero ne dichiara l'idoneità con apposito provvedimento, da comunicare al concessionario.

L'iscrizione all'albo di cui all'articolo 53 consente, ai sensi dell'articolo 52, comma 5, lettera b), numero 2), di svolgere attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e di tutte le altre entrate di comuni e province.

4.  I rapporti tra Riscossione Spa e le società concessionarie del servizio nazionale della riscossione

Il comma 7 consente a Riscossione S.p.a. di acquisire quote non inferiori al 51 per cento del capitale delle società concessionarie.

 

La previsione, secondo la relazione illustrativa del Governo, trova fondamento nell'esigenza di contenere gli effetti negativi che potrebbero derivare dal passaggio dei "residui di gestione" a seguito del cambiamento nella titolarità dell'attività di riscossione.

In particolare, il passaggio dell'attività di riscossione da una pluralità di soggetti privati ad un soggetto pubblico richiede l'individuazione di strumenti per neutralizzare l'effetto del trasferimento dei carichi non riscossi dagli attuali concessionari alla nuova Spa, nonché delle conseguenti fratture temporali nell'attività di riscossione coattiva.

 

Più in dettaglio, il comma 7 prevede che Riscossione S.p.a. possa acquistare una quota non inferiore al 51 per cento del capitale sociale delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione (ovvero il ramo d'azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione). Condizione per effettuare tale operazione è che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di Riscossione S.p.a.

L'entità della partecipazione azionaria di Riscossione S.p.a. da attribuire ai cedenti privati viene determinata secondo il rapporto proporzionale tra i prezzi di acquisto, fermo restando, comunque, che la partecipazione dell’Agenzia delle entrate e dell’INPS – nelle medesime proporzioni previste dall’atto costitutivo – al capitale sociale non potrà essere inferiore al 51 per cento.

La partecipazione azionaria di Riscossione S.p.a. così trasferita ai cedenti privati può essere da questi alienata a terzi dopo ventiquattro mesi dall'acquisto. Ai soci pubblici viene comunque attribuito il diritto di prelazione.

I criteri per l'individuazione dei prezzi a cui verranno effettuate le suddette operazioni (così come le operazioni indicate al comma 8, su cui vedi infra) saranno stabiliti, secondo il comma 9, sulla base di criteri generali individuati da istituzioni finanziarie specializzate scelte con procedure competitive.

 

Il complesso procedimento di acquisto e vendita di partecipazioni azionarie dovrebbe trovare un assetto definito entro il 31 dicembre 2010, quando, ai sensi del comma 8:

-        i soci pubblici di Riscossione S.p.a. riacquisteranno le azioni di quest'ultima cedute a privati;

-        Riscossione S.p.a. acquisterà le azioni eventualmente ancora detenute da soggetti privati nelle società da essa non interamente partecipate (ai sensi del comma 7 è infatti previsto l'acquisto di partecipazioni superiori al 51 per cento, non necessariamente la totalità del capitale).

Il trasferimento della totalità delle partecipazioni in mano pubblica sancirà la fine del periodo transitorio, in cui è possibile per i soggetti privati detenere – seppure in quota minoritaria – una parte del capitale sociale di Riscossione Spa. Tale periodo di transizione dovrebbe decorrere, di fatto, dalla costituzione della nuova società (ossia da quando questa potrà acquisire quote del capitale delle società di riscossione) per concludersi alla fine del 2010.

Si precisa infine che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, i soci pubblici potranno cedere le loro azioni anche a soci privati, entro il limite del 49 per cento del capitale sociale. I soci privati dovranno essere scelti applicando procedimenti di evidenza pubblica.

 

Secondo la relazione illustrativa, la complessa procedura sopra descritta serve a neutralizzare gli effetti del passaggio della titolarità della riscossione.

Poiché viene consentito a Riscossione Spa di acquisire azioni delle concessionarie prima del passaggio al nuovo sistema, queste ultime, divenute proprietà della nuova Spa, potranno continuare ad operare senza passaggi di residui di gestione anche dopo la cessazione del regime concessorio (Riscossione Spa può infatti operare anche mediante soggetti partecipati in misura non inferiore al 51 per cento). Inoltre, la clausola che condiziona l'acquisto del pacchetto azionario dei concessionari alla contestuale cessione di azioni di Riscossione Spa agli azionisti delle società concessionarie consente di avere gradualità nel trasferimento della riscossione coattiva nella sfera pubblica.

 

I commi da 10 a 13 dettano una serie di disposizioni dirette a disciplinare il passaggio dei carichi dai concessionari a Riscossione Spa.

 

Il comma 10 in particolare stabilisce che con gli acquisti delle società concessionarie si trasferisce ai cedenti l'obbligo di versamento:

-        delle somme da corrispondere a qualunque titolo in conseguenza dell'attività di riscossione svolta fino alla data dell'acquisto;

-        delle somme dovute per l'eventuale adesione alla sanatoria prevista dall'articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Restano pertanto in capo ai cedenti (lasciando così indenne Riscossione Spa) le conseguenze patrimoniali delle responsabilità amministrative derivanti dall'attività di riscossione svolte dalle società cedute.

 

Si ricorda che i commi 426 e 426-bis dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), come modificati dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35, hanno disposto una sanatoria relativa all’attività di riscossione.

Il comma 426 dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 46/1999 (entrate riscosse mediante ruoli) debba essere egualmente effettuato mediante ruolo. Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999 si prevede la sanatoria delle responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 20 novembre 2004, dietro versamento della somma di 3 euro per ciascun abitante residente negli ambiti territoriali ad essi affidati in concessione alla data del 1° gennaio 2004.

Il comma 426-bis, introdotto dal citato decreto-legge n. 35/2005, prevede che in caso di adesione alla sanatoria prevista dal comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse. Nel medesimo caso, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 ottobre 2003 e ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 possono essere presentate entro il 30 ottobre 2006.

 

Al comma 10 si riconnette il comma 11, secondo il quale i soggetti di cui al comma precedente (cedenti delle società concessionarie o rami d’azienda operanti nel settore della riscossione), a garanzia delle obbligazioni ivi previste, sono tenuti a prestare una cauzione di importo pari al 20 per cento della garanzia prestata dalla società concessionaria.

Tale obbligo cauzionale è limitato nel tempo per tutta la durata del periodo transitorio (sino al 2010); contemporaneamente alla costituzione di tale cauzione, viene disposto lo svincolo della garanzia a suo tempo prestata dal concessionario.

La predetta cauzione può essere prestata:

§      mediante pegno su titoli di Stato o garantiti dallo Stato o sulle proprie azioni della Riscossione S.p.a;

§      con le modalità stabilite dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 112 del 1999. In questo senso la cauzione può essere prestata:

-        mediante polizza fidejussoria rilasciata da istituti di assicurazione autorizzati con decreto ministeriali;

-        mediante fidejussione bancaria;

-        per i gruppi di società con patrimonio netto risultante dal bilancio consolidato superiore a cinquecento miliardi di lire, la garanzia può essere prestata anche mediante la diretta assunzione, da parte della società capogruppo, dell'obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare.

 

Il comma 12 disciplina le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati fino al 31 agosto 2005 alle società partecipate dalla Riscossione S.p.a., prevedendo che esse debbano venire presentate entro il 31 ottobre 2008, mentre il comma 13 concerne le modalità e i termini di restituzione delle anticipazioni nette effettuate, in dipendenza dell'obbligo del non riscosso come riscosso, dalle società concessionarie oggetto di acquisizione da parte di Riscossione Spa.

Più in dettaglio si prevede:

-        alla lettera a), la restituzione delle anticipazioni nette, effettuate a favore dello Stato in forza dell'obbligo del non riscosso come riscosso, in dieci rate annuali, di pari importo, decorrenti dal 2008. Il rimborso verrà effettuato ad un tasso d'interesse pari all'euribor diminuito di 0,60 punti, le cui caratteristiche saranno successivamente stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;

-        alla lettera b), l'attribuzione del valore di provvedimenti di rimborso definitivi ai provvedimenti di sgravio provvisorio e di dilazione riguardanti le quote di cui alla lettera a);

-        alla lettera c), l'utilizzazione, ai fini della restituzione delle anticipazioni relative, degli importi riscossi delle quote non erariali comprese nelle domande di rimborso presentate prima della data di entrata in vigore del decreto-legge. Tale meccanismo di compensazione è utilizzabile riducendo del 10 per cento l'importo delle anticipazioni da restituire. La restituzione avviene comunque

-        con decorrenza dall'anno 2008;

-        in venti rate annuali, ad un tasso d'interesse pari all'euribor diminuito di 0,50 punti.

-        alla lettera d), la restituzione dell'intero ammontare delle anticipazioni nette concernenti le quote non erariali gravate dall'obbligo del non riscosso come riscosso, diverse da quelle di cui alla lettera c) (ossia non comprese in domande di rimborso). Tale restituzione avviene con le stesse modalità di cui alla lettera c), eccetto che per la decorrenza (non dal 2008 ma dall'anno successivo a quello in cui l'ente creditore emana il provvedimento con cui riconosce l'inesigibilità).

5.  Relazione al Parlamento e trasformazione del Consorzio nazionale concessionari

Il comma 14 prevede la presentazione al Parlamento, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di una relazione annuale sullo stato della riscossione. All'Agenzia delle entrate compete l'effettuazione di controlli sull'efficacia e sull'efficienza dell'attività di Riscossione S.p.a.; essa fornisce al Ministro i dati relativi.

Il comma 15 stabilisce infine la trasformazione del Consorzio nazionale concessionari (CNC) in società per azioni, con decorrenza dal 1° ottobre 2006. Come si legge nella relazione governativa al provvedimento, la trasformazione del consorzio in società per azioni appare più congeniale al nuovo assetto del sistema, consentendo contemporaneamente di assicurare continuità nelle procedure di riscossione coattiva.

 

Si ricorda che il Consorzio nazionale concessionari (CNC) è un consorzio obbligatorio tra i concessionari della riscossione che gestisce lo scambio delle informazioni (ruoli, cartelli, avvisi, altri provvedimenti) tra i circa 17.000 enti impositori e le 103 concessionarie provinciali che curano la riscossione.

Con il D.P.R. 2 agosto 1952, n. 1141, è stato costituito il “Consorzio Nazionale obbligatorio tra gli esattori delle imposte dirette in carica per la meccanizzazione dei ruoli”. Successivamente il D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 44, ne ha modificato la denominazione in “Consorzio nazionale obbligatorio tra i concessionari del servizio di riscossione dei tributi ed altre entrate di pertinenza dello Stato e di enti pubblici”, stabilendo altresì (all'articolo 1) che spetta al Consorzio provvedere, sulla base e nei limiti della concessione amministrativa rilasciata dal Ministero dell'economia e delle finanze, alla formazione, con mezzi e procedure automatizzati, dei ruoli, degli elenchi e degli altri documenti relativi alla riscossione delle entrate affidata al concessionari con il D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43.

Al Consorzio è altresì attribuito lo svolgimento di ogni altra attività di automazione concernente i servizi affidati ai Concessionari, nonché la compilazione di statistiche richieste dal Servizio Centrale della Riscossione, cui occorre aggiungere l'espletamento di altri lavori, relativi alla riscossione, richiesti dall'Amministrazione finanziaria. In questo senso, il Consorzio può espletare altri lavori purché compatibili con l’attività di servizio per il Ministero dell'economia e delle finanze.

Accanto a compiti propriamente rientranti nell’ambito della concessione traslativa del Ministero dell'economia e delle finanze e consistenti nella gestione accentrata e nella elaborazione per conto dell’amministrazione finanziaria dei dati trasmessi dai singoli concessionari dislocati sul territorio nazionale, il Consorzio è impegnato anche in attività sostanzialmente autonome (come peraltro esplicitato nelle convenzioni con il quale viene disciplinato il rapporto concessorio con il Ministero): in questo senso il Consorzio può quindi espletare altri lavori che possono essergli commissionati da enti pubblici, da concessionari o da terzi.

In tale ambito di attività può essere annoverato il servizio meccanografico di elaborazione dei riassunti dei ruoli, compito svolto dal Consorzio in favore di quegli enti autorizzati dalla legge alla riscossione delle proprie entrate mediante ruoli. Tale servizio non rientra infatti nei compiti istituzionali del Consorzio e si configura come elaborazione e riepilogo di informazioni analitiche già in possesso dell’ente richiedente per la emissione dei riassunti corrispondenti ai concessionari dei tributi, i quali provvedono alla riscossione. L’attività del Consorzio nazionale concessionari assume in questo caso natura esclusiva, soprattutto per la circostanza che trattasi dell’unico soggetto cui è attribuita la possibilità di emettere riassunti dei ruoli esattoriali: in tal caso, pertanto, il Consorzio si configura come un organismo in grado di assicurare un sistema di riscossione dei crediti equiparabile a quello della riscossione delle imposte dirette.

A seguito dell'attivazione della disciplina del conto fiscale nonché con l'istituzione dell'ICI, il Consorzio provveda anche all'espletamento di adempimenti di carattere informativo, assumendo, inoltre, la funzione di ente gestore della rete telematica tramite la quale avviene il collegamento tra le concessioni, l'anagrafe tributaria e la rete nazionale interbancaria per l'interscambio dei dati e dei movimenti contabili relativi ai contribuenti titolati di conto fiscale.

L'attività del Consorzio è soggetta a vigilanza da parte del Ministero dell'economia e delle Finanze.


Articolo 3, commi 16-19-bis
(Personale dipendente dai concessionari della riscossione)

 


16. Dal 1º ottobre 2006, i dipendenti delle società non partecipate dalla Riscossione S.p.a., in servizio alla data del 31 dicembre 2004 con contratto di lavoro a tempo indeterminato e per i quali il rapporto di lavoro è ancora in essere alla predetta data del 1º ottobre 2006, sono trasferiti alla stessa Riscossione S.p.a., sulla base della valutazione delle esigenze operative di quest’ultima, senza soluzione di continuità e con garanzia della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del presente decreto.

17. Gli acquisti di cui al comma 7 lasciano immutata la posizione giuridica, economica e previdenziale del personale maturata alla data di entrata in vigore del presente decreto; a tali operazioni non si applicano le disposizioni dell’articolo 47 della legge 29 dicembre 1990, n. 428.

18. Restano ferme le disposizioni relative al fondo di previdenza di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 377, e successive modificazioni. Alle prestazioni straordinarie di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), n. 1), del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 24 novembre 2003, n. 375, sono ammessi i soggetti individuati dall’articolo 2 del citato decreto n. 375 del 2003, per i quali la relativa richiesta sia presentata entro dieci anni dalla data di entrata in vigore dello stesso. Tali prestazioni straordinarie sono erogate dal fondo costituito ai sensi del decreto n. 375 del 2003, per un massimo di novantasei mesi dalla data di accesso alle stesse, in favore dei predetti soggetti, che conseguano la pensione entro un periodo massimo di novantasei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, su richiesta del datore di lavoro e fino alla maturazione del diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia.

19. Il personale in servizio alla data del 31 dicembre 2004, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, alle dipendenze dell’associazione nazionale fra i concessionari del servizio di riscossione dei tributi ovvero del consorzio di cui al comma 15 ovvero delle società da quest’ultimo partecipate, per il quale il rapporto di lavoro è in essere con la predetta associazione o con il predetto consorzio alla data del 1º ottobre 2006 ed è regolato dal contratto collettivo nazionale di settore, è trasferito, a decorrere dalla stessa data del 1º ottobre 2006, alla Riscossione S.p.a. ovvero alla società di cui al citato comma 15, senza soluzione di continuità e con garanzia della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del presente decreto.

19-bis. Fino al 31 dicembre 2010 il personale di cui ai commi 16, 17 e 19 non può essere trasferito, senza il consenso del lavoratore, in una sede territoriale posta al di fuori della provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto; a tale personale si applicano i miglioramenti economici contrattuali tabellari che saranno rico­nosciuti nel contratto collettivo nazionale di categoria, il cui rinnovo è in corso alla predetta data, nei limiti di quanto già concordato nel settore del credito.


 

 

I commi 16-19-bis riguardano le condizioni normative, economiche, giuridiche e previdenziali previste per i lavoratori della costituenda Società Riscossione S.p.A.

 

In particolare il comma 16 prevede che i dipendenti delle società non partecipate dalla Riscossione S.p.A. siano trasferiti alla medesima società in base alla valutazione delle esigenze operative della Riscossione S.p.A., garantendo loro il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame. Tali disposizioni operano a condizione che:

§      il personale fosse in servizio alla data del 21.12.2004 con contratto a tempo indeterminato;

§      il personale sia ancora in servizio alla data del 01.10.2006;

 

Il comma 17 riguarda i dipendenti delle società acquistate (ai sensi del precedente comma 7) dalla Riscossione S.p.A., per i quali viene fatta salva la posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge e si esclude l'applicazione della disciplina sulle procedure (relative al personale) per il trasferimento di azienda, di cui all'art. 47 della Legge n. 428/1990, che prevede l’obbligo di comunicazione alle rappresentanze sindacali in merito al trasferimento di azienda con più di 15 dipendenti, anche se afferente una parte dell’azienda.

 

Ai sensi del primo periodo del comma 18, viene confermata l'applicazione del regime del «Fondo di previdenza per gli impiegati dipendenti dalle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette» (Fondo gestito dall'INPS, di cui alla L. 2 aprile 1958, n. 377).

Il secondo periodo del comma 18 prevede un ampliamento dei termini per la presentazione della richiesta dell'assegno straordinario previsto dall'art. 5, comma 1, lettera b), numero 1), del regolamento di cui al D.M. 24 novembre 2003, n. 375[44]: la domanda potrà essere presentata entro dieci anni dalla data di entrata in vigore del regolamento medesimo, mentre l'art. 5, comma 2, di quest'ultimo contempla un termine di sei anni (decorrente dalla medesima data).

 

Si menziona che il Fondo provvede

in via ordinaria:

1) a contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi Fondi nazionali o comunitari;

2) al finanziamento di specifici trattamenti a favore dei lavoratori interessati da riduzioni dell'orario di lavoro o da sospensione temporanea dell'attività lavorativa anche in concorso con gli appositi strumenti di sostegno previsti dalla legislazione vigente;

in via straordinaria:

1) all'erogazione di assegni straordinari per il sostegno al reddito, in forma rateale, ed al versamento della contribuzione correlata, ai lavoratori ammessi a fruirne nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo.

Agli interventi sopra indicati sono ammessi i lavoratori, in servizio alla data del 31 dicembre 2000, dipendenti delle concessionarie del servizio nazionale della riscossione dei tributi e delle aziende costituite per il controllo azionario di dette aziende concessionarie, dell'associazione nazionale di categoria (Ascotributi), del Consorzio nazionale obbligatorio tra i concessionari della riscossione (CNC), per i quali la richiesta venga presentata entro sei anni dall'entrata in vigore del regolamento.

 

Il terzo periodo del comma 18 dispone un elevamento da 60 a 96 mesi della durata massima del suddetto assegno straordinario.

 

La disciplina ora vigente (art. 5, comma 3, del citato regolamento) stabilisce che gli assegni straordinari per il sostegno del reddito sono erogati dal Fondo per un massimo di 60 mesi, a decorrere dalla data di accesso alle prestazioni straordinarie, in favore dei lavoratori che conseguano la pensione entro un periodo massimo di 60 mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro, su richiesta del datore di lavoro e fino alla maturazione del diritto alla pensione:

a)    di anzianità, a carico dell'assicurazione generale obbligatoria nei confronti di tutti i soggetti ammessi al beneficio;

b)    di vecchiaia, a carico dell'assicurazione generale obbligatoria nei confronti dei soggetti ammessi, iscritti esclusivamente all'assicurazione generale obbligatoria;

c)    di vecchiaia, a carico dello speciale Fondo di previdenza degli impiegati dipendenti dai concessionari della riscossione nei confronti dei soggetti obbligatoriamente iscritti, oltre che all'assicurazione generale obbligatoria, anche allo speciale Fondo sopra citato.

 

Il comma 19, infine, prevede il trasferimento con decorrenza 1° ottobre 2006 presso la Riscossione S.p.A. ovvero presso il costituendo Consorzio nazionale concessionari S.p.A. del personale in servizio a tempo indeterminato alla data del 31.12.2004 presso l’associazione nazionale fra i concessionari del servizio di riscossione o del consorzio o delle società da esso partecipate, con il mantenimento della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data di entrata in vigore del decreto legge in esame.

 

Il nuovo comma 19-bis stabilisce le seguenti ulteriori norme di garanzia a favore del medesimo personale:

·         il divieto – sino al 31.12.2010 - di essere trasferito senza consenso in altra sede posta fuori dalla provincia in cui presta servizio alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame;

·         il riconoscimento dei benefici economici previsti dal rinnovo contrattuale in corso per il settore del credito alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.


Articolo 3, commi 20-28 e 30-40, lettera a)
(Ulteriori disposizioni sulla riscossione)

 


20. Le operazioni di cui ai commi 7, 8 e 15 sono escluse da ogni imposta indiretta, diversa dall’imposta sul valore aggiunto, e da ogni tassa.

21. La Riscossione S.p.a. assume iniziative idonee ad assicurare il contenimento dei costi dell’attività di riscossione coattiva, tali da assicurare, rispetto agli oneri attualmente iscritti nel bilancio dello Stato per i compensi per tale attività, risparmi pari ad almeno 65 milioni di euro, per l’anno 2007, 160 milioni di euro per l’anno 2008 e 170 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

22. Per lo svolgimento dell’attività di riscossione mediante ruolo, la Riscossione S.p.a. e le società dalla stessa partecipate ai sensi del comma 7 sono remunerate:

a) per gli anni 2007 e 2008, secondo quanto previsto dall’articolo 4, commi 118 e 119, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ferme restando le disposizioni di cui al comma 21;

b) successivamente, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

23. Le società partecipate dalla Riscossione S.p.a. ai sensi del comma 7 restano iscritte all’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, se nei loro riguardi permangono i requisiti previsti per tale iscrizione.

24. Fino al momento dell’eventuale cessione, totale o parziale, del proprio capitale sociale alla Riscossione S.p.a., ai sensi del comma 7, o contestualmente alla stessa, le aziende concessionarie possono trasferire ad altre società il ramo d’azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, nonché a quelle di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. In questo caso:

a) fino al 31 dicembre 2010 ed in mancanza di diversa determinazione degli stessi enti, le predette attività sono gestite dalle società cessionarie del predetto ramo d’azienda, se queste ultime possiedono i requisiti per l’iscrizione all’albo di cui al medesimo articolo 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997, in presenza dei quali tale iscrizione avviene di diritto;

b) la riscossione coattiva delle entrate di spettanza dei predetti enti è effettuata con la procedura indicata dal regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, salvo che per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali il rapporto con l’ente locale è regolato dal decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e si procede nei confronti dei soggetti iscritti a ruolo sulla base delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, applicabili alle citate entrate ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.

25. Fino al 31 dicembre 2010, in mancanza di trasferimento effettuato ai sensi del comma 24 e di diversa determinazione dell’ente creditore, le attività di cui allo stesso comma 24 sono gestite dalla Riscossione S.p.a. o dalle società dalla stessa partecipate ai sensi del comma 7, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica. Fino alla stessa data possono essere prorogati i contratti in corso tra gli enti locali e le società iscritte all’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

25-bis. Salvo quanto previsto al comma 25, le società di cui al comma 24, lettera a), la Riscossione S.p.a. e le società da quest’ultima partecipate possono svolgere l’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici territoriali soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica e dal 1º gennaio 2011. Le altre attività di cui al comma 4, lettera b), numero 1), relativamente agli enti pubblici territoriali, possono essere svolte da Riscossione S.p.a. e dalle società da quest’ultima partecipate a decorrere dal 1º gennaio 2011, e nel rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.

26. Relativamente alle società concessionarie delle quali la Riscossione S.p.a. non ha acquistato, ai sensi del comma 7, almeno il 51 per cento del capitale sociale, la restituzione delle anticipazioni nette effettuate in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso avviene:

a) per le anticipazioni a favore dello Stato, nel decimo anno successivo a quello di riconoscimento dell’inesigibilità;

b) per le restanti anticipazioni, nel ventesimo anno successivo a quello di riconoscimento dell’inesigibilità.

27. Le disposizioni del presente articolo, relative ai concessionari del servizio nazionale della riscossione, trovano applicazione, se non diversamente stabilito, anche nei riguardi dei commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione.

28. A decorrere dal 1º ottobre 2006, i riferimenti contenuti in norme vigenti ai concessionari del servizio nazionale della riscossione si intendono riferiti alla Riscossione S.p.a. ed alle società dalla stessa partecipate ai sensi del comma 7, anche ai fini di cui all’articolo 9 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, ed all’articolo 23-decies, comma 6, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47; per l’anno 2005 nulla è mutato quanto agli obblighi conseguenti all’applicazione delle predette disposizioni. All’articolo 1 del decreto-legge 10 dicembre 2003, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 febbraio 2004, n. 31, sono abrogati i commi 1, 3, 4, 5 e 6.

omissis

30. Entro il 31 marzo 2006 il presidente del consorzio di cui al comma 15 provvede all’approvazione del bilancio di cui all’articolo 10, comma 2, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 44.

31. Agli acquisti di cui al comma 7 non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, relative all’obbligo di preventiva autorizzazione.

32. Nei confronti delle società partecipate dalla Riscossione S.p.a. ai sensi del comma 7 non si applicano altresì le disposizioni di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

33. Ai fini di cui al comma 1, si applicano, per il passaggio dei residui di gestione, le disposizioni previste dagli articoli 14 e 16 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

34. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, cessano di trovare applicazione le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

35. In deroga a quanto previsto dal comma 13, lettera c), restano ferme le convenzioni già stipulate ai sensi dell’articolo 61 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e dell’articolo 79, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

36. Al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 18:

       1) al comma 1, le parole da: «agli uffici» a: «telematica» sono sostituite dalle seguenti: «, gratuitamente ed anche in via telematica, a tutti i dati rilevanti a tali fini, anche se detenuti da uffici pubblici»;

       2) al comma 3, dopo la parola: «decreto», sono inserite le seguenti: «di natura non regolamentare»;

omissis

b) nell’articolo 19, comma 2, lettera d-bis), dopo la parola: «segnalazioni», sono inserite le seguenti: «di azioni esecutive e cautelari»;

c) nell’articolo 20, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Il controllo di cui al comma 1 è effettuato a campione, sulla base dei criteri stabiliti da ciascun ente creditore»;

c-bis) all’articolo 42, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

“1-bis. All’indizione degli esami per conseguire l’abilitazione all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione si procede senza cadenze temporali predeterminate, sulla base di una valutazione delle effettive esigenze del sistema di riscossione coattiva dei crediti pubblici.“;

d) nell’articolo 59:

       1) è abrogato il comma 4-bis;

       2) il comma 4-quater è sostituito dal seguente: «4-quater. Per i ruoli consegnati fino al 30 giugno 2003 la comunicazione di inesigibilità di cui all’articolo 19, comma 2, lettera c), è presentata entro il 30 giugno 2006»;

       3) al comma 4-quinquies, le parole: «1º ottobre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «1º luglio 2006».

37. All’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 118:

       1) le parole: «Nell’anno 2004» sono sostituite dalle seguenti: «Negli anni 2004, 2005 e 2006»;

       2) dopo le parole: «un importo», è inserita la seguente: «annuo»;

b) nel comma 119, la parola: «2004» è sostituita dalle seguenti: «degli anni 2004, 2005 e 2006».

38. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel comma 426, secondo periodo, le parole: «20 novembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2005»;

b) nel comma 426-bis:

       1) le parole da: «30 ottobre 2003» a: «20 novembre 2004» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2003»;

       2) le parole: «30 ottobre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre 2006»;

       3) le parole: «1º novembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «1º ottobre 2006»;

c) dopo il comma 426-bis è inserito il seguente: «426-ter. Le somme versate ai sensi del comma 426 rilevano, nella misura del cinquanta per cento, ai fini della determinazione del reddito delle società che provvedono a tale versamento.»;

d) nel comma 427, le parole: «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «30 settembre».

39. All’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 156, le parole: «30 settembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «29 dicembre 2005».

40. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l’articolo 47, è inserito il seguente: «Art. 47-bis. - (Gratuità di altre attività e misura dell’imposta di registro sui trasferimenti coattivi di beni mobili). – 1. I competenti uffici dell’Agenzia del territorio rilasciano gratuitamente ai concessionari le visure ipotecarie e catastali relative agli immobili dei debitori iscritti a ruolo e dei coobbligati e svolgono gratuitamente le attività di cui all’articolo 79, comma 2.

2. Ai trasferimenti coattivi di beni mobili non registrati, la cui vendita è curata dai concessionari, l’imposta di registro si applica nella misura fissa di dieci euro»;


 

1.  Disposizioni varie in materia di riscossione

Il comma 20 dell'articolo 3 esclude dall'applicazione di ogni tassa e delle imposte indirette, con eccezione dell'IVA, una serie di operazioni poste in essere ai fini della riforma del sistema della riscossione. Le operazioni escluse dall'imposizione sono quelle concernenti: l'acquisto di una quota del capitale sociale delle società concessionarie (ovvero del ramo d'azienda delle banche che hanno operato la gestione diretta dell'attività' di riscossione) da parte di Riscossione S.p.a., il relativo acquisto da parte del cedente di una partecipazione al capitale sociale di Riscossione S.p.a., e l'alienazione a terzi (decorsi ventiquattro mesi dall'acquisto) delle azioni di Riscossione S.p.a. così trasferite a soci privati (comma 7); il riacquisto delle azioni cedute a privati (entro l'anno 2010) da parte dei soci pubblici di Riscossione S.p.a., e l'acquisto da parte di Riscossione S.p.a. delle azioni eventualmente ancora detenute da privati nelle società non interamente partecipate da essa (comma 8); la trasformazione (dal 1° ottobre 2006) del Consorzio nazionale concessionari in società per azioni (comma 15).

 

Ai sensi del comma 21 Riscossione Spa è tenuta ad adottare idonee iniziative dirette al contenimento degli oneri relativi all'attività di riscossione coattiva. Dalla riduzione di tali oneri, gravanti sul bilancio dello Stato, dovrà derivare, secondo la disposizione in esame, un risparmio pari ad almeno 65 milioni di euro per l'anno 2007, 160 milioni di euro per l'anno 2008 e 170 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

 

Indicazioni in merito alle specifiche iniziative che potranno essere adottate ai fini della riduzione dei costi sono contenute nella relazione tecnica al provvedimento, secondo la quale i minori oneri a carico del bilancio statale deriveranno da un incremento dell'efficienza dell'attività di riscossione coattiva attraverso la riduzione del personale, l'unificazione di procedure informatiche, l'eliminazione dei molti organismi societari oggi operanti, la razionalizzazione di procedure e investimenti.

 

Le regole per la determinazione dei compensi spettanti a Riscossione Spa (e alle società concessionarie da questa partecipate) sono stabilite dal comma 22. In particolare, la disposizione distingue tra gli anni 2007-2008 e gli anni successivi. Nel primo caso (biennio 2007-2008), fermi restando i risparmi di costi di cui al precedente comma 21, si applica il sistema di cui all’articolo 4, commi 118 e 119, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (in sintesi: per i ruoli emessi da uffici statali, remunerazione secondo importo forfetario, e per gli altri ruoli, aggio sulle somme riscosse).

 

Si ricorda che il comma 118 della legge n. 350 del 2003 ha determinato una nuova misura complessiva dei compensi per l’anno 2004, pari a 470 milioni di euro. Il predetto importo è da considerare sostitutivo sia dell’aggio, per i ruoli emessi da uffici statali, di cui al citato articolo 17 del decreto legislativo n. 112/1999 sia dell’aggio di cui all’articolo 12, comma 2, della legge n. 289/2002. L’ultimo periodo del comma 118 stabilisce che resta fermo l’aggio, a carico del debitore, previsto dall’articolo 17, comma 3, del D.Lgs. n. 112 del 1999 (tale ultima disposizione stabilisce che l'aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse è a carico del debitore in misura non superiore al 4,65 per cento della somma iscritta ed è dovuto soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento). Il comma 119 rinvia ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro il 30 luglio 2004, la determinazione della ripartizione della indennità di cui al comma 118 tra i concessionari e i commissari governativi.

 

A regime, dal 2009 in poi, la remunerazione di Riscossione Spa sarà invece integralmente ad aggio ai sensi dell'articolo 17 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112.

 

Si ricorda in proposito che l'articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999 stabilisce che l'attività dei concessionari venga remunerata con un aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse; l'aggio è pari ad una percentuale di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base di una serie di criteri ivi determinati. L'aggio, al netto dell'eventuale ribasso, è aumentato, per i singoli concessionari, in misura pari ad una percentuale delle maggiori riscossioni conseguite rispetto alla media dell'ultimo. L'aggio è a carico del debitore in misura non superiore al 4,65 per cento della somma iscritta a ruolo; la restante parte dell'aggio è a carico dell'ente creditore. L'aggio a carico del debitore è dovuto soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento e la sua misura è determinata con il decreto previsto dal comma 1. Per i ruoli emessi da uffici statali le modalità di erogazione dell'aggio vengono stabilite con decreto ministeriale. Per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del versamento all'ente impositore delle somme riscosse. Per la riscossione spontanea a mezzo ruolo delle entrate non erariali l'aggio del concessionario è stabilito tenuto conto dei costi di svolgimento del relativo servizio e, in ogni caso, in misura inferiore a quella prevista per le altre forme di riscossione mediante ruolo. Al concessionario spetta il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, sulla base di una tabella approvata con decreto ministeriale, con il quale sono altresì stabilite le modalità di erogazione del rimborso stesso. Tale rimborso è a carico: dell'ente creditore, se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o se il concessionario ha trasmesso la comunicazione di inesigibilità; del debitore, negli altri casi. In caso di delega di riscossione, i compensi, corrisposti dall'ente creditore al delegante, sono ripartiti in via convenzionale fra il delegante ed il delegato in proporzione ai costi da ciascuno sostenuti. In caso di emanazione di un provvedimento dell'ente creditore che riconosce, in tutto o in parte, non dovute le somme iscritte a ruolo, al concessionario spetta un compenso per l'attività di esecuzione di tale provvedimento. Le spese di notifica della cartella di pagamento sono a carico del debitore nella misura di euro 5,56; tale importo può essere aggiornato con decreto ministeriale.

 

Il comma 23 consente alle società concessionarie partecipate da Riscossione Spa ai sensi del comma 7 di mantenere la propria iscrizione all’albo dei soggetti abilitati allo svolgimento delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali ciò. La permanenza nell'albo resta comunque subordinata al possesso dei requisiti previsti dalla legge a tale fine. Si ricorda che, per quanto riguarda Riscossione Spa, essa è iscritta di diritto all'albo suddetto secondo quanto previsto dal comma 6.

 

Il comma 24 dispone in merito al trasferimento ad altre società, da parte delle aziende concessionarie, del ramo d'azienda relativo alle attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali e alle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e altre entrate delle province e dei comuni. Per effetto di tale trasferimento, consentito sino al momento della cessione anche parziale del proprio capitale a Riscossione Spa da parte delle aziende concessionarie, le società acquirenti potranno gestire le suddette attività sino al 31 dicembre 2010. Condizione affinché ciò avvenga è che tali società posseggano i requisiti per l'iscrizione all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, dove in tal caso vengono iscritte di diritto. In tal caso, inoltre, la riscossione coattiva delle entrate degli enti locali è effettuata con la procedura indicata dal R.D. 14 aprile 1910, n. 639 (testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato) salvo che per i ruoli consegnati fino alla data del trasferimento, per i quali il rapporto con l'ente locale viene regolato dal D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112. Qualora la predetta attività di liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi locali non sia stata trasferita dalla società concessionaria ad altra società, essa viene gestita - ai sensi del comma 25 - da Riscossione Spa o dalla sue società partecipate fino al 31 dicembre 2010 (fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica e fatta salva, comunque, la possibilità di una diversa decisione dell’ente locale). Si precisa inoltre che fino alla stessa data potranno essere prorogati i contratti intercorsi fra gli enti locali e le società di cui al richiamato articolo 53 del D.Lgs. n. 446 del 1997.

Il comma 25-bis stabilisce che, fermo restando quanto previsto al comma 25, le società cessionarie del ramo d’azienda di cui al comma 24, lettera a), la Riscossione S.p.A. e le società partecipate da quest’ultima possono svolgere l’attività di riscossione delle entrate degli enti pubblici territoriali con le condizioni e i termini seguenti:

a)      soltanto a seguito di affidamento mediante procedure ad evidenza pubblica;

b)      dal 1º gennaio 2011.

Si prevede inoltre che, con riguardo agli enti pubblici territoriali, le altre attività di cui al comma 4, lettera b), numero 1 (riscossione spontanea, liquidazione e accertamento delle entrate, degli enti pubblici e delle loro società partecipate) possano essere svolte da Riscossione S.p.A. e dalle società da quest’ultima partecipate a decorrere dal 1º gennaio 2011, sempre nel rispetto di procedure di gara espletate con il metodo dell’evidenza pubblica.

 

Il comma 26 prende in considerazione le società concessionarie nelle quali Riscossione Spa non ha acquisito partecipazioni pari ad almeno il 51 per cento del capitale sociale, al fine di individuare il momento in cui andranno restituite le anticipazioni nette effettuate in dipendenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso. Tale termine viene individuato:

a)      nel decimo anno successivo a quello di riconoscimento dell'inesigibilità per le anticipazioni a favore dello Stato;

b)      nel ventesimo anno successivo a quello di riconoscimento dell'inesigibilità per le altre anticipazioni.

La norma risponde evidentemente ad una esigenza di chiusura del sistema, dal momento che il decreto-legge disciplina al comma 13 la restituzione delle anticipazioni nette effettuate in dipendenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso per le società acquisite da Riscossione Spa.

 

Ai sensi del comma 27, le disposizioni del presente articolo 3 riguardanti i concessionari della riscossione si applicano, in mancanza di diversa indicazione, anche ai commissari governativi incaricati provvisoriamente della riscossione.

 

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 12 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti previsti dalla legge che ne facciano domanda. Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio. L'incarico di commissario governativo ha una durata di un anno ed è rinnovabile una sola volta per un altro anno. Esso può essere revocato in ogni momento.

 

I commi 28 e 29 recano disposizioni di coordinamento ai fini del passaggio dell’attività di riscossione dalle attuali società concessionarie a Riscossione Spa e alle sue partecipate.

A tale proposito, al comma 28 viene anzitutto stabilito che, a decorrere dal 1° ottobre 2006, tutti i riferimenti normativi ai concessionari del servizio nazionale della riscossione dovranno intendersi riferiti a Riscossione Spa e alle sue partecipate. Inoltre Riscossione Spa e le sue partecipate si sostituiranno alle società concessionarie nell’assoggettamento agli obblighi di versamento previsti sia dall'articolo 9 del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, sia dall'articolo 23-decies, comma 6, del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355. Nulla è mutato invece quanto agli obblighi per l'anno 2005.

 

Si ricorda che il D.L. 28 marzo 1997, n. 79, ha stabilito, all'articolo 9, che i concessionari della riscossione, entro il 30 dicembre di ogni anno, versano il 33,6 per cento delle somme riscosse nell'anno precedente, a titolo di acconto sulle riscossioni a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo. Con decreto ministeriale, emanato annualmente, sono stabilite la ripartizione tra i concessionari dell'acconto sulla base di quanto riscosso nell'anno precedente dai servizi autonomi di cassa o dai concessionari nei rispettivi ambiti territoriali, le modalità di versamento, nonché ogni altra disposizione attuativa del presente articolo. In caso di mancato versamento dell'acconto nel termine previsto, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 56 a 60, relativi all'espropriazione della cauzione, del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43.

Il comma 6 dell'articolo 23-decies del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, ha invece stabilito che i concessionari o i commissari governativi della riscossione versano, entro il 30 dicembre 2004, l'acconto di cui all'articolo 9 del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, sopra citato, nella stessa misura fissata, per l'anno 2003. L'acconto è determinato con decreto ministeriale in modo che complessivamente garantisca maggiori entrate per il bilancio dello Stato pari a 79 milioni di euro per l'anno 2005, e a ulteriori 66 milioni di euro per l'anno 2006.

 

Con il comma 30 viene dettata una disposizione in materia di bilancio del Consorzio nazionale concessionari (di cui – si ricorda – il comma 15 dello stesso articolo 3 in esame ha disposto la trasformazione in società per azioni). Più precisamente viene stabilito che il presidente del consorzio debba provvedere, entro il 31 marzo 2006, all'approvazione del bilancio straordinario. Ai sensi dell'articolo 10, comma 2, lettera a), del D.P.R. n. 44 del 1988, tale bilancio straordinario, da sottoporre all'approvazione del Ministro delle finanze, serve per la determinazione delle attività del consorzio esistenti alla data di entrata in vigore della nuova disciplina del servizio della riscossione dei tributi.

 

Il comma 31 è diretto ad esonerare dall’obbligo di autorizzazione preventiva del Ministero dell'economia e delle finanze le acquisizioni di partecipazioni effettuate ai sensi del comma 7. Come si legge nella relazione illustrativa, dette acquisizioni sono esonerate dall'obbligo di preventiva autorizzazione in quanto funzionali al raggiungimento di un obiettivo espressamente posto dalla legge.

 

Si ricorda in proposito che, ai sensi dell'articolo 2, comma 4, del D.Lgs. n. 112 del 1999, i trasferimenti, per atto tra vivi, delle azioni delle società concessionarie, nonché le fusioni e le scissioni alle quali prendono parte tali società sono soggette, a pena di inefficacia, alla preventiva autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 32 dispone che nei confronti delle società concessionarie della riscossione acquisite da Riscossione Spa ai sensi del comma 7 non si applicano le norme in materia di vigilanza di cui all'articolo 5 del D.Lgs. n. 112 del 1999, trattandosi di società a maggioranza di capitale pubblico.

 

L'articolo 5 del suddetto D.Lgs. n. 112 del 1999 attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze la vigilanza sui concessionari della riscossione al fine di assicurare la regolarità, la tempestività, l'efficienza e l'efficacia del servizio della riscossione, fermi restando gli altri controlli. Nell'esercizio dell'attività di vigilanza il Ministero emana istruzioni e, per fini specifici, può impartire disposizioni ai concessionari. L'amministrazione finanziaria, inoltre, può effettuare controlli nei confronti dei concessionari, anche avvalendosi della Guardia di finanza e tramite ispezioni ed acquisizione di copie di atti e documenti.

 

In una logica di continuità nel passaggio al nuovo sistema di riscossione dei tributi, il comma 33 dispone in tema di residui di gestione. In particolare, viene stabilito che al passaggio dei residui di gestione derivante dal nuovo assetto della riscossione coattiva vadano applicate le disposizioni di cui agli articoli 14 e 16 del decreto legislativo n. 112 del 1999.

 

L'articolo 14 del decreto suddetto stabilisce che i residui di gestione riferiti alla gestione del commissario governativo o del concessionario cessato per motivi diversi dalla revoca e dalla decadenza sono trasmessi, unitamente alle entrate già affidate a tali soggetti e per le quali, alla data del cambiamento di gestione, non sia ancora scaduto il termine di pagamento, al subentrante concessionario o commissario governativo mediante appositi elenchi. Il successivo articolo 16 stabilisce che le modalità di compilazione e trasmissione degli elenchi dei residui di gestione sono definite con decreto ministeriale.

L'articolo 16 dispone altresì che, in tutte le ipotesi di cambiamento di gestione, il subentrante concessionario o commissario governativo continua, ove possibile, la procedura di riscossione già avviata dal cessato concessionario o commissario governativo, ovvero pone in riscossione i residui e le altre entrate ricevute in carico secondo la procedura prevista dal presente decreto. A tal fine la consegna dei residui è equiparata alla consegna dei ruoli e fino alla consegna sono interrotti una serie di termini che riprendono a decorrere dalla data di tale consegna. Su segnalazione dell'ente creditore, ed a spese del medesimo, il commissario governativo o il concessionario subentrante provvede alla interruzione dei termini di prescrizione.

 

Il comma 34 interviene, come già il precedente comma 11, sulle cauzioni che devono essere prestate dalle società concessionarie. In questo caso viene disposta l'inapplicabilità, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di quanto previsto dall'articolo 29 del decreto legislativo n. 112 del 1999 in materia di adeguamento e sostituzione della cauzione da parte dei concessionari. Per effetto di tale disposizione, pertanto, l'importo della cauzione prestata dai concessionari non sarà più modificabile. Secondo la relazione illustrativa, ciò serve ad evitare che in prossimità della chiusura dell’attuale sistema si modifichi la misura dell’obbligo di garanzia residuale posto a carico degli azionisti delle società concessionarie.

In deroga alle norme del comma 13, lettera c), del presente articolo 3 in materia di restituzione delle anticipazioni nette effettuate in dipendenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso dalle società concessionarie acquisite dalla Riscossione Spa, il comma 35 fa salve le convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, e dell'articolo 79, comma 5, della legge 21 novembre 2000, n. 342.

 

L'articolo 61 del decreto legislativo n. 112 del 1999 stabilisce che le disposizioni dell'articolo 60, commi 1, 2 e 3 (relative alla definizione delle domande di rimborso e discarico) possano essere applicate anche ai ruoli degli altri enti creditori (rispetto agli enti previdenziali), sulla base di apposita convenzione, nella quale viene determinata la percentuale delle anticipazioni da rimborsare. L'articolo 79, comma 5, della legge n. 342 del 2000 prevede anch'esso che le disposizioni relative alla definizione automatica delle domande di rimborso e di discarico per inesigibilità possono applicarsi ai ruoli degli enti creditori non previdenziali sulla base di apposita convenzione nella quale è determinata la percentuale delle anticipazioni da rimborsare.

2.  Modifiche al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112

Il comma 36 dell'articolo 3 del decreto-legge in esame apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

La lettera a), in particolare, ai numeri 1), 2) e 3), modifica l'articolo 18 del decreto suddetto, introducendo alcune disposizioni dirette ad ampliare i poteri degli agenti della riscossione in materia di accesso e trattamento dei dati personali, al fine di disporre di una maggiore efficacia nel contrasto all'evasione.

Con la modifica al comma 1 dell'articolo 18 del D.Lgs. n. 112/1999 il provvedimento interviene sulla disposizione che autorizza i concessionari, ai soli fini della riscossione mediante ruolo, ad accedere agli uffici pubblici, anche in via telematica, con facoltà di prendere visione e di estrarre copia degli atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo e dei coobbligati, nonché di ottenere, in carta libera, le relative certificazioni.

Per effetto della modifica apportata viene anzitutto consentita la consultazione gratuita dei dati rilevanti per i concessionari.

Inoltre, viene ampliato il potere di accesso dei concessionari, che mentre in precedenza potevano accedere agli atti riguardanti i beni dei debitori iscritti a ruolo, per effetto della modifica introdotta possono accedere gratuitamente a tutti i dati rilevanti ai fini della riscossione, anche se detenuti da uffici pubblici.

La modifica al comma 3 dell'articolo 18, che disciplina facoltà di accesso e cautele a tutela della riservatezza dei debitori, interviene sulla fonte di tale disciplina, che non sarà più un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze ma un decreto di natura non regolamentare (sempre sentito il Garante per la protezione dei dati personali).

 

La lettera b) del comma 36 modifica l'articolo 19 del D.Lgs. n. 112 del 1999.

In particolare, per effetto della modifica apportata alla lettera d-bis) del comma 2, viene precisato che la decadenza dei concessionari dal diritto al discarico per inesigibilità per mancato svolgimento delle procedure coattive suggerite dall’Amministrazione si verifica solo relativamente alle azioni esecutive e cautelari.

Tale intervento si giustifica, secondo la relazione illustrativa, in quanto per le altre azioni, come quelle conservative, appare opportuno riconoscere margini di autonomia al concessionario, vista l'aleatorietà delle valutazioni sull’effettiva convenienza dell’esperimento di tali azioni, nonché della circostanza che gli stessi concessionari non possono ottenere dall’ente creditore, in caso di inesigibilità, la ripetizione delle spese sostenute per intraprenderle.

 

La lettera c) del comma 36 interviene a modificare l'articolo 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999. In particolare, nell'ambito della disposizione in cui viene individuata la procedura di discarico per inesigibilità e reiscrizione nei ruoli, viene precisato che il controllo sulle comunicazioni di inesigibilità deve essere svolto a campione. L'individuazione dei criteri per l'effettuazione della campionatura vengono rimessi all'autonomia dei singoli enti impositori.

La disposizione appare indirizzata a migliorare l'efficacia dell'attività di controllo sulle domande di rimborso e discarico, escludendo la possibilità - almeno in teoria - di effettuare indagini concernenti l'intero universo di tali domande.

Per la relazione illustrativa l'innovazione è diretta ad evitare le disfunzioni che caratterizzavano l’applicazione delle norme prima della riforma del 1999 (D.P.R. n. 43 del 1988) quando, a causa dell’elevatissimo numero di domande e della copiosità dei documenti da esaminare, non poteva essere effettuato alcun controllo nonostante che fossero previste verifiche integrali.

 

Si ricorda che in merito alla procedura di discarico per inesigibilità, il previgente articolo 20 del D.Lgs. n. 112 del 1999 stabilisce che il competente ufficio del Ministero dell'economia e delle finanze per le entrate di sua competenza (ovvero l'ufficio indicato dall'ente creditore per le altre entrate) se, a seguito dell'attività di controllo sulla comunicazione di inesigibilità, ritiene che non siano state rispettate le disposizioni relative, notifica apposito atto al concessionario, che nei successivi trenta giorni può produrre osservazioni. Decorso tale termine il discarico è ammesso o rifiutato con un provvedimento a carattere definitivo.

In caso di diniego del discarico, il concessionario è tenuto a versare all'ente creditore, entro dieci giorni dalla notifica del relativo provvedimento, la somma, maggiorata degli interessi legali decorrenti dal termine ultimo previsto per la notifica della cartella, pari ad un quarto dell'importo iscritto a ruolo, ed alla totalità delle spese relative alle procedure esecutive, se rimborsate dall'ente creditore. Nel termine di novanta giorni dalla notificazione del provvedimento di cui sopra il concessionario può definire la controversia con il pagamento di metà dell'importo dovuto ovvero, se non procede alla definizione agevolata, può ricorrere nello stesso termine alla Corte dei conti.

Per le entrate tributarie dello Stato l'ufficio, qualora venga a conoscenza di nuovi elementi reddituali o patrimoniali riferibili allo stesso soggetto, può reiscrivere a ruolo le somme già discaricate, purché non sia decorso il termine di prescrizione decennale. Con decreto ministeriale, sentita la commissione consultiva, sono stabiliti i criteri per procedere alla reiscrizione, sulla base di valutazioni di economicità e delle esigenze operative. Per le altre entrate, ciascun ente creditore, nel rispetto dei propri àmbiti di competenza interna, determina i criteri sulla base dei quali i propri uffici provvedono alla reiscrizione delle quote discaricate.

 

La lettera c-bis) inserisce nel D.Lgs. n. 112 del 1999, all’articolo 42, dopo il comma 1, il nuovo comma 1-bis, a tenore del quale gli esami per conseguire l’abilitazione all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione sono indetti senza cadenze temporali predeterminate, sulla base di una valutazione delle effettive esigenze del sistema di riscossione coattiva dei crediti pubblici.

Attualmente, invece, gli esami per conseguire l'abilitazione all'esercizio delle funzioni di ufficiale di riscossione sono indetti con cadenza biennale.

 

Il richiamato articolo 42 del D.Lgs. n. 112 del 1999 prevede che gli ufficiali della riscossione sono nominati dal concessionario fra le persone che abbiano conseguito l’idoneità allo svolgimento delle funzioni con le modalità previste dalla legge 11 gennaio 1951, n. 56, e dalle altre norme vigenti; con il regolamento di cui all'articolo 31 della legge 8 maggio 1998, n. 146, nel rispetto dei criteri ivi indicati, sono individuati gli organi competenti al procedimento e stabilite le regole di svolgimento degli esami di abilitazione. La nomina può essere revocata dal concessionario in ogni momento. Il concessionario comunica la nomina alla competente direzione regionale delle entrate e consegna l'atto di nomina all'ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, è tenuto ad esibirlo quando ne è richiesto.

Con D.P.R. 23 novembre 2000, n. 402 è stato emanato il regolamento concernente modalità per il conseguimento della idoneità alle funzioni di ufficiale esattoriale in sostituzione di quelle previste dalla L. 11 gennaio 1951, n. 56, da emanarsi ai sensi dell'articolo 31 della L. 8 maggio 1998, n. 146.

In particolare, l’articolo 1 dispone che gli esami per conseguire l'abilitazione all'esercizio delle funzioni di ufficiale di riscossione sono indetti con cadenza biennale con decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

Il bando contiene il termine e le modalità di presentazione delle domande, nonché l'avviso per la determinazione del diario e la sede delle prove. Indica le materie oggetto delle prove attitudinali e orali, la votazione minima richiesta per l'ammissione alle prove orali e i requisiti soggettivi generali e particolari richiesti. Il bando, inoltre contiene la citazione della legge 10 aprile 1991, n. 125, che garantisce pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro.

Le prove d'esame si svolgono su base decentrata nelle città sedi delle prefetture. Nel decreto di cui al comma 1, è indicata la data del successivo avviso, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, con cui verrà data comunicazione del giorno, dell'ora, e delle sedi di svolgimento della prova attitudinale. Qualora il numero delle domande presentate in una sede d'esame sia inferiore a venti, le prove si svolgono nel capoluogo di regione.

 

Infine la lettera d) del comma 36 modifica l'articolo 59 del D.Lgs. n. 112 del 1999. Viene anzitutto abrogato il comma 4-bis dell'articolo 59 concernente la restituzione ai concessionari delle somme anticipate in dipendenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso. La soppressione si ricollega a quanto stabilito dai commi 13 e 26 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame, che hanno a loro volta disposto in materia di restituzione di tali anticipazioni.

Vengono quindi disposte due proroghe:

-        al comma 4-quater, viene prorogato al 30 giugno 2006 il termine per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati ai concessionari fino al 30 giugno 2003 (in precedenza era prevista la presentazione entro il 30 settembre 2005 delle comunicazioni relative ai ruoli consegnati fino al 31 dicembre 2002);

-        al comma 4-quinquies viene prorogato al 1º luglio 2006 (anziché dal 1º ottobre 2005) il termine entro cui gli enti creditori devono esaminare le predette comunicazioni di inesigibilità, decorso il quale le comunicazioni s’intendono approvate (silenzio-assenso).

3.  Compensi per l’attività di riscossione

Il comma 37 del presente articolo 3 modifica i commi 118 e 119 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) concernenti la materia dei compensi per l'attività di riscossione.

In particolare, viene estesa agli anni 2005 e 2006 la previsione (precedentemente riferita al solo anno 2004) di un importo complessivo da erogare ai concessionari del servizio nazionale della riscossione a titolo di remunerazione per il servizio svolto pari a 470 milioni di euro annui.

 

I commi 118 e 119 dell’articolo 4 della legge finanziaria per il 2004 hanno introdotto una disciplina transitoria, per l’anno 2004, in materia di compensi spettanti ai concessionari e ai commissari governativi della riscossione.

Il comma 118 ha determinato una nuova misura complessiva dei compensi per l’anno 2004, pari a 470 milioni di euro. Il predetto importo è da considerare sostitutivo sia dell’aggio, per i ruoli emessi da uffici statali, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 sia dell’aggio di cui all’articolo 12, comma 2, della legge n. 289 del 2002. L’ultimo periodo del comma 118 stabilisce che resta fermo l’aggio, a carico del debitore, previsto dall’articolo 17, comma 3, del D.Lgs. n. 112 del 1999 (ossia l'aggio sulle somme iscritte a ruolo riscosse è a carico del debitore in misura non superiore al 4,65 per cento della somma iscritta ed è dovuto soltanto in caso di mancato pagamento entro la scadenza della cartella di pagamento).

Si segnala che già in precedenza il regime della remunerazione spettante ai concessionari è stato oggetto di numerose modifiche.

 

La disciplina generale in materia di remunerazione ai concessionari per l’esercizio dell’attività di riscossione è contenuta nell’art. 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999. Il citato articolo 17 ha disposto che i compensi in argomento devono essere determinati in base ad una percentuale (aggio) da applicare alle somme iscritte a ruolo ed effettivamente riscosse. L’importo complessivo dell’aggio deve essere ripartito tra il debitore e l’ente creditore, in modo che la quota a carico del contribuente non sia superiore al 4,65% della somma iscritta a ruolo. Il citato articolo 17 rinvia a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze sia la definizione della misura dell'aggio, sia le modalità di erogazione dell'aggio per i ruoli emessi da uffici statali (mentre per gli altri ruoli l'aggio viene trattenuto dal concessionario all'atto del riversamento delle somme riscosse all'ente impositore). Si ricorda, peraltro, che l’articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997 stabilisce che, per quanto concerne la remunerazione ai concessionari, deve essere applicato il sistema dei compensi per le riscossioni basato sulle vecchie disposizioni di cui all’articolo 61, comma 3, lettera a), del D.P.R. n. 43 del 1988 istitutivo del servizio della riscossione. Si ricorda, a tal proposito, che il citato D.Lgs. n. 112 del 1999, all’articolo 68, ha abrogato il richiamato D.P.R. n. 43 del 1988, precisando comunque che tale abrogazione non opera limitatamente al rinvio contenuto nell'articolo 4, comma 1, ultimo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237. Le disposizioni di cui all’articolo 4 erano state introdotte in via transitoria fino al 31 dicembre 2001 (successivamente prorogato al 31 dicembre 2003), mentre le disposizioni a regime, con decorrenza dal 1° gennaio 2002 (successivamente differita al 1° gennaio 2004) erano contenute nell’articolo 4-bis del medesimo decreto n. 237 del 1997, introdotto dall’articolo 77 della legge n. 342 del 2000. L’articolo 4, comma 2-bis, del D.L. n. 209 del 2002 ha disposto ulteriori modifiche al D.Lgs. n. 237 del 1997 dirette ad introdurre a regime la disciplina contenuta nell'articolo 4 del medesimo decreto n. 237.

Si segnala, tuttavia, che, accanto alle richiamate discipline a regime, hanno trovato attuazione disposizioni transitorie specificamente previste per ciascuno degli anni interessati.

In particolare, il D.L. n. 138 del 2002 ha previsto una disciplina transitoria per gli anni 2002 e 2003, la quale abrogava e sostituiva una disciplina transitoria precedentemente disciplinata dal decreto legge n. 452 del 2001. Ai sensi dell’articolo 3 del citato D.L. n. 138 del 2002, in riferimento al biennio 2002-2003, la remunerazione spettante ai concessionari è composta da una indennità fissa, di importo pari a 370 milioni di euro per il 2002 e a 335 milioni di euro per il 2003, e da una indennità variabile, determinata applicando la percentuale di aggio vigente al 31 dicembre 2001 sulle somme effettivamente riscosse dal concessionario negli anni considerati. Inoltre, ai sensi dei commi 6 e 8 del medesimo articolo 3, la corresponsione della indennità variabile è subordinata al conseguimento di obiettivi minimi che consistono in una maggiore riscossione rispetto al 2001 pari a 520 milioni di euro nel 2002 e 1.040 milioni di euro nel 2003. In particolare, se il concessionario realizza l’obiettivo richiesto, la percentuale dell’aggio viene incrementata del 50 per cento, se, invece, non realizza gli obiettivi per il 2003 viene applicata una penalizzazione la cui misura dipende dallo scostamento tra la riscossione realizzata e l’obiettivo fissato. Successivamente l’articolo 3 del D.L. n. 143 del 2003 ha introdotto una ulteriore disposizione transitoria per il 2003, in sostituzione della precedente. In particolare, la nuova misura dei compensi per l’anno 2003 è stata fissata in 550 milioni di euro. Il predetto importo è stato introdotto in sostituzione sia delle indennità fisse e variabili di cui al D.L. n. 138 del 2002 sia dell’aggio di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, spettanti ai concessionari.

 

Al riguardo, si rileva che, mentre nelle precedenti disposizioni, introdotte in via transitoria, i compensi determinati rappresentavano la “remunerazione per il servizio svolto”, con il comma 118 si è precisato che i compensi sono corrisposti quale remunerazione per il servizio svolto “per i ruoli emessi da uffici statali”.

Il previgente comma 119 ha rimesso a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro il 30 luglio 2004, la determinazione della ripartizione dell’indennità di cui al comma 118 tra i concessionari e i commissari governativi.

Secondo la relazione illustrativa al presente provvedimento, la disposizione trova giustificazione nella permanenza, anche negli anni 2005 e 2006, di uno scenario operativo di riferimento ancora fortemente influenzato dagli esiti della definizione agevolata introdotta dalla legge n. 289/2002, che aveva indotto il legislatore a prevedere uno speciale regime di remunerazione delle aziende concessionarie, svincolato dal volume delle somme riscosse. Da qui la necessità di riconsiderare per gli anni 2005 e 2006 le aspettative sui volumi di riscossione ricavabili dall’attività di recupero coattivo delle somme iscritte a ruolo, cui, a legislazione vigente, sarebbe esclusivamente correlata la remunerazione dei concessionari.

Secondo il Governo la norma è quindi diretta a sostenere l’equilibrio economico e la copertura dei costi, in gran parte relativi al personale, delle aziende concessionarie, anche alla luce della proroga al 31 dicembre 2006 della scadenza delle attuali concessioni (articolo 1, comma 427, legge n. 311/2004), che presupporrebbe un quadro di stabilità per le società coinvolte.

4.  Modifica dei termini della sanatoria relativa all’attività di riscossione

Il comma 38 dell'articolo 3 in esame interviene in ordine all'articolo 1, commi 426 e 426-bis, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005): specificamente, vengono modificati i termini previsti dai commi suddetti relativi alla sanatoria delle irregolarità compiute dalle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione.

Più in dettaglio, la lettera a) del comma 38 interviene sul comma 426 spostando dal 20 novembre 2004 al 30 giugno 2005 il limite temporale entro il quale le predette irregolarità devono essere state compiute per poter essere sanate.

 

Si ricorda che il previgente comma 426 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (come da ultimo modificato dall'articolo 4 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35) dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli) debba essere egualmente effettuato mediante ruolo.

Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999 si prevede la facoltà di sanare le responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 20 novembre 2004

Per usufruire di tale sanatoria – ammessa limitatamente alle irregolarità compiute sino al 20 novembre 2004 – è necessario versare un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell'àmbito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004. L'adesione alla sanatoria, le cui concrete modalità applicative dovranno essere stabilite con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, non incide comunque su eventuali responsabilità penali.

Il pagamento dell'importo richiesto per la sanatoria, come sopra determinato, viene effettuato in tre rate:

-        la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005.

Questo termine viene ora differito dall’articolo 2, comma 14-sexies del presente decreto-legge, secondo cui il versamento dev’essere effettuato entro il decimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale che disciplina le modalità di attuazione della sanatoria, e comunque entro il 20 dicembre 2005.

-        la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006;

-        la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 e il 31 dicembre 2006.

 

La lettera b) apporta una serie di modifiche al comma 426-bis dell'articolo 1 della legge n. 311/2004, in materia di comunicazioni di inesigibilità. In particolare vengono apportate una serie di variazioni, conseguenti allo slittamento dei termini della sanatoria di cui al comma 426 al 30 giugno 2005 (vedi supra), nonché all’anticipazione della data di cessazione del sistema di gestione in concessione dell’attività di riscossione coattiva al 30 settembre 2006 (vedi infra la lettera d) dello stesso comma 38 in esame).

 

Il comma 426-bis dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004, aggiunto dall'articolo 4 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, stabilisce che in caso di adesione alla sanatoria prevista dal comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse.

Nel medesimo caso, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 settembre 2003 (anziché entro il 30 ottobre 2003 come nel testo previgente) possono essere presentate entro il 30 settembre 2006 (anziché entro il 30 ottobre 2006).

Per tali comunicazioni il termine previsto dall’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 112 del 1999 decorre dal 1° ottobre 2006 (e non più dal 1° novembre 2006).

In proposito, il richiamato comma 3 dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 112/1999, recante la disciplina del discarico per inesigibilità, stabilisce che decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario è automaticamente discaricato; contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali i crediti erariali corrispondenti alle quote discaricate.

 

Con la lettera c) viene aggiunto il comma 426-ter all'articolo 1 della legge n. 311/2004, con cui viene stabilito che le somme versate per l’adesione alla sanatoria di cui al comma 426 rilevano, nella misura del 50 per cento, ai fini della determinazione del reddito delle società che provvedono al versamento.

Secondo la relazione illustrativa del Governo, la misura delle somme rilevanti per la determinazione del reddito delle società viene definita forfetariamente in considerazione dell’impossibilità di individuare la quota di tali somme che è imputabile, anziché alla sanatoria, alla definizione agevolata degli effetti patrimoniali di eventuali dinieghi del discarico per inesigibilità e, quindi, di pagamenti che rileverebbero comunque ai fini delle imposte sul reddito.

 

Da ultimo, la lettera d) del comma 38 modifica il comma 427 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004. In particolare essa interviene sulla norma che ha prorogato la durata delle concessioni del servizio di riscossione, al fine di farne cessare gli effetti al 30 settembre 2006 (anziché al 31 dicembre 2006 come nel testo previgente).

Si tratta di una disposizione che appare coerente con il comma 1 dell’articolo 3 in esame, che ha disposto la soppressione, a decorrere dal 1º ottobre 2006, del sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione.

Il successivo comma 39 interviene sull’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 17 giugno 2005, n. 106, al fine di prorogare al 29 dicembre 2005 il termine (già previsto al 30 settembre 2005) per il pagamento della prima rata della sanatoria di cui al comma 426 della legge n. 311 del 2004 sopra esposto.

 

Si segnala che l’articolo 2, comma 14-sexies, del presente decreto dispone una diversa proroga del medesimo termine, prevedendo che la prima rata sia versata entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale che disciplina l’attuazione della sanatoria, e comunque entro il 20 dicembre 2005.

5.  Modifiche alla disciplina della riscossione mediante ruolo

Il comma 40 dell'articolo in esame introduce due nuovi articoli nel decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) concernenti la disciplina della riscossione mediante ruolo.

Nel dettaglio, con la lettera a) del comma 40 viene introdotto nel D.P.R. n. 602 del 1973 l’articolo 47-bis il quale stabilisce, al comma 1, che le visure ipotecarie e catastali necessarie nell’ambito dell’attività di esecuzione immobiliare siano rilasciate gratuitamente da parte dei competenti uffici dell’Agenzia del territorio.

Si prescrive, inoltre, che tali uffici possono svolgere gratuitamente anche le attività di cui all'articolo 79, comma 2 (perizie sui terreni da espropriare per i quali gli strumenti urbanistici prevedano la destinazione edificatoria).

 

Il comma 2 dell'articolo 79 del D.P.R. n. 602 del 1973 citato stabilisce che se non è possibile determinare il prezzo base dell'incanto in modo diverso, il concessionario richiede l'attribuzione della rendita catastale del bene stesso al competente ufficio del territorio, che provvede entro centoventi giorni; se si tratta di terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria, il prezzo è stabilito con perizia dell'ufficio del territorio.

 

Si segnala che, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del Governo, la prevista gratuità delle visure e delle perizie dell’Agenzia del territorio non dovrebbe comportare alcun effetto finanziario per il bilancio dello Stato, in quanto, in caso di inesigibilità, le somme anticipate dagli agenti della riscossione per sostenere gli oneri oggi previsti per le attività in parola sono rimborsate agli stessi a carico dell’erario.

 

Il comma 2 dell'articolo 47-bis introdotto dalla norma in esame provvede invece a stabilire un’imposta di registro in misura fissa di 10 euro sui trasferimenti coattivi di beni mobili non registrati effettuati nell’ambito della riscossione mediante ruolo la cui vendita è a cura dei concessionari.

 


Articolo 3, commi 29 e 36, lettera a), n. 3)
(Tutela dei dati personali da parte di Riscossione S.p.A. e delle società da questa partecipate)

 


29. Ai fini di cui al capo II del titolo III della parte I del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la Riscossione S.p.a. e le società dalla stessa partecipate ai sensi del comma 7 sono equiparate ai soggetti pubblici; ad esse si applicano altresì le disposizioni previste dall’articolo 66 dello stesso decreto legislativo n. 196 del 2003.

omissis

36. Al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nell’articolo 18:

omissis

       3) dopo il comma 3, è aggiunto, in fine, il seguente: «3-bis. I concessionari possono procedere a trattamento dei dati acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 senza rendere l’informativa di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196»;


 

 

La disposizione di cui al comma 29 interviene per disciplinare gli effetti in materia di riservatezza dei dati personali del passaggio dell’attività di riscossione a Riscossione Spa ed alle sue partecipate.

Più precisamente viene stabilita l'equiparazione di Riscossione S.p.a. (e delle società da questa partecipate) ai soggetti pubblici ai fini dell'applicazione del capo II del titolo III della parte I del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali). Si tratta degli articoli da 18 a 22 del decreto legislativo n. 196 che dettano i principi applicabili a tutti i trattamenti effettuati da soggetti pubblici, anche di dati sensibili e giudiziari.

A Riscossione S.p.a. e sue partecipate, inoltre, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 66 dello stesso decreto legislativo n. 196/2003, che dispone in materia tributaria e doganale. In particolare esso stabilisce che si considerano di rilevante interesse pubblico le attività dei soggetti pubblici dirette all'applicazione, anche tramite i loro concessionari, delle disposizioni in materia di tributi, in relazione ai contribuenti, ai sostituti e ai responsabili di imposta, nonché in materia di deduzioni e detrazioni e per l'applicazione delle disposizioni la cui esecuzione è affidata alle dogane. Si considerano inoltre di rilevante interesse pubblico le attività dirette, in materia di imposte, alla prevenzione e repressione delle violazioni degli obblighi e alla adozione dei provvedimenti previsti da leggi, regolamenti o dalla normativa comunitaria, nonché al controllo e alla esecuzione forzata dell'esatto adempimento di tali obblighi, alla effettuazione dei rimborsi, alla destinazione di quote d'imposta, e quelle dirette alla gestione ed alienazione di immobili statali, all'inventano e alla qualificazione degli immobili e alla conservazione dei registri immobiliari.

Il comma 36 dell'articolo 3 del decreto-legge in esame apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112. La lettera a), in generale, modifica l'articolo 18 del decreto suddetto, introducendo alcune disposizioni dirette ad ampliare i poteri degli agenti della riscossione in materia di accesso e trattamento dei dati personali, al fine di disporre di una maggiore efficacia nel contrasto all'evasione.

Più in particolare, il n. 3) della lettera a) aggiunge il comma 3-bis all’articolo 18 del decreto legislativo n. 112/1999, nel quale si prevede che i concessionari possano procedere a trattamento dei dati acquisiti ai sensi dei commi 1 e 2 senza rendere l’informativa di cui all’articolo 13 del D.Lgs. n. 196/2003 (Codice in materia di protezione dei dati personali).

 

L'articolo 13 citato stabilisce che l'interessato o la persona presso la quale sono raccolti i dati personali debbano essere previamente informati oralmente o per iscritto circa:

a)       le finalità e le modalità del trattamento cui sono destinati i dati;

b)       la natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati;

c)       le conseguenze di un eventuale rifiuto di rispondere;

d)       i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati personali possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di responsabili o incaricati, e l'àmbito di diffusione dei dati medesimi;

e)       i diritti di accesso;

f)         gli estremi identificativi del titolare e, se designati, del rappresentante nel territorio dello Stato e del responsabile.

 

L'esclusione dell'obbligo di informativa comporta pertanto che il concessionario può trattare i dati concernenti i debitori senza dovere comunicare a questi ultimi le informazioni di cui all'articolo 13 del D.Lgs. n. 196/2003.


Articolo 3, comma 29-bis
(Riscossione effettuata sul territorio della regione Sicilia)

 

29-bis. Nel territorio della Regione siciliana, relativamente alle entrate non spettanti a quest’ultima, le funzioni di cui al comma 1 sono svolte dall’Agenzia delle entrate mediante la Riscossione S.p.a. ovvero altra società per azioni a maggioranza pubblica, che, con riferimento alle predette entrate, opera con i medesimi diritti ed obblighi previsti per la stessa Riscossione S.p.a.

 

 

Il comma 29-bis dell’articolo 3 specifica che nel territorio della Regione siciliana, con riguardo alle entrate non spettanti a quest’ultima, le funzioni relative alla riscossione sono svolte dall’Agenzia delle entrate mediante la Riscossione S.p.A. ovvero altra società per azioni a maggioranza pubblica.

Con riferimento alle predette entrate, nel territorio siciliano la Riscossione S.p.A. ovvero l’altra società del tipo sopra indicato opera con i medesimi diritti e obblighi previsti per la stessa Riscossione S.p.A.

 

La norma appare volta a chiarire il riparto fra Stato e Regione siciliana delle potestà in tema di riscossione tributaria, che ha dato adito, di recente, a controversie giurisdizionali.

Spettano infatti alla regione Sicilia i tributi erariali il cui presupposto d’imposta si determina nel territorio della Regione. Così dispongono l’articolo 36, primo comma, e l’articolo 37 dello statuto speciale siciliano (R.D.Lgs. 15 giugno 1946, n. 455). Il secondo comma dell’articolo 36 riserva però allo Stato “le imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto”.

Le norme di attuazione (D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, art. 8, terzo comma) specificano poi che la Regione può provvedere direttamente o mediante concessioni “alla esazione” delle entrate che le spettano, siano esse entrate di natura tributaria o entrate provenienti da altro titolo.

Nel territorio della regione Sicilia residua pertanto allo Stato la riscossione dei tributi e di altre entrate che non spettano alla Regione siciliana: tributi erariali e tributi che spettano ad altri enti (significativamente, agli enti locali), o entrate di altra natura che non sono riscosse direttamente dai soggetti che ne sono titolari.

 

Talune modalità di pagamento e riscossione delle imposte cumulano entrate spettanti alla Regione con entrate dovute allo Stato o ad altro ente. Per questo e per semplificare il sistema di riscossione affluiscono allo Stato e alla Regione entrate spettanti all’altro soggetto. Le compensazioni a carico del bilancio dello Stato – prevalentemente per tributi spettanti alla Regione riscossi fuori del territorio regionale – sono effettuate tramite apposite regolazioni debitorie (Tab. 02, u.p.b. 4.1.2.9., cap. 2763).

 

Si può ricordare, al riguardo, che con ricorso per conflitto di attribuzione, notificato in data 16 giugno 2001, la Regione Siciliana ha impugnato, chiedendone il parziale annullamento, la Convenzione per l’esercizio 2001, stipulata tra il Ministro delle finanze e l’Agenzia delle entrate in data 14 marzo 2001, per violazione delle attribuzioni regionali in materia finanziaria, di cui all’art. 36 dello Statuto speciale della Regione Siciliana (R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2), e al D.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello statuto della Regione siciliana in materia finanziaria), nonché del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 97 della Costituzione).

Nel merito, la Regione, reclamando la titolarità della potestà amministrativa in materia di riscossione dei tributi erariali di propria spettanza, lamentava che la citata Convenzione, stipulata tra il Ministro delle finanze e l’Agenzia delle entrate, attribuirebbe a detta Agenzia ogni funzione gestionale in materia di riscossione "senza una espressa esclusione di ciò che attiene alla riscossione dei tributi" di competenza della Regione Siciliana, in violazione delle attribuzioni regionali in materia finanziaria di cui all’art. 36 del R.D.Lgs. n. 455 del 1946 e al D.P.R. n. 1074 del 1965, sicché la Regione sarebbe esautorata della potestà di emanare direttive sui criteri della gestione in materia di riscossione. Tale violazione risulterebbe dimostrata anche dalla nota dell’Agenzia delle entrate, prot. n. 2001/35181, del 27 marzo 2001, secondo la quale i poteri regionali in materia di riscossione sarebbero ricompresi tra le attribuzioni assegnate all’Agenzia stessa.

La Regione aggiungeva che la mancata acquisizione dell’intesa, in sede di predisposizione della citata Convenzione tra Ministro delle finanze e Agenzia delle entrate, comporterebbe altresì violazione del principio di leale collaborazione (artt. 5 e 97 della Costituzione).

La Corte costituzionale, con sentenza 28 luglio 2004, n. 288 (Pres. Onida, red. Maddalena) ha ritenuto il conflitto inammissibile, considerando che la citata Convenzione, stipulata ai sensi dell’art. 59, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), non è idonea a produrre lesione della sfera di competenza costituzionale della ricorrente, in quanto essa disciplina i rapporti tra il Ministro e l’Agenzia, senza alcun riferimento alle competenze regionali, né contiene alcun profilo che in qualche modo possa dar luogo ad una compressione dei poteri regionali in materia di riscossione dei tributi.

Resta certo, peraltro, che la Regione può avvalersi, per l’attività di riscossione dei tributi di propria spettanza, degli uffici della Direzione regionale di detta Agenzia, così, come per il passato, si era avvalsa degli uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria dello Stato. D’altra parte non può ritenersi pregiudicata la possibilità di pervenire ad una intesa tra Regione ed Agenzia delle entrate, come peraltro è successivamente avvenuto con la stipula del protocollo in data 31 luglio 2003, relativo all’individuazione delle attività di riscossione dei tributi di spettanza regionale.


Articolo 3, comma 40, lettere b) - b-ter)
(Procedure di espropriazione forzata)

 


40. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

omissis

b) dopo l’articolo 72, è inserito il seguente: «72-bis. - (Espropriazione del quinto dello stipendio e di altri emolumenti connessi ai rapporti di lavoro). – 1. L’atto di pignoramento del quinto dello stipendio contiene, in luogo della citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, n. 4), del codice di procedura civile, l’ordine al datore di lavoro di pagare direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per il quale si procede e fermo restando quanto previsto dall’articolo 545, commi quarto, quinto e sesto dello stesso codice di procedura civile:

       a) nel termine di quindici giorni dalla notifica del predetto atto, il quinto degli stipendi non corrisposti per i quali, sia maturato, anteriormente alla data di tale notifica, il diritto alla percezione;

       b) alle rispettive scadenze, il quinto degli stipendi da corrispondere e delle somme dovute a seguito della cessazione del rapporto di lavoro».

b-bis) all’articolo 76, comma 1, le parole: “tre milioni di lire“ sono sostituite dalle seguenti: “ottomila euro“;

b-ter) all’articolo 85:

       1) al comma 2, secondo periodo, le parole: “dell’eventuale conguaglio“ sono sostituite dalle seguenti: “del prezzo per il quale è stata disposta l’assegnazione“;

       2) al comma 3, primo periodo, le parole: “dell’eventuale conguaglio“ sono sostituite dalle seguenti: “del prezzo di assegnazione“;


 

 

Il comma 40 dell'articolo in esame apporta modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).

 

In particolare, la lettera b)del comma 40 introduce nel DPR n. 602/1973 l’articolo 72-bis concernente l'espropriazione del quinto dello stipendio e di altri emolumenti connessi ai rapporti di lavoro.

In sintesi, per effetto del nuovo articolo viene estesa all’espropriazione del quinto degli stipendi la procedura esecutiva semplificata già prevista dall'articolo 72 per il pignoramento di fitti o pigioni. La disposizione sarebbe finalizzata anche a deflazionare i procedimenti giurisdizionali civili aventi ad oggetto i pignoramenti presso terzi.

Più in dettaglio la norma dispone che l’atto di pignoramento del quinto dello stipendio deve contenere l’ordine al datore di lavoro di pagare direttamente al concessionario e fino a concorrenza del credito per il quale si procede.

In tal caso l'atto di pignoramento non contiene la citazione di cui all’articolo 543, secondo comma, n. 4), del codice di procedura civile, ossia la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell'esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione di cui all'articolo 547 e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori.

L'ordine di pagare contenuto nell'atto di pignoramento riguarda:

-       nel termine di quindici giorni dalla notifica del predetto atto, il quinto degli stipendi non corrisposti per i quali sia maturato il diritto alla percezione anteriormente alla data di tale notifica;

-       alle rispettive scadenze, il quinto degli stipendi da corrispondere e delle somme dovute a seguito della cessazione del rapporto di lavoro.

 

Attraverso l’approvazione da parte del Senato dell’emendamento 1.1000 (Governo) sono state aggiunte al comma 40 due ulteriori lettere finalizzate ad intervenire sulla disciplina dell’espropriazione immobiliare contenuta nel DPR n. 602.

 

Attualmente, la procedura di espropriazione immobiliare è disciplinata dagli articoli da 76 a 85 del DPR n. 602 del 1973 e presenta le seguenti caratteristiche:

-        il concessionario può attivare la procedura se l’importo complessivo del credito per cui procede supera 1.549 euro (art. 76);

-        il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede. Se il debito non viene estinto nei successivi sei mesi si procede all’espropriazione (art. 77) che si avvia attraverso il pignoramento del bene (art. 78);

-        fissato il prezzo base per l’incanto (in base al DPR n. 131/1986) il concessionario presta la cauzione pari al 10% del prezzo stesso (art. 79) e viene pubblicato e notificato l’avviso di vendita (art. 80);

-        in caso di esito negativo del primo incanto si procede una seconda e una terza volta, ribassando in entrambi i casi di 1/3 il prezzo di vendita rispetto all’incanto precedente (art. 81); viceversa, in caso di esito positivo dell’incanto, l’aggiudicatario ha 30 giorni di tempo per versare il prezzo (art. 82). Le somme ricavate saranno distribuite tra il concessionario e gli altri creditori eventualmente intervenuti (artt. 83 e 84);

-        laddove invece anche il terzo incanto abbia dato esito negativo, il concessionario può chiedere al giudice dell'esecuzione l'assegnazione dell'immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell'esecuzione gli atti del procedimento. Il giudice dispone quindi l'assegnazione dell’immobile allo Stato e trascorsi almeno sei mesi dovrà essere versato l'eventuale conguaglio. Laddove tale versamento non venga effettuato, il processo esecutivo si estingue a meno che il concessionario non dichiari di voler procedere a un ulteriore incanto per un prezzo base inferiore di un terzo rispetto a quello dell'ultimo incanto. Se anche tale ultimo incanto da esito negativo il processo esecutivo si estingue (art. 85).

 

La lettera b-bis)interviene sull’articolo 76 del DPR n. 602 del 1973 per portare da 3 milioni di lire a 8.000 euro l'importo complessivo del credito tale da consentire al concessionario di procedere all'espropriazione immobiliare. Resta confermata la previsione del comma 1 dell’articolo 76 in forza della quale tale importo può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze.

 

La successiva lettera b-ter)interviene invece sull’articolo 85 del DPR n. 602/1973, concernente l’assegnazione dell’immobile allo Stato in caso di esito negativo dell’incanto. Le modifiche apportate dal Senato sono volte a sostituire ogni riferimento all’eventuale conguaglio con quello al prezzo per il quale è stata disposta l’assegnazione.

Si tratta di modifiche attraverso le quali viene recepita un’interpretazione della disposizione già consolidata nella prassi (cfr. Circolare dell’Amministrazione delle entrate n. 53/E del 6 ottobre 2003, Istruzioni operative relative alla procedura di assegnazione di immobili allo Stato, ai sensi dell'art. 85 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), in base alla quale l’assegnatario procede al pagamento del prezzo di assegnazione, informandone il concessionario. A seguito del versamento del prezzo di assegnazione, il giudice può, così, emanare, ai sensi dell'art. 586 del codice di procedura civile, il decreto di trasferimento dell'immobile allo Stato.


Articolo 3, comma 41
(Trasmissione dati del pubblico registro automobilistico)

 


41. Le disposizioni dell’articolo 86 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si interpretano nel senso che, fino all’emanazione del decreto previsto dal comma 4 dello stesso articolo, il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel decreto del Ministro delle finanze 7 settembre 1998, n. 503.


 

 

Il comma in esame reca una norma di interpretazione autentica dell’articolo 86 del DPR 602/1973[45], relativo al fermo dei beni mobili registrati.

 

L’articolo 86 citato dispone in materia di beni mobili registrati, prevedendo al comma 1 che - decorso inutilmente il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, dopo il quale, ai sensi dell’articolo 50, comma 1 del medesimo DPR il concessionario può procedere ad espropriazione forzata - il concessionario possa disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in pubblici registri, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza.

Il fermo (comma 2) si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede.

Il comma 3 prevede che a colui che circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo si applichino le sanzioni previste dall’articolo 214, comma 8, del codice della strada 3 [46].

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e dei lavori pubblici, le modalità, i termini e le procedure per l'attuazione di quanto previsto dall’articolo 86 medesimo.

 

La norma di interpretazione autentica recata dal comma in esame stabilisce che - fino all’emanazione del decreto attuativo previsto dal richiamato comma 4 dell’articolo 86 - il fermo può essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nel rispetto delle disposizioni, relative alle modalità di iscrizione e di cancellazione ed agli effetti dello stesso, contenute nel D.M. 7 settembre 1998, n. 503 del Ministro delle finanze.

 

Con il DM citato, emanato in attuazione dell’articolo 91-bis del DPR 602/1973, è stato approvato il regolamento recante norme in materia di fermo amministrativo dei veicoli a motore e degli aliscafi. In particolare in merito all’iscrizione l’articolo 4 del DM prevede che entro venti giorni dalla ricezione della richiesta di emanazione del fermo, la direzione regionale delle entrate emetta in duplice copia il relativo provvedimento consegnandone una al concessionario, che, entro sessanta giorni da tale consegna, esegue il fermo mediante iscrizione, anche in via telematica o mediante scambio di supporti magnetici, al PRA dandone comunicazione al contribuente entro cinque giorni dall'esecuzione del fermo. L'iscrizione contiene l'indicazione del concessionario procedente e gli estremi del provvedimento di fermo emesso dalla direzione regionale delle entrate.

Se l'iscrizione del fermo è stata eseguita in via telematica è autorizzata la conservazione dei dati relativi all'iscrizione del fermo unicamente su supporto magnetico. Le spese di notifica della comunicazione e quelle di iscrizione del fermo sono a carico del contribuente; in caso di infruttuosità delle procedure esecutive, l'ufficio o l'ente impositore rimborsa al concessionario il cinquanta per cento delle spese di notifica.

Quanto alla cancellazione l’articolo 6 prevede che in caso di integrale pagamento delle somme dovute e delle spese di notifica, il concessionario entro venti giorni dal pagamento ne dà comunicazione alla competente direzione regionale delle entrate, che nei successivi venti giorni emette un provvedimento di revoca del fermo inviandolo al contribuente.

La cancellazione dell'iscrizione del fermo dei veicoli a motore del PRA viene effettuata a cura del contribuente, previa esibizione del provvedimento di revoca del fermo e dietro versamento all'ACI sia delle spese di iscrizione che di quelle di cancellazione

In caso di sgravio totale per indebito e nel caso di annullamento a causa di vendita del veicolo in data anteriore all’iscrizione del fermo, la direzione regionale delle entrate provvede d'ufficio a curare la cancellazione gratuita dell'iscrizione del fermo al PRA; in tal caso non è dovuta all'ACI alcuna somma a titolo di spese di iscrizione del fermo.

Se il veicolo a motore sottoposto a fermo non viene reperito, il concessionario può presentare la domanda dì rimborso o di discarico per inesigibilità, fermo restando l'obbligo di procedere all'esecuzione sul mezzo se quest'ultimo viene reperito e sottoposto a custodia dopo la presentazione della domanda.

 


Articolo 3, comma 41-bis
(Gratuità della fornitura di dati)

 


41-bis. All’articolo 7, comma 3, della legge 9 luglio 1990, n. 187, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “È comunque gratuita, anche se effettuata mediante sup­porto informatico o tramite collegamento telematico, qualunque fornitura di dati agli organi costituzionali, agli organi giurisdizionali, di polizia e militari, alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e alle agenzie fiscali, nonché, limitatamente ai casi in cui l’erogazione si renda necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività affidata in concessione, ai concessionari del servizio nazionale della riscossione; su tali forniture non è dovuto all’Automobile Club d’Italia (ACI) alcun rimborso dei costi sostenuti per il collegamento telematico.".


 

 

Il comma 41-bisdell’articolo 3 prevede il carattere gratuito di qualunque fornitura di dati da parte degli uffici del pubblico registro automobilistico a organi costituzionali e della pubblica amministrazione nonché ai concessionari del servizio nazionale della riscossione (dal 1° ottobre 2006: Riscossione Spa, secondo quanto previsto dal precedente comma 28), nei casi in cui l’erogazione si renda necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività affidata in concessione.

Nel dettaglio, la norma in esame aggiunge all’articolo 7, comma 3, della legge 9 luglio 1990, n. 187, un periodo a tenore del quale è prevista la gratuità di qualunque fornitura di dati, anche se effettuata mediante supporto informatico o tramite collegamento telematico, ai seguenti soggetti:

a)      organi costituzionali;

b)      organi giurisdizionali, di polizia e militari;

c)      amministrazioni centrali e periferiche dello Stato;

d)      Agenzie fiscali;

e)      concessionari del servizio nazionale della riscossione, limitatamente ai casi in cui l’erogazione si renda necessaria ai fini dello svolgimento dell’attività affidata in concessione.

 

La disposizione qui illustrata precisa altresì che per tali forniture di dati non è dovuto all’Automobile Club d’Italia alcun rimborso dei costi sostenuti per il collegamento telematico.

 

Si può ricordare che, ai sensi dell’articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, recante norme in materia di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico, i servizi delle conservatorie dei registri del pubblico registro automobilistico sono meccanizzati mediante l'uso di elaboratori elettronici. A tal fine presso l'Automobile club d'Italia è istituito un archivio magnetico centrale contenente le informazioni di carattere tecnico e giuridico relative ai veicoli.

Gli uffici del pubblico registro automobilistico rilasciano, al momento della prima iscrizione del veicolo e di ogni altra successiva formalità il certificato di proprietà attestante lo stato giuridico del medesimo.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sono determinate le modalità e le procedure concernenti il funzionamento degli uffici del pubblico registro automobilistico, la tenuta degli archivi, la conservazione della documentazione prescritta, la elaborazione e fornitura dei dati e delle statistiche dei veicoli iscritti, la forma, il contenuto e le modalità di utilizzo della modulistica occorrente per il funzionamento degli uffici medesimi, nonché i tempi di attuazione delle nuove procedure.

 

Con riguardo alla disposizione in esame, si rileva che ai sensi dell’articolo 22, comma 1, del D.M. 2 ottobre 1992, n. 514 (Regolamento sulle modalità e le procedure concernenti il funzionamento degli uffici del pubblico registro automobilistico, la tenuta degli archivi, la conservazione della documentazione prescritta, la elaborazione e fornitura dei dati e delle statistiche dei veicoli iscritti, la forma, il contenuto e le modalità di utilizzo della modulistica occorrente per il funzionamento degli uffici medesimi, nonché i tempi di attuazione delle nuove procedure, in attuazione dell'art. 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187), a mezzo del Sistema informativo centrale dell'A.C.I. sono eseguite le ispezioni, dirette a conoscere lo stato giuridico attuale di un veicolo, a fronte di richieste su base reale presentate da chiunque.

Il comma 2 dell’articolo 22 specifica che le richieste di dati su veicoli avanzate, anche su base personale, da organi costituzionali, giurisdizionali, di polizia e militari, nonché dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, sono evase gratuitamente.

Il comma 3 prevede che dati e statistiche possono essere forniti dal Sistema informativo centrale dell'ACI, oltre che all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), a categorie di soggetti per le quali il Ministero delle finanze riconosca la sussistenza di un interesse rilevante alla loro cognizione. In tale ultimo caso l'A.C.I. procede alla fornitura dei predetti dati e statistiche in base ad apposita convenzione.


Articolo 3, comma 42
(Pagamento dell’imposta di bollo con modalità telematiche)

 

42. All’articolo 39, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, dopo le parole: “rivenditori di generi di monopolio,“ sono inserite le seguenti: “nonché presso“.

 

 

Il comma 42 dell'articolo 3 in esame modifica l’articolo 39, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo) in materia di vendita al pubblico di valori bollati.

Il richiamato articolo 39, in tema di distribuzione, vendita al pubblico e aggio di valori bollati, stabilisce al comma 1 che la vendita al pubblico dei valori bollati può farsi soltanto dalle persone e dagli uffici autorizzati con apposito decreto dell'intendente di finanza.

Il pagamento con modalità telematiche può essere eseguito:

a)      presso i rivenditori di generi di monopolio;

b)      presso gli ufficiali giudiziari e gli altri distributori già autorizzati, al 30 giugno 2004, alla vendita di valori bollati, previa stipula da parte degli stessi di convenzione disciplinante le modalità di riscossione e di riversamento delle somme introitate nonché le penalità per l'inosservanza degli obblighi convenzionali.

 

Il comma 42 dell'articolo 3 in esame inserisce nell’articolo 39, comma 1, dopo le parole “rivenditori di generi di monopolio,“ le parole “nonché presso“.

Per effetto della modifica così introdotta, il pagamento dell'imposta di bollo con modalità telematiche può essere eseguito presso i rivenditori di generi di monopolio “nonché presso” gli ufficiali giudiziari e gli altri distributori autorizzati alla vendita di valori bollati.

Il testo originario del decreto-legge sopprimeva il requisito consistente nel possesso dell’autorizzazione alla data del 20 giugno 2004, consentendo quindi il rilascio di nuove autorizzazioni.

La disposizione così modificata sembrerebbe volta a escludere l’applicazione del requisito del possesso dell’autorizzazione, alla data predetta, in favore dei soli rivenditori dei generi di monopolio.

 


La ratio della modificazione apportata alla norma vigente non emerge con immediata evidenza dal tenore letterale della disposizione, che potrebbe avere un mero carattere formale. Sarebbe pertanto opportuno chiarirne il significato in maniera inequivoca.

 


Articolo 3, comma 42-bis
(Assegnazione di rivendite di generi di monopolio)

 


42-bis. Con regolamento del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono stabiliti le condizioni ed i termini per la diretta assegnazione di una rivendita di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio, che, per effetto di nuove attivazioni di ricevitorie del lotto presso rivendite di generi di monopolio o trasferimenti di sede delle stesse, si trovino a distanza inferiore ai 200 metri da altra ricevitoria, o comunque quando, a seguito dell’ampliamento della rete di raccolta, sia intervenuto un significativo mutamento delle condizioni di mercato che abbia determinato una concentrazione eccessiva in relazione alla domanda. La possibilità di assegnazione è estesa, qualora non esercitata dal titolare della ricevitoria, in subordine ai coadiutori od ai parenti entro il quarto grado od agli affini entro il terzo grado. Per l’istituzione delle rivendite di cui al presente comma devono essere rispettati i parametri vigenti di distanza e redditività.


 

 

Il comma 42-bis dell’articolo 3 in esame demanda ad una previsione regolamentare la definizione di condizioni e termini per l’assegnazione diretta di rivendite di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio.

 

Al riguardo, l’articolo 12 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante "Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del lotto", stabilisce che i punti di raccolta del gioco del lotto automatizzato sono collocati presso le rivendite di generi di monopolio e presso le ricevitorie del lotto che alla data di entrata in funzione dell'automazione svolgono attività di raccolta con il sistema manuale ai sensi dell'articolo 20 della legge 16 marzo 1987, n. 123.

Allo scopo di estendere progressivamente alle rivendite di generi di monopolio la raccolta del gioco del lotto, in rapporto alla accertata produttività del sistema automatizzato ed all'incremento del relativo gettito erariale, all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato era affidato il compito di provvedere entro due, cinque e sette anni dalla realizzazione del sistema di automazione alla determinazione del numero dei punti di raccolta, rispettivamente nel numero di diecimila, dodicimilacinquecento e quindicimila; entro nove anni dalla stessa data la concessione sarà rilasciata ad ogni rivendita richiedente, purché venga assicurato un incasso medio annuo da stabilire con decreto del Ministro delle finanze previa intesa con le organizzazioni sindacali dei rispettivi settori maggiormente rappresentative su base nazionale. In relazione alla progressiva estensione dei punti di raccolta, con decreto del Ministro delle finanze, previa intesa con le organizzazioni sindacali dei rispettivi settori maggiormente rappresentative su base nazionale, potrà essere rideterminata in più o in meno la distanza tra le ricevitorie gestite dai rivenditori di generi di monopolio e le ricevitorie gestite da ex dipendenti del lotto.

L’articolo 33, comma 1, della legge n. 724 del 1994 ha affidato al Ministro delle finanze il compito di fissare, con proprio decreto, in anticipo sui tempi previsti dal comma 2 dell'articolo 5 della legge 19 aprile 1990, n. 85, l'allargamento della rete di raccolta del gioco del lotto in modo che entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge sia raggiunto il numero di 15.000 punti di raccolta e che successivamente sia estesa a tutti i tabaccai che ne facciano richiesta entro il 1° marzo di ogni anno, purché sia assicurato un incasso medio annuo da stabilire con decreto del Ministro delle finanze, di intesa con le organizzazioni sindacali dei rispettivi settori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, salvaguardando l'esigenza di garantire la presenza nelle zone periferiche del Paese. Sulla base delle domande presentate il Ministro delle finanze, con propri decreti, definisce il piano di progressiva estensione della rete a tutti i tabaccai richiedenti entro il 31 dicembre di ogni anno. Per conseguire tali obiettivi, la distanza tra le ricevitorie gestite da rivenditori di generi di monopolio e le ricevitorie gestite da ex dipendenti del lotto prevista come requisito dal decreto del Ministro delle finanze 6 maggio 1987 e dalla legge 19 aprile 1990, n. 85, è ridotta a 200 metri, seguendo il percorso pedonale più breve.

Da ultimo, l’articolo 80, comma 40, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha disposto che il requisito della distanza tra le ricevitorie del lotto gestite da rivenditori di generi di monopolio e le ricevitorie gestite da ex dipendenti del lotto, introdotto dal decreto del Ministro delle finanze 6 maggio 1987 e dalla legge 19 aprile 1990, n. 85, distanza successivamente ridotta dall'articolo 33 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è soppresso a decorrere dal 30 giugno 2003.

 

Nel dettaglio, il comma 42-bis in esame stabilisce innanzitutto che la definizione di condizioni e termini per la diretta assegnazione di una rivendita di generi di monopolio ai titolari di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio è effettuata con regolamento del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

Tale assegnazione si può conseguire:

a)      nel caso di ricevitoria del lotto non abbinata ad una rivendita di generi di monopolio, che, per effetto di nuove attivazioni di ricevitorie del lotto presso rivendite di generi di monopolio o trasferimenti di sede delle stesse, si trovi a distanza inferiore ai 200 metri da altra ricevitoria;

Si rileva che la parola “trovino” dovrebbe essere sostituita dalla parola “trovi”, per riferire più correttamente la disposizione alla “ricevitoria” e non al “titolare” della medesima (il cui domicilio può non corrispondere con la sede dell’esercizio).

b)      quando, a seguito dell’ampliamento della rete di raccolta, sia intervenuto un significativo mutamento delle condizioni di mercato che abbia determinato una concentrazione eccessiva in relazione alla domanda.

 

Lo stesso comma 42-bis in esame estende la possibilità di assegnazione, qualora non esercitata dal titolare della ricevitoria, in subordine:

a)      ai coadiutori;

b)      o ai parenti entro il quarto grado;

c)      o agli affini entro il terzo grado.

 

Si precisa, infine, che per l’istituzione delle rivendite in discorso devono comunque essere rispettati i parametri vigenti di distanza e redditività.

 

Si ricorda che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), con decisione del 30 gennaio 2003 (Atto n. AS250) ha segnalato al Parlamento, ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 287 del 1990, che l'articolo 12 della legge 2 agosto 1982, n. 528, recante "Ordinamento del gioco del lotto e misure per il personale del lotto", dispone che l'autorizzazione ad accettare le giocate del Lotto può essere concessa soltanto ai rivenditori di generi di monopolio, così escludendo l'opportunità per altri soggetti di svolgere attività di raccolta per tale tipologia di gioco. Peraltro, ai sensi dell' articolo 3, comma 1 della legge n. 724 del 23 dicembre 1994, ogni rivenditore di generi di monopolio che ne faccia richiesta ha il diritto ad essere allacciato alla rete di raccolta del Lotto.

In proposito, l’AGCM osserva che, in un'ottica concorrenziale, i criteri posti dal legislatore al fine di individuare i soggetti da abilitare allo svolgimento di una data attività dovrebbero essere di natura oggettiva/qualitativa e, comunque, non ingiustificatamente discriminatori. A tale ultimo riguardo, si osserva, poi, che le condizioni atte a dar luogo a discriminazioni tra i potenziali aspiranti, risultano ammissibili, sempre sotto il profilo antitrust, solo ove dettate da esigenze di tipo oggettivo e solo se rispettano i principi di necessarietà e proporzionalità.

Nel caso di specie, il requisito soggettivo di cui trattasi non risulta informato a considerazioni di efficienza, tali cioè da garantire che i ricevitori del Lotto possano meglio svolgere il servizio di raccolta e, in ultima analisi, meglio soddisfare le esigenze dei consumatori.

Quanto alla ratio sottesa a tale requisito, l'AGCM è consapevole che, diversamente dagli altri giochi (per i quali l'autorizzazione alla raccolta è rilasciata dallo stesso concessionario del gioco, che risulta altresì responsabile nei casi di mancato versamento delle quote destinate all'erario), per il gioco del Lotto il rilascio dell'autorizzazione e l'attività di controllo dei ricevitori compete all'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.

Si comprende, pertanto, che i rivenditori di generi di monopolio, svolgendo già altre attività affidate loro dallo Stato, come la vendita di tabacchi, bolli, ecc., ed avendo licenze d'esercizio rilasciate non già dai Comuni ma dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, potrebbero risultare più agevolmente controllabili da parte di tale Amministrazione con riguardo al corretto versamento dei proventi erariali.
Ciononostante, l'Autorità ritiene che la riserva di legge di cui al citato articolo 12, non soddisfi gli anzidetti requisiti di proporzionalità e necessarietà. Per un verso, infatti, si rileva che l'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, avendo già l'onere di operare controlli diretti sulla corretta gestione di ben 35.000 tabaccherie/ricevitorie del Lotto, non dovrebbe incontrare insormontabili difficoltà nell'estendere siffatto genere di controlli anche nei confronti di soggetti non rivenditori di generi di monopolio, trattandosi di attività di verifica della stessa tipologia. Ciò, in particolare, laddove i controlli sulla corretta gestione delle esistenti 35.000 tabaccherie/ricevitorie del Lotto effettuati dall'Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato siano organizzati secondo un sistema di tipo campionario.

Per altro verso, la riserva di legge in discorso risulta altresì idonea a generare una significativa discriminazione a svantaggio dei soggetti diversi dai rivenditori di generi di monopolio. Infatti, i soggetti abilitati a riscuotere le giocate del Lotto, già di per sé particolarmente remunerative, risultano altresì i soli a poter fornire altri servizi automatizzati (pagamento del bollo auto, di multe e tributi, del canone RAI, nonché acquisto di biglietti per manifestazioni culturali o sportive e ricariche telefoniche TIM, Omnitel, Wind e Tiscali). Detti servizi ulteriori possono essere erogati soltanto nei punti di raccolta di gioco che dispongono dei terminali forniti dal concessionario del gioco in questione (Lottomatica Spa), in ragione di accordi conclusi da tale impresa con la Pubblica Amministrazione e con le imprese interessate.

Tanto premesso, l'Autorità è, in ogni caso, consapevole dell'esigenza di salvaguardare l'equilibrio del sistema e, quindi, della presumibile inopportunità di un'estensione illimitata della rete a qualsivoglia soggetto richiedente. Pertanto, ove, come probabile, la necessità di selezionare i soggetti abilitati a raccogliere il gioco del Lotto dovesse risultare imprescindibile, si potrebbero introdurre ulteriori criteri di individuazione per aspiranti raccoglitori del Lotto che tengano altresì conto delle suddette esigenze di natura antitrust.

A tal fine, sarebbe auspicabile l'adozione di criteri di tipo oggettivo/qualitativo, che siano orientati al soddisfacimento di standard di efficienza da parte dei richiedenti, nell'ottica del miglioramento dell'assetto complessivo del settore e del conseguente incremento del benessere dei consumatori. Ad esempio, la scelta potrebbe essere effettuata avendo riguardo all'eventuale già maturata competenza in materia di giochi e scommesse da parte del richiedente, agli orari di apertura del locale a sua disposizione, alle caratteristiche del locale medesimo, quali la superficie totale e quella dedicata all'area giochi, ecc.

Sulla base delle esposte considerazioni, l'AGCM ha auspicato l'abrogazione dell'articolo 12 della legge n. 528 del 2 agosto 1982, nella parte in cui preclude a soggetti diversi dai rivenditori di generi di monopolio lo svolgimento dell'attività di raccolta del Lotto e l'adozione di norme che pongano condizioni di accesso a siffatta attività non ingiustificatamente discriminatorie.


Articolo 3, commi 42-ter e 42-quater
(Altre disposizioni in materia fiscale)

 


42-ter. Le disposizioni contenute nell’articolo 69, quinto comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, si interpretano nel senso che, successivamente all’istituzione delle agenzie fiscali previste dall’articolo 57, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, il potere di cui allo stesso articolo 69, quinto comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, può essere esercitato anche da tali agenzie e dall’ente pubblico economico Agenzia del demanio.

42-quater. Le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, devono intendersi nel senso che non sono dovuti gli oneri di riscossione.


 

 

I commi 42-ter e 42-quater dell’articolo 3 provvedono a fornire interpretazioni di norme fiscali vigenti riconoscendo anche alle agenzie fiscali, rispettivamente, il potere di chiedere la sospensione del pagamento di somme dovute e l’esenzione dal pagamento degli oneri di riscossione per l’attività di transazione dei tributi iscritti a ruolo.

 

Nel dettaglio, il comma 42-ter stabilisce che le disposizioni contenute nell’articolo 69, sesto comma, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, devono intendersi nel senso che, dopo l’istituzione delle agenzie fiscali, il potere di chiedere la sospensione del pagamento spetti anche a queste ultime, qualora esse vantino a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni. Tale potere può essere esercitato anche dall’ente pubblico economico Agenzia del demanio.

 

Il richiamato articolo 69, sesto comma, del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (recante disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) prevede che qualora un'amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo.

 

Le agenzie fiscali sono state istituite dal D.Lgs. 30-7-1999 n. 300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59), il cui articolo 57 ha stabilito che per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici del ministero sono istituite l'agenzia delle entrate, l'agenzia delle dogane, l'agenzia del territorio e l'agenzia del demanio, di seguito denominate agenzie fiscali. Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono esercitate secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna agenzia.

Le regioni e gli enti locali possono attribuire alle agenzie fiscali, in tutto o in parte, la gestione delle funzioni ad essi spettanti, regolando con autonome convenzioni le modalità di svolgimento dei compiti e gli obblighi che ne conseguono.

 

L’articolo 42-quater del comma 3 in esamestabilisce che le disposizioni in materia di transazione dei tributi iscritti a ruolo di cui all’articolo 3, comma 3, del D.L. 8 luglio 2002, n. 138 devono intendersi nel senso che non sono dovuti gli oneri di riscossione.

 

Il richiamato D.L. 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, stabilisce, all’articolo 3 (recante norme in tema di potenziamento dell'attività di riscossione dei tributi e sistema di remunerazione del servizio nazionale della riscossione), comma 3, che l'Agenzia delle entrate, dopo l'inizio dell'esecuzione coattiva, può procedere alla transazione dei tributi iscritti a ruolo dai propri uffici il cui gettito è di esclusiva spettanza dello Stato in caso di accertata maggiore economicità e proficuità rispetto alle attività di riscossione coattiva, quando nel corso della procedura esecutiva emerga l'insolvenza del debitore o questi è assoggettato a procedure concorsuali. Alla transazione si procede con atto approvato dal direttore dell'Agenzia, su conforme parere obbligatorio della Commissione consultiva per la riscossione di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, acquisiti altresì gli altri pareri obbligatoriamente prescritti dalle vigenti disposizioni di legge. I pareri si intendono rilasciati con esito favorevole decorsi 45 giorni dalla data di ricevimento della richiesta, se non pronunciati espressamente nel termine predetto. La transazione può comportare la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo anche a prescindere dalla sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 19, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

 


Articolo 3, commi 42-quinquies e42-sexies
(Cartolarizzazione crediti previdenziali – Esclusione per crediti previdenziali agricoli)

 


42-quinquies. All’articolo 13, comma 1, primo periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, le parole: ‘‘31 dicembre 2005’’ sono sostituite dalle seguenti: ‘‘31 dicembre 2008’’.

42-sexies. Al fine di rendere più efficienti per la finanza pubblica le operazioni di cartolarizzazione di crediti contributivi, nonché in funzione di una riforma organica della contribuzione previdenziale in agricoltura, le disposizioni del comma 42-quinquies non si applicano ai crediti previdenziali agricoli.


 

 

Il comma 42-quinquies reca disposizioni in materia di cartolarizzazione dei crediti previdenziali.

 

Nell’ambito generale delle operazioni di cartolarizzazione[47], si ricorda che una disciplina speciale in materia di cartolarizzazione, limitatamente alle operazioni di cartolarizzazione dei crediti INPS, è contenuta nell’articolo 13 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999)

Tale articolo ha disposto la cartolarizzazione[48] dei crediti contributivi, compresi gli accessori per gli interessi e le sanzioni - già maturati e quelli che matureranno sino alla data della cessione alla società veicolo - allo scopo di recuperare rapidamente, al valore netto risultante dai bilanci e dai rendiconti dell’INPS, vantati dall’INPS stesso e difficilmente esigibili .

 

Occorre inoltre ricordare che la possibilità di ricorrere alla cessione dei crediti INPS e, più in generale, di tutte le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del D.Lgs. n. 29 del 1993, allo scopo di “realizzare celermente i relativi incassi”, era stata già prevista dal D.L. n. 79 del 1997, convertito dalla L. n. 140 del 1997, che conteneva, all’articolo 8, disposizioni specifiche in materia. In base a tali disposizioni, la cessione poteva essere effettuata esclusivamente nei confronti di soggetti “abilitati all’esercizio dell’attività di recupero crediti di comprovata affidabilità”, da individuare mediante apposita gara. Nel corso dell’esame parlamentare, tuttavia, l’articolo 8 venne parzialmente riformulato, in particolare escludendo esplicitamente, tra i debiti cedibili in base alla procedura richiamata, quelli di natura tributaria e contributiva.

Successivamente, la normativa inerente la cessione dei crediti INPS è stata interessata da alcuni provvedimenti .

In particolare, il decreto-legge 6 settembre 1999, n. 308, convertito dalla legge 5 novembre 1999, n. 402, ha provveduto ad adeguare la normativa di cui agli articoli 13 e 15 della citata L. 448 del 1998, alla disciplina generale sulla cartolarizzazione, di cui alla richiamata L. 130 del 1999, ed alle modalità di prassi dei mercati finanziari internazionali. In tal modo, si è inteso aumentare la flessibilità e l’efficienza delle preesistenti procedure, continuando a tenere conto della peculiarità della natura contributiva dei crediti ceduti e del soggetto titolare dei crediti medesimi. Le disposizioni in commento hanno altresì provveduto ad eliminare dal dettato normativo alcuni elementi di incertezza e scarsa chiarezza interpretativa. Nella relazione, si evidenzia, in particolare, l’esigenza di accelerare le procedure di cessione dei crediti.

In particolare, la nuova versione del comma 18 del più volte richiamato articolo 13, introdotta dall'articolo 1, comma 1, lettera m), del D.L. n. 308, ha stabilito che la cessione determina la liberazione del cedente nei confronti del cessionario (al momento del trasferimento del credito) e che la medesima cessione non può essere effettuata per un'entità complessiva inferiore all'ammontare dei contributi.

 

Da ultimo, l’articolo 1, comma 5, del D.L. 8 luglio 2002, n, 138, convertito dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, ha prorogato il termine, precedentemente fissato al 31 dicembre 2001 dal più volte citato articolo 13 della L. n. 448 del 1998, inerente alla cessione e alla cartolarizzazione dei crediti di natura contributiva dell’INPS

In particolare, il citato comma 5 consente, ai fini dell’operazione di cartolarizzazione, anche la cessione dei crediti contributivi che matureranno sino al 31 dicembre 2005, ampliando l’ambito oggettivo e temporale di applicazione della procedura di cartolarizzazione.

 

In particolare, il comma in esame proroga al 31 dicembre 2008 il termine inerente alla cessione e alla cartolarizzazione dei crediti di natura contributiva dell’INPS, già prorogato, coma accennato in precedenza, al 31 dicembre 2005 dal richiamato articolo 1, comma 5, del D.L. 138 del 2002.

 

Il successivo comma 42-sexies stabilisce la non applicazione delle disposizioni di cui al precedente comma ai crediti previdenziali agricoli. La disposizione sembra volta a lasciare fermo, per i crediti contributivi agricoli, il previgente termine del 31 dicembre 2005 relativamente alla possibilità di cessione tramite cartolarizzazione. Tale disapplicazione, ai sensi dello stesso comma, è prevista “al fine di rendere più efficienti per la finanza pubblica le operazioni di cartolarizzazione di crediti contributivi, nonché in funzione di una riforma organica della contribuzione previdenziale in agricoltura”.

Sembrerebbe tuttavia opportuna una formulazione più chiara del comma in esame, relativamente all’ambito della deroga prevista.

 

In materia di crediti previdenziali agricoli, si ricorda che la regolarizzazione dei contributi previdenziali del settore agricolo è stata disciplinata, riprendendo e modificando le precedenti disposizioni in materia, dall’articolo 76 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (collegata alla manovra di finanza pubblica per il 1999). I soggetti interessati erano i datori di lavoro agricolo, i coltivatori diretti, mezzadri, coloni e rispettivi concedenti, nonché gli imprenditori agricoli a titolo principale. Il condono si riferiva ai periodi contributivi maturati fino a tutto il mese di dicembre 1997, e il termine di pagamento della prima rata era previsto per il 31 maggio 1999. Successivamente, il comma 2 dell'articolo 1 del D.L. 148 del 1999, convertito dalla L. 236 del 1999, prorogò il termine per il pagamento della prima rata, o per il pagamento in unica soluzione, al 31 ottobre 1999. Successivamente l’articolo 21 della legge 27 marzo 2001, n. 122, ha previsto che i soggetti che, a seguito della presentazione della domanda di regolarizzazione della propria posizione debitoria per premi previdenziali ed assistenziali, hanno provveduto al pagamento della prima delle rate semestrali consecutive previste ed hanno omesso il pagamento della seconda e terza rata, potevano provvedere al versamento delle rate scadute e degli interessi legali maturati entro il 30 giugno 2001 in relazione alla scadenza della quarta rata semestrale.


Articolo 3-bis
(Giustizia tributaria)

 


1. All’articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: “tributi di ogni genere e specie“ sono inserite le seguenti: “comunque denominati“;

b) al comma 2, è aggiunto il seguente periodo: “Appartengono alla giurisdizione tributaria anche le controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche previsto dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie attinenti l’imposta o il canone comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni“.

2. L’articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

“Art. 11. - (Durata dell’incarico e assegnazione degli incarichi per trasferimento). – 1. La nomina a una delle funzioni dei componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego.

2. I componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall’incarico, in ogni caso, al compimento del settantacinquesimo anno di età.

3. I presidenti di sezione, i vice presidenti e i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non possono essere assegnati alla stessa sezione della medesima commissione per più di cinque anni consecutivi.

4. L’assegnazione di diverso incarico o del medesimo incarico per trasferimento dei componenti delle commissioni tributarie in servizio è disposta nel rispetto dei seguenti criteri:

a) la vacanza dei posti di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente e di componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali è annunciata dal Consiglio di presidenza e portata a conoscenza di tutti i componenti delle commissioni tributarie in servizio, a prescindere dalle funzioni svolte, con indicazione del termine entro il quale i componenti che aspirano all’incarico devono presentare domanda;

b) alla nomina in ciascuno degli incarichi di cui alla lettera a) si procede in conformità a quanto previsto dall’articolo 9, commi 1, 2, 3 e 6. La scelta tra gli aspiranti è fatta dal Consiglio di presidenza secondo i criteri di valutazione ed i punteggi di cui alle tabelle E e F, risultanti dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 44-ter, allegate al presente decreto, tenendo conto delle attitudini, della laboriosità e della diligenza di ciascuno di essi e, nel caso di parità di punteggio, della maggiore anzianità di età;

c) i componenti delle commissioni tributarie, indipendentemente dalla funzione o dall’incarico svolti, non possono concorrere all’assegnazione di altri incarichi prima di due anni dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni dell’incarico ricoperto.

5. Per la copertura dei posti rimasti vacanti dopo l’espletamento dei concorsi di cui al comma 4, si applica il procedimento previsto dall’articolo 9, riservato a coloro che aspirano, per la prima volta, a un incarico nelle commissioni tributarie provinciali e regionali“.

3. All’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

“d) non avere superato, alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione, settantadue anni di età;“.

4. All’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, le parole: “fino alla cessazione della sua attività“ sono sostituite dalle seguenti: “fino alla cessazione dell’attività di tale organo, a partire da tale data entrano a far parte dell’ordinamento giudiziario tributario e“.

5. All’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, il comma 3 è abrogato.

6. All’articolo 22, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dopo le parole: “commissione tributaria adita,“ sono inserite le seguenti: “o trasmette a mezzo posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento,“.

7. All’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata“.

8. Dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

9. All’articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 546, in materia di assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, il primo periodo è sostituito dal seguente: “Sono abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali, nonché i consulenti del lavoro purché non dipendenti dall’amministrazione pubblica.“;

b) al comma 2, secondo periodo, le parole: “i consulenti del lavoro, per le materie concernenti le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati e gli obblighi di sostituto di imposta relativi alle ritenute medesime,“ sono soppresse.

10. All’articolo 2 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, dopo il primo comma, è inserito il seguente:

“I consulenti del lavoro svolgono l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito autonomo e di impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241“.


 

 

L’articolo 3-bis del decreto-legge, introdotto durante l’esame presso il Senato, introduce disposizioni in materia di giustizia tributaria e di assistenza tecnica dinnanzi alle commissioni tributarie, nonché di assistenza fiscale nei confronti di determinati contribuenti.

1.  Disposizioni in materia di giustizia tributaria

Comma 1: oggetto della giurisdizione tributaria

Il comma 1 dell’articolo 3-bis qui illustrato modifica l’articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente l’oggetto della giurisdizione tributaria.

 

Il decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), disciplina l’oggetto e la competenza della giurisdizione tributaria, le impugnazioni e il procedimento dinnanzi alle Commissioni tributarie.

 

La lettera a) modifica il comma 1 (primo periodo) del suddetto articolo 2, specificando che spettano alla cognizione del giudice tributario le controversie sui tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, ossia in ragione della natura tributaria sostanziale della prestazione, e indipendentemente dal nomen iuris con cui essa è qualificata.

 

Il comma 1 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nel testo vigente, stabilisce che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano invece escluse dalla giurisdizione tributaria le sole controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento, per le quali si applica il decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).

 

La lettera b), aggiungendo un periodo al comma 2 del medesimo articolo 2, estende l’oggetto della giurisdizione tributaria stabilendone la competenza per una serie dicontroversie, alcune delle quali fino ad oggi spettanti alla cognizione del giudice ordinario.

L’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992 attribuisce attualmente alla giurisdizione tributaria, oltre a quelle indicate al comma 1, le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l'intestazione, la delimitazione, la figura, l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale.

La disposizione qui commentata attribuisce, in particolare, al giudice tributario la competenza a conoscere delle controversie in materia di canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche[49], di canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue[50] e di canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani[51], nonché di quelle attinenti all’imposta comunale sulla pubblicità ovvero al canone in luogo di essa stabilito, e al diritto sulle pubbliche affissioni[52].

 

In relazione al canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (Cosap), la competenza del giudice ordinario è stata dichiarata, in base alla vigente legislazione, dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con la sentenza 19 agosto 2003, n. 12167.

 

La Corte di Cassazione, pronunziandosi in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, ha escluso la natura tributaria del Cosap, e, per conseguenza, la competenza della giurisdizione tributaria.

La Suprema Corte ha ricordato che, mentre il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, aveva abolito, con decorrenza differita, la tassa per l’occupazione degli spazi e aree pubblici (Tosap), stabilendo che province e comuni potessero assoggettare l'occupazione di determinati spazi pubblici al pagamento di un canone di concessione determinato sulla base di una tariffa prestabilita, la legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha abrogato le norme recanti l'abolizione della Tosap, mantenendo quindi in vita tale tributo ma consentendo ai comuni, in alternativa ad esso, di assoggettare l'occupazione degli spazi e aree interessati a un canone di concessione (Cosap) determinato in base a tariffa.

La Corte di cassazione ha quindi concluso “che il Cosap è stato concepito dal legislatore come un quid ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo (Tosap) in luogo del quale può essere applicato, e che lo stesso nel solco di un processo politico-istituzionale inteso ad una sempre più vasta defiscalizzazione delle entrate rimesse alla competenza degli enti locali (canoni di fognatura e di depurazione delle acque, remunerazione dei servizi di pubbliche affissioni e di ritiro dei rifiuti urbani, e così via), risulta disegnato come corrispettivo di una concessione (...), dell'uso esclusivo o speciale di beni pubblici”.

Dall’esclusa natura tributaria della Cosap (per la quale la Corte richiamava anche la circolare del Ministero delle finanze n. 256/E/I/166089 del 3 novembre 1998) derivava l’esclusione della competenza del giudice tributario e quindi l’assoggettamento delle relative controversie alla cognizione degli organi della giurisdizione ordinaria.

In relazione al canone per il consumo di acqua potabile e al corrispettivo dei servizi di depurazione e fognatura, la Commissione tributaria provinciale di Caserta, sez. XIV, dec. 19 giugno 2003, n. 275, ne ha ritenuto cessata la natura tributaria a far data dal 1° gennaio 1999, ai sensi dell'articolo 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, con conseguente esclusione della competenza del giudice tributario[53].

Comma 2:durata e assegnazione degli incarichi di componente delle commissioni tributarie

Il comma 2 dell’articolo 3-bis qui illustrato sostituisce l’articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, concernente la durata dell’incarico dei componenti delle commissioni tributarie.

 

Il decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, disciplina l’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e l’organizzazione degli uffici di collaborazione, in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

Il vigente articolo 11 stabilisce che i componenti delle commissioni tributarie durano in carica nella stessa commissione non oltre dieci anni e sono nominati con precedenza sugli altri disponibili, in posti che si rendono vacanti in altre commissioni, secondo determinati criteri di valutazione e, a parità di punteggio, secondo l’anzianità di età. In caso di necessità di servizio, il Ministro dell'economia e delle finanze può disporre, su richiesta del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, l'anticipazione nell'assunzione delle funzioni (comma 1).

I componenti delle commissioni tributarie cessano dall'incarico al compimento del settantacinquesimo anno di età (comma 2).

I componenti delle commissioni tributarie provinciali, dopo cinque anni di attività nelle stesse, possono essere nominati in posti vacanti nelle commissioni tributarie regionali, anche se non appartengano alle categorie stabilite dall'articolo 5, con precedenza su altri disponibili (comma 3).

La nomina a componente di commissione tributaria non costituisce rapporto di pubblico impiego (comma 4).

 

Il nuovo articolo 11, come sostituito dal presente comma, disciplina la durata dell’incarico dei membri delle commissioni tributarie provinciali e regionali e l’assegnazione degli incarichi per trasferimento.

 

In particolare, il comma 1 conferma che la nomina a una delle funzioni dei componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non costituisce in nessun caso rapporto di pubblico impiego.

Il comma 2 conferma altresì che i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, in ogni caso e indipendentemente dalle funzioni svolte, cessano dall’incarico al compimento del settantacinquesimo anno di età.

A norma del comma 3, i presidenti di sezione, i vice presidenti e i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali non possono essere assegnati alla stessa sezione della medesima commissione per più di cinque anni consecutivi.

Il comma 4 determina il procedimento e i criteri da osservarsi per l’assegnazione di diverso incarico ovvero per l’assegnazione del medesimo incarico per trasferimento ai componenti delle commissioni tributarie in servizio:

a)      il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria annunzia la vacanza dei posti di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente e di componente delle commissioni tributarie provinciali e regionali, indicando il termine entro il quale i componenti delle commissioni tributarie in servizio, che aspirino all’incarico, debbono presentare domanda;

b)      alla nomina in ciascuno degli incarichi di cui alla lettera a) si procede in conformità a quanto previsto dall’articolo 9, commi 1, 2, 3 e 6.

 

L’articolo 9 stabilisce che la nomina è fatta con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio di presidenza, secondo l'ordine di collocazione negli elenchi degli aspiranti alla nomina (comma 1). Questi elenchi, sulla cui base delibera il Consiglio di presidenza, sono formati relativamente ad ogni commissione tributaria e comprendono tutti gli appartenenti alle categorie previste per il posto da conferire, che hanno comunicato la propria disponibilità all'incarico e sono in possesso dei requisiti prescritti (comma 2). I candidati documentano il possesso dei requisiti e dichiarano di non versare in situazione di incompatibilità (comma 3). In mancanza, l’esclusione dagli elenchi è disposta con decreto del Ministro delle finanze, su conforme deliberazione del Consiglio di presidenza.

 

La scelta tra gli aspiranti è fatta dal Consiglio di presidenza secondo i criteri di valutazione e i punteggi indicati alle tabelle E e F, allegate allo stesso decreto legislativo n. 545 del 1992, come modificate a norma dell’articolo 44-ter[54], tenendo conto delle attitudini, della laboriosità e della diligenza di ciascuno di essi e, nel caso di parità di punteggio, della maggiore anzianità di età.

I componenti delle commissioni tributarie, indipendentemente dalla funzione o dall’incarico svolti, non possono concorrere all’assegnazione di altri incarichi prima di due anni dal giorno in cui sono stati immessi nelle funzioni dell’incarico ricoperto.

Il comma 5 stabilisce infine che, per la copertura dei posti rimasti vacanti al termine dei concorsi riservati ai componenti in servizio, si applica il procedimento previsto dall’articolo 9, riservato a coloro che aspirano, per la prima volta, a un incarico nelle commissioni tributarie provinciali e regionali.

Pertanto, al concorso pubblico non possono partecipare i componenti delle commissioni tributarie che siano già in servizio, per i quali si applica in via esclusiva il procedimento disciplinato dal comma 4.

Commi 3 e 4: altre disposizioni sulla nomina dei giudici tributari

Il comma 3 modifica la disciplina stabilita dall’articolo 7, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, relativamente al requisito di età per l’esercizio della funzione di giudice tributario.

 

La vigente lettera d) stabilisce che i componenti delle commissioni tributarie non debbono aver superato i settantadue anni di età al momento della nomina.

 

La nuova disposizione prescrive che i componenti delle commissioni tributarie non debbono aver superato i settantadue anni di età alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione.

Rispetto alla disciplina vigente e ferma restando la cessazione dall’incarico al compimento del settantacinquesimo anno (come previsto dall’articolo 11, sia nel testo vigente, sia in quello novellato dal presente articolo), il termine così stabilito evita che siano ammessi alle procedure concorsuali soggetti che – per il successivo superamento del limite di settantadue anni – non potrebbero essere ammessi alla nomina.

 

Si osserva che – a fronte del vantaggio per l’efficienza delle procedure concorsuali – la nuova disposizione, non precludendo la nomina di un candidato che nelle more del procedimento abbia superato il settantaduesimo anno, può comportare l’ingresso di componenti che potranno esercitare le funzioni per un tempo assai breve, anche inferiore al triennio assicurato dalla vigente disciplina.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 44, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, recante la disciplina transitoria per la nomina dei componenti della cessata Commissione tributaria centrale nelle commissioni tributarie provinciali e regionali.

 

Il vigente articolo 44 prevede che coloro i quali hanno rivestito la funzioni di componenti della Commissione tributaria centrale fino alla cessazione della sua attività siano nominati nelle commissioni tributarie provinciali e regionali, su loro domanda, con precedenza sugli altri aspiranti, in base ai previsti criteri di valutazione.

Con la modificazione apportata dal presente comma viene disposto che coloro i quali siano rimasti componenti della Commissione tributaria centrale fino alla cessazione dell’attività di tale organo, a partire da tale data entrino a far parte dell’ordinamento giudiziario tributario e siano nominati componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali.

 

L’articolo 42 del medesimo decreto legislativo n. 545 del 1992, come modificato, da ultimo, dall’articolo 19 della legge 8 maggio 1998, n. 146, sopprime la Commissione tributaria centrale, disponendo che essa cessa di funzionare, tenuto conto dei ricorsi pendenti, entro la data che sarà stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle finanze.

Attualmente, essa continua pertanto ad esercitare la propria funzione limitatamente alla decisione dei ricorsi pendenti, cui, a norma dell’articolo 49, comma 2, del decreto legislativo n. 545 del 1992, continuano ad applicarsi le abrogate disposizioni del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.

Commi 5-7: modifica di disposizioni sul processo tributario

Il comma 5 interviene sull’articolo 7 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, concernente i poteri delle Commissioni tributarie, abrogando il comma 3, che consente ad esse di ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia.

 

La giurisprudenza ha specificato la portata degli estesi poteri istruttorî conferiti alle Commissioni tributarie dall’articolo 7 citato, che – oltre alla facoltà di ordinare alle parti il deposito di documenti (comma 3) – prevede che esse, ai fini istruttorî e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari e all'ente locale da ciascuna legge d'imposta (comma 1), e che, quando occorra acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell'amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica (comma 2).

È stato quindi specificato, da un lato, che l'esercizio dei poteri di acquisizione d'ufficio costituisce una facoltà discrezionale del giudice, di cui va fatto un uso prudente, poiché non ha la funzione di sopperire a deficienze probatorie delle parti (che fra l'altro non possono dolersi dell'uso di tali poteri fatto dal giudice), ma riveste finalità meramente integrativa dell'onere probatorio principale, solo qualora sia impossibile o sommamente difficile fornire le prove richieste, da parte di chi vi è tenuto[55].

È tuttavia illegittimo il mancato uso di tale facoltà qualora la situazione probatoria sia tale da impedire la pronuncia di una sentenza ragionevolmente motivata senza acquisire d'ufficio determinate prove[56]. Tali poteri istruttorî - anche alla luce della riforma dell'articolo 111 della Costituzione - hanno infatti la funzione di garantire la parte che si trova nell'impossibilità di esibire documenti risolutivi in possesso dell'altra[57].

Sulla base dello stesso articolo 7 si è altresì esclusa, nel contenzioso tributario, la rigorosa vigenza del principio dispositivo in materia di prova nel procedimento dinanzi alle competenti Commissioni, atteso che l'iniziativa di parte non è un necessario e non surrogabile veicolo per l'acquisizione di documenti. Da ciò consegue che dalla scadenza del termine eventualmente assegnato alla parte per la relativa produzione non deriverebbe alcuna conseguenza in relazione all'utilizzabilità dei documenti stessi, una volta che gli stessi risultino, comunque, aliunde acquisiti[58].

 

Il comma 6 modifica l’articolo 22, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 546 del 1992, relativo alla costituzione in giudizio del ricorrente, per la quale è prescritto il deposito dell'originale del ricorso notificato, ovvero della copia del ricorso consegnato o spedito per posta, presso la segreteria della commissione tributaria adita.

La modificazione consente al ricorrente, in alternativa, di costituirsi in giudizio trasmettendo gli stessi atti alla segreteria della commissione tributaria stessa per mezzo della posta, in plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento.

 

La Corte costituzionale, con sentenza 21 novembre-6 dicembre 2002, n. 520, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato comma 1 dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nella parte in cui non consente – a pena d’inammissibilità – l'utilizzazione del servizio postale per il deposito degli atti al fine della costituzione in giudizio.

Con il presente comma 6 la formulazione della disposizione viene quindi adeguata alla pronunzia della Corte costituzionale, con opportuna specificazione delle modalità d’impiego del servizio postale.

 

Il comma 7 modifica l’articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, relativamente alla proposizione del ricorso in appello.

La disposizione aggiunta stabilisce che, ove il ricorso non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante deve, a pena d’inammissibilità, depositare copia dell’appello presso l’ufficio di segreteria della commissione tributaria che ha pronunciato la sentenza impugnata.

 

Come è già precisato nella vigente formulazione del comma 2, per il deposito si osservano le disposizioni dell'articolo 22, commi 1, 2 e 3 (come modificato dal precedente comma 6).

Comma 8: clausola finanziaria

Il comma 8 prescrive che dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo non debbono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

2.  Disposizioni in materia di assistenza tecnica dinnanzi alle commissioni tributarie

Il comma 9 modifica l’articolo 12 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 546, che disciplina l’assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie.

 

L’articolo 12 del decreto legislativo n. 546 del 1992 dispone che le parti del processo tributario, diverse dall'ufficio del Ministero delle finanze o dall'ente locale nei cui confronti è stato proposto il ricorso, devono essere assistite in giudizio da un difensore abilitato appartenente a una delle categorie indicate nel comma 2. Gli appartenenti a tali categorie possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza di altri difensori. Per talune controversie (in particolare quelle di valore inferiore a 5 milioni di lire), le parti possono stare in giudizio anche senza assistenza tecnica, salvo che il presidente della commissione o della sezione o il collegio stabiliscano diversamente.

Il comma 2 dichiara abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali:

-          gli avvocati (la menzione dei procuratori legali deve intendersi soppressa a seguito dell’unificazione delle qualifiche disposta dalla legge 24 febbraio 1997, n. 27);

-          i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali;

-          i consulenti del lavoro, per le materie concernenti le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente ed assimilati e gli obblighi di sostituto di imposta relativi alle ritenute medesime;

-          gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti edili, i dottori in agraria, gli agronomi e i periti agrari, per le materie concernenti l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale;

-          gli spedizionieri doganali per le materie concernenti i tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane.

In attesa dell'adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia, sono, altresì, abilitati all’assistenza tecnica, se iscritti in appositi elenchi da tenersi presso le direzioni regionali delle entrate:

-          i soggetti indicati nell'articolo 63, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (impiegati delle carriere dirigenziale direttiva e di concetto dell'amministrazione finanziaria nonché ufficiali e i sottufficiali della Guardia di finanza collocati a riposo dopo almeno venti anni di effettivo servizio, autorizzati dal Ministero dell’economia e delle finanze e iscritti in apposito elenco);

-          i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere, limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'ILOR e l'IRPEG;

-          i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale;

-          i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti nell'elenco tenuto dall’intendenza di finanza competente per territorio, ai sensi dell'articolo 30, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 636.

 

La lettera a) del presente comma modifica la formulazione del primo periodo del descritto comma 2, sopprimendo il riferimento ai procuratori legali (ormai superato a seguito della soppressione dell'albo dei procuratori legali, disposta dalla legge 24 febbraio 1997, n. 27), e introducendovi il riferimento ai consulenti del lavoro.

A seguito della modificazione, pertanto, questi ultimi, purché siano iscritti nel relativo albo professionale[59] e non siano dipendenti dall’amministrazione pubblica, potranno prestare l’assistenza legale dinnanzi alle commissioni tributarie senza le limitazioni di materia fin qui previste (ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e obblighi di sostituto d’imposta a quelle relativi).

La lettera b) modifica conseguentemente il secondo periodo, espungendone il riferimento ai consulenti del lavoro.


3.  Disposizioni in materia di assistenza fiscale

Il comma 10 modifica l’articolo 2 della legge 11 gennaio 1979, n. 12.

 

La legge 11 gennaio 1979, n. 12, reca norme per l'ordinamento della professione di consulente del lavoro.

 

Mediante l’inserimento di un nuovo comma, viene consentito ai consulenti del lavoro di svolgere l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito autonomo e d’impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

 

L’articolo 34 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni), disciplina l’attività dei centri di assistenza fiscale.

A norma del comma 4, in particolare, in relazione alla dichiarazione annuale dei redditi dei titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati agli articoli 49 (Redditi di lavoro dipendente: ex art. 46) e 50 (Redditi assimilati: ex art. 47), comma 1, lettere a), c-bis), d), g), con esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo, e l) del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i centri costituiti dai soggetti indicati alle lettere d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 32 (ossia organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, sostituti d’imposta aventi almeno cinquanta dipendenti, istituti di patronato riconosciuti aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti), svolgono le seguenti attività, indicate alle lettere da c) a f) del comma 3:

-          verifica della conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione;

-          consegna di copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte al contribuente;

-          comunicazione del risultato finale delle dichiarazioni stesse ai sostituti d'imposta, ai fini del conguaglio a credito o a debito in sede di ritenuta d'acconto;

-          invio delle dichiarazioni dei redditi e delle scelte ai fini della destinazione dell'otto e del quattro per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche all'amministrazione finanziaria.

 

Si segnala che disposizioni in materia di assistenza fiscale sono contenute anche nel successivo articolo 7-quinquies (per il quale si rinvia alla relativa scheda).

 

Si ricorda altresì che disposizioni volte a estendere a soggetti ulteriori la facoltà di prestare assistenza fiscale erano contenute nell’articolo 3 del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163 (decaduto, a seguito di mancata conversione, il 17 ottobre 2005).

In particolare, esso (nel testo originario del Governo) tendeva a consentire ai commercialisti, iscritti nella sezione A dell’istituendo Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, lo svolgimento dell’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e d’impresa[60]. A seguito delle modificazioni apportate dal Senato, tale facoltà era altresì estesa agli esperti contabili, iscritti nella sezione B del medesimo Albo, e ai consulenti del lavoro.

 


Articolo 3-ter
(Proroga dei termini per la rideterminazione canoni demaniali marittimi)

 

1. All’articolo 14-quinquies, comma 1, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, le parole: “31 ottobre 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “15 dicembre 2005“.

 

 

L’articolo 3-ter del decreto-legge, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, differisce al 15 dicembre 2005 il termine per l’adeguamento dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime, dal quale dovrebbero derivare maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro.

 

 

L’articolo 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, al comma 21, ha stabilito che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo, vengano rideterminati i canoni annui per concessioni con finalità turistico-ricreative di aree demaniali marittime, loro pertinenze e specchi acquei, disciplinati dall'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.

 

La materia relativa alle concessioni demaniali marittime è disciplinata in via generale dagli articoli 36 e 37 del codice della navigazione, con il relativo regolamento di esecuzione.

 

Il decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, ha articolato la misura dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime aventi finalità turistico-ricreative in relazione alla classificazione delle aree, che sono suddivise in tre categorie (A, B e C) in base alla diversa valenza turistica, e ha demandato alle regioni la loro collocazione all'interno di tali categorie.

Lo stesso decreto ha quindi fissato per ogni categoria la misura base del canone e ha stabilito, all’articolo 03, che i canoni annui sono determinati, a decorrere dal 1° gennaio 1994, con decreto del Ministro della marina mercantile, emanato sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei criteri direttivi fissati dal comma 1 del medesimo articolo 03. Il regolamento per la determinazione dei canoni relativi alle concessioni demaniali marittime per le finalità turistico-ricreative è stato quindi approvato con D.M. 5 agosto 1998, n. 342.

 

Si ricorda che l’articolo 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ha conferito alle regioni e agli enti locali numerose funzioni già spettanti all’amministrazione dei trasporti e della navigazione, con eccezione – fra l’altro – di quelle attribuite alle autorità portuali. In particolare, il comma 2, lettera l), ha conferito alle regioni le funzioni relative al rilascio di concessioni di beni del demanio della navigazione interna, del demanio marittimo e di zone del mare territoriale per finalità diverse da quelle di approvvigionamento di fonti di energia. Tale conferimento non opera nei porti finalizzati alla difesa militare e alla sicurezza dello Stato, nei porti di rilevanza economica internazionale e nazionale, nonché nelle aree di preminente interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 1996, e successive modificazioni.

Le funzioni amministrative sul litorale marittimo, sulle aree demaniali immediatamente prospicienti e sulle aree del demanio lacuale e fluviale, quando l’utilizzazione prevista abbia finalità turistiche e ricreative, erano già state delegate alle regioni dall’articolo 59 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. L’articolo 8 del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 535, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 dicembre 1996, n. 647, aveva consentito alle amministrazioni regionali di avvalersi delle capitanerie di porto e degli uffici da esse dipendenti in conformità ad apposita convenzione gratuita stipulata con il Ministro dei trasporti e della navigazione, prevedendo che tali uffici esercitassero le funzioni in materia di demanio marittimo destinato ad uso turistico-ricreativo in relazione funzionale con l'amministrazione regionale.

 

Il successivo comma 22 dello stesso articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 disponeva altresì che dal 1° gennaio 2004 i suddetti canoni per la concessione d'uso fossero rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del 300 per cento.

 

Con il decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, è stato approvato il regolamento recante norme per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

 

L'articolo 2, comma 53, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004) ha sostituito il testé illustrato comma 22, stabilendo che con decreto interministeriale, da emanare entro il 30 giugno 2004, venissero assicurate maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro, a decorrere dal 1° gennaio 2004; qualora il decreto non fosse stato adottato entro il predetto termine, i canoni per la concessione d'uso avrebbero dovuto essere rideterminati, con effetto dal 1° gennaio 2004, con la suddetta rivalutazione del 300 per cento[61].

 

Il termine del 30 giugno 2004 è stato differito, dapprima al 30 ottobre 2004 dall’articolo 5, comma 2-quinquies, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, al dichiarato fine di “consentire il completamento degli accertamenti tecnici in corso, d'intesa con le regioni interessate, relativamente alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi anche in relazione al numero, all'estensione, alle tipologie, alle caratteristiche economiche delle concessioni e delle attività economiche ivi esercitate, e all'abusivismo”, indi al 15 dicembre 2004 dall’articolo 16 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306.

 

Il differimento rispondeva agli impegni contenuti in atti esaminati dalla Commissione VI (Finanze) della Camera: si trattava in particolare delle risoluzioni Gianfranco Conte ed altri n. 7-00396 e Benvenuto ed altri n. 7-00442, approvate in un testo unificato nella seduta del 17 giugno 2004, nonché Benvenuto ed altri n. 7-00485, approvata a seguito di riformulazione nella seduta del 27 ottobre 2004.

 

Da ultimo, l’articolo 14-quinquies del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, introdotto nel corso dell’esame presso l’Assemblea del Senato, ha differito il medesimo termine al 31 ottobre 2005.

 

L’articolo 3-ter qui commentato interviene sull’articolo 14-quinquies del testé citato decreto-legge n. 115 del 2005, sostituendo la data del 31 ottobre 2005, ivi indicata, con il nuovo termine del 15 dicembre 2005.

 

Si segnala che il differimento del termine per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi relativi alle concessioni ad uso turistico-ricreativo è disposto altresì dal decreto-legge 2 novembre 2005, n. 223 (Differimento del termine per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi – scad.: 2 gennaio 2006). Il nuovo termine è ivi stabilito nella data del 10 dicembre 2005.

Quest’ultimo decreto-legge è attualmente all’esame della Camera (A.C. 6162) ed è assegnato in sede referente alla VI Commissione (Finanze), che ne ha iniziato l’esame il 10 novembre 2005.

 

Secondo quanto indicato nelle premesse del decreto-legge n. 223 del 2005 e nella relazione governativa, il differimento del termine, scaduto il 31 ottobre 2005, per la rideterminazione dei canoni demaniali marittimi relativi alle concessioni ad uso turistico-ricreativo, si renderebbe necessario “in attesa delle risultanze istruttorie del tavolo tecnico dedicato al settore, istituito dal Governo in ottemperanza a specifica risoluzione della VI Commissione della Camera dei deputati” (sedute del 17 giugno e del 27 ottobre 2004): l’incompiutezza dell’istruttoria discende, secondo il Governo, dalla “complessità della materia” e dalla “pluralità degli interessi coinvolti”.

 


Articolo 4
(Ambito di applicazione)

 

1. In anticipazione del disegno di perequazione delle basi imponibili contenuto nella legge finanziaria per l’anno 2006, operano le disposizioni del presente titolo.

 

 

L'articolo 4 prevede che le disposizioni di cui al Titolo III del provvedimento, denominato "perequazione delle basi imponibili", operano in anticipazione del disegno di perequazione contenuto nella legge finanziaria per il 2006.

 


Articolo 5, commi 1-3
(Plusvalenze finanziarie delle società - participation exemption)

 

 


1. Al testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 64, il comma 1, è sostituito dal seguente: "1. Le minusvalenze realizzate relative a partecipazioni con i requisiti di cui all’articolo 87, comma 1, lettere b), c) e d), possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente, ed i costi specificamente inerenti al realizzo di tali partecipazioni, sono indeducibili in misura corrispondente alla percentuale di cui all’articolo 58, comma 2»;

b) all’articolo 87, comma 1, nell’alinea, dopo le parole: «Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti» sono inserite le seguenti: «nella misura del 91 per cento, e dell’84 per cento a decorrere dal 2007»; nello stesso comma, lettera a), la parola: «dodicesimo» è sostituita dalla seguente: «diciottesimo»;

c) all’articolo 97, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Agli effetti del comma 1, il requisito di cui all’articolo 87, comma 1, lettera a), si intende conseguito qualora le partecipazioni siano possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d’imposta»;

d) all’articolo 101, dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Per i beni di cui all’articolo 87, fermi restando i requisiti ivi previsti al comma 1, lettere b), c) e d), l’applicazione del comma 1 del presente articolo è subordinata all’ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente».

2. A decorrere dal 1º gennaio 2007 i commi da 171 a 184 dell’articolo 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono abrogati.

3. Le disposizioni di cui al comma 1 hanno effetto per le cessioni effettuate a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

I commi 1 e 3 dell’articolo 5, modificati nel corso dell’esame presso il Senato, recano modifiche alla disciplina fiscale delle partecipazioni che posseggono i requisiti, indicati nell’articolo 87 del TUIR, per fruire del beneficio della esenzione delle plusvalenze. (c.d. participation exemption o PEX).

 

Il comma 2 dell’articolo 5, interamente sostituito nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni dirette a sopprimere il regime fiscale agevolato in favore dei contribuenti minimi (c.d. regime forfetario).

 

Si segnala che, con riferimento al regime delle minusvalenze su partecipazioni che non possiedono i requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR, l’articolo 5-quinquies del decreto legge in esame, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, riproducendo anche quanto contenuto nell’originario articolo 41 del disegno di legge finanziaria per il 2006 all’esame presso il Senato (A.S. n. 3613), prevede, con finalità antielusive, una modifica all’articolo 109 del TUIR concernente, appunto, la deducibilità delle minusvalenze (c.d. dividend washing).

 

La normativa previgente

La disciplina fiscale relativa alla tassazione delle plusvalenze e alla deducibilità delle minusvalenze su partecipazioni è stata riformata con decreto legislativo n. 344/2003 (Riforma del sistema fiscale statale) emanato in attuazione della legge delega n. 80 del 2003.

In linea generale, la riforma ha distinto il trattamento delle plusvalenze in funzione, in primo luogo, del soggetto che le realizza ed in particolare: le persone fisiche fuori dall’esercizio di impresa, le persone fisiche nell’esercizio d’impresa, i soggetti IRES.

 

Le plusvalenze realizzate da persone fisiche fuori dall’esercizio di impresa, sono considerate, ai sensi dell’articolo 67 del TUIR, redditi diversi. Tuttavia, ai fini della tassazione si distinguono le plusvalenze relative a partecipazioni non qualificate[62], per le quali è prevista l’applicazione di una imposta sostitutiva in misura pari al 12,50%, da quelle relative a partecipazioni qualificate, le quali concorrono alla formazione del reddito in misura pari al 40% del loro ammontare e sono, pertanto, soggette a tassazione ordinaria. Alle plusvalenze imponibili sono sommate algebricamente alla corrispondente quota delle relative minusvalenze e, se queste ultime sono superiori alle prime, l’eccedenza è portata in deduzione, fino a concorrenza, del 40% dell’ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il quarto. Concorrono, invece, in misura integrale alla formazione del reddito le plusvalenze relative a partecipazioni in società residenti in Paesi a regime fiscale privilegiato (c.d. black list)[63].

 

Con riferimento, invece, ai soggetti IRPEF esercenti attività di impresa, sia in forma di società personali che in forma individuale[64], si applica, ai sensi dell’articolo 58, comma 2, del TUIR, la disciplina sulle plusvalenze e sulle minusvalenze prevista per i soggetti IRES, con alcune eccezioni. Il trattamento fiscale risulta dal combinato disposto degli articoli 58, 86 e 87 del TUIR. In particolare, le plusvalenze realizzate dai soggetti in esame, se relative a partecipazioni con i requisiti previsti dall’articolo 87 (participation exemption), sono incluse nel reddito in misura pari al 40% del loro ammontare. Per lo stesso ammontare, ai sensi dell’articolo 64 del TUIR, sono deducibili le relative minusvalenze. In assenza dei requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR, le plusvalenze realizzate concorrono per intero a formare il reddito nell’esercizio in cui sono state realizzate ovvero, se sono state possedute per un periodo non inferiore a tre anni e se le partecipazioni era iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie, a scelta del contribuente in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto.

 

I requisiti per l’applicazione dell’esenzione sulle plusvalenze disciplinati dal previgente articolo 87, comma 1 del TUIR sono:

a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente. Questo requisito è stato modificato dall’articolo in commento;

b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso;

c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato (c.d. black list). Nel caso in cui la partecipata sia fiscalmente residente in un Paese compreso nella black list, l’esenzione si applica solo se il soggetto partecipante dimostra, a seguito di interpello, che da tali partecipazioni non consegue l’effetto elusivo di localizzare i redditi in Stati sottoposti a regime fiscale privilegiato;

d) esercizio d'impresa commerciale da parte della società partecipata. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola.

Ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 87, i requisiti di cui al comma 1, lettere c) e d), devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso.

 

Le plusvalenze, realizzate dai soggetti IRES[65], su partecipazioni con i requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR sono totalmente esenti (la quota di esenzione è stata modificata dalla norma in commento). Le minusvalenze relative alle medesime partecipazioni sono deducibili in misura pari al 40%.

Ai sensi dell’articolo 101 del TUIR, sono interamente deducibili le minusvalenze realizzate dalla cessione di partecipazioni che non rientrano nel regime della participation exemption.

L’ambito oggettivo dell’esenzione comprende, oltre alle plusvalenze relative alle azioni o quote di partecipazione, anche a quelle realizzate con riferimento:

-          agli strumenti finanziari similari alle azioni, definiti dall’articolo 44 del TUIR[66];

-          ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di solo capitale ovvero con apporto misto.

Con la circolare n. 36/E del 4 agosto 2004, l’Agenzia delle entrate ha precisato che rilevano per l’esenzione anche le plusvalenze derivanti da operazioni effettuate a titolo oneroso diverse dalla cessione propriamente intesa, ma che producono i medesimi effetti giuridici, quali il conferimento, la permuta e lo scambio di azioni.

Infine, si segnala che, ai sensi dell’articolo 166 del TUIR, costituisce realizzo anche il trasferimento all’estero della sede o della residenza della società partecipante, salvo che i componenti dell’azienda o il complesso aziendale non siano confluiti in una stabile organizzazione presente nel territorio dello Stato.

 

Le modificazioni introdotte dal presente articolo sono dirette, in primo luogo, a trasformare da totale a parziale l’esenzione delle plusvalenze e, in secondo luogo, a subordinare la fruizione dell’agevolazione a più restrittivi requisiti di durata del possesso delle partecipazioni stesse.

Ai fini della determinazione della deducibilità delle minusvalenze e dell’applicazione del pro rata patrimoniale, invece, vengono confermati i requisiti previgenti.

 

Più in particolare, la lettera b) del comma 1 reca modifiche alla disciplina delle plusvalenze esenti, mentre le lettere a), c) e d) apportano modifiche, rispettivamente, agli articoli 64, 97 e 101 del TUIR al fine di evitare che, per effetto di quanto disposto nella lettera b), venga modificata la disciplina relativa alle minusvalenze e al pro rata patrimoniale.

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame modifica il regime delle plusvalenze esenti previsto per i soggetti IRES nell’esercizio di impresa. In particolare, viene disposta:

1)      la parziale esenzione, in luogo della totale esenzione delle plusvalenze realizzate sulle partecipazioni con i requisiti di cui all’articolo 87 del TUIR.

In particolare, nel testo modificato nel corso dell’esame al Senato, viene fissata una esenzione in misura pari al 91% fino al 31 dicembre 2006 e all’84% a decorrere dal 2007.

Il testo originario del decreto legge, che conserverà efficacia fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione, prevede una misura di esenzione pari al 95%.

In altre parole, le plusvalenze che rientrano nell’ambito oggettivo della disposizione in commento:

-       non concorrono alla formazione della base imponibile, se realizzate entro il 3 ottobre 2005;

-        concorrono alla formazione della base imponibile in misura pari al 5% delle stesse, se realizzate nel periodo compreso fra il 4 ottobre 2005 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

Tuttavia, in proposito, si segnala che il comma 3 dell’articolo in commento stabilisce – con riferimento al testo originario del decreto-legge - che le disposizioni del comma 1 entrano in vigore dal 4 ottobre 2005 (data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo).

-       salvo ulteriori modifiche, concorreranno alla formazione del reddito in misura pari al 9% le plusvalenze realizzate nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge di conversione e il 31 dicembre 2006, ovvero in misura pari al 16% se realizzate a decorrere dal 1° gennaio 2007.

In conseguenza dei diversi effetti fiscali dovuti alla modifica delle misure di esenzione, i soggetti interessati potrebbero essere incentivati ad anticipare la cessione delle partecipazioni che comportano il realizzo di plusvalenze.

 

2)      l’allungamento del periodo minimo di possesso ininterrotto della partecipazione (c.d. holding period) affinché sia possibile fruire del regime della participation exemption. Il predetto requisito, indicato nella lettera a), comma 1, dell’articolo 87 del TUIR, viene elevato da dodici a diciotto mesi.

Pertanto, per poter fruire del beneficio della participation exemption, le partecipazioni, oltre a possedere i già richiamati requisiti indicati nelle lettere b), c) e d) dell’articolo 87 del TUIR (rispettivamente: iscrizione nelle immobilizzazioni finanziarie in bilancio, commerciabilità dell’impresa e residenza in paesi diversi da quelli a fiscalità privilegiata) dovranno essere state possedute ininterrottamente almeno dall’inizio del diciottesimo mese precedente la vendita.

 

Le modifiche operate dalle lettere a), c) e d) del comma 1 dell’articolo in esame sono dirette ad evitare che il richiamato allungamento del periodo minimo di possesso produca effetti sulle discipline relative alla deducibilità delle minusvalenze e al pro rata patrimoniale.

 

In particolare, le lettere a) e d) intervengono in materia di deducibilità delle minusvalenze. Per effetto delle modifiche introdotte l’allungamento del requisito relativo al periodo minimo di possesso (disposto dalla lettera b)) non interessa la disciplina relativa alla deducibilità delle minusvalenze, la quale rimane ancorata al periodo minimo previgente, ossia 12 mesi.

 

La lettera a) del comma 1, modificando il comma 1 dell'articolo 64 del TUIR, recante norme generali sulle componenti del reddito d'impresa per i soggetti IRPEF, interviene sulla disciplina delle minusvalenze realizzate su partecipazioni con i requisiti che danno diritto all’esenzione.

 

Il previgente articolo 64, comma 1, del TUIR stabiliva che le minusvalenze realizzate nell’esercizio di impresa relative a partecipazioni con i requisiti di cui all'articolo 87 (ossia quelle che beneficiano della participation exemption), e i costi specificamente inerenti al realizzo di tali partecipazioni, erano indeducibili in misura corrispondente alla percentuale del 60 per cento, indicata nell’articolo 58, comma 2 del TUIR.

Si evidenzia, in particolare, che tra i requisiti di cui all’articolo 87, la lettera a) del comma 1 riguarda il periodo minimo di possesso ininterrotto della partecipazione.

 

Il comma 1 dell’articolo 64 del TUIR, come riformulato dalla disposizione in commento, conferma la possibilità di dedurre in misura parziale (40%) le minusvalenze realizzate sulle partecipazioni con i requisiti per poter beneficiare della participation exemption, purché il periodo minimo di possesso sia almeno pari a 12 mesi, in luogo dei 18 previsti in caso di plusvalenza.

 

Per effetto del combinato disposto delle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo in esame non viene confermata, in sostanza, la simmetria del requisito temporale necessario per l’applicazione della esenzione delle plusvalenze, da un lato, e della indeducibilità parziale delle minusvalenze, dall’altro.

Infatti, nella normativa previgente relativamente alle partecipazioni cedute e possedute da almeno 12 mesi erano previste, da un lato, l’esenzione fiscale in caso di realizzo di plusvalenze e, dall’altro, la parziale deduzione dall’imponibile in caso di realizzo di minusvalenze. A seguito delle modifiche apportate dal decreto legge in esame, la esenzione delle plusvalenze opera solo se il periodo di possesso è pari ad almeno 18 mesi, mentre la parziale indeducibilità della minusvalenza trova applicazione quando il periodo di possesso è almeno pari a 12 mesi.

In altre parole, l'allungamento del periodo minimo di possesso delle partecipazioni da dodici a diciotto mesi produce effetti ai fini dell’applicabilità del regime della participation exemption sulle plusvalenze (ai sensi del nuovo articolo 87) e non, invece, relativamente al trattamento delle minusvalenze, per le quali l'indeducibilità - nella misura del 60 per cento - opera dopo che la partecipazione ha maturato dodici mesi di possesso ininterrotto (nuovo articolo 64).

 

La novella dispone, inoltre, che la percentuale di indeducibilità delle minusvalenze venga estesa anche ai costi inerenti al realizzo delle partecipazioni.

 

Nella riformulazione del comma 1 dell’articolo 64 del TUIR, infine, riproponendo quanto disposto dall’articolo 87, comma 1, lettera a), viene precisato che si considerano cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente (ossia ricorrendo al cosiddetto criterio LIFO – last in first out).

La disposizione riguarda il caso in cui siano state acquistate in date diverse partecipazioni nella stessa società e della stessa natura.

 

La lettera d) del comma 1 modifica l'articolo 101 del TUIR recante disposizioni in materia di deducibilità di minusvalenze patrimoniali, sopravvenienze passive e perdite da parte dei soggetti IRES, inserendovi un nuovo comma 1-bis.

 

Il comma 1 dell'articolo 101 del TUIR dispone che le minusvalenze dei beni relativi all'impresa, diversi da quelli indicati negli articoli 85, comma 1 (ricavi), e 87 (plusvalenze esenti), determinate con gli stessi criteri stabiliti per la determinazione delle plusvalenze, sono deducibili se sono realizzate con le modalità descritte dall’articolo 86, commi 1, lettere a), b) e c), e 2 .

 

Ai sensi del comma 1-bis, introdotto dalla lettera d) in esame, le minusvalenze patrimoniali realizzate con riferimento a partecipazioni che posseggono i requisiti indicati nelle lettere b), c) e d) del comma 1 dell’articolo 87 del TUIR sono deducibili a condizione che vi sia stato un ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione.

 

Anche in questo caso, analogamente a quanto previsto dalla lettera a), si considerano cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente.

 

Il nuovo comma 1-bis introdotto nell’articolo 101 del TUIR subordina l’applicazione delle disposizioni del comma 1 dello stesso articolo, per i beni indicati nell’articolo 87 (partecipazioni esenti), all’ininterrotto possesso per dodici mesi.

Le disposizioni del comma 1 dell’articolo 101 riguardano le minusvalenze relative a beni diversi da quelli indicati negli articoli 85, comma 1, e 87 del TUIR, consentendone l’integrale deducibibilità.

L’indeducibilità parziale (60%) delle minusvalenze relative alle partecipazioni esenti ex articolo 87 è disciplinata dall’articolo 64 che, nel testo modificato dalla lettera a), la subordina all’ininterrotto possesso per dodici mesi.

Pertanto, la modificazione apportata dalla lettera d) all’articolo 101 sembrerebbe regolare, con modalità diverse, la medesima fattispecie disciplinata dall’articolo 64, comma 1, come modificato dalla lettera a).

 

Sarebbe, quindi, opportuno chiarire la relazione fra i due interventi.

 

La lettera c) del comma 1 modifica l'articolo 97 del TUIR, in materia di pro rata patrimoniale, inserendovi un nuovo comma 1-bis.

 

Il pro rata patrimoniale permette di determinare se esistono i presupposti, legati alla struttura finanziaria dell’impresa, ed eventualmente in quale misura, una quota di interessi passivi risulta indeducibile[67]. La finalità del pro rata patrimoniale è quella di rendere indeducibili gli interessi passivi che si considerano sostenuti per l’acquisto di partecipazioni da cui originano plusvalenze esenti.

In particolare, l’articolo 97 prende in considerazione la relazione esistente tra le partecipazioni con i requisiti per beneficiare della esenzione, ai sensi dell’articolo 87 del TUIR e il patrimonio netto. Il meccanismo per la determinazione della quota di interessi passivi indeducibili scatta se, alla fine del periodo d'imposta, il valore di libro delle suddette partecipazioni è superiore al patrimonio netto contabile della società. Al verificarsi di tale situazione, la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 98 del TUIR (thin capitalization), al netto degli interessi attivi, è indeducibile per la parte corrispondente al rapporto tra la differenza tra le partecipazioni esenti e il patrimonio netto e il totale dell’attivo ridotto del patrimonio netto e dei debiti commerciali.

 

Per effetto della modifica introdotta dalla lettera c) in esame viene precisato che le partecipazioni esenti ai sensi dell'articolo 87 che determinano la percentuale di indeducibilità degli interessi passivi sono quelle possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello della fine del periodo d’imposta.

Anche in questo caso, pertanto, si tratta di una norma diretta a lasciare inalterata l'indeducibilità prevista anteriormente. Anche ai fini del pro rata, pertanto, rimane confermato il periodo di detenzione minimo delle partecipazioni di dodici mesi e non opera l'allungamento sino a diciotto mesi.

 

Le modifiche introdotte dal comma 1 accentuano il disallineamento tra il regime delle plusvalenze e quello relativo alle minusvalenze e agli oneri accessori relativi alle partecipazioni che beneficiano della participation exemption[68].

 

Infatti, in primo luogo, la parziale indeducibilità delle minusvalenze trova applicazione appena decorsi 12 mesi dalla data di acquisto, mentre per l’esenzione della plusvalenza devono trascorrere 18 mesi.

In secondo luogo, per quanto concerne il pro rata patrimoniale, il valore di libro delle partecipazioni da prendere in considerazione ai fini della determinazione della quota di indeducibilità continua a rilevare per l’intero importo mentre sembrerebbe più opportuno adeguarlo alla quota di esenzione fissata dalla lettera b) del comma 1 in esame.

 

Le disposizioni del comma 1 in esame, inoltre, andrebbero coordinate con alcuni istituti vigenti introdotti dal citato decreto legislativo n. 344 del 2003.

In particolare appare opportuno segnalare gli effetti che, indirettamente, le modifiche introdotte comportano sulle seguenti altre discipline:

1)             consolidato fiscale. In proposito si segnala che i trasferimenti infragruppo di partecipazioni non rientrano nel regime di neutralità fiscale.

L’articolo 123 del TUIR dispone che le cessioni infragruppo di beni diversi da quelli indicati negli articoli 85 (ricavi) e 87 (plusvalenze esenti) possono avvenire in regime di continuità di valori fiscali;

2)             trasparenza fiscale per le Srl.

L’articolo 116 del TUIR dispone che l’esercizio dell’opzione in favore del regime di trasparenza fiscale da parte delle società a responsabilità limitata il cui volume di ricavi non supera le soglie previste per l'applicazione degli studi di settore e partecipata da non più di 10 persone fisiche (elevato a 20 nel caso di società cooperativa) non può essere esercitata, o se esercitata perde efficacia, nel caso di possesso o di acquisto di una partecipazione con i requisiti di cui all'articolo 87.

Rispetto alla normativa previgente, il possesso di una partecipazione nel 2004 non preclude necessariamente l’esercizio dell’opzione per la trasparenza per l’anno 2005 in quanto potrebbe non arrivare a compimento il necessario periodo di possesso, che deve essere di almeno 18 mesi.

3)             Tassazione dei dividendi

Ai sensi dell’articolo 89 del TUIR i dividendi percepiti dai soggetti IRES nell’esercizio di impresa concorrono alla formazione del reddito imponibile in misura pari al 5%.

La percentuale di esenzione delle plusvalenze indicata nel testo originario del decreto legge coincide con la quota di esenzione dei dividendi percepiti.

A seguito della ulteriore riduzione della percentuale di esenzione delle plusvalenze, operata nel corso dell’esame presso il Senato, le società potrebbero essere indotte ad effettuare cessioni dopo che siano stati distribuiti i dividendi e le riserve di utili accumulate. In questo modo, la tassazione avverrebbe sul 5% dei dividendi e la plusvalenza (soggetta a tassazione per il 9% o 16%) sarebbe inferiore, in quanto il prezzo di cessione non comprenderebbe le quote di utili distribuiti.

 

Il comma 3 dispone, in merito all'efficacia delle disposizioni introdotte dal comma 1, che valgono per le cessioni effettuate a decorrere dal 4 ottobre 2005, data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Poiché le disposizioni del comma 1 sono state oggetto di modificazioni nell’iter di conversione, l’interpretazione del presente comma dovrà tener conto di quanto disposto dall’articolo 16, comma 5, della legge n. 400 del 1988 (efficacia degli emendamenti dal giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione) nonché di quanto disposto dall’articolo 3 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente) relativamente alla irretroattività delle norme tributarie.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame, interamente sostituito nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato, sopprime, a decorrere dal 1° gennaio 2007, i commi da 171 a 184 dell’articolo 3 della legge n. 662/1996 concernenti il regime fiscale forfetario applicabile ai contribuenti cosiddetti “minimi”.

 

Il regime forfetario, disciplinato dall’articolo 3, commi da 171 a 184, della legge n. 662/1996, consente particolari semplificazioni contabili, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sui redditi, in favore delle persone fisiche esercenti attività d’impresa o professionale che nell’anno solare precedente[69]:

-        hanno realizzato un volume d’affari non superiore a 10.329,14 euro;

-        hanno utilizzato beni strumentali (anche in leasing) di costo complessivo, al netto degli ammortamenti, non superiore a 10.329,14 euro;

-        non hanno effettuato esportazioni;

-        non hanno corrisposto a dipendenti o collaboratori fissi compensi complessivi superiori al 70% del volume d’affari realizzato.

Per i soggetti che iniziano una nuova attività, ai fini dell’applicazione del regime agevolato in esame, è necessario attestare di presumere di possedere i prescritti requisiti; se uno dei limiti viene superato in misura non superiore al 50% si applica una sanzione pecuniaria da 258 euro a 2.582 euro.

Il regime forfetario cessa di applicarsi a decorrere dall’anno successivo a quello in cui anche una sola delle condizioni richieste non è più rispettata.

Nei confronti dei soggetti che adottano il regime forfetario sono previsti i seguenti adempimenti contabili semplificati, validi sia ai fini IVA che ai fini delle imposte dirette:

-        tenuta del solo registro delle fatture emesse o registro dei corrispettivi o del prospetto contabile previsto dal decreto ministeriale 12 febbraio 1997[70];

-        emissione della fattura solo dietro richiesta del cliente. Resta, in ogni caso, fermo l’obbligo di emettere fattura nel caso di prestazioni di lavoro autonomo;

-        emissione, per le attività previste, dello scontrino fiscale o della ricevuta fiscale;

-        conservazione delle fatture emesse nonché richiesta e conservazione delle fatture di acquisto[71];

-        annotazione entro il 15 del mese delle operazioni imponibili e non imponibili IVA effettuate nel mese precedente.

Ai fini IVA, l’imposta dovuta dai soggetti forfetari è determinata applicando all’IVA sulle operazioni imponibili (fatture emesse, scontrini o ricevute fiscali) le seguenti percentuali:

a)       73% per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi;

b)       60% per le imprese esercenti altre attività;

c)       84% per artisti e professionisti.

Ai fini delle imposte sui redditi, la base imponibile fiscale è determinata applicando al volume d’affari, aumentato dei corrispettivi e compensi fuori campo IVA e, per le imprese, di quelli non concorrenti a formare il volume d’affari, le seguenti percentuali:

1)       75% per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi;

2)       61% per le imprese esercenti altre attività;

3)       78% per artisti e professionisti.

 

A decorrere dal periodo di imposta 2007, pertanto, in conseguenza della soppressione del citato regime agevolato forfetario, i soggetti interessati potranno applicare, in presenza dei previsti requisiti, altri regimi agevolati quali il regime semplificato per le imprese minori, il regime sostitutivo per attività marginali (c.d. “forfettone”) e il regime sostitutivo per nuove iniziative (c.d. “forfettino”), ovvero rientreranno nel regime ordinario di tassazione.

 

 


Articolo 5, comma 3-bis
(Contributi alla regione Sicilia a fronte di imposte
sull’assicurazione RC Auto)

 

3-bis. Alla Regione siciliana per la definizione dei rapporti finanziari pregressi riferiti al periodo 2002-2004 sono attribuiti, a titolo di acconto a valere sulle spettanze relative alle imposte sulle assicurazioni Rc auto, derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 306 del 13 ottobre 2004, contributi quindicennali di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, di 40 milioni di euro dal 2007 e di ulteriori 36 milioni di euro dal 2008.

 

 

La norma attribuisce alla regione Sicilia contributi quindicennali di 10, 40 e 36 milioni di euro – a decorrere rispettivamente dal 2006, 2007 e 2008, a titolo di acconto per spettanze dovute alla regione e incassate dallo Stato in relazione alle imposte sulle assicurazioni Rc auto relative agli anni 2002-2004. La spettanza alla regione Sicilia delle suddette imposte è stata confermata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 306 del 2004, intervenuta di nuovo nell’annosa questione delle imposte relative ad attività svolte nella regione da aziende o soggetti con sede al di fuori del territorio regionale[72].

 

Si ricorda che il contenzioso finanziario fra lo Stato e la Regione Sicilia concerne, per una parte, i crediti che la regione vanta per somme non corrisposte relativamente al gettito dei tributi erariali che le spettano. Il Protocollo d’intesa siglato il 10 maggio 2003 tra la Regione Sicilia e lo Stato ha definito la reciproca situazione debitoria e creditoria a tutto il 31 dicembre 2001. L’Intesa è stata recepita dall’ art. 51, commi 1-bis e 1-ter del D.L. 269/2003 (convertito con modificazioni dalla Legge 326/2003). La somma concordata è stata di 672 milioni di euro, che lo Stato corrisponde alla regione mediante un limite di impegno quindicennale di importo pari a 65 milioni di euro a decorrere dal 2004.

 

La quantificazione delle somme spettanti alla regione è stata effettuata nell’ambito di un accordo cui sono pervenuti la regione siciliana da una parte e il Governo nazionale dall’altra[73], accordo che ha portato altresì alla definizione delle norme di attuazione dell’articolo 37 dello Statuto, concernente i redditi tassabili delle imprese con sede centrale al di fuori della regione[74].

 

I contributi quindicennali, per un totale complessivo di 1.290 milioni di euro, sono corrisposti secondo il seguente schema:

 

 

 

 

 

 

 

 

(milioni di euro)

anno

2006

2007

2008

2020

2021

2022

Totale generale

ml. €

10

50

86

86

76

36

1.290

 

 

La Sentenza della Corte costituzionale n. 306 del 13 ottobre 2004 ha deciso il conflitto di attribuzione sollevato dalla regione Sicilia in riferimento alla nota del Ministero dell’economia e delle finanze 28 maggio 2002, in cui veniva negata la spettanza alla regione siciliana di somme riscosse a titolo di imposta sulle assicurazioni. Si trattava, in particolare, di somme dovute da assicuratori con domicilio fiscale o rappresentanza al di fuori del territorio regionale nell’ipotesi in cui i premi riscossi fossero relativi a polizze di assicurazioni rilasciate per veicoli a motore iscritti nei in pubblici registri automobilistici aventi sede nelle province siciliane (ovvero per macchine agricole le cui carte di circolazioni fossero intestate a soggetti residenti nelle province siciliane).

La Corte, accogliendo l’istanza della regione, ha annullato la Nota del Ministero e confermato la precedente giurisprudenza[75]. Ai fini della determinazione delle spettanze della regione, infatti, è rilevante la territorialità dell’imposta (veicoli immatricolati in Sicilia), piuttosto che la territorialità della riscossione (domicilio fiscale dell’assicuratore).

 

La Corte sostiene che le norme dello statuto speciale siciliano (art. 36 e 37) e le relative norme di attuazione in materia di ordinamento finanziario dettate dal DPR 1074 del 1965, delineano un sistema basato sulla devoluzione alla regione del gettito dei tributi erariali riscossi nel suo territorio. Ciò non si deve intendere “nel senso che sia sempre decisivo il luogo fisico in cui avviene l'operazione contabile della riscossione”. Il sistema di finanziamento “tende infatti ad assicurare alla Regione il gettito derivante dalla «capacità fiscale» che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell'ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria”. (Sent. 306/2004, Considerato in diritto, punto 2.2.).

L’articolo 37 dello Statuto, in particolare, stabilisce che per le imprese industriali e commerciali che hanno la sede centrale al di fuori del territorio regionale ma stabilimenti e impianti in esso, occorre determinare la quota del reddito da attribuire ai detti stabilimenti e impianti. L’imposta sulla parte di reddito così determinato, è di spettanza della regione.

Questa disposizione peraltro non ha avuto concreta attuazione dall’approvazione della riforma tributaria del 1971[76]. Da ultimo la regione e lo Stato hanno raggiunto un accordo (attraverso la Commissione paritetica prevista ai sensi dell’art. 43 dello Statuto) che si è concretizzato nell’approvazione della norma di attuazione dell’articolo 37 dello Statuto, da parte del Consiglio dei ministri in data 21 ottobre 2005

Articolo 5, comma 3-ter
(Contributo di solidarietà alla regione Sicilia)

 


3-ter. In attuazione dell’articolo 38 dello statuto della Regione siciliana, di cui al regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2, è corrisposto alla Regione siciliana, a titolo di contributo di solidarietà nazionale per l’anno 2008, un contributo quindicennale di 10 milioni di euro annui a decorrere dallo stesso anno 2008. L’erogazione dei predetti contributi è subordinata alla redazione di un piano economico degli investimenti, che la Regione siciliana è tenuta a realizzare, finalizzato all’aumento del rapporto tra PIL regionale e PIL nazionale.


 

 

La norma attribuisce alla regione Sicilia un contributo quindicennale di 10 milioni annui a decorrere dal 2008, a titolo di contributo di solidarietà nazionale, ai sensi dell’articolo 38 dello statuto speciale per la regione Siciliana.

L’erogazione del contributo è subordinata alla redazione, da parte della regione, di un “piano economico degli investimenti” diretto all’aumento del rapporto tra PIL regionale d PIL nazionale.

 

L’articolo 38 dello Statuto stabilisce che lo Stato è tenuto a versare annualmente alla Regione, a titolo di solidarietà nazionale, una somma da impiegarsi, in base ad un piano economico, nell'esecuzione di lavori pubblici.

Questa somma tenderà a bilanciare il minore ammontare dei redditi di lavoro nella Regione in confronto alla media nazionale.

Lo stesso articolo 38 prevede una revisione quinquennale della detta assegnazione con riferimento alle variazioni dei dati assunti per il precedente computo.

 

Fino all’anno 1989 per il finanziamento di questo fondo lo Stato assegnava alla Regione Sicilia l’86% delle imposte di fabbricazione (ora accise) riscosse sull’Isola; nella sua ultima determinazione il fondo ammontava a circa 1.200 miliardi di lire annui, da impegnarsi in opere pubbliche. A seguito delle manovre di contenimento della finanza pubblica, ed in considerazione che la Regione incassa direttamente i 10/10 di tutti i tributi erariali ad eccezione delle imposte di fabbricazione, quel fondo – insieme ad altri trasferimenti alla regione Sicilia – non è stato più erogato[77].

Si ricorda inoltre che la legge n. 470/1984 è stata l’ultima legge che ha determinato l’ammontare del fondo su base quinquennale. Dalla scadenza di questa legge (1990) l'ammontare del Fondo di solidarietà è stato determinato annualmente nella legge finanziaria (Fondo globale di parte capitale) e disposto poi con un successivo provvedimento legislativo.

 

Il Fondo è stato ripristinato e rideterminato con la legge finanziaria del 2000. L'articolo 55 della legge n. 488/1999 stabilisce infatti che a saldo di quanto dovuto dalla Stato per gli anni dal 1991 al 2000, il contributo di solidarietà nazionale viene corrisposto mediante limiti d'impegno quindicennali dell'importo di 150 miliardi di lire (56 miliardi di lire a decorrere dal 2001 e 94 miliardi a decorrere dal 2002). Successivamente, ad integrazione del contributo di solidarietà, la legge finanziaria 2001 (L. 388/2000, art. 144, comma 1, Tabella 1) ha autorizzato un ulteriore limite di impegno quindicennale di 10 miliardi di lire a decorrere dall’anno 2002.

In sintesi, il contributo di solidarietà nazionale disposto dalle due leggi finanziarie 2000 e 2001 è complessivamente pari a 160 miliardi di lire (82,63 milioni di euro) annui dal 2002 fino al 2016. Questi limiti di impegno sono stati tradotti dalla Regione in altrettanti prestiti sul mercato internazionale[78].

 

Per il quinquennio 2001-2005 il Fondo viene finanziato dall’art. 30, comma 6 della legge 289/2002 (finanziaria 2003) e quantificato in 80 milioni di euro per ciascun anno.

I 400 milioni di euro sono corrisposti attraverso limiti di impegno quindicennali a decorrere dal 2004 per 23 milioni di euro, per ulteriori 8 milioni di euro a decorrere dal 2005 e per ulteriori 8 milioni di euro a decorrere dal 2006, per complessivi 585 milioni di euro al termine dei 17 anni in cui si esauriscono le rate[79].

 

La disposizione in esame quantifica il contributo di solidarietà nazionale in 10 milioni di euro annui dal 2008 fino al 2022, senza specificare, peraltro, per quale o quali anni è disposto.

 

Si segnala a tale proposito che l’emendamento del Governo 1.2000 al disegno di legge finanziaria A.S. 3613, reca all’articolo 1, comma 75 - un finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per la regione Sicilia, per gli anni 2006 e 2007.

In particolare la norma dispone per il 2006 un finanziamento di 94 milioni di euro. Per il 2007, invece, dispone un contributo quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dallo stesso 2007.

Si può presumere dunque che il contributo disposto dalla norma in esame sia riferito all’anno 2008.

In sintesi il nuovo finanziamento, comprensivo delle disposizioni recate dal disegno di legge finanziaria, risulterebbe così composto:

 

 

 

 

 

 

 

(milioni di euro)

anno

2006

2007

2008

2021

2022

Totale generale

ml. €

94

10

20

20

10

394

 

In ossequio alle disposizioni dell’articolo 38 dello Statuto – e come analogamente disposto dal precedente finanziamento - la norma in esame prescrive la redazione, da parte della regione, di un piano economico degli investimenti, a cui subordina l’erogazione del contributo stesso.Il piano economico deve essere diretto ed idoneo a produrre un miglioramento del rapporto tra PIL regionale e PIL nazionale[80].

Come già ricordato il secondo comma dell’art. 38 dello Statuto pone come obiettivo del contributo di solidarietà il miglioramento della situazione economica della regione in rapporto alla media nazionale, specificatamente in relazione ai redditi da lavoro.

La norma non indica invece eventuali procedure di valutazione, ovvero tempi e modalità per la verifica di questo obiettivo.


Articolo 5-bis
(Ammortamento dell’avviamento)

 


1. All’articolo 103, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: “un decimo“ sono sostituite dalle seguenti: “un ventesimo“.

2. La disposizione del comma 1 si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, anche con riferimento alle residue quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto in periodi di imposta precedenti.


 

 

L’articolo 5-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modificando l’articolo 103 del TUIR, prevede un allungamento del periodo di ammortamento delle spese di avviamento iscritte in bilancio.

 

L’avviamento è il costo sostenuto per l’acquisto di una azienda già operante nel mercato, ed è determinato dall’eccedenza del costo di acquisto sostenuto rispetto al valore corrente dei beni e degli altri elementi del patrimonio acquisiti. Esso rappresenta l’onere sostenuto per una utilità differita nel tempo, che garantisce benefici economici anche negli esercizi successivi a quello dell’acquisto ed è iscritto in bilancio nell’attivo dello stato patrimoniale tra le immobilizzazioni immateriali.

L’ammortamento è una procedura attraverso la quale il costo sostenuto per l’acquisto o la produzione di un bene o onere pluriennale viene ripartito, da un punto di vista della competenza fiscale, in più esercizi.

L’articolo 103 del TUIR reca disposizioni in merito all’ammortamento dei beni immateriali. In particolare, ai sensi del comma 3, le spese di avviamento iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni immateriali sono fiscalmente deducibili, in ciascun esercizio, in quote annue non superiori al 10% del costo sostenuto. Pertanto, l’articolo 103 fissa in 10 anni il periodo minimo di ammortamento delle spese di avviamento, mentre non prevede un periodo massimo.

A differenza di quanto disciplinato per gli altri beni e oneri pluriennali, il valore dell’avviamento che deve essere ammortizzato è quello iscritto in bilancio[81]. Ciò in quanto, come già ricordato, deriva dall’acquisto di un complesso aziendale già operante e, pertanto, comprensivo anche di un patrimonio tangibile. Il valore dell’avviamento iscritto in bilancio è il risultato di una valutazione effettuata dagli amministratori, in base alla quale viene ripartito il costo complessivamente sostenuto tra il valore del patrimonio trasferito e quello dell’avviamento.

In proposito, appare opportuno ricordare che il decreto legislativo n. 38 del 2005[82], ha previsto la possibilità, per le società con determinati requisiti, di optare per il passaggio agli IAS come sistema contabile di riferimento per la redazione del bilancio d’esercizio, purché ciò avvenga in condizione di neutralità fiscale. In particolare, l’articolo 5 del citato decreto n. 38 prevede la possibilità di eliminare dall’attivo patrimoniale i costi iscritti e non più capitalizzabili, pur restando ferma la deducibilità in base ai criteri applicabili negli esercizi precedenti. In sostanza, dunque, sarebbe possibile eliminare dall’attivo patrimoniale il valore dell’avviamento purché, ai fini fiscali, rimanga invariato il valore fiscalmente riconosciuto all’avviamento stesso.

 

Il comma 1 dispone la riduzione della quota annua massima di ammortamento deducibile ai fini fiscali e relativa alla voce “avviamento”da un decimo a un ventesimo dell’onere complessivo.

In altre parole, l’onere sostenuto per l’avviamento rimane, in ogni caso, interamente deducibile, ma il periodo di tempo necessario per procedere all’ammortamento dell’intero costo viene aumentato dai 10 attualmente consentiti a 20 anni. Nei primi 10 anni, pertanto, si produrrà un maggiore imponibile fiscale per effetto della minore quota di ammortamento deducibile in ciascun esercizio.

 

La disposizione, diretta a rispondere ad esigenze di cassa, oltre a comportare una temporanea riduzione dell’imponibile ai fini delle imposte sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta sul reddito delle società, produce effetti anche relativamente alle addizionali regionali e comunali sull’IRPEF e all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Ai sensi del comma 2, l’articolo qui illustrato trova applicazione a decorrere dall’esercizio in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

In sostanza, per i contribuenti con periodo d’imposta coincidente con anno solare, trova applicazione a decorrere dall’esercizio 2005.

Pertanto, nel corso del 2006 i soggetti interessati pagheranno un saldo di imposta (relativa all’anno 2005) maggiore di quella prevista in virtù della richiamata minore quota di ammortamento deducibile.

 

Il medesimo comma 2, inoltre, precisa che sono interessati alla disposizione, oltre ai nuovi oneri per avviamento, anche gli ammortamenti in corso e non ancora completati alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

Rientrano, pertanto, nell’ambito della norma tutte le spese di avviamento sostenute negli ultimi 10 anni oltre, eventualmente, a quelle sostenute in precedenza relativamente alle quali le quote annue di ammortamento dedotte sono state inferiori alla misura massima indicata nell’articolo 103 del TUIR pari al 10%.


Articolo 5-ter
(Durata del contratto di leasing immobiliare)

 


1. All’articolo 102, comma 7, primo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole da: ‘‘a otto anni" fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: ‘‘alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all’attività esercitata dall’impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili, e comunque con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili".

2. La disposizione di cui al comma 1 trova applicazione relativamente ai contratti di locazione finanziaria stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

L’articolo 5-ter, inserito nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, modificando l’articolo 102 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), interviene sulla disciplina relativa all’ammortamento dei beni immobili utilizzati in locazione finanziaria (leasing) da parte dell’impresa utilizzatrice.

 

L’articolo 102, comma 7, del TUIR reca disposizioni in merito alla deducibilità degli oneri relativi ai beni concessi in locazione finanziaria con riferimento sia all’impresa concedente che all’impresa utilizzatrice.

Per quanto riguarda la prima, si dispone che, a fronte dell’iscrizione tra i ricavi dei canoni di locazione riscossi, è ammessa la deduzione del costo del bene concesso in leasing attraverso la procedura dell’ammortamento.

Con riferimento, invece, alla impresa utilizzatrice, la deducibilità fiscale è diversa in funzione della tipologia del bene concesso in locazione finanziaria in quanto si distinguono i beni mobili da quelli immobili. In particolare, relativamente ai beni mobili i canoni di leasing sono deducibili a condizione che la durata del contratto di locazione finanziaria sia non inferiore alla metà del periodo di ammortamento, da individuare in base ai coefficienti stabiliti con decreto ministeriale 31 dicembre 1988[83]. In altre parole, relativamente ad un bene mobile, il cui coefficiente di ammortamento è pari a 10% (ammortizzabile, pertanto, in 10 anni), la deducibilità fiscale dei canoni è ammessa qualora il contratto leasing sia di almeno 5 anni.

Se oggetto del contratto di locazione finanziaria è un bene immobile, i canoni sono deducibili se la durata del contratto non è inferiore a otto anni. In questa ipotesi, pertanto, la misura del coefficiente di ammortamento, e il conseguente periodo di ammortamento, non rileva ai fini della deducibilità dei canoni da parte dell’impresa utilizzatrice.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame stabilisce che i canoni di locazione finanziaria relativi a beni immobili sono deducibili dall’impresa utilizzatrice qualora la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento del bene e comunque, con un minimo di otto anni e un massimo di quindici.

La durata del periodo di ammortamento, analogamente a quanto già avviene per i beni mobili, è determinata sulla base dei coefficienti di ammortamento individuati con i decreti ministeriali emanati ai sensi del comma 2 dell’articolo 107 del TUIR[84]. In particolare, per i beni la cui procedura di ammortamento è iniziata entro il 31 dicembre 1988, si applicano i coefficienti indicati nel D.M. 29 ottobre 1974, per gli altri si applicano i coefficienti indicati nel D.M. 31 dicembre 1988.

 

La finalità della disposizione, attraverso l’allungamento del contratto di locazione finanziaria, sembrerebbe quella di rallentare la deduzione fiscale dei canoni.

Tuttavia, è opportuno ricordare che la riduzione dell’importo dei canoni di leasing comporta, per le imprese concedenti, una riduzione dei componenti positivi di reddito a fronte di una invariata deducibilità di quote di ammortamento del bene immobile oggetto del contratto.

 

Poiché la locazione finanziaria consiste, nella sostanza, in una forma di finanziamento, l’allungamento del periodo comporta maggiori oneri finanziari da parte dell’impresa utilizzatrice.

In proposito si ricorda che gli interessi passivi, pur essendo deducibili ai fini delle imposte sui redditi, non sono inclusi tra i componenti negativi per la determinazione della base imponibile ai fini dell’IRAP.

 

La durata del contratto di leasing che ha per oggetto beni immobili, perché sia consentita la deducibilità dei canoni da parte dell’impresa utilizzatrice, dovrebbe essere non inferiore alla metà del periodo di ammortamento e, comunque, con un minimo di otto anni ed un massimo di quindici.

In particolare:

§      relativamente ad un coefficiente pari all’8%, cui corrisponde un periodo di ammortamento di 12, 5 anni, la durata del contratto di leasing deve essere almeno di otto anni se si vuole fruire della deducibilità dei canoni (la metà del periodo di ammortamento è infatti inferiore al limite minimo previsto dalla norma);

§      relativamente ad un coefficiente pari all’5%, cui corrisponde un periodo di ammortamento di 20 anni, la durata del contratto di leasing deve essere almeno di dieci anni se si vuole fruire della deducibilità dei canoni (la metà del periodo di ammortamento è compresa tra il limite minimo e quello massimo previsti dalla norma);

§      relativamente ad un coefficiente pari all’2%, cui corrisponde un periodo di ammortamento di 50 anni, la durata del contratto di leasing deve essere almeno di quindici anni se si vuole fruire della deducibilità dei canoni (la metà del periodo di ammortamento è infatti superiore al limite massimo previsto dalla norma).

 

Circa la formulazione della norma si segnala l’opportunità di sopprimere le parole: “se il contratto ha per oggetto beni mobili”.

 

Ai sensi del comma 2 la disposizione qui illustrata si applica ai contratti di locazione finanziaria stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge.

 


Articolo 5-quater
(Modifica all’articolo 65 della legge 27 dicembre 2002, n. 289)

 


1. Il comma 2 dell’articolo 65 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è sostituito dal seguente:

“2. A decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del concambio, la perdita conseguente alla minusvalenza patrimoniale di cui al predetto concambio, nonché le perdite relative ai due periodi d’imposta successivi, sono computabili in diminuzione, anche in deroga al limite temporale previsto dal comma 1 dell’articolo 84 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, fino a concorrenza del 50 per cento dei redditi imponibili del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 e di quelli successivi“.


 

 

L’articolo 5-quater, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica la disciplina fiscale relativa all’operazione di concambio di titoli intervenuto fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia a norma dell’articolo 65 della legge 289 del 2002.

 

Per “concambio” si intende lo scambio, da parte - nella specie - del Tesoro, di titoli già in circolazione con titoli di nuova emissione. Le operazioni di concambio costituiscono per l'emittente uno fra gli strumenti per la gestione del debito.

 

Il citato articolo 65 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito, al comma 1, che ai fini dell'articolo 8, comma 29, della legge n. 887 del 1984, i titoli di Stato di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 483 del 1993 possono essere concambiati con effetto dal 30 dicembre 2002 con altri titoli di Stato per un ammontare di pari valore di mercato, previa intesa fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia. Modalità e termini dell'operazione sono disciplinati con apposita convenzione.

Ai sensi del comma 2, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del concambio, la perdita conseguente alla minusvalenza patrimoniale derivante dal predetto concambio è integralmente deducibile anche in deroga al limite temporale previsto dal comma 1 dell'articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e comunque non oltre il ventesimo periodo d'imposta successivo.

 

Secondo il richiamato comma 1 dell'articolo 102 (ora 84) del TUIR, la perdita di un periodo d'imposta, determinata con le stesse norme valevoli per la determinazione del reddito, può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, ma non oltre il quinto, per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi.

 

A copertura di tale minusvalenza, il comma 3 facultizza la Banca d'Italia ad utilizzare, in esenzione d'imposta, i Fondi costituiti con la rivalutazione dell'oro, per le quote accertate al 1° gennaio 1999 e ancora esistenti alla data del concambio. Il costo fiscalmente riconosciuto dell'oro è pari al valore iscritto in bilancio, al netto del relativo conto rivalutazione che residua dopo il concambio.

Il comma 4 abroga la lettera b) del comma 1 dell'articolo 104 del citato TUIR, a mente della quale nella determinazione del reddito della Banca d'Italia e dell'Ufficio italiano dei cambi non si tiene conto delle plusvalenze delle disponibilità in oro iscritte in bilancio in base all'andamento delle quotazioni sul mercato internazionale e accantonate in apposito fondo del passivo.

 

In sostanza, l’operazione così configurata[85] prevedeva – anche al fine di avere un effetto contabile nullo sul bilancio della Banca d'Italia – il concambio di titoli immobilizzati, emessi a seguito della riforma del conto di tesoreria dello Stato attuata dalla legge n. 483 del 1993, con titoli di pari valore di mercato. Poiché il tasso di rendimento sarebbe stato elevato a quelli correnti di mercato, il valore dei nuovi titoli sarebbe risultato ridotto, producendosi una minusvalenza. Ciò essenzialmente perché, a parità di valore attuale, l'originario flusso di interessi e di rimborso del capitale, dato il tasso di rendimento più alto, viene generato da un capitale inferiore.

Per compensare la minusvalenza, si prevedeva l’utilizzo delle plusvalenze sulle riserve auree alla data del 1° gennaio 1999, ovvero prima dell'inizio dell'Unione monetaria europea. A tal fine, la norma del TUIR che le escludeva dal reddito imponibile della Banca d'Italia era stata quindi abrogata dal comma 4 dell’articolo 65 sopra illustrato.

 

L’articolo 5-quaterin esame modifica ora la disciplina fiscale relativa alla suddetta operazione di concambio di titoli, sostituendo il comma 2 dell’articolo 65 della legge n. 289 del 2002.

Nel dettaglio, il nuovo comma 2 prevede che la perdita occorsa alla Banca d’Italia in conseguenza della minusvalenza patrimoniale derivante dal predetto concambio, nonché le perdite relative ai due periodi d’imposta successivi, non sono più integralmente deducibili, bensì sono computabili in diminuzione fino a concorrenza del 50 per cento dei redditi imponibili del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2005 e di quelli successivi.

La disposizione opera parimenti in deroga al limite temporale previsto dal comma 1 dell’articolo 84 (ex 102, dopo la rinumerazione ad opera del D.Lgs. n. 344 del 2003) del TUIR, tuttavia venendo meno il limite massimo già stabilito nel ventesimo periodo d’imposta successivo a quello del concambio.

 

L’effetto della norma è quello di limitare – con effetto per il periodo d’imposta in corso e per i successivi – la quota annua di deducibilità della minusvalenza, prolungando il periodo nel corso del quale essa potrà venire interamente dedotta. Nella formulazione, appare quindi equivoca la previsione secondo cui la deduzione è ammessa, da un lato, “a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del concambio”, dall’altro invece “fino a concorrenza del 50 per cento dei redditi imponibili del periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre e di quelli successivi”.


Articolo 5-quinquies
(Indeducibilità di minusvalenze su dividendi non tassati)

 


1. All’articolo 109 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 3, sono inseriti i seguenti:

“3-bis. Le minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 101 sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 87 non rilevano fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi, ovvero dei loro acconti, percepiti nei trentasei mesi precedenti il realizzo. Tale disposizione si applica anche alle differenze negative tra i ricavi dei beni di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), e i relativi costi.

3-ter. Le disposizioni del comma 3-bis si applicano con riferimento alle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni acquisite nei trentasei mesi precedenti il realizzo, sempre che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87.

3-quater. Resta ferma l’applicazione dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche con riferimento ai differenziali negativi di natura finanziaria derivanti da operazioni iniziate nel periodo d’imposta o in quello precedente sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni di cui al comma 3-bis“.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle minusvalenze e alle differenze negative realizzate a decorrere dal 1º gennaio 2006.

3. Relativamente alle minusvalenze e alle differenze negative di cui al comma 1, di ammontare superiore a 50.000 euro, derivanti da operazioni su azioni o altri titoli negoziati, anche a seguito di più operazioni, in mercati regolamentati italiani o esteri e realizzate a decorrere dal periodo d’imposta cui si applicano le disposizioni del decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344, il contribuente comunica all’Agenzia delle entrate i dati e le notizie necessari al fine di consentire l’accertamento della conformità delle relative operazioni alle disposizioni dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabiliti i dati e le notizie oggetto delle comunicazioni, nonché le procedure e i termini delle stesse. In caso di comunicazione omessa, incompleta o infedele, la minusvalenza e la differenza negativa realizzata sono fiscalmente indeducibili.

4. Ai fini del versamento degli acconti delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relativi al periodo d’imposta che ha inizio a decorrere dal 1º gennaio 2006, gli acconti sono calcolati assumendo come imposte del periodo precedente quelle che si sarebbero determinate tenendo conto delle disposizioni del presente articolo.


 

 

L'articolo 5-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato,limita la deducibilità delle minusvalenze su partecipazioni fino a concorrenza dell’importo dei dividendi percepiti e non assoggettati a tassazione (c.d. dividend washing).

La disposizione ha finalità antielusive in quanto intende evitare che, relativamente alle medesime partecipazioni, sia possibile fruire sia dell’esenzione dei dividendi, sia della deducibilità delle minusvalenze realizzate.

Il dividend washing, infatti, consiste in un’operazione elusiva attraverso la quale si acquistano partecipazioni prima della distribuzione dei dividendi (e quindi ad un prezzo più elevato) per poi rivenderle, ad un prezzo inferiore, dopo che gli utili siano stati corrisposti. In questo modo il contribuente beneficia della quasi totale esenzione dei dividendi (in quanto è tassato solo il 5% degli utili percepiti), da un lato, e, dall’altro, della deduzione della minusvalenza realizzata determinata dalla differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto.

 

L’articolo 5 del presente decreto-legge modifica il regime delle plusvalenze su partecipazioni che possiedono i requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR (participation exemption) e, contemporaneamente, interviene sulle disposizioni concernenti il regime delle minusvalenze relative alle medesime partecipazioni. Si segnala, tuttavia, che le modifiche al richiamato regime delle minusvalenze sono dirette a lasciare inalterata la disciplina vigente.

 

L’esclusione parziale dall’imposizione dei dividendi distribuiti ai soci è stata introdotta con la riforma del sistema fiscale operata dal D.Lgs. n. 344/2003, emanato in attuazione della legge n. 80/2003 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2004[86].

La misura dell’esclusione dipende, tra l’altro, dalla natura del soggetto percipiente. In particolare, ai sensi dell’articolo 89 del TUIR, l’esclusione è fissata nella misura del 95% per i dividendi percepiti da soggetti IRES, mentre l’articolo 47 fissa al 60% l’esclusione per i dividendi percepiti da altri soggetti[87].

 

Il comma 1 dell’articolo in esame introduce nell’articolo 109 del TUIR i nuovi commi 3-bis, 3-ter e 3-quater.

 

Si segnala che analoghe proposte di modifica all'articolo 109 del TUIR, sono contenute nello “Schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo n. 344 del 2003, recante riforma dell’imposizione del reddito sulle società” (c.d. correttivo IRES)[88], nell’articolo 5 dell'AS 3533, recante "Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale" (c.d. ddl competitività), provvedimento approvato dalla Camera dei deputati e di cui il Senato non ha ancora avviato l'esame, e nell’articolo 41 del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. n. 3613) in corso di esame presso il Senato.

 

L’articolo 109 del TUIR concernente la disciplina relativa ai componenti del reddito d’impresa agli effetti dell’IRES, è stato introdotto, con decorrenza 1° gennaio 2004, dal D.Lgs. n. 344/2003. L’articolo 109, riformulando il precedente articolo 75, ha confermato, in linea generale, l’applicazione dei princìpi della competenza e dell’oggettiva certezza dei componenti economici ai fini della concorrenza alla determinazione del reddito d’esercizio. Per quanto concerne, invece, il principio dell’inerenza dei costi, il comma 5 dispone che “le spese e gli altri componenti negativi (…) sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi”. In riferimento ai redditi di natura finanziaria, pertanto, sono da ritenersi deducibili, in linea generale, i costi relativi alla gestione della partecipazione (in quanto i dividendi sono “esclusi”), mentre non sono deducibili i costi correlati alle plusvalenze “esenti” realizzate dalla cessione di partecipazioni[89].

Lo stesso articolo, tenendo conto delle nuove disposizioni civilistiche sul bilancio (articolo 2426 del codice civile) disciplinate dal D.Lgs. n. 6/2003[90] e relative alla eliminazione delle “interferenze” fiscali, ha introdotto uno specifico prospetto extracontabile, che consente la deducibilità fiscale di determinati costi[91] anche se non imputati nel conto economico (c.d. "disinquinamento fiscale"). In questo modo, il patrimonio netto risultante dal bilancio civilistico include una quota di utili in sospensione d’imposta (corrispondente ai costi dedotti fiscalmente e non imputati ai fini civilistici) i quali, in caso di distribuzione, dovranno essere soggetti a tassazione.

 

Il nuovo comma 3-bis reca disposizioni, con finalità antielusive, dirette a rendere indeducibili le minusvalenze e le differenze negative derivanti dalla cessione di partecipazioni societarie o di strumenti finanziari similari[92] alle azioni fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi percepiti nei 36 mesi precedenti il realizzo[93].

 

Con riferimento all’ambito oggettivo, l’indeducibilità disposta dal comma in esame interessa:

§      le minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 101 del TUIR sulle partecipazioni e sugli strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR e che sono iscritte nel bilancio fra le immobilizzazioni finanziarie.

Il richiamato articolo 101 dispone la deducibilità delle minusvalenze realizzate su partecipazioni che non beneficiano della participation exemption. Ciò in quanto le partecipazioni con i requisiti indicati nell’articolo 87 del TUIR fruiscono della parziale esenzione sulle plusvalenza, da un lato, e della parziale indeducibilità delle minusvalenze, dall’altro (in proposito si rinvia alla scheda relativa all’articolo 5 del presente decreto-legge). Poiché, viceversa, le plusvalenze realizzate su partecipazioni che non rientrano nel regime della participation exemption sono soggette a tassazione, l’articolo 101 del TUIR dispone la corrispondente deducibilità delle minusvalenze realizzate sui medesimi titoli.

In particolare, ai sensi del citato articolo 101, sono deducibili le minusvalenze relative a beni diversi da quelli indicati nell’articolo 85, comma 1 (che determinano ricavi di esercizio) e nell’articolo 87 (che determinano plusvalenze esenti), purché realizzate mediante cessione a titolo oneroso, risarcimento per perdita o danneggiamento dei beni, assegnazione ai soci o destinazione dei beni a finalità estranee all’attività di impresa ovvero avviamento per cessione di azienda (comma 1). Sono inoltre deducibili le minusvalenze relative ai beni di cui all’articolo 85, comma 1, lettera e), del TUIR (obbligazioni e altri titoli in serie o di massa diversi da azioni, partecipazioni o strumenti finanziari similari alle azioni) che costituiscono immobilizzazioni finanziarie, in misura non superiore alla differenza tra il valore fiscale e quello determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo semestre (comma 2);

§      le differenze negative tra i ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), del TUIR e i relativi costi. Si tratta delle perdite subìte (determinate dalla differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto) relativamente alle partecipazioni che non posseggono i requisiti per l’esenzione delle plusvalenze e che sono iscritte nel bilancio tra le voci dell’attivo circolante.

L’articolo 85 del TUIR individua l’elenco dei componenti positivi che concorrono alla formazione del reddito in quanto ricavi di esercizio. In particolare, ai sensi del comma 1, lettere c) e d), sono considerati ricavi i corrispettivi delle cessioni di azioni, strumenti finanziari similari alle azioni, ovvero quote di partecipazioni al capitale relative a società ed enti assoggettati al regime IRES che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, e che non sono considerate esenti ai sensi dell'articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. In altre parole, la disposizione si applica con riferimento alle azioni e quote di partecipazioni (lettera c)) ovvero di strumenti finanziari similari alle azioni (lettera d)) relative a società ed enti indicati nell’articolo 73 del TUIR (soggetti passivi IRES), che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie e che non rientrano nel regime di esenzione delle plusvalenze.

 

Sembrerebbe opportuno chiarire, al fine di evitare dubbi interpretativi, se il riferimento ai “relativi costi” includa gli eventuali oneri accessori.

 

Il valore delle partecipazioni e degli strumenti iscritto nelle immobilizzazioni finanziarie evidenzia, in linea generale, il costo sostenuto per l’acquisto del titolo. Tale importo subisce variazioni esclusivamente in presenza di particolari operazioni straordinarie di rivalutazione o svalutazione.

Per quanto riguarda, invece, le partecipazioni e gli strumenti non iscritti tra le immobilizzazioni finanziarie, il costo di acquisto viene imputato nel conto economico quale componente negativo. Se la cessione avviene nello stesso esercizio in cui il titolo è stato acquistato, il saldo economico (positivo o negativo) sarà determinato dalla differenza tra il prezzo di cessione e il costo di acquisto aumentato degli eventuali oneri accessori quali, ad esempio, gli oneri in favore di intermediari. Nel caso in cui la cessione avvenga in un esercizio successivo, il costo di acquisto sostenuto deve essere aggiornato alla fine di ciascun periodo d’imposta attraverso i criteri di valutazione indicati nell’articolo 94 del TUIR e le variazioni di valore del titolo, sia in positivo che in negativo, concorrono a formare il reddito di ciascun esercizio. Pertanto, al momento della cessione il saldo economico effettivamente realizzato è rappresentato dalla differenza tra il prezzo di cessione e il costo di acquisto aumentato degli eventuali oneri accessori. Tuttavia, sul piano contabile, il componente negativo è rappresentato dal valore della rimanenza alla fine dell’esercizio precedente mentre le differenze tra il costo originario e il valore delle rimanenze hanno concorso, in ciascun esercizio, alla formazione del reddito.

Gli effetti complessivi sono differenti a seconda che la valutazione delle rimanenze effettuata alla fine di ciascun esercizio evidenzi un incremento di valore o un decremento dello stesso.

Nel primo caso, ipotizzando un costo di acquisto pari a 100 e un valore di rimanenza pari a 102, l’incremento di valore concorre alla formazione del reddito ed è pertanto soggetto a tassazione. Se la vendita nell’esercizio successivo è effettuata ad un prezzo di cessione pari a 97, si avrà una perdita effettiva pari a 3, tuttavia in bilancio appare una differenza negativa pari a 5 (che potrebbe risultare indeducibile), e sono state pagate imposte su 2.

Nel secondo caso, si suppone una valutazione finale della rimanenza pari a 98. Il minor valore concorre alla formazione del reddito quale componente negativo e comporta un risparmio d’imposta. Se nell’esercizio successivo si percepisce dalla cessione un corrispettivo pari a 97, si avrà una perdita effettiva uguale a 3, tuttavia in bilancio appare una differenza negativa pari a 1(che potrebbe risultare indeducibile), e, inoltre, sono state risparmiate imposte su 2.

 

Ai fini della determinazione della differenza negativa, pertanto, potrebbe essere utili chiarire se e in quale modo interferiscono le valutazioni delle rimanenze di partecipazioni effettuate al termine di ciascun esercizio.

 

Nel caso in cui l’ammontare delle minusvalenze o delle differenze negative sia maggiore di quello dei dividendi percepiti e non assoggettati a tassazione, ai sensi del nuovo comma 3-bis, la parte eccedente è deducibile ai fini della determinazione del reddito imponibile.

 

Il nuovo comma 3-ter reca disposizioni relative alle azioni, quote e strumenti finanziari che non beneficiano della participation exemption ma che soddisfano i requisiti della commercialità e della residenza in Paesi non inseriti nella black list, indicati nelle lettere c) e d) dell’articolo 87 del TUIR.

 

Le lettere c) e d) dell'articolo 87 del TUIR individuano due dei quattro requisiti necessari affinché le plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3 non concorrano alla formazione del reddito imponibile. In particolare:

- la lettera c) riguarda le società partecipate la cui residenza fiscale è fissata in uno Stato o territorio diverso da quelli a regime fiscale privilegiato di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 167, comma 4, o, alternativamente, l'avvenuta dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, che dalle partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati di cui al predetto decreto ministeriale;

-la lettera d) riguarda il requisito dell’esercizio, da parte della società partecipata, di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui all'articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata svolge l'attività agricola.

 

In riferimento alle citate partecipazioni, la disposizione del comma 3-bis trova applicazioni limitatamente a quelle acquisite nei 36 mesi precedenti il realizzo.

 

Il testo del nuovo comma 3-ter potrebbe comportare problemi interpretativi.

Infatti, la formulazione letterale della normasembrerebbe stabilire che, con riferimento alle partecipazioni relative a società commerciali ovvero a società residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, la disposizione antielusiva posta nel comma 3-bis trovi applicazione solo nel caso in cui le partecipazioni vendute siano state acquisite nei 36 mesi precedenti. In altre parole, sembrerebbe che le partecipazioni in società non commerciali ovvero residenti in Paesi inseriti nella black list sarebbero soggette alla disposizione antielusiva anche se rivenienti da acquisizioni avvenute in epoca precedente.

 

Tuttavia, nella relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. n. 3613) che, come già ricordato, all’articolo 41 contiene una analoga disposizione, viene precisato che si è inteso escludere dall'applicazione della norma antielusiva i casi in cui le partecipazioni non posseggono i requisiti di cui all'articolo 87 a causa della mancanza di commercialità della partecipata o della sua residenza in un paradiso fiscale, in quanto condizioni "oggettive" che attengono alla società partecipata e non ai comportamenti del socio. Se le partecipazioni non rispondono a tali requisiti presso il cedente dopo che ne ha incassato i dividendi, è possibile ritenere che le medesime partecipazioni non abbiano fruito (presso il precedente titolare) e non potranno fruire (presso l'acquirente) del regime di participation exemption. In questi casi, l'indeducibilità, nei limiti dei dividendi esclusi da imposizione, della minusvalenza derivante dal realizzo di tali partecipazioni darebbe luogo a non congrui fenomeni di doppia imposizione.

 

Al riguardo, si segnala che anche l’Assonime, nella circolare n. 54 del 7 ottobre 2005, ritiene che si tratti di un “mero errore materiale”, in quanto l’intenzione era quella di escludere dall’ambito applicativo della norma antielusiva le operazioni aventi ad oggetto le partecipazioni detenute da un periodo di tempo superiore a quello indicato nella norma e, in ogni caso, quelle non aventi i requisiti previsti per la participation exemption.

 

Al fine di evitare dubbi interpretativi, sarebbe opportuna una riformulazione della comma 3-ter in esame.

 

Il nuovo comma 3-quater conferma l’applicazione delle disposizioni antielusive disposte dall’articolo 37-bis del DPR n. 600 del 1973, anche con riferimento ai differenziali negativi di natura finanziaria derivanti da operazioni iniziate nel periodo d’imposta o in quello precedente sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni di cui al comma 3-bis.

 

Si ricorda che l’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, concernente “Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi”, dispone una disciplina antielusiva di carattere generale la quale prevede l’inopponibilità all’amministrazione finanziaria degli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi previsti dall’ordinamento tributario allo scopo di ottenere riduzioni di imposte o rimborsi.

Tuttavia, ai sensi del comma 8 del medesimo articolo 37-bis, il contribuente, con apposita istanza da presentare al direttore regionale delle entrate, può chiedere la disapplicazione della norma che limita la deducibilità dimostrando che il comportamento adottato non aveva finalità elusive.

 

Al fine di consentire l’accertamento ai sensi del richiamato articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973, il comma 3 dell’articolo qui illustrato pone a carico del contribuente che realizza una minusvalenza o una differenza negativa, ai sensi del comma 1, di ammontare superiore a 50 mila euro l’obbligo di darne comunicazione all’Agenzia delle entrate.

L’obbligo per il contribuente sorge nel momento in cui sia realizzato il predetto importo con riferimento anche a più operazioni, purché effettuate a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2004.

L’omessa, incompleta o infedele comunicazione comporta l’indeducibilità fiscale delle relative minusvalenze e delle differenze negative.

I termini, le modalità, i dati e le notizie oggetto delle comunicazioni saranno stabiliti con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, relativamente al quale non si prevede un termine di emanazione.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame fissa la decorrenza delle disposizioni indicate al comma 1 basandosi sul momento del realizzo della minusvalenza o della differenza negativa.

In particolare, sono soggette alle richiamate disposizioni antielusive le cessioni effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2006.

 

Il comma 4, infine, reca disposizioni sulla determinazione degli acconti delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive dovuti per il periodo d’imposta che ha inizio a decorrere dal 1° gennaio 2006.

 

Ai sensi dell’articolo 17 del DPR n. 435/2001 i versamenti degli acconti IRPEF, IRES e IRAP sono effettuati in due rate salvo che il versamento da effettuare alla scadenza della prima rata non superi euro 103. La prima rata (di importo pari al 40 per cento dell’acconto dovuto), deve essere versato entro il giorno 20 del sesto mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta; la seconda rata (di importo pari al restante 60 per cento dell’acconto) deve essere versato entro il giorno 30 dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta precedente. In sostanza, per i contribuenti con esercizio coincidente con l’anno solare, le scadenze degli acconti per il periodo di imposta 2006 sono fissate al 20 giugno 2006 e al 30 novembre 2006.

Per quanto riguarda la misura degli acconti, l’articolo 1, comma 301, della legge n. 3001 del 2004 (legge finanziaria 2005) dispone che, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, la misura dell’acconto IRPEF e IRES è fissata, rispettivamente, al 99% e al 100%. Per quanto riguarda la misura dell’acconto IRAP, l’articolo 30 del D.Lgs. n. 446/1997 dispone che gli acconti IRAP sono determinati e sono fissati secondo quanto disciplinato in materia di acconti delle imposte dirette. Le percentuali di acconto si applicano, sulla base del metodo storico, all’imposta dovuta dal contribuente nell’esercizio precedente.

 

In particolare, si dispone che la misura dell’acconto delle imposte da versare nel 2006 deve essere calcolata come se le nuove disposizioni fossero già in vigore nel precedente esercizio, rideterminando l’imposta di tale anno senza tener conto delle eventuali minusvalenze dedotte con le operazioni individuate dall’articolo qui illustrato.


Articolo 5-sexies
(Interventi a favore dell’utilizzo di GPL e metano per autotrazione)

 


1. Per gli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 40 milioni di euro per l’anno 2005.

2. Dopo il comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, sono inseriti i seguenti:

“2-bis. L’importo delle agevolazioni per l’installazione di impianti di alimentazione a metano o a GPL può essere recuperato, mediante credito d’imposta di cui all’articolo 29 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dall’interessato alla filiera di settore, secondo modalità che verranno definite con accordo di programma tra il Ministero delle attività produttive e le associazioni di settore maggiormente rappresentative, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 2 luglio 2003, n. 183.

2-ter. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, successivamente alla comunicazione di avvenuto riconoscimento del contributo. Il credito d’imposta non è rimborsabile, non concorre alla formazione del valore della produzione netta di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, né dell’imponibile agli effetti delle imposte sui redditi e non rileva ai fini del rapporto di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.“

3. Il Ministero delle attività produttive, raggiunto il limite dell’80 per cento degli stanziamenti disponibili, pubblica un avviso nella Gazzetta Ufficiale indicando la data di sospensione degli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione.

4. L’efficacia delle disposizioni del presente articolo decorre dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che stabilisce le modalità di fruizione del credito d’imposta di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, introdotti dal comma 2 del presente articolo, secondo i contenuti dell’accordo di programma ivi indicato.

5. All’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti dal presente decreto.

6. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».


 

 

L’articolo 5-sexies, aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, rifinanzia gli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione, nella misura di euro 40 milioni per l’anno 2005.

In particolare, è introdotto un credito d’imposta per l’installazione di impianti di alimentazione a metano o GPL, che sarà operante dalla data di entrata in vigore del decreto attuativo del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La copertura dell’onere finanziario è posta a carico delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto-legge.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 40 milioni di euro per l’anno 2005 per gli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, e successive modificazioni.

 

L’articolo 1, comma 2, secondo e terzo periodo, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324 (Ulteriori interventi in materia di incentivi per la rottamazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, ha demandato al Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora ministro delle attività produttive) il potere di determinare con decreto, nel limite d’importo di lire 30 miliardi, priorità, criteri, modalità, durata ed entità delle agevolazioni per gli autoveicoli alimentati a metano o gas di petrolio liquefatto (GPL), a partire dal 1 agosto 1998. Tale decreto avrebbe dovuto determinare altresì agevolazioni per l'installazione di impianti di alimentazione a metano o a GPL effettuata entro l'anno successivo alla data di immatricolazione dell'autoveicolo, purché posteriore al 1° agosto 1997.

Alla determinazione si è provveduto mediante il regolamento recante norme sulle agevolazioni per gli autoveicoli alimentati a metano o a gas di petrolio liquefatto (GPL), emanato con decreto del ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato 17 luglio 1998, n. 256.

 

A norma dell’articolo 1 del suddetto decreto ministeriale, possono fruire del contributo previsto dall'articolo 1, comma 2, secondo e terzo periodo, del decreto-legge n. 324 del 1997, le persone fisiche:

a) che acquistano, in Italia, anche in locazione finanziaria, un autoveicolo nuovo di fabbrica omologato anche o esclusivamente a metano o a gas di petrolio liquefatto (GPL);

b) che provvedono all’installazione di impianto di alimentazione a metano o a GPL su autoveicolo di proprietà e di cui risulti l'intestazione alla persona fisica medesima, o ai suoi familiari conviventi, entro un anno dalla data di prima immatricolazione dello stesso, purché quest'ultima abbia avuto luogo a partire dal 1° agosto 1997.

L’articolo 2[94] stabilisce la misura del contributo in euro 1.500 in favore delle persone fisiche che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un autoveicolo nuovo di fabbrica omologato anche o esclusivamente a metano o a gas di petrolio liquefatto (GPL), e nella misura di euro 650 in favore delle persone fisiche che fanno installare, entro un anno successivo alla data di prima immatricolazione, un impianto di alimentazione a metano o a GPL su autoveicolo di proprietà e di cui risulti l'intestazione alla persona fisica medesima, o ai suoi familiari conviventi.

L’articolo 3 specifica che l'agevolazione consiste nella detrazione dal prezzo di vendita o dal prezzo dell'installazione di una somma, pari al contributo come stabilito dall'articolo 2, che il costruttore o l'importatore dell'autoveicolo ovvero l'installatore dell'impianto a gas metano o GPL riconosce al soggetto che acquista un autoveicolo nuovo (autovettura o un autoveicolo per trasporto promiscuo) ovvero al soggetto che fa installare l'impianto a gas metano o a GPL.

Il contributo per l'installazione di un impianto di alimentazione a gas metano o GPL può essere corrisposto anche per un autoveicolo il cui proprietario abbia già fruito delle incentivazioni per la rottamazione di cui all'articolo 29 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, nonché all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403.

L’articolo 4 dispone che il contributo può essere riconosciuto per acquisti a partire dal 1° agosto 1998 e per installazioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento stesso (16 agosto 1998).

Fanno fede, a questo fine, rispettivamente la richiesta di iscrizione del contratto stipulato con il venditore nel pubblico registro automobilistico e il collaudo presso l'ufficio provinciale della motorizzazione civile.

L’articolo 5 stabilisce le modalità per l’erogazione del contributo.

Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l'importo del contributo e recuperano detto importo, quale credito d'imposta, per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute anche in acconto per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi. Si precisa che il contributo riconosciuto agli acquisti del veicolo nuovo di fabbrica non comporta una corrispondente riduzione della base imponibile IVA relativa alla cessione del veicolo stesso, che resta determinata dal prezzo di listino al netto dell'IVA, ridotto dell'eventuale sconto commerciale praticato dal venditore.

Gli installatori recuperano l'importo dell’agevolazione, quale credito d'imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene effettuato il collaudo all'ufficio provinciale della motorizzazione civile e per i successivi. Anche in questo caso, il contributo riconosciuto per le installazioni di impianti di alimentazione a metano o a GPL non comporta una riduzione della base imponibile IVA, che resta determinata dal prezzo convenuto con l'installazione dell'impianto stesso.

Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita le imprese costruttrici o importatrici e gli installatori conservano la seguente documentazione:

a) copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto ovvero copia della fattura di installazione da cui risulta l'importo dell'agevolazione prevista dalla legge;

b) copia della carta di circolazione e del certificato di proprietà; in caso di loro mancanza copia dell'estratto cronologico;

c) certificato dello stato di famiglia nel caso di installazione di impianto a gas metano o GPL su autoveicolo intestato a familiari conviventi.

Per il controllo della spesa è previsto che la Direzione generale della motorizzazione civile, attraverso collegamento informatico, raccoglie i dati provenienti dai propri uffici periferici e li trasmette al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Ad avvenuto utilizzo dei nove decimi dello stanziamento annuo, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato comunica alla Direzione generale della motorizzazione civile la imminente cessazione dell'intervento; analoga comunicazione viene trasmessa alle associazioni di categoria per gli importatori, costruttori e installatori. La cessazione dell'intervento ad esaurimento delle disponibilità è comunicata tramite avviso da pubblicare nella Gazzetta ufficiale a cura del Ministero delle attività produttive [95].

L’articolo 6 stabilisce che i contributi siano erogati in base all'ordine cronologico di richiesta di immatricolazione dell'autoveicolo ovvero di collaudo all'ufficio provinciale della motorizzazione civile.

Infine, l’articolo 7 prevede che lo stanziamento riguardante gli esercizi finanziari a decorrere dal 1999 pari a lire 5 miliardi annui è destinato agli interventi di cui al presente regolamento nel limite di lire 4 miliardi per ciascun anno.

 

L’articolo 1, comma 53, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riforma del settore energetico), ha modificato il comma 2 dell’articolo 1 del citato decreto-legge n- 324 del 1997, ammettendo a fruire del contributo le operazioni d’installazione di impianti di alimentazione a metano o GPL su autoveicoli esistenti, effettuate entro i tre anni successivi alla data di immatricolazione dell'autoveicolo (invece che entro un anno, come precedentemente previsto), purché quest'ultima abbia avuto luogo a partire dal 1° agosto 1997.

 

Il comma 2 consente il recupero dell’importo delle agevolazioni per l’installazione di impianti di alimentazione a metano o a GPL, mediante credito d’imposta, da parte dell’interessato alla filiera di settore.

A questo fine, dopo il comma 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403, sono inseriti due ulteriori commi.

Il nuovo comma 2-bis stabilisce che l’importo delle predette agevolazioni può essere recuperato, mediante credito d’imposta di cui all’articolo 29 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, dall’interessato alla filiera di settore.

 

L’articolo 29 del decreto-legge n. 669 del 1996 introduceva un contributo per l'acquisto di autoveicoli nuovi a fronte della demolizione di analoghi beni usati, prevedendo, al comma 4, che le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsassero al venditore l'importo del contributo, recuperando tale importo quale credito d’imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora imposta sul reddito delle società), dell'imposta locale sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute anche in acconto per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi.

Il successivo comma 5 disciplinava gli obblighi di conservazione della documentazione riferita all’operazione di vendita del veicolo nuovo e di demolizione di quello usato.

 

Le modalità applicative di tale contributo verranno definite con accordo di programma tra il Ministero delle attività produttive e le associazioni di settore maggiormente rappresentative, ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 2 luglio 2003, n. 183.

 

Con il decreto del Ministro delle attività produttive 2 luglio 2003, n. 183, è stato approvato il regolamento concernente modifiche al decreto ministeriale 17 luglio 1998, n. 256, recante l'attuazione dell'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 1997, n. 324, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1997, n. 403.

In particolare, esso reca, in allegato, lo schema di accordo di programma tra il Ministero delle attività produttive, rappresentato dal direttore generale della Direzione generale per lo sviluppo produttivo e la competitività, e le associazioni di categoria del GPL e del metano nell'interesse e per conto dei propri associati e non associati.

 

Il nuovo comma 2-ter dispone che il predetto credito d’imposta sia utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, successivamente alla comunicazione di avvenuto riconoscimento del contributo.

Inoltre, esso non è rimborsabile, non concorre alla formazione del valore della produzione netta agli effetti dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, né dell’imponibile agli effetti delle imposte sui redditi, e non rileva ai fini del rapporto di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (rapporto per il calcolo della deducibilità degli interessi passivi agli effetti dell’imposta sul reddito delle società).

 

Il comma 3 dell’articolo qui commentato dispone che il Ministero delle attività produttive, raggiunto il limite dell’80 per cento degli stanziamenti disponibili, pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale indicando la data di sospensione degli interventi finalizzati a promuovere l’utilizzo di GPL e metano per autotrazione.

 

Il comma 4 fa decorrere l’efficacia delle disposizioni del presente articolo dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che stabilisce le modalità di fruizione del sopra descritto credito d’imposta, secondo i contenuti dell’accordo di programma stipulato con le associazioni di settore.

 

Il comma 5 prevede che l’onere derivante dall’attuazione del presente articolo, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, sia coperto a carico delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto-legge. Il comma 6 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia delle Comunità europea per il mancato recepimento, da parte dell’Italia, della direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità[96].

Tale direttiva precisa, all’art. 18, che, in deroga alle disposizioni della direttiva stessa, gli Stati membri sono autorizzati a continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni previste nell’allegato II della direttiva (per l’Italia, tra le altre, è prevista l’applicazione di un’aliquota ridotta per il metano impiegato come carburante per i veicoli a motore). L’autorizzazione prevista dalla direttiva scade il 31 dicembre 2006, previo esame da parte del Consiglio dell’UE in base a una proposta della Commissione europea.

 

Si segnala che il recepimento della direttiva 2003/96/CE, attraverso delega legislativa, è previsto dall’articolo 1, allegato B, della legge comunitaria per il 2004 (legge n. 62 del 2005).


Articolo 6
(Banche e assicurazioni)

 


1. All’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Non si tiene conto delle svalutazioni, delle riprese di valore e degli accantonamenti effettuati ai sensi dell’articolo 16, comma 9, ultimo periodo, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173».

2. All’articolo 111 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma 3 le parole: «in misura pari al 90 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «in misura pari al 60 per cento».

3. All’articolo 106, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le parole: «0,60 per cento», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «0,40 per cento».

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

L'articolo 6 reca disposizioni fiscali dirette rendere fiscalmente indeducibili, ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), ovvero a modificare i criteri di deducibilità fiscale, ai fini e dell’imposta sui redditi delle società (IRES), di determinate svalutazioni e accantonamenti effettuate dagli istituti bancari e assicurativi.

 

Il comma 1 modifica la disciplina della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) dettata per le imprese di assicurazione dall’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

Il richiamato articolo 7, comma 1, del D.Lgs. n. 446/1997 reca disposizioni concernenti la determinazione dell’imponibile fiscale ai fini IRAP per le imprese di assicurazione. In particolare, , nel testo previgente, concorrono quali componenti positivi: i premi e gli altri proventi tecnici; i proventi derivanti da investimenti in terreni e fabbricati, da altri investimenti diversi da quelli costituiti da azioni o quote, da riprese di rettifiche di valore su investimenti non durevoli, nonché da profitti sul realizzo di investimenti mobiliari non durevoli. Sono, invece, deducibili, quali componenti negativi: le provvigioni, comprese quelle di incasso, e le altre spese di acquisizione; gli oneri relativi ai sinistri, comprese le spese di liquidazione; gli oneri di gestione degli investimenti, degli interessi passivi, delle rettifiche di valore su investimenti non durevoli, nonché delle perdite sul realizzo di investimenti mobiliari non durevoli; le variazioni delle riserve tecniche obbligatorie, dei ristorni e partecipazioni agli utili e degli altri oneri tecnici; l'ammortamento dei beni materiali e immateriali; le altre spese amministrative.

 

La disposizione in esame aggiunge un periodo alla fine del comma suddetto, in base al quale divengono indeducibili ai fini della determinazione della base imponibile, le svalutazioni, le riprese di valore e gli accantonamenti effettuati ai sensi dell’articolo 16, comma 9, ultimo periodo, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173.

 

In merito si ricorda che l'articolo 16 del D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 173 (Attuazione della direttiva 91/674/CEE in materia di conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione), dispone al comma 9 che i crediti devono essere iscritti secondo il valore presumibile di realizzazione. Nel calcolo del valore presumibile di realizzazione dei crediti nei confronti di assicurati può tenersi conto della negativa evoluzione degli incassi, desunta dalle esperienze acquisite dall'impresa negli esercizi precedenti, riguardanti categorie omogenee dei crediti medesimi. Le relative svalutazioni possono essere determinate anche in modo forfettario; il loro importo è indicato nella nota integrativa.

L'ultimo periodo del comma 9 citato stabilisce che alle svalutazioni dei crediti nei confronti di assicurati determinate in conformità al presente comma si applicano le disposizioni di cui all'articolo 71, commi 3 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

In base alla normativa previgente, ai fini della determinazione della base imponibile IRAP delle imprese di assicurazione erano deducibili le svalutazioni dei crediti nei confronti degli assicurati e gli accantonamenti per rischi su crediti. La norma in esame invece, con l'aggiunta al comma 1 dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 446/1997, amplia la base imponibile IRAP delle imprese di assicurazione, per le quali diventano irrilevanti svalutazioni, riprese di valore e accantonamenti.

 

Si segnala che una previsione analoga, concernente le banche e altre società ed enti finanziari, è stata recentemente disposta dall'articolo 2 del D.L. 12 luglio 2004, n. 168.

In proposito, si ricorda che l'articolo 2, D.L. n. 168/2004 ha modificato il criterio di determinazione della base imponibile per il calcolo dell'IRAP per le banche e altre società ed enti finanziari stabilito l’articolo 6 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, variando i componenti che devono essere presi in considerazione.

Tale disposizione ha in particolare eliminato dal novero dei componenti utili per la determinazione della base imponibile delle banche ai fini del calcolo dell’IRAP:

-        per un verso, le riprese di valore su crediti verso la clientela;

-        per altro verso, le rettifiche di valore su crediti alla clientela, comprese quelle su crediti impliciti relativi ad operazioni di locazione finanziaria nonché degli accantonamenti per rischi su crediti, compresi quelli per interessi di mora.

 

Il comma 2 dell'articolo 6 in esame, modifica l’articolo 111 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) in materia di determinazione del reddito imponibile, ai fini delle imposte sui redditi, anche in questo caso relativamente alle imprese di assicurazione.

 

Si ricorda che l'articolo 111 del TUIR, nel testo previgente, dispone al comma 1 che nella determinazione del reddito delle società e degli enti che esercitano attività assicurative concorre a formare il reddito dell'esercizio la variazione delle riserve tecniche obbligatorie fino alla misura massima stabilita a norma di legge, salvo quanto stabilito nei commi successivi.

Secondo il comma 2 la variazione delle riserve tecniche iscritte in bilancio ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173, relative ai contratti di assicurazione dei rami vita allorché il rischio dell'investimento è sopportato dagli assicurati, è diminuita o aumentata dei maggiori o dei minori valori iscritti relativi alle azioni, alle quote di partecipazione e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 85, comma 1, lettere c) e d), nonché delle plusvalenze e delle minusvalenze realizzate, se relative alle partecipazioni di cui all'articolo 87, e degli utili di cui all'articolo 89 esclusi dalla formazione del reddito.

Riguardo in particolare al comma 3, oggetto di modifica dalla disposizione in esame, esso stabiliva che la variazione della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo, è deducibile nell'esercizio in misura pari al 90 per cento dell'importo iscritto in bilancio; l'eccedenza è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. È considerato componente di lungo periodo il 50 per cento della medesima riserva sinistri.

 

In particolare, per effetto della disposizione in esame viene ridotta dal 90 per cento al 60 per cento la quota deducibile, nell’esercizio interessato, della variazione della riserva sinistri relativa ai contratti di assicurazione dei rami danni per la parte riferibile alla componente di lungo periodo per le imprese di assicurazione.

Si segnala per altro che, poiché lo stesso articolo 111 del TUIR prevede che l'eccedenza rispetto all'importo dedotto nell'esercizio è deducibile dal reddito d'impresa in quote costanti nei nove esercizi successivi, l'incremento della base imponibile per le imprese di assicurazione causato dalla norma in esame dovrebbe avere efficacia temporanea.

 

Il comma 3 dell'articolo 6 in esame modifica l’articolo 106 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che definisce le regole per la deducibilità delle svalutazione dei crediti e degli accantonamenti per rischi su crediti relativamente agli enti creditizi e finanziari.

 

Il previgente comma 3 dell'articolo 106 del TUIR disponeva che per gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,60 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'eccedenza è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi. Ai fini del presente comma le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,60 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.

 

In proposito, si ricorda che il D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87 (Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e della direttiva n. 89/117/CEE, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro) all'articolo 1, comma 1 ha provveduto ad individuare, ai fini dell'applicazione dello stesso decreto, i seguenti soggetti:

a) banche;

b) società di gestione previste dalla legge 23 marzo 1983, n. 77;

c) società finanziarie capogruppo dei gruppi bancari iscritti nell'albo;

d) società previste dalla legge 2 gennaio 1991, n. 1 (recante "Disciplina dell'attività di intermediazione mobiliare");

e) soggetti di cui ai titoli V e V-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia emanato ai sensi dell'art. 25, comma 2, della legge 19 febbraio 1992, n. 142, nonché società esercenti altre attività finanziarie indicate nell'art. 59, comma 1, lettera b), dello stesso testo unico.

 

Si segnala, tuttavia, che per effetto del richiamo compiuto dall'ultimo periodo del comma 9 dell’articolo 16 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 173 (secondo cui alle svalutazioni dei crediti nei confronti di assicurati determinate in conformità al medesimo comma si applicano le disposizioni di cui ai commi 3 e 5 dell'articolo 71 - oggi articolo 106 - del TUIR), la disposizione in esame si applica anche alle imprese di assicurazione.

 

Per effetto di quanto stabilito dal nuovo comma 3 dell'articolo 106, viene ridotto il limite di deducibilità della svalutazione dei crediti in ciascun esercizio dallo 0,60 per cento allo 0,40 per cento.

Anche in questo caso, analogamente a quanto già rilevato relativamente al comma 2 sopra esaminato, resta inalterata la possibilità di dedurre l'ammontare complessivo delle svalutazioni eccedenti lo 0,40 per cento in nove quote costanti annuali. L'effetto della disposizione appare pertanto quello di rinviare le deduzioni negli esercizi successivi.

 

Il comma 4, infine, dispone che l'applicazione delle disposizioni dettate dai commi precedenti decorre dal periodo di imposta in corso al 4 ottobre 2005 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge).

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Presso la Corte di giustizia delle Comunità europee è pendente la causa[97], sollevata in via pregiudiziale innanzi alla Corte, sulla compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con il divieto comunitario di imposte sulle cifre d’affari diverse dall’IVA.

L’Avvocato generale presso la Corte di giustizia, Jacobs, ha depositato, il 17 marzo 2005, le proprie conclusioni[98]relative alla causa in questione[99].

In particolare, l’Avvocato generale osserva che l’IRAP presenta tutte le caratteristiche essenziali dell’IVA, ovvero:

-        si applica in modo generale alle cessioni di beni o di servizi;

-        è proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute;

-        è applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione;

-        grava sul valore aggiunto ai beni e/o ai servizi di cui trattasi.

La presenza delle quattro caratteristiche essenziali dell’IVA è, ad avviso dell’Avvocato generale, condizione necessaria e sufficiente perché un’imposta sia vietata ai sensi dell’art. 33 della sesta direttiva IVA[100]. Secondo la giurisprudenza costante, l’IRAP sarebbe pertanto incompatibile con il diritto comunitario, ed i contribuenti avrebbero il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario. Ad avviso dell’Avvocato generale esisterebbero tuttavia una serie di ragioni per limitare gli effetti nel tempo di una declaratoria di incompatibilità dell’IRAP con il diritto comunitario.

In primo luogo, il Governo italiano ha evidenziato, nel corso del dibattimento, il fatto che la normativa relativa all’IRAP è stata notificata in forma di progetto alla Commissione europea, la quale, in una risposta del 10 marzo 1997, rilevava come essa apparisse non incompatibile con la normativa comunitaria applicabile nel settore dell’imposta sul valore aggiunto. In secondo luogo, il Governo ha fatto valere le enormi somme potenzialmente implicate nei ricorsi per il rimborso di quella che è attualmente la principale se non l’unica fonte di entrate per le regioni, nonché i catastrofici effetti che l’accoglimento di tali ricorsi avrebbe quindi sul finanziamento delle Regioni.

Secondo fonti informali, il 28 ottobre 2005 la Corte di giustizia avrebbe deciso di tenere una nuova udienza (presumibilmente il 14 dicembre 2005).

Sempre in base alle indiscrezioni stampa, l’udienza del prossimo dicembre non dovrebbe riguardare solo la questione degli effetti temporali della sentenza, ma anche il nodo principale della causa, ovvero l'equivalenza sostanziale dell'IRAP all'IVA.


Articolo 6-bis
(Tassa sui contratti di borsa)

 

1.Le società di gestione del risparmio possono corrispondere la tassa sui contratti di borsa in modo virtuale con le modalità da stabilirsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

 

L’articolo 6-bis prevede che le società di gestione del risparmio possono corrispondere la tassa sui contratti di borsa in modo virtuale.

 

Si ricorda che la tassa sui contratti di borsa è stata prevista dal R.D. 30 dicembre 1923, n. 3278. Ai sensi dell’articolo, comma 1, lettera o) del testo unico della finanza di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, per «società di gestione del risparmio» (SGR) si intende la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio.

 

Le modalità con cui le società in questione potranno corrispondere la tassa sui contratti di borsa dovranno essere stabilite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 1, comma 6, del D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 435 prevede la facoltatività dell’emissione del fissato bollato in caso di pagamento virtuale. In tal caso la documentazione dell’assolvimento dell’imposta si ha da un estratto del registro previsto, ovvero dalla copia autentica del versamento per il tramite del conto corrente postale.

La facoltà di corrispondere in modo virtuale la tassa, utilizzando il modello di pagamento (tasse, imposte, sanzioni ed altre entrate) denominato Mod. F23 ed utilizzando il codice tributo 456T, è stata inizialmente riconosciuta alle banche dall’articolo 2-bis della legge n. 826 del 1960 e successivamente, in forza di vari provvedimenti, agli agenti di cambio, agli enti pubblici economici, agli ex commissionari di borsa, alle SIM e alle società fiduciarie.

Tale modalità di adempimento richiede attualmente un’apposita autorizzazione, delegata alle Direzioni regionali delle entrate territorialmente competenti in base al domicilio fiscale dei richiedenti (cfr. decreto del Direttore generale del Dipartimento delle entrate del 16 giugno 2000, pubblicato in G.U. 20 luglio 2000, n. 168).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 14 luglio 2005 la Commissione europea ha presentato un Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi di investimento nell’UE (COM(2005)314). Il Libro verde valuta l’impatto della legislazione europea vigente in materia organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), nonché l’opportunità di ulteriori interventi normativi. Le parti interessate sono invitate a presentare le proprie osservazioni entro il 15 novembre 2005.

 

Nel programma di lavoro per il 2006 la Commissione europea ha indicato tra le priorità la presentazione di un Libro bianco nel quale verranno illustrate le future azioni comunitarie nel settore dei fondi di investimento.

 


Articolo 6-ter
(Disposizioni concernenti l’ANAS S.p.A.)

 


1.All’articolo 7 del decreto-legge 6 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 1-bis è abrogato;

b) al comma 1-quater, nel primo periodo, le parole: “alla somma del valore netto della rete autostradale e stradale nazionale di cui al comma 1-bis e del“ sono sostituite dalla seguente: “al“ e il secondo periodo è soppresso;

c) al comma 1-quinquies, le parole: “La riscossione delle entrate derivanti dall’utilizzazione dei beni demaniali trasferiti all’ANAS Spa ai sensi del comma 1-bis“ sono sostituite dalle seguenti: “Sono di competenza dell’ANAS Spa le entrate derivanti dall’utilizzazione dei beni demaniali relativamente ai quali esercita i diritti ed i poteri dell’ente proprietario in virtù della concessione di cui al comma 2, la cui riscossione“;

d) al comma 4, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “anche tenendo conto delle diverse caratteristiche economiche e tecniche della rete stradale, nonché i relativi contratti di servizio“;

e) dopo il comma 5, è inserito il seguente:

“5-bis. L’ANAS Spa, in conformità con l’atto di indirizzo adottato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può subconcedere ad una o più società da essa costituite i compiti ad essa affidati di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143, relativamente a talune tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo. Le società subconcessionarie, cui saranno trasferite le pertinenti organizzazioni aziendali, saranno tenute nei confronti dell’ANAS Spa agli stessi obblighi e condizioni assunti dall’ANAS Spa nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i medesimi compiti, restando l’ANAS Spa comunque responsabile del loro adempimento nei confronti del Ministero concedente.“;

f) il comma 6 è sostituito dal seguente:

“6. Le azioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.“

2.Al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono attribuite le seguenti funzioni:

a) programmazione decennale degli interventi di progressivo miglioramento, adeguamento e implementazione della rete delle strade e autostrade statali, della relativa segnaletica e dei relativi servizi accessori;

b) programmazione triennale attuativa della lettera a);

c) individuazione delle misure di carattere generale di miglioramento della sicurezza del traffico e della segnaletica.

3.Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nell’atto di indirizzo di cui al comma 4, può prevedere di esercitare le funzioni di cui al comma 2 avvalendosi del supporto delle strutture appartenenti all’ANAS Spa. In tale caso l’ANAS Spa conferisce ad una società da essa costituita il ramo d’azienda relativo alle attività di cui al comma 2. Contestualmente al conferimento, le azioni di tale società sono trasferite a titolo gratuito al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Le attività di questa società sono svolte sulla base di un contratto di servizio stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze per quanto attiene agli aspetti finanziari. Ai corrispettivi previsti nel contratto di servizio si fa fronte tramite una corrispondente riduzione dei trasferimenti all’ANAS Spa.

4.Con atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono individuate le tratte stradali ed autostradali di cui al comma 1, lettera e), sono disciplinate le modalità con cui l’ANAS Spa procede alla gestione o alla cessione della partecipazione, ovvero della partecipazione di maggioranza, delle società subconcessionarie, di cui al medesimo comma 1, lettera e), delle tratte stradali e autostradali assoggettate a pedaggi reali o virtuali. Con il medesimo atto di indirizzo sono individuate le modalità di gestione e dell’eventuale trasferimento, anche a società all’uopo costituita, delle partecipazioni già possedute dall’ANAS Spa in società concessionarie autostradali, ivi comprese le modalità di designazione degli organi sociali in sede di costituzione delle nuove società di cui al comma 1, lettera e).

5.Lo Stato definanzia per un importo pari agli introiti netti derivanti dalle cessioni di cui al comma 4 i trasferimenti attualmente previsti per l’ANAS Spa ed iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze».


 

 

Le disposizioni contenute nell’articolo in commento modificano disposizioni contenute nel decreto-legge n. 138 del 2002 -che ha operato la trasformazione dell’ANAS s.pa. in società per azioni( comma 1)- e assegnano - al comma 2 - al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una serie di funzioni relativamente alla programmazione degli interventi di manutenzione e gestione di strade e autostrade.

Più in particolare, con la lettera a) del comma 1 si abroga la disposizione che prevedeva il passaggio in proprietà dell’Anas della rete stradale e autostradale, mentre con le lettere b) e c) si apportano modifiche conseguenti alla modifica contenuta nella lettera a).

La lettera d) del comma 1 specifica invece alcune condizioni per la modifica dello statuto o della convenzione con Anas spa, mentre la lettera f) prevede una modifica relativamente all’esercizio dei poteri d’azionista dell’ANAS.

La lettera e) prevede la possibilità per ANAS di subconcedere la gestione di tratte stradali o autostradali a società da essa costituite.

A tale disposizione si collegano i comma 4 e 5 che disciplinano le modalità per la gestione delle società subconcessionarie, mentre i commi 2 e 3 assegnano compiti di miglioramento e implementazione delle strade e autostrade al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, disciplinando altresì le modalità organizzative per l’esercizio di tali compiti.

Entrando più nel dettaglio, al fine di avere un quadro complessivo della normativa che viene modificata con le disposizioni in questione, si ricorda innanzitutto che l’ANAS(Ente nazionale per le strade) è stato istituito dal decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143.

L’articolo 3 del decreto legislativo n. 143 del 1994 ha assegnato all’ ANAS i seguenti compiti:

a)      gestire le strade e le autostrade di proprietà dello Stato nonché provvedere alla loro manutenzione ordinaria e straordinaria;

b)      realizzare il progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica;

c)      costruire nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione;

d)      vigilare sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e controllare la gestione delle autostrade il cui esercizio sia stato dato in concessione;

e)      curare l'acquisto, la costruzione, la conservazione, il miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali;

f)        attuare le leggi ed i regolamenti concernenti la tutela del patrimonio delle strade e delle autostrade statali, nonché la tutela del traffico e della segnaletica; adottare i provvedimenti ritenuti necessari ai fini della sicurezza del traffico sulle strade ed autostrade medesime; esercitare, per le strade ed autostrade ad esso affidate, i diritti ed i poteri attribuiti all'ente proprietario;

g)      effettuare e partecipare a studi, ricerche e sperimentazioni in materia di viabilità, traffico e circolazione;

h)      costituire e partecipare a società per lo svolgimento all'estero di attività infrastrutturali, previa autorizzazione del Ministro dei lavori pubblici;

i)        effettuare, a pagamento, consulenze e progettazioni per conto di altre amministrazioni od enti italiani e stranieri;

j)        espletare, mediante il proprio personale, i compiti di cui al comma 3 dell'art. 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e dell'art. 23 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495

L’articolo 7 del decreto-legge n. 138 del 2002 contiene una serie di norme riguardanti l’Anas Come già anticipato, ai sensi del comma 1 di tale articolo, l’Ente nazionale per le strade ANAS è trasformato in società per azioni con la denominazione di: «ANAS Società per azioni - anche ANAS».

Il comma 1-bis prevede invece che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è trasferita all'ANAS società per azioni, di seguito denominata "ANAS Spa", in conto aumento del capitale sociale la rete autostradale e stradale nazionale, individuata con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 461, e successive modificazioni.

Ai sensi del comma 1-ter. Il Ministro dell'economia e delle finanze conferisce all'ANAS Spa, con proprio decreto, in conto aumento del capitale sociale, in tutto o in parte, l'ammontare dei residui passivi dovuto all'ANAS Spa medesima e in essere al 31 dicembre 2002, mentre in base al comma 1-quater. l'ANAS Spa è autorizzata a costituire, a valere sul proprio netto patrimoniale, un fondo speciale di importo pari alla somma del valore netto della rete autostradale e stradale nazionale di cui al comma 1-bis e del valore dei residui passivi dovuto all'ANAS Spa di cui al comma 1-ter. È escluso dal Fondo il valore delle relative pertinenze ed accessori, strumentali alle attività della stessa società e già trasferite in proprietà all'Ente dall'articolo 3, commi da 115 a 119, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, della rete autostradale e stradale nazionale. Detto fondo è finalizzato principalmente alla copertura degli oneri di ammortamento, anche relativamente ai nuovi investimenti, e al mantenimento della rete stradale e autostradale nazionale, nonché alla copertura degli oneri inerenti l'eventuale ristrutturazione societaria. Ai sensi del comma 1-quinquies la riscossione delle entrate derivanti dall'utilizzazione dei beni demaniali trasferiti all'ANAS Spa ai sensi del comma 1-bis è effettuata con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, previa convenzione tra l'ANAS Spa e l'Agenzia delle entrate

 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo 7, all'ANAS Spa sono attribuiti con concessione ai sensi dell'articolo 14 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1992, n. 359, di seguito denominata «concessione», i compiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere da a) a g), nonché l), del decreto legislativo 26 febbraio 1994, n. 143.

Il comma 3 prevede che la disciplina della concessione di cui al comma 2 sia stabilita nella convenzione di concessione che prevede, tra l'altro:

a)      le modalità di esercizio da parte del concedente dei poteri di vigilanza e di indirizzo sull'attività del concessionario;

b)      le modalità, ivi compreso il ricorso ai contratti di concessione a terzi da parte di ANAS Spa, per gestione, manutenzione, miglioramento ed adeguamento delle strade ed autostrade statali e per la costruzione di nuove strade ed autostrade statali;

c)      le modalità per l'erogazione delle risorse finanziarie occorrenti per l'espletamento dei compiti affidati in concessione, e per la copertura degli oneri a carico dell'Ente nazionale per le strade ANAS per i compiti esercitati fino alla trasformazione;

d)      la durata della concessione, comunque, non superiore a trenta anni.

Il comma 4 prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è approvato lo schema dello statuto di ANAS Spa. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, per quanto attiene agli aspetti finanziari, da adottarsi entro lo stesso termine, è approvato lo schema della convenzione di concessione. Con le medesime modalità sono approvate le eventuali successive modifiche dello statuto o della convenzione di concessione.

Il comma 6 prevede infine che le azioni sono inalienabili e attribuite al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il presidente della società e gli altri componenti degli organi sociali sono designati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ad eccezione del presidente del collegio sindacale, il quale è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze.

La lettera a) del comma 1 dell’articolo in commento abroga quindi il comma 1-bisdell’articolo 7 del decreto-legge n. 138.

Tale ultima disposizione, che prevede il trasferimento della rete stradale e statale nazionale in proprietà all’ANAS non è stata attuata, in quanto non si è provveduto ad adottare il decreto previsto dalla disposizione in commento.

La lettera b) del comma 1 dispone laconseguente esclusione del computo del valore della rete ai fini della costituzione del fondo speciale su cui confluiscono i residui passivi dovuti all’ANAS Spa dal Ministero dell’economia.

La lettera c) del comma 1– sempre in conseguenza dell’abrogazione del comma 1 bis dell’articolo 7 del decreto legge n. 138 – riformula una disposizione che attribuiva all’ANAS Spa la facoltà di riscuotere alcune entrate derivanti dalla utilizzazione della stessa rete. Il riferimento ai “beni demaniali trasferiti all’ANAS Spa ai sensi del comma 1 bis” viene infatti sostituito dal riferimento ai beni sui quali l’ANAS esercita i diritti dell’ente proprietario “in virtù della concessione” assentita dal Ministro delle infrastrutture di intesa con il Ministro dell’economia.

Si osserva in proposito che la disposizione sembra riferirsi ad alcune entrate (ulteriori rispetto ai trasferimenti erariali) che tradizionalmente sono attribuite all’ANAS. Infatti, già l’art. 26 della legge n. 59 del 1961 prevedeva – fra le fonti di finanziamento dell’ANAS – il “provento dei canoni sulla pubblicità lungo le strade ed autostrade statali fuori degli abitati”, i canoni e le altre somme dovute “per le licenze e le concessioni che vengono accordate sulle strade statali”, nonché “tutti i proventi di qualsiasi natura derivanti dalla concessione in uso delle pertinenze delle strade e autostrade statali, dalla vendita dei relitti e di aree rimaste disponibili dopo la cessazione dell’uso pubblico delle strade stesse o di parte di esse”. A sua volta, l’art. 11 della convenzione di concessione stipulata nel 2003 prevede – conseguentemente – che “sono comunque assicurate ad ANAS Spa per l’espletamento delle attività oggetto di concessione le risorse già assegnate all’Ente nazionale per le strade ANAS”.

La lettera d) del comma 1 provvede invece a specificare che le modifiche alla convenzione di concessione o allo Statuto approvate con decreto ministeriale, devono tenere conto delle diverse caratteristiche economiche e tecniche della rete stradale nonché dei diversi contratti di servizio relativi alla rete stessa.

La lettera f) del comma 1 dispone invece il Ministero dell’economia e delle finanze eserciti i diritti dell’azionista non più d’intesa, ma di concerto con quello delle infrastrutture e dei trasporti.

Si osserva al riguardo che il comma 6 del D.L. 138/2002 attribuiva le azioni al Ministro dell’economia e delle finanze, che esercitava i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

La lettera e) del comma 1, inserendo un comma 5-bis nell’articolo 7 del decreto-legge n. 138, prevede la possibilità per l’ANAS di subconcedere – in conformità all’atto di indirizzo di cui al comma 4 delle disposizioni in commento, ad una o più società da essa costituite i propri compiti di gestione e manutenzione relativamente a talune tratte stradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo.

Viene inoltre stabilito che le società subconcessionarie, cui saranno trasferite le pertinenti organizzazioni aziendali, saranno tenute nei confronti di ANAS s.p.a, agli stessi obblighi e condizioni assunti da ANAS s.p.a nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ferma restando la responsabilità di ANAS s.pa. nei confronti del Ministero delle infrastrutture per gli obblighi e le condizioni suddette.

Il comma 4 prevede checon atto di indirizzo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, adottato entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, sono individuate le tratte stradali e autostradali di cui alla lettera e) e sono disciplinate le modalità con cui ANAS procede alla gestione o alla cessione della partecipazione, ovvero della partecipazione di maggioranza, delle azioni delle società subconcessionarie.

Il comma 5 prevede inoltre che lo Stato definanzia per un importo pari agli introiti netti derivanti dalle cessioni di cui al comma 4 i trasferimenti attualmente previsti per l’ANAS s.p.a ed iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze

Con le disposizioni in commento, quindi si prevede la possibilità per ANAS di subconcedere la gestione tratte stradali o autostradali a società da essa costituite. assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo

Il sistema del pedaggio ombra(o “figurativo”) – che, a livello europeo, trova una certa diffusione in Spagna e soprattutto in Gran Bretagna – è basato su pagamenti ai concessionari effettuati dallo Stato (e non dagli utenti), sulla base dell’intensità d’uso dell’infrastruttura.

L’Anas, in base alle disposizioni in commento, può essere socio di maggioranza o anche socio minoritario delle società subconcessionarie e può anche cedere la sua quota di azioni. Tale cessione comporta ai sensi del comma 5, una decurtazione dalle somme trasferite all’Anas con il bilancio dello Stato corrispondente alla somma versata all’Anas per la cessione.

Si ricorda che , il Senato aveva introdotto, in sede di conversione del decreto-legge n. 163 del 2005 una norma analoga. Tale decreto-legge è poi decaduto.

La differenza tra questa ultima norma e le disposizioni in commento consiste nel fatto che , a differenza delle disposizioni in commento, la norma aggiunta al decreto-legge n. 163 del 2005, faceva riferimento solo a tratte stradali e autostradali da assoggettare a pedaggi figurativi e non a pedaggi reali.

Conseguentemente, tale norma, prevedeva che il corrispettivo versato dalla società subconcessionaria ad Anas fosse equivalente al valore della tratta concessa, fissato in base al sistema del pedaggio ombra.

In concreto, assumendo che una determinata tratta data in concessione abbia un determinato valore economico in base appunto all’intensità dell’uso dell’infrastruttura(“pedaggio ombra”), la norma “decaduta” prevedeva il pagamento di un corrispettivo da parte della società subconcessionaria ad Anas equivalente a tale valore economico e la conseguente detrazione sulla base dell’introito in tal modo realizzato da Anas, dei trasferimenti statali effettuati all’ANAS di una somma equivalente a quella introitata dall’Anas stessa.

Le disposizioni in commento non fanno invece riferimento al corrispettivo di concessione da versare all’Anas da parte delle società subconcessionarie e le decurtazioni dei trasferimenti erariali vengono da queste disposizioni ricollegate unicamente alle somme derivanti dalle cessioni delle partecipazioni di Anas nelle società subconcessionarie.

Si osserva quindi che sembrerebbe opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, indicare parametri per il calcolo del corrispettivo di concessione da parte delle società subconcessionarie

.In base al comma 2 delle disposizioni in commento, inoltre, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono attribuite le seguenti funzioni:

a)      programmazione decennale degli interventi di progressivo miglioramento, adeguamento e implementazione della rete (delle strade e autostrade statali) stradale ed autostradale nazionale, della relativa segnaletica e dei relativi servizi accessori;

b)      programmazione triennale attuativa della precedente lettera a);

c)      individuazione delle misure di carattere generale di miglioramento della sicurezza del traffico e della segnaletica.

Inoltre, ai sensi del comma 3, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nell'atto di indirizzo di cui al comma 4, può prevedere di esercitare tali funzioni avvalendosi del supporto delle strutture appartenenti all'ANAS S.p.A. In tale caso ANAS S.p.A. conferisce ad una società da essa costituita il ramo d'azienda relativo alle attività di cui al comma 2. Contestualmente al conferimento, le azioni di tale società sono trasferite a titolo gratuito al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Le attività di tale società sono svolte sulla base di un contratto di servizio stipulato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze per quanto attiene agli aspetti finanziari. Ai corrispettivi previsti nel contratto di servizio si fa fronte tramite una corrispondente riduzione dei trasferimenti ad ANAS S.p.A.

Si osserva con riferimento a tali disposizioni che occorrerebbe meglio chiarire le modalità per la costituzione della società

Si ricorda infine che con il medesimo atto di indirizzo di cui al comma 4 sono individuate le modalità di gestione e dell’eventuale trasferimento, anche a società all’uopo costituita, delle partecipazioni già possedute da Anas S.p.A in società concessionarie autostradali, ivi comprese le modalità di designazione degli organi sociali in sede di costituzione delle nuove società di cui al comma 1, lett. e).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Pedaggi stradali

Il 23 luglio 2003 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva volta a modificare la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture (direttiva “Eurovignette” o “Eurobollo”) (COM(2003)448).

La proposta è volta a migliorare il quadro della tariffazione relativo all’uso delle infrastrutture stradali mediante l’armonizzazione dei sistemi nazionali di pedaggio e dei diritti di utenza delle strade.

Il Parlamento europeo si è espresso in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, il 20 aprile 2004, approvando emendamenti. Il 6 settembre 2005 il Consiglio ha adottato la posizione comune con la quale individua gli strumenti per reperire fondi aggiuntivi da investire nelle infrastrutture alternative (trasferimento modale) e propone di garantire maggiore trasparenza ed obiettività nella fissazione dei pedaggi e di adattare il quadro giuridico al modello del partenariato pubblico-privato utilizzato per finanziare la costruzione di infrastrutture. La seconda lettura da parte del Parlamento europeo è prevista per il 13 dicembre 2005.

Sicurezza stradale

La Commissione ha definito le linee generali della strategia europea in materia di sicurezza stradale con il Libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370)[101]. Il documento fissa, in particolare, l’obiettivo di dimezzare, entro il 2010, il numero delle vittime degli incidenti stradali in tutta l’Unione europea.

Il Libro bianco auspica l’aumento della cooperazione e dello scambio di esperienze tra gli Stati membri in materia di prevenzione e di analisi degli incidenti mediante strumenti comuni quali la banca dati CARE[102](Community database on Accidents on the Roads in Europe), la creazione di un Osservatorio europeo sulla sicurezza stradale ed una segnaletica speciale per i “black spots” - i luoghi dove il numero di incidenti è particolarmente elevato.

Per quanto riguarda le iniziative future nel settore della sicurezza stradale, fra i settori di intervento individuati nel Libro bianco figurano: la sicurezza nelle gallerie stradali che appartengono alla rete transeuropea di trasporto[103] e l’interoperabilità dei sistemi di pagamento sulla rete stradale transeuropea[104].

 

Per il conseguimento degli obiettivi indicati nel Libro bianco, nel giugno 2003 la Commissione ha presentato un Programma di azione sulla sicurezza stradale[105] (COM(2003)311) relativo al periodo 2003-2010. Esso prevede, innanzitutto, che per il raggiungimento degli obiettivi individuati nel Libro bianco debbano concorrere tutte le autorità a livello comunitario, nazionale e locale, in base ad un’applicazione rigorosa del principio di sussidiarietà. A tal fine, la Commissione propone che tutti i soggetti interessati sottoscrivano una Carta di azione sulla sicurezza stradale[106], il cui testo figura in allegato al programma medesimo.

Il programma individua una serie di misure da attuare entro il 2010 al fine di ridurre le principali cause di incidenti stradali. I principali settori di intervento, individuati nel programma di azione, sono:

-        il miglioramento delle infrastrutture stradali con l’obiettivo a lungo termine di ridurre la percentuale di strade e di tunnel a rischio elevato.

A tal riguardo, il programma di azione, richiamandosi a quanto preannunciato nel Libro bianco, ricorda la necessità che nel caso di nuovi progetti stradali venga effettuato, sulla base di una metodologia comunitaria, uno studio di impatto per verificare che essi non abbiano effetti negativi sulla sicurezza della zona considerata. La Commissione sottolinea anche l’importanza di elaborare programmi europei di valutazione delle strade per informare meglio gli utenti sui rischi. Si ricorda a tal proposito che la Commissione apporta il proprio sostegno al progetto EuroRAP (European Road Assessment Programme), lanciato dalle associazioni di automobilisti.

Il miglioramento delle infrastrutture riguarda anche la rete transeuropea di trasporto (TEN), ivi compresi i tunnel. A questo proposito la Commissione intende fissare una serie di orientamenti per stabilire un legame tra il finanziamento comunitario della rete (TEN) e il miglioramento della sicurezza.

Il programma di azione, inoltre, riconosce l’importanza delle agevolazioni fiscali per incoraggiare l’investimento dei privati e delle imprese nella concezione di infrastrutture e di veicoli più sicuri.Infine, sulla base delle esperienze nazionali, la Commissione si propone di incoraggiare l’introduzione di criteri armonizzati di sicurezza stradale negli appalti pubblici e di collaborare con il settore europeo delle assicurazioni per trovare nuovi mezzi volti a migliorare la sicurezza stradale.

Fra le misure che la Commissione intende adottare relativamente a questo settore figurano: la presentazione di una proposta di direttiva riguardante la sicurezza delle infrastrutture stradali per introdurre un sistema di gestione armonizzato dei punti pericolosi e di audit di sicurezza stradale per la rete TEN; la predisposizione di guide tecniche in materia di infrastruttura; la realizzazione di progetti di ricerca e di dimostrazione sul tema delle strade intelligenti; l’adeguamento al progresso tecnico delle norme comunitarie applicabili alle apparecchiature stradali; l’individuazione di sistemi per rendere i bordi delle strade meno pericolosi in caso di incidente; il conseguimento di un elevato livello di sicurezza nei tunnel, in particolare mediante normative e informazioni agli utenti;

-        incoraggiare gli utenti ad un migliore comportamento mediante un rafforzamento dei controlli di polizia e la promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione;

-        sfruttare le nuove tecnologie nel settore dell’informazione e della comunicazione[107] per rafforzare la sicurezza passiva (protezione in caso di incidente) e quella attiva (prevenzione degli incidenti);

-        rafforzare la sicurezza del trasporto professionale di merci e passeggeri, completando i provvedimenti in discussione o già adottati in materia[108], con nuove disposizioni che rafforzino ulteriormente la sicurezza di questo tipo di trasporto;

-        migliorare il soccorso e le cure alle vittime della strada;

-        procedere alla raccolta, all’analisi e alla diffusione dei dati sugli incidenti.

 

Il Consiglio trasporti nella sessione del 5-6 giugno 2003 si è espresso sul programma di azione, condividendone in sostanza gli obiettivi strategici. In quella sede il Consiglio ha, inoltre, invitato gli Stati membri a considerare prioritaria la politica di sicurezza stradale e la Commissione a predisporre, nel 2006, una relazione di valutazione dei progressi realizzati e a presentare le opportune iniziative legislative. Queste conclusioni sono state ribadite in occasione del Consiglio trasporti del 5 dicembre 2003.

Da ultimo, il Consiglio trasporti nella sessione del 9 dicembre 2004 ha adottato conclusioni nelle quali sottolinea la necessità di incentrare le politiche in materia di sicurezza stradale su alcuni aspetti prioritari, fra cui la sicurezza delle strade europee. Il Consiglio ha evidenziato, in particolare, la necessità di definire programmi volti ad aumentare il livello di sicurezza delle strade, a migliorare la manutenzione della rete stradale e a garantire una maggiore protezione degli utenti più vulnerabili quali i pedoni e i ciclisti. Il Consiglio ha sottolineato, altresì, la necessità di definire le modalità per avere accesso alle risorse da destinare ad investimenti nel settore della sicurezza stradale e di impiegare in maniera più efficace quelle già esistenti. In tal senso il Consiglio ha suggerito di esaminare la possibilità di destinare a miglioramenti della sicurezza stradale una quota delle multe per infrazioni al codice della strada.

 

Il 21 ottobre 2003 la Commissione ha adottato una raccomandazione[109]sull’applicazione della regolamentazione in materia di sicurezza stradale intesa a perseguire l’obiettivo di ridurre del 50% le vittime della strada entro il 2010, fissato dal Libro bianco sui trasporti.

La raccomandazione, in particolare, invita gli Stati membri a:

-        elaborare un piano nazionale di controllo con l’indicazione delle misure che intendono adottare per dare seguito alla raccomandazione. Il piano, che dovrà essere comunicato alla Commissione, sarà rivisto a intervalli regolari ed eventualmente adeguato in base ai nuovi fatti sopraggiunti;

-        individuare un punto di coordinamento per favorire la cooperazione fra gli Stati membri mediante la diffusione delle buone prassi riguardanti l’applicazione della raccomandazione stessa;

-        provvedere alla trasmissione, ogni due anni, alla Commissione delle informazioni riguardanti l’applicazione della raccomandazione e delle novità che si registrano nei settori interessati. Al termine del primo periodo di due anni, gli Stati sono tenuti a valutare l’efficacia delle misure nazionali adottate in applicazione della raccomandazione e ad informare la Commissione delle proprie conclusioni al riguardo.

La Commissione, dal canto suo, si impegna a:

-        mettere a disposizione di ogni Stato membro i piani nazionali di controllo degli altri Stati membri e le informazioni riguardanti il loro aggiornamento;

-        presentare, ogni due anni, al Consiglio e al PE una relazione sull’attuazione da parte degli Stati membri della raccomandazione e sulle novità nei settori interessati;

-        valutare, entro il 2006, se nel settore della sicurezza stradale sono stati ottenuti miglioramenti tali da contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di dimezzare entro il 2010 il numero delle vittime della strada nell’UE. In caso contrario la Commissione si impegna a presentare una proposta di direttiva volta a perseguire questo obiettivo.

 

La promozione della sicurezza stradale figura fra le priorità del programma operativo del Consiglio per il 2005 e del programma di lavoro della Commissione per il 2005 in cui si preannuncia la presentazione di una serie di misure volte a rafforzare la sicurezza stradale. Fra queste figurano:

-        una proposta di direttiva sulla sicurezza delle infrastrutture stradali;

-        una comunicazione relativa all’istituzione di un quadro comune in materia di tariffazione per l’uso delle infrastrutture di trasporto.


Articolo 7, commi 1 e 2
(Spese di manutenzione degli immobili di proprietà delle imprese)

 


1. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) nell’articolo 90, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di immobili locati, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15 per cento del canone medesimo, dell’importo delle spese documentate sostenute ed effettivamente rimaste a carico per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, risulti superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione»;

       b) nell’articolo 144, comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per i redditi derivanti da immobili locati non relativi all’impresa si applicano comunque le disposizioni dell’articolo 90, comma 1, ultimo periodo».

omissis

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere a) e b), del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

L'articolo 7, al comma 1, lettera a), modifica l'articolo 90 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).

Esso in particolare introduce un periodo finale nel comma 1 dell'articolo 90 citato, inerente alla tassazione degli immobili posseduti dalle imprese, diversi dai beni strumentali e dai beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa. Vi si prevede che nel caso di immobili locati, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15 per cento del canone stesso, dell’importo delle spese di manutenzione ordinaria documentate e rimaste a carico, risulti superiore al reddito catastale dell’unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione.

In altri termini, secondo la modifica introdotta, per le imprese che concedono in locazione immobili non strumentali, né beni-merce:

§      il reddito imponibile è pari al canone di locazione ridotto, fino ad un massimo del 15 per cento, dell'importo delle spese sostenute per realizzare interventi di manutenzione ordinaria;

§      qualora invece il canone di locazione, ridotto delle spese di manutenzione ordinaria, sia inferiore al reddito catastale dell'unità immobiliare, va dichiarato quest'ultimo.

La disposizione qui illustrata subordina pertanto la possibilità e la misura della deduzione dal canone di locazione all’effettivo sostenimento delle spese di manutenzione, eliminando la possibilità di riduzione forfetaria.

 

La disposizione fa precisamente riferimento alle spese sostenute per la realizzazione degli interventi di cui alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia). Si tratta, in particolare, degli interventi di manutenzione ordinaria, intesi come gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.

 

La legislazione previgente applicabile alla determinazione del reddito dei fabbricati dell’impresa non strumentali, né beni-merce (ossia beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa), dati in locazione, è ricavabile dal combinato disposto degli articoli 90 e 37, comma 4-bis, del TUIR.

In base all'articolo 37, comma 4-bis, del TUIR, qualora il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 15 per cento, sia superiore al reddito catastale di cui al comma 1 dello stesso articolo 37, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione. Per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano, la riduzione è elevata al 25 per cento.

L'articolo 90 del TUIR stabilisce al comma 1 che i redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali per l'esercizio dell'impresa, né beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, concorrono a formare il reddito nell'ammontare determinato secondo le disposizioni del capo II (concernente i redditi fondiari) del titolo I per gli immobili situati nel territorio dello Stato e a norma dell'articolo 70 per quelli situati all'estero. Per gli immobili situati in Italia si rimanda pertanto al citato articolo 37.

 

Si segnala che la disposizione introdotta non prevede una percentuale agevolata di riduzione del canone di locazione per i fabbricati siti a Venezia centro, Giudecca, Murano e Burano.

 

La disposizione della lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame interviene sull'articolo 144, comma 1, del DPR n. 917 del 1986, aggiungendovi un periodo. Esso estende anche agli enti non commerciali gli effetti della modifica apportata dal comma 1 sopra commentata.

Per effetto della presente modifica si prevede, in particolare, che per i redditi degli enti non commerciali, derivanti da immobili locati non rientranti nell'esercizio di impresa, debbano comunque applicarsi le disposizioni relative agli immobili posseduti dalle società diversi dai beni strumentali e dai beni-merce.

 

Il comma 1 dell'articolo 144 del D.P.R. n. 917 del 1986 stabilisce che i redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo degli enti non commerciali sono determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Si applicano, se nel presente capo non è diversamente stabilito, le disposizioni del titolo I relative ai redditi delle varie categorie..

 

Il comma 2 stabilisce che l'applicazione delle disposizioni dettate dal comma precedente decorra dal periodo di imposta in corso al 4 ottobre 2005 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge).


Articolo 7, comma 1-bis
(Credito di imposta per investimenti)

 


1-bis. La disposizione di cui al secondo periodo del comma 7 dell’articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, si interpreta nel senso che gli immobili strumentali per natura, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, secondo periodo, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i quali costituiscono un complesso immobiliare unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale, qualora siano locati a terzi, non si intendono destinati a struttura produttiva diversa, a condizione che gli stessi vengano destinati allo svolgimento di attività d’impresa ai sensi dell’articolo 55 del citato testo unico.


 

 

L’articolo 7, comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, contiene una disposizione interpretativa – e pertanto avente effetto retroattivo – dell’articolo 8, comma 7, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria per il 2001), relativo al credito d’imposta per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate. In particolare, la presente disposizione individua un’eccezione all’ipotesi di decadenza dall’agevolazione, relativamente al bene che ne è stato oggetto, ove questo sia destinato a struttura produttiva diversa.

 

L’articolo 8 della legge n. 388 del 2000 ha introdotto un credito d’imposta a favore delle imprese[110] che effettuano nuovi investimenti nelle aree svantaggiate, individuate nelle aree destinatarie degli aiuti a finalità regionale che fruiscono delle deroghe in materia di aiuti di Stato previste dall'articolo 87.3.a) e 87.3.c) del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti per il periodo 2000-2006.

Per nuovi investimenti agevolabili s’intendono le acquisizioni, comprese quelle in locazione finanziaria (leasing), di beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione, ubicate nelle aree svantaggiate. I beni possono essere sia materiali (mobili e immobili) sia immateriali.

L'agevolazione compete sugli investimenti effettuati a decorrere dal 14 marzo 2001, vale a dire dal giorno successivo alla data di approvazione del regime agevolativo da parte dell'Unione europea[111], e fino alla data di chiusura del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.

Per quanto concerne le modalità di fruizione del credito d’imposta, il comma 5 del citato articolo 8 della legge n. 388 del 2000 consente l’applicazione del beneficio in sede di dichiarazione dei redditi, ammettendone l’utilizzo solo in compensazione con debiti tributari e contributivi, ai sensi del decreto legislativo n. 241 del 1997. L’accesso al beneficio è condizionato alla preventiva autorizzazione da parte dell’Agenzia delle entrate, al fine di ridurre il carattere “automatico” dell’agevolazione stessa e di attribuire all’amministrazione la possibilità di vigilare sul grado di utilizzo del credito d’imposta.

Il comma 7 dell’articolo 8, al quale si riferisce la disposizione interpretativa in esame, elenca una serie di circostanze che determinano la decadenza dal beneficio, limitatamente al bene cui le circostanze stesse si riferiscono, con obbligo di versamento del minore credito d’imposta:

-        mancata entrata in funzione del bene entro il secondo periodo d'imposta successivo a quello di acquisizione o ultimazione (primo periodo);

-        dismissione, cessione a terzi, destinazione del bene a finalità estranee all'esercizio dell'impresa o a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all'agevolazione, effettuata entro il quinto periodo d'imposta successivo a quello nel quale il bene è entrato in funzione[112] (secondo periodo).

 

Il comma 1-bis qui illustrato stabilisce che il secondo periodo del comma 7 dell’articolo 8 della legge n. 388 del 2000, si interpreta nel senso che non si considera destinazione a struttura produttiva diversa, e pertanto non determina la decadenza dal beneficio, la locazione a terzi di immobili per i quali si è goduto del credito di imposta. L’applicazione della disposizione in commento è subordinata alle seguenti condizioni:

-        gli immobili devono essere strumentali per natura, ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del testo unico delle imposta sui redditi (TUIR) approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del TUIR, sono strumentali per natura gli immobili relativi ad imprese commerciali, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, anche se non utilizzati o dati in locazione o in comodato;

-        si deve trattare di un complesso unitario polifunzionale destinato allo svolgimento di attività commerciale;

-        gli immobili stessi debbono venire destinati allo svolgimento di attività d’impresa, ai sensi dell’articolo 55 del citato TUIR.

 

Si ricorda che, in precedenza, l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto incompatibile con i presupposti dell’agevolazione la concessione a terzi in uso temporaneo del bene oggetto d’investimento (circolare n. 38/E del 9 maggio 2002, punto 2.2). Secondo l’Agenzia delle entrate, “dall'esame congiunto delle disposizioni recate dai commi 2 e 7 dell'articolo 8, emerge in modo netto la volontà del legislatore di finalizzare l'investimento agevolato, in modo duraturo ed esclusivo, al potenziamento della struttura produttiva di appartenenza del soggetto che ne beneficia, localizzata nelle aree depresse individuate dalla legge”.

 

Si segnala infine che il comma in esame è sostanzialmente identico all’articolo 5 del D.L. 17 agosto 2005, n. 163, recante ”Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture”, approvato dal Senato, con modificazioni, in data 5 ottobre 2005 e decaduto il 17 ottobre 2005, per scadenza dei termini di conversione.


Articolo 7, comma 2-bis
(Esenzioni ICI)

 

2-bis. L’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attività indicate nella medesima lettera a prescindere dalla natura eventualmente commerciale delle stesse.

 

 

L’articolo 6 stabilisce che l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (ICI) prevista per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto (cioè dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana), s’intende applicabile a tali attività indipendentemente dalla natura eventualmente commerciale delle attività stesse.

 

La disciplina concernente l’imposta comunale sugli immobili è contenuta nel titolo I, capo I, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

 

L’articolo 7 del decreto legislativo individua gli immobili esenti dall’imposta.

 

Sono esenti, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte:

a)       gli immobili posseduti dallo Stato, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dalle aziende sanitarie locali e dalle istituzioni sanitarie pubbliche autonome, dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali[113];

b)      i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9;

c)       i fabbricati totalmente adibiti a determinati usi culturali (sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni), quando al possessore non derivi alcun reddito dall’utilizzazione dell'immobile;

d)       i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto e le loro pertinenze;

e)       i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati nel Trattato lateranense;

f)        i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali era prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia;

g)       i fabbricati che, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati ad attività assistenziali agli invalidi, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento di tali attività;

h)       i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina.

 

In particolare, la lettera i) del predetto articolo 7 dichiara esenti dall’imposta gli immobili relativamente ai quali ricorrano le seguenti condizioni:

a)      utilizzazione da parte dei soggetti indicati all’articolo 73 (ex 87), comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (enti non commerciali)[114];

La disposizione identifica gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.

L’articolo 2195 del codice civile determina la nozione di attività e impresa commerciale riferendola all’esercizio di:

1)        un'attività industriale diretta alla produzione di beni o di servizi;

2)        un'attività intermediaria nella circolazione dei beni;

3)        un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria;

4)        un'attività bancaria o assicurativa;

5)        altre attività ausiliarie delle precedenti.

L’articolo 73, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi stabilisce che l'oggetto esclusivo o principale è determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto o, in mancanza, in base all'attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato, intendendosi per oggetto principale l'attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto.

L’articolo 143 stabilisce che per gli enti non commerciali non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell'articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione

L’articolo 144 prescrive agli enti non commerciali la contabilità separata per l'attività commerciale da essi esercitata, e disciplina il regime degli immobili, beni e servizi adibiti promiscuamente all'esercizio di attività commerciali e no.

L’articolo 149 determina le cause di perdita della qualificazione di ente non commerciale (ad eccezione degli enti ecclesiastici riconosciuti come persone giuridiche e delle associazioni sportive dilettantistiche).

b)      esclusiva destinazione allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto di cui all'articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.

L’articolo 16 della legge 20 maggio 1985, n. 222 (Disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi) determina le attività che, agli effetti delle leggi civili, si considerano comunque attività di religione o di culto e quelle che non rientrano in tale qualificazione.

La lettera a) individua come attività di religione o di culto quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana.

A norma della lettera b) sono invece attività diverse da quelle di religione o di culto quelle di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura e, in ogni caso, le attività commerciali o a scopo di lucro[115].

 

Secondo l’interpretazione accolta dalla Corte di cassazione (sez. V civ., sent. 17 giugno-4 dicembre 2003, n. 18549, e, da ultimo, sez. trib., sent. 4 marzo-26 aprile 2005, n. 8640), l'esenzione per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività indicate dalla norma è soggetta alla duplice condizione:

a)      dell'utilizzazione diretta degli immobili da parte dell'ente possessore;

b)      dell'esclusiva loro destinazione ad attività peculiari che non siano produttive di reddito.

 

Il carattere della destinazione dell’immobile è stato specificato nella risoluzione del Ministero delle finanze - Dir. fiscalità locale n. 2/1242 del 25 giugno 1994, secondo cui, agli effetti dell’esenzione, nell'immobile “deve essere materialmente ed esclusivamente svolta l'attività agevolata”.

Sulla materia è intervenuta anche la risoluzione del Ministero delle finanze - Dir. fiscalità locale n. 219/E/4-Q-A-5825 del 10 settembre 1996, secondo la quale gli immobili adibiti a struttura alberghiera non possono fruire della esenzione prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in quanto, indipendentemente dal fatto che l’ente proprietario rivesta la qualità di ente non commerciale, «non è comunque ravvisabile nella fattispecie alcuna delle attività tassativamente specificate nella predetta lettera i), al cui svolgimento deve essere esclusivamente destinato l'immobile; in particolare, non può farsi rientrare nella categoria "attività ricettive" l'attività alberghiera, essendo questa un'attività essenzialmente commerciale».

Per quanto riguarda in particolare gli immobili posseduti da un ente ecclesiastico e da questo adibiti, anche parzialmente, ad attività commerciali (nel caso di specie la gestione di un pensionato con pagamento di rette), la Corte di cassazione (sez. trib., sent. 22 ottobre 2003-8 marzo 2004, n. 4645) ha escluso l’applicabilità dell’esenzione, non ritenendo rilevante il fatto che l'attività commerciale costituisca o meno l'attività prevalente dell'ente ecclesiastico.

 

La disposizione qui commentata stabilisce che l’esenzione sopra descritta s’intende applicabile alle indicate attività indipendentemente dalla natura eventualmente commerciale delle attività stesse.

 

Per la determinazione della natura commerciale dell’attività si veda il contenuto dell’articolo 2195 del codice civile, sopra riferito.

 

La disposizione sembrerebbe connotarsi come norma d’interpretazione autentica.

Si ricorda per altro che l’articolo 1, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), prevede che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria possa essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

 

Per conseguenza, l’esenzione risulta subordinata al ricorrere delle condizioni così specificate:

a)      utilizzazione (diretta) da parte di un ente non commerciale;

b)      destinazione esclusiva allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, di religione o di culto, ancorché queste attività, per le modalità con cui è svolta, si connotino – anche parzialmente – come attività di natura commerciale.

 

La relazione tecnica non prende in considerazione la norma in esame, considerandola dunque priva di effetti finanziari.

 

Si rileva peraltro che la norma estende l’ambito di applicabilità dell’esenzione dall’ICI rispetto agli orientamenti giurisprudenziali fin qui affermatisi.

L’applicazione della disposizione comporterebbe pertanto minori entrate per i comuni, con un conseguente peggioramento dell’indebitamento netto.

Appare dunque opportuno un chiarimento da parte del Governo circa i motivi che hanno indotto a considerare la norma priva di effetti finanziari.

 

Si ricorda che disposizioni relative all’esenzione dall’ICI per gli immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura connesse a finalità di religione o di culto, ancorché svolte in forma commerciale, erano contenute nell’articolo 6 del decreto-legge 17 agosto 2005, n. 163 (decaduto, a seguito di mancata conversione, il 17 ottobre 2005).

 


Articolo 7-bis
(Dismissioni immobiliari)

 


1. Sono estesi i diritti di opzione, di prelazione, di garanzia e di prezzo, di cui all’articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, agli occupanti delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali di cui al medesimo decreto che erano privi del titolo alla data di entrata in vigore del medesimo, ed ai conduttori in base ad assegnazione irregolare avvenuta entro la stessa data, purché essi risultino in possesso dei requisiti previsti dalla vigente normativa sulle assegnazioni degli alloggi di enti pubblici e provvedano al pagamento dell’indennità di occupazione, nella misura equivalente al canone di locazione determinato ai sensi di legge dalla data di inizio dell’occupazione, ed al rimborso degli oneri accessori dovuti per il medesimo periodo, nonché alla rinunzia ai giudizi eventualmente pendenti.

2. Gli enti previdenziali pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, sono autorizzati a definire bonariamente la posizione debitoria dei conduttori degli immobili ad uso abitativo di cui al comma 1, maturata al 30 dicembre 2004, purché detti conduttori, previa formale rinuncia a qualsiasi azione, eccezione o pretesa, versino in un’unica soluzione e senza interessi l’80 per cento delle somme risultanti a loro debito dalle scritture contabili a titolo di morosità locativa per canone ed oneri accessori.

3. Sono esclusi dal dispositivo del presente articolo i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dalla descritta occupazione abusiva.


 

 

L’articolo 7-bis, introdotto nell’esame presso il Senato, detta disposizioni relative alla possibilità di acquisto e alla definizione bonaria della posizione debitoria degli occupanti delle unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali, privi di titolo o con assegnazione irregolare.

 

Il comma 1 dell’articolo 7-bis estende parte della disciplina dettata dall’articolo 3 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, ai seguenti soggetti:

§      occupanti di unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali i quali erano privi del titolo alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 351 del 2001 (26 settembre 2001)

§      conduttori in base ad assegnazione irregolare avvenuta entro la suddetta data di entrata in vigore del D.L. n. 351 del 2001.

Si ricorda che il comma 6 del citato articolo 3 subordina il riconoscimento dei diritti di conduttori al fatto che nei loro confronti non sia stata accertata l’irregolarità della locazione.

 

I diritti di cui all’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001 che vengono estesi ai soggetti sopra indicati sono i seguenti:

§         diritto di opzione;

Il diritto di opzione consiste nell’offerta ai conduttori di acquistare l’unità immobiliare ad uso non residenziale, in forma individuale o a mezzo di mandato collettivo. Le modalità di esercizio del diritto di opzione sono determinate con i decreti ministeriali che dispongono il trasferimento degli immobili alle società di cartolarizzazione (articolo 3 cit., comma 3).

§         diritto di prelazione;

Il diritto di prelazione è riconosciuto ai conduttori solo per il caso di vendita dell’immobile ad un prezzo inferiore a quello di esercizio dell’opzione (articolo 3 cit., comma 5).

§         diritto di garanzia;

Il comma 19 del citato articolo 3 stabilisce che le società per la cartolarizzazione sono esonerate dalla garanzia per vizi e per evizioni e che tale garanzia è carico dello Stato o dell’ente pubblico proprietario del bene prima del trasferimento alla menzionata società.

§         modalità di determinazione del prezzo;

Il prezzo di vendita delle unità immobiliari è determinato sulla base delle valutazioni correnti di mercato, prendendo a riferimento i prezzi effettivi di compravendite di unità immobiliari aventi caratteristiche analoghe (comma 7). L’esatta determinazione del prezzo di vendita di ciascuna unità immobiliare può essere affidata all’Agenzia del territorio e a società aventi particolare esperienza nel settore immobiliare (comma 9)[116].

Le unità immobiliari non di pregio sono offerte in opzione ai conduttori al prezzo di mercato, determinato nei modi indicati, diminuito del 30 per cento. I conduttori possono godere di un’ulteriore riduzione del prezzo se acquistano, a mezzo di mandato collettivo, un numero di unità immobiliari che rappresenta almeno l'80 per cento delle unità complessive dell'immobile, al netto di quelle libere. Uno sconto di minore entità è riconosciuto ai conduttori che acquistano, a mezzo di mandato collettivo, un numero di unità immobiliari che rappresenta almeno il 50 per cento, ma meno dell'80 per cento, delle unità complessive dell'immobile, al netto di quelle libere[117] (comma 8).

 

Per quanto riguarda i beni ai quali si riferisce l’articolo in esame, si dovrebbe trattare delle unità immobiliari ad uso residenziale già di proprietà degli enti previdenziali, oggetto di ricognizione ai sensi dell’articolo 1 del D.L. n. 351 del 2001, e successivamente trasferiti, con le modalità di cui all’articolo 3 del citato D.L., alle società di cartolarizzazione di cui all’articolo 2 dello stesso D.L.[118].

 

L’estensione disposta dal comma in esame è subordinata alle seguenti condizioni:

§      possesso dei requisiti previsti dalla vigente normativa sulle assegnazioni degli alloggi di enti pubblici;

Si ricorda che i requisiti per conseguire l'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica sono stati fissati dall’art. 2 del D.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035, cui si affiancano gli ulteriori requisiti previsti dalle singole leggi regionali.

§      pagamento dell’indennità di occupazione, nella misura equivalente al canone di locazione, determinato ai sensi di legge, sin dalla data di inizio dell’occupazione;

§      rimborso degli oneri accessori dovuti sin dalla data di inizio dell’occupazione;

§      rinunzia ai giudizi eventualmente pendenti.

 

Si osserva che l’estensione, alle fattispecie in esame, di alcuni diritti di cui all’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001, anziché di tutto l’articolo nel suo complesso, potrebbe far sorgere dubbi circa l’applicabilità, alle stesse fattispecie, delle rimanenti disposizioni del citato articolo 3. Si possono citare, a titolo di esempio, il divieto di alienazione delle unità immobiliari prima che siano trascorsi cinque anni dall’acquisto (comma 14); la condizione, per il riconoscimento dei diritti dei conduttori, di non essere proprietari di altra abitazione, adeguata alle esigenze del nucleo familiare, nel comune di residenza (comma 6) e la possibilità di acquistare l’immobile usufruendo di mutui a condizioni agevolate (comma 3, ultimo periodo).

 

Il comma 2 reca disposizioni attinenti agli enti previdenziali pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, recante l’attuazione della delega conferita dall'articolo 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335.

 

Il richiamato comma ha provveduto a disciplinare l'attività in campo immobiliare - con riguardo sia alla gestione dei beni immobili, sia all'alienazione degli stessi ed ai nuovi investimenti - degli enti previdenziali di natura pubblica, elencati al numero 1 della tabella allegata alla L. 20 marzo 1975, n. 70, e di quelli di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 479, nonché degli enti previdenziali pubblici istituiti in data posteriore all’entrata in vigore del provvedimento in oggetto, per quanto attiene alla gestione dei beni, alle forme del trasferimento della proprietà degli stessi e alle forme di realizzazione di nuovi investimenti immobiliari, sulla base di principi di trasparenza, economicità e congruità di valutazione economica.

 

Occorre ricordare, in proposito, che in seguito all’emanazione del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509[119], del D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103[120], e del citato D.Lgs. 104 del 1996, è stata disposta la privatizzazione di numerosi enti previdenziali.

Sono rimasti fuori dalla normativa richiamata, conservando quindi la loro caratteristica di ente previdenziale pubblico, i seguenti enti[121]:

§       Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);

§       Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);

§       Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP);

§       Istituto postelegrafonici (IPOST);

§       Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);

§       Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA);

§       Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) (si ricorda che quest’ultimo ente ha anche caratteristiche assistenziali).

 

Successivamente, l’articolo 1, comma 38, della L. 23 agosto 2004, n. 243, recante norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria, ha recato un’interpretazione autentica del richiamato comma 1.

In particolare, la disposizione in esame ha escluso dalle previsioni normative del citato D.Lgs. 104 del 1996 gli enti previdenziali privatizzati ai sensi del D.Lgs. 509 del 1994, anche nel caso in cui le operazioni di privatizzazione siano state effettuate dopo l’entrata in vigore del medesimo decreto. Tale disposizione ha lo scopo di superare i dubbi interpretativi sorti in merito agli enti che hanno deliberato la propria trasformazione dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 104.

 

In particolare, con il comma in esame si autorizza la definizione bonaria, da parte dei richiamati enti, della posizione debitoria dei conduttori degli immobili ad uso abitativo di cui al precedente comma, maturata al 30 dicembre 2004. Tale definizione opera a condizione che i suddetti conduttori versino - in un’unica soluzione e senza interessi e previa formale rinuncia a qualsiasi azione, eccezione o pretesa - l’80% delle somme risultanti a loro debito dalle scritture contabili a titolo di morosità locativa per canone e oneri accessori.

 

Al riguardo, si osserva che la disposizione in esame non prevede un termine finale per avvalersi della definizione bonaria da parte dei conduttori, con il relativo versamento.

 

Il comma 3 esclude dall’applicazione dei benefici contemplati dai commi precedenti i soggetti la cui condotta integri ipotesi di reato diverse dall’occupazione abusiva come descritta.

 

Si osserva che l’occupazione abusiva viene descritta in modo molto ampio (“occupanti delle unità immobiliari…che erano privi del titolo alla data….”), tale da ricomprendere praticamente qualsiasi ipotesi di occupazione senza titolo. In particolare, la sanatoria sembrerebbe poter riguardare anche coloro che siano incorsi nel delitto di invasione di terreni o edifici, previsto dall’articolo 633 del codice penale.

 

In base a tale disposizione chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 a 1.032 euro. Peraltro, le pene si applicano congiuntamente, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui una almeno palesemente armata, ovvero da più di dieci persone, anche senza armi.

In base alla giurisprudenza, rientrano nell’ipotesi del codice penale anche casi di occupazione non violenta. Ad esempio, la Cassazione (Sez. II, sent. n. 4772 del 24 maggio 1984, Russo) ha affermato che “sussistono gli estremi del reato di cui all'art. 633 cod. pen. qualora l'agente si immetta in un immobile di proprietà di un terzo usando le chiavi dategli dal precedente locatario, in quanto quest'ultimo non ha la potestà di consentire il subentro nell'occupazione e nel godimento dell'immobile essendo la concessione in locazione un potere esclusivo del proprietario”; nella fattispecie, si trattava di appartamento di proprietà dell'ENASARCO. Analogamente, la Suprema Corte (Sez. II, sent. n. 49169 del 22-12-2003, Minichini) ha affermato che “nel reato di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 cod. pen. la nozione di "invasione" non si riferisce all'aspetto violento della condotta, che può anche mancare, ma al comportamento di colui che si introduce "arbitrariamente" e cioè, contra ius in quanto privo del diritto d'accesso. La conseguente "occupazione" deve ritenersi pertanto l'estrinsecazione materiale della condotta vietata e la finalità per la quale viene posta in essere l'abusiva occupazione. Nel caso in cui l'occupazione si protragga nel tempo il delitto ha natura permanente, e cessa soltanto con l'allontanamento del soggetto dall'edificio o con la sentenza di condanna. Dopo la pronuncia della sentenza la protrazione del comportamento illecito dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell'invasione ma si sostanzia nella prosecuzione dell'occupazione”.

Non rientrano invece in una fattispecie penalmente rilevante, pur sembrando ricompresi nell’ipotesi descritta al primo comma della disposizione in commento, coloro che – entrati in un edificio come legittimi abitatori – si limitino a rimanervi contro la volontà dell’avente diritto in quanto la condotta punibile penalmente consiste nell'introduzione arbitraria, dall'esterno, in un fondo altrui (cfr. Cass. Sez. II, sent. n. 368 del 24-05-1995, Moncini). Nel caso specifico la Cassazione ha escluso la responsabilità penale dell'assegnatario provvisorio di un appartamento di proprietà pubblica il quale, revocata l'assegnazione, vi si sia trattenuto, e ciò in quanto è ininfluente sul presupposto di fatto giustificante l'inizio del godimento dell'immobile il successivo accertamento della mancanza delle condizioni richieste per la sua prosecuzione. Analogamente, “non integra il delitto di invasione di terreni o edifici di cui all'art. 633 cod. pen., la condotta di chi sia sempre vissuto in un immobile di proprietà pubblica, locato a suo padre, e dopo il trasferimento di quest'ultimo abbia continuato il pagamento dei bollettini indicando come causale l'indennità di occupazione, in attesa della formale assegnazione in suo favore, sia per l'assenza del dolo specifico che per la mancanza dell'elemento materiale rappresentato dalla necessaria arbitraria invasione dell'immobile” (cfr. Cass., Sez. II, sent. n. 43393 del 12 novembre 2003, Bottiglieri).

 

In base alla formulazione letterale della disposizione, potrebbero ritenersi esclusi dal dispositivo dell’articolo 7-bis i soggetti la cui condotta integri altre ipotesi di reato, che talvolta concorrono con il delitto di invasione di terreni o edifici.

 

Ad esempio, l’art. 635 del codice penale prevede il delitto di danneggiamento commesso da “chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui”. Il delitto è punito a querela della persona offesa con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 309 euro. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e si procede d'ufficio, ad esempio, se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia o su edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto, o su cose di interesse storico o artistico o su immobili compresi nel perimetro dei centri storici.

Inoltre, i delitti di danneggiamento e di invasione di terreni o edifici concorrono con il reato di cui agli artt. 12 e 59 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 (Tutela delle cose d'interesse artistico e storico) allorché l'azione sia commessa da soggetto non detentore o non possessore del bene, in quanto gli interessi giuridici protetti dagli artt. 633 e 635 c.p. sono diversi dalla tutela del patrimonio artistico nazionale (Cass., Sez. II, sent. n. 9196 del 05-07-1989, Fantilli).

 

 

Si ricorda che l’articolo in esame corrisponde sostanzialmente ai primi tre commi dell’articolo 5 del A.C. 5631, on. Colucci ed altri, recante "Norme in materia di locazioni ad uso abitativo e di edilizia residenziale", attualmente all’esame della Commissione ambiente della Camera.

 


Articolo 7-ter
(Privatizzazione di enti e aziende delle regioni)

 


1.All’articolo 115 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

“7-ter. Alla privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario e ad autonomia speciale, fermo restando quanto stabilito dalla legislazione regionale in materia, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti commi. Delle obbligazioni sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali di cui al comma 1 rispondono in ogni caso le regioni“.


 

 

L’articolo 7-terintroduce una norma concernente la privatizzazione degli enti e delle aziende delle regioni, novellando l’articolo 115 del testo unico sugli enti locali.

La medesima disposizione, in identico testo, era stata introdotta nel testo del disegno di legge di conversione del D.L. 163/2005 “Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture”, decreto poi decaduto.

 

Si osserva che la disposizione in esame introduce nel testo unico sugli enti locali una disposizione concernente i processi di privatizzazione delle regioni. Apparirebbe opportuno trovare una collocazione più appropriata per la norma.

 

Il primo periodo prevede l’applicazione delle disposizioni del testo unico sugli enti locali relative alla trasformazione delle aziende speciali degli enti locali in società di capitali alle operazioni di privatizzazione di enti ed aziende delle regioni a statuto ordinario ed ad autonomia speciale. Resta comunque ferma la legislazione regionale in materia.

Si devono intendere escluse le aziende sanitarie, disciplinate da specifica normativa statale e regionale.

 

Si ricorda che l’articolo 115 del testo unico degli enti locali, come modificato dal comma 12 dell’articolo 35 della legge 448/2001, disciplina il procedimento di privatizzazione delle aziende speciali degli enti locali. La norma dispone che la trasformazione dell’azienda, o la scissione di un ramo di questa, in s.p.a. avvenga con atto unilaterale dell’ente locale attraverso la deliberazione del Consiglio. La deliberazione del Consiglio, oltre stabilire il capitale sociale in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali risultante dall’ultimo bilancio, deve tener conto di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente. Si applicano comunque le disposizioni del codice civile in tema di giudizio di omologazione e di pubblicità dell’atto costitutivo.

L’ente locale può rimanere azionista unico della nuova società per un periodo non superiore ai due anni.

Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di capitali sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.

 

Il secondo periodo prevede, in ogni caso, la responsabilità delle regioni per le obbligazioni degli enti e delle aziende sorte anteriormente alla costituzione delle società di capitali.

Questa norma introduce una rilevante differenza rispetto alla disciplina prevista per la privatizzazione delle aziende speciali degli enti locali.

 

In base al citato art. 115, la società risultante dalla trasformazione, in ossequio ai principi civilistici, conserva tutti i diritti e tutti gli obblighi anteriori all’operazione, subentrando in tutti i rapporti attivi e passivi dell’azienda trasformata.

 

Si osserva che, in base un’interpretazione letterale, il riferimento nel testo dell’articolo alle società di capitali “di cui al comma 1” dovrebbe indurre a ritenere che le regioni rispondano delle obbligazioni delle società di capitali costituite dagli enti locali, anziché di quelle costituite dalle regioni medesime. Appare opportuno un chiarimento al riguardo.

Si valuti inoltre l’opportunità di chiarire che la nuova disciplina non si applica alle società di capitali già costituite.


Articolo 7-quater
(Rappresentanza dei contribuenti presso gli uffici dell’amministrazione)

 


1. All’articolo 63, secondo comma, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, dopo le parole: “nell’elenco previsto dal terzo comma“ sono inserite le seguenti: “ovvero ai soggetti indicati nell’articolo 4, comma 1, lettere e), f) ed i), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545“.


 

 

L’articolo 7-quater in esame estende ad ulteriori soggetti, rispetto a quelli previsti dalla disciplina attuale, la facoltà di autenticare, in qualità di rappresentanti dei contribuenti presso gli uffici finanziari, la sottoscrizione della procura speciale loro conferita.

Nel dettaglio, l’articolo 7-quater modifica l’articolo 63, secondo comma, terzo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

 

Il citato articolo 63 detta norme in tema di rappresentanza e assistenza dei contribuenti, prevedendo, al comma 1, che presso gli uffici finanziari il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, salvo quanto stabilito nel quarto comma.

Il comma 2 prevede che la procura speciale deve essere conferita per iscritto con firma autenticata. L'autenticazione non è necessaria quando la procura è conferita al coniuge o a parenti e affini entro il quarto grado o a propri dipendenti da persone giuridiche.

Il terzo periodo del comma 2 stabilisce, in particolare, che quando la procura è conferita a persone iscritte in albi professionali o nell'elenco previsto dal terzo comma è data facoltà agli stessi rappresentanti di autenticare la sottoscrizione.

A sensi del comma 3, il Ministero dell’economia e delle finanze può autorizzare all'esercizio dell'assistenza e della rappresentanza davanti alle commissioni tributarie gli impiegati delle carriere dirigenziale direttiva e di concetto dell'amministrazione finanziaria nonché gli ufficiali e i sottufficiali della guardia di finanza collocati a riposo dopo almeno venti anni di effettivo servizio. L'autorizzazione può essere revocata in ogni tempo con provvedimento motivato. Il Ministero tiene l'elenco delle persone autorizzate e comunica alle segreterie delle commissioni tributarie le relative variazioni.

Secondo il comma 4, a coloro che hanno appartenuto all'amministrazione finanziaria e alla guardia di finanza, ancorché iscritti in un albo professionale o nell'elenco previsto nel precedente comma, è vietato, per due anni dalla data di cessazione del rapporto d'impiego, di esercitare funzioni di assistenza e di rappresentanza presso gli uffici finanziari e davanti le commissioni tributarie.

Il comma 5 punisce chi esercita funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria in violazione delle norme sopra esposte con la multa da lire cinquantamila a lire cinquecentomila.

 

Per effetto della modifica apportata, il terzo periodo del comma 2 del citato articolo 63 viene ora a stabilire, in particolare, che è data facoltà agli stessi rappresentanti di autenticare la sottoscrizione della procura speciale non solo – come avviene attualmente – quando la procura è conferita a persone iscritte in albi professionali o nell'elenco previsto dal terzo comma dello stesso articolo 63, ma anche quando la procura è conferita ai soggetti indicati nell’articolo 4, comma 1, lettere e), f) ed i), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413).

Detti ulteriori soggetti sono:

a) coloro che, in possesso del titolo di studio e in qualità di ragionieri o periti commerciali, hanno svolto per almeno dieci anni, alle dipendenze di terzi, attività nelle materie tributarie e amministrativo-contabili (articolo 4, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 545 del 1992);

b) coloro che sono iscritti nel ruolo o nel registro dei revisori ufficiali dei conti o dei revisori contabili, e hanno svolto almeno cinque anni di attività (articolo 4, comma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 545 del 1992);

c) coloro che hanno conseguito l'abilitazione all'insegnamento in materie giuridiche, economiche o tecnico-ragionieristiche ed esercitato per almeno cinque anni attività d’insegnamento (articolo 4, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 545 del 1992).


Articolo 7-quinquies, comma 1
(Competenza per l’assistenza fiscale)

 

1.All’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, dopo la lettera f), è aggiunta la seguente:

f-bis) l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241“.

 

 

L’articolo 7-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, riconosce agli iscritti nella Sezione B(Esperti contabili) e agli iscritti nella Sezione A (Commercialisti) dell'Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili la facoltà di prestare l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del D.Lgs. n. 241 del 1997.

Nel dettaglio, il comma 1 aggiunge nel D.Lgs. 28 giugno 2005, n. 139 (recante la costituzione dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell'articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34), all’articolo 1, comma 4 (che fornisce un elenco di attività per l’espletamento delle quali viene riconosciuta competenza tecnica agli iscritti nella Sezione B-Esperti contabili dell'Albo) dopo la lettera f), una lettera f-bis).

Tale disposizione prevede, quale ulteriore attività per l’espletamento della quale viene riconosciuta competenza tecnica agli esperti contabili, l’assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e di impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

La facoltà diprestare tale tipo di assistenza fiscale viene concessa indirettamente anche agli iscritti nella Sezione A (Commercialisti) dell'Albo, in quanto agli stessi viene comunque riconosciuta - dall’articolo 1, comma 3, lettera q) del D.Lgs. n. 139 del 2005 - la competenza tecnica per l'espletamento delleattività previste per gli iscritti alla Sezione B (Esperti contabili) dell'Albo.

 

Attualmente, ai sensi del comma 2 dell’articolo 34 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, i centri di assistenza fiscale (CAF) costituiti dai soggetti indicati alle lettere d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 32 dello stesso decreto prestano l'assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di redditi di lavoro autonomo e d'impresa di cui agli articoli 49, comma 1, e 51 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

I soggetti indicati alle lettere d), e) e f) del comma 1 dell'articolo 32, sopra richiamati, sono i seguenti:

a) organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti;

b) sostituti d’imposta di cui all'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti;

c) associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 29 luglio 1947, n. 804, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti.

 

Con riguardo al tipo di attività svolta, secondo il comma 3 del citato articolo 34 del D.Lgs. n. 241 del 1997, i centri prestano assistenza fiscale ai contribuenti che la richiedono e, in particolare:

a) elaborano e predispongono le dichiarazioni tributarie, nonché curano gli ulteriori adempimenti tributari;

b) redigono le scritture contabili;

c) verificano la conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione;

d) consegnano al contribuente copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte;

e) comunicano ai sostituti d'imposta il risultato finale delle dichiarazioni stesse, ai fini del conguaglio a credito o a debito in sede di ritenuta d'acconto;

f) inviano all'amministrazione finanziaria le dichiarazioni dei redditi e le scelte ai fini della destinazione dell'otto e del quattro per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

 

Con la disposizione in esame il Governo dovrebbe aver inteso adeguarsi ad un rilievo della Commissione europea, la quale aveva adìto la Corte di giustizia sostenendo che l’ordinamento italiano, riservando ai Centri di assistenza fiscale il compito di assistere i contribuenti nella compilazione del modello 730 ai fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche, violerebbe il Trattato dell’Unione europea; la misura adottata dal Governo tiene conto anche delle conformi conclusioni formulate in tale giudizio dall’Avvocato generale presso la suddetta Corte di giustizia.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. n. 163 del 2005, nel testo modificato durante l’esame parlamentare, aveva consentiva ai commercialisti, iscritti nella sezione A dell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, agli esperti contabili, iscritti nella sezione B del medesimo Albo, e ai consulenti del lavoro di svolgere assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito di lavoro autonomo e d’impresa. Tale decreto è tuttavia decaduto in quanto non convertito in legge nel termine costituzionale.

Secondo quanto indicato dal Governo nella relazione illustrativa del decreto-legge n. 163 del 2005, la disposizione contenuta nel presente articolo era stata inserita nel testo del decreto legislativo n. 139 del 2005, recante la costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, a norma dell’articolo 2 della legge 24 febbraio 2005, n. 34. Tuttavia, per un errore materiale di trasmissione, la stessa disposizione non è risultata poi compresa nel testo finale del decreto.

Il presente articolo 7-quinquies, comma 1, ripropone sostanzialmente quindi tale disposizione, rimediando così all’omissione verificatasi nel testo del decreto legislativo n. 139 del 2005.

 

In relazione alla presente disposizione, si segnala che la data prevista dall’articolo 58 del decreto legislativo n. 139 del 2005 per l’istituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e la contestuale cessazione degli esistenti è il 1° gennaio 2008. Si veda tuttavia quanto disposto dal successivo comma 2 dell’articolo qui illustrato.

 


Articolo 7-quinquies, comma 2
(Norme di coordinamento in materia di albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili)

 

2.All’articolo 78 del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, ai commi 3 e 4 le parole: “alla data di entrata in vigore del presente decreto“ sono soppresse.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 7-quinquies, introdotto durante l’esame al Senato, modifica le disposizioni di coordinamento previste dall’art. 78 del decreto legislativo 28 giugno 2005, n. 139, provvedimento che, sulla base della delega di cui all’art. 2 della legge 34/2005, ha provveduto ad unificare l’ordine professionale dei commercialisti con quello dei ragionieri e periti commerciali, nonché le rispettive Casse previdenziali.

L’articolo 78 coordina la nuova disciplina introdotta dal D.Lgs 139/2005 a partire dal 1° gennaio 2008[122] chiarendo, in particolare, a chi debba essere riferito il richiamo - nella fase transitoria fino alla vigenza della nuova disciplina – alle diverse definizioni di dottore commercialista, ragioniere e perito commerciale, esperto contabile, nonché quello ai Consigli locali e nazionali degli ordini professionali.

Le disposizioni oggetto di modifica sono i commi 3 e 4 del citato art. 78 che stabiliscono che, fino al 31 dicembre 2007, i richiami ai “dottori commercialisti o esperti contabili” nonché quelli ai Consigli locali e nazionali “dell'Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili” contenuti nelle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, si intendono riferiti, rispettivamente, agli iscritti negli Albi dei «dottori commercialisti» ed agli iscritti negli Albi dei “ragionieri e periti commerciali” nonché, nell'ambito delle rispettive competenze, ai Consigli territoriali e nazionali dei dottori commercialisti e ai Consigli territoriali e nazionali dei ragionieri e periti commerciali.

Il comma 2 dell’articolo 7-quinquies espunge dai citati commi 3 e 4 il riferimento “alla data di entrata in vigore del decreto legislativo”ottenendo così che la indicata previsione dei commi 3 e 4 sia efficace anche nel periodo intercorrente tra la suddetta data di entrata in vigore (3 agosto 2005) ed il 31 dicembre 2007.


Articolo 7-sexies
(Asseverazione degli studi di settore)

 


1.Nell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n 146, dopo il comma 3-bis, è inserito il seguente:

“3-ter. In caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore, possono essere attestate le cause che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli derivanti dall’applicazione degli studi medesimi. Possono essere attestate, altresì, le cause che giustificano un’incoerenza rispetto agli indici economici individuati dai predetti studi. Tale attestazione è rilasciata, su richiesta dei contribuenti, dai soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, dai responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 32, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e dai dipendenti e funzionari delle associazioni di categoria abilitati all’assistenza tecnica di cui all’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546“.

2. Nell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, il comma 2 è abrogato».


 

 

L’articolo 7-sexies in esame, introducendo un ulteriore comma nell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n 146, prevede, in caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore, la possibilità di attestazione delle cause giustificative della mancata congruità dei ricavi o compensi dichiarati, rispetto a quelli derivanti dall’applicazione degli studi medesimi, e delle cause che giustificano un’incoerenza rispetto agli indici economici individuati da predetti studi. L’attestazione, su richiesta dei contribuenti, può essere rilasciata da parte di una serie di soggetti espressamente indicati.

 

Gli studi di settore,previsti dall’articolo 62-sexies del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono uno strumento in grado di determinare la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi delle imprese e dei lavoratori autonomi all’interno dei singoli settori economici. Permettono di rappresentare la situazione economica ed aziendale del contribuente e di superare la modalità di controllo di ricavi o compensi basata esclusivamente sulle scritture contabili.

Obiettivo dello studio di settore è l’individuazione delle variabili che colgono al meglio la capacità di un’azienda di produrre ricavi, da intendersi non come i ricavi effettivamente conseguiti, ma come ricavi maggiormente probabili per l’impresa.

 

Nel dettaglio, l’articolo 7-sexies, al comma 1, introduce nell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n 146, dopo il comma 3-bis, un nuovo comma 3-ter.

 

L’articolo 10 della richiamata legge n. 146 del 1998 (Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario Modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento) stabilisce, al comma 1, che gli accertamenti basati sugli studi di settore sono effettuati nei confronti dei contribuenti con periodo d'imposta pari a dodici mesi e con le modalità di cui al presente articolo.

Ai sensi del comma 2, nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, e degli esercenti arti e professioni, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando in almeno due periodi d'imposta su tre consecutivi considerati, compreso quello da accertare, l'ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all'ammontare dei compensi o ricavi dichiarati con riferimento agli stessi periodi di imposta. La disposizione del comma 1 trova applicazione in ogni caso nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il parere di una commissione di esperti.

Secondo il comma 3, indipendentemente da quanto previsto al comma 2, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti con il D.P.R. 16 settembre 1996, n. 570.

Il comma 3-bis prevede che nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3 l'ufficio, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

Secondo il comma 4, le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 non si applicano nei confronti dei contribuenti che hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 53, comma 1, esclusi quelli di cui alla lettera c), o compensi di cui all'art. 50, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 10 miliardi di lire. Le citate disposizioni non si applicano, altresì, ai contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta ovvero che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell'attività.

 

Il nuovo comma 3-ter prevede, innanzitutto, che possono essere attestate le cause che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli derivanti dall’applicazione degli studi di settore, in caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore medesimi.

Inoltre, possono essere attestate le cause che giustificano un’incoerenza rispetto agli indici economici individuati da predetti studi.

L’attestazione è rilasciata, su richiesta dei contribuenti, dai seguenti soggetti:

a) soggetti indicati alle lettere a) e b), del comma 3 dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni;

 

Ai sensi del richiamato articolo 3 del D.P.R. 22-7-1998, n. 322 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto, ai sensi dell'articolo 3, comma 136, della L. 23 dicembre 1996, n. 662), ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:

a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b) i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

 

b) i responsabili dell’assistenza fiscale dei centri costituiti dai soggetti di cui alle lettere a), b) e c) dell’articolo 32, comma 1 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;

 

Ai sensi del richiamato articolo 32, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio1997, n. 241 (Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni) i centri di assistenza fiscale, di seguito denominati «Centri», possono essere costituiti dai seguenti soggetti:

a) associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, presenti nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, istituite da almeno dieci anni;

b) altre associazioni sindacali di categoria fra imprenditori, istituite da almeno dieci anni, diverse da quelle indicate nella lettera a) se, con decreto del Ministero delle finanze, ne è riconosciuta la rilevanza nazionale con riferimento al numero degli associati, almeno pari al 5 per cento degli appartenenti alla stessa categoria, iscritti negli appositi registri tenuti dalla camera di commercio, nonché all'esistenza di strutture organizzate in almeno 30 province;

c) organizzazioni aderenti alle associazioni di cui alle lettere a) e b), previa delega della propria associazione nazionale;

 

c) i dipendenti e funzionari delle associazioni di categoria abilitati all’assistenza tecnica dinanzi alle Commissioni tributarie di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1992, n. 546.

 

Il richiamato articolo 12 del D.Lgs. 31-12-1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413), così come modificato dall’articolo 3-bis ,comma 9, del presente decreto, stabilisce, al comma 2, che sono abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali e i consulenti del lavoro. Sono altresì abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie, se iscritti nei relativi albi professionali, gli ingegneri, gli architetti, i geometri, i periti edili, i dottori in agraria, gli agronomi e i periti agrari, per le materie concernenti l'estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell'estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l'attribuzione della rendita catastale e gli spedizionieri doganali per le materie concernenti i tributi amministrati dall'Agenzia delle dogane. In attesa dell'adeguamento alle direttive comunitarie in materia di esercizio di attività di consulenza tributaria e del conseguente riordino della materia, sono, altresì, abilitati alla assistenza tecnica, se iscritti in appositi elenchi da tenersi presso le direzioni regionali delle entrate, i soggetti indicati nell'articolo 63, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioniere limitatamente alle materie concernenti le imposte di registro, di successione, i tributi locali, l'IVA, l'IRPEF, l'ILOR e l'IRPEG, nonché i dipendenti delle associazioni delle categorie rappresentate nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (C.N.E.L.) e i dipendenti delle imprese, o delle loro controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, primo comma, numero 1), limitatamente alle controversie nelle quali sono parti, rispettivamente, gli associati e le imprese o loro controllate, in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o di diploma di ragioneria e della relativa abilitazione professionale. Sono inoltre abilitati all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie i funzionari delle associazioni di categoria che, alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, risultavano iscritti nell'elenco tenuto dalla Intendenza di finanza competente per territorio, ai sensi dell'articolo 30, terzo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636.

 

Il comma 2 dell’articolo 7-sexies in esame abroga, nell’articolo 3 del regolamento di cui al D.M. 31 maggio 1999, n. 164, il comma 2, che fa ricadere nel contenuto dell’asseverazione ivi prevista le fattispecie ora introdotte con il sopra illustrato nuovo comma 3-ter dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n 146.

 

Il richiamato D.M. n. 164 del 1999 contiene il regolamento recante norme per l'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale per le imprese e per i dipendenti, dai sostituti d'imposta e dai professionisti ai sensi dell'articolo 40 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241.

L’articolo 3, recante norme in tema di asseverazione, stabilisce al comma 1, che gli elementi contabili ed extracontabili rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore per le singole attività esercitate, oggetto dell'asseverazione di cui all'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono individuati con decreto direttoriale del Dipartimento delle entrate di approvazione dei modelli di dichiarazione.

 

Il comma 2 dell’articolo 3, che viene abrogato dal comma 2 dell’articolo 7-sexies in esame, stabilisce attualmente che con l'asseverazione viene attestata, altresì, la congruità dell'ammontare dei ricavi o dei compensi dichiarati a quelli determinati sulla base degli studi di settore, ove applicabili, ovvero le cause che giustificano la non congruità dei predetti ricavi o compensi. Possono essere attestate, inoltre, le cause che giustificano un'incoerenza rispetto agli indici economici individuati dai predetti studi.

 


Articolo 8, commi 1 e 2
(Compensazioni alle imprese che conferiscono il TFR a forme pensionistiche complementari)

 


1. È istituito un Fondo di garanzia per agevolare l’accesso al credito delle imprese che conferiscono il trattamento di fine rapporto (TFR) a forme pensionistiche complementari. Il predetto Fondo è alimentato da un contributo dello Stato, per il quale è autorizzata la spesa di 154 milioni di euro per il 2006, 347 milioni di euro per il 2007, 424 milioni di euro per ciascuno degli anni tra il 2008 ed il 2010 e 243 milioni di euro per il 2011, comprensivi dei costi di gestione. La garanzia del Fondo copre fino all’intero ammontare dei finanziamenti concessi a fronte dei conferimenti effettuati dalle imprese nel periodo 2006-2010 e dei relativi interessi. I criteri e le modalità di funzionamento e di gestione del Fondo sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, nel quale è stabilito che le disponibilità finanziarie del Fondo affluiscono, ai fini della concessione delle garanzie richieste, come disponibilità separate dei fondi di cui all’articolo 2, comma 100, lettere a) e b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e sono fissate le scadenze delle relative convenzioni, in coerenza con le esigenze per gli interventi di garanzia di cui al presente decreto. Con lo stesso decreto sono stabilite anche le modalità di recupero dei crediti erariali, prevedendo eventualmente il ricorso all’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, e successive modificazioni.

2. In relazione ai maggiori oneri finanziari sostenuti dai datori di lavoro per il versamento di quote di TFR alle forme pensionistiche complementari, a decorrere dal 1º gennaio 2006, è riconosciuto, in funzione compensativa, l’esonero dal versamento dei contributi sociali da parte degli stessi datori di lavoro dovuti alla gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, per ciascun lavoratore, nella misura dei punti percentuali indicati nell’allegata Tabella A, applicati nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle forme pensionistiche complementari.L’esonero contributivo di cui al presente comma si applica, prioritariamente considerando, nell’ordine, i contributi dovuti per assegni familiari, per maternità e per disoccupazione e in ogni caso escludendo il contributo al fondo di garanzia di cui all’articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, nonché il contributo di cui all’articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845. Qualora l’esonero di cui al presente comma non trovi capienza con riferimento ai contributi effettivamente dovuti dal datore di lavoro, per il singolo lavoratore, alla gestione di cui all’articolo 24 della citata legge n. 88 del 1989, l’importo differenziale è trattenuto, a titolo di esonero contributivo, dal datore di lavoro sull’ammontare complessivo dei contributi dovuti all’I.N.P.S. medesimo. L’onere derivante dal presente articolo è valutato in 46 milioni di euro per l’anno 2006, 53 milioni di euro per l’anno 2007 e 176 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.


 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 8 e l'allegata Tabella A prevedono a favore delle imprese misure intese a compensare la riduzione delle risorse per autofinanziamento, derivante dalla presumibile crescita degli accantonamenti corrispondenti alle quote di trattamento di fine rapporto che verranno destinati alle forme pensionistiche complementari.

 

La disposizione si richiama al criterio di delega posto dall’articolo 1, comma 2, lettera e), numero 9), della legge n. 243 del 2004[123]: esso prescrive che il conferimento del T.F.R. a forme pensionistiche complementari non determini oneri per le imprese, richiedendo a questo fine “l'individuazione delle necessarie compensazioni in termini di facilità di accesso al credito, in particolare per le piccole e medie imprese, di equivalente riduzione del costo del lavoro e di eliminazione del contributo relativo al finanziamento del fondo di garanzia del trattamento di fine rapporto”.

 

Si ricorda che il Governo ha approvato e trasmesso alle Camere lo schema di decreto legislativo che riordina il sistema della previdenza complementare, predisposto in attuazione della delega di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c) e comma 2, lettere e), h), i), e l) della legge n. 243 del 2004 (legge per la riforma del sistema previdenziale).

Si ricorda che le principali finalità della delega sono le seguenti:

-        adozione di misure finalizzate ad incrementare l'entità dei flussi di finanziamento alle forme pensionistiche complementari;

-        perfezionamento dell'unitarietà e dell'omogeneità del sistema di vigilanza sull'intero settore della previdenza complementare;

-        ridefinizione della disciplina fiscale della previdenza complementare;

-        previsione, per tutte le forme pensionistiche complementari, di esposizione, nel rendiconto annuale e, in modo sintetico, nelle comunicazioni inviate all'iscritto, se ed in quale misura siano presi in considerazione aspetti sociali, etici ed ambientali nella gestione delle risorse finanziarie derivanti dalle contribuzioni degli iscritti.

 

In data 29 settembre 2005, la XI Commissione della Camera e l’11a Commissione del Senato hanno espresso sullo schema in esame un parere, sostanzialmente analogo, favorevole con condizioni ed osservazioni. Inoltre il 5 ottobre 2005 la V Commissione della Camera ha espresso, per quanto di competenza, un parere favorevole con condizione. Tuttavia il Governo il 6 ottobre scorso, deliberando di non conformarsi ad alcune condizioni poste dai pareri, ha ritrasmesso, ai sensi dell’articolo 1, comma 45, della legge n. 243 del 2004[124] lo schema di decreto legislativo, al fine dell’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. In virtù della previsione dell’articolo 1, comma 46, della legge delega, il termine per l’esercizio della delega, che inizialmente scadeva il 6 ottobre 2005, è stato prorogato di sessanta giorni (e quindi scade il 5 dicembre prossimo)[125].

Si ricorda infine che la XI Commissione della Camera e la 11^ Commissione del Senato, rispettivamente il 3 e il 10 novembre 2005, hanno confermato sostanzialmente il parere favorevole con condizioni ed osservazioni già espresso precedentemente.

 

Il comma 1 prevede l'istituzione di un Fondo di garanzia per agevolare l'accesso al credito delle imprese, in favore del quale viene erogato un contributo finanziario a carico dello Stato (anche ai fini dei costi di gestione), pari a 154 milioni di euro per il 2006, 347 milioni per il 2007, 424 milioni per ciascuno degli anni del triennio 2008-2010 e 243 milioni per il 2011.

Si specifica che la garanzia del Fondo copre fino all'intero ammontare (oltre ai relativi interessi) dei finanziamenti concessi a fronte dei summenzionati conferimenti alle forme pensionistiche complementari effettuati nel periodo 2006-2010.

La definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento e di gestione del Fondo è demandata ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive.

Il decreto in questione deve stabilire, tra l’altro, che le disponibilità finanziarie del Fondo affluiscono, con separata evidenza contabile, presso i fondi di cui all’articolo 2, comma 100, lettere a) e b) della legge n. 662 del 1996.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 100, della legge n. 662 del 1996 prevede che il CIPE può destinare delle risorse finanziarie, fino ad un certo ammontare:

-        per il finanziamento di un fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale Spa allo scopo di assicurare una parziale assicurazione ai crediti concessi dagli istituti di credito a favore delle piccole e medie imprese (lettera a));

-        per l'integrazione del Fondo centrale di garanzia istituito presso l'Artigiancassa Spa (lettera b)).

 

Si osserva che sarebbe opportuno precisare secondo quali criteri le disponibilità finanziarie del Fondo di garanzia si ripartiscono tra i due distinti fondi citati (fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito Centrale e fondo centrale di garanzia istituito presso l'Artigiancassa).

 

Inoltre il decreto deve fissare “le scadenze delle relative convenzioni, in coerenza con le esigenze per gli interventi di garanzia”.

Il testo non appare di univoca interpretazione nella parte in cui si riferisce alle “scadenze delle relative convenzioni”. Andrebbe precisato se ci si vuole riferire ad eventuali convenzioni da stipulare con i soggetti addetti alla gestione amministrativa del Fondo di garanzia.

 

Il decreto dovrà indicare anche le modalità di recupero dei crediti erariali, con la previsione dell’eventuale ricorso all’iscrizione a ruolo secondo le disposizioni dell’art. 17 del D.Lgs. n. 46/1999[126].

 

Si ricorda che l’articolo 10, comma 3, dello schema di decreto legislativo che riordina il sistema della previdenza complementare, demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’istituzione di un Fondo di garanzia, al fine di facilitare l’accesso al credito delle imprese (in particolare per le piccole e medie imprese), a seguito della diminuzione di autofinanziamento determinatasi dal venir meno della liquidità garantita dal T.F.R.. Lo stesso comma dispone altresì che la dotazione finanziaria di tale fondo sia stabilita con un successivo provvedimento legislativo[127].

Si evidenzia che tale disposizione risulta sostanzialmente superata in seguito all’entrata in vigore dell’articolo 8, comma 1, del decreto legge in esame, che, come sopra visto, provvede ex lege all’istituzione del Fondo di garanzia (demandando ad un decreto la fissazione delle modalità di funzionamento e di gestione) e stanzia le risorse ai fini della dotazione finanziaria dello stesso Fondo.

In relazione alla previsione dell’articolo 10, comma 3, dello schema di decreto legislativo su citato, la XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) nella seduta del 3 novembre 2005, aveva formulato dei rilievi nelle cui premesse si sottolineava come tale articolo introducesse “un accesso di fatto automatico al credito, garantito da un fondo che sembrerebbe finanziato interamente dallo Stato, a condizioni predefinite, meccanismo che appare suscettibile di introdurre ingiustificate distorsioni alla concorrenza ed al sistema degli incentivi alla migliore efficienza allocativa”. Pertanto, nei medesimi rilievi si invitava la Commissione di merito a segnalare al Governo “che potrà procedersi all'istituzione ed all'avvio dell'operatività del fondo di garanzia previsto dall’articolo 10, comma 3 – da parte del decreto ministeriale – solo dopo aver preventivamente verificato, presso le competenti autorità comunitarie, la compatibilità di esso con il principio di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, e con la disciplina degli aiuti di Stato, contenuta negli articoli 87 e 88 TCE”.

Con riferimento al comma 1 dell’articolo 8 del decreto legge in esame, possono evidenziarsi profili problematici di natura analoga. Si osserva, quindi, che l’istituzione del fondo di garanzia per agevolare l’accesso al credito delle imprese, finanziato dallo Stato con un contributo, andrebbe valutata alla luce del principio di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, e della disciplina degli aiuti di Stato, contenuta negli articoli 87 e 88 TCE.

Il rispetto del quadro comunitario dipenderà, comunque, dal contenuto del decreto ministeriale a cui spetterà la definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento e di gestione del Fondo.

Si ricorda che il 4 ottobre 2005 è stato sottoscritto un Accordo per il finanziamento dello smobilizzo del TFR maturando, tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e l'ABI, che reca in allegato lo schema di funzionamento del Fondo di garanzia. L’accordo invece non è ancora stato sottoscritto dal Ministro dell’economia. Tale Accordo prevede una serie di requisiti di solidità economico finanziaria perché le imprese possano beneficiare del credito con garanzia a carico del Fondo.

Se venisse recepito nel decreto il contenuto dell’Accordo in questione, in considerazione della non automaticità e anzi della rigorosa selettività nella concessione della garanzia, potrebbero attenuarsi eventuali profili di compatibilità con il quadro comunitario.

 

Il comma 2 stabilisce, a partire dal 1° gennaio 2006, una riduzione dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a carico dei datori di lavoro in favore della Gestione INPS “prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”[128], come misura compensativa a fronte dei maggiori oneri finanziari sostenuti dalle imprese per il versamento ai fondi di previdenza complementare delle quote relative al TFR.

In considerazione della riduzione degli oneri contributivi limitata solamente alle imprese che sono tenute a versare il TFR (in tutto o in parte) ai fondi pensione, la norma in esame potrebbe presentare profili problematici alla luce del principio di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, e della disciplina degli aiuti di Stato, contenuta negli articoli 87 e 88 TCE.

 

La misura del decremento, come stabilita dalla Tabella A, allegata al provvedimento in esame è pari a 0,12 punti percentuali per il 2006 ed aumenta ogni anno fino alla percentuale, a regime, di 0,28 punti, decorrente dal 2014. Tali riduzioni, tuttavia, non si applicano necessariamente per intero, bensì nella misura percentuale degli accantonamenti corrispondenti alle quote di trattamento di fine rapporto destinati (dai dipendenti del datore di lavoro) alle forme pensionistiche complementari (rispetto al totale degli accantonamenti medesimi).

 

Sarebbe opportuno chiarire quale sia la cadenza temporale di individuazione di quest'ultima percentuale - e, quindi, la cadenza di definizione dell'ammontare del decremento - nonché, se all'interno del periodo di riferimento, occorra prendere in considerazione la media percentuale o solo il valore percentuale più elevato (di accantonamenti conferiti alle forme pensionistiche complementari).

 

Il comma 2 specifica altresì i criteri di individuazione delle tipologie contributive INPS da sottoporre a riduzione, indicando in via prioritaria i contributi dovuti per assegni familiari, per maternità e per disoccupazione ed escludendo espressamente il contributo al “Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” e il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria.

Si ricorda che il contributo integrativo per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è stato previsto dall’articolo 12 della legge n. 160 del 1975 nella misura dell’1,30 per cento della retribuzione. In seguito, a decorrere dal 1° gennaio 1979, l’articolo 25, comma 4 della legge n. 845 del 1978 ha previsto un aumento dell’aliquota di tale contributo in misura pari allo 0,30 per cento delle retribuzioni.

Andrebbe chiarito se l’esclusione dall’esonero contributivo riguarda l’intero importo del contributo integrativo o, al contrario, esclusivamente la maggiorazione del contributo introdotta dal richiamato comma 4 dell’articolo 25 della legge n. 845 del 1978.

 

L’ultimo periodo del comma quantifica gli oneri derivanti dalle disposizioni dei commi 1 e 2 in 46 milioni di euro per il 2006, 53 milioni per il 2007 e in 176 milioni annui a decorrere dal 2008.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Trasferibilità dei diritti a pensione complementare

Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di portabilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005)507)

La proposta, che fa seguito ad una consultazione delle parti interessate svolta in due fasi[129], mira ad agevolare la mobilità dei lavoratori eliminando gli ostacoli derivanti dai differenti ordinamenti nazionali in materia di regimi pensionistici complementari. Tali ostacoli concernono, in particolare, le condizioni d'acquisizione dei diritti pensionistici, di conservazione dei diritti sospesi e il trasferimento dei diritti acquisiti. La proposta di direttiva si applica alle pensioni professionali, e non anche ai regimi pensionistici individuali né a quelli previsti dallo Stato. Gli Stati membri possono prevedere deroghe alla disciplina comunitaria per i regimi a ripartizione, le casse di sostegno e le imprese che costituiscono provvigioni nel proprio bilancio in vista del versamento di una pensione complementare ai propri dipendenti.

La proposta sarà esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di codecisione.

 

Coordinamento delle politiche nazionali

Il 15 luglio 2005 gli Stati membri hanno presentato, nell’ambito del metodo di coordinamento aperto[130], la seconda[131] tornata di relazioni sulle strategie nazionali in materia di pensioni. L’Italia, che ne ha anticipato un estratto a settembre, si è riservata di presentare successivamente alla Commissione la relazione completa.

La Commissione esaminerà le relazioni nazionali in autunno per poi presentare un documento conclusivo a dicembre 2005.

 

Sulla base delle relazioni strategiche nazionali[132] la Commissione e il Consiglio hanno presentato, nel marzo 2003, la prima relazione congiunta in materia di pensioni adeguate e sostenibili,accolta con favore dal Consiglio europeo del 20-21 marzo 2003, che ha invitato a proseguire l’applicazione del metodo di coordinamento aperto nel settore pensionistico, nonché a riesaminare nel 2006 i progressi compiuti anche per i nuovi Stati membri.

Con il metodo di coordinamento aperto l’Unione europea intende perseguire nel settore delle pensioni undici obiettivi comuni nel quadro di tre grandi princìpi:

-        tutelare la capacità dei sistemi di conseguire gli obiettivi sociali prestabiliti: 1. prevenire l’esclusione sociale; 2. consentire alle persone di mantenere il proprio standard di vita; 3. promuovere la solidarietà (fra le generazioni, fra la popolazione anziana);

-        mantenere la sostenibilità finanziaria: 4. innalzare i livelli occupazionali; 5. allungare la vita lavorativa; 6. rendere il sistema pensionistico sostenibile in un contesto di finanze pubbliche sane; 7. adattare benefici e contributi per condividere le conseguenze finanziarie in modo equilibrato; 8. garantire l’adeguatezza e la solidità finanziaria delle pensioni private;

-        soddisfare le esigenze sociali che cambiano: 9. adattare i sistemi pensionistici ad un’occupazione e a percorsi professionali più flessibili; 10. soddisfare le aspirazioni di una maggiore uguaglianza tra uomini e donne; 11. dimostrare la capacità dei sistemi pensionistici di affrontare le sfide.

A gennaio 2005 la Commissione ha presentato una nota orientativa, approvata dal Comitato per la protezione sociale[133] e dal Comitato per la politica economica[134], per aiutare gli Stati membri a predisporre le relazioni strategiche nazionali.

Relazione sulla protezione sociale e l’inclusione sociale

Il 3 marzo 2005 il Consiglio e la Commissione hanno adottato la relazione congiunta sulla protezione sociale e l’inclusione sociale, esaminata al Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2005, che delinea un quadro integrato delle principali sfide che gli Stati membri dovranno affrontare per raggiungere gli obiettivi di Lisbona ed invita gli stessi ad impegnarsi nel rinnovamento dei sistemi di protezione sociale mediante strategie di riforma credibili e risolutive.

La relazione ritiene che l’innalzamento dell’età effettiva del pensionamento sia lo strumento fondamentale per conciliare adeguatezza e sostenibilità finanziaria delle pensioni; ricorda che il Comitato per la protezione sociale sta analizzando il ruolo dei regimi pensionistici privati e rileva che, anche se i regimi pubblici sono destinati a rimanere la principale fonte di reddito da pensione in quasi tutti i paesi, molti Stati membri prevedono per il futuro un ruolo più importante per il settore privato tramite regimi professionali o a titolo personale e sottolinea che l’informazione è estremamente importante per consentire alle persone di operare scelte difficili, con conseguenze a lungo termine sul loro reddito e tenore di vita.

In relazione all’Italia, il documento afferma che l’adeguatezza delle pensioni in futuro dipenderà sostanzialmente dallo sviluppo delle prestazioni complementari di sicurezza sociale: ritiene che la sfida futura consista nel controllare attentamente gli effetti della nuova riforma delle pensioni, soprattutto la sua idoneità a prolungare la vita lavorativa e ad istituire regimi complementari di sicurezza sociale.

A febbraio 2005 il Comitato per la protezione sociale ha presentato una relazione sui regimi pensionistici privati, al fine di illustrarne il ruolo nei sistemi pensionistici nazionali e di valutarne il futuro contributo all’adeguatezza e alla sostenibilità finanziaria. Scopo principale è quello di raccogliere in modo sistematico informazioni sul ruolo attuale e sull’eventuale ruolo futuro di tale sistema negli Stati membri, ciò che consentirà di descrivere l’organizzazione dei sistemi pensionistici nazionali nelle relazioni congiunte della Commissione e di individuare i temi chiave per le relazioni strategiche nazionali del 2005. Il documento conferma la tendenza verso un accresciuto ruolo delle pensioni private nei sistemi pensionistici degli Stati membri dell’UE, molti dei quali ritengono che la futura adeguatezza e sostenibilità dei sistemi pensionistici si basi su una combinazione di pilastri pubblici e privati. La relazione ribadisce, comunque, che l’accresciuto ruolo del sistema privatistico non diminuisce la responsabilità complessiva dei governi per la sostenibilità e l’adeguatezza delle pensioni.

 

Il Consiglio europeo del 23 e 24 marzo 2005 ha ribadito che l’aumento dei tassi di occupazione e il prolungamento della durata della vita lavorativa, combinati con la riforma dei sistemi di protezione sociale, costituiscono il mezzo migliore per mantenere nell’UE l’attuale livello di protezione sociale.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha deciso di adire la Corte di giustizia nell’ambito della procedura di infrazione[135] relativa alla disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi - TUIR). La Commissione ha, tuttavia, autorizzato i propri servizi a continuare i contatti con il Governo italiano, al fine di evitare lo svolgimento della causa davanti alla Corte.

Secondo la Commissione tale disciplina presenterebbe profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero[136]. Le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani (ovvero quelli costituiti in conformità alle disposizioni del codice civile italiano e, se del caso, riconosciuti dalle autorità amministrative nazionali), con l’esclusione di quelli versati a fondi pensione aventi sede all’estero.

Ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia. Si configurerebbe, pertanto, la violazione del principio di libera prestazione dei servizi, sancito dall’art. 49 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Per altro, la normativa italiana costituirebbe una violazione anche della libertà di circolazione dei lavoratori dipendenti (art. 39 TCE) e della libertà di stabilimento di quelli autonomi (art. 43). Infatti, coloro che, avendo esercitato un’attività professionale in un altro Stato membro ed essendo iscritti ad un regime di previdenza complementare in tale Stato, si trasferiscano per lavoro in Italia, non sarebbero ammessi a beneficiare dello stesso trattamento fiscale riconosciuto ai contributi versati ai fondi italiani. Infine, nella misura in cui i trasferimenti effettuati dai lavoratori ai fondi pensione rappresentano movimenti di capitale, l’esclusione del beneficio della deducibilità per i versamenti ai fondi pensione stranieri costituirebbe una violazione del principio di libera circolazione dei capitali, sancito dall’art. 56 del TCE.

La Commissione rileva che, in base alle stesse osservazioni, si configurerebbero violazioni degli articoli omologhi dell’Accordo sullo Spazio economico e europeo (artt. 28, 31, 36 e 40).

 


Articolo 8, comma 3
(Tessera sanitaria)

 

3. All’articolo 50, comma 1-bis, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, le parole: «31 dicembre 2005» sono sostituite dalle seguenti: «30 giugno 2006».

 

 

Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2005 al 30 giugno 2006 il termine per il completamento, sull'intero territorio nazionale, del processo di istituzione e consegna della tessera sanitaria.

L’originario termine del 31 dicembre 2005 è stato fissato dall’articolo 1, comma 185 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

 

Si ricorda che alla tessera sanitaria - la quale reca il codice fiscale del titolare, anche in codice a barre nonché in banda magnetica - è connesso un nuovo sistema di rilevazione dei dati relativi all'utilizzo delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale [137].

L’importanza della tessera sanitaria quale strumento di controllo della spesa di tale comparto è stata ribadita dal Ministro Giulio Tremonti nel suo intervento in Commissione bilancio al Senato sul di segno di legge finanziaria [138].

 

Si segnala che la collocazione della novella di cui al presente comma 3 nell'àmbito dell'articolo 8 non appare congrua.


Articolo 8, comma 3-bis
(Enti non commerciali con sede operativa
nelle regioni Molise, Sicilia e Puglia)

 

3-bis. Agli enti non commerciali di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, si applica l’articolo 11, commi da 3 a 6, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80; agli stessi enti la sospensione dei termini di pagamento di contributi, tributi e imposte, anche in qualità di sostituto d’imposta, prevista dal citato comma 255 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004, è prorogata al 31 dicembre 2006. A tal fine per l’anno 2006 è autorizzata la spesa di 500.000 euro.

 

 

Il primo periodo del comma 3-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, nella prima parte, estende l’ambito di operatività del Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà consentiti dalla normativa UE in materia di aiuti di Stato, di cui all’articolo 11, commi 3-6, del decreto-legge n. 35 del 2005[139], agli enti non commerciali in situazione di crisi aziendale – aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia e operanti nel settore della sanità privata – di cui all’articolo 1, comma 255 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

Si ricorda che il citato articolo 1, comma 255, della legge finanziaria per il 2005 ha disposto la sospensione di adempimenti fiscali e previdenziali in favore di enti non commerciali definiti in base all'articolo 41, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, aventi sede in Molise, Sicilia e Puglia.

Si tratta, in particolare, di enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 2000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, i quali abbiano almeno una sede operativa nelle province di Catania, Campobasso e Foggia.

 

Le disposizioni dell’articolo 11 del decreto-legge n. 35 del 2005, la cui applicazione viene estesa agli enti non commerciali individuati dalla citata legge n. 289 del 2002, prevedono:

-        l’istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà[140], con una dotazione finanziaria per l’anno 2005 pari a 35 milioni di euro (comma 3);

-        l’istituzione di un Comitato con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle competenti amministrazioni. Per la valutazione e l’attuazione degli interventi, le amministrazioni competenti si avvalgono di Sviluppo Italia Spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato (comma 5);

-        l’individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione delle predette disposizioni da parte del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) (comma 6).

 

La seconda parte del primo periodo del medesimo comma 3-bis proroga al 31 dicembre 2006 la sospensione dei termini di pagamento di contributi, tributi e imposte, anche in qualità di sostituto d’imposta, in favore dei medesimi soggetti.

 

Per la generalità dei soggetti interessati, gli adempimenti tributari sospesi dovrebbero essere invece eseguiti mediante rateizzazione dal 1° gennaio 2006, per i soggetti residenti nei territori delle province di Campobasso e Foggia, e dal 16 dicembre 2005 per i soggetti residenti nel territorio della provincia di Catania, a norma rispettivamente dell’articolo 4, comma 3, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004, n. 3354, e dell’articolo 1 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 maggio 2005 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 23 maggio 2005, n. 118), che ne hanno da ultimo prorogato i termini.

 

Si osserva che l'articolo 4 del decreto-legge n. 245 del 2002 in realtà prevedeva una sospensione in maniera espressa esclusivamente per i “termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria”. Per quanto riguarda il settore previdenziale, si prevedeva esclusivamente “la sospensione dei termini di prescrizione, decadenza e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, anche previdenziali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, in scadenza nel periodo di vigenza delle dichiarazioni di emergenza”. Pertanto, per quanto riguarda gli obblighi di natura contributiva, la norma dovrebbe essere formulata non in termini di proroga, bensì di concessione ex novo di una sospensione dei termini.

 

Il secondo periodo del comma 3-bis qui illustrato autorizza la spesa di euro cinquecentomila, per l’anno 2006, per l’attuazione delle disposizioni del presente comma.

 


Articolo 8, comma 3-ter
(Proroga del trattamento di CIGS alle agenzie turistiche)

 


3-ter. Nei limiti delle risorse indicate a carico del fondo di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, per l’anno 2006, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e comunque non oltre il 31 dicembre 2006, sono prorogati i trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità in favore delle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15


 

 

La disposizione in esame, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, è volta a prorogare, non oltre il 31 dicembre 2006, i trattamenti di CIGS e di mobilità alle imprese esercenti attività commerciali con più di 50 dipendenti, alle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di 50 dipendenti ed alle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti. L’intervento è posto a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legge n. 148 del 1993.

 

Si ricorda che già con decreto ministeriale 31 maggio 2004 n. 34158 si era provveduto, ai sensi dell’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003, a prorogare la CIGS e il trattamento di mobilità, relativamente all’anno 2004, per le imprese sopra citate “per fronteggiare gli effetti e le ricadute sul piano occupazionale derivanti da gravi crisi aziendali e/o settoriali”. L’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003 ha disposto, tra l'altro, che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, nel caso di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ovvero miranti al reimpiego di lavoratori coinvolti in detti programmi, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze può disporre, entro il 31 dicembre 2004, proroghe di trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, già previsti da disposizioni di legge, anche in deroga alla normativa vigente in materia.

Successivamente con decreto ministeriale 28 luglio 2005 n. 36663 si è prevista una proroga della CIGS e del trattamento di mobilità per le imprese in oggetto anche per l’anno 2005, ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004. Si ricorda che tale articolo[141], riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge n. 350 del 2003 su citato, ha disposto che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con quello dell'economia e delle finanze possa - anche in deroga alla normativa ordinaria -, entro il 31 dicembre 2005 e per gli accordi di settore entro il 31 dicembre 2006, concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni: la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi; i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2005. Inoltre si prevedeva la possibilità di prorogare i trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina posta dal richiamato articolo 3, comma 137, quarto periodo, della citata L. 350 del 2003. Pertanto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2004. L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10%, ovvero del 30% nell'ipotesi in cui sia già intercorsa una precedente proroga[142].

Si ricorda inoltre che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla Legge 236 n. del 1993, per la promozione di iniziative di sostegno per l’occupazione, ed in particolare:

§       l'erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto a quelle occupate alla data di entrata in vigore del DL 148/93;

§       il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione;

§       la promozione dell'imprenditorialità giovanile;

§       il finanziamento dei contratti di solidarietà;

§       ulteriori finalità previste da provvedimenti emanati successivamente al D.L. 148 (a titolo esemplificativo: proroga di trattamenti di sostegno al reddito, rimodulazione dell'orario di lavoro, tirocini formativi…).

 

Si osserva che il comma in esame proroga ex lege i trattamenti di CIGS ed di mobilità, mentre le disposizioni legislative su citate (art. 3, comma 137 della legge n. 350 del 2003 e art. 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004) si limitavano ad autorizzare il Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, a prorogare i trattamenti in questione. Sarebbe opportuno formulare la disposizione in maniera analoga, anche al fine di rinviare ad un decreto ministeriale di attuazione la ripartizione della spesa per tipologia di trattamento.

Si evidenzia, inoltre, che le precedenti proroghe prevedevano una riduzione dell’importo dei trattamenti di CIGS e di mobilità. In particolare il D.M. 31 maggio 2004 n. 34158 prevedeva una riduzione del 20% dei trattamenti prorogati[143], mentre il successivo D.M. 28 luglio 2005 n. 36663 prevedeva una riduzione del 30% per l’ulteriore proroga[144]. Andrebbe chiarito, nel comma in esame, se per la nuova ulteriore proroga in esame i trattamenti siano ridotti e, in tale eventualità, l’importo della stessa riduzione.

Si osserva, inoltre, che il comma non quantifica l’importo del limite complessivo di spesa a carico del Fondo per l’occupazione, per la proroga dei trattamenti in questione.

 


Articolo 8-bis
(Incremento dei livelli occupazionali)

 


1. Al fine di sostenere gli interventi mirati nella prospettiva dell’incremento dei livelli occupazionali in atto nelle aree individuate dall’obiettivo 1 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, ai comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti che, dal 1º luglio 2004 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, abbiano avviato con esito positivo iniziative per la trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro con i lavoratori socialmente utili, individuati ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, è erogato un contributo complessivo di 18 milioni di euro per l’anno 2006, ripartito proporzionalmente tra i comuni interessati, finalizzato alla proroga per il citato anno 2006 dei rapporti di lavoro a tempo determinato in atto. I conseguenti interventi sono effettuati nei limiti delle risorse di cui al presente comma, nonché, in relazione agli oneri a carico dei comuni, nel rispetto della normativa vigente in materia di personale. Alla corresponsione del contributo provvede il Ministero dell’interno sulla base dei dati certificati dai comuni interessati, a pena di decadenza, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono esclusi i comuni che abbiano già goduto di analogo beneficio. Al relativo onere si provvede, nel limite di 18 milioni di euro per l’anno 2006, a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

2. Il CIPE, in sede di riparto delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, provvede al reintegro di pari importo, per l’anno 2006, del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Limitatamente al periodo necessario all’integrazione del Fondo per l’occupazione da parte del CIPE, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si provvede a rideterminare gli interventi posti a carico del Fondo per l’occupazione.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».


 

 

L’articolo in esame reca disposizioni volte ad incrementare l’occupazione nelle regioni interessate dai programmi di sviluppo previsti nell’ambito dell’Obiettivo 1 (“promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo”) del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), per il periodo di programmazione 2000-2006.

 

Le regioni che rientrano nell’ambito dell’Obiettivo 1 sono quelle in cui il prodotto interno lordo (PIL) pro-capite è inferiore al 75% della media comunitaria. Il PIL è misurato secondo gli standard del potere d’acquisto e calcolato sulla base dei dati disponibili al 26 marzo 1999 (art. 3 del regolamento (CE) n. 1260 del 1999 recante disposizioni generali sui fondi strutturali) [145].

Per quanto riguarda l’Italia, le regioni che rientrano nell’Obiettivo 1 sono: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. A queste si aggiunge il Molise in sostegno transitorio.

 

Con il comma 1 viene erogato, per l’anno 2006, un contributo complessivo dell’importo di 18 milioni di euro, da ripartirsi in modo proporzionale tra i comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, situati nelle aree sopra indicate, che abbiano avviato – nel periodo compreso tra il 1° luglio 2004 e la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge – iniziative per la trasformazione dei rapporti di lavoro relativi ad attività socialmente utili, individuati dal D.Lgs. n. 81/2000, in rapporti di lavoro a tempo indeterminato. Tale contributo è finalizzato alla proroga per l’anno 2006 dei rapporti di lavoro a tempo determinato.

L’erogazione del contributo, che è subordinato alla condizione che i comuni non abbiano già usufruito di un simile beneficio, sarà effettuata dal Ministero dell’interno, sulla base dei dati certificati che gli enti locali interessati dovranno comunicare, a pena di decadenza, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame.

 

Sono considerati lavori socialmente utili (LSU) tutte le attività che hanno per oggetto la realizzazione di opere e la fornitura di servizi di utilità collettiva, attraverso l'utilizzo di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria o in disoccupazione speciale oppure mediante il coinvolgimento in progetti di lavori socialmente utili di soggetti in cerca di prima occupazione o disoccupati.

In particolare, rientrano nella competenza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali i lavoratori socialmente utili appartenenti al cosiddetto "bacino nazionale", cioè quei soggetti che abbiano effettivamente maturato 12 mesi di permanenza nelle attività socialmente utili negli anni 1998-1999.

La gestione degli LSU è demandata alle Regioni, che agiscono sulla base di convenzioni con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

La normativa prevede una serie di incentivi per favorire la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili: incentivi per le imprese e le amministrazioni pubbliche che li assumono, finanziamenti per l'avvio di attività autonome, titoli di preferenza per le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni.

Le Regioni possono finanziare con proprie risorse progetti di lavori socialmente utili (cosiddetti lavoratori socialmente utili autofinanziati) ed erogare incentivi per la stabilizzazione degli stessi in aggiunta a quelli finanziati dallo Stato.

Di recente la legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto all’articolo 3, commi 76 e 82, misure volte ad incentivare la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori impegnati in attività socialmente utili. In particolare il comma 82 ha autorizzato la stipula diretta di nuove convenzioni tra il Ministero del lavoro ed i comuni con meno di 50.000 abitanti, sia per lo svolgimento di attività socialmente utili sia per l’attuazione di misure volte a garantire la stabilizzazione occupazionale dei lavoratori che si trovino nella disponibilità dei medesimi comuni da almeno cinque anni.

La stipula di tali convenzioni è stata limitata all’esercizio 2004 con un costo complessivo di 1 milione di euro.

Con Decreto del Ministro del lavoro 25 ottobre 2004 è stata approvata la graduatoria relativa alle domande presentate dai comuni per la concessione di contributi ai sensi dell'articolo 3, comma 82, della Legge 350.

 

All’onere derivante dalle disposizioni introdotte dall’articolo in esame, volte ad incrementare l’occupazione nelle regioni interessate dai programmi di sviluppo previsti nell’ambito dell’Obiettivo 1 dei Fondi strutturali 2000-2006, si provvede a valere sul Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legge n. 148 del 1993 nel limite complessivo di spesa di 18 milioni di euro per il 2006.

Si osserva, sul piano formale, che dopo le parole “si provvede nel limite” sarebbe opportuno aggiungere le seguenti “complessivo di spesa”.

 

Si ricorda che nell’articolo 4, comma 1, del decreto legge n. 163 del 2005[146], era contenuta una disposizione parzialmente simile a quella in esame , volta ad incrementare l’occupazione nelle regioni interessate dai programmi di sviluppo previsti nell’ambito dell’Obiettivo 1 (“promuovere lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo”) del Quadro Comunitario di Sostegno (QCS), per il periodo di programmazione 2000-2006. A tal fine si prevedeva l’erogazione di un contributo di 18 milioni di euro, a decorrere dal 2005, volto a favorire i progetti di trasformazione dei rapporti di lavoro relativi ai lavoratori socialmente utili in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Il decreto legge n. 163/2005 è decaduto il 17 ottobre scorso.

 

Il comma 2 prevede che il CIPE, in sede di riparto delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61, comma 1, della legge n. 289 del 2002, provvede al reintegro “di pari importo, per l’anno 2006, del fondo per l’occupazione”.

Si osserva che sarebbe opportuno precisare l’entità dell’importo, eventualmente sostituendo le parole “di pari importo” con le seguenti “per un importo pari all’onere di cui al comma 1”.

Inoltre si prevede che, nelle more dell’integrazione del Fondo per l’occupazione da parte del CIPE, con decreto del Ministro del lavoro di concerto con il Ministro dell’economia, si provvede a rideterminare gli interventi posti a carico del Fondo, in considerazione della variata entità delle risorse disponibili a causa della “utilizzazione” di cui al comma 1.

 

Si ricorda che l’articolo 61 della legge n. 289/02 dispone, al comma 1, l’istituzione, a decorrere dal 2003, del Fondo per le aree sottoutilizzate, nel quale confluiscono, con separata evidenziazione contabile, le risorse stanziate con riferimento ai provvedimenti indicati all’allegato 1 della legge finanziaria stessa: si tratta delle risorse già allocate nel Fondo per le aree depresse, relative sia all’intervento straordinario nel Mezzogiorno che all’intervento ordinario nelle aree depresse, del Fondo per l’imprenditoria giovanile e delle risorse iscritte in bilancio per i crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Si precisa che l’ambito territoriale delle aree sottoutilizzate coincide con quello delle aree depresse di cui alla legge 30 giugno 1998, n. 208. Il comma 3 dell’articolo 61 stabilisce che le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate saranno ripartite dal CIPE esclusivamente tra gli interventi previsti dalle leggi le cui risorse sono confluite nel Fondo stesso. Si individuano, inoltre, quali criteri generali per la distribuzione delle risorse cui il CIPE dovrebbe attenersi:

§       la destinazione territoriale delle risorse. Si tratta del principio, in base al quale l’85% delle risorse è destinato al Mezzogiorno e il 15% al Centro Nord, già adottato in precedenti deliberazioni del CIPE e confermato, da ultimo, nella delibera n. 36/2002, allo scopo di assicurare, per quanto riguarda il Mezzogiorno, effettiva addizionalità alle risorse ripartite rispetto alla distribuzione territoriale delle risorse ordinarie;

§       la finalità di riequilibrio economico e sociale;

§       quando si tratta di investimenti pubblici, la lettera a) del comma 3, stabilisce che vengano seguiti, ove applicabili, i criteri e i metodi indicati dall’articolo 73 della legge finanziaria 2002, in base al quale i fondi dovranno essere assegnati a progetti selezionati secondo criteri di avanzamento progettuale e di coerenza programmatica, con particolare riferimento alle priorità della programmazione comunitaria 2000-2006, prevedendo altresì il ricorso a metodi premiali, come peraltro già stabilito dalla disciplina comunitaria, per la ripartizione delle risorse tra i programmi di attuazione dei Quadri comunitari di sostegno. Tali criteri sono stati applicati dal CIPE con la deliberazione 3 maggio 2002, n. 36 di ripartizione delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree depresse 2002-2004 previste dalla tabella D della legge finanziaria 2002;

§       nel caso di incentivi, la lettera b) del comma 3, stabilisce che si debbano assumere criteri e metodi volti a massimizzare l’efficacia complessiva dell’intervento e la sua rapidità e semplicità, sulla base, da un lato, dei risultati ottenuti e, dall’altro, degli indirizzi annuali contenuti nel DPEF, nonché a rispondere alle esigenze del mercato.

Più in generale, il comma 5 dell’articolo 61 rimette allo stesso CIPE il compito di fissare, con delibere da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti (previsto dall’articolo 3 della legge n. 20 del 1994), criteri e modalità di attuazione degli interventi previsti dalle disposizioni legislative confluite nel Fondo per le aree sottoutilizzate. Peraltro, fino all’adozione di tali delibere, ciascun intervento resta disciplinato dalle disposizioni di attuazione vigenti.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha presentato, il 20 marzo 2002, una proposta di direttiva relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei (COM(2002)149).

La proposta fissa un livello di tutela minima comunitaria (lasciando a Stati membri e parti sociali il compito di adeguarla alle specificità nazionali), e prevede una serie di norme complementari volte a migliorare la situazione dei lavoratori temporanei, agevolandone l’accesso all’occupazione permanente, migliorandone le condizioni materiali di lavoro (accesso ai servizi sociali dell’impresa utilizzatrice) e rafforzandone le capacità d’inserimento professionale (accesso alla formazione organizzata all’interno dell’impresa di fornitura di lavoro temporaneo e dell’impresa utilizzatrice).

A seguito della prima lettura del Parlamento europeo, il 21 novembre 2002, nell’ambito della procedura di codecisione, la Commissione ha presentato, il 28 novembre 2002, una proposta modificata che stabilisce il principio generale della parità di trattamento, in virtù del quale i lavoratori temporanei devono beneficiare delle medesime condizioni di base di lavoro che si applicherebbero se essi fossero direttamente impiegati dall’impresa utilizzatrice per svolgervi il medesimo lavoro. Il Consiglio occupazione del 2-3 giugno 2003 non ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta: il principale punto di disaccordo riguarda la natura e la durata della deroga al principio generale della parità di trattamento. Il 4 ottobre 2004 il Consiglio ha proseguito la discussione sulla proposta di direttiva, concentrandosi principalmente sulla questione in sospeso della parità di retribuzione e di condizioni per i lavoratori temporanei. Il Consiglio ha rilevato che occorrono ulteriori sforzi affinché si possa pervenire ad un compromesso accettabile per tutte le delegazioni.

 


Articolo 9
(Potenziamento di strumenti di programmazione finanziaria
nel settore sanitario)

 


1. Al fine di garantire nel settore sanitario la corretta e ordinata gestione delle risorse programmate nell’ambito del livello di finanziamento cui concorre lo Stato, di cui all’articolo 1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché il rispetto del relativo equilibrio economico-finanziario, a decorrere dal biennio economico 2006-2007, per le regioni al cui finanziamento concorre lo Stato, nel rispetto della propria autonomia contabile, costituisce obbligo ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 204, n. 311, e dalla conseguente Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, la costituzione di accantonamenti nel proprio bilancio delle somme necessarie alla copertura degli oneri derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali per il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale (SSN) e degli accordi collettivi nazionali per il personale convenzionato con il SSN, nell’ambito del proprio territorio, quantificati sulla base dei parametri previsti dai documenti di finanza pubblica. Ciascuna regione dà evidenza di tale accantonamento nel modello CE riepilogativo regionale di cui al decreto del Ministro della sanità in data 16 febbraio 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 90 del 18 aprile 2001, e al decreto del Ministro della sanità in data 28 maggio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 132 del 9 giugno 2001. Qualora dai dati del monitoraggio trimestrale in sede di verifica delle certificazioni trimestrali di accompagna­mento del conto economico, di cui all’articolo 6 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, si evidenzi il mancato o parziale accantonamento, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, segnala alla regione tale circostanza.

2. Al fine di garantire nel settore sanitario la corretta e ordinata gestione delle risorse programmate nell’ambito del livello di finanziamento cui concorre lo Stato, di cui all’articolo 1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché il rispetto del relativo equilibrio economico-finanziario, per l’anno 2005, per le regioni al cui finanziamento concorre lo Stato, nel rispetto della propria autonomia contabile, costituisce obbligo ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato, secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 173, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dalla conseguente Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, la costituzione di accantonamenti nel proprio bilancio delle somme necessarie alla copertura degli oneri derivanti dal rinnovo dei contratti collettivi nazionali dell'area della dirigenza medico-veterinaria, dell'area della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico e amministrativo e del personale del comparto del SSN, biennio economico 2004-2005, nell’ambito del proprio territorio, quantificati sulla base dei parametri previsti dai documenti di finanza pubblica. Ciascuna regione dà evidenza di tale accantonamento nel modello CE riepilogativo regionale di cui ai citati decreti in data 16 febbraio 2001 e 28 maggio 2001. Qualora dai dati del monitoraggio trimestrale in sede di verifica delle certificazioni trimestrali di accompagna­mento del conto economico, di cui all’articolo 6 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, si evidenzi il mancato o parziale accantonamento, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, segnala alla regione tale circostanza.


 

 

L'articolo in esame prevede nuovi adempimenti finanziari e contabili a carico delle regioni al fine di migliorare gli strumenti di monitoraggio della spesa sanitaria ed il perseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa stessa.

Tali adempimenti sono posti come condizione per l'attribuzione a ciascuna regione della quota integrativa di concorso statale al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, di cui all'art. 1, commi 164 e 173, della legge 30 dicembre finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), e alla conseguente Intesa tra lo Stato, le regioni e le province autonome del 23 marzo 2005.

Si ricorda che, in base alla legge finanziaria per il 2005, l’integrale trasferimento dallo Stato alle Regioni delle somme stanziate per il triennio 2005-2007 è subordinato ad alcuni adempimenti da parte delle Regioni, volti ad assicurare il rispetto degli obiettivi economico-finanziari. In particolare:

§       la stipula di una specifica intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni sugli strumenti per assicurare il contenimento della spesa e l’adempimento di tutti gli obblighi da essa previsti;

§       in caso di mancato rispetto degli equilibri economico-finanziari, l’adozione di ulteriori misure, anche attraverso nuovi accordi tra ciascuna Regione e i Ministeri della salute e dell’economia;

§       l’adozione di provvedimenti specifici di ripiano nel campo dell’assistenza farmaceutica.

 

Gli obblighi stabiliti dalle disposizioni in esame consistono nella costituzione, nel proprio bilancio, degli accantonamenti relativi alla copertura degli oneri (quantificati sulla base dei documenti di finanza pubblica e concernenti il rispettivo àmbito territoriale) derivanti dal rinnovo:

§      dei contratti collettivi nazionali per il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale e degli accordi collettivi nazionali per il personale convenzionato con il medesimo Servizio, a decorrere dal biennio 2006-2007 (comma 1);

§      dei contratti collettivi nazionali (concernenti il biennio-economico 2004-2005) dell’area della dirigenza medico-veterinaria, della dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo e del personale del comparto del Servizio sanitario nazionale (comma 2).

 

L’articolo in esame detta le norme procedurali volte ad evidenziare il rispetto della norma da parte di ciascuna regione. In particolare, i Ministri della salute e dell’economia, in sede di verifica delle certificazioni trimestrali di accompagnamento del conto economico, segnalano i casi di inadempimento della disposizione in esame alla regione interessata.

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica sottolineano che tale misura – coerentemente con le indicazioni della Corte dei conti - consentirà una più attenta verifica degli andamenti della spesa per il personale (che costituisce una voce assai rilevante ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nel comparto sanitario). Non sono peraltro forniti elementi di quantificazione sull’impatto della norma sui bilanci delle regioni.

 

Appare opportuno chiarire se l’eventuale inadempimento da parte di una regione possa rientrare nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 6 dell’Intesa, concernenti gli obblighi a carico alle regioni per il rispetto dell’equilibrio economico-finanziario. Tale norma dispone, tra l’altro, che la certificazione sulla mancata coerenza delle condizioni di equilibrio comporta automaticamente il blocco di alcune spese (assunzioni di personale, ricorso a consulenze), l’adozione di programmi di rientro e, in particolari casi, anche la decadenza dei direttori generali.

Si rileva inoltre che la disposizione si applica alle sole “regioni al cui finanziamento concorre lo Stato, nel rispetto della propria autonomia contabile”. In base a tale formulazione, i nuovi obblighi dovrebbero applicarsi alle regioni a statuto ordinario, oltre che alla Sicilia e Sardegna[147] ma non al Friuli Venezia Giulia, Val d’Aosta e alle province autonome di Trento e Bolzano .


Articolo 10, commi 1-6
(Trasferimento all’INPS di competenze in materia di invalidità civile)

 


1. L’Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.) subentra nell’esercizio delle funzioni residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze. Resta ferma la partecipazione nelle commissioni mediche di verifica dei medici nominati in rappresentanza dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, dell’Unione italiana dei ciechi e dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza dei sordomuti.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è stabilita la data di effettivo esercizio da parte dell’I.N.P.S. delle funzioni trasferite e sono individuate le risorse, umane, strumentali e finanziarie da trasferire.

3. Il personale trasferito ai sensi del comma 2 conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento fino al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto degli enti pubblici non economici, in cui il personale trasferito dovrà confluire. A seguito del trasferimento del personale sono ridotte in maniera corrispondente le dotazioni organiche del Ministero dell’economia e delle finanze e le relative risorse sono trasferite all’I.N.P.S..

4. Fino alla data stabilita con i decreti di cui al comma 2, resta fermo, in materia processuale, quanto stabilito dall’articolo 42, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

5. Per le controversie instaurate nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e la data di effettivo esercizio da parte dell’I.N.P.S. delle funzioni trasferite, la difesa in giudizio del Ministero dell’economia e delle finanze è assunta, ai sensi del predetto articolo 42, comma 1, del citato decreto-legge n. 269 del 2003, da propri funzionari ovvero da avvocati dipendenti dall’I.N.P.S.

6. A decorrere dalla data di effettivo esercizio da parte dell’I.N.P.S. delle funzioni trasferite gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, nonché le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati anche all’I.N.P.S. La notifica va effettuata sia presso gli Uffici dell’Avvocatura dello Stato, ai sensi dell’articolo 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, sia presso le sedi provinciali dell’I.N.P.S. Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma l’I.N.P.S. è litisconsorte necessario ai sensi dell’articolo 102 del codice di procedura civile e, limitatamente al giudizio di primo grado, è rappresentato e difeso direttamente da propri dipendenti.


 

 

Le disposizioni in esame, modificate dal Senato, sono volte a razionalizzare il sistema delle competenze statali in materia di invalidità civile.

 

Si ricorda che, nell'attuale quadro normativo:

§      il Ministero dell'economia e delle finanze ha competenze in merito ai procedimenti giurisdizionali nelle materie in esame (procedimenti in cui esso è litisconsorte necessario - cioè, parte necessaria) e per la verifica dei requisiti medico-legali e di reddito relativi alle prestazioni economiche (connesse alle suddette condizioni) [148];

§      i trattamenti economici sono concessi dalle regioni, che possono, tuttavia, stipulare accordi con l'INPS, ai fini del conferimento al medesimo di tali funzioni . All'INPS compete, in ogni caso, l'attività di erogazione [149].

 

In base al comma 1, sono attribuite all’INPS le competenze residuate allo Stato in materia di invalidità civile, cecità civile, sordomutismo, handicap e disabilità, già appartenenti al Ministero dell’economia e delle finanze.

A tal fine:

§      entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono emanati uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con cui e' stabilita la data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni e sono individuate le risorse umane, strumentali e finanziarie da trasferire (comma 2);

§      il personale trasferito conserva il trattamento giuridico ed economico in godimento fino al rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto degli enti pubblici non economici (comparto in cui rientra l’INPS); sono ridotte corrispondentemente le dotazioni organiche del Ministero dell'economia e delle finanze (comma 3).

 

Il Senato ha approvato un emendamento al comma 1, che ribadisce la partecipazione, all’interno delle commissioni mediche di verifica, dei medici nominati da alcuni organismi di rappresentanza dei soggetti portatori di handicap[150].

 

La materia processuale riguardante le situazioni giuridiche relative alle minorazioni civili, all’handicap ed alla disabilità, è regolamentata, in particolare, dai commi 4, 5 e 6, con cui si prevedono tre distinte fattispecie:

 

§      per le controversie giurisdizionali pendenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, resta fermo, in materia processuale, quanto stabilito dalle previsioni di cui all’art. 42, comma 1, del decreto-legge n. 269 del 2003 (comma 4);

§      per le controversie instaurate nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente provvedimento e la data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, la difesa in giudizio del Ministero dell'economia e delle finanze e' assunta da propri funzionari ovvero da avvocati dipendenti dall'INPS (comma 5);

§      dalla data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, gli atti introduttivi dei procedimenti giurisdizionali, nonché le sentenze ed ogni provvedimento reso in detti giudizi devono essere notificati anche all'INPS. La notifica va effettuata sia presso gli Uffici dell'Avvocatura dello Stato [151], sia presso le sedi provinciali dell'INPS. Nei procedimenti giurisdizionali di cui al presente comma l'INPS è liteconsorte necessario [152] e, limitatamente al giudizio di primo grado, e' rappresentato e difeso direttamente da propri dipendenti (comma 6).

Si ricorda che l’art. 42, comma 1, del D.L. n. 269/2003 disciplina la materia dei ricorsi avverso provvedimenti amministrativi relativi alla (mancata) concessione di provvidenze economiche a invalidi civili, ciechi e sordomuti o al (mancato) riconoscimento del diritto al collocamento obbligatorio sul lavoro.

Tale normativa stabilisce che gli atti introduttivi del procedimento giurisdizionale devono essere notificati anche al Ministero dell'economia ed all'Avvocatura dello Stato [153].

Nel giudizio, inoltre, il Ministero diventa litisconsorte, ai sensi dell’art. 102 del codice di procedura civile, ossia è convenuto nel procedimento necessariamente, e la sua difesa è garantita, oltre che dall'Avvocatura dello Stato, da propri funzionari o da avvocati dipendenti dell'INPS eddall'INAIL, previa stipula di apposite convenzioni tra il Ministero e ciascuno dei due enti, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

Ove il giudice nomini un consulente tecnico d'ufficio (CTU), questi ha l'obbligo, a pena di nullità (della sua perizia), di richiedere che alle indagini assista un componente delle Commissioni mediche di verifica. Al componente, che viene designato dal Direttore della Direzione provinciale competente, spettano le facoltà attribuite al consulente tecnico di parte dal codice di procedura civile, art. 194, comma 2 (ossia la facoltà di presentare al CTU osservazioni e istanze, per iscritto o a voce).

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica sottolineano che il trasferimento ad unico soggetto delle citate funzioni risolve l’attuale frammentazione delle competenze e favorisce una più efficace presenza in giudizio dello Stato, facendo leva sulle capacità professionali accumulate dall’INPS in materia di erogazione delle provvidenze economiche spettanti agli invalidi civili nonché di concessione dei predetti trattamenti, sulla base di convenzioni stipulate con le regioni

In particolare, la relazione tecnica afferma che la disposizione in esame consentirà di garantire e, anzi, di accrescere i risparmi previsti in sede di presentazione del decreto legge n. 269 del 2003 [154], attraverso il potenziamento dei controlli sull’esistenza dei requisiti per l’accesso ai benefici di legge nonché una più efficace presenza in giudizio dello Stato [155]. A tale riguardo, sono stimati “in via prudenziale” maggiori economie per 50 milioni di euro annui nel 2007 e 2008.

In una Nota presentata dal Governo nel corso dell’iter presso il Senato, si precisa che la quantificazione tiene conto anche degli eventuali oneri per il trasferimento del personale del Ministero dell’economia all’INPS, derivanti dalle limitate differenze dei rispettivi trattamenti retributivi.

 

Con riguardo al comma 5, si segnala che, nei casi di controversie instaurate nel periodo transitorio compreso tra la data di entrata in vigore del presente provvedimento e la data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, sembrano ritenersi soppresse le competenze dell’Avvocatura dello Stato e dell’INAIL.

Per quanto concerne il comma 6, la norma in esame sembra contemplare, a partire dalla data di effettivo esercizio da parte dell'INPS delle funzioni trasferite, la competenza unica dell’INPS per la difesa in giudizio, prevedendo altresì la notifica all’Avvocatura dello Stato (presumibilmente a soli fini di conoscenza).

 


Articolo 10, comma 7
(Certificazione di regolarità contributiva
ai fini di finanziamenti comunitari)

 

7. Per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni comunitari le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento unico di regolarità con­tributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 210, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 266.

 

 

Ai sensi del comma in esame, per accedere ai benefici e alle sovvenzioni comunitari, le imprese sono tenute a presentare il documento unico di regolarità contributiva di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legge n. 210/2002.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 210/02 reca disposizioni che traspongono sostanzialmente sul piano normativo i contenuti dell’avviso comune tra le parti sociali siglato il 24 luglio 2002, con lo scopo di favorire l’emersione dell’economia sommersa, anche attraverso modifiche ed integrazioni alla normativa vigente in materia di emersione progressiva, dettata dal capo I della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

L’articolo 2, comma 1, prevede che le imprese le quali risultino affidatarie di un appalto pubblico siano tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva, a pena di revoca dell'affidamento. Il comma 1-bis aggiunge che la certificazione di regolarità deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono sevizi ed attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico.

Il comma 2 del medesimo articolo 2 reca invece una misura di semplificazione procedurale, con la previsione della stipula di una convenzione da parte di INPS e INAIL ai fini del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva (d.u.r.c.).

 

In sostanza il comma in esame intende introdurre l’onere di certificare la regolarità contributiva, per le imprese di tutti i settori, al fine di beneficiare delle sovvenzioni comunitarie.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013[156]. Si tratta, in particolare, di:

§       una proposta di regolamento generale (COM(2004)492 procedura di parere conforme), recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione;

§       una proposta di regolamento (COM(2004)495, procedura di codecisione) sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER);

§       una proposta di regolamento (COM(2004)493, procedura di codecisione) sul Fondo sociale europeo (FSE);

§       una proposta di regolamento (COM(2004)494, procedura di consultazione) sul Fondo di coesione;

§       una proposta di regolamento (COM(2004)496, procedura di codecisione) che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT).

 

Le proposte legislative, che si collocano nell’ambito delle misure legislative intese a dare attuazione alle nuovo quadro finanziario per il periodo 2007-2013[157], prospettano una incisiva riforma dell’oggetto, degli strumenti e delle modalità di intervento della politica di coesione, soprattutto allo scopo di tenere conto del nuovo assetto dell’Unione europea dovuto all’allargamento.

In primo luogo, si dispone la riduzione dei fondi strutturali dai cinque attuali (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia, sezione orientamento, Strumento finanziario di orientamento per la pesca, Fondo di Coesione) a tre (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, Fondo Sociale Europeo, Fondo di Coesione, cfr. par. 6). In luogo del Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia, sezione orientamento,[158] e dello Strumento finanziario di orientamento per la pesca, la Commissione, presentando sempre il 14 luglio 2004, altre due proposte di regolamento, prospetta l’introduzione di appositi strumenti finanziari afferenti alla politica agricola e della pesca (cfr. par. 7 del presente dossier).

Conseguentemente, la Commissione propone di organizzare la strategia e le risorse attorno a tre nuovi obiettivi costituiti dalla convergenza, la competitività e occupazione regionale, e la cooperazione territoriale (cfr. par. 5).

Il 6 luglio 2005 il Parlamento europeo ha esaminato in prima lettura il pacchetto di cinque proposte di regolamento relative alla riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013(8). In particolare, sulla cosiddetta proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004)492), che segue la procedura di parere conforme, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione interlocutoria con la quale chiede la prosecuzione dell’esame assieme al Consiglio; la risoluzione inoltre precisa che i 336,1 miliardi di euro proposti dalla Commissione a sostegno delle tre priorità, costituiscono lo stanziamento minimo indispensabile ed appoggia di conseguenza la posizione della Commissione volta ad attribuire alla politica di coesione nell’ambito delle prospettive finanziare 2007-2013 lo 0,41% del RNL comunitario.

Il 2 agosto 2005 la Presidenza britannica ha presentato una proposta di compromesso sulla proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004)492).

Il 17 ottobre 2005 la Commissione ha presentato una proposta modificata relativa al Fondo sociale europeo (COM(2005)523.

Il Parlamento europeo riesaminerà il pacchetto di proposte, relativo al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013, nella sessione del 5 aprile 2006.

 


Articolo 10-bis, comma 1
(Contenimento incarichi e collaborazioni P.A.)

 


1. In considerazione delle disposizioni di legge rivolte al contenimento delle spese per incarichi e rapporti di collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni e al fine di assicurare trasparenza ed efficacia all’attività amministrativa, anche tramite l’attivazione di un numero verde per la segnalazione, da parte dei cittadini, di ritardi o inadempienze, all’articolo 60, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: ‘‘Per l’esercizio delle funzioni ispettive connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione, svolte anche d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, l’ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’articolo 53. L’ispettorato, inoltre, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni. A conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall’ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all’articolo 55, per l’amministrazione medesima. Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate".


 

 

Il comma in esame concerne gli incarichi ed i rapporti di collaborazione da parte delle pubbliche amministrazioni, in particolare – secondo la stessa formulazione della disposizione - sotto il profilo del contenimento delle spese e dell’esigenza di assicurare trasparenza ed efficacia all’attività amministrativa, anche tramite l’attivazione di un numero verde per la segnalazione, da parte dei cittadini, di ritardi o inadempienze.

Più specificamente, la disposizione provvede ad integrare l’art. 60, co. 6, del D.Lgs. 265/2001[159], con riguardo alle funzioni ispettive – connesse, in particolare, al corretto conferimento degli incarichi e ai rapporti di collaborazione – svolte dall’Ispettorato per la funzione pubblica, anche d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Si stabilisce dunque che per l’esercizio di tali funzioni ispettive l’ispettorato si avvale dei dati comunicati dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica ai sensi dell’art. 53 del medesimo D.Lgs. 165/2001, che reca un’articolata disciplina relativa al cumulo di impieghi e di incarichi dei dipendenti pubblici, nonché al sistema di raccolta dei relativi dati (v. infra).

Inoltre, è prevista la procedura secondo la quale l’ispettorato, al fine di corrispondere a segnalazioni da parte di cittadini o pubblici dipendenti circa presunte irregolarità, ritardi o inadempienze delle amministrazioni (individuate, queste ultime, dall’art. 1, co. 2 del D.Lgs. 165/2001[160]), può richiedere chiarimenti e riscontri in relazione ai quali l’amministrazione interessata ha l’obbligo di rispondere, anche per via telematica, entro quindici giorni.

La disposizione stabilisce poi che, a conclusione degli accertamenti, gli esiti delle verifiche svolte dall’ispettorato costituiscono obbligo di valutazione, ai fini dell’individuazione delle responsabilità e delle eventuali sanzioni disciplinari di cui all’art. 55 del già richiamato D.Lgs. 165/2001[161], per l’amministrazione medesima.

Gli ispettori, nell’esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale.

È esplicitato l’obbligo degli stessi ispettori, ove ne ricorrano le condizioni, di denunciare alla procura generale della Corte dei conti le irregolarità riscontrate.

 

Si ricorda in primo luogo che l’art. 60 del D.Lgs. 165/2001, relativo al controllo del costo del lavoro delle amministrazioni pubbliche, prevede al co. 5 il potere del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (ora, dell’economia e delle finanze), anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, di disporre visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate[162].

Ai sensi del successivo co. 6, allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al co. 5 può partecipare l'ispettorato per la funzione pubblica, che opera alle dirette dipendenze del Ministro per la funzione pubblica. La disposizione precisa di quali categorie di funzionari può avvalersi l’ispettorato. L'ispettorato svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento, l'efficacia dell'attività amministrativa, con particolare riferimento alle riforme volte alla semplificazione delle procedure, e l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro.

Per quanto concerne il riferimento all’art. 53 del D.Lgs. 165/2001, contenuto nella disposizione del decreto-legge in commento, si ricorda che tale articolo (in particolare, commi 12-16) prevede la procedura in base alla quale le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica un insieme di dati in ordine agli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o presunto[163]. Le amministrazioni pubbliche sono tenute anche a comunicare al Dipartimento della funzione pubblica[164], con le medesime modalità, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti[165].

Appare poi utile ricordare, anche in relazione al contenuto specifico della disposizione del decreto-legge ora in esame, che ai sensi del co. 16 dell’art. 53, il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.

Per quanto concerne il riferimento al contenimento delle spese che si ritrova nella disposizione in esame, si ricorda che l’articolo 1, comma 11 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005)ha introdotto una disposizione volta al contenimento delle spese effettuate dalle pubbliche amministrazioni per l’affidamento di incarichi di studio, di ricerca e di consulenza a soggetti estranei all’amministrazione. In particolare, la disposizione ha stabilito un limite alla spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione, prevedendo che non possa essere superata, per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, la spesa sostenuta per le medesime finalità nell’anno 2004[166].

La disposizione di cui al richiamato comma 11 si applica alla generalità delle amministrazioni pubbliche[167], ma sono espressamente escluse le università, gli enti di ricerca e gli organismi equiparati. Il comma introduce inoltre vincoli e condizioni relativamente all’affidamento di incarichi di studio, di ricerca e di consulenze. In particolare, si prevede, per quanto riguarda gli incarichi a soggetti estranei che abbiano per oggetto materie rientranti nelle competenze della struttura burocratica dell’ente, l’adeguata motivazione degli atti di affidamento, nonché la possibilità di procedere all’affidamento stesso solo nei casi previsti da legge o se sussistono eventi eccezionali. In ogni caso l’atto di affidamento deve essere trasmesso alla Corte dei conti.

Il citato comma 11 specifica inoltre che l’affidamento di incarichi di studio e ricerca e di consulenze in assenza dei presupposti previsti dà luogo ad illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Si ricorda infine che una disposizione con finalità analoghe era contenuta, con riferimento all’anno 2004, nell’articolo 1, comma 9, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.

 


Articolo 10-bis, commi 2-4
(Contingente di segretari comunali e provinciali presso il dipartimento della funzione pubblica)

 


2. Al fine di garantire il rafforzamento delle attività di semplificazione delle norme e delle procedure amministrative e di monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini, nonché delle attività connesse alla gestione del personale in eccedenza di cui agli articoli 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica si avvale, per un periodo non superiore a quattro anni, di un contingente di personale di 30 unità.

3. Alla copertura del contingente si provvede attraverso l’utilizzo temporaneo dei segretari comunali e provinciali di cui all’articolo 3-ter del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186, già in posizione di disponibilità ai sensi dell’articolo 101 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e con invarianza del trattamento economico complessivo. L’utilizzo temporaneo cessa nel caso di conferimento di incarico ai segretari da parte di un comune o di una provincia.

4. Le modalità di utilizzo temporaneo dei segretari comunali e provinciali di cui al comma 3 e di trasferimento delle relative risorse sono disciplinate con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

I commi da 2 a 4 dell’articolo 10-bis prevedono che il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga, per un periodo massimo di quattro anni, di un contingente di personale pari a 30 unità, attingendo al tal fine al novero dei segretari comunali e provinciali in posizione di disponibilità.

Come precisa il comma 2, finalità della disposizione è quella di rafforzare talune attività di competenza del Dipartimento e in particolare quelle attinenti:

§      alla semplificazione delle norme e delle procedure amministrative;

§      al monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini;

§      alla gestione del personale in eccedenza di cui agli artt. 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001[168].

 

Con riguardo alle attività di semplificazione normativa ed amministrativa, si ricorda che l’art. 11 della L. 137/2002[169] ha istituito, nell’ambito del Dipartimento della funzione pubblica, l’Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure[170]. I compiti dell’Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa sono stati recentemente definiti dall’art. 13 del decreto del 5 novembre 2004[171], di organizzazione del Dipartimento della funzione pubblica.

Il citato art. 11 della L. 137/2002 ha inoltre previsto l’istituzione, presso il medesimo Dipartimento, di un ufficio dirigenziale di livello generale composto da non più di due servizi, con il compito di coadiuvare il ministro nell'attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure, e, presso la Presidenza del Consiglio, di non più di due servizi con il compito di provvedere all'applicazione dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) di cui all'art. 5 della L. 50/1999, e alla predisposizione di sistemi informatici di documentazione giuridica a beneficio delle pubbliche amministrazioni e dei cittadini.

Il comma 3 del medesimo articolo prevede e disciplina la nomina, a fini di collaborazione con la Presidenza del Consiglio e con il Dipartimento della funzione pubblica nelle medesime attività, di 18 esperti, per un periodo non superiore a tre anni, rinnovabile, da scegliere fra soggetti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità nei settori della redazione di testi normativi, dell'analisi economica, della valutazione di impatto delle norme, della analisi costi-benefìci, del diritto comunitario, del diritto pubblico comparato, della linguistica, delle scienze e tecniche dell'organizzazione, dell'analisi organizzativa, dell'analisi delle politiche pubbliche.

Più di recente, l’art. 3, co. 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. 35/2005[172] ha istituito fino al 31 dicembre 2007, presso il Dipartimento della funzione pubblica, una Commissione, presieduta dal ministro per la funzione pubblica o da un suo delegato e composta dal capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi (DAGL), con funzioni di vice presidente, e da un numero massimo di 20 componenti scelti fra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. Il ministro per la funzione pubblica si avvale della Commissione stessa per lo svolgimento delle attività di propria competenza.

 

Quanto al monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione, si ricorda che l’art. 11 del D.Lgs. 286/1999[173] ha stabilito che i servizi pubblici nazionali e locali sono erogati con modalità che promuovono il miglioramento della qualità e assicurano la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione, nelle forme, anche associative, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e definizione degli standard qualitativi. Le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi, i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i casi e le modalità di indennizzo automatico e forfettario all’utenza per mancato rispetto degli standard di qualità sono stabilite con direttive, aggiornabili annualmente, del Presidente del Consiglio dei Ministri[174]. Le iniziative di coordinamento, supporto operativo alle amministrazioni interessate e monitoraggio sull’attuazione dell’art. 11 sono adottate dal Presidente del Consiglio, supportato da apposita struttura[175].

Si ricorda ancora che il Dipartimento della funzione pubblica ha adottato la Direttiva 24 marzo 2004, recante “misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni”[176], nonché la Direttiva 24 marzo 2004, in materia di “rilevazione della qualità percepita dai cittadini”.

Con riferimento alla valutazione della produttività degli uffici e del personale, in rapporto ai risultati raggiunti e agli obiettivi da perseguire, i relativi princìpi sono oggi rinvenibili nel D.Lgs. 165/2001. In particolare, l’art. 18[177], che reca i criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei rendimenti, prevede che i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale adottano misure organizzative idonee a consentire la rilevazione e l’analisi dei costi e dei rendimenti dell’attività amministrativa, della gestione e delle decisioni organizzative (sulla base delle indicazioni di cui all’art. 59 del medesimo D.Lgs.). Sempre l’art. 18, al co. 2, prevede che il Dipartimento della funzione pubblica può chiedere all’ISTAT l’elaborazione di norme tecniche e criteri per le rilevazioni ed analisi di cui al comma 1 e, all’AIPA (oggi CNIPA)[178], l’elaborazione di procedure informatiche standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e dei rendimenti rispetto a valori medi e standard.

Si segnala infine che l’art. 15 del disegno di legge di semplificazione e riassetto normativo 2005, nel testo attualmente all’esame del Senato (A.S. 3186-B), dispone la predisposizione, da parte del Dipartimento della funzione pubblica (il quale si avvale a tal fine dell’ISTAT), di un rapporto annuale sulla qualità dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione e sulla produttività degli uffici e del personale, che verifichi la coerenza dei risultati raggiunti con le disposizioni vigenti in materia.

 

Con riguardo alle attività connesse alla gestione del personale in eccedenza, si ricorda che gli artt. 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001 recano disposizioni in merito alla gestione del personale in disponibilità.

In particolare, il citato art. 34 prevede, tra gli altri, che il personale in disponibilità sia iscritto in appositi elenchi secondo l'ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, gestiti dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri (per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali), o dalle strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (per le altre amministrazioni).

Il personale in disponibilità iscritto nei richiamati elenchi ha diritto all'indennità di mobilità, pari all'80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, per la durata massima prevista.

Nell'ambito della programmazione triennale del personale di cui all'art. 39 della L. 449/1997, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in disponibilità iscritto nel richiamato elenco.

I contratti collettivi nazionali, inoltre, possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare mediante mobilità volontaria.

Sono, infine, fatte salve le procedure di cui al D.Lgs. 267/2000[179], relative al collocamento in disponibilità presso gli enti che hanno dichiarato il dissesto.

Il successivo art. 34-bis, oltre a prevedere l’obbligo, da parte delle amministrazioni pubbliche di cui al precedente art. 1, co. 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall'art. 3, co. 1, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a comunicare ai soggetti interessati dalla mobilità, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste, stabilisce le procedure per la ricollocazione del personale interessato dal provvedimento di mobilità.

 

Il comma 3 dispone che alla copertura del contingente si provveda utilizzando temporaneamente i segretari comunali e provinciali di cui all’art. 3-ter del D.L. 136/2004[180], che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, si trovino già in posizione di disponibilità ai sensi dell’art. 101 del testo unico sugli enti locali, approvato con D.Lgs. 267/2000.

 

Ai sensi dell’art. 101 del D.Lgs. 267/2000 (co. 1 e 4), il segretario che abbia perso o sia comunque privo di incarico presso una sede comunale o provinciale è collocato in disponibilità per la durata massima di due anni, durante i quali egli rimane iscritto all’Albo nazionale dei segretari comunali e provinciali ed è a disposizione della relativa Agenzia autonoma[181], che esercita i poteri di pertinenza del datore di lavoro, affidandogli incombenze inerenti alla gestione dell’Albo, attività di consulenza, mansioni presso altre amministrazioni, che si assumono i relativi oneri. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento in relazione agli incarichi conferiti, e il relativo onere è a carico dell’Agenzia. Il termine di due anni è sospeso qualora il segretario sia utilizzato in posizione di distacco, comando, aspettativa, fuori ruolo presso altre pubbliche amministrazioni e in ogni altro caso previsto dalla legge. Decorso il termine senza che abbia preso servizio quale titolare in altra sede, il segretario è collocato d'ufficio in mobilità presso altre pubbliche amministrazioni, nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.

Sulla disciplina illustrata hanno inciso gli artt. 3-ter e 3-quater del D.L. 136/2004[182].

In particolare l’art. 3-ter, richiamato dal comma 3 in esame, ha previsto (co. 1) norme transitorie per quei segretari che avessero concluso il periodo (all’epoca quadriennio) di disponibilità nel 2002 e che non fossero stati ricollocati: per essi si stabiliva la permanenza alle dipendenze dell'Agenzia fino al momento del passaggio in mobilità (comunque non oltre il 31 dicembre 2004). Per i segretari che abbiano terminato il periodo di disponibilità a decorrere dal 2003 si applica (co. 2) la disciplina generale in materia di mobilità d’ufficio, recata dagli artt. 33 e 34 del testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001), con conseguente loro ulteriore collocamento nella disponibilità ivi prevista (art. 33, co. 8) che ha una durata di 24 mesi. L’Agenzia autonoma, prima del collocamento in disponibilità dei segretari verifica ogni possibilità di impiego alternativo, anche con mobilità presso altre amministrazioni.

Il co. 3 interviene sull'istituto della mobilità volontaria dei segretari comunali e provinciali, prevedendo il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.

 

Il richiamo all’art. 3-ter del D.L. 136/2004 non appare di immediata chiarezza, atteso che il comma in esame richiede che i segretari si trovino in posizione di disponibilità ex art. 101, D.Lgs. 267/2000, alla data di entrata in vigore della disposizione, mentre l’art. 3-ter individua categorie di personale che hanno già terminato il periodo di disponibilità ai sensi del citato art. 101.

 

Il trattamento economico complessivo dei segretari utilizzati, prosegue il comma 3 in commento, non subisce variazioni.

L’utilizzo è temporaneo non solo in quanto la sua durata massima è fissata in quattro anni ma anche perché, come precisa il medesimo comma, esso è destinato comunque a cessare qualora al segretario sia conferito un incarico da parte di un comune o di una provincia.

 

Ai sensi del comma 4, un successivo decreto del ministro per la funzione pubblica, da adottare di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, definirà:

§      le modalità di utilizzo temporaneo dei segretari comunali e provinciali;

§      le modalità di trasferimento delle relative risorse.

Le disposizioni in oggetto, precisa il comma, non devono comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’attività di semplificazione della regolamentazione europea è da alcuni anni una delle priorità dell’attività delle istituzione europee, soprattutto della Commissione europea che ha varato in proposito numerose iniziative e programmi.

Per quanto attiene alle iniziative più recenti, la semplificazione e la qualità della legislazione figurano tra le priorità del programma operativo del Consiglio per il 2005 e del programma di lavoro della Commissione europea per il 2005.

La Commissione europea ha presentato il 16 marzo 2005 una comunicazione intitolata “Migliorare la regolamentazione per la crescita e l’occupazione nell’Unione europea” (COM(2005)97) che contiene una serie di iniziative atte a garantire che il quadro normativo dell’UE corrisponda agli obiettivi della strategia di Lisbona (vedi bollettino RUE “Rilancio della strategia di Lisbona” del 15 febbraio 2005).

La Commissione propone tre linee d’azione: a) promuovere ulteriormente lo sviluppo e l’applicazione degli strumenti per una migliore regolamentazione a livello UE, in particolare per quanto riguarda la valutazione d’impatto e la semplificazione; b) lavorare in contatto più stretto con gli Stati membri per garantire che i principi di una migliore regolamentazione siano applicati coerentemente in tutta l’UE da tutti i partecipanti al processo normativo; c) rafforzare il dialogo costruttivofra tutti i partecipanti al processo normativo a livello UE e nazionale, e con tutti i soggetti interessati.

La Commissione europea si impegnerà in particolare, tra l’altro, a incoraggiare gli Stati membri a promuovere una migliore regolamentazione al momento di concepire nuovi atti normativi nazionali, mediante la semplificazione delle normative nazionali esistenti e una migliore attuazione della legislazione europea a livello nazionale; La Commissione prevede inoltre di coinvolgere gli Stati membri con l’istituzione di un gruppo ad alto livello di esperti nazionali, per consigliare la Commissione e sviluppare una strategia comune per una migliore regolamentazione.

Il 21 marzo 2005 la Commissione ha presentato la relazione “legiferare meglio 2004” (COM (2005)98) nella quale traccia il bilancio nelle azioni svolte nel corso del 2004 in tema di qualità e semplificazione della legislazione.

Il Consiglio competitività del 6 e 7 giugno 2005 ha adottato conclusioni sulla base della comunicazione della Commissione “Migliorare la regolamentazione per la crescita e l’occupazione nell’Unione europea” (COM(2005)97).

Il Consiglio, in particolare, ha invitato gli Stati membri ad intensificare gli sforzi intrapresi per migliorare il quadro normativo a livello nazionale, anche attraverso la consultazione diretta delle parti interessate, la semplificazione della normativa e le valutazioni d'impatto.

La Commissione europea ha presentato il 27 settembre 2005 una comunicazione intitolata “Risultato dell’esame delle proposte legislative pendenti” (COM(2005)462) con la quale propone il ritiro di 68 proposte legislative pendenti, presentate prima del 1° gennaio 2004, e che sono ancora formalmente all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo. Si tratta, in particolare, di proposte considerate non più conformi agli obiettivi di Lisbona e o alle norme in materia di migliore regolamentazione, o ancora di proposte superate o il cui iter legislativo è bloccato ormai da molti anni.

Il 25 ottobre 2005 la Commissione ha, infine, presentato una comunicazione intitolata “Applicare il programma comunitario di Lisbona: una strategia di semplificazione dell’ambiente normativo” (COM(2005)435) con la quale ha proposto un nuovo programma sulla semplificazione per i prossimi tre anni che coinvolgerà numerosi settori. L’allegato 2 della comunicazione contiene, in particolare, l’elenco degli atti legislativi che la Commissione intende esaminare in vista di una loro semplificazione nei prossimi tre anni con l’indicazione del metodo di semplificazione scelto (rifusione, codifica, abrogazione o codificazione[183]).


Articolo 10-bis, comma 5
(Società di rilevazione statistica)

 


5. Al fine di garantire l’efficienza e l’omogeneità su tutto il territorio nazionale dell’attività di rilevazione statistica, l’ISTAT è autorizzato a costituire una società di rilevazione statistica con la partecipazione di regioni, enti locali, autonomie funzionali e loro associazioni, sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica. La società di rilevazione statistica nazionale può avvalersi di rapporti di lavoro privato subordinato e di forme di collaborazione. Il personale impiegato a tal fine presso l’ISTAT e le amministrazioni centrali e gli enti pubblici partecipanti alla società può transitare in questa per trasferimento di attività ai sensi dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Con apposito regolamento, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono disciplinati l’organizzazione ed il funzionamento della società. I contratti di collaborazione attivati dall’ISTAT in essere alla data del 30 settembre 2005, finalizzati alla rilevazione statistica delle forze di lavoro del settore pubblico e privato, possono essere prorogati fino alla costituzione della società di cui al presente comma e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2006. I relativi oneri continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’Istituto.


 

 

Il comma 5 prevede la costituzione, da parte dell’ISTAT, di una società di rilevazione statistica (di seguito società), con la partecipazione di regioni, enti locali, autonomie funzionali e loro associazioni, allo scopo di garantire l’efficienza e l’omogeneità su tutto il territorio nazionale dell’attività di rilevazione statistica.

La disciplina dell’organizzazione e del funzionamento della società è rimandata ad un apposito decreto, da emanarsi entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

Al riguardo, si segnala che il comma non provvede ad identificare la natura giuridica della costituenda società di rilevazione statistica, demandando ad un successivo regolamento solamente la disciplina dell’organizzazione e del funzionamento della stessa.

 

Si ricorda che l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) è persona giuridica di diritto pubblico dotata di ordinamento autonomo ed è sottoposto alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri[184]. L’ISTAT provvede all'indirizzo e al coordinamento delle attività statistiche degli enti ed uffici facenti parte del Sistema statistico nazionale.

I principali compiti dell’ISTAT consistono:

-        nella predisposizione del programma statistico nazionale;

-        nella esecuzione dei censimenti e delle altre rilevazioni statistiche previste dal programma statistico nazionale ed affidate alla esecuzione dell'Istituto;

-        nella predisposizione delle nomenclature e metodologie di base per la classificazione e la rilevazione dei fenomeni di carattere demografico, economico e sociale;

-        nella pubblicazione e diffusione dei dati statistici;

-        nello svolgimento di attività di formazione e di qualificazione professionale per gli addetti al Sistema statistico nazionale.

 

La disposizione in esame prevede altresì che la società in oggetto possa avvalersi di rapporti di lavoro privato subordinato e di forme di collaborazione.

Andrebbe precisato quali siano le “forme di collaborazione” di cui la società può avvalersi e, in particolare, se può utilizzare anche i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Si ricorda che, in seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 276 del 2003[185], non è più possibile, se non con limitate eccezioni, avvalersi dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, se tali rapporti non sono riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa (articolo 61, comma 1).

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto (articolo 69).

 

Al personale a tal fine impiegato presso l’ISTAT e le amministrazioni centrali e gli enti pubblici partecipanti alla società, in precedenza richiamati, è data facoltà di transitare nella società stessa ai sensi dell’articolo 31 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, T.U. sul pubblico impiego.

Si osserva che la disposizione appare suscettibile di non univoca interpretazione sia relativamente al personale interessato al “transito” sia relativamente alle modalità di trasferimento dello stesso personale. Né appare risolutivo in proposito il richiamo dell’articolo 31 del T.U. sul pubblico impiego, che disciplina una fattispecie non perfettamente assimilabile, riguardando un passaggio automatico dei dipendenti per effetto del trasferimento di attività, mentre la disposizione in esame sembra attribuire al personale una facoltà di transito.

 

Il richiamato articolo 31, concernente il passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività, stabilisce che, fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applica l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, della L. 29 dicembre 1990, n. 428 (legge comunitaria 1990).

 

L’articolo 2112 c.c. stabilisce che in caso di trasferimento d'azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

In particolare, si intende per trasferimento d'azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un'attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l'usufrutto o l'affitto di azienda. L’articolo in oggetto si applica altresì al trasferimento di parte dell'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.

Al riguardo, il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento[186].

Più specificamente, il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all'impresa del cessionario. L'effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d'azienda inoltre non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d'azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all'articolo 2119, primo comma.

Infine, nel caso in cui l'alienante stipuli con l'acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d'azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all'articolo 29, comma 2, del D.Lgs. 276 del 2003.

 

L’articolo 47, commi 1-4, della legge comunitaria 1990, prevede che nel caso in cui si effettui un trasferimento d’azienda ai sensi dell'articolo 2112 c.c., in cui sono complessivamente occupati più di 15 lavoratori, anche nel caso in cui il trasferimento riguardi una parte d'azienda, il cedente ed il cessionario devono darne comunicazione per iscritto almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l'atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta un'intesa vincolante tra le parti, se precedente, alle rispettive rappresentanze sindacali unitarie, ovvero alle rappresentanze sindacali inerenti alle unità produttive interessate, nonché ai sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. In mancanza delle predette rappresentanze aziendali, resta fermo l'obbligo di comunicazione nei confronti dei sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi In particolare, l'informazione deve riguardare:

a)       la data o la data proposta del trasferimento;

b)       i motivi del programmato trasferimento d'azienda;

c)       le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;

d)       le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

Inoltre, entro 7 giorni dal ricevimento della citata comunicazione, su richiesta scritta delle rappresentanze sindacali o dei sindacati di categoria, il cedente e il cessionario sono tenuti ad avviare, entro 7 giorni dal ricevimento della predetta richiesta, un esame congiunto con i soggetti sindacali richiedenti. 3. Il mancato rispetto, da parte del cedente o del cessionario, degli obblighi in precedenza richiamati costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'articolo 28 della L. 300 del 1970.

Infine, gli obblighi d'informazione e di esame congiunto devono essere assolti anche nel caso in cui la decisione relativa al trasferimento sia stata assunta da altra impresa controllante.

 

Infine, si prevede la facoltà, da parte dell’ISTAT, di prorogare i contratti di collaborazione attivati dall’ISTAT stesso e in essere alla data del 30 settembre 2005, finalizzati alla rilevazione statistica delle forze di lavoro nel settore pubblico e privato. Tale proroga può comunque operare fino alla costituzione della società di cui sopra, e comunque non oltre il 31 dicembre 2006.

I relativi oneri continuano ad essere posti a carico del bilancio dell’ISTAT.

 


Articolo 10-bis, commi 6-8
(Comitato sedi ONU in Italia)

 


6. Presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito, senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato, un apposito Comitato per il riordino e l’accorpamento degli uffici e delle sedi della Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) presenti in Italia.

7. Il Comitato di cui al comma 6, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è composto da cinque esperti, scelti tra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. Il Comitato si avvale del supporto tecnico del Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri.

8. Il Comitato di cui al comma 6, previa individuazione dei criteri cui attenersi nella valutazione dei progetti e nell’individuazione delle modalità con cui procedere alle operazioni necessarie, provvede all’istruttoria dei progetti presentati finalizzati a realizzare l’accorpamento in un’unica sede, sita nell’area della provincia di Roma, degli uffici e delle sedi dell’ONU presenti in Italia.


 

 

I commi 6-8 dell’articolo 10-bis riguardano il riordino e il riaccorpamento degli uffici e sedi delle Nazioni Unite in Italia.

Allo scopo, il comma 6 istituisce - senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato - presso la Presidenza del Consiglio, un Comitato ad hoc, il quale, a norma del comma 7, è nominato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ed è composto da cinque esperti. I membri del Comitato sono scelti tra professori universitari, membri delle magistrature ordinaria, amministrativa e contabile, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati con almeno 15 anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle pubbliche amministrazioni, esperti altamente qualificati. Il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri fornisce al Comitato il necessario supporto tecnico.

Compito fondamentale del Comitato (comma 8) è condurre l’istruttoria dei vari progetti presentati allo scopo di porre in essere la dislocazione in un’unica sede, ubicata comunque nella provincia di Roma, di tutti gli Uffici e sedi dell’ONU presenti in Italia. L’istruttoria di cui sopra è preceduta dall’individuazione, da parte del Comitato, dei criteri per la valutazione dei progetti e la specificazione delle modalità operative dell’intera operazione.

 

Previsto dal DPCM 23 luglio 2002 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri), il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio ha visto estendere le proprie attribuzioni con le modifiche apportate al DPCM citato dal DPCM 19 maggio 2004. Il Dipartimento ha il compito di fornire supporto all’attuazione amministrativa delle politiche del Governo, e svolge tale compito con attività di coordinamento, indirizzo e monitoraggio (finalizzato tra l’altro alla verifica di fattibilità delle iniziative legislative). Inoltre il Dipartimento ha cura della gestione delle competenze politico-amministrative direttamente attribuite al Presidente, e fornisce supporto all’attività della Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi. Il Dipartimento è articolato in due Uffici, ossia l’Ufficio per gli affari generali e le attività di indirizzo politico-amministrativo, e l’Ufficio per la fattibilità della concertazione amministrativa e del monitoraggio. Il capo del Dipartimento ha poi alle sue dipendenze il Servizio di Segreteria dipartimentale degli affari generali e del personale.

Con il citato DPCM 19 maggio 2004 (Modifica al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 luglio 2002, riguardante l'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri) sono state attribuite al Dipartimento per il coordinamento amministrativo importanti funzioni in materia di politiche dell’immigrazione, e in particolare per quanto concerne la predisposizione del documento programmatico sulla politica di immigrazione, nonché dei decreti (annuali, transitori o di decurtazione delle quote) sui flussi di ingresso.

 

Per quanti riguarda gli Istituti, Uffici e sedi delle Nazioni Unite in Italia, va anzitutto ricordato il “polo romano”, che comprende tre Agenzie (o Istituti specializzati) dell’ONU, vale a dire la FAO (Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura), l’IFAD/FISA (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo) e il WFP/PAM (Programma alimentare mondiale). La presenza in Roma di tre Agenzie delle Nazioni Unite con competenze contigue nel settore agricolo-alimentare e con vocazione al sostegno dei processi di sviluppo, ancorché derivante da circostanze storiche legate alla "gemmazione" dal filone principale costituito dalla FAO, si configura ormai come un vero e proprio "polo" caratterizzato non soltanto dai dati costitutivi, ma anche dalle ampie possibilità sinergiche che esse hanno e potranno avere in futuro. In questo senso il Vertice Mondiale sull'alimentazione tenutosi a Roma nel novembre 1996 e gli adempimenti connessi con il Piano d'Azione, hanno delineato la necessità di una costante interazione tra queste, come del resto varie altre, Agenzie delle Nazioni Unite. Nel perseguire la lotta globale contro la fame e la povertà, le tre Agenzie si integrano a vicenda: il PAM si concentra soprattutto sulla fornitura di aiuti alimentari; la FAO mette a disposizione la propria esperienza tecnica nel settore agricolo; l’IFAD è impegnato sul versante dell’assistenza finanziaria internazionale.

Oltre ai tre Istituti specializzati di cui sopra, vi sono in Italia una serie di organismi “minori”, ovvero di uffici secondari che fanno capo ad altre Agenzie o Organi sussidiari altrove ubicati. Iniziando da Roma, si trovano qui il Comitato italiano per l’UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, New York); l’ufficio per l’Italia dell’OIL (Organizzazione internazionale del lavoro, la cui sede centrale è a Ginevra); l’Ufficio risorse umane per la cooperazione internazionale (HRIC) facente capo all’UNDESA (Dipartimento delle Nazioni Unite per gli affari economici e sociali); l’ufficio italiano dell’ACNUR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, con sede a Ginevra); l’ufficio italiano dell’UNOPS (Ufficio di servizi ai progetti delle Nazioni Unite, con 17 sedi in tutto il mondo), ubicato presso la FAO; l’ufficio di Roma dell’UNICRI (v. infra), che svolge anche funzioni di ufficio di contatto per il centro di informazione e documentazione ONU di Bruxelles; l’Unità di supporto di Roma dell’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, New York), ubicata presso l’ufficio UNICRI di cui in precedenza; la Commissione nazionale italiana per l’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’istruzione, la scienza e la cultura, con sede a Parigi); l’ufficio principale italiano dell’UNIDO (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale, con sede a Vienna); il Centro europeo per l’ambiente e la salute, facente parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS/WHO) di Ginevra; l’ufficio italiano della Banca Mondiale.

A Torino esiste un altro polo minore delle Nazioni Unite, specializzato nelle attività formative e di ricerca: qui si trovano infatti, nello stesso comprensorio, la sede centrale dell’UNICRI (Istituto interregionale dell’ONU per la ricerca sul crimine e la giustizia penale), il Centro internazionale di formazione dell’OIL e lo Staff College del sistema delle Nazioni Unite.

A Firenze ha sede il Centro di ricerca Innocenti, facente capo all’UNICEF.

A Trieste si trova il Centro internazionale per la scienza e l’alta tecnologia (ICS), patrocinato dall’UNIDO, nonché il Centro internazionale di fisica teorica “Abdus Salam” (ICTP), facente capo sia all’UNESCO che all’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica, con sede a Vienna).

A Venezia ha sede l’Ufficio regionale (per l’Europa) per la scienza e la tecnologia, dipendente dall’UNESCO.

A Milano si trova l’Ufficio italiano per la promozione industriale (IPO) dell’UNIDO, che ha il compito di promuovere la collaborazione industriale tra imprese italiane ed imprese nei paesi in via di sviluppo e dell'Europa dell'Est.

Infine, a Brindisi hanno sede la Base logistica delle Nazioni Unite (UNLB) per le operazioni di peace-keeping e la Base operativa ONU di pronto intervento umanitario, gestita dal PAM di Roma.

 

Attraverso la disposizione normativa in esame ci si propone di intervenire su di una realtà estremamente articolata dal punto di vista delle attività svolte e della presenza sul territorio nazionale. L’obiettivo sembrerebbe apparentemente quello di concentrare in un’unica sede tutti gli organismi facenti capo alle Nazioni Unite e non solo quelli che svolgono attività affini (ad esempio, il c.d. polo romano). La norma non chiarisce peraltro né i soggetti che dovrebbero predisporre i progetti da sottoporre alla valutazione dell’istituendo Comitato, né se si intenda acquisire anche il punto di vista delle Nazioni Unite nei confronti di un intervento di così rilevante impatto sulle attività svolte in Italia dall’Organizzazione. A quest’ultimo riguardo, si ricorda che con le principali agenzie ed organismi delle Nazioni Unite (ed in particolare con FAO, PAM, IFAD e UNICRI) lo Stato italiano ha stipulato appositi accordi di sede, come di norma avviene quando occorre individuare le sedi degli organismi internazionali presenti in Italia.


Articolo 10-bis, commi 9 e 10
(Giudizi contabili della Corte dei conti)

 


9. All’articolo 5 del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, il comma 8 è sostituito dal seguente:

“8. Il limite di somma di cui all’articolo 55 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, di cui al regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e all’articolo 49 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, è elevato ad euro 5.000 e può essere aggiornato, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT sul costo della vita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente della Corte dei conti“.

10. Le disposizioni dell’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, e dell’articolo 18, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, si interpretano nel senso che il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito, e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 91 del codice di procedura civile, liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza.


 

 

I commi 9 e 10 dell’articolo 10-bis (Efficienza delle amministrazioni pubbliche), introdotto dal maxi emendamento presentato dal Governo, apportano limitate modifiche ad alcuni aspetti relativi ai giudizi di responsabilità di competenza della Corte dei conti.

 

Ai sensi dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione spetta alla Corte dei conti la giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.

Il concetto di contabilità pubblica si ricollega alle origini della giurisdizione della Corte (istituita dalla legge 14 agosto 1862,n. 800) che riguardava inizialmente i giudizi di conto e di responsabilità. Il concetto, interpretato in modo evolutivo anche alla luce delle trasformazioni dell’agire amministrativo, va inteso nel senso che la Corte dei conti è competente a giudicare agenti contabili, amministratori e funzionari pubblici per tutte le vicende comunque concernenti la gestione di risorse pubbliche.

Inoltre, in conformità con quanto disposto dalla seconda parte del secondo comma del citato articolo 103 Cost, la Corte ha giurisdizione nella materia delle pensioni civili, militari e di guerra.

Tuttavia le caratteristiche della giurisdizione e del relativo processo sono diverse nei due casi sopra illustrati.

Nel primo caso, infatti, la giurisdizione presenta i caratteri di un giudizio volto ad accertare la responsabilità di singoli soggetti legati all’amministrazione per i danni pubblici dagli stessi causati nell’esercizio delle loro funzioni. Nel secondo caso (materia pensionistica), la giurisdizione della Corte dei conti ha caratteristiche di un giudizio volto ad accertare l’esistenza del diritto a pensione ed il suo ammontare.

In tema di giudizi di responsabilità va ricordato che il giudizio della Corte dei conti riguarda la responsabilità amministrativa e contabile di tutti gli amministratori, dipendenti pubblici e soggetti che siano legati alla p.a. da un rapporto di impiego o di ufficio. Non solo quindi gli impiegati pubblici, ma anche i titolari di incarichi elettivi o onorari e i c.d. funzionari di fatto, che svolgono in fatto pubbliche funzioni. La giurisprudenza della Corte dei conti, confortata da quella della Cassazione, ha ritenuto sottoposti alla propria giurisdizione anche soggetti estranei alla p.a. ma inseriti in modo stabile nel proprio apparato organizzativo nonché gli amministratori degli enti pubblici economici e delle s.p.a. partecipate in modo totalitario o prevalente da pubblici poteri.

Affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in sede di responsabilità amministrativa occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta.

In tema di procedimento va inoltre ricordato che, in seguito al decentramento della giurisdizione contabile, attuato dal decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, in ogni capoluogo di regione è stata istituita una Sezione giurisdizionale della Corte dei conti e una Procura regionale presso la stessa. In base al criterio di territorialità le sezioni regionali sono competenti in materia di giudizi di conto e di responsabilità, e di giudizi ad istanza di parte in materia di contabilità pubblica riguardanti i tesorieri, gli amministratori i funzionari e agenti della regione e degli enti regionali nonché delle province, dei comuni e degli altri enti locali compresi nel territorio, ovvero nei confronti di amministratori e funzionari dello Stato, aventi sede o uffici nell’ambito della regione. Occorre, inoltre, in questo caso che l’attività di gestione si sia svolta nell’ambito del territorio regionale, ovvero il fatto si sia verificato nel territorio della regione.

Il processo contabile è un processo di parti (P.M. attore e convenuto/i) che si svolge innanzi a un giudice terzo e imparziale sulla base dei principi costituzionali del giusto processo di cui all’articolo 111 della Costituzione. Al termine del processo spetterà al giudice di pronunciarsi sulla base della domanda del P.M. (citazione a giudizio) in ordine alla sussistenza dei presupposti necessari alla pronuncia di una sentenza di condanna al risarcimento del danno nei confronti dei convenuti. Il processo consta dimena fase introduttiva scritta e di una fase orale ed è regolato dal principio del contraddittorio.

Il processo in materia di responsabilità amministrativa è disciplinato dal codice di procedura civile, in quanto compatibile, in forza del rinvio operato dall’articolo 26 del R.D. 1214 del 1934.

 

Più in particolare, il comma 9 dell’articolo in esame dispone una limitata modifica al comma 8 dell’articolo 5 (Giudizi di responsabilità) del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti).

 

Il citato comma 8 stabilisce (in correlazione con le disposizioni, in esso richiamate, di cui agli articoli 55 del testo unico della Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e 49 del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei conti, approvato con R.D. 13 agosto 1933, n. 1038), fissandolo a lire 5.000.000, il limite di somma che consente, dato l’ammontare non eccessivo dell’addebito, una procedura semplificata di liquidazione della somma da pagare all’Erario, che potrà essere determinata dal presidente della competente sezione giurisdizionale o da un consigliere da lui delegato, sentito il pubblico ministero sull’importo dell’addebito, salvo il giudizio della Corte nel caso di mancata accettazione da parte del contabile.

La disposizione in commento prevede altresì che il limite di somma indicato può essere aggiornato, in relazione alle variazioni dell’indice ISTAT sul costo della vita, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Corte dei conti.

 

La modifica disposta concerne l’espressa previsione di una proposta del Presidente della Corte dei conti nella procedura di aggiornamento del limite di somma di cui al comma 8 dell’articolo 5 del decreto legge 453/93; attualmente, infatti, come sopra illustrato, viene previsto genericamente che la Corte dei conti debba essere sentita in proposito.

 

Il comma 10 detta una disposizione di interpretazione autentica riferita al comma 2 bis dell’articolo 3 della legge 20 dicembre 1996, n. 639, di conversione del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 543 (Disposizioni urgenti in materia di ordinamento della Corte dei conti) e all’articolo 18, comma 1, della legge 23 maggio 1997, n. 135, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67 (Disposizioni urgenti per favorire l’occupazione), relativi al rimborso delle spese legali sostenute dai soggetti sottoposti al giudizio di responsabilità della Corte dei conti, nel caso di proscioglimento di questi ultimi.

Viene più specificamente chiarito che, il giudice contabile, in caso di proscioglimento nel merito e con la sentenza che definisce il giudizio, ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 91 del codice di procedura civile (Condanna alle spese), liquida l’ammontare degli onorari e diritti spettanti alla difesa del prosciolto, fermo restando il parere di congruità dell’Avvocatura dello Stato da esprimere sulle richieste di rimborso avanzate all’amministrazione di appartenenza.


Articolo 10-ter
(Trasferimenti patrimoniali da Sviluppo Italia S.p.A. a I.S.A. S.p.A.)

 


1. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, Sviluppo Italia Spa trasferisce all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) Spa, senza alcun costo o spesa, ad eccezione dei costi notarili a carico di ISA Spa, ed in coerenza con le risultanze della “Relazione dell’anno 2004 sullo stato di attuazione dei progetti approvati“, predisposta ai sensi della delibera CIPE n. 90 del 4 agosto 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 2000, il seguente patrimonio:

a) credito risultante dal finanziamento ad ISA Spa erogato da Sviluppo Italia Spa il 4 aprile 2005, pari a euro 200.000.000;

b) partecipazioni acquisite ai sensi degli articoli 2, 3 e 4 della legge 19 dicembre 1983, n. 700, e successive modificazioni, e dell’articolo 23 della legge 7 agosto 1997, n. 266, al netto dei fondi rettificativi e comprensive di ogni e qualsiasi diritto esistente o maturato alla data del trasferimento;

c) crediti derivanti da finanziamenti erogati ai sensi delle medesime disposizioni di cui alla lettera b) al netto dei fondi rettificativi e comprensivi di ogni e qualsiasi diritto esistente o maturato alla data del trasferimento;

d) disponibilità liquide ai sensi delle richiamate disposizioni di cui alla lettera b) per un importo pari a euro 50.000.000;

e) debito residuo inerente al finanziamento bancario contratto ai sensi dell’articolo 2 della legge 2 dicembre 1998, n. 423, con il relativo residuo beneficio del rimborso da parte dello Stato.

2. Sono altresì trasferiti ad ISA Spa:

a) gli impegni assunti nei confronti di terzi, ivi compresi quelli conseguenti a deliberazioni adottate ed ancora in fase di attuazione, nello svolgimento delle attività di cui agli articoli 2, 3 e 4 della legge 19 dicembre 1983, n. 700, e all’articolo 23 della legge 7 agosto 1997, n. 266, ed ogni altro e qualsiasi diritto esistente o maturato alla data del trasferimento;

b) le competenze relative agli interventi di cui alla citata delibera CIPE n. 90 del 4 agosto 2000.

3. Resta a carico di ISA Spa l’attuazione di quanto previsto dall’articolo 10, comma 10, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

4. La quota di partecipazione di Sviluppo Italia Spa in ISA Spa è trasferita al Ministero delle politiche agricole e forestali per l’importo di euro 240.000. Al relativo onere si provvede per l’anno 2005 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all’articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo.

5. Sviluppo Italia Spa è autorizzata ad iscrivere nelle proprie scritture contabili patrimoniali esclusivamente i decrementi conseguenti al trasferimento delle poste patrimoniali di cui al comma 1.

6. ISA Spa iscriverà nelle proprie scritture contabili le poste patrimoniali, di cui al comma 1, trasferite al valore di libro come iscritte in Sviluppo Italia Spa al momento del trasferimento apponendo una riserva speciale di natura patrimoniale esente da imposte e tasse, senza vincoli di utilizzo.

7. Le operazioni di trasferimento di cui ai commi 1 e 2 sono esenti da imposte dirette ed indirette e da tasse, in base a quanto disposto dall’articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1.

8. Gli interventi di cui alla legge 19 dicembre 1983, n. 700, ed alla legge 7 agosto 1997, n. 266, possono accedere alle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, secondo i criteri stabiliti dal CIPE.

9. All’articolo 4, comma 42, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole: “relative agli interventi di cui alla delibera CIPE 4 agosto 2000, n. 90, e successive modificazioni, nonché quelle“ sono soppresse.

10. All’articolo 5, comma 7-bis, della legge 27 marzo 2001, n. 122, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Nell’ambito dei predetti limiti e per un importo massimo di 560.000 euro, il commissario ad acta opera anche attraverso specifiche convenzioni con l’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) Spa, per l’attività inerente la prosecuzione degli interventi relativi al progetto speciale promozionale per le aree interne del Mezzogiorno per la valorizzazione dei prodotti agricoli tipici, di cui alla delibera CIPE n. 132 del 6 agosto 1999, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 255 del 29 ottobre 1999“.

11. All’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 132 è sostituito dal seguente:

“132. L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) Spa, nell’ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni azionarie e di erogazioni di finanziamenti a società ed organismi operanti nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, può definire condizioni compatibili con i princìpi di economia di mercato e stipulare appositi accordi con i quali, tra l’altro, gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le azioni o le quote sociali acquisite.“;

b) dopo il comma 132 sono inseriti i seguenti:

“132-bis. ISA Spa, con le medesime modalità di cui al comma 132, partecipa ad iniziative promosse da società, enti, fiere ed altri organismi allo scopo di predisporre studi, ricerche, programmi di promozione e di potenziamento dei circuiti commerciali dei prodotti agricoli ed agroindustriali.

132-ter. Per le finalità di cui ai commi 132 e 132-bis, ISA Spa si avvale dei propri fondi eventualmente integrati con le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, secondo i criteri stabiliti dal CIPE“.

12. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio».


 

 

L’articolo 10-ter dispone il trasferimento di talune risorse patrimoniali, nella disponibilità della società per azioni Sviluppo Italia, alla societàper azioniIstituto sviluppo agroalimentare (ISA), di recente istituzione, con il contestuale passaggio al Ministero delle politiche agricole della quota di partecipazione attualmente detenuta da Sviluppo Italia in ISA.

 

Si fa presente che l’articolo in commento riproduce sostanzialmente il contenuto dell’articolo 1 del D.L. n. 224 del 3 novembre 2005 (“Interventi urgenti in materia di agroindustria e di ricerca e sperimentazione in agricoltura”, attualmente all’esame del Senato).

Le uniche differenze tra i due articoli si rilevano al comma 9. In particolare, l’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 224/2005 abroga i commi 42, 43 e 44 dell’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (“Legge finanziaria per il 2004”), mentre il comma 9 dell’articolo in commento si limita a novellare il comma 42 dell’articolo 4 della suddetta legge n. 350/2003.

Occorre rilevare, pertanto, che la disposizione in commento interviene su una norma che risulta attualmente soppressa.

 

Come indicato nella relazione illustrativa al D.L. n. 244/2005 (A.S. 3638), con la norma in esame si dispone il trasferimento dei crediti in essere e delle partecipazioni attualmente in carico a Sviluppo Italia Spa, al fine di garantire la riattivazione delle procedure di monitoraggio sull’attività delle società partecipate con fondi pubblici, gestiti prima da RIBS Spa e poi da Sviluppo Italia Spa, colmando il vuoto di controlli attualmente esistente e conseguente al trasferimento ad ISA Spa delle necessarie competenze professionali.

 

La società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999 - ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3 - con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

Il capitale sociale iniziale è stato fissato in 35 miliardi di lire. Tale somma è stata interamente conferita a Sviluppo Italia Spa quale partecipazione del Ministero dell’economia e finanze[187], che esercita, ai sensi dell’art. 2, co. 6, del D.Lgs. n. 1/1999, i diritti dell’azionista. Attualmente il capitale sociale (a seguito dell’incorporazione delle società in essa confluite) ammonta a 1.257,6 milionidi euro.

Alla società Sviluppo Italia è stato assegnato il compito di provvedere al riordino e all’accorpamento delle attività e delle strutture delle società SPI, ITAINVEST, IG - Società per l’imprenditoria giovanile, INSUD, RIBS, ENISUD[188], FINAGRA e le quote dell’associazione IPI detenute dallo Stato o da società da questo controllate, ricollocandole in una o più società operative da essa direttamente o indirettamente controllate, ovvero, ai sensi del D.Lgs. n. 3/2000, in rami di azienda.

A seguito del citato D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per Sviluppo Italia di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia. L’operazione di fusione è stata completata nel giugno 2000.

A seguito dell’operazione di fusione, Sviluppo Italia è subentrata nella gestione degli interventi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite:

-          l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”) della IG;

-          la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione di attività imprenditoriali della SPI;

-          il settore turistico della INSUD;

-          le attività finanziarie di ITAINVEST;

-          gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.

 

L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A. è una finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare, istituita nell’ottobre 2004, partecipata al 60% da ISMEA e per il restante 40% da Sviluppo Italia. Secondo quanto dichiarato dal Ministro Alemanno in occasione della costituzione della società, essa “subentrerà nello svolgimento delle attività finanziarie finora svolte da Sviluppo Italia per il settore, con il compito di assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare e di erogare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati”. Gli interventi attualmente gestiti da Sviluppo Italia sono attuati attraverso un ingresso minoritario nel capitale sociale aziendale per un periodo di tempo limitato, e con la concessione di finanziamenti a tasso agevolato.

Si ricorda che il decreto legge sulla competitività, D.L. n. 35/2005 Disposizioni urgenti nell’ambito del piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, conv. Legge n. 80/2005, è stata disciplinata l’attività e il funzionamento dell’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA). In particolare, con l’art. 10-ter, commi 1 e 2 è stato configurato un ruolo specifico per l’Istituto relativamente alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera e dei contratti di programma, nei quali siano presenti iniziative specifiche per il settore agricolo e agroalimentare. In entrambi i casi restano comunque ferme le competenze attribuite al CIPE in merito all’approvazione di entrambe gli strumenti delle programmazione negoziata.Il comma 9 dell’art. 10-ter ha quindi autorizzato il Ministero delle politiche agricole e forestali ad acquistare dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) e da Sviluppo Italia S.p.A. le partecipazioni da entrambi possedute nell’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare (ISA), allo scopo potendo utilizzare gli stanziamenti del Fondo unico per gli investimenti del Ministero medesimo.

 

In particolare, i commi 1 e 2 prevedono che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, Sviluppo Italia Spa trasferisca all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) Spa, senza alcun costo o spesa, ad eccezione dei costi notarili a carico di ISA Spa, ed in coerenza con le risultanze della “Relazione dell’anno 2004 sullo stato di attuazione dei progetti approvati“, predisposta da Sviluppo Italia ai sensi della delibera CIPE n. 90 del 4 agosto 2000[189], il seguente patrimonio:

§      il credito risultante dal finanziamento ad ISA Spa erogato da Sviluppo Italia Spa il 4 aprile 2005, pari a euro 200 milioni di euro (co. 1, lett. a);

§      le partecipazioni acquisite sia dalla ex-RIBS Spa sia da Sviluppo Italia Spa, nonché i relativi crediti derivanti dai finanziamenti erogati (co. 1, lett. b e c);

§      le disponibilità liquide ai sensi delle disposizioni di cui alla lettera b), pari a 50 milioni di euro (co. 1, lett. d),

§      il debito residuo inerente al finanziamento bancario contratto dalla ex-RIBS per gli interventi di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 423/1998, con il relativo residuo beneficio del rimborso da parte dello Stato (co. 1, lett. e);

§      gli impegni già assunti da Sviluppo Italia Spa, anche relativi ad iniziative non ancora attuate (co. 2, lett. a);

§      le competenze relative agli interventi di cui alla citata delibera CIPE n. 90 del 4 agosto 2000 (co. 2, lett. b).

§       Con la delibera n. 90 del 2000, il CIPE ha definito i criteri generali e le modalità degli interventi precedentemente di competenza della RIBS ora trasferiti a Sviluppo Italia Spa, nei settori della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli (per la illustrazione della delibera, si rimanda al commento del successivo comma 9).

 

Ai sensi del successivo comma 7 dell’articolo in esame, le suddette operazioni di trasferimento sono esenti da imposte dirette ed indirette e da tasse.

 

In conseguenza del trasferimento patrimoniale disposto, ai sensi del precedente comma 1, da Sviluppo Italia Spa a ISA Spa, il comma 3 attribuisce all’ISA l’attuazione di quanto previsto dall’art. 10, co. 10 del D.L. n. 35/2005 sulla competitività, che prevede il trasferimento a Buonitalia Spa di 50 milioni di euro per l’attuazione del programma di azioni promosso dal MIPAF.

Il menzionato comma 10prevede che il Ministero delle politiche agricole e forestali elabori un programma di azioni allo scopo di favorire una maggiore penetrazione sui mercati internazionali, in particolare di quelli extracomunitari, dei prodotti agricoli ed agroalimentari italiani.

Per l’attuazione del programma, il Mipaf si può avvalere della società Buonitalia Spa, utilizzando a tal fine per il 2005, ed entro il limite di 50 milioni di euro, quota parte delle risorse finanziarie assegnate a Sviluppo Italia S.p.a., che sono relative agli interventi c.d. “ex Ribs” di cui alla delibera CIPE n. 90 del 2000, per la illustrazione della quale si rimanda al commento del successivo comma 9.

Le modalità e le procedure attuative, inclusa l’individuazione delle risorse effettivamente disponibili, era rimessa a un successivo decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni.

 

Il comma 4, dando in parte attuazione al comma 9 dell’art. 10-ter del D.L. n. 35/2005 (cfr. supra), dispone il trasferimento al Ministero delle politiche agricole e forestali della quota societaria della ISA Spa attualmente detenuta da Sviluppo Italia. Con la medesima disposizione viene individuato il valore di acquisto di tale partecipazione che è quantificato in 240.000 euro.

Agli oneri derivanti da tale disposizione si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 36 del D.Lgs. n. 228/2001, “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, che riservava 68,963 miliardi di lire (35,616 milioni di euro) per la equiparazione delle cooperative agricole alla figura dell’imprenditore agricolo.

 

Ai sensi dei commi 5 e 6, Sviluppo Italia Spa è autorizzata ad iscrivere nelle proprie scritture contabili patrimoniali esclusivamente i decrementi conseguenti al trasferimento delle poste patrimoniali di cui al comma 1; ISA Spa iscriverà nelle proprie scritture contabili le poste patrimoniali, di cui al comma 1, trasferite al valore di libro come iscritte in Sviluppo Italia Spa al momento del trasferimento apponendo una riserva speciale di natura patrimoniale esente da imposte e tasse, senza vincoli di utilizzo.

 

Il comma 8 dispone che gli interventi di cui alla legge n. 700/1983 relativa al risanamento, alla riorganizzazione ed al riordino produttivo e commerciale del settore bieticolo-saccarifero e della legge n. 266/1997, sulla trasformazione e commercializzazionedei prodotti agricoli e zootecnici, possono essere finanziati a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui agli art. 60 e 61 della legge 289/2002, secondo criteri stabiliti dal CIPE.

 

Si tratta del fondo istituito dalla legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002), la quale ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, co. 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, co. 3, c.d. Fondo MAP).

Nel Fondo MEF, sono confluite le risorse relative all’intervento straordinario nel Mezzogiorno; all’intervento ordinario nelle aree depresse; al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Nel Fondo MAP,sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, vale a dire, le risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.

 

Il comma 9 abroga parzialmente il comma 42 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004), che aveva disposto il trasferimento all'ISMEA delle risorse finanziarie di Sviluppo Italia Spa relative agli interventi ex Ribs[190].

In particolare, l’art. 4, commi da 42 a 44, della legge n. 350/2003, prevede l'attribuzione all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) di talune funzioni esercitate da Sviluppo Italia S.p.A. e il contestuale trasferimento delle risorse a tali funzioni assegnate[191].

In particolare, il comma 42 prevede che vengano trasferiti all’ISMEA i fondi destinati agli interventi di cui alle delibere del CIPE n. 90 del 2000 e n. 62 del 2002, relative rispettivamente ai c.d. interventi ex RIBS, ed alle iniziative volte a favorire l’imprenditorialità giovanilein agricoltura.

Al riguardo si ricorda che con la delibera del CIPE n. 90 del 2000 (GU n. 251/2000) sono stati definiti i criteri e le modalità di intervento di Sviluppo Italia[192], in particolare relativamente all’utilizzo delle risorse finanziarie ad essa assegnate e derivanti: dai fondi precedentemente attribuiti alla RIBS; dalla cessione delle partecipazioni temporanee acquisite da RIBS/Sviluppo Italia; dai rimborsi delle rate dei mutui concessi. Sviluppo Italia partecipa al capitale delle imprese come socio di minoranza, salvo casi eccezionali autorizzati congiuntamente dai Ministri del tesoro e delle politiche agricole.

Si ricorda, altresì, che il punto 2 della delibera del CIPE n. 62 del 2002 ha impegnato Sviluppo Italia S.p.A. a destinare 85 milioni di euro al finanziamento delle iniziative volte a favorire l’imprenditorialità giovanile agricola, di cui all'art. 3, comma 9, del D.L. n. 67/1997 (ora sostituito dagli articoli 9 e 19 del D.Lgs. n. 185/2000), utilizzando a tal fine le risorse derivanti dal recupero dei mutui di cui al Fondo unico per l’attività imprenditoriale giovanile , richiamato dall’art. 25 del D.Lgs. n. 185/2000[193].

Il trasferimento delle menzionate risorse si accompagna con l'attribuzione all'ISMEA delle funzioni esercitate da Sviluppo Italia, strumentali all’attuazione dei c. d. interventi ex Ribs ed alla promozione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura (comma 43).

Il comma 44 ha demandato ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 350, la definizione delle modalità e delle procedure per il trasferimento delle risorse finanziarie e strumentali.

 

La disposizione del comma 9, in particolare, abroga il comma 42 dell’art. 4 della legge n. 350/2003 nella parte in cui viene fatta menzione agli interventi di cui alla delibera CIPE n. 90, in tal modo consentendo il trasferimento da Sviluppo Italia all’ISMEA delle sole iniziative relative all’imprenditorialità giovanile in agricoltura. Restano pertanto a Sviluppo Italia i compiti e le funzioni una volta attribuiti alla ex RIBS, per essere attribuiti, ai sensi del primo comma dell’articolo in esame, alla società ISA.

 

Si segnala a tale proposito, come già accennato, che il comma 42 in questione risulta già interamente abrogato dall’articolo 1, comma 9, del D.L. n. 224/2005, attualmente all’esame del Senato (A.S. 3638).

 

Il comma 10 prevede che per la prosecuzione del progetto speciale promozionale per le aree interne del mezzogiorno - di cui alla del. Cipe n. 132/1999 - il Commissario ad acta possa sottoscrivere specifiche convenzioni con l’ISA.

La nuova disposizione, che interviene nella forma di novella dell’art. 5, comma 7-bis della legge 122/2001 (Disposizioni modificative e integrative alla normativa che disciplina il settore agricolo e forestale), attribuisce a tali convenzioni risorse pari al massimo a 560 mila euro, cui si può attingere nell’ambito dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 7 del medesimo articolo 5, autorizzazione che era inizialmente di 80 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001 e 2002 (pari a c.a. 41,3 milioni di euro).

 

Il comma 11 autorizza l’ISA, per le operazioni nel settore della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, ad acquisire e poi cedere partecipazioni azionarie, nonché erogare finanziamenti, a condizioni compatibili con i principi di economia di mercato.

Allo scopo viene abrogato il comma 132 dell’art. 2 della legge n. 662/1996, dall’analogo contenuto ma diretto alla società RIBS.

Il comma aggiuntivo 132-bis consente alla società di partecipare, con le medesime modalità di cui sopra, a studi, ricerche e programmi diretti al rafforzamento dei circuiti commerciali dei prodotti agricoli e di quelli derivati dalla trasformazione.

Anche per la realizzazione delle attività di cui ai commi 132 e 132-bis le risorse attribuite alla società possono essere integrate con quelle del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge n. 289/2002, secondo i criteri che saranno stabiliti dal CIPE.

Il comma 132 dell’art. 2 della legge 662/96 ha delineato una strategia di mercato per le operazioni di acquisizione di partecipazioni azionarie effettuate dalla RIBS.

In precedenza, in assenza della specificata disposizione, la RIBS poteva operare esclusivamente secondo il dettato dell’art. 3 della legge n. 700/1983, ovvero nel rispetto dei seguenti requisiti:

§       gli interventi dovevano esaurirsi entro il termine massimo di un quinquennio;

§       l’acquisto delle azioni o quote sociali doveva avvenire al loro valore nominale, ed anche il successivo riscatto alla fine del periodo d’intervento avveniva al valore nominale;

§       la RIBS era tenuta a promuovere la liquidazione di quelle società che nei due esercizi finanziari anteriori alla scadenza del suo periodo di intervento avessero registrato perdite, in ciascun esercizio, in misura superiore ad un terzo del capitale sociale.

 

Il comma 12 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Fondi strutturali

Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013 (vedi art. 10, co. 7).

In particolare, per quanto riguarda gli aspetti relativi al cofinanziamento comunitario degli interventi strutturali previsti nell’ambito dei programmi relativi ai tre nuovi obiettivi individuati dalla Commissione, la proposta di regolamento generale (COM(2004)492) conferma e sviluppa i principi generali di intervento e gestione dei fondi strutturali previsti dalla precedente programmazione 2000-2006, tra i quali figura il principio dell’addizionalità (art. 13) secondo il quale il finanziamento statale deve mantenersi almeno allo stesso livello raggiunto durante il periodo di programmazione precedente.

Per l’obiettivo “convergenza” la Commissione si riserva il controllo del principio di addizionalità, lasciando agli Stati membri la responsabilità di garantire l’applicazione di tale principio nell’ambito dei programmi relativi agli altri due obiettivi (“Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”).

Azioni di informazione e promozione prodotti agricoli

Il 5 aprile 2004 la Commissione ha presentato una relazione (COM(2004)233-1) sull’applicazione della normativa relativa alle azioni di informazione e promozione dei prodotti agricoli nel mercato interno e nei paesi terzi. Nel documento viene analizzato il regime di promozione attuato durante il periodo 2000-2003 e le misure da assumere per migliorarne e semplificarne il funzionamento attraverso una serie di adattamenti tecnici e amministrativi.

 

Il 26 ottobre 2005 la Commissione ha approvato quindici programmi di informazione e promozione dei prodotti agricoli nei paesi terzi presentati da alcuni Stati membri nel corso della prima parte del 2005. Per l’Italia sono stati approvati 5 programmi biennali o triennali relativi a piante e fiori della Florconsorzi e a prodotti come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, i prosciutti di Parma e San Daniele, e il formaggio Asiago per un cofinanziamento comunitario pari a circa 4.614.300 euro.

 


Articolo 11
(Totalizzazione dei periodi assicurativi ed integrazione tabella C
della legge 30 dicembre 2004, n. 311)

 


1. Ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’esercizio del criterio di delega di cui all’articolo 1, comma 2, lettera o), della legge 23 agosto 2004, n. 243, è autorizzata la spesa di 160 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Gli enti previdenziali interessati provvedono al monitoraggio degli effetti derivanti dalle disposizioni introdotte in sede di esercizio della delega di cui al periodo precedente, comunicando i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Limitatamente al periodo strettamente necessario all’adozione dei predetti provvedimenti correttivi, alle eventuali eccedenze di spesa rispetto alle previsioni a legislazione vigente si provvede mediante corrispondente rideterminazione, da effettuare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, degli interventi posti a carico del Fondo di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.


 

 

Il comma in esame autorizza la spesa di 160 milioni di euro annui a decorrere dal 2006, al fine di consentire l'attuazione della disciplina di delega di cui all'articolo 1, comma 1, lettera d), e comma 2, lettera o), della L. 23 agosto 2004, n. 243[194], relativo alla cosiddetta totalizzazione.

 

La citata disposizione di delega prevede la revisione della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi, estendendola anche alle ipotesi in cui si raggiungano i requisiti minimi per il diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono accreditati i contributi; si prevede inoltre la progressiva estensione della totalizzazione, prevedendo la possibilità di cumulare i periodi assicurativi anche per conseguire la pensione di anzianità, purché l’assicurato abbia complessivamente maturato almeno 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica.

 

Il meccanismo della totalizzazione dei periodi assicurativi si basa su presupposti completamente diversi rispetto a quelli della ricongiunzione. Infatti, nel caso della totalizzazione, non si dà luogo all’unificazione delle posizioni assicurative e al conseguente trasferimento di contributi da una forma all’altra, bensì ogni gestione eroga in via autonoma all’assicurato - in possesso del requisito dell’età pensionabile nonché di quello dell’anzianità contributiva in virtù di una fictio iuris (sommando, cioè, i periodi maturati presso le diverse gestioni) - una quota di pensione in relazione ai contributi versati e secondo il proprio ordinamento.

Nell’ordinamento vigente la totalizzazione è stata introdotta con l'articolo 71 della Legge 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) che, recependo le conclusioni della relazione della Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali in materia di ricongiunzione e totalizzazione delle posizioni contributive, ha inteso risolvere il problema posto dalla Corte costituzionale con la sentenza 5 marzo 1999, n. 61, con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della L. 45 del 1990, "nella parte in cui non prevedono, in favore dell'assicurato che non abbia maturato il diritto ad un trattamento pensionistico in alcuna delle gestioni nelle quali è, o è stato iscritto, in alternativa alla ricongiunzione, il diritto di avvalersi dei periodi assicurativi pregressi".

L’articolo 71, comma 1, della richiamata L. 38 del 2000 ha esteso ai soggetti rientranti in tutto o in parte nel sistema retributivo la possibilità di totalizzazione (gratuita) dei periodi assicurativi non coincidenti maturati presso le singole gestioni obbligatorie di base, qualora essi, considerati separatamente, siano insufficienti ai fini del diritto al trattamento.

Tale facoltà è concessa solo con riferimento alla pensione di vecchiaia o ai trattamenti per inabilità; resta esclusa la pensione di anzianità.

Il cumulo opera anche a favore dei superstiti degli assicurati, ancorché questi ultimi siano deceduti prima del compimento dell'età pensionabile.

La possibilità di cui al comma 1 concerne anche i periodi maturati (e i soggetti iscritti) presso le forme obbligatorie gestite da enti previdenziali trasformati in persone giuridiche di diritto privato .

Ai sensi del successivo comma 2, ciascuna gestione accerta la sussistenza del diritto a pensione e definisce la misura della quota di trattamento a proprio carico sulla base dei requisiti e dei criteri del relativo ordinamento. Tali quote si determinano in proporzione all'anzianità assicurativa e contributiva maturata presso ogni gestione.

Per le quote (o frazioni di esse) da liquidare con il sistema retributivo, la misura è calcolata applicando all'importo teorico risultante dalla somma di tutti i periodi assicurativi (oggetto della totalizzazione) un coefficiente pari al rapporto tra l'anzianità contributiva maturata nella singola gestione e quella relativa al complesso dei periodi suddetti.

I trattamenti liquidati costituiscono quote di un'unica pensione, la quale è oggetto di rivalutazione e di integrazione al minimo secondo l'ordinamento e con onere a carico della gestione che eroga la frazione di importo maggiore.

Qualora il soggetto si avvalga, invece, della facoltà di ricongiunzione egli, fino alla conclusione del relativo procedimento, può optare per la totalizzazione (sempre che ne ricorrano i presupposti), con la conseguente restituzione - da parte della gestione competente - degli importi già versati ai fini della ricongiunzione, maggiorati degli interessi legali.

Le modalità di attuazione dell’articolo 71 della Legge 388 sono state definite con D.M. 7 febbraio 2003, n. 57, emanato dal Ministro del lavoro di concerto con quello dell’economia.

 

L’adozione della disposizione in esame si giustifica in quanto l’articolo 1, comma 42, della legge di delega in materia previdenziale (l. n. 243/2004), prevede che i decreti legislativi di cui commi 1 e 2 – che prevedono, tra l’altro, la delega per la totalizzazione - la cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

 

Si ricorda che, in attuazione della disposizione di delega, il Governo ha approvato e trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari, per l’espressione del parere, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni attuative della delega in materia di revisione della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi (atto 548).

Lo schema, tra l’altro, estende la possibilità di cumulare i diversi periodi assicurativi (al fine dell’ottenimento di un’unica pensione), purché presso ogni singola gestione si sia maturata una contribuzione pari almeno a sei anni, anche nell’ipotesi in cui si raggiungano i requisiti minimi per il diritto alla pensione in uno dei fondi presso cui sono accreditati i contributi. Inoltre si prevede la possibilità di cumulare i periodi assicurativi anche per conseguire la pensione di anzianità, purché l’assicurato abbia complessivamente maturato almeno 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età anagrafica.

Per quanto riguarda le modalità di liquidazione del trattamento, lo schema prevede l’applicazione del metodo contributivo, a prescindere dal metodo di calcolo previsto dalla singola gestione per la generalità degli iscritti, sia per la quota a carico degli enti previdenziali pubblici sia (con limitate eccezioni) per la quota a carico degli enti previdenziali privatizzati.

In particolare l’articolo 8 dello schema di decreto legislativo, prevede che all’onere derivante dall’emanazione dello stesso decreto, valutato in 160 milioni di euro a decorrere dal 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 11, comma 1, del decreto legge in esame.

 

In sede di esame presso il Senato sono stati aggiunti due ulteriori periodi al comma 1 dell’articolo 11, con i quali è stata introdotta una clausola di salvaguardia degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni attuative della delega relativa alla revisione della disciplina della totalizzazione dei periodi assicurativi.

In particolare, la norma prevede che gli enti previdenziali debbano provvedere al monitoraggio degli oneri derivanti dalla revisione della disciplina della totalizzazione, comunicando i risultati al Ministero del lavoro e al Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, ovvero delle misure correttive di cui all’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge n. 468/1978.

 

L’inserimento della clausola di salvaguardia è riconducibile alle disposizioni previste dall’articolo 11-ter comma 1 della legge n. 468/1978, come modificato dall’articolo 1, comma 1, lett. a), del c.d. decreto legge “tagliaspese” (D.L. n. 194/2002, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), in base alle quali ciascuna disposizione di legge che comporti nuove o maggiori spese deve:

a)       indicare espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa;

b)       ovvero in alternativa, indicare le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eventualmente eccedano le previsioni medesime.

Nel caso in cui sia stata stabilito un limite massimo di spesa, qualora in fase di attuazione si determinino oneri superiori al limite fissato, il D.L. n. 194/2002 ha previsto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto dirigenziale della Ragioneria dello Stato con il quale si accerta l’esaurimento delle disponibilità corrispondenti all’autorizzazione di spesa.

Nella seconda ipotesi, vale a dire quando, come nella fattispecie in esame, non viene fissato un tetto massimo di spesa, ma viene indicata una previsione di spesa, il decreto-legge “tagliaspese” dispone che, se in fase di attuazione, si determinano, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, come novellato dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 194/2002).

Misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possono essere inserite nella legge finanziaria, nell’apposito allegato recante l’elenco delle misure correttive degli effetti finanziari delle leggi (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge n. 194).

 

Nel periodo strettamente necessario all’adozione dei citati provvedimenti correttivi, qualora dall’attività di monitoraggio effettuata dagli enti previdenziali dovessero emergere eventuali eccedenze di spesa rispetto alle previsioni a legislazione vigente, ad esse si provvede mediante la rideterminazione degli interventi posti a carico del Fondo per l’occupazione, da effettuarsi con apposito decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si menziona che il Fondo per l’occupazione è stato istituito dall’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 148 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993, per la promozione di iniziative di sostegno per l’occupazione, ed in particolare:

-        l'erogazione di contributi ai datori di lavoro, per ogni unità lavorativa occupata a tempo pieno aggiuntiva rispetto a quelle occupate alla data di entrata in vigore del DL 148/93;

-        il finanziamento dei lavori socialmente utili e dei piani di inserimento professionale dei giovani privi di occupazione;

-        la promozione dell'imprenditorialità giovanile;

-        il finanziamento dei contratti di solidarietà;

-        ulteriori finalità previste da provvedimenti emanati successivamente al D.L. 148 (a titolo esemplificativo: proroga di trattamenti di sostegno al reddito, rimodulazione dell'orario di lavoro, tirocini formativi …).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’intervento dell’Unione europea, nel settore delle pensioni, si esplica attraverso il metodo di coordinamento aperto[195].

Secondo quantoindicato nella comunicazione della Commissione del 3 luglio 2001 “Sostegno alle strategie nazionali volte a garantire pensioni sicure e sostenibili attraverso un approccio integrato” (COM(2001) 362), l’Unione europea intende perseguire in tale settore undici obiettivi comuni, nel quadro di tre grandi principi:

§      tutelare la capacità dei sistemi di conseguire gli obiettivi sociali prestabiliti;

§      mantenere la sostenibilità finanziaria;

§      soddisfare le esigenze sociali che cambiano. In questo ambito sono fissati gli obiettivi di garantire la compatibilità dei sistemi pensionistici con le esigenze di flessibilità e di sicurezza del mercato del lavoro; assicurare che la mobilità nel mercato del lavoro all’interno degli Stati membri o oltre i confini e che le forme di occupazione inusuali non comportino un’eccessiva perdita di diritti pensionistici; assicurare che il lavoro autonomo non venga scoraggiato dai sistemi pensionistici.

 

Il 15 luglio 2005 gli Stati membri hanno presentato, sempre nell’ambito del metodo di coordinamento aperto, la seconda[196] tornata di relazioni sulle strategie nazionali in materia di pensioni. L’Italia, che ne ha anticipato un estratto a settembre, si è riservata di presentare successivamente alla Commissione la relazione completa.

La Commissione esaminerà le relazioni nazionali in autunno per poi presentare un documento conclusivo a dicembre 2005.

 

Il 20 ottobre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa al miglioramento delle condizioni di portabilità dei diritti alla pensione complementare (COM(2005)507) (vedi scheda relativa all’articolo 8, commi 1 e 2).

 


Articolo 11-bis
(Interventi in materia di programmazione
dello sviluppo economico e sociale)

 


1. È autorizzata la spesa di euro 222 milioni per l’anno 2005 per la concessione di ulteriori contributi statali al finanziamento degli interventi di cui all’articolo 1, comma 28, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni. All’erogazione degli ulteriori contributi disposti dal presente comma si provvede ai sensi del comma 29, primo e secondo periodo, dell’articolo 1 della medesima legge n. 311 del 2004, e successive modificazioni, sentite le Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio, programmazione e lavori pubblici. I contributi che, alla data del 28 febbraio 2006, non risultino impegnati dagli enti pubblici sono revocati per essere riassegnati secondo la procedura di cui al precedente periodo. Gli altri soggetti non di diritto pubblico devono produrre annualmente, per la stessa finalità, la dichiarazione di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamento statale. Ai fini dell’erogazione del finanziamento, l’ente beneficiario trasmette entro il 30 marzo 2006 apposita attestazione al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, secondo lo schema stabilito dal decreto di cui al citato comma 29, primo periodo, dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004.

2. All’onere derivante dall’attuazione del comma 1 si provvede: quanto a euro 100.000.000, mediante utilizzo delle risorse relative all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 55 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, risultanti dall’elenco allegato al conto consuntivo dell’esercizio 2004, ai sensi dell’articolo 11-bis, comma 5, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni; quanto a euro 122.000.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005–2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale “Fondo speciale“ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, quanto a euro 117.000.000, l’accantonamento relativo al medesimo Ministero e, quanto a euro 5.000.000, l’accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 11-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, autorizza la spesa di 222 milioni di euro per il 2005 per la concessione di ulteriori contributi statali per il finanziamento di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio, di cui all’articolo 1, comma 28, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

L’articolo richiama l’articolo 1, comma 28, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) , che ha autorizzato la spesa di 201,5 milioni di euro per il 2005, di 176,5 milioni per il 2006 e di 170,5 milioni per il 2007 per la realizzazione di interventi rivolti a tutelare l’ambiente e i beni culturali e, in generale, a promuovere lo sviluppo economico e sociale del territorio[197].

 

Ulteriori finanziamenti per gli interventi sopra richiamati sono stati autorizzati dall’articolo 2-bis del D.L n. 7/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43/2005).

In particolare, la disposizione ha autorizzato la spesa di 65 milioni per l'anno 2004, di 10,230 milioni per l'anno 2005, di 23,755 milioni per l'anno 2006 e di 2,6 milioni per l'anno 2007 per la concessione di ulteriori contributi statali al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge n. 311 del 2004, secondo le modalità previste dal comma 29.

Nel corso dell’esame parlamentare del D.L. n. 115/2005, il Senato aveva introdotto un articolo aggiuntivo (articolo 14-duodevicies dell’A.C. 6016) con il quale venivano autorizzati ulteriori finanziamenti per gli interventi sopra richiamati (153 milioni per il 2005, di 183 milioni per il 2006 e di 183 milioni per l’anno 2007). La disposizione è stata peraltro soppressa nel corso dell’esame alla Camera.

Si ricorda, infine, che una disposizione di contenuto analogo a quella in commento era contenuta nel D.L. 17 agosto 2005, n. 163, nel testo approvato dal Senato, decaduto per mancata conversione in legge nei termini costituzionali[198].

 

Per quanto concerne l’erogazione dei contributi, l’articolo in esame richiama le disposizioni del comma 29, primo e secondo periodo, dell’articolo 1 della medesima legge n. 311 del 2004.

E’ previsto inoltre il parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio, programmazione e lavori pubblici.

 

Il richiamato comma 29, primo periodo, della legge n. 311/2004 (come successivamente modificato dall’articolo 1-ter del D.L. n. 314/2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005) prevede che l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi sia effettuata con decreto del Ministro dell’economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare.

Il secondo periodo del comma 29 prevede che all'attribuzione dei contributi provveda il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 12, del D.L. 20 giugno 1996, n. 323 (legge n. 425/1996)[199].

 

Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi del comma 28 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), in attuazione della citata procedura, le Commissioni bilancio della Camera e del Senato hanno approvato due risoluzioni (risoluzione 7-00543 Giudice ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera il 18 gennaio 2005, e risoluzione 7-00034 Tarolli, approvata dalla Commissione bilancio del Senato nella seduta del 19 gennaio 2005), con le quali il Governo è stato impegnato ad attenersi alle priorità ivi indicate, ai fini dell’adozione del decreto di individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi[200].

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con l’indicazione degli enti beneficiari dei contributi autorizzati dalla legge finanziaria per il 2005 è stato emanato il 18 marzo 2005.

Per quanto concerne le risorse autorizzate ai sensi dall’articolo 2-bis del D.L. n. 7 del 2005, la Commissione bilancio della Camera e la Commissione istruzione e beni culturali del Senato, nelle sedute del 31 maggio 2005, hanno approvato due identiche risoluzioni (Risoluzione 7-00640 Alberto Giorgetti ed altri, approvata dalla Commissione bilancio della Camera e risoluzione 7-00043 Asciutti, approvata dalla Commissione istruzione del Senato) che hanno impegnato il Governo ad attenersi, ai fini dell’adozione del decreto per l’individuazione degli interventi e degli enti destinatari dei contributi, alle priorità indicate nelle risoluzioni medesime.

Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze è stato emanato l’8 luglio 2005.

 

Dalla formulazione della disposizione in esame non risulta chiaro se l’espressione del parere da parte delle Commissioni competenti in materia di bilancio, programmazione e lavori pubblici debba intendersi come un intervento ulteriore rispetto all’atto di indirizzo parlamentare previsto dall’art. 1, comma 29, della legge finanziaria 2005, ovvero se le Commissioni parlamentari individuate dalla norma siano quelle competenti ad esprimere l’atto di indirizzo previsto dall’art. 1, comma 29, della legge finanziaria 2005.

 

Per quanto riguarda, infine, le modalità di attribuzione e di revoca dei contributi, la disposizione in esamedetta una disciplina sostanzialmente identica a quella prevista dal terzo periodo del comma 29, dell’art. 1 della legge n. 311/2004, indicando tuttavia diverse scadenze temporali.

Il comma 29, terzo periodo, prevede una disciplina di carattere generale relativamente alle modalità di attribuzione, di erogazione nonché di revoca dei contributi.

Nel caso in cui gli assegnatari dei contributi siano enti pubblici, il comma 29 prevede che se alla data del 31 agosto di ciascun anno i contributi non risultano impegnati nel bilancio dell’ente, siano revocati per essere riassegnati ad altri interventi secondo la medesima procedura.

Per gli altri soggetti non di diritto pubblico è richiesta, ai fini della verifica dell’impegno dei contributi, la presentazione annuale della dichiarazione di assunzione di responsabilità in ordine al rispetto del vincolo di destinazione del finanziamento statale.

Per ottenere l'erogazione del finanziamento, l'ente beneficiario deve trasmettere entro il 30 settembre di ciascun anno apposita attestazione al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, secondo lo schema stabilito con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 marzo 2005, emanato in attuazione del comma 29 medesimo.

 

La disposizione in esame prevede la revoca dei contributi assegnati agli enti pubblici qualora questi non risultino impegnati nel bilancio dell’ente entro la data del 28 febbraio 2006, ai fini della loro riassegnazione ad altri interventi.

Inoltre, la disposizione in esame prevede che l'attestazione che l’ente beneficiario deve presentare al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, ai fini dell’erogazione del finanziamento assegnato, debba essere trasmessa entro il 30 marzo 2006.

 

Il comma 2 provvede alla copertura degli oneri recati dalla disposizione in esame (222 milioni di euro per l’anno 2005), nel seguente modo:

§      quanto a 100 milioni di euro, mediante utilizzo delle risorse relative all’autorizzazione di spesa, di cui all’articolo 55 della legge n. 448/2001 (legge finanziaria per il 2002), concernente il Fondo nazionale per le infrastrutture di interesse locale, quali risultanti dall’elenco allegato al conto consuntivo del Ministero dell’economia e delle finanze per l’esercizio finanziario 2004 relativo agli accantonamenti slittati, ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 5, della legge 5 agosto 1078, n. 468, da utilizzare nell’esercizio finanziario 2005[201].

§      Si tratta del Fondo istituito, a decorrere dall’anno 2002, presso il Ministero dell’economia e delle finanze al fine di contribuire alla realizzazione delle infrastrutture di interesse locale e di promuovere la funzione delle autonomie locali nella valorizzazione delle risorse del territorio, nonché di garantire il raccordo tra la realizzazione del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni con le esigenze infrastrutturali locali.

L’articolo 55 della legge n. 448/2001 è stato dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 49 del 20-29 gennaio 2004[202].

A seguito della sentenza n. 49/2004 della Corte Costituzionale, le risorse del Fondo per l’anno 2004 (pari a 120 milioni di euro) non sono state utilizzate nel corso dell’esercizio finanziario 2004.

Di tali risorse è stato previsto l’utilizzo a copertura degli oneri derivanti, per l’anno 2004, dalle disposizioni contenute nella proposta di legge “Interventi in materia di programmazione dello sviluppo economico e sociale” di cui all’A.S. 3018. Tale proposta di legge, approvata dal Senato in prima lettura, è attualmente all’esame della Commissione bilancio della Camera dei deputati (A.C. 5181).

In quanto si tratta di risorse di conto capitale destinate a copertura di disposizioni contenute in un progetto di legge approvato da un ramo del Parlamento, le risorse in questione costituiscono, sotto il profilo contabile, slittamenti, ai sensi dell’art. 11-bis, comma 5, della legge di contabilità nazionale (legge n. 468/1978).

Una quota di tali risorse, pari a 65 milioni di euro, è stata peraltro già utilizzata a copertura degli oneri recati dall’autorizzazione di spesa di cui al citato articolo 2-bis del D.L. n. 7/2005;

§      quanto a 122 milioni di euro per l’anno 2005, a valere sul Fondo speciale di conto capitale iscritto nel bilancio dello Stato 2005-2007, utilizzando, per 177 milioni di euro, l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e, per 5 milioni di euro, l’accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali.

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

In materia di contributi statali agli enti locali, quando riconducibili a quanto disposto dall'articolo 119, comma quinto, della Costituzione, va richiamata la giurisprudenza costituzionale (sentenze nn. 16 e 49 del 2004) sugli interventi speciali dello Stato volti, tra l'altro, a rimuovere gli squilibri economici e sociali. A tale proposito la Corte costituzionale ha chiarito che gli interventi speciali debbono essere aggiuntivi e riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale (o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni) e debbono essere indirizzati a determinati Comuni o categorie di Comuni (o Province, Città metropolitane, Regioni). La Corte ha inoltre richiesto che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle Regioni, queste siano chiamate alla programmazione ed al riparto dei fondi all’interno del proprio territorio.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato, nell’ambito delle prospettive finanziarie 2007-2013[203], una proposta di regolamento su un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE +) (COM(2004) 621). Tale strumento riunirebbe gran parte degli attuali programmi di sostegno destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza grazie alla notevole semplificazione della relativa gestione.

La proposta di regolamento è stata emendata dal Parlamento europeo in prima lettura, il 7 giugno 2005, e sarà esaminata prossimamente dal Consiglio, nell’ambito della procedura di codecisione.

 


Articolo 11-ter, commi 1-3
(Riduzione di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato)

 


1. Per l’anno 2005, le dotazioni di competenza e di cassa delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti spese per consumi intermedi e per investimenti fissi lordi, esclusi i comparti della difesa, della sicurezza e del soccorso, sono ridotte secondo gli importi indicati rispettivamente negli elenchi 1 e 2 allegati al presente decreto.

2. L’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri del Fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 è ridotto di 31 milioni di euro per il medesimo anno.

3. Per l’anno 2005 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, è ridotta di 116 milioni di euro e l’autorizzazione di spesa di cui alla legge 3 gennaio 1981, n. 7, e all’articolo 37 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, come determinate dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è ridotta di 30 milioni di euro in termini di competenza e di 70 milioni di euro in termini di cassa.


 

 

L’articolo 11-ter è stato introdotto nel corso dell’esame al Senato dal maxiemendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.

Esso ha un contenuto pressoché identico a quello dell’articolo 1 del decreto-legge n. 211/2005, recante misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale.

 

I commi 1-3 dispongono riduzioni degli stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato per l’anno 2005.

Le riduzioni sono indicate in dettaglio, distintamente per Ministeri, negli elenchi allegati al decreto-legge.

 

In particolare, il comma 1 prevede la riduzione delle seguenti tipologie di spesa:

 

§      stanziamenti discrezionali per consumi intermedi, sia di competenza che di cassa, per un importo complessivo di 300 milioni di euro nel 2005 (v. elenco 1).

La riduzione non si applica agli stanziamenti destinati ai comparti della difesa, della sicurezza e del soccorso.

 

§         stanziamenti discrezionali per investimenti fissi lordi, limitatamente alle sole autorizzazioni di cassa, per un importo complessivo di 1.600 milioni di euro nel 2005 (v. elenco 2).

Anche in questo caso, sono esclusi dalla riduzione gli stanziamenti destinati ai comparti della difesa, della sicurezza e del soccorso.

La riduzione è operata solo in termini di cassa perché, per le spese per investimenti fissi lordi, ai fini della valutazione dell’impatto sull’indebitamento netto in base al principio della competenza economica, rileva la fase del pagamento.

 

Nel complesso, la misura introdotta dal comma 1 in esame determina riduzioni di spesa pari a 300 milioni di euro in termini di competenza e di 1.900 milioni di euro in termini di cassa.

 

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari allegato alla relazione tecnica presentata al Senato, la misura di contenimento dovrebbe comportare effetti positivi in termini di indebitamento netto per l’anno 2005 nell’ordine di 470 milioni di euro, di cui 300 milioni di euro derivanti dalla riduzione degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi e 170 milioni derivanti dalla riduzione degli stanziamenti per investimenti fissi lordi.

Si ricorda che la relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/2005 valutava tale effetto positivo pari a circa 800 milioni di euro.

 

Per gli investimenti fissi lordi, trattandosi di una riduzione che interessa solo gli stanziamenti di cassa, è peraltro previsto un effetto di “rimbalzo” negativo, con un peggioramento dell’indebitamento netto di 100 milioni di euro nel 2007 e di 70 milioni di euro nel 2008. Non è invece previsto un effetto negativo sul 2006; ciò potrebbe essere dovuto al fatto che il disegno di legge finanziaria introduce una limitazione ai pagamenti per investimenti fissi lordi nel 2006.

 

Nella tabella seguente sono indicati gli stanziamenti complessivi di ciascun Ministero relativamente alla categoria n. 2 “Consumi intermedi” e alla categoria n. 21 “Investimenti fissi lordi”, come determinati nella legge di bilancio per il 2005 e nel disegno di legge di assestamento (A.C. 6119).


Riduzioni stanziamenti discrezionali non aventi natura obbligatoria relativi a consumi intermedi ed investimenti fissi lordi (*)

(in migliaia di euro)

 

Consumi intermedi (**)

Investimenti fissi lordi (**)
(autorizzazioni di cassa)

Bilancio 2005

Assest. 2005

Riduzioni

Bilancio 2005

Assest. 2005

Riduzioni

Ministero economia e delle finanze

3.488.382

3.373.591

-66.697

487.599

480.079

-186.459

Ministero delle attività produttive

20.099

25.040

-4.992

44.713

50.884

-63.971

Ministero del lavoro

59.478

66.790

-4.921

16.809

16.747

-1.224

Ministero della giustizia

1.406.913

1.409.305

-10.207

388.205

388.104

-166.245

Ministero degli esteri

182.721

192.913

-8.758

19.096

21.871

-7.541

Ministero dell’istruzione

1.097.065

1.110.812

-84.311

112.872

110.659

-71.106

Ministero dell’interno

1.643.933

1.680.389

-90.361

834.104

862.347

-117.393

Ministero dell’ambiente

191.412

195.413

-6.231

290.769

291.697

-148.712

Ministero infrastrutture e trasporti

228.463

270.822

-10.877

1.158.978

1.233.140

-477.753

Ministero delle comunicazioni

18.607

19.444

-772

28.184

30.280

-18.030

Ministero delle politiche agricole

62.082

64.242

-2.227

433.978

391.013

-153.741

Ministero beni e attività culturali

107.370

107.826

-4.157

559.520

558.222

-183.445

Ministero della salute

146.587

146.928

-5.489

4.908

4.908

-4.380

TOTALE

8.653.112

8.663.515

-300.000

4.379.735

4.439.951

-1.600.000

 

(*)     Con esclusione delle risorse destinate difesa, alla sicurezza e al soccorso.

(**)    I dati relativi al bilancio e all’assestamento comprendono sia gli stanziamenti obbligatori che quelli discrezionali

 

Secondo le indicazioni della relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/05, la riduzione degli stanziamenti di bilancio è effettuata attraverso l’adozione di “tagli lineari sulle disponibilità in essere sulla quota parte di spese aventi natura non obbligatoria” allocate nelle unità previsionali di base indicate negli elenchi allegati, fino alla concorrenza delle riduzioni finanziarie.

 

Appare opportuno che il Governo fornisca i dati relativi alle attuali disponibilità delle U.P.B. oggetto di riduzione, al fine di valutare l’incidenza percentuale dei tagli e la congruità delle disponibilità residue ad assicurare la funzionalità delle amministrazioni interessate.

 

Si ricorda che disposizioni volte al contenimento della spesa delle pubbliche amministrazioni basate su riduzioni degli stanziamenti di bilancio, di natura analoga a quelle previste dall’articolo in esame, sono già state adottate con il D.L. 12 luglio 2004, n. 168[204] (c.d. decreto “tagliaspese”) e con la legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), che ha introdotto la cd. regola del 2 per cento.

 

L’articolo 1, comma 6, del decreto-legge “tagliaspese” n. 168/2004 ha disposto, nell’ambito della manovra correttiva per il 2004, le riduzioni di una serie di stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato. La quota più rilevante della manovra derivava dalla riduzione degli stanziamenti discrezionali delle categorie economiche dei consumi intermedi, nella misura del 36 per cento, e degli investimenti fissi lordi nella misura del 30 per cento.

La legge finanziaria per il 2005 ha introdotto una regola di evoluzione della spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche volta al controllo delle dinamiche di spesa, la cd. regola del 2 per cent..

In particolare, con riferimento al bilancio dello Stato, è stato fissato un limite di incremento del 2% agli stanziamenti iniziali di competenza e di cassa del bilancio di previsione dello Stato per il triennio 2005-2007. L'applicazione di questo limite assume come riferimento le categorie economiche e comporta una riduzione degli stanziamenti discrezionali riconducibili principalmente, anche in tal caso, alle categorie dei consumi intermedi e degli investimenti fissi lordi.

La Corte dei Conti, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2004, ha svolto una specifica analisi sugli effetti degli interventi di contenimento della spesa effettuati nel 2004.

È stata rilevata una seria difficoltà a conseguire gli obiettivi prefissati con interventi di riduzione generalizzata degli stanziamenti di bilancio. Gli interventi correttivi sono stati infatti fortemente ridimensionati dall’emergere di maggiori occorrenze legate ad interventi straordinari e parzialmente sterilizzati dalla tendenza alla progressiva flessibilizzazione delle poste in bilancio.

Con riferimento alla categoria dei consumi intermedi, la Corte ha inoltre sottolineato come i margini di riduzione siano ormai limitati. Sarebbe più opportuno dunque «spostare l’attenzione da interventi correttivi indifferenziati ad un’impostazione più concentrata su una migliore utilizzazione delle limitate risorse disponibili.»

Nell’audizione svolta in data 10 novembre 2005 davanti al Comitato permanente per il monitoraggio degli interventi di contenimento della spesa pubblica, istituito presso la Commissione bilancio della Camera, il Ragioniere generale dello Stato ha rilevato come la regola del 2 per cento sia valida in sede di previsione, cioè al momento della costruzione del bilancio, ma risulti di assai difficile attuazione in sede di gestione dello stesso.

Dai dati forniti emerge infatti un andamento di segno opposto tra gli stanziamenti di bilancio, da una parte, e gli impegni e i pagamenti dall’altra: con riferimento alle categorie di spesa interessate dalla regola del 2 per cento, nel mese di ottobre 2005, a fronte di una riduzione degli stanziamenti definitivi del 10,2 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, gli impegni e i pagamenti hanno registrato un incremento, rispettivamente, dell’1,7 per cento e del 6,5 per cento. La categoria degli investimenti fissi lordi, in particolare, a fronte di una riduzione degli stanziamenti del 15,6 per cento ha segnato una aumento degli impegni pari al 25,6 per cento e dei pagamenti pari al 10,7 per cento.

I dati forniti dal Ragioniere generale dello Stato scontano già gli effetti della manovra correttiva sul 2005 attuata con il decreto-legge n. 211/05 e quindi, in pratica, tengono già conto della disposizione in esame (che riproduce quella del decreto n. 211)

Il comma 2 dispone la riduzione dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri sul fondo speciale di parte corrente per l’anno 2005 (di cui alla Tabella A della legge finanziaria 2005) per un importo complessivo di 31 milioni di euro.

La disponibilità risultante alla data dell’11 novembre 2005 dalla banca dati della Commissione bilancio della Camera è pari 43,4 milioni di euro.

Il miglioramento sull’indebitamento netto derivante dal comma in esame è valutato in 10 milioni di euro per il 2005 e in 21 milioni di euro per il 2006.

Il comma 3 dispone per l’anno 2005 la riduzione delle autorizzazioni di spesa, determinate dalla Tabella C della legge finanziaria 2005, per complessivi 147 milioni di euro in competenza e 70 milioni di euro in cassa, relative alle seguenti autorizzazioni legislative di spesa:

§      Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, di cui all’articolo 9-ter dellalegge 5 agosto 1978, n. 468: riduzione di 116 milioni di euro nel 2005, in competenza e in cassa.

Il Fondo di riserva, istituito dall’articolo 9-ter della legge n. 468/1978, è annualmente quantificato dalla Tabella C della legge finanziaria. Il Fondo è destinato a integrare le dotazioni delle autorizzazioni legislative di spesa la cui dotazione è rimessa alla medesima tabella C. Il trasferimento di risorse dal Fondo di riserva alle singole unità previsionali di base che evidenziano, in corso d’anno, una insufficienza dello stanziamento è disposto con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, che ne dà contestuale comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti.

Per il 2005, il Fondo di riserva è stato quantificato dalla Tabella C della legge n. 311/2004 in 652,1 milioni di euro.

 

Si segnala che il testo originario del decreto-legge in esame disponeva un incremento della dotazione del Fondo, pari a 40 milioni di euro. La relativa previsione (contenuta all’articolo 11, comma 2) è stata peraltro soppressa nel corso dell’esame presso il Senato.

In base all’interrogazione effettuata nella banca dati della Ragioneria Generale dello Stato, alla data dell’11 novembre 2005 le disponibilità del Fondo risultano quasi integralmente utilizzate, evidenziandosi un residuo di competenza di circa 13,6 milioni euro.

La riduzione disposta dal comma 3 in esame risulterebbe pertanto superiore alle effettive disponibilità del Fondo.

Sarebbe quindi opportuno un chiarimento da parte del Governo sulle attuali ed effettive disponibilità per il 2005 relative all’autorizzazione di spesa di cui all’art. 9-ter della legge n. 468/1978.

Si ricorda, a tale riguardo, che una quota delle risorse del Fondo stanziate per l’anno 2005 sono state utilizzate, nell’importo di complessivi 116 milioni di euro per l’anno 2005, a copertura degli oneri recati dalle disposizioni introdotte dagli articoli 10, 22 e 23 del disegno di legge A.S. 3533 “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, ancora in itinere.

Sembrerebbe pertanto che il Governo ritenga disponibili le risorse del Fondo che risultano accantonate in relazione al citato disegno di legge A.S. 3533 “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, approvato dalla Camera, il cui esame non è ancora iniziato presso il Senato.

§      stanziamenti aggiuntivi per l’aiuto pubblico a favore dei Paesi in via di sviluppo, di cui all’articolo 37dellalegge 26 febbraio 1987, n. 49: riduzione di 30 milioni di euro in competenza e a 70 milioni di euro in termini di cassa.

La tabella C della legge finanziaria per il 2005 ha quantificato l’autorizzazione legislativa in questione in 588,3 milioni di euro per il 2005, 570,9 milioni per il 2006 e 573 milioni per il 2007. La dotazione è stata successivamente ridotta di 8,7 milioni di euro per il 2005, ai sensi del D.L. n. 106/2005.

 

Secondo le stime del Governo, l’impatto positivo sull’indebitamento netto della pubblica amministrazione delle misure di contenimento introdotte dal comma 3 dovrebbe risultare pari a complessivi 170 milioni di euro, di cui 100 milioni derivanti dalla riduzione del Fondo di riserva, e 70 milioni di euro dalla riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa all’aiuto in favore dei Paesi in via di sviluppo.


Articolo 11-ter, commi 4 e 5
(Riduzione delle spese per consumi intermedi degli enti ed organismi pubblici non territoriali)

 


4. Gli stanziamenti per l’anno 2005 relativi a spese per consumi intermedi dei bilanci di enti ed organismi pubblici non territoriali, che adottano contabilità anche finanziaria, individuati ai sensi dell’articolo 1, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione delle aziende sanitarie ed ospedaliere, degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dell’Istituto superiore di sanità, dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, dell’Agenzia italiana del farmaco, degli Istituti zooprofilattici sperimentali e delle istituzioni scolastiche, sono ridotti nella misura del 10 per cento, comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica, i costi della produzione, individuati all’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 6), 7) e 8), del codice civile, previsti nei rispettivi budget 2005, concernenti i beni di consumo, i servizi ed il godimento di beni di terzi, sono ridotti del 10 per cento.

5. Le somme provenienti dalle riduzioni di cui al comma 4 sono versate da ciascun ente, entro il 30 giugno 2006, all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capo X, capitolo 2961. È fatto divieto alle amministrazioni vigilanti di approvare i bilanci di enti ed organismi pubblici in cui gli amministratori non abbiano espressamente dichiarato nella relazione sulla gestione di aver ottemperato alle disposizioni di cui al comma 4 e al primo periodo del presente comma.


 

 

L’articolo 11-ter, commi 4-5, ha un contenuto identico a quello dell’articolo 1, commi 4-5, del decreto-legge n. 211/2005, recante misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale.

 

Il comma 4, dispone la riduzione degli stanziamenti di spesa per l’anno 2005 relativi allacategoria dei consumi intermedi iscritti nei bilanci degli enti e degli organismi pubblici non territoriali, che adottano una contabilità anche finanziaria, nella misura del 10% degli stanziamenti iniziali, e comunque nei limiti delle disponibilità non impegnate alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

Per gli enti e gli organismi pubblici non territoriali che invece adottano una contabilità esclusivamente civilistica la norma fa riferimento alla riduzione, nella medesima misura del 10%, dei costi della produzione, individuati ai sensi dell’art. 2425, primo comma, lett. b) n. 6), 7) e 8) del codice civile, iscritti nei rispettivi bilanci per il 2005, concernenti i beni di consumo e i servizi e il godimento di beni di terzi.

L’articolo 2425 c.c. indica il contenuto del conto economico. In particolare, i punti da 6 a 8 della lettera b), concernente i costi della produzione, riguardano:

6) materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;

7) servizi;

8) godimento di beni di terzi.

 

Dal punto di vista della formulazione letterale, sarebbe opportuno che il comma 4 utilizzasse il termine “bilanci” anziché il termine “budget”.

 

Per quanto concerne l’ambito soggettivo di applicazione, la disposizione fa riferimenti agli enti e agli organismi pubblici non territoriali come individuati ai sensi dell’articolo 1, commi 5 e 6, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), con le seguenti specifiche esclusioni:

§         Aziende sanitarie ed ospedaliere;

§         Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico;

§         Istituto superiore di sanità (ISS);

§         Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

§         Agenzia italiana del farmaco;

§         Istituti zooprofilattici sperimentali;

§         Istituzioni scolastiche.

 

Sono inoltre chiaramente esclusi dall’applicazione della norma gli enti territoriali (regioni, enti locali e loro consorzi).

 

Si ricorda che il comma 5 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 ha introdotto disposizioni di carattere generale e programmatico volte al contenimento dell’incremento della spesa delle amministrazioni pubbliche, fissato nella misura del 2% per ciascuno degli anni del triennio 2005-2007.

La norma presenta una valenza generale in quanto destinata ad applicarsi a tutte le amministrazioni pubbliche comprese nel conto economico consolidato. Per l’anno 2005, le amministrazioni pubbliche interessate dalla disposizione sono state individuate nell’elenco 1 allegato alla legge finanziaria medesima[205].

Nell'elenco 1 figurano le seguenti tipologie di enti, organismi e strutture amministrative:

§       Ministeri e Presidenza del Consiglio;

§       Organi di rilievo costituzionale;

§       Enti di regolazione dell’attività economica;

§       Enti produttori di servizi economici;

§       Autorità amministrative indipendenti;

§       Enti a struttura associativa;

§       Enti produttori di servizi culturali;

§       Enti ed istituzioni di ricerca non strumentale;

§       Istituti e stazioni sperimentali per la ricerca;

§       Regioni; Province; Comuni e città metropolitane;

§       Unioni di Comuni e Consorzi tra comuni per l’esercizio associato di funzioni;

§       ASL ed Enti ed aziende ospedaliere;

§       Camere di commercio;

§       Enti per il turismo

§       Autorità portuali;

§       Comunità montane e isolane;

§       Enti regionali di sviluppo;

§       Agenzie regionali del lavoro;

§       Università ed istituti di istruzione universitaria;

§       Enti per il diritto allo studio;

§       Enti autonomi lirici ed istituzioni concertistiche assimilate;

§       Enti parco;

§       Enti regionali per la ricerca e per l’ambiente;

§       Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale.

Rispetto a tale elenco, il comma 6 della legge n. 311/2004 ha previsto alcune esclusioni, riguardanti, sul piano soggettivo, gli organi costituzionali e il Consiglio superiore della Magistratura, e, sul piano oggettivo, alcune particolari tipologie di spesa (interessi sui titoli di Stato; prestazioni sociali in denaro connesse a diritti soggettivi; trasferimenti all’Unione europea a titolo di risorse proprie).

 

 

Il comma 5 dispone che le somme provenienti dalle riduzioni operate ai sensi del comma 4 siano versate da ciascun ente, entro il 30 giugno 2006, all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2961 del Capo X, relativo alle somme dovute da enti ed istituti di credito.

E’ fatto divieto alle Amministrazioni vigilanti di procedere all’approvazione dei bilanci degli enti e degli organismi, in cui gli amministratori non abbiano espressamente dichiarato, nella relazione sulla gestione, di avere ottemperato alle disposizioni di contenimento delle spese disposte dai commi 4 e 5 in esame.

 

In base alle stime del Governo, le economie che dovrebbero derivare dall’applicazione delle disposizioni dei commi 4 e 5 in esame sono pari, in termini finanziari, a circa 180 milioni di euro.

La relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/05 precisava che una quantificazione dell’effettivo risparmio potrà essere fornita soltanto a consuntivo, “atteso che non sono disponibili alla data di entrata in vigore della norma i dati relativi agli stanziamenti ed ai corrispondenti impegni già assunti per tutti gli enti interessati”.

La stima fornita nella suddetta relazione tecnica si basa anche sui risultati conseguiti dalle analoghe misure di contenimento poste in essere negli anni precedenti con il D.L. n. 194 del 2002, il D.L. n. 168 del 2004 e, da ultimo, con la legge finanziaria per il 2005 (art. 1, co. 57, legge n. 311/2004), che ha fissato il limite all’incremento della spesa nel 2005, al netto delle spese di personale, nella misura del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

 

Si ricorda che disposizioni volte al contenimento delle spese, o di particolari tipologie di spese, degli enti pubblici territoriali sono già stata disposte a partire dal 2002, con il c.d. provvedimento “bloccaspese” (D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), con il D.L. 12 luglio 2004, n. 168 (legge n. 191/2004), c.d. decreto “tagliaspese ” e con la legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).

Il D.L. n. 194/2002 ha introdotto nel nostro ordinamento un meccanismo di controllo e di monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.

In particolare, l’art. 1, comma 3, del decreto-legge prevede che, in presenza di “uno scostamento rilevante degli obiettivi indicati per l’anno considerato dal DPEF e da eventuali aggiornamenti”, con DPCM possa essere adottato un atto di indirizzo per la definizione dei criteri di carattere generale ai fini del coordinamento dell’azione amministrativa del Governo per il controllo degli andamenti di finanza pubblica.

Sulla base dell’atto di indirizzo, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre, con proprio decreto, l’adozione di limitazioni all’assunzione degli impegni di spesa e all’emissione di titoli di pagamento a carico del bilancio dello Stato nonché (art. 1, comma 4)riduzioni delle spese di funzionamento di enti ed organismi pubblici non territoriali,con l'esclusione degli organi costituzionali.

 

Per il 2002, a seguito dell’atto di indirizzo approvato con D.P.C.M. 29 novembre 2002, con il D.M. Economia in pari data è stata disposta, ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2, la riduzione delle spese di funzionamento degli enti e organismi pubblici non territoriali, riferiti alla categoria dei beni di consumo e dei servizi, nella misura del 15%. Analoga riduzione è stata applicata per gli enti e organismi pubblici con contabilità esclusivamente civilistica, con riferimento ai costi della produzione, concernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi.

Con il successivo decreto del Ministro dell’economia del 18 aprile 2003, le aziende sanitarie, le aziende ospedaliere e gli istituti di ricerca e cura a carattere scientifico sono state escluse dell'obbligo di riduzione dei costi della produzione.

L’art. 1, comma 4, del D.L. n. 194/2002 prevede che le economie derivanti da tali riduzioni siano rese indisponibili, fino a diversa determinazione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il D.M. Economia del 29 novembre 2002 ha disposto che gli avanzi derivanti dalle predette riduzioni fossero evidenziati nella parte vincolata dell’avanzo di amministrazione, per gli enti che adottano contabilità finanziaria, ovvero in un apposito fondo di accantonamento, da iscrivere nel passivo della situazione patrimoniale, per gli enti ed organismi pubblici che adottano una contabilità esclusivamente civilistica.

 

Per il 2004, nell’ambito della manovra di contenimento dei saldi di finanza pubblica attuata con il D.L. n. 168/2004, il Governo ha disposto all’articolo 1, comma 8, la riduzione delle spese di funzionamento per consumi intermedi degli enti previdenziali pubblici,in misura non inferiore al 30% degli stanziamenti iniziali.

Anche tali somme sono state accantonate in un apposito fondo e non possono essere utilizzate se, in tal senso, non interviene un apposito decreto del Ministro dell’economia.

 

Si segnala che l’articolo 1, comma 35, del disegno di legge finanziaria per il 2006 nel testo approvato dal Senato, dispone, entro il 30 giugno 2006, il versamento all’entrata del bilancio dello Stato, con imputazione al capitolo 2961 del Capo X, delle somme accantonate dagli enti ed organismi pubblici non territoriali nel 2002 e nel 2004 ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del D.M. Economia 29 novembre 2002, attuativo dell’art. 1, co. 4, del D.L. n. 194/2002, e dell’articolo 1, comma 8, del D.L. n. 168/2004[206].

 

Si ricorda, infine, che per l’anno 2005 gli stanziamenti relativi a spese per consumi intermedi degli enti e degli organismi pubblici non territoriali sono sottoposti alla regola generale di contenimento delle spese della P.A.. dettata dall’art. 1, comma 5, della legge finanziaria per il 2005 (cd. regola del 2 per cento).

In particolare, per gli enti e gli organismi pubblici non territoriali, è stato fissato un limite all’incremento della spesa, al netto delle spese di personale del 4,5% rispetto all’ammontare delle spese effettuate nell’anno 2003.

Sono esclusi dall’applicazione della norma le Casse di previdenza, le altre associazioni e fondazioni di diritto privato; gli enti del sistema camerale.

In base alle stime della relazione tecnica al disegno di legge finanziaria, il limite di incremento del 4,5% delle spese degli enti e degli organismi pubblici non territoriali avrebbe douvto determinare, rispetto al tendenziale del conto economico delle amministrazioni pubbliche previsto per il 2005, un risparmio di spesa pari a 120 milioni di euro.

Secondo i dati forniti dal Ragioniere generale dello Stato, in data 10 novembre 2005, su 109 enti (rispetto ai 111 tenuti al rispetto della regola), 98 hanno rispettato i limiti di spesa previsti dalla legge finanziaria per il 2005[207].

 


Articolo 11-ter, comma 6
(Fondo per i consumi intermedi)

 


6. A valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 11-quater del presente decreto, un importo pari a 50 milioni di euro è iscritto in un apposito fondo da istituire nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, la cui utilizzazione è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su motivata richiesta delle amministrazioni interessate, per indifferibili esigenze connesse alle spese per consumi intermedi.


 

 

L’articolo 11-ter, commi 6, ha un contenuto sostanzialmente identico a quello dell’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 211/2005, recante misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale.

 

Esso prevede l’istituzione, nell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo per far fronte ad indifferibili esigenze connesse alle spese per consumi intermedi.

Il fondo ha una dotazione di 50 milioni di euro, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 11-quater, che modifica, limitatamente al periodo di imposta 2005, la disciplina degli ammortamenti fiscali dei beni materiali strumentali per l’esercizio di attività relative alla distribuzione di gas naturale e di energia elettrica.

 

Per quanto concerne le modalità di utilizzazione delle risorse del Fondo, la disposizione fa riferimento all’adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, a seguito di motivate richieste avanzate dalle amministrazioni interessate.

 

Come evidenziato nella relazione tecnica allegata al decreto-legge n. 211/05, la norma introdotta dal comma 6 costituisce una sorta di “clausola di salvaguardia, da attivare nel caso sopravvengano indifferibili esigenze connesse con le spese per consumi intermedi”.

 

Dalla formulazione della norma non risulta peraltro chiaro quali siano le “amministrazioni interessate” che avrebbero accesso alle risorse del Fondo.

Per un verso, la relazione illustrativa allegata al decreto-legge n. 211/05 fa riferimento alle “amministrazioni interessate alle riduzioni delle spese indicate nel medesimo articolo 1”: in questo caso, la norma sembrerebbe riguardare sia le amministrazioni centrali, di cui al comma 1, sia gli enti pubblici non territoriali, indicati dal comma 4. Per un altro verso, la relazione precisa che il meccanismo di funzionamento del Fondo è rimesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri proprio in funzione del suo ruolo di coordinamento dell’attività delle diverse “amministrazioni centrali”, escludendo, pertanto, la possibilità di accesso al Fondo agli enti pubblici non territoriali.

 

A tale proposito si ricorda che una disposizione con analoghe finalità di salvaguardia delle esigenze di spese per consumi intermedi delle amministrazioni centrali è stata introdotta dalla legge finanziaria per il 2003, in conseguenza della riduzione, più volte effettuata nell’ambito delle manovre di finanza pubblica, degli stanziamenti del bilancio dello Stato relativi alla categoria di spesa “consumi intermedi”.

 

L’articolo 23, comma 1, della legge n. 289 del 2002 ha infatti previsto, nell’ambito di ciascuno stato di previsione della spesa, l’istituzione di un apposito fondo di riserva per consumi intermedi, destinato a finanziare le sopravvenute maggiori esigenze di spese per consumi intermedi di ciascun Ministero, ai fini di una gestione più flessibile delle risorse di bilancio.

La dotazione di ciascun fondo è stata costituita dalle risorse derivanti dalla riduzione del 10% degli stanziamenti di ciascun Ministero, previsti per l’esercizio finanziario 2003, relativi a spese per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria.

La ripartizione del fondo è disposta tramite decreti del Ministro competente e successivamente comunicata, a soli fini conoscitivi (non essendo prevista l’espressione di un parere), al Mistero dell’economia e delle finanze, alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

La Circolare del 4 febbraio 2003, n. 8 del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di assicurare uniformità di applicazione e coordinamento gestionale, ha ulteriormente specificato l’applicazione della norma, precisando che ciascun fondo di riserva deve essere utilizzato dalle amministrazioni per la soddisfazione di tutte le occorrenze per consumi intermedi sopravvenute, non potendosi far ricorso a prelevamenti dai fondi di carattere generale del bilancio statale né ad integrazioni in fase di assestamento.

A tal fine, le amministrazioni sono tenute a valutare le sopravvenute esigenze effettivamente non comprimibili tenendo conto in particolare che non possono essere “integrati” capitoli di spesa che abbiano una dotazione predeterminata per legge.


Articolo 11-quater
(Ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio di alcune attività regolate)

 


1. Per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto opera la disciplina del presente articolo relativamente all’ammortamento dei beni materiali strumentali per l’esercizio delle seguenti attività regolate:

a) distribuzione e trasporto di gas naturale di cui all’articolo 2, comma 1, lettere n) e ii), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di attuazione della direttiva 98/30/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas;

b) distribuzione di energia elettrica e gestione della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica di cui all’articolo 2, commi 14 e 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, di attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica.

2. Le quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio delle attività regolate di cui al comma 1 sono deducibili in misura non superiore a quella che si ottiene dividendo il costo dei beni per le rispettive vite utili così come determinate ai fini tariffari dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas:

a) nelle tabelle 1 e 2, rubricate “durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture“ ed allegate alle delibere 29 luglio 2005, n. 166, e 30 settembre 2005, n. 206, rispettivamente per l’attività di trasporto e distribuzione di gas naturale. Per i fabbricati iscritti a bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 si assume una vita utile pari a 50 anni;

b) nell’appendice 1 della relazione tecnica alla delibera 30 gennaio 2004, n. 5, per l’attività di trasmissione e distribuzione di energia elettrica, rubricata “capitale investito riconosciuto e vita utile dei cespiti“.

3. Per i beni cui al comma 1, la vita utile cui fare riferimento ai fini di cui al comma 2 decorre dall’esercizio di entrata in funzione, anche se avvenuta presso precedenti soggetti utilizzatori, e non si modifica per effetto di eventuali successivi trasferimenti. Le quote di ammortamento del costo dei beni di cui al comma 1 sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene e per i beni ceduti o devoluti all’ente concessionario fino all’esercizio in cui avviene il trasferimento ed in proporzione alla durata del possesso.

4. Non è ammessa alcuna ulteriore deduzione per ammortamento anticipato o per una più intensa utilizzazione dei beni rispetto a quella normale del settore. Resta ferma, per quanto non diversamente disposto, la disciplina di cui all’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Le eventuali modifiche delle vite utili di cui al comma 2, deliberate ai fini tariffari dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas successivamente all’entrata in vigore del presente decreto, rilevano anche ai fini della determinazione delle quote di ammortamento deducibili.

6. In caso di beni utilizzati in locazione finanziaria, indipendentemente dai criteri di contabilizzazione, la deduzione delle quote di ammortamento compete all’impresa utilizzatrice; alla formazione del reddito imponibile di quella concedente concorrono esclusivamente i proventi finanziari impliciti nei canoni di locazione finanziaria determinati in ciascun esercizio nella misura risultante dal piano di ammortamento finanziario.

7. Quanto previsto dai precedenti commi si applica esclusivamente ai beni classificabili nelle categorie omogenee individuate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Per i beni non classificabili in tali categorie continua ad applicarsi l’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

8. La disposizione di cui al comma 6 si applica ai contratti di locazione finanziaria la cui esecuzione inizia successivamente all’entrata in vigore del presente decreto.

9. Per i costi incrementativi capitalizzati successivamente all’entrata in funzione dei beni di cui al comma 1 le quote di ammortamento sono determinate in base alla vita utile residua dei beni.

10. Nella determinazione dell’acconto dovuto ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) per il periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, calcolato in ogni caso in base alle disposizioni generali sui versamenti degli acconti delle imposte sui redditi di cui alla legge 23 marzo 1977, n. 97, in deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente articolo; eventuali conguagli sono versati insieme alla seconda ovvero unica rata dell’acconto. Per il periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nella determinazione dell’acconto dovuto ai fini dell’IRES e dell’IRAP si assume, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo.

11. Le maggiori entrate derivanti dal presente articolo, ad eccezione di quelle utilizzate ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 6, sono interamente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.


 

 

L’articolo 11-quater, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica la disciplina fiscale degli ammortamenti relativa ai soggetti che esercitano attività di trasporto e distribuzione del gas, di gestione della rete elettrica nazionale, nonché di distribuzione di energia elettrica.

La disposizione ha carattere temporaneo in quanto è riferita al solo periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge. Pertanto, relativamente ai soggetti che hanno l’esercizio sociale coincidente con l’anno solare, la disposizione interessa gli ammortamenti imputati nell’anno 2005.

 

Si segnala che le disposizioni contenute nell’articolo in commento sono già in vigore in quanto contenute nell’articolo 2 del decreto legge 17 ottobre 2005, n. 211, concernente “Misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale”, attualmente in corso di conversione in legge (termine per la conversione: 17 dicembre 2005).

 

Ai sensi del comma 1 sono interessati dalla disposizione i soggetti che esercitano le seguenti attività:

a)      distribuzione e trasporto di gas naturale di cui all’articolo 2, comma 1, lettere n) e ii), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164.

Il decreto legislativo n. 164 del 2000[208] (c.d. decreto Letta) è stato emanato in attuazione della delega conferita al Governo al fine di promuovere la liberalizzazione del mercato del gas naturale, con particolare riferimento all'attività di trasporto, stoccaggio e distribuzione, contenuta nell’articolo 41 della legge n. 144 del 1999[209] .

L’articolo 2 contiene le definizioni rilevanti per l’applicazione del decreto medesimo. In particolare, la lettera n) del comma 1 precisa che con il termine “distribuzione” s’intende il trasporto di gas naturale attraverso reti di gasdotti locali per la consegna ai clienti, mentre la lettera ii) chiarisce che il termine “trasporto” designa il trasporto di gas naturale attraverso la rete di gasdotti, esclusi i gasdotti di coltivazione e le reti di distribuzione.

b)      distribuzione di energia elettrica e gestione della rete di trasmissione nazionale dell’energia elettrica di cui all’articolo 2, commi 14 e 20, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

Il decreto legislativo n. 79 del 1999[210] è stato emanato in attuazione della delega conferita al Governo al fine di promuovere la liberalizzazione del settore energetico, contenuta nell’articolo 36 della legge n. 128 del 1998[211].

Ai sensi del comma 14 dell’articolo 2, con il termine “distribuzione” s’intendono il trasporto e la trasformazione di energia elettrica su reti di distribuzione a media e bassa tensione per le consegne ai clienti finali. Il successivo comma 20 definisce la “rete di trasmissione nazionale” come il complesso delle stazioni di trasformazione e delle linee elettriche di trasmissione ad alta tensione sul territorio nazionale gestite unitariamente.

 

Il comma 2 interviene sulle modalità di determinazione della vita utile dei beni materiali strumentali relativi alle attività individuate al comma 1.

In particolare, prevedendosi una maggiore vita utile, viene ridotta la quota di ammortamento annuo deducibile fiscalmente.

 

Dal punto di vista fiscale, il costo dei beni di durata pluriennale è ripartito in più esercizi e la quota deducibile in ciascun esercizio rappresenta l’ammortamento ordinario annuo. In altre parole, poiché il bene strumentale non esaurisce la propria utilità in un unico esercizio, il costo per esso sostenuto viene ripartito in tutti in gli esercizi nei quali si suppone che il cespite venga utilizzato (vita utile). La quota di ammortamento ordinario si determina applicando al costo di acquisto o di costruzione i coefficienti determinati dai decreti emanati ai sensi dell’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. In particolare, i coefficienti di ammortamento sono stabiliti dal D.M. 29 ottobre 1974, per gli ammortamenti iniziati entro il 31 dicembre 1988, e dal D.M. 31 dicembre 1988, per gli ammortamenti dei beni strumentali entrati in funzione nei periodi d’imposta iniziati in data successiva al 31 dicembre 1988. I coefficienti sono determinati sulla base della vita utile presunta di ciascun bene utilizzato in ogni specifica attività.

 

Le disposizioni qui commentate modificano il computo delle quote d’ammortamento, prevedendo, in luogo dell’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto ministeriale a fini fiscali, il riferimento alla vita utile determinata dall’autorità di regolazione del settore energetico a fini tariffari.

 

Per quanto riguarda l’attività di trasporto di gas naturale, la lettera a) del presente comma rinvia a quanto indicato nella tabella 1 allegata alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 166 del 29 luglio 2005.

Secondo quanto indicato nella tabella 1:

-        per i fabbricati la durata media è fissata in 40 anni. Tuttavia, la lettera a) del presente comma precisa che per i fabbricati iscritti in bilancio fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 si assume una vita utile pari a 50 anni, cui corrisponde un coefficiente di ammortamento pari al 2% del costo.

Ai sensi del citato D.M. 31 dicembre 1988, relativamente all’attività di produzione e distribuzione di gas naturale sono fissati i seguenti coefficienti di ammortamento:

-        Fabbricati destinati all’industria................................................................. 5,5%

-        Costruzioni leggere (baracche, tettoie, ecc.)............................................. 10,0%

In sostanza, relativamente ai fabbricati iscritti al 31 dicembre 2004, la quota di ammortamento fiscalmente deducibile viene ridotta dal 5,5% o 10% al 2%;

-        per i metanodotti (condotte e derivazioni) la vita utile è fissata in 40 anni.

Il D.M. 31 dicembre 1988 fissa i seguenti coefficienti di ammortamento:

-        Condotte dorsali per trasporto a grandi distanze dai centri di produzione........ 10%

-        Condotte dorsali per trasporto a grandi distanze dai giacimenti gassoso-acquiferi; condotte di derivazione e di allacciamento........................................................................................... 12%

-        Condotte per usi civili (reti urbane).............................................................. 8%.

In sostanza, relativamente ai metanodotti la quota di ammortamento fiscalmente deducibile viene ridotta dal 12, 10 o 8 per cento al 2,5%.

-        per quanto riguarda gli altri beni strumentali, la tabella 1 ìndica:

-        centrali di spinta                                               20 anni (coefficiente 5%);

-        misuratori                                                         20 anni (coefficiente 5%);

-        altre immobilizzazioni                                      10 anni (coefficiente 10%).

Il D.M. 31 dicembre 1988, relativamente ai restanti cespiti, fissa i seguenti coefficienti di ammortamento:

-        stazioni di compressione e pompaggio....................................................... 10%

-        attrezzatura varia e minuta; apparecchi di misura e controllo e bombole........ 10%

-        impianti destinati al trattamento e al depuramento delle acque, fumi nocivi etc., mediante impiego di reagenti chimici.................................................................................................... 15%

-        mobili e macchine ordinarie d’ufficio........................................................... 12%

-        macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche, compresi i computers e i sistemi telefonici elettronici  20%

-        autoveicoli da trasporto (autoveicoli pesanti in genere, carrelli elevatori, mezzi di trasporto interno etc.)         20%

-        autovetture, motoveicoli e simili.................................................................. 25%

 

Relativamente all’attività di distribuzione di gas naturale, la lettera a) del presente comma rinvia alla tabella 2 allegata alla deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 206 del 30 settembre 2005.

 

Si segnala, in proposito, che alla deliberazione n. 206 del 2005 non risultano allegate tabelle. Poiché tale deliberazione, al punto 1, proroga per l'anno termico 2005-2006, in via transitoria sino a successivo provvedimento dell'Autorità e salvo conguaglio, l’applicazione delle tariffe stabilite ai sensi della deliberazione n. 170/04 del 29 settembre 2004 (pubblicata nella Gazzetta ufficiale 16 ottobre 2004, n. 244), alla quale è allegata una tabella 2 rubricata: “Durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture”, potrebbe ritenersi che il riferimento debba intendersi operato a quest’ultima.

Appare necessario un chiarimento a questo riguardo.

 

È riportata di seguito la tabella 2 allegata alla deliberazione n. 170/04 del 29 settembre 2004, come modificata dalla deliberazione n. 122/05 del 21 giugno 2005.

Durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture

Categoria di cespiti

Durata in anni

Fabbricati

40

Condotte stradali

40

Impianti di derivazione (allacciamenti)

40

Misuratori

20

Impianti principali e secondari

20

Altre immobilizzazioni

10

 

I coefficienti di ammortamento corrispondenti alle vite utili di 40, 20 e 10 anni sono pari, rispettivamente, a 2,5%, 5% e 10%.

 

Per quanto concerne i coefficienti di ammortamento ordinario fissati ai sensi dell’articolo 102 del TUIR, si rinvia a quelli indicati relativamente all’attività di trasporto di gas naturale in quanto il più volte richiamato DM 31 dicembre 1988 determina i medesimi coefficienti in relazione alla produzione e alla distribuzione di gas naturale.

 

Ai sensi della lettera b) del presente comma 2, ai fini dell’individuazione della vita utile dei cespiti relativi all’attività di trasmissione e distribuzione di energia elettrica si applica l’appendice 1 della relazione tecnica alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 5 del 30 gennaio 2004.

 

Si segnala che, a differenza di quanto disposto dall’articolo 2 del decreto legge n. 211 del 2005, il testo della norma in commento non specifica che il soggetto emittente della delibera è l’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

 

La vita utile tecnico-economica individuata nella citata appendice è la seguente:

Fabbricati..................................................................................... 40 anni

Linee di trasmissione.................................................................. 40 anni

Stazioni elettriche........................................................................ 33 anni

Linee A.T...................................................................................... 40 anni

Cabine primarie........................................................................... 30 anni

Sezioni M.T. e centri satellite....................................................... 30 anni

Cabine secondarie...................................................................... 30 anni

Trasformatori cabine secondarie................................................ 30 anni

Linee M.T..................................................................................... 30 anni

Linee B.T..................................................................................... 30 anni

Prese utenti................................................................................. 30 anni

Contatori, limitatori, misuratori................................................... 20 anni.

 

I coefficienti di ammortamento relativi al settore energia elettrica fissati nel D.M. 31 dicembre 1988 sono i seguenti:


 

Specie 1ª/a - Produzione e distribuzione di energia elettrica idroelettrica:

Fabbricati destinati all'industria

3%

Costruzioni leggere (tettoie, baracche etc.)

10%

Opere idrauliche fisse

1%

Condotte forzate

4%

Centrali idroelettriche (esclusi i fabbricati)

7%

Linee di trasporto A.T.

4%

Sottostazioni di trasformazioni (esclusi i fabbricati)

7%

Rete di distribuzione B.T.

8%

Attrezzatura varia e minuta - Apparecchi di misura e controllo

10%

Impianti destinati al trattamento e al depuramento delle acque, fumi nocivi etc. mediante impiego di reagenti chimici

15%

Mobili e macchine ordinarie d’ufficio

12%

Macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche compresi i computers e i sistemi telefonici elettronici

20%

Autoveicoli da trasporto (autoveicoli pesanti in genere, carrelli elevatori, mezzi di trasporto interno etc.

20%

Autovetture, motoveicoli e simili

25%

 

Specie 1ª/b - Produzione e distribuzione di energia elettrica termoelettrica.

Fabbricati destinati all'industria

4%

Costruzioni leggere (tettoie, baracche etc.)

10%

Centrali termoelettriche (esclusi i fabbricati)

9%

Linee di trasporto A.T.

4%

Sottostazioni di trasformazioni (esclusi i fabbricati)

7%

Rete di distribuzione B.T.

8%

Attrezzatura varia e minuta - Apparecchi di misura e controllo

10%

Impianti destinati al trattamento e al depuramento delle acque, fumi nocivi etc. mediante impiego di reagenti chimici

15%

Mobili e macchine ordinarie d’ufficio

12%

Macchine d’ufficio elettromeccaniche ed elettroniche compresi i computers e i sistemi telefonici elettronici

20%

Autoveicoli da trasporto (autoveicoli pesanti in genere, carrelli elevatori, mezzi di trasporto interno etc.

20%

Autovetture, motoveicoli e simili

25%

 

Sarebbe opportuno chiarire se sia ammesso recuperare in esercizi successivi le maggiori quote di ammortamento non dedotte nell’esercizio 2005 in conseguenza dell’applicazione delle disposizioni del presente articolo.

La soluzione negativa comporterebbe l’impossibilità di dedurre fiscalmente l’intero costo del bene, facendo derivare dalle disposizioni – dichiaratamente transitorie – del presente articolo conseguenze definitive difformi dal normale funzionamento della disciplina degli ammortamenti stabilita dall’articolo 102 del TUIR[212].

 

Il comma 7 limita l’applicazione della disciplina speciale degli ammortamenti, stabilita dai commi da 1 a 6, esclusivamente ai beni classificabili nelle categorie omogenee individuate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas.

Per i beni non classificabili in tali categorie continua ad applicarsi l'articolo 102 del TUIR.

 

Si tratta delle categorie di cespiti indicate nelle tabelle allegate alle deliberazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, indicate nel comma 2 del presente articolo.

 

Poiché le suddette tabelle, oltre alle voci che designano beni materiali riferibili a categorie omogenee, contengono la categoria residuale denominata: “Altre immobilizzazioni” (assegnando ad essa una durata convenzionale di 10 anni), sembrerebbe potersi ritenere che l’ammortamento dei beni ricadenti in quest’ultima fattispecie resti disciplinato a norma dell’articolo 102 del TUIR (anche ove siano utilizzati in locazione finanziaria, poiché il presente comma richiama anche il comma 6 che regola tale ipotesi).

 

Il comma 3 dispone che la vita utile decorre, in ogni caso, dall’esercizio in cui il cespite è entrato in funzione, non rilevando, a tal fine, eventuali trasferimenti del bene ad altri soggetti utilizzatori.

 

La novità introdotta riguarda i beni strumentali usati, per i quali la data di entrata in funzione non coincide con l’inizio della procedura di ammortamento effettuata dalla società acquirente.

 

Le disposizioni generali sull’ammortamento ordinario non disciplinano procedure differenti tra acquisto di cespiti nuovi e quelli usati. L’articolo 102, comma 1, del TUIR dispone che le quote di ammortamento del costo dei beni materiali sono deducibili a partire dall’esercizio di entrata in funzione del bene stesso.

 

Stando al tenore della norma, sembrerebbe che, a titolo di esempio, relativamente all’acquisto di un fabbricato usato, costruito ed entrato in funzione 60 anni prima, non possa essere dedotta la quota di ammortamento ordinario.

 

Ai sensi del medesimo comma 3, inoltre, in caso di trasferimento o devoluzione del bene all’ente concessionario, la quota di ammortamento è deducibile fino all’esercizio in cui avviene il trasferimento e in proporzione alla durata del possesso.

 

Non appare chiara la determinazione delle condizioni di applicabilità e dei soggetti destinatari della presente disposizione.

Poiché l’ente concessionario sembrerebbe identificabile in uno dei soggetti esercenti l’attività di trasporto e distribuzione, cui si applica la disciplina del presente articolo, la previsione di deducibilità delle quote di ammortamento “fino all’esercizio in cui avviene il trasferimento” (all’ente concessionario da parte di altro soggetto) parrebbe riguardare un soggetto diverso, non altrimenti sottoposto alle disposizioni del presente articolo.

Potrebbe trattarsi di mero errore materiale, da sanare leggendo la parole: “concedente” in luogo di: “concessionario”. La norma disciplinerebbe in tal caso la deducibilità degli ammortamenti nell’ipotesi di cessione dell’infrastruttura all’ente pubblico territoriale che ha rilasciato la concessione.

 

Il comma 4 esclude la possibilità di imputare nell’esercizio interessato quote di ammortamento anticipato ovvero di ammortamento accelerato.

 

Il comma 3 dell’articolo 102 del TUIR reca disposizioni circa l’ammortamento anticipato e l’ammortamento accelerato per più intenso utilizzo del bene.

L’ammortamento anticipato viene imputato a soli fini fiscali con l’obiettivo di anticipare la deduzione di una parte del costo complessivo del bene. Esso consiste nella facoltà di elevare, fino a due volte, la quota di ammortamento ordinario nei soli primi tre esercizi a decorrere dall’entrata in funzione del bene. Nell'ipotesi di beni già utilizzati da parte di altri soggetti, l'ammortamento anticipato può essere eseguito dal nuovo utilizzatore soltanto nell'esercizio in cui i beni sono entrati in funzione.

L’ammortamento accelerato, che consente di anticipare la deduzione di quote di ammortamento, è ammesso in caso di una maggiore e comprovata utilizzazione del bene rispetto quella normale del settore.

 

Per quanto non diversamente disposto, rimane ferma l’applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

 

La disposizione non sembra avere efficacia limitata soltanto al contenuto del comma 4 (che esclude l’applicabilità di alcuni istituti previsti dall’articolo 102 del TUIR): essa sembra invece configurarsi come generale rinvio alle disposizioni dell’articolo 102 del TUIR per quanto non sia espressamente disciplinato dal presente articolo.

 

Il rinvio comporterebbe quindi:

-    l’applicabilità del principio generale secondo cui le quote di ammortamento sono deducibili a partire dall'esercizio di entrata in funzione del bene (comma 1);

-    la deducibilità del costo residuo in caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo (comma 4);

-    la deducibilità integrale delle spese di acquisizione nell'esercizio in cui sono state sostenute per i beni il cui costo unitario non è superiore a 516,46 euro (comma 5);

-    la deducibilità delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili, e la deducibilità della parte eccedente tale limite per quote costanti nei cinque esercizi successivi, nonché – al di fuori del predetto limite – la deducibilità, nell'esercizio di competenza, dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni (comma 6);

-    la deducibilità delle quote di ammortamento relative alle aziende date in affitto o in usufrutto nella determinazione del reddito dell'affittuario o dell'usufruttuario (comma 8);

-    la disciplina speciale relativa alla deducibilità delle quote di ammortamento, dei canoni di locazione, anche finanziaria, o di noleggio e delle spese d’impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione soggette alla tassa sulle concessioni governative (comma 9).

 

Qualora la disposizione debba configurarsi nei termini anzidetti, cioè come rinvio residuale alla disciplina dell’articolo 102 del TUIR, sarebbe opportuno disgiungerla dalla disposizione che esclude ammortamenti anticipati o accelerati, collocandola in separato comma.

 

Il comma 5 stabilisce che, qualora l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, modifichi la durata della vita utile dei beni strumentali a fini tariffari rispetto a quanto stabilito nelle deliberazioni richiamate al comma 2, le eventuali modificazioni rilevano anche per la determinazione delle quote di ammortamento deducibili.

 

Le deliberazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 170/04 del 29 settembre 2004 e n. 166/2005 del 29 luglio 2005, i cui allegati disciplinano la durata convenzionale tariffaria delle infrastrutture agli effetti della determinazione delle tariffe per l'attività di distribuzione e per il trasporto e il dispacciamento di gas naturale, riguardano, rispettivamente, il periodo di regolazione intercorrente tra il 1° ottobre 2004 e il 30 settembre 2008 e il periodo di regolazione intercorrente tra il 1° ottobre 2005 e il 30 settembre 2009. Per altro, nella deliberazione n. 206 del 30 settembre 2005 (che, come già ricordato, proroga l’efficacia della deliberazione n. 170/04) è dichiarato espressamente che si provvede con essa “in via transitoria sino a successivo provvedimento dell’Autorità e salvo conguaglio”.

 

Il comma 6 disciplina il regime dei beni utilizzati in locazione finanziaria.

È disposto a questo riguardo che la deduzione delle quote di ammortamento ad essi riferite competa all'impresa utilizzatrice, indipendentemente dai criteri di contabilizzazione.

Alla formazione del reddito imponibile dell’impresa concedente concorrono esclusivamente i proventi finanziari impliciti nei canoni di locazione finanziaria determinati in ciascun esercizio nella misura risultante dal piano di ammortamento finanziario.

 

La disciplina fiscale prevista, anche se riferita ad un solo esercizio, riproduce quanto previsto dai principi contabili internazionali (IAS/IFRS n. 17, in materia di contratti di locazione finanziaria).

In linea generale, infatti, mentre il leasing, nel metodo contabile nazionale, si basa su un criterio patrimoniale, negli IAS prevale l’aspetto finanziario.

Il metodo patrimoniale è disciplinato dall’articolo 102, comma 7, del TUIR, ai sensi del quale per i beni concessi in locazione finanziaria:

a)       l'impresa concedente imputa a conto economico, quale componente positivo di reddito, i relativi canoni e deduce, quale componente negativo, quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario[213]; non è ammesso l'ammortamento anticipato. Nell’attivo dello stato patrimoniale, tra le immobilizzazioni materiali, iscrive il bene concesso in locazione finanziaria;

b)      indipendentemente dai criteri di contabilizzazione[214], per l'impresa utilizzatrice è ammessa la deduzione dei canoni di locazione a condizione che la durata del contratto non sia inferiore:

-        a otto anni, se in contratto ha per oggetto beni immobili (in proposito si rinvia all’illustrazione delle modifiche introdotte dall’articolo 5-ter del decreto legge in esame);

-        alla metà del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito dal decreto ministeriale emanato a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa, se il contratto ha per oggetto beni mobili.

Il leasing finanziario, secondo lo IAS 17, deve essere invece contabilizzato facendo riferimento alla sua natura sostanziale e finanziaria e non alla sua forma giuridica[215]. In particolare, i canoni periodici devono essere suddivisi tra la quota di restituzione del debito e la quota di interesse.

La società utilizzatrice iscrive nel proprio stato patrimoniale:

-        nell’attivo, tra le immobilizzazioni materiali, il bene oggetto del contratto per un valore corrispondente al costo di acquisto sostenuto dalla società di leasing;

-        nel passivo, il debito verso la società di locazione finanziaria. L’importo iniziale del debito coincide con il costo di acquisto sostenuto dalla società di leasing e, man mano che vengono pagati i canoni, l’importo del debito si riduce per le corrispondenti quote di debito corrisposte. Questa voce, pertanto, evidenzia il debito residuo, relativo alla sola quota capitale, dovuto dalla società utilizzatrice alla società di leasing.

La medesima società utilizzatrice iscrive nel conto economico, tra i componenti negativi, l’ammortamento del bene e gli interessi passivi corrisposti alla società di leasing.

La società di Ieasing, invece, iscrive nel conto economico, tra i componenti positivi di reddito, gli interessi attivi inclusi nel canone periodico.

 

Il comma 8 precisa che le disposizioni testé descritte si applicano ai contratti di locazione finanziaria la cui esecuzione inizia “successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.

 

Sarebbe opportuno indicare, quale riferimento temporale, la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

 

La disposizione inverte, per l’impresa utilizzatrice, il criterio previsto dall’articolo 102, comma 7, del TUIR, consentendo la deduzione delle quote d’ammortamento del bene locato (che si ritiene debbano venire computate secondo i princìpi del presente articolo) in luogo della deduzione dei canoni corrisposti.

Sarebbe opportuno chiarire gli effetti della disposizione – che si applica ai soli contratti eseguiti dopo la data fissata – per i periodi d’imposta successivi, in considerazione del disposto del comma 1 del presente articolo, il quale limita l’efficacia della disciplina introdotta al solo periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Il comma 9 disciplina il trattamento delle spese imputate a incremento del costo del bene.

 

Il trattamento fiscale delle spese incrementative è disciplinato dall'articolo 102, comma 6, del TUIR, che consente di imputare le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione ad incremento del costo dei beni cui afferiscono, aumentandone il valore contabile: in questo caso, gli ammortamenti, anche ai fini fiscali, sono computati sull'intero valore incrementato. Qualora non sia operata tale imputazione nel bilancio, è consentita la deduzione dei predetti costi nell'esercizio in cui sono sostenuti entro il limite del 5 per cento del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili.

 

Il presente comma stabilisce, in relazione ai beni materiali strumentali cui si applica la presente disciplina, che per i costi incrementativi capitalizzati dopo la loro entrata in funzione le quote di ammortamento sono determinate in base alla vita utile residua dei beni stessi.

 

Si richiamano a questo riguardo alcune indicazioni fornite dall’amministrazione finanziaria circa il trattamento delle spese incrementative.

Con la circolare n. 98/E-107570 del 17 maggio 2000, il Dipartimento delle entrate, richiesto di precisare se sia corretto applicare le aliquote di ammortamento al valore complessivo del cespite (costituito dal costo originario aumentato della spesa incrementativa), rispondeva che qualora le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione siano imputate ad incremento del costo del bene cui si riferiscono, gli ammortamenti vanno computati, anche ai fini fiscali, sull'intero valore incrementato.

Con la circolare n. 10/E del 16 marzo 2005, l’Agenzia delle entrate ha precisato quest’interpretazione rilevando che “le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, secondo corretti princìpi contabili, sono capitalizzabili ad incremento del valore dei relativi beni solo nel caso in cui si riferiscano a migliorie, modifiche, ristrutturazioni o rinnovamenti dei cespiti esistenti e sempre che si concretizzino in un incremento significativo e misurabile di produttività, ovvero prolunghino la vita utile del bene (cosiddette spese di manutenzione straordinaria)”. In tal caso, gli ammortamenti vanno computati sull'intero valore incrementato del bene: pertanto, l'eventuale maggior ammortamento non imputabile in bilancio potrà essere dedotto extracontabilmente attraverso il prospetto EC.

Qualora invece si tratti di spese sostenute per mantenere in efficienza le immobilizzazioni materiali, onde garantire la loro vita utile prevista e la loro capacità produttiva originaria, “esse rappresentano costi di periodo da imputare integralmente al conto economico dell'esercizio di competenza (cosiddette spese di manutenzione ordinaria)” e sono quindi deducibili ai sensi del comma 6 dell'articolo 102 del TUIR, nei limiti del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili; l'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi, non applicandosi la deduzione extracontabile prevista dall'articolo 109, comma 4, del medesimo testo unico.

 

Il comma 10 dispone che l'acconto dovuto ai fini dell'IRES e dell'IRAP per il periodo d'imposta in corso “alla data di entrata in vigore del presente decreto” sia calcolato in ogni caso in base alle disposizioni generali sui versamenti degli acconti delle imposte sui redditi stabilite dalla legge 23 marzo 1977, n. 97, assumendo quale imposta del periodo precedente l’imposta che si sarebbe determinata applicando le disposizioni del presente articolo.

 

Sarebbe opportuno rettificare il riferimento al periodo di imposta, al fine di renderlo omogeneo con quello indicato nel comma 1.

Infatti, la nuova disciplina introdotta dal comma 1 si applica, come indicato nel medesimo comma, con riferimento al periodo di imposta alla “data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Ai sensi del comma 10, invece, la rideterminazione degli acconti d’imposta dovuti deve essere effettuata con riferimento al periodo d’imposta in corso alla “data di entrata in vigore del presente decreto”.’

In sostanza, per quanto riguarda i soggetti con esercizio coincidente con anno solare si tratta, in ogni caso, dell’anno 2005.

Per gli altri soggetti, invece, ed in particolare per coloro il cui periodo d’imposta termina nel periodo compreso tra il 4 ottobre 2005 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la data di entrata in vigore della legge di conversione, la sfasatura temporale potrebbe comportare l’applicazione della nuova disciplina in un periodo d’imposta successivo a quello relativamente al quale devono essere rideterminati gli acconti. Per tali soggetti, inoltre, la disciplina contenuta nel comma 10 non troverebbe, in ogni caso, attuazione in quanto il termine per il pagamento della seconda o unica rata di imposta risulta già scaduta.

 

L’articolo 1 della legge n. 97 del 1977 prescrive ai contribuenti soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche o all'imposta sul reddito delle persone giuridiche (ora imposta sul reddito delle società) di versare, a titolo di acconto dell'imposta dovuta per il periodo d'imposta in corso, un importo calcolato sull'imposta relativa al precedente periodo d’imposta, come indicata, al netto delle detrazioni e dei crediti d'imposta e delle ritenute d'acconto, nella dichiarazione dei redditi presentata per il periodo stesso (o, se omessa, sull'imposta corrispondente al reddito complessivo che avrebbe dovuto essere dichiarato, al netto delle detrazioni e crediti d'imposta e delle ritenute d'acconto).

La misura dell’acconto, originariamente stabilita nel 75 per cento, è stata da ultimo elevata al 99 per cento per le persone fisiche e al 100 per cento per le società, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006 (articolo 1, comma 301, della legge 30 dicembre 2004, n. 311). Tuttavia, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera n) del decreto legislativo n. 344 del 2003, concernente la disciplina dell’imposta sui redditi delle società, la misura dell’acconto ai fini IRES per l’anno 2005 è pari al 102,5 per cento.

L’acconto dovuto ai fini IRAP dalle società di capitali, la misura fissata per l’anno 2005 è pari al 99 per cento[216].

L'acconto non deve essere versato se l'imposta relativa al periodo d'imposta precedente, al netto delle detrazioni e dei crediti d'imposta e delle ritenute d'acconto, sia di ammontare non superiore a lire centomila (euro 51,65) per i contribuenti soggetti all'imposta sul reddito delle persone fisiche e a lire quarantamila (euro 20,66) per quelli soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche.

I termini per il versamento sono ora stabiliti dall’articolo 17 del regolamento approvato con D.P.R. 7 dicembre 2001, n. 435.

In particolare, per le imprese il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il termine per il versamento del secondo acconto scade il 30 novembre.

 

Secondo le prime interpretazioni apparse sulla stampa[217], l’obbligo di calcolare l’acconto “in ogni caso“ in base alle disposizioni generali contenute nella legge n. 97 del 1977 sembrerebbe volto ad escludere l'utilizzazione del criterio previsionale, ossia il computo sull’imposta che il contribuente prevede di versare per l'anno di competenza invece che sull’imposta relativa al precedente.

 

L’applicazione di tale criterio si fonda sul disposto dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1989, n. 154, il quale, al comma 2, esclude l’applicazione di interessi e sopratassa per omesso, insufficiente o ritardato versamento degli acconti, fra l’altro, se, in caso di insufficiente versamento della prima rata, l'importo versato non è inferiore al 40 per cento della somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto sulla base della dichiarazione relativa al periodo di imposta in corso ovvero, in caso di omesso o insufficiente versamento della seconda rata, se l'importo versato come prima rata o quello complessivamente versato non è inferiore alla somma che risulterebbe dovuta a titolo di acconto in base alla dichiarazione relativa al periodo in corso.

 

Poiché non è espressamente esclusa l’applicabilità della norma che esenta da interessi e soprattassa le fattispecie sopra indicate, appare dubbio che dalla disposizione formulata nei termini anzidetti possa derivare l’obbligo sanzionabile di adottare “in ogni caso” il criterio storico.

 

La disposizione stabilisce altresì che eventuali conguagli siano versati insieme alla seconda ovvero unica rata dell'acconto.

Come già ricordato, per i contribuenti il cui periodo d’imposta coincide con l’anno solare, il termine per il versamento del secondo acconto delle imposte relative all’anno 2005 scade il 30 novembre 2005.

Poiché l’articolo in commento è stato inserito nel corso dell’esame del provvedimento, la sua entrata in vigore dipende dalla legge di conversione del presente decreto legge. Tuttavia, alla medesima data del 30 novembre 2005 risulta in vigore il richiamato articolo 2 del decreto legge 17 ottobre 2005, n. 211.

 

Attesa la temporaneità della disposizione, la cui applicazione è limitata al periodo d’imposta in corso, è espressamente stabilito che nella determinazione degli acconti dovuti per il periodo d’imposta successivo dovrà invece assumersi, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata non applicando le disposizioni del presente articolo.

 

Anche in questo caso il testo della norma fa riferimento “alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Si rinvia, pertanto, a quanto già osservato in precedenza.

 

Poiché la disciplina contenuta nel presente articolo interviene nel corso dell’anno modificando i criteri di calcolo dell’imposta riferita al periodo in corso, nonché degli acconti da versarsi nel mese di novembre, la norma è espressamente qualificata come deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212.

 

L’articolo 3 della legge n. 212 del 2000, recante lo statuto dei diritti del contribuente, disciplina l’efficacia temporale delle norme tributarie stabilendo che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo e che, relativamente ai tributi periodici, le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono (comma 1).

Esso vieta altresì la previsione di adempimenti a carico dei contribuenti, la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data dell’entrata in vigore delle disposizioni che li disciplinano (comma 2).

 

Il comma 11 destina le maggiori entrate derivanti dal presente articolo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, ad eccezione degli importi utilizzati per sopperire a indifferibili esigenze connesse alle spese per consumi intermedi delle amministrazioni mediante il fondo istituito, con dotazione di 50 milioni di euro, dall'articolo 1, comma 6.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Mercato interno dell’energia

II 5 gennaio 2005 la Commissione ha presentato la quarta relazione di valutazione sulla realizzazione del mercato interno del gas e dell'elettricità(COM(2004)863).

La relazione evidenzia le difficoltà che incontra il processo di liberalizzazione del mercato energetico negli Stati membri ed i risultati globalmente insoddisfacenti che si registrano, dovuti in larga parte ai ritardi nel recepimento della normativa adottata a tal fine. Fra le questioni affrontate nella relazione figurano:

la mancata integrazione dell’offerta di energia in un mercato europeo più vasto: a tal riguardo la Commissione sottolinea la necessità di continuare a migliorare le regole sugli scambi transfrontalieri di elettricità e di procedere all’adozione della proposta di regolamento sugli scambi transfrontalieri di gas[218], senza trascurare gli investimenti nel settore delle infrastrutture;

il persistere, in un alto numero di Stati membri, di monopoli nel mercato dell’elettricità e del gas che frenano lo sviluppo della concorrenza;

la necessità di garantire una maggiore indipendenza dei gestori delle reti di trasmissione, la separazione fra questi ultimi e le società di produzione e l’indipendenza delle autorità regolatrici;

la necessità di promuovere la concorrenzialità del mercato e gli investimenti, frenatidall’esistenza di prezzi finali del gas e dell’elettricità regolamentati e di accordi a lungo termine per l’acquisto di elettricità;

il livello generalmente soddisfacente dell’approvvigionamento elettrico in tutti gli Stati membri, anche se rimane ancora lontano l’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Barcellona (marzo 2002) di portare in ogni Stato membro le interconnessioni transfrontaliere almeno al 10% della capacità di produzione entro il 2005. Secondo la Commissione, inoltre, le attuali capacità di importazione di gas nell’Unione europea sono sufficienti per soddisfare la domanda;

la necessità di tenere conto degli obblighi di servizio pubblico e della protezione degli utenti e dei consumatori finali mettendo a loro disposizione informazioni obiettive, intelligibili e trasparenti in materia di prezzi e servizi;

la necessità di garantire la compatibilità con gliobiettivi comunitari in materia di sostenibilità ambientale, mediante la promozione delle energie rinnovabili, la riduzione delle emissioni e una migliore gestione della domanda.

Per quanto riguarda l’Italia, la relazione evidenzia i risultati positivi raggiunti nella realizzazione del mercato interno del gas e nell’approvvigionamento di energia elettrica grazie all’entrata in rete di nuova capacità. L’Italia, tuttavia, rimane l’unico Stato membro a non aver raggiunto, nel 2004, una convergenza dei prezzi del mercato all’ingrosso intorno a 30 euro MWh sia per quanto riguarda gli scambi bilaterali, sia per gli scambi di elettricità standardizzati.

La relazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

Il 25 ottobre 2005 è stato firmato ad Atene il Trattato comunitario dell’energia volto ad estendere la creazione del mercato interno dell’elettricità e del gas ad una serie di paesi dell’Europa sud-orientale che non fanno parte dell’Unione europea.

Secondo la Commissione la firma di questo Trattato è di fondamentale importanza non soltanto perché contribuirà a preparare il processo di adesione all’UE di molti di questi Stati mediante l’estensione dei benefici che derivano dall’esistenza di un unico mercato interno dell’energia, ma anche perché rafforzerà la sicurezza degli approvvigionamenti energetici nell’Unione europea.

Il Trattato è stato firmato dai 25 Stati membri dell’UE, da una parte, e da Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Albania, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Romania, Bulgaria e Kosovo, dall’altra. Sono in corso negoziati con la Turchia, mentre a Moldavia, Ucraina e Norvegia è stato riconosciuto lo status di osservatori in attesa di un loro prossima adesione al Trattato.

 

Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di una comunicazione sullostato di avanzamento nella creazione del mercato interno dell’energia e per valutare, se necessario, l’adozione di misure supplementari.

Distribuzione di gas ed energia elettrica

Il 10 dicembre 2003 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure in materia di approvvigionamenti ed infrastrutture energetiche che comprende:

§      una comunicazione sulle infrastrutture energetiche e la sicurezza degli approvvigionamenti(COM(2003)743);

§      una proposta di decisione relativa ad una revisione degli orientamenti per le reti transeuropee dell’energia[219](COM(2003)742) al fine di tenere conto dell'adesione dei nuovi Stati membri.

Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il 10 giugno 2004 il Consiglio ha adottato un orientamento generale, in vista della posizione comune, che sarà adottata in una delle prossime sessioni. IlConsiglio, in particolare, ha deciso di eliminare dal testo della proposta gli articoli relativi all'attribuzione della dichiarazione di interesse europeo ad alcuni progetti particolarmente rilevanti per l'integrazione delle reti e alla nomina di coordinatori europei per progetti prioritari specifici. La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 7 giugno 2005; la seconda lettura è prevista per il 17 maggio 2006;

§      una proposta di direttiva relativa alle misure volte a garantire la sicurezza degli approvvigionamenti di elettricità e gli investimenti nelle infrastrutture (COM(2003)740).

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 5 luglio 2005 ed è in attesa della prima lettura del Consiglio.

 

Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di una proposta legislativa riguardante le condizioni di accesso agli impianti sotterranei di stoccaggio di gas nel mercato interno dell’energia.


Articolo 11-quinquies
(Dismissione di immobili)

 


1. Nell’ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso la dismissione di beni immobili pubblici, l’alienazione di tali immobili è considerata urgente con prioritario riferimento a quelli il cui prezzo di vendita sia determinato secondo criteri e valori di mercato. L’Agenzia del demanio è autorizzata, con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che li hanno in uso, a vendere con le modalità di cui all’articolo 7 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, i beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico, ivi compresi quelli individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.

2. Ferma restando l’applicazione dell’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, per la dismissione dei beni già individuati ai sensi dei commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, la vendita fa venir meno l’uso governativo, le concessioni in essere e l’eventuale diritto di prelazione spettante a terzi anche in caso di rivendita. Si intendono applicabili, anche quanto alle dichiarazioni urbani­stiche nonché agli attestati inerenti la destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge, le disposizioni di cui al secondo periodo del comma 17 dell’articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e successive modificazioni, nonché al primo ed al secondo periodo del comma 18 e al comma 19 del medesimo articolo 3. Resta ferma l’applicazione degli articoli 12, 54, 55, 56 e 57 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo.

3. Agli atti di alienazione di cui al comma 1 del presente articolo o comunque connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato si applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 275, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

4. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono riconosciuti all’Agenzia del demanio i maggiori costi sostenuti per le attività connesse all’attuazione del presente articolo, a valere sulle conseguenti maggiori entrate.

5. All’articolo 27, comma 13-ter, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, l’ultimo periodo è soppresso.

6. Il disposto dell’articolo 3, commi 18 e 19, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, deve interpretarsi nel senso che lo Stato, gli enti pubblici nonché le società di cui al comma 1 del citato articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001 sono esonerati anche dall’obbligo di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti nonché dall’obbligo di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

7. Gli immobili siti in Roma, via Nicola Salvi n. 68 e via Monte Oppio n. 12, già inseriti nelle procedure di vendita di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, sono esclusi da dette procedure di vendita.


 

L’articolo 11-quinquies, inserito nel corso dell’esame presso il Senato, detta disposizioni relative alla dismissione di beni immobili pubblici ad uso non abitativo.

 

Il primo periodo del comma 1 stabilisce che, nell’ambito delle azioni di perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l’alienazione di beni immobili pubblici è considerata urgente, con prioritario riferimento ai beni il cui prezzo di vendita è fissato secondo criteri e valori di mercato.

 

Questo primo periodo, contenente una norma di carattere programmatico, è identico al primo periodo dell’articolo 7 del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, il quale è tuttora in vigore.

 

Il secondo periodo del comma 1 autorizza l’Agenzia del demanio a vendere, con le modalità stabilite dall’articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, i beni immobili ad uso non abitativo appartenenti al patrimonio pubblico.

 

Il citato articolo 7 del D.L. n. 282 del 2002, secondo le cui modalità dovranno essere eseguite le vendite disposte dal comma 1 in esame, autorizza l’Agenzia del demanio a vendere a trattativa privata, anche in blocco, alcuni beni immobili appartenenti al patrimonio dello Stato, espressamente elencati dallo stesso decreto-legge[220].

 

Nell’ambito dei beni immobili da dismettere sono espressamente ricordati quelli indicati ai commi 13, 13-bis e 13-ter dell’articolo 27 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

 

Il comma 13 dell’articolo 27 sopra citato ha esteso l’applicazione di alcune norme, relative alle procedure di dismissione, ai seguenti immobili:

-        immobili di cui al comma 3 dell’articolo 27 citato, ossia gli immobili per i quali non sia stato riscontrato l’interesse culturale, a seguito della verifica prescritta dal medesimo articolo 27;

-        immobili individuati ai sensi dell’articolo 3, comma 112, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (collegato alla finanziaria per il 1997). Tale articolo prevede l’avvio di un programma di alienazione di immobili della Difesa, finalizzato alle esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, dettando le relative disposizioni procedurali e disponendo che gli immobili alienabili siano individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, sentiti i Ministri del tesoro e delle finanze[221];

-        immobili individuati ai sensi dell’articolo 44, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (collegato alla finanziaria per il 1999), ovvero immobili della Difesa, in relazione ai quali sia accertato il venir meno dell'interesse all'utilizzo per finalità militari, ovvero non risulti più economicamente conveniente la gestione diretta, da dismettere o da attribuire in gestione a terzi. Tali immobili sono stati individuati con D.P.C.M. 12 settembre 2000 (G.U. 20 settembre 2000, n. 228).

Il comma 13-bis del citato articolo 27 prevede che l’Agenzia del demanio, di concerto con il Ministero della difesa, individui beni immobili in uso al Ministero della difesa, non più utili ai fini istituzionali, da inserire in programmi di dismissione.

Il successivo comma 13-ter stabilisce che, in sede di prima applicazione dei sopra ricordati commi 13 e 13-bis, il Ministero della difesa, di concerto con l’Agenzia del demanio, individui entro il 28 febbraio 2005 beni immobili in uso all’amministrazione della Difesa, non più utili ai fini istituzionali, da dismettere. In attuazione di questa disposizione è stato emanato il decreto del Direttore generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con il direttore dell'Agenzia del demanio, del 28 febbraio 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 giugno 2005, n. 141.

 

Per completezza di esposizione si ricorda che, ai sensi del successivo comma 13-quater dello stesso articolo 27, gli immobili indicati al testé citato comma 13-ter sono assoggettati alle procedure di dismissione:

-        di cui al D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410[222];

-        di cui ai commi da 6 a 8 dello stesso articolo 27[223];

-        di cui ai commi 436, 437 e 438 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005)[224];

-        alle altre procedure di dismissioni previste dalle norme vigenti;

-        alla vendita a trattativa privata anche in blocco.

Infine, il comma 13-quinquies prevede che la Cassa depositi e prestiti, entro trenta giorni dalla data di individuazione degli immobili di cui al comma 13-ter, conceda anticipazioni finanziarie, pari al valore degli immobili, in favore del Ministero della difesa. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede poi al rimborso delle somme anticipate e dei connessi oneri finanziari, a valere sui proventi delle dismissioni degli immobili.

 

Per procedere alla vendita di cui al periodo in esame, l’Agenzia del demanio dovrà essere autorizzata con decreto dirigenziale del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con le amministrazioni che hanno in uso gli immobili da dismettere.

 

Il primo periodo del comma 2, facendo salva l’applicazione dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 (relativo alla verifica dell’interesse culturale: si veda infra) per la dismissione dei beni gia individuati ai sensi dei citati commi 13, 13-bis e 13-ter del medesimo articolo 27, prevede che la vendita fa venir meno l’uso governativo, le concessioni in essere e l’eventuale diritto di prelazione spettante a terzi, anche in caso di rivendita.

Il secondo periodo dello stesso comma 2 conferma inoltre l’applicazione del secondo periodo del comma 17 dell'articolo 3 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, del primo e secondo periodo del comma 18, nonché del comma 19 del medesimo articolo 3.

Il secondo periodo del citato comma 17 prevede che i trasferimenti a favore delle società di cartolarizzazione, effettuati ai sensi dell’articolo 1 dello stesso D.L. n. 351 del 2001, e le successive rivendite non sono soggetti:

-        alle autorizzazioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali di cui al D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490[225];

-        al diritto di prelazione riconosciuto agli enti locali territoriali dal comma 113 della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

-        a quanto disposto dall’articolo 19 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, concernente la proposizione di progetti di valorizzazione e gestione di beni immobili statali.

Il primo periodo del successivo comma 18 esonera lo Stato e gli altri enti pubblici dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale. Il secondo periodo dello stesso comma fa salvi i vincoli gravanti sui beni trasferiti.

Il comma 19 esonera le società di cartolarizzazione dalla garanzia per vizi e per evizione[226] e dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale. Lo stesso comma prevede che agli atti di rivendita da parte della società di cartolarizzazione non si applicano le nullità previste dal secondo comma dell’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47[227], e che, nell’ipotesi in cui l'immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della citata legge n. 47 del 1985, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento. Sono inoltre previste riduzioni degli onorari notarili, sia per gli atti di trasferimento, che per la stipulazione dei relativi mutui. In occasione degli atti di trasferimento dalla società di cartolarizzazione agli acquirenti, i notai provvedono a curare anche le formalità di trascrizione, intavolazione e voltura catastale relative ai trasferimenti in favore della società di cartolarizzazione, qualora le stesse non siano state già eseguite.

 

L’applicabilità delle disposizioni sopra illustrate viene espressamente riferita anche alle dichiarazioni urbanistiche e agli attestati inerenti alla destinazione urbanistico-edilizia previsti dalla legge. Per questo aspetto si veda anche il successivo comma 6 del presente articolo.

 

Il terzo periodo del comma 2 conferma, limitatamente alle procedure di dismissione successive a quelle di cui al primo periodo del presente comma 2, l’applicazione degli articoli 12 e 54-57 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio. Si ritiene pertanto che il rinvio operato dal primo periodo del comma 2 del presente articolo alle disposizioni dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 si riferisca esclusivamente alle procedure di dismissione di cui ai citati commi da 13 a 13-ter dello stesso articolo 27.

 

In proposito si segnala che le disposizioni contenute nell’articolo 27 del D.L. 269 del 2003 sono state sostituite - come di seguito specificato - dall’articolo 12 del citato codice, che ha fatto salvi solo alcuni commi del predetto articolo 27. Occorrerebbe pertanto chiarire il rapporto tra le due norme in questione, atteso che, dopo l’entrata in vigore dell’articolo 12 del codice e conclusa la fase di prima applicazione prevista dall’articolo 27 del decreto-legge, quest’ultimo dovrebbe aver esaurito la propria efficacia.

 

Si ricorda che l’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 ha introdotto (commi 1-12) una procedura per la verifica della sussistenza dell’interesse culturale nei beni del patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. La norma, in particolare, è volta ad escludere dall’ambito di applicazione del testo unico dei beni culturali e ambientali[228] (ora sostituito dal Codice dei beni culturali e del paesaggio[229]) i beni che le soprintendenze regionali giudichino privi di tale interesse, anche ai fini della loro successiva sdemanializzazione (per l’emissione del parere viene inoltre fissato un termine temporale - 150 giorni dalla ricezione della richiesta dell’Agenzia del demanio - e stabilito il principio del silenzio assenso)[230].

 

Tale procedura, ritenuta di carattere straordinario e imposta dalla necessità di provvedere ad una verifica rapida di alcuni beni demaniali al fine di poter poi avviare, come detto, le relative opere di dismissione, è stata poi sostituita dall’articolo 12 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che ha introdotto “in via generale e stabile la materia della verifica a prescindere da ogni motivo contingente e per i fini di conoscenza e catalogazione, in sostituzione degli elenchi del patrimonio pubblico previsti dalla normativa di settore fin dal 1909 e, tuttavia, com’è noto, mai predisposti”[231].

L’articolo 12 ha previsto, infatti, che i beni mobili e immobili appartenenti allo Stato, alle regioni e ad altri enti pubblici, nonché a persone giuridiche private senza scopo di lucro vengano assoggettati – d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono – a uno specifico procedimento di verifica, ferma restando, medio tempore, la loro sottoposizione alla disciplina di tutela. Per i beni immobili dello Stato, la richiesta è corredata da elenchi dei beni e dalle relative schede descrittive, sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministero adottato di concerto con l'Agenzia del demanio e, per i beni immobili in uso all'amministrazione della difesa, anche con il concerto della competente Direzione generale dei lavori e del demanio[232].

Con riguardo alle procedure sopra descritte si segnala comunque che il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali on. Bono, rispondendo ad una interrogazione dell’on. Grignaffini (n. 5-04607) presso la Commissione VII (Cultura) della Camera il 12 luglio 2005, ha comunicato che l'articolo 27 del decreto-legge n. 269/2003 avendo esaurito la sua funzione normativa, sarà abrogato formalmente in sede di redazione del decreto integrativo e correttivo del codice, previsto dalla legge di delega, in tal modo confermando quanto già riferito dal Ministro Buttiglione nel corso dell’audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero, svolta il 7 giugno 2005 presso la medesima Commissione.

Gli articoli 53-57 del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42 del 2004) definiscono la nuova disciplina dell’alienabilità dei beni culturali di proprietà pubblica o di persone giuridiche private senza scopo di lucro. In primo luogo, si introduce il concetto di demanio culturale, al quale vengono ricondotti le tipologie di beni indicate all’articolo 822 del codice civile (art. 53)[233]. Il provvedimento distingue, in linea generale, tra due categorie di beni: quelli in ogni caso inalienabili e quelli alienabili a determinate condizioni, tra i quali possono rientrare anche beni compresi nel demanio culturale (artt. 54-55). L’alienazione dei beni – appartenenti o meno al demanio culturale – (art. 56) è comunque subordinata al rilascio di un’autorizzazione ministeriale recante prescrizioni volte ad assicurarne la tutela (art. 57); procedura e contenuti di quest’ultima sono indicati dall’articolo 55 per i beni del demanio culturale e dall’articolo 57 per gli altri beni

 

Il comma 3 dell’articolo in esame, estendendo l’applicazione dell’articolo 1, comma 275, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), esonera dal pagamento delle imposte indirette gli atti di alienazione di cui al precedente comma 1 e quelli comunque connessi alla dismissione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato.

 

Il comma 275 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 dispone che i trasferimenti di immobili di proprietà dei comuni, in favore di fondazioni e società siano esenti dalle imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, tributo o diritto. L’esenzione si applica a operazioni, atti, contratti, conferimenti e trasferimenti, comprese le operazioni di cartolarizzazione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, effettuati ai fini della valorizzazione del patrimonio immobiliare.

Si ricorda inoltre che l’articolo 4, comma 2-quinquies, del D.L. n. 351 del 2001 esenta dalle imposte i conferimenti e i trasferimenti di immobili, ad uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, realizzati per la costituzione di fondi comuni d’investimento immobiliare.

 

Il rinvio contenuto nella presente disposizione dovrebbe intendersi comprensivo del complesso degli elementi costitutivi della fattispecie definita dalla norma richiamata. Pertanto, l’esonero dal pagamento delle imposte sarebbe applicabile soltanto ai trasferimenti in favore di società e fondazioni, come è stabilito dal citato articolo 1, comma 275, della legge n. 311 del 2004. Sarebbe tuttavia opportuno un chiarimento a questo proposito.

Qualora invece il beneficio s’intendesse applicabile anche ai trasferimenti effettuati in favore di altri soggetti, i soggetti diversi da società e fondazioni che acquistano immobili di proprietà dello Stato godrebbero di condizioni di maggiore vantaggio rispetto a quelli che acquistano immobili di proprietà dei comuni.

 

Il comma 4 riconosce all’Agenzia del demanio la copertura dei maggiori costi sostenuti per le attività connesse all’attuazione del presente articolo, il cui importo sarà determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, a valere sulle maggiori entrate conseguenti all’applicazione dello stesso articolo. Non è previsto alcun termine per l’emanazione del suddetto decreto ministeriale.

 

Il comma 5 abroga l’ultimo periodo del sopra citato comma 13-ter dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003, ai sensi del quale l’Agenzia del demanio avrebbe dovuto ripubblicare, entro il 18 ottobre 2005, l’elenco degli immobili della difesa da dismettere, approvato con il D.M. 28 febbraio 2005, indicando per ciascuno di essi il relativo valore base.

 

Il citato comma 13-ter[234]dell’articolo 27 prevedeva che, in sede di prima attuazione della dismissioni degli immobili in uso all’Amministrazione della difesa, effettuate ai sensi dei commi 13 e 13-bis dello stesso articolo 27, il Ministero della difesa - Direzione generale dei lavori e del demanio, di concerto con l’Agenzia del demanio, dovesse individuare, entro il 28 febbraio 2005, i beni immobili da dismettere e consegnare al Ministero dell’economia e delle finanze, e, per esso, all’Agenzia del demanio. L’individuazione è stata operata con il decreto del Direttore generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa, di concerto con il direttore dell'Agenzia del demanio, del 28 febbraio 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 giugno 2005, n. 141.

L’ultimo periodo del comma 13-ter stabiliva che l’Agenzia del demanio, nel termine di centoventi giorni dalla pubblicazione dell’elenco degli immobili della Difesa da dismettere nella Gazzetta ufficiale, avrebbe dovuto ripubblicare il suddetto elenco, indicando, per ciascun immobile, il suo valore base.

Si evidenzia che l’ultimo periodo del citato comma 13-ter al momento risulta già abrogato, con decorrenza 19 ottobre 2005, dall’articolo 3, comma 5, del D.L. 17 ottobre 2005, n. 211, in corso di conversione.

 

Il comma 6 reca una disposizione interpretativa, e quindi avente effetto retroattivo, dei commi 18 e 19 dell’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001. Ai sensi di tale disposizione lo Stato e gli enti pubblici, proprietari dei beni immobili prima del loro trasferimento alle società di cartolarizzazione, (comma 18) e le suddette società (comma 19) sono esonerati, oltre che dalla consegna dei documenti relativi alla proprietà dei beni e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale, anche dall’obbligo:

-        di rendere le dichiarazioni urbanistiche richieste dalla legge per la validità degli atti

-        di allegazione del certificato di destinazione urbanistica contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree interessate dal trasferimento.

 

Il comma 7 infine esclude dalle procedure di vendita mediante cartolarizzazione, disciplinate dal citato D.L. n. 351 del 2001, due immobili siti in Roma, nei pressi del Colosseo.

Secondo notizie riportate dalla stampa gli immobili in oggetto sarebbero stati inizialmente inseriti negli elenchi degli immobili di pregio (e pertanto offerti in vendita al prezzo di mercato). Successivamente gli inquilini avrebbero ottenuto dai giudici amministrativi (TAR e Consiglio di Stato) sentenze che hanno escluso, per gli immobili stessi, la qualifica di pregio. Il Ministero dell’economia, date le circostanze, ha ritenuto più conveniente escludere dalle procedure di vendita i suddetti immobili, piuttosto che doverli vendere ai prezzi agevolati previsti dall’articolo 3 del D.L. n. 351 del 2001[235].

 

L’articolo 11-quinquies in esame corrisponde sostanzialmente, ad eccezione del comma 7, all’articolo 3 del D.L. 17 ottobre 2005, n. 211, in corso di conversione da parte della Camera dei deputati (A.C. 6139).

 


Articolo 11-sexies
(Razionalizzazione ed incremento dell’efficienza del settore del controllo del traffico aereo)

 


1. All’articolo 5 del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 maggio 1989, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), le parole: “ed i voli“ sono sostituite dalle seguenti: “, comunitari e“;

b) al comma 3, le parole da: “secondo la formula:“ fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: “secondo la formula: ‘T=CTT * p * a’, nella quale ‘T’ è l’ammontare della tassa, ‘CTT’ è il coefficiente unitario di tassazione di terminale, ‘p’ è il coefficiente di peso ricavato elevando il peso massimo dell’aeromobile al decollo come definito dall’articolo 6 della legge 11 luglio 1977, n. 411, ad un valore determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto dell’effettivo costo di erogazione del servizio di controllo al volo in base al peso degli aeromobili. Fino all’emanazione di detto decreto il valore cui elevare il peso è stabilito in 0,95. Il coefficiente ‘a’ è determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto dell’effettivo costo di assistenza al volo sostenuto per categoria di aeroporto; fino all’emanazione del decreto di determinazione del coefficiente, ‘a’ è pari a 1 per tutti gli aeroporti.“;

c) al comma 4, le parole da: “costo complessivo previsto“ a: “intera rete aeroportuale“ sono sostituite dalle seguenti: “costo complessivo ammesso per i servizi di terminale nel complesso degli aeroporti, al netto dei costi previsti negli aeroporti nei quali si sviluppa, singolarmente, un traffico in termini di unità di servizio inferiore all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché della sommatoria dei costi previsti nei restanti aeroporti per fornire un numero di unità di servizio pari all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze“;

d) il comma 5 è sostituito dal seguente:

“5. Per i soli voli nazionali e comunitari, la tassa di terminale di cui al comma 1, lettera b), può essere applicata in misura ridotta fino al 50 per cento. La quota di riduzione è stabilita con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; fino all’emanazione di tale decreto la riduzione è stabilita nella misura del 50 per cento.“;

e) al comma 6, le parole: “dall’articolo 7 della legge 11 luglio 1977, n. 411“ sono sostituite dalle seguenti: “dall’articolo 4 della legge 20 dicembre 1995, n. 575“;

f) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

“7-bis. I coefficienti unitari di tassazione, di cui al comma 4 del presente articolo e di cui all’articolo 3 della legge 11 luglio 1977, n. 411, sono determinati secondo parametri di efficientamento dei costi indicati nel contratto di programma di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 21 dicembre 1996, n. 665. Nel contratto di programma è assegnato all’Azienda un obiettivo di recupero della produttività tenendo conto del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti, delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture di assistenza al volo, dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di sicurezza, nonché di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati“;

g) al comma 8, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

b) i mancati introiti dell’Azienda in base a quanto previsto dai commi 4 e 5 del presente articolo“;

h) al comma 9, le parole da: “di cui al comma 1“ fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: “è determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di un’istruttoria effettuata dall’ENAC sentita l’Azienda“.

2. Per l’anno 2006, l’obiettivo di recupero della produttività di cui al comma 7-bis dell’articolo 5 del decreto-legge n. 77 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 160 del 1989, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è determinato in misura non inferiore al 5 per cento.

3. Per gli interventi di cui al comma 1, lettera c), è autorizzata la spesa di 32 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Per gli interventi di cui al comma 1, lettera d), è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.


 

 

L’articolo 11-sexies - corrispondente quasi integralmente all’articolo 4 del DL 211/2005[236] - reca disposizioniin materia di razionalizzazione ed incremento dell’efficienza del settore del controllo del traffico aereo.

 

Il comma 1 introduce modifiche all’articolo 5 del DL 77/1989[237](si veda. testo a fronteinfra)che ha istituito a decorrere dal 1° gennaio 1989:a) la tassa per i servizi di assistenza in rotta ai voli nazionali forniti dall'ENAV; b) la tassa di terminale per i voli nazionali ed i voli internazionali[238].

La ratio seguita nell’apportare le modifiche all’articolo 5 è quella – come precisa la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del DL 211/2005“di ridurre nel tempo le richiamate grandezze, da un lato applicando un sistema di determinazione delle stesse in linea con le più recenti prassi per l’offerta di servizi pubblici e, dall’altro, introducendo parametri che tengano conto di diverse categorie delle strutture aeroportuali”

 

In particolare:

 

§      la lettera a) del comma 1, novellando il comma 1 dell’articolo 5, del DL 77/1989, esplicita che la tassa di terminale si applica ai voli comunitari .

 

§      la lettera b) interviene sul comma 3 dell’articolo 5, modificando la formula sulla base della quale viene determinata la tassa di terminale.

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 5 , la tassa di terminale per i voli nazionali ed i voli internazionali di cui al comma 1, lettera b), è determinata secondo la formula: «T = CTTp», nella quale «T» è l'ammontare della tassa, «CTT» è il coefficiente unitario di tassazione, «p» è il coefficiente di peso ricavato elevando a 0,95 il peso massimo dell'aeromobile al decollo, come definito dall'articolo 6 della legge 11 luglio 1977, n. 411

Alla formula sopra illustrata vengono apportate le seguenti due modifiche:

-       viene aggiunto un parametro, da determinarsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che tenga conto dell’effettivo costo di assistenza al volo sostenuto per categoria di aeroporto. La disposizione prevede che fino all’emanazione del decreto di determinazione del coefficiente, questi sia pari a 1 per tutti gli aeroporti;

-       il coefficiente di peso, già presente nella attuale formula, deve essere calcolato elevando il peso massimo dell’aeromobile al decollo - non più a 0,95 come prima previsto - bensì ad un valore determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tenuto conto dell’effettivo costo di erogazione del servizio di controllo al volo in base al peso degli aeromobili; fino all’emanazione del decreto il valore cui elevare il peso è stabilito in 0,95.

 

§      la lettera c) modifica il comma 4 dell’articolo 5, mutando uno dei parametri di calcolo del coefficiente unitario di tassazione di terminale.

Ai sensi del comma 4 dell’articolo 5 il coefficiente unitario di tassazione di terminale è dato dal rapporto tra costo complessivo previsto per i servizi di terminale e numero totale delle unità di servizio di terminale che si prevede saranno prodotte nell'anno di applicazione della tassa; per il costo complessivo previsto per i servizi di terminale si fa riferimento al complesso degli aeroporti nei quali si sviluppa singolarmente un traffico in unità di servizio non inferiore all'1,5 per cento del totale delle unità di servizio fornite dall'Azienda nell'intera rete aeroportuale.

Secondo la nuova formulazione per costo complessivo si intende il costo complessivo ammesso per i servizi di terminale nel complesso degli aeroporti, al netto dei costi previsti negli aeroporti nei quali si sviluppa, singolarmente, un traffico in termini di unità di servizio inferiore all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché della sommatoria dei costi previsti nei restanti aeroporti per fornire un numero di unità di servizio pari all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Come sottolineato dalla relazione illustrativa sopra richiamata, attraverso la sopraesposta modifica, si realizza - a fronte di un ampliamento dell’entità dell’intervento statale a copertura dei costi sostenuti dall’ENAV s.p.a. per l’assistenza di terminale fornita ai vettori aerei – una equivalente tendenziale riduzione della relativa tassa di terminale: “alla originaria enucleazione, dal calcolo della tassa, dei costi previsti negli aeroporti che sviluppano un traffico inferiore all’1,5% del totale (in termini di unità di servizio), si aggiungono anche i costi, previsti nei restanti aeroporti, attinenti alla fornitura teorica del servizio di assistenza per un numero di unità di servizio predefinito”

 

§      la lettera d) interviene sul comma 5 dell’articolo 5, estendendo la riduzione della tassa di terminale attualmente prevista per i voli nazionali anche ai voli comunitari.

La disposizione citata prevede che la riduzione sia disposta nella misura del 50% per i soli voli nazionali.

La nuova formulazione stabilisce che la riduzione possa essere disposta sia per i voli nazionali che per quelli comunitari fino alla misura del 50%. La quota di riduzione è stabilita con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; fino all’emanazione di tale decreto la riduzione è fissata nella misura del 50 per cento.

 

§      la lettera e) modifica il comma 6 dell’articolo 5, prevedendo che le esenzioni per il pagamento delle due tasse previste dall’articolo 5 (“tassa di rotta” e “tassa di terminale”) siano quelle previste dall’articolo 4 della legge 595/1995[239].

L’articolo 4 della legge 575/1995 prevede che alle tariffe di rotta si applicano le esenzioni stabilite dai competenti organi di Eurocontrol, secondo le procedure previste dall'articolo 3, comma 2, e dall'articolo 6 dell'accordo multilaterale del 12 febbraio 1981[240]. La norma stabilisce in ogni caso l’esenzione per:

-        gli aeromobili di Stato;

-        i voli d'addestramento effettuati all'esclusivo scopo di ottenere, rinnovare o mantenere una licenza o abilitazione per il personale navigante.

Il comma 6 dell’articolo 5 del DL 77/1989 prevede che le esenzioni sono quelle stabilite dall’articolo 7 della legge 411/1977[241], a norma del quale sono esentati dal pagamento della tassa per l'uso delle installazioni e del servizio di assistenza alla navigazione aerea in rotta:

-        gli aeromobili nazionali e stranieri di Stato o in servizio di Stato;

-        gli aeromobili che effettuano voli predisposti dallo Stato per il controllo delle installazioni per l'assistenza alla navigazione aerea;

-        gli aeromobili che effettuano voli di addestramento;

-        gli aeromobili che ritornano all'aeroporto di partenza senza aver effettuato atterraggi intermedi;

-        gli aeromobili fino al peso massimo al decollo di chilogrammi 2.000.

 

§      la lettera f) aggiunge il comma 7-bis all’articolo 5.

La disposizione introdotta prevede che nel contratto di programma che regola i rapporti tra Stato ed ENAV siano previsti dei parametri di efficientamento dei costi secondo i quali calcolare il coefficiente unitario di tassazione di terminale di cui al comma 4 dell’articolo 5 e il coefficiente unitario di tassazione per i servizi di assistenza alla navigazione aerea in rotta di cui all’articolo 3 della legge 411/1977.

Nel contratto di programma è assegnato dall'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale (ENAV) un obiettivo di recupero della produttività, tenendo conto del livello qualitativo e di quello quantitativo dei servizi offerti , delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture di assistenza al volo, nonché dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di sicurezza, di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati.

Il successivo comma 2 dell’articolo in esame precisa che per l’anno 2006, l’obiettivo di recupero della produttività sopra descritto è determinato in misura non inferiore al 5%.

 

§         la lettera g) interviene sul comma 8 dell’articolo 5, ponendo a carico dello Stato i mancati introiti dell’ENAV a seguito della riduzione della tassa di terminale conseguente alle sopra illustrate modifiche apportate ai commi 4 e 5 dell’articolo 5 (vedi supra).

 

§      la lettera h modifica il comma 9 dell’articolo 5, relativo alla definizione del coefficiente unitario di tassazione per la tassa di terminale.

Il comma 9 prevede che tale coefficiente sia proposto dall’ENAV a seguito della deliberazione del bilancio di previsione e approvato con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il Ministro della difesa. Il decreto di approvazione entra in vigore due mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale: qualora il decreto entri in vigore in data successiva all'inizio dell'anno al quale si riferisce , a partire dal 1° gennaio dell'anno stesso e fino alla data di entrata in vigore del decreto si applica il coefficiente relativo all'anno precedente, maggiorato di una percentuale pari al tasso di inflazione programmato.

La nuova formulazione del comma stabilisce che tale coefficiente sia determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di un’istruttoria effettuata dall’ENAC, sentita l’Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale.

 

Il comma 3 - non presente nel corrispondente articolo 4 del DL 211/2005 - reca la norma di copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui alle lettere c) e d) del comma 1. Si prevede così per gli interventi ivi previsti l’autorizzazione di spesa, rispettivamente, di 32 milioni di euro e 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.


 

Decreto legge 4 marzo 1989, n. 77 Articolo 5

 

Decreto legge 4 marzo 1989, n. 77 Articolo 5

(come modificato dal DL 203/2005)

 

 

1. A decorrere dal 1° gennaio 1989 sono istituite le seguenti tasse:

a) la tassa per i servizi di assistenza in rotta ai voli nazionali forniti dall’Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale;

b) la tassa di terminale per i voli nazionali ed i voli internazionali.

1. A decorrere dal 1° gennaio 1989 sono istituite le seguenti tasse:

a) la tassa per i servizi di assistenza in rotta ai voli nazionali forniti dall’Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale;

b) la tassa di terminale per i voli nazionali comunitari e internazionali.

2. La tassa per i servizi di assistenza in rotta ai voli nazionali, di cui al comma 1, lettera a), nonché la tassa per l'utilizzazione delle installazioni e del servizio di assistenza alla navigazione aerea in rotta cui sono assoggettati i voli internazionali per la parte di volo che si svolge nello spazio aereo nazionale, forniti dall'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale, sono determinate secondo i criteri di cui alla legge 11 luglio 1977, n. 411, modificata dalla legge 15 febbraio 1985, n. 25.

Identico

3. La tassa di terminale per i voli nazionali ed i voli internazionali di cui al comma 1, lettera b), è determinata secondo la formula: «T = CTTp», nella quale «T» è l'ammontare della tassa, «CTT» è il coefficiente unitario di tassazione, «p» è il coefficiente di peso ricavato elevando a 0,95 il peso massimo dell'aeromobile al decollo, come definito dall'articolo 6 della legge 11 luglio 1977, n. 411

3. La tassa di terminale per i voli nazionali ed i voli internazionali di cui al comma 1, lettera b), è determinata secondo la formula: “T=CTT * p * a”, nella quale “T” è l’ammontare della tassa, “CTT” è il coefficiente unitario di tassazione di terminale, “p” è il coefficiente di peso ricavato elevando il peso massimo dell’aeromobile al decollo come definito dall’articolo 6 della legge 11 luglio 1977. n. 411, ad un valore determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tenuto conto dell’effettivo costo di erogazione del servizio di controllo al volo in base al peso degli aeromobili. Fino all’emanazione di detto decreto il valore cui elevare il peso è stabilito in 0,95. Il coefficiente “a” è determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto dell’effettivo costo di assistenza al volo sostenuto per categoria di aeroporto; fino all’emanazione del decreto di determinazione del coefficiente, “a” è pari a 1 per tutti gli aeroporti.

 

4. Il coefficiente unitario di tassazione di terminale (CTT) è calcolato mediante il rapporto: «CTT = CT/UST», nel quale «CT» è il costo complessivo previsto per i servizi di terminale nel complesso degli aeroporti nei quali si sviluppa singolarmente un traffico in unità di servizio non inferiore all’1,5 per cento del totale delle unità di servizio fornite dall’Azienda nell’intera rete aeroportuale ed «UST» è il numero totale delle unità di servizio di terminale che si prevede saranno prodotte nell’anno di applicazione della tassa. Il calcolo delle unità di servizio prodotte è in funzione dei coefficienti di peso degli aeromobili e del numero dei voli. Il CTT come innanzi determinato è applicato anche alle unità di servizio fornite ai voli civili assistiti dall’Aeronautica militare.

4. Il coefficiente unitario di tassazione di terminale (CTT) è calcolato mediante il rapporto: «CTT = CT/UST», nel quale «CT» è il costo complessivo ammesso per i servizi di terminale nel complesso degli aeroporti, al netto dei costi previsti negli aeroporti nei quali si sviluppa, singolarmente, un traffico in termini di unità di servizio inferiore all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché della sommatoria dei costi previsti nei restanti aeroporti per fornire un numero di unità di servizio pari all’1,5 per cento del totale previsto per l’anno di applicazione della tariffa sull’intera rete nazionale e comunque non superiore ad un numero di unità di servizio stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ed «UST» è il numero totale delle unità di servizio di terminale che si prevede saranno prodotte nell’anno di applicazione della tassa. Il calcolo delle unità di servizio prodotte è in funzione dei coefficienti di peso degli aeromobili e del numero dei voli. Il CTT come innanzi determinato è applicato anche alle unità di servizio fornite ai voli civili assistiti dall’Aeronautica militare.

5. Per i soli voli nazionali, la tassa di terminale di cui al comma 1, lettera b), si applica nella misura ridotta del 50 per cento.

 

5. Per i soli voli nazionali e comunitari, la tassa di terminale di cui al comma 1, lettera b) può essere applicata in misura ridotta fino al 50 per cento. La quota di riduzione è stabilita con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze; fino all’emanazione di tale decreto la riduzione è stabilita nella misura del 50 per cento.

6. Per il pagamento delle tasse di cui al presente articolo valgono le esenzioni previste dall’articolo 7 della legge 11 luglio 1977, n. 411

6. Per il pagamento delle tasse di cui al presente articolo valgono le esenzioni previste dall’articolo 4 della legge 20 dicembre 1995, n. 575.

7. Le tasse di cui ai commi 1, 2 e 3 sono stabilite in modo da assicurare, per l'anno 1989, la copertura del 60 per cento del costo dei servizi di assistenza in rotta ai voli nazionali e di quelli di terminale con incrementi annui pari al 10 per cento fino alla copertura, nell'anno 1993, dell'intero costo dei servizi. Con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del tesoro, sono stabiliti i termini e le modalità per l'accertamento delle tasse stesse

Identico

 

7bis – I coefficienti unitari di tassazione, di cui al comma 4 e di cui all’articolo 3 della legge 11 luglio 1977, n. 411, sono determinati secondo parametri di efficientamento dei costi indicati nel contratto di programma di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 21 dicembre 1996, n. 665. Nel contratto di programma è assegnato all’Azienda un obiettivo di recupero della produttività tenendo conto del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti, delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture di assistenza al volo, dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di sicurezza, nonché di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile che consenta l’individua-zione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati.

8. Sono a carico dello Stato:

a) il mancato gettito di tassazione dei servizi di assistenza alla navigazione aerea in rotta, sia nazionale che internazionale, nonché di quelli di terminale, forniti dall'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale agli aeromobili esonerati ai sensi del comma 6, sulla base del numero delle unità di servizio rese;

b) la differenza tra i costi complessivamente sostenuti dall'Azienda per l'assistenza di terminale ed i proventi derivanti dalla tassa applicata;

c) la differenza tra le tasse applicate ed i costi sostenuti in relazione alla gradualità delle tasse stesse di cui al comma 7.

8. Sono a carico dello Stato:

a) il mancato gettito di tassazione dei servizi di assistenza alla navigazione aerea in rotta, sia nazionale che internazionale, nonché di quelli di terminale, forniti dall'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale agli aeromobili esonerati ai sensi del comma 6, sulla base del numero delle unità di servizio rese;

b) i mancati introiti dell’Azienda in base a quanto previsto dai commi 4 e 5 del presente articolo.

 

c) la differenza tra le tasse applicate ed i costi sostenuti in relazione alla gradualità delle tasse stesse di cui al comma 7

9. Il coefficiente unitario di tassazione per la tassa di terminale di cui al comma 1, lettera b), è approvato, su proposta dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale, a seguito della deliberazione del proprio bilancio di previsione, con decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro del tesoro, sentito il Ministro della difesa. Il decreto di approvazione del coefficiente unitario di tassazione entra in vigore due mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Qualora il decreto entri in vigore in data successiva all'inizio dell'anno al quale si riferisce, a partire dal 1° gennaio dell'anno stesso e fino alla data di entrata in vigore del decreto si applica il CTT in vigore nell'anno precedente, maggiorato di una percentuale pari al tasso di inflazione programmato

9. Il coefficiente unitario di tassazione per la tassa di terminale è determinato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base di un’istruttoria effettuata dall’ENAC sentita l’Azienda

 

10. Gli oneri derivanti dall'applicazione del comma 8 fanno carico al capitolo 4640 dello stato di previsione del Ministero del tesoro.

 

Identico

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Articoli 11-sexies, 11-septies, 11-octies, 11-nonies, 11-decies, 11-undecies, 11-duodecies

Orientamenti per il finanziamento degli aeroporti e gli aiuti di Stato per le compagnie aeree in partenza da aeroporti regionali

Il 6 settembre 2005 la Commissione ha adottato - in seguito ad un’ampia consultazione pubblica che si è conclusa il 7 marzo 2005 - gli orientamenti comunitari sul finanziamento pubblico degli aeroporti e la concessione di aiuti di Stato alle compagnie aeree per l’avvio dell’attività su nuove linee in partenza da aeroporti regionali.

Gli orientamenti[242] individuano le modalità in base alle quali la Commissione valuta la compatibilità degli aiuti concessi al funzionamento degli aeroporti e all’avvio di collegamenti aerei con riferimento alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato di cui agli articoli 86, paragrafo 2[243] e 87, paragrafo 3, lettere a), b) e c)[244], del Trattato CE.

Gli orientamenti saranno applicati dalla Commissione a partire dalla data della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea che non è stata ancora effettuata.

Dopo quattro anni a decorrere da questa data, la Commissione intende avviare un’analisi approfondita e, qualora fosse necessario, procedere ad una ulteriore revisione. Secondo quanto previsto dall’articolo 88, paragrafo 1[245], del Trattato CE, la Commissione invita gli Stati membri ad emendare gli eventuali regimi relativi agli aiuti di Stato che rientrano in questi orientamenti al fine di conformarvisi entro il 1° giugno 2007. Gli Stati membri sono invitati a confermare che accettano tali proposte per iscritto prima del 1° giugno 2006.

 

I nuovi orientamenti non sostituiscono i precedenti orientamenti in materia di aiuti all’aviazione del 1994[246], ma sono volti ad integrarli - precisando le modalità di applicazione delle regole di concorrenza alle diverse modalità di finanziamento degli aeroporti - e ad ampliare le possibilità di aiuti diretti all’utilizzo delle linee aeree. Questequestioni, infatti, non sono trattate nei precedenti orientamenti che disciplinano unicamente le condizioni di concessione degli aiuti di Stato alle compagnie aeree - limitando gli aiuti diretti allo sfruttamento delle linee aeree ai soli casi di obblighi di servizio pubblico e di aiuti a carattere sociale – e, per quanto riguarda gli aeroporti, gli investimenti pubblici alle infrastrutture.

 

Coordinamento con la disciplina degli aiuti regionali

Nell’ambito delle comunicazioni e orientamenti da essa adottati in materia di aiuti regionali, la Commissione ha fissato criteri molto rigorosi per la concessione di aiuti al funzionamento[247] applicabili anche agli aeroporti o alle compagnie aeree.

In particolare, per quanto concerne le regioni di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), le regioni ultraperiferiche e quelle scarsamente popolate, tali aiuti possono essere considerati compatibili con il mercato comune solo in casi eccezionali e a condizioni molto rigorose.

Per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera b), possono essere considerati compatibili gli aiuti intesi a promuovere un importante progetto europeo di interesse comune come nel caso dei progetti aeroportuali facenti parte delle reti transeuropee di trasporto.

Con riferimento, infine, alle regioni di cui alla lettera c), del medesimo articolo, la Commissione indica negli orientamenti in esame i criteri ai quali essa si atterrà nel valutare la compatibilità degli aiuti:

-        lo svolgimento da parte del beneficiario dell’aiuto, compagnia aerea o aeroporto, di un’attività economica, ovvero di qualsiasi attività volta ad offrire beni e servizi su un determinato mercato, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Mentre, secondo la Commissione, è fuori di dubbio che le compagnie aeree esercitano un’attività economica, per quanto riguarda gli aeroporti occorre distinguere fra attività economiche e attività di altra natura. Sempre basandosi sulla giurisprudenza della Corte, la Commissione, negli orientamenti in esame, considera di natura economica, e pertanto soggette alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, le attività inerenti alla fornitura di servizi aeroportuali in quanto esse vengono fornite dietro pagamento di un corrispettivo fissato liberamente dallo stesso gestore aeroportuale. Invece, non hanno natura economica e pertanto non sono soggette alle disposizioni in materia di aiuti di Stato, le attività in materia di sicurezza, controllo del traffico aereo, polizia e dogane che rientrano nell’esercizio dei poteri di pubblica autorità dello Stato. Il finanziamento di queste attività deve, pertanto, rimanere strettamente limitato alla compensazione dei costi da esse generati e non può essere utilizzato a vantaggio di altre attività di natura economica;

-        lo svolgimento da parte degli aeroporti di una attività di servizio di interesse economico generale. In questo caso le autorità pubbliche impongono ai gestori aeroportuali obblighi di servizio pubblico per fare in modo che l’interesse economico generale sia assicurato, prevedendo compensazioni a favore dei gestori stessi per i costi aggiuntivi generati da tali obblighi. La Commissione, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte, ha stabilito che tali compensazioni non costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87 del Trattato CE;

-        gli effetti dei finanziamenti concessi agli aeroporti sulla concorrenza e gli scambi fra gli Stati membri. Fermo restando che la concorrenza fra gli aeroporti può essere valutata sulla base di diversi criteri (natura dei servizi, popolazione, congestione, collegamenti, oneri aeroportuali), la Commissione, nell’ambito degli orientamenti in esame, adotta come criterio di valutazione l’esistenza di diverse categorie di aeroporti[248] in quanto ritiene che questo possa fornire un’indicazione del modo in cui ha luogo la concorrenza fra gli aeroporti e di come i finanziamenti pubblici possano produrre distorsioni ai fini della concorrenza. In particolare, secondo la Commissione, gli aiuti pubblici concessi agli aeroporti nazionali e comunitari (categorie A e B) sono in genere considerati come suscettibili di falsare la concorrenza e gli scambi fra gli Stati membri, mentre quelli concessi ai piccoli aeroporti regionali (categoria D) in linea di massima non producono questi effetti. La Commissione precisa, tuttavia, che qualsiasi misura suscettibile di costituire un aiuto di Stato deve essere preventivamente notificata alla Commissione per consentirle di valutarne la compatibilità con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato nonché gli effetti sulla concorrenza e sugli scambi. Nel corso di tale valutazione la Commissione verificherà che l’aeroporto effettui realmente un servizio di interesse economico generale e che la compensazione non superi quanto necessario per coprire i costi relativi all’esecuzione degli obblighi di servizio pubblico. Ai fini del calcolo della compensazione devono essere prese in considerazione anche le rendite provenienti da eventuali diritti speciali o esclusivi connessi all’esercizio del servizio di interesse generale. Di conseguenza la Commissione sottolinea la necessità di avere un sistema contabile trasparente nonché la separazione dei conti fra le diverse attività svolte dal gestore[249]. E’ prevista, tuttavia, un’eccezione per gli aeroporti di categoria D che svolgono un servizio di interesse economico generale: essi infatti sono esonerati dall’obbligo di notifica e le compensazioni di servizio pubblico loro versate e che costituiscono aiuti di Stato sono considerate compatibili purché rispettino le condizioni fissate nella decisione della Commissione del 13 luglio 2005 (vedi nota n. 8);

-        il principio dell’investitore operante in un’economia di mercato. Per valutare la presenza di aiuti di Stato nei finanziamenti concessi agli aeroporti e alle compagnie aeree, la Commissione, in linea di massima, ricorre al principio dell’investitore operante in economia di mercato in base al quale occorre verificare se in circostanze simili e tenuto conto delle previsioni di redditività,un investitore privato effettuerebbe lo stesso finanziamento a prescindere da considerazioni di carattere sociale o di politica regionale o settoriale.

Sulla base di queste considerazioni, i finanziamenti pubblici agli aeroporti e alle compagnie aeree non costituiscono aiuti di Stato quando le autorità pubbliche agiscono come un investitore privato, mentre si è in presenza di aiuti di Stato se essi sono concessi a condizioni più favorevoli di quelle che potrebbe offrire un’impresa privata nella stessa situazione finanziaria e concorrenziale.

 

Nel momento in cui è stato concesso ad una impresa un aiuto illegale sul quale la Commissione ha adottato una decisione negativa con ordine di recupero, ma l’aiuto non è stato ancora recuperato in base all’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 relativo all’applicazione dell’articolo 88 del Trattato CE, l’esame di altri aiuti al finanziamento degli aeroporti o all’avvio dovrà prendere in considerazione l’effetto cumulativo dell’aiuto precedente e del nuovo aiuto e il fatto che l’aiuto precedente non è stato rimborsato.

 

Finanziamento degli aeroporti

Gli orientamenti in esame si applicano a tutte le attività aeroportuali ad eccezione di quelle relative alla sicurezza, al controllo aereo o di altra natura che, come precedentemente detto, non sono suscettibili di aiuti di Stato.

Per quanto riguarda le attività che rientrano nel campo di azione degli orientamenti, la Commissione individua tre categorie ed esamina, per ognuna di esse, gli aspetti connessi ai finanziamenti:

1.       la costruzione di infrastrutture e di impianti portuali (piste, terminali, torri di controllo) o di sostegno diretto (impianti antincendio, dotazioni di sicurezza). Secondo la Commissione, se un gestore aeroportuale esercita un’attività economica, dovrebbe finanziare con risorse proprie i costi di utilizzo o di costruzione delle infrastrutture che gestisce. Pertanto, le sovvenzioni destinate alla costruzione di infrastrutture erogate da un’autorità pubblica che non opera come un investitore privato conferiscono al gestore un vantaggio economico rispetto ai suoi concorrenti e devono pertanto, fatte salve alcune eccezioni richiamate negli orientamenti, essere notificate ed esaminate alla luce della disciplina sugli aiuti di Stato. Qualora essa riscontri la presenza di aiuti, questi possono essere dichiarati compatibili ai sensi dei richiamati articoli 87, paragrafo 3, lettere a), b) e c),o dell’articolo, 86, paragrafo 2, sulla base dei seguenti principi: se la costruzione e lo sfruttamento dell’infrastruttura rispondono ad un obiettivo di interesse generale ben preciso, se essa è proporzionale e necessaria all’obiettivo fissato, se offre prospettive soddisfacenti di utilizzo a medio termine, se l’accesso all’infrastruttura è aperto a tutti gli utenti potenziali in maniera equa e non discriminatoria, se lo sviluppo degli scambi non è colpito in misura contraria all’interesse comunitario;

2.       lo sfruttamento delle infrastrutture, ivi comprese le attività di gestione e manutenzione. Secondo la Commissione, anche in questo caso il gestore aeroportuale deve far fronte con risorse proprie alle spese ordinarie per la gestione e la manutenzione delle infrastrutture aeroportuali. Gli eventuali finanziamenti pubblici non costituiscono aiuti di Stato solo se rappresentano compensazioni di servizio pubblico per la gestione dell’aeroporto nel pieno rispetto delle condizioni fissate dalla giurisprudenza in materia. Negli altri casi le sovvenzioni configurano aiuti di Stato e deve esserne valutata la compatibilità ai sensi degli articoli 87, paragrafo 3, lettere a) e c), a certe condizioni e solo nelle regioni svantaggiate, o dell’articolo 86, paragrafo 2;

3.       la fornitura di servizi aeroportuali connessi al trasporto aereo (servizi di assistenza a terra, utilizzo delle infrastrutture necessarie, servizi antincendio, servizi di emergenza, ecc.). La direttiva 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità definisce l’assistenza a terra come un’attività commerciale aperta alla concorrenza al di sopra della soglia di due milioni di passeggeri all’anno. Un gestore aeroportuale che presta tale tipo di servizi può praticare tariffe diverse sugli oneri di assistenza fatturati alle compagnie aeree qualora tali differenze riflettano le differenze dei costi connessi alla natura o alla portata dei servizi prestati. In questo caso l’attività di fornitura dei servizi di assistenza a terra deve essere sufficientemente indipendente dagli altri redditi commerciali dell’aeroporto e dalle altre risorse pubbliche che gli vengono concesse come autorità aeroportuale o gestore di un servizio di interesse economico generale. Sotto i due milioni di passeggeri, il gestore può compensare le sue diverse fonti di reddito o di perdita fra attività puramente commerciali (come i servizi di assistenza a terra), ad eccezione delle risorse pubbliche che riceve in qualità di autorità aeroportuale o gestore di un servizio di interesse economico generale. Tuttavia, in assenza di concorrenza per le attività di assistenza a terra, l’operatore non deve violare le disposizioni nazionali o comunitarie, soprattutto quelle in materia di abuso di posizione dominante (articolo 82 del Trattato CE).

 

Aiuti all’avvio

Gli aeroporti di piccole dimensioni spesso non hanno un volume di passeggeri tale da consentire loro di raggiungere la dimensione critica o la soglia di redditività; di conseguenza molte compagnie aeree non vogliono correre il rischio di aprire rotte in partenza da aeroporti sconosciuti, a meno che non siano previsti incentivi in tal senso.

Per favorire lo sviluppo degli aeroporti regionali, la Commissione è favorevole al versamento temporaneo di aiuti pubblici alle compagnie aeree al fine di incentivare l’apertura di nuove rotte in partenza da aeroporti regionali e di attirare il volume di passeggeri necessario per raggiungere la soglia di redditività in tempi brevi.

 

Gli aiuti all’avvio, salvo nei casi in cui le autorità pubbliche si comportino secondo il principio dell’investitore di mercato, costituiscono aiuti di Stato e devono pertanto essere notificati alla Commissione; essa, tuttavia, stabilisce che in alcuni casi tali aiuti possono essere approvati, purché rispettino le seguenti condizioni:

-        siano versati a vettori aerei in possesso di una licenza di esercizio in corso di validità rilasciata da uno Stato membro in applicazione del regolamento (CEE) n. 2407/92 sulle licenze dei vettori aerei;

-        siano destinati a rotte che collegano un aeroporto delle categorie C e D ad un altro aeroporto dell’UE. Per quanto riguarda le rotte fra aeroporti nazionali (categoria B), gli aiuti possono essere concessi solo in casi eccezionali (ad esempio se uno dei due aeroporti si trova in una regione svantaggiata);

-        siano destinati solo all’avvio di nuove rotte o di nuove frequenze suscettibili di provocare un aumento consistente del volume di passeggeri (ad esempio passaggio da una linea stagionale ad una permanente o da una frequenza non quotidiana ad una quotidiana). Inoltre, una nuova linea aerea non può beneficiare di aiuti all’avvio se la rotta è già servita da un servizio ferroviario ad alta velocità comparabile secondo i medesimi criteri.

-        siano vitali nel breve periodo, ovvero coprano per lo meno i costi senza bisogno di ricorrere a finanziamenti pubblici, e decrescenti nel tempo. L’aiuto decrescente può essere concesso per una durata massima di 3 anni con un importo che non deve superare ogni anno il 50% dei costi relativi a quell’anno e il 30% dei costi eleggibili per la durata dell’aiuto;

-        il loro importo sia strettamente connesso ai costi aggiuntivi iniziali per l’avvio di una nuova rotta o frequenza.

 

Gli aiuti all’avvio non possono essere cumulati con altri tipi di aiuti destinati all’esercizio di una linea, come nel caso degli aiuti a carattere sociale concessi ad alcuni tipi di passeggeri o le compensazioni di servizio pubblico, e, in base al principio di proporzionalità, non possono essere cumulati con altri aiuti per i medesimi costi anche se questi sono versati da un altro Stato. Gli aiuti, infine, non possono essere erogati neanche quando l’accesso ad una rotta è stato concesso ad un solo vettore ai sensi dell’articolo 4 del regolamento (CCE) n. 2408/92 sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie.

 

L’autorità pubblica, che intende concedere ad una compagnia aiuti per l’avvio di una nuova rotta, è tenuta a rendere pubblico il proprio progetto entro un termine ragionevole per consentire a tutte le compagnie aeree interessate di proporre i propri servizi.

Le compagnie aeree, che propongono i propri servizi ad una autorità pubblica che voglia concedere un aiuto all’avvio di nuove linee aeree, devono presentare, contestualmente alla propria candidatura, un business plan volto a dimostrare che tali linee saranno efficienti per un periodo consistente anche dopo la cessazione dell’aiuto. Prima di concedere l’aiuto in questione, l’autorità pubblica dovrà effettuare una valutazione di impatto della nuova rotta sulle linee concorrenti.

La Commissione stabilisce, inoltre, che ogni anno venga pubblicato per ogni aeroporto un elenco delle rotte che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, indicando per ognuna di esse la provenienza e l’importo dell’aiuto, la compagnia destinataria e il numero di passeggeri interessati.

Sicurezza aerea

Il 22 settembre 2005 la Commissione ha presentato una relazione (COM(2005)428) riguardante l’applicazione del regolamento (CE) n. 2320/2002 che istituisce norme comuni in materia di sicurezza dell’aviazione civile, adottato in seguito agli attentati dell’11 settembre. La presentazione di una relazione annuale sull’attuazione del citato regolamento è prevista dall’articolo 11 del regolamento stesso.

Il documento, basato sulle relazioni delle ispezioni effettuate dalla Commissione, constata che l’attuazione della regolamentazione comunitaria ha notevolmente potenziato il livello di sicurezza negli aeroporti dell’Unione europea, grazie anche all’armonizzazione delle misure poste in essere dagli Stati membri in seguito agli attentati dell’11 settembre. Sebbene i requisiti essenziali in materia di sicurezza siano correttamente applicati, secondo la Commissione sono necessari ulteriori miglioramenti che dovrebbero riguardare anche il quadro normativo. La Commissione intende, pertanto, presentare una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 2320/2002 che dovrebbe vertere, in particolare, sui seguenti aspetti: semplificazione delle procedure di adattamento delle specifiche esistenti, armonizzazione tecnica, chiarimento di alcune disposizioni, miglioramento del livello di sicurezza e introduzione di un meccanismo di cooperazione con i paesi terzi.

Capacità, efficienza e sicurezza degli aeroporti

Il 14 settembre 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica[250] su un documento di lavoro riguardante la capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroportinell’Unione europea. Le parti interessate sono invitate a presentare, entro il 15 novembre 2005,le proprie osservazioni sulle linee di intervento prospettate dalla Commissione. Sulla base delle opinioni pervenute, la Commissione intende elaborare una apposita comunicazione.

Il documento che è stato aperto alla consultazione si articola in tre parti che illustrano gli orientamenti e le misure che la Commissione intenderebbe predisporre: le interrelazioni fra gli aeroporti e le altre modalità di trasporto, i singoli aeroporti ed infine le relazioni fra aeroporti.

Fra le misure prospettate dalla Commissione nei suddetti settori figurano: l'intermodalità fra trasporto aereo e ferroviario e il ricorso ai collegamenti ferroviari ad alta velocità; l'accesso via terra agli aeroporti e l'intermodalità dei passeggeri; la coerenza fra ATFM (Air Traffic Flow Management) e slot aeroportuali; la capacità aeroportuale e di programmazione; la tutela dell'ambiente; il finanziamento dell'infrastruttura aeroportuale; il benchmarking e la diffusione delle migliori pratiche; la sicurezza negli aeroporti; la distribuzione del traffico per la gestione della capacità nei sistemi aeroportuali; il ruolo degli aeroporti secondari.

Liberalizzazione del trasporto aereo

Nel 2003 la Commissione ha avviato un processo di consultazione, che si è concluso il 15 maggio 2003, in vista della revisione del “terzo pacchetto” sulla liberalizzazione del trasporto aereo comunitario. La Commissione dovrebbe presentare proposte legislative a tal fine già nel corso del 2005 (vedi infra il paragrafo “Nuove priorità della Commissione”).

Il terzo pacchetto comprende:

-        il regolamento (CEE) n. 2407/92 sul rilascio delle licenze ai vettori aerei;

-        il regolamento (CEE) n. 2408/92 sull’accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie;

-        il regolamento (CEE) n. 2409/92 sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e merci.

Dopo dieci anni dall’applicazione dei citati regolamenti, la Commissione ritiene, in particolare, necessario rivedere alcune disposizioni che allo stato attuale risultano obsolete o che non sono state applicate in maniera corretta. Tale processo di revisione, secondo la Commissione, è reso ancora più necessario dagli ultimi sviluppi nel settore del trasporto aereo e in particolare dalla crisi provocata dagli attentati dell’11 settembre, dall’aumento dei prezzi del carburante nel 2000, dall’eccessiva frammentazione del mercato europeo dell’aviazione, dalla scarsa competitività di molte compagnie aeree europee rispetto ai concorrenti internazionali, dagli sviluppi che si sono registrati nell’ambito della politica tariffaria e delle relazioni bilaterali fra gli Stati membri e i paesi terzi, soprattutto in seguito alle sentenze della Corte di giustizia del 5 novembre 2002.

Gli aspetti che la Commissione ritiene importanti ai fini della revisione del “terzo pacchetto”, e sui quali si è svolto il processo di consultazione, sono:

-        la necessità di rafforzare i controlli sulla solidità finanziaria dei vettori aerei e l’adozione di misure più stringenti al fine di sospendere o ritirare le licenze, in caso di evidenti difficoltà finanziarie del vettore aereo o qualora il livello di sicurezza richiesto non sia più sufficiente. Il documento di consultazione suggerisce di valutare eventualmente l’opportunità di aumentare i poteri della Commissione in questo ambito;

-        l’opportunità di prevedere misure rafforzate di cooperazione fra gli Stati membri in materia di sicurezza;

-        l’istituzione di un’autorità comunitaria preposta al rilascio delle licenze o al controllo dell’attività delle autorità nazionali competenti per il rilascio delle licenze;

-        la necessità che il nuovo quadro regolamentare consenta ai vettori aerei di poter beneficiare delle disposizioni del regolamento (CE) n. 2157/2001 relativo allo statuto della società europea, che è entrato in vigore l’8 ottobre 2004. Il ricorso alla figura giuridica della società europea, infatti, consentirà alle compagnie aeree di poter trasferire liberamente la propria sede da un paese all’altro dell’UE e di poter ricorrere all’applicazione di uniche regole amministrative e contabili;

-        la semplificazione del regime degli obblighi di servizio pubblico (OSP) prevedendo, in alternativa, la creazione di un sistema di aiuti per l’espletamento di servizi aerei con i paesi terzi indispensabili per lo sviluppo economico;

-        un esame delle modalità in base alle quali vengono calcolate le tariffe aeree al fine di chiarire il rapporto che esiste fra le tariffe praticate e il servizio prestato. A tal riguardo la Commissione suggerisce di riflettere sull'opportunità di conferire alla Commissione stessa maggiori poteri in materia tariffaria.

Nuove priorità della Commissione

Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di una serie di misureriguardanti vari aspetti del trasporto aereo:

-        una comunicazione corredata di una proposta di regolamento relativa all’estensione dei compiti dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea[251] (EASA – European Aviation Safety Agency).

La comunicazione dovrebbe illustrare le varie fasi, fino al 2010, per l’estensione dei compiti dell’Agenzia a tutti i settori della sicurezza aerea fra cui operazioni aeree e licenze dell’equipaggio di condotta, gestione del traffico aereo ed aeroporti. La proposta di regolamento riguarderà, in particolare, la prima fase di tale processo, ovvero le operazioni aeree e le licenze dell’equipaggio di condotta;

-        una proposta di regolamento concernente la struttura di gestione del progetto industriale SESAME (Single European Sky Implementation Programme) per la realizzazione tecnica del cielo unico europeo;

-        una comunicazione relativa all’istituzione di un quadro comune in materia di tariffazione per l’uso delle infrastrutture di trasporto, corredata di proposte in materia di oneri aeroportuali;

-        una comunicazione volta a controllare l’impatto del trasporto aereo sul cambiamento climatico;

-        una comunicazione riguardante la sicurezza delle varie modalità di trasporto, ivi compresi gli aspetti relativi al finanziamento.

 

La Commissione ha preannunciato, inoltre, la presentazione, nel corso del 2005, di:

-       una proposta di direttiva volta a modificare la direttiva 96/67/CE sull’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari;

-       una proposta di regolamento relativa alle informazioni che le compagnie aeree sono tenute a fornire ai fini della pubblicazione regolare di relazioni che consentano di confrontare la qualità dei loro servizi;

-       una proposta di regolamento su un sistema comunitario di ripartizione dei diritti di traffico limitati;

-       una proposta di regolamento volta a modificare il regolamento (CE) n. 793/2004 relativo a norme comuni per l’assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità;

-       una proposta relativa alla tutela dei diritti dei passeggeri in caso di fallimento delle compagnie aeree;

-       un pacchetto di misure legislative per la revisione del“terzo pacchetto” sulla liberalizzazione del trasporto aereo (vedi supra);

-       una proposta di direttiva relativa alle tariffe dei trasporti aerei indiretti con i paesi terzi;

-       una proposta di revisione del regolamento (CE) n. 2299/1989 che istituisce un codice di condotta in materia di sistemi telematici di prenotazione;

-       una proposta di regolamento volta a stabilire norme comuni per l’applicazione dell’articolo 15 della Convenzione di Chicago e dell’articolo 1 dell’accordo di transito nel settore del trasporto aereo. Tali articoli sono basati sul principio di utilizzazione delle agevolazioni della navigazione aerea secondo un sistema trasparente, basato su costi reali.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 9 dicembre 2004 la Corte di giustizia ha emesso una sentenza (causa C-460/02)contro l’Italia in quanto alcune disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, attuativo della direttiva 96/67/CE relativa all’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità, non sono conformi alle disposizioni della direttiva medesima.

Da ultimo, il 5 luglio 2005, la Corte ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora, in base all’articolo 228 del Trattato CE, per non aver adottato le misure volte a dare esecuzione alla suddetta sentenza.

 


Articolo 11-septies
(Interventi a favore della sicurezza degli impianti ed operativa)

 


1. All’articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, le parole: “per la parte eccedente 30 milioni di euro“ sono sostituite dalle seguenti: “quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare ENAV Spa, secondo modalità regolate dal contratto di servizio di cui all’articolo 9 della legge 21 dicembre 1996, n. 665, per i costi sostenuti da ENAV Spa per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota,“.

2. Per l’attuazione del comma 1 è autorizzata la spesa di 30 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.


 

 

L’articolo 11-septies - corrispondente quasi integralmente all’articolo 5 del DL 211/2005[252] - reca interventi a favore della sicurezza degli impianti e della sicurezza operativa.

 

In particolare, la disposizionemodifica l’articolo 2, comma 11, della legge 350/2003 (legge finanziaria 2004).

 

Il comma 11 citato istituisce l’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili. L’addizionale, pari ad 2 euro per ogni passeggero imbarcato, è versata all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione - per la parte eccedente 30 milioni di euro - in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’interno, che viene ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale: per il 40% a favore di comuni nel cui territorio ricade il sedime aeroportuale, ovvero il cui territorio confina con esso in base a determinati criteri; per l’60% per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie.

 

La modifica introdotta dall’articolo in esame è finalizzata a trasferire in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la quota dell’addizionale attualmente riservata al Ministero dell’economia – pari a 30 milioni di euro – al fine di compensare l’ENAV dei costi sostenuti per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa. Le modalità della compensazione sono regolate dal contratto di servizio di cui all’articolo 9 della legge 665/1996[253].

 

A norma del comma 5 dell’articolo 9 citato il contratto di servizio ha durata almeno triennale; regola le prestazioni e definisce i servizi di rilevanza sociale che l'ENAV è tenuto ad erogare in condizioni di non remunerazione dei costi e ne stabilisce i corrispettivi economici e le modalità di erogazione; definisce altresì gli standard di sicurezza e di qualità dei servizi erogati, anche in base alla normativa comunitaria; definisce le sanzioni per i casi di inadempienza.

 

La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del decreto legge 211/2005 che – come evidenziato – reca una disposizione identica a quella in esame, precisa che dalla stessa “ è atteso un beneficio per i vettori in quanto l’Enav spa determinerà i corrispettivi dovuti dagli stessi sulla base di costi che risulteranno inferiori”.

 

Il comma 2 - non presente nel corrispondente articolo 5 del Dl 211/2005 – reca la norma di copertura, prevedendo – per l’attuazione del comma 1 – l’autorizzazione di spesa di 30 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

 

Legge 24 dicembre 2003 n. 350

Articolo 2

 

Legge 24 dicembre 2003 n. 350

Articolo 2

come modificato dal DL 203/2005

Omissis

11. È istituita l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili. L'addizionale è pari a 2 euro per passeggero imbarcato ed è versata all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione per la parte eccedente 30 milioni di euro in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media delle seguenti percentuali: percentuale di superficie del territorio comunale inglobata nel recinto aeroportuale sul totale del sedime; percentuale della superficie totale del comune nel limite massimo di 100 chilometri quadrati

b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie

Omissis

11. È istituita l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco di passeggeri sulle aeromobili. L'addizionale è pari a 2 euro per passeggero imbarcato ed è versata all'entrata del bilancio dello Stato, per la successiva riassegnazione quanto a 30 milioni di euro, in un apposito fondo istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti destinato a compensare l’ENAV s.p.a., secondo modalità regolate dal contratto di servizio di cui all’articolo 9 della legge 21 dicembre 1996, n. 665, per i costi sostenuti da ENAV s.p.a. per garantire la sicurezza ai propri impianti e per garantire la sicurezza operativa e, quanto alla residua quota, in un apposito fondo istituito presso il Ministero dell'interno e ripartito sulla base del rispettivo traffico aeroportuale secondo i seguenti criteri:

a) il 40 per cento del totale a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti secondo la media delle seguenti percentuali: percentuale di superficie del territorio comunale inglobata nel recinto aeroportuale sul totale del sedime; percentuale della superficie totale del comune nel limite massimo di 100 chilometri quadrati;

b) al fine di pervenire ad efficaci misure di tutela dell'incolumità delle persone e delle strutture, il 60 per cento del totale per il finanziamento di misure volte alla prevenzione e al contrasto della criminalità e al potenziamento della sicurezza nelle strutture aeroportuali e nelle principali stazioni ferroviarie

 


Articolo 11-octies
(Compensazione per gli eventi dell’11 settembre 2001)

 


1. È autorizzata la spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2005 per la liquidazione dei risarcimenti dei danni di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 14. Le modalità e i termini delle liquidazioni dei predetti risarcimenti sono stabiliti con il decreto di cui al comma 1-septies dell’articolo 2 del decreto-legge n. 450 del 2001, convertito, con modifica­zioni, dalla legge n. 14 del 2002.


 

 

L’articolo 11-octies – corrispondente integralmente all’articolo 6 del DL 211/2005[254] – reca disposizioni in materia di compensazioni per gli eventi dell’11 settembre 2001.

 

In particolare, la disposizione autorizza la spesa di 13 milioni di euro per l’anno 2005 per la liquidazione dei risarcimenti dei danni di cui all’articolo 2, comma 1-bis, del DL 450/2001[255]. Per le modalità e i termini delle liquidazioni dei risarcimenti si rinvia al decreto previsto dal comma 1-septies del richiamato articolo 2.

 

Il comma 1-bis del DL 450/2001 prevede che lo Stato presti garanzia - a favore delle imprese di trasporto aereo nazionali nonché in favore delle imprese nazionali di gestione aeroportuale - sulla copertura assicurativa per il risarcimento dei danni subìti da terzi, in essi inclusi i passeggeri trasportati e i dipendenti delle imprese di trasporto aereo, in conseguenza di atti di guerra o di terrorismo nell'esercizio del servizio aereo[256].

I successivi commi 1-ter e 1-quater 1-quinquies e 1-sexies prevedono la corresponsione di un premio da parte delle compagnie aeree e delle imprese di gestione aeroportuale, ne stabiliscono l’entità e le modalità di corresponsione, escludendo qualsiasi azione di rivalsa dello Stato nei confronti di compagnie aeree e imprese di gestione tranne in casi di dolo e colpa grave.

Il comma 1-septies demanda le modalità di operatività dell'intervento ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro delle attività produttive.

 

Si segnala che non appare chiara la portata normativa della disposizione, stante che il richiamo all’articolo 2, comma 1-bis, del DL 450/2001 – il quale prevede la copertura assicurativa per il risarcimento dei danni subiti da terzi, in essi inclusi i passeggeri trasportati e i dipendenti delle imprese di trasporto aereo, in conseguenza di atti di terrorismo o di guerra – non sembrerebbe consentire la configurazione dell’intervento ivi previsto in termini di compensazione per gli eventi dell’11 settembre in favore dei vettori aerei nazionali.

 

Al riguardo, si ricorda che la relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del DL 211/2005, recante – come già segnalato – una previsione identica a quella in esame, sottolinea che la disposizione è intesa a compensare i vettori nazionali per i negativi effetti connessi alla chiusura dei cieli nord-americani in seguito agli eventi dell’11 settembre 2001: la relazione proseguiva precisando che “la norma – sussistendo in concreto il diritto per i vettori aerei – si limita a prevedere uno specifico stanziamento nel bilancio dello Stato da utilizzare per il risarcimento dei vettori danneggiati dalla suddetta chiusura dei cieli nord-americani tra l’11 ed il 14 settembre 2001”.

 

La norma in esame andrebbe valutata alla luce della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato, di cui agli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo delle Comunità europee.

Si ricorda, infatti, che l’articolo 87 del Trattato dichiara incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati che – favorendo alcune imprese – falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Il medesimo articolo prevede, in ogni caso, delle deroghe al principio testè enunziato, ritenendo, in particolare, compatibili gli aiuti destinati ad ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure ad altri eventi eccezionali (art. 87, par. 2, lett. b). In base all’articolo 88, par. 3, del Trattato, inoltre, gli Stati membri sono tenuti a comunicare alla Commissione i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti e non possono dare attuazione a tali progetti finché la Commissione non abbia assunto le proprie determinazioni al riguardo.

 


Articolo 11-nonies
(Razionalizzazione e incremento dell’efficienza
del settore dei gestori aeroportuali)

 


1. Alla legge 24 dicembre 1993, n. 537, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 10 dell’articolo 10 è sostituito dal seguente:

“10. La misura dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, è determinata per i singoli aeroporti, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE, con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze. Con i medesimi decreti viene altresì fissata, per un periodo predeterminato, comunque compreso tra tre e cinque anni, la variazione massima annuale applicabile ai medesimi diritti aeroportuali. La variazione è determinata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l’obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) e il gestore aeroportuale, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura iniziale dei diritti e l’obiettivo di recupero della produttività assegnato vengono determinati tenendo conto:

       a) di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati, quali lo svolgimento di attività commerciali, offerti sul sedime aeroportuale;

       b) del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;

       c) delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali;

       d) dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale;

       e) di una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento nell’ambito del sedime aeroportuale di attività non regolamentate.“;

b) dopo il comma 10 sono inseriti i seguenti:

“10-bis. È soppressa la maggiorazione del 50 per cento dei diritti aeroportuali applicata nei casi di approdo o partenza nelle ore notturne, di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324.

10-ter. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, può definire norme semplificative, rispetto a quelle previste al comma 10, per la determinazione dei diritti aeroportuali per gli aeroporti aventi un traffico inferiore a 600.000 unità di carico, ciascuna equivalente ad un passeggero o cento chili di merce o di posta.

10-quater. La metodologia di cui al comma 10 si applica anche per la determinazione dei corrispettivi per i servizi di sicurezza previsti dall’articolo 5, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992, n. 217, nonché per la determinazione della tassa di imbarco e sbarco sulle merci trasportate per via aerea in base al decreto-legge 28 febbraio 1974, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 117“.

2. Il comma 190 dell’articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è abrogato.


L’articolo 11-noniescorrispondente integralmente all’articolo 7 del DL 211/2005[257] - reca disposizioni in materia di razionalizzazione ed efficientamento del settore dei gestori aeroportuali.

 

Il comma 1 interviene sul comma 10 dell’articolo 10 della legge 537/1993 (legge finanziaria per il 1994), che disciplina le modalità di determinazione dei diritti aeroportuali[258].

 

Il comma 10 sopra citato prevede che la determinazione dei diritti aeroportuali di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili e di imbarco per passeggeri sia effettuata:

§       annualmente;

§       con decreto del ministro dei trasporti e delle infrastrutture di concerto con il ministro delle finanze, sentita la commissione istituita presso il Ministero dei trasporti ai sensi dell’articolo 9 della legge 324/1976, presieduta dal Ministro dei trasporti o da un Sottosegretario da lui delegato e composta da un membro del Consiglio superiore dell'aviazione civile, due funzionari della Direzione generale dell'aviazione civile, un funzionario del Ministero del tesoro, un funzionario del Ministero delle finanze, due esperti in rappresentanza degli enti gestori di aeroporti, due esperti in rappresentanza dei vettori aerei nazionali, due funzionari dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale

§       sulla base dei seguenti obiettivi:

a)       progressivo allineamento ai livelli medi europei;

b)       differenziazione tra gli scali aeroportuali in funzione delle dimensioni di traffico di ciascuno;

c)       applicazione, per ciascuno scalo, di livelli tariffari differenziati in relazione all'intensità del traffico nei diversi periodi della giornata;

d)       correlazione con il livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;

e)       correlazione con le esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle infrastrutture aeroportuali;

f)         conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale

 

In particolare:

 

§      la lettera a) introduce una nuova formulazione del comma 10 che presenta, rispetto alla precedente formulazione, le seguenti modifiche:

-       la misura dei diritti aeroportuali è determinata per i singoli aeroporti;

-       la determinazione avviene con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE;

-       deve essere fissata, per un periodo predeterminato, comunque compreso tra tre e cinque anni, la variazione massima annuale applicabile a tali diritti aeroportuali, calcolata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l’obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra Enac e il gestore aeroportuale, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del DL 211/2005 che – come evidenziato – reca una disposizione identica a quella in esame, precisa che con i richiamati decreti è introdotto un meccanismo di calcolo per la determinazione dei diritti aeroportuali secondo un metodo detto “price cap”:

§      la misura iniziale del diritto e l’obiettivo di recupero della produttività devono essere calcolati tenendo presenti fattori parzialmente diversi da quelli indicati dall’attuale comma 10. In sostanza, vengono:

-       confermati i fattori relativi al livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;alle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali; all’effettivo conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale;

-       eliminati i fattori relativi al progressivo allineamento ai livelli medi europei; alla differenziazione tra gli scali aeroportuali in funzione delle dimensioni di traffico di ciascuno; all’applicazione, per ciascuno scalo, di livelli tariffari differenziati in relazione all'intensità del traffico nei diversi periodi della giornata;

-       introdotti i fattori relativi: all’introduzione un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati, quali lo svolgimento di attività commerciali, offerti sul sedime aeroportuale; alla considerazione di una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento nell’ambito del sedime aeroportuale di attività non regolamentate.

Si ricorda che con delibera 86/2000 il CIPE ha espresso parere favorevole sullo schema di riordino della tariffazione dei servizi aeroportuali prestati in regime di esclusiva presentato dal Ministro dei trasporti e dal Ministro delle finanze, che prevede un obbligo di contabilità analitica per ciascun gestore aeroportuale, certificata da una società di revisione. Al riguardo, il Cipe, in sede di parere, ha raccomandato al Ministro dei trasporti di vigilare affinché venisse realizzata una rigorosa separazione contabile che consentisse l'individuazione dei costi effettivi dei singoli servizi offerti dai gestori aeroportuali

 

Legge 24 dicembre 1993, n. 537

Articolo 10

 

Legge 24 dicembre 1993, n. 537

Articolo 10

come modificato dal DL 203/2005

Omissis

10. La misura dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, e successive modificazioni e integrazioni, è annualmente determinata con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, sentita la Commissione di cui all'articolo 9 della medesima legge, tenendo conto dei seguenti obiettivi:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

a) progressivo allineamento ai livelli medi europei;

b) differenziazione tra gli scali aeroportuali in funzione delle dimensioni di traffico di ciascuno;

c) applicazione, per ciascuno scalo, di livelli tariffari differenziati in relazione all'intensità del traffico nei diversi periodi della giornata;

d) correlazione con il livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;

e) correlazione con le esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle infrastrutture aeroportuali;

f) conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale

Omissis

10. La misura dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, e successive modificazioni ed integrazioniè determinata per i singoli aeroporti, sulla base di criteri stabiliti dal CIPE, con decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro delle economia e delle finanze. Con i medesimi decreti viene altresì fissata, per un periodo predeterminato, comunque compreso tra tre e cinque anni, la variazione massima annuale applicabile ai medesimi diritti aeroportuali. La variazione è determinata prendendo a riferimento il tasso di inflazione programmato, l’obiettivo di recupero della produttività assegnato al gestore aeroportuale, la remunerazione del capitale investito, gli ammortamenti dei nuovi investimenti realizzati con capitale proprio o di credito, che sono stabiliti in contratti di programma stipulati tra Enac e il gestore aeroportuale, approvati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura iniziale dei diritti e l’obiettivo di recupero della produttività assegnato vengono determinati tenendo conto:

a) di un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascuno dei servizi, regolamentati e non regolamentati, quali lo svolgimento di attività commerciali, offerti sul sedime aeroportuale;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b) del livello qualitativo e quantitativo dei servizi offerti;

c) delle esigenze di recupero dei costi, in base a criteri di efficienza e di sviluppo delle strutture aeroportuali;

d) dell’effettivo conseguimento degli obiettivi di tutela ambientale;

e) di una quota non inferiore al 50 per cento del margine conseguito dal gestore aeroportuale in relazione allo svolgimento nell’ambito del sedime aeroportuale di attività non regolamentate

 

 

§      la lettera b) introduce i commi 10-bis, 10-ter e 10-quater dopo il comma 10 dell’articolo 10 della legge 537/1993.

 

Il comma 10-bis sopprime la maggiorazione del 50% dei diritti aeroportuali applicata nei casi di approdo o partenza nelle ore notturne, di cui al secondo periodo del secondo comma dell’articolo 2 della legge n. 324 del 1976

La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del DL 211/2005 fa presente che la soppressione è da riconnettere al fatto che il gestore non subisce un incremento dei costi pari alla maggiorazione in precedenza prevista.

Al riguardo, andrebbe valutata l’opportunità di procedere all’abrogazione della disposizione contenuta nel secondo periodo del secondo comma dell’articolo 2 della citata legge n. 324 del 1976 che reca la suddetta maggiorazione.

 

Il comma 10-ter introduce la facoltà per il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, di definire norme semplificative, rispetto a quelle prevista dal comma 10, al fine della determinazione dei diritti aeroportuali in aeroporti con traffico inferiore a 600.000 unità di carico (ciascuna equivalente ad un passeggero o a cento chili di merce o di posta).

 

Il comma 10-quater estende il meccanismo di calcolo dei diritti previsto dal comma 10 anche alla determinazione dei corrispettivi dei servizi di sicurezza e della tassa di imbarco e di sbarco sulle merci trasportate per via aerea, introducendo, così, come chiarito dalla relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del Dl 211/2005 , anche in tale caso un meccanismo per la determinazione dei corrispettivi analogo a quello sopra riportato per i diritti aeroportuali (price cap).

 

L’articolo 5 del DL 9/1992 [259] consente - ferme restando le attribuzioni e i compiti dell'autorità di pubblica sicurezza e dell'autorità doganale, nonché i poteri di polizia e di coordinamento degli organi locali dell'Amministrazione della navigazione aerea - l'affidamento in concessione dei servizi di controllo nell'ambito aeroportuale, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di appartenenti alle forze di polizia. Le condizioni ,gli ambiti funzionali e le modalità per l'affidamento in concessione dei servizi predetti, i requisiti dei soggetti concessionari, le caratteristiche funzionali delle attrezzature tecniche di rilevazione eventualmente adoperate, nonché ogni altra prescrizione ritenuta necessaria per assicurare il regolare svolgimento delle attività aeroportuali sono state demandate ad un decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno. Ad un decreto del Ministro dei trasporti è demandata la determinazione degli importi dovuti all'erario dal concessionario e di quelli posti a carico dell'utenza a copertura dei costi e quale corrispettivo del servizio reso.

Il D.M. 29 gennaio 1999 n. 85 ha dato attuazione a quanto disposto dall’articolo 5 sopra illustrato, demandando ad un successivo decreto la determinazione degli importi dovuti all'erario dal concessionario e di quelli posti a carico dell'utenza. Sono stati quindi emanati:

-        il DM 5 luglio 1999 che ha determinato in via temporanea (fino al 31 dicembre 2000)[260] un contributo a copertura dei costi del servizio di controllo di sicurezza relativo ai passeggeri ed al solo bagaglio a seguito;

-        il DM 11 maggio 2000 che ha determinato un contributo aggiuntivo per la copertura dei costi del servizio di controllo di sicurezza aeroportuale dei bagagli da stiva per i voli internazionali in partenza da Roma Fiumicino e da Roma Ciampino;

-        il D.M. 14 marzo 2003 (che ha abrogato il precedente DM 11 maggio 2000) che ha disposto un servizio di controllo di sicurezza sul 100% dei bagagli di stiva, determinando per ciascun aeroporto il corrispettivo per il servizio effettuato.[261]

-        tre DM 13 luglio 2005 che hanno fissato il canone concessorio dovuto all'Erario per l'affidamento del servizio di sicurezza in ambito aeroportuale, i corrispettivi per i servizi di controllo di sicurezza sul 100% dei bagagli da stiva, nonché i corrispettivi per il servizio di controllo di sicurezza sul passeggero e sul bagaglio a mano al seguito.

 

Il comma 2 reca l’abrogazione del comma 190 dell’articolo 2 della legge 662/1996[262], in quanto incidente sulla determinazione di diritti aeroportuali, oggetto di modifica ai sensi del precedente comma.

 

Il comma citato prevede che per il periodo 1° maggio-10 ottobre 1996, i diritti aeroportuali di cui alla legge 324/1976 (di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili e di imbarco per passeggeri) rimanessero determinati nella misura stabilita dall'articolo 1, comma 3, del DL 251/1995[263], ossia che fossero aumentati del 5% rispetto all’importo applicato nell’anno 1994.

Il comma stabiliva inoltre che a partire dal 1° gennaio 1997, in attesa dell'emanazione del decreto di cui al comma 10 dell'articolo 10 della legge 537 /1993, fosse applicato un aumento annuale degli stessi diritti determinato con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, nella misura pari al tasso di inflazione programmata determinato dal Governo nel documento di programmazione economico-finanziaria.

 


Articolo 11-decies
(Competitività del sistema aeroportuale)

 


1. Al fine di incrementare la competitività e razionalizzare il sistema del trasporto aereo nazionale, i canoni di concessione demaniale, istituiti dal decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351, sono ridotti del 75 per cento fino alla data di introduzione del sistema di determinazione dei diritti aeroportuali di cui all’articolo 11-nonies del presente decreto.

2. Fino alla determinazione dei diritti aeroportuali di cui alla legge 5 maggio 1976, n. 324, secondo le modalità previste nel comma 10 dell’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come sostituito dall’articolo 11-nonies del presente decreto, la misura dei diritti aeroportuali attualmente in vigore è ridotta in misura pari all’importo della riduzione dei canoni demaniali di cui al comma 1 del presente articolo. Detta misura è ulteriormente ridotta del 10 per cento per i gestori che non adottano un sistema di contabilità analitica, certificato da società di revisione contabile, che consenta l’individuazione, per tutti i servizi offerti, dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascun singolo servizio.

3. Alle minori entrate derivanti dall’attuazione del presente articolo, valutate in 42 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, si provvede ai sensi dell’articolo 12.


 

 

L’articolo 11-decies – corrispondente quasi integralmente all’articolo 8 del DL 211/2005[264] - reca disposizioni in materia di competitività del sistema aeroportuale.

 

Il comma 1 prevede che, al fine di incrementare la competitività e di razionalizzare il sistema del trasporto aereo nazionale, i canoni di concessione demaniale – istituiti dal DL 251/1995[265] - siano ridotti del 75% fino alla data di introduzione del nuovo sistema di determinazione dei diritti aeroportuali previsto dal provvedimento in esame.

 

L’articolo 1, comma 5-ter, del DL richiamato prevede che i canoni per le concessioni che le società di gestione aeroportuale devono corrispondere siano fissati periodicamente dal Ministero delle finanze - Dipartimento del territorio di concerto con il Ministero dei trasporti e della navigazione, con riferimento, per il periodo preso in considerazione, al volume di traffico di passeggeri e merci.

Il DM. 22 dicembre 1998 ha provveduto a determinare per il quadriennio 1997-2000 i canoni dovuti dalle società di gestione aeroportuale, in misura pari al dieci per cento dell'importo complessivo delle entrate derivanti dai diritti per l'uso degli aeroporti,nonché dalle tasse di sbarco e imbarco delle merci.

Successivamente il decreto ministeriale 19 aprile 2001 ha prorogato per l'anno 2001 i canoni dovuti dai gestori aeroportuali nella misura stabilita dal D.M. 22 dicembre 1998; lo stesso DM ha stabilito che, con decorrenza dal 1° gennaio 2002, la determinazione dei canoni dovuti dalle società di gestione aeroportuale fosse fatta con riferimento al WLU[266], (Work Load Unit), stabilendo una proporzione tra canoni e unità di traffico gestito.

Il successivo decreto dirigenziale 2 ottobre 2002 dell'Agenzia del demanio e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ulteriormente prorogato per l'anno 2002 tali canoni individuati con DM 19 aprile 2001.

Il decreto dirigenziale 30 giugno 2003ha stabilito che a decorrere dall'anno 2003, il canone annuo di cui al D.M. 22 dicembre 1998 fosse determinato con riferimento al WLU (Work Load Unit), secondo le modalità riportate nell’allegato tecnico al medesimo decreto, da aggiornarsi entro il 31 dicembre 2005.

 

Il comma 2 riduce in misura pari all’importo della riduzione dei canoni demaniali la misura dei diritti aeroportuali in vigore, fino alla determinazione degli stessi secondo le nuove modalità introdotte dall’articolo 11-nonies del decreto legge in esame.

La misura dei diritti aeroportuali è ulteriormente ridotta del 10% per i gestori che non adottano un sistema di contabilità analitica, certificato da una società di revisione contabile, che consenta l’individuazione, per tutti i servizi offerti, dei ricavi e dei costi di competenza afferenti a ciascun servizio.

La relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del DL 211/2005 precisa che le sopra riportate disposizioni di cui ai commi 1 e 2 “intendono incrementare la competitività del trasporto aereo trasferendo ai vettori un beneficio economico pari alla riduzione del canone di concessione ottenuta dai gestori aeroportuali”.

 

Il comma 3 – non presente nel corrispondente articolo 8 del D.L. 211/2005- precisa che alle minori entrate derivanti dalle sopra riportate disposizioni – valutate in 42 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006 – si provvede secondo le norme di copertura di cui all’articolo 12 del provvedimento in esame (vedi infra).

 


Articolo 11-undecies
(Sviluppo delle infrastrutture aeroportuali)

 


1. La programmazione degli interventi infrastrutturali per il settore dell’aviazione civile, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, soddisfa, in via prioritaria, le esigenze dei collegamenti con gli aeroporti d’interesse nazionale e, in particolare, con gli hub aeroportuali di Roma Fiumicino e di Milano Malpensa.

2. I piani d’intervento infrastrutturale dell’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) e dell’Ente nazionale per l’assistenza al volo (ENAV) Spa sono redatti in coerenza con le linee d’indirizzo contenute nella programmazione di cui al comma 1, consultate le associazioni rappresentative dei vettori aerei e dei gestori aeroportuali.


 

 

L’articolo 11-undecies - corrispondente integralmente all’articolo 9 del DL 211/2005[267] - reca disposizioni concernenti lo sviluppo delle infrastrutture aeroportuali.

 

Il comma 1 introduce il principio secondo cui la programmazione degli interventi infrastrutturali per il settore dell’aviazione civile, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, deve soddisfare, in via prioritaria, le esigenze dei collegamenti con gli aeroporti d’interesse nazionale e, in particolare, con gli hub aeroportuali di Roma Fiumicino e di Milano Malpensa.

 

Il comma 2 prevede che i piani d’intervento infrastrutturale di ENAC e di ENAV siano redatti in coerenza con le linee d’indirizzo contenute nella programmazione di cui al comma precedente, consultate le associazioni rappresentative dei vettori aerei e dei gestori aeroportuali.

 


Articolo 11-duodecies
(Sicurezza aeroportuale)

 


1. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’interno, emanato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa istruttoria effettuata dall’ENAC, sono definite le attività necessarie a garantire la sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri, lo svolgimento delle quali è affidato ai gestori aeroportuali ed ai vettori, individuando le diverse competenze e responsabilità agli stessi assegnate.

2. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto conto della imputazione delle attività definite con il decreto di cui al comma 1, è definita la ripartizione, tra gestori aeroportuali e vettori, dei corrispettivi stabiliti in base all’articolo 5, comma 3, del decreto-legge 18 gennaio 1992, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1992, n. 217.


 

 

L’articolo 11-duodecies – corrispondente integralmente all’articolo 10 del DL 211/2005[268]- introduce disposizioni sulla sicurezza aeroportuale, in particolare il principio – come chiarisce la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del DL 211/2005 – secondo cui “ il gestore aeroportuale e le compagnie aeree sono entrambi responsabili della sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri”.

 

Il comma 1 dispone che le attività necessarie a garantire la sicurezza aeroportuale relativa al controllo bagagli e passeggeri, sono definite – individuando le competenze e le responsabilità assegnate ai gestori aeroportuali ed ai vettori – con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’interno, da adottare - entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame - previa istruttoria effettuata dall’ENAC.

 

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la ripartizione, tra gestori aeroportuali e vettori, dei corrispettivi dovuti – in base all’articolo 5, comma 3, del DL 9/1992[269] - per l’esercizio delle attività finalizzate alla sicurezza aeroportuale, tenuto conto della imputazione delle attività definite con il decreto di cui al comma precedente.

 

Si ricorda che l’articolo 5 del DL 9/1992 [270] consente - ferme restando le attribuzioni e i compiti dell'autorità di pubblica sicurezza e dell'autorità doganale, nonché i poteri di polizia e di coordinamento degli organi locali dell'Amministrazione della navigazione aerea - l'affidamento in concessione dei servizi di controllo nell'ambito aeroportuale, per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego di appartenenti alle forze di polizia. Le condizioni ,gli ambiti funzionali e le modalità per l'affidamento in concessione dei servizi predetti, i requisiti dei soggetti concessionari, le caratteristiche funzionali delle attrezzature tecniche di rilevazione eventualmente adoperate, nonché ogni altra prescrizione ritenuta necessaria per assicurare il regolare svolgimento delle attività aeroportuali sono state demandate ad un decreto del Ministro dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno. A norma del comma 3 dell’articolo 5, ad un decreto del Ministro dei trasporti è demandata la determinazione degli importi dovuti all'erario dal concessionario e di quelli posti a carico dell'utenza a copertura dei costi e quale corrispettivo del servizio reso.

Il regolamento ministeriale 29-1-1999 n. 85 ha dato attuazione dell'articolo 5 del D.L. 9/1992 determinando i servizi di controllo in àmbito aeroportuale che possono essere affidati in concessione (controllo dei passeggeri in partenza ed in transito; controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature del bagaglio al seguito dei passeggeri; controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature dei bagagli da stiva, della merce e dei plichi dei corrieri espresso): tali servizi sono di norma, e sulla base di direttive del Ministero dei trasporti e della navigazione e del Ministero dell'interno, affidati in concessione alle società di gestione aeroportuale, che li espletano direttamente, anche tramite proprie organizzazioni societarie specializzate comunque in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento, ovvero li affidano, mediante procedure concorrenziali, a imprese di sicurezza in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento nonché dell'autorizzazione prefettizia di cui all'articolo 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Il regolamento prevede che il gestore aeroportuale svolge direttamente o tramite impresa di sicurezza in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento i servizi di vigilanza dei beni aeroportuali di proprietà o in concessione. Sono svolti dai vettori o da altri operatori aeroportuali, direttamente ovvero tramite il gestore aeroportuale o imprese di sicurezza in possesso dei requisiti previsti dal presente regolamento, i seguenti servizi:

a)       controllo radioscopico o con altri tipi di apparecchiature di merci e plichi di corrieri espresso effettuati in aree in sub-concessione;

b)       controllo del materiale catering e delle provviste di bordo nelle aree di produzione e/o allestimento;

c)       vigilanza e riconoscimento sottobordo di bagagli da parte del passeggero in partenza;

d)       procedure di intervista e controllo documentale al passeggero prima del check-in;

e)       vigilanza dell'aeromobile in sosta e controllo degli accessi a bordo;

f)         riscontro di identità del passeggero e dei documenti d'imbarco alle porte di imbarco;

g)       controllo del passeggero e limitazione bagaglio a mano alle porte d'imbarco;

h)       scorta bagagli, merce, posta, catering e provviste di bordo da o per aeromobile;

i)         scorta da o per l'aeromobile delle armi a seguito dei passeggeri in arrivo e partenza;

j)         vigilanza e custodia di bagagli, merci e posta;

k)       ispezione preventiva della cabina dell'aeromobile;

l)         interventi ausiliari dell'attività di polizia, connessi a procedure di emergenza o di sicurezza;

m)     ogni altro controllo o attività disposti, previe dirette intese, dalle autorità aeroportuali per il cui espletamento non è richiesto l'esercizio di pubbliche potestà o l'impiego operativo di appartenenti alle Forze di polizia;

n)       altri servizi previsti dal Programma nazionale di sicurezza o richiesti espressamente dai vettori e da altri operatori aeroportuali.

 

Si ricorda infine che a norma dell’articolo 705 del codice della navigazione, come modificato dall’articolo 3 del decreto legislativo 96/2005[271], il gestore aeroportuale è il soggetto cui è affidato, insieme ad altre attività o in via esclusiva, il compito di amministrare e di gestire le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell'aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato. L'idoneità del gestore aeroportuale ad espletare le attività di cui al presente comma, nel rispetto degli standard tecnici di sicurezza, è attestata da apposita certificazione rilasciata dall'ENAC.

Ferme restando la disciplina del titolo VII e comunque le competenze attribuite agli organi statali in materia di ordine e sicurezza pubblica, difesa civile, prevenzione incendi, soccorso e protezione civile, il gestore aeroportuale:

a)       assicura il puntuale rispetto degli obblighi assunti con la convenzione ed il contratto di programma;

b)       organizza l'attività aeroportuale al fine di garantire l'efficiente utilizzazione delle risorse per la fornitura di attività e di servizi di livello adeguato, anche mediante la pianificazione degli interventi in relazione alla tipologia di traffico;

c)       corrisponde il canone di concessione;

d)       assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra, di cui all'articolo 706, fornendoli direttamente o coordinando l'attività dei soggetti idonei che forniscono i suddetti servizi a favore di terzi o in autoproduzione;

e)       sotto la vigilanza dell'ENAC e coordinandosi con la società Enav, assegna le piazzole di sosta agli aeromobili e assicura l'ordinato movimento degli altri mezzi e del personale sui piazzali, al fine di non interferire con l'attività di movimentazione degli aeromobili, verificando il rispetto delle prescrizioni del regolamento di scalo da parte degli operatori privati fornitori di servizi aeroportuali, al fine dell'emissione delle sanzioni previste nel regolamento stesso e negli atti convenzionali;

f)         fornisce tempestivamente notizie all'ENAC, alla società Enav, ai vettori e agli enti interessati in merito a riduzioni del livello del servizio ed a interventi sull'area di movimento dell'aeroporto, nonché alla presenza di ostacoli o di altre condizioni di rischio per la navigazione aerea nell'àmbito del sedime di concessione;

g)       redige la Carta dei servizi in conformità alle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ENAC e garantisce il rispetto dei previsti livelli di qualità dei servizi offerti all'utenza;

h)       assicura i controlli di sicurezza su passeggeri, bagagli e merci, conformemente alle disposizioni vigenti.

 


Articolo 11-terdecies
(Royalties sui carburanti)

 


1. In applicazione della normativa di settore, per i servizi regolamentati o comunque sottoposti alla vigilanza dell’ENAC in base alla direttiva 96/67/CE del Consiglio, del 15 ottobre 1996, non possono essere applicati dai gestori aeroportuali e dai fornitori dei servizi sovrapprezzi, in particolare royalties sulla fornitura di carburanti, non effettivamente connessi ai costi sostenuti per l’offerta del medesimo servizio.


 

 

L’articolo 11-terdecies – corrispondente all’articolo 11 del DL 211/2005[272] - reca disposizioni in ordine alle royalties sui carburanti.

 

In particolare, si prevede che ai gestori aeroportuali e ai fornitori dei servizi non possono essere applicati sovrapprezzi, in particolare royalties sulla fornitura di carburanti, che non siano effettivamente connessi ai costi sostenuti per l’offerta del medesimo servizio.

 

Il divieto è introdotto – con una formulazione che non appare del tutto chiara – “In applicazione alla normativa di settore, per i servizi regolamentati o comunque sottoposti alla vigilanza dell’ENAC in base alla direttiva del Consiglio 96/67/CEE del 15 ottobre 1996”: tale direttiva ha disciplinato l’accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti[273].

 

Il D.Lgs. 13 gennaio 1999 n. 18che ha recepito la direttiva sopra citata istanza disciplina l’accesso dei prestatori di servizi di assistenza a terra, riconoscendo il libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra dei prestatori di servizi aventi precisi requisiti, nonché l’effettuazione dei servizi aeroportuali a terra da parte del vettore in regime di autoassistenza. In particolare si prevede che l'E.N.A.C. vigila affinché: ) sia garantito l'accesso agli impianti aeroportuali da parte dei prestatori di servizi e degli utenti che effettuano l'autoassistenza; b) le condizioni poste all'accesso siano adeguate, trasparenti, obiettive e non discriminatorie;c) siano resi disponibili gli spazi necessari per l'effettuazione dell'assistenza a terra anche in regime di autoassistenza e che gli stessi spazi siano ripartiti in base a criteri adeguati, trasparenti, obiettivi e non discriminatori; d) i corrispettivi per l'utilizzo delle strutture centralizzate, dei beni d'uso comune e di quelli in uso esclusivo, siano pertinenti ai costi di gestione e sviluppo del singolo aeroporto in cui le attività si svolgono (art. 10). L’ENAC, per motivate ragioni inerenti alla sicurezza, alla capacità o allo spazio disponibile nell'aeroporto, può limitare il numero dei prestatori per le categorie di servizi di assistenza bagagli, assistenza operazioni in pista, assistenza carburante e olio, assistenza merci e posta per quanto riguarda il trattamento fisico delle merci e della posta in arrivo, in partenza e in transito, tra l'aerostazione e l'aeromobile. In ogni caso il numero dei prestatori non può essere inferiore a due, per ciascuna delle categorie di servizi sottoposte a limitazione. È comunque garantita a tutti gli utenti, indipendentemente dalle parti di aeroporto a loro assegnate, l'effettiva scelta tra almeno due prestatori di servizi di assistenza a terra. Negli aeroporti con traffico annuale pari o superiore a 1 milione di passeggeri o a 25 mila tonnellate di merce, l'E.N.A.C., nel rispetto dei criteri di obiettività, trasparenza e non discriminazione, su richiesta dell'ente di gestione, può limitare, per motivate ragioni inerenti alla sicurezza, alla capacità o allo spazio disponibile in aeroporto, il numero dei soggetti autorizzati all'effettuazione dell'autoassistenza per le categorie di servizi dell'assistenza bagagli, dell'assistenza operazioni in pista, dell'assistenza carburante, dell'assistenza merci e posta per quanto riguarda il trattamento fisico delle merci e della posta in arrivo, in partenza e in transito tra l'aerostazione e l'aeromobile, garantendone l'effettuazione da parte di almeno due richiedenti.

 

Al riguardo, si fa presente che andrebbe valutata la congruità del riferimento alla direttiva 96/67/CE, stante il recepimento della stessa nell’ordinamento italiano ai sensi del sopra richiamato D.Lgs. 13 gennaio 1999 n. 18.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 1
(Campionali mondiali di nuoto e giochi del Mediterraneo)

 


1. Per consentire l’organizzazione e l’adeguamento degli impianti e attrezzature necessari allo svolgimento dei Campionati mondiali di nuoto che si terranno a Roma nel 2009 e dei Giochi del Mediterraneo che si terranno a Pescara nel medesimo anno, il Dipartimento della protezione civile è autorizzato a provvedere con contributi quindicennali nei confronti dei soggetti competenti. A tal fine è autorizzata la spesa annua di 2 milioni di euro per quindici anni a decorrere dal 2007, nonché quella annua di 2 milioni di euro per quindici anni a decorrere dall’anno 2008, da ripartire in eguale misura tra le manifestazioni di cui al primo periodo del presente comma.


 

 

Il comma in esame autorizza il Dipartimento della protezione civile a provvedere con contributi quindicennali per la necessaria organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento:

§      dei Campionati mondiali di nuoto “Roma 2009”;

§      dei “XVI Giochi del Mediterraneo" che si terranno a Pescara sempre nel 2009.

Viene pertanto autorizzato uno stanziamento annuale che consisterà inizialmente in 2 milioni di euro a partire dal 2007 e, dall’anno 2008, sarà incrementato con altri 2 milioni di euro, e dovrà, sempre ai sensi del comma in esame, essere ripartito in parti uguali tra le due manifestazioni.

Giova sottolineare che le due manifestazioni sono state dichiarate “grande evento” con due recenti DPR:

-        il DPR 14 ottobre 2005 “Dichiarazione di «grande evento» nel territorio della provincia di Roma in occasione dei mondiali di nuoto «Roma 2009», pubblicato nella G.U. del 24 ottobre 2005, n. 248;

-        il DPR 21 ottobre 2005 “Dichiarazione di «grande evento» nel territorio della provincia di Pescara in occasione dei "XVI Giochi del Mediterraneo", pubblicato nella G.U. 2 novembre 2005, n. 255.

Si ricorda che la dichiarazione di “grande evento” permette la possibilità di avvalersi di procedure di carattere prioritario per la realizzazione delle opere programmate per lo svolgimento dell’evento stesso. Con l’art. 5-bis, comma 5, del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito con modificazioni dalla legge 9 novembre 2001, n. 410, è stato infatti previsto che le disposizioni di cui all'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, previste per gli stati di emergenza, vengano applicate anche alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile.

In relazione poi ai mondiali di nuoto “Roma 2009”, il DPR 14 ottobre 2005 sottolinea come tale manifestazione, comportando la partecipazione di un gran numero di persone tra atleti, tecnici, rappresentanti del Comitato olimpico internazionale e spettatori, richiederà l'adozione tempestiva di interventi finalizzati a soddisfare le esigenze di mobilità ed ospitalità, nonché ad assicurare la sicurezza e l'ordine pubblico, accanto ad un'idonea ricezione alberghiera. Il decreto precisa poi che tali interventi saranno localizzati nelle aree adiacenti il complesso universitario di Tor Vergata e che sarà, quindi, indispensabile incrementare gli impianti sportivi già esistenti attraverso la realizzazione di un articolato quadro di ulteriori interventi funzionali allo svolgimento dei giochi. Ai fini della loro realizzazione è stato siglato, in data 9 maggio 2005, un protocollo di intesa tra il Comune di Roma, Università degli studi di Roma «Tor Vergata», il Coni, e il S.I.I.T., Lazio, Abruzzo e Sardegna. Secondo il protocollo, l'apertura dei cantieri è prevista per il giugno 2006, i lavori avranno la durata di due anni circa per una cifra intorno ai 60 milioni di euro, interamente finanziata dal Comune con i fondi per Roma Capitale. Gli interventi consisteranno nella realizzazione di un palazzo dello sport per 8.000 spettatori; un palazzo del nuoto con posti per 4.500 spettatori, un parco attrezzato con campi all'aperto di atletica leggera, calcio, calcetto, basket, un'arena per grandi eventi, servizi complementari, viabilità e parcheggi. Si ricorda, infine, che, in data 11 ottobre 2005, si è tenuta, presso il Dipartimento della protezione civile, una riunione con i rappresentanti delle amministrazioni interessate nella quale è stato definito un percorso amministrativo, finanziario e di gestione relativo alla realizzazione delle opere e degli interventi funzionali alla celebrazione dei mondiali di «nuoto 2009».

Per quanto riguarda, invece, i XVI Giochi del Mediterraneo di Pescara, nel DPR 21 ottobre 2005 si ricorda che sono stati sottoscritti rispettivamente il 18 ottobre 2003 e il 16 novembre 2004 il «Contratto con la città ospite per i XVI Giochi del Mediterraneo del 2009» tra il Comitato internazionale dei giochi del Mediterraneo (CIJM), la città di Pescara ed il Comitato Nazionale Olimpico Italiano e l’atto costitutivo del «Comitato organizzatore dei XVI Giochi del Mediterraneo - Pescara 2009». E’ stato, inoltre, sottolineato che l’organizzazione dei giochi comporterà la realizzazione di un Villaggio Mediterraneo per ospitare gli atleti, gli accompagnatori e le relative delegazioni. Occorrerà, inoltre, provvedere ad effettuare ulteriori interventi finalizzati alla riqualificazione ed al potenziamento degli impianti sportivi, al miglioramento della fruibilità dei luoghi, allo sviluppo del sistema di accessibilità e di accoglienza e ad un'adeguata assistenza tecnica, medica ed informativa.


Articolo 11-quaterdecies, comma 2
(Convegno internazionale interconfessionale)

 

2. Per l’organizzazione e l’adeguamento infrastrutturale necessario alla realizzazione del convegno internazionale interconfessionale, è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per l’anno 2006.

 

 

Il comma autorizza una spesa pari a 5 milioni di euro per l’anno 2006 per l’organizzazione e l’adeguamento degli impianti necessari allo svolgimento del Convegno internazionale interconfessionale.

Si sottolinea che la disposizione omette di fornire indicazioni utili all’individuazione del convegno citato. Sembrerebbe, pertanto, opportuno, fornire qualche elemento ulteriore utile all’individuazione della manifestazione per la quale viene disposto il contributo.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 3
(Spese per convenzione diversità biologica
e per Ateneo formazione europea Jean Monnet)

 


3. Per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 1, comma 279, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è autorizzata la spesa di ulteriori 3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006; è altresì autorizzata la spesa di ulteriori 1,5 milioni di euro per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 1, comma 278, della citata legge n. 311 del 2004 in favore della Facoltà ivi indicata della Seconda Università degli studi di Napoli.


 

 

Il comma 3, prima parteautorizza la spesa aggiuntiva di 3 milioni di euro a decorrere dal 2006, per la prosecuzione degli interventi di cui all’art. 1, comma 279, della Legge finanziaria 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311).

Il comma 279 cit. ha autorizzato per l’esercizio 2005 la spesa di 2 milioni di euro, finalizzata allo svolgimento di campagne di comunicazione e sensibilizzazione riferite alla Convenzione di Rio de Janeiro del 5 giugno 1992 sulla biodiversità, nonché al Protocollo di Cartagena, ad essa correlato, sulla prevenzione dei rischi biotecnologici, fatto a Montreal il 29 gennaio 2000. Le campagne in questione hanno lo scopo di favorire l’attuazione dei due strumenti internazionali, ratificati dall’Italia rispettivamente con legge 14 febbraio 1994, n. 124 e con legge 15 gennaio 2004, n. 27, ed entrambi in vigore.

 

Muovendo dalla preoccupazione per la diminuzione costante, negli ultimi decenni, del numero di specie vegetali e animali, nonché per gli effetti che ne derivano su rischi ambientali quali i cambiamenti climatici troppo rapidi, l’impoverimento dei suoli o la proliferazione di parassiti nocivi; la Convenzione sulla diversità biologica si propone di invertire tale trend mediante la conservazione della diversità biologica, l'utilizzazione durevole dei suoi elementi e la ripartizione giusta ed equa dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche. Tali fini sono da perseguire mediante trasferimenti di know how e adeguatifinanziamenti.

Salvaguardando i diritti degli altri Stati, le disposizioni della Convenzione si applicano, per ciascuna delle Parti contraenti, sia con riguardo a elementi di diversità biologica nel territorio di essa, sia in caso di processi ed attività realizzati sotto la sua giurisdizione o il suo controllo, indipendentemente da dove si manifestino i loro effetti.

Le Parti si impegnano a elaborare appropriate strategie o programmi nazionali, ovvero ad adattare quelli esistenti, nonché a integrare le prassi volte a garantire la conservazione e l'utilizzazione durevole della diversità biologica nelle politiche di settore attinenti. Ciascuna Parte dovrà procedere all’identificazione degli elementi importanti della diversità biologica nel proprio territorio, sottoponendone a verifica le caratteristiche, e privilegiando gli elementi a rischio di sparizione o quelli suscettibili di utilizzazione durevole. I processi produttivi e le attività umane che possono costituire gravi minacce alla conservazione saranno oggetto di attenta campionatura e monitoraggio, e la medesima attenzione verrà data alla gestione dei dati derivati dalle attività di identificazione e di controllo.

Le attività sopra descritte saranno accompagnate da misure economiche e sociali che favoriscano la conservazione e l'utilizzazione durevole degli elementi costitutivi della diversità biologica. Sul piano della diffusione della cultura del rispetto per la biodiversità, la Convenzione prevede programmi di istruzione scientifica e tecnica e di formazione, nonché di ricerca, e aiuti per diffondere tali pratiche anche nei paesi in via di sviluppo. I mezzi di comunicazione e l’insegnamento sono altri due veicoli che le Parti dovranno utilizzare per accrescere la sensibilità sociale verso i temi in oggetto.

Il Protocollo di Cartagena è il primo strumento legale internazionale che verte in modo specifico su aspetti legati alla sicurezza ambientale e sanitaria in connessione con l’utilizzazione di organismi geneticamente modificati, e rappresenta il primo strumento attuativo della Convenzione sulla diversità biologica. L'art. 19, comma 3, della Convenzione prevede infatti che le Parti adottino un protocollo volto tra l’altro a stabilire le procedure concernenti il trasferimento, la manipolazione e l'utilizzazione, in condizioni di sicurezza, di ogni organismo vivente geneticamente modificato originato dalla biotecnologia e che avrebbe effetti sfavorevoli sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica".

L’ambito di applicazione del Protocollo è circoscritto ai movimenti transfrontalieri, al transito, alla manipolazione ed all’utilizzazione di qualsiasi organismo vivente modificato suscettibile di avere effetti sfavorevoli sulla conservazione della diversità biologica, anche in considerazione dei rischi per la salute dell’uomo. Tuttavia, le disposizioni contenute nel Protocollo non si applicano ai prodotti farmaceutici destinati all’uomo in virtù di altri accordi o organismi internazionali pertinenti.

E’ tra l’altro prevista una procedura particolare applicabile agli organismi viventi modificati destinati all’alimentazione umana o animale o alla trasformazione e che possono essere oggetto di movimenti transfrontalieri. Sono altresì stabiliti criteri per la valutazione e la gestione dei rischi, nonché procedure di tempestiva notifica, agli Stati colpiti o suscettibili di esserlo, e al Centro di Scambio per la prevenzione dei rischi biotecnologici – istituito dal Protocollo di Cartagena -, di ogni incidente che comporti il rischio di un movimento transfrontaliero non intenzionale di organismi viventi modificati.

Le Parti cooperano allo sviluppo e al rafforzamento delle risorse umane e delle capacità istituzionali in materia di prevenzione dei rischi biotecnologici, particolarmente in vista dell’attuazione del Protocollo nei Paesi in via di sviluppo, e si impegnano a sensibilizzare il pubblico sulle questioni relative alla biosicurezza.

La valutazione dell’efficacia del Protocollo verrà effettuata dopo cinque anni dall’entrata in vigore dello stesso, da parte della Conferenza delle Parti che siede in quanto riunione delle Parti del Protocollo.

 

Il comma 3, seconda parte, autorizza la spesa di 1,5 milioni di euro a favore della Facoltà Jean Monnet, della Seconda Università degli studi di Napoli, per la prosecuzione delle attività di ricerca e formazione già finanziate dall’articolo 1, comma 278 della legge n. 311 del 2004[274] (legge finanziaria 2005).

 

La disposizione citata ha stanziato - a decorrere dall'anno 2005 - un contributo di 2 milioni di euro per il potenziamento delle attività svolte dalla Scuola di Ateneo per laformazione europea Jean Monnet, e ne ha disposto contestualmente la costituzione in facoltà.

 

Non sembra chiaro dalla formulazione del testo in commento se l’importo di 1,5 milioni di euro costituisca un incremento annuo della somma erogata a partire dal 2005 o un contributo straordinario aggiuntivo.

 

La Scuola di Ateneo per l'Alta Formazione Europea “Jean Monnet” (Caserta), è stata istituita ed attivata il 1° novembre 2002, con Decreto del Rettore della Seconda Università di Napoli del 28 Giugno 2002 n. 2959, a seguito della trasformazione della preesistente Scuola di Specializzazione in Diritto ed Economia delle Comunità Europee[275].

La Scuola è una struttura didattica della Seconda Università degli studi di Napoli (prevista dall’art. 19 dello Statuto) e costituisce - come struttura specialistica universitaria e di alta formazione europea, finalizzata al rafforzamento dell’Unione Europea - un Centro di didattica e di ricerca interuniversitaria, al quale possono aderire Facoltà e Dipartimenti di altre Università italiane e straniere.

L’istituzione promuove attività didattica e di ricerca di interesse nazionale, comunitario ed internazionale, con particolare riguardo ai settori giuridici ed economici; in particolare organizza corsi post universitari (dottorato di ricerca; perfezionamento, alta formazione, aggiornamento; master).

Da informazioni acquisite presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca risulta in corso di perfezionamento la trasformazione della Scuola di Ateneo in facoltà della Seconda Università di Napoli; con decreto direttoriale 17 ottobre 2005 è stato approvato il decreto rettorale che modifica in tal senso il regolamento didattico di Ateneo.


Articolo 11-quaterdecies, comma 4
(Riapertura termini per la rivalutazione
di terreni e partecipazioni)

 


4. Al comma 2 dell’articolo 2 del decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo periodo, le parole: “1º luglio 2003“ sono sostituite dalle seguenti: “1º gennaio 2005“;

b) al secondo periodo, le parole: “30 giugno 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2006“;

c) al terzo periodo, le parole: “30 giugno 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “30 giugno 2006“.


 

 

Il comma 4 dell’articolo 11-quaterdecies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dispone la riapertura del termine, scaduto il 30 giugno 2005, per la rivalutazione di terreni e partecipazioni.

Il nuovo termine è fissato al 30 giugno 2006. Entro tale data:

-        devono essere pagate (integralmente o limitatamente alla prima rata) le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori d’acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola, posseduti, come appresso indicato, alla data del 1° gennaio 2005;

-        devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.

La disposizione in esame sposta inoltre dal 1° luglio 2003 al 1° gennaio 2005 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

 

A tal fine, il comma in esame novella l’articolo 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27, il quale ha disposto la riapertura dei termini previsti dagli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) riferiti, rispettivamente, al possesso delle partecipazioni e dei terreni, i cui valori d’acquisto possono essere rideterminati.

 

Il termine per effettuare il pagamento delle imposte e per la redazione e il giuramento della perizia di stima era stato da ultimo fissato nel 30 giugno 2005 dall'articolo 1, comma 376, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

 

Si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 448 del 2001 ha previsto la possibilità di aggiornare il valore di acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, possedute alla data del 1° gennaio 2002. I destinatari della disposizione sono:

a)       le persone fisiche, per le operazioni non rientranti nell’esercizio di attività commerciali;

b)       le società semplici e società e associazioni ad esse equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR);

c)       i soggetti non residenti, per le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia che non siano riferibili a stabili organizzazioni.

Il valore aggiornato delle partecipazioni si determina assumendo il valore della frazione del patrimonio netto della partecipata quale risultante da una perizia giurata di stima redatta da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali, ovvero nell’elenco dei revisori contabili[276]. L’eventuale maggior valore (plusvalenza) è assoggettato ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, fissata nella misura del 4% per le partecipazioni qualificate ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c), del TUIR, e del 2% per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi della lettera c-bis) dello stesso comma 1 dell’articolo 67.

Il versamento di tale imposta, che può essere suddiviso in non più di tre rate annuali di pari importo, doveva essere effettuato entro il 16 dicembre 2002. Le rate successive alla prima sono aumentate degli interessi nella misura del 3%.

Il valore così rivalutato viene assunto per la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze nei casi di cessione delle citate partecipazioni.

 

L’articolo 7 della medesima legge n. 448 del 2001 consente l’adeguamento dei valori d’acquisto, ai quali deve essere riferita la determinazione delle plusvalenze e minusvalenze, per i terreni edificabili e per i terreni con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2002. In particolare, è previsto che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze per i terreni in parola può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, cui si applica l’articolo 64 del codice di procedura civile, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili[277]. La rideterminazione è subordinata all’assoggettamento del predetto valore di stima ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 4% del valore così rideterminato. Ai fini del versamento si applicano le stesse modalità previste dall’articolo 5, sopra illustrato.

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n. 282 del 2002 ha stabilito l’applicazione delle disposizioni sopra richiamate anche per la determinazione dei valori di acquisto delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003. La medesima disposizione aveva fissato al 16 maggio 2003 la data entro la quale devono essere effettuati la redazione e il giuramento della perizia e stabilito che le imposte sostitutive potevano essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data.

L’articolo 39, comma 14-undecies, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha prorogato dal 16 maggio 2003 al 16 marzo 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ai fini della rideterminazione dei valori delle partecipazioni non negoziate in mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola posseduti alla data del 1° gennaio 2003, ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima.

Successivamente l’articolo 6-bis del D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47, ha prorogato dal 16 marzo 2004 al 30 settembre 2004 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima[278]. La medesima disposizione ha spostato dal 1° gennaio 2003 al 1° luglio 2003 la data di riferimento per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

Infine, il citato articolo 1, comma 376, della legge n. 311 del 2004 ha prorogato dal 30 settembre 2004 al 30 giugno 2005 la data a partire dalla quale possono essere pagate o rateizzate le imposte sostitutive ed effettuati la redazione e il giuramento della perizia di stima. Non era stata invece modificata la data di riferimento (1° luglio 2003) per il possesso delle partecipazioni e dei terreni da rivalutare.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 5
(Abbattimento ungulati)

 


5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica o, se istituiti, degli istituti regionali, possono, sulla base di adeguati piani di abbattimento selettivi, distinti per sesso e classi di età, regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e degli orari di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157.


 

 

Il comma 5 disciplina la caccia degli ungulati al di fuori dei limiti temporali stabiliti dalla legislazione vigente. La disposizione, in particolare, prevede che le regioni e le province autonome, sentito il parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFN), o degli istituti regionali se istituiti, possano regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati, sulla base di piani di abbattimento distinti per sesso e classi di età, anche al di fuori dei periodi e degli orari previsti dalla legge n. 157 del 1992.

 

La disciplina statale in materia di attività venatoria è attualmente recata dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (“Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”), alla quale si affiancano numerose leggi regionali[279].

Per quanto concerne i periodi di caccia, l’articolo 18 fissa il calendario per le varie specie, ripartendole in quattro gruppi (comma 1):

-        le specie che possono essere cacciate a partire dalla terza domenica di settembre al 31 dicembre ( in particolare, fra le altre, quaglie, pernici e lepri);

-        quelle che possono essere cacciate dalla terza domenica di settembre al 31 gennaio ( in particolare, fra le altre, fagiani, beccacce e anatre);

-        quelle che possono essere cacciate tra il 10 ottobre e il 30 novembre (in particolare, fra le altre, camoscio, capriolo, cervo, daino e muflone);

-        il cinghiale non può essere cacciato che fra il 10 ottobre e il 31 dicembre o fra il 10 novembre e il 31 gennaio.

Per quanto concerne gli orari di caccia, la legge dispone, in linea generale, che la caccia è consentita da un'ora prima del sorgere del sole fino al tramonto (comma 7). Molte leggi regionali determinano l'orario di caccia giornaliero facendo riferimento a periodi di quindici giorni.

Per quanto attiene, in particolare, alla caccia di selezione degli ungulati, la legge (art. 18, commi 2, 3 e 7) prevede che le regioni possono approvare, sulla base di adeguati piani faunistico-venatori preventivamente predisposti e previo parere dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica, piani di abbattimento selettivi. La caccia deve comunque svolgersi in un arco temporale compreso dal 1° agosto al 31 gennaio ed è consentita non oltre un'ora dopo il tramonto.

 

Si evidenzia l’opportunità di configurare la norma come novella della legge n. 157 del 1992 (in particolare dell’articolo 18, commi 2, 3 e 7), che già reca una disciplina della materia per molti aspetti analoga a quella oggetto della disposizione in esame (per effetto della disposizione in commento verrebbero meno i limiti temporali che attualmente vincolano le regioni e il parere dell’INFN potrebbe essere sostituito da quello dell’Istituto regionale della fauna selvatica eventualmente istituito).

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 6
(Previdenza lavori occasionali)

 

6. Al comma 1 dell’articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è aggiunta la seguente lettera: “e-ter) dell’esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati“. A tal fine è autorizzata la spesa annua di 200.000 euro dal 2006.

 

 

Il comma in esame apporta alcune modifiche alla disciplina del lavoro accessorio, prevista dal capo II del titolo VII (artt. 70-74) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, di riforma del mercato del lavoro.

 

Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o non ancora entrati nel mercato del lavoro (disoccupati da oltre un anno; le casalinghe, studenti e pensionati; disabili e soggetti in comunità di recupero; lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro) nell'ambito di attività specificamente determinate, caratterizzate dallo svolgimento in ambito prevalentemente domestico o dalla connessione ad eventi di rilievo culturale o a lavori di emergenza o solidarietà.

Tali attività lavorative, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare L’elemento innovativo della disciplina del lavoro accessorio è costituito dalle modalità di assolvimento dell’obbligo retributivo e contributivo connesso alle prestazioni, che avviene attraverso l’acquisto presso le rivendite autorizzate, da parte dei datori di lavoro, di uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio da consegnare al prestatore di lavoro accessorio. Quest’ultimo riceve il proprio compenso all’atto della restituzione dei buoni al concessionario del servizio, da individuarsi con decreto ministeriale. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio. Al riguardo, si precisa che il decreto in oggetto risulta firmato dal Ministro in data 30 settembre u.s., ma non ancora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

Il concessionario, oltre provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, effettua il versamento dei contributi per fini previdenziali all'INPS e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL.

 

Ai sensi dell’articolo 70, comma 1, per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell'ambito:

a)      dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap;

b)      dell'insegnamento privato supplementare;

c)      dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti;

d)      della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli;

e)      della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà;

f)        dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi

Nel caso dell’impresa familiare, vi sono due eccezioni rispetto alla disciplina generale del lavoro accessorio:

§          le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro (nuovo art. 70, comma 2-bis).

§          si applica la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato (nuovo art. 72, comma 4-bis).

 

In particolare, il comma in esame, inserendo una nuova lettera e-ter) al comma 1 del richiamato articolo 70, introduce nel novero delle prestazioni di lavoro accessorio le attività riferibili all’esecuzione di vendemmie di breve durata e a carattere saltuario, effettuata da studenti e pensionati.

 

Al riguardo, si osserva che la limitazione dell’ambito di applicazione della lettera e-ter) ai soli studenti e pensionati, non appare coordinata con l’ambito soggettivo generale di applicazione dell’istituto. Difatti l’articolo 70, comma 1, all’alinea precisa che “per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne”.

 

Al tal fine, lo stesso comma autorizza una spesa annua di 200.000 euro a decorrere dal 2006.

Al riguardo, si osserva che la norma non individua una apposita copertura finanziaria.

 

Articolo 11-quaterdecies, comma 7
(Personale dei Parchi nazionali di Lazio, Abruzzo e Molise)

 


7. Al fine di garantire i livelli occupazionali nel parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, è erogata a favore dell’ente parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise la somma di euro 2.500.000, a decorrere dall’anno 2006, per consentire la stabilizzazione del personale fuori ruolo operante presso l’ente. Le relative stabilizzazioni sono effettuate nei limiti delle risorse assegnate con il presente comma e nel rispetto delle normative vigenti in materia di assunzioni, anche in soprannumero. I rapporti di lavoro in essere con il personale che presta attività professionale e collaborazione presso l’ente parco sono regolati, sulla base di nuovi contratti che verranno stipulati dall’ente, a decorrere dal 1º gennaio 2006, fino alla definitiva stabilizzazione del suddetto personale e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2007 nei limiti delle risorse di cui al primo periodo. Al relativo onere si provvede attraverso la riduzione del fondo di cui al comma 96 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

Il comma in esame, riproducendo totalmente le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 1-bis, del D.L. 17 agosto 2005, n. 163[280], recante disposizioni urgenti in materia di infrastrutture, decaduto il 17 ottobre scorso, reca disposizioni concernenti il personale di alcuni Parchi Nazionali.

 

In particolare, con il comma in esame viene erogata la somma di 2,5 milioni di euro, a decorrere dal 2006, al fine di consentire la stabilizzazione occupazionale “del personale fuori ruolo” che opera nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

La stabilizzazione deve avvenire entro il limite delle risorse stanziate e nel rispetto delle normative vigenti in materia di assunzioni, anche in soprannumero.

L’ultimo periodo del comma 1-bis in esame prevede, nei limiti della somma di cui al primo periodo, la stipula di nuovi contratti per il personale che attualmente presta attività professionale o di collaborazione presso il medesimo Ente parco, fino alla prevista stabilizzazione. I contratti avranno decorrenza dal 1° gennaio 2006 e la loro durata non potrà comunque proseguire oltre il 31 dicembre 2007.

 

Come già osservato in relazione al D.L. 163, la formulazione delle disposizioni non è del tutto chiara.

Andrebbe, infatti, in primo luogo precisata la natura dei rapporti attualmente in essere per il personale fuori ruolo, al fine di meglio individuare gli stessi soggetti interessati dalla stabilizzazione, chiarendo in particolare se tali soggetti coincidono con coloro che svolgono “attività professionale e collaborazione”, di cui al periodo successivo. Andrebbero anche precisate le modalità di stabilizzazione di tale personale.

Inoltre:

-        andrebbe chiarita la natura dei nuovi contratti da stipulare con il personale che presta attività professionale o di collaborazione, evidenziando se tali contratti siano volti a mutare la natura del rapporto di lavoro con tali soggetti;

-        andrebbe chiarito se tali “nuovi contratti” comportino ulteriori oneri per la finanza pubblica e, in tal caso, andrebbero quantificati distintamente gli stessi oneri.

 

Inoltre, sul piano della redazione formale del testo, andrebbe precisato che è erogata, a favore dell’ente Parco, la somma di euro 2.500.000 “annui”. La periodicità dell’erogazione viene confermata dall’inciso “a decorrere dall’anno 2006” e dalla copertura finanziaria.

 

Si rileva che l’articolo 1, comma 537, della L. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha previsto, al fine di assicurare la continuità nel processo di risanamento e riorganizzazione e il conseguente rilancio del territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, l’erogazione di un contributo straordinario di 4,5 milioni di euro per l’anno 2005 a favore dell’Ente Parco stesso.

Si rammenta che un altro contributo straordinario era stato previsto dall’articolo 94, comma 12, della L. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Il contributo era stato disposto con la finalità specifica di far fronte alla crisi occupazionale dell’Ente parco ed ammontava a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005.

Successivamente, al fine di garantire il funzionamento del Parco nazionale, l’articolo 19 del decreto legge 24 dicembre 2003, n. 355 ha prorogato di ventiquattro mesi i contratti individuali in essere alla data del 31 dicembre 2003. L’articolo precisava, inoltre, che la suddetta proroga operava nel limite del contributo speciale previsto appunto dall’art. 94, comma 12, della legge finanziaria 2003.

Il contributo straordinario disposto dal comma 537 va inoltre ad aggiungersi a quello ordinario disposto, ogni anno, dalla legge finanziaria e ripartito con successivo decreto ministeriale.

 

All’onere derivante dalle disposizioni del comma in esame si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo istituito dall’articolo 1, comma 96, della richiamata L. 311 del 2004 nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, con uno stanziamento pari a 40 milioni di euro per l’anno 2005, a 160 milioni di euro per l’anno 2006, a 280 milioni di euro per l’anno 2007 e a 360 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Si osserva che sarebbe opportuno formulare in maniera più precisa la disposizione di copertura finanziaria, indicando espressamente il limite di spesa autorizzato e facendo riferimento ad una “corrispondente riduzione del fondo di cui al comma 96…”.

 

Si ricorda che il comma 96 sopra menzionato ha previsto una deroga di carattere generale al divieto di assunzioni a tempo indeterminato stabilito dal precedente comma 95 per le amministrazioni pubbliche: le amministrazioni destinatarie – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 possono infatti assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime.

A tal fine è stato istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia, le cui risorse sono volte a consentire circa 3.000/3.500 assunzioni annue.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 8
(Durata organi Enti parco)

 

8. Il comma 12 dell’articolo 9 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, è sostituito dal seguente:

“12. Gli organi dell’Ente parco durano in carica cinque anni“.

 

 

Il comma in esame, attraverso una novella al comma 12 dell’art. 9 della legge 6 dicembre 1991, 394 – legge quadro sulle aree protette – sopprime la previsione normativa secondo cui i membri degli organi dell’ente parco possono essere confermati una sola volta, a seguito del venir meno del loro incarico quinquennale.

L’attuale comma 12 vigente prevede, infatti, che i membri degli organi dell’Ente parco, il cui incarico dura cinque anni, possono essere confermati una sola volta.

Pertanto, l’intento della disposizione soppressiva in commento sembrerebbe quello di non porre dei limiti alla possibilità di più di una riconferma per i membri facenti parte degli organi dell’ente parco.

 

Si ricorda brevemente che, sempre ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge quadro, gli organi dell’ente Parco sono:

a)       il Presidente;

b)       il Consiglio direttivo;

c)       la Giunta esecutiva;

d)       il Collegio dei revisori dei conti;

e)       la Comunità del parco.

I successivi commi dell’art. 9, come modificati dall’art. 2, comma 24 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, disciplinano, conseguentemente, le modalità di nomina dei componenti, i requisiti richiesti e le funzioni esercitate.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 9
(Proroga discariche)

 


9. All’articolo 17, commi 1, 2 e 6, lettera a), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, e successive modificazioni, le parole: “31 dicembre 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “31 dicembre 2006“. La disposizione del presente comma non si applica alle discariche di II categoria, di tipo A, cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le quali il termine di conferimento è fissato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

L'articolo in esame proroga al 31 dicembre 2006 rispettivamente:

§      il termine entro il quale le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 (Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti), possono continuare a ricevere i rifiuti per cui sono state autorizzate. Tale termine era stato fissato al 16 luglio 2005 dall'art. 17, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 36 del 2003 e al 31 dicembre 2005 dall’articolo 11 del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 17 agosto 2005, n. 168;

§      il termine entro il quale è consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla deliberazione 27 luglio 1984 (pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 253 del 13 settembre 1984) del Comitato interministeriale di cui all'art. 6 del DPR 8 agosto 1994 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1984), nonché dalle deliberazioni regionali connesse, relativamente: nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati a discariche di II categoria, tipo A; nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B; nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria tipo C e terza categoria. Tale termine era stato fissato al 16 luglio 2005 dall'art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 36 del 2003 e al 31 dicembre 2005 dall’articolo 11 del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 17 agosto 2005, n. 168

§      il termine finale di validità, ai fini di cui all'art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 36 del 2003, dei valori limite e delle condizioni di ammissibilità previsti dalla sopraccitata deliberazione 27 luglio 1984. Tale termine era stato fissato al 16 luglio 2005 dall'art. 17, comma 6, lettera a), del decreto legislativo n. 36 del 2003 e al 31 dicembre 2005 dall’articolo 11 del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 17 agosto 2005, n. 168

Vengono escluse dalla proroga - analogamente a quanto era già stato previsto dal comma 1-bis dell’articolo 11 del decreto-legge 30 giugno 2005 n. 115, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 17 agosto 2005, n.168- le discariche ex 2 A cui si conferiscono materiali di matrice cementizia contenenti amianto, per le per le quali il termine di conferimento coincide con la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Si osserva cha sembra opportuno formulare anche questa disposizione come novella al decreto legislativo n. 36 del 2003.

Si osserva inoltre che le disposizioni in commento sostituiscono un termine(16 luglio 2005), che non compare più nelle disposizioni dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 36 del 2003, in quanto il termine da sostituire è adesso, a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 115 del 2005 il 31 dicembre 2005

Si ricorda che il decreto legislativo n. 36 del 2003 ha provveduto a dettare disposizioni attuative della direttiva 31/1999/CE per quel che riguarda i tipi di discarica e i rifiuti da ammettere in discarica.

La disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 36 si è sovrapposta a quella precedentemente in vigore. Ciò ha comportato le necessità di prevedere delle discipline di carattere transitorio relativamente alle modalità di trattamento in discarica dei rifiuti previste dalle discipline precedenti.

In particolare, il comma 1 dell’articolo 17 del decreto n. 36 aveva previsto che fino al 16 luglio 2005 le discariche già autorizzate potessero continuare a ricevere i rifiuti per le quali erano state autorizzate.

A seguito, infatti del fatto che la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 36, in coerenza con la disciplina comunitaria, ha previsto che vi siano discariche apposite per apposite categorie di rifiuti (art. 7), era necessario dettare una norma transitoria riguardante le discariche già operanti in base alla normativa vigente.

Con la prima disposizione contenuta nell’articolo in commento viene quindi prorogato il termine per le discariche già autorizzate a ricevere i rifiuti per le quali sono già state autorizzate, dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006.

La seconda proroga – anch’essa dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 - riguarda invece la possibilità di smaltimento nelle nuove discariche, in osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 253 del 13 settembre 1984, di cui all'articolo 6 decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 1994, nonché dalle deliberazioni regionali connesse, relativamente : a) nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati a discariche di II categoria, tipo A; b) nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B; c) nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche di II categoria tipo C e terza categoria.

Tale possibilità è prevista in via transitoria dal comma 2 dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 36

Si ricorda che il paragrafo 4.2 della deliberazione 27 luglio 1984) prevede le seguenti categorie di discarica:

§       discariche di prima categoria (semplici impianti di stoccaggio nei quali possono essere smaltiti rifiuti solidi urbani, rifiuti speciali assimilati agli urbani, fanghi non tossici e nocivi)

§       discariche di seconda categoria, definiti “impianti di stoccaggio definitivo sul suolo o nel suolo”, suddivise a loro volta in:

-        Discariche di Tipo A (nei quali possono essere smaltiti soltanto i rifiuti inerti)

-        Discariche di Tipo B (nei quali possono essere smaltiti rifiuti sia speciali che tossici e nocivi, tal quali o trattati, a condizione che non contengano – in determinate concentrazioni - sostanze appartenenti ai gruppi 9÷20 e 24, 25, 27 e 28 dell'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982);

§       discariche di terza categoria: impianti aventi caratteristiche di sicurezza particolarmente elevate per la protezione dell'ambiente e della salute dell'uomo, nei quali possono essere confinati rifiuti tossici e nocivi contenenti sostanze appartenenti ai gruppi 9, 20 e 24, 25, 27, 28 di cui all'allegato al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, anche in concentrazioni superiori a una determinata soglia fissata dalle stesse norme).

Tale delibera contiene, inoltre, condizioni e limiti di accettabilità per lo smaltimento in discarica dei rifiuti.

Il comma 6. prevede alla lettera a) l’abrogazione del paragrafo 4.2 e delle parti attinenti allo stoccaggio definitivo dei paragrafi 5 e 6 della citata Delib. 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale; mentre ai fini di cui al comma 2, restano validi fino al 16 luglio 2005 i valori limite e le condizioni di ammissibilità previsti dalla deliberazione.

I criteri per l’ammissione in discarica dei rifiuti sono invece definiti dal decreto ministeriale 13 marzo 2003.

 

L’ultima proroga prevista è conseguente alla proroga della possibilità di smaltire in base alle condizioni e ai limiti di accettabilità previsti dalla deliberazione 27 luglio 1984 citata. Questa possibilità è infatti strettamente collegata al fatto che tali condizioni e limiti di accettabilità rimangano in vigore fino al 31 dicembre 2005.

Viene quindi disposta un’ultima proroga -sempre fino al 31 dicembre 2006 – della vigenza di tali limiti e condizioni di accettabilità.

 


Articolo 11-quaterdecies, commi 10 e 11
(Contributi vari nel settore sanitario)

 


10. Il contributo di cui alla legge 23 settembre 1993, n. 379, è aumentato, a decorrere dall’anno 2006, ad euro 2.300.000. Per le attività e il conseguimento delle finalità scientifiche del Polo nazionale di cui alla tabella A prevista dall’articolo 1 della legge del 29 ottobre 2003, n. 291, viene riconosciuto alla Sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità un contributo annuo di euro 750.000. È concesso un contributo di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 in favore dell’ente morale riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1967, n. 516. Il contributo di cui all’articolo 1, comma 113, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, deve essere inteso come contributo statale annuo ordinario; a decorrere dall’anno 2006 esso è pari a 400.000 euro. Per le finalità di cui all’articolo 1, comma 187, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008. In favore della Lega italiana tumori è autorizzata la spesa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

11. In considerazione del rilievo nazionale e internazionale nella speri­mentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle patologie nel campo dell’oftalmologia, per l’anno 2006 è autorizzata la concessione di un contributo di 1 milione di euro in favore della Fondazione “G.B. Bietti“ per lo studio e la ricerca in oftalmologia, con sede in Roma. Allo scopo di promuovere il miglioramento della salute e di offrire ai cittadini alti livelli di assistenza ospedaliera, è autorizzata la concessione di un contributo associativo nel limite di 50.000 euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008 in favore del Comitato permanente degli Ospedali dell’Unione europea (Hope) con sede in Belgio. È autorizzata la spesa di 219.000 euro per l’anno 2006, 500.000 euro per l’anno 2007 e 500.000 euro per l’anno 2008 per l’interconnessione e la formazione sanitaria tra centri sanitari all’estero e in Italia che il Ministro della salute, il Ministro per gli italiani nel mondo, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro per l’innovazione e le tecnologie attuano congiuntamente avvalendosi, in particolare, dell’Associazione denominata “Alleanza degli Ospedali italiani nel mondo“, da essi congiuntamente costituita in data 2 febbraio 2004.


 

 

Le disposizioni in esame prevedono la concessione di contributi ad organismi operanti nei settori dell’assistenza, della ricerca e della sanità.

 

a) Unione italiana ciechi: € 1.009.000 annuali, a decorrere dal 2006.

Tale stanziamento incrementa quello previsto dalla legislazione vigente a favore dell’associazione, con vincolo di destinazione all'Istituto per la ricerca, la formazione e la riabilitazione ed all'Istituto europeo ricerca, formazione, orientamento professionale[281], che ammonta adesso a € 2.300.000.

L'Unione Italiana Ciechi è un ente morale con personalità giuridica di diritto privato, a cui sono state attribuite le funzioni di rappresentanza e tutela degli interessi morali e materiali dei minorati della vista, che ancora oggi esercita nei confronti delle pubbliche amministrazioni[282]. Tale associazione, fondata a Genova nell'ottobre del 1920, trasformata in ente pubblico con decreto del Presidente della Repubblica in data 23 dicembre 1978, n. 1919, è stata poi qualificata ONLUS, a norma del decreto legislativo 4 dicembre 1997 n. 460.

Si ricorda che l’Unione italiana ciechi è destinataria di altri contributi statali, alcuni vincolati al finanziamento di enti che ad essa fanno riferimento (Centro nazionale del libro parlato, finanziato dalla legge n. 282/1998; Centro nazionale per i donatori degli occhi «Don Carlo Gnocchi», finanziato dalla legge n. 358/1966) oppure senza vincolo di destinazione (legge n. 24 del 1996).

 

Al riguardo si segnala che, in occasione dell’esame della proposta di legge n. 5198, che prevede un nuovo contributo all’Unione italiana ciechi, la Commissione affari costituzionali ha espresso parere contrario sulla compatibilità del provvedimento citato con il sistema delle competenze Stato e regioni definito dal titolo quinto della Costituzione.

 

b) Sezione italiana dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità: € 750.000 annuali, a decorrere dal 2006.

Il contributo è destinato allo svolgimento delle attività ed il conseguimento delle finalità scientifiche del Polo Nazionale di cui alla legge n. 291 del 2003.

Si ricorda che la legge citata, nell’ambito di una serie di interventi per i beni e le attività culturali, lo sport, l'università e la ricerca, aveva attribuito all’Agenzia, per le medesime finalità, un contributo di € 750.000 nel 2003[283].

L’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità è un organismo non governativo riconosciuto dall’organizzazione mondiale della sanità, che opera in collaborazione con l’Unione italiana ciechi.

 

c) Lega del Filo d’Oro: € 1.000.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

Si ricorda che la Lega del Filo d’Oro è un’Associazione nazionale privata senza scopo di lucro, costituita nel 1964, riconosciuta come ente morale, e qualificata successivamente come ONLUS[284].

L’ambito di attività dell’associazione riguarda l’assistenza, l’educazione, la riabilitazione, il recupero ed il reinserimento dei non vedenti privi di udito e dei pluriminorati psicosensoriali.

 

d) Associazione nazionale vittime civili di guerra: € 150.000 annuali, a decorrere dal 2006. In tal modo è incrementato il contributo annuo di 250.000 euro già disposto dalla legge finanziaria per il 2005 a favore dell’Associazione[285].

La disposizione precisa inoltre che il finanziamento, che diviene complessivamente pari a 400.000 euro, deve essere inteso come contributo statale annuo ordinario.

L'Associazione nazionale vittime civili di Guerra (A.N.V.C.G.), ente morale di diritto privato ricompreso tra le associazioni combattentistiche vigilate dal ministro dell’interno[286], rappresenta e tutela gli interessi materiali degli invalidi civili per fatti di guerra e dei congiunti dei caduti civili per le medesime cause.

L’ente è tra i destinatari di un contributo annuo per le associazioni combattentistiche, iscritto nello stato di previsione del ministero dell’interno al cap. 1286; il riparto delle risorse, stanziate annualmente dalla legge finanziaria, è effettuato con decreto ministeriale, previo parere delle Commissioni parlamentari, ai sensi della legge 549/1995. Nel 2003, l’importo assegnato all’A.N.V.C.G. è stato pari a 294.380,43 euro.

Poiché nel 2004 non è stato emanato il decreto del ministro dell’interno di ripartizione dello stanziamento relativo ai contributi alle associazioni combattentistiche vigilate dal ministero, i 122.000 euro a tale scopo determinati dalla Tabella C della finanziaria per il 2004[287] sono stati considerati economie di spesa.

Conseguentemente, l’art. 1, comma 113, della legge finanziaria per il 2005 ha introdotto, a decorrere dall’anno 2005, un finanziamento statale annuo ad hoc in favore dell’A.N.V.C.G. di 250.000 euro, stanziati nell’apposito capitolo 1287 dello stato di previsione del ministero dell’interno.

La Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2006, nel testo del Senato, ha fissato in 110.000 euro, per ciascuno degli anni 2006 – 2007 – 2008, l’ammontare delle risorse complessivamente destinate al finanziamento degli organismi vigilati dal ministero[288].

 

e) Centro San Raffaele del Monte Tabor: € 1.000.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

La fondazione «Centro San Raffaele del Monte Tabor», in considerazione del rilievo nazionale ed internazionale nella sperimentazione sanitaria di elevata specializzazione e nella cura delle più rilevanti patologie, per l'anno 2005 ha ricevuto 15 milioni di euro ai sensi della scorsa legge finanziaria [289].

Si ricorda inoltre che alla Fondazione in oggetto, sorta nel 1970, è conferito l'ospedale San Raffaele di Milano, Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di diritto privato dal 1972.

 

f) Lega italiana tumori: € 1.000.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

In base alla legislazione vigente, la Lega italiana per la lotta contro i tumori riceve da parte del Ministero della salute un contributo annuale, unitamente ad altri enti di ricerca (Centro internazionale di ricerche per il cancro; Ufficio internazionale delle epizozie).

Il riparto delle risorse stanziate annualmente in sede di legge finanziaria è effettuato con decreto ministeriale, previo parere delle commissioni parlamentari.

Nel 2005, l’importo assegnato alla Lega italiana per la lotta contro i tumori è pari a € 4.774.366, 41 [290].

Si segnala che la Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2006, nel testo del Senato, ha stabilito un incremento di € 14.000 delle risorse complessivamente destinate ai tre organismi, che è pertanto pari a € 5.700.000 per ciascuno degli anni 2006 – 2007 – 2008.

 

g) Fondazione "G. B. Bietti" per lo studio e la ricerca in oftalmologia:

€ 1.000.000 per l’anno 2006.

La fondazione "G.B. Bietti" è un Ente costituito nel 1984 senza fini di lucro e qualificata successivamente come ONLUS [291].

Gli scopi statutari della Fondazione sono la promozione delle attività di ricerca, di studio e di assistenza in campo oftalmologico, con particolare riguardo alla divulgazione scientifica, alla prevenzione, alla diagnostica precoce, alla cura ed alla riabilitazione.

 

h) Comitato permanente degli Ospedali dell’Unione Europea: € 50.000 per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.

Il Comitato permanente degli Ospedali dell’Unione Europea (Hope), con sede in Belgio, è un’associazione non governativa europea, nata nel 1966; dal 1995 è una ONLUS. In base al suo statuto, ne fanno parte de associazioni ospedaliere o i rappresentanti, a livello nazionale, dei servizi sanitari dei Paesi dell’Unione. La sua missione è principalmente dedicata al miglioramento della salute dei cittadini europei, in particolare, attraverso la promozione di più alti ed uniformi standard riguardanti le cure ospedaliere offerte dagli ospedali presenti nei vari paesi europei associati.

 

La norma in esame prevede infine uno stanziamento di € 219.000 euro per il 2006, 500.000 per il 2007 e € 500.000 per il 2008, per l’interconnessione e la formazione sanitaria tra centri sanitari all’estero e in Italia, che i Ministeri interessati attuano avvalendosi, in particolare, dell’Associazione "Alleanza degli Ospedali Italiani nel Mondo".

Si ricorda che i Ministri della salute, per gli italiani nel Mondo, degli affari esteri, dell’istruzione, università e ricerca e per l’innovazione e le tecnologie hanno costituito in data 2 febbraio 2004 questa associazione. Essa annovera attualmente 67 centri sanitari italiani in qualità di soci ordinari, di cui 34 centri all’estero in 21 paesi del mondo e 33 centri di riferimento tra le maggiori strutture sanitarie pubbliche e ospedali privati in tutta l’Italia.

L’associazione si prefigge l’innalzamento della qualità delle prestazioni clinico-diagnostiche dei centri sanitari italiani nel mondo, intervenendo nel processo di cura e di formazione sanitaria, attraverso l’utilizzo delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione.


Articolo 11-quaterdecies, comma 12
(Prestito vitalizio ipotecario per soggetti di età superiore a 65 anni)

 

12. Il prestito vitalizio ipotecario ha per oggetto la concessione da parte di aziende ed istituti di credito nonché da parte di intermediari finanziari, di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, di finanziamenti a medio e lungo termine con capitalizzazione annuale di interessi e spese, e rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza, assistiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali, riservati a persone fisiche con età superiore ai 65 anni compiuti.

 

 

L’articolo 11-quaterdecies, comma 12, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, introduce l’istituto del “prestito vitalizio ipotecario”, consistente, in sostanza, in una forma di finanziamento destinata ai soggetti di età maggiore di 65 anni, garantita da ipoteca su un immobile residenziale. Gli interessi dovuti dovranno essere restituiti, assieme al capitale, dagli eredi.

 

La formula del prestito vitalizio ipotecario risulta diffusa nei Paesi nord-europei, mentre appare poco diffusa in Italia[292].

 

Nel dettaglio, il presente comma prevede innanzitutto che il prestito vitalizio ipotecario ha per oggetto la concessione di finanziamenti a medio e lungo termine da parte di aziende e istituti di credito nonché da parte di intermediari finanziari, di cui all’articolo 106 del D.Lgs. 1º settembre 1993, n. 385, recante il testo unico bancario (TUB),.

 

Si rileva che la dizione “aziende ed istituti di credito” è stata sostituita, nella legislazione vigente, dal termine “banche” (articolo 1, comma 1, lettera b) del TUB).

 

Ai sensi del richiamato articolo 106 del TUB, l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'Ufficio italiano dei cambi - UIC (comma 1). Gli intermediari finanziari indicati nel comma 1 possono svolgere, ai sensi del comma 2, esclusivamente attività finanziarie, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge. L'iscrizione nell'elenco è subordinata al ricorrere delle seguenti condizioni indicate nel comma 3.Ai sensi del comma 4, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Banca d'Italia e l'UIC: a) specifica il contenuto delle attività indicate nel comma 1, nonché in quali circostanze ricorra l'esercizio nei confronti del pubblico. Il credito al consumo si considera comunque esercitato nei confronti del pubblico anche quando sia limitato all'ambito dei soci; b) per gli intermediari finanziari che svolgono determinati tipi di attività, può, in deroga a quanto previsto dal comma 3, vincolare la scelta della forma giuridica, consentire l'assunzione di altre forme giuridiche e stabilire diversi requisiti patrimoniali.

 

I finanziamenti previsti comportano la capitalizzazione annuale di interessi e spese e il rimborso integrale in unica soluzione alla scadenza.

I finanziamenti sono riservati a persone fisiche con età superiore ai 65 anni compiuti e devono essere garantiti da ipoteca di primo grado su immobili residenziali.

 

Al riguardo, si rileva che la norma in esame ha per effetto la tipizzazione dell’istituto del prestito vitalizio ipotecario, che del resto già attualmente costituisce oggetto di esplicazione dell’autonomia negoziale.

In conseguenza dell’introduzione della norma, l’attività sarebbe riservata alle banche e agli intermediari finanziari iscritti nell’elenco ex articolo 106 del TUB. Resterebbe vietata l’erogazione di finanziamenti a soggetti di età inferiore ai 65 anni, in forza del rinvio contenuto nell’articolo 10, comma 3, del TUB, a mente del quale le banche esercitano, oltre all'attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 13
(Riordino della normativa in tema di sicurezza degli impianti all’interno degli edifici)

 


13. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, emana uno o più decreti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volti a disciplinare:

a) il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici;

b) la definizione di un reale sistema di verifiche degli impianti di cui alla lettera a) con l’obiettivo primario di tutelare gli utilizzatori degli impianti garantendo una effettiva sicurezza;

c) la determinazione delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali secondo i princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione, anche tramite lo strumento degli accordi in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

d) la previsione di sanzioni in caso di violazione degli obblighi stabiliti dai provvedimenti previsti dalle lettere a) e b).


 

 

Il comma 13 autorizza il Ministro delle attività produttive ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, uno o più decreti volti a riordinare le disposizioni in materia di installazione e verifica degli impianti all’interno degli edifici.

Gli atti normativi in questione sono adottati ai sensi dell’art. 17 della L. 23 agosto 1988, n. 400[293] e con il concerto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.

 

Nonostante non sia espressamente richiamato, la norma in commento sembra riferirsi in particolare al comma 3 dell’art. 17 della legge n. 400/88, il quale dispone che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono, peraltro, dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo e debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

 

I regolamenti in oggetto sono in particolare volti a disciplinare:

a)      il riordino delle disposizioni relative all’attività di installazione di impianti all’interno degli edifici;

Tra i provvedimenti di rango legislativo di maggior rilevanza in tema di disciplina dell’attività di impiantistica si segnala la legge 5 marzo 1990, n. 46 "Norme per la sicurezza degli impianti" che impone l'osservanza di particolari obblighi e il rispetto di prescrizioni tecniche, al fine di evitare incidenti dovuti alla non corretta installazione o manutenzione degli impianti in funzione negli edifici. La legge è stata successivamente modificata dal DPR 18 aprile 1994, n. 392 relativamente alle disposizioni che disciplinano il procedimento previsto per l'accertamento, riconoscimento e certificazione dei requisiti tecnico-professionali delle imprese abilitate alla trasformazione, all'ampliamento e alla manutenzione degli impianti soggetti alla disciplina della L. n. 46/90

Il contenuto delle disposizioni della legge 46/90 è stato ripreso negli articoli da 107 a 121 del DPR n. 380 del 2001 (Testo unico in materia di edilizia- Capo V).

Una delle novità più rilevanti introdotte dal T.U. è contenuta nell’art. 107 che estende il campo d’applicazione della legge n. 46 agli impianti relativi agli edifici “quale che ne sia la destinazione d’uso”, annullando la distinzione prevista dalla normativa vigente prima dell’entrata in vigore del TU - tra “edifici ad uso civile” ed edifici destinati ad altri usi (industriale, commerciale, terziario, ecc.).

Gli impianti interessati dalle disposizioni recate dal Capo V in esame sarebbero pertanto:

§       gli impianti di produzione, di trasporto, di distribuzione e di utilizzazione dell’energia elettrica all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’energia fornita dall’ente distributore;

§       gli impianti radiotelevisivi ed elettronici in genere, le antenne e gli impianti di protezione da scariche atmosferiche;

§       gli impianti di riscaldamento e di climatizzazione azionati da fluido liquido, aeriforme, gassoso e di qualsiasi natura o specie;

§       gli impianti idrosanitari nonché quelli di trasporto, di trattamento, di uso, di accumulo e di consumo di acqua all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna dell’acqua fornita dall’ente distributore;

§       gli impianti per il trasporto e l’utilizzazione di gas allo stato liquido o aeriforme all’interno degli edifici a partire dal punto di consegna del combustibile gassoso fornito dall’ente distributore;

§       gli impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili;

§       gli impianti di protezione antincendio.

Sono altresì previste norme in materia di progettazione e di collaudo (artt. 110 e 111), che tuttavia non si applicano ai lavori concernenti l’ordinaria manutenzione nonché per le installazioni di apparecchi per usi domestici e la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando l’obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità (art. 116).

Sono infine previste norme in tema di verifiche degli impianti (art. 118) da parte dei comuni, delle unità sanitarie locali, dei comandi provinciali dei vigili del fuoco e dell’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), nonché disposizioni sanzionatorie a carico del committente o del proprietario (art. 120).

b)      la definizione di un reale sistema di verifica dei suddetti impianti, al fine primario di tutelare la sicurezza degli utilizzatori dei medesimi ;

c)      la determinazione delle competenze statali, regionali e degli enti locali in base ai principi di sussidiarietà e leale collaborazione, anche mediante l’utilizzo dello strumento degli accordi in sede di Conferenza Unificata, di cui al D.Lgs 281/87;

d)      la previsione di un regime sanzionatorio per l’inadempienza agli obblighi fissati dai provvedimenti di riordino dell’attività installazione e di verifica degli impianti .

In relazione alle disposizioni in esame si rileva come lo strumento normativo utilizzato, ossia uno o più decreti ministeriali, non appaia congruo, sia sul piano delle fonti del diritto – posto che la materia della installazione e verifica degli impianti all’interno degli edifici è già nomata anche con disposizioni legislative di rango primario - sia in relazione al quadro costituzionale delle competenze legislative e regolamentari in materia di edilizia pubblica e privata, in base al quale non può spettare ad un regolamento adottato in forma di decreto ministeriale la determinazione, nella materia in oggetto, delle competenze statali, regionali e degli enti locali, così come invece previsto dalla lettera c) del comma in esame.

Ai fini della disciplina della materia in oggetto sarebbe pertanto stato opportuno, anche in ragione dei profili di carattere tecnico ad essa connessi, fare ricorso ad una delega legislativa, così come del resto già previsto dall’art. 1, comma 44, della legge 23 agosto 2004, n. 239, di riordino del settore energetico, il quale ha introdotto una specifica delega legislativa – peraltro non esercitata - in materia di riordino della disciplina inerente l’impiantistica all'interno degli edifici.

 

Diversamente da quanto previsto dal comma in esame, il citato comma 44 ha previsto una specifica delega al Governo per l’emanazione di un decreto legislativo, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’ambiente, volto alla definizione, nel rispetto delle prerogative costituzionali delle regioni, dei criteri generali a garanzia della sicurezza degli impianti all’interno degli edifici, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: a) riordino della normativa tecnica relativa all’impiantistica all’interno degli edifici; b) promozione di un sistema di reale verifica di detti impianti, finalizzato alla tutela della sicurezza. Il termine per l’esercizio di detta delega è scaduto il 28 marzo 2005.

Una modifica del citato comma 44 è peraltro prevista dall’art. 6 del disegno di legge sulla competitività, attualmente all’esame del Senato (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, AS 3533), che oltre a prorogare la delega al 31 dicembre 2005, integra i criteri direttivi cui si deve attenere il Governo nell’esercizio della delega richiamando sostanzialmente le finalità e i criteri previsti dalla disposizione in esame.

Si rileva, inoltre, come le norme in esame presentino profili di stretta attinenza con il decreto legislativo n. 192 del 19 agosto 2005, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia, sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2003"[294].

In proposito, si osserva come il citato decreto legislativo rechi, in particolare agli articoli 4 e 12, disposizioni in materia di accertamenti e ispezioni periodiche sugli impianti; si segnala pertanto l’esigenza di un coordinamento sistematico di ogni eventuale intervento normativo in materia di verifica della sicurezza degli impianti con il citato decreto legislativo in materia di prestazione energetica degli edifici.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 14
(Contributi al centro nazionale di adroterapia oncologica)

 

14. Per la prosecuzione ed il completamento degli interventi di cui all’articolo 52, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.

 

 

La norma dispone un contributo di 10 milioni di euro annui dal 2006 a favore del Centro nazionale di adroterapia oncologica[295].

 

Si ricorda che la legge 388/2000, art. 92, ha istituito un ente non commerciale dotato di personalità giuridica di diritto privato – con la partecipazione di enti di ricerca e soggetti pubblici e privati – preponendolo alla realizzazione del Centro; gli enti di ricerca partecipanti sono stati quindi individuati con il decreto del Ministro della sanità 1° marzo 2001, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.

La citata legge n. 388 aveva assegnato un contributo di lire 20 miliardi di lire per ciascuno degli anni 2001 e 2002 [296].

Successivamente, la legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2002) ha disposto il rifinanziamento per il triennio 2003-2005, stanziando 5 milioni di euro per l’anno 2003 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004 e 2005.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 15
(Interventi di bonifica e ripristino ambientale)

 

15. Al comma 4 dell’articolo 1 della legge 9 dicembre 1998, n. 426, dopo la lettera p-terdecies), è aggiunta la seguente:

p-quaterdecies) area del territorio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2005“.

 

 

L’articolo in commento inserisce tra i siti di interesse nazionale da bonificare che usufruiscono del finanziamento pubblico previsto dalla legge n. 426 del 1998 l’area del territorio di cui al decreto del Presidente del consiglio dei ministri 19 maggio 2005, pubblicato nella Gazzetta ufficiale 27 maggio 2005,n. 122.

Tale D.P.C.M. contiene la dichiarazione di stato emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992 per il territorio del bacino del fiume Sacco, con riferimento ai comuni di Colleferro, Segni e Gavignano della provincia di Roma, ed ai comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino, della provincia di Frosinone in relazione all’accertamento di una gravissima situazione di inquinamento ambientale che ha causato la contaminazione dei prodotti agricoli, nonché in relazione alla presenza di sostanze organo-clorurate-fitofarmaci nel latte prodotto dagli allevatori titolari di talune aziende zootecniche.

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 1997 ha previsto una disciplina molto articolata degli obblighi che gravano in capo ai soggetti che si rendano responsabili( anche senza colpa) dell’inquinamento di determinati siti. Uno degli obblighi previsti è relativo al finanziamento delle spese occorrenti a eliminare il danno prodotto

L’articolo 17 prevede peraltro che vi possa essere il concorso del finanziamento pubblico per quel che riguarda gli oneri connessi alle operazioni di bonifica.

In applicazione di tale disposto normativo la legge n. 426 del 1998 ha previsto lo stanziamento di somme in favore di interventi di bonifica riguardanti siti di interesse nazionale, rinviando a tal proposito all’elaborazione di un programma nazionale da adottare con apposito decreto, avente il compito di individuare tali siti. Tale programma è stato adottato con il decreto ministeriale 18 settembre 2001 n. 168.

Il comma 4 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 ha inoltre indicato una serie di aree da considerare di interesse nazionale e che beneficiano quindi di finanziamenti pubblici.

La disposizione in commento provvede quindi ad inserire tra i siti di interesse nazionale anche l’area sopra specificata.

Il comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 426 del 1998 prevede che al fine di consentire il concorso pubblico nella realizzazione di interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi, lacuali, fluviali e lagunari in concessione, anche in caso di loro dismissioni, nei limiti e con i presupposti di cui all'articolo 17, comma 6-bis, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, nonché per gli impegni attuativi del protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) del 3 dicembre 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998, del piano straordinario di completamento e razionalizzazione dei sistemi di collettamento e depurazione di cui all'articolo 6 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e degli accordi e contratti di programma di cui all'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, sono autorizzati limiti di impegno ventennali di lire 27.000 milioni a decorrere dall'anno 1998, di lire 5.600 milioni a decorrere dall'anno 1999 e di lire 16.200 milioni a decorrere dall'anno 2000. Per le medesime finalità è altresì autorizzata la spesa di lire 130.000 milioni per l'anno 2000; per gli anni successivi, al finanziamento degli interventi si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.

Il comma 2 dispone che alla realizzazione degli interventi di cui al comma 1 possono concorrere le ulteriori risorse destinate dal CIPE al finanziamento di progetti di risanamento ambientale, nonché quelle attribuite al Ministero dell'ambiente in sede di riprogrammazione dei fondi disponibili nell'àmbito del quadro comunitario di sostegno 1994-1999.

Il comma 3 prevede che per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1 e per la utilizzazione delle relative risorse finanziarie il Ministero dell'ambiente adotta, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, che individua gli interventi di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi e le modalità di trasferimento delle relative risorse. Il programma tiene conto dei limiti di accettabilità, delle procedure di riferimento e dei criteri definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni.

Con il Decreto Ministeriale del 18 settembre 2001, n. 468, si è provveduto ad emanare il previsto Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale, dopo aver acquisito l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ed i previsti pareri da parte delle Commissioni competenti presso i due rami del Parlamento, espressi, questi ultimi, nelle sedute del 14 marzo 2001 (Camera dei Deputati) e 21 marzo 2001 (Senato della Repubblica).

L'articolo 2 del Decreto n. 468 ha definito quindi i contenuti del Programma nazionale individuando gli ulteriori interventi di bonifica di interesse nazionale, gli interventi prioritari, i soggetti beneficiari, i criteri di finanziamento dei singoli interventi, le modalità ed il trasferimento delle relative risorse, le modalità di monitoraggio e di controllo delle attività di realizzazione degli interventi previsti, i presupposti e le procedure di revoca dei finanziamenti con il relativo riutilizzo delle risorse resesi disponibili.

Nell'articolo 3 vengono infatti individuati come interventi di interesse nazionale, oltre quelli già previsti dalla legge n. 426 del 1998 (Allegati A e B) e dalla legge n. 388 del 2000 (Allegati C e D), ulteriori 23 nuovi interventi (Allegati E ed F), indicati tra quelli che le regioni ritengono prioritari e che possiedono requisiti tali da farli classificare come di interesse nazionale.

 

Ai sensi del successivo articolo 5, il contributo pubblico nella realizzazione degli interventi di bonifica ambientale, è ammesso sia nei confronti delle pubbliche amministrazioni che dei soggetti privati, ma escludendo comunque quei soggetti privati che risultino a qualsiasi titolo responsabili del danno ambientale.

 

Per quanto riguarda i criteri di finanziamento, l’articolo 6 dispone direttamente la ripartizione dei finanziamenti in fase di prima applicazione, attribuendo le risorse indicate nella tabella G alle varie regioni interessate.

L'individuazione dei soggetti beneficiari nonché le modalità, le condizioni e i termini per l'erogazione dei finanziamenti sono invece direttamente demandate alle regioni, nel rispetto di specifici criteri di erogazione.

Il monitoraggio ed il controllo sull’attuazione del programma nazionale e sulla conformità degli interventi stessi vengono affidati alle Regioni, con il contributo delle ARPA.

Infine sono previste disposizioni per la revoca dei finanziamenti e la loro riassegnazione.


Articolo 11-quaterdecies, comma 16
(Norma interpretativa ICI (area fabbricabile))

 

16. Ai fini dell’applicazione del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera b), dello stesso decreto si interpreta nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipen­dentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo.

 

 

Il comma 16 dell’articolo 11-quaterdecies reca una norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, relativamente alla definizione di area fabbricabile, agli effetti dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI).

Per area fabbricabile, secondo la disposizione qui illustrata, deve intendersi qualunque area utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione dei relativi strumenti attuativi.

 

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 504 del 1992, che ha introdotto l’imposta comunale sugli immobili disciplinandone presupposti, base imponibile e applicazione, è definita area fabbricabile “l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità”.

 

La descritta disposizione normativa è stata oggetto di un’interpretazione giurisprudenziale non univoca, soprattutto in relazione al momento a decorrere dal quale un’area può essere considerata edificabile.

Secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, un’area è fabbricabile ed è soggetta a ICI se risulta inserita nel Piano regolatore generale (PRG), anche se il Comune non ha adottato un piano di lottizzazione (Corte di cassazione, sent. 8 aprile 2004, n. 25).

In tal senso, la Corte di Cassazione, con sentenza 18 settembre 2003, n. 13817, ha precisato che è sufficiente la deliberazione di adozione del piano regolatore da parte del Consiglio comunale, che conferisce allo strumento urbanistico efficacia immediata. La successiva deliberazione dell’organo regionale perfeziona lo strumento, ma ai fini tributari, il terreno è un’entità valutabile sulla base della destinazione edificatoria.

In senso conforme è intervenuta anche la sentenza 11 maggio-24 agosto 2004, n. 16751, che ha ribadito che è sufficiente che il terreno sia inserito in un piano regolatore generale per far scattare il versamento dell’ICI. I giudici della Corte di cassazione, sez. tributaria, hanno pertanto chiarito che il concetto di edificabilità non deve necessariamente discendere da piani urbanistici particolareggiati, dato che è sufficiente l’inserimento del terreno nel PRG. I piani attuativi - precisa quindi la sentenza - potranno rilevare ai fini ICI solo sulla minore o maggiore quantificazione dell’imposta, ma in nessun caso potranno incidere o meno sulla debenza del tributo.

Secondo un altro orientamento giurisprudenziale, invece, il concetto di edificabilità non va inteso come edificabilità “legale”, bensì come edificabilità “di fatto”. Un terreno, non può essere considerato come area effettivamente edificabile in mancanza dei necessari piani attuativi (particolareggiati o di lottizzazione) regolarmente approvati dal comune, in quanto soltanto la lottizzazione costituisce lo strumento indispensabile alla concreta attuazione del P.R.G. (Corte di cass., sent. 28 novembre 2002, n. 739; sent. 13 ottobre-15 novembre 2004, n. 21573; sent. 13 ottobre-16 novembre 2004, n. 21644).

 

Pertanto la finalità della norma sembrerebbe quella di permettere un ampliamento della base imponibile delle aree fabbricabili, nelle quali, secondo l’autentica interpretazione qui affermata, rientrerebbero tutte le aree utilizzabili a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’evoluzione e dallo sviluppo dei piani urbanistici attuativi. La presente disposizione, connotandosi come norma d’interpretazione autentica, avrebbe inoltre effetto retroattivo.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 17
(Contributo ANAS)

 

17. È autorizzato un contributo quindicennale di 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2006 in favore dell’ANAS Spa per la realizzazione di lavori di raccordo stradale.

 

 

Il comma autorizza un contributo quindicennale all’ANAS di 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2006 per la realizzazione di lavori di raccordo stradale.

Si sottolinea che la disposizione non precisa se i lavori per i quali si dispone il finanziamento sono riferiti ad uno specifico tratto di raccordo stradale oppure ad una generalità di interventi. Sembrerebbe, pertanto, opportuno esplicitarne il relativo contenuto.

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 18
(Fondo innovazione tecnologica)

 

18. Con decreto del Ministro delle attività produttive è determinata annualmente la quota di risorse del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, da destinare, a valere sulla quota erogata a fondo perduto, agli interventi previsti dal comma 270 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

 

Il comma 18 demanda ad un decreto del Ministro delle attività produttive la determinazione annuale della quota di risorse del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (FIT) da destinare, a valere sulla quota erogata a fondo perduto, ai programmi di investimento delle imprese operanti nei settori del commercio, del turismo e dei servizi, ai sensi del comma 270, art. 1, della legge 311 del 2004 (l. finanziaria 2005).

 

Si ricorda che la legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”), ha provveduto alla istituzione, presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive), del «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica».

Gli interventi del Fondo hanno ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto.

Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse riservata in via prioritaria ai programmi di sviluppo precompetitivo presentati dalle piccole e medie imprese, quota che non può essere inferiore al 25 per cento delle riserve annuali disponibili.

Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato ("Direttive per la concessione delle agevolazioni del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della L. 17 febbraio 1982, n. 46"). Ai sensi dell’articolo 2 delle citate direttive, le disponibilità del FIT sono destinate al sostegno di programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo; tali programmi possono peraltro comprendere anche attività connesse e comunque non preponderanti di ricerca industriale. Ai sensi dell’art. 4, comma 1, recante la definizione della tipologia e della misura delle agevolazioni, per le attività di cui al citato art. 2 il fondo eroga agevolazioni secondo le seguenti forme e misure: a) per i programmi che prevedono lo svolgimento di attività di sviluppo precompetitivo, un finanziamento agevolato pari al 60 per cento dei costi riconosciuti ammissibili, integrato da un contributo alla spesa pari al valore necessario al raggiungimento del 25 per cento in equivalente sovvenzione lordo (di seguito denominato ESL); b) per i programmi di sviluppo precompetitivo comprendenti anche attività di ricerca industriale, qualora i costi relativi a tale ultima attività siano per lo meno pari al 10 per cento dei costi ammissibili, un finanziamento agevolato pari al 60 per cento dei costi riconosciuti ammissibili, integrato da un contributo alla spesa pari al valore necessario al raggiungimento dell'ESL corrispondente alla media ponderata delle intensità di aiuto concedibili per le attività di ricerca industriale, pari al 50 per cento ESL, e di sviluppo precompetitivo di cui alla precedente lettera a). Qualora tali interventi sotto forma di finanziamento superino i limiti ESL sopra indicati, il Map riduce la percentuale di intervento concessa sotto tale forma. Ai sensi del comma 3 del citato articolo 4, la durata massima del finanziamento è pari a 10 anni, oltre un periodo di preammortamento commisurato alla durata in anni interi del programma. Inoltre, ai sensi del comma 5, in aggiunta alle agevolazioni di cui al comma 1, possono essere concesse maggiorazioni, nella forma del contributo alla spesa, secondo determinate percentuali dei costi ammissibili, che risultano pari al 10 per cento per i programmi svolti dalle piccole e medie imprese; il cumulo degli interventi aggiuntivi sotto forma di contributo alla spesa, di cui al citato comma 5, non può peraltro in nessun caso eccedere il 25 per cento ESL del costo ammissibile del programma di ricerca.

 

Da ultimo, si ricorda che il citato art. 1, comma 270, della legge n. 311/04 (finanziaria 2005) ha esteso il campo d’intervento del FIT destinandolo, in particolare, anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi (individuate dalla norma come quelle corrispondenti alle sezioni G, H, I, J, K, L, M, N ed O della classificazione delle attività economiche dell’ISTAT[297]), aventi le seguenti finalità:

§       ricerca e progettazione di nuove formule e di processi distributivi o aziendali innovativi; investimenti materiali per la loro attivazione; formazione e consulenza per l’avvio dei processi innovativi;

§       accesso ai mercati elettronici e alla connessa strumentazione;

§       progettazione e realizzazione di investimenti per l’adozione di tecniche di vendita moderne e di offerta dei servizi (software per la gestione automatica di spazi espositivi);

§       acquisizione di servizi di connessione a larga banda;

§       check-up sulla struttura aziendale per rilevare la situazione aziendale con riferimento ad approvvigionamenti, lavoro, commercializzazione, personale e risorse strumentali;

§       progettazione e realizzazione di interventi di assistenza tecnica per l’innovazione dell’assetto e dell’offerta dell’impresa commerciale;

§       realizzazione di innovazione tecnologica, intesa quale acquisizione di sistemi informatici integrati, per la gestione aziendale ed interaziendale, per la realizzazione di impianti automatizzati, la movimentazione delle merci nel magazzino e per operazioni di allestimento degli ordini e per la distribuzione commerciale.

Il successivo comma 271 ha demandato ad un decreto del Ministero delle attività produttive la definizione di termini, criteri e modalità per la concessione delle agevolazioni alle imprese del commercio, del turismo e dei servizi, di cui al comma precedente.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nell’ambito della revisione intermedia della strategia di Lisbona, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013) (COM(2005)121).

Il programma quadro per l’innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia i programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generale volti a rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico.

Costituiscono obiettivi del programma quadro, tra gli altri:

-        gli incentivi all’innovazione, ivi compresa l’eco-innovazione;

-        la realizzazione di una società dell’informazione accessibile a tutti;

Gli obiettivi sono realizzati mediante l’attuazione di programmi specifici tra i quali l’appoggio strategico in materia di TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione).

 

La proposta, trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, sarà esaminata secondo la procedura di codecisione.

Il Consiglio competitività del 18 aprile 2005 ha preso atto della presentazione del programma. Il Consiglio del 10 maggio 2005, dopo uno scambio di opinioni sulla proposta, ha invitato il Comitato dei rappresentanti permanenti a continuare l’esame dettagliato della proposta e riferire sull’andamento dei lavori in una delle riunioni successive.

 

Nel mese di settembre scorso la Commissione europea ha avviato una consultazione su misure finalizzate ad apportare miglioramenti al regime degli aiuti di Stato a favore dell’innovazione.

Con la comunicazione si invitano gli interessati a pronunciarsi sull’opportunità di prevedere regole specifiche in base alle quali la Commissione possa autorizzare aiuti di Stato all’innovazione secondo norme e criteri preventivamente definiti. Sulla scorta di tale consultazione la Commissione valuterà se integrare con nuove disposizioni il regime esistente in modo da consentire agli Stati membri di ottenere più rapidamente un’autorizzazione per i loro aiuti di Stato all’innovazione.

Le osservazioni sul documento dovranno pervenire alla Commissione entro il 21 novembre 2005.

 

Le ipotesi sulle quali la Commissione invita ad inviare osservazioni riguardano tra l’altro:

-        sostegno alla creazione e alla crescita di imprese innovative;

-        ulteriore flessibilità nella concessione di aiuti ai capitali di rischio;

-        ampliamento delle attività coperte dalla disciplina degli aiuti di Stato per i progetti di ricerca e sviluppo e autorizzazione di aiuti alle piccole e medie imprese (PMI) impegnate in attività di innovazione;

-        sovvenzioni alle PMI per promuovere il ricorso ai servizi offerti da intermediari che operano per l’ innovazione (gli aiuti potrebbero prendere la forma di “buoni per servizi di innovazione” con un importo massimo di 200 mila euro in tre anni);

-        sovvenzioni alle PMI per il reclutamento di ricercatori e ingegneri altamente qualificati e per favorire gli scambi con università e grandi imprese;

-        sostegno allo sviluppo di centri di eccellenza per progetti che presentino un interesse europeo comune.

 

Il 12 ottobre 2005 la Commissione ha adottato una comunicazione concernente un piano d’azione integrato per la ricerca e l’innovazione (COM(2005(488).

Il piano riunisce in un unico documento tutti gli strumenti che possono sostenere l’innovazione e la crescita: vi si trovano dunque azioni già previste in materia di competitività, nel programma quadro per la ricerca, negli indirizzi di massima per gli aiuti di Stato, ecc.

Il documento contiene 19 azioni suddivise in quattro parti:

-        ricerca e innovazione al centro delle politiche dell’UE;

-        ricerca e innovazione al centro dei finanziamenti dell’UE;

-        ricerca e innovazione come elemento centrale delle imprese;

-        miglioramento delle politiche della ricerca e dell’innovazione.


Articolo 11-quaterdecies, comma 19
(Tonnage tax)

 


19. Il primo periodo del comma 1 dell’articolo 155 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è sostituito dal seguente: “Il reddito imponibile dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), derivante dall’utilizzo in traffico internazionale delle navi indicate nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, iscritte nel registro internazionale di cui al decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, e dagli stessi armate, nonché delle navi noleggiate il cui tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento di quello complessivamente utilizzato, è determinato ai sensi della presente sezione qualora il contribuente comunichi un’opzione in tal senso all’Agenzia delle entrate entro tre mesi dall’inizio del periodo d’imposta a partire dal quale intende fruirne con le modalità di cui al decreto previsto dall’articolo 161“.


 

 

Il comma 19 dell’articolo 11-quaterdecies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, che novella l’articolo 155 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), sostituendone il primo periodo del comma 1, estende la possibilità di optare per il regime forfetario di determinazione del reddito delle imprese marittime (c.d. tonnage tax) anche alle imprese che utilizzano, nei limiti del 50 per cento del loro tonnellaggio complessivo, navi prese a nolo.

 

Gli articoli da 155 a 161 del TUIR (costituenti il capo VI del titolo II) hanno introdotto nel nostro ordinamento la c.d. tonnage tax, ossia un sistema di tassazione forfetaria del reddito prodotto dalle imprese marittime, espressamente indicate nell’articolo 155 del TUIR, in base alla stazza lorda del naviglio da esse posseduto e dei giorni d’impiego. Il D.M. 23 giugno 2005 (G.U. 4 luglio 2005, n. 153) ha dettato disposizioni per l’applicazione di tale regime forfetario.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 155 del TUIR, i soggetti che possono esercitare l’opzione per l’applicazione della c.d. tonnage tax sono quelli di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, ovvero le società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative e di mutua assicurazione, residenti nel territorio dello Stato, con riferimento al reddito derivante dall’utilizzazione in traffico internazionale delle navi iscritte nell’apposito Registro internazionale (istituito dal D.L. n. 457 del 1997, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 del 1998) e destinate (articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del D.P.R. n. 633 del 1972):

-        all’esercizio di attività commerciali,

-        all’esercizio della pesca,

-        ad operazioni di salvataggio,

-        ad operazioni di assistenza in mare,

-        alla demolizione.

Sono invece escluse le unità da diporto.

Ai fini dell’applicazione del regime forfetario le navi devono essere detenute in proprietà, anche se date a noleggio, o detenute in locazione a scafo nudo[298] (si veda l’articolo 1, comma 1, lettera d), del citato D.M. 23 giugno 2005). Il comma 1 dell’articolo 157 del TUIR precisa che l’opzione per il regime forfetario non può essere esercitata nel caso in cui oltre la metà delle navi complessivamente utilizzate sia concesso in locazione a scafo nudo per un periodo di tempo superiore, per ciascuna unità, al 50 per cento dei giorni di effettiva navigazione per ciascun esercizio sociale.[299]

 

La modifica introdotta dal presente comma consiste nella precisazione che le navi, al reddito delle quali si può applicare il regime forfetario, sono quelle armate dai sopra indicati soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, nonché quelle noleggiate a condizione che il loro tonnellaggio non sia superiore al 50 per cento del tonnellaggio complessivamente utilizzato.

 

La categoria delle navi armate dal soggetto titolare del reddito coincide con la categoria delle navi nei confronti delle quali è già attualmente applicabile il regime forfetario. Si tratta infatti di tutte le navi di proprietà dell’impresa, comprendendosi in questa categoria sia le navi utilizzate direttamente, che quelle date a noleggio (appunto già armate). Rientrano inoltre nella categoria delle navi armate dal soggetto anche quelle che questi prende in locazione a scafo nudo e deve quindi armare per renderle operanti.

Le navi noleggiate sono quelle prese a nolo, per le quali la disciplina attualmente vigente non prevede la possibilità di determinazione forfetaria del reddito. L’estensione della possibilità di optare per la determinazione forfetaria del reddito è subordinata alla condizione che il tonnellaggio di tutte le navi prese a nolo non sia superiore al 50 per cento del tonnellaggio complessivo di tutte le navi utilizzate.

Una conseguenza della modifica introdotta è che per una stessa nave possono determinare forfetariamente il reddito sia l’impresa che la arma e la dà a noleggio, sia l’impresa che la prende a noleggio.

 

Si segnala che l’articolo 7 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni correttive e integrative del D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 (riforma dell’imposizione sul reddito delle società – IRES), novella gli articoli 155 e 157 del TUIR, riguardanti l’ambito di applicazione e le modalità di determinazione del reddito imponibile ai fini della tonnage tax. Tale schema è stato presentato in data 15 aprile 2005 alla Camere per l’espressione del parere da parte delle competenti commissioni parlamentari (schema n. 482). Sullo schema la Commissione finanze della Camera dei deputati ha espresso, in data 26 maggio 2005, parere favorevole con condizioni; mentre la Commissione finanze e tesoro del Senato ha espresso, in data 25 maggio 2005, parere favorevole con osservazioni.

 

 


Articolo 11-quaterdecies, comma 20
(Completamento della diga foranea di Molfetta)

 

20. Per la prosecuzione degli interventi previsti dall’articolo 2 della legge 30 luglio 2002, n. 174, è autorizzato un contributo quindicennale di 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2006.

 

 

Il comma in esame autorizza, per la prosecuzione degli interventi previsti per il completamento della diga foranea di Molfetta di cui all’art. 2 della legge 30 luglio 2002, n. 174, un contributo quindicennale di un milione di euro a decorrere dal 2006.

Si ricorda che l’art. 2 della legge 30 luglio 2002, n. 174 recante “Norme per il finanziamento di lavori destinati all'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in Milano, ed altri interventi”, ha autorizzato un limite di impegno ventennale di 2,5 milioni di euro, a decorrere dal 2002, appositamente per la realizzazione dei lavori di completamento, banchinamento, dragaggio e di raccordo stradale della diga foranea di Molfetta (Bari). Successivamente, per la prosecuzione degli stessi, l’art. 4, comma 176, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004), ha autorizzato un ulteriore limite di impegno ventennale con decorrenza 2005 (scadenza 2024) di 2,5 milioni di euro.


Articolo 11-quaterdecies, comma 21
(Agevolazioni tariffarie postali per le spedizioni di prodotti editoriali da parte di associazioni per la ricerca oncologica)

 

21. All’articolo 1 del decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 353, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2004, n. 48, al comma 3, dopo le parole: “dell’ambiente naturale“ sono inserite le seguenti: “, le associazioni riconosciute a carattere nazionale aventi per oggetto statutario, da più di quaranta anni, lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca oncologica“.

 

 

Il comma in esame interviene sull’articolo 1, comma 3, del D.L. 353/2003[300] estendendo le categorie di soggetti che beneficiano della riduzione sulle tariffe postali.

 

Il DL 353/2003 è intervenuto per confermare la previgente disciplina relativa alle agevolazioni postali, basata sul rimborso a posteriori da parte dello Stato alla società Poste italiane S.p.a. della somma delle riduzioni da questa effettuate sulla spedizione di alcuni materiali editoriali[301]. Il decreto, oltre a definire le modalità di determinazione delle tariffe, ha individuato direttamente i beneficiari delle agevolazioni in:

§       imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione (ROC);

§       imprese editrici di libri;

§       associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro;

§       associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento;

§       ordini professionali, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§       sindacati, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§       le associazioni professionali di categoria, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi;

§       le associazioni d'arma e combattentistiche, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi.

Il comma 3, sul quale interviene il comma in esame, ha precisato che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del DL medesimo, per associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro si intendono:

§       le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni

§       le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni;

§       le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49;

§       le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383;

§       le fondazioni e associazioni senza fini di lucro aventi scopi religiosi nonché gli enti ecclesiastici;

§       le associazioni storiche operanti, per statuto, da almeno cinquanta anni per la conoscenza, la difesa e la valorizzazione dell'ambiente naturale;

§       le associazioni dei profughi istriani, fiumani e dalmati.

 

A seguito della modifica introdotta vengono ricomprese tra le associazioni senza scopo di lucro anche le associazioni riconosciute a carattere nazionale aventi per oggetto statutario, da più di quaranta anni, lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca oncologica.

 

D.L. 24-12-2003 n. 353
Disposizioni urgenti in materia di tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali

Articolo 1
Agevolazioni tariffarie postali per le spedizioni di prodotti editoriali

Testo vigente

Testo come risultante dalle modifiche introdotte dal DL 203/2005

1. A decorrere dal 1° gennaio 2004, le imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al Registro degli operatori di comunicazione (ROC) e le imprese editrici di libri possono usufruire di tariffe agevolate postali per la spedizione di prodotti editoriali. Le tariffe agevolate sono determinate, anche in funzione del rispetto del limite di spesa di cui all'articolo 3, con decreto del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri, applicando la tariffa più bassa per le spedizioni di stampe periodiche la cui tiratura per singolo numero non superi le 20.000 copie. Per l'anno 2004, l'entità dell'agevolazione tariffaria per i soggetti identificati dal presente decreto resta quella definita dal decreto del Ministro delle comunicazioni 13 novembre 2002.

1. Identico

2. Accedono altresì alle tariffe agevolate le associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro, le associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento nonché, relativamente ai bollettini dei propri organi direttivi, gli ordini professionali, i sindacati, le associazioni professionali di categoria e le associazioni d'arma e combattentistiche.

2. Identico

3. Ai fini dell'applicazione del presente decreto per associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro si intendono quelle di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, le fondazioni ed associazioni senza fini di lucro aventi scopi religiosi, nonché gli enti ecclesiastici, le associazioni storiche operanti, per statuto, da almeno cinquanta anni per la conoscenza, la difesa e la valorizzazione dell'ambiente naturale e le associazioni dei profughi istriani, fiumani e dalmati.

3. Ai fini dell'applicazione del presente decreto per associazioni ed organizzazioni senza fini di lucro si intendono quelle di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, le organizzazioni non governative riconosciute ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, le fondazioni ed associazioni senza fini di lucro aventi scopi religiosi, nonché gli enti ecclesiastici, le associazioni storiche operanti, per statuto, da almeno cinquanta anni per la conoscenza, la difesa e la valorizzazione dell'ambiente naturale, le associazioni riconosciute a carattere nazionale aventi per oggetto statutario, da più di quaranta anni, lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca oncologica e le associazioni dei profughi istriani, fiumani e dalmati.

3-bis. A decorrere dall'anno 2005, i soggetti aventi titolo presentano domanda per ogni anno entro il 30 settembre dell'anno precedente

3-bis. Identico.

 


Articolo 11-quinquiesdecies, commi 1-6
(Raccolta a distanza di lotto, enalotto, ed altre scommesse)

 


1. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce con propri provvedimenti entro il 30 aprile 2006, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul territorio nazionale dei soggetti operanti la raccolta dei giochi, le regole della raccolta, attraverso Internet, televisione digitale, terrestre e satellitare, nonché attraverso la telefonia fissa e mobile, del lotto, del concorso pronostici enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, e della nuova scommessa ippica di cui all’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. I provvedimenti, valorizzan­do, anche per la tutela dell’ordine pubblico e del giocatore, le attuali reti di raccolta dei giochi e la diffusione dei mezzi di pagamento on line, prevedono, in particolare:

a) l’estrazione giornaliera della ruota nazionale del lotto, di cui all’articolo 1, comma 489, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nonché l’effettuazione giornaliera del concorso pronostici enalotto;

b) l’estensione, nel caso in cui non sia già previsto dalle vigenti convenzioni di concessione, dell’oggetto, alle condizioni vigenti, delle concessioni del lotto, del concorso pronostici enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore di cui al citato decreto ministeriale 2 agosto 1999, n. 278, e della nuova scommessa ippica di cui all’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, al gioco raccolto con i mezzi di partecipazione a distanza sopra indicati. La predetta estensione esclude ogni diversa modifica dell’oggetto delle concessioni e non comporta l’attribuzione, per ciascun concessionario, di giochi diversi da quelli dallo stesso gestiti in virtù della o delle concessioni conferite;

c) la possibilità di raccolta a distanza dei giochi di cui alla lettera b) da parte dei soggetti titolari di concessione per l’esercizio o per la raccolta dei giochi, concorsi o scommesse riservati allo Stato, i quali dispongano di un sistema di raccolta conforme ai requisiti tecnici ed orga­nizzativi stabiliti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. I provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione auto­noma dei monopoli di Stato definiscono criteri di connessione tra i soggetti che effettuano la raccolta a distanza e i soggetti titolari di concessione di cui alla lettera b), che garantiscano la sicurezza nelle transazioni in rete e la possibilità di collegamento tra tutti i concessionari di giochi, nonché le modalità di retribuzione di tali soggetti;

d) la commercializzazione dei mezzi di pagamento, ai sensi dell’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, attraverso le attuali reti di raccolta, del lotto, del concorso pronostici enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore di cui al citato decreto ministeriale 2 agosto 1999, n. 278, e della nuova scommessa ippica di cui all’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, assicurando che ciascuna rete commercializzi in via esclusiva i mezzi di pagamento relativi ai giochi da essa gestiti. I mezzi di paga­mento sono utilizzati anche per la partecipazione a distanza dei giochi di cui al comma 292 del citato articolo 1 della legge n. 311 del 2004. Per tali attività è riconosciuto un aggio pari al 6 per cento del valore dei mezzi di pagamento venduti.

2. Per il triennio 2006-2008 è introdotto, in via sperimentale, un meccanismo di variazione dell’aggio sui giochi del lotto, del concorso pronostici enalotto, del concorso pronostici totip, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scom­messe a totalizzatore di cui al decreto ministeriale 2 agosto 1999, n. 278, della scommessa tris e della nuova scommessa ippica di cui all’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, correlato al livello di raccolta conseguito nell’anno precedente, basato sui seguenti criteri:

a) nel caso in cui, nell’anno 2006, la raccolta dei giochi sopra richiamati, nonché di eventuali altri nuovi giochi distribuiti in ricevitoria, sia superiore a 11.200 milioni di euro, l’aggio riconosciuto ai ricevitori per la raccolta relativa all’anno 2007 è fissato nella misura del 9 per cento della raccolta ed il prelievo erariale relativo al concorso pronostici enalotto, al concor­so pronostici totip, ai concorsi pronostici su base sportiva, alle scommesse a totalizzatore di cui al decreto ministeriale 2 agosto 1999, n. 278, alla scommessa tris ed alla nuova scommessa ippica di cui all’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è diminuito di un punto percentuale rispetto alla raccolta;

b) nel caso in cui, nell’anno 2007, la raccolta dei giochi sopra richiamati, nonché di eventuali altri nuovi giochi distribuiti in ricevitoria, sia superiore a 11.600 milioni di euro, è confermata, per gli anni 2008 e successivi, la percentuale di aggio prevista dalla lettera a).

3. Entro il 30 giugno 2006, il Ministero dell’economia e delle finanze – Ammi­nistrazione autonoma dei monopoli di Stato individua, con proprio provvedimen­to, le modalità di determinazione e di pubblicizzazione del livello di raccolta conseguito dai giochi previsti dal comma 1.

4. Con decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità e le disposizioni tecniche occorrenti per l’attuazione di formule di gioco opzionali, complementari al concorso pronostici enalotto ed al gioco del lotto, senza variazioni nella misura dell’aggio, basate sui seguenti princìpi:

a) posta di gioco per ogni combinazione pari a 0,50 euro;

b) restituzione al giocatore non inferiore al 50 per cento dell’ammontare complessivo delle poste di gioco;

c) autonomia dei premi rispetto a quelli previsti dalle formule di gioco attuali;

d) introduzione di premi istantanei, cumulabili con gli eventuali premi a punteggio;

e) possibilità di accesso al gioco attraverso mezzi di comunicazione a distanza ai sensi del comma 1.

5. Per garantire l’effettiva concorrenza e competitività nel settore del gioco e delle scommesse, il concessionario delle scommesse ippiche e sportive non può essere titolare di oltre cento agenzie sul territorio nazionale. A tal fine, nel numero di agenzie si considerano anche i soggetti controllanti o controllati, ovvero sottoposti, anche per interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

6. Al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare ed illegale, ciascun affidatario delle concessioni previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, o dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174, esercita la propria attività anche mediante l’apertura di tre sportelli distaccati, presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse, ma comunque ubicati nella stessa regione, da attivare entro il 31 marzo 2006 e fino alla operatività del riordino del settore delle scommesse sportive di cui all’articolo 1, commi 286 e 287, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. L’apertura degli sportelli distaccati non determina alcun diritto preferenziale nell’ambito della procedura di riordino del comparto delle scommesse sportive di cui ai citati commi. Con uno o più provvedimenti, da adottare entro il 31 gennaio 2006, il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina le modalità di apertura degli sportelli distaccati di raccolta delle scommesse, assicurando priorità ai comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, attualmente non serviti da agenzie di scommesse.


 

 

Il comma 1 in esameintroduce la possibilità di raccolta del gioco del lotto, del concorso pronostici Enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore e della nuova scommessa ippica a totalizzatore sulle corse dei cavalli denominata “Vincente nazionale” ed “Accoppiata nazionale”, attraverso internet, televisione digitale, terrestre e satellitare, nonché attraverso la telefonia fissa e mobile.

 

Le regole della raccolta saranno definite entro il 30 aprile 2006 dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sentite le associazioni di categoria maggiormente rappresentative sul territorio nazionale dei soggetti operanti la raccolta dei giochi.

 

I provvedimenti da adottare dovranno prevedere:

a)      l’estrazione giornaliera della ruota nazionale dell’estrazione del lotto, prevista dall’articolo 1, comma 489, della legge finanziaria per il 2005, nonché l’effettuazione giornaliera del concorso pronostici Enalotto;

Il citato comma 489, novellando il comma 1 dell'articolo 2 della legge n. 528/1982 in materia di ordinamento del gioco del lotto, ha aggiunto alle consuete ruote un’ulteriore ruota, denominata "ruota nazionale", le cui estrazioni sono effettuate a Roma.

Si ricorda che, ai sensi del vigente articolo 2 della legge n. 528/1982, il gioco del lotto si basa sull'utilizzo dei numeri da 1 a 90 incluso, sopra le ruote di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia. I cinque numeri estratti determinano le vincite relativamente a ciascuna ruota.

Il gioco si articola nelle fasi della raccolta delle scommesse, della emissione dello scontrino, delle operazioni di controllo, della elaborazione dei tabulati in diversi livelli di automazione di un unico sistema, nonché del riscontro delle scommesse e della convalida delle vincite.

Nel 1997 è stata istituita una seconda estrazione nella giornata del mercoledì: una parte dei proventi erariali sono destinati al Ministero per i beni culturali e ambientali per il recupero e la conservazione dei beni culturali archeologici, storici e artistici.

Si ricorda, infine, che il comma 494 della legge finanziaria per il 2005 ha previsto la possibilità di istituire una ulteriore estrazione settimanale del gioco del Lotto abbinata al concorso Enalotto, attraverso l’emanazione di un provvedimento direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

b)      qualora non sia già previsto dalle vigenti convenzioni di concessione, l’estensione delle convenzioni di concessione del lotto, del concorso pronostici enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore e della nuova scommessa ippica, alle condizioni vigenti anche al gioco raccolto con i mezzi di partecipazione a distanza sopra indicati. Tale estensione, tuttavia, deve escludere ogni modifica dell’oggetto delle concessioni e non comportare l’attribuzione, per ciascun concessionario, di giochi diversi da quelli dallo stesso gestiti in virtù della o delle concessioni già conferite;

c)      la possibilità di raccolta a distanza di tali giochi da parte dei soggetti titolari di concessione per l’esercizio o per la raccolta dei giochi, concorsi o scommesse riservati allo Stato, i quali dispongano di un sistema di raccolta conforme ai requisiti tecnici ed organizzativi stabiliti dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. I provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dovranno definire i criteri di connessione tra i soggetti che effettuano la raccolta a distanza e i soggetti titolari di concessione, che garantiscano la sicurezza nelle transazioni in rete e la possibilità di collegamento tra tutti i concessionari di giochi, nonché le modalità di retribuzione di tali soggetti;

d)      la commercializzazione dei mezzi di pagamento, attraverso le attuali reti di raccolta del lotto, del concorso pronostici enalotto, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore e della nuova scommessa ippica a totalizzatore sulle corse dei cavalli denominata “Vincente nazionale” ed “Accoppiata nazionale”, assicurando che ciascuna rete commercializzi in via esclusiva i mezzi di pagamento relativi ai giochi da essa gestiti.

I mezzi di pagamento sono utilizzati anche per la partecipazione a distanza dei giochi di cui al comma 292 del citato articolo 1 della legge n. 311 del 2004.

Per tali attività è riconosciuto un aggio pari al 6% del valore dei mezzi di pagamento venduti.

 

I commi da 290 a 294 dell’articolo unico della legge finanziaria 2005 hanno provveduto a regolamentare i giuochi e le lotterie con partecipazione a distanza.

In particolare il comma 290 ha attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il compito di adottare provvedimenti per regolare la definizione, la diffusione e la gestione dei mezzi di pagamento specifici legati all'attività di giuoco a distanza. I mezzi di pagamento così definiti potranno essere estesi anche a forme di giuoco non a distanza.

Il comma 291 ha stabilito che l'attività di diffusione e gestione dei mezzi di pagamento può essere gestita anche da una società costituita a questo fine dal Ministero dell'economia sulla base di apposita direttiva del Ministro. In alternativa alla costituzione di un’apposita società, le stesse attività potranno essere gestite da soggetti privati individuati dal Ministero, attraverso l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con procedura ad evidenza pubblica.

Il comma 292 ha stabilito che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato dovrà regolare le lotterie, di carattere istantaneo e no, con partecipazione a distanza. In particolare dovrà essere definita la ripartizione percentuale della posta di giuoco relativamente all'Erario, ai giocatori e ai soggetti terzi. Dovranno inoltre essere definite i criteri di gestione delle lotterie telefoniche e telematiche.

Il comma 293 ha previsto per l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, previo accordo con le autorità dei singoli Stati membri, di organizzare la gestione di giuochi a distanza a livello di Unione europea. In tal caso, ai sensi del comma 294, la stessa Amministrazione autonoma, in accordo con le autorità degli Stati membri coinvolti, dovrà stabilire la ripartizione della posta in giuoco.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento stima, quali effetti del comma 1 in esame, un incremento di gettito erariale di 18 milioni per il 2006 e di circa 45 milioni a decorrere dal 2007.

 

Il comma 2 prevede per il triennio 2006-2008 l’introduzione, in via sperimentale, di un meccanismo di variazione dell’aggio sui giochi del lotto, del concorso pronostici enalotto, del concorso pronostici totip, dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore, della scommessa tris e della nuova scommessa ippica a totalizzatore sulle corse dei cavalli denominata “Vincente nazionale” ed “Accoppiata nazionale”, correlato al livello di raccolta conseguito nell’anno precedente, basato sui seguenti criteri:

a)      nel caso in cui, nell’anno 2006, la raccolta dei giochi sopra richiamati, nonché di eventuali altri nuovi giochi distribuiti in ricevitoria, sia superiore a 11,2 miliardi di euro, l’aggio riconosciuto ai ricevitori per la raccolta relativa all’anno 2007 è fissato nella misura del 9% della raccolta (rispetto all’attuale 8%); tale incremento viene compensato con una riduzione di 1 punto percentuale del prelievo erariale relativo alla raccolta dei citati concorsi e scommesse;

b)      qualora nell’anno 2007 la raccolta dei giochi sopra richiamati, nonché di eventuali altri nuovi giochi distribuiti in ricevitoria, sia superiore a 11,6 miliardi di euro, la percentuale di aggio al 9% è confermata per il 2008 e anni successivi.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento stima, quali effetti del comma 2 in esame, un possibile incremento di gettito erariale di 132 milioni nel 2008.

 

Il comma 3 stabilisce che entro il 30 giugno 2006 il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato provvederà ad individuare, con proprio provvedimento, le modalità di determinazione e di pubblicizzazione del livello di raccolta conseguito dai citati giochi.

 

Ai sensi del comma 4 è prevista l’emanazione entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto di un decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con cui sono stabilite le modalità e le disposizioni tecniche occorrenti per l’attuazione di formule di gioco opzionali, complementari al concorso pronostici enalotto ed al gioco del lotto, senza variazioni nella misura dell’aggio, basate sui seguenti princìpi:

a)      posta di gioco per ogni combinazione pari a 0,50 euro;

b)      restituzione al giocatore non inferiore al 50% dell’ammontare complessivo delle poste di gioco;

c)      autonomia dei premi rispetto a quelli previsti dalle formule di gioco attuali;

d)      introduzione di premi istantanei, cumulabili con gli eventuali premi a punteggio;

e)      possibilità di accesso al gioco attraverso mezzi di comunicazione a distanza ai sensi del comma 1 dell’articolo in esame.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento stima, quali effetti del comma 4 in esame, un incremento di gettito erariale di 80 milioni per il 2006, di 212 milioni nel 2007 e di 264 milioni nel 2008.

 

Al fine di garantire l’effettiva concorrenza e competitività nel settore del gioco e delle scommesse, il comma 5 esclude la possibilità per il concessionario delle scommesse ippiche e sportive di essere titolare di oltre cento agenzie sul territorio nazionale. A tal fine, nel numero di agenzie si considerano anche i soggetti controllanti o controllati, ovvero sottoposti, anche per interposta persona.

 

Ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, del codice civile, sono considerate società controllate:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta; non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

La norma andrebbe valutata alla luce del principio di libera prestazione dei servizi di cui all’articolo 49 TCE, che vieta – appunto – le restrizioni alla libera prestazione dei servizi in ambito comunitario, nonché del principio comunitario di concorrenza, di cui agli articoli 3, paragrafo 1, lett. c), e 4, paragrafo 1, del TCE, dal momento che essa sembra imporre un’ingiustificata restrizione alla libera attività economica.

 

Infine il comma 6 prevede la possibilità per ciascun affidatario delle concessioni previste dal D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (corse di cavalli), o dal decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 (scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive), di aprire tre sportelli distaccati, presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse, purché ubicati nella stessa regione. Tali sportelli supplementari dovranno essere attivati entro il 31 marzo 2006 e saranno operativi sino al riordino del settore delle scommesse sportive previsto dall’articolo 1, commi 286 e 287, della legge n. 311 del 2004.

 

Il citato comma 286 dispone che il Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso decreti da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, provveda, entro tre mesi dalla entrata in vigore della legge finanziaria per il 2005 (31 marzo 2005), al riordino – sotto vari aspetti – delle scommesse su eventi sportivi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, anche con riguardo al contenzioso e alla ripartizione dei proventi.

L'intervento proposto mira a ridisegnare la normativa di riferimento, omogeneizzando e modernizzando la disciplina del settore.

Il successivo comma 287 riguarda la distribuzione delle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli e su eventi non sportivi, prevedendo appositi provvedimenti da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato , che dovranno rispettare determinati principi.

I richiamati decreti non risultano tuttora emanati.

 

Il comma 6 in esame specifica che l’apertura degli sportelli distaccati non determina alcun diritto preferenziale nell’ambito della procedura di riordino del comparto delle scommesse sportive di cui ai citati commi.

Con uno o più provvedimenti, da adottare entro il 31 gennaio 2006, il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determina le modalità di apertura degli sportelli distaccati di raccolta delle scommesse, assicurando priorità ai comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, attualmente non serviti da agenzie di scommesse.

 

La relazione tecnica al maxiemendamento stima, quali effetti del comma 6 in esame, un incremento di gettito erariale di 10 milioni per il 2006 e di circa 15 milioni a decorrere dal 2007.

 

Si segnala che il comma 367 dell’articolo unico del disegno di legge finanziaria per il 2006, approvato dal Senato, stabilisce il divieto per ciascun affidatario delle concessioni previste dal D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (corse di cavalli), o dal decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 (scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive), di aprire sportelli distaccati presso sedi diverse dai locali nei quali si effettua già la raccolta delle scommesse.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 13 gennaio 2004 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2004)2)[302].

Tale proposta prevede, all’art. 18, che in deroga al regime generale, il principio del Paese d’origine[303], non si applichi, in via transitoria ad una serie di attività, tra cui a quelle di giochi d'azzardo, compresi i giochi con poste in denaro, le lotterie e le transazioni relative a scommesse. L’art. 40 della proposta prevede inoltre che, dopo un anno dall’entrata in vigore della direttiva, la Commissione europea esamini la possibilità di presentare proposte di misure d’armonizzazione relative alle medesime attività.

Per un esame dettagliato della proposta di direttiva e del suo iter di esame, vedi la scheda relativa all’art. 1bis.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 16 dicembre 2003, la Commissione ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia per non aver rispettato il principio generale della trasparenza e il requisito che ne deriva della pubblicità, previsti dal Trattato istitutivo della Comunità europea, quando, il 21 dicembre 2000, senza alcuna procedura di gara, ha rinnovato fino al 2006 con i concessionari precedenti circa 329 concessioni per la gestione delle scommesse ippiche.

Il ricorso alla Corte fa seguito al parere motivato[304] inviato all’Italia il 16 ottobre 2002, nel quale la Commissione, oltre alla violazione succitata, aveva sollevato obiezioni anche su alcune norme nazionali ritenute in contrasto con i princìpi comunitari in quanto preclusivi della partecipazione alla procedura di aggiudicazione delle concessioni relative alle scommesse ippiche e sportive alle società di capitali quotate sui mercati regolamentati in Italia e in altri Paesi dell’Unione europea. L’Italia, con la legge finanziaria per il 2003 (legge 27/12/2002, n. 289) ha provveduto ad abrogare le norme in questione (precisamente l’art. 2, comma 8, del DPR n. 169/98 e l’art. 2, comma 6, del DPR n. 174/98) e ne ha dato comunicazione alla Commissione, con una nota del 9 gennaio 2003.

Il sistema italiano delle scommesse era già stato esaminato a livello comunitario dalla Corte di giustizia, con una sentenza del 6 novembre 2003 adottata in una causa pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Ascoli[305]. Nella pronuncia la Corte aveva rilevato come la normativa italiana, riservando allo Stato o ai suoi concessionari l’attività di raccogliere scommesse sportive, configurasse una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi ed alla libertà di ricevere o di beneficiare servizi. Secondo la Corte tale restrizione non è sufficientemente giustificata da motivi di tutela del consumatore o di mantenimento dell’ordine sociale.

 


Articolo 11-quinquiesdecies, commi 7 e 8
(IVA su giochi e scommesse)

 


7. All’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, è aggiunta la seguente lettera:

e-bis) le operazioni inerenti e connesse all’organizzazione ed all’esercizio delle attività di cui all’articolo 10, numeri 6) e 7), e le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative a dette operazioni“;

b) al comma 5, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La disposizione di cui al presente comma non si applica alle operazioni di cui all’articolo 10, numeri 6) e 7), e alle prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative a dette operazioni“.

8. L’applicazione delle disposizioni di cui al comma 7 è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.


 

 

Il comma 7 novella l’articolo 19 del D.P.R. n. 633 del 1972 (Istituzione e disciplina dell’IVA), relativamente al regime delle detrazioni.

In particolare, si aggiunge al comma 3 l’ulteriore lettera e-bis), disponendo che sugli acquisti relativi all’esercizio, prestazioni di mandato, mediazione ed intermediazione su lotto, lotterie, concorsi pronostici e scommesse non si applica l’indetraibilità prevista per le operazioni inerenti e connesse all’organizzazione ed all’esercizio delle attività indicate all’articolo 10, n. 6) e 7), del medesimo D.P.R.

 

I numeri 6) e 7) del citato articolo 10 (esenzione IVA) riguardano le operazioni relative all'esercizio del lotto, delle lotterie nazionali, dei giochi di abilità e dei concorsi pronostici riservati allo Stato e al CONI e all’UNIRE, nonché quelle relative all'esercizio dei totalizzatori e delle scommesse, ivi comprese le operazioni relative alla raccolta delle giocate (numero 6) e le operazioni relative all'esercizio delle scommesse in occasione di gare, corse, giuochi, concorsi e competizioni di ogni genere, diverse da quelle indicate al numero precedente, nonché quelle relative all'esercizio del giuoco nelle case da giuoco autorizzate e alle operazioni di sorte locali autorizzate (numero 7).

 

L’assoggettamento al regime di detraibilità di dette operazioni, in base alla relazione tecnica al maxi-emendamento, determinerebbe un minor gettito di 60 milioni annui a decorrere dal 2006 sia in termini di competenza che di cassa.

 

Il comma 8 subordina l’efficacia delle disposizioni in commento alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

In particolare, l’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato CE prevede che gli Stati membri devono comunicare in tempo utile alla Commissione europea i progetti diretti a istituire o modificare eventuali regimi di aiuti.

Se, in esito a un esame preliminare, la Commissione constata che il provvedimento notificato suscita dubbi quanto alla compatibilità con il mercato comune, viene avviato il procedimento formale di esame, previsto dal paragrafo 2 dell'articolo 88. Se il procedimento formale di indagine si chiude mediante decisione con la quale la Commissione dichiara che il provvedimento notificato è incompatibile con il mercato comune e non può essere messo in atto, la Commissione impone allo Stato interessato la soppressione o la modifica del regime d’aiuto previsto.

Per tale motivo, il paragrafo 3 prevede che lo Stato membro non possa dare esecuzione alle misure agevolative progettate prima che sia stata adottata una decisione finale di approvazione da parte della Commissione.

 

Il Trattato istitutivo dell’Unione europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza.

In particolare, l'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato ritiene "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

Rispetto a tale divieto generale, sono tuttavia ammesse alcune deroghe di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Queste ultime possono riguardare: regioni in ritardo di sviluppo (lett. a), progetti di interesse comune o situazioni di grave turbamento nell’economia di uno Stato membro (lett. b), sviluppo di talune attività o regioni (lett. c), promozione della cultura e conservazione del patrimonio (lett. d).

Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono pertanto essere comunicate alla Commissione europea, che ne valuta la compatibilità con il Trattato (articolo 88).

L’attuazione di tale disciplina ha portato a definire precise condizioni di ammissibilità, oltre che per particolari settori (siderurgia, costruzioni navali, industria automobilistica, ecc.), per gli aiuti a carattere regionale e per quelli c.d. orizzontali (che interessano cioè tutti i settori in relazione a particolari obiettivi meritevoli di tutela).

In sintesi, le deroghe riguardano:

-        gli aiuti di Stato a finalità regionale: si tratta di aiuti che possono essere considerati ammissibili in quanto destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione (art. 87, paragrafo 3, lettera a) o ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni (art. 87, paragrafo 3, lettera c).

Negli Orientamenti comunitari (Comunicazione della Commissione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998, modificata dalla Comunicazione 2000/C 258/06 del 9 settembre 2000) gli aiuti a finalità regionalesi distinguono dalle altre categorie degli aiuti perché sono riservati ad alcune aree territoriali particolari e hanno come obiettivo specifico il loro sviluppo. Pur assumendo un carattere derogatorio della concorrenza, tali aiuti vengono ammessi in quanto si ritiene meritevole di tutela l’obiettivo di promuovere la creazione di nuove imprese o la realizzazione di investimenti presso le regioni svantaggiate.

-        gli aiuti settoriali, oggetto di norme specifiche o settoriali che esprimono la posizione della Commissione sulla concessione di aiuti pubblici in determinati settori dell’attività economica;

-        gli aiuti orizzontali, finalizzati a far fronte a difficoltà che possono emergere in qualunque settore dell’attività economica e in qualunque regione. Si tratta di aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, aiuti all’occupazione, aiuti di Stato alle imprese nei quartiere urbani svantaggiati, aiuti alla formazione, aiuti alle piccole e medie imprese, alla ricerca e allo sviluppo, alla tutela dell’ambiente.

Quanto agli aiuti orizzontali, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 89 del Trattato, con il regolamento 98/994/CE del 7 maggio 1998, il Consiglio ha stabilito che la Commissione può adottare norme di deroga per alcune categorie di questi aiuti destinati a specifici obiettivi (aiuti alle piccole e medie imprese, alla ricerca e allo sviluppo, alla tutela dell’ambiente, all’occupazione e alla formazione), nonché per quelli che non superino determinati importi (c.d. aiuti de minimis). Il rispetto di tali norme esenta dall’obbligo di comunicare i regimi di aiuto alla Commissione, e quindi ne assicura l’ammissibilità.

Su queste basi, la Commissione ha disciplinato gli aiuti in questione con tre specifici regolamenti: il Regolamento (CE) n. 68/2001 sugli aiuti destinati alla formazione, il Regolamento (Ce) n. 69/2001 sugli aiuti de minimis e il Regolamento (CE) n. 70/2001 sugli aiuti destinati alle PMI.

 

Pertanto, ai sensi del Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, recante modalità di applicazione dell'articolo 88 del Trattato, salvo disposizione contraria dei regolamenti adottati a norma dell'articolo 89 del Trattato, ogni progetto di concessione di un nuovo aiuto deve essere notificato alla Commissione dallo Stato membro interessato, il quale ha anche l'obbligo di fornire tutte le informazioni atte a consentire alla Commissione di adottare una decisione.

Si ritiene che le informazioni fornite dallo Stato membro siano incomplete, la Commissione potrà chiedere tutte le informazioni complementari di cui ha bisogno.

Ogni aiuto soggetto all'obbligo di notifica è messo in atto soltanto se la Commissione ha preso una decisione che l'autorizzi (clausola di sospensione).

 


Articolo 11-quinquiesdecies, comma 9
(Importo minimo scommesse)

 

9. A decorrere dal 1º gennaio 2006, la posta unitaria per le scommesse diverse da quelle sulle corse dei cavalli è stabilita in 1 euro e l’importo minimo per ogni biglietto giocato non può essere inferiore a 3 euro. Eventuali variazioni della posta unitaria per qualunque tipo di scommessa sono determinate con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

 

Con decorrenza dal 1º gennaio 2006, il comma 9 in esame fissa in 1 euro la posta unitaria per le scommesse diverse da quelle sulle corse dei cavalli.

Stabilisce inoltre che l’importo minimo per ogni biglietto giocato non può essere inferiore a 3 euro.

Eventuali variazioni della posta unitaria per qualunque tipo di scommessa sono determinate con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.

 

La disposizione si allinea con quanto già previsto dal comma 289 dell’articolo unico della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004) in base al quale, a decorrere dal 1° febbraio 2005, la posta unitaria di giuoco per scommesse a libro sulle corse dei cavalli è stabilita nella misura di un euro. L’importo di ciascuna scommessa non può essere inferiore a 3 euro.

 

Per posta unitaria si intende l'importo pagato dal partecipante per ciascuna unità di scommessa.

Il comma 1 dell’articolo 12 del D.M. Tesoro 2 agosto 1999, come modificato dall’articolo 1 del D.M. Economia del 5 agosto 2004, n. 229, stabilisce che la posta unitaria di gioco delle scommesse sia determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Analoga disposizione è contenuta al comma 2 dell’articolo 12 della legge 18 ottobre 2001, n. 383.

 

Si ricorda, inoltre, che il comma 285 della legge finanziaria per il 2005 ha rideterminato la ripartizione della posta unitaria di giuoco delle scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli, già disciplinate dal decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, aumentando l'imposta unica dal 6,75% al 20 per cento e lasciando inalterate le altre voci. Per la percentuale residua dei prelievi, si applicano le disposizioni di cui all'art. 16, comma 2, lettera b), della legge 13 maggio 1999, n. 133, che ne prevede la destinazione per finalità sociali o culturali di interesse generale.

 

 

D.M. n. 278/1999

Legge finanziaria 2005

Disponibile a vincite

57%

57%

Aggio al luogo di vendita autorizzato

8%

8%

Imposta unica

6,75%

20%

Contributo alle spese complessive di gestione

5,71%

5,71%

Fondo speciale di riserva

2,54%

2,54%

Quota residua per finalità sociali o culturali di interesse generale

20%

6,75%

 

Secondo la relazione tecnica al maxiemendamento, la variazione della posta in gioco non determina, in ogni caso, apprezzabili variazioni alla raccolta delle scommesse e, conseguentemente, al gettito erariale.

 


Articolo 11-quinquiesdecies, comma 10
(Personale CONI distaccato presso AAMS)

 


10. Il personale dipendente dalla CONI servizi S.p.a. per effetto dell’articolo 8 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, in posizione di distacco presso l’Amministrazione auto­noma dei monopoli di Stato e con oneri a carico della predetta amministrazione, è trasferito, a domanda, nei ruoli della citata amministrazione, con le modalità previste dall’articolo 1, comma 124, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

Il comma in esame prevede la possibilità che, dietro domanda, il personale della società CONI Servizi S.p.A., attualmente in servizio in posizione di distacco presso l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sia trasferito nei ruoli della medesima Amministrazione.

 

Si ricorda che con l’articolo 8 del decreto legge 138 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge 178 del 2002, è stata costituita una società per azioni denominata “CONI Servizi S.p.A. “per l’espletamento dei compiti istituzionali dell'ente pubblico Comitato olimpico nazionale italiano (CONI). Il comma 11 dell’articolo 8 del citato decreto 138 ha poi previsto che il personale in servizio presso il CONI (ente pubblico), a decorrere dall’8 luglio 2002, fosse trasferito alle dipendenze della CONI Servizi S.p.A. Inoltre con decreto ministeriale da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, si sarebbero dovute stabilire le modalità attuative del trasferimento del personale alla CONI Servizi, anche ai fini della salvaguardia, dopo il trasferimento, delle procedure di cui agli articoli 30 (passaggio diretto di dipendenti tra amministrazioni diverse), 31 (passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività) e 33 (eccedenze di personale e mobilità) del decreto legislativo n. 165 del 2001.

 

Al personale che opterà per il trasferimento verranno applicate le condizioni previste dal comma 124 della Legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005), il quale stabilisce che - al personale in servizio presso gli enti e le società derivanti da processi di privatizzazione di pubbliche amministrazioni esercenti attività e servizi in regime di monopolio, già proveniente dalla P.A., che venga trasferito dietro domanda con il semplice consenso dell’ente o della società di appartenenza - non siano corrisposte indennità o trattamenti economici aggiuntivi, comunque denominati.

 

Si ricorda che, in base all’articolo 11 del D.Lgs. 419/1999, recante il riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali ai sensi degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59, entro tre mesi dalla data di assunzione della personalità giuridica di diritto privato, il personale con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso gli enti privatizzati indicati in un appositoelenco[306] può optare per la permanenza nel pubblico impiego; in tal caso si applicano le ordinarie procedure di mobilità previste dagli articoli 34 e 35 del D.Lgs. n. 165 del 2001. Al personale sopra indicato continuano ad applicarsi le norme vigenti in materia di trattamento giuridico ed economico sino alla stipula del nuovo contratto collettivo nazionale di categoria.

 

Per quanto concerne il personale della Coni Servizi S.p.A., si osserva che le leggi finanziarie per gli anni 2004 e 2005 hanno previsto che:

 

§      per sopperire a straordinarie esigenze di supporto amministrativo il Consiglio di Stato, il TAR, la Corte dei conti e l’Avvocatura dello Stato potessero avvalersi di personale dipendente del CONI, ovvero di enti pubblici interessati da procedure di liquidazione o soppressione. Tale forma di passaggio di personale, comunque contenuta entro il limite di 300 unità, si doveva svolgere su base volontaria e poteva avvenire in soprannumero o in deroga alle vigenti disposizioni legislative e contrattuali in materia di mobilità (legge n. 350/2003, art. 3, comma 71). Per quanto concerne il personale dipendente del CONI, la norma specificava che questi doveva essere in servizio alla data del 7 luglio 2002: la precisazione è da mettere in relazione con la disposizione di cui all’articolo 8 del citato D.L. 138/2002.

§      la legge n. 311/2004, all’articolo 1, commi 93 e 94, nel prevedere disposizioni in materia di riduzione del personale delle pubbliche amministrazioni, ha fatte salve alcune precedenti previsioni tra le quali:

-       il riassorbimento di personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche – secondo le procedure di mobilità – entro il limite massimo di 200 unità da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (articolo 3, comma 53, ultimo periodo, L. 350 del 2003);

-       la possibilità di avvalersi di personale dipendente del CONI, ovvero di enti pubblici interessati da procedure di liquidazione o soppressione, da parte di Consiglio di Stato, TAR, Corte dei conti e Avvocatura dello Stato, per sopperire a straordinarie esigenze di supporto amministrativo.

 

Si ricorda infine che l’articolo 7-decies del D.L. n. 7/2005, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 43/2005, nel modificare l’articolo 1, comma 97, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha incluso l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, a decorrere dal 2006, tra gli enti che possono avvalersi, in via prioritaria, della possibilità di assumere personale[307] entro i limiti delle disponibilità dell’apposito fondo di cui al comma 96.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 96, della legge finanziaria per il 2005 istituisce un fondo per permettere l’assunzione di un certo contingente di personale in deroga al blocco del turn over previsto per il triennio 2005-2007.


Articolo 11-quinquiesdecies, comma 11
(Raccolta a distanza di scommesse, bingo e lotterie)

 


11. Ferme restando le previsioni dell’articolo 1, commi 290 e 291, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, entro il 31 gennaio 2006 il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce, con propri provvedimenti, misure per la regolamen­tazione della raccolta a distanza delle scommesse, del bingo e delle lotterie attraverso Internet, televisione digitale, terrestre e satellitare, nonché attraverso la telefonia fissa e mobile. I provvedimenti, nel quadro di modalità di gioco atte a garantire la sicurezza del giocatore, la tutela dell’ordine pubblico e la possibilità di connessione a tutti gli altri operatori, prevedono in particolare:

a) la possibilità di raccolta da parte dei soggetti titolari di concessione per l’esercizio di giochi, concorsi o scommesse riservati allo Stato, i quali dispongano di un sistema di raccolta conforme ai requisiti tecnici ed organizzativi stabiliti dall’Ammi­nistrazione autonoma dei monopoli di Stato, delle lotterie differite ed istantanee con partecipazione a distanza previste dall’articolo 1, comma 292, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Per tale attività è riconosciuto un aggio pari all’8 per cento della raccolta effettuata;

b) la possibilità di attivazione, da parte dei concessionari per l’esercizio delle scommesse a quota fissa, di appa­recchiature che consentono al giocatore, in luoghi diversi dai locali della sede autorizzata, l’effettuazione telematica delle giocate verso tutti i concessionari autorizzati all’esercizio di tali scommesse, nel rispetto del divieto di intermediazione nella raccolta delle scommesse e tenendo conto delle specifiche discipline relative alla raccolta a distanza delle scommesse previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, nonché dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174;

c) le modalità di estrazione centralizzata, di gestione gioco e di raccolta a distanza, affidata agli attuali concessionari, del gioco previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 gennaio 2000, n. 29.


 

 

Il comma 11 reca misure per favorire la diffusione del gioco a distanza delle scommesse, del bingo e delle lotterie attraverso internet, televisione digitale, telefonia fissa e mobile.

 

La disposizione era già presente nel testo presentato dal Governo del disegno di legge finanziaria per il 2006 (A.S. 3613), quale comma 29 dell’articolo 66.

 

Si ricorda che tale settore era stato già oggetto di specifiche previsioni della legge finanziaria del 2005 (legge n. 311 del 2004, commi 290-294 dell'articolo 1). A tale proposito si ricorda che il comma 290 attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze, Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), il compito di adottare provvedimenti per regolare la definizione, la diffusione e la gestione dei mezzi di pagamento specifici legati all'attività di gioco a distanza. Viene stabilito inoltre, al successivo comma 291, che l'attività di diffusione e gestione dei mezzi di pagamento può essere gestita anche da una società dedicata costituita dal Ministero dell'economia sulla base di apposita direttiva del Ministro. Le stesse attività potranno alternativamente essere gestite da soggetti privati individuati dal Ministero, attraverso l'AAMS, con procedura ad evidenza pubblica. Il comma 292 attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze - AAMS la competenza a regolare le lotterie, di carattere istantaneo e non, con partecipazione a distanza attraverso la definizione della ripartizione percentuale della posta di gioco relativamente all'Erario, ai giocatori ed ai soggetti terzi.

 

Il comma 11 in esame, facendo salvo quanto previsto dai commi 290 e 291 della legge finanziaria del 2005 ed analogamente ad essi, attribuisce all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) la competenza ad adottare provvedimenti per la regolazione del gioco a distanza.

 

Come specificato dalla relazione al disegno di legge finanziaria (A.S. 3613), il rimando a disposizioni amministrative dell'AAMS si rende necessario ai fini della predisposizione di una regolazione tecnica puntuale delle diverse innovazioni "per la definizione delle regole di raccolta e dei requisiti dei sistemi di collegamento con i sistemi di totalizzazione, nonché delle soluzioni atte ad evitare barriere alla libera concorrenza tra gli operatori".

 

In particolare, secondo la lettera a) del comma 11 le regole fissate dall'AAMS dovranno permettere a tutti i concessionari di giochi riservati allo Stato di effettuare la raccolta di lotterie, di carattere istantaneo e non, con partecipazione a distanza. L'aggio spettante al concessionario che effettua la raccolta per tale tipo di attività è pari all'8%, equiparato, quindi, all'aggio della giocata del pubblico per i concorsi pronostici (Totocalcio, Totogol, Totosei, Totobingol e Totip) riconosciuto dall'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178).

 

Ai sensi della lettera b) verrà inoltre consentito ai gestori delle scommesse a quota fissa di installare apparecchi per effettuare tali giocate a distanza anche al di fuori dei locali della sede autorizzata.

Trovano applicazione la disciplina sulla raccolta delle scommesse quale è definita dal decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 ("Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi") e dal decreto del Ministro delle finanze 2 giugno 1998, n. 174 ("Regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI").

 

Dovranno essere fissate con lo stesso provvedimento, infine, modalità per la raccolta a distanza, comunque affidata agli attuali concessionari, del gioco del Bingo (lettera c).

 

La relazione tecnica al comma 29 dell’articolo 66 del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. 3613) stima un gettito per l’erario pari a 150 milioni di euro per il 2006 e di 200 milioni sia per il 2007 che per il 2008.

 


Articolo 11-quinquiesdecies, comma 12
(Scommesse ippiche)

 


12. All’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, e successive modificazioni, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

b) per le scommesse:

       1) per la scommessa tris e per le scommesse ad essa assimilabili, ai sensi dell’articolo 4, comma 6, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169: 22,50 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa;

       2) per ogni tipo di scommessa ippica a totalizzatore ed a quota fissa, salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 498, della legge 30 dicembre 2004, n. 311: 15,70 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa;

       3) per le scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli: dal 1º gennaio 2006, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura del 9,5 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi; dal 1º gennaio 2007, nel caso in cui la raccolta dell’intero anno 2006 afferente alle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 1.850 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura dell’8 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi; dal 1º gennaio 2008, nel caso in cui la raccolta dell’intero anno 2007 afferente alle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli sia superiore a 2.150 milioni di euro, nella misura del 3 per cento per ciascuna scommessa composta fino a sette eventi e nella misura del 6,6 per cento per ciascuna scommessa composta da più di sette eventi;

       4) per le scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli: 20 per cento di ciascuna scommessa“.


 

 

Il comma in esame, modificando l'articolo 4, comma 1 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, recante "Riordino dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse", ridefinisce i meccanismi di determinazione dell'aliquota dell'imposta unica sulle scommesse.

 

La disposizione era già sostanzialmente presente nel testo presentato dal Governo del disegno di legge finanziaria per il 2006 (A.S. 3613), quale comma 26 dell’articolo 66.

 

Tenendo presente che la base imponibile per le scommesse è costituita dall'ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa (articolo 2, comma 2 del decreto n. 504 citato), le nuove aliquote sono così determinate:

-        22,50% per la corsa TRIS ed assimilabili;

-        15,70% per le scommesse ippiche a totalizzatore e a quota fissa;

-        20% per le scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse di cavalli;

 

Per le scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse di cavalli occorre considerare se la scommessa sia strutturata su un numero di eventi minore o maggiore di sette (nel testo del disegno di legge finanziaria era limitato a tre eventi).

 

Per quanto riguarda le scommesse fino a sette eventi:

-        3% dal 1° gennaio 2006;

-        3% dal 1° gennaio 2007 se la raccolta per tutto il 2006 risulta superiore a 1.850 milioni di euro;

-        3% dal 1° gennaio 2008 se la raccolta per tutto il 2007 risulta superiore a 2.150 milioni di euro;

 

Per quanto riguarda le scommesse su più di sette eventi:

-        9,5% dal 1° gennaio 2006;

-        8% dal 1° gennaio 2007 se la raccolta per tutto il 2006 risulta superiore a 1.850 milioni di euro;

-        6,6% dal 1° gennaio 2008 se la raccolta per tutto il 2007 risulta superiore a 2.150 milioni di euro;

 

A tale proposito occorre ricordare che la legge finanziaria del 2005, al comma 284, aveva ritoccato l'aliquota dell'imposta unica sulle scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli – fattispecie di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504 – fissandola nella misura del 33% (la precedente aliquota era fissata al 20,20%) della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa, a partire dal 1° gennaio 2005. Dalla stessa data nessuna quota di prelievo è riconosciuta a favore del CONI sulle medesime scommesse. Inoltre per le scommesse indette dopo il 1° gennaio 2005, le vincite non riscosse e i rimborsi non richiesti sono acquisiti dall'erario.

 

Come viene specificato dalla relazione illustrativa all’A.S. 3613, la norma qui commentata relativa alle scommesse a quota fissa diverse dalle corse dei cavalli è intesa ad una semplificazione e riduzione del carico fiscale in considerazione delle dinamiche competitive che interessano il settore a livello internazionale.

 

La relazione tecnica al comma 26 dell’articolo 66 del disegno di legge finanziaria 2006 (A.S. 3613) stima un aumento del gettito pari a 10 milioni di euro per ciascuna annualità.

 


Articolo 11-quinquiesdecies, comma 13
(Lotteria istantanea olimpiadi di Torino 2006)

 

13. Il direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato indirà apposita lotteria ad estrazione istantanea dedicata ai Giochi olimpici invernali “Torino 2006“.

 

 

Il comma 13 prevede l’indizione da parte del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) di una apposita lotteria ad estrazione istantanea dedicata ai giochi olimpici invernali che si svolgeranno a Torino nel 2006.

 

Le "lotterie Istantanee" sono state previste dall’articolo 6, comma 1, della legge 26 marzo 1990, n. 62 e regolate con il decreto del Ministro delle finanze 12 febbraio 1991, n. 183.

Per mezzo di tali lotterie, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha voluto soddisfare l'esigenza di una nuova modalità di gioco attraverso la quale poter conoscere "istantaneamente" il risultato e l'eventuale vincita; a tal fine, sono state introdotte in Italia nuove lotterie per le quali è stata coniata la locuzione "gratta e vinci" che sintetizza la dinamica di svolgimento del gioco: l'acquirente si sente protagonista esclusivo del proprio rapporto con la fortuna.

Le lotterie Istantanee vengono realizzate con la vendita di tagliandi sui quali, mediante una speciale vernice asportabile con abrasione, viene nascosta una combinazione di numeri o di simboli. La combinazione risulta vincente se risponde a quanto previsto dalle regole del gioco, stampate sullo stesso biglietto.

Con convenzione stipulata in data 14.10.2003 e successivo atto aggiuntivo alla convenzione stessa, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha affidato in concessione al R.T.I. Lottomatica Spa (ora Consorzio Lotterie Nazionali) il servizio di gestione automatizzata delle lotterie nazionali ad estrazione differita ed istantanea, ad eccezione delle lotterie istantanee telematiche e/o telefoniche, la cui realizzazione resta affidata all’ AAMS.


Articolo 11-sexiesdecies
(Applicazione degli articoli 11-sexies, 11-septies,
11-
nonies e 11-decies)

 

1. Le disposizioni di cui agli articoli 11-sexies, 11-septies, 11-nonies e 11-decies del presente decreto trovano applicazione a decorrere dal 1º gennaio 2006».

 

 

L’articolo 11-sexiesdecies stabilisce il termine di decorrenza delle disposizioni contenute negli articoli 11-sexies (razionalizzazione ed incremento dell’efficienza del settore del controllo del traffico aereo), 11-septies (Interventi a favore della sicurezza degli impianti ed operativa), 11-nonies(Razionalizzazione e incremento dell’efficienza del settore dei gestori aeroportuali) e 11-decies(Competitività del sistema aeroportuale) del decreto in esame, prevedendo che esse si applichino a decorrere dal 1º gennaio 2006.

 


Articolo 12
(Copertura finanziaria)

 


1. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli da 3 a 11 del presente decreto, pari a 76,5 milioni di euro per l’anno 2005, 412 milioni di euro per l’anno 2006, 655 milioni di euro per l’anno 2007 e 987 milioni di euro a decorrere dal 2008, si provvede:

a) per l’anno 2005, quanto a 76,5 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 14, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per la compensazione degli effetti sul fabbisogno di cassa si provvede mediante riduzione di 73,5 milioni di euro, per l’anno 2005, della dotazione di cassa relativa all’unità previsionale di base 3.2.3.20 “Banche, Fondi ed Organismi internazionali“ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze;

b) per gli anni successivi, quanto a 86 milioni di euro a decorrere dal 2006, mediante utilizzo di parte delle risorse riveniente dalla soppressione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 59, comma 4-bis, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, prevista dall’articolo 3, comma 36, lettera d), numero 1);

c) quanto a 65 milioni di euro per il 2007 e 160 milioni di euro a decorrere dal 2008, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, in relazione a quanto disposto dall’articolo 3, comma 21;

d) quanto a 326 milioni di euro per il 2006, 504 milioni di euro per il 2007 e 741 milioni di euro a decorrere dal 2008, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate recate dal presente decreto.

1-bis. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 11-sexies, comma 1, lettere c) e d), 11-septies, 11-octies e 11-decies, pari a 13 milioni di euro per l’anno 2005 e a 124 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006, si provvede per l’anno 2005 mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 11-quater. Per gli anni successivi si provvede ai sensi dei commi 1-ter e 1-quater.

1-ter. Una quota delle risorse rivenienti dal presente decreto, pari a 372 milioni di euro, confluisce nel Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307. Il predetto importo è versato su apposita contabilità speciale, ai fini del riversamento all’entrata del bilancio dello Stato negli anni dal 2006 al 2008, per 124 milioni di euro all’anno. Della predetta somma una quota pari a 30 milioni di euro resta acquisita all’entrata del bilancio dello Stato a copertura delle minori entrate derivanti dall’articolo 11-septies e la restante quota di 94 milioni di euro è riassegnata per provvedere alle spese recate dagli articoli 11-sexies, comma 1, lettere c) e d), 11-octies e 11-decies. Alla compensazione degli effetti finanziari derivanti dal precedente periodo, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 14, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

1-quater. A decorrere dall’anno 2009 si provvede mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto.

1-quinquies. Agli ulteriori oneri derivanti dall’attuazione del presente decreto si provvede mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto.

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 12 reca la norma di copertura finanziaria.

 

In particolare L’articolo 12, comma 1, reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli da 3 a 11 del decreto legge in esame, quantificati in 76,5 milioni di euro per il 2005, 412 milioni per il 2006, 655 milioni per il 2007 e 987 milioni a decorrere dal 2008.

 

Alla copertura dei suddetti oneri si provvede:

a)      quanto a 76,5 milioni di euro per l’anno 2005 (derivanti dall’articolo 3, comma 2 del decreto in esame, relativo alla costituzione della “Riscossione Spa”, con un capitale iniziale di 150 milioni di euro, di cui il 51 per cento (76,5 milioni) versato dall’Agenzia delle entrate e il restante 49 per cento (73,5 milioni) versato dall’INPS), mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 14, della legge n. 662 del 1996, concernente la determinazione degli apporti al capitale delle Ferrovie dello Stato S.p.a.

L’autorizzazione di spesa, annualmente rifinanziata dalla Tabella D della legge finanziaria, presenta, nel bilancio per l’anno 2005 (cap. 7122 della U.P.B. 3.2.3.15/Economia) uno stanziamento di 2.982 milioni di euro. Si evidenzia, peraltro, che si tratta di risorse di conto capitale.

Per quanto concerne la compensazione degli effetti sul fabbisogno di cassa, (derivanti dal versamento dall’INPS della quota del 49% del capitale della Riscossione Spa), si provvede mediante riduzione di 73,5 milioni di euro per l’anno 2005 della dotazione di cassa relativa alla U.P.B. 3.2.3.20 “Banche, fondi e organismi internazionali” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Nel bilancio per l’anno 2005, la citata U.P.B. presentava una dotazione di competenza e di cassa pari a 45 milioni di euro. Nel disegno di legge di assestamento per l’esercizio finanziario 2005 (A.C. 6119), l’autorizzazione di cassa dell’U.P.B. 3.2.3.20/Economia è stata aumentata a 611,9 milioni di euro, a seguito dell’accertamento di una massa consistente di residui (circa 640 milioni di euro).

In merito alla copertura a valere sulla dotazione di cassa della U.P.B. 3.2.3.20/Economia, si segnala che sarebbe più rispondente alla attuale legislazione in materia di contabilità fare riferimento all’autorizzazione legislativa di spesa afferente alla U.P.B. in questione;

b)      quanto a 86 milioni a decorrere dal 2006, mediante utilizzo di una parte delle risorse recuperate a seguito dell’abrogazione della disposizione di cui al comma 4-bis dell'articolo 59 del D.Lgs. n. 112/1999, che prevedeva la restituzione ai concessionari delle somme anticipate in dipendenza dell’obbligo del non riscosso come riscosso, disposta dall'articolo 3, comma 36, lettera d), numero 1) del decreto-legge in esame;

c)      per un importo pari a 65 milioni di euro per il 2007 e 160 milioni di euro a decorrere dal 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 17 del D.Lgs. n. 112/1999, in relazione a quanto disposto dall'articolo 3, comma 21, del decreto-legge in esame. Tale disposizione prevede che la Riscossione Spa provveda ad adottare iniziative dirette a contenere i costi dell’attività di riscossione coattiva, tali da assicurare una riduzione degli oneri sul bilancio statale per un importo pari a 65 milioni di euro per il 2007, 160 milioni per il 2008 e 170 milioni a decorrere dal 2009;

d)      quanto a 326 milioni di euro per il 2006, 504 milioni di euro per il 2007 e 741 milioni a decorrere dal 2008, mediante utilizzo della maggiori entrate recate dal provvedimento in esame.

 

I commi da 1-bis a 1-quaterrecano le modalità di copertura degli oneri derivanti dagli articoli relativi agli interventi nel settore aeroportuale (artt. 11-sexies, comma 1, lett. c) e d), 11-septies, 11-octies e 11-decies), quantificati in 13 milioni di euro per il 2005 ed in 124 milioni di euro a decorrere dal 2006.

 

Si rileva che le disposizioni recate dai commi da 1-bis a 1-ter presentano un contenuto sostanzialmente identico a quello delle disposizioni di copertura contenute nell’articolo 12 del D.L. n. 211/2005.

In base alla relazione tecnica allegata al D.L. n. 211/2005, gli oneri per il 2005, pari a 13 milioni di euro, derivano dall’art. 6 del D.L. n. 211, corrispondente all’articolo 11-octies del decreto-legge in esame, relativo alla compensazione finanziaria in favore dei vettori nazionali per gli effetti negativi connessi alla chiusura dei cieli nord-americani a seguito degli eventi dell’11 settembre 2001.

Gli oneri a decorrere dal 2006 derivano:

-          per 32 milioni di euro dall’articolo 11-sexies, comma 1, lettera c) e per 20 milioni di euro dall’art. 11-sexies, lettera d), concernenti l’estensione dei contributi pubblici all’ENAV (art. 4, lett. c) e d) del D.L. n. 211/2005);

-          per 30 milioni di euro dall’articolo 11-septies, relativo agli interventi a favore della sicurezza (art. 5 del D.L. n. 211/2005);

-          per 42 milioni di euro dall’articolo 11-decies, relativo alla competitività del sistema aeroportuale (art. 8 del D.L. n. 211/2005).

 

Per la copertura finanziaria dei 13 milioni relativi al 2005, il comma 1-bis prevede l’utilizzo di quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 11-quater, che modifica, limitatamente al periodo di imposta 2005, la disciplina degli ammortamenti fiscali dei beni materiali strumentali per l’esercizio di attività relative alla distribuzione di gas naturale e di energia elettrica.

Sulla base di quanto disposto dal comma 6 dell’articolo 11-quater, le maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo (che, secondo le stime del Governo, dovrebbero essere pari a 809 milioni di euro nel 2005) dovrebbero essere interamente destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica, ad eccezione di 50 milioni di euro di euro destinati all’istituzione del Fondo per i consumi intermedi di cui all’articolo 11-ter, comma 6.

Si rileva pertanto un’incongruenza tra il disposto dell’articolo 11-quater, comma 1, che destina le maggiori entrate derivanti dall’articolo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica (con l’eccezione di 50 milioni di euro destinati ad un Fondo per i consumi intermedi) ed il disposto dell’articolo 12, comma 1-bis, che prevede una copertura a valere sulle suddette maggiori entrate.

 

Il comma 1-ter provvede, con un meccanismo piuttosto complesso, alla copertura degli oneri per il triennio 2006-2008, pari complessivamente a 372 milioni (124 milioni di euro annui per tre anni).

 

La disposizione prevede che una quota parte delle risorse derivanti dal decreto in esame, pari a 372 milioni di euro, confluisca nel Fondo per interventi strutturali di politica economica[308].

 

I 372 milioni di euro sono poi versati su un’apposita contabilità speciale per essere riversati all’entrata del bilancio dello Stato negli anni 2006, 2007 e 2008 per un importo pari a 124 milioni di euro per ciascuno degli anni, di cui:

-        30 milioni restano acquisiti all’entrata del bilancio a copertura delle minori entrate derivanti dall’articolo 11-septies (interventi per la sicurezza);

-        94 milioni sono riassegnati ai pertinenti capitoli di bilancio per le spese recate dagli articoli 11-sexies, comma 1, lettere c) e d) (contributi pubblici all’ENAV) e 11-decies (competitività sistema aeroportuale).

 

Si osserva che la modalità di copertura prevista dalla disposizione in esame introduce una rilevante deroga al principio di annualità del bilancio: il ricorso alla contabilità speciale appare finalizzato ad utilizzare risorse relative al bilancio 2005 per la copertura di oneri relativi al triennio 2006-2008.

 

Si osserva inoltre che andrebbe soppresso il riferimento all’articolo 11-octies, in quanto tale articolo non comporta oneri finanziari per il triennio 2006-2008.

 

Gli effetti finanziari derivanti dalla disposizione in esame determinano peraltro un peggioramento in termini di fabbisogno e di indebitamento netto negli anni 2006, 2007 e 2008.

Alla compensazione di tali effetti finanziari negativi si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa agli apporti al capitale della Ferrovie dello Stato S.p.A. (art. 2, comma 14, legge n. 662/96).

 

In merito a tale ultima previsione, si osserva che:

-        la disposizione non provvede a quantificare la riduzione da apportare nel triennio considerato all’autorizzazione di spesa di cui all’art. 2, co. 14, della legge n. 662/1996;

-        gli oneri recati dalle disposizioni alla cui copertura provvede il comma 1-ter riguardano spese di natura corrente (come risulta anche dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari), mentre l’autorizzazione di spesa ridotta per compensare gli effetti negativi sul fabbisogno e sull’indebitamento netto concerne spese di conto capitale.

 

Per quanto riguarda la copertura degli oneri a decorrere dal 2009, pari a 124 milioni di euro annui, il comma 1-quater si limita a prevedere che, a decorrere dal 2009, si provveda mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dal decreto in esame.

 

Il comma 1-quinquies, infine, introduce una ulteriore copertura, sempre a valere sulle maggiori entrate derivanti dal decreto in esame, degli ulteriori oneri derivanti dall’attuazione del decreto medesimo.

 


 

 



[1]    Per gli interventi previsti in favore della sicurezza potrebbe altresì rilevare l’ambito materiale “ordine pubblico e sicurezza”, qualora il termine “sicurezza” sia inteso come comprensivo di aspetti che riguardano la tutela della sicurezza e della incolumità delle persone, anche non direttamente afferenti l’ordine pubblico. Elementi nel senso indicato potrebbero essere tratti anche dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 428 del 2004, dalla quale emerge, sia pure con riguardo al diverso settore della circolazione stradale, come siano state ricomprese nell’ambito della materia “ordine pubblico e sicurezza” misure volte ad assicurare l’incolumità delle persone. In relazione all’incidenza delle disposizioni sulla disciplina delle gestioni aeroportuali, potrebbe venire in rilievo anche la materia “tutela della concorrenza” compresa tra quelle attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera e), Cost.).

[2]    Si ricorda che il D.L. n. 211 del 2005 è stato a sua volta originato dalla confluenza in un unico provvedimento di due distinte delibere del Consiglio dei ministri, rispettivamente del 5 ottobre 2005 in materia di trasporto aereo (articoli da 4 a 12) e del 14 ottobre 2005 in materia di finanza pubblica (articoli da 1 a 3).

[3]    La decisione del Consiglio si è basata sui seguenti elementi:

-        l’Italia ha fatto registrare un disavanzo pari al 3,2% del PIL nel 2003 e nel 2004, destinato a mantenersi nettamente al di sopra del 3% nel 2005 e nel 2006, nell’ipotesi di politiche invariate. Ad avviso del Consiglio, pertanto, il superamento della soglia del 3% non può considerarsi temporaneo, e nemmeno eccezionale, dato che si è verificato in anni di crescita del PIL, sia pure contenuta (0,3% nel 2003 e 1,2% nel 2004);

-        il rapporto debito/PIL, pari al 106-107% nel 2003 e nel 2004, è nettamente superiore al valore di riferimento (del 60%) e non è sceso ad un ritmo soddisfacente negli ultimi anni, ne’ è destinato a farlo nel prossimo futuro, tenuto conto dell’attuale livello dell'avanzo primario (inferiore al 2% nel 2004).

[4] I dati sono stati forniti nel corso dell’audizione svolta davanti al Comitato permanente per il monitoraggio degli interventi di contenimento della spesa pubblica, istituito presso la Commissione bilancio della Camera.

[5] Tale importo deriva dalla somma di 300 milioni di euro derivanti dalla riduzione degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi e di 170 milioni di euro derivanti dalla riduzione degli stanziamenti di bilancio per consumi intermedi. Nella tabella riepilogativa la riduzione degli stanziamenti per consumi intermedi dei Ministeri è indicata in 250 milioni di euro perché risultano già scontati gli effetti negativi del istituzione del Fondo per i consumi intermedi (art. 11-ter, comma 6), dotato di 50 milioni di euro.

[6]     S. Capolupo, L’ampliamento del ruolo dei comuni nell’attività di accertamento, in “Il Fisco” n. 41/2005, fasc. 1, p. 6391.

[7]     La giurisprudenza tributaria ha comunque chiarito che la mancata trasmissione non costituisce motivo di nullità dell’accertamento (da ultimo Comm. trib. centr., Sez. XII, dec. 8 ottobre-11 dicembre 1997, n. 6235).

[8]     Disciplina analoga era prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, per la partecipazione dei comuni all’accertamento dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili (INIVIM).

[9]     Le leggi 26 novembre 1981, n. 690, 13 aprile 1983, n. 122, 6 agosto 1984, n. 457, e il decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, disciplinano la collaborazione agli accertamenti tributari da parte, rispettivamente, delle regioni Valle d'Aosta, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige.

[10]    Le norme statutarie che disciplinano la collaborazione nell’accertamento dei tributi sono le seguenti: Friuli-Venezia Giulia art. 53 L.Cost. n. 1/1936; Valle d’Aosta art. 13 L. Cost. n. 4/1948 e art. 12 L. 690/1981; Sardegna art. 9 della L.Cost. n. 3/1948.

[11]    I soggetti tenuti all'iscrizione sono: gli imprenditori individuali (art. 2195 C.C.), le società commerciali (art. 2200 C.C.), i consorzi con attività esterna (art. 2612 C.C.) e le società consortili (art. 2615-ter C.C.), i gruppi europei di interesse economico di cui al D.Lgs. n. 240/1991, gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale (art. 2201 C.C.), le società che sono soggette alla legge italiana ai sensi dell'art. 25 della L. n. 218/1995, le società cooperative (art. 2519 C.C.), le società estere aventi in Italia una o più sedi secondarie (art. 2506 C.C.), le aziende speciali degli enti locali di cui al D.L. 31.01.1995 n. 26 convertito nella legge 29.03.1995 n. 95, gli imprenditori agricoli (art. 2135 C.C.), i piccoli imprenditori tra cui rientrano anche i coltivatori diretti (art. 2083 C.C.), le società semplici (art. 2251 C.C.). Nel Registro sono inoltre annotate anche le imprese artigiane.

[12]    DPR 14 dicembre 1999, n. 558 "Regolamento recante norme per la semplificazione della disciplina in materia di registro delle imprese, nonché per la semplificazione dei procedimenti relativi alla denuncia di inizio di attività e per la domanda di iscrizione all'albo delle imprese artigiane o al registro delle imprese per particolari categorie di attività soggette alla verifica di determinati requisiti tecnici”

[13]    In particolare il citato DPR 558, all'art. 2, ha disposto l'iscrizione delle categorie imprenditoriali e delle società comprese nelle quattro sezioni speciali, in un'unica sezione speciale e ha abrogato (art. 14) le norme legislative e regolamentari che prevedono le quattro sezioni speciali (art. 4, co. 8, L. 580/9 e art. 7, commi 3, 4 e 6 del DPR 581/95).Tra i punti qualificanti del DPR di semplificazione si segnala anche la previsione di collegamenti telematici tra le camere di commercio e le pubbliche amministrazioni a partire dal 2000, per permetterne l'accesso agli atti iscritti o depositati e consentire lo scambio di informazioni (art. 5).

[14]    L’articolo in esame ha fatto decorrere l’applicazione della previsione dopo due anni dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 340 del 2000.

      I pubblici ufficiali roganti o autenticanti gli atti da cui dipendono le formalità di invio per via telematica, di cui ai commi 2 e 2-bis, possono in ogni caso richiederne direttamente l'esecuzione al registro delle imprese che esegue le suddette formalità, verificata la regolarità formale della documentazione (comma 2 ter).

      Con D.Dirett. 31 ottobre 2003, sostituito dal D. Dirett. 30 marzo 2005, sono state approvate le specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico.

[15]    La norma prevede inoltre che il professionista che ha provveduto alla trasmissione dei documenti sociali suddetti, attesti che questi siano conformi agli originali depositati presso la società. La società è tenuta al deposito degli originali presso il registro delle imprese su richiesta di quest'ultimo. Gli iscritti agli albi dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali, muniti di firma digitale, incaricati dai legali rappresentanti della società, possono richiedere l'iscrizione nel registro delle imprese di tutti gli altri atti societari per i quali la stessa sia richiesta e per la cui redazione la legge non richieda espressamente l'intervento di un notaio (comma 2 quinquies).

[16]    Per quanto concerne il regime di diritto transitorio, l’articolo 13-ter del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, ha previsto che fino al 31 ottobre 2003 (termine così prorogato dall’art. 8-bis del D.L. 24 giugno 2003, n. 147) le formalità pubblicitarie dovranno essere eseguite, in caso di assenza di firma digitale ai sensi di legge, mediante allegazione degli originali o di copia in forma cartacea rilasciata a norma di legge. I pubblici ufficiali roganti o autenticanti gli atti da cui dipendono le predette formalità pubblicitarie possono in ogni caso richiederne direttamente l'esecuzione al registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione.

[17]    Si ricorda che il Registro informatico degli adempimenti amministrativi delle imprese è stato istituito dall'art. 16 della legge 29 luglio 2003, n. 229, "Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001". La disciplina dell’istituto è ora recata dall’art. 11 del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale) il quale prevede, altresì, all’art. 75, l’abrogazione del suddetto art. 16 della L. 229/2003, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (1° gennaio 2006).

[18]    Si vedano i dossier Proposte di atti normativi comunitari n. 13 La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno (COM(2004)2) – Schede di lettura e n. 13/1 Documentazione, 7 novembre 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[19]    Si ricorda che il termine per la presentazione della dichiarazione annuale ai fini IVA è fissato al 31 luglio di ciascun anno, ovvero al 31 ottobre nel caso di presentazione in via telematica.

[20]    Il sopra indicato limite è fissato in 600 milioni di lire (pari a 309.874,14 euro) per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti arti o professioni e in un miliardo di lire (pari a 516.456,90 euro) per le imprese aventi per oggetto altre attività.

[21]    Il comma abrogato cita, in relazione al versamento dell’IVA, gli articoli 27 e 33 dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972. A tal proposito si ricorda che l’articolo 27 si riferisce alle liquidazioni e ai versamenti mensili dell’IVA, mentre l’articolo 33, abrogato dall’articolo 11, comma 1, lettera f), del D.P.R. 14 ottobre 1999, n. 542, riguardava le liquidazioni e i versamenti dei contribuenti minori.

[22]    "Delega al Governo ad adottare norme per l'aggiornamento, la modifica e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia doganale, per la riorganizzazione dell'amministrazione delle dogane e imposte indirette, in materia di contrabbando e in materia di ordinamento ed esercizio dei magazzini generali e di applicazione delle discipline doganali ai predetti magazzini generali, nonché delega ad adottare un testo unico in materia doganale e di imposte di fabbricazione e di consumo".

[23]    Recante "Delega al Governo ad adottare norme per l'aggiornamento, la modifica e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia doganale, per la riorganizzazione dell'amministrazione delle dogane e imposte indirette, in materia di contrabbando e in materia di ordinamento ed esercizio dei magazzini generali e di applicazione delle discipline doganali ai predetti magazzini generali, nonché delega ad adottare un testo unico in materia doganale e di imposte di fabbricazione e di consumo". In particolare l’articolo 3, nel definire i princípi e i criteri direttivi della delega in materia di amministrazione delle dogane e imposte indirette, stabilisce, al comma 1, numero 3) della lettera i), che, dall'esercizio finanziario 1990, le maggiori somme, rispetto all'esercizio precedente, versate all'Italia dalle Comunità europee a titolo di partecipazione alle spese di esazione delle risorse proprie CEE siano destinate all’integrazione dei capitoli di spesa del dipartimento destinati all’acquisizione di mezzi tecnici e strumentali, e finalizzate al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi.

[24]    Le sanzioni amministrative possono anche non essere pecuniarie ma di tipo interdittivo: si pensi alla sospensione o decadenza da licenze o concessioni e, in genere, nella privazione di un diritto o di una capacità nei confronti di chi abbia trasgredito un precetto.

[25]    Il DL 14 marzo 2005, n. 35 recante il “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[26]    Legge 31 marzo 2005, n. 56, recante " Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore " (GU n. 91 del 20 aprile 2005 - SO n. 69). Il comma 2 dell’articolo 7 della legge dispone l’aggiunta di due ulteriori lettere (h-ter e h- quater) ad integrazione del comma 2, art. 1, della legge 100/90. Ulteriori modificazioni sono introdotte dai successivi commi 3-5 del citato articolo 7. In particolare, il comma 3 elimina il divieto che gli interventi della SIMEST riguardino i Paesi membri dell'Unione europea, abrogando al contempo la disposizione che obbligava tali interventi, per i primi due anni, a riguardare in via prioritaria le iniziative effettuate in Polonia, Ungheria e altri Paesi dell'Europa Orientale, ora membri dell'Unione Europea. La nuova previsione dispone, infine, che il CIPE possa individuare Paesi o aree geografiche di interesse prioritario ai fini degli interventi della SIMEST. Il comma 4, introduce un comma 1- bis all’articolo 3 della legge n. 100/99 diretto ad incrementare le quote di partecipazioni che possono essere acquisite dalla SIMEST sino al 49% del capitale qualora l'oggetto delle partecipazioni sia la costituzione di parchi industriali, destinati a promuovere e accogliere gli investimenti all'estero delle imprese italiane. Il comma 5, infine, prevede che per la corresponsione di contributi agli interessi agli operatori italiani a fronte di operazioni di finanziamento della loro quota di capitale di rischio nelle società o imprese all'estero partecipate dalla SIMEST Spa, da parte del soggetto gestore del fondo di cui all'art. 3 della L. n. 295/73 (Fondo del Mediocredito centrale),introduce il requisito della sede in Paesi non facenti parte dell'Unione Europea per le società o imprese partecipate dalla Simest. (Per un approfondimento del contenuto della legge si rinvia al dossier disposto dal Servizio studi in occasione dell’esame in seconda lettura del provvedimento presso la Camera dei deputati: “Progetti di legge” n. 550/1 del 30 novembre 2004).

[27]    Si segnala che, secondo quanto emerge dal bilancio consuntivo della Simest,, il 2004 ha rappresentato il primo anno di piena operatività dei Fondi di Venture Capital gestiti dalla Società per conto del Ministero delle attività produttive. I Fondi che intervengono a sostegno degli investimenti delle imprese italiane nei Paesi del Mediterraneo,in Jugoslavia, in Russia e Ucraina, nei Balcani ed in Cina, possono acquisire quote di partecipazione addizionali rispetto a quelle sottoscritte dalla SIMEST ai sensi della L. 100/90. La partecipazione (SIMEST + Fondo di Venture Capital) consentita dai Fondi non può superare il 49% delle imprese estere.

[28]    COM(2004)70.

[29]    COM(2003)27. Il Libro verde ha avviato un dibattito sulla politica europea a favore dello spirito d'impresa in vista di un approccio coordinato a livello europeo, nazionale e locale. La consultazione pubblica si è chiusa il 30 giugno 2003. Per quanto concerne specificamente l’Italia, la Commissione ha posto l’accento sull'esigenza di migliorare le condizioni che favoriscono l'internazionalizzazione delle PMI, rilevando che la promozione di reti regionali o di raggruppamenti può aiutare gli imprenditori non solo a condividere le esperienze relative all'espansione, ma anche ad accedere a conoscenze, a nuovi partner ed a consulenze.

[30]    Pubblicata su G.U.C.E. 16 agosto 2004, L 268.

[31]    COM(2004)274.

[32]    L’articolo 18 del D.Lgs. n. 504 del 1995 reca modifiche ad alcuni articoli dei sopra citati D.P.R. n. 600 del 1973 (accertamento delle imposte sui redditi) e D.P.R. n. 633 del 1972 (disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), riguardanti, tra gli altri, gli accertamenti presso gli istituti di credito e l’amministrazione postale.

[33]    Si tratta di:

a)       società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, cooperative e di mutua assicurazione, residenti nel territorio dello Stato;

b)       enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale.

[34]    Quest’ultima categoria, individuata dal comma 2-bis del citato articolo 3, ha la facoltà di presentare la dichiarazione in via telematica tramite un altro componente dello stesso gruppo.

[35]    A tal sono stati emanati i seguenti decreti ministeriali:

-        D.M. 18 febbraio 1999 (G.U. 23 febbraio 1999, n. 44);

-        D.M. 12 luglio 2000 (G.U. 26 luglio 2000, n. 173);

-        D.M. 21 dicembre 2000 (G.U. 4 gennaio 2001, n. 3);

-        D.M. 19 aprile 2001 (G.U. 26 aprile 2001, n. 96).

[36]    L’articolo 2219 del codice civile stabilisce che tutte le scritture devono essere tenute secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza trasporti in margine. Non vi si possono fare abrasioni e, se è necessaria qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.

[37]    La sopra citata lettera e-bis) è stata introdotta dall’articolo 1, comma 332, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005).

[38]    Sui ricorda che l’articolo 7 del D.P.R. n. 605 del 1973 è stato parzialmente modificato dall’articolo 1, comma 332, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) e che in materia sono state fornite istruzioni con la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 44/E del 19 ottobre 2005.

[39]    La versione originaria della lettera c) del comma 14, prima dell’emendamento approvato dal Senato, prevedeva solo l’esclusione dall’obbligo di identificazione e conservazione dei dati di chi esegue versamenti in conto corrente postale di importo unitario inferiore a 1.500 euro, non l’estensione dello stesso obbligo alle operazioni effettuate per conto o a nome di terzi.

[40]    Per l’indicazione del contenuto dell’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, si veda il commento alla lettera c-bis) del precedente comma 14.

[41]    Pertanto l’importo della spesa patrimoniale viene diviso in sei quote costanti e ciascuna di queste quote viene considerata conseguita come reddito netto in ciascuno dei suddetti anni.

[42]    Il comma 11 dell’articolo 3 rinvia all’articolo 68, primo comma, lettera b), del D.P.R. n. 633 del 1972, relativo all’importazione di campioni gratuiti di modico valore, anziché, come sembrerebbe più corretto, alla lettera c) dello stesso comma, la quale si riferisce espressamente alle importazioni di oro da investimento.

[43]    D.M. 18 febbraio 1999, D.M. 12 luglio 2000, D.M. 21 dicembre 2000, D.M. 19aprile 2001.

[44]   "Regolamento per l'istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e della riqualificazione professionale del personale addetto al servizio della riscossione dei tributi erariali".

[45]   Recante Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[46]   Tale comma prevede che chiunque circola con un veicolo sottoposto al fermo amministrativo, salva l'applicazione delle sanzioni penali per la violazione degli obblighi posti in capo al custode, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 656,25 a euro 2.628,15. Il comma prevede inoltre che sia disposta la confisca del veicolo.

[47]   Si ricorda che la cartolarizzazione (o securitization) consiste nella “mobiliarizzazione” di attività, per cui si procede alla conversione in strumenti finanziari negoziabili di crediti. In sostanza, la cartolarizzazione si configura come una tecnica finanziaria mediante la quale i crediti derivanti da classi dell’attivo vengono selezionati e, almeno nella maggioranza dei casi, aggregati in base a tipologie omogenee, al fine di costituire un supporto finanziario a garanzia dei titoli (asset backed securities) rappresentativi di tali crediti emessi sul mercato dei capitali. L’introduzione di una disciplina giuridica generale della cartolarizzazione nel nostro ordinamento giuridico è stata operata con la legge 30 aprile 1999, n. 130, la quale ha permesso il passaggio da una mera tipizzazione socio-economica del fenomeno ad una vera e propria legislazione, con vantaggi in ordine alla definizione dei presupposti al fine di uno sviluppo più organico della cartolarizzazione nel nostro ordinamento.

      In base alla citata L. 130 del 1999, la cartolarizzazione si articola in due distinte operazioni:

-          la prima operazione consiste nella cessione, pro-solvendo o pro-soluto, di un portafoglio di crediti pecuniari omogenei (o di categorie omogenee), sia esistenti che futuri, da parte di una società (società cedente) ad un’altra società appositamente costituita (società cessionaria);

-          la seconda operazione consiste nella costituzione di garanzie dei crediti, per la protezione, totale o parziale, degli acquirenti dei titoli della società cessionaria o della società emittente che a sua volta finanzia la società cessionaria dalle perdite su crediti.

[48]    Per quanto attiene più specificamente alla struttura della cartolarizzazione, il citato articolo 13, nella sua attuale formulazione, ha stabilito che alla procedura in oggetto non si applica l'articolo 1264 c.c. e si applica l'articolo 5 della legge 21 febbraio 1991, n. 52.

L’articolo 1264 c.c. disciplina l’efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto, disponendo che la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettato o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza della avvenuta cessione. La legge n. 52/91, all’articolo 5, invece, prevede che qualora il cessionario abbia pagato, in tutto o in parte, il corrispettivo della cessione ed il pagamento abbia data certa, la cessione è opponibile ai creditori del cedente che abbiano pignorato il credito dopo la data del pagamento e al fallimento del cedente dichiarato dopo la data del pagamento.

Infine, le operazioni di cartolarizzazione devono essere strutturate e realizzate tenendo conto delle necessarie autorizzazioni da parte delle autorità competenti. Inoltre, sono fatti salvi i privilegi e le garanzie di qualunque tipo che assistono i crediti oggetto della cessione. L’INPS ha l’obbligo di garantire l’esistenza dei crediti al tempo della cessione. E’ altresì stabilito che l’INPS ha l’obbligo di garantire l’esistenza dei crediti al momento della cessione, ma non risponde dell’insolvenza dei debitori. In altri termini, quella prospettata costituirebbe una cessione pro-soluto, e non pro-solvendo. All’INPS restano inoltre impregiudicate le attribuzioni inerenti alle facoltà di concedere rateazioni e dilazioni ai sensi della normativa vigente, compresi i crediti oggetto della cessione, anche se iscritti a ruolo per la riscossione.

In sostanza, lo scopo della cessione di crediti conseguenti alla sottoscrizione del contratto di cessione e alla consegna dei documenti comprovanti l’esistenza dei crediti, è di privare l’INPS della titolarità dei crediti stessi, che vengono trasferiti alla società veicolo, avente per oggetto esclusivo l'acquisto e la cartolarizzazione di tali crediti; i citati crediti, inoltre, ceduti costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni.

Si ricorda, ad ogni modo, stante la caratteristica non operativa della società veicolo, che l’attività di recupero crediti è affidata, oltre che ai concessionari (per i crediti iscritti a ruolo), all’INPS stesso, attraverso la propria avvocatura, per i crediti già oggetto di procedimenti civili di cognizione ordinaria e di esecuzione.

Alla società veicolo si applicano le disposizioni contenute nel titolo V del T.U. bancario, ad esclusione dell’articolo 106, commi 2 e 3, lett. b) e c), oltre alle norme sanzionatorie previste dal Titolo VIII dello stesso T.U.. Inoltre, si prevede che tale società possa finanziare le operazioni di acquisto dei crediti anche mediante emissione di titoli; ai quali si applicano gli articoli 129 e 143 del T.U. bancario; in ogni caso all’emissione dei titoli in esame non si applica l’articolo 11 del medesimo T.U. Con la deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’INPS del 22 settembre 1999, n. 337, sono stati fissati i criteri per la creazione della società veicolo, denominata Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS (S.C.C.I.) S.p.A..

[49]    Il canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche è stato istituito dall’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, in alternativa alla tassa per occupazione di spazi e aree pubbliche, prevista dal capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507.

[50]    Il canone per la raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto era disciplinato dagli articoli 16 e seguenti della legge 10 maggio 1976, n. 319. L’articolo 14 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e successive modificazioni, ne ha previsto la sostituzione con una tariffa riferita al servizio di fognatura e depurazione. L’articolo 31, comma 28, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 1999, il corrispettivo dei servizi di depurazione e di fognatura costituisce quota di tariffa ai sensi degli articoli 13 e seguenti della legge n. 36 del 1994. Si veda anche A. Riccioni, Il canone di raccolta e depurazione delle acque reflue: il confine fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione tributaria, "Il Fisco", n. 24 del 14 giugno 2004, pp. 3698 ss.

[51]    La tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani è disciplinata dal capo III del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. L’articolo 49 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ne ha previsto la sostituzione con la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani. La soppressione è articolata secondo scadenze diverse (fra il 1° gennaio 2003 e il 1° gennaio 2008) secondo il grado di copertura dei costi raggiunto dai comuni nell’anno 1999 e la misura della loro popolazione.

[52]    L’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni sono previsti e disciplinati nel capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507. L’articolo 62 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, ha consentito ai comuni di escludere, mediante regolamento, l’applicazione, nel proprio territorio, dell’imposta comunale sulla pubblicità, sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull’arredo urbano o sull’ambiente a un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa.

[53]    Si confronti anche Corte di cassazione, sez. un. civ., sent. 28 aprile 2004, n. 8103.

[54]    L’articolo 44-ter demanda a decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su conforme parere del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, la modificazione dei criteri di valutazione e dei punteggi previsti alle tabelle E e F.

[55]    Corte di cassazione, sez. V civ., sent. 7 febbraio 2001, n. 1701; conformi, salvo quanto si dirà subito sotto, Corte di cassazione, sez. V civ., sent. 9 maggio 2003, n. 7129, e sez. V civ., sent. 4 maggio 2004, n. 8439.

[56]    Corte di cassazione, sez. V civ., sent. 9 maggio 2003, n. 7129.

[57]    Corte di cassazione, sez. V civ., sent. 4 maggio 2004, n. 8439.

[58]    Corte di cassazione, sez. V civ., sent. 23 dicembre 2000, n. 16176.

[59]    L’albo dei consulenti del lavoro, istituito dalla legge 12 ottobre 1964, n. 1081, è ora disciplinato dall’articolo 8 e seguenti della legge 11 gennaio 1979, n. 12.

[60]    Secondo quanto esposto nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione A.S. 3587, il Governo aveva inteso adeguarsi ad un rilievo della Commissione europea, la quale ha adìto la Corte di giustizia sostenendo che l’ordinamento italiano, riservando ai Centri di assistenza fiscale il compito di assistere i contribuenti nella compilazione del modello 730 ai fini delle imposte sui redditi delle persone fisiche, violerebbe il Trattato dell’Unione europea; la proposta estensione della facoltà ai commercialisti teneva conto anche delle conformi conclusioni formulate in tale giudizio dall’Avvocato generale presso la suddetta Corte di giustizia.

[61]    Le regioni Campania, Puglia ed Emilia-Romagna hanno proposto ricorsi contro le disposizioni dei commi 21, 22 e 23 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 dinnanzi alla Corte costituzionale, che non ha tuttavia accolto i motivi d’impugnazione proposti (sentenza 13-28 luglio 2004, n. 286).

[62]    Ai sensi dell’articolo 67 del TUIR sono non qualificate le partecipazioni relativamente alle quali il diritto di voto esercitatile nell’assemblea ordinaria non supera il 2% o il 20% e la partecipazione al capitale o al patrimonio non supera il 5% o il 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.

[63]    I Paesi sono stati individuati con D.M. 21 novembre 2001.

[64]    Si tratta, in particolare, di società di persone (società in nome collettivo, società in accomandita semplice e ad esse assimilate), enti non commerciali e imprenditori individuali.

[65]    Ai sensi dell’articolo 73 del TUIR sono soggetti all’IRES: le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e di mutua assicurazione, gli enti pubblici o privati che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali residenti, le società ed enti di ogni tipo, con o senza responsabilità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, relativamente alle stabili organizzazioni.

[66]    Ai sensi del comma 2, lettera a), dell’articolo 44 del TUIR si considerano similari alle azioni , i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi.

[67]    Si ricorda che anche l’articolo 98 (thin capitalization) del TUIR pone limiti alla deducibilità degli interessi passivi per le imprese che, a seguito di un confronto tra patrimonio netto e indebitamento presso terzi, risultano eccessivamente indebitate.

[68]    Si segnala che per le ditte individuali e le società di persone (soggette ad IRPEF, ora IRE) è prevista una correlazione tra la quota di esenzione delle plusvalenze, la indeducibilità delle minusvalenze e il valore delle azioni da considerare ai fini del pro rata patrimoniale (fissata al 60%).

[69]    E’, in ogni caso, ammessa la facoltà per i contribuenti di optare per il regime ordinario o semplificato.

[70]    Il citato DM è stato emanato in attuazione dell’articolo 3, comma 172, della legge n. 662/1996. Il prospetto indicato esonera i soggetti forfetari dalla tenuta dei registri delle fatture emesso o dei corrispettivi.

[71]    Le fatture emesse e la documentazione sugli acquisti devono essere conservati per 4 anni a decorrere dalla fine dell’anno in cui è stata presentata la dichiarazione e comunque fino alla definizione di eventuali accertamenti o contenziosi.

[72]    Si veda in particolare la Sentenza della Corte costituzionale n. 138 del 1999 in materia di IRAP.

[73]    Il Presidente della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, in occasione della stipula dell’accordo sulla norma di attuazione dell’art. 37 dello Statuto, ha indicato la somma di 953 milioni di euro come attualizzazione del debito pagato dallo Stato, secondo l’intesa raggiunta con il Ministero del l’economia e delle finanze.

[74]    Il Decreto legislativo recante “Attuazione dell'articolo 37 dello Statuto speciale della Regione siciliana e il simmetrico trasferimento di competenze” è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 21/10/2005 non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

[75]    La Corte costituzionale fa riferimento alle precedenti sentenze n. 111 del 1999, n. 138 del 1999, e n. 66 del 2001.

[76]    Nella Relazione che accompagna il Decreto Legislativo viene evidenziato come la con la riforma di cui alla legge di delega n. 825 del 1971 (..) venivano modificati e differentemente disciplinati i sistemi di accertamento e di riscossione delle nuove imposte, in modo che il reddito delle imprese non è stato più frazionabile in base alle componenti della produzione. La diversa procedura di riscossione, inoltre, prevedeva il versamento diretto all’esattoria ove l’imprenditore ha domicilio fiscale.

[77]    Si tratta di un trasferimento speciale e aggiuntivo rispetto ai tributi (erariali) dichiarati di spettanza della regione (articoli 36 e 37 dello Statuto); di questo versamento vengono indicati espressamente la motivazione («a titolo di solidarietà nazionale»), i parametri sulla base dei quali determinarne l’ammontare (i redditi di lavoro nella regione e la revisione quinquennale) e il campo di impiego (i lavori pubblici); l’obiettivo della norma è chiaramente quello di prevedere una risorsa aggiuntiva che compensi la minore ricchezza della regione derivante dallo squilibrio delle condizioni economiche in cui essa versa rispetto alla media nazionale. Una risorsa, per altro, variabile nel tempo e progressivamente adeguata alla evoluzione (in positivo) che si sarebbe dovuta determinare.

      Il ricorso al parametro prefigurato dal secondo comma dell’articolo 38 come indice per determinare l’ammontare del fondo si è dimostrato subito complesso e di difficile attuazione. Nei fatti non è stato mai definito. La quantificazione del fondo è avvenuta in base a valutazioni di opportunità ed adeguatezza effettuate dal Governo e dal Parlamento nazionale in sede di definizione delle leggi quinquennali che si sono succedute. Dopo alcuni anni di trasferimenti determinati in cifra fissa (1947-1961), si è passati - a partire dal 1961 - ad attribuire un riferimento tributario anche a questa voce delle entrate regionali; l’ammontare annuale del fondo veniva determinato infatti come una aliquota (una quota percentuale) delle imposte di fabbricazione riscosse sull’Isola. Le imposte di fabbricazione (ora, le accise della nuova disciplina dettata dal decreto-legge n. 331/1993, conv. legge 29 ottobre 1993, n. 427) sono - con quelle sui monopoli - le sole imposte riscosse sull’Isola il cui gettito è riservato all’erario. Le somme così determinate erano versate alla regione nel corso dell’esercizio successivo a quello di riferimento. L’aliquota fu fissata all’80% per il periodo 1961-1971, E fu aumentata sino al 95% nei tre quinquenni successivi. Con l’aumento consistente che a partire dal 1973 ebbe a subire l’imposizione fiscale sui prodotti petroliferi e per la localizzazione sull’Isola di gran parte delle raffinerie nazionali, il fondo di solidarietà lievitò anch’esso in misura corrispondente sino a raggiungere i 1.201,5 miliardi nell’esercizio 1986 (ultimo anno di efficacia dell’ultima legge quinquennale - legge n. 470/1984).

      Di fatto la legge n. 470/1984 è stata l’ultima legge che ha determinato l’ammontare del fondo su base quinquennale. Gli effetti sul bilancio dello Stato, in termini di competenza, si sono protratti sino all’esercizio 1987 per le somme determinate in relazione alle riscossioni 1986. Dalla scadenza di questa legge (1990) l'ammontare del Fondo di solidarietà viene determinato annualmente nella legge finanziaria (Fondo globale di parte capitale) e disposto poi con un successivo provvedimento legislativo. Di fatto, dal 1991 non è stato più erogato.

[78]    A fronte dei limiti di impegno quindicennali disposti dall’art. 55 della L. 488/1999 e dall’art. 137 della Legge 388/2000 (si tratta di ulteriori contributi quindicennali di 21 miliardi di lire non legati al fondo di solidarietà) la regione ha collocato obbligazioni sul mercato statunitense aventi scadenza 22/12/20016 per un importo complessivo di 981.250.000 dollari, pari a 789.791.414,44 euro (Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale della Regione Siciliana – 30 giugno 2005).

[79]    Nel 2004 la regione con la prima pare del limite di impegno (23 milioni di euro) ha stipulato un prestito con la Cassa Depositi e Prestiti. (Relazione Corte dei Conti, 30/6/2005)

[80]    Con riguardo all’andamento del PIL regionale rispetto al PIL nazionale, nel Documento di Programmazione Economico Finanziaria della Regione Siciliana per gli anni 2006-2008 (Approvato con delibera dalla Giunta regionale il 4 agosto 2005), ci sono indicazioni tratte dai dati dell’ISTAT (definitivi per gli anni 2001-2003) e dei centri di ricerca per stime 2004, rielaborati dal servizio statica della regione. La crescita del PIL per l’anno 2004 (variazione % rispetto l’anno precedente) viene data per la Sicilia tra lo 0.4 e lo 0.7 e per l’Italia all’1,2. La crescita del PIL regionale viene stimata per gli anni 2006, 2007 e 2008 rispettivamente allo 0,6, 0,9 e 1,2 (PIL a prezzi costanti –tendenziale – vedi Tab. 1.13)

[81]    In linea generale, infatti, è soggetto alla procedura di ammortamento il costo sostenuto per l’acquisto o la produzione del bene, eventualmente incrementato degli oneri accessori.

[82]    Il decreto legislativo n. 38/2005 reca disposizioni riguardanti l’esercizio delle opzioni previste dall’articolo 5 del Regolamento CE n. 1606/2002 in materia di principi contabili internazionali (IAS) ed è stato emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 25 della legge n. 306 del 2003.

[83]   Si precisa che, con riferimento agli ammortamenti iniziati entro il 31 dicembre 1988 si applicano i coefficienti individuati nel D.M. 29 ottobre 1974.

[84]   I decreti individuano il coefficiente di ammortamento relativo a ciascun bene relativamente all’attività esercitata. In sostanza, un medesimo bene avrà coefficienti diversi a seconda dell’attività svolta dal soggetto utilizzatore.

[85]   Si ricorda che sullo schema della norma è intervenuto il parere della Banca centrale europea del 6 dicembre 2002 “Opinion on a provision on bond conversion under Law No 483/93 affecting the Banca d'Italia's balance sheet” (CON/2002/30).

[86]    L’esclusione parziale è stata introdotta al fine di evitare la doppia tassazione (a carico della società e a carico del socio) e ha sostituito il precedente meccanismo del credito d’imposta sui dividendi.

[87]    Le disposizioni in merito all’esclusione parziale non si applicano nei casi in cui il dividendo non sia assoggettato ad altro regime di imposizione quale, in particolare, quello dell’imposta sostitutiva.

[88]    Atto n. 482.

[89]    La riforma del sistema fiscale statale ha introdotto un criterio di tassazione dei redditi finanziari al momento della produzione (e quindi in capo alla società partecipata) in luogo del precedente che si riferiva, invece, al momento della distribuzione (ossia in capo ai soci). E’ stata, pertanto, disposta una nuova disciplina in merito alla tassazione dei dividendi e delle plusvalenze, nonché alla deducibilità delle minusvalenze.

[90]    Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della L. 3 ottobre 2001, n. 366.

[91]    Si tratta, in particolare, di maggiori accantonamenti, ammortamenti e rettifiche di valori specificatamente individuati.

[92]    Per quanto riguarda gli strumenti similari alle azioni, si ricorda che ai sensi dell’articolo 44, comma 2, lettera a) del TUIR “si considerano similari alle azioni, i titoli e gli strumenti finanziari la cui remunerazione è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo stesso gruppo o dell'affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi”. La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 26/E del 2004 ha precisato, inoltre, che l'assimilazione alle azioni riguarda esclusivamente gli strumenti finanziari rappresentati da titoli o certificati e non interessa, invece, i contratti (non cartolarizzati), quali, ad esempio, quelli di associazione in partecipazione e di cointeressenza.

[93]    L’articolo 41 del ddl finanziaria 2006, fa riferimento ai dividendi percepiti nei 24 mesi precedenti il realizzo.

[94]    Come sostituito dall'art. 2 del D.M. 2 luglio 2003, n. 183.

[95]    L'intervento in favore degli autoveicoli alimentati a metano o a gas di petrolio liquefatto GPL è stato sospeso a decorrere dal 1° novembre 2000 e fino al 31 dicembre 2000. La ripresa dell'incentivo è stata prevista a decorrere dal 1° gennaio 2001 (avviso pubblicato nella Gazzetta ufficiale 5 ottobre 2000, n. 233). Una nuova sospensione è stata disposta con Comunicato 22 febbraio 2001 (Gazzetta ufficiale 22 febbraio 2001, n. 44) a decorrere dalla data di pubblicazione dello stesso.

[96]    Si segnala che la direttiva 2003/96/CE è inserita in allegato B alla legge comunitaria 2004 (legge n. 62 del 2005), tra le direttive per le quali il Governo è delegato ad adottare decreti legislativi di recepimento, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro il 12 novembre 2006.

[97]Causa 475/03. Vedi dossier RUE “Compatibilità dell’IRAP con la normativa comunitaria - Conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia nella causa C- 475/03” del 18 marzo 2005.

[98]In base all’articolo 222 del Trattato CE, la Corte di Giustizia è assistita da otto Avvocati generali che hanno il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di Giustizia richiedono il loro intervento.

[99]Nella prassi della Corte è piuttosto raro che si convochi una udienza dopo il deposito delle conclusioni dell’Avvocato generale.

[100]            In particolare, l’art. 33, par. 1 della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva IVA), secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, vieta agli Stati membri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di imposte sulla cifra d’affari. Tale disposizione mira a preservare il sistema comune dell’IVA introdotto dalla direttiva in questione, evitando che vengano introdotte imposte – sostanzialmente analoghe all’IVA – che sfuggono all’armonizzazione ritenuta necessaria per il funzionamento del mercato interno.

[101]  Il 28 ottobre 2005 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica – che si concluderà il 31 dicembre 2005 – in vista della revisione di metà percorso del libro bianco.

[102]  La banca dati CARE è stata istituita con la decisione n. 93/704/CE.

[103]  A questo riguardo si segnala che, il 29 aprile 2004, è stata adottata la direttiva 2004/54/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza per le gallerie della rete stradale transeuropea.

[104]  La questione è oggetto della direttiva 2004/52/CE del 29 aprile 2004 concernente l'interoperabilità dei sistemi di telepedaggio stradale nella Comunità.

[105]  Questo programma sostituisce il precedente programma di azione nel settore della sicurezza stradale (COM(1997)131) valido per il periodo 1997-2001.

[106]  La Carta è stata sottoscritta in occasione del Consiglio trasporti informale che si è svolto a Verona il 23 e 24 ottobre 2003. In quella occasione i ministri hanno deciso di riunirsi ogni anno a Verona al fine di verificare lo stato di attuazione della Carta. La Carta, che è stata lanciata il 29 gennaio 2004, comporta una parte comune completata da impegni specifici assunti da ogni firmatario. Essa avrà una durata iniziale pari a tre anni e potrà essere prorogata al termine di questo periodo.

[107]  Questi aspetti sono affrontati in una comunicazione (COM(2003)542) relativa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per veicoli sicuri e intelligenti.

[108]  Direttiva 2002/85/CE che modifica la direttiva 92/6/CEE concernente il montaggio e l’uso di limitatori di velocità per talune categorie di autoveicoli nella Comunità; direttiva 2003/20/CE che modifica la direttiva 91/671/CEE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'uso obbligatorio delle cinture di sicurezza sugli autoveicoli di peso inferiore a 3,5 tonnellate; direttiva 2003/59/CE sulla qualificazione iniziale e formazione periodica dei conducenti di taluni veicoli stradali adibiti al trasporto di merci o passeggeri; regolamento (CE) n. 2135/98 relativo all’apparecchio di controllo nel settore dei trasporti su strada; proposta di regolamento (COM(2001)573) relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada.

[109]  La raccomandazione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie L, n. 111, del 17 aprile 2004.

[110]  L’agevolazione si applica alle imprese operanti nei settori delle attività estrattive e manifatturiere, dei servizi, del turismo, del commercio, delle costruzioni, della produzione e distribuzione di energia elettrica, vapore e acqua calda, della pesca e dell’acquacoltura, della trasformazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura di cui all’allegato I del Trattato che istituisce la Comunità europea.

[111]  Il giudizio di compatibilità del suddetto regime di aiuti agli investimenti nelle aree svantaggiate con il quadro comunitario è stato espresso dalla Commissione UE con la Comunicazione prot. n. SG(2001) D/286841 del 13 marzo 2001 (Aiuto di Stato N. 646/A/2000).

[112]  Se nel periodo d’imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, il credito d'imposta è rideterminato escludendo il costo non ammortizzato degli investimenti agevolati, per la parte che eccede i costi delle nuove acquisizioni.

[113]  L’art. 31, comma 18, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha interpretato la disposizione nel senso che l'esenzione è applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione.

[114]  La Corte costituzionale (sent. 24 marzo 1999, n. 119), nel valutare sul piano del non irrazionale esercizio del potere legislativo la legittimità della disciplina riguardante le fattispecie di esenzione, ha rilevato come esse si riferiscano a immobili posseduti da enti pubblici o di proprietà di soggetti di diritto internazionale [lettere a), e) e f)], ovvero a immobili destinati ad attività peculiari che non siano produttive di lucro e di reddito [lettere b), c), d), g), h), i)], escludendo quindi la denunziata disparità di trattamento rispetto a immobili (nel caso di specie quelli appartenenti agli IACP) destinati istituzionalmente alla locazione o, alle condizioni predeterminate dalla legge, alla vendita.

[115]  L’articolo 1 della medesima legge n. 222 del 1985 consente che gli enti costituiti o approvati dall'autorità ecclesiastica, aventi sede in Italia, i quali abbiano fine di religione o di culto, siano riconosciuti come persone giuridiche agli effetti civili.

      L’articolo 2 specifica che sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari. Per altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa, il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell'articolo 16, sopra illustrato. Tale accertamento è diretto a verificare che il predetto fine sia costitutivo ed essenziale dell'ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico.

      A norma dell’articolo 15, gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti possono svolgere attività diverse da quelle di religione o di culto, alle condizioni previste dall'articolo 7, numero 3, secondo comma, dell'accordo del 18 febbraio 1984 (reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121), il quale stabilisce che “le attività diverse da quelle di religione o di culto, svolte dagli enti ecclesiastici, sono soggette, nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime”.

[116]  Ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 23 febbraio 2004, n. 41, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale non di pregio, per le quali i conduttori abbiano manifestato la volontà di acquisto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento tra il 26 settembre e il 31 ottobre 2001, è determinato in base ai valori di mercato del mese di ottobre 2001.

[117]  L’entità degli sconti per l’acquisto a mezzo di mandato collettivo è determinata dai decreti ministeriali di trasferimento degli immobili alle società per la cartolarizzazione.

[118]  Pertanto la norma non si applica a tutti gli immobili oggetto delle operazioni di cartolarizzazione, ma, all’interno di questo gruppo, solo a quelli che sono stati individuati dall’Agenzia del demanio (ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 351 del 2001) come appartenenti agli enti previdenziali pubblici.

[119]Recante l’attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza.

[120]Recante l’attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.

[121]Si ricorda che l’articolo 1, comma 31, della L. 23 agosto 2004, n. 243, ha delegato il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della richiamata legge, uno o più decreti legislativi contenenti norme intese a riordinare gli enti pubblici di previdenza e assistenza obbligatoria, perseguendo l'obiettivo di una maggiore funzionalità ed efficacia dell'attività ad essi demandata e di una complessiva riduzione dei costi gestionali. Delega, scaduta il 6 ottobre scorso, non è stata attuata.

[122]  La data di soppressione degli attuali ordini dei dottori commercialisti e dei collegi dei ragionieri e periti commerciali istituiti negli stessi circondari di tribunale è fissata al 1° gennaio 2008; da tale data sono istituiti nei circondari gli Ordini territoriali dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

[123]  “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”.

[124]  Il comma 45 citato stabilisce che, entro i trenta giorni successivi all’espressione dei pareri il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni ivi eventualmente formulate relativamente all’osservanza dei principi e criteri direttivi recati dalla stessa legge, nonché con riferimento all’esigenza di garantire il rispetto dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti, che sono espressi entro trenta giorni dalla data di trasmissione.

[125]  L’articolo 1, comma 46 della legge delega dispone che, qualora il termine per l’espressione del parere scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni.

[126]  “Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della L. 28 settembre 1998, n. 337”.

[127]  Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, comma 42, della legge n. 243/2004, i decreti legislativi la cui attuazione determini nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore di provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

[128]  Ai sensi dell’art. 24 della Legge n. 88/1989 la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti comprende: assicurazione per la disoccupazione involontaria (DS); assicurazione per la tubercolosi (TBC): a decorrere dal 1999 la contribuzione è a carico dello Stato; fondo garanzia TFR; cassa unica per gli assegni familiari (CUAF); cassa integrazione guadagni (industria, edilizia, agricoltura); assicurazione per la malattia; assicurazione per la maternità; fondo rimpatrio per i lavoratori extracomunitari (il relativo contributo è stato soppresso a decorrere dall’anno 2000); cassa per il trattamento di richiamo alle armi; ogni altra forma di previdenza a carattere temporaneo diversa dalle pensioni.

[129]  La prima nel 2002, la seconda nel 2003.

[130]  Il Consiglio europeo, nelle riunioni di Stoccolma (marzo 2001) e di Goteborg (giugno 2001), ha chiesto l’applicazione del metodo aperto di coordinamento all’ambito della politica delle pensioni, sulla base di una cooperazione del Comitato di protezione sociale e del Comitato di politica economica. Il metodo di coordinamento aperto, conformemente al principio della sussidiarietà, completa e sostiene le iniziative nazionali senza addivenire all’adozione di misure legislative a livello europeo. In particolare, il metodo implica la fissazione di obiettivi comuni, la loro attuazione nelle strategie di politica nazionali e, come parte integrante di un processo di scambio reciproco di esperienze, il controllo regolare dei progressi raggiunti sulla base, per quanto possibile, di indicatori concordati e definiti congiuntamente.

[131]  Nel settembre 2002 sono state presentate le prime relazioni strategiche nazionali, sulla cui base la Commissione e il Consiglio hanno presentato, nel marzo 2003, la prima relazione congiunta in materia di pensioni adeguate e sostenibili.

[132]  Nel settembre 2002 sono state presentate le relazioni strategiche nazionali, nelle quali gli Stati membri hanno illustrato in che modo hanno cercato di conseguire gli undici obiettivi comuni. Successivamente i servizi della Commissione hanno analizzato le relazioni strategiche nell’intento di valutare i risultati ottenuti nella realizzazione di detti obiettivi.

[133]  Il Comitato per la protezione sociale è stato istituito con decisione del Consiglio 2000/436/CE del 29 giugno 2000, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri in materia di politiche di protezione sociale, nel pieno rispetto del trattato e tenendo conto delle competenze delle istituzioni e degli organi comunitari. Il Comitato è composto da due rappresentanti designati da ciascuno Stato membro e da due rappresentanti della Commissione.

[134]  Il Comitato per la politica economica, previsto dall’articolo 272 del Trattato che istituisce la Comunità europea, è stato istituito con decisione del Consiglio del 18 febbraio 1974 (74/122/CEE). Secondo quanto stabilito dalla decisione 2003/475/CE, che modifica la decisione 2000/604/CE sulla composizione e lo statuto del comitato di politica economica, gli Stati membri, la Commissione e la Banca entrale europea nominano ciascuno due membri del Comitato per la politica economica.

[135]  Procedura 2002/2291.

[136]  Da notizie di stampa, risulta che la Commissione ha avviato procedure di infrazione in materia di tassazione della previdenza nei confronti di altri sette Paesi dell’UE: Belgio, Danimarca, Irlanda, Francia, Portogallo, Spagna e Regno Unito.

[137]  La tessera è stata istituita dall’ art. 50 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[138]  Cfr. seduta n. 776 del 2 novembre 2005.

[139]  Il DL 14 marzo 2005, n. 35 recante il “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[140]  La Commissione ha adottato gli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi”, a partire dal 1994. Prorogati fino a tutto il 1999, in questo stesso anno sono stati sostituiti da una nuova disciplina in materia, più rigorosa e restrittiva della precedente, avente l’obiettivo di consentire la concessione di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà solo a determinate condizioni. Tale versione degli orientamenti, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata da ultimo sostituita dalla Comunicazione della Commissione 2004/C244/02, adottata il 7 luglio 2004.

[141]  Modificato dall’articolo 13, comma 2, lettera b), del decreto legge n. 35 del 2005.

[142]  In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 28 luglio 2005 n. 36663, su citato.

[143]  Dando attuazione alla previsione dell’articolo 3, comma 137, della legge n. 350 del 2003,

[144]  Dando attuazione alla previsione dell’articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004.

[145]  Il QCS 2000-2006 per le regioni italiane Obiettivo 1, approvato dalla Commissione europea il 1° agosto 2000 con Decisione n. C (2000) 2050, comprende 7 POR (Programmi operativi regionali) e 7 PON (Programmi operativi nazionali). Ai sensi dell'art. 14, paragrafo 2, del Regolamento (CE) 1260/99, nel 2004 è stata effettuata la revisione di metà periodo del QCS 2000-2006 Obiettivo 1. Il nuovo testo del QCS revisionato è stato approvato dalla Commissione europea il 30 novembre 2004 con Decisione n. C (2004) 4689. Finalità del QCS è quella di coordinare gli interventi e renderli più efficaci rispetto alla riduzione del ritardo economico-sociale delle aree del Mezzogiorno d’Italia sulla base di quanto evidenziato dalla strategia di sviluppo.

[146]C. 6117, approvato dal Senato.

[147]La Sicilia e la Sardegna, a differenza delle altre regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano contribuiscono con risorse del proprio bilancio, sia pure in misura differenziata, al finanziamento del SSN.

[148]Cfr l’art. 42 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici, convertito dalla legge n. 326 del 2003.

[149]Cfr. l’art. 130 del decreto legislativo n. 112 del 1998. Ai sensi dell’art. 80, comma 8, della legge n. 388 del 2000, le regioni possono prevedere che la potestà concessiva dei trattamenti di invalidità civile di cui all'articolo 130, comma 2, del medesimo decreto legislativo, può essere esercitata dall'INPS a seguito della stipula di specifici accordi con le regioni interessate.

[150]Si tratta dell’Unione italiana ciechi, dell’Associazione nazionale mutilati e dell’Ente nazionale per la protezione e l’assistenza ai sordomuti.

[151]Ai sensi dell'articolo 11 del regio decreto n. 1611 del 1933.            

[152]Ai sensi dell'articolo 102 del codice di procedura civile.

[153]Con le modalità stabilite dall’art. 11 del regio decreto n. 1611/1933 e successive modificazioni (Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato).

[154]La relazione di accompagnamento al decreto legge n. 269/2003 evidenziava la finalità della norma, volta ad assicurare una presenza certa della pubblica amministrazione al dibattimento e ridurre così i casi in cui la pubblica amministrazione risulti soccombente (cfr. più diffusamente il dossier decreti legge n. 120 del 2003 del servizio studi della Camera).

[155]La relazione tecnica riporta i dati del rendiconto 2004 dell’INPS dal quale risultano oneri di 300 milioni di euro per il pagamento di pignoramenti effettuati per giudizi promossi nei confronti dell’Istituto medesimo.

[156]  Per una descrizione dettagliata delle proposte si veda il dossier n. 29 “I fondi strutturali 2007-2013. Schede di lettura” del 14 aprile 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[157]  Si vedano il dossier n. 27 “Prospettive finanziarie 2007-2013” del 1° aprile 2005 e n. 42 “Lo stato dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013” del 26 ottobre 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[158]  Le proposte della Commissione non contemplano quindi per il periodo di programmazione 2007-2013 il Fondo europeo agricolo di orientamento e Garanzia, sezione orientamento, pur essendo esso espressamente incluso tra i fondi a finalità strutturale dall’articolo 158 del Trattato CE nonché dall’art. III-221 del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

[159]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[160]  Il co. 2 dell’art. 1 precisa che per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[161]  Ci si limita in questa sede a ricordare che l’art. 55 definisce criteri generali relativi ai doveri ed alle responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, nonché al procedimento disciplinare. Tale articolo tra l’altro fa salva la disciplina vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, e precisa che, ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'art. 54 del D.Lgs. 165/2001, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.

[162]  Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al co. 3.

[163]  Entro il 30 giugno di ogni anno viene comunicato innanzitutto l’elenco degli incarichi conferiti, accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.

[164]  Sempre entro il 30 giugno di ciascun anno.

[165]  Le amministrazioni che omettono gli adempimenti predetti non possono conferire nuovi incarichi fino a quando non adempiono.

[166]  Anche in relazione alle previsioni del comma 11 è intervenuta la Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 5 dell’11 febbraio 2005, la quale ha tra l’altro precisato che, ai fini della determinazione del limite della spesa, l’espressione “spesa sostenuta nell’anno 2004” va intesa nel senso di assumere come termine di riferimento la spesa impegnata nell’anno 2004. Inoltre, è stato precisato che gli incarichi di consulenza oggetto della disposizione sono quelli affidati mediante la stipula di convenzioni o di contratti di collaborazione coordinata e coordinativa. Si tratta, in particolare, delle fattispecie riconducibili agli articoli 2222 (contratto d’opera) e 2229 (esercizio delle professioni intellettuali) del codice civile, in cui si presentano condizioni di elevata professionalità e particolare autonomia nello svolgimento delle prestazioni. La Circolare, infine, per garantire una puntuale applicazione della norma, invita le amministrazioni a gestire le risorse relative alle spese interessate mediante specifici piani gestionali, da istituire con riferimento ai pertinenti capitoli di spesa.

[167]  Come individuate dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001 (v. supra).

[168]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[169]  L. 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo, della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici.

[170]  L’Ufficio sostituisce il preesistente Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure, istituito nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri dall’art. 3 della L. 50/1999.

[171]  Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione pubblica, Decreto 5 novembre 2004, Organizzazione e funzionamento del Dipartimento della funzione pubblica nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento ha sostituito il precedente decreto 30 dicembre 2002.

[172]  D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (c.d. “decreto-legge sulla competitività”), convertito, con modificazioni, in legge 14 maggio 2005, n. 80.

[173]  D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[174]  L’ultima direttiva adottata in attuazione di tale disposizione risale al 27 dicembre 2004. Per quanto riguarda i servizi erogati direttamente o indirettamente dalle regioni e dagli enti locali, la disposizione richiamata stabilisce che si provvede con atti di indirizzo e coordinamento adottati d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali.

[175]  È ammesso il ricorso a un soggetto privato, da scegliersi con gara europea di assistenza tecnica, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti. Sono in ogni caso fatte salve le funzioni e i compiti legislativamente assegnati, per alcuni servizi pubblici, ad autorità indipendenti.

[176]  Pubblicata in G.U. 5 aprile 2004, n. 80.

[177]  Derivante dall’art. 18 del D.Lgs. 29/1993, come sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. 470/1993.

[178]  La denominazione “Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione” (AIPA) è da intendersi sostituita da quella di “Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione” (CNIPA) ai sensi di quanto disposto dall’art. 176, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

[179]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[180]  D.L. 28 maggio 2004, n. 136, Disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, in legge 27 luglio 2004, n. 186.

[181]  I co. 67 ss. dell’art. 17 della L. 127/1997 (c.d. “Bassanini 2”), in seguito confluiti negli artt. 97-106 del Testo unico sugli enti locali, hanno riformato il ruolo dei segretari comunali e provinciali. Essi non sono più – come in precedenza – funzionari statali facenti capo al Ministero dell’interno, ma dipendenti di un’apposita Agenzia autonoma posta sotto la vigilanza del ministro dell’interno, ed iscritti ad un albo nazionale, articolato in sezioni regionali e suddiviso per fasce professionali, al quale attingono le amministrazioni locali. Il segretario comunale o provinciale dipende funzionalmente dal capo dell’amministrazione locale. Il suo rapporto di lavoro è disciplinato in base alla contrattazione collettiva, secondo la disciplina generale prevista dal D.Lgs. 165/2001 per i dipendenti di pubbliche amministrazioni.

[182]  Nonché i commi 46, 48 e 49 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), che hanno tra l’altro modificato l’art. 101 del D.Lgs. 267/2000 riducendo il periodo massimo di disponibilità da quattro a due anni.

[183]  La rifusione implica l’adozione, in occasione di nuove modifiche apportate ad un atto di base, di un atto giuridico nuovo che, integrando queste modifiche, abroga l’atto di base. Contrariamente alla codificazione, la rifusione presuppone modifiche di carattere sostanziale. Al tempo stesso consente di avere una visione di insieme in ordine ad un determinato settore legislativo. La codificazione costitutiva od ufficiale consiste nell’adottare un atto giuridico nuovo che integri ed abroghi gli atti oggetto della codificazione (atti di base + atti che li modificano), senza cambiarne la sostanza. La codificazione può essere: verticale (il nuovo atto giuridico integra in un solo atto quello di base e gli atti che lo modificano) o orizzontale (il nuovo atto giuridico integra in un solo atto più atti di base paralleli – e relative modifiche – che vertono sulla stessa materia). La consolidazione consiste nella semplificazione puramente declaratoria ed ufficiosa di atti normativi. L’integrazione delle varie modifiche nell’atto di base non implica l’adozione di un atto nuovo. Si tratta semplicemente di un’operazione di chiarimento condotta dalla Commissione. Il testo che ne risulta non produce effetti giuridici, ma può essere pubblicato, ove nel case, nella Gazzetta ufficiale (serie C), senza l’indicazione di “visti” o di “consideranda”.

[184]  D.Lgs. 6 settembre 1989 n. 322, Norme sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione dell'Istituto nazionale di statistica, ai sensi dell'art. 24 della L. 23 agosto 1988, n. 400.

[185]  Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.

[186]  Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 c.p.c. (rispettivamente, tentativo obbligatorio di conciliazione e processo verbale di conciliazione) il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

[187]  Ai sensi del D.Lgs. n. 1/1999, alle successive sottoscrizioni di capitale sociale della società possono partecipare anche le regioni, gli enti locali e funzionali, le loro associazioni o enti associativi, per un importo complessivamente non superiore ad 1/4 della sua entità.

[188]  Per quanto riguarda ENISUD, si ricorda che inizialmente, la direttiva del 26 gennaio 1999 prevedeva la eventuale acquisizione della società da parte di Sviluppo Italia, successivamente peraltro alla valutazione della convenienza economica. Non è stato dato, tuttavia, ulteriore seguito all’acquisizione di ENISUD.

[189]  La delibera stabilisce, al punto 9, che Sviluppo Italia presenti, entro il giorno 30 di giugno di ogni anno, al Ministero delle politiche agricole e forestali, per il successivo inoltro al CIPE, una relazione sullo stato di attuazione dei progetti approvati e la programmazione delle attività per l’anno in corso.

[190]  In merito, la legge 19 dicembre 1983, n. 700 aveva previsto la costituzione della società finanziaria pubblica "Risanamento agro industriale zuccheri - RIBS S.p.A.", avente per oggetto l'intervento nel settore bieticolo-saccarifero esplicabile mediante la promozione di nuove società, l'acquisizione di partecipazioni azionarie in società esistenti e la concessione di finanziamenti agevolati a società a partecipazione RIBS.

Successivamente il decreto legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla legge n. 236/93, ha previsto l'estensione dell'intervento della RIBS S.p.A. ad altri settori della produzione agricola., e l’art. 23 della legge 662/1996 ha attribuito alla medesima di predisporre ed approvare programmi e specifici progetti diretti al miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli e zootecnici.

Infine il decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, “Riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società Sviluppo Italia, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59” ha previsto, tra l’altro, l’incorporazione della RIBS in Sviluppo Italia.

[191]  L'ISMEA (Istituto di servizi per il mercato agricolo-alimentare) è un ente pubblico economico istituito nel maggio del 1987. Con il provvedimento di riordino degli enti pubblici nazionali (il D.Lgs. n. 419/1999) all’ISMEA è stata accorpata l’ex Cassa per la formazione della proprietà contadina, mentre con il successivo D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200 è stato approvato il regolamento di riordino dell’ente ed il nuovo statuto.

L’Istituto, ai sensi del DPR n. 200/2001:

-        realizza studi e ricerche e svolge attività di informazione sui mercati agro-alimentari;

-        realizza programmi di valorizzazione commerciale e di promozione dei prodotti agricoli, ittici e alimentari;

-        esercita le funzioni e i compiti di organismo fondiario nazionale nel rispetto della programmazione regionale;

-        costituisce forme di garanzia creditizia e finanziaria al servizio delle imprese agricole e favorisce il ricambio generazionale in agricoltura.

[192]  Gli interventi, c. d. ex RIBS, riguardano il miglioramento strutturale del reddito dei produttori agricoli, con priorità per le iniziative che: contribuiscano al miglioramento economico delle singole filiere agro-industriali, anche promuovendo processi di aggregazione e di integrazione dei diversi livelli di dette filiere; abbiano come obiettivi lo sviluppo o il mantenimento dei livelli occupazionali diretti ed indotti; prevedano la creazione ed il rafforzamento di piccole e medie imprese; siano localizzate nelle aree depresse del Paese e in particolare in quelle dell’Obiettivo 1; prevedano significative innovazioni di processo o di prodotto; presentino una significativa partecipazione di operatori agricoli al capitale; richiedano una minore intensità di agevolazione; prevedano un cofinanziamento regionale, nazionale e/o comunitario; presentino i requisiti di maggiore sostenibilità ambientale; utilizzino energie rinnovabili o da autoproduzione e introducano o implementino cicli integrati delle risorse idriche; presentino la possibilità di promuovere la quotazione in borsa dell’impresa partecipata.

      Sempre secondo la citata delibera, nei c. d. interventi ex-Ribs, Sviluppo Italia opera, in base a specifici progetti d’investimento, nelle due forme, fra loro non cumulabili, degli interventi agevolati e degli interventi a condizioni di mercato.

[193]  Il fondo citato nell’art. 25 è quello istituito presso il Tesoro dall’articolo 27, co. 11 della legge finanziaria 2000 (L. n. 488/99) come fondo unico nel quale sono confluiti i diversi interventi agevolativi dell’attività imprenditoriale giovanile.

[194]  “Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria”.

[195]  Per una definizione di metodo aperto di coordinamento si rinvia alla scheda relativa all’articolo 8, commi 1 e 2.

[196]  Nel settembre 2002 sono state presentate le prime relazioni strategiche nazionali, sulla cui base la Commissione e il Consiglio hanno presentato, nel marzo 2003, la prima relazione congiunta in materia di pensioni adeguate e sostenibili.

[197]  La disposizione precisa che gli interventi di recupero ambientale e di tutela di beni culturali finanziati ai sensi del comma 28, non derogano a quanto previsto dai commi 26 e 27 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005, che definiscono i limiti entro i quali gli enti locali possono effettuare spese di investimento eccedenti i limiti di spesa di conto capitale stabiliti dal patto di stabilità interno per il 2005.

[198]  In particolare, l’articolo 6-quinquies del D.L. n. 163/2005 autorizzava la spesa di 100 milioni per l'anno 2004 e di 122 milioni per l'anno 2005 per la concessione di ulteriori contributi statali al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 1, comma 28, della legge n. 311 del 2004.

[199]  La disposizione citata prevede che gli impegni sui capitoli del bilancio dello Stato, relativi a erogazioni a favore di soggetti ed enti pubblici o privati, siano assunti con cadenza trimestrale per quote di pari importo. Per effettive, motivate e documentate esigenze, il Ministro dell’economia, su proposta dei Ministri interessati, può autorizzare l'assunzione di impegni per importi superiori al predetto limite trimestrale.

[200]  Le risorse autorizzate per l’anno 2005 sono state così ripartite tra i diversi interventi: 111,9 milioni di euro per il finanziamento di interventi di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, 32,5 milioni per gli interventi di tutela dei beni culturali, 37,6 milioni per gli interventi di promozione dello sviluppo economico e 19,5 milioni per gli interventi di promozione dello sviluppo e coesione sociali.

[201]  L’elenco degli accantonamenti slittati, ai sensi dell’articolo 11-bis, comma 5, della legge n. 468/1978, da utilizzare nell’esercizio 2005 per fronteggiare gli oneri non perfezionati in legge entro il 31 dicembre 2004 è contenuto nell’Allegato n. 4 al conto consuntivo del Ministero dell’economia e delle finanze per l’esercizio finanziario 2004 (A.S. 3524, Parte I, Vol. IV, pag. 209-216).

[202]  Con la medesima sentenza è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’articolo 54 della legge n. 448/2001, istitutivo del Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche degli enti locali.

La Corte ha rilevato che i fondi istituiti ai sensi degli articoli 54 e 55 della legge n. 448/2001 non rispondono ai requisiti di costituzionalità così individuati.

Da un lato, infatti, la progettazione delle opere pubbliche di regioni ed enti locali e la realizzazione di opere pubbliche di interesse locale “indispensabili per la valorizzazione delle risorse produttive e delle realtà sociali interessate” rappresentano finalità estranee a materie o compiti di competenza esclusiva dello Stato, mentre sono riconducibili a materie e ambiti di competenza concorrente o residuale delle regioni. Le norme impugnate, peraltro, non prevedono alcun ruolo per queste ultime.

Dall’altro i fondi in questione non si configurano come appartenenti alla sfera degli interventi speciali di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost., perché non perseguono alcuna specifica finalità diversa dal normale esercizio delle funzioni degli enti interessati, e perché sono disposti in favore della generalità degli enti.

La previsione di fondi ausiliari per il sostegno e la realizzazione delle opere in questione non può, inoltre, essere ricondotta a fini di perequazione delle risorse finanziarie che l’articolo 117 Cost. riserva alla competenza esclusiva dello Stato, “dal momento che i Fondi istituiti sono completamente estranei rispetto all'ottica della perequazione”.

Più in generale la Corte costituzionale osserva che nel trasferimento di risorse dal bilancio statale ai comuni deve essere rispettato il nuovo riparto di competenze, attraverso la previsione di trasferimenti senza vincoli di destinazione specifica e attraverso il coinvolgimento delle regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione dei fondi, nel rispetto dell’autonomia di spesa degli enti locali

[203]  Si veda, in proposito, il dossier “Lo stato dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013”, Documentazione sulle politiche comunitarie n. 42 del 26 ottobre 2005, a cura dell’ dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[204]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 191/2004

[205]  Per gli anni successivi al 2005, il comma 5 demanda l’individuazione delle amministrazioni pubbliche ad un provvedimento dell’ISTAT, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno. Il provvedimento dell’ISTAT, recante l’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), da considerarsi valido per l’anno 2006, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 175 del 29 luglio 2005.

[206]  In base alle informazioni contenute nella relazione tecnica al disegno di legge finanziaria per il 2006, con riferimento al citato comma 35 (corrispondente all’articolo 11 del testo originario), si evidenzia che:

-        il risparmio conseguito dall’accantonamento imposto agli enti ed organismi pubblici per effetto del D.M. 29 settembre 2002 è pari a 281 milioni di euro, di cui 153 derivanti dalle economie degli enti previdenziali pubblici;

-        le somme accantonate dagli enti previdenziali pubblici, in ottemperanza alle disposizioni di cui all’art. 1, comma 8, del D.L. n. 168/2002, sono quantificate in 134,5 milioni di euro.

Complessivamente, pertanto, l’articolo 1, comma 35, del ddl finanziaria 2006 (A.S. 3613) comporta il versamento all’entrata del bilancio dello Stato per il 2006 di somme complessivamente pari a 410 milioni di euro.

[207]  I dati sono stati forniti nel corso dell’audizione svolta in data 10 novembre 2005 davanti al Comitato permanente per il monitoraggio degli interventi di contenimento della spesa pubblica, istituito presso la Commissione bilancio della Camera.

[208]  Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della legge 17 maggio 1999, n. 144.

[209]  Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali.

[210]  Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[211]  Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 1995-1997).

[212]  L’articolo 67 del TUIR (nel testo precedente alle modificazioni apportate dal D.Lgs. n. 344 del 2003), al comma 4, consentiva di recuperare gli ammortamenti non dedotti fino ad un massimo del 50% della quota ordinaria annua. La disposizione è abrogata dal 1° gennaio 2004, non essendo stata riprodotta nell’articolo 102 del medesimo testo unico, nel quale è ora disciplinata la materia.

      L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 51/E del 22 aprile 2005, ha ritenuto che “la mancata riproposizione nel corpo dell'art. 102 del TUIR di una disposizione del tenore di quella appena richiamata non possa essere interpretata quale volontà del legislatore di escludere – in tema di calcolo degli ammortamenti – la possibilità di applicare coefficienti inferiori rispetto a quelli stabiliti dal D. M. 31 dicembre 1988. Nel sistema conseguente all'entrata in vigore dell'IRES è stato, in effetti, riproposto unicamente il limite massimo relativo alle quote di ammortamento ammesse in deduzione. Ne consegue che, a far data dal 1° gennaio 2004, la deducibilità fiscale delle quote d'ammortamento continua ad essere consentita al massimo entro il limite stabilito per ciascuna categoria di beni dal predetto decreto, mentre non è più previsto alcun ammontare minimo di iscrizione delle quote medesime. La durata del processo d'ammortamento dovrà, dunque, essere almeno pari al periodo minimo stabilito in via normativa, restando affidata alla discrezionalità del contribuente la scelta della durata massima del piano d'ammortamento”.

      Con la successiva risoluzione n. 78/E del 17 giugno 2005, la stessa Agenzia ha tuttavia precisato che “non può ammettersi in via generalizzata la possibilità di calcolare discrezionalmente gli ammortamenti fiscali, in misura diversa dagli ammortamenti civilistici e, quindi, in modo avulso dalle indicazioni di bilancio, stante il principio di derivazione del reddito imponibile dal risultato del conto economico enunciato all'art. 83 del TUIR. Gli effetti concreti di tale principio si riverberano non tanto sul trattamento delle variazioni in aumento effettuate in un determinato esercizio a fronte di ammortamenti fiscali inferiori a quelli civilistici (è su tale aspetto che incidentalmente si sofferma la risoluzione n. 51/E), quanto sulle conseguenze che ne derivano negli esercizi successivi, dovendosi in ogni caso escludere la possibilità di dedurre dal reddito dei futuri esercizi il minore ammontare (rispetto a quello civilistico) degli ammortamenti non dedotti in precedenza, attraverso variazioni in diminuzione che non troverebbero legittimità nel sistema delle norme sul reddito di impresa”.

[213]  Per la nozione di ammortamento finanziario si richiama la risoluzione n. 69/E dell’Agenzia delle entrate, del 10 maggio 2004, “per la società di leasing, (...) il processo di ammortamento segue criteri indipendenti dalla materialità e deperibilità dei beni concessi in locazione finanziaria, risultando collegato, piuttosto, all'esborso finanziario sopportato e al credito vantato nei confronti dell'utilizzatore (quantificato nei canoni che quest'ultimo deve corrispondere, in forza del contratto stipulato, per ottenere il bene in godimento)”.

[214]  In generale, l’impresa utilizzatrice iscrive, in calce allo stato patrimoniale, tra i conti d’ordine (che evidenziano i beni di proprietà di terzi) l’impegno relativo agli importi ancora da corrispondere alla società di leasing.

[215]  Sul piano giuridico, infatti, il locatario non acquisisce la proprietà del bene fino al momento del riscatto.

[216]  Ai sensi dell’articolo 30, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997, istitutivo dell’IRAP, gli acconti IRAP sono dovuti secondo le modalità e i termini previsti per gli acconti dovuti per le imposte dirette. La misura dell’acconto dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche è stata fissata, ai sensi dell’articolo 4, comma 4 della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001) nella misura del 99% a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre 2003.

[217]  L. Gaiani, Energia, un 2005 ad alto costo, “Il Sole-24 ore”, 18 ottobre 2005, p. 23.

[218]  L’iter della proposta si è concluso il 28 settembre 2005 con l’adozione del regolamento (CE) n. 1775/2005 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale.

[219]  Gli orientamenti comunitari nel settore delle reti transeuropee dell’energia sono stati individuati con la decisione n. 1229/2003/CE. Gli aspetti relativi al finanziamento sono invece disciplinati dal regolamento (CE) n. 807/2004 di modifica del regolamento (CE) n. 2236/95 che stabilisce i principi per la concessione di un contributo finanziario comunitario nel settore delle reti TEN.

[220]  L’allegato A al citato D.L. n. 282 del 2002 contiene un elenco di beni dello Stato siti a Milano, Roma e Napoli, mentre l’allegato B si riferisce a beni precedentemente di proprietà dell’Ente tabacchi italiani (ETI), siti in diversi comuni italiani.

[221]  In applicazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M. 11 agosto 1997 (G.U. 7 ottobre 1997, n. 234), contenente un elenco di 302 beni immobili potenzialmente dismissibili.

      Successivamente sono stati emanati il D.P.C.M. 21 gennaio 2002 (G.U. 2 aprile 2002, n. 77), il D.P.C.M. 20 ottobre 2003 (G.U. 28 novembre 2003, n. 277) e il D.P.C.M. 27 febbraio 2004 (G.U. 26 luglio 2004, n. 173) che hanno espunto alcuni immobili dall’elenco dei beni già individuati.

[222]  Il citato D.L. n. 351 del 2001 disciplina la cessione degli immobili pubblici mediante cartolarizzazione o, in alternativa, il loro conferimento a fondi comuni di investimento immobiliare.

[223]  I citati commi da 6 a 8 dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 disciplinano la sottoposizione degli immobili da dismettere alla verifica dell’interesse culturale.

[224]  I commi da 436 a 438 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 contemplano una procedura più snella per la cessione di immobili di valore limitato.

[225]  Con riferimento alle disposizioni di tutela dei beni culturali si veda però quanto disposto dal primo periodo del comma 2 in esame relativamente all’applicazione dell’articolo 27 del D.L. n. 269 del 2003 e dal terzo periodo dello stesso comma 2 relativamente all’applicazione degli articoli 12 e 54-57 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio.

      Si ricorda inoltre che il D.Lgs. n. 490 del 1999 è stato abrogato dall'articolo 184, del citato D.Lgs. n. 42 del 2004, che ha provveduto alla codificazione della materia.

[226]  La garanzia per vizi e per evizione è a carico dello Stato, ovvero dell'ente pubblico proprietario del bene prima del trasferimento a favore delle società di cartolarizzazione.

[227]  Il secondo comma dell’articolo 40 della legge n. 47 del 1985 prevede che sono nulli e non possono essere rogati gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, le cui opere di costruzione siano iniziate a decorrere dal 1° settembre 1967, se da tali atti non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione a edificare o della concessione in sanatoria ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima.

[228]  D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352.

[229]  D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[230]  Il D.M. 6 febbraio 2004 (Verifica dell’interesse culturale dei beni immobili di utilità pubblica) ha poi stabilito i criteri e le modalità per la predisposizione e la trasmissione degli elenchi e delle schede descrittive dei beni oggetto di verifica relativi alla sussistenza dell’interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico, per i quali è stata predisposta una scheda descrittiva contenente tutti i dati atti a compiere la verifica di cui all’articolo 27 citato.

[231]  Così il sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali, on. Bono, in risposta ad una interrogazione dell’On. Chiaromonte (n. 5-02938) in data 4 marzo 2004, presso la VII Commissione della Camera.

[232]  Tali criteri sono stati definiti con D.M. 28 febbraio 2005, il quale, disciplinando la materia a regime, ha modificato il precedente D.M. 6 febbraio 2004, eliminando la procedura del silenzio-assenso da quest’ultimo prevista: qualora, infatti, la pronuncia del Ministero non intervenga entro 120 giorni, si dispone che i richiedenti possano rivolgersi al TAR perché ingiunga all'amministrazione di provvedere e, in mancanza, nomini un commissario ad acta che si sostituisca ad essa ed assuma la richiesta determinazione.

[233]  Si ricorda che, ai sensi dell’art. 822 c.c., fanno parte del demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche. Caratteristiche tipiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità (art. 823 c.c.) e l’imprescrittibilità o inusucapibilità. La demanialità è stabilita in base a disposizioni di legge. Peraltro, è rimesso ad atti amministrativi l’accertamento della corrispondenza dei singoli beni alle caratteristiche fisiche del genere investito della demanialità. Tali atti hanno carattere meramente dichiarativo e non costitutivo e consistono generalmente nell’iscrizione dei beni negli appositi elenchi formati dall’amministrazione e approvati con decreti presidenziali o ministeriali pubblicati nella Gazzetta ufficiale. La cessazione della demanialità di un bene può essere determinata, oltre che da fatto naturale, da un atto volontario dell’amministrazione la quale deliberi di sottrarre il bene al servizio cui l’aveva destinato in precedenza (art. 829, primo comma, c.c.). Il passaggio dei beni dal demanio al patrimonio dello Stato (c.d. sdemanializzazione) deve essere dichiarato dall’autorità amministrativa con atto di cui deve darsi annunzio nella Gazzetta ufficiale.

[234]  Il comma 13-ter è stato introdotto dall’articolo 1, comma 443, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria per il 2005), e successivamente novellato, con l’aggiunta dell’ultimo periodo, dall’articolo 3, comma 2, del D.L. 17 giugno 2005, n. 106, come convertito dalla legge 31 luglio 2005, n. 156.

[235]  Le unità immobiliari non di pregio sono offerte in opzione ai conduttori al prezzo di mercato diminuito del 30 per cento. I conduttori possono godere di un’ulteriore riduzione del prezzo se acquistano a mezzo di mandato collettivo. Inoltre, ai sensi dell’articolo 1 del D.L. 23 febbraio 2004, n. 41, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2004, n. 104, il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale non di pregio, per le quali i conduttori abbiano manifestato la volontà di acquisto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento tra il 26 settembre e il 31 ottobre 2001, è determinato in base ai valori di mercato del mese di ottobre 2001. Si vedano anche, con riferimento alla disposizione del presente comma, le dichiarazioni rese dal sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze presso la Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati nella seduta del 10 novembre 2005 (Bollettino, pagg. 130-131).

[236]  Si ricorda che il contenuto del decreto legge 17 ottobre 2005, n. 211 recante Misure urgenti per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica e disposizioni in materia aeroportuale - atTualmente all’esame delle Commissioni riunite V e IX della Camera (AC 6139) – è stato integralmente trasferito nell’emendamento 1.100 del Governo presentato al Senato in sede di conversione del decreto legge in esame (circa l’integrale trasferimento, si vedano le dichiarazioni del Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento nella seduta dell’8 novembre 2005 delle Commissioni riunite della Camera ).

[237]  D.L. 4 marzo 1989 n. 77 recante Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 5 maggio 1989, n. 160

[238]  Ai sensi dell’articolo 7, comma 3, della legge 21 dicembre 1996 n. 665 recante Trasformazione in ente di diritto pubblico economico dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale, le tasse istituite con decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77 costituiscono tariffe a decorrere dal 1° gennaio 1996.

[239]  Legge 20 dicembre1995, n. 575 recante Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione internazionale di cooperazione per la sicurezza della navigazione aerea (Eurocontrol) firmata a Bruxelles il 13 dicembre 1960, e atti internazionali successivi

[240]  Il 12 febbraio 1981 è stato firmato a Bruxelles l’accordo multilaterale sulle tasse di rotta, entrato in vigore in Italia il 1° aprile 1996, con la quale gli Stati hanno convenuto di adottare una comune politica in merito alla riscossione delle tasse per la utilizzazione degli impianti e per i servizi di navigazione aerea in rotta e di creare un sistema comune per l’istituzione e la riscossione delle tasse di rotta, utilizzando a questo scopo i servizi dell’Eurocontrol (Organizzazione Europea per la sicurezza della Navigazione Aerea)

L’articolo 3 dell’accordo prevede che la Commissione Permanente di Eurocontrol (ampliata con i rappresentanti degli stati contraenti che non fanno parte dell’organizzazione) istituisca il comune sistema di tasse di rotta in modo che: (a) le tasse siano stabilite secondo una comune formula che tenga conto dei costi sostenuti dagli Stati Contraenti per gli impianti e i servizi di assistenza alla navigazione aerea in rotta e per il funzionamento del sistema come pure dei costi sostenuti dall’Eurocontrol per il funzionamento del sistema; (b) le tasse siano riscosse dall’Eurocontrol come una tassa unica per ciascun volo. Il paragrafo 2 prevede che a tale fine, la Commissione allargata debba: (a) stabilire i principi necessari per l’accertamento dei costi di cui al paragrafo 1 (a); (b) determinare la formula da applicarsi nel calcolo delle tasse di rotta; (c) approvare, per ciascun periodo di tassazione, l’aliquota secondo la quale dovranno essere recuperati i costi di cui al paragrafo 1 (a); (d) fissare l’unità di conto nella quale le tasse di rotta sono espresse; (e) stabilire le condizioni di applicazione del sistema, comprese le condizioni di pagamento come pure i tassi unitari e le tariffe ed il loro periodo di applicazione; (f) determinare i principi che regolano l’esenzione dalle tasse di rotta; (g) approvare i rapporti del Comitato allargato; (h) adottare il regolamento finanziario da applicare al sistema delle tasse di rotta; (i) approvare gli accordi tra l’Eurocontrol ed ogni Stato che voglia avvalersi degli strumenti oppure dell’assistenza tecnica dell’Eurocontrol in materia di tasse di navigazione aerea non comprese nel presente Accordo; (j) approvare l’allegato al bilancio proposto dal Comitato allargato.

L’articolo 6 disciplina le modalità con le quali la Commissione allargata deve prendere le decisioni, se con voto unanime o a maggioranza di due terzi dei componenti

[241]  Legge 11 luglio 1977 n. 411, recante Istituzione di una tassa per l'utilizzazione delle installazioni e del servizio di assistenza alla navigazione aerea in rotta.

[242]  Gli orientamenti in questione, come altri analoghi strumenti adottati dalla Commissione in materia di aiuti di Stato, sono di per sé privi di effetti giuridicamente vincolanti e non rientrano fra gli atti giuridici tipici previsti dal Trattato CE (regolamenti, direttive, decisioni). Gli orientamenti definiscono, tuttavia, i parametri ed i criteri cui la Commissione intende attenersi nel valutare gli aiuti di Stato nel settore nell’esercizio dei suoi poteri di indagine e decisione previsti dagli articoli 87 e 88 del Trattato, nonché dal regolamento (CE) n. 659/1999 relativo all’applicazione dell’articolo 93 del Trattato. Alla violazione di tali parametri e criteri da parte degli Stati membri nell’erogazione di aiuti alle imprese può conseguire, pertanto, l’avvio di procedimenti di esame delle misure in questione e l’eventuale decisione negativa sulla loro compatibilità con il Trattato CE.

[243]  Ai sensi dell’articolo 86, paragrafo 2, le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del Trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento della missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità.

[244]  L’articolo 87, paragrafo 3, individua una serie di aiuti che possono essere considerati compatibili con il mercato comune e in particolare: gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni dove il tenore di vita è anormalmente basso o affette da gravi forme di disoccupazione (lettera a), gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di interesse europeo o a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro (lettera b) e gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di determinate attività o di alcune regioni economiche a condizione che essi non alterino gli scambi in misura contraria al comune interesse (lettera c).

[245]  Ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 1, la Commissione procede con gli Stati membri ad un esame permanente dei regimi di aiuti esistenti in questi Stati e propone loro le opportune misure richieste dal graduale sviluppo o dal funzionamento del mercato comune.

[246]  “Orientamenti della Commissione relativi all’applicazione degli articoli 92 e 93 del Trattato CE e dell’articolo 61 dell’accordo SEE agli aiuti di Stato nel settore dell’aviazione”, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, n. 350, del 10 dicembre 1994.

[247]  Gli orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale, pubblicati nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, n. 74 del 10 marzo 1998, al punto 4.15, definiscono gli “aiuti al funzionamento” come gli aiuti destinati a ridurre le spese correnti dell’impresa a differenza degli “aiuti all’investimento iniziale” che sono quelli destinati alla creazione di una nuova impresa, all’ampliamento di quella esistente o all’avvio di una attività che richiede un cambiamento sostanziale nel prodotto o nel processo produttivo di un’impresa esistente.

      Il 15 luglio 2005 la Commissione ha proposto una revisione dei suddetti orientamenti per il periodo 2007-2013. La Commissione intende adottare i nuovi orientamenti entro la fine del 2005.

[248]  Ai fini dei presenti orientamenti la Commissione individua quattro categorie di aeroporti, sulla base della classificazione fatta dalla decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo delle reti transeuropee di trasporto e sul parere del Comitato delle regioni sulle capacità aeroportuali regionali del 2 luglio 2002. Le quattro categorie sono: i “grandi aeroporti comunitari” (categoria A) con più di 10 milioni di passeggeri all’anno; gli “aeroporti nazionali” (categoria B) con un volume di passeggeri annuo compreso tra i 5 e i 10 milioni; i “grandi aeroporti regionali” (categoria C) con un volume annuo di passeggeri compreso fra 1 e 5 milioni; i “piccoli aeroporti regionali” (categoria D) con un volume di passeggeri inferiore ad 1 milione all’anno.

[249]  Relativamente a questo punto, secondo la Commissione, utili indicazioni potrebbero dalla decisione della Commissione del 15 luglio 2005 riguardante l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 86 del Trattato CE, relativo alle regole di concorrenza per le imprese pubbliche o aventi diritti speciali ed esclusivi, agli aiuti di Stato sotto forma di compensazioni di servizio pubblico concesse ad alcune imprese incaricate della gestione dei servizi di interesse economico generale. La Commissione precisa tuttavia che queste disposizioni non si applicano ai trasporti.

[250]  Cfr. Bollettino Consultazioni n. 23 “Capacità, efficienza e sicurezza degli aeroporti” del 12 ottobre 2005 a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[251]  L’Agenzia europea per la sicurezza aerea, che è stata istituita dal regolamento (CE) n. 1592/2002, ha sede a Colonia ed è stata inaugurata il 13 dicembre 2004.

[252]  Sul punto, si veda supra.

[253]  Legge 21 dicembre 1996, n. 665 recante Trasformazione in ente di diritto pubblico economico dell'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale

[254]Sul punto, si veda supra.

[255]Decreto-legge 27 dicembre 2001, n. 450, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 14

[256]La garanzia dello Stato a favore delle imprese di trasporto aereo nazionali e dei gestori aeroportuali, in ragione anche della particolare e contingente condizione del mercato in ordine ai costi di assicurazione dei rischi derivanti da atti di guerra o terroristici, è stata introdotta dal precedente D.L. n. 354 del 2001 nel quadro di decisioni assunte dai competenti organi dell’Unione europea a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001.

La garanzia assicurativa è stata successivamente prorogata dai decreti –legge 450/2001, 45/2202, 195/2002 e dal DM 28 giugno 2002, sulla base di atti di indirizzo comunitari.

L’ulteriore proroga di cui al DL 244/2002 (al 31 dicembre 2002) è stata invece disposta in assenza di ulteriori atti di indirizzo comunitari in materia. Al fine di evitare di incorrere nella violazione della disciplina sugli aiuti di Stato, il decreto 244, oltre a rendere la garanzia statale facoltativa, ha disposto un sensibile aumento dei premi che debbono essere corrisposti dalle imprese per essere ammesse alla garanzia statale (rispetto a quelli previsti fino al 31 ottobre 2002 ai sensi dell’art. 1, comma 1-ter, del D.L. 45/2002), in modo da renderli più vicini alle eventuali offerte di mercato.

Con riferimento al DL 450/2001 richiamato dalla disposizione in esame, si fa presente che la proroga del termine ivi prevista (31 marzo 2002) avveniva sulla base delle decisioni del Consiglio informale dei Ministri finanziari dell’Unione europea (ECOFIN) del 4 dicembre 2001, nel quale si stabiliva che qualsiasi intervento governativo in materia di assicurazione delle compagnie aeree dovesse concludersi entro e non oltre la fine del mese di marzo 2002. Il Consiglio stabiliva inoltre che qualsiasi intervento fino a quella data comportasse premi assicurativi stabiliti in funzione del mercato. Infine si demandava alla Commissione il compito di continuare a seguire gli interventi degli Stati membri in materia.

Nella successiva riunione del Consiglio dei Ministri dei trasporti europei (6-7 dicembre 2001), riguardo al profilo delle assicurazioni, la Presidenza prendeva atto che gli Stati membri avevano consentito a chi non fosse in grado di tornare ad una situazione di normale funzionamento del mercato di mantenere l’attuale regime fino a marzo.

[257]Sul punto, si vedasupra.

[258]L’articolo 2 della legge 5 maggio 1976, n. 324 Nuove norme in materia di diritti per l'uso degli aeroporti aperti al traffico aereo civile prevede che il movimento degli aeromobili privati e delle persone negli aeroporti nazionali aperti al traffico aereo civile è assoggettato al pagamento dei seguenti diritti: a) diritto di approdo, di partenza e di sosta o ricovero per gli aeromobili; b) diritto di imbarco per passeggeri

[259]D.L. 18 gennaio 1992 n. 9, recante Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 febbraio 1992, n. 217

[260]Il D.M. 14 dicembre 2000 ha disposto che il contributo di cui al DM 5 luglio 1999, nella misura in esso stabilita, restasse in vigore fino alla definizione della disciplina organica di cui all'art. 5 del DL 9/1992 e dall'art. 8 del decreto interministeriale n. 85/1999, ai sensi della delibera CIPE n. 86 del 2000, e comunque non oltre il 31 dicembre 2001.

Il termine citato è stato più volte prorogato (D.M. 21 dicembre 2001, D.M. 14 marzo 2003, DM. 23 dicembre 2004). Da ultimo, il DM 13 luglio 2005 ha disposto che - in attesa della completa attuazione della delibera CIPE 86/2000, con particolare riferimento alla presentazione da parte dei gestori della integrale contabilità analitica per centro di costo e di ricavo ed alla stipulazione del contratto di programma tra questi ultimi e l'ENAC, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto, continua ad applicarsi per il servizio di controllo di sicurezza sul passeggero e sul bagaglio a mano al seguito, il corrispettivo di € 1,81 (già determinato con decreto ministeriale 5 luglio 1999).

[261]  Anche per il controllo dei bagagli da stiva il DM ha previsto che la rideterminazione dei corrispettivi avvenisse - sulla base delle risultanze dell'esercizio sociale nonché della contabilità analitica e certificata presentata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed all'ENAC dal gestore aeroportuale, in conformità alla delibera CIPE n. 86/2000, ed ai parametri di qualità definiti dall'ENAC - con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare entro il 30 marzo 2004. Ai gestori è stato dato il termine del 20 gennaio 2004 per la presentazione della documentazione necessaria. Con successivi decreti ministeriale ( DM 31 marzo 2004, DM 23 dicembre 2004) il termine è stato prorogato; da ultimo, il DM 13 luglio 2005 ha disposto che - in attesa della completa attuazione della delibera CIPE 86/2000, con particolare riferimento alla presentazione da parte dei gestori della integrale contabilità analitica per centro di costo e di ricavo ed alla stipulazione del contratto di programma tra questi ultimi e l'ENAC, e comunque non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto - continua ad applicarsi per il servizio di controllo di sicurezza sui bagagli da stiva quanto previsto nel decreto ministeriale del 14 marzo 2003. Il decreto ha inoltre fissato il corrispettivo da darsi negli aeroporti di Perugia, Crotone, Cuneo, Trapani, Lampedusa e Pantelleria

[262]Legge 23 dicembre1996, n. 662 recante Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[263]Decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351

[264]  Sul punto, si veda supra.

[265]  D.L. 28 giugno 1995 n. 251 recante Disposizioni urgenti in materia di gestioni aeroportuali, di trasporti eccezionali e di veicoli adibiti a servizi di emergenza

[266]  Il WLU (Work Load Unit o unità di carico) corrisponde ad un passeggero o a 100 kg di merce o posta. Il WLUi è il WLU totale dell'aeroporto considerato; viene calcolato utilizzando i dati riportati nell'annuario statistico Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - ENAC con riferimento alla tavola denominata «Traffico commerciale complessivo - Servizi di linea e non di linea - Internazionale e nazionale», sulla base del numero dei passeggeri totali e delle tonnellate ivi riportato.

[267]  Sul punto, si veda supra.

[268]  Sul punto, si veda supra.

[269]  .Legge18 novembre1992, n. 9 recante Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia.

[270]  D.L. 18 gennaio 1992 n. 9, recante Disposizioni urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché per il potenziamento delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze di polizia, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 28 febbraio 1992, n. 217

[271]  Decreto legislativo 9 maggio 2005 n. 96 Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della L. 9 novembre 2004, n. 265.

[272]  Sul punto, si veda supra.

[273]  Si tratta di sevizi :

-        di assistenza amministrativa a terra e di supervisione;

-        di assistenza passeggeri in partenza, in arrivo, in transito o in coincidenza (in particolare il controllo dei biglietti, dei documenti di viaggio, la registrazione dei bagagli e il trasporto di questi ultimi fino ai sistemi di smistamento.)

-        di assistenza bagagli (trattamento dei bagagli nel locale di smistamento, lo smistamento degli stessi, la loro preparazione in vista della partenza, il loro caricamento e scaricamento rispettivamente su e dai sistemi trasportatori da e per l'aereo nonché il trasporto dei bagagli dal locale di smistamento alla sala di distribuzione)

-        di assistenza merci e posta (ossia movimentazione fisica delle merci, il trattamento dei relativi documenti, le formalità doganali e tutte le misure conservative convenute tra le parti o richieste dalle circostanze, trattamento fisico della corrispondenza, il trattamento dei relativi documenti e tutte le misure conservative convenute tra le parti o richieste dalle circostanze)

-        di assistenza operazioni in pista;

-        di assistenza pulizia e servizi di scalo;

-        di 'assistenza carburante e olio

-        di assistenza manutenzione dell'aereo

-        di assistenza operazioni aeree e gestione degli equipaggi comprende:

-        di assistenza trasporto a terra comprende

-        di assistenza ristorazione ("catering")

[274]Legge 30 dicembre 2004, n. 311 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[275]  Si ricorda che il regolamento approvato con D.M. 509/1999 (sostituito dal D.M. 22 ottobre 2004, n. 270) ha introdotto una nuova articolazione dei corsi universitari e dei relativi titoli ed ha limitato il rilascio di diplomi di specializzazione ai soli casi previsti da specifiche disposizioni legislative o direttive dell'Unione europea, in particolare nelle aree degli studi sanitari, della formazione degli insegnanti, della preparazione alle professioni legali.

[276]  Si segnala che il comma 428 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha ampliato il novero dei soggetti abilitati alla redazione e al giuramento delle perizie, aggiungendovi i periti in regola con l'iscrizione alle Camere di commercio, ai sensi del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011.

[277]  Il novero dei soggetti abilitati alla redazione e al giuramento delle perizie è stato ampliato dall’articolo 1, comma 428, della legge n. 311 del 2004 (si veda la nota precedente).

[278]  Si ricorda che il comma 428 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) ha successivamente prorogato, dal 30 settembre 2004 al 31 marzo 2005, il termine per la redazione e il giuramento della perizia di stima, a condizione che la relativa imposta sostitutiva sia stata versata entro il suddetto termine del 30 settembre 2004.

[279]  Per una rassegna completa della legislazione regionale in materia di caccia si rinvia al dossier del Servizio studi n. 105, “Revisione della legge sulla caccia” (Documentazione e ricerche), del 19 ottobre 2004.

[280]C. 6117, approvato dal senato.

[281]  Legge 23 settembre 1993, n. 379.

[282]  Cfr. decreto legislativo n. 1047 del 26 settembre 1947.

[283]  Cfr, l’art. 1 della legge e la tabella ad essa allegata.

[284]  Cfr. decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1967, n. 516 ed il D.Lgs. n. 460/1997.

[285]  Cfr. art. 1, comma 113 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[286]  Si tratta di tre organismi: l’A.N.V.C.G., l’Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti (ANED) e l’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti (ANPPIA).

[287]La legge finanziaria per il 2004 prevedeva in tabella C uno stanziamento di 122.000 euro, per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006, per i contributi alle associazioni combattentistiche.

[288]La legge finanziaria per il 2005 ha così determinato gli importi destinati alla medesima finalità: 114.000 euro per il 2005 e 111.000 euro per il 2006 e per il 2007.

[289]  Cfr. art. 1, comma 187, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[290]  Il decreto ministeriale di riparto, al visto della Corte dei conti, non risulta ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale.

[291]  Cfr. decreto del Presidente della Repubblica 19 maggio 1967, n. 516 ed il D.Lgs. n. 460/1997.

[292]  Per un esempio di prestito vitalizio riservato a soggetti di età superiore ai 70 anni può vedersi l’offerta consultabile sul sito Internet http://www.finanza-attiva.it/achi.htm.

[293]  Il comma 3 del citato articolo 17 della legge 400/88 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri ) autorizza l’adozione con decreto ministeriale di regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro prevedendo che, di volta in volta, sia la legge a conferire tale potere, così come apposita autorizzazione legislativa è richiesta per l'adozione di regolamenti con decreti interministeriali, nelle materie di competenza di più ministri. Ai sensi dell’art. 17 , per i regolamenti di competenza ministeriale e interministeriale , che non possano contenere norme contrarie a quelle dei regolamenti governativi, è richiesta la preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri ed inoltre il parere del Consiglio di Stato (comma 4).

[294]  Per una disamina del citato schema di decreto legislativo in materia di rendimento energetico nell’edilizia, si veda il dossier “Pareri al Governo” n. 433, predisposto dal Servizio Studi in occasione dell’esame del provvedimento.

[295]  L’adroterapia è una tecnica terapeutica innovativa che, per distruggere le cellule maligne lasciando indenni i tessuti sani, utilizza particelle dette adroni (fasci di protoni e ioni).

[296]Lo stanziamento per il 2002 era stato successivamente soppresso dalla legge n. 448/2001 (finanziaria per il 2002).

[297]  L’ISTAT ha predisposto una nuova classificazione delle attività economiche (ATECO 2002) da adottare nelle rilevazioni statistiche correnti. Le tipologie di imprese cui fa riferimento la norma richiamando detta classificazione sono le seguenti: commercio all'ingrosso e al dettaglio; riparazione di autoveicoli, motocicli e di beni personali e per la casa (lett. g); alberghi e ristoranti (lett. h); trasporti, magazzinaggio e comunicazioni (lett. I); intermediazione monetaria e finanziaria (escluse assicurazioni e fondi pensione) (lett. j) attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca, servizi alle imprese (lett. k); istruzione (lett. m); sanità e assistenza sociale (lett. n); altri servizi pubblici ed organismi extraterritoriali (lett. o).

[298]  Con il contratto di locazione della nave a scafo nudo il proprietario è esonerato dall’armamento ed equipaggiamento della nave. Tale contratto si differenzia dal contratto di noleggio con il quale il proprietario si obbliga ad armare ed equipaggiare la nave, a porre la stessa in stato di navigabilità per il compimento del viaggio ed a provvederla dei prescritti documenti.

[299]  Il comma 2 dello stesso articolo 157 del TUIR prevede inoltre che il reddito delle navi, per i giorni in cui le stesse sono state locate a scafo nudo, deve essere determinato in modo analitico.

[300]  D.L. 24 dicembre 2003 n. 353 recante Disposizioni urgenti in materia di tariffe postali agevolate per i prodotti editoriali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2004, n. 46

[301]  Le agevolazioni tariffarie per l’editoria sono state introdotte dall’articolo 2, comma 20, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che ha previsto un sistema di tariffe postali agevolate per la spedizione di libri, quotidiani, riviste e pubblicazioni informative di enti, enti locali, associazioni ed altre organizzazioni senza fini di lucro, disponendo la costituzione presso la Presidenza del Consiglio di un apposito fondo. Le modalità di funzionamento e di erogazione all’allora Ente poste delle integrazioni tariffarie finanziate dal fondo sono state disciplinate dal regolamento approvato con D.P.C.M. 25 maggio 1998, n. 394. L’articolo 41 della legge 448/1998 ha previsto che il sistema delle tariffe agevolate fosse sostituito da un sistema di contribuzione diretta agli operatori del settore, ma sono intervenute una serie di proroghe del termine entro il quale sostituire il sistema, l’ultima delle quali aveva fissato l’entrata in vigore del nuovo sistema di contribuzione diretta al 31 dicembre 2003. Il DL 353/2003 è intervenuto nella vigenza del sistema di rimborso a piè di lista, confermandolo e superando di fatto l’introduzione del sistema di contribuzione diretta ai soggetti interessati.

[302]  Vedi dossier RUE-Servizio Studi “La proposta di direttiva sui servizi nel mercato interno” dell’8 novembre 2005.

[303]  In base al quale il prestatore sarebbe sottoposto unicamente alla legislazione dello Stato membro in cui è stabilito e gli altri Stati membri non potrebbero imporre restrizioni ai servizi forniti da lui forniti.

[304]  Procedura d’infrazione n. 1999/5352.

[305]  Procedimento pregiudiziale n. C 243/01

[306]Si tratta di: Giunta centrale per gli studi storici, Deputazioni e società di storia patria, Istituto italiano di numismatica, Istituto storico italiano per il medio evo, Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea, Istituto italiano per la storia antica, Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Ente per le ville vesuviane, Fondazione «Il Vittoriale degli Italiani», Ente «Casa di Oriani», Centro nazionale di studi leopardiani, Istituto di studi filosofici «Enrico Castelli», Istituto italiano per la storia della musica, Istituto italiano di studi germanici (Roma), Istituto nazionale di studi verdiani (Parma), Centro nazionale di studi manzoniani (Milano), Ente «Casa Buonarroti» (Firenze), Ente «Domus Galileana» (Pisa), Istituto «Domus mazziniana» (Pisa), Centro nazionale di studi alfieriani (Asti), Istituto nazionale di studi sul rinascimento (Firenze), Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia (Milano), Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte (Roma), Centro internazionale di studi di architettura «Andrea Palladio» (Vicenza), Istituto internazionale di studi giuridici (Roma), Centro italiano di studi sull'alto medioevo (Roma), Erbario tropicale di Firenze, Ente nazionale della cinofilia italiana.

[307]Esclusivamente dirigenti e funzionari, tramite procedura di corso-concorso.

[308]  Il “Fondo per interventi strutturali di politica economica” è stato istituito dall’articolo 10 del D.L. n. 282/2004 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, con una dotazione di 2.215,5 milioni di euro per il 2005.

Tale dotazione corrisponde alle maggiori entrate che, nell’anno 2005, derivano dal differimento al 31 maggio 2005 e al 30 settembre 2005 dei termini di versamento della seconda e terza rata dell’oblazione connessa alla sanatoria edilizia, fissati inizialmente al 20 e al 30 dicembre 2004.

      La dotazione del Fondo è stata peraltro ridotta di 2.000 milioni di euro dal comma 297 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005)[308] e di 80 milioni di euro dall’articolo 7-septies del D.L. n. 7/2005 (legge n. 43/2005).

Per gli anni successivi, l’articolo 15, comma 2, del D.L. n. 35/2005 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80/2005) ha dotato il Fondo di 15 milioni di euro per l’anno 2006, 20 milioni per l’anno 2007 e 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.

Le disponibilità relative all’anno 2006 sono peraltro state ridotte di 9,855 milioni di euro dall’articolo 9, comma 1, lettera c) del D.L. n. 45/2005 (Disposizioni urgenti per la funzionalità dell’amministrazione della pubblica sicurezza, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco).