| XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||||
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| Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||||
| Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari , Servizio Studi - Dipartimento affari esteri , Servizio Studi - Dipartimento affari sociali , Servizio Studi - Dipartimento agricoltura , Servizio Studi - Dipartimento ambiente , Servizio Studi - Dipartimento attività produttive , Servizio Studi - Dipartimento bilancio , Servizio Studi - Dipartimento cultura , Servizio Studi - Dipartimento difesa , Servizio Studi - Dipartimento finanze , Servizio Studi - Dipartimento giustizia , Servizio Studi - Dipartimento istituzioni , Servizio Studi - Dipartimento lavoro , Servizio Studi - Dipartimento trasporti , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||||
| Titolo: | Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale - D.L. 35/2005 - A.C. 5827 - Schede di lettura | ||||||
| Serie: | Decreti-legge Numero: 182 | ||||||
| Data: | 05/05/05 | ||||||
| Descrittori: |
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| Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione | ||||||
| Riferimenti: |
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Servizio studi |
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decreti-legge |
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Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale D.L. 35/2005 - A.C. 5827 Schede di lettura |
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n. 182
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5 maggio 2005 |
Camera dei deputati
Il dossier è stato coordinato dal Dipartimento bilancio del Servizio Studi.
Le sezioni relative ai documenti all'esame delle istituzioni europee e alle procedure di contenzioso innanzi alle giurisdizioni comunitarie sono state curate dall'Ufficio Rapporti con l'Unione europea.
Coordinamento: Dipartimento Bilancio e politica economica
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: D05035.doc
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
§ Articolo 1 del disegno di legge di conversione
§ Articolo 1, commi 1-4 (Rafforzamento del sistema doganale)
§ Articolo 1, comma 5 (Sistema informativo dei visti)
§ Articolo 1, comma 6 (Incremento intervento della SIMEST Spa)
§ Articolo 1, commi 7-11 (Lotta alla contraffazione)
§ Articolo 1, comma 15 (Funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all’estero)
§ Articolo 1-bis, comma 1, lettera b) (Lavoro intermittente)
§ Articolo 1-bis, comma 1, lettera c) (Contratto di inserimento)
§ Articolo 1-bis, comma 1, lettere d), e), f) e g) (Lavoro accessorio)
§ Articolo 1-ter (Quote massime di lavoratori stranieri per esigenze di carattere stagionale)
§ Articolo 1-quater (Alto commissario anticontraffazione)
§ Articolo 2, commi 1-4 (Disposizioni in materia fallimentare, processuale civile)
§ Articolo 2, comma 4-bis (Spese postali per notifiche)
§ Articolo 2, comma 4-ter (Obbligazioni bancarie garantite)
§ Articolo 2, comma 4-quater (Elezione del Consiglio dell’ordine dei giornalisti)
§ Articolo 2, comma 4-quinquies (Elezione dei Consigli degli ordini professionali)
§ Articolo 2, comma 4-sexies (Elezione dei consigli degli ordini delle professioni sanitarie)
§ Articolo 2, commi 4-septies e 4-octies (Notai)
§ Articolo 2, comma 4-decies (Immobili degli enti previdenziali pubblici)
§ Articolo 2, commi 4-undecies-4-terdecies (Personale della CONSOB)
§ Articolo 3, comma 1 (Semplificazione amministrativa – Dichiarazione di inizio attività)
§ Articolo 3, commi 2-6 (Registrazione dei veicoli al PRA)
§ Articolo 3, commi 6-bis–6-decies (Disposizioni in materia di semplificazione amministrativa)
§ Articolo 3, comma 6-undecies (Mandato del presidente delle Camere di commercio)
§ Articolo 3, comma 6-quinquiesdecies (Monitoraggio spesa farmaceutica)
§ Articolo 4, comma 1, lettera a-bis) (Modifica al comma 180 della legge n. 311/2004)
§ Articolo 4, comma 1, lettera a-quater) (Modifica al comma 262 della legge n. 311/2004)
§ Articolo 4, comma 1, lettere c-ter) e c-quater) (Sanatoria relativa all’attività di riscossione)
§ Articolo 4, comma 1, lettera c-sexies) (Calcio femminile)
§ Articolo 4, comma 1-bis (Corsi universitari a distanza)
§ Articolo 4-bis (Trasferimenti erariali alle regioni)
§ Articolo 4-ter (Indicazione del codice fiscale nelle distinte di versamento in tesoreria)
§ Articolo 5, comma 4 (Project financing)
§ Articolo 5, comma 14 (Bonifica e riconversione delle Acciaierie Genova-Cornigliano)
§ Articolo 5, comma 15 (Vincoli riserve idriche)
§ Articolo 5, comma 16 (Utilizzo contributo concesso a Sviluppo Italia per l’autoimprenditorialità)
§ Articolo 5, comma 16-bis (Limiti di impegno per il settore aeronautico)
§ Articolo 5, commi 16-ter e 16-quater (SACE)
§ Articolo 5, comma 16-quinquies (Convenzioni dell’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato)
§ Articolo 5, commi 16-sexies e 16-septies (Giudizi arbitrali in tema di appalti)
§ Articolo 5-bis (Incentivazione della logistica)
§ Articolo 6, comma 5 (Autoimprenditorialità giovanile ad elevato contenuto tecnologico)
§ Articolo 6, comma 7 (Prestiti fiduciari agli studenti)
§ Articolo 6, commi 8-11 (Comitato per lo sviluppo: interventi per rafforzare i distretti)
§ Articolo 6, commi 12-14 (Comitato per l’attrazione degli investimenti e attività di Sviluppo Italia)
§ Articolo 6-bis (Disposizioni per l’incentivazione e lo sviluppo dell’industria per la difesa)
§ Articolo 7, comma 1 (Infrastrutture per la banda larga nelle aree sottoutilizzate)
§ Articolo 7, comma 2 (Contributo fondazione Ugo Bordoni)
§ Articolo 7, comma 3 (Apparecchi da intrattenimento)
§ Articolo 7, comma 3-bis (Pubblicità delle scommesse all’estero)
§ Articolo 7, comma 3-ter (Esenzione fiscale cessione computer)
§ Articolo 8, comma 7 (Modifiche alla disciplina dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego)
§ Articolo 8-bis (Olimpiadi invernali Torino 2006)
§ Articolo 9 (Credito d’imposta per favorire la concentrazione di imprese)
§ Articolo 10, comma 1 (IVA agricola)
§ Articolo 10, commi 2 e 4 (Variazione delle accise sugli alcolici)
§ Articolo 10, comma 3 (Percentuali di compensazione applicabili ai prodotti agricoli ai fini IVA)
§ Articolo 10, commi 5 e 6 (Sostegno alla filiera agroalimentare e contratti di distretto)
§ Articolo 10, comma 7 (Soppressione del Fondo di garanzia per le imprese agricole)
§ Articolo 10, comma 8 (Interventi finanziari a favore delle imprese agricole)
§ Articolo 10, comma 9 (Trasferimento all’ISMEA del Fondo per il risparmio idrico ed energetico)
§ Articolo 10, comma 10 (Internazionalizzazione dei prodotti agricoli)
§ Articolo 10-bis (Utilizzo fondo occupazione)
§ Articolo 10-ter (Disposizioni per il settore agroalimentare)
§ Articolo 11, commi 3 e 5-6 (Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese)
§ Articolo 11, comma 4 (Copertura finanziaria dei commi 1 e 3)
§ Articolo 11, comma 7 (Modifica alla disciplina del Fondo di garanzia Confidi)
§ Articolo 11, commi 8 e 9 (Interventi di reindustrializzazione)
§ Articolo 11, comma 10 (Copertura finanziaria del comma 9)
§ Articolo 11, commi 11-14 (Tariffe energia elettrica)
§ Articolo 11, comma 14-bis (Miniera carbonifera del Sulcis)
§ Articolo 11-bis (Sanzioni irrogate dall’Autorità per l’energia e il gas)
§ Articolo 11-ter, commi 1 e 4 (Maggiori deduzioni IRAP nelle aree sottoutilizzate)
§ Articolo 11-ter, commi 2 e 3 (Copertura del comma 1)
§ Articolo 11-quinquies (Sostegno all’internazionalizzazione dell’economia italiana)
§ Articolo 12, comma 1 (Comitato nazionale per il turismo)
§ Articolo 12, commi 2-7 (Trasformazione dell’ENIT in Agenzia nazionale del turismo)
§ Articolo 12, commi 8-11 (Progetto Scegli-Italia)
§ Articolo 13, comma 1 (Finanziamento previdenza complementare)
§ Articolo 13, comma 2, lettera a) (Norme in materia di indennità ordinaria di disoccupazione)
§ Articolo 13, commi 2, lettera b) e 3 (Deroghe alla disciplina degli ammortizzatori sociali)
§ Articolo 13, commi 2, lettere c) e d) e 3 (Incentivi per il reimpiego)
§ Articolo 13, comma 4 (Fondo per lo sviluppo)
§ Articolo 13, comma 5 (Copertura finanziaria)
§ Articolo 13, comma 6 (Monitoraggio effetti finanziari derivanti dai trattamenti di disoccupazione)
§ Articolo 13, commi 7-12 (Ulteriori norme in materia di indennità ordinaria di disoccupazione)
§ Articolo 13, comma 13 (Fondi per la formazione continua)
§ Articolo 13, comma 13-bis (Apprendistato)
§ Articolo 13-bis (Modifiche al D.P.R. n. 180/1950)
§ Articolo 13-ter (Contributi agricoli)
§ Articolo 14, commi 1-8 (ONLUS e terzo settore)
§ Articolo 14, comma 8-bis (Abrogazione del limite di reddito per il bonus scuola)
§ Articolo 14, comma 8-ter (Applicazione trattamento previdenziale borse di studio Erasmus)
§ Articolo 14-ter (Concessionari scommesse sportive)
§ Articolo 15 (Copertura finanziaria)
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Numero del disegno di legge di conversione |
A.C. 5827 |
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Numero del decreto-legge |
14 marzo 2005, n. 35 |
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Titolo del decreto-legge |
Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali |
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Settore d’intervento |
Vari |
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Iter al Senato |
Sì |
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Numero di articoli |
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§ testo originario |
16 |
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§ testo approvato dal Senato |
36 |
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Date |
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§ emanazione |
14 marzo 2005 |
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§ pubblicazione in Gazzetta ufficiale |
16 marzo 2005 |
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§ approvazione del Senato |
4 maggio 2005 |
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§ assegnazione |
5 maggio 2005 |
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§ scadenza |
15 maggio 2005 |
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Commissione competente |
I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) |
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Pareri previsti |
II, III, IV, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XII, XIII, XIV, Questioni regionali |
L’articolo 1 del disegno di legge, che al comma 1 reca la clausola di conversione del decreto legge, conferisce, al comma 2, una delega al Governo per modificare il codice di procedura civile sulla base dei principi e criteri direttivi di cui al comma 3.
Il comma 4 autorizza il Governo, nell’esercizio della predetta delega, a revisionare la formulazione letterale e la sistemazione topografica degli articoli del vigente codice e delle altre norme processuali civili vigenti non direttamente investiti dai principi di delega, in modo da accordarle con le modifiche apportate dalla “legge delegata”.
Il comma 5 reca una ulteriore delega al Governo per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni; i relativi principi e criteri direttivi sono individuati nell’ambito del comma 6.
Il comma 7, infine, dispone sull’entrata in vigore del provvedimento.
L’articolo 1 del decreto-legge, al comma 1, stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si proceda al riordino e alla semplificazione delle procedure amministrative di sdoganamento delle merci.
Il comma 2 consente ai soggetti deputati al rilascio delle certificazioni la possibilità di ammettere, in alternativa, certificazioni rilasciate da soggetti privati abilitati.
Il comma 3 estende all'Agenzia delle dogane la possibilità, già prevista per l’Agenzia delle entrate, di ricevere in via telematica le informazioni trasmesse dai soggetti d’imposta relativamente agli adempimenti fiscali per l'immatricolazione dei veicoli.
Il comma 4 determina l’importo che l'Agenzia delle dogane può utilizzare per potenziare i lettori ottici installati, semplificare le operazioni doganali e intensificare il contrasto alle frodi e ai traffici connessi al terrorismo e alla criminalità internazionale.
Il comma 5 istituisce un fondo per le esigenze connesse all’istituzione del Sistema d’informazione visti, finalizzato al contrasto della criminalità organizzata e della immigrazione illegale attraverso lo scambio tra gli Stati membri dell’Unione europea di dati relativi ai visti.
Il comma 6 eleva al 49% il limite massimo d'intervento della SIMEST attualmente fissato al 25%, limitatamente agli investimenti all’estero riguardanti“attività aggiuntive”,derivanti da acquisizioni di imprese, «joint-venture» o altro, che garantiscano il mantenimento delle capacità produttive interne del Paese.
I commi 7-11 introducono disposizioni volte al rafforzamento della lotta alla contraffazione, cui il comma 8 destina le somme derivate dalle sanzioni pecuniarie amministrative (fino a euro 10.000) previste dal comma 7 a carico degli acquirenti di prodotti che inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei medesimi ed in materia di proprietà intellettuale. Tra le condotte punibili viene fatta rientrare anche la commercializzazione di prodotti recanti indicazioni di origine false o fallaci (comma 9), mentre viene innalzata fino a 20.000 euro la multa prevista per la vendita di prodotti con segni mendaci (comma 10). Infine, l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, che sostituisce il Comitato anticontraffazione istituito dalla legge finanziaria 2004 è chiamato ad operare coordinandosi con le omologhe strutture presenti a livello internazionale (comma 11).
I commi 12-13 introducono disposizioni volte a disincentivare il fenomeno della delocalizzazione produttiva attraverso:
§ l’esclusione da benefici ed agevolazioni dei progetti di investimento all’estero che non prevedono il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, e di una parte sostanziale delle attività produttive (comma 12);
§ l’accesso alle agevolazioni e agli incentivi destinati alle imprese estere sulla base della disciplina dei contratti di localizzazione per le imprese italiane delocalizzate che intendano reinvestire sul territorio nazionale (comma 13);
§ superamento della quota del 25% di partecipazione della Simest al capitale o fondo sociale della società partecipata, per le imprese italiane che intendano effettuare investimenti in ricerca e innovazione nel periodo di durata del contratto.
Il comma 15 è volto a consentire ai funzionari delegati presso gli uffici all’estero di effettuare trasferimenti tra le aperture di credito attinenti ai capitoli per l’acquisizione di beni e servizi. Viene altresì disciplinato il relativo procedimento contabile, demandando ad un decreto interministeriale la definizione delle modalità attuative.
I commi da 15-bis a 15-sexies recano alcune disposizioni di carattere procedurale in merito all’accreditamento di fondi alle rappresentanze diplomatiche all’estero.
L’articolo 1-bis reca modifiche al D.Lgs. n. 276/2003, di riforma del mercato del lavoro, prevedendo al comma 1:
§ il venir meno coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nella determinazione della disciplina di favore per le agenzie di somministrazione che assumono lavoratori svantaggiati (lettera a);
§ l’estensione dei casi di ricorso al lavoro intermittente (lettera b);
§ l’esclusione della possibilità di sottoinquadrare il lavoratore in caso di contratti di inserimento stipulati con donne residenti in aree in cui l’occupazione femminile è svantaggiata (lettera c);
§ l’ampliamento dei casi di ricorso al lavoro accessorio e l’estensione dell’istituto alle imprese familiari (lettere d), e)ed f).
L’articolo 1-ter prevede che possano essere stabilite, con decreto del Presidente del Consiglio, quote massime di lavoratori stagionali stranieri non comunitari autorizzati – nei settori dell’agricoltura e del turismo - a fare ingresso in Italia, anche in misura superiore a quelle dell’anno precedente.
L’articolo 1-quaterreca disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento dell’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, al quale sono affidati compiti di monitoraggio e di coordinamento delle attività repressive delle violazioni dei diritti di proprietà industriale e intellettuale.
L’articolo 2 nei commi 1 e 2, reca novelle alla cd. “legge fallimentare” (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) e, secondo quanto affermato in sede di relazione illustrativa, “detta le prime urgenti disposizioni finalizzate alla modifica della legge fallimentare in ordine all’istituto della revocatoria ed alla procedure di concordato preventivo”.
Il comma 2-bis prevede che alcune delle norme poste dall’articolo 2 (comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i)) si applichino anche ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati.
I commi 3 e 4 introducono una serie di novelle:
§ al codice di procedura civile;
§ al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie);
§ alla legge 1º dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio);
§ alla legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari).
Il comma 4-bis dispone in materia di addebito delle spese postali per notificazioni effettuate a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento
Il comma 4-ter, mediante integrazioni alla legge 30 aprile 1999, n. 130, in tema di cartolarizzazione di crediti, introduce disposizioni volte a consentire alle banche di emettere titoli obbligazionari (noti come covered bond) connotati dall’esistenza di una garanzia su specifiche categorie di attività della banca emittente.
Il comma 4-quater modifica l’art. 4, comma 1 della legge n. 69/1963, recante l’ordinamento della professione di giornalista, in relazione alle modalità di convocazione della assemblea per l'elezione dei membri del Consiglio.
Il comma 4-quinquies modifica l’articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale n. 382/1944 (“Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali”), in tema di modalità di convocazione della Assemblea per l’elezione del Consiglio.
Il comma 4-sexies modifica il D.Lvo Capo provvisorio dello Stato n. 233/1946 “ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse”, in tema di modalità di convocazione dell’Assemblea per l’elezione dei componenti del Consiglio.
Il comma 4-septiesinterviene sulla legge del notariato (legge n. 89/1913) consentendo un ampliamento dell’organico dei notai. Il comma 4-octiesintroduce una specifica disciplina transitoria.
Il comma 4-novies reca novelle al codice civile (modifiche agli artt. 561-563) e alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (introduzione dell’art. 187-bis).
Il comma 4-decies dichiara applicabili ai beni immobili degli enti previdenziali pubblici le disposizioni, relative al conferimento di beni immobili ad uso non residenziale a fondi comuni di investimento immobiliare, contenute nell’articolo 4 del D.L. n. 351/2001.
I commi 4-undecies, 4-duodecies e 4-terdecies dell’articolo 2 autorizzano la CONSOB ad assumere non più di quindici persone mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato, e ad inquadrare in ruolo, previo esame-colloquio, i dipendenti attualmente in servizio con contratto a tempo determinato rinnovato.
L’articolo 2-bis reca l’autorizzazione ad anticipare, a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, le quote dei contributi comunitari e statali previste per gli anni 2005 e 2006 per il Programma Operativo Nazionale “Azioni di sistema”, a supporto dei programmi operativi regionali dell’obiettivo 3 dei fondi strutturali 2000-2006.
All’articolo 3, il comma 1, novellando l’art. 19 della legge n. 241/1990, pone una nuova disciplina dell’istituto della denuncia di inizio attività, ora denominata “Dichiarazione di inizio attività”.
I commi 2-6 prevedono forme di semplificazione amministrativa per operazioni relative ai veicoli.
In particolare, i commi 2 e 3 modificano la vigente procedura relativa alla prima registrazione dei veicoli al PRA prevedendo che essa possa essere effettuata attraverso lo Sportello Telematico dell'Automobilista, anche su istanza dell’acquirente.
I commi 4-6 prevedono che l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione dei beni mobili registrati e rimorchi di valore non superiore a 25.000 euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere effettuata gratuitamente da una serie di soggetti - passibile di estensione con regolamento della Presidenza del Consiglio - con modalità da stabilirsi con decreto di natura non regolamentare.
I commi 6-bis–6-decies, recano disposizioni finalizzate alla semplificazione amministrativa. Novellando in più parti la legge n. 241/1990. In particolare, viene modificata la disciplina concernente la conclusione del procedimento amministrativo, il silenzio-assenso, l’autocertificazione, la disciplina sanzionatoria, la giurisdizione in materia di accesso ai documenti amministrativi.
Il comma 6-undecies consente ai presidenti delle Camere di commercio di essere rieletti per due volte, anziché per una sola volta, come attualmente previsto dalla legge n. 580/1993.
I commi 6-duodecies e 6-terdecies istituiscono, fino al 31 dicembre 2007, presso il Dipartimento della funzione pubblica, una Commissione quale struttura di supporto al Ministro nello svolgimento delle attività di propria competenza.
Il comma 6-quinquiesdecies, stabilisce un termine perentorio per la trasmissione dei dati al Ministero dell’economia dei dati rilevati dalla ricetta medica e dalla Tessera sanitaria, da parte del farmacista o dell'erogatore della prestazione specialistica. Tale trasmissione può essere effettuata anche dalle associazioni di categoria o da altri soggetti individuati dalle strutture sanitarie.
L’articolo 4, comma 1, reca varie disposizioni di modifica della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
La lettera a) abroga il comma 82 che dettava disposizioni volte al contrasto e alla prevenzione dell’utilizzo illecito dei finanziamenti pubblici in materia di formazione professionale e lavoro.
La lettera a-bis) estende l'ambito di applicazione delle procedure volte a ristabilire il rispetto degli obiettivi di contenimento della spesa sanitaria anche ai casi di mancato adempimento da parte della singola regione degli impegni assunti con riferimento agli anni 2004 e precedenti.
La lettera a-ter) dispone che il decreto per la rideterminazione delle caratteristiche degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, previsto dal comma 209 sia emanato dal Ministro delle attività produttive unitamente al Ministro per l'innovazione e le tecnologie.
La lettera a-quater), modifica gli importi stanziati dalla legge finanziaria per il 2005 per la proroga delle convenzione stipulate con i comuni relative ai lavoratori socialmente utili.
La lettera b) precisa che il termine iniziale per l’applicazione delle disposizioni dei commi 344 e 345, in materia di comunicazione delle cessioni di fabbricati, verrà stabilito con il decreto di approvazione del modello di comunicazione.
La lettera c), modifica il comma 362, precisando che al Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura devono essere riassegnate, oltre alle dotazioni in conto residui, anche le somme relative a residui passivi perenti relative ai debiti ceduti alla Cassa depositi e prestiti.
La lettera c-bis) stabilisce che i tributi dovuti in caso di aggiornamenti catastali eseguiti per via telematica, a norma del comma 374, debbono essere riversati in tesoreria entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di riscossione.
La lettera c-ter) determina l’oggetto della sanatoria delle irregolarità relative al rapporto concessorio di riscossione dei tributi compiute fino alla data del 20 novembre 2004, prevista dal comma 426, nelle “responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta” invece che nelle “irregolarità connesse all'esercizio degli obblighi” inerenti alla concessione.
La lettera c-quater) prevede che, a seguito dell’adesione alla predetta sanatoria, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse. Nella medesima ipotesi, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 ottobre 2003 e ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 possono essere presentate entro il 30 ottobre 2006.
La lettera c-quinquies) modifica il comma 471 consentendo ai gestori di servizi di telecomunicazione, somministrazione di acqua, gas, elettricità, raccolta dei rifiuti, fognatura e depurazione, che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un ammontare superiore a due milioni di euro, di valersi di modalità semplificate di fatturazione e di termini particolari di liquidazione e versamento dell’IVA (ripristinando la situazione vigente fino al 31 dicembre 2004), e determinando per essi l’acconto della stessa imposta nella misura del 97 per cento della media dei versamenti trimestrali.
La lettera c-sexies) novella il comma 534, trasferendo dalle amministrazioni regionali alle strutture regionali della Federazione italiana gioco calcio, la titolarità dell’emanazione dei bandi per l’attribuzione delle risorse a sostegno delle realtà calcistiche femminili, stanziate dal comma 530 della stessa legge finanziaria.
La lettera d) abroga il comma 540 concernente la determinazione della rendita catastale di opifici e immobili costruiti per attività industriale.
Il comma 1-bis modifica la normativa vigente in materia di corsi universitari a distanza, novellando l'articolo 26, comma 5, primo periodo, della legge 289/2002 (legge finanziaria 2003); in particolare, vengono estese alle università telematiche la disciplina delle università non statali e la procedura per l’istituzione di queste.
L’articolo 4-bis, modificando il decreto legislativo n. 56 del 2000, differisce dal 1° gennaio 2006 il termine per la cessazione dei trasferimenti erariali relativi alle funzioni trasferite alle regioni ai sensi della legge n. 59 del 1997, e prevede, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le aliquote e compartecipazioni assegnate alle regioni siano rideterminate al fine di assicurare il finanziamento di tali funzioni (commi 1-2).
Viene inoltre differito dal 30 aprile 2005 al 30 settembre 2005 il termine di sospensione dell’applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 che disciplinano la perequazione delle risorse tra le regioni a statuto ordinario e che conseguentemente determinano la ripartizione tra le medesime regioni del gettito della compartecipazione all’IVA (comma 3).
L'articolo 4-ter prevede l'indicazione del codice fiscale nelle distinte di versamento dei tributi in Tesoreria da parte degli enti pubblici compresi nel sistema di tesoreria unica.
L’articolo 5, comma 1, autorizza il CIPE a finanziare, in via prioritaria, a valere sugli stanziamenti dei fondi per le aree sottoutilizzate gli interventi inclusi nel programma per le infrastrutture strategiche utilizzando a tal fine anche le risorse, che si rendono disponibili per effetto della revisione della disciplina di concessione delle agevolazioni alle attività produttive, di cui alla legge n. 488/1992, disposta dall’articolo 8 del provvedimento in esame.
I commi 2 e 3 dispongono in merito alla destinazione di una quota del fondo per le aree sottoutilizzate ad interventi di riqualificazione e miglioramento della dotazione infrastrutturale delle aree urbane.
Il comma 4 prevede che, per la realizzazione di infrastrutture con modalità di project financing, possano essere destinate risorse costituenti investimenti immobiliari degli enti previdenziali pubblici.
I commi 5 e 6 prevedono la possibilità di assoggettare alla disciplina delle cd. opere strategiche le opere ed i lavori previsti nell’ambito delle concessioni autostradali già assentite la cui realizzazione o il cui completamento sono indispensabili per lo sviluppo economico del Paese.
I commi 7, 8, 11 e 13 prevedono la possibilità di istituire la nuova figura del commissario straordinario per le opere autostradali, disciplinano i poteri di tale organo, anche in connessione al complesso normativo vigente in materia di commissari straordinari e recano le norme relative ai compensi spettanti allo stesso commissario.
Il comma 10 dispone che gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni e dei permessi necessari alla realizzazione e al potenziamento dei terminali di rigassificazione sono tenuti ad esprimersi entro il termine perentorio di 60 giorni dalla richiesta, stabilendo altresì che nel caso di ritardo ingiustificato o di inerzia, il Ministero delle attività produttive provveda, senza necessità di diffida, alla nomina un commissario ad acta per gli adempimenti di competenza.
Il comma 12 detta disposizioni relative ai casi di risoluzione del contratto di appalto disposta dalla stazione appaltante ai sensi degli articoli 118, 119 e 120 del D.P.R. n. 554 del 1999.
I commi dal 12-bis al 12-quinquies recano una disciplina specifica relativa alle ipotesi di fallimento dell’appaltatore o di risoluzione del contratto per grave inadempimento, volta a garantire la celere prosecuzione dell’opera pubblica iniziata.
Il comma 14 assegna un finanziamento quindicennale per gli interventi di ricostruzione, riconversione e bonifica dell’area delle acciaierie di Genova-Cornigliano.
Il comma 15 dispone la proroga dei vincoli disposti in attuazione del piano generale degli acquedotti (PRGA), fino all’aggiornamento dello stesso piano.
Il comma 16, dispone che il contributo di 10 milioni assegnato per il 2003 a Sviluppo Italia per il finanziamento dei mutui agevolati relativi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego possa essere utilizzato anche per la realizzazione di incubatori per imprese produttive.
Il comma 16-bis, dispone che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, siano trasformati in contributi pluriennali.
Il comma 16-ter facoltizza la SACE a destinare beni e rapporti giuridici di propria pertinenza al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli da essa emessi, realizzando un’apposita separazione patrimoniale.
Il comma 16-quater abroga il comma 5 dell'articolo 2 della n. 312/2004, che ha determinato la quota massima delle garanzie che la SACE SpA è autorizzata a rilasciare per il 2005.
Il comma 16-quinquies, abroga il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 7-vicies quater del decreto legge n. 7/2005, convertito dalla legge 31 marzo n. 43/2005, eliminando la previsione che subordina a ratifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze gli accordi stipulati dall’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato con pubbliche amministrazioni nonché con soggetti privati in materia di carte valori.
I commi 16-sexies e 16-septies intervengono in materia di arbitrato nei lavori pubblici. Il comma 16-sexies riforma l’attuale disciplina della nomina del terzo arbitro disponendo invece che anche la nomina del terzo arbitro possa essere concordata fra le parti e che solo laddove manchi l’accordo fra le parti a tale nomina debba procedere la Camera arbitrale istituita presso l’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici.
Il comma 16-septies introduce una norma transitoria, volta a disciplinare le procedure arbitrali in corso o già definite.
L’articolo 5-bis è volto ad incentivare la realizzazione di un sistema tecnologico di sostegno alla logistica, che permetta la creazione di un sistema di servizi per l’integrazione delle infrastrutture materiali del Paese. A tal fine, il CIPE è tenuto a attribuire priorità al finanziamento delle misure necessarie a garantire la realizzazione di un adeguato sistema di servizi intersettoriali ed intermodali con sistemi tecnologici e di conoscenze. Si prevede inoltre la prioritaria realizzazione di piattaforme tecnologiche e logistiche al servizio della piccola e media impresa, localizzate in primo luogo nelle aree sottoutilizzate.
All’articolo 6, i commi 1, 2 e 4,intervengono sull’utilizzo del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese istituito dalla legge finanziaria 2005, destinando una quota pari ad almeno il 30 per cento delle risorse finanziarie a sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica (comma 1). L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE (comma 2). Specifiche priorità nell’utilizzo delle risorse del Fondo medesimo sono individuate dal comma 4.
Il comma 3, modifica la denominazione e la disciplina del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese anche estendendo l’ambito dei potenziali beneficiari.
Il comma 5, prevede che il CIPE possa riservare una quota del Fondo per le aree sottoutilizzate al finanziamento di nuove iniziative di imprenditorialità giovanile che siano caratterizzate da un elevato contenuto tecnologico e che siano attuate nell’ambito dei distretti tecnologici.
Il comma 6 prevede la proroga, a particolari condizioni, delle convenzioni poste in essere con gli istituti bancari dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica e dal Ministero delle attività produttive, ai fini della gestione degli interventi relativi al sostegno della ricerca industriale e dell’innovazione tecnologica.
Il comma 6-bis interviene sulla materia degli incentivi alle imprese disposti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, stabilendo che il provvedimento ministeriale con cui vengono revocati detti incentivi costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo dei relativi importi, nonché degli interessi e delle sanzioni.
Il comma 7 ripartisce, con modalità diverse rispetto a quelle originarie, il fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari e alla corresponsione agli studenti meritevoli e privi di mezzi di contributi in conto interessi sui prestiti stessi, stabilendo che il fondo sia ripartito tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di criteri e di indirizzi definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
I commi 8-10 prevedono l'istituzione in seno al CIPE di un Comitato per lo sviluppo, cui è attribuito il compito di promuovere e coordinare gli interventi finalizzati a rafforzare la capacità innovativa e la produttività dei distretti e dei settori produttivi e ne disciplinano l’attività.
I commi 12-14, prevedono la costituzione all’interno del CIPE di un Comitato competente in materia di attrazione degli investimenti esteri e di personale fornito di alta qualificazione, che definisce la strategia e fissa gli obiettivi generali che dovranno essere perseguiti da Sviluppo Italia, in particolare attraverso il ricorso al contratto di localizzazione.
L’articolo 6-bis autorizza per gli anni 2005-2007 la spesa per l’avvio del programma di sviluppo e di acquisizione delle unità navali della classe FREMM (fregata europea multimissione).
L’articolo 7, comma 1,che reca interventi per la diffusione delle tecnologie digitali, prevede che gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda possano essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate, e che compete al CIPE definire annualmente l'entità delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate da destinarsi al finanziamento del predetto programma.
Il comma 2 stabilisce che il contributo dello Stato alla fondazione Ugo Bordoni previsto dall'articolo 41 della legge n. 3 del 2003, sia rinnovato per il triennio 2005-2007 per l'importo di 5.165.000 euro annui. Si prevede, inoltre, che la fondazione invii, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari nella quale dia conto delle attività svolte nell’anno precedente.
Il comma 3 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato determini i requisiti non solo dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta per la distribuzione degli apparecchi e congegni da intrattenimento, ma anche dei sistemi elettronici di identificazione e controllo degli apparecchi medesimi, e ne definisce direttamente alcune caratteristiche.
Il comma 3-bis sanziona con l’arresto fino a tre mesi e l'ammenda da euro 51,65 a euro 516,46 chiunque, in qualsiasi modo, dia pubblicità in Italia a giochi, scommesse e a lotterie, da chiunque accettate all’estero.
Il comma 3-ter esclude dall’applicazione delle imposte sui redditi la cessione di elaboratori elettronici (personal computer), effettuata da imprese o enti soggetti all’imposta sui redditi delle società nei confronti dei propri dipendenti.
Il comma 3-quater dispone che alle amministrazioni statali sia imposto l’obbligo di ricevere – e, se richiesto, di inviare – anche per via telematica la corrispondenza, i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo.
L'articolo 8, commi 1-6, rivede la disciplina relativa alla concessione degli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate, come definiti dalla legge n. 488/1992 o come disposti nell’ambito di patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area, in modo da favorire la sostituzione dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo al tempo stesso il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni.
Il comma 7 modifica la disciplina degli incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, in ordine ai massimali di aiuto, ai requisiti di età e di residenza richiesti ai beneficiari, all’introduzione della possibilità di agevolare anche gli ampliamenti aziendali e ai limiti di investimento agevolabili.
L’articolo 8-bis integra le recenti disposizioni recate dall’articolo 7-septies del decreto legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005, relative alla realizzazione dei Giochi olimpici invernali "Torino 2006", anche incrementando il finanziamento di 10 milioni di euro per il 2005 e per il 2006 e di 30 milioni di euro per il 2007.
L’articolo 9 prevede, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese, individuate secondo i criteri dell’Unione europea, che partecipino a processi di concentrazione, l'erogazione di un credito di imposta pari al 50 % delle spese sostenute per studi e consulenze relativi alle operazioni di concentrazione.
Il comma 1 dell’articolo 10 apporta modificazioni al regime speciale dell’IVA per i produttori agricoli.
La lettera a) modifica la definizione di produttore agricolo ai fini dell’IVA, con riferimento a cooperative e loro consorzi e ad associazioni e loro unioni.
La lettera b) rende applicabile il regime speciale indipendentemente dal volume d’affari realizzato.
La lettera c) consente l’applicazione della detrazione forfetaria ad alcune tipologie di cessioni di prodotti agricoli, effettuate mediante atti non assoggettati a IVA.
La lettera d) consente l’applicazione separata dell’imposta in relazione a diverse attività riconducibili alla medesima impresa agricola.
La lettera e) ridefinisce le modalità per l’esercizio dell’opzione per il regime speciale.
Il comma 2 aumenta le accise sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull’alcole etilico.
Il comma 3 dell’articolo 10 prevede l’adozione di un decreto ministeriale per la rideterminazione delle percentuali di compensazione, applicabili ai prodotti agricoli, ai fini dell’applicazione del regime speciale dell’IVA. Da tale decreto dovranno conseguire maggiori entrate annue per 20 milioni di euro.
Il comma 4 rimette a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate l’ulteriore incremento delle accise sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull’alcole etilico, in modo da assicurare entrate per ulteriori 115 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.
I commi 5 e 6 prevedono l’introduzione di un nuovo strumento di programmazione negoziata in agricoltura, i contratti di distretto.
Il comma 7 dispone la soppressione del Fondo interbancario di garanzia (FIG), dando attuazione all’articolo 1, comma 512, della legge finanziaria 2005, che ha disposto il trasferimento delle funzioni e della dotazione finanziaria del Fondo all’ISMEA.
Il comma 8 prevede che le garanzie prestate dall'ISMEA possano essere assistite anche dalla garanzia dello Stato, secondo modalità da definire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il comma 9 prevede la soppressione del Fondo per il risparmio idrico ed energetico, e il trasferimento delle relative risorse agli interventi di sostegno alla capitalizzazione delle imprese agricole ed agroalimentari di competenza dell’ISMEA.
Il comma 10 prevede che il Ministero delle politiche agricole e forestali, allo scopo di favorire l’internazionalizzazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari italiani promuova, attraverso il ricorso alla società Buonitalia Spa, un programma di azioni per garantire un migliore accesso ai mercati internazionali, con particolare riguardo a quelli extracomunitari, utilizzando fino a 50 milioni di euro le risorse per gli interventi ex-Ribs assegnati ad ISMEA.
L'articolo 10-bis reca una diversa ripartizione delle disponibilità del Fondo per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, di cui alla legge n. 49/85 istituito presso la sezione speciale per il credito alla cooperazione.
L’articolo 10-ter, ai commi 1, 2 e 9, prevede la possibilità di affidare all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.a compiti relativi alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera e dei contratti di programma che prevedono iniziative nel settore agricolo e agroalimentare, autorizzando il Ministero delle politiche agricole e forestali ad acquistare dall’ISMEA e da Sviluppo Italia S.p.a. le partecipazioni da questi possedute nell’Istituto medesimo.
I commi da 3 a 8 sono volti ad incentivare, attraverso una serie di meccanismi premiali, la stipula dicontratti di coltivazione e vendita conformi agli accordi interprofessionali di cui alla legge n. 88/1988, disponendo l’applicazione delle misure di agevolazione anche ai contratti di conferimento tra le cooperative e i loro soci.
L’articolo 11, commi 1-2, prevede l’incremento per 100 milioni di euro per il 2005 della dotazione del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese, destinando tali risorse al sostegno delle imprese che perseguono obiettivi di innovazione di processi, prodotti e servizi attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali.
I commi 3, 5 e 6 recano disposizioni in materia di interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà consentiti dalla normativa UE in materia di aiuti di stato, prevedendo a tal fine l’istituzione di un apposito Fondo , con una dotazione finanziaria per l’anno 2005 pari a 35 milioni di euro (comma 3), nonché l’istituzione di un Comitato con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle competenti amministrazioni (comma 5). Le modalità attuative delle predette disposizioni saranno dettate dal Cipe (comma 6).
Il comma 7 modifica la normativa sui consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi). In particolare:
- la lettera a) sopprime i limiti posti alle modalità d’intervento del Fondo di garanzia dell'Artigiancassa;
- la lettera b) rimette a decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione delle caratteristiche delle garanzie prestate a prima richiesta dal medesimo Fondo;
- la lettera b-bis) estende ai fondi di garanzia per i confidi non aderenti a un fondo di garanzia interconsortile l’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale ai fondi mutualistici, in caso di scioglimento della società;
- la lettera b-ter) specifica che il prescritto versamento annuale dell’0,5 per mille dei finanziamenti complessivamente garantiti è riferito alle garanzie concesse nell’anno a fronte di finanziamenti effettivamente erogati;
- la lettera b-quater) stabilisce che le disposizioni relative ai predetti versamenti annuali hanno effetto a decorrere dall’anno 2004.
Il comma 8 estende l’ambito territoriale di applicazione degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale per le aree in crisi del settore siderurgico; a tal fine, il comma 9 concede un contributo straordinario pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, 85 milioni di euro per il 2007 e di 65 milioni di euro per il 2008.
I commi 11-14 intervengono in materia di tariffe elettriche. Il comma 11 dispone una proroga, fino a tutto il 2010, dell’applicazione di condizioni tariffarie agevolate per le forniture di energia elettrica alle imprese. Ai sensi del comma 11-bis alla fornitura di energia elettrica alle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato continua ad applicarsi lo specifico regime tariffario. Il comma 12 estende le richiamate condizioni tariffarie alla fornitura di energia elettrica destinata alla produzione di alluminio, piombo, zinco e ciclo cloro soda per gli impianti già esistenti in alcune zone della Sardegna e caratterizzati da alimentazione in alta tensione. Ai sensi del comma 13 le condizioni tariffarie agevolate previste dai commi 11 e 12 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2005 e il loro aggiornamento è demandato all'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Il comma 14 prevede, da parte della Regione Sardegna, l’assegnazione mediante procedure di gara di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica.
Il comma 14-bisproroga la gestione temporanea delle miniere carbonifere del Sulcis fino alla presa in consegna delle strutture da parte del concessionario, di cui al precedente comma 14, e comunque non oltre il 31 dicembre 2006.
Il comma 14-ter prevede che le attività di produzione e di commercializzazione dei tabacchi lavorati e quelle di trasformazione del tabacco greggio non sono più riservate o comunque attribuite all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ovvero all’Ente tabacchi italiani. Vengono tuttavia escluse dall’ambito dell’intervento normativo le attività di commercializzazione al minuto. Si prevede poi che la fabbricazione e trasformazione di tali prodotti può essere effettuata nei depositi fiscali autorizzati dalla predetta Amministrazione.
L’articolo 11-bis interviene in materia di sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, escludendo l’applicabilità del pagamento in misura ridotta (c.d. oblazione) e destinando le somme derivanti dal pagamento delle sanzioni ad un apposito fondo destinato al finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori.
L’articolo 11-ter reca disposizioni relative alla deducibilità ai fini IRAP dei costi sostenuti dalle imprese per il personale aggiuntivo, limitando al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 la deducibilità di 20.000 euro annuali per ciascun dipendente assunto a tempo indeterminato introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 e intensificando la misura dell’agevolazione, che viene quintuplicata nelle aree del Mezzogiorno e triplicata nelle aree svantaggiate del Centro-nord (commi 1-4).
Viene inoltre, al comma 5, modificata la copertura finanziaria degli oneri relativi al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, istituito dalla legge finanziaria per il 2005.
L'articolo 11-quater specifica, agli effetti dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, la nozione di cessioni di beni effettuate, da altri Stati dell’Unione europea o verso di essi, in base a cataloghi, per corrispondenza o in simili modi; prevede altresì la restituzione dell’imposta versata in Italia, qualora lo Stato di destinazione richieda il pagamento dell’imposta sul corrispettivo già assoggettato a IVA nel territorio italiano.
L’articolo 11-quinquies reca disposizioni volte al sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento all’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE Spa.
L’articolo 11-sexies ai commi 1 e 2 fissa nuovi parametri di remunerazione dell’energia riconosciuta al produttore che cede energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
Il comma 3 dispone che, qualora sia modificato o venga a mancare il parametro di remunerazione come definito al precedente comma 2, esso dovrà essere automaticamente sostituito con la migliore alternativa tariffaria possibile.
Il comma 4 prevede che la misura dell’energia da fonti rinnovabili ritirata ai sensi dell’art. 13, comma 3 del D.Lgs. 387/03 sia effettuata dal gestore di rete competente, al netto dei consumi per usi di centrale, senza la necessità per il produttore di stipulare un contratto con il distributore locale e senza oneri aggiuntivi per lo stesso produttore.
Il comma 5 qualifica le disposizioni di cui ai citati commi da 1 a 4 come principi ai quali dovranno conformarsi le delibere o le disposizioni relative alle energie rinnovabili, al risparmio e all'efficienza energetica che saranno emanate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, dal Gestore della rete di trasmissione nazionale, dal Gestore del mercato elettrico, dall’Acquirente unico e dai gestori di rete.
I commi 6 e 7 recano disposizioni relative alle attività in materia di difesa del suolo, e in particolare a nuove modalità di ottimizzazione degli interventi previsti dalla legislazione vigente sulla difesa del suolo e quindi di più efficiente utilizzo delle risorse assegnate.
L’articolo 12, recante disposizioni inerenti il settore turistico, prevede, al comma 1, l'istituzione di un Comitato nazionale per il turismo con funzioni di orientamento e di coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo, istituita dal successivo comma 2.
I commi da 2 a 7 dispongono la trasformazione dell’Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) in “ENIT-Agenzia nazionale del turismo” come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione.
Il comma 8 disciplina il progetto "Scegli Italia", destinato alla promozione sulla rete Internet del "marchio Italia" nel settore del turismo.
Il comma 8-bis prevede che il Ministero delle attività produttive si avvalga dell'ENIT-Agenzia nazionale per il turismo, e delle sue società controllate, per l'espletamento delle attività inerenti alle sue competenze in materia di assistenza tecnica e di gestione di azioni volte allo sviluppo dei sistemi turistici multiregionali.
Il comma 9 ricomprende nel finanziamento dell'iniziativa relativa alla promozione del "marchio Italia" nel settore del turismo sulla rete Internet, di cui al comma 8, le somme già assegnate al progetto “Scegli Italia”.
Il comma 10 autorizza una spesa di 4,5 milioni di euro per il 2005 e il 2006 al fine di consentire la partecipazione al progetto “Scegli Italia” del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
L’articolo 13, comma 1, individua le risorse finanziarie per la copertura dei decreti legislativi di attuazione delle deleghe in materia di previdenza complementare conferite dalla legge 23 agosto 2004, n. 243.
I commi 2 e 3 recano diversi interventi volti alla tutela dell’occupazione, in attesa della riforma organica degli ammortizzatori sociali e del sistema degli incentivi all’occupazione.
In particolare, per gli anni 2005 e 2006:
§ è aumentata la durata e l’entità dell’indennità ordinaria di disoccupazione (comma 2, lettera a);
§ sono aumentate le risorse per gli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla disciplina vigente e ne è differito il termina per l’applicazione nei casi in cui siano accompagnati da accordi di settore (comma 2, lettera b);
§ sono riconosciute agevolazioni per i datori di lavoro o gli utilizzatori che assumano o facciano ricorso alla somministrazione nei confronti di lavoratori in mobilità o in CIGS (comma 2, lettera c);
§ sono previsti incentivi per i lavoratori in mobilità, in CIGS o distaccati da imprese in difficoltà che accettino una sede di lavoro distante più di 100 km dal luogo di residenza (comma 2, lettera d).
Il comma 4 rifinanzia il Fondo per lo sviluppo.
I commi 5 e 6 prevedono, rispettivamente, la norma di copertura finanziaria ed il monitoraggio sugli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui ai commi precedenti.
I commi da 7 a 12 introducono alcune limitazioni all'indennità ordinaria di disoccupazione relativa ai dipendenti sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori ed all’indennità con requisiti relativa ai dipendenti del settore dell’artigianato.
Il comma 13 modifica la disciplina dei Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, al fine di adeguarla alla sentenza n. 51 del 2005 della Corte costituzionale.
Il comma 13-bis dispone che, fino all’approvazione delle leggi regionalirelative ai profili formativi, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
L’articolo 13-bis reca modifiche alla disciplina sulla cessione degli stipendi, salari e pensioni (D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), prevedendo, fra l’altro: l’estensione anche ai dipendenti privati della possibilità di garantire prestiti mediante la cessione di una quota del trattamento previdenziale non superiore ad un quinto; l’applicazione della disciplina sulla cessione del quinto dello stipendio anche ai dipendenti assunti a tempo determinato o titolari di collaborazioni coordinate e continuative;
L’articolo 13-ter prevede per i datori di lavoro agricoli una sospensione degli obblighi derivanti da cartelle di pagamento e da procedure di riscossione per i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per i mesi di maggio, giugno, luglio ed agosto 2005.
I commi da 1 a 6 dell’articolo 14 introducono la deducibilità delle erogazioni liberali, in denaro o in natura, effettate da persone fisiche e da soggetti IRES, in favore di ONLUS, di associazioni di promozione sociale e di fondazioni e associazioni riconosciute, aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico, e paesaggistico. La deduzione è consentita nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato dal soggetto erogatore e, comunque, nella misura massima complessiva di 70.000 euro annui.
Il comma 7 amplia la deducibilità delle erogazioni liberali in favore di università, fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca pubblici, fondazioni e associazioni dirette allo svolgimento o alla promozione di attività di ricerca scientifica, enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, enti parco regionali e nazionali.
Il comma 8 riduce gli onorari notarili sui trasferimenti a titolo gratuito in favore di università, fondazioni universitarie, istituzioni universitarie pubbliche, enti di ricerca pubblici, enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, enti parco regionali e nazionali. Gli stessi atti sono esenti da tasse e imposte indirette, ad eccezione dell’IVA.
Il comma 8-bis abroga la previsione di un limite di reddito per l’accesso al contributo statale per l’iscrizione alle scuole paritarie (cd “buono scuola”), che era stata introdotta dall’art. 3, comma 94, della legge finanziaria 2004, che ha novellato, aggiungendo il comma 7-bis, l'articolo 2, comma 7, della legge finanziaria 2003, istitutivo del beneficio.
Il comma 8-ter rende permanente l’esonero, già previsto per l’anno 2004, dei borsisti del programma "Socrates-Erasmus" dall’iscrizione alla Gestione separata INPS del lavoro autonomo.
L’articolo 14-bis introduce la clausola di “compatibilità” conl’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dettato dai rispettivi Statuti.
L'articolo 14-ter, al comma 1, abroga alcune disposizioni relative alla titolarità delle azioni delle società concessionarie e alle regole della concorrenza per l'esercizio di giochi e scommesse.
Il comma 2 consente che la raccolta e l’accettazione delle scommesse ippiche e sportive sia essere esercitata dal concessionario con mezzi propri o di terzi.
L’articolo 15 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri complessivi derivanti dal provvedimento in esame, con esclusione degli oneri per i quali sono previste apposite norme di copertura nell’ambito dei relativi articoli.
1. Il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano d’azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata vigore della presente legge, un decreto legislativo recante modificazioni al codice di procedura civile approvato con regio decreto 28 ottobre 1940, n. 1443. Il decreto, nel rispetto ed in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi ed ai criteri direttivi previsti dal comma 3, provvede a realizzare il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti ed è adottato, sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché sottoposto al parere della Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione ai sensi dell’articolo 93 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12. Il parere è reso entro trenta giorni dalla data di trasmissione; decorso tale termine, il decreto è emanato anche in mancanza del parere. Lo schema di decreto è successivamente trasmesso al Parlamento, perché si espresso il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione; decorso tale termine, è emanato anche in mancanza del parere. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal precedente periodo o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di centoventi giorni. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo può emanare disposizioni correttive e integrative nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 3 e con la procedura di cui al presente comma.
3. Nell’attuazione della delega di cui al comma 2, il Governo si atterrà ai seguenti principi e criteri direttivi:
a) disciplinare il processo di cassazione in funzione nomofilattica, stabilendo identità dei motivi di ricorso ordinario e straordinario ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione, prevedendo che il vizio di motivazione debba riguardare un fatto controverso; l’obbligo che il motivo ricorso si chiuda, a pena di inammissibilità dello stesso, con la chiara enunciazione di un quesito di diritto; l’estensione del sindacato diretto della Corte sull’interpretazione e sull’applicazione dei contratti collettivi nazionali di diritto comune, ampliando la previsione del numero 3) dell’articolo 360 del codice di procedura civile; la non ricorribilità immediata delle sentenze che decidono di questioni insorte senza definire il giudizio e la ricorribilità immediata delle sentenze che decidono parzialmente il merito, con conseguente esclusione della riserva di ricorso avverso le prime e la previsione della riserva di ricorso avverso le seconde; la distinzione fra pronuncia delle sezioni semplici e pronuncia delle sezioni unite prevedendo che la questione di giurisdizione sia sempre di competenza delle sezioni unite nei casi di cui all’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, e possa invece, essere assegnata, negli altri casi, alle sezioni semplici se sulla stessa si siano in precedenza pronunziate le sezioni unite; il vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite, stabilendo che, ove la sezione semplice non intenda aderire al precedente, debba reinvestire le sezioni unite con ordinanza motivata; l’estensione delle ipotesi di decisione nel merito, possibile anche nel caso di violazione di norme processuali; l’enunciazione del principio di diritto, sia in caso di accoglimento, sia in caso di rigetto dell’impugnazione e con riferimento a tutti i motivi della decisione; meccanismi idonei, modellati sull’attuale articolo 363 del codice di procedura civile, a garantire l’esercitabilità della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, anche nei casi di non ricorribilità del provvedimento ai sensi dell’articolo 111, settimo comma, della Costituzione. Prevedere la revocazione straordinaria e l’opposizione di terzo contro le sentenze di merito della cassazione, disciplinandone la competenza;
b) riformare in senso razionalizzatore la disciplina dell’arbitrato prevedendo: la disponibilità dell’oggetto come unico e sufficiente presupposto dell’arbitrato, salva diversa disposizione di legge; che, per la stipulazione di compromesso e di clausola compromissoria, vi sia un unico criterio di capacità, riferito al potere di disporre in relazione al rapporto controverso; una disciplina relativa all’arbitrato con pluralità di parti, che garantisca nella nomina degli arbitri il rispetto della volontà originaria o successiva delle parti, nonché relativa alla successione nel diritto controverso ed alla partecipazione dei terzi al processo arbitrale, nel rispetto dei principi fondamentali dell’istituto; una disciplina specifica finalizzata a garantire l’indipendenza e l’imparzialità degli arbitri; una disciplina unitaria e completa della responsabilità degli arbitri, anche tipizzando le relative fattispecie; una disciplina dell’istruzione probatoria, con la previsione di adeguate forme di assistenza giudiziaria; che gli arbitri possano conoscere in via incidentale delle questioni pregiudiziali non arbitrabili, salvo che per legge sia necessaria la decisione con efficacia di giudicato autonomo; una razionalizzazione della disciplina dei termini per la pronuncia del lodo, anche con riferimento alle ipotesi di proroga degli stessi; una semplificazione e una razionalizzazione delle forme e delle modalità di pronuncia del lodo; che il lodo, anche non omologato, abbia gli effetti di una sentenza; una razionalizzazione delle ipotesi attualmente esistenti di impugnazione per nullità secondo i seguenti principi:
a) subordinare la controllabilità del lodo ai sensi del secondo comma dell’articolo 829 del codice di procedura civile alla esplicita previsione delle parti, salvo diversa previsione di legge e salvo il contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico,
b) disciplinare il procedimento, prevedendo le ipotesi di pronuncia rescissoria da parte del giudice dell’impugnazione per nullità,
c) disciplinare in generale i rapporti fra arbitro e giudice, ivi compresa l’eccezione di patto compromissorio; una disciplina dell’arbitrato amministrato, assicurando che l’intervento dell’istituzione arbitrale nella nomina degli arbitri abbia luogo solo se previsto dalle parti e prevedendo, in ogni caso, che le designazioni compiute da queste ultime siano vincolanti; la eliminazione del capo dedicato all’arbitrato internazionale, con tendenziale estensione della relativa disciplina all’arbitrato interno, salvi gli opportuni adattamenti, con esclusione di quanto previsto dall’articolo 838 del codice di procedura civile; la previsione che le norme in materia di arbitrato trovino sempre applicazione in presenza di patto compromissorio comunque denominato, salva la diversa ed espressa volontà delle parti di derogare alla disciplina legale, fermi in ogni caso il rispetto del principio del contraddittorio, la sindacabilità in via di azione o di eccezione della decisione per vizi del procedimento e la possibilità di fruire della tutela cautelare.
4. Nell’esercizio della delega di cui ai commi 2 e 3, il Governo può revisionare la formulazione letterale e la sistemazione topografica degli articoli del vigente codice e delle altre norme processuali civili vigenti non direttamente investiti dai principi di delega in modo da accordarle con le modifiche apportate dal decreto legislativo adottato nell’esercizio della predetta delega.
5. Il Governo è delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l’osservanza dei princìpi e dei criteri direttivi di cui al comma 6, uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 67, e successive modificazioni. La riforma, nel rispetto ed in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai principi e ai criteri direttivi di cui al comma 6, realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, nonché la riconduzione della disciplina della transazione in sede fiscale per insolvenza o assoggettamento a procedure concorsuali al concordato preventivo come disciplinato in attuazione della presente legge. I decreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati su proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del presente comma o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni.
6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo si attiene seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) modificare la disciplina del fallimento, secondo i seguenti principi:
1) semplificare la disciplina attraverso l’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilità dell’istituto e l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie in materia;
2) ampliare le competenze del comitato dei creditori consentendo una maggiore partecipazione dell’organo alla gestione della crisi dell’impresa; coordinare i poteri degli altri organi della procedura;
3) modificare la disciplina dei requisiti per la nomina a curatore, annoverando tra i soggetti legittimati a ricoprire la carica gli studi professionali associati, le società tra professionisti, nonché coloro che abbiano comprovate capacità di gestione imprenditoriale;
4) modificare la disciplina delle conseguenze personali del fallimento, eliminando le sanzioni personali e prevedendo che le limitazioni alla libertà di residenza e di corrispondenza del fallito siano connesse alle sole esigenze della procedura;
5) modificare la disciplina degli effetti della revocazione, prevedendo che essi si rivolgano nei confronti dell’effettivo destinatario della prestazione;
6) ridurre il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione revocatoria;
7) modificare la disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, ampliando i termini entro i quali il curatore deve manifestare la propria scelta in ordine allo scioglimento dei relativi contratti e prevedendo una disciplina per i patrimoni destinati ad uno specifico affare e per i contratti di locazione finanziaria;
8) modificare la disciplina della continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa ampliando i poteri del comitato dei creditori e del curatore ed introducendo l’obbligo di informativa periodica da parte del curatore al comitato dei creditori sulla gestione provvisoria;
9) modificare la disciplina dell’accertamento del passivo, abbreviando i tempi della procedura, semplificando le modalità di presentazione delle relative domande di ammissione e prevedendo che in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo i creditori possano, a maggioranza dei crediti insinuati, confermare o effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori, nonché confermare il curatore ovvero richiederne la sostituzione indicando al giudice delegato un nuovo nominativo;
10) prevedere che, entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predisponga un programma di liquidazione da sottoporre, previa approvazione del comitato dei creditori, all’autorizzazione del giudice delegato contenente le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo, specificando:
a) se è opportuno disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa o di singoli rami di azienda, anche tramite l’affitto a terzi;
b) la sussistenza di proposte di concordato;
c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;
d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti, e che il comitato dei creditori possa proporre al curatore modifiche al programma presentato, prima di procedere alla sua votazione e che l’approvazione del programma sia subordinata all’esito favorevole della votazione da parte del comitato dei creditori;
11) modificare la disciplina della ripartizione dell’attivo, abbreviando i tempi della procedura e semplificando gli adempimenti connessi;
12) modificare la disciplina del concordato fallimentare, accelerando i tempi della procedura e prevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi che tengano conto della posizione giuridica e degli interessi omogenei delle varie categorie di creditori, nonché trattamenti differenziati per i creditori appartenenti a classi diverse; disciplinare le modalità di voto per classi, prevedendo che non abbiano diritto di voto i creditori muniti di privilegio, pegno ed ipoteca, a meno che dichiarino di rinunciare al privilegio; disciplinare le modalità di approvazione del concordato, modificando altresì la disciplina delle impugnazioni al fine di garantire una maggiore celerità dei relativi procedimenti;
13) introdurre la disciplina dell’esdebitazione e disciplinarne il relativo procedimento, prevedendo che essa consista nella liberazione del debitore persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti qualora:
a) abbia cooperato con gli organi della procedura fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e al proficuo svolgimento delle operazioni;
b) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare la procedura;
c) non abbia violato le disposizioni di cui alla gestione della propria corrispondenza;
d) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
e) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
f) non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.
14) abrogare la disciplina del procedimento sommario;
b) prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata;
c) prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni mobili, abbiano privilegio sulla generalità dei mobili del debitore con lo stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli 2752 e 2753 del codice civile, cui tuttavia è posposto;
d) modificare la disciplina dei reati commessi dal fallito secondo i seguenti principi:
1) prevedere i seguenti delitti:
a) bancarotta fraudolenta patrimoniale dell’imprenditore individuale, consistente in condotte contemporanee allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale, ovvero successive a detto provvedimento, di distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione o dissipazione del patrimonio che, a norma delle leggi civili, è destinato al soddisfacimento dei creditori; ovvero in condotte di esposizione o riconoscimento di passività inesistenti finalizzate ad arrecare pregiudizio ai creditori; ovvero in condotte di causazione intenzionale del dissesto, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale;
b) bancarotta fraudolenta documentale dell’imprenditore individuale, consistente in condotte contemporanee allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale, ovvero, successive a detto provvedimento, di sottrazione, distruzione, falsificazione di libri o scritture contabili con lo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori ovvero di tenuta delle scritture e dei libri contabili o di omessa tenuta dei medesimi, se previsti dalla legge, che rendono impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari;
c) bancarotta fraudolenta preferenziale dell’imprenditore individuale, consistente in condotte, contemporanee allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale, ovvero successive a detto provvedimento, di preferenza indebita o ingiustificata nei pagamenti o in altre prestazioni estintive di obbligazioni, allo scopo di favorire taluni creditori a danno di altri, ovvero di simulazione di titoli di prelazione;
2) prevedere il diritto di bancarotta semplice dell’imprenditore individuale, consistente nelle condotte di omessa o ritardata presentazione dell’istanza per l’apertura della procedura di liquidazione concorsuale che hanno aggravato il preesistente dissesto, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale;
3) prevedere il delitto di bancarotta del soggetto, cui è estesa la procedura di liquidazione concorsuale, consistente nei fatti descritti al numero 1), lettere a) e c), se commesse sui propri beni;
4) prevedere il delitto di bancarotta fraudolenta impropria consistente:
a) nei fatti di cui al numero 1 commessi dall’institore da chi svolge funzioni di amministrazione, direzione, controllo o liquidazione di società, di imprenditori collettivi o di enti dichiarati insolventi;
b) in condotte di abuso dei relativi poteri o di violazione dei relativi doveri da parte dei soggetti di cui alla lettera a) che abbiano cagionato il dissesto, ovvero nei fatti di cui agli articoli 2621, 2622, 2623, 2624, 2638 del codice civile, contemporanee all’insolvenza o al concreto pericolo dell’insolvenza, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale;
5) prevedere il delitto di bancarotta semplice impropria consistente nei fatti di cui al numero 2) commessi dall’institore, da chi svolge funzioni di amministrazione, direzione, controllo o di liquidazione di società, imprenditori collettivi o enti dichiarati insolventi, se segue il relativo provvedimento di apertura della procedura di liquidazione concorsuale;
6) prevedere il delitto di domande di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso con l’insolvente o con gli organi di società, enti, imprenditori collettivi dichiarati insolventi consistente nella condotta di presentazione di domande di ammissione di crediti fraudolentemente simulati, anche per interposta persona, ovvero in condotte che causano la diminuzione ingiustificata del patrimonio dell’insolvente, senza il suo concorso, da parte di chiunque, consapevole dello stato di dissesto o dell’apertura della procedura di liquidazione concorsuale, non è creditore o titolare di diritti sul patrimonio dell’insolvente; prevedere circostanze attenuanti, ad effetto speciale, nei casi in cui le predette domande sono ritirate prima del provvedimento di cui all’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 o, se manca l’accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell’esercizio dell’azione penale o nel caso in cui i beni, ingiustificatamente sottratti al patrimonio dell’insolvente, sono reintegrati anche per equivalente;
7) prevedere il delitto di falsa esposizione di dati o di informazioni o altri comportamenti fraudolenti consistente nella condotta di esposizione di informazioni false o di omissione di informazione imposte dalla legge per l’apertura delle procedure di amministrazione controllata, di concordato preventivo al fine di potervi accedere, ovvero per ottenere l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi dall’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero consistente in successivi atti o nei comportamenti di cui ai numeri 1) e 4) compiuti nel corso di esse; ovvero consistente nella simulazione di crediti inesistenti o di altri comportamenti di frode, al fine di influire sulla formazione delle maggioranze; prevedere che la stessa pena si applica al creditore che riceve il pagamento o accetta la promessa al fine dell’espressione del proprio voto;
8) prevedere per i predetti delitti la pena, da graduare in rapporto alla gravità degli illeciti:
a) della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e non superiore nel massimo a sei anni per i delitti descritti al numero 1 lettere a) e b) ed al numero 3), nella parte in cui rinvia ai fatti descritti al numero 1) lettera a) e 4;
b) della reclusione non inferiore nel minimo ad un anno e non superiore nel massimo a quattro anni per i delitti descritti ai commi 1), lettera c), 3) nella parte in cui rinvia ai fatti descritti al numero 1), lettera c), 6) e 7);
c) con la reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a due anni per i delitti di cui ai numeri 2) e 5);
9) stabilire disposizioni comuni e processuali ed in particolare:
a) prevedere circostanze aggravanti ed attenuanti, anche ad effetto speciale, per i reati di cui alla presente lettera nel caso di più fatti ovvero se il fatto ha causato rispettivamente un danno patrimoniale di rilevante gravità ovvero di speciale tenuità ovvero se, prima del giudizio o prima del provvedimento di cui all’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è intervenuta integrale riparazione del danno patrimoniale ai creditori ovvero se, mancando l’accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell’esercizio dell’azione penale, è intervenuta da parte dell’autore del fatto consegna della contabilità o di altri documenti idonei alla completa ricostruzione contabile del patrimonio o del movimento degli affari;
b) prevedere che alla condanna per i delitti di cui ai precedenti numeri 1), 4), e 5) consegue, in ogni caso, la pena accessoria della interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
7. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
L’articolo in commento, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato mediante il maxiemendamento e che al comma 1 reca la clausola di conversione del decreto legge, conferisce, al comma 2, una delega al Governo per modificare il codice di procedura civile.
Si ricorda che, in base all’articolo 15 della legge 400/1988, il Governo non può conferire deleghe legislative a mezzo di decreti-legge. La disposizione in esame, tuttavia, propone l’inserimento della norma di delega non già nell’articolato del decreto-legge, ma nel testo della legge di conversione.
Con il decreto legislativo, che dovrà osservare i principi e i criteri direttivi della delega nonché la normativa comunitaria (cfr. artt. 76, comma primo, e 117, comma primo Cost.), il Governo è chiamato anche a realizzare il necessario coordinamento con “le altre disposizioni vigenti”.
Il decreto legislativo è da adottare nel termine di sei mesi dalla entrata in vigore della legge di conversione, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa sottoposizione del relativo schema al parere della Assemblea Generale della Corte Suprema di Cassazione e delle competenti Commissioni parlamentari.
Nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore del predetto decreto legislativo, il Governo è autorizzato a emanare disposizioni correttive e integrative nel rispetto dei medesimi princìpi e procedure (non è ripetuta la clausola di rispetto della normativa comunitaria, peraltro desumibile dal summenzionato art. 117 Cost.).
I principi e criteri direttivi della delega, enunciati dal comma 3, ineriscono a due profili fondamentali (specificati mediante la successiva delineazione di una serie di ulteriori principi e criteri direttivi, nell’ambito delle lettere a) e b) del comma 3):
1) disciplinare il processo di cassazione “in funzione nomofilattica”;
Per dare una definizione di “funzione nomofilattica” gli interpreti fanno solitamente riferimento all’art. 65 della legge sull’ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio 1941 n. 12), che attribuisce alla Corte di cassazione il compito di garantire l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, nonché l’unità del diritto oggettivo nazionale. Tale disposizione sembra evidenziare la duplicità dei compiti attribuiti alla Cassazione, che da un lato garantisce l’attuazione della legge nel caso concreto (giurisdizione in senso stretto), e dall’altro tende a fornire indirizzi interpretativi tendenzialmente uniformi per finalità di unità dell’ordinamento (uniformazione della giurisprudenza). Parte della dottrina preferisce parlare di nomofilachia con riferimento specifico alla prima funzione (che si sostanzia nella garanzia dell’esatta osservanza del diritto da parte dei giudici di primo e secondo grado nei casi concreti da loro esaminati, tramite il meccanismo delle impugnazioni) più che alla funzione di uniformazione della giurisprudenza, mentre altra parte della dottrina preferisce riferire il concetto di nomofilachia più alla seconda attività che non alla prima.
Di particolare rilievo, in proposito, appare l’introduzione, seppur limitatamente ai rapporti tra sezioni semplici e sezioni unite della Corte di cassazione, e con alcuni temperamenti, del principio, sviluppatosi negli ordinamenti di Common Law, dello stare decisis: si stabilisce, infatti, che le sezioni semplici siano vincolate al precedente delle sezioni unite e che, ove non intendano aderirvi, debbano reinvestire le sezioni unite con ordinanza motivata.
Occorre, poi, segnalare, sempre in relazione al potenziamento del ruolo nomofilattico della Corte, la previsione concernente l’estensione del sindacato diretto sulla interpretazione ed applicazione dei contratti collettivi nazionali (a tal fine il legislatore delegato dovrebbe modificare la previsione di cui all’articolo 360, n. 3) c.p.c.), nonché l’attribuzione in via esclusiva alle sezioni unite della competenza a pronunciarsi sulle questioni di giurisdizione di cui all’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione (impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti).
2) riformare in senso razionalizzatore la disciplina dell’arbitrato.
L’arbitrato è uno strumento privato di soluzione delle liti, alternativo rispetto alla giurisdizione ordinaria.
In base all’articolo 806 del c.p.c. le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra loro insorte, tranne quelle previste dagli articoli 409 e 442 c.p.c. (si tratta delle controversie in materia di lavoro e di quelle che riguardano questioni di stato e separazione personale tra coniugi e delle altre che non possono formare oggetto di transazione). Al riguardo si rammenta che, ai sensi dell’articolo 1966 del codice civile, non possono essere transatti i diritti indisponibili; si tratta di quei diritti riconosciuti ad un soggetto per soddisfare, oltre al suo diretto interesse, anche un interesse ultraindividuale (come, ad esempio, quelli relativi allo status familiae).
Negli ultimi anni l’arbitrato ha conosciuto un periodo di grande utilizzazione, anche per effetto della celerità della procedura in relazione ai tempi ordinariamente necessari per lo svolgimento di un processo. Il legislatore, in parte prendendo atto di tale situazione, ha recentemente novellato l’istituto con la legge 5 gennaio 1994, n. 25, improntata proprio al principio di considerare l’arbitrato una possibilità alternativa rispetto al processo ordinario.
L’arbitrato si distingue in arbitrato rituale (gli arbitri decidono una lite con provvedimento destinato ad assumere efficacia di sentenza) ed irrituale (gli arbitri compongono la lite mediante un atto negoziale che le parti si impegnano a considerare espressione della loro volontà). Secondo la giurisprudenza il discrimine tra le due forme di arbitrato accennate non è formale, ma deve essere condotto alla stregua di una accurata indagine sulla volontà delle parti giusta l’utilizzazione dei consueti criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e ss. del codice civile.
I criteri da rispettare nella riforma di tale disciplina sono diretti, nel loro complesso, a valorizzare maggiormente la volontà delle parti, rendendo più agevole, di conseguenza, il ricorso a tale strumento alternativo di giurisdizione.
Viene previsto pertanto:
§ che la disponibilità dell’oggetto rappresenti l’unico e sufficiente presupposto dell’arbitrato – salva diversa disposizione di legge –, che per la stipulazione del compromesso occorrerà aver riguardo al potere di disporre in relazione al rapporto controverso e che negli arbitrati con pluralità di parti la disciplina dettata garantisca, nella nomina degli arbitri, il rispetto della volontà originaria o successiva delle parti ;
§ la messa a punto di una disciplina specifica dell’indipendenza e imparzialità degli arbitri, della loro responsabilità, e dell’istruzione probatoria;
§ il potere degli arbitri di conoscere in via incidentale delle questioni pregiudiziali non arbitrabili, salva diversa disposizione di legge;
§ una razionalizzazione dei tempi e delle forme di pronuncia del lodo, dei suoi effetti, del procedimento relativo;
§ la definizione dei rapporti tra arbitro e giudice;
§ la disciplina dell’arbitrato amministrato;
§ l’eliminazione del Capo VI (artt. 832 e ss.) dedicato all’arbitrato internazionale, con conseguente estensione delle norme relative all’arbitrato interno;
§ l’applicabilità delle norme sull’arbitrato in presenza di patto compromissorio comunque denominato, salva diversa ed espressa volontà delle parti e fermo restando il rispetto di alcuni principi fondamentali.
Va ricordato che presso la commissione giustizia della Camera sono all’esame alcune proposte di legge (A.C. 2463 ed abb.) dirette a disciplinare, nei suoi diversi aspetti, il fenomeno della conciliazione stragiudiziale professionale, quale mezzo di risoluzione alternativa delle controversie ispirato al modello anglo-americano dell’Alternative Dispute Resolution al quale si ricorre in caso di lite in materia civile e commerciale. Lo scopo è quello di ovviare, da un lato, ai costi ed ai ritardi della giustizia ordinaria, e, dall’altro, di rispondere in maniera più specifica a quelli che appaiono essere le reali esigenze ed i reali interessi delle parti.
Il comma 4 autorizza il Governo, nell’esercizio della delega, a revisionare la formulazione letterale e la sistemazione topografica degli articoli del vigente codice e delle altre norme processuali civili vigenti non direttamente investiti dai principi di delega, in modo da accordarle con le modifiche apportate dalla “legge delegata”.
Non è del tutto chiaro se con la locuzione “revisionare la formulazione letterale” si autorizzi un mero coordinamento lessicale o un intervento sulla sostanza normativa delle disposizioni “non direttamente investite” dai principi di delega.
Il fatto che il riferimento sia non solo alle norme del codice di rito, ma anche alle disposizioni processuali extra codicem, tuttavia, può far ritenere che il Governo sia autorizzato ad incidere anche sulla sostanza, posto che nel comma 2 è già presente una autorizzazione al coordinamento con le “altre disposizioni vigenti”.
Il comma 5 reca una delega al Governo per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
Si ricorda che il regio decreto da ultimo citato reca la Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa.
La delega è da esercitare, con uno o più decreti legislativi, nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.
I decreti legislativi attuativi saranno adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive. I relativi schemi di provvedimento dovranno essere trasmessi al Parlamento, ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti. I citati pareri devono essere resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Ove però il suddetto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto per l’esercizio della delega o successivamente, la scadenza di quest’ultimo è prorogata di sessanta giorni.
Si ricorda che, nel testo originario del decreto-legge in conversione, è presente una disposizione (art. 2) che ha recato modifiche direttamente operative (in quanto redatte in forma di novelle) alla normativa in materia fallimentare . Si rammenta altresì che modifiche alla normativa in materia fallimentare sono previste anche dall’art. 2 del disegno di legge A.C. 5736 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), presentato dal Governo alla Camera in data 22 marzo 2005.
L’indicazione dei principi e criteri direttivi cui deve informarsi il Governo è contenuta nel successivo comma 6.
La tecnica normativa prescelta consiste nella enunciazione di quattro “principi-base”, delineati nelle lettere a), b) c) e d), ad alcuni dei quali segue una ulteriore enumerazione di principi direttivi, per così dire, di “secondo” e “terzo grado”.
Tra i cennati “principi-base” il comma 6 annovera:
- “modificare la disciplina del fallimento” secondo i principi di “secondo grado” enumerati nel prosieguo della lettera a), numeri da 1) a 14, ad esempio valorizzando il ruolo del comitato dei creditori, specificando le competenze professionali dei curatori, intervenendo sulla disciplina dell’azione revocatoria, privilegiando la continuazione dell’esercizio dell’impresa, modificando la disciplina del concordato fallimentare ed introducendo ex novo l’istituto dell’esdebitazione, ecc…);
- prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata (lettera b);
- prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme relative all’imposta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni mobili, abbiano privilegio sulla generalità dei mobili del debitore con lo stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli 2752 e 2753 del codice civile, cui tuttavia è posposto (lettera c);
Si ricorda che i citati articoli del codice civile prevedono, rispettivamente, che:
- hanno privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone fisiche, per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche e per l'imposta locale sui redditi, diversi da quelli indicati nel primo comma dell'art. 2771, iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui il concessionario del servizio di riscossione procede o interviene nell'esecuzione e nell'anno precedente; hanno altresì privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le soprattasse dovute secondo le norme relative all'imposta sul valore aggiunto; hanno lo stesso privilegio, subordinatamente a quello dello Stato, i crediti per le imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province previsti dalla legge per la finanza locale e dalle norme relative all'imposta comunale sulla pubblicità e ai diritti sulle pubbliche affissioni;
- hanno privilegio generale sui mobili del datore di lavoro i crediti derivanti dal mancato versamento dei contributi ad istituti, enti o fondi speciali, compresi quelli sostitutivi o integrativi, che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti.
Si segnala che i privilegi di cui all’art. 2752 e quelli di cui all’art. 2753 c.c. non sono equiordinati nell’ordine delineato dall’art. 2778 c.c.: i primi sono posizionati sub n. 1, i secondi sub nn. 18-20.
- “modificare la disciplina dei reati commessi dal fallito” (lettera d), tra cui diverse tipologie di bancarotta fraudolenta.
La legge fallimentare prevede attualmente fattispecie di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice.
Il delitto di bancarotta fraudolenta è previsto dall'art. 216 della legge fallimentare. Commette questo delitto l'imprenditore che, prima dell'intervento della sentenza di fallimento, ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti[1] (c.d. bancarotta patrimoniale). Si configura la bancarotta anche se le predette condotte sono commesse dopo la sentenza e durante la procedura fallimentare (c.d. bancarotta post-fallimentare).
Commette altresì il medesimo delitto l'imprenditore dichiarato fallito che sottrae, distrugge o falsifica i libri e le scritture contabili allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare un danno ai creditori (c.d. bancarotta documentale), ovvero esegue pagamenti o simula titoli di prelazione per favorire taluno dei creditori[2] (c.d. bancarotta preferenziale).
Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo dall'imprenditore commerciale, cui vengono equiparati l'imprenditore occulto e colui che esercita l'attività commerciale per il perseguimento di un fine illecito. Con il fallito può concorrere nel reato anche un terzo, se la sua attività si è inserita nel processo criminoso con efficacia causale sull'evento.
L'elemento soggettivo, secondo alcuni, consiste nella volontà del soggetto agente di trarre profitto, per sé o per altri, dei fatti commessi con pregiudizio ai creditori (dolo specifico). Altri autori invece ritengono che sia sufficiente il dolo generico, ossia la solo volontà di compiere i vari atti a prescindere dallo scopo[3].
La pena è fissata nella reclusione da 3 a 10 anni in caso di bancarotta patrimoniale e documentale; nella reclusione da 1 a 5 anni in caso di bancarotta preferenziale. Inoltre, la specifica condanna per bancarotta fraudolenta comporta per 10 anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e, sempre per 10 anni, l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Attualmente, ai sensi dall'art. 217 L.F., commette il delitto di bancarotta semplice l'imprenditore, dichiarato fallito, che effettua spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica, che consuma parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti, che compie gravi atti per ritardare il fallimento, che aggrava il proprio dissesto, omettendo la richiesta di fallimento (c.d. bancarotta patrimoniale) e, infine, che non soddisfa le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.
Commette altresì il medesimo delitto l'imprenditore, poi dichiarato fallito, che nei 3 anni precedenti alla dichiarazione di fallimento non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritte dalla legge, o li ha tenuti in maniera incompleta (c.d. bancarotta documentale).
Anche in questi casi si tratta di reati propri, che possono essere commessi solo dall'imprenditore commerciale, mentre l'elemento soggettivo può essere anche solo la colpa, ritenendosi quindi sufficiente ai fini della punibilità che il fallito abbia agito con imprudenza, imperizia o negligenza. Il dolo è richiesto solo in relazione all'inadempimento delle obbligazioni assunte in un precedente concordato[4].
La pena è fissata nella reclusione da 6 mesi a 2 anni, cui si aggiunge l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per massimo 2 anni.
Come detto, per punire il reato di bancarotta (fraudolenta o semplice) è necessaria la dichiarazione di fallimento e quindi occorre che il soggetto che commette il reato sia imprenditore commerciale non piccolo.
Peraltro, la legge fallimentare prevede che a rispondere dei fatti di bancarotta commessi nella gestione possa essere chiamato anche l'institore, vale a dire il direttore di un'autonoma branca di impresa, nonostante che tali fatti siano stati compiuti per incarico dell'imprenditore (art. 227 L.F., v. infra commento all'art. 7 p.d.l.).
Inoltre, nel caso di fallimento delle società, l'art. 223 L.F. prevede l'applicazione delle pene previste per il reato di bancarotta fraudolenta anche agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori delle società stesse, laddove questi abbiano commesso uno dei fatti previsti dall'art. 216 L.F.
In particolare, per gli amministratori di queste società quando interviene una sentenza di fallimento, i reati comuni previsti dal codice civile (es. false comunicazioni sociali, illegale ripartizione degli utili, divulgazione di notizia sociali riservate, violazione degli obblighi incombenti sugli amministratori, manovre fraudolente sui titoli della società) vengono puniti con le pene, assai più gravi, previste per il reato di bancarotta fraudolenta.
Allo stesso modo si applicano le pene previste per la bancarotta fraudolenta nel caso in cui gli organi della società abbiano causato, con dolo o per effetto di operazioni dolose, il fallimento della società, oppure quelle previste per la bancarotta semplice nel caso in cui abbiano concorso a determinare o ad aggravare il dissesto della società con l'inosservanza degli obblighi di legge (art. 224 L.F.).
Anche ai condannati per i fatti di bancarotta si applica la sanzione accessoria dell'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale per 10 anni e, sempre per 10 anni, dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Va ricordato infine che l'articolo 232 della legge fallimentare prevede al primo comma il reato di domanda di ammissione di crediti simulati. Commette questo reato chiunque, fuori dei casi di concorso in bancarotta, anche per interposta persona, presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato[5].
Si tratta di un reato comune (chiunque) la cui condotta non si esaurisce nella presentazione della domanda di ammissione al passivo, ma comprende anche la fraudolenta simulazione, che deve accompagnare o precedere l'istanza di insinuazione.
La fattispecie rientra nella categoria dei reati di pericolo e, più precisamente, di pericolo presunto: per la sussistenza del reato pertanto non è necessario che la condotta abbia cagionato un danno effettivo al fallimento e alle aspettative dei creditori ammessi al concorso, ma è sufficiente che il pericolo di tale danno derivi presuntivamente dalla presentazione del credito fraudolentemente simulato, senza che ne rilevi l'ammissione o meno al passivo. L'elemento soggettivo viene individuato nel dolo generico.
La pena è la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da euro 51,65 a euro 516,46; il reato è attenuato e la pena dimezzata se la domanda è ritirata prima della verifica dello stato passivo (comma 2).
La norma di delega in esame fornisce una nuova definizione delle diverse tipologie dei reati commessi dal fallito.
In particolare, per quanto riguarda il delitto di bancarotta fraudolenta vengono individuate le seguenti categorie:
§ bancarotta fraudolenta patrimoniale: è caratterizzata da condotte dell’imprenditore individuale, precedenti o successive all’apertura della procedura concorsuale, incidenti direttamente sulla consistenza del patrimonio, in pregiudizio dei creditori (n. 1, lett. a);
§ bancarotta fraudolenta documentale: è caratterizzata da condotte dell’imprenditore individuale, precedenti o successive all’apertura della procedura concorsuale, incidenti sull’esattezza delle risultanze dei libri e delle scritture contabili, in pregiudizio dei creditori (n. 1, lett. b);
§ bancarotta fraudolenta preferenziale: è caratterizzata da condotte dell’imprenditore individuale, precedenti o successive all’apertura della procedura concorsuale, dirette a realizzare preferenze indebite nei pagamenti (n. 1, lett. c)
§ bancarotta fraudolenta impropria: consiste nelle condotte precedenti commesse dall’institore o da chi svolge funzioni di amministrazione, direzione, controllo o liquidazione di società (n. 4, lett. a) e b).
Inoltre, per quanto concerne il delitto di bancarotta semplice, vengono individuate le seguenti tipologie:
§ bancarotta semplice: è caratterizzata dall’omessa o ritardata presentazione da parte dell’imprenditore dell’istanza di fallimento che abbia aggravato il dissesto patrimoniale (n. 2);
§ bancarotta semplice impropria: consiste nella condotta sopra descritta commessa dall’institore o da chi svolge funzioni di amministrazione, direzione, controllo o liquidazione di società (n. 5).
Viene infine fornita la definizione del delitto di bancarotta del soggetto cui è estesa la procedura di liquidazione concorsuale che abbia commesso sui propri beni i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale e preferenziale (n. 3).
Sono inoltre definite due ulteriori tipologie di reato, non rientranti propriamente nella fattispecie di bancarotta. Si tratta in particolare:
§ della condotta posta in essere da chiunque, senza il concorso dell’insolvente, domandi l’ammissione di crediti fraudolentemente simulati o consapevolmente causi la diminuzione ingiustificata del patrimonio dell’insolvente (n. 6);
§ della condotta di esposizione di false informazioni al fine di poter accedere o di poter comunque condizionare le procedure di amministrazione controllata, di concordato preventivo, ovvero di ottenere l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182-bis della legge fallimentare (n. 7).
I principi e criteri direttivi per la definizione delle sanzioni applicabili ai reati sopra descritti sono contenuti nei nn. 8 e 9. Viene prevista:
§ la reclusione da 2 a 6 anni per i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale (n. 1, lett. a), documentale (n. 1, lett. b) e impropria (n. 4) nonché per il delitto di bancarotta del soggetto cui è estesa la procedura di liquidazione concorsuale (n. 3), laddove abbia commesso i fatti di bancarotta fraudolenta patrimoniale;
§ la reclusione da 1 a 4 anni per i delitti di bancarotta fraudolenta preferenziale (n. 1, lett. c), per le due nuove tipologie di reato definite ai n. 6 e 7 (cfr. sopra), nonché per il delitto di bancarotta del soggetto cui è estesa la procedura di liquidazione concorsuale (n. 3), laddove abbia commesso i fatti di bancarotta fraudolenta preferenziale;
§ la reclusione da 6 mesi a 2 anni per i delitti di bancarotta semplice e di bancarotta semplice impropria.
Infine, il n. 9 prevede i presupposti per l’applicazione di circostanze aggravanti e attenuanti e dispone in tema di pene accessorie.
Il comma 7 dispone sull’entrata in vigore del provvedimento.
1. Per il rilancio del sistema portuale italiano, con l’obiettivo di consentire l’ingresso e l’uscita delle merci dal territorio doganale dell’Unione europea in tempi tecnici adeguati alle esigenze dei traffici, nonché per l’incentivazione dei sistemi logistici nazionali in grado di rendere più efficiente lo stoccaggio, la manipolazione e la distribuzione delle merci, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è definito, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di servizi di polizia doganale, il riassetto delle procedure amministrative di sdoganamento delle merci, con l’individuazione di forme di semplificazione e di coordinamento operativo affidate all’Agenzia delle dogane, per le procedure di competenza di altre amministrazioni che concorrono allo sdoganamento delle merci, e comunque nell’osservanza dei principi della massima riduzione dei termini di conclusione dei procedimenti e della uniformazione dei tempi di conclusione previsti per procedimenti tra loro analoghi, della disciplina uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione, dell’accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla medesima attività, dell’adeguamento delle procedure alle tecnologie informatiche, del più ampio ricorso alle forme di autocertificazione, sulla base delle disposizioni vigenti in materia. È fatta salva la disciplina in materia di circolazione in ambito internazionale dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
2. Ai fini di cui al comma 1, i soggetti deputati a rilasciare le prescritte certificazioni possono comunque consentire, in alternativa, la presentazione di certificazioni rilasciate da soggetto privato abilitato.
3. Al comma 380 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: «Agenzia delle entrate» sono inserite le seguenti: «e all’Agenzia delle dogane».
4. Per garantire il potenziamento e la piena efficienza delle apparecchiature scanner in dotazione all’Agenzia delle dogane installate nei maggiori porti ed interporti del territorio nazionale, favorire la presenza delle imprese sul mercato attraverso lo snellimento delle operazioni doganali corrette ed il contrasto di quelle fraudolente, nonché assicurare un elevato livello di deterrenza ai traffici connessi al terrorismo ed alla criminalità internazionale, l’Agenzia delle dogane utilizza, entro il limite di ottanta milioni di euro, le maggiori somme rispetto all’esercizio precedente versate all’Italia dall’Unione europea e che, per effetto del n. 3) della lettera i) del comma 1 dell’articolo 3 della legge 10 ottobre 1989, n. 349, sono disponibili per l’acquisizione di mezzi tecnici e strumentali nonché finalizzate al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi.
I commi 1 e 2 dell'articolo 1 mirano al rilancio del sistema portuale italiano e in generale al rafforzamento del sistema doganale, prescrivendo allo scopo il riassetto delle procedure amministrative relative all'attività di sdoganamento delle merci.
Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.S. 3344), il volume dei traffici commerciali svolti via mare corrisponde al 95% circa dei traffici commerciali internazionali complessivi. Tale dato, unito alla molteplicità e complessità delle operazioni legate all'attività di sdoganamento delle merci, ha creato l'esigenza di un maggiore coordinamento dei soggetti coinvolti nell'attuazione di tali operazioni.
Si ricorda che disposizioni in materia di rafforzamento delle strutture dell’Agenzia delle dogane sono state previste dai commi da 50 a 60 dell’articolo 4 della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003).
I commi 50-53 prevedono la costituzione di una centrale operativa e di una banca dati al fine di rafforzare il controllo e l’analisi delle attività doganali per operazioni antifrode.
In particolare, il comma 50 dispone l’installazione di lettori ottici (scanner) negli spazi doganali e la costituzione di una corrispondente centrale operativa presso l’Agenzia delle dogane nonché di una banca dati contenente le immagini scandite e quelle derivanti dall’utilizzo di analoghe apparecchiature in dotazione alla Guardia di finanza.
Il comma 57 istituisce lo “sportello unico doganale” per la semplificazione delle operazioni di importazione ed esportazione e rimette a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione dei termini del procedimento amministrativo per l’assolvimento di tali operazioni doganali. In particolare, è prevista la costituzione dello sportello presso gli uffici dell’Agenzia delle Dogane, al fine di agevolare le attività di importazione e di esportazione e di concentrare in esso i termini delle operazioni istruttorie a queste connesse, anche ove appartengano alla competenza di amministrazioni diverse.
Il comma 58 dispone che, fatte salve tutte le competenze di legge, lo sportello unico raccolga tutte le istanze inviate dagli operatori anche in via telematica e successivamente trasmetta le informazioni raccolte alle amministrazioni interessate per favorire il coordinamento dei rispettivi procedimenti e attività.
La medesima relazione illustrativa sottolinea che, “in attesa che trovi definitiva applicazione il disposto dei commi 57-59 dell’articolo 4 della legge n. 350 del 2003, che istituiscono lo sportello unico doganale, appare indispensabile procedere a forme di semplificazione”.
Allo scopo di consentire che l'esercizio dell'attività doganale dell'Unione europea si realizzi in tempi tecnici adeguati alle esigenze dei traffici commerciali e per il miglioramento dei sistemi logistici italiani, il comma 1 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri si proceda al riordino delle procedure amministrative di sdoganamento delle merci, nel rispetto della normativa vigente in materia di servizi di polizia doganale.
A tale fine esso prevede che il menzionato decreto individui forme di semplificazione e di coordinamento operativo che saranno affidate all'Agenzia delle dogane per le procedure di competenza di altre amministrazioni, salva la disciplina in materia di circolazione in ambito internazionale dei beni culturali prevista dal decreto legislativo n. 42 del 2004.
Si ricorda che la circolazione dei beni culturali in ambito internazionale è disciplinata dal Capo V del Titolo I del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio. Tale Capo V si compone di quattro sezioni, nelle quali vengono rispettivamente regolamentate: l'uscita dei beni culturali dal territorio nazionale e il loro ingresso nel territorio nazionale (Sezione I), la loro esportazione dal territorio dell'Unione europea (Sezione II), la restituzione di beni culturali illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro dell'Unione europea (Sezione III), l'attuazione degli impegni assunti con la Convenzione Unidroit (Sezione IV).
Le misure di semplificazione dovranno in ogni caso essere informate all'armonizzazione delle metodologie, all'uniformazione o all’unificazione dei procedimenti analoghi, all'informatizzazione delle procedure e al più ampio ricorso alle forme di autocertificazione, in osservanza delle disposizioni vigenti in materia. L’agenzia delle dogane assolverà una funzione di coordinamento delle operazioni che coinvolgono più amministrazioni, anche al fine di ridurre i termini di conclusione dei procedimenti.
Nelle procedure di sdoganamento delle merci, oltre ai compiti di polizia di competenza sia della Guardia di finanza e delle altre forze di polizia, intervengono le strutture operative di diverse amministrazioni, quali ad esempio, le aziende sanitarie per i controlli sugli alimenti e sul bestiame, il Ministero dell’ambiente e il Ministero delle politiche agricole e forestali, attraverso il Corpo forestale dello Stato, per il controllo sugli esemplari di fauna e flora minacciati di estinzione.
Nell'ambito delle procedure di semplificazione di cui al precedente comma, il comma 2 conferisce in ogni caso ai soggetti deputati al rilascio delle certificazioni la possibilità di ammettere, in alternativa, certificazioni rilasciate da soggetti privati abilitati.
A titolo di esempio, per lo sdoganamento di capi di bestiame, in luogo del veterinario della ASL competente, la certificazione sanitaria potrà essere rilasciata anche da un veterinario privato a tal fine abilitato.
Il comma 3 interviene sul comma 380 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005, estendendo all'Agenzia delle dogane la possibilità di ricevere in via telematica le informazioni, attinenti alla verifica di adempimenti fiscali relativi all'immatricolazione dei veicoli, trasmesse dai soggetti d’imposta. Sino ad ora tale possibilità era prevista per la sola Agenzia delle entrate.
A tal proposito si ricorda che i commi da 378 a 380 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) sono diretti a contrastare le frodi relative all’IVA sui veicoli provenienti dagli Stati dell’Unione europea. In particolare, il comma 380 stabilisce che la procedura di trasmissione telematica delle informazioni inviate dai soggetti di imposta che effettuano acquisti intracomunitari di autoveicoli all'Agenzia delle entrate sarà definita con la convenzione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia delle dogane, prevista dall'articolo 1, comma 1-bis, del D.P.R. n. 358 del 2000, come modificato dal D.P.R. n. 224 del 2004.
Il comma 4 prevede l'utilizzo da parte dell'Agenzia delle dogane, entro il limite di 80 milioni di euro, delle maggiori somme versate all’Italia dall’Unione europea rispetto all’esercizio precedente. Conformemente al disposto dell’articolo 3, comma 1, lettera i), numero 3, della legge 10 ottobre 1989, n. 349[6], tali somme sono disponibili per l'acquisizione di mezzi tecnici e strumentali e finalizzate al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi da parte dell’amministrazione doganale.
In particolare, la disposizione ìndica le finalità di:
- potenziare e migliorare la funzionalità e l'efficienza dei lettori ottici (scanner) in dotazione all'Agenzia, installati nei maggiori centri portuali e interportuali del territorio nazionale;
- favorire la presenza delle imprese sul mercato mediante la semplificazione delle operazioni doganali e il contrasto delle frodi;
- garantire un elevato livello di deterrenza nei riguardi dei traffici connessi al terrorismo e alla criminalità internazionale.
Secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa del Governo, allo scopo di adempiere al proprio ruolo nel contrasto dei traffici illeciti e delle frodi e garantire la tutela fiscale ed erariale relativa a diritti doganali e accise, a partire dal 2001 l'Agenzia delle dogane si è dotata di nuovi strumenti tecnici, tra i quali 28 apparecchiature scanner che sono state installate nei principali porti e interporti italiani.
Tali apparecchiature andrebbero potenziate anche in vista di un allargamento del programma CSI (Container Security Initiative), predisposto dall’americana U.S. Customs and Border Protection, il quale prevede che il controllo dei contenitori imbarcati in porti esteri e diretti negli USA venga effettuato dagli addetti locali con la collaborazione del personale delle dogane statunitensi. A tal proposito si ricorda che le Dogane italiane e la Guardia di finanza hanno stabilito un protocollo d’intesa operativo per realizzare in comune una migliore analisi preventiva nei porti italiani che fanno parte del CSI. L’accordo è mirato a identificare le spedizioni ad alto rischio e a combattere in maniera più efficace il terrorismo internazionale.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Nell’ambito delle proposte collegate alle prospettive finanziarie 2007-2013[7], il 6 aprile 2004 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sul nuovo programma di cooperazione “Dogane 2013” (COM(2005)111), che sostituirà l’analogo programma esistente[8].
La Commissione propone un aumento della dotazione finanziaria su sette anni, che dovrebbe passare da 157 e 324 milioni di euro. Il programma mira al miglioramento delle reti informatizzate transeuropee e della cooperazione tra autorità nazionali degli Stati membri e con quelle dei Paesi aderenti o dei Paesi terzi. La Commissione europea presenterà le relative proposte legislative all'inizio del 2006.
Il 25 giugno 2002 la Commissione europea ha presentato unaproposta di regolamento relativa alla prevenzione del riciclaggio di capitali mediante la cooperazione doganale (COM(2002)238).
Attualmente, solo sei Stati membri dell’UE controllano i movimenti di denaro in contanti alle frontiere: la Francia, la Germania, la Grecia, l'Italia, il Portogallo e la Spagna. La proposta prevede che, chiunque entri o esca dal territorio doganale della Comunità trasportando una somma di denaro contante pari o superiore a quindicimila euro, sia soggetto ad un obbligo di dichiarazione scritta alla dogana. I doganieri saranno abilitati a controllare i viaggiatori, i loro bagagli e a sequestrare gli importi trovati per un periodo massimo di tre giorni lavorativi, periodo che potrà essere prorogato secondo le necessità dell'indagine.
Il 16 novembre 2004 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla posizione comune, con il voto contrario della delegazione italiana. Il Consiglio ha deciso di fissare a diecimila euro il massimale oltre il quale scatta per le persone fisiche l’obbligo di dichiarare il denaro contante al momento dell’attraversamento delle frontiere[9]. La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà esaminata in seconda lettura dal PE presumibilmente nella sessione di giugno 2005.
5. È istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un apposito Fondo con la dotazione di 34.180.000 euro per l’anno 2005, di 39.498.000 euro per l’anno 2006, di 38.700.000 euro per l’anno 2007 e di 42.320.000 euro a decorrere dall’anno 2008, per le esigenze connesse all’istituzione del Sistema d’informazione visti, finalizzato al contrasto della criminalità organizzata e della immigrazione illegale attraverso lo scambio tra gli Stati membri dell’Unione europea di dati relativi ai visti, di cui alla decisione 2004/512/CE del Consiglio, dell’8 giugno 2004. Al riparto del Fondo di cui al presente comma si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti. All’onere di cui al presente comma si provvede:
a) quanto a euro 4.845.000 per il 2005, a euro 15.000.000 per ciascuno degli anni 2006 e 2007, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando, per euro 1.345.000 per il 2005 e per euro 15.000.000 per ciascuno degli anni 2006 e 2007, l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e, per euro 3.500.000 per il 2005, l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno;
b) a euro 22.566.000 per il 2007 e ad euro 42.320.000 a decorrere dal 2008, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 3;
c) quanto a euro 29.335.000 per il 2005, a euro 24.498.000 per il 2006 e ad euro 1.134.000 per il 2007, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al predetto Ministero.
Il comma 5 dell’articolo 1 istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per le esigenze connesse all’istituzione del Sistema d’informazione visti, finalizzato al contrasto della criminalità organizzata e della immigrazione illegale attraverso lo scambio tra gli Stati membri dell’Unione europea di dati relativi ai visti.
Il Sistema d’informazione visti (VIS) è stato istituito dalla decisione del Consiglio 2004/512/CE dell’8 giugno 2004. Si tratta di un sistema di scambio tra gli Stati membri dell’Unione europea di dati relativi ai visti, che permette alle autorità nazionali autorizzate di inserire e aggiornare dati e consultarli per via elettronica.
Il VIS, realizzato su una struttura centralizzata, è organizzato secondo un sistema d’informazione centrale (CS-VIS); è prevista un’interfaccia in ciascuno Stato membro (NI-VIS) che assicura il collegamento con la competente autorità centrale nazionale del rispettivo Stato membro; è prevista inoltre un’infrastruttura di comunicazione tra il sistema centrale d’informazione visti e le interfacce nazionali.
Il Sistema centrale d’informazione visti, l’interfaccia nazionale in ciascuno Stato membro e l’infrastruttura di comunicazione tra il sistema centrale e le interfacce nazionali sono sviluppati dalla Commissione; le infrastrutture nazionali sono adeguate o sviluppate dagli Stati membri.
La Commissione ha anche il compito di presentare una relazione annuale al Parlamento europeo e al Consiglio sulla situazione dello sviluppo del Sistema centrale d’informazione visti, dell’interfaccia nazionale in ciascuno Stato membro e dell’infrastruttura di comunicazione tra il sistema centrale e le interfacce nazionali.
La dotazione del fondo è la seguente:
§ per l’anno 2005: 34.180.000 euro;
§ per l’anno 2006: 39.498.000 euro;
§ per l’anno 2007: 38.700.000 euro;
§ a decorrere dal 2008: 42.320.000 euro annui.
Il riparto del fondo è demandato a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dei ministri competenti.
Per ciò che concerne la copertura finanziaria, essa è individuata attingendo:
§ agli accantonamenti relativi ai Ministeri degli affari esteri e dell’interno nel fondo speciale di parte corrente (quanto a euro 4.845.000 per il 2005 e ad euro 15.000.000 per ciascuno degli anni 2006 e 2007);
§ agli accantonamenti relativi al Ministero dell’economia e delle finanze nel fondo speciale di conto capitale (quanto a euro 29.335.000 per il 2005, a euro 24.498.000 per il 2006 e ad euro 1.134.000 per il 2007);
§ a parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 3 del decreto-legge (sul quale, vedi infra), recante nuove misure di identificazione e controllo sugli apparecchi da intrattenimento (quanto a euro 22.566.000 per il 2007 e ad euro 42.320.000 a decorrere dal 2008).
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Secondo quanto previsto dal nuovo programma pluriennale per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea, il cosiddetto programma dell’Aia[10], la Commissione presenterà nel 2005 una proposta sull'istituzione di centri comuni per la presentazione delle domande di visto, collegata allo sviluppo del Sistema informativo visti (VIS). E’ previsto inoltre che quest’ultimo sia attuato incorporando i dati alfanumerici e le fotografie al più tardi entro il 2006, e i dati biometrici entro il 2007.
Nel settore dei visti, la Presidenza lussemburghese intende dedicare particolare attenzione ai lavori relativi alla proposta di regolamento del 7 luglio 2004 (COM(2004)437, procedura di consultazione) che modifica il regolamento (CE) n. 539/2001(che stabilisce l'elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere o meno in possesso del visto e l’elenco di quelli i cui cittadini sono esenti da tale obbligo) in relazione al meccanismo di reciprocità e all’avvio del processo che dovrebbe condurre alla creazione di centri comuni per la presentazione delle domande di visto.
L'articolo 1, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 539/2001 comporta un meccanismo di reciprocità, che si applica nel caso in cui un paese terzo incluso nell'elenco di cui all'allegato II del regolamento (elenco positivo) introduca l'obbligo del visto per i cittadini di uno Stato membro. Il meccanismo prevede, su sollecitazione dello Stato membro "vittima" della misura, una reazione comune nei confronti del paese terzo in causa, che si articola in una serie di fasi successive.
Il Parlamento europeo ha esaminato la proposta nella sessione del 28 aprile 2005, approvandola con emendamenti.
Articolo 1, comma 6
(Incremento intervento della SIMEST Spa)
6. Il limite massimo di intervento della Simest S.p.a., come previsto dalla legge 24 aprile 1990, n. 100, è elevato al 49 per cento per gli investimenti all’estero che riguardano attività aggiuntive delle imprese, derivanti da acquisizioni di imprese, «joint-venture» o altro e che garantiscano il mantenimento delle capacità produttive interne. Resta ferma la facoltà del CIPE di variare, con proprio provvedimento, la percentuale della predetta partecipazione.
Il comma 6 tende ad elevare il limite massimo di intervento della Simest S.p.a. per gli investimenti all’estero, derivanti da acquisizioni di imprese, “joint-venture” o altre tipologie di intervento finanziario, dal 25 per cento attualmente previsto dall'articolo 3, comma 1, della legge 24 aprile 1990, n. 100, al 49 per cento.
Al fine di poter fruire dell’incremento del limite di intervento della Società, gli investimenti all’estero devono congiuntamente:
a)riguardare attività delle imprese aventi carattere aggiuntivo (cioè, sembra doversi ritenere, diverse e ulteriori rispetto a quelle che risultino già avviate dalle imprese stesse alla data dell'entrata in vigore del provvedimento);
b) garantire comunque il mantenimento delle capacità produttive interne.
E’ fatta salva la facoltà del CIPE di variare, con proprio provvedimento, la percentuale della partecipazione della Simest.
Istituita come società per azioni nel 1990 sulla base di quanto previsto dalla legge n. 100 del 1990, la SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero - ha iniziato ad essere operativa nel 1991, ed è controllata dallo Stato, che ne detiene il 76 per cento del pacchetto azionario (le quote rimanenti fanno capo a banche, imprese, associazioni imprenditoriali e di categoria).
La missione della Società è la promozione del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e l’assistenza degli imprenditori nelle loro attività all’estero, mediante la partecipazione alle società estere partecipate da imprese italiane (c.d. joint-ventures) ovvero ai consorzi che prestano servizi alle imprese, nonché l’offerta di servizi di assistenza e consulenza e la concessione di garanzie a favore delle imprese presso gli intermediari finanziari.
L'attività della SIMEST è stata potenziata dal decreto legislativon. 143 del 1998, recante "Disposizioni in materia di commercio coi l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59", attraverso l'introduzione di modifiche alla stessa legge istitutiva che, tra l’altro, hanno riguardato: l’estensione dell’intervento di partecipazione della SIMEST alle società a capitale interamente italiano operanti all’estero e alle imprese con stabile organizzazione in uno Stato UE controllate da imprese italiane; l’aumento della quota di partecipazione ordinaria assumibile dalla SIMEST dal 15 al 25% del capitale sociale; l’attribuzione al CIPE della facoltà di individuare le ipotesi in cui possono essere derogati i limiti massimi indicati dalla legge in relazione alla quota di partecipazione e al termine per la cessione delle partecipazioni; la possibilità per la SIMEST di erogare finanziamenti diretti alle imprese partecipate (anche in cooperazione con istituzioni finanziarie internazionali) ed acquisire partecipazioni in società finanziarie, assicurative, di leasing e di factoring; la trasformazione dell’intervento di credito agevolato in contributo sugli interessi.
In particolare, ai sensi dell’articolo1, comma 2, della legge n. 100/99 la Simest Spa è autorizzata:
a) a promuovere la costituzione di società all'estero da parte di società ed imprese, anche cooperative, e loro consorzi e associazioni, cui possono partecipare enti pubblici economici ed altri organismi pubblici e privati;
b) a partecipare, con quote di minoranza, nel limite del 25 per cento del capitale o fondo sociale della società o impresa oggetto della partecipazione a società ed imprese all'estero, anche già costituite (limite ora elevato, come si è appena visto, al 49 per cento);
c) a sottoscrivere obbligazioni convertibili in azioni e acquistare certificati di sottoscrizione e diritti di opzione di quote o azioni delle società ed imprese di cui alle lettere a) e b), con il limite previsto alla lettera b);
d) a partecipare ad associazioni temporanee di imprese e ad altri accordi di cooperazione tra società ed imprese all'estero, ancora con il limite previsto alla lettera b);
e) ad effettuare, a favore delle società ed imprese partecipate, ogni altra operazione di assistenza tecnica, amministrativa, organizzativa e finanziaria;
f) ad effettuare ricerche di mercato, sondaggi e studi di fattibilità, anche mediante apposite convenzioni, preordinate alla costituzione di società ed imprese all'estero, anche d'intesa con l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE);
g) a rilasciare garanzia in favore di aziende ed istituti di credito italiani o esteri per finanziamenti a soci esteri locali a fronte della loro partecipazione nelle società ed imprese, sempre nel rispetto del limite di cui alla lettera b);
h) a partecipare, in posizione di minoranza, a consorzi e società consortili, fra piccole e medie imprese che abbiano come scopo la prestazione di servizi reali a favore di imprese all'estero ed usufruiscano dei contributi o di altre agevolazioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;
h-bis)a concedere finanziamenti, di durata non superiore ad otto anni, alle imprese o società estere di cui alla lettera b), in misura non eccedente il 25 per cento dell'impegno finanziario previsto dal programma economico dell'impresa o società estera. Tale limite è aumentato al 50% dell'impegno finanziario nel caso in cui i finanziamenti siano erogati a favore delle piccole e medie imprese, come definite dalla Raccomandazione 200/361/CE della Commissione del 6 maggio 2003, recante "Definizione delle microimprese, piccole e medie imprese; le operazioni effettuate su provvista fornita dalla BERS, dalla BEI, dalla IFC o da altri enti sopranazionali sono escluse dall’applicazione dei limiti stabiliti dalla stessa norma con riferimento: alla durata del finanziamento, ai soggetti destinatari e all’impegno previsto dal programma economico dell’impresa o della società estera (lettera così modificata dalla recente legge n. 56/2005, art. 7, co. 1[11]);
h-ter) a partecipare a società italiane o estere che abbiano finalità strumentali correlate al perseguimento degli obiettivi di promozione e di sviluppo delle iniziative di imprese italiane di investimento e di collaborazione commerciale ed industriale all'estero, quali società finanziarie, assicurative, di leasing, di factoring e di general trading;
h-quater) a costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare (lettera aggiunta dalla legge n. 56/2005, art. 7, co. 2);
h-quinquies) a gestire - in base ad apposite convenzioni con il Ministero delle attività produttive - i fondi di cui al comma 1, art. 25 del D.Lgs n. 143/98, nonché i fondi rotativi di cui al citato articolo 5, comma 2, lettera c), della legge 21 marzo 2001, n. 84, e quelli istituiti ai sensi dell'articolo 46 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (lettera aggiunta dalla citata legge n. 56/2005, art. 7, co. 2).
L’articolo 25, comma 1, del citato D.Lgs. n. 143/98, ha affidato alla SIMEST, con decorrenza 1° gennaio 1999, la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema previste dalle varie leggi di settore (L. 24 n. 227/77; DL n. 251/81, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 394/81; L. n. 304/90; L. n. 100/90; art. 14 della L n. 317/91). La Simest, quale gestore unico di fondi pubblici, corrisponde, direttamente alle imprese italiane, contributi agli interessi (nella misura massima del 50% del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, della quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST.
Si ricorda, infine, che la citata legge n. 84/01, all’articolo 5, co. 2,lettera c), prevede, in particolare, l'istituzione presso la SIMEST Spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo di lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione.
L'elevazione al 49 per cento del limite massimo d'intervento della SIMEST sembra da ritenersi applicabile a tutte le tipologie di intervento testé richiamate, ivi comprese quelle che si risolvono in una partecipazione diretta al capitale o fondo sociale della società o impresa, e non si esauriscono nella concessione di sostegno finanziario alle imprese che intendono effettuare l'investimento all'estero, purché ricorrano le condizioni, indicate all'inizio del presente commento alle lettre a) e b), del carattere aggiuntivo dell'investimento e del mantenimento delle capacità produttive interne.
Si segnala peraltro che, nel caso in cui tali condizioni facciano difetto, il limite massimo del 25 per cento dell'intervento finanziario della SIMEST può essere comunque superato, ai sensi del successivo comma 14 del presente articolo, per le partecipazioni acquisite dalla Società stessa per favorire le attività di ricerca e innovazione delle imprese italiane e migliorare l'efficienza dei processi di internazionalizzazione (Cfr. oltre la Scheda di lettura).
Si rileva altresì, come accennato, che l’innalzamento del limite massimo di intervento della Simest è stato di recente disposto anche dall’art. 7, della legge 31 marzo 2005, n. 56, recante " Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore” , il quale, novellando la legge n. 100 del 1990, ha disposto, tra l’altro, l’aggiunta di un nuovo comma 1-bis dopo il comma 1 dell'art. 3 della citata legge n. 100/99, in base al quale le partecipazioni acquisite dalla SIMEST S.p.a. possono essere aumentate sino ad una quota del 49% del capitale qualora l'oggetto delle partecipazioni medesime sia la costituzione di parchi industriali, destinati a promuovere e accogliere in forma organizzata gli investimenti all'estero delle imprese italiane.
7. Salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria fino a 10.000 euro l’acquisto o l’accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza. In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70.
8. Le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni previste dal comma 7 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate ad appositi capitoli, anche di nuova istituzione, dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive e del Ministero degli affari esteri, da destinare alla lotta alla contraffazione.
9. All’articolo 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo le parole: «fallaci indicazioni di provenienza» sono inserite le seguenti: «o di origine».
10. All’articolo 517 del codice penale, le parole: «due milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ventimila euro».
11. L'Alto Commissario per la lotta allacontraffazione di cui all'articolo 1-quater opera in stretto coordinamento con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri.
Il comma 7 delinea una fattispecie di illecito amministrativo, per la quale si commina una sanzione pecuniaria fino a euro 10.000, salvo il caso che la condotta, pur punibile in base alla disposizione in esame, integri gli estremi di un reato.
Si ricorda che, in base al principio di cui all’articolo 9 della legge 689/1981, quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale.
L’incipit del comma sembra volto ad escludere l’applicazione del principio di specialità, e a sancire la prevalenza dell’eventuale fattispecie penale concorrente.
Commette l’illecito amministrativo in esame chi acquista o accetta, a qualsiasi titolo, senza averne prima accertata la legittima provenienza, cose che per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale.
Anche ai soggetti che fanno da tramite tra l’acquirente e il venditore (coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo le “cose” di cui si parla), senza averne prima accertata la legittima provenienza, è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria sino a 10.000 euro (in questo caso non vi è però una clausola espressa di prevalenza di eventuali norme penali concorrenti).
Secondo quanto si evince dalla relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata ad evitare, da un lato, che l’importazione, l’esportazione, o la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni possano trarre in inganno il consumatore, danneggiandolo o recando danno alla produzione nazionale e, dall’altro, che si proceda all’acquisto di merce contraffatta, ove si abbia consapevolezza della dubbia provenienza della stessa.
Si segnala che la disposizione in commento sembra in parte mutuare la propria formulazione dall’articolo 712 c.p. (Acquisto di cose di sospetta provenienza), in base al quale: “Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire ventimila.
Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.”
Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti due nuovi periodi al comma 7, il primo dei quali diretto a disporre che in ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose che, per le loro caratteristiche, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale; il secondo periodo aggiunto al comma in esame è diretto, invece, a far salva, in modo esplicito, l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 70 del 2003, recante "Attuazione della direttiva 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell'informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico".
A tale ultimo riguardo, la direttiva citata, come è noto, costituisce uno dei cardini del programma di azione e-Europe, varato dalla Commissione europea con l'obiettivo di favorire il passaggio alla cosiddetta "società dell'informazione" mediante la diffusione della cultura informatica presso l'intera popolazione europea e la piena utilizzazione delle nuove tecnologie in ambito economico e sociale.
Ai fini della valutazione dell'emendamento qui in commento, vengono in considerazione le disposizioni relative al commercio elettronico, ed in particolare quelle che definiscono gli obblighi dei soggetti che operano nel settore e le relative sanzioni per il caso di inottemperanza.
In via preliminare, occorre ricordare che l'articolo 1 del decreto legislativo n. 70/2003, nell'enunciare le finalità del provvedimento, fa espressamente salva l'applicazione delle disposizioni sulla tutela della salute pubblica e dei consumatori e la normativa in materia di ordine pubblico, riciclaggio e traffici illeciti.
L'articolo 2 del predetto decreto, contenente le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione dello stesso, chiarisce che per servizi della società dell'informazione si deve intendere qualsiasi servizio prestato dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica, mediante apparecchiature elettroniche di elaborazione e di memorizzazione dei dati, a richiesta individuale di un destinatario di servizi.
Gli articoli 7, 8, 9, 10 e 12 definiscono gli obblighi posti a carico delle persone che forniscono servizi della società dell'informazione in ordine a:
§ fornitura delle informazioni di base sul servizio ai destinatari di questo e alle autorità competenti (articolo 7);
§ specifica evidenziazione del carattere commerciale delle comunicazioni, quando questo ricorra, tipicamente nel caso di offerte, concorsi o giochi promozionali (articolo 8);
§ specifica evidenziazione, per le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse per posta elettronica, della loro natura e della facoltà per il destinatario di opporsi al ricevimento, in futuro, di analoghe comunicazioni (articolo 9);
§ conformità dell'uso delle comunicazioni commerciali da parte di appartenenti a professioni regolamentate alle relative regolamentazioni in materia di deontologia professionale (articolo 10);
§ fornitura delle informazioni tecniche preordinate alla conclusione del contratto (articolo 12).
Gli articoli da 14 a 16 disciplinano la responsabilità del prestatore di servizi che agisca come intermediario, distinguendo tra i casi di mera attività di trasmissione di informazioni (c.d. "mere conduit"), di memorizzazione intermedia e temporanea di informazioni effettuata allo scopo di rendere più efficace il successivo invio ad altri destinatari che ne facciano richiesta (caching) e di memorizzazione di informazioni fornite dal destinatario del servizio (hosting).
Nel primo caso (in cui rientrano, ad esempio, gli operatori telefonici) il prestatore di servizi non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che non ne origini la trasmissione, non ne scelga il destinatario e non ne possa modificare il contenuto. Anche nel secondo caso, che è quello dei provider che si limitano a fornire l'accesso alla rete, la responsabilità è collegata ad interventi di manipolazione dei dati memorizzati. Nel terzo caso, cioè quello in cui il servizio consiste nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio stesso (come, ad esempio, la messa a disposizione di uno spazio server per siti o pagine Web), l'intermediario non è responsabile se non è a conoscenza della illiceità delle informazioni memorizzate o se, essendone venuto a conoscenza, agisce prontamente per rimuoverle o renderle inaccessibili, su comunicazione delle Autorità competenti.
L'articolo 17, nel regolare la responsabilità del prestatore di servizi della società dell'informazione, da un lato esclude esplicitamente che egli sia assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse o memorizzate, dall'altro gli impone di informare l'autorità giudiziaria qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti suoi destinatari del servizio e di collaborare con le autorità competenti nelle attività di identificazione dei destinatari stessi ai fini dell'individuazione e della prevenzione delle attività illecite.
Gli articoli 18, 19, 20 e 21,attuandole disposizioni del capo III della direttiva (Applicazione) riguardano: l’elaborazione volontaria di codici di condotta da parte delle organizzazioni imprenditoriali, professionali o di consumatori; la composizione extragiudiziale delle controversie anche in via informatica e i ricorsi giurisdizionali; la diffusione delle informazioni sulla normativa in esame dal parte del Ministero delle attività produttive che funziona da “punto di contatto nazionale”; le sanzioni.
L'articolo 21 prevede che le violazioni degli obblighi definiti dagli articoli 7, 8, 9, 10 e 12 testé richiamati siano punite, salvo che il fatto non costituisca reato, con una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 10.000 euro.
Il comma 8 stabilisce che le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni per gli illeciti amministrativi sopra illustrati sono destinate alla lotta alla contraffazione, essendo assegnate ad appositi capitoli, anche di nuova istituzione, dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive e del Ministero degli affari esteri.
Il comma 9, novellando l’art. 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004), include fra le condotte punibili ai sensi dell’art. 517 c.p., anche la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni d’origine (e non solo di provenienza, come fa il testo vigente).
L’articolo 4, comma 49, della legge finanziaria 2004, stabilisce che l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza (ora anche d’origine) costituisce reato ed è punita ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Costituisce falsa indicazione la stampigliatura «made in Italy» su prodotti e merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; costituisce fallace indicazione, anche qualora sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana. Le fattispecie sono commesse sin dalla presentazione dei prodotti o delle merci in dogana per l'immissione in consumo o in libera pratica e sino alla vendita al dettaglio.
L’art. 517 del codice penale stabilisce che chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire due milioni (ma si veda infra).
Il comma 10 innalza la multa prevista per il reato di “vendita di prodotti industriali con segni mendaci”, di cui all’art. 517 c.p., portandola da un massimo di due milioni di lire a ad un massimo di ventimila euro.
Il comma 11, nella versione originaria del decreto, disponeva che il Comitato nazionale anticontraffazione, istituito ai sensi dell’art. 4, comma 72, della legge finanziaria 2004, operasse in stretto coordinamento con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri.
Nel corso dell’esame presso il Senato, il comma in oggetto è stato riformulato, sostituendo il riferimento al Comitato anticontraffazione di cui all’articolo 4, comma 72, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con quello all’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, di cui all’articolo 1-quater.
La modifica è da porre in relazione con quanto disposto da tale ultimo articolo 1-quater, anch’esso aggiunto nel corso dell’esame al Senato, il quale ha previsto l'istituzione di un Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, con compiti di coordinamento delle funzioni di sorveglianza preordinate alla tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale, di monitoraggio sulle attività di contrasto del fenomeno della contraffazione e di coordinamento sulla vigilanza delle attività doganali.
Con la modifica proposta sarà pertanto l’”Alto Commissario per la lotta alla contraffazione” a dover operare in stretto coordinamento con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri e non il predetto “Comitato anticontraffazione”, di cui è stata peraltro disposta la soppressione ai sensi del citato articolo 1-quater del provvedimento in esame (Cfr., per una più ampia illustrazione, la relativa scheda di lettura).
Si ricorda che l’articolo 4, comma 72, della legge finanziaria 2004, istitutivo del Comitato anticontraffazione, è stata in seguito abrogato dall’art. 246 del D.Lgs. n. 30/2005 (recante il nuovo “Codice della proprietà industriale”); le disposizioni ivi contenute sono peraltro confluite nell’articolo 145 del Codice medesimo, a sua volta abrogato ai sensi del citato articolo 1-quater del provvedimento in esame[12].
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura
dell’Ufficio R.U.E.)
Nella comunicazione sul seguito da dare al libro verde sulla lotta contro la contraffazione e la pirateria nel mercato interno (COM(2000)789 dell’11 novembre 2000) la Commissione ha annunciato che, a medio termine, avrebbe valutato l’opportunità di presentare proposte legislative:
§ per l'armonizzazione delle soglie minime delle sanzioni penali relative alla lotta contro la contraffazione e la pirateria commerciale;
§ per l'estensione delle competenze di Europol in materia;
§ per l'istituzione di una struttura che consenta di accedere alle sentenze pronunciate dai tribunali nazionali relative alla contraffazione.
Nel programma legislativo e di lavoro per il 2005 la Commissione ha annunciato la presentazione di una proposta di decisione quadro relativa alla lotta contro la contraffazione dei prodotti e di una proposta di direttiva relativa a misure penali miranti ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Tali proposte non sono state ancora presentate.
12. I benefici e le agevolazioni previsti ai sensi della legge 24 aprile 1990, n. 100, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e della legge 12 dicembre 2002, n. 273, non si applicano ai progetti delle imprese che, investendo all’estero, non prevedano il mantenimento sul territorio nazionale delle attività di ricerca, sviluppo, direzione commerciale, nonché di una parte sostanziale delle attività produttive.
13. Le imprese italiane che hanno trasferito la propria attività all’estero in data antecedente alla data di entrata in vigore del presente decreto e che intendono reinvestire sul territorio nazionale, possono accedere alle agevolazioni e agli incentivi concessi alle imprese estere sulla base delle previsioni in materia di contratti di localizzazione, di cui alle delibere CIPE n. 130/02 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2003, e n. 16/03 del 9 maggio 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 156 dell’8 luglio 2003.
14. Allo scopo di favorire l’attività di ricerca e innovazione delle imprese italiane ed al fine di migliorarne l’efficienza nei processi di internazionalizzazione, le partecipazioni acquisite dalla Simest S.p.a ai sensi dell’articolo 1 della legge 24 aprile 1990, n. 100, possono superare la quota del 25 per cento del capitale o fondo sociale della società nel caso in cui le imprese italiane intendano effettuare investimenti in ricerca e innovazione nel periodo di durata del contratto.
Le disposizioni introdotte dai commi 12-13 sono volte al controllo e alla limitazione del fenomeno della delocalizzazione produttiva.
In particolare, il comma 12, al fine di disincentivare le delocalizzazioni produttive che appaiono suscettibili di determinare ripercussioni negative in termini occupazionali e di valore aggiunto prodotto sul territorio nazionale, esclude dall'applicazione di taluni benefici previsti a favore delle iniziative di internazionalizzazione gli investimenti effettuati all'estero da imprese italiane che non prevedano il mantenimento nel territorio nazionale delle attività -considerate di carattere strategico - di ricerca, sviluppo e direzione commerciale, e al contempo non garantiscano il mantenimento in Italia di una parte sostanziale dell'attività produttiva.
Si tratta, segnatamente, delle agevolazioni contemplate:
a) dalla legge 24 aprile 1990, n. 100, concernente gli interventi della Simest Spa (per la cui descrizione si rinvia a quanto richiamato nella scheda relativa al comma 6 del presente articolo);
b) dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143 ("Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59").
Per quanto concerne il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143si ricorda che l'articolo 14 del medesimo prevede la concessione di contributi in conto interessi a favore degli operatori nazionali che ottengano finanziamenti all'estero anche per il tramite di banche nazionali e delle banche, nazionali o estere, che concedano finanziamenti agli operatori nazionali a fronte di operazioni di finanziamento di crediti anche nella forma di locazione finanziaria, relativi a esportazioni di merci, prestazioni di servizi, nonché esecuzione di studi, progettazioni e lavori all'estero. All'articolo 20, lo stesso provvedimento dispone, nel quadro degli interventi di promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero, in ordine al riconoscimento della garanzia SACE a favore degli operatori italiani che partecipano a società e imprese all'estero partecipate dalla SIMEST S.p.a.;
c) dalla legge 12 dicembre 2002, n. 273 ("Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza").
L'articolo 46della suddetta legge n. 273 ha autorizzato il Ministero delle attività produttive a costituire, ai sensi e per le finalità di cui alla legge 24 aprile 1990, n. 100, fondi rotativi per la gestione delle risorse deliberate dal CIPE per il sostegno degli investimenti delle piccole e medie imprese nella Repubblica Federale di Jugoslavia, per il finanziamento di operazioni di venture capital nei Paesi del Mediterraneo e per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane.
In merito alle fattispecie che danno luogo, in base al presente comma 12, all'esclusione dai benefici testé menzionati, si rileva come non sempre sia agevole identificare univocamente nell'organizzazione aziendale quali siano le strutture preposte allo svolgimento dei compiti testé menzionati, e come il criterio del mantenimento di una quota "sostanziale" della capacità produttiva sul territorio nazionale possa dare adito a controversie interpretative sul piano applicativo.
Il comma 13 concede l’accesso alle agevolazioni e agli incentivi destinati alle imprese estere sulla base della disciplina dei contratti di localizzazione fissata dalle delibere Cipe n. 130/2002 e n. 16/2003, alle imprese italiane che abbiano trasferito le proprie attività all’estero anteriormente alla data di entrata in vigore del presente provvedimento e che intendano reinvestire sul territorio nazionale.
Il contratto di localizzazione è uno strumento nuovo attivato, a partire dall’ottobre 2003, da Sviluppo Italia insieme al Ministero delle attività produttive e a quello dell'economia, finalizzato all’attrazione di investimenti privati di notevole dimensioni nelle aree sottoutilizzate del Paese, mediante l’utilizzo degli strumenti di contrattazione già esistenti, in particolare, dello strumento del contratto di programma, ma dando forte rilievo alla creazione di condizioni di contesto capaci di radicare nel territorio quegli stessi investimenti.
I contratti di localizzazione, stipulati tra Sviluppo Italia, Amministrazioni pubbliche interessate, a livello centrale e locale, e imprese, tendono a garantire a queste ultime disponibilità di infrastrutture e aree industriali, certezza nei tempi di insediamento, erogazione degli incentivi finanziari e sostegno alla ricerca e alla formazione.
Questa nuova forma di promozione degli investimenti si realizza attraverso l’inserimento di un tradizionale contratto di programma all’interno di un Accordo diprogramma - quadro sottoscritto dai Ministeri dell’economia e finanze e delle attività produttive, dalla regione ospitante l’investimento e dalla società Sviluppo Italia.
L’accordo consente di affiancare ai tradizionali incentivi all’investimento, già previsti nel contratto di programma, accordi operativi per la realizzazione mirata di infrastrutture materiali ed immateriali, per la garanzia di servizi amministrativi e di semplificazioni procedurali da parte degli enti locali.
La concreta attività di promozione, stipula e realizzazione di questi contratti è stata affidata, tramite convenzione con il Ministero delle attività produttive il 31 luglio 2003, alla società Sviluppo Italia S.p.a., già titolare del programma operativo per l’attrazione degli investimenti nel Mezzogiorno, in particolare di quelli provenienti dall’estero (IDE).
Il contratto di localizzazione consiste, dunque, in una forma più avanzata di contratto di programma, garantito peraltro da un iter più veloce in quanto non viene previsto il passaggio al CIPE per l’approvazione e la gestione del contratto medesimo.
Il Ministero delle attività produttive – Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese - procederà alla selezione ed approvazione delle proposte entro 30 giorni dalla presentazione della domanda. Dopo l’approvazione della proposta di contratto, il contratto di programma viene sottoscritto dalla citata Direzione generale, da Sviluppo Italia e dall’impresa. L’erogazione delle agevolazioni viene effettuata dalla Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese.
Già il DPEF 2003-2006 indicava nella società Sviluppo Italia Spa il soggetto destinatario della missione di attrazione degli investimenti nel Mezzogiorno, da effettuarsi anche attraverso la stipula di contratti di localizzazione a natura privatistica fra i soggetti investitori e i soggetti pubblici.
La delibera CIPE n. 62 del 2 agosto 2002 ha assegnato, in via programmatica, a Sviluppo Italia Spa l’importo di 70 milioni di euro, quale finanziamento delle diverse attività ad essa demandate dal DPEF 2003-2006, di cui 38 milioni di euro sono stati destinati dalla successiva delibera CIPE n. 130 del 19 dicembre 2002, nell’ambito del programma-quadro della società, per la “predisposizione e l’avvio di un programma pluriennale di marketing volto all’attrazione di investimenti dall’esterno, concentrata nel Mezzogiorno”.
Per i contratti di programma da promuovere, stipulare e realizzare da parte di Sviluppo Italia in attuazione del Progetto pilota di localizzazione nell’ambito di Accordi di programma - quadro denominati “Contratti di localizzazione”, la delibera CIPE n. 16/2003, - che ripartisce le risorse aggiuntive per le aree sottoutilizzate per il periodo 2003-2005 - prevede, al punto 3), che i rapporti tra il Ministero delle attività produttive e Sviluppo Italia saranno regolati da apposita convenzione, che prevederà anche una sede di concertazione periodica con il Ministero dell’economia e delle finanze e con le parti economiche e sociali.
La delibera n. 16 prevede che il Progetto si attui secondo le linee individuate nel relativo Programma operativo di Sviluppo Italia e che entro il 31 dicembre 2003 il Ministero delle attività produttive relazioni al CIPE sullo stato di attuazione del Progetto, per le valutazioni di competenza in ordine all’opportunità di proseguire nell’iniziativa pilota avviata. La delibera n. 16/2003 ha destinato 140 milioni per il “Progetto pilota di localizzazione dei contratti di programma”, di cui 6 milioni per il 2003, 30 milioni per il 2004 e 104 milioni per il 2005.
Come si legge nella relazione governativa di accompagnamento, la disposizione in commento è finalizzata a favorire il rientro in Italia delle imprese italiane che abbiano realizzato all’estero le proprie strutture produttive, individuate anche sulla scorta dell’elenco in possesso delle strutture tecniche degli uffici del Ministro per gli italiani nel mondo. A tal fine, si intendono promuovere “appositi contratti di localizzazione che consentono accordi operativi per la realizzazione mirata di infrastrutture materiali e immateriali, per la garanzia dei servizi amministrativi e di semplificazioni procedurali da parte degli enti locali e delle regioni”.
Il comma 14, infine, prevede la possibilità di superamento della quota del 25% di partecipazione della Simest al capitale o fondo sociale della società partecipata, nel caso in cui le imprese italiane intendano effettuare investimenti in ricerca e innovazione nel periodo di durata del contratto. La finalità è quella di favorire l’attività di ricerca e innovazione per migliorare l’efficienza nei processi di internazionalizzazione.
Si ricorda che il superamento della quota del 25 % di partecipazioni acquisibili dalla Simest è previsto anche dal comma 6 dell’articolo in commento, il quale, come illustrato, fissa due condizioni per l’incremento del limite massimo di intervento della Società (carattere aggiuntivo dell'investimento e mantenimento delle capacità produttive interne). Diversamente, il comma 14 in oggetto, pone come unica condizione l’effettuazione di investimenti in ricerca e innovazione e, pertanto, dovrebbe trovare applicazione anche in assenza delle condizioni indicate dal precedente comma 6. La disposizione in commento, inoltre, consente il superamento della quota attualmente prevista senza, peraltro, fissare alcun limite massimo all’intervento della società, come invece previsto dal citato comma 6. Dal confronto con tale ultima previsione potrebbero peraltro risultare non univocamente interpretabili le condizioni di applicabilità delle due disposizioni anche in riferimento all’eventualità di una parziale coincidenza dei reciproci presupposti.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 20 aprile 2004 la Commissione europea ha presentato una comunicazione intitolata “Accompagnare le trasformazioni strutturali: una politica industriale per l’Europa allargata” (COM(2004)274).
La comunicazione esamina le trasformazioni strutturali in atto nel comparto industriale, i risultati poco soddisfacenti nell’ambito della ricerca e dell’innovazione, il fenomeno della delocalizzazione di attività industriali; valutando inoltre le opportunità offerte dall’allargamento dell’Unione.
Ad avviso della Commissione, è opportuno sviluppare a livello comunitario la dimensione internazionale della politica industriale per favorire l'accesso delle imprese comunitarie ai mercati dei Paesi terzi.
Nella riunione del 18 maggio 2004 il Consiglio ha adottato conclusioni nelle quali ha sottolineato, tra l’altro, l’urgenza di azioni che incentivino maggiori investimenti nella ricerca e ha invitato la Commissione e gli Stati membri a:
- proseguire gli sforzi volti a semplificare e modernizzare il quadro degli aiuti di Stato, al fine di contribuire al riorientamento degli aiuti verso obiettivi orizzontali, in particolare l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo;
- porre in essere politiche e misure volte a stimolare gli investimenti privati nella ricerca, a rafforzare l'eccellenza nella ricerca pubblica, ad aumentare l'offerta di risorse umane qualificate e a stimolare e consentire alle imprese di collegarsi in una rete con le università, al fine di sfruttare pienamente i vantaggi economici della conoscenza.
Nella riunione del 24 settembre 2004 il Consiglio ha adottato conclusioni su politica industriale e trasformazioni strutturali nella quali chiede alla Commissione e agli Stati membri, tra l’altro, di favorire le trasformazioni strutturali e una maggiore crescita della produttività creando le condizioni quadro in cui le imprese europee possano far fronte alla concorrenza, prosperare e diventare soggetti economici di primo piano a livello mondiale.
Nell’ambito della revisione intermedia della strategia di Lisbona, il 6 aprile 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di decisione recante un programma quadro per l’innovazione e la competitività (2007-2013) (COM(2005)121).
Il programma quadro per l’innovazione e la competitività (PIC) riunisce in un unico ambito sia programmi comunitari più specifici sia parti di altri programmi di carattere più generale volti a rafforzare la produttività, la capacità di innovazione e la crescita durevole, la ricerca e lo sviluppo tecnologico.
La proposta, trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo, sarà esaminata secondo la procedura di codecisione. Il Consiglio competitività del 18 aprile 2005 ha preso atto della presentazione del programma.
Gli obiettivi sono realizzati mediante l’attuazione di una serie di programmi specifici tra i quali quello relativo all’innovazione e allo spirito d’iniziativa d’impresa volto a favorire, tra l’altro, le misure concernenti la cooperazione delle piccole e medie imprese con imprese straniere, in tema di innovazione e, in particolare, di eco-innovazione.
Il PIC sarà aperto alla partecipazione dei paesi dell’EFTA membri dello Spazio economico europeo (Islanda, Liechtenstein, Norvegia), dei paesi candidati - nei cui confronti si applichi una strategia di preadesione - e dei paesi dei Balcani occidentali. Gli altri paesi terzi, in particolare i paesi vicini e i paesi interessati a una cooperazione con l’Unione europea nelle attività inerenti l’innovazione, potranno partecipare al programma quadro purché sia previsto negli accordi bilaterali
Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione “Costruire lo Spazio europeo della ricerca (SER) della conoscenza al servizio della crescita” (COM(2005)118) che esamina i punti di forza e le opportunità dell’UE per conseguire gli obiettivi di Lisbona, far funzionare il triangolo della conoscenza costituito da ricerca, istruzione e innovazione e mobilitare gli strumenti finanziari dell’Ue per sostenere la conoscenza al servizio della crescita.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.
La relazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.
15. I funzionari delegati di cui all’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120, possono effettuare trasferimenti tra le aperture di credito disposte in loro favore su capitoli relativi all’acquisizione di beni e servizi nell’ambito dell’unità previsionale di base «Uffici all’estero» dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri. Detti trasferimenti, adeguatamente motivati, sono comunicati al competente centro di responsabilità, all’ufficio centrale del bilancio e alla Corte dei conti, al fine della rendicontazione, del controllo e delle conseguenti variazioni di bilancio da disporre con decreto del Ministro degli affari esteri. Con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di attuazione delle norme di cui al presente comma.
Il comma 15 accorda a tali funzionari delegati la possibilità di effettuare trasferimenti tra le aperture di credito sui capitoli per l’acquisizione di beni e servizi – nell’ambito della U.P.B. “Uffici all’estero” del Ministero degli esteri – demandando ad un decreto del Ministro degli esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, l’emanazione delle norme attuative relative ai trasferimenti in questione.
Tali trasferimenti, inoltre, debbono essere motivati e comunicati al competente Centro di responsabilità del Ministero, all’ufficio centrale del bilancio e alla Corte dei conti, al fine di consentire la rendicontazione, il controllo e le conseguenti variazioni di bilancio, da effettuarsi con decreto del Ministro degli esteri.
Si ricorda che, a norma dell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 2000, n. 120,Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per l’erogazione e la rendicontazione della spesa da parte dei funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all’estero, sono funzionari delegati presso gli uffici all’estero, oltre ai capi degli uffici stessi, anche i funzionari amministrativi investiti delle funzioni di commissario amministrativo o commissario amministrativo aggiunto, seppure limitatamente alle spese di mantenimento e funzionamento degli uffici e alle spese per stipendi e indennità del personale, e comunque sotto indirizzo e vigilanza dei preposti agli uffici.
La norma in oggetto investe una materia - la razionalizzazione e semplificazione amministrativa e contabile nella gestione degli uffici all'estero – che costituisce un’esigenza avvertita per un duplice riguardo, normativo e finanziario.
Sul piano normativo, si è stratificata una pluralità di fonti normative, dal regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440 e regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (legge e regolamento di contabilità di Stato, ancora applicati in alcuni articoli) alle due normative ordinamentali fondamentali per l’Amministrazione degli affari esteri: il decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 «Ordinamento dell’Amministrazione degli affari esteri» e il decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200 «Disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari», ambedue aventi natura di norme primarie.
Sul piano procedurale e finanziario, la contabilità delle sedi all’estero è caratterizzata da un numero assai elevato di capitoli di bilancio (circa 40 capitoli di bilancio per le grandi ambasciate e circa 38 per i grandi consolati), con conseguente complessità di gestione contabile. Inoltre, la vigente normativa non consente flessibilità nell’utilizzo delle risorse finanziarie all’estero.
Il sopra citato D.P.R. 22 marzo 2000, n. 120, pur avendo introdotto la ripartizione delle spese in tre tipologie (spese di funzionamento, spese di personale e spese istituzionali), ha lasciato inalterata la gestione concreta delle sedi all’estero, con un finanziamento ripartito su molteplici capitoli di spesa. Al tempo stesso la rendicontazione delle somme accreditate non è stata modificata e continua ad essere effettuata per singolo capitolo con cadenza semestrale.
Ne consegue che il capo missione o il funzionario delegato non dispone talvolta delle risorse finanziarie per far fronte a sopravvenute nuove esigenze (manutenzione straordinaria degli immobili sedi delle rappresentanze diplomatiche; iniziative politico-commerciali in concomitanza di eventi straordinari; ecc.), pur in presenza di eccedenze di fondi su altri capitoli di bilancio.
Per un più valido inquadramento della materia, va inoltre ricordato che l’art. 1, comma 81, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311) ha previsto l’emanazione di un regolamento ministeriale che il Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, adotta entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2005, al fine di conseguire la semplificazione della gestione finanziaria degli uffici all’estero.
Tuttavia, bisogna anche conclusivamente ricordare che il disegno di legge di semplificazione amministrativa per il 2005 (A.S. n. 3186) prevede (all'articolo 3) espressa delega al Governo affinché sia operato, mediante decreto legislativo, un riassetto normativo in materia di gestione amministrativa e contabile degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri: rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituti di cultura.
Considerato il rango primario di molte delle disposizioni vigenti, la previsione recata dell'articolo 1, comma 81 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) non fornisce infatti strumenti appieno adeguati per una revisione della normativa, prevedendo la mera adozione con decreto ministeriale di disposizioni per la semplificazione della gestione finanziaria.
15-bis. I fondi di cui all'articolo 25, comma 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1988, n. 177, sono accreditati alle rappresentanze diplomatiche, per le finalità della legge 26 febbraio 1987, n. 49, e per gli adempimenti derivanti dai relativi obblighi internazionali, sulla base di interventi, progetti o programmi, corredati dei relativi documenti analitici dei costi e delle voci di spesa, approvati dagli organi deliberanti.
15-ter. Ai fondi di cui al comma 15-bis, accreditati nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio finanziario di competenza, si applicano le disposizioni dell'articolo 61-bis, primo comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ove ciò sia indispensabile alla prosecuzione o al completamento dell'intervento, progetto o programma, debitamente attestati da parte del capo missione.
15-quater. Le erogazioni successive a quella iniziale sono condizionate al rilascio di una attestazione da parte del capo missione sullo stato di realizzazione degli interventi, progetti o programmi. La rendicontazione finale è altresì corredata da una relazione del Capo Missione, attestante l'effettiva realizzazione dell'intervento, progetto o programma ed il raggiungimento degli obiettivi prefissati
15-quinques. Con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono emanate disposizioni per la definizione dei procedimenti amministrativi di rendicontazione e di controllo dei finanziamenti erogati ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, sino al 31 dicembre 1999. Le disposizioni cui al primo periodo si applicano sia alla gestione dei finanziamenti disposti a valere sull'ex "Fondo Speciale per la cooperazione allo Sviluppo", sia alla gestione di quelli disposti sui pertinenti capitoli di bilancio successivamente istituiti ai sensi dell' articolo 4 della legge 23 dicembre 1993, n. 559.
15-sexies. Per la realizzazione degli interventi di emergenza di cui all'articolo 11 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, mediante fondi accreditati alle rappresentanze diplomatiche, il capo missione può stipulare convenzioni con le organizzazioni non governative che operano localmente. La congruità dei tassi di interesse applicati dalle organizzazioni non governative per la realizzazione di programmi di microcredito è attestata dal capo della rappresentanza diplomatica.
I commi da 15-bis a 15-quinquies[13] dell’articolo 1, introdotti dall’emendamento su cui il Governo ha posto la fiducia al Senato, recano modifiche procedurali nell’accreditamento, alle rappresentanze diplomatiche, di fondi finalizzati alle attività di cooperazione allo sviluppo; introducono la possibilità di traslare all’esercizio successivo fondi accreditati nell’ultimo quadrimestre e non utilizzati; dettano ulteriori norme per il controllo dell’erogazione e la rendicontazione delle somme stanziate, con riferimento a tutto il periodo anteriore al 1° gennaio 2000.
In particolare, il comma 15-bis prevede che i fondi di cui al comma 1 dell’articolo 25 del D.P.R. 12 aprile 1988, n. 177, “Approvazione del regolamento di esecuzione della legge 26 febbraio 1987, n. 49”, vengano accreditati alle rappresentanze diplomatiche, per la realizzazione degli interventi e degli adempimenti derivanti dalla medesima legge 26 febbraio 1987, n. 49, “Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo”. L’accreditamento avviene sulla base di progetti o programmi, accompagnati da documenti contabili analitici sulle voci di spesa approvati dagli organi deliberanti[14].
L’articolo 25 del citato D.P.R. 177/1988 riguarda i fondi delle rappresentanze diplomatiche finalizzati alla cooperazione allo sviluppo, da utilizzare in particolare per l'amministrazione del personale inviato in missione, per il funzionamento delle unità tecniche di cooperazione e per le spese relative alla realizzazione degli interventi eseguiti in gestione diretta da parte della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo. Per tali fondi possono essere disposti ordini di rimessa, aventi valore di ordine di accreditamento, dal Ministro degli Affari esteri (qualora l’importo superi due miliardi di lire) o dal Direttore generale competente.
Il controllo è esercitato dagli uffici di cui all'art. 15, commi 2, 3 e 4, della legge 49/1987: si tratta anzitutto dell’ufficio di ragioneria, dipendente dal Ministero dell’economia e delle finanze, costituito presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, ufficio che esercita funzioni proprie delle ragionerie centrali. Vi è inoltre, presso la medesima Direzione generale, un ufficio della Corte dei conti, istituito per consentire alla Corte stessa il controllo di legittimità in via successiva sugli atti della Direzione generale.
“Le somme di cui al comma 1 dovranno essere depositate, a cura di ciascuna rappresentanza, presso un unico istituto bancario”. E’ inoltre prevista la facoltà, per la predetta Direzione generale, di trasferire ad altre rappresentanze i fondi già accreditati ad una determinata rappresentanza. I fondi accreditati alla rappresentanza diplomatica sono da questa trasferiti all'unità tecnica di cooperazione, che risponde della loro utilizzazione al capo della rappresentanza.
Qualora i fondi di cui al precedente comma 15-bis vengano accreditati nell’ultimo quadrimestre dell’esercizio finanziario di pertinenza, il comma 15-ter stabilisce che ad essi si applichino le disposizioni dell’articolo 61-bis, comma 1, del RD 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato), se gli effetti di tale applicazione siano indispensabili alla prosecuzione o al completamento del progetto, come attestato nelle forme dovute dal capo della rappresentanza diplomatica.
Il comma 1 dell’articolo 61-bis sopra richiamato prevede che “gli ordini di accreditamento riguardanti le spese in conto capitale, emessi sia in conto competenze che in conto residui, rimasti in tutto o in parte inestinti alla chiusura dell'esercizio, possono essere trasportati interamente o per la parte inestinta all'esercizio successivo, su richiesta del funzionario delegato”.
Riguardo al comma 15-ter in commento, andrebbe chiarita la portata del riferimento all’art. 61-bis, comma 1, del RD 18 novembre 1923, n. 2440, posto che esso ha ad oggetto il trasferimento di ordini di accreditamento all’esercizio successivo limitatamente alle spese in conto capitale, mentre quelle inerenti alle attività di cooperazione allo sviluppo gestite dal MAE risultano tutte di parte corrente.
Ai sensi del comma 15-quater, le erogazioni di fondi successive alla prima avvengono a condizione che il capo missione attesti lo stato di realizzazione dei progetti o programmi; del pari, il capo missione dovrà accompagnare il rendiconto finale con una relazione sull’effettiva realizzazione dell’intervento e il raggiungimento degli obiettivi dello stesso.
Infine, il comma 15-quinquies stabilisce che le procedure per la rendicontazione e il controllo dei finanziamenti erogati, fino al 31 dicembre 1999, in base alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, siano definite mediante decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e riguardino tanto la gestione “fuori bilancio” della cooperazione allo sviluppo, quanto il ritorno alla gestione ordinaria disposta dall’articolo 4 della legge 23 dicembre 1993, n. 559.
Si ricorda che fino a tutto il 1994 gli stanziamenti della cooperazione allo sviluppo di pertinenza del Ministero degli Affari esteri, di cui alle leggi n. 49 del 1987[15], erano iscritti al cap. 4620/esteri "Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo", che aveva carattere di gestione fuori bilancio. A partire dal bilancio 1995 il fondo è stato riportato a regime ordinario, ai sensi dell'art. 4 della legge 23 dicembre 1993, n. 559 "Disciplina della soppressione delle gestioni fuori bilancio nell'ambito delle Amministrazioni dello Stato", stabilendo che gli stanziamenti già destinati al fondo fossero iscritti in apposita rubrica (la n. 8) dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, composta di 21 capitoli di nuova istituzione. Dopo la ristrutturazione del bilancio dello Stato, a seguito della legge 3 aprile 1997, n. 94, e la riorganizzazione, in particolare, dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri operata nel novembre 1999, gli stanziamenti del Fondo sono attualmente ripartiti tra 18 capitoli del Centro di responsabilità 9[16], suddivisi tra due UPB: Funzionamento (9.1.1.0) e Paesi in via di sviluppo (9.1.2.2).
Il comma 15-quinquiesha natura retroattiva in quanto affida ad un regolamento ministeriale il compito di disciplinare le procedure per la rendicontazione e il controllo dei finanziamenti erogati in base alla legge n. 49 del 1987 fino al 31 dicembre 1999. Al riguardo si osserva come sembrerebbe opportuno chiarire eventuali limiti della retroattività della norma, con particolare riferimento ai possibili casi in cui la rendicontazione risulti già effettuata ed i controlli svolti sulla base delle norme attualmente vigenti. In proposito, si ricorda come il controllo sulla realizzazione degli interventi di cooperazione sia attualmente disciplinato, in particolare, dall’art. 21 del D.P.R. n. 177 del 1988, recante il regolamento di esecuzione della legge n. 49 del 1987. La previsione, da parte della norma in esame, di un regolamento ministeriale è tra l’altro destinata a creare una duplicità di fonti regolamentari per la disciplina di un’identica fattispecie.
In generale, con riferimento ai commi da 15-bis a 15-quinquies, si osserva come essi integrino la disciplina recata dal regolamento di esecuzione della legge n. 49 del 1987 in materia di cooperazione allo sviluppo (D.P.R. 12 aprile 1988, n. 177). Una disciplina di rango legislativo viene quindi di fatto a fare sistema con una disciplina di rango regolamentare, assoggettando la materia in questione ad un duplice ordine di fonti di rango diverso e determinando inoltre la parziale legificazione della stessa.
Il comma 15-sexies reca la disciplina dei fondi accreditati alle rappresentanze diplomatiche per la realizzazione degli interventi di emergenza di cui all’art. 11 della legge n. 49 del 1987: la somministrazione di tali fondi può avvenire, ai sensi del comma in oggetto, anche mediante convenzioni, che il capo della missione diplomatica in loco ha la facoltà di stipulare con le Organizzazioni non governative interessate. Il capo missione attesta altresì la congruità dei tassi di interesse che le ONG applicano nella realizzazione di programmi di microcredito.
L’articolo 11 della legge n. 49 del 1987 prevede, nel contesto delle attività di cooperazione allo sviluppo dell’Italia, anche l’effettuazione di interventi straordinari, connessi principalmente a determinate emergenze che possono verificarsi nei Paesi in via di sviluppo per motivi di scompenso agricolo (carestie, siccità), sanitari, o legati a calamità naturali. In tali situazioni è previsto l’invio di missioni di soccorso, la cessione di beni, attrezzature e derrate alimentari, nonché la concessione di finanziamenti bilaterali. Gli interventi concretamente attuabili sono essenzialmente l’approntamento di strutture sanitarie di base e la distribuzione di soccorsi umanitari, unitamente alla cessione di attrezzature indispensabili per la ripresa delle varie attività.
In particolare, nell’ambito di questi interventi, la lettera e) del comma 1 prevede la possibilità di destinare la realizzazione di alcuni di essi ad organizzazioni non governative (riconosciute idonee in base all’art. 28 della legge n. 49 del 1987) sia direttamente che mediante finanziamento di programmi da esse elaborati e concordati con la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.
Inoltre, l’art. 20 del citato D.P.R. 12 aprile 1988, n. 177, stabilisce che per il finanziamento degli interventi straordinari in precedenza descritti “può essere disposta l’istituzione di fondi presso le competenti rappresentanze italiane”, l’amministrazione dei quali è disciplinata dai successivi artt. 25-27.
D’altra parte, la possibilità, nell’ambito delle ordinarie attività di cooperazione allo sviluppo, di stipulare convenzioni e contratti con soggetti – quali le ONG – esterni all’amministrazione dello Stato, è riconosciuta dall’art. 15, comma 5 della legge n. 49 del 1987, e dagli artt. 6, 7 e 14 del D.P.R. 12 aprile 1988, n. 177: più precisamente, l’art. 7 del D.P.R. 12 aprile 1988, n. 177 include, tra gli enti con i quali si possono stipulare dette convenzioni, anche le organizzazioni non governative riconosciute idonee.
1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 13, il comma 6 è soppresso;
L’articolo 1-bis, comma 1, lettera a),modifica l’attuale disciplina di favore per le agenzie di somministrazione che assumono lavoratori svantaggiati[17] (art. 13, D.Lgs. n. 276/2003), facendo venir meno il coinvolgimento delle regioni e degli enti locali nella determinazione della disciplina per il reinserimento dei lavori svantaggiati.
Si ricorda la somministrazione di lavoro è disciplinata dagli articoli 20-28 del d.lgs. n. 276/2003.
In sintesi, la somministrazione di lavoro consente ad un soggetto (cd. utilizzatore) di rivolgersi ad un altro soggetto appositamente autorizzato (cd. somministratore), per utilizzare il lavoro di personale non assunto direttamente, ma dipendente del somministratore.
E’ necessario dunque distinguere due contratti:
- il contratto di somministrazione tra l'utilizzatore e il somministratore, di natura commerciale, che può essere sia a tempo determinato[18] che a tempo indeterminato[19] (cd. staff leasing),
- un contratto di lavoro subordinato tra il somministratore e il lavoratore, che essere anch’esso sia a tempo determinato che a tempo indeterminato.
I lavoratori dipendenti dal somministratore hanno diritto al medesimo trattamento giuridico ed economico previsto per i lavoratori di pari livello dell'utilizzatore, a parità di mansioni svolte. L'utilizzatore è obbligato in solido con il somministratore a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali.
In caso di contratto di lavoro a tempo indeterminato, è previsto da parte del somministratore il pagamento di un'indennità mensile[20]per i periodi in cui il lavoratore resta in attesa di assegnazione.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera a),d.lgs. n. 276/2003 le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, in caso di assunzione di lavoratori svantaggiati con un contratto di durata non inferiore a sei mesi, possono operare in deroga al regime generale della somministrazione del lavoro, prevedendo un trattamento giuridico ed economico inferiore a quello previsto per i lavoratori di pari livello dell'utilizzatore, in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro con interventi formativi ed il coinvolgimento di un “tutor” con adeguata professionalità.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera b), le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, in caso di assunzione per un periodo di almeno nove mesi di un lavoratore titolare di un indennità di mobilità o di altra indennità o sussidio correlato allo stato di disoccupazione o inoccupazione, possono determinare la retribuzione del lavoratore, per un periodo massimo di 12 mesi, detraendo:
- dal compenso del lavoratore quanto egli percepisce a titolo di indennità di mobilità o di disoccupazione o di altra indennità;
- dai contributi dovuti per l’attività lavorativa l’ammontare dei contributi figurativi in caso di indennità di mobilità o disoccupazione.
In tale caso dunque il lavoratore continua a percepire dall’INPS l’indennità di mobilità o di disoccupazione pur lavorando per l’agenzia di somministrazione, che può detrarre dal compenso l’intero ammontare dell’indennità e che fruisce anche di una rilevante riduzione dei contributi dovuti.
I commi 2-5 dell’art. 13 disciplinano inoltre i casi di decadenza del lavoratore dal trattamento di sostegno al reddito, connesso con lo stato di mobilità, di disoccupazione o di in occupazione.
In particolare, il comma 2 dell’articolo 13 indica i seguenti casi in cui il lavoratore decade dai trattamenti di mobilità (ma solo qualora l'iscrizione nelle relative liste sia finalizzata esclusivamente al reimpiego), di disoccupazione ordinaria o speciale, o da altra indennità o sussidio collegato allo stato di disoccupazione o inoccupazione:
1) rifiuto di essere avviato ad un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero ad un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o frequenza irregolare, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore;
2) rifiuto ad un'offerta di lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello delle mansioni di provenienza, salvo si tratti di lavoratore inoccupato.
3) mancata comunicazione alla competente sede I.N.P.S. di avere in corso un’attività di lavoro subordinato o autonomo, salvo si tratti di lavoratore inoccupato.
Detto regime di decadenza si applica nel caso in cui le attività lavorative o di formazione siano congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore stesso, e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti con mezzi pubblici da quello della sua residenza (art. 13, comma 3). I responsabili della attività formativa ovvero le agenzie di somministrazione di lavoro comunicano direttamente all'I.N.P.S., e al servizio per l'impiego territorialmente competente ai fini della cancellazione dalle liste di mobilità, i nominativi dei soggetti che possono essere ritenuti decaduti dai trattamenti previdenziali. A seguito di tale comunicazione l'I.N.P.S. sospende in via cautelativa l'erogazione del trattamento medesimo, dandone comunicazione agli interessati (art. 13, comma 4). Entro i 30 giorni successivi i soggetti interessati possono presentare ricorso alle competenti Direzioni provinciali del lavoro che decidono, in via definitiva, entro i venti giorni successivi. La decisione del ricorso e' comunicata al competente servizio per l'impiego ed all'I.N.P.S. (comma 5).
Nel sistema delineato dal testo attualmente vigente del d.lgs. n. 276/2003, tale disciplina non è peraltro immediatamente operativa.
In base all’attuale comma 6 dell’art. 13, è prevista l’emanazione di una normativa regionale di disciplina della materia. Fino all’emanazione di detta normativa regionale, le disposizioni dell’art. 13 possono essere applicate solo nell’ambito di una convenzione tra una o più agenzie di somministrazione autorizzate ed i comuni, le province e le regioni, anche attraverso le associazioni di rappresentanza e con l’ausilio delle agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro.[21] E’ quindi necessario un quadro di riferimento di carattere pubblicistico.
Le misure agevolative potranno essere applicate anche ad appositi soggetti giuridici costituiti ai sensi delle normative regionali in convenzione con le agenzie autorizzate alla somministrazione, previo accreditamento nella propria regione; gli enti locali possono concorrere alle spese di costituzione e funzionamento entro i limiti delle proprie disponibilità finanziarie (commi 7 e 8).
Si ricorda infine che Il regime giuridico istituito dall’art. 13 del Decreto 276 ha natura sperimentale: secondo quanto previsto dall'articolo 86, comma 12, del Decreto 276, dopo 18 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, cioè entro il 23 aprile 2005, il Ministro del lavoro avrebbe dovuto procedere ad una verifica con le parti sociali e riferire al Parlamento entro i successivi tre mesi per valutare l’opportunità di un’ulteriore vigenza delle disposizioni.
Sul punto è inoltre intervenuta la circolare del Ministero del lavoro 23 ottobre 2004, n. 41.
La soppressione del comma 6 dell’art. 13 elimina il quadro di riferimento della normativa regionale o delle convenzioni tra agenzie e regioni, province o comuni.
Le misure diventano dunque immediatamente operative e le agenzie di somministrazione restano libere di operare fruendo della disciplina di favore di cui all’articolo 13 in assenza di una compiuta disciplina di riferimento.
In riferimento all’ipotesi di cui all’art. 13, comma 1, lettera a) (previsione di un trattamento giuridico ed economico inferiore a quello previsto per i lavoratori di pari livello dell'utilizzatore), non risultano infatti definiti i seguenti aspetti:
- durata della deroga al regime generale: non è infatti stabilito per quanto tempo le agenzie di somministrazione possono applicare al lavoratore svantaggiato il trattamento deteriore rispetto a quello generale;
- determinazione del piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro: in assenza dell’intervento di un soggetto pubblico, la determinazione di tale piano individuale potrebbe essere integralmente rimessa all’agenzia di somministrazione.
Si rileva peraltro che la disciplina non appare coordinata con la disposizione dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 276/2003. Tale disposizione prevede appunto la possibilità, in caso di somministrazione che coinvolge un lavoratore svantaggiato ai sensi dell’art. 13, di corresponsione di un trattamento inferiore a quello previsto per i lavoratori di pari livello dell'utilizzatore e continua a fare riferimento a programmi di formazione, inserimento e riqualificazione professionale «erogati … in concorso con Regioni, Province ed enti locali ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 13».
In riferimento all’ipotesi di cui all’art. 13, comma 1, lettera b) (detrazione da parte dell’agenzia di somministrazione del compenso dovuto al lavoratore di quanto lo stesso continua a percepire dall’INPS a titolo di indennità di mobilità o di disoccupazione), le conseguenze di questa nuova impostazione sono ancora più rilevanti.
Le agenzie di somministrazione possono offrire un lavoro, per un durata di almeno nove mesi, ai titolari di indennità di mobilità, di indennità di disoccupazione o inoccupazione. Se questo lavoro è connesso alle competenze del lavoratore, prevede un retribuzione non inferiore del 20 per cento rispetto alle mansioni di provenienza e si svolge in un luogo raggiungibile in 80 minuti con i mezzi pubblici da quello della residenza del lavoratore, il lavoratore è tenuto ad accettare, altrimenti decade dal sussidio (art. 13, comma 2, lettera b), e comma 3). Il lavoratore continua a percepire il trattamento di sostegno al reddito erogato dall’INPS, che l’agenzia di somministrazione detrae dal compenso da corrispondere (così come detrae dai contributi da versare i contributi figurativi cui il lavoratore ha diritto). Tutto ciò può avvenire al di fuori di qualsiasi piano di reinserimento del lavoratore e di qualsiasi iniziativa formativa in favore dello stesso; non è inoltre prevista alcuna forma di controllo pubblico.
Al termine del contratto di lavoro, l’agenzia di somministrazione - pur avendo fruito di una consistente detrazione sulla retribuzione da corrispondere al lavoratore, la quale di fatto è a carico dell’INPS (nel caso-limite di un lavoratore che percepisce un trattamento di sostegno al reddito pari all’80 per cento dell’ultima retribuzione, l’agenzia potrebbe addirittura non erogare direttamente alcun compenso) non ha alcun obbligo nei confronti del lavoratore.
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Testo d.lgs. n. 276/2003 |
Testo modificato dal dl in esame |
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Art. 13. |
Art. 13. |
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Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato |
Misure di incentivazione del raccordo pubblico e privato |
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1. Al fine di garantire l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati, attraverso politiche attive e di workfare, alle agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro è consentito: a) operare in deroga al regime generale della somministrazione di lavoro, ai sensi del comma 2 dell'articolo 23, ma solo in presenza di un piano individuale di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, con interventi formativi idonei e il coinvolgimento di un tutore con adeguate competenze e professionalità, e a fronte della assunzione del lavoratore, da parte delle agenzie autorizzate alla somministrazione, con contratto di durata non inferiore a sei mesi; b) determinare altresì, per un periodo massimo di dodici mesi e solo in caso di contratti di durata non inferiore a nove mesi, il trattamento retributivo del lavoratore, detraendo dal compenso dovuto quanto eventualmente percepito dal lavoratore medesimo a titolo di indennità di mobilità, indennità di disoccupazione ordinaria o speciale, o altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, e detraendo dai contributi dovuti per l'attività lavorativa l'ammontare dei contributi figurativi nel caso di trattamenti di mobilità e di indennità di disoccupazione ordinaria o speciale. 2. Il lavoratore destinatario delle attività di cui al comma 1 decade dai trattamenti di mobilità, qualora l'iscrizione nelle relative liste sia finalizzata esclusivamente al reimpiego, di disoccupazione ordinaria o speciale, o da altra indennità o sussidio la cui corresponsione è collegata allo stato di disoccupazione o inoccupazione, quando: a) rifiuti di essere avviato a un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero rifiuti di essere avviato a un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore; b) non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20 per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza c) non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla competente sede I.N.P.S. del lavoro prestato ai sensi dell'articolo 8, commi 4 e 5 del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. 3. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano quando le attività lavorative o di formazione offerte al lavoratore siano congrue rispetto alle competenze e alle qualifiche del lavoratore stesso e si svolgano in un luogo raggiungibile in 80 minuti con mezzi pubblici da quello della sua residenza. Le disposizioni di cui al comma 2, lettere b) e c) non si applicano ai lavoratori inoccupati. 4. Nei casi di cui al comma 2, i responsabili della attività formativa ovvero le agenzie di somministrazione di lavoro comunicano direttamente all'I.N.P.S., e al servizio per l'impiego territorialmente competente ai fini della cancellazione dalle liste di mobilità, i nominativi dei soggetti che possono essere ritenuti decaduti dai trattamenti previdenziali. A seguito di detta comunicazione, l'I.N.P.S. sospende cautelativamente l'erogazione del trattamento medesimo, dandone comunicazione agli interessati. 5. Avverso gli atti di cui al comma 4 è ammesso ricorso entro trenta giorni alle direzioni provinciali del lavoro territorialmente competenti che decidono, in via definitiva, nei venti giorni successivi alla data di presentazione del ricorso. La decisione del ricorso è comunicata al competente servizio per l'impiego ed all'I.N.P.S. 6. Fino alla data di entrata in vigore di norme regionali che disciplinino la materia, le disposizioni di cui al comma 1 si applicano solo in presenza di una convenzione tra una o più agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, anche attraverso le associazioni di rappresentanza e con l'ausilio delle agenzie tecniche strumentali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, e i comuni, le province o le regioni stesse.
7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 si applicano anche con riferimento ad appositi soggetti giuridici costituiti ai sensi delle normative regionali in convenzione con le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro, previo accreditamento ai sensi dell'articolo 7. 8. Nella ipotesi di cui al comma 7, le agenzie autorizzate alla somministrazione di lavoro si assumono gli oneri delle spese per la costituzione e il funzionamento della agenzia stessa. Le regioni, i centri per l'impiego e gli enti locali possono concorrere alle spese di costituzione e funzionamento nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie. |
1. Identico.
2. Identico.
3. Identico.
4. Identico.
5. Identico.
6. Soppresso.
7. Identico.
8. Identico.
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1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
(omissis)
b) all’articolo 34, il comma 2, è sostituito dal seguente:
“2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati“;
Il comma 1, lettera b) dell’articolo 1-bis reca modifiche alla disciplina del lavoro intermittente, di cui all’art. 34 del d.lgs. n. 276/2003.
Il ricorso al contratto di lavoro intermittente viene esteso - anche al di fuori delle esigenze previste dalla contrattazione collettiva o del riferimento a periodi predeterrminati - alla generalità dei giovani con meno di 25 anni di età ed ai lavoratori ultraquarantacinquenni, eliminando il riferimento al periodo di sperimentazione ed allo stato di disoccupazione o di mobilità e prevedendo che il contratto può essere riferito anche a soggetti pensionati.
Viene inoltre eliminato il carattere sperimentale di questa disciplina che consente il ricorso al contratto di lavoro intermittente al di fuori delle esigenze previste dalla contrattazione collettiva o del riferimento a periodi predeterrminati.
Una disciplina di carattere speciale prevista per i soggetti svantaggiati con meno di 25 anni o con più di 45 anni viene dunque estesa alla generalità dei soggetti con i medesimi requisiti di età, compresi i pensionati.
Si ricorda che il lavoro intermittente (o a chiamata) è disciplinato dal Capo I (artt. 33-40) del D.Lgs. n. 276/2003: in particolare l’art. 33 definisce tale contratto come il contratto di lavoro mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione lavorativa nei limiti di cui al successivo articolo 34. In particolare viene precisato che spetta ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale individuare le possibilità di conclusione di contratti di lavoro intermittente, a meno che il contratto non si riferisca a periodi predeterminati della settimana, del mese o dell’anno; nelle more della contrattazione collettiva con il Decreto del ministro del lavoro del 23 ottobre 2004 “Contratti di lavoro intermittente” sono stati stabiliti i casi nei quali può essere utilizzato tale tipo di contratto.
Il contratto di lavoro intermittente può essere in ogni caso utilizzato, in via sperimentale, nel caso di lavoratori particolarmente svantaggiati, cioè in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero con più di 45 anni di età che siano stati licenziati e siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento (art. 34, comma 2).
Il comma 3 dell’art. 34 prevede una serie fattispecie nelle quali non può utilizzarsi il contratto in esame[22]
L’articolo 35 concerne della forma del contratto, che deve essere scritta ad probationem, e le relative comunicazioni.
L’articolo 36 prevede il diritto ad un’indennità mensile per i periodi nei quali il lavoratore garantisce la disponibilità al datore di lavoro in attesa di utilizzazione allo svolgimento di prestazioni di carattere intermittente su richiesta del datore medesimo. Viene in ogni caso previsto un limite minimo, che è stato fissato in 350 euro con decreto del Ministro del lavoro del 10 marzo 2004[23]. L’articolo 37 disciplina invece il lavoro intermittente per particolari periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.
L’art. 38 concerne lo status giuridico del lavoratore intermittente, mentre l’articolo 39 precisa che il prestatore di lavoro intermittente, il quale non deve ricevere, limitatamente ai periodi lavorati, un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello, a parità di mansioni svolte.
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Testo d.lgs. n. 276/2003 |
Testo modificato dal dl in esame |
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Art. 34 |
Art. 34 |
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Casi di ricorso al lavoro intermittente. |
Casi di ricorso al lavoro intermittente. |
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1. Il contratto di lavoro intermittente può essere concluso per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente, secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero per periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno ai sensi dell'articolo 37. 2. In via sperimentale il contratto di lavoro intermittente può essere altresì concluso anche per prestazioni rese da soggetti in stato di disoccupazione con meno di 25 anni di età ovvero da lavoratori con più di 45 anni di età che siano stati espulsi dal ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilità e di collocamento. 3. È vietato il ricorso al lavoro intermittente: a) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; b) salva diversa disposizione degli accordi sindacali, presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente ovvero presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente; c) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni. |
1. Identico
2. Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con riferimento a prestazioni rese da soggetti con meno di venticinque anni di età ovvero da lavoratori con più di quarantacinque anni di età, anche pensionati.
3. Identico
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1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
(omissis)
c) all’articolo 59, il comma 1, è sostituito dal seguente:
“1. Durante il rapporto di inserimento, la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento oggetto del contratto. Il sottoinquadramento non trova applicazione per la categoria di lavoratori di cui all’articolo 54, comma 1, lettera e), salvo non esista diversa previsione da parte dei contratti collettivi nazionali o territoriali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale“;
L’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), del decreto-legge in esame reca modifiche alla disciplina del contratto di inserimento di cui al Capo II del D.Lgs. n. 276/2003 emanato in attuazione della legge n. 30/2003 di riforma del mercato del lavoro (c.d. “legge Biagi”):
In particolare - mediante l’inserimento di un secondo periodo al comma 1 dell’art. 59 del citato decreto - viene previsto che le norme riguardanti la possibilità di sottoinquadrare il lavoratore non valgono in caso dell’ assunzione di donne residenti in zone con tasso di occupazione o di disoccupazione femminile che si discosti da quello maschile in maniera rilevante. E’ comunque fatta salva la diversa previsione di contratti collettivi nazionali o territoriali sottoscritti dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Nel nuovo mercato del lavoro delineato dal d.lgs. n. 276/2003, il contratto di inserimento (disciplinato dagli artt. 54-59) sostituisce il contratto di formazione e lavoro (CFL).
Il contratto di inserimento è un contratto di lavoro diretto a realizzare, mediante un progetto individuale di adattamento delle competenze professionali del lavoratore a un determinato contesto lavorativo, l'inserimento ovvero il reinserimento nel mercato di determinate categorie di persone considerate svantaggiate: giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni; disoccupati di lunga durata di età compresa tra i 29 ed i 32 anni; lavoratori disoccupati con più di cinquanta anni; lavoratori inattivi per più di due anni che desiderino riprendere una attività lavorativa; donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile; portatori di handicap grave.
Ai sensi dell’art. 59, comma 1, nel testo attualmente vigente, la categoria di inquadramento del lavoratore può essere inferiore, per non più di due livelli, alla categoria spettante, in base ai contratti collettivi, ai lavoratori che svolgono mansioni o funzioni con qualifiche corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro.
A seguito della modifica apportata dalla previsione in esame, in caso di assunzione di donne residenti in zone in cui l’occupazione femminile risulti particolarmente svantaggiata, le lavoratrici dovranno essere inquadrate in una categoria equivalente a quella spettante ai lavoratori con qualifiche corrispondenti, salva diversa previsione dei contratti collettivi.
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Testo d.lgs. n. 276/2003 |
Testo modificato dal ddl in esame |
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Art. 59 |
Art. 59. |
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Incentivi economici e normativi |
Incentivi economici e normativi |
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1. Durante il rapporto di inserimento, la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento oggetto del contratto.
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1. Durante il rapporto di inserimento, la categoria di inquadramento del lavoratore non può essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria spettante, in applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inserimento oggetto del contratto. Il sottoinquadramento non trova applicazione per i lavoratori di cui all’articolo 54, comma 1, lettera e), salvo non esista diversa previsione da parte dei contratti collettivi nazionali o territoriali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
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(omissis) |
(omissis) |
1. Al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, sono apportate le seguenti modificazioni:
(omissis)
d) all’articolo 70, comma 1, è aggiunta la seguente lettera:
“e-bis) dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi“;
e) all’articolo 70, il comma 2 è sostituito dai seguenti:
“2. Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5 mila euro nel corso di un anno solare.
3. Le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro“;
f) all’articolo 72, il comma 4 è sostituito dai seguenti:
“4. Fermo restando quando disposto dal comma 4-bis, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all’INPS, alla gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono e per fini assicurativi contro gli infortuni all’INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono e trattiene l’importo autorizzato dal decreto di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese.
4-bis. Con riferimento all’impresa familiare di cui all’articolo 70, comma 1, lettera e-bis), trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato“;
g) all’articolo 72, comma 5, la parola: “metropolitane“ è soppressa.
L’articolo 1-bis, comma 1, lettere d), e), f) e g),apporta alcune modifiche alla disciplina del lavoro accessorio, prevista dal capo II del titolo VII (artt. 70-74) del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, di riforma del mercato del lavoro.
Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o non ancora entrati nel mercato del lavoro (disoccupati da oltre un anno; le casalinghe, studenti e pensionati; disabili e soggetti in comunità di recupero; lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro) nell'ambito di attività specificamente determinate, caratterizzate dallo svolgimento in ambito prevalentemente domestico o dalla connessione ad eventi di rilievo culturale o a lavori di emergenza o solidarietà.
Tali attività lavorative, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 5.000 euro, sempre nel corso di un anno solare.
L’elemento innovativo della disciplina del lavoro accessorio è costituito dalle modalità di assolvimento dell’obbligo retributivo e contributivo connesso alle prestazioni, che avviene attraverso l’acquisto presso le rivendite autorizzate, da parte dei datori di lavoro, di uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio da consegnare al prestatore di lavoro accessorio. Quest’ultimo riceve il proprio compenso all’atto della restituzione dei buoni al concessionario del servizio, da individuarsi con decreto ministeriale. Il compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.
Il concessionario, oltre provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, effettua il versamento dei contributi per fini previdenziali all'INPS e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL.
Le modifiche apportate dalla disposizione in esame riguardano i seguenti aspetti.
1. Estensione dell’istituto del lavoro accessorio all’impresa familiare operante nel settore del commercio del turismo o dei servizi.
La nuova lettera e-bis) dell’articolo 70, comma 1, comprende nel novero delle prestazioni di lavoro accessorio, le attività lavorative di natura occasionale rese da soggetti svantaggiati o non ancora entrati nel mercato del lavoro nell’ambito dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis del codice civile, operante nel settore del commercio, del turismo o dei servizi.
Si ricorda che l'istituto dell'impresa familiare, disciplinato dall'art. 230-bis c.c., è stato introdotto nel nostro ordinamento dall'articolo 89 della legge di riforma del diritto di famiglia (L. 19 maggio 1975, n. 151), allo scopo di tutelare il lavoro familiare, che, in passato, si riteneva prestato a titolo gratuito e in adempimento di un dovere di solidarietà sociale.
Salvo l'ipotesi in cui sia configurabile un diverso rapporto, al familiare che presta in modo continuativo la sua attività lavorativa nella famiglia o nell'impresa familiare sono attribuiti specifici diritti e poteri (quali, tra gli altri, il diritto al mantenimento, la partecipazione agli utili, il diritto agli incrementi di valore dell’azienda, il potere di concorrere alle decisioni relative all’impiego degli utili).
Ai sensi del terzo comma dell’articolo 230-bis del c.c., è impresa familiare quella nella quale collaborano il coniuge dell'imprenditore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.
Dal punto di vista della formulazione del testo, si osserva che il riferimento ad attività svolte «nell’ambito… dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile» potrebbe ingenerare dubbi interpretativi: potrebbe non apparire chiaro se la disciplina si applichi ai familiari - rientranti nelle categorie a rischio di esclusione sociale - che collaborano nell’impresa (tutta la disciplina dell’impresa familiare riguarda infatti la posizione dei familiari) o a soggetti esterni che lavorano saltuariamente nell’ambito di un’impresa a carattere familiare. La ratio della disciplina porta a propendere per la seconda interpretazione.
Nel caso dell’impresa familiare, vi sono due eccezioni rispetto alla disciplina generale del lavoro accessorio:
§ le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro (nuovo art. 70, comma 3). Si rileva che, per omogeneità con la formulazione contenuta nel testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. n. 916/87, appare opportuno sostituire l’espressione «anno fiscale» con «periodo di imposta»;
§ si applica la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato (nuovo art. 72, comma 4-bis).
3. Ampliamento dei limiti temporali e retributivi per il ricorso al lavoro accessorio.
Il nuovo comma 2 dell’articolo 70 comporta rilevanti modifiche ai limiti per l’applicazione della disciplina del lavoro accessorio. In particolare:
§ viene eliminato ogni riferimento al limite temporale di 30 giorni, per anno solare, ai fini della classificazione dell’attività prestata come lavoro accessorio;
§ si prevede che il limite massimo di 5.000 euro di compenso, nel corso di un anno solare, deve essere riferito a ciascun singolo committente e non all’attività complessiva del prestatore di lavoro accessorio.
In proposito, si osserva che il venir meno del limite temporale dei trenta giorni e il contestuale aumento del limite di reddito annuo potrebbero incidere sulle caratteristiche di occasionalità ed accessorietà del rapporto di lavoro in esame.
4. Fase sperimentale
Al comma 5 dell’articolo 72, è infine soppressa la limitazione alle aree metropolitane, attualmente prevista con riferimento alla prima fase di sperimentazione dell'istituto del lavoro accessorio, fase da definirsi con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
L'individuazione delle aree interessate alla fase medesima viene pertanto rimessa al decreto senza indicazione di criteri.
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D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 |
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Testo vigente |
Testo modificato dal ddl in esame |
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Articolo 70 |
Articolo 70 |
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Definizione e campo di applicazione |
Definizione e campo di applicazione |
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1. Per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne, nell'ambito: |
1. Identico. |
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a) dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresa la assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con handicap; |
a) identica; |
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b) dell'insegnamento privato supplementare; |
b) identica; |
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c) dei piccoli lavori di giardinaggio, nonché di pulizia e manutenzione di edifici e monumenti; |
c) identica; |
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d) della realizzazione di manifestazioni sociali, sportive, culturali o caritatevoli; |
d) identica; |
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e) della collaborazione con enti pubblici e associazioni di volontariato per lo svolgimento di lavori di emergenza, come quelli dovuti a calamità o eventi naturali improvvisi, o di solidarietà. |
e) identica; |
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e-bis) dell’impresa familiare di cui all’art. 230-bis del codice civile, limitatamente al commercio, al turismo e ai servizi. |
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2. Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che coinvolgono il lavoratore per una durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare e che, in ogni caso, non danno complessivamente luogo a compensi superiori a 5 mila euro sempre nel corso di un anno solare |
2. Le attività lavorative di cui al comma 1, anche se svolte a favore di più beneficiari, configurano rapporti di natura meramente occasionale e accessoria, intendendosi per tali le attività che non danno complessivamente luogo, con riferimento al medesimo committente, a compensi superiori a 5 mila euro nel corso di un anno solare. |
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3. Le imprese familiari possono utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro. |
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D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 |
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Testo vigente |
Testo modificato dal ddl in esame |
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Articolo 71 |
Articolo 71 |
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Prestatori di lavoro accessorio |
Prestatori di lavoro accessorio |
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1. Possono svolgere attività di lavoro accessorio: a) disoccupati da oltre un anno; b) casalinghe, studenti e pensionati; c) disabili e soggetti in comunità di recupero; d) lavoratori extracomunitari, regolarmente soggiornanti in Italia, nei sei mesi successivi alla perdita del lavoro. |
1. Identico. |
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2. I soggetti di cui al comma 1, interessati a svolgere prestazioni di lavoro accessorio, comunicano la loro disponibilità ai servizi per l'impiego delle province, nell'ambito territoriale di riferimento, o ai soggetti accreditati di cui all'articolo 7. A seguito della loro comunicazione i soggetti interessati allo svolgimento di prestazioni di lavoro accessorio ricevono, a proprie spese, una tessera magnetica dalla quale risulti la loro condizione. |
2. Identico. |
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D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 |
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Testo vigente |
Testo modificato dal ddl in esame |
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Articolo 72 |
Articolo 72 |
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Disciplina del lavoro accessorio |
Disciplina del lavoro accessorio |
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1. Per ricorrere a prestazioni di lavoro accessorio, i beneficiari acquistano presso le rivendite autorizzate uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro trenta giorni e periodicamente aggiornato. |
1. Identico. |
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2. Tale valore nominale è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle di cui all'articolo 70, comma 1, nonché del costo di gestione del servizio. |
2. Identico
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3. Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario, di cui al comma 5, all'atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio. |
3. Identico. |
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4. Il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale; effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal decreto, di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese |
4. Fermo restando quanto disposto dal comma 4-bis, il concessionario provvede al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale; effettua il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali all'INPS, alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in misura pari al 13 per cento del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL, in misura pari al 7 per cento del valore nominale del buono, e trattiene l'importo autorizzato dal decreto, di cui al comma 1, a titolo di rimborso spese. |
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4-bis. Con riferimento all’impresa familiare di cui all’articolo 70, comma 1, lettera e-bis), trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato. |
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5. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, individua le aree metropolitane e il concessionario del servizio attraverso cui avviare una prima fase di sperimentazione delle prestazioni di lavoro accessorio e regolamenta criteri e modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 4 e delle relative coperture assicurative e previdenziali |
5. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, individua le aree e il concessionario del servizio attraverso cui avviare una prima fase di sperimentazione delle prestazioni di lavoro accessorio e regolamenta criteri e modalità per il versamento dei contributi di cui al comma 4 e delle relative coperture assicurative e previdenziali |
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 12 aprile 2005 la Commissione ha presentato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008 (COM(2005)141)[24], in base alle indicazioni del Consiglio europeo del 22-23 marzo.
Nell’ambito del rilancio della strategia di Lisbona il Consiglio europeo ha sottolineato, in particolare, la necessità di migliorare la governance della strategia, traducendo il carattere prioritario della crescita e dell’occupazione in nuovi grandi orientamenti di politica economica e nuove linee direttrici per l’occupazione da presentare in un unico documento, al fine di rafforzarne la coerenza globale.
Il documento della Commissione recante le linee direttrici integrate si articola in due parti, concentrate su un numero limitato di misure considerate essenziali per aumentare la crescita e l’occupazione:
§ una raccomandazione recante i grandi orientamenti di politica economica (GOPE), applicabili a tutti gli Stati membri e alla Comunità;
i GOPE definiscono, anzitutto, le linee direttrici macroeconomiche, intese a sostenere uno sviluppo economico equilibrato e a sfruttare il massimo potenziale attuale di crescita. In secondo luogo, sono individuate le linee direttrici microeconomiche, intese a rinforzare l’efficacia e la capacità di adattamento dell’economia europea ed accrescerne il potenziale di crescita;
§ una proposta di decisione del Consiglio recante le linee direttrici per l’occupazione[25] che enunciano i seguenti obiettivi generali e le azioni prioritarie in materia di occupazione nell’Unione europea e nei suoi Stati membri:
- applicare politiche per l’occupazione volte a raggiungere il pieno impiego, a migliorare la qualità e la produttività del lavoro e a rafforzare la coesione sociale e territoriale;
- favorire un approccio al lavoro fondato sul ciclo di vita;
- creare mercati del lavoro che favoriscano l’inserzione di coloro che sono in cerca di lavoro e delle persone svantaggiate;
- migliorare la risposta ai bisogni del mercato del lavoro;
- favorire la flessibilità conciliandola con la sicurezza sul lavoro e ridurre la segmentazione del mercato del lavoro;
- vigilare che l’evoluzione dei salari e degli altri costi del lavoro sia favorevole all’occupazione;
- aumentare e migliorare gli investimenti nel capitale umano;
- adattare i sistemi di educazione e di formazione alle nuove competenze richieste.
Le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione verranno esaminate dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di consultazione.
Sulla base delle linee direttrici integrate 2005-2008 gli Stati membri elaboreranno i rispettivi programmi nazionali di riforma triennali, da presentare nell’autunno del 2005. Tali programmi dovranno essere il risultato di un dibattito al livello nazionale che coinvolga il Parlamento, i partner sociali e i cittadini.
Il 20 marzo 2002 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei (COM(2002) 149).
La proposta fissa una tutela minima comunitaria (lasciando a Stati membri e parti sociali il compito di adeguarla alle specificità nazionali) e prevede una serie di norme complementari volte a migliorare la situazione dei lavoratori temporanei, agevolandone l’accesso all’occupazione permanente, migliorandone le condizioni materiali di lavoro (accesso ai servizi sociali dell’impresa utilizzatrice) e rafforzandone le capacità d’inserimento professionale (accesso alla formazione organizzata all’interno dell’impresa di fornitura di lavoro temporaneo e dell’impresa utilizzatrice).
A seguito della prima lettura del Parlamento europeo, il 21 novembre 2002, nell’ambito della procedura di codecisione, la Commissione ha presentato, il 28 novembre 2002, una proposta modificata. La proposta stabilisce il principio generale della parità di trattamento, in virtù del quale i lavoratori temporanei devono beneficiare delle medesime condizioni di base di lavoro che si applicherebbero se essi fossero direttamente impiegati dall’impresa utilizzatrice per svolgervi il medesimo lavoro. Il Consiglio occupazione del 2-3 giugno 2003 non ha raggiunto l’accordo politico sulla posizione comune: il principale punto di disaccordo riguarda la natura e la durata della deroga al principio generale della parità di trattamento. Il Consiglio occupazione del 4 ottobre 2004ha svolto un dibattito sulla questione della parità di retribuzione e di condizione per i lavoratori temporanei ed ha riconosciuto che occorrono ulteriori sforzi per pervenire ad un compromesso accettabile per tutte le delegazioni.
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di decisione relativa ad un programma comunitario per l’occupazione e la solidarietà sociale PROGRESS (COM(2004)488), relativo al periodo 2007-2013. Il programma comunitario intende sostenere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione europea nel campo dell’occupazione e degli affari sociali, contribuendo in tal modo alla realizzazione della strategia di Lisbona in tali settori.
Il programma si articola in cinque sezioni corrispondenti a cinque grandi settori di attività:
- occupazione;
- protezione sociale e inclusione;
- condizioni di lavoro;
- lotta contro la discriminazione e la diversità;
- pari opportunità.
La proposta di decisione verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.
La Commissione ha presentato, il 14 luglio 2004, una proposta di regolamento relativa al Fondo sociale europeo (COM(2004) 493) per il periodo di programmazione 2007-2013, destinata a finanziare misure prioritarie per la creazione di occupazione e per il miglioramento della produttività nonché per l’inserimento nel mondo del lavoro e la coesione sociale. Il fondo dovrà essere gestito in conformità agli orientamenti e alle raccomandazioni della strategia europea per l’occupazione.
La proposta di regolamento verrà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura di codecisione.
Con riferimento ai profili concernenti la riforma della politica di coesione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-bis.
1. In attesa della definizione delle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono essere stabilite, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, quote massime di stranieri per lavoro subordinato per esigenze di carattere stagionale per i settori dell’agricoltura e del turismo, anche in misura superiore alle quote stabilite nell’anno precedente. Sono comunque fatti salvi i provvedimenti già adottati.
L’articolo in esame incide sulla disciplina relativa all’adozione in via transitoria - in attesa della determinazione definitiva - delle quote di cittadini provenienti da Paesi non appartenenti all’Unione europea da ammettere, nell'anno di riferimento, nel territorio dello Stato per lavoro subordinato (anche per esigenze di carattere stagionale) e per lavoro autonomo, prevista all’art. 3, co. 4, del testo unico in materia di immigrazione[26].
Tale disposizione consente che, qualora la procedura definitiva non sia stata espletata entro i termini previsti (30 novembre di ciascun anno), siano fissate quote in via transitoria, con decreto del Presidente del Consiglio, nel limite di quelle stabilite per l'anno precedente.
Il primo periodo del comma 1 in esame prevede che il limite delle quote stabilite per l’anno precedente non trovi applicazione per le quote relative al lavoro subordinato per esigenze di carattere stagionale nei settori dell’agricoltura e del turismo.
Sembrerebbe opportuno porre tale modifica in forma di novella del testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998) di cui la disposizione in esame costituisce una deroga[27].
Il secondo periodo fa salvi gli eventuali provvedimenti già adottati che deroghino (per la fattispecie summenzionata) al limite delle quote dell'anno precedente.
L’ingresso nel nostro Paese di cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolato secondo il principio delle quote programmatiche: ogni anno, sulla base della necessità di manodopera interna, viene stabilito il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.
In particolare, il Governo elabora ogni tre anni un documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri (articolo 3, comma 1, del citato testo unico) che costituisce la base di riferimento della politica dell'immigrazione. Il documento è presentato al Parlamento per il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Sulla base delle indicazioni contenute sul documento programmatico, ogni anno il Governo stabilisce le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro, attraverso l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (c.d. decreto flussi). Il decreto è adottato dal Governo con il parere delle Commissioni parlamentari, del Comitato interministeriale per il coordinamento e il monitoraggio delle politiche in materia di immigrazione e della Conferenza unificata Stato – regioni – enti locali.
Il decreto flussi, come si è detto, ha cadenza annuale e deve essere emanato entro il mese di novembre dell’anno precedente a quello di riferimento.
Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto, il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio che però non può superare le quote dell’anno precedente.
Dal 2002 sono stati emanati esclusivamente decreti transitori e la quota di ingressi consentiti si è stabilizzata intorno agli 80.000 lavoratori all’anno.
Le quote sono suddivise per lavoro subordinato (stagionale e non) e autonomo. In alcuni anni è stata accordata una preferenza per lavoratori specializzati (informatici ed infermieri professionali). Solitamente un numero di posti è riservato a cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione.
Anche per il 2005 il Governo ha fatto ricorso allo strumento del decreto transitorio. Sono stati emanati due decreti del Presidente del Consiglio[28], entrambi in data 17 dicembre 2004, uno per i lavoratori non comunitari e uno per i lavoratori provenienti dai Paesi che hanno fatto recentemente ingresso nell’Unione e nei confronti dei quali l’Italia, come del resto la maggior parte degli altri Paesi membri, ha adottato una moratoria alla libertà di circolazione dei cittadini.
Per quanto riguarda i cittadini non comunitari il decreto stabilisce una quota di 79.500 ingressi, di cui 25.000 riservati ai lavoratori stagionali.
Tuttavia nei primi mesi dell’anno si è verificato un alto numero di richieste di lavoratori stagionali, superiore alla disponibilità degli ingressi utilizzabili, in particolare nei settori agricolo e turistico - alberghiero. Pertanto si è reso necessario autorizzare per il 2005 l’ingresso di ulteriori 20.000 stagionali con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 aprile 2005[29].
L’ordinanza del 22 aprile trova fondamento nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2005[30] che estende lo stato di emergenza dichiarato dal DPCM 20 marzo 2002[31] (e prorogato dal DPCM 7 novembre 2003) anche alla situazione di criticità di carattere economico sociale derivante dalla rilevantissima richiesta di lavoratori nei settori agricolo e turistico alberghiero.
La disposizione in esame tende a superare, almeno nel settore dell’immigrazione stagionale, la logica dell’adozione di provvedimenti emergenziali in favore di un sistema di intervento ordinario.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il Consiglio del 24 febbraio 2005 ha svolto un primo scambio di opinioni in merito al libro verde sull’approccio dell’Unione europea alla migrazione economica (COM(2004)811), presentato dalla Commissione l’11 gennaio 2005.
Il libro verde mira ad avviare un dibattito approfondito, con la partecipazione delle istituzioni dell’UE, degli Stati membri e della società civile, sulla forma appropriata che dovrebbe assumere la normativa comunitaria in materia di ammissione dei migranti per motivi economici.
Il Consiglio ha inoltre accolto favorevolmente la proposta della Presidenza di realizzare un sistema di reciproca informazione e di allarme preliminare tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri per quanto riguarda decisioni importanti da adottare da parte di uno o più Stati membri.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il Consiglio del 24 febbraio 2005 ha svolto un primo scambio di opinioni in merito al libro verde sull’approccio dell’Unione europea alla migrazione economica (COM(2004)811), presentato dalla Commissione l’11 gennaio 2005.
Il libro verde mira ad avviare un dibattito approfondito, con la partecipazione delle istituzioni dell’UE, degli Stati membri e della società civile, sulla forma appropriata che dovrebbe assumere la normativa comunitaria in materia di ammissione dei migranti per motivi economici.
Il Consiglio ha inoltre accolto favorevolmente la proposta della Presidenza di realizzare un sistema di reciproca informazione e di allarme preliminare tra i responsabili delle politiche di migrazione e di asilo degli Stati membri per quanto riguarda decisioni importanti da adottare da parte di uno o più Stati membri.
1. È istituito l’alto Commissario per la lotta alla contraffazione con compiti di:
a) coordinamento delle funzioni di sorveglianza in materia di violazione dei diritti di proprietà industriale ed intellettuale;
b) monitoraggio sulle attività di prevenzione e di repressione dei fenomeni di contraffazione;
c) coordinamento sulla vigilia dell’attività doganale.
2. L’Alto Commissario di cui al comma 1, è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del ministro delle attività produttive.
3. L’alto Commissario si avvale per il proprio funzionamento degli uffici delle competenti direzioni generali del Ministero delle attività produttive.
4. Con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di composizione e di funzionamento dell’Alto Commissario, senza nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica.
5. Sono abrogate le disposizioni di cui all’articolo 145 del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30
L’articolo 1-quater, introdotto nel corso dell’esame al Senato, reca disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento di un nuovo organo al quale sono affidati compiti di coordinamento e di monitoraggio nell’ambito della lotta alla contraffazione.
A tale organo, istituito dal comma 1 e denominato Alto Commissario per la lotta alla contraffazione, spetta, in particolare:
a) coordinare le funzioni di sorveglianza sulle violazioni dei diritti di proprietà industriale e intellettuale[32];
b) monitorare le attività preventive e repressive dei fenomeni di contraffazione.
Il nuovo organo sostituisce il Comitato nazionale anticontraffazione, la cui istituzione (in realtà mai avvenuta) presso il Ministero delle attività produttive è stata disposta dai commi 72 e 73 dell’art. 4 della legge n. 350/03, recentemente abrogati dall’art. 246 del D.Lgs 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo “Codice della proprietà industriale”, in quanto confluiti nell’articolo 145 del Codice medesimo, oggetto a sua volta di abrogazione da parte del comma 5 dell’articolo in esame (cfr. oltre).
Ai sensi del citato art. 145 del nuovo Codice della proprietà industriale, presso il Ministero delle attività produttive è costituito il Comitato Nazionale Anticontraffazione con funzioni di monitoraggio dei fenomeni in materia di violazione dei diritti di proprietà industriale, nonché di proprietà intellettuale limitatamente ai disegni e modelli, di coordinamento e di studio delle misure volte ad contrastarli, nonché di assistenza alle imprese per la tutela contro le pratiche commerciali sleali. Le modalità di composizione e di funzionamento del Comitato sono definite con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze, degli affari esteri, delle politiche agricole e forestali, dell'interno, della giustizia e per i beni e le attività culturali, in modo da garantire la rappresentanza degli interessi pubblici e privati. Il funzionamento del Comitato non deve, infine, comportare oneri per la finanza pubblica.
Alla nomina dell’alto Commissario si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle attività produttive (comma 2), mentre la definizione delle relative modalità di funzionamento e di composizione è demandata ad un decreto dello stesso Ministro, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (comma 4).
Ai fini del proprio funzionamento, l’Alto Commissario si avvale degli uffici e delle competenti direzioni generali del Ministero delle attività produttive (Dir. Gen. per il commercio le assicurazioni e i servizi; Dir. Gen. per l’armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori; Dir. Gen. per lo sviluppo produttivo e competitività) (comma 3).
Infine, il comma 5 dispone l’abrogazione delle disposizioni dell’art. 145, del D.Lgs 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo Codice della proprietà industriale, concernenti l’istituzione e la disciplina del “Comitato nazionale anticontraffazione”, originariamente previsto, come accennato, dai commi 72 e 73 dell’art. 4 della legge n. 350/03.
Si ricorda, da ultimo, che ai sensi dell’articolo 1, comma 11, del provvedimento in esame, l’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione è tenuto ad operare in stretto coordinamento con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri.
1. Al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l’articolo 67 è sostituito dal seguente: «Art. 67. (Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie). Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Non sono soggetti all’azione revocatoria:
a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis;
f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo;
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.»;
b) l’articolo 70, è sostituito dal seguente: «Art. 70. (Effetti della revocazione). La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito.
Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.»;
c) nella rubrica del Titolo III, sono aggiunte, in fine, le parole: «e degli accordi di ristrutturazione»;
d) l’articolo 160 è sostituito dal seguente: «Art. 160. (Condizioni per l’ammissione alla procedura). L’imprenditore che si trova in stato di crisi può proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere:
a) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altri strumenti finanziari e titoli di debito;
b) l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore; possono costituirsi come assuntori anche i creditori o società da questi partecipate o da costituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato;
c) la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
d) trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.»;
e) l’articolo 161 è sostituito dal seguente: «Art. 161. (Domanda di concordato). La domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l’impresa ha la propria sede principale; il trasferimento della stessa intervenuto nell’anno antecedente al deposito del ricorso non rileva ai fini della individuazione della competenza.
Il debitore deve presentare con il ricorso:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.
Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all’articolo 28 che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.
Per la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell’articolo 152.»;
f) l’articolo 163 è sostituito dal seguente: «Art. 163. (Ammissione alla procedura). Il tribunale, verificata la completezza e la regolarità della documentazione, con decreto non soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato preventivo; ove siano previste diverse classi di creditori, il tribunale provvede analogamente previa valutazione della correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
Con il provvedimento di cui al primo comma , il tribunale:
1) delega un giudice alla procedura di concordato;
2) ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione di questo ai creditori;
3) nomina il commissario giudiziale osservate le disposizioni degli articoli 28 e 29;
4) stabilisce il termine non superiore a quindici giorni entro il quale il ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma che si presume necessaria per l’intera procedura.
Qualora non sia eseguito il deposito prescritto, il commissario giudiziale provvede a norma dell’articolo 173, quarto comma.»;
g) l’articolo 177 è sostituito dal seguente: «Art. 177. (Maggioranza per l’approvazione del concordato). Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe medesima.
Il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori.
Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.
Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della proposta di concordato.»;
h) l’articolo 180 è sostituito dal seguente: «Art. 180. (Approvazione del concordato e giudizio di omologazione) . Il tribunale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario giudiziale. Dispone che il provvedimento venga affisso all’albo del tribunale, e notificato, a cura del debitore, al commissario giudiziale e agli eventuali creditori dissenzienti.
Il debitore, il commissario giudiziale, gli eventuali creditori dissenzienti e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Il tribunale, nel contraddittorio delle parti, assume anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio per l’espletamento dell’istruttoria.
Il tribunale, se la maggioranza di cui al primo comma dell’articolo 177 è raggiunta, approva il concordato con decreto motivato. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrata in ogni caso la maggioranza di cui al primo comma dell’articolo 177, può approvare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
Il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è pubblicato e affisso a norma dell’articolo 17.
Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.»;
i) l’articolo 181 è sostituito dal seguente: «Art. 181. (Chiusura della procedura) . La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’articolo 180. L’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’articolo 161; il termine può essere prorogato per una sola volta dal tribunale di sessanta giorni.»;
l) dopo l’articolo 182 è inserito il seguente: «Art. 182-bis. (Accordi di ristrutturazione dei debiti) . Il debitore può depositare, con la dichiarazione e la documentazione di cui all’articolo 161, un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei.
L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese; i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla pubblicazione.
Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato.
Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’articolo 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
L’accordo acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese.».
2. Le disposizioni del comma 1, lettere a) e b), si applicano alle azioni revocatorie proposte nell’ambito di procedure iniziate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto.
2-bis. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i) si applicano altresì ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Al codice di procedura civile , sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 133, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso ;
b)all’articolo 134, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«L’avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l'avviso ;
b-bis) All’articolo 164 del codice di procedura civile, all’ultimo comma la parola: «ultimo» è sostituita dalla seguente: «secondo».
b-ter) All’articolo 167 del codice di procedura civile, al secondo comma dopo le parole: «le eventuali domande riconvenzionali» sono inserite le seguenti: «e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio».
c) all’articolo 176, secondo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere la comunicazione ;
c-bis) L’articolo 180 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:
«Art. 180. - (Forma di trattazione). La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige processo verbale.
c- ter) Gli articoli 183 e 184 del codice di procedura civile sono sostituiti dai seguenti:
Art. 183 (Prima comparizione delle parti e trattazione della causa). – All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167, secondo e terzo comma, dall’articolo 182, e dall’articolo 291, primo comma.
Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione.
Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta, fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti, al fine di interrogarle liberamente. La mancata comparizione senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116.
Nell’udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti posso precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate.
Se richiesto, il giudice concede alle parti un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte, e per produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonché un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime, e per l’indicazione di prova contraria. Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice si riserva di provvedere sulle richieste istruttorie con ordinanza pronunziata fuori dell’udienza entro un termine non superiore a trenta giorni, fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti.
L’ordinanza di cui al sesto comma è comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonché a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti.
Art. 184. - (Udienza di assunzione dei mezzi di prova). – Nell’udienza fissata con l’ordinanza prevista dal sesto comma dell’articolo 183, il giudice istruttore procede all’assunzione dei mezzi di prova ammessi.
Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con l’ordinanza di cui al comma precedente, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi.
d) all’articolo 250 del codice di procedura civile, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi.
Il difensore che ha spedito l’atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella cancelleria del giudice copia dell’atto inviato, attestandone la conformità all’originale, e l’avviso di ricevimento.»;
e)Al libro III del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
1) ’articolo 474 è sostituito dal seguente:
«Art. 474. - (Titolo esecutivo). – L’esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile.
Sono titoli esecutivi:
1) le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva;
2) le cambiali, nonché gli altri titoli di credito e gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia;
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, o le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute.
L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma.
2) All’articolo 476, al quarto comma, le parole: «non superiore a 5 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 1.000 a 5.000».
3) All’articolo 479 al secondo comma sopprimere le parole da: «ma se esso» fino a: «a norma dell’articolo 170».
4) All’articolo 490 sono apportate le seguenti modificazioni:
4.1) il secondo comma è sostituito dal seguente: «In caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, lo stesso avviso, unitamente a copia dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima redatta ai sensi dell’articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice, è altresì inserito in appositi siti internet almeno 45 giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto»;
4.2) nel terzo comma dell’articolo 490, dopo le parole: «sia inserito», sono inserite le seguenti: «almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto».
5) l’articolo 492 è sostituito dal seguente:
«Art 492. - (Forma del pignoramento). – Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all’espropriazione e i frutti di essi.
Il pignoramento deve altresì contenere l’invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione con l’avvertimento che, in mancanza, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice.
L’ufficiale giudiziario, quando constata che i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente, invita il debitore ad indicare i beni utilmente pignorabili e i luoghi in cui si trovano.
Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicati beni dal debitore, questi, dal momento della dichiarazione, sono considerati pignorati anche agli effetti dell’articolo 388, terzo comma, del codice penale.
Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente il creditore procedente può richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi e, successivamente, esercitare la facoltà di cui all’articolo 499, terzo comma.
In ogni caso l’ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose da sottoporre ad esecuzione, può, su richiesta del creditore e previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, rivolgere richiesta ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. La richiesta, anche riguardante più soggetti nei cui confronti procedere a pignoramento, deve indicare distintamente la completa generalità di ciascuno, nonché quella dei creditori istanti e gli estremi dei provvedimenti di autorizzazione.
L’ufficiale giudiziario ha altresì facoltà di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario.
Quando la legge richiede che l’ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per l’esecuzione può concedere al creditore l’autorizzazione prevista nell’articolo 488, secondo comma».
6) All’articolo 495 sono apportate le seguenti modificazioni:
6.1) al primo comma, le parole: «In qualsiasi momento anteriore alla vendita» sono sostituite dalle seguenti: «Prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569»;
6.2) al quarto comma, le parole: «nove mesi» sono sostituite con le altre: «diciotto mesi».
7) All’articolo 499 sono apportate le seguenti modificazioni:
7.1) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o un diritto di pegno».
7.2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del primo periodo entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione».
8) All’articolo 510, secondo comma, sono aggiunte, in fine, le parole: «e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori sequestratari, pignoratizi e ipotecari privi di titolo esecutivo».
9) l’articolo 512 è sostituito dal seguente
«Art. 512. - (Risoluzione delle controversie). – Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617, secondo comma.
Il giudice può, anche con l’ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata».
10) All’articolo 524, secondo comma, del codice di procedura civile, le parole: «nell’articolo 525, secondo comma» e le parole: «nel terzo comma dell’articolo 525» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «nell’articolo 525, primo comma» e: «nel secondo comma dell’articolo 525».
11) All’articolo 525 sono apportate le seguenti modificazioni:
11.1) il primo comma è abrogato;
11.2) il terzo comma è sostituito dal seguente:
«Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo 518, non superi 20.000 euro, l’intervento di cui al primo comma deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso prevista dall’articolo 529».
12) All’articolo 526, le parole: «a norma del secondo comma e del terzo comma dell’articolo precedente» sono sostituite dalle seguenti: «a norma dell’articolo 525».
13) L’articolo 527 è abrogato.
14) All’articolo 528 il primo comma è sostituito dal seguente:
«I creditori chirografari che intervengono successivamente ai termini di cui all’articolo 525, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori privilegiati e di quelli intervenuti in precedenza».
15) All’articolo 530, quinto comma, le parole «terzo comma», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «secondo comma».
16) All’articolo 532 il primo e il secondo comma sono sostituiti dai seguenti:
«Il giudice dell’esecuzione può disporre la vendita senza incanto dei beni pignorati. Le cose pignorate devono essere affidate all’istituto vendite giudiziarie, ovvero, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario.
Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione».
17) L’articolo 534-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 534-bis. - (Delega delle operazioni di vendita). – Il giudice, con il provvedimento di cui all’articolo 530, può, sentiti gli interessati, delegare all’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534, ovvero in mancanza a un notaio avente sede preferibilmente nel circondario o a un avvocato o a un dottore commercialista o esperto contabile, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice, il compimento delle operazioni di vendita con incanto ovvero senza incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle disposizioni di cui all’articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della presente sezione».
18) All’articolo 546 sono apportate le seguenti modificazioni:
18.1) dopo le parole: «da lui dovute» sono inserite le seguenti: «e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà»;
18.2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell’articolo 496 ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell’esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre venti giorni dall’istanza».
19) All’articolo 557, secondo comma, le parole: «cinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «dieci giorni».
20) All’articolo 559 sono apportate le seguenti modificazioni:
20.1) al secondo comma è aggiunto infine il seguente periodo: «Il giudice provvede a nominare una persona diversa quando l’immobile non sia occupato dal debitore»;
20.2) sono aggiunti infine i seguenti commi:
«Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti.
Il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o l’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534.
Qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito è nominato custode altro soggetto.».
21) All’articolo 560 sono apportate le seguenti modificazioni:
21.1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «(Modalità di nomina e revoca del custode. Modo della custodia)»;
21.2) al primo comma è anteposto il seguente: «I provvedimenti di nomina e di revoca del custode, nonché l’autorizzazione di cui al terzo comma o la sua revoca, sono dati con ordinanza non impugnabile. In quest’ultimo caso l’ordinanza costituisce titolo esecutivo per il rilascio. Dopo l’aggiudicazione deve essere sentito l’aggiudicatario ai sensi dell’articolo 485;
21.3) sono aggiunti infine i seguenti commi:
«Il giudice, con l’ordinanza di cui al primo comma, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi perché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. Il custode provvede all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità.
22) L’articolo 563 è abrogato.
23) L’articolo 564 è sostituito dal seguente:
«Art. 564. - (Facoltà dei creditori intervenuti). – I creditori intervenuti non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti.
24) Agli articoli 561, secondo comma, 565 e 566 le parole: «nell’articolo 563, secondo comma,» sono sostituite dalle seguenti: «nell’articolo 564».
25) L’articolo 567 è sostituito dal seguente:
«Art. 567. - (Istanza di vendita). – Decorso il termine di cui all’articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell’immobile pignorato.
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro centoventi giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica come previsto nella vigente normativa, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari.
Il termine di cui al secondo comma può essere prorogato una sola volta su istanza dei creditori o dell’esecutato, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriore centoventi giorni. Se la proroga non è richiesta o non è concessa, il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, dichiara l’inefficacia del pignoramento relativamente all’immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione. L’inefficacia è dichiarata con ordinanza, sentite le parti. Il giudice, con l’ordinanza, dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Si applica l’articolo 562, secondo comma. Il giudice dichiara altresì l’estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati.
26) L’articolo 569 è sostituito dal seguente:
«Art. 569. - (Provvedimento per l’autorizzazione della vendita). – A seguito dell’istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell’articolo 567, nomina l’esperto convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l’udienza non possono decorrere più di novanta giorni.
All’udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle.
Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, fissando un termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571. Il giudice con la medesima ordinanza fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l’udienza per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui all’articolo 573 e provvede ai sensi dell’articolo 576, per il caso in cui non siano proposte offerte d’acquisto entro il termine stabilito, ovvero per il caso in cui le stesse non siano efficaci ai sensi dell’articolo 571, ovvero per il caso in cui si verifichi una delle circostanze previste dall’articolo 572, terzo comma, ovvero per il caso, infine, in cui la vendita senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione.
Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell’esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all’articolo 498 che non sono comparsi.
27) Gli articoli 571, 572 e 573 sono sostituiti dai seguenti:
«Art. 571. - (Offerte d’acquisto). – Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l’acquisto dell’immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell’articolo 579 ultimo comma. L’offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l’indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell’offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall’offerente, l’offerta non può essere revocata prima di venti giorni.
L’offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, se è inferiore al prezzo determinato a norma dell’articolo 568 o se l’offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell’ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
L’offerta deve essere depositata in busta chiusa all’esterno della quale viene annotato, a cura del cancelliere ricevente, il nome, previa identificazione, di chi materialmente provvede al deposito, il nome del giudice dell’esecuzione o del professionista delegato ai sensi dell’articolo 591-bis e la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte. Se è stabilito che la cauzione è da versare mediante assegno circolare lo stesso deve essere inserito nella busta. Le buste sono aperte all’udienza fissata per l’esame delle offerte alla presenza degli offerenti.
Art. 572. - (Deliberazione sull’offerta). – Sull’offerta il giudice dell’esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti.
Se l’offerta è superiore al valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo 568, aumentato di un quinto, la stessa è senz’altro accolta.
Se l’offerta è inferiore a tale valore, il giudice non può far luogo alla vendita se vi è il dissenso del creditore procedente, ovvero se il giudice ritiene che vi è seria possibilità di migliore vendita con il sistema dell’incanto. In tali casi lo stesso ha senz’altro luogo alle condizioni e con i termini fissati con l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’articolo 569.
Si applicano anche in questi casi le disposizioni degli articoli 573, 574 e 577.
Art. 573. - (Gara tra gli offerenti). – Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione invita gli offerenti a una gara sull’offerta più alta.
Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l’incanto».
28) L’articolo 575 è abrogato.
29) All’articolo 576, primo comma, il numero 5) è sostituito dal seguente:
«5) L’ammontare della cauzione in misura non superiore al decimo del prezzo base d’asta e il termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti;».
30) L’articolo 580 è sostituito dal seguente:
«Art. 580. - (Prestazione della cauzione). – Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576.
Se l’offerente non diviene aggiudicatario la cauzione è immediatamente restituita dopo la chiusura dell’incanto, salvo che lo stesso non abbia omesso di partecipare al medesimo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. In tale caso la cauzione è restituita solo nella misura dei nove decimi dell’intero e la restante parte è trattenuta come somma rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione».
31) Gli articoli 584 e 585 sono sostituiti dai seguenti:
«Art. 584. - (Offerte dopo l’incanto). – Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto.
Le offerte di cui al primo comma si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all’articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell’articolo 580.
Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell’articolo 570 e comunicazione all’aggiudicatario fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma.
Alla gara possono partecipare, oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l’aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione nella misura di cui al secondo comma.
Nel caso di diserzione della gara indetta a norma del terzo comma, l’aggiudicazione diventa definitiva, ed il giudice pronuncia a carico degli offerenti di cui al primo comma la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto come rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione.
Art. 585. - (Versamento del prezzo). – L’aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall’ordinanza che dispone la vendita a norma dell’articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l’avvenuto versamento.
Se l’immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l’aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell’esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti.
Se il versamento del prezzo avviene con l’erogazione a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sul medesimo immobile oggetto di vendita, nel decreto di trasferimento deve essere indicato tale atto ed il Conservatore dei registri immobiliari non può eseguire la trascrizione del decreto se non unitamente all’iscrizione dell’ipoteca concessa dalla parte finanziata».
32) All’articolo 586, al primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento».
33) Gli articoli 588, 589, 590, 591, 591-bis e 591-ter sono sostituiti dai seguenti:
«Art. 588. - (Termine per l’istanza di assegnazione). – Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell’incanto, può presentare istanza di assegnazione a norma dell’articolo seguente per il caso in cui la vendita all’incanto non abbia luogo per mancanza di offerte.
Art. 589. - (Istanza di assegnazione). – L’istanza di assegnazione deve contenere l’offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell’articolo 506 ed al prezzo determinato a norma dell’articolo 568.
Fermo quanto previsto al primo comma, se nella procedura non risulta che vi sia alcuno dei creditori di cui all’articolo 498 e se non sono intervenuti altri creditori oltre al procedente, questi può presentare offerta di pagamento di una somma pari alla differenza fra il suo credito in linea capitale e il prezzo che intende offrire, oltre le spese.
Art. 590. - (Provvedimento di assegnazione). – Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione il giudice provveda su di esse fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio.
Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell’articolo 586.
Art. 591. - (Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto). – Se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, il giudice dell’esecuzione dispone l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell’articolo 576 perché si proceda a nuovo incanto.
In quest’ultimo caso il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quarto a quello precedente. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571.
Si applica il terzo comma, secondo periodo, dell’articolo 569.
Art. 591-bis. - (Delega delle operazioni di vendita). – Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza di vendita, ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, può, sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato ovvero a un dottore commercialista o esperto contabile, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice, il compimento delle operazioni di vendita secondo le modalità indicate al terzo comma del medesimo articolo 569. Con la medesima ordinanza il giudice stabilisce il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità, il luogo di presentazione delle offerte ai sensi dell’articolo 571 e il luogo ove si procede all’esame delle offerte e alla gara tra gli offerenti.
Il professionista delegato provvede:
1) alla determinazione del valore dell’immobile a norma dell’articolo 568, terzo comma anche tramite l’ausilio dell'esperto nominato dal giudice ai sensi dell'articolo 569, primo comma;
2) ad autorizzare l’assunzione dei debiti da parte dell’aggiudicatario o dell’assegnatario a norma dell’articolo 508;
3) sulle offerte dopo l’incanto a norma dell’articolo 584 e sul versamento del prezzo nella ipotesi di cui all’articolo 585, secondo comma;
4) alla fissazione degli ulteriori incanti o sulla istanza di assegnazione, ai sensi degli articoli 587, 590 e 591;
5) alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento, alla comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni negli stessi casi previsti per le comunicazioni di atti volontari di trasferimento nonché all’espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 586;
6) a ricevere o autenticare la dichiarazione di nomina di cui all’articolo 583;
7) alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell’esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni, provvede ai sensi dell’articolo 596.
In caso di delega al professionista delle operazioni di vendita con incanto, il professionista provvede alla redazione dell’avviso avente il contenuto di cui all’articolo 576, primo comma, alla sua notificazione ai creditori di cui all’articolo 498, non intervenuti, nonché a tutti gli altri adempimenti previsti dagli articoli 576 e seguenti. Nell’avviso va specificato che tutte le attività, che, a norma degli articoli 576 e seguenti, debbono essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell’esecuzione o dal cancelliere o dal giudice dell’esecuzione, sono effettuate dal professionista incaricato presso il suo studio ovvero nel luogo da lui indicato. All’avviso si applica l’articolo 173-quater delle disposizioni di attuazione del presente codice.
Il professionista delegato provvede altresì alla redazione del verbale d’incanto, che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali l’incanto si svolge, le generalità delle persone ammesse all’incanto, la descrizione delle attività svolte, la dichiarazione dell’aggiudicazione provvisoria con l’identificazione dell’aggiudicatario.
Il verbale è sottoscritto esclusivamente dal professionista delegato ed allo stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all’articolo 579, secondo comma.
Se il prezzo non è stato versato nel termine, il professionista delegato ne dà tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo.
Avvenuto il versamento del prezzo ai sensi degli articoli 585 e 590, secondo comma, il professionista delegato predispone il decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell’esecuzione il fascicolo. Al decreto, se previsto dalla legge, deve essere allegato il certificato di destinazione urbanistica dell’immobile quale risultante dal fascicolo processuale. Il professionista delegato provvede alla trasmissione del fascicolo al giudice dell’esecuzione nel caso in cui non faccia luogo all’assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell’articolo 591. Contro il decreto previsto nel presente comma è proponibile l’opposizione di cui all’articolo 617.
Le somme versate dall’aggiudicatario sono depositate presso una banca indicata dal giudice.
I provvedimenti di cui all’articolo 586 restano riservati al giudice dell’esecuzione anche in caso di delega al professionista delle operazioni di vendita con incanto.
Art. 591-ter. - (Ricorso al giudice dell’esecuzione). – Quando, nel corso delle operazioni di vendita, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617.».
34) All’articolo 596, primo comma, dopo le parole: «dell’esecuzione» sono inserite le seguenti: «o il professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis».
35) All’articolo 598 dopo le parole: «dell’esecuzione» sono inserite le seguenti: «o professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis».
36) All’articolo 600 il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Se la separazione in natura non è chiesta o non è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell’articolo 568».
37) All’articolo 608 il primo comma è sostituito dal seguente:
«L’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà».
38) Dopo l’articolo 608 è inserito il seguente:
«Art. 608-bis. L’esecuzione di cui all’articolo 605 si estingue se la parte istante prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all’ufficiale giudiziario procedente».
39) All’articolo 611, al secondo comma, dopo le parole: «giudice dell’esecuzione», sono inserite le seguenti: «a norma degli articoli 91 e seguenti».
40) All’articolo 615 al primo comma, in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo».
41) All’articolo 617 sono apportate le seguenti modificazioni:
41.1) al primo comma, le parole: «cinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «venti giorni»;
41.2) al secondo comma, le parole: «cinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «venti giorni».
42) L’articolo 624 è sostituito dai seguenti:
«Art. 624. - (Sospensione per opposizione all’esecuzione). – Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615, secondo comma, e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza.
Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche al provvedimento di cui all’articolo 512, secondo comma.
Art. 624-bis. - (Sospensione su istanza delle parti). – Il giudice dell’esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi. La sospensione è disposta per una sola volta. L’ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore.
Entro dieci giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire.»;
43) All'articolo 630 del codice di procedura civile, al terzo comma, dopo le parole: "è ammesso reclamo" sono inserite le seguenti: "da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall'udienza o dalla comunicazione dell'ordinanza e";
e-bis) Al capo III del titolo I del libro IV del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
1) All’articolo 669-quinquies, al primo comma, dopo la parola: «in arbitri» sono aggiunte le seguenti: «anche non rituali»;
2) All’articolo 669-octies sono apportate le seguenti modificazioni:
2.1) al primo comma, le parole: «trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni»;
2.2) al secondo comma, le parole: «trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «sessanta giorni»;
2.3) dopo il quinto comma sono aggiunti i seguenti commi:
«Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito.
L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti di cui al comma precedente, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa.
L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo.
3) All’articolo 669-decies, il primo comma è sostituito dai seguenti:
«Salvo che sia stato proposto reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies, nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquista conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza.
Quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto, la revoca e la modifica dell’ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase del reclamo proposto ai sensi dell’articolo 669-terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza».
4) All’articolo 669-terdecies sono apportate le seguenti modifiche:
4.1) il primo comma è sostituito dal seguente:
«Contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore»;
4.2) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Non è consentita la rimessione al primo giudice».
5) All’articolo 696 sono apportate le seguenti modificazioni:
5.1) al primo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell’istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta»;
5.2) dopo il primo comma è inserito il seguente: «L’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica».
6) Dopo l’articolo 696 è inserito il seguente:
«Art. 696-bis. - (Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite). – L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.
Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione.
Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.
Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.
Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili».
7) All’articolo 703 sono apportate le seguenti modificazioni:
7.1) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili»;
7.2) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669-terdecies.
Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l’articolo 669-novies, terzo comma».
8) All’articolo 704, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«La reintegrazione nel possesso può essere tuttavia domandata al giudice competente a norma dell’articolo 703, il quale dà i provvedimenti temporanei indispensabili; ciascuna delle parti può proseguire il giudizio dinanzi al giudice del petitorio, ai sensi dell’articolo 703».
e-ter) Al capo I del titolo II del libro IV del codice di procedura civile gli articoli 706, 707, 708, 709 sono sostituiti dai seguenti:
«Art. 706. - (Forma della domanda). – La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata.
Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica.
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate.
Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.
Art. 707. - (Comparizione personale delle parti). – I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l’assistenza del difensore.
Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto.
Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata.
Art. 708. - (Tentativo di conciliazione e provvedimenti del presidente). – All’udienza di comparizione il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione.
Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere il processo verbale della conciliazione.
Se la conciliazione non riesce, il presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a questi. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentiti il ricorrente ed il suo difensore.
Art. 709. - (Notificazione dell’ordinanza e fissazione dell’udienza). – L’ordinanza con la quale il presidente fissa l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell’attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell’ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero.
Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis ridotti a metà.
Con l’ordinanza il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167 e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
I provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’articolo 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore.
Art. 709-bis. - (Udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore). – All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo. Si applica altresì l’articolo 184.».
3-bis) L’articolo 4 della legge 1º dicembre 1970, n. 898 è sostituito dal seguente:
“Art. 4. – 1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.
2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata.
3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all’ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l’annotazione in calce all’atto.
4. Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza dei figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio.
5. Il presidente del tribunale, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data di comparizione dei coniugi avanti a sé, che deve avvenire entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace.
6. Al ricorso e alla prima memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente presentate.
7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione.
8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentiti il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.
9. Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà.
10. Con l’ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167 del codice di procedura civile e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio.
11. All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l’articolo 184 del medesimo codice.
12. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell’assegno, il Tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all’articolo 10.
13. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il Tribunale, emettendo la sentenza che dispone l’obbligo della somministrazione dell’assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda.
14. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva.
15. L’appello è deciso in camera di consiglio.
16. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al Tribunale in camera di consiglio. Il Tribunale, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il Tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli siano in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8 del presente articolo“.
3-ter) Alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) Dopo l’articolo 70-bis è inserito il seguente:
“Art. 70-ter. La citazione può anche contenere, oltre a quanto previsto dall’articolo 163, terzo comma, numero 7) del codice, l’invito al convenuto o ai convenuti, in caso di pluralità degli stessi, a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore di almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’articolo 163-bis del codice.
Se tutti i convenuti notificano la comparsa di risposta ai sensi del precedente comma, il processo prosegue nelle forme e secondo le modalità previste dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5“.
b) L’articolo 169-bis è sostituito dal seguente:
“Art. 169-bis. - (Determinazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione). – Con il decreto di cui all’articolo 179-bis è stabilita la misura dei compensi dovuti ai notai agli avvocati e ai dottori commercialisti per le operazioni di vendita dei beni mobili iscritti nei pubblici registri“.
c) L’articolo 169-ter è sostituito dal seguente:
“Art. 169-ter. - (Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita). – Nelle comunicazioni previste dall’articolo 179-ter sono indicati anche gli elenchi dei notai, degli avvocati, dei dottori commercialisti e esperti contabili disponibili a provvedere alle operazioni di vendita di beni mobili iscritti nei pubblici registri“.
d) Dopo l’articolo 173 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, sono inseriti i seguenti:
“Art. 173-bis. - (Contenuto della relazione di stima e compiti dell’esperto). – L’esperto provvede alla redazione della relazione di stima dalla quale devono risultare:
1) l’identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali;
2) una sommaria descrizione del bene;
3) lo stato di possesso del bene, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento;
4) l’esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene che resteranno a carico dell’acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico;
5) l’esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati o che comunque risulteranno non opponibili all’acquirente;
6) la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso.
L’esperto prima di ogni attività controlla la completezza dei documenti di cui all’articolo 567, secondo comma, del codice, segnalando al giudice immediatamente quelli mancanti o inidonei.
L’esperto, terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito, almeno quarantacinque giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’articolo 569 del codice, a mezzo posta ordinaria o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi.
Le parti possono depositare all’udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al terzo comma; in tale caso l’esperto interviene all’udienza per rendere i chiarimenti.
Art. 173-ter. – Il Ministro della giustizia stabilisce con proprio decreto i siti internet destinati all’inserimento degli avvisi di cui all’articolo 490 del codice e i criteri e le modalità con cui gli stessi sono formati e resi disponibili.
Art. 173-quater. – L’avviso di cui al terzo comma dell’articolo 591 - bis del codice deve contenere l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui all’articolo 30 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché le notizie di cui all’articolo 46 del citato testo unico e di cui all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni; in caso di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità di cui all’articolo 46, comma 1, del citato testo unico, ovvero di cui all’articolo 40, secondo comma, della citata legge 28 febbraio 1985, n. 47, ne va fatta menzione nell’avviso con avvertenza che l’aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti, avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 46, comma 5, del citato testo unico e di cui all’articolo 40, sesto comma, citata legge 28 febbraio 1985, n. 47“.
e) Gli articoli 179-bis e 179-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile sono sostituiti dai seguenti:
“Art. 179-bis. - (Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell’esecuzione). – Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Consiglio nazionale del notariato, il Consiglio nazionale dell’ordine degli avvocati e il Consiglio nazionale dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, è stabilita ogni triennio la misura dei compensi dovuti a notai, avvocati, dottori commercialisti e esperti contabili per le operazioni di vendita di beni immobili.
Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell’esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di vendita e le successive che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo.
Art. 179-ter. - (Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita). – Il Consiglio notarile distrettuale, il Consiglio dell’ordine degli avvocati e il Consiglio dell’ordine dei dottori commercialisti e esperti contabili comunicano ogni triennio ai presidenti dei Tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario. Rispettivamente dei notai, degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili disponibili a provvedere alle operazioni di vendita dei beni immobili. Agli elenchi contenenti l'indicazione degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili sono allegate le schede formate e sottoscritte da ciascuno dei predetti professionisti, con cui sono riferite le specifiche esperienze maturate nello svolgimento di procedure esecutive ordinarie o concorsuali.
Il Presidente del Tribunale forma quindi l’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita e lo trasmette ai giudici dell’esecuzione unitamente a copia delle schede informative sottoscritte da ciascuno di essi.
Al termine di ciascun semestre, il Presidente del Tribunale dispone la cancellazione dei professionisti ai quali in una o più procedure esecutive sia stata revocata la delega in conseguenza del mancato rispetto del termine e delle direttive stabilite dal giudice dell’esecuzione a norma dell’articolo 591-bis, primo comma del codice.
I professionisti cancellati dall’elenco a seguito di revoca di delega non possono essere reinseriti nel triennio in corso e nel triennio successivo“.
f) L’articolo 181 è sostituito dal seguente:
“Art. 181. - (Disposizioni sulla divisione). – Il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del Codice, se gli interessati sono tutti presenti.
Se gli interessati non sono tutti presenti, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di cui all’articolo 600, secondo comma, del codice fissa l’udienza davanti a sé per la comparizione delle parti concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l’integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell’ordinanza.“.
3-quater. Le disposizioni di cui ai commi 3, lettere b-bis), b-ter), c-bis), c-ter), e), e-bis), e-ter), 3-bise 3-terentrano in vigore centoventi giorni dopo la data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale»
4. Alla legge 20 novembre 1982, n. 890 sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, secondo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi in cui l’ufficiale giudiziario si avvalga per la notificazione di sistemi telematici, la sottoscrizione è sostituita dall’indicazione a stampa sul documento prodotto dal sistema informatizzato del nominativo dell’ufficiale giudiziario stesso.»;
b) all’articolo 4, secondo comma, dopo le parole: «per telegrafo» sono inserite le seguenti: «o in via telematica»;
c) all’articolo 8 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il secondo comma è sostituito dal seguente: «Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l’agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l’ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l’ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell’agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda. L’avviso deve contenere l’indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell’ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell’indirizzo dell’ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l’espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l’avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l’atto sarà restituito al mittente.
2) il terzo comma è sostituito dal seguente: «Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l’avviso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “atto non ritirato entro il termine di dieci giorni“ e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell’ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall’agente postale, della data dell’avvenuto deposito e dei motivi che l’hanno determinato, dell’indicazione “non ritirato entro il termine di centottanta giorni“ e della data di restituzione.»;
3) il quarto comma è sostituito dal seguente: «La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore.»;
4) al quinto comma, dopo le parole: «presso l’ufficio postale» sono inserite le seguenti: «o una sua dipendenza»;
5) il sesto comma è abrogato.
L’articolo in titolo, nei commi da 1 a 4, reca novelle alla cd. “legge fallimentare” (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) e al codice di procedura civile e, secondo quanto affermato in sede di relazione illustrativa, “detta le prime urgenti disposizioni finalizzate alla modifica della legge fallimentare in ordine all’istituto della revocatoria ed alla procedure di concordato preventivo”.
Si ricorda che l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto legge in esame detta alcuni principi e criteri direttivi per una riforma organica delle procedure concorsuali e che anche l’art. 2 del disegno di legge A.C. 5736 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), presentato dal Governo alla Camera in data 22 marzo 2005, provvede a modificare numerose disposizioni della legge fallimentare.
Quanto all’istituto della revocatoria fallimentare, esso viene ridisciplinato sotto due aspetti:
1) sono precisati i presupposti per l’esercizio dell’azione (in quanto esso è oggi, secondo la relazione, spesso fonte di incertezze applicative e di contrasti giurisprudenziali);
2) è inserito un regime di esenzioni dalla revocatoria (al fine di evitare, secondo la relazione, che situazioni che appaiono meritevoli di tutela siano invece travolte dall’esercizio, sovente strumentale, delle azioni giudiziarie conseguenti all’accertata insolvenza del destinatario dei pagamenti).
La revisione della disciplina relativa agli atti soggetti a revocatoria giudiziale promossa dal curatore riguarda sia gli atti c.d. “anormali” che quelli “normali”.
Per gli atti anormali, quelli cioè per i quali lo stato di insolvenza si presume, le novità normative sono essenzialmente due ed attengono:
§ al limite temporale previsto per la revocatoria fallimentare, che è stato sensibilmente ridotto[33].
§ al limite della sproporzionefra la prestazione a carico del fallito e quella a carico della controparte: a seguito della novella non è richiesta una generica “notevole” sproporzione, ma una sproporzione di “oltre un quarto” fra le prestazioni in sinallagma.
Per quanto concerne invece gli atti normali, quelli cioè per i quali è il curatore a dover provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza quando l’atto fu compiuto, oltre alla previsione un limite temporale inferiore al quale risalire ai fine di una possibile revocatoria (sei mesi), la novella prevede un ampliamento della categoria, che comprende ora anche agli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti di terzi.
Come rilevato in precedenza, il nuovo testo prevede poi una serie di atti che sono espressamente sottratti alla revocatoria fallimentare (si rinvia al testo a fronte, per la loro enumerazione).
Con riguardo agli effetti della revocatoria, la novella introduce due importanti novità:
1) la precisazione che in alcune particolari ipotesi tipizzate (come quella dei pagamenti avvenuti tramite gli intermediari specializzati) la revocatoria ha effetto nei confronti del destinatario della prestazione e non dell’intermediario;
2) l’introduzione di casi nei quali il terzo non deve restituire tutto qualora venga provata dal curatore la sua conoscenza dello stato di insolvenza, ma una somma pari alla differenza fra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data di apertura del concorso. Questa limitazione è prevista come applicabile ai soli atti estintivi di rapporta continuativi o reiterati.
In materia di concordato preventivo, la novella modifica il titolo III del R.D. 267/1942, aggiungendo un nuovo istituto: quello degli “accordi di ristrutturazione”.
Inoltre sostituisce i requisiti di meritevolezza per l’accesso al concordato con un piano che può essere proposto ai creditori e che può prevedere:
§ la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;
§ l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore;
§ la suddivisione dei creditori in classi;
§ trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi differenti.
Quanto alla disciplina della domanda di accesso al concordato, si prevede che con il relativo ricorso il debitore debba presentare :
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all'articolo 28 che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.
In relazione al ruolo del Tribunale nella fase di ammissione al concordato preventivo, il nuovo testo prevede esso svolga un ruolo di verifica della completezza e della regolarità della documentazione (non più un giudizio sulla ammissibilità). In caso di presenza di diverse classi di creditori, la valutazione avrà ad oggetto anche la correttezza dei criteri di formazione delle diverse classi.
Viene fissato, inoltre, un termine più ampio - non superiore ai quindici giorni (non più otto) – entro il quale il ricorrente deve depositare in cancelleria, su ordine del Tribunale, la somma che si presume necessaria per l’intera procedura. Qualora la stessa non venga depositata il commissario (non più il tribunale) provvede alla dichiarazione di fallimento.
Con il nuovo sistema introdotto dal D.L. in esame anche l’approvazione del concordato da parte dei creditori ha subito delle modifiche. Per l’ammissione diviene necessario il voto favorevole non della maggioranza dei creditori votanti, ma della maggioranza dei crediti ammessi al voto. Qualora, inoltre siano previste diverse classi di creditori, il concordato verrà approvato qualora riporti il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto per ciascuna classe di appartenenza.
E’ prevista altresì la possibilità che il tribunale, verificate le prescritte maggioranze, approvi il concordato anche se vi è il dissenso di uno o più classi di creditori. Tale valutazione dell’organo giudicante potrà essere operata preliminarmente qualora ricorrano entrambe le seguenti condizioni:
1) la maggioranza delle classi abbia approvato la proposta;
2) i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare comunque soddisfatti, in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Nell’ambito del nuovo concordato è previsto che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, abbiano diritto al voto solo qualora rinuncino alla prelazione. In questo modo, e solo ai fini del concordato verranno assimilati ai creditori chirografari.
Innovazioni sono previste anche in tema di procedura.
Diviene il tribunale (al posto del giudice delegato) l’organo competente alla fissazione dell’udienza di comparizione, che si svolgerà in camera di consiglio con la partecipazione del debitore, del commissario, e degli eventuali creditori dissenzienti. Questi soggetti legittimati dovranno costituirsi almeno dieci giorni prima con una memoria che conterà tutte le deduzioni, eccezione e le istanze istruttorie. Qualora il debitore non si costituisca, non potrà presenziare all’udienza.. Tuttavia il tribunale, anche di ufficio, potrà assumere, eventualmente delegando uno dei componenti del collegio, tutte le informazioni e le prove che riterrà necessarie per la formazione di un proprio convincimento.
Nello stesso termine il commissario giudiziale depositerà il proprio parere che dovrà essere motivato. L’ approvazione del concordato, secondo le modalità di cui all’art. 177, avverrà con decreto motivato che sarà comunicato al debitore ed al commissario. Sarà lo stesso commissario a darne notizia ai creditori. E’ previsto anche il deposito da parte del debitore delle eventuali somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irripetibili.
Infine, come già segnalato in precedenza, la novella introduce un nuovo istituto: l’accordo di ristrutturazione dei debiti. Il legislatore consente al debitore di depositare un accordo raggiunto con quei creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti. Dovrà essere altresì depositata una relazione redatta da un esperto che garantisca la attuabilità e la idoneità dell’accordo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei. L’accordo diviene efficace trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione nel registro delle imprese qualora ne i creditori né ogni altro interessato vi si oppongano. Il decreto di omologa è reclamabile entro quindici giorni dalla sua pubblicazione.
Il comma 2-bis, introdotto attraverso il maxiemendamento del Governo, prevede che alcune delle norme poste dall’articolo 2 (comma 1, lettere d), e), f), g), h) ed i)) si applichino anche ai procedimenti di concordato preventivo pendenti e non ancora omologati alla data del 17 marzo 2005 (giorno di entrata in vigore del decreto-legge).
Le disposizioni che l’emendamento propone di rendere applicabili alle procedure di concordato preventivo in corso alla data indicata sono quelle che modificano il titolo III (ora denominato Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione) del R.D 267/1942.
Esse sostituiscono i requisiti di meritevolezza per l’accesso al concordato con un piano che può essere proposto ai creditori e che può prevedere:
§ la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;
§ l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore;
§ la suddivisione dei creditori in classi;
§ trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi differenti.
Quanto alla disciplina della domanda di accesso al concordato, si prevede che con il relativo ricorso il debitore debba presentare:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili. Il piano e la documentazione di cui ai commi precedenti devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista di cui all'articolo 28 della legge fallimentare che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.
Si osserva che, attesa la quantità ed incisività delle modifiche apportate dal d.l. in conversione alla procedura del concordato preventivo, prevederne la integrale applicazione alla generalità dei procedimenti pendenti potrebbe generare problemi interpretativi ed attuativi.
Si ricorda che, in base all’articolo 15 della legge 400/1988, le modifiche apportate al decreto-legge in sede di conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge di conversione, salvo che quest'ultima non disponga diversamente.
Quanto ai profili della competenza, l’articolo 5 del c.p.c. stabilisce che la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, non rilevando rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.
I commi 3 e 4 introducono una serie di novelle:
§ al codice di procedura civile;
§ al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie);
§ alla legge 1º dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio);
§ alla legge 20 novembre 1982, n. 890 (Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari).
Si procederà di seguito ad una succinta descrizione delle modifiche proposte, rinviando per una visione integrale delle novelle e della loro incidenza sulla normativa vigente al successivo testo a fronte (vedi infra, in calce alla presente scheda).
La disciplina della procedura civile è modificata in più punti, risultando rivisitati i principali snodi del rito ordinario.
Nel libro I del c.p.c. si segnala la modifica degli artt. 133 e 134, volta a consentire che l’avviso di deposito della sentenza possa essere effettuato anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa in tema di sottoscrizione trasmissione e ricezione dei documenti informatici. Analoga previsione è introdotta per le ordinanze istruttorie con le quali il giudice istruttore decide sulla ammissione dei mezzi istruttori e per quelle pronunciate fuori udienza.
Numerose novelle attengono invece al processo di cognizione (disciplinato nel libro II del c.p.c.). Si segnala, in particolare, l’articolo 180, in cui si detta la sola disciplina della forma di trattazione della causa (ispirata all’oralità e alla redazione del processo verbale), essendo quella concernente la udienza di prima comparizione e la trattazione rinvenibile nel successivo art. 183: tale ultima norma, in applicazione del principio di concentrazione,prevede che già in sede di prima comparizione delle parti sia possibile per il giudice decidere anche sull’ammissione delle prove;l’articolo 184 reca, invece, la nuova disciplina della udienza dedicata alla assunzione dei mezzi istruttori previamente ammessi.
Novità sono introdotte in materia di titolo esecutivo per consegna di beni mobili o rilascio di immobili (art. 474), forma del pignoramento, conversione del pignoramento ed intervento dei creditori (art. 492 e ss.); in materia di risoluzione di controversie in sede di distribuzione del ricavato (art. 512, con attribuzione di poteri decisori al giudice dell’esecuzione, comunque competente); in tema di delega delle operazioni di vendita di beni mobili registrati che possono avvenire anche senza incanto (art. 534-bis) e – nell’espropriazione immobiliare - con la possibilità di nuove offerte dopo l’incanto per somme maggiori di un quinto (art. 584).
Una serie di modifiche è inoltre proposta con riguardo alla disciplina dei procedimenti cautelari, di cui al Capo III, titolo I, libro IV del codice di procedura civile. In particolare si segnala l’intervento che mira a stabilizzare la decisione cautelare nella ipotesi in cui non venga intentato il giudizio di merito (art. 669-octies).
Sempre nell’ambito del codice di procedura civile, il decreto legge, come emendato nel corso dell’esame presso il Senato, modifica diverse disposizioni contenute nel capo I del titolo II del libro IV, in tema di procedimento di separazione personale dei coniugi (forma della domanda, tentativo di conciliazione, fissazione dell’udienza ecc.).
Il testo in esame apporta, inoltre, modifiche alla normativa vigente in materia di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio (attraverso novelle alla legge 1º dicembre 1970, n. 898), con particolare riferimento agli aspetti di carattere procedurale.
Si ricorda ancora che, in tema di modifiche al processo civile, anche il cd. disegno di legge sulla competitività (A.C. n. 5736, recante il Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, presentato dal Governo alla Camera) reca diverse innovazioni al codice di procedura civile, nonché alle relative disposizioni transitorie e di attuazione (cfr. art. 2, commi 3 e 4).
Si rammenta, infine, che una proposta legislativa che prevede una pluralità di modifiche al c.p.c. è stata approvata nel corso della presente legislatura dalla Camera (in un testo risultante dall’unificazione di un ddl d’iniziativa parlamentare ed uno di iniziativa governativa), ed è attualmente all’esame della 2^ Commissione del Senato (A.S. n. 2430, recante “Modifiche al codice di procedura civile”). Inoltre, risulta assegnato alla 2^ Commissione della Camera il disegno di legge A.C. 4578, recante delega al Governo per la riforma del codice di procedura civile.
Infine, attraverso novelle agli artt. 3, 4 e 8 della L. 890/1982 (“Notificazione di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari”)sono introdotte modifiche “finalizzate ad aggiornare le norme rispetto ai moderni strumenti della comunicazione informatica e ad introdurre alcune novità per una maggiore celerità delle procedure” (così la relazione illustrativa).
In particolare, nelle nuove disposizioni si prevede:
§ che ove l'ufficiale giudiziario si avvalga per la notificazione di sistemi telematici, la sottoscrizione è sostituita dall'indicazione a stampa sul documento prodotto dal sistema informatizzato del nominativo dell'ufficiale giudiziario stesso;
§ che l’avviso di ricevimento del piego raccomandato può essere trasmesso anche per via telematica (oltre che per raccomandata e per telegrafo);
§ che vi siano nuove modalità di perfezionamento della notifica nel caso in cui le persone abilitate a ricevere il piego si rifiutino di riceverlo, ovvero le stesse manchino o siano inidonee.
Con riferimento alla modifica da ultimo citata, essa ha importato la riscrittura dell’art. 8, comma secondo, della l. 890/1982, che ora detta la seguente disciplina:
“Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente”.
Si segnala che nel predisporre il seguente testo a fronte, che accompagna le schede di lettura dell’art. 2, commi 3 e 4, si è riportata nella colonna di sinistra la normativa vigente anteriormente all’entrata in vigore del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35.
Nella colonna di destra si sono invece riportate le modifiche introdotte dal decreto legge (e dunque entrate immediatamente in vigore) e quelle proposte nel corso dell’esame della legge di conversione presso il Senato.
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Codice di procedura civile |
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Testo previgente |
Testo approvato dal Senato |
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Articolo 133 Pubblicazione e comunicazione della sentenza |
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La sentenza è resa pubblica mediante deposito nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata. |
Identico |
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Il cancelliere dà atto del deposito in calce alla sentenza e vi appone la data e la firma, ed entro cinque giorni, mediante biglietto contenente il dispositivo, ne dà notizia alle parti che si sono costituite. |
Identico |
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L'avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso. |
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Articolo 134 Forma, contenuto e comunicazione dell'ordinanza |
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L'ordinanza è succintamente motivata. Se è pronunciata in udienza è inserita nel processo verbale; se è pronunciata fuori dell'udienza, è scritta in calce al processo verbale oppure in foglio separato, munito della data e della sottoscrizione del giudice o, quando questo è collegiale, del presidente. |
Identico |
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Il cancelliere comunica alle parti l'ordinanza pronunciata fuori dell'udienza, salvo che la legge ne prescrive la notificazione. |
Identico |
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L'avviso di cui al secondo comma può essere effettuato a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso. |
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Articolo 164 Nullità della citazione |
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La citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto alcuno dei requisiti stabiliti nei numeri 1) e 2) dell'art. 163, se manca l'indicazione della data dell'udienza di comparizione, se è stato assegnato un termine a comparire inferiore a quello stabilito dalla legge ovvero se manca l'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163. |
Identico |
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Se il convenuto non si costituisce in giudizio, il giudice, rilevata la nullità della citazione ai sensi del primo comma, ne dispone d'ufficio la rinnovazione entro un termine perentorio. Questa sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima notificazione. Se la rinnovazione non viene eseguita, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si estingue a norma dell'art. 307, comma terzo. |
Identico |
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La costituzione del convenuto sana i vizi della citazione e restano salvi gli effetti sostanziali e processuali di cui al secondo comma; tuttavia, se il convenuto deduce l'inosservanza dei termini a comparire o la mancanza dell'avvertimento previsto dal n. 7) dell'art. 163, il giudice fissa una nuova udienza nel rispetto dei termini. |
Identico |
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La citazione è altresì nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto il requisito stabilito nel n. 3) dell'art. 163 ovvero se manca l'esposizione dei fatti di cui al n. 4) dello stesso articolo. |
Identico |
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Il giudice, rilevata la nullità ai sensi del comma precedente, fissa all'attore un termine perentorio per rinnovare la citazione o, se il convenuto si è costituito, per integrare la domanda. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti quesiti anteriormente alla rinnovazione o alla integrazione. |
Identico |
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Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l'udienza ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 183 e si applica l'art. 167. |
Nel caso di integrazione della domanda, il giudice fissa l'udienza ai sensi del secondo comma dell'art. 183 e si applica l'art. 167. |
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Articolo 167 Comparsa di risposta |
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Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende valersi e i documenti che offre in comunicazione, formulare le conclusioni. |
Identico |
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A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l'oggetto o il titolo della domanda riconvezionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. |
A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Se è omesso o risulta assolutamente incerto l'oggetto o il titolo della domanda riconvezionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione. |
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Se intende chiamare un terzo in causa, deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell'art. 269. |
Identico |
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Articolo 176 Forma dei provvedimenti |
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Tutti i provvedimenti del giudice istruttore, salvo che la legge disponga altrimenti hanno la forma dell'ordinanza |
Identico |
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Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi. |
Le ordinanze pronunciate in udienza si ritengono conosciute dalle parti presenti e da quelle che dovevano comparirvi; quelle pronunciate fuori dell'udienza sono comunicate a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi, anche a mezzo telefax o a mezzo di posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere l’avviso. |
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Articolo 180 |
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Udienza di prima comparizione e forma della trattazione. |
Forma di trattazione |
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All'udienza fissata per la prima comparizione delle parti il giudice istruttore verifica d'ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall'articolo 102, secondo comma, dall' articolo 164, dall' articolo 167, dall' articolo 182 e dell' articolo 291, primo comma. La trattazione della causa davanti al giudice istruttore è orale. Se richiesto, il giudice istruttore può autorizzare comunicazioni di comparse a norma dell'ultimo comma dell'articolo 170. In ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. Della trattazione della causa si redige processo verbale, nel quale si inseriscono le conclusioni delle parti e i provvedimenti che il giudice pronuncia in udienza.
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La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige il processo verbale. |
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Articolo 183 |
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Prima udienza di trattazione. |
Prima comparizione delle parti e trattazione della causa |
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Nella prima udienza di trattazione il giudice istruttore interroga liberamente le parti presenti e, quando la natura della causa lo consente, tenta la conciliazione. La mancata comparizione delle parti senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell'art. 116. |
All’udienza fissata per la prima comparizione delle parti e la trattazione il giudice istruttore verifica d’ufficio la regolarità del contraddittorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimenti previsti dall’articolo 102, secondo comma, dall’articolo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall’articolo 167, secondo e terzo comma, dall’articolo 182 e dall’articolo 291, primo comma. |
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Le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell'art. 116. |
Quando pronunzia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di trattazione. Il giudice istruttore, in caso di richiesta congiunta, fissa l’udienza per la comparizione personale delle parti, al fine di interrogarle liberamente. La mancata comparizione senza giustificato motivo costituisce comportamento valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. Quando è disposta la comparizione personale, le parti hanno facoltà di farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale, il quale deve essere a conoscenza dei fatti della causa. La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata, e deve attribuire al procuratore il potere di conciliare o transigere la controversia. La mancata conoscenza, senza gravi ragioni, dei fatti della causa da parte del procuratore è valutabile ai sensi del secondo comma dell’articolo 116. |
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Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. |
Nell’udienza di trattazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione. |
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Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Entrambele parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. |
Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti posso precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. |
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Se richiesto, il giudice fissa un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dell'altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l'udienza per i provvedimenti di cui all'articolo 184. |
Se richiesto, il giudice concede alle parti un termine perentorio non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte, e per produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonché un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove o modificate dall’altra parte, per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande e delle eccezioni medesime, e per l’indicazione di prova contraria. Salva l’applicazione dell’articolo 187, il giudice si riserva di provvedere sulle richieste istruttorie con ordinanza pronunziata fuori dell’udienza entro un termine non superiore a trenta giorni, fissando l’udienza di cui all’articolo 184 per l’assunzione dei mezzi di prova ritenuti ammissibili e rilevanti. |
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L’ordinanza di cui al sesto comma è comunicata a cura del cancelliere entro i tre giorni successivi al deposito, anche a mezzo telefax, nella sola ipotesi in cui il numero sia stato indicato negli atti difensivi, nonché a mezzo di posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione e la trasmissione dei documenti informatici e teletrasmessi. A tal fine il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere gli atti. |
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Articolo 184 |
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Deduzioni istruttorie |
Udienza di assunzione dei mezzi di prova |
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Salva l'applicazione dell'art. 187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte, rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti e indicare nuovi mezzi di prova, nonché altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria. I termini di cui al comma precedente sono perentori. Nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi. |
Nell’udienza fissata con l’ordinanza prevista dal sesto comma dell’articolo 183, il giudice istruttore procede all’assunzione dei mezzi di prova ammessi. Nel caso in cui vengano disposti d’ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con l’ordinanza di cui al comma precedente, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi. |
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Articolo 250 Intimazione ai testimoni |
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L'ufficiale giudiziario, su richiesta della parte interessata, intima ai testimoni ammessi dal giudice istruttore di comparire nel luogo, nel giorno e nell'ora fissati, indicando il giudice che assume la prova e la causa nella quale debbono essere sentiti. |
Identico |
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L'intimazione di cui al primo comma, se non è eseguita in mani proprie del destinatario o mediante servizio postale, è effettuata in busta chiusa e sigillata. |
Identico |
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L'intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l'invio di copia dell'atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di telefax o posta elettronica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. |
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Il difensore che ha spedito l'atto da notificare con lettera raccomandata deposita nella cancelleria del giudice copia dell'atto inviato, attestandone la conformità all'originale, e l'avviso di ricevimento. |
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Articolo 474 Titolo esecutivo |
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L'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile. |
Identico |
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Sono titoli esecutivi: |
Sono titoli esecutivi: |
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1) le sentenze, e i provvedimenti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva; |
identico |
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2) le cambiali , nonché gli altri titoli di credito gli atti ai quali la legge attribuisce espressamente la stessa efficacia; |
identico |
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3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, relativamente alle obbligazioni di somme di danaro in essi contenute . |
3) gli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli, o le scritture private autenticate, relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in essi contenute. |
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L’esecuzione forzata per consegna o rilascio non può aver luogo che in virtù dei titoli esecutivi di cui ai numeri 1 e 3 del secondo comma.
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Articolo 476 Altre copie in forma esecutiva |
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Non può spedirsi senza giusto motivo più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. |
Identico |
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Le ulteriori copie sono chieste dalla parte interessata, in caso di provvedimento con ricorso al capo dell'ufficio che l'ha pronunciato, e negli altri casi al presidente del tribunale nella cui circoscrizione l'atto fu formato. |
Identico |
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Sull'istanza si provvede con decreto. |
Identico |
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Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria non superiore a lire diecimila, con decreto del capo dell'ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma. |
Il cancelliere, il notaio o altro pubblico ufficiale che contravviene alle disposizioni del presente articolo è condannato a una pena pecuniaria da euro 1.000 a 5.000, con decreto del capo dell'ufficio o del presidente del tribunale competente a norma del secondo comma. |
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Articolo 479 Notificazione del titolo esecutivo e del precetto |
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Se la legge non dispone altrimenti, l'esecuzione forzata deve essere preceduta dalla notificazione del titolo in forma esecutiva e del precetto. |
Identico |
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La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti; ma, se esso è costituito da una sentenza, la notificazione, entro l'anno dalla pubblicazione, può essere fatta a norma dell'articolo 170. |
La notificazione del titolo esecutivo deve essere fatta alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti. |
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Il precetto può essere redatto di seguito al titolo esecutivo ed essere notificato insieme con questo, purché la notificazione sia fatta alla parte personalmente.
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Identico |
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Articolo 490 Pubblicità degli avvisi |
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Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere affisso per tre giorni continui nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo. |
Identico |
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In caso di espropriazione immobiliare lo stesso avviso può essere inserito in appositi siti Internet. |
In caso di espropriazione di beni mobili registrati, per un valore superiore a 25.000 euro, e di beni immobili, lo stesso avviso, unitamente a copia dell’ordinanza del giudice e della relazione di stima redatta ai sensi dell’articolo 173-bis delle disposizioni di attuazione del presente codice, è altresì inserito in appositi siti internet almeno 45 giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell’incanto. |
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Il giudice dispone inoltre che l'avviso sia inserito una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore. |
Il giudice dispone inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore.
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Articolo 492 Forma del pignoramento |
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Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in un'ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi. |
Identico |
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Il pignoramento deve altresì contenere l’invito rivolto al debitore ad effettuare presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione con l’avvertimento che, in mancanza, le successive notifiche o comunicazioni a lui dirette saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice. |
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L’ufficiale giudiziario, quando constata che i beni assoggettati a pignoramento appaiono insufficienti per la soddisfazione del creditore procedente, invita il debitore ad indicare, i beni utilmente pignorabili e i luoghi in cui si trovano. |
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Della dichiarazione del debitore è redatto processo verbale che lo stesso sottoscrive. Se sono indicati beni dal debitore, questi dal momento della dichiarazione, sono considerati pignorati anche agli effetti dell’articolo 388, terzo comma, del codice penale. |
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Qualora, a seguito di intervento di altri creditori, il compendio pignorato sia divenuto insufficiente il creditore procedente può richiedere all’ufficiale giudiziario di procedere ai sensi dei precedenti commi e, successivamente, esercitare la facoltà di cui all’articolo 499, terzo comma. |
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In ogni caso l’ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose da sottoporre ad esecuzione, può, su richiesta del creditore e previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, rivolgere richiesta ai soggetti gestori dell’anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. La richiesta, anche riguardante più soggetti nei cui confronti procedere a pignoramento, deve indicare distintamente la completa generalità di ciascuno, nonché quella dei creditori istanti e gli estremi dei provvedimenti di autorizzazione. |
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L’ufficiale giudiziario ha altresì facoltà di richiedere l’assistenza della forza pubblica, ove da lui ritenuto necessario. |
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Quando la legge richiede che l'ufficiale giudiziario nel compiere il pignoramento sia munito del titolo esecutivo, il presidente del tribunale competente per l'esecuzione può concedere al creditore l'autorizzazione prevista nell'articolo 488 secondo comma. |
Identico |
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Articolo 495 Conversione del pignoramento |
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In qualsiasi momento anteriore alla vendita, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. |
Prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552 e 569, il debitore può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari, oltre alle spese di esecuzione, all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese. |
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Unitamente all'istanza deve essere depositata in cancelleria, a pena di inammissibilità, una somma non inferiore ad un quinto dell'importo del credito per cui è stato eseguito il pignoramento e dei crediti dei creditori intervenuti indicati nei rispettivi atti di intervento, dedotti i versamenti effettuati di cui deve essere data prova documentale. La somma è depositata dal cancelliere presso un istituto di credito indicato dal giudice. |
Identico |
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La somma da sostituire al bene pignorato è determinata con ordinanza dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti in udienza non oltre trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione. |
Identico |
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Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di nove mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. |
Qualora le cose pignorate siano costituite da beni immobili, il giudice con la stessa ordinanza può disporre, se ricorrono giustificati motivi, che il debitore versi con rateizzazioni mensili entro il termine massimo di diciotto mesi la somma determinata a norma del terzo comma, maggiorata degli interessi scalari al tasso convenzionale pattuito ovvero, in difetto, al tasso legale. |
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Qualora il debitore ometta il versamento dell'importo determinato dal giudice ai sensi del terzo comma, ovvero ometta o ritardi di oltre 15 giorni il versamento anche di una sola delle rate previste nel quarto comma, le somme versate formano parte dei beni pignorati. Il giudice dell'esecuzione, su richiesta del creditore procedente o creditore intervenuto munito di titolo esecutivo, dispone senza indugio la vendita di questi ultimi. |
Identico |
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Con l'ordinanza che ammette la sostituzione, il giudice dispone che le cose pignorate siano liberate dal pignoramento e che la somma versata vi sia sottoposta in loro vece. I beni immobili sono liberati dal pignoramento con il versamento dell'intera somma. |
Identico |
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L'istanza può essere avanzata una sola volta a pena di inammissibilità. |
Identico |
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Articolo 499 Intervento |
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Oltre i creditori indicati nell'articolo precedente, possono intervenire nell'esecuzione gli altri creditori, ancorché non privilegiati. |
Possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di prelazione risultante da pubblici registri o un diritto di pegno. |
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Il ricorso deve contenere l'indicazione del credito e quella del titolo di esso, la domanda per partecipare alla distribuzione della somma ricavata e la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio nel comune in cui ha sede il giudice competente per l'esecuzione. |
Identico |
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Ai creditori chirografari, intervenuti tempestivamente, il creditore pignorante ha facoltà di indicare, con atto notificato o all’udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o per l’assegnazione, l’esistenza di altri beni del debitore utilmente pignorabili, e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l’estensione. Se i creditori intervenuti, senza giusto motivo, non estendono il pignoramento ai beni indicati ai sensi del periodo precedente entro il termine di trenta giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. |
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Articolo 510 Distribuzione della somma ricavata |
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Se vi è un solo creditore pignorante senza intervento di altri creditori, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, dispone a favore del creditore pignorante, il pagamento di quanto gli spetta per capitale, interessi e spese . |
Identico |
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In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione. |
In caso diverso, la somma ricavata è dal giudice distribuita tra i creditori a norma delle disposizioni contenute nei capi seguenti, con riguardo alle cause legittime di prelazione e previo accantonamento delle somme che spetterebbero ai creditori sequestratari, pignoratizi e ipotecari privi di titolo esecutivo. |
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Il residuo della somma ricavata è consegnato al debitore o al terzo che ha subito l'espropriazione. |
Identico |
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Articolo 512 Risoluzione delle controversie |
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Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all'espropriazione, circa la sussistenza o l'ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell'esecuzione provvede all'istruzione della causa, se è competente; altrimenti rimette le parti davanti al giudice competente a norma dell'articolo 17, fissando un termine perentorio per la riassunzione. |
Se, in sede di distribuzione, sorge controversia tra i creditori concorrenti o tra creditore e debitore o terzo assoggettato all’espropriazione, circa la sussistenza o l’ammontare di uno o più crediti o circa la sussistenza di diritti di prelazione, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, provvede con ordinanza, impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617, secondo comma. |
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Il giudice, se non sospende totalmente il procedimento, provvede alla distribuzione della parte della somma ricavata non controversa. |
Il giudice può, anche con l’ordinanza di cui al primo comma, sospendere, in tutto o in parte, la distribuzione della somma ricavata. |
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Articolo 524 Pignoramento successivo |
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L'ufficiale giudiziario, che trova un pignoramento già compiuto, ne dà atto nel processo verbale descrivendo i mobili precedentemente pignorati, e quindi procede al pignoramento degli altri beni o fa constare nel processo verbale che non ve ne sono. |
Identico |
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Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 525 secondo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell'ipotesi prevista nel terzo comma dell'articolo 525. In tal caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo pignorante e l'esecuzione si svolge in unico processo. |
Il processo verbale è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 525 primo comma, ovvero alla presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell'ipotesi prevista nel secondo comma dell'articolo 525. In tal caso il cancelliere ne dà notizia al creditore primo pignorante e l'esecuzione si svolge in unico processo. |
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Il pignoramento successivo, se è compiuto dopo l'udienza di cui sopra ovvero dopo la presentazione del ricorso predetto, ha gli effetti di un intervento tardivo rispetto ai beni colpiti dal primo pignoramento. Se colpisce altri beni, per questi ha luogo separato processo. |
Identico |
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Articolo 525 Condizione e tempo dell'intervento |
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Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito certo, liquido ed esigibile. |
Soppresso |
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Per gli effetti di cui agli articoli seguenti l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione. Di tale intervento il cancelliere dà notizia al creditore pignorante. |
Identico |
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Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell'articolo 518, non superi le lire dieci milioni, l'intervento di cui al comma precedente deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall'articolo 529. |
Qualora il valore dei beni pignorati, determinato a norma dell’articolo 518, non superi ventimila euro, l’intervento di cui al primo comma deve aver luogo non oltre la data di presentazione del ricorso, prevista dall’articolo 529. |
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Articolo 526 Facoltà dei creditori intervenuti |
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I creditori intervenuti a norma del secondo comma e del terzo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo possono provocarne i singoli atti. |
I creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 partecipano all'espropriazione dei mobili pignorati e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. |
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Articolo 527 Diritto dei creditori intervenuti alla distribuzione |
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Ai creditori intervenuti a norma dell'articolo 525 secondo e terzo comma il creditore pignorante ha facoltà di indicare, all'udienza o con atto notificato e, in ogni caso, non oltre i cinque giorni successivi alla comunicazione fattagli dal cancelliere, l'esistenza di altri beni del debitore, utilmente pignorabili e di invitarli ad estendere il pignoramento se sono forniti di titolo esecutivo o, altrimenti, ad anticipare le spese necessarie per l'estensione. Se i creditori intervenuti non si giovano, senza giusto motivo, delle indicazioni loro fatte o non rispondono all'invito entro il termine di dieci giorni, il creditore pignorante ha diritto di essere loro preferito in sede di distribuzione. |
Soppresso |
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Articolo 528 Intervento tardivo |
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I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 525 secondo comma, ovvero oltre la data di presentazione del ricorso per l'assegnazione o la vendita dei beni pignorati nell'ipotesi prevista nell'articolo 525, terzo comma, ma prima del provvedimento di distribuzione concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza. |
I creditori chirografari che intervengono successivamente ai termini di cui all’articolo 525, ma prima del provvedimento di distribuzione, concorrono alla distribuzione della parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante, dei creditori privilegiati e di quelli intervenuti in precedenza. |
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I creditori che hanno un diritto di prelazione sulle cose pignorate, anche se intervengono a norma del comma precedente, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione. |
Identico |
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Articolo 530 Provvedimento per l'assegnazione o per l'autorizzazione della vendita |
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Sulla istanza di cui all'articolo precedente il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti. |
Identico |
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All'udienza le parti possono fare osservazioni circa l'assegnazione e circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. |
Identico |
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Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita. |
Identico |
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Se vi sono opposizioni il giudice dell'esecuzione le decide con sentenza e dispone con ordinanza l'assegnazione o la vendita. |
Identico |
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Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal terzo comma dell'articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell'esecuzione provvederà con decreto per l'assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal terzo comma dell'articolo 525. |
Qualora ricorra l'ipotesi prevista dal secondo comma dell'articolo 525, e non siano intervenuti creditori fino alla presentazione del ricorso, il giudice dell'esecuzione provvederà con decreto per l'assegnazione o la vendita; altrimenti provvederà a norma dei commi precedenti, ma saranno sentiti soltanto i creditori intervenuti nel termine previsto dal secondo comma dell'articolo 525. |
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Articolo 532 Vendita a mezzo di commissionario |
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Quando lo ritiene opportuno, il giudice dell'esecuzione può disporre che le cose pignorate siano affidate a un commissionario affinché proceda alla vendita. |
Il giudice dell’esecuzione può disporre la vendita senza incanto dei beni pignorati. Le cose pignorate devono essere affidate, all’istituto vendite giudiziarie, ovvero, con provvedimento motivato, ad altro soggetto specializzato nel settore di competenza, affinché proceda alla vendita in qualità di commissionario. |
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Nello stesso provvedimento il giudice dell'esecuzione, sentito quando occorre uno stimatore, fissa il prezzo minimo della vendita e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. |
Nello stesso provvedimento di cui al primo comma il giudice, dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo della vendita e l’importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita, e può imporre al commissionario una cauzione. |
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Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo ivi segnato |
Identico |
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Articolo 534-bis Delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto |
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Il pretore, con il provvedimento di cui all'articolo 530, può, sentiti gli interessati, delegare a un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni di vendita con incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle disposizioni di cui all'articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della presente sezione. |
Il giudice con il provvedimento di cui all’articolo 530, può, sentiti gli interessati, delegare all’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534, ovvero in mancanza a un notaio avente sede preferibilmente nel circondario o a un avvocato o a un dottore commercialista o esperto contabile, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice il compimento delle operazioni di vendita con incanto ovvero senza incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. La delega e gli atti conseguenti sono regolati dalle disposizioni di cui all’articolo 591-bis, in quanto compatibili con le previsioni della presente sezione. |
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Articolo 546 Obblighi del terzo. |
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Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute, agli obblighi che la legge impone al custode. |
Dal giorno in cui gli è notificato l'atto previsto nell'articolo 543, il terzo è soggetto relativamente alle cose e alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode. |
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Nel caso di pignoramento eseguito presso più terzi, il debitore può chiedere la riduzione proporzionale dei singoli pignoramenti a norma dell’articolo 496 ovvero la dichiarazione di inefficacia di taluno di essi; il giudice dell’esecuzione, convocate le parti, provvede con ordinanza non oltre venti giorni dall’istanza. |
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Articolo 557 Deposito dell'atto di pignoramento. |
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L'ufficiale giudiziario che ha eseguito il pignoramento deve depositare immediatamente nella cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione l'atto di pignoramento e, appena possibile, la nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. |
Identico |
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Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro cinque giorni dal pignoramento e, nell'ipotesi di cui all'articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. |
Il creditore pignorante deve depositare il titolo esecutivo e il precetto entro dieci giorni dal pignoramento e, nell'ipotesi di cui all'articolo 555 ultimo comma, la nota di trascrizione appena restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. |
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Il cancelliere al momento del deposito dell'atto di pignoramento forma il fascicolo dell'esecuzione. |
Identico |
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Articolo 559 Custodia dei beni pignorati. |
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Col pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati e di tutti gli accessori, comprese le pertinenze e i frutti, senza diritto a compenso. |
Identico |
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Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore. |
Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell'esecuzione, sentito il debitore, può nominare custode una persona diversa dallo stesso debitore. Il giudice provvede a nominare una persona diversa quando l’immobile non sia occupato dal debitore |
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Il giudice provvede alla sostituzione del custode in caso di inosservanza degli obblighi su di lui incombenti. |
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Il giudice, se custode dei beni pignorati è il debitore e salvo che per la particolare natura degli stessi ritenga che la sostituzione non abbia utilità, dispone, al momento in cui pronuncia l’ordinanza con cui è autorizzata la vendita o disposta la delega delle relative operazioni, che custode dei beni medesimi sia la persona incaricata delle dette operazioni o l’istituto di cui al primo comma dell’articolo 534. |
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Qualora tale istituto non sia disponibile o debba essere sostituito è nominato custode altro soggetto. |
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Articolo 560 |
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Modo della custodia. |
Modalità di nomina e revoca del custode. Modo della custodia. |
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I provvedimenti di nomina e di revoca del custode, nonché l’autorizzazione di cui al terzo comma o la sua revoca, sono dati con ordinanza non impugnabile. In quest’ultimo caso l’ordinanza costituisce titolo esecutivo per il rilascio. Dopo l’aggiudicazione deve essere sentito l’aggiudicatario ai sensi dell’articolo 485. |
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Il debitore e il terzo nominato custode debbono rendere il conto a norma dell'articolo 593. |
Identico |
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Ad essi è fatto divieto di dare in locazione l'immobile pignorato se non sono autorizzati dal giudice dell'esecuzione. |
Identico |
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Con l'autorizzazione del giudice il debitore può continuare ad abitare nell'immobile pignorato, occupando i locali strettamente necessari a lui e alla sua famiglia. |
Identico |
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Se il debitore dimostra di non avere altri mezzi di sostentamento, il giudice può anche concedergli un assegno alimentare sulle rendite, nei limiti dello stretto necessario. |
Identico |
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Il giudice, con l’ordinanza di cui al primo comma, stabilisce le modalità con cui il custode deve adoperarsi perché gli interessati a presentare offerta di acquisto esaminino i beni in vendita. |
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Il custode provvede all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato ed esercita le azioni previste dalla legge e occorrenti per conseguirne la disponibilità. |
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Articolo 561 Pignoramento successivo. |
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Il conservatore dei registri immobiliari, se nel trascrivere un atto di pignoramento trova che sugli stessi beni è stato eseguito un altro pignoramento, ne fa menzione nella nota di trascrizione che restituisce. |
Identico |
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L'atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell'articolo 557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 563 secondo comma. In tale caso l'esecuzione si svolge in unico processo. |
L'atto di pignoramento con gli altri documenti indicati nell'articolo 557 è depositato in cancelleria e inserito nel fascicolo formato in base al primo pignoramento, se quello successivo è compiuto anteriormente all'udienza prevista nell'articolo 564. In tale caso l'esecuzione si svolge in unico processo. |
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Se il pignoramento successivo è compiuto dopo l'udienza di cui sopra, si applica l'articolo 524 ultimo comma. |
Identico |
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Articolo 563 Condizioni e tempo dell'intervento. |
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Possono intervenire a norma dell'articolo 499 tutti coloro che nei confronti del debitore hanno un credito, anche se sottoposto a termine o a condizione. |
Soppresso |
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Per gli effetti di cui all'articolo seguente l'intervento deve avere luogo non oltre la prima udienza fissata per l'autorizzazione della vendita. |
Soppresso |
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Articolo 564 Facoltà dei creditori intervenuti. |
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I creditori intervenuti a norma del secondo comma dell'articolo precedente partecipano all'espropriazione dell'immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. |
I creditori intervenuti non oltre la prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita partecipano all’espropriazione dell’immobile pignorato e, se muniti di titolo esecutivo, possono provocarne i singoli atti. |
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Articolo 565 Intervento tardivo. |
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I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell'articolo seguente. |
I creditori chirografari che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 564, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione di quella parte della somma ricavata che sopravanza dopo soddisfatti i diritti del creditore pignorante e di quelli intervenuti in precedenza e a norma dell'articolo seguente. |
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Articolo 566 Intervento dei creditori iscritti e privilegiati. |
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I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 563 secondo comma, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell'espropriazione. |
I creditori iscritti e i privilegiati che intervengono oltre l'udienza indicata nell'articolo 564, ma prima di quella prevista nell'articolo 596, concorrono alla distribuzione della somma ricavata in ragione dei loro diritti di prelazione, e, quando sono muniti di titolo esecutivo, possono provocare atti dell'espropriazione. |
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Articolo 567 Istanza di vendita |
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Decorso il termine di cui all'articolo 501, il creditore pignorante e ognuno dei creditori intervenuti muniti di titolo esecutivo possono chiedere la vendita dell'immobile pignorato. |
Identico |
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Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro sessanta giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l'estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica di cui all'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all'immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. |
Il creditore che richiede la vendita deve provvedere, entro centoventi giorni dal deposito del ricorso, ad allegare allo stesso l’estratto del catasto e delle mappe censuarie, il certificato di destinazione urbanistica come previsto nella vigente normativa, di data non anteriore a tre mesi dal deposito del ricorso, nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato; tale documentazione può essere sostituita da un certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari |
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La documentazione di cui al secondo comma può essere allegata anche a cura di un creditore intervenuto munito di titolo esecutivo. |
Soppresso |
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Qualora non sia depositata nei termini prescritti la documentazione di cui al secondo comma, ovvero il certificato notarile sostitutivo della stessa, il giudice dell'esecuzione pronuncia ad istanza del debitore o di ogni altra parte interessata o anche d'ufficio l'ordinanza di estinzione della procedura esecutiva di cui all'articolo 630, secondo comma, disponendo che sia cancellata la trascrizione del pignoramento. Si applica l'articolo 562, secondo comma. |
Il termine di cui al secondo comma può essere prorogato sola una volta su istanza dei creditori o dell’esecutato, per giusti motivi e per una durata non superiore ad ulteriore centoventi giorni. Se la proroga non è richiesta o non è concessa, il giudice dell’esecuzione, anche d’ufficio, dichiara l’inefficacia del pignoramento relativamente all’immobile per il quale non è stata depositata la prescritta documentazione |
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L’inefficacia è dichiarata con ordinanza, sentite le parti. Il giudice, con l’ordinanza, dispone la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Si applica l’articolo 562, secondo comma. Il giudice dichiara altresì l’estinzione del processo esecutivo se non vi sono altri beni pignorati. |
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Articolo 569 Provvedimento per l'autorizzazione della vendita. |
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Sull'istanza di cui all'articolo 567 il giudice dell'esecuzione fissa l'udienza per l'audizione delle parti e dei creditori di cui all'articolo 498 che non siano intervenuti. |
A seguito dell’istanza di cui all’articolo 567 il giudice dell’esecuzione, entro trenta giorni dal deposito della documentazione di cui al secondo comma dell’articolo 567, nomina l’esperto convocandolo davanti a sé per prestare il giuramento e fissa l’udienza per la comparizione delle parti e dei creditori di cui all’articolo 498 che non siano intervenuti. Tra la data del provvedimento e la data fissata per l ’udienza non possono decorrere più di novanta giorni. |
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All'udienza le parti possono fare osservazioni circa il tempo e le modalità della vendita, e debbono proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle. |
Identico |
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Se non vi sono opposizioni o se su di esse si raggiunge l'accordo delle parti comparse, il giudice dispone con ordinanza la vendita, la quale si fa a norma degli articoli seguenti, se egli non ritiene opportuno che si svolga col sistema dell'incanto. |
Se non vi sono opposizioni o
se su di esse si raggiunge l’accordo delle parti comparse, il giudice dispone
con ordinanza la vendita, fissando un
termine non inferiore a novanta giorni, e non superiore a centoventi, entro
il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo
571. Il giudice con la medesima
ordinanza fissa, al giorno successivo alla scadenza del termine, l’udienza
per la deliberazione sull’offerta e per la gara tra gli offerenti di cui
all’articolo 573 e provvede ai sensi dell’articolo 576, per il caso in cui
non siano proposte offerte d’acquisto entro il termine stabilito, ovvero per
il caso in cui le stesse non siano efficaci ai sensi dell’articolo 571,
ovvero per il caso in cui si verifichi una delle circostanze previste
dall’articolo 572, terzo comma, ovvero per il caso, infine, in cui la vendita
senza incanto non abbia luogo per qualsiasi altra ragione. |
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Se vi sono opposizioni il tribunale le decide con sentenza e quindi il giudice dell'esecuzione dispone la vendita con ordinanza.
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Identico |
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Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale essa deve essere notificata, a cura del creditore che ha chiesto la vendita o di un altro autorizzato, ai creditori di cui all'articolo 498 che non sono comparsi. |
Identico |
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Articolo 571 Offerte d’acquisto |
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Ognuno, tranne il debitore, è ammesso a offrire per l'acquisto dell'immobile pignorato personalmente o a mezzo di procuratore legale anche a norma dell'articolo 579 ultimo comma. L'offerente deve presentare nella cancelleria dichiarazione contenente l'indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento e ogni altro elemento utile alla valutazione dell'offerta. Se un termine più lungo non è fissato dall'offerente, l'offerta non può essere revocata prima di venti giorni. |
Identico
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L'offerta non è efficace se è inferiore al prezzo determinato a norma dell'articolo 568 e se l'offerente non presta cauzione in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto.
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L’offerta non è efficace se perviene oltre il termine stabilito ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, se è inferiore al prezzo determinato a norma dell’articolo 568 o se l’offerente non presta cauzione, con le modalità stabilite nell’ordinanza di vendita, in misura non inferiore al decimo del prezzo da lui proposto. |
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L’offerta deve essere depositata in busta chiusa all’esterno della quale viene annotato, a cura del cancelliere ricevente, il nome, previa identificazione, di chi materialmente provvede al deposito, il nome del giudice dell’esecuzione o del professionista delegato ai sensi dell’articolo 591-bis e la data dell’udienza fissata per l’esame delle offerte. Se è stabilito che la cauzione è da versare mediante assegno circolare lo stesso deve essere inserito nella busta. Le buste sono aperte all’udienza fissata per l’esame delle offerte alla presenza degli offerenti. |
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Articolo 572 Deliberazione sull'offerta |
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Sull'offerta il giudice dell'esecuzione sente le parti e i creditori iscritti non intervenuti. |
Identico |
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Se l'offerta non supera di almeno un quarto il valore dell'immobile determinato a norma dell'articolo 568, è sufficiente il dissenso di un creditore intervenuto a farla respingere. |
Se l’offerta è superiore al valore dell’immobile determinato a norma dell’articolo
568, aumentato di un quinto, la stessa è senz’altro accolta. |
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Se supera questo limite, il giudice può fare luogo alla vendita, quando ritiene che non vi è seria probabilità di migliore vendita all'incanto. |
Se l’offerta è inferiore a tale valore, il giudice non può far luogo alla vendita se vi è il dissenso del creditore procedente, ovvero se il giudice ritiene che vi è seria possibilità di migliore vendita con il sistema dell’incanto. In tali casi lo stesso ha senz’altro luogo alle condizioni e con i termini fissati con l’ordinanza pronunciata ai sensi dell’articolo 569. |
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Si applica anche in questo caso la disposizione dell'articolo 577. |
Si applicano anche in questi casi le disposizioni degli articoli 573, 574 e 577. |
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Articolo 573 Gara tra gli offerenti |
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Se vi sono più offerte, il giudice dell'esecuzione convoca gli offerenti e li invita a una gara sull'offerta più alta. |
Se vi sono più offerte, il giudice dell’esecuzione invita gli offerenti a una gara sull’offerta più alta. |
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Se la gara non può avere luogo per mancanza di adesioni degli offerenti, il giudice può disporre la vendita a favore del maggiore offerente oppure ordinare l'incanto. |
Identico |
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Articolo 575 Termine delle offerte senza incanto |
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Se il decreto di cui al primo comma dell'articolo precedente non è pronunciato entro due mesi dalla pubblicazione dell'avviso previsto nell'articolo 570, il giudice dell'esecuzione ordina l'incanto. Su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto il giudice può prorogare tale termine fino a quattro mesi. |
Abrogato |
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Articolo 576 Contenuto del provvedimento che dispone la vendita |
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Il giudice dell'esecuzione, quando ordina l'incanto, stabilisce, sentito quando occorre un esperto: |
Identico |
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1. se la vendita si deve fare in uno o più lotti; |
identico |
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2. il prezzo base dell'incanto determinato a norma dell'articolo 568; |
identico |
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3. il giorno e l'ora dell'incanto; |
identico |
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4. il termine che deve decorrere tra il compimento delle forme di pubblicità e l'incanto, nonché le eventuali forme di pubblicità straordinaria a norma dell'articolo 490 ultimo comma; |
identico |
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5. l'ammontare della cauzione e il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti; |
5. L’ammontare della cauzione in misura non superiore al decimo del prezzo base d’asta e il termine entro il quale tale ammontare deve essere prestato dagli offerenti; |
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6. la misura minima dell'aumento da apportarsi alle offerte; |
identico |
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7. il termine, non superiore a sessanta giorni dall'aggiudicazione, entro il quale il prezzo dev'essere depositato e le modalità del deposito; |
identico |
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L'ordinanza è pubblicata a cura del cancelliere. |
Identico |
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Articolo 580 Prestazione della cauzione |
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Per offrire all'incanto è necessario avere prestato la cauzione a norma dell'ordinanza di cui all'articolo 576, e avere depositato in cancelleria l'ammontare approssimativo delle spese di vendita. |
Per offrire all’incanto è necessario avere prestato la cauzione a norma dell’ordinanza di cui all’articolo 576. |
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Se l'offerente non diviene aggiudicatario, la cauzione e il deposito per le spese gli vengono restituiti dopo la chiusura dell'incanto. |
Se l’offerente non diviene aggiudicatario la cauzione è immediatamente restituita dopo la chiusura dell’incanto, salvo che lo stesso non abbia omesso di partecipare al medesimo, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, senza documentato e giustificato motivo. In tale caso la cauzione è restituita solo nella misura dei nove decimi dell’intero e la restante parte è trattenuta come somma rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione. |
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Articolo 584 Offerte dopo l'incanto |
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Avvenuto l'incanto possono ancora essere fatte offerte d'acquisto entro il termine di dieci giorni, ma non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un sesto quello raggiunto nell'incanto. |
Avvenuto l’incanto, possono ancora essere fatte offerte di acquisto entro il termine perentorio di dieci giorni, ma esse non sono efficaci se il prezzo offerto non supera di un quinto quello raggiunto nell’incanto. |
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Tali offerte si fanno a norma dell'articolo 571 e, prima di procedere alla gara di cui all'articolo 573, il cancelliere dà pubblico avviso dell'offerta più alta a norma dell'art. 570. |
Le offerte di cui al primo comma si fanno mediante deposito in cancelleria nelle forme di cui all’articolo 571, prestando cauzione per una somma pari al doppio della cauzione versata ai sensi dell’articolo 580. |
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Il giudice, verificata la regolarità delle offerte, indice la gara, della quale il cancelliere dà pubblico avviso a norma dell’articolo 570 e comunicazione all’aggiudicatario fissando il termine perentorio entro il quale possono essere fatte ulteriori offerte a norma del secondo comma. |
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Alla gara possono partecipare, oltre gli offerenti in aumento di cui ai commi precedenti e l’aggiudicatario, anche gli offerenti al precedente incanto che, entro il termine fissato dal giudice, abbiano integrato la cauzione nella misura di cui al secondo comma. |
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Nel caso di diserzione della gara indetta a norma del terzo comma, l’aggiudicazione diventa definitiva, ed il giudice pronuncia a carico degli offerenti di cui al primo comma la perdita della cauzione, il cui importo è trattenuto come rinveniente a tutti gli effetti dall’esecuzione. |
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Articolo 585 Versamento del prezzo |
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L'aggiudicatario deve versare il prezzo nel termine e nel modo fissati dall'ordinanza che dispone la vendita a norma dell'articolo 576, e consegnare al cancelliere il documento comprovante l'avvenuto versamento. |
Identico
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Se l'immobile è stato aggiudicato a un creditore ipotecario o l'aggiudicatario è stato autorizzato ad assumersi un debito garantito da ipoteca, il giudice dell'esecuzione può limitare, con suo decreto, il versamento alla parte del prezzo occorrente per le spese e per la soddisfazione degli altri creditori che potranno risultare capienti. |
Identico
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Se il versamento del prezzo avviene con l’erogazione a seguito di contratto di finanziamento che preveda il versamento diretto delle somme erogate in favore della procedura e la garanzia ipotecaria di primo grado sul medesimo immobile oggetto di vendita, nel decreto di trasferimento deve essere indicato tale atto ed il Conservatore dei registri immobiliari non può eseguire la trascrizione del decreto se non unitamente all’iscrizione dell’ipoteca concessa dalla parte finanziata. |
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Articolo 586 Trasferimento del bene espropriato |
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Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508. |
Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione può sospendere la vendita quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, ovvero pronunciare decreto col quale trasferisce all'aggiudicatario il bene espropriato, ripetendo la descrizione contenuta nell'ordinanza che dispone la vendita e ordinando che si cancellino le trascrizioni dei pignoramenti e le iscrizioni ipotecarie, se queste ultime non si riferiscono ad obbligazioni assuntesi dall'aggiudicatario a norma dell'articolo 508. Il giudice con il decreto ordina anche la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie successive alla trascrizione del pignoramento. |
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Il decreto contiene altresì l'ingiunzione al debitore o al custode di rilasciare l'immobile venduto. |
Identico |
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Esso costituisce titolo per la trascrizione della vendita sui libri fondiari e titolo esecutivo per il rilascio. |
Identico |
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Articolo 588 Esito negativo dell'incanto |
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Se la vendita all'incanto non ha luogo per mancanza di offerte, ogni creditore nel termine di dieci giorni può fare istanza di assegnazione a norma dell'articolo seguente. |
Ogni creditore, nel termine di dieci giorni prima della data dell’incanto, può presentare istanza di assegnazione a norma dell’articolo seguente per il caso in cui la vendita all’incanto non abbia luogo per mancanza di offerte. |
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Articolo 589 Istanza di assegnazione |
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L'istanza di assegnazione deve contenere l'offerta di pagamento di una somma non inferiore a quella prevista nell'articolo 506 ed al prezzo determinato a norma dell'articolo 568. |
Identico |
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Fermo quanto previsto al primo comma, se nella procedura non risulta che vi sia alcuno dei creditori di cui all’articolo 498 e se non sono intervenuti altri creditori oltre al procedente, questi può presentare offerta di pagamento di una somma pari alla differenza fra il suo credito in linea capitale e il prezzo che intende offrire, oltre le spese. |
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Articolo 590 Provvedimento di assegnazione |
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Decorsi dieci giorni da quello dell'incanto andato deserto, il giudice dell'esecuzione dispone l'audizione delle parti e dei creditori iscritti non intervenuti. |
Se la vendita all’incanto non ha luogo per mancanza di offerte e vi sono domande di assegnazione il giudice provveda su di esse fissando il termine entro il quale l’assegnatario deve versare l’eventuale conguaglio. |
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All'udienza il giudice, se vi sono domande di assegnazione, provvede su di esse, fissando il termine entro il quale l'assegnatario deve versare l'eventuale conguaglio. |
Soppresso |
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Avvenuto il versamento, il giudice pronuncia il decreto di trasferimento a norma dell'articolo 586. |
Identico |
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Articolo 591 Provvedimento di amministrazione giudiziaria o di nuovo incanto |
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All'udienza di cui all'articolo precedente il giudice dell'esecuzione, se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, dispone l'amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure ordina che si proceda a nuovo incanto. |
Se non vi sono domande di assegnazione o se non crede di accoglierle, il giudice dell’esecuzione dispone l’amministrazione giudiziaria a norma degli articoli 592 e seguenti, oppure pronuncia nuova ordinanza ai sensi dell’articolo 576 perché si proceda a nuovo incanto. |
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In quest'ultimo caso il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quinto a quello precedente.
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In quest’ultimo caso il giudice può stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore di un quarto a quello precedente. Il giudice, se stabilisce nuove condizioni di vendita o fissa nuovo prezzo, assegna altresì un nuovo termine non inferiore a sessanta giorni, e non superiore a novanta, entro il quale possono essere proposte offerte d’acquisto ai sensi dell’articolo 571. |
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Si applica il terzo comma, secondo periodo, dell’articolo 569. |
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Articolo 591-bis |
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Delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto |
Delega delle operazioni di vendita |
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Il giudice dell'esecuzione, con l'ordinanza con la quale provvede sull'istanza di vendita ai sensi dell'articolo 569, può, sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente sede nel circondario il compimento delle operazioni di vendita con incanto, di cui agli articoli 576 e seguenti. |
Il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza con la quale provvede sull’istanza di vendita ai sensi dell’articolo 569, terzo comma, può, sentiti gli interessati, delegare ad un notaio avente preferibilmente sede nel circondario o a un avvocato ovvero a un dottore commercialista o esperto contabile, iscritti nei relativi elenchi di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione del presente codice, il compimento delle operazioni di vendita secondo le modalità indicate al terzo comma del medesimo articolo 569. Con la medesima ordinanza il giudice stabilisce il termine per lo svolgimento delle operazioni delegate, le modalità della pubblicità il luogo di presentazione delle offerte ai sensi dell’articolo 570, il luogo ove si procede all’esame delle offerte e alla gara tra gli offerenti e ove si svolge l’incanto. |
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Il notaio delegato provvede: |
Il professionista delegato provvede: |
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1) alla determinazione del valore dell'immobile a norma dell'articolo 568, terzo comma, anche tramite l'ausilio di un esperto nominato dal giudice; |
1) alla determinazione del valore dell'immobile a norma dell'articolo 568, terzo comma, anche tramite l'ausilio dell'esperto nominato dal giudice ai sensi dell'articolo 569, primo comma; |
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2) ad autorizzare l'assunzione dei debiti da parte dell'aggiudicatario o dell'assegnatario a norma dell'articolo 508; |
identico |
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3) sulle offerte dopo l'incanto a norma dell'articolo 584 e sul versamento del prezzo nella ipotesi di cui all'articolo 585, secondo comma |
identico |
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4) alla fissazione degli ulteriori incanti o sulla istanza di assegnazione, ai sensi degli articoli 587, 590 e 591; |
identico |
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5) alla esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento, alla comunicazione dello stesso a pubbliche amministrazioni negli stessi casi previsti per le comunicazioni di atti volontari di trasferimento nonché all'espletamento delle formalità di cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie conseguenti al decreto di trasferimento pronunciato dal giudice dell'esecuzione ai sensi dell'articolo 586; |
identico |
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6) a ricevere o autenticare la dichiarazione di nomina di cui all'articolo 583; |
identico |
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7) alla formazione del progetto di distribuzione ed alla sua trasmissione al giudice dell'esecuzione che, dopo avervi apportato le eventuali variazioni, provvede ai sensi dell'articolo 596. |
identico
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In caso di delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto, il notaio provvede alla redazione dell'avviso avente il contenuto di cui all'articolo 576, primo comma, alla sua notificazione ai creditori di cui all'articolo 498, non intervenuti, nonché a tutti gli altri adempimenti previsti dagli articoli 576 e seguenti. Nell'avviso va specificato che tutte le attività, che, a norma degli articoli 576 e seguenti, debbono essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell'esecuzione o dal cancelliere o dal giudice dell'esecuzione, sono effettuate dal notaio delegato presso il suo studio ovvero nel luogo da lui indicato.
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In caso di delega al professionista delle operazioni di vendita con incanto, il professionista provvede alla redazione dell’avviso avente il contenuto di cui all’articolo 576, primo comma, alla sua notificazione ai creditori di cui all’articolo 498, non intervenuti, nonché a tutti gli altri adempimenti previsti dagli articoli 576 e seguenti. Nell’avviso va specificato che tutte le attività, che, a norma degli articoli 576 e seguenti debbono essere compiute in cancelleria o davanti al giudice dell’esecuzione o dal cancelliere o dal giudice dell’esecuzione, sono effettuate dal professionista incaricato presso il suo studio ovvero nel luogo da lui indicato. All’avviso si applica l’articolo 173-quater delle disposizioni di attuazione del presente codice. |
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L'avviso deve inoltre contenere l'indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui all'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nonché le notizie di cui agli articoli 17 e 40 della citata legge n. 47 del 1985; in caso di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità di cui all'articolo 17, primo comma, ovvero all'articolo 40, secondo comma, della citata legge n. 47 del 1985, ne va fatta menzione nell'avviso con avvertenza che l'aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti, avvalersi delle disposizioni di cui all'articolo 17, quinto comma, ed all'articolo 40, sesto comma, della medesima legge n. 47 del 1985. |
Soppresso |
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Il notaio provvede altresì alla redazione del verbale d'incanto, che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali l'incanto si svolge, le generalità delle persone ammesse all'incanto, la descrizione delle attività svolte, la dichiarazione dell'aggiudicazione provvisoria con l'identificazione dell'aggiudicatario. |
Il professionista delegato provvede altresì alla redazione del verbale d’incanto, che deve contenere le circostanze di luogo e di tempo nelle quali l’incanto si svolge, le generalità delle persone ammesse all’incanto, la descrizione delle attività svolte, la dichiarazione dell’aggiudicazione provvisoria con l’identificazione dell’aggiudicatario. |
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Il verbale è sottoscritto esclusivamente dal notaio ed allo stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all'articolo 579, secondo comma. |
Il verbale è sottoscritto esclusivamentedal professionista delegato ed allo stesso non deve essere allegata la procura speciale di cui all’articolo 579, secondo comma. |
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Se il prezzo non è stato versato nel termine, il notaio ne dà tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo. |
Se il prezzo non è stato versato nel termine, il professionista delegato ne dà tempestivo avviso al giudice, trasmettendogli il fascicolo. |
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Avvenuto il versamento del prezzo ai sensi degli articoli 585 e 590, terzo comma, il notaiopredispone il decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell'esecuzione il fascicolo; al decreto deve essere allegato il certificato di destinazione urbanistica di cui all'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che conserva validità per un anno dal suo rilascio, o, in caso di scadenza, altro certificato sostitutivo; nel decreto va pure fatta menzione della situazione urbanistica dell'immobile risultante dalla documentazione acquisita nel fascicolo processuale. Analogamente il notaio provvede alla trasmissione del fascicolo nel caso in cui non faccia luogo all'assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell'articolo 591. |
Avvenuto il versamento del prezzo ai sensi degli articoli 585 e 590, secondo comma, il professionista delegato, predispone il decreto di trasferimento e trasmette senza indugio al giudice dell’esecuzione il fascicolo. Al decreto, se previsto dalla legge, deve essere allegato il certificato di destinazione urbanistica dell’immobile quale risultante dal fascicolo processuale. Il professionista delegato provvede alla trasmissione del fascicolo al giudice dell’esecuzione nel caso in cui non faccia luogo all’assegnazione o ad ulteriori incanti ai sensi dell’articolo 591. Contro il decreto previsto nel presente comma è proponibile l’opposizione di cui all’articolo 617. |
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Le somme versate dall'aggiudicatario sono depositate presso un istituto di credito indicato dal giudice. |
Le somme versate dall’aggiudicatario sono depositate presso una banca indicata dal giudice. |
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I provvedimenti di cui all'articolo 586 restano riservati al giudice dell'esecuzione anche in caso di delega al notaio delle operazioni di vendita con incanto. |
I provvedimenti di cui all’articolo 586 restano riservati al giudice dell’esecuzione anche in caso di delega al professionista delle operazioni di vendita con incanto. |
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Articolo 591-ter Ricorso al giudice dell'esecuzione |
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Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono difficoltà, il notaiodelegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del notaio delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. |
Quando, nel corso delle operazioni di vendita con incanto, insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell’esecuzione, il quale provvede con decreto. Le parti e gli interessati possono proporre reclamo avverso il predetto decreto nonché avverso gli atti del professionista delegato con ricorso allo stesso giudice, il quale provvede con ordinanza; il ricorso non sospende le operazioni di vendita salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga la sospensione. |
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Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 617. |
Identico |
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Articolo 596 Formazione del progetto di distribuzione |
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Se non si può provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la loro audizione. |
Se non si può provvedere a norma dell'articolo 510 primo comma, il giudice dell'esecuzione o il professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis, non più tardi di trenta giorni dal versamento del prezzo, provvede a formare un progetto di distribuzione contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano, e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando l'udienza per la loro audizione. |
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Tra la comunicazione dell'invito e l'udienza debbono intercorrere almeno dieci giorni. |
Identico |
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Articolo 598 Approvazione del progetto |
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Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell'articolo 512. |
Se il progetto è approvato o si raggiunge l'accordo tra tutte le parti, se ne dà atto nel processo verbale e il giudice dell'esecuzione o professionista delegato a norma dell’articolo 591-bis ordina il pagamento delle singole quote, altrimenti si applica la disposizione dell'articolo 512. |
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Articolo 600 Convocazione dei comproprietari |
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Il giudice dell'esecuzione, su istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, provvede, quando è possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore. |
Identico |
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Se la separazione non è possibile, può ordinare la vendita della quota indivisa o disporre che si proceda alla divisione a norma del Codice civile. |
Se la separazione in natura non è chiesta o non è possibile, il giudice dispone che si proceda alla divisione a norma del codice civile, salvo che ritenga probabile la vendita della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore al valore della stessa, determinato a norma dell’articolo 568. |
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Articolo 608 Modo del rilascio |
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L'ufficiale giudiziario comunica almeno tre giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l'immobile, il giorno e l'ora in cui procederà. |
L’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà. |
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Nel giorno e nell'ora stabiliti, l'ufficiale giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell'esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall'articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell'immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore. |
Identico |
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Articolo 608-bis |
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L’esecuzione di cui all’articolo 605 si estingue se la parte istante prima della consegna o del rilascio, rinuncia con atto da notificarsi alla parte esecutata e da consegnarsi all’ufficiale giudiziario procedente. |
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Articolo 611 Spese dell'esecuzione |
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Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. |
Identico |
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La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell'esecuzione con decreto che costituisce titolo esecutivo. |
La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell'esecuzione a norma degli articoli 91 e seguenti con decreto che costituisce titolo esecutivo. |
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Articolo 615 Forma dell'opposizione |
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Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27. |
Quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell'articolo 27. Il giudice, concorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo. |
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Articolo 617 Forma dell'opposizione |
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Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di cinque giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. |
Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. |
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Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di cinque giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.
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Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti. |
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Articolo 624 Sospensione per opposizione all'esecuzione |
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Se è proposta opposizione all'esecuzione a norma degli articoli 615 secondo comma e 619, il giudice dell'esecuzione, concorrendo gravi motivi sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. |
Identico |
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Il giudice sospende totalmente o parzialmente la distribuzione della somma ricavata quando sorge una delle controversie previste nell'articolo 512. |
Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche al provvedimento di cui all’articolo 512, secondo comma. |
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Articolo 624-bis Sospensione su istanza delle parti |
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Il giudice dell’esecuzione, su istanza di tutti i creditori muniti di titolo esecutivo, può, sentito il debitore, sospendere il processo fino a ventiquattro mesi. La sospensione è disposta per una sola volta. L’ordinanza è revocabile in qualsiasi momento, anche su richiesta di un solo creditore e sentito comunque il debitore. Entro dieci giorni dalla scadenza del termine la parte interessata deve presentare istanza per la fissazione dell’udienza in cui il processo deve proseguire. |
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Articolo 630 Inattività delle parti |
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Oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge il processo esecutivo si estingue quando le parti non lo proseguono o non lo riassumono nel termine perentorio stabilito dalla legge o dal giudice. |
Identico |
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L'estinzione opera di diritto, ma deve essere eccepita dalla parte interessata prima di ogni altra sua difesa, salvo il disposto dell'articolo successivo. L'estinzione è dichiarata con ordinanza del giudice dell'esecuzione, la quale è comunicata a cura del cancelliere, se è pronunciata fuori dell'udienza. |
Identico |
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Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione ovvero rigetta l'eccezione relativa è ammesso reclamo con l'osservanza delle forme di cui all'articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza. |
Contro l'ordinanza che dichiara l'estinzione ovvero rigetta l'eccezione relativa è ammesso reclamo da parte del debitore o del creditore pignorante ovvero degli altri creditori intervenuti nel termine perentorio di venti giorni dall'udienza o dalla comunicazione dell'ordinanza e con l'osservanza delle forme di cui all'articolo 178 terzo, quarto e quinto comma. Il collegio provvede in camera di consiglio con sentenza. |
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Articolo 669-quinquies Competenza in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza del giudizio arbitrale |
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Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. |
Se la controversia è oggetto di clausola compromissoria o è compromessa in arbitri anche non rituali o se è pendente il giudizio arbitrale, la domanda si propone al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito. |
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Articolo 669-octies Provvedimento di accoglimento |
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L'ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a trenta giorni per l'inizio del giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669-novies. |
L'ordinanza di accoglimento, ove la domanda sia stata proposta prima dell'inizio della causa di merito, deve fissare un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per l'inizio del giudizio di merito, salva l'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 669-novies. |
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In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di trenta giorni. |
In mancanza di fissazione del termine da parte del giudice, la causa di merito deve essere iniziata entro il termine perentorio di sessanta giorni. |
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Il termine decorre dalla pronuncia dell'ordinanza se avvenuta in udienza o altrimenti dalla sua comunicazione. |
Identico |
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Per le controversie individuali relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, escluse quelle devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo, il termine decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni |
Identico |
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Nel caso in cui la controversia sia oggetto di compromesso o di clausola compromissoria, la parte, nei termini di cui ai commi precedenti, deve notificare all'altra un atto nel quale dichiara la propria intenzione di promuovere il procedimento arbitrale, propone la domanda e procede, per quanto le spetta, alla nomina degli arbitri. |
Identico |
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Le disposizioni di cui al presente articolo e al primo comma dell’articolo 669-novies non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell’articolo 700 e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito, previsti dal codice civile o da leggi speciali, nonché ai provvedimenti emessi a seguito di denunzia di nuova opera o di danno temuto ai sensi dell’articolo 688, ma ciascuna parte può iniziare il giudizio di merito. L’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti di cui al comma precedente, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa. L’autorità del provvedimento cautelare non è invocabile in un diverso processo. |
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Articolo 669-decies Revoca e modifica |
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Nel corso dell'istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare anche se emesso anteriormente alla causa se si verificano mutamenti nelle circostanze.
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Salvo che sia stato proposto reclamo ai sensi dell’articolo 669-terdecies, nel corso dell’istruzione il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare, anche se emesso anteriormente alla causa, se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquista conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso, l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. Quando il giudizio di merito non sia iniziato o sia stato dichiarato estinto, la revoca e la modifica dell’ordinanza di accoglimento, esaurita l’eventuale fase del reclamo proposto ai sensi dell’articolo 669-terdecies, possono essere richieste al giudice che ha provveduto sull’istanza cautelare se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare. In tale caso l’istante deve fornire la prova del momento in cui ne è venuto a conoscenza. |
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Se la causa di merito è devoluta alla giurisdizione di un giudice straniero o ad arbitrato, ovvero se l'azione civile è stata esercitata o trasferita nel processo penale i provvedimenti previsti dal presente articolo devono essere richiesti al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare. |
Identico |
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Articolo 669-terdecies Reclamo contro i provvedimenti cautelari |
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Contro l'ordinanza con la quale, prima dell'inizio o nel corso della causa di merito, sia stato concesso un provvedimento cautelare è ammesso reclamo nei termini previsti dall'articolo 739, secondo comma. |
Contro l'ordinanza con la quale sia stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. |
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Il reclamo contro i provvedimenti del giudice singolo del tribunale si propone al collegio, del quale non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento reclamato. Quando il provvedimento cautelare è stato emesso dalla Corte d'appello, il reclamo si propone ad altra sezione della stessa Corte o, in mancanza, alla Corte d'appello più vicina. |
Identico |
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Il procedimento è disciplinato dagli articoli 737 e 738. |
Identico |
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Le circostanze e i motivi sopravvenuti al momento della proposizione del reclamo debbono essere proposti, nel rispetto del principio del contraddittorio, nel relativo procedimento. Il tribunale può sempre assumere informazioni e acquisire nuovi documenti. Non è consentita la rimessione al primo giudice. |
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Il collegio, convocate le parti, pronuncia, non oltre venti giorni dal deposito del ricorso, ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare. |
Identico |
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Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento; tuttavia il presidente del tribunale o della Corte investiti del reclamo, quando per motivi sopravvenuti il provvedimento arrechi grave danno, può disporre con ordinanza non impugnabile la sospensione dell'esecuzione o subordinarla alla prestazione di congrua cauzione.
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Identico |
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Articolo 696 Accertamento tecnico e ispezione giudiziale |
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Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale.
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Chi ha urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato di luoghi o la qualità o la condizione di cose, può chiedere, a norma degli articoli 692 e seguenti, che sia disposto un accertamento tecnico o un'ispezione giudiziale. L’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, se ne ricorre l’urgenza, possono essere disposti anche sulla persona dell’istante e, se questa vi consente, sulla persona nei cui confronti l’istanza è proposta. |
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L’accertamento tecnico di cui al primo comma può comprendere anche valutazioni in ordine alle cause e ai danni relativi all’oggetto della verifica. |
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Articolo 696-bis Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite |
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L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti. Se le parti si sono conciliate si forma processo verbale della conciliazione. Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro. Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito. Si applicano gli articoli da 191 a 197, in quanto compatibili. |
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Articolo 703 Domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso |
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Le domande di reintegrazione e di manutenzione nel possesso si propongono con ricorso al giudice competente a norma dell'articolo 21. |
Identico |
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Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti. |
Il giudice provvede ai sensi degli articoli 669-bis e seguenti, in quanto compatibili. |
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L’ordinanza che accoglie o respinge la domanda è reclamabile ai sensi dell’articolo 669-terdecies. Se richiesto da una delle parti, entro il termine perentorio di sessanta giorni decorrente dalla comunicazione del provvedimento che ha deciso sul reclamo ovvero, in difetto, del provvedimento di cui al terzo comma, il giudice fissa dinanzi a sé l’udienza per la prosecuzione del giudizio di merito. Si applica l’articolo 669-novies, terzo comma. |
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Articolo 704 Domande di provvedimento possessorio nel corso di giudizio petitorio |
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Ogni domanda relativa al possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giudizio petitorio, deve essere proposta davanti al giudice di quest'ultimo. |
Identico |
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La reintegrazione del possesso può essere tuttavia domandata al giudice competente a norma dell'articolo 703, il quale dà i provvedimenti temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio. |
La reintegrazione nel possesso può essere tuttavia domandata al giudice competente a norma dell’articolo 703, il quale dà i provvedimenti temporanei indispensabili; ciascuna delle parti può proseguire il giudizio dinanzi al giudice del petitorio, ai sensi dell’articolo 703. |
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Articolo 706 Forma della domanda |
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La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso contenente l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. |
La domanda di separazione personale si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio, con ricorso che deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata. |
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Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero, o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. |
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Il presidente fissa con decreto ilgiornodellacomparizione dei coniugi davanti a sé e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. |
Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé, che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare memoria difensiva e documenti. Al ricorso e alla memoria difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi presentate. |
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Nel ricorso deve essere indicata l’esistenza di figli legittimi, legittimati o adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. |
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Articolo 707 Comparizione personale delle parti |
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I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente senza assistenza del difensore. |
I coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l’assistenza del difensore. |
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Se il ricorrente non si presenta, la domanda non ha effetto. |
Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto. |
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Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. |
Identico |
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Articolo 708 Tentativo di conciliazione, provvedimenti del presidente |
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Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, procurando di conciliarli. |
All’udienza di comparizione il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione. |
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Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. |
Identico |
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Se il coniuge convenuto non comparisce o la conciliazione non riesce, il presidente, anche d'ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti davanti a questo. |
Se la conciliazione non riesce, il presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, dà con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi, nomina il giudice istruttore e fissa udienza di comparizione e trattazione davanti a questi. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente ed il suo difensore. |
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Se si verificano mutamenti nelle circostanze, l'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell'articolo 177. |
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Codice di procedura civile |
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Testo previgente |
Testo approvato dal Senato |
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Articolo 709 Notificazione della fissazione dell'udienza |
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L'ordinanza con la quale il presidente fissa l'udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell'attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell'ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero . |
L’ordinanza con la quale il presidente fissa l’udienza di comparizione davanti al giudice istruttore è notificata a cura dell’attore al convenuto non comparso, nel termine perentorio stabilito nell’ordinanza stessa, ed è comunicata al pubblico ministero. |
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Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo 163-bis ridotti a metà. |
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Con l’ordinanza il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. |
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L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167, primo e secondo comma, e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. |
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I provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con l’ordinanza di cui al terzo comma dell’articolo 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore. |
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Articolo 709-bis Udienza di comparizione e trattazione davanti al giudice istruttore |
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All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo. Si applica altresì l’articolo 184. |
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Regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 |
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Testo previgente |
Testo approvato dal Senato |
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Articolo 70-ter |
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La citazione può anche contenere, oltre a quanto previsto dall’articolo 163, comma 3, numero 7, del codice, l’invito al convenuto o ai convenuti, in caso di pluralità degli stessi, a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore di almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’articolo 163-bis del codice. |
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Se tutti i convenuti notificano la comparsa di risposta ai sensi del precedente comma, il processo prosegue nelle forme e secondo le modalità previste dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 |
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Articolo 169-bis Determinazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell'esecuzione |
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Con il decreto di cui all'articolo 179-bis è stabilita la misura dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con incanto dei beni mobili iscritti nei pubblici registri. |
Con il decreto di cui all’articolo 179-bis è stabilita la misura dei compensi dovuti ai notai agli avvocati e ai dottori commercialisti per le operazioni di vendita con incanto dei beni mobili iscritti nei pubblici registri. |
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Articolo 169-ter |
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Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita con incanto |
Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita |
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Nella comunicazione prevista dall'articolo 179-ter sono indicati anche gli elenchi dei notai disponibili a provvedere alle operazioni di vendita con incanto di beni mobili iscritti nei pubblici registri. |
Nelle comunicazioni previste dall'articolo 179-ter sono indicati anche gli elenchi dei notai, degli avvocati, dei dottori commercialisti e esperti contabili disponibili a provvedere alle operazioni di vendita di beni mobili iscritti nei pubblici registri. |
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Articolo 173-bis Contenuto della relazione di stima e compiti dell’esperto |
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L’esperto provvede alla redazione della relazione di stima dalla quale devono risultare |
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1) l’identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali; |
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2) una sommaria descrizione del bene; |
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3) lo stato di possesso del bene, con l’indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente al pignoramento; |
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4) l’esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene che resteranno a carico dell’acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico; |
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5) l’esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati o che comunque risulteranno non opponibili all’acquirente; |
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6) La verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l’esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso. |
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L’esperto prima di ogni attività controlla la completezza dei documenti di cui all’articolo 567, secondo comma, del codice, segnalando al giudice immediatamente quelli mancanti o inidonei. |
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L’esperto, terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore, anche se non costituito, almeno quarantacinque giorni prima dell’udienza fissata ai sensi dell’articolo 569 del codice, a mezzo posta ordinaria o posta elettronica, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizioni, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e teletrasmessi. |
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Le parti possono depositare all’udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al terzo comma; in tale caso l’esperto interviene all’udienza per rendere i chiarimenti. |
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Articolo 173-ter |
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Il Ministro della giustizia stabilisce con proprio decreto i siti internet destinati all’inserimento degli avvisi di cui all’articolo 490 del codice e i criteri e le modalità con cui gli stessi sono formati e resi disponibili. |
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Articolo 173-quater |
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L’avviso di cui al terzo comma dell’articolo 591-bis del codice deve contenere l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di destinazione urbanistica di cui all’articolo 30 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché le notizie di cui all’articolo 46 del citato testo unico e di cui all’articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni; in caso di insufficienza di tali notizie, tale da determinare le nullità di cui all’articolo 46, comma 1, del citato testo unico, ovvero di cui all'articolo 40, secondo comma, citata legge 28 febbraio 1985, n. 47, ne va fatta menzione nell’avviso con avvertenza che l’aggiudicatario potrà, ricorrendone i presupposti, avvalersi delle disposizioni di cui all’articolo 46, quinto comma, del citato decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 e di cui all’articolo 40, sesto comma, della medesima legge 28 febbraio 1985, n. 47. |
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Articolo 179-bis Determinazione e liquidazione dei compensi per le operazioni delegate dal giudice dell'esecuzione. |
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Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il Consiglio nazionale del notariato, è stabilita, ogni triennio, la misura dei compensi dovuti ai notai per le operazioni di vendita con incanto dei beni immobili. |
Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Consiglio nazionale del notariato, il Consiglio nazionale dell’ordine degli avvocati e il Consiglio nazionale dell’ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, è stabilita ogni triennio la misura dei compensi dovuti a notai, avvocati, dottori commercialisti e esperti contabili per le operazioni di vendita di beni immobili. |
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Il compenso dovuto al notaio è liquidato dal giudice dell'esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di incanto e le successive, che sono poste a carico dell'aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo |
Il compenso dovuto al professionista è liquidato dal giudice dell’esecuzione con specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di incanto e le successive che sono poste a carico dell’aggiudicatario. Il provvedimento di liquidazione del compenso costituisce titolo esecutivo. |
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Articolo 179-ter |
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Elenco dei notai che provvedono alle operazioni di vendita con incanto |
Elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita con incanto |
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Il Consiglio notarile distrettuale comunica ogni anno ai presidenti dei tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario, dei notai disponibili a provvedere alle operazioni di vendita con incanto dei beni immobili. |
Il Consiglio notarile distrettuale, il Consiglio dell’ordine degli avvocati e il Consiglio dell’ordine dei dottori commercialisti e esperti contabili comunicano ogni triennio ai presidenti dei Tribunali gli elenchi, distinti per ciascun circondario rispettivamente dei notai, degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili disponibili a provvedere alle operazioni di vendita dei beni immobili. Agli elenchi contenenti l’indicazione degli avvocati, dei dottori commercialisti e degli esperti contabili sono allegate le schede formate e sottoscritte da ciascuno dei predetti professionisti, con cui sono riferite le specifiche esperienze maturate nello svolgimento di procedure esecutive ordinarie e concorsuali. |
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Il Presidente del Tribunale forma quindi l’elenco dei professionisti disponibili a provvedere alle operazioni di vendita e lo trasmette ai giudici dell’esecuzione unitamente a copia delle schede informative sottoscritte da ciascuno di essi. |
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Al termine di ciascun semestre, il Presidente del Tribunale dispone la cancellazione dei professionisti ai quali in una o più procedure esecutive sia stata revocata la delega in conseguenza del mancato rispetto del termine e delle direttive stabilite dal giudice dell’esecuzione a norma dell’articolo 591-bis, primo comma del codice. |
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I professionisti cancellati dall’elenco a seguito di revoca di delega non possono essere reinseriti nel triennio in corso e nel triennio successivo. |
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Articolo 181 Disposizioni sulla divisione |
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Il giudice dell'esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso, provvede all'istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del Codice, se gli interessati sono tutti presenti e l'ufficio al quale egli appartiene è competente per la divisione. |
Il giudice dell’esecuzione, quando dispone che si proceda a divisione del bene indiviso provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del Codice, se gli interessati sono tutti presenti. |
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Se tutti gli interessati non sono presenti o per la divisione è competente altro giudice, il giudice dell'esecuzione fissa il termine perentorio entro il quale, a cura della parte più diligente, deve essere proposta domanda di divisione nelle forme ordinarie. |
Se gli interessati non sono tutti presenti, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di cui all’articolo 600, secondo comma, del codice fissa l’udienza avanti a sé per la comparizione delle parti concedendo termine alla parte più diligente fino a sessanta giorni prima per l’integrazione del contraddittorio mediante la notifica dell’ordinanza. |
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Legge 1° dicembre 1970, n. 898 |
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Testo previgente |
Testo approvato dal Senato |
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Articolo 4 |
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1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio oppure, nel caso di irreperibilità o di residenza all'estero, al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, nel caso di residenza all'estero di entrambi i coniugi, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell'uno o dell'altro coniuge. |
1. La domanda per ottenere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si propone al tribunale del luogo dell’ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio. Qualora il coniuge convenuto sia residente all’estero o risulti irreperibile, la domanda si propone al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente e, se anche questi è residente all’estero, a qualunque tribunale della Repubblica. La domanda congiunta può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o di domicilio dell’uno o dell’altro coniuge. |
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2. La domanda si propone con ricorso, il quale deve contenere: a) l'indicazione del giudice; b) il nome e il cognome, nonché la residenza o il domicilio del ricorrente nel comune in cui ha sede il giudice adito, il nome e il cognome e la residenza o il domicilio o la dimora del coniuge convenuto; c) l'oggetto della domanda; d) l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso, con le relative conclusioni; e) l'indicazione specifica dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi. |
2. La domanda si propone con ricorso, che deve contenere l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso è fondata. |
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3. Del ricorso il cancelliere dà comunicazione all'ufficiale dello stato civile del luogo dove il matrimonio fu trascritto per l'annotazione in calce all'atto. |
Identico |
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4. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza dei figli legittimi, legittimati od adottati da entrambi i coniugi durante il matrimonio. |
Identico |
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5. Il presidente del tribunale fissa con decreto in calce al ricorso, nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, la data dell'udienza di comparizione dei coniugi innanzi a sé e il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. Nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o legalmente incapace. |
5. Il presidente del tribunale,
nei cinque giorni successivi al deposito in cancelleria, fissa con decreto la
data di comparizione dei coniugi avanti a sé, che deve avvenire entro novanta
giorni dal deposito del ricorso, il termine per la notificazione del ricorso
e del decreto ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare
memoria difensiva e documenti. Il presidente nomina un curatore speciale quando il convenuto è malato di mente o
legalmente incapace. |
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6. Tra la data della notificazione del ricorso e del decreto e quella dell'udienza di comparizione devono intercorrere i termini di cui all'art. 163-bis del codice di procedura civile ridotti alla metà. |
9. Tra la data dell’ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa
deve essere notificata al convenuto non comparso, e quella dell’udienza di
comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all’articolo
163-bis del codice di procedura civile ridotti a metà. |
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6. Al ricorso e alla prima memoria
difensiva sono allegate le ultime dichiarazioni dei redditi rispettivamente
presentate. |
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7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi. Il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, o comunque, se il coniuge istante dichiara di non voler proseguire nella domanda, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione o della dichiarazione di rinuncia all'azione. |
7. I coniugi devono comparire davanti al presidente del tribunale personalmente, salvo gravi e comprovati motivi, e con l’assistenza di un difensore. Se il ricorrente non si presenta o rinuncia la domanda non ha effetto. Se non si presenta il coniuge convenuto, il presidente può fissare un nuovo giorno per la comparizione, ordinando che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata. All’udienza di comparizione, il presidente deve sentire i coniugi prima separatamente poi congiuntamente, tentando di conciliarli. Se i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere processo verbale della conciliazione. |
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8. Se il coniuge convenuto non compare o se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d'ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l'udienza di comparizione delle parti dinanzi a questo. L'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell'art. 177 del codice di procedura civile. Si applica l'art. 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile |
8. Se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti i coniugi e i rispettivi difensori nonché, qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età, i figli minori, dà, anche d’ufficio, con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell’interesse dei coniugi e della prole, nomina il giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione dinanzi a questo. Nello stesso modo il presidente provvede, se il coniuge convenuto non compare, sentito il ricorrente e il suo difensore. L’ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore. Si applica l’articolo 189 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. |
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10. Con l’ordinanza di cui al comma 8, il presidente assegna altresì termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di memoria integrativa, che deve avere il contenuto di cui all’articolo 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6), del codice di procedura civile e termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, dello stesso codice nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. L’ordinanza deve contenere l’avvertimento al convenuto che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui all’articolo 167, primo e secondo comma, e che oltre il termine stesso non potranno più essere proposte le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio. |
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11. All’udienza davanti al giudice istruttore si applicano le disposizioni di cui agli articoli 180 e 183, commi primo, secondo, quarto, quinto, sesto e settimo, del codice di procedura civile. Si applica altresì l’articolo 184 del medesimo codice. |
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9. Nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Avverso tale sentenza è ammesso solo appello immediato. Appena formatosi il giudicato, si applica la previsione di cui all'art. 10. |
12. Identico |
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10. Quando vi sia stata la sentenza non definitiva, il tribunale, emettendo la sentenza che dispone l'obbligo della somministrazione dell'assegno, può disporre che tale obbligo produca effetti fin dal momento della domanda. |
13. Identico |
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11. Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la sentenza di primo grado è provvisoriamente esecutiva. |
14. Identico |
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12. L'appello è deciso in camera di consiglio. |
15. Identico |
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13. La domanda congiunta dei coniugi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio che indichi anche compiutamente le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, è proposta con ricorso al tribunale in camera di consiglio. Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l'esistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all'interesse dei figli, decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli siano in contrasto con gli interessi degli stessi, si applica la procedura di cui al comma 8 del presente articolo . |
16. Identico |
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Legge 20 novembre 1982, n. 890 |
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Testo previgente |
Testo approvato dal Senato |
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Articolo 3 |
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L'ufficiale giudiziario scrive la relazione di notificazione sull'originale e sulla copia dell'atto, facendo menzione dell'ufficio postale per mezzo del quale spedisce la copia al destinatario in piego raccomandato con avviso di ricevimento. |
Identico |
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Presenta all'ufficio postale la copia dell'atto da notificare in busta chiusa, apponendo su quest'ultima le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l'aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolarne la ricerca; vi appone, altresì, il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell'ufficio. |
Presenta all'ufficio postale la copia dell'atto da notificare in busta chiusa, apponendo su quest'ultima le indicazioni del nome, cognome, residenza o dimora o domicilio del destinatario, con l'aggiunta di ogni particolarità idonea ad agevolarne la ricerca; vi appone, altresì, il numero del registro cronologico, la propria sottoscrizione ed il sigillo dell'ufficio. Nei casi in cui l'ufficiale giudiziario si avvalga per la notificazione di sistemi telematici, la sottoscrizione è sostituita dall'indicazione a stampa sul documento prodotto al sistema informatizzato del nominativo dell'ufficiale giudiziario stesso. |
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Presenta contemporaneamente l'avviso di ricevimento compilato con le indicazioni richieste dal modello predisposto dall'Amministrazione postale, con l'aggiunta del numero del registro cronologico. |
Identico |
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Per le notificazioni di atti in materia civile e amministrativa effettuate prima dell'iscrizione a ruolo della causa, o del deposito del ricorso, l'avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante o il suo procuratore quando sia stato già nominato; per le notificazioni in materia penale e per quelle in materia civile e amministrativa, effettuate in corso di procedimento, l'avviso deve indicare come mittente l'ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso ufficio e il numero del procedimento cui la notifica si riferisce. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull'originale del provvedimento dell'avvenuta notificazione di un atto di impugnazione o di opposizione, la ricevuta di ritorno deve indicare come mittente l'ufficiale giudiziario tenuto a dare avviso dell'impugnazione o dell'opposizione. |
Identico |
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L'ufficiale giudiziario corrisponde le tasse postali dovute, compresa quella per l'avviso di ricevimento e della raccomandazione di essa, all'ufficio postale di partenza. |
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Articolo 4 |
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L'avviso di ricevimento del piego raccomandato, completato in ogni sua parte e munito del bollo dell'ufficio postale recante la data dello stesso giorno di consegna, è spedito in raccomandazione all'indirizzo già predisposto dall'ufficiale giudiziario. |
Identico |
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L'avviso di ricevimento può essere trasmesso per telegrafo, quando l'autorità giudiziaria o la parte interessata alla notificazione dell'atto ne faccia richiesta, purché il mittente anticipi la spesa oltre il pagamento della tassa normale. Il telegramma deve essere spedito a cura dell'agente postale e contenere le generalità del destinatario o della persona abilitata che ha ricevuto il piego con l'indicazione della relativa qualifica, i quali, all'atto della consegna del piego, debbono firmare il relativo registro. |
L'avviso di ricevimento può essere trasmesso per telegrafo o in via telematica, quando l'autorità giudiziaria o la parte interessata alla notificazione dell'atto ne faccia richiesta, purché il mittente anticipi la spesa oltre il pagamento della tassa normale. Il telegramma deve essere spedito a cura dell'agente postale e contenere le generalità del destinatario o della persona abilitata che ha ricevuto il piego con l'indicazione della relativa qualifica, i quali, all'atto della consegna del piego, debbono firmare il relativo registro. |
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L'avviso di ricevimento costituisce prova dell'eseguita notificazione. |
Identico |
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I termini, che decorrono dalla notificazione eseguita per posta, si computano dalla data di consegna del piego risultante dall'avviso di ricevimento e se la data non risulti, ovvero sia comunque incerta, dal bollo apposto sull'avviso medesimo dall'ufficio postale che lo restituisce. |
Identico |
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Articolo 8 |
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Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l'avviso di ricevimento, pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare il registro di consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l'agente postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità; appone, quindi, la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. La notificazione si ha per eseguita alla data suddetta. |
Identico |
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Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo o di firmare il registro di consegna, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato subito nell'ufficio postale. L'agente postale rilascia avviso, in busta chiusa, del deposito al destinatario mediante affissione alla porta d'ingresso oppure mediante immissione nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. Di tutte le formalità eseguite e del deposito nonché dei motivi che li hanno determinati è fatta menzione sull'avviso di ricevimento che, datato e sottoscritto dall'agente postale, è unito al piego. |
Se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito e' stato effettuato, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente. |
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Trascorsi dieci giorni dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è datato e sottoscritto dall'impiegato postale e subito restituito in raccomandazione, unitamente all'avviso di ricevimento, al mittente con l'indicazione «non ritirato». |
Trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è immediatamente restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "atto non ritirato entro il termine di dieci giorni" e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato nell'ufficio postale o in una sua dipendenza senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'agente postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione "non ritirato entro il termine di centottanta giorni" e della data di restituzione. |
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La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data del deposito. |
La notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al secondo comma ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore. |
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Nel caso, invece, che durante la permanenza del piego presso l'ufficio postale il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l'impiegato postale lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente, in raccomandazione. |
Nel caso, invece, che durante la permanenza del piego presso l'ufficio postale o una sua dipendenza il destinatario o un suo incaricato ne curi il ritiro, l'impiegato postale lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato, è subito spedito al mittente, in raccomandazione. |
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La notificazione si ha per eseguita alla data del ritiro del piego. |
Abrogato |
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Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante dal bollo di spedizione dell'avviso stesso. |
Identico |
Articolo 2, comma 4-bis
(Spese postali per notifiche)
4-bis. I costi derivanti dalla spedizione della raccomandata e del relativo avviso di ricevimento di cui al secondo comma dell’articolo 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890 e successive modificazioni, sono posti a carico del mittente indicato nell’avviso di ricevimento stesso, secondo le previsioni tariffarie vigenti, fatti salvi i casi di esenzione dalle spese di notifica previsti dalle leggi vigenti.
Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, è diretto a chiarire a chi siano da addossare i costi della notificazione effettuata a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento “di cui al secondo comma” (per il possibile significato di tale rinvio, si veda infra).
Tale modifica si inquadra nell’ambito delle novelle recate dall’articolo 2 del decreto legge alla disciplina delle notificazioni in ambito processuale (v. sopra).
In particolare, la disposizione del comma 4-bis sembra dunque volta a stabilire che, nel caso si attivi la procedura delineata dal comma secondo dell’articolo 8 l. 890/1982 (secondo quanto si può ricostruire in via interpretativa, posto che il testo del comma 4-bis si riferisce al “comma secondo”, tout court), il costo della raccomandata a.r. è da porre a carico del mittente indicato nell’avviso di ricevimento stesso (salvi i casi di esenzione dalle spese di notifica).
Si ricorda che, per le notificazioni di atti in materia civile e amministrativa effettuate prima dell'iscrizione a ruolo della causa, o del deposito del ricorso, l'avviso di ricevimento deve indicare come mittente la parte istante o il suo procuratore (quando sia stato già nominato); per le notificazioni in materia penale e per quelle in materia civile e amministrativa, effettuate in corso di procedimento, l'avviso deve indicare come mittente l'ufficio giudiziario e, quando esiste, la sezione dello stesso ufficio e il numero del procedimento cui la notifica si riferisce. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull'originale del provvedimento dell'avvenuta notificazione di un atto di impugnazione o di opposizione, la ricevuta di ritorno deve indicare come mittente l'ufficiale giudiziario tenuto a dare avviso dell'impugnazione o dell'opposizione. L'ufficiale giudiziario corrisponde le tasse postali dovute, compresa quella per l'avviso di ricevimento e della raccomandazione di essa, all'ufficio postale di partenza (art. 3, commi quarto e quinto, l. 890/1982).
In merito si osserva che l’attuale formulazione del comma 4-bis induce a ricondurre il “secondo comma” cui si fa riferimento all’articolo 2 del decreto legge e non, come invece sembra intenzione del legislatore, all’art. 8 della legge n. 890 del 1982.
4-ter. Nella legge 30 aprile 1999, n. 130, dopo l’articolo 7 sono aggiunti, in fine, i seguenti:
"Art. 7-bis. 1. Le disposizioni di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, all’articolo 4 e all’articolo 6, comma 2, si applicano, salvo quanto specificato ai successivi commi 2 e 3, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni di crediti fondiari e ipotecari, di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco, nonché di titoli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura, effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l’acquisto di tali crediti e titoli, mediante l’assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.
2. I crediti ed i titoli acquistati dalla società di cui al comma 1 e le somme corrisposte dai relativi debitori sono destinati al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell’articolo 1180 del codice civile, dei portatori delle obbligazioni di cui al comma 1 e delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori, nonché al pagamento degli altri costi dell’operazione, in via prioritaria rispetto al rimborso dei finanziamenti di cui al comma 1.
3. Le disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, e 4, comma 2, si applicano a beneficio dei soggetti di cui al comma 2. A tali fini, per portatori di titoli devono intendersi i portatori delle obbligazioni di cui al comma 1.
4. Alle cessioni di cui al comma 1 non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440. Dell’affidamento o trasferimento, delle funzioni di cui all’articolo 2, comma 3, lettera c), a soggetti diversi dalla banca cedente, è dato avviso mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, nonché comunicazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici. Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società, si applica l’articolo 67, comma 3, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
5. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con regolamento emanato ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Banca d’Italia, adotta disposizioni di attuazione del presente articolo aventi ad oggetto, in particolare, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute, la tipologia di tali attività e di quelle, dagli equivalenti profili di rischio, utilizzabili per la loro successiva integrazione, nonché le caratteristiche della garanzia di cui al comma 1.
6. Ai sensi dell’articolo 53 del testo unico bancario sono emanate disposizioni di attuazione del presente articolo. Tali disposizioni disciplinano anche i requisiti delle banche emittenti, i criteri che le banche cedenti adottano per la valutazione dei crediti e dei titoli ceduti e le relative modalità di integrazione, nonché i controlli che le banche effettuano per il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo, anche per il tramite di società di revisione allo scopo incaricate.
7. Ogni imposta e tassa è dovuta considerando le operazioni di cui al comma 1 come non effettuate e i crediti e i titoli che hanno formato oggetto di cessione come iscritti nel bilancio della banca cedente, se per le cessioni è pagato un corrispettivo pari all’ultimo valore di iscrizione in bilancio dei crediti e dei titoli e il finanziamento di cui al comma 1 è concesso o garantito dalla medesima banca cedente».
Art. 7-ter. 1. Alla costituzione di patrimoni destinati aventi ad oggetto i crediti e i titoli di cui all’articolo 7-bis, comma 1, e alla destinazione dei relativi proventi, effettuati ai sensi dell’articolo 2447-bis del codice civile, per garantire i diritti dei portatori delle obbligazioni emesse da banche di cui all'articolo 7-bis, comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 7-bis, commi 5 e 6».
Premessa: covered bond e competitività del sistema
Il comma 4-ter dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede, mediante integrazioni al corpo della legge 30 aprile 1999, n. 130, in tema di cartolarizzazione di crediti, disposizioni volte a consentire alle banche italiane di emettere covered bond, titoli obbligazionari connotati dalla presenza di una garanzia su specifiche categorie di attività della banca emittente.
Secondo lo schema operativo ideato per l'emissione di covered bond, che si innesta sulla disciplina delle cartolarizzazioni prevista dalla legge n. 130 del 1999, le banche emetterebbero covered bond a seguito della cessione di attivi di elevata qualità creditizia ad una società veicolo, che rilascerebbe apposita garanzia a favore dei portatori dei titoli stessi.
I covered bond, che si collocano fra i mezzi diretti a favorire un più ampio sviluppo del mercato interno e una maggiore apertura dei mercati, presentano fra l’altro il vantaggio di poter essere utilizzati nelle operazioni di rifinanziamento presso la Banca centrale europea.
Secondo la relazione illustrativa del Governo al disegno di legge A. C. 5736 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), dal cui articolo 1 sono ricavate le disposizioni qui commentate, le misure proposte porrebbero rimedio al divario competitivo dovuto alla mancanza di una specifica disciplina nazionale sull'emissione di obbligazioni bancarie garantite, che ha reso finora impossibile alle banche italiane di accedere alle competitive condizioni di finanziamento degli impieghi permesse dallo strumento, in termini di tassi d'interesse inferiori e di più lunghe scadenze finanziabili. La medesima relazione illustrativa stima che, con questo strumento, dati i costi di provvista più bassi, le banche italiane potrebbero risparmiare tra lo 0,05 per cento e lo 0,20 per cento all'anno, in relazione al proprio merito di credito individuale, sui costi di finanziamento a lungo termine. Fra gli ulteriori benefìci che potranno conseguire dall’adozione dello strumento, rileva per i consumatori la possibilità di accendere mutui ipotecari a tassi più competitivi e scadenze più lunghe e, per le imprese, quella di poter ottenere impieghi a più lungo termine da parte delle banche, mentre il settore pubblico potrebbe godere di costi di raccolta più competitivi, a seguito dell'abbassamento del costo di raccolta sopportato dalle banche finanziatrici.
Lo strumento del covered bond
Per “covered bond” s’intende, nella prassi dei mercati finanziari, un titolo obbligazionario garantito da specifici attivi creditizi.
Per quanto concerne il mercato nazionale, già alla fine del 2000 l’Associazione bancaria italiana (ABI) aveva avviato un progetto finalizzato alla predisposizione di un’iniziativa legislativa volta a introdurre nell’ordinamento italiano un nuovo strumento di funding per le banche, che potesse essere competitivo sul crescente mercato internazionale dei titoli obbligazionari[34].
A livello internazionale, i tre modelli di covered bond attualmente dominanti sul mercato sono lo Pfandbrief tedesco, l’obligation foncière francese e la cédula hipotecaria spagnola.
Il titolo di maggior successo è lo Pfandbrief tedesco, particolare obbligazione bancaria legata alla concessione di finanziamenti di credito fondiario e al settore pubblico, rigidamente standardizzata per natura degli emittenti autorizzati e classi di attivi sottostanti.
La riscoperta dei covered bond e il loro adattamento al modello tedesco nasce dalla constatazione che la forte caratterizzazione dello Pfandbrief come titolo di qualità ha fatto ottenere al titolo una serie di privilegi a livello europeo sia per le banche emittenti che per gli investitori.
A titolo esemplificativo, si fa riferimento:
§ al trattamento agevolativo in termini di ponderazione ai fini dei requisiti minimi di capitale delle banche (10% piuttosto che il 20% come le normali obbligazioni bancarie);
§ alla possibilità di utilizzare lo Pfandbrief nelle operazioni di mercato aperto con la BCE;
§ alla specifica deroga ai limiti d’investimento previsti per gli organismi di investimento collettivo del risparmio.
Si è osservato, al riguardo, che tali privilegi spingono i mercati che non dispongono di tale strumento a sollevare dei dubbi sul level playing field tra intermediari bancari domestici ed esteri[35].
Le principali tipologie di titoli obbligazionari sul modello della Pfandbrief esistenti in Europa al maggio 2000 sono riportati nella tabella seguente.
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Paesi |
Titoli |
Caratteristiche dei titoli |
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Austria |
Pfandbriefe |
Le banche autorizzate all’emissione dei covered bond sono istituti specializzati nel credito fondiario. Le attività poste a copertura delle emissioni sono esclusivamente mutui fondiari. La legge è attualmente in fase di revisione. Esiste uno specifico progetto di legge in via di approvazione. |
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Danimarca |
Realkreditobligationer |
Le banche autorizzate all’emissione dei covered bond sono istituti specializzati nel credito fondiario. Le attività poste a copertura dei titoli emessi sono esclusivamente mutui fondiari. |
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Finlandia |
- |
Le banche autorizzate all’emissione dei covered bond sono istituti specializzati. Le attività poste a copertura delle emissioni sono mutui fondiari e mutui al settore pubblico. |
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Lussemburgo |
Lettres de cage |
La vigente disciplina dell’emissione dei covered bond è analoga alla legge tedesca. |
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Svizzera |
Pfandbriefe |
I covered bond svizzeri sono emessi da due istituti centrali specializzati nell’emissione dei mortgage bond. La legge si discosta in maniera rilevante dal modello tedesco. |
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Repubblica Ceca |
Zastavni-list |
L’emissione di covered bond è limitata a poche banche autorizzate. Le garanzie ammesse sono esclusivamente mutui fondiari. |
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Ungheria |
Jelzàloglevèl |
L’emissione di covered bond è limitata a poche banche autorizzate. Le garanzie ammesse sono mutui fondiari e mutui al settore pubblico. |
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Lettonia |
Kilu zime |
L’emissione di covered bond è limitata a poche banche autorizzate. Le garanzie ammesse sono esclusivamente mutui fondiari. |
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Polonia |
Last zastawny |
L’emissione di covered bond è limitata a specifici istituti autorizzati. Le garanzie ammesse sono mutui al settore pubblico e mutui fondiari. |
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Slovacchia |
Zàlozny list |
L’emissione di covered bond è limitata a poche banche autorizzate. Le garanzie ammesse sono mutui al settore pubblico e mutui fondiari. |
Fonte: German Pfandbriefe and analogous funding instruments elsewhere in Europe particularly France e Spain, Studio Fitchbca, 2000.
Fra le principali caratteristiche dei modelli stranieri di covered bond assumono particolare rilievo quelle inerenti alla tipologia di attività impiegate come copertura, il grado di ipoteca, la priorità del rimborso, la stanziabilità dei titoli emessi e altre agevolazioni.
Con riguardo alla tipologia di attività impiegate come copertura dei covered bond, in Germania gli asset posti a garanzia degli Pfandbriefe possono essere di tre tipi:
§ mutui fondiari;
§ mutui al settore navale;
§ mutui al settore pubblico (per i quali esiste sempre una forma di garanzia da parte del Governo federale).
In Francia, le attività poste a garanzia delle obligations foncières possono essere di quattro tipi:
§ mutui fondiari;
§ mutui al settore pubblico o, comunque, totalmente garantiti dallo Stato;
§ ABS (asset-backed securities), nel qual caso almeno il 90% del complesso di attività cartolarizzate dovrà riguardare crediti fondiari o al settore pubblico (art. 94 legge 99/532);
§ mutui al settore navale.
In Spagna, le attività poste a garanzia delle cédulas sono esclusivamente mutui fondiari.
Con riguardo al grado dell’ipoteca, in Germania è richiesta un’ipoteca di primo grado; in Francia un’ipoteca parimenti di primo grado, ma in luogo di essa, a garanzia dei finanziamenti, è ammessa altresì una fidejussione bancaria o a garanzia assicurativa. In Spagna viene richiesta un’ipoteca di primo grado, non potendo la banca differire le ipoteche sui finanziamenti concessi senza l’approvazione del rappresentante dei portatori dei titoli. La banca, inoltre, non può cancellare, rinunziare o estinguere le ipoteche volontariamente; novare i crediti garantiti o rinunziarvi in tutto o in parte; porre in atto delle attività che possano pregiudicare l’efficacia o il valore delle ipoteche o dei crediti.
Con riferimento alle priorità di rimborso, in Germania, ove il fondo di copertura dovesse risultare insufficiente al rimborso degli Pfandbriefe in circolazione, si apre una procedura di liquidazione parallela a quella della banca. I portatori degli Pfandbriefe avranno un diritto di rimborso preferenziale su tutte le attività del fondo posto a garanzia della propria classe di Pfandbrief (mortgage o public). In caso di perdita, essi potranno comunque partecipare alla liquidazione degli attivi della banca in posizione di creditori chirografari.
In Francia, i portatori delle obligations foncières hanno un privilegio su tutte le attività rispetto a tutti gli altri creditori dell’istituto, compresi fisco e dipendenti della banca. In Spagna, i portatori delle cédulas hanno un privilegio su tutti i crediti ipotecari della banca (eccetto quelli “registrati” necessari al rimborso dei bonos hipotecarios) rispetto a tutti i creditori, con la sola eccezione del fisco e dei dipendenti della banca, limitatamente allo stipendio di un mese. Nel caso i mutui ipotecari risultino insufficienti alla copertura, i portatori delle cédulas avranno un diritto pari passu (cioè di identica priorità) con gli altri creditori sulle altre attività della banca. I portatori delle cédulas hanno un privilegio, oltre che sugli attivi posti a garanzia del titolo, anche sull’insieme degli altri crediti ipotecari non impiegati a copertura dei bonos hipotecarios.
Con riguardo, infine, alla stanziabilità dei titoli emessi e ad altre forme di agevolazioni, in Germania e in Francia la legge non prevede alcuna disposizione al riguardo.
In Spagna, l’articolo 72 del regio decreto n. 685 del 1982 prevede che le cédulas possano essere utilizzate: come riserve tecniche per società di investimento, di compagnie di assicurazione o altre società analoghe; come forme di investimento per le società immobiliari o società analoghe, per gli istituti previdenziali o in fondi di istituzioni che sono obbligate a investire in titoli a reddito fisso negoziati in Borsa, nelle operazioni di mercato aperto con la Banca di Spagna e la Banca centrale europea, Le cédulas possono essere detenute nel portafoglio delle banche emittenti per un ammontare massimo del 5% del totale dei titoli emessi (art. 82, comma 2, regio decreto cit.).
Le disposizioni in materia di covered bond
La disposizione in esame inserisce nel corpo della legge 30 aprile 1999, n. 130, dopo l'articolo 7, gli articoli 7-bis e 7-ter.
La legge 30 aprile 1999, n. 130, reca disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti. Tale tecnica finanziaria consiste nella cessione di crediti o di altre attività finanziarie non negoziabili a una società qualificata che ha per oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni e provvede alla conversione di tali crediti o attività in titoli negoziabili su un mercato secondario.
Il nuovo articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 prevede, al comma 1, che le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 3, all'articolo 4 e all'articolo 6, comma 2 della stessa legge si applicano, salvo quanto specificato ai commi 2 e 3, alle operazioni aventi ad oggetto le cessioni:
a) di crediti fondiari e ipotecari;
b) di crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni o garantiti dalle medesime, anche individuabili in blocco;
c) di titoli emessi nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione aventi ad oggetto crediti della medesima natura.
Tali operazioni devono essere effettuate da banche in favore di società il cui oggetto esclusivo sia l'acquisto di tali crediti e titoli, mediante l'assunzione di finanziamenti concessi o garantiti anche dalle banche cedenti, e la prestazione di garanzia per le obbligazioni emesse dalle stesse banche ovvero da altre.
Il richiamato articolo 3 della legge n. 130 del 1999, dopo avere stabilito che la società cessionaria, o la società emittente titoli se diversa dalla società cessionaria, hanno per oggetto esclusivo la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei crediti, prevede, al comma 2, che i crediti relativi a ciascuna operazione costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti stessi.
Il comma 3 stabilisce che alla società cessionaria e alla società emittente titoli si applicano le disposizioni contenute nel titolo V del testo unico bancario (di seguito: TUB), ad esclusione dell'articolo 106, commi 2 e 3, lettere b) e c), nonché le corrispondenti norme sanzionatorie previste dal titolo VIII dello stesso testo unico.
Il titolo V del TUB reca norme in tema di vigilanza sui soggetti operanti nel settore finanziario.
In particolare, il comma 2 dell’articolo 106, dopo aver stabilito che l'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC, dispone che gli intermediari finanziari possono svolgere esclusivamente attività finanziarie, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge.
Il comma 3 dell’articolo 106 stabilisce che l'iscrizione nell'elenco è subordinata al ricorrere, fra l’altro delle condizioni dell’oggetto sociale conforme al disposto del comma 2 (lettera b) e del capitale sociale versato non inferiore a cinque volte il capitale minimo previsto per la costituzione delle società per azioni (lettera c).
Il titolo VIII del TUB reca le sanzioni per le fattispecie di abusivismo bancario e finanziario.
L’articolo 4 della legge n. 130 del 1999 reca le norme sulla modalità e sull’efficacia della cessione.
Il comma 1 stabilisce che alle cessioni dei crediti poste in essere ai sensi della presente legge si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 58, commi 2, 3 e 4, del TUB.
Il richiamato articolo 58 del TUB, in tema di cessione di rapporti giuridici delle banche, dopo aver stabilito che la Banca d'Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d'azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco, dispone, al comma 2, che la banca cessionaria deve dare notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità.
Il comma 3 stabilisce che i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti.
Ai sensi del comma 4, nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti di notifica indicati dall'articolo 1264 del codice civile.
Ai sensi del comma 2 dell’articolo 4 della legge n. 130 del 1999, dalla data della pubblicazione della notizia dell'avvenuta cessione nella Gazzetta ufficiale, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), ossia dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla società cessionaria o da altra società, per finanziare l'acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell'operazione. Dalla stessa data la cessione dei crediti è opponibile:
a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi in data anteriore;
b) ai creditori del cedente che non abbiano pignorato il credito prima della pubblicazione della cessione.
Secondo il comma 3, ai pagamenti effettuati dai debitori ceduti alla società cessionaria non si applica l'articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la legge fallimentare.
Il richiamato articolo 67 della legge fallimentare [così come sostituito dal comma 1, lettera a), del presente articolo] stabilisce che sono revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore:
1. gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
2. gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
3. i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
4. i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
A norma del secondo comma, sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Il terzo comma dispone che non siano soggetti all'azione revocatoria:
a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;
b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
c) le vendite a giusto prezzo d'immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;
d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;
f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Il comma 4 dell’articolo 4 della stessa legge n. 130 del 1999 specifica che, per le operazioni di cartolarizzazione disciplinate dalla medesima legge, i termini di due anni e di un anno previsti dall'articolo 67 della legge fallimentare, sopra illustrato, sono ridotti, rispettivamente, a sei e a tre mesi.
La disposizione fa riferimento al testo della legge fallimentare in vigore prima della novella apportata dal presente decreto-legge, che ha ridotto i termini suddetti, rispettivamente, a un anno e a sei mesi.
Ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della legge n. 130 del 1999, se la cessione ha per oggetto crediti derivanti dalle operazioni indicate negli articoli 15, 16 e 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, continuano ad applicarsi le agevolazioni previste nel citato articolo 15.
L’articolo 15 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, recante la disciplina delle agevolazioni tributarie, stabilisce che le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine e tutti i provvedimenti, atti, contratti e formalità inerenti alle operazioni medesime, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate e alle loro eventuali surroghe, sostituzioni, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali finanziamenti, effettuate da aziende e istituti di credito e da loro sezioni o gestioni che esercitano, in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative, il credito a medio e lungo termine, sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecarie e catastali e dalle stesse sulle concessioni governative.
In deroga a quanto sopra, gli atti giudiziari relativi alle operazioni ivi indicate sono soggetti alle suddette imposte secondo il regime ordinario e le cambiali emesse in relazione alle operazioni stesse sono soggette alla imposta di bollo di lire 100 per ogni milione o frazione di milione. Si considerano a medio e lungo termine le operazioni di finanziamento la cui durata contrattuale sia stabilita in più di diciotto mesi.
L’articolo 16 del D.P.R. n. 601 del 1973 stabilisce che le agevolazioni previste dall'articolo 15 si applicano anche alle operazioni relative ai finanziamenti di qualunque durata, effettuati in conformità a disposizioni legislative, statutarie o amministrative da aziende e istituti di credito e loro sezioni o gestioni, nei seguenti settori:
1) credito per il lavoro italiano all'estero di cui al R.D.L. 15 dicembre 1923, n. 3148;
2) credito all'artigianato di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1947, n. 1418, e alla L. 25 luglio 1952, n. 949;
3) credito cinematografico, di cui alle leggi 4 novembre 1965, n. 1213, e 14 agosto 1971, numero 819;
4) credito teatrale, di cui alla legge 14 agosto 1967, n. 800;
5) credito di rifinanziamento effettuato a norma degli artt. 17, 18, 33 e 34 della legge 25 luglio 1952, n. 949;
6) credito peschereccio d'esercizio.
L’articolo 19 del D.P.R. n. 601 del 1973 prevede che, ferme restando le agevolazioni di cui agli articoli 15, 16 e 17, i finanziamenti effettuati con fondi somministrati o conferiti dallo Stato o dalle regioni o gestiti per conto degli stessi non concorrono a formare la base imponibile dell'imposta sostitutiva. Non concorrono inoltre a formare la base imponibile dell'imposta sostitutiva:
a) i finanziamenti previsti dalle leggi speciali recanti provvidenze a favore di zone devastate da calamità naturali;
b) i finanziamenti fatti ad amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, a regioni, province e comuni e ad enti pubblici istituiti esclusivamente per l'adempimento di funzioni statali o per l'esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio.
L'imposta sostitutiva è ridotta alla metà per i mutui concessi dagli istituti di credito fondiario ad istituti autonomi per le case popolari e a cooperative edilizie in conformità alle disposizioni degli articoli 147 e 148 del testo unico sull'edilizia popolare ed economica approvato con regio decreto 28 aprile 1938, n. 1165.
Per le operazioni di finanziamento dei crediti all'esportazione previsti dalla legge 24 maggio 1977, n. 227, di durata superiore ai diciotto mesi l'imposta sostitutiva si applica nella misura di cui al secondo comma dell'art. 18.
Il trattamento previsto agli effetti dell'imposta di bollo dal secondo comma dell'art. 15 è esteso anche agli effetti cambiari e titoli equivalenti indicati nel primo comma dell'art. 32 della legge sopra citata.
Il comma 2 del nuovo articolo 7-bis della legge n. 130 del 1999 prevede che i crediti e i titoli acquistati dalla società cessionaria e le somme corrisposte dai relativi debitori sono destinati al soddisfacimento dei diritti, anche ai sensi dell'articolo 1180 del codice civile:
a) dei portatori delle obbligazioni emesse dalle banche ai sensi del comma 1;
b) delle controparti dei contratti derivati con finalità di copertura dei rischi insiti nei crediti e nei titoli ceduti e degli altri contratti accessori.
Sono inoltre destinati al pagamento degli altri costi dell'operazione.
Tale destinazione ha carattere di priorità anche rispetto al rimborso dei finanziamenti previsti dal comma 1.
Il richiamato articolo 1180 del codice civile prevede che l'obbligazione può essere adempiuta da un terzo, anche contro la volontà del creditore, se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione. Tuttavia il creditore può rifiutare l'adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione.
Il comma 3 del nuovo articolo 7-bis specifica che le disposizioni dei sopra illustrati articoli 3, comma 2, e 4, comma 2, della stessa legge n. 130 del 1999 si applicano a beneficio dei soggetti indicati nel comma 2.
Si chiarisce che per portatori di titoli devono intendersi i portatori delle obbligazioni emesse ai sensi del comma 1.
Il comma 4 del nuovo articolo 7-bis stabilisce che alle cessioni indicate al comma 1 non si applicano gli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.
Il richiamato articolo 69 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, recante disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato, stabilisce che le cessioni, le delegazioni, le costituzioni di pegno, i pignoramenti, i sequestri e le opposizioni relative a somme dovute dallo Stato, nei casi in cui sono ammesse dalle leggi, debbono essere notificate all'amministrazione centrale ovvero all'ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento.
La notifica rimane priva di effetto riguardo agli ordini di pagamento che risultino già emessi. Potrà, per altro, il creditore fare tale notificazione all'ufficiale, tesoriere o agente incaricato di eseguire il pagamento degli ordini o di effettuare la consegna degli assegni di cui all'articolo 54, lettera a). Le cessioni, le delegazioni, le costituzioni di pegno e gli atti di revoca, rinuncia o modificazione di vincoli devono risultare da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio.
I pignoramenti, i sequestri e le opposizioni hanno efficacia soltanto se fatti nei modi e nei casi espressamente stabiliti dalla legge. Nessun impedimento può essere costituito mediante semplici inibitorie o diffide.
Qualora un'amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo.
L’articolo 70 dello stesso R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, precisa che gli atti considerati nel precedente articolo 69 debbono indicare il titolo e l'oggetto del credito verso lo Stato che si intende colpire, cedere o delegare. Con un solo atto non si possono colpire, cedere o delegare crediti verso amministrazioni diverse. Per le somme dovute dallo Stato per somministrazioni, forniture e appalti devono essere osservate le disposizioni dell'articolo 9 dell’allegato E della legge 20 marzo 1865, n. 2248 (secondo cui sul prezzo dei contratti in corso non può avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l'amministrazione interessata), e degli articoli 351 e 355 dell’allegato F della legge medesima (relativi al sequestro dei pagamenti per gli appalti di opere pubbliche).
Lo stesso comma 4 del nuovo articolo 7-bis dispone che, nel caso di affidamento o trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 2, comma 3, lettera c) (riscossione dei crediti ceduti e dei servizi di cassa e di pagamento) a soggetti diversi dalla banca cedente, si deve dare avviso di tali eventi mediante pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, nonché comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento alle pubbliche amministrazioni debitrici.
Ai finanziamenti concessi alle società di cui al comma 1 e alla garanzia prestata dalle medesime società si applica l'articolo 67, terzo comma, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni.
Il contenuto dell’articolo 67 della legge fallimentare, relativo alle operazioni che non sono soggette all’azione revocatoria, è stato testé esposto, nell’illustrazione del comma 1 dell’articolo 7-bis, introdotto dal presente comma.
Il comma 5 del nuovo articolo 7-bis affida al Ministro dell'economia e delle finanze il compito di adottare, con regolamento emanato ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Banca d'Italia, le disposizioni di attuazione dello stesso articolo.
Il riferimento deve intendersi operato all’articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, che disciplina l’emanazione dei regolamenti ministeriali, nei casi in cui la legge espressamente conferisca tale potere.
Tali disposizioni dovranno avere ad oggetto, in particolare, il rapporto massimo tra le obbligazioni oggetto di garanzia e le attività cedute, la tipologia di tali attività e di quelle, dagli equivalenti profili di rischio, utilizzabili per la loro successiva integrazione, nonché le caratteristiche della garanzia di cui al comma 1.
Il comma 6 del nuovo articolo 7-bis prevede l’emanazione di disposizioni di attuazione dello stesso articolo ai sensi dell'articolo 53 del TUB.
Il richiamato articolo 53 del TUB, avente ad oggetto la vigilanza regolamentare, prevede che la Banca d'Italia, in conformità delle deliberazioni del CICR, emani disposizioni di carattere generale aventi a oggetto:
a) l'adeguatezza patrimoniale;
b) il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni;
c) le partecipazioni detenibili;
d) l'organizzazione amministrativa e contabile e i controlli interni.
Le disposizioni emanate possono prevedere che determinate operazioni siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d'Italia.
Tali disposizioni, ai sensi del comma 6 dell’articolo 7-bis, devono disciplinare, fra l’altro:
a) i requisiti delle banche emittenti;
b) i criteri che le banche cedenti devono adottare per la valutazione dei crediti e dei titoli ceduti e le relative modalità di integrazione;
c) i controlli che le banche effettuano per il rispetto degli obblighi previsti dal presente articolo, anche per il tramite di società di revisione allo scopo incaricate.
Ai sensi del comma 7 del nuovo articolo 7-bis, ogni imposta e tassa è dovuta considerando le operazioni di cui al comma 1 come non effettuate e i crediti e i titoli che hanno formato oggetto di cessione come iscritti nel bilancio della banca cedente, quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
a) che per le cessioni sia pagato un corrispettivo pari all'ultimo valore di iscrizione in bilancio dei crediti e dei titoli;
b) che il finanziamento di cui al comma 1 sia concesso o garantito dalla medesima banca cedente.
Il nuovo articolo 7-terdella legge n. 130 del 1999, introdotto dalla presente disposizione, individua le norme applicabili alla costituzione di patrimoni destinati aventi ad oggetto i crediti e i titoli di cui all'articolo 7-bis, comma 1, e alla destinazione dei relativi proventi, effettuati ai sensi dell'articolo 2447-bis del codice civile.
Il richiamato articolo 2447-bisdel codice civile prevede la possibilità di costituire patrimoni destinati ad uno specifico affare. In particolare, la società può:
a) costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare;
b) convenire che nel contratto relativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parziale del finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell'affare stesso, o parte di essi.
Salvo quanto disposto in leggi speciali, i patrimoni destinati ai sensi della lettera a) non possono essere costituiti per un valore complessivamente superiore al dieci per cento del patrimonio netto della società e non possono comunque essere costituiti per l'esercizio di affari attinenti ad attività riservate in base alle leggi speciali.
In relazione a tale fattispecie, per garantire i diritti dei portatori delle obbligazioni emesse da banche di cui all’articolo 7-bis, comma 1, si stabilisce espressamente l’applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 7-bis, commi 5 e 6.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 25 giugno 2004 la Commissione europea, sulla base del “metodo Lamfalussy”[36], ha dato mandato al Comitato delleautorità europee di regolamentazione e vigilanza sui valori mobiliari[37] di elaborare un parere tecnico sulle misure che dovranno essere adottate per dare attuazione ad alcune disposizioni della direttiva 2003/39/CE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari.
Il Comitato ha avviato una consultazione delle parti interessate (che si è chiusa il 4 ottobre), in vista dell’adozione del parere prevista entro il 30 aprile 2005.
La direttiva 2004/39/CE ha modificato la vigente disciplina in materia, di cui alla direttiva 1993/22/CEE, per adeguarla ai cambiamenti strutturali intervenuti nell’ultimo decennio nei mercati finanziari e creare le premesse per il completamento del mercato interno dei servizi finanziari.
In particolare, la direttiva è intesa a conseguire due obiettivi principali sul piano della regolamentazione:
· la tutela degli investitori e la salvaguardia dell'integrità del mercato, attraverso l'armonizzazione delle norme che disciplinano l'attività degli intermediari autorizzati;
· la promozione di mercati finanziari trasparenti e integrati, tramite la fissazione di norme di base per la disciplina delle negoziazioni e dell'esecuzione delle operazioni sugli strumenti finanziari, sui sistemi organizzati di negoziazione e sui mercati ad opera delle imprese di investimento.
4-quater. Il comma 1 dell’articolo 4 della legge 3 febbraio 1965, n. 69 è sostituito dal seguente:
“1. L’Assemblea per l’elezione dei membri del Consiglio deve essere convocata almeno venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La convocazione si effettua mediante avviso spedito, almeno quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’Ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni.“
Il comma 4-quater, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, apporta una modifica alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, recante l’ordinamento della professione di giornalista. È in particolare modificata la norma (art. 4, comma 1) che disciplina le modalità di convocazione della assemblea per l'elezione dei membri del Consiglio.
Per una comparazione fra le attuali modalità di convocazione e quelle proposte dalla disposizione in esame, si veda il successivo testo a fronte.
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Legge 3 febbraio 1963, n. 69 Ordinamento della professione di giornalista |
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Art. 4 Elezione dei Consigli dell'Ordine |
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Testo vigente |
Testo approvato dal Senato |
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L'assemblea per l'elezione dei membri del Consiglio deve essere convocata almeno venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta raccomandata almeno quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall'esercizio della professione. |
1. L’Assemblea per l’elezione dei membri del Consiglio deve essere convocata almeno venti giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La convocazione si effettua mediante avviso spedito, almeno quindici giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’Ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni. |
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L'avviso deve contenere l'indicazione dell'oggetto dell'adunanza, e stabilire il luogo, il giorno e le ore dell'adunanza stessa, in prima ed in seconda convocazione. La seconda convocazione è stabilita a distanza di otto giorni dalla prima. |
Identico |
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L'assemblea è valida in prima convocazione quando intervenga almeno la metà degli iscritti, e in seconda convocazione qualunque sia il numero degli intervenuti. |
Identico |
4-quinquies. All’articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, il comma 1 è sostituito dal seguente:
“1. L’assemblea per l’elezione del Consiglio deve essere convocata nei quindici giorni precedenti a quello in cui esso scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni.“
Il comma 4-quinquies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, modifica, con la tecnica della novella, l’articolo 3 del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382 (“Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali”), in tema di modalità di convocazione della Assemblea per l’elezione del Consiglio (per una comparazione fra le modalità attualmente previste e quelle di cui alla novella si veda il testo a fronte in calce alla scheda).
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D.Lgs.Lgt. 23 novembre 1944 n. 382 Norme sui Consigli degli ordini e collegi e sulle Commissioni centrali professionali |
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Art. 3 |
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Testo vigente |
Testo approvato dal Senato |
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L'assemblea per l'elezione del Consiglio deve essere convocata nei quindici giorni precedenti a quello in cui esso scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti. |
1. L’assemblea per l’elezione del Consiglio deve essere convocata nei quindici giorni precedenti a quello in cui esso scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni. |
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Ove il numero degli iscritti superi i cinquecento, può tenere luogo dell'avviso spedito per posta, la notizia della convocazione pubblicata almeno in un giornale per due volte consecutive. |
Identico |
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L'avviso e la notizia di cui ai commi precedenti contengono l'indicazione dell'oggetto dell'adunanza e stabiliscono il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza stessa in prima convocazione ed, occorrendo, in seconda, nonché il luogo, il giorno e l'ora per l'eventuale votazione di ballottaggio. |
Identico |
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L'assemblea è valida in prima convocazione se interviene una metà almeno degli iscritti, ed in seconda convocazione, che deve aver luogo almeno tre giorni dopo la prima, se interviene almeno un quarto degli iscritti medesimi. |
Identico |
4-sexies. All’articolo 2 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, il quinto comma è sostituito dal seguente:
“5. I componenti del Consiglio durano in carica tre anni e l’assemblea per la loro elezione deve essere convocata entro il mese di novembre dell’anno in cui il Consiglio scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni.“.
Il comma 4-sexies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca una modifica al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233 (disponente la ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse), in tema di modalità di convocazione dell’Assemblea per l’elezione dei componenti il Consiglio.
Per una comparazione fra le attuali modalità di convocazione e quelle proposte dall’emendamento in esame, si veda il testo a fronte in calce alla presente scheda.
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D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946 n. 233 (Ricostituzione degli Ordini delle professioni sanitarie e per la disciplina dell'esercizio delle professioni stesse) |
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Art. 2 |
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Testo vigente |
Testo approvato dal Senato |
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(...) |
(...) |
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5. I componenti del Consiglio durano in carica tre anni e l'assemblea per la loro elezione deve essere convocata entro il mese di novembre dell'anno in cui il Consiglio scade. |
5. I componenti del Consiglio durano in carica tre anni e l’assemblea per la loro elezione deve essere convocata entro il mese di novembre dell’anno in cui il Consiglio scade. La convocazione si effettua mediante avviso spedito per posta almeno dieci giorni prima a tutti gli iscritti, esclusi i sospesi dall’esercizio della professione, per posta prioritaria, per telefax o a mezzo di posta elettronica certificata. Della convocazione deve essere dato altresì avviso mediante annuncio, entro il predetto termine, sul sito Internet dell’Ordine nazionale. È posto a carico dell’ordine l’onere di dare prova solo dell’effettivo invio delle comunicazioni. |
4-septies. Alla legge 16 febbraio 1913, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) L’articolo 4 è sostituito dal seguente:
Art. 4. – 1. Il numero e la residenza dei notai per ciascun distretto determinato con decreto del Ministro della giustizia emanato, uditi i Consigli notarili e le Corti d’appello, tenendo conto della popolazione, della quantità degli affari, della estensione del territorio e dei mezzi di comunicazione, e procurando che di regola ad ogni posto notarile corrispondano una popolazione di almeno 7.000 abitanti ed un reddito annuo, determinato sulla media degli ultimi tre anni, di almeno 50.000 euro di onorari professionali repertoriali.
2. La tabella che determina il numero e la residenza dei notai, dovrà, udite le Corti d’appello e i Consigli notarili, essere rivista ogni sette anni, e potrà essere modificata parzialmente anche entro un termine più breve, quando ne sia dimostrata l’opportunità".
4-octies. In via transitoria e in sede di prima applicazione della presente legge:
a) la prima revisione della tabella di cui all’articolo 4, comma 2, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come modificato, ha luogo entro il termine di un anno dalla entrata in vigore della presente legge;
b) è a carico della Cassa nazionale del notariato, con riferimento alle disposizioni contenute nell’articolo 4, comma 1, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, come sostituito dal comma 8-bis, del presente articolo, l’adozione delle misure che assicurano l’equilibrio economico e finanziario della gestione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
I commi in esame recano novelle alla disciplina del notariato di cui alla legge 16 febbraio 1913, n. 89 (“Ordinamento del notariato e degli archivi notarili”) e prevedono una disciplina di carattere transitorio per la prima applicazione della disciplina modificata. In estrema sintesi le modifiche proposte sono dirette a consentire un ampliamento dell’organico dei notai, riducendo a 7 mila abitanti la popolazione di riferimento relativa a ciascun posto notarile. E’ comunque garantito un reddito annuo di 50.000 euro di onorari professionali.
4-novies. Al fine di agevolare la circolazione dei beni immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito, nonché di ribadire la corretta interpretazione della normativa in materia di esecuzione forzata:
a) al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:
1) all’articolo 561, primo comma, il secondo periodo è sostituito dal seguente: "I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in danaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri.»;
2) all’articolo 563, primo comma, dopo le parole: "Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati" sono inserite le seguenti: "e non sono trascorsi venti anni dalla donazione";
3) all’articolo 563, secondo comma, dopo le parole "Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta" sono inserite le seguenti: ", entro il termine di cui al comma precedente,";
4) all’articolo 563 è aggiunto alla fine il seguente comma:
“Salvo il disposto del numero 8 dell’articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell’opponente è personale e rinunziabile. L’opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione.”;
5) al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, recante "Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie", dopo l’articolo 187 è inserito il seguente:
"187-bis. - (Intangibilità nei confronti dei terzi degli effetti degli atti esecutivi compiuti). – In ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632 secondo comma del codice, gli effetti di tali atti. Dopo il compimento degli stessi atti, l’istanza di cui all’articolo 495 del codice non è più ammissibile"».
Il comma 4-novies reca novelle:
- al codice civile (modifiche agli artt. 561-563);
- alle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368 (introduzione dell’art. 187-bis).
Le novelle - la cui incidenza sui testi vigenti è evidenziata dal testo a fronte in calce - sono tese ad agevolare la circolazione dei beni immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito e a ribadire la corretta interpretazione della normativa in materia di esecuzione forzata (secondo la ratio espressa nell’incipit del comma aggiuntivo).
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Codice civile |
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Articolo 561 Restituzione degli immobili |
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Testo vigente |
Testo approvato dal Senato |
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Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'articolo 2652. La stessa disposizione si applica per i mobili iscritti in pubblici registri. |
Gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso o ipoteca di cui il legatario o il donatario può averli gravati, salvo il disposto del n. 8 dell'articolo 2652. I pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo in questo caso l’obbligo del donatario di compensare in danaro i legittimari in ragione del conseguente minor valore dei beni, purché la domanda sia stata proposta entro dieci anni dall’apertura della successione. Le stesse disposizioni si applicano per i mobili iscritti in pubblici registri. |
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I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale. |
I frutti sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale. |
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Articolo 563 Azione contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione |
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Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili. |
Se i donatari contro i quali è stata pronunziata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati e non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, il legittimario, premessa l'escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti, nel modo e nell'ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione degli immobili. |
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L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede. |
L'azione per ottenere la restituzione deve proporsi secondo l'ordine di data delle alienazioni, cominciando dall'ultima. Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta, entro il termine di cui al comma precedente, la restituzione dei beni mobili, oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede. |
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Il terzo acquirente può liberarsi dall'obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l'equivalente in danaro. |
Identico |
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Salvo il disposto del numero 8 dell’articolo 2652, il decorso del termine di cui al primo comma e di quello di cui all’articolo 561, primo comma, è sospeso nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del donante che abbiano notificato e trascritto, nei confronti del donatario, un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione. Il diritto dell’opponente è personale e rinunziabile. L’opposizione perde effetto se non è rinnovata prima che siano trascorsi venti anni dalla sua trascrizione. |
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R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368 Disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie |
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Articolo 187-bis Disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie |
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In ogni caso di estinzione o di chiusura anticipata del processo esecutivo avvenuta dopo l’aggiudicazione, anche provvisoria, o l’assegnazione, restano fermi nei confronti dei terzi aggiudicatari o assegnatari, in forza dell’articolo 632 secondo comma del codice, gli effetti di tali atti. Dopo il compimento degli stessi atti, l’istanza di cui all’articolo 495 del codice non è più ammissibile. |
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Articolo 2, comma 4-decies
(Immobili degli enti previdenziali pubblici)
4-decies. L’articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito in legge 23 novembre 2001, n 410, si intende riferito anche ai beni immobili degli enti previdenziali pubblici.
Il comma 4-decies dell’articolo 2, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, dichiara l’articolo 4 del D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, relativo al conferimento di beni immobili ad uso non residenziale a fondi comuni di investimento immobiliare, applicabile anche ai beni immobili degli enti previdenziali pubblici.
Gli enti previdenziali pubblici, ai cui beni immobili si riferisce la disposizione qui illustrata, sono attualmente i seguenti[38]:
§ Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
§ Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL);
§ Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP);
§ Istituto postelegrafonici (IPOST);
§ Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo (ENPALS);
§ Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA);
§ Ente nazionale di assistenza magistrale (ENAM) (si ricorda che quest’ultimo ente ha anche caratteristiche assistenziali).
Si ricorda che l’articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001 (come integrato dal decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191) prevede la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare mediante conferimento o trasferimento di beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali.
Il comma 2-ter dell’articolo 4 stabilisce che gli immobili in uso governativo, conferiti o trasferiti ai fondi comuni di investimento, siano concessi in locazione all’Agenzia del demanio, la quale li assegna ai soggetti che li hanno attualmente in uso, per periodi fino a nove anni, rinnovabili. I canoni e le altre condizioni dell’assegnazione sono fissate dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base di parametri di mercato.
Con i successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze in data 9 giugno 2004, 15 dicembre 2004, 23 dicembre 2004 (tre decreti) e 24 dicembre 2004 è stata data attuazione alle sopra citate disposizioni dell’articolo 4 del decreto-legge n. 351 del 2001, mediante la costituzione e la disciplina del Fondo immobili pubblici - FIP, nonché il trasferimento e l’apporto degli immobili pubblici.
Si osserva che non appare del tutto chiara la necessità della disposizione in commento, in quanto gli enti previdenziali pubblici sembrerebbero ex se ricompresi nella categoria degli enti pubblici non territoriali. Quest’interpretazione sembra avvalorata anche dal fatto che i sopra ricordati decreti del Ministro dell’economia e delle finanze del 23 dicembre 2004 (pubblicati nel supplemento ordinario n. 188 della Gazzetta ufficiale n. 303 del 28 dicembre 2004), recanti il trasferimento di beni al Fondo immobili pubblici – FIP, hanno ad oggetto anche beni immobili appartenenti ad enti previdenziali pubblici,e precisamente 43 immobili dell’INPS, 8 immobili dell’INPDAP e 18 immobili dell’INAIL.
Da notizie di stampa si è appreso che i comitati interni di vigilanza degli enti interessati dal trasferimento avrebbero presentato, nello scorso mese di febbraio, ricorso al TAR del Lazio contro i suddetti decreti ministeriali. La norma in commento potrebbe pertanto essere diretta a riconfermare chiaramente la volontà del legislatore di ritenere applicabile la normativa sopra illustrata agli immobili non residenziali di detti enti previdenziali.
4-undecies. La CONSOB è autorizzata ad assumere entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per ragioni di urgenza derivanti da indifferibili esigenze di servizio, mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato non più di quindici persone che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risultino idonee all'immediato svolgimento dei compiti di istituto. La ripartizione del personale così assunto è stabilita con deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranza prevista dal nono comma dell'articolo 1 del decreto legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazioni.
4-duodecies. Al fine di assicurare un efficiente e stabile assetto funzionale ed organizzativo della Consob, i dipendenti, assunti con contratto a tempo determinato, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto siano in servizio, il cui contratto sia stato rinnovato ai sensi della normativa generale adottata dalla Commissione, possono essere inquadrati in ruolo, in qualifica corrispondente a quella presa a riferimento nel contratto, mediante apposito esame-colloquio, tenuto da una Commissione presieduta dal Presidente o da un Commissario della Consob e composta da due docenti universitari o esperti nelle materie di competenza istituzionale della Consob. L'esame-colloquio è svolto nei sei mesi precedenti la scadenza dei contratti dei dipendenti interessati.
4-terdecies. Gli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dei commi 4-undecies e 4-duodecies sono coperti secondo i criteri e le procedure e con le risorse previste dall'art. 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
I commi 4-undecies e 4-duodecies dell’articolo 2, introdotti nel corso dell’esame presso il Senato, autorizzano la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) ad assumere, entro diciotto mesi, non più di quindici persone mediante nomina per chiamata diretta e con contratto a tempo determinato, e ad inquadrare in ruolo, previo esame-colloquio, i dipendenti attualmente in servizio con contratto a tempo determinato rinnovato. Il comma 4-terdecies stabilisce le modalità di copertura finanziaria dei conseguenti oneri.
In particolare, il comma 4-undecies, al primo periodo, autorizza la CONSOB, ove ricorrano ragioni di urgenza derivanti da indifferibili esigenze di servizio, ad assumere, mediante nomina per chiamata diretta, non più di quindici persone che, per i titoli professionali o di servizio posseduti, risultino idonee all'immediato svolgimento dei compiti di istituto.
L’assunzione potrà avvenire entro diciotto mesi decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge,
Il predetto personale potrà essere assunto esclusivamente con contratto a tempo determinato.
L'articolo 2, primo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, ha istituito un apposito ruolo del personale dipendente della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).
Il settimo comma prescrive che l'assunzione del personale avvenga per pubblici concorsi per titoli ed esami, indetti dalla stessa Commissione, con richiesta di rigorosi requisiti di competenza ed esperienza nei settori di attività istituzionali della Commissione.
L’ottavo comma consente per altro alla Commissione, per l'esercizio delle proprie attribuzioni, di assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato. Le relative deliberazioni sono adottate dalla Commissione con non meno di quattro voti favorevoli.
A norma del nono comma, la Commissione può inoltre avvalersi, quando necessario, di esperti da consultare su specifici temi e problemi e da remunerare secondo le tariffe professionali.
Il secondo comma, come modificato, da ultimo, dall'articolo 9-quater del D.L. 30 dicembre 1991, n. 417, aveva stabilito in 350 unità numero dei posti previsti dalla pianta organica, ai quali potevano aggiungersi fino a 125 unità di personale assunto a tempo determinato.
L’articolo 2, comma 186, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha ridotto tale dotazione da 475 a 450 unità, rimettendo la ripartizione di questo numero complessivo tra l'aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato a regolamento adottato dalla Commissione con non meno di quattro voti favorevoli e reso esecutivo con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L’articolo 9, comma 8, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti derivanti dal recepimento delle disposizioni europee in materia di abusi di mercato, il numero complessivo dei posti della pianta organica è aumentato da 450 a 600 unità, confermando le suddette modalità di ripartizione dei posti tra l'aliquota del personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo determinato. Gli oneri derivanti sono coperti secondo i criteri, le procedure e con le risorse previsti dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (per il cui contenuto si veda, sotto, l’illustrazione del comma 4-terdecies).
La disposizione del presente comma, che aumenta di quindici unità, limitatamente all’aliquota del personale a tempo determinato, la dotazione risultante dalle disposizioni testé illustrate, è implicitamente motivata dalle richiamate ragioni di urgenza derivanti da indifferibili esigenze di servizio, per sopperire alle quali non si è ritenuta idonea la procedura del pubblico concorso prescritta dal citato articolo 9, comma 8, della legge n. 62 del 2005.
Il secondo periodo stabilisce che la ripartizione del personale sia effettuata con deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranza prevista dal nono comma dell'articolo 1 del decreto legge n. 95 del 1974.
Il nono comma dell'articolo 1 del decreto legge n. 95 del 1974 prescrive che i regolamenti concernenti l’organizzazione e il funzionamento della CONSOB, il trattamento giuridico ed economico del personale e l'ordinamento delle carriere, nonché la gestione delle spese siano deliberati dalla commissione con non meno di quattro voti favorevoli. La stessa maggioranza è prescritta dall’ottavo comma dell’articolo 2 per le deliberazioni concernenti l’assunzione diretta di dipendenti con contratto a tempo determinato.
Il comma 4-duodecies consente di inquadrare nei ruoli della Commissione medesima i dipendenti per i quali concorrano le seguenti condizioni:
a) siano stati assunti con contratto a tempo determinato;
b) abbiano ottenuto il rinnovo del contratto ai sensi della normativa generale adottata dalla Commissione;
c) siano in servizio alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
L’inquadramento ha luogo con qualifica corrispondente a quella presa a riferimento nel contratto.
È richiesto a tal fine lo svolgimento di apposito esame-colloquio, tenuto da una Commissione presieduta dal Presidente o da un commissario della CONSOB e composta da due docenti universitari o esperti nelle materie di competenza istituzionale dell’autorità medesima. L'esame-colloquio deve aver luogo nei sei mesi precedenti la scadenza dei contratti dei dipendenti interessati.
La disposizione è espressamente motivata in ragione della finalità di assicurare alla CONSOB un efficiente e stabile assetto funzionale e organizzativo. Può ritenersi che concorra anche l’esigenza di assicurare la conservazione delle capacità professionali acquisite o sviluppate durante il servizio svolto con rapporto a tempo determinato.
Il comma 4-terdecies dispone circa la copertura degli oneri finanziari derivanti dall'applicazione dei precedenti commi.
Gli oneri dovranno essere coperti mediante le contribuzioni a carico dei soggetti sottoposti a vigilanza, secondo i criteri e le procedure e con le risorse previste dall'articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
L’articolo 40, comma 3, della legge n. 724 del 1994 attribuisce alla CONSOB il compito di determinare annualmente, entro il limite del fabbisogno finanziario previsto per l’esercizio successivo, l'ammontare delle contribuzioni dovute dai soggetti sottoposti alla sua vigilanza, secondo criteri di parametrazione che tengono conto dei costi derivanti dal complesso delle attività svolte relativamente a ciascuna categoria di soggetti.
A norma del comma 4, le predette determinazioni sono rese esecutive con le procedure indicate dall'articolo 1, nono comma, del decreto-legge n. 95 del 1974, ossia mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che vi provvede entro venti giorni dal ricevimento, salvo che non ritenga di formulare osservazioni a seguito della verifica di legittimità da eseguirsi sentito il Ministro del tesoro (ora Ministro dell’economia e delle finanze).
Il comma 5 prescrive il versamento diretto delle predette contribuzioni alla CONSOB. A norma del comma 6, ove sia necessaria la riscossione coattiva, vi si procede tramite ruolo.
La medesima forma di copertura finanziaria è stata adottata dall’articolo 9, comma 8, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004) per la copertura degli oneri derivanti dall’incremento della pianta organica in esso disposto.
Articolo
2-bis
(Misure relative all’attuazione della
programmazione cofinanziata dall’Unione europea per il periodo 2005-2006)
1. Al fine di assicurare l’integrale utilizzo delle risorse comunitarie relative al Programma operativo nazionale "Azioni di Sistema" 2000-2006 a titolarità del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a supporto dei programmi operativi delle regioni dell’obiettivo 3, il fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, è autorizzato ad anticipare, nei limiti delle risorse disponibili, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale per le politiche per l’orientamento e la formazione, le quote dei contributi comunitari e statali previste per il periodo 2005-2006.
2. Per il reintegro delle somme anticipate dal fondo ai sensi del comma 1, si provvede, per la parte comunitaria, con imputazione agli accrediti disposti dall’Unione europea a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute e, per la parte statale, con imputazione agli stanziamenti autorizzati in favore dei medesimi programmi nell’ambito delle procedure previste dalla citata legge n. 183 del 1987».
L’articolo in esame autorizza il Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie[39] ad anticipare, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le quote dei contributi comunitari e statali previste per gli anni 2005 e 2006 per il Programma Operativo Nazionale “Azioni di sistema”, a supporto dei programmi operativi delle regioni dell’obiettivo 3 dei Fondi strutturali 2000-2006.
La disposizione è volta a favorire l’integrale utilizzo delle risorse assegnate al programma, rimuovendo le difficoltà derivanti dall’applicazione delle procedure di pagamento dettate dai regolamenti comunitari che, sostanzialmente, oltre la quota del 7% di acconto, ammettono l’erogazione delle somme programmate soltanto ad avanzamento dei programmi, quale rimborso delle spese sostenute per i vari interventi attuativi.
Norme di contenuto analogo sono state dettate con riferimento ad ulteriori Programmi operativi nazionali, attuativi dell’Obiettivo 1 (PON “La scuola per lo sviluppo”, PON “Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno d’Italia”); da ultimo, si ricorda il D.L. n. 266/2004 che, all’articolo 17, recava misure relative all’anticipazione delle risorse per l’attuazione del PON assistenza tecnica 2000-2006 e del Programma Nazionale Leader+ “creazione di una rete nazionale per lo sviluppo rurale” 2002-2006. In particolare, nella relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 266/2004 si evidenziava come tale anticipazione fosse dettata dalla “necessità di fronteggiare eventuali temporanee crisi di liquidità nella disponibilità di fondi per effettuare pagamenti sul Programma comunitario di assistenza tecnica obiettivo 1, 2000/2006, al fine di evitare così ritardi di pagamento a terzi, con effetti onerosi a carico del bilancio, ma anche di non ritardare la rendicontazione a Bruxelles della spesa sostenuta per evitare il disimpegno di risorse alla fine di ogni anno”.
Si ricorda, infatti che il finanziamento dei programmi, da parte della Commissione europea, ha luogo sulla base di un sistema di impegni di bilancio e di pagamenti, disciplinati dagli articoli 31 e 32 del Reg. (CE) n. 1260/1999.
Gli impegni (per gli interventi di durata superiore ai due anni) vengono assunti annualmente, il primo quando la Commissione approva l’intervento, gli altri non oltre il 30 aprile di ogni anno.
All'atto del primo impegno, la Commissione versa all'autorità di pagamento un acconto pari al 7% della partecipazione complessiva dei Fondi all'intervento in questione. L’anticipo ha lo scopo di permettere l’avvio concreto dei programmi.
In seguito, la Commissione effettua i pagamenti intermedi per stati di avanzamento di ciascun programma, rimborsando le spese effettive certificate dallo Stato membro. I pagamenti intermedi e i pagamenti del saldo si riferiscono, dunque, alle spese effettivamente sostenute, che devono corrispondere a pagamenti effettuati dai beneficiari finali e giustificati da fatture quietanzate o da documenti contabili di valore probatorio equivalente.
E’ previsto il disimpegno automatico da parte della Commissione delle quote di impegni per le quali non sia stata presentata alla Commissione una domanda di pagamento intermedio, secondo le suddette modalità, alla scadenza del secondo anno successivo a quello dell'impegno stesso. La partecipazione dei Fondi all'intervento in questione viene ridotta in misura corrispondente (articolo 31, comma 2, del Reg. (CE) n. 1260/1999).
Procedure analoghe a quelle previste dalla disciplina comunitaria sono state stabilite per l’erogazione delle quote di cofinanziamento nazionale da parte del Fondo di rotazione delle politiche comunitarie, disciplinate dall’articolo 9 del D.P.R. n. 568/1988, come, da ultimo, modificato dal D.M. Tesoro 21 ottobre 2000, con il quale si è provveduto ad adeguare le procedure di pagamento nazionali alle modalità previste dall'art. 32 del Regolamento n. 1260/1999 per i pagamenti della programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali: versamento di un acconto pari al 7% della quota nazionale; pagamenti intermedi a rimborso delle spese effettivamente sostenute dai beneficiari finali e certificate dall'autorità di pagamento; erogazione del saldo, sulla base di una dichiarazione certificata delle spese effettivamente pagate.
In deroga alle suddette procedure di pagamento, al fine di assicurare l’integrale utilizzo delle risorse comunitarie relative al Programma operativo nazionale "Azioni di Sistema" 2000-2006, a supporto dei programmi operativi delle regioni dell’obiettivo 3, il comma 1 autorizza il Fondo di rotazione ad anticipare, nei limiti delle risorse disponibili, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale per le politiche per l’orientamento e la formazione, responsabile dell’attuazione del programma, le quote dei contributi comunitari e statali programmati per il periodo 2005-2006.
Per quanto riguarda il reintegro delle somme così anticipate dal Fondo, il comma 2 stabilisce che si provveda, per la parte comunitaria, con imputazione agli accrediti disposti dall'Unione europea a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute nell’ambito dei programmi e, per la parte statale, con imputazione agli stanziamenti autorizzati in favore dei medesimi programmi nell'ambito delle procedure di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183 (“Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea e adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari”).
Il PON “Azioni di sistema”, approvato con Decisione della Commissione C(2000) 2079 del 21 settembre 2000, concorre, assieme ai Programmi Operativi Regionali, al raggiungimento degli obiettivi globali del Quadro Comunitario di Sostegno dell’Obiettivo 3[40]. Il PON “Azioni si sistema”, nella versione aggiornata a seguito della revisione di metà periodo, è stato approvato con Decisione della Commissione C(2004)2913 del 20 luglio 2004.
Il Programma Operativo Nazionale “Azioni di sistema” risponde ad una finalità generale, che è quella di sostenere, con una serie di interventi gestiti a livello nazionale, i principali processi di riforma e di innovazione nel campo delle politiche del lavoro e della formazione, garantendo ad esse una diffusione omogenea sul territorio nazionale, l'interconnessione delle diverse azioni e il necessario monitoraggio. Il ruolo del programma è, in particolare, quello di contribuire ad inserire i sistemi regionali in un quadro nazionale coerente con quanto richiesto dalla più generale strategia europea per l’occupazione.
Le azioni individuate nel PON costituiscono l’attuazione, nel Centro Nord, delle linee strategiche di riforma e rafforzamento dei sistemi formativi e dell’impiego concordate politicamente nell’ambito del Patto sociale per lo sviluppo e l’occupazione.
Il complemento di programmazione del Programma Operativo Nazionale Obiettivo 3 “Azioni di sistema”, di attuazione della strategia e delle misure individuate nel Programma Operativo, è stato approvato dal Comitato di Sorveglianza del PON il 19 dicembre 2000 e successivamente modificato dal Comitato di Sorveglianza del 30 gennaio 2002 e del 22 luglio 2002.
Il PON “Azioni di sistema” è articolato in 6 assi, il cui quadro finanziario per gli anni 2005 e 2006 risulta così articolato (dati in euro):
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Asse/anno 2005 |
Quota nazionale |
Quota comunitaria |
Totale |
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A - Sviluppo e promozione di integrate politiche attive del mercato del lavoro |
6.677.066 |
5.463.059 |
12.140.125 |
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B – Promozione di pari opportunità nell’accesso del mercato del lavoro |
1.001.560 |
819.458 |
1.821.018 |
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C – Promozione e miglioramento della formazione professione |
15.889.996 |
13.000.906 |
28.890.902 |
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D – Promozione di una forza lavoro competente |
8.242.458 |
6.743.829 |
14.986.287 |
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E – Accesso e partecipazione delle donne al mercato del lavoro |
1.335.715 |
1.092.858 |
2.428.573 |
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F – Accompagnamento del QCS e dei programmi operativi |
1.792.463 |
1.466.561 |
3.259.024 |
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TOTALE |
34.939.258 |
28.586.671 |
63.525.929 |
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Asse/anno 2006 |
Quota nazionale |
Quota comunitaria |
Totale |
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A - Sviluppo e promozione di integrate politiche attive del mercato del lavoro |
5.572.313 |
6.810.612 |
12.382.925 |
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B – Promozione di pari opportunità nell’accesso del mercato del lavoro |
835.848 |
1.021.592 |
12.382.925 |
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C – Promozione e miglioramento della formazione professione |
13.260.932 |
16.207.806 |
24.765.850 |
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D – Promozione di una forza lavoro competente |
6.878.711 |
8.407.313 |
15.286.024 |
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E – Accesso e partecipazione delle donne al mercato del lavoro |
1.114.715 |
1.362.430 |
2.477.145 |
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F – Accompagnamento del QCS e dei programmi operativi |
1.495.892 |
1.828.312 |
3.324.204 |
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TOTALE |
29.158.411 |
35.638.065 |
64.796.476 |
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013[41]. Si tratta di:
§ una proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004)392, procedura di parere conforme);
§ una proposta di regolamento sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER) (COM(2004)495, procedura di codecisione);
§ una proposta di regolamento sul Fondo sociale europeo (FSE) (COM(2004)493, procedura di codecisione);
§ una proposta di regolamento sul Fondo di coesione (COM(2004)494, procedura di consultazione);
§ una proposta di regolamento che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT) (COM(2004)496, procedura di codecisione).
Le proposte prospettano la concentrazione degli interventi strutturali su un numero limitato di priorità (rispetto al periodo di programmazione attuale) in relazione soprattutto con gli impegni di Lisbona (in materia di competitività) e di Göteborg (in materia di sviluppo sostenibile).
Per tale ragione la Commissione propone di organizzare le risorse attorno ai seguenti tre nuovi obiettivi:
§ obiettivo “Convergenza”. Tale obiettivo riguarderà in primo luogo gli Stati membri e le regioni meno sviluppate in cui il PIL per abitante , calcolato in base ai dati dell’ultimo triennio, è inferiore al 75% delle media comunitaria (per l’Italia, a tale titolo, rientrerebbero nell’obiettivo, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia); in secondo luogo e in via transitoria l’obiettivo riguarderà le regioni il cui PIL sarebbe stato inferiore al 75% delle media comunitaria calcolata su 15 Stati membri e non lo è invece nel calcolo su 25 Stati membri (effetto “statistico”): per l’Italia rientrerebbe la Basilicata.
§ obiettivo “Competitività e occupazione regionale”. Tale obiettivo è volto a rafforzare la competitività in tutte le regioni non ricompresse nell’obiettivo “Convergenza” e nelle regioni che nel 2006 rientrano nell’attuale obiettivo 1 in via transitoria (per l’Italia la Sardegna).
§ obiettivo “Cooperazione territoriale”.
In particolare la proposta di nuovo regolamento generale[42] conferma e sviluppa i principi generali di intervento e gestione dei fondi strutturali previsti dalla precedente programmazione 2000-2006: secondo il principio dell’addizionalità (art. 13) viene sottolineato che i contributi dei fondi devono aggiungersi agli aiuti nazionali e non sostituirli.
Più precisamente, per l’obiettivo “Convergenza” il finanziamento statale, concordato tra Stato membro e Commissione nell’ambito del “quadro di riferimento strategico nazionale[43]”, deve mantenersi almeno allo stesso livello raggiunto durante il periodo di programmazione precedente. Il livello delle spese è determinato in funzione delle condizioni macroeconomiche generali e tenendo conto di situazioni specifiche come le privatizzazioni o un livello eccezionale di spese strutturali pubbliche da parte dello Stato membro.
Per l’obiettivo “Convergenza”, la Commissione si riserva il controllo dell’addizionalità (lasciando agli Stati membri la responsabilità di garantire l’applicazione del principio di addizionalità nell’ambito dei programmi relativi agli altri due obiettivi): di concerto con ciascun Stato membro, la Commissione procederà ad una verifica intermedia dell’addizionalità nel corso del 2011 e ad una verifica ex-post entro il 30 giugno 2016, a seguito della quale provvederà, in caso di mancato rispetto dell’addizionalità concordata, ad una rettifica finanziaria.
Le proposte verranno esaminate dal Parlamento europeo in prima lettura nella sessione del 5 luglio 2005. Il Consiglio non ha ancora iniziato l’esame.
Alcuni profili di carattere finanziario relativi alla riforma della politica di coesione sono per altro in corso di esame nell’ambito dei negoziati sulle prospettive finanziarie 2007-2013[44].
La Commissione auspica l’approvazione definitiva delle proposte entro la fine del 2005, al fine di consentire agli Stati membri e alle regioni di avere tempo sufficiente per la preparazione dei nuovi programmi e per la loro messa in opera entro l’inizio del 2007.
1. L’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente:
«Art. 19. (Dichiarazione di inizio attività) 1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.
2. L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente.
3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato.
4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti.
5. Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.».
Il comma 1 dell’articolo 3, novellando l’articolo 19 della legge 241/1990 (“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”), pone una nuova disciplina dell’istituto della denuncia di inizio attività (cosiddetta DIA, ora “Dichiarazione di inizio attività”).
La denuncia di inizio attività, introdotta nell’ordinamento dalla legge 241/90, nella sua originaria configurazione era un istituto volto a semplificare il complesso regime delle autorizzazioni (intese in senso lato) concernenti l’esercizio di attività economiche private, attraverso la sostituzione degli atti amministrativi lato sensu ampliativi – nei soli settori tassativamente indicati a livello regolamentare - con dichiarazioni sostitutive da parte dei privati interessati.
Nella prima formulazione dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, l’istituto della denuncia di inizio attività si presentava con i seguenti caratteri:
§ esso poteva surrogare il provvedimento amministrativo di autorizzazione nei soli casi di attività amministrativa vincolata (nei quali cioè la p.a. è chiamata solo a verificare la sussistenza dei presupposti di legge, senza bisogno di procedere discrezionalmente ad una ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti);
§ esso non poteva trovare applicazione nei casi in cui il rilascio della autorizzazione richiedesse l’esperimento di prove;
§ esso non poteva avere applicazione nel caso in cui fosse previsto un limite o un contingente complessivo per il rilascio dell’atto ampliativo;
§ esso non poteva trovare applicazione ove lo svolgimento dell’attività fosse potenzialmente pregiudizievole alla tutela dei valori storico-artistici, ambientali, nonché alla tutela dei lavoratori sul luogo di lavoro.
L’istituto è stato modificato dalla legge n. 537 del 1993[45] che, novellando l’art. 19 della legge 241/90, ha sostanzialmente trasformato la DIA da istituto eccezionale (in quanto ammesso nei casi tassativamente enucleati a livello regolamentare) a istituto generale (ammesso in tutti i casi in cui il provvedimento ampliativo è configurabile come atto vincolato, con le sole eccezioni stabilite a livello regolamentare)[46].
Il testo dell’art. 19, come risultante dalla modifica suddetta, delineava una DIA dai seguenti tratti caratterizzanti:
§ essa poteva surrogare tutti i provvedimenti ampliativi a carattere vincolato, con deroghe solo in ambito di tutela storico-artistica e ambientale (non più di tutela dei lavoratori) o puntualmente previste a livello regolamentare;
§ essa non poteva trovare applicazione nei casi in cui il rilascio della autorizzazione richiedesse l’esperimento di prove comportanti valutazioni tecnico-discrezionali;
§ essa non poteva avere applicazione nel caso in cui fosse previsto un limite o un contingente complessivo per il rilascio dell’atto ampliativo.
A seguito della presentazione della dichiarazione del privato interessato (attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, ed eventualmente accompagnata dall'autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste) la p.a. competente aveva, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, il potere-dovere di verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò fosse possibile, l'interessato provvedesse a conformare alla normativa vigente l’attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa.
La modifica dell’articolo 19, recata dal decreto-legge in esame[47], è tesa – come si legge nella relazione illustrativa - ad “ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli”.
La nuova DIA (ora l’acronimo sta per “Dichiarazione di inizio di attività”) potrà surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali la nuova formulazione ricomprende espressamente le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.
Si segnala che:
§ l’inclusione delle “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale non appare corretto, considerato che l’atto amministrativo surrogato dalla DIA dovrebbe essere il provvedimento conseguente alle suddette domande.
§ nella enumerazione di atti amministrativi ampliativi surrogabili dalla DIA non compare - a differenza di quanto previsto dal testo previgente – né il riferimento alla “abilitazione”, né una clausola di chiusura (il testo previgente chiudeva la enumerazione dei provvedimenti surrogabili con la locuzione “o altro atto di consenso comunque denominato”).
Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono:
§ la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);
§ l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto
Viene pertanto meno il riferimento – contenuto nel testo previdente - alla causa ostativa al ricorso alla DIA, rappresentata dall’ipotesi che l’atto surrogato debba essere preceduto da “prove” dirette a verificare la sussistenza dei presupposti di legge per il rilascio.
Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività – in quanto” atti rilasciati dalle amministrazioni preposte ad interessi particolarmente sensibili”, come precisa la relazione illustrativa - i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte:
§ alla difesa nazionale;
§ alla pubblica sicurezza;
§ all’immigrazione;
§ all’amministrazione della giustizia;
§ alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco);
§ alla tutela della salute e della pubblica incolumità;
§ alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente.
Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria.
Sul piano procedurale , la modifica in esame prevede:
§ la presentazione della DIA da parte del privato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste;
§ il divieto alla pubblica amministrazione competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità le quali siano attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni;
§ l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA;
§ il potere della pubblica amministrazione - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti. Tali provvedimenti non possono però essere adottati se l’interessato – entro un termine non inferiore a trenta giorni fissato dalla stessa amministrazione - provvede a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti, nei casi in cui ciò sia possibile.
Si osserva che il testo previgente stabiliva il termine entro il quale la p.a. poteva adottare i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività in maniera apparentemente perentoria [48](“entro e non oltre”), mentre quello in esame adotta una locuzione che può essere anche intesa come ordinatoria (“nel termine di”).
Inoltre, nei casi in cui sia possibile conformare l’attività alla normativa vigente, sembra che la pubblica amministrazione. sia tenuta ad assegnare un termine ad hoc – non inferiore a trenta giorni – all’interessato: in questo caso il termine finale per l’adozione dei provvedimenti di blocco della attività da parte della pubblica amministrazione potrebbe spirare prima di quello a disposizione del privato.
§ la sospensione (sospensione che deve essere comunicata all’interessato) del termine per l’adozione, da parte della pubblica amministrazione competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. Trascorsi i trenta giorni la pubblica amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere.
Il testo precisa inoltre che restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti[49].
Il nuovo testo contiene poi una norma di salvaguardia, in base alla quale è fatto “comunque” salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare:
§ la revoca del provvedimento;
§ l’annullamento d’ufficio del provvedimento[50].
La revoca del provvedimento ad efficacia durevole da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge può essere disposta per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario,. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo.
L’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo illegittimo è disposto sussistendone le ragioni di interesse pubblico (ulteriori al mero ripristino della legalità, secondo la giurisprudenza), entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
Potrebbe ritenersi che il termine “comunque” indichi la possibilità dell’amministrazione di disporre di strumenti di intervento ulteriori e diversi da quelli inibitori esercitabili nel termine di trenta giorni dalla comunicazione di inizio dell’attività; tali strumenti ulteriori sembrerebbero infatti utilizzabili anche dopo lo spirare del suddetto termine, e potrebbero essere volti ad impedire che si cristallizzino definitivamente situazioni di illegittimità.
Si osserva che la norma di salvaguardia sopra illustrata, parlando di “autotutela” e, in particolare, richiamando gli istituti della revoca e dell’annullamento, sembrerebbe presupporre la concezione della DIA come provvedimento amministrativo implicito. Ciò in quanto sia la revoca che l’annullamento, quali tipici provvedimenti di secondo grado, vanno ad incidere su un preesistente provvedimento amministrativo (quello di primo grado), che nel caso in esame sembrerebbe essere la stessa DIA (intesa come fattispecie a formazione progressiva che sfocia in una sorta di autorizzazione tacita)[51].
L’ultimo comma dell’articolo 19, come modificato dal decreto in esame, riconosce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di controversie relative alla DIA, stante la “commistione di diritti soggettivi e interessi legittimi”, come precisato nella relazione illustrativa.
Sul punto, il testo previdente non prevedeva alcunché, dando così spazio ad orientamenti dottrinari diversi:
§ un orientamento minoritario, facendo leva sul carattere vincolato degli atti surrogabili dalla DIA e sulla correlativa posizione di diritto soggettivo dell’interessato, ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice ordinario;
§ un orientamento prevalente ha invece ritenuto che la DIA costituisca una fattispecie complessa nella quale convivono profili di diritto soggettivo e di interesse legittimo; in particolare, a fronte di un diritto perfetto all’esercizio dell’attività, vi sarebbe un interesse legittimo al corretto uso dei poteri inibitori/repressivi spettanti alla pubblica amministrazione (e ciò radicherebbe la giurisdizione del g.a.).
2. La prima registrazione dei veicoli nel pubblico registro automobilistico (P.R.A.) può anche essere effettuata per istanza dell' acquirente, attraverso lo Sportello telematico dell’automobilista (STA) di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, con le modalità di cui all’articolo 38, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
3. Alla rubrica dell’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n 358, sono soppresse le seguenti parole: «e dichiarazione sostitutiva»; i commi 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies del medesimo articolo 8, nonché l’allegato 1 del citato regolamento, sono abrogati.
4. In tutti i casi nei quali per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l’alienazione di beni mobili registrati e rimorchi di valore non superiore a 25.000 euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi è necessaria l’autenticazione della relativa sottoscrizione, essa può essere effettuata gratuitamente anche dai funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e dai titolari degli Sportelli telematici dell’automobilista di cui all’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, nonché dai funzionari dell’Automobile Club d’Italia competenti.
5. Con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero dell’economia e delle finanze, con il Ministero della giustizia e con il Ministero dell’interno, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono disciplinate le concrete modalità applicative dell’attività di cui al comma 4 da parte dei soggetti ivi elencati anche ai fini della progressiva attuazione delle medesime disposizioni.
6. L’eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l’attività di cui al comma 4 è demandata ad un regolamento, adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro della giustizia e con il Ministro dell’interno, con cui sono altresì disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio dell’attività medesima da espletarsi nell’ambito dei rispettivi compiti istituzionali, e senza oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 2 dell'articolo 3 prevede che la prima registrazione dei veicoli nel pubblico registro automobilistico (PRA) possa essere effettuata attraverso lo Sportello Telematico dell'Automobilista (STA) istituito dall'articolo 2 del DPR 358/2000[52]. A seguito dell’approvazione del maxiemendamento al Senato è stato previsto che la prima registrazione possa essere effettuata anche su istanza dell’acquirente; il testo originario del decreto prevedeva che questa potesse essere effettuata su istanza del venditore.
Il DPR 358 citato prevede che lo sportello telematico rilasci, contestualmente alla richiesta, i documenti di circolazione e di proprietà relativi alle operazioni di immatricolazione, reimmatricolazione e passaggio di proprietà. Lo Sportello è attivato mediante un unico collegamento con il centro elaborazione dati del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o con il sistema informativo dell'ACI.
Sempre ai sensi del comma 2 la registrazione deve essere effettuata con le modalità previste dall’articolo 38, comma 3 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con DPR 445/2000.
L'articolo 38 comma 3 del citato Testo unico dispone che le istanze e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà da produrre agli organi dell'amministrazione pubblica o ai gestori o esercenti di pubblici esercizi siano sottoscritte dall'interessato in presenza del dipendente addetto ovvero sottoscritte e presentate unitamente a copia fotostatica non autentica di un documento di identità del sottoscrittore. La copia fotostatica del documento è inserita nel fascicolo. Le istanze e la copia fotostatica del documento di identità possono essere inviate per via telematica.
Il comma 3, per coordinamento con le disposizioni recate dal comma 2, reca l'abrogazione dei commi 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e dell’allegato I dell'articolo 8 e ne novella la rubrica.
L’articolo 8 del DPR 385/2000 - nella previgente formulazione - recava la disciplina della prima registrazione dei veicoli al PRA prevedendo al comma 3-bis che ai fini della prima iscrizione di un autoveicolo nuovo nel pubblico registro automobilistico il venditore, previa corresponsione di tutti gli importi a qualsiasi titolo dovuti, avesse facoltà di presentare ad uno degli sportelli telematici dell'automobilista un'autocertificazione provvisoriamente sostitutiva del titolo in base al quale veniva richiesta l’iscrizione della proprietà, conforme al modello riportato nell'Allegato I del DPR, sottoscritta anche dall'acquirente che non assumeva tuttavia alcuna responsabilità, nella quale si impegnava a produrre, entro dieci giorni dalla data in cui è stata effettuata la prima iscrizione del veicolo, il titolo originale.
Il comma 3-ter prevedeva che in caso di mancata presentazione del titolo nel termine previsto il P.R.A. procedesse d'ufficio a cancellare l'iscrizione del veicolo dandone comunicazione al Dipartimento dei trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. In questo caso le targhe del veicolo, il relativo documento di circolazione e il certificato di proprietà dovevano essere restituiti all'Ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3-bis, che avrebbe provveduto a darne comunicazione all'interessato (comma 3-quater).
In caso di mancata restituzione delle targhe il comma 3-quinquies disponeva che l'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri provvedesse, tramite gli organi di polizia, al ritiro delle targhe, della carta di circolazione e del certificato di proprietà.
Il comma 4 dispone che l’autenticazione della sottoscrizione per gli atti e le dichiarazioni aventi ad oggetto l'alienazione dei beni mobili registrati e rimorchi di valore non superiore a 25 mila euro o la costituzione di diritti di garanzia sui medesimi possa essere effettuata gratuitamente anche dai funzionari del Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti, dai funzionari e titolari degli Sportelli Telematici dell'Automobilista, nonché dai funzionari dell'ACI.
Il comma 5 stabilisce che con decreto di natura non regolamentare adottato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento funzione pubblica, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'economia, il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno, sentita la Conferenza Unificata sono disciplinate le concrete modalità applicative di cui al comma 4.
Si ricorda che l'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, prevede che la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali sia unificata con la Conferenza Stato-Regioni per le materie ed i compiti di interesse comune delle Regioni, delle Province dei Comuni e delle Comunità montane.
Infine il comma 6 stabilisce che l'eventuale estensione ad altre categorie della possibilità di svolgere l'attività di cui al comma 4 potrà essere prevista da un regolamento adottato dal Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della funzione pubblica, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia, il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno. Con tale regolamento saranno disciplinati i requisiti necessari, le modalità di esercizio delle attività da espletarsi nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, senza oneri a carico dello Stato.
Si ricorda infine che con il maxiemendamento sono state apportate alcune modifiche di carattere formale ai commi sopradescritti.
Articolo 3, commi 6-bis–6-decies
(Disposizioni in materia di
semplificazione amministrativa)
6-bis. L’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
“Art. 2. - (Conclusione del procedimento) – 1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.
3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni.
4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l’adozione di un provvedimento l’acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all’acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l’acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2.
5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all’amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l’inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza. È fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti“».
6-ter. L’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
Art. 20. - (Silenzio assenso) – 1. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2.
2. L’amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati.
3. Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza e l’immigrazione, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
5. Si applicano gli articoli 2, comma 4, e 10-bis».
6-quater. I regolamenti e le determinazioni di cui al comma 2 dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-bis del presente articolo, sono adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6-quinquies. Continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, emanate ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, se non modificate o sostituite dalle disposizioni adottate dal Governo o dagli enti pubblici nazionali ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-bis del presente articolo.
6-sexies. Le disposizioni di cui all’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-ter del presente articolo, non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, ferma la facoltà degli interessati di presentare nuove istanze.
6-septies. Le domande presentate entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge si intendono accolte, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se l’amministrazione non comunica all’interessato il provvedimento di diniego nel termine di centottanta giorni, salvo che, ai sensi della normativa vigente, sia previsto un termine più lungo per la conclusione del procedimento. Si applica quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-ter del presente articolo.
6-octies. Il comma 2 dell’articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è sostituito dal seguente:
«2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione precedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione, procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti».
6-nonies. All’articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 2, e aggiunto il seguente:
«2-bis. Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all’attività ai sensi degli articoli 19 e 20.».
6-decies. Al comma 5 dell’articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo».
L’articolo 3, commi 6-bis–6-decies, reca disposizioni finalizzate alla semplificazione amministrativa.
Novellando in più parti la L. 241/1990, i commi in esamemodificano la disciplina concernente la conclusione del procedimento amministrativo, il silenzio-assenso, l’autocertificazione, la disciplina sanzionatoria, la giurisdizione in materia di accesso ai documenti amministrativi.
Le norme generali sull’azione amministrativa sono contenute prevalentemente nella legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
La legge ha il duplice obiettivo di garantire una maggiore trasparenza all’attività della pubblica amministrazione attraverso il coinvolgimento dei soggetti interessati, e, nel contempo, di migliorarne la qualità, rendendola più efficiente ed economica.
Le disposizioni della legge sono applicabili ad ogni amministrazione dello Stato e delle autonomie locali, fatte salve le prerogative delle regioni.
Nel corso del tempo, la legge 241 è stata in più punti modificata e integrata da successivi interventi legislativi. Recentemente ha subito una profonda revisione da parte della legge 11 Febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa, che tuttavia ne ha mantenuto in gran parte l’impianto originario.
Le modifiche apportate sono volte al rafforzamento degli strumenti di tutela del cittadino (obbligo di comunicazione per provvedimenti a lui sfavorevoli, il provvedimento amministrativo contrario a sentenze del giudice è nullo e non produce alcun effetto sul cittadino etc.) e adattano la normativa alle disposizioni intervenute successivamente (codice sulla privacy, diritto comunitario e riforma del titolo V della Costituzione).
La L. 241/1990 (art. 1) sancisce alcuni princìpi fondamentali che regolano l’attività amministrativa, quali:
§ il perseguimento di fini determinati dalla legge;
§ l’individuazione di modalità di esercizio dell’azione amministrativa basate sui criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza;
§ il principio secondo cui la pubblica amministrazione agisce secondo il diritto privato nell’adozione di atti di natura non autoritativa;
§ il divieto da parte della pubblica amministrazione di aggravare il procedimento con formalità e fasi ulteriori, se non in casi straordinari e motivati.
Accanto a questi principi di carattere generale, la L. 241/1990 individua le regole generali che sovrintendono all’attività amministrativa.
Innanzitutto, vengono definite alcune norme relative alle fasi principali del procedimento amministrativo, quali l’individuazione di termini certi per la conclusione dei procedimenti (art. 2), l’obbligo di motivazione del provvedimento (art. 3) e l’utilizzo dell’informatica nell’attività amministrativa (art. 3-bis)
Viene poi disciplinata la figura del responsabile del procedimento fino all’eventuale sua conclusione con l’adozione di un provvedimento conclusivo (artt. 4-6).
A tutela dei diritti degli interessati al procedimento e per la trasparenza dell’azione amministrativa viene garantita la partecipazione al procedimento amministrativo dei soggetti sui quali produce i suoi effetti (artt. 7-13)
Al fine di semplificare l'azione amministrativa sono previsti una serie di strumenti volti ad agevolare lo svolgimento dei procedimenti particolarmente complessi, quale la conferenza di servizi, che riunisce più amministrazioni interessate ad un medesimo procedimento (art. 14). Altre forme di semplificazione riguardano l’autocertificazione (art. 18), la denuncia di inizio attività (art. 19) e il silenzio-assenso (art. 20).
La legge 15/2005 ha inserito nel corpo della legge 241 una serie di disposizioni volte a disciplinare fasi particolari della vicenda amministrativa, quali l’efficacia, l’invalidità, la revoca e il recesso del provvedimento amministrativo (artt. 21-bis-21-nonies).
Infine, la legge 241 disciplina l’accesso ai documenti amministrativi, al fine di assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa (art. 22-27).
I paragrafi successivi sono dedicati ad una descrizione di alcuni degli argomenti sopra indicati, ed in particolare di quelli interessati dalle modifiche proposte dal testo in esame.
Come si è accennato, ai sensi dell’art. 2 della legge 241/1990, in capo alla pubblica amministrazione è posto il preciso dovere di portare a compimento i procedimenti obbligatoriamente iniziati su istanza o d’ufficio, mediante l’adozione di un provvedimento formale; a tal fine deve essere fissato per ogni procedimento un termine di conclusione (qualora questo non sia già previsto per legge o regolamento), che è stabilito senz’altro in trenta giorni in assenza di specifiche determinazioni.
La fissazione del termine conclusivo per ciascun tipo di procedimento è demandata ad ogni singola amministrazione che vi provvede con propria determinazione. Generalmente lo stesso atto che fissa i termini dei procedimenti stabilisce anche il responsabile del procedimento disciplinato dall’art. 4 .
Il termine iniziale è indicato nella legge a decorrere dall’inizio del procedimento (se questo deve essere iniziato d’ufficio) o dal ricevimento della domanda.
Se il provvedimento non viene adottato entro i termini stabiliti sono previste due ipotesi. In alcuni casi specifici il provvedimento si ritiene per adottato (si veda in proposito il paragrafo relativo al silenzio-assenso), salva la possibilità, per ragioni di pubblico interesse, da parte dell’amministrazione competente di annullare l’atto di assenso illegittimamente formato. In tutti gli altri casi, il provvedimento si ritiene negato (silenzio-rifiuto).
Decorso il termine per la conclusione del procedimento amministrativo senza alcuna risposta da parte dell’amministrazione procedente, l’interessato può ricorrere al Tribunale amministrativo regionale, ai sensi dell’articolo 21-bis della legge n. 1034 del 1971, senza bisogno di atto di diffida nei confronti dell’amministrazione inadempiente . Il ricorso è proponibile non oltre un anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento e non preclude la possibilità da parte dell’interessato di presentare istanza di avvio del procedimento (art. 2, comma 4-bis, aggiunto dalla L. 15/2005).
Per quanto riguarda le conseguenze sul piano della responsabilità penale derivanti dalla mancata o ritardata adozione dei provvedimenti amministrativi, si ricorda che l’art. 328 del codice penale, al secondo comma, prevede che il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, é punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa fino a lire due milioni. La richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta scritta.
Tra gli strumenti di semplificazione che l’amministrazione deve utilizzare nello svolgimento della propria attività, la legge 241 individua l’autocertificazione (o meglio la dichiarazione sostitutiva, introdotta nell’ordinamento dalla legge n. 15/1968 , ora confluita nel testo unico della documentazione amministrativa adottato con il D.Lgs. 445/2000 ) e l’acquisizione diretta di documenti da parte della pubblica amministrazione. Entrambe le fattispecie sono disciplinate dall’articolo 18 della legge 241.
In particolare, il comma 2, stabilisce che il responsabile del procedimento provvede d’ufficio all’acquisizione dei documenti necessari per lo svolgimento del procedimento, qualora l’interessato dichiari che fatti, stati e qualità già in possesso della pubblica amministrazione, anche diversa da quella coinvolta direttamente nel procedimento.
Si ricorda che in materia è intervenuto il citato testo unico della documentazione amministrativa, che all’art. 43 stabilisce il divieto delle pubbliche amministrazioni a richiedere atti o certificati indicanti alcuni dati personali espressamente indicati (data e luogo di nascita, residenza ecc.) che siano già in loro possesso. Tali documenti devono essere acquisiti d’ufficio o sostituiti da autocertificazioni. Nel caso dell’acquisizione d’ufficio, l’interessato è tenuto unicamente ad indicare gli elementi indispensabili per il reperimento dei documenti.
La legge introduce nell’azione amministrativa il principio del cosiddetto silenzio-assenso dell’amministrazione, realizzando in tal modo le condizioni per una piena tutela delle posizioni giuridiche dei cittadini in ordine ad attività il cui esercizio sia subordinato ad un regime autorizzatorio.
In particolare, è prevista la possibilità per cui l’esercizio di un’attività privata, subordinato ad un atto della pubblica amministrazione, possa essere intrapreso su semplice denuncia da parte dell’interessato dell’inizio dell’attività stessa: spetterà all’amministrazione verificare d’ufficio l’esistenza dei presupposti richiesti e disporre, se del caso, il divieto di prosecuzione e la rimozione degli effetti prodotti (art. 19).
Tale procedura é, per altro, esclusa per alcuni tipi di attività, quali ad esempio le concessioni edilizie, e comunque nelle ipotesi in cui il rilascio dell’atto dipenda dal superamento di prove specifiche che comportano valutazioni tecniche discrezionali o per le attività per le quali è fissato un limite alle autorizzazioni.
Con regolamento governativo sono determinati, inoltre, i casi in cui la domanda da parte dei privati di rilascio di autorizzazioni licenze, nulla osta o altri atti di consenso necessari per lo svolgimento di una loro attività si considera accolta qualora non venga comunicato agli interessati, entro i termini stabiliti in relazione ai vari tipi di atto, il provvedimento di diniego; resta salva la possibilità per l’amministrazione di annullare l’atto di assenso illegittimamente formato (art. 20).
In attuazione delle disposizioni sopra richiamate è stato emanato il D.P.R. n. 300 del 1992 che individua puntualmente:
§ le attività sottoposte al regime di denuncia di inizio attività che possono essere iniziate subito dopo la denuncia;
§ le attività che possono essere iniziate decorso un certo termine dalla denuncia;
§ le attività sottoposte al regime di silenzio-assenso.
Nel caso della dichiarazione di inizio attività o di domanda ai sensi dell’art. 20, se si verificano dichiarazioni mendaci, è prevista per il dichiarante la sanzione di cui all’articolo 483 del codice penale, che punisce il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico con la reclusione fino a due anni. Chi invece pur senza dichiarazioni mendaci, inizia l’attività utilizzando le procedure di cui sopra (dichiarazione di inizio attività o domanda ai sensi dell’art. 20) in mancanza dei requisiti richiesti, sono puntiti con le medesime sanzioni che si applicano all’inizio di attività in mancanza di autorizzazione (art. 21).
La L. 241/1990 (artt. 22-24) riconosce a chiunque vi abbia interesse, per la tutela di situazioni giuridicamente tutelate, il diritto di accesso ai documenti amministrativi sulla base di modalità che vengono in parte contestualmente definite, in parte rinviate ad una successiva disciplina regolamentare (vedi oltre).
Il diritto di accesso costituisce un principio generale dell’attività amministrativa ed è volto ad assicurarne la trasparenza e a favorirne lo svolgimento imparziale. Inoltre, attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 117, 2° comma, lett. m), Cost.
Il diritto di accesso può essere fatto valere nei confronti di tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le aziende, gli enti pubblici, i gestori di pubblici servizi e le autorità di garanzia e di vigilanza e si esercita anche durante il corso del procedimento. Il diritto di accesso può essere fatto valere anche nei confronti dei privati nell’ambito delle loro attività di pubblico interesse.
Sono esclusi dal diritto di accesso:
§ i documenti coperti da segreto di Stato;
§ i documenti relativi ai procedimenti tributari;
§ i documenti preparatori alla emanazione di atti normativi, atti amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione;
§ i documenti contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relative a terzi utilizzati nei concorsi pubblici.
Inoltre, la legge autorizza il Governo a individuare altri casi di esclusione dal diritto di accesso, in funzione di particolari esigenze di interesse pubblico da salvaguardare, quali la sicurezza nazionale, la politica monetaria e valutaria, l’ordine pubblico, la riservatezza di terzi .
Anche le singole amministrazioni sono tenute ad individuare con regolamento le categorie di documenti da esse formati sottratte all’accesso, sempre per i motivi di interesse pubblico sopra accennati.
È altresì possibile differire l’accesso ai documenti richiesti (art. 24, comma 4, L 241/1990).
II diritto di accesso è esercitato dai cittadini mediante la possibilità di esaminare ed estrarre copia dei documenti amministrativi, sulla base di richieste motivate, formulate dagli interessati e rivolte all’amministrazione che ha formato il documento.
Contro l’eventuale rifiuto dell’amministrazione è dato ricorso al TAR, il quale decide in camera di consiglio entro 30 giorni dal deposito del ricorso. In alternativa, è possibile chiedere il riesame del provvedimento di rifiuto al difensore civico competente , per quanto riguarda gli atti delle amministrazioni regionali e locali e alla Commissione per l’accesso (vedi oltre) per gli atti dell’amministrazione statale . Se l’atto è ritenuto illegittimo deve essere emanato un nuovo provvedimento confermativo dall’amministrazione. Qualora anche questo atto non venisse compiuto entro 30 giorni, l’accesso è comunque garantito (art. 25). E’ previsto il parere del Garante per la protezione dei dati personali nel caso l’accesso sia negato per motivi inerenti ai dati personali. Contro le decisioni del tribunale amministrativo regionale è possibile il ricorso al Consiglio di Stato.
Sempre al fine di consentire la trasparenza dell’azione amministrativa, è prevista la pubblicazione, secondo le norme contenute nei singoli ordinamenti, di tutti gli atti che dispongono in tema di organizzazione, di esercizio delle funzioni, di procedimenti amministrativi ovvero sono volti a dettare l’interpretazione di norme giuridiche o ad indicare modalità per la loro applicazione (art. 26).
Al fine di garantire la piena e corretta applicazione delle norme in materia di diritto di accesso, la legge ha istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, un’apposita Commissione, composta anche di parlamentari, cui spetta il compito di vigilare sull’attuazione della legge relativamente all’accesso ai documenti amministrativi e di redigere una relazione annuale sulla trasparenza dell’attività della pubblica amministrazione (art. 27).
L’articolo 3, commi 6-bis – 6-decies, reca disposizioni in materia di semplificazione amministrativa già contenute neldisegno di legge A.C. 5736.
Il comma 6-bis sostituisce l’art. 2 della L. 241/1990 relativo alla conclusione del procedimento amministrativo. Le modifiche principali riguardano:
§ il rinvio ad uno o più regolamenti governativi – adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e da emanarsi , secondo quanto previsto al successivo comma 6-quater, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge – per la fissazione dei termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge;
§ la determinazione – da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, secondo quanto previsto al successivo comma 6-quater – da parte degli enti pubblici nazionali, secondo i propri ordinamenti, dei termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza;
§ la determinazione dei termini considerando “la loro sostenibilità, sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa e della natura degli interessi pubblici tutelati”;
§ il termine di novanta giorni per la conclusione dei procedimenti nei casi in cui non si provveda alla individuazione dei tempi secondo i criteri sopra descritti;
§ la sospensione dei termini previsti dai regolamenti o dalle leggi nel caso di acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, fino all’acquisizione delle valutazioni tecniche per un periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni[53], nonché nel caso di acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si prevede inoltre l’applicazione dell’articolo 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990, secondo cui la conferenza di servizi è sempre indetta quando l'amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell'amministrazione competente, della relativa richiesta: la conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate[54];
§ la competenza del giudice amministrativo a conoscere della fondatezza dell’istanza qualora, avverso il silenzio dell’amministrazione – salvi i casi del silenzio assenso – sia stato proposto ricorso.
Il comma 6-ter modifica le disposizioni di cui all’art. 20 della L. 241/1990 in materia di silenzio-assenso. In particolare:
§ viene generalizzato l’istituto del silenzio-assenso, per cui in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione non risponde con un provvedimento di diniego ad un’istanza di rilascio di provvedimenti amministrativi nei termini fissati dai regolamenti sopra citati o dalle leggi, il silenzio della stessa ha valore di provvedimento amministrativo di accoglimento, salvo il caso dell’articolo 19 relativo alla denuncia di inizio attività;
§ il silenzio-assenso non opera qualora l’amministrazione competente indica, nel termine di trenta giorni, una conferenza di servizi,anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati;
§ nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ove sussistono ragioni di pubblico interesse;
§ il silenzio assenso non opera per gli atti e i procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, a quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, alla salute e alla pubblica incolumità[55], ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti;
§ le nuove disposizioni sul silenzio-assenso non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge, salva la facoltà degli interessati di presentare nuove istanze che diano nuovo avvio al procedimento (comma 6-sexies);
§ per le istanze presentate nei centottanta giorni successivi alla data di entrata in vigore della disposizione, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato il provvedimento di diniego nel termine di centottanta giorni (comma 6-septies).
Con riferimento alle disposizioni di cui al comma 6-ter, capoverso art. 20, comma 4, si osserva che l’individuazione degli atti e dei procedimenti ai quali non si applica il silenzio-assenso rimessa a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri aventi natura non regolamentare, comporta l’integrazione del contenuto di una disposizione legislativa ad opera di un atto amministrativo, oltre a non prevedere un ruolo del Parlamento in ordine all’individuazione suddetta.
Il comma 6-octies modifica il comma 2 dell’art. 18 della L. 241/1990 in materia di autocertificazione. A seguito della modifica, i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni: l’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti.
Il comma 6-noniesaggiunge un comma 2-bis all’articolo 21 in materia di disposizioni sanzionatorie. In particolare, nei casi in cui un’attività è stata avviata a seguito di una denuncia di inizio attività o del silenzio dell’amministrazione equivalente ad accoglimento dell’istanza, non vengono meno i poteri amministrativi di vigilanza, prevenzione e controllo su tale attività.
Il comma 6-decies aggiunge un periodo al comma 5 dell’articolo 25 della legge n. 241 del 1990 che riconosce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle controversie relative all’accesso ai documenti amministrativi.
La tabella che segue pone a raffronto il testo della L. 241/1990 in vigore anteriormente al decreto-legge in esame e le modificazioni introdotte:
§ dall’art. 3, comma 1 (sul quale, v. supra la scheda illustrativa) e
§ dall’art. 3, commi 6-bis – 6-decies (testé illustrati)
del decreto-legge medesimo, nel testo approvato dal Senato.
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Testo previgente |
Modificazioni |
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L. 7 agosto 1990, n. 241 |
L. 7 agosto 1990, n. 241 |
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Art. 2. |
[co. 6-bis] Art. 2. |
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1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d'ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l'adozione di un provvedimento espresso. |
1. Identico |
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2. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine decorre dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte. |
2. Con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sono stabiliti i termini entro i quali i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali devono concludersi, ove non siano direttamente previsti per legge. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza. I termini sono modulati tenendo conto della loro sostenibilità, sotto il profilo dell'organizzazione amministrativa, e della natura degli interessi pubblici tutelati e decorrono dall'inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte[56]. |
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3. Qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano ai sensi del comma 2, il termine è di trenta giorni. |
3. Qualora non si provveda ai sensi del comma 2, il termine è di novanta giorni. |
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4. Le determinazioni adottate ai sensi del comma 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti. |
4. Nei casi in cui leggi o regolamenti prevedono per l'adozione di un provvedimento l'acquisizione di valutazioni tecniche di organi o enti appositi, i termini di cui ai commi 2 e 3 sono sospesi fino all'acquisizione delle valutazioni tecniche. I termini di cui ai commi 2 e 3 possono essere altresì sospesi, per una sola volta, per l'acquisizione di informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. |
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4-bis. Decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente fin tanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai commi 2 o 3. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. |
5. Salvi i casi di silenzio assenso, decorsi i termini di cui ai commi 2 o 3, il ricorso avverso il silenzio dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, può essere proposto anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fintanto che perdura l'inadempimento e comunque non oltre un anno dalla scadenza dei termini di cui ai predetti commi 2 o 3. Il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti. |
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[…] |
[…] |
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Art. 18. |
[co. 6-octies] Art. 18. |
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1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge le amministrazioni interessate adottano le misure organizzative idonee a garantire l'applicazione delle disposizioni in materia di autocertificazione e di presentazione di atti e documenti da parte di cittadini a pubbliche amministrazioni di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modificazioni e integrazioni. Delle misure adottate le amministrazioni danno comunicazione alla Commissione di cui all'articolo 27. |
1. Identico. |
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2. Qualora l'interessato dichiari che fatti, stati e qualità sono attestati in documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento provvede d'ufficio all'acquisizione dei documenti stessi o di copia di essi. |
2. I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria del procedimento, sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti. |
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3. Parimenti sono accertati d'ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare. |
3. Identico. |
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Art. 19. |
[co. 1] Art. 19. |
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1. In tutti i casi in cui l'esercizio di un'attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1985, n. 431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l'atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l'esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall'autocertificazione dell'esperimento di prove a ciò destinate, ove previste. In tali casi, spetta all'amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all'interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa. |
1. Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, con la sola esclusione degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria, è sostituito da una dichiarazione dell’interessato corredata, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste. L’amministrazione competente può richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità soltanto qualora non siano attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non siano direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. |
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2. L’attività oggetto della dichiarazione può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente. Contestualmente all’inizio dell’attività, l’interessato ne dà comunicazione all’amministrazione competente. |
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3. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, il termine per l’adozione dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti sono sospesi, fino all’acquisizione dei pareri, fino a un massimo di trenta giorni, scaduti i quali l’amministrazione può adottare i propri provvedimenti indipendentemente dall’acquisizione del parere. Della sospensione è data comunicazione all’interessato. |
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4. Restano ferme le disposizioni di legge vigenti che prevedono termini diversi da quelli di cui ai commi 2 e 3 per l’inizio dell’attività e per l’adozione da parte dell’amministrazione competente di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti. |
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5. Ogni controversia relativa all’applicazione dei commi 1, 2 e 3 è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
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Art. 20. |
[co. 6-ter] Art. 20. |
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1. Con regolamento adottato ai sensi del comma 2 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono determinati i casi in cui la domanda di rilascio di una autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla osta, permesso od altro atto di consenso comunque denominato, cui sia subordinato lo svolgimento di un'attività privata, si considera accolta qualora non venga comunicato all'interessato il provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti, in relazione alla complessità del rispettivo procedimento, dal medesimo predetto regolamento. In tali casi, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, l'amministrazione competente può annullare l'atto di assenso illegittimamente formato, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a sanare i vizi entro il termine prefissatogli dall'amministrazione stessa. |
1. Fatta salva l'applicazione dell'articolo 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all'articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. |
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2. Ai fini dell'adozione del regolamento di cui al comma 1, il parere delle Commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato deve essere reso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Governo procede comunque all'adozione dell'atto. |
2. L'amministrazione competente può indire, entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza di cui al comma 1, una conferenza di servizi ai sensi del capo IV, anche tenendo conto delle situazioni giuridiche soggettive dei controinteressati. |
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3. Restano ferme le disposizioni attualmente vigenti che stabiliscono regole analoghe o equipollenti a quelle previste dal presente articolo. |
3. Nei casi in cui il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, l'amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. |
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4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano agli atti e procedimenti finalizzati alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell'ambiente, a quelli rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza e all'immigrazione, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell'amministrazione come rigetto dell'istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti. |
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5. Si applicano gli articoli 2, comma 4, e 10-bis[57]. |
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Art. 21. |
[co. 6-nonies] Art. 21. |
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1. Con la denuncia o con la domanda di cui agli articoli 19 e 20 l'interessato deve dichiarare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti. In caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni non è ammessa la conformazione dell'attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli medesimi ed il dichiarante è punito con la sanzione prevista dall'articolo 483 del codice penale, salvo che il fatto costituisca più grave reato. |
1. Identico. |
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2. Le sanzioni attualmente previste in caso di svolgimento dell'attività in carenza dell'atto di assenso dell'amministrazione o in difformità di esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20 in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa vigente. |
2. Identico. |
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2-bis. Restano ferme le attribuzioni di vigilanza, prevenzione e controllo su attività soggette ad atti di assenso da parte di pubbliche amministrazioni previste da leggi vigenti, anche se è stato dato inizio all'attività ai sensi degli articoli 19 e 20. |
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[…] |
[…] |
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Art. 25. |
[co. 6-decies] Art. 25. |
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1. Il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla presente legge. L'esame dei documenti è gratuito. Il rilascio di copia è subordinato soltanto al rimborso del costo di riproduzione, salve le disposizioni vigenti in materia di bollo, nonché i diritti di ricerca e di visura. |
1. Identico. |
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2. La richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente. |
2. Identico. |
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3. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall'articolo 24 e debbono essere motivati. |
3. Identico. |
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4. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. In caso di diniego dell'accesso, espresso o tacito, o di differimento dello stesso ai sensi dell'articolo 24, comma 4, il richiedente può presentare ricorso al tribunale amministrativo regionale ai sensi del comma 5, ovvero chiedere, nello stesso termine e nei confronti degli atti delle amministrazioni comunali, provinciali e regionali, al difensore civico competente per àmbito territoriale, ove costituito, che sia riesaminata la suddetta determinazione. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l'àmbito territoriale immediatamente superiore. Nei confronti degli atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato tale richiesta è inoltrata presso la Commissione per l'accesso di cui all'articolo 27. Il difensore civico o la Commissione per l'accesso si pronunciano entro trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. Scaduto infruttuosamente tale termine, il ricorso si intende respinto. Se il difensore civico o la Commissione per l'accesso ritengono illegittimo il diniego o il differimento, ne informano il richiedente e lo comunicano all'autorità disponente. Se questa non emana il provvedimento confermativo motivato entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico o della Commissione, l'accesso è consentito. Qualora il richiedente l'accesso si sia rivolto al difensore civico o alla Commissione, il termine di cui al comma 5 decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua istanza al difensore civico o alla Commissione stessa. Se l'accesso è negato o differito per motivi inerenti ai dati personali che si riferiscono a soggetti terzi, la Commissione provvede, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta, decorso inutilmente il quale il parere si intende reso. Qualora un procedimento di cui alla sezione III del capo I del titolo I della parte III del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, o di cui agli articoli 154, 157, 158, 159 e 160 del medesimo decreto legislativo n. 196 del 2003, relativo al trattamento pubblico di dati personali da parte di una pubblica amministrazione, interessi l'accesso ai documenti amministrativi, il Garante per la protezione dei dati personali chiede il parere, obbligatorio e non vincolante, della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi. La richiesta di parere sospende il termine per la pronuncia del Garante sino all'acquisizione del parere, e comunque per non oltre quindici giorni. Decorso inutilmente detto termine, il Garante adotta la propria decisione. |
4. Identico. |
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5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. |
5. Contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti dal comma 4 è dato ricorso, nel termine di trenta giorni, al tribunale amministrativo regionale, il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne abbiano fatto richiesta. In pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, il ricorso può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la segreteria della sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati, e viene deciso con ordinanza istruttoria adottata in camera di consiglio. La decisione del tribunale è appellabile, entro trenta giorni dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide con le medesime modalità e negli stessi termini. Le controversie relative all'accesso ai documenti amministrativi sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. |
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5-bis. Nei giudizi in materia di accesso, le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore. L'amministrazione può essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purché in possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante legale dell'ente. |
5-bis. Identico. |
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6. Il giudice amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione dei documenti richiesti. |
6. Identico. |
Articolo 3, comma 6-undecies
(Mandato del presidente delle
Camere di commercio)
6-undecies. All’articolo 16, comma 3, della legge 29 dicembre 1993, n. 580, le parole “una sola volta” sono sostituite dalle seguenti: “due sole volte”.
Il comma 6-undecies, introdotto dal Senato, prevede la possibilità, per i presidenti delle Camere di commercio, di essere rieletti per due volte, anziché per una sola volta, come previsto dalla disciplina vigente.
A tal fine, la disposizione reca una novella all’articolo 16, comma 3, della legge di riordino dell’istituto camerale (legge n. 580/93)
La leggen. 580/93"Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”reca ladisciplina generale sulle camere di commercio di cui fissa le funzioni, la struttura e l'organizzazione.
Legislativamente definite "enti autonomi di diritto pubblico", le camere di commercio hanno sede, generalmente, in ogni capoluogo di provincia e operano essenzialmente in campo amministrativo e promozionale. In campo amministrativo regolamentano l'accesso e lo svolgimento delle attività economiche, mediante la gestione di registri, albi e ruoli; quali, ad esempio, il Registro delle Imprese, in cui sono tenuti a iscriversi tutti gli imprenditori. In campo promozionale svolgono funzioni di supporto e di promozione degli interessi delle imprese, con riferimento particolare al loro sviluppo nell'ambito delle economie locali.
La legge individua nel Consiglio, nella Giunta, nel Presidente e nel Collegio dei revisori dei conti, gli organi delle camere di commercio. La figura del presidente è disciplinata, in particolare, dall’articolo 16 della legge.
Il suddetto articolo 16, al comma 3, così come modificato dall’articolo 11 della legge 140/99 (Norme in materia di attività produttive), fissa la durata in carica del presidente della Camera di commercio in 5 anni (anziché in 4 come previsto in origine dalla stessa legge 580). Lo stesso comma, oggetto delle modifiche introdotte dalla disposizione in esame, stabilisce che il presidente possa essere rieletto una sola volta.
Articolo 3, commi 6-duodecies–6-quaterdecies
(Commissione di supporto al
ministro per la funzione pubblica)
6-duodecies. Per lo svolgimento delle attività di propria competenza, il Ministro per la funzione pubblica si avvale di una Commissione istituita fino al 31 dicembre 2007 presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, presieduta dal Ministro o da un suo delegato e composta dal Capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri, con funzioni di vice presidente, e da un numero massimo di venti componenti scelti fra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità. Se appartenenti ai ruoli delle pubbliche amministrazioni, gli esperti possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, secondo le norme ed i criteri dei rispettivi ordinamenti. La Commissione è assistita da una segreteria tecnica. Il contingente di personale da collocare fuori ruolo ai sensi del presente comma non può superare le dieci unità.
6-terdecies. La nomina dei componenti della Commissione e della segreteria tecnica di cui al comma 6-duodecies è disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la funzione pubblica da lui delegato, che ne disciplina altresì l’organizzazione e il funzionamento. Nei limiti dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 6-quaterdecies, con successivo decreto dello stesso Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabiliti i compensi spettanti ai predetti componenti.
6-quaterdecies. Per l’attuazione dei commi 6-duodecies e 6-terdecies è autorizzata la spesa massima di 750.000 euro per l’anno 2005, di 1.500.000 euro per l’anno 2006 e di 1.500.000 euro per l’anno 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, come determinata dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
I commi da 6-duodecies a 6-quaterdecies dell’articolo 3 riproducono testualmente (con due integrazioni, di cui si dirà) quanto disposto nei commi da 24 a 26 dell’art. 4 del disegno di legge Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, in corso d’esame presso le Commissioni riunite I e V della Camera (A.C. 5736).
I commi 6-duodecies e 6-terdecies istituiscono presso il Dipartimento della funzione pubblica una Commissione presieduta dal ministro per la funzione pubblica o da un suo delegato e composta da:
§ il Capo del DAGL, con funzioni di vice presidente;
§ un numero massimo di 20 componenti scelti fra professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità.
Se appartenenti a pubbliche amministrazioni, gli esperti possono essere collocati in aspettativa o fuori ruolo, in conformità ai rispettivi ordinamenti. Si prevede tuttavia che il contingente di personale da collocare fuori ruolo non superi le dieci unità: quest’ultimo inciso non risulta presente nell’A.C. 5736.
Pur se testualmente riferita ai soli “esperti”, la possibilità di collocamento in aspettativa o fuori ruolo parrebbe dover interessare tutti i componenti la Commissione (a parte il presidente e il vice presidente).
La Commissione dura in carica fino al 31 dicembre 2007. Anche questo limite temporale non è presente nell’A.C. 5736.
Il testo non individua la natura delle funzioni attribuite alla Commissione. Si limita a disporre che il ministro per la funzione pubblica si avvale della Commissione stessa per lo svolgimento delle attività di propria competenza.
Nella relazione illustrativa del disegno di legge governativo A.C. 5736, Il ruolo della Commissione era ricondotto alle attività di riassetto della normazione formanti oggetto dei restanti commi dell’art. 4 dell’A.C. 5736, disposizioni non riprodotte nel disegno di legge in esame. La Commissione era infatti definita “struttura di supporto al ministro”, con funzioni di coordinamento volte a ricondurre ad unità i singoli interventi di semplificazione, riassetto e qualità della regolazione. La composizione di tale struttura – proseguiva la relazione – “è ispirata ad un approccio collaborativo in quanto le politiche della semplificazione richiedono una intensa condivisione di obiettivi fra i diversi soggetti interessati”.
La Commissione è assistita da una segreteria tecnica.
Un decreto del Presidente del Consiglio o del ministro per la funzione pubblica da lui delegato, disciplina l’organizzazione e il funzionamento della Commissione, e provvede alla nomina dei membri e della segreteria tecnica. Un successivo decreto dello stesso ministro, adottato di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze, fisserà i compensi ad essi spettanti.
Il comma 6-quaterdecies reca l’autorizzazione di spesa necessaria per il funzionamento della Commissione, pari a 750.000 euro per il 2005 ed a 1.500.000 euro per ciascuno dei due anni successivi. La copertura è operata attingendo allo stanziamento per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, di cui al D.Lgs. 30 luglio 303/1999, come determinato dalla tabella C della legge finanziaria 2005.
Articolo 3, comma 6-quinquiesdecies
(Monitoraggio spesa farmaceutica)
6-quinquiesdecies. Al comma 8 dell’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo le parole "al Ministero dell’economia e delle finanze" inserire le seguenti: ", entro il giorno 10 del mese successivo a quello di utilizzazione della ricetta medica, anche per il tramite delle associazioni di categoria e di soggetti terzi a tal fine individuati dalle strutture di erogazione dei servizi sanitari"».
La disposizione, inserita dal Senato, interviene sul comma 8 dell'art. 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 e successive modificazioni[58], che dispone l'invio telematico al Ministero dell'economia e delle finanze dei dati rilevati (dalla ricetta medica e dalla Tessera sanitaria) da parte del farmacista o dell'erogatore della prestazione specialistica.
La norma in esame specifica che tale invio deve avvenire entro il giorno 10 del mese successivo a quello di impiego della ricetta medica e che il medesimo adempimento può essere effettuato anche tramite le associazioni di categoria e di altri soggetti appositamente individuati dalle strutture di erogazione dei servizi sanitari.
Si segnala che la norma ripropone in parte un emendamento inserito dal Senato nel corso dell’esame del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7[59], che ha introdotto una nuova disciplina per i casi di mancata corrispondenza del codice fiscale del titolare della tessera sanitaria con quello riportato sulla ricetta medica, salvaguardando transitoriamente l’erogazione della prescrizione. La Camera, nell’approvare la nuova disciplina, ha soppresso l’obbligo di trasmissione dei dati al Ministero dell’economia e delle finanze, entro un termine prestabilito, da parte dell’associazione dei titolari di farmacia [60].
Si ricorda che alla Tessera sanitaria[61] - la quale reca il codice fiscale del titolare, anche in codice a barre nonché in banda magnetica - è connesso un nuovo sistema di rilevazione dei dati relativi all'utilizzo delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale.
Tale sistema è inteso a favorire la razionalizzazione dell'impiego delle risorse finanziarie, a consentire un migliore monitoraggio delle prestazioni e delle spese ad esse correlate, nonché a migliorare la fruizione delle prestazioni stesse da parte degli utenti.
La generazione e la progressiva distribuzione della Tessera sanitaria sono curate dal Ministero dell'economia e delle finanze, a partire dal 1° gennaio 2004, a tutti i soggetti titolari di codice fiscale e ai soggetti che fanno richiesta di attribuzione del medesimo o a cui esso spetta d'ufficio. La generazione e la consegna della tessera sanitaria ai soggetti interessati devono avvenire entro il 31 dicembre 2005 (art. 50 citato, comma 1-bis).
Le caratteristiche tecniche della Tessera sanitaria sono elencate nell'allegato del decr. 11 marzo 2004. Secondo il disposto del decreto, essa deve contenere:
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 82 è abrogato;
La lettera a) del comma 1 dell’articolo 4 dispone l’abrogazione del comma 82 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
Il comma 82 dettava disposizioni volte al contrasto e alla prevenzione dell’utilizzo illecito dei finanziamenti pubblici, destinati ad avviamento, aggiornamento e formazione professionale, utilizzazione di lavoratori, sgravi contributivi per personale addetto all’attività produttiva.
In base a tale normativa, gli enti e le società che fruiscono di finanziamenti a carico di bilanci pubblici o del bilancio dell’Unione Europea nei settori indicati avrebbero dovuto dotarsi entro il 31 ottobre 2005 di specifiche misure organizzative e di funzionamento idonee a prevenire il rischio del compimento di illeciti, secondo quanto stabilito dalle norme sulla responsabilità amministrativa, di cui al D.Lgs 8 giugno 2001, n. 231, “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n. 300”.
Tali specifiche misure dovevano essere predisposte o, in alternativa, verificate e approvate dall’Istituto per lo sviluppo e la formazione professionale dei lavoratori (ISFOL), secondo tariffe predeterminate e pubbliche, determinate sulla base del costo effettivo del servizio.
Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo 2003 reca il nuovo statuto dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL)”
L’ISFOL, sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, opera a supporto delle competenze dello Stato, delle regioni e delle province autonome nelle materie della formazione, delle politiche sociali e del lavoro.
Le somme derivanti dall’applicazione di tali tariffe venivano attribuite all’ISFOL mediante riassegnazione ai sensi del D.P.R. 10 novembre 1999, n. 469[62].
Il comma 82 prevedeva, inoltre, che dell’adozione delle misure organizzative e di funzionamento necessarie a prevenire e contrastare un’illecita utilizzazione dei finanziamenti pubblici o dell’Unione Europea, fosse data notizia al competente Comitato di coordinamento finanziario regionale, in modo tale che potessero essere svolte ispezioni e verifiche nei confronti di soggetti inadempienti.
Dal 2003, nel quadro delle attività volte al monitoraggio ed al controllo della spesa pubblica, il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha costituito un Comitato di Coordinamento Finanziario, articolato su due livelli: uno centrale, comprendente il Ragioniere generale dello Stato, il Comandante generale della Guardia di finanza e il Direttore dell’Agenzia delle entrate, e uno regionale (20 comitati), che riunisce con carattere di periodicità i rappresentanti territoriali delle predette istituzioni. Scopo di tali organismi è quello di mettere a fattor comune le sinergie operative delle tre strutture (RGS, Agenzia delle entrate e Guardia di finanza) per una più efficace e corretta utilizzazione delle risorse pubbliche con particolare riguardo al rispetto delle finalizzazioni delle spese.
Era altresì previsto che l’Agenzia delle entrate comunicasse mediante evidenze informatiche all’ISFOL l’elenco dei soggetti che dichiarano di fruire delle agevolazioni e degli incentivi sopra indicati.
Articolo 4, comma 1, lettera a-bis)
(Modifica al comma 180 della legge n.
311/2004)
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
a-bis) all’articolo 1, comma 180 della legge 31 dicembre 2004, n. 311, dopo le parole: “commi 174 e 176“, inserire le seguenti: “nonché in caso di mancato adempimento per gli anni 2004 e precedenti“;
La norma in esame, inserita dal Senato, novella l'art. 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Essa estende l'ambito di applicazione delle procedure di controllo sull’andamento della spesa sanitaria e di verifica del rispetto degli impegni assunti dalle regioni medesime.
Con tale disposizione, infatti, la definizione di nuove misure per il perseguimento dell’equilibrio finanziario (previste dal comma 1, comma 180, sopra citato) si estende anche ai casi di mancato adempimento da parte della singola regione degli impegni assunti con riferimento agli anni 2004 e precedenti.
Si ricorda che l'art. 1, comma 180, della legge n. 311/2004 disciplina i casi di inadempimento - da parte delle regioni - degli obblighi previsti per il contenimento della spesa sanitaria (ora definiti puntualmente dall’Accordo Stato regioni del 23 marzo 2005), ovvero di disavanzo di gestione. In tali ipotesi la regione interessata elabora un "programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento" del Servizio sanitario regionale e stipula con i Ministri della salute e dell'economia e delle finanze un accordo che definisca gli interventi necessari per il conseguimento dell'equilibrio economico, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e degli adempimenti summenzionati.
La sottoscrizione dell'accordo e la verifica (in senso positivo) dell'attuazione del programma sono condizioni necessarie ai fini della riattribuzione (anche in maniera parziale e graduale) alla regione del maggiore finanziamento previsto dall’art. 1, comma 164, della legge n. 311/2004.
Al riguardo si segnala l’opportunità di un chiarimento sulle Regioni più direttamente coinvolte dalla disposizione in esame e sugli eventuali effetti che l’adozione dei nuovi accordi tra Ministeri e Regioni può avere nell’applicazione del meccanismo sanzionatorio, già previsto dalla legislazione vigente per gli anni trascorsi, per le regioni che non avessero realizzato gli obiettivi di contenimento della spesa nei parametri prefissati.
Ai fini della individuazione delle Regioni destinatarie della norma, va tenuto conto anche della indeterminatezza del periodo temporale di riferimento, in quanto la disposizione in esame fa riferimento agli “anni 2004 e precedenti”.
Con riferimento agli impegni relativi agli anni 2004 e precedenti, occorre far riferimento, in particolare, ai punti 2, 15 e 19 dell'Accordo tra lo Stato, le regioni e le province autonome dell'8 agosto 2001, che riguardano in particolare:
§ l’anticipazione della verifica degli andamenti della spesa, ai sensi dell'art. 83 della legge n. 388/2000;
§ l’adesione alle convenzioni in tema di acquisti di beni e servizi;
§ il rispetto degli obblighi informativi sul monitoraggio della spesa;
§ l’adeguamento alle prescrizioni del patto di stabilità interno;
§ l'impegno a mantenere l'erogazione delle prestazioni ricomprese nei livelli essenziali di assistenza;
§ l’impegno a mantenere la stabilità della gestione, definendo misure fiscali o di contenimento della spesa (sanitaria o di altri settori);
§ la quantificazione dei maggiori oneri a loro carico, con l’indicazione dei mezzi di copertura.
L’articolo 52, comma 4, della legge n. 289/2003 ha introdotto ulteriori adempimenti, richiedendo alle regioni di:
§ attivare sul rispettivo territorio il monitoraggio informatico delle prescrizioni mediche (farmaceutiche, specialistiche e ospedaliere);
§ contenere l'erogazione di prestazioni che non soddisfino il principio di appropriatezza organizzativa e di economicità nell'impiego delle risorse;
§ adottare iniziative affinché gli accertamenti diagnostici negli ospedali pubblici siano svolti continuativamente, per sette giorni la settimana, al fine di ridurre le liste di attesa;
§ prevedere la decadenza dei direttori generali delle aziende sanitarie, ospedaliere e ospedaliere autonome nell'ipotesi di mancato raggiungimento dell'equilibrio economico.
Va comunque segnalato che il recente Accordo del 22 marzo scorso in sede di Conferenza Stato Regioni è intervenuto anche su tali aspetti, precisandone ulteriormente la natura degli impegni e le scadenze previste per il loro adempimento.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
a-ter) al comma 209, nell’ultimo periodo, dopo le parole: "con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive" sono aggiunte le seguenti: "e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie";
La lettera a-ter) del comma 1, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica l'ultimo periodo del comma 209 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), disponendo che il decreto, di natura non regolamentare, per la rideterminazione delle caratteristiche degli interventi del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (rideterminazione da effettuarsi in conformità a quanto stabilito dall’Accordo di Basilea, che reca la disciplina sui requisiti minimi di capitale per le banche) sia emanato dal Ministro delle attività produttive unitamente al Ministro per l'innovazione e le tecnologie.
Il comma 209 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 ha integrato delle somme di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007, la Sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a), della legge n. 662/1996, istituita con decreto dei Ministri delle attività produttive e per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 150 del 29 giugno 2004).
Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato istituito presso il Mediocredito centrale dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese; la Sezione speciale del Fondo di garanzia, istituita dal decretodel Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004, è riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.
Ad essa il decreto ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3 del 2003, concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (art. 1).
Il decreto istitutivo prevede, in particolare, che la Sezione speciale del fondo di garanzia sia riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle piccole e medie imprese, finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali.
Il citato comma 209 ha consentito altresì l’utilizzazione delle somme stanziate, limitatamente a quelle non impegnate al termine di ciascun anno, anche per altri interventi del Fondo. Le caratteristiche di questi interventi sono rideterminate con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive e – secondo quanto disposto dalla lettera d-ter) qui illustrata – del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, per la cui emanazione era previsto il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2005.
Per quanto riguarda l’Accordo di Basilea, si ricorda che nel gennaio 2001 il Comitato di Basilea – organismo creato nel 1974 dai Governatori delle banche centrali appartenenti al Gruppo dei 10, operante in seno alla Banca dei regolamenti internazionali, chiamato a coordinare la ripartizione delle responsabilità di vigilanza fra le autorità nazionali, allo scopo di garantire un’efficace supervisione delle attività bancarie a livello mondiale – ha pubblicato "The New Basel Capital Accord", un documento di consultazione volto a definire la nuova regolamentazione in materia di requisiti patrimoniali delle banche, denominato nuovo Accordo di Basilea o, più semplicemente, Basilea II[63].
Sulla base di tale documento, il 26 giugno 2004 il Comitato di Basilea ha definitivamente approvato il nuovo Accordo sui requisiti patrimoniale delle banche, il quale intende perfezionare l’attuale sistema di valutazione dei rischi connessi al credito e ridefinire i parametri di determinazione del patrimonio di vigilanza che le banche devono detenere a fronte della copertura dei rischi sul credito concesso ai clienti. Attualmente, l’ammontare del patrimonio che le banche sono chiamate ad accantonare come riserva per far fronte ai rischi viene calcolato secondo schemi omogenei di riferimento, che non tengono conto delle diverse caratteristiche qualitative dei crediti concessi. Col il nuovo accordo, viceversa, viene istituito un sistema di valutazione del merito di credito (rating)che differenzia le posizioni dei debitori in base al rischio reale da essi rappresentato. In sostanza, i rischi legati ai singoli crediti concessi – articolati tra rischio di credito, rischio operativo e rischio di mercato – vengono calcolati sulla base di nuovi criteri che tengono maggiormente conto delle caratteristiche dei debitori. Sulla base della categoria di rating corrispondente a ciascun debitore, viene determinato il rischio da sostenere e, conseguentemente, l’ammontare di patrimonio che la banca è tenuta ad accantonare come riserva a fronte del rischio. Per determinare il rating di ciascun debitore, si potrà far riferimento a tre diversi metodi: il primo prevede il ricorso a un sistema di rating esterno (basato sulla valutazione effettuata da agenzie di rating autonome); il secondo lascia invece la responsabilità della valutazione del rischio alle banche stesse; il terzo – che costituisce un’estensione del secondo – prevede che le banche utilizzino solo strumenti interni per valutare tutte le componenti del rischio (rating interni).
Articolo 4, comma 1, lettera a-quater)
(Modifica al comma 262 della legge n.
311/2004)
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
a-quater) al primo periodo del comma 262 sostituire la cifra: 22 milioni di euro" con: "36 milioni di euro" e successivamente la cifra: "36 milioni di euro" con: "22 milioni di euro"».
L’articolo 4, comma 1, lettera a-quater), introdotto in seguito all’approvazione del maxiemendamento del Governo nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, reca disposizioni in materia di attività socialmente utili.
In particolare, si recano alcune modifiche all’articolo 1, comma 262, della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), che ha autorizzato il Ministro del lavoro a prorogare, limitatamente all’esercizio 2005, le convenzioni stipulate direttamente con i comuni, anche in deroga alla normativa vigente:
§ per lo svolgimento delle attività socialmente utili (ASU), nel limite complessivo di 22 milioni di euro;
§ per l’attuazione di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori socialmente utili nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, e ai soggetti, provenienti dal medesimo bacino, siano già stati interessati dalle convenzioni di cui all’articolo 10, comma 3[64], del D.Lgs. n. 468 del 1997[65] e prorogate proprio in attesa di una definitiva stabilizzazione.
L’articolo in esame provvede a modificare gli stanziamenti richiamati, di fatto invertendo le somme a disposizione, destinando 36 milioni di euro per le convenzioni per le attività socialmente utili e 22 milioni di euro per le misure di politica attiva del lavoro..
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
b)al comma 344 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le predette disposizioni, e quelle contenute nel comma 345, si applicano a decorrere dalla data indicata nel decreto di approvazione del modello per la comunicazione previsto dal presente comma.»;
La lettera b) del comma 1 interviene sul comma 344 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), aggiungendovi, in fine, un ulteriore periodo, nel quale si precisa che il termine iniziale per l’applicazione delle disposizioni, contenute in esso e nel comma successivo, in materia di comunicazione delle cessioni di fabbricati verrà stabilito con il decreto di approvazione del modello di comunicazione.
La norma modificata dalla disposizione qui illustrata rientra nell'ambito della disciplina, introdotta dalla legge finanziaria per il corrente anno, diretta a contrastare e reprimere l’evasione e l’elusione delle imposte relative alle locazioni immobiliari.
In particolare, il comma 344 riguarda la comunicazione all’autorità locale di pubblica sicurezza, cui è tenuto chiunque venda, dia in locazione o in comodato un fabbricato o parte di esso, ovvero ne consenta a qualunque altro titolo l’uso esclusivo.
La disposizione è contenuta nell’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Esso prescrive che chiunque ceda la proprietà o il godimento o a qualunque altro titolo consenta, per un tempo superiore a un mese, l'uso esclusivo di un fabbricato o di parte di esso ha l'obbligo di comunicare all'autorità locale di pubblica sicurezza, entro quarantotto ore dalla consegna dell'immobile, la sua esatta ubicazione, nonché le generalità dell'acquirente, del conduttore o della persona che assume la disponibilità del bene e gli estremi del documento di identità o di riconoscimento, che deve essere richiesto all'interessato. La comunicazione può essere effettuata anche a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
La violazione è punita con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 200 mila a lire tre milioni (pari, rispettivamente, a euro 103,29 e a euro 1549,37). La violazione è accertata dagli organi di polizia giudiziaria, nonché dai vigili urbani del comune ove si trova l'immobile. La sanzione è applicata dal sindaco e i proventi sono devoluti al comune.
Secondo la disposizione contenuta nella legge finanziaria, il modello per la suddetta comunicazione, approvato con decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, sia reso disponibile gratuitamente, con modalità telematiche, dalla stessa Agenzia.
La comunicazione dev’essere effettuata, anche avvalendosi degli intermediari di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, nonché degli uffici dell'Agenzia delle entrate, con la compilazione del modello in formato elettronico e con la sua trasmissione, in modalità telematica, alla predetta Agenzia, che provvede, con la medesima modalità, a dare avviso di ricevimento. L'Agenzia delle entrate, secondo intese con il Ministero dell'interno, ordina i dati contenuti nelle comunicazioni per la loro successiva trasmissione telematica al predetto Ministero.
È disposto, infine, che la presentazione degli atti di cessione, di cui al predetto articolo 12 del decreto-legge n. 59 del 1978, per la loro registrazione sostituisca la comunicazione di cui al medesimo articolo 12.
Il successivo comma 345 estende lo stesso obbligo di comunicazione ai soggetti che esercitano abitualmente attività di intermediazione nel settore immobiliare. La comunicazione è dovuta per le cessioni di cui i predetti soggetti hanno diretta conoscenza, per avervi concorso ovvero assistito in ragione della loro attività, e, relativamente a quelle diverse dalle cessioni in proprietà, anche per le cessioni di durata inferiore al mese.
In caso di violazione, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal quarto comma dell'articolo 12 del citato decreto-legge n. 59 del 1978. In caso di recidiva, il sindaco del comune in cui operano i soggetti obbligati, su segnalazione dell'Agenzia delle entrate, dispone nei riguardi dei medesimi la sospensione della loro attività per un mese.
L'integrazione apportata dalla lettera b) qui illustrata stabilisce che l’applicazione delle disposizioni dei commi 344 e 345, testé descritti, decorrerà dalla data determinata nel decreto interdirigenziale del Ministero dell'interno e dell’Agenzia delle entrate, recante l’approvazione del modello per la comunicazione.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
c)al comma 362, dopo le parole: «in conto residui» sono inserite le seguenti: «e quelle relative a residui passivi perenti»;
La lettera c) del comma 1 dell’articolo 4 in esame modifica il comma 362 dell'articolo 1 della finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004), relativo all’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura, scaduti ed esigibili al 31 dicembre 2004.
Più precisamente, il comma 362 prevede, da un lato, la possibilità per i fornitori con debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 2004, derivanti dalla fornitura di beni e servizi alle Amministrazioni dello Stato, sostenuti da idonei titoli giuridici, di cedere i propri crediti alla Cassa depositi e prestiti.
Dall’altro, il medesimo comma dispone l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un apposito fondo, denominato "Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura", al quale, dopo essere state versate all’entrata, sono riassegnate le somme iscritte nel conto dei residui passivi del bilancio dello Stato relative ai debiti ceduti alla Cassa depositi e prestiti.
In base alla novella introdotta dalla lettera c) dell’articolo 4 in esame, è precisato che al Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura devono essere riassegnate, oltre alle dotazioni in conto residui, anche le somme relative a residui passivi perenti relative ai debiti ceduti alla Cassa depositi e prestiti.
Per quanto concerne in generale i residui passivi perenti, la normativa contabile dispone che decorso un certo periodo di tempo, le somme iscritte come residui passivi, per le quali non sia stato effettuato il relativo pagamento, siano soggette a “perenzione amministrativa”, cioè siano eliminate, ai soli fini contabili, dalle scritture di bilancio (art. 36 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e successive modificazioni).
In particolare il comma 1 di detto articolo prevede che i residui delle spese correnti si intendano perenti agli effetti amministrativi dopo due esercizi successivi a quello nel quale le somme corrispondenti sono state iscritte a bilancio. Tra i residui di parte corrente hanno un regime particolare quelli concernenti spese per lavori, forniture e servizi, che possono essere mantenuti in bilancio per tre esercizi successivi a quello in cui sono state originariamente stanziate.
Il comma 3 dell’articolo 36 (da ultimo modificato dall’articolo 12 della legge 17 maggio 1999, n. 144) prevede che i residui delle spese in conto capitale, derivanti da obbligazioni assunte dallo Stato per contratto o come compenso di opere prestate o di lavori e forniture eseguiti, si intendano perenti agli effetti amministrativi nel caso in cui non siano stati pagati dopo sette esercizi successivi a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento.
La perenzione amministrativa dei residui ha effetti soltanto contabili, mentre non comporta alcun pregiudizio rispetto al diritto dei creditori a riscuotere le somme dovute, che potrà estinguersi soltanto decorsi i termini di prescrizione previsti per legge.
Nel caso in cui, il creditore richieda il pagamento delle somme corrispondenti ai residui passivi perenti, l’amministrazione provvede prelevando le necessarie disponibilità dal Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine, di cui all’articolo 7 della legge n. 468/1978, nel caso in cui si tratti di residui passivi di parte corrente, e dal Fondo per la riassegnazione di residui perenti delle spese in conto capitale, di cui all’articolo 8, della legge n. 468/1978, nel caso in cui si tratti di residui passivi di conto capitale.
Le procedure per la reiscrizione nel bilancio dello Stato dei residui passivi perenti sono state, da ultimo, disciplinate dal D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270.
Il comma in esame attribuisce rilevanza legislativa ad una previsione che, in via amministrativa, era già contenuta nella Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 5 dell’11 febbraio 2005.
La Circolare ha, infatti, precisato che la procedura di pagamento prevista dai commi 362-365 si applica ai crediti nei confronti delle amministrazioni dello Stato che risultino iscritti nel conto dei residui passivi dell’esercizio 2005 o siano transitati nel conto del patrimonio per effetto di perenzione amministrativa.
La disciplina dettata dalla finanziaria per il 2005, in relazione al Fondo per il pagamento dei debiti di fornitura, prevede (commi 363-365) che la Cassa depositi e prestiti provveda ai pagamenti relativi ai crediti ceduti dai fornitori, a valere su un Fondo istituito presso la Cassa medesima con una dotazione di 2.000 milioni di euro.
Tale fondo è istituito presso la gestione separata della Cassa e le risorse costituiscono patrimonio destinato ai sensi dell'articolo 5, comma 18, del DL 269/2003.
La Cassa è altresì autorizzata ad effettuare operazioni di cessione dei crediti acquisiti senza autorizzazione del soggetto ceduto, vale a dire dell’amministrazione debitrice.
Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede al pagamento delle somme erogate dalla Cassa in un periodo massimo di 15 anni, a carico del Fondo per i pagamenti dei debiti di fornitura di cui al comma 362, nonché a corrispondere, a decorrere dal 2006, gli oneri di gestione.
La Cassa depositi e prestiti è tenuta, ai sensi del comma 365, a predisporre apposita rendicontazione annuale sull’amministrazione del fondo destinato al pagamento dei crediti ad essa ceduti da parte dei fornitori.
Il medesimo comma 365 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, la definizione delle modalità applicative delle disposizioni di cui ai commi 362-365 della legge finanziaria per il 2005, con riferimento alle condizioni generali per l'accesso al fondo, alla natura dei crediti e degli importi ammissibili alla cessione, al compenso da riconoscere alla Cassa sulle somme erogate, nonché alle modalità, ai tempi ed ai termini di erogazione alla Cassa di quanto alla stessa dovuto.
Riguardo alle modalità di applicazione, la citata Circolare n. 5 del Ministero dell’economia, rinvia al decreto ministeriale di cui al comma 365, disponendo che, in attesa dell’emanazione, le amministrazioni continueranno ad effettuare i pagamenti dei debiti di fornitura seguendo l’ordinaria gestione dei residui passivi.
Il decreto ministeriale, peraltro, non risulta ancora essere stato emanato.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
c-bis) al comma 374, lettera d), è aggiunto il seguente periodo: "Nel caso di versamento effettuato con modalità telematiche, l’Agenzia o il soggetto da essa incaricato devono riversare alla sezione di tesoreria provinciale dello Stato i tributi dovuti entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di riscossione"»;
La lettera c-bis) del comma 1, introdotta nel corso dell’esame presso il Senato, modifica il comma 374 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), aggiungendovi un ulteriore periodo, riguardante il termine per il versamento dei tributi dovuti in caso di aggiornamenti catastali eseguiti per via telematica.
Il comma 374 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 ha stabilito che la presentazione di atti di aggiornamento del catasto possa avvenire, a partire dal 1° marzo 2005, con procedura telematica attraverso un modello unico informatico sottoscritto mediante la firma elettronica del tecnico che ha redatto gli atti o del soggetto obbligato alla presentazione.
Con provvedimento del direttore dell'Agenzia del territorio devono essere stabiliti i criteri di progressiva attivazione del servizio e le caratteristiche del modello unico informatico, nonché i termini, le condizioni e le modalità della sua presentazione[66].
La disposizione qui illustrata integra la disciplina relativa alle modalità di versamento dei tributi dovuti, la cui determinazione è rimessa dalla lettera d) del citato comma 374 al medesimo provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio, d'intesa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Viene ora stabilito che, in caso di versamento telematico, l’Agenzia del territorio (o il soggetto da essa incaricato) riversi detti tributi alla competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello della riscossione.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
c-ter) nel comma 426, secondo periodo, le parole da "irregolarità" a "2004" sono sostituite dalle seguenti: "responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 20 novembre 2004";
c-quater) dopo il comma 426 è inserito il seguente:"426-bis. Per effetto dell’esercizio della facoltà prevista dal comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse e, fermi restando gli effetti delle predette definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 ottobre 2003 ed ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 sono presentate entro il 30 ottobre 2006; per tali comunicazioni il termine previsto dall’articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112, decorre dal 1º novembre 2006.";
La lettera c-ter) del comma 4 modifica il comma 426 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Il comma 426 dispone che il recupero delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (entrate riscosse mediante ruoli) debba essere egualmente effettuato mediante ruolo.
Il richiamato articolo 17 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, dispone che si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici. Può essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali.
Il Ministro dell'economia e delle finanze può autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni interamente partecipate dallo Stato, previa valutazione della rilevanza pubblica di tali crediti. In caso di rilascio di tale autorizzazione, la società interessata stipula apposita convenzione con l'Agenzia delle entrate e l'iscrizione a ruolo avviene a seguito di un'ingiunzione, vidimata e resa esecutiva dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione della dislocazione territoriale dell'ufficio della società che l'ha richiesta.
La figura del soggetto incaricato del servizio di intermediazione all’incasso, non risultando definita in atti normativi, sembrerebbe riferirsi in forma sintetica ai soggetti abilitati a ricevere il pagamento degli importi dovuti.
A questo riguardo, l’articolo 28 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'articolo 13 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, stabilisce che il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche, e, fuori del territorio nazionale, mediante bonifico bancario sul conto corrente bancario indicato dal concessionario nella cartella di pagamento.
Con decreto del Ministero delle finanze sono stabilite le modalità di pagamento, anche con mezzi diversi dal contante; a ciò si è provveduto con il decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate 28 giugno 1999 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 luglio 1999, n. 168).
Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione di cui al D.Lgs. n. 112 del 1999 si prevede la facoltà di sanare le irregolarità compiute nell'esercizio degli obblighi inerenti al rapporto concessorio.
Per usufruire di tale sanatoria – ammessa limitatamente alle irregolarità compiute sino al 20 novembre 2004 – è necessario versare un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell'àmbito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004.
L'adesione alla sanatoria, le cui concrete modalità applicative dovranno essere stabilite con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, non incide comunque su eventuali responsabilità penali.
Il pagamento dell'importo richiesto per la sanatoria, come sopra determinato, viene effettuato in tre rate:
§ la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005;
§ la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006;
§ la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 e il 31 dicembre 2006.
Ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. 13 aprile 1999 n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla legge 28 settembre 1998, n. 337, il servizio nazionale della riscossione viene organizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze mediante ruolo articolato in ambiti territoriali affidati a concessionari di pubbliche funzioni.
La concessione del servizio di riscossione può essere affidata a società per azioni con capitale interamente versato di almeno 5 miliardi di lire, aventi ad oggetto lo svolgimento di tale servizio e di compiti ad esso connessi o complementari, che non siano state dichiarate decadute da precedenti concessioni del servizio stesso. Tali società devono altresì disporre di sistemi informativi automatizzati adeguati al volume delle operazioni da trattare e collegati telematicamente tra di loro e, con modalità centralizzate, con la rete unitaria della pubblica amministrazione.
Le concessioni del servizio nazionale della riscossione vengono affidate, per ciascuna circoscrizione territoriale, mediante procedure di evidenza pubblica, nel rispetto delle norme nazionali e comunitarie.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, in ogni caso di vacanza della concessione, in attesa del nuovo affidamento della gestione del servizio, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze viene nominato il commissario governativo delegato provvisoriamente alla riscossione scegliendolo, previo interpello, tra i soggetti aventi i requisiti richiesti dalla legge che ne facciano domanda.
Se nessuno di tali soggetti presenta domanda, è nominato commissario governativo il concessionario che abbia l'organizzazione più idonea a garantire temporaneamente lo svolgimento del servizio.
La lettera c-ter) qui illustrata sostituisce il riferimento alla sanatoria delle irregolarità connesse all'esercizio degli obblighi del rapporto concessorio compiute fino alla data del 20 novembre 2004 con l’espressione, tecnicamente più precisa, che fa riferimento alla sanatoria delle responsabilità amministrative derivanti dall’attività svolta fino al 20 novembre 2004.
La lettera c-quater) introduce il nuovo comma 426-bis, a mente del quale, in caso di adesione alla sanatoria prevista dal comma 426, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse.
Nel medesimo caso, fermi restando gli effetti delle stesse definizioni, le comunicazioni di inesigibilità relative ai ruoli consegnati entro il 30 ottobre 2003 e ancora in carico alla data del 20 novembre 2004 possono essere presentate entro il 30 ottobre 2006.
Per tali comunicazioni il termine previsto dall’articolo 19, comma 3, del D.Lgs. n. 112 del 1999 decorre dal 1° novembre 2006.
Il richiamato comma 3 dell’articolo 19 del D.Lgs. n. 112 del 1999, recante la disciplina del discarico per inesigibilità, stabilisce che decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità, totale o parziale, della quota, il concessionario è automaticamente discaricato; contestualmente sono eliminati dalle scritture patrimoniali i crediti erariali corrispondenti alle quote discaricate.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
c-quinquies) il comma 471 è sostituito dal seguente: «A decorrere dal 1° gennaio 2005, per i contribuenti individuati con i decreti 24 ottobre 2000, n. 370 e 24 ottobre 2000, n. 366, che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un ammontare superiore a due milioni di euro, l’acconto di cui al secondo comma dell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405 è pari al 97 per cento di un importo corrispondente alla media dei versamenti trimestrali eseguiti o che avrebbero dovuto essere eseguiti per i precedenti trimestri dell’anno in corso.»;
Il comma 1, lettera c-quinquies), dell’articolo 4, sostituendo il comma 471 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), interviene sulla disciplina IVA relativa alle operazioni effettuate nei settori dei servizi di telecomunicazione, dei servizi di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di fognatura e di depurazione, stabilita dai decreti ministeriali 24 ottobre 2000, n. 366 e n. 370,da parte di soggetti che, nell’anno solare precedente, hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro.
Il regolamento di cui al D.M. 24 ottobre 2000, n. 366, prevede che per i servizi di telecomunicazione[67] e per le altre operazioni accessorie o comunque connesse effettuate dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, le fatture possono essere emesse in unico esemplare e ordinate secondo serie articolate di numerazioni progressive; i corrispettivi soggetti all'imposta sono indicati complessivamente in fattura, distinti per aliquota, indipendentemente dalla loro spettanza al titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale.
Il secondo esemplare delle fatture può essere sostituito da distinte meccanografiche di fatturazione ovvero da supporti magnetici o di immagini riportanti tutti gli elementi indicati in ciascuna fattura.
Sulle fatture può essere indicato, in sostituzione del numero d’ordine progressivo, il numero telefonico completo di ciascun utente, ovvero altro idoneo codice identificativo. Nei confronti dello stesso utente può essere emessa un'unica fattura per prestazioni rese in relazione a contratti distinti.
L'emissione delle fatture relative ai contributi per nuovi collegamenti, traslochi, variazioni di abbonato e altre prestazioni accessorie al contratto di abbonamento, incassati presso locali aperti al pubblico, non è obbligatoria se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell'operazione. Le eventuali fatture potranno essere emesse entro novanta giorni dalla data di effettuazione dell'operazione.
Le liquidazioni e i versamenti periodici di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, sono effettuati con cadenza trimestrale senza applicazione di interessi, e devono essere eseguiti dal titolare della concessione, autorizzazione o licenza individuale, entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare. Ai fini delle predette liquidazioni deve tenersi conto di tutte le operazioni per le quali le registrazioni devono eseguirsi in relazione al periodo cui le stesse si riferiscono.
Con il D.M. 24 ottobre 2000, n. 370, è stato emanato il regolamento recante particolari modalità di applicazione dell'imposta sul valore aggiunto nei confronti di contribuenti che gestiscono il servizio dei rifiuti solidi urbani e assimilati e il servizio di fognatura e depurazione, i cui corrispettivi sono addebitati mediante bolletta, da emettersi ai sensi degli articoli 22, comma 2, e 73, comma 1, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, con particolare riferimento alle operazioni relative alla somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili, all'esercizio di lampade votive nei cimiteri, alla gestione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani e del servizio di fognatura e depurazione.
In particolare, per quanto riguarda la fatturazione delle operazioni, si dispone che per l'addebito dei corrispettivi relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica, vapore e teleriscaldamento urbano, nonché per le operazioni relative al servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e assimilati, di fognatura e depurazione, possono essere emesse bollette che tengono luogo delle fatture, anche agli effetti di cui all'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sempreché contengano tutti gli elementi di cui all'articolo 21 del medesimo decreto, salvo il numero progressivo e il domicilio dell'utente, che possono essere sostituiti rispettivamente dalla numerazione toponomastica e dall'ubicazione dell'utenza. Nei confronti dello stesso cliente può essere emessa un'unica bolletta per le somministrazioni effettuate in relazione a uno o più contratti distinti. In tal caso la numerazione progressiva prevista dall'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, potrà essere sostituita da un numero di conto attribuito alle specifiche aggregazioni delle posizioni contrattuali.
Con riguardo alla registrazione dei corrispettivi, si possono effettuare le prescritte annotazioni indicando i totali delle distinte meccanografiche di fatturazione relative alle bollette-fatture emesse nel corso di ciascun trimestre solare, entro il mese successivo al trimestre stesso con riferimento alla data della loro emissione.
Per quanto concerne, infine, le liquidazioni periodiche, le annotazioni di liquidazione periodica previste dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100, possono essere effettuate, con cadenza trimestrale e senza l’applicazione di interessi, entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascun trimestre solare ed entro lo stesso termine dev’essere eseguito il versamento della relativa imposta senza corresponsione degli interessi.
Il comma 471 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 stabilisce che, con decorrenza dal 1° gennaio 2005, le disposizioni IVA che disciplinano le operazioni effettuate nei settori dei servizi di telecomunicazione, dei servizi di somministrazione di acqua, gas, energia elettrica e simili e dei servizi di raccolta dei rifiuti solidi urbani, di fognatura e di depurazione, non si applicano ai soggetti che nell'anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un importo superiore a 2 milioni di euro. I medesimi soggetti hanno facoltà di eseguire le annotazioni, relative alle operazioni effettuate, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione[68].
La nuova formulazione del comma 471, proposta dalla lettera c-quinquies) qui illustrata, stabilisce, in primo luogo, che, per i contribuenti individuati con i citati decreti n. 366 e n. 370 del 2000 che nell’anno solare precedente hanno versato imposta sul valore aggiunto per un ammontare superiore a 2 milioni di euro, l’acconto IVA è pari al 97% della media dei versamenti trimestrali dovuti per i precedenti trimestri dell’anno in corso.
Le disposizioni concernenti l’acconto IVA, da versare nel mese di dicembre, sono contenute nell’articolo 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 405 (legge finanziaria per il 1991) e successive modificazioni e integrazioni.
In particolare, i soggetti obbligati agli adempimenti di liquidazione e versamento periodico dell’imposta sul valore aggiunto devono versarne l’acconto entro il 27 dicembre di ciascun anno. La misura dell’acconto è pari all’88% del debito IVA liquidato nell’ultimo mese (per i soggetti che effettuano la liquidazione mensilmente) ovvero nell’ultimo trimestre (per i soggetti che effettuano la liquidazione trimestralmente) dell’anno precedente.
La disposizione qui illustrata, in sostanza, modifica sia la percentuale dell’acconto, elevandola dall’88% al 97%, sia il parametro di riferimento, poiché considera la media dei versamenti trimestrali dell’anno in corso in luogo della liquidazione dell’ultimo periodo dell’anno precedente.
Ai fini della determinazione della media, la norma, riferendosi ai “versamenti” eseguiti o da eseguire, esclude dal calcolo gli eventuali crediti liquidati in uno dei periodi di imposta interessati[69].
Tuttavia, mentre l’eventuale credito risultante dalle liquidazioni dei primi due trimestri dell’anno, nonché quella dell’ultimo trimestre dell’anno precedente, riducono, anche se indirettamente, la media dei versamenti eseguiti o da eseguire, il credito IVA relativo al terzo trimestre non produce alcun effetto ai fini della determinazione della media stessa.
Per quanto riguarda, infine, la disciplina relativa alle modalità di liquidazione e versamento dell’IVA contenuta nei richiamati decreti n. 366 e n. 370, per effetto della sostituzione del comma 471, potrà nuovamente essere applicata dai soggetti interessati dalla disposizione.
In altre parole, verrebbero modificati, nel corso dell’esercizio 2005, gli adempimenti a carico dei soggetti interessati in quanto verrebbero ripristinate, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le semplificazioni relative alla disciplina IVA vigenti fino al 31 dicembre 2004.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato, a seguito di una consultazione pubblica conclusa nel luglio 2004, un pacchetto di proposte (COM(2004)728)[70] relative alla semplificazione degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA), comprendente:
§ una proposta di modifica della direttiva77/388/CEE (“Sesta direttiva IVA”) con lo scopo di semplificare gli obblighi IVA;
§ una proposta di direttiva che disciplina il rimborso dell’IVA, già previsto dalla direttiva 777/388/CEE, per i soggetti di imposta che risiedono in un altro Stato membro;
§ una proposta di modifica del regolamento (CE) 1798/20031, allo scopo di introdurre modalità cooperazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali coerenti con l’introduzione dello sportello unico e con le modifiche al sistema di rimborso IVA.
Lo scopo principale del pacchetto di proposte è quello di alleggerire l’onere amministrativo a carico dei soggetti che, in ragione della propria attività economica, devono assolvere obblighi IVA in un Paese diverso da quello nel quale risiedono. A tal fine, la Commissione individua sei misure:
§ l’introduzione di uno “sportello unico” per i soggetti di imposta non residenti;
§ la modernizzazione della la procedura di rimborso IVA;
§ l’armonizzazione della gamma di beni e servizi per i quali gli Stati membri possono limitare il diritto alla deduzione dell’imposta;
§ l’estensione del meccanismo del c.d. reverse charge, in base al quale l’imposta deve essereassolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente;
§ una revisione della disciplina speciale per le piccole e medie imprese, per le quali la normativa vigente prevede numerose e specifiche deroghe;
§ una semplificazione della disciplina sulle vendite a distanza.
Il pacchetto di proposte sarà esaminato dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di consultazione. L’esame del PE è previsto per la sessione di luglio 2005.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia nei confronti dell’Italia a causa del ritardo eccessivo con il quale l’imposta sul valore aggiunto viene rimborsata ai soggetti passivi non stabiliti in Italia. La Commissione ritiene che tale pratica sia incompatibile con l’ottava direttiva relativa al sistema comune IVA[71].
Ai sensi dell’art. 7, paragrafo 4 della direttiva in questione, gli Stati membri sono tenuti a rimborsare l’IVA ai soggetti passivi non stabiliti nel proprio territorio entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data di presentazione della domanda di rimborso.
Articolo 4, comma 1, lettera c-sexies)
(Calcio femminile)
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
c-sexies) Al comma 534 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004 n. 311, dopo le parole: “amministrazioni regionali“ si aggiungono le seguenti: “della Federazione Italiana Gioco Calcio“.
L’articolo 4, co. 1, lettera c-sexies), introdotto dal Senato, novella il comma 534 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004[72] (legge finanziaria 2005) trasferendo dalle amministrazioni regionali alle strutture regionali della Federazione italiana gioco calcio, la titolarità dell’emanazione dei bandi per l’attribuzione delle risorse a sostegno delle realtà calcistiche femminili, stanziate per il 2005 dall’articolo 1 comma 530[73] della stessa legge finanziaria.
La conseguente formulazione del comma 534 potrebbe ingenerare fraintendimenti, atteso che non risulta esistano amministrazioni regionali della FIGC. Se si intende che le risorse vengano erogate mediante bandi della FIGC, parrebbe opportuno sostituire anche le parole "dalle amministrazioni" con "dagli organi" o "dai comitati", al fine di una più chiara formulazione del comma in esame.
1. Nell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
(...)
d) il comma 540 è abrogato;
La lettera d) del comma 1 dispone l’abrogazione del comma 540 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), concernente la determinazione della rendita catastale di opifici e immobili costruiti per attività industriale.
Viene quindi meno la norma di interpretazione autentica, contenuta nel citato comma 540, secondo la quale concorrono alla determinazione della rendita catastale gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale, anche se fisicamente non incorporati al suolo.
Il citato comma 540 ha stabilito, con norma qualificata, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), come norma d’interpretazione autentica dell’articolo 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, che i fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui possono accedere, mediante qualsiasi mezzo di unione, parti mobili allo scopo di realizzare un unico bene complesso.
Viene così precisato che concorrono alla determinazione della rendita catastale, ai sensi dell’articolo 10 del citato regio decreto-legge n. 652 del 1939, gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale, anche se fisicamente non incorporati al suolo.
La disposizione prescrive infine che i trasferimenti erariali agli enti locali interessati siano conseguentemente rideterminati per tutti gli anni in riferimento[74].
La norma introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 tendeva a risolvere il contenzioso fra l’amministrazione finanziaria e alcuni soggetti privati – in particolare esercenti impianti elettrici – sulla rendita catastale di opifici e impianti industriali.
L’articolo 10, terzo comma, della legge 11 luglio 1942, n. 843, prescrive la descrizione degli immobili nel catasto mediante l'elencazione degli elementi costitutivi, quali, gli edifici, le aree, i generatori della forza motrice, le dighe, i canali adduttori o di scarico, la rete di trasmissione e di distribuzione di merci, prodotti o servizi, i binari anche se posti su aree pubbliche ovvero nel relativo soprassuolo o sottosuolo, le gallerie, i ponti e simili. Su questa base, l’amministrazione finanziaria ha considerato le turbine degli impianti elettrici come parte del fabbricato adiacente (spesso di scarso valore), accrescendo considerevolmente il valore del fabbricato industriale, che comprende anche gli impianti. Quest’interpretazione è stata impugnata dall’ENEL e da altri soggetti
A seguito dell’entrata in funzione delle procedure di aggiornamento del catasto, disposte dal regolamento recante norme per l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari, emanato con decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, le società ebbero occasione di presentare denunzie di variazione ricalcolando le rendite in misura inferiore a quelle precedenti. Le rettifiche operate dall’amministrazione finanziaria rispetto a tale autodeterminazione provvisoria operata dai soggetti interessati determinarono un contenzioso giurisdizionale.
Prima dell’intervento operato dalla legge finanziaria per il 2005, in presenza di difformi decisioni giurisprudenziali – la sezione tributaria della Corte di cassazione essendosi espressa in senso divergente, ad esempio, nelle sentenze n. 17933 del 6 settembre 2004 e n. 21730 del 20 ottobre 2004 –, la questione era stata rimessa dalla sezione tributaria della suprema Corte al giudizio delle sezioni unite della medesima con l’ordinanza n. 23798 del 22 dicembre 2004[75].
Secondo opinioni riferite dalla stampa[76], la disposizione interpretativa introdotta dalla legge finanziaria per il 2005 avrebbe potuto intendersi suscettibile di applicazione ben più estesa, investendo fattispecie ulteriori rispetto a quella sopra richiamata, fino a includere i macchinari e gli impianti esterni agli opifici industriali (ad esempio carri-ponte, pese a ponte, serbatoi o silos non infissi al suolo). Di contro, altri avevano richiamato la circolare della Direzione generale del catasto del Ministero delle finanze n. 123 del 14 novembre 1944, la quale escluderebbe dalla nozione definita dall’articolo 10, primo comma, del regio decreto-legge n. 652 del 1939 le generiche pertinenze e le macchine operatrici[77].
Articolo 4, comma 1-bis
(Corsi universitari a distanza)
1-bis. All’articolo 26, comma 5, primo periodo, della legge 27 dicembre 2002, numero 289, dopo la parola: “Stato“ sono aggiunte le seguenti: “fatto salvo quanto previsto dalla legge 29 luglio 1991, n. 243, e dall’articolo 2, comma 5, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 27 gennaio 1998, n. 25”.
Il comma, introdotto dal Senato[78], modifica la normativa vigente in materia di corsi universitari a distanza,novellando l'articolo 26, comma 5, primo periodo, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003)[79] che li ha recentemente disciplinati; in particolare, vengono estese alle università telematiche la disciplina delle università non statali (recata dalla legge n. 243/1991[80]) e la procedura per l’istituzione di queste, dettata dall’art. 2, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 25/1998[81].
Per effetto della disposizione in commento i corsi universitari a distanza possono fruire dei benefici anche finanziari previsti per le università non statali e la loro istituzione avviene contestualmente all’approvazione dello statuto e del regolamento di ateneo.
Si ricorda in proposito che l’articolo 26, comma 5 della legge 289/2002 (finanziaria per il 2003) ha rimesso ad un decreto del Ministro dell'istruzione università e ricerca, di concerto con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, la definizione dei criteri e delle procedure per l’accreditamento dei corsi universitari a distanza e delle istituzioni autorizzate al rilascio dei relativi titoli accademici[82]. La norma specificava che non vi dovessero essere oneri per lo Stato (art 26, comma 5, primo periodo) ed indicava altresì i requisiti necessari consistenti nel possesso di adeguate risorse ed attrezzature tecnologiche (secondo periodo del medesimo art. 26 comma 5).
Il Decreto Ministeriale 17 aprile 2003 ha poi definito (art. 3) le caratteristiche dei corsi di studio a distanza e precisato i requisiti e la procedura per l’accreditamento di corsi (attivati da università statali e non) nonché delle “Università telematiche” (denominazione introdotta dallo stesso D.M. per le istituzioni universitarie - promosse da soggetti pubblici e privati - preposte esclusivamente alla didattica a distanza).
Il D.M. prevede tra l’altro che:
§ il decreto ministeriale di accreditamento approvi contestualmente lo statuto (in caso di università telematiche)[83];
§ i corsi di studio siano disciplinati secondo gli ordinamenti didattici vigenti ed i titoli rilasciati abbiano valore legale;
§ docenti e ricercatori a tempo indeterminato siano reclutati con le modalità vigenti per le università statali (di cui alla legge n. 210/1998)[84] ;
§ le Università telematiche debbano dotarsi di un Nucleo di valutazione interna (art. 1 commi 1 e 2 della legge n. 370/1999[85]) e siano sottoposte alle norme vigenti per la valutazione del sistema universitario[86].
La disposizione in commento, novellando - come già segnalato - l’art. 26, comma 5, della legge n. 289/2002, specifica che la dicitura “senza oneri per lo Stato” è da intendersi fatte salve le previsioni della legge n. 243/1991[87] e dell’art. 2, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 25/1998[88].
Si segnala in proposito che la legge 243/1991 disciplina (artt. 2, 3 e 5[89]) l’erogazione di contributi annuali alle università non statali legalmente riconosciute, sulla base di apposita relazione da queste presentata (unitamente al bilancio) in ordine alla propria attività, alla consistenza degli organici e delle dotazioni, all’entità delle entrate derivanti da tasse e contributi. La legge richiamata dispone inoltre che una quota del contributo statale sia riservata agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi e, con riguardo al personale docente (art. 4), prescrive l’osservanza della disciplina previdenziale vigente per i dipendenti statali.
L’art. 2, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 25/1998[90] prescrive che l'istituzione di università non statali, legalmente riconosciute, nonché l'autorizzazione al rilascio di titoli aventi valore legale, avvenga contestualmente all'approvazione dello statuto e del regolamento didattico di ateneo e che ad esse si applichi la legge n. 243/1991 (recante disciplina delle Università non statali legalmente riconosciute).
Con riguardo al contenuto del comma appena esposto si osserva che la sua formulazione non sembra tener conto di prescrizioni già vigenti: la previsione della contestuale approvazione dello statuto e del regolamento didattico delle università telematiche è già contenuta in provvedimenti non aventi forza di legge; si tratta rispettivamente del citato D.M. 17 aprile 2003 (art. 7) e del D.M. 5 agosto 2004, n. 262,[91] (all’art 11 “Istituzione delle università telematiche non statali legalmente riconosciute”). Per tale profilo pertanto si configura una rilegificazione.
D’altra parte il richiamo all’art. 2, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 25/1998 comporta automaticamente l’applicazione della legge n. 243/1991 alle istituzioni universitarie in argomento (in quanto prevista dal medesimo articolo); essa viene invece esplicitamente menzionata.
La portata principale della disposizione sembra rappresentata dalla finalità di assicurare un contributo finanziario dello Stato alle università telematiche; ciò suggerirebbe l’abrogazione della formulazione “senza oneri per lo Stato” che appare contraddetta dalla novella appena commentata.
1. All’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, le parole: “a decorrere dal 1º gennaio 2005“ sono sostituite dalle seguenti: “a decorrere dal 1º gennaio 2006“.
2. Il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 è sostituito dal seguente: “2. Le aliquote e compartecipazioni definitive di cui all’articolo 5, comma 3, sono rideterminate, a decorrere dal 1º gennaio 2006, esclusivamente al fine di assicurare la copertura degli oneri connessi alle funzioni attribuite alle regioni a statuto ordinario di cui al comma 1“.
3. All’articolo 4 del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1º marzo 2005, n. 26, le parole: «entro il 30 aprile 2005» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 settembre 2005»
Il comma 1, novellando il comma 1 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 56/2000, sposta dal 1° gennaio 2005 al 1° gennaio 2006 il termine per la cessazione dei trasferimenti erariali connessi con l’attribuzione di funzioni e compiti alle regioni in attuazione del Capo I della legge 59/1997.
Contestualmente il comma 2, nel sostituire il comma 2 dell’articolo 6 del decreto legislativo n. 56 del 2000, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, le aliquote e compartecipazioni definitive assegnate alle regioni ai sensi del D.Lgs. n. 56/2000 (compartecipazione all’IVA, addizionale regionale all’IRPEF e compartecipazione al gettito dell’accisa sulle benzine), sono rideterminate esclusivamente al fine di assicurare la copertura connessi alle funzioni attribuite alle regioni a statuto ordinario in base alla legge n. 59/1997.
Il termine per la soppressione dei trasferimenti relativi al finanziamento delle funzioni attribuite alle regioni dalla legge n. 59/1997 era inizialmente fissato dall’articolo 6 del D.Lgs. 56/2000 a decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo al completamento del procedimento di identificazione delle risorse di cui all’articolo 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59. E’ stato successivamente spostato al 1° gennaio 2004 dall’articolo 30, comma 4, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002) e poi al 1° gennaio 2005 dall’articolo 11-bis del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004.
Il processo di attribuzione di funzioni e compiti alle regioni e agli enti locali avviato dal Capo I della Legge 59/1997 si è concluso con la determinazione e il trasferimento alle regioni e agli enti locali delle risorse necessarie per lo svolgimento delle funzioni stesse[92].
Come stabilito dall’articolo 7 del decreto legislativo 112/1998, le risorse sono state concretamente individuate e ripartite attraverso DPCM sulla base di accordi tra Governo, regioni ed enti locali, in sede di Conferenza unificata. Questo processo si è concluso, per la maggior parte delle funzioni, entro il 31 dicembre 2000.
Dopo tale data sono stati emanati alcuni DPCM correttivi e il DPCM 11 maggio 2001 di individuazione delle risorse in materia di agricoltura di cui al D.Lgs. 143/1997[93].
L’articolo 6, comma 1 del D.Lgs. n. 56/2000 esclude peraltro dai trasferimenti che saranno soppressi, le risorse relative alla materia del trasporto pubblico locale.
Il testo vigente del comma 2 dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 56/2000, come sostituito, da ultimo, dall’articolo 3 del D.L. n. 168/2004, stabilisce che, per l’anno 2005, nella determinazione delle aliquote e compartecipazioni di cui agli articoli 2 (compartecipazione all’IVA), 3 (aliquota dell’IRPEF a titolo di addizionale regionale all’imposta) e 4 (compartecipazione al gettito dell’accisa sulle benzine), si deve tenere conto delle risorse finanziarie destinate ad assicurare la copertura degli oneri connessi alle funzioni attribuite alle regioni a statuto ordinario.
La disposizione recata dal comma 2 in esame è intesa a coordinare la disposizione relativa al finanziamento delle funzioni trasferite alle regioni in attuazione della legge n. 59/1997 con la rideterminazione delle aliquote prevista, in via generale, dal decreto legislativo n. 56/2000 per il finanziamento della spesa sanitaria corrente e dei trasferimenti erariali soppressi.
L’applicazione di questa parte del decreto legislativo è infatti stata sospesa dal D.L. n. 314/2004 e il comma 3 dell’articolo in esame differisce ulteriormente il termine di sospensione.
Il comma 3,modificando l’articolo 4 del D.L. n. 314/ 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005, differisce dal 30 aprile 2005 al 30 settembre 2005 il termine di sospensione dell’applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56 che disciplinano la perequazione delle risorse[94]tra le regioni a statuto ordinario e che conseguentemente determinano la ripartizione tra le medesime regioni del gettito della compartecipazione all’IVA.
La sospensione riguarda sia le risorse da ripartire per l’anno 2005, sia le attribuzioni definitive e le compensazioni relative agli esercizi 2002-2004.
Al riguardo, l’articolo 4 del D.L. n. 314/2004 prevede altresì la sospensione dell’efficacia del D.P.C.M. 14 maggio 2004 con il quale, sulla base dei criteri dettati dal D.Lgs. n. 56/2000, è stata determinata in via definitiva la ripartizione della compartecipazione all’IVA relativa all’anno 2002.
Per quanto concerne gli esercizi 2003 e 2004, la disciplina di cui al D.Lgs. n. 56/2000 è stata applicata ai fini della determinazione delle quote versate a titolo di anticipazioni.
Il differimento al 30 settembre 2004 riguarda anche il termine entro il quale, ai sensi del citato articolo 4 del D.L. n. 314/2004 il Governo è tenuto ad approvare, previa intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni e province autonome, le proposte normative volte ad adeguare la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 56/2000 ai princìpi contenuti nel titolo V della Costituzione, nonché ad assicurare il rispetto delle disposizioni in materia contenute nelle leggi finanziarie.
L’articolo 4 del D.L. n. 314/2004 prevede, in ogni caso, che fino alla data stabilita per la sospensione dell’applicazionedella disciplina del D.Lgs. n. 56/2000, vale a dire fino al 30 settembre 2005, alle regioni a statuto ordinario siano erogate le anticipazioni di tesoreria necessarie ad assicurare, insieme con il gettito IRAP e con quello dell’addizionale regionale all’IRPEF, l’ordinato finanziamento della spesa sanitaria corrente. E’, in ogni caso fatta salva l’anticipazione alle regioni a statuto ordinario del 95% delle somme dovute a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, come previsto dalla legge finanziaria per il 2005 (comma 184, dell’articolo 1 della legge n. 311/2004).
Articolo 4-ter
(Indicazione del codice fiscale nelle
distinte
di versamento in tesoreria)
1. Gli enti pubblici di cui alle tabelle A e B annesse alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, che, ai sensi delle vigenti disposizioni, effettuano il versamento diretto dei tributi in Tesoreria sono tenuti ad indicare nelle relative distinte, ovvero sui titoli di spesa, il proprio codice fiscale; in mancanza di tale indicazione, le Tesorerie non possono accettare il versamento presso i propri sportelli.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai versamenti affluiti sui conti correnti postali delle Tesorerie.
L'articolo 4-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede l'indicazionedel codice fiscale nelle distinte di versamento dei tributi in Tesoreria da parte degli enti pubblici.
In particolare, il comma 1 prescrive a tutti gli enti pubblici, elencati alle tabelle A e B della legge 29 ottobre 1984, n. 720, che versano direttamente i tributi in Tesoreria, viene previsto l'obbligo di indicare il proprio numero di codice fiscale nelle distinte di versamento ovvero nei titoli di spesa.
Per garantire il rispetto della disposizione, viene quindi previsto che la mancata indicazione del codice fiscale impedisca l'accettazione dei versamenti da parte delle Tesorerie.
L'obbligo di indicazione del codice fiscale, ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame, non si applica tuttavia in relazione ai versamenti affluiti sui conti correnti postali delle Tesorerie.
Si ricorda che con la legge 29 ottobre 1984, n. 720, è stato istituito il sistema di tesoreria unica per enti e organismi pubblici. Detta legge ha fissato in particolare i criteri generali per l’istituzione del servizio di tesoreria unica e ha coordinato l’elenco degli enti sottoposti al sistema, rinviando per la sua attuazione a successivi decreti ministeriali. Gli enti sono individuati dalla tabelle A e B allegate alla legge stessa, più volte modificate e integrate.
Ai sensi dell’articolo 1 della citata legge n. 720 del 1984 gli istituti e le aziende di credito, tesorieri o cassieri degli enti e degli organismi pubblici di cui alla tabella A, effettuano, nella qualità di organi di esecuzione degli enti e degli organismi suddetti, le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.
Le entrate proprie dei predetti enti e organismi, costituite da introiti tributari ed extratributari, per vendita di beni e servizi, per canoni, sovracanoni e indennizzi, o da altri introiti provenienti dal settore privato, devono essere versate in contabilità speciale fruttifera presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato. Le altre entrate, comprese quelle provenienti da mutui, devono affluire in contabilità speciale infruttifera, nella quale devono altresì essere versate direttamente le assegnazioni, i contributi e quanto altro provenga dal bilancio dello Stato. Le operazioni di pagamento sono addebitate in primo luogo alla contabilità speciale fruttifera, fino all'esaurimento dei relativi fondi.
Per quanto riguarda invece gli enti di cui alla tabella B, essi – ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 720 del 1984 – sono soggetti alle disposizioni previste dall'articolo 40 della legge n. 119 del 1981 (in sintesi: limitazione alla possibilità di mantenere disponibilità depositate presso gli istituti di credito oltre una certa percentuale dell’ammontare delle entrate previste nel bilancio di competenza dell’ente).
Sulla materia è intervenuto l’articolo 34, comma 3, della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388 del 2000), il quale, novellando l’articolo 3 del D.P.R. n. 602 del 1973, ha previsto che le ritenute operate dagli enti pubblici di cui alle tabelle A e B annesse alla legge n. 720 del 1984 siano riscosse mediante versamento diretto alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.
Gli enti inclusi nelle citate tabelle A e B sono quelli indicati nelle tabelle allegate al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 ottobre 1999, sostitutive delle originarie tabelle A e B.
Con circolare 6 febbraio 2001, n. 7,del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per la finanza delle pubbliche amministrazioni, sono state individuate le modalità di versamento delle ritenute operate dagli enti pubblici in questione. In particolare la circolare prevede che per procedere ai versamenti il tesoriere dell'ente dovrà produrre l'apposito modello, unitamente alla distinta di versamento, recante l'indicazione del codice fiscale dell'ente versante.
Sembrerebbe pertanto che il contenuto della disposizione recata dall’articolo 4-ter in esame non avesse alcun effetto innovativo sostanziale, limitandosi a disciplinare a livello legislativo quanto già previsto in via amministrativa e a statuire l’irricevibilità del versamento in mancanza dell’indicazione prescritta.
1. Per le finalità di accelerazione della spesa in conto capitale di cui al comma 1 dell’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall’articolo 4, comma 130, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il CIPE, utilizzando anche le risorse rese disponibili per effetto delle modifiche dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, finanzia prioritariamente gli interventi inclusi nel programma per le infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, selezionati secondo i princìpi adottati dalla delibera CIPE n. 21/04 del 29 settembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 275 del 23 novembre 2004.
Il comma 1 dell’articolo 5 in esame autorizza il CIPE a finanziare, in via prioritaria, gli interventi inclusi nel programma per le infrastrutture strategiche, di cui alla legge n. 443/2001, al fine di accelerare la spesa in conto capitale a valere sugli stanziamenti dei fondi per le aree sottoutilizzate, ai sensi all’articolo 60, comma 1, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003).
Il finanziamento in via prioritaria deve pertanto rispondere a finalità di accelerazione della spesa in conto capitale, contemplate dal citato articolo 60, comma 1, come modificato dall’articolo 4, comma 130, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).
Il comma in esame dispone altresì che gli interventi ai quali è riconosciuta la priorità nel finanziamento dovranno essere selezionati secondo i principi adottati dalla delibera CIPE n. 21 del 29 settembre 2004.
L’articolo 60, comma 1, della legge n. 289/2002 ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate, di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (Fondo MAP) e ha disciplinato le modalità con cui il CIPE provvede ad allocare le risorse tra i due Fondi e tra i diversi strumenti di intervento finanziati a valere su di essi.
Il medesimo articolo 60, comma 1 ha altresì individuato i criteri in base ai quali il CIPE può procedere alla riallocazione delle risorse tra le diverse forme di intervento.
La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi deve essere deliberata in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari e alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione, tenendo, altresì conto, ai sensi dell’articolo 4, comma 130, lettera a), della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale[95].
In attuazione della normativa prevista dall’articolo 60, comma 1, della legge n. 289/2002, la delibera CIPE n. 19 del 29 settembre 2004 ha proceduto al riparto per il periodo 2004-2007 delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate, come determinate dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), riservando specifiche disponibilità alle finalità di accelerazione della spesa di cui all’articolo 4, comma 130, della legge n. 350/2003. In particolare, è stata riservata una quota pari a 1.130 milioni di euro all’accelerazione del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (cd “legge obiettivo”). Tale importo è stato articolato nel quadriennio 2004-2007, deliberando altresì di concentrare tali risorse nei settori dei trasporti e dell’acqua ed attribuendo alle risorse stesse carattere di aggiuntività rispetto alla dotazione finanziaria per l’attuazione del programma stesso.
Con la contestuale delibera CIPE n. 21 del 29 settembre 2004, è stata formalizzata la graduatoria degli interventi selezionati in base al criterio di "accelerazione della spesa", assegnando a tali interventi le risorse previste dalla delibera n. 19 nonché l’importo aggiuntivo di 200 milioni di euro reso disponibile dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Ai fini della selezione, come stabilito dalla delibera CIPE n. 21, il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno convenuto di affidare all’UVER (l’Unità di verifica degli investimenti pubblici) una ricognizione degli interventi previsti nel Programma di infrastrutture strategiche finalizzata a identificare, nell’ambito degli interventi localizzati nel Mezzogiorno, quelli suscettibili di registrare un avanzamento e una capacità di spesa significativa nel biennio 2004-2005 e pertanto da considerarsi eleggibili afinanziamento con le risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate.
La valutazione sull’eleggibilità degli interventi localizzati nel Mezzogiorno è stata espressa nel concorso delle seguenti condizioni:
§ rispondenza degli interventi stessi ai due criteri automatici della:
a) necessità di risorse finanziarie aggiuntive per la completa realizzazione del progetto,
b) capacità di produrre spesa negli anni 2004–2005 pari ad almeno un terzo del costo totale del progetto;
§ formulazione, da parte dell’UVER, di un giudizio positivo sul grado di affidabilità della stima delle spese.
Dalla relazione predisposta dell’UVER risultano eleggibili al finanziamento n. 27 interventi.
La graduatoria degli interventi è stata stabilita prendendo a riferimento un indicatore composito di accelerazione, appositamente elaborato, ottenuto come media ponderata di un indicatore di “redditività” (inteso quale rapporto tra la somma delle previsioni di spesa per gli anni 2004-2005 e il complesso delle risorse mancanti all’intervento), di un indicatore di “anticipazione” (inteso quale rapporto tra la spesa prevista nel 2004 e il totale della spesa prevista nel biennio 2004-2005) e di un indicatore di “spesa” (inteso quale logaritmo del valore assoluto della spesa totale prevista nel biennio 2004-2005), con pesi pari rispettivamente al 70%, al 10% e al 20%.
Il comma in esame prevede altresì che per il finanziamento degli interventi inclusi nel programma per le infrastrutture strategiche possano essere utilizzate anche le risorse della legge n. 488/1992, che si rendono disponibili per effetto della revisione dei meccanismi di attribuzione e concessione delle agevolazioni alle attività produttive, di cui alla legge n. 488, apportate dall’articolo 8 del provvedimento in esame (cfr. relativa scheda di lettura).
I nuovi principi dettati dal citato articolo 8 per la concessione degli incentivi alle imprese sono volti a sostituire i finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni.
E’ infatti previsto che il finanziamento a fondo perduto possa al massimo raggiungere la metà del finanziamento complessivo, che dovrà essere costituito per almeno il 50% da un prestito (con obbligo quindi di restituzione).
La quota erogata in forma di prestito dovrà constare, a sua volta, di due voci, di pari importo:
§ un prestito agevolato, alle condizioni che saranno fissate dal CIPE, e comunque ad un tasso di interesse annuo non inferiore allo 0,50%;
§ un prestito a tasso di mercato.
Dovrà inoltre essere garantito l'impegno creditizio dei soggetti che valutano positivamente le domande di ammissione alle agevolazioni e curano l'effettuazione dei rimborsi del prestito nelle sue due componenti.
Nel delineare inoltre i parametri che dovranno essere considerati ai fini della formazione delle graduatorie, la nuova disciplina dettata dall’articolo 8 del provvedimento in esame indica, fra gli altri, il criterio di privilegiare le istanze relative a investimenti per i quali sia meno elevata la quota di contributi a fondo perduto richiesta.
Il comma 6 dell’articolo 8 quantifica in complessivi 750 milioni di euro, di cui 225 milioni nel 2005, 355 milioni nel 2006 e 170 milioni nel 2007, le risorse derivanti dalla riforma degli incentivi alle imprese, che vengono destinate alla copertura degli interventi di cui all'articolo 5, comma 1, in esame.
A decorrere dal 2003, gli stanziamenti delle principali autorizzazioni di spesa per gli interventi nelle aree sottoutilizzate sono stati concentrati, ai sensi dell’articolo 61, comma 1 e dell’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/2002, in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero delle attività produttive.
Ai sensi dell’Allegato 1 della legge n. 289/2002, il Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia, di cui all’art. 61 della legge n. 289/2002 (c.d. Fondo MEF), è costituito dall’insieme delle risorse relative alle seguenti leggi:
a) legge n. 64/1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;
b) legge n. 208/1998, art. 1, co. 1, Intervento ordinario nelle aree depresse (istitutiva del Fondo aree depresse);
c) legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;
d) legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;
e) legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.
Ai sensi del comma 217 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004, l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’Allegato 1 della legge n. 289/2002, è stato esteso anche:
- alle agevolazioni concesse ai sensi dei commi 215-216 dell’art. 1 della medesima legge n. 311/2004, per favorire l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate;
- agli interventi previsti dai commi da 219-220 della legge n. 311/2004, che dispongono finanziamenti all'Istituto italiano per gli studi storici e all'Istituto italiano per gli studi filosofici per attività di ricerca e formazione per la promozione dell'integrazione europea e mediterranea del Mezzogiorno.
Il Fondo è annualmente rifinanziato in Tabella D della legge finanziaria e ripartito, tra gli interventi previsti dalle suddette disposizioni legislative, con apposite delibere del CIPE.
IlFondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP, di cui all’articolo 60, comma 3), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:
a) alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;
b) agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998 (ex Fondo aree depresse).
Poiché nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non risulta ancora iscritto uno specifico capitolo di bilancio relativo al Fondo MAP, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata destinate alle aree sottoutilizzate sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese. Le risorse destinate alle aree sottoutilizzate iscritte nell’ambito del Fondo incentivi alle imprese sono ripartite con delibere del CIPE.
In particolare, è attribuita al CIPE la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione aggiuntiva annuale di ciascuno dei due Fondi tra gli interventi in essi compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due fondi trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
Da ultimo, con la delibera n. 19 del 29 settembre 2004 il CIPE ha stabilito il riparto per il periodo 2004-2007 delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate, come determinate dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), per un importo complessivo di 12.291 milioni di euro, di cui 917 milioni per il 2004, 3.530 milioni per il 2005, 5.471 milioni per il 2006 e 2.373 milioni per il 2007.
Con la successiva delibera CIPE n. 20 del 29 settembre 2004, sono state ripartite le risorse per gli investimenti pubblici stabilite dalla delibera n. 19, per un importo complessivo di 4.582 milioni di euro nel quadriennio 2004-2007.
Come sopra ricordato, la delibera CIPE n. 21 del 29 settembre 2004 ha ripartito le risorse destinate al programma di infrastrutture strategiche, per un importo complessivo di 1.130 milioni di euro nel quadriennio 2004-2007.
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
2. Il CIPE destina una quota del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, al finanziamento di interventi che, in coerenza con le priorità strategiche e i criteri di selezione previsti dalla programmazione comunitaria per le aree urbane, consentano di riqualificare e migliorare la dotazione di infrastrutture materiali e immateriali delle città e delle aree metropolitane in grado di accrescerne le potenzialità competitive.
3. L’individuazione degli interventi strategici di cui al comma 2 effettuata, valorizzando la capacità propositiva dei comuni, sulla base dei criteri e delle intese raggiunte dai Ministeri dell’economia e delle finanze e delle infrastrutture e dei trasporti, da tutte le regioni interessate, da rappresentanti dei Comuni e dal partenariato istituzionale ed economico-sociale a livello nazionale, come previsto dal punto 1.1 della delibera CIPE n. 20/04 del 29 settembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 265 dell’11 novembre 2004.
I commi 2 e 3 dispongono in merito alla destinazione di una quota del fondo per le aree sottoutilizzate ad interventi di riqualificazione e miglioramento della dotazione infrastrutturale delle aree urbane e sono finalizzati a rendere permanente l’esperienza già realizzata in attuazione del comma 1 dell’articolo 60 della legge n. 289 del 2003 con le delibere CIPE emanate in data 29 settembre 2004 (in questo caso il riferimento è alle Delibere n. 19 e n. 20).
Il comma 2, in particolare, prevede che il CIPE destini una quota del Fondo per le aree sottoutilizzate al finanziamento di interventi che consentono di riqualificare e migliorare le infrastrutture materiali e immateriali delle città e delle aree metropolitane al fine di accrescerne le potenzialità competitive.
Si osserva che il comma 2 non specifica l’entità della quota del Fondo riservata alla realizzazione degli interventi in questione.
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e per gli anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
Si segnala, inoltre, che la norma prevede che gli interventi finanziabili con la suddetta quota debbano essere coerenti con la programmazione comunitaria per le aree urbane
In merito a tale punto, e, più in generale, alla destinazione delle risorse, si osserva che la norma sembra – anche in questo caso – finalizzata a rendere permanente l’esperienza già realizzata in attuazione del comma 1 dell’articolo 60 della legge n. 289 del 2003 con le delibere CIPE emanate in data 29 settembre 2004 (in questo caso il riferimento è alle Delibere n. 19 e n. 20).
Si ricorda in proposito che la Delibera CIPE n. 19 del 29 settembre 2004 – in attuazione degli articoli 60 e 61 della legge finanziaria 2003 – ha provveduto alla ripartizione dei fondi per le aree sottoutilizzate, destinando una quota di 207 milioni di euro “secondo la chiave di riparto consolidata[96], nell'àmbito della legge n. 208/1998, per l'accelerazione di interventi nelle città e nelle aree metropolitane del Mezzogiorno. Le regioni sono chiamate a programmare tali risorse aggiuntive, in consonanza con le priorità strategiche e i criteri di selezione, coerenti con la programmazione comunitaria per le aree urbane”. La stessa delibera prevedeva poi che tali criteri fossero definiti entro il 30 novembre 2004, “previo confronto, promosso dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione, fra le regioni e il partenariato istituzionale ed economico-sociale a livello nazionale, garantendo la qualità degli interventi, il carattere aperto nel loro processo di selezione, nonché la valorizzazione della capacità propositiva dei comuni”.
Si osserva che tali previsioni sembrano in gran parte riprese nei commi 2 e 3 in commento.
La Delibera CIPE n. 20, emanata nella stessa data, ha provveduto a ripartire le assegnazioni, fra le quali l’importo di 207 milioni di euro, assegnato ai progetti accelerati in Aree urbane per le regioni del Mezzogiorno.
Si osserva infine che l’articolo 9 del disegno di legge di competitività (AC 5376) (cd “legge obiettivo per le città”), al comma 1 disciplina una procedura volta a definire l’attuazione di interventi di riqualificazione in ambiti urbani e territoriali di area vasta, strategici e di preminente interesse nazionale attraverso l’approvazione di piani presentati dai Comuni, la cui finalità è quella di aumentare le potenzialità competitive a livello nazionale ed internazionale degli ambiti stessi.
La lettera a) del comma 2 fa poi esplicito riferimento all’incremento della dotazione di infrastrutture, anche immateriali, e di servizi, mentre il comma 11 dello stesso articolo prevede che agli interventi previsti siano finanziati attraverso le risorse stanziate annualmente per le infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443.
Occorrerebbe quindi verificare l’opportunità di un coordinamento fra le disposizioni in commento e quelle contenute nel disegno di legge AC 5376.
Il comma 3 dispone in merito alla procedura di individuazione degli interventi eleggibili per il finanziamento.
Tale individuazione si effettua secondo i seguenti criteri:
§ attraverso appositi programmi regionali;
§ valorizzando le capacità propositive dei Comuni;
§ sulla base di criteri e di intese definiti tra diversi soggetti, sia in rappresentanza di amministrazioni centrali dello Stato, sia espressione delle autonomie territoriali: i Ministri dell'economia e delle infrastrutture, le Regioni interessate, i rappresentanti dei Comuni. Inoltre, la definizione delle suddette intese e dei suddetti criteri dovrà coinvolgere anche il parternariato istituzionale ed economico-sociale a livello nazionale, come previsto dal punto 1.1 della Delibera CIPE n. 20 del 29 settembre 2004.
Si osserva che, mentre la disposizione sembra non ambigua nel richiedere l’intesa dei soggetti espressamente indicati, non appare altrettanto chiara in merito all’atto con il quale dovranno essere (previamente) definiti i criteri di selezione.
Quanto al partenariato istituzionale ed economico-sociale – strumento di cooperazione delle amministrazioni centrali e territoriali per la programmazione degli interventi dei Fondi strutturali per gli anni 2000-2006 - si ricorda che esso è stato istituito dal punto 4 della Delibera CIPE n. 71 del 14 maggio 1999. Si ricorda, inoltre, che, nella primavera del 2004, è stato presentato il documento “Orientamenti ai risultati e consolidamento della modernizzazione istituzionale: quattro nuove azioni per il 2004-2008”, concordato nell’ambito del partenariato istituzionale ed economico-sociale, che ha orientato la revisione di metà percorso dei programmi comunitari 2000-2006.
Infine, si ricorda che il citato punto 1.1 della Delibera n. 20 prevede che, al fine di orientare la programmazione da parte delle regioni meridionali delle risorse aggiuntive in consonanza con le priorità strategiche e con la programmazione comunitaria per le aree urbane, il Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione promuoverà un tavolo inter-istituzionale composto da tutte le regioni interessate, da rappresentanti dei comuni nelle suddette regioni e dal partenariato istituzionale ed economico-sociale a livello nazionale, per l’approvazione, entro il 30 novembre 2004 (come disposto dalla citata Delibera n. 19) dei criteri e delle procedure vincolanti che le regioni applicheranno per la selezione degli interventi. Inoltre, lo stesso punto della Delibera disponeva, in merito alle risorse ivi assegnate, che - per assicurare l'obiettivo di accelerazione - ogni intervento selezionato avrebbe dovuto prevedere, per il biennio 2004-2005, una spesa pari ad almeno l'80% delle risorse disponibili per detto periodo e che gli accordi di programma quadro, o i protocolli aggiuntivi, relativi all'attivazione di questi interventi avrebbero dovuto essere stipulati entro il 28 febbraio 2005. La mancanza di quest’ultimo requisito avrebbe determinato il rientro delle relative risorse nella disponibilità del CIPE, e la riprogrammazione per altre finalità.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
L’11 febbraio 2004 la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60), prima fase nell’elaborazione della strategia (prevista per l’estate 2005) volta a migliorare la qualità e le prestazioni ambientali delle aree urbane.
L’obiettivo è contribuire a livello comunitario alla definizione di un solido quadro di riferimento per promuovere iniziative locali basate sulle migliori pratiche, lasciando la scelta delle soluzioni e degli obiettivi ai responsabili locali. L’elemento fondamentale di questo quadro di riferimento è l’obbligo per le capitali e gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100 mila abitanti (ossia le 500 maggiori città dell’UE) di adottare un piano di gestione dell’ambiente urbano che stabilisca gli obiettivi da conseguire per dar vita ad un ambiente urbano sostenibile, e di introdurre un apposito sistema di gestione ambientale per assicurare l’esecuzione del piano. Tali città dovranno inoltre elaborare e attuare un piano di trasporto urbano sostenibile. A tal fine la Commissione ritiene che possano essere stabiliti specifici obblighi a livello comunitario.
La comunicazione considera prioritaria, tra l’altro, l’edilizia sostenibile, preannunciando che la Commissione metterà a punto una metodologia comune per valutare la sostenibilità complessiva degli edifici e dell’ambiente costruito, che si applicherà anche ai progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici o a ristrutturazioni importanti degli edifici esistenti.
Il Consiglio ambiente ha adottato, il 14 ottobre 2004, conclusioni sulla comunicazione nelle quali, fra l’altro:
§ ritiene che le azioni nell’ambito della strategia sull’ambiente urbano dovrebbero contribuire alla riduzione dell’inquinamento dell’aria e dell’inquinamento sonoro;
§ invita la Commissione:
§ a riesaminare la giustificazione per i proposti obblighi relativi ad un piano di gestione ambientale, ad un sistema di gestione ambientale e ad un piano di trasporto urbano sostenibile, alla luce del principio di sussidiarietà e delle attuali legislazioni e procedure a livello comunitario e nazionale;
§ a considerare ulteriormente la proposta applicazione di questi eventuali obblighi alle capitali e alle città con più di 100 mila abitanti;
§ a esaminare il “metodo di coordinamento aperto” al fine di assicurarne la fattibilità per l’attuazione della strategia tematica sull’ambiente urbano.
La Commissione, nel suo programma di lavoro per il 2005, annuncia la presentazione della strategia tematica sull’ambiente urbano e le zone di consumo e produzione sostenibili ad esso correlate.
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di cinque proposte[97] relative al rinnovo del quadro legislativo per la riforma della politica di coesione nel periodo di programmazione 2007-2013[98].
In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle attuali iniziative, tra cui l’iniziativa URBAN[99] sarà integrato nelle priorità dei suddetti nuovi obiettivi. In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), i cui interventi saranno concentrati sugli obiettivi “Competitività e occupazione regionale” e “Cooperazione territoriale”, riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriale delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana. Inoltre a tali zone potrebbero essere delegati poteri diretti[100].
Le proposte verranno esaminate dal Parlamento europeo in prima lettura nella sessione del 5 luglio 2005. Il Consiglio non ne ha ancora iniziato l’esame.
Articolo 5, comma 4
(Project financing)
4. Per la realizzazione di infrastrutture con modalità di project financing possono essere destinate anche le risorse costituenti investimenti immobiliari degli enti previdenziali pubblici.
Il comma 4 prevede che, per la realizzazione di infrastrutture con modalità di project financing, possano essere destinate risorse costituenti investimenti immobiliari degli enti previdenziali pubblici.
La norma, che non risulta di facile interpretazione, in quanto nelle opere realizzate in project financing le risorse utilizzate sono normalmente di origine privata, non viene illustrata nella relazione che accompagna il provvedimento.
Il comma sembrerebbe comunque disporre la possibilità di ampliare le forme di utilizzo degli investimenti immobiliari degli enti previdenziali ammesse dalle norme vigenti.
Infatti, ai sensi della normativa vigente (articolo 11 del D.Lgs. 104 del 1996) tali investimenti degli enti previdenziali pubblici, fatti salvi i piani di investimento già stabiliti e gli acquisti di immobili adibiti a uso strumentale, sono realizzati esclusivamente in via indiretta, in particolare tramite la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari e partecipazioni minoritarie in società immobiliari, nel rispetto delle disposizioni previste da specifiche norme in materia di impiego di parte dei fondi disponibili per finalità di pubblico interesse. Gli investimenti devono essere diversificati, in modo da minimizzare il rischio. In nessun caso la partecipazione può riguardare il capitale delle società indipendenti di gestione dei beni immobili e delle società di intermediazione immobiliare. L'individuazione dei fondi di investimento immobiliare e delle società immobiliari è motivata con le specifiche caratteristiche di solidità finanziaria, specializzazione e professionalità dei contraenti prescelti.
Il comma 4 del medesimo articolo 11, come modificato dall’articolo 38, comma 4, della Legge 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), prevede poi che gli enti previdenziali possano destinare una parte dei fondi disponibili, fino ad un tetto massimo del 15%, secondo le modalità definite dallo stesso Decreto, all’acquisto di immobili da destinare a finalità di interesse pubblico, con particolare riguardo per i settori della sanità, dell’istruzione e della ricerca.
Si ricorda che l’art. 1, comma 449, della Legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) prevede l’approvazione, da parte del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, dei piani di investimento immobiliare deliberati dall’INAIL e l’emanazione di un apposito decreto annuale del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia, previo parere dei Ministri della salute e dell’istruzione, volto ad individuare le finalità dei medesimi investimenti
Si ricorda che la disciplina del project financing, introdotta nel nostro ordinamento nel 1998 (legge n. 415/1998, cd “Merloni ter” che ha introdotto gli artt. 37-bis–37-quater della legge n. 109/1994), ha lo scopo di favorire il ricorso alla particolare forma di realizzazione di lavori pubblici denominata concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici quale strumento attraverso cui convogliare capitali privati nella realizzazione di opere pubbliche[101].
Le disposizioni sulla finanza di progetto, in particolare, intervengono sulla fase dell’iniziativa del procedimento (prima dell’innovazione normativa introdotta dalla legge n. 415 era infatti solo l’amministrazione aggiudicatrice che dava avvio alla procedura che si concludeva con il contratto di concessione di costruzione e gestione).
Le nuove regole sul project financing hanno attribuito al privato – che nello schema del contratto di concessione di costruzione e gestione copre i costi di realizzazione dell’opera - anche una funzione decisiva di individuazione e di proposta di opere pubbliche (o di pubblica utilità) realizzabili attraverso il ricorso alla concessione di costruzione e gestione. L’articolo 37-bis disciplina, infatti, la figura del “promotore”, quale soggetto privato che presenta alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità (che comunque devono essere stati previamente inseriti nella programmazione triennale delle opere effettuata dalla stessa amministrazione). Le proposte devono contenere uno studio di inquadramento territoriale e ambientale, uno studio di fattibilità, un progetto preliminare, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito. Tale presentazione non determina, in capo alle amministrazioni, alcun obbligo di esame e valutazione, né (ovviamente) di realizzazione dell’opera. Le amministrazioni – tuttavia - possono adottare, nell'àmbito dei propri programmi, le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse. Per le proposte valutate di pubblico interessel’amministrazione procede all’avvio di una procedura di aggiudicazione in concessione di costruzione e gestione mediante gara (art. 37-quater), con il solo obbligo (nei confronti del promotore) di porre la proposta dello stesso a base di gara.
Si ricorda che, alla disciplina della finanza di progetto è strettamente connessa anche quella della società di progetto (art. 37-quinquies) che ha lo scopo di fornire un modello societario più flessibile e aderente alle esigenze finanziarie del soggetto privato che dovrà garantire la realizzazione dell’opera. Infatti la normativa vigente prevede che il bando di gara per l'affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere che l'aggiudicatario ha la facoltà, dopo l'aggiudicazione, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. La società così costituita diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione.
5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, possono essere dichiarati interventi infrastrutturali strategici e urgenti, ai sensi dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e delle disposizioni del presente articolo, le opere ed i lavori previsti nell’ambito delle concessioni autostradali già assentite, anche se già non inclusi nel primo programma delle infrastrutture strategiche, approvato dal CIPE con la delibera n. 121/01 del 21 dicembre 2001, pubblicata nel supplìmento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 21 marzo 2002, la cui realizzazione o il cui completamento sono indispensabili e di rilevante impatto per lo sviluppo economico del Paese.
6. Per le opere ed i lavori di cui al comma 5, le stazioni appaltanti procedono alla realizzazione applicando la normativa comunitaria in materia di appalti di lavori pubblici e, anche soltanto per quanto concerne le procedure approvative ed autorizzative dei progetti qualora dalle medesime stazioni appaltanti, previo parere dei commissari straordinari ove nominati ritenuto eventualmente più opportuno, le disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni. Sono fatti salvi, relativamente alle opere stesse, gli atti ed i provvedimenti già formati o assunti, ed i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto che le stazioni appaltanti, previo parere dei commissari straordinari ove nominati, ritengano eventualmente più opportuno, ai fini della celere realizzazione dell’opera proseguire e concludere in luogo dell’avviare un nuovo procedimento ai sensi del predetto decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 e successive modificazioni.
7. Per le opere di cui al comma 5, si può procedere alla nomina di un Commissario straordinario al quale vengono conferiti i poteri di cui all’articolo 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni. I Commissari straordinari sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Presidente della Regione interessata, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, tra soggetti in possesso di specifica professionalità, competenza ed esperienza maturata nel settore specifico della realizzazione di opere pubbliche, provvedendo contestualmente alla conferma o alla sostituzione dei commissari straordinari eventualmente già nominati.
8. I Commissari straordinari seguono l’andamento delle opere, svolgono le funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190. Essi esercitano i poteri loro attribuiti ai sensi del presente articolo qualora le procedure ordinarie subiscano rallentamenti, ritardi o impedimenti di qualsiasi natura e genere, o comunque si verifichino circostanze tali da determinare rallentamenti, ritardi o impedimenti per la realizzazione delle opere o nella fase di esecuzione delle stesse, dandone comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
9. Soppresso
10. Gli enti preposti al rilascio delle ulteriori autorizzazioni e dei permessi necessari alla realizzazione o al potenziamento dei terminali di rigassificazione in possesso di concessione rilasciata ai sensi delle norme vigenti o autorizzati ai sensi dell’articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340 e dichiarati infrastrutture strategiche nel settore gas naturale ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443, sono tenuti ad esprimersi entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di inerzia o di ingiustificato ritardo il Ministero delle Attività produttive, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e con le ordinarie risorse di bilancio, provvede senza necessità di diffida alla nomina di un commissario «ad acta» per gli adempimenti di competenza.
11. Nell’esercizio dei poteri e compiti ai medesimi attribuiti ai sensi del presente articolo, i Commissari straordinari provvedono, nel limite dell’importo approvato per l’opera dai soggetti competenti alla relativa realizzazione, anche in deroga alla normativa vigente nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e della normativa comunitaria. Per assicurare il rispetto della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, il Commissario acquisisce il parere delle competenti amministrazioni, che deve essere espresso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Commissario procede comunque nella esecuzione dell’opera. Qualora rallentamenti, ritardi o impedimenti di qualsiasi natura e genere siano tali da non consentire il rispetto dei tempi per la realizzazione completa dell’opera e da determinare un grave pericolo per l’economia e per la sicurezza e incolumità pubbliche, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, può deliberare lo stato di emergenza ai sensi dell’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, conferendo al Commissario i relativi poteri, sentita la Regione o le Regioni interessate. I provvedimenti emanati in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle trincipali norme cui si intende derogare e devono essere motivati.
12. Nei casi di risoluzione del contratto di appalto disposta dalla stazione appaltante ai sensi degli articoli 118, 119 e 120 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, l’appaltatore deve provvedere al ripiegamento dei cantieri già allestiti e allo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine a tale fine assegnato dalla stessa stazione appaltante; in caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d’ufficio addebitando all’appaltatore i relativi oneri e spese. La stazione appaltante, in alternativa alla esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d’urgenza comunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, può depositare cauzione in conto vincolato a favore dell’appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all’articolo 30, comma 2-bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, pari all’uno per cento del valore del contratto. Resta fermo il diritto dell’appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.
12-bis. In deroga al comma 1-ter dell’articolo 10 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, le stazioni appaltanti, in caso di fallimento dell’appaltatore o di risoluzione del contratto per grave inadempimento del medesimo, possono interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori. Si procede all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta, escluso l’originario aggiudicatario.
12-ter. L’affidamento avviene alle medesime condizioni economiche già proposte in sede di offerta dal soggetto progressivamente interpellato, sino al quinto migliore offerente in sede di gara.
12-quater. In caso di fallimento o di indisponibilità di tutti i soggetti interpellati ai sensi dei commi 12-bis e 12-ter, le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento del completamento dei lavori mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando, in deroga alla normativa vigente – ivi inclusi gli articoli 2, 10, commi 1-ter e 1-quater 19, 20, 21, 23, 24 e 29 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni – nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento e della normativa comunitaria. L’affidamento con procedura negoziata avviene mediante gara informale, sulla base del progetto originario eventualmente modificato o integrato per effetto di varianti che si fossero rese nel frattempo necessarie, alla quale devono essere invitati almeno dieci concorrenti. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 20 agosto 2002 n. 190, e successive modificazioni.
12-quinquies. Qualora il fallimento dell’appaltatore o la risoluzione del contratto per grave inadempimento del medesimo intervenga allorché i lavori siano già stati realizzati per una percentuale non inferiore al 70 per cento, e l’importo netto residuo dei lavori non superi i 3 milioni di euro le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento del completamento dei lavori direttamente mediante la procedura negoziata senza pubblicazione di bando di cui al comma 12-quater.
13. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono stabiliti i criteri per la corresponsione dei compensi spettanti ai Commissari straordinari di cui al comma 7. Alla corrispondente spesa si farà fronte utilizzando i fondi stanziati per le opere di cui al comma 5.
I commi 5 e 6 dell’articolo in esame, nel testo emendato dal Senato, prevedono la possibilità di assoggettare alla disciplina delle cd. opere strategiche - recata dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. legge obiettivo) e dal relativo decreto delegato n. 190/2002 – le opere ed i lavori previsti nell’ambito delle concessioni autostradali già assentite, anche se non inclusi nel primo programma delle infrastrutture strategiche (approvato dal CIPE con la delibera n. 121/2001[102]), la cui realizzazione o il cui completamento sono indispensabili per lo sviluppo economico del Paese.
In base al comma 5 – infatti - tali opere e lavori possono essere dichiarati interventi infrastrutturali strategici e urgenti, ai sensi dell’articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443, e delle disposizioni del presente articolo, con D.P.C.M. emanato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
In base al successivo comma 6 viene poi concesso alle stazioni appaltanti di provvedere all’applicazione della disciplina speciale per le opere strategiche alle opere e ai lavori di cui al comma 5 solo qualora ritenuto più opportuno.
Si fa notare che nel testo originario del D.L. sia la dichiarazione prevista dal comma 5 sia l’applicazione della disciplina speciale per le opere strategiche ai lavori ed alle opere del comma 5 prevista dal comma 6 erano considerati obbligatori. Le modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato hanno attenuato il tenore delle disposizioni recate dai commi 5 e 6 sostituendo gli obblighi ivi previsti con mere facoltà.
Nella relazione illustrativa si legge che tali disposizioni sono “finalizzate a permettere un’accelerazione nella realizzazione … degli interventi relativi alle concessioni autostradali il cui iter di approvazione sia già completato”.
Si segnala che l’estensione della disciplina speciale per le opere strategiche a tutte le opere stradali è stata recentemente auspicata da alcuni osservatori e operatori del settore nell’ambito dell’indagine conoscitiva sullo stato e sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale attualmente in corso presso le Commissioni riunite VIII (Ambiente) e IX (Trasporti)[103].
Le disposizioni della legge n. 443 del 2001 e del relativo decreto delegato n. 190 del 2002 hanno introdotto nell’ordinamento nazionale una disciplina specifica per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale, con la finalità di pervenire ad una programmazione annuale degli interventi; di accelerare le procedure amministrative ed incentivare l’afflusso di capitali privati.
Per quanto riguarda la programmazione essa è affidata al Governo, ma nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, che la esercita in sede di elaborazione del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF).
Dal punto di vista procedimentale, le maggiori novità sono state introdotte dall’art. 3 del D.Lgs. n. 190 che, in conformità alle previsioni della legge delega, provvede a snellire ed accelerare le procedure di autorizzazione che precedono la realizzazione di un'opera (iter di progettazione, localizzazione e valutazione d’impatto ambientale). Rispetto all’ordinario iter autorizzatorio previsto dalla legge quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994, viene anticipata alla fase della progettazione preliminare (anziché a quella della progettazione definitiva) il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), di intesa Stato-Regioni sulla localizzazione dell’opera e l'individuazione di un esatto limite di spesa, comprensivo, eventualmente, delle misure compensative dell'impatto territoriale a favore delle comunità locali (art. 3). Vengono previsti, inoltre, tempi massimi per le varie fasi della progettazione e modificata la disciplina della conferenza di servizi (art. 4), nonché introdotte specifiche deroghe alla vigente disciplina in materia di aggiudicazione di lavori pubblici e di realizzazione degli stessi finalizzate a favorire il contenimento dei tempi (art. 10) e, infine, vengono fissate diverse previsioni in materia di contenzioso davanti al giudice amministrativo volte, tra l’altro, ad accelerare la definizione di eventuali liti giudiziarie (art. 14).
Per quanto riguarda, infine, l’aspetto finanziario della nuova disciplina, questa ha il chiaro intento di favorire – attraverso le modifiche del quadro normativo – l’afflusso di capitali privati al finanziamento delle grandi opere pubbliche. Al conseguimento di tale finalità sono da connettere le modifiche della disciplina del project financing contenuta negli artt. 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge n. 109 del 1994, le modifiche alla normativa sulle concessioni, nonché l’introduzione di una disciplina del contraente generale, fra i cui requisiti si indica “l’assunzione dell’onere relativo all’anticipazione temporale del finanziamento necessario alla realizzazione dell’opera in tutto o in parte”.
In Italia il servizio di mobilità autostradale è gestito ricorrendo prevalentemente all’istituto della concessione di costruzione e gestione, disciplinato dall’art. 19, comma 2 e seguenti, della legge quadro in materia di lavori pubblici (legge n. 109 del 1994), nonché dagli artt. 84-87 del relativo regolamento di attuazione recato dal D.P.R. n. 554 del 1999[105].
Si ricorda, infatti, che dei 6.500 km. di autostrade che compongono la rete autostradale italiana, circa 5.600 km. sono dati in concessione a società che esercitano la gestione sulla base di una concessione con ANAS S.p.A., mentre sui restanti 900 km. (che, considerando anche i raccordi autostradali, diventano 1.341 km.) l’Anas S.p.A. mantiene la gestione diretta.
Attualmente il panorama delle concessionarie autostradali in Italia è rappresentato dalle 25 società elencate nella tabella seguente, ove per ognuna di esse vengono indicati i km. di autostrada che esse hanno in esercizio, i km. in costruzione, nonché l’entità (sempre espressa in km.) delle nuove tratte programmate[106].
Fonte: AISCAT, Autostrade in cifre, 2003
Il rinnovo degli atti convenzionali autostradali ai sensi dell’art. 11 della legge n. 498/92 è avvenuto per la maggioranza delle società nell’anno 2000, ed ha comportato il recepimento di alcune innovazioni regolamentari tese a realizzare:
§ il potenziamento della rete infrastrutturale finalizzato al miglioramento degli standard di sicurezza e del servizio offerto agli utenti;
§ la semplificazione delle procedure approvative;
§ la risoluzione del contenzioso pendente tra concessionario e concedente;
§ l’intensificazione del sistema di controlli da parte dell’ente concedente;
§ l’affermazione della natura privatistica del settore.
Negli atti convenzionali sono stati proposti anche programmi di investimento da porre in essere secondo una dettagliata scansione temporale.
Nel volume “Le autostrade italiane tra sviluppo e concorrenza: il ruolo dell’ANAS”, da pag. 44 viene fornita la situazione, aggiornata al 2003, di ognuna delle concessioni indicate. Ulteriori informazioni sono state fornite nel corso dell’indagine conoscitiva sullo stato e sulle prospettive di sviluppo del settore autostradale (Commissioni riunite VIII - Ambiente e IX -Trasporti), dal Presidente dell’Anas S.p.A., Vincenzo Pozzi, e dal Viceministro delle infrastrutture, Ugo Martinat, rispettivamente nelle sedute del 27 aprile e del 4 maggio 2004. In particolare, il Presidente Pozzi nel corso dell’audizione ha fornito, tra l’altro, la seguente tabella di sintesi sullo stato e sulla scadenza delle concessioni:
Infine, si ricorda, che nella seduta del 18 maggio 2004, i rappresentati dall’Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT) hanno illustrato un documento[107], allegato al resoconto della seduta, in cui vengono illustrati i piani di investimento delle concessionarie autostradali: per ognuna di esse vengono indicati gli interventi previsti ai sensi degli strumenti convenzionali vigenti ed il relativo impegno previsto in milioni di euro.
Il comma 6 prevede, nel testo emendato al Senato, che per le opere ed i lavori di cui al comma 5, le stazioni appaltanti (e non i soggetti competenti, come invece prevedeva originariamente il D.L.) procedono alla realizzazione applicando:
§ la normativa comunitaria in materia di appalti di lavori pubblici;
Si ricorda che la normativa comunitaria in materia di lavori pubblici recepita nell’ordinamento nazionale è rappresentata dalla direttiva 93/37/CE[108], di cui tuttavia viene prevista l’abrogazione - a decorrere dal 31 gennaio 2006 – dall’art. 82 della recente direttiva 2004/18/CE, che rappresenta la nuova normativa quadro europea in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.
Si rammenta, in proposito, che l’art. 25 del disegno di legge comunitaria 2004[109] (approvato definitivamente dal Senato ma non ancora pubblicato in G.U.) delega il Governo ad emanare un decreto legislativo di recepimento della citata direttiva 2004/18/CE entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
§ le disposizioni recate dalla legge n. 443 del 2001, anche soltanto per quanto concerne le procedure approvative ed autorizzative dei progetti, qualora ritenuto più opportuno dalla medesima stazione appaltante (previo parere dei commissari straordinari, ove nominati);
Viene inoltre previsto che siano fatti salvi, relativamente alle opere stesse:
§ gli atti ed i provvedimenti, già formati o assunti;
§ i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, che le stazioni appaltanti (previo parere dei commissari straordinari, ove nominati), ritengano eventualmente più opportuno, ai fini della celere realizzazione dell’opera, proseguire e concludere in luogo dell’avviare un nuovo procedimento ai sensi del “predetto” D.Lgs. n. 190 del 2002.
Si segnala che nel testo emendato si fa riferimento al “predetto” decreto legislativo n. 190 che veniva citato nel testo originario, ma non più nel nuovo testo sostitutivo dell’intero comma. Sembrerebbe pertanto opportuno sopprimere il termine “predetto”.
Si fa notare che nel testo originario del D.L. venivano fatti salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto purché destinati a concludersi entro trenta giorni. La nuova formulazione, invece, non ancora più il salvataggio dei procedimenti in corso al loro stato di avanzamento ma unicamente alla valutazione – affidata alla stazione appaltante – del fatto che, se proseguiti, possono consentire la realizzazione dell’opera in tempi minori rispetto a quelli che deriverebbero dall’avvio di un nuovo procedimento disciplinato dalle norme del D.Lgs. n. 190 del 2002.
I commi 7, 8, 11 e 13 prevedono la possibilità di istituire la nuova figura del commissario straordinario per le opere autostradali.
In merito ai compiti attribuiti, egli esercita le funzioni previste per il commissari straordinari della “legge obiettivo” (art. 2, comma 5 del decreto legislativo attuativo n. 190 del 2002), cioè di indirizzo e coordinamento e, nel caso in cui i lavori subiscano rallentamenti, ritardi o impedimenti di qualsiasi natura, esercita anche i poteri speciali attribuiti ai commissari del decreto “sbloccantieri” (art. 17 del decreto legge n. 67 del 1997).
Inoltre, a seguito di alcune modifiche apportate al comma 11 nel corso dell’iter al Senato, potrà svolgere, ma solo nel caso in cui i ritardi costituiscano un grave pericolo per l’economia e per la sicurezza e incolumità pubbliche, anche i poteri emergenziali tipici della protezione civile.
Il comma 7,nel testo sostituito nel corso dell’iter al Senato, dispone la possibilità di nominare, per gli interventi relativi alle concessioni autostradali già assentite di cui al comma 5, un Commissario straordinario, al quale vengono conferiti i poteri di cui all'art. 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, e successive modificazioni.
Le modifiche introdotte nel corso dell’esame al Senato hanno quindi attenuato il tenore delle disposizioni recate dal comma 7, sostituendo l’obbligo di nomina ivi previsto con una mera facoltà.
Si fa osservare, inoltre, che la formulazione originaria esplicitava che per “ciascuna” delle opere autostradali dovesse essere nominato un commissario, mentre la formulazione attuale non precisa in tal senso consentendo la nomina anche di un solo commissario per più opere (vedi anche i periodi aggiuntivi al comma 11 introdotti anch’essi nel corso dell’iter al Senato, in cui si fa appunto riferimento, genericamente, alla figura del commissario straordinario).
La relazione illustrativa al ddl di conversione precisa che la finalità della nomina di tali commissari è quella “di evitare o rimuovere gli ostacoli o ritardi per la realizzazione delle opere o nella fase di esecuzione delle stesse”.
Si ricorda, innanzitutto, che la figura del commissario straordinario è stata introdotta, appunto, dall’art. 13 del decreto legge n. 67 del 1997, provvedimento divenuto noto con il nome di «sbloccacantieri». La norma citata introdusse questa nuova figura per far ripartire un numero circoscritto di opere (n. 152), avviate da anni, ma bloccate per vari motivi,molte delle quali affidate prima della legge n. 109/1994. Successivamente la normativa sui commissari straordinari ha subito ulteriori modifiche (inserimento del comma 4-quater) ad opera dell’art. 14 della legge n. 144 del 1999 (cd “collegato ordinamentale”) e dell’art. 2, comma 9, della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture”).
Sul piano della effettiva efficacia delle disposizioni dell’art. 13 del decreto legge n. 67 nello sblocco dei cantieri, si ricorda che la Corte dei conti nella delibera 58/2000[110], ha evidenziato che su 152 opere interessate dal provvedimento d’urgenza, 59 erano ancora bloccate nel momento della redazione della Relazione. Anche se tale dato sembra confermare un certo successo dello strumento, tanto più che il numero delle 59 opere è andato ulteriormente riducendosi successivamente, la Relazione non condivide tale valutazione positiva in quanto lo sblocco, riferisce la Corte, è spesso di ordine tecnico, procedurale e contabile, non sostanziale.
In relazione ai poteri dei commissari straordinari previsti dall’art. 13 del decreto legge n. 67 del 1997, essi sono stati recentemente ampliati dall’art. 6 del decreto legge n. 7 del 2005, convertito, con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005.
L’art. 6 del decreto legge n. 7 (novellando l’art. 13 del decreto legge n. 67/1997), ha infatti modificato la normativa previgente sotto diversi profili:
§ ha esteso l’ambito applicativo della norma introducendo la possibilità di affidare al commissario straordinario anche lavori già affidati a general contractor (figura che non era disciplinata all’epoca della adozione della disciplina che qui si modifica)[111];
§ ha modificato il dettato normativo con l’estensione della possibilità di ricorso al commissario straordinario anche alle opere già iniziate la cui esecuzione è “anche in parte” sospesa, laddove nel testo previgente dell’art. 13 si richiedeva che l’esecuzione dell’opera (e quindi dell’ intera opera) non fosse iniziata o risultasse comunque sospesa;
§ ha eliminato il vincolo temporale ben preciso relativo al campo di applicazione della normativa speciale sui commissari straordinari (vale a dire ai soli casi in cui il mancato inizio dell’esecuzione o la sospensione dell’opera fossero rilevati alla data di entrata in vigore della normativa stessa, marzo ’97), trasformando tale normativa da transitoria a permanente.
§ ha adeguato le precedenti disposizioni (con la sostituzione del comma 4) al nuovo quadro costituzionale conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione che rafforza le autonomie locali.
Laddove il testo originario del comma 4 si limitava a disciplinare l’ipotesi di assunzione da parte del commissario straordinario di competenze proprie della regione, il nuovo testo introduce anche il riferimento ad ipotesi in cui siano coinvolte competenze delle province, o dei comuni, o delle città metropolitane. In particolare, la disciplina del commissario straordinario prevede che – in caso di assunzione da parte del commissario stesso di competenze regionali (ora, anche in caso di assunzione di competenze provinciali o della città metropolitana o del comune) il commissario sia tenuto a trasmettere preventivamente il provvedimento al soggetto ordinariamente competente il quale ha quindici giorni di tempo per disporre la sospensione del provvedimento commissariale o per provvedere direttamente (anche in difformità dalle determinazioni del commissario). Decorso, invece, inutilmente tale termine, il provvedimento del commissario diventa esecutivo. Questa procedura di cautela ha lo scopo di evitare che il commissario straordinario scavalchi un esplicito dissenso di Regione, Provincia o Comune, ma solo imporgli di pronunciarsi entro 15 giorni, pena il silenzio-assenso;
§ ha circoscritto le competenze del Commissario straordinario (con la sostituzione del comma 4- quater), che può assumere, “determinate” funzioni della stazione appaltante, solo nel caso in cui ravvisi specifici impedimenti all’avvio o alla ripresa dei lavori.
Secondo il testo previgente del comma 4-quater, il commissario straordinario era invece abilitato ad affidare a soggetti di propria fiducia – ed in deroga alle disposizioni recate dai commi 4 e seguenti dell’art. 17 della legge n. 109 - sia gli incarichi di revisione dei progetti (preliminare, definitivo ed esecutivo), o di parti di essi, sia lo svolgimento di attività tecnico-amministrative connesse comunque alla progettazione.
Si segnala che la norma non specifica quali siano le “determinate” funzioni della stazione appaltante che possono essere esercitate dal commissario stesso. Al riguardo, il presentatore dell’emendamento che ha originato tale modifica[112], ha precisato che “Occorre non gravare il Commissario di tutte le attività proprie della stazione appaltante, ma solo di quelle per le quali si rende effettivamente necessario l’intervento straordinario al fine di rimuovere specifici impedimenti“[113].
D’altro canto, merita un cenno anche la posizione favorevole dell’ANCE al provvedimento, che ha sottolineato, tra l’altro, come “il potere di stazione appaltante può servire per creare una struttura tecnico-decisionale che si dedichi a tempo pieno a una specifica opera”[114].
Si osserva, infine, che la relazione illustrativa del ddl di conversione del decreto legge n. 7 del 2005, precisa che – per quanto la norma abbia carattere generale, e sia quindi applicabile a tutte le opere rientranti nel campo di applicazione dell’art. 13, comma 1, del decreto legge n. 67 del 1997 – tuttavia principale finalità della disposizione è quella di rilanciare lo strumento del Commissario per accelerare le opere comprese nel regime speciale di cui alla legge obiettivo. Infatti, in virtù dell’articolo 2, comma 7, del decreto legislativo n. 190 del 2002, i commissari straordinari per le opere strategiche[115] possono anche esercitare i poteri attribuiti ai commissari straordinari di cui all'articolo 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67. Con le modifiche introdotte dall’art. 6 del decreto legge n. 7 del 2005, per tutte le opere inserite nel programma delle infrastrutture strategiche ai sensi della legge n. 443 (anche se affidate a general contractor) potrebbe trovare applicazione la disciplina del commissario straordinario, ove ricossero i presupposti previsti dalle norme su esposte. Pertanto il commissari straordinari potrebbero assumere poteri di stazione appaltante, sostituendosi non solo ad un ente statale, o ad un ente territoriale, ma anche a società operanti in regime privatistico quali Anas S.p.A., o Autostrade S.p.A.
Ritornando alle disposizioni del comma 7 in commento, esse si differenziano dalle citate disposizioni del decreto legislativo n. 190 del 2002, in quanto, il nuovo commissario straordinario per le opere autostradali si vedrebbe conferiti, a regime, quindi in via ordinaria e non solo “eventualmente” (secondo la citata norma dell’articolo 2, comma 7, del decreto n. 190), i poteri di cui all'art. 13 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67.
Le ulteriori norme recate dal comma 7 dispongono in merito alle modalità di nomina del Commissario straordinario.
La nomina avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentito il parere del Presidente della Regione interessata e provvedendo, contestualmente, alla conferma o alla sostituzione dei Commissari straordinari eventualmente già nominati.
Il testo emendato nel corso dell’iter al Senato ha aggiunto un generico riferimento ai requisiti richiesti al Commissario straordinario che deve essere scelto tra soggetti in possesso di specifica professionalità, competenza ed esperienza maturata nel settore specifico della realizzazione delle opere pubbliche.
Con il comma 8 si dispone che iCommissari straordinari per le opere autostradali (qualora nominati) seguano l’andamento delle opere e svolgano le funzioni di indirizzo e coordinamento dei commissari straordinari per le opere della legge obiettivo previste dall'art. 2, comma 5, del decreto legislativo n. 190 del 2002.
Le norme in commento prevedono, poi, che i poteri speciali attribuiti ai commissari straordinari “dal presente articolo” dovranno essere esercitati solo nel caso in cui le procedure ordinarie subiscano rallentamenti, ritardi o impedimenti di qualsiasi natura e genere, o comunque si verifichino circostanze tali da determinare rallentamenti, ritardi o impedimenti per la realizzazione delle opere o nella fase di esecuzione delle stesse.
I commissari straordinari sono tenuti, quindi, ad informarne immediatamente il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Si osserva in proposito che la formulazione testuale consente due differenti interpretazioni:
in base alla prima, la condizione posta dal secondo periodo del comma 8 (la circostanza che le procedure ordinarie subiscano ritardi) è da estendere all’intera applicazione delle disposizioni del presente articolo, e quindi a tutti i poteri dei commissari (compresi quelli previsti dal decreto legislativo n. 190);
in base ad una seconda interpretazione possibile (e probabilmente più rispondente alle finalità del legislatore) i commissari per le opere autostradali (ove nominati) eserciterebbero comunque le funzioni di indirizzo e coordinamento previste dal decreto n. 190 (primo periodo del comma 8 in esame), mentre ad essi sarebbero conferiti i più ampi poteri del decreto “sbloccacantieri” solo nel caso di ritardi, impedimenti, rallentamenti nella realizzazione delle opere stesse.
Il comma 10 dispone che gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni e dei permessi necessari alla realizzazione dei terminali di rigassificazione già autorizzati ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 340 del 2000 e dichiarati infrastrutture strategiche nel settore del gas naturale con la delibera CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001, sono tenuti ad esprimersi entro il termine perentorio di 60 giorni dalla richiesta.
Nel caso di ritardo ingiustificato o di inerzia, il Ministero delle attività produttive provvede, senza necessità di diffida, alla nomina un commissario ad acta per gli adempimenti di competenza.
Nel corso dell’esame al Senato, la fattispecie prevista dal comma in esame è stata estesa anche al rilascio delle autorizzazioni necessarie, oltre che alla realizzazione, anche al “potenziamento” dei terminali di rigassificazione, ricomprendendo pertanto tra questi ultimi anche quelli “in possesso di concessione rilasciata ai sensi delle norma vigenti”.
Si ricorda che il citato articolo 8 della legge n. 340 del 24 novembre 2000, rubricato "Utilizzo di siti industriali per la sicurezza e l'approvvigionamento strategico dell'energia", assoggetta ad una autorizzazione del Ministero dell’industria (ora attività produttive), di concerto con il Ministero dell'ambiente e d'intesa con la regione interessata, l’uso o il riutilizzo di siti industriali per l'installazione di impianti di rigassificazione di gas naturale liquido (comma 1). Il Ministero delle attività produttive svolge l'istruttoria, la quale si conclude in ogni caso entro centottanta giorni dalla data di presentazione della richiesta, corredata di progetto preliminare (comma 2). Il soggetto richiedente l'autorizzazione, contemporaneamente alla presentazione del progetto preliminare, presenta al Ministero dell'ambiente uno studio di impatto ambientale attestante la conformità del progetto medesimo alla vigente normativa in materia. Il Ministero dell'ambiente entro sessanta giorni, concede il nulla osta alla prosecuzione del procedimento, ove ne sussistano i presupposti (comma 3) [116].
Il procedimento si conclude con un unico provvedimento di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse, adottato con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente, d'intesa con la regione interessata (comma 5). In assenza del nulla osta da parte del Ministero dell’ambiente, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri che provvede in sede di Conferenza di servizi (ai sensi dell’art. 14 quater della legge 241/1990), entro trenta giorni, salvo che il Presidente del Consiglio o il presidente della giunta regionale o il presidente della provincia o il sindaco, valutata la complessità dell'istruttoria, decidano di prorogare tale termine per un ulteriore periodo non superiore a sessanta giorni.
Quanto alle infrastrutture strategiche si ricorda che, in attuazione della L. 21 dicembre 2001, n. 443,recante “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale è stato adottato il D.Lgs. 20 agosto 2002, n.190. Il D.Lgs regola la progettazione, l'approvazione dei progetti e la realizzazione delle infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, nonché l'approvazione dei progetti degli insediamenti produttivi strategici e delle infrastrutture strategiche private di preminente interesse nazionale, individuati nel Documento di programmazione economico-finanziaria, con l'indicazione dei relativi stanziamenti[117]. A tal proposito, si ricorda che il primo programma delle infrastrutture strategiche è stato approvato con la citata delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121/2001 [118]. Nell'allegato 4 della deliberazione sono indicate le infrastrutture strategiche nel settore del gas e degli idrocarburi e sono richiamati gli interventi di rilevanza strategica nel settore elettrico previsti nel "Programma triennale di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale", deliberato dal GRTN il 24 gennaio 2001.
In particolare, per quanto riguarda i nuovi terminali di rigassificazione di GNL nella tabella 2 dell’allegato, di seguito riportata, sono inseriti i dati relativi a quelli autorizzati in base alle disposizioni dell’art. 8 della legge 340/2000 o in corso di autorizzazione.
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SOCIETA' |
UBICAZIONE |
CAPACITA' (miliardi/mc/anno) |
INVESTIMENTI (milioni di euro) |
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Edison Gas |
Offshore Adriatico |
Da 4,6 a 6 |
456,031 (1) |
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ENEL |
Taranto (Puglia) |
Da 5 a 8,9 |
Da 417,814 a 495,799 |
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British Gas |
Brindisi (Puglia) |
4 espandibili a 12 |
330,532 (2) |
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ENEL |
Vado Ligure (Liguria) |
Da 5 a 9 |
Da 545,895 a 647,120 |
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TOTALE |
Da 1.750,272 a 1.929,483 |
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Si segnala che in Italia, attualmente, risulta in esercizio un solo terminale di Gnl, sito a Panigaglia (La Spezia), gestito dalla società Gnl Italia Spa, il cui capitale sociale è interamente detenuto dalla società Snam Rete Gas, controllata a sua volta da ENI Spa.
Risultano, invece, autorizzati due terminali: quello di Porto Viro (Rovigo) e quello di Brindisi.
Altri progetti presentati sono in corso di valutazione; tra questi , si segnalano i due terminali di rigassificazione di GNL in Toscana (di cui uno su nave a largo di Livorno per una capacità iniziale di 3 miliardi di mc/anno, e l’altro da ubicare a Rosignano Marittimo (LI), anch’esso con la stesa capacità), e i due progetti di terminale di GNL confinanti, ubicati nell’area di Gioia Tauro, che non avevano ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni e che sono stati riuniti in un unico progetto.
A Taranto e a Trieste risulta invece che la compagnia spagnola Gas Natural abbia richiesto l’autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di due nuovi terminali.
Da ultimo, si ricorda che la legge n. 239 del 23 agosto 2004 , recante il “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia” , al comma 17 dell’articolo 1, ha introdotto, relativamente al settore del gas naturale, la facoltà di richiedere una esenzione dalla disciplina sul diritto di accesso dei terzi per i soggetti che investono, direttamente o indirettamente, nei seguenti ambiti:
§ realizzazione all’estero di nuove capacità di interconnessionetra le reti nazionali di trasporto del gas degli Stati membri della UE e la rete di trasporto italiana;
§ realizzazione in Italia di nuovi terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto e di nuovi stoccaggi in sotterraneo di gas naturale;
§ potenziamenti significativi delle capacità delle infrastrutture esistenti suindicate, che consentano lo sviluppo della concorrenza, nonché di nuove fonti di approvvigionamento del gas.
L’esenzione citata è accordata, caso per caso, dal Ministero delle attività produttive per un periodo di almeno venti anni e per una quota di almeno l’80 per cento della nuova capacità.
Il primo periodo del comma 11 dispone che i Commissari straordinari, nell'esercizio dei poteri e dei compiti ad essi attribuiti dall’articolo in esame, provvedono, nel limite dell'importo approvato per l'opera dai soggetti competenti alla relativa realizzazione, anche in deroga alla normativa vigente nel rispetto – comunque - dei principi generali dell'ordinamento e della normativa comunitaria.
Si fa osservare che il rispetto della normativa comunitaria sembrerebbe riferito, in primo luogo, alla normativa comunitaria sull'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture.
Al riguardo, si ricorda nuovamente che la normativa comunitaria in materia di lavori pubblici è rappresentata dalla direttiva 93/37/CE, di cui tuttavia viene prevista l’abrogazione - a decorrere dal 31 gennaio 2006 – dall’art. 82 della recente direttiva 2004/18/CE, che rappresenta la nuova normativa quadro europea in materia di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi.
In materia di appalti pubblici di forniture, la normativa di riferimento è recata dalle direttive 93/36/CEE e 97/52/CEE. Infine, in materia di appalti di pubblici servizi, occorre fare riferimento alle direttive 97/52/CE e 98/4/CE, che modificano ed integrano, rispettivamente, le direttive 92/50/CEE, in materia di appalti pubblici di servizi, e 93/38/CEE, limitatamente ai concorsi di progettazione. Tutte le direttive citate sono state già recepite nel nostro ordinamento (dalla cd. “legge Merloni”, Legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni[119]; il D.Lgs. 24 luglio 1992, n. 358, come modificato ed integrato dal D.Lgs. 20 ottobre 1998, n. 402; il D.Lgs. 17 Marzo 1995, n. 157 e il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 65).
Si rammenta, in proposito, che l’art. 25 del disegno di legge comunitaria 2004[120] (approvato definitivamente dal Senato ma non ancora pubblicato in G.U.) delega il Governo ad emanare un decreto legislativo di recepimento della citata nuova direttiva 2004/18/CE entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge.
Gli ulteriori periodi del comma 11, aggiunti nel corso dell’iter al Senato, prevedono, da un lato, una specifica procedura a garanzia dei vincoli di tutela ambientale e paesaggistica, dall’altro, l’attribuzione, al Commissario straordinario, deipoteri emergenziali tipici della protezione civile.
Al fine di assicurare il rispetto della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale, viene infatti previsto che il Commissario acquisisca il parere delle competenti amministrazioni, che deve essere espresso entro sessanta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Commissario procede comunque nella esecuzione dell’opera, in base al principio del silenzio assenso.
Giova ricordare che la legge n. 241 del 1990, all’art. 14-ter, comma 7, prevede che si consideri acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi.
Nel corso dell’iter al Senato[121] è, infatti, apparso opportuno prevedere un temine maggiore ai trenta giorni “con l’intento di evitare che le competenti amministrazioni, chiamate ad assicurare forme di tutela ambientale e storico-artistica, dovessero rendere il prescritto parere al commissario in un termine eccessivamente ristretto, pari a 30 giorni”.
Occorre, inoltre, sottolineare che, la disposizione in commento è stata inserita in connessione alla soppressione (operata anch’essa durante l’iter al Senato) del comma 9 dell’articolo in esame che, faceva salva l'applicazione dell'art. 13, comma 4-bis, del decreto-legge n. 67 del 1997 e successive modificazioni.
Il comma 4-bis dell’art. 13 del decreto legge n. 67 del 1997 prevede, infatti, che i commissari straordinari provvedano in deroga ad ogni disposizione vigente, ma nel rispetto della normativa comunitaria sull'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale, nonché dei princìpi generali dell'ordinamento.
Ove fosse rimasto il testo dell’originario art. 9, sarebbero state comunque salvaguardate le norme sulla Via e quelle relative alla tutela paesaggistica e del patrimonio storico, artistico e monumentale, che non avrebbero potuto essere derogate dai poteri conferiti ai nuovi commissari straordinari.
Pertanto, si può osservare che nella nuova formulazione (che sopprime il comma 9 ma integra il comma 11), sembrerebbe conferire – rispetto al testo originario del decreto legge - maggiori poteri al Commissario straordinario, tenuto solamente alla richiesta del parere delle amministrazioni interessate (chiamate ad esprimersi nel termine di sessanta giorni, decorsi i quali egli procede comunque nell’esecuzione dell’opera) e non più al “rispetto della normativa”. Il comma 4-bis dell’art. 7 del decreto legge n. 67 del 1997, cui appunto faceva riferimento l’originario comma 9 ora soppresso, prevedeva, invece, un limite invalicabile, anche nei confronti del Commissario straordinario, nelle norme di tutela del patrimonio storico ed artistico ambientale.
I restanti periodi del comma 11 attribuiscono al Commissario straordinario, al verificarsi di determinate circostanze, i poteri emergenziali tipici della protezione civile.
Viene infatti disposto che, nel caso in cui si verifichino rallentamenti, ritardi o impedimenti di qualsiasi natura e genere tali da non consentire il rispetto dei tempi per la realizzazione completa dell’opera e da determinare un grave pericolo per l’economia e per la sicurezza e incolumità pubbliche, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, può deliberare lo stato di emergenza, ai sensi dell’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, conferendo al Commissario i relativi poteri, sentita la Regione o le Regioni interessate. Inoltre, i provvedimenti emanati in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme cui si intende derogare e devono essere motivati.
Si osserva, in merito a tale previsione normativa, che il riconoscimento di tali poteri non è nuovo nel nostro ordinamento giuridico: sono, infatti, i poteri conferiti al Commissario-delegato per l'emergenza socio-economico-ambientale determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nella località di Mestre, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 19 marzo 2003, n. 3273.
Si ricorda, infatti, che con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 19 marzo 2003, n. 3273 recante “Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nella località di Mestre, comune di Venezia”[122], il segretario regionale alle infrastrutture e mobilità della regione Veneta è stato nominato commissario straordinario per portare a termine tutte le iniziative finalizzate alla sollecita realizzazione delle opere relative al "Passante autostradale di Mestre", individuate nella relazione predisposta dalla Direzione centrale autostrade e trafori dell'A.N.A.S. S.p.a. Al Commissario sono state attribuite le funzioni di stazione appaltante al posto dell’A.N.A.S., con il compito di provvedere all’approvazione dei progetti al posto del Cipe, attraverso conferenza di servizi consultiva (non obbligatoria) da chiudere entro 30 giorni. Egli gestisce, inoltre, gli espropri con procedura discrezionale e semplificata, in deroga al testo unico sugli espropri . I poteri di deroga elencati dall’art. 4 del D.P.C.M. vanno comunque oltre: nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle direttive europee sugli appalti pubblici, infatti, il commissario può derogare, tra le altre, la legge n. 109 del 1994, il decreto legislativo n. 157 del 1995, la legge n. 241 del 1990, la legge n. 349 del 1986 in materia di Via ed anche le leggi regionali sulla Via[123].
A seguito di alcune perplessità sul modello adottato, avanzate in sede comunitaria, in particolare sull’utilizzo dei poteri speciali della Protezione civile giustificati per l’emergenza ambientale e del traffico sul nodo stradale di Mestre, e di alcuni rilievi relativi alla legittimità del ricorso a procedure di gara difformi da quelle previste dalla normativa comunitaria, il governo italiano ha successivamente emanato la direttiva del Presidente del Consiglio del 22 ottobre 2004[124], con la quale ha fornito alcuni indirizzi in materia di protezione civile relativi all'attività contrattuale riguardante gli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario, e ha limitato il campo di applicazione di tale ordinanza alle fasi di vera emergenza.
Dispone, infatti, l’art. 3 di tale direttiva che nel caso di ricorrenza di situazioni di urgenza e di necessità aventi carattere di assoluta imperiosità, le ordinanze di protezione civile previste dall'art. 5, comma 2, della legge n. 225/1992 potranno prevedere la deroga alle disposizioni della legge nazionale nella materia degli appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilevo comunitario di cui in premessa, nel rispetto, comunque, delle norme contenute nelle pertinenti direttive comunitarie. Il successivo comma 4 prevede che nell'ipotesi di assoluta eccezionalità dell'emergenza, da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita umana, il Capo del Dipartimento della protezione civile può essere motivatamente autorizzato a procedere ad affidamenti diretti in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture di rilievo comunitario di cui in premessa, sempreché non sia possibile provvedere altrimenti, in termini di rigorosa proporzionalità, e soltanto per periodi di tempo prestabiliti, limitati alla adozione del primi indispensabili interventi. Infine, il comma 5 dispone che i commissari delegati nominati ai sensi dell'art. 5, comma 4, della legge n. 225/1992, per l'attuazione degli interventi previsti, provvedono alle aggiudicazioni necessarie per il superamento delle predette situazioni d'emergenza, nel rispetto delle norme comunitarie in materia di appalti pubblici di lavori, di servizi e di forniture, sulla base di ordinanze di protezione civile adottate ai sensi dell'art. 5, comma 2, della legge n. 225/1992, recanti la definizione puntuale della tipologia degli interventi e delle iniziative da adottarsi in deroga all'ordinamento giuridico vigente, nonché la specificazione di termini temporali e modalità di realizzazione.
Per esigenze di organicità del testo, sarebbe opportuno raggruppare tutte le norme che disciplinano i poteri dei commissari straordinari all’interno di un unico comma (segnatamente, il comma 8), collocando in tale comma anche le disposizioni appena commentate.
Il comma 12 detta disposizioni relative ai casi di risoluzione del contratto di appalto disposta dalla stazione appaltante ai sensi degli articoli 118, 119 e 120 del D.P.R. n. 554 del 1999.
Occorrere preliminarmente chiarire che le disposizioni recate dai commi dal 12 al 12-quinquies sono riferibili alla generalità degli appalti e non alle sole opere comprese nell’ambito di applicazione del comma 5 (opere autostradali).
Si ricorda che gli artt. 118-120 del D.P.R. n. 554 del 1999 (recante “Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni”) disciplinano i casi di risoluzione dei contratti - rispettivamente - per reati accertati, per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo, nonché per inadempimento di contratti per cottimo.
In particolare, nel primo periodo viene previsto che, in tali casi, vige l’obbligo per l’appaltatore di ripiegamento dei cantieri già allestiti e dello sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze nel termine fissato dalla stessa stazione appaltante.
In caso di mancato rispetto del termine assegnato, la stazione appaltante provvede d’ufficio all’addebito all’appaltatore di relativi oneri e spese.
Si segnala che tali disposizioni riproducono quasi fedelmente quelle introdotte nell’ordinamento nazionale dall’art. 6, comma 1, lettera c), del recente D.L. n. 7 del 2005, come modificato dalla legge 31 marzo 2005, n. 43 di conversione del decreto. La principale differenza risiede nel fatto che, mentre la citata lettera c) si pone come modifica del D.L. n. 67 del 1997 e, pertanto, riguarda esclusivamente l’esercizio dei poteri della stazione appaltante da parte dei Commissari straordinari, nel primo periodo del comma in esame, invece, alla norma viene data una portata generale, poiché si provvede ad estenderla a tutte le stazioni appaltanti.
Un’altra differenza rispetto alla citata lettera c) è che nel comma in esame si delimitano in modo preciso i casi in cui opera la disposizione, attraverso un rinvio puntuale agli articoli da 118 a 120 del D.P.R. n. 554 del 1999.
Si ricorda, inoltre, che prima dell’emanazione del D.L. n. 7 del 2005 il termine “ripiegamento” non compariva nella normativa vigente in materia di lavori pubblici. Tale termine sembra doversi riferire all’insieme delle operazioni accessorie alla cessazione delle attività in corso nel cantiere, quali la demolizione delle opere provvisionali, il recupero delle attrezzature, dei macchinari e dei materiali riutilizzabili, il trasporto a rifiuto dei materiali di risulta, ecc.
Nel secondo periodo del comma in esame viene attribuita alla stazione appaltante, alternativamente alla esecuzione di eventuali provvedimenti giurisdizionali cautelari, possessori o d’urgenzacomunque denominati che inibiscano o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro e relative pertinenze, la facoltà di depositare cauzione in conto vincolato a favore dell’appaltatore o prestare fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all’art. 30, comma 2-bis, della legge n. 109 del 1994, pari all’1% del valore del contratto. In tali casi resta comunque fermo il diritto dell’appaltatore di agire per il risarcimento dei danni.
Continuando il confronto con le disposizioni recate dall’art. 6, comma 1, lettera c), del recente D.L. n. 7 del 2005, si fa notare che l’ultimo periodo di tale lettera dispone che “non sono opponibili eccezioni od azioni cautelari, anche possessorie, o di urgenza o comunque denominate che impediscano o ritardino lo sgombero e ripiegamento”.
Nel comma in esame, invece, l’opponibilità di tali azioni è ammessa. Tuttavia viene attribuita alla stazione appaltante la facoltà di impedirne l’esecuzione attraverso uno dei seguenti mezzi:
§ deposito di una cauzione in conto vincolato a favore dell’appaltatore;
§ costituzione di una fideiussione bancaria o polizza assicurativa con le modalità di cui all’art. 30, comma 2-bis, della legge n. 109 del 1994.
Viene altresì previsto che la cauzione, fideiussione o polizza debbano avere un importo pari all’1% del valore del contratto.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 30, comma 2-bis, della legge n. 109 del 1994 definisce le caratteristiche della fidejussione bancaria o della polizza assicurativa che deve corredare l'offerta da presentare in sede di gara per l'affidamento dell'esecuzione di lavori pubblici.
Ebbene, il citato comma 2-bis dispone che tale fideiussione o polizza “dovrà prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante. La fidejussione bancaria o polizza assicurativa relativa alla cauzione provvisoria dovrà avere validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell'offerta”.
Si osserva tuttavia che il caso disciplinato dal comma 2-bis è speculare rispetto a quello trattato dal comma in esame, ove non è l’impresa che presta la fidejussione o polizza ma è la stazione appaltante, per cui sembrerebbe opportuno riformulare il comma in esame al fine di chiarire le caratteristiche della fideiussione e della polizza senza fare rinvio all’art. 30, comma 2-bis, della legge n. 109 del 1994.
Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti dopo il comma 12 quattro commi volti a definire una procedura derogatoria ed integrativa delle norme vigenti in tema di fallimento dell’appaltatore e di risoluzione del contratto per grave inadempimento del medesimo, recate dall’art. 10, comma 1-ter, della legge n. 109 del 1994.
L’art. 10, comma 1-ter, della legge n. 109 del 1994 dispone che le amministrazioni appaltanti, in caso di fallimento o di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore, possono riservarsi nel bando la facoltà di interpellare il secondo classificato al fine di stipulare un nuovo contratto alle medesime condizioni economiche già proposte in sede di offerta e, in caso di fallimento del secondo classificato, la possibilità di interpellare il terzo classificato. Il medesimo comma prevede, in tale ultimo caso, che il nuovo contratto sia stipulato alle condizioni economiche offerte dal secondo classificato.
Dal combinato disposto dei commi 12-bis e 12-ter si evince che, a differenza di quanto previsto dal citato art. 10, comma 1-ter della legge quadro, l’interpello progressivo dei partecipanti alla gara possa proseguire, in ordine di graduatoria, fino al quinto classificato.
Il comma 12-ter dispone, altresì, che l’affidamento avviene alle medesime condizioni economiche già proposte in sede di offerta dal soggetto interpellato.
Si osserva in proposito che sembrerebbe opportuno riformulare i commi 12-bis e 12-ter al fine di unirli in un’unica disposizione più snella e chiara.
Innanzitutto appare superflua la precisazione che “Si procede all’interpello a partire dal soggetto che ha formulato la prima migliore offerta, escluso l’originario aggiudicatario”.
Inoltre, nel disporre che le stazioni appaltanti “possono interpellare progressivamente i soggetti che hanno partecipato alla originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria” si potrebbe più chiaramente indicare che ciò deve avvenire “nell’ordine indicato dalla graduatoria”.
Il comma 12-quater, primo periodo, dispone che, in caso di fallimento o di indisponibilità di tutti i soggetti interpellati ai sensi dei commi 12-bis e 12-ter, le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento del completamento dei lavori mediante procedura negoziata senza pubblicazione di bando, in deroga alla normativa vigente, ivi inclusi gli articoli 2, 10, commi 1-ter e 1-quater, 19, 20, 21, 23, 24 e 29 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
Brevemente, si ricorda che l’articolo 2 individua l’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione della legge quadro.
Relativamente all’art. 10, comma 1-quater (del comma 1-ter si è già detto sopra), si ricorda che esso disciplina le modalità di verifica del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara.
Gli articoli 19, 20 e 21 della legge quadro disciplinano, rispettivamente, i sistemi di realizzazione dei lavori pubblici, le procedure di scelta del contraente e i criteri di aggiudicazione. In particolare l’art. 19, comma 01, prevede che i lavori pubblici di cui alla legge quadro possono essere realizzati esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici. Tali forme di realizzazione vengono poi definite nei successivi commi 1 e ss. (appalto) e 2 e ss. (concessione), mentre l’art. 20 dispone che gli appalti di cui all'articolo 19 sono affidati mediante pubblico incanto o licitazione privata (comma 1) e che gli appalti possono essere affidati anche attraverso appalto-concorso o trattativa privata esclusivamente nei casi e secondo le modalità previsti dalla presente legge (comma 3).
Gli artt. 23 e 24 riguardano la licitazione privata e la trattativa privata. In particolare l’art. 24, comma 1, elenca i casi in cui è possibile ricorrere alla trattativa privata (che, lo si ricorda, rappresenta una procedura negoziata) per l'affidamento di appalti di lavori pubblici, mentre il comma 5 dispone che “l'affidamento di appalti a trattativa privata, ai sensi del comma 1, lettera b), avviene mediante gara informale alla quale debbono essere invitati almeno quindici concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati ai sensi della presente legge per i lavori oggetto dell'appalto”.
Infine l’art. 29 detta le norme regolatrici le forme di pubblicità degli appalti e delle concessioni demandandone la disciplina al regolamento di attuazione della legge (adottato con il D.P.R. n. 554 del 1999).
Si segnala l’opportunità di verificare la compatibilità delle disposizioni citate con la normativa comunitaria in materia di procedure negoziate.
Per quanto l’ipotesi di fallimento o di indisponibilità di cinque soggetti partecipanti alla gara rappresenti un evento non ordinario, tuttavia non sembrerebbe che di per sé esso configuri la fattispecie prevista dalla norma comunitaria.
Si ricorda infatti che l’art. 7, paragrafo 3, della direttiva 93/37/CE dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono attribuire gli appalti di lavori mediante la procedura negoziata, senza pubblicazione preliminare di un bando di gara solo in alcune ipotesi tassative. In particolare, la fattispecie alla quale la norma in commento sembrerebbe riferibile è quella di cui alla lettera c) “nella misura strettamente necessaria, quando l'urgenza imperiosa, risultante da eventi imprevedibili per le amministrazioni aggiudicatrici in questione, non è compatibile con i termini imposti dalle procedure aperte, ristrette o negoziate di cui al paragrafo 2. Le circostanze invocate per giustificare l'urgenza imperiosa non devono in alcun caso essere imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici”.
Si osserva, inoltre, che tale disposizione della direttiva 93/37 viene confermata, nella sostanza, dall’art. 31, numero 1), lett. c), della nuova direttiva appalti 2004/18/CE.
L’ipotesi dell’imperiosa urgenza è stata ripresa nel diritto nazionale restringendo però la tipologia di eventi imprevedibili ai soli eventi di natura calamitosa. L’art. 24, comma 1, lett. b), della legge n. 109 del 1994 prevede, infatti, che l’affidamento mediante trattativa privata può avvenire per “lavori di importo complessivo superiore a 300.000 euro, nel caso di ripristino di opere già esistenti e funzionanti, danneggiate e rese inutilizzabili da eventi imprevedibili di natura calamitosa, qualora motivi di imperiosa urgenza attestati dal dirigente o dal funzionario responsabile del procedimento rendano incompatibili i termini imposti dalle altre procedure di affidamento degli appalti”.
Si ricorda, altresì, che l’art. 24, comma 1, lettera a), ammette l’affidamento mediante trattativa privata per i “lavori di importo complessivo compreso tra oltre 100.000 euro e 300.000 euro, nel rispetto delle norme sulla contabilità generale dello Stato e, in particolare, dell'articolo 41 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827”. In particolare, secondo l’art. 41, comma 1, numero 5), del citato R.D. si procede alla stipulazione dei contratti a trattativa privata “quando l'urgenza dei lavori, acquisti, trasporti e forniture sia tale da non consentire l'indugio degli incanti o della licitazione”.
Il comma 12-quater, secondo periodo, disciplina le modalità di esperimento della procedura negoziata.
Viene infatti previsto che, nell’ambito di tale procedura, l’affidamento avvenga mediante gara informale, sulla base del progetto originario eventualmente modificato o integrato per effetto di varianti che si fossero rese nel frattempo necessarie, alla quale devono essere invitati almeno dieci concorrenti, con esclusione delle imprese indisponibili di cui al primo periodo del comma in esame.
Si ricorda, in proposito, che l’art., 24, comma 5, della legge n. 109 del 1994 dispone che “l'affidamento di appalti a trattativa privata, ai sensi del comma 1, lettera b)[125], avviene mediante gara informale alla quale debbono essere invitati almeno quindici concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati ai sensi della presente legge per i lavori oggetto dell'appalto”.
Le motivazioni sottostanti alle disposizioni recate dai commi 12-bis, 12-ter e dal comma in esame, sono state evidenziate nel corso del dibattito svolto dalla 5a Commissione del Senato.
Nel resoconto sommario della seduta del 21 aprile si legge che “il senatore Cicolani (Forza Italia), intervenendo sull’emendamento 5.45 (testo 2), di cui è proponente, chiarisce che il comma 12-quater è finalizzato a consentire, mediante procedure più celeri, la prosecuzione di un’opera pubblica già avviata, anche nella particolare situazione ivi prevista. Il fallimento ovvero la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore, infatti, determina un mutamento generale delle condizioni economico-giuridiche dell’appalto che scoraggia frequentemente anche gli altri concorrenti dal subentrare all’appaltatore originario, con grave pregiudizio per l’interesse pubblico. Poiché le attuali procedure per individuare l’appaltatore cui riaffidare la prosecuzione dell’opera sono lente e farraginose, il comma in esame propone un iter più rapido e sicuro, garantendo comunque un confronto ed una selezione tra più imprese”.
Diversi senatori dell’opposizione hanno però obiettato che la possibilità di affidare il completamento dell’opera a trattativa privata in caso di fallimento o di indisponibilità di tutti i soggetti interpellati (ossia gli altri partecipanti alla gara iniziale secondo la rispettiva graduatoria) potrebbe favorire pratiche collusive tra le imprese partecipanti alla gara, in modo da costringere la stazione appaltante a ricorrere all’affidamento con procedura negoziata mediante gara informale, che offre obiettivamente minori garanzie di trasparenza e convenienza economica per la pubblica amministrazione.
Tali timori sono stati espressi anche da esponenti della maggioranza. Secondo il senatore Curto (Alleanza Nazionale) sarebbe “opportuno dare risposta anche ai timori espressi dai colleghi dell’opposizione su possibili utilizzi delle norme stesse al fine di aggirare le attuali procedure sugli appalti di opere pubbliche”. A tal fine il senatore ha presentato, in tal senso, il subemendamento 5.45 (testo 2)/601 (non approvato dalla Commissione) volto a “modificare il comma 12-bis nel senso di prevedere che l’interpello progressivo degli altri concorrenti, al fine di individuare il nuovo appaltatore, debba essere effettuato alle stesse condizioni dell’originario aggiudicatario, così da evitare peggioramenti delle condizioni economiche a sfavore della pubblica amministrazione”.
L’ultimo periodo del comma 12-quater dispone l’applicazione delle disposizioni recate dall’art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 190 del 2002.
Si ricorda che l’art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 190 del 2002 dispone che, “in applicazione delle previsioni dell'articolo 2, comma 6, delle direttive 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, e 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, la sospensione o l'annullamento giurisdizionale della aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture non determina la risoluzione del contratto eventualmente già stipulato dai soggetti aggiudicatori; in tale caso il risarcimento degli interessi o diritti lesi avviene per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica”.
Si osserva che la formulazione della disposizione che fa rinvio all’articolo 14, comma 2, del decreto n. 190, non è chiara nella definizione dell’ambito di applicazione. Infatti, la collocazione della disposizione sembrerebbe limitarne l’applicabilità alle sole controversie sorte nelle specifiche ipotesi di cui al comma 12 quater, ma il tenore testuale della stessa (in cui manca un chiaro riferimento alle sole ipotesi di cui al comma 12-quater) sembrerebbe configurare una norma di carattere generale. In tal caso la disposizione (che assumerebbe una significativa portata innovativa) andrebbe formulata come novella alla legge n. 109 del 1994.
Il comma 12-quinquies disciplina il caso in cui il fallimento dell’appaltatore o la risoluzione del contratto per grave inadempimento intervengano quando si sono verificate entrambe le seguenti condizioni:
§ i lavori sono già stati realizzati per una percentuale non inferiore al 70%;
§ l’importo netto residuo dei lavori non supera i 3 milioni di euro.
In tale caso viene concessa alle stazioni appaltanti la facoltà di procedere all’affidamento del completamento dei lavori direttamente mediante la procedura negoziata senza pubblicazione di bando di cui al comma 12-quater, cioè saltando la procedura - prevista dai commi 12-bis e 12-ter - di interpello progressivo dei partecipanti alla gara originaria.
Il comma 13, infine, reca disposizioni relative ai compensi spettanti ai Commissari straordinari.
Tali criteri dovranno essere individuati con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, mentre alla relativa spesa si dovrà far fronte con i fondi stanziati per le opere di cui al precedente comma 5.
Si ricorda che analoga procedura per la determinazione dei criteri per la corresponsione dei compensi e per la copertura dei relativi costi, è stata adottata per i commissari straordinari ”sbloccacantieri” di cui al decreto legge n. 67 del 1997, e per i quali è stato emanato il D.P.C.M. 5 dicembre 1997.
Nel citato D.P.C.M. 5 dicembre 1997 viene ribadita l'opportunità di assumere quali elementi di base per la determinazione dei compensi:
§ l'ammontare della spesa prevista per le opere da realizzare, in quanto tale criterio consente trasparenza ed omogeneità di trattamento;
§ la necessità di porre un limite massimo di compenso globalmente spettante ad un medesimo commissario straordinario in caso di pluralità di incarichi;
§ l’opportunità di riconoscere il compenso solo quando la ripresa dei lavori è avvenuta in seguito alle iniziative assunte dal commissario straordinario o quando è stato disposto il definanziamento;
§ che debba essere in ogni caso corrisposto ai commissari il trattamento di missione.
Infine, l’art. 4 prevede, analogamente al comma in esame, che l’onere conseguente all'applicazione del decreto gravi sui fondi stanziati per le opere commissariate.
Si ricorda, infine, che la legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005), all’art. 1, comma 238, ha previsto la copertura dei costi per i Commissari straordinari della legge obiettivo attraverso l’adeguamento delle tariffe per le operazioni in materia di motorizzazione.
14. Per la ricostruzione, riconversione e bonifica dell’area delle acciaierie di Genova-Cornigliano, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 53 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è autorizzata la concessione di contributi in favore dei soggetti competenti, a carico del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei Ministri, istituito ai sensi dell’articolo 32-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, che viene a tale fine integrato dell’importo annuo di 5 milioni di euro per quindici anni a decorrere dall’anno 2005.
Il comma 14 assegna un finanziamento quindicennale per gli interventi di ricostruzione, riconversione e bonifica dell’area delle acciaierie di Genova-Cornigliano.
La norma prevede che, in coerenza con quanto disposto dall’art. 53 della legge n. 448 del 2001 (finanziaria 2002), venga stanziato, a favore dei soggetti competenti, un contributo quindicennale di 5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2005, alla cui copertura si provvede a valere sulle risorse del “fondo per gli interventi straordinari” della Presidenza del Consiglio, istituito ai sensi dell’art. 32-bis del decreto legge n. 269 del 2003.
Si osserva, preliminarmente, che il comma riproduce le disposizioni contenute nell’originario disegno di legge finanziaria per il 2005, AC 5310, art. 26, comma 4, successivamente stralciate dal Presidente della Camera in sede di esame del contenuto proprio del ddl finanziaria medesimo, e confluite pertanto nell’AC 5310-quater “Disposizioni in campo ambientale”, di cui non è mai iniziato l’iter in sede referente presso l’VIII Commissione.
Si ricorda che il sito di Genova-Cornigliano non figura nell’elencazione degli interventi di bonifica di interesse nazionale come individuati dall’art. 1, comma 4, della legge 9 dicembre 1998, n. 426, mentre l’art. 4 della stesse legge ha dedicato specifiche disposizioni al piano di risanamento ambientale dell'area industriale e portuale di Genova e a programmi di razionalizzazione e valorizzazione delle aree che rientrano nella disponibilità dell’Autorità portuale di Genova.
Infatti, il comma 8 di tale articolo stanziava, per l'attuazione del piano di risanamento ambientale dell'area industriale e portuale di Genova, l'importo di lire 6 miliardi annue per dieci anni, a decorrere dall'anno 1998. Con il comma 9 dello stesso articolo, l’Autorità portuale di Genova è stata incaricata di realizzare programmi di razionalizzazione e valorizzazione finalizzati a favorire lo sviluppo di attività produttive compatibili con la normativa di tutela ambientale e diverse dalla laminazione a caldo; per questi programmi il comma 11 dell’art. 4 ha stanziato 13 miliardi di lire annui per 15 anni a decorrere dal 1998. Il comma 10 dello stesso articolo ha previsto poi un accordo di programma tra i ministeri competenti, la regione Liguria, il comune e la provincia di Genova, l’Autorità portuale e l’ILVA Spa, che deve contenere il piano di bonifica e risanamento dell’area e che deve, altresì, contemplare la tutela dei livelli occupazionali e il reimpiego della manodopera occupata alla data del 14 luglio 1998.
Successivamente, al fine di realizzare gli scopi stabiliti dall’art. 4 della legge n. 426 del 1998, anche l’art. 53 della legge n. 448 del 2001 ha dettato disposizioni concernenti lo stabilimento ILVA di Genova Cornigliano, con l’obiettivo di conseguire la definitiva chiusura di tutte le lavorazioni siderurgiche a caldo e la cessazione dei conseguenti effetti inquinanti. Con la citata norma si è disposto che le aree appartenenti al demanio portuale, escluse le banchine, occupate dallo stabilimento ILVA di Genova Cornigliano, siano sdemanializzate ed assegnate, previo versamento dell'indennizzo di 2,60 milioni di euro, al patrimonio disponibile della regione Liguria per essere destinate ad insediamenti socio-produttivi strategici di rilevante interesse regionale ambientalmente compatibili.
Il comma 2 ha previsto, inoltre, che la regione Liguria conferisca tali aree ad una società per azioni allo scopo costituita, alla quale potranno partecipare, a richiesta, il comune e la provincia di Genova, in quota complessivamente pari a quella della regione Liguria. Questa società verrà partecipata in quota minoritaria da un soggetto designato dal Governo e disporrà delle aree anche in vista della definizione della disciplina complessiva dei rapporti giuridico-economici relativi all’attuale concessionario.
Quanto agli accordi di programma previsti dalla normativa citata, si ricorda che un primo accordo fu stipulato nel 1999[126], mentre un secondo accordo è stato siglato nel febbraio 2004 fra Governo, enti locali e gruppo Riva (proprietario delle aree)[127].
A seguito di tali provvedimenti normativi è stata costituita, in data 12 febbraio 2003, la Società Per Cornigliano S.p.A., ossia la società per la bonifica del dopo acciaio, cui hanno partecipato la Regione Liguria (45%), il Comune di Genova (25%), la Provincia di Genova (25%) e Sviluppo Italia (10%).
La Società ha come oggetto l’esecuzione degli interventi di risanamento ambientale, infrastrutturazione, razionalizzazione e valorizzazione delle aree occupate dallo stabilimento dell’ILVA di Genova Cornigliano per consentire insediamenti socio-produttivi strategici di rilevante interesse regionale, ambientalmente compatibili. Nel 2004 la società ha fornito al Governo la documentazione richiesta recante il piano finanziario per la bonifica, la infrastrutturazione per le aree dismesse e i fondi per il personale in esubero[128].
Si ricorda, infine, che lo schema di decreto del ministero dell'ambiente con cui vengono ripartite le risorse del Fondo da ripartire per la difesa del suolo e la tutela ambientale per il 2005, sul quale la VIII Commissione (Ambiente) della Camera ha espresso parere favorevole il 13 aprile 2005, reca uno specifico stanziamento di 3.098.742 euro per il programma di bonifica e di risanamento ambientale di Genova Cornigliano.
Quanto alla copertura dello stanziamento in commento, si ricorda che l’articolo 32-bisdel decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 ha istituito un apposito fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, autorizzando a tal fine la spesa di euro 73.487.000 per l'anno 2003 e di euro 100.000.000 per ciascuno degli anni 2004 e 2005.
Il comma 14 assegna, a valere sulle risorse del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio, un finanziamento quindicennale di 5 milioni di euro a decorrere dal 2005, per gli interventi di ricostruzione, riconversione e bonifica dell’area delle acciaierie di Genova-Cornigliano.
Articolo 5, comma 15
(Vincoli riserve idriche)
15. I vincoli totali o parziali delle riserve idriche disposti in attuazione del piano regolatore generale degli acquedotti, di competenza statale ai sensi delle vigenti disposizioni, sono prorogati fino all’aggiornamento dello stesso piano regolatore ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Il comma 15 dispone la proroga dei vincoli disposti in attuazione del piano generale degli acquedotti (PRGA), fino all’aggiornamento dello stesso piano regolatore, ai sensi della stessa legge n. 36 del 1994.
Si ricorda preliminarmente che il comma riproduce le disposizioni contenute nell’originario disegno di legge finanziaria per il 2005, AC 5310, art. 25, comma 8, successivamente stralciate dal Presidente della Camera e confluite nell’AC 5310-quater “Disposizioni in campo ambientale”.
La legge 4 febbraio 1963, n. 129, Piano regolatore generale degli acquedotti e delega al governo ad emanare le relative norme di attuazione rappresenta il primo intervento legislativo a livello nazionale diretto alla pianificazione idropotabile mediante uno strumento unitario, individuato nel Piano Regolatore degli Acquedotti da predisporsi a cura del Ministero dei Lavori Pubblici.
Il Piano è stato quindi approvato con il DPR 3 agosto 1968, Approvazione del piano regolatore generale degli acquedotti, di cui alla legge 4 febbraio 1963, n. 129.
Ai sensi della legge n. 129 del 1963, il Piano Regolatore Generale degli Acquedotti deve:
a) considerare le esigenze idriche di tutti gli agglomerati urbani e rurali, sulla base di adeguate dotazioni individuali, ragguagliate all'incremento demografico prevedibile tra un cinquantennio, tenendo conto del corrispondente sviluppo economico;
b) accertare la consistenza delle varie risorse idriche esistenti o, correlativamente, indicare quali gruppi di risorse idriche siano, in linea di massima, da attribuire a determinati gruppi di abitati in base al criterio della migliore rispondenza dei primi a soddisfare il rifornimento idrico dei secondi;
c) determinare gli schemi sommari delle opere occorrenti per la costruzione di nuovi acquedotti o la integrazione e sistemazione di quelli esistenti, in relazione ai precedenti punti e redigere un preventivo generale di spesa tenendo anche conto dei progetti delle opere già elaborati dai Comuni, dai Consorzi di comuni o da Enti pubblici che gestiscono acquedotti già esistenti o in via di costituzione per la costruzione e la gestione di acquedotti;
d) determinare gli schemi sommari delle opere occorrenti per il corretto e razionale smaltimento dei rifiuti liquidi;
e) armonizzare l'utilizzazione delle acque per il rifornimento idrico degli abitati con il programma per il coordinamento degli usi congiunti delle acque ai fini agricoli, industriali e per la navigazione.
Con il DPR 11 marzo 1968, n. 1090, Norme delegate previste dall'art. 5 della legge 4 febbraio 1963, n. 129[129], sono state approvate le norme di attuazione del predetto Piano.
A seguito della nascita delle regioni a statuto ordinario, il DPR 24 luglio 1977, n. 616 - che ha operato un primo trasferimento di funzioni amministrative alle regioni - ha successivamente delegato alle regioni le funzioni di aggiornamento e modifica del PRGA concernenti le risorse idriche destinate dal piano a soddisfare le esigenze dei rispettivi territori regionali, nonché l'utilizzazione delle risorse stesse, riservando allo Stato, accanto alle funzioni relative alla programmazione nazionale della destinazione delle risorse idriche, le funzioni concernenti l'imposizione di vincoli e gli aggiornamenti o modifiche del PRGA che comportino una diversa distribuzione delle riserve idriche tra le regioni.
In merito ai vincoli disposti dal PRGA, si ricorda che, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 129 del 1963, il Governo è stato delegato ad emanare uno o più decreti legislativi per disciplinare l’apposizione del vincolo, totale o parziale, delle risorse idriche di cui all'art. 2, lett. b), al fine di consentirne l'utilizzazione per il piano, anche oltre i limiti oggettivi e temporali indicati nell'art. 51 del testo unico 11 dicembre 1933, n. 1775 (un quadriennio rinnovabile una sola volta); nonché la modificazione della procedura prevista dalle norme vigenti, in materia di concessioni di acque pubbliche, mediante semplificazione degli adempimenti ivi prescritti, sia per i privati che per la pubblica Amministrazione.
I decreti delegati non sono stati emanati, tuttavia il DPR n. 1090 del 1968, recante le norme di attuazione del PRGA, ha introdotto una serie di disposizioni (tuttora vigenti) in merito ai vincoli. Si ricorda, in particolare, la disposizione dell’art. 3, relativa alla durata (venticinque anni); la disposizione di cui all’art. 5, ove si stabilisce che il vincolo viene integrato, modificato o revocato con i procedimenti di cui agli articoli precedenti, in correlazione a varianti del piano regolatore generale degli acquedotti;
Infine, in merito all’aggiornamento del PRGA, si ricorda che la legge 5 gennaio 1994, n. 36, nel riordinarla la materia della pianificazione delle risorse idriche, ha disposto , all’art. 4, comma 1, lett. d), che spetta al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali e gli interventi nel settore della difesa del suolo, di cui all'art. 4, comma 2, della legge n. 183 del 1989, sentita la Conferenza Stato-Regioni, determinare, con propri decreti – fra l’altro – anche la le metodologie ed i criteri generali per la revisione e l'aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti, da effettuarsi su scala di bacino, salvo i casi in cui il fabbisogno comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i comprensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge n. 183.
La stessa legge, all’art. 8, comma 4, ha previsto che le regioni, sentite le province interessate, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano, d'intesa tra loro o singolarmente, nonché l'Autorità di bacino, per le finalità di cui alla stessa legge n. 36, provvedono nei bacini idrografici di loro competenza all'aggiornamento del piano regolatore generale degli acquedotti su scala di bacino ed alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti.
Articolo 5, comma 16
(Utilizzo contributo concesso a Sviluppo
Italia per l’autoimprenditorialità)
16. Il contributo di 10 milioni di euro di cui all’articolo 83, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, può essere utilizzato anche per la realizzazione di incubatori per imprese produttive.
Il comma 16 stabilisce che il contributo di 10 milioni assegnato per il 2003 a Sviluppo Italia per il finanziamento dei mutui agevolati relativi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego (articolo 83 della legge finanziaria per il 2003) possa essere impiegato anche per la realizzazione di incubatori per imprese produttive.
L’articolo 83 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) prevedeva l’assegnazione a Sviluppo Italia di un contributo volto ad assicurare il finanziamento degli interventi a titolo di mutuo agevolato relativi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego[130].
Il contributo era fissato in 10 milioni per l’anno 2003, 20 milioni di euro per l’anno 2004 e 45 milioni di euro per l’anno 2005 e si configurava come concorso dello Stato al pagamento degli oneri per interessi derivanti dai mutui contratti da Sviluppo Italia sul mercato ovvero da prestiti obbligazionari emessi dalla medesima società.
Successivamente la tabella E della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) ha disposto la riduzione degli stanziamenti relativi al 2004 e al 2005, per un importo pari, rispettivamente, a 20 e a 45 milioni di euro, con conseguente soppressione del finanziamento relativo a ciascuno dei due anni.
La disposizione in esame, pertanto, individua una finalità alternativa, la realizzazione di incubatori per imprese produttive, alla quale possono essere destinate le risorse stanziate per l’anno 2003 per mutui agevolati a sostegno dell’autoimprenditorialità e dell’autoimpiego.
Le risorse in questione risultano essere state trasferite dal bilancio dello Stato (UPB 3.1.2.46/Economia, cap. 1880) a Sviluppo Italia nel corso dell’esercizio 2003.
L’incubatore d’impresa è uno strumento di sviluppo economico volto ad accelerare la crescita ed il consolidamento di iniziative imprenditoriali, mediante un insieme strutturato di risorse finanziarie e servizi. L'offerta comprende spazi fisici e strutture logistiche condivise, nonché servizi di consulenza, formazione efinanza dedicata.
L’attività dell’incubatore consente di sistematizzare il processo di creazione di piccole e medie imprese: superata la fase di start up le imprese vengono aiutate a insediarsi nel territorio circostante.
Secondo recenti pubblicazioni gli incubatori attivi in Italia nel 2004 sono 44; di questi il 48% fa capo a Sviluppo Italia, che è impegnata a rafforzare ulteriormente la propria rete, attraverso la realizzazione di nuove strutture che ne estendano l’attività in regioni in cui non è ancora presente.
Al 31 dicembre 2004 gli incubatori operativi facenti capo al gruppo Sviluppo Italia sono 21, occupano una superficie territoriale complessiva di 127.000 mq (con una disponibilità di spazi per le imprese di oltre 90.000 mq.) e risultano così distribuiti:
- 14 incubatori al centro nord
- 7 incubatori nelle regioni del Mezzogiorno
Il programma di ampliamento della rete prevede attualmente la realizzazione di 18 nuovi incubatori, in parte nuove costruzioni e in parte ristrutturazioni di edifici pubblici in disuso. La disponibilità degli spazi aumenterà di 70.000 mq. raggiungendo così circa 200.000 mq. totali.
Gli incubatori in corso di realizzazione saranno così distribuiti:
- 6 nelle regioni del centro nord: Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Friuli Venezia Giulia e Veneto;
- 12 nelle regioni del Mezzogiorno: Basilicata (n. 4), Puglia (n. 2), Sicilia (n. 3), Calabria, Campania e Sardegna.
Al 31 dicembre 2004 gli incubatori di Sviluppo Italia ospitano 363 imprese che occupano complessivamente oltre 2.500 addetti, con una media di 7 addetti per impresa. Nel corso del 2004 sono entrate negli incubatori 75 nuove imprese, con 514 addetti.
Le imprese già uscite dagli incubatori sono 498, con 3.899 occupati. Nel complesso, dagli incubatori sono già "nate" 861 PMI, per un'occupazione pari a 6.436 unità.
Il ricambio delle imprese incubate rappresenta un fattore determinante per valutare la funzione dell’incubatore che è quella di sostenere e accompagnare le imprese nella fase di start up. Le imprese rimangono negli incubatori in media per un periodo di 3 anni per poi lasciare spazio a nuove iniziative.
Tra le attività delle imprese incubate prevale fortemente il settore dei servizi (76%), seguito dal settore manifatturiero (20%) e in misura residuale il settore dell’agroalimentare (4%). All’interno dei servizi rivestono particolare rilevanza le attività legate a informatica/elettronica e telecomunicazioni (34%), seguite da servizi di consulenza alle imprese (30%) e da attività ad elevato contenuto tecnologico e di innovazione, in particolare nei settori farmaceutica/biotecnologie, e di ricerca e sviluppo (7%).
Articolo 5, comma 16-bis
(Limiti di impegno per il settore aeronautico)
16-bis. I limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato in relazione a specifiche disposizioni legislative concernenti lo sviluppo dei progetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) della legge 24 dicembre 1985, n. 808 e di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a) della legge 11 maggio 1999, n. 140 sono utilizzati secondo le specifiche disposizioni recate dall’articolo 4, comma 177 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e successive modificazioni ed integrazioni.
Il comma 16-bis dispone in ordine alle modalità di utilizzo dei limiti d’impegno, già stanziati da specifiche disposizioni legislative, in materia di sviluppo del settore aeronautico.
In particolare, la disposizione in esame stabilisce che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato, concernenti la realizzazione di progetti ad elevato contenuto tecnologico nel settore aeronautico, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), della legge n. 808/1985 e all’articolo 1 comma 1, lettera a), della legge n. 140/1999, siano utilizzati secondo le disposizioni recate dall'articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).
La legge n. 808 del 1985, recante “Interventi per lo sviluppo e l'accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico”, costituisce il principale provvedimento a sostegno del settore.
In particolare, l’articolo 3, comma 1, lett. a), prevede la concessione di finanziamenti per favorirela partecipazione di imprese nazionali a programmi industriali aeronautici per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici in collaborazione internazionale, in particolareper l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi.
Le risorse relative agli interventi previsti dalla legge n. 808 del 1985 sono iscritti nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, U.P.B. 3.2.3.8, capitolo 7421 “Interventi agevolativi per il settore aeronautico”. Nel bilancio per il 2005 la dotazione del capitolo ammonta a 184 milioni.
L’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge n. 140 del 1999 autorizza il Ministero delle attività produttive, al fine di promuovere lo sviluppo dell'industria nazionale ad alta tecnologia, ad effettuare interventi riguardanti la realizzazione da parte di imprese italiane, anche eventualmente nell'ambito di collaborazioni internazionali, di progetti e programmi ad elevato contenuto tecnologico nei settori aeronautico e spaziale e nel settore dei prodotti elettronici ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.
Le relative risorse sono iscritte nel capitolo 7420 dell’U.P.B. 3.2.3.8, unitamente ad altre autorizzazioni legislative concernenti il settore aeronautico.
Il capitolo 7420, peraltro, riguarda il c.d. Fondo unico per le imprese, nel quale sono confluite, a decorrere dal 1999 le risorse relative al commercio e turismo, alla ricerca e sviluppo tecnologico, alla riconversione industriale, al settore minerario, agli interventi di competenza nelle aree depresse, all’imprenditoria femminile. Il Fondo unico, articolato in numerosi piani di gestione, è oggetto di riparto tra i settori interessati, con decreto del Ministro delle attività produttive, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Nel bilancio per il 2005 la dotazione complessiva del cap. 74210 è pari a 2.326 milioni, di cui 600 milioni relativi al settore aeronautico[131].
La disposizione in esame è volta a prevedere che l’utilizzo dei fondi destinati allo sviluppo della competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico abbia luogo nella forma di contributi pluriennali, in conformità con quanto disposto in via generale dall’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004).
Il citato comma 177 ha introdotto un’importante innovazione nella disciplina dei limiti di impegno, stabilendo che i limiti di impegno iscritti nel bilancio dello Stato sulla base di specifiche disposizioni legislative devono intendersi:
a) quale contributo pluriennale dello Stato per la realizzazione di investimenti, di forniture di interesse nazionale e di azioni mirate a favorire il trasporto delle merci con modalità alternative, includendo nel costo degli stessi anche gli oneri derivanti dagli eventuali finanziamenti necessari;
b) quale concorso dello Stato al pagamento di una quota degli oneri derivanti dai mutui o da altre operazioni finanziarie che i soggetti interessati sono autorizzati ad effettuare per la realizzazione di investimenti, nel caso in cui il soggetto beneficiario non sia compreso nel settore delle amministrazioni pubbliche, come definito sulla base delle regole comunitarie di contabilità nazionale.
Il concorso parziale al finanziamento degli oneri derivanti da mutui o prestiti, pertanto, si applica solo ai casi in cui il beneficiario del finanziamento sia un soggetto che non appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche. La determinazione della quota di concorso è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare di concerto con il Ministro competente.
La trasformazione dei limiti di impegno in contributi pluriennali, disposta dal comma in esame, pare rilevante sia in ordine a finalità di contenimento del debito pubblico sia in ordine a finalità di mantenimento in bilancio delle somme autorizzate.
I limiti di impegno autorizzati per le finalità indicate dalle disposizioni citate nel comma 16-bis in esame, infatti, erano destinati ad attivare mutui per finanziare interventi di sviluppo nel settore aeronautico.
Al riguardo occorre considerare, che, nel caso in cui il mutuo sia interamente finanziato dallo Stato o da una amministrazione pubblica, in base alle regole del sistema europeo di contabilità nazionale SEC95, l’importo del mutuo va ad incrementare lo stock del debito delle amministrazioni pubbliche.
L’utilizzo di quote di limiti di impegno come contributi pluriennali potrebbe pertanto essere riconducibile alla finalità di non determinare un aumento dell’entità complessiva del debito delle amministrazioni pubbliche.
In relazione al mantenimento in bilancio dei limiti di impegno, si segnala che, ai sensi della disciplina contabile prevista dall’articolo 54, comma 16, della legge n. 449/1997, come modificato dall’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 194/2002 (legge n. 246/2002), le annualità non utilizzate dei limiti di impegno vengono eliminate dal conto residui e reiscritte in conto competenza alla fine del periodo di ammortamento, purché l’impegno formale avvenga entro l’esercizio finanziario successivo a quello della prima iscrizione in bilancio. Pertanto ciascun limite di impegno può essere mantenuto in bilancio, prima della sua effettiva attivazione, per un solo esercizio successivo a quello di prima iscrizione (con conseguente slittamento di un anno del periodo cui si riferisce).
Peraltro, il D.L. n. 269/2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003, ha previsto, all’articolo 32, comma 49-bis, una disciplina transitoria relativamente alla conservazione in bilancio degli stanziamenti relativi a limiti di impegno iscritti per la prima volta negli esercizi finanziari 2002 e 2003. Per tali spese, ai fini della reiscrizione delle annualità non utilizzate nella competenza degli esercizi finanziari successivi a quello terminale, è richiesto che l’impegno formale venga assunto entro il secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione in bilancio.
La disposizione di cui al comma in esame sembra applicarsi ai limiti di impegno previsti dalla legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350/2003), che ha autorizzato:
§ un limite di impegno quindicennale di 10 milioni di euro a decorrere dal 2004 e un limite di impegno quindicennale di 30 milioni di euro a decorrere dal 2005 (cap. 7421) relativamente alla legge n. 808 del 1985;
§ due limiti di impegno quindicennali di 50 milioni di euro con decorrenza dal 2005 e dal 2006 (cap. 7420) relativamente alla legge n. 266 del 1997 (programma EFA) che, peraltro, rinvia alla citata legge n. 808 .
Per quanto riguarda i finanziamenti della legge n. 808 del 1985, articolo 3, primo comma, lettera a), si segnalano, relativamente agli anni più recenti, due limiti di impegno quindicennali, rispettivamente di 45 miliardi di lire a decorrere dal 2001 e di 44 miliardi di lire a decorrere dal 2002, autorizzati dall’art. 54, comma 1, della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000).
Inoltre, la legge n. 388/2000, all’articolo 144, comma 3, ha autorizzato due limiti di impegno quindicennali di 50 miliardi di lire a decorrere dal 2002 e di 42 miliardi di lire a decorrere dal 2003, destinati a interventi di sviluppo della competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico, la cui valutazione è affidata al Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica istituito dall’articolo 2, della legge n. 808/1985.
Le risorse relative ai limiti di impegno citati sono iscritte nel capitolo 7421 dell’U.P.B. 3.2.3.8. dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive.
Per quanto riguarda le risorse iscritte nel capitolo 7420, occorre considerare che numerose disposizioni di legge hanno previsto agevolazioni all’industria aeronautica, anche disponendo genericamente il rifinanziamento della legge n. 808. In particolare:
§ l’articolo 2, comma 6, del D.L. 547/1994 ha previsto due limiti di impegno decennale, rispettivamente di 25 miliardi con decorrenza 1994 e di 50 miliardi con decorrenza 1995;
§ l’articolo 5, comma 1, del D.L. n. 321/1996 (legge n. 421/1996) ha previsto tre limiti di impegno decennali aggiuntivi, pari a 30 miliardi a partire dal 1995, a 220 miliardi dal 1996 e a 100 miliardi dal 1998;
§ l’articolo 4, comma 2, della legge n. 266/1997 ha autorizzato un limite di impegno decennale di 105 miliardi a partire dal 1998, anche ai fini dello sviluppo della capacità di collaborazione a livello internazionale delle industrie aeronautiche, con particolare riferimento alle intese produttive e tecnologiche finalizzate all’acquisizione da parte dell’industria aeronautica nazionale di significative quote di lavoro nell’ambito dei maggiori progetti aeronautici civili predisposti dall’Unione europea (programma EFA);
§ l’articolo 50, comma 1, lettera h), della legge n. 448/1998 ha disposto il nuovo finanziamento del programma EFA, autorizzando limiti di impegno quindicennali di 24 miliardi di lire a partire dal 1999, di 50 miliardi di lire a partire dal 2000 e di 26 miliardi di lire a partire dal 2001;
§ l’articolo 145, comma 38, della legge n. 388/2000 ha disposto un rifinanziamento della legge 266/1997, pari a 200 miliardi di lire nel 2001 e a 225 miliardi di lire nel 2002;
§ il comma 43 dell’art. 52 della legge n. 448/2001 ha previsto un ulteriore rifinanziamento, pari a 154,937 milioni di euro per il solo anno 2002, a favore del programma EFA;
§ l’articolo 80, comma 60,della legge n. 289/2002 ha autorizzato una ulteriore spesa di 50 milioni di euro per le esigenze di prosecuzione del programma EFA per il 2003, mentre alla tabella 1 è indicato un limite di impegno quindicennale con decorrenza dal 2004 per 100 milioni sempre relativo al programma EFA[132].
Non risulta, peraltro, chiaro se i finanziamenti sopra richiamati siano riconducibili alla previsione di cui al comma in esame.
In ogni caso, anche in considerazione dei numerosi interventi relativi al settore aeronautico, sarebbe opportuno che venissero fornite indicazioni in merito all’entità dei limiti di impegno relativi agli interventi di cui al comma in esame per i quali già sono stati accesi mutui e all’entità di quelli che risultano iscritti in bilancio, ma che non sono stati ancora attivati.
16-ter. All’articolo 6 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, dopo il comma 24, è aggiunto il seguente:
24-bis. La SACE Spa può destinare propri beni e rapporti giuridici al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli da essa emessi. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 5, commi 18 e 24. Alle operazioni di raccolta effettuate dalla SACE Spa ai sensi del presente comma, non si applicano gli articoli da 2410 a 2420 del codice civile. Per ciascuna emissione di titoli può essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale ne cura gli interessi e in loro rappresentanza esclusiva esercita i poteri stabiliti in sede di nomina e approva le modificazioni delle condizioni delle operazioni.
16-quater. Il comma 5 dell’articolo 2 della legge 30 dicembre 2004, n. 312, è abrogato.
Il comma 16-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato,interviene sull’articolo 6 del decreto-legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, il cui comma 24 ha disposto la trasformazione della SACE - Servizi assicurativi del commercio estero in società per azioni.
La presente disposizione vi inserisce un nuovo comma 24-bis, che facoltizza la SACE a destinare beni e rapporti giuridici di propria pertinenza al soddisfacimento dei diritti dei portatori dei titoli da essa emessi, realizzando così un’apposita separazione patrimoniale.
A questo fine è disposto che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni recate dall’articolo 5, commi 18 e 24, del decreto-legge n. 269 del 2003.
Ai sensi del richiamato comma 18 dell’articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. può destinare propri beni e rapporti giuridici al soddisfacimento dei diritti dei portatori di titoli da essa emessi e di altri soggetti finanziatori. A tal fine la Cassa adotta apposita deliberazione contenente l'esatta descrizione dei beni e dei rapporti giuridici destinati, dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata, dei diritti ad essi attribuiti e delle modalità con le quali è possibile disporre, integrare e sostituire elementi del patrimonio destinato. La deliberazione è depositata e iscritta a norma dell'articolo 2436 del codice civile (iscrizione nel registro delle imprese). Dalla data di deposito della deliberazione i beni e i rapporti giuridici individuati sono destinati esclusivamente al soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata e costituiscono a tutti gli effetti patrimonio separato da quello della Cassa depositi e prestiti S.p.A. e dagli altri patrimoni destinati. Fino al completo soddisfacimento dei diritti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata, sul patrimonio destinato e sui frutti e proventi da esso derivanti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti dei predetti soggetti. Se la deliberazione di destinazione del patrimonio non dispone diversamente, delle obbligazioni nei confronti dei soggetti a cui vantaggio la destinazione è effettuata la Cassa risponde esclusivamente nei limiti del patrimonio ad essi destinato e dei diritti ad essi attribuiti. Resta salva in ogni caso la responsabilità illimitata della medesima per le obbligazioni derivanti da fatto illecito. Con riferimento a ciascun patrimonio separato la Cassa tiene separatamente i libri e le scritture contabili prescritti dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile. Per il caso di sottoposizione della Cassa depositi e prestiti S.p.A. alle procedure di cui al titolo IV del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, o ad altra procedura concorsuale applicabile, i contratti relativi a ciascun patrimonio destinato continuano ad avere esecuzione e continuano ad applicarsi le previsioni contenute nel presente comma. Gli organi della procedura provvedono al tempestivo pagamento delle passività al cui servizio il patrimonio è destinato e nei limiti dello stesso, secondo le scadenze e gli altri termini previsti nei relativi contratti preesistenti. Gli organi della procedura possono trasferire o affidare in gestione a banche i beni e i rapporti giuridici ricompresi in ciascun patrimonio destinato e le relative passività.
Ai sensi del comma 24 dello stesso articolo 5, tutti gli atti, contratti, trasferimenti, prestazioni e formalità relativi alle operazioni di raccolta e di impiego, sotto qualsiasi forma, effettuate dalla gestione separata, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie anche reali di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate, sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché ogni altro tributo o diritto. Non si applica la ritenuta di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 26 del D.P.R. 29 Settembre 1973, N. 600, sugli interessi e gli altri proventi dei conti correnti dedicati alla gestione separata.
In luogo della generica clausola di compatibilità, sarebbe opportuno indicare espressamente le disposizioni applicabili alla nuova fattispecie.
Viene specificato che alle operazioni di raccolta effettuate dalla SACE secondo il presente comma non si applicano, invece, le disposizioni di cui agli articoli da 2410 a 2420 del codice civile, riguardanti la disciplina dell’emissione di obbligazioni da parte di società.
Si prevede, comunque, che possa essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, per ciascuna emissione.
Il rappresentante comune dovrebbe:
a) curare gli interessi dei portatori dei titoli;
b) esercitare in loro rappresentanza i poteri stabiliti in sede di nomina;
c) approvare le modificazioni delle condizioni delle operazioni.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2417 del codice civile, dichiarato espressamente inapplicabile alla fattispecie in esame, il rappresentante comune può essere scelto al di fuori degli obbligazionisti e possono essere nominate anche le persone giuridiche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento nonché le società fiduciarie. Non possono essere nominati rappresentanti comuni degli obbligazionisti e, se nominati, decadono dall'ufficio, gli amministratori, i sindaci, i dipendenti della società debitrice e coloro che si trovano nelle condizioni indicate nell'articolo 2399.
Se non è nominato dall'assemblea a norma dell'articolo 2415, il rappresentante comune è nominato con decreto dal tribunale su domanda di uno o più obbligazionisti o degli amministratori della società.
Il rappresentante comune dura in carica per un periodo non superiore a tre esercizi sociali e può essere rieletto. L'assemblea degli obbligazionisti ne fissa il compenso. Entro trenta giorni dalla notizia della sua nomina il rappresentante comune deve richiederne l'iscrizione nel registro delle imprese.
Il comma 16-quater dispone l’abrogazione del comma 5 dell'articolo 2 della legge 30 dicembre 2004, n. 312, relativo alla quota massima delle garanzie che la SACE S.p.a. è autorizzata a rilasciare per il 2005.
Il richiamato articolo 2 della legge 30 dicembre 2004, n. 312, recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2005 e il bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007, prevede, al comma 4, che i limiti di cui all'articolo 6, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, concernente gli impegni assumibili dalla SACE S.p.A.[133], sono fissati, per l'anno finanziario 2005, rispettivamente in 5.000 milioni di euro per le garanzie di durata sino a ventiquattro mesi e in 7.000 milioni di euro per le garanzie di durata superiore a ventiquattro mesi.
Il comma 5 autorizza la SACE S.p.A., per l'anno finanziario 2005, a rilasciare garanzie entro una quota massima del 10 per cento di ciascuno dei limiti indicati al comma 4.
Articolo 5, comma 16-quinquies
(Convenzioni dell’Istituto poligrafico e
Zecca dello Stato)
16-quinquies. Il secondo periodo del comma 3 dell’articolo 7-vicies quater, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 3l marzo 2005, n. 43, è soppresso.
Il comma 16-quinquies dell’articolo 5, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, abroga il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 7-vicies quater del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito con modificazioni dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, eliminandola previsione che subordina a ratifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze gli accordi stipulati dall’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. con pubbliche amministrazioni nonché con soggetti privati in tema di carte valori.
Il comma 3 dell'articolo 7-vicies quater del decreto legge n. 7 del 2005, al fine di contenere i prezzi di cessione delle carte valori e i costi di attivazione, di produzione, di emissione e di manutenzione dei centri per la gestione delle stesse, consente all’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. di stipulare accordi o indire gare con pubbliche amministrazioni nonché soggetti privati, anche allo scopo di estendere l’operatività delle carte valori alla fruizione di servizi, ivi compresi quelli di natura privatistica. Gli accordi, secondo quanto previsto dal predetto decreto-legge, avrebbero dovuto essere sottoposti a ratifica da parte del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero dell’interno.
Si ricorda che l'emissione di carte valori è prerogativa dello Stato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261 (Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio).
L’articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559 (Nuovo ordinamento dell'Istituto poligrafico dello Stato), come sostituito dall’ articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, attribuisce all'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato il compito di produrre e fornire la carta, le carte valori, gli stampati e le pubblicazioni anche su supporti informatici, nonché i prodotti cartotecnici per il fabbisogno delle amministrazioni dello Stato.
Il regolamento di attuazione approvato con decreto del Presidente della repubblica 24 luglio 1967, n. 806, all’articolo 8, rimette a decreto del Ministro del tesoro la disciplina dei servizi di vigilanza e controllo sulla produzione dei valori, degli stampati a rigoroso rendiconto, degli stampati comuni e delle pubblicazioni ufficiali.
Il decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, ha provveduto al riordino dell'Istituto disponendone la trasformazione in società per azioni, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Con deliberazione del CIPE n. 59 del 2 agosto 2002, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato è stato trasformato in società per azioni.
16-sexies. All’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 il comma 2 è sostituito dai seguenti:
“2. Ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile, salvo quanto previsto all’articolo 9, comma 4, del D.M. 2 dicembre 2000, n. 398, nonché l’obbligo di applicazione da parte del collegio arbitrale delle tariffe di cui all’allegato a tale decreto.
2–bis. All’atto del deposito del lodo va corrisposta, a cura degli arbitri, una somma pari all’uno per diecimila del valore della relativa controversia.
2–ter. In caso di mancato accordo per la nomina del terzo arbitro, ad iniziativa della parte più diligente, provvede la Camera Arbitrale, scegliendolo nell’albo previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999 n. 554. Ai giudizi costituiti ai sensi del presente comma si applicano le norme di procedura di cui al D.M. 2 dicembre 2000 n. 398.”;
16-septies. Sono fatte salve le procedure arbitrali definite o anche solo introdotte alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, purché risultino rispettate le disposizioni relative all’arbitrato contenute nel codice di procedura civile o nell’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dal presente provvedimento”.
I commi 16-sexies e 16-septies intervengono in materia di arbitrato nei lavori pubblici. La prima innovazione (comma 16-sexies) è formulata come novella all’articolo 32, comma 2, della “legge quadro” sui lavori pubblici. Essa consiste in una riforma della attuale disciplina della nomina del terzo arbitro (basata sulla competenza della Camera arbitrale istituita presso l’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici) e disponendo invece che anche la nomina del terzo arbitro possa essere concordata fra le parti e che solo laddove manchi l’accordo fra le parti a tale nomina debba procedere la suddetta Camera.
Fuori dalla novella (comma 16-septies) viene invece introdotta una norma transitoria, volta a disciplinare le procedure arbitrali in corso o già definite prima dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto e dopo la sentenza del Consiglio di Stato n. 6337 del 17 ottobre 2003, sentenza che – come ricostruito di seguito – aveva prodotto una situazione di incertezza in merito alla disciplina applicabile alle situazioni pregresse.
Si ricorda preliminarmente che, ai sensi della normativa vigente (art. 32, comma 1) tutte le controversie derivanti dall’esecuzione del contratto di appalto di lavori pubblici, possono essere deferite ad arbitri.
Si ricorda che il principio generale affermato al comma 1 dell’articolo 32 è stato introdotto con la (prima) riforma della “legge Merloni” nel 1995 (decreto legge n. 101 del 1995), in quanto il testo originario della “legge quadro” (1994), dopo aver previsto la conciliazione in via amministrativa delle controversie, prevedeva che (in caso di mancato raggiungimento dell’accordo) la controversia fosse devoluta alla competenza del giudice ordinario e vietava che neri capitolati fosse previsto il deferimento della controversia ai collegi arbitrali[134].
Questa disposizione è stata ampiamente criticata, in quanto inopportunamente troppo severa verso l’istituto dell’arbitrato negli appalti pubblici, ed è stata ritenuta da molti anche illegittima, in quanto indirettamente veniva a creare una sorta di giurisdizione esclusiva del giudice ordinario e a ledere gli stessi principi di eguaglianza e di garanzia del buon andamento della PA.
Nel 1995 è quindi intervenuta una prima riforma della “legge Merloni” che – in materia di giudizio arbitrale – ha capovolto l’originaria previsione, disponendo che – in caso di mancato raggiungimento dell’accordo bonario – il giudizio fosse devoluto ad un arbitrato ai sensi delle norme del codice di procedura civile (arbitrato ordinario).
Anche questa disposizione è stata oggetto di divergenti interpretazioni e di critiche, in primo luogo in quanto una costante giurisprudenza costituzionale (sin dal 1977) ha riconosciuto l’illegittimità costituzionale dell’arbitrato obbligatorio. Pertanto molti hanno ritenuto doversi escludere tale interpretazione della nuova normativa (per quanto essa fosse la più aderente al testo).
Ma altre incertezza applicative sono sorte in merito alla applicabilità delle nuove disposizioni a controverse anteriormente aperte. Inoltre, l’istituto stesso dell’arbitrato negli appalti pubblici è stato investito da un’ondata di critiche accomunate dalla denuncia di una pretesa incompatibilità fra ufficio magistratuale e ufficio arbitrale.
Tale situazione ha reso necessarie nuove modifiche dell’articolo 32, introdotte dalla seconda riforma della “legge Merloni” (legge n. 415 del 1998) che ha istituito presso l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici una camera arbitrale presso la quale doveva essere costituito il collegio arbitrale (procedimento arbitrale cd “amministrato”) al quale le controversie venivano deferite nel caso in cui le parti optassero per questa soluzione (la norma chiariva infatti anche in merito alla natura facoltativa dell’arbitrato). La stessa norma rinviava poi ad un regolamento interministeriale la definizione delle norme procedurali del giudizio arbitrale, la fissazione delle tariffe degli arbitri e la composizione e le modalità di funzionamento della camera arbitrale. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il DM 2 dicembre 2000, n. 398, Regolamento recante le norme di procedura del giudizio arbitrale, ai sensi dell'articolo 32, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, mentre l’art. 150 del regolamento di attuazione della legge quadro (DPR n. 554 del 1999) stabiliva che dei tre arbitri componenti il collegio due fossero scelti dalle parti e il terzo, con funzioni di presidente del collegio, nominato dalla Camera arbitrale e scelto nell'àmbito dell'albo camerale sulla base di criteri oggettivi e predeterminati.
Altre norme sull’arbitrato sono state poi introdotte nel capitolato generale d’appalto (DM 19 aprile 2000, n. 145).
Tuttavia, anche nei confronti del modello dell’arbitrato amministrato furono, sin dal suo varo, avanzate perplessità[135]. Inoltre altri elementi di ambiguità della normativa vigente dovettero essere affrontati con un nuovo (minore) intervento del legislatore: l’art. 7, comma 1, lettera v) della legge n. 166 del 2002.
Infine, si ricorda che alla disciplina vigente sull’arbitrato fa anche rinvio – relativamente alle infrastrutture strategiche di cui alla “legge obiettivo” – anche l’art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 190 del 2002.
La disciplina vigente dell’arbitrato è oggi ricostruibile ricorrendo a numerose norme:
§ Legge n. 109 del 1994 (come successivamente modificata): artt. 31-bis e 32;
§ Regolamento di attuazione (DPR n. 554 del 1999): artt. 149, 150 e 151;
§ Capitolato generale (DM n. 145 del 2000): artt. 32, 33 e 34;
§ DM n. 398 del 2000: artt. 1-12;
§ “Legge obiettivo” (decreto legislativo n. 190 del 2002): art. 12, comma 4.
Il sistema delineato dalla normativa vigente è caratterizzato – pertanto – da tre elementi:
§ la esplicita facoltatività del ricorso al giudizio arbitrale,
§ il carattere amministrato del modello di arbitrato,
§ la designazione dei membri del collegio in parte affidata alle parti e in parte alla camera arbitrale (terzo membro).
Tuttavia, questo sistema, per quanto apparentemente assestato, è stato in realtà fortemente intaccato dalla sentenza n. 6337 del Consiglio di Stato (del 17 ottobre 2003) che ha annullato l’articolo 150, comma 3 del DPR n. 554 del 1999 (regolamento di attuazione), nella parte in cui sottrae alla libera determinazione delle parti la scelta del terzo arbitro con funzioni di presidente, attribuendola alla Camera arbitrale. Conseguentemente all’annullamento di tale norma sono state parzialmente anche annullate altre disposizioni ad essa connesse: i commi 5, 7 e 8 dell’art. 151. Ma in realtà è l’intero sistema delineato dalle norme vigenti che è stato messo in crisi dalla sentenza citata.
La motivazione della sentenza è imperniata sul divieto (costituzionale) di istituzione di giurisdizioni speciali e sul riconoscimento che la sottrazione alle parti della designazione dell’intero collegio configurerebbe proprio tale fattispecie, venendo a tradire il principio fondante del modello arbitrale, rinvenibile nell’articolo 810 del cpc. Inoltre, la Camera arbitrale, secondo la citata sentenza, è pur sempre un organo amministrativo, per quanto indipendente, e privo, pertanto di quel carattere di terzietà che il Titolo IV, parte seconda, della Costituzione richiede per tutti i giudici.
La sentenza è stata immediatamente commentata – con allarme – dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici che in data 6 novembre 2003 ha inviato un Atto di segnalazione al Governo e al Parlamento,nel quale si paventavano i rischi derivanti dal conseguente vuoto normativo e si segnalava soprattutto l’incertezza della sorte degli oltre 400 giudizi definiti o in corso – a quel momento – presso la Camera arbitrale. L’Autorità suggeriva pertanto l’opportunità di un intervento normativo che scongiurasse tali rischi.
Nel corso dell’esame al Senato del decreto legge 31 gennaio 2005, n. 7, (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 43 del 2005) era stato presentato un emendamento n. 6.0.3 della Commissione), successivamente ritirato, che aveva il fine di rendere sostanzialmente facoltativo il ricorso al sistema della Camera arbitrale, rimettendo ad un collegio di tre soggetti, liberamente scelti dalle parti, le controversie in materia di lavori pubblici.
A commento di tale iniziativa legislativa, l’Autorità di vigilanza interveniva con un nuovo Atto di segnalazione al Governo e al Parlamento in data 24 febbraio 2005. In esso venivano previamente ricordate le storiche diffidenze verso l’istituto dell’arbitrato nel settore dei lavori pubblici[136], ma veniva sostanzialmente valutato positivamente il modello delineato dalla legislazione vigente, basato sulla Camera arbitrale e sulla garanzia di imparzialità da questa offerta, pur ammettendosi che gli effetti (si diceva: “gli inconvenienti”) creati dalla sentenza n. 6337 del 2003 del Consiglio di Stato, avevano inciso profondamente su tale assetto normativo, richiedendo un intervento del legislatore. Tuttavia l’intervento normativo proposto dall’emendamento n. 6.0.3 presentato al Senato veniva in questo documento dell’Autorità fortemente criticato. Effetto di tale norma sarebbe stata la formazione, nell’ordinamento, di due distinti e concorrenziali modelli: un arbitrato – libero - rimesso totalmente alla disponibilità della parti e un altro (residuale e prevedibilmente recessivo) amministrato dalla Camera arbitrale, contraddistinto da un procedimento più rigido, “anche per quanto riguarda la determinazione dei compensi”.
L’Autorità denunciava, fra l’altro, l’abbandono, con questa soluzione, di una tradizione risalente a 144 anni che “ha sempre riservato alla mano pubblica l’intervento nella nomina dei collegi arbitrali, nonché una forma di vigilanza sullo svolgimento del procedimento”. Infine si segnalava il rischio di un aumento degli oneri a carico della PA (prevalentemente soccombente nei giudizi arbitrali) data la fuoriuscita dal sistema di compensi normativamente controllati.
Con il comma 16-sexies in commento si risolvono i problemi che si sono sopra riassunti secondo le seguenti linee:
§ in via generale si stabilisce che, anche in materia di lavori pubblici, si applicano le norme dell’arbitrato ordinario (disciplina del codice di rito) e cioè il principio della competenza delle parti a nominare gli arbitri[137];
§ si stabilisce, tuttavia, che – solo in caso di mancato accordo per la nomina del terzo arbitro, ad iniziativa della parte più diligente provvede la Camera arbitrale, scegliendo nell’albo previsto dal regolamento di attuazione della legge n. 109;
§ si fa salvo l’obbligo della fissazione dei compensi secondo le tariffe stabilite dallo stesso DM n. 398 (Allegato);
§ si fa comunque salva la normativa relativa agli obblighi di deposito del lodo presso la Camera arbitrale (art. 9, comma 4, del DM n. 398 del 2000)[138] e si dispone l’obbligo del versamento da parte degli arbitri alla Camera di una quota del valore della controversia (pari all’1/10.000);
§ una norma di chiusura prevede, infine, che ai giudizi arbitrali in materia di lavori pubblici debbano comunque applicarsi le norme procedurali previste dal DM n. 398 del 2000.
Con il comma 16-septies, opportunamente collocato fuori dalla novella, si interviene poi a sanare la situazione di incertezza venutasi a creare a seguito dell’annullamento del comma 3 dell’articolo 150 del DPR n. 554 del 1999, operato dalla sentenza del Consiglio di Stato dell’ottobre 2003 (e sottolineata nei citati Atti di segnalazione della Autorità di vigilanza) in merito ai procedimenti pendenti o definiti alla data di pubblicazione della sentenza stessa (all’epoca, oltre 400).
Viene infatti disposto che siano fatti salvi tutti i procedimenti arbitrali già definiti o comunque aperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione, purché risultino rispettate le disposizioni relative all’arbitrato contenute nel cpc, o quelle recate dall’articolo 32 della legge n. 109, come modificato dal precedente comma 16-sexies.
Si osserva che, anche se è agevole individuare la finalità della disposizione, tuttavia la sua formulazione può apparire non pienamente aderente alla complessa situazione che si è sopra ricostruita. Infatti, poiché la sentenza del Consiglio di Stato ha colpito non una disposizione recata dal DM n. 398, ma piuttosto l’art. 150, comma 3, del DPR n. 554 del 1999, la disposizione recata dal comma in commento non potrebbe comunque fare salvi i procedimenti nei quali il terzo arbitro sia stato designato secondo le disposizioni dello stesso art. 150, comma 3.
Si ricorda, infatti, che a seguito dell’annullamento del comma 3 dell’art. n. 150 del DPR n. 554 da parte della sentenza del Consiglio di Stato dell’ottobre 2003, si è aperta una fase di incertezza, non tanto sui lodi già emessi, quanto sui collegi all’epoca istituiti impegnati in procedimenti ancora aperti. Sono state prospettate diverse possibilità di definire tali situazioni: una prima ipotesi prevedeva la necessità (o la possibilità) per le parti di procedere ad una nuova designazione del terzo arbitro, diversa da quella operata dalla Camera e concordata fra le parti stesse, o, in mancanza dell’accordo, affidata al Presidente del tribunale; una seconda ipotesi prevedeva la possibilità (o, anche qui, la necessità) per le parti di ratificare con propria manifestazione di volontà l’arbitro designato dalla Camera; una terza posizione prevedeva, invece, la impossibilità di ricorrere contro il lodo in tutti i casi in cui il vizio non fosse stato dedotto dalle parti.
1. Nell’ambito degli strumenti finanziari a disposizione, il CIPE finanzia prioritariamente le misure necessarie per garantire la realizzazione di un adeguato sistema di servizi intersettoriali ed intermodali per l’integrazione delle infrastrutture materiali del Paese con sistemi tecnologici e di conoscenze, in funzione dello sviluppo del sistema logistico nazionale.
2. Per lo sviluppo di efficaci strumenti a sostegno della incentivazione di un sistema nazionale della logistica, anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nel rispetto di quanto previsto dal comma 361 del citato articolo 1, è prevista prioritariamente la realizzazione di piattaforme tecnologiche e logistiche al servizio della piccola e media impresa, localizzate in aree strategiche per lo sviluppo del sistema logistico nazionale, partendo dalle aree sottoutilizzate.
3. Nell’ambito degli interventi previsti ai sensi del comma 2, sono adottate le misure necessarie a garantire la rivalutazione del sistema portuale delle aree sottoutilizzate e il sostegno al trasporto ferroviario e all’intermodalità, con l’adeguata offerta dei servizi necessari per la realizzazione di una rete logistica ed intermodale interconnessa.
4. Per la definizione di adeguati procedimenti amministrativi in grado di rendere più efficiente lo stoccaggio, la manipolazione e la distribuzione delle merci, in coerenza con le esigenze di un sistema integrato di logistica ed intermodalità, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono ridefinite le relative procedure amministrative, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di servizi di polizia doganale, nel rispetto degli obiettivi di massima semplificazione, efficacia ed efficienza, nonché utilizzo di tecnologie informatiche.
L’articolo 5-bis, inserito a seguito dell’approvazione del maxi emendamento al Senato, è volto ad incentivare la realizzazione di un sistema tecnologico di sostegno alla logistica, che permetta la creazione di un sistema di servizi per l’integrazione delle infrastrutture materiali del Paese.
Si segnala fin da ora che tale disposizione è presente nell’articolo 10 nel disegno di legge d’iniziativa governativa A.C. 5736 (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) attualmente all’esame delle competenti commissioni parlamentari della Camera dei deputati.
Il comma 1 precisa quindi che per conseguire le finalità indicate il CIPE, nell’ambito degli strumenti finanziari a sua disposizione, finanzia prioritariamente le misure necessarie a garantire la realizzazione di un adeguato sistema di servizi intersettoriali ed intermodali con sistemi tecnologici e di conoscenze.
Si osserva che non sono specificati gli strumenti finanziari ovvero i fondi a valere sui quali il CIPE dovrebbe assegnare i finanziamenti di cui al comma in esame.
Il comma 2 prevede la prioritaria realizzazione di piattaforme tecnologiche e logistiche[139] al servizio della piccola e media impresa, localizzate in aree strategiche per lo sviluppo del sistema logistico nazionale; tra queste è data precedenza alle aree sottoutilizzate, ossia:
1) le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali[140];
2) le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2;
3) le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE, vale a dire le aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale.
La realizzazione delle piattaforme può avvenire anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo di cui all'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), nel rispetto dei limiti annuali di spesa sul bilancio dello Stato fissati dal comma 361 del medesimo articolo 1.
Il comma 354 dispone l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, del “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.
La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale.
Sono a carico del bilancio dello Stato gli oneri derivanti dal tasso di interesse agevolato e il rimborso riconosciuto alla Cassa depositi e prestiti.
Il CIPE provvede alla ripartizione del Fondo entro i limiti di spesa previsti a carico del bilancio dello Stato.
In particolare, il comma 361 fissa detti limiti in 80 milioni di euro per l'anno 2005 e in 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2006.
Si segnala che l’articolo 6, commi 1-7, del D.L. in esame estende gli interventi del Fondo al sostegno dell’attività di ricerca, alla quale viene destinata una quota pari al 30% del Fondo medesimo. Conseguentemente, il comma 3 del citato art. 6 novella alcuni commi della finanziaria 2005 e in particolare i commi 354 e 355 dell’articolo 1, intervenendo, rispettivamente, sulla denominazione del Fondo che diventa “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca”, e sul suo utilizzo complessivo mediante l’individuazione di specifiche priorità. Tra queste si segnala la realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei e delle reti infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche ad essi collegate.
Si segnala, altresì, che l’articolo 13, comma 5, del disegno di legge C5736 citato novella il comma 361 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005, modificando le modalità di copertura degli indicati oneri.
Il comma 3 prevede che nell'ambito degli interventi previsti dal comma 2, siano adottate le misure necessarie a garantire la rivalutazione del sistema portuale delle aree sottoutilizzate e il sostegno al trasporto ferroviario e all'intermodalità, con l'adeguata offerta dei servizi necessari per la realizzazione di una rete logistica ed intermodale interconnessa.
Il comma 4 prevede un DPCM che ridefinisca – al fine di renderle più efficienti e di operare in coerenza con le esigenze di un sistema integrato di logistica ed intermodalità - le procedure amministrative in materia di stoccaggio, manipolazione e distribuzione delle merci, ferme restando le vigenti disposizioni in materia di servizi di polizia doganale, nel rispetto degli obiettivi di massima semplificazione, efficacia ed efficienza, nonché utilizzo di tecnologie informatiche.
La logistica si può definire come un processo di pianificazione e controllo del flusso e stoccaggio di materie prime, semilavorati e prodotti finiti e delle relative informazioni dal punto di origine al punto di consumo in modo efficiente e d efficace.
Nell’offerta dei servizi logistici sono quindi coinvolti una serie di operatori (imprese di trasporto monomodale o intermodale, spedizionieri, corrieri, fornitori di servizi di magazzinaggio, terminalisti) accomunati dal tipo di funzione svolta ossia la pianificazione organizzazione e controllo una o più attività del processo logistico. Le attività logistiche sono quindi customer service, previsione della domanda, gestione della comunicazione, gestione scorte, localizzazione di fabbriche e depositi, approvvigionamenti, imballaggio, trasporti, magazzinaggio e stoccaggio. La gestione della logistica può comprendere tutte o alcune delle attività suddette a seconda del fatto che sia più o meno integrata.
Il fondamento del concetto di logistica integrata è rappresentato dalla minimizzazione del costo totale delle attività logistiche viste nel loro complesso, dato come obiettivo un livello di servizio da garantire.
La missione della logistica è quindi pianificare e coordinare tutte le attività necessarie per raggiungere il livello di servizio desiderato al minor costo possibile. La logistica deve quindi essere vista come il collegamento tra il mercato e l'ambiente operativo dell'azienda e l'ambito della logistica attraversa tutta l'organizzazione aziendale, dalla gestione delle materie prime fino alla consegna del prodotto finito.
Negli ultimi anni è stato riconosciuto il ruolo della logistica anche a livello normativo, a partire dal Piano generale dei trasporti e della logistica (approvato con D.P.R. 14 marzo 2001). L’allegato al DPEF 2004-2007 ha più volte citato la logistica come fattore importante nello sviluppo economico del Paese e fa riferimento alla redazione da parte del Governo di un Piano della logistica[141].
L’intervento normativo più recente è stato attuato con l’articolo 1, comma 456 della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004) che ha autorizzato la spesa 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007 per la concessione di contributi alla realizzazione di infrastrutture ad elevata automazione e a ridotto impatto ambientale di supporto a nodi di scambio viario intermodali.
Il comma stabilisce, altresì, che con successivo decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da emanare, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, siano individuate le tipologie di intervento che possono fruire dei contributi e gli importi massimi erogabili per ciascun intervento, nel rispetto delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.
Il relativo schema di decreto ministeriale (atto n. 464) è attualmente all’esame della IX Commissione Trasporti della Camera, per l’espressione del prescritto parere.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 13 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva riguardante l’accesso al mercato dei servizi portuali (COM(2004)654).
La proposta è volta a rafforzare la competitività dei porti dell’UE, riducendo al contempo l’inquinamento e la congestione. La Commissione sottolinea la necessità di tenere conto delle peculiarità del mercato dei servizi portuali nei vari Stati membri e propone di intervenire sugli aspetti riguardanti la concorrenza fra i fornitori di un servizio all’interno di uno stesso porto e la concorrenza fra porti diversi.
L’esame della proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà avviato dal Parlamento europeo l’11 ottobre 2005. L’esame in plenaria è previsto per il 16 novembre 2005. La proposta figura fra le priorità del programma di lavoro del Consiglio per il 2005.
Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di una proposta sull’uso dei porti marittimi a corredo di una comunicazione relativa all’istituzione di un quadro comune in materia di tariffazione per l’uso delle infrastrutture di trasporto.
Il 7 aprile 2003 la Commissione ha adottato una comunicazionerelativa all’istituzione di un programma europeo per la promozione del trasporto marittimo a corto raggio (COM(2003)155)alla quale è allegata una proposta di direttiva volta ad armonizzare le unità di carico intermodali (COM(2003)155) al fine di ridurre ritardi nella movimentazione fra modi e di consentire al trasporto marittimo a corto raggio di acquisire una maggiore quota sul mercato delle casse mobili, finora limitato al trasporto terrestre.
La Commissione sottolinea, in particolare, il ruolo determinante che il trasporto marittimo a corto raggio può svolgere al fine di perseguire gli obiettivi indicati nel Libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370) fra cui quelli di contenere l’aumento del traffico merci su veicoli pesanti, riequilibrare la ripartizione modale, diminuire la congestione del traffico su strada e promuovere la sicurezza e la sostenibilità. Il programma si articola in 14 azioni di tipo legislativo, operativo e tecnico, che riguardano: l’attuazione del programma Marco Polo (vedi infra), l’armonizzazione delle unità di carico intermodali, la realizzazione delle autostrade del mare, il miglioramento delle prestazioni ambientali del trasporto marittimo a corto raggio, la pubblicazione di un manuale delle procedure doganali per il trasporto marittimo a corto raggio e l’informatizzazione delle procedure doganali comunitarie, l’eliminazione degli ostacoli, la ricerca e lo sviluppo tecnologico, gli sportelli amministrativi unici, la promozione del ruolo dei corrispondenti marittimi a corto raggio, il buon funzionamento dei centri di promozione del trasporto marittimo a corto raggio, l’attuazione della direttiva 2002/6/CE sulle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo e/o in partenza dai porti comunitari.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo. La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 12 febbraio 2004 ed è in attesa della prima lettura del Consiglio.
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa all’avvio della seconda fase del programma Marco Polo[142] che prevede la concessione di un contributo finanziario comunitario per migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto merci (COM(2004)478).
Secondo la Commissione, l’avvio della seconda fase del programma è di fondamentale importanza al fine di promuovere l’intermodalità e di favorire il trasferimento del trasporto merci dalla strada verso altri modi più rispettosi dell’ambiente. La seconda fase, relativa al periodo 2007-2013, è provvista di una dotazione finanziaria pari a 740 milioni di euro; è prevista la possibilità di estendere il campo di applicazione del programma ai paesi vicini dell’UE. La proposta, pur riconfermando gli orientamenti stabiliti nel programma attualmente vigente, individua due nuovi tipi di azioni: la realizzazione delle autostrade del mare e le azioni volte ad evitare il traffico mediante l’integrazione del trasporto nelle logiche di produzione industriale.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 25 ottobre 2005. L’esame di questa proposta figura fra le priorità del programma operativo del Consiglio e delprogramma di lavorodella Commissione per il 2005.
La promozione dell’intermodalità nella catena di trasporto rientra fra le priorità delprogramma operativo del Consiglio per il 2005. Il Consiglio, in particolare, intende esaminare la proposta sulla sicurezza della catena del trasporto intermodale che dovrebbe essere presentata dalla Commissione.
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento volta a modificare il regolamento (CE) n. 2236/95 che stabilisce le regole generali per la concessione di un contributo finanziario comunitario nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia (COM(2004)475). La proposta è stata presentata dalla Commissione nell’ambito delle misure volte a dare attuazione alle prossime prospettive finanziarie[143] per il periodo 2007-2013.
Le principali modifiche proposte riguardano:
§ l’aumento fino al 30% del tasso massimo dei finanziamenti comunitari per alcune categorie di progetti prioritari e, in casi eccezionali, fino al 50% per alcune sezioni transfrontaliere (recentemente il tasso è stato portato dal 10 al 20% dal regolamento (CE) n. 807/2004);
§ la selettività dei progetti in modo tale da concentrare le risorse finanziarie su un numero limitato di progetti, in particolare su quelli a forte valore aggiunto comunitario che contribuiscono all’integrazione del mercato interno, al riequilibrio fra i modi di trasporto, al miglioramento della qualità del servizio, della sicurezza e dell’interoperabilità. La Commissione propone, in particolare, stanziamenti pari a 20 miliardi di euro per il periodo 2007-2013 (in media 2,9 miliardi di euro all’anno contro i 600 milioni di euro attuali);
§ la semplificazione delle procedure per l’adozione delle misure di attuazione;
§ la subordinazione della concessione degli aiuti al rispetto dei principi della politica comune dei trasporti e dell’energia, prestando particolare attenzione allo sviluppo di modi di trasporto più rispettosi dell’ambiente e alla sicurezza;
§ la creazione di uno strumento di garanzia che copra i rischi specifici legati alla fase di post-costruzione dei progetti prioritari, al fine di attirare gli investimenti privati.
L’esame in prima lettura della proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà avviato dal Parlamento europeo presumibilmente il 14 giugno 2005. L’esame in plenaria è previsto per il 5 settembre 2005. Questa proposta figura fra le priorità delprogramma operativodel Consiglio e delprogramma di lavorodella Commissione per il 2005.
Il 17 gennaio 2005 la Commissione ha stanziato 620 milioni di euro a favore dei progetti TEN:
§ 515 milioni sono destinati ai progetti prioritari di cui alla decisione n. 884/2004/CE che modifica la decisione n. 1692/96/CE sugli orientamenti comunitari per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti; più della metà di queste risorse riguarda la realizzazione di opere per un contributo massimo comunitario del 10%, mentre il resto è destinato a studi tecnici, economici, finanziari ed ambientali, a concorrenza del 50% al massimo;
§ i rimanenti 105 milioni sono destinati a progetti selezionati dopo un invito a presentare proposte e riguardano progetti complementari rispetto ai progetti prioritari. Fra i progetti che beneficeranno di questi fondi figurano le linee ferroviarie Lione-Torino e quella del Brennero.
Il 16 febbraio 2005 la portavoce della Commissione europea ha annunciato che il Presidente della Commissione Barroso ha chiesto al commissario europeo competente per i trasporti, Barrot, di preparare, unitamente agli altri commissari interessati, un libro verde riguardante tutte le reti transeuropee - energia, trasporti e telecomunicazioni - con lo scopo di elaborare un approccio comune, in particolare in termini di finanziamento.
Nel corso del 2005 la Commissione dovrebbe presentare:
§ una proposta di decisione sui nuovi fondi di partecipazione in conformità alle modalità di finanziamento del capitale di rischio per le reti TEN;
§ una proposta di decisione sull’attuazione dello strumento comunitario di garanzia dei prestiti per i progetti della rete transeuropea di trasporto[144].
Il 3 marzo 2004la Commissione ha presentatoil“terzo pacchetto ferroviario” con lo scopo di completare il quadro legislativo comunitario in materia, come definito dal primo pacchetto ferroviario, entrato in vigore il 15 marzo 2001, e dal secondo pacchetto, adottato il 29 aprile 2004. Con l’adozione del terzo pacchetto si intende realizzare la riforma ed il rilancio del settore ferroviario per giungere nel più breve tempo possibile alla creazione di uno spazio ferroviario europeo integrato.
Il pacchetto, che si richiama agli orientamenti fissati nel libro bianco sui trasporti (COM(2001)370), comprende una comunicazione (COM(2004)140), che presenta le nuove azioni proposte dalla Commissione, e quattro proposte relative ad alcuni settori specifici di intervento:
§ una proposta di direttiva che modifica la direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie. Essa prospetta l’apertura alla concorrenza dei servizi internazionali di trasporto passeggeri per ferrovia a partire dal 1° gennaio 2010 (COM(2004)139);
§ una proposta di direttiva relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida delle locomotive e dei treni sulla rete ferroviaria della Comunità (COM(2004)142);
§ una proposta di regolamento relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario internazionale (COM(2004)143);
§ una proposta di regolamento relativa alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili ai servizi di trasporto merci per ferrovia (COM(2004)144).
Le proposte, che seguono la procedura di codecisione, dovrebbero essere esaminate dal Parlamento europeo in prima lettura il 26 settembre 2005. La continuazione dei lavori sul “terzo pacchetto ferroviario” figura fra le priorità delprogramma operativodel Consiglio e del programma di lavoro della Commissione per il 2005.
Nel programma di lavoro per il 2005la Commissione ha preannunciato la presentazione di una comunicazione relativa all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato nel settore ferroviario. La Commissione dovrebbe, inoltre, presentare una proposta di regolamento volta a modificare il regolamento (CEE) n. 1893/91 relativo all'azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile.
1. Al fine di favorire la crescita del sistema produttivo nazionale e di rafforzare le azioni dirette a promuovere un’economia basata sulla conoscenza, una quota pari ad almeno il trenta per cento del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, nel rispetto di quanto previsto dal comma 361 del citato articolo 1, è destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità, l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) pubblici e privati, nonché gli IRCCS trasformati in fondazioni ai sensi del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288.
2. Gli obiettivi specifici della quota di cui al comma 1 sono parte della proposta di Programma nazionale della ricerca e dei suoi aggiornamenti che il CIPE approva annualmente su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle attività produttive, nei limiti delle finalità di cui al comma 1, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204.
omissis
4. Le risorse finanziarie di cui al comma 1, sono destinate prioritariamente ai seguenti obiettivi:
a)favorire la realizzazione di programmi strategici di ricerca, che coinvolgano prioritariamente imprese, università ed enti pubblici di ricerca, a sostegno sia della produttività dei settori industriali a maggiore capacità di esportazione o ad alto contenuto tecnologico, sia della attrazione di investimenti dall’estero e che comprendano attività di formazione per almeno il dieci per cento delle risorse;
b) favorire la realizzazione o il potenziamento di distretti tecnologici, da sostenere congiuntamente con le regioni e gli altri enti nazionali e territoriali;
c) stimolare gli investimenti in ricerca delle imprese, con particolare riferimento alle imprese di piccola e media dimensione, per il sostegno di progetti di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo proposti dalle imprese stesse.
Le disposizioni in oggetto, al fine di favorire la crescita del sistema produttivo nazionale e di rafforzare le azioni volte alla promozione di un'economia basata sulla conoscenza, intervengono sull’utilizzo del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese (che viene rinominato "Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca": cfr comma 3) istituito dall’art. 1, comma 354 dalla legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), destinando, al comma 1, una quota pari ad almeno il 30 per cento della dotazione finanziaria di detto fondo al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica.
Si ricorda, brevemente, che il citato art. 1, comma 354, della legge finanziaria per il 2005 ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un apposito Fondo rotativo, denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.
La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti S.p.a potrà disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dal comma 361.
La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE - presieduto dal Presidente del Consiglio in maniera non delegabile - sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti: il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio(comma 355).Le competenze del CIPE nell'ambito di quanto afferente al Fondo rotativo sono fissate dal comma 356.A tale riguardo, il comma citato dispone che il CIPE, con una o più delibere:
a) stabilisce i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati;
b) approva una convenzione tipo che regola i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, stabilendo le modalità per assicurare che l'importo complessivo dei finanziamenti erogati non superi l'importo assegnato dal CIPE e che vengano comunque rispettati i limiti annuali di spesa a carico del bilancio dello Stato stabiliti ai sensi del comma 361;
c) prevede la misura minima del tasso di interesse da applicare;
d) stabilisce la durata massima del piano di rientro;
e) prevede che le nuove modalità di attuazione ed erogazione delle misure agevolative previste dai commi da 354 a 361 si applichino a programmi di investimento per i quali, alla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 357, non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all'ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale, a condizione che l'impresa agevolata manifesti formale opzione e comunque previo parere conforme del soggetto responsabile dell'istruttoria.
Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare - da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - quali siano, in relazione ai singoli interventi previsti dal comma 355, i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati (comma 357).
Al Ministro dell'economia e delle finanze è attribuita, invece, la competenza a determinare il tasso di interesse - da disporre con decreto di natura non regolamentare - da applicare alle somme erogate in anticipazione. La differenza risultante tra il tasso così fissato e quello di finanziamento agevolato è posta a carico del bilancio statale, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 361, come pure a carico dello Stato risultano gli oneri riferiti alle spese gestionali del Fondo sostenuti dalla stessa Cassa depositi e prestiti (comma 358).
E possibile prevedere la garanzia dello Stato sull'obbligo di rimborso al Fondo per le somme ricevute dalle imprese in forma di finanziamento agevolato, ivi compresi i relativi interessi. I criteri, le condizioni e le modalità di stesura di tale clausola di garanzia sono da stabilire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (comma 359).
Alla Cassa depositi e prestiti S.p.a. è riconosciuto il diritto ad un rimborso pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate in anticipazione per finanziamenti agevolati (comma 360).
Tra i soggetti della ricerca pubblica con i quali possono essere realizzati i programmi e i progetti di ricerca delle imprese destinatari della predetta quota del Fondo rotativo vengono richiamati espressamente: l'Istituto superiore di sanità (ISS), l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) nonché gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati (IRCCS), compresi quelli trasformati in fondazioni.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ente di diritto pubblico, opera nel settore della ricerca per la tutela della salute pubblica e svolge funzioni di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, documentazione, promozione e formazione in materia di sanità pubblica in Italia. è il più importante organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale.
L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL) èun ente di diritto pubblico, nel settore della ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa, patrimoniale, gestionale e tecnica, sottoposto alla vigilanza del Ministro della salute. L'ISPESL e' organo tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale, del quale il Ministero della Salute, le regioni e, tramite queste, le Aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere si avvalgono nell'esercizio delle attribuzioni conferite dalla normativa vigente.
In relazione agli IRCCS trasformati in fondazioni, ai sensi del decreto legislativo n. 288 del 2003[145], si ricorda che l'articolo 2 del citato decreto dispone che, su istanza della Regione in cui l'Istituto ha la sede prevalente di attività clinica e di ricerca, con decreto adottato dal Ministro della salute, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico esistenti alla data di entrata in vigore della legge 16 gennaio 2003, n. 3[146], ferma restandone la natura pubblica, possono essere trasformati in Fondazioni di rilievo nazionale aventi finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico e in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze. Gli enti trasformati assumono la denominazione di Fondazione IRCCS. Sono soci fondatori il Ministero della salute e la regione e comune interessati; alle Fondazioni possono aderire soggetti pubblici e privati. La vigilanza è esercitata dai Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze; anche per gli IRCCS non trasformati in Fondazioni è previsto l’adeguamento ai principi della legge n. 3 del 2003 e riaffermata l’autonomia giuridico-amministrativa degli IRCCS.
La quota del Fondo rotativo viene destinata ad interventi nel settore della ricerca nel rispetto dei limiti di spesa annuali fissati, come anticipato, dal citato art. 1, comma 361, della legge finanziaria per il 2005.
Il comma in oggetto, riguardante la copertura finanziaria delle disposizioni relative al Fondo rotativo stabilisce, in particolare, che ai relativi oneri si faccia fronte con un'autorizzazione di spesa pari a 80 milioni di euro per l'anno 2005 e 150 milioni di euro annui a decorrere dal 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l'anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa all'anno 2007 e all'onere decorrente dal 2008, pari rispettivamente a 50 milioni di euro e a 150 milioni di euro, si provvede con le maggiori entrate derivanti dall’aggiornamento degli importi fissi dell'imposta di registro, della tassa di concessione governativa, della tariffa delle tasse sulle concessioni governative, dell'imposta di bollo, dell'imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e dei diritti speciali per servizi resi dal Ministero delle finanze.
Il comma 2 dispone che gli obiettivi specifici e le modalità di utilizzo della quota del Fondo rotativo destinata alla ricerca siano individuati nella proposta di Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle attività produttive, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[147].
Di durata triennale, ma aggiornato annualmente, il PNR, che costituisce il principale strumento di programmazione e di coordinamento, è elaborato sulla base del Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) - che deve a tal fine contenere indicazioni sulle priorità strategiche e sulle risorse finanziarie per favorire la ricerca -, delle risoluzioni parlamentari di approvazione del DPEF, di direttive del Presidente del Consiglio dei ministri e dei programmi e delle proposte delle amministrazioni dello Stato.
L’approvazione del piano e l’esercizio delle altre funzioni di coordinamento dell’attività di ricerca, nonché l’esame dei relativi stanziamenti, è compito del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) che si avvale di una Commissione permanente per la ricerca, costituita al suo interno e coordinata dal ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica.
il Ministro dell’istruzione, dell'università e della ricerca predispone lo schema degli indirizzi e delle priorità strategiche ("Linee Guida") per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica e lo sottopone al CIPE, previo esame nella IV Commissione Ricerca e formazione del CIPE stesso, perché lo valuti ai fini del recepimento nel DPEF.
Il documento ha, in particolare, l’obiettivo di:
§ definire gli indirizzi e le priorità di intervento pubblico nel settore della ricerca;
§ assicurare il coordinamento con le altre politiche nazionali, con riferimento ai settori di rispettiva competenza degli altri Ministri;
§ definire il quadro delle risorse finanziarie da attivare.
Sulla base delle Linee Guida, il Ministro definisce, anche attraverso una fase di presentazione e acquisizione di pareri e indicazioni operative dei diversi soggetti interessati - dalla comunità scientifica, alle imprese, agli utenti nelle loro diverse aggregazioni e alle Regioni per gli aspetti di rispettiva competenza - il documento articolato di programmazione che costituirà il Programma Nazionale della Ricerca per il successivo triennio e che sarà sottoposto al CIPE per l’approvazione.
Il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha illustrato, al Consiglio dei ministri del 18 marzo 2005, il Piano nazionale della ricerca per il triennio 2005-2007, approvato il giorno stesso dal CIPE, che si propone di potenziare il livello tecnologico a sostegno della competitività del sistema produttivo, di avviare programmi nazionali a sostegno di settori produttivi “export oriented” e di settori di alta tecnologia nell’ambito delle risorse destinate alla ricerca dal decreto-legge in esame.
Si ricorda che il CIPE, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 204 del 1998[148], esercita le seguenti funzioni:
§ approva il PNR e gli aggiornamenti annuali, delibera in ordine all'utilizzo del Fondo integrativo speciale per la ricerca e valuta periodicamente l'attuazione del PNR;
§ approva apposite direttive per il coordinamento con il PNR dei piani e programmi delle pubbliche amministrazioni, anche nel corso della loro attuazione;
§ esamina, ai sensi della legge 27 febbraio 1967, n. 48[149], gli stanziamenti per la ricerca delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 4 individua alcuni obiettivi cui destinare, in via prioritaria, la quota di risorse finanziarie del Fondo indicata al comma 1.
Tali obiettivi consistono, in particolare:
§ nella realizzazione di programmi strategici di ricerca -aventi prioritariamente come soggetti imprese, università ed enti pubblici di ricerca - sia a sostegno della produttività dei settori a maggior capacità di esportazione o ad alto contenuto tecnologico, sia a sostegno dell’attrazione di investimenti dall’estero, che comprendano una destinazione di almeno il 10 per cento delle risorse per la formazione;
§ nella realizzazione o nel potenziamento di distretti tecnologici, da sostenere congiuntamente con le regioni e gli altri enti nazionali e territoriali;
Il sistema delle PMI distrettuali caratterizza il tessuto produttivo nazionale ed è in gran parte il prodotto di una cultura imprenditoriale del tutto peculiare, fondata su patrimoni e tradizioni locali. A questo proposito merita di essere segnalata un’evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all’istituzione dei c.d. “distretti tecnologici”, destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto “Torino Wireless” per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l’ingegneria dei materiali. Tali distretti, promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca; in questa prospettiva, il distretto tecnologico mira a consentire il varo di progetti di ricerca anche molto ambiziosi, consentendo di mettere assieme la massa critica di risorse necessarie. Alla luce del nuovo scenario dell’economia globale e delle conseguenti crescenti pressioni competitive, in tempi recenti è stata da più parti sottolineata l’esigenza di ammodernare il sistema dei distretti industriali attraverso l’introduzione di robuste dosi di tecnologia e di innovazione, in grado di valorizzarlo e di renderlo inattaccabile ad opera delle economie dei paesi meno avanzati. La ricerca è, infatti, unanimemente riconosciuta come la via prioritaria per far crescere le aziende nell’ambito di distretti innovativi ad alta tecnologia, concentrati a livello locale, dove i partecipanti sono messi in rete e condividono scienza, servizi e finanza.
A questo proposito merita di essere segnalata una recente evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all’istituzione dei c.d. “distretti tecnologici”, destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto “Torino Wireless” per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l’ingegneria dei materiali.
Tali distretti, promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio, il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.
I distretti tecnologici attualmente istituiti in Italia sono undici. Tali distretti, che rappresentano uno degli assi portanti delle linee guida per la politica scientifica e tecnologica varate dal Governo nell'aprile del 2003 e che si propongono di sostenere azioni, progetti e programmi almeno fino al 2006, sono il frutto di accordi tra il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e diversi attori locali.
Su proposta del Ministro dell’istruzione, il CIPE, con la delibera del 20 dicembre 2004 ha approvato un finanziamento complessivo di 140 milioni di euro da destinare all'istituzione di nuovi poli tecnologici nel Mezzogiorno del Paese, dal momento che i distretti tecnologici sono concentrati, soprattutto, nelle regioni del Centro e del Nord.
Le regioni che attualmente ospitano i distretti tecnologici sono:Veneto, Lazio, Lombardia (che ne ha tre), Sicilia, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Campania. Il distretto del Veneto, dedicato alle nanotecnologie applicate ai materiali (Veneto nanotech) è stato voluto dal Ministero dell'Istruzione e dalla Regione e vi partecipano le Università di Padova e Venezia, il CNR, tre parchi scientifici (Verona, Marghera e Padova) e l'INFM. Il distretto conta su un sostegno finanziario di 60 milioni di euro per i primi cinque anni. Al distretto tecnologico aerospaziale del Lazio (che svolge studi dai materiali innovativi per componenti e strutture agli apparati di telecomunicazione e telerilevamento, fino alle tecnologie per la gestione del traffico aereo e aeroportuale), nato il 5 maggio 2004, hanno dato vita la Regione Lazio e il Ministero dell'Istruzione. La regione Lombardia ospita tre distretti. Il primo il distretto tecnologico sulle biotecnologie, nato il 22 marzo 2004, svolge attività di ricerca nei settori della salute, dell'agro-zootecnia e dell'industria chimica e farmaceutica e si avvale di circa 8 milioni di euro di finanziamenti da parte dal ministero dell'Istruzione. Altri due distretti dedicati all'Information communication technology e ai nuovi materiali sono nati nel luglio del 2004. Un accordo tra il Ministero dell'Istruzione e la Regione Lombardia prevede un finanziamento complessivo di 64 milioni di euro per gli anni 2004-2006.
Il distretto tecnologico della Sicilia sui micro e nano-sistemi nasce nel novembre 2003 per volontà del Ministero dell'Istruzione, della Regione Sicilia, delle Università di Catania, Palermo e Messina e della società StMicroelectronics.
Il distretto per l'alta tecnologia e la meccanica avanzata, dell’Emilia-Romagna, noto anche come distretto <Hi-mech>, è operativo dal 13 maggio 2004. Cuore del distretto sono le Università di Modena e Reggio Emilia, Bologna, Parma e Ferrara.
Il distretto tecnologico della Liguria, dedicato ai sistemi intelligenti integrati, è stato avviato il 27 settembre 2004. I risultati della ricerca troveranno applicazione nel campo della logistica, dei sistemi di trasporto e dell'automazione industriale.
Il distretto tecnologico del Piemonte, c.d. Torino wireless rappresenta un'area di eccellenza nell'ambito delle telecomunicazioni. Al distretto, creato nel dicembre del 2002, partecipano società come Alenia, Fiat, Motorola, StMicroelectronics e Telecom Italia. Il distretto tecnologico del Friuli-Venezia Giulia di biomedicina è finanziato dal Ministero dell'Istruzione (15 milioni di euro) e dalla Regione (21 milioni di euro )
Al distretto tecnologico della Campania sull'ingegneria dei materiali polimerici e compositi, nato il 17 luglio 2004, partecipano l'Università Federico II di Napoli, la Fondazione Banco di Napoli, il Centro italiano ricerche aerospaziali e un nutrito pool di imprese. A seguito dello stanziamento dei suddetti fondi da parte del Cipe risultano altresì in via di sviluppo distretti tecnologici in alcune regioni del Mezzogiorno (per un ulteriore approfondimento, cfr. la scheda di lettura relativa al successivo comma 10 del presente articolo)
§ nell’incentivazione degli investimenti in ricerca delle imprese, con particolare riferimento alle PMI, per il sostegno di progetti di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo.
Si ricorda che ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297, recante il “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori” per ricerca industriale e sviluppo precompetitivo si intendono le attività così definite dalla disciplina comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato alla ricerca e sviluppo[150]. A tale riguardo, ai sensi della disciplina comunitaria, sono considerate tali le attività rivolte rispettivamente: a) all'acquisizione di nuove conoscenze finalizzate alla messa a punto di nuovi prodotti, processi produttivi o servizi ovvero al notevole miglioramento dei prodotti, processi produttivi o servizi esistenti (ricerca industriale); b) alla concretizzazione dei risultati della ricerca industriale mediante le fasi di progettazione e realizzazione di progetti pilota e dimostrativi, nonché di prototipi non commercializzabili, finalizzate a nuovi prodotti, processi o servizi ovvero ad apportare modifiche sostanziali a prodotti, linee di produzione e processi produttivi purché tali interventi comportino sensibili miglioramenti delle tecnologie esistenti (sviluppo precompetitivo). Essa non comprende le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso anche se tali modifiche possono rappresentare miglioramenti.
Per quanto concerne la definizione di piccole e medie imprese, si ricorda come a livello comunitario, a decorrere dal 1º gennaio 2005, sono entrate in vigore le nuove definizioni fissate con la Raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, la quale ha sostituito la previgente Raccomandazione 96/280/CE, recepita nel nostro ordinamento con il DM 18 settembre 1997. La nuova raccomandazione comunitaria estende il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, incluse dunque le entità che svolgono attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono con regolarità un’attività economica.
La raccomandazione conferma i precedenti limiti dimensionali per quanto riguarda il numero dei dipendenti, provvedendo, invece, a modificare la soglia del fatturato e del totale di bilancio che, per la prima volta, viene indicata anche per le aziende più piccole.
Per essere riconosciuta come PMI l'impresa deve rispettare le soglie relative agli effettivi e quelle relative al totale di bilancio fissate dalla raccomandazione. I nuovi effettivi e soglie finanziarie che definiscono PMI e microimprese sono i seguenti:
- media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;
- piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;
- microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro
L’art. 2 della raccomandazione consente agli Stati membri di stabilire, in alcuni casi, soglie inferiori rispetto ai valori massimi fissati dalla raccomandazione.
Il termine ultimo per l’adozione da parte degli Stati membri delle misure atte a conformarsi alla raccomandazione è fissato al 30 settembre 2005.
Da ultimo, per quanto concerne, in generale, la politica comunitaria, si ricorda che sulla base delle indicazioni fornite dal Consiglio europeo di Bruxelles (marzo 2003), al fine di rafforzare lo spazio europeo della ricerca, il 4 giugno 2003, la Commissione europea ha adottato una comunicazione dal titolo "Investire nella ricerca: un piano d'azione per l'Europa" (COM(2003)226).
Il piano di azione si articola in quattro serie di azioni:
- coordinamento fra le azioni dei vari Stati membri;
- miglioramento del sostegno pubblico alla ricerca e all'innovazione;
- riorientamento della spesa pubblica verso la ricerca e l'innovazione;
- miglioramento delle condizioni quadro per gli investimenti nella ricerca.
Scopo principale del piano di azione è dare all'Europa una ricerca pubblica di base più efficiente e di renderla più attraente per gli investimenti privati al fine di colmare il divario crescente che esiste in questo settore fra l'Europa e i suoi principali partner commerciali. Il piano indica la necessità di destinare alla ricerca il 3% del PIL comunitario entro il 2010, posto che attualmente il tasso di crescita complessivo degli investimenti pubblici nella ricerca e sviluppo è ampiamente al di sotto di questa cifra.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 6 aprile 2005 la Commissione ha adottato una proposta di decisione relativa al settimo programma quadro della ricerca 2007-2013, la cui approvazione rientra tra le priorità del programma di lavoro della Commissione e del programma operativo del Consiglio per il 2005.
Il Consiglio Competitività del 18 aprile 2005 ha iniziato un primo scambio di vedute sulla proposta relativa al periodo 2007-2013 e ha sottolineato come essa si ponga in linea di continuità con il sesto programma quadro in vigore, introducendo alcuni elementi innovativi come il sostegno alle nuove infrastrutture, il coordinamento dei programmi di ricerca nazionali su vasta scala.
Il 6 aprile 2005 la Commissione ha presentato la Comunicazione Costruire lo Spazio europeo della ricerca (SER) della conoscenza al servizio della crescita (COM(2005)118) che esamina i punti di forza e le opportunità dell’UE al fine di conseguire gli obiettivi di Lisbona, far funzionare il triangolo della conoscenza costituito da ricerca, istruzione e innovazione e mobilitare gli strumenti finanziari dell’UE per sostenere la conoscenza al servizio della crescita.
La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo.
3. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)al comma 354, dopo le parole: «sostegno alle imprese» sono inserite le seguenti: «e gli investimenti in ricerca» e, al secondo periodo, dopo le parole: “alle imprese” sono inserite le seguenti: “anche associate in appositi organismi, anche cooperativi, costituiti o promossi dalle Associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio”;
b)al comma 355, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai fini dell’individuazione degli interventi ammessi al finanziamento sono considerati prioritariamente i seguenti progetti di investimento:
a)interventi finalizzati ad innovazioni, attraverso le tecnologie digitali, di prodotti, servizi e processi aziendali, su proposta del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro delle attività produttive;
b)programmi di innovazione ecocompatibile finalizzati al risparmio energetico secondo le specifiche previste dalla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, di cui alla comunicazione della Commissione europea 2001/C 37/03, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee n. C/37 del 3 febbraio 2001, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro delle attività produttive;
c)realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei n. 5, n. 8 e n. 10 e connesse bretelle di collegamento, nonché delle reti infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche comunque ad essi collegate.».
Il comma 3, apporta talune modifiche alla disciplina del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese contenuta nell’art. 1, commi 354 e 355, della legge finanziaria per il 2005.
In particolare, la lettera a) del comma in esame, novellando il citato comma 354, modifica la denominazione del Fondo in oggetto, trasformandola, in coerenza con quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 6 (cfr. supra), in «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca».
A seguito di una integrazione introdotta dal Senato alla lettera a) in oggetto, è stato disposto che i soggetti destinatari dei finanziamenti agevolati concessi dal Fondo suddetto, possono essere le imprese anche associate in appositi organismi, anche di natura cooperativa, costituiti o promossi dalle Associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio.
La lettera b) del comma in esame modifica il citato comma 355, intervenendo sull’utilizzo complessivo del Fondo con l'individuazione di specifiche priorità.
Ai fini dell’individuazione degli interventi ammessi al finanziamenti devono infatti essere considerati in via prioritaria i seguenti progetti di investimento:
a) interventi finalizzati ad innovazioni, attraverso le tecnologie digitali, di prodotti, servizi e processi aziendali, su proposta del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro delle attività produttive;
Per quanto concerne la diffusione delle tecnologie digitali si ricorda che con decretodel Ministro delle attività produttive e del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 15 giugno 2004[151], è stata istituita la Sezione speciale del “Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese“[152], riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali. Ad essa il decreto ha destinato le risorse di cui all’art. 27 della legge n. 3/2003[153], concernenti il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, per un importo pari a 20 milioni di euro per l’anno 2004, 20 milioni di euro per l’anno 2005, 20 milioni di euro per il 2006 (art. 1)[154].
Il DM istitutivoprevede, in particolare, che la Sezione speciale del fondo di garanzia sia riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti di durata non inferiore a 36 mesi e non superiore a 10 anni, a fronte di programmi di investimento delle piccole e medie imprese, finalizzati a introdurre innovazioni di prodotto e di processo attraverso l’utilizzo di tecnologiche digitali.
Modificazioni e integrazioni al decreto interministeriale 15 giugno 2004 sono state apportate recentemente dal decreto 24 novembre 2004 (GU 27 dicembre 2004), che consente alla sezione speciale di concedere garanzie su finanziamenti anche alle PMI fornitrici di applicazioni tecnologiche digitali.
Da ultimo, è intervenuto l’art. 1, comma 209, della finanziaria 2005 (L.. n. 311/04) che ha integrato della somma di 40 milioni di euro per l’anno 2005, 40 milioni di euro per l’anno 2006 e 20 milioni di euro per l’anno 2007, la citata Sezione speciale.
b) programmi di innovazione ecocompatibile finalizzati al risparmio energetico secondo le specifiche previste dalla disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, di cui alla comunicazione della Commissione europea 2001/C 37/03 (GUCE n. C/37 del 3 febbraio 2001), su proposta del Ministro dell’ambiente, di concerto con il Ministro delle attività produttive.
Si ricorda, al riguardo che la Commissione europea ha più volte ribadito, nella comunicazione 2001/C37/03 e nella successiva n. 2003/C 58/06, che gli aiuti di Stato per la tutela dell'ambiente possono coprire solo i "costi di investimento supplementari necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale", cioè quelle azioni che mirano a prevenire o ridurre lesioni all'ambiente fisico o alle risorse naturali o a promuovere una razionale utilizzazione di tale risorse. La Commissione ha ricordato nell'occasione i capisaldi necessari che un Governo deve tenere a mente per poter stanziare aiuti agli investimenti, aiuti alle attività di assistenza-consulenza in materia ambientale destinate alle piccole e medie imprese (Pmi) e aiuti al funzionamento delle imprese nazionali.
Per quanto riguarda gli aiuti agli investimenti nello specifico settore dell’energia, la Commissione ha sottolineato che uno Stato può stanziare aiuti agli investimenti solo in quanto essi consentano alle imprese di risparmiare energia e/o consentano l'utilizzo di fonti di energia rinnovabili (In questo caso la sovvenzione può coprire al massimo il 40% lordo degli investimenti ammissibili). Sono altresì ammessi gli investimenti nel settore della cogenerazione di elettricità e di calore, a patto che siano a vantaggio della tutela ambientale (anche in questo caso la sovvenzione può coprire al massimo il 40% lordo degli investimenti ammissibili). In relazione ai costi ammissibili, in generale secondo la Commissione, essi sono quelli "d'investimento supplementari (sovraccosti) necessari per conseguire gli obiettivi di tutela ambientale", calcolati "al netto dei vantaggi apportati dall'eventuale aumento di capacità, risparmi di spesa ottenuti nei primi cinque anni di vita dell'impianto e delle produzioni accessorie aggiuntive realizzate nell'arco dello stesso periodo quinquennale". Diversa è la situazione nel campo delle energie rinnovabili: in questo caso "i costi d'investimento ammissibili corrispondono di regola ai sovraccosti sostenuti dall'impresa rispetto a quelli inerenti ad un impianto di produzione di energia tradizionale avente la stessa capacità in termini di produzione effettiva di energia".
Sono altresì previsti aiuti al funzionamento stanziati per aiutare le aziende a gestire i rifiuti o a risparmiare energia, e devono limitarsi rigorosamente alla compensazione dei sovraccosti di produzione rispetto ai prezzi di mercato dei prodotti o servizi in questione.
La Commissione riconosce, infine, quattro tipi di aiuti specifici per la produzione di energia da fonti rinnovabii:
- la compensazione tra i costi di produzione delle energie rinnovabili ed i relativi costi di mercato. L'aiuto assumerebbe così le vesti della copertura del mancato introito che l'azienda accusa, provocato dalle maggiori spese che affronta per produrre energia da fonti rinnovabili (salvo il caso della biomassa, il cui uso può essere ulteriormente incentivato);
- l'utilizzo di meccanismi che portino ad una "domanda garantita di energia", quali i certificati verdi;
- lo stanziamento di fondi ai nuovi impianti di produzione, calcolati sulla base dei costi esterni evitati (cioè dei costi ambientali che la società nel suo complesso dovrebbe sostenere se la stessa quantità di energia fosse prodotta da un impianto funzionante con energie convenzionali);
- aiuti al funzionamento sulla falsariga di quanto sopra detto.
c) realizzazione dei corridoi multimodali transeuropei n. 5, n. 8 e n. 10 e connesse bretelle di collegamento, nonché delle reti infrastrutturali marittime, logistiche ed energetiche comunque ad essi collegate.
Per corridoio di trasporto si intende una fascia di territorio infrastrutturata con più di una modalità di trasporto e strettamente interagente con tutti i punti nodali generatori di attività produttive e di attività residenziali. I “corridoi di trasporto transeuropei” sono complesse reti infrastrutturali nate con l’intento di facilitare gli scambi “multimodali” (di merci, persone, di petrolio e altri approvvigionamenti energetici, e infine di sistemi di telecomunicazione) tra l’Europa e gli stati balcanici.
In particolare il corridoio transeuropeo n. 5 è un asse ferroviario ed autostradale che si sviluppa lungo una direttrice principale Ovest-Est, che collega Barcellona (Spagna) a Kiev (Ucraina) e che l’Unione europea si è impegnata a realizzare entro il 2015.
Il corridoio prevede sia il potenziamento delle strutture stradali e ferroviarie già esistenti, sia la costruzione di nuove infrastrutture. Per un altro verso ancora prevede lo scioglimento di alcuni nodi viari che attualmente impediscono il rapido e agevole deflusso dei traffici commerciali.
Il corridoio 5 riveste un’importanza strategica per l'Italia, in quanto non rappresenta un semplice asse infrastrutturale, ma interessa aree vastissime che, nel segmento centrale del Corridoio 5, sono supportate a sud dagli hub portuali del sistema tirrenico e del sistema adriatico e a nord dagli assi stradali e ferroviari dei valichi del Sempione, del Gottardo e del Brennero, assi che consentono al corridoio di interagire con l'Europa centrale, con le realtà produttive della Baviera, con gli assi strategici che collegano il corridoio stesso con l'intero bacino della Rhur.
Il Corridoio di trasporto transeuropeo 8 (Trans-European Networks-T.E.N.) si sviluppa lungo una direttrice ovest-est nell’area dell’Europa sud-orientale ponendo in collegamento i flussi di trasporto del Mar Adriatico e del Mar Ionio con quelli che interessano il Mar Nero (asse Bari – Durazzo – Tirana – Sofia – Varna). Questo asse di comunicazione ha assunto maggiore importanza nel sistema dei collegamenti pan-europei grazie anche alla definizione di un ulteriore corridoio, il corridoio di trasporto transeuropeo n. 10 che crea un nuovo collegamento diretto tra Austria e Grecia.
5. Il CIPE, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro delle attività produttive, può riservare una quota delle risorse del fondo di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, al finanziamento di nuove iniziative realizzate ai sensi del Titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, per l’avvio di nuove iniziative imprenditoriali ad elevato contenuto tecnologico nell’ambito dei distretti tecnologici. Nella medesima delibera il CIPE definisce le caratteristiche delle iniziative beneficiarie dell’intervento e i requisiti soggettivi dei soci delle imprese proponenti, anche al fine di promuovere interscambi tra mondo della ricerca e imprese, nonché le modalità di accesso preferenziale ai benefici di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.
Il comma 5 dell’articolo 6 prevede che il CIPE, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro e delle attività produttive, possa riservare una quota del Fondo per le aree sottoutilizzate, istituito ai sensi dell’articolo 61, comma 1, della legge n. 289/2002, al finanziamento di nuove iniziative di imprenditorialità giovanile, realizzate ai sensi delTitolo I del decreto legislativo n. 185/2000, che siano caratterizzate da un elevato contenuto tecnologico e che siano attuate nell’ambito dei distretti tecnologici.
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
Con la disposizioni in esame, pertanto, il CIPE, sulla base della proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro delle attività produttive, è autorizzato ad accantonareuna quota di risorse – nell’ambito del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – da destinare all’avvio di nuove iniziative di autoimprenditorialità che presentino un elevato contenuto tecnologico e che si svolgano nell'ambito dei distretti tecnologici.
Per quanto riguarda la natura e le modalità di costituzione dei distretti tecnologici, nonché l’indicazione di quelli attualmente presenti sul territorio nazionale, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 6, commi 8-11..
Nella delibera con la quale viene individuata la riserva di risorse, il CIPE definisce anche le caratteristiche delle iniziative beneficiarie dell'intervento e i requisiti soggettivi che devono essere posseduti da parte dei soci delle imprese proponenti, nonché le modalità di accesso preferenziale ai benefici di cui al decreto legislativo n. 297/1999.
Il decreto legislativo n. 297 del 1999, disciplina gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività, al fine di rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione.
Nell’individuare i requisiti richiesti ai soci delle imprese proponenti il CIPE dovrà perseguire anche la finalità di promuovere interscambi tra il mondo della ricerca e le imprese.
Il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185 reca la disciplina degli incentivi in forma di autoimprenditorialità e di autoimpiego.
Tale disciplina è, per quanto concerne alcuni profili, modificata e integrata dalle disposizioni recate dall’articolo 8, comma 7 del provvedimento in esame (cfr. relativa scheda di lettura).
Il titolo I del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185 disciplina le agevolazioni in favore dell’imprenditorialità giovanile, nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese, dei servizi, in agricoltura e in favore delle cooperative sociali.
Tali disposizioni hanno ricevuto attuazione con il D.M. 16 luglio 2004, n. 250.
Il titolo II, oltre al già esistente “prestito d’onore”, disciplina gli incentivi per tipologie di autoimpiego, in forma di microimpresa e in forma di franchising.
La disciplina in favore dell’autoimpiego ha ricevuto attuazione con ilD.M. Tesoro 28 maggio 2001, n. 295.
L’ambito territoriale di applicazione del D.Lgs. n. 185/2000 interessa le aree obiettivo 1 e 2 dei fondi comunitari 2000-2006, le aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale (art. 87.3.c. del Trattato), nonché le c.d. “aree svantaggiate”, di cui al D.M. Lavoro 14 marzo 1995 e successive modificazioni.
I soggetti interessati devono risultare residenti nei comuni ricadenti nei territori sopraindicati alla data del 1° gennaio 2000, ovvero da almeno sei mesi, all'atto della presentazione della domanda.
L’articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ha esteso le agevolazioni per la sola imprenditorialità giovanile ai comuni montani del Centro-Nord con meno di 5.000 abitanti.
Per quanto concerne, in particolare, la promozione dell’imprenditorialità giovanile di cui al Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000, possono beneficiare delle agevolazioni:
- le società, incluse le cooperative di produzione e lavoro, composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che presentino progetti per l’avvio di nuove iniziative nei seguenti settori:
a) produzione di beni nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato o dell’industria e fornitura di servizi alle imprese;
b) fornitura di servizi nei settori della fruizione dei beni culturali, del turismo, della manutenzione di opere civili ed industriali, della innovazione tecnologica, della tutela ambientale, dell’agricoltura e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali;
c) i giovani imprenditori agricoltori[155], subentranti nella conduzione dell’azienda agricola al familiare, che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative relative alla produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura;
- le cooperative sociali, composte (ad eccezione dei soci svantaggiati) prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni, che presentino progetti per la creazione o il potenziamento di iniziative relative alla produzione di beni o alla fornitura di servizi alle imprese.
Le agevolazioni previste assumono la forma di:
- contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti;
- contributi a fondo perduto in conto gestione;
- assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative;
- attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.
Ai sensi dell’art. 23 del D.Lgs. n. 185/2000, è affidato a Sviluppo Italia S.p.a. il compito di provvedere alla selezione delle domande e alla erogazione delle agevolazioni, nonché all’assistenza tecnica dei progetti e delle iniziative presentate.
La società Sviluppo Italia è, dunque, l’ente autorizzato a stipulare i contratti di finanziamento con i beneficiari delle misure agevolative.
Per quanto concerne il Fondo per le aree sottoutilizzate, si rinvia alle scheda relativa all’articolo 5, comma 1, del provvedimento in esame.
6. Al fine di garantire la massima efficacia degli interventi di cui al presente articolo, le convenzioni stipulate dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con gli istituti bancari per la gestione degli interventi di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, nonché quelle stipulate dal Ministero delle attività produttive con gli istituti bancari per la gestione degli interventi di cui all'articolo 14 della 17 febbraio 1982, n. 46 possono essere prorogate, dalla data di scadenza delle convenzioni stesse, per un periodo di tempo non superiore all’originaria durata contrattuale, a condizione che sia convenuta una riduzione del corrispettivo pari ad almeno il venti per cento.
Il comma 6 prevede la proroga, solo a particolari condizioni, delle convenzioni poste in essere dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica (MIUR) con gli istituti bancari per la gestione degli interventi relativi al sostegno della ricerca industriale, previsti dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.
Le citate convenzioni potranno essere prorogate, dalla data di scadenza delle medesime, per un periodo di tempo non superiore all'originaria durata contrattuale, a condizione che sia convenuta una riduzione del corrispettivo pari ad almeno il 20 per cento.
Si ricorda che il decreto legislativo n. 297 del 1999, al fine di rafforzare la competitività tecnologica dei settori produttivi e di accrescere la quota di produzione e di occupazione di alta qualificazione, ha provveduto al riordino della normativa di sostegno alla ricerca scientifica e tecnologica, attraverso la definizione delle finalità degli interventi di sostegno pubblico alla ricerca e l'individuazione dei soggetti ammessi, delle attività finanziabili, degli strumenti di intervento e le modalità di attuazione;
Ai sensi del citato D.Lgs. 297, gli interventi di sostegno alla ricerca sono realizzati a valere sul “Fondo per le agevolazioni alla ricerca “(FAR), istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica. Il Fondo, di tipo rotativo, è articolato in due sezioni (territorio nazionale e aree depresse) ed opera con le modalità in precedenza previste per il soppresso Fondo speciale rotativo per la ricerca applicata (FRA).
Si osserva, al riguardo, come la disciplina delle modalità procedurali per la concessione e l’erogazione dei contributi per la ricerca sia stata oggetto di parziale delegificazione, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, del D.Lgs. n. 297/1999; tale disciplina è infatti prevista nel DM 8 agosto 2000[156], successivamente modificato dal DM 14 febbraio 2003[157] e dal DM 25 marzo 2004[158].
A seguito di una integrazione al comma 6, disposta dal Senato, la proroga delle suddette convenzioni viene estesa, con le medesime modalità, anche alle convenzioni stipulate dal Ministero delle attività produttive con gli istituti bancari ai fini della gestione degli interventi previsti dall’articolo 14 della legge n. 46/82.
La legge n. 46/1982 (“Interventi per i settori dell’economia di rilevanza nazionale”), all’articolo 14 (successivamente sostituito dall'articolo 2 della legge n. 273/2002) ha istituito, presso il Ministero dell’industria (ora delle attività produttive) il «Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica». Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con Dir.Min. 16 gennaio 2001 del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato[159] che ha introdotto un nuovo regime di aiuto (approvato dalla Commissione dell’UE con decisione del 21 dicembre 2000, comunicata con nota del 18-1-2001), in sostituzione del precedente regime previsto dagli artt. 14 e seguenti della legge 46/82 cit.
In tale contesto, le disponibilità del fondo sono state destinate al sostegno di programmi relativi ad attività di sviluppo precompetitivo, che possono comprendere anche attività non preponderanti di ricerca industriale. Ai sensi dell'art. 2 le attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo, sono definite, rispettivamente, come quelle rivolte: a) all'acquisizione di nuove conoscenze finalizzate alla messa a punto di nuovi prodotti, processi produttivi o servizi ovvero al notevole miglioramento dei prodotti, processi produttivi o servizi esistenti; ovvero b) alla concretizzazione dei risultati della ricerca industriale mediante le fasi di progettazione e realizzazione di progetti pilota e dimostrativi, nonché di prototipi non commercializzabili, finalizzate a nuovi prodotti, processi o servizi ovvero ad apportare modifiche sostanziali a prodotti, linee di produzione e processi produttivi purché tali interventi comportino sensibili miglioramenti delle tecnologie esistenti. Non sono invece comprese fra le attività suscettibili di ottenere il sostegno le modifiche di routine o le modifiche periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche possano comportare miglioramenti.
Gli interventi del Fondo hanno attualmente ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati. Il Ministro delle attività produttive provvede con proprio decreto, adottato previo parere delle regioni interessate, a stabilire annualmente la percentuale delle risorse riservata in via prioritaria ai programmi di sviluppo precompetitivo presentati dalle piccole e medie imprese, quota che non può essere inferiore al 25 per cento delle riserve annuali disponibili.
Recentemente la legge n. 311/04 (finanziaria per il 2005) all’art. 1 comma 270, ha disposto che gli interventi del FIT siano destinati anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi, aventi determinate finalità.
Articolo 6, comma
6-bis
(Revoca agevolazioni Ministero
dell’istruzione, dell’università e della ricerca)
6-bis. Il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca in materia di incentivi alle imprese costituisce titolo per l’iscrizione a ruolo, ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, degli importi corrispondenti, degli interessi e delle sanzioni.
Il comma 6-bis dell’articolo 6, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, interviene nella materia degli incentivi alle imprese disposti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, stabilendo che il provvedimento ministeriale di revoca dei richiamati incentivi costituisce, agli effetti del loro recupero, titolo per l'iscrizione a ruolo dei relativi importi, nonché degli interessi e delle sanzioni.
Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123, recante disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59, individua i princìpi che regolano i procedimenti amministrativi concernenti gli interventi di sostegno pubblico per lo sviluppo delle attività produttive, compresi gli incentivi, i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni e i benefìci di qualsiasi genere.
Per quanto riguarda, in particolare, il procedimento di revoca dei benefìci e le relative sanzioni, l'articolo 9, comma 1, del citato decreto dispone che in caso di mancanza di uno o più requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili, il soggetto competente provvede alla revoca degli interventi e, in caso di revoca dal bonus fiscale, ne dà immediata comunicazione al Ministero delle finanze. In caso di revoca degli interventi, disposta ai sensi del comma 1, si applica anche una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma in misura da due a quattro volte l'importo dell'intervento indebitamente fruito. Ai sensi del comma 3, qualora i beni acquistati con l'intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all'intervento, è disposta la revoca dello stesso, il cui importo è restituito con le modalità di cui al comma 4. Nei casi di restituzione dell'intervento in conseguenza della revoca di cui al comma 3, o comunque disposta per azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria, e della revoca di cui al comma 1, disposta anche in misura parziale purché proporzionale all'inadempimento riscontrato, l'impresa stessa versa il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, ovvero alla data di concessione del credito di imposta, maggiorato di cinque punti percentuali. In tutti gli altri casi la maggiorazione da applicare è determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto (comma 4).
Il comma 5 dell'articolo 9 dispone in particolare che per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. Al recupero dei crediti si provvede con l'iscrizione a ruolo, ai sensi dell'articolo 67, comma 2, del D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, delle somme oggetto di restituzione, nonché delle somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni.
Il comma 6-bis qui illustrato dispone che l'iscrizione a ruolo è effettuata ai sensi del D.Lgs. n. 46 del 1999, provvedimento con il quale è stato disposto il riordino della relativa disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1 della legge 28 settembre 1998, n. 337.
Il decreto legislativo n. 46 del 1999 ha apportato modifiche al decreto legislativo n. 602 del 1973, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. La disciplina sulla riscossione mediante ruoli è contenuta nel capo II del titolo I del citato decreto n. 602 (articoli da 10 a 44-bis). Ai sensi dell’articolo 10 del citato decreto n. 602, per ruolo si intende l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio ai fini della riscossione a mezzo concessionario. I ruoli, formati dall’ufficio competente e trasmessi al concessionario dell’ambito territoriale cui esso si riferisce, contengono l’indicazione di quanto dovuto da ciascun contribuente a titolo di imposta, sanzione e interessi.
Articolo 6, comma 7
(Prestiti fiduciari agli
studenti)
7. Il fondo di cui all’articolo 4, comma 100, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari, nonché alla corresponsione agli studenti meritevoli e privi di mezzi di contributi in conto interessi sui prestiti stessi, è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca sulla base dei criteri ed indirizzi definiti d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 7 ripartisce, con modalità diverse rispetto a quelle originarie, il fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari e alla corresponsione agli studenti meritevoli e privi di mezzi di contributi in conto interessi sui prestiti stessi. La procedura prevista dal presente comma stabilisce che il fondo sia ripartito tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla base di criteri e di indirizzi definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Si ricorda che la legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) ha previsto, all'articolo 4, commi da 99 a 103, che agli studenti capaci e meritevoli iscritti ai corsi di cui all'art. 3 del D.M. 3 novembre 1999, n. 509[160], possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi (comma 99); che a tal fine viene istituito un fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari e che tale fondo può essere utilizzato anche per corrispondere contributi in conto interessi agli studenti privi di mezzi e agli studenti nelle stesse condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289[161] (comma 100); che il fondo di cui sopra è gestito da Sviluppo Italia S.p.a., sulla base di criteri e indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni (comma 101); che la dotazione del fondo è pari a 10 milioni di euro per l'anno 2004 (comma 102); che sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell'art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390[162], riguardanti il prestito d'onore (comma 103).
La Corte costituzionale, con sentenza 13 ottobre 2004, n. 308, ha dichiarato l'illegittimità del comma 101, nonché del comma 103, nella parte in cui non prevede che l'abrogazione delle norme ivi indicate decorra dalla data di entrata in vigore della disciplina attuativa del prestito fiduciario.
Secondo la Corte, le modalità di utilizzo del fondo di garanzia - e, di riflesso, delle risorse messe a disposizione dal sistema bancario - attingono la materia della istruzione, di competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117 Cost., terzo comma, comportando scelte discrezionali relativamente ai criteri di individuazione degli studenti capaci e meritevoli e, quindi, alle stesse possibilità di accesso al prestito, costituente strumento di sostegno allo studio. Tale aspetto della disciplina non può, dunque, non comportare un diretto coinvolgimento delle Regioni, in quanto appunto titolari di potestà legislativa nella specifica materia. Di tale esigenza non tiene - continua la sentenza - adeguato conto la norma di cui al comma 101 dell'art. 4 della legge n. 350 del 2003 che, affidando la gestione del fondo a Sviluppo Italia S.p.a., interamente partecipata dallo Stato, riserva ogni potere decisionale ad organi dello Stato o ad enti ad esso comunque riferibili, assegnando alle Regioni un ruolo meramente consultivo. Ne consegue la declaratoria di illegittimità costituzionale della suddetta norma, che dovrà, secondo la Corte, essere perciò sostituita da una diversa disciplina, rispettosa delle competenze regionali.
Articolo 6, commi 8-11
(Comitato per lo sviluppo:
interventi per rafforzare i distretti)
8. Al fine di promuovere e coordinare gli interventi per rafforzare l’innovazione e la produttività dei distretti e dei settori produttivi, il CIPE, senza nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato, si costituisce in Comitato per lo sviluppo che si avvale delle strutture del CIPE medesimo. Il Presidente del Consiglio dei Ministri stabilisce, con proprio decreto, le modalità semplificate di funzionamento del Comitato, anche in deroga all’articolo 3 del vigente regolamento interno del CIPE, approvato con delibera n. 63 del 9 luglio 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 27 agosto 1998.
9. Il predetto Comitato, sulla base di una diagnosi delle tendenze e delle prospettive dei diversi settori produttivi anche a livello territoriale, individua, previa consultazione delle parti sociali, su proposta dei Ministri delle attività produttive, per lo sviluppo e la coesione territoriale, delle politiche agricole e forestali, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, per l’innovazione e le tecnologie, dell’economia e delle finanze, dell’ambiente e della tutela del territorio e delle comunicazioni, le priorità e la tempistica degli interventi settoriali, indirizza e coordina tali interventi, sia attraverso gli incentivi esistenti, il loro eventuale riordino e la proposta di eventuali nuovi incentivi, sia attraverso interventi in infrastrutture materiali e immateriali, o altre forme, anche facendo ricorso alle modalità previste dall’articolo 2, comma 206, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
10. Il Comitato, inoltre, al fine di promuovere il trasferimento tecnologico e di rafforzare l’innovazione e la produttività delle imprese che, anche in collaborazione con le Associazioni imprenditoriali e le Camere di commercio, si associano con università, centri di ricerca, e istituti di istruzione e formazione promuove, d’intesa con le Regioni interessate, la predisposizione e l’attuazione di progetti di sviluppo innovativo dei distretti produttivi e tecnologici, facendo ricorso alle modalità previste dall’articolo 2, comma 206, della citata legge n. 662 del 1996.
11. Al fine di dare attuazione a quanto previsto ai commi 9 e 10, il Comitato orienta e coordina strumenti e risorse finanziarie iscritte in bilancio a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio e fa ricorso, secondo i criteri stabiliti dal CIPE, e nei limiti della finalità del fondo stesso alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui agli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e del Fondo rotativo di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Il comma 8 prevede l'istituzione in seno al CIPE di un Comitato per lo sviluppo, incaricato della promozione e del coordinamento degli interventi finalizzati a rafforzare la capacità innovativa e la produttività dei distretti e dei settori produttivi.
Il nuovo Comitato si avvale delle strutture del CIPE stesso (deve ritenersi, intese tanto in termini di dotazioni strumentali che di personale) senza nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Si ricorda che la normativa nazionale di riferimento in materia di distretti produttivi è contenuta nella legge 5 ottobre 1991, n. 317 ("Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese"), la quale, all'articolo 36, dopo averne enunciato la nozione (art. 36, co. 1: "Si definiscono distretti industriali le aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell'insieme delle imprese"), ha affidato alle regioni il compito di individuare i rispettivi ambiti territoriali. Lo stesso articolo 36, al comma 3 prevede per le aree così delimitate la possibilità di dar luogo al finanziamento, da parte delle regioni, di progetti innovativi concernenti più imprese, in base a un contratto di programma stipulato tra i consorzi e le regioni medesime, le quali definiscono altresì le priorità degli interventi.
Successivamente è intervenuta a modificare tale contesto normativo la legge 11 maggio 1999, n. 140 ("Norme in materia di attività produttive"), la quale, all'articolo 6, ha introdotto la definizione di sistema produttivo locale, inteso come contesto produttivo omogeneo, caratterizzato da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, e da una peculiare organizzazione interna, e ha altresì ridefinito i distretti industriali come quei sistemi produttivi locali che sono caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. Sempre ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 140/1999, le regioni sono chiamate a individuare i sistemi produttivi locali e provvedono al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo dei sistemi produttivi locali, predisposti da soggetti pubblici o privati.
I distretti industriali italiani rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano, configurandosi come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. Nati per favorire, in zone con determinate caratteristiche economiche, la creazione e lo sviluppo di attività produttive nei settori dell'industria e dei servizi, i distretti italiani si sono sviluppati in maniera largamente autonoma durante gli ultimi decenni, concentrando le loro attività su settori specifici (tessile, abbigliamento, meccanica, cuoio) nei quali hanno acquisito e sviluppato vantaggi competitivi particolarmente rilevanti.
In generale, i distretti industriali sono composti da aziende a forte tradizione artigianale e di dimensioni medio-piccole. L'azienda del distretto è quasi sempre a gestione familiare, e spesso gli stessi impianti sono fisicamente localizzati nelle vicinanze dalla residenza dell'imprenditore “capo-famiglia". Le piccole imprese indipendenti tra di loro sono integrate e specializzate in fasi diverse di uno stesso processo produttivo.
I distretti non sono tuttavia semplicemente un insieme, magari specializzato e localizzato in un territorio, di imprese, ma sono insiemi di imprese che operano attraverso sinergie e giochi di squadra all’interno dei quali si coopera sui progetti e si compete sugli stessi, mentre il territorio, che non costituisce un semplice sfondo all’interno del quale operano e producono tali imprese, rappresenta una vera infrastruttura di integrazione sociale, economica, verticale ed orizzontale dei cicli produttivi, il luogo nel quale si sono depositate le tradizioni produttive, le conoscenze pratiche, difficili da trasferire altrove.
Al 1° settembre 2004, 8 regioni del Centro-Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Marche, Lazio) e 4 del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Basilicata e Sardegna) avevano provveduto all’individuazione dei distretti industriali sulla base degli indirizzi contenuti nelle normative nazionali di riferimento (161 distretti industriali). In base ai più recenti dati dell’ISTAT, i distretti industriali sono invece in complesso 199, di cui 59 nel Nord-Ovest, 65 nel Nord-Est, 60 nel Centro e 15 nel Mezzogiorno. Nei 199 distretti risiedono circa 14 milioni di persone (25% del totale Italia); al loro interno operano circa 239 mila unità locali manifatturiere (40% Italia) con 2,2 milioni di addetti (45% Italia) e una dimensione media di 9 addetti per unità locale. Le specializzazioni produttive più rappresentate sono nell’ordine le seguenti: tessile e abbigliamento (70); prodotti per la casa (37); meccanica (33); pelli, cuoio e calzature (28); alimentari (17); carta e poligrafiche (6); altri 8 distretti presentano specializzazioni varie. Le prime quattro menzionate branche di attività coincidono con quelle che emergono per i distretti delle regioni; a esse fanno riferimento 168 distretti (l’84% del totale).
Il Comitato per lo sviluppo funzionerà secondo modalità semplificate – anche in deroga a quanto stabilito dall’art. 3 del vigente regolamento interno del CIPE -la definizionedelle quali è demandata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Si ricorda che il regolamento interno del CIPE, approvato con la delibera n. 63 del 9 luglio 1998 (GU 199 del 27 agosto 1998), richiamata nel testo del comma 8 in esame, all’articolo 3 prevede che gli schemi dei provvedimenti e degli altri atti di competenza del CIPE siano esaminati in una riunione preparatoria da convocarsi a cura della Segreteria, di norma almeno cinque giorni prima della riunione del CIPE stesso. L’esame nella riunione preparatoria è obbligatorio (salvo casi previsti dall’art. 4, comma 3, della stessa delibera) ai fini dell’inseriti all’o.d.g. delle riunioni del CIPE degli argomenti da trattare in tale sede. La riunione preparatoria è coordinata dal Sottosegretario di Stato al tesoro e vi partecipano: i sottosegretari di Stato delle amministrazioni interessate; un sottosegretario delegato dal presidente della Conferenza Stato-Regioni. In caso di esame di questione di interesse generale per le regioni partecipa il presidente della Conferenza dei presidenti delle giunte regionali e delle province autonome. Partecipa altresì, ai fini di cui all’art. 11 ter, comma 2, della legge n. 468/1978 e successive modificazioni, il Ragioniere generale dello Stato. Di tale riunione viene redatto un processo verbale sintetico.
Il comma 9 affida infine al Comitato, previa consultazione delle parti sociali e su proposta dei Ministri competenti, il compito di individuare – sulla base della diagnosi delle tendenze e delle prospettive dei settori produttivi - le priorità e la tempistica degli interventi settoriali.
I ministri competenti a formulare proposte al Comitato sono i seguenti: attività produttive, politiche agricole e forestali, istruzione, università e ricerca, innovazione e tecnologie, economia e finanze, ambiente e tutela del territorio e comunicazioni; a seguito di una integrazione disposta dal Senato, il suddetto potere di proposta è stato attribuito altresì al Ministro per lo sviluppo e la coesione territoriale, recentemente istituito.
Al Comitato spetta, inoltre, con le medesime modalità, il compito di indirizzare e coordinare gli interventi in questione, sia attraverso il ricorso a forme di incentivazione già in essere sia, ove occorra, promuovendone la revisione o proponendone di nuove. La potestà di indirizzo e coordinamento è esercitata dal Comitato anche attraverso interventi comportanti la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali o in altre forme.
Ai fini dell'esercizio delle attribuzioni così conferitegli, il Comitato può inoltre avvalersi delle modalità previste dall'articolo 2, comma 206, della legge n. 662 del 1996, recante “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”, ai fini dell'adozione degli strumenti della programmazione negoziata.
In base a quanto disposto dai commi 205 e 206 , art. 2, L. 662/96, il CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro dell'economia, sentite le Commissioni parlamentari competenti, delibera le modalità di approvazione dei contratti di programma, dei patti territoriali e dei contratti di area e gli eventuali finanziamenti limitatamente ai territori delle aree depresse; può definire altresì ulteriori tipologie della contrattazione programmata disciplinandone le modalità di proposta, di approvazione, di attuazione, di verifica e controllo.
Con le stesse modalità di cui all'articolo 2, comma 206 della citata legge n. 662/96, il Comitato, ai sensi del comma 10, promuove, d'intesa con le regioni interessate, la predisposizione e l'attuazione di progetti di sviluppo dei distretti produttivi e tecnologici di carattere innovativo, finalizzati a favorire il trasferimento tecnologico e il rafforzamento della capacità innovativa e della produttività delle imprese che, anche in collaborazione con le Associazioni imprenditoriali e le Camere di commercio (integrazione, quest’ultima, introdotta dal Senato), realizzano iniziative in associazione con università, centri di ricerca e istituti di istruzione e di formazione.
Alla luce del nuovo scenario dell’economia globale e delle conseguenti crescenti pressioni competitive, in tempi recenti è stata da più parti sottolineata l’esigenza di ammodernare il sistema dei distretti industriali attraverso l’introduzione di robuste dosi di tecnologia e di innovazione, in grado di valorizzarlo e di renderlo inattaccabile ad opera delle economie dei paesi meno avanzati. La ricerca è, infatti, unanimemente riconosciuta come la via prioritaria per far crescere le aziende nell’ambito di distretti innovativi ad alta tecnologia, concentrati a livello locale, dove i partecipanti sono messi in rete e condividono scienza, servizi e finanza.
A questo proposito merita di essere segnalata una recente evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all’istituzione dei c.d. “distretti tecnologici”, destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto “Torino Wireless” per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l’ingegneria dei materiali.
Tali distretti, promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio, il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.
I distretti tecnologici attualmente istituiti in Italia sono undici. Tali distretti, che rappresentano uno degli assi portanti delle linee guida per la politica scientifica e tecnologica varate dal Governo nell'aprile del 2003 e che si propongono di sostenere azioni, progetti e programmi almeno fino al 2006, sono il frutto di accordi tra il Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca e diversi attori locali.
Su proposta del Ministro dell’istruzione, il CIPE, con la delibera del 20 dicembre 2004 ha approvato un finanziamento complessivo di 140 milioni di euro da destinare all'istituzione di nuovi poli tecnologici nel Mezzogiorno del Paese, dal momento che i distretti tecnologici sono concentrati, soprattutto, nelle regioni del Centro e del Nord.
Le regioni che attualmente ospitano i distretti tecnologici sono:Veneto, Lazio, Lombardia (che ne ha tre), Sicilia, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Campania.
Il distretto del Veneto, dedicato alle nanotecnologie applicate ai materiali (Veneto nanotech) è stato voluto dal Ministero dell'Istruzione e dalla Regione e vi partecipano le Università di Padova e Venezia, il CNR, tre parchi scientifici (Verona, Marghera e Padova) e l'INFM. Il distretto conta su un sostegno finanziario di 60 milioni di euro per i primi cinque anni.
Al distretto tecnologico aerospaziale del Lazio (che svolge studi dai materiali innovativi per componenti e strutture agli apparati di telecomunicazione e telerilevamento, fino alle tecnologie per la gestione del traffico aereo e aeroportuale), nato il 5 maggio 2004, hanno dato vita la Regione Lazio e il Ministero dell'Istruzione.
La regione Lombardia ospita tre distretti. Il primo il distretto tecnologico sulle biotecnologie, nato il 22 marzo 2004, svolge attività di ricerca nei settori della salute, dell'agro-zootecnia e dell'industria chimica e farmaceutica e si avvale di circa 8 milioni di euro di finanziamenti da parte dal ministero dell'Istruzione. Altri due distretti dedicati all'Information communication technology e ai nuovi materiali sono nati nel luglio del 2004. Un accordo tra il Ministero dell'Istruzione e la Regione Lombardia prevede un finanziamento complessivo di 64 milioni di euro per gli anni 2004-2006.
Il distretto tecnologico della Sicilia sui micro e nano-sistemi nasce nel novembre 2003 per volontà del Ministero dell'Istruzione, della Regione Sicilia, delle Università di Catania, Palermo e Messina e della società StMicroelectronics.
Il distretto per l'alta tecnologia e la meccanica avanzata, dell’Emilia-Romagna, noto anche come distretto <Hi-mech>, è operativo dal 13 maggio 2004. Cuore del distretto sono le Università di Modena e Reggio Emilia, Bologna, Parma e Ferrara.
Il distretto tecnologico della Liguria, dedicato ai sistemi intelligenti integrati, è stato avviato il 27 settembre 2004. I risultati della ricerca troveranno applicazione nel campo della logistica, dei sistemi di trasporto e dell'automazione industriale.
Il distretto tecnologico del Piemonte, c.d. Torino wireless rappresenta un'area di eccellenza nell'ambito delle telecomunicazioni. Al distretto, creato nel dicembre del 2002, partecipano società come Alenia, Fiat, Motorola, StMicroelectronics e Telecom Italia. Il distretto tecnologico del Friuli-Venezia Giulia di biomedicina è finanziato dal Ministero dell'Istruzione (15 milioni di euro) e dalla Regione (21 milioni di euro )
Al distretto tecnologico della Campania sull'ingegneria dei materiali polimerici e compositi, nato il 17 luglio 2004, partecipano l'Università Federico II di Napoli, la Fondazione Banco di Napoli, il Centro italiano ricerche aerospaziali e un nutrito pool di imprese.
Grazie ai suddetti fondi stanziati dal Cipe risultano in via di sviluppo distretti tecnologici in alcune regioni del Mezzogiorno. In particolare, in Basilicata dovrebbe essere avviato un distretto tecnologico sulle tecnologie innovative per la tutela dai rischi idrogeologici, sismici e climatologici. Il distretto dell’Abruzzo si occuperà di tecnologie applicate alla sicurezza alimentare e alla qualità degli alimenti, mentre in Molise si occuperà principalmente dell'agroindustria: tra le principali filiere della regione ci sono i cereali, l’ortofrutta e le carni avicole e suine.
In Puglia dovrebbero invece essere messi in rete i laboratori pubblici e privati che nella regione si occupano di biotecnologie applicate all'ambiente e alla sanità ed inoltre dovrebbe essere avviato un polo meccatronico, per l’automazione legata al settore tessile, della meccanica e dei mobili.
In Sicilia, oltre al polo per il nanotech già esistente, nascerà un secondo distretto per la ricerca applicata al campo dei trasporti navali e delle attività portuali e un terzo polo tecnologico regionale sarà dedicato all'agro-bio e alla pesca biocompatibile, all’interno del quale saranno sperimentate tecniche per la riproduzione e l'allevamento di specie ittiche in un ambiente marino protetto.
In Calabria sorgeranno due distretti tecnologici. Il primonell'area di Gioia Tauro e si occuperà delle tecnologie applicate alla logistica, come in parte già avviene a Genova, mentre il secondo sorgerà attorno a Crotone e sarà dedicato alle tecnologie per i beni culturali. É prevista la realizzazione di un centro regionale per i restauri.
Da ultimo, in Sardegna, nell'area fra Cagliari e Pula, dovrebbe nascere un distretto tecnologico nel settore della biomedicina e delle tecnologie per la salute.
Il comma 11 attribuisce al Comitato per lo sviluppo il compito di coordinare strumenti e risorse finanziarie iscritte in bilancio a legislazione vigente con specifico stanziamento ai fini dell'attuazione degli interventi prefigurati dai commi 9 e 10. Agli stessi fini, viene inoltre prevista la possibilità per il Comitato di utilizzare le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui agli articoli 60 e 61 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui all'articolo 1, comma 354, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), ora denominato, ai sensi delle modifiche introdotte dall’articolo 6, comma 3, del provvedimento in esame, Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca.
Una integrazione al comma in oggetto introdotta dal Senato specifica che il ricorso, da parte del Comitato, alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate dovrà avvenire secondo i criteri stabiliti dal CIPE e nei limiti della disponibilità del Fondo stesso.
Con la legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate sono state concentrate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3).
Nel Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze (c.d. Fondo MEF), sono confluite le risorse relative alle seguenti leggi:
- legge n. 64 /1986 relativa all'intervento straordinario nel Mezzogiorno;
- legge n. 208/1998, art. 1, comma 1, Fondo aree depresse (c.d. risorse aggiuntive);
- legge n. 488/1999, art. 27, comma 11, Fondo per l'imprenditoria giovanile;
- legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;
- legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.
Il Fondo è annualmente rifinanziato in Tabella D della legge finanziaria e ripartito, tra gli interventi previsti dalle suddette disposizioni legislative, con apposite delibere del CIPE.
Nel bilancio a legislazione vigente per il 2005 (A.C. 5311) la dotazione del Fondo MEF (UPB 4.2.3.27, cap. 7576) ammontava complessivamente a 5.580,8 milioni.
La legge finanziaria, in Tabella D, ha rifinanziato il Fondo di 68 milioni nel 2005, e, in Tabella F, ha rimodulato le risorse del Fondo stesso, posticipando 2.150 milioni di euro dal 2005 agli anni successivi[163]. Le risorse del Fondo sono state altresì ridotte di 55 milioni di euro per il 2005 (e di 100 milioni di euro per il 2006 e il 2007), quale copertura parziale dell’istituzione del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui ai commi 354-361 della legge finanziaria per il 2005. conseguentemente, lo stanziamento per il 2005, nella legge di bilancio (L. n. 312/2004) si riduce a 3.443,8 milioni di euro.
Al Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP) sono destinate le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).
Peraltro, nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non risulta ancora iscritto uno specifico capitolo di bilancio relativo Fondo per gli interventi nelle aree sottoutilizzate. Di conseguenza, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata sono ancora iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese.
Nell’ambito del Fondo incentivi alle imprese (che è organizzato in piani di gestione riferiti a ciascun intervento), le risorse per le aree sottoutilizzate sono iscritte nei piani di gestione n. 26-28, dotati, per il 2005 di complessivi 3.125,7 milioni di euro, di cui 413 milioni per la legge n. 488/1992 e 2.712,7 milioni per la programmazione negoziata.
La legge finanziaria, in Tabella F, ha rimodulato, al Settore 4, le risorse del Fondo, posticipando 1.450 milioni di euro al 2006[164]. Le risorse del Fondo sono state altresì ridotte di 8,5 milioni di euro annui, quale trasferimento all’Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui al comma 234 della legge finanziaria per il 2005.
Le risorse per il 2005 sono pertanto ridotte a 1.667,2 milioni.
L'altro meccanismo di provvista finanziaria attivabile dal Comitato per lo sviluppo ai fini del finanziamento degli interventi contemplati dai commi 9 e 10 del presente articolo è, come anticipato, il ricorso alle risorse del «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca» istituito presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti.
Si segnala che disposizioni in merito all’utilizzo complessivo del Fondo rotativo e al suo campo di applicazione sono contenute ai commi 1-4 del presente articolo 6, nonché al comma 5 dell’articolo 8 del provvedimento in esame (si rinvia, pertanto, a quanto esposto nelle relative schede di lettura).
Articolo 6, commi 12-14
(Comitato per l’attrazione
degli investimenti e attività
di Sviluppo Italia)
12. Al fine di coordinare e sviluppare le iniziative per accrescere l’attrazione di investimenti e persone di alta qualifica nel Paese, con particolare attenzione alle aree sottoutilizzate, il CIPE si costituisce in Comitato per l’attrazione delle risorse in Italia senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, avvalendosi delle proprie strutture. Il Presidente del Consiglio dei Ministri stabilisce con proprio decreto le modalità semplificate di funzionamento del Comitato, anche in deroga all’articolo 3 del vigente regolamento interno del CIPE, approvato con delibera n. 63 del 9 luglio 1998.
13. Per l’attrazione degli investimenti, il predetto Comitato definisce la strategia e fissa gli obiettivi generali che saranno attuati da Sviluppo Italia S.p.a. che svolge le funzioni di agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa, facendo in particolare ricorso al contratto di localizzazione, di cui alle delibere CIPE n. 130/02 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2003 e n. 16/03 del 9 maggio 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 156 dell’8 luglio 2003. Per l’attrazione di professionalità di alta qualifica, Sviluppo Italia s.p.a. può operare in convenzione con le Università, le Associazioni imprenditoriali e le Camere di commercio.
14. Il CIPE stabilisce annualmente le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui agli articoli 60 e 61 della legge n. 289 del 2002, destinate al finanziamento del contratto di localizzazione e in generale dell’intervento di Sviluppo Italia per l’attrazione degli investimenti.
Il comma 12 prevede la costituzione all’interno del CIPE di un Comitato avente il compito di coordinare le iniziative volte ad aumentare la capacità dell'Italia di attrarre gli investimenti esteri e il personale fornito di alta qualificazione, con particolare attenzione alle aree sottoutilizzate.
La disposizione, pertanto, ha lo scopo di attrarre non soltanto capitali di investimento ma anche personale di alto profilo professionale e culturale.
Il Comitato, definito “Comitato per l'attrazione delle risorse in Italia”, si avvale delle strutture del CIPE (da intendersi sia in termini di dotazioni strumentali che di personale) senza nuovi e maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri saranno stabilite le modalità semplificate di funzionamento del Comitato, anche in deroga all'articolo 3 del vigente regolamento interno del CIPE, approvato con delibera n. 63 del 9 luglio 1998. L’articolo 3 richiamato reca le disposizioni circa la riunione preparatoria del CIPE (c.d. pre-CIPE).
Ai sensi del comma 13, il Comitato, nell’ambito dell’attività di attrazione degli investimenti, definisce la strategia e fissa gli obiettivi generali che saranno attuati da Sviluppo Italia. A tale società sono affidate funzioni di agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa. Per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite in materia di attrazione degli investimenti Sviluppo Italia farà ricorso in particolare allo strumento del contratto di localizzazione.
Si prevede altresì che Sviluppo Italia possa operare in convenzione con le università, le associazioni imprenditoriali e le camere di commercio nelle attività rivolte all’attrazione di professionalità altamente qualificate.
Il comma 14 affida, infine, al CIPE il compito di definire annualmente l'ammontare delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate, sia per il fondo di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze, che per quello di competenza del Ministero delle attività produttive, destinate al finanziamento del contratto di localizzazione e, più in generale, all'intervento di Sviluppo Italia per l'attrazione degli investimenti.
L’attività di attrazione di investimenti rientra tra i compiti istituzionali assegnati a Sviluppo Italia S.p.a., società interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3.
Il DPEF 2003-2006 ha indicato in Sviluppo Italia Spa il soggetto destinatario della missione di attrazione degli investimenti nel Mezzogiorno, da effettuarsi anche attraverso la stipula di contratti di localizzazione a natura privatistica fra i soggetti investitori e i soggetti pubblici. Il CIPE, con delibera n. 62 del 2 agosto 2002 ha assegnato, in via programmatica, a Sviluppo Italia Spa l’importo di 70 milioni di euro, quale finanziamento delle attività ad essa demandate dal DPEF 2003-2006, di cui 38 milioni di euro sono stati destinati, con successiva delibera n. 130 del 19 dicembre 2002, nell’ambito del Programma quadro della società, alla attività specifica di “predisposizione e avvio di un programma pluriennale di marketing volto all’attrazione di investimenti dall’esterno, concentrata nel Mezzogiorno”.
Per quanto concerne gli strumenti rivolti specificamente all’attrazione degli investimenti, Sviluppo Italia ha attivato, a partire dall’ottobre 2003, insieme al Ministero delle attività produttive e a quello dell'economia, uno strumento nuovo, il contratto di localizzazione, finalizzato all’attrazione di investimenti privati di notevole dimensioni nelle aree sottoutilizzate del Paese attraverso l’utilizzo degli strumenti di contrattazione già esistenti, in particolare, dello strumento del contratto di programma, ma dando forte rilievo alla creazione di condizioni di contesto capaci di radicare nel territorio quegli stessi investimenti.
Il progetto è partito con una dotazione finanziaria pilota e, ad oggi, secondo quanto indicato nel corso dell’audizione, sono stati approvati 4 contratti di locazione e presentate 52 domande di localizzazione.
Si ricorda che il CIPE, con la delibera n. 16 del 2003, ha destinato 140 milioni di euro al “Progetto pilota di localizzazione”, di cui 6 milioni per il 2003, 30 milioni per il 2004 e 104 milioni per il 2005.
Questa nuova forma di promozione degli investimenti si realizza attraverso l’inserimento di un tradizionale contratto di programma all’interno di un Accordo di Programma Quadro sottoscritto dai Ministeri dell’Economia e finanze e delle Attività Produttive, dalla Regione ospitante l’investimento e dalla Società Sviluppo Italia.
L’accordo consente di affiancare ai tradizionali incentivi all’investimento, già previsti nel contratto di programma, accordi operativi per la realizzazione mirata di infrastrutture materiali ed immateriali, per la garanzia di servizi amministrativi e di semplificazioni procedurali da parte degli enti locali.
La concreta attività di promozione, stipula e realizzazione di questi contratti è stata affidata, tramite convenzione con il Ministero delle attività produttive il 31 luglio 2003, alla società Sviluppo Italia S.p.a., già titolare del programma operativo per l’attrazione degli investimenti nel Mezzogiorno, in particolare di quelli provenienti dall’estero (IDE).
Il contratto di localizzazione consiste, dunque, in una forma più avanzata di contratto di programma, garantito peraltro da un iter più veloce in quanto non viene previsto il passaggio al CIPE per l’approvazione e la gestione del contratto medesimo.
Il Ministero delle attività produttive – Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese - procede alla selezione ed approvazione delle proposte entro 30 giorni dalla presentazione della domanda. Dopo l’approvazione della proposta di contratto, il contratto di programma viene sottoscritto dalla citata Direzione generale del Ministero delle attività produttive, da Sviluppo Italia e dall’impresa. L’erogazione delle agevolazioni viene effettuata dalla Direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese.
Secondo quanto riportato nel sito internet di Sviluppo Italia Spa:
- 74 aziende si sono dichiarate interessate ad usufruire del contratto di localizzazione
- 27 aziende hanno presentato proposta di investimento per un totale di 1.197 milioni di euro
- 4 sono le imprese selezionate e condotte da Sviluppo Italia alla firma del contratto di localizzazione[165].
Si ricorda, da ultimo che, la legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004) al comma 215, al fine di rafforzare l’attrazione di nuovi investimenti nelle aree sottoutilizzate, ha autorizzato Sviluppo Italia Spa a concedere agevolazioni alle imprese capaci di produrre effetti economici addizionali e durevoli e tali da generare esternalità positive sul territorio.
Le agevolazioni possono essere concesse secondo le forme indicate dal comma 216.
La forma principale di agevolazione consiste in un contributo in conto interessi a valere su mutui di durata non inferiore a 5 anni e non superiore a 10 anni, destinati a coprire fino al 50% degli investimenti ammissibili.
I mutui vengono concessi da istituti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del decreto legislativo n. 385 del 1993 (testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia).
E’ previsto un pre-ammortamento di durata non superiore a 3 anni a decorrere dalla stipula del contratto di finanziamento.
Il contributo in conto interessi può essere affiancato:
- da un contributo in conto capitale, che può coprirefino al limite massimo del 20% degli investimenti. Per le piccole e medie imprese, tale percentuale può essere aumentata fino al 35%;
- da partecipazioni temporanee di Sviluppo Italia Spa al capitale sociale, in misura non superiore al 15% del capitale sociale delle imprese beneficiarie. Per le PMI, tale percentuale può essere elevata al 20%.
Il cumulo delle agevolazioni che possono essere concesse ai sensi del comma 216 non può, comunque, superare i vigenti limiti massimi di intensità di aiuto, fissati dalla Commissione europea.
1. Per consentire l’avvio del programma di sviluppo e di acquisizione delle unità navali della classe FREMM (fregata europea multimissione) e delle relative dotazioni operative, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l’anno 2005, 100 milioni di euro per l’anno 2006 e 275 milioni di euro per l’anno 2007. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo; i relativi stanziamenti sono iscritti nell’ambito delle unità previsionali di base dello stato di previsione del Ministero delle attività produttive. Per gli anni successivi, ai fini del completamento del programma, si potrà provvedere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni”.
L’articolo 6-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, autorizza la spesa di 25 milioni di euro per il 2005, 100 milioni di euro per il 2006 e 275 milioni di euro per il 2007, per consentire l’avvio del programma di sviluppo e di acquisizione delle unità navali della classe FREMM (fregata europea multimissione) e delle dotazioni operative relative. Alla copertura finanziaria dell’onere, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, si provvede mediante riduzione dello stanziamento del Fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. Gli stanziamenti sono iscritti nell’ambito delle unità previsionali di base del Ministero delle attività produttive. E’ inoltre previsto che, per il completamento del programma, si potrà provvedere alla determinazione, in tabella D della legge finanziaria, delle quote destinate a gravare sui successivi esercizi finanziari, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera f), della legge n. 468/1978.
Il programma per la costruzione delle fregate FREMM trae origine dalla dichiarazione congiunta siglata a Parigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese che riconosce l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine. L’accordo prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la nostra. Delle fregate francesi, 8 saranno specializzate nella lotta subacquea e 9 nell’azione contro forze terrestri che saranno, quindi, predisposte per l’installazione ulteriore di una funzione di supporto “fuoco navale”, per la quale è prevista un’artiglieria di medio calibro a lunga gittata. Delle fregate italiane 4 saranno specializzate nella lotta subacquea e 6 “General Purpose” predisposte per l’installazione ulteriore di missili di crociera. Tutte le fregate disporranno di una piattaforma comune, con un dislocamento dell’ordine di 5.500 tonnellate, avranno una lunghezza di 128 metri, un impianto di propulsione misto, dotato di una turbina a gas, ed una velocità non inferiore ai 27 nodi. Il costo unitario medio di una fregata francese, tasse escluse ed alle condizioni economiche di gennaio 2003, è pari a 280 milioni di euro, mentre per la fregata italiana è pari a 350 milioni. Complessivamente il programma ha un costo per l’Italia di quattro miliardi di euro (i 350 milioni previsti per esemplare più 500 milioni di costi strutturali del programma), con un risparmio del 20% consentito dalla coproduzione con i francesi. La consegna contrattuale delle prime navi di serie di ogni Paese deve avvenire nel 2010, mentre le consegne delle navi successive si deve svolgere con un ritmo tale da completare la serie delle fregate entro il 2018 per la Francia, ed entro il 2017 per l’Italia. Nella dichiarazione si manifesta anche l’intenzione di aprire maggiormente il programma alla cooperazione europea.
L’azienda incaricata della costruzione delle fregate italiane è l’Orizzonte Sistemi Navali S.p.A. che è la Società sistemistica costituita da Fincantieri (49%) e Finmeccanica (51%) con la missione di soddisfare le diverse esigenze nell'ambito della difesa navale. La Società è responsabile della completa progettazione, integrazione, commercializzazione di navi militari ad alto contenuto tecnologico e sistemistico di dislocamento superiore a 1.000 tonnellate di stazza, sia per il mercato italiano che internazionale. In qualità di "Whole Warship Design Authority" (WWDA), l’Azienda è responsabile della definizione della Piattaforma e del Sistema di Combattimento, così come dell'Integrazione fisica e funzionale del Sistema Nave completo. Il portafoglio dei suoi prodotti comprende: fregate (tipo HORIZON e FREMM); corvette/OPV (tipo CIGALA FULGOSI); porta aerei (tipo CAVOUR); supporto logistico integrato; ammodernamento e trasformazione di navi esistenti.
Articolo 7, comma 1
(Infrastrutture per la banda
larga nelle aree sottoutilizzate)
1. Gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda di cui al programma approvato con delibera CIPE n. 83/03 del 13 novembre 2003, pubblicata nella Gazzetta Ufficialen. 48 del 27 febbraio 2004, possono essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate. Il CIPE stabilisce annualmente le risorse del Fondo aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, destinate al finanziamento del citato programma attuato dal Ministero delle comunicazioni per il tramite della Società infrastrutture e telecomunicazioni per l’Italia S.p.a (Infratel Italia) del gruppo Sviluppo Italia S.p.a. e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie per il tramite della società Innovazione Italia S.p.a.
Il Capo V del decreto-legge dispone in merito allo sviluppo dell'innovazione e della diffusione delle tecnologie.
In tale ambito l’articolo 7 reca interventi per la diffusione delle tecnologie digitali.
Il comma 1 dell'articolo in commento stabilisce che gli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la larga banda - di cui al programma approvato con delibera CIPE n. 83 del 2003 - possano essere realizzati in tutte le aree sottoutilizzate.
La delibera CIPE 13 novembre 2003, n. 83 si inserisce nel filone degli interventi normativi previsti per finanziare la realizzazione di iniziative dirette a favorire lo sviluppo sociale ed economico delle aree depresse.
Le precedenti delibere CIPE 16/2003 e 17/2003 hanno rispettivamente allocato un importo complessivo di 5.200 milioni di euro per il triennio 2003-2005 destinati al finanziamento degli investimenti pubblici per interventi nelle aree sottoutilizzate e ripartito tale importo, preliminarmente accantonando un importo di 900 milioni di euro la cui attribuzione è stata demandata ad una successiva delibera (che come vedremo sarà la n. 83/2003) secondo alcuni parametri, tra cui la particolare attenzione agli investimenti per lo sviluppo nei campi della ricerca, della società dell’informazione (infrastrutture materiali e immateriali), delle reti a carattere interregionale.
La delibera n. 83/2003 ha quindi ripartito questo accantonamento di 900 milioni di euro disposto dalla precedente delibera 17/2003, destinando:
§ 150 milioni di euro al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, di cui 120 destinati ai servizi a banda larga della società dell’informazione e 30 destinati, sempre nell’ambito della società dell’informazione, alla connettività sociale nel mezzogiorno;
§ 150 milioni al Ministero delle comunicazioni per un primo intervento attuativo volto allo sviluppo della larga banda nel Mezzogiorno. Quanto a questo finanziamento si ricorda che la delibera in esame prevedeva che del 150 milioni di euro 5,22 fossero assegnati al biennio 2003/2004 mentre 144,78 milioni fossero stanziati nel 2005. La Tabella F della legge finanziaria per il 2005 ha previsto una rimodulazione delle risorse assegnate dal CIPE per lo sviluppo delle infrastrutture di reti di comunicazione (che vengono esposte, in Tabella F, sotto la voce relativa al Fondo per le aree sottoutilizzate), disponendo una riduzione di 134,780 milioni dello stanziamento per il 2005, che viene posticipato per 34,780 milioni al 2006, per 50 milioni al 2007 e per ulteriori 50 milioni al 2008.[166]
Si ricorda che l’ambito territoriale delle aree sottoutilizzate coincide con quello delle aree depresse (art. 61, comma 1).
Le aree depresse sono individuate dall’art. 1, co. 1, del D.L n. 32 del 1995 (legge n. 104/1995), successivamente modificato dall'art. 27 della legge n. 488/1999. Ai sensi della disposizione richiamata a decorrere dal 1° gennaio 2000 si intendono per aree depresse:
1) le aree ammissibili agli interventi degli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali.
Ai sensi dell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 502/1999 del 1° luglio 1999, nell'obiettivo 1 sono ricomprese, per il periodo 2000-2006, le seguenti regioni italiane: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia.
L’elenco delle zone del Centro-Nord cui si applica l’obiettivo 2 è stato approvato dalla Commissione europea con la decisione del 27 luglio 2000 (n. 2000/530/CE), successivamente modificato con la decisione 27 aprile 2001 (n. 2001/363/CE).
2) le aree ammesse al sostegno transitorio per gli obiettivi 1 e 2.
Le aree ammesse al sostegno transitorio sono quelle cui si applicavano gli obiettivi 1, 2 e 5b dei fondi strutturali per il periodo 1994-1999 e non più ricomprese nel nuovo ciclo di programmazione 2000-2006.
3) le aree rientranti nelle fattispecie dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE, vale a dire le aree ammesse al regime di deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale.
Le aree 87.3.c) sono state individuate con la decisione della Commissione UE del 20 settembre 2000: si tratta delle regioni Abruzzo e Molise e di alcuni territori delle regioni del Centro-Nord.
Il comma 1 dispone altresì che il CIPE definisca annualmente l'entità delle risorse del Fondo aree sottoutilizzate da destinarsi al finanziamento del predetto programma, che sarà attuato dal Ministero delle comunicazioni, per il tramite della società Infrastrutture e telecomunicazioni per l'Italia S.p.A. del gruppo Sviluppo Italia S.p.A., nonché dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie per il tramite della società Innovazione Italia S.p.A.
Il Fondo per le aree sottoutilizzate è stato istituito dall’articolo 61 della legge finanziaria per il 2003 (L:289/2002), che ha recato, agli articoli 60 e 61, alcune significative innovazioni riguardo alle modalità di determinazione dei finanziamenti destinati agli interventi nelle aree sottoutilizzate.
Al fine di attribuire maggiore flessibilità al sistema stesso di finanziamento, è stata prevista l’istituzione di due fondi di carattere generale:
1) il Fondo per le aree sottoutilizzate (articolo 61, comma 1), iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, U.P.B. 4.2.3.27, capitolo 7576, nel quale sono confluite, con separata evidenziazione contabile, le risorse relative:
a) all’intervento straordinario nel Mezzogiorno;
b) all’intervento ordinario nelle aree depresse;
c) al Fondo per l’imprenditoria giovanile;
d) ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni;
2) il Fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive, sul quale devono confluire le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate (articolo 60, comma 3). Si tratta, in particolare, delle risorse relative alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e per gli anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
Infratel Italia S.p.A. - Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia - è la società di scopo costituita su iniziativa del Ministero delle Comunicazioni e di Sviluppo Italia con l'obiettivo di favorire lo sviluppo di infrastrutture a larga banda sul territorio nazionale e di ridurre il "digital divide". La società è controllata da Sviluppo Italia ed è operativa da marzo 2004. Il capitale sociale è pari ad 1 milione di euro. La dotazione iniziale per il piano di investimenti è di 150 milioni di euro.
Le modalità di funzionamento della società sono stabilite dalla convenzione stipulata da Sviluppo Italia con il Ministero delle Comunicazioni, che è stata registrata dalla Corte dei Conti in data 16 febbraio 2004.
Innovazione Italia S.p.A. è la società strumentale costituita grazie ad una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie, per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell'Informazione e al piano di e-government.
Innovazione Italia realizza alcuni dei progetti definiti dal:
§ Comitato dei Ministri per la Società dell'Informazione;
§ piano di e-government;
§ CIPE, in materia di Società dell'Informazione e Banda Larga, anche con l'obiettivo di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate.
La società
• fornisce sostegno operativo al DIT, Dipartimento per l’Innovazione e le Tecnologie, per il coordinamento delle iniziative finanziate, il monitoraggio dei risultati, l’ottimizzazione della comunicazione relativa alla realizzazione dei progetti
• supporta il CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatica nella PA, nella realizzazione di specifiche iniziative in materia di e-government
• promuove lo sviluppo di servizi interattivi e multimediali su banda larga, con particolare riferimento al superamento del digital divide nelle aree del Sud Italia
• realizza specifiche iniziative connesse alle tecnologie ICT.
Il capitale sociale della società, interamente controllata da Sviluppo Italia S.p.A., è di 1 milione di euro.
Articolo 7, comma 2
(Contributo fondazione Ugo
Bordoni)
2. Il contributo dello Stato alla fondazione Ugo Bordoni previsto dall’articolo 41, comma 5, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, è rinnovato, per il triennio 2005 – 2007 per l’importo di 5.165.000 euro annui. La fondazione invia, entro il 31 marzo di ogni anno, un relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari nella quale dà conto delle attività svolte nell’anno precedente.
Il comma 2 stabilisce che il contributo dello Stato alla fondazione Ugo Bordoni previsto dall'articolo 41 della legge n. 3 del 2003, sia rinnovato per il triennio 2005-2007 per l'importo di 5.165.000 euro annui.
La disposizione ora in esame è oggetto del disegno di legge governativo 5310-sexies[167], attualmente all’esame della IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati.
La “Fondazione Ugo Bordoni”, costituita ente morale con D.P.R. 2 agosto 1952, n. 2472, effettua e promuove ricerche e studi scientifici ed applicativi nel campo delle telecomunicazioni, dell’informatica, dell’elettronica e dei servizi postali, ed è strutturata nei seguenti settori di ricerca: radiocomunicazioni, comunicazioni ottiche, comunicazioni numeriche, reti e servizi, elaborazione dell’informazione ed evoluzione dei sistemi di telecomunicazioni. La Fondazione svolge inoltre attività di rappresentanza dell’Italia in diversi organismi internazionali scientifici e di normativa nonché attività di formazione di personale qualificato.
L’articolo 41 (commi 5, 6 e 7) della legge 3/2003 ha introdotto norme volte a riconoscere e a valorizzare il ruolo che la Fondazione Ugo Bordoni svolge per quanto attiene alle attività di ricerca nel campo delle telecomunicazioni, dell'informatica e dell'elettronica, intervenendo a sostegno della Fondazione stessa. In particolare, il comma 5 riconosce la “Fondazione Ugo Bordoni” quale “istituzione privata di alta cultura” e la sottopone alla vigilanza del Ministero delle Comunicazioni. Il medesimo comma attribuisce alla Fondazione le funzioni di elaborare e proporre strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni, da poter sostenere nelle sedi nazionali e internazionali competenti, e di coadiuvare operativamente il Ministero nella soluzione organica ed interdisciplinare delle problematiche di carattere tecnico, economico, finanziario, gestionale, normativo e regolatorio connesse all’attività istituzionale del Ministero stesso.
La norma ha posto inoltre a carico dello Stato un contributo al finanziamento della Fondazione per spese di investimento relative alle attività di ricerca pari a 5.165.000 euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004.
Il comma ha stabilito anche la prosecuzione, senza soluzione di continuità, e la conferma del regime convenzionale tra il Ministero delle comunicazioni e la Fondazione Bordoni, sancito dall’atto stipulato in data 7 marzo 2001, recante la disciplina delle reciproche prestazioni relative alle attività di collaborazione e la regolazione dei rapporti ad esse conseguenti.
Con la medesima norma (art. 41, comma 6) è stata infine prevista una ridefinizione dello statuto, dell’organizzazione e dei ruoli organici della Fondazione, da effettuare in coerenza con le attività già indicate, e sono state dettate norme relative ai dipendenti in esubero.
Va ancora ricordato per completezza che il comma 7 dell’articolo 41, nel prevedere la promozione dell’attività di sperimentazione di trasmissioni televisive digitali terrestri e di servizi interattivi da parte del Ministero delle comunicazioni (al fine di incentivare lo sviluppo della radiodiffusione televisiva in tecnica digitale su frequenze terrestri), stabilisce che tali attività siano realizzate sotto la vigilanza del Ministero delle comunicazioni e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con la supervisione tecnica della Fondazione Ugo Bordoni attraverso convenzioni da stipulare tra la medesima Fondazione e soggetti abilitati alla sperimentazione ai sensi della normativa vigente , sulla base di progetti da questi presentati .
Una disposizione aggiunta in seguito all’approvazione del maxiemendamento prevede che la fondazione invii, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione al Governo e alle competenti Commissioni parlamentari nella quale dia conto delle attività svolte nell’anno precedente.
Articolo 7, comma 3
(Apparecchi da intrattenimento)
3. All’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il comma 502 è sostituito dal seguente: «502. Il Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisce i requisiti tecnici dei sistemi elettronici di identificazione e controllo degli apparecchi da intrattenimento di cui all’articolo 110, commi 6 e 7 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, delle schede di gioco, intese come l’insieme di tutte le componenti hardware e software del congegno stesso, e dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all’articolo 38, commi 3 e 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tali da assicurarne la controllabilità a distanza, indipendentemente dal posizionamento sugli apparecchi e dal materiale che si frappone fra chi è preposto alla lettura dei dati e l’apparecchio stesso. I sistemi dovranno poter garantire l’effettuazione dei controlli anche in forma riservata. Ad ogni nulla osta dovrà corrispondere almeno un sistema elettronico di identificazione. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti o sistemi sono a carico dei richiedenti.».
Il comma 3 dell'articolo 7, che novella al comma 502 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), interviene sulla disciplina relativa agli apparecchi e congegni da intrattenimento. La competenza, ivi attribuita al Ministero dell’economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato circa la determinazione dei requisiti dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta per la distribuzione dei predetti apparecchi e congegni, viene estesa anche alla definizione dei requisiti tecnici dei sistemi elettronici di identificazione e controllo degli apparecchi medesimi.
Secondo la relazione del Governo (A.S. 3344), la disposizione è volta a contrastare la diffusione di apparecchi irregolari o illegali.
La relazione afferma che alla fine del 2004 erano legalmente autorizzati circa 140.000 apparecchi con vincite in denaro e circa 240.000 senza vincite in denaro. Sulla base di stime dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sarebbero almeno 20.000-25.000 gli apparecchi che consentono vincite in denaro e 40.000-45.000 gli apparecchi senza vincite in denaro che operano illegalmente o irregolarmente dal punto di vista autorizzatorio.
Il previgente comma 502 stabilisce che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato definisca i requisiti tecnici dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta di cui all'articolo 38, commi 3 e 4, della legge n. 388 del 2000, tali da assicurarne la controllabilità a distanza. Gli eventuali costi di rilascio dei predetti documenti sono a carico dei richiedenti.
Si ricorda che i commi 3 e 4 dell'articolo 38 della legge n. 388 del 2000, come novellati dal comma 500 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005, fanno riferimento al nulla osta rilasciato dall'Amministrazione finanziaria per gli apparecchi da divertimento e intrattenimento. Vi si dispone, tra l’altro, l’introduzione anche per gli apparecchi indicati al comma 7 dell’articolo 110 del (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (apparecchi senza vincite in denaro) di una verifica tecnica analoga a quella già prevista dal citato articolo 38 per gli apparecchi che consentono vincite in denaro (comma 6 dell’articolo 7 del TULPS).
Su tale impianto normativo interviene la disposizione in esame, prevedendo che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato deve definire i requisiti tecnici non solo dei documenti attestanti il rilascio dei nulla osta, ma anche dei sistemi elettronici di identificazione e controllo degli apparecchi da intrattenimento che consentono vincite in denaro o no, rispettivamente indicati dai commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS, e delle schede di giuoco (intese come l'insieme di tutte le componenti hardware e software del congegno stesso), tali da assicurarne la controllabilità a distanza.
Come si legge nella citata relazione illustrativa, con tale disposizione s’intende "utilizzare sistemi elettronici di identificazione e controllo che permettono l’analisi del software di gestione del gioco per controllare l’esistenza di variazioni, anche minime rispetto a quanto certificato e depositato presso i Monopoli di Stato, al fine far emergere situazioni illegali o irregolari".
Si ricorda che i commi 6 e 7 dell'articolo 110 del TULPS indicano le caratteristiche di diverse tipologie di apparecchi e congegni idonei per il gioco lecito, che rilevano sia ai fini del regime autorizzatorio, sia di quello fiscale[168]:
A) Apparecchi e congegni automatici, semiautomatici ed elettronici da trattenimento o da gioco di abilità, e come tali idonei per il gioco lecito (comma 6):
- i quali si attivano solo con l'introduzione di moneta metallica;
- nei quali gli elementi di abilità o trattenimento sono preponderanti rispetto all'elemento aleatorio;
- il cui costo della partita non supera 50 centesimi di euro;
- la cui durata della partita è compresa tra sette e tredici secondi;
- distribuiscono vincite in denaro, ciascuna comunque di valore non superiore a 50 euro, erogate dalla macchina subito dopo la sua conclusione ed esclusivamente in monete metalliche. In tal caso le vincite, computate dall'apparecchio e dal congegno, in modo non predeterminabile, su un ciclo complessivo di 14.000 partite, devono risultare non inferiori al 75% delle somme giocate;
In ogni caso tali apparecchi non possono riprodurre il gioco del poker o comunque anche in parte le sue regole fondamentali.
B) Apparecchi elettromeccanici privi di monitor (gru, ruspe e redemption), attraverso cui si esprime l’abilità del giocatore [comma 7, lettera a)], i quali:
- sono attivabili soltanto con l’introduzione di una moneta;
- hanno un costo per partita non superiore a 1 euro;
- consentono, immediatamente e direttamente dopo la partita, vincite di prodotti di piccola oggettistica, non convertibili in denaro, di valore complessivo non superiore a 20 volte la giocata.
C) Apparecchi basati sulla sola abilità fisica, mentale o strategica che non distribuiscono premi, per i quali il costo della singola partita può essere superiore a 50 centesimi [comma 7, lettera c)].
Nel definire i requisiti tecnici suddetti, il comma 3 qui illustrato specifica che la controllabilità a distanza dovrà essere assicurata indipendentemente dalla collocazione sugli apparecchi e dal materiale che si frappone fra chi è preposto alla lettura dei dati e l'apparecchio stesso; i sistemi, inoltre, dovranno poter garantire di effettuare i controlli anche in forma riservata.
Ad ogni nulla osta dovrà corrispondere almeno un sistema elettronico di identificazione.
Resta, infine, inalterata la disposizione che pone a carico dei richiedenti gli eventuali costi di rilascio dei documenti o sistemi predetti.
Secondo la relazione tecnica al disegno di legge (A.S. 3344), la disposizione in esame determinerebbe maggiori entrate stimate in 8 milioni per il 2005 e in 100 milioni a decorrere dal 2006.
Articolo 7, comma 3-bis
(Pubblicità delle scommesse
all’estero)
3-bis. All’articolo 4, comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, è aggiunto il seguente periodo: “La stessa sanzione si applica a chiunque, in qualsiasi modo, dà pubblicità in Italia a giochi, scommesse ed a lotterie, da chiunque accettate all’estero.
Il comma 3-bisdell’articolo 7, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, integra l’articolo 4, comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, recante interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive.
L’articolo 4 della legge n. 401 del 1989 reca disposizioni circa l’esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa.
In particolare il comma 1 stabilisce che chiunque esercita abusivamente l'organizzazione del giuoco del lotto o di scommesse o di concorsi pronostici, che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario, è punito con lareclusione da sei mesi a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi comunque organizza scommesse o concorsi pronostici su attività sportive gestite dal CONI, dalle organizzazioni da esso dipendenti o dall'Unione italiana per l'incremento delle razze equine (UNIRE).
Chiunque abusivamente esercita l'organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a lire un milione.
Le stesse sanzioni si applicano a chiunque venda sul territorio nazionale, senza autorizzazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, biglietti di lotterie o di analoghe manifestazioni di sorte di Stati esteri, nonché a chiunque partecipi a tali operazioni mediante la raccolta di prenotazione di giocate e l'accreditamento delle relative vincite e la promozione e la pubblicità effettuate con qualunque mezzo di diffusione.
Il comma 2 stabilisce l'arresto fino a tre mesi e l'ammenda da lire centomila a lire un milione per chiunque in qualsiasi modo dà pubblicità all’esercizio di concorsi, giuochi o scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, e fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo.
Ai sensi del comma 3 chiunque partecipa a concorsi, giuochi, scommesse gestiti con le modalità di cui al comma 1, fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da lire centomila a lire un milione.
Il comma 4 estende l’applicazione delle disposizioni sanzionatorie di cui ai commi 1 e 2 anche ai giuochi d'azzardo esercitati a mezzo degli apparecchi vietati dall'articolo 110 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773
Secondo il comma 4-bis, le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell'articolo 88 TUPLS (R.D. n. 773 del 1931) svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accettare o raccogliere o comunque favorire l'accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all'estero.
Infine il comma 4-ter dispone che, fermi restando i poteri attribuiti al Ministero dell’economia e delle finanze dall'articolo 11 del D.L. n. 557 del 1993, e in applicazione dell'articolo 3, comma 228 della legge n. 549 del 1995, le sanzioni di cui al presente articolo si applicano a chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione all'uso di tali mezzi per la predetta raccolta o prenotazione.
La novella recata al comma 2 dell’articolo 4 della legge n. 401 del 1989 dal comma 3-bis qui illustrato estende la sanzione dell’arresto fino a tre mesi e dell'ammenda da euro 51,65 a euro 516,46 (nel testo originario, da lire centomila a lire un milione) a chiunque, in qualsiasi modo, dia pubblicità in Italia a giochi, scommesse e a lotterie, da chiunque accettate all’estero.
Articolo 7, comma 3-ter
(Esenzione fiscale cessione computer)
3-ter. La cessione a corrispettivo pari a quello di acquisto di personal computer di nuova fabbricazione acquistati nello stesso esercizio della cessione, eventualmente con annessi relativi programmi di funzionamento, se attuata da imprese o da enti soggetti all'imposta sul reddito delle società, in favore di lavoratori dipendenti, non dà luogo, ai fini delle imposte sul reddito, a presupposto di imponibilità per reddito in natura.
Il comma 3-ter dell’articolo 7, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, corrisponde all’articolo 12, comma 1, del disegno di legge A.C. 5736, recante il piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.
In particolare, esso stabilisce che non dà luogo a reddito in natura[169], ai fini delle imposte sui redditi, la cessione di personal computer, e degli eventuali relativi programmi di funzionamento, da parte di imprese ed enti, soggetti all’imposta sul reddito delle società (IRES)[170], in favore di lavoratori dipendenti.
La cessione deve avvenire nello stesso esercizio nel quale i beni ceduti sono stati acquistati e il corrispettivo della cessione deve essere pari al prezzo di acquisto (prezzo che si suppone inferiore a quello ordinario di mercato).
La norma in esame non richiede espressamente che tra l’impresa o l’ente e il lavoratore dipendente destinatario della cessione intercorra un rapporto di lavoro subordinato: tuttavia, la necessità di escludere l’esistenza di un reddito in natura sorge esclusivamente in presenza di tale tipo di rapporto.
Il riferimento ai soggetti passivi dell’IRES esclude l’applicabilità della disposizione in commento ai dipendenti degli organi e delle amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, e degli enti pubblici (comuni, consorzi tra enti locali, associazioni ed enti gestori di demanio collettivo, comunità montane, province e regioni) che non sono soggetti a tale imposta, a norma dell’articolo 74, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 51, comma 1, del TUIR, tutte le somme e i valori percepiti, a qualunque titolo, dal lavoratore dipendente in relazione al rapporto di lavoro (c.d. fringe benefits) costituiscono reddito di lavoro dipendente e come tale sono soggetti ad imposizione. I successivi commi 2 e 2-bis dello stesso articolo 51 indicano le somme e i valori che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, mentre i commi da 3 a 9 dettano criteri per la determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1.
In mancanza di espressa indicazione in senso contrario, la differenza tra il prezzo di mercato del personal computer e degli annessi programmi di funzionamento e il prezzo di cessione da parte del datore di lavoro, costituirebbe, per il lavoratore acquirente, reddito di lavoro dipendente da assoggettare a tassazione.
Si osserva che sarebbe stato più opportuno formulare la presente disposizione come novella al citato articolo 51 del TUIR.
3-quater. Le pubbliche amministrazioni statali, nei rapporti con i cittadini e con le imprese, sono tenute a ricevere, nonché inviare se richiesto, anche in via telematica, nel rispetto della normativa vigente, la corrispondenza, i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo, utilizzando all’uopo le risorse finanziarie già disponibili per le esigenze informatiche. L’obbligo di cui al presente comma decorre, per ciascuna pubblica Amministrazione centrale, dalla data stabilita con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per l’economia e le finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro interessato. Dalle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 3-quater dell’articolo 7 riproduce sostanzialmente quanto disposto nei commi 3, 4 e 6 dell’art. 12 del disegno di legge Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, in corso d’esame presso le Commissioni riunite I e V della Camera (A.C. 5736).
Le relative disposizioni intervengono sugli aspetti della politica d’innovazione digitale propugnata dal Governo più strettamente connessi all’attività delle pubbliche amministrazioni, con l’obiettivo di semplificare e accelerare le comunicazioni tra le stesse e i soggetti privati (in particolare: cittadini e imprese).
Il comma dispone infatti che le pubbliche amministrazioni statali intraprendano lo scambio telematico di documenti e atti amministrativi con cittadini e imprese.
Tale previsione si sostanzia in un obbligo di ricevere – e, se richiesto, di inviare – anche per via telematica la corrispondenza, i documenti e tutti gli atti relativi ad ogni adempimento amministrativo.
Tale obbligo decorrerà, per ciascuna amministrazione centrale, dalla data che sarà fissata dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie con proprio decreto, adottato di concerto con il ministro per la funzione pubblica, il ministro dell’economia e delle finanze e il ministro di volta in volta interessato, il quale evidentemente dovrà dar conto dell’effettiva adeguatezza alle trasmissioni telematiche della struttura amministrativa cui è preposto.
La disposizione (come del resto ricordava la relazione governativa al disegno di legge A.C. 5736), anticipa quanto già previsto nello schema di decreto legislativo in corso di emanazione, recante il “Codice dell’amministrazione digitale”, adottato sulla base della norma di delega contenuta nell’art. 10 della legge di semplificazione 2001[171] e finalizzato al coordinamento e al riassetto delle disposizioni vigenti in materia di società dell’informazione[172].
Oggetto primario del Codice è costituito dall’uso appropriato, da parte delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione al fine di assicurare “la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale”.
In particolare, nel capo I, sezioneII (Diritti dei cittadini e delle imprese), si pone in capo a cittadini e imprese il diritto soggettivo a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali, entro i limiti posti dal codice. Il concetto è ribadito con particolare riguardo alla partecipazione al procedimento amministrativo e al diritto di accesso ai documenti amministrativi, sanciti dalla L. 241/1990, nonché all’invio di atti e documenti: a tale ultimo riguardo si stabilisce che “ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa”(art. 4, co. 2, dello schema di Codice presentato alle Camere per il parere).
Si rinviene, pertanto, un’analogia di disposti normativi tra quest’ultima norma e il testo in commento, al cui riguardo si possono evidenziare le seguenti differenze:
§ il Codice non contempla vincoli o adempimenti ulteriori cui subordinare l’efficacia della previsione di comunicazione telematica con i privati, laddove nel testo in esame essa è condizionata all’adozione di successivi decreti ministeriali;
§ d’altra parte, ai sensi delle disposizioni transitorie e finali in esso contenute (art. 76, secondo la riformulazione ipotizzata nei pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari, accolta dal Governo) l’entrata in vigore del Codice è differita di sei mesi dalla data della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale; il d.d.l. di conversione in esame entrerà in vigore in tempi assai più rapidi.
Si ricorda inoltre che, seppur più genericamente, anche l’art. 3-bis della L. 241/1990[173], recentemente introdotto dalla legge di novella n. 15 del 2005[174], prevede che per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivino l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.
L’intervento in esame non dovrà comportare oneri per la finanza pubblica: le amministrazioni statali dovranno infatti utilizzare le risorse finanziarie già disponibili per le esigenze informatiche.
Il decreto-legge non riproduce altre disposizioni recate in materia dall’A.C. 5736, quali l’estensione del medesimo obbligo ai soggetti concessionari di servizi pubblici (art. 12, co. 5) mediante un’integrazione in tal senso delle concessioni di pubblico servizio, o la previsione di apposite disposizioni per le amministrazioni delle regioni e degli enti locali (art. 12, co. 7).
Documenti all’esame delle
istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 17 maggio 2004 la Commissione ha presentato una comunicazione sull’aggiornamento del piano d’azione e-Europe 2005 (COM(2004)380) che contiene quindici nuove azioni le quali, senza modificare radicalmente la struttura del piano originario, sono destinate a completare le azioni esistenti, in modo da accelerare la realizzazione degli obiettivi.
In particolare, per quanto riguarda l’e-Government, entro il 2005 sarà posto in essere un quadro di riferimento per lo scambio di “buone pratiche” per l’apprendimento reciproco e per il superamento delle difficoltà esistenti.
Il piano d’azione e-Europe 2005 (COM(2002)263) traccia gli orientamenti per interventi coordinati nel settore della società dell’informazione al fine di perseguire i seguenti obiettivi: offrire servizi pubblici interattivi a partire da piattaforme tecnologiche diverse (e-Government); favorire la diffusione delle reti a banda larga; garantire la sicurezza delle reti e dell’informazione; promuovere l’apprendimento per via elettronica (e-Learning) e l’assistenza sanitaria on line (e-Health); rivedere la normativa relativa al commercio elettronico (e-Business).
Il Consiglio Trasporti, telecomunicazioni ed energia, nella sessione del 10 e 11 giugno 2004 ha accolto con favore l’aggiornamento del piano e ha invitato gli Stati membri a porre in atto entro la fine del 2004 le strategie nazionali in materia di banda larga. La Commissione, da parte sua, intende dare attuazione alle azioni previste nel piano d'azione aggiornato, monitorare i progressi nell'adozione della banda larga e riferire in merito agli sviluppi nel primo semestre del 2006.
Il 19 novembre 2004 la Commissione ha presentato una comunicazione sulle sfide per la società dell’informazione europea oltre il 2005 (COM (2004)757) con la quale intende svolgere un processo di consultazione con gli attori istituzionali e le parti sociali nel corso del 2005 al fine di presentare un nuovo programma di azione.
Obiettivo principale è fare il punto sui progressi realizzati nel campo della società dell’informazione, analizzare le sfide future e definire le politiche per affrontarle; avviare un ampio dibattito politico su una strategia dell’Ue in materia di società dell’informazione oltre il 2005 e indicare in quali settori una politica europea delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) può essere decisiva.
Il 9 dicembre 2004 il Consiglio trasporti ha adottato una risoluzione sull’avvenire delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), da sottoporre quale contributo al dibattito sulla revisione a medio termine della strategia di Lisbona da parte del Consiglio europeo di primavera 2005. La risoluzione evidenzia la necessita di promuovere tra le altre iniziative:
§ l’accesso e la disponibilità per tutti i cittadini dei servizi delle TIC; integrando ulteriormente le TIC nei luoghi di lavoro;
§ lo sviluppo delle TIC per i servizi pubblici, sviluppando in particolare servizi su scala europea nel settore dell’assistenza sanitaria on line;
§ la rimozione delle barriere che ostacolano la disponibilità dei contenuti sulle varie piattaforme, incoraggiando la ricerca di soluzioni pratiche in materia di gestione dei diritti digitali;
§ lo sviluppo delle reti, garantendo un contesto normativo coerente ed efficace per le comunicazioni elettroniche che stimoli la concorrenza, gli investimenti e l’innovazione.
Articolo 8, commi 1-6
(Riforma delle agevolazioni
della legge n. 488/1992
e della programmazione negoziata)
1. Al fine di favorire lo sviluppo del mercato del credito nelle aree sottoutilizzate e, quindi, l’effetto degli incentivi sulla competitività del sistema produttivo, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la concessione delle agevolazioni per investimenti in attività produttive disposta ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e successive modificazioni, e dell’articolo 2, comma 203, lettere d), e)ed f), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è attribuita secondo i seguenti princìpi:
a) il contributo in conto capitale è inferiore o uguale al finanziamento con capitale di credito, composto, per pari importo, da un finanziamento pubblico agevolato e da un finanziamento bancario ordinario a tasso di mercato;
b) il CIPE, secondo le modalità di cui all’articolo 1, comma 356, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, fissa i criteri generali e le modalità di erogazione e di rimborso del finanziamento pubblico agevolato;
c) il tasso di interesse da applicare al finanziamento pubblico agevolato non è inferiore allo 0,50 per cento annuo;
d) è previsto l’impegno creditizio dei soggetti che valutano positivamente le istanze di ammissione agli incentivi e curano il rimborso unitario del finanziamento pubblico e ordinario, salvo quanto disposto dal comma 4;
e) gli indicatori per la formazione delle graduatorie ove previste sono limitati nel numero, univocamente rappresentativi dell’obiettivo misurato, pienamente verificabili e tali, tra l’altro, da premiare il minore ricorso al contributo in conto capitale.
2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole e forestali, per quanto riguardante le attività della filiera agricola, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in conformità alla vigente normativa di riferimento sono stabiliti i criteri, le condizioni e le modalità di attuazione della disposizione di cui al comma 1, individuando, tra l’altro:
a)le attività e le iniziative ammissibili;
b)i limiti minimi e massimi degli investimenti ammissibili;
c)i meccanismi di valutazione delle domande, con le modalità della procedura valutativa a graduatoria ad eccezione della misura di cui all'articolo 2, comma 203, lettera e) della legge 23 dicembre 1996, n. 662;
d)gli indicatori per la formazione di graduatorie settoriali e territoriali, secondo i princìpi di cui al comma 1, lettera e);
e)la misura dell’intervento agevolativo, assicurando che l’intensità di aiuto corrispondente sia contenuta nei limiti delle intensità massime consentite dalla normativa dell’Unione europea;
f) il rapporto massimo fra contributo in conto capitale e finanziamento con capitale di credito, entro la soglia di cui al comma 1, lettera a);
g)le modalità e i contenuti dell’istruttoria delle domande, prevedendo la stipula di apposite convenzioni, anche con la eventuale modifica di quelle attualmente in essere, con soggetti in possesso dei necessari requisiti tecnici, amministrativi e di terzietà.
3. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 356, lettera e), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano alla concessione di incentivi disposta in attuazione di bandi già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto o a fronte di contratti di programma per i quali il Ministro delle attività produttive, alla stessa data, abbia presentato al CIPE la proposta di adozione della relativa delibera di approvazione, ai sensi del punto 7.2 della delibera CIPE n. 26 del 25 luglio 2003 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 215 del 16 settembre 2003.
4. Il finanziamento bancario ordinario è concesso dai soggetti abilitati a svolgere l’istruttoria delle richieste di ammissione agli incentivi ovvero anche da altri soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385.
5. I finanziamenti pubblici agevolati di cui al comma 1 possono essere erogati sulla quota del fondo rotativo per il sostegno alle imprese di cui all’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, stabilita con le delibere CIPE di cui al medesimo articolo 1, comma 355. Si applica la disposizione dell’articolo 1, comma 360, della citata legge 30 dicembre 2004, n. 311.
6. Nel primo biennio il CIPE, in attuazione delle disposizioni contenute negli articoli 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, si conforma all’indirizzo di assegnare per il finanziamento del contributo in conto capitale, al complesso degli strumenti di cui al comma 1, una quantità di risorse in grado di attivare, unitamente con quelle rivenienti da rinunce e revoche, un volume di investimenti privati equivalente a quello medio agevolato dagli stessi negli anni 2003 e 2004. Nella prima fase di attuazione, nel rispetto di tale indirizzo, il CIPE assicura un trasferimento da incentivi a investimenti pubblici materiali e immateriali, nelle assegnazioni di nuove risorse in conto capitale, non inferiore a 750 milioni di euro, da cui consegua una disponibilità, non inferiore a 225 milioni di euro nel 2005, 355 milioni di euro nel 2006 e 170 milioni di euro nel 2007, da utilizzare a copertura degli interventi di cui all’articolo 5, comma 1.
L'articolo 8 opera la revisione dei meccanismi che presiedono alla concessione degli incentivi alle imprese nelle aree sottoutilizzate, così come definiti dal decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, ovvero come disposti nell’ambito degli strumento della programmazione negoziata, e più precisamente di patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area, di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
I princìpi dettati dall’articolo qui illustrato per la concessione delle agevolazioni per investimenti in attività produttive sono volti alla sostituzione dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti agevolati, promuovendo al tempo stesso il coinvolgimento degli istituti bancari nel finanziamento degli investimenti oggetto di agevolazioni.
Il comma 1 prevede infatti che il finanziamento in conto capitale, vale a dire a fondo perduto, non possa superare la metà del finanziamento complessivo. Almeno il restante 50% del finanziamento dovrà essere dunque costituito da un prestito, con obbligo di restituzione.
La restante quota erogata in forma di prestito dovrà constare, a sua volta, di due voci, di pari importo:
· un prestito agevolato, alle condizioni che saranno fissate dal CIPE, e comunque ad un tasso d’interesse annuo non inferiore allo 0,50%;
· un prestito bancario ordinario a tasso di mercato.
Dovrà inoltre essere garantito l'impegno finanziario dei soggetti che valutano positivamente le domande di ammissione alle agevolazioni e curano l'effettuazione dei rimborsi del prestito nelle sue due componenti. Le banche che concludono positivamente l’istruttoria sulla domanda di agevolazione saranno pertanto coinvolte nel finanziamento dell’iniziativa, con riferimento alla quota che viene concessa attraverso un prestito a tasso di mercato ordinario.
Nel delineare inoltre i parametri che dovranno essere considerati ai fini della formazione delle graduatorie, la nuova disciplina ìndica, fra gli altri, il criterio di privilegiare le istanze relative a investimenti per i quali sia meno elevata la quota di contributi a fondo perduto richiesta.
Come indicato espressamente nel testo, la nuova disciplina in materia di concessione delle agevolazioni alle imprese è finalizzata a favorire lo sviluppo del mercato del credito e a garantire l’efficacia degli incentivi in termini di incremento della competitività del sistema produttivo.
Secondo le indicazioni contenute nella relazione illustrativa del Governo, il coinvolgimento finanziario degli istituti di credito dovrebbe assicurare la possibilità di una selezione più mirata delle iniziative destinatarie del sostegno. È presumibile, infatti, che le banche investano nelle imprese le quali, a medio-lungo termine, avranno un livello di redditività tale da garantire la capacità di restituzione. Questo sistema dovrebbe pertanto consentire di selezionare investimenti più efficienti.
Nel comma 1 sono individuati i princìpi ai quali dovrà conformarsi la nuova disciplina sulla concessione delle agevolazioni alle imprese.
È rimessa ad una o più delibere del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) la determinazione dei criteri generali e delle modalità di erogazione e di rimborso del finanziamento pubblico agevolato.
A tal fine si applicano le modalità di adozione delle delibere del CIPE con le quali si disciplinano l’erogazione e il rimborso dei finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, di cui all’articolo 1, commi 354-361 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005).
In particolare, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri in maniera non delegabile e le delibere devono essere sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti.
Ai sensi del comma 2, la disciplina di attuazione in materia di incentivi alle imprese è demandata a un decreto del Ministro delle attività produttive.
Con il decreto, in particolare, dovranno essere determinate: le attività ammissibili; i limiti degli investimenti ammissibili alle agevolazioni; le modalità di valutazione delle domande; gli indicatori per la formazione delle graduatorie settoriali e territoriali; la misura dell’intervento agevolativo, in modo da rispettare i limiti dell’intensità massima di aiuto prevista dalla normativa comunitaria; il rapporto massimo tra contributo in conto capitale e finanziamento mediante credito, assicurando in ogni caso che il contributo in conto capitale non sia superiore al finanziamento mediante credito; le modalità e i contenuti dell’istruttoria sulle domande di agevolazione.
Per quanto concerne le modalità di valutazione delle domande, è previsto il ricorso alla procedura valutativa mediante graduatoria, tranne che per i contratti di programma.
Il decreto ministeriale dovrà essere adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge n. 35 del 2005.
La procedura per l’adozione del decreto prevede l’espressione del parere da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e il concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e, limitatamente alle previsioni concernenti le attività della filiera agricola, con il Ministro delle politiche agricole e forestali.
Il comma 3 individua l’ambito di applicazione della nuova disciplina in relazione alle procedure di concessione degli incentivi già avviate.
In particolare, la nuova disciplina non si applica:
§ agli incentivi assegnati in attuazione di bandi già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge n. 35 del 2005;
§ agli incentivi compresi nell’ambito di contratti di programma per i quali il Ministro delle attività produttive, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge n. 35 del 2005, abbia presentato al CIPE la proposta di adozione della relativa delibera di approvazione, secondo quanto stabilito dal punto 7.2 della delibera CIPE n. 26 del 25 luglio 2003, ossia quando il CIPE abbia acquisito la formale proposta del contratto di programma da parte del Ministro delle attività produttive.
È comunque fatta salva la previsione, già dettata con riferimento alle agevolazioni concesse a valere sul Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, in base alla quale la nuova disciplina si applica a programmi di investimento per i quali non è stata ancora presentata richiesta di erogazione relativa all’ultimo stato di avanzamento e non sono stati adottati provvedimenti di revoca totale o parziale.
In tal caso, peraltro, l’applicazione della nuova disciplina è condizionata all’opzione formale da parte dell’impresa per il nuovo sistema di agevolazioni e al parere conforme del soggetto responsabile dell’istruttoria.
Il comma 4 stabilisce che il finanziamento bancario ordinario a tasso di mercato, che si accompagna al finanziamento pubblico agevolato, è concesso dai soggetti che risultano abilitati a svolgere l’istruttoria delle richieste di ammissione agli incentivi in base a quanto previsto dal decreto ministeriale di cui al comma 2.
Il finanziamento, in ogni caso, può essere concesso anche da altri soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria in base a quanto previsto dal testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993).
Il comma 5 prevede che i finanziamenti pubblici agevolati di cui al comma 1 possano essere erogati a valere sulla quota del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, indicato al comma 354 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005, stabilita con le delibere del CIPE di cui al medesimo articolo 1, comma 355.
In questa ipotesi si applica il comma 360 dell’articolo 1 della medesima legge finanziaria, in base al quale, sulle somme erogate in anticipazione, è riconosciuto alla Cassa depositi e prestiti il rimborso delle spese di gestione del Fondo rotativo in misura pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate annualmente.
Si segnala che il Fondo di cui al presente comma – finalizzato alla concessione alle imprese di finanziamenti agevolati sotto forma di anticipazione rimborsabile con un piano di rientro pluriennale – a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 6, comma 3, lettera a), del provvedimento in esame, è stato ridenominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”.
Il comma 354 dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha disposto l’istituzione di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti SpA, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.
La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti SpA può disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dal comma 361.
La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio in maniera non delegabile, sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti. L'individuazione, da parte delle stesse delibere, degli interventi agevolativi avverrà con riferimento a misure di sostegno già disposte a legislazione vigente, per le quali esista in bilancio un apposito stanziamento.
Il CIPE deve, inoltre, con una o più delibere, definire i criteri generali di erogazione dei finanziamenti, la misura minima del tasso di interesse da applicare e la durata massima del piano di rientro, nonché approvare una convenzione tipo, che regoli i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti SpA e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti.
Spetta al Ministro competente – con decreto di natura non regolamentare, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze – l’individuazione dei requisiti e delle condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dai commi da 354 a 361.
È attribuita, invece, al Ministro dell'economia e finanze la competenza a determinare il tasso di interesse effettivo da applicare alle somme erogate in anticipazione.
Il comma 360 dispone inoltre - quale compensazione degli oneri sostenuti per la gestione del Fondo - il riconoscimento alla Cassa depositi e prestiti SpA del diritto ad un rimborso pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate in anticipazione ogni anno per finanziamenti agevolati.(Si segnala che disposizioni in merito all’utilizzo complessivo del Fondo rotativo e al suo campo di applicazione sono contenute nei commi 1-4 dell’articolo 6 del provvedimento in esame; si rinvia, pertanto, a quanto esposto nelle relative schede di lettura).
Il comma 6 prevede che il CIPE, nel ripartire tra i diversi strumenti di intervento le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, destina agli incentivi della legge n. 488 del 1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (patti territoriali, contratti di programma e contratti d’area) una quantità di risorse in grado di attivare, unitamente con quelle provenienti da rinunce e revoche, un volume di investimenti privati equivalente a quello degli investimenti attivati in media negli anni 2003 e 2004.
Contestualmente si dispone che il CIPE trasferisca dagli incentivi alle imprese alla realizzazione di investimenti pubblici materiali e immateriali risorse in conto capitale pari a complessivamente 750 milioni di euro (225 milioni di euro nel 2005, 355 nel 2006 e 170 nel 2007). Tali risorse sono destinate alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai maggiori finanziamenti destinati agli interventi inclusi nel programma per le infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo), secondo quanto previsto dall’articolo 5, comma 1, del provvedimento in esame (cfr. relativa scheda di lettura).
L’importo complessivo di 750 milioni di euro corrisponde ai risparmi che in base alla relazione tecnica deriveranno dall’applicazione delle modalità di concessione degli incentivi previste dall’articolo in esame, pur garantendo l’obiettivo di mantenere il volume degli investimenti attivati al livello medio raggiunto negli anni 2003 e 2004.
Più precisamente la relazione tecnica ìndica che negli anni 2003 e 2004, in base alla legge n. 488 del 1992 e agli strumenti della programmazione negoziata, sono stati agevolati investimenti privati per un valore medio di circa 6,7 miliardi di euro. L’ammontare delle agevolazioni concesse è stato pari in media a circa 1,9 miliardi di euro annui. Assumendo un risparmio pari al 60 per cento, le risorse necessarie per mantenere invariato il volume degli investimenti attivati risultano pari a 750 milioni di euro.
Dal momento che la delibera CIPE n. 19/2004 ha accantonato risorse per 1.528 milioni di euro si determina un risparmio pari a circa 750 milioni di euro.
Con la previsione di cui al comma 6, pertanto, le risorse corrispondenti ai risparmi attesi dalla nuova disciplina relativa alla concessione degli incentivi alle imprese sono destinati al finanziamento di investimenti pubblici materiali e immateriali.
Non viene, peraltro specificato se tali investimenti debbano essere realizzati nelle aree sottoutilizzate o anche in altre parti del territorio nazionale.
La legge n. 488 del 1992 ha rappresentato il principale intervento di agevolazione a favore delle imprese previsto nell’ambito dell’intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale.
L’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 415/1992, convertito con modificazioni dalla legge n. 488/1992, ha affidato al CIPE ed al CIPI (ora soppresso), nell'ambito delle rispettive competenze, la definizione delle disposizioni per la concessione delle agevolazioni alle nuove iniziative relative ad attività produttive nelle aree depresse del territorio nazionale, sulla base di specifici criteri. Inizialmente la materia era stata disciplinata da diverse deliberazioni del CIPI e del CIPE.
Con il D.M. Industria 3 luglio 2000 sono state raccolte in un testo unico tutte le disposizioni adottate a livello ministeriale che disciplinano la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse.
Le agevolazioni della legge n. 488 possono essere concesse alle imprese situate nei territori considerati ammissibili agli interventi dei Fondi Strutturali comunitari (aree obiettivo 1, aree obiettivo 2 e aree "phasing out"), nonché nelle aree individuate in base alle deroghe previste dall’art. 87.3.a e 87.3.c. del Trattato in relazione agli aiuti di Stato a finalità regionale, individuate nella c.d. Carta degli aiuti.
Le agevolazioni, sotto forma di contributi in conto capitale, sono erogate in tranches annuali: la prima rata a titolo di anticipazione, le successive in base allo stato di avanzamento dei lavori. Il 10% del contributo totale è corrisposto a saldo, previa verifica della documentazione finale di spesa. E’ vietato il cumulo con altre agevolazioni.
L'intensità di aiuto in rapporto al costo agevolabile è graduata a seconda delle zone dove operano le imprese e della dimensione delle stesse, privilegiando le aree più arretrate e le imprese di minore dimensione, cui è riservato il 50% delle risorse disponibili annualmente.
Il sistema agevolativo viene attuato attraverso una procedura a bando. Le domande sono presentate, nei termini annualmente previsti nei relativi bandi, alle banche e società di servizi controllate da banche convenzionate con il Ministero delle attività produttive che procedono all'istruttoria in base ai criteri e parametri stabiliti dal D.M. Industria n. 527/1995, e successive modificazioni, e relative circolari, che hanno regolato le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni.
Le istruttorie vengono acquisite nei termini fissati dal Ministero delle attività produttive che, entro due mesi, pubblica la graduatoria dei progetti ritenuti ammissibili alle agevolazioni i quali, in ordine decrescente dal primo, accedono ai finanziamenti fino ad esaurimento delle risorse, che sono ripartite dal CIPE su base regionale. I progetti non finanziati concorrono automaticamente alla ripartizione delle risorse nell'esercizio successivo.
La formazione delle graduatorie viene effettuata calcolando cinque indicatori, sulla base degli esiti istruttori della banca concessionaria e, per quanto concerne il valore dell’agevolazione richiesta, di quanto indicato dall’imprenditore nel modulo di domanda.
A decorrere dal 2000 è stato modificato il sistema di formazione delle graduatorie. Mentre prima si provvedeva alla formazione di 20 graduatorie regionali (con una ripartizione delle risorse precedentemente effettuata dal CIPE), a decorrere dal 2000 è prevista:
- una graduatoria “ordinaria” per ciascuna regione dei progetti comportanti investimenti complessivamente ammissibili fino a 50 miliardi di lire (25.822.855 euro) e non assoggettabili alla disciplina multisettoriale degli aiuti regionali ai grandi progetti d’investimento;
- una graduatoria “speciale” per ciascuna regione dei progetti relativi ad un’area o a più settori di attività, tra quelli ammissibili, eventualmente individuati come prioritari dalla regione medesima e comportanti investimenti complessivamente ammissibili fino a 50 miliardi di lire (25.822.855 euro) e non assoggettabili alla disciplina multisettoriale degli aiuti regionali ai grandi progetti d’investimento;
- due graduatorie (una per il Mezzogiorno e una per il Centro-Nord) per i "grandi progetti" comportanti investimenti complessivamente ammissibili superiori a 50 miliardi di lire (25.822.855 euro) e di quelli assoggettabili alla disciplina multisettoriale degli aiuti regionali ai grandi progetti d’investimento, una relativa a quelli ubicati nei territori ob. 1 (ivi inclusi Abruzzo e Molise) e l’altra a quelli ubicati nelle altre aree ammissibili;
- eventuali graduatorie per specifici obiettivi di sviluppo territoriale o produttivo da raggiungere.
Dopo una prima disciplina dettata dal D.L. n. 32/95, le diverse forme di intervento per la promozione delle attività produttive nelle aree depresse, comprese nella dizione “programmazione negoziata”, hanno ricevuto una definizione normativa con il provvedimento collegato alla legge finanziaria 1997 (art. 2, commi 203-209, della legge n. 662/1996) e le conseguenti deliberazioni del CIPE.
Accanto ai già collaudati contratti di programma, operanti sin dal 1986, e ai patti territoriali, creati nel 1995 con il D.L. n. 32/95, sono stati introdotti tre nuovi strumenti: contratti di area, intese istituzionali di programma e accordi di programma quadro.
La riforma dell’organizzazione del Governo, di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha ricevuto attuazione a decorrere dall’inizio della presente legislatura, ha attribuito al Ministero delle attività produttive le competenze relative agli strumenti della programmazione negoziata (ad eccezione delle intese istituzionali di programma e degli accordi di programma-quadro).
Nell’ambito del conferimento a regioni ed enti locali della generalità di funzioni e compiti amministrativi, salvo quelli espressamente riservati allo Stato, secondo quanto disposto dalla legge n. 59/1997 e dal conseguente D.Lgs. n. 112/1998, è stata attuata, d’intesa con le regioni, la regionalizzazione dei patti territoriali con deliberazione CIPE del 25 luglio 2003, n. 26, stabilendo altresì il coordinamento tra Governo, regioni e province autonome per i contratti di programma.
Il patto territoriale, quale espressione del partenariato sociale, è l'accordo tra più soggetti (enti locali, soggetti pubblici operanti a livello locale, rappresentanze locali delle categorie imprenditoriali, soggetti privati) per l'attuazione di un programma di interventi nei settori dell'industria, agroindustria, agricoltura, pesca e acquacoltura[175], produzione di energia termica o elettrica da biomasse, servizi, turismo ed in quello dell'apparato infrastrutturale, tra loro integrati[176].
Il patto territoriale deve essere caratterizzato da obiettivi di promozione dello sviluppo locale in ambito subregionale compatibili con uno sviluppo ecosostenibile.
I patti territoriali possono essere attivati su tutto il territorio nazionale, fermo restando che le specifiche risorse destinate dal CIPE sono riservate esclusivamente ai patti attivabili nelle aree depresse.
Nel 1998, con la deliberazione n. 70/1998, il CIPE ha previsto un significativo snellimento delle procedure di approvazione dei patti, attraverso la predisposizione di un apposito bando, cui partecipano i patti che hanno positivamente concluso la fase istruttoria entro una determinata scadenza.
Rispetto ai patti territoriali di prima generazione (1996-1997) - che sono stati approvati singolarmente dal CIPE e la cui istruttoria era stata affidata al Ministero del bilancio - con la nuova procedura si determina una selezione dei patti attraverso la formazione di una graduatoria che premia, tra i patti che partecipano ai singoli bandi, quelli che prevedono le iniziative produttive più efficaci nella creazione di nuova occupazione, più efficienti e caratterizzate dalla massima integrazione con le reti infrastrutturali esistenti.
L’accertamento istruttorio è effettuato dagli istituti bancari convenzionati, secondo i criteri e le modalità previsti per la concessione delle agevolazioni alle attività produttive di cui alla legge n. 488/1992, e dei criteri e delle modalità previsti dai POR/PSR per i programmi riguardanti le attività agricole.
I patti inseriti nella graduatoria vengono, quindi, approvati dal Ministero dell’economia.
La nuova procedura ha notevolmente snellito i tempi di selezione dei patti (da parte del Ministero) e di istruzione delle pratiche (da parte delle banche), consentendo, quindi, un più rapido avvio delle iniziative.
Il contratto d'area costituisce lo strumento operativo - concordato tra le amministrazioni, anche locali, rappresentanze dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché eventuali altri soggetti interessati - funzionale alla realizzazione di un ambiente economico favorevole all'attivazione di nuove iniziative imprenditoriali e alla creazione di nuova occupazione attraverso condizioni di massima flessibilità amministrativa ed in presenza di investimenti qualificati da validità tecnica, economica e finanziaria, nonché di relazioni sindacali e di condizioni di accesso al credito particolarmente favorevoli.
Il contratto di area, che è il più recente istituto della programmazione negoziata (introdotto dall’art. 2, comma 203, lettera f), della legge n. 662/1996), si differenza dal patto territoriale in quanto si tratta fondamentalmente di un’intesa tra le parti sociali (sindacati e associazioni imprenditoriali) al fine di definire particolari regole circa la flessibilità del lavoro.
Oltre all’intesa tra le parti sociali per definire le flessibilità di lavoro (qualificata dagli obiettivi e dai contenuti indicati nell'Accordo per il lavoro sottoscritto il 24 settembre 1996), nel contratto d'area vengono inoltre sottoscritti:
- un accordo tra le amministrazioni e gli enti pubblici interessati per lo snellimento delle procedure burocratiche;
- un eventuale protocollo di legalità, firmato con la Prefettura locale, allo scopo di conseguire un rafforzamento delle condizioni di sicurezza del territorio, e garantire sicurezza alle attività imprenditoriali da ingerenze esterne[177].
L’utilizzo dello strumento del contratto d’area, peraltro, negli ultimi anni è stato di fatto sospeso; dal giugno 1999 è proseguita l’attuazione soltanto dei contratti d’area che erano già stati avviati.
Con la delibera n. 81 del 9 giugno 1999 il CIPE ha, infatti, bloccato la stipula e il finanziamento di nuovi contratti d’area, limitandola ai soli contratti d’area la cui istruttoria bancaria alla data del 9 giugno 1999 fosse conclusa e pervenuta al Ministero del tesoro, nonché a quelli localizzati nelle aree industriali realizzate ai sensi dell’articolo 32 della legge n. 219 del 1981 (aree terremoto Irpinia).
La delibera, inoltre, autorizzava eccezionalmente il finanziamento dei protocolli aggiuntivi a contratti d’area già stipulati o ai contratti in via di stipula.
Nell’ambito degli strumenti della programmazione negoziata, i contratti di programma sono rivolti, attraverso la negoziazione tra imprese e amministrazione pubblica, al finanziamento di grandi investimenti industriali con un rilevante impatto in termini di occupazione, capacità produttiva, riduzione del divario tecnologico, formazione e valorizzazione delle risorse del territorio. Essendo uno strumento rivolto a favorire la realizzazione di progetti di investimento, generalmente, di grandi dimensioni, il contratto di programma favorisce l’attrazione degli investimenti verso le aree depresse del Paese.
Per “contratto di programma” si intende il contratto stipulato tra l'amministrazione statale competente e grandi imprese, consorzi di medie e piccole imprese e rappresentanti di distretti industriali per la realizzazione di interventi oggetto di programmazione negoziata, relativi allo sviluppo delle attività produttive.
L’ambito di applicazione dell’istituto del contratto di programma è stato esteso al settore turistico dall’art. 25, co. 3, legge n. 196/1997 “Norme in materia di promozione dell’occupazione” (c.d. legge Treu), e alle imprese agricole, della pesca marittima e in acque salmastre, dell’acquacoltura, e relativi consorzi dal D.Lgs. n. 173/1998 “Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole”.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 14 luglio 2004 la Commissione europea ha presentato una proposta di rifusione della direttiva 2000/12/CE relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio e della direttiva 93/6/CE concernente l'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (COM(2004)486).
La proposta è intesa a trasporre nell’ordinamento comunitario l'accordo "Basilea II", concluso il 26 giugno 2004 dai Governatori delle banche centrali e dalle autorità di sorveglianza dei paesi del G10 (che comprende 9 Stati membri dell'UE[178], gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Svizzera).
Al regime attualmente in vigore, il nuovo quadro proposto sostituisce tre regimi diversi, consentendo alle istituzioni finanziarie di avvalersi di quello a loro più conveniente: un regime semplice, un regime intermedio e un regime avanzato. La proposta fissa inoltre i requisiti per i fondi patrimoniali (ovvero l'importo delle risorse finanziarie proprie che le banche e le imprese d'investimento devono possedere per coprire i rischi e tutelare i capitali depositati dai clienti) meno rigorosi se destinati al finanziamento di piccole e medie imprese e prevede un trattamento preferenziale per taluni tipi di capitale di rischio. La proposta prevede infine che le varie autorità di vigilanza nazionali competenti collaborino maggiormente tra di loro, in particolare per autorizzare l'impiego, da parte delle istituzioni finanziarie, dei metodi più sofisticati.
Il Consiglio ECOFIN del 7 dicembre 2004 ha raggiunto un’impostazione generale sulla proposta, invitando la Presidenza lussemburghese dell’UE a proseguire i contatti con i rappresentanti del Parlamento europeo per consentire che sia approvata, secondo la procedura di codecisione, già in prima lettura (prevista per la sessione di settembre 2005).
Con riferimento ai profili concernenti la riforma della politica di coesione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-bis.
Articolo 8, comma 7
(Modifiche alla disciplina
dell’autoimprenditorialità
e dell’autoimpiego)
7. Al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)all’articolo 3, dopo il comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente: «1-bis. Alle agevolazioni di cui al comma 1 si applicano i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli. Per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.»;
b)all’articolo 5, comma 1, all’articolo 7, comma 1, e all’articolo 11, comma 2, le parole: «composte esclusivamente da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni, ovvero composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 29 anni» sono sostituite dalle seguenti: «composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni»;
c) all’articolo 5, comma 2, all’articolo 7, comma 2, all’articolo 11, comma 3, e all’articolo 17, comma 1, dopo le parole: «alla data del 1º gennaio 2000» sono inserite le seguenti: «ovvero da almeno sei mesi, all’atto della presentazione della domanda,»;
d) all’articolo 9, comma 1, le parole: «gli agricoltori di età compresa tra i 18 ed i 35 anni» sono sostituite dalle seguenti: «i giovani imprenditori agricoli»;
e) nel titolo I, è aggiunto il seguente articolo: «Art. 12-bis. (Ampliamenti aziendali) 1. Gli incentivi di cui ai capi I e II del presente titolo possono essere concessi anche per finanziare ampliamenti aziendali effettuati da società in possesso dei requisiti di cui agli articoli 5 e 7 da almeno due anni prima della presentazione della domanda, le quali siano economicamente e finanziariamente sane ed abbiano effettivamente avviato l’attività di impresa da almeno tre anni prima della predetta data. Nel caso in cui le società richiedenti abbiano già beneficiato di incentivi di cui al presente decreto, esse devono dare dimostrazione di aver completato l’originario programma di investimenti ammesso alle agevolazioni almeno tre anni prima della data di presentazione della domanda e di essere in regola con il pagamento delle rate di mutuo.»;
f)all’articolo 17, comma 1, le parole: «nei sei mesi antecedenti la» sono sostituite dalla seguente: «alla»;
g)all’articolo 23, dopo il comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente: «4-bis. I limiti di investimento di cui agli articoli 6, 8, 10, 12, 18 e 20 del presente decreto legislativo possono essere modificati con delibera del CIPE.».
Il comma 7 dell’articolo 8 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, recante la disciplina degli “Incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego”.
Con il D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 185 gli interventi normativi in materia di agevolazioni all’imprenditorialità giovanile sono stati riordinati in un quadro unitario e sistematico.
In particolare, con il citato decreto legislativo sono stati disciplinati i nuovi incentivi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, che hanno sostituito, rispettivamente, le diverse forme di agevolazione all’imprenditorialità giovanile, come disciplinata dal D.L. n. 26/1995, ed il prestito d’onore, disciplinato dal D.L. n. 510/1996.
Nel titolo I sono state accorpate le diverse forme di agevolazione in favore dell’imprenditorialità giovanile: nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese, nel settore dei servizi, in agricoltura, in favore delle cooperative sociali.
Nel titolo II, oltre al già esistente “prestito d’onore”, sono stati previsti incentivi per le nuove tipologie di autoimpiego in forma di microimpresa e in forma di franchising[179].
Mentre la disciplina in favore dell’autoimpiego ha ricevuto attuazione con l’emanazione delD.M. Tesoro 28 maggio 2001, n. 295[180], le disposizioni recate dal Titoli I del D.Lgs. n. 185/2000, relative agli incentivi a favore dell’imprenditorialità giovanile, hanno trovato attuazione solo di recente, con il D.M. 16 luglio 2004, n. 250.
Per entrambe le forme di imprenditorialità, l’ambito territoriale di applicazione è stato ampliato rispetto alla disciplina precedente ed esteso a tutte le aree obiettivo 1 e 2 dei fondi comunitari (programmazione 2000-2006), alle aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale (art. 87.3.c. del Trattato), nonché alle c.d. “aree svantaggiate”, di cui al D.M. Lavoro 14 marzo 1995 e successive modificazioni.
L’articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ha esteso le agevolazioni per la sola imprenditorialità giovanile ai comuni montani del Centro-Nord con meno di 5.000 abitanti.
L’articolo 23 del D.Lgs. n. 185/2000 affida a Sviluppo Italia S.p.a. il compito di provvedere alla selezione delle domande e alla erogazione delle agevolazioni, nonché all’assistenza tecnica dei progetti e delle iniziative presentate.
Le modifiche riguardano, per la maggior parte, le disposizioni del Titolo I del D.Lgs. n. 185/2000, relativamente alla disciplina degli incentivi in favore della autoimprenditorialità e sono sostanzialmente volte, da un lato, ad applicare alle agevolazioni in questione i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli, dall’altro, a mitigare i requisiti soggettivi richiesti per l’ammissione alle agevolazioni (viene ampliato il riferimento di età dei soggetti ammessi alle agevolazioni e viene reso meno rigido il criterio della residenza dei soggetti medesimi nei territori in cui sono applicabili le misure incentivanti). Sono inoltre ampliate le ipotesi di progetti finanziabili, anche gli ampliamenti aziendali tra quelli agevolabili.
In particolare, la lettera a) del comma 7 modifica l’articolo 3, del D.Lgs. n. 185/2000, che reca l’indicazione dei benefici che possono essere concessi ai soggetti ammessi alle agevolazioni per l’autoimprenditorialità.
Le agevolazioni previste dal comma 1 dell’art. 3 assumono la forma di:
- contributi a fondo perduto e mutui agevolati per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;
- contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall’Unione europea;
- assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative;
- attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.
La disposizione in esame introduce il comma 1-bis nell’articolo 3, che dispone l’applicazione, alle agevolazioni indicate al comma 1, dei massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli.
Inoltre, per le iniziative nel settore della produzione agricola, viene precisato che il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni.
Le disposizioni che, nell’ambito dell’ordinamento comunitario, definiscono il sostegno accordato al settore agricolo sono state definite in modo organico in un unico provvedimento, adottato nel corso del 1999.
Con il Reg. (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale[181] è stata prevista, tra l’altro, la concessione ai giovani agricoltori di agevolazioni relative ad un loro primo insediamento in qualità di capo aziendale (art. 8), nonché alla realizzazione di investimenti finalizzati ad un successivo adattamento della struttura aziendale (art. 7).
In caso di primo insediamento sono richiesti i seguenti requisiti soggettivi:
§ l’agricoltore non deve aver compiuto 40 anni;
§ deve essere in possesso di conoscenze e competenze adeguate;
§ deve insediarsi nell’azienda in qualità di capo dell’azienda, anche se non necessariamente come capo unico.
E’ anche richiesto che l’azienda risponda ai seguenti parametri:
§ dimostri redditività;
§ rispetti i requisiti minimi richiesti dalle disposizioni comunitarie in tema ambientale, nonché di igiene e benessere animale.
L’entità dell’aiuto è stata quantificata dalla Commissione entro il limite massimo di 25.000 euro, che possono essere erogati sia nella forma del premio unico, che in quella di abbuono di interessi per prestiti contratti a copertura di spese derivanti dal primo insediamento.
Per i medesimi agricoltori che non abbiano compiuto 40 anni, e che rispondano ai medesimi requisiti soggettivi, sono poi previste condizioni di particolare favore per gli investimenti che perseguanoalmeno uno dei seguenti obiettivi:
§ ridurre i costi di produzione;
§ migliorare e riconvertire la produzione;
§ migliorare la qualità dei prodotti;
§ realizzare una maggiore tutela ambientale, o una maggiore igiene o benessere degli animali;
§ diversificare l’attività aziendale.
Quanto all’intensità dell’aiuto, l’importo totale degli investimenti ammissibili all’agevolazione non è direttamente stabilito dal regolamento comunitario, ma è rimesso ai singoli Stati membri. Il provvedimento impone tuttavia il rispetto delle seguenti condizioni:
§ il valore totale dell’aiuto non può in ogni casi eccedere la quota del 50% degli investimenti totali, elevabile al 60% nelle zone svantaggiate;
§ tale limite deve essere mantenuto per un periodo non superiore a cinque anni dall’insediamento;
§ è sufficiente che il requisito dell’età sia posseduto dall’agricoltore all’atto del suo insediamento.
Va infine precisato che, in merito alle spese ritenute ammissibili, gli Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo precisano al par. 4.1.1.5 che esse comprendono:
§ relativamente agli immobili: la costruzione, l’acquisizione o il miglioramento del bene;
§ l’acquisto dei terreni invece include le spese legali, le tasse ed i costi di registrazione;
§ per le macchine e le attrezzature: l’acquisto di materiale usato non è di norma ammesso, salvo casi debitamente giustificati;
§ le spese generali quali onorari, acquisti di brevetti o licenze sono ammesse fino ad un massimo del 12%.
La lettera b)del comma in esame modifica i requisiti di età richiesti per la costituzione delle società o cooperative sociali che possono beneficiare delle agevolazioni.
In particolare, per quanto concerne i soci che compongono le società operanti nel settore della produzioni di beni e servizi alle imprese, di cui all'articolo 5, comma 1, le società operanti nel settore della fornitura di servizi, di cui all'articolo 7, comma 1, e le cooperative sociali, individuate dall'articolo 11, comma 2, si prevede che, ai fini dell’accesso alle agevolazioni, risulti sufficiente che le società o le cooperative sociali siano composte prevalentemente (anziché esclusivamente) da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni.
La riforma è volta, ad assicurare la possibilità di ammettere ai benefici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo un più ampio novero di società impegnate nella creazione di nuova imprenditorialità giovanile, in cui siano presenti soci con età superiore ai 35 anni.
Per quanto concerne infatti la promozione dell’autoimprenditorialità, secondo la normativa previgente potevano beneficiare delle agevolazioni:
- le società, incluse le cooperative di produzione e lavoro, composte esclusivamente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni o composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, che presentino progetti per l’avvio di nuove iniziative nei seguenti settori:
a) produzione di beni nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato o dell’industria e fornitura di servizi alle imprese (articolo 5, comma 1);
b) fornitura di servizi nei settori della fruizione dei beni culturali, del turismo, della manutenzione di opere civili ed industriali, della innovazione tecnologica, della tutela ambientale, dell’agricoltura e trasformazione e commercializzazione dei prodotti agroindustriali (articolo 7, comma 1);
- le cooperative sociali, composte (ad eccezione dei soci svantaggiati) esclusivamente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 35 anni o prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni, che presentino progetti per la creazione o il potenziamento di iniziative relative alla produzione di beni o alla fornitura di servizi alle imprese (articolo 11, comma 2).
La lettera c)del comma 7 interviene in ordine al requisito della residenza nei territori ai quali sono destinate le agevolazioni (comuni che anche parzialmente sono compresi nelle aree obiettivo 1 e obiettivo 2, nelle aree ammesse alla deroga per gli aiuti di Stato a finalità regionale, ai sensi dell’articolo 87.3.c. del Trattato CE e nelle aree svantaggiate).
La normativa previgente disponeva che la residenza in tali territori dovesse essere posseduta alla data del 1° gennaio 2000.
Con la previsione in esame si stabilisce un termine flessibile disponendo che, per conseguire le agevolazioni, la residenza possa anche essere posseduta almeno sei mesi prima dell’atto della presentazione della domanda.
La previsione si riferisce agli stessi soggetti interessati dalla lettera b), vale a dire ai soci di società e cooperative di cui all’articolo 5, comma 1 e all’articolo 7, comma 1 e alle cooperative sociali di cui all’articolo 11, comma 1, nonché ai soggetti privi di occupazione che presentino progetti di lavoro autonomo (articolo 17, comma 1).
La lettera d) dispone che le misure a favore della creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura (articoli 9 e 10 del D.Lgs. n. 185/2000) si applichino ai giovani imprenditori agricoli, anziché, come previsto dalla normativa previgente, agli “agricoltori di età compresa tra i 18 e i 35 anni”.
Ai sensi dell’articolo 8 del Reg. (CE) n. 1257/1999, si considera “giovane agricoltore” l’agricoltore che non abbia ancora compiuto 40 anni.
La lettera e), introducendo l’articolo 12-bis, dispone che gli incentivi in favore dell’autoimprenditorialità possono essere destinati anche al finanziamento di ampliamenti aziendali effettuati da società e cooperative di produzione e lavoro, che possiedano i requisiti previsti dagli articoli 5 e 7 almeno due anni prima della presentazione della domanda.
L’articolo 12-bis pertanto estende le agevolazioni relative all’autoimprenditorialità, oltre che a nuove iniziative, anche agli ampliamenti aziendali.
Oltre i requisiti già previsti si richiede altresì che le società e le cooperative che facciano domanda debbano:
- essere economicamente e finanziariamente sane (non sono peraltro indicati i parametri in base ai quali valutare la sussistenza di tali condizioni);
- avere effettivamente avviato l’attività di impresa da almeno tre anni prima della presentazione della domanda;
- nel caso in cui abbiano già beneficiato degli incentivi per l’autoimprenditorialità, dare dimostrazione di aver completato il programma di investimenti già ammesso alle agevolazioni almeno tre anni prima della presentazione della nuova domanda e essere in regola con il pagamento delle rate di mutuo.
La lettera f), dispone che l’accesso agli incentivi a favore dell’autoimpiego, che finora, ai sensi dell’articolo 17, comma 1, era riservato ai soggetti privi di occupazione nei sei mesi antecedenti alla data di presentazione della domanda, sia esteso ai soggetti che risultino privi di occupazione alla data di presentazione della domanda.
La lettera g), affida al CIPE la facoltà di modificare, con propria delibera, i limiti degli investimenti che possono essere ammessi alle agevolazioni relative all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego.
La determinazione dei limiti degli investimenti ammissibili, che finora era stabilita da disposizioni del D.Lgs. n. 185/2000, viene pertanto delegificata e rimessa alle delibere del CIPE.
Il D.Lgs. n. 185 prevede attualmente i seguenti limiti per gli investimenti finanziabili:
- per quanto concerne i progetti relativi alla produzione di beni nei settori dell’agricoltura, dell’artigianato o dell’industria ovvero relativi alla fornitura di servizi a favore delle imprese appartenenti a qualsiasi settore, sono ammissibili al finanziamento investimenti non superiori a 5 miliardi di lire al netto dell’IVA (articolo 6, comma 2, lettera a));
- per quanto concerne i progetti relativi alla fornitura di servizi di cui all’articolo 8, sono ammissibili al finanziamento gli investimenti non superiori a 1 miliardo di lire al netto dell’IVA (articolo 8, comma 2, lettera a));
- per quanto concerne le misure a favore della nuova imprenditorialità in agricoltura, sono ammissibili al finanziamento gli investimenti non superiori a 2 miliardi di lire al netto dell’IVA (articolo 10, comma 2, lettera a)).
- per quanto concerne le misure in favore delle cooperative sociali, sono ammissibili al finanziamento gli investimenti non superiori a 1 miliardo di lire al netto dell’IVA in caso di nuove iniziative e a 500 milioni di lire al netto dell’IVA in caso di sviluppo e consolidamento di attività già avviate (articolo 12, comma 2, lettere a) e b));
- per quanto concerne le misure in favore del lavoro autonomo, sono ammissibili al finanziamento gli investimenti non superiori a 50 milioni di lire al netto dell’IVA (articolo 18, comma 2, lettera a));
- per quanto le misure in favore dell’autoimpiego in forma di microimpresa, sono ammissibili al finanziamento gli investimenti non superiori a 250 milioni di lire al netto dell’IVA (articolo 20, comma 2, lettera a)).
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Con riferimento ai profili concernenti la riforma del finanziamento della politica agricola comune si rinvia alla scheda relativa all’articolo 10.
La proposta di regolamento (COM(2004)490) sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), presentata dalla Commissione il 14 luglio 2004, prevede alcune misure finalizzate a favorire il primo insediamento dei giovani agricoltori, nonché il successivo adattamento strutturale della loro azienda.
La Commissione propone di semplificare la misura a favore dell’insediamento con la concessione di un premio unico, condizionato alla stesura di un piano aziendale che consenta l’ulteriore sviluppo delle attività. Il sostegno è concesso a persone di età inferiore ai 40 anni e non può superare l’importo di 40 mila euro. Per l’ammodernamento delle aziende la Commissione propone di limitare il sostegno ad un massimale pari al 50 % del costo dell’investimento ammissibile realizzato dai giovani agricoltori; tale massimale è elevato al 60% per i giovani agricoltori nelle zone montane, o nelle zone caratterizzate da svantaggi naturali o facenti parte delle rete Natura 2000. Gli eventuali finanziamenti nazionali integrativi di tali misure, da notificare alla Commissione per la relativa approvazione, non devono superare i massimali citati
La proposta verrà esaminata dal Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di consultazione, nella sessione dell’8 giugno 2005. Il Consiglio ne ha iniziato l’esame il 19 luglio 2004.
1. Lo stanziamento di cui all’articolo 7-septies, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, è incrementato per un importo pari a 10 milioni di euro l’anno 2005, 10 milioni di euro per l’anno 2006 e 30 milioni di euro per l’anno 2007.
2. All’articolo 7-septies del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43, sono apportate le seguenti modifiche:
a) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La società di cui al comma 1 destina agli oneri di funzionamento il 2 per cento della dotazione di cui al comma 1 e successivi incrementi“;
b) al comma 3, secondo periodo, dopo le parole: “di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 9 ottobre 2000, n. 285, e successive modificazioni,“ sono aggiunte le seguenti: “nonché per la realizzazione di interventi temporanei correlati a quelli di cui all’articolo 3 della citata legge n. 285 del 2000,“;
c) al comma 3, sono soppressi il terzo e il quarto periodo;
d) al comma 6, dopo le parole: “relativi agli interventi di cui alla legge 9 ottobre 2000, n. 285, e successive modificazioni,“ sono aggiunte le seguenti: “nonché a quelli di cui al comma 2 del presente articolo,“;
e) al comma 6, dopo l’ultimo periodo, è aggiunto il seguente: “In relazione alla eccezionale necessità ed urgenza di attuare i compiti di cui al comma 2, la società di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui la stessa si può avvalere possono altresì procedere in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e a quelle che saranno individuate con apposita ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, adottata in attuazione dell’articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401“.
3. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1 si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come rideterminata dalle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per 10 milioni di euro per l’anno 2005, 10 milioni di euro per l’anno 2006 e 30 milioni di euro per l’anno 2007. Conseguentemente, per l’anno 2005 il limite dei pagamenti indicato all’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 è ridotto di 10 milioni di euro».
L’articolo aggiuntivo in esame, introdotto durante l’iter al Senato, integra le recenti disposizioni recate dall’articolo 7-septies del decreto legge n. 7 del 2005, convertito con modificazioni dalla legge n. 43 del 2005, relative alla realizzazione dei Giochi olimpici invernali "Torino 2006".
In particolare, il comma 1 prevede che lo stanziamento di 80 milioni di euro a favore di una società controllata da Sviluppo Italia S.p.A. che dovrà costituirsi per il coordinamento delle iniziative finalizzate ad un più efficace inserimento nel contesto territoriale dei compiti e delle attività svolte dal Comitato organizzatore dei Giochi olimpici (c.d. TOROC), venga incrementato di ulteriori 50 milioni di euro (10 milioni di euro per il 2005, 10 milioni di euro per il 2006 e 30 milioni di euro per il 2007).
Si ricorda, in proposito, che il comma 1 dell’art. 7-septies del decreto legge n. 7 del 2005, prevede, appunto, la costituzione di tale societàa capitale interamente pubblico, alla quale viene assegnato un contributo di 80 milioni di euro e al cui capitale sociale possono partecipare la regione Piemonte, la provincia di Torino ed il Comune di Torino, direttamente o tramite società di cui detengono la totalità del capitale sociale.
Il comma 2 integra quindi la disciplina specifica che riguarda tale società recata dall’art. 7-septies del decreto legge n. 7 del 2005, attraverso alcune novelle all’articolo stesso:
a) viene aggiunto un periodo al comma 2 nel quale viene previsto che il due per cento dello stanziamento complessivo (130 milioni di euro) a favore di tale società, pari a 3,6 milioni di euro, venga destinato agli oneri di funzionamento della società stessa;
b) al comma 3, secondo periodo, (si fa presente che il testo omette il riferimento al comma 3, ma indica semplicemente “al comma, secondo periodo…”) vengono inclusi, tra gli interventi per i quali l’istituenda società può avvalersi dell’Agenzia per lo svolgimento dei giochi olimpici, previa deliberazione del Comitato di regia, anche gli interventi temporanei correlati a quelli dell’art. 3 della legge n. 285 del 2000.
Si ricorda, in proposito, che l’art. 3, comma 1, della legge n. 285 fa riferimento al “piano degli interventi di cui alla presente legge”, pertanto in tali interventi dovrebbero essere ricompresi sia il piano degli interventi previsti dall’art. 1 della legge (impianti sportivi, infrastrutture olimpiche e viarie impianti sportivi, infrastrutture olimpiche e viarie, necessari allo svolgimento dei giochi olimpici, di cui agli allegati 1, 2 e 3 della legge), che le opere connesse[182] previste anch’esse dallo stesso art. 1.
Si ricorda, inoltre, che il comma 3 dell’art. 7-septies, come modificato in sede di conversione, ha previsto che la società possa avvalersi, previa deliberazione del Comitato di regia di cui all'art. 1, comma 1-bis, della medesima legge n. 285, dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici, solo per la realizzazione delle infrastrutture temporanee e degli allestimenti degli impianti e delle infrastrutture di cui all'art. 1, comma 1, della legge n. 285 del 2000.
Per quanto riguarda gli interventi temporanei correlati, l’ultimo periodo del comma 3, aveva previsto che la società potesse avvalersi della citata Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici, ma senza la previa deliberazione del Comitato di regia, come invece dispone la modifica in esame.
c) vengono soppressi il terzo e il quarto periodo del comma 3.
Il terzo periodo, che ora viene soppresso, era stato aggiunto in sede di conversione del decreto legge n. 7 del 2005, e prevedeva che fossero a carico della società tutti gli oneri economici, compresi quelli relativi alle spese aggiuntive di funzionamento dei soggetti operanti ed al contenzioso, inerenti agli interventi per i quali venga esercitata la facoltà di avvalimento, nonché alle occupazioni temporanee previste dal successivo comma 4.
Si ricorda, che il comma 4 dell’art. 7-septies del decreto legge n. 7 dispone che l’Agenzia, qualora stazione appaltante, eserciti la facoltà di procedere all'occupazione temporanea e, sussistendone i presupposti, d'urgenza, dei beni pubblici e privati attigui a quelli essenziali (oltre che per la realizzazione degli impianti sportivi e delle infrastrutture di cui all'art. 1, comma 1 della legge n. 285, qualora l'occupazione si renda necessaria ad integrare le finalità delle infrastrutture e degli impianti stessi ed a soddisfarne le prevedibili esigenze future), anche nel caso in cui l'occupazione sia necessaria per la realizzazione, anche da parte del Comitato organizzatore dei Giochi olimpici, ovvero di enti pubblici e loro società strumentali, delle infrastrutture temporanee e degli allestimenti degli impianti e delle infrastrutture di cui all'art. 1 funzionali allo svolgimento dei Giochi olimpici".
La soppressione del quarto periodo è consequenziale all’integrazione prevista dalla precedente lettera b).
d) la novella al comma 6 estende il campo di applicazione delle disposizioni recate dallo stesso comma - e relative ai termini per le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi - non solo agli interventi di cui alla legge 9 ottobre 2000, n. 285, ma anche a quelli previsti dal comma 2 dell’articolo in esame.
Si ricorda che il comma 6 cui fa riferimento la novella in esame, prevede che nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi vengano applicati i termini minimi previsti dalla normativa comunitaria e tutti gli altri termini siano ridotti ad un terzo.
Si fa osservare, che la novella, così come formulata appare errata in quanto viene riferita agli interventi “di cui al comma 2 del presente articolo”, senza tener conto che – venendosi la nuova disposizione a collocare all’interno del comma 6 dell’articolo 7-septies del decreto legge n. 7 – il richiamo interno al comma 2 risulterebbe incongruo.
Al fine di evitare l’erroneo riferimento normativo interno, la disposizione dovrebbe indicare in maniera specifica gli interventi ai quali intende riferirsi.
e) l’ulteriore novella al comma 6 dispone che, di fronte alla eccezionale necessità ed urgenza di attuare i compiti di cui al comma 2 (vale a dire per il coordinamento delle iniziative finalizzate ad un più efficace inserimento nel contesto territoriale dei compiti e delle attività svolte dal TOROC), la società, nonché i soggetti di cui la stessa può avvalersi, possa procedere in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato e a quelle che saranno individuate con apposita ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, adottata in attuazione dell’articolo 5-bis, comma 5, del decreto legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.
Si ricorda che l’art. 5-bis, comma 5, del decreto legge n. 343 del 2001 prevede che la deliberazione dello stato di emergenza e l’esercizio del potere di ordinanza previsti dall’art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza.
Il comma 3 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1 dell’articolo, in esame concernente l’incremento dei finanziamenti per i Giochi olimpici invernali “Torino 2006”.
A tali oneri, indicati in 10 milioni per il 2005, in 10 milioni per il 2006 e in 30 milioni per il 2007, si fa fronte mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge n. 289/2002, come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e per gli anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
L’ultimo periodo del comma 3 riduce, conseguentemente, di 10 milioni il limite aipagamenti a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze e su quello di competenza del Ministero delle attività produttive fissato per l'anno 2005 in 6.550 milioni di euro dall'articolo 1, comma 15, lettera a), della legge finanziaria per il 2005.
Articolo 9
(Credito d’imposta per favorire la
concentrazione di imprese)
1. Alle imprese rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, che prendono parte a processi di concentrazione è attribuito, nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento CE n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, un contributo nella forma di credito di imposta pari al cinquanta per cento delle spese sostenute per studi e consulenze, inerenti all’operazione di concentrazione e comunque in caso di effettiva realizzazione dell’operazione, secondo le condizioni che seguono:
a) il processo di concentrazione deve essere ultimato, avuto riguardo agli effetti civili, nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del presente decreto e i ventiquattro mesi successivi;
b) l’impresa risultante dal processo di concentrazione, comunque operata, ovvero l'aggregazione fra singole imprese, deve rientrare nella definizione di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione della Commissione europea del 6 maggio 2003;
c) tutte le imprese che partecipano al processo di concentrazione devono aver esercitato attività omogenee nel periodo di imposta precedente alla data in cui è ultimato il processo di concentrazione o aggregazione ed essere residenti in Stati membri dell’Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.
1-bis. Ai fini del presente articolo per concentrazione si intende: a) la costituzione di un’unica impresa per effetto dell’aggregazione di più imprese mediante fusione; b) l’incorporazione di una o più imprese da parte di altra impresa; c) la costituzione di aggregazioni su base contrattuale fra imprese che organizzano in comune attività imprenditoriali rilevanti; d) la costituzione di consorzi mediante i quali più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti delle rispettive imprese; e) ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.
1-ter. La concentrazione di cui al comma 1-bis non può avere durata inferiore a tre anni.
1-quater. Tutte le imprese di cui al comma 1-bis iscrivono al registro delle imprese l’avvenuta concentrazione ai sensi del presente articolo.
2. Il contributo di cui al comma 1 non compete se il processo di concentrazione interessa imprese tra le quali sussiste il rapporto di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile ovvero che sono direttamente o indirettamente controllate dalla stessa persona fisica, tenuto conto anche delle partecipazioni detenute dai familiari di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
3. Per fruire del contributo, l’impresa concentrataria inoltra, a decorrere dalla data di ultimazione del processo di concentrazione, un’apposita istanza in via telematica al Centro operativo di Pescara dell’Agenzia delle entrate, che ne rilascia, in via telematica, certificazione della data di avvenuta presentazione. L’Agenzia delle entrate esamina le istanze secondo l’ordine cronologico di presentazione, e comunica, in via telematica, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, il riconoscimento del contributo ovvero il diniego del contributo stesso per carenza dei presupposti desumibili dall’istanza ovvero per l’esaurimento dei fondi stanziati, pari a 34 milioni di euro per l’anno 2005, 110 milioni di euro per l’anno 2006 e 57 milioni di euro per l’anno 2007.
4. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate è approvato il modello da utilizzare per la redazione dell’istanza e sono stabiliti i dati in esso contenuti, nonché i termini di presentazione delle istanze medesime. Dell’avvenuto esaurimento dei fondi stanziati è data notizia con successivo provvedimento del direttore della medesima Agenzia.
5. Per le modalità di presentazione telematica si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni.
6. Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, successivamente alla comunicazione di avvenuto riconoscimento del contributo. Il credito d’imposta non è rimborsabile, non concorre alla formazione del valore della produzione netta di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, né dell’imponibile agli effetti delle imposte sui redditi e non rileva ai fini del rapporto di cui all’articolo 96 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
7. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni antielusive di cui all’articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni.
L’articolo 9 prevede, in favore delle microimprese e delle piccole e medie imprese, definite secondo i criteri dell’Unione europea, che partecipino a processi di concentrazione, l'erogazione di un credito d’imposta – utilizzabile esclusivamente in compensazione – pari al 50 per cento delle spese sostenute per studi e consulenze relativi alle operazioni di concentrazione.
In particolare, il comma 1 individua i soggetti che possono usufruire del cosiddetto "premio di concentrazione", consistente in un contributo, in forma di credito d’imposta, pari al 50 per cento delle spese sostenute per effettuare studi e consulenze a ciò inerenti, e specifica le condizioni che devono verificarsi affinché possa essere erogato detto premio.
Per quanto concerne l'ambito soggettivo di applicazione, esso viene individuato nelle imprese, partecipanti a processi di concentrazione, che rientrano nella definizione comunitaria di microimprese e di piccole e medie imprese, secondo la raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003.
Si ricorda che con la raccomandazione n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, la Commissione UE ha adottato una nuova definizione delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese (PMI) al fine di sostituire la definizione precedente in vigore fino al 31 dicembre 2004, con l'obiettivo di agevolare la crescita, l'attività imprenditoriale, gli investimenti e l'innovazione, nonché di favorire la cooperazione e i raggruppamenti di imprese indipendenti (clusters). Per consentire una transizione agevole a livello comunitario e nazionale la nuova definizione viene impiegata a partire dal 1° gennaio 2005.
Per quanto riguarda la definizione di tali entità, secondo la raccomandazione la categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.
Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.
Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.
La definizione di PMI distingue tre tipi di imprese (impresa autonoma, impresa associata, impresa collegata) a seconda del tipo di relazione in cui si trovano rispetto ad altre imprese in termini di partecipazione al capitale, di diritti di voto o di capacità di esercitare un influsso dominante.
Si ricorda altresì che con tale raccomandazione la Commissione si è rivolta agli Stati membri, alla Banca europea per gli investimenti (BEI) e al Fondo europeo d'investimento (FEI), chiedendo loro di applicare una definizione comune delle microimprese, delle piccole e delle medie imprese. Tuttavia gli Stati e i due istituti finanziari non hanno l'obbligo di attenersi a tale definizione, potendo stabilire in taluni casi soglie inferiori, mentre la conformità alla definizione è invece obbligatoria, in materia di aiuti pubblici, se si desidera beneficiare di un trattamento di preferenza rispetto alle altre imprese e tale trattamento è disciplinato dalla normativa comunitaria.
Il contributo viene altresì erogato nel rispetto delle condizioni previste nel regolamento CE n. 70/2001 della Commissione europea del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato CE agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese, il cui obiettivo è quello di esentare dall'obbligo di notifica gli aiuti di Stato alle suddette PMI compatibili con le regole di concorrenza.
Ai fini dell'attribuzione del contributo sono necessarie le seguenti condizioni:
- l'operazione di concentrazione deve essere effettivamente realizzata;
- il processo di concentrazione deve essere completato, avuto riguardo agli effetti civili, entro i ventiquattro mesi successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (ossia tra il 17 marzo 2005 e il 16 marzo 2007);
- l'impresa risultante dal processo di concentrazione ovvero l’aggregazione fra singole imprese deve rientrare comunque nella definizione comunitaria di piccola e media impresa di cui alla raccomandazione n. 2003/361/CE sopra menzionata;
- tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione devono avere esercitato attività omogenee nel precedente periodo d’imposta alla data in cui è ultimato il processo stesso;
- tutte le imprese partecipanti al processo di concentrazione devono essere residenti in Stati membri dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo.
Si ricorda che l'Accordo sullo Spazio economico europeo è entrato in vigore il primo gennaio 1994[183]. A seguito dell’allargamento avvenuto il 1 maggio 2004, esso riguarda i 25 paesi dell'UE e i paesi dell'EFTA (Associazione Europea di Libero Scambio): Islanda, Lichtenstein e Norvegia. La Svizzera, anch'essa membro dell'EFTA, non fa parte di questo accordo.
Il comma 1-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, è diretto a specificare la definizione di "concentrazione" ai fini dell'applicazione delle disposizioni previste dallo stesso articolo.
Viene pertanto precisato che, al fine della attribuzione del contributo di cui sopra, si intende per concentrazione:
a) l’aggregazione di più imprese che dà luogo alla costituzione di un’unica impresa;
b) l’incorporazione, da parte di un'impresa, di un'altra o altre imprese;
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2501 del codice civile, la fusione di più società può eseguirsi o mediante la costituzione di una nuova società, come nel caso di cui alla lettera a), o mediante l'incorporazione in una società di una o più altre, come nel caso di cui alla lettera b).
c) le aggregazioni di più imprese - su base contrattuale - per l'organizzazione in comune di attività imprenditoriali rilevanti;
d) la creazione di consorzi, con cui più imprenditori istituiscono una organizzazione comune per lo svolgimento di fasi rilevanti delle rispettive imprese;
Tale definizione di consorzio coincide con quella, di carattere più generale, dettata dall'articolo 2602 del codice civile, in base alla quale con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
e) infine, le ulteriori forme che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese.
Il riferimento, effettuato dalla suddetta disposizione, a forme di aggregazione in grado di favorire la crescita dimensionale delle imprese potrebbe creare problemi in sede applicativa, considerata la genericità del requisito.
Una classificazione delle diverse tipologie di concentrazione è rinvenibile nell'articolo 5 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, recante "Norme per la tutela della concorrenza e del mercato". Tale definizione, tuttavia, differisce da quella adottata dal comma 1-bis qui illustrato, anche perché dettata con diversa finalità (tutela della concorrenza).
In particolare, ai sensi del comma 1 dell'articolo 5 citato, l'operazione di concentrazione si realizza:
a) quando due o più imprese procedono a fusione;
b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente o indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;
c) quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune.
Ai sensi del successivo comma 3, le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento di imprese indipendenti non danno luogo a una concentrazione.
Con il comma 1-ter, parimenti aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, viene specificato che l'operazione di concentrazione, come definita ai sensi del precedente comma 1-bis, deve avere una durata di almeno tre anni (durata minima, si presume, al fine di poter accedere al premio di concentrazione).
Con il successivo comma 1-quater,aggiunto come i due precedenti nel corso dell’esame presso il Senato, viene invece introdotto, per tutte le imprese coinvolte nell'operazione di concentrazione come definita dal comma 1-bis, l'obbligo di iscrivere l’avvenuta concentrazione nel registro delle imprese.
Il comma 2 individua un’ulteriore condizione necessaria per poter usufruire del contributo di cui al comma 1, ossia l’insussistenza di un rapporto di controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, tra le imprese coinvolte nel processo di concentrazione.
Allo stesso modo, le imprese coinvolte non devono essere né direttamente né indirettamente controllate da una stessa persona fisica, anche tenendo conto delle partecipazioni detenute dai familiari di cui all'articolo 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).
Ai sensi del richiamato articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.
L'articolo 5 del TUIR, in materia di redditi prodotti in forma associata, prevede che i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci se non risultano determinate diversamente dall'atto pubblico o dalla scrittura privata autenticata di costituzione o da altro atto pubblico o scrittura autenticata di data anteriore all'inizio del periodo di imposta; se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote si presumono uguali.
Tra le altre disposizioni, lo stesso articolo prevede altresì che i redditi delle imprese familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, limitatamente al 49% dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. Si tratta di una disposizione che si applica a condizione:
a) che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;
b) che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta;
c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente.
L'articolo 5 precisa infine che, ai fini delle imposte sui redditi, per familiari si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
Il successivo comma 3 delinea la procedura per l'erogazione del contributo e individua le risorse disponibili.
Nel dettaglio, sono previsti i seguenti passaggi:
1. l'impresa concentrataria, una volta portato a termine il processo di concentrazione, deve inoltrare apposita istanza, in via telematica, al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle entrate;
2. l'Agenzia delle entrate – che provvede a rilasciare, sempre in via telematica, certificazione della data di avvenuta presentazione – esamina le istanze secondo l'ordine cronologico di presentazione;
3. la stessa Agenzia deve infine comunicare, sempre telematicamente, l'esito dell’istanza, entro il termine di trenta giorni dalla sua presentazione.
Il contributo può essere negato sia per carenza dei presupposti desumibili dall'istanza, sia per l'esaurimento dei fondi stanziati, che sono pari a 34 milioni di euro per l'anno 2005, 110 milioni di euro per l'anno 2006 e 57 milioni di euro per l'anno 2007.
In altri termini, il premio di concentrazione, assegnato in base all'ordine di presentazione delle domande, spetta fino ad esaurimento dei fondi suddetti.
Il comma 4 rimette ad un successivo provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate sia l'approvazione del modello da utilizzare per la redazione dell'istanza (con l' individuazione dei dati in esso contenuti), sia la individuazione dei termini di presentazione delle istanze. Sempre con provvedimento del direttore della Agenzia delle entrate viene quindi data notizia dell'avvenuto esaurimento dei fondi stanziati.
Mentre il comma 5 dell'articolo in esame dispone che le modalità per la presentazione telematica delle istanze suddette siano quelle previste dall'articolo 3 del regolamento emanato con il D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, concernente le modalità di presentazione e gli obblighi di conservazione delle dichiarazioni, , il successivo comma 6 determina le modalità per l'utilizzazione del credito d'imposta.
Si prevede in particolare che il credito d'imposta:
- possa essere utilizzato esclusivamente in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241[184], dopo la comunicazione di avvenuto riconoscimento del contributo;
- non possa essere rimborsato;
- non concorra alla formazione del valore della produzione netta di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);
- non concorra alla formazione dell'imponibile agli effetti delle imposte sui redditi;
- non rilevi ai fini del rapporto di cui all'articolo 96 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi), ossia non incida sul calcolo che rende indeducibile la quota degli interessi passivi proporzionalmente al rapporto tra i ricavi imponibili e il totale dei ricavi, comprensivo dei proventi esenti.
L'articolo 96 del TUIR prevede che la quota di interessi passivi che residua dopo l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 98 è deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Ai fini del computo del suddetto rapporto:
a) non si tiene conto delle sopravvenienze attive accantonate a norma dell'articolo 88, dei proventi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva e dei saldi di rivalutazione monetaria che per disposizione di legge speciale non concorrono a formare il reddito;
b) i ricavi derivanti da cessioni di titoli e di valute estere si computano per la sola parte che eccede i relativi costi e senza tenere conto delle rimanenze;
c) le plusvalenze realizzate si computano per l'ammontare che a norma dell'articolo 86 concorre a formare il reddito dell'esercizio;
d) le plusvalenze di cui all'articolo 87, si computano per il loro intero ammontare;
e) gli interessi di provenienza estera ed i dividendi si computano per l'intero ammontare indipendentemente dal loro concorso alla formazione del reddito;
f) i proventi immobiliari di cui all'articolo 90 si computano nella misura ivi stabilita;
g) le rimanenze di cui agli articoli 92 e 93 si computano nei limiti degli incrementi formati nell'esercizio.
Il comma 7, infine, conferma l'applicazione delle disposizioni antielusive previste dall'articolo 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
L'articolo 37-bis del D.P.R. n. 600 del 1973 prescrive anzitutto, ai commi 1 e 2, l'inopponibilità all'amministrazione finanziaria di atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti. L'amministrazione finanziaria disconosce i vantaggi tributari conseguiti mediante gli atti, i fatti e i negozi di cui sopra, applicando le imposte determinate in base alle disposizioni eluse, al netto delle imposte dovute per effetto del comportamento inopponibile all'amministrazione.
Nei commi successivi si specifica che dette disposizioni si applicano a condizione che siano utilizzate una o più delle seguenti operazioni:
a) trasformazioni, fusioni, scissioni, liquidazioni volontarie e distribuzioni ai soci di somme prelevate da voci del patrimonio netto diverse da quelle formate con utili;
b) conferimenti in società, nonché negozi aventi ad oggetto il trasferimento o il godimento di aziende;
c) cessioni di crediti;
d) cessioni di eccedenze d'imposta;
e) operazioni di cui al D.Lgs. n. 544/1992 (disposizioni per l'adeguamento alle direttive comunitarie relative al regime fiscale di fusioni, scissioni, conferimenti d'attivo e scambi di azioni);
f) operazioni, da chiunque effettuate, incluse le valutazioni e le classificazioni di bilancio, aventi ad oggetto i beni ed i rapporti di cui all'articolo 81, comma 1, lettere da c) a c-quinquies), del TUIR;
f-bis) cessioni di beni effettuate tra i soggetti ammessi al regime della tassazione di gruppo di cui all'articolo 117 del TUIR.
L'avviso di accertamento è emanato, a pena di nullità, previa richiesta al contribuente anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2.
L'avviso d'accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente e le imposte o le maggiori imposte devono essere calcolate tenendo conto di quanto previsto al comma 2.
Le imposte o le maggiori imposte accertate in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 sono iscritte a ruolo, secondo i criteri di cui all'art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 concernente il pagamento dei tributi e delle sanzioni pecuniarie in pendenza di giudizio, unitamente ai relativi interessi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale.
I soggetti diversi da quelli cui sono applicate le disposizioni dei commi precedenti possono richiedere il rimborso delle imposte pagate a seguito dei comportamenti disconosciuti dall'amministrazione finanziaria; a tal fine possono proporre, entro un anno dal giorno in cui l'accertamento è divenuto definitivo o è stato definito mediante adesione o conciliazione giudiziale, istanza di rimborso all'amministrazione, che provvede nei limiti dell'imposta e degli interessi effettivamente riscossi a seguito di tali procedure.
Viene infine stabilito che le norme tributarie e quali, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall'ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine il contribuente deve presentare istanza al direttore regionale delle entrate competente per territorio, descrivendo compiutamente l'operazione e indicando le disposizioni normative di cui chiede la disapplicazione. Con decreto del Ministro delle finanze da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988 sono disciplinate le modalità per l'applicazione di quest'ultima disposizione.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 18 novembre 2003 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sulle fusioni transfrontaliere delle società di capitali (COM(2003)703).
La proposta intende facilitare le fusioni transfrontaliere delle società commerciali eliminando gli ostacoli che potrebbero essere rappresentati dalle legislazioni nazionali competenti. Per quanto riguarda la procedura di fusione, la Commissione formula un principio di base secondo il quale si applicano, in ogni Stato membro, i principi e le modalità che disciplinano le fusioni tra società soggette esclusivamente alla legislazione di quello Stato membro, fatte salve eventuali disposizioni contrarie della direttiva motivate dalla natura transfrontaliera dell'operazione. D'altra parte, poiché la nuova entità si troverebbe, in base ai termini della proposta, soggetta alla legge del Paese della sua sede sociale, per prevenire l'elusione delle norme sulla partecipazione dei lavoratori agli organi decisionali dell'azienda all'interno della società risultante dalla fusione, la Commissione prevede diestendere la protezione dei diritti acquisiti dai lavoratori: quando una delle società che partecipano alla fusione transfrontaliera è governata da norme, volontarie o meno, che prevedono la partecipazione dei lavoratori, mentre la legislazione dello Stato membro in cui è registrata la società nata dalla fusione non prevede tali regole. In mancanza di una soluzione negoziata al riguardo, si applica, in ogni caso, la legge dello Stato membro che autorizza o che impone la partecipazione.
La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura nella sessione di maggio 2005. Il Consiglio competitività del 25 novembre 2004 ha tuttavia già concordato ad ampia maggioranza un approccio generale sulla proposta, con il voto contrario dell’Italia[185] (la Francia e la Danimarca, per parte loro, hanno sollevato una riserva d’esame parlamentare).
Articolo 10, comma 1
(IVA agricola)
1. All’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 2, la lettera c), è sostituita dalla seguente: «c) le cooperative e loro consorzi di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228; le associazioni e loro unioni costituite e riconosciute ai sensi della legislazione vigente, che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, nonché gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori soci.»;
b) il comma 3 è abrogato ;
c) al comma 4, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, sempre che il cedente, il donante o il conferente, sia soggetto al regime ordinario.»;
d) il comma 10 è abrogato ;
e) il comma 11 è sostituito dal seguente: «11. Le disposizioni del presente articolo non si applicano, salvo quella di cui al comma 7, ultimo periodo, ai soggetti di cui ai commi precedenti che optino per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari dandone comunicazione all’Ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.».
Il comma 1 dell’articolo 10 apporta modificazioni all’articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, relativo al regime speciale IVA per i produttori agricoli.
Il regime speciale di cui al citato articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972 si distingue, rispetto a quello ordinario, essenzialmente per i diversi criteri di detrazione e di applicazione dell'imposta. La detrazione dell’imposta, infatti, è forfetizzata in misura pari all'importo che risulta applicando all'ammontare delle cessioni stesse le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole. In sostanza, gli agricoltori non detraggono dall'IVA sulle vendite dei prodotti agricoli l’imposta effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi, ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.
La lettera a) del comma 1 sostituisce la lettera c) del comma 2 del citato articolo 34.
Il comma 2 dell’articolo 34 individua i soggetti che si considerano produttori agricoli e ai quali si applica lo speciale regime IVA dettato dallo stesso articolo 34.
La nuova formulazione risultante dalla presente lettera c) richiede, per l’applicazione del regime speciale IVA alle cooperative e loro consorzi e alle associazioni e loro unioni, che i beni ceduti siano prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti ai suddetti organismi. La precedente versione della citata norma prevedeva l’applicazione del regime speciale, mediante un complesso sistema di calcolo, esclusivamente ai beni prodotti dai soci, associati o partecipanti.
La modifica introdotta è coerente con i precedenti interventi legislativi in materia di definizione di attività agricola. Si ricorda in primo luogo l’articolo 1 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, il quale ha sostituito l’articolo 2135 del codice civile, contenente la definizione di imprenditore agricolo[186]. Successivamente tale nuova definizione è stata recepita nel testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), ad opera dell’articolo 2, comma 6, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004). Il nuovo articolo 32 del TUIR stabilisce che sono considerate attività agricole le attività di cui al terzo comma dell’articolo 2135 del codice civile dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali.
La lettera b) del comma 1 abroga il comma 3 del citato articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, rendendo applicabile il regime speciale IVA indipendentemente dal volume d’affari realizzato.
Secondo il citato comma 3 dell’articolo 34, il regime speciale IVA non si applica ai soggetti di cui alla lettera a) del comma 2 dello stesso articolo 34[187] che, nell’anno solare precedente, hanno realizzato un volume d’affari superiore a quaranta milioni di lire (pari a 20.658,28 euro).
Per altro, le disposizioni di cui al citato comma 3 non sono mai state applicate, in quanto sono state inserite dall’articolo 5 del D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313 (che ha sostituito integralmente l’articolo 34), e avrebbero dovuto trovare applicazione a decorrere dal 1° gennaio 1998[188], ma l’articolo 11, comma 5, primo periodo, dello stesso D.Lgs. n. 313 del 1997 ne ha disposto la sospensione per gli anni 1998 e 1999.
Tale ultima previsione è stata successivamente prorogata, in considerazione delle difficoltà riscontrate dagli operatori del settore con riferimento agli adempimenti necessari al passaggio al regime ordinario, all’anno 2000 dall’art. 1, comma 2, lettera a), del D.L. n. 21 del 2000 (convertito dalla legge n. 92 del 2000); al 2001 dall’articolo 31, comma 2, lettera a), della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001); al 2002 dall’articolo 9, comma 8, lettera a), della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002); al 2003 dall’articolo 19, comma 2, lettera a), della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), al 2004 dall’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004) e, da ultimo, all’anno 2005 dall’articolo 1, comma 506, lettera a), della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
La lettera c) del comma 1 integra le previsioni del comma 4 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, riguardanti le cessioni non assoggettate a IVA.
Il comma 4 dell’articolo 34 stabilisce che, se i prodotti agricoli e ittici sono ceduti da un produttore agricolo, mediante un atto non assoggettato ad IVA[189], il cessionario non ha diritto al regime speciale di detrazione. Si tratta di una disposizione antielusiva diretta ad escludere il diritto del cessionario di effettuare la detrazione forfetaria per una fattispecie la quale ha già consentito al cedente di detrarre l’IVA relativa all’acquisto di beni che non hanno dato luogo ad IVA sulle vendite.
La lettera c) in esame riduce il campo di applicazione della disposizione antielusiva del comma 4 ai casi in cui il cedente sia soggetto al regime IVA ordinario e abbia pertanto diritto alla detrazione dell’IVA sugli acquisti. È ora consentita la detrazione forfetaria nei casi in cui il cedente è soggetto al regime speciale IVA per i produttori agricoli.
La lettera d) del comma 1 abroga il comma 10 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, consentendo l’applicazione separata dell’IVA in relazione alle diverse attività riconducibili alla medesima impresa agricola.
L’articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che le attività svolte da una medesima impresa agricola, da cui derivano i prodotti assoggettati al regime speciale di cui al comma 1 dell’articolo 34, “sono in ogni caso unitariamente considerate”, ai fini dell’applicazione dell’articolo 36 dello stesso decreto, in base al quale, nei confronti dei soggetti che esercitano più attività, l'imposta si applica unitariamente e cumulativamente per tutte le attività, con riferimento al volume di affari complessivo.
L’illustrata disciplina è stata in vigore per il solo periodo tra il 1° gennaio e il 2 marzo 2005. Essa era stata introdotta dall’articolo 5 del D.Lgs. n. 313 del 1997, il quale ha integralmente sostituito il citato articolo 34, e sarebbe dovuta entrare in vigore a decorrere dal 1° gennaio 1998[190]. Con la stessa decorrenza del 1° gennaio 1998 è stata però disposta la sospensione dell’applicazione del citato comma 10 dell’articolo 34 (ed è stata quindi ammessa la possibilità di applicare differenti regimi IVA in relazione alle diverse attività svolte dall’impresa agricola). Tale sospensione, contenuta nell’articolo 11, comma 5-bis[191] del D.Lgs. n. 313 del 1997, era inizialmente operante fino al 31 dicembre 1999; ma è stata successivamente prorogata di anno in anno, senza soluzione di continuità, sino al 31 dicembre 2004[192]. Il 1° gennaio 2005 pertanto il comma 10 dell’articolo 34 è entrato in vigore. Poco tempo dopo, il 3 marzo 2005, è però entrato in vigore l’articolo il vigore l’articolo 6-sexies del D.L. 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° marzo 2005, n. 26, il quale ha differito al 1° gennaio 2006 l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel già citato articolo 34, comma 10, del D.P.R. n. 633 del 1972.
La lettera e) del comma 1 in esame sostituisce il comma 11 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972, il quale detta le modalità per l’esercizio dell’opzione per il regime ordinario in luogo del regime speciale agricolo.
I soggetti in possesso dei requisiti per l’applicazione del regime speciale IVA per i produttori agricoli hanno infatti facoltà, ai sensi del citato comma 11 dell’articolo 34, di optare per l’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.
Il comma 11, nel testo antecedente l’entrata in vigore del presente decreto-legge, prevedeva che l’opzione fosse esercitata nella dichiarazione annuale ai fini IVA[193] o nella dichiarazione di inizio attività. L’opzione aveva effetto fino alla revoca e comunque per almeno cinque anni. Nell’ipotesi in cui fossero stati acquistati o prodotti beni ammortizzabili, l’opzione era vincolante fino al termine del periodo per la rettifica della detrazione sui beni ammortizzabili, previsto dall’articolo 19-bis2 del D.P.R. n. 633 del 1972.
La nuova formulazione del comma 11 rinvia invece alla disciplina dettata in via generale dal D.P.R. 10 novembre 1997, n. 442, recante Regolamento per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette.
Il citato D.P.R. n. 442 del 1997 prevede, fra l’altro, che:
§ l'opzione e la revoca del regime di determinazione dell'imposta si desume da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili;
§ il contribuente è obbligato a comunicare l'opzione nella prima dichiarazione annuale IVA da presentare successivamente alla scelta operata; nel caso di esonero dall'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale, la scelta è comunicata con le stesse modalità ed i termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi;
§ l’omessa, tardiva o irregolare comunicazione non pregiudica la validità dell'opzione, ferma restando l’applicazione delle eventuali sanzioni previste;
§ l'opzione è vincolante per almeno per un triennio; restano salvi termini più ampi in relazione all’applicazione di disposizioni normative concernenti la determinazione dell'imposta.
§ trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
La relazione tecnica quantifica la riduzione di gettito derivante dalle disposizioni di cui al comma 1 in esame in 7 milioni di euro per l’anno 2005 e in 251 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007.
Articolo 10, commi 2 e 4
(Variazione delle accise sugli
alcolici)
2. All’allegato I del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «Birra: euro 1,59 per ettolitro e per grado-Plato» sono sostituite dalle seguenti: «Birra: euro 1,97 per ettolitro e per grado-Plato»;
b) le parole: «Prodotti alcolici intermedi: euro 56,15 per ettolitro» sono sostituite dalle seguenti: «Prodotti alcolici intermedi: euro 62,33 per ettolitro»;
c) le parole: «Alcole etilico: euro 730,87 per ettolitro anidro» sono sostituite dalle seguenti: «Alcole etilico: euro 765,44 per ettolitro anidro».
omissis
4. Con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane sono stabilite le nuove aliquote di accisa di cui al comma 2, con effetto dal 1º gennaio 2006, in misura tale da assicurare ulteriori maggiori entrate pari a 115 milioni di euro annui a decorrere dal 2006 rispettando in ogni caso, per ciascuna categoria delle accise di cui al comma 2, i criteri di progressione delle aliquote stabiliti nel medesimo comma 2.
Il comma 2 dell’articolo 10 dispone l’incremento dell’aliquota di accisa di alcuni prodotti indicati all’allegato I del D.Lgs. n. 504 del 1995 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative).
Il citato allegato I al D.Lgs. n. 504 del 1995 fissa, relativamente alla voce “alcole e bevande alcoliche”, le seguenti aliquote:
- Birra: euro 1,59 per ettolitro e per grado-Plato;
- Vino: zero;
- Bevande fermentate diverse dal vino e dalla birra: zero;
- Prodotti alcolici intermedi: euro 56,15 per ettolitro;
- Alcole etilico: euro 730,87 per ettolitro anidro.
Le sopra indicate aliquote risultano dalle modifiche introdotte dall’articolo 2, comma 55, della legge 24 dicembre 2003, n. 311 (legge finanziaria per il 2004).
Il comma 2 dispone gli aumenti delle aliquote delle accise dei sotto elencati prodotti nella indicata misura:
- Birra: 0,38 europer ettolitro e per grado-Plato (da 1,59 euro a 1,97 euro);
- Prodotti alcolici intermedi: 6,18 europer ettolitro(da 56,15 euro a 62,33 euro);
- Alcole etilico: 34,57 europer ettolitro anidro (da 730,87 euro a 765,44 euro).
La relazione tecnica relativa al comma in esame stima un incremento di gettito, comprensivo dell’IVA sull’accisa, di 116,08 milioni di euro su base annua.
Il comma 4 dell’articolo 10 demanda ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane la fissazione di nuove aliquote per i prodotti di cui al precedente comma 2. Le aliquote dovranno essere fissate in misura tale da assicurare, a decorrere dal 2006, ulteriori maggiori entrate pari a 115 milioni di euro annui.
A seguito delle modificazioni operate nel corso dell’esame presso il Senato, è stato stabilito che il sopra indicato provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane debba rispettare, per le accise di ciascuno dei tre prodotti di cui al precedente comma 2, i criteri di progressione delle aliquote stabiliti nel medesimo comma 2.
Il significato di questa espressione non risulta di immediata evidenza. Essa potrebbe riferirsi infatti sia all’incremento percentuale delle accise disposto dal comma 2, sia al valore assoluto dello stesso incremento.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il Consiglio ECOFIN del 12 aprile 2005 ha approvato, sulla base di una relazione della Commissione, conclusioni sulle aliquote delle accise applicate alle bevande alcoliche. In particolare, il Consiglio ha rilevato che:
§ non è stato possibile raggiungere l’accordo sull’introduzione di un’aliquota minima per tutte le bevande alcoliche;
§ c’è ampia convergenza di opinioni sulla opportunità di adeguare le aliquote minime di accisa al fine di compensare l’incidenza dell’inflazione e di ripristinare il valore reale;
§ tutti gli Stati membri convengono sulla necessità di una modernizzazione dell’attuale classificazione delle bevande alcoliche ai fini dell’applicazione dell’accisa.
Sulla scorta di queste considerazioni, il Consiglio invita la Commissione a:
§ presentare una proposta volta a adeguare le aliquote minime di accisa al fine di evitare un calo del valore reale delle aliquote minime nella Comunità europea prevedendo periodi transitori e deroghe per gli Stati membri che possano avere difficoltà ad aumentare le aliquote;
§ modernizzare il sistema vigente per risolvere gli attuali problemi concernenti la classificazione delle bevande alcoliche ai fini dell'applicazione dell'accisa.
Articolo 10, comma 3
(Percentuali di compensazione
applicabili
ai prodotti agricoli ai fini IVA)
3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole e forestali, da adottare entro il 31 dicembre 2005, ai sensi dell’articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono rideterminate le percentuali di compensazione applicabili ai prodotti agricoli, al fine di assicurare maggiori entrate pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dal 1º gennaio 2006.
Il comma 3 dell’articolo 10 stabilisce che, entro il 31 dicembre 2005, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, dovrà adottare un decreto per la rideterminazione delle percentuali di compensazione applicabili ai prodotti agricoli, ai fini della determinazione dell’imposta sul valore aggiunto, ai sensi del comma 1 dell’articolo 34 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Il suddetto decreto dovrà assicurare maggiori entrate pari a 20 milioni di euro annui a partire dal 2006.
Il citato articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina un regime speciale IVA per i produttori agricoli che si caratterizza principalmente per la forfetizzazione della detrazione d’imposta, la quale è stabilita in misura pari all'importo che risulta applicando, all'ammontare delle cessioni effettuate, le percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.
Le percentuali di compensazione sono attualmente fissate, con effetto dal 1° luglio 1992, dal D.M. 12 maggio 1992, in misura compresa tra il 2 e il 9 per cento.
Articolo 10, commi 5 e 6
(Sostegno alla filiera
agroalimentare e contratti di distretto)
5. All’articolo 66, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, dopo le parole: «contratti di filiera», sono inserite le seguenti: «e di distretto».
6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i criteri e le modalità per l’attivazione di contratti di distretto di cui al comma 5, prevedendo anche la possibilità di partecipazione attiva ai predetti contratti dei consorzi agrari di cui alla legge 28 ottobre 1999, n. 410.
I commi 5 e 6 prevedono l’introduzione di un nuovo strumento di programmazione negoziata in agricoltura, i contratti di distretto.
Il comma 5integra l’articolo 66, comma 1, della
legge 27 dicembre 2002, n. 289 ("Legge finanziaria 2003"), il quale
disciplina i contratti di filiera, allo scopo di estenderne l’applicazione alla
nuova figura dei contratti di distretto. Il comma 6 rimette le modalità di
attivazione dei contratti di distretto a un decreto del Ministro delle
politiche agricole e forestali, da adottare sentita
Sul piano legislativo i contratti di filiera nel settore agroalimentare sono stati introdotti dall’articolo 66, commi 1 e 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003)[195] .
Il comma 1 assegna al Ministro delle politiche
agricole e forestali il compito di promuovere la definizione di contratti di
filiera, sostanzialmente assimilabili ai contratti di programma, attingendo
alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”, coincidenti
territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di
favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima
filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari.
Per la conclusione dei contratti di filiera è richiesto che sia rispettata la
programmazione regionale, che i contratti abbiano una rilevanza nazionale, che
abbiano carattere interprofessionale (prevedano cioè la partecipazione dei
rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori,
distributori - di una medesima filiera produttiva), che siano coerenti con gli
orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura e che
rientrino nel limite finanziario complessivo che sarà fissato con delibera del
CIPE in sede di ripartizione del Fondo per le aree sottoutilizzate (istituito
dall’articolo 61 della stessa legge n. 289 del 2002). Il comma 2 demanda la fissazione dei criteri, delle
modalità e delle procedure relativi alle definizione dei contratti di filiera a
un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, sentita
In attuazione dell’articolo 66, comma 2, della legge n. 289 del 2002 è stato adottato dal Ministro delle politiche agricole e forestali il D.M. 1° agosto 2003, che ha dettato i criteri per l’attuazione dei contratti di filiera.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 14 luglio 2004 la Commissione ha presentato, nell’ambito delle proposte legislative collegate alle nuove prospettive finanziarie 2007-2013[196], due proposte concernenti gli strumenti finanziari per la politica agricola comune. Si tratta, in particolare, di:
§ una proposta di regolamento sul finanziamento della politica agricola comune (COM(2004)489).
La proposta, volta a fornire un quadro legislativo unico di finanziamento complessivo del settore agricolo, istituisce due fondi: un Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e un Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). La base giuridica dei due Fondi è costituita dall’art. 37 del Trattato CE, relativo alle disposizioni per l’agricoltura, e non più (come nella programmazione 2000-2006 dei fondi strutturali per l’agricoltura) dalle disposizioni in materia di politica di coesione economica e sociale (artt. 158-162 del Trattato CE). Le risorse finanziarie disponibili per i due fondi nel periodo 2007-2013 sarebbero pari a circa 88.75 miliardi di euro (prezzi 2004).
La proposta verrà esaminata dal Parlamento europeo, nell’ambito della procedura di consultazione, nella sessione del 25 maggio 2005. Il Consiglio ne ha iniziato la discussione il 28 febbraio 2005 e dovrebbe arrivare ad una decisione conclusiva presumibilmente il 20 giugno 2005.
§ una proposta di regolamento (COM(2004)490) sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
La proposta è volta a riunire e organizzare nel Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) tutti gli attuali interventi nel settore. Il FEASR verrà impiegato secondo quattro assi principali: 1) il miglioramento della competitività dell’agricoltura e della silvicoltura (tra queste rientrano le misure previste per i giovani agricoltori nonché quelle per l’ammodernamento delle aziende con la fissazione delle soglie di percentuale ammissibile del sostegno); 2) le misure relative all’ambiente e alla gestione del territorio agricolo (tra queste figurano le misure per gli agricoltori delle zone di montagna); 3) il miglioramento della qualità di vita degli agricoltori e la diversificazione delle loro attività; 4) l’asse Leader[197] attorno al quale verranno attuati programmi relativi alle strategie di sviluppo locale dei gruppi d’azione locale (GAL). I tassi di coofinanziamento UE sono fissati per asse, da un minimo del 20% ad un massimo del 50% della spesa pubblica totale (75% per le regioni della convergenza). Per l’asse 2 e l’asse Leader l’aliquota massima sarà del 55% (80% nelle regioni della convergenza).
La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo, secondo la procedura di consultazione, nella sessione dell’8 giugno 2005. Il Consiglio, che ne ha discusso il 15 luglio e il 22 novembre 2004, il 28 febbraio, il 14 marzo 2005 e il 26 aprile 2005, dovrebbe arrivare ad una decisione conclusiva presumibilmente il 20 giugno 2005.
Articolo 10, comma 7
(Soppressione del Fondo di
garanzia per le imprese agricole)
7. In attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 512, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, il Fondo interbancario di garanzia di cui all’articolo 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, è soppresso.
Il comma 7 dispone la soppressione del Fondo interbancario di garanzia (FIG), dando attuazione all’articolo 1, comma 512, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), il quale ha disposto il trasferimento delle funzioni e della dotazione finanziaria del Fondo all’ISMEA.
Il comma 512 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha affidato all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), a decorrere dal 1° gennaio 2005, la gestione degli interventi di agevolazione dell'accesso al credito delle imprese agricole e agroalimentari del Fondo interbancario di garanzia (FIG), di cui all'articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e la relativa dotazione finanziaria.
L’ISMEA, ente pubblico economico, è stato istituito con D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278, con la denominazione di “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”. A norma dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 419 del 1999, concernente il riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, l’ente ha assorbito l’ex Cassa per la formazione della proprietà contadina, ed è subentrato pertanto nei compiti a questa attribuiti. Successivamente è intervenuto il D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200, che ha recato le disposizioni statutarie e regolamentari di riordino dell’ISMEA, ora denominato Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (con il mantenimento del precedente acronimo). Il nuovo Istituto, ai sensi di detto regolamento, deve perseguire finalità di rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari; erogazione di servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari; svolgimento, nel rispetto della programmazione regionale, delle funzioni precedentemente attribuite alla Cassa per la formazione della proprietà contadina dal D.Lgs. n. 121 del 1948, dalla Legge n. 154 del 1975 e dalla Legge n. 441 del 1998; prestazione di specifiche forme di garanzia creditizia e finanziaria alle imprese agricole singole o associate. In particolare, per la realizzazione delle finalità di cui all’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. n. 419 del 1999, l’articolo 4, comma 45, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) ha attribuito all’ISMEA la facoltà di prestare garanzie finanziarie per l’emissione di obbligazioni e di provvedere all’acquisto di crediti bancari in favore delle piccole e medie imprese operanti nel settore agricolo e agroalimentare e di effettuare anticipazioni di crediti vantati dagli agricoltori.
Il Fondo interbancario di garanzia è stato istituito dall’articolo 36 della legge n. 454 del 1961 tra gli Istituti esercenti il credito agrario di miglioramento per la copertura dei rischi derivanti dalla concessione, ai termini delle disposizioni in materia di credito agrario, di mutui di miglioramento fondiario e di formazione di proprietà contadina, compresi quelli non assistiti dal concorso statale ovvero erogati con fondi d'anticipazione dello Stato o della cessata Cassa per il Mezzogiorno o delle Regioni a statuto autonomo, a favore di coltivatori diretti e di piccole aziende, singoli o associati, e loro cooperative. La predetta garanzia sussidiaria si esplica sino all'ammontare dell'80 per cento della perdita che gli Istituti mutuanti dimostrino di aver sofferto dopo l'esperimento delle procedure di riscossione coattiva sui beni delle ditte mutuatarie, inadempienti per almeno due rate semestrali consecutive. In dipendenza dell'indicata garanzia gli Istituti, in deroga alle norme in vigore, sono autorizzati a concedere i mutui di cui al primo comma, sino all'importo del valore cauzionale dei fondi e degli impianti. Il «Fondo interbancario di garanzia» ha personalità giuridica e gestione autonoma ed è amministrato da un Comitato composto di sette membri, di cui uno in rappresentanza del Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento, quattro in rappresentanza degli Istituti e Sezioni speciali di credito agrario e due in rappresentanza degli altri Istituti operanti nel settore ed aventi circoscrizione nazionale o regionale. Il «Fondo» è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell’economia e delle finanze.
Articolo 10, comma 8
(Interventi finanziari a favore
delle imprese agricole)
8. All’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel comma 5 dopo le parole: «dal presente articolo», sono inserite le seguenti: «, nonché di quelle previste in attuazione dell’articolo 1 , comma 512, della legge 30 dicembre 2004, n. 311»;
b) dopo il comma 5 è inserito il seguente: «5-bis. Le garanzie prestate ai sensi del presente articolo possono essere assistite dalla garanzia dello Stato secondo criteri, condizioni e modalità da stabilire con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze. Agli eventuali oneri derivanti dall’escussione della garanzia concessa ai sensi del comma 2, si provvede ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge 5 agosto 1978, n. 468. La predetta garanzia è elencata nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 13 della citata legge n. 468 del 1978.».
Il comma 8 prevede che le garanzie prestate dall'ISMEA ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, possano essere assistite anche dalla garanzia dello Stato, secondo modalità da definire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 468 del 1978, le garanzie principali e sussidiarie prestate dallo Stato a favore di enti o altri soggetti sono elencate in allegato allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.
L’articolo 17
del D.Lgs n. 102 del
Il comma 512 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005) ha affidato all’ISMEA, a decorrere dal 1° gennaio 2005, la gestione degli interventi di agevolazione dell'accesso al credito delle imprese agricole e agroalimentari del Fondo interbancario di garanzia (FIG).
Il Fondo è stato quindi soppresso dal precedente comma 7 del presente decreto.
Articolo 10, comma 9
(Trasferimento all’ISMEA del
Fondo per il risparmio idrico ed
energetico)
9. Il Fondo per il risparmio idrico ed energetico, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 24 luglio 2003, n. 192, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 settembre 2003, n. 268, è soppresso. Le disponibilità finanziarie accertate alla data di entrata in vigore del presente decreto sul fondo per lo sviluppo della meccanizzazione dell’agricoltura, di cui alla legge 27 ottobre 1966, n. 910, già destinate al Fondo per il risparmio idrico ed energetico, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente trasferite all’ISMEA per le finalità di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.
Il comma 9 prevede che le risorse finanziarie accertate alla data di entrata in vigore del decreto-legge per la meccanizzazione dell’agricoltura, di cui alla legge 27 ottobre 1966, n. 910, destinate in precedenza al Fondo per il risparmio idrico ed energetico, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge n. 192 del 2003, vengano versate, con la contestuale soppressione del Fondo medesimo, all’entrata del bilancio dello Stato, per essere successivamente trasferite agli interventi di sostegno alla capitalizzazione delle imprese agricole ed agroalimentari di competenza dell’ISMEA ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 102 del 2004.
Il Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, istituito dall’art. 12 della legge n. 910/1966[198] è destinato alla concessione di prestiti per l'acquisto di macchine agricole e connesse attrezzature, comprese quelle destinate a centri dimostrativi o operativi di meccanica agraria aventi per scopo l'assistenza tecnica e la formazione professionale, gestiti da enti di sviluppo o da associazioni di produttori agricoli che svolgono tali attività a favore di propri associati, nonché ad istituti o a scuole statali di meccanica agraria ad indirizzo professionale.
Le entrate del Fondo per la meccanizzazione in agricoltura sono costituite da finanziamenti a carico del bilancio statale, che affluiscono al conto corrente infruttifero, intestato al Fondo, presso la Tesoreria centrale. Da tale conto corrente, le somme sono prelevate per essere versate in conti correnti vincolati fruttiferi aperti presso la stessa Tesoreria a favore delle singole banche.
Si rammenta che con il DPCM del 4/6/2003 al menzionato fondo per la meccanizzazione è stato riconosciuto il carattere di fondo rotativo ed è stato pertanto escluso dalla soppressione delle gestioni fuori bilancio sancita dalla legge n. 559/1993.
La medesima legge ha tuttavia anche sancito l'obbligo, a carico dei fondi costituiti con disponibilità derivanti dal bilancio statale, della trasmissione annuale alle amministrazioni vigilanti ed alla Corte dei conti di una relazione sull'attività svolta.
L’articolo 1-bis del decreto legge n. 192 del 2003 aveva previsto l’attivazione di una specifica linea di finanziamento, denominata "Fondo per il risparmio idrico ed energetico", nell'ambito del fondo rotativo per le imprese del Ministero delle politiche agricole e forestali, istituito ai sensi dell'articolo 72 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) per il sostegno degli investimenti per l'ammodernamento degli impianti idrici aziendali e il risparmio energetico in agricoltura.
Riguardo alle modalità per la concessione e l’erogazione dei contributi, nonché l’individuazione dei requisiti minimi in termini di risparmio idrico degli impianti ammessi a contributo, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di stato in agricoltura, il comma 2 rimetteva la relativa disciplina ad un decreto, di natura non regolamentare, del Ministro delle politiche agricole e forestali.
Sulla dotazione del Fondo per il risparmio idrico ed energetico, il comma 3 prevedeva che in esso confluissero gli stanziamenti assegnati ad unità previsionali di base del Ministero delle politiche agricole e forestali ai sensi dell'articolo 93, comma 8, della legge n. 289/2002 e le disponibilità finanziarie accertate a decorrere dal 1° gennaio 2003 sul Fondo per lo sviluppo della meccanizzazione in agricoltura, che erano versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate, semestralmente, al Fondo per il risparmio idrico ed energetico.
Per quanto concerne l’articolo 17 del D.Lgs n. 102 del 1999 si rinvia retro alla scheda relativa al comma 8.
Articolo 10, comma 10
(Internazionalizzazione dei
prodotti agricoli)
10. Allo scopo di favorire l’internazionalizzazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari italiani il Ministero delle politiche agricole e forestali promuove un programma di azioni al fine di assicurarne un migliore accesso ai mercati internazionali con particolare riferimento a quelli extra comunitari. Il Ministero delle politiche agricole e forestali si avvale, per l’attuazione del programma di cui al presente comma, della società «Buonitalia» S.p.a., di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99. A tale fine è destinata, per l’anno 2005, quota parte, nel limite di 50 milioni di euro, delle risorse finanziarie di cui all’articolo 4, comma 42, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con riferimento all’attuazione degli interventi di cui alla delibera CIPE n. 90/00 del 4 agosto 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26 ottobre 2000, e successive modificazioni. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità e le procedure per l’attuazione del presente comma, ivi inclusa l’individuazione delle risorse effettivamente disponibili da destinare allo scopo.
Il comma 10 prevede che il Ministero delle politiche agricole e forestali, allo scopo di favorire l’internazionalizzazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari italiani promuova, attraverso il ricorso alla società Buonitalia Spa, un programma di azioni per garantire un migliore accesso ai mercati internazionali, con particolare riguardo a quelli extracomunitari. A tal fine è destinata, per il 2005, nel limite di 50 milioni di euro, quota parte delle risorse finanziarie, in un primo momento assegnate a Sviluppo Italia S.p.a. e successivamente trasferite, dall'articolo 4, comma 42, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, all’ISMEA, relative agli interventi c.d. “ex Ribs”. Le modalità e le procedure attuative, inclusa l’individuazione delle risorse effettivamente disponibili, è rimessa a un successivo decreto, da adottare entro 60 giorni, dal Ministro delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
L’articolo 4, commi da
Con la delibera del CIPE n. 90 del 2000 Sviluppo Italia è subentrata nei compiti e nelle funzioni già svolti dalla RIBS S.p.A.[199] e, nell’esercizio di tali attività, opera anche nei settori della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, zootecnici e silvicoli. La delibera Cipe ha anche disposto in merito ai criteri ed alle modalità di utilizzo, da parte di Sviluppo Italia, delle risorse finanziarie ad essa assegnate e derivanti: dai fondi precedentemente attribuiti alla RIBS; dalla cessione delle partecipazioni temporanee acquisite da RIBS/Sviluppo Italia; dai rimborsi delle rate dei mutui concessi. Gli interventi, c. d. ex RIBS, riguardano il miglioramento strutturale del reddito dei produttori agricoli, con priorità per le iniziative che: contribuiscano al miglioramento economico delle singole filiere agro-industriali, anche promuovendo processi di aggregazione e di integrazione dei diversi livelli di dette filiere; abbiano come obiettivi lo sviluppo o il mantenimento dei livelli occupazionali diretti ed indotti; prevedano la creazione ed il rafforzamento di piccole e medie imprese; siano localizzate nelle aree depresse del Paese e in particolare in quelle dell’Obiettivo 1; prevedano significative innovazioni di processo o di prodotto; presentino una significativa partecipazione di operatori agricoli al capitale; richiedano una minore intensità di agevolazione; prevedano un cofinanziamento regionale, nazionale e/o comunitario; presentino i requisiti di maggiore sostenibilità ambientale; utilizzino energie rinnovabili o da autoproduzione e introducano o implementino cicli integrati delle risorse idriche; presentino la possibilità di promuovere la quotazione in borsa dell’impresa partecipata. Sempre secondo la citata delibera, nei c. d. interventi ex-Ribs, Sviluppo Italiaopera, in base a specifici progetti d’investimento, nelle due forme, fra loro non cumulabili, degli interventi agevolati e degli interventi a condizioni di mercato. Sviluppo Italia partecipa al capitale delle imprese come socio di minoranza, salvo casi eccezionali autorizzati congiuntamente dai Ministri del tesoro e delle politiche agricole.
La società per azioni Buonitalia[200], con sede legale a Roma, ha per oggetto la promozione e la valorizzazione della produzione agroalimentare italiana. Creata nel luglio 2003, ha come soci il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’Ice (Istituto per il Commercio Estero), l’Ismea (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) e l’Unioncamere (Unione Italiana delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura). Come interlocutori operativi primari vi sono il Ministero degli Affari Esteri, il Ministero delle Attività Produttive e le Regioni.
Le finalità di Buonitalia sono state individuate dall’art. 17 del Decreto Legislativo n. 99 del 29 marzo 2004. In particolare, essa si occupa di:
§ promuovere, valorizzare e diffondere la conoscenza del patrimonio agricolo ed agroalimentare italiano nel mondo attraverso la creazione di un sistema che permetta di coordinare l'attivazione delle politiche promozionali di competenza nazionale;
§ erogare servizi alle imprese del settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei prodotti italiani;
§ tutelare le produzioni italiane attraverso la registrazione e la difesa giuridica internazionale dei marchi associati alle produzioni nazionali di origine.
Va segnalato un recente accordo siglato il 3 febbraio 2005 tra il Ministero delle politiche agricole e forestali e le regioni, sancito in sede di Conferenza Stato-regioni, che definisce ulteriormente i compiti di Buonitalia con particolare riferimento ai rapporti con le regioni. Secondo questo accordo, Buonitalia si occuperà per conto delle regioni di organizzazione ed internazionalizzazione delle imprese, di sistema fieristico, di ristorazione e gastronomia italiana all’estero, di concorso nella tutela delle produzioni italiane ed, infine, di promozione e di immagine del sistema agroalimentare italiano. In tal senso, va sottolineato come tale accordo abbia comportato l’ingresso nel Consiglio di amministrazione di Buonitalia dei rappresentanti di tre regioni “territorialmente emblematiche e rappresentative dell’intero universo agricolo ed agroalimentare italiano”.
Articolo 10-bis
(Utilizzo fondo occupazione)
Il comma 3 dell’articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, come sostituito da ultimo dall’articolo 5, comma 1, della legge 12 dicembre 2002, n. 273, è sostituito dal seguente:
“L’entità delle partecipazioni è determinata per una quota pari al 5 per cento in relazione al numero delle società finanziarie aventi i requisiti che hanno presentato domanda di partecipazione e per una quota pari al 50 per cento in proporzione ai valori a patrimonio netto delle partecipazioni assunte nonché dei finanziamenti e delle agevolazioni erogate ai sensi dell’articolo 12 della legge 5 marzo 2001, n. 57. La restante quota è determinata in proporzione alla percentuale di utilizzazione da parte di ciascuna società finanziaria delle risorse conferite dal Ministero ai sensi della predetta norma. Il Ministero esclude dalla ripartizione le società finanziarie che non hanno effettuato erogazioni pari ad almeno l’80 per cento delle risorse conferite, decorsi due anni dal conferimento delle stesse. Per l’attività di formazione e consulenza alle cooperative nonché di promozione della normativa, le società finanziarie ammesse alla partecipazione sono autorizzate ad utilizzare annualmente, in misura non superiore all’uno per cento, risorse equivalenti agli interventi previsti dalla citata legge 5 marzo 2001, n. 57, articolo 12, effettuati nell’anno precedente. Ad integrazione del decreto previsto dall’articolo 12, comma 6, della legge 5 marzo 2001, n. 57, il Ministero stabilisce le modalità di attuazione del presente comma”.
L'articolo in esame, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene in merito alle modalità di ripartizione del Fondo per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, istituito presso la sezione speciale per il credito alla cooperazione. In particolare, l’articolo reca una novella del comma 3 dell'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49 (c.d. legge "Marcora"), dapprima modificato dall'art. 12, comma 7, capoverso 3, della legge 5 marzo 2001, n. 57 e successivamente sostituito dall’art. 5 della legge n. 273/2002.
Si ricorda che la legge 27 febbraio 1985, n. 49, "Provvedimenti per il credito alla cooperazione e misure urgenti a salvaguardia dei livelli di occupazione”, ha istituito due fondi: il Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione ("Foncooper"), disciplinato dal Titolo I, e il Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione, istituito dall’art. 17, che ha acquisito carattere di permanenza a seguito dell’intervento della legge n. 662/1996.
Alla disciplina previgente, che individuava una serie di obblighi nell’utilizzazione del contributo statale da parte della società finanziarie, la misura del contributo e il divieto di fruizione del trattamento di cassa integrazione per un triennio per i lavoratori beneficiari delle provvidenze, l’art. 12, commi 6 e 7,della legge n. 57/2001 ne ha sostituita una nuova i cui tratti fondamentali sono i seguenti:
· al capitale sociale delle società finanziarie che sostengono le cooperative partecipa direttamente il Ministro dell'industria (ora delle attività produttive), che utilizza a tal fine le disponibilità del Fondo speciale a salvaguardia dei livelli occupazionali;
· la ripartizione delle disponibilità tra le diverse finanziarie è effettuata per una quota pari al 5% delle risorse disponibili in misura eguale per tutte le società e, per la restante quota, tenendo conto dei valori patrimoniali delle società e delle cooperative partecipate alla data della domanda di partecipazione ;
· le società finanziarie assumono la natura di investitori istituzionali e dovranno essere ispirate ai principi di mutualità definiti dal D.Lgs.C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, essere costituite in forma cooperativa, essere iscritte nell'apposito elenco tenuto dal Ministro del tesoro per l'esercizio delle attività di intermediari finanziari (art. 106 del D.Lgs. n. 385/93), ed essere in possesso dei requisiti di onorabilità e di professionalità;
· è inoltre previsto che ad esse debbano partecipare almeno cinquanta cooperative, dislocate in non meno di 10 regioni.
L’intervento diretto in favore delle cooperative è quindi condotto dalle società finanziarie che, utilizzando le somme apportate con la partecipazione del Ministero, possono assumere partecipazioni temporanee di minoranza nelle cooperative, nonché concedere finanziamenti e agevolazioni finanziarie, conformemente alla disciplina comunitaria in materia. Le società possono, altresì, erogare servizi, svolgere attività promozionale ed essere destinatarie di fondi pubblici.
La determinazione delle procedure di presentazione delle domande, delle modalità di riparto delle risorse, di fissazione dei limiti per la partecipazione al capitale delle società finanziarie e di disciplina della partecipazione di queste nelle società cooperative, è stata demandata ad un decreto di natura non regolamentare emanato dal Ministro dell'industria ( DM 4 aprile 2001).
Il comma 3, art. 17, della legge è stato poi sostituito dall’art. 5 della legge n. 273/02 che ha nuovamente previsto una diversa ripartizione delle disponibilità tra le società finanziarie, effettuata nel modo seguente:
§ a) per il 2002 e 2003, a valere sulle risorse assegnate per gli stessi esercizi, una quota pari al 5% delle risorse disponibili è destinata, in misura eguale, a tutte le società che hanno presentato domanda di partecipazione, mentre una quota pari al 20% è ripartita tra le suddette società che alla data del 31 dicembre 2000 abbiano iscritto nel loro bilancio partecipazioni assunte ai sensi del presente titolo della legge;
§ la restante quota è ripartita proporzionalmente ai valori a patrimonio netto delle partecipazioni in essere o dismesse da ciascuna delle società finanziarie, risultanti dall'ultimo bilancio approvato;
§ b) con decorrenza 1° gennaio 2004, una quota pari al 5% delle risorse disponibili è destinata in misura eguale a tutte le società che hanno presentato domanda di partecipazione, mentre la restante quota è ripartita in proporzione, oltre che ai valori a patrimonio netto delle partecipazioni in essere o dismesse, ai finanziamenti e alle agevolazioni finanziarie erogati ai sensi della legge Marcora, come risultanti dall'ultimo bilancio approvato.
Il comma in esame novella il citato art. 17, comma 3, della c.d. legge Marcora, disponendo, in particolare:
§ che la quota del 5 per cento delle partecipazioni del MAP da determinare in relazione al numero delle società finanziarie che hanno presentato domanda di partecipazione vada calcolata tenendo conto delle sole istanze provenienti da soggetti aventi i requisiti all'uopo prescritti;
§ che la quota delle disponibilità del fondo da utilizzare per le partecipazioni "in proporzione ai valori a patrimonio netto delle partecipazioni in essere o dimesse,nonché dei finanziamenti e delle agevolazioni finanziarie erogati" non esaurisca l'intera rimanenza (cioè il 95 per cento del totale stanziato), ma sia pari al 50 per cento. La restante quota è determinata in proporzione alla percentuale di utilizzazione da parte di ciascuna società finanziaria delle risorse conferite dal Ministero.
Il meccanismo così delineato sembra ispirato al criterio di destinare un maggior flusso di risorse alle società finanziarie che, avvalendosi in modo più ampio delle risorse del Fondo in questione, avrebbero verosimilmente maggiore efficacia operativa
La disposizione stabilisce, altresì, che il Ministero escluda dalla ripartizione le società finanziarie che - decorsi due anni dal conferimento delle risorse - non abbiano provveduto ad effettuare erogazioni nella misura pari ad almeno l’80 per cento delle risorse medesime.
Per l’attività di formazione e consulenza alle cooperative,nonché di promozione della normativa, le società finanziarie ammesse alla partecipazione sono autorizzate ad utilizzare annualmente, in misura non superiore all’uno per cento, risorse equivalenti agli interventi previsti dall’art. 12 della citata legge n. 57/2001, effettuati nell’anno precedente.
Infine, si demanda al Ministero la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni in commento, prevedendosi a tal fine l’integrazione del decreto attuativo di cui dall’articolo 12, comma 6, della legge n. 57/2001.
Articolo 10-ter
(Disposizioni per il settore
agroalimentare)
1. Ferme restando le competenze di approvazione del CIPE, il Ministero delle politiche agricole e forestali, con uno o più decreti, può affidare all’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare (ISA) S.p.A. le funzioni relative alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera di cui all’articolo 66, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e al decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 1° agosto 2003. All’ISA Spa è riconosciuto, a valere sulle risorse destinate ai contratti di filiera, il rimborso delle spese di gestione per lo svolgimento delle predette attività, da stabilirsi con atto convenzionale stipulato tra la stessa società ed il Ministero delle politiche agricole e forestali.
2. Ferme restando le competenze di approvazione del CIPE, il Ministero delle politiche agricole e forestali, con uno o più decreti può trasferire alla società ISA S.p.A. le funzioni di propria competenza e le connesse risorse umane, finanziarie e strumentali relative alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di programma che prevedono iniziative nel settore agricolo e agroindustriale. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 93, della legge finanziaria del 2005.
3. Nel rispetto delle norme comunitarie, la stipula di contratti di coltivazione e vendita conformi agli accordi interprofessionali di cui alla legge 16 marzo 1988, n. 88, costituisce criterio di preferenza, secondo le modalità stabilite in ciascun bando di partecipazione, per attribuire contributi statali per l’innovazione e la ristrutturazione delle imprese agricole, agroalimentari e di commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli.
4. Costituisce priorità nell’accesso ai regimi di aiuti di cui all’articolo 66, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, la conclusione di contratti di coltivazione e vendita conformi agli accordi interprofessionali di cui alla legge 16 marzo 1988, n. 88.
5. Le regioni possono attribuire priorità nell’erogazione di contributi alle imprese che concludono contratti di coltivazione e vendita di cui al comma 3.
6. Il valore preminente previsto dall’articolo 59, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nell’aggiudicazione degli appalti pubblici è esteso anche alle produzioni agricole oggetto di contratti di coltivazione e vendita conformi agli accordi interprofessionali di cui alla legge 16 marzo 1988 , n. 88.
7. A decorrere dal 1° gennaio 2006, alle imprese che concludono contratti di coltivazione e vendita conformi agli accordi interprofessionali di cui alla legge 16 marzo 1988, n. 88, è riconosciuta priorità nell’erogazione degli aiuti supplementari diretti previsti a discrezione dello Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1782/03.
8. Ai fini di quanto disposto nel presente articolo i contratti di conferimento tra le cooperative ed i loro associati sono equiparati ai contratti di coltivazione e vendita.
9. Il Ministero delle politiche agricole e forestali è autorizzato ad acquistare dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) e da Sviluppo Italia s.p.a. le partecipazioni da questi posseduti nell’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare (I.S.A.) s.p.a., nonché ad esercitare i conseguenti diritti dell’azionista. All’acquisto delle partecipazioni predette il Ministero delle politiche agricole e forestali provvede nell’ambito degli stanziamenti del fondo unico per gli investimenti del Ministero medesimo, di cui all’articolo 46 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, come rideterminati dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311.
I commi 1, 2 e 9 disciplinano attività e funzionamento dell’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A.
I commi 1 e 2 sono volti a configurare un ruolo specifico all’Istituto relativamente alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di filiera e dei contratti di programma che prevedono iniziative nel settore agricolo e agroalimentare.
Per quanto concerne i contratti di filiera, il comma 1 prevede che, ferme restando le
competenze del CIPE in merito all’approvazione dei contratti, il Ministero
delle politiche agricole e forestali possa affidare all'Istituto per lo sviluppo
agroalimentare (ISA) Spa le funzioni relative alla valutazione, ammissione e
gestione dei contratti di filiera di cui all'articolo 66, commi 1 e 2, della
legge 27 dicembre 2002, n. 289, e al decreto del Ministero delle politiche
agricole e forestali del 1o agosto
Per quanto concerne i contratti di programma, il comma 2 prevede che il Ministero delle politiche agricole e forestali, ferme restando le competenze del CIPE in merito all’approvazione dei contratti, possa trasferire alla società ISA Spa le funzioni di propria competenza e le connesse risorse umane, finanziarie e strumentali relative alla valutazione, ammissione e gestione dei contratti di programma che prevedono iniziative nel settore agricolo e agroindustriale[201].
Il comma 9autorizza invece il Ministero delle politiche agricole e forestali ad acquistare dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) e da Sviluppo Italia S.p.A. le partecipazioni da questi possedute nell’Istituto per lo Sviluppo Agroalimentare (ISA), nell’ambito degli stanziamenti del fondo unico per gli investimenti del Ministero medesimo.
L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A. è una finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agro-alimentare, istituita nell’ottobre 2004, partecipata al 60% da ISMEA e per il restante 40% da Sviluppo Italia. Secondo quanto dichiarato dal Ministro Alemanno in occasione della costituzione della società, essa “subentrerà nello svolgimento delle attività finanziarie finora svolte da Sviluppo Italia per il settore, con il compito di assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare e di erogare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati”.
I contratti di filiera sono riconducibili a quella particolare forma di regolamentazione concordata tra soggetti pubblici e privati introdotta, a livello generale, dall’articolo 2, comma 203, della legge n. 662 del 1996, la quale ha dettato una prima disciplina organica della c.d. contrattazione programmata.
Successivamente, l’articolo 10, comma 1, del D.Lgs. n. 173 del
In attuazione dell’articolo 10, comma 1, della legge n. 173 del 1998 il CIPE ha adottato la delibera 11 novembre 1998, n. 127, la quale ha disposto l’estensione all’agricoltura e alla pesca gli strumenti della programmazione negoziata, integrando a tal fine le proprie precedenti delibere 25 febbraio 1994 (di disciplina dei contratti di programma) e 21 marzo 1997 (di disciplina della programmazione negoziata).
Sul piano legislativo i contratti di filiera nel settore agroalimentare sono stati introdotti dall’articolo 66, commi 1 e 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003).
Il comma 1assegna al Ministro delle politiche agricole e forestali il compito di promuovere la definizione di contratti di filiera, sostanzialmente assimilabili ai contratti di programma, attingendo alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”, coincidenti territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari.
Per la conclusione dei contratti di filiera è richiesto che siano soddisfatti i seguenti requisiti:
§ sia rispettata la programmazione regionale;
§ i contratti abbiano una rilevanza nazionale;
§ abbiano carattere interprofessionale (prevedano cioè la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori, distributori - di una medesima filiera produttiva);
§ siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura;
§ rientrino nel limite finanziario complessivo che sarà fissato con delibera del CIPE in sede di ripartizione del Fondo per le aree sottoutilizzate (istituito dall’articolo 61 della stessa legge n. 289 del 2002)[202].
Il comma 2 demanda la
fissazione dei criteri, delle modalità e delle procedure relativi alle
definizione dei contratti di filiera a un decreto del Ministero delle politiche
agricole e forestali, sentita
In attuazione dell’articolo 66, comma 2, della legge n. 289 del 2002 è stato adottato dal Ministro delle politiche agricole e forestali il D.M. 1° agosto 2003, che ha dettato i criteri per l’attuazione dei contratti di filiera, individuando i soggetti proponenti, le tipologie di investimento ammissibili, le modalità e le entità dei benefici pubblici concessi.
Al D.M. 1°
agosto 2003 è stata data attuazione con
Da ultimo, infine, è intervenuto il D.M. 12 luglio 2004, che ha disposto la sospensione delle agevolazioni previste dal D.M. 1° agosto 2003. Il decreto, che esclude dall’applicazione della sospensione le domande già presentate, rinvia ad un successivo provvedimento (fin qui non emanato) la definizione delle modalità, dei termini e delle procedure per la presentazione delle ulteriori domande.
I commi da
Le disposizioni prevedono, in particolare, che la stipula di tali contratti sia da considerare:
§ criterio di preferenza, secondo le modalità stabilite in ciascun bando di partecipazione, per attribuire contributi statali per l'innovazione e la ristrutturazione delle imprese agricole, agroalimentari e di commercializzazione e vendita dei prodotti agricoli;
§ priorità per l'accesso ai regimi di aiuti di cui all'articolo 66, commi 1 e 2, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, relativo ai contratti di filiera e di distretto;
§ priorità per la possibile erogazione, da parte delle regioni, di contributi;
§ valore preminente ai sensi dell'articolo 59, comma 4, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, nell'aggiudicazione degli appalti[203];
§ priorità, a decorrere dal 1o gennaio 2006, nell'erogazione degli aiuti supplementari diretti previsti a discrezione dello Stato membro ai sensi del regolamento (CE) n. 1782/03[204].
La prima disciplina organica degli accordi di natura economica tra le associazioni dei produttori e le organizzazioni professionali del settore industriale e della distribuzione nel settore agroalimentare risale nel nostro Paese alla legge n. 88 del 1988, che ha dettato norme in materia di accordi interprofessionali e contratti di coltivazione e vendita.
La legge n. 88 del
La legge n. 88 del 1988 definisce l’accordo interprofessionale come l'accordo concluso tra le unioni nazionali riconosciute di associazioni di produttori agricoli, le associazioni nazionali riconosciute di produttori agricoli e le organizzazioni nazionali di produttori bieticoli, assistite dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, da un lato, con le imprese di trasformazione o commercializzazione o loro associazioni nazionali, a ciò delegate per statuto o per atto espresso, dall'altro, nonché dalle organizzazioni nazionali riconosciute di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo.
L'accordo ha per oggettole determinazioni relative alla produzione ed alla vendita di prodotti agricoli destinati alla trasformazione o alla commercializzazione, nonché i criteri e le condizioni generali che le parti devono rispettare.
Gli accordi interprofessionali hanno in particolare la funzione di:
§ disciplinare la quantità della produzione agricola, per farla corrispondere alla domanda sui mercati interni ed esteri, e per perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato;
§ migliorare la qualità dei prodotti in relazione alle diverse vocazioni colturali ed alla salvaguardia della salute dei consumatori;
§ stabilire i criteri e le condizioni generali della produzione e vendita dei prodotti e delle prestazioni dei servizi;
§ determinare in anticipo i prezzi dei prodotti o i criteri per la loro determinazione, onde fissare i programmi di coltivazione.
Sebbene la preferenza del legislatore sia in favore degli accordi a livello nazionale, la legge prevede comunque, in assenza dei primi o in attesa che essi vengano stipulati, che le associazioni riconosciute di produttori agricoli, da un lato, e le imprese di trasformazione o commercializzazione o loro associazioni di cui sopra, dall’altro, e le organizzazioni riconosciute di rappresentanza del movimento cooperativo, possano stipulare accordi a livello regionale od interregionale. Gli stessi soggetti sono legittimati a stipulare eventuali accordi integrativi di quello nazionale, se esistente.
La legge n. 88 del 1988 prevede che le stesse parti che stipulano gli accordi interprofessionali possono promuovere la conclusione di contratti di coltivazione e vendita nel rispetto degli accordi medesimi. Soggetti dei contratti di coltivazione e vendita possono essere i produttori agricoli, singoli o associati, e le imprese di trasformazione o commercializzazione, singole o associate.
Con detti contratti la parte agricola si impegna a realizzare le coltivazioni o gli allevamenti da cui deriva il prodotto oggetto di contrattazione, secondo le indicazioni e i criteri tecnici convenuti, nonché a consegnare tutta la produzione contrattata corrispondente alle norme di qualità stabilite. La controparte si impegna invece a ritirare tutta la produzione oggetto del contratto corrispondente alle norme di qualità stabilite e a corrispondere il prezzo determinato in base agli accordi.
Ai fini della concessione di incentivi per i settori agroalimentare ed agricolo, la legge prevede un trattamento preferenziale a favore delle imprese operanti nel settore della trasformazione e distribuzione e dei produttori agricoli soci delle associazioni che abbiano concluso contratti di coltivazione e vendita nel rispetto degli accordi interprofessionali.
Si fa presente, infine, che lo schema di decreto legislativo n. 466, in materia di regolazione dei mercati, adottato in attuazione della delega contenuta all’articolo 1 della legge n. 38 del 2003, attualmente alle esame in sede consultiva delle competenti commissioni parlamentari, prevede l’abrogazione della legge n. 88 del 198, introducendo una nuova disciplina della materia.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Con riferimento ai profili concernenti la riforma del finanziamento della politica agricola comune si rinvia alla scheda relativa all’articolo 10.
Articolo 11, commi 1 e 2
(Fondo rotativo per interventi
nel capitale di rischio e modalità di utilizzo da parte di Sviluppo Italia)
1. Il Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio di cui all’articolo 4, comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è incrementato per l’anno 2005 di un importo pari a 100 milioni di euro.
2. Sviluppo Italia S.p.A. è autorizzata ad utilizzare le risorse di cui al comma 1 per sottoscrivere ed acquistare, esclusivamente a condizioni di mercato, quote di capitale di imprese produttive che presentino nuovi programmi di investimento finalizzati ad introdurre innovazioni di processi, di prodotti o di servizi con tecnologie digitali, ovvero quote di minoranza di fondi mobiliari chiusi che investono in tali imprese, secondo le modalità indicate dal CIPE, nel rispetto e nei limiti di cui all’articolo 4, commi da 106 a 110, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il comma 1 prevede l’incremento per un importo pari a 100 milioni di euro per il 2005 della dotazione del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese.
Il fondo è stato istituito dall'articolo 4, comma 106, dalla legge finanziaria 2004 (legge n. 350/2003), che ne stabiliva la dotazione in 10 milioni di euro per il 2004 e in 45 milioni di euro per il 2005.
La dotazione per l’anno 2005 era stata, peraltro, già aumentata di 10 milioni di euro, ai sensi dell’articolo 1, comma 252, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
In base alla disciplina dettata dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 4, commi 107-110) la gestione del Fondo è affidata a Sviluppo Italia e le risorse che in esso confluiscono sono destinate ad effettuare interventi temporanei e di minoranza, comunque non superiori al 30%, nel capitale di imprese produttive, nei settori dei beni e dei servizi. E’ espressamente attribuita priorità agli interventi che beneficiano del cofinanziamento regionale.
In particolare, Sviluppo Italia è autorizzata ad utilizzare le risorse del Fondo per sottoscrivere o acquistare, esclusivamente a condizioni di mercato, quote di capitale di imprese che presentino nuovi programmi di sviluppo ovvero, in base agli indirizzi e secondo le modalità definite dal CIPE, quote di minoranza di fondi mobiliari chiusi che investono in tali imprese.
Le modalità di attuazione degli interventi a valere sul Fondo rotativo sono state definite dal CIPE con delibera del 7 maggio 2004.
Il comma 2 prevede una finalità specifica per l’utilizzo delle risorse (100 milioni di euro) di cui al comma 1, che confluiscono nel Fondo di rotazione per gli interventi nel capitale di rischio, destinandole al sostegno delle imprese che perseguono obiettivi di innovazione di processi, prodotti e servizi attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali.
In particolare, con il comma 2 Sviluppo Italia viene autorizzata ad utilizzare i 100 milioni di euro che integrano la dotazione del Fondo per l’anno 2005 per sottoscrivere ed acquistare, esclusivamente a condizioni di mercato, quote di capitale di imprese produttive che presentino nuovi programmi di investimento finalizzati ad introdurre innovazioni di processi, di prodotti o di servizi con tecnologie digitali, ovvero quote di minoranza di fondi mobiliari chiusi che investono in tali imprese, secondo le modalità indicate dal CIPE, nel rispetto e nei limiti di cui all'articolo 4, commi da 106 a 110, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Con l’istituzione del Fondo rotativo per interventi nel capitale di rischio si è inteso disciplinare a livello legislativo e sostenere finanziariamente l’attività di investimento nel capitale di rischio che Sviluppo Italia già aveva intrapreso. Le aree di intervento sono rappresentate dalle aree obiettivo 1 (Sud e isole), e, per il Centro-Nord, dalle aree obiettivo 2, da quelle di crisi siderurgica, e da quelle a rilevante squilibrio tra domanda e offerta di lavoro.
La finanziaria 2004 ha altresì previsto che gli interventi effettuati a valere sul Fondo rotativo non possano riguardare consolidamenti delle passività delle imprese, né operazioni per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. Ha disposto inoltre che la gestione del Fondo è soggetta alla disciplina di controllo dei fondi di rischio privati.
La gestione del fondo deve essere condotta secondo modalità che non integrino la fattispecie di aiuto di Stato di cui alla comunicazione della Commissione europea 2001/ C-235/03 in materia di aiuti di Stato e capitale di rischio.
Il Fondo, infine, non può effettuare investimenti nelle imprese operanti in settori ai quali si applicano regole comunitarie speciali in materia di aiuti di Stato, nonché nelle imprese di produzione, trasformazione o commercializzazione dei prodotti elencati nell'allegato I del Trattato CE (prodotti del suolo, dell'allevamento e della pesca e i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con i precedenti).
La partecipazione al capitale di rischio mediante il Fondo rotativo in questione può riguardare esclusivamente medie e grandi imprese.
In applicazione di quanto previsto dal comma 110 dell’articolo 4 della legge n. 350/2003, le modalità di attuazione degli interventi a valere sul Fondo rotativo sono state definite dal CIPE con delibera del 7 maggio 2004. Tale delibera ha stabilito che Sviluppo Italia deve attenersi ad alcuni criteri generali di valutazione e in particolare:
a) economicità;
b) effetti occupazionali;
c) contenuti tecnologici;
d) effetti sull'economia del territorio interessato.
La delibera del CIPE ha altresì stabilito che l'acquisizione di partecipazione in ogni singola impresa non può superare il 20 per cento della dotazione complessiva del Fondo e comunque non può essere superiore a 50 milioni di euro. Le partecipazioni in questione devono essere smobilizzate entro 5 anni dall'acquisizione, secondo modalità definite al momento dell'acquisizione della partecipazione.
La delibera ha specificato, infine, che il compenso di Sviluppo Italia S.p.A per lo svolgimento del servizio di gestione del Fondo viene stabilito con atto convenzionale e posto a carico delle risorse del Fondo stesso.
Articolo 11, commi 3 e 5-6
(Fondo per il salvataggio e la
ristrutturazione delle imprese)
3. È istituito il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà con una dotazione finanziaria pari a 35 milioni di euro per l’anno 2005.
omissis
5. Le attività di coordinamento e monitoraggio degli interventi di cui al comma 3 sono svolte da un apposito comitato tecnico nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che opera sulla base degli indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti. Le amministrazioni competenti si avvalgono di Sviluppo Italia S.p.A. per la valutazione ed attuazione dei citati interventi senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
6. Con delibera del CIPE, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono dettati i criteri e le modalità per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3 e 5.
Il comma 3 istituisce il Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, con una dotazione finanziaria per l’anno 2005 pari a 35 milioni di euro.
La Commissione ha adottato gli “Orientamenti in materia di aiuti di Stato finalizzati al salvataggio e alla ristrutturazione delle imprese in crisi”, a partire dal 1994. Prorogati fino a tutto il 1999, in questo stesso anno sono stati sostituiti da una nuova disciplina in materia, più rigorosa e restrittiva della precedente, avente l’obiettivo di consentire la concessione di aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà solo a determinate condizioni. Tale versione degli orientamenti, scaduta il 9 ottobre 2004, è stata da ultimo sostituita dalla Comunicazione della Commissione 2004/C244/02, adottata il 7 luglio 2004.
I nuovi orientamenti, entrati in vigore il 10 ottobre 2004, disciplinano orizzontalmente gli aiuti di Stato, prevedendo sia una disciplina applicabile in via generale alle imprese operanti in tutti i settori di attività, esclusi i settori del carbone e dell’acciaio, sia delle norme specifiche per le piccole e medie imprese e per il settore agricolo.
In particolare, secondo la Commissione sono considerate in difficoltà le imprese che non sono in grado - con le loro risorse o con quelle che possono ottenere da proprietari/azionisti o dai creditori - di contenere le perdite che, in assenza di un intervento esterno delle autorità pubbliche, potrebbero condurle quasi certamente al collasso economico a breve o a medio termine. In linea di principio, sono comunque considerate in difficoltà, a prescindere dalle dimensioni, le società:
§ a responsabilità limitata, qualora abbia perduto più della metà del capitale sociale e la perdita di più di un quarto di tale capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;
§ in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società, qualora abbia perduto più della metà dei suoi fondi propri, quali indicati nei conti della società, e la perdita di più di un quarto del capitale sia intervenuta nel corso degli ultimi dodici mesi;
§ di tutte le forme, qualora ricorrano le condizioni previste dal diritto nazionale per l’apertura nei suoi confronti una procedura concorsuale per insolvenza.
In ogni caso, come si precisa nei nuovi orientamenti, una impresa in difficoltà può beneficiare degli aiuti solo previa verifica della sua incapacità di riprendersi con le proprie forze o con finanziamenti ottenuti dai suoi proprietari/azionisti o da altre fonti sul mercato.
Ai sensi degli orientamenti, presentano profili di incompatibilità con la disciplina comunitaria gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese di nuova costituzione (in linea di principio si considera tale una impresa nei primi tre anni dall’avvio dell’attività nel settore interessato) o quelle che fanno parte di un gruppo più grande.
La Comunicazione definisce gli aiuti per il salvataggio quale forma di assistenza temporanea e reversibile che consente di mantenere in attività un’impresa in difficoltà per il tempo necessario a farle elaborare un piano di ristrutturazione o di liquidazione. Gli aiuti alla ristrutturazione hanno come presupposto l’esistenza di un piano volto a ripristinare la redditività a lungo termine dell’impresa che, di norma, deve provvedere anche ad una ristrutturazione finanziaria. Le imprese che ottengono un aiuto per la loro ristrutturazione debbono contribuire finanziariamente al costo globale dell’operazione, sia con fondi propri, compresa la vendita dell’attivo non indispensabile alla sopravvivenza dell’impresa, sia ricorrendo a finanziamenti esterni ottenuti alle condizioni del mercato. Tali contributi alla ristrutturazione sono considerati accettabili, per le grandi imprese, se pari al 50% del costo globale, per le medie imprese al 40% e per le piccole imprese al 25%.
La Comunicazione prevede inoltre una procedura semplificata per aiuti che non superino i 10 milioni di euro ed esclude la concessione di aiuti durante i primi tre anni dalla costituzione dell’impresa.
Per quanto riguarda le condizioni generali d'autorizzazione, gli aiuti al salvataggio devono:
§ consistere in aiuti di tesoreria sotto forma di garanzia di crediti o di erogazione di crediti;
§ essere rimborsati o cessare entro sei mesi dall’erogazione all’impresa della prima tranche;
§ essere motivati da gravi difficoltà e non avere effetti gravi di ricaduta negativa in altri Stati membri;
§ essere corredati, all'atto della notifica, di un impegno dello Stato a presentare entro sei mesi dall’autorizzazione un piano di ristrutturazione/di liquidazione o la prova che il prestito è stato completamente rimborsato e/o che la garanzia è stata revocata;
§ limitarsi all’importo necessario per mantenere l'impresa in attività nel periodo per il quale è stato autorizzato l'aiuto, che può includere aiuti per misure strutturali urgenti. Per la fissazione dell’importo necessario, che dovrebbe basarsi sul fabbisogno di liquidità dell’impresa imputabile alle perdite, si terrà conto della formula fissata dall’allegato agli orientamenti Gli aiuti superiori all’importo calcolato secondo la formula dovranno essere debitamente illustrati;
§ rispettare il principio dell’aiuto “una tantum”;
In caso di presentazione di un piano di ristrutturazione, entro 6 mesi dalla data di autorizzazione o dall'attuazione della misura per gli aiuti non notificati, il termine per il rimborso del prestito o per la cessazione della garanzia viene prorogato fino al momento dell'adozione da parte della Commissione di una decisione in merito al piano, a meno che la Commissione non ritenga tale proroga ingiustificata.
Gli aiuti per la ristrutturazione possono essere autorizzati in linea generale solo nei casi in cui la concessione non risulti contraria all’interesse comune, e ciò è possibile solo in caso di rispetto di criteri rigorosi e con misure compensative che minimizzino gli eventuali effetti distorsivi della concorrenza.
Le condizioni da rispettare per la concessione degli aiuti per la ristrutturazione sono:
§ l'ammissibilità dell'impresa, che deve essere un'impresa in difficoltà;
§ la definizione e realizzazione di un piano di ristrutturazione di durata il più limitata possibile;
§ piano che consenta il ripristino della redditività a lungo termine e sulla base di ipotesi realistiche sulle condizioni operative future;
§ l'introduzione di misure compensative - per minimizzare il più possibile gli effetti negativi sui concorrenti -proporzionali all’effetto distorsivo dell’aiuto, alle dimensioni e al peso dell’impresa sui mercati. La Commissione fisserà l’entità delle misure necessarie;
§ l'importo e l'intensità dell'aiuto devono essere limitati allo stretto necessario. I beneficiari dovranno, pertanto contribuire in maniera significativa al piano di ristrutturazione sia con fondi propri che con finanziamenti esterni;
§ l'imposizione da parte della Commissione di condizioni ed obblighi specifici;
§ la piena attuazione del programma di ristrutturazione ;
§ il controllo che la Commissione deve potere effettuare sull'avanzamento del piano di ristrutturazione sulla base di relazioni regolari e particolareggiate, trasmesse dallo Stato membro.
Nei nuovi orientamenti viene, inoltre, ulteriormente rafforzato il principio dell’aiuto “una tantum” al fine di evitare che si ricorra alla concessione ripetuta di aiuti allo scopo di tenere in vita le imprese. Pertanto, gli aiuti sia per il salvataggio che per la ristrutturazione possono essere concessi una sola volta e lo Stato membro, all’atto della notifica alla Commissione di un progetto di aiuto è tenuto a precisare se l’impresa abbia ottenuto in passato aiuti. Sono previste eccezioni alla regola indicate in dettaglio.
Il comma 5, prevede l’istituzione di un apposito Comitato tecnico, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale sono assegnate le attività di coordinamento e di monitoraggio degli interventi consentiti dagli “Orientamenti UE” di cui al comma 3.
A seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame al Senato è stato disposto che il suddetto Comitato tecnico operi sulla base degli indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti.
Per la valutazione e l’attuazione degli interventi, le amministrazioni competenti si avvalgono di Sviluppo Italia Spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
Si ricorda che la società Sviluppo Italia Spa è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 1/1999, con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse, nonché di attrazione degli investimenti.
A tal fine, il D.Lgs. istitutivo prevedeva il conferimento in Sviluppo Italia o, comunque, l’acquisto da parte di essa, delle partecipazioni azionarie delle società che svolgevano le attività ad essa attribuite.
A seguito del D.Lgs. n. 3/2000, che ha previsto la possibilità per Sviluppo Italia di operare tramite propri rami di azienda, il consiglio di amministrazione di Sviluppo Italia Spa, nel gennaio 2000, ha deciso di procedere alla fusione per incorporazione delle società SPI, ITAINVEST, IG, INSUD, RIBS e FINAGRA, nonché di Progetto Italia e Investire Italia[205].
Sviluppo Italia Spa, controllata dal Ministero dell’economia e delle finanze, detiene attualmente un portafoglio di partecipazioni costituito da circa 170 società. Le partecipazioni industriali riguardano prevalentemente i settori agroalimentare e turistico, ma sono presenti anche nei comparti manifatturiero, alta tecnologia e terziario[206].
Per realizzare la propria missione istituzionale la società si avvale di un sistema integrato di strumenti finanziari e normativi.
In particolare, Sviluppo Italia continua a gestire le leggi che precedentemente erano di competenza delle varie società in essa confluite: l’imprenditoria giovanile e il prestito d’onore della IG (ora definiti “autoimpiego e autoimprenditorialità”); la siderurgia (legge 181/1989) e la promozione e lo sviluppo di attività imprenditoriali della SPI; il settore turistico della INSUD; le attività finanziarie di ITAINVEST; gli interventi nel settore agro-alimentare di RIBS e Finagra.
Il comma 6 rinvia ad una delibera del CIPE l’individuazione dei criteri e delle modalità di attuazione delle disposizioni comprese nei precedenti commi 3 (istituzione del Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio e ristrutturazione delle imprese in difficoltà) e 5 (attività di supporto svolta da Sviluppo Italia Spa). Il termine ultimo per l’emanazione della delibera è fissato in sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Articolo 11, comma 4
(Copertura finanziaria dei
commi 1 e 3)
4. All’onere derivante dall’attuazione dei commi 1 e 3 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui al comma 5 dell’articolo 10 del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
Il comma 4 dell’articolo 11 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 1 - incremento della dotazione del Fondo rotativo per gli interventi nel capitale di rischio delle imprese di 100 milioni di euro per l’anno 2005 - e dal comma 3 – istituzione del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà con una dotazione finanziaria pari a 35 milioni di euro per l'anno 2005.
Alla copertura di tali oneri, pari complessivamente a 135 milioni di euro per l’anno 2005, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al fondo per interventi strutturali di politica economica di cui al comma 5 dell'articolo 10 del D.L. n. 282/2004, che per il 2005 risulta avere una disponibilità pari a 215,5 milioni di euro.
L’articolo 10 del D.L. n. 282/2004 ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze del “Fondo per interventi strutturali di politica economica”, con una dotazione di 2.215,5 milioni di euro per il 2005.
Tale dotazione corrisponde alle maggiori entrate che, nell’anno 2005, derivano dal differimento al 31 maggio 2005 e al 30 settembre 2005 dei termini di versamento della seconda e terza rata dell’oblazione connessa alla sanatoria edilizia, fissati inizialmente al 20 e al 30 dicembre 2004[207].
La dotazione del Fondo è stata peraltro ridotta di 2.000 milioni di euro, dal comma 297 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005)[208].
Per effetto della riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta dal citato comma 297 la dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica per l’anno 2005 risulta pertanto pari a 215,5 milioni di euro.
Per gli anni successivi, l’articolo 15, comma 2, del provvedimento in esame incrementa la dotazione del Fondo di 15 milioni di euro per l’anno 2006, 20 milioni di euro per l’anno 2007 e 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008 (cfr. relativa scheda di lettura).
7. All’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 28 è soppresso;
b) dopo il comma 61-ter è aggiunto, in fine, il seguente:
«61-quater. Le caratteristiche delle garanzie dirette, controgaranzie e cogaranzie prestate a prima richiesta dal Fondo di cui all’articolo 2, comma 100, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, al fine di adeguarne la natura a quanto previsto dall’Accordo di Basilea recante la disciplina dei requisiti minimi di capitale per le banche, sono disciplinate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.».
b-bis) al comma 19, secondo periodo, dopo le parole “ai Fondi di garanzia di cui ai commi 20, 21”aggiungere le seguenti: “23";
b-ter) ai commi 22 e 23, le parole: “dei finanziamenti complessivamente garantiti” sono sostituite dalle seguenti: “delle garanzie concesse nell’anno a fronte di finanziamenti erogati”;
b-quater) dopo il comma 23 è aggiunto il seguente: “23-bis. Le disposizioni di cui ai commi 22 e 23 hanno effetto a decorrere dall’anno 2004".
Il comma 7dell’articolo 11 in esame, come modificato dal Senato, interviene novellando l’articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, con il quale si è operata una riforma organica della normativa sui consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi).
In estrema sintesi, i ricorda che gli aspetti fondamentali della riforma dei consorzi per la garanzia collettiva dei fidi (Confidi), attuata dal suddetto articolo 13, sono stati i seguenti:
- è stato previsto un rafforzamento patrimoniale dei Confidi, sia in termini di requisiti patrimoniali minimi, sia di incentivazione alle fusioni ed aggregazioni;
- è stata prevista una complessiva riforma del Fondo di Garanzia per le PMI [legge 662del 1996, articolo 100, lettera a)]al fine di creare un sistema nazionale di garanzia articolato su due livelli: un primo livello (garanzia diretta) riservato ai Confidi e agli altri garanti operanti sul territorio, un secondo livello (controgaranzia) affidato al Fondo;
- è stata favorita l'evoluzione dei confidi consentendo, nel rispetto dei princìpi del vigente ordinamento bancario e creditizio, l'utilizzazione dei modelli di banca di credito cooperativo o di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico bancario emanato con il decreto legislativo n. 385 del 1993. A tal fine, si è prevista la possibilità che l'attività di garanzia collettiva dei fidi venga svolta anche da parte di banche, secondo il modello delle banche cooperative;
- ai fini dell'evoluzione dei confidi verso il modello di intermediario finanziario iscritto nell'elenco speciale previsto dallo stesso articolo 107 del testo unico bancario, sono state disciplinate due categorie di confidi:
a) confidi "minori", iscritti in un'apposita sezione dell'elenco previsto dall’articolo 106 del testo unico bancario e la cui operatività resterebbe sostanzialmente limitata a quella attuale (garanzia collettiva fidi);
b) intermediari iscritti nell'elenco speciale di cui all'articolo 107 del testo unico bancario, che possono esercitare, prevalentemente in favore dei soci, oltre alla garanzia collettiva dei fidi (che rimarrebbe comunque l'attività prevalente) anche alcune attività di garanzia nei confronti dello Stato e di gestione di fondi pubblici di agevolazione.
Si ricorda altresì che in materia di riforma dei Confidi la 6a commissione del Senato, in data 8 marzo 2005, ha concluso l'esame del testo unificato dei disegni di legge n. 193, 1176, 1207, 1267, 1992 e 2135, recante modificazioni all'articolo 13 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.
Le disposizioni recate dal comma 7 in esame intervengono in particolare sul Fondo di garanzia per le imprese artigiane di cui all’articolo 2, comma 100, lettera b),della legge 23 dicembre 1996, n. 662, apportando alcune modifiche all’articolo 13 del decreto legge n. 269 del 2003.
Con la lettera a) viene anzitutto abrogato il comma 28 del citato articolo 13, in base al quale l'intervento del Fondo di garanzia dell'Artigiancassa [legge n. 662 del 1996, articolo 2, comma 100, lettera b)] deve essere riservato alle operazioni di controgaranzia dei confidi nonché alle operazioni in cogaranzia con i medesimi, con controgaranzia e cogaranzia del fondo escutibili per intero, a prima richiesta, alla data di avvio delle procedure di recupero nei confronti dell'impresa inadempiente.
Contemporaneamente, con la disposizione di cui alla lettera b) viene introdotto all’articolo 13 citato un nuovo comma 61-quater, il quale dispone che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (cioè dal 17 marzo 2005), il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, deve dettare con decreto la disciplina riguardante le caratteristiche delle garanzie dirette, delle controgaranzie e cogaranzie prestate a prima richiesta dal Fondo di garanzia per le imprese artigiane sopra ricordato.
Il decreto ministeriale sarà finalizzato ad adeguare le caratteristiche delle garanzie dirette, controgaranzie e cogaranzie prestate dal fondo a quanto previsto dall’Accordo di Basilea sui requisiti minimi di capitale per le banche.
Si ricorda che il nuovo Accordo di Basilea (più noto come Basilea 2)[209] è un accordo sui requisiti patrimoniali delle banche approvato lo scorso 26 giugno 2004 dalle banche centrali e dalle autorità di vigilanza del Gruppo dei Dieci. Si tratta di un testo, elaborato dal Comitato di Basilea[210], destinato a diventare operativo tra la fine del 2006 ed il 2007 e che andrà a sostituire quello elaborato nel 1988.
Scopo dell'Accordo è quello di aumentare la stabilità del sistema bancario internazionale rendendo le banche più sensibili al controllo dei rischi di credito, di mercato e operativi; per raggiungere tale obiettivo, sono state definite, in estrema sintesi, nuove regole fondate su tre "pilastri":
I il primo pilastro è quello dei requisiti patrimoniali minimi, che si traducono in vincoli all’operatività bancaria al fine di garantire la solidità economica e finanziaria delle banche;
II il secondo pilastro riguarda l'efficienza della vigilanza nella gestione del rischio da parte delle banche, che implica per le Banche centrali la verifica sulla disponibilità da parte delle banche dei requisiti patrimoniali minimi e il controllo del rischio degli impieghi, al fine di prevenire la possibilità che il capitale scenda al di sotto della soglia minima;
III il terzo pilastro, infine, concerne la disciplina del mercato e la trasparenza, e si traduce in regole di trasparenza per l'informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.
Mentre ai sensi dell’abrogato comma 28 il Fondo di garanzia per le imprese artigiane ha operato soltanto attraverso la prestazione di controgaranzie e cogaranzie in favore dei confidi, secondo il nuovo comma 61-quater il Fondo può operare attraverso garanzie dirette, controgaranzie e cogaranzie.
Al riguardo, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa la previsione di non contemplare le banche tra i beneficiari del fondo ha impedito alle piccole e medie imprese artigiane di ottenere una garanzia diretta da parte del fondo stesso su un proprio finanziamento bancario, in assenza di una contestuale copertura da parte di un consorzio per la garanzia collettiva dei fidi.
A tale proposito si ricorda che:
- la garanzia diretta è la garanzia del fondo direttamente a favore dei soggetti finanziatori;
- la controgaranzia è la garanzia prestata dal fondo a favore dei confidi e degli altri consorzi di garanzia;
- la cogaranzia è la garanzia prestata dal fondo direttamente a favore dei soggetti finanziatori e congiuntamente ai confidi o agli altri fondi di garanzia.
Per quanto concerne invece la necessità di adeguare il fondo ai requisiti previsti da «Basilea 2», la relazione illustrativa rileva che "la copertura prevista dall’articolo 13, comma 28, della citata legge n. 326 del 2003 è in realtà una forma di riassicurazione del confidi e non una vera e propria controgaranzia riconosciuta in base ai princìpi di Basilea 2. Difatti, allo stato attuale, in caso di default dell’obbligato principale e del confidi, la banca non può escutere il Fondo di garanzia; al contrario, il Comitato di Basilea ha previsto che la controgaranzia è riconosciuta valida, ai fini di mitigazione del rischio di credito, solo qualora possa essere attivata dalla banca una volta verificatasi l’insolvenza dell’obbligato principale e del primo garante".
Nel corso dell’esame presso il Senato sono state introdotte le lettere da b-bis) a b-quater), di contenuto identico alle disposizioni recate all’articolo 11, comma 7, lettere a), b) e c),del disegno di legge di iniziativa governativa recante il Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, presentato alla Camera dei deputati (A.C. 5736).
In particolare tali disposizioni intervengono sui commi 19, 22 e 23 dell’articolo 13 del D.L. n. 269 del 2003.
Il comma 19 esclude l’applicabilità del secondo comma dell'articolo 2545-quater del codice civile e degli articoli 11 e 20 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ai confidi costituiti sotto forma di società cooperativa. L'obbligo di devoluzione previsto dall'articolo 2514, comma 1, lettera d), del codice civile si intende riferito al Fondo di garanzia interconsortile al quale il confidi aderisca o, in mancanza, ai Fondi di garanzia di cui ai commi 20, 21, 25 e 28 [quest’ultimo ora abrogato dalla precedente lettera a) del comma 7 in esame].
Il successivo comma 20 prevede che i confidi di dimensioni significative (confidi che riuniscono complessivamente non meno di 15.000 imprese e garantiscono finanziamenti complessivamente non inferiori a 500 milioni di euro) possano istituire, direttamente tra loro ovvero attraverso l’intermediazione delle loro associazioni nazionali di rappresentanza – che, in deroga alla previsione dell’articolo 2602 del codice civile, possono partecipare anche alla costituzione di società consortili – Fondi di garanzia interconsortile destinati alla prestazione di controgaranzie e cogaranzie ai confidi.
Ai sensi del comma 22 il finanziamento dei fondi di garanzia avviene attraverso il versamento da parte dei confidi aderenti, successivamente all’approvazione del bilancio, di un contributo annuale obbligatorio pari ad almeno allo 0,5 per mille dei finanziamenti complessivamente garantiti, facendosi così riferimento al complesso dell’attività esercitata, a prescindere dalla redditività riscontrata.
Anche i confidi che non aderiscono, per scelta o per le dimensioni inferiori a quelle prescritte dalla legge, ad un autonomo fondo di garanzia interconsortile sono tenuti a offrire tale forma di garanzia per chi eroga credito: pertanto il comma 23 prescrive che tali organismi versino comunque una quota annuale, sempre pari allo 0,5 per mille dei finanziamenti complessivamente garantiti, al Ministero dell’economia e delle finanze, il quale provvede a sua volta a devolverli ai Fondi di garanzia di cui ai successivi commi 25 e 28 [quest’ultimo abrogato, come detto, dalla precedente lettera a) del comma 7 in esame].
Il comma 23 prevede, inoltre, che i confidi operanti nel settore agricolo, la cui base associativa sia composta per almeno il 50% da imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, debbano versare annualmente la quota alla Sezione speciale del Fondo Interbancario di garanzia, di cui all’articolo 21 della legge n. 153 del 1975, anziché al Ministero dell’economia.
La lettera b-bis) del comma 7 in esame novella il comma 19, inserendo anche il riferimento ai fondi di garanzia per i confidi non aderenti a un fondo di garanzia interconsortile, di cui al comma 23, tra i fondi per i quali, in caso di scioglimento della società, è previsto l’obbligo di devoluzione dell’intero patrimonio sociale, dedotti il solo capitale e i dividendi maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione ai sensi dell’articolo 2514, comma 1, lettera d), del codice civile.
La lettera b-ter) del comma 7 modifica i commi 22 e 23 specificando che il versamento annuale dell’0,5 per mille dei finanziamenti complessivamente garantiti è riferito alle garanzie concesse nell’anno a fronte di finanziamenti effettivamente erogati.
Il testo attualmente vigente determina invece un versamento sull’ammontare di tutte le garanzie concesse dai confidi sui finanziamenti a favore dei soci, senza considerare i casi in cui le garanzie deliberate non diventano realmente operative, in quanto l’operazione di finanziamento non è stata successivamente perfezionata.
La lettera b-quater) del comma 7 introduce il comma 23-bis, il quale prevede che le disposizioni di cui ai commi 22 e 23, relativi ai versamenti annuali dell’0,5 per mille da parte dei confidi, hanno effetto a decorrere dall’anno 2004.
Documenti
all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura
dell’Ufficio R.U.E.)
Il 14 luglio 2004 la Commissione europea ha presentato una proposta di rifusione della direttiva 2000/12/CE relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio e della direttiva 93/6/CE concernente l'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi (COM(2004)486).
La proposta è intesa a trasporre nell’ordinamento comunitario l'accordo "Basilea II", concluso il 26 giugno 2004 dai Governatori delle banche centrali e dalle autorità di sorveglianza dei paesi del G10 (che comprende 9 Stati membri dell'UE[211], gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Svizzera).
Al regime attualmente in vigore, il nuovo quadro proposto sostituisce tre regimi diversi, consentendo alle istituzioni finanziarie di avvalersi di quello a loro più conveniente: un regime semplice, un regime intermedio e un regime avanzato. La proposta fissa inoltre i requisiti per i fondi patrimoniali (ovvero l'importo delle risorse finanziarie proprie che le banche e le imprese d'investimento devono possedere per coprire i rischi e tutelare i capitali depositati dai clienti) meno rigorosi se destinati al finanziamento di piccole e medie imprese e prevede un trattamento preferenziale per taluni tipi di capitale di rischio. La proposta prevede infine che le varie autorità di vigilanza nazionali competenti collaborino maggiormente tra di loro, in particolare per autorizzare l'impiego, da parte delle istituzioni finanziarie, dei metodi più sofisticati.
Il Consiglio ECOFIN del 7 dicembre 2004 ha raggiunto un’impostazione generale sulla proposta, invitando la Presidenza lussemburghese dell’UE a proseguire i contatti con i rappresentanti del Parlamento europeo per consentire che sia approvata, secondo la procedura di codecisione, già in prima lettura (prevista per la sessione di settembre 2005).
Articolo 11, commi 8 e 9
(Interventi di reindustrializzazione)
8. Al fine di concorrere alla soluzione delle crisi industriali, gli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto-legge 1º aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, sono estesi al territorio dei comuni individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, tenuto conto degli accordi intervenuti fra Governo, enti territoriali e parti economiche e sociali, secondo le procedure di cui all’articolo 1, commi 266 e 267, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
9. Per gli interventi di cui al comma 8 è concesso un contributo straordinario pari a 50 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006, 85 milioni di euro per il 2007 e 65 milioni di euro per il 2008. Saranno realizzati prioritariamente gli interventi cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, anche per il tramite di società o enti strumentali, tenendo conto della quota di cofinanziamento.
Il comma 8, allo scopo di concorrere alla soluzione delle crisi industriali, prevede l’estensione dell’ambito di applicazione degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale per le aree in crisi del settore siderurgico, di cui al dal decreto-legge n. 120/89, ai territori dei comuni individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
L’estensione ad altri ambiti territoriali dei suddetti interventi di reindustrializzazione e promozione industriale dovrà avvenire nel rispetto delle procedure stabilite all'articolo 1, commi 266 e 267, della legge n. 311/04 (L. finanziaria 2005), che hanno affidato a Sviluppo Italia, in accordo con le regioni, la promozione e l’attuazione dei programmi di reindustrializzazione.
Ai fini dell'adozione del DPCM si dovrà tener conto degli accordi intervenuti tra Governo, enti territoriali interessati e parti economiche e sociali.
Al fine di consentire la ripresa economica delle aree interessate dalla crisi del settore siderurgico, il DL 1° aprile 1989, n. 120 ("Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia"), convertito dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, agli artt. 5-8, ha previsto la realizzazione di un programma speciale di reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, attuato dalle aziende del gruppo IRI e specificamente rivolto alle zone di Napoli, Taranto, Genova e Terni (aree prioritarie), nonché un programma di promozione industriale esteso anche ad altre aree di crisi siderurgica (Massa, Piombino, Trieste, Lovere, Villadossola), predisposto dalla SPI, società di promozione imprenditoriale controllata dall’IRI, ora confluita in Sviluppo Italia S.p.A. e relativo ad iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria e dei servizi, con particolare riferimento a quelle da realizzare in collaborazione con imprenditori privati e con cooperative o loro consorzi.
Gli oneri derivanti dall'applicazione del DL n. 120/89 gravano su una apposita sezione del Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica (FIT) istituita dall’articolo 1, comma 9, del DL n. 396 del 20 giugno 1994, recante “Disposizioni urgenti per l'attuazione del piano di ristrutturazione del comparto siderurgico” [212], sulla quale venivano fatte affluire le somme iscritte al capitolo 7063 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’industria (ora delle attività produttive) intestato al "Fondo speciale di reindustrializzazione", istituito dall’art. 7 del DL, nonché le somme che a detto capitolo affluivano ai sensi del DL n. 410/93 ("Interventi a sostegno dell'occupazione nelle aree di crisi siderurgica").
Con l'articolo 73, comma 1, della legge finanziaria 2003 (L. 289/02), si è prevista la possibilità di estendere le misure di cui all'art. 5 del DL 120/89 anche ad aree diverse da quelle individuate dallo stesso decreto-legge, nonché alle aree industriali comprese nei territori per i quali sia stato dichiarato o prorogato lo stato di emergenza con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
In tale contesto, il comma 265 della legge n. 311/04 cit. (legge finanziaria 2005) ha esteso le misure di reindustrializzazione e di promozione industriale previste dal DL n. 120/89,anche ai territori dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (limitatamente, tuttavia, alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo richiamato nel testo con il rinvio ad un decreto del Presidente della Giunta regionale della Lombardia), nonché al comune di Marcianise (Caserta) e al distretto di Brindisi.
Il comma 266 della legge n. 311 cit., richiamato nel comma 8 in commento, ha previsto inoltre che il programma di reindustrializzazione di cui al precedente comma 265 sia proposto e attuato dal Sviluppo Italia S.p.a., in accordo con le rispettive regioni. Lo stesso comma individua ulteriori tipologie di interventi che dovranno essere ricomprese nel programma. Si tratta di interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutture di aree industriali dimesse. (Per quanto concerne Sviluppo Italia spa, si rinvia alla scheda di commento al precedente comma 5).
Ai sensi del successivo comma 267, anch'esso richiamato al comma 8 in commento, il programma di reindustrializzazione deve prevedere interventi per la promozione imprenditoriale e per l’attrazione degli investimenti nel settore delle industrie e dei servizi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5 del decreto-legge n. 120/89[213].
Si ricorda infine che il comma 268 la legge n. 311/04 ha disposto la concessione di un contributo straordinario per gli interventi di cui ai citati commi da 265 a 267, di 32 milioni di euro per il 2005, 52 milioni per il 2006 e 72 milioni per il 2007.
Il comma 9 dispone la concessione di un contributo straordinario di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, di 85 milioni di euro per il 2007 e di 65 milioni di euro per il 2008 per far fronte agli interventi di cui al precedente comma 8.
Viene inoltre definito un criterio di priorità, ai fini della concessione dei contributi, per gli interventi che prevedano un cofinanziamento da parte delle regioni e degli enti locali, anche attraverso società o enti strumentali e tenendo conto della quota di cofinanziamento.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Con riferimento ai profili concernenti la riforma della politica di coesione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-bis.
Articolo 11, comma 10
(Copertura finanziaria del
comma 9)
10. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 9 si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per 50 milioni di euro per l’anno 2005, 50 milioni di euro per l’anno 2006, 85 milioni di euro per l’anno 2007 e 65 milioni di euro per l’anno 2008. Conseguentemente, per l’anno 2005 il limite dei pagamenti indicato all’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è ridotto di 50 milioni di euro.
Il comma 10 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo in esame che prevedono l’estensione dell’ambito territoriale di applicazione degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale previsti dal decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120.
Il comma 9 individua gli oneri derivanti dall’applicazione delle ulteriori misure agevolative in 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, in 85 milioni di euro per il 2007 e in 65 milioni di euro per il 2008.
Alla copertura di tali oneri, il comma 10 provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61, comma 1, della legge n. 289/2002, come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e per gli anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
L’ultimo periodo del comma in esame riduce, conseguentemente, di 50 milioni di euro il limite ai pagamenti dal Fondo per le aree sottoutilizzate fissato per l'anno 2005 in 6.550 milioni di euro dall'articolo 1, comma 15, lettera a), della legge finanziaria per il 2005.
I commi 15-17 della legge finanziaria hanno stabilito per il 2005 un tetto complessivo di 7.900 milioni di euro ai pagamenti da effettuare nei confronti dei soggetti beneficiari a valere sulle disponibilità dei conti correnti di tesoreria relativi ai seguenti fondi:
a) fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze e fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero delle attività produttive; per i pagamenti su tali fondi è fissato un limite complessivo di 6.550 milioni di euro;
b) fondo per gli incentivi alle imprese del Ministero delle attività produttive; per i pagamenti su tale fondo è fissato un limite complessivo di 2.750 milioni di euro di cui, tuttavia, 1.750 riguardano i pagamenti relativi alla legge 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata e pertanto sono già computati nel limite relativo al fondo per le aree sottoutilizzate;
c) stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per la legge obiettivo(articolo 13, comma 1, della legge 1º agosto 2002, n. 166), in relazione ai quali viene fissato un limite ai pagamenti di 450 milioni di euro, di cui 100 milioni di euro sono computati nel limite relativo al fondo per le aree sottoutilizzate, in quanto riguardano interventi finanziati a valere su tale fondo.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere modificati i limiti ai pagamenti relativi ai singoli fondi, purché venga rispettato il limite complessivo di 7.900 milioni di euro.
Tali modifiche devono, comunque, essere finalizzate a conseguire gli obiettivi di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, che assicurino il rispetto del criterio di addizionalità. Al riguardo, viene assunto il livello di spesa determinato in sede di revisione di metà periodo del Quadro comunitario di sostegno 2000-2006 per le regioni dell'obiettivo 1.
Articolo 11, commi 11-14
(Tariffe energia elettrica)
11. Al fine di consentire lo sviluppo e la ristrutturazione produttiva delle imprese interessate, l’applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica di cui all’articolo 1, lettera c), del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83, viene prorogata a tutto l’anno 2010 alle condizioni tariffarie di cui al 31 dicembre 2004.
11-bis. La disposizione di cui al comma 11 non trova applicazione con riferimento al regime, già senza limiti temporali, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1963, n. 730 che continua ad applicarsi alle condizioni in essere al 31 dicembre 2004 fatti salvi eventuali adeguamenti da apportarsi attraverso lo strumento convenzionale di cui all’articolo 4 del citato decreto del Presidente della Repubblica.
12. Le condizioni tariffarie di cui al decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato in data 19 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 16 febbraio 1996, sono estese con provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, alle forniture di energia elettrica destinata alle produzioni e lavorazioni dell'alluminio, piombo, argento e zinco e al ciclo cloro-soda, con riferimento ai prezzi praticati per forniture analoghe sui mercati europei nei limiti degli impianti esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, situati nel territorio della regione Sardegna e caratterizzati da alimentazione in alta tensione. Le condizioni tariffarie di cui al presente comma vengono riconosciute a fronte della definizione di un protocollo d’intesa contenente impegni per il lungo periodo sottoscritto dalle parti con l’amministrazione della regione Sardegna ed i Ministeri interessati.
13. Le condizioni tariffarie di cui ai commi 11 e 12 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2005 e vengono aggiornate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas che incrementa su base annuale i valori nominali delle tariffe del quattro per cento, ovvero, qualora quest’ultimo valore risulti più elevato, dell’incremento percentuale del prezzo medio dell’energia elettrica all’ingrosso registrato nelle principali borse dell'energia elettrica europee, segnatamente di Amsterdam e Francoforte.
14. Allo scopo di ridurre i costi di fornitura dell’energia elettrica alle imprese e in generale ai clienti finali sfruttando risorse del bacino carbonifero del Sulcis, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale ed ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica in data 24 gennaio 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 9 marzo 1994, la regione Sardegna, in coerenza con gli indirizzi e le priorità del sistema energetico regionale dopo l’approvazione del piano energetico regionale, assegna una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica. Al concessionario è assicurato l’acquisto da parte del Gestore della rete di trasmissione nazionale s.p.a. dell’energia elettrica prodotta ai prezzi e secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994. La regione Sardegna assicura la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie e assegna la concessione mediante procedure di gara entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Comitato di coordinamento istituito ai sensi dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994 esercita funzioni di vigilanza e monitoraggio, fino all’entrata in esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica oggetto della concessione. Gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione delle offerte, previo esame dell'adeguatezza della struttura economica e finanziaria del progetto ai fini dell’assegnazione della concessione sono:
a) massimizzazione del rendimento energetico complessivo degli impianti;
b) minimizzazione delle emissioni con utilizzo di tecnologia idonea al contenimento delle polveri e degli inquinanti gassosi, in forma di gassificazione, ciclo supercritico o altro equivalente;
c) contenimento dei tempi di esecuzione del progetto;
d) presentazione di un piano industriale per lo sfruttamento della miniera e la realizzazione e l’esercizio della centrale di produzione di energia elettrica, che preveda ricadute atte a promuovere lo sviluppo economico dell’area del Sulcis Iglesiente, avvalendosi della disponibilità di energia elettrica a costo ridotto per le imprese localizzate nell’Isola;
e) definizione e promozione di un programma di attività finalizzato alle tecnologie di impiego del carbone ad emissione zero ai sensi della legge 27 giugno 1985, n. 351.
Il comma 11 dispone una proroga dell’applicazione delle condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica alle imprese interessate da processi di sviluppo e di ristrutturazione produttiva.
Segnatamente, viene prorogata a tutto l’anno 2010 l’applicazione delle condizioni tariffarie agevolate per le forniture di energia elettrica di cui all'articolo 1, lettera c), del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25, alle condizioni in essere al 31 dicembre 2004.
Il decreto-legge in questione ("Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici"), all'articolo 1, ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2004, nell'ambito degli oneri generali del sistema elettrico[214], di cui all'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 ("Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica")[215], rientrano quelli inerenti all'applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica previste dalle disposizioni richiamate nell'articolo 2, punto 2.4, della Del.Aut.en.el. e gas 26 giugno 1997, n. 70/97, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 30 giugno 1997, e dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 19 dicembre 1995, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del 16 febbraio 1996.
Quanto al citato articolo 2, comma 2.4 della Del.Aut.en.el. e gas n. 70/97, si ricorda che esso prevede una tariffa “ridotta” per :
a) l’energia elettrica ceduta alle utenze sottese, nei limiti della loro spettanza a tale titolo;
b) l’energia elettrica ceduta dall’ENEL alle ferrovie dello Stato e alla società Terni e sue aventi causa, entro i limiti quantitativi previsti rispettivamente dall’art. 4, comma 2, D.P.R. n. 730 del 22 maggio 1963 e dall’art. 6 D.P.R. n. 1165 del 21 agosto 1963;
c) l’energia elettrica fornita ai comuni rivieraschi e destinata ad uso esclusivo di pubblici servizi, in sostituzione del sovracanone, a norma dell’art. 52 del R.D. 1775 dell’11 dicembre 1933 e degli artt. 1 e 3 della legge 959 del 1953, recante “Norme modificatrici del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici” [216].
Il D.M. 19 dicembre 1995, “Prezzi dell'energia elettrica per i settori industriali”, reca invece una nuova determinazione delle tariffe relative alle forniture di energia elettrica per la produzione di alluminio primario (le tariffe sono quelle multiorarie previste alle tabelle A-6 del provvedimento CIP n. 15 del 14 dicembre 1993).
Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un nuovo comma 11-bis, volto ad escludere dall'ambito di applicazione delle condizioni tariffarie di cui al precedente comma 11, la fornitura di energia elettrica alle Società del Gruppo Ferrovie dello Stato, mantenendo a loro favore, a tempo indeterminato, il regime tariffario già previsto dal DPR 730/63, alle condizioni esistenti alla data del 31 dicembre 2004. La disposizione in commento fa salvi eventuali adeguamenti del regime tariffario apportati sempre mediante la convenzione di cui all’art. 4 del citato DPR.
Si ricorda che ai sensi del citato comma 11 dell’articolo in commento, sono prorogate a tutto il 2010 le condizioni tariffarie agevolate per le forniture di energia elettrica di cui all'articolo 1, lettera c), del DL 25/03; fra queste ultime, come accennato, sono indicate quelle previste dalle disposizioni richiamate nell'articolo 2, punto 2.4, della Del.Aut.en.el. e gas 26 giugno 1997, n. 70/97, la quale, a sua volta, all’art. 2, comma 2.4, elenca fra le forniture a tariffa ridotta quelle "alle ferrovie dello Stato e alla società Terni e sue aventi causa, entro i limiti quantitativi previsti rispettivamente dall’art. 4, comma 2, D.P.R. n. 730 del 22 maggio 1963 e dall’art. 6 D.P.R. n. 1165 del 21 agosto 1963".
Lo speciale regime tariffario per le Ferrovie è definito dall'articolo 4 del DPR 22 maggio 1963, n 730 (“Norme relative al trasferimento all'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica delle attività elettriche esercitate direttamente dall'Amministrazione delle ferrovie dello Stato ed alla fornitura dell'energia alla stessa Amministrazione”) nel quale si dispone che il prezzo per le forniture in questione sia determinato da un'apposita convenzione da stipularsi fra "l'Amministrazione delle ferrovie dello Stato e l'ENEL", assumendo a riferimento l'incidenza di una serie di oneri (personale, manutenzione, ecc.) e i prezzi e condizioni contrattuali comunque in atto, per l'energia già ricevuta dall'Amministrazione delle ferrovie dello Stato dagli Enti nei quali l'Amministrazione stessa aveva partecipazione e per quella comunque acquistata.
Nella suddetta Convenzione, sempre secondo l'articolo 4 del DPR, deve essere anche stabilito il criterio per l'aggiornamento dei prezzi nella misura determinata dalla incidenza delle variazioni del costo della manodopera, dei nuovi oneri fiscali relativi alla produzione di energia elettrica e, per la parte di energia attualmente utilizzata di origine termica in Sicilia, della variazione del costo del combustibile.
Il successivo comma 12 prevede l’estensione, per il tramite di provvedimenti dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, delle condizioni tariffarie testé richiamate di cui al DM del 19 dicembre 1995 alle forniture di energia elettrica destinata alle produzioni dell’alluminio, piombo argento e zinco e ciclo cloro soda per gli impianti già esistenti (alla data di entrata in vigore del decreto legge) nel territorio della regione Sardegna e caratterizzati da alimentazione in alta tensione.
La disposizione precisa altresì che le citate condizioni tariffarie sono estese alle suddette forniture di energia elettrica facendo riferimento ai prezzi praticati per forniture analoghe sui mercati europei e vengono riconosciute a fronte della definizione di un protocollo d’intesa contenente impegni per il lungo periodo sottoscritto dalle parti con l’amministrazione della regione Sardegna ed i Ministeri interessati.
Il comma 13, modificato nel corso dell’esame al Senato, precisa che le condizioni tariffarie agevolate di cui ai commi 11 e 12 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2005 ( il testo originario indicava invece la data di entrata in vigore del decreto-legge).
L’aggiornamento delle condizioni tariffarie è demandato all'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che incrementa il valore nominale delle tariffe del 4 per cento all'anno, o in alternativa, qualora questo ultimo valore risulti più elevato, in misura pari all'incremento percentuale del prezzo medio dell'energia elettrica all'ingrosso registrato nelle principali borse dell'energia elettrica europee, segnatamente di Amsterdam e Francoforte (il testo originario del decreto legge faceva invece un più generico riferimento al prezzo registrato nelle borse “dell’Europa centrale”).
Allo scopo di ridurre i costi di fornitura dell'energia elettrica alle imprese e in generale ai clienti finali sfruttando risorse del bacino carbonifero del Sulcis, il comma 14 prevede che la Regione Sardegna, in coerenza con gli indirizzi e le priorità del sistema energetico regionale (integrazione, quest’ultima, introdotta nel corso dell’esame al Senato), dopo l'approvazione del piano energetico regionale, assegni, nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale ed ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica in data 24 gennaio 1994 (cfr oltre), una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica.
Con riferimento a disposizioni specifiche concernenti il territorio del Sulcis-Iglesiente, è opportuno evidenziare preliminarmente che già con il D.P.R. 28 gennaio 1994 era stata prevista l’attuazione di un piano di disinquinamento del territorio del Sulcis-Iglesiente, in base al quale (art. 1) ai fini dello sviluppo del bacino carbonifero del Sulcis era previsto l’affidamento, nel rispetto della normativa comunitaria e con le procedure del decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406, di una concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione, secondo i contenuti fissati in apposito allegato. L’articolo 2 del DPR aveva inoltre previsto che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto fosse stipulato un apposito accordo di programma, ai sensi dell'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, tra Presidenza del Consiglio dei Ministri e regione autonoma della Sardegna, provincia di Cagliari, comuni di Carbonia, Gonnesa e Portoscuso, ENEL S.p.A. sulla base di uno schema riportato in allegato. Ai sensi dell’articolo 3 la concessione doveva essere affidata a un soggetto individuato con gara aperta a soggetti di Paesi CEE e di altri Paesi ai sensi degli accordi GATT, secondo le procedure previste dal decreto legislativo 19 dicembre 1991, n. 406 o della normativa nazionale in vigore al momento del bando e comunque nel rispetto delle direttive CEE n. 89/440 e n. 93/37 e della decisione del Consiglio CEE n. 93/323. La scelta del contraente sarebbe dovuta avvenire sulla base del massimo ribasso sul prezzo di cessione dell'energia elettrica prodotta, mentre l’avvio della gara era previsto entro trenta giorni dalla stipula del citato accordo di programma.
Si ricorda che la concessione, a seguito di una gara internazionale è stata affidata, con convenzione sottoscritta il 4 ottobre 1996, ad una associazione temporanea di imprese (ATI-Sulcis) con mandataria l’Ansaldo Energia. Tuttavia, a seguito delle difficoltà di avvio del programma la legge n. 608/96, di conversione del DL n. 510/96, ha disposto la proroga al 31 gennaio 1998 della gestione temporanea delle miniere del Sulcis, affidata alla Carbosulcis S.p.A.,creata nel 1976 con il compito di gestire tutta la fase di estrazione del carbone. (Si segnala che le ulteriori proroghe della gestione temporanea delle miniere del Sulcis sono illustrate nella scheda di commento al successivo comma 14-bis, a cui, pertanto, si rinvia).
A seguito di una integrazione introdotta dal Senato, dopo il primo periodo del comma in esame è stato introdotto un periodo aggiuntivo diretto a precisare che al concessionario è assicurato l’acquisto da parte del Gestore della rete di trasmissione nazionale s.p.a. dell’energia elettrica prodotta ai prezzi e secondo le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1994.
A tale ultimo riguardo va posto in evidenza che il citato DPR 28 gennaio 1994 prevede il riconoscimento di incentivi economici - di cui all’allegato b) del medesimo decreto – per la cessione dell’energia elettrica prodotta dal concessionario con carbone Sulcis mediante “massificazione”. In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del DPR, “al concessionario è assicurato l'acquisto dell'energia elettrica prodotta ai prezzi indicati in allegato B”, mentre, ai sensi dell’articolo 10, comma 2, “l'utilizzo di carbone Sulcis, tramite gassificazione, in impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore è assimilato a fonte rinnovabile ed i prezzi di cessione all'ENEL dell'energia elettrica prodotta con tali impianti sono quelli riportati nell'allegato B” del decreto in oggetto (sulla conformità delle disposizioni in esame con quanto previsto dal suddetto DPR, cfr., oltre, il commento alla lettera b) del comma in esame, concernente gli elementi da prendere in considerazione ai fini della valutazione delle offerte per l’assegnazione della concessione integrata).
La regione Sardegna, che assicurerà anche la disponibilità delle aree e delle infrastrutture necessarie, assegnerà la concessione mediante procedure di gara entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto.
A seguito di una ulteriore integrazione introdotta dal Senato, dopo il terzo periodo del comma in esame è stato introdotto un periodo aggiuntivo in base al quale il Comitato di coordinamento, istituito ai sensi dell’articolo 2 del citato DPR 28 gennaio 1994, esercita funzioni di vigilanza e monitoraggio, fino all’entrata in esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica oggetto della concessione.
Si ricorda che il citato articolo 2 del DPR del 1994 ha disposto che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto fosse stipulato un apposito accordo di programma tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la regione autonoma della Sardegna, la provincia di Cagliari, i comuni di Carbonia, Gonnesa e Portoscuso, l’ENEL S.p.a., sulla base di uno schema riportato nell’apposito allegato C. Ai sensi del comma 2 dell’articolo citato, al comitato di coordinamento previsto dall'accordo di programma spetta il compito di provvedere alla predisposizione, all’affidamento e alla gestione della concessione.
In base al comma in esame, gli elementi da prendere in considerazione per la valutazione delle offerte ai fini dell'assegnazione della concessione, “previo esame dell’adeguatezza della struttura economica e finanziaria del progetto” (integrazione, quest’ultima, introdotta dal Senato), sono:
a) la massimizzazione del rendimento energetico complessivo degli impianti;
b) la minimizzazione delle emissioni con utilizzo di tecnologia idonea al contenimento delle polveri e degli inquinanti gassosi, in forma di gassificazione, ciclo supercritico o altro equivalente;
Si osserva, in proposito, come quanto previsto alla lettera b) in commento, ossia l’utilizzo alternativo di tecnologie di gassificazione, quali il ciclo supercritico o altro equivalente, non risulti conforme con quanto previsto dal citato DPR del 1994, il quale, come sopra accennato, vincolava il riconoscimento di incentivi econonomici - di cui all’allegato b) del medesimo decreto - alla cessione dell’energia elettrica prodotta dal concessionario con carbone Sulcis mediante “gassificazione”. Infatti, la dizione “ciclo supercritico” identifica tipologie di impianti termoelettrici a vapore tradizionali (con la sola caratteristica di utilizzo del vapore ad altissima temperatura e pressione: 600 c e 300 bar), diversi quindi dai sistemi di gassificazione del carbone; stesse considerazioni in merito all’espressione “altro equivalente”.
c) il contenimento dei tempi di esecuzione del progetto (la disposizione originaria, modificata dal Senato, faceva riferimento al contenimento dei tempi “dei lavori”);
d) la presentazione di un piano industriale per lo sfruttamento della miniera e la realizzazione e l'esercizio della centrale di produzione di energia elettrica, che preveda ricadute atte a promuovere lo sviluppo economico dell'area del Sulcis Iglesiente, avvalendosi della disponibilità di energia elettrica a costo ridotto per le imprese localizzate nell'Isola;
e) la definizione e promozione di un programma di attività finalizzato alle tecnologie di impiego del carbone ad emissione zero,ai sensi della legge 27 giugno 1985, n. 351("Norme per la riattivazione del bacino carbonifero del Sulcis").
Con riferimento alle disposizioni in oggetto si rileva, in via generale, l’opportunità di verificare se le stesse possano risolversi in una impropria sovrapposizione dello Stato alle competenze della Regione autonoma della Sardegna, posto che la concessione alla quale si riferisce la norma ha ad oggetto congiuntamente sia la gestione della miniera del Sulcis, sia la produzione di energia elettrica, ossia ambiti di competenza (afferenti in senso lato il “governo del territorio” e la “produzione dell’energia elettrica”) entrambi sottratti alla potestà legislativa esclusiva dello Stato e riservati, ai sensi del nuovo art. 117, co. 3 della Costituzione, alla competenza concorrente tra Stato e Regioni, ciò pur considerando che le materie in oggetto possano presentare profili di carattere orizzontale oggetto di competenza statale esclusiva, quali la tutela dell’ambiente, la tutela della concorrenza e la sicurezza pubblica.
A tale riguardo, si ricorda, sotto il profilo delle competenze amministrative, che, per quanto concerne l’attività di ricerca e coltivazione di minerali solidi, delle risorse geotermiche e dell’anidride carbonica, il D.Lgs. n. 112 del 1998, recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 ”, agli artt. 32-34, ha mantenuto allo Stato una serie di competenze riconducibili essenzialmente alle funzioni di indirizzo, di carattere tecnico e amministrativo (inventario delle risorse geotermiche del paese), di vigilanza e polizia (art. 33). Per quanto concerne il trasferimento di funzioni amministrative alle Regioni, tra queste si segnalano, in particolare (art. 34):
§ il rilascio di permessi di ricerca e coltivazione;
§ le funzioni di polizia mineraria su terraferma,
§ le funzioni di polizia mineraria relative alle risorse geotermiche su terraferma;
§ la concessione e l'erogazione di ausili finanziari previsti da leggi statali a favore sia dei titolari di permessi che delle aree interessate da processi di riconversione delle attività minerarie;
§ la determinazione delle tariffe, entro i limiti massimi fissati dallo Stato;
§ la determinazione dei canoni dovuti alle regioni dai titolari dei permessi entro i limiti massimi fissati dallo Stato.
Alle Regioni sono stati inoltre conferiti gli adempimenti concernenti la valutazione dell'impatto ambientale (VIA) dei progetti di ricerca e di coltivazione, a cui dovranno provvedere, sentiti i comuni interessati, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti, a decorrere dall’entrata in vigore delle leggi regionali in materia[217] .
Sotto il profilo legislativo, si ricorda, come accennato, che a seguito dell’entrata in vigore della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha novellato il Titolo V, parte seconda, della Costituzione, la materia relativa a cave e torbiere, non risulta enumerata tra quelle di esclusiva competenza legislativa statale, né tra quelle di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni; essa appare, dunque, in via residuale, di esclusiva competenza regionale, salvo non la si voglia ricondurre, più in generale, alla materia del “governo del territorio”, comunque riservata alla potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni (art. 117, co. 3, Cost.), spettando allo Stato la mera definizione dei principi generali della materia.
Per quanto concerne, invece, la costruzione di nuove centrali elettriche, si ricorda in particolare il D.L n. 7/2002, recante “ Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 9 aprile 2002, n. 55”, che ha introdotto, all’articolo 1-sexies, una semplificazione dei procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio delle reti nazionali di trasporto dell’energia. L’articolo citato è stato successivamente novellato dai commi 25-27 della legge n. 239/04, di riordino del settore energetico, la quale ha previsto un procedimento amministrativo unico per la costruzione e l’esercizio degli elettrodotti, da svolgersi entro il termine di 180 giorni dalla domanda, a seguito del quale è rilasciata - dal Ministero delle attività produttive, di concerto con il Ministero dell’ambiente, previa intesa con la regione o le regioni interessate - un’autorizzazione unica che sostituisce autorizzazioni, concessioni, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dall’ordinamento vigente, comprendendo altresì la dichiarazione di pubblica utilità e l’eventuale effetto di variante urbanistica.
Inoltre, ai sensi del comma 4-bis del citato articolo 1-sexies, in caso di mancata definizione dell'intesa con la Regione o le Regioni interessate, entro il termine stabilito per il rilascio dell’autorizzazione, lo Stato esercita il potere sostitutivo ai sensi dell’art. 120 Cost., nel rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. In tal caso la realizzazione delle relative opere viene autorizzata con DPR, su proposta del Ministro delle attività produttive, previo concerto con il Ministro dell’ambiente.
Alla luce della normativa richiamata, si rileva come la legge di riordino abbia delineato una riforma del settore energetico fondata sulla logica della leale collaborazione tra Stato, Regioni ed enti locali, definendo i compiti e le funzioni spettanti a ciascun livello di governo. Nell’identificazione di un preciso fondamento costituzionale per l’attribuzione delle competenze nel settore energetico al livello statale, assumono una peculiare valenza gli accordi, le intese e le altre forme di concertazione e di coordinamento orizzontale delle rispettive competenze tra i vari livelli di governo alle quali si è fatto ricorso dopo l’approvazione del nuovo titolo V.
In questa prospettiva si colloca peraltro anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia, posto che sia la sentenza n. 303 sia la n. 6 del 2004, chiariscono che lo spostamento verso l’alto delle competenze normative e amministrative in materie riservate alla potestà legislativa concorrente può avvenire solo in forza di una legge che oltre a dettare una disciplina idonea alla regolazione delle funzioni da trasferire, sia limitata a quanto strettamente indispensabile a tal fine (criterio della proporzionalità) e sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione .
Andrebbe pertanto verificato se entrambi tali requisiti sussistano nella norma in esame, considerato anche come il comma in oggetto rechi una indicazione apparentemente tassativa – e dunque particolarmente limitativa dell’autonomia della Regione - dei criteri alla stregua dei quali dovranno essere vagliate le offerte ai fini dell'attribuzione della concessione in parola (resa energetica degli impianti, riduzione delle emissioni, speditezza dei tempi di consegna, piano industriale idoneo a promuovere lo sviluppo economico dell'area del Sulcis Iglesiente, programma di utilizzo del carbone ad "emissione zero").
E’ opportuno inoltre ricordare che l’articolo 1, comma 1, della legge n. 239/04 di riordino del settore energetico, dopo aver specificato che “gli obiettivi e le linee della politica energetica nazionale, nonché i criteri generali per la sua attuazione a livello territoriale, sono elaborati e definiti dallo Stato che si avvale anche dei meccanismi di raccordo e di cooperazione con le autonomie regionali” previsti dalla legge, fa “salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità della presente legge ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione”.
Da ultimo, si rammenta come ai sensi dell’art. 1, comma 8, lettera a), n. 7 della legge medesima, “la definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell'energia elettrica e per l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica di potenza termica superiore ai 300 MW, è effettuata dallo Stato “sentita la Conferenza unificata e tenuto conto delle linee generali dei piani energetici regionali”.
In ordine alla formulazione della norma, si rileva come ai sensi del primo periodo del comma in esame l’assegnazione della suddetta concessione integrata debba essere effettuata “dopo” l’approvazione del piano energetico nazionale; il successivo terzo periodo – tenuto conto delle integrazioni disposte dal Senato – prevede inoltre che l’assegnazione della concessione mediante procedure di gara debba essere effettuata “entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legge”. Al riguardo, andrebbe chiarito se il termine indicato dalla norma abbia un carattere meramente ordinatorio o se, viceversa, debba intendersi venir meno l’obbligo di assegnare la concessione integrata alla scadenza del termine ovvero qualora il piano energetico regionale non fosse approvato entro un anno.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
La Commissione ha presentato, il 5 settembre 2003, una proposta di direttiva concernente le misure contro l’emissione di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l’emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli (versione rifusa) (COM(2003) 522).
La proposta di direttiva è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 9 marzo 2004, nell’ambito della procedura di codecisione.
Il 7 ottobre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo alla creazione di un registro europeo dei trasferimenti e dell’eliminazione degli inquinanti (PRTR Pollutant Release and Transfer Registers) (COM(2004) 634).
La proposta verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.
La Commissione ha preannunciato, nel suo programma di lavoro per il 2005, la presentazione di una strategia tematica sull’inquinamento dell’aria e una proposta di regolamento relativo alle misure contro l’inquinamento dell’aria dovuto alle emissioni dei veicoli a motore e che abroga la direttiva 70/220/CEE[218].
Articolo 11, comma 14-bis
(Miniera carbonifera del Sulcis)
14-bis. La gestione temporanea della miniera carboniferadel Sulcis, prevista a termine del comma 1 dell’articolo 57 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è prorogata fino alla presa in consegna delle strutture da parte del concessionario di cui al comma 14, e comunque non oltre il 31 dicembre 2006. Agli oneri derivanti dall’attuazione del presente comma, pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come rideterminata dalle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311, per 15 milioni di euro per l’anno 2005 e 15 milioni di euro per l’anno 2006. Conseguentemente, per l’anno 2005 il limite dei pagamenti indicato all’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge 30 dicembre 2004, n. 311 è ridotto di 15 milioni di euro.
Il nuovo comma 14-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, proroga la gestione temporanea delle miniere carbonifere del Sulcis fino alla presa in consegna delle strutture da parte del concessionario, di cui al precedente comma 14, e comunque non oltre il 31 dicembre 2006.
Si ricorda che il D.P.R. 28 gennaio 1994, intervenendo nel complesso di norme in cui si inserisce la questione dello sfruttamento del bacino carbonifero del Sulcis[219], ha previsto una procedura di affidamento di un'apposita concessione integrata per la gestione della miniera di carbone del Sulcis e la produzione di energia elettrica e cogenerazione di fluidi caldi mediante gassificazione. Lo specifico contenuto della concessione medesima è oggetto dell'allegato A al decreto.
Come già segnalato nella scheda di commento al precedente comma 14 dell’art. 11, la concessione, a seguito di una gara internazionale è stata affidata, con convenzione sottoscritta il 4 ottobre 1996, ad una associazione temporanea di imprese (ATI-Sulcis) con mandataria l’Ansaldo Energia. Tuttavia, a seguito delle difficoltà di avvio del programma la legge 608/96, di conversione del DL 510/96, ha disposto la proroga al 31 gennaio 1998 della gestione temporanea delle miniere del Sulcis, affidata alla Carbosulcis S.p.A.,creata nel 1976 con il compito di gestire tutta la fase di estrazione del carbone.
Il termine ultimo per la gestione temporanea delle miniere del Sulcis è stato poi fissato dall’articolo 57 della legge n. 449/97 – cui rinvia la disposizione in commento - recante disposizioni in ordine alla durata e alle agevolazioni a favore della gestione temporanea delle miniere del Sulcis affidata alla Carbosulcis S.p.A., al 31 dicembre 1998. Il comma 1 dello stesso articolo 57ha disposto che nel periodo di proroga della gestione temporanea, le agevolazioni finanziarie di cui al comma 3 dell'art. 8 del DPR 28 gennaio 1994 (185 miliardi di lire, concessi secondo le modalità fissate dalla delibera CIPI 22 aprile 1993) potessero essere destinate - nel limite di 25 miliardi - alla Carbosulcis S.p.A., per la suddetta gestione temporanea. Il comma 3dell'art. 57ha demandato a un decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro dell'industria, la definizione, previa formale rinuncia da parte del concessionario, delle modalità per il trasferimento delle risorse di cui al comma 2 e di quelle per l'utilizzo e la rendicontazione delle stesse.
Il predetto termine per la gestione temporanea è stato ulteriormente prorogato da successive disposizioni[220] e da ultimo differito al fino al 31 dicembre 2004 dall’art. 4, comma 174, dellaleggen. 350 del 24 dicembre 2003 (legge finanziaria 2004).
Quanto, poi, alle risorse finanziarie da destinare alla Carbosulcis, di cui al comma 2 dello stesso articolo 57, l’art. 4, comma 175 della finanziaria 2004, ne ha disposto una integrazione con una somma pari a 25 milioni di euro a valere sull'accantonamento di 95 milioni di euro (185 mld.) di cui all'art. 8, comma 3, del DPR 28 gennaio 1994, precedentemente illustrato, rinviando per le modalità di erogazione della somma indicata al comma 3 del citato art. 57.
La copertura finanziaria degli oneri inerenti l'applicazione del comma in oggetto, pari a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all'articolo 61, comma 1, della legge n. 289/2002, come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).
Per quanto riguarda le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005 e anni successivi, si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
A seguito della predetta riduzione, il limite dei pagamenti per l’anno 2005, indicato dall’art. 1, co. 15, lett. a) della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/04) viene ridotto di 15 milioni di euro (cfr., al riguardo, la scheda di lettura del precedente comma 10).
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 16 marzo 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora in relazione ad alcuni profili concernenti l’inquinamento del Sulcis.
14-ter. Le attività di produzione e di commercializzazione dei tabacchi lavorati, nonché quelle di trasformazione del tabacco greggio, con esclusione delle attività di commercializzazione al minuto si intendono non più riservate o comunque attribuite all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ovvero all’Ente di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 9 luglio 1998, n. 283, e la fabbricazione e trasformazione di tali prodotti può essere effettuata nei depositi fiscali autorizzati dalla predetta amministrazione.
Il comma 14-terdell’articolo 11, aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede che le attività di produzione e di commercializzazione dei tabacchi lavorati e quelle di trasformazione del tabacco greggio s’intendono non più riservate o comunque attribuite all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ovvero all’Ente di cui all’articolo 1 del d.lgs. 9 luglio 1998, n. 283.
Il richiamato articolo 1 del d.lgs. n. 283 del 1998 ha istituito l'Ente tabacchi italiani, ente pubblico economico, con sede in Roma. All'Ente sono state conferite, dalla data di insediamento del consiglio di amministrazione di cui all'articolo 2, le attività produttive e commerciali già riservate o comunque attribuite all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con esclusione delle attività inerenti al lotto ed alle lotterie. Restano riservate allo Stato le funzioni e le attività di interesse generale già affidate o conferite per effetto di disposizioni di legge all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
L'attività dell'Ente è disciplinata, salvo che sia disposto diversamente con legge, dal codice civile e dalle altre leggi relative alle persone giuridiche private. L'Ente può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ed è sottoposto all'alta vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze, che detta gli indirizzi programmatici. Il comma 6 dello stesso articolo 1 ha disposto la trasformazione dell'Ente in una o più società per azioni. L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è stata autorizzata a dare in concessione, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, attività e servizi di natura industriale e commerciale strumentali rispetto alle attività esercitate. Ai sensi dell’articolo 3, l'Ente è divenuto titolare dei rapporti attivi e passivi, nonché dei diritti e dei beni afferenti alle attività produttive e commerciali già attribuite all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
L’Ente è stato poi trasformato in società per azioni e, da ultimo, incorporato nella British American Tobacco Italia SpA (BAT Italia SpA), mutando conseguentemente la propria denominazione sociale.
Vengono tuttavia escluse dall’ambito dell’intervento normativo le attività di commercializzazione al minuto.
La disposizione in esame prevede poi che la fabbricazione e trasformazione dei prodotti del tabacco può essere effettuata nei depositi fiscali autorizzati dalla predetta amministrazione.
Al riguardo, si ricorda che il D.M. 22 febbraio 1999, n. 67 reca il regolamento recante norme concernenti l'istituzione e il regime dei depositi fiscali e la circolazione nonché le attività di accertamento e di controllo delle imposte riguardanti i tabacchi lavorati.
Considerato infatti che le attività trasferite all'Ente tabacchi italiani, concernenti la produzione, distribuzione e vendita dei tabacchi lavorati, devono essere assoggettate alla vigilanza e al controllo fiscale da parte dell'Amministrazione finanziaria e considerato che alla medesima vigilanza e controllo devono essere assoggettate le attività di distribuzione e vendita di tabacchi lavorati che possono essere esercitate da altri soggetti privati nel territorio della Repubblica italiana, il regolamento disciplina i depositi fiscali e la circolazione dei tabacchi lavorati di cui all'articolo 2 della legge 7 marzo 1985, n. 76, nonché i poteri di accertamento e di controllo dell'accisa sui tabacchi lavorati da parte dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
In particolare, s’intende per «deposito fiscale» l'impianto in cui vengono fabbricati e trasformati dai soggetti abilitati per legge nonché detenuti, ricevuti o spediti tabacchi lavorati sottoposti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa; per «depositario autorizzato», il soggetto titolare e responsabile della gestione del deposito fiscale.
Il soggetto che intende istituire un deposito fiscale di tabacchi lavorati presenta, in doppio esemplare, all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato una domanda recante:
a) la denominazione della società o della ditta, la sede legale, il numero partita I.V.A., il numero di codice fiscale e le generalità complete del legale rappresentante;
b) le generalità complete delle persone eventualmente delegate alla gestione del deposito fiscale;
c) il comune, la via ed il numero civico o la località in cui si intende istituire il deposito fiscale;
d) le caratteristiche dei sistemi di sicurezza antintrusione dell'impianto;
e) le marche di tabacchi lavorati iscritte nella tariffa di vendita al pubblico ai sensi della legge 13 luglio 1965, n. 825, che si intendono detenere nell'impianto;
f) la quantità massima di tabacchi lavorati che in qualsiasi momento può essere detenuta nell'impianto.
Il legale rappresentante del depositario autorizzato e le persone eventualmente delegate alla gestione del deposito fiscale devono:
a) non aver subìto provvedimenti restrittivi della libertà personale per procedimenti penali in corso per reati finanziari;
b) non essere stati rinviati a giudizio per reati finanziari in processi ancora da celebrarsi;
c) non aver riportato condanne per reati di cui alla lettera b);
d) non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura od entità, alle disposizioni che disciplinano l'accisa e l'imposta sul valore aggiunto;
e) non essere sottoposti a procedure fallimentari, di concordato preventivo, di amministrazione controllata, né trovarsi in stato di liquidazione;
f) non aver riportato sanzioni definite in via amministrativa per reati di contrabbando;
g) non trovarsi in una delle fattispecie previste dall'articolo 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, così come sostituito dall'articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16.
L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, accertato il possesso dei requisiti soggettivi, entro trenta giorni dal ricevimento della domanda, procede alla verifica tecnica dei locali del deposito fiscale per accertarne la conformità alle caratteristiche stabilite con decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
La verifica tecnica è altresì finalizzata:
a) al controllo del regolare funzionamento dei sistemi di gestione informatizzata e di elaborazione dei dati rilevanti ai fini fiscali;
b) all'accertamento della capacità massima di stoccaggio dei tabacchi lavorati dichiarata nella domanda;
c) all'individuazione dei locali e delle attrezzature per l'espletamento della vigilanza fiscale permanente.
Entro quindici giorni dal termine della verifica, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ne comunica l'esito al soggetto che ha presentato la domanda col provvedimento espresso di diniego dell'autorizzazione ovvero di accoglimento della stessa, indicando, in quest'ultimo caso, le eventuali prescrizioni per adeguare le caratteristiche dell'impianto a quelle stabilite.
Con riguardo al regime del deposito fiscale e del depositario autorizzato, le materie prime, i prodotti semilavorati e finiti sono custoditi, introdotti ed estratti sotto la responsabilità esclusiva del depositario autorizzato. Nel caso di prodotti semilavorati e finiti non comunitari o di prodotti destinati ad essere esportati, l'introduzione o l'estrazione avviene con l'osservanza delle relative disposizioni doganali.
Presso i depositi fiscali assoggettati alla vigilanza permanente, i tabacchi lavorati sono accertati all'atto della produzione, ricevimento e spedizione in regime sospensivo o immissione al consumo per quantità e qualità a cura del personale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato addetto a tale vigilanza, in contraddittorio con il depositario autorizzato. I tabacchi lavorati fabbricati o introdotti giornalmente, accertati quantitativamente, sono presi in carico dal depositario autorizzato per le successive operazioni di estrazione per l'immissione in consumo o spedizione in regime sospensivo.
L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può disporre interventi da parte dei dipendenti uffici con il prelievo di campioni per controllare, anche a fini diversi da quelli fiscali, l'osservanza di disposizioni nazionali o comunitarie. Il prelievo di campioni di tabacchi lavorati al fine della verifica dei contenuti di nicotina e condensato nel fumo è effettuata per i quantitativi previsti dal metodo di campionamento della norma ISO 8243. Per ciascuna operazione di vendita il depositario autorizzato emette, in duplice esemplare, bolletta di vendita. Un esemplare è conservato agli atti del deposito fiscale e l'altro accompagna la merce ed è consegnato alla rivendita di generi di monopolio destinataria.
Articolo 11-bis
(Sanzioni irrogate dall’Autorità
per l’energia e il gas)
1. Alle sanzioni previste dalla legge 14 novembre 1995 n. 481 articolo 2, comma 20, non si applica quanto previsto dall’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. L’ammontare riveniente dal pagamento delle sanzioni irrogate dall’autorità per l’energia elettrica e il gas è destinato ad un fondo per il finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori, di tipo reintegratorio o di risarcimento forfetario dei danni subiti. Le modalità di organizzazione e funzionamento del fondo nonché di erogazione delle relative risorse sono stabilite con regolamento a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, e successive modificazioni, sentite le competenti Commissioni parlamentari.
L’articolo 11-bis, aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, prevede la non applicabilità del meccanismo del pagamento in misura ridotta, a titolo di oblazione, contemplato dall’art. 16 della legge n. 689/81 (Modifiche al sistema penale), alle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas.
La legge 481 del 14 novembre 1995 all’art. 2, comma 20, alla lett. c) riconosce all’Autorità citata, tra gli altri, il potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie - non inferiori nel minimo a lire 50 milioni e non superiori nel massimo a lire 300 miliardi - in caso di inosservanza dei propri provvedimenti e ferme restando le sanzioni di natura penale quando i fatti costituiscono reato penale. Le sanzioni amministrative sono irrogate anche nel caso in cui i soggetti esercenti il servizio di pubblica utilità non ottemperino alle richieste di informazioni o di effettuazione dei controlli, o anche in caso di informazioni e di documenti acquisiti non veritieri.
L’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689 regola la facoltà di accedere al pagamento in misura ridotta – da esercitarsi entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione – mediante corresponsione di una somma pari ad un terzo del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, oppure - nel caso in cui risulti più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale -pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento.
Il secondo periodo dell’articolo in commento individua una specifica finalizzazione delle somme derivanti dal pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, stabilendo che esse vadano ad alimentare un apposito fondo destinato al finanziamento di iniziative a vantaggio dei consumatori. Come viene precisato nella disposizione, le iniziative finanziate dal fondo consistono in una reintegrazione ovvero in un risarcimento forfetario dei danni subiti.
Il fondo sarà organizzato e funzionerà secondo modalità stabilite da un regolamento, da emanarsi a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988 e successive modificazioni[221], sentite le competenti Commissioni parlamentari. Lo stesso regolamento provvederà a definire, altresì, le modalità di erogazione delle risorse del fondo.
Si ricorda che un regime analogo di utilizzo di proventi di sanzioni amministrative pecuniarie per iniziative a favore dei consumatori è attualmente previsto dall’’art 148 della legge 22 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria per l'anno 2001), con specifico riferimento alle sanzioni irrogate dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato.
1. All’articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 4-quater, i primi due periodi sono sostituiti dai seguenti: “Fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) ad e), che incrementano, in ciascuno dei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, il numero di lavoratori dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato, rispetto al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d’imposta precedente, è deducibile il costo del predetto personale per un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ciascun nuovo dipendente assunto, e nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile. La suddetta deduzione decade se nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, il numero dei lavoratori dipendenti risulta inferiore o pari rispetto al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati in tale periodo d’imposta; la deduzione spettante compete in ogni caso per ciascun periodo d’imposta a partire da quello di assunzione e fino a quello in corso al 31 dicembre 2008, sempreché permanga il medesimo rapporto di impiego“;
b) il comma 4-quinquies, è sostituito dal seguente:
“4-quinquies. Per i quattro periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, fermo restando il rispetto del regolamento (CE) n. 2204/ 2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, l’importo deducibile determinato ai sensi del comma 4-quater è quintuplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera a), e triplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006 e da quella che verrà approvata per il successivo periodo“.
omissis
4. Le disposizioni del comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui interviene l’approvazione da parte della Comunità europea ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Il comma 1 dell’articolo 11-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, reca disposizioni relative alla deducibilità, ai fini dell’IRAP, dei costi sostenuti dalle imprese per il personale aggiuntivo.
Le disposizioni contenute all’articolo 11-ter riproducono quelle contenute nell’articolo 13 del disegno di legge d’iniziativa governativa recante il Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, presentato alla Camera dei deputati (A.C. 5736).
Normativa vigente
La materia è stata disciplinata dalla legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), che, con l’articolo 1, comma 347, lettera d), ha introdotto i nuovi commi 4-quater e 4-quinquies nell'articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997, istitutivo dell’IRAP.
In particolare il comma 4-quater prevede che, per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettere da a) a e), del D.Lgs. n. 446 del 1997[222], i quali incrementino il numero dei dipendenti assunti con contratto a tempo indeterminato rispetto a quelli – parimenti assunti a tempo indeterminato – mediamente occupati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, sia deducibile un importo annuale non superiore a 20.000 euro per ogni nuovo dipendente assunto, nel limite dell’incremento complessivo del costo del personale classificabile nell’articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile (che concerne i costi della produzione per il personale e gli oneri diversi di gestione classificati nel conto economico).
Per il computo dell'incremento occupazionale rispetto al quale è possibile applicare la deduzione, occorre considerare la media degli incrementi di personale realizzatisi nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, in quanto tale valore è individuato come l’incremento massimo agevolabile nei periodi d’imposta successivi.
La norma detta quindi una serie di disposizioni dirette a specificare i criteri da utilizzare per il calcolo dell'incremento dei lavoratori dipendenti occupati ai fini dell'applicazione dell'agevolazione.
In particolare, il terzo periodo del nuovo comma 4-quater prevede che l'incremento occupazionale dev’essere considerato al netto delle diminuzioni verificatesi in società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile[223] o facenti capo, anche per interposta persona, allo stesso soggetto.
I periodi dal quarto al sesto dettano disposizioni specifiche per i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 446 del 1997 (cioè enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali ex articolo 73, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 917 del 1986). Per tali soggetti il computo della base occupazionale va effettuato con riferimento soltanto al personale dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato impiegato nell’attività commerciale, e la deduzione spetta soltanto con riferimento all’incremento dei lavoratori utilizzati nell’esercizio di tale attività.
In presenza di lavoratori impiegati anche nell’esercizio dell’attività istituzionale occorre considerare – sia per l’individuazione della base occupazionale di riferimento e del suo incremento, sia per la deducibilità del costo – il solo personale con contratto a tempo indeterminato riferibile all’attività commerciale, individuato in base al rapporto di cui all’articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 446 del 1997.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, sopra citato, in presenza di soggetti che esercitano anche attività commerciali, la base imponibile relativa a queste è determinata secondo la disposizione dell'articolo 5 dello stesso decreto computando i costi deducibili non specificamente riferibili alle attività commerciali, per un importo corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi considerati dalle predette disposizioni e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.
Non viene considerato utile per il calcolo degli incrementi occupazionali l'eventuale trasferimento di personale dall’attività istituzionale all’attività commerciale.
Vengono infine prese in considerazione le ipotesi di incremento occupazionale relative ad imprese di nuova costituzione e ad imprese subentranti ad altre nella gestione di un servizio pubblico (settimo e ottavo periodo):
§ nel primo caso vengono esclusi dal computo gli incrementi occupazionali che derivano dallo svolgimento di attività che assorbono (anche parzialmente) attività già svolte da imprese giuridicamente preesistenti, ad esclusione delle attività sottoposte a limite numerico o di superficie;
§ nel secondo caso è deducibile solo il costo dei lavoratori aggiuntivi rispetto a quelli dell'impresa sostituita.
Il successivo comma 4-quinquies è diretto a consentire di raddoppiare l'importo deducibile relativo ai costi sostenuti dalle imprese per il personale incrementale nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord.
Per l'individuazione delle aree ove applicare il raddoppio della deduzione, la norma fa riferimento alle aree che possono venire ammesse a fruire delle deroghe previste dall'articolo 87, paragrafo 3, lettere a) e c), del Trattato UE.
Il Trattato che istituisce la Comunità europea vieta gli aiuti di Stato alle imprese in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza.
In particolare, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato sono ritenuti "incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".
Rispetto a tale divieto generale posto dall’articolo 87, sono tuttavia ammesse alcune deroghe, di pieno diritto (paragrafo 2) ovvero deroghe eventuali (paragrafo 3). Queste ultime possono riguardare: regioni in ritardo di sviluppo (lett. a), progetti di interesse comune o situazioni di grave turbamento nell’economia di uno Stato membro (lett. b), sviluppo di talune attività o regioni (lett. c), promozione della cultura e conservazione del patrimonio (lett. d).
In particolare, le disposizioni di cui all'articolo 87, paragrafo 3, lettera a) e lettera c) individuano i cosiddetti aiuti di Stato a finalità regionale.
Come è rilevato negli Orientamenti comunitari (Comunicazione della Commissione 98/C 74/06 del 10 marzo 1998), gli aiuti a finalità regionale si distinguono dalle altre categorie degli aiuti pubblici perché sono riservati ad alcune aree territoriali particolari e hanno come obiettivo specifico il loro sviluppo.
In particolare, possono essere considerati ammissibili (paragrafo 3):
lett. a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione;
lett. c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.
Per quanto riguarda l'articolo 87, paragrafo 3, lettera a), la deroga si applica a regioni del livello II della NUTS con un prodotto interno lordo (PIL) pro capite calcolato in standard di potere d'acquisto inferiore al 75% della media UE. Si tratta, quindi, di regioni svantaggiate rispetto alla media europea.
L’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), copre invece gli aiuti destinati ad altri tipi di aree in difficoltà che risultano svantaggiate rispetto alla media nazionale. L'elenco delle zone del livello III della NUTS che possono beneficiare di tale deroga è stabilito dalla Commissione su proposta degli Stati membri i quali possono giustificare tale proposta in base a criteri nazionali.
Per il periodo di programmazione 2000-2006 gli Stati membri hanno negoziato con la Comunità la Carta degli aiuti a finalità regionale, che comprende, da un lato, le regioni o aree ammesse a beneficiare delle deroghe in questione e, dall’altro, i massimali di intensità di aiuti.
Per quanto riguarda l’Italia, con decisione della Commissione del 13 marzo 2000è stata approvata la Carta degli aiuti relativa alle regioni meridionali (Basilicata, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia) ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.a) (coincidenti con le aree obiettivo 1 dei fondi strutturali), e con decisione del 20 settembre 2000 è stata approvata la Carta relativa alle aree ammesse alla deroga di cui all’art. 87.3.c).
Mentre l’intero territorio delle regioni meridionali è ammissibile agli aiuti di Stato a finalità regionale, le aree 87.3.c) comprendono parti del territorio delle regioni del Centro-Nord, oltre che l’Abruzzo e il Molise.
Infine il comma 348 della legge finanziaria per il 2005 dispone che l’applicazione delle disposizioni introdotte dal precedente comma 347 decorra dal periodo d'imposta successivo al 31 dicembre 2004. Fa eccezione la disposizione relativa alla deduzione dei costi sostenuti dalle imprese per l’incremento del personale (lett. d) del comma 347), che potrà essere applicata dal periodo d’imposta in cui interverrà l’approvazione da parte della Commissione europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
In proposito, si ricorda che l’efficacia dei i progetti diretti a istituire o modificare aiuti di Stato è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, in base al quale tali progetti devono essere comunicati in tempo utile alla Commissione europea. Lo Stato membro non può dare attuazione a tali progetti prima che sia stata adottata una decisione finale di approvazione.
Contenuto
La lettera a) del comma 1 dell’articolo 11-ter sostituisce i primi due periodi del comma 4-quater dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997.
Rispetto al testo introdotto dalla legge finanziaria per il 2005, la deducibilità di 20.000 euro annuali per ciascun dipendente assunto a tempo indeterminato viene limitata fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2008 (il testo vigente non ìndica alcun riferimento temporale).
Per la determinazione dell’incremento del numero dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato si deve fare riferimento, nei tre periodi d’imposta successivi al 31 dicembre 2004, al numero dei lavoratori assunti con il medesimo contratto mediamente occupati nel periodo d'imposta precedente (e non più a quelli mediamente occupati nel periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2004).
Viene ribadito il limite della deducibilità per i costi relativi al personale classificabili nel conto economico tra i costi della produzione per il personale e gli oneri diversi di gestione (articolo 2425, primo comma, lettera B), numeri 9) e 14), del codice civile).
Si prevede inoltre la decadenza dalla suddetta deduzione se, nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, il numero dei lavoratori dipendenti risulta inferiore o pari rispetto al numero degli stessi lavoratori mediamente occupati in tale periodo d'imposta; la deduzione spettante compete in ogni caso per ciascun periodo d'imposta a partire da quello di assunzione e fino a quello in corso al 31 dicembre 2008, sempreché permanga il medesimo rapporto di impiego.
Il secondo periodo del comma 4-quater nel testo vigente specifica invece che rilevano gli incrementi del predetto personale nei tre periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004; la media dell'incremento occupazionale raggiunto nei predetti periodi di imposta costituisce l'incremento massimo agevolabile nei periodi d'imposta successivi.
La lettera b) del comma 1 dell’articolo 11-ter sostituisce il comma 4-quinquies dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997, stabilendo che, per i quattro periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004, l’importo deducibile di 20.000 euro annuali per ciascun dipendente assunto a tempo indeterminato è quintuplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera a) (aree del Mezzogiorno), e triplicato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall'articolo 87, paragrafo 3, lettera c) (aree del Centro-nord), del Trattato che istituisce la Comunità europea, individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale per il periodo 2000-2006, approvata con decisione della Commissione CE del 20 settembre 2000, e da quella che verrà approvata per il successivo periodo.
Tali maggiori deduzioni sono fruibili nel rispetto del regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione, del 5 dicembre 2002, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato a favore dell'occupazione.
Infine, il comma 4, analogamente a quanto già previsto dal comma 348 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), prevede che le disposizioni del comma 1 si applicano a decorrere dal periodo di imposta in cui interviene l'approvazione da parte della Comunità europea ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 17 marzo 2005 l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia delle Comunità europee, Jacobs, ha depositato le proprie conclusioni relative alla causa[224], sollevata in via pregiudiziale innanzi alla Corte, sulla compatibilità dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) con il divieto comunitario di imposte sulle cifre d’affari diverse dall’IVA.
In particolare, l’Avvocato generale osserva che l’IRAP presenta tutte le caratteristiche essenziali dell’IVA, ovvero:
§ si applica in modo generale alle cessioni di beni o di servizi;
§ è proporzionale al prezzo di tali beni o servizi, qualunque sia il numero di operazioni intervenute;
§ è applicata ad ogni fase del processo di produzione e di distribuzione;
§ grava sul valore aggiunto ai beni e/o ai servizi di cui trattasi.
La presenza delle quattro caratteristiche essenziali dell’IVA è, ad avviso dell’Avvocato generale, condizione necessaria e sufficiente perché un’imposta sia vietata ai sensi dell’art. 33 della sesta direttiva IVA[225]. L’IRAP sarebbe pertanto incompatibile con il diritto comunitario e, secondo una giurisprudenza costante, i contribuenti avrebbero il diritto di ottenere il rimborso di tributi nazionali riscossi in violazione del diritto comunitario. Ad avviso dell’Avvocato generale esisterebbero tuttavia una serie di ragioni per limitare gli effetti nel tempo di una declaratoria di incompatibilità dell’IRAP con il diritto comunitario.
Nel corso del dibattimento, il Governo italiano ha evidenziato, in primo luogo, il fatto che la normativa relativa all’IRAP è stata notificata in forma di progetto alla Commissione europea, la quale, in una risposta del 10 marzo 1997, rilevava come essa apparisse non incompatibile con la normativa comunitaria applicabile nel settore dell’imposta sul valore aggiunto. In secondo luogo, ha fatto valere le enormi somme potenzialmente implicate nei ricorsi per il rimborso di quella che è attualmente la principale se non l’unica fonte di entrate per le Regioni, nonché i gravi effetti che l’accoglimento di tali ricorsi avrebbe sul finanziamento delle Regioni medesime.
2. Al maggior onere derivante dall’attuazione del comma 1, lettera b), valutato in 15 milioni di euro per l’anno 2005, 183 milioni di euro per l’anno 2006, 282 milioni di euro per l’anno 2007 e 366 milioni di euro per l’anno 2008, si provvede mediante utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002 n. 289. A tale fine sono ridotte di pari importo, per gli anni 2005 e 2006, le risorse disponibili già preordinate, con le delibere CIPE n. 16 del 9 maggio 2003 e n. 19 del 29 settembre 2004, pubblicate, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 156 dell’8 luglio 2003 e n. 254 del 28 ottobre 2004, al finanziamento degli interventi per l’attribuzione di un ulteriore contributo per le assunzioni di cui all’articolo 7 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e per gli anni 2007 e 2008 mediante utilizzo della medesima autorizzazione di spesa come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge 30 dicembre 2004, n. 311. L’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’allegato 1 della citata legge n. 289 del 2002, è esteso agli interventi di intensificazione dei benefici previsti dall’articolo 11, comma 4-quinquies del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446. Resta fermo quanto disposto dall’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
3. Gli oneri derivanti dal comma 1, lettera b), sono soggetti a monitoraggio ai sensi del decreto-legge 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 ottobre 2002, n. 246. In caso di accertamento di livelli effettivi di minor gettito superiori a quelli previsti, lo scostamento, è recuperato a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, nelle more dell’applicazione dell’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Il CIPE conseguentemente provvede alla eventuale rideterminazione degli interventi sulla base delle risorse disponibili anche con la modificazione di delibere già adottate.
Il comma 2 dell’articolo in esame quantifica gli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 1, lettera b) (intensificazione della deduzione ai fini IRAP dei costi relativi a nuove assunzioni nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord), valutati in 15 milioni di euro per l’anno 2005, 183 milioni di euro per l’anno 2006, 282 milioni di euro per l’anno 2007 e 366 milioni di euro per l’anno 2008, e pone la relativa copertura finanziaria a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003).
Più in particolare:
- per quanto concerne gli oneri relativi agli anni 2005 e 2006, pari, rispettivamente, a 15 e a 183 milioni di euro, si provvede mediante riduzione di pari importo delle risorse disponibili già preordinate, con le delibere CIPE n. 16 del 9 maggio 2003 e n. 19 del 29 settembre 2004, al finanziamento degli interventi per l’attribuzione del credito d’imposta per le nuove assunzioni, di cui all’articolo 7 della legge n. 388/2000.
Sulla base delle ripartizioni effettuate dal CIPE con le citate delibere, al credito d’imposta per l’occupazione sono state assegnate, per gli anni 2005 e 2006, le seguenti risorse:
|
Credito d’imposta per l’occupazione |
2005 |
2006 |
|
- CIPE n. 16/2003 - CIPE n. 19/2004 |
975 -- |
-- 850 |
|
Disponibilità credito di imposta per l’occupazione |
435 (a) |
1.390 (b) |
(a) Lo stanziamento del bilancio a legislazione vigente per il 2005, pari a 975 milioni di euro, come determinato dalla delibera CIPE n. 16/2003, è stato rideterminato in 435 milioni per effetto della rimodulazione operata dalla Tabella F della legge finanziaria per il 2005, che ha posticipato 540 milioni di euro dal 2005 al 2006.
(b) Lo stanziamento di bilancio previsto per il 2006 è pari a 1.390 milioni di euro: oltre alle risorse assegnate dal CIPE con la delibera n. 19/2004 (850 milioni di euro) occorre considerare l’effetto della rimodulazione operata dalla Tabella F della legge finanziaria per il 2005, che ha posticipato dal 2005 al 2006 l’importo di 540 milioni di euro.
- per quanto riguarda gli oneri relativi agli anni 2007 e 2008, pari, rispettivamente, a 282 e a 366 milioni di euro, si provvede mediante utilizzo dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge n. 289/2002, come rideterminata ai sensi delle tabelle D e F della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
Per effetto delle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2005, sia nelle Tabelle D e F che nell’articolato, il Fondo per le aree sottoutilizzate, nel suo complesso, risulta avere le seguenti disponibilità (dati in miglioria di euro):
|
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
|
BLV |
4.904.116 |
8.559.900 |
2.700.000 |
- |
|
Articolato (co. 361) |
-55.000 |
-100.000 |
-100.000 |
- |
|
Articolato (co. 524) |
+2.000 |
- |
- |
- |
|
Tabella D |
+68.000 |
+48.000 |
+7.728.000 |
- |
|
Tabella F |
-1.950.000 |
-1.300.000 |
-3.550.000 |
+6.800.000 |
|
Disponibilità |
2.969.116 |
7.207.900 |
6.778.000 |
6.800.000 |
Nel fondo confluiscono altresì le risorse relative alla legge n. 64/1986 (Intervento straordinario nel Mezzogiorno), che risultano pari a 474,7 milioni di euro per il 2005, a 400 milioni di euro per il 2006 e a 100 milioni di euro per il 2007[226].
Le dotazioni del Fondo per le aree sottoutilizzate, come determinate dalla legge finanziaria per il 2005, risultano peraltro oggetto di riduzioni previste a copertura delle seguenti disposizioni del decreto-legge in esame:
- articolo 8-bis, che dispone finanziamenti aggiuntivi per i Giochi olimpici invernali “Torino 2006”, prevedendo una riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per le aree sottoutilizzate nella misura di 10 milioni per il 2005, 10 milioni per il 2006 e 30 milioni per il 2007;
- articolo 11, comma 10, che dispone, a copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’estensione dell’ambito territoriale di applicazione degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale, una riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate per 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, per 85 milioni per il 2007 e per 65 milioni per il 2008;
- articolo 11, comma 14-bis che, in relazione alla proroga della gestione temporanea delle miniere carbonifere del Sulcis, dispone una riduzione del Fondo per 15 milioni sia per il 2005 che per il 2006;
- articolo 11-ter, comma 2 (la disposizione in esame), che, in relazione all’incremento della deduzione ai fini IRAP dei costi relativi a nuove assunzioni nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord, dispone una riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate di 15 milioni di euro per il 2005 e 183 milioni di euro per il 2006 a valere sulle risorse già attribuite al credito di imposta per le nuove assunzioni e una riduzione di 282 milioni di euro per il 2007 e di 166 milioni di euro per il 2008 a valere sulle restanti disponibilità del Fondo;
- articolo 11-ter, comma 5, che novella il comma 361 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005, concernente la copertura degli oneri relativi al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, nel senso di ridurre di ulteriori 100 milioni di euro le disponibilità del Fondo per l’anno 2008.
Conseguentemente il quadro finanziario delle disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate, a seguito delle riduzioni disposte dal decreto-legge in esame può essere così sintetizzato (dati in migliaia di euro):
|
L. 289/2002, art. 61, co. 1 – Fondo per le aree sottoutilizzate (U.P.B. 4.2.3.27 - cap. 7576/p) |
||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
|
Disponibilità 1.1.2005 |
2.969.116 |
7.207.900 |
6.778.000 |
6.800.000 |
|
Art. 8-bis |
-10.000 |
-10.000 |
0 |
0 |
|
Art. 11, co. 10 |
-50.000 |
-50.000 |
-85.000 |
-65.000 |
|
Art. 11, co. 14-bis |
-15.000 |
-15.000 |
0 |
0 |
|
Art. 11-ter, co. 2 |
-15.000 |
-183.000 |
-282.000 |
-366.000 |
|
Art. 11-ter, co. 5 |
0 |
0 |
0 |
-100.000 |
|
Disponibilità 3.4.2005 |
2.879.116 |
6.949.900 |
6.411.000 |
6.269.000 |
Si ricorda, inoltre, che altre disposizioni del decreto-legge n. 35 in esame stabiliscono che il CIPE provvede a finanziare gli interventi in diversi settori facendo ricorso alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all’articolo 61 della legge n. 289, sia dell’analogo Fondo allocato sullo stato di previsione del Ministero delle attività produttive, previsto dall’articolo 60, comma 3, della medesima legge n. 289 del 2002. Si tratta delle seguenti norme:
- art. 5, comma 2, relativamente agli interventi per la riqualificazione delle aree urbane;
- art. 6, comma 5, per gli interventi di autoimprenditorialità relativi a iniziative imprenditoriali ad elevato contenuto tecnologico nei distretti tecnologici;
- art. 6, commi 8-10 relativamente agli interventi per rafforzare i distretti produttivi e tecnologici;
- art. 7, comma 1 per la realizzazione delle infrastrutture per la banda larga.
Sotto il profilo contabile si osserva che l’incremento delle deduzioni ai fini IRAP (anche in considerazione del fatto che esso si traduce, per quanto concerne il bilancio dello Stato, in un aumento del finanziamento della spesa sanitaria) dovrebbe implicare un onere di parte corrente, per il quale, sulla base del comma in esame, si individua una copertura finanziaria a valere su risorse di conto capitale.
Nel bilancio per il 2005, lo stanziamento per il Fondo per le aree sottoutilizzate e iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, u.p.b. 4.2.3.27, cap. 7576.
Le risorse specificamente assegnate al credito d’imposta per le nuove assunzioni sono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, u.p.b. 6.2.3.12, cap. 7793.
Il terzo periodo del comma 2 dispone l’aggiornamento dell’Allegato 1 della legge n. 289 del 2002, che reca l’elenco delle disposizione di legge le cui risorse confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, in modo da ricomprendervi anche gli interventi di intensificazione della deduzione a fini IRAP dei costi relativi alle nuove assunzioni nel Mezzogiorno e nelle aree svantaggiate del Centro-nord, di cui alla nuova formulazione del comma 4-quinquies dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446 del 1997, in quanto, come stabilito dal comma 1, tali interventi sono finanziati a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’art. 61 della legge n. 289/2002.
L’inclusione degli interventi di cui al comma 4-quinquies dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997 nell’allegato relativo agli strumenti finanziati dal Fondo per le aree sottoutilizzate implica la possibilità per il CIPE di destinare a tali interventi ulteriori disponibilità in sede di ripartizione delle risorse aggiuntive assegnate anno per anno al Fondo medesimo.
Non pare peraltro che il CIPE possa estendere l’applicazione di tali interventi oltre i termini temporali fissati per legge; il comma 4-quinquies dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997 prevede, infatti, che l’incremento della deduzione a fini IRAP si applichi “per i quattro periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2004”.
In particolare, ai sensi dell’Allegato 1 della legge n. 289/2002, il Fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia, di cui all’art. 61 della legge n. 289/2002 (c.d. Fondo MEF), è costituito dall’insieme delle risorse relative alle seguenti leggi:
- legge n. 64 /1986, Intervento straordinario nel Mezzogiorno;
- legge n. 208/1998, art. 1, co. 1, Intervento ordinario nelle aree depresse (istitutiva del Fondo aree depresse);
- legge n. 488/1999, art. 27, co. 11, Fondo per l’imprenditoria giovanile;
- legge n. 388/2000, art. 8, Credito di imposta per investimenti;
- legge n. 388/2000, art. 7, Credito di imposta per nuovi assunti.
Ai sensi del comma 217 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004, l’elenco degli strumenti che confluiscono nel Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’Allegato 1 della legge n. 289/2002, è stato esteso anche:
- alle agevolazioni concesse ai sensi dei commi 215-216 dell’art. 1 della medesima legge n. 311/2004, per favorire l’attrazione degli investimenti nelle aree sottoutilizzate;
- agli interventi previsti dai commi da 219-220 della legge n. 311/2004, che dispongono finanziamenti all'Istituto italiano per gli studi storici e all'Istituto italiano per gli studi filosofici per attività di ricerca e formazione per la promozione dell'integrazione europea e mediterranea del Mezzogiorno
L’ultimo periodo del comma 2 mantiene ferma l’applicazione delle disposizioni introdotte dall’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), in materia di limitazione dei pagamenti nel 2005 a valere sulle disponibilità dei conti correnti di tesoreria relativi al fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero dell’economia e delle finanze e al fondo per le aree sottoutilizzate del Ministero delle attività produttive.
Pertanto, le erogazioni a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate autorizzate ai sensi dell’articolo 11-ter in esame non costituiscono deroga alla limitazione dei pagamenti, disposta, dall’articolo 1, comma 15, lettera a), della legge n. 311/2004, nell’importo massimo complessivo di 6.550 milioni di euro nell’anno 2005.
Il comma 3introduce una clausola di salvaguardia, prevedendo il monitoraggio degli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1, lettera b), dell’articolo 11-ter in esame. A tal fine viene richiamata la disciplina dettata dal D.L. n. 194 del 2002, cosiddetto decreto "taglia-spese”.
L’inserimento della clausola di salvaguardia, infatti, è riconducibile alle disposizioni previste dall’articolo 11-ter comma 1 della legge n. 468/1978, come modificato dall’ articolo 1, comma 1, lett. a) del c.d. decreto legge “tagliaspese” (D.L. n. 194/2002, "Misure urgenti per il controllo, la trasparenza ed il contenimento della spesa pubblica", convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), in base alle quali ciascuna disposizione di legge che comporti nuove o maggiori spese deve:
a) indicare espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa;
b) ovvero in alternativa, indicare le relative previsioni di spesa, definendo una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eventualmente eccedano le previsioni medesime.
Nel caso in cui sia stata stabilita la spesa autorizzata, se in fase di attuazione, si determinano oneri superiori al limite fissato, il D.L. n. 194/2002 ha introdotto una specifica procedura che determina la cessazione dell’efficacia delle disposizioni onerose, a seguito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto dirigenziale della Ragioneria dello Stato con il quale si accerta l’esaurimento delle disponibilità corrispondenti all’autorizzazione di spesa.
Nella seconda ipotesi, vale a dire quando, come nella fattispecie di cui al comma in esame, non viene fissato un tetto massimo di spesa, ma viene indicata una previsione di spesa, il decreto-legge “taglia-spese” dispone che se, in fase di attuazione, si determinano, sotto il profilo finanziario, scostamenti rispetto agli oneri previsti, il Ministro dell’economia e delle finanze è tenuto a riferire al Parlamento e ad assumere le conseguenti iniziative legislative (art. 1, comma 2 del D.L. n. 194/2002, che novella l’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978).
Misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni, dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori a quelli previsti, possano essere inserite anche nella legge finanziaria (articolo 11, comma 3, lett. i-quater, della legge n. 468/1978, inserita dall’articolo 1, comma 01, lett. a) del decreto legge).
Si è inoltre previsto che, in allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria, siano indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari peggiorativi rispetto alle previsioni, e le misure correttive inserite nella legge finanziaria medesima (articolo 11, comma 6-bis, della legge n. 468/1978, inserito dall’articolo 1, comma 01, lett. b) del decreto legge).
In caso di accertamento di livelli effettivi di minor gettito superiori a quelli previsti, il comma 3 in esame dispone che nelle more dell'applicazione della procedura prevista dall'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978, vale a dire prima che il Governo provveda a riferire al Parlamento su eventuali scostamenti rispetto agli oneri previsti e assuma le conseguenti iniziative legislative, lo scostamento sia recuperato a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Conseguentemente, il CIPE è tenuto a provvedere alla eventuale rideterminazione degli interventi sulla base delle risorse disponibili anche con la modificazione di delibere già adottate.
5. Il comma 361 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è sostituito dal seguente:
«361. Per le finalità previste dai commi da 354 a 360 è autorizzata la spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006. Una quota dei predetti oneri, pari a 55 milioni di euro per l’anno 2005 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, è posta a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate per gli interventi finanziati dallo stesso. La restante quota relativa agli anni 2005 e 2006, pari rispettivamente a 25 milioni di euro e a 50 milioni di euro, è posta a carico della parte del Fondo unico per gli incentivi alle imprese non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate; alla quota relativa agli anni 2007 e 2008, pari a 50 milioni di euro per ciascun anno, ed all’onere decorrente dal 2009, pari a 150 milioni di euro annui, si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 300».
Il comma 5 dell’articolo in esame modifica la copertura finanziaria degli oneri relativi al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, istituito dalla legge finanziaria per il 2005, che ha autorizzato una spesa di 80 milioni di euro per l’anno 2005 e di 150 milioni di euro a decorrere dall’anno 2006.
Con la disposizione in esame si prevede che all’onere di 150 milioni relativo all’esercizio 2008, si provveda per 100 milioni a valere sul Fondo per le aree sottoutilizzate,
La legge finanziaria, invece, poneva la copertura finanziaria degli oneri relativi al 2008 interamente a carico delle maggiori entrate derivanti dalla revisione degli importi dell’imposta di registro, di bollo, ipotecaria e catastale, della tassa di concessione governativa e di alcuni diritti speciali.
Il comma in esame determina pertanto un’ulteriore riduzione delle disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate relative al 2008 per un importo pari a 100 milioni di euro.
Nelle tavole seguenti è esposta la copertura degli oneri relativi al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, come prevista in sede di legge finanziaria e come risultante dalla nuova formulazione del comma 361.
Copertura ai sensi del comma 361 dell’art. 1 della legge finanziaria per il 2005
(milioni di euro)
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
|
Autorizzazione di spesa |
80 |
150 |
150 |
150 |
150 |
|
Copertura: |
|
|
|
|
|
|
Fondo aree sottoutilizzate |
55 |
100 |
100 |
- |
|
|
Fondo unico incentivi alle imprese |
25 |
50 |
- |
- |
|
|
Entrate da revisione imposte bollo, registro, concessione governativa ecc. |
- |
- |
50 |
150 |
150 |
Copertura ai sensi del comma in esame
(milioni di euro)
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
|
Autorizzazione di spesa |
80 |
150 |
150 |
150 |
150 |
|
Copertura: |
|
|
|
|
|
|
Fondo aree sottoutilizzate |
55 |
100 |
100 |
100 |
- |
|
Fondo unico incentivi alle imprese |
25 |
50 |
- |
- |
- |
|
Entrate da revisione imposte bollo, registro, concessione governativa ecc. |
|
|
50 |
50 |
150 |
Nel complesso la copertura finanziaria degli oneri connessi al fondo rotativo per il sostegno alle imprese di cui ai commi 354-360 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2005, risulta individuata, ai sensi del comma 361, come formulato dalla disposizione in esame, nel modo seguente:
- gli oneri per gli anni 2005 e 2006, pari, rispettivamente a 80 e 150 milioni di euro, vengono posti a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate (55 milioni per il 2005 e 100 per il 2006), per quanto concerne gli interventi finanziati dallo stesso, e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (25 milioni per il 2005 e 50 per il 2006), per la parte non riguardante gli interventi nelle aree sottoutilizzate;
- gli oneri relativi agli anni 2007 e 2008, pari a 150 milioni per ciascun anno, sono coperti per 100 milioni per ciascun anno a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate mentre alla restante quota di 50 milioni si provvede con le maggiori entrate derivanti dal comma 300 della legge finanziaria per il 2005. Si tratta, in particolare, delle maggiori entrate derivanti dalla revisione degli importi fissi dell'imposta di registro, della tassa di concessione governativa, dell'imposta di bollo, dell'imposta ipotecaria e catastale, delle tasse ipotecarie e di alcuni diritti speciali;
- all’onere decorrente dal 2009 si provvede interamente con le maggiori entrate derivanti dal comma 300.
Pertanto, sulla base di quanto disposto dal comma 361 della legge finanziaria 2005, come modificato dalla disposizione in esame, si determinano le seguenti riduzioni delle disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese:
§ Fondo per le aree sottoutilizzate: -55 milioni per l’anno 2005 e -100 milioni per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008.
Per quanto riguarda la disciplina e le disponibilità del Fondo per le aree sottoutilizzate per l’anno 2005 e per gli anni successivi si rinvia alla scheda relativa all’articolo 11-ter, comma 2.
§ Fondo unico per gli incentivi alle imprese[227]: -25 milioni di euro per l’anno 2005 e -50 milioni per il 2006. La riduzione è a carico della quota del Fondo che non riguarda gli interventi per le aree sottoutilizzate[228].
La dotazione del Fondo incentivi alle imprese (UPB 3.2.3.8, cap. 7420) nel bilancio per il 2005 ammonta a 2.326,5 milioni di euro, di cui 1.667,2 milioni relativi agli interventi nelle aree sottoutilizzate (c.d. Fondo MAP) e 659,3 milioni destinati agli incentivi alle imprese in generale.
L’articolo 1, comma 354, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, di un Fondo rotativo per il sostegno alle imprese, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale.
La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. In seguito, la Cassa depositi e prestiti S.p.a può disporre variazioni a tale cifra, in ragione delle dinamiche di erogazione e di rimborso delle somme concesse, purché nel rispetto dei limiti di spesa annuale sul bilancio dello Stato stabiliti dal comma 361.
La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio in maniera non delegabile, sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti. L'individuazione, da parte delle stesse delibere, degli interventi agevolativi avverrà con riferimento a misure di sostegno già disposte a legislazione vigente, per le quali esista in bilancio un apposito stanziamento.
Il CIPE deve, inoltre, con una o più delibere, definire i criteri generali di erogazione dei finanziamenti, la misura minima del tasso di interesse da applicare e la durata massima del piano di rientro, nonché approvare una convenzione tipo, che regoli i rapporti tra la Cassa depositi e prestiti Spa e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti.
Spetta al Ministro competente - con decreto di natura non regolamentare, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - l’individuazione dei requisiti e delle condizioni per l’accesso ai finanziamenti agevolati previsti dai commi da 354 a 361.
E’ attribuita, invece, al Ministro dell'economia e finanze la competenza a determinare il tasso di interesse effettivo da applicare alle somme erogate in anticipazione.
Il comma 360 dispone inoltre - quale compensazione degli oneri sostenuti per la gestione del Fondo - il riconoscimento alla Cassa depositi e prestiti S.p.a. del diritto ad un rimborso pari allo 0,40 per cento complessivo delle somme erogate in anticipazione ogni anno per finanziamenti agevolati.
Si segnala che l’articolo 6, commi 1-7, del provvedimento in esame estende gli interventi del Fondo al sostegno dell’attività di ricerca, alla quale viene destinata una quota pari al 30% del Fondo medesimo. Conseguentemente, il comma 3 del citato art. 6 novella alcuni commi della finanziaria 2005 e in particolare i commi 354 e 355 dell’articolo 1, intervenendo, rispettivamente, sulla denominazione del Fondo che diventa “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti alla ricerca”, e sul suo utilizzo complessivo mediante l’individuazione di specifiche priorità.
1. La locuzione “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni“, di cui agli articoli 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell’ordine di acquisto.
2. Nell’ipotesi di cui al comma precedente, se lo Stato membro di destinazione del bene richiede il pagamento dell’imposta ivi applicabile sul corrispettivo dell’operazione già assoggettata ad imposta sul valore aggiunto nel territorio dello Stato, il contribuente può chiedere la restituzione dell’imposta assoluta, entro il termine di due anni, ai sensi dell’art. 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, decorrente dalla data di notifica dell’atto impositivo da parte della competente autorità estera. Su richiesta del contribuente, il rimborso dell’imposta può essere effettuato anche tramite il riconoscimento, con provvedimento formale da parte del competente ufficio delle Entrate, di un credito di corrispondente importo utilizzabile in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
L'articolo 11-quater, aggiunto nel corso dell’esame presso il Senato, riguarda l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto nelle cessioni di beni effettuate, da altri Stati dell’Unione europea o verso di essi, in base a cataloghi, per corrispondenza o simili.
Il comma 1, con disposizione interpretativa degli articoli 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331[229], precisa che, ai fini dell'applicazione dell'IVA, la disciplina ivi indicata relativamente alle cessioni di beni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, senza che pertanto rilevino le modalità con cui l’ordine di acquisto è stato effettuato.
L’articolo 40 del decreto-legge n. 331 del 1993 disciplina la territorialità delle operazioni intracomunitarie. Esso stabilisce che gli acquisti intracomunitari sono effettuati nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni, originari di altro Stato membro o ivi immessi in libera pratica, spediti o trasportati dal territorio di altro Stato membro nel territorio dello Stato (comma 1). L'acquisto intracomunitario si considera effettuato nel territorio dello Stato quando l'acquirente è ivi soggetto d'imposta, salvo che sia comprovato che l'acquisto è stato assoggettato ad imposta in altro Stato membro di destinazione del bene. È comunque effettuato senza pagamento dell'imposta l'acquisto intracomunitario di beni spediti o trasportati in altro Stato membro se i beni stessi risultano ivi oggetto di successiva cessione a soggetto d'imposta nel territorio di tale Stato o ad ente ivi assoggettato ad imposta per acquisti intracomunitari e se il cessionario risulta designato come debitore dell'imposta relativa (comma 2).
Il comma 3 stabilisce che, in deroga all'articolo 7, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[230], si considerano effettuate nel territorio dello Stato le cessioni,in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni spediti o trasportati nel territorio dello Stato dal cedente o per suo conto da altro Stato membro nei confronti di persone fisiche non soggetti d'imposta ovvero di cessionari che non hanno optato per l'applicazione dell'imposta sugli acquisti intracomunitari ai sensi dell'articolo 38, comma 6, del decreto-legge, ma con esclusione in tal caso delle cessioni di prodotti soggetti ad accisa. I beni ceduti, ma importati dal cedente in altro Stato membro, si considerano spediti o trasportati dal territorio di tale ultimo Stato.
Il comma 4 determina i casi in cui è esclusa l’applicazione delle disposizioni del comma 3.
L’articolo 41, comma 1, lettera b), del medesimo decreto-legge dichiara non imponibili le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni – diversi da quelli soggetti ad accisa – spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa. La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare. La disposizione non si applica altresì se l'ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non ha superato nell'anno solare precedente e non supera in quello in corso lire 154 milioni, ovvero l'eventuale minore ammontare al riguardo stabilito da tale Stato a norma delle direttive europee[231].
La disciplina comunitaria è contenuta nella direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977, e successive modificazioni.
L’articolo 8 stabilisce che si considera come luogo di cessione di un bene:
a) se il bene viene spedito o trasportato dal fornitore o dall'acquirente o da un terzo: il luogo in cui il bene si trova al momento iniziale della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente. Quando il bene deve essere installato o montato con o senza collaudo da parte del fornitore o per suo conto, si considera come luogo di cessione il luogo dove avviene l'installazione o il montaggio;
b) se il bene non viene spedito o trasportato: il luogo dove il bene si trova al momento della cessione.
Disposizioni particolari riguardano le cessioni di beni effettuate a bordo di una nave, di un aereo o di un treno, la cessione di gas e di energia elettrica.
In via transitoria, l’articolo 28-ter stabilisce tuttavia che è considerato luogo di cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per conto di questi, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, il luogo in cui i beni si trovano al momento d'arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente qualora si adempiano le seguenti condizioni:
- la cessione di beni è effettuata per un soggetto passivo, o per un ente che non è soggetto passivo il quale beneficia della facoltà di opzione per il regime generale, o per qualsiasi altra persona che non è soggetto passivo;
- i beni sono diversi da mezzi di trasporto nuovi e da beni ceduti previo montaggio o installazione da parte del fornitore o per suo conto.
- Tuttavia, qualora i beni ceduti siano diversi da prodotti soggetti ad accise, le suddette disposizioni non si applicano alle cessioni di beni spediti o trasportati a destinazione dello stesso Stato membro d'arrivo della spedizione o del trasporto:
- effettuati entro il limite o fino a concorrenza di un importo globale, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, che non superi in uno stesso anno civile il controvalore in moneta nazionale di 100.000 ECU, e
- a condizione che l'importo globale, al netto dell'imposta sul valore aggiunto, delle cessioni di beni diversi dai prodotti soggetti ad accise effettuate alle suddette condizioni nel corso dell'anno civile precedente non abbia superato il controvalore in moneta nazionale di 100.000 ECU.
Lo Stato membro nel cui territorio si trovano i beni al momento dell'arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente può limitare i sopra indicati massimali al controvalore di 35.000 ECU se teme serie distorsioni delle condizioni di concorrenza.
Il comma 2 disciplina l’ipotesi in cui, relativamente alle cessioni indicate al comma 1, lo Stato verso cui è destinato il bene richieda il pagamento dell’imposta sul corrispettivo già assoggettato ad IVA nel territorio dello Stato italiano.
In tale ipotesi è consentito al contribuente di chiedere – entro due anni dalla notifica dell’atto impositivo da parte della autorità straniera – la restituzione dell’imposta versata, ai sensi dell’articolo 21 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546[232].
L'articolo 21 del D.Lgs. n. 546 del 1992 disciplina la proposizione di ricorso avverso il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti, prevedendo altresì che la domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non possa essere presentata oltre due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione stessa.
In questo caso è data facoltà al contribuente, avente diritto alla restituzione dell’imposta, di ottenere il riconoscimento di un credito di corrispondente importo, da utilizzare in compensazione.
L'istituto della compensazione, introdotto nell'ordinamento fiscale italiano dall'articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241[233], consente di compensare posizioni creditorie e debitorie facenti capo al medesimo soggetto. Esso rappresenta quindi una soluzione alternativa rispetto al rimborso dei crediti d'imposta.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il, 23 dicembre 2003 la Commissione europea ha presentato una proposta di modifica della sesta direttiva IVA[234] per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi (COM(2003)822).
La proposta mira a introdurre come regola generale la tassazione dei servizi nel luogo in cui avviene il consumo effettivo da parte di soggetti passivi di imposta (la normativa vigente, invece, prevede che i servizi siano tassati in base al luogo in cui è stabilito il prestatore, salvo diversa indicazione).
Il 20 aprile 2004 il Parlamento europeo ha espresso, secondo la procedura di consultazione, parere favorevole sulla proposta senza proporre emendamenti. La proposta sarà esaminata prossimamente dal Consiglio.
Il 3 febbraio 2005 la Commissione europea ha avviato una consultazione (che si è chiusa il 4 aprile scorso) per acquisire le opinioni di tutti i soggetti interessati sulle possibili modifiche alla normativa comunitaria relativa al regime IVA applicabile ai servizi a distanza prestati a persone che non sono soggetti passivi di imposta.
La regola generale in vigore per la tassazione dei servizi in questione prevede che l’IVA venga versata dal fornitore del servizio nello Stato membro in cui ha fissato le propria residenza. Tale sistema, secondo la Commissione, potrebbe comportare distorsioni della concorrenza in quanto gli operatori sarebbero indotti ad insediare o trasferire la propria residenza negli Stati membri che applicano tassi IVA inferiori, o addirittura in Stati terzi per evitare l’applicazione dell’imposta.
Sulla base degli esiti del dibattito la Commissione dovrebbe presentare prossimamente proposte di modifica delle disposizioni vigenti.
Il 29 ottobre 2004 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte (COM(2004)728) relative alla semplificazione degli obblighi in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA)[235]. Tra le altre misure è prevista anche l’introduzione di uno “sportello unico IVA”: in base a tale meccanismo il prestatore del servizio o il cedente di un bene ha facoltà di provvedere al pagamento dell’imposta direttamente nel Paese dove si è svolta la transazione, ferma restando la possibilità di iscriversi nei registri IVA del solo Stato di residenza (c.d. “Stato di identificazione”). La responsabilità del controllo sull’assolvimento degli obblighi IVA rimarrebbe invece di competenza dello Stato membro in cui è avvenuta la transazione.
La proposta sarà esaminato dal Consiglio e dal Parlamento europeo secondo la procedura di consultazione. L’esame del PE è previsto per la sessione di luglio 2005.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 16 marzo 2005 l Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia nei confronti dell’Italia a causa del ritardo eccessivo con il quale l’imposta sul valore aggiunto viene rimborsata ai soggetti passivi non stabiliti in Italia. La Commissione ritiene che tale pratica sia incompatibile con l’ottava direttiva relativa al sistema comune IVA[236].
Ai sensi dell’art. 7, paragrafo 4 della direttiva in questione, gli Stati membri sono tenuti a rimborsare l’IVA ai soggetti passivi non stabiliti nel proprio territorio entro il termine di sei mesi a decorrere dalla data di presentazione della domanda di rimborso.
Articolo 11-quinquies
(Sostegno
all’internazionalizzazione dell’economia italiana)
1. All’articolo 6, comma 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 236 le parole da: “ad eccezione di una quota“ fino al termine del periodo sono soppresse.
2. L’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, per la parte relativa alla internazionalizzazione dell’economia italiana, si interpreta nel senso che SACE S.p.A., ferma restando ogni altra disposizione prevista dal decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è autorizzata altresì a rilasciare, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia, garanzie e coperture assicurative per il rischio di mancato rimborso relativamente a finanziamenti, prestiti obbligazionari, titoli di debito ed altri strumenti finanziari, ivi inclusi quelli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane, in possesso dei requisiti di cui al successivo comma 3, operanti anche attraverso società di diritto estero a loro collegate o da loro controllate.
3. L’attività di sostegno all’internazionalizzazione di cui al comma 2 è svolta annualmente a condizioni di mercato in relazione a operazioni effettuate per almeno il 50 per cento a favore di piccole e medie imprese secondo la definizione comunitaria e, per la parte rimanente, nei confronti di imprese con fatturato annuo non superiore a 250 milioni di euro.
4. Le garanzie e coperture assicurative di cui al comma 2 beneficiano della garanzia dello Stato nei limiti specifici indicati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato come quota parte dei limiti ordinari indicati distintivamente per le garanzie e le coperture assicurative di durata inferiore e superiore ai ventiquattro mesi ai sensi dell’articolo 6, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Per l’anno 2005 il limite specifico di cui al presente comma è fissato in misura pari al venti per cento dei limiti di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 30 dicembre 2004, n. 312, che restano invariati.
5. SACE S.p.A. fornisce informazioni dettagliate in merito all’operatività di cui al presente articolo nel proprio bilancio di esercizio, evidenziando specificamente, in riferimento all’attività di cui al precedente comma 2 e alla garanzia dello Stato di cui al comma 4, le risorse impegnate, i costi sostenuti, la redditività, e i risultati conseguiti.
L’articolo 11-quinquies, introdotto dal Senato, reca disposizioni volte al sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento all’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE Spa.
In particolare, il comma 1 dell’articolo aggiuntivo modifica l’art. 6 del DL n. 269/03, relativo alla trasformazione della SACE in società per azioni, disponendo la soppressione di alcune parole dell’ultimo periodo del comma 18, in cui si prevede il mantenimento in un apposito conto corrente di tesoreria di una quota pari 10% degli utili della SACE S.p.A., i quali, conseguentemente, vengono destinati interamente in entrata al bilancio dello Stato.
Il citato comma 18, attualmente vigente, disciplina la destinazione degli utili della SACE S.p.A., stabilendo che essi affluiscano in entrata al bilancio dello Stato, ad eccezione di una quota pari al 10 per cento, che è mantenuta nell’apposito conto corrente di tesoreria, di cui all’articolo 7, comma 2-bis del D.Lgs. n. 143/1998, nel testo sostituito dal comma 23 dello stesso articolo 6 del DL 269. Si tratta del conto corrente di cui è titolare il Ministero dell’economia e delle finanze; le disponibilità sussistenti su tale conto possono essere utilizzate per la sottoscrizione di aumenti di capitale, per far fronte agli oneri derivanti dalla garanzia statale, nonché per ogni altro scopo e finalità connessi con l’esercizio dell’attività della SACE S.p.A.
Il deposito del 10 per cento degli utili sul conto corrente di tesoreria, secondo quanto indicato nella relazione di accompagnamento al DL citato, era finalizzato ad assicurare, in caso di necessità, il finanziamento della società senza ricorrere ad ulteriori risorse a carico del bilancio dello Stato.
Il comma 2 fornisce un' interpretazione dell'art. 2, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, per quello che riguarda l'internazionalizzazione dell'economia italiana. Il suddetto decreto legislativo reca " Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della Legge 15 marzo 1997, n. 59", e l'art. 2 dispone in materia di funzioni della SACE.
L’articolo 2 citato dispone, in particolare, che:
§ la Sace è autorizzata a rilasciare garanzie, nonché ad assumere in assicurazione i rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente secondo quanto stabilito ai sensi del comma 3, gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero e di internazionalizzazione dell'economia italiana. Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali o estere per crediti da esse concessi ad operatori nazionali o alla controparte estera, destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché per i crediti dalle stesse concessi a Stati e banche centrali destinati al rifinanziamento di debiti di tali Stati (comma 1);
§ la Sace può altresì concludere accordi di riassicurazione e di coassicurazione con enti o imprese italiani, autorizzati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1959, n. 449, e successive modificazioni e integrazioni, nonché con enti od imprese esteri ed organismi internazionali (comma 2 );
§ le operazioni e le categorie di rischi assicurabili sono definite con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministero del commercio con l'estero, tenendo anche conto degli accordi internazionali, nonché della normativa e degli indirizzi dell'Unione europea in materia di privatizzazione dei rischi di mercato e di armonizzazione dei sistemi comunitari di assicurazione dei crediti all'esportazione gestiti con il sostegno dello Stato (comma 3).
In base a quanto disposto dal comma 2 in esame, le citate disposizioni di cui all'art. 2, comma 1, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143, si interpretano nel senso che la SACE S.p.A. è autorizzata altresì a rilasciare, nel rispetto della normativa comunitaria vigente, garanzie e coperture assicurative per il rischio di mancato rimborso relativamente a finanziamenti, prestiti obbligazionari, titoli di debito ed altri strumenti finanziari, compresi quelli emessi nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, connessi al processo di internazionalizzazione di imprese italiane, in possesso dei requisiti elencati al successivo comma 3, operanti anche attraverso società di diritto estero a loro collegate o da loro controllate.
Tutto ciò si deve intendere ferme restando le disposizioni contenute nel già citato D.L. 24 novembre 2003, n. 269.
Il comma 3 dispone che l’attività di sostegno all’internazionalizzazione prevista dal precedente comma venga realizzata annualmente a condizioni di mercato relativamente ad operazioni effettuate per un minimo del 50% a favore delle PMI - così come definite in ambito comunitario - e per la rimanente parte a favore di imprese il cui fatturato annuo non superi i 250 milioni di euro.
Secondo la raccomandazione 2003/361/CE, recante la definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese, che a decorrere dal 1º gennaio 2005 ha sostituito la Raccomandazione 96/280/CE (recepita nel nostro ordinamento con il DM 18 settembre 1997) gli effettivi e le soglie finanziarie che definiscono PMI e microimprese sono i seguenti:
§ media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;
§ piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;
§ microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro
L’art. 2 della raccomandazione consente agli Stati membri di stabilire, in alcuni casi, soglie inferiori rispetto ai valori massimi fissati dalla raccomandazione. Gli stati possono altresì decidere di impiegare unicamente i criteri degli effettivi per attuare determinate politiche, ad esclusione dei settori disciplinati dalle norme in materia di aiuti di Stato.
La nuova raccomandazione comunitaria estende il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, incluse dunque le entità che svolgono attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono con regolarità un’attività economica.
Il termine ultimo per l’adozione da parte degli Stati membri delle misure atte a conformarsi alla raccomandazione è fissato al 30 settembre 2005.
Il comma 4 stabilisce che le garanzie e coperture assicurative di cui al comma 2 beneficiano della garanzia dello Stato nei limiti specifici indicati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato come quota parte dei limiti ordinari indicati distintivamente per le garanzie e le coperture assicurative di durata inferiore e superiore ai ventiquattro mesi, ai sensi dell’articolo 6, comma 9, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.
Quest'ultima disposizione prevede che la SACE S.p.A. continui a svolgere le funzioni relative al rilascio di garanzie e all'assicurazione dei rischi di natura politica, catastrofica, economica, commerciale e di cambio, ai quali sono esposti gli operatori nazionali nello svolgimento delle loro attività imprenditoriali all'estero, nonché alla conclusione di accordi di riassicurazione. Il comma 9, inoltre, mantiene ferma la disciplina secondo la quale gli impegni assicurativi della SACE S.p.A. vengono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio, con distinzione di garanzie inferiori o superiori ai ventiquattro mesi. La garanzia statale resta comunque ferma per gli impegni assunti dalla SACE precedentemente all’entrata in vigore dei decreti qui previsti.
Sempre il comma 4 dispone che per l’anno 2005 il limite specifico indicato dalla legge di bilancio dello Stato, così come determinato dal primo periodo del comma stesso, sia fissato in misura pari al 20% dei limiti di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 30 dicembre 2004, n. 312 ("Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2005 e bilancio pluriennale per il triennio 2005-2007"), che restano invariati.
Tale ultima disposizione prevede che i limiti di cui al citato art. 6, comma 9, del D.L. n. 269/2003, concernente gli impegni assumibili dalla SACE S.p.A. - Servizi Assicurativi del Commercio Estero, sono fissati per l'anno finanziario 2005, rispettivamente, in 5.000 milioni di euro per le garanzie di durata sino a ventiquattro mesi e in 7.000 milioni di euro per le garanzie di durata superiore a ventiquattro mesi.
Il comma 5 dell'articolo aggiuntivo in esame stabilisce che la SACE S.p.A. debba inserire nel proprio bilancio di esercizio tutte le informazioni relative all'operatività di questo articolo, specificando le risorse impegnate, i costi sostenuti, la redditività e i risultati ottenuti con riferimento all'attività di cui al comma 2 e alla garanzia dello Stato di cui al comma 4.
Si ricorda che disposizioni in merito alla SACE Spa sono contenute altresì all’articolo 5, commi 16-ter e 16-quater, del provvedimento in esame.
Si segnala, inoltre che, in data 23 marzo 2005, è stato approvato in via definitiva il disegno di legge recante " Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore " divenuto legge 31 marzo 2005, n. 56. Si ricorda , altresì, che è attualmente pendente, ai sensi dell’articolo 6 della suddetta legge, una delega al Governo ai fini della ridefinizione, del riordino e della razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese.
1. Il parametro di remunerazione dell’energia riconosciuta al produttore che cede l'energia elettrica di cui all'articolo articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è il prezzo definito nella delibera n. 5/04 , allegato A articolo 30, lettere a) e b).
2. Il parametro di remunerazione dell’energia riconosciuta al produttore che cede l'energia elettrica di cui all'articolo articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, è una tariffa unica determinata dalla media ponderata delle fasce orarie, del prezzo definito nella delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas n. 5/04, allegato A, articolo 30, lettere a) e b).
3. Fermo restando il principio dell'imprescindibile riconoscimento di una tariffa unica e non differenziata per fasce derivante dalla specificità degli impianti in oggetto, il parametro indicato al comma 2, qualora dovesse essere modificato o venire a mancare ai sensi della normativa vigente, verrà automaticamente sostituito con la migliore alternativa tariffaria possibile, facendo sempre riferimento alle condizioni economiche del mercato, ma nel rispetto dei principi e delle finalità determinati dalla normativa comunitaria e nazionale di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
4. La misura dell’energia ritirata ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, viene effettuata dal gestore di rete competente, al netto dei consumi per usi di centrale, e senza necessità per il soggetto produttore di stipula del contratto di consumo di detta energia con il distributore locale e senza oneri aggiuntivi per il produttore medesimo.
5. Le direttive, delibere o disposizioni comunque emanate dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, dal Gestore della rete di trasmissione nazionale, dal Gestore del mercato elettrico, dall’Acquirente unico e dai gestori di rete, nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica dovranno conformarsi ai principi ed alla disciplina di cui ai commi da 1 a 4.
L’articolo 11-sexies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, ai commi 1 e 2 fissa i nuovi parametri di remunerazione dell’energia riconosciuta al produttore che cede energia elettrica da fonti rinnovabili, di cui all’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 387/2003 e all’articolo 13, comma 3 dello stesso D.Lgs. n. 387.
Si ricorda che, ai sensi della disciplina vigente, di cui al citato articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 387, dal 1° gennaio 2004 e fino alla data di entrata a regime del mercato elettrico[237], al produttore che cede l'energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MW o alimentati da fonti rinnovabili non programmabili di potenza qualsiasi - di cui all'articolo 13, comma 3 del medesimo D.Lgs - è riconosciuto il prezzo fissato dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas per l'energia elettrica all'ingrosso ceduta alle imprese distributrici per la vendita ai clienti del mercato vincolato, al netto delle componenti a remunerazione della riserva e del bilanciamento .
Tale prezzo, individuato con riferimento al prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso in vigore nello stesso anno, come definito dall’articolo 26 dell’Allegato A alla delibera n. 228/01 dell’Autorità, è pari alla somma delle seguenti due componenti:
§ una componente a copertura dei costi fissi di produzione di energia elettrica, differenziata per le fasce orarie F1, F2, F3 e F4, determinata dall’Autorità;
§ una componente a copertura dei costi variabili di produzione di energia elettrica, non differenziata per fascia oraria, pari, in ciascun trimestre, al parametro Ct.
Entrambe le componenti del prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso sono riferite ai soli costi di produzione dell’energia elettrica, al netto, come accennato, delle componenti a remunerazione della riserva e del bilanciamento.
Dall’1 aprile 2004, a seguito dell’entrata in operatività dell’Acquirente unico, il prezzo di cui al citato articolo 20, comma 1, è diventato il prezzo di cessione dall’Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita al mercato vincolato, definito dall’articolo 30, comma 30.1, dell’Allegato A alla delibera dell’Autorità n. 5/04 (Cfr. oltre), limitatamente alla lettera a), in quanto le componenti b) e c) sono destinate alla remunerazione di servizi svolti dall’Acquirente unico e sono indipendenti dai costi specifici di generazione elettrica.
Rispetto alla disciplina vigente, il comma 1 in esame dispone che il parametro di remunerazione dell’energia elettrica ceduta ai sensi dell’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 387/03 è il prezzo derivante dalla somma delle componenti definite all’articolo 30, lettere a) e b), dell’Allegato A alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 5/04.
La delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas 30 gennaio 2004, n. 5, reca l’approvazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 12, lettere d) ed e), della legge 14 novembre 1995, n. 481, del “Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per l’erogazione dei servizi di trasmissione, distribuzione, misura e vendita dell’energia elettrica per il periodo di regolazione 1 febbraio 2004 - 31 dicembre 2007” (allegato A)[238]. In particolare, all’articolo 30 di tale testo viene definito il prezzo di cessione dell’energia elettrica dall’Acquirente unico alle imprese distributrici per la vendita almercato vincolato, facendolo corrispondere, in ciascuna delle fasce orarie F1, F2, F3 e F4 di un mese, alla somma in centesimi di euro/kWh, di tre componenti:
a) la media, ponderata per le rispettive quantità di energia elettrica, dei costiunitari sostenuti dall’Acquirente unico nelle ore comprese in detta fasciaoraria:
i) per l’acquisto dell’energia elettrica nel mercato del giorno prima e nelmercato di aggiustamento;
ii) per l’acquisto dell’energia elettrica attraverso contratti di compravendita di energia elettrica conclusi al di fuori del sistema delle offerte;
iii) per la copertura dei rischi connessi all’oscillazione dei prezzi dell’energia elettrica, attraverso contratti differenziali o ad altre tipologie di contratto;
b) il costo unitario sostenuto dall’Acquirente unico in qualità di utente del dispacciamento per il mercato vincolato nelle ore comprese in detta fascia oraria;
c) il corrispettivo unitario riconosciuto all’Acquirente unico per l’attività di acquisto e vendita dell’energia elettrica per il mercato vincolato.
Con la disposizione in esame viene pertanto introdotta, quale parametro di remunerazione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, una componente – quella di cui alla citata lettera b) dell’articolo 30, dell’allegato A alla delibera dell’Autorità n. 5/04 - non rappresentativa dei costi specifici di generazione dell’energia elettrica; la componente in oggetto - che la norma intende includere nel prezzo di ritiro dell’energia di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 387/03 - rappresenta infatti il costo sostenuto dall’Acquirente Unico, in qualità di utente del dispacciamento per il mercato vincolato, ed è destinata alla remunerazione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica erogato dal Gestore della rete di trasmissione nazionale e dunque alla copertura dei costi relativi a servizi svolti per i clienti del mercato vincolato indipendenti dalla fase di produzione dell’energia elettrica.
Il comma 2, intervenendo nella medesima materia, dispone che il parametro di remunerazione dell’energia riconosciuta al produttore che cede l’energia da fonti rinnovabili di cui all’articolo 13, comma 3, del cit. D.Lgs. n. 387 è una tariffa unica determinata dalla media ponderata delle fasce orarie, del prezzo definito nell'allegato A, articolo 30, lettere a) e b), della sopra citata delibera.
Si ricorda che l’articolo 13, comma 3 del D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387[239] prevede che l'energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, nonché da impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica - limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente e ad eccezione di quella ceduta al Gestore della rete nell'ambito delle convenzioni in essere stipulate ai sensi dei provvedimenti Cip 12 luglio 1989, n. 15/89, 14 novembre 1990, n. 34/90, 29 aprile 1992, n. 6/92, nonché della deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas 28 ottobre 1997, n. 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, come definiti dagli articoli 1 e 4 della medesima deliberazione - è ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di rete alla quale l'impianto è collegato.
Ai sensi dell’ultimo periodo della disposizione, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al comma in oggetto “facendo riferimento a condizioni economiche di mercato”.
Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 1, comma 41 della legge. 23 agosto 2004 n. 239, “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, il GRTN, se si tratta di rete di trasmissione nazionale, o l’impresa distributrice, se si tratta di rete di distribuzione, ritiri, previa richiesta del produttore, l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore a 10 MVA, l’energia da fonti rinnovabili di cui al secondo periodo del comma 12, art. 3 del D.Lgs. 79/99, nonché l’energia prodotta da impianti entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999, alimentati da fonti di energia rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica dei soli impianti ad acqua fluente.
L'Autorità per l'energia elettrica e il gas determina le modalità per il ritiro della suddetta energia elettrica da fonti rinnovabili (di cui al primo periodo del comma 41) facendo riferimento a condizioni economiche di mercato.
Ai sensi della medesima disposizione, l’energia prodotta da operatori diversi dall’ENEL, e l’energia prodotta da fonti rinnovabili che gode del regime tariffario agevolato di cui al provvedimento CIP/6 (ai sensi dell’art. 3, comma 12, primo e terzo periodo, del D.Lgs. n. 79/99) continua ad essere ritirata dal Gestore della rete di trasmissione nazionale. Dopo la scadenza delle convenzioni in essere, l'energia elettrica di cui al primo e al terzo periodo del comma 12 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, esclusa quella prodotta da fonti rinnovabili di cui al primo periodo del comma in oggetto, viene ceduta al mercato.
In relazione alla disposizione in oggetto, si segnala che l’Autorità, per l’energia elettrica e il gas, con la recente delibera n. 34/05 del 23 febbraio 2005, recante “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239), ha già previsto, per la fattispecie in esame, oltre al prezzo differenziato per fasce, anche il prezzo di cessione unico e indifferenziato per fasce orarie di cui al comma in esame, a scelta del produttore, ciò verosimilmente al fine di conformarsi al criterio delle condizioni economiche di mercato tenendo conto delle peculiarità di alcuni impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili[240].
La disposizione in esame, attraverso norme di rango legislativo, innova quanto disposto in tale delibera dell’Autorità, prevedendo, come accennato, quale parametro di remunerazione esclusivamente una “tariffa unica determinata dalla media ponderata delle fasce orarie”, del prezzo definito come sopra.
Il riconoscimento di una tariffa unica e non differenziata per fasce orarie, è inoltre definito, ai sensi del successivo comma 3, come un principio imprescindibile, derivante dalla specificità degli impianti in oggetto, cui dovranno conformarsi, ai sensi del comma 5, le future direttive e delibere dell’Autorità (cfr. oltre).
Al riguardo, oltre a quanto sopra evidenziato in ordine all’inclusione della componente di cui all’articolo 30, comma 30.1, lettera b), dell’allegato A alla delibera dell’Autorità n. 5/04, si rileva come la previsione in oggetto possa determinare un trattamento differenziato nei confronti delle diverse tipologie di impianti ammessi ai benefici previsti dal decreto legislativo n. 387/03 e dalla legge n. 239/04, posto che esistono sia impianti in grado di modulare la propria produzione di energia elettrica in funzione della domanda, sia impianti non programmabili (ovvero non in grado di modulare la propria produzione, in quanto alimentati da fonti rinnovabili, quali la solare, la eolica o la idrica fluente, la cui disponibilità non dipende dalla volontà del produttore).
Il prezzo di ritiro unico, stabilito nel comma, indifferenziato per fasce orarie, potrebbe in particolare riflettersi nei confronti degli impianti alimentati da fonti rinnovabili in grado di modulare, seppur parzialmente, la loro produzione, contribuendo in tal modo all’equilibrio tra domanda e offerta di energia elettrica per la sicurezza del sistema elettrico nazionale.
Al riguardo, andrebbe valutato se l’utilizzo di un solo parametro, ossia di una tariffa unica indifferenziata per fasce orarie (e non anche, come previsto nella suddetta delibera dell’Autorità, di una remunerazione esclusiva per fascia oraria a scelta del produttore) da applicarsi a tutte le tipologie di impianto, possa porsi in contrasto con l’obbligo per l’Autorità di tener conto delle condizioni economiche di mercato, di cui al citato art. 13 del D.Lgs. 387. Ciò in quanto nella fase di approvvigionamento dell’energia elettrica, le “condizioni economiche di mercato” dovrebbero in linea di principio implicare il riferimento al valore d’uso dell’energia elettrica consumata, secondo criteri di valorizzazione dell’energia in funzione delle ore in cui la si consuma e la si produce, ai quali risponde la previsione di una remunerazione anche “differenziata” per fasce orarie.
Il comma 3, come accennato, dispone che, fermo il “principio dell’imprescindibile riconoscimento di una tariffa unica e non differenziata per fasce”, qualora sia modificato o venga a mancare il parametro di remunerazione di cui al comma 2, esso dovrà essere automaticamente sostituito con la migliore alternativa tariffaria possibile, “facendo sempre riferimento alle condizioni economiche del mercato, ma nel rispetto dei principi e delle finalità determinati dalla normativa comunitaria e nazionale di promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili”.
In proposito, oltre a quanto evidenziato in ordine al comma 2, si rileva l’opportunità di verificare come la previsione del riconoscimento per gli impianti in oggetto della “miglior alternativa tariffaria possibile” possa coniugarsi con l’obbligo per l’Autorità, ribadito dalla norma, di continuare a fare riferimento alle “condizioni economiche di mercato”. Si osserva, inoltre, come la previsione di una “tariffa ad hoc” che consenta il necessario sviluppo delle fonti rinnovabili è prerogativa delle misure di promozione e incentivazione di cui ai decreti di attuazione dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 79/1999, e del D.Lgs. 387/03, (certificati verdi, solare, altri contributi regionali) e non dell’Autorità, alla quale l’articolo 13, commi 3 e 4, del medesimo decreto legislativo n. 387/03, e il citato comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239, assegna il compito di definire le modalità di ritiro facendo riferimento unicamente a condizioni economiche di mercato. Va inoltre considerato come gli incentivi alla produzione da fonti rinnovabili siano attualmente previsti nel meccanismo dei c.d. certificati verdi[241], mentre con le disposizioni in esame essi vengono definiti anche in relazione alle modalità di ritiro dell’energia.
E’ opportuno ricordare, al riguardo, come l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la citata delibera n. 34/05, abbia previsto semplificazioni ed esenzioni dagli oneri di sbilanciamento per l’energia elettrica ritirata dai gestori di rete ai sensi dell’articolo 13, commi 3 e 4 del decreto legislativo e del comma 41 della legge n. 239/04; al riguardo si ricorda che per quanto riguarda il corrispettivo per l’assegnazione dei diritti di utilizzo della capacità di trasporto, limitatamente agli impianti fino ad 1 MW, l’esenzione è totale, mentre per gli impianti alimentati a fonti rinnovabili tra 1 e 5 MW l’esenzione è parziale.
Il comma 4 prevede che la misura dell’energia da fonti rinnovabili ritirata ai sensi dell’art. 13, comma 3 del D.Lgs. 387/ 03 sia effettuata dal gestore di rete competente, al netto dei consumi per usi di centrale, senza la necessità per il produttore di stipulare, per tali consumi, un contratto con il distributore locale e senza oneri aggiuntivi per lo stesso produttore.
Il comma 5, come accennato, qualifica le disposizioni di cui ai commi da 1 a 4 come principi ai quali dovranno conformarsi le direttive, le delibere o le disposizioni relative alle energie rinnovabili, al risparmio e all'efficienza energetica, che saranno emanate dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, dal Gestore della rete di trasmissione nazionale, dal Gestore del mercato elettrico, dall’Acquirente unico e dai gestori di rete.
In proposito, si osserva come la norma possa apparire pleonastica, in quanto, in base alla gerarchia delle fonti normative, i suddetti organismi sono comunque tenuti ad attenersi, nelle proprie determinazioni, alle disposizioni dettate con fonte legislativa di rango primario.
6. Il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, per lo svolgimento delle attività in materia di difesa del suolo, di cui al regio decreto 25 luglio 1904, n. 523, al decreto legislativo 12 aprile 1948, n. 1010, e alle leggi 10 gennaio 1963, n. 366, 3 agosto1998, n. 267, 18 maggio 1989, n. 183, e 28 dicembre 2001, n. 448, ed, in particolare, per il superamento delle situazioni di dissesto idrogeologico sul territorio nazionale, si avvale, nel rispetto della normativa in materia di procedura ad evidenza pubblica e di scelta del contraente, di una società per azioni già esistente controllata direttamente dallo Stato, con la quale stipula apposita convenzione.
7. Al fine di ottimizzare le risorse finanziarie destinate allo svolgimento delle attività di cui al comma 6, e di uniformare le relative procedure di spesa, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri dell’ambiente e della tutela del territorio e dell’economia e delle finanze, con uno o più decreti da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, adotta apposite procedure per l’utilizzo delle predette risorse finanziarie.
I commi 6 e 7 recano disposizioni relative alle attività in materia di difesa del suolo, e in particolare a nuove modalità di ottimizzazione degli interventi previsti dalla legislazione vigente sulla difesa del suolo e quindi di più efficiente utilizzo delle risorse assegnate.
Tali commi riproducono esattamente il contenuto delle disposizioni recate dai commi 13 e 14 dell’art. 8 dell’AC 5736 “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, presentato dal Governo il 22 marzo 2005.
Si ricorda, inoltre, che i commi riproducono anche le disposizioni contenute nell’originario disegno di legge finanziaria per il 2005, AC 5310, art. 25, commi 4 e 5, successivamente stralciate dal Presidente della Camera e confluite nell’AC 5310-quater “Disposizioni in campo ambientale”.
Il comma 6 – nel definire l’ambito oggettivo di applicazione della disposizione, fa riferimento alle norme di cui:
§ al R.D. 25 luglio 1904, n. 523, Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie. Il TU del 1904ha recato la classificazione delle opere intorno alle acque pubbliche, le norme per la costituzione e l’organizzazione dei consorzi, le disposizioni tecniche sugli argini, gli scoli artificiali e le altre opere che attengono alle acque pubbliche, la normativa sulla polizia sulle acque pubbliche.In particolare spetta allo Stato (oltre che l’esecuzione) il mantenimento delle opere idrauliche della prima[242] e della seconda categoria[243];
§ al decreto legislativo 12 aprile 1948 n. 1010, Autorizzazione al Ministero dei lavori pubblici a provvedere, a sua cura e spese, ai lavori di carattere urgente ed inderogabile dipendenti da necessità di pubblico interesse determinate da eventi calamitosi, che – nell’ordinamento vigente - disciplina il regime derogatorio per i lavori di carattere urgente ed inderogabile dipendenti da necessità di pubblico interesse, determinate da eventi calamitosi, quali scosse telluriche, eruzioni vulcaniche, alluvioni, frane, nubifragi, mareggiate, valanghe ed altre calamità naturali;
§ alla legge 1° gennaio 1963, n. 366, Nuove norme relative alle lagune di Venezia e di Marano-Grado, che ha introdotto norme speciali per la laguna di Venezia (bacino demaniale marittimo di acqua salsa che si estende dalla foce del Sile alla foce del Brenta) e la laguna di Marano-Grado (bacino demaniale marittimo d'acqua salsa che si estende dalla foce del Tagliamento alla foce del canale Primero) - relativamente alle opere, agli scarichi, al trasporto di rifiuti, alla manutenzione dei canali e degli argini, alla concessione dei beni demaniali - ha disciplinato le funzioni del Magistrato alle acque, ha definito un regime sanzionatorio speciale;
§ alla legge 18 maggio 1989, n. 183, Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, che ha riformato e unificato il sistema amministrativo degli interventi in materia di difesa del suolo, improntandolo al principio della pianificazione. La legge ha, in primo luogo, definito il quadro delle competenze in materia, introducendo il criterio (confermato dal successivo decreto legislativo n. 112 del 1998, artt. 87-89) della prevalenza dell’ambito territoriale naturale su quello amministrativo in tutte le competenze di tipo pianificatorio in materia di dissesto idrogeologico. Com’è noto, la legge n. 183 del 1989 ha previsto la ripartizione del territorio in bacini idrografici di rilievo nazionale, interregionale e regionale. Lo strumento della riforma è quindi individuato nel piano di bacino, anch’esso di rilievo nazionale, interregionale e regionale, che ha valore di piano territoriale di settore contenente i criteri, gli indirizzi, le norme e gli interventi finalizzati alla conservazione e gestione delle risorse del bacino idrografico;
§ alla legge 3 agosto 1998, n. 267, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 11 giugno 1998, n. 180, recante misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania. Si tratta del cd “decreto Sarno”, intervenuto a seguito dei disastri idrogeologici verificatisi in Campania il 5 e 6 maggio 1998, che ha introdotto disposizioni per l’armonizzazione della normativa ordinaria sulla pianificazione (legge n. 183) con la individuazione e selezione degli interventi di maggiore urgenza (misure urgenti per le aree a rischio);
§ alla legge 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002). Il riferimento è all’articolo 9, comma 6 della legge, che ha disposto che - ai fini dell'adozione urgente di misure di tutela ambientale e di difesa del territorio e del suolo dai rischi di dissesto geologico possono essere adottate misure di manutenzione e salvaguardia dei boschi con applicazione dell'incentivo previsto dall'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, (si tratta delle agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie, cd 36%). Inoltre, nella stessa legge, il comma 51 dell’art. 52 ha autorizzatoil Dipartimento della protezione civile a provvedere con contributi quindicennali ai mutui che la regione Piemonte stipula per il completamento degli interventi urgenti per le opere pubbliche e la loro messa in sicurezza a seguito degli eventi alluvionali verificatisi negli anni 1994, 2000 e 2002 (autorizzando a tal fine due limiti di impegno di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2002 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2003);
§ al D.P.R. 2 luglio 2004, n. 184, Riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Si osserva che il riferimento al regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture non sembrerebbe congruo, in quanto le competenze in materia di difesa del suolo sono ormai state unificate presso la Direzione generale per la difesa del suolo presso il Ministero dell’ambiente e del territorio[244](D.P.R. 17 giugno 2003, n. 261, art. 6).
Si osserva che, fra le norme citate, non compare la legge 11 dicembre 2000, n. 365, che ha convertito il decreto legge n. 279 del 2000, Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali, che rappresenta invece un atto normativo che sembrerebbe opportuno considerare in un quadro della normativa vigente in materia di interventi per il superamento delle situazioni di dissesto idrogeologico, in quanto l’art. 2 ha definito scopi e modalità di un’attività straordinaria di controllo dell’assetto idrogeologico del territorio, cui concorrono una pluralità di soggetti.
Secondo la disposizione in commento, il Ministero dell’ambiente, per gli interventi volti al superamento delle situazioni di dissesto idrogeologico si avvale di una società per azioni già esistente, controllata – direttamente o indirettamente - dallo Stato, con la quale stipula apposita convenzione.
Nella relazione illustrativa al disegno di legge non si riportano ulteriori specificazioni in merito alla società già esistente, né indicazioni in merito agli obiettivi della disposizioni in commento.
Dalla formulazione testuale del comma 6, sembrerebbe infatti che la società per azioni già esistente dovrà svolgere le attività di difesa del suolo. Tuttavia, anche ad accogliere questa interpretazione, resterebbe comunque da chiarire quali tipi di attività, in quanto – come risulta dall’elenco sopra riportato – le leggi genericamente richiamate disciplinano un complesso di funzioni che vanno dalla pianificazione degli interventi, alla esecuzione dei lavori, all’attivazione di monitoraggi e controlli.
Qualora il profilo del nuovo modello delineato nelle norme in commento fosse centrato sugli aspetti realizzativi delle opere, allora la società per azioni verrebbe ad assumere un ruolo analogo a quello del general contractor, cioè di regia complessiva degli interventi. Sembrerebbe, in questo caso, meritevole di approfondimento il regime dei subaffidamenti a cui la società sarebbe tenuta.
Ma il successivo comma 7 dell’articolo in commento sembrerebbe invece dare particolare enfasi ai profili finanziari, cioè alle modalità di attivazione delle risorse stanziate attraverso leggi pluriennali di spesa (come quelle sopra elencate). La società per azioni sembrerebbe allora avere (qualora fosse quest’ultima la corretta interpretazione della finalità delle norme in commento) un più marcato carattere finanziario.
Quanto allo strumento convenzionale, occorre, peraltro, rilevare che il Ministero è già abilitato ad operare attraverso convenzioni con soggetti pubblici e privati, strumento del quale infatti si avvale, per attività di formazione[245], di rilevamento dati[246], di supporto tecnico-amministrativo e fornitura di servizi vari[247], di gestione di erogazioni finanziarie[248].
Il comma 7 rinvia a successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Ambiente, da emanare entro sessanta giorni dalla entrata in vigore della legge finanziaria, la disciplina delle procedure per lo svolgimento delle attività di cui al precedente comma 6.
Lo stesso comma specifica, inoltre (permettendo di cogliere alcune delle finalità della nuova disciplina introdotta dai commi 6 e 7) che gli atti attuativi dovranno mirare alla ottimizzazione delle risorse finanziarie e alla unificazione delle procedure di spesa.
Quanto alle risorse complessivamente assegnate agli interventi di difesa del suolo, può essere utile richiamare i dati recentemente comunicati al Parlamento in occasione della trasmissione della Relazione per la ripartizione del nel Fondo per gli investimenti nel settore della difesa del suolo e tutela ambientale (relativamente all’esercizio finanziario 2004), iscrittenell’ambito dello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. Tale fondo è stato istituito ai sensi dell’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001), che ha disposto l’istituzione, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero, di Fondi unici per gli investimenti per ogni comparto omogeneo di spesa. Nel fondo confluiscono le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati.
Per quanto riguarda il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, il Fondo unico degli investimenti è iscritto nel centro di responsabilità n. 1 “Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro”, nell’U.P.B. 1.2.3.6, che si compone di un unico capitolo (7090) la cui dotazione – per il 2004 - è di 578.995.772, costituita dagli stanziamenti in bilancio relativi alle autorizzazioni di spesa in esso confluite. Nella Relazione si specifica che una quota pari al 38,35 dell’intero Fondo (222,04 milioni di euro totali) è attribuita agli interventi di difesa del suolo.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 1° agosto 2003 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva volta ad istituire un quadro normativo per l'elaborazione di specifiche in materia di progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia(COM(2003)453).
La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo il 20 aprile 2004. Il Consiglio trasporti del 29 novembre 2004 ha adottato la posizione comune che è stata esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura il 13 aprile 2005. In quella sede il PE ha adottato il compromesso raggiunto con il Consiglio al fine di evitare la procedura di conciliazione. L’esame in seconda lettura da parte del Consiglio è prevista per il 26 giugno 2005. Questa proposta rientra fra le priorità del programma di lavoro della Commissione e del programma operativo del Consiglio per il 2005.
Il 10 dicembre 2003 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici(COM(2003)739).
L’esame della proposta, che segue la procedura di codecisione, è stato avviato dalla Commissione Industria del Parlamento europeo il 20 aprile 2005. L’esame in plenaria è previsto per il 6 giugno 2005. Il Consiglio trasporti del 29 novembre 2004 ha svolto un dibattito orientativo durante il quale le delegazioni, pur sostenendo l’obiettivo della proposta, importante sia per l’economia sia per l’ambiente, hanno sottolineato la necessità di un’impostazione flessibile che rispecchi le peculiarità nazionali e assicuri la coerenza con il quadro legislativo esistente. L’esame di questa proposta è considerato prioritario dalla Presidenza lussemburghese.
Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di un libro verde su un’iniziativa europea per l’efficienza energetica. Nel corso del 2005 la Commissione dovrebbe, inoltre, presentare una proposta di direttiva volta ad imporre alle autorità pubbliche di prendere in considerazione, in occasione di appalti pubblici, i vantaggi dei veicoli con migliori prestazioni dal punto di vista ambientale ed energetico.
In vista della Conferenza di Bonn sulle energie rinnovabili (1-4 giugno 2004), la Commissione aveva adottato, il 26 maggio 2004, una comunicazione sulla quota dell'energia rinnovabile nell'UE (COM(2004)366).
La comunicazione perseguiva tre obiettivi: valutare i progressi compiuti dagli Stati membri nel conseguimento dell'obiettivo del 22% entro il 2010, fissato a livello nazionale in materia di consumo di elettricità prodotta da energie rinnovabili; verificare la possibilità di conseguire l'obiettivo volto a portare, entro il 2010, al 12% la quota delle energie rinnovabili nel consumo globale di energia dell'UE; proporre una serie di misure concrete da attuare a livello nazionale e comunitario al fine di garantire il perseguimento degli obiettivi fissati per il 2010.
Il Consiglio trasporti del 29 novembre 2004 ha adottato conclusioni nelle quali sottolinea l’importanza di aumentare la competitività delle energie rinnovabili, riducendo gli ostacoli istituzionali, amministrativi e tecnici, e di elaborare una strategia a lungo termine per l’energia rinnovabile oltre il 2010; accoglie con favore l’intenzione della Commissione di elaborare un piano di azione europeo sulle energie prodotte a partire dalla biomassa; ritiene utile istituire una conferenza informale per lo sviluppo di politiche in materia di energie rinnovabili; sostiene la necessità di dare adeguata priorità alle energie rinnovabili nei finanziamenti comunitari; ritiene che l’UE dovrebbe continuare a svolgere il suo ruolo di guida globale e rendere prioritaria la promozione delle energie rinnovabili nelle organizzazioni internazionali competenti quali l’OCSE, l’AIEA e la Banca mondiale.
Relativamente alla promozione delle energie rinnovabili si segnala che il 20 gennaio 2004 la Commissione ha lanciato la piattaforma tecnologica europea per l'idrogeno e le celle a combustibileal fine di favorire la transizione dell'UE da un'economia basata sui combustibili fossili a un'economia basata sull'idrogeno. Nell'ambito di questa piattaforma, il 18 marzo 2004, la Commissione ha promosso l'iniziativa "quick start" nel settore dell'idrogeno e delle celle a combustibile, che beneficerà di investimenti pari a 300 milioni di euro, di cui 150 provenienti dal bilancio comunitario. Questi stanziamenti andranno ad aggiungersi ai 100 milioni di euro già destinati dall'UE ai progetti di ricerca in questo settore nell'ambito del sesto programma di ricerca e sviluppo tecnologico e ad altri 100 milioni di euro provenienti dal settore privato.
Nel programma di lavoro per il 2005 la Commissione ha preannunciato la presentazione di una comunicazione riguardante un piano di azione sulla biomassa[249] e di una comunicazione relativa all’applicazione della direttiva 2001/77/CE sulla promozione delle energie rinnovabili.
Articolo 12, comma 1
(Comitato nazionale per il
turismo)
1. Al fine di assicurare il coordinamento stabile delle politiche di indirizzo del settore turistico in sede nazionale e la sua promozione all’estero, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituito il Comitato nazionale per il turismo con compiti di orientamento e coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l’attività dell’Agenzia nazionale del turismo di cui al comma 2. Fanno parte del Comitato: i Ministri e Viceministri ed il sottosegretario con delega al turismo, indicati nel citato decreto, il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni; il coordinatore degli assessori regionali al turismo; quattro rappresentanti delle regioni indicati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; i rappresentanti delle principali associazioni di categoria, nel numero massimo di tre e un rappresentante delle Camere di Commercio, secondo modalità indicate nel citato decreto.
Il comma 1, al fine di garantire il coordinamento stabile delle politiche di indirizzo del settore turistico in sede nazionale e la sua promozione all'estero, prevede l'istituzione di un Comitato nazionale per il turismo, cui sono assegnati compiti di orientamento e di coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo, di cui al successivo comma 2.
All’istituzione del Comitato si provvederà mediante decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la cui adozione è prevista entro il termine di trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il Comitato è composto da i Ministri e i Viceministri individuati con il DPCM istitutivo, dal Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni, dal coordinatore degli assessori regionali al turismo, da quattro rappresentanti delle regioni indicati dalla Conferenza Stato-Regioni e dai rappresentanti delle principali associazioni di categoria, in numero massimo di tre, secondo le modalità indicate nel citato decreto.
Nel corso dell’esame al Senato, il comma in esame è stato modificato, includendo nel Comitato in oggetto il sottosegretario con delega al turismo, nonché un rappresentante delle Camere di commercio.
Per quanto concerne il rispetto delle competenze legislative tra i vari livelli di governo, si rileva come la materia del turismo, secondo un indirizzo largamente affermato, debba essere annoverata, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione, tra le materie di competenza residuale delle Regioni.
Tuttavia ciò non esclude che, nell'ambito di un progetto complessivo di rilancio economico, sia possibile un intervento non intrusivo dello Stato. Qualche perplessità potrebbe, peraltro, sorgere dallo stanziamento di fondi a finalità - diretta o indiretta - di promozione turistica, data la ben nota giurisprudenza costituzionale che esclude la legittimità di fondi statali in materie di competenza non esclusivamente statali. Tuttavia va anche ricordata la sentenza n. 420 del 2004, con la quale la Corte ha confermato la norma statale che utilizzava parte del "fondo di offerta turistica" perché le modifiche apportate si ponevano in termini non peggiorativi per l’autonomia finanziaria regionale, un'osservazione che potrebbe essere ritenuta trasferibile sul testo in esame.
In ordine alla composizione del Comitato, potrebbe valutarsi l'opportunità di specificare il numero dei rappresentanti del Governo che faranno parte del Comitato medesimo, qualora si intenda predefinire un equilibrio nel quadro delle quote di rispettiva rappresentanza nelle componenti.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
La Commissione europea ha presentato il 21 novembre 2003 una comunicazione relativa agli orientamenti di base per la sostenibilità del turismo europeo (COM (2003)716).
La Commissione ritiene che per assicurare la sostenibilità del turismo europeo – ossia di un turismo che pur raggiungendo obiettivi di economici e sociali non comporti il degrado dell’ambiente e l’impoverimento della cultura locale - sia quella di rafforzare il quadro d’azione esistente in materia a livello comunitario. Nel contesto internazionale, l’approccio dell’UE dovrebbe essere quello di continuare la politica volta a promuovere la sostenibilità del turismo come una problematica connessa al commercio e all’assistenza ai paesi in via di sviluppo (PVS). Si dovrà inoltre perseguire il rafforzamento della cooperazione a favore del turismo sostenibile con gli organismi dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali. La Commissione propone, inoltre, di potenziare la cooperazione con l’Organizzazione mondiale del turismo (OMT) e tra tutte le parti interessate del settore turistico in Europa ed intende istituire un gruppo per la sostenibilità del turismo composto dai rappresentanti delle varie categorie interessate (il gruppo è in fase di costituzione).
Nell’autunno 2005, la Commissione intende presentare al Consiglio e alle altre istituzioni comunitarie una relazione sullo stato di attuazione delle iniziative previste al fine di poter preparare una “Agenda 21 per il turismo europeo”[250] non oltre il 2007.
Il Consiglio dell’UE ha esaminato la comunicazione della Commissione europea nella riunione del 18 aprile 2005, in occasione della quale ha adottato conclusioni sulla sostenibilità del turismo europeo nelle quali, invita:
§ gli Stati membri a partecipare all'attuazione di un approccio cooperativo tra gli operatori turistici al fine di contribuire ai lavori del gruppo per la sostenibilità del turismo e ad incoraggiare gli organismi esistenti specializzati nelle questioni relative al turismo sostenibile al fine di creare una rete di contatti a livello europeo per facilitare lo scambio di informazioni tra destinazioni turistiche;
§ la Commissione europea ad informare gli Stati membri sulle attività del gruppo per la sostenibilità del turismo nella prima metà del 2006 e trasmettere entro il 2007 al Consiglio una comunicazione su un'Agenda europea 21 per il turismo, recante raccomandazioni di azioni concrete da parte degli operatori pubblici e privati.
Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, in corso di ratifica da parte degli Stati membri dell’Unione europea, introduce disposizioni specifiche relative al turismo.
L’articolo I-17 inserisce il turismo tra i settori per i quali l'Unione ha competenza per svolgere azioni di sostegno, di coordinamento o di complemento rispetto alle azioni condotte dagli Stati membri, senza tuttavia potersi sostituire alla loro competenza.
L’articolo III-281 prevede che l'Unione completi l'azione degli Stati membri nel settore del turismo, in particolare promuovendo la competitività delle imprese dell'Unione in tale settore. L'azione dell'Unione è volta ad a) incoraggiare la creazione di un ambiente propizio allo sviluppo delle imprese in detto settore; b) favorire la cooperazione tra Stati membri, in particolare attraverso lo scambio delle buone prassi.
L’articolo prevede che una legge o legge quadro europea stabilisca misure specifiche destinate a completare le azioni svolte negli Stati membri al fine di realizzare tali obiettivi, escludendo però qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri.
Articolo 12, commi 2-7
(Trasformazione dell’ENIT in
Agenzia nazionale del turismo)
2. Per promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica nazionale e per favorirne la commercializzazione, l’Ente nazionale del turismo (ENIT) è trasformato nell’Agenzia nazionale del turismo, di seguito denominata: «Agenzia», sottoposta all’attività di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attività produttive.
3. L’Agenzia è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Sono organi dell’Agenzia: il presidente, il consiglio di amministrazione, il collegio dei revisori dei conti.
4. L’Agenzia assume la denominazione di ENIT-Agenzia nazionale del turismo e succede in tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, dell’ENIT, che prosegue nell’esercizio delle sue funzioni fino all’adozione del decreto previsto dal comma 7.
5. L’Agenzia provvede alle spese necessarie per il proprio funzionamento attraverso le seguenti entrate:
a) contributi dello Stato;
b) contributi delle regioni;
c) contributi di amministrazioni statali, regionali e locali e di altri enti pubblici per la gestione di specifiche attività promozionali;
d) proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita di beni e servizi a soggetti pubblici e privati nonché delle attività di cui al comma 8 al netto dei costi inerenti alla gestione della piattaforma tecnologica ivi indicata.
e) contribuzioni diverse.
6. Per l’anno 2005, all’ENIT è concesso il contributo straordinario di 20 milioni di euro.
7. Con decreto emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro degli affari esteri, con il Ministro per gli italiani nel mondo e con il Ministro per gli affari regionali, se nominati, sentite le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, acquisita l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, si provvede all’organizzazione e alla disciplina dell’Agenzia, con riguardo anche all’istituzione di un apposito comitato tecnico-consultivo e dell’Osservatorio nazionale del turismo e alla partecipazione negli organi dell’agenzia di rappresentanti delle regioni e dello Stato e delle associazioni di categoria e delle Camere di Commercio, anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419. Tra i compiti dell’Agenzia sono in particolare previsti lo sviluppo e la cura del turismo culturale, in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale.
Il comma 2 dell’articolo in esame prevede la trasformazione dell’Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) in “Agenzia nazionale del turismo”.
Lo scopo della trasformazione è quello di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia è sottoposta all’attività di indirizzo e di vigilanza del Ministero delle attività produttive.
L'ENIT è il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo. La sua istituzione risale al 1919, ma la disciplina dell'istituto ha conosciuto diverse modifiche. Tra esse si ricorda quella apportata dal DL n. 97/95, convertito con modificazioni dalla L. n. 203/95 "Riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport", che all'art. 3, co. 8, detta principi e criteri direttivi per il riordino dell'ente tramite un regolamento governativo, peraltro mai emanato. L'ordinamento dell'istituto rimane quindi quello risultante dalla riforma varata con la L. 11 ottobre 1990, n. 292. Tale legge ha provveduto ad aggiornare profondamente la struttura e i compiti dell'ente, primo responsabile della promozione dell'immagine turistica complessiva dell'Italia sui mercati esteri, da svolgere anche in collaborazione con le regioni e a sostegno delle iniziative di penetrazione commerciale delle singole imprese. Per consentire l'efficace svolgimento di questo ruolo, la citata legge n. 292 ha attribuito all'ENIT importanti compiti, tra i quali: il coordinamento dell'iniziativa di promozione turistica all'estero delle regioni; il sostegno e l'assistenza tecnica ad imprese e ad organismi pubblici e privati; la realizzazione all'estero di iniziative promozionali; la pubblicazione di dati e informazioni relativi all'intero territorio nazionale; la promozione e la realizzazione di studi e ricerche di mercato in materia turistica, in favore di enti ed imprese.
L’Enit è sottoposto alla vigilanza del Ministero delle attività produttive ed e è soggetto al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, con le modalità di cui all’art. 12 della stessa.
La struttura organizzativa dell’Enit è costituita da una sede centrale a Roma e da una rete estera che consta di 25 sedi di cui 14 in dodici paesi europei e 11 in sei paesi extraeuropei. Pertanto la rete estera ENIT copre direttamente quindici paesi da cui proviene oltre l’85 per cento del turismo estero.
Il comma 3 qualifica l’Agenzia come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione.
Lo stesso comma indica quali organi dell’Agenzia: il presidente, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori.
Il nuovo ente, che succede in tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, all’ENIT, assume, secondo quanto disposto dal comma 4, la denominazione di “ENIT- Agenzia nazionale del turismo”. L'ENIT, peraltro, continua ad operare fino all'adozione del decreto, di cui al successivo comma 7, concernente la disciplina e l'organizzazione della nuova Agenzia.
Le entrate destinate all’Agenzia affinché possa provvedere al proprio funzionamento – individuate dal comma 5 - sono costituite da:
a) contributi statali;
b) contributi regionali;
c) contributi di amministrazioni statali, regionali ed altri enti pubblici per la gestione di specifiche attività di promozione;
d) proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita di beni e servizi a soggetti sia pubblici che privati, nonché dalle attività di cui al successivo comma 8, concernenti la promozione del marchio Italia nel settore turistico sulla rete Internet, al netto dei costi inerenti alla gestione della piattaforma tecnologica ivi indicata ( quest’ultima specificazione è stata introdotta nel corso dell’esame al Senato);
e) contribuzioni varie.
All'Agenzia è peraltro attribuito per il 2005 un contributo straordinario di 20 milioni di euro (formalmente intestato all'ENIT, nelle more dell'adozione del decreto di cui al successivo comma 7) (comma 6).
Il comma 7 affida a un regolamento di delegificazione, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, l’organizzazione e la disciplina dell’Agenzia.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari
Il DPR dovrà essere emanato su proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, dell’economia e delle finanze, degli affari esteri, per gli italiani nel mondo e per gli affari regionali (questi ultimi - come specificato a seguito di una modifica introdotta dal Senato - se nominati), sentite le organizzazioni sindacali delle categorie maggiormente rappresentative e acquisita l’intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Nell’ambito dell’organizzazione e della disciplina dell’Agenzia si dovrà provvedere alla costituzione di un Comitato tecnico-consultivo e dell’Osservatorio nazionale del turismo; dovrà essere, altresì, prevista la partecipazione negli organi dell’Agenzia di rappresentanti delle regioni e delle associazioni di categoria, anche in deroga a quanto stabilito dall’art. 13, comma 1, lett. b) del D.Lgs. 419/99.
Il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419 "Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59", all’art. 13 (recante le regole per la revisione degli statuti degli enti), comma 1, lettera b), tra i principi, cui tale revisione deve attenersi, indica l’esclusione dai consigli di amministrazione degli enti di rappresentanti del ministero vigilante e di altre amministrazioni pubbliche, nonché di organizzazioni imprenditoriali e sindacali e di altri enti esponenziali.
A seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame al Senato, è stata disposta la partecipazione negli organi dell’Agenzia anche dei rappresentanti dello Stato e delle camere di commercio.
L’ultimo periodo del comma in esame precisa che tra i compiti della nuova Agenzia sono previsti, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e, come specificato a seguito di una integrazione disposta dal Senato, del turismo congressuale e qualificata.
Articolo 12, commi 8-11
(Progetto Scegli-Italia)
8. Per l’iniziativa volta a promuovere il marchio Italia nel settore del turismo, sulla rete Internet, già avviata dal progetto Scegli Italia, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie provvede, attraverso opportune convenzioni, alla realizzazione dell’iniziativa, alla gestione della relativa piattaforma tecnologica, alla definizione delle modalità e degli standard tecnici per la partecipazione dei soggetti interessati pubblici e privati, in raccordo con l’Agenzia, con il Ministero delle attività produttive, con il Ministero degli affari esteri, con il Ministro per gli italiani nel mondo e con le regioni, per quanto riguarda gli aspetti relativi ai contenuti e alla promozione turistica di livello nazionale e internazionale e, con riferimento al settore del turismo culturale, in raccordo con il Ministero per i beni e le attività culturali.
8-bis. Il Ministero delle Attività Produttive si avvale di ENIT – Agenzia nazionale per il turismo e delle Società di essa controllate per le proprie attività di assistenza tecnica e per la gestione di azioni mirate allo sviluppo dei sistemi turistici multiregionali. Il Ministro delle Attività Produttive può assegnare direttamente ad ENIT – Agenzia nazionale per il turismo ed alle Società da essa controllate, con provvedimento amministrativo, funzioni, servizi e risorse relativi a tali compiti.
9. Al finanziamento dell’iniziativa di cui al comma 8 sono destinate anche le somme già assegnate al Progetto Scegli Italia con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie in data 28 maggio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 14 giugno 2004, nell’ambito delle disponibilità del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico, di cui all’articolo 27, commi 2 e 4, della legge 16 gennaio 2003, n. 3, nonché gli eventuali proventi derivanti da forme private di finanziamento e dallo sfruttamento economico della piattaforma tecnologica.
10. È autorizzata la spesa di 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per la partecipazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio al Progetto Scegli Italia.
11. All’onere derivante dall’attuazione del comma 10 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.
Il comma 8 disciplina il già avviato progetto "Scegli Italia", chiamando il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri a provvedere alla realizzazione di tale iniziativa, che è volta alla promozione sulla rete Internet del "marchio Italia" nel settore del turismo, curando in particolare l'implementazione di detto progetto attraverso il ricorso ad apposite convenzioni.
Il progetto «Scegli Italia» è stato approvato dal Comitato dei Ministri della Società dell’informazione[251] in data 16 marzo 2004, con l’obiettivo di incrementare i flussi turistici nazionali ed internazionali mediante l’uso di tecnologie digitali. In tale contesto, è stata prevista e finanziata la realizzazione di una piattaforma digitale interattiva, denominata «Italia.it» (la cui prima versione dovrà essere realizzata entro il mese di maggio 2005) che consente la promozione dell’Italia, l’aggregazione delle strutture ricettive con funzioni di prenotazioni on-line, di gestione di contenuti informativi di qualità (e-content) e di erogazione di servizi avanzati. L’incarico di provvedere alla realizzazione e gestione di «Italia.it» è stato conferito ad Innovazione Italia S.p.a.[252], società strumentale del Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, in raccordo con le iniziative delle regioni.
Nella relazione governativa di accompagnamento al ddl si sottolinea come le disposizioni in esame debbano ritenersi necessarie e urgenti soprattutto in vista della prossima stagione turistica e dei giochi olimpici invernali dell’anno 2006.
Le attività del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, volte, attraverso apposite convenzioni, alla realizzazione dell’iniziativa, alla gestione della relativa piattaforma tecnologica, nonché alla definizione di modalità e standard tecnici per la partecipazione dei soggetti interessati, sia pubblici che privati, dovranno essere svolte in raccordo con l'Agenzia, con i Ministeri delle attività produttive, degli affari esteri, per gli italiani nel mondo e con le regioni per quanto attiene agli aspetti relativi "ai contenuti e alla promozione turistica di livello nazionale e internazionale”, nonché con il Ministero per i beni e le attività culturali, limitatamente agli aspetti inerenti al settore del turismo culturale.
Il nuovo comma 8-bis, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, prevede, al primo periodo, che il Ministero delle attività produttive si avvalga dell'ENIT-Agenzia nazionale per il turismo, e delle sue società controllate, per l'espletamento delle attività inerenti alle sue competenze in materia di assistenza tecnica e di gestione di azioni mirate allo sviluppo dei sistemi turistici multiregionali.
Nell'ambito di tale formula organizzativa, il secondo periodo del comma in esame conferisce al Ministro delle attività produttive il potere di attribuire alle medesime strutture - con provvedimento amministrativo - funzioni, servizi e risorse relativi ai compiti suddetti.
Si fa presente che la disposizione in esame fa riferimento ai “sistemi turistici multiregionali” i quali, diversamente dai “sistemi turistici locali”, non sono definiti nella legge - quadro sul turismo attualmente in vigore. Infatti, la legge 29 marzo 2001, n. 135, recante "Riforma della legislazione nazionale del turismo", all'articolo 5, introduce una definizione dei ”sistemi turistici locali” intesi quali "contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse". Tali sistemi si caratterizzano per una offerta integrata di beni culturali, ambientali e attrazioni turistiche, nella quale sono ricompresi anche i prodotti agricoli e dell'artigianato locale. Concorrono alla promozione di detti sistemi sia gli enti locali che i soggetti privati, attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria e con i soggetti pubblici e privati interessati.
Il riconoscimento dei sistemi turistici locali spetta alle regioni, che provvedono, inoltre, alla definizione delle modalità e della misura del finanziamento dei progetti di sviluppo. I sistemi turistici locali perseguono le seguenti finalità:
- sostegno ai processi di aggregazione e integrazione tra le imprese turistiche;
- attuazione di interventi intersettoriali e infrastrutturali necessari alla qualificazione dell'offerta turistica e alla riqualificazione delle località ad alta intensità di strutture ricettive;
- sostegno all’innovazione tecnologica degli uffici di informazione e di accoglienza, con particolare riguardo alla promozione dello standard nazionale dei servizi resi ai turisti;
- sostegno alla riqualificazione delle imprese turistiche, con priorità per l’adeguamento alle normative di sicurezza, per la classificazione e la standardizzazione dei servizi turistici e con particolare riguardo allo sviluppo dei marchi di qualità, di certificazione ecologica e di qualità e di forme di associazionismo verticale quali catene e club di prodotto, nonché alla tutela dell'immagine del prodotto locale;
- promozione del marketing telematico dei progetti turistici tipici, ai fini della relativa commercializzazione in Italia e all'estero.
Il comma 9 ricomprende nel finanziamento dell'iniziativa relativa alla promozione del "marchio Italia" nel settore del turismo sulla rete Internet, di cui al comma precedente, le somme già assegnate al progetto “Scegli Italia” con il decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie del 28 maggio 2004 nell’ambito delle disponibilità di Fondo di finanziamento per i progetti strategici del settore informatico, di cui all’art. 27, commi 2 e 4, della legge 16 gennaio 2003,n. 3 ("Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione").
Il Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico è iscritto in una apposita UPB dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze ed è finalizzato al finanziamento dei progetti innovativi nel settore richiamato. La scelta dei progetti da finanziare, nonché l’indicazione dei relativi stanziamenti, spetta al Ministro per l’innovazione, con il parere del Comitato dei ministri per la società dell’informazione. Gli stanziamenti autorizzati per il finanziamento del fondo per i progetti strategici ammontano, ai sensi del comma 3 del citato art. 27, a 154.938.000 euro, ripartiti come segue:
- 25.823.000 per il 2002;
- 51.646.000 per il 2003;
- 77.469.000 per il 2004.
Ulteriori fonti di finanziamento, individuate dal comma 4, sono costituite dalle eventuali risorse per progetti informatici accertate quali economie di spesa già destinate, secondo quanto stabilito dall’articolo 29, comma 7, della legge 448 del 2001 (finanziaria 2002)[253], al finanziamento di progetti innovativi nel settore informatico.
Più recentemente, l’art. 4, comma 8, della legge 350/2003 (finanziaria 2004) ha autorizzato l’ulteriore spesa di 51,5 milioni di euro per l’anno 2004 e di 65 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per il finanziamento del Fondo.
Quanto al citato DM 28 maggio 2004 (“Utilizzo del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico”), esso ha provveduto ad individuare, nell'allegato A, i grandi progetti di contenuto innovativo, di rilevanza strategica e di preminente interesse nazionale per lo sviluppo dei sistemi informativi e della società dell'informazione, da finanziare a valere sulle disponibilità del “Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico”, e da realizzarsi da parte dei soggetti proponenti secondo le modalità stabilite dallo stesso decreto.
In particolare, il citato DM ha stabilito che al finanziamento dei progetti individuati, il cui costo complessivo risulta di 247.000.000 di euro, si provvede in ragione di 74.000.000 di euro con i fondi di pertinenza delle amministrazioni proponenti; in ragione di 173.000.000 di euro a valere sulla disponibilità del Fondo di cui all'art. 27, commi 2, secondo periodo, e 4 della legge 3/2003, ripartiti nella misura di: 25.138.000 euro quale rimanenza delle precedenti annualità; di 51.500.000 euro a valere sul 2004; di 65.000.000 di euro per il 2005 e di 31.362.000 euro per il 2006.
Per quanto concerne, in particolare, il progetto Scegli Italia risultano assegnati, a valere sulle disponibilità del Fondo, 20 milioni di euro.
Il comma 10 autorizza la spesa di 4,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per consentire al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio di partecipare al progetto stesso. La relativa copertura finanziaria è indicata al successivo comma 11 che prevede, a tal fine, la corrispondente riduzione dello stanziamento di parte capitale iscritto nel fondo speciale dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2005, allo scopo utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.
1. Al fine di sostenere l’apparato produttivo anche attraverso la graduale attuazione delle deleghe legislative in materia di previdenza complementare previste dall’articolo 1, comma 2, della legge 23 agosto 2004, n. 243, è autorizzata, ai sensi dell’articolo 1, comma 42, della medesima legge, la spesa di 20 milioni di euro per l’anno 2005, 200 milioni di euro per l’anno 2006 e 530 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007. Al relativo onere si provvede, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2005, 200 milioni di euro per l’anno 2006 e 506 milioni di euro per l’anno 2007, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quanto a 14 milioni di euro per l’anno 2007, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 3, quanto a 10 milioni di euro per l’anno 2007, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, come determinata dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Il comma 1 dell’articolo 13 reca disposizioni in materia di previdenza complementare.
La disposizione individua, come previsto dall’art. 1, comma 42, della legge 23 agosto 2004, n. 243, le risorse necessarie a garantire la graduale attuazione delle deleghe legislative in materia di previdenza complementare previste dalla citata legge n. 243 del 2004”.
Si ricorda, infatti, che il richiamato comma 42 ha previsto che i decreti legislativi di attuazione delle deleghe in materia previdenziale (di cui ai a commi 1, 2, 10 e 11), da cui derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono essere emanati solo successivamente all’entrata in vigore di atti di carattere legislativo che provvedano a stanziare le risorse finanziarie necessarie.
La disposizione in esame reca uno stanziamento pari a 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 530 milioni annui a decorrere dal 2007, al fine di consentire l'attuazione della disciplina di delega in materia di previdenza complementare e, quindi, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera c), e articolo 1, comma 2, lettere e), h), i), l) e p), nonché commi da 41 a 49, della richiamata L. 23 agosto 2004, n. 243.
Riguardo ai principi ed ai criteri direttivi per l'esercizio della delega posti dai citati comma 1, lettera c), e comma 2, lettere e), h), i), l) e p) dell’articolo 1, si ricorda che essi prevedono, tra l'altro:
- il conferimento alle forme pensionistiche complementari, collettive ed individuali, di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, degli accantonamenti corrispondenti alle quote maturande del trattamento di fine rapporto, salva diversa esplicita volontà del lavoratore (cd. silenzio-assenso);
- la subordinazione del meccanismo suddetto all'adozione, in favore delle imprese, di misure che compensino la perdita della disponibilità (in termini di liquidità) degli accantonamenti summenzionati ;
- "l'eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla libera adesione e circolazione dei lavoratori" all'interno della previdenza complementare, collettiva e individuale;
- il perfezionamento dell'unitarietà e dell'omogeneità del sistema di vigilanza;
- la revisione della disciplina tributaria del settore. Tra gli obiettivi di tale revisione figura l'ampliamento della deducibilità fiscale della contribuzione alle forme pensionistiche complementari (collettive e individuali) ;
- l'applicazione della disciplina, con le necessarie armonizzazioni, ai pubblici dipendenti
Il comma in esame provvede altresì alla copertura finanziaria dello stanziamento disposto. A tal fine:
§ si riduce, nella misura di 20 milioni di euro per il 2005, 200 milioni per il 2006 e 506 milioni annui a decorrere dal 2007, l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali del Fondo speciale di parte corrente;
§ si prevede l'utilizzo di una parte, pari a 14 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, delle maggiori entrate derivanti dall'attuazione dell'articolo 7, comma 3, del presente decreto-legge, in materia di apparecchi e congegni da intrattenimento;
§ si riduce, nella misura di 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2007, il "Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente".
Secondo la relazione tecnica, la norma in esame “comporta oneri solo come limite massimo di spesa, dal momento che si limita a determinare, ai sensi dell’articolo 1, comma 42, della legge 243 del 2004, le risorse utilizzabili a copertura degli emanandi decreti attuativi in materia di previdenza complementare”.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
La Commissione ha avviato, il 15 settembre 2003, la seconda fase di consultazione delle parti sociali sul possibile contenuto di un’azione comunitaria in materia di trasferibilità dei diritti alla pensione complementare[254].
Dopo una prima fase di consultazione conclusa nel corso del 2002, le parti sociali hanno concordato sulla necessità di un’azione a livello comunitario per garantire che i lavoratori non perdano diritti a pensione quando cambiano lavoro. La seconda fase di consultazione invita le parti sociali ad avanzare proposte quanto al possibile contenuto e portata di tali misure a livello comunitario.
La Commissione, ritenendo che l’assenza di misure che garantiscano il trasferimento dei diritti a pensione complementare costituisca un ostacolo alla libera circolazione delle persone e alla realizzazione del mercato interno nel settore delle pensioni professionali, si dichiara favorevole a un’iniziativa legislativa che determini le esigenze minime da rispettare per migliorare il trasferimento dei diritti a pensione complementare nell’Unione europea.
Tali esigenze minime, che andrebbero instaurate progressivamente, dovrebbero facilitare l’acquisizione dei diritti a pensione professionale, garantire una protezione adeguata dei diritti accumulati dai lavoratori che abbandonano prematuramente il loro regime pensionistico, semplificare il trasferimento dei diritti a pensione acquisiti e garantire una informazione adeguata degli affiliati in caso di mobilità professionale.
La Commissione invita le parti sociali, in particolare, a negoziare una convenzione collettiva su scala europea che preveda disposizioni più favorevoli alla mobilità in materia di pensione professionale.
Si ricorda inoltre che sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea è stata pubblicata la direttiva 2005/1/CE, che istituisce una nuova struttura organizzativa per i comitati del settore dei servizi finanziari. Tali comitati assistono la Commissione europea nell’esercizio dei suoi poteri di esecuzione nell’ambito della cd. procedura Lamfalussy[255]. In particolare, viene istituito il comitato europeo delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 ottobre 2004, un parere motivato[256] nel quale rileva che la disciplina fiscale dei contributi ai fondi previdenziali e assicurativi (segnatamente di cui al D.Lgs. n. 124/93 recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, al D.Lgs. n. 47/2000 “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare”, e al D.P.R. n. 917/86 recante il testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) - presenta profili di discriminazione nei confronti dei fondi e delle imprese assicuratrici stabiliti all’estero. Le norme in questione comporterebbero, infatti, la limitazione della deducibilità ai soli contributi versati ai fondi pensione italiani, con l’esclusione di quelli versati a fondi esteri; ciò, secondo la Commissione, dissuaderebbe gli interessati ad affiliarsi alle imprese e fondi di previdenza stabiliti in altri Stati membri e disincentiverebbe questi ultimi a offrire i propri servizi previdenziali in Italia.
La Commissione ritiene pertanto che tale regime fiscale vìoli i princìpi della libera circolazione dei lavoratori (art. 39 CE), della libertà di stabilimento (art. 43 CE), della libera prestazione di servizio (art. 49 CE), della libera circolazione dei capitali (art. 56 CE), nonché gli omologhi articoli dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (28, 31, 36 e 40 SEE).
2. In attesa della riforma organica degli ammortizzatori sociali e del sistema degli incentivi all’occupazione, per gli anni 2005 e 2006, con decorrenza, in ogni caso, non anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adottati i seguenti interventi:
a) per i trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1º aprile 2005 al 31 dicembre 2006 la durata dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali, di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272 e successive modificazioni, è elevata a sette mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni e a dieci mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni. La percentuale di commisurazione alla retribuzione della predetta indennità è elevata al cinquanta per cento per i primi sei mesi ed è fissata al quaranta per cento per i successivi tre mesi e al trenta per cento per gli ulteriori mesi. Resta confermato il riconoscimento della contribuzione figurativa per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di sei mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni e di nove mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni. Gli incrementi di misura e di durata di cui al presente comma non si applicano ai trattamenti di disoccupazione agricoli, ordinari e speciali, né all’indennità ordinaria con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160. L’indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro. Per le finalità di cui alla presente lettera, è istituita, nell’ambito dell’INPS, una speciale evidenza contabile a cui affluisce per l’anno 2005 l’importo di 307,55 milioni di euro e per l’anno 2006 l’importo di 427,23 milioni di euro;
I commi 2 e 3 dell’articolo 13 recano diversi interventi volti alla tutela dell’occupazione, in attesa della riforma organica degli ammortizzatori sociali e del sistema degli incentivi all’occupazione.
In particolare, per gli anni 2005 e 2006:
§ è aumentata la durata e l’entità dell’indennità ordinaria di disoccupazione (comma 2, lettera a);
§ sono aumentate le risorse per gli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla disciplina vigente e ne è differito il termina per l’applicazione nei casi in cui siano accompagnati da accordi di settore (comma 2, lettera b);
§ sono riconosciute agevolazioni per i datori di lavoro o gli utilizzatori che assumano o facciano ricorso alla somministrazione nei confronti di lavoratori in mobilità o in CIGS (comma 2, lettera c);
§ sono previsti incentivi per i lavoratori in mobilità, in CIGS o distaccati da imprese in difficoltà che accettino una sede di lavoro distante più di 100 km dal luogo di residenza (comma 2, lettera d).
In seguito all’approvazione del maxiemendamento del Governo nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, si è esclusa un’applicazione retroattiva delle misure, precisando che gli interventi decorrono dalla data di entrata in vigore del provvedimento stesso, e cioè dal 17 marzo 2005.
La lettera a) del comma 2 reca disposizioni in materia di indennità ordinaria di disoccupazione.
L'indennità ordinaria di disoccupazione ha lo scopo di garantire un sostegno al reddito del lavoratore subordinato in caso di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro.
L’involontarietà della disoccupazione comporta che, ai sensi dell’articolo 34, comma 5, della L. 23 dicembre 1998, n. 448 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999) la cessazione per dimissioni non dà titolo alla concessione dell’indennità ordinaria di disoccupazione[257].
I requisiti e le condizioni che danno diritto all’indennità sono (articolo 19 del R.D.L. 636 del 1939):
- stato di disoccupazione;
- anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni e di 1 anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro;
- conservazione di una residua capacità lavorativa;
- presentazione della domanda entro il termine tassativo di 68 giorni dal licenziamento.
L'indennità è corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (articolo 31 della L. 29 aprile 1949, n. 264. Per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni alla data di cessazione del rapporto, ai sensi dell’articolo 78, comma 19, della legge finanziaria per il 2001 (L. 388 del 2000), l’indennità è estesa fino a 9 mesi. Nel caso di licenziamento per giusta causa, tuttavia, il periodo massimo è ridotto di 30 giorni (articolo 76, comma 3, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827)[258].
Ai sensi del citato articolo 78, comma 19, della L. 388 del 2000, la misura dell'indennità ordinaria di disoccupazione è pari al 40% della retribuzione media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi[259] (30% per i lavoratori saltuariamente occupati e stagionali).
Il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione è riconosciuto utile ai fini previdenziali; tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso viene considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del requisito contributivo.
L'istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo[260].
L'aliquota contributiva relativa all'istituto in esame è pari, in genere, all'1,61% ed è interamente a carico del datore di lavoro.
Il primo e il secondo periodo della lettera a) dispongono, con riferimento alle indennità ordinarie di disoccupazione, un aumento sia della durata che della misura del trattamento.
Più specificamente, la durata è incrementata da 180 giorni a 7 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 9 a 10 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni.
Inoltre viene ristrutturata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, attualmente pari - come accennato in precedenza - al 40% in relazione al tempo di godimento. In particolare, l’indennità e pari:
§ al 50% per i primi 6 mesi;
§ al 40% per i successivi tre mesi;
§ al 30% per il periodo ulteriore.
Il terzo periodo della lettera a) specifica che gli aumenti della durata non danno luogo ad un corrispondente ampliamento della contribuzione figurativa[261], che rimane confermata per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di 6 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e di 9 mesi per quelli con età pari o superiore a 50 anni.
Il quarto periodo della lettera a)esclude dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari[262] e speciali[263]) e le indennità ordinarie di disoccupazione liquidate con requisiti ridotti[264].
In seguito all’approvazione del maxiemendamento del Governo nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stato soppresso il quinto periodo della lettera a). Tale periodo abrogava l'articolo 20, secondo comma, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636[265], che prevede la cessazione del diritto all'indennità di disoccupazione qualora, nel periodo di un anno immediatamente precedente, il medesimo trattamento risulti complessivamente attribuito per una durata corrispondente al limite massimo.
L’attuale quinto periodo (originariamente sesto) della lettera a) specifica che l'indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione previste dalla disciplina sull'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Ai fini di una corretta formulazione del testo, si osserva che sarebbe opportuno richiamare specificamente le disposizioni che disciplinano la perdita e sospensione dell’indennità di disoccupazione.
Si ricorda che la normativa statale nella suddetta materia è posta dal D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181[266].
Al riguardo, l’articolo 4 del richiamato D.Lgs. 181, così come modificato dall’articolo 5 del D.Lgs. 19 dicembre 2002, n. 297, ha disposto che sono le Regioni a stabilire i criteri per l'adozione da parte dei servizi competenti di procedure uniformi in materia di accertamento dello stato di disoccupazione, sulla base dei seguenti principi:
conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione[267];
perdita dello stato di disoccupazione in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell'ambito delle misure di prevenzione della disoccupazione di lunga durata;
perdita dello stato di disoccupazione in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, ai sensi della legge 24 giugno 1997, n. 196, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a 8 mesi, (4 mesi se si tratta di giovani), nell'ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni;
sospensione dello stato di disoccupazione in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a 8 mesi (4 mesi se si tratta di giovani).
Infine, il sesto periodo (originariamente settimo) della lettera a) dispone, con riferimento agli effetti finanziari della stessa lettera, un apposito trasferimento in favore dell'INPS, per gli anni 2005 (307,55 milioni di euro) e 2006 (427,23 milioni di euro), che confluisce in un’evidenza contabile appositamente costituita.
In base alla relazione tecnica, nell'importo complessivo relativo ai due anni sono compresi anche gli oneri relativi al 2007).
Secondo la relazione tecnica originaria, dall’esame dei parametri presi in considerazione ai fini del calcolo degli oneri, derivanti dalle disposizioni della lettera a), si ha la seguente tabella:
(dati in mln di euro)
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
|
Onere per indennità |
289,24 |
341,86 |
45,25 |
|
Onere contribuzione figurativa(*) |
13,09 |
25,98 |
6,17 |
|
Onere per trattamenti di famiglia |
4,06 |
6,14 |
2,99 |
|
Totale complessivo |
306,39 |
373,98 |
54,41 |
(*) Con riferimento ai soggetti che si ipotizzano aggiuntivi rispetto alla leva di beneficiari di disoccupazione ordinaria con requisiti normali, per effetto della più favorevole disciplina.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Il 5 aprile 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione “Anticipare e accompagnare le ristrutturazioni per sviluppare l’occupazione: il ruolo dell’Unione europea” (COM(2005)120).
La comunicazione costituisce la seconda fase della consultazione sulle ristrutturazioni d’impresa e i comitati aziendali europei[268].
La Commissione invita i partner sociali ad impegnarsi in modo più approfondito nella definizione di mezzi per anticipare e gestire le ristrutturazioni, incoraggiando l’adozione di orientamenti in materia di buone pratiche relative alle ristrutturazioni e ai comitati aziendali europei. La Commissione ritiene che si debba intensificare il dialogo sociale europeo su queste tematiche e propone, fra l’altro, l’istituzione di un fondo di “adeguamento alla crescita” per offrire un sostegno ai settori colpiti dalle ristrutturazioni; il lancio di un libro verde sull’evoluzione del diritto del lavoro; l’istituzione di un “forum ristrutturazioni”, al fine di seguire regolarmente le evoluzioni in tale materia e di promuovere l’articolazione delle diverse iniziative.
Il 12 aprile 2005 la Commissione ha presentato le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione per il periodo 2005-2008 (COM(2005)141).
Per i profili concernenti le linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1-bis.
Il 20 marzo 2002 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei (COM(2002) 149).
Per l’illustrazione delle proposta si rinvia alla scheda relativa all’articolo 1-bis.
2. In attesa della riforma organica degli ammortizzatori sociali e del sistema degli incentivi all’occupazione, per gli anni 2005 e 2006, con decorrenza, in ogni caso, non anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adottati i seguenti interventi:
(omissis)
b) all’articolo 1, comma 155, primo periodo, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le parole: «310 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «460 milioni di euro»; dopo le parole: «entro il 31 dicembre 2005» sono inserite le seguenti: «e per gli accordi di settore entro il 31 dicembre 2006»; dopo le parole: «intervenuti entro il 30 giugno 2005» sono inserite le seguenti: «che recepiscono le intese intervenute in sede istituzionale territoriale»;
(omissis)
3. Per le finalità di cui al comma 2, lettere b), c) e d), il Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è incrementato di 170 milioni di euro per l’anno 2005. Il predetto Fondo è altresì incrementato di 1,35 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.
L’articolo 13, comma 2, lettera b), reca modifiche all'articolo 1, comma 155, primo periodo, della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311), il quale ha consentito l'attuazione, in via transitoria, di deroghe alla disciplina degli ammortizzatori sociali.
Si ricorda che il richiamato primo periodo del comma 155, riprendendo di fatto analoghe disposizioni contenute nell’articolo 3, comma 137, quarto periodo, della legge finanziaria per il 2004 (L. 24 dicembre 2003, n. 350), ha disposto che, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2005, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali - di concerto con quello dell'economia e delle finanze – possa - anche in deroga alla normativa ordinaria - concedere trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità) alle seguenti condizioni:
la concessione è subordinata alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi;
i programmi devono essere definiti con specifici accordi in sede governativa entro il 30 giugno 2005.
Si ricorda, inoltre, che il secondo periodo del comma 155, inoltre, ha prorogato i trattamenti di cassa integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale già concessi ai sensi della disciplina temporanea posta dal richiamato articolo 3, comma 137, quarto periodo, della citata L. 350 del 2003.
Pertanto, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con quello dell'economia e delle finanze, può concedere una proroga o un'ulteriore proroga dei suddetti trattamenti, a condizione che i piani di gestione delle eccedenze (già definiti in specifici accordi conclusi in sede governativa) abbiano comportato una riduzione, nella misura pari ad almeno il 10%, del numero dei destinatari dei trattamenti scaduti alla data del il 31 dicembre 2004.
L’importo dei trattamenti corrisposti in base a tali provvedimenti ministeriali di proroga sarà ridotto nella misura del 10%, ovvero del 30% nell'ipotesi in cui sia già intercorsa una precedente proroga.
Per l’attuazione delle disposizioni previste dal comma 155 – riguardanti pertanto sia i casi di concessione sia quelli di proroga – è stato stanziato un importo complessivo di spesa pari a 310 milioni di euro, a carico del Fondo per l’occupazione[269].
Le disposizioni in esame:
- incrementano da 310 a 460 milioni di euro la dotazione delle risorse finanziarie;
- differiscono il termine per l'applicazione dei benefici dal 31 dicembre 2005 al 31 dicembre 2006 nel caso in cui l'accordo sottostante ai trattamenti in deroga sia di settore;
- specificano che gli accordi che definiscono i programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali ai quali è subordinata la concessione dei benefici, conclusisi in sede governativa entro il 30 giugno 2005, devono costituire il recepimento delle intese intervenute in sede istituzionale territoriale.
Secondo la relazione tecnica originaria, la norma in esame comporta un onere a carico del Fondo per l’occupazione pari a 150 mln. di euro per il 2005.
Il successivo comma 3 incrementa il suddetto Fondo per l'occupazione di 170 milioni di euro per il 2005, ai fini del finanziamento degli interventi di cui alle lettere b), c) e d) del comma 2.
Si dispone altresì un aumento permanente della dotazione del medesimo Fondo, nella misura di 1,35 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.
Secondo la relazione tecnica originaria, la norma in esame comporta complessivamente un onere pari a 170 mln. di euro per il 2005, cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente.
2. In attesa della riforma organica degli ammortizzatori sociali e del sistema degli incentivi all’occupazione, per gli anni 2005 e 2006, con decorrenza, in ogni caso, non anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono adottati i seguenti interventi:
(omissis)
c) gli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si applicano anche al datore di lavoro, in caso di assunzione, o all’utilizzatore in caso di somministrazione, di lavoratori collocati in mobilità ai sensi dell’articolo 1, comma 155, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Ai lavoratori posti in cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi del predetto articolo 1, comma 155, della legge n. 311 del 2004, dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 2004, n. 291, ovvero, in caso di cessazione di attività, dell’articolo 1, comma 5, della citata legge n. 223 del 1991, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, ed all’articolo 4, comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Fino al 31 dicembre 2005 e con riferimento ai predetti lavoratori l’applicazione del citato articolo 4, comma 3, è effettuata indipendentemente dai limiti connessi alla fruizione per il lavoratore e all’ammissione per l’impresa ai trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e senza l’applicazione ivi prevista delle riduzioni connesse con l’entità dei benefici, nel limite di 10 milioni di euro per l’anno 2005 a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236. Le disposizioni di cui alla presente lettera non si applicano con riferimento ai lavoratori che siano stati collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria o siano stati collocati in mobilità nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento della sospensione in cassa integrazione guadagni straordinaria o al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume o utilizza, ovvero risulti con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo;
d) nel limite di 10 milioni di euro di euro per l’anno 2005 a carico del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, al fine di agevolare i processi di mobilità territoriale finalizzati al reimpiego presso datori di lavoro privati ed al mantenimento dell’occupazione, ai lavoratori in mobilità o sospesi in cassa integrazione guadagni straordinaria, che accettino una sede di lavoro distante più di cento chilometri dal luogo di residenza, è erogata una somma pari a una mensilità dell’indennità di mobilità in caso di contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi o pari a tre mensilità dell’indennità di mobilità in caso di contratto a tempo indeterminato o determinato di durata superiore a diciotto mesi. Nel caso del distacco di cui all’articolo 8, comma 3, del citato decreto-legge n. 148 del 1993, in una sede di lavoro distante più di cento chilometri dal luogo di residenza, al lavoratore interessato viene erogata, nell’ambito delle risorse finanziarie di cui al primo periodo, una somma pari a una mensilità dell’indennità di mobilità in caso di distacco di durata superiore a dodici mesi o pari a tre mensilità dell’indennità di mobilità in caso di distacco di durata superiore a diciotto mesi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le relative modalità attuative.
3. Per le finalità di cui al comma 2, lettere b), c) e d), il Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è incrementato di 170 milioni di euro per l’anno 2005. Il predetto Fondo è altresì incrementato di 1,35 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007.
L’articolo 13, comma 2, lettere c), prevede agevolazioni per i datori di lavoro o gli utilizzatori che assumano o facciano ricorso alla somministrazione nei confronti di lavoratori in mobilità o in CIGS .
In particolare, il primo periodo della lettera c) prevede, fino al 31 dicembre del 2006, specifiche agevolazioni – di cui agli articoli 8, commi 2 e 4, e 25, comma 9, della L. 223 del 1991 - per il datore di lavoro o l’utilizzatore, che, rispettivamente, assumano o facciano ricorso al contratto di somministrazione nei confronti di lavoratori collocati in mobilità interessati da programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali, ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi, di cui all’articolo 1, comma 155, della legge finanziaria per il 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).
Le agevolazioni contributive, quindi, in caso di somministrazione, spetterebbero al soggetto il quale utilizzi il lavoratore in mobilità, anziché all'agenzia di somministrazione che abbia assunto il medesimo soggetto.
Si ricorda che gli incentivi per l'assunzione di soggetti in mobilità espressamente richiamati sono i seguenti:
a) in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato, è attribuito al datore un contributo mensile pari al 50% dell’indennità di mobilità che sarebbe spettata al lavoratore[270], contributo erogato per un numero di mesi non superiore a 12 ovvero a 24 o 36 mesi. Questi ultimi due limiti si riferiscono ai soggetti di età superiore a 50 anni; in particolare, quello più elevato concerne i lavoratori che, oltre a possedere tale requisito anagrafico, risiedano nelle aree del Mezzogiorno[271] o in quelle in cui il rapporto tra gli iscritti alla prima classe delle liste di collocamento e la popolazione residente in età di lavoro sia superiore alla media nazionale (articolo 8, comma 4, della L. 223 del 1991);
b) in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è concesso al datore il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti, pari, nel 2005, a 2,94 o a 2,85 euro settimanali a seconda che sia previsto o meno l’obbligo di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (articolo 25, comma 9, della L. 223 del 1991);
c) in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lettera b). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato, nel qual caso viene anche attribuito il contributo di cui alla precedente lett. a) (articolo 8, comma 2, della L. 223 del 1991)[272].
Il secondo ed il terzo periodo della lettera c) prevedono specifiche agevolazioni contributive per i datori di lavoro che assumono lavoratori in determinate situazioni lavorative.
In particolare, il secondo periodo dispone che ai datori di lavoro che assumono lavoratori posti in CIGS ai sensi del richiamato articolo 1, comma 155, della L. n. 311 del 2004, oppure in caso di cessazione dell'attività dell'intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi, in presenza di programmi di reimpiego dei lavoratori (articolo 1, comma 1, del D.L. 249 del 2004, convertito dalla L. 291 del 2004), ovvero in caso di crisi aziendale, di cui all’articolo 1, comma 5, della L. 223 del 1991, sono riconosciute alcune agevolazioni.
Tali agevolazioni consistono nell’applicazione dei contributi previdenziali ed assistenziali nella misura del 50% per un periodo di 36 mesi (articolo 8, comma 9, della L. 407 del 1990), nonché nell’applicazione dei benefici previsti per i soggetti in mobilità dal citato all'articolo 8, comma 4, della L. 223 del 1991, calcolati nella misura prevista, ridotta di tre mesi, sulla base dell'età del lavoratore al momento dell'assunzione o ammissione (articolo 4, comma 3, del D.L. 148 del 1993, convertito dalla L. 236 del 1993).
Il terzo periodo prevede, inoltre, che, per fino al 31 dicembre 2005 in riferimento ai richiamati lavoratori, l’applicazione dell’agevolazione di cui al citato articolo 4, comma 3, del D.L. 148 del 1993 si applica indipendentemente dai limiti connessialla fruizione per il lavoratore e all’ammissione, per l’impresa, ai trattamenti CIGS calcolati senza la riduzione dei tre mesi, nel limite di 10 milioni di euro per il 2005, onere a carico del Fondo per l’occupazione.
Infine, il quarto periodo della lettera c) individua alcune ipotesi di esclusione dall'applicazione dei benefici in precedenza evidenziati.
In particolare, le disposizioni di cui alla lettera c) non si applicano ai lavoratori collocati in CIGS o in mobilità nei 6 mesi precedenti, da parte di un’impresa dello stesso o diverso settore di attività che, al momento della sospensione o al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell’impresa che assume o utilizza lavoratori, ovvero risulti con quest’ultima in rapporto di collegamento o controllo[273].
L’articolo 13, comma 2, lettere d) prevede incentivi per i lavoratori in mobilità, in CIGS o distaccati da imprese in difficoltà che accettino una sede di lavoro distante più di 100 km dal luogo di residenza.
In particolare, il primo periodo della lettera d)introduce alcuni incentivi al fine di agevolare i processi di mobilità territoriale finalizzati al reimpiego di lavoratori presso datori di lavoro privatie al mantenimento dell’occupazione a favore di lavoratori in mobilità o in cassa integrazione guadagni straordinaria, nel caso in cui questi ultimi accettino una sede di lavoro distante più di 100 chilometri dal luogo di residenza.
Ai suddetti lavoratori è riconosciuta una somma pari a una mensilità dell'indennità di mobilità[274] in caso di contratto a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi; tre mensilità della suddetta indennità in caso di contratto a tempo indeterminato ovvero determinato di durata superiore a diciotto mesi.
Il secondo periodo della lettera d) disciplina il caso di distacco, previsto dagli accordi sindacali al fine di evitare le riduzioni di personale, di uno o più lavoratori dall'impresa ad altra per una durata temporanea (ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del citato D.L. 148 del 1993). In particolare, anche in tal caso si prevede che qualora la nuova sede di lavoro sia distante , più di 100 chilometri dal luogo di residenza del lavoratore, allo stesso debba essere attribuita una somma pari a una mensilità dell'indennità di mobilità, qualora il distacco sia di durata superiore a dodici mesi; tre mensilità della stessa indennità in caso di distacco di durata superiore a diciotto mesi.
Infine, il terzo periodo della lettera d) demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità attuative dei benefici di cui alla stessa lettera d) (senza peraltro prevedere un termine per l’emanazione del decreto)
Le disposizioni di cui alla lettera d) si applicano nel limite di spesa di 10 milioni di euro, a valere sul Fondo per l’occupazione.
Il comma 3 incrementa il suddetto Fondo per l'occupazione di 170 milioni di euro per il 2005, ai fini del finanziamento degli interventi di cui alle lettere c) e d) in esame.
Si dispone altresì un aumento permanente della dotazione del medesimo Fondo, nella misura di 1,35 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.
4. All’articolo 1-ter del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per l’anno 2005 la dotazione finanziaria del predetto Fondo è stabilita in 10 milioni di euro.»;
b) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l’occupazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tenuto conto dei fenomeni di repentina crisi occupazionale in essere, sono indicati i criteri di priorità per l’attribuzione delle risorse e con riferimento alle aree territoriali ed ai settori industriali in crisi, nonché i criteri di selezione dei soggetti a cui è attribuita la gestione dei programmi di sviluppo locale connessi.».
Il comma 4 reca alcune novelle all’articolo 1-ter del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 236, concernente il fondo per lo sviluppo.
Si ricorda che il richiamato Fondo è diretto a consentire nuovi programmi di reindustrializzazione, di interventi per la creazione di nuove iniziative produttive e di riconversione dell'apparato produttivo esistente nonché a promuovere azioni di sviluppo a livello locale.
Le aree territoriali interessate sono quelle individuate dall'articolo 1, comma 1[275], del medesimo D.L. n. 148, e sono le seguenti:
i territori rientranti negli obiettivi 1 e 2 dei fondi strutturali comunitari di cui al regolamento CEE n. 2052/88 o del regolamento CEE n. 328/88, così come individuate ai sensi del D.L. 1° aprile 1989, n. 120, convertito dalla L. 15 maggio 1989, n. 181, recante misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia;
le aree che presentano rilevante squilibrio locale tra domanda ed offerta di lavoro, individuate secondo la procedura ivi prevista.
In particolare:
§ si aggiunge al comma 1 del l richiamato articolo 1-ter un periodo che prevede una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 10 milioni di euro (lettera a));
§ si demanda al Ministro del lavoro e delle politiche sociali la definizione dei criteri di priorità per l'attribuzione delle risorse, con riferimento sia alle aree territoriali sia ai settori industriali in crisi, nonché i criteri di selezione dei soggetti cui affidare la gestione dei programmi di sviluppo locale connessi. Tale definizione è attuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione della Presidenza del Consiglio, e tenuto conto dei fenomeni di repentina crisi occupazionale in essere (lettera b)).
Si ricorda che, ai sensi del comma 2 del più volte ricordato articolo 1-ter, i criteri e le modalità di utilizzo delle disponibilità del Fondo per lo sviluppo sono stabiliti con D.P.C.M., su proposta dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale (attualmente del lavoro e delle politiche sociali), dell'industria, del commercio e dell'artigianato (attualmente delle attività produttive), e del tesoro (attualmente dell’economia e delle finanze), e sentito il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione al D.L. 148.
Si segnala, al riguardo, che il testo non prevede un termine per l’emanazione del decreto di attuazione.
Inoltre, sarebbe forse opportuno un coordinamento tra la procedura introdotta dalla novella in esame e la procedura già stabilita dal primo periodo del comma 2 del richiamato articolo 1-ter.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Con riferimento ai profili concernenti la riforma della politica di coesione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-bis.
5. Agli oneri derivanti dai commi 2, 3 e 4, pari a 487,55 milioni di euro per l’anno 2005, a 427,23 milioni di euro per l’anno 2006 e a 1,35 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007, si provvede quanto a 456,05 milioni di euro per l’anno 2005, 402,23 milioni di euro per l’anno 2006 e 0,35 milioni di euro per l’anno 2007 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali; quanto a 23,5 milioni di euro per l’anno 2005, 17 milioni di euro per l’anno 2006 e un milione di euro per l’anno 2007, mediante utilizzo, per l’anno 2005, di parte delle maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’articolo 10, comma 2, e, per gli anni successivi, mediante utilizzo delle maggiori entrate di cui all’articolo 7, comma 3, e quanto a 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, come determinata dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai precedenti commi 2, 3 e 4.
In particolare, al totale di tali oneri, pari a 487,55 milioni di euro per il 2005, 427,23 milioni di euro per il 2006 e 1,35 milioni di euro per il 2007, si fa fronte:
- nella misura di 456,05 milioni di euro per il 2005, di 402,23 milioni per il 2006 e di 0,35 milioni annui a decorrere dal 2007, nell’ambito della U.P.B. di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per il 2005, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
- nella misura di 23,5 milioni di euro per il 2005, 17 milioni per il 2006 e 1 milione annuo a decorrere dal 2007, mediante utilizzo, per il 2005, di parte delle maggiori entrate derivanti dall'aumento delle imposte sulla produzione e sui consumi, di cui al precedente articolo 10, comma 2, e, per gli anni successivi, di una parte di quelle derivanti dall’utilizzo degli apparecchi da intrattenimento, di cui al precedente articolo 7, comma 3;
- nella misura di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006, mediante corrispondente riduzione del "Fondo di riserva per l'integrazione delle autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente"[276].
6. L’INPS provvede al monitoraggio degli effetti derivanti dalle disposizioni introdotte ai sensi del comma 2, comunicando i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero dell’economia e delle finanze, anche ai fini dell’adozione, per quanto concerne gli interventi previsti al comma 2, lettera a), dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Limitatamente al periodo strettamente necessario all’adozione dei predetti provvedimenti correttivi, alle eventuali eccedenze di spesa rispetto alle previsioni a legislazione vigente si provvede mediante corrispondente rideterminazione, da effettuare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, degli interventi posti a carico del Fondo di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
Il comma 6 demanda all'INPS il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle norme di cui al precedente comma 2. Gli esiti del controllo sono comunicati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e a quello dell'economia e delle finanze, anche ai fini, per quanto riguarda le disposizioni (comportanti oneri automatici) di cui alla lettera a) dello stesso comma 2, dell'eventuale adozione delle misure correttive.
Limitatamente al periodo necessario all’adozione di misure correttive, alle eventuali eccedenze di spesa si provvede con apposita rideterminazione degli interventi posti a carico del Fondo per l'occupazione, da effettuarsi mediante decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il dell’economia e delle finanze (anche in tal caso il testo non prevede un termine per l’emanazione del decreto ministeriale.
Si ricorda che per le norme di cui alle lettere b), c) e d) del comma 2 il monitoraggio è invece inteso a garantire il rispetto dei limiti di spesa ivi previsti.
7. L’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti normali di cui all’articolo 19, primo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 1939, n. 1272, e successive modificazioni, è riconosciuta anche ai lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato, e che siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 19, primo comma, nel limite di spesa di 48 milioni di euro annui, ivi inclusi gli oneri per il riconoscimento della contribuzione figurativa secondo quanto previsto dalla normativa vigente, gli oneri per assegni al nucleo familiare e gli oneri conseguenti agli incrementi di misura di cui al comma 2, lettera a).
8. L’indennità ordinaria di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti di cui all’articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è riconosciuta, nel limite di spesa di 6 milioni di euro annui, ivi inclusi gli oneri per il riconoscimento della contribuzione figurativa secondo quanto previsto dalla normativa vigente e gli oneri per assegni al nucleo familiare, ai dipendenti da imprese del settore artigianato, sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato, che siano in possesso dei requisiti di cui al predetto articolo 7, comma 3, e subordinatamente ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del venti per cento a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva o alla somministrazione da parte degli stessi enti di attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a centoventi ore.
9. Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 non si applicano ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale, nonché nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale. L’indennità di disoccupazione non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
10. La durata massima di ciascuno degli interventi di cui ai commi 7 e 8 non può superare sessantacinque giornate annue di indennità. Per l’indennità ordinaria di cui al comma 7 il lavoratore cessa dal diritto quando, nel periodo di un anno immediatamente precedente, risultino corrisposte complessivamente sessantacinque giornate di prestazione. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare, con apposita dichiarazione da inviare ai centri per l’impiego e alla sede dell’Istituto nazionale della previdenza sociale territorialmente competente, la sospensione dell’attività lavorativa e le relative motivazioni, nonché i nominativi dei lavoratori interessati, che devono aver reso dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro al locale centro per l’impiego.
11. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero determinate da situazioni temporanee di mercato, per le quali trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 7 e 8, nonché le procedure di comunicazione all’INPS dei lavoratori aventi titolo alle prestazioni di cui ai commi 7 e 8, anche ai fini del tempestivo monitoraggio da parte del medesimo Istituto di cui al comma 12.
12. L’INPS provvede al monitoraggio dei provvedimenti autorizzativi dei benefici di cui ai commi 7 e 8, consentendo l’erogazione dei medesimi nei limiti degli oneri per ciascuno indicati, comunicandone le risultanze al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero dell’economia e delle finanze.
I commi da 7 a 12 introducono alcune limitazioni all'indennità ordinaria di disoccupazione relativa ai dipendenti sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori ed all’indennità con requisiti relativa ai dipendenti del settore dell’artigianato.
In seguito all’approvazione del maxiemendamento del Governo nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, il richiamo, per quanto concerne le situazioni aziendali, agli eventi non imputabili all'imprenditore o ai lavoratori è stato soppresso, facendosi riferimento alle situazioni temporanee di mercato.
Secondo la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, “le complessive disposizioni dai commi da 7 a 12 sono quindi dirette a dare certezza:
§ agli eventi transitori, da definire con decreto interministeriale, sottostanti alle sospensioni di lavoro indennizzabili, determinando altresì il numero massimo annuo di giornate indennizzabili;
§ ai criteri soggettivi di accesso alla prestazione;
§ all’individuazione dei casi di esclusione;
§ alla definizione del procedimento per l’individuazione dei lavoratori”.
In particolare, il comma 7 conferma per i lavoratori in oggetto - ferme restando le norme di cui ai successivi commi da 9 a 12 - l'attribuzione dell'indennità con requisiti normali, secondo la disciplina propria di quest'ultima[277], come modificata dal precedente comma 2, lettera a). Viene, tuttavia, introdotto un limite di spesa, pari a 48 milioni di euro annui, ivi inclusi gli oneri per il riconoscimento della contribuzione figurativa, dell’assegno per il nucleo familiare e quelli conseguenti gli incrementi di cui al precedente comma 2, lettera a).
Il successivo comma 8 riconosce l'indennità con requisiti ridotti per i soli dipendenti del settore dell'artigianato, confermando, sotto tale profilo limitativo, l'applicazione sin qui seguita.
Si introduce, tuttavia:
- un limite di spesa, pari a 6 milioni di euro annui;
- la condizione della sussistenza di un intervento integrativo, pari almeno a 20 punti percentuali[278], a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva oppure dello svolgimento, a cura degli stessi enti ed in favore dei lavoratori in oggetto, di attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a 120 ore.
Il comma 9 conferma i casi di esclusione dal beneficio dell'indennità, sia normale sia con requisiti ridotti.
In particolare, l’indennità non spetta:
§ ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale[279];
§ nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale;
§ nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.
Il comma 10 introduce un limite di durata, pari a 65 giornate annue, per ciascuno dei trattamenti di cui ai precedenti commi 7 e 8. Per l'indennità con requisiti normali, si prevede altresì la cessazione nei casi in cui il lavoratore abbia goduto, sempre nel periodo di un anno immediatamente precedente, di 65 giornate di prestazione.
Inoltre, si evidenziano alcuni adempimenti amministrativi a carico del datore e dei dipendenti, sempre in riferimento alle ipotesi di sospensione in esame.
Infine, il comma 11 demanda ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame, la definizione dei casi di sospensione in esame nonché delle procedure di comunicazione all'INPS dei lavoratori interessati dai medesimi, anche ai fini del controllo di cui al successivo comma 12.
In base a quest'ultimo, infatti, l'INPS provvede al monitoraggio dell'attribuzione dei benefici di cui ai precedenti commi 7 e 8, al fine di garantire il rispetto dei limiti di spesa ivi stabiliti, e comunica gli esiti del controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.
Secondo quanto riportato nella relazione tecnica originaria, la norma non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica in quanto sia con riferimento alla disposizione di cui al comma 7 sia quella di cui al comma 8 la concessione è stabilita nell’ambito dei limiti finanziari conseguenti all’attuale applicazione da parte dell’INPS e tenuto conto, con riferimento al comma 7, degli effetti di incremento della misura dei trattamenti stabiliti dalla stessa lettera a), i cui oneri aggiuntivi rispetto all’ordinamento vigente trovano copertura in quella sede. Sempre la relazione tecnica afferma, inoltre, che in dettaglio i limiti finanziari risultano essere determinati, tenuto anche conto dei limiti massimi di durata di cui al comma 10 (65 giornate), sulla base dei dati INPS rispettivamente in 48 mln. di euro annui (comma 7) e 6 mln. di euro annui (comma 8) considerando ivi inclusi gli oneri per contribuzione figurativa e trattamenti di famiglia in riferimento ad un numero di soggetti beneficiari rispettivamente pari a 16.755 (comma 7) e 2.670 (comma 8). Infine, la relazione tecnica originaria specifica che, nel caso in cui il provvedimento dovesse comportare oneri sul bilancio della Pubbliche Amministrazioni diverse dallo Stato, tali oneri dovranno essere quantificati ed evidenziati separatamente nelle tabelle 1 e 2.
13. All’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, il sesto periodo è sostituito dai seguenti: «I piani aziendali, territoriali o settoriali sono stabiliti sentite le regioni e le province autonome territorialmente interessate. I progetti relativi ai piani individuali ed alle iniziative propedeutiche e connesse ai medesimi sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome territorialmente interessate, affinché ne possano tenere conto nell’ambito delle rispettive programmazioni»;
b) al comma 2, le parole: «da due rappresentanti delle regioni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro rappresentanti delle regioni».
Il comma 13 reca alcune modifiche all’articolo 118, comma 1, della legge finanziaria per il 2001 (L. 23 dicembre 2000, n. 388), così come modificato dall’articolo 48 della legge finanziaria per il 2003 (L. 27 dicembre 2002, n. 289), recante disposizioni tese a promuovere lo sviluppo della formazione professionale continua, attraverso la costituzione di appositi fondi interprofessionali, e il funzionamento e l’utilizzo delle risorse dei fondi comunitari e del Fondo sociale europeo.
I richiamati fondi interprofessionali sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”, per ciascuno dei seguenti settori economici (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi): industria; agricoltura; terziario; artigianato[280].
I fondi finanziano, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali, concordati tra le parti sociali, "nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti".
I fondi - che, previo accordo tra le parti, si possono articolare su scala regionale o, in ogni caso, territoriale - sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.
Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30%[281] - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale (cfr. infra) - sono trasferite, da parte dell'INPS, al fondo indicato dal datore, nei seguenti termini e limiti:
§ le entrate corrispondenti alla quota - pari ad un terzo (cioè, a 0,1 punti percentuali) - dell'addizionale che spetterebbe, in via ordinaria[282], al Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l'accesso al Fondo sociale europeo[283] sono attribuite in misura integrale al fondo indicato dal datore - in caso, ovviamente, di adesione da parte del medesimo -;
§ le entrate corrispondenti alla restante quota (cioè, ai due terzi) sono anch'esse destinate al fondo prescelto, nel limite, tuttavia, di un importo pari a circa 103,291 milioni di euro[284]. Si ricorda che tale quota spetta, in assenza di adesione - nonché, in ogni caso, per la misura eccedente il suddetto importo - al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie[285] (ai fini del cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo).
Le suddette norme finanziarie trovano applicazione a decorrere dal 2004, mentre per il precedente triennio 2001-2003 era prevista una disciplina transitoria, che contemplava una progressiva attribuzione ai fondi delle summenzionate risorse, ai sensi dei commi 10 e 12 dell'art. 118 della L. n. 388[286].
Da ultimo, si ricorda che l’articolo 1, comma 151, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) ha introdotto, tra gli altri, una parziale revisione della disciplina relativa ai citati fondi.
In particolare, le modifiche attengono eminentemente ai profili del finanziamento dei fondi nonché, in generale, alla destinazione del gettito proveniente dalla suddetta addizionale.
Si segnala, infine, che la materia è stata oggetto della recente sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 13-28 gennaio 2005[287]. Con tale sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale - alla luce del riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni dettato dal titolo V della Costituzione - dell’art. 48 della legge finanziaria per il 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289), che ha da ultimo modificato la disciplina dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, di cui al citato art. 118 della legge finanziaria per il 2001, «nella parte in cui non prevede strumenti idonei a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.»[288]
Le censure di incostituzionalità della Corte possono intendersi riferibili anche al testo dell’articolo 118 della legge finanziaria per il 2001, come da ultimo modificato dal richiamato articolo 1, comma 151.
Le modifiche apportate dal comma in esame, sotto forma di novella, sono necessarie, come evidenziato nella relazione illustrativa originaria allegata al provvedimento, per dare attuazione alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 51 del 13 gennaio 2005.
In particolare, si è disposto (comma 13, lettera a)), che i piani formativi aziendali, territoriali o settoriali - finanziati in base ai suddetti fondi - siano stabiliti, dalle relative parti sociali, sentite le regioni e le province autonome territorialmente interessate.
In seguito all’approvazione del maxiemendamento del Governo nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, è stato aggiunto un nuovo periodo al comma in esame, che ripropone sostanzialmente le disposizioni soppresse dalla lettera a).
Il periodo soppresso, infatti, disponeva che i progetti, ivi compresi quelli relativi ai piani individuali ed alle eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e direttamente connesse ai piani medesimi, fossero trasmessi alle regioni ed alle province autonome territorialmente interessate, affinché esse ne potessero tenere conto nell'ambito delle rispettive programmazioni.
La novella di cui al comma 13, lettera a), infatti, non fa alcun riferimento alle regioni e alle province autonome per quanto concerne i piani individuali e le "eventuali ulteriori iniziative" citate. Peraltro, la soppressione dell'obbligo della trasmissione opererebbe anche per i progetti relativi a tali atti.
La disposizione in esame, quindi, conservando la disposizione concernente la trasmissione dei progetti alle regioni o alle province autonome, risponderebbe alla necessità di definire una forma di partecipazione delle stesse, anche alla luce della richiamata sentenza n. 51 della Corte costituzionale.
La seconda modifica, sempre sotto forma di novella, (comma 13, lettera b))concerne la composizione dell’Osservatorio per la formazione continua[289], di cui al comma 2 dello stesso articolo 118. In particolare, i rappresentanti delle regioni in seno al richiamato organismo aumentano da due a quattro.
Si ricorda che i rappresentanti in esame sono designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
Al riguardo, la relazione illustrativa originaria allegata al provvedimento ha sottolineato che “la modifica di cui al comma 13, lettera b), corrisponde ad una richiesta delle regioni che chiedono una maggiore presenza nell’ambito dell’Osservatorio per la formazione continua”.
Documenti all’esame delle istituzioni
dell’UE
(a cura dell’Ufficio R.U.E.)
Con riferimento ai profili concernenti la riforma della politica di coesione si rinvia alla scheda relativa all’articolo 2-bis.
Articolo 13, comma 13-bis
(Apprendistato)
13-bis. All’articolo 49, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente:
“5-bis. Fino all’approvazione della legge regionale prevista dal comma 5, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale“.
Il comma 13-bis, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, aggiunge il comma 5-bis all’articolo 49 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, concernente il contratto di apprendistato professionalizzante.
Il Titolo VI, Capo I (articoli 47-53), del D.Lgs. n. 276 del 2003 ha modificato la normativa sull’apprendistato, al fine di renderlo un strumento idoneo a costruire un percorso di alternanza tra formazione e lavoro.
A tal fine, sono state introdotte tre differenti tipologie:
- il contratto di apprendistato per l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione;
- il contratto di apprendistato professionalizzante per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e un apprendimento tecnico-professionale;
- contratto di apprendistato per percorsi di alta formazione.
In particolare, l’articolo 49 stabilisce che possono essere assunti con contratto di apprendistato professionalizzante, per il conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base, trasversali e tecnico-professionali, in tutti i settori produttivi e da tutti i datori di lavoro, comprese le associazioni sindacali, i soggetti di età compresa tra diciotto e ventinove anni.
Tuttavia per i soggetti in possesso di una qualifica conseguita ai sensi della L. n. 53 del 2003, recante la delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, il limite minimo di età è ridotto a diciassette anni.
E’ rimesso ai contratti collettivi stabilire la durata del contratto di apprendistato professionalizzante, che in ogni caso non può essere inferiore a due anni e superiore a sei anni.
La regolamentazione dei profili formativi del contratto di apprendistato professionalizzante - disciplinato in base a specifici principi[290] - è rimessa, ai sensi del comma 5 dell’art. 49, alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano regionale e nel rispetto di una serie di principi[291].
Con la circolare n. 40 del 14 ottobre 2004, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha definito i chiarimenti operativi del contratto di apprendistato. In particolare, per quanto concerne l’apprendistato professionalizzante, la circolare ha sottolineato che lo stesso “non è oggi pienamente operativo, in quanto presuppone una disciplina regionale dei profili formativi, da definirsi d'intesa con le parti sociali, a cui è subordinata l'applicabilità dei profili normativi definiti a livello nazionale, come legislazione di cornice, nell'ambito del decreto legislativo n. 276 del 2003. Pienamente operativa è pertanto da considerarsi unicamente la disciplina dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione, rispetto al quale è possibile avviare le prime sperimentazioni nei limiti e alle condizioni di cui all'articolo 50 del decreto legislativo n. 276 del 2003. Le Regioni, nell'ambito delle competenze a loro attribuite, potranno peraltro rendere agevolmente operativo anche l'apprendistato professionalizzante dando luogo a quelle regolamentazioni, non necessariamente nella forma della legge regionale, che consentono di definire i profili formativi dell'istituto”.
La mancata attuazione della regolamentazione regionale comporta, come prima conseguenza, la vigenza transitoria della vecchia disciplina, ai sensi dell’articolo 47, comma 3, del richiamato D.Lgs. 276.
Pertanto, i nuovi patti che hanno fissato nuovi limiti di età e durata non possono avere una efficacia immediata. Tale situazione assume una particolare importanza, dal momento che in questo caso i benefici economici dell’apprendistato non possono essere riconosciuti al di fuori dei limiti stabiliti dall’articolo 16 della L. 196 del 1997 (cd. legge Treu), concernente appunto la disciplina dell’apprendistato. Ciò potrebbe comportare, soprattutto per quanto concerne l’apprendistato professionalizzante, il disconoscimento, in casi di visita ispettiva, del rapporto formativo per la mancata sussistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi con conseguente trasformazione del contratto.
In tal senso, il comma in esame dispone che, fino all’approvazione delle leggi regionali relative ai profili formativi, la disciplina dell’apprendistato professionalizzante è rimessa ai contratti collettivi nazionali di categoria stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Il comma 13-bis fa riferimento esplicitamente alla "legge regionale", mentre sembra opportuno non specificare la tipologia del provvedimento, in coerenza con la procedura individuata dal comma 5, che prevede che la regolamentazione dei profili formativi sia rimessa alle Regioni e alle Province autonome, d’intesa con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano regionale.
Si osserva inoltre che la disposizione, con riguardo alla disciplina transitoria di fonte contrattuale, non richiama l'applicazione dei princìpi di cui al comma 5.
1. Al decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1950, n. 180, apportare le seguenti modificazioni:
a) all’art. 1 apportare le seguenti modificazioni
1) dopo le parole: "salve le eccezioni stabilite nei seguenti articoli" aggiungere le seguenti parole: "ed in altre disposizioni di legge"».
2) dopo il comma 2, aggiungere i seguenti commi:
“2-bis. I pensionati pubblici e privati possono contrarre con banche e intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385 prestiti da estinguersi con cessione di quote della pensione fino al quinto della stessa, valutato al netto delle ritenute fiscali e per periodi non superiori a dieci anni.
2-ter. Possono essere cedute ai sensi del comma 2-bis le pensioni o le indennità che tengono luogo di pensione corrisposte dallo Stato o dai singoli enti, gli assegni equivalenti a carico di speciali casse di previdenza, le pensioni e gli assegni di invalidità e vecchiaia corrisposti dall’Istituto nazionale di previdenza sociale, gli assegni vitalizi e i capitali a carico di istituti e fondi in dipendenza del rapporto di lavoro.
2-quater. I prestiti devono avere la garanzia dell’assicurazione sulla vita che ne assicuri il recupero del residuo credito in caso di decesso del mutuatario“;
b) all’articolo 52, apportare le seguenti modificazioni:
1) al primo comma, le parole: «per il periodo di cinque o di dieci anni» sono sostituite con le seguenti: «per un periodo non superiore ai dieci anni»; sono soppresse le parole: «ed abbiano compiuto, nel caso di cessione quinquennale, almeno cinque anni e, nel caso di cessione decennale, almeno dieci anni di servizio utile per l’indennità di anzianità»;
2) dopo il primo comma, sono aggiunti i seguenti:
"1-bis. Nei confronti dei medesimi impiegati e salariati assunti in servizio a tempo determinato, la cessione del quinto dello stipendio o del salario non può eccedere il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere. Alla cessione del trattamento di fine rapporto posta in essere dai soggetti di cui al presente comma, non si applica il limite del quinto".
1-ter. I titolari dei rapporti di lavoro di cui all’art. 409, n. 3 c.p.c. con gli enti e le amministrazioni di cui all’articolo 1, primo comma di durata non inferiore a dodici mesi, possono cedere un quinto del loro compenso, valutato al netto delle ritenute fiscali, purché questo abbia carattere certo e continuativo. La cessione non può eccedere il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere. I compensi corrisposti a tali soggetti sono sequestrabili e pignorabili nei limiti di cui all’art. 545 c.p.c.».
c) all’articolo 55, apportare le seguenti modificazioni:
1) al primo comma, sopprimere la parola "13"».
2) al quarto comma è soppressa al capoverso la parola: «non» e di seguito sostituire le parole: «Istituto nazionale per l’assistenza dei dipendenti degli Enti locali» con le seguenti: «Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’Amministrazione pubblica». Nello stesso comma le parole: «Lo stesso divieto vale per» sono sostituite con le parole: «Non si possono perseguire».
2. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le organizzazioni di categoria degli operatori professionali interessati, sono dettate le disposizioni occorrenti per l’attuazione del presente articolo.”
L’articolo13-bis, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, reca alcune modifiche al D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (“T.U. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti dalle Pubbliche Amministrazioni”).
Il D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, stabilisce all’art. 1 che non possono essere sequestrati, pignorati o ceduti (salve le eccezioni stabilite negli articoli successivi), gli stipendi, i salari, le paghe, le mercedi, gli assegni, le gratificazioni, le pensioni, le indennità, i sussidi ed i compensi di qualsiasi specie che lo Stato, le province, i comuni, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e qualsiasi altro ente od istituto pubblico sottoposto a tutela, od anche a sola vigilanza dell'amministrazione pubblica (comprese le aziende autonome per i servizi pubblici municipalizzati) e le imprese concessionarie di un servizio pubblico di comunicazioni o di trasporto corrispondono ai loro impiegati, salariati e pensionati ed a qualunque altra persona, “per effetto ed in conseguenza dell'opera prestata nei servizi da essi dipendenti”.
Nel personale dipendente dallo Stato è compreso espressamente anche il personale dipendente dal Segretario generale della Presidenza della Repubblica e delle Camere del Parlamento.
Si ricorda che i commi 137 e 138 della Legge n. 311/1994 (legge finanziaria 2005) - novellando il disposto dell’articolo 1, primo comma, del D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 - hanno esteso la disciplina concernente il sequestro, pignoramento e cessione di stipendi, salari e pensioni dei dipendenti pubblici ai dipendenti delle aziende private[292].
Eccezioni al regime della insequestrabilità sono dettate dall’articolo 2 del DPR 180, in base al quale gli stipendi, i salari e le retribuzioni equivalenti, nonché le pensioni, le indennità che tengono luogo di pensione e gli altri assegni di quiescenza corrisposti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1, sono soggetti a sequestro ed a pignoramento nei seguenti limiti e per le seguenti cause:
1. fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;
2. fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d'impiego o di lavoro;
3. fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, facenti carico, fin dalla loro origine, all'impiegato o salariato.
Il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2, 3, non possono colpire una quota maggiore del quinto sopra indicato, e, quando concorrano anche le cause di cui al numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni specifiche per il caso di concorso anche di vincoli per cessioni e delegazioni.
La Corte costituzionale, con sentenza 20 novembre-4 dicembre 2002, n. 506, ha dichiarato, tra l'altro, in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità degli artt. 1 e 2, primo comma, del D.P.R. 180 nella parte in cui escludono la pignorabilità per ogni credito dell'intero ammontare di pensione, indennità che ne tengono luogo ed altri assegni di quiescenza erogati ai dipendenti dai soggetti individuati dall'art. 1, anziché prevedere l'impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte delle pensioni, indennità o altri assegni di quiescenza necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.
L’art. 5 del Testo Unico prevede la possibilità di contrarre prestiti, da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino ad un quinto dell’ammontare, calcolato al netto delle ritenute e per periodi non superiori a 10 anni, per gli impiegati ed i salariati dello Stato e degli altri enti, aziende ed imprese indicati nell’art. 1 del medesimo T.U..
Il Titolo II (artt. 6-50) del D.P.R. 180 disciplina le modalità inerenti la cessione degli stipendi e dei salari degli impiegati civili e militari e dei salariati dello Stato, ovvero delle Amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo. Le disposizioni del Titolo II si applicano anche al personale dipendente del Segretario generale della Presidenza della Repubblica, del Consiglio nazionale delle ricerche, dell’Accademia nazionale dei Lincei, dell’ISTAT, degli Archivi notarili ed ai segretari comunali e provinciali che sono equiparati a tutti gli effetti agli impiegati dello Stato (art. 9), nonché al personale retribuito sui bilanci propri degli istituti governativi di istruzione superiore e di istruzione classica, scientifica, magistrale tecnica ed artistica costituiti in enti autonomi qualora nei loro statuti o regolamenti sia stabilito l’obbligo al personale dipendente di contribuire al Fondo per il credito ai dipendenti dello Stato (art. 10). Per il personale delle Ferrovie dello Stato la facoltà di contrarre prestiti dietro cessione di quote di stipendio o salario è regolata da leggi speciali.
Si segnala che il disposto originario dell’art. 16 del testo Unico aveva istituito presso il Ministero del tesoro il Fondo per il credito che, oltre ad concedere i prestiti ai dipendenti statali, garantiva gli altri istituti che potevano concedere prestiti contro i rischi derivanti dalla operazioni di prestito. Il Fondo è stato poi soppresso dall’art. 1 della Legge n. 1139/1957 e le sue attribuzioni sono state trasferite prima all’Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali (ENPAS) e, successivamente, all’INPDAP[293].
Il Titolo III (artt. 51-57) disciplina le modalità inerenti la cessione degli stipendi e salari degli altri dipendenti statali, degli impiegati e salariati non dipendenti dallo Stato e dei dipendenti di soggetti privati: per questi soggetti la cessione di quote dello stipendio o di salario devono avere la garanzia dell’assicurazione sulla vita.
Si segnala che la Legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005) ha provveduto con il disposto dell’art. 1, comma 137, ad abrogare l’art. 34 del citato D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che stabiliva che le cessioni di stipendio e di salario da parte dei dipendenti e salariati statali non potevano avere altra garanzia che quella del Fondo per il credito ai dipendenti dello Stato, essendo ogni diversa garanzia, sotto qualsiasi forma anche assicurativa, da considerarsi nulla sia nei rapporti con le amministrazioni dalle quali i cedenti dipendono, sia nei rapporti delle stesse parti contraenti.
Il comma 138 dell’art. 1 della medesima Legge 311 ha abrogato anche l’articolo 47 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 , il quale stabiliva che i prestiti erogati verso cessione di quote di retribuzione dal Fondo di previdenza e credito per i dipendenti civili e militari dello Stato e per i loro superstiti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 32 e 33 del testo unico, non potevano avere altra garanzia che quella dell'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i dipendenti statali.
In particolare:
- la lettera a) del comma 1 apporta le seguenti modifiche all’art. 1 del D.P.R. n. 180/1950:
1) con l’inserimento della locuzione “ed in altre disposizioni di legge” viene specificato che le deroghe al divieto di sequestro, di pignoramento e di cessione dei trattamenti erogati ai dipendenti pubblici sono poste non solo dal Testo Unico, ma anche da altre disposizioni di legge;
2) vengono aggiunti i seguenti nuovi commi dopo il comma 2 dell’art. 1 del D.P.R. 180:
§ comma 2-bis: la disposizione consente a tutti i titolari di trattamento pensionistico (e non solo ai soggetti che abbiano lavorato presso pubbliche amministrazioni) la stipula di prestiti - mediante la cessione di una quota del trattamento previdenziale non superiore ad un quinto, calcolato al netto delle ritenute fiscali - con le banche e gli intermediari finanziari che, ai sensi dell’art. 106 del D.Lgs. n. 385/1993 (T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia), sono iscritti in un apposito elenco tenuto dall'UIC. La durata del prestito non potrà superare i dieci anni.
§ comma 2-ter: specifica che possono essere dati in cessione i seguenti trattamenti:
§ pensioni e le indennità che tengono luogo di pensione corrisposte dallo Stato o da altri enti;
§ assegni “equivalenti” a carico di speciali casse di previdenza;
§ pensioni ed assegni di invalidità e vecchiaia corrisposti dall’INPS;
§ assegni vitalizi e capitali a carico di istituti e fondi in dipendenza del rapporto di lavoro.
§ comma 2-quater: stabilisce che i prestiti devono essere garantiti da un’assicurazione sulla vita del beneficiario che assicuri il recupero del credito residuo in caso di decesso del mutuatario.
Si ricorda che l’art. 24 del Testo Unico, con riferimento agli impiegati e salariati statali dispone che non possono ottenere prestiti da estinguersi con quote dello stipendio o del salario, oltre a coloro che non comprovino di avere una sana costituzione fisica o siano ancora soggetti agli obblighi di leva, anche:
1. gli impiegati che abbiano compiuto il sessantacinquesimo anno di età o che lo compiano entro il mese successivo a quello in cui il prestito dovrebbe concedersi,
2. i salariati che abbiano compiuto, o compiano nello anzidetto termine, sessanta anni di età, se uomini e cinquantacinque, se donne;
3. coloro che non siano in attività di servizio .
Inoltre l’art. 43 dispone che, qualora il dipendente sia cessato dal servizio prima di aver estinto la cessione del prestito, lo stesso potrà essere trattenuto sulla pensione o altro assegno continuativo equivalente in misura non superiore al quinto dell’importo. Nel caso in cui la cessazione dal servizio dia diritto, anziché alla pensione o all’assegno continuativo, ad una somma da erogarsi una tantum, tale somma potrà essere decurtata fino alla concorrenza dell’intero debito residuo per cessione.
Si ricorda pensionati delle pubbliche amministrazioni indicate nell’art. 1 del D.P.R. n. 180/1950 possono rilasciare una delega per il pagamento di quote del prezzo o del canone di locazione per alloggi popolari o economici fino alla metà della pensione (art. 58, DPR 180), e i pensionati dello Stato possono rilasciare delega agli istituti di credito per quote mensili di pensione entro il limite di un quinto per il pagamento di somme dovute in dipendenza di sottoscrizione rateale ai prestiti nazionali promossa dai medesimo enti creditizi (art. 65).
Si ricorda infine che l’art. 54 del D.P.R. n. 180/1950 prevede che la cessione di quote di stipendio o salario effettuata ai sensi del Titolo II e del Titolo III debba essere garantita da un’assicurazione sulla vita che ne garantisca il recupero qualora, in caso di cessazione o riduzione dello stipendio o del salario o per un trattamento di quiescenza insufficiente, non sia possibile continuare l’ammortamento del prestito o il recupero del credito residuo.
- la lettera b) del comma 1 reca le seguenti modifiche all’art. 52 del D.P.R. n. 180/1950, che consente agli impiegati e salariati delle pubbliche amministrazioni ed ai dipendenti delle aziende private assunti a tempo indeterminato, di cedere quote della retribuzione per un importo non superiore al quinto, per un periodo di cinque o di dieci anni, a condizione che siano addetti a servizi di carattere permanente, siano provvisti di stipendio o salario fisso e continuativo ed abbiano compiuto, nel caso di cessione quinquennale almeno cinque anni di servizio e, nel secondo caso, almeno dieci anni di servizio utile ai fini dell’indennità di anzianità.
Si osserva che i dipendenti pubblici destinatari della norma sono gli impiegati e salariati diversi da quelli dello Stato, per i quali si applicano invece le disposizioni indicate nel Titolo II del Testo Unico.
1) La novella, che modifica il primo comma dell’art. 52, interviene sulla durata della cessione del quinto stabilendo che i soggetti sopra indicati, assunti in servizio a tempo indeterminato, possano fare cessione di quote di stipendio o di salario non superiore al quinto per un periodo non superiore a 10 anni(anziché per un periodo di cinque o di dieci anni).
Viene contestualmente soppressa la parte finale dell’art. 52, laddove si prevede che i soggetti che intendono usufruire della cessione devono aver compiuto un periodo di servizio, utile ai fini dell'indennità di anzianità, pari alla durata del prestito.
2) Vengono aggiunti i seguenti nuovi commi dopo il primo comma dell’art. 52 del D.P.R. 180:
§ comma 1-bis: la novella consente anche agli impiegati e salariati delle pubbliche amministrazioni ed ai dipendenti delle aziende private assunti con contratto a tempo determinato di poter usufruire della cessione del quinto, a condizione che la durata di tale cessione non superi il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, manca alla scadenza del rapporto di lavoro.
Viene inoltre previsto che il limite del quinto non si applica alla cessione del trattamento di fine rapporto riguardante questi soggetti
Si ricorda che l’art. 13 del citato Testo Unico prevede la possibilità di contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o salario solo per gli impiegati e salariati delle Amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, assunti o confermati in servizio con contratto a tempo determinato, a condizione che abbiano compiuto quattro anni di effettivo servizio ed abbiano un contratto di durata non inferiore a tre anni, che assicuri ad essi il diritto a un trattamento di quiescenza od altro equivalente.
La cessione non può in ogni caso eccedere il periodo di tempo che, a contare dal momento dell'operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in corso.
§ comma 1-ter: viene disciplinata la possibilità di cessione del quinto per i titolari di rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale e di altri rapporti di collaborazione che si concretizzino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (di cui all'articolo 409, primo comma, numero 3), del codice di procedura civile), a condizione che il relativo contratto di lavoro abbia una durata non inferiore a 12 mesi e che il relativo compenso abbia un carattere certo e continuativo..
La durata della cessione – il cui importo sarà calcolato sul compenso percepito dai soggetti al netto delle ritenute fiscali - non potrà superare il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, manca alla scadenza del contratto di lavoro.
Viene inoltre precisato che le somme corrisposte potranno essere sequestrate e pignorate entro i limiti stabiliti dall’art. 545 c.p.c.
Al riguardo si rileva che l’art. 545 c.p.c. dispone che non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte determinata mediante apposito decreto; non possono essere pignorati inoltre i sussidi di grazia o di sostentamento in favore di persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, enti di assistenza o istituti di beneficenza.
Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause sopra indicate non può estendersi oltre alla metà dell'ammontare delle somme predette.
Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.
- la lettera c) vengono apportate le seguenti modifiche all’art. 55 del D.P.R. n. 180/1950:
Si ricorda che l’art. 55 del D.P.R. n. 180/1950 stabilisce che per le operazioni di prestito dietro cessione di quote di stipendio o di salario degli altri dipendenti statali, degli impiegati e salariati non dipendenti dallo Stato e dei dipendenti di soggetti privati di cui al Titolo III del medesimo Testo Unico, si applicano – qualora non sia diversamente disposto – alcune norme contenute nel Titolo II sostituendo all’Amministrazione dello Stato quella alle cui dipendenze presta servizio il soggetto interessato.
1) la modifica riguarda il primo comma e stabilisce una norma di coordinamento con le disposizioni relative ai dipendenti con contratto a termine (diversi da quelli statali considerati nel precedente Titolo II).
In particolare viene soppresso il rinvio all’articolo 13 del Testo Unico, dal momento che il nuovo comma 1-bis dell’art. 52 ha definito in favore dei medesimi soggetti un'autonoma normativa.
2) viene modificato il quarto comma dell’art. 55, il quale esclude che i creditori cessionari possano rivalersi:
- sulle indennità premio di servizio conferite ai propri iscritti "dall'Istituto nazionale per l'assistenza dei dipendenti degli enti locali";
- sui concorsi e sussidi per assistenza sanitaria, conferiti ai dipendenti pubblici diversi da quelli statali considerati nel precedente Titolo II del testo unico.
La novella, sopprimendo la negazione all’inizio del comma, stabilisce che i creditori cessionari possano in futuro rivalersi sulle indennità premio di servizio, mentre viene confermato il divieto di rivalsa sui concorsi e sui sussidi per assistenza sanitaria.
Viene poi aggiornato il richiamo dell'ente di previdenza, facendo riferimento all'INPDAP anziché all'Istituto nazionale per l'assistenza dei dipendenti degli enti locali.
Il comma 2 dell’articolo 13-bis rimette infine ad un decreto del Ministro dell’economia, sentite le organizzazioni categoria interessate, l’attuazione delle disposizioni dell’articolo (senza specificare un termine per l’emanazione).
Articolo 13-ter
(Contributi agricoli)
1. Per i mesi di maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2005 sono sospesi i termini per l’adempimento degli obblighi derivanti dalle cartelle di pagamento e per le procedure di riscossione relative ai contributi previdenziali e assistenziali concernenti i datori di lavoro e i lavoratori, dipendenti e autonomi, del settore agricolo, con recupero dei relativi importi entro il 20 dicembre 2005».
L’articolo 13-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, interviene in favore dei datori di lavoro agricoli concedendo loro una sospensione degli obblighi derivanti da cartelle di pagamento e da procedure di riscossione per i contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per i mesi di maggio, giugno, luglio ed agosto 2005 e riguardanti sia gli stessi datori di lavoro sia i lavoratori, dipendenti ed autonomi del settore.
Una disposizione dal contenuto analogo è prevista dall’art. 1, comma 1-bis, del D.L. 22 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 71/2005. La disposizione, che prevede la sospensione del pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per tutto l’anno 2005 riguarda peraltro le sole aree per le quali sia stata verificata una riduzione del reddito medio delle imprese agricole, nell’anno 2004, che abbia raggiunto il 30 per cento rispetto al reddito del triennio precedente. L’indicazione delle aree interessate è demandata ad un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali. La sospensione del versamento avviene a domanda dell’impresa agricola avente diritto, ed è realizzabile nell’ambito delle disponibilità del "Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori".
1. Le liberalità in denaro o in natura erogate da persone fisiche o da enti soggetti all’imposta sul reddito delle società in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, commi 1, 8 e 9, del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, nonché quelle erogate in favore di associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale previsto dall’articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 dicembre 2000, n. 383 e in favore di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico, e paesaggistico di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, sono deducibili dal reddito complessivo del soggetto erogatore nel limite del dieci per cento del reddito complessivo dichiarato, e comunque nella misura massima di 70.000 euro annui.
2. Costituisce in ogni caso presupposto per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 la tenuta, da parte del soggetto che riceve le erogazioni, di scritture contabili atte a rappresentare con completezza e analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione, nonché la redazione, entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, di un apposito documento che rappresenti adeguatamente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria.
3. Resta ferma la facoltà di applicare le disposizioni di cui all’articolo 100, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.
4. Qualora nella dichiarazione dei redditi del soggetto erogatore delle liberalità siano esposte indebite deduzioni dall’imponibile, operate in violazione dei presupposti di deducibilità di cui al comma 1, la sanzione di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, è maggiorata del duecento per cento.
5. Se la deduzione di cui al comma 1 risulta indebita in ragione della riscontrata insussistenza, in capo all’ente beneficiario dell’erogazione, dei caratteri solidaristici e sociali dichiarati in comunicazioni rivolte al pubblico ovvero rappresentati ai soggetti erogatori delle liberalità, l’ente beneficiario e i suoi amministratori sono obbligati in solido con i soggetti erogatori per le maggiori imposte accertate e per le sanzioni applicate.
6. In relazione alle erogazioni effettuate ai sensi del comma 1 la deducibilità di cui al medesimo comma non può cumularsi con ogni altra agevolazione fiscale prevista a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge.
7. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 10, comma 1, dopo la lettera l-ter) è aggiunta, in fine, la seguente: «l-quater) le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali.»;
b) all’articolo 100, comma 2, la lettera c) è sostituita dalla seguente: «c) le erogazioni liberali a favore di università, fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici le fondazioni e le associazioni regolarmente riconosciute a norma del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali;».
8. Gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito a favore di università, fondazioni universitarie di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali, sono esenti da tasse e imposte indirette diverse da quella sul valore aggiunto e da diritti dovuti a qualunque titolo; gli onorari notarili relativi agli atti di donazione, effettuati ai sensi del comma 7, sono ridotti del novanta per cento.
I commi da 1 a 6 dell’articolo 14 disciplinano la deduzione dal reddito di erogazioni liberali in favore di organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), di associazioni di promozione sociale, e di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico, e paesaggistico.
Si ricorda che sia gli oneri deducibili che le detrazioni d’imposta hanno la funzione di ridurre il carico fiscale gravante sul contribuente. In particolare, gli oneri deducibili sono rappresentati da fattispecie espressamente indicate dal legislatore, non aventi un denominatore comune, le quali possono essere portate in diminuzione dal reddito complessivo del contribuente, operando sulla base imponibile dell’imposta. Le detrazioni d’imposta, al contrario, operano una decurtazione dell’imposta lorda, tenendo conto, entro misure prefissate, di oneri sostenuti dal soggetto passivo per il suo stesso mantenimento, ovvero di determinati oneri gravanti su particolari fonti produttive di reddito, nonché di erogazioni liberali effettuate a favore di particolari soggetti per determinate finalità.
Il comma 1 dell’articolo 14 in esame prevede la deducibilità dal reddito complessivo del soggetto erogatore – nel limite del 10 per cento del reddito complessivo dichiarato e, comunque, nella misura massima complessiva di 70.000 euro annui – delle liberalità in denaro o in natura erogate da persone fisiche o da enti soggetti all'imposta sul reddito delle società (IRES)[294], in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) di cui all'articolo 10, commi 1, 8 e 9, del D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, delle associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale previsto dall'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42.
Si ricorda che con il citato D.Lgs. n. 460 del 1997 è stato eseguito il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
In particolare, il comma 1 dell'articolo 10 individua le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), consistenti nelle associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative e altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, che, a fini di solidarietà sociale, svolgono attività in uno o più dei settori di seguito indicati, con divieto di svolgere attività diverse ad eccezione di quelle ad esse direttamente connesse:
1) assistenza sociale e socio-sanitaria;
2) assistenza sanitaria;
3) beneficenza;
4) istruzione;
5) formazione;
6) sport dilettantistico;
7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico di cui alla legge n. 1089 del 1939, ivi comprese le biblioteche e i beni di cui al D.P.R. n. 1409 del 1963;
8) tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 22 del 1997;
9) promozione della cultura e dell'arte;
10) tutela dei diritti civili;
11) ricerca scientifica di particolare interesse sociale svolta direttamente da fondazioni ovvero da esse affidata ad università, enti di ricerca ed altre fondazioni che la svolgono direttamente, in ambiti e secondo modalità da definire con apposito regolamento governativo emanato ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 400 del 1988.
Ai sensi del comma 8 dell'articolo 10 citato, sono in ogni caso considerati ONLUS:
1) gli organismi di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritti negli appositi registri;
2) le organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49;
3) le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, nonché i consorzi di cui all'articolo 8 della predetta legge n. 381 del 1991, la cui base sociale sia formata per il 100 per cento da cooperative sociali.
Per quanto riguarda infine le ONLUS di cui al comma 9 dell'articolo 10 citato, sono ricompresi in tale ambito gli enti ecclesiastici delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese, e le associazioni di promozione sociale comprese tra gli enti di cui all'articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell'interno, limitatamente all'esercizio delle attività elencate dal comma 1 dello stesso articolo 10.
Si ricorda che la legge 7 dicembre 2000, n. 383, recante disciplina delle associazioni di promozione sociale, ha disposto, al comma 1 dell'articolo 7, l'istituzione di un registro nazionale al quale possono iscriversi, ai fini dell'applicazione della suddetta legge, le associazioni di promozione sociale a carattere nazionale in possesso dei requisiti previsti all'articolo 2, costituite e operanti da almeno un anno. Ai sensi del successivo articolo 2 sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro e nel pieno rispetto della libertà e dignità degli associati.
Il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, reca il Codice dei beni culturali e del paesaggio, contenente la definizione di bene di interesse artistico, storico, o paesaggistico. Il D.Lgs. n. 42 del 2004 non contiene disposizioni dirette all’individuazione di fondazioni e associazioni riconosciute aventi per oggetto statutario la tutela, promozione e la valorizzazione dei suddetti beni. Nel silenzio della norma si potrebbero ricomprendere in questa categoria anche enti con scopo di lucro ed enti aventi fini statutari ulteriori rispetto a quelli sopra ricordati.
Il comma 2 dell’articolo 14 qui illustrato subordina la possibilità di usufruire della deduzione di cui al comma 1 a due condizioni:
- la tenuta, da parte del soggetto che riceve le erogazioni, di scritture contabili idonee a rappresentare con completezza e analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione;
- la redazione, da parte dello stesso soggetto, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, di un apposito documento che rappresenti in maniera adeguata la situazione patrimoniale, economica e finanziaria.
Non è indicato se l’onere di verificare la realizzazione delle suddette condizioni gravi sul contribuente che intende usufruire della deduzione o se spetti a qualche organo o ente rilasciare un’apposita attestazione.
Si osserva inoltre che, in mancanza delle suddette condizioni, il contribuente perderebbe il diritto alla deduzione per fatti a lui non imputabili né prevedibili al momento nel quale è stata effettuata l’erogazione liberale.
Il comma 3 conferma l’applicabilità delle disposizioni concernenti la deducibilità degli oneri di utilità sociale, prevista dall'articolo 100, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). L’applicazione del citato articolo 100 è tuttavia alternativa all’applicazione delle disposizioni dell’articolo in esame, secondo quanto appare dal successivo comma 6.
Il comma 2 dell’articolo 100 del TUIR consente ai soggetti passivi dell’IRES di dedurre dal proprio reddito una serie di erogazioni liberali e di spese espressamente elencate nel comma stesso. Con riferimento alle fattispecie contemplate dall’articolo 14 in esame, la lettera h) del citato comma 2 ammette la deduzione delle erogazioni liberali in denaro a favore delle ONLUS, per importo non superiore a 2.065,83 euro o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato. La successiva lettera l) dello stesso comma consente la deduzione delle erogazioni liberali in denaro a favore di associazioni di promozione sociale iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge, per importo non superiore a 1.549,37 euro o al 2 per cento del reddito d’impresa dichiarato.
Il comma 6 dispone l’incumulabilità delle deduzioni delle liberalità a favore delle ONLUS, delle associazioni di promozione sociale e fondazioni e associazioni, di cui al comma 1 del presente articolo, con ogni altra agevolazione fiscale prevista a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge. Spetterà pertanto al contribuente la scelta dell’agevolazione fiscale della quale richiedere l’applicazione.
A tal proposito si ricorda che il testo unico delle imposte sui redditi disciplina le seguenti ipotesi di deduzione e detrazione per erogazioni liberali in favore dei soggetti di cui al comma 1 dell’articolo 14 qui illustrato.
Disposizioni applicabili alle persone fisiche:
§ deduzione dal reddito dei contributi, delle donazioni e delle oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative[295] idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un importo non superiore al 2 per cento del reddito complessivo dichiarato [articolo 10, comma 1, lettera g)];
§ detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19 per cento delle erogazioni liberali in denaro, per una somma non superiore a 4 milioni di lire (pari a 2.065,83 euro), a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). L’erogazione dev’essere effettuata mediante versamento postale o bancario, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari [articolo 15, comma 1, lettera i-bis)];
§ detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19 per cento delle erogazioni liberali in denaro, per una somma non superiore a 4 milioni di lire (pari a 2.065,83 euro), a favore delle associazioni di promozione sociale, iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge. L’erogazione deve essere effettuata mediante versamento postale o bancario, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari [articolo 15, comma 1, lettera i-quater)];
Disposizioni dell’articolo 100 del TUIR, applicabili ai seguenti soggetti:
§ persone fisiche titolari di reddito di impresa (art. 56 del TUIR);
§ società per azioni e in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato [art. 73, co. 1, lett. a), del TUIR];
§ enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali [art. 73, co. 1, lett. b), del TUIR];
§ enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto [art. 73, co. 1, lett. c), del TUIR][296];
§ società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, ma con stabile organizzazione nel suddetto territorio [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 1, del TUIR];
§ società ed enti commerciali, non residenti nel territorio dello Stato e senza stabile organizzazione nel suddetto territorio, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa posseduto [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 152, co. 2, del TUIR];
§ società ed enti non commerciali, non residenti nel territorio dello Stato, limitatamente alla determinazione del reddito di impresa eventualmente posseduto [art. 73, co. 1, lett. d), e art. 154, co. 1, del TUIR].
- deduzione dal reddito dei contributi, delle donazioni e delle oblazioni erogati in favore delle organizzazioni non governative[297] idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, per un ammontare complessivamente non superiore al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato [articolo 100, comma 2, lettera a)];
- deduzione dal reddito delle erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 2.065,83 euro o al 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, a favore delle ONLUS [articolo 100, comma 2, lettera h), già citato nel commento al precedente comma 5 del presente articolo 14]);
- deduzione dal reddito delle spese relative all'impiego di lavoratori dipendenti, assunti a tempo indeterminato, utilizzati per prestazioni di servizi erogate a favore di ONLUS, nel limite del cinque per mille dell'ammontare complessivo delle spese per prestazioni di lavoro dipendente, così come risultano dalla dichiarazione dei redditi [articolo 100, comma 2, lettera i)];
- deduzione dal reddito delle erogazioni liberali in denaro, per importo non superiore a 1.549,37 euro o al 2 per cento del reddito di impresa dichiarato, a favore di associazioni di promozione sociale, iscritte nei registri previsti dalle vigenti disposizioni di legge [articolo 100, comma 2, lettera l), già citato nel commento al precedente comma 5 dell’articolo 14 in esame].
I commi 4 e 5 dispongono in materia di sanzioni per la violazione delle disposizioni inerenti alla deducibilità delle liberalità erogate ai sensi del comma 1.
In particolare il comma 4 prevede che la sanzione prevista dall'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, sia maggiorata del duecento per cento a carico del soggetto erogatore di liberalità che espone nella dichiarazione dei redditi indebite deduzioni dall'imponibile in violazione dei presupposti di deducibilità indicati dal comma 1.
L'articolo 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997, che dispone in materia di violazioni relative alla dichiarazione delle imposte dirette, al comma 2 stabilisce che se nella dichiarazione dei redditi è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito. La stessa sanzione si applica se nella dichiarazione sono esposte indebite detrazioni d'imposta ovvero indebite deduzioni dall'imponibile, anche se esse sono state attribuite in sede di ritenuta alla fonte.
Dall'applicazione della disposizione predetta discende pertanto che la sanzione amministrativa a carico del soggetto erogatore di liberalità che effettua indebite deduzioni dell'imponibile corrisponderà ad un importo compreso tra il trecento e il seicento per cento della maggior imposta o della differenza del credito.
Con la disposizione di cui al comma 5 viene prevista la responsabilità dell’ente beneficiario dell’erogazione e dei suoi amministratori in solido con i soggetti erogatori di liberalità per le maggiori imposte accertate e per le sanzioni applicate, qualora la deduzione risulti indebitamente effettuata per l'insussistenza, in capo all’ente stesso, dei caratteri solidaristici e sociali dichiarati in comunicazioni rivolte al pubblico ovvero rappresentati ai soggetti erogatori delle liberalità.
Si osserva che sarebbe stato più opportuno formulare i commi da 1 a 6 del presente articolo 14 come novella al testo unico delle imposte sui redditi.
I successivi commi 7 e 8 dell'articolo 14 contengono disposizioni agevolative di natura fiscale in favore di:
- università;
- fondazioni universitarie, di cui all'articolo 59, comma 3, della legge n. 388 del 2000;
Ai sensi del comma 3 dell'articolo 59 della legge n. 388 del 2000, al fine di realizzare l'acquisizione di beni e servizi a rilevanza regionale alle migliori condizioni del mercato, nonché per lo svolgimento delle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca, una o più università possono costituire fondazioni di diritto privato con la partecipazione di enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati. Con il D.P.R. n. 254 del 24 maggio 2001, n. 254, sono stati stabiliti i criteri e le modalità per la costituzione e il funzionamento delle predette fondazioni.
- istituzioni universitarie pubbliche;
- enti di ricerca pubblici;
- fondazioni e le associazioni, regolarmente riconosciute a norma del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica;
- enti di ricerca vigilati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (compresi l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro);
- enti parco regionali e nazionali.
Il comma 7 in particolare interviene apportando modificazioni al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
Con la lettera a) viene introdotta, nel comma 1 dell’articolo 10 del TUIR, la lettera l-quater), con la quale sono rese deducibili, nella determinazione del reddito complessivo delle persone fisiche, le erogazioni liberali in denaro effettuate in favore degli enti sopra elencati.
Con la lettera b) del comma 7 si sostituisce la lettera c) dell'articolo 100, comma 2, del TUIR.
La formulazione della lettera c) antecedente l’entrata in vigore del presente decreto-legge si limitava a consentire la deducibilità delle erogazioni liberali in favore delle università e delle istituzioni universitarie, per un ammontare non superiore al due per cento del reddito di impresa dichiarato.
Il nuovo testo della lettera c) estende la deducibilità alle erogazioni liberali effettuate in favore di tutti gli enti sopra elencati e non contiene alcuna limitazione relativa all’importo dell’erogazione.
Nel corso dell’esame presso il Senato sono state inserite, tra i possibili beneficiari delle erogazioni liberali deducibili ai sensi della nuova lettera c) dell’articolo 100, comma 2, del TUIR, le fondazioni e le associazioni, regolarmente riconosciute a norma del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361[298], aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica, individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Il comma 8 dispone infine, sempre in favore degli enti sopra elencati:
- l'esenzione da tasse e imposte indirette, diverse da quella sul valore aggiunto, e da diritti dovuti a qualunque titolo, per gli atti relativi ai trasferimenti a titolo gratuito effettuati in favore dei suddetti soggetti;
- la riduzione del novanta per cento degli onorari notarili relativi agli atti di donazione effettuati ai sensi delle disposizioni in argomento.
Articolo 14, comma 8-bis
(Abrogazione del limite di reddito per il
bonus scuola)
8-bis. Il comma 7-bis dell’articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 come modificato dall’articolo 13 del decreto legge 24 giugno 2003, n. 147, convertito con modificazioni nella legge 1 agosto 2003, n. 200 e dall’articolo 3, comma 94 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è abrogato.
Il comma 8-bis, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, abroga la previsione di un limite di reddito per l’accesso al contributo statale per l’iscrizione alle scuole paritarie (cd “buono scuola”); tale previsione era stata introdotta dall’articolo 3, comma 94, della legge finanziaria per il 2004[299] che aveva novellato in tal senso (aggiungendo il comma 7-bis) l'articolo 2, comma 7, della legge finanziaria per il 2003[300] istitutivo del beneficio.
L’articolo 2, comma 7, della citata legge n. 289 del 2002 ha introdotto un contributofinalizzato alla riduzione degli oneri effettivamente rimasti a carico delle persone fisiche (cioè, al netto di altri contributi eventualmente percepiti ai sensi della normativa vigente) per l'attività educativa di componenti del nucleo familiare presso scuole paritarie (c.d. “buono scuola”)[301]. La disposizione fissa come limite massimo di spesa 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005, rinviando, per quanto attiene l’individuazione dei criteri per l’attribuzione del beneficio, ad un decreto ministeriale di natura non regolamentare[302], adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Il decreto attuativo, adottato con D.M. 28 agosto 2003[303], ha definito la platea dei soggetti beneficiari del contributo (le persone fisiche iscritte all’anagrafe tributaria e con domicilio fiscale in Italia); ha precisato che esso riguarda le iscrizioni alle scuole elementari, medie ed al primo anno delle scuole superiori e ha demandato a decreti ministeriali annuali del MIUR la fissazione dell’importo del contributo medesimo (da determinare in relazione al numero degli iscritti alle scuole paritarie ed agli stanziamenti in bilancio), eventualmente variabile a seconda della classe scolastica.
È intervenuto successivamente il già richiamato comma 7-bis, aggiunto all’art. 2, comma 7, della legge 289/2002, dall’art. 3, comma 94, della legge finanziaria 2004 (legge 350/2003), che ha previsto l’individuazione, con decreto ministeriale, di limiti di reddito per l’attribuzione del “buono scuola”. Tale disposizione, ora abrogata dalla norma in commento, avrebbe dovuto trovare applicazione a decorrere dall’anno scolastico 2004-2005[304], ma il provvedimento in questione non è stato sinora emanato[305].
Con riguardo alle somme destinate al “buono scuola” si ricorda che il finanziamento disposto dall’articolo 2, comma 7, della legge finanziaria 2003 è stato incrementato dall’articolo 3, comma 101, della già citata legge n. 350 del 2003 per un importo fino a 20 milioni di euro per il 2004 e fino a 40 per il 2005 e 2006 a valere sulle risorse del Fondo per le politiche sociali (istituito dall’art 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449)[306].
Articolo 14, comma 8-ter
(Applicazione trattamento previdenziale
borse di studio Erasmus)
8-ter. La deroga di cui all’articolo 4, comma 104, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, si applica anche a decorrere dall’anno 2005.
Il comma 8-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, rende permanente dall’anno 2005 l’applicazione della deroga prevista, limitatamente all’anno 2004, dall’articolo 4, comma 104, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) in materia di regime previdenziale delle iniziative per il sostegno degli studenti universitari e per favorirne la mobilità.
Il citato comma 104 della legge n. 350 del 2003 aveva stabilito, per il solo anno 2004, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 3, del D.L. n. 105 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 170 del 2003, uno specifico trattamento per i percettori di borse di studio integrative, anche nell'ambito del programma di mobilità dell'Unione europea denominato "Socrates-Erasmus".
L'articolo 1, comma 3, del D.L. 9 maggio 2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170, disciplina il trattamento fiscale e previdenziale di alcune delle iniziative a carico del Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti. Si tratta in particolare:
- dell’assegnazione di borse di studio integrative, anche nell'ambito del programma di mobilità dell'Unione europea denominato "Socrates-Erasmus" [borse di studio richiamate nella lettera a) del comma 1 dell'articolo 1 del medesimo D.L. n. 105/2003];
- dell’assegnazione agli studenti capaci e meritevoli, iscritti ai corsi di laurea specialistica, ai corsi delle scuole di specializzazione per le professioni forensi, delle scuole di specializzazione per gli insegnanti della scuola secondaria e ai corsi di dottorato di ricerca, di assegni per l'incentivazione dell'attività di tutorato (articolo 13 della legge n. 341 del 1990), nonché per le attività didattico-integrative, propedeutiche e di recupero [assegni indicati nella lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 del citato D.L. n. 105/2003].
L'articolo 1, comma 3, prevede relativamente alleborse di studio e agli assegni in argomento:
- l'esenzione dall’IRPEF, ora IRE (per espresso richiamo dell'articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476), così come già disposto per gli assegni di ricerca e per le borse di studio per il dottorato di ricerca;
- l’esclusione dalla formazione della base imponibile IRAP degli enti erogatori (per l'espresso richiamo del disposto dell'articolo 10-bis, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997);
- l’obbligo, a decorrere dall'anno 2003, anche per i beneficiari di borse di studio integrative, erogate in qualità di sostegno alla mobilità internazionale degli studenti, e per i percettori di assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche e di recupero, di iscrizione alla Gestione separata del lavoro autonomo,di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
Il comma 104 ha stabilito che, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 1, comma 3, del D.L. n. 105, non trovi applicazione, per l'anno 2004, il riferimento ivi previsto alla lettera a) del comma 1 del medesimo articolo 1 del D.L. n. 105 del 2003 e che tale norma si applichi nel limite di spesa massimo di 250.000 euro per l'anno 2004. Conseguentemente, per quanto attiene al regime previdenziale, i percettori di borse di studio integrative, anche nell'ambito del programma di mobilità dell'Unione europea denominato "Socrates-Erasmus", non devono iscriversi alla Gestione separata INPS.
Il presente comma 8-ter rende permanente, con decorrenza dal 2005, la deroga prevista dall’articolo 4, comma 104, della legge finanziaria per il 2004, esonerando i borsisti del programma "Socrates-Erasmus" dall’iscrizione alla Gestione separata INPS del lavoro autonomo di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, nel limite complessivo di spesa di 250.000 euro annui, secondo quanto indicato nella relazione tecnica all’emendamento 1.2000, del Governo, approvato dal Senato.
Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi Statuti.
L’articolo 14-bis introduce nel decreto-legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” conl’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dettato dai rispettivi Statuti.
Le disposizioni del decreto-legge infatti, si applicano in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni definite dagli statuti di quegli enti, che sono adottati con legge costituzionale.
L’esplicitazione di questo principio – che discende peraltro dall’ordinario rapporto tra le due fonti – è stata introdotta per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, sollevassero la questione di fronte alla Corte costituzionale.
Articolo 14-ter
(Concessionari scommesse sportive)
1. Sono abrogati l’articolo 2, commi 8 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, l’articolo 2, comma 6, del decreto ministeriale 2 giugno 1998, n. 174 e l’articolo 10 del decreto del Ministro delle finanze 7 aprile 1999.
2. L’attività di raccolta e accettazione delle scommesse ippiche e sportive può essere esercitata dal Concessionario con mezzi propri o di terzi, nel rispetto dell’articolo 93 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
L'articolo 14-ter, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, detta una serie di disposizioni in materia di concessioni per l'esercizio di giochi e scommesse.
Il comma 1 abroga le seguenti disposizioni relative alla titolarità delle azioni della società concessionaria e alle regole della concorrenza. In particolare:
- i commi 8 e 9 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 169 del 1998 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché per il riparto dei proventi);
I suddetti commi dispongono in materia di concessioni per l'esercizio delle scommesse sulle corse dei cavalli, a totalizzatore e a quota fissa, prevedendo che se il concessionario (comma 8) è costituito in forma di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, le azioni aventi diritto di voto o le quote debbono essere intestate a persone fisiche, società in nome collettivo o in accomandita semplice. Non è ammesso il trasferimento per semplice girata di dette azioni o quote. Le suddette imprese comunicano al Ministero delle finanze e al Ministero per le politiche agricole l'elenco dei soci titolari, con il numero delle azioni o l'entità delle quote da essi possedute e gli eventuali trasferimenti di titolarità. L'inosservanza delle disposizioni del presente comma comporta la decadenza dalla concessione.
In base al comma 9 non è ammessa la contemporanea titolarità, anche parziale, diretta o per interposta persona, di ippodromi e di agenzie ippiche o concessione per l'accettazione della scommessa TRIS. È tuttavia consentito ai titolari di ippodromi di ottenere la concessione di agenzie esclusivamente all'interno degli stessi. Sono fatte salve le situazioni esistenti alla data di entrata in vigore del regolamento.
- il comma 6 dell'articolo 2 del D.M. n. 174 del 1998 (Regolamento recante norme per l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore ed a quota fissa su competizioni sportive organizzate dal CONI);
Questa disposizione, sempre in materia di concessioni per l'esercizio delle scommesse, prevede anch'essa che se il concessionario è costituito in forma di società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, le azioni aventi diritto di voto o le quote debbono essere intestate a persone fisiche, società in nome collettivo o in accomandita semplice. Non è ammesso il trasferimento per semplice girata di dette azioni o quote. Le suddette imprese comunicano al CONI l'elenco dei soci titolari, con il numero delle azioni o l'entità delle quote da essi possedute e gli eventuali trasferimenti di titolarità. L'inosservanza delle condizioni di cui al presente comma comporta la decadenza della concessione.
- l'articolo 10 del decreto del Ministro delle finanze del 7 aprile 1999.
Poiché il predetto decreto[307] consta di un unico articolo, si segnala che il richiamo normativo corretto sembrerebbe doversi riferire alla convenzione-tipo approvata con decreto del direttore generale del dipartimento delle entrate emanato nella stessa data, recante "Approvazione della convenzione-tipo che accede alle concessioni per l'esercizio delle scommesse sportive"[308].
La disposizione dell’articolo 10 della convenzione-tipo allegata al decreto sopra citata concerne le regole della concorrenza. In particolare, stabilisce che qualora il concessionario, direttamente, indirettamente, quale membro di un raggruppamento temporaneo di imprese oppure attraverso soggetti controllati o collegati, risulti titolare di un numero di concessioni superiore al 15% nell'ambito nazionale ed al 50% o al 30% in ambito provinciale, se rispettivamente il numero di concessioni rilasciabili è compreso tra 2 e 14 ovvero è superiore a 14, il CONI procederà alla revoca delle concessioni eccedenti la percentuale massima consentita. Ai fini dell'applicazione di quanto sopra disposto, alla titolarità diretta delle concessioni è equiparato il controllo o collegamento con società titolari di concessioni, come definito successivamente, ovvero, per le persone fisiche o giuridiche non societarie, la titolarità di azioni o di quote nelle misure indicate dall'art. 2359 cod. civ. ovvero l'esistenza dei vincoli contrattuali previsti nella medesima disposizione. Per controllo o collegamento si intende la sussistenza dei rapporti configurati come tali dall'art. 2359 cod. civ., ancorché tali rapporti siano realizzati congiuntamente con altri soggetti, tramite società direttamente o indirettamente controllate o tramite intestazioni fiduciarie o tramite accordi parasociali.
Il comma 2 specifica quindi che l'attività inerente alla raccolta e all’accettazione delle scommesse ippiche e sportive può essere esercitata dal concessionario con mezzi sia propri,sia di terzi; tale attività va esercitata comunque nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 93 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (R.D. n. 773 del 1931), concernente la possibilità di condurre l'esercizio per mezzo di rappresentante.
Procedure di
contenzioso
(a cura
dell’Ufficio R.U.E.)
Il 18 dicembre 2003 la Commissione europea ha deciso di adire la Corte di giustizia contro l'Italia per quanto riguarda le concessioni di servizi per la gestione delle scommesse sportive.
Secondo la Commissione l'Italia non avrebbe rispettato il principio generale di trasparenza e i principi in materia di libera prestazione dei servizi e libertà di stabilimento sanciti dal Trattato CE, rinnovando fino al 2006 circa trecento concessioni per la gestione delle scommesse ippiche ai precedenti titolari, in assenza di una procedura di gara.
La Commissione ritiene che l'esclusione delle società di capitali quotate sui mercati regolamentati dell'UE dalla possibilità di ottenere concessioni per la gestione delle scommesse sportive non sia un provvedimento commisurato all’obiettivo legittimo, perseguito dall'amministrazione italiana, di evitare il rischio che i concessionari siano coinvolti in attività criminose o fraudolente
La Commissione ritiene infatti che per verificare la moralità delle suddette società sia possibile effettuare un controllo cercando di ottenere informazioni atte a valutare l'onorabilità dei rappresentanti dell'impresa e dei principali azionisti. Tale esclusione non rispetta pertanto le norme del Trattato CE in materia di libera prestazione dei servizi e di libertà di stabilimento (articolo 49 e 43).
In secondo luogo, la Commissione ha constatato che l'Italia non ha rispettato il principio generale di trasparenza del Trattato CE e l'obbligo di pubblicità che ne deriva ai sensi della giurisprudenza della Corte di giustizia. Infatti, il rinnovo fino al 1° gennaio 2006 delle concessioni per l'esercizio delle scommesse sulle corse ippiche è avvenuto a beneficio dei vecchi concessionari senza ricorrere ad una procedura d'appalto.
Articolo 15
(Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 1, 5, comma 14, 7, commi 2 e 3-ter, 9, comma 3, 10, comma 1, 12, comma 6, e 14 pari a complessivi 77,25 milioni di euro per l’anno 2005, 472,750 milioni di euro per l’anno 2006, 378,75 milioni di euro per l’anno 2007 e 316,55 milioni di euro a decorrere dal 2008, si provvede:
a) quanto a 15,75 milioni di euro per l’anno 2006 e 15,25 milioni di euro per l’anno 2007, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, utilizzando la proiezione per i predetti anni dell’accantonamento relativo al Ministero delle comunicazioni per euro 5 milioni per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e dell’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri per euro 10,75 milioni per l’anno 2006 e per euro 10,25 milioni per l’anno 2007;
b) quanto a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale“dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente;
c) quanto a 68 milioni di euro per l’anno 2005, 319 milioni di euro per l’anno 2006, 293,5 milioni di euro per l’anno 2007 e 306,3 milioni di euro a decorrere dal 2008, mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 7, comma 3, 10, commi 2, 3 e 4;
d) quanto a 4,25 milioni di euro per l’anno 2005, 133 milioni di euro per l’anno 2006 e 65 milioni di euro per l’anno 2007 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, come determinata dalla tabella C della legge 30 dicembre 2004, n. 311;
2. L’importo corrispondente alle maggiori entrate di cui agli articoli 7, comma 3, 10, commi 2, 3 e 4 non utilizzate a copertura degli oneri derivanti dal presente decreto, è iscritto sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica di cui al comma 5 dell’articolo 10 del decreto legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, per 15 milioni di euro per l’anno 2006, 20 milioni di euro per l’anno 2007 e 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.
3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L’articolo 15 dispone in ordine alla copertura finanziaria degli oneri complessivi derivanti dall’attuazione delle seguenti disposizioni introdotte dal provvedimento in esame:
- articolo 3, comma 1, recante la nuova disciplina dell’istituto della denuncia di inizio attività (cosiddetta DIA, ora “Dichiarazione di inizio attività), in relazione al quale la relazione tecnica indica oneri pari a 1,8 milioni di euro per il 2005, 1,4 milioni per il 2006 e 1,5 milioni a decorrere dal 2007;
- articolo 5, comma 14, che autorizza la concessione di contributi quindicennali di 5 milioni di euro per la ricostruzione, riconversione e bonifica dell'area delle acciaierie di Genova-Cornigliano. I contributi sono posti a carico del Fondo per gli interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei ministri, che viene a tal fine integrato dell'importo annuo di 5 milioni di euro per 15 anni a decorrere dal 2005;
- articolo 7, comma 2, che rinnova per il triennio 2005-2007 il contributo alla fondazione Ugo Bordoni, per l'importo di 5,165 milioni di euro annui;
- articolo 7, comma 3-ter, che esclude dall’imposizione la cessione di personal computer effettuata da imprese o da enti soggetti all’imposta sul reddito delle società a favore di lavoratori dipendenti, determinando oneri per 4 milioni di euro per il 2005, 6 milioni di euro per il 2006 e per 5 milioni di euro a decorrere dal 2007;
- articolo 9, comma 3, recante un credito d’imposta in favore delle imprese che partecipano a processi di concentrazione, i cui oneri sono indicati nel limite di spesa pari a 34 milioni di euro per il 2005, 110 milioni per il 2006 e 57 milioni per il 2007;
- articolo 10, comma 1, che modifica il regime IVA per gli agricoltori, in relazione al quale la relazione tecnica indica oneri pari a 7 milioni di euro per il 2005 e 251 milioni a decorrere dal 2006[309];
- articolo 12, comma 6, che autorizza un contributo straordinario di 20 milioni di europer l’anno 2005in favore dell'ENIT;
- articolo 14, che, ai commi da 1-6 detta disposizioni dirette ad introdurre la deducibilità delle liberalità in favore delle ONLUS e delle associazioni di promozione sociale, per oneri complessivamente pari a 68,2 milioni di euro per il 2006 e di 39 milioni a decorrere dal 2007, nonché a favore di fondazioni e associazioni riconosciute che operano nei settori della cultura e dell’ambiente, con oneri pari a 5 milioni di euro per il 2006 e 3 milioni di euro a decorrere dal 2007; ai commi 7-8 detta disposizioni in materia di deduzioni delle liberalità in favore di università ed enti di ricerca, per oneri complessivi pari a 17,2 milioni di euro per il 2006 e a 9,8 milioni a decorrere dal 2007, nonché a favore di fondazioni e associazioni riconosciute operanti per lo svolgimento e la promozione della ricerca, con oneri pari a 3,5 milioni di euro per il 2006 e a 2 milioni di euro a decorrere dal 2007; al comma 8-ter dispone l’esenzione dai contributi previdenziali delle borse Erasmus, che determina oneri per 0,3 milioni di euro a decorrere dal 2005.
Gli oneri per i quali l’articolo 15 dispone la copertura finanziaria ammontano complessivamente a 73 milioni di euro per l'anno 2005, 458 milioni di euro per l'anno 2006, 368,5 milioni di euro per l'anno 2007 e 306,3 milioni di euro a decorrere dal 2008.
La copertura finanziaria viene reperita:
a) quanto a 15,75 milioni di euro per l’anno 2006 e 15,25 milioni di euro per l’anno 2007, mediante riduzione del Fondo speciale di parte corrente, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero delle comunicazioni per 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006 e 2007 e l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri per 10,75 milioni di euro per il 2006 e per 10,25 milioni di euro per il 2007;
b) quanto a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005, 2006 e 2007, mediante riduzione degli stanziamenti del Fondo speciale di conto capitale, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’ambiente;
c) quanto a 68 milioni di euro per l’anno 2005, 319 milioni per l’anno 2006, 293,5 milioni per l’anno 2007 e 306,3 milioni a decorrere dal 2008, mediante l’utilizzo di parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 7, comma 3, e dall’articolo 10, commi 2, 3 e 4.
In particolare, l’articolo 7, comma 3, introducendo disposizioni finalizzate al contrasto della diffusione di apparecchi da intrattenimento irregolari o illegali, prevede maggiori entrate per 8 milioni di euro per il 2005 e 100 milioni a decorrere dal 2006:
L’articolo 10, comma 2, reca alcune modifiche al regime delle imposte relative alla produzione di alcool etilico, prodotti alcolici intermedi e birra, indicando maggiori entrate per 84,4 milioni di euro per il 2005 e 116,1 milioni a decorrere dal 2006.
Il comma 3 dispone la rideterminazione delle percentuali di compensazione applicabili ai prodotti agricoli, al fine di assicurare ulteriori maggiori entrate pari a 20 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006.
Infine, ai sensi del comma 4, ulteriori entrate, di importo pari a 115 milioni di euro annui, dovranno pervenire per effetto di una rimodulazione delle aliquote di accisa su alcool e birra per il tramite di un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane, con decorrenza dal 2006;
d) quanto a 4,25 milioni di euro per l’anno 2005, 133 milioni di euro per l’anno 2006 e a 65 milioni per l’anno 2007, mediante corrispondente riduzione del Fondo di riserva per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, di cui all’articolo 9-ter della legge 5 agosto 1978, n. 468, la cui dotazione, come determinata dalla tabella C della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004) è pari a 852 milioni di euro per il 2005, 141 milioni per il 2006 e 160 milioni per il 2007.
La tabella che segue riepiloga il prospetto di copertura:
(milioni di euro)
|
Art. |
Oneri |
2005 |
2006 |
2007 |
|
Art. 3, co. 1 |
Dichiarazione di inizio attività |
1,8 |
1,4 |
1,5 |
|
Art. 5, co. 14 |
Bonifica Genova-Cornigliano |
5 |
5 |
5 |
|
Art. 7, co. 2 |
Contributo Fondazione U. Bordoni |
5,2 |
5,2 |
5,2 |
|
Art. 7, co. 3-ter |
Esclusione dall’imponibile della cessione di personal computer |
4 |
6 |
5 |
|
Art. 9, co. 3 |
Credito di imposta per concentrazione |
34 |
110 |
57 |
|
Art. 10, co. 1 |
Iva in agricoltura |
7 |
251 |
251 |
|
Art. 12, co. 6 |
ENIT |
20 |
0 |
0 |
|
Art. 14, co. 1-6 |
Deduzioni liberalità ONLUS |
0 |
68,2 |
39 |
|
|
Estensione deduzioni art. 14, co. 1-6 |
0 |
5 |
3 |
|
Art. 14, co. 7-8 |
Deduzioni liberalità università |
0 |
17,2 |
9,8 |
|
|
Estensione deduzioni art. 14, co. 7 |
0 |
3,5 |
2 |
|
Art. 14, co. 8-ter |
Esenzione dai contributi per borse Erasmus |
0,25 |
0,25 |
0,25 |
|
|
Totale |
77,25 |
472,75 |
378,75 |
|
|
Copertura |
|
|
|
|
|
Fondo speciale parte corrente |
0 |
15,75 |
15,25 |
|
|
Fondo speciale conto capitale |
5 |
5 |
5 |
|
|
Quota parte maggiori entrate |
68 |
319 |
293,5 |
|
|
Fondo spese permanenti - Tab C |
4,25 |
133 |
65 |
|
|
Totale |
77,25 |
472,75 |
378,75 |
Gli oneri successivi al triennio compreso nel bilancio pluriennale (anno 2008 e successivi) ammontano a 316,55 milioni di euro, a fronte dei quali è espressamente prevista una copertura per 306,3 milioni di euro, a valere su quota delle maggiori entrate derivanti dagli articoli 7 e 10.
Si osserva peraltro che la copertura finanziaria a valere sui fondi speciali non può che essere formulata limitatamente al triennio del bilancio pluriennale.
Il comma 2 prevede che quota parte delle maggiori entrate derivanti dall’articolo 7, comma 3, e dall’articolo 10, commi 2-4, che non vengono utilizzate a copertura degli oneri del provvedimento, ai sensi del comma 1, lettera c), siano destinate a rifinanziare il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, istituito dal comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 282/2004.
Il Fondo viene pertanto incrementato di un importo pari a 15 milioni di euro per l’anno 2006, 20 milioni di euro per l’anno 2007 e 1,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2008.
Le residue disponibilità derivanti dalle maggiori entrate di cui all’articolo 7, comma 3, e all’articolo 10, commi 2, 3 e 4, pari a 24,4 milioni di euro per il 2005, 17,1 milioni di euro per il 2006, 37,6 milioni di euro per il 2007 e 43,3 milioni di euro a decorrere dal 2008 (come risulta dalla tavola seguente) sembrano destinate al miglioramento dei saldi.
(milioni di euro)
|
Art. |
Maggiori entrate |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
|
Art. 7, co. 3 |
Entrate apparecchi da intrattenimento |
8 |
100 |
100 |
100 |
|
Art. 10, co. 2 |
Accise alcolici |
84,4 |
116,1 |
116,1 |
116,1 |
|
Art. 10, co. 3 |
Compensi IVA agricola |
0 |
20 |
20 |
20 |
|
Art. 10, co. 4 |
Accise alcolici |
0 |
115 |
115 |
115 |
|
|
Totale |
92,4 |
351,1 |
351,1 |
351,1 |
|
|
Utilizzo |
|
|
|
|
|
Art. 15, co. 1 |
Copertura provvedimento |
-68 |
-319 |
-293,5 |
-306,3 |
|
Art. 15, co. 2 |
Finanziamento Fondo interventi strutturali di politica economica |
0 |
-15 |
-20 |
-1,5 |
|
|
Disponibilità residue maggiori entrate |
24,4 |
17,1 |
37,6 |
43,3 |
Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 3).
[1] La distrazione consiste nel destinare un bene ad un uso diverso da quello proprio; l'occultamento integra qualsiasi forma di nascondimento, materiale o con mezzi giuridici, dei beni; la distruzione rileva in caso di eliminazione o diminuzione del valore economico del bene; la dissipazione consiste nel distruggere, sciupare o scialacquare il proprio patrimonio; la sottrazione si ha quando si pone in essere un'attività tesa ad evitare che gli organi fallimentari entrino in possesso delle scritture contabili.
[2] La falsificazione integra un vero e proprio falso materiale e ideologico in scrittura privata e consiste nell'alterazione volontaria del vero; la simulazione dei titoli di prelazione, infine, consiste nel fingere l'esistenza di tali titoli che in realtà non esistono, ledendo così la par condicio.
[3] La Corte di Cassazione ha chiarito che l'art. 216 della legge fallimentare contempla nel numero 1 del primo comma due ipotesi di bancarotta fraudolenta sostanziale. Nella prima (distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione e dissipazione di beni) per la configurabilità del delitto è sufficiente il dolo generico, mentre nella seconda (esposizione o riconoscimento di passività inesistenti) si richiede il dolo specifico. Nel numero 2 del detto primo comma dell'art. 216 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 sono invece previste due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima (sottrazione, distruzione e falsificazione parziale o totale di libri o altre scritture contabili) richiede il dolo specifico, mentre per la seconda (tenuta dei libri e delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari) è sufficiente il dolo generico (Sez. V, sent. n. 6148 del 15-05-1987, Bevilacqua). Peraltro, più recentemente (Sez. V, sent. n. 12897 del 11-11-1999, Tassan Din), la Suprema Corte ha affermato che in tema di bancarotta fraudolenta, l'elemento psicologico, desumibile da tutte le componenti che caratterizzano la condotta dell'imputato, consiste nel dolo generico, cioè nella consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell'impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori, e questo anche nel caso in cui l'agente, pur non perseguendo direttamente il risultato, tuttavia lo preveda e, ciò nonostante, agisca, consentendo, in tal modo, il suo realizzarsi (dolo eventuale)
[4] La Corte di Cassazione ha precisato che fra le due ipotesi di reato, quella di cui all'art. 216, n. 2, e quella di cui all'art. 217 della legge fallimentare, corrono rilevanti differenze, sia quanto all'elemento materiale, sia quanto all'elemento psicologico. Quanto all'elemento materiale, il primo è un reato di danno e inoltre coinvolge nella condotta punibile anche le scritture facoltative, mentre il secondo è un reato di pericolo presunto, per cui è irrilevante se la ricostruzione possa ugualmente effettuarsi anche "aliunde" e riguarda soltanto le scritture rese obbligatorie dal codice civile. Per ciò che concerne l'elemento psicologico, mentre il primo esige che lo scopo perseguito dall'agente sia indirizzato (dolo) proprio a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, il secondo si accontenta della semplice colpa. Altre differenze riguardano il fatto che l'art. 216 si riferisce piuttosto al contenuto sostanziale delle scritture e l'art. 217 piuttosto, o almeno prevalentemente, all'osservanza delle formalità prescritte per la loro tenuta (numerazione, bollatura, vidimazione, cancellature, ordine delle annotazioni) e che per il secondo è previsto un termine breve di operatività temporale massima (tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento) (Sez. V, sent. n. 10068 del 04-10-1980, Tatone). Sempre in ordine all'elemento psicologico la Corte ha affermato che ai fini della sussistenza del reato previsto dall'art. 217, secondo comma, della legge fallimentare non è richiesto indefettibilmente il dolo, ma è sufficiente la colpa, intesa come violazione del dovere di diligenza, al quale è tenuto - per gli aspetti organizzativi di natura sia tecnica che amministrativa - colui che pretenda di esercitare professionalmente un'attività di impresa di qualsiasi tipo o natura; attività che deve essere svolta secondo le regole più comuni di conduzione economica di una società civile. In tale prospettiva psicologica nessuna rilevanza può essere conferita ad un eventuale errore, al fine dell'esclusione dello elemento soggettivo del reato (Sez. V, sent. n. 7928 del 06-10-1983, Gabellini).
[5] Per fraudolenta simulazione deve intendersi l'artificiosa predisposizione di elementi, come ad esempio documenti falsificati, idonei a far apparire come reale un credito in tutto o in parte inesistente.
[6] Recante "Delega al Governo ad adottare norme per l'aggiornamento, la modifica e l'integrazione delle disposizioni legislative in materia doganale, per la riorganizzazione dell'amministrazione delle dogane e imposte indirette, in materia di contrabbando e in materia di ordinamento ed esercizio dei magazzini generali e di applicazione delle discipline doganali ai predetti magazzini generali, nonché delega ad adottare un testo unico in materia doganale e di imposte di fabbricazione e di consumo". In particolare l’articolo 3, nel definire i princípi e i criteri direttivi della delega in materia di amministrazione delle dogane e imposte indirette, stabilisce, al comma 1, numero 3) della lettera i), che, dall'esercizio finanziario 1990, le maggiori somme, rispetto all'esercizio precedente, versate all'Italia dalle Comunità europee a titolo di partecipazione alle spese di esazione delle risorse proprie CEE siano destinate all’integrazione dei capitoli di spesa del dipartimento destinati all’acquisizione di mezzi tecnici e strumentali, e finalizzate al potenziamento delle attività di accertamento, ispettive e di contrasto alle frodi.
[7] Vedi dossier RUE “Le prospettive finanziarie 2007-2013”.
[8] Istituito con decisione n. 253/2003/CE relativa all'adozione di un programma d'azione doganale nella Comunità (Dogana 2007).
[9] La delegazione italiana ha votato contro sottolineando l’opportunità che il massimale fosse fissato a quindicimila euro, per uniformarlo a quello previsto dalla proposta di terza direttiva in materia di riciclaggio.
[10] Il programma è stato adottato dal Consiglio europeo del 5 novembre 2004.
[11] Legge 31 marzo 2005, n. 56, recante " Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore " (GU n. 91 del 20 aprile 2005 - SO n. 69). Il comma 2 dell’articolo 7 della legge dispone l’aggiunta di due ulteriori lettere (h-ter e h- quater) ad integrazione del comma 2, art. 1, della legge 100/90. Ulteriori modificazioni sono introdotte dai successivi commi 3-5 del citato articolo 7. In particolare, il comma 3 elimina il divieto che gli interventi della SIMEST riguardino i Paesi membri dell'Unione europea, abrogando al contempo la disposizione che obbligava tali interventi, per i primi due anni, a riguardare in via prioritaria le iniziative effettuate in Polonia, Ungheria e altri Paesi dell'Europa Orientale, ora membri dell'Unione Europea. La nuova previsione dispone, infine, che il CIPE possa individuare Paesi o aree geografiche di interesse prioritario ai fini degli interventi della SIMEST.Il comma 4, introduce un comma 1- bis all’articolo 3 della legge n. 100/99 diretto ad incrementare le quote di partecipazioni che possono essere acquisite dalla SIMEST sino al 49% del capitale qualora l'oggetto delle partecipazioni sia la costituzione di parchi industriali, destinati a promuovere e accogliere gli investimenti all'estero delle imprese italiane. Il comma 5, infine, prevede che per la corresponsione di contributi agli interessi agli operatori italiani a fronte di operazioni di finanziamento della loro quota di capitale di rischio nelle società o imprese all'estero partecipate dalla SIMEST Spa, da parte del soggetto gestore del fondo di cui all'art. 3 della L. n. 295/73 (Fondo del Mediocredito centrale),introduce il requisito della sede in Paesi non facenti parte dell'Unione Europea per le società o imprese partecipate dalla Simest. (Per un approfondimento del contenuto della legge si rinvia al dossier disposto dal Servizio studi in occasione dell’esame in seconda lettura del provvedimento presso la Camera dei deputati: “Progetti di legge” n. 550/1 30 novembre 2004).
[12] Per un approfondimento in relazione al nuovo Codice della proprietà industriale, si rinvia al dossier “Pareri al Governo” n. 358 del 10 novembre 2004, redatto in occasione dell’esame del relativo schema di D.Lgs. (schema n. 423).
[13] Va segnalato che i commi da 15-bis a 15-quinquies riproducono integralmente analoghe disposizioni (articolo 7, commi 8-11) contenute nel disegno di legge A.C. 5736, Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, assegnato alle Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio in sede referente, e del quale non è ancora iniziato l’esame.
[14] Si segnala che in tema di rendicontazione delle spese, sostenute con fondi accreditati alle rappresentanze diplomatiche, per la realizzazione di interventi di cooperazione allo sviluppo, l’art. 2 dello schema di regolamento per la semplificazione delle procedure nelle attività di cooperazione allo sviluppo - attualmente in attesa dei pareri della Camera e del Senato – estende a detta rendicontazione le procedure previste dall’art. 10, comma 1, del DPR 120/2000, Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per l'erogazione e la rendicontazione della spesa da parte dei funzionari delegati operanti presso le rappresentanze all'estero, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59. In particolare, ilcomma 1 dell’art. 10 del DPR 22 marzo 2000, n. 120, stabilisce che le spese degli uffici all'estero, destinate al mantenimento e al funzionamento degli uffici, allo svolgimento delle attività di istituto e alla corresponsione delle retribuzioni del personale sono, sono giustificate mediante rendiconti, predisposti sulla base degli appositi registri e su moduli informatici, da trasmettersi all’Amministrazione entro sessanta giorni dalla chiusura del periodo da rendicontare. E’ previsto che la stessa documentazione sia inviata anche all'Ufficio centrale del bilancio ed alla Corte dei conti se quest'ultima ne fa richiesta.
[15] Si ricorda che solo una parte dell’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) dell’Italia, e precisamente la cooperazione a dono, riguarda il bilancio del MAE: infatti, ad esempio, il Fondo rotativo per la cooperazione allo sviluppo, a valere sul quale sono erogati i crediti d'aiuto per programmi e progetti di sviluppo, appartiene allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, che inoltre amministra i rapporti finanziari dell’Italia con le banche e fondi di sviluppo multilaterali, nonché gli accordi bilaterali di riduzione del debito.
[16] La dotazione complessiva della legge 26 febbraio 1987, n. 49 è determinata annualmente dalla Tabella C della legge finanziaria, che indica i pertinenti capitoli di bilancio.
[17] L’art. 2, comma 1, lettera k), del D.Lgs. n. 276/2003, ai fini della definizione di lavoratore “svantaggiato”, rinvia all’art. 2, lettera f), del Regolamento (CE) n. 2204/2002 della Commissione del 12 dicembre 2002 che così stabilisce: "qualsiasi persona appartenente ad una categoria che abbia difficoltà ad entrare, senza assistenza, nel mercato del lavoro, vale a dire qualsiasi persona che soddisfi almeno uno dei criteri seguenti:
a) qualsiasi giovane che abbia meno di 25 anni o che abbia completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e che non abbia ancora ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente;
b) qualsiasi lavoratore migrante che si sposti o si sia spostato all'interno della Comunità o divenga residente nella Comunità per assumervi un lavoro;
c) qualsiasi persona appartenente ad una minoranza etnica di uno Stato membro che debba migliorare le sue conoscenze linguistiche, la sua formazione professionale o la sua esperienza lavorativa per incrementare le possibilità di ottenere un'occupazione stabile;
d) qualsiasi persona che desideri intraprendere o riprendere un'attività lavorativa e che non abbia lavorato, né seguito corsi di formazione, per almeno due anni, in particolare qualsiasi persona che abbia lasciato il lavoro per la difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita familiare;
e) qualsiasi persona adulta che viva sola con uno o più figli a carico;
f) qualsiasi persona priva di un titolo di studio di livello secondario superiore o equivalente, priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;
g) qualsiasi persona di più di 50 anni priva di un posto di lavoro o in procinto di perderlo;
h) qualsiasi disoccupato di lungo periodo, ossia una persona senza lavoro per 12 dei 16 mesi precedenti, o per 6 degli 8 mesi precedenti nel caso di persone di meno di 25 anni;
i) qualsiasi persona riconosciuta come affetta, al momento o in passato, da una dipendenza ai sensi della legislazione nazionale;
j) qualsiasi persona che non abbia ottenuto il primo impiego retribuito regolarmente da quando è stata sottoposta a una pena detentiva o a un'altra sanzione penale;
k) qualsiasi donna di un'area geografica nella quale il tasso medio di disoccupazione superi il 100% della media comunitaria da almeno due anni civili e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150% del tasso di disoccupazione maschile dell'area considerata per almeno due dei tre anni civili precedenti.
[18] Il contratto di somministrazione a tempo determinato può essere stipulato:
- per far fronte a esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore (art. 20, D.Lgs. n. 276/2003)
- per le "esigenze temporanee" indicate dalle clausole dei contratti collettivi che avranno efficacia fino alla loro naturale scadenza (art. 86, D.Lgs. n. 276/2003)
Il contratto di lavoro a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore.
[19] Il contratto di somministrazione a tempo indeterminato può essere stipulato per:
- servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico;
- servizi di pulizia, custodia, portineria;
- servizi di trasporto di persone e movimentazione di macchinari e merci;
- gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini e servizi di economato;
- attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;
- attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;
- gestione di call-center;
- costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive che richiedano fasi successive di lavorazione, (con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale), per l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa;
- in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e datori di lavoro.
[20] La misura dell’indennità di disponibilità è determinata dal contratto collettivo di riferimento e non può essere comunque inferiore ad una misura determinata con decreto del Ministro del lavoro (attualmente 350 euro, ai sensi decreto del Ministro del lavoro del 10 marzo 2004.
[21] A tale riguardo la Circolare n. 41 emanata dal Ministero del lavoro in data 23 ottobre 2004 individua in Italia Lavoro l’agenzia tecnica strumentale che stipulerà le convenzioni.
[22] Non si può far ricorso al lavoro intermittente:
- nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;
- salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni;
- nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 626 del 1994.
[23] "Indennità mensile di disponibilità da corrispondere al lavoratore nell'ambito del contratto di lavoro intermittente, ai sensi dell'art. 36 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276".
[24] Per ulteriori approfondimenti si rinvia al bollettino sulle linee direttrici integrate per la crescita e l’occupazione, del 13 aprile 2005, nonché al dossier “Fonti e documenti” n. 103 del 14 aprile 2005, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.
[25] In base all’articolo 128 del trattato CE il Consiglio elabora annualmente gli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione; tali orientamenti devono essere coerenti con gli indirizzi di massima adottati a norma dell’articolo 99. Ciascuno Stato membro trasmette al Consiglio e alla Commissione una relazione annuale sulle principali misure adottate per l’attuazione della propria politica in materia di occupazione, alla luce degli orientamenti.
[26] Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
[27] Si richiama in proposito la Circolare del Presidente della Camera sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi (CIRC/PC/1/2001) del 20 aprile 2001, che privilegia l’utilizzo della modifica testuale (“novella”) di atti legislativi vigenti, evitando modifiche implicite o indirette (paragrafo 3, lett. a).
[28] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 dicembre 2004, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2005 e Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 dicembre 2004, Programmazione dei flussi di ingresso dei lavoratori cittadini dei nuovi Stati membri della Unione europea nel territorio dello Stato, per l'anno 2005.
[29] Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 aprile 2005, n. 3426, Disposizioni urgenti di protezione civile in relazione alla situazione di emergenza di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 20 marzo 2002, 7 novembre 2003, 23 dicembre 2004 e 21 aprile 2005, (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2005, n. 100.
[30] Si ricorda che ai sensi della legge sulla protezione civile (L. 24 febbraio 1992 n. 225) si può provvedere con ordinanza, anche in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, per l'attuazione degli interventi conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza.
[31] D.P.C.M. 20 marzo 2002, Dichiarazione dello stato di emergenza per fronteggiare l'eccezionale afflusso di extracomunitari.
[32] Con l'espressione sintetica "proprietà industriale", si intende comunemente fare riferimento alle normative in materia di brevetti per invenzioni industriali, brevetti per modelli industriali, marchi d'impresa. Con l’espressione “proprietà intellettuale” si intende invece fare riferimento anche al diritto d'autore e ai diritti connessi.
[33] In particolare, in base al nuovo testo, sono revocati:
1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
2) i pagamenti di debiti pecuniari, scaduti ed esigibili, effettuati con mezzi anormali di pagamento, sempre se compiuti nell’anno anteriore al fallimento;
3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituite sempre nell’anno anteriore, per debiti preesistenti non scaduti;
4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituite entro sei mesi anteriori alla dichiarazione.
[34] Cfr. A. PEPPETTI – R. RINALDI, I covered bond in Europa e le ipotesi di sviluppo in Italia, in Bancaria, 2001, n. 6, 58 ss.
[35] Op. ult. cit., 59.
[36] Il cosiddetto metodo Lamfalussy è un modello decisionale che, sulla base delle indicazioni del Consiglio europeo di Stoccolma del marzo 2001, trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari. In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:
- al primo livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase la Commissione consulta, prima di presentare le relative proposte legislative, il Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC);
- al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alle procedure di comitatologia di cui alla decisione 1999/468/CE. A tal fine la Commissione è assistita dal Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che opera quale comitato di regolamentazione, e consulta il Comitato delle autorità europee di regolamentazione e vigilanza sui valori mobiliari (CESR, cfr. nota 2);
- il terzo livello decisionale consiste nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui mercati finanziari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;
- al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.
[37] Il Comitato delle autorità europee di regolamentazione dei valori mobiliari (CAERVM o CESR, secondo l’acronimo inglese comunemente utilizzato), istituito con la decisione della Commissione 2001/528/CE, è composto dai rappresentanti delle autorità nazionali aventi competenze di regolazione e vigilanza sui mercati mobiliari, tra i quali viene eletto il presidente.
[38] In seguito all’emanazione del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, recante l’attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, del D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103, recante l’attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, e del D.Lgs. 16 febbraio 1996, n. 104, recante l’attuazione della delega conferita dall'art. 3, comma 27, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, è stata disposta la privatizzazione della quasi totalità degli enti previdenziali, ad eccezione di quelli sopra elencati.
Si ricorda, infine, che l’articolo 1, comma 31, della L. 23 agosto 2004, n. 243, recante norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria, ha delegato il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi contenenti norme intese a riordinare gli enti pubblici di previdenza e assistenza obbligatoria, perseguendo l'obiettivo di una maggiore funzionalità ed efficacia dell'attività ad essi demandata e di una complessiva riduzione dei costi gestionali.
[39] Il Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze con lalegge n. 183/1987, è finalizzato a garantire il coordinamento degli interventi previsti dalla normativa comunitaria con quelli degli altri strumenti nazionali di agevolazione, e l’utilizzo dei flussi finanziari destinati all'attuazione delle politiche strutturali.
Per quanto riguarda le modalità di pagamento dei contributi (comunitari e nazionali) per l'attuazione dei programmi di politica comunitaria, il Fondo di rotazione si avvale di due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria generale dello Stato, nei quali vengono versate, rispettivamente, le somme erogate dalle Istituzioni della Comunità europea a favore dell'Italia e le somme annualmente determinate con la legge di bilancio.
In caso di mancata attuazione del progetto, l'amministrazione competente è tenuta a provvedere al recupero ed alla restituzione al fondo delle somme erogate e anticipate con la maggiorazione di un importo pari al tasso ufficiale di sconto in vigore nel periodo intercorso tra la data della erogazione e la data del recupero, nonché delle eventuali penalità.
[40] L’obiettivo 3interessa gli interventi di adeguamento delle risorse umane. Tale obiettivo si concentra principalmente sulle problematiche relative all’adeguamento e all’ammodernamento delle politiche nazionali ed europee in materia di occupazione, istruzione e formazione. Esso serve inoltre da quadro di riferimento per l’insieme delle azioni relative alle risorse umane negli Stati membri.
L’obiettivo 3 interessa l’intero territorio nazionale, ad eccezione delle zone obiettivo 1; è invece prevista un’estensione geografica degli interventi anche nelle zone dell’obiettivo 2 in funzione delle specifiche finalità di questo obiettivo (art. 5 del Regolamento n. 1260/1999).
[41] Per una descrizione dettagliata delle proposte vedi il dossier n. 29 “I Fondi strutturali 2007-2013. Schede di lettura” , del 14 aprile 2005, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.
[42] COM(2004)492.
[43] E’ il documento-quadro nazionale nel quale, secondo il pacchetto di proposte citato, ciascuno Stato membro riporta la propria strategia di sviluppo e che costituisce il contesto di riferimento per i programmi dei fondi strutturali. Tale documento viene presentato e negoziato con la Commissione e copre l’intero periodo di programmazione 2007-2013
[44] Cfr. il dossier RUE n. 29 già citato.
[45] Legge 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica.
[46] Si veda l’art. 2, commi 10 e 11, della legge n. 537 del 1993.
[47] Per un raffronto tra il testo previgente dell’art. 19 e le modificazioni apportate dal comma in esame, si veda infra il testo a fronte riportato in calce alla scheda relativa ai commi 6-bis – 6-decies dell’articolo 3.
[48] Peraltro anche tale formulazione è stata oggetto di interpretazioni difformi. Una parte della dottrina ha inteso il termine come perentorio, arrivando alla conclusione che il provvedimento amministrativo volto a inibire l’esercizio dell’attività del privato – se adottato fuori termine – è illegittimo (Cerulli Irelli). Altra parte della dottrina ha invece ritenuto necessaria una interpretazione “correttiva”, volta a configurare quel termine come ordinatorio, al fine di evitare un ostacolo insormontabile all’esercizio dell’opera di verifica ed eventuale repressione della p.a. (Caringella).
[49] A tale proposito si richiama la disciplina procedurale della DIA contenuta nel testo unico dell’edilizia (art. 23 D.P.R. 380/2001).
[50] Si ricorda che gli istituti della revoca e dell’annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi illegittimi, in passato riconosciuti e regolati dalla elaborazione giurisprudenziale, sono ora disciplinati dagli articoli 29-quinquies e 29-nonies della legge 241/1990 , come modificata dalla legge 15/2005.
[51] Si precisa che analoga disposizione sui poteri di autotutela della pubblica amministrazione è prevista anche nei casi di silenzio-assenso dell’articolo 20 della legge n. 241 del 1990 come modificato dall’articolo 3, commi 6-bis – 6-decies, del decreto-legge in esame.
[52] D.P.R. 19 settembre 2000 n. 358 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi
[53] Il riferimento al periodo massimo comunque non superiore a novanta giorni non risulta presente nell’analoga disposizione contenuta nell’A.C. 5736.
[54] Il rinvio alle disposizioni di cui all’articolo 14, comma 2, della legge n. 241 del 1990 non risulta presente nell’A.C. 5736.
[55] Nell’A.C. 5736 non figura il riferimento ai procedimenti riguardanti la salute e la pubblica incolumità.
[56] I commi 6-quater e 6-quinquies dell’articolo 3 recitano:
“6-quater. I regolamenti e le determinazioni di cui al comma 2 dell'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-bis del presente articolo, sono adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
6-quinquies. Continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, emanate ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, se non modificate o sostituite dalle disposizioni adottate dal Governo o dagli enti pubblici nazionali ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-bis del presente articolo”.
[57] I commi 6-sexies e 6-septies dell’articolo 3 recitano:
“6-sexies. Le disposizioni di cui all'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-ter del presente articolo, non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ferma la facoltà degli interessati di presentare nuove istanze.
6-septies. Le domande presentate entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto si intendono accolte, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se l'amministrazione non comunica all'interessato il provvedimento di diniego nel termine di centottanta giorni, salvo che, ai sensi della normativa vigente, sia previsto un termine più lungo per la conclusione del procedimento. Si applica quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come sostituito dal comma 6-ter del presente articolo”.
[58] Convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2003, n. 326.
[59] Convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43
[60] Cfr. il dossier del Servizio Studi n. 180 del 2005 sul D.L. n. 7 del 2005, art. 7-vicies.
[61] La Tessera sanitaria è stata istituita dal summenzionato art. 50. La dicitura originale recava il nome di "Tessera del Cittadino", abbreviata come TC: con la legge 24 dicembre 2003, n. 350, il testo dell'articolo è stato modificato, sostituendo a "Tessera del Cittadino" la dicitura "Tessera Sanitaria".
[62] “Regolamento recante norme di semplificazione del procedimento per il versamento di somme all'entrata e la riassegnazione alle unità previsionali di base per la spesa del bilancio dello Stato, con particolare riferimento ai finanziamenti dell'Unione europea”.
[63] Il testo integrale dell’accordo può leggersi, in traduzione italiana, nel sito internet della Banca dei regolamenti internazionali, all’indirizzo www.bis.org/publ/bcbs107.htm#translations.
[64] Il citato comma 3 prevede che gli enti interessati possano, per l'affidamento a terzi dello svolgimento di attività uguali, analoghe o connesse a quelle già oggetto di progetti di lavori socialmente utili da essi promossi e nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti, stipulare convenzioni di durata non superiore a 60 mesi con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani, a condizione che la forza lavoro in esse occupata sia costituita nella misura non inferiore al 40% da lavoratori già impegnati nei progetti stessi, ovvero in progetti di contenuti analoghi ancorché promossi da altri enti e nella misura non superiore al 30% da soggetti aventi titolo ad esservi impegnati, in qualità di dipendenti a tempo indeterminato, o di soci lavoratori, o di partecipanti al consorzio.
[65] Recante la revisione della disciplina sui lavori socialmente utili, a norma dell'articolo 22 della L. 24 giugno 1997, n. 196,
[66] A quest’adempimento si è data esecuzione con provvedimento del direttore dell’Agenzia del territorio 22 marzo 2005, recante termini, condizioni e modalità relative alla presentazione del modello unico informatico di aggiornamento degli atti catastali (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 70 del 25 marzo 2005).
[67] Ai fini del medesimo regolamento, costituiscono servizi di telecomunicazione l'emissione, trasmissione e ricezione di segni, segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura, resi tramite filo, radio, cavo, o altri mezzi o sistemi elettromagnetici, elettronici, ottici e similari all'uopo predisposti dalla tecnica. Si considerano altresì servizi di telecomunicazione la cessione e la concessione di diritti di utilizzazione dei mezzi o sistemi per le predette emissioni, trasmissioni o ricezioni, la distribuzione di segnali radiotelevisivi, via cavo o satellite, la messa a disposizione di reti in cavo o satellitari, l'autorizzazione all'accesso alle reti informatiche, nonché le altre operazioni accessorie o comunque connesse ai servizi in precedenza indicati, quando le stesse sono considerate parte integrante del servizio in forza delle previsioni contrattuali.
[68] I termini ordinari per la registrazione delle operazioni sono fissati in quindici giorni dalla data di emissione, per le fatture di vendita (articolo 23 del D.P.R. n. 633/1972), e nel giorno non festivo successivo al giorno in cui le operazioni sono effettuate, per quanto riguarda i corrispettivi.
[69] Quando la liquidazione periodica IVA evidenzia un saldo a credito del contribuente, è data la facoltà allo stesso di riportare a nuovo l’importo a credito deducendolo, ai fini della determinazione del versamento dovuto, dall’importo a debito dell’IVA risultante nel periodo successivo.
[70] Vedi bollettino RUE “Semplificazione degli obblighi IVA” del 3 dicembre 2004.
[71] Direttiva 79/1072/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all'interno del Paese.
[72] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).
[73] Il comma 530 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2005 ha autorizzato una spesa di 1.770.000 euro per l'anno 2005, a sostegno delle realtà calcistiche femminili FIGC - Divisione Calcio Femminile - di serie A, A2 e B per ciascuna stagione calcistica da ripartire nel seguente modo:
a) 50.000 euro per ciascuna delle squadre iscritte al campionato di serie A (per la stagione 2004-2005 n. 12 squadre regolarmente iscritte);
b) 25.000 euro per ciascuna delle 24 squadre iscritte al campionato di serie A2 (per la stagione 2004-2005 due gironi da 12 squadre ciascuno);
c) 10.000 euro per ciascuna delle 57 squadre iscritte al campionato di serie B (per la stagione 2004-2005 cinque gironi da 12, 11, 11 squadre regolarmente iscritte).
[74] La disposizione sembra riferirsi ai trasferimenti previsti in favore degli enti locali dall’articolo 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a compensazione dei minori introiti relativi all'ICI conseguiti dai comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti secondo quanto previsto dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
[75] Testo in “Il Sole-24 ore” - Guida normativa, 20 gennaio 2005, con nota di F. Guazzone.
[76] Oltre all’articolo citato nella nota precedente, si veda L’ombra dell’ICI su turbine e carri-ponte, in “Il Sole-24 ore”, 30 dicembre 2004.
[77] F. Guazzone - S. Fossati, La manovra 2005. Sull’imposta comunale previsto il valore catastale anche ai complessi mobili, in “Il Sole-24 ore”, 18 dicembre 2004.
[78] Una disposizione analoga nella sostanza era contenuta nel comma 3 dell’art. 1-ter (Programmazione e valutazione delle università) introdotto dal Senato nel DL 7/2005 (convertito con modificazioni dalla legge 43/2005). Il periodo in questione è stato soppresso da un emendamento delle commissioni, approvato dall’assemblea della Camera.
[79] Legge 27 dicembre 2002, n. 289, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ”.
[80] L. 29 luglio 1991, n. 243, Università non statali legalmente riconosciute.
[81] Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[82] Attualmente la disciplina generale dei percorsi universitari è recata dal DM 27 ottobre 2004,n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, che ha sostituito e, conseguentemente, abrogato il citato DM 509/99.
[83] L’art. 6 del DM prescrive che i soggetti pubblici e privati interessati ad ottenere l'accreditamento dei corsi di studio presentino al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca apposita istanza corredata da:
a) copia dell'atto costitutivo e dello Statuto (qualora si tratti di un nuovo ateneo);
b) copia del regolamento didattico di Ateneo, adottato ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 11 del decreto ministeriale 3 novembre 1999, n. 509 (ora sostituito dal citato DM 270/2004);
c) programma di fattibilità delle iniziative didattiche da realizzare;
d) programmazione delle risorse di personale amministrativo e tecnico e del personale docente a disposizione e della copertura dei costi di avviamento delle attività complessivamente considerate.
Il decreto ministeriale di accreditamento viene emesso previo parere del Consiglio universitario nazionale e di apposito comitato consultivo (istituito dal medesimo decreto 17 aprile 2003)
[84] Legge 3 luglio 1998 n. 210, Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo.
[85] Legge 19 ottobre 1999, n 370, “Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tec-nologica”. I Nuclei di valutazione di ateneo (composti da un numero di membri variabile da cinque a nove) predispongono una relazione annuale (da redigere entro il 30 aprile) sulle base delle valutazioni espresse dagli studenti, e la trasmettono al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed all’organismo nazionale per la valutazione del sistema universitario.
[86] Sono state istituite le seguenti università telematiche: Università telematica non statale “Guglielmo Marconi” (Decreto MIUR 1 marzo 2004); Università telematica non statale «TEL.M.A.». (Decreto MIUR 7 maggio 2004); Università telematica non statale «Leonardo da Vinci.» ( Decreto Miur 27 ottobre 2004).
[87] Università non statali legalmente riconosciute.
[88] Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[89] Ai sensi dell’art. 5 della legge al finanziamento delle università non statali si provvede annualmente con apposito stanziamento in tabella C della legge finanziaria (Stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, U.P.B. 4.1.2.10).
[90] Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[91] Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006.
[92] Si ricordano qui i decreti legislativi che hanno conferito funzioni amministrative alle regioni e agli enti locali, in attuazione del capo I della legge n. 59/1997:
- decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'amministrazione centrale;
- decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale;
- decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro;
- decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali.
[93] Le somme spettanti alle regioni per il complesso delle funzioni loro conferite in attuazione della legge n. 59/1997 sono state determinate - con i DPCM attuativi - in circa 11.079 milioni di euro, comprensivi di trasferimenti ‘una tantum’ e di risorse ‘a regime’. Le somme spettanti sono state quasi integralmente erogate o poste a disposizione delle regioni a statuto ordinario ed il processo di attuazione va completandosi integralmente (anche sul versante del personale e delle altre risorse) per quanto attiene alle risorse ‘dovute’ ai sensi dei decreti legislativi e dei relativi DPCM. Sono queste le risorse che da trasferimenti erariali (in cifra fissa) dovranno essere ‘trasformate’ in entrate regionali di natura tributaria la cui evoluzione dipenderà, pertanto, dall’andamento del tributo scelto. Le regioni vanno invece manifestando la necessità di rivedere quella determinazione (in sensibile rialzo) perché l’onere che esse effettivamente sostengono per l’esercizio delle funzioni loro assegnate supera di gran lunga le cifre determinate con gli accordi intercorsi nell’ambito della legge n. 59/1997. Così, da ultimo, la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome svoltasi a Ravello il 31 marzo ed il 1° aprile 2003. Questa ‘rivalutazione’ dell’onere delle funzioni ex legge n. 59/1997 dovrebbe pertanto riflettersi nella determinazione del gettito stimato dei tributi che saranno loro assegnati in sostituzione dei trasferimenti soppressi.
[94] Si tratta delle risorse con le quali le regioni a statuto ordinario sostengono le proprie spese di funzionamento, lo svolgimento delle funzioni ordinarie e – quota di gran lunga prevalente – i livelli essenziali dell’assistenza sanitaria (spesa sanitaria corrente).
[95] E’ stata prevista, a tal fine, una procedura di individuazione degli interventi da finanziare in via prioritaria, che coinvolge le amministrazioni regionali e centrali.
Tali amministrazioni, sulla base dello stato di impiego delle risorse loro assegnate, sono tenute ad evidenziare al CIPE gli interventi per i quali intendono accelerare l'iter di spesa, specificandone:
a) i risultati economici e sociali attesi;
b) la sequenza temporale dei relativi programmi di attività e di spesa.
[96] Il riparto fra le regioni secondo la chiave consolidata è riportato nell’Allegato 1 della Delibera CIPE n. 20/2004.
[97] Le cinque proposte sono le seguenti:
- proposta di regolamento generale recante norme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (COM(2004) 492, procedura di parere conforme);
- proposta di regolamento sul Fondo europeo di sviluppo regionale (EDER) (COM(2004)495, procedura di codecisione);
- proposta di regolamento sul Fondo sociale europeo (FSE) (COM(2004)493), procedura di codecisione);
- proposta di regolamento sul Fondo di coesione(COM(2004)494, procedura di consultazione);
- proposta di regolamento che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT) (COM(2004)496, procedura di codecisione).
[98] Per una descrizione dettagliata delle proposte vedi il dossier n. 29 “I Fondi strutturali 2007-2013. Schede di lettura” del 14 aprile 2005, a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea.
[99] L’iniziativa comunitaria URBAN, introdotta per la prima volta nel 1994, ha riguardato nel periodo di programmazione 2000-2006 il 44% della popolazione dell’Unione residente in aree urbane con più di 50.000 abitanti e, con i fondi ad essa destinati, sono stati erogati circa 104 milioni di euro annui per progetti in 70 città.
[100] Vedi: Unione europea - Politica regionale “Inforegio - Nota sintetica 2004: La nuova politica di coesione a partire dal 2007”.
[101]La normativa sul project financing è stata, successivamente, modificata dall’articolo 7 della legge n. 166 del 2002.
[102]Tale delibera n. 121/ 2001 è stata pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 51 del 21 marzo 2002 ed è altresì consultabile in formato elettronico nel sito internet del CIPE all’indirizzo http://www.cipecomitato.it/Ricerca_Delibere.asp.
[103] Possono citarsi in proposito le seguenti dichiarazioni: F. Palenzona, Presidente dell'AISCAT (18/5/04): “Noi diamo un giudizio positivo della «legge obiettivo», ma pensiamo che questa legge vada estesa a tutte le opere stradali e non solo a quelle in essa previste”. M. Lupo, Presidente dell'AGI (15/6/04): “Credo che quanto c'è di buono nella legge obiettivo e nella legislazione connessa possa essere esteso. Lo abbiamo rilevato dai resoconti di alcune delle audizioni che avete svolto. Tra gli altri, i rappresentanti dell'AISCAT - se non ricordo male - sollevavano il problema dell'applicazione delle regole della legge obiettivo - il decreto legislativo n. 190 del 2002 - alle autostrade che non facciano parte del novero delle infrastrutture strategiche di cui alla delibera del CIPE n. 121 del 2001. Penso che sia una istanza corretta che merita di essere ascoltata”. G. Zamberletti, Presidente dell'Istituto Grandi infrastrutture (IGI). (13/7/04): “A mio avviso la via maestra per pervenire ad una legislazione efficace e ad uno sviluppo della politica di infrastrutturazione del paese adeguato alla domanda è proprio quella di «fotografare» gli istituti e le attuali previsioni delle direttive europee. Del resto abbiamo sempre sostenuto che proprio la «legge obiettivo» è la migliore fotografia delle direttive europee. Basti pensare agli istituti che la «legge Merloni» escludeva: l'appalto integrato, l'offerta economicamente più vantaggiosa e l'appalto del terzo tipo, ossia il general contractor. In sostanza la cosiddetta «legge obiettivo» ha riprodotto nella legislazione nazionale la normativa europea, reintroducendo degli istituti efficaci, indispensabili per operare nel settore delle opere pubbliche. Il secondo passo da compiere è considerare che, nonostante la «legge obiettivo» nasca sull'onda dell'esigenza urgente di affrontare il problema delle grandi infrastrutture, questa ora deve estendersi a tutta la legislazione dei lavori pubblici”.
[104] Scheda tratta da “Le autostrade italiane tra sviluppo e concorrenza: il ruolo dell’ANAS”, http://www.stradeanas.it/obiettivi/doc/autostrade/autostrade.zip.
[105] Per un quadro sintetico sulla normativa vigente in tema di concessione si rinvia a: Giacomo Verde, “La concessione di costruzione e gestione di lavori pubblici, il project financing e l’affidamento a contraente generale nella normativa vigente”, 2005, disponibile all’indirizzo internet http://www.diritto.it/articoli/amministrativo/verde7.pdf.
[106] I dati sono tratti dal rapporto “Autostrade in cifre” diramato nel 2003 dall’Associazione Italiana Società Concessionarie Autostrade e Trafori (AISCAT) e consultabile all’indirizzo http://www.aiscat.it/downloads/aiscat_aut_cifre_2003_net.pdf.
[107] Disponibile all’indirizzo internet:
www.camera.it/_dati/leg14/lavori/stencomm/0809/indag/settore_autostradale/2004/0518/s020.htm#17n1.
[108] Direttiva del Consiglio che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori.
[109] A.S. 2742-B.
[110] Adottata nell’ambito dell’indagine intersettoriale sulla gestione contrattuale dei lavori pubblici “Gestione delle procedure straordinarie disciplinate dall’art. 13 del D.L. n 67/97(c.d. normativa “sbloccacantieri”)”.
[111] Oggi, invece, a seguito del varo della disciplina speciale sulle opere strategiche (legge n. 443 del 2001) e del decreto legislativo attuativo della delega ivi contenuta (decreto legislativo n. 190 del 2002) è stata introdotta (sia pure limitatamente alle opere inserite annualmente nel programma di infrastrutture strategiche di cui alla stessa legge n. 443) anche la possibilità di affidamento delle opere a un contraente generale. Il decreto legislativo n. 9 del 2005 ne ha completato la disciplina istituendo un sistema di qualificazione specifico per i contraenti generali delle opere strategiche, distinto dal sistema di qualificazione in vigore per tutte le imprese a cui è affidata la realizzazione di opere pubbliche.
[112] Tale modifica è conseguente alla presentazione di un emendamento presentato dal Presidente della Commissione lavori pubblici del Senato, senatore L. Grillo, con la finalità di circoscrivere il ruolo di stazione appaltante del Commissario, stabilendo che “può essere abilitato ad assumere determinate funzioni di stazione appaltante” soltanto se dopo l’avvio della sua attività “ravvisi specifici impedimenti all’avvio o alla ripresa dei lavori”.
[113] Edilizia e Territorio, 14- 21 febbraio 2005.
[114] Dichiarazioni del Presidente su Edilizia e Territorio, 14- 21 febbraio 2005.
[115] Si ricorda, infatti, che l’art. 2, comma 5, del decreto legislativo n. 190 del 2002, attuativo della delega contenuta nella legge obiettivo, prevede la possibilità di nominare dei commissari straordinari, con poteri, comunque, più limitati di quelli previsti dall’art. 13, del decreto legge n. 67 del 1997. Essi hanno infatti più che poteri specifici, funzioni di indirizzo e coordinamento: sono tenuti, infatti, a seguire l'andamento delle opere e a provvedere alle opportune azioni di indirizzo e supporto, promuovendo le occorrenti intese tra i soggetti pubblici e privati interessati.
[116] La norma in commento prevede altresì, al comma 4, che la determinazione della Conferenza dei servizi, convocata in sede istruttoria dal responsabile unico del procedimento nominato dal Ministro delle attività produttive, può costituire proposta di variante allo strumento urbanistico, sulla quale si pronuncia definitivamente il Consiglio del comune interessato, entro 90 giorni. Qualora questi decorrano inutilmente la determinazione della Conferenza equivale ad approvazione della variante.
[117]Il programma è predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata.
[118] Gazzetta Ufficiale 21 marzo 2002, n. 68.
[119] Tuttavia occorre considerare che la legge Merloni non ha abrogato interamente la stratificata legislazione previgente in materia di lavori pubblici. Ad esempio, risultano ancora vigenti disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 406 del 1991. Inoltre, occorre considerare la legislazione speciale – sempre in materia di lavori pubblici, ma limitatamente alle opere di carattere strategico e di preminente interesse nazionale – avviata con la cd. “legge obiettivo” (Legge 21 dicembre 2001, n. 443, “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”), cui ha fatto seguito il decreto legislativo 20 agosto 2002 n. 190, Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale.
[120] A.S. 2742-B.
[121] 5a Commissione Bilancio, 670ª seduta (antimeridiana) del 21 aprile 2005.
[122] G.U. n. 75 del 31 marzo 2003.
[123] Tali poteri conferiti al Commissario straordinario hanno consentito un dimezzamento dei tempi della legge obiettivo da venti a undici mesi. Fonte “Edilizia e Territorio” 7-12 febbraio 2005, pag. 3.
[124] G.U. n. 298 del 21 dicembre 2004.
[125] Sul contenuto del comma 1, lettera b), si veda quanto detto in precedenza, commentando il primo periodo del comma in esame.
[126] In realtà un primo accordo era stato stipulato nel 1996.
[127] In base a tale accordo il gruppo Riva si è impegnato a rinunciare alla proprietà delle aree, ottenendo 700.000 mq in uso gratuito per 99 anni. I restanti 600.000 mq, secondo l’accordo, verranno trasferiti alla Regione.
Da notizie di stampa (Edilizia e Territorio, 21-26 marzo 2005) si ricava che sull’accordo di programma del 2004 (stipulato, per la Regione Liguria dall’allora Presidente Biasotti), si sarebbe innestata una polemica di carattere politico, in quanto il neopresidente Burlando chiederebbe una revisione dell’accordo e una riconsegna al gruppo Riva di altre aree in cambio di investimenti nella siderurgia a freddo.
[128] Da notizie di agenzia del 16 marzo 2004 si apprendeva che i costi dell'intero intervento sono stati calcolati tra i 220 e i 250 milioni di euro. In quella data si prevedeva che tali costi sarebbero stati in parte garantiti dalla legge 426/98, in parte coperti dalla vendita o affitto dei terreni alle imprese che si insedieranno nelle ex aree del caldo, mentre per circa 60 milioni si prevedeva un ulteriore intervento del Governo. A tale previsione fa riscontro lo stanziamento disposto dalla norma in commento.
[129] Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 28 ottobre 1968.
[130] Gli interventi per l’autoimprenditorialità e l’autoimpiego sono disciplinati dal titolo I e dal titolo II del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 285, e, in sostanza, corrispondono, rispettivamente, alle diverse forme di agevolazione precedentemente vigenti in relazione all’imprenditorialità giovanile e al prestito d’onore.
In particolare, nel titolo I sono state accorpate le agevolazioni in favore dell’imprenditorialità giovanile nei settori della produzione dei beni e dei servizi alle imprese (artt. 5-6), nel settore dei servizi (artt. 7-8), in agricoltura (artt. 9-10), in favore delle cooperative sociali (artt. 11-12).
Nel titolo II (autoimpiego), oltre al già esistente “prestito d’onore” (ora definito lavoro autonomo, artt. 17-18), sono stati previsti incentivi per le nuove tipologie di autoimpiego in forma di microimpresa (artt. 19-20) e in forma di franchising (artt. 21-22).
Per la promozione di tali iniziative gli articoli 3 e 15 del D.Lgs. n. 185/2000 prevedono nelle aree di cui agli obiettivi 1 e 2, nonché nelle aree in deroga di cui all’articolo 87.3.c) del Trattato e nelle aree svantaggiate, la concessione di contributi a fondo perduto e mutui agevolati secondo i limiti fissati dall'Unione europea.
[131] Schema di decreto del Ministro per le attività produttive recante la ripartizione delle risorse assegnate al Fondo unico per gli incentivi alle imprese per l’anno 2005. Lo schema di decreto è attualmente all’esame della X Commissione.
[132] Si ricorda, inoltre, che la legge n. 140/1999 ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 64,2 miliardi dal 1999 e di 99,7 miliardi dal 2000, per la partecipazione di imprese italiane del settore aeronautico al capitale di rischio di società, preferibilmente costituenti le strutture di cooperazione europea (art. 1, comma 1, lettera b). Anche tali risorse sono state iscritte nel capitolo 7420.
[133]La disposizione prevede che gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. nello svolgimento dell'attività assicurativa ad essa spettante sono garantiti dallo Stato nei limiti indicati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato distintamente per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi. Il Ministro dell'economia e delle finanze può, con uno o più decreti di natura non regolamentare, da emanare di concerto con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro delle attività produttive, nel rispetto della disciplina dell'Unione Europea e dei limiti fissati dalla legge di approvazione del bilancio dello Stato, individuare le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi connessi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale. La garanzia dello Stato resta in ogni caso ferma per gli impegni assunti da SACE precedentemente all'entrata in vigore dei decreti di cui sopra in relazione alle operazioni ivi contemplate.
[134] Invero, con l’introduzione dell’arbitrato nella “legge quadro”, operato nel 1995, si aveva una sorta di ritorno alla tradizione, in quanto sin dal 1865 (e quindi dalla prima normativa nazionale sui lavori pubblici) l’arbitrato aveva rappresentato il sistema preferenziale di soluzione delle controversie nel settore.
[135] La più radicale fa riferimento addirittura alla natura della fonte idonea a disciplinare tale delicata materia, che – secondo tale opinione – sarebbe interamente coperta dalla riserva di legge di cui agli artt. 101 e 102 della Cost.
[136] “visto con sfavore, quale possibile teatro o veicolo – come è stato detto in dottrina – di accordi in danno dell’interesse pubblico”.
[137] L’art. 809 del cpc stabilisce che gli arbitri possono essere uno o più, purché in numero dispari e che il compromesso o la clausola compromissoria deve contenere la nomina degli arbitri oppure stabilire il numero di essi e il modo di nominarli. In caso di indicazione di un numero pari di arbitri, l'ulteriore arbitro, se le parti non hanno diversamente convenuto, è nominato dal presidente del tribunale, mentre, qualora manchi l'indicazione del numero degli arbitri e le parti non si accordino al riguardo, gli arbitri sono tre e, in mancanza di nomina, se le parti non hanno diversamente convenuto, provvede il presidente del tribunale nei modi previsti.
[138] Tale disposizione prevede che il deposito del lodo presso la Camera arbitrale è effettuato, entro dieci giorni dalla data dell'ultima sottoscrizione, a cura del segretario del collegio in tanti originali quante sono le parti, oltre ad uno per il fascicolo di ufficio e che resta fermo, ai fini della esecutività, il disposto dell'articolo 825 del codice di procedura civile, limitatamente ai commi 2, 3, 4 e 5.
[139] Si ricorda che, pur non esistendo una tipologia unica di piattaforma logistica, la caratteristica distintiva di una piattaforma logistica è la sua dotazione di impianti automatici e semiautomatici di movimentazione e stoccaggio delle merci, governati da sistemi informatici complessi.
[140]Si ricorda che I Fondi strutturali sono gli strumenti che la Comunità europea utilizza per superare, attraverso il trasferimento di risorse, gli squilibri socio-economici e territoriali. Ai fondi sono assegnati tre obiettivi:
- obiettivo 1: sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo; in Italia - ai sensi dell’allegato I alla decisione della Commissione UE n. 502/1999 - nell'obiettivo 1 sono ricomprese la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Puglia, la Sardegna e la Sicilia. Per il Molise, che è uscito dall’obiettivo 1 alla fine del 1999, in quanto il PIL pro capite di questa regione ha superato il 75% della media europea, la Commissione ha previsto un periodo di sostegno transitorio fino al 31 dicembre 2006.
- obiettivo 2: riconversione economica e sociale delle zone con difficoltà strutturali; l’elenco delle zone italiane cui si applica l’obiettivo 2 è stato approvato dalla Commissione europea con la decisione (CE) n. 530 del 27 luglio 2000, successivamente modificato con la decisione (CE) n. 363 del 27 aprile 2001; l’obiettivo 2 si estende su 13 regioni italiane del Centro-Nord, che non beneficiano dell’obiettivo 1 (Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Prov. auton. di Trento e Bolzano, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto), ed è rivolto soprattutto alle zone rurali in declino e alle zone industriali; esso riguarda in piccola parte anche quartieri urbani in difficoltà e alcune zone dipendenti dalla pesca;
- obiettivo 3: sviluppo delle risorse umane.
[141]Il piano si pone l’obiettivo di individuare i passi da compiere per razionalizzare i costi del trasporto e della cosiddetta supply chain (l'insieme dei processi alla base della catena di fornitura), al fine di congiungere porti, interporti e centri intermodali per rimuovere gli ostacoli al sistema di trasporti. Fra gli obiettivi vi è anche l'outsourcing, ovvero l'affidamento a terzi specializzati dei servizi di trasporto con la possibilità di ridurre notevolmente i costi.
[142] Il programma Marco Polo è stato istituito dal regolamento (CE) n. 1382/2003 del 22 luglio 2003.
[144] Il 7 marzo 2005 la Commissione ha presentato una relazione di fattibilità (COM(2005)75) nella quale, sulla base dell’indagine di mercato effettuata, rileva l’opportunità di istituire un nuovo strumento comunitario di garanzia dei prestiti per sostenere i progetti di trasporto TEN e in particolare i progetti transfrontalieri prioritari.
[145]Recante “Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della L. 16 gennaio 2003, n. 3”.
[146] Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[147]Recante “Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell’articolo 11, comma 1, lettera d), della legge 15 marzo 1997, n. 59 “.
[148]Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[149]Attribuzioni e ordinamento del Ministero del bilancio e della programmazione economica e istituzione del Comitato dei Ministri per la programmazione economica.
[150]La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la ricerca e lo sviluppo è contenuta nella comunicazione della Commissione UE 96/C 45/06, successivamente modificata dalla comunicazione 98/C 48/02 , nonché nel Regolamento (CE) n. 364/2004 del 25 febbraio 2004, recante la modifica del Regolamento (CE) n. 70/2001 per quanto concerne l'estensione del suo campo d'applicazione agli aiuti alla ricerca e sviluppo.
[151] DM 15 giugno 2004 “Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica” (G.U. n. 150 del 29 giugno 2004).
[152]Il Fondo è stato istituito presso il Mediocredito centrale dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 (“Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”), allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese.
[153] Legge n. 3 del 16 gennaio 2003, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione”. L’art. 27 della legge,al comma 1, affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie il compito di sostenere, nell'attività di coordinamento e di valutazione dei programmi, dei progetti e dei piani di azione per lo sviluppo dei sistemi informativi formulati dalle amministrazioni, progetti di grande contenuto innovativo, rilevanza strategica e preminente interesse nazionale, con particolare attenzione a quelli di carattere intersettoriale, nonché di finanziare iniziative del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri con le medesime caratteristiche; il comma 2 dell’articolo 27 istituisce il «Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico» e affida al Ministro per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Comitato dei ministri per la Società dell'informazione, il compito di individuare i progetti per lo sviluppo dei sistemi informativi, di cui al comma 1; il comma 3 del citato art. 27, per il finanziamento del Fondo, ha autorizzato la spesa di 25.823.000 euro per l'anno 2002, 51.646.006 euro per l'anno 2003 e 77.469.000 euro per l'anno 2004, per un totale di euro 154.938.000. L’art. 4, comma 8, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) ha autorizzato l'ulteriore spesa di 51.500.000 euro per l'anno 2004 e di 65.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 per il finanziamento del Fondo per progetti strategici nel settore informatico, disponendo che tale fondo finanzi anche iniziative destinate alla diffusione ed allo sviluppo della società dell'informazione nel Paese. Successivamente, il DM 28 maggio 2004, recante “Utilizzo del Fondo di finanziamento per i progetti strategici nel settore informatico” ha destinato alle imprese la somma di 60 milioni di euro.
[154]In attuazione dell’articolo 3 del DM 15 giugno 2004, il Comitato di gestione del Fondo ha approvato il 16 settembre le disposizioni operative che sono entrate in vigore con la circolare Medio Credito Centrale n. 367 del 23 settembre 2004.
[155]A seguito delle modifiche apportate dall’articolo 8, comma 7, del provvedimento in esame, non è più richiesta l’età compresa tra i 18 e i 35 anni per accedere alle agevolazioni in agricoltura.
[156]Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297.
[157]Differimento dei termini del D.M. 8 agosto 2000, relativo alle modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297.
[158]Differimento dei termini per la presentazione delle domande per l’ottenimento delle agevolazioni previste dagli articolo 14 e 16 del D.M. 8 agosto 2000.
[159]"Direttive per la concessione delle agevolazioni del fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica di cui all'art. 14 della L. 17 febbraio 1982, n. 46".
[160]Regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei; il presente regolamento è stato sostituito dal regolamento di cui al DM 22 ottobre 2004, n. 270.
[161] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003); l'articolo 61 riguarda il Fondo per le aree sottoutilizzate e gli interventi nelle medesime aree.
[162]Norme sul diritto agli studi universitari.
[163] La tabella F riduce di 200 milioni l’autorizzazione relativa alla legge n. 64 sull’intervento straordinario nel Mezzogiorno (che slittano per 100 milioni al 2006 e 100 milioni al 2007) e di 1.950 milioni l’autorizzazione di spesa relativa al Fondo stesso che slittano al 2008, unitamente a 1.300 milioni del 2006 e a 3.050 milioni del 2007.
[164] La tabella F riduce di 1.400 milioni l’autorizzazione relativa alla programmazione negoziata e di 50 milioni di euro l’autorizzazione relativa alla legge n. 488/92.
[165] Si tratta delle seguenti imprese:
- Gruppo alberghiero inglese Rocco Forte, che intende effettuare un investimento di 99 milioni di euro a Sciacca (Agrigento) con una occupazione prevista di 330 unità, a fronte di un contributo di 36 milioni;
- Vegitalia, società del gruppo giapponese Kagome, che si propone di realizzare uno stabilimento agroindustriale nell’area di Cosenza per un investimento di 29 milioni di euro, 348 occupati previsti, a fronte di una richiesta di contributo pari a 16 milioni;
- Donnafugata, investimento turistico-alberghiero in Sicilia del gruppo spagnolo Sotogrande, per un investimento di 43 milioni, una occupazione di 215 unità e un contributo pubblico di 19 milioni;
- CFP Packaging, gruppo inglese nel settore degli imballaggi, che intende realizzare un impianto nell’area di Nuoro, con un investimento di 63 milioni, che darà lavoro a 89 persone a fronte di un contributo di 30 milioni.
[166] Gli effetti della rimodulazione di Tabella F sullo stanziamento destinato allo sviluppo della banda larga sono esposti nella tabella seguente:
(migliaia di euro)
|
L. 289/2002, art. 61 comma 1: – Fondo per le aree sottoutilizzate e interventi nelle medesime: Reti di comunicazione (U.P.B. 2.2.3.4 - cap. 7230 stato di previsione Ministero comunicazioni) |
||||
|
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 e succ. |
|
BLV |
144.780 |
- |
- |
- |
|
L. 311/2004 – Tab. F |
-134.780 |
+34.780 |
+50.000 |
+50.000 |
|
Disponibilità |
10.000 |
34.780 |
50.000 |
50.000 |
[167] Stralcio del disegno di legge finanziaria per il 2005.
[168] La lettera b) del comma 7 dell’articolo 110 è stata abrogata dall’articolo 1, comma 495, della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004).
[169] L’espressione “reddito in natura” non compare nel testo unico delle imposte sui redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
[170] Ai sensi dell’articolo 73 del TUIR sono soggetti all'imposta sul reddito delle società (IRES):
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
[171] Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001.
[172] Sullo schema di decreto legislativo recante il Codice dell’amministrazione digitale, La 1ª Commissione del Senato ha espresso parere favorevole condizionato, con osservazioni e raccomandazioni, il 23 febbraio 2005; la I Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni il 1° marzo 2005. Per approfondimenti sul contenuto dello schema si può consultare il Dossier pareri al Governo del Servizio studi n. 383 del 14 febbraio 2005. NeI dossier si rinviene anche un’ampia scheda sui contenuti e gli strumenti delle politiche di e-government e di sviluppo della società dell’informazione perseguite dal Governo nel corso della legislatura.
[173] Legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.
[174] Legge 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa.
[175] L’ambito di applicazione dell’istituto del patto territoriale è stato esteso ai settori dell’agricoltura e della pesca con la deliberazione CIPE 11 novembre 1998, n. 127, emanata in attuazione del D.Lgs. n. 173/1998.
[176] Compresi la movimentazione ed il magazzinaggio dei terminals e dei containers, nonché il confezionamento, l'imballaggio, il reimballaggio, la pesatura e la campionatura delle merci, alimentari e non.
[177] I Protocolli di legalità presenti nei contratti d’area finora sottoscritti, prevedono, in genere, una mirata sorveglianza degli stabilimenti industriali e dei cantieri di lavoro, l’istituzione di numeri telefonici verdi per la segnalazione di eventuali tentativi di estorsione, intimidazione e fenomeni di usura, l’intensificazione dell’attività di controllo sull’osservanza delle norme a tutela dei lavoratori, l’intensificazione dell’attività investigativa allo scopo di contrastare potenziali infiltrazioni da parte di organizzazioni malavitose.
[178] Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svezia.
[179] Si ricorda che il decreto legislativo n. 185/2000 è stato emanato in attuazione della norma di delega contenuta all’articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (c.d. collegato ordinamentale, recante misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali) che, allo scopo di realizzare un sistema efficace ed organico di strumenti intesi a favorire l’inserimento al lavoro, ovvero la riallocazione di soggetti rimasti privi di occupazione, autorizzava il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per la ridefinizione - oltre che del sistema degli ammortizzatori sociali - del sistema degli incentivi all’occupazione, ivi compresi quelli relativi all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego, con particolare riguardo all’esigenza di migliorarne l’efficacia nelle aree del Mezzogiorno.
[180] Relativamente alle misure agevolative in forma di autoimpiego, il CIPE, con deliberazione 25 luglio 2003, n. 27, ha disposto l’aggiornamento, ai sensi dell’art. 61, comma 5, della legge n. 289/2002, dei criteri e delle modalità di attuazione delle misure di autoimpiego.
[181] Reg. (CE) n. 1257/1999 Regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamento (GUCE L n. 160/1999).
[182] La legge n. 285 del 2000, come modificata dalla legge n. 48 del 2003, ha infatti disciplinato anche la realizzazione delle opere connesse allo svolgimento dei Giochi olimpici sulla base di una specifica procedura. Tale procedura prevede una valutazione di connessione che deve essere effettuata con DPCM, previa intesa con il presidente della regione Piemonte e previo parere del Comitato organizzatore dei Giochi olimpici. Con apposito DPCM, su proposta del presidente della regione Piemonte, e con l’intesa degli enti locali interessati e del Comitato organizzatore dei Giochi olimpici, sono quindi individuati i soggetti competenti alla realizzazione delle opere connesse e, ove occorra, sono dettate disposizioni per la destinazione finale delle medesime, che le opere connesse allo svolgimento dei giochi olimpici
[183] Con legge 28 luglio 1993, n. 300, è stato ratificato l'Accordo sullo Spazio economico europeo (Accordo SEE), fatto ad Oporto il 2 maggio 1992, ed il relativo protocollo di adattamento, firmato a Bruxelles il 17 marzo 1993.
[184] Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.
[185] Il Governo italiano, nella relazione annuale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nel 2004, sottolinea che la proposta prevede, in certi casi, l’imposizione delle norme di partecipazione dei lavoratori alla gestione delle società, norme che risultano estranee alla nostra legislazione.
[186] Con specifico riferimento alle attività connesse all’esercizio dell’agricoltura, si segnala che ai sensi del terzo comma dell'art. 2135 del codice civile, si intendono comunque connesse le attività, esercitate dall’imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità, come definite dalla legge.
Il testo dell'articolo 2135 codice civile in vigore prima della sostituzione operata dal suddetto D.Lgs. n. 228 del 2001, stabiliva che dovevano reputarsi connesse solamente "le attività dirette alla trasformazione o alla alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura".
[187] Si tratta dei soggetti che esercitano le attività indicate nell'articolo 2135 del codice civile e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane.
[188] Ai sensi dell’articolo 11, comma 8, del D.Lgs. n. 313 del 1997.
[189] L’indicazione delle fattispecie che non sono considerate cessioni di beni ai fini dell’applicazione dell’IVA (e non sono pertanto assoggettate ad imposta, in quanto operazioni escluse) è contenuta nell’articolo 2, terzo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972.
Normalmente non è ammessa la detrazione dell’imposta relativa all’acquisto di beni afferenti ad operazioni non soggette ad IVA (articolo 19, comma 2, del D.P.R. n. 633 del 1972). Il comma 3 del citato articolo 19 indica però una serie di operazioni per le quali non opera la suddetta in detraibilità. Tra queste possiamo ricorda le cessioni di aziende o rami di aziende (articolo 2, terzo comma ,lettera b)) e i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società (articolo 2, terzo comma ,lettera c)).
[190] Ai sensi dell’articolo 11, comma 8, del D.Lgs. n. 313 del 1997.
[191] Il comma 5-bis dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 313 del 1997 è stato introdotto dall’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. 23 marzo 1998, n. 56, con effetto dal 1° gennaio 1998, come stabilito dall’articolo 7 dello stesso D.Lgs. n. 56 del 1998.
L’articolo 1, comma 506, della legge 31 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha abrogato il citato comma 5-bis del D.Lgs. n. 313 del 1997.
[192] Le proroghe sono state disposte da:
- art. 1, comma 2, lett. b), del D.L. n. 21/2000 (convertito dalla legge n. 92/2000), sino al 31/12/2000;
- art. 31, co. 2, lett. b), della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001), sino al 31/12/2001;
- art. 9, co. 8, lett. b), della legge n. 448/2001 (legge finanziaria 2002), sino al 31/12/2002;
- art. 19, co. 2, lett. b), della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), sino al 31/12/2003;
- art. 2, co. 2, lett. b), della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004), sino al 31/12/2004.
[193] I soggetti esonerati dalla presentazione della dichiarazione annuale potevano presentare un’apposita dichiarazione entro il termine previsto per la presentazione della suddetta dichiarazione annuale.
[194] Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa
i contratti di distretto sono volti, “in connessione con i contratti di
filiera”, a “localizzare in maniera ancora più efficiente l’intervento a
sostegno del settore agroalimentare” Si precisa, inoltre, che l’istituzione dei
contratti di distretto ”non produce oneri aggiuntivi per il bilancio dello
Stato in quanto le risorse ad essi destinate sono ricomprese all’interno dei
fondi disponibili ai sensi dell’articolo 60 e 61 della legge 27 dicembre 2002,
n.
[195] I contratti di filiera sono riconducibili a
quella particolare forma di regolamentazione concordata tra soggetti pubblici e
privati introdotta, a livello generale, dall’articolo 2, comma 203, della legge
n. 662 del 1996, la quale ha dettato una prima disciplina organica della c.d.
contrattazione programmata. Successivamente, l’articolo 10, comma 1, del D.Lgs.
n. 173 del
[196] Si veda il dossier RUE n. 27 “Prospettive finanziarie 2007-2013” del 1° aprile 2005.
[197] Leader è un’iniziativa comunitaria avviata nel 1991 con il proposito di sostenere azioni innovative di sviluppo rurale nelle regioni svantaggiate dell'Unione. Tali azioni sono state avviate e sviluppate dai "Gruppi d'azione locale" (GAL), i quali hanno riunito partner socio-economici pubblici e privati. Leader è stato attuato nel periodo 1994-1999, e nel periodo successivo 2000-2006 è stato sostituito da Leader+ i cui progetti possono essere realizzati in tutte le zone rurali dell'Unione, non solo in quelle svantaggiate.
[198] L’art. 12 della L. 910/66 ha più precisamente prorogato al 32/12/80 l’attività di un fondo, originariamente istituito dall’art. 5 della L. 949/52, e destinato ad incentivare l'acquisto di macchine agricole, e la costruzione di impianti di irrigazione e di edifici rurali. La legge 910 ha ridenominato il fondo riservandolo alla concessione di prestiti per l'acquisto di macchine agricole e connesse attrezzature. Successivamente, l’art. 7 della legge n. 377/75 ha prorogato l’attività del fondo al 31 dicembre 1995 e ne ha anche ampliato i compiti. Infine, vi è stata una ulteriore proroga al 31 dicembre 2005 disposta prima dalla legge di conversione n. 642/1996 del D.L. n. 552 del 23 ottobre 1996, e poi dall'art. 1, del D.L. 25 ottobre 2002, n. 236, nel testo sostituito dalla relativa legge di conversione.
[199] Si ricorda che a legge 19 dicembre 1983, n.
700, aveva previsto la costituzione della società finanziaria pubblica
"Risanamento agro industriale zuccheri - RIBS S.p.A.", avente per oggetto
l'intervento nel settore bieticolo-saccarifero esplicabile mediante la
promozione di nuove società, l'acquisizione di partecipazioni azionarie in
società esistenti e la concessione di finanziamenti agevolati a società a
partecipazione RIBS. Successivamente il decreto legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n.
Infine il decreto legislativo
9 gennaio 1999, n. 1, “Riordino degli enti e delle società di promozione e
istituzione della società Sviluppo Italia, a norma degli articoli 11 e 14 della
legge 15 marzo 1997, n.
[200] Società proveniente dalla "Naturalmenteitaliano Unipersonale S.r.l.", costituita in data 24 luglio 2002; che successivamente ha mutato la propria denominazione e ragione sociale in quella attuale il 4 luglio 2003
[201] La norma precisa inoltra che “resta fermo quanto previsto
dall’articolo 1, comma 93, della legge 30 dicembre 2004, n.
[202] Relativamente a tale Fondo, l’articolo 61
dispone che le sue risorse siano ripartite dal CIPE esclusivamente tra gli
interventi previsti da leggi sostanziali le cui risorse siano confluite nel
fondo stesso: l'allegato 1 all'art. 61 include anche
[203] L’articolo 59, comma 4, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) prevede, nel quadro del sostegno allo sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità, che gli appalti pubblici di servizi relativi alla ristorazione delle istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche ed ospedaliere sono aggiudicati ai sensi dell’articolo 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 157 del 1995, attribuendo valore preminente alla qualità dei prodotti agricoli offerti. Tale ultima disposizione stabilisce che gli appalti pubblici di servizi di cui al presente decreto sono aggiudicati in base a uno dei seguenti criteri: a) unicamente al prezzo più basso; b) a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa, valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l'assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo.
[204] Il regolamento (CE) n. 1782/03 ha dettato la
riforma della politica agricola comune (PAC), introducendo un sistema basato
sul disaccoppiamento e sul pagamento unico per azienda. L’articolo
[205] Il D.Lgs. n. 1/1999 disponeva inizialmente che Sviluppo Italia provvedesse al riordino e all’accorpamento delle suddette società partecipate al fine di una loro ricollocazione in due nuove società operative specializzate, rispettivamente, in materia di servizi allo sviluppo e di servizi finanziari. A tal fine, nel giugno 1999 vennero costituite due società operative, una per i servizi allo sviluppo (Progetto Italia) e una per i servizi finanziari (Investire Italia), che operavano in regime di convenzione con le diverse società controllate da Sviluppo Italia.
[206] Le società controllate, Sviluppo Italia Turismo, Sviluppo Italia Aree Produttive e Italia Navigando si occupano rispettivamente di turismo, riqualificazione di aree industriali dismesse e valorizzazione delle località portuali turistiche. Esistono inoltre tra le controllate anche 18 società regionali (delle quali 5 in fase di avvio) operanti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto. Tra le società partecipate, 36 sono riconducibili al settore agroindustriale e 18 operano nel settore del turismo, mentre le rimanenti partecipazioni interessano il comparto manifatturiero (tessile, meccanico, metallurgico), i settori ad alta tecnologia (informatica, telefonia, aerospazio, elettronica) e il terziario. Le società collegate occupano complessivamente 12.000 addetti.
[207] Secondo le stime contenute nella relazione tecnica del disegno di legge di conversione del D.L. n. 282/2004, il differimento dei termini sopra indicati (A.S. 3233) comporta un minor gettito di 2.215,5 milioni di euro per il 2004 e un corrispondente maggior gettito per il 2005, che viene destinato al Fondo in questione.
[208] In base alla disposizione di cui al comma 297 della legge finanziaria per il 2005, le maggiori entrate derivanti dalle previsioni contenute nel decreto-legge n. 282/2004 sono state inserite nella manovra di finanza pubblica per il 2005 e concorrono alla copertura dei maggiori oneri derivanti dalle misure contenute nella legge finanziaria.
Nel prospetto di copertura degli oneri di natura corrente previsti dalla legge finanziaria per il 2005 è infatti inserita, tra i mezzi di copertura derivanti da riduzione delle spese correnti, la voce “Fondo interventi strutturali di politica economica”, in relazione alla quale viene indicato un importo di 2.000 milioni di euro per il 2005.
[209] Il testo dell’Accordo può rinvenirsi, anche in traduzione italiana, nel sito internet della banca dei regolamenti internazionali, all’indirizzo: www.bis.org/publ/bcbs107.htm#translations.
[210] Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un comitato di autorità di vigilanza bancaria istituito nel 1975 dai Governatori delle banche centrali dei paesi del Gruppo dei Dieci. Esso è formato da alti funzionari delle autorità di vigilanza bancaria e delle banche centrali di Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. Il Comitato si riunisce solitamente presso la Banca dei Regolamenti Internazionali in Basilea, dove ha sede il suo Segretariato permanente.
[211] Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Spagna, Svezia.
[212] D.L. n. 396/94, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1994, n. 481.
[213] Il citato articolo 5 del DL n. 120/89 contiene la previsione dei programmi di reindustrializzazione e promozione industriale nelle aree di crisi siderurgica e relative integrazioni e aggiornamenti (commi 1 e 2). Il comma 3 dell’articolo prevede che, ai fini dell'attribuzione delle agevolazioni, il programma speciale di reindustrializzazione indichi, con riferimento a ciascuna iniziativa produttiva da localizzare nei comuni interessati, la misura minima del personale siderurgico esuberante da assumere, pena la decadenza dal beneficio dell'incentivazione aggiuntiva di cui all'articolo. Infine, al comma 3-bis stabilisce che le opere occorrenti per il primo impianto e per l'ampliamento degli immobili aziendali relativi all'insediamento delle iniziative di cui al comma 1 siano dichiarate di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.
[214] Si ricorda che gli oneri generali del sistema elettrico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 3, comma 11 del D.Lgs. n. 79/99, altrimenti definiti stranded costs (costi incagliati”) sono strettamente connessi con il processo di liberalizzazione in atto in settori, come quello elettrico, in precedenza in regime di monopolio. L’apertura alla concorrenza, infatti, può compromettere il recupero di costi sostenuti in precedenza dalle imprese elettriche, ma non ancora del tutto ammortati al momento della liberalizzazione: i prezzi dell’energia di un libero mercato, infatti, dovrebbero essere sensibilmente più bassi di quelli amministrati. Essi dunque sarebbero tali da impedire la copertura degli oneri sostenuti in passato e ancora gravanti sulle imprese. Data la necessità di non mettere le stesse nella impossibilità di assicurare la continuità del servizio e di non creare barriere che ostacolino l’ingresso di nuove imprese produttrici, si è cercato di trovare un meccanismo di compensazione di tali “costi incagliati”. La Commissione europea ha adottato, il 26 giugno 2001, una Comunicazione metodologica per l’analisi degli aiuti di Stato, destinati a compensare taluni costi non recuperabili, con la quale sono state individuate le caratteristiche che tale tipologia di aiuti deve rivestire per risultare compatibile con il diritto comunitario. Si ricorda, in particolare, che nel sopra citato documento la Commissione ha dichiarato compatibili con il mercato comune quegli aiuti destinati a compensare costi realmente sostenuti e direttamente legati alla liberalizzazione del settore elettrico, limitati nel tempo e atti a favorire la transizione delle imprese beneficiarie verso un mercato concorrenziale.
[215] Questo è il testo dell'articolo 3, comma 11, del decreto legislativo n. 79 del 1999;"11. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, con uno o più decreti del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono altresì individuati gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ivi inclusi gli oneri concernenti le attività di ricerca e le attività di cui all'articolo 13, comma 2, lettera e). L'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede al conseguente adeguamento del corrispettivo di cui al comma 10 (n.d.a.:cioè quello per l'accesso e l'uso della rete di trasmissione nazionale dovuto al gestore, da determinarsi indipendentemente dalla localizzazione geografica degli impianti di produzione e dei clienti finali, e comunque sulla base di criteri non discriminatori). La quota parte del corrispettivo a copertura dei suddetti oneri a carico dei clienti finali, in particolare per le attività ad alto consumo di energia, è definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori".
[216] Si ricorda che la legge n. 959 /1953 all’articolo 1, comma 8, ha introdotto l’obbligo di pagamento di un sovracanone annuo a carico dei i produttori di energia idroelettrica, le cui opere di presa siano situate in tutto o in parte nell’ambito del perimetro imbrifero montano. I Comuni che in tutto o in parte sono compresi in ciascun bacino imbrifero si costituiscono in consorzio obbligatorio qualora ne facciano domanda non meno di tre quinti di essi (articolo 1, comma 2). L’articolo 1 della legge n. 959/53 ha disposto, inoltre, che i comuni già rivieraschi e quei comuni che in conseguenza di nuove opere vengano a rivestire i caratteri di comuni rivieraschi ai sensi dell’articolo 52 del T.U. approvato con R.D. n. 1775/1933 ("Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici") fanno parte di diritto del bacino imbrifero, anche se non vengono inclusi nel perimetro del bacino imbrifero stesso (comma 5).
L’articolo 3 della legge n. 959/53 ha inoltre previsto che i consorzi destinatari dell’indennizzo possano scegliere, in sostituzione del sovracanone, e fino alla concorrenza di esso, la fornitura diretta di energia elettrica (400 kWh per Kw di potenza nominale media, in centrale ad alta tensione e 300 kWh per Kw di potenza nominale media, in cabina di trasformazione a bassa tensione).
Il sovracanone, specifica la disposizione in commento, è sostitutivo degli oneri di cui all’articolo 52 del T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici approvato con R.D. 1775/1933.
L’articolo 52 del T.U., sopra citato, prevede che nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia può essere riservata, ad uso esclusivo dei servizi pubblici, a favore dei comuni rivieraschi una quantità di energia. I comuni a favore dei quali è fatta la riserva devono chiedere l’energia nel termine di non oltre quattro anni dalla data del decreto di concessione, ed utilizzarla entro tre anni dalla comunicazione delle determinazioni del Ministro dei lavori pubblici circa la ripartizione tra i comuni dell’energia ed il prezzo della stessa. Decorso l'uno o l'altro termine, il concessionario resta esonerato da ogni obbligo in proposito.
[217] Sempre sul versante delle funzioni amministrative, si ricorda altresì come ai sensi dell’articolo 1, comma 7, lettera n) , della Legge 23 agosto 2004, n. 239, recante il "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”, i compiti e funzioni amministrativi concernenti “le determinazioni inerenti la prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, ivi comprese le funzioni di polizia mineraria (esercitati dallo lo Stato anche avvalendosi dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas) sono adottate, per la terraferma, di intesa con le regioni interessate.
[218] Per un maggiore approfondimento si rinvia al “Programma legislativo della Commissione e programma operativo del Consiglio dell’UE per il 2005 – Proposte e documenti all’esame delle istituzioni europee”, predisposto dall’Ufficio RUE per la Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici il 28 febbraio 2005.
[219] Il citato complesso di norme vede come primo riferimento cronologico, dopo una delibera CIPI dell'11 ottobre 1984 che approvava lo studio di fattibilità per la realizzazione delle miniere carbonifere del Sulcis, la L. 27 giugno 1985, n. 351, "Norme per la riattivazione del bacino carbonifero del Sulcis" che ha previsto un incremento del fondi di dotazione ed una convenzione tra ENI ed ENEL per la fornitura a quest'ultimo del carbone del bacino, o, in mancanza di tale accordo, una delibera CIPE da emanarsi entro quattro mesi. Successivamente, con il decreto del Ministro dell'industria del 20 luglio 1990, sono stati autorizzati i lavori di ristrutturazione della centrale Sulcis, mentre con la delibera CIPE del 26 luglio 1990 si è prevista la realizzazione di un impianto di gassificazione.
[220] Si tratta della leggi 23 dicembre 1998, n. 448 ("Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo"), 23 dicembre 1999, n. 488 ("Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. - Legge finanziaria 2000), 23 marzo 2001, n. 93 ("Disposizioni in campo ambientale") e 12 Dicembre 2002, n. 273 (“Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza).
[221] Il comma 1, art. 17 prevede la possibilità di emanazione di regolamenti mediante DPR, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, al fine di disciplinare:
a) l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari;
b) l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale;
c) le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge;
d) l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.
[222] Si tratta di:
a) società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR);
b) società in nome collettivo e in accomandita semplice e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, comma 3, del TUIR, nonché le persone fisiche esercenti attività commerciali di cui all’articolo 55 dello stesso TUIR;
c) le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell'articolo 5, 3, del TUIR esercenti arti e professioni di cui all'articolo 53, comma 1, del medesimo TUIR;
d) i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all'articolo 32 del TUIR, in relazione al volume d’affari annuo;
e) gli enti privati di cui all'articolo 73, comma 1, lettera c), del citato TUIR, nonché le società e gli enti di cui alla lettera d) dello stesso comma.
Rimangono quindi escluse dall’applicazione della disposizione in commento, nell’ambito dei soggetti passivi dell’IRAP, le amministrazioni pubbliche di cui di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché le amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale (che rientrano nella lettera e-bis) del citato articolo 3, comma 1, del D.Lgs. n. 446 del 1997).
[223] Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile, sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.
Sono invece considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa.
[224] Causa 475/03. Vedi dossier RUE “Compatibilità dell’IRAP con la normativa comunitaria - Conclusioni dell’Avvocato generale presso la Corte di Giustizia nella causa C- 475/03” del 18 marzo 2005.
[225] In particolare, l’art. 33, par. 1 della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva IVA), secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di giustizia, vieta agli Stati membri di introdurre o mantenere imposte, diritti e tasse che abbiano il carattere di imposte sulla cifra d’affari. Tale disposizione mira a preservare il sistema comune dell’IVA introdotto dalla direttiva in questione, evitando che vengano introdotte imposte – sostanzialmente analoghe all’IVA – che sfuggono all’armonizzazione ritenuta necessaria per il funzionamento del mercato interno.
[226] Lo stanziamento del Fondo nella legge di bilancio per il 2005 (legge n. 312/2004), pertanto, è pari a 3.443,8 milioni, di cui 474,7 milioni relativi agli interventi di cui alla legge n. 64/1986.
[227] Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998, al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero delle attività produttive in favore delle imprese, accorpando - in un’unica autorizzazione di spesa - tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici.
La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi è rimessa alla discrezionalità del Ministero delle attività produttive che vi provvede, annualmente con proprio decreto.
[228] Ai sensi dell’articolo 60, comma 3, della legge n. 289/2002, è stato costituito il Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive (c.d. Fondo MAP) cui sono destinate:
a) le risorse del fondo unico per gli incentivi alle imprese, per la parte relativa alle autorizzazioni di spesa di cui alla legge n. 488 del 1992;
b) le disponibilità assegnate alla programmazione negoziata per patti territoriali, contratti d'area e contratti di programma;
c) le economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale degli interventi precitati;
d) le economie derivanti da provvedimenti di revoca totale o parziale delle agevolazioni di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64.
Nello stato di previsione del Ministero delle attività produttive non risulta tuttavia ancora istituito una specifico capitolo di bilancio relativo Fondo per gli interventi nelle aree sottoutilizzate.
Di conseguenza, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata che lo costituiscono sono ancora iscritte nel Fondo unico per gli incentivi alle imprese.
Nell’ambito del Fondo unico (che è organizzato in piani di gestione riferiti a ciascun intervento), le risorse per le aree sottoutilizzate sono iscritte nei piani di gestione n. 26-28, dotati, per il 2005 di complessivi 3.125,7 milioni di euro, di cui 413 milioni riferiti alla legge n. 488/1992 e 2.712,7 milioni relativi alla programmazione negoziata come risulta dal D.M. 19 luglio 2004 recante “Ripartizione del Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese, di cui all'art. 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448” (GU 29/7/04).
La legge finanziaria per il 2005, in Tabella F, ha peraltro rimodulato le risorse del Fondo unico incentivi alle imprese per la parte riguardante le aree sottoutilizzate (c.d. Fondo MAP), posticipando 1.450 milioni di euro dal 2005 al 2006. Le risorse del Fondo MAP sono state altresì ridotte di 8,5 milioni di euro annui, quale trasferimento all’Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui al comma 234 della legge finanziaria per il 2005. Le risorse per il 2005 sono pertanto ridotte a 1.667,2 milioni.
[229] Recante "Armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull'alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei redditi di impresa fino all'ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l'istituzione per il 1993 di un'imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie". Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
[230] L’articolo 7, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972 stabilisce che le cessioni di beni si considerano effettuate nel territorio dello Stato se hanno per oggetto beni immobili ovvero beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso ovvero beni mobili spediti da altro Stato membro, installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato dal fornitore o per suo conto.
[231] L’articolo 28-ter, B, comma 2, della direttiva del Consiglio n. 388/CEE del 17 maggio 1977, come modificata dalla direttiva n. 680/CEE del 16 dicembre 1991.
[232] Recante "Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'articolo 30 della L. 30 dicembre 1991, n. 413".
[233] Recante "Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni".
[234] Direttiva 77/388/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.
[235] Vedi bollettino RUE “Semplificazione degli obblighi IVA” del 3 dicembre 2004.
[236] Direttiva 79/1072/CEE in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Modalità per il rimborso dell'imposta sul valore aggiunto ai soggetti passivi non residenti all'interno del Paese.
[237] Si ricorda, in particolare, che il citato art. 20, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, prevede che il Ministro delle attività produttive fissi con proprio decreto, ai soli fini del medesimo decreto legislativo, la data di entrata a regime del mercato elettrico di cui all'art. 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79. A questo riguardo, si segnala che con decreto del Ministro delle attività produttive 20 aprile 2005, ai soli fini del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, la data di entrata a regime del mercato elettrico di cui all'art. 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e' stata fissata al 30 giugno 2005.
[238] Si ricorda che la Legge n. 481/95 “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità” delinea il quadro generale e le funzioni assegnati all’Autorità per lo sviluppo dei propri interventi di regolazione tariffaria. In particolare, l’Autorità è chiamata a definire i meccanismi per la determinazione di tariffe, intese come prezzi massimi unitari dei servizi al netto delle imposte (articolo 2, comma 17, legge n. 481/95), da applicarsi in maniera uniforme sull’intero territorio nazionale (articolo 3, comma 2, legge n. 481/95). L’articolo 2, comma 12, lettera e), della legge n. 481/95 dispone che l’Autorità stabilisca ed aggiorni, in relazione all’andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe, in modo da assicurare la qualità, l’efficienza del servizio e l’adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale. L’articolo 2, comma 12, lettera d), inoltre, specifica ulteriormente le funzioni di regolazione in capo all’Autorità, prevedendo che questa definisca le condizioni tecnico-economiche di accesso e di interconnessione alle reti.
[239] D.Lgs .n. 387/2003 “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità”.
[240] Va peraltro ricordato che la citata deliberazione dell'Autorità' per l'energia elettrica e il gas 23 febbraio 2005, n. 34/05, all'art. 10, punto 10.1, stabilisce che il provvedimento si applica, per quanto riguarda l'energia elettrica di cui all'art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, a decorrere dalla data di entrata a regime del mercato elettrico, come individuata dal decreto del Ministro delle attività produttive di cui all'art. 20, comma 1, dello stesso decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Al riguardo, si ricorda, come accennato, che con decreto del Ministro delle attività produttive 20 aprile 2005, ai soli fini del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, la data di entrata a regime del mercato elettrico di cui all'art. 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e' stata fissata al 30 giugno 2005.
[241] Quanto ai meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili, il nuovo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili (c.d. certificati verdi) è stato definito dall’art. 11 del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, di recepimento della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, e perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002.
Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%, è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh. I decreti 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002 definiscono gli impianti che concorrono al conseguimento della quota come quegli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in funzione dopo il 1 aprile 1999 a seguito di nuova costruzione, potenziamento, rifacimento totale o parziale, riattivazione. Concorre altresì la nuova produzione imputabile a fonte rinnovabile ottenuta, anche in impianti esistenti, mediante co-combustione, cioè combustione contemporanea di combustibili non rinnovabili e di combustibili, solidi, liquidi o gassosi, ottenuti da fonti rinnovabili. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei CV è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003 . Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; l’offerta è effettuata dai soggetti che producono elettricità da fonti rinnovabili con impianti come in precedenza descritti. Nella fase di avvio del nuovo meccanismo, si è stabilito che gli impianti Cip 6/92 entrati in esercizio dopo il 1 aprile1999 abbiano diritto ai certificati verdi: la proprietà di tali certificati è però attribuita al GRTN, che li immette sul mercato, esclusivamente attraverso la piattaforma del GME, ad un prezzo di offerta fisso, determinato in base alla differenza tra la l’onere di acquisto della relativa elettricità (limitatamente a quella che gode ancora della tariffa incentivante), ed i proventi della vendita della medesima elettricità.
Con questo meccanismo, il valore dell’incentivo, cioè il prezzo del certificato verde, si forma sul mercato. Poiché i certificati verdi non sono differenziati per tecnologia e fonte, vi è competizione non solo tra gli operatori, ma anche tra le diverse tecnologie di sfruttamento delle fonti rinnovabili, per cui ne risultano avvantaggiate le tecnologie a minor costo di produzione dell’energia. A compensazione parziale di questo effetto, sono stati introdotti specifici strumenti a sostegno delle tecnologie più costose: tra essi, si richiamano i programmi di diverse regioni per incentivi in conto capitale, nonché alcune iniziative governative, come quella del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio a sostegno della diffusione del fotovoltaico integrato nelle strutture edilizie.
Altri strumenti importanti per sostenere le rinnovabili meno competitive nell’ambito del meccanismo dei certificati verdi, sono stati introdotti con il decreto legislativo 387/03.
Proprio in virtù di quest’ultimo decreto legislativo, a partire dall'anno 2004 e fino al 2006, la quota d'obbligo è incrementata annualmente di 0,35 punti percentuali (art. 4 comma 1 del D.Lgs. 387/2003). Gli incrementi della quota minima d'obbligo per il triennio 2007-2009 e 2010-2012 verranno stabiliti con decreti del Ministero delle attività Produttive.
Tra le disposizioni transitorie e finali di cui all’art. 20 del D.Lgs. 387, si conferma in otto anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi , al netto dei periodi di fermo degli impianti, a causa di eventi calamitosi dichiarati tali dalle autorità competenti. I certificati verdi rilasciati per la produzione di energia elettrica in un dato anno possono essere usati per ottemperare all’obbligo relativo anche per i successivi due anni . I soggetti che importano energia elettrica da Stati membri dell'Unione europea, sottoposti all'obbligo della quota minima, di cui all’articolo 11 del D.Lgs. 79/99, possono richiedere al Gestore della rete, relativamente alla quota di elettricità importata prodotta da fonti rinnovabili, l'esenzione dal medesimo obbligo.
[242] Sono definite opere della prima categoria, ai sensi dell’art. 4 del R.D. n. 523 del 1904, le opere che hanno per unico oggetto la conservazione dell’alveo dei fiumi di confine.
[243] Appartengono alle opere della seconda categoria, ai sensi dell’art. 5 del R.D. n. 523 del 1904, “a) le opere lungo i fiumi arginati e loro confluenti parimente arginati dal punto in cui le acque cominciano a correre dentro argini o difese continue; e quando tali opere provvedono ad un grande interesse di una provincia; b) le nuove inalveazioni, rettificazioni ed opere annesse che si fanno al fine di regolare i medesimi fiumi.
[244] L’attribuzione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio delle competenze in materia di “difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali” è disposto dall’art. 35, comma 2, lett. e), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
[245] Vedi, convenzioni con il Formez o con istituti di ricerca, o con Università per la realizzazione di programmi di formazione o di master universitari.
[246] Vedi, ad esempio, la convenzione del dicembre 2002 con l’UPI (Unione Province Italiane) e l’Osservatorio nazionale sui rifiuti per la raccolta dei dati sullo smaltimento dei rifiuti e l’attuazione del decreto legislativo n. 22 del 1997, o la convenzione con la Società Botanica Italiana per la realizzazione dell' "Inventario degli Habitat Prioritari", effettuato nell'ambito della Direttiva CEE 92/43.
[247] Vedi la convenzione con la Rete Nazionale Agenzie Energetiche Locali RENAEL.
[248] Vedi convenzione con il Mediocredito centrale per l’erogazione di contributi agli investimenti per la tutela ambientale a favore di piccole e medie imprese.
[249] In vista della presentazione di questo piano di azione, il 1° febbraio 2005 la Commissione ha avviato una consultazione pubblica, che si è conclusa il 31 marzo 2005, sulle priorità e le azioni necessarie al fine di promuovere i settori della biomassa e delle bioenergie.
[250]Agenda 21 è un documento di intenti ed obiettivi programmatici su ambiente, economia e società sottoscritto da oltre 170 paesi di tutto il mondo, durante la Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (UNCED) svoltasi a Rio de Janeiro nel giugno 1992.
[251] Il "Comitato dei ministri per la Società dell’informazione è stato costituito con DPCM del 19 settembre 2001 per favorire lo sviluppo e l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nei diversi settori, " con i compiti di coordinare l'azione delle amministrazioni e assicurare la definizione e realizzazione di una strategia coerente per lo sviluppo della Società dell'Informazione e delle politiche di settore collegate.
Il Comitato, presieduto dal Ministro Stanca, è composto dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, on. Gianni Letta, e dai Ministri
- delle attività produttive
- per l'attuazione del programma di Governo
- dei beni culturali e delle attività culturali
- delle comunicazioni
- dell'economia e delle finanze
- per la funzione pubblica e il coordinamento dei servizi di informazione e sicurezza
- dell'interno
- del lavoro e delle politiche sociali
- per le politiche comunitarie
- dell'istruzione, università e della ricerca
- della salute
- degli affari esteri
- degli affari regionali
[252] La società Innovazione Italia nasce da una partnership tra Sviluppo Italia e il Dipartimento per l'Innovazione e le Tecnologie per dare attuazione ai programmi del Governo relativi allo sviluppo della Società dell’Informazione e al piano di e-government. La Società sviluppa i progetti definiti dal Comitato dei ministri per la Società dell’Informazione, dal piano di e-government e dal CIPE in materia di Società dell’Informazione e Banda Larga, con l’obiettivo primario di superare il digital divide nelle aree sottoutilizzate del Paese. Il capitale sociale della società, interamente controllata da Sviluppo Italia S.p.A., è di 1.000.000,00 euro. (Informazioni tratte dal sito internet di Sviluppo Italia).
[253] L. 28 dicembre 2001, n. 448, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2002).
[254] La Commissione utilizza il termine “pensioni complementari” per indicare in modo generale le pensioni professionali.
[255]Tale procedura prevede l’articolazione del processo decisionale comunitario in quattro fasi successive, caratterizzate dall’intervento di appositi comitati di rappresentanti dei Governi e delle autorità di vigilanza nazionali.
[256]Procedura 2002/2291
[257] Tale esclusione non opera, tuttavia, per i casi di dimissione per giusta causa (secondo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 269 del 17-24 giugno 2002, recepita dall'INPS con le circolari n. 97 del 4 giugno 2003 e n. 163 del 20 ottobre 2003).
[258] L'indennità è corrisposta a decorrere dall'ottavo giorno successivo a quello della cessazione del rapporto di lavoro - ovvero a quello della scadenza del periodo di preavviso, qualora sia pagata l'indennità per mancato rispetto del medesimo - (art. 73 del R.D.L. n. 1827); nei casi di licenziamento per giusta causa, al periodo di carenza di 8 giorni si aggiunge quello suddetto di 30.
[259] Tale media è calcolata in relazione al numero di giornate prestate e non può in ogni caso essere inferiore alla retribuzione prevista dai contratti collettivi nazionali e provinciali di categoria.
Per il calcolo dell'importo dell'indennità trovano inoltre applicazione i massimali vigenti per il trattamento straordinario di integrazione salariale.
[260] L'art. 1 del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, sostituendo il comma 1, lett. a), della L. 29 aprile 1949, n. 264, ha esteso tale istituto agli operai agricoli, sempre che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. A tal fine, l'art. 3 dello stesso D.P.R. n. 1049 del 1970 consente il cumulo con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.
Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180 giornate previste per la generalità dei lavoratori (art. 32, comma 1, lett. a), della L. n. 264 del 1949, nel testo sostituito dall'art. 1 del D.P.R. n. 1049 del 1970).
La retribuzione di riferimento per i lavoratori agricoli, ai sensi dell'art. 7, comma 2, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, nella L. 20 maggio 1988, n. 160, è quella convenzionale, stabilita annualmente dal Ministro del lavoro, con propri decreti, per ogni provincia, sulla base degli importi previsti dai contratti collettivi per le varie qualifiche di operaio agricolo (ex art. 28 del D.P.R. n. 488 del 1968). Peraltro, l'art. 4 del D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale resti fermo agli importi stabiliti con decreti del Ministro del lavoro per l’anno 1996 fino a quando, nelle singole province e per ciascuna qualifica di operaio, esso non sia superato dalla retribuzione stabilita dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Successivamente a tale momento, troverà applicazione l’art. 1, comma 1, del D.L. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, nella L. 7 dicembre 1989, n. 389, e successive modificazioni e integrazioni, che ai fini della determinazione della base contributiva, fa riferimento all’importo previsto da leggi, regolamenti o contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori più rappresentative su base nazionale ovvero, qualora ne derivi un ammontare superiore, da accordi collettivi o contratti individuali.
[261] Si ricorda che la contribuzione figurativa è la contribuzione che sostituisce quella obbligatoria quando il lavoratore è costretto ad interrompere l'attività di lavoro subordinato a causa di eventi non dipendenti dalla propria volontà (quali servizio militare e assimilati, malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, assenza per malattia del bambino, astensione obbligatoria e facoltativa, assenza dal lavoro per l'assistenza ai figli, disoccupazione, Cassa integrazione guadagni, mobilità, etc). In tali casi la legge prevede che vengano accreditati a favore del lavoratore "contributi figurativi".
La funzione della contribuzione figurativa è, quindi, quella di assicurare la copertura assicurativa di detti periodi di assenza di attività lavorativa, senza onere finanziario per il lavoratore e utile (nella maggior parte dei casi) sia per il diritto che per la misura della pensione.
[262]Il trattamento ordinario di disoccupazione agricola è disciplinato dagli articoli 8 e seguenti della citata L. 457 del 1972. In particolare, tale trattamento viene riconosciuto agli operai agricoli con contratto a tempo indeterminato, che siano sospesi temporaneamente dal lavoro per intemperie stagionali o per altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori, per le giornate di lavoro non prestate, nella misura dei due terzi della retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva. Il richiamato trattamento è corrisposto per la durata massima di novanta giorni nell'anno. Si ricorda che ai sensi delle disposizioni richiamate sono considerati operai agricoli i salariati fissi e gli altri lavoratori sempre a tempo indeterminato che svolgono annualmente oltre 180 giornate lavorative presso la stessa azienda.
Il trattamento di disoccupazione non è dovuto per le assenze che non comportino retribuzione nonché per le giornate in cui i lavoratori sospesi si dedichino ad altre attività remunerate, e non è dovuto agli assunti o mantenuti in soprannumero rispetto alle esigenze dell'impresa.
[263]Il trattamento speciale di disoccupazione per i lavoratori agricoli è disciplinato dagli articoli 6 e 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37, recante ulteriori miglioramenti delle prestazioni previdenziali nel settore agricolo.
In particolare, ai sensi del richiamato articolo 7 è dovuto, a decorrere dal 1° gennaio 1977, ai lavoratori agricoli a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 101 e non superiore a 150 giornate di lavoro[263], un trattamento speciale, pari al 40% della retribuzione[263] risultante dai contratti collettivi di lavoro stipulati per le richiamate categorie di lavoratori dalle organizzazioni sindacali interessate. Tale trattamento è erogato in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante ai sensi del D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049. Il trattamento speciale è corrisposto per il periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli
L’articolo 25 della citata L. 457 del 1972 ha inoltre stabilito che ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che abbiano effettuato nel corso dell'anno solare almeno 151 giornate di lavoro, è dovuto, in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante per lo stesso periodo ai sensi del citato D.P.R. 1049 del 1970, un trattamento speciale pari al 66% della retribuzione[263] richiamata in precedenza. Anche in questo caso il trattamento speciale è corrisposto per un periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 147, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311 del 2004) ha esteso il limite massimo del trattamento di integrazione salariale, previsto inizialmente per i soli casi di CIG straordinaria (articolo 1, secondo comma, della L. 480 del 1927) e poi esteso ai casi di CIG ordinaria (articolo 3, comma 2, del D.L. 299 del 94[263]) ai trattamenti speciali di disoccupazione aventi decorrenza dal 1° gennaio 2006.
[264]L’indennità ordinaria con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, caratterizzata appunto da un requisito contributivo inferiore a quello normale, spetta ai lavoratori occupati saltuariamente e per i lavoratori stagionali.
In particolare, fermo restando il requisito dei 2 anni di anzianità assicurativa, il trattamento è corrisposto ai soggetti che nell’ano precedente a quello di riferimento abbiano prestato almeno 78 giorni di attività lavorativa.
Ai fini del requisito dei 78 giorni, la Corte di Cassazione, con sentenza 6 febbraio 1998, n. 1262, ha specificato che sono rilevanti tutte le giornate facenti parte del periodo complessivamente considerato come lavorativo, per le quali sussiste l’obbligo di contribuzione. Devono essere considerate quindi, come evidenziato nella circolare INPS n. 273 del 31 dicembre 1998, anche le giornate di assenza per festività, ferie, riposi ordinarie compensativi, maternità, malattia e situazioni assimilabili, retribuite e coperte da contribuzione obbligatoria.
[265] Letteralmente, il citato secondo comma fa riferimento al limite di 120 giornate all'epoca vigente.
[266]Emanato in attuazione dell’articolo 45, comma 1, della L. 144 del 1999 (cd. collegato ordinamentale in materia di investimenti e occupazione, il D.Lgs. 181 del 2000, oltre ad individuare i soggetti potenziali destinatari delle misure di inserimento nel mercato del lavoro, disciplina le modalità di accertamento dello stato di disoccupazione, nonché la definizione degli standard minimi degli interventi che devono essere garantiti dai servizi regionali per l'impiego, al fine di favorire l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro e di contrastare l'inoccupazione e la disoccupazione di lunga durata.
[267]Tale soglia di reddito non si applica ai soggetti di cui all'articolo 8, commi 2 e 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468.
[268]Nell’aprile del 2004 la Commissione aveva avviato la prima fase di consultazione sul riesame della direttiva 1994/45/CE sui comitati aziendali europei.
[269]Si osserva che la richiamata disciplina sembrerebbe aggiungersi a quella prevista dall'articolo 1, comma 2, del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291, che ha novellato parzialmente il citato quarto periodo del comma 137 dell’articolo 3 della L. n. 350, differendo, tra l'altro, il termine finale per la concessione dei relativi trattamenti dal 31 dicembre 2004 al 30 aprile 2005. Si ricorda inoltre che, ai sensi del quinto e sesto periodo dell'articolo 3, comma 137, della L. 350 del 2003, la misura dei trattamenti liquidati in base al quarto periodo del medesimo comma 137 è ridotta del 20%, ad esclusione dei casi di concessione e di prima proroga. Dovrebbe conseguentemente restare valida, nei limiti di risorse ivi stabiliti , anche la possibilità di proroga - fino al 30 aprile 2005 - secondo la disciplina di cui al suddetto comma 137 (come novellato): cioè, senza la condizione della riduzione (nella misura pari ad almeno il 10%) del numero dei destinatari e con l'applicazione dei criteri meno restrittivi di diminuzione dell'importo del trattamento.
[270]L'indennità di mobilità è pari, per i primi 12 mesi, al 100% e, per i successivi mesi, all’80% del trattamento di integrazione salariale straordinaria che è stato percepito ovvero che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto. Quest'ultimo trattamento è pari, a sua volta, all'80% della retribuzione che sarebbe stata corrisposta.
Per il calcolo dell'importo dell'indennità di mobilità (così come anche del trattamento di integrazione salariale) trovano inoltre applicazione alcuni massimali; questi ultimi erano pari, nel 2004, a 806,78 euro mensili ovvero a 969,66 euro nel caso in cui la retribuzione di riferimento fosse superiore a 1.745,40 euro mensili (per la determinazione di quest’ultimo importo l’ammontare della retribuzione annua viene diviso per 12 mensilità).
[271]Tale ambito comprende: le Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia; le Province di Frosinone e Latina; i comuni della Provincia di Rieti già compresi nell'ex circondario di Cittaducale, i comuni compresi nella zona del comprensorio di bonifica del fiume Tronto, i comuni della Provincia di Roma compresi nella zona della bonifica di Latina, l'Isola d'Elba, i Comuni di Isola del Giglio e di Capraia Isola.
[272]Si ricorda che, ai fini in esame, come specifica la circolare INPS n. 134 del 15 giugno 1999, la trasformazione del contratto a tempo indeterminato deve essere comunicata ai competenti uffici di collocamento prima che essa avvenga automaticamente (a causa dello spirare dei termini per la prosecuzione di fatto del rapporto).
[273]Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, sono considerate società controllate:
1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;
2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;
3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
Sono inoltre considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.
[274]Si ricorda che l'indennità di mobilità è pari, per i primi 12 mesi, al 100% e, per i successivi mesi, all’80% del trattamento di integrazione salariale straordinaria che è stato percepito ovvero che sarebbe spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto. Quest'ultimo trattamento è pari, a sua volta, all'80% della retribuzione che sarebbe stata corrisposta.
Per il calcolo dell'importo dell'indennità di mobilità (così come anche del trattamento di integrazione salariale) trovano inoltre applicazione alcuni massimali; questi ultimi erano pari, nel 2004, a 806,78 euro mensili ovvero a 969,66 euro nel caso in cui la retribuzione di riferimento fosse superiore a 1.745,40 euro mensili (per la determinazione di quest’ultimo importo l’ammontare della retribuzione annua viene diviso per 12 mensilità).
[275]Il successivo comma 1-bis dispone che ai fini della definizione degli interventi di cui al comma 1 si tiene altresì conto:
a) della presenza di crisi territoriali di particolare gravità o di crisi settoriali strutturali con notevole impatto sui livelli occupazionali, facendo riferimento ai criteri già definiti sulla base della legislazione vigente per particolari settori;
b) della sussistenza di situazioni di sviluppo ritardato o di depressione economica;
c) della sussistenza di processi di ristrutturazione, di riconversione industriale o di deindustrializzazione;
d) della presenza di gravi fenomeni di degrado sociale, economico o ambientale e di mancata valorizzazione e difesa del patrimonio storico e artistico.
[276]Tale Fondo concerne quelle spese permanenti di natura corrente la cui quantificazione è operata annualmente dalla Tabella C della legge finanziaria (L. 5 agosto 1978, n. 468, come determinata dalla tabella C della L. 311 del 2004).
[277]Secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, “l'indennizzabillità della disoccupazione a seguito della sospensione dell’attività lavorativa ha trovato applicazione sulla base delle istruzioni emanate dall’INPS con circolare n. 53140 del 23 febbraio 1953, a seguito di direttiva del Ministero del lavoro. In particolare”, prosegue la relazione, “l’INPS ha disposto il pagamento dell’indennità nei confronti dei lavoratori sospesi e subordinatamente all’ottemperanza delle norme sul collocamento, così che l’indennità è riconosciuta ai lavoratori che, all’atto della sospensione dell’attività lavorativa, facciano valere i requisiti di due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione. Nella prassi dell’Istituto tale indennità non è concessa nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale e non spetta nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro”.
[278]Tale misura percentuale si applica naturalmente sulla stessa base di calcolo dell'indennità di disoccupazione in oggetto.
[279]L'intervento di integrazione salariale ordinaria è riconosciuto anche con riferimento alle fattispecie di sospensione in esame (ai sensi dell'art. 1, primo comma, numero 1), della L. 20 maggio 1975, n. 164).
[280] I fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei dirigenti comparativamente più rappresentative oppure come apposita sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali.
[281] L'addizionale è posta con riferimento ai contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione.
[282] Per la disciplina in materia, cfr. - oltre al citato art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni - l'art. 9, comma 5, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 236, e l'art. 1, comma 72, della L. 28 dicembre 1995, n. 549.
[283] Tale Fondo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
[284] Tale limite è previsto dal combinato disposto dei commi 3 e 10 del suddetto art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni.
[285] Tale Fondo è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze.
[286] In attuazione dei suddetti commi è stato emanato il D.M. 23 aprile 2003.
[287] Pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 2 febbraio 2005.
[288]La Corte ha rilevato coma la disciplina dei fondi incida su diverse materie contemplate dall’art. 117 della Costituzione, alcune di competenza esclusiva dello Stato, altre di competenza residuale esclusiva delle Regioni. In particolare, tale disciplina incide sulle materie di competenza esclusiva statale dell’«ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.) - in ragione del carattere nazionale dei fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua e della natura nazionale dell’attività svolta dai soggetti privati che li istituiscono – e della «previdenza sociale» (art. 117, secondo comma, lett. o), Cost.) – in considerazione del fatto che i fondi gestiscono i contributi dovuti dai datori di lavoro ad essi aderenti, ai sensi della legislazione in materia di assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione. Essa incide peraltro con tutta evidenza sulla materia della «formazione professionale», di competenza residuale esclusiva delle Regioni. Secondo la Corte dunque, «la riserva alla competenza legislativa regionale residuale della “formazione professionale” non può precludere allo Stato la competenza di riconoscere a soggetti privati la facoltà di istituire, in tale materia, fondi operanti sull'intero territorio nazionale, di specificare la loro natura giuridica, di affidare ad autorità amministrative statali poteri di vigilanza su di essi, anche in considerazione della natura previdenziale dei contributi che vi affluiscono. E' evidente, peraltro, che un tale intervento legislativo dello Stato … deve rispettare la sfera di competenza legislativa spettante alle Regioni in via residuale (o, eventualmente, concorrente). Nella specie, viceversa, la normativa impugnata è strutturata come se dovesse disciplinare una materia integralmente devoluta alla competenza esclusiva dello Stato.» Il legislatore avrebbe dovuto invece «articolare siffatta normativa in modo da rispettare la competenza legislativa delle Regioni a disciplinare il concreto svolgimento sul loro territorio delle attività di formazione professionale, e in particolare prevedere strumenti idonei a garantire al riguardo una leale collaborazione fra Stato e Regioni.».
[289]Tale Osservatorio è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ai sensi del comma 2 del citato art. 118 della L. n. 388.
[290] L’articolo 49, al riguardo, fa impropriamente riferimento a determinati principi, dettando di fatto la disciplina dell’apprendistato professionalizzante. Si ricorda, in proposito, che ai fini della validità del contratto è richiesta la forma scritta del contratto stesso; il divieto di stabilire il compenso dell’apprendista secondo tariffe di cottimo; la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato; la possibilità di sommare i periodi di apprendistato svolti nell’ambito del diritto-dovere di istruzione e formazione con quelli dell’apprendistato professionalizzante, rispettando il limite massimo di durata; il divieto, per il datore di lavoro, di recedere dal contratto di apprendistato in assenza di una giusta causa o di un giustificato motivo.
[291] Tali principi sono:
- previsione di un monte ore di formazione formale, interna o esterna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per la acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali;
- rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalità di erogazione e della articolazione della formazione, esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacità formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni;
- riconoscimento sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, esterna e interna alla impresa, della qualifica professionale ai fini contrattuali;
- registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo;
- presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate.
[292] La possibilità di cessione degli stipendi e salari dei dipendenti privati è stata aggiunta dal comma 137 dell’art. 1 della Legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005). La novella ha determinato l’estensione anche ai dipendenti delle aziende private della possibilità di contrarre prestiti da estinguersi con cessione di quote dello stipendio o del salario fino al quinto dell'ammontare di tali emolumenti, valutato al netto di ritenute e per periodi non superiori a dieci anni: l’articolo 5 del D.P.R. n. 180/50, infatti, individua i soggetti titolari di tale facoltà negli impiegati e salariati dipendenti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'art. 1 (articolo che, come integrato dalla lettera a), verrebbe ad includere anche tutte le aziende private).
La principale differenza, a legislazione vigente, fra i regimi dei dipendenti pubblici e privati, sembra essere costituita dai limiti alla pignorabilità per crediti alimentari: mentre per i dipendenti pubblici è stabilito un limite fisso (fino ad un terzo dello stipendio, valutato al netto delle ritenute), per quelli privati la fissazione del limite è demandata all’autorità giudiziaria.
[293] L'INPDAP, istituito con il decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, per il riordino e la soppressione degli enti pubblici di previdenza e assistenza, ha unificato in un nuovo soggetto, dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, le competenze in precedenza attribuite ad una pluralità di enti ed istituti (ENPAS, INADEL, ENPDEP e le Casse amministrate dalla Direzione generale degli istituti di previdenza del Ministero del tesoro, quali la CPDEL, la CPI e la CPUG). In particolare è stata istituita presso l’Istituto la Gestione unitaria e autonoma delle prestazioni creditizie e sociali che, tra l’altro, provvede all’erogazione di prestiti agli iscritti. Nel processo di razionalizzazione del sistema previdenziale, inoltre, la legge n. 335/1995 ha previsto, presso l’INPDAP, l’istituzione di una gestione separata per i trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato (CTPS) .
L’INPDAP è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia ed è soggetto al controllo della Corte dei conti.
[294] Sono soggetti all'imposta sul reddito delle società – IRES (articolo 73, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917):
a) le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
b) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
c) gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali;
d) le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
[295] Come indicato nel commento al precedente comma 1 dell’articolo 14 in esame, le organizzazioni non governative, di cui alla legge n. 49 del 1987, sono in ogni caso considerate ONLUS, ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del D.Lgs. n. 460 del 1997.
[296] Per la deducibilità degli oneri sostenuti da tali enti al di fuori dell’attività produttiva di reddito di impresa si applica l’articolo 146 del TUIR, come novellato dalla successiva lettera f) del comma 1 dell’articolo 16 in esame.
[297] Come indicato nel commento al precedente comma 1 dell’articolo 14 in esame, le organizzazioni non governative, di cui alla legge n. 49 del 1987, sono in ogni caso considerate ONLUS, ai sensi dell’articolo 10, comma 8, del D.Lgs. n. 460 del 1997.
[298] Il D.P.R. n. 361 del 2000 contiene il Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto.
[299] Legge 24 dicembre 2003, n. 350 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”
[300] Legge 27 dicembre 2002, n. 289, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato ”.
[301] In merito alla parità scolastica, si ricorda la legge 10 marzo 2000, n. 62, "Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione", ha definito le scuole paritarie (private o degli enti locali) collocandole all'interno del sistema nazionale di istruzione, unitamente alle scuole statali, e attribuendo loro l'idoneità a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. A tal fine, il provvedimento ha dettato obblighi e diritti di questa categoria di scuole e, nella prospettiva del potenziamento del diritto allo studio, ha recato anche specifiche misure finanziarie. A sostegno del diritto allo studio e all'istruzione, la legge prevede, in particolare, l'adozione di un piano straordinario di finanziamento alle regioni e alle province autonome, per l'assegnazione di borse di studio alle famiglie che sostengano e documentino la spesa. L'ammontare della borsa non è calcolato in base alla spesa sostenuta, ma è di uguale importo per gli alunni delle scuole statali e paritarie, con eventuali differenziazioni a seconda dell'ordine e grado di istruzione. A tale previsione è stata data attuazione con il D.P.C.M. 14 febbraio 2001, n. 106. Il provvedimento fissa in trenta milioni di lire annue (euro 15.494) il tetto massimo di reddito per l'accesso alle borse di studio, consentendo tuttavia a regioni e province autonome l'individuazione di una soglia più elevata. Si segnala infine che alcune regioni hanno adottato, negli ultimi anni, provvedimenti a favore del diritto allo studio nelle scuole statali e non statali, alcuni dei quali prevedono l'erogazione di contributi alle famiglie.
[302] La natura non regolamentare del decreto è stata specificata dall'articolo 13 del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 147, “Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali” convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 200.
[303] Pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 29 ottobre 2003.
[304] Con Decreto 31 marzo 2004 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha provveduto alla determinazione del contributo per l’anno scolastico 2003-2004.
[305] Si segnala infine che è all’esame della VII Commissione della Camera, in sede referente, l’A.C. 2113 Nuovo testo (Norme generali in materia di diritto allo studio e libertà di scelta del percorso educativo) che ridisciplina la materia ed abroga contestualmente l’art. 2 comma 7 della legge 289/2002.
[306] Si ricorda comunque che, con sentenza 423 del 2004, la Corte Costituzionale, accogliendo il ricorso della regione Emilia Romagna, ha dichiarato tra l’altro l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 101, della legge 350/2003.
[307] Il decreto è pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 86 del 14 aprile 1999.
[308] Il decreto, con l’allegata convenzione-tipo, è pubblicato nella medesima Gazzetta ufficiale n. 86 del 14 aprile 1999.
[309] Nella relazione tecnica (pag. 44 dello stampato A.S. 3344) non viene indicato l’onere di 7 milioni di euro per l’anno 2005, che è invece correttamente riportato nel prospetto riepilogativo (pag. 90 del medesimo stampato).