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XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Dipartimento agricoltura | ||||
Titolo: | Coesistenza tra agricoltura transgenica, convenzionale e biologica - DL 279/2004 - A.C. 5463 | ||||
Serie: | Decreti-legge Numero: 168 | ||||
Data: | 03/12/04 | ||||
Abstract: | Scheda di sintesi; scheda di lettura; disegno di legge; normativa nazionale, comunitaria e regionale; documentazione e dottrina. | ||||
Descrittori: |
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Riferimenti: |
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Servizio studi |
decreti-legge |
Coesistenza tra agricoltura transgenica, convenzionale e biologica D.L. 279/2004 - A.C. 5463
|
n. 168
|
3 dicembre 2004 |
Camera dei deputati
Dipartimento Agricoltura
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: D04279
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
§ Precedenti decreti-legge sulla stessa materia
Elementi per l’istruttoria legislativa
§ Motivazioni della necessità ed urgenza
§ Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite
§ Incidenza sull’ordinamento giuridico
§ Articolo 2 (Salvaguardia del principio di coesistenza)
§ Articolo 3 (Applicazione delle misure di coesistenza)
§ Articolo 4 (Piani di coesistenza)
§ Articolo 7 (Valutazione, monitoraggio e informazione sulla coesistenza)
§ Articolo 8 (Norme transitorie)
§ Articolo 9 (Norma finanziaria)
§ Articolo 10 (Entrata in vigore)
Quadro di sintesi dell’evoluzione normativa in materia di O.G.M.
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
§ Codice civile (art. 2135)
§ Costituzione (artt. 77, 87 e 117)
§ D.lgs. 30 aprile 1998, n. 173 Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo 55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (art. 15)
§ D.Lgs. 24-04-2001 n. 212 Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catologo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli (art. 1)
§ D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224 Attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Normativa comunitaria
§ Reg. (CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991 Regolamento del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari
§ Dir. 98/34/CE del 22 giugno 1998 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione
§ Dir. 2001/18/CE del 12 marzo 2001 Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio
§ Racc. 2003/556/CE del 23 luglio 2003 Raccomandazione della Commissione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche
Normativa regionale
§ L.R. 16 marzo 2001, n. 6 Norme in materia di coltivazione, allevamento, sperimentazione e commercializzazione di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.) e prodotti da loro derivati
§ L.R. 20 maggio 2002, n. 18 Disposizioni per la precauzione in materia alimentare e per la coltivazione, l'allevamento, la sperimentazione e la commercializzazione di organismi modificati e di prodotti da essi derivati. Norme per la produzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche
§ L.R. 24 novembre 2001, n. 15 Norme in materia di consumo di prodotti geneticamente modificati nelle mense scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura
§ L.R. 10 gennaio 2000, n. 1 Norme in materia di servizi educativi per la prima infanzia (Art. 17)
§ L.R. 4 novembre 2002, n. 29 Norme per l'orientamento dei consumi e l'educazione alimentare e per la qualificazione dei servizi di ristorazione collettiva (art. 9)
§ L.R. 20 novembre 2000, n. 21 Disciplina per il contrassegno dei prodotti agricoli del Friuli-Venezia Giulia non modificati geneticamente, per la promozione dei prodotti agroalimentari tradizionali e per la realizzazione delle «Strade del vino»
§ L.R. 13 agosto 2002, n. 22 Istituzione del fondo regionale per la gestione delle emergenze in agricoltura (art. 2)
§ L.R. 1 marzo 2000, n. 15 Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario
§ L.R. 27 febbraio 2004, n. 2 Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2004 (art. 79)
§ L.R. 6 dicembre 1999, n. 36 Interventi per la valorizzazione e la promozione dell'agricoltura di qualità e norme sul metodo di produzione biologico
§ L.R. 23 febbraio 2000, n. 9 Norme in materia di consumo di prodotti geneticamente modificati nelle mense scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura
§ L.R. 10 dicembre 2003, n. 23 Interventi per il sostegno dei sistemi di certificazione della qualità e della tracciabilità delle produzioni agricole ed agroalimentari (art. 5)
§ L.R. 22 dicembre 2003, n. 27 Interventi regionali nel settore della zootecnia (art. 2)
§ L.R. 3 marzo 2004, n. 5 Disposizioni in materia di salvaguardia delle produzioni agricole, tipiche, di qualità e biologiche
§ O.P.G.R. 11 luglio 2003, n. 63 Disposizione in ordine alla neutralizzazione delle colture di mais contaminato da OGM non autorizzati.
§ L.R. 4 dicembre 2003, n. 26 Norme in materia di coltivazione, allevamento e commercializzazione di Organismi geneticamente modificati (OGM).
§ L.R. 6 aprile 2000, n. 53 Disciplina regionale in materia di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.).
§ D.P.G.R. 17 maggio 2001, n. 24/R Regolamento d'attuazione della L.R. 6 aprile 2000, n. 53 "Disciplina regionale in materia di organismi geneticamente modificati (O.G.M.)" relativo alla disciplina del controllo sul divieto di coltivazione e produzione di specie che contengono O.G.M.
§ L.R. 20 agosto 2001, n. 21 Disposizioni in materia di coltivazione, allevamento, sperimentazione, commercializzazione e consumo di organismi geneticamente modificati e per la promozione di prodotti biologici e tipici.
§ L.R. 17 aprile 2001, n. 8 Disposizioni in materia di allevamento bovino, ovino caprino e di prodotti derivati, ottenuti mediante metodi biologici.
§ L.R. 1 marzo 2002, n. 6 Norme in materia di consumo di alimenti nelle mense prescolastiche e scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura e di assistenza.
§ Delib.G.R. 8 agosto 2003, n. 2649 Produzioni agricole geneticamente modificate. Piano di azione regionale e norme operative e procedurali.
§ L.P. 22 gennaio 2001, n. 1 Contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati
§ D.P.P. 4 luglio 2001, n. 38 Regolamento relativo alla contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati.
§ L.P. 28 marzo 2003, n. 4 Sostegno dell'economia agricola, disciplina dell'agricoltura biologica e della contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati.
Documentazione
§ Commissione Europea Comunicato stampa dell’8 settembre 2004
§ Rassegna stampa
- Agrapress (stampa estera settembre-novembre 2004):
Fronte unito delle regioni d’Europa per zone senza OGM Thomas Calinon, in Liberation 16 settembre 2004
Differita in Germania la legge sulle biotecnologie per iniziativa di due Laender inFrankfurter Allgemeine Zeitung 23 settembre 2004
Il polline volante dei campi da golf OGM Hervé Morin, in Le Monde 22 settembre 2004
L'Europa è unita: no agli alimenti biotech Elisabeth Rosenthal, inHerald Tribune 6 ottobre 2004
Cos'è che non va nella FAO? Ashfak Bokhari, in Dawn18 ottobre 2004
Cresce la collera tra i sindaci francesi anti OGM Matthieu Ecoiffier, in Liberation 13 novembre 2004
Riso e soia vanno in The Economist 20 novembre 2004
- Agrisole (19-25novembre 2004):
Germania R.M. Chi coltiva paga i danni
Danimarca M.Mir. Patentino e un fondo anti-contaminazione
Spagna Er.Di. Definite le aree cuscinetto
Dottrina
§ R.Esposti ed altri Biotecnologie in agricoltura: principi, politiche e conflitti tra USA ed UE, in La Questione Agraria n. 1/2003
Numero del disegno di legge di conversione |
A.C. 5463 |
Numero del decreto-legge |
22 novembre 2004, n. 279 |
Titolo del decreto-legge |
Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica |
Settore d’intervento |
Agricoltura |
Numero di articoli |
|
§ testo originario |
10 |
Date |
|
§ emanazione |
22 novembre 2004 |
§ pubblicazione in Gazzetta ufficiale |
29 novembre 2004, n. 280 |
§ assegnazione |
29 novembre 2004 |
§ scadenza |
28 gennaio 2005 |
Commissione competente |
XIII Commissione (Agricoltura) |
Pareri previsti |
I Commissione (Affari costituzionali) II Commissione (Giustizia) V Commissione (Bilancio) VIII Commissione (Ambiente) XII Commissione (Affari sociali) XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea) Commissione parlamentare per le questioni regionali |
Il decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, detta disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica, innovando la normativa vigente in materia di organismi geneticamente modificati.
Il provvedimento si compone di 9 articoli.
L’articolo 1 individua le finalità del provvedimento e fornisce le definizioni di colture transgeniche, biologiche e convenzionali.
L’articolo 2 definisce i principi per la salvaguardia della coesistenza tra le diverse colture. La disposizione, in particolare, dispone che nessuna coltura deve compromettere l’esercizio delle altre, prevede la parità di trattamento tra le diverse colture, la tutela delle peculiarità e specificità produttive di ogni coltura, (da realizzare in primo luogo evitando ogni forma di presenza occasionale di sementi diverse), nonché la reale possibilità di scelta tra prodotti transgenici e non transgenici da parte dei consumatori (da realizzare attraverso la separazione delle rispettive filiere produttive.
L’articolo 3 rimette a
un decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, d’intesa con
L’articolo 4 prevede che le regioni e le province autonome, in coerenza con le norme quadro per la coesistenza definite dal Ministero delle politiche agricole, adottino i Piani regionali di coesistenza tra le diverse colture entro il 31 dicembre 2005. I Piani, con il coinvolgimento degli enti locali e degli organismi rappresentativi delle categorie interessate, sono volti a definire le modalità e le condizioni per assicurare la coesistenza tra colture, attraverso la definizione di apposite regole tecniche agricole. Le regioni e le province autonome possono, inoltre, promuovere accordi volontari tra imprenditori al fine di adottare le misure di gestione volte ad assicurare la coesistenza tra le diverse colture.
L’articolo 5 definisce responsabilità e obblighi degli imprenditori agricoli che usino sementi contenenti OGM.
Per quanto concerne le responsabilità, la mancata osservanza delle misure contenute nei Piani di coesistenza impone il risarcimento dei danni diretti e indiretti causati, con onere della prova a carico del contravventore.
Per quanto concerne gli obblighi, l’imprenditore che metta a coltura OGM è tenuto a darne comunicazione, a elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza e a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni sulle misure di gestione adottate.
Le informazioni e i dati sulle colture OGM sono tenute nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), secondo modalità definite dalle regioni e province autonome.
L’articolo 6 introduce sanzioni amministrative pecuniarie per il mancato rispetto dei Piani di coesistenza e sanzioni penali per l’esercizio di colture transgeniche in violazione del divieto generale previsto dall’articolo 8 fino all’adozione dei Piani di coesistenza regionali (da adottare entro il 31 dicembre 2005).
L’articolo 7,
rimette a un DM del Ministero delle politiche agricole e forestali,
d’intesa con
L’articolo 8 prevede il divieto provvisorio di colture transgeniche destinate all’immissione sul mercato fino all’adozione di ciascuno dei Piani di coesistenza regionali (da adottare entro il 31 dicembre 2005).
L’articolo 9 esclude che dal decreto derivino nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
L’articolo 10 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto.
Al decreto-legge risulta allegata la relazione tecnica, nella quale si evidenzia che il provvedimento (e, in particolare, l’articolo 7, che prevede l’istituzione di un Comitato per la valutazione e il monitoraggio della coesistenza presso il Ministero delle politiche agricole e forestali) non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.
Al decreto-legge risulta allegato, inoltre, il parere della Conferenza Stato-regioni del 14 ottobre 2004.
Le proposte emendative sono state in buona misura sostanzialmente accolte nel testo del decreto-legge. Merita peraltro evidenziare che permane una difformità tra il testo proposto dalla Conferenza e il testo del decreto-legge ai seguenti articoli:
· articolo 4, comma 3: permane la parola “imprenditori” in luogo di quella “conduttori”, proposta dalla Conferenza Stato-regioni;
· articolo 5: il testo, benché sostanzialmente corrispondente alla proposta della Conferenza Stato-regioni, se ne discosta per taluni aspetti, per lo più di carattere formale. A tale proposito merita peraltro evidenziare che nelle premesse al parere della Conferenza si fa riferimento alla necessità da parte del Ministro delle politiche agricole e forestali “di una migliore formulazione dell’articolo 5, da valutare con le regioni in un momento successivo”;
· articolo 7, comma 3: con riferimento alle Linee guida che il Comitato in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche è chiamato ad adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il testo del decreto-legge rinvia all’articolo 3, comma 1 (lasciando intendere che le suddette Linee guida siano dirette unicamente a indirizzare l’attività del Ministro delle politiche agricole e forestali all’atto dell’adozione del DM ivi previsto per la definizione delle norme quadro per la coesistenza), mentre la proposta emendativi della Conferenza Stato-regioni rinvia all’articolo 4 (lasciando intendere che le Linee guida siano dirette a indirizzare l’attività regionale di adozione dei piani di coesistenza).
Al decreto-legge non risultano allegate, invece, le schede sull’Analisi tecnico normativa (ATN) e sull’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), richieste dalla Direttiva del Presidente del consiglio del 27 marzo 2000[1].
Non risultano precedenti decreti-legge sulla materia.
Nella relazione illustrativa del decreto-legge si afferma che “si pone l’urgente necessità di assicurare la coesistenza tra le coltivazioni transgeniche, convenzionali e biologiche e quindi di creare le condizioni affinché venga garantita la libertà di iniziativa economica degli agricoltori”.
Nel preambolo del decreto-legge si fa riferimento alla “straordinaria necessità e urgenza di definire un quadro normativo minimo che consenta l’attuazione delle misure necessarie per garantire l’effettiva coesistenza tra le diverse forme di colture che attualmente possono essere praticate, in considerazione dell’imminente approvvigionamento delle sementi per la prossima campagna di semina”.
Per quanto concerne le motivazioni di necessità e urgenza, merita evidenziare che la pubblicazione del decreto-legge in Gazzetta Ufficiale, intervenuta a distanza di 18 giorni dalla deliberazione del Consiglio dei ministri e di 7 giorni dalla sua emanazione, suscita perplessità circa la correttezza dell'impiego dello strumento del decreto-legge, sia con riferimento all’articolo 77, comma 2, della Costituzione, in base al quale “quando, in casi straordinari di necessità e urgenza il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere”, sia con riferimento cui all'articolo 15, comma 4, della legge n. 400 del 1988, ove si stabilisce che "il decreto-legge è pubblicato, senza ulteriori adempimenti, nella Gazzetta Ufficiale immediatamente dopo la sua emanazione".
La disposizioni recate del provvedimento appaiono riconducibili a una pluralità di materie oggetto dell’art.117 Cost.
In linea generale, trattandosi di interventi aventi ad oggetto il settore agricolo, la potestà legislativa dovrebbe essere considerata di competenza esclusiva regionale, atteso che la materia agricoltura non risulta espressamente menzionata dall’art.117 Cost.
A tale riguardo merita evidenziare che sulla materia dell’uso di OGM in agricoltura sono già state adottate apposite discipline normative da parte di numerose regioni[2].
Considerate le finalità dichiarate del provvedimento, rinvenibili nella tutela contro i potenziali rischi per l’ambiente e la salute umana, nella garanzia della libertà di scelta del consumatore e nella salvaguardia di idonee condizioni di concorrenza tra imprenditori, appare tuttavia possibile fare riferimento anche alle materie di competenza esclusiva statale “tutela dell’ambiente” e “dell’ecosistema” (art.117, co.2, lett.s)) e “tutela della concorrenza” (art.117, co.2, lett.e)), nonché alle materie di competenza concorrente Stato-regioni “tutela della salute” e “alimentazione” (art.117, co.3).
Il provvedimento va valutato in relazione alla direttiva comunitaria 2001/18/CE, che ha disciplinato l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati.
In particolare, rispetto a tale disciplina comunitaria il provvedimento presenta due aspetti problematici.
Il primo aspetto problematico attiene all’articolo 8 del provvedimento, ove si stabilisce che fino all’adozione dei singoli piani di coesistenza regionali (entro il 31 dicembre 2005) le colture transgeniche destinate all’immissione sul mercato non sono consentite. In particolare andrebbe valutata la coerenza di tale disposizione con l’ordinamento comunitario, che non sembra consentire agli Stati membri la possibilità di vietare, in linea generale ed anche se transitoriamente, la coltivazione di varietà geneticamente modificate.
Il secondo aspetto problematico attiene alla nuova procedura delineata dal provvedimento (articoli 3 e 4) per consentire le coltivazioni OGM. In particolare, occorre valutare la coerenza di tale disciplina con il sistema autorizzatorio richiesto dalla normativa comunitaria.
Il sistema autorizzatorio è disciplinato, in particolare, agli articoli 13-15 della direttiva 2001/18/CE.
L’articolo 13
prevede l’obbligo per il richiedente di notifica alle autorità nazionali
competenti prima dell’immissione in commercio di un OGM. L’articolo 14
disciplina la procedura di valutazione da parte dell’autorità nazionale
competente, prevedendo che questa debba concludersi con l’emissione di una
relazione, da trasmettere al notificante e alle autorità competenti europee e
degli altri Stati membri, entro 90 giorni. L’articolo 15, infine, prevede che,
in assenza di obiezioni e osservazioni, ovvero previa risoluzione di eventuali
obiezioni, se l’autorità competente che ha elaborato la relazione decide che il
prodotto può essere immesso in commercio concede l’autorizzazione scritta per l’immissione in commercio, informandone
gli altri Stati membri e
Il provvedimento, infatti, non contiene clausole di coordinamento con la normativa previgente e non fa riferimento al criterio dell’autorizzazione caso per caso, che sembrerebbe invece superare, prevedendo l’individuazione di misure di coesistenza di carattere generale, sulla cui base le Regioni adottano specifici piani di coesistenza. In particolare, si evidenzia che nell’ambito dei piani di coesistenza, per la messa a coltura di organismi geneticamente modificati si fa riferimento ad una semplice comunicazione alla Regione territorialmente competente (la quale, nel decreto legislativo n. 224 del 2003, attuativo della sopra citata direttiva 2001/18/CE, convive con il procedimento di autorizzazione ivi previsto).
Il 22 dicembre 2002 la Commissione ha inviato un parere motivato[3] a nove Stati membri (Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svezia e Portogallo) che non hanno recepito la direttiva 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Oggetto della direttiva è anche la protezione giuridica dei brevetti relativi a invenzioni di materiale biologico di origine vegetale, e le deroghe in caso di loro utilizzazione a fini agricoli.
Si ricorda che la Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza[4] del 9 ottobre 2001, ha respinto il ricorso presentato dai Paesi Bassi il 19 ottobre 1998 volto all'annullamento della direttiva comunitaria 98/44/CE sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche.
Contrariamente a quanto sostenuto dai Paesi Bassi, che ritengono che un'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri in tale materia non sia necessaria e non possa essere assicurata da una direttiva comunitaria, la Corte ha osservato che il dispositivo rientra effettivamente nell'ambito del funzionamento del mercato interno, in quanto contribuisce ad avvicinare le legislazioni degli Stati membri e anche a rimuovere gli ostacoli giuridici allo sviluppo delle attività nel campo dell'ingegneria genetica.
La principale argomentazione dei Paesi Bassi si basava sull'idea che la direttiva, permettendo la brevettabilità di elementi isolati dal corpo umano, fosse lesiva del carattere inalienabile del materiale umano vivente, che è una componente del diritto fondamentale alla dignità umana e all'integrità della persona. La Corte ha ritenuto invece che la direttiva sia sufficientemente garantista, delimitando il diritto dei brevetti in modo sufficientemente rigoroso affinché il corpo umano resti effettivamente indisponibile ed inalienabile e venga salvaguardata la dignità umana.
L'Italia è intervenuta il 27 luglio 1999 a sostegno della posizione espressa dai Paesi Bassi; si ricorda che, prima dell’adozione definitiva della direttiva, la Commissione affari sociali della Camera dei deputati aveva adottato, il 10 marzo 1998, una risoluzione con la quale impegnava il Governo ad opporsi all'adozione di tale direttiva.
Di conseguenza, più recentemente, a seguito della mancata ottemperanza all’obbligo di recepimento della direttiva 98/44/CE, la Commissione ha proposto ricorso alla Corte di giustizia.
Coesistenza
La Commissione ha presentato, il 23 luglio 2003 la raccomandazione recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche (2003/556/CE), cui lo schema di decreto-legge in esame dà attuazione.
Nel corso degli ultimi mesi, il Consiglio agricoltura è più volte tornato a discutere su questioni inerenti la raccomandazione in questione approfondendo in particolare sia gli aspetti relativi alle diversità legislative tra gli Stati membri in materia di coesistenza tra colture transgeniche e non, sia la questione relativa alla presenza accidentale di OGM nelle sementi.
In particolare è stata richiamata l’attenzione sui seguenti punti:
· la necessità di un approccio alla legislazione sugli OGM coordinato tra i vari Stati membri e della messa in comune delle informazioni: alcune delegazioni hanno proposto l’istituzione di una Task Force della Commissione con il compito di coordinare la raccolta e la divulgazione delle pertinenti informazioni a livello comunitario;
· l’opportunità di un chiarimento da parte della Commissione sul valore della soglia oltre la quale la presenza fortuita di OGM nelle sementi convenzionali deve essere dichiarata nell’etichettatura. Il rappresentante della Commissione ha precisato che, non essendo state fissate soglie, tutte le partite contenenti sementi geneticamente modificate autorizzate per la coltivazione nell’UE devono essere etichettate come contenenti OGM (Consiglio agricoltura del 18 ottobre 2004).
La Commissione si è impegnata a presentare una relazione sull’esperienza che si acquisirà negli Stati membri nei due anni successivi alla pubblicazione della raccomandazione, relazione che conterrà, se necessario, una valutazione di tutte le misure possibili e necessarie da adottare.
Sulle problematiche della commercializzazione degli OGM , la Commissione ha presentato, Il 31 agosto 2004, una relazione (COM(2004)575) concernente l’esperienza acquisita dagli Stati membri in materia di immissione in commercio di OGM.
Nel documento, che valuta anche l’impatto della direttiva 2001/18/CE relativa all’emissione deliberata nell’ambiente di OGM sulla diversità degli ecosistemi europei, la Commissione sostiene la necessità di incoraggiare ulteriori ricerche finanziate da programmi comunitari anche su problematiche connesse alla coesistenza tra colture tradizionali e culture geneticamente modiicate.
In materia di commercializzazione e uso di sementi geneticamente modificate, si ricorda che il Comitato di regolamentazione previsto dalla direttiva 2001/18/CE, nella riunione del 29 novembre 2004, non è riuscito a raggiungere la maggioranza sulle proposte di decisione presentate dalla Commissione miranti a costringere l’Austria, il Lussemburgo, la Germania, la Francia e la Grecia a revocare le loro disposizioni nazionali che vietano la commercializzazione e l’uso di varietà di sementi geneticamente modificate già autorizzate dall’UE
L’ 8 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2004)572) relativa all’immissione in commercio di una colza geneticamente modificata (Brassica napus L., linea GT73), tollerante ad un erbicida denominato glifosato.
La proposta, che segue la procedura di comitologia, dovrà essere esaminata dal Consiglio entro i tre mesi successivi alla sua presentazione. Se entro tale termine il Consiglio non ha espresso una posizione, la Commissione può adottare l’atto di esecuzione proposto.
Agricoltura biologica
In materia di agricoltura biologica,la Commissione ha presentato, il 10 giugno 2004, una comunicazione sul piano d’azione europeo per l’agricoltura biologica e gli alimenti biologici (COM(2004)415).
Il documento definisce gli orientamenti generali che secondo la Commissione dovrebbero indirizzare la politica comunitaria sull’agricoltura biologica. In particolare la Commissione propone ventuno azioni concrete da attuare, quali il miglioramento dell’informazione in materia di agricoltura biologica, la razionalizzazione del sostegno pubblico nel quadro dello sviluppo rurale, il miglioramento delle norme di produzione e l’intensificazione della ricerca.
La comunicazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo, mentre il Consiglio, il 18 ottobre 2004, ha approvato conclusioni nelle quali sottolinea la necessità di chiarire le questioni connesse agli OGM.
Si evidenzia che sulla materia dell’uso di OGM in agricoltura sono già state adottate apposite discipline normative da parte di numerose regioni[5], le quali vengono superate (nelle parti non compatibili) dalle disposizioni del presente decreto.
L’articolo 3, comma 1,
rimette a un DM del Ministero delle politiche agricole e forestali, d’intesa
con
L’articolo
7, comma 2, rimette a un DM del Ministero delle politiche agricole e
forestali, d’intesa con
Andrebbe valutata l’opportunità di introdurre nel provvedimento clausole di coordinamento con i decreti legislativi n. 212/2001 e n. 224/2003, i quali, oltre al procedimento di autorizzazione, recano una serie di disposizioni afferenti ad altri aspetti riguardanti gli organismi geneticamente modificati.
Il decreto-legge in esame delinea una disciplina relativa alle colture transgeniche che innova la normativa vigente.
Quest’ultima si basa, essenzialmente, su due decreti legislativi: il decreto legislativo n. 212/2001, recante l’attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli; il decreto legislativo n. 224/2003, recante l’attuazione della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
I due decreti legislativi dettano discipline – non coordinate tra di loro - in buona parte analoghe ed ancorate ad un criterio autorizzatorio per la messa a coltura di sementi di varietà geneticamente modificate, pur ponendo il baricentro, anche dal punto di vista del procedimento di autorizzazione, su diversi Ministeri: il primo decreto si incentra infatti sul Ministero delle politiche agricole e forestali; il secondo sul Ministero dell’ambiente.
Il provvedimento in esame non contiene clausole di coordinamento con la normativa previgente e non fa riferimento al criterio dell’autorizzazione caso per caso, che sembrerebbe invece superare, prevedendo l’individuazione di misure di coesistenza di carattere generale, sulla cui base le Regioni adottano specifici piani di coesistenza. Nell’ambito del piano di coesistenza, per la messa a coltura di organismi geneticamente modificati si fa riferimento ad una semplice comunicazione alla Regione territorialmente competente che, nel decreto legislativo n. 224 del 2003, convive con il procedimento di autorizzazione.
In relazione al “Comitato in materia
di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche” (istituito
dall’art.7) si segnala invece che i decreti legislativi n. 212 del 2001 e n.
224 del 2003 già prevedono altri organismi collegiali chiamati ad un’attività
consultiva in materia di organismi geneticamente modificati. In particolare,
l’articolo 1, coma 3 del decreto legislativo n. 212 del 2001 istituisce
Il 9 novembre 2004 il Governo ha trasmesso alle Camere, per
l’espressione dei pareri di competenza, uno schema di decreto legislativo
recante disposizioni sanzionatorie in applicazione dei regolamenti (CE) nn.1829
e 1830 del
Il Senato sta esaminando in seconda lettura il disegno di legge S. 1745-B, recante delega al Governo in materia di protezione giuridica delle invenzione biotecnologiche.
All’articolo 2, comma 1, andrebbe meglio specificato il significato dell’espressione “senza che nessuna determinazione possa essere assunta al fine di favorire alcune colture a danno di altre”. Appare opportuno, in particolare, chiarire se tale norma codifichi un principio di parità di trattamento tra le tre diverse modalità di coltura (transgenica, biologica, convenzionale), nel qual caso andrebbe valutata la portata normativa della disposizione con specifico riguardo, a titolo esemplificativo, alla coerenza con le disposizioni comunitarie, nazionali e regionali volte ad incentivare le colture biologiche.
All’articolo 2, comma 2, appare opportuno specificare l’oggetto dell’ultima parte del periodo, ove si fa riferimento a “ogni forma di presenza occasionale” (chiarendo, con una più appropriata formulazione, che la norma è volta ad evitare, come pare desumersi da quanto disposto al comma 3, la commistione tra prodotti transgenici e non transgenici).
L’articolo
3, comma 1 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e
forestali, di intesa con
In relazione a tale procedura si evidenziano due aspetti problematici:
· dal punto di vista sostanziale, andrebbe verificata la congruità con il vigente sistema delle fonti del rinvio a un decreto ministeriale del compito di definire norme quadro per la successiva attività regionale, anche tenendo conto dell’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale della Corte costituzionale che sembra consentire, in relazione alle competenze regionali, soltanto l’adozione di atti di mero coordinamento tecnico (sentenze nn. 376/2003 e 17/2004);
· dal punto di vista procedurale, si segnala che gli articoli 3, 4 e 7 delineano un procedimento complesso, vincolato a precise scadenze soltanto per alcuni passaggi. In particolare, l’articolo 7 non stabilisce un termine entro il quale si deve procede alla costituzione del “Comitato in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche”, mentre prevede che il Comitato stesso adotti le linee guida entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. L’articolo 3 non individua il termine entro il quale il Ministro delle politiche agricole e forestali, sulla base delle linee guida, deve adottare il decreto recante le norme quadro per le Regioni, le quali, a loro volta, ai sensi dell’articolo 4, devono adottare i piani di coesistenza, sulla base del citato decreto, entro il 31 dicembre 2005. Infine, andrebbe chiarito se la mancata adozione da parte delle regioni e delle province autonome dei piani di coesistenza entro il termine del 31 dicembre 2005 stabilito all’articolo 8, ferma restando l’attivabilità del potere sostitutivo statale (peraltro non espressamente previsto), sarebbe preclusivo dele coltivazioni OGM anche successivamente a tale scadenza.
All’articolo 3, comma 2, andrebbe specificato il significato dell’espressione “aree omogenee”, anche in considerazione del fatto che tale espressione (né altra sostanzialmente equivalente) non trova rispondenza nella richiamata Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE.
Si fa presente, inoltre, che l’intera disposizione andrebbe più opportunamente collocata – per ragioni di omogeneità normativa - all’articolo 4 del provvedimento, ove è recata la disciplina generale dei Piani di coesistenza regionali.
Con riguardo all’articolo 4, merita segnalare che mentre secondo la relazione illustrativa esso prevede che “all’interno delle aree omogenee, le regioni e le province autonome promuovono il raggiungimento, su base volontaria, di accordi tra imprenditori agricoli, finalizzati ad assicurare la coesistenza tra colture transgeniche e non transgeniche”, dalla lettera dell’articolo 4 non sembra potersi dedurre che tali accordi debbano essere raggiunti unicamente nell’ambito delle aree omogenee.
All’articolo 5 appare opportuna una formulazione della norma idonea ad assicurare una più puntuale definizione dell’ambito soggettivo ed oggettivo della disposizione. In particolare, andrebbero meglio specificati l’ambito e la portata della prevista responsabilità per danni, nonchè le modalità applicative dell’inversione dell’onere probatorio.
All’articolo 7, comma 2, andrebbe valutata l’opportunità di specificare la natura giuridica del decreto ministeriale ivi previsto, al quale si demanda la definizione dell’organizzazione e delle modalità di funzionamento del Comitato istituito, ai sensi del comma 1, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali.
Articolo 1
(Finalità)
1. Il presente decreto, in attuazione della Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, definisce il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione, nonché quelle convenzionali e biologiche, al fine di garantire la libertà di iniziativa economica ed il diritto di scelta dei consumatori.
2. Ai fini dell'attuazione del presente decreto si intendono per:
a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, secondo la definizione di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;
b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991;
c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b).
L’articolo 1 individua le finalità del provvedimento, consistenti nella definizione di un quadro normativo minimo per la coesistenza tra le varie colture e fornisce le definizioni di colture transgeniche, biologiche e convenzionali.
La raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003, individua una serie di orientamenti che gli Stati membri sono chiamati a tenere presenti nell’elaborazione delle strategie nazionali e nella definizione di pratiche in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche.
L’articolo 3 del D.lgs n.224/2003 definisce OGM “un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura mediante accoppiamento o incrocio o con la ricombinazione genetica naturale”.
Il regolamento (CEE) n.2091 del Consiglio, del 24 giugno 1991, disciplina il metodo di produzione biologico di prodotti agricoli, nonché l’etichettatura dei prodotti agricoli e delle derrate alimentari biologici.
Articolo 2
(Salvaguardia del principio di coesistenza)
1. Le colture di cui all'articolo 1 sono praticate senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre e senza che nessuna determinazione possa essere assunta al fine di favorire alcune colture a danno di altre.
2. La coesistenza tra le colture di cui all'articolo 1 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di presenza occasionale.
3. L'attuazione delle regole di coesistenza deve assicurare ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti transgenici e non transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.
L’articolo 2 definisce i principi per la salvaguardia della coesistenza tra le diverse colture. La disposizione, in particolare, dispone che nessuna coltura deve compromettere l’esercizio delle altre, prevede la parità di trattamento tra le diverse colture, la tutela delle peculiarità e specificità produttive di ogni coltura, (da realizzare in primo luogo evitando ogni forma di presenza occasionale di sementi diverse), nonché la reale possibilità di scelta tra prodotti transgenici e non transgenici da parte dei consumatori (da realizzare attraverso la separazione delle rispettive filiere produttive.
Articolo 3
(Applicazione delle misure di coesistenza)
1. Al fine di prevenire il potenziale pregiudizio economico e l'impatto della commistione tra colture transgeniche e non transgeniche, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le norme quadro per la coesistenza, anche con riferimento alle aree di confine tra regioni, sulla base delle linee guida predisposte dal Comitato di cui all'articolo 7. Il suddetto decreto è notificato alla Commissione europea nell'ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE del Consiglio, del 22 giugno 1998.
2. Nell'ambito dei piani regionali di coesistenza le regioni e le province autonome, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, possono individuare nel loro territorio una o più aree omogenee.
L’articolo 3 disciplina l’applicazione delle misure di coesistenza.
Il comma 1 rimette a un
decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, d’intesa con
Il comma 2 prevede che le regioni e nelle province autonome, nell’ambito dei propri Piani di coesistenza, in coerenza con la raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003, possano individuare nel loro territorio una o più aree omogenee.
La direttiva 98/34/CE del Consiglio prevede che gli Stati membri comunichino alla Commissione europea ogni progetto di regola tecnica[6] in discussione.
Gli altri Stati membri, e
Ai sensi dell’articolo 9 della direttiva 98/34/CE, gli Stati membri
presentatori del progetto di regola tecnica rinviano l’adozione di tale
progetto se
Tale rinvio è di
quattro mesi e decorre dalla data in cui
Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione europea sul seguito che intende dare al suddetto parere circostanziato.
La raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003, individua una serie di orientamenti che gli Stati membri sono chiamati a tenere presenti nell’elaborazione delle strategie nazionali e nella definizione di pratiche in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche.
Articolo 4
(Piani di coesistenza)
1. Le regioni e le province autonome adottano, con proprio provvedimento da adottarsi entro il 31 dicembre 2005, il piano di coesistenza in coerenza con il decreto di cui all'articolo 3; tale piano contiene le regole tecniche, con particolare riferimento alle buone pratiche agricole, le condizioni e le modalità per assicurare la coesistenza, prevedendo strumenti che garantiscono la collaborazione degli enti territoriali locali, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
2. Le regioni e le province autonome, nello svolgimento delle procedure di cui al comma 1, assicurano la partecipazione di organizzazioni, associazioni, organismi ed altri soggetti portatori di interessi in materia.
3. Le regioni e le province autonome promuovono il raggiungimento, su base volontaria, di accordi tra imprenditori agricoli, al fine di adottare le misure di gestione dirette per assicurare la coesistenza tra colture transgeniche e non transgeniche.
L’articolo 4 prevede che le regioni e le province autonome, in coerenza con le norme quadro per la coesistenza definite dal Ministero delle politiche agricole, adottino i Piani regionali di coesistenza tra le diverse colture entro il 31 dicembre 2005. I Piani, con il coinvolgimento degli enti locali e degli organismi rappresentativi delle categorie interessate, sono volti a definire le modalità e le condizioni per assicurare la coesistenza tra colture, attraverso la definizione di apposite regole tecniche agricole. Le regioni e le province autonome possono, inoltre, promuovere accordi volontari tra imprenditori al fine di adottare le misure di gestione volte ad assicurare la coesistenza tra le diverse colture.
Articolo 5
(Responsabilità)
1. L'imprenditore agricolo e gli altri soggetti individuati dal piano di coesistenza di cui all'articolo 4, sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo. La responsabilità relativa ai danni diretti ed indiretti causati dall'inosservanza delle misure del piano grava su coloro che espongono altri imprenditori agricoli ai danni suddetti. Sui soggetti che non osservano le misure del piano incombe l'onere probatorio derivante dall'inosservanza delle misure stesse.
2. L'imprenditore agricolo è esente dalle responsabilità di cui al comma 1, nell'ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall'autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l'assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa.
3. Chiunque intenda mettere a coltura organismi genericamente modificati è tenuto a dare la comunicazione di cui all'articolo 30, comma 2, dei decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, ad elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza, sulla base del piano di cui all'articolo 4, nonché a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni relative alle misure di gestione adottate.
4. Le regioni e le province autonome provvedono a definire modalità e procedure per l'istituzione e la tenuta, nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dei dati e degli elementi di cui al comma 3.
L’articolo 5 definisce responsabilità e obblighi degli imprenditori agricoli che usino sementi contenenti OGM.
Per quanto concerne le responsabilità, la mancata osservanza delle misure contenute nei Piani di coesistenza impone il risarcimento dei danni diretti e indiretti causati, con onere della prova a carico del contravventore.
Per quanto concerne gli obblighi, l’imprenditore che metta a coltura OGM è tenuto a darne comunicazione ai sensi dell’art.30, co.2, del D.lgs. n.224/2003, a elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza e a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni sulle misure di gestione adottate.
Le informazioni e i dati sulle colture OGM sono tenute nell’ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), secondo modalità definite dalle regioni e province autonome.
il D.lgs. 8 luglio 2003, n.224 ha recepito nel nostro ordinamento la direttiva 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di OGM. In particolare, l’articolo 30, comma 2, prevede che chiunque coltiva OGM comunica alle regioni e province autonome competenti per territorio, entro quindici giorni dalla messa in coltura, la localizzazione delle coltivazioni e conserva per dieci anni le informazioni relative agli OGM coltivati ed alla loro localizzazione.
Articolo 6
(Sanzioni)
1. Fatte salve le disposizioni previste negli articoli 35, comma 10, e 36 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, chiunque non rispetti le misure previste dai provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 25.000.
2. A chiunque non rispetti le disposizioni di cui all'articolo 8, si applicano le misure sanzionatorie previste dall'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212.
L’articolo 6 disciplina la sanzioni.
Il comma 1, introduce, fatte salve le sanzioni di cui agli articoli 35, comma 10 e 36, del D.lgs. n.224 del 2003, sanzioni amministrative pecuniarie per il mancato rispetto dei Piani di coesistenza.
Il comma 2 introduce, mediante rinvio all’articolo 1, comma 5, del D.lgs. n.212 del 2001, sanzioni penali per l’esercizio di colture transgeniche in violazione del divieto generale previsto dall’articolo 8 fino all’adozione dei Piani di coesistenza regionali (da adottare entro il 31 dicembre 2005).
L’articolo 35, comma 10, del D.lgs. n.224 del 2003, sanziona con
una sanzione amministrativa pecuniaria da euro
L’articolo 36 del D.lgs. n.24 del 2003, definisce le sanzioni per danni provocati alla salute umana e all’ambiente a seguito dell’immissione deliberata di OGM. La disposizione, oltre a prevedere sanzioni penali (arresto e ammenda) per i comportamenti posti in essere in violazione delle norme del decreto, impone a chi ha causato il danno (a pena di ulteriori sanzioni penali) di procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate; resta fermo, in ogni caso, l’obbligo di risarcire il danno non eliminabile con tali misure.
L’articolo 1, comma 5, del D.lgs. n.212 del 2001, prevede che chi mette in coltura prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate senza l'autorizzazione di cui al comma 2[7], è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni o dell'ammenda fino a 100 milioni di lire. La stessa sanzione si applica in caso di revoca o sospensione dell'autorizzazione.
Articolo 7
(Valutazione, monitoraggio e informazione sulla coesistenza)
1. È istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali il «Comitato in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche».
2. L'organizzazione e le modalità di funzionamento del Comitato sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con il Ministro per gli affari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato è composto da esperti qualificati nella materia, di cui due nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali, uno dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, uno designato dal Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie e quattro designati dalla citata Conferenza.
3. Il Comitato di cui al comma 1 predispone, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le linee guida ai fini dell'adozione dei decreto di cui all'articolo 3, comma 1. Il Comitato provvede, inoltre, a monitorare l'applicazione dei principi e delle disposizioni del presente decreto ed a comunicare all'Autorità nazionale competente i risultati di detta attività di monitoraggio.
4. Il Comitato ha, altresì, il compito di proporre le misure relative all'omogeneizzazione delle modalità di controllo ed all'individuazione delle tipologie di risarcimento dei danni. Le relative misure sono adottate con le modalità di cui all'articolo 3, comma 1.
5. Al funzionamento del Comitato ed alle connesse attività, il Ministero delle politiche agricole e forestali provvede senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato. Agli esperti del Comitato non viene corrisposto alcun compenso in aggiunta al gettone di presenza previsto ai sensi della vigente normativa.
L’articolo 7, rimette a
un DM del Ministero delle politiche agricole e forestali, d’intesa con
La raccomandazione 2003/556/CE del 23 luglio 2003, individua una serie di orientamenti che gli Stati membri sono chiamati a tenere presenti nell’elaborazione delle strategie nazionali e nella definizione di pratiche in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche.
Articolo 8
(Norme transitorie)
1. Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, fino all'adozione dei singoli provvedimenti di cui all'articolo 4, le colture transgeniche destinate all'immissione sul mercato non sono consentite.
L’articolo 8 prevede il divieto provvisorio di colture transgeniche destinate all’immissione sul mercato fino all’adozione di ciascuno dei Piani di coesistenza regionali (da adottare entro il 31 dicembre 2005).
Articolo 9
(Norma finanziaria)
1. L'attuazione del presente decreto non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L’articolo 9 esclude che dal decreto derivino nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Articolo 10
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
L’articolo 10 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto.
La prima disciplina di rilievo in materia di produzione e utilizzo di prodotti biotecnologici risale all’inizio degli anni ’90, quando a livello comunitario sono state adottate tre direttive che hanno definito un primo compiuto quadro della materia.
Gli aspetti di maggiore rilievo delle direttive 219 e 220 sono i seguenti:
- gli organismi geneticamente modificati sono classificati in gruppo I (non patogeni, innocui per l'ambiente) e in gruppo II (tutti gli altri);
- le operazioni di ricerca e di sviluppo sono distinte in tipologia A riguardante quelle su scala limitata e tipologia B, di natura industriale e commerciale;
- gli utilizzatori di organismi geneticamente modificati hanno l'obbligo di procedere alla valutazione preventiva dei possibili rischi biologici e di prendere adeguate misure di protezione della salute umana e dell'ambiente;
- una autorità nazionale (per l'Italia il Ministero della Sanità) è tenuto all'osservanza di alcune procedure di notifica e di autorizzazione;
- le autorità nazionali sono tenute a compiti di ispezione e alla protezione delle informazioni riconosciute di natura confidenziale.
La direttiva 90/219/CEE è stata modificata con la direttiva 98/81/CE, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 206 del 2001, mentre la direttiva 2001/18 ha abrogato la direttiva 90/220/CEE (per entrambe vedi infra).
In base a tali norme, in particolare, il datore di lavoro, in accordo con l'Autorità nazionale competente, deve valutare il livello di rischio conseguente all'uso dell'organismo da impiegare e proporre le misure necessarie per ridurre al minimo tale rischio. A ciò consegue il rilascio di una apposita necessaria autorizzazione.
Successivamente sono intervenuti numerosi altri provvedimementi, che hanno disciplinato specifici profili della materia.
Si segnalano, in particolare:
§ ilRegolamento 258/97 del 27 gennaio 1997 sui nuovi prodotti e i nuovi ingredienti alimentari (i cosiddetti novel foods);
§
§ il Regolamento 1139/98 del 26 maggio 1998 che ha sostanzialmente stabilito l’obbligo di indicare nell’etichettatura, di prodotti e ingredienti alimentari derivati da soia geneticamente modificata (di cui alla Dec. 96/281) e da granturco geneticamente modificato (di cui alla Dec.97/98), le caratteristiche che siano diverse da quelle di cui alla direttiva n. 112 del 1979 di disciplina della etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché della relativa pubblicità;
§
Le nuove norme introdotte dalla direttiva 98/81/CE, in particolare:
- confermano l’obbligo di notifica dell’impiego di ogm sia nella ricerca sanitaria e farmaceutica che nell’utilizzo in agricoltura per la successiva autorizzazione da parte del ministero della sanità;
- suddivisione degli ogm in quattro classi di rischio che vanno dal rischio nullo o trascurabile, al basso rischio, rischio moderato e l’alto rischio;
- è richiesta da parte degli utilizzatori la predisposizioni di un piano d’emergenza per il caso di incidenti;
- in tale ultimo caso la bonifica ed il ripristino ambientale è a carico di chi, violando le disposizioni in vigore, abbia con il proprio comportamento provocato il danno;
§ il Regolamento 49/2000 del 10 gennaio 2000 che, modificando il reg. 1139/98, sottrae all’obbligo della menzione in etichetta della presenza di soia o granturco G.M. qualora la quantità contaminata sia entro la soglia dell’1% e sia accidentale, ammettend così la presenza minima accidentale di OGM anche in prodotti dichiarati “non OGM”[8];
§ il Regolamento 50/2000 del 10 gennaio 2000 concernente l’etichettatura dei prodotti e ingredienti alimentari contenenti additivi e aromi geneticamente modificati o derivati da organismi geneticamente modificati;
§
§
La direttiva 2001/18/CE ribadisce la validità del principio di precauzione, prevede un’autorizzazione a tempo determinato ed introduce disposizioni più severe nella valutazione d’impatto ambientale.
Alla direttiva è stata data attuazione con il D.lgs. 8 luglio 2003, n.224. Tale provvedimento, riproducendo in buona misura i contenuti della direttiva 2001/18/CE, ha introdotto significative novità, di seguito riassunte per punti:
- il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (anziché il Ministero della salute[9]) è l’autorità competente per il coordinamento delle amministrazioni pubbliche coinvolte, d’intesa con gli altri ministeri competenti (in particolare i ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali);
- l’indicazione di una metodologia comune per effettuare la valutazione dei rischi connessi all'emissione degli OGM nell'ambiente (i principi applicabili alla valutazione dei rischi ambientali sono contenuti nell'allegato II della direttiva);
- la previsione di misure di garanzia per la tracciabilità a tutti gli stadi dell'immissione in commercio e per l'etichettatura;
- l’introduzione di un meccanismo che permette di modificare, sospendere o cessare l'emissione degli OGM nell'ambiente qualora si disponga di nuove informazioni sui rischi connessi; l’autorizzazione all’immissione sul mercato è valida per un periodo massimo di 10 anni;
- la disciplina dettagliata delle forme di “consultazione pubblica”, per consentire ai soggetti singoli o associati di esprimere le proprie valutazioni.
Di grande rilievo sono i regolamenti (CE) n.1829/2003 e (CE) n.1830/2003.
Il regolamento (CE) n.1829/2003, introduce una normativa settoriale per il rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio di alimenti e di mangimi geneticamente modificati. Il regolamento stabilisce una procedura unica e centralizzata a livello comunitario per il rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio di tre diverse categorie di prodotti:
§ gli OGM destinati ad essere utilizzati come alimento ovvero come mangime. Questi prodotti non sono alimenti, né mangimi, ma OGM, cioè organismi in grado, anche potenzialmente (come le sementi, le spore, ecc.) di riprodursi o di trasferire materiale genetico. Prima dell'entrata in vigore del regolamento(CE) n.1829/2003 l’immissione in commercio di tali prodotti era possibile, per le notifiche presentate in Italia, solo previa autorizzazione del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, come stabilito dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n.224, che ha recepito la direttiva 2001/18/CE sulla emissione deliberata nell’ambiente di OGM;
§ gli alimenti ovvero i mangimi che contengono o sono costituiti da OGM. Questi prodotti sono alimenti e/o mangimi che contengono OGM, quindi, organismi vivi che presentano potenziali rischi di dispersione nell'ambiente, anche se nel loro uso non è prevista, se non in via accidentale, una immissione diretta nell'ambiente. Prima dell'approvazione del regolamento n.1829/2003 per questi prodotti erano necessarie due distinte autorizzazioni: una, per la commercializzazione, rilasciata, per le autorizzazioni richieste in Italia, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed un’altra, per l'uso negli alimenti, rilasciata dalla Commissione europea ai sensi del regolamento (CE) n.258/1997;
§ gli alimenti ovvero i mangimi che contengono derivati da OGM. Per questi prodotti (farine, oli, emulsionanti, ecc…), per i quali è necessaria solo una valutazione dal punto di vista sanitario e veterinario, ma non anche ambientale in quanto, non contenendo OGM, da essi non può derivare alcun rischio per l’ambiente, prima all'entrata in vigore del regolamento in questione era necessaria solo un’autorizzazione ai sensi del citato regolamento (CE) n. 258/1997.
Il regolamento (CE) 1830/2003definisce una normativa generale relativa alle procedure di tracciabilità e di etichettatura degli OGM. Il provvedimento, in particolare, introduce disposizioni:
§ sulla tracciabilità e sulla etichettatura di prodotti contenenti OGM o da essi costituiti;
§ sulla tracciabilità di alimenti e di mangimi ottenuti da OGM (le disposizioni relative all'etichettatura di tali prodotti sono incluse nel regolamento (CE)1829/2003);
§
sull’identificatore unico, vale a dire un codice
numerico o alfa-numerico assegnato ad ogni OGM che permette di ricavare da
apposite banche-dati informazioni specifiche relative allo stesso OGM.
Riguardo alla tracciabilità di prodotti contenenti OGM o da essi costituiti, il
regolamento in questione distingue tra la prima fase dell'immissione in
commercio nell'UE del prodotto e le fasi successive. Per chi opera nella prima
fase prevede l'obbligo di trasmettere all'operatore successivo l'indicazione
che il prodotto contiene OGM o è da essi costituito, nonché l'indicazione degli
identificatori unici assegnati agli OGM presenti nel prodotto. I successivi
operatori della filiera sono, quindi, tenuti a trasmettere agli operatori ai
quali, a loro volta, cedono il prodotto tutte le informazioni loro trasmesse
dall'operatore precedente, a partire da quello che ha effettuato la prima fase
dell'immissione in commercio. Si crea, in questo modo, un meccanismo che
permette di conoscere il movimento dell'OGM nel corso dell’intera filiera
produttiva.
Riguardo, invece, all'etichettatura di prodotti contenenti OGM o da essi
costituiti, il regolamento prevede che i prodotti preconfezionati rechino in
etichetta apposita dicitura sul contenuto di OGM, mentre per i prodotti non
preconfezionati (c.d. "sfusi") offerti al consumatore finale impone
all’operatore l’obbligo di esporre in prossimità del prodotto stesso una
dicitura analoga a quella prevista per le etichette.
Per consentire la tracciabilità di alimenti e di mangimi ottenuti da OGM, gli operatori che immettono in commercio tali prodotti sono tenuti a trasmettere ai successivi operatori della filiera indicazioni di ciascuno degli ingredienti, delle materie prime o degli additivi ottenuti da OGM o, nel caso di prodotti privi di elenco di ingredienti, indicazione del fatto che il prodotto è stato ottenuto da OGM.
Si segnalano, infine, il regolamento (CE)/1946/2003, del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003, che ha introdotto disposizioni sui movimenti transfrontalieri degli organismi geneticamente modificati, e il Regolamento (CE) n. 641/2004 del 6 aprile 2004, recante norme attuative del regolamento (CE) n. 1829/2003 per quanto riguarda la domanda di autorizzazione di nuovi alimenti e mangimi geneticamente modificati, la notifica di prodotti preesistenti e la presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di materiale geneticamente modificato che è stato oggetto di una valutazione del rischio favorevole.
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 5463 _ |
DISEGNO DI LEGGE
presentato dal presidente del consiglio dei ministri
(BERLUSCONI)
dal ministro delle politiche agricole e forestali
(ALEMANNO)
dal ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
(MATTEOLI)
e dal ministro delle attività produttive
(MARZANO)
di concerto con il ministro per le politiche comunitarie
(BUTTIGLIONE)
con il ministro per gli affari regionali
(LA LOGGIA)
con il ministro dell'economia e delle finanze
(SINISCALCO)
e con il ministro della salute
(SIRCHIA)
Conversione in legge del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, recante disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica
Presentato il 29 novembre 2004
Onorevoli Deputati! - La questione dell'impiego in campo agricolo ed alimentare di organismi geneticamente modificati (OGM) è stata affrontata dall'Unione europea soprattutto in riferimento a due aspetti: i potenziali rischi per l'ambiente e la salute umana; il diritto di scelta dei consumatori.
In particolare, tali aspetti sono stati affrontati attraverso la messa a punto di specifici provvedimenti legislativi: la direttiva 2001/18/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001 (in vigore dal 17 ottobre 2002 e recepita in Italia con il decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224) per regolamentare l'immissione deliberata di OGM nell'ambiente; il regolamento sull'etichettatura e la tracciabilità, per assicurare il rispetto del diritto di scelta del consumatore.
È da rilevare che l'entrata in vigore della direttiva 2001/18/CE ha consentito di attivare numerose procedure autorizzative che, una volta concluse, aumenteranno il numero di sementi transgeniche autorizzate e, quindi, pronte ad essere iscritte nel catalogo comune ai fini della coltivazione.
La scelta di etichettare gli OGM, e quindi di distinguere tali prodotti da quelli ottenuti dalle forme di agricoltura convenzionale e biologica, comporta la necessità di tenere distinte anche le relative coltivazioni.
La possibilità di tenere, effettivamente, distinte le coltivazioni convenzionali e biologiche da quelle geneticamente modificate implica l'esigenza di prevedere la messa a punto di norme in grado di regolamentare la coesistenza tra tali, diverse forme di agricoltura.
Il problema della coesistenza di colture geneticamente modificate, convenzionali e biologiche è stato oggetto di ricerche specifiche e a tale tema, nell'aprile e nel novembre 2003, sono state anche dedicate apposite giornate di studio promosse dalla Commissione UE.
I dati scientifici emersi fino ad oggi non sono stati tali da fornire indicazioni univoche riguardo alle possibili soluzioni per affrontare e superare il problema della coesistenza, la cui complessità tende, peraltro, a mutare in funzione di numerose variabili ambientali, territoriali e produttive, a loro volta, estremamente differenziate a livello delle singole regioni europee.
Anche al fine di fare fronte a tali difficoltà, tramite il regolamento sugli alimenti e sui mangimi geneticamente modificati, approvato nel luglio 2003, il testo della direttiva 2001/18/CE è stato integrato con un articolo aggiuntivo che prevede specifiche disposizioni in materia di coesistenza, dando facoltà agli Stati membri di adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti.
Su questo tema è, poi, intervenuta anche la Commissione UE con la raccomandazione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, con la quale sono fornite indicazioni agli Stati membri riguardo alle misure da attuare ai fini della coesistenza.
Alcuni Stati europei (quali, ad esempio, la Germania e la Danimarca) hanno adottato provvedimenti nazionali per regolamentare la coesistenza in modo coerente rispetto alle indicazioni della suddetta raccomandazione.
In Italia, in assenza di un riferimento normativo nazionale, numerose regioni sono intervenute con iniziative, sia legislative, sia politiche, in materia di impiego agricolo degli OGM.
In particolare, numerose regioni (Basilicata, Piemonte, Puglia, Toscana, Marche, Umbria, Campania, Emilia-Romagna, Abruzzo, Lazio, Calabria, Sicilia) hanno aderito alla coalizione «liberi da OGM». Alcune di esse (Puglia, Toscana, Umbria, Marche, Lazio) hanno adottato provvedimenti legislativi finalizzati, sostanzialmente, ad impedire le coltivazioni transgeniche; mentre altre risultano essere prossime ad emanare provvedimenti analoghi (Emilia-Romagna) o hanno dichiarato la volontà di legiferare in materia (Valle d'Aosta, Campania).
La normativa nazionale vigente in materia di sementi consente, unicamente, la coltivazione di semi iscritti nel registro nazionale, ovvero nel catalogo comune europeo.
La Commissione UE, con propria decisione dell'8 settembre 2004, ha autorizzato l'inserimento di 17 nuove varietà di mais transgenico dei tipo MON 810 nel registro comunitario delle sementi, rendendone, di fatto, possibile l'impiego da parte degli agricoltori europei fin dalla prossima campagna di semina.
Considerato che, oltre alle suddette 17 varietà, l'elenco delle varietà transgeniche iscritte al registro comunitario delle sementi è, inevitabilmente, destinato ad allungarsi a seguito dell'ammissione di OGM di nuova autorizzazione ai sensi della direttiva 2001/18/CE, ne risulta che la possibilità di introduzione delle colture transgeniche nel sistema produttivo agricolo italiano è da considerare, ormai, incombente.
Alla luce di quanto sopra, si prefigura pertanto la concreta possibilità della coltivazione di varietà transgeniche in assenza delle norme nazionali di riferimento per assicurare il rispetto delle indicazioni comunitarie in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche ed in presenza di un quadro normativa regionale che, sebbene stia delineandosi in modo sostanzialmente chiaro, sta tuttavia maturando in assenza dell'indispensabile azione di indirizzo e di coordinamento a livello nazionale.
Si pone, dunque, l'urgente necessità di assicurare la coesistenza tra le coltivazioni transgeniche, convenzionali e biologiche e quindi di creare le condizioni affinché sia garantita la libertà di iniziativa economica degli agricoltori.
Risulta, pertanto, evidente la necessità e l'urgenza di adottare una norma nazionale di riferimento dalla quale possa discendere l'attuazione di tutte le misure necessarie per consentire l'effettiva coesistenza tra le diverse forme di agricoltura che è, attualmente, possibile praticare.
A tale fine, il presente decreto, i cui contenuti sono stati definiti d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, reca le disposizioni di seguito illustrate.
All'articolo 1, comma 1, sono indicate le finalità del provvedimento che sono individuate nella definizione di un quadro normativo di riferimento per consentire la coesistenza tra le colture transgeniche, convenzionali e biologiche, nel rispetto delle competenze regionali, della libertà di iniziativa economica degli agricoltori e dei diritto di scelta dei consumatori. Il comma 2 contiene le definizioni, ai fini del presente decreto, di colture transgeniche, biologiche e convenzionali.
All'articolo 2 sono definiti i principi in riferimento ai quali la coesistenza deve essere realizzata e, in particolare, è previsto che:
ogni forma di agricoltura possa essere praticata senza che l'esercizio di una di esse comprometta lo svolgimento delle altre, o comporti, per esse, l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento;
la coesistenza debba essere realizzata in modo tale da tutelare le peculiarità produttive delle diverse forme di agricoltura;
le coltivazioni transgeniche debbano essere praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.
All'articolo 3, comma 1, sono definite le norme di applicazione delle misure di coesistenza. In particolare, è previsto che il Ministro delle politiche agricole e forestali, con proprio decreto, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definisca le norme quadro per la coesistenza, anche con riferimento alle aree di confine tra regioni, sulla base dei riferimenti tecnico-scientifici che saranno forniti da uno specifico Comitato, la cui istituzione è prevista all'articolo 7, Al comma 2 è previsto che le regioni, nell'ambito di specifici piani di coesistenza, possano individuare una o più aree omogenee nel loro territorio, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003.
L'articolo 4 prevede che le regioni e le province autonome adottino con proprio provvedimento, entro il 31 dicembre 2005, un piano ove, in coerenza con le disposizioni recate dal decreto di cui all'articolo 3, sono definite le regole tecniche, le condizioni e le modalità per la realizzazione della coesistenza, prevedendo strumenti che assicurino la partecipazione degli enti territoriali locali, delle organizzazioni professionali agricole e delle organizzazioni presenti nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, Le regioni, con il piano di cui sopra, dovranno anche definire, sulla base di intese, le condizioni e le modalità di realizzazione della coesistenza nelle zone di confine.
È, inoltre, previsto che, all'interno delle aree omogenee, le regioni e le province autonome promuovano il raggiungimento, su base volontaria, di accordi tra imprenditori agricoli, finalizzati ad assicurare la coesistenza tra colture transgeniche e non transgeniche.
Ai fini dell'individuazione delle aree omogenee, le regioni saranno, comunque, tenute a riferirsi a linee generali contenute nel decreto di cui all'articolo 3 ed elaborate dal Comitato di cui all'articolo 7 che, a sua volta, terrà conto dei principali elementi caratterizzanti ai fini della coesistenza, quali le caratteristiche produttive dei territori interessati e, in specie, della presenza di produzioni di qualità regolamentata; le caratteristiche strutturali delle imprese agricole ed in particolare, del grado di frammentazione aziendale; le condizioni climatiche, orografiche, pedologiche, strutturali ed organizzative e logistiche, rilevanti ai fini della separazione tra filiere convenzionali, biologiche e transgeniche; la presenza di attività finalizzate alla produzione di sementi e di altri materiali di moltiplicazione non transgenici.
All'articolo 5 è definito il quadro delle responsabilità e, in particolare, al comma 1 è stabilito che le responsabilità e gli oneri conseguenti all'attuazione delle misure necessarie ad assicurare la coesistenza gravino su coloro che espongono altri soggetti al rischio di danni diretti ed indiretti. Al comma 2 è disposto l'esonero da tali responsabilità per gli imprenditori agricoli che utilizzano sementi certificate dall'autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente
l'assenza di OGM. Al comma 3 è, inoltre, previsto che chiunque intenda mettere a coltura OGM è tenuto a dare la comunicazione ai fini dell'iscrizione nel pubblico registro prevista dall'articolo 30, comma 2, dei decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, ad elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza, nonché a conservare appositi registri aziendali contenenti le informazioni relative alle misure di gestione adottate. Al comma 4 è infine previsto che le regioni e le province autonome provvedano a definire modalità e procedure per l'istituzione e la tenuta, nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), dei dati e degli elementi di cui al comma 3.
La mancata adozione delle misure recate dai provvedimenti regionali di cui all'articolo 4 ed il mancato rispetto del divieto alla coltivazione disposto in via transitoria dall'articolo 8 comporta l'applicazione di specifiche sanzioni, indicate all'articolo 6.
All'articolo 7 è prevista l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, di un Comitato a composizione paritetica tra rappresentanti dello Stato e delle regioni in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche. A tale Comitato partecipano otto esperti nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali, indicati in numero di quattro dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, uno designato dal Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie e, per quanto riguarda la parte statale, dai Ministri delle politiche agricole e forestali (due) e dell'ambiente e della tutela del territorio (uno). Al Comitato sono attribuiti i seguenti compiti: predisporre, in coerenza con la raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le linee guida per la predisposizione del decreto di cui all'articolo 3; monitorare l'applicazione della coesistenza e comunicare i risultati di tale attività all'Autorità nazionale competente; proporre le misure relative all'omogeneizzazione delle modalità di controllo e l'individuazione delle tipologie di risarcimento dei danni. L'organizzazione e le modalità di funzionamento del Comitato sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con il Ministro per gli affari regionali. Al funzionamento del Comitato provvede il Ministero delle politiche agricole e forestali senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.
L'articolo 8 contiene le norme transitorie e, in particolare, prevede che le singole regioni non possono praticare le coltivazioni transgeniche fino al momento in cui le stesse non hanno adottato i piani di coesistenza.
L'articolo 9 contiene la disposizione relativa all'assenza di oneri a carico della finanza pubblica.
L'articolo 10 dispone l'entrata in vigore del decreto.
RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della
legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive modificazioni).
Il provvedimento legislativo in materia di coesistenza non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, essendo prevista l'invarianza della spesa.
L'articolo 7 prevede l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole e forestali, di un Comitato per la valutazione ed il monitoraggio della coesistenza.
In particolare, si fa presente che anche l'articolo 7 non comporta oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. Si stima che, per il primo anno di attività, l'attività di monitoraggio comporterà una spesa di 500.000 euro che sarà coperta con le ordinarie disponibilità di bilancio; si precisa altresì che per gli anni successivi la spesa prevista (che farà sempre carico alle ordinarie dotazioni di bilancio) ammonta a 30.000 euro limitatamente alle spese di funzionamento del Comitato.
Del Comitato fanno parte esperti statali (due nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali e uno dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio) e quattro esperti regionali designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché un esperto designato dal Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie.
Le spese di missione ed i gettoni di presenza per gli esperti nella misura massima di 30.000 euro sono a carico del capitolo 1938 dello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole e forestali; non è previsto alcun compenso particolare in aggiunta al gettone di presenza previsto ai sensi della vigente normativa. La specifica della suddetta spesa può essere distinta nel modo seguente:
2.000 euro per la corresponsione del gettone di presenza per i membri del Comitato (8 membri) per la partecipazione a circa 6 riunioni mensili;
28.000 euro per il rimborso delle spese di missione dei membri del Comitato.
Per le altre attività - limitatamente al primo anno di attività - si prevede di utilizzare le disponibilità di cui al capitolo 7303 nella misura di 470.000 euro per le attività di ricerca e di monitoraggio che, a supporto del Comitato, saranno svolte dagli Istituti di ricerca del comparto agricolo ed agroalimentare.
Si specifica che nell'importo dei 470.000 euro previsti per le attività di ricerca e di monitoraggio non vi sono spese per il personale e che le spese riguarderanno esclusivamente attività di verifica svolte a supporto dell'attività del Comitato.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. È convertito in legge il decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, recante disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2004
Disposizioni urgenti per assicurare la coesistenza tra le forme di agricoltura transgenica, convenzionale e biologica.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77, 87 e 117, secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di definire un quadro normativo minimo che consenta l'attuazione delle misure necessarie per garantire l'effettiva coesistenza tra le diverse forme di colture che attualmente possono essere praticate, in considerazione dell'imminente approvvigionamento delle sementi per la prossima campagna di semina;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione dell'11 novembre 2004;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro delle politiche agricole e forestali, del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, del Ministro delle attività produttive, di concerto con i Ministri per le politiche comunitarie, per gli affari regionali, dell'economia e delle finanze e della salute;
emana
il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
(Finalità).
1. Il presente decreto, in attuazione della Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, definisce il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione, nonché quelle convenzionali e biologiche, al fine di garantire la libertà di iniziativa economica ed il diritto di scelta dei consumatori.
2. Ai fini dell'attuazione del presente decreto si intendono per:
a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, secondo la definizione di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;
b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991;
c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b).
Articolo 2.
(Salvaguardia del principio di coesistenza).
1. Le colture di cui all'articolo 1 sono praticate senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre e senza che nessuna determinazione possa essere assunta al fine di favorire alcune colture a danno di altre.
2. La coesistenza tra le colture di cui all'articolo 1 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di presenza occasionale.
3. L'attuazione delle regole di coesistenza deve assicurare ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti transgenici e non transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.
Articolo 3.
(Applicazione delle misure di coesistenza).
1. Al fine di prevenire il potenziale pregiudizio economico e l'impatto della commistione tra colture transgeniche e non transgeniche, con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le norme quadro per la coesistenza, anche con riferimento alle aree di confine tra regioni, sulla base delle linee guida predisposte dal Comitato di cui all'articolo 7. Il suddetto decreto è notificato alla Commissione europea nell'ambito della procedura prevista dalla direttiva 98/34/CE del Consiglio, del 22 giugno 1998.
2. Nell'ambito dei piani regionali di coesistenza le regioni e le province autonome, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, possono individuare nel loro territorio una o più aree omogenee.
Articolo 4.
(Piani di coesistenza).
1. Le regioni e le province autonome adottano, con proprio provvedimento da adottarsi entro il 31 dicembre 2005, il piano di coesistenza in coerenza con il decreto di cui all'articolo 3; tale piano contiene le regole tecniche, con particolare riferimento alle buone pratiche agricole, le condizioni e le modalità per assicurare la coesistenza, prevedendo strumenti che garantiscono la collaborazione degli enti territoriali locali, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
2. Le regioni e le province autonome, nello svolgimento delle procedure di cui al comma 1, assicurano la partecipazione di organizzazioni, associazioni, organismi ed altri soggetti portatori di interessi in materia.
3. Le regioni e le province autonome promuovono il raggiungimento, su base volontaria, di accordi tra imprenditori agricoli, al fine di adottare le misure di gestione dirette per assicurare la coesistenza tra colture transgeniche e non transgeniche.
Articolo 5.
(Responsabilità).
1. L'imprenditore agricolo e gli altri soggetti individuati dal piano di coesistenza di cui all'articolo 4, sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo. La responsabilità relativa ai danni diretti ed indiretti causati dall'inosservanza delle misure del piano grava su coloro che espongono altri imprenditori agricoli ai danni suddetti. Sui soggetti che non osservano le misure del piano incombe l'onere probatorio derivante dall'inosservanza delle misure stesse.
2. L'imprenditore agricolo è esente dalle responsabilità di cui al comma 1, nell'ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall'autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l'assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa.
3. Chiunque intenda mettere a coltura organismi genericamente modificati è tenuto a dare la comunicazione di cui all'articolo 30, comma 2, dei decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, ad elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza, sulla base del piano di cui all'articolo 4, nonché a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni relative alle misure di gestione adottate.
4. Le regioni e le province autonome provvedono a definire modalità e procedure per l'istituzione e la tenuta, nell'ambito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dei dati e degli elementi di cui al comma 3.
Articolo 6.
(Sanzioni).
1. Fatte salve le disposizioni previste negli articoli 35, comma 10, e 36 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, chiunque non rispetti le misure previste dai provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.500 a euro 25.000.
2. A chiunque non rispetti le disposizioni di cui all'articolo 8, si applicano le misure sanzionatorie previste dall'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212.
Articolo 7.
(Valutazione, monitoraggio e informazione sulla coesistenza).
1. È istituito presso il Ministero delle politiche agricole e forestali il «Comitato in materia di coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche».
2. L'organizzazione e le modalità di funzionamento del Comitato sono definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e con il Ministro per gli affari regionali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato è composto da esperti qualificati nella materia, di cui due nominati dal Ministro delle politiche agricole e forestali, uno dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, uno designato dal Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie e quattro designati dalla citata Conferenza.
3. Il Comitato di cui al comma 1 predispone, in coerenza con la Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le linee guida ai fini dell'adozione dei decreto di cui all'articolo 3, comma 1. Il Comitato provvede, inoltre, a monitorare l'applicazione dei principi e delle disposizioni del presente decreto ed a comunicare all'Autorità nazionale competente i risultati di detta attività di monitoraggio.
4. Il Comitato ha, altresì, il compito di proporre le misure relative all'omogeneizzazione delle modalità di controllo ed all'individuazione delle tipologie di risarcimento dei danni. Le relative misure sono adottate con le modalità di cui all'articolo 3, comma 1.
5. Al funzionamento del Comitato ed alle connesse attività, il Ministero delle politiche agricole e forestali provvede senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato. Agli esperti del Comitato non viene corrisposto alcun compenso in aggiunta al gettone di presenza previsto ai sensi della vigente normativa.
Articolo 8.
(Norme transitorie).
1. Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, fino all'adozione dei singoli provvedimenti di cui all'articolo 4, le colture transgeniche destinate all'immissione sul mercato non sono consentite.
Articolo 9.
(Norma finanziaria).
1. L'attuazione del presente decreto non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Articolo 10.
(Entrata in vigore).
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 22 novembre 2004.
CIAMPI
Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri.
Alemanno, Ministro delle politiche agricole e forestali.
Matteoli, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
Marzano, Ministro delle attività produttive.
Buttiglione, Ministro per le politiche comunitarie.
La Loggia, Ministro per gli affari regionali.
Siniscalco, Ministro dell'economia e delle finanze.
Sirchia, Ministro della salute.
Visto, il Guardasigilli: Castelli.
Codice civile(art. 2135)
Capo II
Dell'impresa agricola
Sezione I
Disposizioni generali
2135. Imprenditore agricolo (1)
È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.
Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge (2).
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(1) Vedi, gli artt. da 8 a 15, L. 3 maggio 1982, n. 203, in materia di contratti agrari. Vedi, inoltre, gli imprenditori agricoli professionali e per le società agricole, gli articoli 1 e 2, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99.
(2) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228. Il comma 2 dello stesso articolo 1 ha disposto che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. In precedenza l'art. 9, D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173, aveva disposto che fossero imprenditori agricoli anche gli esercenti attività di allevamento di equini di qualsiasi razza, in connessione con l'azienda agricola. Gli imprenditori agricoli sono iscritti in una sezione speciale del registro delle imprese ai sensi dell'art. 2, D.P.R. 14 dicembre 1999, n. 558. Il testo del presente articolo in vigore prima della sostituzione del suddetto D.Lgs. n. 228 del 2001, era il seguente:
«Imprenditore agricolo. È imprenditore agricolo chi esercita un'attività diretta alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attività connesse.
Si reputano connesse le attività dirette alla trasformazione o alla alienazione dei prodotti agricoli, quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura».
Costituzione (artt. 77, 87 e 117)
(omissis)
77. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere [Cost. 76], emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni [Cost. 61, 62].
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti (1).
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(1) Vedi l'art. 78, Reg. Senato 17 febbraio 1971 e l'art. 96-bis Reg. Camera 18 febbraio 1971.
(omissis)
87. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
Può inviare messaggi alle Camere [Cost. 74].
Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione [Cost. 61].
Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo [Cost. 71].
Promulga le leggi [Cost. 73, 74, 138] ed emana i decreti aventi valore di legge [Cost. 76, 77] e i regolamenti.
Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione [Cost. 75, 138].
Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere [Cost. 80].
Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere [Cost. 78].
Presiede il Consiglio superiore della magistratura [Cost. 104].
Può concedere grazia e commutare le pene.
Conferisce le onorificenze della Repubblica (1).
(omissis)
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(1) Con D.P.R. 9 ottobre 2000 (Gazz. Uff. 14 ottobre 2000, n. 241) è stato approvato il modello dello stendardo del Presidente della Repubblica.
(omissis)
117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).
------------------------
(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».
D.lgs.
30 aprile 1998, n. 173
Disposizioni
in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento
strutturale delle imprese agricole, a norma dell'articolo55, commi 14 e 15, della L. 27 dicembre 1997, n. 449 (art. 15)
______________
Pubblicato nella Gazz. Uff. 5 giugno 1998, n. 129.
(omissis)
15. Servizi di interesse pubblico.
1. Il SIAN, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di cui al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143 (28), ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma 4.
2. Il SIAN, istituito con legge 4 giugno 1984, n. 194 (27), è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 (29), e all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo.
3. Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese, di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581 (30), gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con i medesimi regolamenti, di cui all'articolo 14, comma 3, sono altresì definite le modalità di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare.
4. Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi precedenti definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti.
5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio.
6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si farà fronte nei limiti delle autorizzazioni di spesa all'uopo recate da appositi provvedimenti legislativi.
------------------------
(28) Riportato alla voce Ministero per le politiche agricole.
(27) Riportata al n. D/CXLIV.
(29) Riportata alla voce Boschi, foreste e territori montani.
(30) Riportato alla voce Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
(omissis)
D.Lgs.
24-04-2001 n. 212
Attuazione
delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti
sementieri, il catologo comune delle varietà delle specie di piante agricole e
relativi controlli (art. 1)
‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑‑
Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 giugno 2001, n. 131.
1. 1. Il presente decreto dà attuazione alle disposizioni dell'Unione europea, concernenti la libera circolazione delle sementi nell'àmbito dell'Unione stessa, di cui alle direttive 98/95/CE e 98/96/CE. Al fine di assicurare la tutela della salute umana e dell'ambiente, detta attuazione avviene nel rispetto del principio di precauzione di cui all'articolo 174.2 del Trattato di Amsterdam.
2. Ai prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate si applicano le disposizioni della legge 25 novembre 1971, n. 1096 e della legge 20 aprile 1976, n. 195, e, per quanto non disposto da dette leggi o dal presente articolo, continuano ad applicarsi le disposizioni recate dal decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92, e successive modificazioni. La messa in coltura dei prodotti sementieri di cui al presente comma è soggetta ad autorizzazione con provvedimento del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanità, emanato previo parere della Commissione di cui al comma 3, nel quale sono stabilite misure idonee a garantire che le colture derivanti da prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in contatto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche.
3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è istituita presso il Ministero delle politiche agricole e forestali la Commissione per i prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate, composta da dodici membri designati: due dal Ministero delle politiche agricole e forestali; due dal Ministero dell'ambiente; due dal Ministero della sanità; sei dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Non sono previsti compensi per i componenti della Commissione nè oneri di missione a carico dello Stato.
4. La Commissione di cui al comma 3:
a) esprime pareri sulle condizioni tecniche da seguire nella messa a coltura di prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate al fine di garantire gli obiettivi del comma 2;
b) definisce, nel caso di eventuali deroghe concesse ai sensi del comma 1 dell'articolo 37 della legge n. 1096 del 1971, come sostituito dall'articolo 10 del presente decreto, i criteri per il rispetto del principio di precauzione e delle disposizioni del decreto legislativo n. 92 del 1993, e successive modificazioni;
c) accerta che sia stata verificata l'assenza di rischi di cui all'articolo 20-bis, comma 1, lettera b), della legge n. 1096 del 1971, come aggiunto dall'articolo 9 del presente decreto, d'intesa con le regioni interessate ai sistemi agrari soggetti alla verifica stessa;
d) esprime parere vincolante alla commissione di cui al quinto comma dell'articolo 19 della legge n. 1096 del 1971, sulla richiesta di iscrizione di varietà di sementi geneticamente modificate nell'apposita sezione del registro delle varietà di cui all'articolo 17 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1973, n. 1065;
e) individua i criteri in base ai quali è effettuato il monitoraggio dei prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate, compresa la definizione dei criteri da adottare per la verifica della presenza fortuita di sementi geneticamente modificate in lotti di prodotti sementieri convenzionali.
5. Chi mette in coltura prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate senza l'autorizzazione di cui al comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni o dell'ammenda fino a 100 milioni di lire. La stessa sanzione si applica in caso di revoca o sospensione dell'autorizzazione.
6. Chi non osserva le prescrizioni stabilite nel provvedimento di autorizzazione di cui al comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 15 milioni a lire 90 milioni.
7. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e il Ministro della sanità, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite norme di applicazione delle disposizioni relative ai prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate, con riguardo alle modalità e criteri per la messa a punto di protocolli tecnici di analisi e controllo e all'individuazione e messa a punto di piani di monitoraggio e sorveglianza sull'uso corretto di tali prodotti, sugli effetti prodotti dalla coltivazione degli stessi e sulla loro messa in commercio.
(omissis)
D.Lgs.
8 luglio 2003, n. 224
Attuazione
della direttiva 2001/18/CE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati.
(1).
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 agosto 2003, n. 194, S.O.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio;
Vista la decisione 2002/623/CE del 24 luglio 2002 della Commissione;
Vista la decisione 2002/812/CE del 3 ottobre 2002 del Consiglio;
Vista la decisione 2002/813/CE del 3 ottobre 2002 del Consiglio;
Vista la legge 1° marzo 2002, n. 39, ed in particolare l'articolo 1 e l'allegato B;
Visti il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92, e le relative norme applicative;
Vista la legge 16 marzo 2001, n. 108, recante ratifica ed esecuzione della Convenzione sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale, con due allegati, fatta ad Aarhus il 25 giugno 1998;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 20 dicembre 2002;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 3 luglio 2003;
Sulla proposta dei Ministri per le politiche comunitarie e dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze, della salute, del lavoro e delle politiche sociali, delle attività produttive, delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali;
Emana il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
Disposizioni generali.
Art. 1.
Campo di applicazione.
1. Il presente decreto stabilisce, nel rispetto del principio di precauzione, le misure volte a proteggere la salute umana, animale e l'ambiente relativamente alle attività di rilascio di organismi geneticamente modificati, in seguito denominati OGM, nei confronti della:
a) emissione deliberata per scopi diversi dall'immissione sul mercato;
b) immissione sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti.
2. Ai fini del presente decreto, i riferimenti agli OGM vanno intesi in senso estensivo ricomprendente, oltre ai singoli OGM, come tali o contenuti in prodotti, anche le loro combinazioni.
3. È comunque vietata l'emissione deliberata o l'immissione sul mercato di OGM al di fuori delle ipotesi previste dal presente decreto.
Art. 2.
Autorità nazionale competente.
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in quanto autorità nazionale competente, coordina le attività amministrative e tecnico-scientifiche relative all'attuazione delle misure contenute nel presente decreto, d'intesa, per quanto di rispettiva competenza, con i Ministri della salute, del lavoro e delle politiche sociali, delle politiche agricole e forestali, delle attività produttive e dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
2. L'autorità di cui al comma 1, rilascia il provvedimento di autorizzazione sulla base:
a) delle verifiche effettuate dalla Commissione di cui all'articolo 6 per accertare che le autorizzazioni all'emissione deliberata nell'ambiente a scopo sperimentale e alla immissione sul mercato siano conformi alle disposizioni del presente decreto;
b) delle valutazioni di possibili effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente con particolare attenzione agli ecosistemi naturali;
c) della compatibilità dell'emissione deliberata nell'ambiente o dell'immissione sul mercato con l'esigenza di tutela dell'agrobiodiversità, dei sistemi agrari e della filiera agroalimentare, con particolare riferimento ai prodotti tipici, biologici e di qualità.
Art. 3.
Definizioni.
1. Ai fini del presente decreto si intende per:
a) organismo: un'entità biologica capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico;
b) organismo geneticamente modificato (OGM): un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto si verifica in natura mediante accoppiamento o incrocio o con la ricombinazione genetica naturale. Nell'àmbito di tale definizione:
1) una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l'impiego delle tecniche elencate nell'allegato I A, parte 1;
2) le tecniche elencate nell'allegato I A, parte 2, non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica;
c) emissione deliberata: qualsiasi introduzione intenzionale nell'ambiente di un OGM per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi;
d) immissione sul mercato: la messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente. Non costituiscono immissione sul mercato le seguenti operazioni:
1) la messa a disposizione di microrganismi geneticamente modificati per attività disciplinate dal decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati, ivi comprese le attività che comportano collezioni di colture;
2) la messa a disposizione di OGM diversi dai microrganismi di cui al punto 1) destinati ad essere impiegati unicamente in attività in cui si attuano misure rigorose e specifiche di confinamento atte a limitare il contatto di questi organismi con la popolazione e con l'ambiente e a garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi; tali misure si basano sugli stessi princìpi di confinamento stabiliti dal decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206;
3) la messa a disposizione di OGM da utilizzarsi esclusivamente per emissioni deliberate a norma del Titolo II del presente decreto;
e) notifica: la trasmissione, in quadruplice copia, con l'aggiunta di una copia per ogni regione e provincia autonoma interessata per le notifiche di cui al Titolo II, delle informazioni prescritte nel presente decreto all'autorità nazionale competente di cui all'articolo 2 effettuata con qualsiasi mezzo che lasci, comunque, traccia scritta, ovvero la trasmissione di informazioni della stessa natura ad una autorità competente di un altro Stato membro dell'Unione europea;
f) notificante: il soggetto a carico del quale incombe l'obbligo di notifica;
g) prodotto: un preparato costituito da o contenente OGM, che viene immesso sul mercato;
h) valutazione del rischio ambientale: la valutazione, effettuata a norma dell'articolo 5, comma 1, dei rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono essere connessi all'emissione deliberata o all'immissione sul mercato di OGM;
i) consultazione pubblica: la possibilità offerta a qualunque persona fisica o giuridica, istituzione, organizzazione o associazione di formulare osservazioni o fornire informazioni in merito a ciascuna notifica.
Art. 4.
Deroghe.
1. Il presente decreto non si applica agli organismi ottenuti con le tecniche di modificazione genetica di cui all'allegato I B.
2. Il presente decreto non si applica al trasporto di OGM per ferrovia, su strada, per vie navigabili interne, per mare o per via aerea.
Art. 5.
Obblighi generali.
1. Prima di presentare una notifica ai sensi del Titolo II o del Titolo III, il notificante effettua una valutazione del rischio ambientale a norma dell'allegato II: tenendo conto dell'impatto ambientale in funzione del tipo di organismo introdotto e dell'ambiente ospite. I potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti sulla salute umana, animale e sull'ambiente, compresi quelli eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall'OGM ad altri organismi, sono attentamente valutati caso per caso. Le informazioni necessarie all'esecuzione di tale valutazione figurano nell'allegato III. Le valutazioni effettuate sono oggetto della notifica di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20. Ogniqualvolta il notificante è tenuto a trasmettere informazioni all'autorità competente di cui all'articolo 2, deve inviare la documentazione in quadruplice copia, con l'aggiunta di una copia per ogni regione e provincia autonoma interessata, relativamente alle notifiche di cui al Titolo II del presente decreto.
2. L'autorità nazionale competente, ricevuta la notifica di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20:
a) effettua l'istruttoria preliminare verificando la conformità formale della notifica alle disposizioni del presente decreto ed il pagamento delle tariffe di cui all'articolo 33 e richiedendo, se del caso, il completamento della documentazione al notificante;
b) dopo l'istruttoria preliminare trasmette copia della notifica ai Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, di seguito denominata APAT, e, relativamente al Titolo II, ad ogni regione e provincia autonoma interessata, e la sottopone al parere della Commissione di cui all'articolo 6;
c) provvede a consultare ed informare il pubblico, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, ai sensi degli articoli 12 e 26;
d) trasmette ai Ministeri della salute, delle politiche agricole e forestali, all'APAT e ad ogni regione e provincia autonoma interessata, copia della relazione conclusiva di cui all'articolo 13 e la sottopone al parere della Commissione interministeriale di cui all'articolo 6;
e) provvede allo scambio di informazioni con la Commissione europea e le autorità competenti degli altri Stati membri in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 14;
f) informa il notificante di aver ricevuto la notifica di cui agli articoli 8 e 11 e, successivamente, invia allo stesso l'autorizzazione o la comunicazione di cui all'articolo 9, comma 3;
g) informa il notificante di aver ricevuto la notifica di cui agli articoli 16 e 20 e, successivamente, invia allo stesso la relazione di valutazione di cui agli articoli 17 e 20;
h) invia alla Commissione europea la relazione di valutazione di cui alla lettera g);
i) rilascia l'autorizzazione scritta di cui agli articoli 9, 18 e 20;
l) provvede in merito alla riservatezza dei dati, ai sensi dell'articolo 27;
m) prescrive i requisiti di etichettatura e di imballaggio di cui all'articolo 24;
n) adotta, per quanto di competenza, i provvedimenti di urgenza di cui all'articolo 25;
o) motiva qualsiasi richiesta di documentazione o di informazioni supplementari che si renda necessaria ai fini delle valutazioni previste dal presente decreto.
3. L'autorità nazionale competente, avvalendosi della Commissione di cui all'articolo 6:
a) assicura che siano adottate, nel rispetto del principio di precauzione, tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana, animale e sull'ambiente che potrebbero derivare dall'emissione deliberata dall'immissione sul mercato di OGM;
b) verifica che le valutazioni di cui al comma 1 siano state effettuate in conformità a quanto previsto dal presente decreto e che le conclusioni siano conformi ai risultati ottenuti;
c) assicura che siano adottate misure idonee a garantire, nel rispetto dell'allegato IV, la tracciabilità in tutte le fasi dell'immissione sul mercato di OGM autorizzati a norma del Titolo III;
d) al momento della valutazione dei rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente assicura che gli OGM che contengono geni che esprimono una resistenza agli antibiotici utilizzati per trattamenti medici o veterinari siano presi in particolare considerazione, fermo restando che l'eliminazione graduale dei marcatori di resistenza agli antibiotici deve avvenire, entro il 31 dicembre 2004, per gli OGM disciplinati al Titolo II, e, entro il 31 dicembre 2008, per gli OGM disciplinati al Titolo III;
e) valuta ed esprime un parere in merito alla relazione conclusiva di cui all'art. 13, informandone il notificante;
f) valuta le relazioni concernenti il monitoraggio di cui all'articolo 22;
g) valuta le relazioni di valutazione e le informazioni trasmesse dalle autorità competenti degli altri Stati membri e dalla Commissione europea;
h) presenta eventuali osservazioni alla Commissione europea all'esito delle valutazioni di cui all'articolo 6, comma 2;
i) valuta tutte le nuove informazioni comunque acquisite in merito ai rischi di un OGM.
4. L'autorità nazionale competente adotta le misure necessarie per porre immediatamente termine all'emissione deliberata nell'ambiente o all'immissione sul mercato di OGM che non siano stati autorizzati ai sensi del presente decreto. Detta autorità, sentita la Commissione di cui all'art. 6, stabilisce le misure necessarie per la messa in sicurezza, il ripristino e la bonifica dei siti interessati, nonché per lo smaltimento dei rifiuti e dà immediata comunicazione alla Commissione europea, alle autorità competenti degli altri Stati membri, ai Ministeri di cui all'articolo 2, alle regioni e province autonome e al pubblico dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.
Art. 6.
Commissione interministeriale di valutazione.
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da adottarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, è istituita una Commissione interministeriale per l'elaborazione dei pareri sulle notifiche e sulle informazioni di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20 con il compito di:
a) verificare che il contenuto di dette notifiche e informazioni sia conforme alle disposizioni del presente decreto;
b) esaminare qualsiasi osservazione sulle notifiche eventualmente presentata dalle autorità competenti degli altri Stati membri e dal pubblico;
c) valutare i rischi dell'emissione per la salute umana, animale e per l'ambiente;
d) esaminare le informazioni del notificante di cui agli articoli 8, 11, 16 e 20 e promuovere, ove lo ritenga necessario, la richiesta di parere al Consiglio superiore di sanità e al Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
e) disporre, se del caso, la consultazione delle parti sociali, del pubblico e di ogni altro soggetto interessato, ivi compresi eventuali comitati scientifici ed etici, sia nazionali che comunitari;
f) redigere le proprie conclusioni e, nei casi previsti, la relazione di valutazione di cui agli articoli 17 e 20.
2. La Commissione interministeriale di cui al comma 1, esamina le relazioni di valutazione e le informazioni relative all'emissione deliberata e all'immissione sul mercato di OGM provenienti dalle autorità competenti degli altri Stati membri e dalla Commissione europea e trasmesse all'autorità competente ai sensi della direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001, del Parlamento europeo e del Consiglio pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 17 aprile 2001, n. L 106, richiedendo, se del caso, ulteriori informazioni ed esprimendo il proprio parere sulla base della valutazione dei rischi dell'emissione.
3. La Commissione interministeriale di cui al comma 1 è presieduta da un direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ovvero da un suo sostituto, ed è composta da rappresentanti e da esperti di comprovata competenza scientifica designati dalle amministrazioni interessate, così ripartiti:
a) un rappresentante del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole e forestali;
d) un rappresentante del Ministero delle attività produttive;
e) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
f) tre rappresentanti della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome;
g) due esperti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio;
h) due esperti del Ministero della salute;
i) due esperti del Ministero delle politiche agricole e forestali;
j) due esperti dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);
k) un esperto dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN);
l) un esperto del Ministero delle attività produttive;
m) un esperto dell'Istituto superiore di sanità;
n) un esperto dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro.
4. Per ciascuno dei componenti di cui al comma 3 è nominato un membro supplente di comprovata esperienza e competenza.
5. Le funzioni di segreteria della Commissione di cui al comma 1, sono svolte dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, presso il quale la medesima ha sede.
6. La Commissione interministeriale di valutazione, i cui componenti durano in carica quattro anni, adotta, entro sessanta giorni dalla data della sua istituzione, un regolamento di funzionamento interno.
7. All'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, le parole da «anche per l'esercizio» fino a «decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92», sono soppresse.
8. Le disposizioni di cui al comma 7 si applicano a partire dall'entrata in vigore del decreto previsto al comma 1. Dalla stessa data il notificante provvede al versamento delle tariffe di cui all'articolo 33 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
TITOLO II
Emissione deliberata nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato.
Art. 7.
Preparati medicinali.
1. Gli articoli da 8 a 14 non si applicano alle sostanze e ai preparati medicinali per uso umano contenenti o consistenti in un OGM purché la loro emissione deliberata a fini diversi dalla immissione sul mercato sia autorizzata da una normativa che faccia riferimento al presente decreto e che preveda:
a) quantomeno una valutazione specifica del rischio ambientale ai sensi dell'allegato II, sulla base delle informazioni specificate all'allegato III;
b) l'autorizzazione alla sperimentazione;
c) un piano di sorveglianza conforme a quanto previsto dall'allegato III A, parte E, punti 1, 2 e 4, allo scopo di individuare gli effetti dello o degli OGM sulla salute umana, animale e sull'ambiente;
d) disposizioni relative al trattamento di nuove informazioni, informazione al pubblico, informazione sui risultati delle emissioni, scambi di informazioni almeno equivalenti a quelle contenute nel presente decreto;
e) la necessità del consenso esplicito da parte dei soggetti sottoposti alla sperimentazione.
2. La valutazione dei rischi per l'ambiente presentati dalle sostanze e dai preparati di cui al comma 1 è effettuata dalla Commissione di cui all'articolo 6 e comunicata al Ministero della salute per i provvedimenti di competenza.
Art. 8.
Notifica.
1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 7, chiunque intende effettuare un'emissione deliberata nell'ambiente di un OGM è tenuto a presentare preventivamente una notifica all'autorità nazionale competente.
2. La notifica comprende:
a) un fascicolo tecnico, su supporto cartaceo ed informatico, contenente le informazioni di cui all'allegato III necessarie per valutare il rischio ambientale connesso all'emissione deliberata dell'OGM e in particolare:
1) informazioni generali, comprese quelle relative al personale e alla sua formazione;
2) informazioni relative all'OGM;
3) informazioni relative alle condizioni di emissione e al potenziale ambiente ospite;
4) informazioni sulle interazioni tra OGM e ambiente;
5) un piano di monitoraggio conforme alle pertinenti parti dell'allegato III e diretto a individuare gli effetti dell'OGM sulla salute umana, animale e sull'ambiente;
6) informazioni relative ai piani di controllo, ai metodi di bonifica, al trattamento dei rifiuti e ai piani di intervento in caso di emergenza;
7) una sintesi delle informazioni di cui ai punti precedenti, redatta nelle lingue italiana ed inglese in conformità alle linee guida di cui alla decisione 2002/813/CE del 3 ottobre 2002, del Consiglio pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 18 ottobre 2002, n. L 280, che contenga anche tutte le informazioni di cui all'articolo 27, comma 4.
b) la valutazione del rischio ambientale e le conclusioni prescritte dall'allegato II, parte D, con i riferimenti bibliografici e l'indicazione dei metodi utilizzati, su supporto cartaceo ed informatico;
c) la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare, in conformità alle prescrizioni stabilite dal decreto di cui al comma 6.
3. Il notificante può rinviare a dati o risultati di notifiche già presentate anche da altri notificanti o può presentare ulteriori informazioni, a suo avviso pertinenti, a condizione che tali informazioni, dati e risultati siano relativi a rilasci effettuati in siti o in ecosistemi del tutto simili a quelli oggetto della notifica. Tali informazioni, dati o risultati, se di terzi e dichiarati di carattere riservato, devono essere accompagnati da una lettera di accesso rilasciata dal titolare della relativa proprietà intellettuale.
4. L'autorità nazionale competente può accettare che le emissioni dello stesso OGM in uno stesso luogo o in luoghi diversi per lo stesso scopo e in un periodo determinato di tempo possano essere comunicate con un'unica notifica.
5. Per ogni successiva emissione dello stesso OGM, precedentemente notificato come parte dello stesso programma di ricerca, il notificante è tenuto ad inviare una nuova notifica. In questo caso, il notificante può fare riferimento ai dati forniti in notifiche precedenti o ai risultati relativi ad emissioni precedenti.
6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sono definite, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, le prescrizioni ai fini della valutazione del rischio di cui al comma 2, lettera c).
Art. 9.
Istruttoria della notifica.
1. Ricevuta la notifica di cui all'articolo 8 ed effettuata l'istruttoria preliminare di cui all'articolo 5, comma 2, lettera a), l'autorità nazionale competente, non appena possibile e, comunque, non oltre quindici giorni dal ricevimento della stessa:
a) trasmette copia della notifica come previsto dall'articolo 5, comma 2, lettera b);
b) avvia, ai sensi dell'articolo 5, la consultazione pubblica di cui all'articolo 12.
2. La Commissione di cui all'articolo 6, entro sessanta giorni dalla conclusione della consultazione pubblica di cui all'articolo 12, effettua la valutazione della notifica e, tenuto conto delle osservazioni eventualmente pervenute nel corso della consultazione stessa, nonché delle specifiche esigenze di prevenzione ambientale e di tutela della salute umana, individuate rispettivamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dal Ministero della salute, e delle condizioni per la protezione dei sistemi agrari proposte dal Ministero delle politiche agricole e forestali, redige e trasmette all'autorità nazionale competente le proprie conclusioni.
3. Entro quindici giorni dalla scadenza di cui al comma 2, sentiti, per quanto di rispettiva competenza, i Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, l'autorità nazionale competente:
a) rilascia al notificante una autorizzazione scritta all'emissione, precisandone le condizioni che, comunque, non possono essere meno restrittive di quelle contenute nelle conclusioni di cui al comma 2, provvedendo contestualmente a darne comunicazione alle regioni e alle province autonome interessate; ovvero
b) comunica per iscritto al notificante i motivi del diniego.
4. Nel calcolo dei termini di cui ai commi 1 e 2 non è computato il periodo di tempo durante il quale l'autorità nazionale competente o la Commissione di cui all'articolo 6 sono in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante.
5. Nel calcolo dei termini di cui ai commi 1 e 2 non è, altresì, computato il periodo di tempo necessario all'autorità nazionale competente o alla Commissione di cui all'articolo 6, per l'esame delle nuove informazioni trasmesse dal notificante, o comunque acquisite, che prevedono una nuova valutazione. Tale periodo non può superare la durata di trenta giorni.
6. Il notificante può procedere all'emissione solamente dopo il rilascio del provvedimento di autorizzazione dell'autorità nazionale competente, rispettando tutte le condizioni in essa precisate.
Art. 10.
Procedure differenziate e semplificate.
1. L'autorità nazionale competente, ove siano disponibili sufficienti evidenze scientifiche riguardo alle emissioni di taluni OGM in determinati ecosistemi e se gli OGM in questione soddisfano i criteri enunciati nell'allegato V, acquisito il parere della Commissione di cui all'articolo 6 e dei Ministeri di cui all'articolo 2, per quanto di rispettiva competenza, può presentare alla Commissione europea una proposta motivata al fine di ottenere un'autorizzazione alla applicazione di procedure differenziate o semplificate per tali tipi di OGM.
Art. 11.
Modifiche e nuove informazioni sulle notifiche.
1. Il notificante, prima di adottare qualsiasi modifica dell'emissione deliberata di un OGM già autorizzata oppure nel caso di una variazione non intenzionale della stessa, con possibili conseguenze sui rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente, ovvero nel caso in cui si rendono disponibili nuove informazioni su detti rischi mentre è in corso l'esame della notifica o dopo che sia stata rilasciata l'autorizzazione, provvede immediatamente a:
a) effettuare una nuova valutazione del rischio, in conformità ai princìpi indicati nell'allegato II, basata sui nuovi od ulteriori elementi acquisiti;
b) riesaminare le misure specificate nella notifica, ovvero, nel caso sia già stata rilasciata l'autorizzazione all'emissione deliberata, quelle eventualmente specificate in quest'ultima al fine di adeguarla alle nuove esigenze;
c) adottare comunque le misure di carattere urgente necessarie per la tutela della salute umana, animale e dell'ambiente;
d) informare l'autorità nazionale competente e le regioni e province autonome interessate mediante apposita comunicazione che contempli le nuove informazioni e le valutazioni di cui ai punti a) e b), nonché le eventuali misure adottate di cui al punto c); la comunicazione deve essere inviata prima di adottare qualsiasi modifica di carattere non urgente o non appena la variazione non intenzionale sia nota o le nuove informazioni siano disponibili.
2. Se l'autorità nazionale competente viene a conoscenza, direttamente o tramite i Ministeri di cui all'articolo 2 o da altra fonte, di nuove informazioni ritenute rilevanti ai fini dell'esistenza di nuovi o maggiori rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente o delle circostanze di cui al comma 1, le valuta, avvalendosi della Commissione di cui all'articolo 6, le comunica alle regioni e alle province autonome interessate, le rende accessibili al pubblico e impone al notificante, ove necessario, di modificare le modalità dell'emissione deliberata, di sospenderla o di interromperla definitivamente, informandone il pubblico.
Art. 12.
Consultazione e informazione pubblica.
1. Fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 27, l'autorità nazionale competente provvede, secondo le modalità indicate nell'allegato VIII, ad effettuare la consultazione pubblica e a garantire l'accesso alle informazioni in merito alle notifiche e alle emissioni deliberate nell'ambiente di OGM contemplate nel Titolo II.
2. Sono oggetto di consultazione pubblica, ai sensi del comma 1, i seguenti documenti ed informazioni forniti dal notificante:
a) la sintesi del fascicolo di cui all'articolo 8, comma 2, lettera a), punto 7;
b) la valutazione del rischio ambientale di cui all'articolo 8, comma 2, lettera b);
c) ogni nuova informazione di cui all'articolo 11, comma 2.
3. I documenti e le informazioni di cui al comma 2 restano disponibili per la consultazione pubblica secondo le modalità dell'allegato VIII per un periodo di trenta giorni.
4. L'autorità nazionale competente, al termine del periodo di cui al comma 3 raccoglie e trasmette alla Commissione di cui all'articolo 6, tutte le osservazioni eventualmente pervenute nel corso della consultazione;
5. L'autorità nazionale competente rende pubbliche, secondo le modalità dell'allegato VIII, le informazioni concernenti:
a) i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 5, comma 4;
b) gli esiti dei controlli del piano di monitoraggio di cui all'articolo 8, comma 2, lettera a), punto 5);
c) le conclusioni della valutazione di cui all'articolo 9, comma 2;
d) il provvedimento di autorizzazione o di diniego di cui all'articolo 9, comma 3;
e) le proposte di cui all'articolo 10, ove non già rese pubbliche dalla Commissione europea;
f) la relazione conclusiva ed il parere sull'emissione di cui all'articolo 13.
6. Chiunque coltiva piante geneticamente modificate appone adeguati cartelli di segnalazione che indicano chiaramente la presenza di OGM.
Art. 13.
Relazione conclusiva sull'emissione.
1. All'esito di ciascuna emissione e alle scadenze eventualmente fissate nel provvedimento di autorizzazione, il notificante invia all'autorità nazionale competente una relazione conclusiva sull'emissione stessa nella quale sono riportati i risultati della verifica sperimentale sui possibili rischi ed impatti per la salute umana, animale e per l'ambiente.
2. L'autorità nazionale competente trasmette copia della relazione di cui al comma 1 ai Ministeri della salute, delle politiche agricole e forestali, all'APAT ed alle regioni e province autonome interessate.
3. L'autorità nazionale competente, avvalendosi della Commissione di cui all'articolo 6, effettua una valutazione della relazione di cui al comma 1, elaborando sulla stessa un parere che deve essere comunicato al notificante ed alle regioni e province autonome interessate.
Art. 14.
Scambio di informazioni con le autorità competenti degli altri Stati membri e con la Commissione europea.
1. L'autorità nazionale competente invia alla Commissione europea, entro trenta giorni dal ricevimento, una sintesi di ogni notifica ricevuta a norma dell'articolo 8.
2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, l'autorità nazionale competente informa le autorità competenti degli altri Stati membri e la Commissione europea delle decisioni definitive adottate a norma dell'articolo 9, comma 3, comprese eventualmente le ragioni per le quali una notifica è stata respinta, nonché dei risultati delle emissioni pervenuti a norma dell'articolo 13, comma 1.
3. L'autorità nazionale competente, ricevuta dalla Commissione europea comunicazione in merito ad una decisione che ammette una procedura differenziata o semplificata per taluni OGM, sentita la Commissione di cui all'articolo 6, comunica alla Commissione europea medesima se intende o meno avvalersi di tale procedura.
4. L'autorità nazionale competente una volta all'anno trasmette alla Commissione europea un elenco degli OGM il cui rilascio è stato autorizzato mediante le procedure differenziate e semplificate autorizzate dalla Commissione europea, nonché un elenco degli OGM i cui rilasci non sono stati autorizzati.
TITOLO III
Immissione sul mercato di OGM come tali o contenuti in prodotti.
Art. 15.
Normativa settoriale.
1. Gli articoli da 16 a 26 non si applicano agli OGM autorizzati in base ad atti comunitari adottati successivamente alla direttiva 2001/18/CE che contengono esplicito riferimento alla stessa e che prescrivono, salvi gli altri obblighi previsti dai suddetti atti:
a) una valutazione del rischio ambientale specifico effettuata secondo i princìpi stabiliti nell'allegato II e sulla base delle informazioni di cui all'allegato III;
b) obblighi in materia di gestione del rischio, di etichettatura, di monitoraggio, di informazione del pubblico e di clausole di salvaguardia almeno equivalenti a quelli previsti dal presente decreto.
2. Gli articoli da 16 a 26 non si applicano agli OGM autorizzati dal regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, a condizione che la valutazione specifica di rischio ambientale sia compiuta secondo i princìpi di cui all'allegato II e sulla base del tipo di informazioni indicate nell'allegato III, fatti salvi altri obblighi pertinenti in materia di valutazione del rischio, di gestione del rischio, di etichettatura, di monitoraggio, di informazione del pubblico e di clausola di salvaguardia previsti dalla normativa comunitaria relativa ai medicinali per uso umano e veterinario.
Art. 16.
Procedura di notifica.
1. Chiunque intenda immettere sul mercato comunitario, per la prima volta in Italia, un OGM, è tenuto a darne preventiva notifica all'autorità nazionale competente, informandone gli altri ministeri indicati all'articolo 2, comma 1.
2. L'autorità nazionale competente:
a) invia immediatamente alla Commissione europea e alle autorità competenti degli altri Stati membri, nonché alle regioni e province autonome, la sintesi di cui al comma 3, lettera i);
b) trasmette alla Commissione europea copia della notifica, se la stessa rispetta i requisiti previsti dal comma 3, e, contestualmente, la relazione di valutazione, a norma dell'articolo 17, comma 3.
3. La notifica comprende:
a) la copia della valutazione della relazione finale relativa all'emissione deliberata nell'ambiente dell'OGM oggetto della notifica, di cui all'articolo 13, comma 3;
b) le informazioni di cui agli allegati III e IV che tengono conto della diversità dei luoghi di impiego dell'OGM e riportano dati e risultati relativi agli effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente delle emissioni effettuate per fini diversi dall'immissione sul mercato;
c) la valutazione dei rischi ambientali e le conclusioni di cui all'allegato II, parte D con particolare attenzione ai rischi per la diversità degli ecosistemi naturali, l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agroalimentare;
d) le condizioni di immissione sul mercato, incluse particolari condizioni di uso e di manipolazione;
e) la proposta concernente la durata dell'autorizzazione, comunque non superiore a 10 anni, ai sensi dell'articolo 18, comma 5;
f) il piano di monitoraggio, nel rispetto dell'allegato VII, che preveda una proposta di durata che può essere diversa da quella dell'autorizzazione;
g) l'etichetta proposta, che deve essere conforme ai requisiti di cui all'allegato IV e che deve riportare, in ogni caso, la dicitura «questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati».
h) la proposta di imballaggio di cui all'allegato IV;
i) la sintesi delle informazioni di cui ai punti precedenti, redatta nelle lingue italiana ed inglese in conformità alle linee guida di cui alla, decisione 2002/812/CE del 3 ottobre 2002, del Consiglio pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 18 ottobre 2002, n. L 280, su supporto cartaceo e informatico, che contenga anche tutte le informazioni di cui all'articolo 27, comma 4.
4. Qualora, in base ai risultati di un'emissione notificata a norma del Titolo II o in base ad altri fondati motivi scientifici, un notificante ritenga che l'immissione sul mercato e l'uso di un OGM non comportino rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente, può chiedere all'autorità nazionale competente di autorizzarlo a non fornire, in tutto o in parte, le informazioni di cui all'allegato IV, parte B, fermi restando gli obblighi previsti dal decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, e dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 2001, n. 322.
5. Il notificante include nella notifica le informazioni disponibili sui dati o sui risultati delle emissioni dello stesso OGM già notificate o in corso di notifica o effettuate dal notificante nella Comunità o fuori di essa relative a rilasci effettuati in siti ed ecosistemi del tutto simili a quelli oggetto della notifica.
6. Il notificante può anche rinviare a dati o risultati di notifiche già presentate da altri notificanti o presentare ulteriori informazioni a suo avviso pertinenti a condizione che tali informazioni, dati e risultati non siano riservati o che tali notificanti abbiano dato il loro accordo scritto.
7. Per utilizzare un OGM a fini diversi da quelli già indicati in una notifica occorre presentare una nuova notifica.
8. Il notificante può effettuare per la prima volta in Italia l'immissione sul mercato solo dopo aver ricevuto comunicazione del provvedimento di autorizzazione dell'autorità nazionale competente ai sensi dell'articolo 21, comma 2, e nel rispetto delle condizioni ivi previste.
9. Qualora, prima del rilascio dell'autorizzazione scritta, si rendano disponibili nuove informazioni sui rischi dell'OGM per la salute umana, animale e per l'ambiente, valgono le disposizioni di cui all'articolo 23, commi 2 e 3.
Art. 17.
Relazione di valutazione.
1. Ricevuta la notifica di cui all'articolo 16, comma 3, ed effettuata l'istruttoria preliminare di cui all'articolo 5, comma 2, lettera a), l'autorità nazionale competente la sottopone, non appena possibile, e, comunque, non oltre quindici giorni dal ricevimento della stessa, alla Commissione di cui all'articolo 6.
2. Entro i settantacinque giorni dalla data di ricevimento della notifica, la Commissione di cui all'articolo 6 elabora e trasmette all'autorità nazionale competente una proposta di relazione di valutazione in base agli orientamenti di cui all'allegato VI, nella quale sono riportate le esigenze di misure di prevenzione ambientale e di misure di tutela della salute umana, indicate rispettivamente dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e dal Ministero della salute, nonché quelle di tutela dell'agrobiodiversità, dei sistemi agrari e della filiera agroalimentare proposte dal Ministero delle politiche agricole e forestali.
3. Ricevuta la proposta di relazione di cui al comma 2 e sentiti, per quanto di rispettiva competenza, i Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, l'autorità nazionale competente elabora la relazione di valutazione che indica se l'OGM può essere immesso o meno sul mercato e, se del caso, a quali condizioni.
4. Per il calcolo dei termini di cui ai commi 1 e 2 non sono computati i periodi di tempo durante i quali l'autorità nazionale competente è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante.
5. L'autorità nazionale competente:
a) nel caso in cui la relazione di valutazione di cui al comma 3, indica che l'OGM puo essere immesso sul mercato, invia detta relazione, unitamente alle informazioni di cui al comma 4 ed alle eventuali altre informazioni su cui si basa la relazione stessa, alla Commissione europea e al notificante;
b) nel caso in cui la relazione di valutazione di cui al comma 3 indica che l'OGM non può essere immesso sul mercato:
1) la trasmette immediatamente al notificante;
2) trascorsi almeno quindici giorni dalla trasmissione al notificante e, comunque, non oltre centocinque giorni dalla data di ricevimento della notifica, trasmette la relazione di cui alla lettera b), unitamente alle informazioni di cui al comma 4 ed alle eventuali altre informazioni su cui essa si basa, alla Commissione europea.
6. Un successivo ritiro della notifica da parte del notificante non pregiudica la presentazione di detta notifica all'autorità competente di un altro Stato membro.
Art. 18.
Adempimenti successivi alla relazione di valutazione.
1. L'autorità nazionale competente, qualora la relazione di valutazione di cui all'articolo 17 riporti un parere favorevole all'immissione sul mercato dell'OGM oggetto della notifica, concede autorizzazione scritta:
a) trascorsi sessanta giorni dalla data di invio della documentazione di cui all'articolo 17, comma 5, lettera a), in mancanza di obiezioni motivate da parte dell'autorità competente di uno Stato membro o della Commissione europea;
b) trascorsi centocinque giorni dalla data di invio della documentazione di cui all'articolo 17, comma 5, lettera a), nei casi in cui siano state sollevate obiezioni motivate e positivamente risolti gli aspetti controversi da parte dell'autorità competente di uno Stato membro o della Commissione europea.
2. Il provvedimento di autorizzazione è trasmesso al notificante ed alle regioni e province autonome e di esso è data informazione alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione europea entro trenta giorni.
3. Nei casi in cui l'autorità competente di un altro Stato membro o la Commissione europea sollevano obiezioni motivate, entro sessanta giorni dalla data di invio della documentazione di cui all'articolo 17, comma 5, lettera a), e non viene raggiunto l'accordo di cui al comma 1, lettera b), l'autorità nazionale competente assume le proprie determinazioni in merito alla notifica oggetto delle obiezioni in conformità alla decisione, adottata dalla Commissione europea. La decisione adottata dall'autorità nazionale competente è comunicata alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione europea entro trenta giorni.
4. Il termine di quarantacinque giorni previsto per il raggiungimento dell'accordo di cui al comma 1, lettera b), è sospeso per il tempo necessario all'autorità nazionale competente per acquisire eventuali ulteriori informazioni dal notificante.
5. L'autorizzazione è valida per un periodo massimo di dieci anni a partire dalla data di rilascio.
6. In tutti i casi in cui l'autorità nazionale competente rigetta la richiesta di autorizzazione all'immissione sul mercato di un OGM ne dà comunicazione al notificante, specificandone i motivi.
7. Nel caso in cui l'autorizzazione per un OGM o un derivato di un OGM viene richiesta al semplice scopo di commercializzarne i prodotti sementieri, il periodo della prima autorizzazione è stabilito conformemente alle norme contenute nel decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, e nel decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 2001, n. 322, e non può comunque essere superiore a dieci anni a partire dalla data dell'iscrizione della prima varietà vegetale contenente tale OGM nel catalogo nazionale delle varietà vegetali.
8. Per i materiali riproduttivi forestali, la validità della prima autorizzazione è di 10 anni a partire dalla data della prima inclusione del materiale di base contenente l'OGM nel catalogo nazionale dei materiali di base.
9. Entro sessanta giorni dal ricevimento di una relazione di valutazione elaborata dall'autorità competente di un altro Stato membro, l'autorità nazionale competente provvede, sentita la Commissione di cui all'articolo 6, a trasmettere alla Commissione europea le proprie osservazioni, compresa l'eventuale richiesta di ulteriori informazioni ovvero, se del caso, una obiezione motivata all'immissione sul mercato dell'OGM oggetto della relazione di valutazione.
Art. 19.
Criteri e informazione per determinati OGM.
1. Fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 16, commi 5, 6, 7 e 9, nonché le disposizioni degli articoli 17 e 18, l'autorità nazionale competente, sentita la Commissione di cui all'articolo 6, nonché i Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, può proporre alla Commissione europea criteri e requisiti delle informazioni che devono essere contenute nelle notifiche, in deroga all'articolo 16, comma 3, per l'immissione sul mercato di taluni tipi di OGM.
2. I criteri e i requisiti delle informazioni di cui al comma 1, devono, comunque, garantire la sicurezza per la salute umana, animale e per l'ambiente e devono basarsi su riscontri scientifici e sull'esperienza maturata in casi analoghi.
Art. 20.
Rinnovo dell'autorizzazione.
1. In deroga agli articoli 16, 17 e 18, si applica la procedura di rinnovo di cui al presente articolo:
a) alle autorizzazioni rilasciate a norma del Titolo III;
b) alle autorizzazioni all'immissione sul mercato di OGM rilasciate prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
2. Al più tardi nove mesi prima della scadenza dell'autorizzazione di cui al comma 1, il notificante presenta all'autorità nazionale competente una notifica che contiene:
a) una copia dell'autorizzazione all'immissione sul mercato dell'OGM di cui si chiede il rinnovo;
b) una relazione sui risultati del monitoraggio effettuato a norma dell'articolo 22 ovvero, per le autorizzazioni di cui al comma 1, lettera b), ogni informazione relativa al monitoraggio eventualmente effettuato;
c) qualsiasi altra nuova informazione resasi disponibile concernente i rischi per la salute umana, animale e per l'ambiente connessi al prodotto e, se del caso, una proposta recante modifica o integrazione delle condizioni dell'autorizzazione originaria, tra cui quelle attinenti al futuro monitoraggio e alla durata di validità dell'autorizzazione.
3. Ricevuta la notifica di cui ai comma 2 ed effettuata l'istruttoria preliminare di cui all'articolo 5, comma 2, lettera a), l'autorità nazionale competente la sottopone, non appena possibile e, comunque, non oltre quindici giorni dal ricevimento della stessa alla Commissione di cui all'articolo 6.
4. Entro i sessanta giorni successivi alla data di ricevimento della notifica, la Commissione di cui all'articolo 6 elabora e trasmette all'autorità nazionale competente una proposta di relazione di valutazione che, alla luce dei dati del monitoraggio effettuato o delle ulteriori informazioni disponibili, nonché delle valutazioni effettuate, per i settori di propria competenza, dai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio, della salute, delle politiche agricole e forestali e dalle regioni e province autonome, indichi la possibilità o meno di concedere il rinnovo dell'autorizzazione e le eventuali modifiche o integrazioni alle condizioni in essa previste.
5. Ricevuta la proposta di cui al comma 4, l'autorità nazionale competente, sentiti, per quanto di rispettiva competenza, i Ministeri della salute e delle politiche agricole e forestali, elabora la relazione di valutazione e la trasmette immediatamente alla Commissione europea ed al notificante.
6. In assenza di obiezioni motivate presentate da parte delle autorità competenti degli altri Stati membri e della Commissione europea entro sessanta giorni dalla trasmissione della relazione di cui al comma 5, l'autorità nazionale competente trasmette per iscritto al notificante la decisione finale e informa le autorità competenti degli altri Stati membri, la Commissione europea e le regioni e province autonome entro i successivi trenta giorni.
7. Nel caso in cui l'autorità competente di un altro Stato membro o la Commissione europea chiedono ulteriori informazioni, formulano osservazioni o presentano obiezioni motivate, entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della relazione di cui al comma 5, e non viene raggiunto un accordo, entro settantacinque giorni dalla data di invio di detta relazione, l'autorità nazionale competente provvede sulla notifica in conformità alla decisione adottata in sede comunitaria a norma dell'articolo 18 della direttiva 2001/18/CE. Nel caso in cui si raggiunge l'accordo, entro il termine di settantacinque giorni, l'autorità nazionale competente provvede sulla notifica in conformità all'accordo raggiunto. L'autorità nazionale competente trasmette per iscritto al notificante la decisione definitiva e ne informa le autorità competenti degli altri Stati membri e la Commissione europea nei successivi trenta giorni.
8. Ogni rinnovo dell'autorizzazione all'immissione sul mercato non deve superare i dieci anni e può essere, se del caso, limitato o prorogato per motivi specifici.
9. Dopo aver presentato una notifica per il rinnovo di un'autorizzazione, a norma del comma 2, il notificante può continuare a immettere sul mercato l'OGM, alle condizioni indicate nell'autorizzazione per la quale ha chiesto il rinnovo, fino alla comunicazione della autorità nazionale competente di cui ai commi 6 e 7.
10. Per il rinnovo di una autorizzazione sulla base della relazione di valutazione elaborata da un altro Stato membro, entro sessanta giorni dal ricevimento della medesima, l'autorità nazionale competente provvede, sentita la Commissione di cui all'articolo 6, a trasmettere alla Commissione europea le proprie osservazioni, compresa l'eventuale richiesta di ulteriori informazioni ovvero, se del caso, una obiezione motivata al rinnovo dell'autorizzazione relativa all'immissione sul mercato dell'OGM.
Art. 21.
Provvedimento di autorizzazione.
1. Salvo ulteriori obblighi derivanti da norme contenute in atti diversi dal presente decreto, un OGM può essere utilizzato se nei suoi confronti è stato rilasciato un provvedimento di autorizzazione alla immissione sul mercato da parte dell'autorità competente di un altro Stato membro, purché siano rispettate scrupolosamente le specifiche condizioni di impiego e le relative restrizioni circa ambienti e aree geografiche.
2. Ove non ricorrano le condizioni di cui al comma 1, il notificante può procedere all'immissione sul mercato di un OGM solo dopo aver ottenuto dall'autorità nazionale competente il relativo provvedimento di autorizzazione di cui agli articoli 18 e 20 del presente decreto, e purché siano rispettate tutte le condizioni in esso prescritte.
3. Il provvedimento di autorizzazione di cui al comma 2 deve sempre indicare:
a) l'esatto oggetto dell'autorizzazione;
b) l'identità dell'OGM da immettere sul mercato, nonché l'identificatore unico;
c) il periodo di validità dell'autorizzazione;
d) le condizioni per l'immissione sul mercato del prodotto, incluse le specifiche condizioni di impiego di manipolazione e di imballaggio dell'OGM, e le misure di tutela per particolari ecosistemi, ambienti o aree geografiche;
e) l'obbligo per il notificante di mettere a disposizione dell'autorità nazionale competente, su richiesta, campioni per il controllo, fatte salve le disposizioni di cui all'articolo 27;
f) gli obblighi in materia di etichettatura di cui all'articolo 16, comma 3, lettera g);
g) gli obblighi in materia di monitoraggio di cui all'articolo 22, l'obbligo di riferire alla Commissione europea e alle autorità competenti degli altri Stati membri la durata dello stesso, nonché, se del caso, gli eventuali obblighi per chiunque venda o usi il prodotto, incluso, per gli OGM destinati alla coltivazione, quello di fornire informazioni adeguate in merito alla localizzazione delle coltivazioni.
4. L'autorità nazionale competente adotta le misure necessarie a garantire l'accesso del pubblico all'autorizzazione di cui agli articoli 18, comma 1 e 20, comma 6, e alle decisioni della Commissione europea di cui agli articoli 18, comma 3 e 20, comma 7, nonché ai documenti equipollenti rilasciati dalle autorità competenti degli altri Stati membri.
Art. 22.
Monitoraggio e ricerca.
1. Dopo l'immissione sul mercato di un OGM, il notificante provvede affinché il monitoraggio e la relativa relazione siano effettuati alle condizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione. Per i provvedimenti di autorizzazione rilasciati dall'autorità nazionale competente, le relazioni concernenti il monitoraggio sono trasmesse alla stessa ed inviate in copia, a cura del notificante, alla Commissione europea e alle autorità competenti degli altri Stati membri.
2. L'autorità nazionale competente, sentita la Commissione di cui all'articolo 6, adegua, ove opportuno, il piano di monitoraggio sulla base dei risultati delle relazioni di cui al comma 1, tenuto conto delle nuove informazioni di cui all'articolo 23.
3. I risultati del monitoraggio sono resi pubblici in modo da garantirne la trasparenza.
4. I Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio, della salute, delle politiche agricole e forestali, dell'istruzione, dell'università e della ricerca assicurano la realizzazione di attività di ricerca sistematica ed indipendente sui rischi potenziali inerenti l'emissione deliberata nell'ambiente e l'immissione sul mercato di OGM, garantendo ai ricercatori libero accesso a tutto il materiale pertinente, salvo quanto disposto dall'articolo 27.
Art. 23.
Gestione delle nuove informazioni.
1. Il notificante, qualora acquisisca nuove informazioni in merito ai rischi di un OGM, è tenuto a:
a) adottare immediatamente tutte le misure necessarie al fine di tutelare la salute umana, animale e l'ambiente;
b) comunicare le predette informazioni e le misure adottate all'autorità nazionale competente che ne dà informazione alle regioni e province autonome.
2. Tutte le nuove informazioni in merito ai rischi di un OGM, comunque acquisite dall'autorità nazionale competente, sono considerate ai fini della elaborazione della relazione di valutazione di cui agli articoli 17, comma 2, e 20, comma 4. I termini di cui all'articolo 17, comma 2, se del caso, possono essere estesi per un periodo non superiore a trenta giorni, informandone la Commissione europea e il notificante.
3. Qualora la relazione di cui al comma 2 sia già stata trasmessa alla Commissione europea e il provvedimento di autorizzazione non ancora concesso, l'autorità nazionale competente trasmette immediatamente le informazioni di cui al comma 2 alla Commissione europea medesima, alle autorità competenti degli altri Stati membri e, se del caso, al notificante e, contestualmente, può stabilire di avvalersi di quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, ai fini del ripristino dei tempi previsti per il rilascio del provvedimento di autorizzazione.
4. Qualora dopo il rilascio dell'autorizzazione all'immissione sul mercato di un OGM, l'autorità nazionale competente venga a conoscenza delle informazioni di cui al comma 2, sentiti la Commissione di cui all'articolo 6 ed i Ministri della salute e delle politiche agricole e forestali, le trasmette immediatamente alla Commissione europea unitamente ad una relazione di valutazione integrativa comprendente, se del caso, una proposta di modifica delle condizioni imposte nel provvedimento di autorizzazione ovvero una proposta di revoca dell'autorizzazione stessa.
5. Trascorsi sessanta giorni dalla data in cui la Commissione europea ha trasmesso alle autorità competenti degli Stati membri la documentazione di cui al comma 4, se non vengono sollevate obiezioni motivate da parte dell'autorità competente di altro Stato membro o della Commissione europea, l'autorità nazionale competente modifica l'autorizzazione originaria sulla base della proposta di cui al comma 4, ne trasmette immediatamente copia al notificante e ne dà notizia alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione europea nei successivi trenta giorni.
6. Nei casi in cui le autorità competenti di un altro Stato membro o la Commissione europea sollevano obiezioni motivate, entro sessanta giorni dalla trasmissione da parte della Commissione europea alle autorità competenti degli altri Stati membri della documentazione integrativa di cui al comma 4, e non viene raggiunto un accordo entro settantacinque giorni dalla suddetta data di trasmissione, l'autorità nazionale competente assume le proprie determinazioni in merito alla proposta di modifica del provvedimento di autorizzazione originario in conformità alla decisione adottata dalla Commissione europea a norma dell'articolo 18 della direttiva 2001/18/CE. Nel caso in cui è raggiunto l'accordo entro il termine di settantacinque giorni, l'autorità nazionale competente provvede sulla notifica in conformità all'accordo raggiunto. L'autorità nazionale competente trasmette per iscritto al notificante la decisione definitiva e ne informa le autorità competenti degli altri Stati membri e la Commissione europea nei successivi trenta giorni.
7. I termini di cui ai commi 5 e 6 sono sospesi per il tempo necessario all'autorità nazionale competente per acquisire eventuali ulteriori informazioni dal notificante.
Art. 24.
Etichettatura.
1. Gli organi di vigilanza di cui all'articolo 32 verificano che, in tutte le fasi dell'immissione sul mercato, l'etichettatura e l'imballaggio degli OGM immessi sul mercato siano conformi alle specifiche indicate nelle relative autorizzazioni.
2. Per i prodotti per i quali non possono essere escluse tracce non intenzionali e tecnicamente inevitabili di OGM autorizzati può essere fissata, in conformità alla normativa comunitaria, una soglia minima al di sotto della quale tali prodotti non devono essere etichettati a norma del comma 1, fatta salva la disciplina in materia di sementi. In ogni caso, la prova della non intenzionalità e dell'inevitabilità tecnica di tale presenza deve essere dimostrata dal produttore.
Art. 25.
Clausola di salvaguardia.
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministro della salute e il Ministro delle politiche agricole e forestali, per quanto di rispettiva competenza, possono, con provvedimento d'urgenza, limitare o vietare temporaneamente l'immissione sul mercato, l'uso o la vendita sul territorio nazionale di un OGM, come tale o contenuto in un prodotto, qualora, dopo la data di autorizzazione, sulla base di nuove o ulteriori informazioni che riguardano la valutazione dei rischi ambientali o a seguito di una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, hanno fondati motivi di ritenere che detto OGM possa costituire un rischio per la salute umana, animale e per l'ambiente. Il provvedimento può indicare le misure ritenute necessarie per ridurre al minimo il rischio ipotizzato ed è immediatamente comunicato dai Ministeri della salute e delle politiche agricole all'autorità nazionale competente.
2. L'autorità nazionale competente dà immediata comunicazione alla Commissione europea e alle autorità competenti degli altri Stati membri dei provvedimenti adottati ai sensi del comma 1, fornendo le relative motivazioni basate su una nuova valutazione dei rischi e indicando se e come le condizioni poste dall'autorizzazione devono essere modificate o l'autorizzazione stessa deve essere revocata. Dei predetti provvedimenti l'autorità nazionale competente dà idonea informazione al pubblico.
Art. 26.
Informazione pubblica.
1. Fatto salvo l'articolo 27, l'autorità nazionale competente mette a disposizione del pubblico, non appena ne entra in possesso, e secondo le modalità indicate nell'allegato VIII, le relazioni di valutazione di cui agli articoli 17, comma 2, e 20, comma 4, nonché quelle elaborate dalle autorità competenti degli altri Stati membri e trasmesse dalla Commissione dell'Unione europea.
2. Per tutti gli OGM sono messi a disposizione del pubblico:
a) una sintesi del fascicolo di cui all'articolo 16, comma 3, lettera i), o la sintesi del fascicolo trasmesso dalla Commissione europea;
b) le relazioni di valutazione di cui al comma 1;
c) i pareri dei comitati scientifici consultati;
d) i risultati del monitoraggio di cui all'articolo 22;
e) i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 5, comma 4;
f) i provvedimenti di cui all'articolo 18, commi 1 e 3, e all'articolo 20, commi 6 e 7, ovvero i documenti equipollenti rilasciati dalle autorità competenti degli altri Stati membri;
g) l'elenco aggiornato annualmente degli organismi geneticamente modificati di cui all'articolo 14, comma 4;
h) ogni nuova informazione disponibile di cui all'articolo 23;
i) i provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 25;
TITOLO IV
Disposizioni finali.
Art. 27.
Riservatezza.
1. I dati e le informazioni, comunque acquisiti dall'autorità nazionale competente, relativi alle notifiche, possono essere utilizzati solo per gli scopi per i quali sono forniti. Fatto salvo il disposto del comma 4, chiunque, per motivi di ufficio, abbia accesso agli atti di notifica o a quelli ad essa inerenti, è tenuto a non divulgare le informazioni di cui viene a conoscenza.
2. Il notificante può comunicare per iscritto all'autorità nazionale competente, fornendo giustificazioni verificabili, le informazioni contenute nella notifica per le quali richiede la riservatezza, in quanto la loro divulgazione potrebbe pregiudicare la sua posizione concorrenziale.
3. L'autorità nazionale competente accoglie le richieste di cui al comma 2 ovvero, previa consultazione del notificante, stabilisce quali informazioni tenere riservate, dandogliene comunicazione.
4. In nessun caso sono considerate riservate le seguenti informazioni, se presentate a norma degli articoli 8, 9, 10, 11, 16, 20, 22, 23 e 25:
a) descrizione generale del o degli OGM;
b) nome e indirizzo del notificante;
c) scopo dell'emissione;
d) località dell'emissione;
e) usi previsti;
f) metodi e piani di monitoraggio del o degli OGM;
g) piani per gli interventi di emergenza;
h) valutazione del rischio ambientale.
5. La riservatezza delle informazioni fornite permane anche in caso di ritiro della notifica da parte del notificante per qualsiasi motivo.
6. Le informazioni riservate ai sensi del comma 3, possono essere comunicate solo alla Commissione europea nonché, in caso di procedure amministrative o giudiziarie, alle pubbliche autorità che ne fanno richiesta e che sono responsabili dei relativi procedimenti, segnalandone il carattere di riservatezza.
Art. 28.
Etichettatura degli OGM, diversi dai microrganismi geneticamente modificati, destinati ad impieghi in ambiente confinato.
1. Agli OGM da utilizzare per le operazioni di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), punto 2, si applicano i pertinenti requisiti in materia di etichettatura di cui all'allegato IV.
Art. 29.
Adeguamento degli allegati al progresso tecnico.
1. Gli allegati al presente decreto sono modificati, in conformità alle variazioni apportate in sede comunitaria, con apposito regolamento a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, adottato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa comunicazione ai Ministri della salute e delle politiche agricole e forestali e delle attività produttive; ogni qualvolta la nuova direttiva prevede poteri discrezionali per il proprio recepimento, il regolamento è adottato di concerto con i Ministri della salute, delle politiche agricole e forestali e delle attività produttive, a seconda dei rispettivi àmbiti di competenza.
Art. 30.
Pubblici registri.
1. Presso l'autorità nazionale competente è istituito, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, un pubblico registro informatico dove sono annotate le localizzazioni degli OGM emessi in virtù del Titolo II. Sono, altresì, istituiti presso le regioni e le province autonome registri informatici su cui sono annotate le localizzazioni degli OGM coltivati in virtù del Titolo III, per consentire, in particolare, il controllo del monitoraggio degli eventuali effetti di tali OGM sull'ambiente, ai sensi dell'articolo 21, comma 3, lettera g), e dell'articolo 22, comma 1. Le informazioni annotate su tali registri sono immediatamente rese pubbliche e l'accesso ai registri deve essere facilmente garantito al pubblico.
2. Chiunque coltiva OGM comunica alle regioni e province autonome competenti per territorio, entro quindici giorni dalla messa in coltura, la localizzazione delle coltivazioni e conserva per dieci anni le informazioni relative agli OGM coltivati ed alla loro localizzazione.
Art. 31.
Informazione alla Commissione europea.
1. Ogni tre anni l'autorità nazionale competente invia alla Commissione europea, una relazione sulle misure adottate per l'attuazione del presente decreto. Tale relazione include una illustrazione circostanziata delle esperienze acquisite in materia di OGM immessi sul mercato.
Art. 32.
Attività di vigilanza.
1. Ferme restando le attribuzioni delle amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali, l'attività di vigilanza sull'applicazione del presente decreto è esercitata dall'autorità nazionale competente, dalle regioni e province autonome e dagli enti locali, secondo le rispettive attribuzioni, sulla base di un piano generale, da adottarsi con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri della salute e delle politiche agricole e forestali, sentita la conferenza unificata, entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto. Detto piano definisce, in particolare, il numero minimo di ispezioni da effettuare, le forme di coordinamento tra le amministrazioni competenti, nonché i criteri e le modalità per l'aggiornamento del piano stesso, da effettuarsi con cadenza annuale.
2. Per l'esercizio dell'attività di vigilanza le amministrazioni di cui al comma 1 si avvalgono di ispettori iscritti in apposito registro nazionale, designati dalle amministrazioni di appartenenza fra personale con adeguato profilo tecnico-scientifico e nominati con provvedimento dell'autorità nazionale competente. Detti ispettori nell'esercizio dell'attività di vigilanza svolgono funzioni di polizia giudiziaria e sono tenuti agli obblighi di riservatezza di cui all'articolo 27.
3. L'attività di vigilanza è svolta su incarico delle amministrazioni di cui al comma 1 e, nel caso di incarico da parte dell'autorità nazionale competente, sentita la Commissione cui all'articolo 6.
Art. 33.
Spese.
1. Le spese relative alle ispezioni ed ai controlli di cui all'articolo 32, nonché quelle relative al funzionamento della Commissione di cui all'articolo 6 e all'espletamento dell'istruttoria per la verifica delle notifiche di cui agli articoli 5, commi 2, 9, 10, 11, 16, 20, 21 e 23 sono a carico del notificante.
2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le tariffe, determinate sulla base del costo effettivo del servizio reso, nonché le modalità per il loro versamento. Le tariffe di cui al presente comma sono aggiornate ogni tre anni.
3. Le spese per l'esercizio delle funzioni ispettive e di controllo di cui all'articolo 32 sono calcolate in base alle disposizioni sulla indennità di missione e sul rimborso delle spese di viaggio previste per il personale statale.
4. I notificanti provvedono al versamento degli importi corrispondenti alle tariffe di cui al comma 1, all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero e della tutela del territorio per il finanziamento delle attività di cui agli articoli 5, commi 2, 6, 9, 10, 11, 16, 20, 21, 23 e 32.
5. Il Ministero dell'economia e delle finanze provvede con propri decreti alle occorrenti variazioni di bilancio.
6. Con disposizioni regionali sono determinate, sulla base del costo del servizio, le tariffe corrispondenti relative alle attività di competenza e le modalità di versamento delle stesse tariffe.
Art. 34.
Sanzioni relative al Titolo II.
1. Chiunque effettua un'emissione deliberata di un OGM per scopi diversi dall'immissione sul mercato senza averne dato preventiva notifica all'autorità nazionale competente è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni o con l'ammenda sino ad euro 51.700.
2. Se l'emissione è effettuata dopo la notifica, ma prima del rilascio del provvedimento di autorizzazione ovvero dopo che l'autorizzazione sia stata rifiutata o revocata ovvero in violazione dei provvedimenti che dispongono la sospensione o l'interruzione definitiva dell'emissione o prescrivono modifiche alle modalità dell'emissione, si applica l'arresto da sei mesi a due anni o l'ammenda sino ad euro 51.700.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano per ogni successiva emissione dello stesso OGM nell'ipotesi prevista dall'articolo 8, comma 5.
4. Chiunque effettua una emissione deliberata di un OGM per scopi diversi dall'immissione sul mercato senza osservare le prescrizioni stabilite nel provvedimento di autorizzazione è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 46.500.
5. Chiunque, nei casi previsti dall'articolo 11, comma 1, non comunica immediatamente all'autorità nazionale competente le informazioni prescritte ovvero non adotta, nello stesso tempo, le misure necessarie per la tutela della salute umana, animale e dell'ambiente ivi previste, è punito, nel primo caso, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 46.500, nel secondo, con l'arresto sino a due anni o l'ammenda sino ad euro 51.700.
6. Chiunque, all'esito di ciascuna emissione e, successivamente, alle scadenze fissate nell'autorizzazione, non invia all'autorità nazionale competente la relazione conclusiva sull'emissione di cui all'articolo 13, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 25.900.
7. Chiunque, nell'ipotesi prevista dall'articolo 12, comma 6, non appone adeguati cartelli di segnalazione che indicano chiaramente la presenza di OGM, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 4.000 ad euro 10.000.
Art. 35.
Sanzioni relative al Titolo III.
1. Chiunque immette sul mercato un OGM senza aver provveduto alla preventiva notifica all'autorità nazionale competente o all'autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea nel quale l'immissione sul mercato comunitario è avvenuta per la prima volta, è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni o con l'ammenda sino ad euro 51.700.
2. Se l'immissione sul mercato avviene dopo la notifica, ma prima del rilascio dell'autorizzazione ovvero dopo che l'autorizzazione sia stata rifiutata o revocata, si applica l'arresto sino a due anni o l'ammenda sino ad euro 51.700.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nella fattispecie di cui all'articolo 16, comma 7.
4. Chiunque, dopo essere stato autorizzato dall'autorità nazionale competente o dall'autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea all'immissione sul mercato di un OGM senza aver provveduto, nei termini previsti, alla notifica per il rinnovo del provvedimento di autorizzazione, continua, dopo la scadenza di quest'ultimo, ad immettere sul mercato l'OGM, ovvero, continua a immettere sul mercato l'OGM dopo che il rinnovo del provvedimento di autorizzazione sia stato rifiutato o revocato, è punito, nel primo caso, con le pene di cui al comma 1, nel secondo caso, con le pene di cui al comma 2.
5. Chiunque effettua l'immissione sul mercato di un OGM, senza osservare le prescrizioni stabilite nel provvedimento di autorizzazione o nel provvedimento di rinnovo dell'autorizzazione rilasciati dall'autorità competente nazionale o dalla autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea, ivi comprese quelle sull'etichettatura e sull'imballaggio, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 46.500.
6. Chiunque, dopo la notifica all'autorità nazionale competente o dopo avere ottenuto dalla stessa o dalla autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea l'autorizzazione all'immissione sul mercato di un OGM disponendo di nuove informazioni sui rischi dell'OGM per la salute umana, animale e per l'ambiente, non adotta immediatamente tutte le misure necessarie per tutelare la salute umana, animale e l'ambiente o non comunica all'autorità nazionale competente le informazioni predette e le misure adottate è punito, nel primo caso, con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda sino ad euro 51.700, nel secondo, con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 46.500.
7. Gli utenti di un OGM immesso sul mercato a seguito del provvedimento di autorizzazione o del rinnovo dello stesso rilasciati dall'autorità nazionale competente o dall'autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea, che non rispettano le condizioni specifiche di impiego o le relative restrizioni in ordine agli ambienti ed alle aree geografiche, previste nel provvedimento di autorizzazione o di rinnovo dell'autorizzazione, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.100 ad euro 6.200.
8. Chiunque, dopo l'immissione sul mercato di un OGM, non effettua il monitoraggio e la relativa relazione alle condizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione rilasciato dall'autorità nazionale competente o dalla autorità competente di altro Stato membro della Comunità europea ovvero non invia all'autorità nazionale competente la relazione concernente il monitoraggio, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 7.800 ad euro 25.900.
9. Chiunque non osserva i provvedimenti, adottati ai sensi dell'articolo 25, che limitano o vietano temporaneamente l'immissione sul mercato, l'uso o la vendita sul territorio nazionale di un OGM, è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda sino ad euro 51.700.
10. Chiunque, nell'ipotesi prevista dall'articolo 30, comma 2, non comunica alle regioni e alle province autonome competenti per territorio, entro quindici giorni dalla messa in coltura, la localizzazione delle coltivazioni degli OGM o non conserva per dieci anni le informazioni relative agli OGM coltivati ed alla localizzazione delle coltivazioni, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 6.000 a euro 12.000.
Art. 36.
Sanzioni per danni provocati alla salute umana e all'ambiente, bonifica e ripristino ambientale e risarcimento del danno ambientale.
1. Fatte salve le disposizioni previste negli articoli 34 e 35 e sempre che il fatto non costituisca più grave reato, chi, nell'effettuazione di un'emissione deliberata nell'ambiente di un OGM ovvero nell'immissione sul mercato di un OGM, cagiona pericolo per la salute pubblica ovvero pericolo di degradazione rilevante e persistente delle risorse naturali biotiche o abiotiche è punito con l'arresto sino a tre anni o con l'ammenda sino ad euro 51.700.
2. Chiunque, con il proprio comportamento omissivo o commissivo, in violazione delle disposizioni del presente decreto, provoca un danno alle acque, al suolo, al sottosuolo od alle altre risorse ambientali, ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di inquinamento ambientale, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate: e degli impianti dai quali è derivato il danno ovvero deriva il pericolo di inquinamento, ai sensi e secondo il procedimento di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
3. Ai sensi dell'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, è fatto salvo il diritto ad ottenere il risarcimento del danno non eliminabile con la bonifica ed il ripristino ambientale di cui al comma 2.
4. Nel caso in cui non sia possibile una precisa quantificazione del danno di cui al comma 3, lo stesso si presume, salvo prova contraria, di ammontare non inferiore alla somma corrispondente alla sanzione pecuniaria amministrativa ovvero alla sanzione penale, in concreto applicata. Nel caso in cui sia stata irrogata una pena detentiva, solo al fine della quantificazione del danno di cui al presente comma, il ragguaglio fra la stessa e la pena pecuniaria ha luogo calcolando duecentosei euro per un giorno di pena detentiva.
5. In caso di condanna penale o di emanazione del provvedimento di cui all'articolo 444 del codice di procedura penale, la cancelleria del giudice che ha emanato il provvedimento trasmette copia dello stesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Gli enti di cui al comma 1 dell'articolo 56 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, come modificato dall'articolo 22 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258, danno prontamente notizia dell'avvenuta erogazione delle sanzioni amministrative al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al fine del recupero del danno ambientale.
6. Chiunque non ottempera alle prescrizioni di cui al comma 2 è punito con l'arresto da sei mesi ad un anno e con l'ammenda da euro 2.600 ad euro 25.900.
Art. 37.
Disposizioni finanziarie.
1. Dall'attuazione del presente decreto non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 38.
Disposizioni transitorie e finali.
1. Le autorizzazioni all'immissione sul mercato di OGM rilasciati a norma del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92, prima dell'entrata in vigore del presente decreto, ove non rinnovate ai sensi dell'articolo 20, si intendono scadute alla data del 17 ottobre 2006.
2. Fino all'adozione del decreto di cui all'articolo 33, comma 2, si applicano le tariffe in materia di OGM adottate in attuazione del citato decreto legislativo n. 92 del 1993.
3. È abrogato il decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92.
Allegato IA
(articolo 3, comma 1, lettera b)
Tecniche di modificazione genetica
PARTE 1
Le tecniche di modificazione genetica di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), punto 1, comprendono, tra l'altro:
1) tecniche di ricombinazione dell'acido nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento in un virus, in un plasmide batterico o in qualsiasi altro vettore, di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo all'esterno di un organismo, nonché la loro incorporazione in un organismo ospite nel quale non compaiono per natura, ma nel quale possono replicarsi in maniera continua;
2) tecniche che comportano l'introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la microiniezione, la macroiniezione e il microincapsulamento;
3) fusione cellulare, inclusa la fusione di protoplasti, o tecniche di ibridazione per la costruzione di cellule vive, che presentano nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile, mediante la fusione di due o più cellule, utilizzando metodi non naturali.
PARTE 2
Tecniche di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b), punto 2, che non si ritiene producano modificazioni genetiche, a condizione che non comportino l'impiego di molecole di acido nucleico ricombinate o di organismi geneticamente modificati prodotte con tecniche o metodi diversi da quelli esclusi dall'allegato I B
1) fecondazione in vitro;
2) processi naturali, quali la coniugazione, la trasduzione e la trasformazione,
3) induzione della poliploidia.
Allegato I B
(articolo 4, comma 1)
Tecniche di modificazione genetica
Le tecniche o i metodi di modificazione genetica che implicato l'esclusione degli organismi dal campo di applicazione del presente decreto, a condizione che non comportino l'impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati qui di seguito, sono:
1) la mutagenesi;
2) la fusione cellulare, inclusa la fusione di protoplasti, di cellule vegetali di organismi che possono scambiare materiale genetico anche con metodi di riproduzione tradizionali.
Allegato II
(articoli 5, 8, 11 e 16)
Princìpi per la valutazione del rischio ambientale
Il presente decreto descrive, in linea generale, l'obiettivo da raggiungere, gli elementi da considerare, nonché i princìpi e le metodologie generali da seguire per effettuare la valutazione del rischio ambientale di cui agli articoli 5, 8, 11 e 16, secondo le note orientative di cui alla decisione 2002/623/CE del 24 luglio 2002della Commissione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee del 30 luglio 2002, n. L.200.
Per assicurare un'interpretazione univoca dei termini «diretti, indiretti, immediati e differiti» al momento dell'attuazione del presente allegato, e fatti salvi ulteriori orientamenti in proposito, in particolare per quanto riguarda la misura in cui si deve o si può tener conto degli effetti indiretti, tali termini sono descritti come segue:
1) «effetti diretti»: effetti primari sulla salute umana, animale e sull'ambiente attribuiti all'OGM e non dovuti ad una serie casuale di eventi;
2) «effetti indiretti»: effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente dovuti ad una serie casuale di eventi attraverso meccanismi quali le interazioni con altri organismi, il trasferimento di materiale genetico o variazione nell'uso o nelle modalità di trattamento. Le osservazioni degli effetti indiretti possono verosimilmente avvenire in tempi successivi;
3) «effetti immediati»: effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente osservati durante il periodo di emissione dell'OGM. Gli effetti immediati possono essere diretti o indiretti;
4) «effetti differiti»: effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente che possono non essere osservati durante il periodo di emissione dell'OGM, ma che possono risultare come effetti diretti o indiretti in una fase successiva o al termine dell'emissione.
La valutazione del rischio ambientale deve includere, quale principio generale, la necessità di effettuare un'analisi degli «effetti cumulativi a lungo termine» correlati all'emissione e all'immissione sul mercato. Per «effetti cumulativi a lungo termine» si intendono tutti gli effetti che l'emissione delibera e l'immissione sul mercato autorizzate producono, cumulativamente, sulla salute umana, animale e sull'ambiente, inclusi quelli sulla flora e sulla fauna, sulla fertilità del suolo, sulla capacità del suolo di degradare materiale organico, sulla filiera degli alimenti e dei mangimi, sulla diversità biologica e sui problemi relativi alla resistenza agli antibiotici.
A) Obiettivo
L'obiettivo di una valutazione del rischio ambientale è, caso per caso, quello di individuare e valutare gli effetti potenzialmente negativi dell'OGM, sia diretti che indiretti immediati o differiti, sulla salute umana, animale e sull'ambiente, provocati dall'emissione deliberata a dall'emissione sul mercato di OGM. La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata al fine di determinare se è necessario avviare un processo di gestione del rischio e, in caso affermativo, individuare i metodi più appropriati.
B) Princìpi generali
In accordo con il principio di precauzione, per effettuare la valutazione del rischio ambientale è necessario rispettare i seguenti principi generali:
1) le caratteristiche accertate dell'OGM ed il suo impiego, che hanno la capacità potenziale di causare effetti negativi devono essere confrontati con quelli propri dell'organismo non modificato da cui l'OGM è stato ricavato e col suo impiego in situazioni corrispondenti;
2) la valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata in maniera scientificamente valida e trasparente, sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili;
3) la valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata caso per caso ovvero le informazioni richieste possono variare a seconda del tipo di OGM considerato, dell'uso previsto e dell'ambiente cui esso è potenzialmente destinato, tenendo conto, tra l'altro, degli OGM già presenti nell'ambiente;
4) qualora si rendano disponibili nuove informazioni sull'OGM e sui suoi effetti sulla salute umana, animale e sull'ambiente, può essere necessario riconsiderare la valutazione del rischio ambientale al fine di:
a) determinare se il rischio è cambiato;
b) determinare se è necessario modificare di conseguenza la gestione del rischio.
C) Metodologia
1) Caratteristiche dell'OGM e delle emissioni
A seconda dei casi, la valutazione del rischio ambientale deve tener conto degli elementi di dettaglio, tecnici e scientifici, relativi alle caratteristiche:
a) dell'organismo o degli organismi riceventi/progenitori;
b) delle modificazioni genetiche, sia nel caso di inclusione che di delezione di materiale genetico, e delle informazioni relative al vettore e al donatore;
c) dell'OGM;
f) dell'emissione o dell'uso previsti, inclusa la loro portata;
g) dell'ambiente cui esso è potenzialmente destinato;
h) dell'interazione tra tutti questi elementi.
Per effettuare la valutazione del rischio possono risultare utili anche informazioni tratte da emissioni di organismi simili e organismi con tratti analoghi, nonché alle loro interazioni con ambienti affini.
2) Fasi della valutazione del rischio ambientale
Nell'elaborare le conclusioni relative alla valutazione del rischio di cui agli articoli 5, 8, 11 e 16 devono essere considerati i seguenti aspetti:
a) Identificazione delle caratteristiche che possono causare effetti negativi.
Devono essere identificate tutte le caratteristiche dell'OGM connesse alla modificazione genetica che possono provocare effetti negativi sulla salute umana, animale e sull'ambiente. Il confronto delle caratteristiche di uno o più OGM con quelle dell'organismo non modificato, in condizioni comparabili di emissioni o uso, aiuterà ad identificare i potenziali effetti negativi specificamente prodotti dalla modificazione genetica. Non bisogna trascurare un potenziale effetto negativo anche se ritenuto improbabile.
1. I potenziali effetti negativi dell'OGM variano caso per caso e possono comprendere:
1.1 affezioni per gli esami umani, inclusi gli effetti tossici o allergenici; si confrontino, ad esempio, i punti B.1.m e B.3.b.9 dell'allegato III A ed il punto B.7 dell'allegato III B;
1.2 malattie per animali o piante, inclusi gli effetti tossici e, se del caso, effetti allergenici; ad esempio, i punti B.1.m. e B.3.b.9 dell'allegato III A ed i punti B.7 e D.8 dell'allegato III B;
1.3 effetti sulla dinamica della popolazione della specie all'interno dell'ambiente cui essi sono destinati e sulla diversità genetica di ciascuna di tali popolazioni; si confrontino, ad esempio, i punti D.2.h, i ed n dell'allegato III A;
1.4 alterazioni della sensibilità degli agenti patogeni tali di facilitare la diffusione di malattie infettive e creare nuovi organismi ospiti o vettori;
1.5 ripercussioni negative sui trattamenti profilattici o terapeutici, medici, veterinari o fitosanitari, per esempio a causa del trasferimento di geni che conferiscono resistenza agli antibiotici utilizzati in medicina umana e veterinaria; si confrontino ad esempio, i punti B.1.m.5 e B.3.b.9.4 dell'allegato III A;
1.6 effetti di tipo biogeochimico, ovvero cicli biogeochimici, in particolare sui cicli del carbonio e dell'azoto derivanti da modificazioni nella decomposizione di matera organica nel suolo; si confrontino, ad esempio, i punti B.1.m.6 e D.2.q dell'allegato III A ed il punto D.11 dell'allegato III B.
2. Effetti negativi possono essere provocati, direttamente o indirettamente, da meccanismi quali:
2.1 la dispersione dell'OGM nell'ambiente;
2.2 trasferimento dell'inserto genetico ad organismi diversi o allo stesso tipo di organismo, geneticamente o non geneticamente modificato;
2.3 instabilità fenotipica e genetica;
2.4 interazioni con altri organismi;
2.5 cambiamenti dei modi di impiego, comprese, ove applicabile, le pratiche agricole.
b) Valutazione delle potenziali conseguenze di ogni eventuale effetto negativo, qualora esso si verifichi.
Deve essere valutata l'entità delle conseguenza di ogni potenziale effetto negativo. Tale valutazione deve partire dal presupposto che tale effetto negativo si possa verificare. L'entità delle conseguenze può variare in funzione dell'ambiente in cui si intende emettere l'OGM e delle modalità di emissione.
c) Valutazione della possibilità del verificarsi di ogni potenziale effetto negativo identificato.
Un importante fattore per valutare la possibilità o la probabilità che si verifichi un effetto negativo è rappresentato dalle caratteristiche dell'ambiente in cui si intende emettere l'OG e dalle modalità dell'emissione.
d) Stima del rischio collegato a ciascuna caratteristica identificata dall'OGM.
Per quanto si rende possibile, sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili, occorre procedere ad una stima del rischio per la salute umana, animale o per l'ambiente per ogni caratteristica dell'OGM individuata come causa potenziale di effetti negativi. Tale stima deve essere effettuata combinando la probabilità che l'effetto negativo si verifichi e l'entità delle possibili conseguenze.
e) Applicazione di strategie di gestione dei rischi derivanti dall'emissione deliberata nell'ambiente o dall'emissione sul mercato di OGM.
La valutazione del rischio può identificare rischi che necessitano di essere gestiti nonchè le modalità per gestirli nel modo migliore; deve inoltre essere definita una strategia di gestione del rischio.
f) Determinazione del rischio complessivo dell'OGM.
Occorre procedere alla valutazione del rischio complessivo dell'OGM tenendo conto delle strategie di gestione del rischio proposte.
D) Conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell'emissione o dell'immissione sul mercato dell'OGM
In base a una valutazione del rischio ambientale effettuata tenendo conto dei princìpi e della metodologia di cui alla parti B e C di questo allegato, nelle notifiche devono essere inserite, come appropriato, le informazioni previste nei successivi punti 1 e 2. Queste informazioni hanno lo scopo di contribuire all'elaborazione di conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell'emissione o dell'immissione sul mercato dell'OGM:
1) OGM diversi dalle piante superiori:
a) probabilità che l'OGM divenga persistente e invasivo in habitat naturali alle condizioni della o delle emissioni proposte;
b) ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito all'OGM è probabilità che quest'ultimo venga realizzato alle condizioni della o delle emissioni proposte;
c) potenziale di trasferimento del gene ed altre specie alle condizioni dell'emissione proposta dell'OGM e ogni vantaggio o svantaggio conferito a tali specie;
d) impatto ambientale immediato e/o differito delle interazioni dirette e indirette tra OGM e organismi bersaglio, se del caso;
e) ) impatto ambientale immediato e/o differito delle interazioni dirette e indirette tra OGM e organismi non bersaglio, compreso l'impatto sui livelli di popolazione di competitori, prede, ospiti, simbionti, predatori, parassiti e patogeni;
f) possibili effetti immediati e/o differiti sulla salute umana risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette fra OGM e persone che li utilizzano o che vengono in contatto con essi o che siano nelle vicinanze dei siti di emissione dell'OGM;
g) possibili effetti immediati e/o differiti sulla salute degli animali e conseguenze per la catena alimentare risultante dal consumo dell'OGM e di ogni prodotto da essi derivato se destinato ad essere impiegato come alimento per animali;
h) possibili effetti immediati e/o differiti su processi biogeochimici risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette fra l'OGM e organismi bersaglio e non bersaglio nelle vicinanze dei siti di emissione dell'OGM;
i) possibili impatti ambientali e/o differiti, diretti e indiretti delle tecniche specifiche impiegate per la gestione dell'OGM se diverse da quelle impiegate per non OGM.
2) Piante superiori geneticamente modificate PSGM:
a) probabilità che la PSGM diventi più persistente delle pianti ospiti o parentali in habitat agricoli oppure più invasiva in habitat naturali;
b) ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito alla PSGM:
c) potenzialità del trasferimento genico dalla PSGM, nelle condizioni in cui essa è coltivata, ad altre specie vegetali identiche o sessualmente compatibili e ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito a tali specie vegetali;
d) potenziale impatto ambientale immediato e/o differito risultante da interazioni dirette e indirette fra la PSGM e organismi bersaglio, quali predatori, parassitoidi e patogeni, se del caso;
e) possibile impatto ambientale immediato e/o differito risultante da interazioni dirette e indirette fra della PSGM con organismi non bersaglio, anche tenendo conto di organismi che interagiscono con organismi bersaglio, compreso l'impatto su livelli della popolazione di competitori, erbivori, simbionti, se del caso, parassiti e patogeni;
f) possibili effetti immediati e/ o differiti sulla salute umana, risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette della PSGM con persone che gli utilizzano, che vengono in contatto con essi o che si trovano nelle vicinanze dei siti di emissione di PSGM;
g) possibili effetti immediati e/ o differiti sulla salute degli animali e conseguenze per la catena alimentare risultante dal consumo dell'OGM e di ogni prodotto da essi derivato se destinato ad essere impiegato come alimento per animali;
h) possibili effetti immediati e/o differiti sui processi biogeochimici risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette dell'OGM con organismi bersaglio e non bersaglio in prossimità dei siti di emissione dell'OGM;
i) possibili impatti ambientali immediati e/o differiti, diretti e indiretti delle tecniche specifiche di coltivazione, gestione e raccolta impiegate per le PSGM se diverse da quelle impiegate per le non PSGM.
Allegato III - (articoli 8 e 16)
Informazioni obbligatorie per la notifica
La notifica di cui al Titolo II o al Titolo III deve contenere, secondo i casi, le informazioni specificate nelle sezioni III A e III B del presente allegato.
Non tutte le informazioni richieste sono applicabili ad ogni notifica, che dovrà contenere, comunque, quelle ad essa pertinenti.
Le risposte a ciascun gruppo di informazioni deve essere sufficientemente particolareggiate in funzione della tipologia di OGM oggetto di notifica, della modificazione genetica proposta, della dimensione dell'emissione oggetto della notifica.
Ulteriori sviluppi nella modificazione genetica potrebbero rendere necessari un adeguamento del presente allegato al progresso tecnico o l'elaborazione di note orientative. Una successiva modifica delle informazioni richieste per i vari tipi di OGM, per esempio organismi unicellulari, pesci o insetti, o per un uso particolare dell'OGM, come lo sviluppo di vaccini, potrà rendersi necessaria non appena verrà acquisita sufficiente esperienza con le notifiche per l'emissione di OGM specifici.
La descrizione dei metodi utilizzati o il riferimento a metodi normalizzati o internazionalmente riconosciuti deve parimenti essere menzionata nel fascicolo, unitamente al nome del o dei soggetti responsabili dell'esecuzione degli studi.
L'allegato III A si riferisce all'emissione di tutti i tipi di organismi geneticamente modificati che non siano piante superiori. L'allegato III B si riferisce all'emissione di piante superiori geneticamente modificate.
Il termine «piante superiori» indica le piante appartenenti ai gruppi tassonomici delle Spermatofite, ovvero le Gimnosperme e le Angiosperme.
Allegato III A
Informazioni obbligatorie per le notifiche relative all'emissione di organismi geneticamente modificati che non siano piante superiori
A. INFORMAZIONI GENERALI
1) nome e indirizzo del notificante, ovvero società o istituto;
2) nome, qualifica ed esperienza professionale del ricercatore o dei ricercatori responsabili;
3) titolo del progetto.
B. INFORMAZIONI SULL'OGM
1) Caratteristiche dell'organismo e degli organismi donatori; dell'organismo o degli organismi ospiti; e, se del caso, dell'organismo e degli organismi progenitori:
a) nome scientifico;
b) tassonomia;
c) altri nomi, ovvero nome comune, nome del ceppo, ecc.;
d) marcatori fenotipici e genetici;
e) grado di parentela tra donatore e ospite o tra i rispettivi organismi progenitori;
f) descrizione delle tecniche di individuazione e rilevamento;
g) sensibilità, attendibilità, in termini quantitativi, e specificità delle tecniche di rilevamento e individuazione;
h) descrizione della distribuzione geografica e dell'habitat naturale dell'organismo, ivi comprese informazioni sui predatori naturali, le prede, i parassiti, i competitori, i simbionti e gli ospiti;
i) organismi con i quali è noto il trasferimento di materiale genetico avviene in condizioni naturali;
l) verifica della stabilità genetica dell'organismo e fattori che la influenzano;
m) caratteristiche patologiche, ecologiche e fisiologiche:
1. classificazione del rischio secondo le vigenti norme comunitarie per la tutela della salute umana, animale e dell'ambiente;
2. tempo di generazione negli ecosistemi naturali, ciclo riproduttivo sessuato e assessuato;
3. informazioni su modalità e di diffusione e condizioni e forme di sopravvivenza, compresa la stagionalità;
4. patogenicità: infettività, tossigenicità, virulenza, allergenicità, vattore di agenti patogeni, vettore e ospiti possibili, ivi compresi gli organismi non bersaglio; eventuale attivazione di virus latenti, ovvero, provirus; capacità di colonizzare altri organismi;
5. resistenza agli antibiotici e potenziale uso, a scopo profilattico o terapeutico di questi antibiotici nell'uomo e negli animali domestici;
6. partecipazioni a processi ambientali: produzione primaria, ricambio nutritivo, decomposizione della materia organica, respirazione, ecc.
n) Natura dei vettori indigeni:
1. sequenza;
2. frequenza di mobilizzazione;
3. specificità;
4. presenza di geni che conferiscono resistenza.
o) Precedenti modificazioni genetiche.
2) Caratteristiche del vettore:
a) natura e fonte del vettore;
b) sequenze genetiche di trasposoni, vettori e altri segmenti di geni non codificanti usati per costruire l'OGM, formare il vettore introdotto e inserire funzioni nell'OGM;
c) frequenza di mobilizzazione del vettore inserito e capacità di trasferimento di materiale genetico e metodi di determinazione;
d) informazioni circa la misura in cui il vettore si limita al DNA necessario per ottenere la funzione desiderata;
3) Caratteristiche dell'organismo modificato:
a) Informazioni relative alla modificazione genetica:
1. metodi utilizzati per effettuare la modificazione;
2. metodi utilizzati per la costruzione e di introduzione dell'inserto o degli inserti nell'ospite o per una delezione di sequenza;
3. descrizione dell'inserto e della costruzione del vettore;
4. purezza dell'inserto da ogni sequenza non conosciuta e informazioni sulla misura in cui la sequenza inserita sia limitata al DNA necessario per ottenere la funzione desiderata;
5. metodi e criteri di selezione utilizzati;
6. sequenza, identità funzionale e localizzazione del o dei segmenti di acido nucleico modificati, inseriti o eliminati, con particolare riferimento ad eventuali sequenze notoriamente dannose.
b) Informazioni sull'OGM oggetto della notifica:
1. descrizione dei tratti genetici o delle caratteristiche fenotipiche e, in particolare, di ogni nuovo tratto e caratteristica che può o non può più esprimersi;
2. struttura e quantità di ciascun vettore e acido nucleico del donatore che resta nel costrutto finale dell'organismo modificato;
3. stabilità genetica dell'organismo;
4. velocità e livello di espressione del nuovo materiale genetico. Metodo di misura e sua sensibilità;
5. attività delle proteine espresse;
6. descrizione delle tecniche di identificazione e di rilevamento, comprese quelle per identificare e rilevare le sequenze e i vettori inseriti;
7. sensibilità, attendibilità, in termini quantitativi, e specificità delle tecniche di rilevamento e di identificazione;
8. precedenti emissioni o utilizzazioni dell'OGM;
9. analisi degli aspetti che possono avere influenza sulla salute umana e animale, nonché effetti fitosanitari;9.1. effetti tossici o allergenici dell'OGM e dei loro prodotti metabolici;
9.2. confronto dell'organismo modificato con l'organismo donatore, ospite o, se del caso, progenitore, sotto l'aspetto patogeno;
9.3. capacità di colonizzazione;
9.4. se l'organismo è patogeno per esseri umani immunocompetenti:
9.4.1. disturbi causati e meccanismo patogeno, comprese invasività e virulenza;
9.4.2. trasmissibilità;
9.4.3. dose infettante;
9.4.4. eventualità di alterazione della gamma degli ospiti possibili;
9.4.5. possibilità di sopravvivenza al di fuori dell'ospite umano;
9.4.6. presenza di vettori o mezzi di diffusione;
9.4.7. stabilità biologica;
9.4.8. morfologia della resistenza agli antibiotici;
9.4.9. allergenicità;
9.4.10. disponibilità di terapie appropriate;
9.5 altri rischi insiti nel prodotto.
C) INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI IN CUI AVVIENE L'EMISSIONE DELIBERATA E SULL'AMBIENTE OSPITE
1) Informazione sull'emissione
a) descrizione dell'emissione deliberata proposta, inclusi gli scopi e i prodotti previsti;
b) date previste per l'emissione e calendario della sperimentazione, comprese la frequenza e la durata delle emissioni;
c) preparazione del sito prima dell'emissione;
d) dimensione del sito;
e) metodo o metodi utilizzati per l'emissione;
f) quantità di OGM da emettere;
g) elementi di pertubazione del sito, ovvero, tipo e metodo di coltivazione, attività estrattive, irrigazione, altre attività;
h) misure di protezione degli operatori durante l'emissione;
i) trattamento del sito dopo l'emissione;
l) tecniche previste per eliminare o rendere inattivo l'OGM a conclusione della sperimentazione;
m) informazioni sulle precedenti emissioni dell'OGM e relativi risultati, specialmente se effettuate su scale diverse e in ecosistemi differenti.
2) Informazioni sull'ambiente, ovvero, sito di emissione e ambiente circostante:
a) ubicazione geografica e coordinate del sito o dei siti; in caso di notifica ai sensi del Titolo III, per sito di emissione si intendono le località previste per l'uso del prodotto;
b) prossimità fisica o biologica con persone e altri importanti bioti;
c) prossimità con biotopi significativi o aree protette o siti di approvvigionamento di acqua potabile;
d) caratteristiche climatiche della regione o delle regioni che potrebbero essere interessate;
e) caratteristiche geografiche, geologiche e pedologiche;
f) flora e fauna, ivi comprese colture, allevamenti e specie migratorie;
g) descrizione degli ecosistemi bersaglio o non bersaglio che possono essere interessati;
h) confronto dell'habitat naturale dell'organismo ospite con i siti proposti per l'emissione;
i) ogni eventuale notizia relativa a piani di sviluppo o a modifica della destinazione d'uso del suolo nell'area interessata che potrebbe avere influenza sull'impatto ambientale dell'emissione.
D) INFORMAZIONE SULLE INTERAZIONI TRA L'OGM E L'AMBIENTE
1. Caratteristiche che hanno influenza sulla sopravvivenza, sulla moltiplicazione e sulla diffusione:
a) peculiarità biologiche che incidono sulla sopravvivenza, sulla moltiplicazione e sulla diffusione;
b) condizioni ambientali note o previste che possono avere influenza sulla sopravvivenza, sulla moltiplicazione e sulla diffusione, ovvero, vento, acqua, suolo, temperatura, pH, ecc.;
c) sensibilità ed agenti specifici.
2. Interazioni con l'ambiente:
a) prevedibile habitat dell'OGM;
b) studi sull'OGM in ambienti naturali simulati, come microcosmi, laboratori di coltivazione, serre relativi a:
1. comportamento;
2. caratteristiche;
3. impatto ecologico;
c) capacità di trasferimento di materiale genetico dopo l'emissione:
1. dall'OGM ad organismi negli ecosistemi interessati dall'emissione;
2. da organismi indigeni all'OGM,
d) probabilità di selezione dopo l'emissione, con conseguente espressione di tratti imprevisti e indesiderabili nell'organismo modificato;
e) misure intraprese per garantire e verificare la stabilità genetica e i metodi di verifica adottati. Descrizione dei caratteri genetici che possono prevenire o ridurre al minimo la diffusione di materiale genetico;
f) vie di diffusione biologica, interazioni note o potenziali con l'agente di diffusione, incluse l'inalazione, l'ingestione, il contatto superficiale, la penetrazione, ecc;
g) individuazione e descrizione degli ecosistemi in cui l'OGM potrebbe essere diffuso;
h) possibilità di incremento eccessivo delle popolazioni nell'ambiente;
i) vantaggio competitivo dell'OGM rispetto all'organismo o agli organismi ospiti o progenitori non modificati;
l) identificazione e descrizione degli organismi bersaglio, qualora essi esistano;
m) meccanismo previsto e risultati dell'interazione tra l'OGM emesso e l'organismo o gli organismi bersaglio, qualora essi esistano;
n) identificazione e descrizione degli organismi non bersaglio che possono essere negativamente interessati dall'emissione dell'OGM e dei meccanismi previsti di ogni interazione negativa identificata;
o) probabilità di variazioni, dopo l'emissione, delle interazioni biologiche o della gamma di possibili ospiti;
p) interazioni note o previste sugli organismi non bersaglio nell'ambiente, compresi i competitori, le prede, gli ospiti, i simbionti, i predatori, i parassiti e i patogeni;
q) coinvolgimento noto o previsto in processi biogeochimici;
r) altre potenziali interazioni con l'ambiente.
E) INFORMAZIONI SUL PIANO DI MONITORAGGIO, DI CONTROLLO E DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E SUL PIANO DI INTERVENTO IN CASO DI EMERGENZA.
1. Tecniche di monitoraggio:
a) metodi per rintracciare gli OGM e distinguerli dagli organismi donatori, ospiti o, ove possibili, progenitori;
b) metodi per monitorare gli effetti dell'emissione deliberata proposta, ovvero, sensibilità, specificità, e attendibilità;
c) tecniche per rilevare il trasferimento del materiale genetico donato in altri organismi;
d) durata e frequenza del monitoraggio.
2. Controllo dell'emissione:
a) metodi e procedure per evitare e ridurre al minimo la diffusione dell'OGM oltre il sito d'emissione o dell'area destinata all'impiego;
b) metodi e procedure per proteggere il sito dall'intrusione di soggetti non autorizzati;
c) metodi e procedure per impedire che altri organismi penetrino nel sito;
3. Trattamento dei rifiuti:
a) tipo di rifiuti prodotti;
b) volume di rifiuti previsto;
c) descrizione del trattamento previsto.
4. Piani di intervento in caso di emergenza:
a) metodi e procedure di controllo dell'OGM in caso di dispersione imprevista;
b) metodi di decontaminazione delle aree colpite, per esempio eradicazione dell'OGM;
c) metodi di eliminazione o disinfezione per piante, animali, suoli, ecc., esposti durante o dopo la diffusione;
d) metodi di isolamento della zona interessata dalla dispersione;
e) piani per la protezione della salute umana, animale e dell'ambiente in caso di manifestazione di effetti non desiderati.
Allegato III B
Informazioni obbligatorie per le notifiche relative all'amissione di Piante superiori geneticamente modificate (PSGM) (gimnosperme ed angiosperme)
A) INFORMAZIONI GENERALI
1. nome e indirizzo del notificante, ovvero, società o istituto;
2. nome, qualifica ed esperienza professionale del ricercatore o dei ricercatori responsabili;
3. titolo del progetto.
B) INFORMAZIONI SULL'ORGANISMO OSPITE O, SE DEL CASO, SUI PROGENITORI
1. Nome completo:
a) nome di famiglia;
b) genere;
c) specie;
d) sottospecie;
e) cultivar/linea di riproduzione;
f) nome comune.
2. Informazioni sulla riproduzione:
a) informazioni generali;
1. modalità di riproduzione, se sessuata, allogama, autogama, asessuata, propaguli, stoloni, tuberi ecc;
2. eventuali fattori specifici che influiscono sulla riproduzione;
3. tempi generazionali;
b) compatibilità sessuale con altre specie vegetali coltivate o selvatiche, compresa la distribuzione in Europa ed in Italia delle specie compatibili;
3. Capacità di sopravvivenza:
a) capacità di sviluppare strutture di sopravvivenza o latenza, inclusa l'indicazione sulla vitalità del seme;
b) fattori ambientali ed altri fattori specifici che influiscono sulla capacità di sopravvivenza;
4. Diffusione:
a) modalità e portata della diffusione, ad esempio, stima di come si riducono con la distanza la vitalità del polline e/o la presenza di semi vitali;
b) eventuali fattori specifici che influiscono sulla diffusione, per esempio vento, pioggia, insetti vettori, pratiche agricole ecc...
5. Distribuzione geografica della pianta, inclusa, ove nota, l'identificazione di centri di origine e di diversità genetica.
6. In caso di specie vegetali normalmente non presenti in Italia, descrizione dell'habitat naturale della pianta e di eventuali organismi, predatori naturali, parassiti, competitori e simbionti.
7. Altre potenziali interazioni significative per l'OGM, della pianta con organismi appartenenti al suo ecosistema naturale o ad ecosistemi diversi.
8. Informazioni su eventuali effetti tossici per gli esseri umani, gli animali e altri organismi.
C) INFORMAZIONI SULLA MODIFICAZIONE GENETICA
1. Descrizione dei metodi utilizzati per effettuare la modificazione genetica.
2. Natura e origine del vettore utilizzato.
3. Natura e origine, dell'organismo o degli organismi donatori.
4 Dimensioni e funzione prevista di ciascun frammento che costituisce la regione destinata ad essere inserita.
D) INFORMAZIONI RELATIVE ALLA PIANTA GENETICAMENTE MODIFICATA
1. Descrizione del o dei tratti e delle caratteristiche introdotte o modificate, nonché dello scopo dell'introduzione o della modifica
2. Informazioni su ciascuna delle sequenze effettivamente inserite o eliminate:
a) dimensioni e struttura dell'inserto, ovvero sequenza genica codificante compresi il promotore ed il terminatore e metodi utilizzati per caratterizzarla, incluse informazioni su eventuali parti del vettore introdotte nella PSGM o qualsiasi altra sequenza di DNA esogeno che rimane nella PSGM;
b) in caso di soppressione, dimensione e funzioni della/e regione/i eliminata/e;
c) numero di copie dell'inserto;
d) posizione degli inserti nelle cellule della pianta, integrati nei cromosomi, cloroplasti o mitocondri, oppure in maniera non integrata a metodi per determinarla.
3. Informazioni sull'espressione dell'inserto:
a) modalità e tempi di espressione dell'inserto durante il ciclo vitale della pianta;
b) sito di espressione, ad esempio radici, fusto, polline, ecc.;
c) metodi utilizzati per la caratterizzazione;
4. Informazioni sulle differenze tra la PSGM e la pianta ospite, in termini di:
a) modalità, velocità e capacità di riproduzione;
b) diffusione;
c) capacità di sopravvivenza.
5. Stabilità genetica dell'inserto e stabilità fenotipica della PSGM.
6. Eventuali modifiche della capacità della PSGM di trasferire materiale genetico ad altri organismi.
7. Informazioni su eventuali effetti tossici, allergenici o altri effetti nocivi per la salute umana riconducibili alla modificazione genetica.
8. Informazioni sulla sicurezza della PSGM per la salute animale, con particolare riguardo ad eventuali effetti tossici, allergenici o altri effetti nocivi riconducibili alla modificazione genetica se si intende impiegare la PSGM negli alimenti per animali.
9. Meccanismi di interazione tra le PSGM e gli organismi bersaglio, se del caso.
10. Potenziali cambiamenti nelle interazioni della PSGM con organismi non bersaglio risultanti dalla modificazione genetica.
11. Potenziali interazioni con l'ambiente abiotico.
12 Descrizione delle tecniche di identificazione e rilevazione delle PSGM.
13. Informazioni su eventuali precedenti emissioni della PSGM.
E) INFORMAZIONI SUL SITO DI EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEL TITOLO II)
1. Ubicazione e dimensioni del sito e dei siti di emissione.
2. Descrizioni dell'ecosistema locale di emissione, inclusi clima, flora e fauna.
3. Presenza di specie sessualmente compatibili naturali o coltivate.
4. Prossimità di biotopi o aree protette ufficialmente riconosciuti che potrebbero essere interessati dall'emissione.
F) INFORMAZIONI CONCERNENTI L'EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEL TITOLO II)
1. Scopo dell'emissione.
2. Data e durata previste.
3. Metodo di emissione delle piante geneticamente modificate.
4. Metodo di preparazione e gestione del sito di emissione, prima, durante e dopo l'emissione, comprese pratiche colturali e modalità di raccolto.
5. Numero complessivo stimato di piante oppure numero di piante per m².
G) INFORMAZIONI SUI PIANI DI MONITORAGGIO, CONTROLLO E TRATTAMENTO DEL SITO E DEI RIFIUTI DOPO L'EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEL TITOLO II)
1. Eventuali misure precauzionali adottate:
a) distanza da altre specie vegetali selvatiche o coltivate sessualmente compatibili;
b) eventuali misure per ridurre al minimo o impedire la dispersione di organi di riduzione della PSGM, ad esempio polline, semi, tuberi.
2. Descrizione dei metodi di trattamento del sito di emissione ad emissione avvenuta.
3. Descrizione dei metodi di trattamento successivo all'emissione concernenti il materiale geneticamente modificato, inclusi i rifiuti.
4. Descrizione dei piani di monitoraggio e relative tecniche.
5. Descrizione di eventuali piani di emergenza.
6. Metodi e procedimenti di protezione del sito.
Allegato IV
(articoli 16, 24 e 28)
Informazioni supplementari
Il presente allegato descrive in linea generale le informazioni supplementari da fornire in caso di notifica relativa all'immissione sul mercato e le informazioni sui requisiti in materia di etichettatura concernenti gli OGM da immettere sul mercato e gli OGM soggetti a deroghe a norma dell'articolo 3, comma 1, lettera d). Detto allegato è integrato da note orientative, riguardanti, tra l'altro, la descrizione di come va utilizzato il prodotto. I requisiti in materia di etichettatura degli organismi soggetti a deroghe di cui all'articolo 28 sono soddisfatti fornendo raccomandazioni appropriate sull'uso, incluse le restrizioni.
A) Nella notifica relativa all'immissione sul mercato di OGM devono figurare le seguenti informazioni in aggiunta a quelle specificate nell'allegato III:
1. Le denominazioni commerciali proposte per i prodotti e i nomi degli OGM ivi contenuti, e ogni altro specifico elemento, nome o codice utilizzati dal notificante per l'identificazione dell'OGM. Dopo l'autorizzazione, eventuali nuove denominazioni commerciali devono essere fornite all'autorità competente.
2. Nome e indirizzo completo del soggetto stabilito della Comunità quale responsabile dell'immissione sul mercato, sia esso il produttore, l'importatore o il distributore.
3. Nome e indirizzo completo del o dei fornitori dei campioni di controllo.
4. Descrizione di come si intende utilizzare il prodotto e l'OGM in quanto tale o contenuto nel prodotto stesso. Devono essere evidenziate le diversità nell'uso e nella gestione dell'OGM rispetto a prodotti simili non geneticamente modificati.
5. Descrizione della o delle aree geografiche e dei tipi di ambiente in cui è previsto l'uso del prodotto, comprese, ove possibile, le stime sull'entità dell'uso in ciascuna area.
6. Categorie dei possibili utenti del prodotto, ad esempio: industria, agricoltura, commercio specializzato, pubblico in generale in qualità di consumatore.
7. Informazioni sulla modificazione genetica ai fini dell'iscrizione di uno o più registri specifici delle caratteristiche dell'OGM. Tali registri possono essere utilizzati per individuare e identificare particolari prodotti contenenti OGM al fine di agevolare il monitoraggio e il controllo successivi all'immissione sul mercato. Queste informazioni dovrebbero includere, ove appropriato, il deposito presso l'autorità competente di campioni dell'OGM o del suo materiale genetico e dati sulle sequenze nucleotidiche o di altre informazioni necessarie per identificare il prodotto contenente OGM o la sua progenie, ad esempio la metodologia per individuare e identificare il prodotto contenente OGM, compresi i dati sperimentali che dimostrano la specificità della metodologia. Le informazioni che, per motivi di riservatezza, non possono essere inserite nella parte del registro accessibile al pubblico dovrebbero essere precisate.
8. Etichettatura proposta sia per l'etichetta che per il documento di accompagnamento. Essa deve contenere almeno, anche se in forma sintetica, il nome commerciale del prodotto, la dicitura «Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati», la denominazione dell'OGM, le informazioni di cui al punto 2 nonché indicare le modalità di accesso alle informazioni contenute nella parte del registro accessibile al pubblico.
B) Le seguenti informazioni devono figurare nella notifica, se pertinenti, in aggiunta a quelle specificate al punto A del presente allegato, a norma dell'articolo 16:
1. Misure di emergenza in caso di emissione accidentale o di uso improprio.
2. Istruzioni o raccomandazioni particolari per immagazzinamento o manipolazione.
3. Istruzioni particolari per effettuare il monitoraggio e la segnalazione al notificante e, se richiesto, all'autorità competente, affinché l'autorità competente possa essere tempestivamente informata di eventuali effetti negativi. Queste istruzioni devono essere coerenti con l'allegato VII, parte C.
4. Restituzioni proposte nell'uso autorizzato dell'OGM, ad esempio dove e a quali scopi può essere usato il prodotto.
5. Imballaggio proposto.
6. Stima dei quantitativi prodotti e importati nella comunità e in Italia.
7. Etichettatura supplementare proposta. L'etichetta può contenere, almeno in sintesi, le informazioni di cui ai punti A.4, A.5, B.1, B.2, B.3 e B.4 di questo allegato.
Allegato V
(articolo 10)
Criteri per l'applicazione delle procedure differenziate
I criteri per l'applicazione delle procedure differenziate di cui all'articolo 10 sono di seguito riportati:
A) Devono essere ben conosciute la collocazione tassonomica e le caratteristiche biologiche, ad esempio le modalità di riproduzione e di impollinazione, la possibilità di incrocio con specie prossime, la patogenicità, dell'organismo ospite non modificato.
B) Devono essere conosciuti in modo adeguato gli aspetti relativi alla sicurezza per la salute umana, animale e per l'ambiente degli organismi progenitori, se appropriato, e degli organismi riceventi nell'ambiente ove avviene il rilascio.
C) Devono essere rese disponibili le informazioni relative ad ogni iterazione di particolare interesse ai fini della valutazione del rischio che coinvolgono l'organismo progenitore, se appropriato, l'organismo ricevente e gli altri organismi nell'ecosistema di emissione sperimentale.
D) Devono essere rese disponibili tutte le informazioni necessarie a dimostrare che è stato ben caratterizzato tutto il materiale genetico inserito. Devono essere disponibili informazioni sulla costruzione di ciascun sistema vettore o sequenza di materiale genetico utilizzati con il DNA del vettore. Se la modificazione genetica comporta la delezione di materiale genetico, deve essere conosciuta l'entità della delezione stessa. Occorre disporre, inoltre, di informazioni sufficienti sulla modificazione genetica per consentire l'identificazione dell'OGM e della sua progenie durante l'emissione.
E) Nelle condizioni di emissione sperimentale l'OGM non deve comportare rischi per la salute umana, animale o per l'ambiente più numerosi e più rilevanti di quanto avvenga nelle emissioni dei corrispondenti organismi progenitori, se del caso, e degli organismi riceventi. L'eventuale capacità di diffusione nell'ambiente e di invasione di altri ecosistemi non collegati così, come l'eventuale capacità di trasferimento del materiale genetico in altri organismi presenti nell'ambiente non devono determinare effetti negativi.
Allegato VI
(articoli 17, 20, 22 e 23)
Linee guida per la redazione delle relazioni di valutazione
Nelle relazioni di valutazione di cui agli articoli 17, 20, 22 e 23 deve figurare, in particolare:
A) l'identificazione delle caratteristiche dell'organismo ospite che siano rilevanti per la valutazione dell'OGM in questione. L'identificazione di eventuali rischi noti per la salute umana, animale e per l'ambiente che derivino dall'emissione nell'ambiente dell'organismo ospite non modificato.
B) la descrizione del risultato della modificazione genetica nell'organismo modificato;
C) la valutazione circa la sufficiente caratterizzazione della modificazione genetica ai fini della valutazione di ogni eventuale rischio per la salute umana, animale e per l'ambiente;
D) l'identificazione di ogni eventuale nuovo rischio per la salute umana, animale e per l'ambiente che potrebbe derivare dall'emissione dell'OGM in questione rispetto all'emissione del corrispondente organismo non modificato in base alla valutazione del rischio effettuata in conformità all'Allegato II.
E) Una valutazione conclusiva circa:
1. la possibilità di immettere sul mercato l'OGM in questione e le relative condizioni;
2. l'opportunità di non immettere in commercio l'OGM;
3. la necessità di richiedere i pareri alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione Europea su punti specifici della valutazione del rischio ambientale.
F) la valutazione conclusiva deve indicare con chiarezza l'uso proposto, la gestione del rischio e il piano di monitoraggio proposto. Qualora si sia giunti alla conclusione che l'OGM non debba essere immesso sul mercato, l'autorità competente deve motivarne le ragioni.
Allegato VII
(articoli 16, 20, 21 e 22)
Piano di monitoraggio
Il presente allegato descrive in generale l'obbiettivo da raggiungere e i princìpi generali da eseguire per definire il piano di monitoraggio di cui all'articolo 16, comma 3, lettera f), all'articolo 20, comma 2, lettera b), all'articolo 21, comma 3, lettera g) e all'articolo 22. La decisione 2002/811/CE del 3 ottobre 2002 del Consiglio, riporta le note orientative per l'elaborazione di detto piano di monitoraggio.
A) Obiettivo
L'obiettivo del piano di monitoraggio è:
1. confermare che le ipotesi relative al verificarsi di potenziali effetti negativi dell'OGM o del suo impiego ed al loro impatto, contenute nella relazione di valutazione del rischio ambientale, sono corrette;
2. individuare il verificarsi di effetti negativi dell'OGM o del suo impiego sulla salute umana, animale e sull'ambiente che non siano stati previsti nella valutazione del rischio ambientale.
B) Princìpi generali
Il monitoraggio di cui agli articoli 16, 20, 21 e 22 è effettuato dopo l'autorizzazione all'immissione sul mercato dell'OGM.
I dati raccolti con il monitoraggio devono essere interpretati in funzione delle altre condizioni ambientali e delle attività esistenti. Nel caso in cui si osservino modifiche dell'ambiente, deve essere presa in considerazione la possibilità di effettuare un'ulteriore valutazione per stabilire se esse rappresentino una conseguenza dell'OGM o del suo impiego, in quanto possono essere dovute a fattori ambientali diversi dall'immissione sul mercato dell'OGM.
Le esperienze e i dati acquisti mediante il monitoraggio di emissioni sperimentali di OGM possono costituire un ausilio nella definizione del piano di monitoraggio successivo all'immissione sul mercato e richiesto per l'immissione sul mercato dell'OGM.
C) Definizione del piano di monitoraggio
Il piano di monitoraggio deve:
1. avere un grado di dettaglio da definirsi caso per caso, tenuto conto della valutazione del rischio ambientale;
2. tener conto delle caratteristiche dell'OGM, delle caratteristiche e delle dimensioni del suo impiego, alla gamma delle componenti ambientali interessate nel luogo dove è prevista l'emissione dell'OGM;
3. comprendere una sorveglianza di carattere generale per gli effetti negativi imprevisti e, se necessario, un apposito monitoraggio incentrato sugli effetti negativi identificati nella valutazione del rischio ambientale mediante:
a) un'attività di monitoraggio specifica per l'OGM in questione che deve essere effettuata per un periodo di tempo sufficiente a individuare gli effetti immediati e diretti, nonché, se appropriato, differiti ed indiretti identificati nella relazione di valutazione del rischio ambientale, ovvero
b) un'attività di sorveglianza che possa, se appropriato, avvalersi delle consuete prassi di sorveglianza già utilizzate, quali il monitoraggio delle cultivar agricole, dei prodotti fitosanitari o dei prodotti veterinari e medicinali. Il titolare dell'autorizzazione deve fornire una spiegazione delle modalità con le quali otterrà le informazioni necessarie in funzione degli obiettivi del monitoraggio dalle consuete prassi di sorveglianza;
4. facilitare l'osservazione sistematica dell'emissione dell'OGM nell'ambiente ospite e l'interpretazione di tali osservazioni in relazione alla sicurezza della salute umana, animale e dell'ambiente;
5. identificare le persone, notificante e utilizzatori che svolgeranno i vari compiti previsti nel piano di monitoraggio e le persone responsabili per la verifica della sua esecuzione e corretta attuazione, nonché garantire che siano rispettate le modalità secondo le quali il titolare dell'autorizzazione e l'autorità competente saranno informati di ogni effetto negativo osservato sulla salute umana, animale e sull'ambiente. Devono essere indicati il calendario e la periodicità delle relazioni relative ai risultati del monitoraggio;
6. prendere in considerazione i meccanismi per l'identificazione e la conferma di ogni effetto negativo osservato sulla salute umana, animale e sull'ambiente e permettere, ove opportuno, al titolare dell'autorizzazione o all'autorità competente di adottare le misure necessarie per proteggere la salute umana, animale e l'ambiente.
Allegato VIII
(articoli 12 e 26)
Consultazione pubblica
La consultazione pubblica e l'accesso alle informazioni in merito a ciascuna immissione deliberata nell'ambiente di OGM vengono effettuate mediante la creazione di un'apposita sezione dedicata al sito web dell'autorità nazionale competente di cui viene data adeguata pubblicità.
A) Consultazione
1. La informazioni oggetto di consultazione pubblica ai sensi dell'articolo 12, comma 2, sono disponibili e consultabili nel predetto sito web. Per la consultazione pubblica si intende la possibilità offerta a qualunque persona fisica o giuridica, istituzione, organizzazione o associazione di formulare osservazioni o fornire informazioni in merito a ciascuna notifica presentata ai sensi del Titolo II.
2. Per facilitare la partecipazione alle procedure di consultazione pubblica verrà predisposta una lista di consultazione nella quale figureranno, oltre ai soggetti istituzionali competenti a livello centrale e locale, associazioni di categoria, nonché organizzazioni non governative di protezione ambientale e di tutela del consumatore.
A tale lista potrà accedere, anche in tempi successivi, qualunque persona fisica o giuridica, istituzione, organizzazione o associazione che ne faccia richiesta.
I componenti di tale lista verranno avvisati all'avvio di ogni consultazione pubblica e ad ogni eventuale inserimento di nuove informazioni connesse alla consultazione medesima.
3. La consultazione pubblica ha una durata complessiva di giorni 30, trascorsi i quali l'autorità nazionale competente trasmette le osservazioni pervenute alla Commissione di cui all'articolo 6.
B) Informazione
1. Nella sezione dedicata del sito web dell'autorità nazionale competente sono, altresì, rese disponibili le informazioni di cui all'articolo 12, comma 5 e all'articolo 26, comma 2.
2. Sono inoltre disponibili nello stesso sito le relazioni di valutazione di cui all'articolo 26, comma 1 nonché i pareri di eventuali comitati scientifici consultati.
Reg.
(CEE) n. 2092/91 del 24 giugno 1991
Regolamento
del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e
alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate
alimentari
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(1) Pubblicato nella G.U.C.E. 22 luglio 1991, n. L 198. Entrato in vigore il 22 luglio 1991.
(2) Gli articoli 8 e 9 del presente regolamento sono stati recepiti con D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 220.
(3) Si vedano anche il regolamento (CEE) n. 94/92 ed il regolamento (CE) n. 1900/98.
Il Consiglio delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità economica europea, in particolare l'articolo 43,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Parlamento europeo,
visto il parere del Comitato economico e sociale,
considerando che i consumatori richiedono in misura sempre maggiore prodotti agricoli e derrate alimentari ottenuti con metodi biologici; che questo fenomeno sta quindi creando un nuovo mercato per i prodotti agricoli;
considerando che questi prodotti sono venduti sul mercato ad un prezzo più elevato, mentre il metodo di produzione richiede un impiego meno intensivo della terra; che tale metodo di produzione può quindi svolgere una funzione nel quadro del riorientamento della politica agricola comune per quanto attiene alla realizzazione di un migliore equilibrio tra l'offerta e la domanda di prodotti agricoli, la tutela dell'ambiente e la conservazione dello spazio rurale;
considerando che, in seguito alla crescente domanda, vengono immessi sul mercato prodotti agricoli e derrate alimentari recanti indicazioni che informano l'acquirente o lo inducono a ritenere che essi siano stati ottenuti con metodi biologici o senza l'impiego di prodotti chimici di sintesi;
considerando che alcuni Stati membri hanno già introdotto disposizioni regolamentari e controlli concernenti l'utilizzazione di tali indicazioni;
considerando che un quadro normativo comunitario in materia di produzione, di etichettatura e di controllo è necessario per la tutela della coltura biologica in quanto garantisce condizioni di concorrenza leale fra i produttori dei prodotti che recano tali indicazioni, oltre a contrastare una tendenza all'anonimato sul mercato dei prodotti biologici, assicurando la trasparenza a tutti i livelli della produzione e della preparazione e rendendo questi prodotti più credibili agli occhi dei consumatori;
considerando che il sistema di produzione biologico costituisce un metodo particolare di produzione al livello delle aziende agricole; che occorre pertanto disporre che sull'etichettatura dei prodotti trasformati le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico siano legate alle indicazioni relative agli ingredienti ottenuti mediante tale metodo di produzione;
considerando che per l'attuazione delle disposizioni prospettate è necessario istituire procedimenti flessibili che consentano di adeguare, di integrare o di definire talune modalità tecniche o determinate misure alla luce dell'esperienza acquisita; che il presente regolamento sarà completato entro un termine appropriato con disposizioni concernenti la produzione animale;
considerando che è necessario stabilire, nell'interesse dei produttori e degli acquirenti dei prodotti che recano indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico, i princìpi minimi che devono essere soddisfatti affinché i prodotti possano essere presentati con tali indicazioni;
considerando che il metodo di produzione biologico implica restrizioni importanti per quanto concerne l'utilizzazione di fertilizzanti o antiparassitari che possono avere conseguenze nocive per l'ambiente o dare origine a residui nei prodotti agricoli; che quindi occorre rispettare le tecniche accettate nella Comunità al momento dell'adozione del presente regolamento secondo le prassi in essa vigenti in detto momento; che inoltre è opportuno, per il futuro, stabilire i princìpi che disciplinano l'autorizzazione di prodotti che possono essere utilizzati in questo tipo di agricoltura;
considerando inoltre che l'agricoltura biologica fa ricorso a tecniche colturali di vario tipo ed all'apporto limitato di concimi e di ammendamenti di origine non chimica e poco solubili; che occorre definire in modo preciso tali tecniche e stabilire le condizioni di impiego di taluni prodotti non chimici di sintesi;
considerando che le procedure previste permettono di completare, ove necessario, l'allegato I con disposizioni più specifiche intese ad evitare la presenza di taluni residui di prodotti chimici di sintesi provenienti da fonti diverse dall'agricoltura (inquinamento ambientale) nei prodotti ottenuti con metodi biologici;
considerando che il controllo sull'osservanza delle norme di produzione richiede, in linea di massima, controlli in tutte le fasi della produzione e della commercializzazione;
considerando che tutti gli operatori che producono, preparano, importano o commercializzano prodotti recanti indicazioni sul metodo di produzione biologico devono essere assoggettati ad un regime di controllo regolare, conforme ai requisiti minimi comunitari e effettuato da istanze all'uopo designate e/o da organismi riconosciuti e controllati; che è opportuno che un'indicazione comunitaria di controllo possa figurare sull'etichetta dei prodotti sottoposti a questo regime di controllo,
ha adottato il presente regolamento:
Campo di applicazione
Articolo 1 (4)
1. Il presente regolamento si applica ai prodotti sotto indicati, nella misura in cui rechino o siano destinati a recare indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico:
a) i prodotti agricoli vegetali non trasformati; anche gli animali e i prodotti animali non trasformati, nella misura in cui i principi che regolano la produzione e le norme specifiche di controllo applicabili figurino negli allegati I e III;
b) i prodotti agricoli vegetali e animali trasformati destinati all'alimentazione umana composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale e/o animale;
c) i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi, non contemplati dalla lettera a) con effetto dall'entrata in vigore del regolamento della Commissione di cui al paragrafo 3.
2. In deroga al paragrafo 1, qualora l'allegato I non fissi norme dettagliate di produzione per talune specie animali, si applicano le norme in materia di etichettatura e di controllo previste rispettivamente all'articolo 5 e agli articoli 8 e 9 per tali specie e i relativi prodotti, ad eccezione dell'acquacoltura e dei prodotti dell'acquacoltura. In attesa dell'inserimento di norme dettagliate di produzione si applicano norme nazionali o, in mancanza di queste, norme private, accettate o riconosciute dagli Stati membri.
3. Entro il 24 agosto 2001, la Commissione presenta, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, una proposta di regolamento sui requisiti in materia di etichettatura e di controllo e le misure cautelative per i prodotti menzionati al paragrafo 1, lettera c) , purché tali requisiti si riferiscano al metodo di produzione biologico.
In attesa dell'adozione del regolamento di cui al primo comma, ai prodotti di cui al paragrafo 1, lettera c) si applicano norme nazionali in conformità della legislazione comunitaria o, in mancanza di queste, norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.
------------------------
(4) Articolo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Articolo 2 (5)
Ai fini del presente regolamento si considera che un prodotto reca indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico quando, nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto stesso, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono descritti con termini che suggeriscono all'acquirente che il prodotto, i suoi ingredienti o le materie prime per mangimi sono stati ottenuti conformemente alle norme di produzione di cui all'articolo 6. In particolare, i termini in appresso o i corrispondenti termini derivati (come bio, eco, ecc.) o diminutivi in uso, soli o combinati, sono considerati indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico in tutta la Comunità e in ogni sua lingua, salvo che essi non si applichino ai prodotti agricoli contenuti nelle derrate alimentari o nei mangimi o non abbiano in modo evidente alcun rapporto con tale metodo di produzione:
- in spagnolo: |
ecológico, |
- in danese: |
økologisk, |
- in tedesco: |
ökologisch, biologisch, |
- in greco: (6), |
|
- in inglese: |
organic, |
- in francese: |
biologique, |
- in italiano: |
biologico, |
- in olandese: |
biologisch, |
- in portoghese: |
biológico, |
- in finlandese: |
luonnonmukainen, |
- in svedese: |
ekologisk. |
------------------------
(5) Articolo inizialmente modificato dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia, successivamente dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95, dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999 e, da ultimo, così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.
(6) Si omette il testo in lingua greca.
Articolo 3 (7)
Il presente regolamento si applica, fatte salve le altre disposizioni comunitarie o nazionali, in conformità del diritto comunitario riguardante i prodotti specificati all'articolo 1, quali le disposizioni che disciplinano la produzione, la preparazione, la commercializzazione, l'etichettatura e il controllo, compresa la normativa in materia di prodotti alimentari e di alimentazione degli animali.
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(7) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Definizioni
Articolo 4
Ai fini del presente regolamento, si intende per:
1) "etichettatura": le diciture, le indicazioni, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i simboli presenti su imballaggi, documenti, cartoncini, etichette, nastri e fascette che accompagnano o concernono i prodotti di cui all'articolo 1;
2) "produzione": le operazioni effettuate in un'azienda agricola volte alla produzione, all'imballaggio e alla prima etichettatura, quali prodotti ottenuti con metodo biologico, di prodotti agricoli ottenuti in tale azienda (8);
3) "preparazione": le operazioni di conservazione e/o di trasformazione di prodotti agricoli (compresa la macellazione e il sezionamento per i prodotti animali) nonché il condizionamento e/o modifiche apportate all'etichettatura relativamente alla presentazione del metodo di produzione biologico apportate all'etichettatura dei prodotti freschi, conservati e/o trasformati (9);
4) "commercializzazione": la detenzione o l'esposizione a scopo di vendita, la messa in vendita, la vendita, la consegna o qualsiasi altro modo di immissione in commercio;
5) "operatore": la persona fisica o giuridica che produce, prepara o importa da Paesi terzi i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione, o che commercializza tali prodotti;
6) "ingredienti": le sostanze (compresi gli additivi) usate per la preparazione dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), definiti all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità (10);
7) "prodotti fitosanitari": i prodotti definiti nell'articolo 2, punto 1, della direttiva 79/117/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1978, relativa al divieto di immettere in commercio e impiegare prodotti fitosanitari contenenti determinate sostanze attive, modificata da ultimo dalla direttiva 89/365/CEE;
8) "detergenti": le sostanze e i preparati ai sensi della direttiva 73/404/CEE del Consiglio, del 22 novembre 1973, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai detergenti, modificata da ultimo dalla direttiva 86/94/CEE, destinati alla pulitura di taluni prodotti contemplati dall'articolo 1, paragrafo 1, lettera a);
9) "prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato": ogni singolo prodotto quale definito all'articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 79/112/CEE (11);
10) "elenco degli ingredienti": l'elenco degli ingredienti di cui all'articolo 6 della direttiva 79/112/CEE (12).
11) "produzioni animali": le produzioni di animali terrestri, domestici o addomesticati (inclusi gli insetti) e di specie acquatiche allevate in acqua dolce, salata o salmastra. I prodotti della caccia e della pesca di animali selvatici non sono considerati come provenienti da produzioni biologiche (13);
12) "organismo geneticamente modificato (OGM)": qualsiasi organismo cui si applica la definizione di cui all'articolo 2 della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (14);
13) "derivato di OGM": una sostanza prodotta con/o a partire da OGM, ma che non ne contiene (15);
14) "uso di OGM e di derivati di OGM": il loro uso quali prodotti alimentari, ingredienti alimentari (compresi gli additivi e gli aromatizzanti), coadiuvanti tecnologici (compresi i solventi di estrazione), alimenti, mangimi composti, materie prime per mangimi, additivi per mangimi, coadiuvanti tecnologici per mangimi, taluni prodotti utilizzati nell'alimentazione per gli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE, prodotti fitosanitari, prodotti medicinali veterinari, concimi, ammendanti del terreno, sementi, materiale di moltiplicazione vegetale e animale (16);
15) "medicinali veterinari": i prodotti cui si applica la definizione di cui all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, del 26 gennaio 1965, per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alle specialità medicinali (17);
16) "medicinali omeopatici veterinari": i prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 92/74/CEE del Consiglio, del 22 settembre 1992, che amplia il campo d'applicazione della direttiva 81/851/CEE concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative ai medicinali veterinari e che fissa disposizioni complementari per i medicinali omeopatici veterinari (18);
17) "mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali (19);
18) "materie prime per mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 96/25/CE del Consiglio, del 29 aprile 1996, relativa alla circolazione delle materie prime per alimenti degli animali, che modifica le direttive 70/524/CEE, 74/63/CEE, 82/471/CEE e 93/74/CEE e abroga la direttiva 77/101/CEE) (20);
19) "mangimi composti per animali": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera b), della direttiva 79/373/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla commercializzazione dei mangimi composti per animali (21);
20) "additivi per mangimi": i prodotti definiti all'articolo 2, lettera a), della direttiva 70/524/CEE, del Consiglio, del 23 novembre 1970, relativa agli additivi nell'alimentazione degli animali (22);
21) "taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali": prodotti nutrizionali ai sensi della direttiva 82/4717CEE del Consiglio, del 30 giugno 1982, relativa a taluni prodotti impiegati nell'alimentazione degli animali (23);
22) "unità/azienda/azienda di allevamento con metodo di produzione biologico": l'unità o l'azienda o l'azienda di allevamento conforme alle norme del presente regolamento (24);
23) "mangimi/materie prime per mangimi ottenuti con metodo di produzione biologico": i mangimi/le materie prime per mangimi prodotti conformemente alle norme di produzione di cui all'articolo 6 (25);
24) "mangimi/materie prime per mangimi di conversione": i mangimi/le materie prime per mangimi che rispondono alle norme di produzione di cui all'articolo 6, eccetto per il periodo di conversione in cui dette norme si applicano per almeno un anno prima della raccolta (26);
25) "mangimi/materie prime per mangimi convenzionali": i mangimi/le materie prime per mangimi che non rientrano nelle categorie di cui ai punti 23 e 24 (27).
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(8) Punto 2) così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(9) Definizione inizialmente modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(10) Punto 6) così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(11) Numero aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(12) Numero aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(13) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(14) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(15) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(16) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(17) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(18) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(19) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(20) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(21) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(22) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(23) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(24) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(25) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(26) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(27) Definizione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Etichettatura
Articolo 5 (28)
1. Nell'etichettatura o nella pubblicità dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a), si può fare riferimento al metodo di produzione biologico unicamente se:
a) le indicazioni in questione evidenziano che si tratta di un metodo di produzione agricolo;
b) il prodotto è stato ottenuto secondo le norme di cui all'articolo 6 o è stato importato da Paesi terzi nell'ambito del regime di cui all'articolo 11 (29);
c) il prodotto è stato ottenuto o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;
d) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura reca menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui il produttore è assoggettato. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (30).
2. (31).
3. Nell'etichettatura e nella pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), possono essere riportate, nella descrizione del prodotto, indicazioni relative ai metodi di produzione biologica unicamente se:
a) almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola del prodotto è o proviene da prodotti ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi secondo le modalità specificate all'articolo 11;
b) tutti gli altri ingredienti di origine agricola del prodotto sono indicati nell'allegato VI, parte C, o sono stati provvisoriamente autorizzati da uno Stato membro conformemente a misure d'applicazione adottate se del caso ai sensi del paragrafo 7;
c) il prodotto contiene solo sostanze elencate nell'allegato VI, parte A, come ingredienti di origine non agricola;
d) il prodotto o i suoi ingredienti di origine agricola di cui alla lettera a) non sono stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di sostanze non elencate nell'allegato VI, parte B;
e) il prodotto o i suoi ingredienti non sono stati sottoposti a trattamenti comportanti radiazioni ionizzanti;
f) il prodotto è stato preparato o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;
g) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporta la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui è assoggettato l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di preparazione. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione;
h) il prodotto è stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (32).
Le indicazioni concernenti i metodi di produzione biologica devono specificare chiaramente che esse riguardano un metodo di produzione agricola e devono essere corredate di un riferimento agli ingredienti di origine agricola in questione, a meno che tale riferimento venga indicato chiaramente nell'elenco degli ingredienti (33).
3 bis. In deroga ai paragrafi da 1 a 3, i marchi che portano un'indicazione di cui all'articolo 2 possono continuare ad essere utilizzati fino al 1° luglio 2006 per l'etichettatura e la pubblicità di prodotti che non soddisfano il presente regolamento a condizione che:
- la domanda di registrazione del marchio era stata presentata prima del 22 luglio 1991 - in Finlandia, Austria e Svezia anteriormente al 1° gennaio 1995 - ed è conforme alla prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa, e
- il marchio sia sempre riprodotto con un'indicazione, chiara, evidente e facilmente leggibile, che i prodotti non sono conformi al metodo di produzione biologico prescritto dal presente regolamento (34).
4. Nell'allegato VI, parte C, possono essere inclusi ingredienti di origine agricola solo se sia stato dimostrato che si tratta di ingredienti di origine agricola e che non sono prodotti in quantità sufficiente nelle Comunità secondo le norme di cui all'articolo 6, o che non possono essere importati da Paesi terzi conformemente alle norme di cui all'articolo 11 (35).
5. I prodotti agricoli etichettati o pubblicizzati in conformità del paragrafo 1 o 3 possono recare indicazioni concernenti la conversione all'agricoltura biologica purché (36):
a) siano pienamente soddisfatti i requisiti previsti rispettivamente al paragrafo 1 o al paragrafo 3, eccettuato il requisito relativo alla durata del periodo di conversione di cui all'allegato I, punto 1;
b) prima del raccolto sia trascorso un periodo di conversione di almeno dodici mesi;c) le indicazioni in questione non traggano in errore l'acquirente sulla diversa natura del prodotto rispetto ai prodotti conformi a tutti i requisiti di cui ai paragrafi 1 o 3; dopo il 1° gennaio 1996, tali indicazioni devono consistere nelle parole "prodotto in conversione all'agricoltura biologica" e devono essere presentate con colore, dimensione e tipo di caratteri che non abbiano più risalto di quelli della denominazione di vendita del prodotto; in tale indicazione le parole "agricoltura biologica" non abbiano più risalto delle parole "prodotto in conversione";
d) il prodotto contenga solo un ingrediente vegetale di origine agricola (37);
e) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporti la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo cui è assoggettato l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di produzione o di preparazione. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (38);
f) il prodotto sia stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (39).
5 bis. Fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 3, nell'etichettatura e nella pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), possono essere riportate indicazioni riguardanti i metodi di produzione biologici solo a condizione che:
a) almeno il 70% degli ingredienti di origine agricola sia o provenga da prodotti ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11;
b) tutti gli altri ingredienti di origine agricola del prodotto siano inclusi nell'allegato VI, parte C, o siano stati provvisoriamente autorizzati da uno Stato membro conformemente a misure di esecuzione adottate se del caso ai sensi del paragrafo 7;
c) le indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico compaiano nell'elenco degli ingredienti e in chiaro rapporto soltanto con gli ingredienti ottenuti secondo le norme dell'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11; esse figurino con lo stesso colore e con le stesse dimensioni e stesso tipo di caratteri delle altre indicazioni nell'elenco degli ingredienti. Queste indicazioni devono inoltre figurare in una frase distinta nello stesso campo visivo della descrizione del prodotto in cui sia indicata la percentuale di ingredienti di origine agricola o derivati di ingredienti di origine agricola ottenuti secondo le norme di cui all'articolo 6 o importati da Paesi terzi conformemente alle modalità di cui all'articolo 11. Tale frase non può essere presentata con colore, formato o caratteri che le diano maggior risalto rispetto alla descrizione del prodotto; la frase sarà così redatta: "x% degli ingredienti di origine agricola è stato ottenuto conformemente alle norme della produzione biologica";
d) il prodotto contenga soltanto sostanze elencate nell'allegato VI, parte A, quali ingredienti di origine non agricola;
e) il prodotto o i suoi ingredienti di origine agricola di cui alla lettera a) non siano stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di sostanze non elencate nell'allegato VI, parte B;
f) il prodotto o i suoi ingredienti non siano stati sottoposti a trattamenti comportanti l'utilizzazione di radiazioni ionizzanti;
g) il prodotto sia stato preparato o importato da un operatore assoggettato alle misure di controllo di cui agli articoli 8 e 9;
h) per i prodotti preparati dopo il 1° gennaio 1997, l'etichettatura comporti la menzione del nome e/o del numero di codice dell'autorità o dell'organismo di controllo al quale l'operatore che ha effettuato l'ultima operazione di preparazione è assoggettato. La scelta della menzione del nome e/o del numero di codice spetta allo Stato membro che notifica la sua decisione alla Commissione (40);
i) il prodotto sia stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi (41).
6. Nel corso di un periodo transitorio con scadenza 31 dicembre 1997, nell'etichettatura e nelle pubblicità di un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), preparato in parte con ingredienti non conformi ai requisiti di cui al paragrafo 3, lettera a), si può fare riferimento al metodo di produzione biologico solo a condizione che:
a) almeno il 50% degli ingredienti di origine agricola sia conforme ai requisiti di cui al paragrafo 3, lettera a);
b) i prodotti siano conformi ai requisiti indicati nel paragrafo 3, lettere c), d), e) ed f);
c) le indicazioni concernenti i metodi di produzione biologici:
- figurino solo nell'elenco degli ingredienti quale previsto dalla direttiva 79/112/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 89/395/CEE;
- si riferiscano chiaramente solo agli ingredienti ottenuti conformemente alle norme definite all'articolo 6, o importati conformemente alle modalità di cui all'articolo 11;
d) gli ingredienti e i rispettivi contenuti figurino nell'elenco degli ingredienti in ordine decrescente di peso;
e) le indicazioni nell'elenco degli ingredienti abbiano colore, formato e caratteri identici (42).
7. Si possono definire le modalità dettagliate di applicazione delle disposizioni del presente articolo secondo la procedura dell'articolo 14.
8. Sono stabiliti nell'allegato VI, parti A, B e C, secondo la procedura di cui all'articolo 14 elenchi limitativi delle sostanze e dei prodotti di cui ai paragrafi 3, lettere b), c) e d), e 5-bis, lettere b), d) ed e) (43).
Possono essere precisati le modalità d'uso e i requisiti della composizione di questi ingredienti e di queste sostanze.
Se uno Stato membro ritiene che un prodotto dovrebbe essere aggiunto ai suddetti elenchi o che occorrerebbe modificare detti elenchi, esso fa in modo che un fascicolo contenente la motivazione dell'aggiunta o delle modifiche sia trasmesso ufficialmente agli altri Stati membri e alla Commissione che lo presenta al Comitato di cui all'articolo 14.
9. Per il calcolo delle percentuali di cui ai paragrafi 3 e 6 si applicano le modalità previste agli articoli 6 e 7 della direttiva 79/112/CEE (44).
10. In un prodotto di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettere a) e b), un ingrediente ottenuto secondo le norme di cui all'articolo 6 non deve essere presente unitamente allo stesso ingrediente non ottenuto secondo tali norme (45).
11. Anteriormente al 1° luglio 1999, la Commissione riesamina le disposizioni del presente articolo 10 e presenta le eventuali opportune proposte di modificazione (46).
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(28) Le norme dettate dal presente articolo sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto disposto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.
(29) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(30) Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(31) Paragrafo soppresso dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(32) Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(33) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(34) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(35) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(36) Frase introduttiva così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(37) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(38) Paragrafo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1468/94 e, successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(39) Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(40) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(41) Lettera aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(42) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(43) Comma così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(44) Paragrafo dapprima modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(45) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(46) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
Norme di produzione
Articolo 6 (47)
1. Il metodo di produzione biologico implica che per la produzione dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a) diversi dalle sementi e dai materiali di moltiplicazione vegetativa:
a) devono essere osservate almeno le disposizioni dell'allegato I e, se del caso, le relative modalità di applicazione;
b) soltanto i prodotti costituiti dalle sostanze menzionate nell'allegato I o elencate nell'allegato II possono essere utilizzati come prodotti fitosanitari, concimi, ammendanti del terreno, mangimi, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, le sostanze impiegate nell'alimentazione degli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE, prodotti per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti, prodotti per la lotta contro organismi nocivi o malattie nei locali di stabulazione e negli impianti o per qualsiasi altro scopo specificato nell'allegato II per taluni prodotti. Possono essere utilizzati solo alle condizioni specifiche stabilite negli allegati I e II nella misura in cui la corrispondente utilizzazione è autorizzata nell'agricoltura generale dello Stato membro in questione in virtù delle pertinenti disposizioni comunitarie o delle disposizioni nazionali in conformità della normativa comunitaria;
c) sono utilizzati soltanto sementi o materiali di moltiplicazione vegetativa prodotti con il metodo biologico di cui al paragrafo 2;
d) non devono essere utilizzati organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi, ad eccezione dei medicinali veterinari (48).
2. Per le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa, il metodo di produzione biologico implica che la pianta porta-seme per le sementi e la/le piante/e porta-marze per i materiali di riproduzione vegetativa sono stati ottenuti:
a) senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da tali organismi e
b) conformemente al paragrafo 1, lettere a) e b), per almeno una generazione o, in caso di colture perenni, per almeno due cicli colturali (49).
3. a) In deroga al paragrafo 1, lettera c), le sementi e i materiali di riproduzione vegetativa non ottenuti conformemente al metodo di produzione biologico possono essere utilizzati, durante un periodo transitorio che termina il 31 dicembre 2003 (50) e su autorizzazione dell'autorità competente dello Stato membro, se l'utilizzatore di tale materiale di riproduzione può dimostrare in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo dello Stato membro che non gli era possibile procurarsi sul mercato comunitario materiale di riproduzione di una varietà appropriata della specie in questione che soddisfacesse i requisiti di cui al paragrafo 2. In tal caso deve essere utilizzato, se reperibile sul mercato, materiale di riproduzione non trattato con prodotti non inclusi nell'allegato II, parte B. Gli Stati membri informano gli altri Stati membri e la Commissione in merito alle autorizzazioni concesse in conformità del presente paragrafo (51).
b) In conformità della procedura di cui all'articolo 14 possono essere decisi:
- l'introduzione, entro il 31 dicembre 2003 (52), di restrizioni della misura transitoria di cui alla lettera a) per quanto concerne talune specie e/o tipi di materiali di riproduzione e/o l'assenza di trattamento chimico;
- il mantenimento, dopo il 31 dicembre 2000, della deroga di cui alla lettera a) per quanto concerne talune specie e/o tipi di materiali di riproduzione e relativamente all'intera Comunità o ad alcune sue parti;
- l'introduzione di criteri e norme procedurali circa la deroga di cui alla lettera a) e le relative informazioni comunicate ai settori economici interessati, agli altri Stati membri e alla Commissione.
4. Entro il 31 dicembre 2002 (53) la Commissione riesamina le disposizioni del presente articolo, in particolare del paragrafo 1, lettera c), e del paragrafo 2, presentando, ove necessario, le opportune proposte di revisione.
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(47) Articolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(48) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(49) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(50) Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(51) Per il mantenimento della deroga di cui alla presente lettera e i criteri della sua applicazione, vedi il regolamento (CE) n. 1452/2003.
(52) Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(53) Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Articolo 6-bis (54)
1. Ai fini del presente articolo, per "piante" si intendono le piante intere destinate ad essere piantate per la produzione di vegetali.
2. Il metodo di produzione biologico implica che, allorché i produttori utilizzano delle piante, queste ultime devono essere state prodotte conformemente all'articolo 6.
3. In deroga al paragrafo 2, le piante non ottenute secondo il metodo di produzione biologico possono essere utilizzate durante un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 1997 purché siano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) l'autorità competente dello Stato membro ne ha autorizzato l'impiego dopo che l'utilizzatore di tale materiale ha dimostrato in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo dello Stato membro che non gli era possibile procurarsi sul mercato comunitario una varietà appropriata della specie in questione;
b) le piante sono state trattate, dopo la semina, unicamente con prodotti elencati nell'allegato II, parti A e B;
c) le piante provengono da un produttore che ha accettato un sistema di controllo equivalente al regime di cui all'articolo 9 e che ha accettato di applicare la restrizione di cui alla lettera b); tale disposizione entra in vigore il 1° gennaio 1996;
d) dopo essere state piantate, le piante sono state coltivate conformemente alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere a) e b), durante un periodo minimo di sei settimane prima del raccolto;
e) l'etichettatura di qualsiasi prodotto contenente ingredienti provenienti da siffatte piante non menziona l'indicazione di cui all'articolo 10;
f) fatte salve le restrizioni risultanti dalla procedura di cui al paragrafo 4, le autorizzazioni concesse in virtù del presente paragrafo sono ritirate non appena cessi la carenza e scadono al più tardi il 31 dicembre 1997.
4. a) Lo Stato membro che concede un'autorizzazione in forza del paragrafo 3, notifica immediatamente agli altri Stati membri ed alla Commissione:
- la data dell'autorizzazione
- il nome della varietà e della specie in questione
- le quantità necessarie con relative pezze giustificative
- il periodo di carenza
- qualsiasi altra informazione chiesta dalla Commissione o dagli Stati membri.
b) Qualora da informazioni comunicate da uno Stato membro alla Commissione e allo Stato membro che ha concesso l'autorizzazione risulti che durante il periodo di carenza è possibile rifornirsi di una varietà appropriata, lo Stato membro interessato valuta se revocare l'autorizzazione o ridurne il periodo di validità ed informa la Commissione e gli altri Stati membri sulle misure prese entro dieci giorni dalla data di ricezione di dette informazioni.
c) Su richiesta di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione, la questione è sottoposta all'esame del comitato di cui all'articolo 14. Può essere deciso, conformemente alla procedura specificata nel suddetto articolo, che l'autorizzazione sia revocata o che il suo periodo di validità sia modificato.
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(54) Articolo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
Articolo 7
1. Prodotti che non erano autorizzati alla data di adozione del presente regolamento per un'utilizzazione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), possono essere inclusi nell'allegato II se sono soddisfatte le condizioni seguenti (55):
a) quando sono utilizzati per la lotta contro organismi nocivi o malattie dei vegetali oppure per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti:
- quando sono essenziali per la lotta contro un organismo nocivo o una particolare malattia, per i quali non sono disponibili altre alternative biologiche, colturali, fisiche o relative alla selezione dei vegetali; e
- le condizioni della loro utilizzazione escludono qualsiasi contatto diretto con le sementi, i vegetali o i prodotti vegetali e con gli animali e i prodotti animali; tuttavia, nel caso di vegetali vivaci, il contatto diretto può aver luogo, ma soltanto al di fuori della stagione di crescita delle parti commestibili (frutti) fintantoché l'applicazione del prodotto non induce indirettamente la presenza di residui del prodotto nelle parti commestibili; e
- la loro utilizzazione non produce effetti inaccettabili per l'ambiente o non contribuisce a contaminarlo (56);
b) quando sono utilizzati per la concimazione o il trattamento del terreno:
- sono essenziali per esigenze nutritive specifiche dei vegetali, ovvero per obiettivi specifici in materia di trattamento del terreno, che non possono essere soddisfatti con le tecniche di cui all'allegato I, e
- la loro utilizzazione non produce effetti inaccettabili per l'ambiente e non contribuisce a contaminarlo.
1 bis. Le condizioni previste al paragrafo 1 non si applicano ai prodotti che prima dell'adozione del presente regolamento erano di uso corrente secondo le prassi di agricoltura biologica seguite nella Comunità (57).
1 ter. Per le sostanze minerali e gli oligoelementi impiegati nell'alimentazione degli animali, nell'allegato II possono essere inserite altre fonti di tali prodotti, purché essi siano di origine naturale o, altrimenti, di sintesi, nella stessa forma dei prodotti naturali (58).
2. Se del caso, per un prodotto che figura nell'allegato II possono essere precisati gli elementi seguenti:
- la descrizione particolareggiata del prodotto;
- le condizioni di utilizzazione e i requisiti in materia di composizione e/o di solubilità, per garantire in particolare che lascino la minor quantità possibile di residui nelle parti commestibili delle colture e nei prodotti delle colture commestibili e che la loro incidenza sull'ambiente sia ridotta al minimo;
- le prescrizioni particolari di etichettatura per i prodotti di cui all'articolo 1 quando questi siano ottenuti con l'ausilio di taluni prodotti di cui all'allegato II.
3. Le modifiche all'allegato II, sia che si tratti dell'incorporazione o della soppressione di prodotti di cui al paragrafo 1, o dell'incorporazione o di modifiche delle specifiche di cui al paragrafo 2, sono adottate dalla Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14.
4. Qualora uno Stato membro ritenga che un prodotto debba essere inserito nell'allegato II o che occorra apportarvi modifiche, esso provvede affinché un fascicolo che giustifichi l'inserimento o la modifica siano trasmessi ufficialmente agli altri Stati membri e alla Commissione che la sottopone al Comitato di cui all'articolo 14.
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(55) Frase introduttiva così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(56) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(57) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(58) Paragrafo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Sistema di controllo
Articolo 8
1. Gli operatori che producono, preparano, immagazzinano o importano da un paese terzo i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione, o che commercializzano tali prodotti devono:
a) notificare tale attività all'autorità competente dello Stato membro in cui l'attività è esercitata; la notifica comprende i dati di cui all'allegato IV;
b) assoggettare la loro azienda al sistema di controllo di cui all'articolo 9.
Gli Stati membri possono esentare dall'applicazione del presente paragrafo gli operatori che rivendono tali prodotti direttamente al consumatore o utilizzatore finale e che non li producono, non li preparano, li immagazzinano solo in connessione con il punto di vendita o non li importano da un paese terzo.
L'operatore che subappalti a terzi una delle attività di cui al primo comma è nondimeno soggetto ai requisiti di cui alle lettere a) e b) e le attività subappaltate sono soggette al sistema di controllo di cui all'articolo 9 (59).
2. Gli Stati membri designano un'autorità o un organismo per la ricezione delle notifiche.
Gli Stati membri possono disporre che vengano comunicate eventuali informazioni complementari da essi ritenute indispensabili ai fini di un controllo efficace degli operatori.
3. L'autorità competente ha cura che un elenco aggiornato contenente i nomi e gli indirizzi degli operatori soggetti al sistema di controllo sia reso disponibile agli interessati.
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(59) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004, a decorrere dal 1° luglio 2005. L'originario paragrafo 1, le cui norme sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto previsto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92, in vigore fino al 30 giugno 2005 recita:
"1. Gli operatori che producono, preparano o importano da un Paese terzo i prodotti di cui all'articolo 1 ai fini della loro commercializzazione devono:
a) notificare tale attività all'autorità competente dello Stato membro in cui l'attività stessa è esercitata; la notifica comprende i dati ripresi nell'allegato IV;
b) assoggettare la loro azienda al regime di controllo di cui all'articolo 9."
Articolo 9
1. Gli Stati membri istituiscono un sistema di controllo gestito da una o più autorità di controllo designate e/o da organismi privati riconosciuti ai quali devono essere soggetti gli operatori di cui all'articolo 8, paragrafo 1 (60).
2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché un operatore che rispetti le disposizioni del presente regolamento e paghi il contributo alle spese di controllo goda della garanzia di accesso al sistema di controllo.
3. Il sistema di controllo comprende quanto meno le misure di controllo e le misure precauzionali figuranti all'allegato III.
4. Per l'attuazione del sistema di controllo affidato ad organismi privati, gli Stati membri designano un'autorità incaricata del riconoscimento e della sorveglianza di tali organismi.
5. Per il riconoscimento di un organismo di controllo privato sono presi in considerazione gli elementi seguenti:
a) il piano tipo di controllo elaborato dall'organismo, contenente una descrizione particolareggiata delle misure di controllo e delle misure precauzionali che detto organismo s'impegna ad imporre agli operatori che controlla;
b) le sanzioni che l'organismo prevede di imporre nei casi in cui si accertino irregolarità e/o infrazioni (61);
c) le risorse adeguate di personale qualificato e di attrezzature di carattere amministrativo e tecnico, nonché l'esperienza in materia di controllo e l'affidabilità;
d) l'obiettività dell'organismo di controllo nei confronti degli operatori da esso controllati.
6. Quando un organismo di controllo è stato riconosciuto, l'autorità competente provvede a:
a) garantire l'obiettività dei controlli effettuati dall'organismo di controllo;
b) accertare l'efficienza dei controlli;
c) prendere conoscenza delle irregolarità e/o infrazioni accertate e delle sanzioni comminate (62);
d) revocare il riconoscimento di un organismo di controllo qualora questo non soddisfi i requisiti di cui alle lettere a) e b), non sia più conforme ai criteri di cui al paragrafo 5 o non soddisfi i requisiti di cui ai paragrafi 7, 8, 9 e 11(63).
6 bis. Anteriormente al 1° gennaio 1996 gli Stati membri attribuiscono un numero di codice ad ogni organismo o autorità di controllo riconosciuti o designati conformemente alle disposizioni del presente articolo. Essi ne informano gli altri Stati membri e la Commissione, che pubblicherà tali numeri di codice nell'elenco di cui all'ultimo comma dell'articolo 15 (64).
7. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo riconosciuti di cui al paragrafo 1:
a) procurano che siano applicate, nelle aziende da essi controllate, almeno le misure di controllo e le misure precauzionali di cui all'allegato III;
b) comunicano le informazioni e i dati che essi acquisiscono a seguito degli interventi di controllo esclusivamente al responsabile dell'azienda e alle autorità pubbliche competenti. Tuttavia, su richiesta debitamente giustificata dalla necessità di garantire che i prodotti siano stati ottenuti ai sensi del presente regolamento, essi scambiano con altre autorità di controllo o con altri organismi di controllo riconosciuti informazioni pertinenti sui risultati del loro controllo. Essi possono inoltre scambiare le suddette informazioni di loro propria iniziativa (65).
8. Gli organismi di controllo riconosciuti:
a) consentono all'autorità competente, ai fini d'ispezione, il libero accesso ai loro uffici e impianti, comunicano qualsiasi informazione e forniscono tutta la collaborazione ritenuta necessaria dall'autorità competente per l'adempimento degli obblighi ad essa incombenti in forza del presente regolamento;
b) trasmettono entro il 31 gennaio di ogni anno all'autorità competente dello Stato membro l'elenco degli operatori da essi controllati al 31 dicembre dell'anno precedente e le presentano una breve relazione annuale.
9. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo di cui al paragrafo 1 devono:
a) ove sia accertata un'irregolarità nell'applicazione degli articoli 5 e 6 o delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 223/2003 della Commissione, del 5 febbraio 2003, concernente i requisiti in materia di etichettatura riferiti al metodo di produzione biologico per i mangimi, i mangimi composti per animali e le materie prime per mangimi, o delle misure di cui all'allegato III, far sopprimere le indicazioni di cui all'articolo 2 per l'intera partita o per l'intera produzione interessata dall'irregolarità (66);
b) qualora venga accertata un'infrazione manifesta o avente effetti prolungati, ritirare all'operatore in questione il diritto di commercializzare prodotti con indicazioni concernenti il metodo di produzione biologico per un periodo da convenirsi con l'autorità competente dello Stato membro.
10. Possono essere adottate ai sensi della procedura di cui all'articolo 14:
a) le modalità di applicazione relative ai requisiti di cui al paragrafo 5 e le misure di cui al paragrafo 6;
b) le modalità di applicazione relative alle misure di cui al paragrafo 9.
11. A decorrere dal 1° gennaio 1998 e fatti salvi i paragrafi 5 e 6, gli organismi di controllo riconosciuti devono soddisfare i requisiti di cui alle condizioni della norma EN 45011 [del 26 giugno 1989] (67) (68).
12. a) Per le produzioni di carni animali, fatte salve le disposizioni dell'allegato III, gli Stati membri assicurano che i controlli interessino tutte le fasi di produzione, macellazione, sezionamento, e eventuali altre preparazioni fino alla vendita al consumatore, onde garantire per quanto tecnicamente possibile la rintracciabilità dei prodotti animali durante tutto il ciclo di produzione, trasformazione e ogni altra eventuale preparazione, dall'unità di produzione degli animali fino all'unità di condizionamento e/o etichettatura finali. Essi informano la Commissione, anche con la relazione di supervisione di cui all'articolo 15, delle misure adottate e della loro applicazione.
b) Per gli altri prodotti animali diversi dalle carni, nell'allegato III verranno stabilite altre disposizioni per assicurarne la rintracciabilità, per quanto tecnicamente possibile.
c) Ad ogni modo, le misure adottate in virtù dell'articolo 9 assicurano che i consumatori ricevano garanzie che il prodotto è ottenuto in conformità alle disposizioni del presente regolamento (69).
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(60) Paragrafo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.
(61) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(62) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(63) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(64) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(65) Frase aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.
(66) Lettera inizialmente modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.
(67) Termini cancellati dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(68) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(69) Paragrafo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Indicazione di conformità al regime di controllo
Articolo 10
1. L'indicazione e/o il logo figuranti nell'allegato V secondo cui i prodotti sono conformi al regime di controllo possono essere menzionati sull'etichettatura dei prodotti di cui all'articolo 1 unicamente se:
a) sono conformi ai requisiti di cui all'articolo 5, paragrafi 1 o 3;
b) per l'intera durata del processo di produzione e di preparazione sono stati soggetti al sistema di controllo di cui all'articolo 9 o, nel caso di prodotti importati, a misure equivalenti; nel caso di prodotti importati a norma dell'articolo 11, paragrafo 6, l'attuazione del sistema di controllo soddisfa requisiti equivalenti a quelli di cui all'articolo 9 e, in particolare, al paragrafo 4 dello stesso (70);
c) sono venduti direttamente in imballaggi sigillati dal produttore o preparatore al consumo finale o sono immessi sul mercato come prodotti alimentari in imballaggi preconfezionati; in caso di vendita diretta dal produttore o preparatore al consumatore finale non è prescritto un imballaggio sigillato se l'etichetta consente di identificare chiaramente e senza ambiguità il prodotto interessato da questa indicazione;
d) recano sull'etichetta il nome e/o la ragione sociale del produttore, preparatore o venditore nonché il nome o il numero di codice dell'autorità di controllo o dell'organismo di controllo e le debite indicazioni ai sensi della normativa in materia di etichettatura dei prodotti alimentari, conformemente alla legislazione comunitaria (71).
2. Nell'etichettatura o nella pubblicità non possono essere contenute affermazioni che suggeriscano all'acquirente che l'indicazione di cui all'allegato V costituisce una garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore.
3. L'autorità di controllo e gli organismi di controllo di cui all'articolo 9, paragrafo 1, devono:
a) ove sia accertata un'irregolarità nell'applicazione delle disposizioni degli articoli 5, e 6 o nell'applicazione delle misure di cui all'allegato III, far sopprimere l'indicazione per l'intera partita o per l'intera produzione interessata dall'irregolarità (72);
b) qualora venga accertata un'infrazione manifesta o avente un effetto prolungato, ritirare all'operatore in questione il diritto di usare l'indicazione di cui all'allegato V per un periodo da convenirsi con l'autorità competente dello Stato membro.
4. Possono essere definite, secondo la procedura di cui all'articolo 14, le modalità del ritiro dell'indicazione di cui all'allegato V in caso di accertamento di talune infrazioni alle disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 o alle disposizioni dell'allegato III.
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(70) Lettera così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 392/2004.
(71) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(72) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
Misure generali d'applicazione (73)
Articolo 10-bis (74)
1. Qualora uno Stato membro constati, su un prodotto proveniente da un altro Stato membro e recante le indicazioni di cui all'articolo 2 e/o all'allegato V, irregolarità o infrazioni circa l'applicazione del presente regolamento, esso ne informa lo Stato membro che ha nominato l'autorità di controllo o riconosciuto l'organismo di controllo e la Commissione.
2. Gli Stati membri prendono le misure necessarie per evitare l'uso fraudolento delle indicazioni di cui all'articolo 2 e/o all'allegato V.
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(73) Aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(74) Aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95; i paragrafi del presente articolo sostituiscono i precedenti paragrafi 5, 6 e 7 dell'articolo 10.
Importazione da Paesi terzi
Articolo 11 (75)
1. Fatto salvo l'articolo 5, i prodotti di cui all'articolo 1 importati da un Paese terzo possono essere commercializzati unicamente quando:
a) sono originari di un Paese terzo figurante in un elenco da stabilire con decisione della Commissione secondo la procedura di cui all'articolo 14 e provengono da una regione o da un'unità di produzione, o sono stati controllati da un organismo di controllo, se del caso, menzionati esplicitamente nella decisione concernente tale Paese terzo;
b) l'autorità o l'organismo competente del Paese terzo ha rilasciato un certificato di controllo attestante che la partita indicata nel certificato:
- è stata ottenuta in un sistema di produzione in cui sono applicate norme equivalenti a quelle di cui all'articolo 6 (76); e
- è stata sottoposta ad un sistema di controllo la cui equivalenza è stata riconosciuta all'atto dell'esame previsto dal paragrafo 2, lettera b) (77).
2. Per decidere se, per taluni prodotti di cui all'articolo 1, un Paese terzo possa, su sua richiesta, essere iscritto nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), si tiene conto in particolare:
a) delle garanzie che il Paese terzo può offrire, almeno per la produzione destinata alla Comunità, quanto all'applicazione di norme equivalenti a quelle di cui all'articolo 6 (78);
b) dell'efficacia delle misure di controllo adottate, le quali, almeno per la produzione destinata alla Comunità, devono essere equivalenti a quelle del sistema di controllo di cui agli articoli 8 e 9, al fine di garantire l'osservanza delle disposizioni della lettera a).
Sulla base dei suddetti elementi, nella decisione, la Commissione può precisare le ragioni o le unità di produzione di origine o gli organismi il cui controllo è considerato equivalente.
3. Il certificato di cui al paragrafo 1, lettera b), deve:
a) accompagnare la merce nell'esemplare originale fino all'azienda del primo destinatario; l'importatore deve, successivamente, tenerlo a disposizione dell'organismo di controllo e/o dell'autorità di controllo per almeno due anni (79);
b) essere compilato secondo le modalità e secondo un modello stabiliti con la procedura di cui all'articolo 14.
4. Norme d'attuazione dettagliate per il presente articolo possono essere stabilite secondo la procedura prevista all'articolo 14.
5. Nell'esame della domanda di un Paese terzo, la Commissione esige che quest'ultimo fornisca tutti i ragguagli necessari; essa può inoltre incaricare esperti di eseguire, sotto la sua autorità, un esame in loco delle norme di produzione e delle misure di controllo effettivamente applicate nel Paese terzo in questione.
6. a) In deroga al paragrafo 1, l'importatore o gli importatori di uno Stato membro sono autorizzati dall'autorità competente dello Stato membro a commercializzare fino al 31 dicembre 2005 (80) prodotti importati da un Paese terzo che non figura nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), purché forniscano all'autorità competente dello Stato membro importatore prove sufficienti che i prodotti in questione sono stati ottenuti secondo norme di produzione equivalenti a quelle definite all'articolo 6, sono stati sottoposti a misure di controllo equivalenti a quelle di cui agli articoli 8 e 9, e l'applicazione delle misure di ispezione precitate è permanente ed effettiva (81).
L'autorizzazione è valida soltanto se resta provato che le condizioni summenzionate sono soddisfatte.
Essa scade al momento della decisione di inserire il Paese terzo nell'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a), a meno che essa riguardi un prodotto che è stato ottenuto in una regione non specificata nella decisione di cui al paragrafo 1, lettera a), e che non è stato esaminato nell'ambito della domanda presentata dal Paese terzo, laddove detto Paese terzo sia d'accordo sulla prosecuzione del regime di autorizzazione di cui al presente paragrafo (82).
b) Se uno Stato membro ha ricevuto prove sufficienti da parte di un importatore, esso comunica immediatamente alla Commissione ed agli altri Stati membri il nome del Paese terzo da cui importa i prodotti e fornisce loro indicazioni particolareggiate sulle modalità di produzione e di ispezione, nonché sulle garanzie relative all'applicazione permanente ed effettiva di dette modalità.
c) Su richiesta di uno Stato membro o su iniziativa della Commissione, la questione è sottoposta all'esame del Comitato di cui all'articolo 14. Qualora risulti da tale esame che i prodotti importati non sono ottenuti secondo norme di produzione equivalenti e/o modalità di ispezione di efficacia equivalente, la Commissione invita lo Stato membro che ha concesso l'autorizzazione a ritirarla. Può essere deciso, conformemente alla procedura di cui all'articolo 14, il divieto delle importazioni in questione o la loro continuazione a condizione che vengano modificate determinate condizioni entro un certo termine.
d) La notifica di cui alla lettera b) non è necessaria qualora riguardi modalità di produzione e di ispezione già notificate da un altro Stato membro conformemente alla lettera b) tranne nei casi in cui la presentazione di nuovi elementi di prova importanti giustifichi una revisione dell'esame e della decisione di cui alla lettera c).
Anteriormente al 31 luglio 1994, la Commissione riesamina le disposizioni del paragrafo 1 e presenta qualsiasi proposta adeguata ai fini della loro eventuale revisione (83).
7. La Commissione può, in conformità della procedura di cui all'articolo 14, su richiesta di uno Stato membro, concedere il riconoscimento ad un organismo di controllo di un Paese terzo, preventivamente sottoposto a valutazione da parte dello Stato membro interessato, ed aggiungerlo all'elenco di cui al paragrafo 1, lettera a). La Commissione comunica la richiesta al Paese terzo interessato (84).
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(75) Vedi, per le modalità di applicazione relative al certificato di controllo previsto dal presente articolo, il regolamento (CE) n. 1788/2001, a decorrere dal 1° luglio 2002.
(76) Trattino così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(77) Le norme dettate dal presente paragrafo sono applicabili a decorrere dal 1° gennaio 1993, secondo quanto previsto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92. Vedi anche quanto disposto dal regolamento (CEE) n. 3457/92. L'articolo 1 del regolamento (CE) n. 529/95 ha successivamente rinviato per un periodo di dodici mesi, decorrenti dal 1° marzo 1995, l'applicazione del disposto del presente paragrafo, limitatamente ai Paesi indicati nel citato articolo 1.
(78) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(79) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(80) Data così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(81) Lettera così modificata dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(82) Periodo così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
(83) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.
(84) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95.
Libera circolazione nella Comunità
Articolo 12
Gli Stati membri non possono, per motivi concernenti l'etichettatura, il metodo di produzione o la indicazione dello stesso, vietare o limitare la commercializzazione dei prodotti che sono previsti all'articolo 1 e che sono conformi alle disposizioni del presente regolamento.
Tuttavia, tenuto conto delle norme di cui all'allegato I, parte B sulla produzione animale, gli Stati membri possono applicare norme più rigorose agli animali e ai prodotti animali provenienti dal loro territorio, purché tali norme siano conformi al diritto comunitario e non vietino né limitino la commercializzazione di altri animali o prodotti animali che soddisfano i requisiti del presente regolamento (85).
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(85) Comma aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Disposizioni amministrative e applicazione
Articolo 13 (86)
Possono essere adottate, secondo la procedura prevista all'articolo 14:
- le modalità di applicazione del presente regolamento;
- le modifiche da apportare agli allegati I, II, III, IV, VI, VII e VIII;
- le modifiche da apportare all'allegato V per definire un logo comunitario da utilizzare in associazione con l'indicazione di conformità al regime di controllo o in sostituzione di tale indicazione;
- le restrizioni e misure applicative ai fini dell'applicazione della deroga di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettera d) per i medicinali veterinari;
- le misure applicative sulla base dell'evidenza scientifica o del progresso tecnico ai fini dell'applicazione del divieto di impiego di OGM o di derivati di OGM, con particolare riguardo ad una soglia minima per contaminazioni inevitabili, che non deve essere superata.
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(86) Articolo inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1935/95 e successivamente così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Articolo 14 (87)
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Nei casi in cui è fatto riferimento al presente articolo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
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(87) Articolo così sostituito dall'allegato III del regolamento (CE) n. 806/2003.
Articolo 15
Gli Stati membri informano la Commissione ogni anno, anteriormente al 1° luglio, delle misure prese durante l'anno precedente ai fini dell'attuazione del presente regolamento e trasmettono, in particolare:
- l'elenco degli operatori che, al 31 dicembre dell'anno precedente, hanno fatto la notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), e che sono assoggettati al regime di controllo di cui all'articolo 9;
- una relazione concernente la supervisione esercitata a norma dell'articolo 9, paragrafo 6.
Inoltre gli Stati membri comunicano ogni anno alla Commissione, entro il 31 marzo, l'elenco degli organismi di controllo riconosciuti al 31 dicembre dell'anno precedente, la loro struttura giuridica e funzionale, il loro piano tipo di controllo, il loro sistema di sanzioni ed eventualmente il loro marchio.
La Commissione provvede ogni anno a pubblicare nella serie C della Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee gli elenchi degli organismi riconosciuti che le sono stati comunicati entro il termine previsto nel secondo comma (88).
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(88) Vedi, per gli elenchi degli organismi riconosciuti, la comunicazione 21 ottobre 1993, la comunicazione 22 ottobre 1999 e la comunicazione 9 dicembre 2000.
Articolo 15-bis (89)
Con riferimento alle misure istituite nel presente regolamento, in particolare quelle che la Commissione deve attuare per raggiungere gli obiettivi fissati agli articoli 9 e 11, e gli allegati tecnici, gli stanziamenti necessari vengono assegnati ogni anno nell'ambito della procedura di bilancio.
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(89) Articolo inserito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Articolo 16
1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
2. Gli Stati membri mettono in applicazione gli articoli 8 e 9 entro il termine di 9 mesi a decorrere dall'entrata in vigore del presente regolamento.
3. L'articolo 5, l'articolo 8, paragrafo 1, e l'articolo 11, paragrafo 1, diventano applicabili il 1° gennaio 1993 (90).
Il termine per l'entrata in vigore dell'articolo 11, paragrafo 1, può essere prorogato, secondo la procedura di cui all'articolo 14, per un determinato periodo per quanto riguarda le importazioni provenienti da un Paese terzo qualora, a seguito della domanda del Paese terzo in questione, lo stato d'avanzamento dell'esame della questione non consenta al Consiglio di adottare una decisione sull'iscrizione di tale Paese nell'elenco previsto all'articolo 11, paragrafo 1, lettera a), prima della scadenza del termine di cui al primo comma.
Per il rispetto del periodo di conversione di cui all'allegato I, punto 1, si prende in considerazione il periodo trascorso prima dell'entrata in vigore del presente regolamento, nella misura in cui l'operatore possa dimostrare, con soddisfazione dell'organismo di controllo, che la propria produzione, durante questo periodo, era conforme alle disposizioni nazionali in vigore o, in mancanza di queste, alle norme internazionali riconosciute in materia di produzione biologica.
4. Durante un periodo di dodici mesi che decorre dall'entrata in vigore del presente regolamento, gli Stati membri possono, in deroga all'articolo 6, paragrafo 1, autorizzare l'impiego sul proprio territorio di prodotti contenenti sostanze che non sono enumerate nell'allegato II e per cui considerano che siano soddisfatti i requisiti figuranti nell'articolo 7, paragrafo 1.
5. Durante un periodo che scade dodici mesi dopo la compilazione dell'allegato VI conformemente all'articolo 5, paragrafo 7, gli Stati membri possono continuare ad autorizzare, conformemente alle rispettive disposizioni nazionali, l'impiego di sostanze che non figurano nell'allegato VI precitato.
6. Gli Stati membri comunicano agli altri Stati membri ed alla Commissione le sostanze autorizzate in applicazione dei paragrafi 4 e 5.
Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.
Fatto a Lussemburgo, addì 24 giugno 1991.
Per il Consiglio
il presidente
J.-C. Juncker
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(90) Testo così modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2083/92.
Allegato I (91)
Norme per la produzione biologica a livello aziendale
A. Vegetali e prodotti vegetali (92)
1.1. Le norme di produzione di cui all'articolo 6, paragrafo 1, lettere a), b) e d), figuranti nel presente allegato devono di regola essere state applicate negli appezzamenti per un periodo di conversione di almeno due anni prima della semina o, nel caso di pascoli, di almeno due anni prima della loro utilizzazione come alimenti per animali ottenuti dall'agricoltura biologica o ancora, nel caso delle colture perenni diverse dai prati, di almeno tre anni prima del primo raccolto dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a). Il periodo di conversione decorre non prima della data in cui il produttore ha notificato la propria attività, ai sensi dell'articolo 8, e sottoposto la propria azienda al regime di controllo di cui all'articolo 9 (93).
1.2. L'autorità o l'organismo di controllo può tuttavia decidere, d'intesa con l'autorità competente, di riconoscere retroattivamente come facenti parte del periodo di conversione eventuali periodi anteriori durante i quali:
a) gli appezzamenti facevano parte di un programma di applicazione del regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, relativo a metodi di produzione agricola compatibili con le esigenze di protezione dell'ambiente e con la cura dello spazio naturale, o del capo VI del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti ovvero nel quadro di un altro programma ufficiale, a condizione che i programmi di cui trattasi garantiscano che nessun prodotto non compreso nell'allegato II, parti A e B, sia stato utilizzato su detti appezzamenti;
b) gli appezzamenti erano superfici agricole o allo stato naturale non trattate con nessuno dei prodotti non compresi nell'allegato II, parti A e B. Tale periodo potrà essere preso in considerazione retroattivamente soltanto qualora l'autorità o l'organismo di controllo abbia ottenuto prove sufficienti che le condizioni suddette erano soddisfatte per un periodo di almeno tre anni (94).
1.3. L'autorità o l'organismo di controllo può decidere, con il consenso dell'autorità competente, che in certi casi il periodo di conversione sia prolungato oltre la durata stabilita al punto 1.1, tenuto conto dell'utilizzazione anteriore degli appezzamenti (95).
1.4. Per gli appezzamenti già convertiti o in corso di conversione all'agricoltura biologica che sono trattati con un prodotto non figurante nell'allegato II, lo Stato membro ha facoltà di ridurre il periodo di conversione ad una durata inferiore a quella stabilita al punto 1.1 nei due casi seguenti:
a) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell'allegato II, parte B, nel quadro di un'azione di lotta contro una malattia o un parassita resa obbligatoria per una determinata coltura vegetale dall'autorità competente dello Stato membro nel suo territorio o in alcune parti di esso;
b) per gli appezzamenti trattati con un prodotto non compreso nell'allegato II, parte A o B, nel quadro di prove scientifiche approvate dall'autorità competente dello Stato membro.
La durata del periodo di conversione è fissata tenendo conto di tutti gli elementi seguenti:
- la decomposizione del fitofarmaco in causa deve garantire, alla fine del periodo di conversione, un livello insignificante di residui nel suolo, nonché nel vegetale ove si tratti di coltura perenne,
- il raccolto successivo al trattamento non può essere commercializzato con un riferimento al modo di produzione biologico,
- lo Stato membro interessato deve informare gli altri Stati membri e la Commissione della propria decisione di effettuare il trattamento obbligatorio (96).
2.1. La fertilità e l'attività biologica del suolo devono essere mantenute o aumentate in primo luogo mediante:
a) la coltivazione di leguminose, di concimi verdi o di vegetali aventi un apparato radicale profondo nell'ambito di un adeguato programma di rotazione pluriennale;
b) l'incorporazione di letame proveniente da allevamenti biologici, nel rispetto delle disposizioni e delle restrizioni di cui alla parte B, punto 7.1, del presente allegato;
c) l'incorporazione di altro materiale organico, compostato o meno, prodotto da aziende che operano nel rispetto delle norme del presente regolamento (97).
2.2. L'integrazione con altri concimi organici o minerali di cui all'allegato II è consentita a titolo eccezionale qualora:
- un nutrimento adeguato dei vegetali in rotazione o il condizionamento del terreno non possano essere ottenuti con i soli mezzi indicati al precedente paragrafo, lettera a), b) e c),
- per quanto riguarda i prodotti dell'allegato II relativi a concime e/o escrementi di animali: l'impiego di tali prodotti è consentito solo se, in combinazione con il concime animale di cui al precedente paragrafo 2.1, lettera b), sono rispettate le limitazioni di cui alla parte B, sezione 7.1, del presente allegato (98).
2.3. Per l'attivazione del compost possono essere utilizzate preparazioni appropriate a base di vegetali o di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 4, punto 12. Ai fini contemplati dal presente paragrafo e dal paragrafo 2.1 possono essere utilizzate anche le cosiddette "preparazioni biodinamiche", a base di polveri di roccia, letame o piante (99).
2.4. È consentita l'utilizzazione di preparazioni appropriate di microrganismi non geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 4, punto 12, autorizzate in agricoltura generale nello Stato membro interessato, per migliorare le condizioni generali del terreno o la disponibilità di nutrienti nel terreno o nelle colture, qualora la necessità di tale utilizzazione sia stata riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo (100).
3. La lotta contro i parassiti, le malattie e le piante infestanti si impernia sul seguente complesso di misure:
- scelta di specie e varietà adeguate;
- programma di rotazione appropriato;
- coltivazione meccanica;
- protezione dei nemici naturali dei parassiti, grazie a provvedimenti ad essi favorevoli (ad esempio siepi, posti per nidificare, diffusione di predatori);
- eliminazione delle malerbe mediante bruciatura.
Possono essere utilizzati i prodotti di cui all'allegato II soltanto in caso di pericolo immediato che minacci le colture.
4. La raccolta di vegetali commestibili e delle loro parti, che crescono naturalmente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole, è considerata metodo di produzione biologico, sempreché:
- queste aree non abbiano subito trattamenti con prodotti diversi da quelli indicati nell'allegato II per un periodo di tre anni precedente la raccolta;
- la raccolta non comprometta l'equilibrio dell'habitat naturale e la conservazione delle specie nella zona di raccolta (101).
5. Per la produzione di funghi, possono essere utilizzati substrati composti esclusivamente dei seguenti materiali (102):
5.1. concime animale e deiezioni animali (compresi i prodotti di cui all'allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91):
a) provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico, oppure
b) rispondenti ai requisiti stabiliti nell'allegato II, parte A, primo, secondo, terzo e quarto trattino, del regolamento (CEE) n. 2092/91, entro il limite massimo del 25% [*], e unicamente qualora il prodotto di cui al punto 5.1 a) non sia disponibile (103);
5.2. prodotti di origine agricola, diversi da quelli menzionati al punto 5.1 (per esempio paglia), provenienti da aziende che applicano il metodo di produzione biologico (104);
5.3. torba non trattata chimicamente (105);
5.4. legno non trattato con sostanze chimiche dopo il taglio; 5.5. minerali di cui all'allegato II, parte A del regolamento (CEE) n. 2092/91, acqua e terra (106).
__________
[*] Questa percentuale è calcolata sul peso totale dell'insieme dei componenti del substrato - escluso il materiale di copertura - prima del compostaggio e senza aggiunta di acqua.
[Animali e prodotti animali (107)
In attesa che venga adottata la proposta di cui all'articolo 1, paragrafo 2, e ai fini della preparazione di ingredienti menzionati all'articolo 5, paragrafo 3, lettera a), gli animali devono essere allevati secondo le norme nazionali che disciplinano la zootecnia biologica o, in mancanza di tali norme, secondo pratiche riconosciute a livello internazionale.] (108).
------------------------
(91) Allegato modificato dal regolamento (CEE) n. 1535/92, dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 1202/95, dal regolamento (CE) n. 1900/98, dal regolamento (CE) n. 1804/1999, dal regolamento (CE) n. 1073/2000 e, da ultimo, così modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(92) Titolo così sostituito dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(93) Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(94) Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(95) Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(96) Il testo del punto 1 modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1202/95 è stato così sostituito (dai punti da 1.1 a 1.4) dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(97) Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 a decorrere dal 24 agosto 2000.
(98) Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000 a decorrere dal 24 agosto 2000.
(99) Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(100) Il testo del punto 2, inizialmente modificato dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93, è stato così sostituito dai punti 2.1, 2.2, 2.3 e 2.4 in base all'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(101) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2608/93.
(102) Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.
(103) Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.
(104) Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.
(105) Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.
(106) Punto inserito dall'allegato al regolamento (CE) n. 1900/98.
(107) Voce aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 1535/92.
(108) Comma soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
B. Animali e prodotti animali delle seguenti specie: bovini (comprese le specie bubalus e bison), suini, ovini, caprini, equidi e pollame (109)
1. Principi generali (110)
1.1. Le produzioni animali rappresentano una componente dell'attività di numerose aziende agricole operanti nel settore dell'agricoltura biologica.
1.2. Le produzioni animali devono contribuire all'equilibrio dei sistemi di produzione agricola rispondendo alle esigenze di elementi nutritivi delle colture e migliorando la sostanza organica del suolo. Esse contribuiscono in tal modo a creare e a mantenere rapporti di complementarità fra terra e vegetale, vegetale e animali, animale e terra. Quale parte di questo concetto, la produzione senza terra non è conforme alle norme del presente regolamento.
1.3. Impiegando risorse naturali rinnovabili (deiezioni zootecniche, colture di leguminose, colture foraggere), il binomio coltura-allevamento e i sistemi di pascolo consentono la salvaguardia e il miglioramento della fertilità del suolo a lungo termine e contribuiscono allo sviluppo di un'agricoltura sostenibile.
1.4. L'allevamento praticato nel quadro dell'agricoltura biologica è una produzione legata alla terra. Tranne qualora esista un'autorizzazione eccezionale del presente allegato, gli animali devono disporre di un'area di pascolo. Il numero di capi per unità di superficie sarà limitato in misura tale da consentire una gestione integrata delle produzioni animali e vegetali a livello di unità di produzione e in modo da ridurre al minimo ogni forma di inquinamento, in particolare del suolo e delle acque superficiali e sotterranee. La consistenza del patrimonio zootecnico sarà essenzialmente connessa alla superficie disponibile al fine di evitare i problemi del sovrappascolo e dell'erosione e di consentire lo spargimento delle deiezioni animali onde escludere danni all'ambiente. Nel capitolo 7 figurano norme dettagliate per l'uso di deiezioni organiche.
1.5. Nell'agricoltura biologica, tutti gli animali appartenenti ad una stessa unità di produzione devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel presente regolamento.
1.6. Tuttavia è ammessa nell'azienda la presenza di animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento purché l'allevamento di questi animali abbia luogo in un'unità distinta, provvista di stalle e pascoli nettamente separati da quelli adibiti alla produzione conforme alle norme del presente regolamento, e a condizione che si tratti di animali di specie diversa.
1.7. In deroga a questo principio, gli animali che non sono allevati secondo le disposizioni del presente regolamento possono utilizzare, ogni anno per un periodo limitato di tempo, il pascolo di unità conformi al regolamento stesso, purché tali animali provengano da allevamenti estensivi [come definito all'articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97 e, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all'anno come definito nell'allegato VII del presente regolamento] e nessun altro animale soggetto alle prescrizioni del presente regolamento sia presente sullo stesso pascolo nello stesso tempo. Questa deroga è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo.
1.8. In forza di una seconda deroga a questo principio, gli animali allevati secondo le prescrizioni del presente regolamento possono utilizzare un'area di pascolo comune purché:
a) l'area non sia stata trattata con prodotti diversi da quelli previsti all'allegato II del presente regolamento per un periodo di almeno tre anni;
b) qualsiasi animale che utilizzi il pascolo in questione e non sia soggetto alle prescrizioni del presente regolamento provenga da allevamenti estensivi, quali definiti all'articolo 6, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 950/97; oppure, ove si tratti di specie non menzionate in tale regolamento, il numero di animali per ettaro sia equivalente a 170 kg di azoto per ettaro all'anno come definito nell'allegato VII del presente regolamento;
c) i prodotti animali derivanti da animali allevati secondo le disposizioni del presente regolamento, nel periodo in cui utilizzavano il pascolo comune, non siano considerati di origine biologica, a meno che si dimostri in modo soddisfacente all'organismo o all'autorità di controllo che essi sono stati nettamente separati da altri animali non rispondenti ai requisiti del presente regolamento.
2. Conversione (111)
2.1. Conversione di aree associate a produzioni animali biologiche
2.1.1. In caso di conversione di un'unità di produzione, l'intera superficie dell'unità utilizzata per l'alimentazione degli animali deve rispondere alle norme di produzione dell'agricoltura biologica, utilizzando i periodi di conversione stabiliti nella parte A del presente allegato "Vegetali e prodotti vegetali".
2.1.2. In deroga a questo principio, il periodo di conversione può essere ridotto di 1 anno per i pascoli, i parchetti all'aperto e gli spiazzi liberi utilizzati da specie non erbivore. Detto periodo può essere ridotto a 6 mesi se le aree interessate non sono state sottoposte, in anni recenti, a trattamenti con prodotti diversi da quelli previsti nell'allegato II del presente regolamento. Questa deroga deve essere autorizzata dall'organismo o dall'autorità di controllo.
2.2. Conversione di animali e prodotti animali
2.2.1. I prodotti animali possono essere venduti con la denominazione biologica soltanto se gli animali sono stati allevati secondo le norme del presente regolamento per un periodo di almeno:
- 12 mesi per gli equini ed i bovini (comprese le specie Bubalus e Bison) destinati alla produzione di carne ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita;
- 6 mesi per i piccoli ruminanti ed i suini; tuttavia, per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo per i suini è di 4 mesi;
- 6 mesi per gli animali da latte; tuttavia per un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2003, il periodo è di 3 mesi;
- 10 settimane per il pollame introdotto prima dei 3 giorni di età e destinato alla produzione di carne;
- 6 settimane per le ovaiole.
2.2.2. In deroga al paragrafo 2.2.1 e per la costituzione del patrimonio, i vitelli e i piccoli ruminanti che sono destinati alla produzione di carne possono essere venduti con la denominazione biologica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2003, purché:
- provengano da un allevamento estensivo;
- siano stati allevati nell'unità biologica fino al momento della vendita o della macellazione per un periodo minimo di 6 mesi per i vitelli e di 2 mesi per i piccoli ruminanti;
- l'origine degli animali sia conforme alle condizioni di cui al quarto e quinto trattino del paragrafo 3.4.
2.3. Conversione simultanea
2.3.1. In deroga ai punti 2.2.1, 4.2 e 4.4 nel caso di conversione simultanea dell'intera unità di produzione - compresi animali, pascoli e/o area utilizzata per il foraggio - il periodo totale di conversione combinato per tutti questi elementi è ridotto a 24 mesi, fatte salve le condizioni seguenti:
a) la deroga si applica soltanto agli animali esistenti e alla loro progenie e nel contempo anche all'area utilizzata per foraggio/pascolo prima dell'inizio della conversione;
b) gli animali sono nutriti principalmente con prodotti dell'unità di produzione.
3. Origine degli animali (112)
3.1. Nella scelta delle razze o delle varietà si deve tener conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali nonché della loro vitalità e resistenza alle malattie. Inoltre le razze e le varietà devono essere selezionate al fine di evitare malattie specifiche o problemi sanitari connessi con alcune razze e varietà utilizzate nella produzione intensiva (ad es. sindrome da stress dei suini, PME, morte improvvisa, aborto spontaneo, nascita difficoltosa con taglio cesareo, ecc.), dando la preferenza a razze e varietà autoctone.
3.2. Gli animali devono provenire da unità di produzione che osservino le norme di produzione di cui all'articolo 6 e al presente allegato ed essere mantenuti per tutta la loro vita in questo sistema di produzione.
3.3. Come prima deroga e previa autorizzazione dell'organismo o dell'autorità di controllo, il bestiame esistente nell'unità di produzione che non è conforme alle norme del presente regolamento può essere convertito.
3.4. Come seconda deroga, in caso di prima costituzione del patrimonio e in mancanza di un numero sufficiente di animali allevati con metodo biologico, possono essere introdotti nelle unità di produzione biologiche animali allevati con metodi non biologici alle seguenti condizioni:
- pollastrelle destinate alla produzione di uova, purché in età non superiore alle 18 settimane,
- pollame destinato alla produzione di carne di meno di 3 giorni di età,
- giovani bufali destinati alla riproduzione di meno di 6 mesi di età,
- vitelli e puledri destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 6 mesi di età,
- agnelli e capretti destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e in ogni caso di meno di 60 giorni di età,
- suinetti destinati alla riproduzione, allevati secondo le norme del presente regolamento subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 35 kg (113).
3.5. La suddetta deroga, che deve essere preventivamente autorizzata dall'organismo o dall'autorità di controllo, è applicabile durante un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2004 (114).
3.6. Come terza deroga, il rinnovo o la ricostituzione del patrimonio sono autorizzati dall'organismo o dall'autorità di controllo in mancanza di animali allevati con metodo biologico e nei seguenti casi:
a) elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi;
b) pollastrelle destinate alla produzione di uova, di età non superiore a 18 settimane;
c) pollame di meno di tre giorni destinato alla produzione di carne;
d) suinetti destinati alla riproduzione subito dopo lo svezzamento e di peso inferiore a 35 kg.
I casi di cui alle lettere b), c) e d) sono autorizzati durante un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2004 (115).
3.7. Nel caso di suini, pollastrelle e pollame destinato (116) alla produzione di carne, questa deroga transitoria è riesaminata prima della scadenza per vagliare eventuali possibilità di proroga di tale scadenza.
3.8. Come quarta deroga, al fine di completare l'incremento naturale e di garantire il rinnovo del patrimonio, in mancanza di animali ottenuti con metodi biologici e unicamente con l'autorizzazione dell'organismo o dell'autorità di controllo, possono essere introdotti annualmente, entro un massimo del 10% del bestiame bovino o equino adulto (comprese le specie Bubalus e Bison) e del 20% del bestiame suino, ovino o caprino adulto dell'azienda, animali - ad esempio animali di sesso femminile (nullipari) - provenienti da allevamenti non biologici.
3.9. Le percentuali previste dalla suddetta deroga non si applicano alle unità di produzione di meno di dieci equini o bovini, o di meno di cinque suini, ovini o caprini. Per tali unità qualsiasi rinnovo di cui sopra è limitato al massimo di un capo all'anno.
3.10. Dette percentuali possono essere incrementate, fino al 40%, dietro parere favorevole dell'organismo o dell'autorità di controllo nei seguenti casi particolari:
- estensione significativa dell'azienda,
- cambiamento di razza,
- avviamento di un nuovo indirizzo produttivo,
- razze minacciate di abbandono; gli animali appartenenti a tali razze non devono necessariamente essere nullipari (117).
3.11. Come quinta deroga, l'introduzione di maschi riproduttori provenienti da allevamenti non biologici è autorizzata a condizione che gli animali vengano successivamente allevati e nutriti per il resto della loro vita secondo le norme enunciate nel presente regolamento.
3.12. Qualora gli animali provengano da unità non conformi al presente regolamento, secondo le condizioni e i limiti indicati ai punti da 3.3 a 3.11, i relativi prodotti potranno essere venduti come prodotti biologici soltanto se saranno stati rispettati i periodi indicati al punto 2.2.1; nel corso di detti periodi devono essere osservate tutte le norme enunciate nel presente regolamento.
3.13. Nel caso di animali ottenuti da unità non conformi al presente regolamento si deve rivolgere particolare attenzione alle norme sanitarie. L'organismo o l'autorità di controllo può prescrivere, a seconda della situazione locale, disposizioni particolari come controlli preventivi e periodi di quarantena.
3.14. La Commissione presenterà una relazione entro il 31 dicembre 2003 relativa alla disponibilità di animali allevati con metodi biologici per presentare, se del caso, una proposta al comitato permanente, volta ad assicurare che tutta la produzione di carne con metodi biologici provenga da animali nati e cresciuti in aziende che praticano il metodo di produzione biologico.
4. Alimentazione (118)
4.1. L'alimentazione è finalizzata a una produzione di qualità piuttosto che a massimizzare la produzione stessa, rispettando nel contempo le esigenze nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici. Le pratiche di ingrasso sono autorizzate nella misura in cui sono reversibili in qualsiasi stadio dell'allevamento. È vietata l'alimentazione forzata.
4.2. Gli animali devono essere alimentati con alimenti biologici.
4.3. Inoltre gli animali devono essere allevati in conformità delle norme del presente allegato, con alimenti prodotti dall'unità o, qualora ciò non sia possibile, con alimenti provenienti da altre unità o imprese conformantisi alle disposizioni del presente regolamento. Nel caso degli erbivori, fatta eccezione per i periodi di ogni anno in cui gli animali sono in transumanza, almeno il 50% degli alimenti proviene dall'unità di produzione stessa o, qualora ciò non sia possibile, è ottenuto in cooperazione con altre aziende che applicano il metodo di produzione biologico (119).
4.4. L'incorporazione nella razione alimentare di alimenti in fase di conversione è autorizzata fino ad un massimo del 30% in media della formula alimentare. Allorché gli alimenti in fase di conversione provengono da un'unità della propria azienda, la percentuale può arrivare al 60%. Tali percentuali sono espresse in percentuale di sostanza secca degli alimenti di origine agricola (120).
4.5. L'alimentazione di base dei mammiferi giovani è il latte naturale, di preferenza quello materno. Tutti i mammiferi devono essere nutriti con latte naturale per un periodo minimo che dipende dalle varie specie: 3 mesi per bovini (incluse le specie Bubalus e Bison) ed equini, 45 giorni per ovini e caprini e 40 giorni per i suini.
4.6. Se del caso, gli Stati membri designano le zone o le regioni in cui è praticabile la transumanza (compresi gli spostamenti di animali verso i pascoli montani), fatte salve le disposizioni sull'alimentazione degli animali di cui al presente allegato.
4.7. Per gli erbivori, i sistemi di allevamento devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto delle disponibilità di pascoli nei vari periodi dell'anno. Almeno il 60% della materia secca di cui è composta la razione giornaliera deve essere costituito da foraggi freschi, essiccati o insilati. Tuttavia l'autorità o l'organismo di controllo può permettere, per gli animali da latte, la riduzione al 50% per un periodo massimo di 3 mesi all'inizio della lattazione.
4.8. In deroga al punto 4.2 è autorizzato, durante un periodo transitorio che scade il 24 agosto 2005, l'impiego in proporzioni limitate di alimenti convenzionali, qualora gli allevatori possano dimostrare, con piena soddisfazione dell'organismo o dell'autorità di controllo dello Stato membro, che non sono in grado di procurarsi alimenti esclusivamente ottenuti con metodo di produzione biologica. La percentuale massima annua autorizzata di alimenti convenzionali è del 10% per gli erbivori e del 20% per le altre specie. Dette percentuali sono calcolate annualmente in rapporto alla sostanza secca degli alimenti di origine agricola. La percentuale massima autorizzata di alimenti convenzionali nella razione giornaliera, fatta eccezione per i periodi di transumanza, è pari al 25%, calcolata in percentuale di sostanza secca (121).
4.9. In deroga al paragrafo 4.8, nei casi di perdita della produzione foraggiera, di focolai di malattie infettive, di contaminazione ad opera di sostanze tossiche o in seguito a incendi, le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare, per un periodo di tempo limitato e per una zona determinata, una percentuale più alta di mangimi convenzionali sempreché tale autorizzazione sia giustificata. Previa approvazione dell'autorità competente, l'autorità o l'organismo di controllo applica la presente deroga a singoli operatori. Gli Stati membri si informano reciprocamente e informano la Commissione in merito alle deroghe concesse (122).
[4.10. Per il pollame la razione utilizzata nella fase d'ingrasso deve contenere almeno il 65% di un miscuglio di cereali, colture proteiche e semi oleosi (123).] (124).
4.11. I foraggi freschi, essiccati o insilati devono essere aggiunti alla razione giornaliera di suini e pollame.
4.12. Solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezioni 1.5 e 3.1 possono essere usati rispettivamente come additivi e come ausiliari di fabbricazione di insilati.
4.13. Le materie prime di origine agricola per mangimi convenzionali possono essere usate per l'alimentazione degli animali solo se elencate nell'allegato II, parte C, sezione C.1 (materie prime di origine vegetale per mangimi), fatte salve le restrizioni quantitative previste dal presente allegato, e solo se sono prodotte o preparate senza uso di solventi chimici.
4.14. Le materie prime di origine animale per mangimi (convenzionali, prodotte biologicamente) elencate nell'allegato II, parte C, sezione C. 2, possono essere usate solo nel rispetto delle restrizioni quantitative previste dal presente allegato.
4.15. Al più tardi il 24 agosto 2003, la parte C, sezioni 1, 2, 3 e la parte D dell'allegato II sono rivedute allo scopo di ritirarne in particolare le materie prime convenzionali di mangimi di origine agricola prodotti in quantità sufficiente nella comunità secondo il metodo di produzione biologico.
4.16. Per soddisfare le esigenze nutrizionali degli animali, possono essere usati per l'alimentazione animale solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte C, sezione 3 (materie prime di origine minerale per mangimi), e la parte D, sezioni 1.1 (elementi in tracce) e 1.2 (vitamine, provitamine e sostanze di effetto analogo chimicamente ben definite).
4.17. Solo i prodotti elencati nell'allegato II, parte D, sezioni 1.3 (enzimi), 1.4 (microrganismi), 1.5 (conservanti), 1.6 (agenti leganti, antiagglomeranti e coagulanti), 1.7 (sostanze antiossidanti), 1.8 (additivi per insilati), 2 (alcuni prodotti utilizzati nell'alimentazione animale) e 3 (ausiliari di fabbricazione dei mangimi) possono essere usati nell'alimentazione degli animali per gli scopi indicati per le suddette categorie. Antibiotici, coccidiostatici, medicinali, stimolanti della crescita o altre sostanze intese a stimolare la crescita o la produzione non devono essere utilizzati nell'alimentazione degli animali (125).
4.18. Alimenti, materie prime per mangimi, mangimi composti, additivi per mangimi, ausiliari di fabbricazione dei mangimi e certi prodotti usati nell'alimentazione animale non devono essere stati prodotti con l'impiego di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
5. Profilassi e cure veterinarie (126)
5.1. La profilassi nella zootecnica biologica è basata sui seguenti principi:a) scelta delle razze o delle linee e ceppi appropriati di animali, come specificato nel capitolo 3;
b) applicazione di pratiche di allevamento adeguate alle esigenze di ciascuna specie che stimolino un'elevata resistenza alle malattie ed evitino le infezioni;
c) uso di alimenti di alta qualità, abbinato a movimento regolare fisico e accesso ai pascoli, stimolando così le difese immunologiche naturali degli animali;
d) adeguata densità degli animali, evitando così il sovraffollamento e qualsiasi problema sanitario che ne potrebbe derivare.
5.2. I suddetti principi dovrebbero limitare i problemi sanitari, in modo da tenerli sotto controllo essenzialmente mediante prevenzione.
5.3. Se, malgrado le suddette misure preventive, un animale è malato o ferito, esso deve essere curato immediatamente e, se necessario, isolato in appositi locali.
5.4. L'uso di medicinali veterinari nell'agricoltura biologica deve essere conforme ai seguenti principi:
a) i prodotti fitoterapici (ad es. estratti vegetali - esclusi gli antibiotici - essenze, ecc.), omeopatici (ad es. sostanze vegetali, animali o minerali), gli oligoelementi e i prodotti elencati all'allegato II, parte C, sezione 3, sono preferiti agli antibiotici o ai medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura;
b) qualora l'uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per le malattie o le ferite, e qualora la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all'animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario;
c) è vietato l'uso di medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o di antibiotici per trattamenti preventivi.
5.5. Oltre ai suddetti principi, si applicano le seguenti norme:
a) è vietato l'impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione (compresi antibiotici, coccidiostatici e altri stimolanti artificiali della crescita) nonché l'uso di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione (ad es. al fine di indurre o sincronizzare gli estri) o ad altri scopi. Tuttavia possono essere somministrati ormoni a singoli animali nell'ambito di trattamenti terapeutici veterinari;
b) sono autorizzati le cure veterinarie degli animali, nonché i trattamenti degli edifici, delle attrezzature e dei locali prescritti dalla normativa nazionale o comunitaria, compreso l'impiego di sostanze immunologiche ad uso veterinario se è riconosciuta la presenza di malattie nella zona in cui è situata l'unità di produzione.
5.6. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari è necessario specificare in modo chiaro: il tipo di prodotto (indicando anche i principi attivi in esso contenuti) e i dettagli della diagnosi; la posologia; il metodo di somministrazione; la durata del trattamento e il tempo di sospensione stabilito dalla legge. Queste informazioni devono essere dichiarate all'autorità o all'organismo di controllo prima che gli animali o i prodotti animali siano commercializzati con la denominazione biologica. Gli animali trattati devono essere chiaramente identificati, singolarmente per il bestiame di grandi dimensioni; singolarmente o a gruppi per il pollame e il bestiame di piccole dimensioni.
5.7. Il tempo di sospensione tra l'ultima somministrazione di medicinali veterinari allopatici ad un animale in condizioni normali di utilizzazione e la produzione di derrate alimentari ottenuta con metodi biologici da detti animali deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito dalla legge o, qualora tale tempo non sia precisato, di 48 ore.
5.8. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione attuati negli Stati membri, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto a più di due o massimo tre cicli di trattamenti con medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici in un anno (o a più di un ciclo di trattamenti se la sua vita produttiva è inferiore a un anno), gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti ottenuti conformemente alle disposizioni del presente regolamento. Tali animali devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti al capitolo del presente allegato, con il consenso dell'autorità o dell'organismo di controllo.
6. Metodi di gestione zootecnica, trasporto ed identificazione dei prodotti animali (127)
6.1. Metodi zootecnici
6.1.1. In linea di principio, la riproduzione di animali allevati biologicamente deve basarsi su metodi naturali. È tuttavia consentita l'inseminazione artificiale. Sono invece vietate altre forme di riproduzione artificiale o assistita (ad es. il trapianto di embrioni) .
6.1.2. Operazioni quali l'applicazione di anelli di gomma alle code degli ovini, la recisione della coda o dei denti, la spuntatura del becco o la decornazione non devono essere praticate sistematicamente sugli animali nell'agricoltura biologica. Alcune di queste operazioni possono tuttavia essere autorizzate dall'autorità o dall'organismo di controllo per motivi di sicurezza (ad esempio decornazione degli animali giovani) o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene degli animali. Tali operazioni devono essere effettuate all'età più opportuna da personale qualificato, riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali.
6.1.3. La castrazione è consentita per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione (suini, manzi, capponi, ecc.) ma solo alle condizioni stabilite nell'ultima frase del punto 6.1.2.
6.1.4. È vietata la stabulazione fissa. Ciò nondimeno, in deroga a tale principio, l'autorità o l'organismo di controllo può autorizzare tale prassi su un singolo animale, previa motivazione da parte dell'operatore che ciò è necessario per ragioni di sicurezza o benessere dell'animale e che tale prassi viene applicata solo per un limitato periodo di tempo.
6.1.5. In deroga alle disposizioni del punto 6.1.4, la stabulazione fissa può essere praticata in edifici esistenti prima del 24 agosto 2000, purché sia previsto regolare movimento fisico e l'allevamento avvenga conformemente ai requisiti in materia di benessere degli animali, con zone confortevoli provviste di lettiera nonché gestione individuale. Tale deroga, che dev'essere autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo, si applica per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010.
6.1.6. Con un'ulteriore deroga, nelle piccole aziende è permessa la stabulazione fissa se non è possibile allevare gli animali in gruppi adeguati ai requisiti di comportamento, purché almeno due volte alla settimana abbiano accesso a pascoli o a spazi liberi all'aperto. Tale deroga, che dev'essere autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo, si applica ad aziende che soddisfano le norme nazionali in materia di zootecnia biologica vigenti fino al 24 agosto 2000, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.
6.1.7. Anteriormente al 31 dicembre 2006 la Commissione presenta una relazione sull'attuazione del punto 6.1.5.
6.1.8. Se gli animali vengono allevati in gruppo, la dimensione di quest'ultimo deve essere commisurata alle fasi di sviluppo e alle esigenze comportamentali delle specie interessate. È vietato tenere gli animali in condizioni, o sottoporli ad un regime alimentare, che possano indurre anemia.
6.1.9. L'età minima per la macellazione del pollame è di:
81 giorni per i polli,
150 giorni per i capponi,
49 giorni per le anatre di Pechino,
70 giorni per le femmine di anatra muta,
84 giorni per i maschi di anatra muta,
92 giorni per le anatre bastarde,
94 giorni per le faraone,
140 giorni per i tacchini e le oche.
Ove i produttori non rispettino queste età minime per la macellazione, devono usare ceppi a crescita lenta.
6.2. Trasporto
6.2.1. Il trasporto degli animali deve effettuarsi in modo da affaticare il meno possibile gli animali, conformemente alla normativa nazionale o comunitaria in vigore. Le operazioni di carico e scarico devono svolgersi con cautela e senza usare alcun tipo di stimolazione elettrica per costringere gli animali. È vietato l'uso di calmanti allopatici prima e nel corso del trasporto.
6.2.2. Nella fase che porta alla macellazione e al momento della macellazione gli animali devono essere trattati in modo da ridurre al minimo lo stress.
6.3. Identificazione dei prodotti animali
6.3.1. L'identificazione degli animali e dei prodotti animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione.
7. Deiezioni zootecniche (128)
7.1. Il quantitativo totale impiegato nell'azienda di deiezioni zootecniche secondo la definizione della direttiva 91/676/CEE non può superare 170 kg N per ettaro all'anno di superficie agricola utilizzata, quantitativo previsto nell'allegato III della suddetta direttiva. Se necessario, la densità totale degli animali sarà ridotta per evitare il superamento dei limiti sopracitati.
7.2. Per determinare la appropriata densità degli animali di cui sopra le unità di bestiame adulto equivalenti a 170 kg N/ha per anno di superficie agricola utilizzata per le varie categorie di animali saranno determinate dalle autorità competenti degli Stati membri tenendo conto, a titolo orientativo, della tabella riportata nell'allegato VII.
7.3. Gli Stati membri comunicano alla Commissione e agli altri Stati membri qualsiasi variazione rispetto alla tabella e le ragioni che giustificano tali modifiche. Tale prescrizione si riferisce soltanto al calcolo del numero massimo di animali, allo scopo di garantire che il limite di 170 kg di azoto da deiezioni zootecniche/ha/anno non sia superato. Ciò lascia impregiudicata la densità del bestiame ai fini della salute e del benessere degli animali di cui al capitolo 8 e nell'allegato VIII.
7.4. Le aziende che praticano il metodo di produzione biologico possono stabilire una cooperazione esclusivamente (129) con altre aziende ed imprese soggette alle disposizioni di cui al presente regolamento ai fini dello spargimento delle deiezioni in eccesso prodotto con metodi biologici. Il limite massimo di 170 kg di azoto di effluenti/ha/anno di superficie agricola utilizzata sarà calcolato in base all'insieme delle unità di produzione biologica che partecipano alla cooperazione.
7.5. Gli Stati membri possono stabilire limiti inferiori a quelli specificati nei punti da 7.1 a 7.4, tenendo conto delle caratteristiche della zona in questione, dell'applicazione di altri fertilizzanti azotati al terreno e dell'apporto di azoto alle colture mediante assorbimento dal suolo.
7.6. Gli impianti destinati allo stoccaggio di deiezioni zootecniche devono essere di capacità tale da impedire l'inquinamento delle acque per scarico diretto o ruscellamento e infiltrazione nel suolo.
7.7. Onde garantire la corretta gestione della fertilizzazione, gli impianti per le deiezioni zootecniche devono avere una capacità di stoccaggio superiore a quella richiesta per il periodo più lungo dell'anno nel quale la concimazione del terreno non è opportuna (conformemente alle corrette prassi agricole stabilite dagli Stati membri) o è vietata, nel caso in cui le unità di produzione siano situate in una zona definita vulnerabile per i nitrati.
8. Aree di pascolo e edifici zootecnici (130)
8.1. Principi generali
8.1.1. Le condizioni di stabulazione degli animali devono rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche (per es. quelle di carattere comportamentale per quanto concerne libertà di movimento e benessere adeguati). Gli animali devono disporre di un accesso agevole alle mangiatoie e agli abbeveratoi. L'isolazione, il riscaldamento e l'aerazione dei locali di stabulazione devono garantire che la circolazione dell'aria, i livelli di polvere, la temperatura, l'umidità relativa dell'aria e la concentrazione di gas siano mantenuti entro limiti non nocivi per gli animali. I locali devono consentire un'abbondante ventilazione e illuminazione naturale.
8.1.2. I pascoli, gli spiazzi liberi e i parchetti all'aria aperta devono all'occorrenza offrire, in funzione delle condizioni climatiche locali e delle razze in questione, un riparo sufficiente dalla pioggia, dal vento, dal sole e dalle temperature estreme.
8.2. Densità del bestiame e protezione della vegetazione da un pascolo eccessivo
8.2.1. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione nelle regioni aventi condizioni climatiche che consentono agli animali di vivere all'aperto.
8.2.2. La densità di bestiame nelle stalle deve assicurare il conforto e il benessere degli animali in funzione, in particolare, della specie, della razza e dell'età degli animali. Si terrà conto altresì delle esigenze comportamentali degli animali, che dipendono essenzialmente dal sesso e dall'entità del gruppo. La densità ottimale sarà quella che garantisce il massimo benessere agli animali, offrendo loro una superficie sufficiente per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi, assumere tutte le posizioni naturali e fare tutti i movimenti naturali, ad esempio sgranchirsi e sbattere le ali.
8.2.3. Le superfici minime delle stalle e degli spiazzi liberi all'aperto e le altre caratteristiche di stabulazione per le varie specie e categorie di animali sono riportate nell'allegato VIII.
8.2.4. La densità del bestiame tenuto all'aperto in pascoli, altri terreni erbosi, lande, paludi, brughiere e altri habitat naturali o seminaturali deve essere sufficientemente bassa in modo da evitare che il suolo diventi fangoso e la vegetazione sia eccessivamente brucata.
8.2.5. I fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati per evitare contaminazioni e la proliferazione di organismi patogeni. Soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte E, possono essere utilizzati per la pulizia e disinfezione delle stalle e degli impianti zootecnici. Le feci, le urine, gli alimenti non consumati o frammenti di esso devono essere rimossi con la necessaria frequenza, al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori. Soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte B, sezione 2, possono essere utilizzati per l'eliminazione di insetti e altri parassiti nei fabbricati e negli altri impianti dove viene tenuto il bestiame.
8.3. Mammiferi
8.3.1. Fatte salve le disposizioni del punto 5.3, tutti i mammiferi devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta che possono essere parzialmente coperti, e devono essere in grado di usare tali aree ogniqualvolta lo consentano le loro condizioni fisiologiche, le condizioni climatiche e lo stato del terreno, a meno che vi siano requisiti comunitari o nazionali relativi a specifici problemi di salute degli animali che lo impediscano. Gli erbivori devono avere accesso ai pascoli ogniqualvolta lo consentano le condizioni.
8.3.2. Nei casi in cui gli erbivori hanno accesso ai pascoli durante il periodo del pascolo e quando il sistema di stabulazione invernale permette agli animali la libertà di movimento, si può derogare all'obbligo di prevedere spiazzi liberi o parchetti all'aria aperta nei mesi invernali.
8.3.3. Fatta salva l'ultima frase del punto 8.3.1, i tori di più di un anno di età devono avere accesso a pascoli o a spiazzi liberi o a parchetti all'aria aperta.
8.3.4. In deroga al punto 8.3.1, la fase finale di ingrasso dei bovini, dei suini e delle pecore per la produzione di carne può avvenire in stalla, purché il periodo in stalla non superi un quinto della loro vita e comunque per un periodo massimo di tre mesi.
8.3.5. I locali di stabulazione devono avere pavimenti lisci ma non sdrucciolevoli. Almeno metà della superficie totale del pavimento deve essere solida, il che significa né grigliato, né graticciato.
8.3.6. I locali di stabulazione devono avere a disposizione un giaciglio/area di riposo confortevole, pulito e asciutto con una superficie sufficiente, costituito da una costruzione solida non fessurata. L'area di riposo deve comportare una lettiera ampia e asciutta, costituita da paglia o da materiali naturali adatti. La lettiera può essere depurata e arricchita con tutti i prodotti minerali autorizzati come concime nell'agricoltura biologica ai sensi dell'allegato II, parte A.
8.3.7. Per quanto riguarda l'allevamento di vitelli, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende senza eccezioni si conformano alla direttiva 91/629/CEE del Consiglio che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. È tuttavia vietato l'allevamento di vitelli in box individuali dopo una settimana di età.
8.3.8. Per quanto riguarda l'allevamento dei suini, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende si conformano alla direttiva 91/630/CEE del Consiglio, che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini. Tuttavia le scrofe devono essere tenute in gruppi, salvo che nelle ultime fasi della gestazione e durante l'allattamento. I lattonzoli non possono essere tenuti in batterie iaflat decksli o in gabbie apposite. Gli spazi riservati al movimento devono permettere le deiezioni per consentire agli animali di grufolare. Per grufolare possono essere usati diversi substrati.
8.4. Pollame
8.4.1. Il pollame deve essere allevato all'aperto e non può essere tenuto in gabbie.
8.4.2. Gli uccelli acquatici devono avere accesso a un corso d'acqua, a uno stagno o a un lago ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano per rispettare le esigenze di benessere degli animali o le condizioni igieniche.
8.4.3. I ricoveri per il pollame devono soddisfare le seguenti condizioni minime:
- almeno un terzo deve essere solido, vale a dire non composto da assicelle o da graticciato, e dev'essere ricoperto di lettiera composta ad esempio di paglia, trucioli di legno, sabbia o torba;
- nei fabbricati adibiti all'allevamento di galline ovaiole una parte sufficiente della superficie accessibile alle galline deve essere destinata alla raccolta degli escrementi;
- devono disporre di un numero sufficiente di posatoi di dimensione adatta all'entità del gruppo e alla taglia dei volatili come stabilito nell'allegato VIII.
- devono essere dotati di uscioli di entrata/uscita di dimensioni adeguate ai volatili, la cui lunghezza cumulata è di almeno 4 m per 100 m2 della superficie utile disponibile per i volatili;
- ciascun ricovero non deve contenere più di:
4.800 polli,
3.000 galline ovaiole,
5.200 faraone,
4.000 femmine di anatra muta o di Pechino,
3.200 maschi di anatra muta o di Pechino o altre anatre,
2.500 capponi, oche o tacchini.
- la superficie totale utilizzabile dei ricoveri per il pollame allevato per la produzione di carne per ciascuna unità di produzione non supera i 1.600 m2.
8.4.4. Per le galline ovaiole la luce naturale può essere completata con illuminazione artificiale in modo da mantenere la luminosità per un massimo di 16 ore giornaliere, con un periodo continuo di riposo notturno senza luce artificiale di almeno 8 ore.
8.4.5. Il pollame deve poter accedere a parchetti all'aperto ogniqualvolta le condizioni climatiche lo consentano e, nei limiti del possibile, per almeno un terzo della sua vita. I parchetti devono essere in maggior parte ricoperti di vegetazione, essere dotati di dispositivi di protezione e consentire agli animali un facile accesso ad un numero sufficiente di abbeveratoi e mangiatoie.
8.4.6. Nell'intervallo tra l'allevamento di due gruppi di volatili si procederà ad un vuoto sanitario, operazione che comporta la pulizia e la disinfezione del fabbricato e dei relativi attrezzi. Parimenti, al termine dell'allevamento di un gruppo di volatili, il parchetto sarà lasciato a riposo per il tempo necessario alla ricrescita della vegetazione e per operare un vuoto sanitario. Gli Stati membri stabiliscono il periodo in cui il parchetto deve essere lasciato a riposo e comunicano la loro decisione alla Commissione e agli altri Stati membri. Questi requisiti non si applicano a piccole quantità di pollame che non sia chiuso in un parchetto e che sia libero di razzolare tutto il giorno.
8.5. Deroga generale in merito alla stabulazione del bestiame
8.5.1. In deroga ai requisiti di cui ai punti 8.3.1, 8.4.2, 8.4. 3 e 8.4.5, e alle densità di stabulazione di cui all'allegato VIII, le autorità competenti degli Stati membri possono concedere deroghe ai requisiti di detti punti e dell'allegato VIII per un periodo transitorio che scade il 31 dicembre 2010. Tale deroga si applica esclusivamente alle aziende dedite all'allevamento aventi edifici preesistenti, costruiti anteriormente al 24 agosto 1999 e nella misura in cui tali edifici adibiti all'allevamento soddisfano le norme nazionali concernenti la produzione biologica in vigore anteriormente a tale data o, in mancanza, le norme private accettate o riconosciute dagli Stati membri.
8.5.2. Gli operatori che beneficiano di tale deroga presentano all'autorità o all'organo di ispezione un piano contenente le misure che garantiscono, fino al termine della deroga, il rispetto delle disposizioni contenute nel presente regolamento.
8.5.3. Anteriormente al 31 dicembre 2006 la Commissione presenta una relazione sull'attuazione del punto 8.5.1.
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(109) Rubrica aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(110) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(111) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(112) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(113) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(114) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(115) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(116) Il termine "destinati" è stato sostituito dal termine "destinato", così come disposto dalla rettifica pubblicata nella G.U.C.E. 8 settembre 1999, n. L 237.
(117) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(118) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(119) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(120) Frase aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(121) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(122) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(123) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003.
(124) Punto soppresso così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(125) Punto così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
(126) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(127) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(128) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(129) Il termine "esclusivamente" è stato inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(130) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
C. Apicoltura e prodotti dell'apicoltura (131)
1. Principi generali (132)
1.1. L'apicoltura è un'attività importante che contribuisce alla protezione dell'ambiente e alla produzione agroforestale attraverso l'azione pronuba delle api.
1.2. La qualificazione dei prodotti dell'apicoltura come ottenuti con metodo di produzione biologica è strettamente connessa sia alle caratteristiche dei trattamenti per arnie che alla qualità dell'ambiente. Detta qualificazione dipende inoltre dalle condizioni di estrazione, trasformazione e stoccaggio dei prodotti dell'apicoltura.
1.3. Qualora un operatore gestisca varie unità apicole nella medesima area, tutte le unità devono essere conformi alle disposizioni del presente regolamento. In deroga a tale principio, un operatore può gestire unità non conformi al presente regolamento a condizione che siano rispettate le disposizioni dello stesso salvo quelle enunciate al punto 4.2 per l'ubicazione degli apiari. In tal caso, il prodotto non può essere venduto con riferimenti al metodo di produzione biologica.
2. Periodo di conversione (133)
2.1. I prodotti dell'alveare possono essere venduti con riferimenti al metodo di produzione biologica soltanto se le condizioni del presente regolamento sono state rispettate per almeno un anno. Durante il periodo di conversione la cera deve essere sostituita conformemente ai requisiti di cui al punto 8. 3.
3. Origine delle api (134)
3.1. Nella scelta delle razze occorre tener conto della capacità degli animali di adattarsi alle condizioni locali, della loro vitalità e della loro resistenza alle malattie. È privilegiato l'uso di razze europee di apis mellifera e dei loro ecotipi locali.
3.2. Gli apiari devono essere costituiti attraverso la divisione di colonie o l'acquisto di alveari o sciami provenienti da unità conformi alle disposizioni del presente regolamento.
3.3. Come prima deroga, previa approvazione dell'autorità o dell'organismo di ispezione, gli apiari esistenti nell'unità di produzione che non sono conformi alle norme contenute nel presente regolamento possono essere convertiti.
3.4. Come seconda deroga, l'acquisto di sciami nudi provenienti da allevamenti convenzionali è autorizzato per un periodo transitorio che termina il 24 agosto 2002 fatto salvo l'obbligo di osservare il periodo di conversione.
3.5. Come terza deroga, la ricostituzione di apiari è autorizzata dall'autorità o dall'organismo di controllo in caso di elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi, quando non siano disponibili apiari conformi al presente regolamento, con l'obbligo di rispettare un periodo di conversione.
3.6. Come quarta deroga, per il rinnovo degli apiari il 10% all'anno di api regine e sciami non conformi alle disposizioni del presente regolamento può essere incorporato nell'unità di produzione biologica a condizione che le api regine e gli sciami siano collocati in alveari con favi o fogli cerei provenienti da unità di produzione biologica. In tal caso non si applica il periodo di conversione.
4. Ubicazione degli apiari (135)
4.1. Gli Stati membri possono designare le regioni o le zone in cui non è praticabile l'apicoltura che risponda ai requisiti posti dal presente regolamento. L'apicoltore fornisce all'autorità o all'organismo di controllo un inventario cartografico su scala adeguata dei siti di impianto delle arnie, come previsto all'allegato III, parte A1, sezione 2, primo trattino. In mancanza di tale designazione, l'apicoltore è tenuto a fornire all'autorità o all'organismo di controllo adeguate prove documentali, incluse eventuali analisi appropriate, per dimostrare che le aree di bottinatura accessibili alle sue colonie rispondono ai criteri previsti dal presente regolamento.
4.2. L'ubicazione degli apiari deve:
a) garantire fonti naturali di nettare, melata e polline sufficienti e l'accesso all'acqua per le api;
b) essere tale che nel raggio di 3 km a far centro dalla postazione dell'apiario le fonti di bottinaggio siano costituite essenzialmente da coltivazioni con metodo di produzione biologico e/o flora spontanea, conformemente a quanto previsto dall'articolo 6 e dall'articolo 6 e dall'allegato I del presente regolamento e da coltivazioni non soggette alle disposizioni del presente regolamento ma sottoposte a cure colturali di basso impatto ambientale quali, ad esempio, quelle descritte nei programmi concepiti ai sensi del regolamento (CEE) n. 2078/92, prive di un'influenza significativa sulla qualificazione della produzione apicola come ottenuta con metodo di produzione biologica;
c) mantenere una distanza sufficiente da qualsiasi fonte di produzione non agricola potenzialmente contaminanti quali centri urbani, autostrade, aree industriali, discariche, inceneritori di rifiuti, ecc. Le autorità o gli organismi di controllo stabiliscono misure volte ad assicurare il rispetto di tale requisito.
I requisiti suesposti non si applicano alle aree che non sono in periodo di fioritura o quando gli alveari sono inoperosi.
5. Nutrizione (136)
5.1. Alla fine della stagione produttiva agli alveari devono essere lasciate scorte abbondanti di miele e di polline, sufficienti per superare il periodo invernale.
5.2. La nutrizione artificiale delle colonie è autorizzata qualora sia in pericolo la sopravvivenza dell'alveare a causa di condizioni climatiche estreme. Essa deve essere effettuata con miele biologico, preferibilmente della stessa unità biologica.
5.3. Come prima deroga al punto 5.2 le autorità competenti degli Stati membri possono autorizzare per la nutrizione artificiale l'uso di sciroppo o melassa di zucchero ottenuti con metodo di produzione biologico in luogo del miele ottenuto con metodo di produzione biologico, segnatamente quando ciò sia richiesto dalle condizioni climatiche che provocano la cristallizzazione del miele.
5.4. Come seconda deroga l'autorità o l'organismo di controllo possono autorizzare per la nutrizione artificiale, per un periodo transitorio che termina il 24 agosto 2002 l'uso di sciroppo di zucchero, melassa di zucchero e miele non conformi alle disposizioni del presente regolamento.
5.5. Nel registro degli apiari devono essere indicate le seguenti informazioni relative all'uso di nutrizione artificiale: tipo di prodotto, date, quantità e arnie interessate.
5.6. Non è consentito nell'apicoltura che risponde ai requisiti di cui al presente regolamento l'utilizzo di prodotti diversi da quelli indicati nei punti da 5.1 a 5.4.
5.7. La nutrizione artificiale è autorizzata soltanto tra l'ultima raccolta di miele e 15 giorni prima dell'inizio del successivo periodo di flusso del nettare o della melata.
6. Profilassi e cure veterinarie (137)
6.1. La profilassi nel settore apicolo si basa sui seguenti principi:
a) selezione di opportune razze resistenti;
b) applicazione di talune pratiche che favoriscono un'elevata resistenza alle malattie e la prevenzione delle infezioni, ad esempio: periodico rinnovo delle regine, sistematica ispezione degli alveari al fine di individuare situazioni anomale dal punto di vista sanitario, controllo della covata maschile negli alveari, periodica disinfezione dei materiali e delle attrezzature, distruzione del materiale contaminato o delle sue fonti, periodico rinnovo della cera e sufficienti scorte di polline e miele nelle arnie.
6.2. Se, malgrado le suddette misure preventive, le colonie sono ammalate o infestate, esse devono essere curate immediatamente ed eventualmente isolate in apposito apiario.
6.3. L'uso di medicinali veterinari nell'apicoltura che risponde ai requisiti di cui al presente regolamento deve essere conforme ai seguenti principi:
a) essi possono essere utilizzati se la loro corrispondente utilizzazione è autorizzata nello Stato membro interessato secondo la pertinente normativa comunitaria o secondo la normativa nazionale in conformità del diritto comunitario;
b) i prodotti fitoterapici ed omeopatici sono preferiti ai medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura;
c) qualora l'uso dei suddetti prodotti non sia verosimilmente efficace, o non si dimostri tale per debellare una malattia o un'infestazione che rischia di distruggere le colonie, possono essere utilizzati medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica sotto la responsabilità di un veterinario o di altre persone autorizzate dallo Stato membro, fatti salvi i principi di cui alle lettere a) e b);
d) è vietato l'uso di medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica per trattamenti preventivi;
e) fatto salvo il principio di cui alla lettera a) nei casi di infestazione da Varroa jacobsoni possono essere usati l'acido formico, l'acido lattico, l'acido acetico e l'acido ossalico nonché le seguenti sostanze: mentolo, timolo, eucaliptolo o canfora.
6.4. In aggiunta ai suddetti principi sono autorizzati i trattamenti veterinari o i trattamenti per arnie, favi ecc. che sono obbligatori ai sensi del diritto comunitario o nazionale.
6.5. Durante un trattamento in cui siano applicati prodotti allopatici ottenuti per sintesi chimica le colonie trattate devono essere isolate in apposito apiario e la cera deve essere completamente sostituita con altra cera conforme alle disposizioni del presente regolamento. Successivamente esse saranno soggette a un periodo di conversione di un anno.
6.6. I requisiti di cui al precedente punto non si applicano ai prodotti menzionati al punto 6.3, lettera e).
6.7. Qualora debbano essere impiegati medicinali veterinari è necessario specificare in modo chiaro e dichiarare all'organismo o autorità di controllo, prima che i prodotti siano commercializzati con la denominazione biologica, il tipo di prodotto (indicando anche i principi attivi in esso contenuti) e i dettagli della diagnosi; la posologia; il metodo di somministrazione; la durata del trattamento e il periodo di attesa raccomandato.
7. Metodi di gestione zootecnica e identificazione (138)
7.1. È vietata la distruzione delle api nei favi come metodo associato alla raccolta dei prodotti dell'apicoltura.
7.2. È vietata la spuntatura delle ali delle api regine.
7.3. È permessa la sostituzione della regina attraverso la soppressione della vecchia regina.
7.4. È ammessa la pratica della soppressione della covata maschile solo per contenere l'infestazione da Varroa jacobsoni.
7.5. È vietato l'uso di repellenti chimici sintetici durante le operazioni di smielatura.
7.6. Nel registro è indicata la zona in cui è situato l'apiario e sono identificate le arnie. Si deve informare l'organo o l'autorità di controllo circa lo spostamento di apiari entro un termine convenuto con l'organo o l'autorità in questione.
7.7. Si prenderà particolare cura nell'assicurare un'adeguata estrazione e trasformazione ed un adeguato stoccaggio dei prodotti dell'apicoltura. Tutte le misure prese per soddisfare tali requisiti saranno registrate.
7.8. L'asportazione dei melari e le operazioni di smielatura devono essere registrate nel registro dell'apiario.
8. Caratteristiche delle arnie e materiali utilizzati nell'apicoltura (139)
8.1. Le arnie devono essere costituite essenzialmente da materiali naturali che non presentino rischi di contaminazione per l'ambiente o i prodotti dell'apicoltura.
8.2. Ad eccezione dei prodotti menzionati al punto 6.3, lettera e), nelle arnie possono essere utilizzate solo sostanze naturali quali propoli, cera e oli vegetali.
8.3. La cera per i nuovi telaini deve provenire da unità di produzione biologica. A titolo di deroga, in particolare nel caso di nuovi impianti, o durante il periodo di conversione la cera convenzionale può essere autorizzata dall'organo o dall'autorità di controllo in circostanze eccezionali, qualora la cera prodotta biologicamente non sia disponibile in commercio e purché provenga da opercoli.
8.4. È vietato l'impiego di favi che contengano covate per l'estrazione del miele.
8.5. Per la protezione dei materiali (telaini, arnie, favi), in particolare dai parassiti, sono consentiti soltanto i prodotti elencati nell'allegato II, parte B. sezione 2.
8.6. Sono ammessi trattamenti fisici come il vapore o la fiamma diretta.
8.7. Per pulire e disinfettare materiali, edifici, attrezzature, utensili o prodotti usati nell'apicoltura sono permesse soltanto le sostanze appropriate elencate nell'allegato II, parte E.
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(131) Rubrica aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(132) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(133) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(134) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(135) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(136) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(137) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(138) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(139) Sezione aggiunta dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Allegato II (140)
A. Prodotti per la concimazione e l'ammendamento
Condizioni generali applicabili a tutti i prodotti:
- impiego consentito solo se sono soddisfatti e requisiti dell'allegato I,
- impiego consentito solo in conformità delle disposizioni della normativa concernente la commercializzazione e l'utilizzazione dei prodotti interessati applicabile in agricoltura generale nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato (141).
Nome |
Descrizione, requisiti in materia di composizione, condizioni per l'uso |
Prodotti composti o contenenti unicamente le sostanze riportate nell'elenco seguente: |
|
|
|
- Letame |
Prodotto costituito dal miscuglio di escrementi animali e da materiali vegetali (lettiera). |
|
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
|
Indicazione delle specie animali. |
|
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2328/91 del Consiglio, modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 3669/93. |
- Letame essiccato e deiezioni avicole disidratate |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
|
Indicazione delle specie animali. |
|
Proveniente unicamente da allevamenti estensivi ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2328/91. |
- Deiezioni animali, composte, inclusa la pollina ed il letame |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
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Indicazione delle specie animali. |
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Provenienti da allevamenti industriali. |
- Escrementi liquidi di animali (liquame, urina, ecc.) |
Impiego previa fermentazione controllata e/o diluizione adeguata. |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
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Indicazione delle specie animali. |
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Proibiti se provenienti da allevamenti industriali. |
Rifiuti domestici compostati o fermentati (142) |
Prodotto ottenuto da rifiuti domestici separati alla fonte, sottoposti a compostaggio o a fermentazione anaerobica per la produzione di biogas |
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Solo rifiuti domestici vegetali e animali |
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Solo se prodotti all'interno di un sistema di raccolta chiuso e sorvegliato, ammesso dallo Stato membro |
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Concentrazioni massime in mg/kg di materia secca: cadmio: 0,7; rame: 70; nickel: 25; piombo: 45; zinco: 200; mercurio: 0,4; cromo (totale): 70; cromo (VI): 0 [*] |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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Soltanto per un periodo che scade il 31 marzo 2006 (143) |
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- Torba |
Impiego limitato all'orticoltura (colture orticole, floricole, arboricole, vivai). |
Argille (perlite, vermiculite, ecc.) |
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- Residui di fungaie |
La composizione iniziale del substrato deve essere limitata ai prodotti del presente elenco. |
- Deiezioni di vermi (Vermicompost) e di insetti |
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- Guano |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
Miscela di materiali vegetali compostata o fermentata (144) |
Prodotto ottenuto da miscele di materiali vegetali sottoposte a compostaggio o a fermentazione anaerobica per la produzione di biogas |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
- I prodotti o sottoprodotti di origine animale citati di seguito: |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
- farina di sangue |
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- polvere di zoccoli |
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- polvere di corna |
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- polvere di ossa, anche degelatinata |
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[- nero animale (carbone animale)] (145) |
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- farina di pesce |
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- farina di carne |
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- pennone |
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- lana |
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- pellami |
Concentrazione massima in mg/kg di materia secca di cromo (VI): 0 [*] |
- pelli e crini |
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- prodotti lattireo-caseari |
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- Prodotti e sottoprodotti organici di origine vegetale per la fertilizzazione |
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(ad esempio: farina di panelli di semi oleosi, guscio di cacao, radichette di malto, ecc.) |
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- Alghe e prodotti a base di alghe |
Se ottenuti direttamente mediante: |
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i) processi fisici comprendenti disidratazione, congelamento e macinazione; |
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ii) estrazione con acqua o soluzione acida e/o alcalina; |
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iii) fermentazione; |
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necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Segatura e trucioli di legno |
Legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento. |
- Cortecce compostate |
Legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento. |
- Cenere di legno |
Proveniente da legname non trattato chimicamente dopo l'abbattimento. |
- Fosfato naturale tenero |
Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE del Consiglio, modificata dalla direttiva 89/284/CEE. |
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Tenore di cadmio inferiore o pari a 90 mg/kg di P205. |
- Fosfato alluminio-calcico |
Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE. |
|
Tenore di cadmio inferiore o pari a 90 mg/kg di P205. |
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Impiego limitato ai terreni basici (pH > 7,5). |
- Scorie di defosforazione |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Sale grezzo di potassio |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità |
(ad esempio: kainite, silvinite, ecc.) |
di controllo. |
Solfato di potassio, che può contenere sale di magnesio (146) |
Prodotto ottenuto da sale grezzo di potassio mediante un processo di estrazione fisica e che può contenere anche sali di magnesio |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
- Borlande ed estratti di borlande |
Escluse le borlande estratte con sali ammoniacali |
- Carbonato di calcio di origine naturale |
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(ad esempio: creta, marna, calcare macinato, litotamnio, maerl, creta fosfatica, ecc.). |
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- Carbonato di calcio e magnesio di origine naturale |
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(ad esempio: creta magnesiaca, calcare magnesiaco macinato, ecc.) |
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- Solfato di magnesio |
Unicamente di origine naturale. |
(ad esempio: kierserite) |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Soluzione di cloruro di calcio |
Trattamento fogliare su melo, dopo che sia stata messa in evidenza una carenza di calcio. |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Solfato di calcio (gesso) |
Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE. |
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Unicamente di origine naturale. |
Fanghi industriali provenienti da zuccherifici (147) |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
- Zolfo elementare |
Prodotto definito dalla direttiva 76/116/CEE modificata dalla direttiva 89/284/CEE. |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Oligoelementi |
Oligoelementi inclusi nella direttiva 89/530/CEE |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Cloruro di sodio |
Unicamente salgemma. |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo. |
- Farina di roccia |
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[*] Limite di determinazione. |
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(140) Allegato modificato dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 2381/94, così modificato dal regolamento (CE) n. 1488/97, dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001 che ha modificato anche le versioni in lingua danese, tedesca, greca, olandese, svedese, finlandese e portoghese e dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(141) Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(142) Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.
(143) Data così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(144) Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.
(145) Prodotto soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000. Vedi, per la decorrenza della modifica, l'articolo 2 del regolamento sopra citato.
(146) Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche del solfato di potassio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(147) Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.
B. Antiparassitari
1. Prodotti fitosanitari (148)
Condizioni generali applicabili per tutti i prodotti composti o contenenti le sostanze attive appresso indicate:
- impiego in conformità ai requisiti dell'allegato I,
- soltanto in conformità delle disposizioni specifiche della normativa sui prodotti fitosanitari applicabile nello Stato membro in cui il prodotto è utilizzato [ove pertinente [*]].
I. Sostanze di origine vegetale o animale
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Nome |
Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso |
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Azadiractina estratta da Azadirachta indica (albero |
Insetticida |
del neem) (149) |
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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[*] Cera d'api |
Protezione potatura |
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Gelatina |
Insetticida |
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[*] Proteine idrolizzate |
Sostanze attrattive; |
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solo in applicazioni autorizzate in combinazione con altri prodotti adeguati del presente allegato II, parte B |
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Lecitina |
Fungicida |
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Estratto (soluzione acquosa) di Nicotiana tabacum |
Insetticida; |
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solo contro gli afidi in alberi da frutta subtropicali (ad es. aranci, limoni) e in colture tropicali (ad es. banani) utilizzabile solo all'inizio del periodo vegetativo |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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Utilizzabile soltanto durante un periodo che termina il 31 marzo 2002 |
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Oli vegetali (ad es., olio di menta, olio di pino, olio di carvi) |
Insetticida, acaricida, fungicida e inibitore della germogliazione |
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Piretrine estratte da Chrysanthemum |
Insetticida |
cinerariaefolium (150) |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dell'autorità di controllo |
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Quassia estratta da Quassia amara |
Insetticida, repellente |
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Rotenone estratto da Derris spp, Loncho carpus spp e Therphrosia spp. |
Insetticida |
|
Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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__________
[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
2. Prodotti per la lotta contro i parassiti e le malattie nei locali di stabulazione e negli impianti:
Prodotti elencati nella sezione 1
Rodenticidi (151)
II. Microorganismi utilizzati nella lotta biologica contro i parassiti
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Nome |
Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso |
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Microorganismi (batteri, virus e funhi), ad es. Bacillus thuringensis, Granulosis virus, ecc. |
Solo prodotti non geneticamente modificati ai sensi della direttiva 90/220/CEE del Consiglio |
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III. Sostanze da utilizzare solo in trappole e/o distributori automatici
Condizioni generali:
- le trappole e/o i distributori automatici devono impedire la penetrazione delle sostanze nell'ambiente e il contatto delle stesse con le coltivazioni in atto;
- le trappole devono essere raccolte dopo l'utilizzazione e riposte al sicuro.
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Nome |
Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso |
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[*] Fosfato di diammonio |
Sostanza attrattiva |
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Soltanto in trappole |
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Metaldeide |
Molluschicida |
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Soltanto in trappole contenenti un repellente per specie animali superiori |
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Utilizzabile soltanto per un periodo che termina il 31 marzo 2006 (152) |
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Feromoni (153) |
Sostanze attrattive; sostanze che alterano il comportamento sessuale |
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Solo in trappole e distributori automatici |
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Piretroidi (solo deltametrina o lambda- |
Insetticida; |
cialotrina) |
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solo in trappole con sostanze specifiche attrattive |
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Solo contro Batrocera oleae e Ceratitis capitata wied |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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Solo per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (154) |
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__________
[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari.
III bis. Preparazioni da spargere in superficie tra le piante coltivate (155):
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Designazione |
Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso |
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Ortofosfato di ferro (III) |
Molluschicida |
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IV. Altre sostanze di uso tradizionale in agricoltura biologica
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Nome |
Descrizione, requisiti di composizione, condizioni per l'uso |
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Rame, nella forma di idrossido di rame, |
Fungicida |
ossicloruro di rame, solfato di rame (tribasico), |
|
ossido rameoso (156) |
Fino al 31 dicembre 2005, nel limite massimo di 8 kg di rame per ettaro per anno e dal 1° gennaio 2006, nel limite massimo di 6 kg di rame per ettaro per anno, fatte salve disposizioni specifiche più restrittive previste dalla legislazione sui prodotti fitosanitari dello Stato membro in cui il prodotto sarà utilizzato. |
|
Per le colture perenni, gli Stati membri possono disporre, in deroga al disposto del paragrafo precedente, che i tenori massimi siano applicati come segue: |
|
- il quantitativo totale massimo utilizzato a decorrere dal 23 marzo 2002 fino al 31 dicembre 2006 non deve superare 38 kg di rame per ettaro |
|
- a decorrere dal 1° gennaio 2007, il quantitativo massimo che può essere utilizzato ogni anno sarà calcolato detraendo i quantitativi effettivamente utilizzati nei quattro anni precedenti dal quantitativo totale massimo di, rispettivamente, 36, 34, 32 e 30 kg di rame per ettaro per gli anni 2007, 2008, 2009 e 2010 e per gli anni successivi |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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[*] Etilene |
Sverdimento delle banane |
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Sale di potassio di acidi grassi (sapone molle) |
Insetticida |
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[*] Allume di potassio (Calinite) |
Prevenzione della maturazione delle banane |
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Zolfo calcico (polisolfuro di calcio) (157) |
Fungicida, insetticida, acaricida; |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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Olio di paraffina |
Insetticida, acaricida |
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Oli minerali |
Insetticida, fungicida, |
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solo in alberi da frutta, viti, ulivi e colture tropicali (ad esempio, banani) |
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Solo per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (158) |
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Necessità riconosciuta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo |
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Permanganato di potassio |
Fungicida, battericida; |
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solo in alberi da frutta, ulivi e viti |
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[*] Sabbia di quarzo |
Repellente |
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Zolfo |
Fungicida, acaricida, repellente |
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[*] In alcuni Stati membri i prodotti contrassegnati con asterisco non sono considerati prodotti fitosanitari e non sono soggetti alle disposizioni della legislazione in materia di prodotti fitosanitari. |
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(148) Il titolo della presente parte B è stato così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(149) Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dell'azadiractina sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(150) Disposizioni così sostituite dall'allegato al regolamento (CE) n. 436/2001.
(151) Testo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(152) Data così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(153) Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dei feromoni sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(154) La restrizione per l'impiego dei piretroidi per un periodo che scade il 31 marzo 2002 è stata soppressa dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(155) La tabella III bis denominata "Preparazioni da spargere in superficie tra le piante coltivate" è stata aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(156) Le disposizioni relative al rame sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(157) Le disposizioni concernenti il nome e le condizioni specifiche dello zolfo calcico sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(158) Il termine massimo del 31 marzo 2002 consentito per l'impiego degli oli minerali è stato soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
C. Materie prime per mangimi (159)
1. Materie di origine vegetale per mangimi
1.1. Cereali, granaglie, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
avena sotto forma di grani, fiocchi, cruschello e crusca; orzo sotto forma di grani, proteine e farinetta; riso sotto forma di panello di germe; miglio sotto forma di grani; segale sotto forma di grani e farinetta; sorgo sotto forma di grani; frumento sotto forma di grani, farinetta, crusca, farina glutinata, glutine e germe; spelata sotto forma di grani; triticale sotto forma di grani; granturco sotto forma di grani, crusca, farinetta, panello di germe e glutine; radichette di malto; borlande (trebbie) di birreria.
1.2. Semi oleosi, frutti oleosi, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
semi di colza sotto forma di semi, panello e buccette; semi di soia sotto forma di semi, semi tostati, panello e buccette; semi di girasole sotto forma di semi e panello; cotone sotto forma di semi e panelli; semi di lino sotto forma di semi e panelli; semi di sesamo sotto forma di panello; palmisti sotto forma di panelli; semi di zucca sotto forma di panello; olive, sansa di oliva; oli vegetali (ottenuti per estrazione fisica).
1.3. Semi di leguminose, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
ceci sotto forma di semi, cruschetta e crusca; vecciolo sotto forma di semi, cruschetta e crusca; cicerchia sotto forma di semi sottoposti a trattamento termico, cruschetta e crusca; piselli sotto forma di semi, cruschetta e crusca; fave da orto sotto forma di semi, cruschetta e crusca; fave e favette sotto forma di semi, cruschetta e crusca, veccia sotto forma di semi, cruschetta e crusca e lupini sotto forma di semi, cruschetta e crusca.
1.4. Tuberi, radici, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
polpa di barbabietola da zucchero, patate, patata dolce come tubero, polpa di patate (residuo solido della fecola di patate), fecola di patate, proteina di patate e manioca.
1.5. Altri semi e frutti, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
carrube, semi e farina di carrube, zucche, pastazzo di agrumi; mele, melecotogne, pere, pesche, fichi, uva e relativo residuo; castagne, panelli di noci comuni, panelli di nocciole; gusci e panelli di cacao; ghiande.
1.6. Foraggi e foraggi grossolani. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
erba medica, farina di erba medica, trifoglio, farina di trifoglio, graminacee (ottenute da piante da foraggio), farina di graminacee, fieno, insilato, paglia di cereali e ortaggi a radice da foraggio.
1.7. Altri vegetali, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
melassa, farina di alghe marine (ottenuta con l'essiccazione e la frantumazione delle alghe marine e lavata per ridurre il tenore di iodio), polveri ed estratti vegetali, estratti proteici vegetali (da somministrare esclusivamente ai giovani animali), spezie e aromi.
1.8. I seguenti mangimo possono essere utilizzati fino al 30 giugno 2004: riso sotto forma di grani, rotture di riso, crusca di riso, cruschetta di segale, crusca di segale, semi di ravizzone sotto forma di panello, buccette e tapioca.
2. Materie di origine animale per mangimi
2.1. Latte e prodotti lattiero-caseari. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
latte crudo definito all'articolo 2 della direttiva 92/46/CEE del Consiglio, latte in polvere, latte scremato, latte scremato in polvere, latticello, latticello in polvere, siero di latte, siero di latte in polvere, siero di latte in polvere parzialmente delattosato, proteina di siero di latte in polvere (estratta mediante trattamento fisico), caseina in polvere, lattosio in polvere, cagliata e latte acido.
2.2. Pesci, altri animali marini, loro prodotti e sottoprodotti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
pesce, olio di pesce e olio di fegato di merluzzo non raffinato; autolisati, idrolisati e proteolisati di pesce, di molluschi e di crostacei ottenuti per via enzimatica, sotto forma solubile e non, somministrati esclusivamente ai giovani animali; farina di pesce.
2.3. Uova e ovoprodotti destinati all'alimentazione del pollame, provenienti di preferenza dalla stessa azienda.
3. Materie di origine minerale per mangimi
Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
Sodio:
sale marino non raffinato
salgemma grezzo estratto da giacimenti
solfato di sodio
carbonato di sodio
bicarbonato di sodio
cloruro di sodio
Potassio:
cloruro di potassio
Calcio:
litotamnio e maerl
conchiglie di animali acquatici (inclusi ossi di seppia)
carbonato di calcio
lattato di calcio
gluconato di calcio
Fosforo:
fosfato bicalcico defluorato
fosfato monocalcico defluorato
fosfato monosodico
fosfato di calcio e di magnesio
fosfato di calcio e di sodio
Magnesio:
ossido di magnesio (magnesio anidro)
solfato di magnesio
cloruro di magnesio
carbonato di magnesio
fosfato di magnesio
Zolfo:
Solfato di sodio
I fosfati bicalcici precipitati d'ossa possono essere utilizzati fino al 30 giugno 2004.
------------------------
(159) Parte C inizialmente sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003 e da ultimo così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
D. Additivi alimentari, alcune sostanze utilizzate nell'alimentazione degli animali di cui alla direttiva 82/471/CEE e ausiliari di fabbricazione nei mangimi (160)
1. Additivi alimentari
1.1. Elementi in tracce. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
E1 Ferro:
carbonato ferroso (II)
solfato ferroso (II) monoidrato e/o eptaidrato
ossido ferrico (III)
E2 Iodio:
iodato di calcio, anidro
iodato di calcio, esaidrato
ioduro di sodio
E3 Cobalto:
solfato di cobalto (II) monoidrato e/o eptaidrato
carbonato basico di cobalto (II) monoidrato
E4 Rame:
ossido rameico (II)
carbonato basico di rame (II) monoidrato
solfato di rame (II) pentaidrato
E5 Manganese:
carbonato manganoso (II)
ossido manganoso e ossido manganico
solfato manganoso (II) mono e/o tetraidrato
E6 Zinco:
carbonato di zinco
ossido di zinco
solfato di zinco mono e/o eptaidrato
E7 Molibdeno:
molibdato di ammonio, molibdato di sodio
E8 Selenio:
selenato di sodio
selenito di sodio.
1.2. Vitamine, provitamine e sostanze di effetto analogo chimicamente ben definite. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
vitamine autorizzate ai sensi della direttiva 70/524/CEE del Consiglio [*]:
- preferibilmente derivate da materie prime naturalmente presenti nei mangimi, o
- vitamine di sintesi identiche alle vitamine naturali soltanto per gli animali monogastrici.
In deroga al primo comma e durante un periodo di transizione che scade il 31 dicembre 2005, l'autorità competente di ciascuno Stato membro può autorizzare l'uso di vitamine di sintesi del tipo A, D ed E per i ruminanti, sempre che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
- le vitamine di sintesi sono identiche a quelle naturali e
- l'autorizzazione rilasciata dagli Stati membri si basa su criteri precisi ed è notificata alla Commissione.
I produttori possono avvalersi di questa autorizzazione soltanto se hanno dimostrato, con piena soddisfazione dell'organismo o autorità di controllo dello Stato membro, che la salute e il benessere dei propri animali non possono essere garantiti senza fare ricorso a dette vitamine di sintesi.
1.3. Enzimi. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
gli enzimi autorizzati ai sensi della direttiva 70/524/CEE.
1.4. Microrganismi. Sono incluse nella categoria unicamente i seguenti microrganismi:
i microrganismi autorizzati ai sensi della direttiva 70/524/CEE.
1.5. Conservanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
E 200 Acido sorbico
E 236 Acido formico
E 260 Acido acetico
E 270 Acido lattico
E 280 Acido propionico
E 330 Acido citrico.
L'impiego di acido lattico, formico, propionico e acetico per la produzione di insilati è autorizzato soltanto quando le condizioni meteorologiche non consentono una fermentazione sufficiente.
1.6. Agenti leganti, antiagglomeranti e coagulanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
E 470 Stearato di calcio di origine naturale
E 551b Silice colloidale
E 551c Kieselgur
E 558 Bentonite
E 559 Argilla caolinitica
E 560 Miscele naturali di steatiti e di clorite
E 561 Vermiculite
E 562 Sepiolite
E 599 Perlite.
1.7. Sostanze antiossidanti. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
E 306 Estratti d'origine naturale ricchi di tocoferolo.
1.8. Additivi per insilati. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
A decorrere dal 19 ottobre 2004, gli enzimi, i lieviti e i batteri autorizzati dal regolamento (CE) n. 1831/2003 sugli additivi nell'alimentazione animale.
2. Alcuni prodotti utilizzati nell'alimentazione animale
Sono inclusi nella categoria unicamente i seguenti prodotti:
lieviti di birra.
3. Ausiliari di fabbricazione utilizzati per i mangimi
3.1. Ausiliari di fabbricazione di insilati. Sono incluse nella categoria unicamente le seguenti sostanze:
- sale marino, salgemma grezzo estratto da giacimenti, siero di latte, zucchero, polpa di barbabietola da zucchero, farina di cereali e melassa,
- sino al 18 ottobre 2004, enzimi, lieviti e batteri lattici, acetici, formici e propionici.
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[*] La direttiva 70/524/CEE sarà abrogata con effetto a decorrere dal 19 ottobre 2004. Il regolamento (CE) n. 1831/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, sugli additivi destinati all'alimentazione animale, sarà applicabile a partire da tale data.
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(160) Parte D aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 599/2003 e da ultima così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2277/2003.
E. Prodotti autorizzati per la pulizia e la disinfezione dei locali di stabulazione e degli impianti (ad es. Attrezzatura e utensili) (161)
Saponi a base di sodio e di potassio
Acqua e vapore
Latte di calce
Calce
Calce viva
Ipoclorito di sodio (ad es. candeggina)
Soda caustica
Potassa caustica
Acqua ossigenata
Essenze naturali di vegetali
Acido citrico, peracetico, formico, lattico, ossalico e acetico
Alcole
Acido nitrico (attrezzatura da latteria)
Acido fosforico (attrezzatura da latteria)
Formaldeide
Prodotti per la pulizia e la disinfezione delle mammelle e attrezzature per la mungitura
Carbonato di sodio
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(161) Parte E aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
F. Altri prodotti (162)
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(162) Parte F aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Allegato III (163)
Requisiti minimi di controllo e misure precauzionali previste nell'ambito del regime di controllo di cui agli articoli 8 e 9
Disposizioni generali
1. Requisiti minimi di controllo
I requisiti relativi al controllo stabiliti nel presente allegato si applicano fatte salve le misure adottate dagli Stati membri per garantire la tracciabilità dei prodotti, di cui all'articolo 9, paragrafo 12, lettere a) e c), durante tutto il ciclo di produzione, nonché il rispetto delle disposizioni del presente regolamento.
2. Attuazione
Gli operatori già in attività alla data indicata all'articolo 2 del regolamento (CE) n. 2491/2001 sono inoltre soggetti alle disposizioni di cui al punto 3 e a quelle relative al controllo iniziale di cui alle parti A, B, C, D ed E delle disposizioni specifiche del presente allegato (164).
3. Controllo iniziale
La prima volta che si applica il regime di controllo, l'operatore responsabile è tenuto a redigere:
- una descrizione completa dell'unità, degli stabilimenti e dell'attività,
- una descrizione delle misure concrete che devono essere adottate a livello dell'unità, degli stabilimenti o dell'attività per garantire il rispetto delle disposizioni del presente regolamento, in particolare dei requisiti descritti nel presente allegato.
La descrizione e le misure pratiche suddette devono essere contenute in una dichiarazione firmata dall'operatore responsabile.
Nella dichiarazione deve figurare altresì l'impegno dell'operatore a:
- effettuare le operazioni conformemente al disposto degli articoli 5, 6 e 6 bis e, se del caso, dell'articolo 11 e/o del regolamento (CE) n. 223/2003 (165),
- accettare, in caso di infrazioni o irregolarità, che siano applicate le misure di cui all'articolo 9, paragrafo 9, e, se del caso, all'articolo 10, paragrafo 3, e
- accettare di informare per iscritto gli acquirenti del prodotto per far sì che le indicazioni relative al metodo di produzione biologico siano soppresse da tale produzione.
La dichiarazione di cui sopra deve essere verificata dall'organismo o dall'autorità di controllo i quali compilano una relazione che indica le eventuali carenze o la mancata osservanza delle disposizioni del presente regolamento. L'operatore è tenuto a controfirmare la relazione e ad adottare le misure necessarie per ovviare alle inadempienze constatate.
4. Comunicazioni
L'operatore responsabile deve notificare in tempo debito all'organismo o all'autorità di controllo qualsiasi cambiamento della descrizione o delle misure concrete di cui al punto 3 e delle misure del controllo iniziale previste dalle parti A, B, C, D ed E delle disposizioni specifiche del presente allegato (166).
5. Visite di controllo
L'organismo o l'autorità di controllo effettuano almeno una volta all'anno un controllo fisico completo della produzione, delle unità di confezionamento o degli altri locali. L'organismo o l'autorità di controllo può prelevare campioni per la ricerca di prodotti non autorizzati in virtù del presente regolamento o per individuare tecniche di produzione non conformi al presente regolamento. Possono essere inoltre prelevati e analizzati campioni per scoprire eventuali contaminazioni da parte di prodotti non autorizzati. Tuttavia tali analisi sono obbligatorie qualora si sospetti l'utilizzazione di prodotti non autorizzati. Dopo ogni visita è compilata una relazione di ispezione, controfirmata dal responsabile dell'unità sottoposta al controllo o dal suo rappresentante.
Inoltre, l'organismo o l'autorità di controllo eseguono visite di controllo, con o senza preavviso. Tali visite riguardano in particolare le aziende o le situazioni in cui può esistere un rischio specifico di scambio di prodotti ottenuti con metodo di produzione biologico con altri prodotti.
6. Documenti contabili
L'unità o gli stabilimenti di produzione devono tenere una contabilità di magazzino e una contabilità finanziaria che consentano all'operatore e all'organismo o all'autorità di controllo di identificare:
- il fornitore o, se diverso, il venditore o l'esportatore dei prodotti,
- la natura e la quantità dei prodotti agricoli di cui all'articolo 1, che sono stati loro consegnati e, se del caso, di tutti i materiali acquistati, indicando la destinazione data a tali materiali e, se del caso, la formulazione dei mangimi composti per animali (167),
- la natura, la quantità, i destinatari e, se differenti da questi ultimi, gli acquirenti dei prodotti di cui all'articolo 1 che hanno lasciato l'unità o gli stabilimenti o i magazzini del primo destinatario,
- qualsiasi altra informazione richiesta dall'organismo di controllo o dall'autorità di controllo ai fini di un corretto controllo delle operazioni.
I dati che figurano nella contabilità devono essere documentati con gli opportuni giustificativi.
Nella contabilità deve esserci corrispondenza tra i quantitativi in entrata e in uscita.
7. Imballaggio e trasporto dei prodotti in altre unità o stabilimenti di produzione/confezionamento
Gli operatori garantiscono che i prodotti di cui all'articolo 1 possano essere trasportati ad altre unità, compresi i grossisti e i dettaglianti, solo in imballaggi, contenitori o veicoli chiusi in modo che il contenuto non possa essere sostituito se non manipolando o danneggiando i sigilli e a condizione che sia apposta un'etichetta che, oltre alle altre indicazioni eventualmente previste dalla legge, indichi:
a) il nome e l'indirizzo dell'operatore e, se diverso da quest'ultimo, del proprietario o venditore del prodotto;
b) il nome del prodotto o, per i mangimi composti per animali, la loro descrizione, compresa un'indicazione del metodo di produzione biologico, in base a quanto disposto, a seconda del caso, dall'articolo 5 del presente regolamento o dall'articolo 3 del regolamento (CE) n. 223/2003 (168);
c) il nome o il numero di codice dell'organismo o dell'autorità di controllo da cui dipende l'operatore e
d) se del caso, l'identificazione della partita attraverso un sistema di marcatura approvato a livello nazionale, o dall'autorità o organismo di controllo, che permetta di mettere in relazione la partita con la contabilità descritta al punto 6.
Le informazioni di cui alle lettere a), b), c) e d) possono anche figurare in un documento di accompagnamento che deve inequivocabilmente corrispondere all'imballaggio, al contenitore o al mezzo di trasporto del prodotto. Il documento di accompagnamento deve contenere informazioni sul fornitore e/o il trasportatore.
Non è richiesta la chiusura di imballaggi, contenitori o veicoli qualora:
- il trasporto avvenga direttamente tra un produttore e un altro operatore, entrambi assoggettati al regime di controllo di cui all'articolo 9,
- i prodotti siano muniti di un documento di accompagnamento indicante le informazioni richieste al comma precedente, e
- l'organismo o l'autorità di controllo dell'operatore speditore e dell'operatore destinatario siano stati informati di tali operazioni di trasporto e abbiano dato il loro consenso. Tale accordo può riguardare una o più operazioni di trasporto.
8. Magazzinaggio dei prodotti
Le aree destinate al magazzinaggio dei prodotti devono essere gestite in modo tale da garantire l'identificazione delle partite ed evitare che i prodotti vengano mescolati od entrino in contatto con prodotti o sostanze non rispondenti alle disposizioni del presente regolamento.
9. Prodotti che si sospetta non rispettino i requisiti previsti dal regolamento
L'operatore che ritenga o sospetti che un prodotto da lui ottenuto, preparato, importato, o consegnatogli da un altro operatore, non sia conforme al presente regolamento, avvia le procedure necessarie per togliere da tale prodotto ogni riferimento al metodo di produzione biologico, o per separare e identificare il prodotto stesso. Egli può destinare tale prodotto alla trasformazione, all'imballaggio o alla commercializzazione soltanto dopo aver eliminato ogni dubbio sulla sua origine, a meno che il prodotto sia immesso sul mercato senza alcuna indicazione relativa al metodo di produzione biologico. Qualora possano sussistere dubbi l'operatore informa immediatamente l'organismo o l'autorità di controllo. L'organismo o l'autorità di controllo può richiedere che il prodotto non sia immesso sul mercato con indicazioni relative al metodo di produzione biologico finché le informazioni ricevute dall'operatore consentano di appurare che il dubbio è stato eliminato.
Se un organismo o un'autorità di controllo ha un sospetto fondato che un operatore intenda immettere sul mercato un prodotto non conforme al presente regolamento, recante tuttavia un riferimento al metodo di produzione biologico, l'organismo o l'autorità di controllo può esigere che, in via provvisoria, l'operatore non commercializzi il prodotto recante tale riferimento. La decisione deve inoltre prevedere l'obbligo di togliere da tale prodotto ogni riferimento al metodo di produzione biologico se l'organismo o l'autorità di controllo sono certi che il prodotto non soddisfi i requisiti del presente regolamento. Tuttavia, se i sospetti non trovano conferma, la decisione di cui sopra deve essere annullata entro un termine che deve essere stabilito dall'organismo o dall'autorità di controllo. L'operatore deve garantire la sua completa collaborazione con l'organismo o l'autorità di controllo al fine di chiarire i casi dubbi.
10. Accesso agli impianti
Ai fini dell'ispezione l'operatore dà all'organismo o all'autorità di controllo libero accesso ad ogni reparto dell'unità e degli stabilimenti, ai libri contabili e ai relativi documenti giustificativi. Egli comunica all'organismo o all'autorità di controllo tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini dell'ispezione.
Su richiesta dall'organismo o dall'autorità di controllo, l'operatore presenta i risultati delle ispezioni e dei programmi di campionatura che ha eseguito volontariamente.
Inoltre, gli importatori e i primi destinatari sono tenuti a presentare le autorizzazioni di importazione eventualmente ricevute a norma dell'articolo 11, paragrafo 6 e i certificati di controllo per le importazioni dai paesi terzi.
11. Scambio di informazioni
Se l'operatore e i subappaltatori sono controllati da organismi o autorità di controllo diversi, nella dichiarazione di cui al punto 3 l'operatore deve acconsentire, per conto proprio e dei subappaltatori, a che i vari organismi di controllo si scambino informazioni sulle operazioni soggette al loro controllo, definendo le modalità di tale scambio di informazioni.
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(163) Allegato inizialmente modificato dal regolamento (CEE) n. 1535/92, dal regolamento (CEE) n. 2608/93, dal regolamento (CE) n. 1202/95, e dal regolamento (CE) n. 1804/1999 e, da ultimo, così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 2491/2001, con decorrenza indicata all'articolo 2 di quest'ultimo regolamento.
(164) Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(165) Trattino così modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(166) Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(167) Trattino così modificato dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(168) Lettera così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
Disposizioni specifiche
A. Produzione di vegetali, prodotti vegetali, animali e/o prodotti animali
La presente parte si applica a tutte le unità coinvolte nella produzione, quale definita all'articolo 4, punto 2, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera a) per conto proprio o per conto di un altro operatore.
La produzione deve avvenire in un'unità in cui la zona di produzione, gli appezzamenti, i pascoli, gli spiazzi liberi, i parchetti all'aperto, i locali di stabulazione e, ove del caso, i locali adibiti al magazzinaggio dei vegetali, dei prodotti vegetali, dei prodotti animali, delle materie prime e dei fattori di produzione, siano nettamente separati da quelli di qualsiasi altra unità la cui produzione non risponda alle norme previste dal presente regolamento.
La trasformazione, l'imballaggio e/o la commercializzazione possono avere luogo presso l'unità di produzione, se sono limitate ai prodotti agricoli ivi ottenuti.
I quantitativi venduti direttamente al consumatore finale sono contabilizzati quotidianamente.
È vietato il magazzinaggio, nell'unità di produzione, di materie prime diverse da quelle autorizzate a norma dell'articolo 6, paragrafo 1, lettere b) e c) e paragrafo 3, lettera a).
Al ricevimento di prodotti contemplati all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, se richiesta, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7 delle disposizioni generali del presente allegato. Il risultato di tale verifica deve essere esplicitamente indicato nei documenti contabili di cui al punto 6 delle disposizioni generali.
A.1. Vegetali e prodotti vegetali ottenuti dalla produzione agricola o dalla raccolta
1. Controllo iniziale
La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve:
- essere redatta anche se il produttore limita la propria attività alla raccolta di piante selvatiche,
- indicare i luoghi di magazzinaggio e di produzione, gli appezzamenti e/o le zone di raccolta e, se del caso gli stabilimenti in cui hanno luogo alcune operazioni di trasformazione e/o imballaggio e
- la data dell'ultima applicazione, sugli appezzamenti e/o sulle zone di raccolta, dei prodotti il cui impiego non è conforme alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera b).
In caso di raccolta di piante selvatiche, le misure pratiche indicate al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato devono comprendere le garanzie fornite da terzi che il produttore è in grado di presentare per dimostrare il rispetto delle disposizioni di cui all'allegato I, parte A, punto 4.
2. Comunicazioni
Ogni anno, anteriormente alla data indicata dall'organismo o dall'autorità di controllo, il produttore deve notificare a tale organismo o autorità il proprio programma di produzione di prodotti vegetali, con una descrizione analitica a livello dei singoli appezzamenti.
3. Operatori che gestiscono più unità di produzione
Qualora un operatore gestisca varie unità di produzione nella stessa zona, sono soggette allo stesso regime generale di controllo stabilito nelle disposizioni generali del presente allegato e nelle disposizioni specifiche di controllo di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 6 delle disposizioni generali anche le unità che producono prodotti vegetali non contemplati dall'articolo 1, insieme ai relativi locali di magazzinaggio dei mezzi di produzione (come fertilizzanti, fitofarmaci, sementi).
In queste unità non possono essere prodotti vegetali appartenenti alla stessa varietà dei vegetali prodotti nell'unità di cui alla sezione A, secondo comma, o ad una varietà non facilmente distinguibile da quest'ultima.
Nei casi sotto descritti, i produttori possono tuttavia derogare alla disposizione di cui all'ultima frase del comma precedente:
a) in caso di colture perenni (alberi da frutto, vite e luppolo), sempreché siano soddisfatte le condizioni seguenti:
1) la produzione interessata fa parte di un piano di conversione per il quale il produttore si impegna formalmente e che prevede che la conversione dell'ultima parte della zona interessata alla produzione biologica cominci prima possibile e comunque entro cinque anni;
2) sono state adottate misure adeguate per garantire che i prodotti di ciascuna unità interessata restino separati in modo permanente dai prodotti di altre unità;
3) l'organismo o l'autorità di controllo è informato con almeno 48 ore di anticipo di ogni operazione di raccolta dei prodotti interessati;
4) a raccolta ultimata, il produttore comunica immediatamente all'organismo o all'autorità di controllo dati precisi sui quantitativi raccolti nell'unità interessata, nonché tutte le caratteristiche che consentono di identificare la produzione (qualità, colore, peso medio, ecc.), confermando inoltre che le misure decise per tener separati i prodotti delle diverse unità sono state effettivamente applicate; 5) il piano di conversione e le misure di cui ai punti 1 e 3 delle disposizioni generali sono stati approvati dall'organismo o autorità di controllo; tale approvazione dev'essere confermata ogni anno dopo l'avvio del piano di conversione;
b) nel caso di superfici destinate alla ricerca agronomica con l'accordo delle autorità competenti degli Stati membri, sempreché siano rispettate le condizioni precisate ai punti 2, 3 e 4 della lettera a), nonché la parte pertinente del punto 5;
c) in caso di produzione di sementi, piante da trapianto e materiali di moltiplicazione vegetativa, sempreché siano rispettate le condizioni precisate ai punti 2, 3 e 4 della lettera a), nonché la parte pertinente del punto 5;
d) in caso di terreni utilizzati esclusivamente per il pascolo.
A.2. Animali e prodotti animali ottenuti dall'allevamento
1. Controllo iniziale
La prima volta che si applica il regime di controllo riguardante le produzioni animali, la descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato comprende:
- compilare una descrizione completa dei locali di stabulazione, dei pascoli, degli spiazzi liberi, dei parchetti all'aperto, ecc., nonché, se del caso, dei locali adibiti al magazzinaggio, al condizionamento e alla trasformazione degli animali, dei prodotti animali, delle materie prime e dei fattori produttivi
- una descrizione completa degli impianti per lo stoccaggio delle deiezioni animali.
Le misure pratiche di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato comprendono:
- elaborare un piano di spargimento delle deiezioni animali di concerto con l'organismo o con l'autorità di controllo, unitamente a una descrizione completa delle superfici destinate alle colture,
- se del caso, per quanto riguarda lo spargimento delle deiezioni animali, le disposizioni contrattuali scritte concordate con altre aziende, alle condizioni previste dal presente regolamento,
- un piano di gestione per le unità zootecniche biologiche (ad esempio gestione in materia di alimentazione e di riproduzione, misure sanitarie, ecc.).
2. Identificazione degli animali
Gli animali devono essere identificati in forma permanente, per mezzo di tecniche adatte a ciascuna specie, individualmente per i grandi mammiferi, individualmente o a partite per il pollame e i piccoli mammiferi.
3. Dati relativi agli animali
I dati relativi agli animali devono essere annotati in un registro e tenuti permanentemente a disposizione dell'organismo o dell'autorità di controllo presso la sede sociale dell'azienda.
Detti registri, che forniscono una descrizione completa delle modalità di conduzione dell'allevamento, devono contenere i seguenti dati:
- per ciascuna specie gli animali in entrata: origine, data di entrata, periodo di conversione, marchio d'identificazione, precedenti veterinari,
- gli animali in uscita: età, numero di capi, peso in caso di macellazione, marchio d'identificazione e destinazione,
- le eventuali perdite di animali e la relativa giustificazione,
- alimentazione: tipo di alimenti, inclusi gli integratori alimentari, proporzione dei vari ingredienti della razione, periodo di accesso ai parchetti, periodi di transumanza in caso di limitazioni,
- profilassi, trattamenti e cure veterinarie: data del trattamento, diagnosi, natura dei prodotti somministrati, modalità di trattamento, prescrizioni del veterinario con relativa giustificazione e periodi di attesa imposti per la commercializzazione dei prodotti animali.
4. Operatori che gestiscono più unità di produzione
Quando un allevatore, conformemente alla parte B, punto 1.6 e alla parte C, punto 1.3 dell'allegato I, gestisce più unità di produzione, le unità di produzione di animali o prodotti animali non contemplati all'articolo 1 sono parimenti soggette al regime di controllo per quanto riguarda il punto 1, della presente sezione relativa agli animali e ai prodotti animali, nonché alle disposizioni relative al programma di allevamento, ai registri e alle norme per il magazzinaggio dei prodotti utilizzati per l'allevamento.
L'organismo o l'autorità di controllo, d'accordo con l'autorità competente dello Stato membro, può concedere una deroga per quanto riguarda la disposizione relativa alle diverse specie interessate di cui all'allegato I, parte B, punto 1.6, alle aziende che effettuano ricerche nel settore agricolo, purché siano rispettate le seguenti condizioni:
- sono state adottate misure adeguate, d'accordo con l'organismo o l'autorità di controllo, per garantire la separazione permanente tra gli animali, i prodotti animali, le deiezioni e i mangimi di ciascuna unità,
- il produttore comunica anticipatamente all'organo o all'autorità di controllo ogni consegna o vendita di animali o prodotti animali,
- l'operatore comunica anticipatamente all'organismo o all'autorità di controllo i quantitativi esatti prodotti nelle unità, nonché tutte le caratteristiche che consentono di identificare i prodotti e conferma di aver attuato le misure previste per separare i prodotti.
5. Altre disposizioni
In deroga a tali disposizioni, medicinali veterinari allopatici e antibiotici possono essere immagazzinati nelle aziende, purché siano stati prescritti da un veterinario nell'ambito di trattamenti previsti all'allegato I, siano stati immagazzinati in un luogo sorvegliato e siano iscritti nel registro dell'azienda.
B. Unità di preparazione di prodotti vegetali e animali e di derrate alimentari contenenti prodotti vegetali e animali
La presente sezione si applica a tutte le unità coinvolte nella preparazione, quale definita all'articolo 4, punto 3, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, per conto proprio o per conto di un altro operatore e, in particolare alle seguenti unità:
- unità incaricate dell'imballaggio e/o del reimballaggio dei prodotti in questione,
- unità incaricate dell'etichettatura e/o della rietichettatura dei prodotti in questione.
1. Controllo iniziale
La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve riferirsi alle installazioni utilizzate per il ricevimento, la trasformazione, l'imballaggio, l'etichettatura e il magazzinaggio dei prodotti agricoli prima e dopo le operazioni, nonché alle procedure di trasporto dei prodotti.
2. Documenti contabili
I documenti contabili di cui al punto 6 delle disposizioni generali comprendono la verifica indicata al punto 5 della presente sezione.
3. Unità di preparazione che trattano anche prodotti non ottenuti con metodo di produzione biologico
Quando nell'unità sono anche preparati, condizionati o immagazzinati prodotti che non sono previsti all'articolo 1:
- l'unità deve disporre di zone separate, fisicamente o nel tempo, all'interno dei locali di magazzinaggio dei prodotti di cui all'articolo 1, prima e dopo le operazioni,
- le operazioni devono essere eseguite in cicli completi, separate fisicamente o nel tempo da operazioni analoghe effettuate su prodotti che non rientrano nell'articolo 1,
- qualora dette operazioni non vengano eseguite regolarmente o in date fisse, esse devono essere preannunciate entro termini fissati d'accordo con l'organismo o l'autorità di controllo,
- devono essere prese tutte le misure necessarie per garantire l'identificazione delle partite e per evitare mescolanze o scambi con prodotti non ottenuti conformemente alle norme previste dal presente regolamento,
- le operazioni eseguite sui prodotti conformemente alle norme previste dal presente regolamento devono essere svolte soltanto dopo una pulizia degli impianti di produzione. L'efficacia delle misure di pulizia deve essere verificata e registrata.
4. Condizionamento e trasporto dei prodotti nelle unità di preparazione
Il latte, le uova e i prodotti a base di uova ottenuti dall'agricoltura biologica sono raccolti separatamente dai prodotti non ottenuti in conformità del presente regolamento. In deroga a tale disposizione, e con l'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo, la raccolta può avvenire simultaneamente se sono adottate misure adeguate per impedire ogni possibile mescolanza o scambio con prodotti non ottenuti in conformità del presente regolamento e per garantire l'identificazione dei prodotti ottenuti in conformità del presente regolamento. L'operatore mantiene a disposizione dell'organismo o dell'autorità di controllo i dati relativi ai giorni e alle ore di raccolta, al circuito, alla data e all'ora del ricevimento dei prodotti.
5. Ricevimento dei prodotti da altre unità
Al ricevimento di prodotti contemplati all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, se richiesta, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7 delle disposizioni generali del presente allegato. L'operatore confronta le informazioni figuranti sull'etichetta di cui al punto 7 delle disposizioni generali con le informazioni figuranti nei documenti di accompagnamento. Il risultato di tali verifiche deve essere esplicitamente indicato nei documenti contabili di cui al punto 6 delle disposizioni generali.
C. Importazione di vegetali, prodotti vegetali, animali, prodotti animali e derrate alimentari composte di prodotti vegetali e/o animali, mangimi, mangimi composti per animali e materie prime per mangimi in provenienza da paesi terzi (169)
La presente sezione si applica a tutti gli operatori coinvolti, come importatori e/o primi destinatari, nella importazione e/o nel ricevimento dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, per conto proprio o per conto di un altro operatore. Ai fini della presente parte, si intende per:
- "importatore": la persona fisica o giuridica, all'interno della Comunità europea, che presenta una partita ai fini della sua immissione in libera pratica nella Comunità, per conto proprio o tramite un rappresentante, - "primo destinatario": la persona fisica o giuridica ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 3, lettera a), a cui è consegnata la partita e che si incarica di effettuare una preparazione supplementare e/o di commercializzarla.
1. Controllo iniziale
Importatori
- La descrizione completa dell'unità, di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato, deve riguardare gli stabilimenti dell'importatore e le sue attività di importazione, indicare i punti di entrata dei prodotti nella Comunità e le eventuali altre strutture che l'importatore intenda utilizzare per immagazzinare i prodotti importati fino alla loro consegna al primo destinatario.
- Inoltre, la dichiarazione di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve comprendere un impegno dell'importatore di fare in modo che le eventuali strutture che utilizzerà per immagazzinare i prodotti siano sottoposte ai controlli effettuati o dall'organismo o autorità di controllo oppure, se situati in un'altra regione o in un altro Stato membro, da un'autorità o organismo di controllo che tale Stato membro o regione ha designato per il controllo stesso.
Primo destinatario
- La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve indicare gli impianti utilizzati per il ricevimento e il magazzinaggio. Laddove vengano effettuate anche altre attività come trasformazione, condizionamento, etichettatura e magazzinaggio dei prodotti agricoli prima e dopo le operazioni relative a tali prodotti e alle procedure di trasporto degli stessi, si applicano le pertinenti disposizioni della parte B.
Se l'importatore e il primo destinatario sono la stessa persona giuridica e operano in una sola unità, le relazioni di cui al punto 3 delle disposizioni generali possono essere unite in una sola relazione.
2. Documenti contabili
Se l'importatore e il primo destinatario non operano nella stessa unità, hanno entrambi l'obbligo di tenere una contabilità finanziaria e di magazzino.
A richiesta dell'autorità o organismo di controllo, devono essere forniti dettagli relativi agli accordi di trasporto intervenuti tra il trasportatore del paese terzo e il primo destinatario e tra gli impianti del primo destinatario o dai suoi magazzini fino al destinatario all'interno della Comunità europea.
3. Informazioni sulle partite importate
Entro la data in cui il certificato è presentato all'autorità competente dello Stato membro conformemente all'articolo 4, punto 1, del regolamento (CE) n. 1788/2001 della Commissione, del 7 settembre 2001, che fissa le modalità d'applicazione delle disposizioni concernenti il certificato di controllo per l'importazione di prodotti provenienti da paesi terzi ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, l'importatore deve informare l'organismo o l'autorità di controllo riguardo a ciascuna partita importata nella Comunità, indicando:
- il nome e l'indirizzo del primo destinatario,
- qualsiasi informazione richiesta dall'organismo o dall'autorità di controllo, come ad esempio una copia del certificato d'ispezione per i prodotti importati ottenuti con metodo di produzione biologico. Su richiesta dell'organismo o dell'autorità di controllo da cui dipende l'importatore, quest'ultimo deve trasmettere le informazioni all'organismo o all'autorità di controllo da cui dipende il primo destinatario.
4. Importatori e primi destinatari che trattano anche prodotti non ottenuti con metodi di produzione biologici
Qualora i prodotti di cui all'articolo 1 vengano immagazzinati in impianti adibiti anche al magazzinaggio di altri prodotti agricoli o alimentari:
- i prodotti di cui all'articolo 1 vanno tenuti separati dagli altri prodotti agricoli e/o alimentari,
- devono essere prese tutte le misure necessarie per garantire l'identificazione delle consegne e per evitare mescolanze o scambi con prodotti non ottenuti conformemente alle norme previste dal presente regolamento.
5. Visite di controllo
L'organismo o l'autorità di controllo deve controllare la contabilità di magazzino e la contabilità finanziaria di cui alla parte C, punto 2, e i certificati indicati all'articolo 11, paragrafo 1, lettera b), e paragrafo 3 e le cui modalità di applicazione sono state definite dal regolamento (CE) n. 1788/2001.
L'importatore che effettui le operazioni di importazione in diverse unità e impianti deve fornire, su richiesta, le relazioni di cui ai punti 3 e 5 delle disposizioni generali del presente allegato per ognuno degli impianti.
6. Ricevimento di prodotti da un paese terzo
I prodotti di cui all'articolo 1 devono essere importati dai paesi terzi in imballaggi o contenitori adeguati, chiusi in modo da impedire la sostituzione del contenuto, muniti di un'identificazione dell'esportatore e di qualsiasi altro contrassegno o numero che consenta di identificare la partita con riferimento ai dati del certificato di controllo per l'importazione da paesi terzi.
Una volta ricevuto il prodotto di cui all'articolo 1, importato da un paese terzo, il primo destinatario verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, nonché la corrispondenza dell'identificazione della partita con il certificato di cui al regolamento (CE) n. 1788/2001. L'esito di tale verifica va esplicitamente indicato nella contabilità di cui al punto 2 della parte C.
D. Unità coinvolte nella produzione, nella preparazione o nell'importazione di prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, e che hanno parzialmente o interamente subappaltato tali operazioni terzi
Controllo iniziale
Per le operazioni date in subappalto a terzi, la descrizione completa di cui al punto 3 delle disposizioni generali deve contenere:
- un elenco dei subappaltatori con una descrizione delle loro attività e l'indicazione degli organismi o delle autorità di controllo da cui dipendono; tali subappaltatori devono avere accettato che le loro aziende siano sottoposte al regime di controllo di cui all'articolo 9, in conformità delle sezioni corrispondenti dell'allegato III,
- tutte le misure pratiche, compreso, ad esempio, un adeguato sistema di contabilità documentale, da adottare al livello dell'unità per garantire che possano essere identificati i fornitori e, se diversi da questi, i venditori, nonché i destinatari e, se diversi da questi, gli acquirenti dei prodotti che l'operatore immette sul mercato.
E. Unità coinvolte nella preparazione di mangimi, mangimi composti per animali e materie prime per mangimi (170)
La presente sezione si applica a tutte le unità coinvolte nella preparazione, quale definita all'articolo 4, punto 3, dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), per conto proprio o per conto di un altro operatore e, in particolare alle seguenti unità:
1. Ispezione iniziale
La descrizione completa dell'unità di cui al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato deve:
- indicare gli impianti utilizzati per il ricevimento, la preparazione e il magazzinaggio dei prodotti destinati all'alimentazione degli animali prima e dopo le operazioni,
- indicare gli impianti utilizzati per il magazzinaggio di altri prodotti utilizzati per la preparazione dei mangimi,
- indicare gli impianti utilizzati per il magazzinaggio dei prodotti per la pulizia e la disinfezione,
- indicare, se del caso, la descrizione dei mangimi composti per animali, conformemente alla disposizione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 79/373/CEE, che l'operatore intende preparare nonché la specie animale o la categoria di animali alla quale il mangime composto è destinato,
- indicare, se del caso, il nome delle materie prime per animali che l'operatore intende preparare.
Le misure menzionate al punto 3 delle disposizioni generali del presente allegato che l'operatore deve adottare per garantire il rispetto del regolamento devono comprendere:
- in particolare le misure cautelative da adottare per ridurre i rischi di contaminazione da sostanze o prodotti non autorizzati nonché le misure di pulizia attuate e il controllo della loro efficacia,
- l'identificazione di aspetti determinanti delle loro attività per garantire in qualsiasi momento la conformità al presente regolamento e al regolamento (CE) n. 223/2003 dei prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera c), preparati nelle unità in questione,
- la definizione, l'attuazione, il rispetto e l'aggiornamento di procedure adeguate, fondandosi sui principi del sistema HACCP (analisi del rischio e punti critici di controllo) .
L'autorità o l'organismo di controllo si fonda su tali procedure per valutare in modo generale i rischi connessi a ciascuna unità di preparazione e definire un piano di controllo. Quest'ultimo deve prevedere un numero minimo di prelievi casuali a fini di analisi in funzione dei rischi presunti.
2. Documenti contabili
Ai fini di un corretto controllo delle operazioni, i documenti contabili menzionati al punto 6 delle disposizioni generali del presente allegato devono comprendere informazioni sull'origine, la natura e la quantità di materie prime per mangimi e di additivi, nonché informazioni sulle vendite dei prodotti finiti.
3. Unità di preparazione
Al momento della preparazione dei prodotti, l'operatore provvede affinché:
a) i mangimi ottenuti secondo il metodo di produzione biologico o da essi derivati, i mangimi in conversione all'agricoltura biologica o da essi derivati e i mangimi convenzionali siano fisicamente separati in modo efficace;
b) gli impianti utilizzati nelle unità che preparano i mangimi composti disciplinati dal presente regolamento siano completamente separati dagli impianti utilizzati per i mangimi composti non disciplinati dal presente regolamento.
In deroga alle disposizioni di cui al primo comma, lettera b) e fino al 31 dicembre 2007, le operazioni possono essere svolte negli stessi impianti, purché:
- venga operata una separazione temporale e che prima di avviare la produzione dei prodotti disciplinati dal presente regolamento sia stata effettuata una pulizia adeguata, di cui sia stata controllata l'efficacia; l'operatore sia obbligato a documentare tali operazioni,
- l'operatore si adoperi affinché sia messa in atto ogni misura necessaria, in funzione dei rischi valutati secondo le disposizioni di cui al punto 1 e, se del caso, assicuri che i prodotti non conformi non possano trovarsi sul mercato con un'indicazione riferita all'agricoltura biologica.
La deroga di cui al secondo comma è subordinata all'autorizzazione preventiva dell'organismo o dell'autorità di controllo. Tale autorizzazione può riguardare unicamente una o più operazioni di preparazione.
Entro il 31 dicembre 2003 la Commissione avvierà l'esame delle disposizioni previste al primo comma, lettera b). Al termine di tale esame, la data del 31 dicembre 2007 potrà, se del caso, essere riconsiderata.
4. Ispezioni
Oltre al sopralluogo completo annuale, l'organismo o l'autorità di controllo deve procedere ad un sopralluogo mirato fondato su una valutazione generale dei rischi potenziali di non conformità con il presente regolamento; l'organismo o l'autorità di controllo rivolge particolare attenzione ai punti critici di controllo evidenziati dall'operatore al fine di stabilire se le operazioni di sorveglianza e di verifica si svolgono come prescritto; tutti i locali utilizzati dall'operatore nell'ambito della sua attività possono essere ispezionati con cadenza correlata ai rischi connessi.
5. Trasporto dei prodotti in altre unità di produzione/preparazione o altri locali di magazzinaggio
L'operatore deve assicurare il rispetto delle seguenti condizioni:
a) durante il trasporto i mangimi ottenuti secondo il metodo di produzione biologico o da essi derivati, i mangimi in conversione all'agricoltura biologica o da essi derivati e i mangimi convenzionali siano fisicamente separati in modo efficace;
b) i veicoli e/o i contenitori che hanno trasportato prodotti non disciplinati dal presente regolamento possono essere utilizzati per il trasporto di prodotti disciplinati dal presente regolamento a condizione che:
- sia stata effettuata una pulizia adeguata, di cui sia stata controllata l'efficacia, prima di effettuare il trasporto dei prodotti disciplinati dal presente regolamento; l'operatore sia obbligato a documentare tali operazioni,
- l'operatore si adoperi affinché sia messa in atto ogni misura necessaria, in funzione dei rischi valutati secondo le disposizioni di cui al punto 1 e, se del caso, assicuri che i prodotti non conformi non possano trovarsi sul mercato con un'indicazione riferita all'agricoltura biologica,
- l'organismo o l'autorità di controllo dell'operatore siano stati informati di tali operazioni di trasporto e abbiano dato il loro consenso. Tale consenso può riguardare unicamente una o più operazioni di trasporto;
c) i prodotti finiti disciplinati dal presente regolamento siano trasportati separatamente, fisicamente o temporalmente, dagli altri prodotti finiti;
d) al momento del trasporto, la quantità di prodotti all'inizio del trasporto e i quantitativi consegnati ad ogni tappa del giro di consegne devono essere registrati.
6. Ricevimento dei prodotti
Al ricevimento di un prodotto di cui all'articolo 1, l'operatore verifica la chiusura dell'imballaggio o del contenitore, nei casi richiesti, nonché la presenza delle indicazioni di cui al punto 7 delle disposizioni generali del presente allegato. L'operatore deve effettuare un controllo incrociato delle informazioni figuranti sull'etichettatura di cui al punto 7 delle disposizioni generali rispetto alle informazioni figuranti sui documenti di accompagnamento. Il risultato di tale verifica dev'essere indicato esplicitamente nella contabilità di cui al punto 6 delle disposizioni generali.
------------------------
(169) Il titolo della presente parte C è stato così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
(170) Parte E aggiunta dall'allegato del regolamento (CE) n. 223/2003.
Allegato IV
Elementi che devono figurare nella notifica di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera a)
a) Nome e indirizzo dell'operatore;
b) ubicazione delle località in cui sono effettuate le operazioni e, se del caso, indicazione degli appezzamenti (dati catastali);
c) natura delle operazioni e dei prodotti;
d) impegno dell'operatore ad eseguire le operazioni conformemente agli articoli 5, 6, 7 e/o 11;
e) quando si tratta di un'azienda agricola, indicazione della data in cui il produttore ha cessato di utilizzare, negli appezzamenti in causa, i prodotti il cui impiego non è conforme all'articolo 6, paragrafo 1, lettera b), e all'articolo 7;
f) nome dell'organismo riconosciuto cui l'operatore ha affidato il controllo della propria azienda, qualora nello Stato membro in questione il sistema di controllo sia stato introdotto mediante riconoscimento di siffatti organismi.
Allegato V (171)
Parte A: Indicazione di conformità al regime di controllo
L'indicazione di conformità al regime di controllo deve essere redatta nella(e) stessa(e) lingua(e) utilizzata(e) per l'etichettatura.
ES: Agricultura Ecológica - Sistema de control CE
DA: Økologisk Jordbrug - EF-kontrolordning
DE: Ökologischer Landbau - EG-Kontrollsystem o Biologische Landwirtschaft - EG-Kontrollsystem
EL (172):
EN: Organic Farming - EC Control System
FR: Agriculture biologique -Système de contrôle CE
IT: Agricoltura biologica - Regime di controllo CE
NL: Biologische landbouw - EG-controlesysteem
PT: Agricultura Biológica - Sistema de Controlo CE
FI: Luonnonmukainen maataloustuotanto - EY: n valvontajärjestelmä
SV: Ekologiskt jordbruk - EG-kontrollsystem
------------------------
(171) Allegato inizialmente modificato dall'allegato I al trattato di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d'Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia all'Unione europea, nella versione adattata dalla decisione 95/1/CE in seguito alla mancata adesione del Regno di Norvegia, successivamente così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 331/2000 e da ultimo modificato dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004.
(172) Si omette il testo in lingua greca.
Parte B: Logo comunitario
B.1. Condizioni per la presentazione e l'utilizzazione del logo comunitario
B.1.1. Il succitato logo comunitario comprende i modelli elencati nella parte B.2 del presente allegato.
B.1.2. Le indicazioni che devono essere incluse nel logo sono elencate nella parte B.3 del presente allegato. Nel logo può figurare anche la dicitura riportata nella parte A del presente allegato.
B.1.3. Per l'utilizzazione del logo comunitario e delle indicazioni di cui alla parte B.3 del presente allegato è necessario rispettare le norme tecniche di riproduzione riportate nel manuale grafico di cui alla parte B.4 del presente allegato.
B.2 Modelli (173)
B.3. Indicazioni da inserire nel logo comunitario
B.3.1 Indicazione unica (174):
ES: AGRICULTURA ECOLÓGICA
CS: EKOLOGICKÉ ZEMEDELSTVÍ
DA: ØKOLOGISK JORDBRUG
DE: BIOLOGISCHE LANDWIRTSCHAFT OR ÖKOLOGISCHER LANDBAU
ET: MAHEPÕLLUMAJANDUS VÕI ÖKOLOOGILINE PÕLLUMAJANDUS
EL: (175)
EN: ORGANIC FARMING
FR: AGRICULTURE BIOLOGIQUE
HU: ÖKOLÓGIAI GAZDÁLKODÁS
IT: AGRICOLTURA BIOLOGICA
LT: EKOLOGINIS ZEMES UKIS
LV: BIOLOGISKA LAUKSAIMNIECIBA
MT: AGRIKULTURA ORGANIKA
NL: BIOLOGISCHE LANDBOUW
PL: ROLNICTWO EKOLOGICZNE
PT: AGRICULTURA BIOLÓGICA
SK: EKOLOGICKÉ POL'NOHOSPODÁRSTVO
SL: EKOLOŠKO KMETIJSTVO
FI: LUONNONMUKAINEN MAATALOUSTUOTANTO
SV: EKOLOGISKT JORDBRUK
B.3.2. Combinazione di due indicazioni
Sono ammesse combinazioni di due indicazioni nelle versioni linguistiche di cui al punto B.3.1, purché sia rispettata la seguente presentazione:
NL/FR: BIOLOGISCHE LANDBOUW - AGRICULTURE BIOLOGIQUE
FI/SV: LUONNONMUKAINEN MAATALOUSTUOTANTO - EKOLOGISKT JORDBRUK
FR/DE: AGRICULTURE BIOLOGIQUE - BIOLOGISCHE LANDWIRTSCHAFT
B.4. Manuale grafico
1. INTRODUZIONE
Il manuale grafico è uno strumento a disposizione degli operatori per la riproduzione del logo.
2. UTILIZZAZIONE GENERALE DEL LOGO
2.1. LOGO A COLORI (colori di riferimento)
Se a colori, il logo deve essere presentato in colore diretto (Pantone) o in quadricromia. I colori di riferimento sono indicati qui di seguito.
2.2. LOGO A UN COLORE: LOGO IN BIANCO E NERO
Il logo in bianco e nero può essere utilizzato nel modo seguente:
2.3. CONTRASTO CON COLORI DELLO SFONDO
Se il logo viene utilizzato a colori su sfondi colorati che ne rendono difficile la lettura, si dovrà tracciare un circolo che delimiti il contorno del logo per migliorarne il contrasto rispetto ai colori dello sfondo, come di seguito indicato.
2.4. TIPOGRAFIA
Il carattere utilizzato per la scritta è il Fruitiger bold condensed (maiuscolo). La dimensione delle lettere della scritta sarà ridotta secondo le norme di cui al punto 2.6.
2.5. VERSIONE LINGUISTICA
Si potranno utilizzare la versione o le versioni linguistiche del logo in conformità con le specifiche di cui al punto B.3.
2.6. FORMATI RIDOTTI
Se l'applicazione del logo su diversi tipi di etichette rende necessario ridurne le dimensioni, è prescritto il seguente formato minimo:
a) per un logo con un'indicazione unica: diametro minimo di 20 mm
b) per un logo con una combinazione di due indicazioni: diametro minimo di 40 mm
2.7. CONDIZIONI PARTICOLARI PER L'UTILIZZO DEL LOGO
L'utilizzazione del logo conferisce ai prodotti un valore specifico. L'applicazione più efficace del logo è quindi a colori, poiché in questo modo viene messo maggiormente in risalto ed è riconosciuto più facilmente e rapidamente dal consumatore.
L'uso del logo a un colore (bianco e nero) conformemente al punto 2.2 è raccomandato soltanto nel caso in cui l'applicazione a colori non sia possibile.
3. STAMPA FOTOGRAFICA
3.1. SELEZIONE DI DUE COLORI
- Una indicazione in tutte le versioni linguistiche (176)
ESPAÑOL
DANSK
DEUTSCH
EHNIKA
ENGLISH
FRANÇAIS
ITALIANO
NEDERLANDS
PORTUGUÊS
SUOMI
SVENSKA
- Esempi di combinazioni delle versioni linguistiche di cui al punto B.3.2 (177).
NEDERLANDS/FRANÇAIS
SUOMI/SVENSKA
FRANÇAIS/DEUTSCH
3.2. LINEE DI CONTORNO
3.3. LOGO A UN COLORE: LOGO IN BIANCO E NERO
3.4. CAMPIONI DI COLORI
------------------------
(173) Si riporta soltanto il logo con l'indicazione in lingua italiana. La parte B.2 è stata così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004.
(174) La parte B.3.1 è stata così sostituita dall'articolo 1 del regolamento (CE) n. 746/2004.
(175) Si omette il testo in lingua greca.
(176) Si riportano, qui di seguito, l'elenco di tutte le versioni linguistiche e l'esempio grafico della sola versione italiana.
(177) Si omettono le versioni linguistiche non italiane.
Allegato VI (178)
Introduzione
Ai fini del presente allegato, si applicano le definizioni che seguono:
1. Ingredienti: le sostanze definite all'articolo 4 del regolamento, con le restrizioni di cui all'articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 79/112/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1992 relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità.
2. Ingredienti di origine agricola:
a) singoli prodotti agricoli e loro derivati ottenuti con adeguati procedimenti di lavaggio, di pulitura, meccanici e/o termici o con altri procedimenti fisici intesi a ridurre l'umidità del prodotto;
b) prodotti derivati da quelli citati alla lettera a) con altri procedimenti utilizzati nella fabbricazione di alimenti, a meno che gli stessi prodotti non vengano considerati come additivi o aromi definiti ai punti 5 e 7 che seguono.
3. Ingredienti di origine non agricola: ingredienti diversi da quelli di origine agricola ed appartenenti ad almeno una delle seguenti categorie:
3.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti per additivi quali definiti ai punti 5 e 6 in appresso;
3.2. Aromi, quali definiti al punto 7 in appresso;
3.3. Acqua e sale;
3.4. Preparazioni microorganiche;
3.5. Oligoelementi e vitamine.
4. Ausiliari di fabbricazione: sostanze definite all'articolo 1, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 89/107/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti gli additivi autorizzati nei prodotti alimentari destinati al consumo umano.
5. Additivi alimentari: sostanze definite all'articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 89/107/CEE e disciplinati da detta direttiva oppure da una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 89/107/CEE.
6. Eccipienti, ivi compresi i relativi solventi: additivi alimentari usati per sciogliere, diluire, disperdere, o altrimenti modificare fisicamente un additivo alimentare senza alterarne la funzione tecnologica, allo scopo di facilitarne la manipolazione, l'applicazione o l'impiego.
7. Aromi: sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 88/388/CEE del Consiglio, del 22 gennaio 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nel settore degli aromi destinati ad essere impiegati nei prodotti alimentari e nei materiali di base per la loro preparazione e disciplinati dalla medesima.
Princìpi generali
Le parti A, B e C comprendono tutti gli ingredienti e gli ausiliari di fabbricazione che possono essere usati nella preparazione di tutti i prodotti alimentari composti essenzialmente di uno o più ingredienti di origine vegetale di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettera b), del presente regolamento, fatta eccezione per i vini.
In attesa dell'adozione delle norme di cui alle sezioni A e B del presente allegato e per contemplare specificamente la preparazione di derrate alimentari composte di uno o più prodotti animali, si applicano le norme nazionali (179).
Il riferimento ad un ingrediente delle sezioni A e C o agli ausiliari di fabbricazione della sezione B lascia impregiudicato l'obbligo di rispettare, in tutti i procedimenti di fabbricazione, come ad esempio nell'affumicatura, e nell'utilizzazione di un ingrediente o di un ausiliario di fabbricazione la normativa comunitaria in materia e/o la normativa compatibile con il trattato e, in assenza di detta normativa, i principi di buona pratica in materia di fabbricazione di derrate alimentari (180). In particolare, gli additivi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 89/107/CEE e, se del caso, a quelle di una direttiva globale di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della succitata direttiva; gli aromi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/388/CEE e i solventi devono essere utilizzati conformemente alle disposizioni della direttiva 88/344/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1988, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri riguardanti i solventi da estrazione impiegati nella preparazione dei prodotti alimentari e dei loro ingredienti.
Sezione A - Ingredienti di origine non agricola [di cui all'articolo 5, paragrafo 3c e all'articolo 5, paragrafo 5 lettere a) e d), del regolamento (CEE) n. 2092/91] (181)
A.1. Additivi alimentari, ivi compresi gli eccipienti
Denominazione |
Condizioni specifiche [1] |
E 170 Carbonati di calcio |
Escluso l'utilizzo come colorante (182) |
E 270 Acido lattico |
- |
E 290 Anidride carbonica |
- |
E 296 Acido malico |
- |
E 300 Acido ascorbico |
- |
E 306 Estratto ricco di tocoferolo |
antiossidante per grassi ed oli |
E 322 Lecitine |
- |
E 330 Acido citrico |
- |
E 333 Citrati di calcio |
- |
E 334 Acido tartarico (L (+) -) |
- |
E 335 Tartrato di sodio |
- |
E 336 Tartrato di potassio |
- |
E 341 Monofosfato di calcio |
agente lievitante per farina fermentante |
E 400 Acido alginico |
- |
E 401 Alginato di sodio |
- |
E 402 Alginato di potassio |
- |
E 406 Agar |
- |
E 407 Carraginani |
- |
E 410 Farina di semi di carrube |
- |
E 412 Farina di semi di guar |
- |
E 413 Gomma adragante |
- |
E 414 Gomma arabica |
- |
E 415 Gomma xanthan |
- |
E 416 Gomma karaga |
- |
E 422 Glicerolo |
Estratti vegetali (183) |
E 440 (i) Pectina |
- |
E 500 Carboni di sodio |
- |
E 501 Carboni di potassio |
- |
E 503 Carboni di ammonio |
- |
E 504 Carboni di magnesio |
- |
E 516 Solfato di calcio |
Eccipiente (184) |
E 524 Idrossido di sodio |
trattamento superficiale di Laugengebäck |
E 551 Biossido di silicio |
Antiagglomerante per erbe e spezie (185) |
E 938 Argo |
- |
E 941 Azoto |
- |
E 948 Ossigeno |
- |
A.2. Aromi ai sensi della direttiva 88/388/CEE
Sostanze e prodotti definiti all'articolo 1, paragrafo 2, lettera b), punto I), e all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 88/388/CEE ed etichettati come sostanze aromatizzanti naturali o preparazioni aromatiche naturali conformemente all'articolo 9, paragrafo 1, lettera d), e paragrafo 2 della stessa direttiva.
A.3. Acqua e sali
Acqua potabile
Sale (con cloruro di sodio o di potassio come componente di base) usualmente utilizzato nella fabbricazione degli alimenti.
A.4. Preparazioni microorganiche
I) Le preparazioni a base di microorganismi normalmente impiegate nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione dei microorganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE;
[II) microorganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE: se inclusi qui di seguito conformemente alla procedura di cui all'articolo 14.] (186).
A.5 Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati
Sostanze minerali (anche oligoelementi), vitamine, aminoacidi e altri composti azotati sono autorizzati soltanto se il loro impiego è previsto per legge negli alimenti in cui vengono incorporati.
Sezione B - Ausiliari di fabbricazione ed altri prodotti che possono essere utilizzati nella trasformazione di ingredienti di origine agricola ottenuti con metodi biologici di cui all'articolo 5, paragrafo 3, lettera d) e all'articolo 5, paragrafo 5, lettere a) ed e), del regolamento (CEE) n. 2092/91 (187)
Denominazione |
Condizioni specifiche |
Acqua |
|
Cloruro di calcio |
coagulante |
Carbonato di calcio |
|
Carbonato di sodio |
produzione dello zucchero |
Acido citrico |
Produzione di olio e idrolisi di amido |
Idrossido di sodio |
- produzione di zucchero, |
|
- produzione di olio da semi di colza (Brassica spp) per un periodo che termina il 31 marzo 2002 (188) |
Acido solforico |
produzione dello zucchero |
Isopropanolo (propan-2-ol) |
Nel processo di cristallizzazione nella fabbricazione dello zucchero |
|
Nel rispetto delle disposizioni della direttiva 88/344/CEE, modificata da ultimo dalla direttiva 97/60/CEE |
|
Per un periodo [. . . ] fino al 31. 12. 2006 (189) |
Idrossido di calcio |
|
Solfato di calcio |
coagulante |
Cloruro di magnesio (o nigari) |
coagulante |
Carbonato di potassio |
essiccazione dell'uva |
Biossido di carbonio |
|
Azoto |
|
Etanol |
solvente |
Acido tannico |
ausiliare di filtrazione |
Albumina d'uovo |
|
Caseina |
|
Gelatina |
|
Colla di pesce |
|
Oli vegetali |
lubrificante, distaccante o antischiumogeno |
Biossido di silicio in gel o in soluzione colloidale |
|
Carbone attivato |
|
Talco |
|
Bentonite |
|
Caolino |
|
Terra di diatome perlite |
|
Gusci di nocciole |
|
Farina di riso |
|
Cera d'api |
distaccante |
Cera di carnauba |
distaccante |
Preparazioni a base di microrganismi ed enzimi:
Tutte le preparazioni a base di microrganismi ed enzimi normalmente impiegate quali ausiliari nei processi di fabbricazione degli alimenti, fatta eccezione dei microrganismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE e degli enzimi derivati da organismi geneticamente modificati ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 90/220/CEE (190).
Parte C: ingredienti di origine agricola non prodotti biologicamente, di cui all'articolo 5, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 2092/91 (191)
C.1. |
Prodotti vegetali non trattati e prodotti da questi ottenuti mediante processi indicati al punto 2, lettera a), dell'introduzione del presente allegato: |
|
|
|
C.1.1. |
Frutti e semi commestibili |
|
|
Ghiande |
Quercus spp |
|
Noci di cola |
Cola acuminata |
|
Uva spina |
Ribes uva-crispa |
|
Frutti della passione |
Passiflora edulis |
|
Lamponi (essiccati) |
Rubus idaeus |
|
Ribes rosso (essiccato) |
Ribes rubrum |
|
|
|
C.1.2. |
Spezie ed erbe commestibili |
|
|
Noce moscata |
Myristica fragrans, fino al 31 dicembre 2000 |
|
Pepe verde |
Piper nigrum, fino al 30 aprile 2001 |
|
Pepe (del Perù) |
Schinus molle L. |
|
Semi di rafano |
Armoracia rusticana |
|
Alpinia o galanga minore |
Alpinia officinarum |
|
Fiori di cartamo |
Carthamus tinctorius |
|
Crescione acquatico |
Nasturtium officinale |
|
|
|
C.1.3. |
Prodotti vari |
|
|
Alghe, comprese quelle marine, autorizzate nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali |
|
|
|
C.2. |
Prodotti vegetali trattati mediante processi indicati al punto 2, lettera b), dell'introduzione del presente allegato: |
|
|
|
C.2.1. |
Grassi ed oli, anche raffinati, ma non modificati chimicamente, ottenuti da piante diverse da: |
|
Cacao |
Theobroma cacao |
|
Cocco |
Cocos nucifera |
|
Olivo |
Olea europaea |
|
Girasole |
Helianthus annuus |
|
Palma |
Elaeis guineensis |
|
Colza |
Brassica napus, rapa |
|
Cartamo |
Carthamus tinctorius |
|
Sesamo |
Sesamum indicum |
|
Soia |
Glycine max |
|
|
|
C.2.2. |
I seguenti zuccheri, fecola e amido e altri prodotti ottenuti da cereali e tuberi: |
|
Zucchero di barbabietola, fino al 1° aprile 2003 |
|
|
Fruttosio |
|
|
Cialde di riso |
|
|
Sfoglie di pane azzimo |
|
|
Amido di riso e granturco ceroso, chimicamente non modificato |
|
|
|
|
C.2.3. |
Prodotti vari: |
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Coriandolo, affumicato |
Coriandrum sativum, fino al 31 dicembre 2000 |
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Proteina di piselli |
Pisum spp |
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Rum: ottenuto esclusivamente da succo di canna da zucchero |
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Kirsch preparato a base di frutti e sostanze aromatiche come indicato alla sezione A.2 del presente allegato |
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Miscugli di vegetali autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali e che conferiscono colore e sapore ai dolciumi, unicamente per la preparazione di "Gummi Bärchen", fino al 30 settembre 2000 |
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Miscugli delle seguenti specie di pepe: Piper nigrum, Schinus molle e Schinus terebinthifolium, fino al 31 dicembre 2000 |
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C.3. |
Prodotti di origine animale: |
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Organismi acquatici, diversi dai prodotti dell'acquacoltura, autorizzati nella preparazione di prodotti alimentari tradizionali |
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Latticello in polvere |
fino al 31 agosto 2001 |
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Gelatina |
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Miele |
fino al 28 febbraio 2001 |
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Lattosio |
fino al 31 agosto 2001 |
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Siero di latte disidratato "herasuola". |
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Involucri animali |
soltanto fino al 1° aprile 2004 (192) |
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(178) L'allegato VI, il cui contenuto, qui riportato, è definito dal regolamento (CEE) n. 207/93, è stato modificato dal regolamento (CE) n. 468/94, dal regolamento (CE) n. 1201/95, dal regolamento (CE) n. 418/96, dal regolamento (CE) n. 1488/97, dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, dal regolamento (CE) n. 1804/1999, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1073/2000, dall'allegato al regolamento (CE) n. 1437/2000, dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000 e, da ultimo, dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 di quest'ultimo regolamento.
(179) Paragrafo inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
(180) Frase così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(181) Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(182) Le disposizioni concernenti i carbonati di calcio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000. Vedi, per la decorrenza della modifica, l'articolo 2 del regolamento sopra citato.
(183) Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(184) Le disposizioni concernenti il solfato di calcio sono state così sostituite dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(185) Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(186) Punto soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(187) Titolo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(188) Il termine massimo del 31 marzo 2002 consentito per l'impiego dell'idrossido di sodio è stato soppresso dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
(189) Prodotto inserito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(190) Testo così sostituito dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000.
(191) La parte C del presente allegato è stata inizialmente sostituita dall'allegato al regolamento (CE) n. 330/1999, successivamente modificata dall'allegato del regolamento (CE) n. 1073/2000, sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 1437/2000 e, da ultimo, così sostituita dall'allegato del regolamento (CE) n. 2020/2000, secondo quanto disposto dal suo articolo 2.
(192) Testo aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 473/2002. Per ulteriori precisazioni si rimanda agli articoli 2 e 3 del regolamento suddetto.
Allegato VII (193)
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Numero massimo di animali per ettaro |
Numero massimo di animali per |
Classe o specie |
ettaro (equivalente a 170 kg |
|
N/ha/anno) |
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Equini di oltre 6 mesi |
2 |
Vitelli da ingrasso |
5 |
Altri bovini di meno di 1 anno |
5 |
Bovini maschi da 1 a meno di 2 anni |
3,3 |
Bovini femmine da 1 a meno di 2 anni |
3,3 |
Bovini maschi di 2 anni e oltre |
2 |
Giovenche da allevamento |
2,5 |
Giovenche da ingrasso |
2,5 |
Vacche da latte |
2 |
Vacche lattifere da riforma |
2 |
Altre vacche |
2,5 |
Coniglie riproduttrici |
100 |
Pecore |
13,3 |
Capre |
13,3 |
Suinetti |
74 |
Scrofe riproduttrici |
6,5 |
Suini da ingrasso |
14 |
Altri suini |
14 |
Polli da tavola |
580 |
Galline ovaiole |
230 |
|
|
------------------------
(193) Allegato aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999.
Allegato VIII (194)
Superfici minime coperte e scoperte ed altre caratteristiche di stabulazione per i differenti tipi e specie di produzione
1. BOVINI, OVINI E SUINI
|
Superfici coperte |
Superfici scoperte |
|
(superficie netta disponibile per gli animali) |
(spiazzi liberi, esclusi i |
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pascoli) |
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Peso vivo minimo (kg) |
m2/per capo |
(m2/per capo) |
|
|
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|
|
|
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Bovini e equini da allevamento |
fino a 100 |
1,5 |
1,1 |
e destinati all'ingrasso |
fino a 200 |
2,5 |
1,9 |
|
fino a 350 |
4,0 |
3 |
|
oltre 350 |
5 con un minimo di 1 m2 /100 kg |
3,7 con un numero di 0,75 m2/100 kg |
|
|
|
|
|
|
|
|
Vacche da latte |
|
6 |
4,5 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Tori da allevamento |
|
10 |
30 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Pecore e capre |
|
1,5 per pecora/capra |
2,5 |
|
|
0,35 per agnello/capretto |
con 0,5 per agnello/capretto |
|
|
|
|
|
|
|
|
Scrofe in allattamento con suinetti fino a 40 giorni |
|
7,5 per scrofa |
2,5 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Suini da ingrasso |
fino a 50 |
0,8 |
0,6 |
|
fino a 85 |
1,1 |
0,8 |
|
fino a 110 |
1,3 |
1 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Suinetti |
oltre 40 giorni e fino a 30 kg |
0,6 |
0,4 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Suini da allevamento |
|
2,5 per femmina |
1,9 |
|
|
6 per maschio |
8,0 |
|
|
|
|
2. POLLAME
|
Superfici coperte |
Superfici scoperte (m2 in |
|
(superficie netta disponibile per gli animali) |
rotazione di superficie |
|
Numero di animali per m2 |
cm di posatoio per animale |
per nido |
disponibile per capo) |
|
|
|
|
|
Galline ovaiole |
6 |
18 |
8 galline ovaiole per nido o in caso di nido comune 120 cm2 per volatile |
4, a condizione che non sia superato il limite di 170 kg, di N/ha/anno |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Pollame da ingrasso (in ricoveri fissi) |
10, con un massimo di 21 kg di peso vivo per m2 |
20 (solo per faraone) |
|
4 polli da ingrasso e faraone |
|
|
|
|
4,5 anatre |
|
|
|
|
10 tacchini |
|
|
|
|
15 oche |
|
|
|
|
In tutte le specie summenzionate non deve essere superato il limite di 170 kg di N/ha/anno |
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|
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|
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Pollame da ingrasso (in ricoveri mobili) |
16 [*] in ricoveri mobili con un massimo di 30 kg di peso vivo per m2 |
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2,5, a condizione che non sia superato il limite di 170 kg N/ha/anno |
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|
[*] Solo nel caso di ricoveri mobili con pavimento di superficie non superiore a 150 m2 che restano aperti di notte. |
|
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(194) Allegato aggiunto dall'allegato del regolamento (CE) n. 1804/1999
Dir.
98/34/CE del 22 giugno 1998
Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede una procedura d'informazione
nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole
relative ai servizi della società dell'informazione
------------------------
(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 21 luglio 1998, n. L 204. Entrata in vigore il 10 agosto 1998.
(2) Direttiva da intendersi recepita con L. 21 giugno 1986, n. 317 e D.Lgs. 23 novembre 2000, n. 427.
(3) Titolo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare gli articoli 100 A, 213 e 43,
vista la proposta della Commissione,
visto il parere del Comitato economico e sociale,
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 189 B del trattato,
(1) considerando che la direttiva 83/189/CEE del Consiglio, del 28 marzo 1983, che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche, è stata modificata a più riprese e in maniera sostanziale; che, a fini di razionalità e chiarezza, occorre procedere alla codificazione della suddetta direttiva;
(2) considerando che il mercato interno comporta uno spazio senza frontiere interne entro cui sia garantita la libera circolazione dei beni, delle persone, dei servizi e dei capitali; che dunque il divieto di restrizioni quantitative nonché di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative per gli scambi di merci costituisce uno dei fondamenti della Comunità;
(3) considerando che, per assicurare il buon funzionamento del mercato interno, è opportuno garantire la massima trasparenza delle iniziative nazionali intese ad introdurre norme e regolamenti tecnici;
(4) considerando che gli ostacoli agli scambi dei prodotti, derivanti dalle regolamentazioni tecniche relative agli stessi, sono ammissibili soltanto se sono necessari per soddisfare esigenze imperative e se perseguono un obbiettivo di interesse generale di cui costituiscono la garanzia basilare;
(5) considerando che è indispensabile che la Commissione disponga, prima dell'adozione delle disposizioni tecniche, delle necessarie informazioni; che gli Stati membri, che in forza dell'articolo 5 del trattato debbono agevolare lo svolgimento dei suoi compiti, devono pertanto notificarle i loro progetti nel settore delle regolamentazioni tecniche;
(6) considerando che tutti gli Stati membri debbono essere altresì informati delle regolamentazioni tecniche progettate da uno di essi;
(7) considerando che il mercato interno ha lo scopo di assicurare un contesto favorevole alla competitività delle imprese; che un migliore sfruttamento da parte delle imprese dei vantaggi inerenti a detto mercato esige, in particolare, una maggiore informazione; che, di conseguenza, occorre prevedere la possibilità per gli operatori economici di far conoscere la loro valutazione sull'incidenza delle regolamentazioni tecniche nazionali progettate dagli altri Stati membri mediante la regolare pubblicazione dei titoli dei progetti notificati e mediante le disposizioni relative alla riservatezza di detti progetti;
(8) considerando che pertanto è opportuno, ai fini della certezza giuridica, che gli Stati membri rendano pubblico che una regola tecnica nazionale è stata adottata nel rispetto delle formalità della presente direttiva;
(9) considerando che, per quanto riguarda le regolamentazioni tecniche relative ai prodotti, le misure destinate ad assicurare il buon funzionamento del mercato o a proseguirne il compimento implicano, in particolare, una maggiore trasparenza dei progetti nazionali nonché un'estensione dei motivi e delle condizioni di valutazione delle possibili conseguenze sul mercato dei regolamenti progettati;
(10) considerando che in questa prospettiva è necessario valutare l'insieme delle prescrizioni imposte per il prodotto e tener conto dell'evoluzione delle prassi nazionali in materia di regolamentazione dei prodotti;
(11) considerando che i requisiti diversi dalle specificazioni tecniche che riguardano il ciclo di vita del prodotto dopo la sua commercializzazione possono pregiudicare la libera circolazione dello stesso o creare degli ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno;
(12) considerando che è necessario chiarire la nozione di regola tecnica de facto; che, in particolare, le disposizioni con le quali l'autorità pubblica si riferisce a dette specificazioni tecniche o ad altri requisiti o promuove la loro osservanza nonché le disposizioni concernenti prodotti alle quali l'autorità pubblica e associata, al fine dell'interesse pubblico, hanno l'effetto di conferire all'osservanza di tali requisiti o specificazioni una forza vincolante maggiore di quella derivante, di norma, dalla loro origine;
(13) considerando che la Commissione e gli Stati membri debbono inoltre poter disporre del termine necessario per proporre modifiche della misura progettata, al fine di eliminare o ridurre gli ostacoli alla libera circolazione delle merci che possono derivarne;
(14) considerando che lo Stato membro interessato deve tener conto di queste proposte di modifica nella stesura del testo definitivo della misura progettata;
(15) considerando che il mercato interno implica, in particolare nel caso in cui sia impossibile attuare il principio del reciproco riconoscimento da parte degli Stati membri, che la Commissione adotti o proponga l'adozione di atti comunitari cogenti; che un termine di differimento specifico è stato introdotto per evitare che l'adozione di misure nazionali comprometta l'adozione di atti comunitari cogenti del Consiglio o della Commissione nello stesso settore;
(16) considerando che lo Stato membro di cui trattasi deve, in virtù degli obblighi generali derivanti dall'articolo 5 del trattato, soprassedere all'attuazione della misura progettata durante un termine sufficientemente lungo per permettere l'esame in comune delle modifiche proposte oppure l'elaborazione della proposta di un atto cogente del Consiglio o l'adozione di un atto cogente della Commissione; che i termini fissati nell'accordo dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in seno al Consiglio, del 28 maggio 1969, relativo allo "status quo" e all'informazione della Commissione, modificato dall'accordo del 5 marzo 1973, si sono rivelati insufficienti nei casi citati e che debbono pertanto essere previsti termini più lunghi;
(17) considerando che la procedura dello "status quo" e di informazione della Commissione contemplata nell'accordo del 28 maggio 1969 summenzionato resta applicabile per i prodotti ad esso soggetti che non rientrano nella presente direttiva;
(18) considerando che, con la finalità di facilitare l'adozione da parte del Consiglio delle misure comunitarie, è opportuno che gli Stati membri si astengano dall'adottare una regola tecnica quando il Consiglio ha deciso una posizione comune su una proposta della Commissione, relativa alla stessa materia;
(19) considerando che, nella realtà, le norme tecniche nazionali possono avere sulla libera circolazione delle merci gli stessi effetti delle regolamentazioni tecniche;
(20) considerando che appare pertanto necessario garantire l'informazione della Commissione sui progetti di norme con modalità analoghe a quelle che hanno caratterizzato le regolamentazioni tecniche; che, in forza dell'articolo 213 del trattato, per svolgere i compiti ad essa affidati la Commissione può raccogliere qualsiasi informazione e procedere ad ogni verifica necessaria, nei limiti e alle condizioni fissati dal Consiglio conformemente alle disposizioni del trattato stesso;
(21) considerando che appare pertanto necessario che gli Stati membri e gli organismi di normalizzazione siano informati delle norme progettate dagli organismi di normalizzazione degli altri Stati membri;
(22) considerando che la necessità di una notifica sistematica esiste in realtà soltanto per le nuove materie della normalizzazione e a condizione che siffatte materie trattate a livello nazionale possano dar luogo a differenze, tra le norme nazionali, tali da perturbare il funzionamento del mercato; che ogni notifica o comunicazione ulteriore in merito all'evoluzione dei lavori nazionali deve dipendere dall'interesse per questi lavori espresso da coloro ai quali è stata in precedenza notificata una nuova materia;
(23) considerando che la Commissione deve peraltro avere la possibilità di chiedere la comunicazione dei programmi nazionali di normalizzazione, in tutto o in parte, al fine di poter esaminare le evoluzioni della normalizzazione in determinati settori economici;
(24) considerando che il sistema di normalizzazione europeo dev'essere organizzato dalle e per le parti interessate, e basato sulla coerenza, la trasparenza, l'apertura, il consenso, l'indipendenza nei confronti degli interessi particolari, l'efficacia e la presa di decisione sulla base delle rappresentanze nazionali;
(25) considerando che il funzionamento della normalizzazione nella Comunità deve basarsi sui diritti fondamentali spettanti agli organismi nazionali di normalizzazione, quali la possibilità di ottenere progetti di norme, di conoscere il seguito dato alle osservazioni presentate, di essere associati ai lavori nazionali di normalizzazione o ancora di chiedere la redazione di norme europee in luogo delle norme nazionali; che incombe agli Stati membri prendere le misure utili in loro potere affinché i loro organismi di normalizzazione rispettino questi diritti;
(26) considerando che le disposizioni concernenti lo status quo dei programmi nazionali di normalizzazione durante l'elaborazione di una norma europea devono essere coerenti con le disposizioni in merito adottate dagli organismi di normalizzazione nel quadro degli organismi europei di normalizzazione;
(27) considerando che è opportuno istituire un comitato permanente, i cui membri siano designati dagli Stati membri, incaricato di aiutare la Commissione nell'esame dei progetti di norme nazionali e di cooperare ai suoi sforzi per ovviare agli eventuali inconvenienti di dette norme sulla libera circolazione dei prodotti;
(28) considerando che è d'uopo consultare il comitato permanente in merito ai progetti di invito all'elaborazione di una norma, di cui alla presente direttiva;
(29) considerando che la presente direttiva deve lasciare impregiudicati gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per la trasposizione delle direttive indicati all'allegato III, parte B,
hanno adottato la presente direttiva:
Articolo 1
Ai sensi della presente direttiva si intende per:
1) "prodotto": i prodotti di fabbricazione industriale e i prodotti agricoli, compresi i prodotti della pesca;
2) "servizio": qualsiasi servizio della società dell'informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.
Ai fini della presente definizione si intende:
- "a distanza": un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;
- "per via elettronica": un servizio inviato all'origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici;
- "a richiesta individuale di un destinatario di servizi": un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale.
Nell'allegato V figura un elenco indicativo di servizi non contemplati da tale definizione.
La presente direttiva non si applica:
- ai servizi di radiodiffusione sonora,
- ai servizi di radiodiffusione televisiva di cui all'articolo 1, lettera a) della direttiva 89/552/CEE(4);
3) "specificazione tecnica": una specificazione che figura in un documento che definisce le caratteristiche richieste di un prodotto, quali i livelli di qualità o di proprietà di utilizzazione, la sicurezza, le dimensioni, comprese le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove ed i metodi di prova, l'imballaggio, la marcatura e l'etichettatura, nonché le procedure di valutazione della conformità.
Il termine "specificazione tecnica" comprende anche i metodi e i procedimenti di produzione relativi ai prodotti agricoli ai sensi dell'articolo 38, paragrafo 1, del trattato, ai prodotti destinati all'alimentazione umana e animale, nonché ai medicinali definiti all'articolo 1 della direttiva 65/65/CEE del Consiglio, così come i metodi e i procedimenti di produzione relativi agli altri prodotti, quando abbiano un'incidenza sulle caratteristiche di questi ultimi (5);
4) "altro requisito": un requisito diverso da una specificazione tecnica, prescritto per un prodotto per motivi di tutela, in particolare dei consumatori o dell'ambiente, e concernente il suo ciclo di vita dopo la commercializzazione, quali le sue condizioni di utilizzazione, di riciclaggio, di reimpiego o di eliminazione qualora tali condizioni possano influenzare in modo significativo la composizione o la natura del prodotto o la sua commercializzazione (6);
5) "regola relativa ai servizi": un requisito di natura generale relativo all'accesso alle attività di servizio di cui al punto 2 e al loro esercizio, in particolare le disposizioni relative al prestatore di servizi, ai servizi e al destinatario di servizi, ad esclusione delle regole che non riguardino specificamente i servizi ivi definiti.
La presente direttiva non si applica a regole concernenti questioni che costituiscono oggetto di una normativa comunitaria in materia di servizi di telecomunicazione, quali definiti dalla direttiva 90/387/CEE.
La presente direttiva non si applica a regole concernenti questioni che costituiscono oggetto di una normativa comunitaria in materia di servizi finanziari, quali elencati in modo non esauriente nell'allegato VI della presente direttiva.
Ad eccezione dell'articolo 8, paragrafo 3, la presente direttiva non si applica alle regole emanate dai o per i mercati regolamentati a norma della direttiva 93/22/CEE, da o per altri mercati o organi che effettuano operazioni di compensazione o di pagamento su tali mercati.
Ai fini della presente definizione:
- una regola si considera riguardante specificamente i servizi della società dell'informazione quando, alla luce della sua motivazione e del testo del relativo dispositivo, essa si pone come finalità e obiettivo specifici, nel suo insieme o in alcune disposizioni puntuali, di disciplinare in modo esplicito e mirato tali servizi;
- una regola non si considera riguardante specificamente i servizi della società dell'informazione se essa riguarda tali servizi solo in modo implicito o incidentale (7);
6) "norma": una specificazione tecnica approvata da un organismo riconosciuto ad attività normativa, per applicazione ripetuta o continua, la cui osservazione non sia obbligatoria, e che appartenga ad una delle seguenti categorie:
- norma internazionale: norma che è adottata da un'organizzazione internazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;
- norma europea: norma che è adottata da un organismo europeo di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico;
- norma nazionale: norma che è adottata da un organismo nazionale di normalizzazione e che viene messa a disposizione del pubblico (8);
7) "programma di normalizzazione": un piano di lavoro predisposto da un organismo riconosciuto ad attività normativa e recante l'elenco delle materie costituenti oggetto dei lavori di normalizzazione (9);
8) "progetto di norma": il documento contenente il testo delle specificazioni tecniche per una determinata materia, predisposto ai fini dell'adozione secondo la procedura di normalizzazione nazionale, quale risulta dai lavori preparatori e qual è distribuito ai fini di inchiesta pubblica o commento (10);
9) "organismo europeo di normalizzazione": un organismo menzionato nell'allegato I (11);
10) "organismo nazionale di normalizzazione": un organismo menzionato nell'allegato II (12);
11) "regola tecnica": una specificazione tecnica o altro requisito o una regola relativa ai servizi, comprese le disposizioni amministrative che ad esse si applicano, la cui osservanza è obbligatoria, de jure o de facto, per la commercializzazione, la prestazione di servizi, lo stabilimento di un fornitore di servizi o l'utilizzo degli stessi in uno Stato membro o in una parte importante di esso, nonché, fatte salve quelle di cui all'articolo 10, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che vietano la fabbricazione, l'importazione, la commercializzazione o l'utilizzo di un prodotto oppure la prestazione o l'utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore di servizi.
Costituiscono in particolare regole tecniche de facto:
- le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative di uno Stato membro che fanno riferimento o a specificazioni tecniche o ad altri requisiti o a regole relative ai servizi, o a codici professionali o di buona prassi che si riferiscono a loro volta a specificazioni tecniche o ad altri requisiti ovvero a regole relative ai servizi e la cui osservanza conferisce una presunzione di conformità alle prescrizioni fissate dalle suddette disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;
- gli accordi facoltativi dei quali l'autorità pubblica è parte contraente e che, nell'interesse generale mirano al rispetto di specificazioni tecniche o di altri requisiti, o di regole relative ai servizi, ad eccezione del capitolato degli appalti pubblici;
- le specificazioni tecniche o altri requisiti o le regole relative ai servizi connessi con misure di carattere fiscale o finanziario che influenzano il consumo di prodotti o di servizi promuovendo l'osservanza di tali specificazioni tecniche o altri requisiti o regole relative ai servizi; non sono contemplati le specificazioni tecniche, o altri requisiti o le regole relative ai servizi connessi con i regimi nazionali di sicurezza sociale.
Si tratta delle regole tecniche stabilite dalle autorità designate dagli Stati membri e che figurano in un elenco che la Commissione deve elaborare anteriormente al 5 agosto 1999 nell'ambito del comitato di cui all'articolo 5.
Tale elenco è modificato secondo questa stessa procedura (13);
12) "progetto di regola tecnica": il testo di una specificazione tecnica o di un altro requisito o di una regola relativa ai servizi, comprendente anche disposizioni amministrative, elaborato per adottarlo o farlo adottare come regola tecnica e che si trovi in una fase preparatoria in cui sia ancora possibile apportarvi emendamenti sostanziali (14).
La presente direttiva non si applica alle misure che gli Stati membri ritengono necessarie nel contesto del trattato per garantire la protezione delle persone, e segnatamente dei lavoratori, in occasione dell'impiego di prodotti, a condizione che tali misure non influiscano sui prodotti stessi (15).
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(4) Il punto 2) è stato inserito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(5) Il punto 2) è diventato il punto 3) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(6) Il punto 3) è diventato il punto 4) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(7) Il punto 5) è stato inserito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(8) Il punto 4) è diventato il punto 6) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(9) Il punto 5) è diventato il punto 7) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(10) Il punto 6) è diventato il punto 8) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(11) Il punto 7) è diventato il punto 9) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(12) Il punto 8) è diventato il punto 10) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(13) Il punto 9) è diventato il punto 11) ed è stato così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(14) Comma così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(15) Il punto 10 è diventato il punto 12) così come disposto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Articolo 2
1. La Commissione e gli organismi di normalizzazione indicati negli allegati I e II sono informati delle nuove materie per le quali gli organismi nazionali di cui all'allegato II hanno deciso, iscrivendole nel loro programma di normalizzazione, di stabilire una norma o di modificarla, salvo quando si tratti del recepimento identico o equivalente di una norma internazionale od europea.
2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 indicano in particolare se la norma di cui trattasi:
- costituisce recepimento non equivalente di una norma internazionale,
- costituisce una nuova norma nazionale, oppure
- costituisce la modifica di una norma nazionale.
La Commissione, sentito il comitato di cui all'articolo 5, può fissare le regole per la presentazione codificata di tali informazioni, nonché uno schema e dei criteri secondo i quali queste informazioni dovranno essere presentate per facilitarne la valutazione.
3. La Commissione può esigere la comunicazione, in tutto o in parte, dei programmi di normalizzazione.
Essa tiene tale informazione a disposizione degli Stati membri in una forma che consenta la valutazione e il confronto dei diversi programmi.
4. Se del caso la Commissione modifica l'allegato II sulla base di comunicazioni effettuate dagli Stati membri.
5. Il Consiglio decide, dietro proposta della Commissione, in merito ad ogni eventuale modifica dell'allegato I.
Articolo 3
Gli organismi di normalizzazione di cui agli allegati I e II, nonché la Commissione, ricevono a loro richiesta tutti i progetti di norma. Essi sono tenuti informati dall'organismo in questione del seguito dato alle eventuali osservazioni che essi hanno formulato in merito a tali progetti.
Articolo 4
1. Gli Stati membri prendono tutte le misure idonee affinché i loro organismi di normalizzazione:
- comunichino le informazioni conformemente agli articoli 2 e 3;
- rendano pubblici i progetti di norme in modo da consentire la presentazione di osservazioni da parte di soggetti stabiliti in altri Stati membri;
- accordino agli altri organismi di cui all'allegato II il diritto di partecipare passivamente o attivamente (con l'invio di un osservatore) ai lavori previsti;
- non si oppongano a che un soggetto di normalizzazione del loro programma di lavoro sia trattato a livello europeo secondo le norme definite dagli organismi europei di normalizzazione e non intraprendano alcuna azione che possa pregiudicare una decisione in merito.
2. Gli Stati membri si astengono in particolare da qualsiasi atto di riconoscimento, di omologazione o di utilizzazione realizzato mediante riferimento ad una norma nazionale adottata in violazione degli articoli 2, 3 e del paragrafo 1 del presente articolo.
Articolo 5
È istituito un comitato permanente composto da rappresentanti designati dagli Stati membri che possono farsi assistere da esperti o consulenti e presieduto da un rappresentante della Commissione.
Il comitato stabilisce il proprio regolamento interno.
Articolo 6
1. Il comitato si riunisce almeno due volte all'anno con i rappresentanti degli organismi di normalizzazione di cui agli allegati I e II.
Il comitato si riunisce in una composizione specifica per esaminare le questioni relative ai servizi della società dell'informazione (16).
2. La Commissione presenta al comitato una relazione sulla realizzazione e l'applicazione delle procedure previste dalla presente direttiva e proposte per eliminare gli ostacoli agli scambi, esistenti o prevedibili.
3. Il comitato prende posizione sulle comunicazioni e sulle proposte di cui al paragrafo 2 e al riguardo può in particolare chiedere alla Commissione:
- d'invitare gli organismi europei di normalizzazione ad elaborare, entro un termine determinato, una norma europea;
- di far sì che, se necessario, allo scopo di evitare ostacoli agli scambi, gli Stati membri interessati decidano, in un primo tempo tra di essi, le misure appropriate;
- di prendere qualsiasi disposizione necessaria;
- di individuare i settori per i quali risulta necessaria una armonizzazione e di avviare, eventualmente, gli opportuni lavori di armonizzazione in un settore determinato.
4. La Commissione deve consultare il comitato:
a) prima di ogni modifica degli elenchi che figurano agli allegati I e II (articolo 2, paragrafo 1);
b) al momento della fissazione delle norme di presentazione codificata dell'informazione, dello schema e dei criteri secondo cui dovranno essere presentati i programmi di normalizzazione (articolo 2, paragrafo 2);
c) al momento della scelta del sistema pratico da applicare per lo scambio di informazioni previsto dalla presente direttiva e delle eventuali modifiche da apportarvi;
d) al momento del riesame del funzionamento del sistema istituito dalla presente direttiva;
e) in merito alle domande trasmesse agli organismi di normalizzazione di cui al paragrafo 3, primo trattino.
5. Il comitato può essere consultato dalla Commissione su qualsiasi progetto preliminare di regola tecnica da essa ricevuto.
6. Dietro richiesta del presidente o di uno Stato membro, può essere sottoposto al comitato qualsiasi problema relativo all'applicazione della presente direttiva.
7. I lavori del comitato e le informazioni da sottoporgli hanno carattere riservato.
Tuttavia, prendendo le necessarie precauzioni, il comitato e le amministrazioni nazionali possono consultare persone fisiche o giuridiche anche appartenenti al settore privato.
8. Per quanto riguarda le regole relative ai servizi, la Commissione e il comitato possono consultare persone fisiche o giuridiche proveniente dal settore industriale o dal mondo accademico e, ove possibile, organismi rappresentativi in grado di fornire una consulenza qualificata sugli obiettivi e le conseguenze a livello sociale e di società di qualsiasi progetto di regola relativa ai servizi e prendere atto della loro opinione ogniqualvolta ne sia fatta richiesta (17).
------------------------
(16) Comma aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(17) Paragrafo aggiunto dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Articolo 7
1. Gli Stati membri prendono le disposizioni necessarie affinché, durante l'elaborazione di una norma europea di cui all'articolo 6, paragrafo 3, primo trattino o dopo la sua approvazione, i loro organismi di normalizzazione non intraprendano alcuna azione che possa recare pregiudizio all'armonizzazione prevista e, in particolare, nel settore in questione essi non pubblichino una norma nazionale nuova o riveduta che non sia interamente conforme a una norma europea già esistente.
2. Il paragrafo 1 non si applica ai lavori degli organismi di normalizzazione intrapresi su richiesta delle pubbliche autorità per fissare, per determinati prodotti, specificazioni tecniche o una norma in previsione dell'elaborazione di una regola tecnica per tali prodotti.
Gli Stati membri comunicano alla Commissione, conformemente all'articolo 8, paragrafo 1, qualsiasi richiesta di cui al primo comma come progetto di regola tecnica e indicano i motivi che ne giustificano la formulazione.
Articolo 8
1. Fatto salvo l'articolo 10, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale e europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.
All'occorrenza, e a meno che non sia già stato trasmesso in relazione con una comunicazione precedente, gli Stati membri comunicano contemporaneamente il testo delle disposizioni legislative e regolamentari fondamentali, essenzialmente e direttamente in questione, qualora la conoscenza di detto testo sia necessaria per valutare la portata del progetto di regola tecnica.
Gli Stati membri procedono ad una nuova comunicazione secondo le modalità summenzionate qualora essi apportino al progetto di regola tecnica modifiche importanti che ne alterino il campo di applicazione, ne abbrevino il calendario di applicazione inizialmente previsto, aggiungano o rendano più rigorosi le specificazioni o i requisiti.
Quando il progetto di regola tecnica mira in particolare a limitare la commercializzazione o l'utilizzazione di una sostanza, di un preparato o di un prodotto chimico, segnatamente per motivi di salute pubblica o di tutela dei consumatori o dell'ambiente, gli Stati membri comunicano anche un riassunto oppure gli estremi dei dati pertinenti relativi alla sostanza, al preparato o al prodotto in questione e di quelli relativi ai prodotti di sostituzione conosciuti e disponibili, se tali informazioni sono disponibili, nonché le conseguenze previste delle misure per quanto riguarda la salute pubblica o la tutela del consumatore e dell'ambiente, con un'analisi dei rischi effettuata, all'occorrenza, secondo i principi generali di valutazione dei rischi dei prodotti chimici di cui all'articolo 10, paragrafo 4, del regolamento (CEE) n. 793/93 ove si tratti d'una sostanza già esistente, o di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 67/548/CEE nel caso di una nuova sostanza.
La Commissione comunica senza indugio agli altri Stati membri il progetto di regola tecnica e tutti i documenti che le sono stati trasmessi. Essa può anche sottoporre il progetto al parere del comitato di cui all'articolo 5 e, se del caso, del comitato competente del settore in questione.
Per quanto concerne le specificazioni tecniche o altri requisiti o le regole relative ai servizi di cui all'articolo 1, punto 11), secondo comma, terzo trattino, le osservazioni o i pareri circostanziati della Commissione o degli Stati membri possono basarsi unicamente sugli aspetti che costituiscano eventualmente ostacoli agli scambi o, per le regole relative ai servizi, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento dell'operatore di servizi, e non sugli elementi fiscali o finanziari della misura (18).
2. La Commissione e gli Stati membri possono inviare allo Stato membro che ha presentato il progetto di regola tecnica osservazioni di cui lo Stato membro terrà conto, per quanto possibile, nella stesura definitiva della regola tecnica.
3. Gli Stati membri comunicano senza indugio alla Commissione il testo definitivo della regola tecnica.
4. Le informazioni fornite ai sensi del presente articolo non sono considerate riservate, a meno che lo Stato membro autore della notifica ne presenti richiesta esplicita. Qualsiasi richiesta in tal senso deve essere motivata.
In caso di simile richiesta, il comitato di cui all'articolo 5 e le amministrazioni nazionali, prese le debite precauzioni, hanno la facoltà di consultare, ai fini di una perizia, persone fisiche o giuridiche che possono appartenere al settore privato.
5. Se un progetto di regola tecnica fa parte di una misura la cui comunicazione in fase di progetto è prevista da un altro atto comunitario, gli Stati membri possono effettuare la comunicazione di cui al paragrafo 1 in forza di quest'altro atto, a condizione di indicare formalmente che essa vale anche ai fini della presente direttiva.
La mancanza di reazione della Commissione nel quadro della presente direttiva in merito ad un progetto di regola tecnica non pregiudica la decisione che potrebbe essere presa nel quadro di altri atti comunitari.
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(18) Comma così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Articolo 9
1. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di tre mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1.
2. Gli Stati membri rinviano:
- di quattro mesi l'adozione di un progetto di regola tecnica avente forma di accordo facoltativo a norma dell'articolo 1, punto 11), secondo comma, secondo trattino,
- fatti salvi i paragrafi 3, 4 e 5, di sei mesi l'adozione di qualsiasi altro progetto di regola tecnica (esclusi i progetti relativi ai servizi),
a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione delle merci nell'ambito del mercato interno,
- fatti salvi i paragrafi 4 e 5, di quattro mesi l'adozione di un progetto di regola relativa ai servizi,
a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se essa o un altro Stato membro emette, nei tre mesi successivi a tale data, un parere circostanziato secondo il quale la misura proposta presenta aspetti che possono eventualmente creare ostacoli alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento degli operatori di servizi nell'ambito del mercato interno.
Per quanto riguarda i progetti di regole relative ai servizi, i pareri circostanziati della Commissione o degli Stati membri non possono pregiudicare misure di politica culturale, in particolare nel settore audiovisivo, che gli Stati potrebbero adottare secondo il diritto comunitario, tenendo conto della loro diversità linguistica, delle specificità nazionali e regionali, nonché dei loro patrimoni culturali.
Lo Stato membro interessato riferisce alla Commissione sul seguito che esso intende dare a tali pareri circostanziati. La Commissione commenta tale reazione.
Per quanto riguarda le regole relative ai servizi, lo Stato membro interessato indica, se del caso, i motivi per i quali non sia possibile tenere conto dei pareri circostanziati (19).
3. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica, esclusi i progetti di regole relative ai servizi, di dodici mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1, se la Commissione, nei tre mesi successivi a tale data, comunica la sua intenzione di proporre o di adottare una direttiva, un regolamento o una decisione in materia a norma dell'articolo 189 del trattato (20).
4. Gli Stati membri rinviano l'adozione di un progetto di regola tecnica di dodici mesi a decorrere dalla data in cui la Commissione ha ricevuto la comunicazione di cui all'articolo 8, paragrafo 1 se, nei tre mesi successivi a tale data, la Commissione comunica la constatazione che il progetto di regola tecnica concerne una materia oggetto di una proposta di direttiva, di regolamento o di decisione presentata al Consiglio conformemente all'articolo 189 del trattato.
5. Se il Consiglio adotta una posizione comune durante il termine di differimento di cui ai paragrafi 3 e 4, tale periodo viene esteso a diciotto mesi fatte salve le disposizioni dell'articolo 9, paragrafo 6.
6. Gli obblighi di cui ai paragrafi 3, 4 e 5 cessano:
- se la Commissione informa gli Stati membri che essa rinuncia alla sua intenzione di proporre o di adottare un atto comunitario cogente;
- se la Commissione informa gli Stati membri del ritiro della sua proposta o del suo progetto; oppure
- all'adozione di un atto comunitario cogente da parte del Consiglio o della Commissione.
7. I paragrafi da 1 a 5 non sono applicabili allorché uno Stato membro:
- per motivi urgenti giustificati da una situazione grave e imprevedibile inerente alla tutela della salute delle persone e degli animali, alla preservazione dei vegetali o alla sicurezza e, per le regole relative ai servizi, giustificati anche da motivi di ordine pubblico, in particolare in materia di tutela dei minori, si trovi nella necessità di elaborare in tempi brevissimi regole tecniche da adottare e mettere in vigore con effetto immediato, senza alcuna possibilità di consultazione, oppure
- per motivi urgenti giustificati da una situazione grave inerente alla tutela della sicurezza e integrità del sistema finanziario e in particolare ai fini della tutela dei depositanti, degli investitori e degli assicurati, si trovi nella necessità di adottare e mettere in vigore in tempi brevissimi regole relative ai servizi finanziari.
Lo Stato membro indica, nella comunicazione di cui all'articolo 8, i motivi che giustificano l'urgenza delle misure in questione. La Commissione si pronuncia su tale comunicazione nel più breve tempo possibile. Essa prende le misure opportune in caso di ricorso abusivo a questa procedura. Il Parlamento europeo è tenuto informato dalla Commissione (21).
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(19) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(20) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(21) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Articolo 10
1. Gli articoli 8 e 9 non si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative o agli accordi facoltativi con i quali gli Stati membri:
- si conformano agli atti comunitari vincolanti che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche o di regole relative ai servizi (22);
- soddisfano gli impegni derivanti da un accordo internazionale, che danno luogo all'adozione di specificazioni tecniche o di regole comuni relative ai servizi comuni nella Comunità (23);
- fanno uso di clausole di salvaguardia previste in atti comunitari cogenti;
- applicano l'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 92/59/CEE;
- si limitano ad eseguire una sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee;
- si limitano a modificare una regola tecnica a norma dell'articolo 1, punto 11) in conformità con una domanda della Commissione diretta ad eliminare un ostacolo agli scambi o, per le regole relative ai servizi, alla libera circolazione dei servizi o alla libertà di stabilimento dell'operatore di servizi (24).
2. L'articolo 9 non si applica alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri recanti divieti di fabbricazione, nella misura in cui esse non ostacolino la libera circolazione dei prodotti.
3. L'articolo 9, paragrafi 3-6 non si applica agli accordi facoltativi di cui all'articolo 1, punto 11), secondo comma, secondo trattino (25).
4. L'articolo 9 non si applica alle specificazioni tecniche o ad altri requisiti o alle regole relative ai servizi di cui all'articolo 1, punto 11, secondo comma, terzo trattino (26).
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(22) Trattino così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(23) Trattino così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(24) Trattino così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(25) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
(26) Paragrafo così sostituito dall'articolo 1 della direttiva 98/48/CE.
Articolo 11
La Commissione riferisce ogni due anni al Parlamento europeo, al Consiglio ed al Comitato economico e sociale sui risultati dell'applicazione della presente direttiva. Gli elenchi delle attività di normalizzazione affidate alle organizzazioni europee di normalizzazione ai sensi della presente direttiva, nonché le statistiche sulle notifiche ricevute, sono pubblicati annualmente nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Articolo 12
Quando gli Stati membri adottano una regola tecnica, questa contiene un riferimento alla presente direttiva o è corredata di siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono decise dagli Stati membri.
Articolo 13
1. Le direttive e le decisioni indicate nell'allegato III, parte A sono abrogate, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini per la trasposizione indicati nell'allegato III, parte B.
2. I riferimenti alle direttive e decisioni abrogate devono intendersi come fatti alla presente direttiva e devono essere letti secondo la tabella di concordanza di cui all'allegato IV.
Articolo 14
La presente direttiva entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Articolo 15
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Lussemburgo, addì 22 giugno 1998.
Per il Parlamento europeo
Il Presidente
J. M. Gil-Robles
Per il Consiglio
Il Presidente
J. Cunningham
Allegato I
Organismi europei di normalizzazione
CEN
Comitato europeo di normalizzazione
CENELEC
Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica
ETSI
Istituto europeo norme e telecomunicazioni
Allegato II
Organismi nazionali di normalizzazione
1. BELGIO
IBN/BIN
Institut belge de normalisation
Belgisch Instituut voor Normalisatie
CEB/BEC
Comité électrotechnique belge
Belgisch Elektrotechnisch Comité
2. DANIMARCA
DS
Dansk Standard
NTA
Telestyrelsen, National Telecom Agency
3.
DIN
Deutsches Institut für Normung e. V.
DKE
Deutsche Elektrotechnische Kommission im DIN und VDE
4. GRECIA (27)
5. SPAGNA
AENOR
Asociación Española de Normalización y Certificación
6. FRANCIA
AFNOR
Association française de normalisation
UTE
Union technique de l'électricité - Bureau de normalisation auprès de l'AFNOR
7. IRLANDA
NSAI
National Standards Authority of
ETCI
Electrotechnical Council of
8. ITALIA
UNI [1]
Ente nazionale italiano di unificazione
CEI [1]
Comitato elettrotecnico italiano
9. LUSSEMBURGO
ITM
Inspection du travail et des ruines
SEE
Service de l'énergie de l'État
10. PAESI BASSI
NNI
Nederlands Normalisatie instituut
NEC
Nederlands Elektrotechnisch Comité
11. AUSTRIA
ÖN
Österreichisches Normungsinstitut
ÖVE
Österreichischer Verband für Elektrotechnik
12. PORTOGALLO
IPQ
Instituto Portugueês da Qualidade
13. REGNO UNITO
BSI
British Standards Institution
BEC
British Electrotechnical Committee
14. FINLANDIA
SFS
Suomen Standardisoimisliitto SFS ry
Finlands Standardiseringsförbund SFS rf
THK/TFC
Telehallintokeskus
Teleförvaltningscentralen
SESKO
Suomen Sähköteknillinen Standardisoimisyhdistys SESKO ry
Finlands Elektrotekniska Standardiseringsförening SESKO
15. SVEZIA
SIS
Standardiseringen i Sverige
SEK
Svenska elektriska kommissionen
ITS Informationstekniska standardiseringen
_____________
[1] L'UNI e il CEI, in collaborazione con l'Istituto superiore delle poste e telecomunicazioni e il Ministero dell'industria, hanno affidato il lavoro da svolgere nell'ambito dell'ETSI al CONCIT (Comitato nazionale di coordinamento per le tecnologie dell'informazione).
------------------------
(27) Si omette il testo in lingua greca.
Allegato III
PARTE A
Direttive e decisioni abrogate
(di cui all'articolo 13)
Direttiva 83/189/CEE del Consiglio e sue modifiche successive
Direttiva 88/182/CEE del Consiglio
Decisione 90/230/CEE della Commissione
Decisione 92/400/CEE della Commissione
Direttiva 94/10/CE del Parlamento e del Consiglio
Decisione 96/139/CE della Commissione
PARTE B
Elenco dei termini per la trasposizione nel diritto nazionale
(di cui all'articolo 13)
Direttiva |
Data limite di trasposizione |
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83/189/CEE (G.U.C.E. 26 aprile 1983, n. L 109) |
31 marzo 1984 |
|
|
88/182/CEE (G.U.C.E. 26 marzo 1988, n. L 81) |
1 gennaio 1989 |
|
|
94/10/CE (G.U.C.E. 19 aprile 1994, n. L 100) |
1 luglio 1995 |
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Allegato IV
Tabella di concordanza
Presente direttiva |
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Articolo 1 |
Articolo 1 |
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Articolo 2 |
Articolo 2 |
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Articolo 3 |
Articolo 3 |
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Articolo 4 |
Articolo 4 |
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Articolo 5 |
Articolo 5 |
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Articolo 6 |
Articolo 6 |
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Articolo 7 |
Articolo 7 |
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Articolo 8 |
Articolo 8 |
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Articolo 9 |
Articolo 9 |
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Articolo 10 |
Articolo 10 |
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Articolo 11 |
Articolo 11 |
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Articolo 12 |
Articolo 12 |
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- |
Articolo 13 |
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- |
Articolo 14 |
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- |
Articolo 15 |
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Allegato I |
Allegato I |
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Allegato II |
Allegato II |
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Allegato III |
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- |
Allegato IV |
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Allegato V (28)
Elenco indicativo dei servizi non contemplati dall'articolo 1, punto, 2), secondo comma
1. Servizi non forniti "a distanza"
Servizi forniti in presenza del prestatario e del destinatario, anche se mediante dispositivi elettronici:
a) esame o trattamento in un gabinetto medico mediante attrezzature elettroniche, ma con la presenza del paziente,
b) consultazione di un catalogo elettronico in un negozio in presenza del cliente,
c) prenotazione di biglietti aerei attraverso una rete informatica in un'agenzia viaggi in presenza del cliente,
d) giochi elettronici messi a disposizione di un giocatore presente in una sala giochi.
2. Servizi non forniti "per via elettronica"
- Servizi a contenuto materiale anche se implicano l'utilizzazione di dispositivi elettronici:
a) distributori automatici di biglietti (banconote, biglietti ferroviari),
b) accesso a reti stradali, parcheggi, ecc. a pagamento, anche se all'entrata e/o all'uscita intervengono dispositivi elettronici per controllare l'accesso e/o garantire il corretto pagamento.
- Servizi non in linea: distribuzione di cd-rom e di software su dischetti
- Servizi non forniti attraverso sistemi elettronici di archiviazione/trattamento di dati:
a) servizi di telefonia vocale,
b) servizi telefax/telex,
c) servizi forniti mediante telefonia vocale o telefax,
d) consulto medico per telefono/telefax,
e) consulenza legale per telefono /telefax,
f) marketing diretto per telefono/telefax.
3. Servizi non forniti "a richiesta individuale di un destinatario di servizi"
Servizi forniti mediante invio di dati senza una richiesta individuale e destinati alla ricezione simultanea da parte di un numero illimitato di destinatari (trasmissione da punto a multipunto):
a) servizi di radiodiffusione televisiva [compresi i servizi near-video on-demand (N-Vod)] di cui all'articolo 1, lettera a) della direttiva 89/552/CEE,
b) servizi di radiodiffusione sonora,
c) teletesto (televisivo).
------------------------
(28) Allegato aggiunto dall'allegato della direttiva 98/48/CE.
Allegato VI (29)
Elenco indicativo dei servizi finanziari di cui all'articolo 1, punto 5), terzo comma
- Servizi d'investimento
- Operazioni di assicurazione e riassicurazione
- Servizi bancari
- Operazioni relative ai fondi di pensione
- Servizi concernenti operazioni a termine o in opzione
Tali servizi comprendono in particolare:
a) i servizi di investimento di cui all'allegato della direttiva 93/22/CEE, i servizi di organismi di investimento collettivo;
b) i servizi concernenti attività che beneficiano del riconoscimento reciproco, di cui all'allegato della direttiva 89/646/CEE;
c) le operazioni che riguardano attività di assicurazione e riassicurazione di cui:
- all'articolo 1 della direttiva 73/239/CEE,
- all'allegato della direttiva 79/267/CEE,
- alla direttiva 64/225/CEE,
- alle direttive 92/49/CEE e 92/96/CEE.
------------------------
(29) Allegato aggiunto dall'allegato della direttiva 98/48/CE
Dir.
2001/18/CE del 12 marzo 2001
Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio sull'emissione deliberata nell'ambiente
di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del
Consiglio
------------------------
(1) Pubblicata nella G.U.C.E. 17 aprile 2001, n. L 106. Entrata in vigore il 17 aprile 2001.
(2) Termine di recepimento: 17 ottobre 2002. Direttiva recepita con D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 224.
(3) Per le disposizioni dettagliate per il funzionamento dei registri destinati alla conservazione delle informazioni sulle modificazioni genetiche degli OGM di cui alla presente direttiva, vedi la decisione 2004/204/CE.
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell'Unione europea,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 95,
vista la proposta della Commissione (4),
visto il parere del Comitato economico e sociale (5),
deliberando secondo la procedura di cui all'articolo 251 del trattato (6), visto il progetto comune approvato dal comitato di conciliazione il 20 dicembre 2000,
considerando quanto segue:
(1) La relazione della Commissione sul riesame della direttiva 90/220/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990, sull'immissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati, adottata il 10 dicembre 1996, ha identificato una serie di elementi da migliorare.
(2) È necessario chiarire l'ambito di applicazione della direttiva 90/220/CEE e le sue definizioni.
(3) La direttiva 90/220/CEE ha subito modifiche; una volta apportate le nuove modifiche alla suddetta direttiva è opportuno, per ragioni di chiarezza e di razionalizzazione, procedere alla rifusione delle disposizioni in questione.
(4) Gli organismi viventi immessi nell'ambiente in grandi o piccole quantità per scopi sperimentali o come prodotti commerciali possono riprodursi e diffondersi oltre le frontiere nazionali, interessando così altri Stati membri; gli effetti di tali emissioni possono essere irreversibili.
(5) La tutela della salute umana e dell'ambiente richiede che venga prestata la debita attenzione al controllo di rischi derivanti dall'immissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM).
(6) In base al trattato, l'azione della Comunità per la tutela dell'ambiente dovrebbe essere basata sul principio dell'azione preventiva.
(7) È necessario ravvicinare le legislazioni degli Stati membri riguardanti l'immissione deliberata nell'ambiente di OGM ed al fine di garantire il corretto sviluppo dei prodotti industriali che utilizzano OGM.
(8) Nell'elaborazione della presente direttiva è stato tenuto conto del principio precauzionale e di esso va tenuto conto nell'attuazione della stessa.
(9) Il rispetto dei principi etici riconosciuti in uno Stato membro è particolarmente importante. Gli Stati membri possono prendere in considerazione gli aspetti etici quando gli OGM siano deliberatamente emessi o immessi in commercio come tali o contenuti in prodotti.
(10) Per un quadro legislativo completo e trasparente, è necessario garantire che il pubblico sia consultato dalla Commissione o dagli Stati membri durante l'elaborazione delle misure, e che sia informato delle misure adottate durante l'attuazione della presente direttiva.
(11) L'immissione in commercio comprende anche l'importazione. I prodotti contenenti o costituiti da OGM di cui alla presente direttiva non possono essere importati nella Comunità se non sono conformi alle sue disposizioni.
(12) La messa a disposizione di OGM destinati all'importazione o alla movimentazione allo stato sfuso, come le materie prime agricole, va considerata come immissione in commercio ai fini della presente direttiva.
(13) Il contenuto della presente direttiva tiene nel debito conto l'esperienza internazionale in questo settore e gli impegni commerciali internazionali e dovrebbe rispettare le prescrizioni del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, della Convenzione sulla diversità biologica. Non appena possibile, e prima del luglio 2001, la Commissione dovrebbe presentare, nel quadro della ratifica del Protocollo, le proposte appropriate per la sua attuazione.
(14) Il comitato di regolamentazione dovrebbe fornire orientamenti sull'applicazione delle disposizioni relative alle definizioni sull'immissione in commercio contenute nella presente direttiva.
(15) Gli esseri umani non dovrebbero essere considerati organismi ai fini della definizione di "organismo geneticamente modificato" della presente direttiva.
(16) Le disposizioni della presente direttiva dovrebbero lasciare impregiudicata la legislazione nazionale in materia di responsabilità ambientale, mentre la normativa comunitaria in tale settore dovrebbe essere integrata da norme in materia di responsabilità per diversi tipi di danno ambientale in tutte le zone dell'Unione europea. A tal fine la Commissione si è impegnata a presentare, entro la fine del 2001, una proposta legislativa sulla responsabilità ambientale che copra anche i danni derivanti da OGM.
(17) La presente direttiva non concerne gli organismi ottenuti attraverso determinate tecniche di modificazione genetica utilizzate convenzionalmente in varie applicazioni con una lunga tradizione di sicurezza.
(18) È necessario stabilire procedure e criteri armonizzati per la valutazione, caso per caso, dei rischi potenziali derivanti dall'emissione deliberata nell'ambiente di OGM.
(19) Prima di ogni immissione è sempre necessario compiere una valutazione, caso per caso, del rischio ambientale. La valutazione dovrebbe tenere in debito conto i potenziali effetti cumulativi a lungo termine risultanti dall'interazione con altri OGM e con l'ambiente.
(20) È necessario stabilire una metodologia comune per effettuare la valutazione del rischio ambientale in base a pareri scientifici indipendenti. È inoltre necessario stabilire obiettivi comuni, allo scopo di procedere al monitoraggio degli OGM dopo la loro emissione deliberata o la loro immissione in commercio come tali o contenuti in prodotti. Il monitoraggio dei potenziali effetti cumulativi a lungo termine dovrebbe essere considerato una parte obbligatoria del piano di monitoraggio.
(21) Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero assicurare che sia realizzata una ricerca sistematica e indipendente sui rischi potenziali inerenti all'emissione deliberata o all'immissione sul mercato di OGM. Per tale ricerca gli Stati membri e la Comunità dovrebbero stanziare le risorse necessarie secondo rispettive procedure di bilancio e i ricercatori indipendenti dovrebbero poter accedere a tutto il materiale pertinente, nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.
(22) È opportuno tener particolarmente conto della questione dei geni della resistenza agli antibiotici nell'effettuare la valutazione del rischio degli OGM contenenti siffatti geni.
(23) L'emissione deliberata di OGM nella fase di ricerca è in molti casi una tappa fondamentale nello sviluppo di nuovi prodotti che derivano da OGM o che ne contengono.
(24) L'introduzione di OGM nell'ambiente dovrebbe essere effettuata secondo il principio "per gradi"; ciò significa che si riduce il confinamento di OGM e si aumenta progressivamente la dimensione di emissione, per gradi, solo se la valutazione del grado precedente, in termini di protezione della salute umana e dell'ambiente, indica che è possibile passare al grado successivo.
(25) Nessun OGM, come tale o contenuto in prodotti, e progettato per l'emissione deliberata dovrebbe essere immesso sul mercato senza prima essere stato sottoposto, nella fase di ricerca e di sviluppo, ad idonee verifiche sul campo negli ecosistemi che potrebbero essere interessati dal suo utilizzo.
(26) L'attuazione della presente direttiva dovrebbe aver luogo in stretta relazione con l'attuazione di altri strumenti pertinenti, come la direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari. In tale contesto è opportuno che le autorità competenti incaricate dell'attuazione della presente direttiva e dei relativi strumenti, nell'ambito della Commissione e a livello nazionale, coordinino il più possibile le loro azioni.
(27) Per quanto concerne la valutazione del rischio ambientale di cui alla parte C della presente direttiva, la gestione del rischio, l'etichettatura, il monitoraggio, l'informazione del pubblico e la clausola di salvaguardia, detta direttiva dovrebbe costituire un punto di riferimento per gli OGM come tali o contenuti in prodotti autorizzati da altri atti legislativi comunitari, che dovrebbero pertanto prevedere una valutazione del rischio ambientale specifico effettuata secondo i principi enunciati nell'allegato II e in base alle informazioni indicate nell'allegato III, fatti salvi i requisiti supplementari previsti dall'atto normativo comunitario in questione, nonché gli obblighi in materia di gestione del rischio, etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausola di salvaguardia almeno equivalenti a quelli definiti nella suddetta direttiva. A tal fine è necessario prevedere una cooperazione con gli organismi istituiti dalla Comunità ai sensi della presente direttiva e dagli Stati membri ai fini della sua attuazione.
(28) È necessario istituire una procedura comunitaria di autorizzazione per l'immissione sul mercato di OGM, qualora l'uso previsto dei prodotti comporti l'emissione deliberata dall'organismo o degli organismi nell'ambiente.
(29) La Commissione è invitata ad effettuare uno studio che contenga la valutazione di varie opzioni intese a migliorare la coerenza e l'efficacia del presente quadro regolamentare, concentrandosi in particolare su una procedura centralizzata di autorizzazione all'immissione in commercio di OGM nella Comunità.
(30) Per la normativa settoriale, può essere necessario adattare gli obblighi di monitoraggio al prodotto di cui trattasi.
(31) La parte C della presente direttiva non si applica ai prodotti contemplati dal regolamento (CEE) n. 2309/93, del 22 luglio 1993, che stabilisce le procedure comunitarie per l'autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un'agenzia europea di valutazione dei medicinali, purché sia condotta una valutazione del rischio ambientale equivalente a quella prevista dalla presente direttiva.
(32) Qualsiasi persona che intenda effettuare un'emissione deliberata nell'ambiente di OGM o immettere sul mercato OGM, qualora l'uso previsto di tale prodotto ne comporti l'emissione deliberata nell'ambiente, dovrebbe presentare una notifica all'autorità nazionale competente.
(33) La notifica andrebbe corredata di un fascicolo di informazioni tecniche, ivi comprese una relazione completa sugli eventuali rischi ambientali, le opportune misure di sicurezza e di intervento in caso di emergenza e, nel caso di prodotti, precise istruzioni e condizioni per l'uso, nonché di proposte per l'etichettatura e l'imballaggio.
(34) Dopo la notifica, non devono essere effettuate emissioni deliberate di OGM senza il consenso dell'autorità competente.
(35) Il notificante dovrebbe poter ritirare il suo fascicolo in qualsiasi fase della procedura amministrativa definita nella presente direttiva; la procedura amministrativa dovrebbe essere bloccata all'atto del ritiro del fascicolo.
(36) Il fatto che una notifica ai fini dell'immissione in commercio di un OGM come tale o contenuto in prodotti sia respinta da un'autorità competente non dovrebbe pregiudicare la presentazione di una notifica per lo stesso OGM ad un'altra autorità competente.
(37) Se non permangono obiezioni, alla fine del periodo di mediazione dovrebbe essere raggiunto un accordo.
(38) Il fatto che una notifica sia respinta in seguito alla conferma di una relazione di valutazione negativa non dovrebbe pregiudicare le future decisioni basate sulla notifica dello stesso OGM ad un'altra autorità competente.
(39) Ai fini del corretto funzionamento della presente direttiva gli Stati membri dovrebbero riuscire ad avvalersi delle varie disposizioni per lo scambio di informazioni e di esperienze prima di ricorrere alla sua clausola di salvaguardia.
(40) Per garantire che la presenza di OGM in prodotti contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati venga adeguatamente identificata, dovrebbe figurare chiaramente su un'etichetta o un documento di accompagnamento la dicitura "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati".
(41) È opportuno definire, facendo ricorso all'opportuna procedura di comitato, un sistema per l'assegnazione di un identificatore unico agli OGM, tenendo conto degli sviluppi pertinenti nelle sedi internazionali.
(42) È necessario assicurare che gli OGM, come tali o contenuti in prodotti, autorizzati in virtù della parte C della presente direttiva, possano essere rintracciati in tutte le fasi dell'immissione in commercio.
(43) Occorre introdurre nella presente direttiva l'obbligo di attuare un monitoraggio per ricercare e identificare qualsiasi effetto diretto o indiretto, immediato, differito o imprevisto sulla salute umana e sull'ambiente di OGM come tali o contenuti in prodotti e osservati dopo la loro immissione in commercio.
(44) Gli Stati membri dovrebbero potere adottare ulteriori misure per il monitoraggio e il controllo, nel rispetto del trattato, degli OGM immessi in commercio come tali o contenuti in prodotti, per esempio per mezzo di servizi ufficiali.
(45) È opportuno ricercare gli strumenti che diano la possibilità di agevolare il controllo degli OGM ed il loro recupero in caso di rischio grave.
(46) È opportuno prendere in considerazione le osservazioni del pubblico nell'elaborazione delle misure presentate al comitato di regolamentazione.
(47) È opportuno che le autorità competenti diano il proprio consenso soltanto dopo che si sia accertato che l'emissione non presenterà rischi per la salute umana e per l'ambiente.
(48) È opportuno che le procedure amministrative per il rilascio delle autorizzazioni di immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti siano rese più efficaci e trasparenti e che la prima autorizzazione sia concessa per un periodo determinato.
(49) È opportuno applicare una procedura semplificata per il rinnovo dell'autorizzazione concessa ai prodotti per un periodo determinato.
(50) Le autorizzazioni esistenti rilasciate in base alla direttiva 90/220/CEE dovrebbero essere rinnovate al fine di evitare disparità tra le autorizzazioni rilasciate in base a detta direttiva e quelle rilasciate in base alla presente direttiva e di tener pienamente conto delle condizioni relative alle autorizzazioni previste dalla presente direttiva.
(51) Tale rinnovo richiede un periodo transitorio durante il quale le autorizzazioni rilasciate in base alla direttiva 90/220/CEE permangono valide.
(52) Al momento del rinnovo dell'autorizzazione dovrebbe essere possibile rivedere tutte le condizioni dell'autorizzazione originaria, comprese quelle attinenti al monitoraggio e alla durata dell'autorizzazione.
(53) Dovrebbe essere prevista la possibilità di consultare il o i comitati scientifici competenti, istituiti con la decisione 97/579/CE della Commissione, in merito ad aspetti che potrebbero avere ripercussioni sulla salute umana e/o sull'ambiente.
(54) Il sistema di scambio di informazioni contenute nelle notifiche, istituito in base alla direttiva 90/220/CEE, è stato utile e dovrebbe proseguire.
(55) È importante seguire attentamente lo sviluppo e l'uso di OGM.
(56) Se un prodotto comprendente un OGM o una combinazione di essi è immesso sul mercato o è stato debitamente autorizzato ai sensi della presente direttiva, uno Stato membro non può vietare, limitare o impedire l'immissione in commercio di OGM, come tali o contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della presente direttiva. Occorre prevedere una clausola di salvaguardia in caso di rischio per la salute umana o per l'ambiente.
(57) È opportuno consultare il Gruppo europeo della Commissione per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie al fine di ottenere un parere riguardo a problemi etici generali relativi all'emissione deliberata o all'immissione in commercio di OGM. Tale consultazione non dovrebbe pregiudicare la competenza degli Stati membri in merito alle questioni etiche.
(58) Gli Stati membri dovrebbero poter consultare qualsiasi comitato da essi istituito allo scopo di ottenere un parere sulle implicazioni etiche della biotecnologia.
(59) Le misure necessarie per l'attuazione della presente direttiva sono adottate secondo la decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l'esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione.
(60) Lo scambio di informazioni previsto dalla presente direttiva dovrebbe anche contemplare l'esperienza acquisita nella valutazione degli aspetti etici.
(61) Per rendere più efficace l'applicazione delle disposizioni adottate in base alla presente direttiva è opportuno prevedere sanzioni la cui applicazione è demandata agli Stati membri, anche nel caso di diffusione o di commercializzazione non conformi alle disposizioni della presente direttiva, specie per negligenza.
(62) Una relazione che la Commissione pubblicherà ogni tre anni, stilata sulla scorta delle informazioni fornite dagli Stati membri, dovrebbe contenere un capitolo separato concernente i vantaggi e gli svantaggi socioeconomici delle singole categorie di OGM autorizzate ad essere immesse in commercio, che tenga in debito conto gli interessi degli agricoltori e dei consumatori.
(63) È opportuno rivedere il quadro normativo della biotecnologia al fine di accertare la possibilità di renderlo ancor più coerente ed efficace. Potrebbe essere necessario un adattamento delle procedure per ottenere un'efficacia ottimale e tutte le opzioni utili a tal fine dovrebbero essere prese in considerazione,
hanno adottato la presente direttiva:
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(4) Pubblicata nella G.U.C.E. 4 maggio 1998, n. C 139.
(5) Pubblicato nella G.U.C.E. 28 dicembre 1998, n. C 407.
(6) Parere del Parlamento europeo dell'11 febbraio 1999 (G.U.C.E. 28 maggio 1999, n. C 150) posizione comune del Consiglio del 9 dicembre 1999 (G.U.C.E. 6 marzo 2000, n. C 64) e decisione del Parlamento europeo del 12 aprile 2000 (G.U.C.E. 7 febbraio 2001, n. C 40). Decisione del Parlamento europeo del 14 febbraio 2001 e decisione del Consiglio del 15 febbraio 2001.
Parte A
Disposizioni generali
Articolo 1
Scopo.
Nel rispetto del principio precauzionale, la presente direttiva mira al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell'ambiente quando:
- si emettono deliberatamente nell'ambiente organismi geneticamente modificati a scopo diverso dall'immissione in commercio all'interno della Comunità,
- si immettono in commercio all'interno della Comunità organismi geneticamente modificati come tali o contenuti in prodotti.
Articolo 2
Definizioni.
Ai fini della presente direttiva si intende per:
1) "organismo", qualsiasi entità biologica capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico;
2) "organismo geneticamente modificato (OGM)", un organismo, diverso da un essere umano, il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l'accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale.
Ai fini della presente definizione:
a) una modificazione genetica è ottenuta almeno mediante l'impiego delle tecniche elencate nell'allegato I A, parte 1;
b) le tecniche elencate nell'allegato I A, parte 2 non sono considerate tecniche che hanno per effetto una modificazione genetica;
3) "emissione deliberata", qualsiasi introduzione intenzionale nell'ambiente di un OGM o una combinazione di OGM per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi;
4) "immissione in commercio", la messa a disposizione di terzi, dietro compenso o gratuitamente;
Non costituiscono immissione in commercio le seguenti operazioni:
- la messa a disposizione di microrganismi geneticamente modificati per attività disciplinate dalla direttiva 90/219/CEE del Consiglio, del 23 aprile 1990 sull'impiego confinato di organismi geneticamente modificati, comprese le attività che comportano collezioni di colture,
- la messa a disposizione di OGM diversi dai microrganismi di cui al primo trattino, destinati ad essere impiegati unicamente in attività in cui si attuano misure rigorose e specifiche di confinamento atte a limitare il contatto di questi organismi con la popolazione e con l'ambiente e a garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi; tali misure dovrebbero basarsi sugli stessi principi di confinamento stabiliti dalla direttiva 90/219/CE,
- la messa a disposizione di OGM da utilizzarsi esclusivamente per emissioni deliberate a norma della parte B della presente direttiva;
5) "notifica", la presentazione all'autorità competente di uno Stato membro delle informazioni prescritte dalla presente direttiva;
6) "notificante", la persona che presenta la notifica;
7) "prodotto", un preparato costituito da OGM o contenente OGM, che viene immesso sul mercato;
8) "valutazione del rischio ambientale", la valutazione, condotta a norma dell'allegato II, dei rischi per la salute umana e per l'ambiente, diretti o indiretti, immediati o differiti, che possono essere connessi all'emissione deliberata o all'immissione in commercio di OGM.
Articolo 3
Deroghe.
1. La presente direttiva non si applica agli organismi ottenuti con le tecniche di modificazione genetica di cui all'allegato I B.
2. La presente direttiva non si applica al trasporto di organismi geneticamente modificati per ferrovia, su strada, per vie navigabili interne, per mare o per via aerea.
Articolo 4
Obblighi generali.
1. Gli Stati membri, nel rispetto del principio precauzionale, provvedono affinché siano adottate tutte le misure atte ad evitare effetti negativi sulla salute umana e sull'ambiente che potrebbero derivare dall'emissione deliberata o dall'immissione in commercio di OGM. Gli OGM possono essere deliberatamente emessi o immessi in commercio solo a norma, rispettivamente, della parte B o della parte C.
2. Prima di presentare una notifica ai sensi della parte B o della parte C, i notificanti effettuano una valutazione del rischio ambientale. Le informazioni necessarie all'esecuzione di tale valutazione figurano nell'allegato III. Gli Stati membri e la Commissione si assicurano che gli OGM che contengono geni che esprimono una resistenza agli antibiotici utilizzati per trattamenti medici o veterinari siano presi in particolare considerazione, al momento della valutazione del rischio ambientale per individuare ed eliminare gradualmente negli OGM i marcatori di resistenza agli antibiotici che possono avere effetti negativi sulla salute umana e sull'ambiente. Questa eliminazione graduale avverrà entro il 31 dicembre 2004 per gli OGM immessi in commercio ai sensi della parte C, ed entro il 31 dicembre 2008 per gli OGM autorizzati a norma della parte B.
3. Gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione assicurano che i potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla salute umana e sull'ambiente, eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall'OGM ad un altro organismo, siano attentamente valutati caso per caso. Tale valutazione è effettuata a norma dell'allegato II, tenendo conto dell'impatto ambientale in funzione del tipo di organismo introdotto e dell'ambiente ospite.
4. Gli Stati membri designano la o le autorità competenti responsabili dell'attuazione delle prescrizioni della presente direttiva. L'autorità competente esamina le notifiche di cui alle parti B e C per accertarsi che siano conformi alla presente direttiva e che la valutazione di cui al paragrafo 2 sia corretta.
5. Gli Stati membri provvedono affinché l'autorità competente compia ispezioni ed eventualmente adotti altre misure di controllo per garantire l'osservanza della presente direttiva. Nel caso in cui si verifichino un'emissione o un'immissione in commercio di OGM, come tali o contenuti in prodotti, per le quali non è stata concessa un'autorizzazione, lo Stato membro interessato si assicura che siano adottate le misure necessarie per porvi termine, per avviare se necessario un'azione correttiva e per informare il pubblico, la Commissione e gli altri Stati membri.
[6. Gli Stati membri adottano misure volte a garantire, nel rispetto dell'allegato IV, la tracciabilità in tutte le fasi dell'immissione in commercio di OGM autorizzati a norma della parte C] (7).
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(7) Paragrafo soppresso dall'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1830/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 13.
Parte B
Emissione deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione in commercio
Articolo 5
1. Gli articoli da 6 a 11 non si applicano alle sostanze e ai composti medicinali per uso umano contenenti o consistenti in un OGM o una combinazione di OGM purché la loro emissione volontaria a fini diversi dalla commercializzazione sia autorizzata da una normativa comunitaria che prevede:
a) una valutazione specifica del rischio ambientale ai sensi dell'allegato II alla presente direttiva e sulla base del tipo di informazione specificata all'allegato III fatti salvi i requisiti supplementari previsti da detta legislazione,
b) il consenso esplicito prima dell'emissione,
c) un piano di sorveglianza in conformità delle parti pertinenti dell'allegato III, allo scopo di individuare gli effetti dello o degli OGM sulla salute umana o l'ambiente,
d) in modo adeguato, requisiti relativi al trattamento delle nuove informazioni, informazione al pubblico, informazione sui risultati delle emissioni, scambi di informazioni come minimo equivalenti a quelli contenuti nella presente direttiva e nelle misure adottate in virtù di essa.
2. La valutazione dei rischi per l'ambiente presentati da tali sostanze e composti sarà effettuata in coordinamento con le autorità nazionali e comunitarie istituite ai sensi della presente direttiva.
3. Le procedure volte a garantire la conformità della valutazione specifica del rischio ambientale e l'equivalenza con le disposizioni della presente direttiva devono essere previste da detta legislazione, la quale deve fare riferimento alla presente direttiva.
Articolo 6 (8)
Procedura normale di autorizzazione.
1. Senza pregiudizio dell'articolo 5, chiunque intenda effettuare un'emissione di un OGM o di una combinazione di OGM è tenuto a presentare preventivamente una notifica all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio avverrà l'emissione.
2. La notifica di cui al paragrafo 1 comprende:
a) un fascicolo tecnico contenente le informazioni di cui all'allegato III necessarie per valutare il rischio ambientale connesso all'emissione deliberata di un OGM o di una combinazione di OGM, e in particolare:
i) informazioni generali, comprese quelle relative al personale e alla formazione,
ii) informazioni relative al o agli OGM,
iii) informazioni relative alle condizioni di emissione e al potenziale ambiente ospite,
iv) informazioni sulle interazioni tra OGM e ambiente,
v) un piano di monitoraggio conforme alle pertinenti parti dell'allegato III e diretto a individuare gli effetti degli OGM sulla salute umana e sull'ambiente,
vi) informazioni relative ai piani di controllo, ai metodi di inattivazione, al trattamento dei rifiuti e ai piani di intervento in caso di emergenza,
vii) una sintesi del fascicolo,
b) la valutazione del rischio ambientale e le conclusioni prescritte dall'allegato II, sezione D, con i riferimenti bibliografici e l'indicazione dei metodi utilizzati.
3. Il notificante può anche rinviare a dati o risultati di notifiche già presentate da altri notificanti o può presentare ulteriori informazioni a suo avviso pertinenti, a condizione che tali informazioni, dati e risultati non siano riservati o che tali notificanti abbiano dato il loro accordo scritto.
4. L'autorità competente può accettare che le emissioni dello stesso OGM o combinazione di OGM in uno stesso luogo o in luoghi diversi per lo stesso scopo e in un periodo determinato di tempo possano essere comunicate con un'unica notifica.
5. L'autorità competente accusa ricevuta della notifica con relativa data di ricevimento e, dopo avere esaminato, se del caso, tutte le osservazioni trasmesse dagli Stati membri a norma dell'articolo 11, invia al notificante, entro 90 giorni dal ricevimento della notifica, una risposta scritta nella quale dichiara:
a) che la notifica è ritenuta conforme alla presente direttiva e che l'emissione può aver luogo, oppure
b) che l'emissione non è conforme alle condizioni stabilite dalla presente direttiva e che pertanto la notifica è respinta.
6. Per il calcolo del termine di 90 giorni di cui al paragrafo 5, non sono computati i periodi di tempo durante i quali l'autorità competente:
a) è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante, o
b) sta svolgendo un'indagine o una consultazione pubblica a norma dell'articolo 9. Tale indagine o consultazione pubblica prolunga il termine di 90 giorni di cui al paragrafo 5 di non più di 30 giorni.
7. Laddove l'autorità competente esiga nuove informazioni, essa nel contempo motiva tale richiesta.
8. Il notificante può procedere all'emissione solamente dopo l'autorizzazione scritta dell'autorità competente e rispettando tutte le condizioni in essa precisate.
9. Gli Stati membri provvedono affinché i materiali derivati da OGM emessi deliberatamente a norma della parte B non siano immessi in commercio se non a norma della parte C.
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(8) Per il modello per la sintesi delle notifiche pervenute ai sensi del presente articolo, vedi l'allegato della decisione 2002/813/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo 1.
Articolo 7
Procedure differenziate.
1. Se si dispone di sufficiente esperienza riguardo alle emissioni di taluni OGM in determinati ecosistemi e se gli OGM in questione soddisfano i criteri enunciati nell'allegato V, l'autorità competente può presentare alla Commissione una proposta motivata di applicazione di procedure differenziate a tali tipi di OGM.
2. Di propria iniziativa o al più tardi 30 giorni dopo il ricevimento di una proposta di un'autorità competente, la Commissione:
a) trasmette la proposta alle autorità competenti, che possono presentare osservazioni entro 60 giorni, e nel contempo,
b) rende la proposta accessibile al pubblico, che può formulare osservazioni entro 60 giorni e
c) consulta il o i pertinenti comitati scientifici che possono formulare un parere entro 60 giorni.
3. Su ciascuna proposta viene adottata una decisione secondo le procedure dell'articolo 30, paragrafo 2. Tale decisione stabilisce il minimo di informazioni tecniche tra quelle di cui all'allegato III che sono necessarie per valutare tutti i rischi prevedibili dell'emissione, e in particolare:
a) informazioni relative al o agli OGM,
b) informazioni relative alle condizioni di emissione e al potenziale ambiente ricevente,
c) informazioni sulle interazioni tra OGM ed ambiente,
d) valutazione del rischio ambientale.
4. Tale decisione è adottata entro 90 giorni dalla data della proposta della Commissione o dal ricevimento della proposta dell'autorità competente. Per il calcolo del termine di 90 giorni non sono computati i periodi di tempo durante i quali la Commissione è in attesa delle osservazioni delle autorità competenti e del pubblico nonché del parere del comitato scientifico, di cui al paragrafo 2.
5. La decisione adottata a norma dei paragrafi 3 e 4 prevede che il notificante possa procedere all'emissione unicamente se in possesso di autorizzazione scritta dell'autorità competente. Il notificante procede all'emissione nel rispetto di tutte le condizioni previste nell'autorizzazione.
La decisione adottata a norma dei paragrafi 3 e 4 può prevedere che le emissioni di un OGM o di una combinazione di OGM nello stesso luogo o in luoghi diversi allo stesso scopo e in periodo determinato siano notificate con un'unica notifica.
6. Fermi restando i paragrafi da 1 a 5, continua ad applicarsi la decisione 94/730/CE della Commissione, del 4 novembre 1994, che stabilisce per la prima volta procedure semplificate concernenti l'immissione deliberata nell'ambiente di piante geneticamente modificate ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 5, della direttiva 90/220/CEE del Consiglio.
7. Quando uno Stato membro decide se avvalersi o no di una procedura istituita in una decisione adottata a norma dei paragrafi 3 e 4 per emissioni di OGM sul suo territorio, ne informa la Commissione.
Articolo 8
Trattamento delle modifiche e nuove informazioni.
1. In caso in cui, dopo l'autorizzazione scritta dell'autorità competente, si verifichi una modifica oppure una variazione non intenzionale dell'emissione deliberata di un OGM o combinazione di OGM, con possibili conseguenze sui rischi per la salute umana e per l'ambiente, o qualora si rendano disponibili nuove informazioni su detti rischi mentre l'autorità competente di uno Stato membro sta esaminando la notifica o ha già rilasciato l'autorizzazione scritta, il notificante provvede immediatamente a:
a) adottare le misure necessarie per la tutela della salute umana e dell'ambiente,
b) informare l'autorità competente prima di qualsiasi modifica o non appena la variazione non intenzionale sia nota o le nuove informazioni siano disponibili,
c) riesaminare le misure specificate nella notifica.
2. Se informazioni che potrebbero avere importanti ripercussioni sui rischi per la salute umana e per l'ambiente o le circostanze di cui al paragrafo 1 si rendono disponibili per l'autorità competente, questa le valuta e le rende accessibili al pubblico. Essa può imporre al notificante di modificare le modalità dell'emissione deliberata, di sospenderla o di interromperla definitivamente informandone il pubblico.
Articolo 9
Consultazione e informazione del pubblico.
1. Fatti salvi gli articoli 7 e 25, gli Stati membri consultano il pubblico e, se opportuno, determinati gruppi in merito all'emissione deliberata proposta. Gli Stati membri prevedono a tal fine modalità per la consultazione, compreso un periodo di tempo ragionevole, per dare al pubblico o ai gruppi la possibilità di esprimere un parere.
2. Fatto salvo l'articolo 25:
- gli Stati membri rendono accessibili al pubblico informazioni su tutte le emissioni di OGM sul loro territorio contemplate nella parte B,
- la Commissione rende accessibili al pubblico le informazioni contenute nel sistema di scambio di informazioni di cui all'articolo 11.
Articolo 10 (9)
Relazione del notificante sull'emissione.
Ad emissione conclusa e, successivamente, alle scadenze fissate nell'autorizzazione in base ai risultati della valutazione del rischio ambientale, il notificante trasmette all'autorità competente i risultati dell'emissione sui rischi per la salute umana o l'ambiente, se del caso con un particolare riferimento agli eventuali tipi di prodotti che egli intende notificare successivamente. La forma della presentazione di tali risultati è stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
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(9) Per il modello di presentazione dei risultati dell'emissione deliberata nell'ambiente di piante superiori geneticamente modificate in conformità con il presente articolo, vedi l'allegato della decisione 2003/701/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo 1.
Articolo 11
Scambio di informazioni tra le autorità competenti e la Commissione.
1. La Commissione istituisce un sistema di scambio delle informazioni contenute nelle notifiche. Le autorità competenti inviano alla Commissione, entro 30 giorni dal ricevimento, una sintesi di ogni notifica loro presentata a norma dell'articolo 6. La forma della sintesi è stabilita e, se del caso, modificata secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
2. La Commissione provvede, entro 30 giorni dal ricevimento, a trasmettere queste sintesi agli altri Stati membri, i quali hanno 30 giorni per presentare le loro osservazioni direttamente o tramite la Commissione. Gli Stati membri sono autorizzati a ricevere, su richiesta, copia dell'intera notifica dall'autorità competente dello Stato membro interessato.
3. Le autorità competenti informano gli altri Stati membri e la Commissione delle decisioni definitive adottate a norma dell'articolo 6, paragrafo 5, comprese eventualmente le ragioni per le quali una notifica è stata respinta, nonché dei risultati delle emissioni loro pervenuti a norma dell'articolo 10.
4. Per le emissioni di OGM di cui all'articolo 7, una volta all'anno gli Stati membri trasmettono alla Commissione che li trasmette alle autorità competenti degli altri Stati membri un elenco degli OGM che sono stati emessi nel loro territorio e un elenco delle notifiche respinte.
Parte C
Immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti
Articolo 12
Normativa settoriale.
1. Gli articoli da 13 a 24 non si applicano agli OGM come tali o contenuti in prodotti, autorizzati da atti comunitari che prescrivono, da un lato, una valutazione specifica del rischio ambientale specifico effettuata secondo i principi stabiliti nell'allegato II e sulla base delle informazioni di cui all'allegato III, salvi restando gli altri obblighi previsti dai suddetti atti, nonché, dall'altro, obblighi in materia di gestione del rischio etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausole di salvaguardia almeno equivalenti a quelli previsti dalla presente direttiva.
2. Gli articoli da 13 a 24 non si applicano agli OGM come tali o contenuti in prodotti autorizzati dal regolamento (CEE) n. 2309/93 del Consiglio, a condizione che la valutazione specifica di rischio ambientale sia compiuta secondo i principi di cui all'allegato II della presente direttiva e sulla base del tipo di informazioni indicate nell'allegato III della presente direttiva, fatti salvi altri obblighi pertinenti in materia di valutazione del rischio, gestione del rischio, etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausola di salvaguardia, previsti dalla normativa comunitaria relativa ai medicinali per uso umano e veterinario.
3. Un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio stabilirà le procedure per garantire che la valutazione del rischio, gli obblighi in materia di gestione del rischio, etichettatura, eventuale monitoraggio, informazione del pubblico e clausola di salvaguardia, siano equivalenti a quelli stabiliti nella presente direttiva. La futura legislazione settoriale basata sulle disposizioni di quel regolamento farà riferimento alla presente direttiva. Fino all'entrata in vigore del regolamento, gli OGM come tali o contenuti in prodotti, autorizzati da altri atti comunitari, possono essere immessi in commercio solo previa autorizzazione alla immissione in commercio ai sensi della presente direttiva.
4. Nel corso della valutazione delle domande di immissione sul mercato per gli OGM di cui al paragrafo 1, sono consultati gli organismi istituiti dalla Comunità in base alla presente direttiva e dagli Stati membri ai fini della sua attuazione.
Articolo 12 bis (10)
Misure transitorie in caso di presenza accidentale o tecnicamente inevitabile di OGM che sono stati oggetto di una valutazione del rischio favorevole.
1. Gli articoli da 13 a 21 non si applicano all'immissione sul mercato di tracce di un OGM o di una combinazione di OGM nei prodotti destinati all'uso diretto come alimenti o come mangimi, oppure alla lavorazione, purché essi soddisfino le condizioni di cui all'articolo 47 del regolamento (CE) n. 1829/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati.
2. Il presente articolo è applicabile per un periodo di 3 anni dalla data di applicazione del regolamento (CE) n. 1829/2003.
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(10) Articolo inserito dall'articolo 43 del regolamento (CE) n. 1829/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 13
Procedura di notifica.
1. Prima dell'immissione in commercio di un OGM o di una combinazione di OGM, come tali o contenuti in un prodotto, è presentata una notifica all'autorità competente dello Stato membro nel quale il prodotto deve essere messo in commercio per la prima volta. L'autorità competente accusa ricevuta della notifica e trasmette immediatamente la sintesi del fascicolo di cui al paragrafo 2, lettera h), alle autorità competenti degli altri Stati membri e alla Commissione.
L'autorità competente verifica immediatamente se la notifica rispetta i requisiti previsti dal paragrafo 2 e, se necessario, chiede al notificante informazioni supplementari.
Quando la notifica rispetta i requisiti previsti dal paragrafo 2, e al più tardi quando trasmette la sua relazione di valutazione a norma dell'articolo 14, paragrafo 2, l'autorità competente ne invia copia alla Commissione che, entro 30 giorni dal ricevimento, la trasmette alle autorità competenti degli altri Stati membri.
2. Nella notifica figurano:
a) le informazioni di cui agli allegati III e IV, le quali tengono conto della diversità dei luoghi di impiego dell'OGM come tale o contenuto in un prodotto e riportano dati e risultati relativi agli effetti sulla salute umana e sull'ambiente delle emissioni effettuate a scopo di ricerca e sviluppo;
b) la valutazione dei rischi ambientali e le conclusioni di cui all'allegato II, sezione D;
c) le condizioni di immissione in commercio del prodotto, incluse particolari condizioni di uso e di manipolazione;
d) con riferimento all'articolo 15, paragrafo 4, una proposta concernente la durata dell'autorizzazione, di norma non superiore a 10 anni;
e) un piano di monitoraggio nel rispetto dell'allegato VII, comprendente una proposta concernente la durata di detto piano, che può essere diversa da quella dell'autorizzazione;
f) l'etichetta proposta, che deve essere conforme ai requisiti di cui all'allegato IV. L'etichetta indica con chiarezza la presenza di un OGM. La dicitura "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati" deve figurare sull'etichetta o in un documento di accompagnamento;
g) una proposta per l'imballaggio che deve possedere i requisiti di cui all'allegato IV;
h) una sintesi del fascicolo, nella forma stabilita secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2 (11).
Qualora in base ai risultati di un'emissione notificata a norma della parte B o in base ad altri fondati motivi scientifici un notificante ritenga che l'immissione in commercio e l'uso di un OGM come tale o contenuto in un prodotto non comportino rischi per la salute umana e l'ambiente, può chiedere all'autorità competente di autorizzarlo a non fornire, in tutto o in parte, le informazioni di cui all'allegato IV, sezione B.
3. Il notificante include nella notifica informazioni sui dati o sui risultati delle emissioni dello stesso OGM o combinazione di OGM già notificate o in corso di notifica o effettuate dal notificante nella Comunità o fuori di essa.
4. Il notificante può anche rinviare a dati o risultati di notifiche già presentate da altri notificanti o presentare ulteriori informazioni a suo avviso pertinenti, a condizione che tali informazioni, dati e risultati non siano riservati o che tali notificanti abbiano dato il loro accordo scritto.
5. Per utilizzare un OGM o una combinazione di OGM a fini diversi da quelli già indicati in una notifica, occorre presentare una nuova notifica.
6. Qualora nuove informazioni sui rischi dell'OGM per la salute umana o per l'ambiente si siano rese disponibili prima del rilascio dell'autorizzazione scritta, il notificante adotta immediatamente le misure necessarie per tutelare la salute umana e l'ambiente e ne informa l'autorità competente. Inoltre, il notificante modifica le informazioni e le condizioni precisate nella notifica.
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(11) Per il modello per la sintesi del fascicolo, a norma della presente lettera, vedi l'allegato della decisione 2002/812/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo 1.
Articolo 14
Relazione di valutazione.
1. L'autorità competente, dopo avere ricevuto una notifica a norma dell'articolo 13, paragrafo 2 e averne accusato ricevuta ne esamina la conformità alla presente direttiva.
2. Entro i 90 giorni successivi alla data di ricevimento della notifica, l'autorità competente
- elabora una relazione di valutazione e la invia al notificante. Un successivo ritiro della notifica da parte del notificante lascia impregiudicata un'eventuale ulteriore presentazione della notifica ad un'altra autorità competente,
- nel caso di cui al paragrafo 3, lettera a), l'autorità competente invia detta relazione unitamente alle informazioni di cui al paragrafo 4 ed alle eventuali altre informazioni su cui si basa la sua relazione alla Commissione che, entro 30 giorni dal ricevimento, la trasmette alle autorità competenti degli altri Stati membri.
Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera b), non prima di 15 giorni dalla data in cui ha inviato al notificante la sua relazione di valutazione e non oltre 105 giorni dalla data di ricevimento della notifica, l'autorità competente invia alla Commissione detta relazione unitamente alle informazioni di cui al paragrafo 4 ed alle eventuali altre informazioni su cui si basa la sua relazione. La Commissione, entro 30 giorni dal ricevimento, trasmette la relazione alle autorità competenti degli altri Stati membri.
3. La relazione di valutazione indica:
a) che lo o gli OGM in questione possono essere immessi in commercio e a quali condizioni; oppure
b) che lo o gli OGM in questione non possono essere immessi in commercio.
Le relazioni di valutazione sono elaborate in base agli orientamenti di cui all'allegato VI.
4. Per il calcolo del termine di 90 giorni di cui al paragrafo 2, non sono computati i periodi di tempo durante i quali l'autorità competente è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante. L'autorità competente motiva le sue eventuali richieste di informazioni supplementari.
Articolo 15
Procedura standard.
1. Nei casi di cui all'articolo 14, paragrafo 3, un'autorità competente oppure la Commissione possono chiedere ulteriori informazioni, formulare osservazioni o sollevare obiezioni motivate in merito all'immissione in commercio dello o degli OGM in questione, entro 60 giorni dalla data di diffusione della relazione di valutazione.
Le osservazioni o obiezioni motivate e le risposte sono trasmesse alla Commissione che provvede a trasmetterle senza indugio a tutte le autorità competenti.
Le autorità competenti e la Commissione possono discutere di questioni in sospeso allo scopo di giungere ad un accordo entro 105 giorni dalla data di diffusione della relazione di valutazione.
Nel termine di 45 giorni previsto per il raggiungimento di un accordo, non sono computati i periodi di attesa di ulteriori informazioni dal notificante. Le eventuali richieste di ulteriori informazioni devono essere motivate.
2. Nel caso di cui all'articolo 14, paragrafo 3, lettera b), se l'autorità competente che ha elaborato la relazione decide che l'OGM non deve essere immesso in commercio, la notifica è respinta. La decisione è motivata.
3. Se l'autorità competente che ha elaborato la relazione decide che il prodotto può essere immesso in commercio, in mancanza di obiezioni motivate di uno Stato membro o della Commissione entro 60 giorni dalla data di diffusione della relazione di valutazione di cui all'articolo 14, paragrafo 3, lettera a) o in caso di risoluzione di eventuali questioni in sospeso entro il periodo di 105 giorni di cui al paragrafo 1, l'autorità competente che ha elaborato la relazione concede l'autorizzazione scritta per l'immissione in commercio, la trasmette al notificante e ne informa gli altri Stati membri e la Commissione entro 30 giorni.
4. L'autorizzazione è concessa per un periodo massimo di 10 anni a partire dalla data di concessione.
Per approvare un OGM o un derivato di OGM al semplice scopo di commercializzarne i semi a norma delle pertinenti disposizioni comunitarie, il periodo della prima autorizzazione scade non oltre 10 anni dalla data della prima inclusione della prima varietà vegetale contenente l'OGM in un catalogo nazionale ufficiale di varietà vegetali conformemente alle direttive del Consiglio 70/457/CEE e 70/458/CEE.
Per i materiali riproduttivi forestali, la validità della prima autorizzazione scade non oltre 10 anni dalla data della prima inclusione del materiale base contenente l'OGM in un catalogo nazionale ufficiale di materiali base conformemente alla direttiva del Consiglio 1999/105/CE.
Articolo 16
Criteri e informazione per determinati OGM.
1. Un'autorità competente o la Commissione, di propria iniziativa, può proporre criteri e obblighi di informazione da applicare alle notifiche, in deroga all'articolo 13, per l'immissione in commercio di taluni tipi di OGM come tali o contenuti in prodotti.
2. Tali criteri e obblighi di informazione nonché gli opportuni requisiti della sintesi della notifica sono adottati secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2, previa consultazione del o dei comitati scientifici competenti. I criteri e gli obblighi di informazione sono tali da garantire la sicurezza per la salute umana e l'ambiente e si basano sui riscontri scientifici esistenti circa tale sicurezza e sull'esperienza dell'emissione di OGM paragonabili.
I requisiti stabiliti nell'articolo 13, paragrafo 2, sono sostituiti da quelli sopra indicati e si applica la procedura di cui all'articolo 13, paragrafi 3, 4, 5 e 6, e agli articoli 14 e 15.
3. Prima dell'avvio della procedura prevista all'articolo 30, paragrafo 2, per l'adozione di criteri e requisiti in materia di informazione di cui al paragrafo 1, la Commissione pubblica la proposta. Entro 60 giorni possono essere presentate osservazioni alla Commissione. Qualsiasi osservazione, corredata di un'analisi, deve essere inoltrata dalla Commissione al comitato di cui all'articolo 30.
Articolo 17
Rinnovo dell'autorizzazione.
1. In deroga agli articoli 12, 13 e 14, si applica la procedura di rinnovo indicata ai paragrafi da 2 a 9:
a) alle autorizzazioni concesse a norma della parte C e
b) prima del 17 ottobre 2006 alle autorizzazioni all'immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti concesse a norma della direttiva 90/220/CEE prima del 17 ottobre 2002.
2. Al più tardi 9 mesi prima della scadenza dell'autorizzazione per le autorizzazioni di cui al paragrafo 1, lettera a), prima del 17 ottobre 2006 per le autorizzazioni di cui al paragrafo 1, lettera b), il notificante ai sensi del presente articolo presenta all'autorità competente destinataria della notifica originaria una notifica che contiene:
a) una copia dell'autorizzazione all'immissione in commercio degli OGM,
b) una relazione sui risultati del monitoraggio effettuato a norma dell'articolo 20. Nel caso delle autorizzazioni di cui al paragrafo 1, lettera b) questa relazione è presentata allorché sia stato effettuato il monitoraggio,
c) qualsiasi altra nuova informazione resasi disponibile concernente i rischi per la salute umana o l'ambiente connessi al prodotto, e
d) se del caso, una proposta recante modifica o integrazione delle condizioni dell'autorizzazione originaria, tra cui quelle attinenti al futuro monitoraggio e alla durata di validità dell'autorizzazione.
L'autorità competente accusa ricevuta della notifica con relativa data di ricevimento e, se la notifica è conforme al presente paragrafo, ne invia immediatamente copia con la sua relazione di valutazione alla Commissione che, entro 30 giorni dal ricevimento, le trasmette alle autorità competenti degli altri Stati membri. L'autorità competente invia inoltre la relazione di valutazione al notificante.
3. La relazione di valutazione indica:
a) che lo o gli OGM possono restare in commercio e a quali condizioni; oppure
b) che lo o gli OGM non possono restare in commercio.
4. Le altre autorità competenti o la Commissione possono chiedere ulteriori informazioni, formulare osservazioni o presentare obiezioni motivate entro 60 giorni dalla data di trasmissione della relazione di valutazione.
5. Tutte le osservazioni e obiezioni motivate e le risposte sono trasmesse alla Commissione che le invia senza indugio a tutte le autorità competenti.
6. Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera a), e qualora né gli Stati membri né la Commissione abbiano presentato obiezioni motivate entro 60 giorni dalla trasmissione della relazione di valutazione, l'autorità competente che ha elaborato la relazione trasmette per iscritto al notificante la decisione finale e informa gli altri Stati membri e la Commissione entro un termine di 30 giorni. La validità dell'autorizzazione non dovrebbe, in linea generale, superare i 10 anni e può essere, se del caso, limitata o prorogata per motivi specifici.
7. Le autorità competenti e la Commissione possono discutere sulle questioni in sospeso allo scopo di giungere ad un accordo entro 75 giorni dalla data di invio della relazione di valutazione.
8. Se le questioni in sospeso sono risolte entro il termine di 75 giorni di cui al paragrafo 7, l'autorità competente che ha elaborato la relazione trasmette per iscritto al notificante la sua decisione definitiva e informa gli altri Stati membri e la Commissione entro 30 giorni. La validità dell'autorizzazione può essere, se del caso, limitata.
9. Dopo aver presentato una notifica per il rinnovo di un'autorizzazione a norma del paragrafo 2, il notificante può continuare a immettere in commercio gli OGM alle condizioni indicate in tale autorizzazione in attesa di una decisione finale in esito alla notifica.
Articolo 18
Procedura comunitaria per le obiezioni.
1. Qualora un'autorità competente o la Commissione sollevi e mantenga obiezioni ai sensi degli articoli 15, 17 e 20 della presente direttiva, una decisione secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2 è adottata e pubblicata entro 120 giorni. Tale decisione contiene le stesse informazioni di cui all'articolo 19, paragrafo 3.
Per il calcolo del termine di 120 giorni, non sono computati i periodi durante i quali la Commissione è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante oppure del parere del Comitato scientifico da essa consultato a norma dell'articolo 28. La Commissione motiva le eventuali richieste di ulteriori informazioni e informa le autorità competenti della richiesta inviata al notificante. La Commissione attende il parere del comitato scientifico per non oltre 90 giorni.
Non è computato il periodo di tempo impiegato dal Consiglio per deliberare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
2. Qualora sia adottata una decisione favorevole, l'autorità competente che ha redatto la relazione concede l'autorizzazione scritta all'immissione in commercio o la rinnova e la trasmette al notificante e informa gli altri Stati membri e la Commissione, entro 30 giorni dalla pubblicazione o dalla notifica della decisione.
Articolo 19
Autorizzazione.
1. Fatti salvi gli obblighi previsti da altri atti comunitari, un OGM come tale o contenuto in un prodotto può essere utilizzato senza ulteriori notifiche in tutta la Comunità solo se è stata rilasciata l'autorizzazione scritta alla sua immissione sul mercato e rispettando scrupolosamente le specifiche condizioni di impiego e le relative restrizioni circa ambienti e/o aree geografiche.
2. Il notificante può procedere all'immissione in commercio solamente dopo aver ricevuto l'autorizzazione scritta dell'autorità competente a norma degli articoli 15, 17, e 18 e rispettando tutte le condizioni in essa prescritte.
3. L'autorizzazione scritta di cui agli articoli 15, 17 e 18 indica specificamente in tutti i casi:
a) la portata dell'autorizzazione, inclusa l'identità del o degli OGM da immettere in commercio come tali o contenuti in prodotti, nonché il loro identificatore unico;
b) il periodo di validità dell'autorizzazione;
c) le condizioni per l'immissione in commercio del prodotto, incluse le specifiche condizioni di impiego, di manipolazione e di imballaggio del o degli OGM come tali o contenuti in prodotti, e il riferimento a particolari ecosistemi/ambienti e/o aree geografiche;
d) l'obbligo per il notificante di mettere a disposizione dell'autorità competente, su richiesta, campioni per il controllo, fatto salvo l'articolo 25;
e) gli obblighi in materia di etichettatura, nel rispetto dei requisiti di cui all'allegato IV. Sull'etichetta è indicata con chiarezza la presenza di un OGM. La dicitura "questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati" appare sull'etichetta o nel documento che accompagna il prodotto o altri prodotti contenenti gli OGM;
f) gli obblighi in materia di monitoraggio di cui all'allegato VII, nonché l'obbligo di riferire alla Commissione e alle autorità competenti la durata del monitoraggio previsto e gli eventuali obblighi per chiunque venda o usi il prodotto, compreso, per gli OGM coltivati, quello di un livello di informazione individuato come adeguato in merito alla loro localizzazione.
4. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire l'accesso del pubblico all'autorizzazione scritta di cui all'articolo 18 e all'eventuale decisione nonché il rispetto delle condizioni indicate nell'autorizzazione scritta e nell'eventuale decisione.
Articolo 20
Monitoraggio e gestione delle nuove informazioni.
1. Dopo l'immissione in commercio di un OGM, come tale o contenuto in prodotti, il notificante provvede affinché il monitoraggio e la relativa relazione siano condotti alle condizioni indicate nell'autorizzazione. Le relazioni concernenti tale monitoraggio sono inviate alla Commissione e alle autorità competenti degli Stati membri. L'autorità competente prima destinataria della notifica originaria può adeguare il piano dopo il primo periodo di monitoraggio, sulla base dei risultati di dette relazioni, tenendo conto delle condizioni dell'autorizzazione e nel quadro del piano di monitoraggio previsto nell'autorizzazione stessa.
2. Qualora nuove informazioni, da parte di utenti o di altre fonti, sui rischi dell'OGM per la salute umana o l'ambiente siano divenute disponibili dopo il rilascio dell'autorizzazione scritta, il notificante adotta immediatamente le misure necessarie per tutelare la salute umana e l'ambiente e ne informa l'autorità competente.
Inoltre, il notificante adegua le informazioni e le condizioni precisate nel fascicolo di notifica.
3. Nel caso di cui al paragrafo 2 o se l'autorità competente dispone di informazioni che potrebbero avere ripercussioni sui rischi dell'OGM per la salute umana o l'ambiente, essa trasmette immediatamente le informazioni alla Commissione e alle autorità competenti degli altri Stati membri e, se le informazioni sono divenute disponibili prima dell'autorizzazione scritta può avvalersi, secondo i casi, dell'articolo 15, paragrafo 1, o dell'articolo 17, paragrafo 7.
Se le informazioni sono divenute disponibili dopo il rilascio dell'autorizzazione, l'autorità competente, entro 60 giorni dal ricevimento delle nuove informazioni trasmette alla Commissione una relazione di valutazione che indica se e come vadano modificate le condizioni dell'autorizzazione o se essa vada revocata. La Commissione, trasmette la relazione alle autorità competenti degli altri Stati membri entro 30 giorni dal ricevimento.
Entro 60 giorni dalla diffusione della relazione di valutazione, le osservazioni o le obiezioni motivate sull'ulteriore immissione in commercio dell'OGM o sulla proposta di modifica delle condizioni dell'autorizzazione sono trasmesse alla Commissione che le trasmette immediatamente a tutte le autorità competenti.
Le autorità competenti e la Commissione possono discutere di questioni in sospeso allo scopo di giungere ad un accordo entro 75 giorni dalla diffusione della relazione di valutazione.
In mancanza di obiezioni motivate di uno Stato membro o della Commissione entro 60 giorni dalla diffusione delle nuove informazioni o in caso di risoluzione di eventuali questioni in sospeso entro 75 giorni, l'autorità competente che ha redatto la relazione modifica l'autorizzazione proposta, trasmette l'autorizzazione modificata al notificante e ne informa gli altri Stati membri e la Commissione entro 30 giorni.
4. I risultati del monitoraggio ai sensi della parte C della direttiva sono resi pubblici in modo da garantire la trasparenza.
Articolo 21
Etichettatura.
1. Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per garantire che, in tutte le fasi dell'immissione in commercio, l'etichettatura e l'imballaggio degli OGM come tali o contenuti in prodotti immessi in commercio siano conformi ai pertinenti requisiti specificati nell'autorizzazione scritta di cui all'articolo 15, paragrafo 3, nell'articolo 17, paragrafi 5 e 8, nell'articolo 18, paragrafo 2, e nell'articolo 19, paragrafo 3.
2. Per i prodotti per i quali non possono essere escluse tracce non intenzionali e tecnicamente inevitabili di OGM autorizzati può essere fissata una soglia minima sotto la quale tali prodotti non devono essere etichettati a norma del paragrafo 1. I livelli di soglia sono stabiliti in base al prodotto in questione secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
3. Per i prodotti destinati ad essere trasformati direttamente, le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano alle tracce di OGM autorizzati presenti in proporzione non superiore allo 0,9% o a soglie inferiori stabilite in conformità delle disposizioni dell'articolo 30, paragrafo 2, purché tali tracce siano accidentali o tecnicamente inevitabili (12).
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(12) Paragrafo aggiunto dall'articolo 7 del regolamento (CE) n. 1830/2003, con decorrenza indicata nel suo articolo 13.
Articolo 22
Libera circolazione.
Fatto salvo l'articolo 23, gli Stati membri non possono vietare, limitare o impedire l'immissione in commercio di OGM, come tali o contenuti in prodotti, conformi ai requisiti della presente direttiva.
Articolo 23
Clausola di salvaguardia.
1. Qualora uno Stato membro, sulla base di nuove o ulteriori informazioni divenute disponibili dopo la data dell'autorizzazione e che riguardino la valutazione di rischi ambientali o una nuova valutazione delle informazioni esistenti basata su nuove o supplementari conoscenze scientifiche, abbia fondati motivi di ritenere che un OGM come tale o contenuto in un prodotto debitamente notificato e autorizzato per iscritto in base alla presente direttiva rappresenti un rischio per la salute umana o l'ambiente, può temporaneamente limitarne o vietarne l'uso o la vendita sul proprio territorio.
Lo Stato membro provvede affinché, in caso di grave rischio, siano attuate misure di emergenza, quali la sospensione o la cessazione dell'immissione in commercio, e l'informazione del pubblico.
Lo Stato membro informa immediatamente la Commissione e gli altri Stati membri circa le azioni adottate a norma del presente articolo e motiva la propria decisione, fornendo un nuovo giudizio sulla valutazione di rischi ambientali, indicando se e come le condizioni poste dall'autorizzazione debbano essere modificate o l'autorizzazione debba essere revocata e, se necessario, le nuove o ulteriori informazioni su cui è basata la decisione.
2. Una decisione in materia è adottata entro 60 giorni, secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2. Per il calcolo del termine di 60 giorni non sono computati i periodi di tempo durante i quali la Commissione è in attesa di ulteriori informazioni eventualmente richieste al notificante oppure del parere di comitati scientifici da essa consultati. Il periodo di tempo durante il quale la Commissione è in attesa del parere del o dei comitati scientifici consultati non supera i 60 giorni.
Analogamente non è computato il tempo impiegato dal Consiglio per deliberare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
Articolo 24
Informazione del pubblico.
1. Fatto salvo l'articolo 25, dopo aver ricevuto una notifica a norma dell'articolo 13, paragrafo 1, la Commissione mette immediatamente a disposizione del pubblico la sintesi di cui all'articolo 13, paragrafo 2, lettera h). La Commissione mette altresì a disposizione del pubblico le relazioni di valutazione nel caso di cui all'articolo 14, paragrafo 3, lettera a). Il pubblico ha 30 giorni di tempo per formulare osservazioni alla Commissione. La Commissione trasmette senza indugio tali osservazioni alle autorità competenti.
2. Fatto salvo l'articolo 25, sono a disposizione del pubblico le relazioni di valutazione effettuate per tutti gli OGM cui è stata concessa o negata un'autorizzazione scritta all'immissione in commercio come tali o contenuti in prodotti ai sensi della presente direttiva, nonché i pareri dei comitati scientifici consultati. Per ciascun prodotto sono chiaramente specificati il o gli OGM contenuti e l'uso o gli usi.
Parte D
Disposizioni finali
Articolo 25
Riservatezza.
1. La Commissione e le autorità competenti non comunicano a terzi le informazioni riservate notificate o scambiate in base alla presente direttiva e tutelano la proprietà intellettuale dei dati ricevuti.
2. Il notificante può indicare quali siano le informazioni contenute nella notifica effettuata in base alla presente direttiva la cui divulgazione potrebbe pregiudicare la sua posizione concorrenziale e che quindi dovrebbero essere considerate riservate. In tali casi deve essere fornita una giustificazione verificabile.
3. L'autorità competente decide, previa consultazione del notificante, quali informazioni saranno tenute riservate e ne informa il notificante.
4. In nessun caso sono considerate riservate le seguenti informazioni, se presentate a norma degli articoli 6, 7, 8, 13, 17, 20 o 23.
- descrizione generale del o degli OGM, nome e indirizzo del notificante, scopo dell'emissione, sito dell'emissione e usi previsti,
- metodi e piani di monitoraggio del o degli OGM e piani per gli interventi di emergenza,
- valutazione del rischio ambientale.
5. Le autorità competenti e la Commissione sono tenute a rispettare la riservatezza delle informazioni fornite anche in caso di ritiro della notifica da parte del notificante per qualsiasi motivo.
Articolo 26
Etichettatura degli OGM soggetti a deroghe a norma dell'articolo 2, punto 4, secondo comma.
1. Gli OGM da utilizzare per le operazioni di cui all'articolo 2, punto 4, secondo comma, sono soggetti ad adeguati requisiti in materia di etichettatura in base ai pertinenti punti dell'allegato IV al fine di fornire informazioni chiare, su un'etichetta o in un documento di accompagnamento, in merito alla presenza di organismi geneticamente modificati. A tal fine la dicitura "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati" deve figurare sull'etichetta o in un documento di accompagnamento.
2. Le condizioni per l'attuazione del paragrafo 1 sono stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2, senza creare doppioni o incongruenze rispetto alle disposizioni in materia di etichettatura previste dalla normativa comunitaria vigente. A tal fine occorre tenere conto, se del caso, delle disposizioni in materia di etichettatura stabilite dagli Stati membri a norma del diritto comunitario.
Articolo 26 bis (13)
Misure volte ad evitare la presenza involontaria di OGM.
1. Gli Stati membri possono adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti.
2. La Commissione raccoglie e coordina le informazioni basate su studi condotti a livello comunitario e nazionale, osserva gli sviluppi quanto alla coesistenza negli Stati membri e, sulla base delle informazioni e delle osservazioni, sviluppa orientamenti sulla coesistenza di colture geneticamente modificate, convenzionali e organiche.
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(13) Articolo inserito dall'articolo 43 del regolamento (CE) n. 1829/2003, con decorrenza indicata nello stesso articolo.
Articolo 27
Adeguamento degli allegati al progresso tecnico.
Le sezioni C e D dell'allegato II, gli allegati da III a VI e la sezione C dell'allegato VII, sono adeguati al progresso tecnico secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
Articolo 28
Consultazione di comitati scientifici.
1. Qualora a norma dell'articolo 15, paragrafo 1, dell'articolo 17, paragrafo 4, dell'articolo 20, paragrafo 3 o dell'articolo 23, un'autorità competente o la Commissione sollevino e mantengano obiezioni sui rischi di OGM per la salute umana o per l'ambiente, o qualora la relazione di valutazione di cui all'articolo 14 indichi che l'OGM non deve essere immesso in commercio, la Commissione, di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, consulta sulla obiezione i comitati scientifici competenti.
2. La Commissione può altresì consultare, di propria iniziativa o su richiesta di uno Stato membro, i competenti comitati scientifici su qualsiasi materia oggetto della presente direttiva che possa avere effetti negativi sulla salute umana o sull'ambiente.
3. Il paragrafo 2 lascia impregiudicate le procedure amministrative previste nella presente direttiva.
Articolo 29
Consultazioni di comitati etici.
1. Fatte salve le competenze degli Stati membri nelle questioni etiche, la Commissione, di sua iniziativa o su richiesta del Parlamento europeo o del Consiglio consulta, su questioni etiche, qualsiasi comitato da essa costituito allo scopo di ottenere un parere sulle implicazioni etiche della biotecnologia, come il Gruppo europeo per l'etica delle scienze e delle nuove tecnologie.
Tale consultazione può anche essere effettuata su richiesta di uno Stato membro.
2. Tale consultazione è condotta secondo precise regole di apertura, trasparenza ed accessibilità al pubblico. Il loro risultato è accessibile al pubblico.
3. Il paragrafo 1 lascia impregiudicate le procedure amministrative previste nella presente direttiva.
Articolo 30
Procedura di comitato.
1. La Commissione è assistita da un comitato.
2. Quando è fatto riferimento al presente paragrafo si applicano gli articoli da 5 a 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, tenuto conto dell'articolo 8 della stessa.
Il periodo di cui all'articolo 5, paragrafo 6, della decisione 1999/468/CE è fissato a tre mesi.
3. Il comitato adotta il proprio regolamento interno.
Articolo 31
Scambio di informazioni e relazioni.
1. Gli Stati membri e la Commissione si riuniscono regolarmente per uno scambio di informazioni sull'esperienza acquisita nel settore della prevenzione dei rischi connessi all'emissione e l'immissione in commercio di OGM. Detto scambio di informazioni si estende all'esperienza acquisita nell'attuazione dell'articolo 2, paragrafo 4, secondo comma, nella valutazione dei rischi ambientali, nel monitoraggio e in materia di consultazione e informazione del pubblico.
Se necessario, il comitato istituito a norma dell'articolo 30, paragrafo 1, può fornire orientamenti sull'applicazione dell'articolo 2, punto 4, secondo comma.
2. La Commissione istituisce uno o più registri delle informazioni sulle modifiche genetiche degli OGM indicati nell'allegato IV, punto A.7. Fatto salvo l'articolo 25, il o i registri hanno una sezione accessibile al pubblico. Le modalità di tenuta dei registri sono decise secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2 (14).
3. Senza pregiudizio dell'articolo 2 e del punto A.7 dell'allegato IV,
a) gli Stati membri stabiliscono registri pubblici dove è annotata la localizzazione degli OGM emessi in virtù della parte B della presente direttiva,
b) gli Stati membri istituiscono altresì dei registri intesi ad annotare la localizzazione degli OGM coltivati in virtù della parte C della direttiva, in particolare per consentire il monitoraggio degli eventuali effetti di tali OGM sull'ambiente, ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3, lettera f), e dell'articolo 20, paragrafo 1. Senza pregiudizio degli articoli 19 e 20, tali localizzazioni
- sono notificate alle autorità competenti e
- sono rese pubbliche,
nei modi che le autorità competenti ritengono opportuni e a norma delle disposizioni nazionali.
4. Ogni tre anni gli Stati membri inviano alla Commissione una relazione sulle misure adottate per l'attuazione della presente direttiva. Tale relazione include una breve relazione circostanziata sulla esperienza acquisita in materia di OGM immessi in commercio come tali o contenuti in prodotti in base alla presente direttiva.
5. Ogni tre anni la Commissione pubblica un riepilogo delle relazioni di cui al paragrafo 4.
6. La Commissione sottopone al Parlamento europeo e al Consiglio, nel 2003 e successivamente ogni tre anni, una relazione sulle esperienze acquisite dagli Stati membri nei cui mercati sono stati immessi OGM a norma della presente direttiva.
7. In occasione della presentazione di tale relazione nel 2003, la Commissione presenta contemporaneamente una relazione specifica sul funzionamento delle parti B e C, corredata di una valutazione:
a) di tutte le sue implicazioni, soprattutto per tener conto delle diversità degli ecosistemi europei, e della necessità di integrare il quadro normativo in questo settore;
b) della fattibilità delle varie opzioni relative al miglioramento della coerenza e dell'efficacia di tale quadro, incluse una procedura di autorizzazione centralizzata a livello comunitario e le modalità per l'adozione della decisione finale da parte della Commissione;
c) se l'esperienza accumulata nell'applicazione delle procedure differenziate di cui alla parte B, sia sufficiente a giustificare nell'ambito di tali procedure la previsione di un'autorizzazione tacita, e se quella accumulata per la parte C sia sufficiente a giustificare l'applicazione di procedure differenziate e
d) le implicazioni socioeconomiche dell'emissione deliberata e dell'immissione in commercio di OGM.
8. La Commissione trasmette ogni anno al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sugli aspetti etici di cui all'articolo 29, paragrafo 1; tale relazione può essere corredata, se del caso, di una proposta di modifica della presente direttiva.
------------------------
(14) Per le disposizioni dettagliate per il funzionamento dei registri di cui al presente paragrafo, vedi la decisione 2004/204/CE.
Articolo 32
Attuazione del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza.
1. La Commissione è invitata a presentare appena possibile e comunque entro luglio del 2001 una proposta legislativa volta ad attuare in dettaglio il Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. La proposta integra e, se necessario, modifica le disposizioni della presente direttiva.
2. Questa proposta dovrebbe includere in particolare opportune misure per attuare la procedura stabilite dal Protocollo di Cartagena e, come previsto dallo stesso, imporre agli esportatori comunitari di assicurare il pieno rispetto della procedura dell'accordo informato anticipato (Advance Informed Agreement Procedure) di cui agli articoli 7, 8, 9, 10, 12 e 14 del Protocollo.
Articolo 33
Sanzioni.
Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva. Le sanzioni devono essere efficaci, proporzionali e dissuasive.
Articolo 34
Transposizione.
1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 17 ottobre 2002. Essi ne informano immediatamente la Commissione.
Quando gli Stati membri adottano tali disposizioni, queste contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate da un siffatto riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità di tale riferimento sono decise dagli Stati membri.
2. Gli Stati membri comunicano alla Commissione il testo delle disposizioni essenziali di diritto interno che essi adottano nel settore disciplinato dalla presente direttiva.
Articolo 35
Notifiche pendenti.
1. Le notifiche riguardanti l'immissione in commercio di organismi geneticamente modificati come tali o contenuti in prodotti ricevute ai sensi della direttiva 90/220/CEE per le quali entro il 17 ottobre 2002 non sono state completate le procedure previste da tale direttiva sono disciplinate dalla presente direttiva.
2. Entro il 17 gennaio 2003 i notificanti completano la notifica ai sensi della presente direttiva.
Articolo 36
Abrogazione.
1. La direttiva 90/220/CEE è abrogata il 17 ottobre 2002.
2. I riferimenti fatti alla direttiva abrogata si intendono fatti alla presente direttiva e vanno letti seconda la tabella di correlazione contenuta nell'allegato VIII.
Articolo 37
La presente direttiva entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.
Articolo 38
Gli Stati membri sono destinatari della presente direttiva.
Fatto a Bruxelles, addì 12 marzo 2001.
Per il Parlamento europeo
La Presidente
N. Fontaine
Per il Consiglio
Il Presidente
L. Pagrotsky
Allegato I A
Tecniche di cui all'articolo 2, paragrafo 2
PARTE 1
Le tecniche di modificazione genetica di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera a), comprendono tra l'altro:
1) tecniche di ricombinazione dell'acido nucleico che comportano la formazione di nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento in un virus, un plasmide batterico o qualsiasi altro vettore, di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo all'esterno di un organismo, nonché la loro incorporazione in un organismo ospite nel quale non compaiono per natura, ma nel quale possono replicarsi in maniera continua;
2) tecniche che comportano l'introduzione diretta in un organismo di materiale ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la microiniezione, la macroiniezione e il microincapsulamento;
3) fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) o tecniche di ibridazione per la costruzione di cellule vive, che presentano nuove combinazioni di materiale genetico ereditabile, mediante la fusione di due o più cellule, utilizzando metodi non naturali.
PARTE 2
Tecniche di cui all'articolo 2, paragrafo 2, lettera b), che non si ritiene producano modificazioni genetiche, a condizione che non comportino l'impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati prodotti con tecniche o metodi diversi da quelli esclusi dall'allegato I B:
1) fecondazione in vitro;
2) processi naturali, quali la coniugazione, la trasduzione e la trasformazione;
3) induzione della poliploidia.
Allegato I B
Tecniche di cui all'articolo 3
Le tecniche o i metodi di modificazione genetica che implicano l'esclusione degli organismi dal campo di applicazione della presente direttiva, a condizione che non comportino l'impiego di molecole di acido nucleico ricombinante o di organismi geneticamente modificati diversi da quelli prodotti mediante una o più tecniche oppure uno o più metodi elencati qui di seguito sono:
1. la mutagenesi;
2. la fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasti) di cellule vegetali di organismi che possono scambiare materiale genetico anche con metodi di riproduzione tradizionali.
Allegato II (15)
Principi per la valutazione del rischio ambientale
Il presente allegato descrive a grandi linee l'obiettivo da raggiungere, gli elementi da considerare ed i principi e metodologie generali da seguire per effettuare la valutazione del rischio ambientale di cui agli articoli 4 e 13. Esso sarà integrato da note orientative da elaborare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2. Tali note orientative saranno completate entro il 17 ottobre 2002.
Al fine di contribuire ad un'interpretazione comune dei termini "diretti, indiretti, immediati e differiti" al momento dell'attuazione del presente allegato, fatti salvi ulteriori orientamenti in proposito, in particolare per quanto riguarda la misura in cui si deve o può tener conto degli effetti indiretti, tali termini sono descritti come segue:
- "effetti diretti": effetti primari sulla salute umana o sull'ambiente risultanti dall'OGM stesso e non dovuti ad una serie causale di eventi,
- "effetti indiretti": effetti sulla salute umana o sull'ambiente dovuti ad una serie causale di eventi mediante meccanismi quali le interazioni con altri organismi, il trasferimento di materiale genetico o variazioni nell'uso e nella gestione.
Le osservazioni degli effetti indiretti possono essere dilazionate nel tempo,
- "effetti immediati": effetti sulla salute umana o sull'ambiente osservati durante il periodo di emissione dell'OGM. Gli effetti immediati possono essere diretti o indiretti,
- "effetti differiti": effetti sulla salute umana o sull'ambiente che non possono essere osservati durante il periodo di emissione dell'OGM, ma che emergono come effetti diretti o indiretti in una fase successiva o al termine dell'emissione.
La valutazione del rischio ambientale deve altresì includere per principio generale un'analisi degli "effetti cumulativi a lungo termine" pertinenti per l'emissione e l'immissione in commercio. Per "effetti cumulativi a lungo termine" si intendono tutti gli effetti che le autorizzazioni hanno, cumulativamente, sulla salute umana e sull'ambiente, fra l'altro sulla flora e sulla fauna, sulla fertilità del suolo, sulla capacità del suolo di degradare materiale organico, sulla catena alimentare, animale o umana, sulla diversità biologica, sulla salute animale e sui problemi relativi alla resistenza agli antibiotici.
A. Obiettivo
L'obiettivo di una valutazione del rischio ambientale è, caso per caso, quello di individuare e valutare gli effetti potenzialmente negativi dell'OMG, sia diretti sia indiretti, immediati o differiti, sulla salute umana e sull'ambiente, provocati dall'emissione deliberata o dall'immissione sul mercato di OGM. La valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata al fine di determinare se è necessario procedere ad una gestione del rischio e, in caso affermativo, reperire i metodi più appropriati da impiegare.
B. Principi generali
In base al principio precauzionale, all'atto della valutazione del rischio ambientale occorre conformarsi ai seguenti principi generali:
- le caratteristiche accertate dell'OGM ed il suo uso, che potenzialmente possono causare effetti negativi devono essere confrontati con quelli propri dell'organismo non modificato da cui l'OGM è stato ricavato e col suo uso in situazioni corrispondenti,
- la valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata in maniera scientificamente valida e trasparente, sulla base dei dati scientifici e tecnici disponibili,
- la valutazione del rischio ambientale deve essere effettuata caso per caso, nel senso che le informazioni richieste possono variare a seconda del tipo di OGM considerato, dell'uso previsto e dell'ambiente che ne è il potenziale destinatario, tenendo conto, tra l'altro, degli OGM già presenti nell'ambiente,
- se diventano disponibili nuove informazioni sull'OGM e sui suoi effetti sulla salute umana o sull'ambiente, può essere necessario riconsiderare la valutazione del rischio ambientale al fine di:
- determinare se il rischio è cambiato,
- determinare se è necessario modificare di conseguenza la gestione del rischio.
C. Metodologia
C.1. Caratteristiche degli OGM e delle emissioni
A seconda dei casi, la valutazione del rischio ambientale deve tener conto dei dettagli tecnici e scientifici pertinenti relativi alle caratteristiche dei seguenti elementi:
- l'organismo o gli organismi riceventi/parentali,
- le modificazioni genetiche, nel senso di un'inclusione o di una soppressione di materiale genetico, e le informazioni pertinenti sul vettore e sul donatore,
- l'OGM,
- l'emissione o l'uso previsti, inclusa la loro portata,
- l'ambiente che ne è il potenziale destinatario, e
- l'interazione tra di essi.
Ai fini della valutazione del rischio possono risultare utili anche informazioni tratte da emissioni di organismi analoghi e organismi con tratti analoghi, nonché alle loro interazioni con ambienti analoghi.
C.2. Fasi della valutazione del rischio ambientale
Nell'elaborare le conclusioni relative alla valutazione del rischio di cui agli articoli 4, 6, 7 e 13 si considerano i seguenti aspetti.
1. Identificazione delle caratteristiche che possono causare effetti negativi
Sono identificate tutte le caratteristiche degli OGM connesse alla modificazione genetica che possono provocare effetti negativi sulla salute umana o sull'ambiente. Il confronto delle caratteristiche di uno o più OGM con quelle dell'organismo non modificato, in condizioni comparabili di emissioni o uso, aiuterà ad identificare i potenziali effetti negativi particolari prodotti dalla modificazione genetica. Non bisogna minimizzare un potenziale effetto negativo perché ritenuto improbabile il suo verificarsi.
I potenziali effetti negativi degli OGM variano caso per caso e possono comprendere:
- affezioni per gli esseri umani, inclusi gli effetti tossici o allergenici [cfr. ad esempio punti II.A.11 e II.C.2.i) all'allegato III A e punto B.7 all'allegato III B],
- malattie per animali o piante, inclusi gli effetti tossici e, se del caso, gli effetti allergenici [cfr. ad esempio punti II.A.11 e II.C.2.i) all'allegato III A e punti B.7 e D.8 all'allegato III B],
- effetti, per le specie, sulla dinamica delle popolazioni all'interno dell'ambiente ospite e sulla diversità genetica di ciascuna di tali popolazioni (cfr. ad esempio punti IV.B.8, 9 e 12 all'allegato III A),
- suscettibilità alterata agli agenti patogeni tale da facilitare la diffusione di malattie infettive e/o creare nuovi organismi di riserva o vettori,
- ripercussioni negative sui trattamenti profilattici o terapeutici, medici, veterinari o fitosanitari, per esempio a causa del trasferimento di geni che conferiscono resistenza agli antibiotici utilizzati in medicina e veterinaria [cfr. ad esempio punti II.A.11.e) e II.C.2.i).iv) all'allegato III A],
- effetti a livello biogeochimico (cicli biogeochimici), in particolare riciclaggio del carbonio e dell'azoto mediante cambiamenti nella decomposizione nel suolo di materia organico [cfr. ad esempio punti II.A.11.f) e IV.B.15 all'allegato III A e punto D.11 all'allegato III B].
Effetti negativi possono essere provocati, direttamente o indirettamente, da meccanismi quali:
- la diffusione di OGM nell'ambiente,
- il trasferimento del materiale genetico introdotto ad altri organismi o allo stesso organismo, geneticamente modificato o meno,
- instabilità fenotipica e genetica,
- interazioni con altri organismi,
- modificazioni nella gestione, fra l'altro, ove possibile, nelle pratiche agricole.
2. Valutazione delle potenziali conseguenze di ogni eventuale effetto negativo
Occorre valutare l'entità delle conseguenze di ogni potenziale effetto negativo. Tale valutazione dovrebbe presupporre il verificarsi di un effetto negativo. L'entità delle conseguenze potrebbe essere influenzata dall'ambiente in cui si intende emettere l'OGM o gli OGM e dalle modalità di emissione.
3. Valutazione della possibilità del verificarsi di ogni potenziale effetto negativo identificato
Un importante fattore per valutare la possibilità o la probabilità che si verifichi un effetto negativo è rappresentato dalle caratteristiche dell'ambiente in cui si intende emettere l'OGM o gli OGM e dalle modalità dell'emissione.
4. Stima del rischio collegato a ciascuna caratteristica identificata dell'OGM o degli OGM
Nella misura del possibile, compatibilmente con le conoscenze scientifiche, occorre procedere ad una stima del rischio per la salute umana o per l'ambiente rappresentato da ogni caratteristica individuata dell'OGM avente il potenziale di provocare effetti negativi, combinando la probabilità che esso si verifichi e l'entità delle eventuali conseguenze.
5. Applicazione di strategie di gestione dei rischi derivanti dall'emissione deliberata nell'ambiente o dalla immissione in commercio di OGM
La valutazione del rischio può identificare rischi che necessitano di essere gestiti nonché la modalità per gestirli nel modo migliore; deve inoltre essere definita una strategia di gestione del rischio.
6. Determinazione del rischio generale dell'OGM o degli OGM
Occorre procedere alla valutazione del rischio generale dell'OGM o degli OGM tenendo conto delle strategie di gestione del rischio proposte.
D. Conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell'emissione o dell'immissione in commercio di OGM
In base ad una valutazione del rischio ambientale effettuata tenendo conto dei principi e della metodologia di cui alle parti B e C dovrebbero essere inserite nelle notifiche, se del caso, le informazioni previste nei punti D1 o D2 seguenti allo scopo di contribuire all'elaborazione di conclusioni sul potenziale impatto ambientale dell'emissione o dell'immissione in commercio di OGM:
D.1. In caso di OGM diversi dalle piante superiori:
1. Probabilità che l'OGM divenga persistente e invasivo in habitat naturali alle condizioni dell'emissione proposta/delle emissioni proposte.
2. Ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito all'OGM e probabilità che quest'ultimo venga realizzato alle condizioni dell'emissione proposta/delle emissioni proposte.
3. Potenziale di trasferimento del gene ad altre specie alle condizioni dell'emissione proposta dell'OGM e ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito a tali specie.
4. Impatto ambientale immediato e/o differito delle interazioni dirette e indirette tra OGM e organismi bersaglio (se del caso).
5. Impatto ambientale immediato e/o differito delle interazioni dirette e indirette tra OGM e organismi non bersaglio, compreso l'impatto sui livelli di popolazione di competitori, prede, ospiti, simbiotici, predatori, parassiti e patogeni.
6. Eventuali effetti immediati e/o differiti sulla salute degli esseri umani risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette fra OGM e persone che lavorano con l'emissione/le emissioni di OGM, che vengono a contatto con tale emissione/tali emissioni o che si trovano nelle vicinanze di tale emissione/tali emissioni.
7. Eventuali effetti immediati e/o differiti sulla salute degli animali e conseguenze per la catena alimentare risultante dal consumo dell'OGM e di ogni prodotto da esso derivato se destinato ad essere impiegato come alimento per animali.
8. Eventuali effetti immediati e/o differiti su processi biogeochimici risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette fra l'OGM e organismi bersaglio e non bersaglio nelle vicinanze dell'emissione/delle emissioni di OGM.
9. Eventuali impatti ambientali immediati e/o differiti, diretti e indiretti delle tecniche specifiche impiegate per la gestione dell'OGM se diverse da quelle impiegate per non OGM.
D.2. In caso di piante superiori geneticamente modificate (PSGM)
1. Probabilità che la PSGM diventi più persistente delle piante ospiti o progenitrici in habitat agricoli oppure più invasiva in habitat naturali.
2. Ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito alla PSGM.
3. Potenziale del trasferimento del gene ad altre specie vegetali identiche o sessualmente compatibili alle condizioni d'impianto della PSGM e ogni vantaggio o svantaggio selettivo conferito a tali specie vegetali.
4. Potenziale impatto ambientale immediato e/o differito risultante da interazioni dirette e indirette fra la PSGM e organismi bersaglio, quali predatori, parassitoidi e patogeni (se del caso).
5. Eventuale impatto ambientale immediato e/o differito risultante da interazioni dirette e indirette della PSGM con organismi non bersaglio (anche tenendo conto di organismi che interagiscono con organismi bersaglio), compreso l'impatto su livelli di popolazione di competitori, erbivori, simbiotici (se del caso), parassiti e patogeni.
6. Eventuali effetti immediati e/o differiti sulla salute degli esseri umani risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette della PSGM con persone che lavorano con l'emissione/le emissioni di PSGM, che vengono a contatto con tale emissione/tali emissioni o che si trovano nelle vicinanze di tale emissione/tali emissioni.
7. Eventuali effetti immediati e/o differiti sulla salute degli animali e conseguenze per la catena alimentare risultante dal consumo di OGM e di ogni prodotto da esse derivato se destinato ad essere impiegato come alimento per animali.
8. Eventuali effetti immediati e/o differiti sui processi biogeochimici risultanti da potenziali interazioni dirette e indirette dell'OGM con organismi bersaglio e non bersaglio in prossimità della o delle emissioni dell'OGM.
9. Eventuali impatti ambientali immediati e/o differiti, diretti e indiretti delle tecniche specifiche di coltivazione, gestione e mietitura impiegate per le PSGM se diverse da quelle impiegate per non PSGM.
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(15) Ad integrazione del presente allegato, vedi le note orientative di cui all'allegato della decisione 2002/623/CE.
Allegato III
Informazioni obbligatorie per la notifica
La notifica di cui alla parte B o C della direttiva deve contenere, secondo i casi, le informazioni specificate nelle sezioni successive del presente allegato.
Non tutte le informazioni indicate sono necessariamente richieste per ogni caso. È possibile che le singole notifiche contengano soltanto le informazioni relative ad aspetti specifici in funzione delle singole situazioni.
Le risposte a ciascun gruppo di informazioni richieste devono essere sufficientemente particolareggiate in rapporto alla natura e alla portata dell'emissione proposta.
Ulteriori sviluppi nella modificazione genetica potrebbero rendere necessario un adeguamento del presente allegato al progresso tecnico o l'elaborazione di note orientative sul presente allegato. Una differenziazione successiva dei requisiti di informazione per i vari tipi di OGM, per esempio organismi monocellulari, pesci o insetti, o per un uso particolare degli OGM, come lo sviluppo di vaccini, potrebbe essere possibile non appena verrà acquisita nella Comunità sufficiente esperienza con le notifiche per l'emissione di OGM particolari.
La descrizione dei metodi utilizzati o il riferimento a metodi normalizzati o internazionalmente riconosciuti deve parimenti essere menzionata nel fascicolo, unitamente al nome dell'organismo o degli organismi responsabili dell'esecuzione degli studi.
L'allegato III A si riferisce all'emissione di tutti i tipi di organismi geneticamente modificati che non siano piante superiori. L'allegato III B si riferisce all'emissione di piante superiori geneticamente modificate.
Il termine "piante superiori" indica le piante appartenenti ai gruppi tassonomici delle Spermatofite (Gimnosperme e Angiosperme).
Allegato III A
Informazioni obbligatorie per le notifiche relative all'emissione di organismi geneticamente modificati che non siano piante superiori
I. INFORMAZIONI GENERALI
A. Nome e indirizzo del notificante (società o istituto)
B. Nome, qualifica ed esperienza professionale del/i ricercatore/i responsabile/i
C. Titolo del progetto
II. INFORMAZIONI SULL'OGM
A. Caratteristiche a) dell'organismo o degli organismi donatori; b) dell'organismo o degli organismi ospiti; c) (se del caso) dell'organismo o degli organismi progenitori
1. Nome scientifico.
2. Tassonomia.
3. Altri nomi (nome comune, nome del ceppo, ecc.).
4. Marcatori fenotipici e genetici.
5. Grado di parentela tra donatore e ospite o tra organismi progenitori.
6. Descrizione delle tecniche di individuazione e rilevazione.
7. Sensibilità, attendibilità (in termini quantitativi) e specificità delle tecniche di rilevazione e individuazione.
8. Descrizione della distribuzione geografica e dell'habitat naturale dell'organismo, ivi comprese informazioni sui predatori naturali, le prede, i parassiti, competitori, simbiotici e ospiti.
9. Organismi per i quali è noto che il trasferimento di materiale genetico avviene in condizioni naturali.
10. Verifica della stabilità genetica degli organismi e fattori che la influenzano.
11. Caratteristiche patologiche, ecologiche e fisiologiche:
a) classificazione del rischio secondo le vigenti norme comunitarie per la tutela della salute umana e/o dell'ambiente;
b) tempo di generazione negli ecosistemi naturali, ciclo riproduttivo sessuale e asessuale;
c) informazioni sulla sopravvivenza, comprese la stagionalità e la capacità di formare strutture di sopravvivenza;
d) patogenicità: infettività, tossicità, virulenza, allergenicità, vettore di agenti patogeni, vettori e ospiti possibili, ivi compresi gli organismi non bersaglio; eventuale attivazione di virus latenti (provirus); capacità di colonizzare altri organismi;
e) resistenza agli antibiotici e potenziale uso di questi antibiotici nell'uomo e negli animali domestici e allevati a scopi profilattici e terapeutici;
f) partecipazione a processi ambientali: produzione primaria, ricambio nutritivo, decomposizione della materia organica, respirazione, ecc.
12. Natura dei vettori indigeni
a) sequenza;
b) frequenza di mobilizzazione;
c) specificità;
d) presenza di geni conferenti resistenza.
13. Precedenti modificazioni genetiche.
B. Caratteristiche del vettore:
1. Natura e fonte del vettore.
2. Sequenza dei trasposoni, vettori e altri segmenti di geni non codificanti usati per costruire l'OGM, formare il vettore introdotto e inserire funzioni nell'OGM.
3. Frequenza di mobilizzazione del vettore inserito e/o capacità di trasferimento genetico e metodi di determinazione.
4. Informazioni circa la misura in cui il vettore si limita al DNA necessario per ottenere la funzione desiderata.
C. Caratteristiche dell'organismo modificato
1. Informazioni relative alla modificazione genetica:
a) Metodi utilizzati per effettuare la modificazione.
b) Metodi utilizzati per la costruzione e introduzione dell'inserto o degli inserti nell'ospite o per una delezione di sequenza.
c) Descrizione dell'inserto e/o della costruzione del vettore.
d) Purezza dell'inserto da ogni sequenza ignota e informazioni sulla misura in cui la sequenza inserita si limita al DNA necessario per ottenere la funzione desiderata.
e) Metodi e criteri di selezione utilizzati.
f) Sequenza, identità funzionale e localizzazione del o dei segmenti di acido nucleico modificati, inseriti o eliminati, con particolare riferimento ad eventuali sequenze notoriamente dannose.
2. Informazioni sull'OGM definitivo:
a) Descrizione dei caratteri genetici o delle caratteristiche fenotipiche e, in particolare, di ogni nuovo carattere e caratteristica che può o non può più esprimersi.
b) Struttura e quantità di ciascun vettore e/o acido nucleico del donatore che resta nel costrutto finale dell'organismo modificato.
c) Stabilità dell'organismo in termini di caratteri genetici.
d) Velocità e grado di espressione del nuovo materiale genetico. Metodo e sensibilità della misurazione.
e) Attività della/e proteina/e espressa/e.
f) Descrizione delle tecniche di identificazione e rilevazione, comprese quelle per identificare e rivelare le sequenze e i vettori inseriti.
g) Sensibilità, attendibilità (in termini quantitativi) e specificità delle tecniche di rilevazione e identificazione.
h) Precedenti emissioni o utilizzazioni dell'OGM.
i) Considerazioni per la salute umana e animale, nonché in materia fitosanitaria:
i) effetti tossici o allergenici di OGM e/o dei loro prodotti metabolici;
ii) confronto dell'organismo modificato con l'organismo donatore, ospite o (se del caso) progenitore, sotto l'aspetto patogeno; iii) capacità di colonizzazione;
iv) se l'organismo è patogeno per esseri umani immunocompetenti:
- disturbi causati e meccanismo patogeno, comprese invasività e virulenza,
- trasmissibilità,
- dose infettiva,
- gamma di possibili ospiti, possibilità di alterazione,
- possibilità di sopravvivenza al di fuori dell'ospite umano,
- presenza di vettori o mezzi di diffusione,
- stabilità biologica,
- morfologia della resistenza agli antibiotici,
- allergenicità,
- disponibilità di terapie appropriate,
v) altri rischi insiti nel prodotto.
III. INFORMAZIONI SULLE CONDIZIONI IN CUI AVVIENE L'EMISSIONE DELIBERATA E SULL'AMBIENTE OSPITE
A. Informazioni sull'emissione:
1. Descrizione dell'emissione deliberata proposta, inclusi gli scopi e i prodotti previsti.
2. Date previste per l'emissione e calendario dell'esperimento, comprese la frequenza e la durata delle emissioni.
3. Preparazione del sito prima dell'emissione.
4. Dimensione del sito.
5. Metodo o metodi utilizzati per l'emissione.
6. Quantità di OGM da emettere.
7. Elementi di perturbazione del sito (tipo e metodo di coltivazione, attività minerarie, irrigazione, altre attività).
8. Misure di protezione degli operatori durante l'emissione.
9. Trattamento del sito dopo l'emissione.
10. Tecniche previste per eliminare o rendere inattivi gli OGM a conclusione dell'esperimento.
11. Informazioni su precedenti emissioni degli OGM e relativi risultati, specialmente se effettuate su scale e in ecosistemi differenti.
B. Informazioni sull'ambiente (sito di emissione e ambiente più vasto):
1. Ubicazione geografica e coordinate del sito o dei siti (in caso di notifica ai sensi della parte C, per sito di emissione si intendono le località previste per l'uso del prodotto).
2. Prossimità fisica o biologica con persone e altri importanti bioti.
3. Prossimità con biotopi significativi o aree protette o forniture di acqua potabile.
4. Caratteristiche climatiche della/e regione/i che potrebbe(ro) essere colpita/e.
5. Caratteristiche geografiche, geologiche e pedologiche.
6. Flora e fauna, ivi comprese colture, bestiame d'allevamento e specie migratorie.
7. Descrizione degli ecosistemi bersaglio o non bersaglio che possono essere colpiti.
8. Confronto dell'habitat naturale dell'organismo ospite con il/i sito/i proposto/i per l'emissione.
9. Qualsiasi evoluzione o modifica prevista della destinazione del terreno nella regione che potrebbero incidere sull'impatto ambientale dell'emissione.
IV. INFORMAZIONI SULLE INTERAZIONI TRA GLI OGM E L'AMBIENTE
A. Caratteristiche che incidono su sopravvivenza, moltiplicazione e diffusione
1. Peculiarità biologiche che incidono su sopravvivenza, moltiplicazione e diffusione.
2. Condizioni ambientali note o previste che possono incidere su sopravvivenza, moltiplicazione e diffusione (vento, acqua, suolo, temperatura, pH, ecc.).
3. Sensibilità ad agenti specifici.
B. Interazioni con l'ambiente
1. Prevedibile habitat degli OGM.
2. Studi del comportamento, delle caratteristiche e dell'impatto ecologico degli OGM in ambienti naturali simulati, come microcosmi, laboratori di coltivazione, serre.
3. Capacità di trasferimento genetico:
a) trasferimento, dopo l'emissione, di materiale genetico dagli OGM ad organismi negli ecosistemi interessati dall'emissione;
b) trasferimento, dopo l'emissione, di materiale genetico da organismi indigeni agli OGM.
4. Probabilità di selezione dopo l'emissione, con conseguente espressione di caratteri imprevisti e/o indesiderabili nell'organismo modificato.
5. Misurazioni applicate per garantire e verificare la stabilità genetica. Descrizione dei caratteri genetici che possono prevenire o ridurre al minimo la diffusione di materiale genetico. Metodi di verifica della stabilità genetica.
6. Vie di diffusione biologica, interazioni note o potenziali con l'agente di diffusione, incluse inalazione, ingestione, contatto superficiale, penetrazione, ecc.
7. Descrizione degli ecosistemi in cui gli OGM potrebbero essere diffusi.
8. Possibilità di incremento eccessivo delle popolazioni nell'ambiente.
9. Vantaggio competitivo degli OGM rispetto all'organismo o agli organismi ospiti o progenitori non modificati.
10. Identificazione e descrizione degli organismi bersaglio, se del caso.
11. Meccanismo previsto ed effettivamente osservato di interazione tra gli OGM emessi e l'organismo o gli organismi bersaglio, se del caso.
12. Identificazione e descrizione degli organismi non bersaglio che possono essere negativamente colpiti dall'emissione dell'OGM e dei meccanismi previsti di ogni interazione negativa identificata.
13. Probabilità di variazioni, dopo l'emissione, delle interazioni biologiche o della gamma di possibili ospiti.
14. Interazioni note o previste sugli organismi non bersaglio nell'ambiente, compresi competitori, prede, ospiti, simbiotici, predatori, parassiti e patogeni.
15. Coinvolgimento noto o previsto in processi biogeochimici.
16. Altre potenziali interazioni con l'ambiente.
V. INFORMAZIONI SUI PIANI DI MONITORAGGIO, DI CONTROLLO E DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI E SUI PIANI DI INTERVENTO IN CASO DI EMERGENZA
A. Tecniche di monitoraggio
1. Metodi per rintracciare gli OGM e per monitorarne gli effetti.
2. Specificità (per individuare gli OGM e distinguerli dagli organismi donatori, ospiti o, se del caso, progenitori), sensibilità e attendibilità delle tecniche di monitoraggio.
3. Tecniche per rilevare il trasferimento del materiale genetico donato in altri organismi.
4. Durata e frequenza del monitoraggio.
B. Controllo dell'emissione
1. Metodi e procedure per evitare e/o ridurre al minimo la diffusione degli OGM oltre il sito d'emissione o dell'area destinata all'impiego.
2. Metodi e procedure per proteggere il sito dall'intrusione di soggetti non autorizzati.
3. Metodi e procedure per impedire che altri organismi penetrino nel sito.
C. Trattamento dei rifiuti
1. Tipo di rifiuti prodotti.
2. Volume di rifiuti previsto.
3. Descrizione del trattamento previsto.
D. Piani di intervento in caso di emergenza
1. Metodi e procedure di controllo degli OGM in caso di dispersione imprevista.
2. Metodi di decontaminazione delle aree colpite, per esempio eradicazione degli OGM.
3. Metodi di eliminazione o disinfezione per piante, animali, suoli, ecc., esposti durante o dopo la diffusione.
4. Metodi di isolamento della zona interessata dalla dispersione.
5. Piani per la protezione della salute umana e dell'ambiente in caso di manifestazione di effetti non desiderati.
Allegato III B
Informazioni obbligatorie per le notifiche relative all'emissione di piante superiori geneticamente modificate (PGM) (gimnosperme ed angiosperme)
A. INFORMAZIONI GENERALI
1. Nome e indirizzo del notificante (società o istituto)
2. Nome, qualifica ed esperienza professionale del/i ricercatore/i responsabile/i
3. Titolo del progetto
B. INFORMAZIONI SULL'ORGANISMO OSPITE O, SE DEL CASO, SUI PROGENITORI
1. Nome completo:
a) nome di famiglia,
b) genere,
c) specie,
d) sottospecie,
e) cultivar/linea di riproduzione,
f) nome comune.
2. a) Informazioni sulla riproduzione:
i) modalità di riproduzione,
ii) eventuali fattori specifici che influiscono sulla riproduzione,
iii) tempi generazionali.
b) Compatibilità sessuale con altre specie vegetali coltivate o selvatiche, compresa la distribuzione in Europa delle specie compatibili.
3. Capacità di sopravvivenza:
a) capacità di sviluppare strutture di sopravvivenza o latenza,
b) eventuali fattori specifici che influiscono sulla capacità di sopravvivenza.
4. Diffusione:
a) modalità e portata (per esempio stima di come si riducono con la distanza e polline e/o i semi vitali) della diffusione;
b) eventuali fattori specifici che influiscono sulla diffusione.
5. Distribuzione geografica della pianta.
6. In caso di specie vegetali normalmente non presenti negli Stati membri, descrizione dell'habitat naturale della pianta, incluse informazioni su predatori naturali, parassiti, organismi in competizione e simbiotici.
7. Altre potenziali interazioni, attinenti all'OGM, della pianta con organismi negli ecosistemi dove essa cresce normalmente, o altrove, incluse informazioni sugli effetti tossici per gli esseri umani, gli animali e altri organismi.
C. INFORMAZIONI SULLA MODIFICAZIONE GENETICA
1. Descrizione dei metodi utilizzati per effettuare la modificazione genetica.
2. Natura e origine del vettore utilizzato.
3. Dimensioni, origine (nome) dell'organismo o degli organismi donatori e funzioni desiderate di ciascun frammento della regione di inserimento prevista.
D. INFORMAZIONI RELATIVE ALLA PIANTA GENETICAMENTE MODIFICATA
1. Descrizione del/i tratto/i e delle caratteristiche introdotte o modificate.
2. Informazioni sulle sequenze effettivamente inserite o eliminate:
a) dimensioni e struttura dell'inserto e metodi utilizzati per caratterizzarlo, incluse informazioni su eventuali parti del vettore introdotte nella PSGM o qualsiasi altra sequenza di DNA esogeno che rimane nella PSGM,
b) in caso di soppressione, dimensioni e funzioni della/e regione/i eliminata/e,
c) numero di copie dell'inserto,
d) posizione degli inserti nelle cellule della pianta (integrati nei cromosomi, cloroplasti o mitocondri, oppure ritenuti in maniera non integrata) e metodi di determinazione.
3. Informazioni sull'espressione dell'inserto:
a) informazioni sull'espressione evolutiva dell'inserto durante il ciclo vitale della pianta e sui metodi utilizzati per la caratterizzazione,
b) parti della pianta nelle quali l'inserto è espresso (ad esempio radici, fusto, polline, ecc.).
4. Informazioni sulle differenze tra la PSGM e la pianta ospite, in termini di:
a) modalità e velocità di riproduzione,
b) diffusione,
c) capacità di sopravvivenza.
5. Stabilità genetica dell'inserto e stabilità fenotipica della PSGM.
6. Eventuali modifiche della capacità della PSGM di trasferire materiale genetico ad altri organismi.
7. Informazioni su eventuali effetti tossici, allergenici o altri effetti nocivi per la salute umana riconducibili alla modificazione genetica.
8. Informazioni sulla sicurezza della PSGM per la salute animale, con particolare riguardo ad eventuali effetti tossici, allergenici o altri effetti nocivi riconducibili alla modificazione genetica se si intende impiegare la PSGM negli alimenti per animali.
9. Meccanismi di interazione tra le PSGM e gli organismi bersaglio (se del caso).
10. Potenziali cambiamenti nelle interazioni della PSGM con organismi non bersaglio risultanti dalla modificazione genetica.
11. Potenziali interazioni con l'ambiente abiotico.
12. Descrizione delle tecniche di identificazione e rilevazione delle PSGM.
13. Informazioni su eventuali precedenti emissioni della PSGM.
E. INFORMAZIONI SUL SITO DI EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEGLI ARTICOLI 6 E 7)
1. Ubicazione e dimensioni del sito o dei siti di emissione.
2. Descrizione dell'ecosistema locale di emissione, inclusi clima, flora e fauna.
3. Presenza di individui imparentati, naturali o coltivati, sessualmente compatibili.
4. Prossimità di biotopi o aree protette ufficialmente riconosciuti che potrebbero essere interessati dal fenomeno.
F. INFORMAZIONI CONCERNENTI L'EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEGLI ARTICOLI 6 E 7)
1. Scopo dell'emissione.
2. Date e durata previste.
3. Metodo di emissione delle piante geneticamente modificate.
4. Metodo di preparazione e gestione del sito di emissione, prima, durante e dopo l'emissione, comprese pratiche colturali e modalità di raccolto.
5. Numero approssimativo di piante (o piante per m2).
G. INFORMAZIONI SUI PIANI DI MONITORAGGIO, CONTROLLO E TRATTAMENTO DEL SITO E DEI RIFIUTI DOPO L'EMISSIONE (SOLO PER LE NOTIFICHE PRESENTATE A NORMA DEGLI ARTICOLI 6 E 7)
1. Eventuali misure precauzionali adottate:
a) distanza da altre specie vegetali sessualmente compatibili, sia quelle corrispondenti allo stato selvatico che quelle di coltura,
b) eventuali misure per ridurre al minimo o impedire la dispersione di organi di riproduzione della PGM (ad esempio polline, semi, tuberi).
2. Descrizione dei metodi di trattamento del sito d'emissione ad emissione avvenuta.
3. Descrizione dei metodi di trattamento successivo all'emissione concernenti il materiale vegetale geneticamente modificato, inclusi i rifiuti.
4. Descrizione dei piani di monitoraggio e relative tecniche.
5. Descrizione di eventuali piani di emergenza.
6. Metodi e procedimenti di protezione del sito.
Allegato IV
Informazioni supplementari
Il presente allegato descrive in termini generali le informazioni supplementari da fornire in caso di notifica relativa all'immissione in commercio e le informazioni sui requisiti in materia di etichettatura concernenti gli OGM come tali o contenuti in prodotti da immettere in commercio, e gli OGM soggetti a deroghe a norma dell'articolo 2, punto 4, secondo comma. Esso sarà integrato da note orientative, riguardanti tra l'altro la descrizione di come va utilizzato il prodotto, da elaborare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2. I requisiti in materia di etichettatura degli organismi soggetti a deroghe di cui all'articolo 26 sono soddisfatti fornendo raccomandazioni appropriate sull'uso, incluse le restrizioni:
A. Nella notifica relativa all'immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti da essi derivati devono figurare le seguenti informazioni in aggiunta a quelle specificate nell'allegato III:
1. Le denominazioni commerciali dei prodotti e i nomi degli OGM ivi contenuti proposti, e l'eventuale identificazione, nome o codice specifici utilizzati dal notificatore per l'identificazione dell'OGM. Dopo l'autorizzazione, eventuali nuove denominazioni commerciali dovrebbero essere fornite all'autorità competente.
2. Nome e indirizzo completo della persona stabilita nella Comunità responsabile dell'immissione in commercio, sia essa il produttore, l'importatore o il distributore.
3. Nome e indirizzo completo del o dei fornitori dei campioni di controllo.
4. Descrizione delle modalità di uso previste per il prodotto e per l'OGM in quanto tale o contenuto nel prodotto. Devono essere evidenziate le diversità nell'uso e nella gestione dell'OGM rispetto a prodotti simili non geneticamente modificati.
5. Descrizione della o delle aree geografiche e dei tipi di ambiente per cui è previsto l'uso del prodotto, nell'ambito della Comunità incluse, ove possibile, le stime sull'entità dell'uso in ciascuna area.
6. Categorie di utilizzatori cui è destinato il prodotto, ad esempio: industria, agricoltura, commercio specializzato, pubblico in generale in qualità di consumatore.
7. Informazioni sulla modificazione genetica ai fini dell'inserimento e sulle modificazioni di organismi in uno o più registri, che possono essere utilizzati per individuare e identificare particolari prodotti contenenti OGM; al fine di agevolare il monitoraggio e il controllo successivi all'immissione in commercio. Queste informazioni dovrebbero includere ove opportuno, il deposito presso l'autorità competente di campioni dell'OGM o del suo materiale genetico e dati sulle sequenze nucleotidiche o di altro tipo necessari per identificare il prodotto contenente OGM o la sua discendenza, ad esempio la metodologia per individuare e identificare il prodotto contenente OGM, compresi i dati sperimentali che dimostrano la specificità della metodologia. Le informazioni che per motivi di riservatezza, non possono essere inserite nella parte del registro accessibile al pubblico dovrebbero essere precisate.
8. Etichettatura proposta su un'etichetta o in un documento di accompagnamento. Essa deve contenere, almeno in sintesi, la designazione commerciale del prodotto, la dicitura "Questo prodotto contiene organismi geneticamente modificati", il nome dell'OGM e le informazioni di cui al punto A.2 e indicare le modalità di accesso alle informazioni contenute nella parte del registro accessibile al pubblico.
B. Le seguenti informazioni devono figurare nella notifica, se del caso, in aggiunta a quelle specificate al punto A del presente allegato, a norma dell'articolo 13 della direttiva:
1. Misure di emergenza in caso di emissione accidentale o di uso improprio.
2. Istruzioni o raccomandazioni particolari per immagazzinamento o manipolazione.
3. Istruzioni particolari per effettuare il monitoraggio e la segnalazione al notificatore e, se necessario, all'autorità competente, affinché le autorità competenti possano essere effettivamente informate di eventuali effetti negativi. Queste istruzioni devono essere coerenti con l'allegato VII, punto C.
4. Restrizioni proposte nell'uso approvato dell'OGM, ad esempio dove e a quali scopi può essere usato il prodotto.
5. Imballaggio proposto.
6. Volume previsto di produzione e/o importazione nella Comunità.
7. Etichettatura supplementare proposta. L'etichetta può contenere, almeno in sintesi, le informazioni di cui ai punti A.4, A.5, B.1, B.2, B.3 e B.4.
Allegato V
Criteri di applicazione delle procedure differenziate (articolo 7)
I criteri di cui all'articolo 7, paragrafo 1, sono riportati in appresso.
1. La collocazione tassonomica e le caratteristiche biologiche (ad esempio le modalità di riproduzione e di impollinazione, la possibilità di incrocio con specie prossime, la patogenicità) dell'organismo (ospite) non modificato devono essere ben note.
2. Gli aspetti concernenti la sicurezza in relazione alla salute umana e all'ambiente degli organismi progenitori, se del caso, e degli organismi riceventi nell'ambiente di destinazione dell'emissione devono essere sufficientemente noti.
3. Occorre disporre di informazioni su ogni interazione particolarmente significativa per la valutazione del rischio che implica l'organismo progenitore, se del caso, e ricevente e altri organismi nell'ecosistema di emissione sperimentale.
4. Occorre disporre di informazioni che dimostrino il buon livello di caratterizzazione di tutto il materiale genetico inserito. Devono essere disponibili informazioni sulla costruzione di ciascun sistema del vettore o sequenza di materiale genetico utilizzati con il DNA del vettore. Se la modificazione genetica comporta la soppressione di materiale genetico, deve essere conosciuta l'entità della soppressione stessa. Occorre disporre inoltre di informazioni sufficienti sulla modificazione genetica per consentire l'identificazione dell'OGM e della sua discendenza durante l'emissione.
5. Nelle condizioni di emissione sperimentale l'OGM non deve comportare rischi per la salute umana o l'ambiente più numerosi o più rilevanti di quanto avvenga nelle emissioni dei corrispondenti organismi progenitori, se del caso, e riceventi. L'eventuale capacità di diffusione nell'ambiente e di invasione di altri ecosistemi non collegati così come l'eventuale capacità di trasferimento del materiale genetico in altri organismi presenti nell'ambiente non devono determinare effetti negativi.
Allegato VI
Istruzioni concernenti le relazioni di valutazione
Nelle relazioni di valutazione di cui agli articoli 13, 17, 19 e 20 deve figurare in particolare quanto segue:
1. Definizione delle caratteristiche dell'organismo ospite pertinenti per la valutazione degli/dell'OGM in questione. Indicazione di eventuali rischi noti per la salute umana e l'ambiente che potrebbero derivare dall'emissione nell'ambiente dell'organismo ospite non modificato.
2. Descrizione del risultato della modificazione genetica nell'organismo modificato.
3. Valutazione del livello di caratterizzazione della modificazione genetica (sufficiente o insufficiente) ai fini della valutazione di tutti i possibili rischi per la salute umana e/o l'ambiente.
4. Identificazione di eventuali nuovi rischi per la salute umana e l'ambiente che potrebbero derivare dall'emissione degli/dell'OGM in questione rispetto all'emissione del/i corrispondente/i organismo/i non modificato/i in base alla valutazione del rischio effettuata in conformità dell'allegato II.
5. Osservazioni conclusive circa l'opportunità di immettere in commercio gli OGM in questione come tali o contenuti in un prodotto e relative condizioni, l'opportunità di non immettere in commercio gli OGM in questione o l'eventualità di chiedere i pareri delle autorità competenti e della Commissione su punti specifici della valutazione del rischio ambientale. Detti aspetti dovrebbero essere specificati. Le osservazioni conclusive dovrebbero trattare con chiarezza l'uso proposto, la gestione del rischio e il piano di monitoraggio proposto. Qualora si sia giunti alla conclusione che gli OGM non debbano essere immessi in commercio, l'autorità competente motiva tale conclusione.
Allegato VII (16)
Piano di monitoraggio
Il presente allegato descrive a grandi linee l'obiettivo da raggiungere e i principi generali da seguire per definire il piano di monitoraggio di cui all'articolo 13, paragrafo 2, all'articolo 19, paragrafo 3 e all'articolo 20. Esso sarà integrato da note orientative da elaborare secondo la procedura di cui all'articolo 30, paragrafo 2.
Tali note orientative saranno approntate entro e non oltre il 17 ottobre 2002.
A. Obiettivo
L'obiettivo del piano di monitoraggio è:
- confermare che le ipotesi relative al verificarsi di potenziali effetti negativi dell'OGM o del suo impiego e al loro impatto, contenute nella valutazione del rischio ambientale, sono corrette e
- individuare il verificarsi di effetti negativi dell'OGM o del suo impiego sulla salute umana o sull'ambiente che non siano stati anticipati nella valutazione del rischio ambientale.
B. Principi generali
Il monitoraggio di cui agli articoli 13, 19 e 20 è effettuato dopo l'approvazione dell'immissione in commercio dell'OGM.
I dati raccolti con il monitoraggio dovrebbero essere interpretati in funzione delle altre condizioni ambientali e delle attività esistenti. Nel caso in cui si osservino modifiche dell'ambiente, dovrebbe essere presa in considerazione la possibilità di effettuare un'ulteriore valutazione per stabilire se esse rappresentino una conseguenza dell'OGM o del suo impiego, in quanto possono essere dovute a fattori ambientali diversi dall'immissione in commercio dell'OGM.
Le esperienze e i dati acquisiti mediante il monitoraggio di emissioni sperimentali di OGM possono costituire un ausilio nella definizione del regime di monitoraggio posteriore all'immissione in commercio necessario per l'immissione in commercio dell'OGM di prodotti o contenuti in prodotti.
C. Progetto di piano di monitoraggio
Il progetto di piano di monitoraggio dovrebbe:
1. essere dettagliato caso per caso, tenendo conto della valutazione del rischio ambientale;
2. tener conto delle caratteristiche dell'OGM, delle caratteristiche e delle dimensioni dell'impiego che ne è previsto e della serie di condizioni ambientali rilevanti nelle quali è prevista l'emissione dell'OGM;
3. comprendere una sorveglianza di carattere generale per gli effetti negativi imprevisti e, se necessario, il controllo specifico individuale incentrato sugli effetti negativi identificati nella valutazione del rischio ambientale
3.1. laddove il monitoraggio specifico individuale debba essere effettuato per un periodo di tempo sufficiente a individuare gli effetti immediati e diretti nonché, se necessario, differiti e indiretti identificati nella valutazione del rischio ambientale;
3.2. laddove la sorveglianza possa, se opportuno, avvalersi delle prassi consuete di sorveglianza riconosciute, quali il monitoraggio dei cultivar agricoli, dei prodotti fitosanitari o dei prodotti veterinari e medicinali. Dovrebbe essere fornita una illustrazione delle modalità secondo le quali le informazioni pertinenti raccolte mediante prassi consuete di sorveglianza riconosciute saranno messe a disposizione del titolare dell'autorizzazione;
4. facilitare l'osservazione sistematica dell'emissione dell'OGM nell'ambiente ospite e l'interpretazione di tali osservazioni in relazione alla sicurezza della salute umana o dell'ambiente;
5. identificare le persone (notificante, utilizzatori) che svolgeranno i vari compiti previsti nel piano di monitoraggio e le persone responsabili per l'accertamento dell'approntamento e della corretta attuazione del piano di monitoraggio, nonché garantire che siano previste le modalità secondo le quali il titolare dell'autorizzazione e l'autorità competente saranno informati di eventuali effetti negativi osservati sulla salute umana e sull'ambiente. (Sono indicati il calendario e la periodicità delle relazioni relative ai risultati del monitoraggio);
6. prendere in considerazione i meccanismi per l'identificazione e la conferma degli effetti negativi osservati sulla salute umana e sull'ambiente e permettere, ove opportuno, al titolare dell'autorizzazione o all'autorità competente di adottare le misure necessarie per proteggere la salute umana e l'ambiente.
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(16) Ad integrazione delle disposizioni del presente allegato si applicano le note orientative di cui all'allegato della decisione 2002/811/CE, in base a quanto disposto dal suo articolo 1.
Allegato VIII
Tabella di corrispondenza
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Direttiva presente |
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Articolo 1, paragrafo 1 |
Articolo 1 |
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Articolo 1, paragrafo 2 |
Articolo 3, paragrafo 2 |
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Articolo 2 |
Articolo 2 |
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Articolo 3 |
Articolo 3, paragrafo 1 |
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Articolo 4 |
Articolo 4 |
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Articolo 5 |
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Articolo 5 |
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Articolo 6 |
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Articolo 6, paragrafi da 1 a 4 |
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Articolo 6, paragrafo 5 |
Articolo 7 |
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Articolo 6, paragrafo 6 |
Articolo 8 |
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Articolo 7 |
Articolo 9 |
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Articolo 8 |
Articolo 10 |
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Articolo 9 |
Articolo 11 |
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Articolo 10, paragrafo 2 |
Articolo 12 |
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Articolo 11 |
Articolo 13 |
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Articolo 12, paragrafi da 1 a 3 e 5 |
Articolo 14 |
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Articolo 13, paragrafo 1 |
Articolo 15, paragrafo 3 |
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- |
Articolo 15, paragrafi 1, 2 e 4 |
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Articolo 16 |
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Articolo 17 |
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Articolo 13, paragrafi 3 e 4 |
Articolo 18 |
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Articolo 13, paragrafi 5 e 6 |
Articolo 19, paragrafi 1 e 4 |
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Articolo 12, paragrafo 4 |
Articolo 20, paragrafo 3 |
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Articolo 14 |
Articolo 21 |
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Articolo 15 |
Articolo 22 |
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Articolo 16 |
Articolo 23 |
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Articolo 24, paragrafo 1 |
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Articolo 17 |
Articolo 24, paragrafo 2 |
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Articolo 19 |
Articolo 25 |
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Articolo 26 |
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Articolo 20 |
Articolo 27 |
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Articolo 28 |
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Articolo 29 |
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Articolo 21 |
Articolo 30 |
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Articolo 22 |
Articolo 31, paragrafi 1, 4 e 5 |
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Articolo 18, paragrafo 2 |
Articolo 31, paragrafo 6 |
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Articolo 18, paragrafo 3 |
Articolo 31, paragrafo 7 |
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Articolo 32 |
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Articolo 33 |
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Articolo 23 |
Articolo 34 |
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Articolo 35 |
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Articolo 36 |
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Articolo 37 |
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Articolo 24 |
Articolo 38 |
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Allegato I A |
Allegato I A |
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Allegato I B |
Allegato I B |
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Allegato II |
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Allegato II |
Allegato III |
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Allegato II A |
Allegato III A |
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Allegato II B |
Allegato III B |
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Allegato III |
Allegato IV |
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Allegato V |
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Allegato VI |
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Allegato VII |
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Dichiarazione della Commissione
Articolo 32 (emendamento n. 28)
La Commissione prende atto dell'accordo dei colegislatori sul considerando 13 e sull'articolo 30 bis, in base agli emendamenti n. 1 e 28, in particolare per quanto riguarda la data in cui presentare una proposta in merito all'attuazione del protocollo di Cartagena e i contenuti della proposta medesima.
Nel rispetto del diritto di iniziativa che le compete, la Commissione dichiara di non poter accettare di essere vincolata dalle disposizioni di questo articolo né per quanto riguarda i tempi né per il contenuto della futura proposta.
La Commissione conferma comunque il proprio impegno, dopo un esame esauriente di tutte le potenziali implicazioni, a presentare una proposta in vista della completa attuazione del protocollo di Cartagena.
Dichiarazione della Commissione rispetto all'emendamento n. 35
Per agevolare gli Stati membri, che devono adottare tutte le misure necessarie per garantire la tracciabilità e l'etichettatura degli OGM autorizzati a norma della parte C della direttiva 90/220/CEE, riesaminata, in tutte le fasi dell'immissione in commercio, la Commissione ribadisce l'intenzione di presentare adeguate proposte in merito nel corso del 2001.
Al contempo, la Commissione, visti i risultati della riunione di esperti degli Stati membri del 29 novembre 2000, afferma inoltre l'intenzione di presentare proposte destinate a garantire l'adeguata tracciabilità dei prodotti derivati da OGM e ad integrare il sistema di etichettatura ai sensi del Libro bianco sulla sicurezza alimentare.
Racc.
2003/556/CE del 23 luglio 2003
Raccomandazione della Commissione
recante orientamenti per lo sviluppo di strategie nazionali e migliori pratiche
per garantire la coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e
biologiche
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(1) Pubblicata nella G.U.U.E. 29 luglio 2003, n. L 189.
(2) Notificata con il numero C(2003) 2624.
La Commissione delle Comunità europee,
visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare l'articolo 211,
vista la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni dal titolo "Le scienze della vita e la biotecnologia - Una strategia per l'Europa" (3), in particolare l'azione 17,
considerando quanto segue:
(1) Nell'Unione europea non deve essere esclusa alcuna forma di agricoltura, convenzionale, biologica o che si avvale di OMG.
(2) La capacità di mantenere filiere di produzione agricola separate costituisce un presupposto indispensabile per poter offrire un'ampia scelta ai consumatori.
(3) La coesistenza attiene alla capacità degli agricoltori di operare una libera scelta tra agricoltura convenzionale, biologica o transgenica, nel rispetto degli obblighi legali materia di etichettatura e di norme di purezza.
(4) La procedura di concessione definitiva dell'autorizzazione prevista dalla direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio comprende, se del caso, misure specifiche in materia di coesistenza miranti alla protezione della salute umana e dell'ambiente, la cui applicazione è obbligatoria.
(5) L'aspetto della coesistenza preso in esame nella presente raccomandazione riguarda il potenziale pregiudizio economico e l'impatto della commistione tra colture transgeniche e non transgeniche, nonché le misure di gestione più idonee che possono essere adottate per minimizzare il rischio di commistione.
(6) Le strutture aziendali e i metodi di produzione agricola, insieme alle condizioni economiche e naturali in cui operano gli agricoltori nell'Unione europea sono estremamente diverse tra loro, per cui l'efficienza e l'efficacia economica delle misure relative alla coesistenza variano notevolmente nelle diverse regioni dell'Unione europea.
(7) La Commissione europea considera opportuno che gli Stati membri elaborino e diano attuazione a misure relative alla coesistenza.
(8) La Commissione europea ha il compito di sostenere e guidare gli Stati membri in questo contesto, elaborando orientamenti sulla coesistenza.
(9) È opportuno che tali orientamenti contengano un elenco di principi generali ed elementi che permettano di elaborare strategie nazionali e migliori pratiche applicabili alla coesistenza.
(10) Due anni dopo la pubblicazione della presente raccomandazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, in base ai dati forniti dagli Stati membri, la Commissione presenterà al Consiglio e al Parlamento europeo una relazione sull'esperienza maturata negli Stati membri con l'applicazione delle misure relative alla coesistenza e, se del caso, una valutazione di tutti i provvedimenti che è possibile e necessario adottare,
raccomanda:
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(3) COM(2002) 27 def. Trattasi della comunicazione 2 marzo 2002.
1. Nell'elaborare strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza, gli Stati membri si attengono agli orientamenti figuranti nell'allegato della presente raccomandazione.
2. Gli Stati membri sono destinatari della presente raccomandazione.
Fatto a Bruxelles, il 23 luglio 2003.
Per la Commissione
Franz Fischler
membro della Commissione
Allegato
Indice
1. Introduzione
1.1. Il concetto di coesistenza
1.2. Aspetti economici della coesistenza e aspetti ambientali e sanitari
1.3. La tavola rotonda sulla coesistenza
1.4. Sussidiarietà
1.5. Obiettivi e ambito di applicazione degli orientamenti
2. Principi generali
2.1. Principi per l'elaborazione di strategie relative alla coesistenza
2.1.1. Trasparenza e coinvolgimento dei soggetti interessati
2.1.2. Decisioni basate su un fondamento scientifico
2.1.3. Basarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati
2.1.4. Proporzionalità
2.1.5. Scelta del livello appropriato
2.1.6. Specificità delle misure
2.1.7. Applicazione delle misure
2.1.8. Strumenti strategici
2.1.9. Regole di responsabilità
2.1.10. Monitoraggio e valutazione
2.1.11.Comunicazione e scambio di informazioni a livello europeo
2.1.12. Ricerca e condivisione dei risultati della ricerca
2.2. Fattori da prendere in considerazione
2.2.1. Livello di coesistenza da raggiungere
2.2.2. Fonti di commistione accidentale
2.2.3. Indicazione dei valori soglia nell'etichettatura
2.2.4. Peculiarità delle specie e varietà vegetali
2.2.5. Produzione di piante o di sementi
2.2.6. Aspetti regionali
2.2.7. Barriere all'ibridazione genetica (allofecondazione)
3. Catalogo indicativo di misure per la coesistenza
3.1. Cumulatività delle misure
3.2. Misure da adottare nelle aziende agricole
3.2.1. Preparazione delle operazioni di semina, di impianto e di lavorazione del suolo
3.2.2. Trattamento delle superfici durante e dopo il raccolto
3.2.3. Trasporto e magazzinaggio
3.2.4. Monitoraggio degli appezzamenti
3.3. Collaborazione tra aziende limitrofe
3.3.1. Informazione sui piani di semina
3.3.2. Coordinamento delle misure di gestione
3.3.3. Accordi volontari tra agricoltori operanti in zone specializzate in una data filiera di produzione
3.4. Sistemi di monitoraggio
3.5. Catasto
3.6. Tenuta di registri
3.7. Corsi di formazione e programmi di divulgazione
3.8. Scambio di informazioni e servizi di consulenza
3.9. Procedura di conciliazione in caso di controversie
1. Introduzione
1.1. Il concetto di coesistenza
La coltivazione di organismi geneticamente modificati (OMG) nell'Unione europea non sarà priva di implicazioni sull'organizzazione della produzione agricola. Da un lato, la possibile presenza accidentale (involontaria) di colture transgeniche in colture non geneticamente modificate e viceversa induce a interrogarsi su come si potrà garantire ai produttori la facoltà di scegliere tra le diverse filiere di produzione. In linea di massima gli agricoltori dovrebbero poter scegliere liberamente quale tipo di coltura praticare, convenzionale, transgenica o biologica e nessuna di queste forme di agricoltura dovrebbe essere esclusa nell'Unione europea.
D'altro canto, questa problematica è legata anche alle scelte dei consumatori: per offrire ai consumatori europei una reale possibilità di scelta tra cibi transgenici e non transgenici, è necessario non solo poter contare su un sistema efficace di etichettatura e di tracciabilità, ma anche su un settore agricolo in grado di fornire questi diversi tipi di prodotti. La capacità dell'industria alimentare di offrire un'ampia possibilità di scelta ai consumatori va di pari passo con la capacità del settore agricolo di mantenere filiere di produzione separate.
La coesistenza si riferisce alla possibilità per i conduttori agricoli di praticare una scelta tra colture geneticamente modificate, produzione convenzionale e biologica, nel rispetto degli obblighi regolamentari in materia di etichettatura o di standard di purezza.
Se in un dato prodotto agricolo destinato a non contenere OMG la presenza accidentale di OMG supera la tolleranza stabilita nella normativa comunitaria, è obbligatorio indicare nell'etichetta che si tratta di un prodotto contenente OMG. In questo caso può derivarne una perdita di reddito connessa a prezzi di mercato inferiori o a difficoltà di vendita di tali prodotti. Inoltre, è probabile che gli agricoltori debbano sostenere spese supplementari per applicare sistemi di sorveglianza e misure intese a rendere minimo il rischio di commistione tra colture modificate o non modificate geneticamente. Ne consegue che la coesistenza ha attinenza, da un lato, con il potenziale impatto economico della commistione tra colture OGM o non OGM e, dall'altro, con l'individuazione di misure di gestione praticabili volte a minimizzare il rischio di commistione e con il costo di tali misure.
La coesistenza di diverse filiere di produzione non è una novità in agricoltura. I produttori di sementi, ad esempio, vantano una lunga esperienza in fatto di pratiche di gestione agricola atte a garantire la purezza delle sementi. Un altro esempio di separazione tra diverse linee di produzione agricola è costituito dal granturco indentato destinato all'alimentazione degli animali, che nell'ambito dell'agricoltura europea è coesistito senza difficoltà con vari tipi di granturco speciale coltivato per il consumo umano e il granturco ceroso destinato all'industria dell'amido.
1.2. Aspetti economici della coesistenza e aspetti ambientali e sanitari
Appare importante distinguere chiaramente tra gli aspetti economici della coesistenza e gli aspetti ambientali e sanitari, i quali sono stati affrontati dalla direttiva 2001/18/CE sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati.
Secondo la procedura stabilita dalla direttiva 2001/18/CE, l'autorizzazione a emettere OGM nell'ambiente è subordinata ad una valutazione completa del rischio ambientale. In esito alla valutazione si possono presentare i casi seguenti:
- l'autorizzazione è rifiutata qualora sia identificato un rischio di effetto negativo per l'ambiente o la salute che non può essere gestito,
- non si individuano rischi di effetti negativi per l'ambiente e la salute, nel qual caso l'autorizzazione è rilasciata senza subordinarla a misure di gestione supplementari rispetto a quelle espressamente previste dalla normativa,
- si individuano rischi che possono essere gestiti attraverso idonee misure di gestione (ad esempio separazione fisica e/o sorveglianza); in questo caso l'autorizzazione sarà abbinata all'obbligo di attuare misure di gestione del rischio ambientale.
Qualora si individui un rischio ambientale o sanitario dopo la concessione dell'autorizzazione, nell'ambito della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 23 della direttiva può essere avviata una procedura di revoca dell'autorizzazione o di modifica delle condizioni per il suo rilascio.
Poiché nell'Unione europea possono essere coltivati solo OMG autorizzati [1] e gli aspetti ambientali e sanitari sono già contemplati dalla direttiva 2001/18/CEE, restano da affrontare nel quadro della coesistenza soltanto gli aspetti economici connessi alla commistione tra colture transgeniche e non transgeniche.
______________
[1] Per poter essere coltivati nell'UE, gli OGM devono essere esplicitamente autorizzati per la coltivazione nell'ambito della direttiva 2001/18/CE.
1.3. La tavola rotonda sulla coesistenza
Il 24 aprile 2003 la Commissione ha ospitato a Bruxelles una tavola rotonda sui risultati più recenti della ricerca in materia di coesistenza tra colture OGM e non OGM. I temi principali affrontati dal dibattito sulla coesistenza traevano spunto dall'introduzione del granturco e della colza oleaginosa geneticamente modificati nell'agricoltura europea. Le risultanze scientifiche sono state illustrate da gruppi di esperti e quindi sottoposte ad un dibattito al quale hanno partecipato molti soggetti interessati provenienti dal settore agrario, dall'industria, rappresentanti delle ONG, dei consumatori e di altri ambienti interessati. Lo scopo della tavola rotonda era quello di fornire una base scientifica e tecnica basata sull'esperienza pratica degli agricoltori, per tutte le misure agronomiche o di altra natura che si rivelino necessarie per agevolare una coesistenza sostenibile delle varie filiere di produzione agricola.
I presenti orientamenti si basano sui risultati della tavola rotonda, di cui è disponibile una relazione di sintesi redatta da alcuni scienziati partecipanti, che può essere consultata sul sito Internet: http://europa.eu.int/comm/research/biosociety/index
1.4. Sussidiarietà
Gli agricoltori europei operano in condizioni estremamente diverse tra loro. L'agricoltura europea è caratterizzata da una grande variabilità di dimensioni delle aziende agricole e delle superfici coltivate, tra i sistemi di produzione, i tipi di rotazione colturale e i modelli colturali, per non parlare delle diversissime condizioni naturali.
Questa variabilità deve essere presa in considerazione nell'elaborare, attuare, controllare e coordinare le misure attinenti alla coesistenza, le quali devono essere specifiche e funzionali alle strutture aziendali, ai sistemi di produzione, ai metodi colturali e alle condizioni naturali precipue di una determinata regione.
Per questi motivi la Commissione, nella riunione del 5 marzo 2003, si è espressa a favore di una soluzione che lascerebbe agli Stati membri il compito di elaborare e attuare misure di gestione relative alla coesistenza. La Commissione avrebbe il ruolo di raccogliere e coordinare le informazioni pertinenti, basate sugli studi in corso a livello comunitario e nazionale, nonché quello di fornire consulenza e pubblicare orientamenti per aiutare gli Stati membri a elaborare le migliori pratiche in materia di coesistenza.
Le strategie e le migliori pratiche devono essere elaborate e attuate livello nazionale o regionale, con la partecipazione attiva degli agricoltori e degli altri soggetti interessati e tenendo conto di fattori nazionali e regionali.
1.5. Obiettivi e ambito di applicazione degli orientamenti
I presenti orientamenti, sotto forma di raccomandazioni non vincolanti rivolte agli Stati membri, vanno letti proprio in questo contesto: il loro campo di applicazione si estende dalla produzione agricola a livello dell'azienda fino al primo punto di vendita, ossia "dal seme al silo [1]".
Il presente documento è destinato ad aiutare gli Stati membri a sviluppare strategie e politiche nazionali in materia di coesistenza. Incentrati principalmente sugli aspetti tecnici e procedurali, gli orientamenti contengono un elenco di principi generali e di elementi che aiuteranno gli Stati membri a stabilire le migliori pratiche per la coesistenza.
Il documento non intende presentare una serie dettagliata di misure da applicare direttamente a livello nazionale. Molti dei fattori determinanti per l'elaborazione delle migliori pratiche per la coesistenza, che devono essere ispirati a criteri di efficienza ed efficacia economica, variano in funzione delle condizioni nazionali e regionali.
Inoltre, l'elaborazione di sistemi di gestione della coesistenza e di migliori pratiche costituisce un processo dinamico e perfettibile nel tempo tenendo conto di nuovi sviluppi connessi ai progressi in campo scientifico e tecnologico.
____________
[1] Gli orientamenti riguardano la produzione commerciale di sementi e le colture. Non sono prese in considerazione le emissioni sperimentali di piante geneticamente modificate.
2. Principi generali
Nella presente sezione sono elencati i principi generali e gli elementi che gli Stati membri sono invitati a prendere in considerazione nell'elaborare strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.
2.1. Principi per l'elaborazione di strategie relative alla coesistenza
2.1.1. Trasparenza e coinvolgimento dei soggetti interessati
È opportuno che le strategie nazionali e le migliori pratiche in materia di coesistenza siano elaborate in cooperazione con tutti i soggetti interessati e secondo criteri di trasparenza. Gli Stati membri devono garantire un'adeguata divulgazione delle informazioni sulle misure relative alla coesistenza che decidono di attuare.
2.1.2. Decisioni basate su un fondamento scientifico
Le misure di gestione relative alla coesistenza dovranno rispecchiare i migliori risultati scientifici disponibili sulla probabilità e sulle fonti di commistione tra colture transgeniche e non transgeniche. È opportuno permettere entrambi i tipi di coltura, garantendo tuttavia che i prodotti ottenuti da colture non geneticamente modificate contengano un tenore di OGM inferiore alle soglie legali previste per l'etichettatura e le norme di purezza applicabili ai prodotti alimentari, ai mangimi e alle sementi geneticamente modificati, quali definite nella normativa comunitaria.
I risultati scientifici disponibili dovranno essere sottoposti ad una valutazione e ad un aggiornamento costanti per tener conto dei risultati degli studi di monitoraggio sulla coltivazione di piante geneticamente modificate a fini sperimentali e commerciali, nonché delle risultanze di nuovi studi e modelli convalidati dalle esperienze sul campo.
2.1.3. Basarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati
Le misure di gestione relative alla coesistenza devono fondarsi sulle pratiche e sui metodi di separazione già collaudati e tenere conto dell'esperienza acquisita in materia di manipolazione di prodotti agricoli di origine garantita e di metodi di produzione delle sementi.
2.1.4. Proporzionalità
Le misure relative alla coesistenza devono rispondere a criteri di efficienza ed efficacia economica ed essere proporzionate. Occorre evitare che esse siano più rigide del necessario per garantire che i residui accidentali di OGM si mantengano al di sotto delle soglie di tolleranza fissate dalla normativa comunitaria. Occorre altresì evitare di creare oneri non necessari a carico degli agricoltori, dei produttori di sementi, delle cooperative e degli altri operatori delle diverse filiere di produzione.
Nella scelta delle misure occorrerà tener conto delle particolari situazioni e dei vincoli regionali e locali, nonché della specificità della coltura.
2.1.5. Scelta del livello appropriato
Tra le opzioni disponibili occorrerà dare la precedenza innanzitutto alle misure di gestione specifiche per le aziende agricole e alle misure di coordinamento tra aziende limitrofe.
Occorrerà prendere in considerazione misure di portata regionale, da applicarsi esclusivamente alle specie vegetali la cui coltivazione sarebbe incompatibile con la coesistenza. La portata geografica di queste ultime misure dovrà essere il più limitata possibile. Le misure su scala regionale dovranno essere prese in considerazione esclusivamente nel caso in cui non sia possibile conseguire un livello sufficiente di purezza con altri mezzi. Tali misure dovranno essere giustificate separatamente per ciascuna coltura e ciascun tipo di produzione (per esempio produzione di sementi o di colture vegetali).
2.1.6. Specificità delle misure
Le migliori pratiche in materia di coesistenza dovranno tener conto delle differenze tra le specie e varietà vegetali coltivate e i vari tipi di produzione (colture o sementi). Per garantire l'idoneità delle misure occorrerà tener conto anche delle differenze a livello regionale (condizioni climatiche, topografia, modelli produttivi, sistemi di rotazione, strutture aziendali, quota di colture GM in una data regione) che possono influenzare il grado di commistione tra colture GM e non GM.
Gli Stati membri dovranno concentrarsi innanzitutto sulle colture le cui varietà transgeniche sono già state o stanno per essere autorizzate e saranno probabilmente coltivate su larga scala a livello nazionale.
2.1.7. Applicazione delle misure
Le strategie nazionali per la coesistenza dovranno garantire un giusto equilibrio tra gli interessi degli agricoltori dediti a ciascuna filiera di produzione. È opportuno incoraggiare la collaborazione tra gli agricoltori.
Gli Stati membri sono invitati a creare dispositivi per favorire il coordinamento degli accordi volontari tra aziende limitrofe e a specificare le procedure e le regole da seguire in caso di disaccordo tra i conduttori agricoli riguardo all'attuazione delle misure previste.
Come principio generale, nel corso della fase di introduzione di un nuovo tipo di produzione in una data regione, gli operatori (agricoltori) che introducono il nuovo tipo di produzione saranno responsabili dell'attuazione delle misure di gestione aziendale necessarie per limitare il flusso genico.
È opportuno dare la possibilità a tutti gli agricoltori di scegliere il tipo di produzione che preferiscono, senza che risulti necessario modificare i sistemi di produzione preesistenti nelle zone circostanti.
Gli agricoltori che prevedano di introdurre colture geneticamente modificate nella loro azienda dovranno comunicare la loro intenzione alle aziende limitrofe.
È opportuno che gli Stati membri attuino una cooperazione transfrontaliera con i paesi vicini per garantire l'efficace funzionamento delle misure relative alla coesistenza nelle zone di confine.
2.1.8. Strumenti strategici
A priori non esiste uno strumento specifico che possa essere raccomandato per affrontare la problematica della coesistenza. È opportuno lasciare agli Stati membri la possibilità di ricorrere a vari tipi di strumenti, come accordi volontari, disposizioni non giuridicamente vincolanti o normative più rigide e di scegliere la combinazione di strumenti e il livello regolamentare che ritengono più idoneo per garantire un'attuazione, un monitoraggio, una valutazione e un controllo efficaci delle misure.
2.1.9. Regole di responsabilità
Il tipo di strumento adottato può avere un impatto sull'applicazione delle regole nazionali in materia di responsabilità qualora la commistione accidentale comporti un pregiudizio economico. Si invitano gli Stati membri ad esaminare il proprio diritto interno in materia di responsabilità civile per appurare se le norme in vigore a livello nazionale contemplino possibilità eque e sufficienti al riguardo. Gli agricoltori, i fornitori di sementi e gli altri operatori devono essere pienamente informati sui criteri in materia di responsabilità in vigore nel loro paese in caso di pregiudizio economico causato dalla commistione.
In tale contesto, è possibile che gli Stati membri desiderino esplorare la fattibilità e l'utilità di un eventuale adattamento dei sistemi assicurativi in vigore oppure di istituire nuovi sistemi.
2.1.10. Monitoraggio e valutazione
È necessario sottoporre a un monitoraggio e ad una valutazione costanti le misure di gestione e gli strumenti adottati, in modo da verificarne l'efficacia e trarne le informazioni necessarie per migliorare le misure nel tempo.
Gli Stati membri hanno il compito di istituire adeguati sistemi di controllo e di ispezione in modo da garantire il corretto funzionamento delle misure relative alla coesistenza.
È altresì opportuno rivedere periodicamente le migliori pratiche relative alla coesistenza per tener conto dei progressi tecnici e scientifici in grado di agevolare la coesistenza.
2.1.11. Comunicazione e scambio di informazioni a livello europeo
Ferma restando la vigente normativa e le vigenti procedure comunitarie in materia di notificazione, gli Stati membri dovranno informare la Commissione in merito alle strategie nazionali per la coesistenza e alle misure adottate, nonché in merito ai risultati del monitoraggio e della valutazione. La Commissione coordinerà lo scambio di informazioni sulle misure, le esperienze e le migliori pratiche comunicate dagli Stati membri. Il regolare scambio di informazioni può creare sinergie e contribuire ad evitare inutili duplicazioni nei vari Stati membri.
2.1.12. Ricerca e condivisione dei risultati della ricerca
È opportuno che gli Stati membri incoraggino e sostengano, in collaborazione con i soggetti interessati, le attività di ricerca volte a migliorare la conoscenza delle modalità più idonee a garantire la coesistenza. Gli Stati membri dovrebbero informare la Commissione circa le attività di ricerca in corso e programmate in questo settore. È opportuno altresì incoraggiare caldamente la condivisione dei risultati della ricerca tra gli Stati membri.
Le ricerche in materia di coesistenza possono essere inoltre finanziate nell'ambito del Sesto programma quadro di ricerca comunitario. Il Centro Comune di Ricerca eseguirà inoltre studi complementari sulla coesistenza.
La Commissione agevolerà gli scambi di informazioni sui progetti di ricerca in corso o programmati a livello comunitario nazionale. Lo scambio di informazioni potrà migliorare il coordinamento delle attività di ricerca livello nazionale tra gli Stati membri e di quelle eseguite nell'ambito del Sesto programma quadro di ricerca comunitario.
2.2. Fattori da prendere in considerazione
La presente sezione contiene un elenco non esaustivo dei fattori da prendere in considerazione nell'elaborazione di strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.
2.2.1. Livello di coesistenza da raggiungere
Il problema della coesistenza di colture GM e non GM può sorgere a vari livelli, ad esempio:
- produzione di colture GM e non GM simultanea o in anni successivi nella stessa azienda,
- produzione di colture GM e non GM in aziende limitrofe nel corso dello stesso anno,
- filiere di produzione GM e non GM presenti nella stessa regione, ma in aziende separate da una certa distanza.
Le misure relative alla coesistenza dovrebbero essere funzionali al livello di coesistenza da raggiungere.
2.2.2. Fonti di commistione accidentale
Esistono varie fonti di commistione accidentale tra colture GM e non GM, ad esempio:
- dispersione di polline tra particelle limitrofe, a distanze più o meno grandi (in funzione delle specie e di altri fattori che possono incidere sul trasferimento genetico),
- mescolanza di colture durante il raccolto o nelle operazioni che seguono il raccolto,
- trasferimento di sementi o di altro materiale vegetale vitale nel corso del raccolto, del trasporto e del magazzinaggio e, in una certa misura, ad opera di animali;
- piante spontanee (le sementi rimangono nel terreno dopo il raccolto e producono nuove piante spontanee nelle annate successive). Questa fonte di commistione può essere maggiore per talune specie vegetali (ad esempio la colza oleaginosa) rispetto ad altre, in funzione tra l'altro delle condizioni climatiche (ad esempio le sementi di granturco possono non sopravvivere al gelo),
- impurezze nelle sementi.
È importante determinare l'effetto cumulato delle varie fonti di commistione, compreso l'effetto cumulato, nel tempo, sullo stock di sementi o sull'impiego di sementi prodotte in azienda.
2.2.3. Indicazione dei valori soglia nell'etichettatura
Le strategie nazionali e le migliori pratiche relative alla coesistenza dovranno fare riferimento alle soglie legali per l'etichettatura e alle norme applicabili materia di purezza per i prodotti alimentari, i mangimi e le sementi geneticamente modificati.
Attualmente, il regolamento (CE) n. 1139/98 del Consiglio, quale modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 49/2000 della Commissione, definisce un valore limite per l'etichettatura dell'1% nel caso dei prodotti alimentari. Future soglie per l'etichettatura dei prodotti alimentari e dei mangimi sono definite nel regolamento relativo agli alimenti e ai mangimi geneticamente modificati. Si tratta di soglie applicabili indistintamente ai prodotti agricoli convenzionali e biologici. Non esistono invece soglie legali per la presenza accidentale di organismi non transgenici in organismi transgenici. Per le sementi di varietà GM si applicano i requisiti generali in materia di norme di purezza della produzione di sementi, che variano in funzione di ciascuna coltura.
Il regolamento relativo al metodo di produzione biologico [1] contempla il divieto assoluto di impiego di OGM nella produzione biologica. Pertanto, non possono essere utilizzati i materiali, incluse le sementi, la cui etichetta indichi che contengono OGM. Resta il fatto, però, che possono essere utilizzate le partite di sementi che contengono una percentuale di sementi GM inferiore alla soglia in vigore (che non è obbligatorio indicare nell'etichetta come contenenti OGM). Il regolamento sull'agricoltura biologica permette la fissazione di una soglia specifica riguardo alla presenza tecnicamente inevitabile di OGM, ma finora non è stata fissata alcuna soglia: in altre parole, in assenza di una soglia specifica si applicano le soglie generali.
_____________
[1] Regolamento (CE) n. 1804/1999 del Consiglio.
2.2.4. Peculiarità delle specie e varietà vegetali
- Il grado di allofecondazione: ad esempio, il frumento, l'orzo e la soia sono in generale piante autogame, mentre il granturco, la barbabietola da zucchero e la segale sono allogame,
- le forme di impollinazione incrociata peculiari di una data varietà (ad esempio anemofila ed entomofila),
- la predisposizione specifica di una varietà a formare piante spontanee e il periodo di tempo in cui i semi restano vitali nel terreno,
- il potenziale di impollinazione incrociata con parenti stretti peculiare della specie e delle varietà, sia coltivate che selvatiche; esso dipende, tra l'altro il grado di impollinazione autogama o incrociata, dalla recettività dei fiori al momento del rilascio del polline e dalla compatibilità tra il polline e lo stile della pianta che lo riceve,
- i periodi di fioritura delle piante che emettono il polline e delle piante che lo ricevono: grado di sovrapposizione dei rispettivi periodi di fioritura,
- la durata della vitalità del polline, in funzione della specie vegetale, della varietà, delle condizioni ambientali, come l'umidità atmosferica,
- il grado di competizione tra pollini, che dipende dalla produzione di polline nella popolazione ricevente e dalla pressione originata dal polline della popolazione emittente; tale grado può variare in funzione della varietà. Nella produzione di piante ibride si può ottenere un numero elevato di piante maschili sterili che non sono in grado di produrre polline da sole e sono quindi più vulnerabili alla pressione del polline proveniente dall'esterno,
- la produzione di foraggio o di cereali (ad esempio granturco da insilamento e granturco alimentare): differenza nei metodi colturali e nella durata della coltivazione,
- la misura in cui lo scambio genetico attraverso il flusso di polline influenza la percentuale di commistione nel raccolto. Ad esempio, non c'è alcuna influenza nel caso di raccolta di patate o barbabietole. Nella produzione di granturco da insilamento, il materiale raccolto è composto in varia misura di pannocchie, sulle quali si esercita l'influenza dello scambio genetico, e di piante che invece non ne risentono le conseguenze.
2.2.5. Produzione di piante o di sementi
- Le soglie per l'etichettatura dovranno variare a seconda che si tratti di produzioni vegetali o di sementi,
- per le sementi la Commissione sta attualmente elaborando una normativa specifica.
2.2.6. Aspetti regionali
- Quota di colture GM nella regione,
- numero e tipo di varietà vegetali (GM e non GM) che devono coesistere in una data regione,
- configurazione e dimensioni delle particelle agricole in una data regione. Gli appezzamenti più piccoli sono più soggetti all'importazione di polline rispetto ai campi di più vaste dimensioni,
- frammentazione e dispersione geografica delle superfici appartenenti alle singole aziende,
- pratiche regionali di gestione delle aziende agricole,
- sistemi di rotazione delle colture e tipi di colture praticate in una data regione, tenendo conto della longevità delle sementi propria ad una data specie,
- attività, comportamento e dimensione della popolazione degli impollinatori (insetti ecc.),
- condizioni climatiche (ad esempio pluviometria, umidità, direzione e forza del vento, temperatura dell'aria e del suolo) che influenzano l'attività degli impollinatori e la dispersione di polline attraverso l'aria e possono influenzare il tipo di coltura, la data di inizio e la lunghezza del processo colturale, il numero annuo di cicli di produzione ecc.,
- topografia (ad esempio, la presenza di vallate o corsi d'acqua o laghi influenza le correnti d'aria e la forza dei venti),
- strutture circostanti, come siepi, foreste, zone incolte e ubicazione delle superfici coltivate.
2.2.7. Barriere all'ibridazione genetica (allofecondazione)
Determinati metodi biologici destinati a ridurre il flusso di geni possono far diminuire il rischio di impollinazione incrociata (ad esempio: apomixis [ossia produzione asessuale di sementi], sterilità maschile citoplasmatica, trasformazione dei cloroplasti).
3. Catalogo indicativo di misure per la coesistenza
La presente sezione contiene un elenco aperto di misure di gestione aziendale e di altre misure relative alla coesistenza che, in varia misura e variamente combinate, possono far parte delle strategie nazionali e migliori pratiche in materia di coesistenza.
3.1. Cumulatività delle misure
Le misure intese ad evitare la dispersione di polline nei campi vicini sono in una certa misura cumulative e possono avere effetti sinergici. Ad esempio, le distanze minime di isolamento tra particelle agricole investite ad una stessa coltura possono essere ridotte se, nello stesso tempo, si applicano misure di altro tipo (scaglionamento dei periodi di fioritura, impiego di varietà con una produzione di polline ridotta, trappole per il polline, siepi ecc.).
L'efficienza e l'efficacia economica delle misure risentiranno dell'influenza dei fattori elencati nella sezione 2.2 e possono variare in misura considerevole da una coltura all'altra e da una regione all'altra.
3.2. Misure da adottare nelle aziende agricole
3.2.1. Preparazione delle operazioni di semina, di impianto e di lavorazione del suolo
- Distanze di isolamento tra campi su cui si coltivano colture GM e campi con colture non GM della stessa specie e, se del caso, dello stesso genere [1]:
- occorre fissare le distanze di isolamento in funzione del potenziale di allofecondazione della coltura. Per le colture e le piante a impollinazione allogama, come la colza oleaginosa, sono necessarie distanze maggiori. Nel caso delle colture e piante autogame il cui raccolto non è costituito da sementi, come ad esempio le barbabietole e le patate, sono possibili distanze minori. Le distanze di isolamento sono in grado di ridurre al minimo, ma non necessariamente di eliminare, il flusso di geni attraverso la dispersione del polline. L'obiettivo è garantire un livello di presenza accidentale inferiore alla soglia di tolleranza,
- qualora esistano soglie diverse, ad esempio per la produzione di piante o di sementi, occorrerà adattare di conseguenza le distanze di isolamento,
- creare zone cuscinetto, in alternativa o come misura complementare alle distanze di isolamento (compresa la possibilità di ritiro delle superfici agricole dalla produzione),
- installare trappole e barriere per il polline (impianto di siepi),
- applicare sistemi di rotazione colturale (ad esempio allungare il periodo di rotazione introducendo una coltura primaverile le cui piante spontanee non possono fiorire oppure inserire intervalli di tempo minimi tra colture di varietà GM e non GM della stessa specie e anche tra specie diverse dello stesso genere),
- pianificare il ciclo di produzione vegetale (scaglionare le date di impianto per ottenere periodi di fioritura e di raccolta diversi),
- ridurre le dimensioni dello stock di sementi attraverso l'efficace lavorazione del terreno (evitare gli aratri a versoio dopo la raccolta della colza oleaginosa),
- gestire le popolazioni ai bordi degli appezzamenti applicando metodi colturali appropriati, ricorrendo all'uso di erbicidi selettivi o di tecniche integrate di lotta contro le piante infestanti,
- scegliere le date di semina ottimali e le tecniche colturali più idonee per minimizzare la ricrescita delle piante (stoloni),
- manipolare le sementi con attenzione per evitare mescolanze, imballarle separatamente, etichettarle individualmente e conservarle in locali separati,
- utilizzare varietà che producono poco polline o varietà maschiosterili,
- pulire le macchine seminatrici prima e dopo l'uso per evitare che vi rimangano sementi dell'operazione precedente e la dispersione indesiderata di sementi nell'azienda,
- condividere l'uso di seminatrici soltanto con agricoltori che si dedicano allo stesso tipo di produzione,
- evitare fuoriuscite accidentali di sementi durante il percorso per recarsi e per tornare dall'appezzamento e lungo i suoi confini,
- combattere e distruggere le piante spontanee, abbinare questa misura a periodi di semina pianificati in modo da prevenire la crescita di piante spontanee nella stagione successiva.
______________
[1] Il genere è una suddivisione tassonomica che si riferisce a un gruppo di specie affini.
3.2.2. Trattamento delle superfici durante e dopo il raccolto
- Conservare soltanto sementi provenienti da appezzamenti e da superfici idonei (ad esempio dalla parte centrale degli appezzamenti),
- ridurre le perdite di sementi durante raccolto (ad esempio ottimizzare il periodo di raccolta in modo da minimizzare la caduta di sementi),
- pulire i macchinari utilizzati per la raccolta prima e dopo l'uso per evitare che vi rimangano sementi dell'operazione precedente e la dispersione indesiderata di sementi,
- condividere l'uso di macchinari per la raccolta soltanto con agricoltori che si dedicano allo stesso tipo di produzione,
- qualora altri tipi di misure siano ritenute insufficienti per mantenere la presenza accidentale di sotto della soglia di etichettatura, occorrerà effettuare il raccolto sui bordi degli appezzamenti separatamente dal resto del campo. In tal caso questo raccolto sarà tenuto separato dal raccolto della parte centrale dell'appezzamento.
3.2.3. Trasporto e magazzinaggio
- Garantire la separazione fisica di colture GM e non GM dopo il raccolto fino al primo punto di vendita,
- applicare sistemi e metodi adeguati per il magazzinaggio delle sementi,
- evitare perdite di raccolto durante il trasporto fino all'azienda e dall'azienda fino al primo punto di vendita.
3.2.4. Monitoraggio degli appezzamenti
Sorvegliare le zone, le particelle, i bordi delle particelle in cui possano essere state versate sementi per controllare la crescita di piante spontanee.
3.3. Collaborazione tra aziende limitrofe
3.3.1. Informazione sui piani di semina
Occorrerà notificare alle aziende situate all'interno dello stesso perimetro i periodi di semina e di impianto previsti per la stagione successiva. Tali notifiche dovranno essere trasmesse prima di ordinare le sementi per la campagna successiva.
3.3.2. Coordinamento delle misure di gestione
- Raggruppamento volontario di appezzamenti appartenenti ad aziende diverse per coltivare varietà simili (GM, convenzionali o biologiche) all'interno di una data zona di produzione,
- uso di varietà che presentano periodi di fioritura diversi,
- concordare date di semina scaglionate per evitare l'impollinazione incrociata durante la fioritura,
- coordinare la rotazione colturale.
3.3.3. Accordi volontari tra agricoltori operanti in zone specializzate in una data filiera di produzione
Gli agricoltori di una data zona possono riuscire a ridurre in misura significativa i costi connessi alle misure di isolamento tra filiere di produzione di colture transgeniche e non transgeniche se si raggruppano e coordinano la propria produzione in base ad accordi volontari.
3.4. Sistemi di monitoraggio
- Elaborare sistemi di notifica per incoraggiare gli agricoltori a far presenti i problemi o le situazioni impreviste nell'attuazione delle misure relative alla coesistenza,
- utilizzare le informazioni ottenute grazie al monitoraggio per un ulteriore adattamento ed approfondimento delle strategie nazionali e delle migliori pratiche relative alla coesistenza,
- istituire sistemi/organismi di controllo efficaci, focalizzati su determinati punti critici di controllo per garantire il corretto funzionamento delle misure di gestione relative alla coesistenza.
3.5. Catasto
- Il registro istituito a norma dell'articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2001/18/CE può rivelarsi uno strumento utile per controllare l'andamento delle colture transgeniche e per aiutare gli agricoltori a coordinare i metodi di produzione a livello locale e a sorvegliare gli sviluppi della situazione relativa alle diverse filiere. Si potrebbe affiancare al registro una mappa topografica basata sul sistema di posizionamento globale (GPS) degli appezzamenti investiti a colture transgeniche e non transgeniche. Quest'informazione può essere messa a disposizione del pubblico attraverso Internet o altri mezzi di comunicazione,
- creare un sistema di identificazione degli appezzamenti investiti a colture GM.
3.6. Tenuta di registri
Elaborare disposizioni sulla tenuta di registri aziendali contenenti informazioni relative:
- al processo colturale e alla manipolazione, al magazzinaggio, al trasporto e alla commercializzazione di colture GM; gli agricoltori avranno l'obbligo legale di porre in essere un sistema di identificazione dei fornitori da cui acquistano OGM e dei clienti a cui essi stessi forniscono OGM, comprese le colture e le sementi transgeniche, non appena sarà adottata la proposta legislativa sulla tracciabilità e l'etichettatura degli OGM [1],
- alle pratiche di gestione della coesistenza applicate in azienda.
______________
[1] Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tracciabilità e l'etichettatura degli organismi geneticamente modificati, la tracciabilità di prodotti alimentari e mangimi prodotti a partire da organismi geneticamente modificati, nonché recante modifica della direttiva 2001/18/CE [COM(2001) 182 def.].
3.7. Corsi di formazione e programmi di divulgazione
Gli Stati membri sono invitati a promuovere corsi di formazione per gli agricoltori, obbligatori o facoltativi, e programmi di divulgazione allo scopo di sensibilizzare gli agricoltori e gli altri interessati e fornire loro le necessarie conoscenze tecniche per l'attuazione delle misure relative alla coesistenza. Si può prevedere anche la formazione di formatori specializzati i quali dovranno fornire consulenza ai conduttori agricoli in merito alle misure di gestione relative alla coesistenza.
3.8. Scambio di informazioni e servizi di consulenza
- È opportuno che gli Stati membri garantiscano la più completa informazione degli agricoltori sulle conseguenze dell'adozione di una determinata filiera di produzione (GM o non GM), in particolare per quanto riguarda la loro responsabilità nell'attuazione delle misure relative alla coesistenza e le regole in materia di responsabilità civile applicabili in caso di pregiudizio economico derivante dalla commistione,
- è necessario che tutti gli operatori interessati siano sufficientemente informati delle misure specifiche di coesistenza che sono tenuti ad applicare. Per garantire la divulgazione di tale informazione specifica si potrebbe per esempio fare obbligo al fornitore di sementi ad apporre quest'informazione sulla partita di sementi,
- gli Stati membri devono incoraggiare lo scambio e la messa in rete regolare ed efficace di informazioni tra agricoltori e altri soggetti interessati,
- gli Stati membri dovrebbero valutare l'opportunità di creare servizi di informazione telefonica (ad esempio "linea verde OGM") o via Internet, per rispondere a domande specifiche di informazione e fornire consulenza agli agricoltori e agli altri operatori sugli aspetti tecnici, commerciali e legali relativi agli OGM.
3.9. Procedura di conciliazione in caso di controversie
Si raccomanda agli Stati membri di prendere provvedimenti per istituire procedure di conciliazione per la risoluzione di eventuali controversie tra agricoltori confinanti circa l'attuazione delle misure relative alla coesistenza.
L.R.
16 marzo 2001, n. 6
Norme in materia di coltivazione, allevamento,
sperimentazione e commercializzazione di Organismi geneticamente modificati
(O.G.M.) e prodotti da loro derivati
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(1) Pubblicata nel B.U. Abruzzo 28 marzo 2001, n. 7.
(2) Il Commissario del Governo nella Regione Abruzzo, con nota n. 204/376C.G. del 28 febbraio 2001, nel trasmettere debitamente vistata la presente legge regionale, ha comunicato che: «Il Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2001, ha osservato che:
1) circa le disposizioni di cui agli articoli 2 e 6 comma 3, esse debbono correlarsi alle disposizioni del decreto legislativo n. 92/1993 in particolare per quel che riguarda il regime di vigilanza ed autorizzazione delle attività previste nei predetti articoli;
2) riguardo la norma sulle sanzioni, di cui all'articolo 10, esse devono comunque considerarsi meramente aggiuntive rispetto a quelle già previste per situazioni analoghe dalla summenzionata normativa nazionale;
3) in merito all'articolo 8, riguardante l'attività di informazione ed educazione alimentare, alla copertura finanziaria dei relativi oneri dovrà farsi fronte nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.».
Art. 1
Obiettivi.
1. La Regione Abruzzo, a tutela delle risorse genetiche del proprio territorio e della qualità, specificità, originalità, territorialità della propria produzione agroalimentare, ed a garanzia della sicurezza alimentare dei propri cittadini, sostanzia con la presente legge l'applicazione del principio di precauzione nelle decisioni che riguardano l'uso per qualunque fine di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
2. La Regione Abruzzo promuove tutte le azioni utili a prevenire i possibili rischi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti dalla coltivazione, dall'allevamento e dall'uso a scopi alimentari di tali organismi o di prodotti da essi derivati.
3. La Regione Abruzzo promuove e sostiene la ricerca e la sperimentazione nel settore agricolo con l'obiettivo di mantenere e sviluppare la biodiversità e l'alto valore del paesaggio agrario regionale.
Art. 2
Divieto di coltivazione e allevamento, sui terreni di proprietà pubblica, collettiva e nelle aree, a qualunque titolo, protette (3).
1. È fatto divieto; sui terreni di proprietà del demanio regionale, sui terreni di proprietà collettiva ricadenti nel territorio regionale, alla coltivazione e all'allevamento di piante e animali geneticamente modificati o di altro tipo di O.G.M., anche ai fini sperimentali.
2. Nelle aree protette regionali e nei territori di interesse comunitario, nazionale e regionale, nelle aree in cui si realizzano prodotti garantiti da un marchio di qualità riconosciuto dalla UE, è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati anche a fini sperimentati.
3. È fatto divieto di coltivazione o allevamento di organismi geneticamente modificati anche a fini sperimentali nei siti inseriti negli elenchi predisposti dall'ARSA nell'ambito della rete regionale di protezione della biodiversità.
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(3) Il Commissario del Governo nella Regione Abruzzo, con nota n. 204/376C.G. del 28 febbraio 2001, nel trasmettere debitamente vistata la presente legge regionale, ha comunicato che il Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2001, ha osservato, fra l'altro, circa le disposizioni di cui al presente articolo e all'art. 6, comma 3, che esse debbono correlarsi alle disposizioni del decreto legislativo n. 92/1993 in particolare per quel che riguarda il regime di vigilanza ed autorizzazione delle attività previste nei predetti articoli.
Art. 3
Esclusione dalla protezione dei marchi di qualità e dai finanziamenti erogati dalla Regione.
1. Sono escluse dalla possibilità di accedere ai marchi di qualità le aziende agricole che utilizzano organismi geneticamente modificati, sia direttamente che indirettamente.
2. Le stesse aziende sono anche escluse dall'accesso a qualunque tipo di contributi finanziari erogati dalla Regione Abruzzo.
3. Analoga esclusione riguarda le aziende che utilizzano mangimi in cui sono contenute materie prime derivate da piante geneticamente modificate.
Art. 4
Ristorazione collettiva.
1. Nelle attività di ristorazione collettiva scolastica e prescolastica degli ospedali e luoghi di cura della Regione Abruzzo, degli uffici pubblici appartenenti alla Regione alle Province ai Comuni ed ai soggetti privati convenzionati è vietata la somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
2. I soggetti di cui al precedente comma hanno l'obbligo di verificare, attraverso dichiarazione del fornitore, l'assenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti derivati negli alimenti somministrati che, comunque devono provenire da produzioni segregate prive di organismi geneticamente modificati.
3. Al fine di favorire la corretta informazione degli utenti, i soggetti gestori di cui al comma 1 del presente articolo hanno l'obbligo di esporre in modo adeguato le informazioni sulla provenienza degli alimenti somministrati.
Art. 5
Etichettatura dei prodotti per l'alimentazione umana ed animale.
1. In ottemperanza alle disposizioni dell'Unione Europea in materia di etichettatura, è fatto obbligo a tutti i gestori di esercizi commerciali che operano sul territorio regionale, siano essi appartenenti alle grandi catene di distribuzione ovvero commercianti al dettaglio, di verificare che i prodotti messi in vendita siano dotati di adeguata etichettatura indicante l'eventuale presenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti derivati.
2. I prodotti contenenti O.G.M. vanno comunque esposti al pubblico in modo chiaramente e inequivocabilmente identificabile e segregati in appositi ed esclusivi contenitori.
Art. 6
Ricerca.
1. La Regione Abruzzo riconosce titolo preferenziale alle ricerche finalizzate alla diversificazione dei sistemi agrari e a quelle volte all'individuazione, valorizzazione e tutela delle risorse genetiche autoctone e alla relativa creazione varietale basata su genotipi locali, tradizionali o antichi di interesse agrario.
2. Sono escluse dall'erogazione di finanziamenti regionali le ricerche che utilizzano tecniche di manipolazione genetica finalizzate alla creazione varietale e/o alla selezione animale.
3. Le emissioni deliberate autorizzate dal Ministero della Sanità ai sensi della direttiva 220/90/CE potranno essere effettuate esclusivamente in quelle zone non contemplate dalla presente legge (4).
4. La Regione Abruzzo si riserva il diritto di chiedere l'annullamento di quelle emissioni deliberate che possono produrre contaminazioni biologica con specie di rilevanza per l'agricoltura regionale.
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(4) Il Commissario del Governo nella Regione Abruzzo, con nota n. 204/376C.G. del 28 febbraio 2001, nel trasmettere debitamente vistata la presente legge regionale, ha comunicato che il Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2001, ha osservato, fra l'altro circa, le disposizioni di cui all'art. 2 e al presente comma, che esse debbono correlarsi alle disposizioni del decreto legislativo n. 92/1993 in particolare per quel che riguarda il regime di vigilanza ed autorizzazione delle attività previste nei predetti articoli.
Art. 7
Consenso informato.
1. La Regione si impegna a comunicare le informazioni contenute nelle notifiche di emissione deliberata e l'autorizzazione rilasciata dal Ministero della Sanità ai Comuni sul cui territorio insistono le sperimentazioni.
2. Il Comune a sua volta comunica l'autorizzazione alla sperimentazione agli agricoltori confinanti con l'azienda in cui si effettua la sperimentazione stessa.
Art. 8
Informazione ed educazione alimentare (5).
1. La Regione Abruzzo promuove, organizza e realizza campagne di informazione ed educazione dei cittadini, dirette in particolare agli agricoltori, ai consumatori, agli operatori scolastici e sanitari, sugli organismi geneticamente modificati.
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(5) Il Commissario del Governo nella Regione Abruzzo, con nota n. 204/376C.G. del 28 febbraio 2001, nel trasmettere debitamente vistata la presente legge regionale, ha comunicato che il Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2001, ha osservato, fra l'altro, in merito al presente articolo, che alla copertura finanziaria dei relativi oneri dovrà farsi fronte nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio.
Art. 9
Commissione di vigilanza.
1. Al fine di controllare sulla corretta attuazione della presente legge, la Regione Abruzzo istituisce apposita Commissione, presso il Settore Agricoltura e Politiche rurali formata da:
- 3 ispettori nominati come da decreto del Ministero della Sanità, Dipartimento della Prevenzione del 12.11.98, registrato al n. 87 del Registro Visti Semplici dell'Ufficio Centrale del Bilancio preso presso il Ministero della Sanità in data 13 gennaio 1999 e appartenenti all'Assessorato Agricoltura e Politiche rurali e/o all'ARSA o altri Enti strumentali della Regione;
- 2 funzionari dell'Assessorato all'Ambiente;
- 2 funzionari dell'Assessorato Sanità.
2. La Commissione esercita il suo potere di controllo attraverso:
- verifiche delle emissioni deliberate;
- ispezioni nelle aree soggette al divieto di coltivazione di O.G.M. ai sensi dell'art. 2;
- verifiche sulla ristorazione collettiva;
- verifiche dell'etichettatura negli esercizi commerciali.
Art. 10
Sanzioni (6).
1. Per le violazioni alle disposizioni di cui agli artt. 2, 4, 5 commi 1 e 2 e all'art. 6, comma 3 si applica la sanzione da lire 1.5 milioni a lire 15 milioni.
2. Alla vigilanza ed all'irrogazione delle sanzioni di cui al comma precedente provvedono i Comuni territorialmente competenti.
3. Gli importi derivanti dalle sanzioni comminate vengono finalizzati per interventi sulla ricerca e cura delle malformazioni genetiche e per interventi nell'ambito della tutela del territorio agricolo e, pertanto, depositati su appositi capitoli di bilancio.
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(6) Il Commissario del Governo nella Regione Abruzzo, con nota n. 204/376C.G. del 28 febbraio 2001, nel trasmettere debitamente vistata la presente legge regionale, ha comunicato che il Governo nella seduta del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2001, ha osservato, fra l'altro, riguardo la norma sulle sanzioni, di cui al presente articolo, che esse devono comunque considerarsi meramente aggiuntive rispetto a quelle già previste per situazioni analoghe dalla summenzionata normativa nazionale.
L.R.
20 maggio 2002, n. 18
Disposizioni per la precauzione in materia
alimentare e per la coltivazione, l'allevamento, la sperimentazione e la
commercializzazione di organismi modificati e di prodotti da essi derivati.
Norme per la produzione dei prodotti biologici, tipici e tradizionali nelle
mense pubbliche
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(1) Pubblicata nel B.U. Basilicata 24 maggio 2002, n. 35.
TITOLO I
Degli organismi geneticamente modificati
Art. 1
Obiettivi - Principio di precauzione.
1. La Regione Basilicata tutela le risorse genetiche del proprio territorio e la qualità, specificità, originalità e territorialità della propria produzione agro-alimentare.
2. La Regione Basilicata informa la propria azione e le proprie iniziative in materia alimentare al rispetto del principio di precauzione ed in base ad esso adotta ogni opportuna cautela e si attiene a prudenza nell'adozione di ogni provvedimento, allorquando non siano individuati elementi scientifici dotati di attendibilità che escludano la produzione di eventi dannosi per la salute umana, anche solo potenziali, come conseguenza dell'impiego, dell'utilizzo ovvero dell'assunzione di prodotti alimentari.
3. La Regione, per la garanzia della sicurezza alimentare dei propri cittadini, applica il principio di precauzione nelle decisioni che riguardino in particolare l'uso per qualunque fine di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
4. Per organismi geneticamente modificati si intendono quelli previsti dall'art. 1 del D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206.
5. La Regione realizza ogni azione utile a prevenire possibili rischi sulla salute umana e sull'ambiente derivanti dalla coltivazione, dall'allevamento e dall'uso a scopi alimentari degli organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
6. La Regione promuove e sostiene la ricerca e la sperimentazione nel settore agricolo con i seguenti obiettivi:
a) mantenere la biodiversità;
b) ricostituire sistemi agricoli diversificati, nella direzione di uno sviluppo durevole e del mantenimento dell'alto valore del paesaggio agrario regionale.
Art. 2
Divieto di coltivazione e di allevamento, a qualsiasi titolo, sui terreni di proprietà pubblica, collettiva e nelle aree a qualunque titolo protette.
1. È fatto divieto di coltivazione e di allevamento di piante ed animali geneticamente modificati o di altro tipo di organismi geneticamente modificati per fini di produzione commerciale, sui terreni di proprietà del demanio regionale, sui terreni di proprietà collettiva ricadenti nel territorio regionale e nelle aree limitrofe a questi, nel raggio di almeno due chilometri (2).
2. Ai fini sperimentali si seguono le procedure previste dal D.M. 3 marzo 1993, n. 92 e successive integrazioni. È fatto obbligo di condurre sperimentazioni presso campi sperimentali di enti, istituzioni, aziende sperimentali regionali, società di ricerca presenti sul territorio regionale, che possiedono le adeguate competenze per la gestione dei siti di rilascio e per l'esecuzione delle attività di monitoraggio (3).
3. Nelle aree protette regionali, nei territori di interesse collettivo regionale individuati ai sensi della legislazione vigente in materia, e nelle aree in cui si realizzano prodotti garantiti da un marchio o da una qualunque denominazione o specificazione di qualità riconosciuta dall'Unione Europea, è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati anche a fini meramente sperimentali, sia all'interno dei citati luoghi che nelle zone limitrofe nel raggio di almeno due chilometri.
4. È fatto divieto di coltivazione e di allevamento di organismi geneticamente modificati anche a soli fini sperimentali nei terreni ricadenti in una fascia di rispetto di almeno due chilometri da qualunque azienda che segue i metodi dell'agricoltura biologica o che a qualunque titolo riceva sostegno per l'applicazione di misure agroambientali, in ossequio alla legislazione vigente.
5. È fatto divieto di coltivazione e dì allevamento dì organismi geneticamente modificati, nei siti inseriti in appositi elenchi predisposti dalla Regione nell'àmbito della rete regionale di protezione della biodiversità e nelle zone limitrofe per una distanza di almeno due chilometri.
6. Gli agricoltori - singoli o associati - e i proprietari di terreni, al fine di tutelare la qualità delle loro produzioni e il valore ambientale dei loro beni, possono fare richiesta alla Regione di dichiarare i terreni di loro pertinenza privi della presenza di organismi geneticamente modificati. Nella zona di rispetto di almeno due chilometri da tali siti è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati, anche a soli fini sperimentali.
7. Per la richiesta di cui al precedente comma 6 è osservata la procedura di cui all'art. 8 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 14.
8. Un regolamento di attuazione, adottato dalla Giunta regionale, sentita la Commissione Consiliare Permanente competente, entro quattro mesi dalla entrata in vigore della presente legge, regolerà gli effetti del presente articolo.
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(2) Comma così sostituito dall'art. 30, comma 1, L.R. 4 febbraio 2003, n. 7. Il testo originario era così formulato: «1. È fatto divieto di coltivazione e di allevamento di piante e animali geneticamente modificati o di altro tipo di organismi geneticamente modificati sui terreni di proprietà del demanio regionale, sui terreni di proprietà collettiva ricadenti nel territorio regionale e nelle aree limitrofe a questi, nel raggio di almeno due chilometri.».
(3) Comma così sostituito dall'art. 30, comma 1, L.R. 4 febbraio 2003, n. 7. Il testo originario era così formulato: «2. A fini sperimentali si seguono le procedure previste dall'art. 7 del D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206.».
Art. 3
Modifiche all'art. 7, comma 2, della legge regionale 27 aprile 1999, n. 14 - Disciplina delle produzioni bilogiche regionali.
1. (4).
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(4) Aggiunge la lettera d) nella sezione I del comma 2 dell'art. 7, L.R. 27 aprile 1999, n. 14.
Art. 4
Divieto di coltivazione in pieno campo di piante transgeniche.
1. Salva la sperimentazione autorizzata dal Ministero della Salute ai sensi del D.Lgs. 12 aprile 2001, n. 206 e nelle more della messa a punto di protocolli idonei e specifici per la valutazione dei rischi di impatto sui sistemi agrari regionali, a tutela delle risorse genetiche e degli stessi sistemi agrari e naturali regionali è comunque vietata la coltivazione in pieno campo e su tutto il territorio regionale di piante geneticamente modificate.
Art. 5
Esclusione dalla protezione dei marchi o di una qualunque denominazione o specificazione di qualità.
1. Sono escluse dalla possibilità di accedere ai marchi o a qualunque denominazione o specificazione di qualità per i loro prodotti le aziende agricole che, per le produzioni oggetto di tali marchi, utilizzino organismi geneticamente modificati, comunque presenti nel ciclo produttivo come materia prima, coadiuvanti, additivi o ingredienti.
Art. 6
Ristorazione collettiva.
1. Nelle attività di ristorazione collettiva di scuole e asili, mense universitarie, ospedali, luoghi di cura presenti nel territorio regionale, negli uffici pubblici appartenenti alla regione, alle province, ai comuni, anche se gestite da soggetti privati convenzionati, è vietata la somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
2. I soggetti gestori di cui al comma 1 sono tenuti a verificare l'assenza negli alimenti somministrati di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
3. Al fine di favorire la corretta informazione degli utenti, i soggetti gestori di cui al comma 1 hanno l'obbligo di esporre in modo adeguato le informazioni sulla provenienza degli alimenti somministrati ed, in particolare, la dichiarazione di assenza dell'uso di materie prime e derivate contenenti organismi geneticamente modificati.
Art. 7
Etichettatura dei prodotti per l'alimentazione umana ed animale.
1. In ottemperanza alle disposizioni dell'Unione Europea in materia di etichettatura, è fatto obbligo a tutti i gestori di esercizi commerciali che operano sul territorio regionale, siano essi appartenenti alle grandi catene di distribuzione ovvero commercianti al dettaglio, di verificare che i prodotti messi in vendita siano dotati di adeguata etichettatura indicante l'eventuale presenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
2. I prodotti contenenti organismi geneticamente modificati devono essere comunque esposti al pubblico in modo chiaramente ed inequivocabilmente identificabili e separati in appositi ed esclusivi contenitori e/o scaffali.
3. I gestori che commercializzano esclusivamente alimenti esenti da organismi geneticamente modificati o prodotti derivati possono darne comunicazione alla Regione Basilicata entro il 30 giugno di ogni anno al fine di essere inseriti nell'elenco di tali esercizi commerciali redatto annualmente a cura della Regione.
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Art. 8
Ricerca.
1. La Regione Basilicata riconosce titolo preferenziale alle ricerche finalizzate alla diversificazione dei sistemi agrari e alla individuazione, valorizzazione e tutela delle risorse geneticamente autoctone nonché alla relativa creazione varietale basata su genotipi locali, tradizionali o antichi di interesse agrario.
2. Analogo titolo preferenziale è altresì riconosciuto alle ricerche finalizzate alla verifica dei rischi connessi alla coltivazione degli organismi geneticamente modificati.
3. La Regione Basilicata, al fine di valorizzare le risorse genetiche o del germoplasma, promuove la collaborazione di enti di ricerca e di divulgazione fra di essi e con altre Istituzioni pubbliche presenti sul territorio regionale, indirizzandoli alla valorizzazione delle produzioni tipiche regionali.
4. Sono escluse dalla erogazione di finanziamenti regionali le ricerche che utilizzano tecniche di manipolazione genetica finalizzate alla creazione varietale e/o alla selezione animale.
Art. 9
Compiti di informazione.
1. La Regione Basilicata si impegna a comunicare le informazioni contenute nelle notifiche di emissione deliberate e l'autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute ai comuni sul cui territorio insistono le sperimentazioni, nello spirito e secondo le indicazioni contenute nella direttiva CE 90/313 del 7 giugno 1990 in materia di trasparenza sulle informazioni concernenti l'ambiente e del D.Lgs. 24 febbraio 1997, n. 39.
2. Il Comune, a sua volta, comunica l'autorizzazione alla sperimentazione agli agricoltori confinanti con l'azienda in cui si effettua la sperimentazione stessa.
TITOLO II
Dell'uso di prodotti biologici, tipici e tradizionali
Art. 10
Consumo di prodotti biologici, tipici e tradizionali.
1. La Regione promuove il consumo nelle attività di ristorazione collettiva, di cui al precedente art. 6, di prodotti biologici ottenuti secondo la normativa prevista dai regolamenti comunitari e con i metodi indicati nella legge regionale 27 aprile 1999, n. 14, nonché di quelli tipici e tradizionali.
2. Le disposizioni del presente capo si applicano prioritariamente alle attività di ristorazione collettiva nelle scuole ed asili, nelle mense universitarie, negli ospedali, nei luoghi di cura presenti nel territorio regionale, negli uffici pubblici appartenenti alla Regione, alle province, ai comuni, anche se gestiti da soggetti privati convenzionati, e ad ogni altra attività di fornitura di pasti, di seguito denominate "mense".
3. Per il conseguimento degli obiettivi indicati nel precedente comma 1, la Regione eroga contributi in favore degli enti gestori delle attività di ristorazione collettiva.
Art. 11
Forniture e loro aggiudicazione.
1. Per l'ottenimento dei contributi di cui al comma 3 dell'art. 10, i gestori dei servizi di ristorazione collettiva devono fornire i pasti delle proprie mense utilizzando prevalentemente:
- prodotti di origine vegetale provenienti da coltivazioni e da trasformazioni biologiche ottenute a norma del regolamento CEE 2092/1991 e successivi;
- prodotti di origine animale ottenuti secondo le modalità indicate dall'art. 2 comma 2 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 14 così come disciplinate dal Reg. CE 1804/99 e relative norme attuative nazionali;
- prodotti dichiarati tipici con appositi decreti ministeriali, o dichiarati tradizionali ai sensi del regolamento approvato con D.M. 8 settembre 1999, n. 350 del Ministro per le Politiche Agricole.
2. Per utilizzo dei prodotti indicati al comma 1, si intende l'impiego degli stessi per il confezionamento dei pasti in una percentuale non inferiore al 30 per cento del totale, così come rilevabile dai relativi contratti di fornitura.
3. I prodotti devono essere assoggettati rispettivamente al regime di controllo di cui al citato regolamento CEE n. 2092/1991, tramite gli Organismi di controllo a ciò deputati, o agli altri regimi di certificazione e di controllo identificati dal proprio provvedimento di tipicità o disciplinare di produzione.
Art. 12
Contributi.
1. L'Amministrazione regionale, è autorizzata ad erogare contributi:
a) per l'utilizzo dei prodotti indicati all'articolo 11, comma 1, nella misura massima del 30 per cento calcolato sull'importo totale della spesa sostenuta nell'anno precedente dai soggetti indicati all'art. 10 della presente legge, e secondo criteri stabiliti dalla Giunta regionale, che tengano conto della prevalenza di cui all'art. 11 comma 2;
b) per iniziative di educazione alimentare degli utenti, di aggiornamento professionale del personale scolastico e addetto ai servizi di mensa nella misura massima del 50 per cento della spesa.
2. Con il provvedimento di cui al comma 1, la Giunta regionale stabilisce anche i criteri di individuazione delle priorità previste all'art. 10 comma 2.
Art. 13
Produzioni biologiche regionali.
1. Nell'àmbito dei compiti di promozione ed incentivazione della produzione biologica ed integrata nel territorio regionale, assunti dalla Regione ai sensi degli articoli 10 ed 11 della legge regionale 27 aprile 1999 n. 14, i contributi previsti dall'art. 12, lettera a), sono aumentati fino alla misura massima del 50 per cento, calcolato sull'importo totale della spesa sostenuta nell'anno precedente dai soggetti indicati all'art. 10 della presente legge, nel caso di utilizzo prevalente dei prodotti indicati all'articolo 11, comma 1 ottenuti da aziende iscritte negli elenchi regionali di cui all'art. 7 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 14.
2. L'utilizzo prevalente di prodotti provenienti dalle aziende iscritte negli elenchi regionali di cui all'art. 7 della legge regionale 27 aprile 1999, n. 14 è rilevato con le modalità prescritte dall'art. 11, comma 2, della presente legge.
TITOLO III
Dei compiti di informazione, educazione alimentare e controllo
Art. 14
Informazione ed educazione alimentare.
1. La Regione Basilicata, in osservanza al principio di precauzione di cui all'art. 1 della presente legge, organizza, promuove, sostiene e realizza campagne di informazione ed educazione dei cittadini, dirette in particolare agli agricoltori, agli operatori scolastici e sanitari, e ai consumatori sui rischi eventuali per la salute e per l'ambiente derivanti dall'uso di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
2. I comuni e gli altri enti indicati all'art. 10, comma 2, devono, all'inizio di ogni anno, fornire agli utenti materiali informativi di educazione alimentare e le seguenti informazioni sul servizio di mensa:
a) le sue condizioni generali;
b) le tabelle dietetiche e i valori nutrizionali;
c) la natura, la quantità e i risultati dei controlli sanitari, merceologici e sulle strutture compiuti dalle competenti autorità pubbliche o eventualmente affidati ad enti privati specializzati;
d) la certificazione del mancato impiego di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati e dell'avvenuta verifica effettuata ai sensi dell'art. 6, comma 2;
e) l'eventuale impiego di prodotti biologici tipici e tradizionali, con loro indicazione, e della loro eventuale prevalenza.
3. L'iniziativa di cui al comma 2 è comunicata al Dipartimento Agricoltura e al Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale.
Art. 15
Commissione di controllo - Istituzione, composizione e poteri.
1. Al fine di garantire la corretta attuazione della presente legge, è istituito un organismo denominato "Commissione di controllo sugli organismi geneticamente modificati e sui prodotti da essi derivati".
2. La Commissione ha sede presso il Dipartimento Agricoltura e Sviluppo Rurale e dura in carica sino al compimento della legislatura regionale nella quale è stata costituita. Essa è presieduta dall'Assessore regionale all'Agricoltura o da un suo delegato ed è composta da:
a) un esperto designato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale;
b) un esperto designato dalla Facoltà di Agraria dell'Università di Basilicata;
c) un esperto designato dall'ARPAB;
d) un esperto designato dal Dipartimento Agricoltura e Sviluppo Rurale;
e) un esperto designato dal Dipartimento Ambiente e Territorio;
f) un esperto designato dal Dipartimento Sicurezza e Solidarietà Sociale;
g) un esperto designato dal Dipartimento Attività produttive e Politiche dell'Impresa;
h) un esperto designato di concerto dalle organizzazioni professionali agricole;
i) un esperto designato dall'Unione regionale degli Industriali;
l) un rappresentante designato dalle associazioni dei consumatori (5).
3. La Commissione è nominata con provvedimento della Giunta regionale entro 90 giorni dalla entrata in vigore della presente legge e successivamente entro 90 giorni dalla scadenza.
4. La Commissione esercita i suoi poteri di controllo attraverso:
a) verifiche delle emissioni deliberate;
b) ispezioni nelle aree soggette a divieto di coltivazione di Organismi Geneticamente Modificati (O.G.M.) ai sensi dell'art. 2;
c) verifiche sulla ristorazione collettiva di cui all'art. 6;
d) verifica dell'etichettatura negli esercizi commerciali;
e) ogni altra attività utile e necessaria ai fini della corretta applicazione dei princìpi e all'osservanza dei divieti stabiliti nella presente legge.
5. La Commissione potrà, nell'esercizio delle sue funzioni, avvalersi della Polizia Provinciale e della Polizia Municipale territorialmente competenti al fine di eseguire accertamenti, sopralluoghi ed ogni altra necessaria attività.
6. La Commissione riferisce annualmente al Consiglio regionale sui risultati della sua attività. Ove la Commissione accerti, a seguito delle verifiche e dei controlli effettuati, la violazione degli obblighi o dei divieti imposti dalla presente legge, lo comunica immediatamente all'ufficio competente per ogni provvedimento conseguente.
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(5) Comma così sostituito dall'art. 30, comma 2, L.R. 4 febbraio 2003, n. 7. Il testo originario era così formulato: «2. La Commissione ha sede presso il Dipartimento all'Agricoltura e dura in carica cinque anni. Essa è presieduta dall'Assessore all'Agricoltura o da un suo delegato ed è costituita:
a) da un esperto nominato dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale;
b) da un esperto nominato dal Preside della Facoltà di Agraria della Università di Basilicata;
c) da un esperto nominato dall'Azienda Regionale per la Protezione dell'Ambiente della Basilicata (A.R.P.A.B.);
d) da un funzionario del Dipartimento Ambiente;
e) da un funzionario del Dipartimento della Sicurezza e Solidarietà Sociale;
f) da un funzionario del Dipartimento Agricoltura;
g) da un funzionario del Dipartimento Attività Produttive;
h) da due esperti nominati dalle organizzazioni di difesa e di rappresentanza dei consumatori.».
TITOLO IV
Norme finali
Art. 16
Sanzioni.
1. Per le violazioni alle disposizioni contenute negli articoli 2, 5 e 6, commi 1 e 2, si applica una sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da un minimo di 2.500 euro ad un massimo di 10.000 euro.
2. Alla vigilanza sull'osservanza delle disposizioni di cui alla presente legge e all'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1 provvedono i comuni territorialmente interessati, ferme le competenze della Commissione di cui all'art. 15.
3. Per la ripartizione tra la Regione ed i comuni degli importi delle sanzioni comminate si applicano le disposizioni vigenti in materia di decentramento e di federalismo fiscale.
Art. 17
Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, quantificati per l'anno in corso in Euro 100.000, si provvede, in termini di competenza e di cassa, mediante prelevamento della predetta somma dalla U.P.B. 1211.01 Fondi Speciali per Spese Correnti (corrente operativa) - Cap. 7465 "Fondo speciale per oneri di natura corrente derivanti da provvedimenti legislativi regionali che si perfezionino successivamente all'approvazione del bilancio - Fondi regionali - Spese correnti operative" - del bilancio di previsione della Regione per l'anno 2002 ed istituzione nello stesso di apposita U.P.B. avente la denominazione "Contributi per la introduzione dei prodotti bilogici, tipici e tradizionali nelle mense pubbliche e per le iniziative di educazione alimentare degli utenti di aggiornamento del personale scolastico ed addetto ai servizi di mensa".
2. Le leggi di bilancio per gli anni successivi al 2002 fisseranno gli importi dei relativi stanziamenti.
3. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare al bilancio 2002 le necessarie variazioni.
Art. 18
Pubblicazione.
La presente legge regionale sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Basilicata.
L.R.
24 novembre 2001, n. 15
Norme in materia di consumo di prodotti
geneticamente modificati nelle mense scolastiche, negli ospedali e nei luoghi
di cura
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(1) Pubblicata nel B.U. Campania 29 novembre 2001, n. spec.
Art. 1
La Regione, in attuazione dell'art. 32, comma 1, della Costituzione e dell'art. 7 dello Statuto, tutela la salute quale fondamentale diritto dell'individuo e della comunità con particolare riguardo ai problemi della prevenzione e dell'infanzia e promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi alla salute umana e all'ambiente derivanti dal consumo di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
Art. 2
Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, la Giunta regionale organizza e realizza, all'interno dei propri programmi sull'educazione alimentare e nella divulgazione agricola, campagne di informazione ed educazione del cittadino, dirette in maniera particolare agli operatori agricoli, scolastici e sanitari, sui possibili rischi derivanti dall'introduzione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
Art. 3
1. Nelle more di protocolli e normative comunitarie utili alla valutazione dell'impatto sulla salute umana e sull'ambiente, i prodotti contenenti organismi geneticamente modificati non devono essere somministrati nelle attività di ristorazione collettiva riguardanti le forme scolastiche e prescolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura della Regione Campania appartenenti alle Aziende Sanitarie Locali e alle Aziende Ospedaliere, ai Comuni, alle Province, alla Regione, agli altri Enti pubblici ed ai soggetti privati convenzionati.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di verificare attraverso la richiesta di apposita certificazione l'assenza di organismi geneticamente modificati.
Art. 4
Ai fini di favorire la corretta e giusta informazione del cittadino, i soggetti gestori, di cui al comma 1 dell'articolo 3, hanno l'obbligo di comunicare agli utenti, attraverso mezzi idonei ed adeguati, la provenienza degli alimenti somministrati.
Art. 5
La presente legge entra in vigore il novantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R.
10 gennaio 2000, n. 1
Norme in materia di servizi educativi per la prima
infanzia (Art. 17)
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 14 gennaio 2000, n. 4.
(2) Con Delib.G.R. 18 settembre 2001, n. 1927, con Delib.G.R. 2 agosto 2002, n. 1527 e con Delib.G.R. 16 settembre 2003, n. 1170 sono stati approvati i programmi degli interventi per lo sviluppo e la qualificazione dei servizi educativi rivolti ai bambini in età 0-3 anni, rispettivamente, per l'anno 2001, per l'anno 2002 e per l'anno 2003.
(omissis)
Art. 17
Requisiti per l'autorizzazione al funzionamento.
1. Ai fini dell'autorizzazione al funzionamento di cui all'articolo 16 i soggetti richiedenti devono essere in possesso dei seguenti requisiti:
a) disporre di strutture con le caratteristiche previste dal titolo III e gli standard di cui alla direttiva prevista al comma 3 dell'art. 1;
b) disporre di personale in possesso dei titoli di studio previsti dalla normativa in vigore;
c) applicare al personale dipendente i contratti collettivi nazionali di settore, secondo il profilo professionale di riferimento (26);
d) applicare il rapporto numerico tra educatori e bambini iscritti così come indicato nella direttiva di cui all'art. 32;
e) adottare, qualora vengano forniti uno o più pasti, una tabella dietetica approvata dall'Azienda Unità sanitaria locale e prevedere procedure di acquisto degli alimenti che garantiscano il rispetto del D.P.R. 7 aprile 1999, n. 128 «Regolamento recante norme per l'attuazione delle direttive 96/5/CE e 98/36/CE sugli alimenti a base di cereali e altri alimenti destinati a lattanti e bambini», che prevedano l'utilizzo esclusivo di prodotti non contenenti alimenti geneticamente modificati e diano priorità all'utilizzo di prodotti ottenuti con metodi biologici;
f) provvedere alla copertura assicurativa del personale e degli utenti;
g) destinare una quota dell'orario di lavoro del personale, pari ad un minimo di venti ore annuali, alle attività di aggiornamento, alla programmazione delle attività educative e alla promozione della partecipazione delle famiglie.
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(26) Lettera così sostituita dall'art. 11, L.R. 14 aprile 2004, n. 8. Il testo originario era così formulato: «c) applicare al personale dipendente il contratto collettivo nazionale di settore, secondo il profilo professionale di riferimento.».
(omissis)
L.R.
4 novembre 2002, n. 29
Norme per l'orientamento dei consumi e l'educazione
alimentare e per la qualificazione dei servizi di ristorazione collettiva (art. 9)
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 5 novembre 2002, n. 156.
(omissis)
Art. 9
Forniture e loro aggiudicazione.
1. In conformità a quanto disposto dall'articolo 59, comma 4 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2000)", gli appalti pubblici relativi ai servizi di ristorazione collettiva sono aggiudicati, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera b), del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi) e successive modificazioni, attribuendo valore preminente alla qualità e alla sicurezza dei prodotti alimentari ed agroalimentari offerti.
2. Le condizioni contrattuali relative agli appalti pubblici di servizi o forniture di prodotti alimentari ed agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva prevedono che i prodotti forniti per la preparazione dei pasti siano costituiti in misura complessivamente non inferiore al 70 per cento da prodotti provenienti da coltivazioni biologiche, integrate e da prodotti tipici e tradizionali, riconosciuti ai sensi della vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale, dando priorità a prodotti provenienti da coltivazioni biologiche e a prodotti di cui si garantisca l'assenza di organismi geneticamente modificati.
3. Per i servizi di ristorazione collettiva dei nidi d'infanzia, delle scuole materne ed elementari le condizioni contrattuali relative agli appalti di cui al comma 2 prevedono che i prodotti forniti per la preparazione dei pasti siano costituiti da prodotti provenienti da coltivazioni biologiche, per tutte le tipologie merceologiche reperibili sul mercato.
4. Le strutture sanitarie e socio-sanitarie applicano le norme di cui sopra compatibilmente con le esigenze dietologiche ed assistenziali dei pazienti.
(omissis)
L.R.
20 novembre 2000, n. 21
Disciplina per il contrassegno dei prodotti agricoli
del Friuli-Venezia Giulia non modificati geneticamente, per la promozione dei
prodotti agroalimentari tradizionali e per la realizzazione delle «Strade del
vino»
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(1) Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 22 novembre 2000, n. 47.
(2) Vedi, anche, l'art. 9, comma 1, lettera d), L.R. 20 dicembre 2002, n. 33.
Capo I - Finalità e definizioni
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, al fine di tutelare la salute, quale diritto fondamentale della persona, promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi per la salute umana e per l'ambiente derivanti dalla coltivazione, dalla produzione e dal consumo di prodotti contenenti Organismi geneticamente modificati (O.M.G.), sostiene i produttori locali di alimenti, mangimi e semenze e orienta il consumatore all'utilizzo di prodotti alimentari non geneticamente modificati.
2. Disciplina altresì le modalità di tutela, di promozione e di valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione Friuli-Venezia Giulia, nonché la realizzazione delle «Strade del vino».
3. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, viene istituito il contrassegno «dal Friuli-Venezia Giulia - prodotto non modificato geneticamente», e regolato il procedimento per la sua concessione attraverso l'accertamento della produzione senza l'utilizzo di prodotti geneticamente modificati.
Art. 2
Definizioni.
1. Ai fini della presente legge vengono considerati gli alimenti, i mangimi e le semenze (semi e piantine) prodotti in Friuli-Venezia Giulia.
2. Per alimenti di intendono anche gli additivi, gli aromi, i solventi estraenti, le sostanze ausiliari e altre sostanze usate nella produzione, indipendentemente dal fatto se sono poi presenti o meno nel prodotto finale.
3. Organismo è ogni entità biologica capace di riprodursi o di trasferire materiale genetico.
4. Per organismo geneticamente modificato si intende:
a) un organismo geneticamente modificato ai sensi del decreto legislativo 3 marzo 1993, n. 92;
b) un organismo che contiene un patrimonio genetico preparato al di fuori dell'organismo stesso.
5. Per modificazione genetica si intendono quei procedimenti finalizzati a introdurre in un organismo un elemento genetico estraneo, preparato al di fuori di tale organismo.
6. I prodotti sono geneticamente non modificati quando:
a) non sono organismi geneticamente modificati e non contengono organismi geneticamente modificati;
b) non sono stati prodotti con organismi geneticamente modificati o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati;
c) non contengono elementi prodotti da o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati;
d) sono stati prodotti senza l'impiego dell'ingegneria genetica o senza additivi, aromi, solventi estraenti, sostanze ausiliari o altre sostanze prodotte con l'impiego dell'ingegneria genetica;
e) non sono stati mescolati con organismi geneticamente modificati;
f) non derivano da incroci di organismi geneticamente modificati oppure da incroci di organismi geneticamente modificati con organismi non modificati.
7. Vengono considerati prodotti in Friuli-Venezia Giulia quegli alimenti, mangimi e semenze (semi e piantine) i cui elementi essenziali, indicati nel regolamento di cui all'articolo 8, sono stati prodotti in Friuli-Venezia Giulia.
8. Per produzione s'intende la fabbricazione, l'estrazione, la produzione, la preparazione, la lavorazione, il trattamento e la miscelatura di prodotti.
9. Ai fini della presente legge, sono prodotti agroalimentari tradizionali quelli riconosciuti con il relativo decreto ministeriale.
Capo II - Disciplina del contrassegno dei prodotti agricoli del Friuli-Venezia Giulia non modificati geneticamente
Art. 3
Contrassegno (3).
1. La Regione individua il logotipo del contrassegno di cui all'articolo 1, comma 3, anche attraverso il ricorso a specifiche competenze esterne, che può essere utilizzato anche congiuntamente ad altri marchi o contrassegni di prodotti locali, tipici e di qualità.
2. La Regione è autorizzata a presentare domanda per la registrazione del marchio collettivo ai sensi degli articoli 2 e 22 del regio decreto 21 giugno 1942, n. 929, così come sostituiti dall'articolo 3 e dall'articolo 22 del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 480.
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(3) Ai sensi dell'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 21, ai fini dell'attuazione della presente legge le funzioni di cui al presente articolo sono attribuite all'ERSA.
Art. 4
Autorizzazione alla concessione del contrassegno (4).
1. La Regione può autorizzare alla concessione del contrassegno enti, organizzazioni, associazioni e unioni nel settore agroalimentare, che ne facciano richiesta e siano in grado di garantire il controllo dei prodotti e la certificazione dei prodotti geneticamente non modificati.
2. La Regione controlla sia coloro che sono stati autorizzati alla concessione del contrassegno che coloro cui è stato concesso l'utilizzo del contrassegno, nonché i prodotti contrassegnati per quanto riguarda l'osservanza delle norme della presente legge e dei relativi regolamenti di esecuzione.
3. Qualora il soggetto autorizzato alla concessione del contrassegno non dovesse assolvere regolarmente i compiti assegnatigli dalla presente legge, tale autorizzazione viene revocata.
4. In caso di revoca dell'autorizzazione alla concessione la Regione deve espletare i compiti e far valere i diritti ai sensi della presente legge al posto del soggetto autorizzato, a meno che un altro soggetto che sia stato autorizzato alla concessione del contrassegno non se ne faccia carico.
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(4) Ai sensi dell'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 21, ai fini dell'attuazione della presente legge le funzioni di cui al presente articolo sono attribuite all'ERSA.
Art. 5
Richiesta.
1. Il contrassegno viene concesso su richiesta dai soggetti autorizzati.
2. Alla richiesta vanno allegati:
a) dati utili sulle componenti essenziali del prodotto e sulle sue modalità di produzione;
b) una dichiarazione, sotto la propria responsabilità, che il prodotto è stato realizzato senza l'impiego dell'ingegneria genetica;
c) una dichiarazione, sotto la propria responsabilità, che il prodotto è stato realizzato in Friuli-Venezia Giulia;
d) per i prodotti preliminari e intermedi dichiarazioni, sotto la propria responsabilità, dei singoli produttori che quei prodotti sono stati realizzati senza l'impiego dell'ingegneria genetica.
Art. 6
Controllo del prodotto (5).
1. I soggetti autorizzati alla concessione devono eseguire dei controlli sui prodotti ai quali va concesso il contrassegno per verificare se gli stessi corrispondono alle dichiarazioni allegate alla richiesta. A tale scopo possono avvalersi di strutture di controllo qualificate individuate nel regolamento di cui all'articolo 8.
2. La Regione determina le modalità, le tipologie e la frequenza dei controlli dei prodotti.
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(5) Ai sensi dell'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 21, ai fini dell'attuazione della presente legge le funzioni di cui al presente articolo sono attribuite all'ERSA.
Art. 7
Concessione del contrassegno (6).
1. Qualora sussistano i requisiti di cui all'articolo 5 e il prodotto superi i controlli di cui all'articolo 6, il soggetto autorizzato alla concessione concede al richiedente il diritto di utilizzare il contrassegno. La durata di tale diritto è stabilita nel regolamento di cui all'articolo 8.
2. Qualora subentrino delle variazioni dei requisiti in base ai quali è stato concesso il contrassegno e qualora il prodotto non corrisponda più a detti requisiti, il richiedente deve immediatamente comunicare tali variazioni al soggetto autorizzato alla concessione e sospendere la contrassegnazione del prodotto.
3. Se il prodotto non soddisfa più i requisiti per l'attribuzione, il soggetto autorizzato alla concessione è tenuto a revocare il diritto a contrassegnare il prodotto.
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(6) Ai sensi dell'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 21, ai fini dell'attuazione della presente legge le funzioni di cui al presente articolo sono attribuite all'ERSA.
Art. 8
Regolamento di esecuzione (7).
1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale emana un apposito regolamento attuativo.
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(7) Ai sensi dell'art. 12, L.R. 13 agosto 2002, n. 21, ai fini dell'attuazione della presente legge le funzioni di cui al presente articolo sono attribuite all'ERSA.
Art. 9
Infrazioni.
1. Infrange le norme di cui al presente capo chi:
a) contrassegna un prodotto senza essere autorizzato;
b) abbia fornito dichiarazioni false, o, in violazione dell'articolo 7, comma 2, non comunichi eventuali variazioni dei requisiti per la richiesta al soggetto autorizzato alla concessione;
c) contrassegna prodotti dopo che sono venuti meno i requisiti indicati nella richiesta.
2. Infrange le norme chi in qualità di soggetto autorizzato alla concessione concede il diritto a contrassegnare il prodotto senza aver effettuato i controlli di cui all'articolo 6, comma 1, o chi non adempie alla revoca di cui all'articolo 7, comma 3.
3. Chi commette una infrazione al disposto del comma 1 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 fino a 50 milioni di lire, e chi ne commette una al disposto del comma 2 è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da 50 fino a 100 milioni di lire.
4. All'organo autorizzato alla concessione del contrassegno compete l'attività di accertamento e di contestazione dell'infrazione relativamente alle infrazioni di cui al comma 1. Il relativo verbale viene trasmesso alla Regione per i successivi adempimenti disciplinati dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, dalla legge regionale 17 gennaio 1984, n. 1 e dalla legge regionale 20 marzo 2000, n. 7.
5. Per le infrazioni di cui al comma 2 le sanzioni amministrative sono di competenza della Regione.
Art. 10
Costi per la concessione del contrassegno.
1. I costi inerenti la concessione del contrassegno sono a carico di coloro cui viene concesso l'utilizzo del contrassegno stesso.
Capo III - Promozione e valorizzazione dei prodotti agroalimentari tradizionali della Regione
Art. 11
Promozione.
1. Per il perseguimento delle finalità previste dall'articolo 1, comma 2, l'Ente regionale per lo sviluppo dell'agricoltura (E.R.S.A.), promuove la diffusione dei prodotti agroalimentari tradizionali anche attraverso manifestazioni gastronomiche tradizionali che valorizzino i prodotti stessi.
2. Per manifestazioni gastronomiche tradizionali s'intendono: le feste paesane, i mercati e altre attività similari svolte su aree pubbliche non permanenti che prevedono la promozione di prodotti, anche attraverso attività di distribuzione, di vendita e somministrazione di prodotti agroalimentari tradizionali al consumatore finale.
3. L'E.R.S.A., entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, provvede a definire:
a) i criteri di finanziamento per la distribuzione, vendita e somministrazione, nelle manifestazioni gastronomiche tradizionali, di prodotti agroalimentari tradizionali;
b) le modalità di etichettatura dei prodotti rientranti nell'elenco di cui al regolamento approvato con D.M. 8 settembre 1999, n. 350, del Ministro per le politiche agricole.
Art. 12
Commissione tecnica per l'agroalimentare.
1. Per gli aggiornamenti annuali successivi a quelli previsti con D.M. n. 350 del 1999, del Ministro per le politiche agricole l'E.R.S.A. si avvale del parere consultivo di una apposita Commissione tecnica per l'agroalimentare, che dura in carica cinque anni, nominata dal Presidente della Giunta regionale, e composta:
a) dal Presidente dell'E.R.S.A., che la presiede;
b) dal Direttore dell'E.R.S.A.;
c) da un rappresentante delle Associazioni di categoria, scelto tra una rosa di candidati segnalati dalle stesse;
d) da due tecnici designati dalla facoltà di agraria dell'Università degli Studi di Udine.
Art. 13
Competenze.
1. Con il regolamento di cui all'articolo 8 vengono anche individuate le competenze che sono esercitate dall'E.R.S.A.
2. Per l'esercizio dell'attività di controllo sul territorio, l'E.R.S.A. può avvalersi della collaborazione degli Osservatori per le malattie delle piante.
3. I proventi delle sanzioni confluiscono nel bilancio dell'E.R.S.A. e sono utilizzati per il potenziamento dei laboratori di analisi dell'ente, nonché per le finalità di promozione di cui all'articolo 11.
Capo IV - Strade del vino
Art. 14
Strade del vino.
1. Le «Strade del vino» sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli conformi agli standard in uso nell'Unione europea, lungo i quali insistono valori naturali e culturali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico.
2. Le «Strade del vino» costituiscono lo strumento attraverso il quale i territori a vocazione vinicola e le relative produzioni possono essere pubblicizzati sotto forma di offerta turistica.
3. La ricezione e ospitalità attuate all'interno delle «Strade del vino» si esplicano attraverso la messa a disposizione di spazi aziendali, degustazione di vini e prodotti aziendali, delle produzioni agroalimentari tradizionali individuate ai sensi del D.M. n. 350 del 1999 del Ministro per le politiche agricole e di quelle tipiche a denominazione o indicazione di origine geografica.
Art. 15
Regolamento di attuazione.
1. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva l'apposito regolamento di attuazione (8).
2. Il regolamento di cui al comma 1 provvede:
a) alla qualificazione e omogeneizzazione dell'offerta enoturistica regionale, mediante l'indicazione degli standard minimi di qualità;
b) alla definizione del disciplinare-tipo per la costituzione, la realizzazione e la gestione delle «Strade del vino»;
c) alla definizione di attività informative, divulgative e promozionali omogenee delle «Strade del vino»;
d) alle garanzie di una equilibrata salvaguardia delle aspettative dei vari soggetti partecipanti alle «Strade del vino»;
e) ai criteri per la concessione dei contributi di cui all'articolo 21;
f) alla individuazione delle competenze che sono esercitate dall'E.R.S.A.
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(8) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.Reg. 9 agosto 2002, n. 0239/Pres.
Art. 16
Disciplinare e Comitato promotore.
1. Il disciplinare per la costituzione, la realizzazione e la gestione delle «Strade del vino», in armonia con i princìpi fissati dal regolamento di cui all'articolo 15, è proposto alla Regione da un Comitato promotore. Al disciplinare sono annesse le sottoscrizioni di impegno alla realizzazione del progetto da parte dei legali rappresentanti dei soggetti aderenti al Comitato promotore.
2. Al Comitato promotore possono partecipare gli Enti locali, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le aziende vitivinicole singole o associate, le loro organizzazioni, le associazioni finalizzate alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio vitivinicolo, le aziende agricole singole o associate, gli altri operatori economici, gli enti e le associazioni pubblici o privati operanti nel campo culturale, turistico e ambientale interessati alla realizzazione degli obiettivi della presente legge.
3. Il Comitato di cui al comma 1 si intende costituito quando almeno il cinquanta per cento delle aziende produttrici di vino che vi partecipano è iscritto all'albo di cui all'articolo 15 della legge 10 febbraio 1992, n. 164.
4. La Giunta regionale valuta il disciplinare proposto dal Comitato entro novanta giorni dalla sua presentazione, lo approva e procede al riconoscimento della strada del vino previa verifica della rispondenza del disciplinare al regolamento di cui all'articolo 15.
Art. 17
Comitato di gestione.
1. Con l'approvazione del disciplinare e il riconoscimento della «Strada del vino» da parte della Giunta regionale, e comunque decorsi centoventi giorni dalla presentazione del disciplinare, il Comitato promotore si trasforma in Comitato di gestione.
2. Il Comitato di cui al comma 1:
a) realizza e gestisce la «Strada del vino» nel rispetto del disciplinare approvato;
b) provvede alla diffusione della conoscenza della «Strada del vino» in collaborazione con le organizzazioni vinicole locali e con gli altri soggetti interessati;
c) collabora con la Regione e gli Enti locali interessati per l'inserimento della «Strada del vino» nei vari strumenti di promozione turistica;
d) vigila sulla corretta attuazione delle iniziative da parte dei soggetti interessati.
Art. 18
Autorizzazione agrituristica «Strade del vino».
1. Le attività di ricezione e ospitalità attuate dai soggetti aderenti alle «Strade del vino», nonché l'organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell'ambito delle «Strade del vino», rientrano fra le attività agrituristiche disciplinate dalla legge regionale 22 luglio 1996, n. 25 e successive modificazioni e integrazioni.
Art. 19
Attività di vigilanza.
1. La attività di vigilanza di cui all'articolo 11 della legge regionale n. 25/1996 si estende anche alle aziende titolari di una autorizzazione di attività agrituristica nell'ambito delle «Strade del vino».
Art. 20
Competenze dei comuni e delle province.
1. I comuni e le province provvedono alla localizzazione e posa in opera della segnaletica lungo le strade di rispettiva competenza, sentiti i Comitati di gestione.
Art. 21
Interventi finanziari.
1. Per la realizzazione delle finalità di cui al presente capo, la Regione prevede la concessione di contributi per i seguenti interventi:
a) creazione e posa in opera della specifica segnaletica di cui all'articolo 14;
b) istituzione o adeguamento di punti di informazione collocati sulle «Strade del vino», finalizzati a una informazione specifica sull'area vitivinicola interessata;
c) la realizzazione di materiale promozionale, informativo e pubblicitario, anche destinato all'estero, per l'incentivazione della conoscenza delle «Strade del vino» (9).
2. I contributi di cui al comma 1 possono essere concessi a favore dei Comitati di gestione e degli Enti locali nella misura massima del 60 per cento della spesa ritenuta ammissibile (10).
3. La Giunta regionale fissa i termini e le modalità per la presentazione delle domande di contributo.
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(9) Vedi, anche, l'art. 20, commi 10 e 11, L.R. 30 aprile 2003, n. 12.
(10) Comma così sostituito dall'art. 20, comma 9, L.R. 30 aprile 2003, n. 12 (vedi, anche, i commi 10 e 11 del medesimo articolo). Il testo originario era così formulato: «2. I contributi di cui al comma 1 possono essere concessi a favore dei Comitati di gestione e degli Enti locali, delle aziende agricole o vitivinicole singole o associate, nella misura massima del sessanta per cento della spesa ritenuta ammissibile.».
Art. 22
Applicazione della legge ad altri prodotti tipici del Friuli-Venezia Giulia.
1. Le disposizioni di cui al presente Capo e del regolamento di attuazione di cui all'articolo 15 si applicano anche per la realizzazione delle strade finalizzate alla valorizzazione di altre produzioni tradizionali, tipiche e di qualità del Friuli-Venezia Giulia.
2. Per la realizzazione delle strade di cui al comma 1, il Comitato promotore previsto dall'articolo 16 si intende costituito quando vi partecipa almeno il cinquanta per cento delle aziende produttrici del prodotto interessato.
3. Ai fini del presente articolo per le produzioni tipiche e di qualità si intendono esclusivamente quelle che beneficiano di una denominazione di origine protetta o di un'indicazione geografica protetta ai sensi del regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio del 14 luglio 1992.
Capo V - Norme finanziarie
Art. 23
Norma finanziaria.
1. Per le finalità previste dall'articolo 11, comma 1, è autorizzata la spesa di lire 300 milioni per l'anno 2000 a carico dell'unità previsionale di base 22.3.61.1.367 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2000-2002 e del bilancio per l'anno 2000 la cui denominazione è integrata dalle parole «e dei prodotti agroalimentari tradizionali» con riferimento al capitolo 6813 (1.1.155.2.10.10.) di nuova istituzione nel Documento tecnico allegato al bilancio medesimo - alla rubrica n. 61 - Servizio delle produzioni vegetali - con la denominazione «Finanziamenti per la diffusione dei prodotti agroalimentari tradizionali» e con lo stanziamento di lire 300 milioni per l'anno 2000 (11). Al relativo onere si provvede mediante prelevamento di pari importo dal fondo globale iscritto sull'unità previsionale di base 54.2.8.2.9 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2000-2002 e del bilancio per l'anno 2000, con riferimento al capitolo 9710 del Documento tecnico allegato ai bilanci medesimi (partita n. 99 del prospetto E/2).
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(11) Periodo così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 6 giugno 2001, n. 23.
L.R.
13 agosto 2002, n. 22
Istituzione del fondo regionale per la gestione
delle emergenze in agricoltura (art. 2)
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(1) Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 16 agosto 2002, n. 33, supplemento straordinario n. 16.
(2) Titolo così sostituito dall'art. 6, comma 7, L.R. 20 agosto 2003, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Istituzione del fondo regionale per la gestione delle emergenze relative alle epizoozie e alle fitopatie in agricoltura e prime norme di applicazione per l'emergenza B.S.E.».
(omissis)
Art. 2
Interventi straordinari per la B.S.E.
1. In sede di prima applicazione, per assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza del settore zootecnico causata dall'encefalopatia spongiforme bovina - B.S.E., in deroga al comma 9 dell'articolo 1, il presente articolo disciplina le norme di utilizzo del Fondo. In particolare il presente articolo attua misure idonee per favorire la sollecita ripresa della produzione del settore zootecnico.
2. Possono beneficiare degli interventi le imprese agricole ovvero i detentori di capi di bestiame interessati da misure sanitarie obbligatorie di protezione contro la B.S.E. con obbligo di distruzione degli animali e delle relative produzioni.
3. Ai soggetti che ricostituiscono il patrimonio zootecnico e riprendono l'attività aziendale, la Regione riconosce altresì un indennizzo per il fermo di impresa che è determinato in una interruzione dell'attività aziendale fino ad otto mesi a partire dalla data dell'Ordinanza di abbattimento. Detto indennizzo viene computato su base giornaliera e liquidato in base alle Unità di bovino adulto (U.B.A.) riacquistate, nella misura fino a otto dodicesimi del margine lordo rilevato dall'Ufficio di contabilità agraria del Friuli-Venezia Giulia dell'Istituto nazionale di economia agraria con riferimento alla Rete di informazione contabile agraria (R.I.C.A.), sulla base dell'ultimo dato utile. Sono calcolati ai fini dell'indennizzo il numero dei capi, espressi in U.B.A., che l'impresa acquista entro dodici mesi dalla data dell'Ordinanza di abbattimento e comunque non oltre il numero dei capi abbattuti.
3-bis. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di concorrenza e segnatamente quella relativa agli aiuti di stato, possono altresì essere indennizzate le aziende agricole che abbiano subito perdite a causa di avverse condizioni atmosferiche, calamità naturali e da inquinamento da organismi geneticamente modificati (OGM) (12).
4. Qualora intervengano altre provvidenze per le finalità di cui al comma 3, l'intervento deve intendersi per la quota parte residua fino alla soglia ammissibile. In ogni caso deve essere garantito che non ci sia sovracompensazione cumulando i diversi regimi.
5. Gli interventi di cui al presente articolo hanno efficacia dal 12 gennaio 2001 e per l'intero periodo di emergenza decretato dalle competenti autorità.
6. I soggetti interessati presentano idonea domanda al Servizio delle produzioni animali della Direzione regionale dell'agricoltura, cui compete l'attività istruttoria, corredata della seguente documentazione:
a) fotocopia dell'Ordinanza di abbattimento dei capi;
b) fotocopia dell'attestato di avvenuta distruzione dei capi;
c) idonea documentazione giustificativa della spesa sostenuta per il riacquisto dei capi di bestiame;
d) ogni altro documento ritenuto utile per l'istruttoria.
7. Il Servizio delle produzioni animali provvede all'istruttoria e può sempre richiedere eventuale documentazione integrativa; dette integrazioni devono essere fornite tempestivamente, pena il non accoglimento della domanda. Sulla base dell'istruttoria, il Servizio delle produzioni animali approva la domanda, quantifica gli importi concedibili e predispone tutti gli atti inerenti alla liquidazione degli aiuti che sono erogati in un'unica soluzione pari al 100 per cento. La liquidazione delle indennità è subordinata al rispetto delle eventuali prescrizioni ordinate dall'autorità sanitaria.
8. Il Servizio delle produzioni animali effettua i controlli amministrativi così come quelli in azienda su tutte le domande di aiuto presentate.
9. Per quanto non espressamente previsto dal presente articolo, si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 20 marzo 2000, n. 7.
10. Gli oneri derivanti dai commi 1 e 3 fanno carico al "Fondo regionale per le emergenze fitosanitarie e delle epizoozie in agricoltura" istituito con l'articolo 1, comma 1.
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(12) Comma aggiunto dall'art. 22, comma 2, L.R. 4 giugno 2004, n. 18. Vedi, anche, il comma 3 del suddetto articolo.
(omissis)
L.R.
1 marzo 2000, n. 15
Tutela delle risorse genetiche autoctone di
interesse agrario
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(1) Pubblicata nel B.U. Lazio 30 marzo 2000, n. 9.
(2) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 1° febbraio 2002, n. 103 e la Delib.G.R. 22 novembre 2002, n. 1577.
Art. 1
Oggetto.
1. La Regione Lazio favorisce e promuove, nell'ambito delle politiche di sviluppo, promozione e salvaguardia degli agroecosistemi e delle produzioni di qualità, la tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, incluse le piante spontanee imparentate con le specie coltivate, relativamente alle specie, razze, varietà, popolazioni, cultivar, ecotipi e doni per i quali esistono interessi dal punto di vista economico, scientifico, ambientale, culturale e che siano minacciati di erosione genetica.
2. Possono considerarsi autoctone, ai fini di cui al comma 1, anche specie, razze, varietà e cultivar di origine esterna, introdotte nel territorio regionale da almeno cinquanta anni e che, integratesi nell'agroecosistema laziale, abbiano assunto caratteristiche specifiche tali da suscitare interesse ai fini della loro tutela.
3. Possono altresì essere oggetto di tutela a norma della presente legge anche le specie, razze, varietà, attualmente scomparse dalla Regione e conservate in orti botanici, allevamenti, istituti sperimentali, banche genetiche pubbliche o private, centri di ricerca di altre regioni o paesi per le quali esiste un interesse a favorire la reintroduzione.
Art. 2
Registro volontario regionale.
1. Al fine di consentire la tutela del patrimonio genetico, è istituito il registro volontario regionale, suddiviso in sezione animale e sezione vegetale, al quale sono iscritte specie, razze, varietà, popolazioni, cultivar, ecotipi e doni di interesse regionale di cui all'articolo 1.
2. Il registro di cui al comma 1 è tenuto dall'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura del Lazio (A.R.S.I.A.L.).
3. La Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, determina le modalità per la tenuta del registro volontario regionale e per l'iscrizione in esso delle specie e varietà di cui all'articolo 1, tenendo conto dei seguenti criteri:
a) il registro volontario regionale, costituito dalle sezioni animale e vegetale, è organizzato secondo modalità che tengano conto delle caratteristiche tecniche di analoghi strumenti eventualmente esistenti a livello nazionale ed internazionale, in modo da renderlo quanto possibile omogeneo e confrontabile con gli stessi;
b) le accessioni di cui all'articolo 1, comma 1, per essere iscritte al registro volontario regionale devono essere identificabili per un numero minimo di caratteri definiti per ogni singola entità;
c) l'iscrizione nel registro volontario regionale è gratuita ed eseguita a cura dell'A.R.S.I.A.L., previa acquisizione del parere favorevole della competente commissione tecnico-scientifica di cui all'articolo 3;
d) l'iscrizione avviene ad iniziativa d'ufficio dell'A.R.S.I.A.L., ovvero su proposta della Giunta regionale, di Enti scientifici, Enti pubblici, organizzazioni ed associazioni private e singoli cittadini;
e) alla domanda di iscrizione è allegata una specifica documentazione storico-tecnico-scientifica;
f) il materiale iscritto nel registro volontario regionale può essere cancellato dall'A.R.S.I.A.L., previo parere favorevole della competente commissione tecnico-scientifica di cui all'articolo 3, quando non sussistano più i requisiti di cui all'articolo 1, comma 1 (3).
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(3) Vedi la Delib.G.R. 30 gennaio 2001, n. 146 che ha apportato, ai sensi del presente articolo, le modalità per la tenuta del registro volontario regionale.
Art. 3
Commissioni tecnico-scientifiche.
1. Per lo svolgimento dei compiti di cui alla presente legge sono istituite la commissione tecnico - scientifica per il settore animale e la commissione tecnico-scientifica per il settore vegetale.
2. La commissione tecnico - scientifica per il settore animale è composta da:
a) un funzionario del dipartimento regionale competente in materia di risorse genetiche animali in agricoltura;
b) un funzionario dell'A.R.S.I.A.L. competente in materia di risorse genetiche animali in agricoltura;
c) un agricoltore che detiene materiale animale la cui tutela è prevista dalla presente legge, in rappresentanza del mondo agricolo;
d) cinque esperti del mondo scientifico ed accademico competenti in materia di risorse genetiche animali in agricoltura.
3. La commissione tecnico - scientifica per il settore vegetale è composta da:
a) due funzionari del dipartimento regionale competenti in materia di risorse genetiche di piante erbacee, arboree e forestali di interesse agrario;
b) un rappresentante dell'A.R.S.I.A.L. competente in materia di risorse genetiche di piante erbacee, arboree e forestali di interesse agrario;
c) un agricoltore che detiene materiale di piante erbacee, arboree o forestale di interesse agrario la cui tutela è prevista dalla presente legge, in rappresentanza del mondo agricolo;
d) dieci esperti del mondo scientifico ed accademico competenti in materia di risorse genetiche di piante erbacee, arboree e forestali di interesse agrario.
4. Le commissioni di cui ai commi 2 e 3 restano in carica per cinque anni ed eleggono nel proprio seno il Presidente.
5. Per la designazione e la nomina dei componenti le commissioni di cui ai commi 2 e 3, nonché per la corresponsione agli stessi di un gettone di presenza per ogni seduta e per il rimborso delle spese di viaggio e delle eventuali indennità di missione, si applica la vigente normativa regionale in materia.
6. L'A.R.S.I.A.L. fornisce, attraverso i propri uffici, il necessario supporto tecnico-operativo per il funzionamento delle commissioni di cui ai commi 2 e 3.
Art. 4
Rete di conservazione e sicurezza.
1. La protezione e la conservazione delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario, iscritte nel registro volontario regionale di cui all'articolo 2, si attua mediante la costituzione di una rete di conservazione e sicurezza, di seguito denominata rete, gestita e coordinata dall'A.R.S.I.A.L., cui possono aderire comuni, comunità montane, istituti sperimentali, centri di ricerca, università agrarie, associazioni d'interesse e agricoltori singoli od associati.
2. La rete si occupa della conservazione in situ o in azienda del materiale genetico di interesse regionale di cui all'articolo 1 e della moltiplicazione ditale materiale al fine di renderlo disponibile agli operatori agricoli che ne facciano richiesta, sia per la coltivazione sia per la selezione ed il miglioramento.
3. L'A.R.S.I.A.L. predispone elenchi, su base provinciale, del siti in cui avviene la conservazione ai sensi del comma 2 e li trasmette annualmente ai comuni interessati che provvedono all'informazione relativamente all'esistenza dei siti stessi.
4. Gli agricoltori inseriti nella rete possono vendere una modica quantità delle sementi da loro prodotte, stabilita per ogni singola entità al momento dell'iscrizione al registro volontario regionale. Gli agricoltori inseriti nella rete possono, altresì, effettuare la risemina in azienda.
5. Gli agricoltori, gli Enti, i centri di ricerca, le università agrarie e le associazioni proprietari di materiale vegetale o animale tutelato con la presente legge, che non aderiscono alla rete, sono tenuti a fornire all'A.R.S.I.A.L. una parte del materiale vivente ai fini della moltiplicazione, per garantire la conservazione delle informazioni genetiche presso altro sito.
Art. 5
Patrimonio delle risorse genetiche.
1. Fermo restando il diritto di proprietà su ogni pianta od animale iscritti nel registro di cui all'articolo 2, il patrimonio delle risorse genetiche di tali piante od animali appartiene alle comunità indigene e locali, all'interno delle quali debbono essere equamente distribuiti i benefìci, così come previsto dall'articolo 8-j della Convenzione di Rio sulle biodiversità (1992), ratificata con legge 14 febbraio 1994, n. 124.
Art. 6
Piano settoriale di intervento.
1. La Regione approva, ogni triennio, entro il 30 giugno, un piano settoriale di intervento, nel quale sono stabilite le linee guida per le attività inerenti la tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario.
2. Nel piano settoriale di cui al comma 1, la Regione:
a) favorisce le iniziative sia a carattere pubblico sia privato, che tendono a conservare la biodiversità autoctona di interesse agrario, a diffondere le conoscenze e le innovazioni per l'uso e la valorizzazione di materiali e prodotti autoctoni, la cui tutela è garantita dalla presente legge;
b) assume direttamente iniziative specifiche atte alla tutela, miglioramento, moltiplicazione e valorizzazione delle risorse genetiche autoctone;
c) prevede specifiche iniziative per incentivare gli agricoltori inseriti nella rete di conservazione e sicurezza.
3. Nell'ambito ed in applicazione del piano settoriale di cui al comma 1, la Regione predispone, per ognuna delle annualità comprese nel triennio, un programma operativo annuale per la realizzazione delle attività ed iniziative previste, specificando tra l'altro le risorse economiche a disposizione, l'entità dei singoli interventi contributivi ed i relativi soggetti beneficiari, le modalità di accesso e di erogazione dei benefìci, le zone prioritarie d'intervento e le forme di controllo delle iniziative svolte.
4. Sono beneficiari dei contributi previsti dai programmi operativi tutti gli operatori che aderiscono alla rete nonché gli agricoltori che producono per il mercato il materiale autoctono d'interesse agrario individuato nel registro volontario regionale.
5. I programmi operativi annuali sono attuati dall'A.R.S.I.A.L. e sottoposti a controllo e monitoraggio da parte del dipartimento regionale competente in materia di agricoltura.
Art. 7
Divieti e sanzioni.
1. All'interno delle aree naturali protette regionali, delle aree d'interesse comunitario, nazionale e regionale individuate dalla deliberazione della Giunta regionale 19 marzo 1996, n. 2146 e nei siti inseriti negli elenchi di cui all'articolo 4, comma 3, nonché nelle zone limitrofe alle predette aree, per una distanza di almeno 2 km, è fatto divieto di usare organismi geneticamente modificati.
2. Per le violazioni alle disposizioni di cui alla presente legge si applicano le seguenti sanzioni:
a) sanzione amministrativa pecuniaria da lire 1 milione a lire 6 milioni per chi contravviene al divieto di cui al comma 1;
b) sanzione amministrativa pecuniaria da lire 500 mila a lire 3 milioni per chi contravviene all'obbligo di cui all'articolo 4, comma 5;
c) sanzione amministrativa pecuniaria fino a lire 1 milione per le violazioni non espressamente previste.
3. Le violazioni sono accertate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modificazioni ed integrazioni, regolamentate dalla legge regionale 5 luglio 1994, n. 30.
4. Alla vigilanza ed all'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 2 provvedono i comuni territorialmente competenti. Per la ripartizione tra la Regione ed i comuni degli importi delle sanzioni comminate si applica quanto disposto dall'articolo 182, comma 2, della legge regionale 6 agosto 1999, n. 14.
Art. 8
Clausola sospensiva dell'efficacia e divieto di cumulo.
1. Agli aiuti previsti dalla presente legge è data attuazione a decorrere dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione (B.U.R.) dell'avviso relativo all'esito positivo dell'esame di compatibilità da parte della Commissione delle Comunità europee ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea.
2. I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge non sono cumulabili con quelli previsti per le medesime iniziative da altre leggi statali e regionali.
Art. 9
Norma finanziaria.
1. Gli oneri di cui alla presente legge rientrano negli stanziamenti annualmente previsti nel bilancio regionale a favore dell'A.R.S.I.A.L.
L.R.
27 febbraio 2004, n. 2
Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2004 (art. 79)
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(1) Pubblicata nel B.U. Lazio 10 marzo 2004, n. 7, S.O. n. 4.
(omissis)
Art. 79
Norme in materia di coltivazione ed allevamento di organismi geneticamente modificati.
1. La Regione, in applicazione del principio di precauzione espressamente sancito nell'articolo 174 del Trattato di Amsterdam ed in coerenza con la legge regionale 1° marzo 2000, n. 15 (Tutela delle risorse genetiche autoctone di interesse agrario ), tutela le risorse genetiche del proprio territorio con particolare riferimento alla qualità ed originalità della propria produzione agro-alimentare e promuove azioni utili a prevenire i possibili rischi per la salute umana e per l'ambiente derivanti da coltivazione ed allevamento degli organismi geneticamente modificati (OGM).
2. Ai fini di cui al comma 1, nelle more della definizione di protocolli e normative per la valutazione dell'impatto degli OGM sul sistema agricolo, sono vietate sul territorio regionale la coltivazione e l'allevamento a qualsiasi titolo di tali OGM.
3. In deroga a quanto previsto al comma 2, nel territorio regionale possono essere effettuate emissioni deliberate nell'ambiente di OGM o di una combinazione di OGM al solo scopo di ricerca, sulla base del provvedimento di assenso del Ministero della Salute in ambiente confinato, purché al di fuori:
a) delle aree di proprietà del demanio regionale, di proprietà collettiva ricadenti nel territorio regionale e di quelle individuate all'articolo 7, comma 1 della L.R. n. 15/2000;
b) delle aree in cui si realizzano prodotti garantiti da marchi di qualità riconosciuti dalla CE;
c) delle aree dove insistono aziende che praticano l'agricoltura biologica o che a qualunque titolo ricevono contributi per l'applicazione di misure agroambientali;
d) di zone limitrofe alle aree di cui alle lettere a), b), c), per una distanza di almeno 20 chilometri.
4. L'uso di mangimi contenenti OGM per l'alimentazione del bestiame è condizione ostativa alla concessione di contributi regionali.
5. L 'attività di vigilanza sul rispetto degli obblighi derivanti dal presente articolo viene svolta dall'Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell'agricoltura del Lazio (ARSIAL), fermi restando gli eventuali controlli di competenza di altre autorità previsti da leggi statali e regionali in materia di OGM, ambiente e sicurezza alimentari.
(omissis)
L.R.
6 dicembre 1999, n. 36
Interventi per la valorizzazione e la promozione
dell'agricoltura di qualità e norme sul metodo di produzione biologico
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(1) Pubblicata nel B.U. Liguria 22 dicembre 1999, n. 19.
(2) Vedi, anche, la Delib.G.R. 16 giugno 2000, n. 665 e la Delib.G.R. 2 febbraio 2001, n. 115.
(omissis)
Allegato A
(Articolo 8)
NORME PER LE PRODUZIONI OTTENUTE MEDIANTE METODI DI COLTIVAZIONE E ALLEVAMENTO BIOLOGICI
MODALITÀ DI APPLICAZIONE
Titolo I - Definizioni
Titolo II - Associazioni di produttori agricoli biologici
Titolo III - Elenco requisiti degli operatori biologici
Titolo IV - Princìpi e metodi per le produzioni agricole biologiche
Titolo V - Princìpi e metodi per le produzioni zootecniche biologiche
Titolo VI - Produzione biologica di latte confezionato e derivati del latte
Titolo VII - Apicoltura biologica
(omissis)
TITOLO V
Princìpi e metodi per le produzioni zootecniche biologiche
(omissis)
4. ALIMENTAZIONE
4.1 Origine degli alimenti
L'alimentazione del bestiame deve basarsi su foraggi e mangimi ottenuti da coltivazioni biologiche. Nell'impossibilità di reperire alimenti di origine biologica, è ammesso il ricorso ad alimenti provenienti da colture convenzionali in misura non superiore al 10 per cento della sostanza secca (s.s.) della razione giornaliera per i ruminanti e al 20 per cento per i monogastrici.
Tutti i prodotti utilizzati nell'alimentazione biologica devono essere esenti da Organismi geneticamente modificati (O.G.M.).
Si possono utilizzare alimenti provenienti da colture in conversione, di produzione aziendale o interaziendale, in percentuale non superiore al 40 per cento della s.s. della razione totale giornaliera. Per la parte di alimenti provenienti da coltivazioni biologiche non è ammesso l'uso di prodotti di sintesi per la loro conservazione e/o manipolazione.
4.2 Alimenti utilizzabili
Sono utilizzabili i seguenti alimenti:
* foraggi freschi, secchi o insilati, radici, tuberi ed altre parti vegetali;
* cereali e legumi.
È consentito l'uso degli insilati purché si assicuri la somministrazione giornaliera di almeno 1 Kg di s.s/100 Kg di peso vivo di alimenti a fibra lunga.
L'uso di concentrati non può superare il 40 per cento della s.s. della razione giornaliera ed il 30 per cento della razione annuale dei poligastrici. Nei monogastrici deve essere prevista la disponibilità di alimenti fibrosi.
Tra gli alimenti concentrati di origine biologica utilizzabili, quelli proteici sono:
* granaglie di leguminose che possono aver subito trattamenti termici e/o meccanici;
* lieviti;
* pannelli ottenuti per pressione (spremitura);
* medica disidratata;
* latte;
* siero;
* latticello;
* farina di pesce non derivante da sottoprodotti di lavorazione.
4.3 Integratori alimentari
* farina di roccia;
* carbonato di calcio da rocce calciche macinate e da alghe marine e calcaree;
* carbonato doppio di calcio e magnesio (dolomiti);
* fosfato di calcio biidrato precipitato;
* carbonato e solfato di magnesio;
* bicarbonato di sodio;
* sale marino o salgemma grezzi o integrali;
* zolfo in polvere;
* carbone;
* bentonite;
* miscele di oligo e micro elementi in casi di stretta necessità;
4.4 integratori vitaminici:
* cereali germinati;
* olio di fegato di pesce;
* lievito di birra;
* fermenti lattici;
4.5 Integratori diversi;
* melasso;
* condimenti ed aromi di origine naturale che non abbiano subito processi chimici;
* preparati omeopatici in soluzione e/o lattosio in polvere impregnato;
È vietato somministrare: sostanze coloranti di origine sintetica;
* conservanti;
* sostanze appetizzanti di origine sintetica;
* amminoacidi di sintesi;
* vitamine di sintesi se non per uso terapeutico e su autorizzazione del veterinario, sentito l'organismo di controllo.
* elementi minerali o quant'altro, ancorché di origine non sintetica, ad effetto vitaminico.
(omissis)
L.R.
23 febbraio 2000, n. 9
Norme in materia di consumo di prodotti
geneticamente modificati nelle mense scolastiche, negli ospedali e nei luoghi
di cura
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(1) Pubblicata nel B.U. Marche 2 marzo 2000, n. 24.
Art. 1
1. La Regione, in attuazione dell'articolo 32, comma 1, della Costituzione e dell'articolo 7 dello Statuto, tutela la salute quale fondamentale diritto dell'individuo e promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi alla salute umana e all'ambiente derivanti dal consumo di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
Art. 2
1. Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, la Giunta regionale organizza e realizza, all'interno dei propri programmi sull'educazione alimentare e nella divulgazione agricola, campagne di informazione ed educazione del cittadino, dirette in maniera particolare agli operatori agricoli, scolastici e sanitari, sui rischi possibili derivanti dall'introduzione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati nell'alimentazione e nell'ambiente.
Art. 3
1. Nelle more di protocolli e normative comunitarie utili alla valutazione dell'impatto sulla salute umana e sull'ambiente, i prodotti contenenti organismi geneticamente modificati non devono essere somministrati nelle attività di ristorazione collettiva riguardanti le forme scolastiche e prescolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura della Regione Marche appartenenti ai comuni, alle province, alla Regione, agli altri Enti pubblici ed ai soggetti privati convenzionati.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di verificare attraverso la richiesta di apposita certificazione l'assenza di organismi geneticamente modificati.
Art. 4
1. Al fine di favorire la corretta e giusta informazione del cittadino, i soggetti gestori di cui al comma 1 dell'articolo 3, hanno l'obbligo di comunicare agli utenti, attraverso mezzi idonei ed adeguati, la provenienza degli alimenti somministrati.
Art. 5
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R.
10 dicembre 2003, n. 23
Interventi per il sostegno dei sistemi di
certificazione della qualità e della tracciabilità delle produzioni agricole ed
agroalimentari (art. 5)
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(1) Pubblicata nel B.U. Marche 18 dicembre 2003, n. 119.
(omissis)
Art. 5
Priorità.
1. Nella concessione dei contributi di cui agli articoli 3 e 4, è data priorità ai progetti finalizzati ad attestare l'assenza di OGM (Organismi geneticamente modificati) nelle filiere di produzione.
(omissis)
L.R.
22 dicembre 2003, n. 27
Interventi regionali nel settore della zootecnia (art. 2)
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(1) Pubblicata nel B.U. Marche 15 gennaio 2004, n. 3.
(omissis)
Art. 2
Zootecnia di qualità.
1. Al fine di ottenere produzioni zootecniche di qualità, per le quali occorre l'adesione a specifici disciplinari sottoposti al controllo di organismi terzi, sono stabiliti i seguenti indicatori:
a) utilizzo nell'alimentazione del bestiame di materie prime di prevalente provenienza aziendale o regionale;
b) tipologia di allevamento;
c) linee di produzione, a partire dalle fattrici di provenienza regionale;
d) tracciabilità aziendale;
e) zootecnia biologica;
f) alimentazione senza organismi geneticamente modificati (OGM);
g) utilizzo condizionato ed ecocompatibile degli effluenti zootecnici.
2. La Giunta regionale definisce con proprio atto, entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione della presente legge, gli indicatori da adottare e quantificare per le singole specie o razze; con lo stesso atto la Giunta regionale stabilisce il periodo entro cui raggiungere la prevalenza, nell'alimentazione, di materie prime di provenienza aziendale o regionale.
(omissis)
L.R.
3 marzo 2004, n. 5
Disposizioni in materia di salvaguardia delle
produzioni agricole, tipiche, di qualità e biologiche
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(1) Pubblicata nel B.U. Marche 11 marzo 2004, n. 23.
Art. 1
Finalità e oggetto.
1. La Regione valorizza le risorse genetiche e la specificità ed originalità delle produzioni agricole e agroalimentari del proprio territorio, al fine di assicurare un elevato livello di tutela della salute umana, animale e dell'ambiente, nonché della qualità dei prodotti e degli interessi dei consumatori.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Regione, in linea con quanto previsto dalla L.R. 29 dicembre 1997, n. 76 (Disciplina dell'agricoltura biologica) e dalla L.R. 3 giugno 2003, n. 12 (Tutela delle risorse genetiche animali e vegetali del territorio marchigiano), con la presente legge:
a) disciplina la produzione e la commercializzazione degli organismi geneticamente modificati (OGM), promuovendo tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi per la salute umana e per l'ambiente in applicazione del principio di precauzione;
b) favorisce la produzione e il consumo di prodotti tipici, di qualità e biologici;
c) promuove iniziative di comunicazione e di educazione alimentare sui prodotti tipici di qualità e biologici.
3. La Regione sostiene le iniziative dei Comuni che dichiarino il proprio territorio antitransgenico.
Art. 2
Disciplina della produzione.
1. Al fine di tutelare i prodotti agricoli zootecnici, in particolare quelli di qualità regolamentata, non è consentita la produzione e la coltivazione di specie che contengono OGM sull'interno territorio della regione.
2. La Giunta regionale disciplina le modalità per la distruzione di eventuali colture impiantate difformemente da quanto previsto dal comma 1, nonché le modalità dei controlli relativi alla presenza di OGM nelle sementi.
Art. 3
Esclusione dai finanziamenti.
1. Le aziende e le industrie agroalimentari che utilizzano organismi geneticamente modificati, comunque presenti nel ciclo produttivo come materia prima, coadiuvanti, additivi o ingredienti, sono escluse dall'accesso a qualunque tipo di contributo erogato dalla Regione, nonché ai marchi di qualità.
2. Le esclusione di cui la comma 1 riguardano anche le aziende che utilizzano mangimi in cui sono contenute materie prime derivate da piante geneticamente modificate.
Art. 4
Etichettatura.
1. In attuazione delle norme comunitarie e statali in materia di etichettatura, i prodotti alimentari contenenti OGM o prodotti derivati, commercializzati nel territorio della Regione, devono indicarne la presenza nell'etichetta apposta su ogni singolo prodotto.
2. I gestori degli esercizi commerciali operanti sul territorio regionale devono esporre i prodotti di cui al comma 1 in appositi e separati contenitori o scaffali, in modo da renderli chiaramente identificabilità.
Art. 5
Ricerca.
1. La Regione, in coerenza con quanto previsto dalla L.R. n. 12/2003, riconosce titolo preferenziale alle ricerche finalizzate alla diversificazione delle produzioni agricole e a quelle volte all'individuazione, valorizzazione e tutela delle risorse geneticamente autoctone, nonché alla relativa creazione varietale basata su geotipi locali o tradizionali di interesse agrario.
Art. 6
Obbligo di comunicazione.
1. Delle coltivazioni di piante contenenti OGM deve essere data in ogni caso comunicazione alla Regione almeno trenta giorni prima della data di inizio delle operazione di semina o trapianto, secondo le modalità stabilite dalla Giunta regionale.
Art. 7
Ristorazione collettiva.
1. Nei servizi di ristorazione collettiva gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati è vietata la somministrazione di prodotti contenenti OGM.
2. I soggetti gestori dei servizi di cui al comma 1 devono verificare, tramite dichiarazione dei fornitori, l'assenza di OGM o di prodotti da essi derivati negli alimenti somministrati.
Art. 8
Comunicazione ed educazione alimentare.
1. I Comuni realizzano iniziative di comunicazione ed educazione alimentare secondo quanto previsto all'articolo 1, comma 2, lettere c), utilizzando i proventi delle sanzioni di cui all'articolo 10.
Art. 9
Vigilanza e controllo.
1. Fatta salva la competenza in materia di etichettatura esercitata dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) ai sensi della normativa statale vigente, la vigilanza e il controllo sull'applicazione della presente legge sono esercitate dalla Regione e dai Comuni competenti per territorio.
Art. 10
Sanzioni.
1. Fatte salve le sanzioni previste dalla normativa statale vigente, è irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria:
a) da euro 5.000,00 a euro 10.000,00 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 2;
b) da euro 200,00 a euro 2.000,00 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2;
c) da euro 100,00 a euro 1.000,00 per la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1.
2. All'applicazione delle sanzioni provvedono i Comuni e le CCIAA competenti per territorio, ai sensi dell'articolo 9, secondo le disposizioni della L.R. 10 agosto 1998, n. 33 (Disciplina generale e delega per l'applicazione delle sanzioni amministrative di competenza regionale).
O.P.G.R.
11 luglio 2003, n. 63
Disposizione in ordine alla
neutralizzazione delle colture di mais contaminato da OGM non autorizzati.
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(1) Pubblicata nel B.U. Piemonte 15 luglio 2003, n. 28, 2° supplemento.
Il Presidente della Giunta regionale
in virtù delle competenze di tutela della salute pubblica e di protezione dell'ambiente ed in osservanza alle disposizioni vigenti,
- VISTO il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212 recante "Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole e relativi controlli" che prevede, all'articolo 1, comma 2, la messa in coltura dei prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate a seguito di autorizzazione del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e il Ministro della salute;
- VISTA la Circ.Min. 13 dicembre 2002, n. 2170 del Ministero delle politiche agricole e forestali recante oggetto "Campagna semina 2003 - modalità di controllo sementi mas e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati" che afferma, in attesa dell'emanazione di una specifica normativa europea ed in applicazione del "principio di precauzione" di cui al comma 14 dell'articolo 19 della legge n. 1096/1971, che non è possibile autorizzare la semina di varietà non iscritte nel registro nazionale italiano né la presenza di sementi OGM in lotti di sementi convenzionali e che attualmente non vi sono varietà OGM di mais e soia iscritte nel registro nazionale italiano ovvero nel catalogo comune europeo;
- PRESO ATTO che l'Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha varato con propria C.P.G.R. 23 dicembre 2002, n. 4 in linea con le direttive impartite dal Ministro delle politiche agricole e forestali di cui alla citata circolare, un programma nazionale coordinato di controlli sulle sementi di mais e soia per la ricerca di OGM;
- PRESO ATTO che a seguito dei prelievi di sementi effettuati nell'ambito del suddetto programma è stata riscontrata la presenza in alcuni lotti di OGM non autorizzati;
- VISTO l'esito positivo per presenza di mais MON 810 delle analisi "PCR quantitativa" riferibili ai Mais varietà PR33J24 lotto ENSE 4504/05, Mais PR32D12 lotto ENSE 4630/24D, Mais PR32D12 lotto ENSE 4630/08D, MAIS GERAL lotto ENSE 4200/08, MAIS GOLDELE lotto ENSE B/3115/02/001 con percentuali variabili dallo 0,02%allo 0,11% comunicato dall'Ispettorato Centrale Repressione Frodi;
- PRESO ATTO dell'indagine conoscitiva effettuata dalla ASL n. 17/2 di Saluzzo che ha confermato in campione la presenza di OGM vietato nel mais PR32D12 lotto ENSE 4630/24D;
- VISTO il decreto del Presidente del Consigli o dei Ministri 4 agosto 2000 recante " Sospensione cautelativa della commercializzazione e dell'utilizzazione di taluni prodotti transgenici sul territorio nazionale, a norma dell'articolo 12 del Regolamento (CE) n. 258/9"7, che all'articolo unico sospende la commercializzazione e l'utilizzazione dei prodotti transgenici Mais BT 11, Mais MON 810, Mais MON 809 e mais T25;
- CONSIDERATO che sotto il profilo sanitario prescindendo dagli elementi di incertezza del dibattito scientifico ancora in corso sulla sicurezza dell'impiego dell'OGM nell'alimentazione, il provvedimento di distribuzione per tutte le sementi dell'OGM attualmente non si presenta come l'unica misura in grado di evitare concretamente il rischio di introdurre nel circuito alimentare umano o animale i prodotti contaminati;
- VALUTATO che date le dimensioni del fenomeno è improponibile, per costi e complessità, fare gravare sul Servizio sanitario nazionale l'onere di capillari accertamenti diagnostici a valle anche considerando per alcune matrici (mais non in granella) gli esami risultano perfettamente molto difficilmente applicabili;
- CONSIDERATO il rischio di contaminazione ambientale e delle colture circostanti ad opera del polline rilasciato dalle colture OGM che richiede un intervento il più possibile rapido e tempestivo a fronte dell'attuale avanzato stadio di maturazione del vegetale;
- PRESO ATTO del parere dell'Avvocatura dello Stato espresso in data 8 luglio 2003 di cui alla nota 10867-68-69-70-71 CS 3393/03 Avv. Ferrero-msp;
- PRESO ATTO del parere della Procura Generale della Repubblica in Torino di cui alla nota 75/RIS/2003 dell'11 luglio 2003;
- SENTITE le Organizzazioni professionali agricole;
- PRESO ATTO delle sollecitazioni pervenute delle Associazioni dei consumatori e dei produttori biologici;
- VISTA la legge 24 novembre 1981, n. 689;
- VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1982, n. 571;
- VISTA la legge regionale 26 ottobre 1982, n. 30 recante "Riordino delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie, polizia e servizi veterinari";
- VISTO il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
- VISTA la legge regionale 26 aprile 2000, n. 44 e successive modifiche ed integrazioni.
Ordina
Tutte le colture seminate con partite di mais nato da sementi contenenti OGM vietati e precisamente i Mais varietà PR33J24 lotto ENSE 4504/05, Mais PR32D12 lotto ENSE 4630/24D, Mais PR32D12 lotto ENSE 4630/08D, Mais GERAL lotto ENSE 4002/08, Mais GOLDELE lotto ENSE B/3115/02/001 ed attualmente sotto sequestro devono essere distrutte entro quarantotto ore dalla notifica, fatta salva la piena disponibilità della coltura in capo ai destinatari del presente atto e comunque non oltre cinque giorni dalla sua emanazione.
Le operazioni di neutralizzazione delle colture tramite trinciatura sul campo sono affidate ai coltivatori degli appezzamenti medesimi. Alla trinciatura devono fare seguito operazioni di sovescio da eseguirsi in tempi immediatamente successivi alla trinciatura e comunque ultimate non oltre trenta giorni.
Le operazioni di controllo e verifica della avvenuta distruzione sono affidate agli operatori dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL competenti per territorio.
L.R.
4 dicembre 2003, n. 26
Norme in materia di coltivazione,
allevamento e commercializzazione di Organismi geneticamente modificati (OGM).
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(1) Pubblicata nel B.U. Puglia 10 dicembre 2003, n. 144.
Art. 1
Obiettivi.
1. La Regione Puglia, a tutela delle risorse genetiche del proprio territorio e della qualità, specificità, originalità, territorialità della propria produzione agro-alimentare e a garanzia della sicurezza alimentare dei propri cittadini, intende applicare il principio di cautela e attenzione nelle decisioni che attengono l'uso per qualsiasi forma di Organismi geneticamente modificati (OGM) o di prodotti da essi derivati.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Regione può promuovere azioni utili a prevenire i possibili rischi sulla salute umana e sull'ambiente e anche a valutare i possibili benefici derivanti dalla coltivazione, dall'allevamento e dall'uso a scopi alimentari di tali organismi o di prodotti da essi derivati. Per ambiente s'intende anche la biodiversità, cioè l'insieme degli organismi viventi che vivono in una determinata area, a livello di aria, acqua e suolo.
3. La Regione Puglia può promuovere la ricerca e la sperimentazione del settore agricolo con l'obiettivo di mantenere e sviluppare le biodiversità a livello specifico e varietale e di ricostruire sistemi agricoli diversificati, nella direzione di uno sviluppo durevole e del mantenimento dell'alto valore del paesaggio agricolo regionale.
Art. 2
Divieto di coltivazione e allevamento, a qualsiasi titolo, sui terreni di proprietà pubblica, collettiva e nelle aree a qualunque titolo protette.
1. È fatto divieto, sull'intero territorio regionale, della coltivazione di piante e dell'allevamento di animali geneticamente modificati o di altro tipo di OGM anche ai fini sperimentali.
2. Fanno eccezione al comma 1 i terreni in uso a enti e organismi pubblici di ricerca scientifica, opportunamente e adeguatamente attrezzati e isolati dai campi di coltivazione normale, previa autorizzazione dell'Assessorato regionale all'agricoltura.
Art. 3
Esclusione dalla protezione dei marchi di qualità e dai finanziamenti erogati dalla Regione.
1. Sono escluse dalla possibilità di accedere ai marchi di qualità le aziende agricole che utilizzano OGM sia direttamente che indirettamente.
2. Le aziende di cui al comma 1 sono anche escluse dall'accesso a qualunque tipo di contributi finanziari erogati dalla Regione Puglia.
3. Analoga esclusione riguarda le aziende che utilizzano mangimi in cui sono contenute materie prime derivate da piante geneticamente modificate.
Art. 4
Ristorazione collettiva.
1. Nelle attività di ristorazione collettiva scolastica e prescolastica, degli ospedali, dei luoghi di cura della Regione Puglia, degli uffici pubblici appartenenti alla Regione, alla Provincia, ai Comuni e ai soggetti privati convenzionati è vietata la somministrazione di prodotti ottenuti da OGM.
2. I soggetti di cui al comma 1 hanno l'obbligo di verificare, attraverso dichiarazione dell'erogatore del servizio e/o somministratore, l'assenza di OGM o di prodotti derivati negli alimenti somministrati, che, comunque, devono provenire da produzioni segregate prive di OGM.
3. Al fine di favorire la corretta informazione degli utenti, i soggetti gestori di cui al comma 1 hanno l'obbligo di pubblicizzare in modo adeguato le informazioni sulla provenienza degli alimenti somministrati.
4. Per garantire sicurezza alimentare ai cittadini e per la promozione della produzione agricola biologica e di qualità, le istituzioni pubbliche che gestiscono o svolgono le attività di cui al comma 1 prevedono nelle diete giornaliere l'utilizzazione dei prodotti biologici e tradizionali nonché quelli a denominazione protetta e a indicazione geografica tipica dando valore preminente alle tipicità della Regione Puglia, secondo le modalità indicate dal comma 4 dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.
Art. 5
Etichettatura dei prodotti per l'alimentazione umana e materiale.
1. In ottemperanza alle disposizioni dell'Unione europea in materia di etichettatura, è fatto obbligo a tutti i gestori di esercizi commerciali che operano sul territorio regionale, siano essi appartenenti alle grandi catene di distribuzione ovvero commercianti al dettaglio, di verificare che i prodotti messi in vendita siano dotati di adeguata etichettatura indicante l'eventuale presenza di OGM o di prodotti derivati.
2. I prodotti contenenti OGM vanno comunque esposti al pubblico in modo chiaramente e inequivocabilmente identificabili in appositi ed esclusivi contenitori.
3. I gestori che commercializzano esclusivamente alimenti esenti da OGM o prodotti derivati devono dare comunicazione alla Regione Puglia, entro il 31 dicembre di ogni anno, al fine di essere inseriti nell'elenco di tali esercizi commerciali redatto annualmente dalla Regione.
4. L'elenco di cui al comma 3 deve essere predisposto entro il 31 gennaio di ogni anno, pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione e inviato a tutti i comuni della Regione con l'obbligo di darne pubblicità.
Art. 6
Consenso informato.
1. La Regione s'impegna, entro trenta giorni dalla ricezione, a comunicare ai Comuni, sul cui territorio insistono le sperimentazioni, le informazioni contenute nelle notifiche di emissioni deliberate di OGM e le autorizzazioni rilasciate dal Ministero della sanità.
2. Il Comune, a sua volta, entro i successivi trenta giorni, informa gli agricoltori confinanti con l'azienda in cui si effettua la sperimentazione stessa.
Art. 7
Informazione ed educazione alimentare.
1. La Regione Puglia può promuovere, organizzare e realizzare campagne di informazione ed educazione dei cittadini, in collaborazione con il Sistema universitario e con le Facoltà di agraria e scienze biotecnologiche, dirette in particolare agli agricoltori, ai consumatori, agli operatori scolastici e sanitari, sui possibili rischi e benefici per la salute e per l'ambiente derivanti dall'uso dei prodotti contenenti OGM.
Art. 8
Sanzioni.
1. Per le violazioni alle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 si applica una sanzione da euro mille a euro 10 mila.
2. All'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1 provvedono i carabinieri del Nucleo antisofisticazioni (NAS) e del Nucleo operativo ecologico (NOE), gli agenti del Corpo forestale dello Stato, il personale preposto dell'Ispettorato per la prevenzione e la sicurezza del lavoro.
Art. 9
Norma finanziaria.
1. I proventi derivanti dalle azioni sanzionatorie sono introitati al capitolo di nuova istituzione "Entrate derivanti da infrazioni a norme in materia di coltivazione, allevamento e commercializzazione di Organismi geneticamente modificati. Legge regionale 4 dicembre 2003, n. 26 " e in uscita con apposito capitolo di nuova istituzione "Spese per l'attuazione delle finalità previste dalla legge regionale 4 dicembre 2003, n. 26".
2. I proventi di cui al comma 1 possono essere impegnati ad avvenuto accertamento dell'effettivo introito.
L.R.
6 aprile 2000, n. 53
Disciplina regionale in materia di
Organismi geneticamente modificati (O.G.M.).
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(1) Pubblicata nel B.U. Toscana 17 aprile 2000, n. 17, parte prima.
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Toscana, ai fini della tutela della salute, quale fondamentale diritto della persona, promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi per la salute umana e per l'ambiente derivanti dalla coltivazione, dalla produzione e dal consumo di prodotti contenenti Organismi geneticamente modificati (O.G.M.).
Art. 2
Divieto di coltivazione e di produzione.
1. Per i fini di cui all'articolo 1 e per mantenere e preservare la presenza dei geni naturali, anche secondo quanto previsto dalla legge regionale 16 luglio 1997, n. 50 "Tutela delle risorse genetiche autoctone", la Regione Toscana vieta la coltivazione e la produzione di specie che contengono la presenza di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.).
Art. 3
Etichettatura.
1. In attuazione delle norme comunitarie in materia di etichettatura e, in particolare, del Reg. (CE) n. 1139/98 del Consiglio, del 26 maggio 1998, i prodotti alimentari commercializzati nel territorio della Regione, se contenenti O.G.M. o prodotti derivati, dovranno indicare tale presenza in un'apposita etichetta da apporsi su ogni singolo prodotto.
2. A tal fine, è fatto obbligo ai gestori degli esercizi commerciali che operano sul territorio regionale, di verificare che i prodotti messi in vendita siano dotati dell'apposita etichetta.
Art. 4
Divieto di somministrazione di prodotti contenenti O.G.M.
1. Nelle more di protocolli e normative comunitarie utili alla valutazione dell'impatto sulla salute umana e sull'ambiente, è vietata la somministrazione di prodotti contenenti O.G.M. nelle attività di ristorazione collettiva scolastica e prescolastica, degli ospedali e luoghi di cura della Regione, degli uffici della Regione, delle province e dei comuni.
2. I soggetti gestori delle attività di cui al comma 1 hanno l'obbligo di verificare, attraverso la richiesta di apposita dichiarazione del fornitore, l'assenza di O.G.M.
Art. 5
Informazione ed educazione.
1. Per il conseguimento delle finalità di cui alla presente legge la Giunta regionale organizza e realizza, all'interno dei propri programmi sull'educazione alimentare e nella divulgazione agricola, campagne di informazione ed educazione del cittadino, dirette in maniera particolare agli operatori agricoli, scolastici e sanitari, sui rischi possibili derivanti dall'introduzione di prodotti contenuti O.G.M. nell'alimentazione e nell'ambiente.
Art. 6
Controlli e sanzioni.
1. Il controllo su quanto previsto all'articolo 2 è esercitato dall'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore agricolo forestale (A.R.S.I.A.), di cui alla legge regionale 10 giugno 1993, n. 37 (Istituzione dell'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore agricolo forestale (A.R.S.I.A.) e successive modificazioni. A tal fine, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale emanerà apposito regolamento contente la disciplina del controllo (2).
2. Le imprese agricole che utilizzano O.G.M. dovranno restituire, entro sei mesi dalla comunicazione dei risultati del controllo, i contributi finanziari, maggiorati degli interessi legali, ottenuti dalla Regione negli ultimi cinque anni a far data dal momento del controllo stesso e di provenienza, oltre che regionale, anche nazionale e comunitaria.
3. Gli esercizi commerciali che commercializzano prodotti contenti O.G.M. senza l'apposita etichetta sono sanzionati con la chiusura dell'esercizio commerciale fina ad un massimo di quindici giorni.
4. Nei contratti di appalto di ristorazione nelle mense scolastiche, degli istituti ospedalieri e degli uffici della Regione, delle province e dei comuni, dovranno essere previste norme che stabiliscano la risoluzione del contratto stesso a seguito dell'accertamento di violazione del divieto previsto all'articolo 4.
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(2) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 17 maggio 2001, n. 24/R.
D.P.G.R.
17 maggio 2001, n. 24/R
Regolamento d'attuazione della L.R. 6
aprile 2000, n. 53 "Disciplina regionale in materia di organismi
geneticamente modificati (O.G.M.)" relativo alla disciplina del controllo
sul divieto di coltivazione e produzione di specie che contengono O.G.M.
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(1) Pubblicato nel B.U. Toscana 28 maggio 2001, n. 17, parte prima.
Il Presidente della Giunta regionale
Visto l'art. 121 della Costituzione, quarto comma, così come modificato dall'art. 1 della L.Cost. 22 novembre 1999, n. 1;
Visto l'art. 6, comma 1, della L.R. 6 aprile 2000, n. 53 "Disciplina regionale in materia di organismi geneticamente modificati (O.G.M.)" che demanda alla Giunta regionale l'adozione di apposito regolamento contenente la disciplina del controllo su quanto previsto all'art. 2 della legge stessa;
Vista la Delib.G.R. 26 febbraio 2001, n. 200 concernente "L.R. 6 aprile 2000, n. 52 Disciplina regionale in materia di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.) Art. 6, comma 1 - Regolamento contenente la disciplina del controllo" con la quale è approvato il regolamento in oggetto, acquisiti i pareri del Comitato Tecnico della Programmazione di cui all'art. 26, comma 3, della L.R. 17 marzo 2000, n. 26, nonché dei Dipartimenti di cui all'art. 41, comma 3, della medesima legge regionale 17 marzo 2000, n. 26;
Vista la decisione n. 3 del 16 marzo 2001 con al quale la C.C.A.R.T. ha richiesto chiarimenti in ordine al succitato provvedimento;
Vista la Delib.G.R. 27 aprile 2001, n. 445 concernente "Modifiche alla Delib.G.R. n. 200/2001 che approva il regolamento contenente la disciplina dei controlli di cui all'art. 6 L.R. 6 aprile 2000, n. 53 Disciplina regionale in materia di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.)" che accoglie le osservazioni della C.C.A.R.T.;
Vista la decisione n. 6 del 15 maggio 2001 con la quale la C.C.A.R.T. non ha riscontrato vizi di legittimità;
Emana
il seguente regolamento:
Art. 1
Oggetto.
Il presente regolamento disciplina l'attività di controllo sulla osservanza del divieto di coltivazione e di produzione di specie che contengono Organismi geneticamente modificati (O.G.M.) di cui alla legge regionale 6 aprile 2000, n. 53 "Disciplina regionale in materia di Organismi geneticamente modificati (O.G.M.)".
Art. 2
Definizioni.
1. Ai fini del presente regolamento s'intende per:
a) coltivazione di specie Geneticamente Modificate: le attività agronomiche relative all'impiego di specie Geneticamente Modificate, sia erbacee che arbustive ed arboree;
b) produzione di specie Geneticamente Modificate: le attività che comportano la creazione e/o riproduzione di specie Geneticamente Modificate;
c) prodotti sementieri: le sementi per colture erbacee, ornamentali e da fiore, le sementi di piante agrarie arboree ed arbustive, compresi i materiali di moltiplicazione costituiti da tuberi, bulbi, e simili, il materiale di moltiplicazione della vite ed il materiale forestale di propagazione.
Art. 3
Attività di controllo.
1. Il controllo di cui all'art. 1 è effettuato sulle coltivazioni, sulle produzioni, sui prodotti sementieri in base ad un programma annuale di controllo definito dall'Agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione nel settore Agricolo - Forestale della Toscana (A.R.S.I.A.) nonché a seguito di segnalazioni motivate e non anonime. Al fine di garantire un adeguato sistema di controlli, la Regione individua il Centro di Saggio di Cesa (AR) quale struttura tecnico - professionale idonea allo svolgimento in ambiente isolato, per evitare qualsiasi tipo di contaminazione, dell'emissione deliberata di O.G.M. a scopo di sperimentazione notificata ai sensi dell'art. 5 del D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92.
2. Il programma annuale di controllo è definito in base a criteri che devono garantire la diffusione sul territorio, l'imparzialità e l'efficacia delle azioni di ispezione e campionamento, ed è riferito alle attività di cui al successivo comma 5. Tale programma annuale di controllo deve essere, coordinato con le attività di controllo sull'ambiente effettuate dall'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana (A.R.P.A.T.) e con le attività di controllo sugli alimenti effettuate dalle Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.).
3. Il programma annuale di controllo è trasmesso alla Giunta regionale entro il 28 febbraio di ogni anno. Le specie particolarmente interessate dall'attività di controllo sono:
a) Mais (Zea mais),
b) Soia (Glicine max),
c) Colza (Brassica napus),
d) Barbabietola da zucchero (Beta vulgaris),
e) Pomodoro (Lycopersicon esculentum),
f) Tabacco (Nicotiana tabacum),
g) Patata (Solanum tuberosum),
h) Crisantemo (Chrysanthemum spp.),
i) Vite (Vitis vinifera)
4. L'A.R.S.I.A. può modificare od integrare l'elenco delle specie controllate in occasione del programma annuale ovvero in ogni momento per sopravvenute esigenze straordinarie, da motivare esplicitamente.
5. L'attività di controllo è svolta dal personale tecnico dell'A.R.S.I.A. appositamente incaricato presso:
a) le imprese che operano nel settore dei prodotti sementieri (produzione e commercializzazione);
b) le aziende agricole.
6. L'A.R.S.I.A., nell'ambito del programma annuale di cui al presente regolamento, tiene conto dell'attività di controllo fitosanitario che l'A.R.P.A.T. effettua ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 8-ter della L.R. 18 aprile 1995, n. 66 "Istituzione dell'Agenzia regionale per la Protezione Ambientale della Toscana".
7. L'A.R.P.A.T. comunica, ai fini del presente regolamento, all'A.R.S.I.A. i risultati dell'attività di controllo svolta.
Art. 4
Tipologia dell'attività di controllo.
1. Le attività di controllo di cui al presente regolamento si attuano attraverso:
a) la verifica documentale
b) il sopralluogo visivo
c) il prelievo
d) l'analisi dei campioni
2. La verifica documentale consiste nel verificare che la documentazione relativa al materiale controllato sia conforme alla normativa vigente ed in particolare alle varietà iscritte, ai registri di varietà nazionali non O.G.M. previsti dalla legge 25 novembre 1971, n. 1096 e successive modifiche. La verifica è effettuata sulla documentazione fiscale e di accompagnamento nonché sulle dichiarazioni di semina previste dall'Organizzazione Comune dei Mercati, al fine di individuare la ditta produttrice, la provenienza e la specie delle sementi.
3. Il sopralluogo visivo è finalizzato a verificare la corrispondenza della documentazione con la situazione effettiva.
4. Al prelievo di campioni si procede qualora, a seguito della verifica documentale, e del sopralluogo, emergano dubbi circa la presenza di O.G.M. nel materiale controllato nonché sulla base di specifiche indicazioni contenute nel programma annuale di controllo dell'A.R.S.I.A.
5. Il prelievo di campioni deve avvenire con i criteri seguenti:
a) il prelievo deve essere fatto in quantità e modalità idonee per l'espletamento dell'esame del D.N.A. e dell'eventuale analisi di revisione di cui al comma 8;
b) il prelievo dei semi deve essere effettuato su campioni singoli di semi in un numero adeguato di contenitori adatti (sacchetti, bustine ecc.);
c) il prelievo in campo deve essere effettuato con campionamento casuale di almeno venti campioni di foglie per ogni varietà coltivata dall'azienda sottoposta al controllo, che vengono prelevati da piante singole opportunamente etichettate e successivamente insacchettate in maniera separata;
d) i campioni di foglie e di semi devono essere del peso di almeno 1 grammo;
e) il prelievo in campo deve essere effettuato sulla base di un campione statistico. In particolare per le colture erbacee è effettuato su un campione calcolato sul 3% della superficie media coltivata come specificato nella tabella allegata (allegato 1), nonché per le specie non ricomprese nell'allegato 1 e per la produzione florovivaistica deve essere rappresentativo delle quantità aziendali sottoposte a controllo e comunque mai inferiori al 3%.
6. I campioni prelevati durante l'attività di controllo devono essere conservati in modo idoneo ed inviati, senza ritardo, unitamente al verbale di prelievo, ai competenti laboratori attrezzati per l'effettuazione delle analisi. Nei laboratori i campioni devono essere conservati in freezer o celle frigorifero alla temperatura di -70°C.
7. L'analisi dei campioni è effettuata tramite il Test P.C.R. (Polymerase Chain Reaction). Questa analisi, di natura qualitativa, stabilisce la presenza di O.G.M. indipendentemente dalla percentuale della stessa.
8. Nel caso sia accertata la presenza di O.G.M., viene effettuata l'analisi con il metodo P.C.R. quantitativa e con il sequenziamento di controllo secondo protocolli stabiliti dal Ministero della Sanità (P.C.R. in tempo reale) e secondo altri protocolli di analisi stabiliti dalla Giunta regionale sulla base delle indicazioni fornite da istituzioni universitarie e di ricerca pubblica specializzate.
9. Nel caso sia accertata, con l'esito delle analisi, la presenza di O.G.M., l'A.R.S.I.A. provvede con tempestività, a darne avviso all'interessato, il quale entro 15 giorni può presentare al responsabile del procedimento un'istanza di revisione di analisi. Nel caso che la presenza di O.G.M. sia accertata dall'A.R.P.A.T., essa invia la comunicazione all'A.R.S.I.A. e all'interessato. Decorso il termine di 15 giorni, l'A.R.S.I.A. trasmette, alla struttura dell'amministrazione regionale competente, all'erogazione dei contributi, il verbale corredato con i risultati dell'analisi per l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 6 comma 2 della L.R. n. 53/2000. Entro 30 giorni dal ricevimento della notifica del referto analitico l'interessato può presentare, per il tramite dell'accertatore, memorie difensive alla struttura regionale competente per l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 6 comma 2 della L.R. n. 53/2000.
10. Nel caso di revisione qualora la stessa confermi l'esito dell'analisi di prima istanza l'A.R.S.I.A. lo comunica agli interessati e trasmette alla struttura dell'amministrazione regionale competente all'erogazione dei contributi, il verbale corredato con i risultati dell'analisi per l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 6 comma 2 della L.R. n. 53/2000. Entro 30 giorni dal ricevimento della notifica del referto analitico dell'analisi di revisione, l'interessato può presentare, per il tramite dell'accertatore, memorie difensive alla struttura regionale competente per l'applicazione della sanzione prevista dall'art. 6 comma 2 della L.R. n. 53/2000.
11. Gli oneri per l'effettuazione dell'analisi di revisione sono a carico del soggetto richiedente.
12. In caso accertato di contaminazione di O.G.M., non vi è responsabilità per il coltivatore che abbia utilizzato esclusivamente prodotti sementieri appartenenti alle varietà iscritte ai Registri varietali nazionali non O.G.M. o abbia autoriprodotto la semente. In tal caso si procede ad attivare le verifiche nelle fasi a monte della coltivazione (verifiche di filiera) sulla partita dei prodotti sementieri contaminati, al fine di accertare l'origine della contaminazione.
Art. 5
Modalità dell'attività di controllo.
1. Il controllo sulle coltivazioni viene effettuato con un preavviso di almeno 48 ore per consentire, durante il sopralluogo, la presenza del titolare o di un suo rappresentante. Il titolare è tenuto a collaborare con gli incaricati della visita ispettiva e deve, pertanto, consentire l'accesso alla propria azienda e fornire i documenti eventualmente richiesti. La eventuale non collaborazione del titolare o del suo rappresentante designato deve essere riportata sul verbale di controllo a cura del personale incaricato del controllo stesso.
2. Il personale incaricato deve redigere il verbale di controllo e l'eventuale verbale di prelievo di campioni. Il verbale di controllo deve contenere almeno i seguenti elementi:
a) il luogo e la data dell'ispezione;
b) la modalità con la quale è avvenuto il controllo e la tipologia del controllo;
c) l'azienda e il materiale controllato;
d) l'esito del controllo;
e) la presenza o meno del rappresentante dell'azienda ispezionata, dando atto dell'eventuale non collaborazione.
3. Il verbale di prelievo di campioni deve contenere almeno i seguenti elementi:
a) la tipologia del campione prelevato (seme, pianta o parte di pianta)
b) nel caso di prelievo di sementi l'indicazione della partita o il lotto dal quale il campione è stato prelevato, gli estremi dell'etichetta e del documento di accompagnamento della partita o del lotto.
c) nel caso di prelievo di piante o parti di piante coltivate, l'indicazione della particella catastale (Comune, foglio di mappa e numero della particella) nella quale il campione è stato prelevato.
d) laboratorio presso il quale viene inviato il campione.
Art. 6
Applicazione delle sanzioni.
1. L'Amministrazione regionale nei casi di violazione dell'art. 2 della L.R. n. 53/2000 applica la sanzione di cui al comma 2 dell'art. 6 per i contributi erogati direttamente. Per i contributi previsti in atti normativi e di programmazione della Regione ed erogati da soggetti diversi, l'amministrazione regionale invia agli stessi i verbali per l'applicazione della sanzione di cui al comma 2 dell'art. 6.
2. Nel caso in cui, nell'ambito dei controlli di cui al presente regolamento, siano rilevate violazioni ai sensi del D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 92 "Attuazione della direttiva 90/220/CEE concernente l'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati", il personale incaricato dei controlli, nel rispetto di quanto previsto al comma 7 dell'art. 18 del D.Lgs. n. 92/1993, avvia le procedure di sanzionamento amministrativo secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689 "Modifiche al sistema penale" e trasmette le eventuali notizie di reato alla competente autorità giudiziaria, secondo i termini e le modalità previsti dal codice di procedura penale.
3. L'A.R.S.I.A. trasmette ogni sei mesi alla Giunta regionale una relazione, sui controlli effettuati e sui relativi esiti.
Il presente regolamento è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione ed entra in vigore il 15° giorno successivo alla sua pubblicazione.
L.R.
20 agosto 2001, n. 21
Disposizioni in materia di coltivazione,
allevamento, sperimentazione, commercializzazione e consumo di organismi
geneticamente modificati e per la promozione di prodotti biologici e tipici.
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(1) Pubblicata nel B.U. Umbria 29 agosto 2001, n. 41.
TITOLO I
Princìpi generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione a tutela della salute umana, delle risorse genetiche del territorio e della qualità, specificità, originalità e territorialità della produzione agroalimentare con la presente legge:
a) disciplina la coltivazione, l'allevamento, la sperimentazione e la commercializzazione di organismi geneticamente modificati;
b) favorisce il consumo di prodotti agricoli biologici e di qualità;
c) promuove iniziative di comunicazione e di educazione alimentare sui prodotti agricoli biologici e di qualità, nonché sui rischi derivanti dall'uso di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
TITOLO II
Coltivazione, allevamento, sperimentazione, commercializzazione e consumo di organismi geneticamente modificati
Art. 2
Principio di precauzione.
1. La Regione applica il principio di precauzione nelle decisioni che riguardano l'uso, per qualunque fine, di organismi geneticamente modificati e di prodotti da essi derivati, al fine di prevenire eventuali rischi per la salute umana e per l'ambiente.
2. La Regione promuove e sostiene la ricerca e la sperimentazione nel settore agricolo con i seguenti obiettivi:
a) mantenere la biodiversità;
b) ricostituire sistemi agricoli diversificati, nella direzione di uno sviluppo durevole e del mantenimento dell'alto valore del paesaggio agrario regionale.
Art. 3
Divieto di coltivazione di piante transgeniche.
1. Nelle more della messa a punto di protocolli idonei e specifici per la valutazione dei rischi di impatto sui sistemi agrari regionali, e fatte salve le emissioni autorizzate ai sensi della direttiva comunitaria in materia, è vietata la coltivazione in pieno campo, anche a fini sperimentali, su tutto il territorio regionale, di piante geneticamente modificate.
Art. 4
Esclusione dai finanziamenti.
1. Le aziende e le industrie agroalimentari che utilizzano organismi geneticamente modificati, comunque presenti nel ciclo produttivo come materia prima, coadiuvanti, additivi o ingredienti, sono escluse dall'accesso a qualunque tipo di contributi erogati dalla Regione.
2. Le esclusioni di cui al comma 1 riguardano anche le aziende che utilizzano mangimi in cui sono contenute materie prime derivate da piante geneticamente modificate.
Art. 5
Etichettatura dei prodotti per l'alimentazione umana e animale.
1. In ottemperanza alle disposizioni dell'Unione europea in materia di etichettatura è fatto obbligo a tutti i gestori di esercizi commerciali che operano sul territorio regionale, siano essi appartenenti alle grandi catene di distribuzione ovvero commercianti al dettaglio, di verificare che i prodotti messi in vendita siano dotati di evidente etichettatura indicante l'eventuale presenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
2. I prodotti contenenti organismi geneticamente modificati devono essere comunque esposti al pubblico in appositi e separati contenitori o scaffali, in modo da essere chiaramente identificabili.
3. I gestori che commercializzano esclusivamente alimenti esenti da organismi geneticamente modificati o prodotti derivati possono darne comunicazione alla Regione, entro il 30 giugno di ogni anno, al fine di essere inseriti nell'elenco di tali esercizi commerciali redatto annualmente a cura della Regione.
Art. 6
Ricerca.
1. La Regione riconosce titolo preferenziale alle ricerche finalizzate alla diversificazione dei sistemi agrari e a quelle volte alla individuazione, valorizzazione e tutela delle risorse geneticamente autoctone nonché alla relativa creazione varietale basata su genotipi locali, tradizionali di interesse agrario.
2. Sono escluse dalla erogazione di finanziamenti regionali le ricerche che utilizzano tecniche di manipolazione genetica.
3. Le immissioni deliberate autorizzate dal Ministero della sanità ai sensi della direttiva comunitaria vigente potranno essere effettuate esclusivamente nelle zone non contemplate dalla presente legge.
Art. 7
Consenso informato.
1. La Regione si impegna a comunicare le informazioni contenute nelle notifiche di emissione deliberate e l'autorizzazione rilasciata dal Ministero della sanità ai comuni sul cui territorio insistono le sperimentazioni.
2. Il Comune a sua volta comunica l'autorizzazione alla sperimentazione agli agricoltori confinanti con l'azienda in cui si effettua la sperimentazione stessa.
3. La Regione promuove le iniziative dei comuni che attraverso specifiche deliberazioni dichiarino il proprio territorio antitransgenico.
TITOLO III
Promozione, comunicazione e educazione alimentare.
Art. 8
Ristorazione collettiva.
1. Nei servizi di ristorazione collettiva di asili, scuole, università, ospedali, luoghi di cura, gestiti da enti pubblici o da soggetti privati convenzionati, è vietata la somministrazione di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
2. I soggetti gestori dei servizi di cui al comma 1 hanno l'obbligo di verificare, attraverso dichiarazione del fornitore, l'assenza di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati negli alimenti somministrati, comunque provenienti da produzioni segregate prive di organismi geneticamente modificati.
Art. 9
Appalti di servizi.
1. Gli appalti pubblici di ristorazione collettiva di cui all'art. 8 sono aggiudicati ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni, attribuendo valore preminente all'elemento relativo alla qualità dei prodotti agricoli offerti.
Art. 10
Diritto di scelta alimentare.
1. Nei servizi di ristorazione collettiva di cui all'art. 8 deve essere assicurata a chi ne faccia richiesta, la somministrazione di pasti e diete vegetariane.
Art. 11
Promozione dell'utilizzazione di prodotti biologici e tipici.
1. La Regione cofinanzia progetti di promozione integrata di prodotti agroalimentari per le seguenti tipologie di azioni:
a) per diffondere la conoscenza dei prodotti di qualità e tipici con particolare riguardo ai caratteri legati alla tradizione e alla sicurezza alimentare;
b) per attività di consulenza, studio e progettazione, volte alla conoscenza dei mercati ed alla qualificazione dei servizi di accompagnamento del prodotto.
2. I progetti di cui al comma 1 per essere ammessi al cofinanziamento devono prevedere la realizzazione di un insieme di azioni coordinate in grado di valorizzare le produzioni agroalimentari di qualità e tipiche e con diretta ricaduta sui produttori agricoli ed essere conformi agli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo.
Art. 12
Comunicazione ed educazione alimentare.
1. Le iniziative di comunicazione alimentare di cui all'art. 1, lettera c) sono indirizzate in particolare agli utenti dei servizi di ristorazione collettiva e agli operatori delle mense.
2. Le iniziative di cui al comma 1 sono realizzate dalle istituzioni pubbliche titolari dei servizi di ristorazione collettiva, tenendo conto delle raccomandazioni e delle linee guida dell'Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (I.N.R.A.N.) e della Regione, la quale, a tal fine, può avvalersi del supporto dell'Agenzia regionale umbra per lo sviluppo e l'innovazione in agricoltura (A.R.U.S.I.A.). Le iniziative sono altresì realizzate nel rispetto delle identità culturali presenti nelle collettività multietniche.
Art. 13
Contributi.
1. Per le iniziative di cui agli articoli 11 e 12 sono erogati contributi rispettivamente agli organismi di filiera e ai soggetti gestori dei servizi di ristorazione collettiva.
2. Ai fini della concessione dei contributi di cui al comma 1, i destinatari devono presentare progetti in conformità ai commi 3, 4, 5 e 6.
3. La Giunta regionale disciplina con proprio atto:
a) le modalità per la presentazione dei progetti;
b) il contenuto dei progetti;
c) le modalità e i termini per l'erogazione dei contributi;
d) le modalità di rendicontazione dei contributi;
e) le ipotesi di decadenza e revoca dei contributi.
4. La Giunta regionale determina annualmente, sulla base delle risorse disponibili:
a) il numero massimo di progetti presentabili per ciascun soggetto richiedente;
b) la soglia massima di contributo erogabile per ciascun progetto.
5. Ai fini della concessione dei contributi per le iniziative di cui all'art. 12 i destinatari devono dimostrare l'utilizzo, nei propri servizi di ristorazione collettiva, di prodotti agricoli biologici e di qualità regolamentati e certificati ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale, nella misura stabilita al comma 6.
6. La Giunta regionale determina annualmente la misura minima percentuale di utilizzo dei prodotti di cui al comma 5, al fine di pervenire progressivamente alla loro prevalenza nelle diete giornaliere nei servizi di ristorazione collettiva.
Art. 14
Informazione.
1. I soggetti ammessi ai contributi per le iniziative di cui all'art. 12 sono tenuti a fornire agli utenti, nell'ambito del servizio ristorativo espletato:
a) informazione sull'organizzazione generale e sulle condizioni del servizio;
b) tabelle dietetiche e valori nutrizionali dei menù;
c) materiale informativo in materia di comunicazione ed educazione alimentare;
d) informazioni sulla natura e sui risultati dei controlli sanitari e merceologici compiuti sulle strutture dalle competenti autorità pubbliche o da soggetti privati autorizzati;
e) informazioni sulla provenienza degli alimenti somministrati.
TITOLO IV
Sanzioni - copertura finanziaria ed efficacia della legge
Art. 15
Sanzioni.
1. Fatte salve le sanzioni previste dalla vigente normativa nazionale, le violazioni e i divieti contenuti nella presente legge comportano il pagamento di una sanzione amministrativa da L. 1.500.000 (unmilionecinquecentomila) a L. 25.000.000 (venticinquemilioni).
2. All'irrogazione delle sanzioni provvedono i comuni territorialmente interessati, secondo quanto previsto dall'art. 2 della L.R. 30 maggio 1983, n. 15. Per la ripartizione tra la Regione ed i comuni degli importi delle sanzioni comminate si applicano le disposizioni di cui all'art. 8 della L.R. 30 maggio 1983, n. 15 e dell'art. 29 della L. 24 novembre 1981, n. 689.
3. In caso di reiterata violazione della disposizione di cui al comma 2 dell'art. 5, oltre alla applicazione della sanzione pecuniaria, può essere disposta la sospensione dell'autorizzazione all'esercizio commerciale da 1 a 3 giorni.
Art. 16
Norma finanziaria.
1 Al finanziamento degli interventi previsti all'articolo 11 della presente legge si provvede a decorrere dall'esercizio 2002 con gli stanziamenti allocati nella unità previsionale di base 07.1.004 denominata: "Sistemi di qualità e qualificazione delle produzioni".
2. Al finanziamento degli interventi previsti all'articolo 12 della presente legge si fa fronte con le disponibilità presenti nella unità previsionale di base 07.1.008 denominata: "Promozione, informazione e rilevamento dati nel settore agricolo" del bilancio di previsione 2001 quale finanziamento della legge regionale 22 marzo 2001, n. 9.
3. La Giunta regionale, a norma della vigente legge regionale di contabilità, è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni di cui al precedente comma, sia in termini di competenza che di cassa.
4. Per gli anni 2002 e successivi l'entità della spesa sarà determinata annualmente con la legge finanziaria regionale, ai sensi dell'art. 27, comma 3, lettera c) della vigente legge regionale di contabilità.
Art. 17
Efficacia della legge.
1. Ai contributi previsti dalla presente legge è data attuazione dal giorno successivo la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di esito positivo dell'esame da parte della Commissione dell'Unione Europea ai sensi degli articoli 87 e 88 del trattato (CE).
TITOLO V
Disposizioni finali e abrogazioni
Art. 18
Relazione annuale.
1. La Giunta regionale riferisce annualmente alla competente commissione consiliare permanente sull'attuazione della presente legge.
Art. 19
Abrogazione.
1. È abrogata la legge regionale 22 marzo 2001, n. 9 recante "Norme per la promozione di iniziative di comunicazione ed educazione alimentare".
L.R.
17 aprile 2001, n. 8
Disposizioni in materia di allevamento
bovino, ovino caprino e di prodotti derivati, ottenuti mediante metodi
biologici.
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(1) Pubblicata nel B.U. Valla d'Aosta 24 aprile 2001, n. 18.
Capo I - Princìpi generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, con la presente legge, regolamenta l'allevamento bovino, ovino e caprino ed i relativi prodotti derivati, ottenuti mediante metodi biologici, in conformità a quanto disciplinato nel regolamento (CEE) 2092/91 del Consiglio del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, come da ultimo modificato dal regolamento (CE) 1616/2000.
2. Le produzioni animali rappresentano una componente dell'attività di numerose aziende agricole operanti nel settore dell'agricoltura biologica in Valle d'Aosta e contribuiscono:
a) all'equilibrio dei sistemi di produzione agricola, rispondendo alle esigenze di elementi nutritivi delle colture e migliorando la sostanza organica del suolo;
b) alla creazione e al mantenimento di rapporti di complementarità tra terra e vegetale, tra vegetale e animale, tra animale e terra;
c) all'impiego di risorse naturali rinnovabili;
d) alla salvaguardia e al miglioramento della fertilità del suolo a lungo termine ed allo sviluppo di un'agricoltura sostenibile.
Art. 2
Allevamento biologico.
1. Nell'agricoltura biologica, tutti gli animali appartenenti ad una stessa unità di produzione devono essere allevati nel rispetto delle norme contenute nel reg. (CEE) 2092/91.
2. Per unità di produzione si intende l'insieme di uno o più appezzamenti, dei locali, delle strutture e delle attrezzature che, unitamente, concorrono al processo produttivo; l'azienda può essere costituita da una o più unità di produzione.
3. L'allevamento praticato nel quadro dell'agricoltura biologica è una produzione inderogabilmente legata alla terra. Il carico di bestiame è connesso alla superficie disponibile, al fine di evitare i problemi di sovrappascolo e di consentire lo spargimento delle deiezioni animali senza provocare danni all'ambiente.
4. Il numero di capi per unità di superficie è limitato in modo da:
a) consentire una gestione integrata delle produzioni animali e vegetali a livello di unità di produzione;
b) ridurre al minimo ogni forma di inquinamento, in particolare del suolo e delle acque superficiali e sotterranee.
Art. 3
Gestione del pascolo e superfici pascolive.
1. Nell'ambito dell'allevamento biologico, gli animali devono poter pascolare per un periodo di almeno centoventi giorni all'anno.
2. Gli animali allevati secondo il metodo biologico possono utilizzare le aree di pascolo comune degli alpeggi purché:
a) l'area non sia trattata con prodotti diversi da quelli previsti all'allegato Il del reg. (CEE) 2092/91, per un periodo di almeno tre anni;
b) gli altri animali provengano da allevamenti estensivi;
c) i loro prodotti derivati, nel periodo in cui utilizzano il pascolo comune, siano considerati di origine biologica e ottenuti attraverso lavorazioni separate da quelle degli altri animali, per quanto riguarda i materiali usati e/o i tempi della lavorazione.
3. Per allevamento estensivo, si intende l'azienda il cui carico di unità bovine adulte per ettaro (U.B.A./ha.), calcolato su base annua, non eccede:
a) le quattro U.B.A./ha. per le superfici di fondovalle;
b) le 0,8 U.B.A./ha. per le superfici di alpeggio.
Capo II - Disciplina delle attività zootecniche
Art. 4
Conversione di aree associate a produzioni animali biologiche.
1. In caso di conversione di unità di produzione, l'intera superficie dell'unità utilizzata per l'alimentazione degli animali deve rispondere alle norme di produzione dell'agricoltura biologica, utilizzando i periodi di conversione stabiliti all'allegato I del reg. (CEE) 2092/91.
2. Il periodo di conversione è ridotto a un anno per i pascoli; tale periodo è ulteriormente ridotto a sei mesi se le aree a pascolo sono state condotte da almeno due anni secondo le regole rientranti:
a) nelle misure agroambientali di cui al regolamento (CE) 1257/99 del Consiglio del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG);
b) nel Piano di sviluppo rurale della Regione Valle d'Aosta per il periodo 2000/2006.
Art. 5
Conversione di animali e loro prodotti.
1. Gli animali e i loro prodotti derivati, possono essere venduti con la denominazione di prodotti biologici soltanto se sono stati allevati secondo le norme del reg. (CEE) 2092/91 per un periodo di almeno:
a) dodici mesi, ed in ogni caso per almeno tre quarti della loro vita, per i bovini destinati alla produzione di carne;
b) sei mesi, per gli animali da latte; fino al 24 agosto 2003, il periodo è ridotto a tre mesi;
c) sei mesi, per i piccoli ruminanti; fino al 31 dicembre 2003, per gli animali destinati alla produzione di carne proveniente dall'esterno dell'azienda, il periodo è ridotto a due mesi, purché provengano da un allevamento estensivo e la loro introduzione avvenga subito dopo lo svezzamento e in ogni caso non oltre i quarantacinque giorni di vita;
d) sei mesi, fino al 31 dicembre 2003, per i vitelli destinati alla produzione di carne e provenienti dall'esterno dell'azienda, purché provengano da un allevamento estensivo e la loro introduzione avvenga subito dopo lo svezzamento e in ogni caso non oltre i sei mesi di vita; successivamente al 31 dicembre 2003, valgono i tempi di conversione di cui alla lettera a).
Art. 6
Conversione simultanea delle produzioni zootecniche e vegetali.
1. Nel caso di conversione simultanea dell'intera unità di produzione, compresi gli animali, i pascoli e/o l'area utilizzata per il foraggio, il periodo complessivo di conversione è fissato in dodici mesi. Il periodo è ridotto a sei mesi nel caso in cui l'unità di produzione sia stata condotta da almeno due anni secondo quanto stabilito nelle misure agroambientali di cui al reg. (CE) 1257/99 e nel Piano di sviluppo rurale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b).
Art. 7
Origine degli animali.
1. Le produzioni biologiche sono ottenute allevando preferibilmente animali di origine autoctona, adattati alle condizioni ambientali della Valle d'Aosta, che garantiscono l'utilizzo integrato delle diverse risorse foraggiere quali il pascolo, il prato e l'alpeggio.
2. Gli animali devono provenire da unità di produzione che osservano le norme di cui all'articolo 6 del reg. (CEE) 2092/91.
3. Gli animali esistenti nell'unità di produzione che non sono allevati in modo conforme al reg. (CEE) 2092/91 e alla presente legge, possono essere convertiti.
4. In mancanza di animali allevati con metodi biologici e nei casi di elevata mortalità degli animali a causa di problemi sanitari o di catastrofi, l'organismo o l'autorità di controllo di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220 (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento CEE n. 2092/91 in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico) può autorizzare il rinnovo o la ricostituzione del patrimonio animale dell'azienda.
5. Al fine di completare l'incremento naturale e di garantire il rinnovo del patrimonio animale, in mancanza di animali allevati con metodi biologici e previa autorizzazione dell'organismo o dell'autorità di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995, possono essere introdotti annualmente in azienda nuovi capi:
a) fino ad un massimo del 10 per cento del bestiame bovino adulto esistente in azienda;
b) fino ad un massimo del 20 per cento del bestiame ovino o caprino adulto esistente in azienda.
6. Le percentuali di cui al comma 5 non si applicano alle unità di produzione con meno di dieci bovini o meno di cinque ovini o caprini. Per tali unità qualsiasi rinnovo è limitato ad un massimo di un capo l'anno.
7. Le percentuali di cui al comma 5 possono essere maggiorate fino al 40 per cento, previo parere favorevole dell'organismo o dell'autorità di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995, nei seguenti casi particolari:
a) estensione significativa dell'azienda intesa come maggiorazione di almeno il 40 per cento della superficie agricola aziendale utilizzata;
b) sviluppo di una nuova produzione intesa come orientamento produttivo.
8. L'operatore biologico, come definito all'articolo 3, comma 6, della legge regionale 16 novembre 1999, n. 36 (Disposizioni in materia di controlli e promozione per le produzioni agricole ottenute mediante metodi biologici), può introdurre capi di bestiame maschi riproduttori provenienti da allevamenti convenzionali a condizione che gli animali siano successivamente allevati e nutriti per il resto della loro vita secondo i metodi di allevamento biologico.
9. Qualora gli animali provengano da aziende convenzionali, alle condizioni e con i limiti di cui ai commi 3, 4, 5, 6, 7 e 8, i relativi prodotti possono essere venduti come prodotti biologici soltanto se sono stati rispettati i periodi di conversione indicati all'articolo 5, comma 1.
Art. 8
Alimentazione.
1. L'alimentazione è finalizzata ad una produzione di qualità piuttosto che a massimizzare la produzione stessa, rispettando nel contempo le esigenze nutrizionali degli animali nei vari stadi fisiologici. È vietata l'alimentazione forzata.
2. Gli animali devono essere alimentati con prodotti biologici.
3. L'incorporazione nella dieta di alimenti in fase di conversione è autorizzata fino ad un massimo del 30 per cento della razione alimentare. Nel caso in cui gli alimenti in fase di conversione provengano da un'unità della propria azienda, la percentuale può arrivare fino al 60 per cento.
4. L'alimentazione di base dei mammiferi è il latte naturale, di preferenza quello materno. Il periodo minimo di somministrazione di latte naturale è di:
a) tre mesi per i bovini;
b) quarantacinque giorni per gli ovini e i caprini.
5. I sistemi di allevamento biologico devono basarsi in massima parte sul pascolo, tenuto conto delle disponibilità nei vari periodi dell'anno. Nella razione giornaliera, almeno il 60 per cento della materia secca deve essere costituita da foraggi grossolani freschi, essiccati o insilati.
6. L'organismo o l'autorità di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995 può autorizzare, per gli animali da latte, la riduzione della percentuale di cui al comma 5 al 50 per cento, per un periodo massimo di tre mesi dall'inizio della lattazione.
7. Fino al 24 agosto 2005, è autorizzato l'impiego di alimenti convenzionali, qualora l'allevatore non sia in grado di procurarsi alimenti esclusivamente ottenuti con metodi di produzione biologica.
8. La percentuale massima annua autorizzata di alimenti convenzionali è del 10 per cento; essa è calcolata annualmente in rapporto alla materia secca degli alimenti di origine agricola.
9. Nella razione giornaliera, la percentuale massima di alimenti convenzionali, fatta eccezione per i periodi di monticazione, è pari al 25 per cento.
10. L'Assessore regionale competente in materia di agricoltura, in caso di perdita di produzione foraggiera dovuta ad avversità climatiche eccezionali, può autorizzare, per un periodo limitato e relativamente ad un'area specifica, la somministrazione di una percentuale più elevata di alimenti convenzionali; l'organismo di controllo, di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995, applica tale deroga ai singoli operatori che ne facciano richiesta.
Art. 9
Alimenti e prodotti ammessi.
1. Per l'alimentazione animale possono essere usati solo i prodotti elencati all'allegato Il del reg. (CEE) 2092/91.
2. Gli alimenti, le materie prime per i mangimi, i mangimi composti, gli additivi per mangimi, gli ausiliari di fabbricazione di mangimi e gli altri prodotti usati nell'alimentazione animale, non devono essere stati prodotti con l'impiego di organismi geneticamente modificati o di prodotti da essi derivati.
Art. 10
Profilassi e cure veterinarie.
1. Nell'agricoltura biologica l'uso di medicinali veterinari deve essere conforme ai seguenti princìpi:
a) per i trattamenti preventivi è vietato l'uso di medicinali allopatici, ottenuti per sintesi chimica, e di antibiotici;
b) per i trattamenti curativi, i prodotti fitoterapici, omeopatici, gli oligoelementi e i prodotti elencati all'allegato II, parte C3 del reg. (CEE) 2092/91 devono essere preferiti agli antibiotici o ai medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica, purché abbiano efficacia terapeutica per la specie animale e tenuto conto delle circostanze che hanno richiesto la cura.
2. Qualora l'uso dei prodotti di cui al comma 1, lettera b), non sia efficace per le malattie o le ferite, e nel caso in cui la cura sia essenziale per evitare sofferenze o disagi all'animale, possono essere utilizzati antibiotici o medicinali veterinari allopatici ottenuti per sintesi chimica, sotto la responsabilità di un veterinario.
3. Oltre ai princìpi di cui al comma 1, si applicano le seguenti norme:
a) è vietato l'impiego di sostanze destinate a stimolare la crescita o la produzione compresi gli antibiotici, i coccidiostatici e altri stimolanti artificiali, nonché l'uso di ormoni o sostanze analoghe destinati a controllare la riproduzione o ad altri scopi; possono tuttavia essere somministrati ormoni a singoli animali nell'ambito di trattamenti terapeutici veterinari;
b) se è riconosciuta la presenza di malattie nella zona in cui è situata l'unità di produzione, sono autorizzate le cure veterinarie degli animali nonché i trattamenti delle strutture di ricovero, delle attrezzature e dei locali, compreso l'impiego di sostanze immunologiche ad uso veterinario.
4. Qualora debbano essere impiegati medicinali è necessario specificare in modo chiaro:
a) il tipo di prodotto, indicando anche i principi attivi in esso contenuti e i dettagli della diagnosi;
b) la posologia;
c) il metodo di somministrazione;
d) la durata del trattamento e il periodo di attesa stabilito dalla legge.
5. L'operatore biologico deve dichiarare le informazioni di cui al comma 4 all'autorità o all'organismo di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995 prima che gli animali o i prodotti animali siano commercializzati con la denominazione biologica.
6. Il periodo di sospensione di medicinali veterinari allopatici deve essere di durata doppia rispetto a quello stabilito dalle leggi in materia o, qualora tale periodo non sia precisato, di quarantotto ore.
7. Ad eccezione delle vaccinazioni, delle cure antiparassitarie e dei piani obbligatori di eradicazione, nel caso in cui un animale o un gruppo di animali sia sottoposto in un anno ad un massimo di tre cicli di trattamenti con medicinali allopatici ottenuti per sintesi chimica o antibiotici, o a più di un ciclo di trattamenti, se la sua vita produttiva è inferiore a un anno, gli animali interessati o i prodotti da essi derivati non possono essere venduti come prodotti biologici.
8. Gli animali di cui al comma 7 devono essere sottoposti ai periodi di conversione previsti all'articolo 5, con il consenso dell'organismo o dell'autorità di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995.
Capo III - Metodi di gestione zootecnica, trasporto ed identificazione dei prodotti animali
Art. 11
Metodi zootecnici.
1. La riproduzione di animali allevati biologicamente deve basarsi su metodi naturali. È vietata ogni forma di riproduzione artificiale o assistita, salvo l'inseminazione artificiale.
2. Negli allevamenti biologici, non devono essere praticate sugli animali operazioni quali:
a) l'applicazione di anelli di gomma alle code degli ovini;
b) la recisione della coda;
c) la decornazione.
3. Per motivi di sicurezza o al fine di migliorare la salute, il benessere o l'igiene degli animali, l'autorità o l'organismo di controllo di cui all'articolo 3 del D.Lgs. n. 220/1995 può autorizzare le operazioni di cui al comma 2.
4. È consentita la castrazione per mantenere la qualità dei prodotti e le pratiche tradizionali di produzione.
5. Nelle ipotesi di cui ai commi 3 e 4 le operazioni devono essere effettuate da personale qualificato, tenuto conto dell'età degli animali e riducendo al minimo ogni sofferenza per gli animali stessi.
6. È autorizzata la stabulazione fissa e può essere praticata in considerazione delle particolari condizioni climatiche e del tradizionale sistema di ricovero degli animali, purché sia rispettato il periodo di pascolo previsto all'articolo 3 della presente legge.
7. È vietato sottoporre gli animali ad un regime alimentare e/o tenerli in condizioni che possano indurre anemia.
Art. 12
Trasporto.
1. Il trasporto degli animali deve effettuarsi in modo da affaticarli il meno possibile, conformemente alle disposizioni vigenti.
2. Le operazioni di carico e scarico degli animali devono svolgersi con cautela e senza usare alcun tipo di stimolazione elettrica per costringere gli animali.
3. È vietato l'uso di calmanti allopatici prima e nel corso del trasporto.
4. Nella fase di trasporto verso i locali di macellazione e fino al momento della macellazione, gli animali devono essere trattati in modo da ridurre al minimo lo stress.
Art. 13
Identificazione degli animali e dei prodotti animali.
1. L'identificazione degli animali e dei prodotti animali deve essere garantita per tutto il ciclo di produzione, preparazione, trasporto e commercializzazione.
Art. 14
Deiezioni zootecniche.
1. Nella distribuzione di deiezioni zootecniche, la quantità di azoto in esse contenuta non può superare, annualmente, 170 chilogrammi per ettaro di Superficie utilizzata ai fini agricoli (SAU).
2. Se il limite di cui al comma 1 risulta superato, è necessario ridurre la densità totale degli animali.
3. Per quanto riguarda il bestiame allevato, la densità per le aziende situate a fondovalle che garantisce il mantenimento del limite di cui al comma 1 è di:
a) 3 U.B.A./ha. qualora gli animali in oggetto siano bovini appartenenti alle razze autoctone valdostane e siano praticati almeno ottanta giorni di alpeggio;
b) 2,2 U.B.A./ha. qualora gli animali in oggetto siano bovini appartenenti alle razze autoctone valdostane e non montichino;
c) 1,5 U.B.A./ha. qualora i bovini appartengano a razze alloctone e non montichino. Qualora i medesimi montichino, il carico unitario è proporzionato all'effettivo periodo di permanenza sulle superfici di fondovalle secondo la seguente proporzione matematica: "1,5 U.B.A./ha.: (365 giorni - giorni di permanenza in alpeggio)=carico unitario: 365 giorni";
d) 13,3 unità ovine o caprine per ettaro.
4. Ai fini dello spargimento delle deiezioni eventualmente prodotte in eccesso, le aziende che praticano l'allevamento biologico possono, in cooperazione tra loro, calcolare il limite massimo di 170 chilogrammi di azoto da effluenti per ettaro per anno di superficie agricola utilizzata in base all'insieme delle unità di produzione biologica che partecipano alla cooperazione.
5. Gli impianti destinati allo stoccaggio di deiezioni zootecniche devono essere di capacità tale da impedire l'inquinamento delle acque per scarico diretto, per ruscellamento e per infiltrazione nel suolo.
Capo IV - Aree di pascolo ed edifici zootecnici
Art. 15
Princìpi generali.
1. Le condizioni di stabulazione degli animali devono:
a) rispondere alle loro esigenze biologiche ed etologiche;
b) consentire agli animali un accesso agevole alle mangiatoie e agli abbeveratoi;
c) prevedere locali nei quali sia possibile un'abbondante ventilazione e l'illuminazione naturale.
2. I pascoli, gli spiazzi liberi e i parchetti all'aria aperta devono offrire, in caso di necessità, un riparo dalla pioggia, dal vento, dal sole e dalle temperature estreme.
Art. 16
Densità del bestiame e protezione della vegetazione da un pascolo eccessivo.
1. Non è obbligatorio prevedere locali di stabulazione quando le condizioni climatiche consentono agli animali di vivere all'aperto.
2. La densità di bestiame nelle stalle deve:
a) assicurare il comfort e il benessere degli animali in funzione, in particolare, della specie, della razza e dell'età degli animali stessi;
b) tenere conto delle esigenze comportamentali degli animali, che dipendono essenzialmente dal sesso e dall'entità del gruppo;
c) garantire agli animali una superficie sufficiente per stare in piedi liberamente, sdraiarsi, girarsi, pulirsi e assumere tutte le posizioni naturali.
3. La densità del bestiame nei pascoli e negli alpeggi deve essere conforme alle regole rientranti nelle misure agroambientali di cui al reg. (CE) 1257/99 e nel Piano di sviluppo rurale di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b).
Art. 17
Edifici zootecnici.
1. Negli edifici zootecnici si devono rispettare le seguenti regole:
a) i fabbricati, i recinti, le attrezzature e gli utensili devono essere puliti e disinfettati per evitare contaminazioni e la proliferazione di organismi patogeni;
b) per la pulizia e la disinfezione delle stalle e degli impianti zootecnici possono essere utilizzati soltanto i prodotti elencati all'allegato II, parte E del reg. (CEE) 2092/91;
c) le feci, le urine ed il cibo non consumato, o frammenti di esso, devono essere rimossi con la necessaria frequenza, al fine di limitare gli odori ed evitare di attirare insetti o roditori;
d) per l'eliminazione di insetti e altri parassiti nei fabbricati e negli impianti dove è tenuto il bestiame, possono essere utilizzati soltanto i prodotti elencati all'allegato II, parte B.2, del reg. (CEE) 2092/91.
2. La fase finale di ingrasso dei bovini, degli ovini e dei caprini per la produzione di carne può avvenire in stalla, purché il periodo non superi un quinto della loro vita e comunque per un periodo massimo di tre mesi.
3. I locali di stabulazione devono avere pavimenti lisci ma non sdrucciolevoli. Almeno metà della superficie totale del pavimento deve essere solida, vale a dire non composta da assicelle o da graticciato.
4. I locali di stabulazione devono avere a disposizione un giaciglio o area di riposo confortevole, pulito e asciutto con una superficie sufficiente, costituito da una costruzione solida non fessurata.
5. Per l'allevamento di vitelli, a decorrere dal 24 agosto 2000, tutte le aziende devono rispettare quanto previsto nella direttiva 91/629/CEE del Consiglio del 19 novembre 1991 che stabilisce le norme minime per la protezione dei vitelli. È vietato l'allevamento di vitelli in box individuali dopo una settimana di età.
Capo V - Disposizioni finali
Art. 18
Norma di rinvio.
1. Per quanto non disciplinato dalla presente legge, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla L.R. n. 36/1999.
Art. 19
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 31, comma terzo, dello Statuto speciale per la Valle d'Aosta ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
L.R.
1 marzo 2002, n. 6
Norme in materia di consumo di
alimenti nelle mense prescolastiche e scolastiche, negli ospedali e nei luoghi
di cura e di assistenza.
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(1) Pubblicata nel B.U. Veneto 5 marzo 2002, n. 27.
Art. 1
Finalità.
1. La Regione, in attuazione dell'articolo 32, comma 1, della Costituzione e dell'articolo 4 dello Statuto, tutela la salute quale fondamentale diritto dell'individuo e promuove tutte le azioni necessarie a prevenire i possibili rischi alla salute umana derivanti dal consumo di alimenti contenenti:
a) Organismi geneticamente modificati (O.G.M.) o prodotti derivati da O.G.M.;
b) sostanze indesiderate.
2. Ai fini della presente legge per sostanze indesiderate si intendono quelle non consentite dalla normativa nazionale e comunitaria o da quanto previsto all'articolo 3, comma 1, lettera c).
Art. 2
Campagne di educazione alimentare.
1. Per il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, la Giunta regionale organizza e realizza, all'interno dei propri programmi sull'educazione alimentare e nella divulgazione agricola, campagne di informazione ed educazione del cittadino dirette in maniera particolare agli operatori agricoli, scolastici e sanitari, sui possibili rischi derivanti dall'introduzione nell'alimentazione degli alimenti di cui all'articolo 1.
Art. 3
Indicazioni particolari per le mense prescolastiche, scolastiche e per gli ospedali e i luoghi di cura e di assistenza.
1. Nelle more dell'adozione di protocolli e normative comunitarie utili alla valutazione dell'impatto sulla salute umana del consumo degli alimenti di cui all'articolo 1, nelle mense prescolastiche e scolastiche, negli ospedali e nei luoghi di cura e di assistenza, gestiti in qualsiasi forma da soggetti pubblici o privati, devono essere somministrate le seguenti tipologie di prodotti:
a) prodotti non derivati da O.G.M. o che non contengano O.G.M. o sostanze indesiderate;
b) carne bovina etichettata in conformità all'articolo 13 del regolamento (CE) 17 luglio 2000, n. 1760/2000 "Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio", sottoposta al disciplinare di cui all'articolo 16 del medesimo regolamento;
c) carni diverse da quelle di cui alla lettera b) e prodotti ittici forniti secondo norme sanitarie di produzione definite dalla Giunta regionale, sentita la quinta commissione consiliare. Nelle more della definizione di tali norme sanitarie e della loro messa in atto possono continuare ad essere utilizzate le carni e i prodotti ittici acquistati secondo le previgenti procedure di acquisto;
d) prodotti dell'agricoltura biologica conformi alla legge regionale 6 aprile 1990, n. 24 "Norme relative all'agricoltura biologica e all'incentivazione della lotta fitopatologica" e al regolamento (CEE) 24 giugno 1991, n. 2092/91 "Regolamento del Consiglio relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari" e successive modifiche ed integrazioni.
2. I prodotti utilizzati nei luoghi indicati al comma 1 devono essere muniti dell'apposita certificazione sui requisiti indicati alle lettere a), b), c) e d) del medesimo comma 1.
Art. 4
Controlli di qualità.
1. Al fine di promuovere i controlli di qualità sui prodotti utilizzati dai soggetti gestori di cui all'articolo 3, comma 1 la Giunta regionale stipula convenzioni con gli organismi abilitati alla certificazione di qualità ai sensi della normativa vigente.
Art. 5
Informazioni agli utenti.
1. Al fine di favorire la corretta e giusta informazione del cittadino, i soggetti gestori di cui all'articolo 3, comma 1, hanno l'obbligo di comunicare agli utenti, attraverso mezzi idonei ed adeguati, la provenienza degli alimenti somministrati.
Art. 6
Abrogazione dell'articolo 6 della legge regionale 31 maggio 2001, n. 12.
1. L'articolo 6 della legge regionale 31 maggio 2001, n. 12 è abrogato.
Art. 7
Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, quantificati in euro 51.500,00 per ciascuno degli esercizi 2002, 2003 e 2004, si fa fronte utilizzando lo stanziamento già autorizzato con il bilancio 2002 e pluriennale 2002-2004 sull'u.p.b. U0140 "Obiettivi di piano per la sanità".
Delib.G.R.
8 agosto 2003, n. 2649
Produzioni agricole geneticamente
modificate. Piano di azione regionale e norme operative e procedurali.
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(1) Pubblicata nel B.U. Veneto 5 settembre 2003, n. 83.
Il Vice Presidente della Giunta regionale e Assessore alle Politiche sanitarie Fabio Gava, di concerto con l'Assessore alle politiche per l'agricoltura, l'artigianato e il commercio Giancarlo Conta e con l'Assessore alle Politiche dell'occupazione, della formazione, dell'organizzazione e delle autonomie locali Raffaele Grazia, riferisce quanto segue.
La Direttiva 220/1990/CE, sostituita con la Direttiva 18/2001/CE, stabilisce che per ottenere l'autorizzazione all'immissione in commercio degli Organismi Geneticamente Modificati è necessario fornire informazioni dettagliate riguardo agli eventuali effetti tossici o nocivi per la salute umana.
Con il Regolamento 258/97/CE la Commissione Europea ha normato l'immissione in commercio dei prodotti e degli ingredienti alimentari, ed in particolare l'articolo 12 ha individuato la c.d. "clausola di salvaguardia", in base alla quale, qualora uno Stato membro abbia fondati motivi per ritenere che l'utilizzazione di un prodotto o ingrediente alimentare conforme alla normativa stessa presenti rischi per la salute umana o per l'ambiente, può limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione sul proprio territorio del prodotto o ingrediente in questione.
Il D.P.C.M. 4 agosto 2000 sospende cautelativamente la commercializzazione e l'utilizzazione a scopi alimentari di 4 varietà di mais OGM approvati dall'Unione Europea, appellandosi alla clausola di salvaguardia.
Il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212 recante "Attuazione delle direttive 98/95/CE e 98/96/CE concernenti la commercializzazione dei prodotti sementieri, il catalogo comune delle varietà delle specie di piante agri cole e relativi controlli", all'articolo 1, comma 2, stabilisce che la messa in coltura dei prodotti sementieri è soggetta ad autorizzazione del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanità, al fine di garantire che le colture derivanti da prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in contatto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarietà agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche.
Si richiama altresì la Circ.Min. 13 dicembre 2002, n. 2170 del Ministero delle politiche agricole e forestali avente come oggetto "Campagna semina 2003 -modalità di controllo sementi mais e soia per la presenza di organismi geneticamente modificati" che afferma, in attesa dell'emanazione di una specifica normativa europea ed in applicazione del "principio di precauzione", che non è possibile autorizzare la semina di varietà non iscritte nel registro nazionale italiano né la presenza di sementi OGM, in lotti di sementi convenzionali e che attualmente non vi sono varietà OGM di mais e soia iscritte nel registro nazionale italiano ovvero nel catalogo comune europeo.
In una situazione di estrema incertezza circa gli effetti delle colture geneticamente modificate, la Regione ritiene vadano poste in essere tutte quelle azioni che consentano la salvaguardia della sicurezza alimentare ed ambientale.
L'Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha varato con propria circolare n. 4 del 23 dicembre 2002, in linea con le direttive impartite dal Ministro delle politiche agricole e forestali di cui alla sopracitata circolare, un programma nazionale coordinato di controlli sulle sementi di mais e soia per la ricerca di OGM. Nell'àmbito di detto programma sono stati effettuati prelievi e relativi esami sulle sementi, a seguito dei quali è stata riscontrata la presenza in alcuni lotti di OGM non autorizzati, ricompresi tra quelli individuati e sospesi dalla commercializzazione ed utilizzazione per effetto del sopracitato D.P.C.M. 4 agosto 2000.
In relazione al programma di cui sopra l'Ispettorato Centrale Repressione Frodi ha provveduto a segnalare e trasmettere gli esiti dei propri accertamenti alle Az.ULSS territorialmente competenti, in ragione della localizzazione dei lotti ove tali sementi sono stati venduti ed utilizzati.
Per cui, al di la degli elementi di incertezza circa gli effetti provocati dall'impiego di organismi geneticamente modificati nell'alimentazione umana, è opportuno comunque assumere ogni iniziativa finalizzata ad assicurare la tutela della salute umana e dell'ambiente, nel rispetto del principio di precauzione di cui all'art. 174.2 del Trattato di Amsterdam, anche mediante il sequestro e la distruzione delle coltivazioni, ove la contaminazione risultasse presente.
Va peraltro precisato che è in corso una iniziativa promossa dal Ministero delle Politiche Agricole e forestali tesa ad armonizzare i comportamenti procedurali e di analisi che ha l'obiettivo di portare alla definizione di un analogo documento denominato "Protocollo operativo di gestione tecnica contaminazioni OGM 2003", oggetto di valutazione e di sottoscrizione da parte delle regioni interessate (Lombardia, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna).
Per cui si ritiene opportuno, con il presente provvedimento, fissare delle linee-guida regionali che definiscano una metodologia operativa utilizzabile dai vari soggetti coinvolti.
In questo senso quindi unitamente alla presente viene approvato il documento denominato "Linee-guida regionali di gestione tecnica delle contaminazioni OGM 2003" nel quale sono indicate delle proposte operative e di analisi oltre che per la distruzione o smaltimento dei residui colturali e per la gestione delle sementi.
In relazione a ciò quindi si ritiene di aderire all'iniziativa e conseguentemente di autorizzare il Segretario regionale al Settore Primario alla sottoscrizione del documento "Protocollo operativo di gestione tecnica contaminazione OGM 2003" presso il Ministero delle Politiche agricole e forestali attribuendo al medesimo la facoltà di apportare le modifiche che si rendessero necessarie nel rispetto dell'impostazione generale.
Al fine di raccordare l'operatività regionale con quella del Ministero e delle altre regioni si ritiene di poter attribuire alla competente Direzione per la Prevenzione la facoltà di apportare all'allegato A alla presente deliberazione le modifiche che si rendessero necessarie, nel rispetto dell'impostazione generale, per armonizzare le Linee-guida regionali al Protocollo operativo promosso dal Ministero.
Qualora fosse ritenuto necessario eseguire ulteriori accertamenti analitici, di tipo qualitativo sulle colture oggetto di eventuale contaminazione si propone di avvalersi della collaborazione dei laboratori dell'ARPAV, dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, di Veneto Agricoltura e dell'Università degli Studi di Padova sui campioni prelevati dalle Az.ULSS, aggiuntivo rispetto a quello dell'Ispettorato Centrale Repressione Frodi, e ciò al fine di offrire maggiori garanzie alle imprese agricole incolpevolmente coinvolte.
Ciò posto il relatore conclude la propria relazione e sottopone all'approvazione della Giunta regionale il seguente provvedimento.
Vista la legge 24 novembre 1981, n. 689;
Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 32;
La Giunta regionale
UDITO il relatore, Fabio Gava, incaricato dell'istruzione dell'argomento in questione, ai sensi dell'art. 33, 2° comma, dello Statuto, il quale dà atto che le strutture competenti hanno attestato l'avvenuta regolare istruttoria della pratica, anche in ordine alla compatibilità della vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale;
Delibera
1. Di adottare, per le motivazioni e le argomentazioni esposte in premessa, le "Linee-guida regionali di gestione tecnica delle contaminazioni OGM 2003", nella formulazione e nei contenuti di cui all'allegato A alla presente deliberazione, che ne costituisce parte integrante e sostanziale.
2. Di stabilire che spetta ai Dipartimenti di Prevenzione delle Az.ULSS della Regione in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato, l'esecuzione delle operazioni di fermo cautelativo delle coltivazioni di mais ottenute attraverso la semina di sementi risultate positive per la presenza di organismi geneticamente modificati, in base alle comunicazioni fornite dall'Ispettorato Centrale Repressione Frodi.
3. Di stabilire altresì che spetta ai Dipartimenti di Prevenzione delle Az.ULSS territorialmente competenti, in collaborazione con il Corpo Forestale dello Stato il prelevamento dei campioni, con le modalità stabilite dalle Linee-guida di cui al precedente punto 1, avvalendosi perle analisi dei laboratori dell'ARPAV, dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, di Veneto Agricoltura e dell'Università degli Studi di Padova.
4. Di autorizzare il Segretario regionale al Settore Primario alla sottoscrizione del documento "Protocollo operativo di gestione tecnica contaminazione OGM 2003" presso il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali attribuendo al medesimo la facoltà di apportare le modifiche che si rendessero necessarie nel rispetto dell'impostazione generale.
5. Di attribuire alla competente Direzione per la Prevenzione la facoltà di apportare all'allegato A alla presente deliberazione le modifiche che si rendessero necessarie, nel rispetto dell'impostazione generale, per armonizzare le Linee-guida regionali al Protocollo operativo promosso dal Ministero.
6. Di prevedere che le imprese agricole assoggettate ai provvedimenti sopraindicati delle autorità che implichino la perdita economica delle produzioni, siano indennizzabili anche mediante anticipazioni finanziarie su risorse pubbliche - comunitarie, statali o regionali - destinabili allo scopo, fatta salva ogni riserva di rivalsa e/o ristoro nei confronti dei responsabili.
7. Di demandare all'Avvocatura regionale il monitoraggio dei procedimenti penali, presenti o futuri, avviati per la questione di cui trattasi, al fine di tutelare gli interessi patrimoniali e di immagine della Regione.
Allegato A
Linee-guida regionali di "Gestione tecnica" delle contaminazioni OGM 2003
1) PREMESSA
Il mais alla data odierna è fiorito e, considerando l'eccezionalità delle temperature elevate, ha iniziato precocemente il processo di maturazione nel territorio regionale e queste circostanze rendono possibile l'inquinamento determinato dai campi seminati con le varietà contaminate da sementi di mais OGM.
Gli interventi per far fronte all'emergenza sono la distruzione dei campi contaminati, ovvero una "gestione tecnico-operativa" del problema acquisendo ogni utile informazione mediante l'analisi fogliare e sementiera e del prodotto maturato, da utilizzare al fine di riscontrare le contaminazioni sensibili.
Infatti il livello delle contaminazioni accidentali riscontrate dalle analisi effettuate dalla Repressione Frodi inferiore allo 0,1%. Tuttavia si devono predisporre opportuni campionamenti negli appezzamenti delle aziende interessate ove il mais prodotto deriva da lotti di sementi segnalati dall'ispettorato stesso come contaminati da OGM.
Al riguardo si rappresenta l'opportunità di valutare il problema pratico legato alla individuazione certa degli appezzamenti seminati con le varietà contaminate a causa delle pratiche di semina affidate ai contoterzisti.
Ciò premesso:
Sarà cura delle Autorità competenti a livello regionale (ARPA, ASL, ERSA, designate a cura dell'Amministrazione regionale) individuare l'esistenza degli appezzamenti delle aziende interessate dalle contaminazioni, e porli sotto sequestro.
Secondo criteri di trasparenza deve essere altresì fornita, da parte delle Autorità regionali di cui sopra, ampia diffusione ed informazione agli organi regionali in ordine alle aziende in cui si rilevi la presenza di OGM.
2) PROPOSTA OPERATIVA
Nell'àmbito dei rilevamenti sopra descritti, questi dovranno essere estesi al monitoraggio dei tessuti vegetali delle foglie delle piante, purché i tessuti stessi siano ancora in una fase attiva dello stadio vegetativo.
Per la precoce maturazione in corso questa attività è da effettuarsi in tempi brevi e in considerazione delle particolari situazioni logistiche legate all'esecuzione dei campionamenti.
È possibile effettuare, in alternativa, il campionamento anche sulla granella prodotta dai campi contaminati.
Le produzioni provenienti dagli appezzamenti contaminati devono essere rigorosamente segregate dal materiale raccolto, lavorato, stoccato e trasformato proveniente dalle coltivazioni tradizionali.
Il materiale con presenza di OGM deve essere gestito tramite la collaborazione di 1 o più centri di raccolta/essiccatoi destinati a tale scopo.
I prodotti stoccati e rilevati come contaminati da OGM vanno distrutti o, in alternativa, sottoposti ad una adeguata commercializzazione a fini industriali per la produzione di bioetanolo o altra produzione energetica.
In base alla quantità di prodotto contaminato con le procedure di cui sopra saranno determinati i presupposti per le richieste di indennizzo e/o risarcimento a carico delle ditte sementiere coinvolte.
3) CAMPIONAMENTO
Il campionamento deve essere effettuato prelevando:
1. un gruppo di 3000 foglie (individui) prelevate da 3000 piante per appezzamento da analizzare
oppure
2. un quantitativo di 3000 semi ogni 100-200 q.li di granella prodotta dagli appezzamenti da analizzare.
I soggetti che effettueranno gli accertamenti valuteranno - secondo le esigenze pratiche ed organizzative dei controlli - il momento migliore per l'esecuzione dei campionamenti.
Si rappresenta l'esigenza di effettuare almeno due campionamenti per ogni azienda interessata dalle contaminazioni in funzione anche degli appezzamenti contaminati per singola azienda. In ogni caso le regioni potranno predisporre, se del caso, ulteriori campionamenti.
4) ANALISI
Le analisi dovranno essere effettuate mediante la tecnica PCR da laboratori specializzati del settore.
Si raccomanda in ogni caso di osservare le linee-guida sia sul campionamento che sulle analisi redatte dalla Commissione Interministeriale di Valutazione delle biotecnologie.
5) SMALTIMENTO RESIDUI COLTURALI
Per quanto riguarda lo smaltimento dei residui colturali, considerata la realtà esistente e le percentuali basse di contaminazione accidentale, la soluzione più praticabile è quella della trinciatura e dell'interramento degli stocchi (sovescio) secondo le normali pratiche agricole.
6) GESTIONE DELLE SEMENTI
Le produzioni contaminate, separate dalle altre, devono essere gestite tramite la collaborazione di uno o più magazzini di raccolta, stoccaggio e/o essiccatoi riservati e destinati a tale scopo sotto il diretto controllo dell'Autorità pubblica incaricata.
La destinazione, a fini diversi dall'impiego per uso umano ed animale, è il ricollocamento sul mercato industriale come carburante ecologico (bioetanolo) o come biomassa per gli impianti di produzione energetica.
La vendita per l'utilizzo al mercato industriale deve essere effettuata al miglior prezzo di mercato.
In caso di esito negativo delle analisi le partite potranno essere commercializzate.
L.P.
22 gennaio 2001, n. 1
Contrassegnazione di prodotti geneticamente
non modificati
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(1) Pubblicata nel B.U. Trentino-Alto Adige 6 febbraio 2001, n. 6, I suppl.
(2) Si veda il regolamento di esecuzione approvato con D.P.G.P. 4 luglio 2001, n. 38.
Art. 1
Principi generali.
1. La presente legge disciplina la contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati al fine di informare la popolazione sulle tecniche di ingegneria genetica impiegate nella produzione in agricoltura e nell'industria alimentare.
Art. 2
Ambito di applicazione e definizioni.
1. La presente legge permette di contrassegnare i prodotti geneticamente non modificati dell'Alto Adige. Per la produzione di alimenti di origine animale geneticamente non modificati sono utilizzati esclusivamente mangimi geneticamente non modificati.
2. Ai sensi della presente legge si considerano:
a) prodotti gli alimentari, i mangimi, i semi e le piantine, nonché i concimi;
b) prodotti geneticamente non modificati quelli che
1) non sono costituiti da organismi geneticamente modificati e non contengono organismi geneticamente modificati;
2) non sono stati prodotti con organismi geneticamente modificati o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati;
3) non contengono ingredienti essenziali o additivi prodotti da o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati per i quali sussiste l'obbligo di contrassegnazione come organismi geneticamente modificati;
4) sono stati prodotti senza l'impiego dell'ingegneria genetica;
5) non derivano da incroci di organismi geneticamente modificati oppure da incroci di organismi geneticamente modificati con organismi non modificati.
3. La contrassegnazione di un prodotto come geneticamente non modificato è concessa anche qualora la presenza di organismi geneticamente modificati non superi il limite fissato dalle norme della Unione Europea. Con regolamento di esecuzione si possono apportare riduzioni secondo il progredire delle conoscenze scientifiche.
Art. 3
Documentazione.
1. Il contrassegno "geneticamente non modificato" viene rilasciato, dietro presentazione di apposita domanda, dal Comitato per i prodotti geneticamente non modificati. Chi intende contrassegnare i prodotti come geneticamente non modificati ai sensi dell'articolo 2, deve dichiarare per iscritto allegando idonea documentazione:
a) la composizione del prodotto;
b) il procedimento di produzione, nella misura in cui è necessario per la valutazione ai sensi del comma 1;
c) che il prodotto è geneticamente non modificato;
d) che il prodotto proviene dall'Alto Adige.
Art. 4
Controllo del prodotto.
1. Il Comitato per i prodotti geneticamente non modificati verifica i dati riportati nelle domande ed i prodotti per cui è stato richiesto il contrassegno "geneticamente non modificato". Le analisi di laboratorio vengono effettuate dall'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente e la tutela del lavoro o dalla Ripartizione provinciale sperimentazione agraria e forestale Laimburg o da un laboratorio da esse riconosciuto.
2. Per prodotti, che in base a disposizioni speciali debbano comprovare di essere geneticamente non modificati, la predetta certificazione è equiparata alle analisi di laboratorio di cui al comma 1.
3. Le analisi sono soggette a pagamento. Esse sono da effettuarsi alla presentazione della domanda e da ripetere almeno ogni tre anni. I parametri e i metodi di analisi devono corrispondere allo stato della tecnica. Per alcuni prodotti può venire prescritto un piano per analisi periodiche, da effettuarsi da strutture riconosciute dall'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente e la tutela del lavoro. Possono essere effettuati anche controlli a campione, che non sono soggetti a pagamento.
4. Il Comitato per i prodotti geneticamente non modificati è composto da un rappresentante della Ripartizione provinciale sperimentazione agraria e forestale, da un rappresentante della Ripartizione Agricoltura, da un rappresentante del Servizio veterinario provinciale, da un rappresentante della Ripartizione sanità e da un rappresentante dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente e la tutela del lavoro, proposti dall'assessore competente, da un rappresentante del Centro tutela consumatori e da un rappresentante del settore alimentare, proposto dalla Camera di commercio di Bolzano, nonché da un rappresentante dei produttori agricoli, proposto dall'associazione professionale degli agricoltori maggiormente rappresentativa a livello provinciale. La nomina avviene con deliberazione della Giunta provinciale. Al Comitato per i prodotti geneticamente non modificati spetta trattare le domande e i ricorsi. Il lavoro di segreteria è svolto dall'Agenzia provinciale per la protezione dell´ambiente e la tutela del lavoro.
Art. 5
Contrassegnazione.
1. Nel caso in cui vengano soddisfatti i requisiti di cui all'articolo 3 nonché per la carne, il latte e i loro derivati quelli di cui all'articolo 6 e superati i controlli di cui all'articolo 4, il Comitato per i prodotti geneticamente non modificati conferisce al richiedente il diritto di contraddistinguere il prodotto con il contrassegno "geneticamente non modificato". Il diritto all'apposizione del contrassegno decade dopo tre anni (3).
2. Qualora il prodotto subisca delle variazioni che fanno venir meno i requisiti previsti per l'apposizione del contrassegno, l'interessato deve darne immediata comunicazione all'Agenzia provinciale per la protezione dell'Ambiente e la tutela del lavoro ed astenersi dall'apporre il contrassegno.
3. Nel caso in cui il prodotto non soddisfi più requisiti richiesti per l'apposizione del contrassegno, il relativo diritto viene revocato ed il prodotto viene cancellato dalla banca dati di cui al comma 4.
4. Per i prodotti contrassegnati la Ripartizione sperimentazione agraria e forestale istituisce una banca dati. L'inserimento è gratuito. La banca dati contiene tutte le informazioni relative al prodotto: nome e genere, provenienza, materie prime, modalità di lavorazione, distribuzione e controlli; viene così assicurata una raccolta di dati che va dalla produzione sino alla vendita.
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(3) Comma modificato dall'art. 50 della L.P. 14 agosto 2001, n. 9.
Art. 6
Mangimi geneticamente non modificati.
1. Carne, latte e loro derivati provenienti da animali foraggiati esclusivamente con mangimi geneticamente non modificati vengono contrassegnati ai sensi dell'articolo 5. È inoltre indispensabile che a questi animali non vengano somministrati antibiotici, ormoni, farina di sangue o d'ossa, o altre sostanze improprie e che vengano rispettate la composizione dei mangimi e la tecnica di foraggiamento previste nel regolamento di esecuzione. In deroga all'articolo 2 anche i mangimi non prodotti in Alto Adige possono essere contrassegnati come geneticamente non modificati, sempreché rispettino le condizioni di cui agli articoli 3, ad esclusione della lettera d), e seguenti (4).
2. Carne, latte e loro derivati provenienti da animali foraggiati con mangimi geneticamente non modificati devono sottostare dalla produzione alla distribuzione ad un procedimento di lavorazione che sia comprensibile per i consumatori attraverso la consultazione della relativa documentazione.
3. Carne, latte e loro derivati nonché mangimi vengono sottoposti a programmi di controllo periodici.
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(4) Comma modificato dall'art. 50 della L.P. 14 agosto 2001, n. 9.
Art. 7
Sanzioni amministrative.
1. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali, laddove il fatto costituisca reato, sono stabilite le seguenti sanzioni amministrative:
a) chiunque contrassegna un prodotto come "geneticamente non modificato o di animali foraggiati con mangimi geneticamente non modificati" senza aver acquisito il relativo diritto, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000;
b) chiunque nella domanda di cui all'articolo 3 fornisca dati falsi o, in violazione di quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, non comunichi le avvenute variazioni o non si astenga dal contrassegnare il prodotto, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000;
c) chiunque continui a contrassegnare un prodotto come "geneticamente non modificato o di animali foraggiati con mangimi geneticamente non modificati", dopo che il relativo diritto è stato revocato, soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.
d) chiunque non riproduca il logo secondo le caratteristiche, le colorazioni e le dimensioni fissati nel regolamento di esecuzione soggiace alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 1.000.000 a lire 5.000.000 (5).
2. Per l'accertamento e le contestazioni delle violazioni e per la comminazione delle ingiunzioni è competente l'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente e la tutela del lavoro. Per l'accertamento e le contestazioni delle violazioni di cui all'articolo 6 sono altresì competenti gli organi di controllo previsti dalle leggi vigenti in questa materia (6).
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(5) Lettera aggiunta dall'art. 50 della L.P. 14 agosto 2001, n. 9.
(6) Comma modificato dall'art. 50 della L.P. 14 agosto 2001, n. 9.
Art. 8
Banca genetica dell'Alto Adige.
1. Presso la Ripartizione provinciale sperimentazione agraria e forestale è istituita una banca genetica per varietà di piante esistenti e nuove, nonché a rischio di estinzione, dell'Alto Adige. Essa comprende anche le sementi. Ad essa spetta il compito di raccogliere, attraverso iniziative adeguate, varietà di piante, immagazzinarle e controllarle periodicamente, rilevarne e classificarne le caratteristiche fenologiche e fisiologiche, nonché esaminarne le caratteristiche genetiche e definire i marker.
2. La Giunta provinciale può adottare misure a tutela di razze di animali domestici minacciate di estinzione.
Art. 9
Regolamento di esecuzione.
1. Le procedure, i metodi di controllo, le spese di analisi nonché il contrassegno "geneticamente non modificato" di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7 vengono ulteriormente disciplinate con regolamento di esecuzione.
D.P.P.
4 luglio 2001, n. 38
Regolamento relativo alla
contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati.
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(1) Pubblicato nel Trentino-Alto Adige 31 luglio 2001, n. 31.
Il Presidente della Provincia
vista la Delib.G.P. n. 2116 del 25 giugno 2001,
emana
il seguente regolamento:
Articolo 1
Ambito di applicazione.
1. Il presente regolamento disciplina la contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati e il foraggiamento con mangimi geneticamente non modificati in attuazione della legge provinciale 22 gennaio 2001, n. 1, sulla contrassegnazione di prodotti geneticamente non modificati.
Articolo 2
Prodotti dell'Alto Adige.
1. Sono considerati prodotti dell'Alto Adige tutti i prodotti interamente prodotti in Alto Adige o quelli che hanno subito l'ultima sostanziale trasformazione o lavorazione in Alto Adige e contengono una percentuale rilevante di materie prime di provenienza altoatesina.
Articolo 3
Contrassegno.
1. I prodotti devono essere contrassegnati con il logo descritto nell'allegato A) del presente regolamento.
2. Il Comitato per i prodotti geneticamente non modificati autorizza solamente coloro ad usare il logo ai quali è stato conferito il diritto all'apposizione del contrassegno ai sensi dell'articolo 5 della legge provinciale 22 gennaio 2001, n. 1.
3. Il logo può essere apposto da solo, o - per i prodotti di qualità dell'Alto Adige - esclusivamente insieme al marchio di tutela di cui alla legge provinciale 10 novembre 1976, n. 44, e deve presentare sempre le caratteristiche, le colorazioni e le dimensioni di cui all'allegato A).
Articolo 4
La composizione dei mangimi.
1. Per ottenere alimenti di origine animale geneticamente non modificati ai sensi della legge provinciale 22 gennaio 2001, n. 1, gli animali devono essere foraggiati con mangimi geneticamente non modificati, la cui composizione deve essere conforme ai criteri di cui all'allegato B).
Allegato A
Logo
(Articolo 3)
1. Il logo è di forma circolare. Al centro riporta una piantina che spunta dalla terra e in corona la dicitura: "gentechnikfrei geneticamente non modificato L.P. L.G. n. 1/2001" (modello a). Il colore del logo è verde. Il diametro minimo del logo è di 1,3 cm.
2. Quando il logo viene utilizzato insieme al marchio di tutela Südtirol ai sensi dell'articolo 3, comma 3, la proporzione deve essere di 1:1,5. Il colore del logo è verde, mentre il colore del marchio di tutela può essere rosso, verde o blu. La disposizione dei due marchi deve corrispondere a quella del modello b) sottostante, ad eccezione degli imballaggi piccoli, quale yogurt fino a 125 g burro fino a 20 g panna fino a 200 ml ecc., sui quali il logo e il marchio possono essere applicati separatamente, però nelle stesse dimensioni con diametro di 1,3 cm e nello stesso campo visivo (modello c).
Allegato B
La composizione dei mangimi
(Articolo 4)
Articolo 1
Disposizioni generali.
1. Chiunque produca latte, carne o uova poste in commercio tali e quali o sotto forma di prodotti lavorati ai sensi della legge provinciale 22 gennaio 2001, n. 1, è tenuto al rispetto delle norme sotto indicate.
2. Sono ammessi esclusivamente i foraggi, le premiscele e gli additivi riportati negli allegati B1, B2, B3 e B4. Per i mangimi composti è pertanto sempre obbligatorio dichiarare espressamente le singole materie prime in ordine di peso decrescente.
3. Tutti i mangimi (mangimi semplici, completi e complementari, premiscele e additivi) devono essere integri, non contraffatti e devono presentare le normali caratteristiche commerciali. Gli stessi non devono essere in alcun modo pericolosi per la salute animale o umana e non possono essere posti in circolazione in forme che possano indurre in errore.
4. Tutti i foraggi (foraggi di base e singole materie prime), premiscele o sostanze additive non possono evidenziare le seguenti caratteristiche negative: danneggiamento o deterioramento dovuto a rancidità ed attacco di muffe, contaminazione da micotossine, attacchi parassitari, presenza di erbicidi, insetticidi o metalli pesanti, contaminazione radioattiva ecc.
Sezione I
Alimentazione di bovini, equini, ovicaprini e conigli
Articolo 2
Razione alimentare di base.
1. La base della razione alimentare per la produzione di alimenti di origine animale dovrebbe essere costituita da foraggi di base prodotti in loco, che garantiscano e rispecchino un collegamento dei prodotti con il territorio di provenienza.
2. In ogni caso i foraggi impiegati nell'alimentazione animale devono provenire da produzioni geneticamente non modificate, al fine di ricavarne alimenti a cui possa essere attribuita la denominazione "geneticamente non modificato."
3. Nel caso di animali in fase produttiva, la razione alimentare di base viene bilanciata, tenuto conto del contenuto di elementi nutritivi, con foraggi supplementari e premiscele, in modo tale da assicurare un equilibrato rapporto tra contenuto di energia, sostanze proteiche, elementi minerali, oligoelementi e sostanze vitaminiche.
Articolo 3
Foraggi di base.
1. I foraggi verdi allo stato fresco devono provenire da prati naturali o da prati artificiali, stabili e di buona qualità e devono essere somministrati agli animali subito dopo lo sfalcio.
2. Il fieno, essiccato naturalmente o artificialmente, deve costituire la base di un'adeguata alimentazione animale.
3. I foraggi di base (allegato B1) devono avere origine garantita da sementi geneticamente non modificate.
Articolo 4
Mangimi completi e complementari.
1. Tutti i mangimi completi e complementari impiegati (allegato B2) devono essere adatti ad un'alimentazione animale adeguata alla specie e devono avere origine da produzioni non modificate geneticamente.
Articolo 5
Sostanze additive per l'alimentazione animale.
1. Al fine di assicurare un'equilibrata alimentazione del bestiame nel metabolismo della crescita e del mantenimento e soprattutto in fase produttiva, è ammesso l'impiego di determinate sostanze additive descritte in allegato B3, che nelle singole materie prime non sono presenti in modo equilibrato.
Articolo 6
Alimentazione del bestiame giovane.
1. L'alimentazione del bestiame giovane si riferisce essenzialmente al periodo dell'allattamento ed alla successiva fase di allevamento. L'alimentazione adeguata alla specie costituisce il presupposto fondamentale per l'alimentazione del bestiame in questa fase. Per garantire la copertura del fabbisogno proteico ed energetico dell'organismo in accrescimento, il bestiame giovane deve in questa fase poter disporre, soprattutto in caso di svezzamento precoce, di un sostituto proteico ed energetico di elevata qualità e facile digeribilità. In questa fase sono pertanto ammessi mangimi da allattamento di origine animale che contengono esclusivamente derivati dalla lavorazione del latte.
Sezione II
Alimentazione di suini ed avicoli
Articolo 7
Generalità.
1. Per queste specie di animali è considerata prioritaria un'alimentazione adeguata alla specie ed alle prestazioni. In relazione alle materie prime impiegate nell'alimentazione valgono anche in questo caso i principi enunciati nella sezione I.
2. Nell'allegato B4 sono elencati ulteriori foraggi ammessi per tali gruppi di animali.
Allegato B1
Foraggi di base
(Articolo 3)
- Foraggi freschi:
erba sfalciata da prati naturali ed artificiali, erba medica, trifoglio, segala da foraggio, orzo da foraggio, avena da foraggio, mais trinciato da foraggio
- Foraggi essiccati naturalmente o artificialmente:
fieno, fieno di secondo e terzo taglio, …
- Insilati di piante intere:
mais, segala, avena, orzo
- Insilati d'erba
- Patate, bietole da foraggio e rapa rossa, nonché loro derivati
- Foraggi di base essiccati artificialmente: mais, erba ed erba medica disidratate e pellettate
- Miscele di tutoli di mais
- Trebbie di birra (solo fresche o insilate)
- Trebbie di frutta (solo fresche o insilate)
- Alimentazione al pascolo
- Alpeggio
Allegato B2
Mangimi completi e complementari
(Articolo 4)
- Cereali (semi interi, macinati, frantumati, fiocchati o estrusi): orzo, mais, frumento, segale, avena, miglio, triticale
- Sottoprodotti dei cereali: crusca, farinetta, expeller, germe, amido, amido pregelatinizzato, malto, farina di estrazione di germe, panello di germe, semola glutinata, glutine, cruschello di germe
- Soia:
seme integrale, soia integrale fioccata, concentrato proteico di soia, soia estrusa, farina di estrazione di soia tostata, panello di soia, , buccette di soia, olio di soia.
- Lino:
seme integrale, farina di estrazione, expeller, panello, olio di lino
- Colza:
seme integrale, farina di estrazione, expeller, panello, olio
- Sesamo:
farina di estrazione, expeller, panello
- Girasole:
farina di estrazione, seme integrale
- Polpe disidratate di bietole
- Fagioli e fave
- Piselli
- Lupini
- Erba:
erba medica, mais integrale disidratata e pelletata
- Patate:
amido, concentrato proteico
- Melasso e derivati dalla lavorazione della canna e della barbabietola da zucchero
- Sostanze glicoplastiche nelle forme e nelle dosi ammesse dalla legge
- Carruba: prodotti e sottoprodotti
- Lievito di birra essiccato
- Trebbie di birra essiccata
- Trebbie di frutta essiccata
- Siero di latte in polvere
- Grassi vegetali
- Aceto di frutta
Allegato B3
Sostanze additive per l'alimentazione animale
(Articolo 5)
- Sostanze minerali
- Microelementi
- Vitamine
- Carotinoidi naturali
- Aromi naturali
- Acidi organici
- Aminoacidi
- Enzime
- Antiossidanti ammessi solo per le premiscele vitaminiche e per il mangime d'allattamento
- Zeolite e montmorillonite
- Lievito di birra attivo
- Lieviti e germi vivi ammessi
- Tamponi
Allegato B4
Ulteriori mangimi per suini ed avicoli
(Articolo 7)
- Residui alimentari, sottoposti a trattamento termico secondo le disposizioni del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320
- Derivati della lavorazione del latte, p.es. siero
- Patate e barbabietole da foraggio, nonché loro derivati
- Frutta di casco e relativi sottoprodotti
- Erba fresca
- Miscele di tutoli di mais
L.P.
28 marzo 2003, n. 4
Sostegno dell'economia agricola,
disciplina dell'agricoltura biologica e della contrassegnazione di prodotti
geneticamente non modificati.
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(1) Pubblicata nel B.U. Trentino-Alto Adige 15 aprile 2003, n. 15, II Suppl.
TITOLO I
INTERVENTI PER IL SOSTEGNO DELL'ECONOMIA AGRICOLA
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1
Finalità.
1. La Provincia autonoma di Trento, nel rispetto degli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato al settore agricolo stabiliti dall'Unione europea e nel quadro della programmazione provinciale, disciplina organicamente gli interventi di propria competenza in materia di agricoltura anche al fine dello sviluppo e del potenziamento dell'economia delle zone montane sfavorite, perseguendo i seguenti obiettivi:
a) miglioramento delle condizioni di vita, di lavoro e di reddito delle popolazioni rurali;
b) mantenimento e sviluppo sostenibile dell'attività agricola;
c) salvaguardia e valorizzazione dell'ambiente, del territorio rurale e montano e della salubrità dei prodotti;
d) consolidamento dei livelli occupazionali e aumento della produttività del lavoro agricolo, in modo che sia assicurato l'impiego ottimale dei fattori di produzione;
e) potenziamento dell'impresa familiare diretto-coltivatrice;
f) consolidamento dell'incidenza della cooperazione e dell'associazionismo nel settore agricolo;
g) sviluppo delle pluriattività quale strumento per garantire redditi integrativi;
h) potenziamento dell'imprenditoria giovanile.
Art. 2
Beneficiari.
1. Fatto salvo quanto diversamente disposto da questo titolo, possono fruire di agevolazioni i seguenti soggetti:
a) le imprese agricole singole, come individuate dalla normativa statale e provinciale vigente;
b) le società costituite per la conduzione di imprese agricole individuate ai sensi della lettera a);
c) gli enti, pubblici e privati, conduttori direttamente di aziende agricole il cui fabbisogno normale di lavoro sia almeno di un'unità di lavoro umano (ULU) annua;
d) le cooperative agricole e le cooperative di raccolta, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e i loro consorzi, che risultino iscritti nel registro delle cooperative della provincia di Trento di cui alla L.R. 29 gennaio 1954, n. 7 (Vigilanza sulle cooperative), e le associazioni agrarie comunque denominate, purché legalmente costituite;
e) le associazioni dei produttori agricoli riconosciute ai sensi della normativa vigente in materia;
f) i consorzi di bonifica riconosciuti ai sensi della normativa vigente in materia;
g) i consorzi di miglioramento fondiario di primo e secondo grado riconosciuti ai sensi della normativa vigente in materia;
h) i comuni, le loro forme collaborative e le amministrazioni separate dei beni di uso civico che realizzino le iniziative previste da questa legge;
i) le società di capitali che abbiano per oggetto sociale esclusivo o prevalente la raccolta, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli trentini e che siano partecipate da società cooperative o loro consorzi, iscritti al registro delle cooperative di cui alla legge regionale n. 7 del 1954, che detengano, singolarmente o in forma associata, almeno il 51 per cento delle quote di capitale;
j) le fondazioni il cui patrimonio comprenda terreni utilizzati anche indirettamente per l'esercizio di attività agricola.
2. Ai fini di questo titolo si considerano imprese agricole familiari diretto-coltivatrici:
a) nel caso di imprese familiari agricole individuali, quelle il cui fabbisogno normale di lavoro, svolto direttamente e abitualmente, anche a seguito delle iniziative oggetto dell'intervento, è fornito per almeno un terzo dal conduttore e dai singoli componenti del suo nucleo familiare;
b) nel caso di imprese agricole gestite in forma collettiva, quelle il cui fabbisogno normale di lavoro, anche a seguito delle iniziative oggetto dell'intervento, è fornito per almeno un terzo direttamente e abitualmente dai singoli soci e dai singoli componenti dei rispettivi nuclei familiari.
Art. 3
Criteri e modalità per l'attuazione delle iniziative.
1. Per le finalità di cui all'articolo 1 la Giunta provinciale determina annualmente con propria deliberazione, con riferimento all'esercizio finanziario successivo a quello dell'adozione:
a) l'individuazione delle azioni e delle priorità, con riferimento all'andamento economico dell'agricoltura trentina e alla tipologia dei beneficiari;
b) le spese ammissibili per tipo d'iniziativa e i limiti minimi e massimi della spesa;
c) il limite massimo di spesa ammissibile relativo alle agevolazioni previste per le zone agricole sfavorite di cui al capo III di questo titolo;
d) i parametri per la valutazione della significatività della spesa ammissibile;
e) la misura delle agevolazioni, ivi comprese l'entità e la durata dei prestiti e mutui agevolati, entro i limiti massimi previsti da questo titolo;
f) la tipologia delle iniziative la cui realizzazione può essere effettuata a seguito della presentazione della domanda e prima della concessione delle agevolazioni, e delle iniziative per cui possono essere concessi acconti e anticipi ai sensi dell'articolo 13;
g) i termini e le modalità di presentazione delle domande per ottenere le agevolazioni previste da questo titolo, la documentazione da presentare unitamente alle domande e quella eventuale da produrre successivamente ai fini dell'istruttoria e della liquidazione delle agevolazioni e delle anticipazioni nei casi previsti dall'articolo 13;
h) il periodo di validità delle domande non accolte per l'esaurirsi delle disponibilità finanziarie nei singoli esercizi di riferimento e i criteri previsti per la concessione delle agevolazioni a seguito di nuove disponibilità finanziarie; il periodo di validità delle domande non può comunque essere superiore a tre anni decorrenti dalla scadenza del termine di presentazione della domanda iniziale;
i) le iniziative e i limiti di spesa per i quali è richiesto il parere del comitato tecnico per il settore agricolo;
j) limitatamente ai beneficiari di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed i), le modalità per l'affidamento di lavori o l'acquisto di forniture e i criteri per l'applicazione di penalità o per la revoca, anche parziale, delle agevolazioni concesse; resta ferma l'applicazione della L.P. 10 settembre 1993, n. 26 (Norme in materia di lavori pubblici di interesse provinciale e per la trasparenza negli appalti) e della L.P. 19 luglio 1990, n. 23 (Disciplina dell'attività contrattuale e della amministrazione dei beni della Provincia autonoma di Trento);
k) gli eventuali obblighi e i vincoli ulteriori rispetto a quelli previsti dall'articolo 6, comma 1;
l) le modalità e i criteri per l'effettuazione dei controlli delle dichiarazioni rese e della documentazione prodotta ai fini dell'erogazione delle agevolazioni concesse e per l'effettuazione dei controlli sul rispetto degli obblighi di cui all'articolo 6;
m) le tipologie di iniziative per le quali non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 10, comma 2;
n) i casi e le modalità per l'ammissione di varianti a lavori o ad altre iniziative agevolate ai sensi di questo titolo;
o) i casi e le misure per la concessione degli anticipi e le modalità per la prestazione di garanzie da parte dei beneficiari previsti dagli articoli 13 e 14;
p) le modalità per la concessione delle agevolazioni per cui siano state erogate anticipazioni ai sensi dell'articolo 60;
q) la determinazione della soglia per la concessione del contributo in conto capitale di cui all'articolo 41, comma 1;
r) le specie e le razze animali minacciate di estinzione e le modalità per la concessione del premio di cui all'articolo 22, comma 2.
2. Limitatamente ai contenuti di cui al comma 1, lettere a), b) e c), la proposta di deliberazione è trasmessa alle associazioni di produttori agricoli riconosciute e alle organizzazioni professionali di categoria per eventuali osservazioni. Trascorsi venti giorni dalla trasmissione la Giunta provinciale adotta la deliberazione.
3. La deliberazione è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione (2)
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(2) Si veda Delib.G.P. 16 febbraio 2004, n. 301.
Art. 4
Limiti d'intervento.
1. Per ciascuna azienda l'importo massimo della spesa ammessa a beneficiare delle agevolazioni previste da questo titolo per gli investimenti aziendali di cui agli articoli 42, 44, 45 e 46 non può essere superiore a un milione di euro in un periodo di cinque anni, decorrenti dalla concessione della prima agevolazione.
2. Ai fini di questo titolo, per il calcolo del tempo normale di lavoro di un'unità lavorativa si fa riferimento a una settimana lavorativa di quaranta ore; per il calcolo del fabbisogno normale di lavoro delle imprese agricole si fa riferimento ai valori medi unitari stabiliti dalla Provincia.
3. Fatto salvo quanto diversamente disposto da questo titolo, la percentuale massima di agevolazione per gli investimenti aziendali è fissata al 50 per cento della spesa ammessa, elevabile al 55 per cento per le domande presentate, entro cinque anni dall'insediamento, da giovani imprenditori di età inferiore a quarant'anni. Qualora le iniziative siano ricomprese nei casi speciali degli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato al settore agricolo le predette percentuali sono aumentate al 75 per cento.
Art. 5
Divieti di cumulo.
1. Fermo restando quanto previsto dagli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato al settore agricolo, le agevolazioni previste da questo titolo non sono cumulabili con altri aiuti concessi per le stesse iniziative dalla Provincia o da altri enti pubblici se non entro i limiti massimi previsti da questo titolo.
Art. 6
Obblighi e sanzioni.
1. La concessione delle agevolazioni previste da questo titolo comporta l'obbligo di non alienare, di non cedere o comunque di non distogliere dalla loro destinazione i beni immobili per i quali le agevolazioni sono state concesse per un periodo non inferiore a dieci anni decorrenti dalla data della domanda di verifica finale. Per i beni mobili, ivi compresi gli impianti tecnologici, il predetto periodo è limitato a tre anni.
2. Per i soli beni immobili, la cessione, il conferimento o l'affitto dell'azienda, la trasformazione o la fusione di impresa non comportano violazione del comma 1, sempreché il subentrante rientri tra i soggetti di cui all'articolo 2, continui ad esercitare l'impresa e ne assuma i relativi obblighi. Le agevolazioni concesse e non ancora liquidate sono erogate al subentrante. Non comporta violazione degli obblighi di cui al comma 1, inoltre, la sostituzione di beni mobili o di bestiame da riproduzione con altri beni o capi aventi caratteristiche analoghe.
3. Nel caso di impresa individuale, su richiesta degli interessati, può essere disposto il venir meno dell'osservanza degli obblighi stabiliti da quest'articolo nonché degli eventuali altri obblighi definiti ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera k), in caso di decesso del beneficiario o nei casi di dimostrata incapacità a continuare l'attività agricola.
4. In presenza di eventi eccezionali e imprevisti o di particolare gravità, oppure per soddisfare esigenze d'interesse agricolo conseguenti a nuovi indirizzi di politica agraria, la Provincia, su motivata richiesta dell'interessato, può stabilire il venir meno, totale o parziale, dei vincoli di cui ai commi 1 e 2.
5. Se i beni per cui le agevolazioni sono state erogate vengono alienati, ceduti o distolti dalla destinazione, anche a seguito di mancato utilizzo, prima della scadenza dei termini previsti dal comma 1, le relative agevolazioni sono rideterminate in proporzione alla durata dell'utilizzo dei beni rispetto alla durata dei vincoli di cui al medesimo comma. Le somme erogate in eccesso sono recuperate maggiorate degli interessi a un tasso pari a quello per le scoperture di cassa della Provincia presso il proprio tesoriere, vigente il 31 dicembre dell'anno precedente quello di assunzione del provvedimento di revoca.
6. Per quanto riguarda l'acquisto di fondi rustici resta fermo quanto disposto dall'articolo 41.
7. Il recupero delle agevolazioni erogate è effettuato applicando la L.P. 14 settembre 1979, n. 7 (Norme in materia di bilancio e di contabilità generale della Provincia autonoma di Trento).
Art. 7
Tipologie delle agevolazioni.
1. Le agevolazioni previste da questo titolo sono concesse, qualora non diversamente disposto, in conto capitale.
2. Possono essere concessi contributi in conto interessi per:
a) il concorso nel pagamento degli interessi su prestiti di durata massima di quindici anni, la cui attualizzazione sia equivalente al contributo in conto capitale;
b) l'erogazione di un contributo annuo costante la cui attualizzazione sia equivalente al contributo in conto capitale.
3. Il tasso a carico del beneficiario non può comunque essere inferiore a quello minimo fissato dallo Stato.
4. L'importo del mutuo agevolato sommato all'importo dell'eventuale contributo in conto capitale non può in ogni caso eccedere l'importo della spesa ritenuta ammissibile.
5. Il contributo nella forma di annuo costante è consentito anche per gli aiuti aggiuntivi previsti dal piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006.
Art. 8
Disposizioni sui mutui e i prestiti agevolati nonché sulla loro estinzione anticipata.
1. Il periodo massimo di preammortamento ammissibile al concorso provinciale non può essere superiore a due anni.
2. Il concorso nel pagamento degli interessi sui prestiti e sui mutui è concesso in misura pari alla differenza tra le rate di preammortamento e di ammortamento calcolate ai tassi praticati dagli istituti di credito, e le rate di preammortamento e di ammortamento calcolate al tasso agevolato, ottenuto deducendo dai tassi non agevolati il concorso finanziario provinciale nella misura determinata ai sensi di quest'articolo.
3. Qualora l'Unione europea oppure lo Stato provvedano a modificare importi o percentuali minimi o massimi di spesa ammessa, di contributi o di altre assegnazioni previste da questo titolo, tali provvedimenti sono applicabili direttamente anche dalla Provincia.
4. La misura massima complessiva dei tassi d'interesse e delle aliquote accessorie praticabili dagli istituti ed enti esercenti il credito agrario per le operazioni di credito agrario d'esercizio e di miglioramento assistite dal concorso provinciale è quella prevista dalla vigente normativa statale.
5. In caso di variazione dei tassi di cui al comma 4 la Giunta provinciale è autorizzata ad adeguare proporzionalmente gli interventi a carico della Provincia relativi alle iniziative previste da questo titolo.
6. L'estinzione anticipata dei prestiti e dei mutui è soggetta ad autorizzazione della Provincia su richiesta dell'interessato. Con l'autorizzazione è rideterminato l'importo del contributo già concesso, in relazione alla durata d'ammortamento prevista nel contratto originario, applicando l'articolo 3 (Disposizioni per la rinegoziazione delle condizioni di onerosità dei finanziamenti assistiti da agevolazioni in conto interessi) della L.P. 20 gennaio 1987, n. 3. Qualora l'interessato proceda all'estinzione anticipata dei prestiti e dei mutui senza l'autorizzazione della Provincia, a decorrere dalla data di estinzione cessa il concorso nel pagamento degli interessi.
Art. 9
Disposizioni particolari per la concessione di agevolazioni.
1. Le agevolazioni previste da questo titolo possono essere concesse, anche in deroga al rispetto delle priorità di cui all'articolo 3, comma 1, lettera a), e dei limiti di cui all'articolo 4, già nell'anno di presentazione delle relative domande:
a) nel caso di calamità naturali, ivi compresi altri eventi eccezionali e sinistri;
b) nel caso di modifiche strutturali o di trasferimento delle strutture aziendali a seguito di provvedimenti della pubblica autorità;
c) nel caso di risanamento di allevamenti o colture resosi necessario a seguito di provvedimenti da parte delle autorità competenti.
2. Qualora il beneficiario non abbia titolo idoneo a dimostrare la proprietà o altro rapporto di natura reale sui terreni o sulle strutture aziendali interessate dall'iniziativa, egli deve provare in qualsiasi modo la detenzione dei terreni e delle strutture mediante altro titolo giuridico idoneo, compreso il comodato.
3. Ai fini di questa legge si considera titolo idoneo ai sensi del comma 2 anche la sola esistenza di impresa familiare ai sensi dell'articolo 230 bis del codice civile, se tra il conduttore richiedente e il proprietario dei terreni e delle strutture aziendali o altro avente diritto esiste un vincolo di parentela sino al terzo grado o di affinità sino al secondo grado o vincolo di matrimonio, purché i coniugi non siano legalmente separati.
4. Il titolo di cui ai commi 2 e 3 deve fornire la garanzia di una durata minima che soddisfi gli obblighi di cui all'articolo 6, comma 1, e gli eventuali obblighi ulteriori di cui all'articolo 3, comma 1, lettera k).
Art. 10
Concessione dei benefici.
1. Con il provvedimento di concessione delle agevolazioni sono approvate le iniziative oggetto dell'intervento, gli eventuali elaborati progettuali e sono fissati i termini di completamento delle opere e degli acquisti.
2. Nel caso in cui l'agevolazione venga concessa mediante concorso nel pagamento degli interessi sui prestiti e mutui, è previamente rilasciato il nulla osta all'istituto di credito per la concessione del mutuo e del prestito agevolato. Con il medesimo provvedimento sono approvate le iniziative oggetto dell'intervento, gli elaborati progettuali e sono fissati i termini per il completamento delle opere e degli acquisti di forniture.
3. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati dal dirigente della struttura provinciale competente in materia. Nei casi previsti dalla deliberazione di cui all'articolo 3, comma 1, lettera i), dev'essere previamente acquisito il parere del comitato tecnico per il settore agricolo sulla conformità delle iniziative proposte rispetto agli obiettivi previsti da questo titolo, sulla validità e idoneità delle iniziative rispetto alla situazione economico-finanziaria del soggetto richiedente, sulla congruità tecnico-amministrativa delle iniziative e della relativa spesa.
Art. 11
Comitato tecnico per il settore agricolo.
1. Per la valutazione delle domande di agevolazione è istituito il comitato tecnico per il settore agricolo, con funzioni consultive.
2. Il comitato è nominato dalla Giunta provinciale per la durata della legislatura in cui è disposta la nomina ed è composto da:
a) il dirigente generale del dipartimento provinciale competente in materia di agricoltura, che lo presiede;
b) i dirigenti preposti alle strutture provinciali competenti in materia di agricoltura;
c) due ingegneri, dipendenti della Provincia, esperti in materia di ingegneria civile;
d) un architetto, dipendente della Provincia, esperto in materia di urbanistica e tutela del paesaggio;
e) un esperto in materia di economia aziendale;
f) un esperto in materia di economia e politica agraria.
3. Con il provvedimento di nomina viene nominato anche il vicepresidente del comitato, scelto tra i componenti di cui al comma 2, lettera b).
4. Per i componenti di cui al comma 2, lettere b), c) e d), sono nominati dei membri supplenti, che sostituiscono il titolare in caso d'impedimento o assenza.
5. I compiti di segreteria del comitato sono svolti da un dipendente in servizio presso le strutture competenti in materia di agricoltura, individuato dal dirigente generale del dipartimento.
Art. 12
Realizzazione delle iniziative.
1. Le iniziative per cui questo titolo prevede la concessione di agevolazioni in forma di contributi in conto capitale in unica soluzione oppure di contributi annui costanti sono effettuate, salvo quanto previsto ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera f), solo dopo la loro approvazione in linea tecnica da parte della Provincia.
2. Le iniziative per cui questo titolo prevede la concessione di agevolazioni in forma di contributi in conto interesse sono effettuate, salvo quanto previsto ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera m), dopo l'adozione del provvedimento di nulla osta di cui all'articolo 10, comma 2.
Art. 13
Anticipi e acconti.
1. La Provincia può concedere anticipi nei seguenti casi e con le seguenti modalità:
a) in misura non superiore al 50 per cento del contributo in conto capitale per i beneficiari di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b);
b) in misura non superiore all'80 per cento del contributo in conto capitale per i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, ad esclusione di quelli individuati dalle lettere a) e b);
c) in misura non superiore a quattro semestralità del contributo annuo costante per i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, ad esclusione di quelli individuati dalle lettere a) e b).
2. La Provincia, inoltre, può erogare acconti, sulla base di stati di avanzamento delle iniziative, in misura non superiore all'80 per cento del contributo concesso, dedotto l'eventuale anticipo. L'entità dell'acconto è computata sui nove decimi dello stato di avanzamento delle iniziative.
Art. 14
Disposizioni per l'anticipazione relativa agli aiuti comunitari.
1. Per agevolare la realizzazione dei progetti d'interesse agricolo ammissibili ai benefici previsti dai fondi strutturali e dal Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEOGA) - sezione garanzia previsti dai regolamenti comunitari, la Provincia è autorizzata a concedere in anticipo le provvidenze previste nei predetti regolamenti a carico dell'Unione europea e dello Stato. La concessione anticipata delle agevolazioni è subordinata alla presentazione di una procura speciale notarile all'incasso a favore della Provincia dei benefici che saranno concessi dall'Unione europea e dallo Stato.
2. Le somme di cui al comma 1 sono versate alla tesoreria della Provincia e introitate in capitoli di entrata del bilancio provinciale.
3. In caso di mancata o minore erogazione - da parte dell'Unione europea e dello Stato - delle provvidenze di cui al comma 1, l'onere dei benefici concessi in via anticipata rimane a carico della Provincia.
4. Per le finalità di cui al comma 1, in aggiunta ai contributi a carico dei fondi comunitari e dello Stato, o in alternativa ad essi in caso di mancata erogazione, la Provincia può concedere agevolazioni in conto capitale fino alla misura massima prevista dai regolamenti comunitari.
Art. 15
Liquidazione ed erogazione delle agevolazioni.
1. La liquidazione delle agevolazioni previste da questo titolo è disposta sulla base della documentazione comprovante l'accertamento della regolare esecuzione dei lavori, degli acquisti e delle attività.
2. Qualora la spesa accertata risulti inferiore alla spesa ammessa le agevolazioni concesse sono liquidate in misura proporzionalmente ridotta.
3. Il concorso nel pagamento degli interessi sui prestiti e mutui di durata superiore a dodici mesi è erogato in rate semestrali posticipate in corrispondenza delle scadenze del piano di ammortamento e in ogni caso dopo l'accertamento di cui al comma 1.
4. I contributi annui costanti sono erogati direttamente al beneficiario o all'istituto di credito da questi indicato in rate semestrali posticipate scadenti il 30 giugno e il 31 dicembre di ogni anno, dopo aver provveduto all'accertamento di cui al comma 1. I contributi in conto capitale sono erogati direttamente al beneficiario o all'istituto di credito da questi indicato.
5. La liquidazione delle agevolazioni avviene contestualmente alla loro concessione qualora:
a) sia determinata l'identità del creditore e l'ammontare esatto delle agevolazioni;
b) sia completamente esaurita l'istruttoria e non siano necessari ulteriori adempimenti di ordine tecnico o amministrativo, né sia necessario acquisire altra documentazione giustificativa della spesa.
CAPO II
INTERVENTI A SOSTEGNO DELL'IMPRENDITORIA GIOVANILE
Art. 16
Agevolazioni per l'imprenditoria giovanile.
1. Le agevolazioni previste da questo titolo per la realizzazione di investimenti nelle aziende agricole possono essere concesse anche a giovani di età compresa fra i diciotto e i quarant'anni che intendano intraprendere per la prima volta l'attività agricola.
2. Le agevolazioni ai giovani possono essere concesse per la realizzazione di un progetto imprenditoriale agricolo di durata non inferiore a tre anni, purché il richiedente acquisisca la qualifica di imprenditore agricolo secondo la normativa vigente entro tre anni dall'insediamento.
3. Il progetto imprenditoriale deve contenere:
a) lo studio di fattibilità tecnico-economica, comprensivo dell'indicazione delle iniziative economiche e di miglioramento fondiario da realizzare, nonché la stima dei relativi costi;
b) la descrizione degli acquisti dei terreni e delle scorte agrarie;
c) il programma e i tempi degli investimenti da realizzare.
Art. 17
Premio d'insediamento.
1. Ai giovani di età compresa tra i diciotto e i quarant'anni possono essere concessi aiuti speciali per il primo insediamento purché siano rispettate le condizioni previste dalla misura 2 del piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006.
2. Gli aiuti per il primo insediamento possono consistere in:
a) un premio unico il cui importo massimo non può superare i 25.000 euro;
b) un abbuono di interessi per i prestiti contratti a copertura delle spese derivanti dall'insediamento il cui valore capitalizzato non può superare i 25.000 euro.
3. Le agevolazioni previste da quest'articolo possono essere concesse anche ai soggetti di cui all'articolo 16, comma 1, purché la realizzazione del progetto imprenditoriale consenta di rispettare le condizioni previste dalla normativa comunitaria in materia.
4. La Provincia assume le iniziative opportune per agevolare la diffusione e la conoscenza degli strumenti volti a favorire l'imprenditoria giovanile, in particolare con la predisposizione di una carta delle opportunità dei giovani imprenditori agricoli.
CAPO III
REGIME SPECIALE PER LE ZONE AGRICOLE SFAVORITE E L'INCENTIVAZIONE DELLE PLURIATTIVITÀ
Art. 18
Disposizioni generali.
1. Per le zone sfavorite del territorio provinciale la Provincia istituisce un regime speciale di aiuti al fine di preservare l'attività agricola necessaria per il mantenimento di un livello minimo di popolazione, per la conservazione dell'ambiente naturale e montano, per la salvaguardia delle risorse naturali disponibili, quale presupposto del consolidamento e dello sviluppo di altre attività economiche, e per il recupero e l'utilizzo di risorse marginali.
2. Per la concessione delle agevolazioni relative alle opere e alle iniziative da realizzare nelle zone sfavorite la Giunta provinciale può determinare annualmente una riserva delle disponibilità finanziarie sugli stanziamenti derivanti dalle relative autorizzazioni di spesa, da utilizzare entro scadenze prestabilite.
Art. 19
Delimitazione delle zone sfavorite.
1. La Giunta provinciale provvede alla delimitazione e alla classificazione delle zone sfavorite del territorio provinciale, considerato interamente montano ai sensi della normativa comunitaria, in relazione agli svantaggi pedo-climatici, orografici e strutturali.
2. Fino a quando non vengono delimitate le zone sfavorite restano ferme la delimitazione e la classificazione già individuate dal piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006.
Art. 20
Regime speciale delle agevolazioni.
1. Per le zone sfavorite si applica il seguente regime:
a) per gli interventi la cui spesa ammissibile ad agevolazione sia di importo inferiore al limite stabilito ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera c), non è richiesto il requisito di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b);
b) la misura massima del contributo in conto capitale relativo alle iniziative di cui agli articoli 35 e 36 e alle iniziative volte alla ricerca di acque a scopo irriguo, anche in aree non comprese tra le zone sfavorite, è del 90 per cento; in caso d'iniziative che rivestano un particolare interesse per lo sviluppo di ampie zone, le relative opere primarie possono essere finanziate a totale carico della Provincia o eseguite direttamente da essa;
c) per gli interventi di cui all'articolo 41, in alternativa al concorso provinciale nel pagamento degli interessi, può essere concesso un contributo in conto capitale pari all'attualizzazione al tasso di riferimento del concorso; in aggiunta ai benefici previsti dall'articolo 41, ai proprietari dei fondi che cedano i terreni in loro possesso a conduttori di aziende agricole rispondenti ai requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), e occupati in imprese familiari diretto-coltivatrici può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 30 per cento della spesa ammessa.
Art. 21
Indennità compensativa.
1. Agli operatori agricoli che coltivano direttamente i fondi e che rispettano la normativa comunitaria in materia può essere concessa, secondo le condizioni previste dalla misura 5 del piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006, un'indennità compensativa annua per ovviare agli svantaggi naturali permanenti del territorio.
2. L'indennità compensativa non può essere cumulata con analoghe misure previste da strumenti attuativi della normativa comunitaria.
Art. 22
Interventi per la difesa del territorio e la tutela del paesaggio, compresa la salvaguardia di specie animali minacciate di estinzione.
1. Per contribuire alla difesa del territorio e alla tutela del paesaggio può essere concesso un premio annuo per ettaro fino a un importo massimo di 440 euro a chiunque s'impegni alla coltivazione della superficie prativa secondo le pratiche agronomiche ed ambientali fissate dalla Provincia.
2. Agli operatori agricoli che allevano direttamente le seguenti specie o razze animali minacciate di estinzione, quali i bovini di razza Rendena, il cavallo Norico e da tiro pesante rapido (TPR), la capra bionda dell'Adamello, può essere concesso un premio annuo per unità di bestiame adulto (UBA) nella misura massima di 370 euro, tenuto conto dei coefficienti stabiliti dall'allegato A.
3. Il premio di cui ai commi 1 e 2 non può essere cumulato con analoghe misure previste da strumenti attuativi della normativa comunitaria. Tale premio viene erogato secondo le condizioni previste dalla misura 6.2.1 e 6.4 del piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006.
Art. 23
Recupero delle superfici foraggiere abbandonate.
1. Al fine di evitare pregiudizi ambientali, rischi di incendio e degrado del territorio connessi all'esistenza di terre agricole abbandonate, può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 90 per cento, nel limite di 1.291 euro per ettaro, della spesa ammessa per il recupero, anche mediante lo sfalcio, di superfici foraggiere abbandonate (3).
2. Si considerano superfici foraggiere abbandonate le terre, suscettibili di coltivazione, che non siano state destinate ad utilizzazione agraria da almeno tre annate agrarie.
3. I comuni interessati sono tenuti ad individuare nell'ambito del proprio territorio le superfici foraggiere abbandonate mediante apposite delimitazioni cartografiche. L'individuazione delle superfici è soggetta all'approvazione della Giunta provinciale.
4. Sulla base delle richieste dei comuni la Giunta provinciale determina annualmente le somme da assegnare per l'attuazione, secondo le modalità previste da quest'articolo, degli interventi di recupero delle superfici individuate ai sensi del comma 3, nonché per la concessione delle agevolazioni di cui al comma 8. L'erogazione delle somme assegnate ai comuni è effettuata con le procedure di cui all'articolo 11.
5. I comuni, tenuto conto delle assegnazioni provinciali, invitano i proprietari o gli altri aventi titolo sulle superfici foraggiere individuate ai sensi del comma 3 ad effettuare gli interventi di recupero.
6. Ai proprietari o agli altri aventi titolo che effettuano gli interventi di recupero e che si impegnano a proseguire la coltivazione della superficie prativa per almeno un quinquennio secondo i criteri agronomici fissati dalla Giunta provinciale, anche a mezzo del pascolamento, i comuni concedono il contributo di cui al comma 1. Nel caso in cui il proprietario o altro avente titolo non ottemperi all'invito ad effettuare gli interventi di recupero ovvero, previo invito a provvedere, non effettui nei cinque anni successivi al recupero la prosecuzione della coltivazione delle superfici, i relativi interventi possono essere effettuati direttamente dai comuni, con il recupero a carico del proprietario o avente titolo del 10 per cento della spesa riconosciuta ammissibile; i comuni non procedono al recupero nei casi in cui le somme dovute dai proprietari siano inferiori all'importo fissato annualmente con la legge di approvazione del bilancio provinciale a termini dell'articolo 52 della legge provinciale n. 7 del 1979. A coloro che realizzano gli interventi di recupero possono essere concessi i contributi previsti dal presente comma anche se gli stessi non sono iscritti all'albo degli agricoltori e non sono dotati di partita IVA.
7. Per la realizzazione diretta degli interventi di recupero i comuni possono avvalersi anche di imprenditori agricoli singoli ed associati, dei consorzi di miglioramento fondiario, ivi compresi quelli irrigui, costituiti o riconosciuti ai sensi del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215 (Nuove forme per la bonifica integrale), ed in subordine di cooperative aventi tra gli scopi sociali quello di effettuare iniziative di recupero ambientale, con preferenza ai soggetti residenti o aventi sede in un comune ricadente in tutto o in parte nelle zone particolarmente svantaggiate di cui alla presente legge.
8. Ai proprietari o agli altri aventi titolo che hanno provveduto al recupero delle superfici foraggiere abbandonate e che proseguono la coltivazione delle superfici, nel rispetto dell'impegno previsto dal comma 6, i comuni possono concedere negli anni successivi un contributo fino alla misura massima del 90 per cento su una spesa massima ammissibile di 516 euro per ettaro, nel caso di prati da sfalcio, e di 129,11 euro per ettaro, nel caso di pascoli per la prosecuzione della coltivazione (4).
9. Ai sensi del secondo comma dell'articolo 14 della L.P. 7 dicembre 1973, n. 62 (Disciplina dei comprensori nel quadro degli interventi per lo sviluppo della montagna), il comprensorio può assumere le funzioni dei comuni relative agli adempimenti di quest'articolo che i comuni medesimi ritenessero conveniente affidargli. In tal caso le somme per l'attuazione degli interventi di cui al presente articolo sono assegnate ed erogate ai comprensori con l'osservanza delle procedure previste per i comuni.
10. Nel caso di mancato rispetto dell'impegno a proseguire la coltivazione della superficie prativa per almeno un quinquennio secondo quanto previsto dal comma 6, i comuni procedono alla revoca del contributo concesso ed i beneficiari devono restituire ai comuni medesimi le somme riscosse, maggiorate dagli interessi legali.
11. Sono escluse dall'applicazione di quest'articolo le superfici per le quali sia stata presentata domanda intesa ad ottenere l'assegnazione dei terreni ai sensi della L.P. 27 aprile 1981, n. 8 (Norme per l'utilizzazione delle terre incolte, abbandonate o insufficientemente coltivate).
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(3) Comma modificato dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
(4) Comma modificato dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
Art. 24
Interventi di sostegno all'attività di alpeggio.
1. Al fine del mantenimento della pratica dell'alpeggio, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), e d), che gestiscono direttamente alpeggi e malghe può essere concesso un premio annuo per ettaro fino ad un importo massimo di 72 euro, volto a compensare i costi dovuti alla pratica dell'alpeggio.
2. Il premio di cui al comma 1 non può essere cumulato con analoghe misure previste da strumenti attuativi della normativa comunitaria. Tale premio viene erogato secondo le condizioni previste dalla misura 6.2.2 del piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006.
Art. 25
Alpicoltura.
1. Al fine di qualificare e tutelare i pascoli e l'ambiente naturale montano può essere concesso un contributo per la sistemazione e il miglioramento dei pascoli ed alpeggi utilizzati in comune e per l'attuazione di tutte le opere e servizi necessari per assicurare o migliorare la loro gestione, ivi comprese le relative infrastrutture.
2. Le agevolazioni possono essere concesse:
a) ai proprietari degli alpeggi e ai soggetti che gestiscono e amministrano proprietà pubbliche e collettive che s'impegnino a concederli per almeno dieci anni ad allevatori, preferibilmente associati, con priorità a quelli residenti in provincia di Trento;
b) ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), che svolgano prevalentemente attività di miglioramento e potenziamento del patrimonio zootecnico, per la ristrutturazione o riattamento delle strutture esistenti e la successiva gestione degli alpeggi e delle strutture in loro disponibilità per almeno dieci anni, anche tramite allevatori associati;
c) ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), per la qualificazione degli alpeggi e delle strutture di malga compresi nei propri territori;
d) ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), e alle società costituite da allevatori, per la gestione comune dei pascoli, purché essi abbiano la disponibilità di alpeggi, in proprietà o a diverso titolo, limitatamente all'acquisto di attrezzature.
3. La misura massima del contributo in conto capitale per le iniziative di cui al comma 1 promosse dai soggetti che gestiscono e amministrano proprietà pubbliche e collettive è elevata all'80 per cento della spesa riconosciuta ammissibile. Il contributo di cui ai commi 1 e 2 è erogato secondo le condizioni previste dalla misura 15.2 del piano di sviluppo rurale della Provincia autonoma di Trento per il periodo 2000-2006. La misura massima del contributo in conto capitale per le iniziative realizzate dalle cooperative di trasformazione/commercializzazione è fissata al 40 per cento della spesa ritenuta ammissibile.
4. Inoltre possono essere concessi agli enti pubblici contributi in conto capitale, sino a un massimo del 70 per cento della spesa ritenuta ammissibile, per l'acquisto di terreni allo scopo di poter meglio attuare le iniziative di cui al comma 1.
Art. 26
Iniziative volte all'incentivazione delle pluriattività.
1. Al fine di incentivare attività complementari o alternative a quella agricola, secondo quanto previsto dalla normativa comunitaria, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), può essere concesso un contributo per l'adeguamento e la realizzazione di strutture aziendali e l'acquisto di macchine e attrezzature per lo svolgimento di piccole attività artigianali connesse all'uso e alla valorizzazione di risorse locali e di mestieri tradizionali, nonché per la vendita dei prodotti. Le agevolazioni sono concesse applicando la normativa comunitaria del regime di aiuto "de minimis", di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti d'importanza minore ("de minimis").
2. Le agevolazioni di cui al comma 1 possono essere concesse anche per iniziative promosse fuori dalle zone sfavorite delimitate ai sensi dell'articolo 19.
3. Per l'apprestamento di locali e strutture da affidare in gestione per l'esercizio dell'attività di turismo rurale, ivi compreso l'agriturismo collettivo, possono essere concessi ai comuni e alle loro forme collaborative, alle amministrazioni separate dei beni frazionali di uso civico (ASUC), alla Magnifica Comunità di Fiemme e ad altri enti di diritto pubblico, contributi in conto capitale nella misura massima dell'80 per cento. Per tali iniziative non si applica la normativa comunitaria del regime di aiuto "de minimis".
Art. 27
Iniziative agrituristiche.
1. Al fine di incentivare l'agriturismo, ai soggetti iscritti nell'elenco provinciale degli idonei all'esercizio dell'attività agrituristica di cui all'articolo 3 della L.P. 19 dicembre 2001, n. 10 (Disciplina dell'agriturismo, delle strade del vino e delle strade dei sapori), nonché a coloro i quali intendono avviare una attività agrituristica ai sensi della medesima legge, può essere concesso un contributo per l'acquisto, l'ampliamento, la sistemazione dei locali e strutture necessari per lo svolgimento delle attività agrituristiche. Le agevolazioni possono essere concesse anche per la realizzazione di nuovi locali e strutture purché l'operatore non abbia alienato nel medesimo comune o in comuni limitrofi, nei cinque anni precedenti alla data di presentazione della domanda, locali o strutture utilizzabili per l'esercizio dell'attività agrituristica, fermo restando quanto previsto dall'articolo 6. Le agevolazioni sono concesse applicando la normativa comunitaria del regime di aiuto "de minimis".
2. Le agevolazioni previste da quest'articolo possono essere concesse anche per attività agrituristiche esercitate fuori dalle zone sfavorite delimitate ai sensi dell'articolo 19.
CAPO IV
INTERVENTI A FAVORE DELLA GESTIONE ASSOCIATA DELL'IMPRESA AGRICOLA
Art. 28
Potenziamento delle strutture.
1. Al fine di favorire le attività di raccolta, conservazione, lavorazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici svolte da cooperative e da altre forme associative, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed i), può essere concesso un contributo in conto capitale nella misura massima del 40 per cento per la realizzazione, l'acquisto, l'ampliamento, l'ammodernamento di:
a) strutture per la raccolta, la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione di prodotti agricoli e zootecnici e relativi sottoprodotti, per i relativi impianti e attrezzature, ivi compresi quelli necessari per lo smaltimento e la depurazione dei reflui (5);
b) locali per lo svolgimento delle attività dei servizi di gestione a favore dei soci;
c) centri per la fecondazione artificiale.
2. Il contributo può essere concesso, nella misura massima del 30 per cento della spesa ammissibile, anche alle società di capitali diverse da quelle di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), purché svolgano attività che concorrano al miglioramento della situazione dei settori di produzione agricola di base nel settore industriale agroalimentare.
3. Qualora la realizzazione degli interventi derivi da cause di forza maggiore e indipendenti dalla volontà del beneficiario, l'entità dell'agevolazione può essere elevata al 50 per cento della spesa ammessa, solo nei casi in cui il trasferimento degli stabilimenti avviene in presenza di un interesse pubblico con esproprio [o con semplice trasferimento di impianti esistenti senza miglioramenti né aumenti della capacità produttiva] (6).
4. Il contributo può essere concesso anche sulla spesa relativa all'acquisto del terreno occorrente per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1.
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(5) Si veda la Delib.G.P. 19 settembre 2003, n. 2206.
(6) Parole soppresse dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
Art. 29
Aiuti per il potenziamento dell'attività produttiva e commerciale.
1. Al fine di favorire i processi di adeguamento della dimensione e della struttura patrimoniale e finanziaria delle cooperative agricole e delle altre forme associative, possono essere concesse agevolazioni ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed i), nella misura massima del 40 per cento della spesa riconosciuta ammissibile, per la realizzazione di azioni di potenziamento dell'attività produttiva e commerciale con l'acquisizione da parte dei medesimi soggetti di quote di maggioranza in imprese agroalimentari organizzate in forma di società di capitali. L'importo sovvenzionabile per l'acquisizione delle quote è determinato in base al valore dei beni immobili e degli impianti delle società di cui s'intende acquisire il controllo, escludendo le valutazioni connesse all'avviamento commerciale, al posizionamento dei prodotti sul mercato e alla presenza di brevetti.
Art. 30
Agevolazioni per l'erogazione di servizi a soci di società cooperative.
1. Per favorire i servizi alle aziende volti a contenere i costi e razionalizzare l'impiego dei mezzi di produzione, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), alle cooperative agricole di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), iscritte nel registro di cui alla legge regionale n. 7 del 1954, purché abbiano come esclusivo oggetto sociale la fornitura di servizi ai soci, può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 40 per cento per l'acquisto, la realizzazione, l'ampliamento e l'ammodernamento di impianti per l'approvvigionamento di scorte e mezzi di produzione, ivi compresi gli impianti per la difesa antiparassitaria e le macchine e attrezzature agricole destinate all'uso collettivo da parte dei soci.
Art. 31
Agevolazioni per l'avviamento e il funzionamento delle forme associative.
1. Allo scopo di favorire l'associazionismo e la cooperazione agricola può essere concesso, per un periodo di quattro anni, un contributo fino alla misura massima dell'80 per cento dei costi di avviamento sostenuti nel primo anno, ridotto del 20 per cento per ciascun anno d'esercizio successivo, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), nonché ai consorzi di tutela, anche a carattere interprovinciale, che istituzionalmente svolgono compiti di tutela di marchi di origine e di qualità dei prodotti dell'agricoltura del Trentino e di assistenza economico-amministrativa a favore dei propri associati. Nel caso di consorzi a carattere interprovinciale il contributo è computato sulla quota a carico delle cooperative provinciali.
2. Allo scopo di sostenere l'attività ausiliaria all'agricoltura e a favore della collettività, può essere concesso, per un periodo di quattro anni, un contributo fino alla misura massima dell'80 per cento delle spese di gestione relative alla costituzione, fusione e ampliamento ritenute ammissibili, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera g), ridotte del 20 per cento per ciascun anno d'esercizio successivo. Per ampliamento s'intende un'espansione quantitativa delle attività pari almeno al 30 per cento; sono ammissibili agli aiuti unicamente le spese derivanti dai compiti aggiuntivi conseguenti all'ampliamento (7).
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(7) Comma modificato dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
Art. 32
Agevolazioni per le attività di revisione e assistenza tecnica ai consorzi di miglioramento fondiario.
1. Al fine di attuare l'attività di revisione di cui all'articolo 27, comma 2, lettera f), della L.P. 18 novembre 1988, n. 38 (Modifiche di leggi provinciali e altre disposizioni in materia di agricoltura), la Provincia può procedere direttamente allo svolgimento dell'attività o affidarne lo svolgimento, previa convenzione e con le procedure di cui alla legge provinciale n. 23 del 1990 e al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi), a soggetti riconosciuti idonei a svolgere tale compito dalla Giunta provinciale e selezionati in conformità a una procedura trasparente e non discriminatoria.
2. Al fine di migliorare l'efficienza e la professionalità dei consorzi di miglioramento fondiario di primo e secondo grado, può essere concesso ai consorzi medesimi o alle loro associazioni di rappresentanza, tutela e assistenza, un contributo fino al 100 per cento della spesa riconosciuta ammissibile, a copertura dei costi sostenuti per servizi di assistenza tecnico-amministrativa specifici.
Art. 33
Finanziamento per la gestione dei consorzi pubblici di bonifica.
1. La Provincia concorre, in misura non superiore all'80 per cento, al finanziamento delle spese di gestione sostenute dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera f).
CAPO V
INTERVENTI INFRASTRUTTURALI E RIORDINAMENTO FONDIARIO
Art. 34
Opere collettive di miglioramento fondiario.
1. Al fine di sviluppare e migliorare le opere collettive infrastrutturali di miglioramento fondiario connesse allo sviluppo dell'attività agricola, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f), g) e h), può essere concesso un contributo nella misura massima del 90 per cento per la realizzazione e la sistemazione delle strade interpoderali, di acquedotti potabili, elettrodotti, linee telefoniche e collegamenti fognari, nonché per le attrezzature necessarie alla loro manutenzione. Per tali iniziative non si applica il divieto di cumulo previsto dall'articolo 5.
2. L'approvazione dei progetti relativi alle iniziative previste da quest'articolo equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere, nonché d'indifferibilità e urgenza dei lavori.
Art. 35
Irrigazione e bonifica.
1. Al fine di un equo e razionale uso collettivo delle risorse idriche e del miglioramento e consolidamento della qualità delle produzioni, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f) e g), può essere concesso un contributo nella misura massima del 90 per cento:
a) per le iniziative rivolte alla raccolta, distribuzione, gestione e ricerca delle acque a scopo irriguo, ivi compreso il rinnovo degli impianti preesistenti;
b) per la realizzazione e l'adeguamento delle opere di bonifica e per la sistemazione agraria del suolo, nonché per l'acquisto delle attrezzature necessarie alla gestione delle spese di bonifica.
2. Per gli interventi volti all'acquisto o alla realizzazione di locali idonei alla gestione e amministrazione degli impianti, ivi comprese le relative attrezzature, nonché per gli impianti di distribuzione irrigua e gli interventi di bonifica realizzati nell'interesse delle singole aziende agricole l'intervento massimo è ridotto alla misura massima del 50 per cento.
3. L'approvazione da parte della Provincia dei progetti relativi alle iniziative di cui al comma 1 equivale a dichiarazione di pubblica utilità delle opere, nonché d'indifferibilità e urgenza dei lavori.
4. La Provincia assume a proprio totale carico le spese per la realizzazione e la manutenzione delle opere di bonifica previste dall'articolo 2, secondo comma, del regio decreto n. 215 del 1933, affidate in concessione agli organismi o enti di cui all'articolo 13 del regio decreto n. 215 del 1933.
Art. 36
Interventi per il riordino fondiario.
1. Al fine di migliorare la struttura produttiva delle aziende agricole la Provincia può assegnare ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere f) e g), somme fino alla concorrenza dell'ammontare delle spese necessarie per lo studio, la redazione e l'attuazione di piani di riordinamento fondiario riguardanti un'adeguata estensione di territorio di un comune o più comuni limitrofi.
2. I piani possono essere redatti e attuati a cura dei consorzi di bonifica, di miglioramento fondiario o di ricomposizione fondiaria con le modalità e le procedure previste dalla normativa vigente.
3. Qualora sia opportuno per agevolare la realizzazione dei piani di riordinamento fondiario, il limite del 30 per cento di cui all'articolo 22, terzo comma, del regio decreto n. 215 del 1933, può essere superato, con l'assenso del proprietario interessato.
4. Le particelle fondiarie interessate ai piani di riordinamento fondiario o alle permute, attuati con le agevolazioni previste da quest'articolo, sono soggette per quindici anni a vincolo di indivisibilità. Questo vincolo dev'essere espressamente menzionato negli atti relativi alla permuta e annotato nel libro fondiario a cura e spese del beneficiario.
5. In ordine all'eventuale revoca del vincolo in caso di successione ereditaria si applica, per quanto compatibile, l'articolo 11, terzo comma, della L. 14 agosto 1971, n. 817 (Disposizioni per il rifinanziamento delle provvidenze per lo sviluppo della proprietà coltivatrice).
Art. 37
Commissione per la stima dei terreni compresi nel piano di riordinamento fondiario.
1. La stima per la determinazione del valore dei terreni compresi nel piano di riordinamento fondiario è eseguita da una commissione nominata dagli enti che promuovono il piano. La commissione di stima è costituita da:
a) due rappresentanti dell'ente che promuove il piano di riordinamento fondiario, di cui uno con funzioni di presidente;
b) un funzionario della Provincia;
c) un tecnico iscritto all'albo professionale degli agronomi o al collegio dei periti agrari o dei geometri, designato dai relativi ordini;
d) un rappresentante per ciascuno dei comuni in cui sono compresi i terreni interessati al riordinamento.
2. I membri della commissione, ad eccezione dei rappresentanti dell'ente che promuove il piano di riordinamento fondiario, non devono essere proprietari di beni fondiari interessati dal riordinamento.
3. La stima del valore delle singole particelle fondiarie è effettuata sulla base della stima di particelle campione individuate dalla commissione.
4. Gli addetti alla compilazione del piano possono accedere ai terreni compresi nel perimetro della zona da riordinare per tutte le operazioni di rilievo, tracciamento dei confini, misurazioni, consegne e altre operazioni tecniche, senza bisogno di preavviso.
5. La stima è depositata per almeno quindici giorni presso il comune in cui è situata la maggior parte dei terreni da sistemare. Dell'avvenuto deposito è dato avviso all'albo dei comuni interessati e mediante pubblicazione in due quotidiani locali. Entro trenta giorni dall'ultimo giorno dell'avvenuto deposito gli interessati possono proporre ricorso alla Giunta provinciale avverso le determinazioni effettuate dalla commissione. Il ricorso è presentato presso il comune ove è stata depositata la stima. Ad avvenuta scadenza dei termini per la presentazione dei ricorsi, il sindaco trasmette alla struttura provinciale competente la stima depositata, unitamente all'attestazione dell'avvenuta pubblicazione e ai ricorsi pervenuti.
6. La Giunta provinciale decide in merito ai ricorsi pervenuti e, sentito il parere della commissione di tecnici e giurisperiti di cui all'articolo 28 del regio decreto n. 215 del 1933, approva in via definitiva la stima.
Art. 38
Disposizioni particolari relative al piano di riordinamento fondiario.
1. La durata del deposito del piano di riordinamento fondiario presso la segreteria del comune, ai sensi dell'articolo 26, secondo comma, del regio decreto n. 215 del 1933, è fissata in trenta giorni.
2. Il termine di novanta giorni per la proposizione del reclamo di cui dell'articolo 27, primo comma, del regio decreto n. 215 del 1933, è ridotto a trenta giorni.
3. Il termine di trenta giorni per la trascrizione del piano di riordinamento fondiario di cui dell'articolo 33, primo comma, del regio decreto n. 215 del 1933, è rideterminato in dodici mesi decorrenti dalla data di approvazione del piano. Entro il termine di dodici mesi l'ente che promuove il piano di riordinamento fondiario provvede all'adeguamento del piano in relazione agli eventuali trasferimenti intervenuti dopo la sua compilazione.
Art. 39
Agevolazioni per le operazioni connesse al riordinamento fondiario.
1. Ai proprietari di terreni compresi nel piano di riordinamento fondiario, che cedano tali terreni ad altri proprietari di fondi compresi nello stesso piano, che siano conduttori di aziende agricole e che presentino i requisiti stabiliti dall'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), può essere concesso un contributo in conto capitale fino al 50 per cento del valore di stima determinato ai sensi dell'articolo 37.
2. Possono beneficiare del contributo di cui al comma 1 i proprietari dei terreni la cui superficie complessiva all'interno del riordinamento è inferiore a un ettaro e che cessino di esercitare l'attività agricola.
3. L'entità dell'aiuto corrisposto sul medesimo terreno ai sensi di quest'articolo e dell'articolo 41 non può superare, in ogni caso, il 50 per cento del valore del terreno stesso (8).
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(8) Si veda la Delib.G.P. 19 settembre 2003, n. 2206.
Art. 40
Interventi per il riordinamento agrario.
1. Al fine di elevare le capacità produttive dei terreni, di consentire una razionale utilizzazione della potenzialità produttiva esistente, di favorire una riduzione nei costi di coltivazione, la Provincia può concedere ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e), g) e h), un contributo in misura non superiore al 50 per cento delle spese sostenute per la realizzazione d'iniziative, progetti e programmi di riordinamento agrario, concernenti l'introduzione di nuovi ordinamenti colturali o il riordinamento di quelli esistenti o altre sistemazioni agrarie in funzione di idonei assetti produttivi anche volti a valorizzare terreni incolti, abbandonati o insufficientemente coltivati individuati dai comuni con apposite delimitazioni cartografiche.
Art. 41
Sviluppo della proprietà diretto-coltivatrice.
1. Allo scopo di favorire la formazione e lo sviluppo della proprietà diretto-coltivatrice, di stimolare e valorizzare, in particolare, l'imprenditoria giovanile in agricoltura, nonché la costituzione e il mantenimento di convenienti unità colturali, può essere concesso un contributo in conto interessi pari alla misura massima del 65 per cento del tasso d'interesse applicato sui mutui di durata massima ventennale per l'acquisto di fondi rustici o di terreni idonei alla costituzione e all'ampliamento di aziende valide sotto il profilo tecnico ed economico. Limitatamente agli acquisti di terreni attuati nelle zone sfavorite delimitate ai sensi dell'articolo 19 e per le iniziative rientranti nella soglia determinata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera q), nonché per gli acquisti di terreni che costituiscono operazioni di accorpamento nell'ambito dei piani di riordinamento fondiario di cui all'articolo 36, in alternativa al contributo in conto interessi può essere concesso un contributo in conto capitale fino alla misura massima del 40 per cento della spesa riconosciuta ammissibile, ivi comprese le spese notarili, fiscali e professionali, determinata attualizzando il contributo in annualità. Nel calcolo si tiene conto di tutte le spese connesse all'acquisto ammesse ad agevolazione. L'importo totale dell'aiuto non può comunque superare il 40 per cento della spesa ritenuta ammissibile (9).
2. Possono beneficiare delle provvidenze previste dal comma 1:
a) i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b);
b) le cooperative che hanno come oggetto sociale prevalente la conduzione di terreni;
c) i salariati agricoli singoli o associati, assunti a tempo indeterminato, che prestino oltre duecento giornate lavorative annue;
d) i laureati in scienze agrarie o delle produzioni animali e i diplomati degli istituti tecnici o delle scuole professionali di agricoltura, purché non abbiano superato i quarant'anni di età.
3. È condizione necessaria per accedere alle agevolazioni che l'impresa agricola, dopo le operazioni di acquisto, mantenga o assuma forma d'impresa familiare diretto-coltivatrice ai sensi dell'articolo 2, comma 2; entro due anni dall'acquisto l'impresa deve inoltre presentare i requisiti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b). Nel caso di cooperative il lavoro dev'essere fornito per almeno un terzo direttamente e abitualmente dai singoli soci e dai singoli componenti i rispettivi nuclei familiari.
4. Per quanto non diversamente disposto da quest'articolo si applicano le disposizioni della L. 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), della legge n. 817 del 1971 e dell'articolo 11 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57) con i seguenti adattamenti:
a) fermo restando quanto disposto dalla normativa statale in materia di vincolo di indivisibilità, il vincolo di inalienabilità e di mantenimento della diretta coltivazione di cui all'articolo 28 della legge n. 590 del 1965 e all'articolo 12 della legge n. 817 del 1971 è stabilito in dieci anni; oltre ai casi ivi previsti, il predetto vincolo non opera nel caso di trasferimento dell'azienda nell'ambito della famiglia diretto-coltivatrice; in tale caso il residuo mutuo e i vincoli relativi sono trasferiti a chi subentra nella conduzione dell'azienda;
b) nel caso di inosservanza del vincolo di cui alla lettera a), la decadenza dalle agevolazioni concesse ai sensi di quest'articolo è dichiarata dalla Provincia e comporta la revoca delle agevolazioni nonché la restituzione da parte del beneficiario delle somme già erogate, maggiorate degli interessi ad un tasso pari a quello vigente al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di assunzione del provvedimento di revoca per le scoperture di cassa della Provincia presso il proprio tesoriere.
5. Quanto disposto dal comma 4 trova applicazione anche con riferimento ai benefici concessi antecedentemente alla data di entrata in vigore di questa legge. I vincoli ventennali di indivisibilità sono ridotti a quindici anni ancorché già annotati.
6. Nel caso di compravendita o di permuta di un fondo, soggetto a vincolo di indivisibilità, con un altro fondo agricolo di capacità produttive non inferiori, su richiesta dell'interessato può essere autorizzato il trasferimento del vincolo sul nuovo fondo. Il trasferimento può intervenire anche in caso di subingresso di più figli nella conduzione dell'azienda dell'impresa familiare diretto-coltivatrice, a condizione che si formino imprese efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Per morte del titolare e di componenti il nucleo familiare o infortuni comportanti inabilità permanente, qualora non sia possibile la prosecuzione dell'attività agricola nell'ambito della famiglia, può essere autorizzata la cancellazione del vincolo di indivisibilità. Inoltre può essere autorizzata la cancellazione del vincolo di indivisibilità in caso di frazionamento o di vendite parziali di fondi, purché il frazionamento o la vendita non interessi una superficie complessiva superiore a 10 are.
7. Qualora, a seguito dell'autorizzazione all'acquisto, non sia stato adottato il conseguente provvedimento di concessione dell'agevolazione nel corso del medesimo anno, le relative iniziative sono finanziate nell'esercizio successivo con priorità rispetto alle nuove domande (10).
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(9) Comma modificato dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
(10) Si veda la Delib.G.P. 19 settembre 2003, n. 2206.
CAPO VI
INTERVENTI NEL SETTORE DELLE PRODUZIONI ANIMALI E VEGETALI
Art. 42
Agevolazioni per la zootecnia.
1. Al fine di promuovere le produzioni zootecniche, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), può essere concesso un contributo per:
a) l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento, l'ammodernamento delle strutture zootecniche e di macellazione aziendale, la viabilità di accesso e i relativi allacciamenti;
b) l'acquisto di attrezzature e macchine;
c) la realizzazione e adeguamento di strutture aziendali per la conservazione, trasformazione e commercializzazione delle produzioni zootecniche, purché la produzione aziendale trasformata sia prevalente;
d) il primo acquisto di riproduttori selezionati, al fine del miglioramento genetico del patrimonio zootecnico;
e) investimenti diretti alla tutela e al miglioramento ambientale o al miglioramento delle condizioni d'igiene e benessere degli animali o all'adeguamento alla normativa igienico-sanitaria.
2. Per poter beneficiare degli interventi di cui al comma 1, lettera a), i richiedenti devono possedere almeno uno dei seguenti requisiti:
a) la densità di capi allevati in azienda non può essere superiore a 2,5 UBA per ettaro di superficie destinata all'alimentazione del bestiame; in tale superficie viene computata l'eventuale superficie dell'alpeggio in ragione di 0,3 ettari per ogni UBA alpeggiata;
b) la capacità produttiva in unità foraggiere dell'azienda, ivi compreso il pascolo, rispetto al fabbisogno alimentare del bestiame allevato deve essere almeno:
1) pari al 60 per cento per il bestiame bovino da latte o da allevamento, equino, ovino e caprino;
2) pari al 35 per cento per il bestiame bovino da ingrasso e suino.
3. Per il settore avicolo e suinicolo le agevolazioni per l'aumento della capacità produttiva delle aziende sono concesse solamente ai beneficiari di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), nei limiti di dieci suini o cento uccelli mediamente presenti in azienda.
Art. 43
Disposizioni particolari per la zootecnia.
1. Per potenziare e migliorare il patrimonio zootecnico la Provincia assicura lo svolgimento delle seguenti attività:
a) l'impianto e la tenuta dei libri genealogici e l'espletamento dei controlli morfo-funzionali;
b) l'assistenza tecnica finalizzata al miglioramento qualitativo del bestiame attraverso le attività di selezione, compresa la realizzazione di manifestazioni zootecniche, nonché l'attuazione delle attività connesse alla normativa in materia d'identificazione e registrazione degli animali in applicazione e nei limiti del regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000, che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio (11);
c) i controlli obbligatori in applicazione della normativa vigente per il miglioramento qualitativo del latte (12);
d) l'assistenza tecnica finalizzata al miglioramento della fertilità e della fecondità del bestiame.
2. Le attività di cui al comma 1, lettere a), b) e c), possono essere affidate alla Federazione provinciale allevatori, tenuto conto anche di quanto stabilito all'articolo 3, commi 1 e 2, della L. 15 gennaio 1991, n. 30 (Disciplina della riproduzione animale), mediante apposita convenzione nella quale sono regolati i rapporti, anche patrimoniali, tra le parti. In alternativa alla predetta convenzione, anche per le altre iniziative di cui al comma 1, possono essere concessi contributi fino alla misura massima del 100 per cento della spesa ritenuta ammissibile alla medesima Federazione provinciale allevatori o ad altri enti o organismi particolarmente qualificati operanti nel campo del settore zootecnico-lattiero caseario, secondo i criteri e le modalità stabiliti dalla Giunta provinciale con propria deliberazione.
3. In aggiunta alle attività di cui al comma 1 di quest'articolo, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), possono essere concessi contributi:
a) fino alla misura massima del 70 per cento dei costi relativi alle attività di servizio a favore dei propri associati e per l'assistenza tecnica finalizzata al miglioramento della fertilità e della fecondità del bestiame;
b) fino alla misura massima del 50 per cento della spesa ammessa, per l'acquisto di riproduttori iscritti nei libri genealogici.
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(11) Lettera modificata dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
(12) Lettera modificata dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
Art. 44
Agevolazioni per l'apicoltura.
1. Allo scopo di promuovere e sviluppare l'apicoltura, anche come fattore di miglioramento qualitativo e quantitativo delle produzioni agricole, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), d), e) ed i), possono essere concesse agevolazioni per:
a) l'impianto di nuovi apiari, l'ampliamento di quelli esistenti e la predisposizione di locali per la lavorazione del miele;
b) la trasformazione degli allevamenti apistici da stanziali a nomadi, soprattutto nelle zone frutticole;
c) l'acquisto di macchine e attrezzature per l'esercizio dell'attività apistica, nonché la realizzazione di locali adibiti al loro deposito.
2. Per le iniziative di cui al comma 1 proposte dai soggetti indicati all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed i), la percentuale massima dell'agevolazione è fissata al 40 per cento.
Art. 45
Agevolazioni per l'acquacoltura e l'elicicoltura.
1. Al fine di promuovere, sviluppare e risanare l'allevamento di pesci, di anfibi, di crostacei e di molluschi eduli, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), d), e) ed i), può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 40 per cento per:
a) l'acquisto, la costruzione, l'ampliamento e l'ammodernamento delle strutture di allevamento, ivi comprese le attrezzature fisse;
b) le operazioni necessarie per l'esecuzione dei piani di risanamento, nonché il reintegro del materiale ittico di ripopolamento con soggetti ufficialmente indenni.
2. Qualora le iniziative di cui al comma 1 comportino l'utilizzo di tecniche che riducono in modo sostanziale gli effetti negativi sull'ambiente la percentuale massima dell'agevolazione può essere elevata al 50 per cento.
3. Le agevolazioni per le iniziative di cui al comma 1, lettera b), possono essere concesse soltanto ai soggetti che aderiscono ai piani di risanamento e profilassi delle malattie infettive approvati dalla Provincia.
4. In caso d'iniziative resesi necessarie a seguito di provvedimenti da parte dell'autorità sanitaria, i benefici di quest'articolo possono essere concessi a tutti gli allevatori interessati che ne facciano domanda, e il contributo è elevabile fino al 70 per cento della spesa riconosciuta ammissibile.
Art. 46
Agevolazioni per le produzioni vegetali.
1. Al fine di promuovere il miglioramento delle produzioni vegetali, anche attraverso la realizzazione di strutture e di opere di miglioramento fondiario, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, a esclusione di quelli indicati dalle lettere f), g) e h), può essere concesso un contributo per le seguenti iniziative:
a) rinnovi e ammodernamenti di impianti viticoli, frutticoli e olivicoli, al fine di adeguare le produzioni alle esigenze del mercato, alla vocazione e tipicità delle aree;
b) nuovi impianti con specie frutticole e viticole compatibili con le disposizioni di cui alle organizzazioni comuni di mercato;
c) impianti di colture erbacee e arbustive, nonché colture orticole e da tubero; sono esclusi, in ogni caso, interventi per impianti di colture annuali;
d) attrezzature e macchinari per operazioni colturali e di raccolta;
e) realizzazione e adeguamento di strutture aziendali per la conservazione, trasformazione e commercializzazione delle produzioni vegetali;
f) realizzazione e adeguamento di serre, tunnel leggeri e coperture, acquisto di attrezzature per le coltivazioni protette e acquisto e installazione d'impianti fissi di reti antigrandine;
g) realizzazione d'impianti irrigui, fabbricati aziendali e altre opere di miglioramento fondiario, ivi compresi gli interventi di miglioramento qualitativo dei prati e dei pascoli;
h) realizzazione degli investimenti materiali necessari per l'acquisizione di certificazioni di qualità e conformità e per il rispetto della normativa igienico-sanitaria e della normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro;
i) approntamento di carte tematiche di zonazione volte a individuare le colture più adatte per le diverse aree e ambienti, allo scopo di migliorarne il livello qualitativo.
2. Per le iniziative di cui alle lettere e) ed h) richieste dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d), e) ed i), la percentuale massima di contributo è fissata al 40 per cento della spesa massima ammissibile.
3. Al fine di perseguire il miglioramento qualitativo e l'adeguamento del potenziale delle produzioni in funzione delle esigenze del mercato, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), che predispongano programmi di ristrutturazione degli impianti ai sensi delle lettere a), b) e c) del comma 1 può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 50 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto del materiale vegetale necessario. Sono esclusi, in ogni caso, interventi per impianti di colture annuali. Alle iniziative di cui alla lettera i) del comma 1 può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 70 per cento della spesa ammissibile.
CAPO VII
MISURE PER L'AGRICOLTURA BIOLOGICA E LA QUALITÀ DEI PRODOTTI
Art. 47
Agevolazioni per l'agricoltura biologica.
1. La Provincia provvede direttamente alla realizzazione d'iniziative volte alla valorizzazione dei prodotti biologici.
2. Ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), limitatamente alle attività di produzione ottenuta con metodo biologico, e ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b), che abbiano come oggetto sociale esclusivo l'esercizio di attività agricola biologica può essere concesso:
a) un contributo nella misura massima del 40 per cento per la realizzazione, l'acquisto, l'ampliamento, l'ammodernamento e per l'attrezzatura d'impianti collettivi per la raccolta, la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione, anche diretta, di prodotti biologici, ivi comprese le attrezzature necessarie per lo smaltimento e la depurazione degli scarichi;
b) un contributo nella misura massima del 50 per cento per la realizzazione d'impianti di colture arboree, erbacee, arbustive e a frutto piccolo e per la dotazione delle attrezzature e macchine per le operazioni colturali e di raccolta.
3. Ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), può essere concesso, inoltre, un contributo fino al massimo del 100 per cento dei costi di avviamento sostenuti nel primo anno, ridotto di venti punti percentuali per ciascun anno di esercizio, in modo che l'intervento sia eliminato dopo cinque anni.
4. Agli operatori iscritti nell'elenco provinciale degli operatori biologici possono essere concessi contributi fino alla misura massima del 100 per cento delle spese sostenute per il controllo e per la certificazione del processo produttivo biologico.
Art. 48
Agevolazioni per la qualità dei prodotti.
1. La Provincia può concedere aiuti ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d) ed e), per:
a) incentivare programmi di controllo nel processo produttivo a garanzia delle denominazioni di origine e delle attestazioni di specificità, con un intervento massimo per sei anni fino al 100 per cento del costo dei controlli effettuati nel primo anno, ridotto di quindici punti percentuali per ciascun anno a seguire, in modo che al sesto anno l'intervento massimo sia pari al 25 per cento;
b) sostenere attività connesse allo sviluppo della qualità dei prodotti con un intervento massimo di 100.000 euro per beneficiario e per triennio, per la preparazione delle domande di riconoscimento delle denominazioni di origine di cui al regolamento (CEE) n. 2081/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli ed alimentari, e al regolamento (CEE) n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, relativo alle attestazioni di specificità dei prodotti agricoli ed alimentari.
2. Ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a) e b), che si impegnino ad applicare tecniche di difesa alternative in fruttiviticoltura per almeno cinque anni, può essere concesso un premio fino ad un massimo di 130 euro ad ettaro, calcolato sulla base del costo aggiuntivo derivante dall'applicazione di tecniche di difesa alternative, anche per il tramite della cooperativa o associazione di produttori cui appartengono.
CAPO VIII
INTERVENTI INFORMATIVI, FORMATIVI E DIMOSTRATIVI
Art. 49
Interventi e agevolazioni per le attività dimostrative e di studio.
1. Per sviluppare e migliorare l'efficienza e la professionalità dell'agricoltura trentina la Provincia è autorizzata a sostenere spese per:
a) l'effettuazione o la partecipazione a seminari, convegni, conferenze, mostre, rassegne o manifestazioni d'interesse agricolo;
b) consulenze, indagini, progetti e studi di particolare interesse per lo sviluppo dell'economia agricola;
c) il sostegno, l'adesione o la partecipazione della Provincia a enti, organismi o commissioni operanti in agricoltura anche a livello interregionale, nazionale e internazionale;
d) la predisposizione e l'attuazione d'iniziative a carattere dimostrativo e di orientamento economico delle imprese nei settori delle produzioni agricole, ivi compresi l'esecuzione di programmi di lotta guidata e integrata riguardante colture erbacee, arbustive ed arboree, nonché l'attuazione d'iniziative a carattere dimostrativo e d'indirizzo volte a realizzare programmi di lotta antiparassitaria e di miglioramento ecologico-ambientale del territorio;
e) la specializzazione e l'aggiornamento del personale e degli amministratori dei soggetti di cui all'articolo 2, con l'esclusione degli enti pubblici e degli imprenditori di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 2, anche mediante viaggi d'istruzione, pubblicazioni e acquisizioni di materiale didattico;
f) la specializzazione e l'aggiornamento degli imprenditori agricoli e del mondo rurale, ivi comprese le tematiche sulla sicurezza del lavoro, anche attraverso la redazione e diffusione di pubblicazioni e altro materiale divulgativo;
g) l'effettuazione di analisi di laboratorio relative alle attività di vigilanza istituzionale rese obbligatorie da norme di carattere comunitario, statale o provinciale;
h) l'effettuazione di analisi nell'ambito dei progetti di dimostrazione o progetti pilota di dimensione limitata, per l'introduzione di nuove tecniche agricole di trasformazione.
2. Possono essere concesse sovvenzioni alle organizzazioni professionali e di categoria agricole per l'attività d'informazione mediante la realizzazione e la diffusione di pubblicazioni destinate ai propri associati in relazione alle spese di stampa e di diffusione sostenute.
Art. 50
Sistema informativo agricolo provinciale.
1. Nell'ambito del sistema informativo provinciale è attivato, anche mediante l'utilizzo di procedure informatiche, il sistema informativo agricolo provinciale come strumento per l'azione di governo e come supporto al funzionamento dell'attività amministrativa.
2. La Giunta provinciale con propria deliberazione definisce il sistema informativo agricolo provinciale ed i relativi programmi di sviluppo, con particolare riferimento alla costituzione di un catasto delle aziende agricole in cui siano raccolti, anche tramite la prestazione libero professionale di esperti, i dati strutturali delle stesse e quelli relativi alle agevolazioni ad esse concesse, tenuto conto delle esigenze di integrabilità con il sistema informativo provinciale.
CAPO IX
EVENTI CALAMITOSI
Art. 51
Agevolazioni a seguito di eventi dannosi.
1. Allo scopo di favorire la tempestiva ripresa economica delle zone agricole danneggiate da eccezionali calamità naturali o avversità atmosferiche, ivi comprese le fitopatologie di eccezionale gravità, la Provincia anticipa le provvidenze previste dalla L. 14 febbraio 1992, n. 185 (Nuova disciplina del Fondo di solidarietà nazionale).
2. L'esistenza dei caratteri di eccezionale calamità naturale o avversità atmosferica, la delimitazione del territorio danneggiato, la specificazione del tipo di agevolazioni da concedere e la spesa prevista sono stabilite, entro sessanta giorni dalla cessazione dell'evento dannoso, con deliberazione della Giunta provinciale.
3. La deliberazione della Giunta provinciale costituisce anche proposta al ministero competente in materia agricola per l'emanazione dei decreti di sua competenza, ai sensi della legge n. 185 del 1992.
4. In caso di mancato accoglimento della proposta provinciale di cui al comma 3, o nell'eventualità di minori assegnazioni statali rispetto alle somme anticipate dalla Provincia, la differenza tra l'assegnazione e i benefici concessi rimane a carico della Provincia.
Art. 52
Altri eventi naturali.
1. Per ridurre gli effetti dannosi, causati da eventi imprevisti, che possono derivare al comparto agricolo trentino a seguito dei danni alla produzione agricola o ai mezzi di produzione agricola, compresi i fabbricati e le piantagioni, la Provincia può concedere aiuti entro i limiti stabiliti dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato al settore agricolo per le seguenti tipologie d'intervento:
a) aiuti destinati a ovviare ai danni causati dalle calamità naturali o da altri eventi eccezionali;
b) aiuti destinati a indennizzare gli agricoltori delle perdite causate da avverse condizioni atmosferiche;
c) aiuti destinati alla lotta contro le epizoozie, le zoozie e le fitopatie.
2. Possono beneficiare degli aiuti di cui al comma 1 i soggetti di cui all'articolo 2, comma 1.
3. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 3, la Giunta provinciale stabilisce con propria deliberazione i criteri e le modalità per l'attuazione degli interventi di cui al comma 1. L'efficacia di questa deliberazione decorre dal giorno in cui è pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione l'avviso sull'esito positivo dell'esame di compatibilità da parte della Commissione dell'Unione europea, ai sensi degli articoli 87 e 88 del trattato istitutivo.
Art. 53
Interventi straordinari per fronteggiare i danni arrecati da eccezionali avverse condizioni atmosferiche.
1. Al fine di fronteggiare i danni arrecati da avverse condizioni atmosferiche, la Provincia può concedere un contributo straordinario alle cooperative di raccolta e trasformazione dei prodotti agricoli per conto dei singoli imprenditori agricoli ad esse associati, qualora la riduzione della quantità di prodotto conferita da tutti i soci, nella annata agraria colpita dalle calamità, sia pari ad almeno il 35 per cento della media del triennio precedente, escludendo gli anni in cui sono stati erogati indennizzi a seguito di altre avversità atmosferiche. Il predetto contributo è determinato in relazione alle perdite subite dagli agricoltori soci della cooperativa che singolarmente abbiano accusato una perdita di almeno il 20 per cento della loro produzione normale. Nel caso di produzioni frutticole la riduzione della quantità di prodotto è calcolata con riferimento al prodotto idoneo per la commercializzazione al consumo fresco.
2. La misura massima del contributo è fissata nel 60 per cento delle perdite, ammissibili al rimborso, subite dai singoli agricoltori membri della cooperativa nell'annata calamitata, dedotti eventuali proventi e costi di produzione da loro non sostenuti.
3. Ai sensi degli articoli 87 e 88 del trattato istitutivo della Comunità europea sarà notificato alla Commissione ogni singolo provvedimento di attuazione al fine di ottenerne il visto di autorizzazione.
Art. 54
Interventi per la difesa passiva.
1. Allo scopo di diminuire i danni provocati dalle avversità atmosferiche, non assimilabili a calamità naturali, e dalle fitopatie, mediante l'attuazione della difesa passiva delle produzioni agricole intensive o pregiate, ai consorzi di cui all'articolo 10 della L. 15 ottobre 1981, n. 590 (Nuove norme per il Fondo di solidarietà nazionale), alle cooperative e loro consorzi autorizzati dalla Provincia e ai singoli può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 30 per cento a copertura delle spese sostenute per il pagamento del premio delle polizze stipulate relativamente ai contratti di assicurazione di cui all'articolo 127, comma 2 (Nuove norme procedurali in materia di assicurazioni agricole agevolate) della L. 23 dicembre 2000, n. 388; il contributo totale, derivante dalla somma degli interventi provinciale e statale, non potrà superare il 50 per cento del premio assicurativo.
2. Ai soggetti di cui al comma 1 che, previa modifica del proprio statuto approvato dalla Giunta provinciale, attuino la difesa passiva per i danni al bestiame, ritenuti importanti per l'economia agricola provinciale mediante ricorso a forme assicurative, può essere concesso un contributo fino al 50 per cento della spesa sostenuta.
3. Ai soggetti di cui al comma 1, che attuino la difesa passiva per i danni che derivano dalle avversità atmosferiche, non assimilabili a calamità naturali, e dalle fitopatie alle colture agricole e alle strutture produttive per l'ortofloricoltura, non ricompresi nel decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali di cui all'articolo 1, comma 3, del D.P.R. 17 maggio 1996, n. 324 (Regolamento concernente norme sostitutive dell'art. 9 della L. 14 febbraio 1992, n. 185, sull'assicurazione agricola agevolata), nonché per i danni che derivano ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), di questa legge a seguito delle predette avversità, può essere concesso un contributo sino al 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile. Il medesimo contributo può essere altresì concesso ai predetti soggetti che attuino la difesa passiva per i danni che derivano dalle suddette avversità agli impianti produttivi delle colture agricole.
4. Per i danni che derivano da condizioni atmosferiche eccezionali, relativamente alle polizze assicurative che prevedono l'indennizzo in presenza di danni superiori al 20 per cento della produzione normale, la percentuale di intervento di cui ai commi 1 e 3 potrà essere elevata all'80 per cento della spesa ammissibile. Il contributo totale, derivante dalla somma degli interventi provinciale e statale, non potrà comunque superare l'80 per cento del premio assicurativo.
5. Per le finalità del comma 1, ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere e) e g), ai consorzi di cui all'articolo 10 della legge n. 590 del 1981, nonché ai consorzi di difesa contro la grandine costituiti ai sensi della L.R. 17 marzo 1964, n. 16 (Norme per l'organizzazione e provvedimenti per il funzionamento di consorzi antigrandine) può essere concesso un contributo fino alla misura massima del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile, per l'acquisto e l'installazione di mezzi tecnici ritenuti idonei.
6. Il fondo di dotazione concesso ai consorzi di produttori di cui all'articolo 14 della L. 25 maggio 1970, n. 364 (Istituzione del Fondo di solidarietà nazionale), ai sensi dell'articolo 14, primo comma, lettera b), della L.P. 31 gennaio 1977, n. 11 (Nuovi interventi a sostegno dell'economia), è restituito alla Provincia in caso di scioglimento dei consorzi.
Art. 55
Risanamento della frutticoltura e della viticoltura dalle fitopatie.
1. Ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b), c), d), ed e), nonché ai possessori di materiale vegetale, può essere concesso un intervento finanziario per:
a) la copertura fino alla misura massima del 70 per cento del mancato reddito dovuto all'abbattimento e alla distruzione, imposti dalla struttura fitosanitaria provinciale competente, delle piante infette da fitopatologie causate da virus, batteri e fitoplasmi contemplati nel decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali del 31 gennaio 1996 (Misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nel territorio della Repubblica italiana di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali) e nella direttiva 2000/29/CE del Consiglio, dell'8 maggio 2000, concernente le misure di protezione contro l'introduzione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nella Comunità (13);
b) la copertura fino alla misura massima del 50 per cento delle spese per la lotta specifica ai vettori (14).
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(13) Lettera modificata dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
(14) Lettera modificata dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
CAPO X
SNELLIMENTO DELL'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA ATTRAVERSO L'AFFIDAMENTO A SOGGETTI TERZI DI FASI PROCEDIMENTALI DI COMPETENZA PROVINCIALE
Art. 56
Modalità per lo snellimento dell'attività amministrativa.
1. Questo capo contiene le disposizioni volte allo snellimento dell'attività amministrativa in materia di agricoltura tramite affidamento dell'istruttoria dei procedimenti di agevolazione di cui al presente titolo a soggetti terzi.
2. La Provincia può affidare l'istruttoria a:
a) centri autorizzati di assistenza agricola (CAA);
b) istituti di credito o consorzi di garanzia fidi presenti in provincia di Trento.
Art. 57
Istituzione dell'Agenzia provinciale per i pagamenti.
1. Può essere istituita l'Agenzia provinciale per i pagamenti (APPAG), ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165 (Soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.)
2. L'APPAG è l'organismo pagatore della Provincia autonoma di Trento per l'erogazione di aiuti, di contributi e di premi comunitari previsti dalla normativa dell'Unione europea e finanziati, in tutto o in parte, dal FEOGA - sezione garanzia.
3. Nell'esercizio delle funzioni di organismo pagatore, ai sensi del regolamento (CE) n. 1258/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune, e del regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995, relativo alle modalità d'applicazione del regolamento (CEE) n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti del FEAOG, sezione "garanzia", l'APPAG provvede:
a) all'autorizzazione, all'esecuzione e alla contabilizzazione dei pagamenti;
b) ad assicurare il raccordo operativo con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) e con la Commissione europea;
c) a garantire il raccordo con il ministero competente e con l'AGEA, relativamente alle anticipazioni di cassa;
d) a predisporre periodiche relazioni alla Giunta provinciale, all'AGEA e alla Commissione europea sull'andamento della gestione.
4. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 3, lettera b), l'APPAG può avvalersi di altre strutture provinciali e di organismi esterni, sulla base di convenzioni, ai sensi del regolamento (CE) n. 1663/95.
5. Con regolamento possono essere affidati all'APPAG compiti inerenti ai sistemi di gestione e di controllo di contributi concessi nell'ambito dei fondi strutturali dell'Unione europea di cui al regolamento (CE) n. 438/2001 della Commissione, del 2 marzo 2001, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi nell'ambito dei fondi strutturali. In tal caso l'APPAG svolge le funzioni connesse alla gestione e al controllo delle operazioni cofinanziate dai fondi strutturali, limitatamente alle competenze affidate dalla normativa comunitaria all'autorità di pagamento, curando i raccordi operativi con le strutture comunitarie, nazionali e provinciali e provvedendo agli adempimenti conseguenti.
6. Con il regolamento di cui al comma 5 la Provincia può affidare all'APPAG la gestione di ulteriori aiuti previsti dalla vigente legislazione provinciale, limitatamente alle funzioni di esecuzione e di contabilizzazione dei pagamenti.
Art. 58
Organizzazione e funzionamento dell'APPAG.
1. L'APPAG è dotata di autonomia amministrativa, finanziaria, contabile e di bilancio. Agli effetti dell'ordinamento dei servizi e del personale l'APPAG è equiparata a un servizio della Provincia. Nell'allegato C alla L.P. 29 aprile 1983, n. 12 (Nuovo ordinamento dei servizi e del personale della Provincia autonoma di Trento), è aggiunta, quale struttura equiparata ai servizi, l'"Agenzia provinciale per i pagamenti".
2. Sono organi dell'APPAG:
a) il direttore;
b) il collegio dei revisori.
3. L'incarico di direttore è conferito in applicazione della disciplina per il conferimento dell'incarico di dirigente di cui alla L.P. 3 aprile 1997, n. 7 (Revisione dell'ordinamento del personale della Provincia autonoma di Trento). Al direttore spettano:
a) la rappresentanza legale, la direzione e l'amministrazione dell'APPAG;
b) l'adozione del bilancio preventivo e del conto consuntivo;
c) l'adozione del regolamento di contabilità dell'APPAG, nel rispetto della normativa comunitaria concernente la contabilizzazione e la rendicontazione delle spese e delle entrate del FEOGA - sezione garanzia;
d) l'adozione di ogni atto demandato all'APPAG dall'ordinamento e di ogni ulteriore atto necessario al suo buon funzionamento.
4. Il collegio dei revisori è composto da un magistrato della Corte dei conti con funzioni di presidente e da due funzionari della Provincia. Il collegio è nominato dalla Giunta provinciale e resta in carica per la durata della legislatura provinciale. Nell'adempimento degli obblighi previsti dalla legge il collegio compie tutte le verifiche ritenute opportune in ordine all'andamento della gestione ed ha, in particolare, l'obbligo di esaminare il rendiconto riferendone al direttore. Copia della relazione è accompagnata al rendiconto. Ai membri del collegio spetta un'indennità di carica nella misura stabilita dalla Giunta provinciale nei limiti di cui all'articolo 2, secondo comma, della L.P. 20 gennaio 1958, n. 4 (Compensi ai componenti delle commissioni, consigli e comitati, comunque denominati, istituiti presso la Provincia di Trento), tenuto conto per i dipendenti provinciali del collegio delle disposizioni che disciplinano la corresponsione di compensi per la partecipazione degli stessi ad organismi di altre amministrazioni di cui all'articolo 41 della L.P. 23 febbraio 1990, n. 6 (Disposizioni generali sul funzionamento della struttura provinciale - modifiche alla L.P. 29 aprile 1983, n. 12, concernente "Nuovo ordinamento dei servizi e del personale della Provincia autonoma di Trento", e altre disposizioni in materia di personale). Per il presidente del collegio l'indennità di carica è determinata in misura non superiore all'importo calcolato in base annua dei compensi previsti dall'articolo 50, quarto comma, della legge provinciale n. 12 del 1983. Ai membri del collegio, nel caso in cui per l'espletamento delle proprie funzioni debbano compiere viaggi, compete anche, qualora non goduto presso l'amministrazione provinciale, il trattamento economico di missione e il rimborso delle spese di viaggio nella misura e con le modalità in vigore per i dirigenti della Provincia.
5. L'APPAG si avvale dei beni, delle attrezzature e del personale assegnati dalla Giunta provinciale. Per garantire la funzionalità dell'APPAG il direttore, secondo gli indirizzi definiti dalla Giunta provinciale, è autorizzato a stipulare contratti di prestazione d'opera professionale, anche a carattere coordinato e continuativo, ai sensi degli articoli 2230 e seguenti del codice civile.
6. L'APPAG adotta ogni anno il bilancio pluriennale, il bilancio annuale e il rendiconto, che sono sottoposti all'approvazione della Giunta provinciale. Il rendiconto relativo all'attività dell'APPAG svolta in qualità di organismo pagatore è oggetto di certificazione ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 165 del 1999.
7. Le spese per il personale provinciale assegnato all'APPAG sono a carico del bilancio della Provincia. La Giunta provinciale può autorizzare l'assunzione a carico dei competenti stanziamenti del bilancio della Provincia delle spese per la sede, per i mobili e per le attrezzature, nonché di quelle per la fornitura dei beni e servizi che vengono assicurati alle strutture provinciali con carattere di generalità. Le altre spese, incluse quelle per l'erogazione degli interventi di competenza dell'APPAG, sono a carico del bilancio dell'APPAG.
8. La disciplina relativa ai bilanci, alla contabilità, al servizio di tesoreria, alle entrate e alle spese è stabilita da un regolamento della Provincia che osserva i principi della L.P. 14 settembre 1979, n. 7. Il regolamento disciplina in particolare le modalità per la gestione separata delle somme assegnate all'APPAG dall'Unione europea, dallo Stato, dalla Provincia - destinate a essere erogate a terzi a titolo di aiuti, premi o contributi, anche cofinanziati, ai sensi della normativa comunitaria - e delle somme derivanti dai pagamenti eseguiti dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 32 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui fondi strutturali.
9. La Giunta provinciale organizza e attiva l'APPAG prima di chiedere il riconoscimento del Ministero delle politiche agricole e forestali previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 165 del 1999.
10. Al fine di assicurare la tempestività dell'erogazione delle provvidenze di cui al comma 2 dell'articolo 57 la Provincia può assegnare all'APPAG le somme occorrenti per le anticipazioni delle agevolazioni dello Stato e dell'Unione europea; tali assegnazioni sono disciplinate dal regolamento di cui al comma 8 e sono rimborsate dall'APPAG all'atto della riscossione dei finanziamenti comunitari o statali.
Art. 59
Affidamento ai centri autorizzati di assistenza agricola.
1. L'APPAG con apposita convenzione, ferme restando le competenze attribuite ai professionisti iscritti agli ordini e ai collegi professionali, può incaricare i centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di effettuare, per conto dei propri utenti e sulla base di specifico mandato scritto, le seguenti attività:
a) redigere ed eventualmente conservare le scritture contabili;
b) assistere nell'elaborazione delle dichiarazioni di coltivazione e di produzione, delle domande di ammissione ai benefici comunitari, statali e provinciali e controllare la regolarità formale delle dichiarazioni immettendone i relativi dati nel sistema informativo attraverso le procedure del sistema informativo provinciale;
c) interrogare le banche dati del sistema informativo provinciale ai fini della consultazione dello stato di ciascuna pratica relativa ai propri associati.
2. I CAA sono istituiti per l'esercizio dell'attività di assistenza agli agricoltori, nella forma di società di capitali, dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative, o da loro associazioni, da associazioni dei produttori e dei lavoratori, da associazioni di liberi professionisti e dagli enti di patronato e di assistenza professionale che svolgono servizi analoghi, promossi dalle organizzazioni sindacali. La Giunta provinciale con propria deliberazione stabilisce i requisiti di garanzia e di funzionamento per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1, nel rispetto di quelli minimi stabiliti ai sensi dell'articolo 3 bis, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 1999.
3. Per le attività di cui al comma 1 i CAA hanno, in particolare, la responsabilità dell'identificazione del produttore e dell'accertamento del titolo di conduzione dell'azienda, della corretta immissione dei dati, del rispetto, per quanto di loro competenza, dei regolamenti (CE) n. 1258/1999 e n. 1663/95, nonché la facoltà di accedere alle banche dati del sistema informativo provinciale, esclusivamente per il tramite di procedure di interscambio di dati. La disponibilità dei dati relativi ai propri utenti che abbiano rilasciato delega espressa in tal senso non costituisce, ai sensi dell'articolo 3 bis, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 1999, violazione della L. 31 dicembre 1996, n. 675 (Tutela delle persone e degli altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali).
4. Con regolamento la Provincia stabilisce le modalità e le procedure per la verifica dei requisiti di funzionamento e di garanzia, per il rilascio delle autorizzazioni allo svolgimento dell'attività e per l'esercizio della vigilanza sui CAA.
5. La Provincia può affidare ai CAA ulteriori servizi e attività, anche di carattere istruttorio, sulla base di specifiche convenzioni.
6. Fino all'attivazione dell'APPAG la Provincia può affidare direttamente ai CAA i compiti di cui al comma 1.
Art. 60
Disposizioni per l'istruttoria di agevolazioni provinciali in materia di agricoltura.
1. Relativamente agli interventi e alle iniziative in materia di agricoltura agevolati a totale carico della Provincia, la Giunta provinciale può affidare in concessione ad istituti di credito o a consorzi di garanzia fidi presenti in provincia di Trento la procedura per la concessione di contributi, ivi compresa la loro anticipazione ed erogazione, ed eventualmente il controllo del rispetto degli obblighi, con la conseguente segnalazione alla Provincia delle violazioni comportanti la revoca o altre sanzioni. Il rapporto tra la Provincia e l'ente concessionario è regolato attraverso una convenzione di durata non inferiore a un anno. La convenzione è rinnovabile annualmente alla scadenza, salvo disdetta di una delle parti con preavviso di almeno sei mesi.
2. La Provincia provvede alla scelta degli istituti di credito sulla base delle condizioni offerte e della disponibilità di un'idonea struttura tecnico-organizzativa, individuandoli attraverso le vigenti procedure di scelta del contraente. In prima applicazione di quest'articolo la Giunta provinciale può avvalersi direttamente dell'istituto di credito già scelto in applicazione dell'articolo 15, comma 2, della legge provinciale 13 dicembre 1999, n. 6 (Interventi della Provincia autonoma di Trento per il sostegno dell'economia e della nuova imprenditorialità. Disciplina dei patti territoriali in modifica della legge provinciale 8 luglio 1996, n. 4 e disposizione in materia di commercio).
3. Le domande relative agli interventi e alle iniziative di cui al comma 1 sono presentate presso la struttura provinciale competente o presso gli istituti di credito o consorzi di garanzia fidi ai quali è stata affidata la procedura per la concessione dei contributi.
4. Gli enti affidatari assumono piena e esclusiva responsabilità dell'istruttoria delle valutazioni e degli accertamenti effettuati e devono assicurare adeguati servizi di informazione e assistenza in ordine alla normativa sugli aiuti finanziari ricevuti in concessione, anche in collaborazione con le associazioni di categoria.
5. Gli enti affidatari provvedono alla gestione e all'utilizzo delle somme assegnate secondo criteri, modalità e direttive stabilite dalla Giunta provinciale, anche per quanto concerne il rispetto dei principi posti dalla legge provinciale 30 novembre 1992, n. 23 (Principi per la democratizzazione, la semplificazione e la partecipazione all'azione amministrativa provinciale e norme in materia di procedimento amministrativo).
6. Dopo l'erogazione dell'anticipazione da parte degli enti affidatari, la Provincia, anche con unico provvedimento, concede o nega i contributi, sulla base di un elenco predisposto dall'ente affidatario contenente gli elementi indispensabili per l'adozione del provvedimento concessorio, come individuati dalla Giunta provinciale. L'amministrazione verifica in tale occasione il solo possesso dei requisiti soggettivi dei beneficiari e il rispetto delle misure di agevolazione e delle soglie stabilite.
7. La Provincia può disporre controlli a campione per verificare la correttezza delle procedure adottate dall'ente affidatario. Qualora dal controllo emergano errori od omissioni imputabili all'ente, a carico dello stesso possono essere poste penali o, in casi di accertata falsità dei documenti, può essere revocata la concessione. I contributi indebitamente anticipati, maggiorati degli interessi legali, sono recuperati dalla Provincia a norma dell'articolo 51 della legge provinciale n. 7 del 1979. Nel caso in cui il soggetto beneficiario non provveda alla restituzione e l'erogazione indebita sia dovuta a errori dell'ente concessionario, il recupero è effettuato in capo all'ente medesimo. Le somme recuperate sono introitate nel bilancio della Provincia.
8. L'ente affidatario deve consentire verifiche puntuali a campione anche sulle singole pratiche e mettere a disposizione della Provincia i fascicoli delle pratiche oggetto di eventuale ricorso o contestazione, o comunque ritenute necessarie dall'amministrazione.
9. L'affidamento agli istituti di credito o agli enti di garanzia può riguardare anche le domande di agevolazione già presentate e non definite alla data di sottoscrizione della convenzione prevista dal comma 1 (15).
9-bis. Per la concessione degli aiuti previsti dagli articoli 51, 52 e 55 la Provincia, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di contratti, può altresì affidare i compiti previsti e disciplinati dal presente articolo alle società cooperative o loro consorzi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d), con riguardo alle provvidenze da concedere ai soci delle medesime cooperative o consorzi (16).
9-ter. Ai corrispettivi spettanti ai soggetti di cui ai commi 1 e 9 bis si provvede con gli stanziamenti autorizzati in bilancio per gli interventi oggetto di istruttoria, secondo le modalità stabilite con la deliberazione della Giunta provinciale di cui al comma 5 (17).
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(15) Articolo sostituito con Errata corrige pubblicato nel B.U. Trentino-Alto Adige 3 giugno 2003, n. 22.
(16) Comma aggiunto dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
(17) Comma aggiunto dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
CAPO XI
DISPOSIZIONI FINALI, TRANSITORIE E FINANZIARIE
Art. 61
Esaurimento delle agevolazioni per le spese di gestione.
1. Fermo restando quanto previsto da questo titolo, al fine di esaurire, entro l'anno 2005, gli interventi di agevolazione delle spese di gestione già previste dalla legislazione provinciale, continua ad essere concesso il contributo sulle spese di gestione sostenute, ridotto annualmente di venti punti percentuali per ciascun anno d'esercizio fino all'annullamento:
a) ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere d) e g), limitatamente ai consorzi di secondo grado;
b) ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettera e), ai consorzi di tutela, alle cooperative, loro consorzi e federazioni, anche a carattere interprovinciale, che istituzionalmente svolgono compiti di tutela di marchi di origine e qualità dei prodotti dell'agricoltura del Trentino e di assistenza economico-amministrativa a favore dei propri associati; nel caso di consorzi a carattere interprovinciale il contributo è computato sulla quota a carico delle cooperative provinciali;
c) ai consorzi di cooperative, anche a carattere interprovinciale, che perseguono fini di valorizzazione dei prodotti agricoli; nel caso di organismi a carattere interprovinciale il contributo è computato sulla quota a carico delle cooperative provinciali.
Art. 62
Abrogazioni.
1. Sono abrogate, dalla data di cui all'articolo 64, comma 1, le seguenti disposizioni:
a) L.P. 15 dicembre 1972, n. 28 (Provvedimenti per promuovere e potenziare gli impianti delle cooperative agricole e le opere di miglioramento fondiario);
b) L.P. 6 dicembre 1974, n. 44;
c) articolo 20 della L.P. 10 aprile 1980, n. 8;
d) L.P. 31 agosto 1981, n. 17 (Interventi organici in materia di agricoltura), a eccezione dell'articolo 50;
e) articoli 10, 11 e 12 della L.P. 25 gennaio 1982, n. 3;
f) articoli 15 e 16 della L.P. 27 dicembre 1982, n. 33;
g) articolo 7 della L.P. 16 agosto 1983, n. 26;
h) articolo 7 della L.P. 30 luglio 1984, n. 2;
i) articoli 19 e 20 della L.P. 28 dicembre 1984, n. 16;
j) articolo 9 della L.P. 28 ottobre 1985, n. 18;
k) articolo 3 della L.P. 27 febbraio 1986, n. 5;
l) comma 2 dell'articolo 17 e articolo 18 della L.P. 10 marzo 1986, n. 9;
m) articolo 7 della L.P. 17 ottobre 1986, n. 28;
n) articoli da 1 a 25, articoli 38 e 39, comma 1 dell'articolo 41 e articolo 42 della L.P. 20 novembre 1987, n. 27;
o) articolo 5 della L.P. 1 settembre 1988, n. 29;
p) articoli da 1 a 16 e allegato della L.P. 18 novembre 1988, n. 38;
q) articolo 6 della L.P. 18 settembre 1989, n. 7;
r) articolo 10 della L.P. 12 marzo 1990, n. 8;
s) articolo 1, articoli da 9 a 20 e comma 8 dell'articolo 39 della L.P. 14 febbraio 1991, n. 5;
t) articolo 13 della L.P. 31 agosto 1991, n. 18;
u) L.P. 7 aprile 1992, n. 14 (Interventi a favore dell'agricoltura di montagna), a eccezione dell'articolo 25 bis e dei capi II, IV, V, VI, VII e VIII del titolo IV;
v) articolo 27 della L.P. 1 febbraio 1993, n. 3;
w) articoli da 89 a 118 della L.P. 23 agosto 1993, n. 18;
x) commi 1, 2 e 5 dell'articolo 29 della L.P. 12 settembre 1994, n. 4;
y) commi 1, 2 e 4 dell'articolo 39, articoli 40 e 41 della L.P. 3 febbraio 1995, n. 1;
z) articoli 28 e 32 della L.P. 2 febbraio 1996, n. 1;
aa) lettera c) del comma 13 dell'articolo 12 ter della L.P. 8 luglio 1996, n. 4;
bb) L.P. 23 agosto 1996, n. 6 (Disposizioni varie in materia di agricoltura di montagna), a eccezione dell'articolo 12 e del capo IV;
cc) articolo 17 della L.P. 3 febbraio 1997, n. 2;
dd) articolo 9 della L.P. 7 luglio 1997, n. 10;
ee) articolo 36 della L.P. 8 settembre 1997, n. 13;
ff) articoli 27, 28 e 31 della L.P. 23 febbraio 1998, n. 3;
gg) articolo 35 della L.P. 11 settembre 1998, n. 10;
hh) articolo 22 della L.P. 23 novembre 1998, n. 17;
ii) articolo 31 della L.P. 27 agosto 1999, n. 3;
jj) articoli 73 e 74 della L.P. 20 marzo 2000, n. 3;
kk) articolo 32 della L.P. 4 settembre 2000, n. 11;
ll) numero 6 della tabella A) del D.P.G.P. 25 settembre 2000, n. 24-42/Leg;
mm) articolo 67 della L.P. 22 marzo 2001, n. 3;
nn) articolo 91 (Interventi straordinari per fronteggiare i danni arrecati da eccezionali avversità atmosferiche), articolo 94, articolo 97 (Agevolazioni per la diffusione di metodologie agricole rispettose dell'ambiente), articolo 99 concernente "Istituzione dell'Agenzia provinciale per i pagamenti (APPAG) e modificazione della L.P. 31 agosto 1981, n. 17 (Interventi organici in materia di agricoltura)", articolo 100 (Centri autorizzati di assistenza agricola) e articolo 101 della L.P. 19 febbraio 2002, n. 1;
oo) articoli 19 (Disposizioni per l'erogazione di contributi annui costanti in agricoltura) e 20 (Disposizioni per l'istruttoria di agevolazioni provinciali in materia di agricoltura) della L.P. 25 luglio 2002, n. 9;
pp) articolo 37 della L.P. 30 dicembre 2002, n. 15.
2. Restano fermi gli atti amministrativi emanati in esecuzione delle disposizioni di legge abrogate ai sensi del comma 1.
Art. 63
Disposizioni finanziarie.
1. Per i fini di cui alla presente legge si utilizzano le autorizzazioni di spesa già previste in bilancio per i fini di cui alle leggi provinciali abrogate dall'articolo 62.
2. La Giunta provinciale è autorizzata ad apportare al bilancio le variazioni conseguenti a questa legge, ai sensi dell'articolo 27, terzo comma, della legge provinciale n. 7 del 1979.
Art. 64
Efficacia delle disposizioni.
1. L'efficacia delle disposizioni contenute in questo titolo decorre dall'anno finanziario successivo a quello della pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione dell'avviso sull'esito positivo dell'esame di compatibilità delle disposizioni medesime da parte della Commissione dell'Unione europea, ai sensi degli articoli 87 e 88 del trattato istitutivo (18).
2. Le domande presentate prima della pubblicazione dell'avviso continuano ad essere istruite e ammesse alle agevolazioni sulla base delle disposizioni previgenti, fermi restando i limiti e le condizioni di agevolazione previsti dalla normativa comunitaria vigente in materia di aiuti di Stato (19).
------------------------
(18) In deroga a quanto stabilito dal presente comma, possono essere finanziati gli interventi previsti dalla presente legge che siano stati autorizzati dalla Commissione europea in sede di esame di compatibilità. Alla copertura delle relative spese si provvede con gli stanziamenti già autorizzati per i fini di cui alle disposizioni citate dall'articolo 62.
(19) Comma modificato dall'art. 27 della L.P. 1 agosto 2003, n. 5.
TITOLO II
DISCIPLINA DELL'AGRICOLTURA BIOLOGICA E DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTRASSEGNAZIONE DI PRODOTTI GENETICAMENTE NON MODIFICATI
CAPO I
NORME PER L'AGRICOLTURA BIOLOGICA
Art. 65
Oggetto e finalità.
1. Questo capo detta la disciplina per l'attuazione della normativa comunitaria in materia di agricoltura biologica di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari, e per favorire nell'agricoltura e nella zootecnia la riduzione dell'impiego di sostanze estranee, così da limitare la dipendenza dell'agricoltura dall'industria e promuovere la difesa dell'ambiente.
Art. 66
Definizioni.
1. Ai fini di questo capo valgono le definizioni di cui all'articolo 4 del regolamento (CEE) n. 2092/91.
2. In particolare si intende per:
a) agricoltura biologica un sistema colturale in sintonia con l'ambiente e le esigenze dell'uomo, che esclude l'utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, dei sistemi di forzatura delle produzioni agricole e degli organismi geneticamente modificati o prodotti derivanti da tali organismi, nel rispetto delle norme previste dal regolamento (CEE) n. 2092/91;
b) azienda agricola biologica quella che sull'intera superficie aziendale e negli allevamenti in conduzione svolge attività produttiva biologica nel rispetto del regolamento (CEE) n. 2092/91;
c) azienda agricola biologica mista quella che svolge attività produttiva biologica nel rispetto del regolamento (CEE) n. 2092/91 su una o più unità produttive aziendali ben delimitate ed isolate nello spazio dalla restante parte condotta con metodo convenzionale;
d) azienda agricola in conversione biologica quella che introduce le norme di produzione contenute nel regolamento (CEE) n. 2092/91;
e) azienda di trasformazione biologica quella che trasforma, confeziona, etichetta, conserva o comunque prepara i prodotti derivanti da colture condotte nel rispetto del regolamento (CEE) n. 2092/91;
f) prodotto spontaneo da agricoltura biologica il vegetale commestibile che cresce spontaneamente nelle aree naturali, nelle foreste e nelle aree agricole per le quali è possibile indicare le garanzie che soddisfino i parametri stabiliti dal punto 4. della parte A dell'allegato I al regolamento (CEE) n. 2092/91.
Art. 67
Autorità di controllo.
1. Nell'ambito del suo territorio la Provincia autonoma di Trento è l'autorità preposta al controllo e all'applicazione della normativa in materia di agricoltura biologica di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91.
2. All'attuazione del sistema di controllo provvedono gli organismi di controllo autorizzati dalla Provincia secondo quanto previsto dall'articolo 68.
3. La Provincia è l'autorità preposta alla vigilanza sugli organismi di controllo.
Art. 68
Organismi di controllo - Autorizzazione.
1. Gli organismi che intendono svolgere, all'interno del territorio della provincia di Trento, il controllo sulle attività di produzione e preparazione di prodotti ottenuti secondo il metodo dell'agricoltura biologica, devono essere riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole e forestali, accreditati dai competenti organismi in base alla norma UNI CEI EN 45011 e autorizzati dalla Provincia.
2. L'autorizzazione è rilasciata dal dirigente della struttura provinciale competente ed ha validità per un periodo di cinque anni dalla data del rilascio della concessione.
3. Con deliberazione, da pubblicare nel Bollettino ufficiale della Regione, la Giunta provinciale definisce le modalità di presentazione della domanda di autorizzazione, la documentazione da allegare alla stessa e il modello di relazione sull'attività di controllo di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 69.
Art. 69
Obblighi degli organismi di controllo.
1. Gli organismi di controllo autorizzati ai sensi dell'articolo 68 osservano gli obblighi previsti dal regolamento (CEE) n. 2092/91 e quelli di seguito indicati:
a) dare immediata comunicazione alla struttura provinciale competente delle violazioni commesse dagli operatori;
b) trasmettere alla struttura provinciale competente, entro il 31 gennaio di ciascun anno, l'elenco degli operatori riconosciuti alla data del 31 dicembre dell'anno precedente, una relazione dettagliata sull'attività esercitata, sui controlli eseguiti e sui provvedimenti adottati d'intesa con la Provincia, e gli aggiornamenti del piano tipo di controllo nonché della struttura organizzativa e certificativa;
c) mantenere un sistema di registrazione e di archiviazione con il percorso di ciascuna procedura di certificazione, per un periodo minimo di cinque anni;
d) fornire al personale utilizzato istruzioni documentate e aggiornate sui propri compiti e responsabilità;
e) consegnare alla struttura provinciale competente, in caso di scioglimento dell'organismo o di revoca dell'autorizzazione, tutta la documentazione inerente il sistema di controllo;
f) redigere e tenere aggiornato e disponibile al pubblico un elenco dei prodotti certificati, nel quale ogni prodotto è seguito dalla denominazione del licenziatario;
g) attuare verifiche interne e riesami periodici della propria conformità ai criteri esposti nella norma UNI CEI EN 45011; i riesami devono essere documentati, registrati e disponibili per le persone aventi diritto d'accesso alle informazioni;
h) costituire elenchi degli operatori autorizzati all'utilizzazione della dicitura "Agricoltura biologica - Regime di controllo CE" e del relativo logo comunitario.
Art. 70
Vigilanza sugli organismi di controllo.
1. La vigilanza sugli organismi di controllo autorizzati ai sensi dell'articolo 68 è esercitata dalla struttura provinciale competente, secondo le modalità stabilite dal regolamento di esecuzione di questo capo.
2. Se la struttura provinciale competente, durante lo svolgimento dell'attività di vigilanza, accerta che gli organismi di controllo non sono più in possesso dei requisiti sulla base dei quali è stata rilasciata l'autorizzazione, dispone, entro i tempi e con le modalità stabilite dal regolamento di esecuzione di questo capo, che gli organismi di controllo adottino i necessari correttivi.
3. Trascorsi i tempi stabiliti dal regolamento di esecuzione di questo capo, la struttura provinciale competente valuta i correttivi adottati e, se del caso, dispone la revoca dell'autorizzazione. La revoca è disposta anche nei casi previsti dall'articolo 9, paragrafo 6, lettera d), del regolamento (CEE) n. 2092/91.
Art. 71
Sanzioni.
1. Per le violazioni delle disposizioni di questo capo, nei confronti degli organismi di controllo si applicano le seguenti sanzioni amministrative:
a) sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.200 euro per le infrazioni relative alle aree della gestione dei documenti e della gestione interna;
b) sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 9.300 euro per le infrazioni relative alle aree della produzione, trasformazione ed importazione;
c) sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 30.000 euro per le infrazioni relative all'area della etichettatura.
2. Con il regolamento di esecuzione di questo capo sono individuate le infrazioni relative alle diverse aree e la procedura per la loro definizione.
3. Per l'applicazione delle sanzioni amministrative si osserva la L. 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
4. Gli importi delle sanzioni possono essere aggiornati annualmente, con deliberazione della Giunta provinciale da pubblicare nel Bollettino ufficiale della Regione, in misura non superiore alla variazione media annua accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
5. Le somme riscosse sono introitate nel bilancio della Provincia.
Art. 72
Obblighi degli operatori.
1. Gli operatori che producono o preparano i prodotti indicati dall'articolo 1 del regolamento (CEE) n. 2092/91 notificano alla struttura provinciale competente l'inizio delle attività. L'operatore trasmette copia della notifica all'organismo di controllo autorizzato al quale fa riferimento.
2. Per gli operatori che svolgono attività d'importazione resta fermo quanto disposto dall'articolo 6, commi 2 e 3, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 220 (Attuazione degli articoli 8 e 9 del regolamento n. 2092/91/CEE in materia di produzione agricola ed agro-alimentare con metodo biologico).
3. Gli operatori dell'agricoltura biologica iscritti nell'elenco di cui all'articolo 74 devono:
a) rispettare le norme concernenti la produzione e l'etichettatura previste dal regolamento (CEE) n. 2092/91 in relazione all'attività svolta;
b) comunicare alla struttura provinciale competente e all'organismo di controllo le eventuali variazioni di consistenza dell'unità produttiva aziendale;
c) sottoporsi ai controlli previsti da questo capo sulla produzione agricola, sulla preparazione e sulla commercializzazione delle produzioni ottenute mediante metodi biologici, lasciando libero accesso all'azienda al personale incaricato dei controlli;
d) conservare la documentazione atta a identificare le caratteristiche e l'origine delle materie prime acquistate;
e) presentare ogni anno, all'organismo di controllo prescelto, il programma annuale di produzione per le produzioni vegetali e animali;
f) tenere aggiornati i registri aziendali previsti dalla normativa vigente;
g) dimostrare all'organismo di controllo la conformità al regolamento (CEE) n. 2092/91 dei prodotti agricoli eventualmente utilizzati;
h) rispettare le norme di produzione, tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni zootecniche fissate con la deliberazione della Giunta provinciale di cui al comma 4.
4. La Giunta provinciale, con deliberazione da pubblicare nel Bollettino ufficiale della Regione, stabilisce le modalità e i modelli da usare per effettuare la notifica, le modalità per la presentazione del programma annuale di produzione per le produzioni vegetali e animali e per la tenuta dei registri aziendali, le norme di produzione, tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni zootecniche.
Art. 73
Controllo sugli operatori.
1. Gli organismi di controllo, autorizzati ai sensi dell'articolo 68, effettuano i controlli previsti dal regolamento (CEE) n. 2092/91 secondo un manuale della qualità presentato unitamente alla domanda di autorizzazione.
2. La struttura provinciale competente può disporre ispezioni e controlli a campione nelle aziende degli operatori dell'agricoltura biologica nei casi e secondo le modalità e i criteri stabiliti dal regolamento di esecuzione di questo capo.
Art. 74
Elenco provinciale degli operatori biologici.
1. La struttura provinciale competente istituisce l'elenco degli operatori dell'agricoltura biologica, distinto in tre sezioni: "produttori", "preparatori" e "importatori". Nella sezione produttori rientrano anche i raccoglitori di prodotti spontanei da agricoltura biologica, ai sensi del punto 4. della parte A dell'allegato I al regolamento (CEE) n. 2092/91.
2. La sezione relativa ai produttori agricoli si articola in: "aziende biologiche", "aziende in conversione" e "aziende miste".
3. Nell'elenco provinciale può essere iscritto l'operatore che è stato riconosciuto idoneo dall'organismo di controllo autorizzato prescelto e che ha effettuato la notifica ai sensi dell'articolo 72, comma 1, di questa legge o ai sensi dell'articolo 6, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 220 del 1995.
4. Per la tenuta dell'elenco nazionale degli operatori dell'agricoltura biologica di cui all'articolo 9 del decreto legislativo n. 220 del 1995, la struttura provinciale competente comunica al Ministero delle politiche agricole e forestali, entro il 31 marzo di ogni anno, l'elenco provinciale aggiornato al 31 dicembre dell'anno precedente.
5. L'elenco provinciale è pubblico.
6. Le modalità per la predisposizione, la tenuta e le forme di pubblicità dell'elenco provinciale sono stabilite dal regolamento di esecuzione di questo capo.
Art. 75
Azienda sperimentale a conduzione biologica.
1. L'Istituto agrario di San Michele all'Adige costituisce un'azienda sperimentale a conduzione biologica con i seguenti obiettivi:
a) formazione dei tecnici e operatori agricoli;
b) sperimentazione e verifica sul campo e nel lungo periodo dei procedimenti biologici;
c) attività di ricerca e di laboratorio.
Art. 76
Disposizioni transitorie.
1. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore di questa legge la Giunta provinciale adotta le deliberazioni di cui agli articoli 68, comma 3, e 72, comma 4, e, previo parere della competente commissione permanente del Consiglio provinciale, delibera il regolamento di esecuzione di questo capo.
2. I soggetti interessati che già operano o intendono operare quali organismi di controllo presentano la domanda per il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 68, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione di questo capo.
3. Gli organismi di controllo che, alla data dell'entrata in vigore di questa legge, operano sulla base dell'articolo 60, comma 1 (Disposizione transitoria per l'attuazione del regolamento CEE 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli) della L.P. 9 settembre 1996, n. 8, continuano a svolgere la loro attività fino alla data fissata dal regolamento di esecuzione di questo capo.
4. Gli operatori che prima della data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione di questo capo hanno effettuato la notifica prevista dall'articolo 60, comma 2, della legge provinciale n. 8 del 1996 sono iscritti d'ufficio all'elenco degli operatori di cui all'articolo 74.
Art. 77
Abrogazioni.
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articoli 1, 5, 8, 9, 10, 11, 15, 16, 17 e 18 della L.P. 10 giugno 1991, n. 13 (Norme in materia di agricoltura biologica);
b) articolo 55 della L.P. 7 aprile 1992, n. 14;
c) comma 2 dell'articolo 34 della L.P. 11 settembre 1998, n. 10.
2. Dalla data di entrata in vigore del regolamento di esecuzione di questo capo è abrogato l'articolo 60 della L.P. 9 settembre 1996, n. 8 e il comma 1 dell'articolo 34 della legge provinciale n. 10 del 1998.
Art. 78
Disposizioni finali.
1. Rimane efficace il riconoscimento dell'Associazione trentina per l'agricoltura biologica e biodinamica (ATABIO), adottato ai sensi dell'articolo 5 della legge provinciale n. 13 del 1991.
2. È fatta salva l'istituzione, ai sensi dell'articolo 15 della legge provinciale n. 13 del 1991, dell'"Ufficio prodotti biologici", ora denominato "Ufficio per la qualità delle produzioni agroalimentari", nell'ambito del servizio competente, anche in aggiunta al numero stabilito dall'articolo 8 della legge provinciale n. 12 del 1983.
CAPO II
CONTRASSEGNAZIONE DI PRODOTTI GENETICAMENTE NON MODIFICATI
Art. 79
Oggetto.
1. Per informare la popolazione sulle tecniche di ingegneria genetica impiegate nella produzione in agricoltura e nell'industria alimentare, questo capo disciplina le modalità e le procedure per il conferimento di un contrassegno riportante la dicitura "geneticamente non modificato" ai prodotti derivanti dalle produzioni agroalimentari del Trentino.
2. Per il conferimento del contrassegno di cui al comma 1 relativo agli alimenti di origine animale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 84.
3. Per i fini di cui al comma 1 la Provincia realizza iniziative di informazione anche sui rischi per la salute e per l'ambiente derivanti dall'uso di prodotti contenenti organismi geneticamente modificati.
Art. 80
Definizioni.
1. Ai fini di questo capo sono considerati prodotti gli alimentari, i mangimi, le sementi, le piantine e i concimi prodotti in Trentino.
2. Si considerano prodotti geneticamente non modificati quelli che:
a) non sono costituiti da organismi geneticamente modificati e non contengono organismi geneticamente modificati;
b) non sono stati prodotti con organismi geneticamente modificati o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati;
c) non contengono ingredienti essenziali o additivi prodotti da o con l'ausilio di organismi geneticamente modificati per i quali sussiste l'obbligo di contrassegnazione come organismi geneticamente modificati;
d) sono stati prodotti senza l'impiego dell'ingegneria genetica;
e) non derivano da incroci di organismi geneticamente modificati o da incroci di organismi geneticamente modificati con organismi non modificati.
3. La contrassegnazione di un prodotto come geneticamente non modificato è conferita anche qualora la presenza di organismi geneticamente modificati non superi il limite fissato dalle norme comunitarie. Il regolamento di esecuzione di questo capo può ridurre detto limite secondo il progredire delle conoscenze scientifiche e al solo fine del rilascio del contrassegno.
Art. 81
Domande.
1. Chi intende contrassegnare i propri prodotti come geneticamente non modificati presenta domanda alla struttura provinciale competente. Nella domanda sono evidenziati i seguenti dati e dichiarazioni:
a) composizione del prodotto;
b) procedimento di produzione;
c) dichiarazione che il prodotto è geneticamente non modificato;
d) dichiarazione che il prodotto proviene dal Trentino.
2. All'istruttoria e alla definizione delle domande presentate e al rilascio del contrassegno con la dicitura "geneticamente non modificato" provvedono rispettivamente il comitato per i prodotti geneticamente non modificati di cui all'articolo 82 e la struttura provinciale competente secondo le disposizioni previste dagli articoli 83, 84 e 85.
Art. 82
Comitato per i prodotti geneticamente non modificati.
1. È istituito il comitato per i prodotti geneticamente non modificati, di seguito denominato comitato, composto da:
a) due dipendenti dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige, di cui uno assegnato al centro sperimentale e l'altro al centro assistenza tecnica;
b) un dipendente della Provincia assegnato al servizio competente in materia di vigilanza e promozione dell'attività agricola;
c) un dipendente della Provincia assegnato al servizio competente in materia di attività di gestione sanitaria;
d) un dipendente dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari con competenze in materia di sanità pubblica veterinaria;
e) un dipendente dell'Agenzia provinciale per la protezione dell'ambiente;
f) un rappresentante dei consumatori designato dall'associazione consumatori più rappresentativa a livello provinciale;
g) un rappresentante del settore alimentare designato dalla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento;
h) un rappresentante dei produttori agricoli designato dall'associazione professionale degli agricoltori maggiormente rappresentativa a livello provinciale.
2. Un dipendente provinciale assegnato al servizio competente in materia di vigilanza e promozione dell'attività agricola svolge le funzioni di segretario.
3. I soggetti di cui al comma 1, lettere a), d), e), f), g) e h), comunicano le designazioni di propria competenza entro trenta giorni dal ricevimento della relativa richiesta.
4. Il comitato è nominato con deliberazione della Giunta provinciale e dura in carica cinque anni.
5. Il comitato si intende validamente costituito con la nomina della maggioranza dei suoi membri.
6. Nella sua prima seduta il comitato elegge, tra i suoi membri, il presidente.
7. Per la validità delle riunioni del comitato è necessaria la presenza della maggioranza dei componenti in carica. Il comitato delibera a maggioranza dei presenti; in caso di parità prevale il voto del presidente.
8. Ai componenti del comitato sono corrisposti i compensi previsti dalla normativa provinciale vigente in materia.
Art. 83
Istruttoria delle domande.
1. La struttura provinciale competente accerta la validità e la regolarità della domanda presentata ai sensi dell'articolo 81 e la sottopone all'istruttoria del comitato, corredandola di una apposita relazione illustrativa. Il comitato verifica i dati riportati nella domanda e i prodotti per i quali è stato richiesto il contrassegno "geneticamente non modificato", e può disporre che siano effettuate analisi da parte di laboratori accreditati con spese a carico del richiedente.
2. I prodotti che in base a disposizioni speciali devono essere certificati come prodotti geneticamente non modificati, devono ottenere tale certificazione da organismi a tale scopo accreditati.
3. I dati e i prodotti riportati nella domanda sono verificati ogni tre anni con apposite analisi di laboratorio con spese a carico del titolare del diritto all'uso del contrassegno. I metodi di analisi devono corrispondere allo stato della tecnica. Per alcuni prodotti il comitato può prescrivere un piano di analisi periodiche.
4. Possono essere effettuati controlli a campione, non soggetti a pagamento, secondo i criteri e le modalità previsti dal regolamento di esecuzione di questo capo.
Art. 84
Rilascio del contrassegno.
1. Se l'istruttoria di cui all'articolo 83 ha esito favorevole, il comitato conferisce al richiedente il diritto di contraddistinguere il prodotto con il contrassegno "geneticamente non modificato". Il rilascio del contrassegno è effettuato dalla struttura provinciale competente, con spese a carico del richiedente.
2. Il diritto all'uso del contrassegno ha validità per tre anni a decorrere dalla data del rilascio del contrassegno.
3. Se il prodotto subisce delle variazioni che fanno venire meno i requisiti previsti per il rilascio del contrassegno, l'interessato deve darne immediata comunicazione alla struttura provinciale competente e non usare il contrassegno.
4. Se il prodotto non soddisfa più i requisiti richiesti per il rilascio del contrassegno, il comitato revoca il diritto all'uso del contrassegno e il prodotto è cancellato dalla banca dati di cui al comma 5.
5. Per i prodotti che ottengono il contrassegno la struttura provinciale competente istituisce una banca dati con tutte le informazioni relative al prodotto contrassegnato, quali il nome e il genere, la provenienza, le materie prime, le modalità di lavorazione, la distribuzione e i controlli. La raccolta dei dati è gratuita.
Art. 85
Mangimi.
1. Carne, latte e loro derivati provenienti da animali alimentati esclusivamente con mangimi geneticamente non modificati possono ottenere il contrassegno riportante la dicitura "carne, latte, formaggio, yogurt e altro, di animali alimentati con mangimi geneticamente non modificati", secondo le disposizioni di questo capo. Il contrassegno può essere rilasciato solo se agli animali interessati non sono stati somministrati antibiotici, ormoni, farine animali o altre sostanze improprie e solo se sono state rispettate la composizione dei mangimi e la tecnica di alimentazione previste dal regolamento di esecuzione di questo capo.
2. Carne, latte e loro derivati provenienti da animali alimentati con mangimi geneticamente non modificati devono sottostare a regole di lavorazione e di distribuzione che ne permettano la loro tracciabilità e rintracciabilità.
3. Carne, latte e loro derivati e i mangimi sono sottoposti a programmi di controllo periodici secondo i criteri e le modalità stabiliti dal regolamento di esecuzione di questo capo.
Art. 86
Sanzioni.
1. Per le violazioni delle disposizioni di questo capo si applicano le seguenti sanzioni amministrative:
a) sanzione amministrativa pecuniaria da 3.500 euro a 21.000 euro per chi contrassegna un prodotto come "geneticamente non modificato" o "di animali alimentati con mangimi geneticamente non modificati" senza averne ottenuto il diritto;
b) sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 9.000 euro per chi, nella domanda di cui all'articolo 81, fornisce dati falsi o, in violazione di quanto previsto dall'articolo 84, comma 3, non comunica le avvenute variazioni o non si astiene dal contrassegnare il prodotto;
c) sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 15.000 euro per chi continua a contrassegnare un prodotto come "geneticamente non modificato" o "di animali alimentati con mangimi geneticamente non modificati" dopo che il relativo diritto è stato revocato ai sensi dell'articolo 84, comma 4.
2. Per l'applicazione delle sanzioni amministrative si osserva la legge n. 689 del 1981.
3. Gli importi delle sanzioni possono essere aggiornati annualmente, con deliberazione della Giunta provinciale da pubblicare nel Bollettino ufficiale della Regione, in misura non superiore alla variazione media annua accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.
4. Le somme riscosse sono introitate nel bilancio della Provincia.
Art. 87
Banca genetica provinciale del germoplasma e tutela delle biodiversità autoctone.
1. Per evitare il fenomeno dell'erosione genetica e per conservare i caratteri genetici di animali e vegetali autoctoni, l'Istituto agrario di San Michele all'Adige istituisce, presso il proprio centro sperimentale, una banca genetica provinciale del germoplasma in cui sono conservati i materiali di riproduzione di specie animali e vegetali autoctone. La banca genetica comprende anche le sementi.
2. Al centro sperimentale spetta inoltre il compito di raccogliere, attraverso iniziative adeguate, varietà di piante, coltivarle e controllarle periodicamente, rilevarne e classificarne le caratteristiche fenologiche e fisiologiche, esaminarne le caratteristiche genetiche e definirne i marker.
3. La Provincia adotta misure per favorire le iniziative tendenti a preservare le biodiversità autoctone esistenti, a ricostruirle, a diffonderne la conoscenza, il rispetto, l'uso e a valorizzarne i prodotti.
Art. 88
Regolamento di esecuzione.
1. Entro centottanta giorni dalla data di istituzione del comitato di cui all'articolo 82, la Giunta provinciale delibera il regolamento di esecuzione delle disposizioni di questo capo, sentito il parere del comitato e della competente commissione permanente del Consiglio provinciale sullo schema di regolamento.
2. Il regolamento di esecuzione di questo capo, oltre a quanto previsto dalle disposizioni di questo capo, stabilisce, in particolare, il modello da dare al contrassegno, le modalità e le procedure per il rilascio, compresa la determinazione delle relative spese, le modalità e la periodicità dei controlli.
La presente legge sarà pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Provincia.
Allegato A
Coefficienti di conversione del numero di capi in numero di UBA (articolo 22)
Bovini in età superiore ai 2 anni |
1,00 |
Bovini di età tra 6 mesi e 2 anni |
0,60 |
Equini oltre i 6 mesi |
1,00 |
Suini da ingrasso |
0,40 |
Scrofe |
0,50 |
Galline ovaiole (per 100 capi) |
1,30 |
Polli da carne (per 100 capi) |
0,80 |
Galline da riproduzione (per 100 capi) |
1,50 |
Conigli (per 100 capi) |
1,20 |
Ovini e caprini (per 10 capi) |
1,50 |
------------------------
IP/04/1083
Bruxelles, le 8 settembre 2004
Iscrizione di varietà di granturco MON 810 nel catalogo comune delle varietà dell’Unione europea
In data odierna la Commissione europea[10] ha approvato l’iscrizione di diciassette varietà derivanti dal granturco MON 810 nel catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole dell’Unione europea. Tale granturco è stato autorizzato dalla normativa comunitaria sugli OGM nel 1998. Il catalogo comune, compilato sulla base dei cataloghi nazionali degli Stati membri, comprende circa 30 000 varietà. Quando una varietà di sementi viene inserita in un catalogo nazionale, la Commissione ne riceve notizia ed inserisce quindi la varietà nel catalogo comune, con pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Le sementi delle varietà del catalogo comune possono essere immesse in commercio in tutta l’Unione europea, mentre le sementi delle varietà dei cataloghi nazionali solo sul mercato del paese interessato.
David Byrne, Commissario europeo per la Salute e la tutela dei consumatori, ha dichiarato: «L’iscrizione nel catalogo europeo delle sementi è una logica conseguenza, ora che è stato aggiornato il quadro normativo comunitario sugli OGM. Si tratta di un tipo di granturco di cui è stata completamente provata l’innocuità per la salute umana e per l’ambiente e che viene coltivato da anni in Spagna senza che sia stato segnalato alcun problema. Verrà chiaramente etichettato come granturco geneticamente modificato per garantire la libertà di scelta dei coltivatori.”
Con l’iscrizione delle varietà MON 810, varietà GM
entrano per la prima volta a far parte del catalogo comune. Le varietà
geneticamente modificate possono essere iscritte solo dopo essere state
sottoposte a valutazione ed autorizzazione in conformità con la normativa sugli
OGM. Il granturco MON 810 è stato approvato nell’Unione europea nel 1998. Nei
cataloghi nazionali sono iscritte diciassette varietà di granturco derivanti
dal MON810: sei in Francia e undici in Spagna. Come prevede la direttiva
2001/18/CE, Monsanto, detentore dell’autorizzazione del MON
“Libération” Fronte unito delle regioni d'Europa per "zone senza OGM" Thomas Calinon; 16 settembre 2004
Di fronte agli OGM, le regioni d'Europa passano all'offensiva. Una settimana dopo che la Commissione di Bruxelles ha autorizzato la commercializzazione nell'Unione di 17 semi di mais geneticamente modificato, l'Assemblea delle regioni d'Europa (ARE, che raggruppa 250 regioni europee) e la rete ecologista Amici della terra hanno lanciato al Parlamento europeo di Strasburgo una campagna comune per "zone e regioni senza OGM", con l'obiettivo di ottenere "una regolamentazione comunitaria vincolante sulla coesistenza" tra colture tradizionali e quelle derivate da tecnologie genetiche.
In assenza di una legge europea, spetta agli stati membri fissare le loro proprie regole su questo tema. ma solo la Danimarca ha approvato una legislazione che prevede la costituzione di un fondo di garanzia per i produttori tradizionali le cui culture fossero contaminate da prodotti transgenici. In tutti gli altri paesi, è l'inquinato che si assume il costo dei danni. Di conseguenza, "dal 1999 ad oggi, circa 2000 collettività locali e regionali in Europa si sono dichiarate zone OGM-free per proteggere la propria agricoltura tradizionale e biologica oltre che i propri prodotti di origine controllata, sfidando così le leggi relative al mercato comune", che garantiscono la libera circolazione delle merci, rileva il segretario generale dell'ARE Klaus Klipp.
L'applicazione del principio "chi inquina paga", al definizione di distanze minime di separazione tra colture tradizionali e transgeniche e la istituzione di un registro pubblico di queste ultime sono i principali assi del lobbying che eserciteranno l'ARE e gli Amici della Terra nei confronti della Commissione europea. Tutti guardano alla Germania, che sta per dotarsi di una legge sugli OGM che contiene la maggior parte di queste misure.
"E' un eccellente punto di partenza", giudica l'olandese Geert Ritsema, coordinata della campagna OGM degli Amici della Terra, che auspica che la regolamentazione comunitaria "garantisca la possibilità per le regioni di dichiararsi zone OGM- free". "Non si tratta di essere contro gli OGM per il gusto di essere contro, ma di far rispettare le scelte delle regioni", prosegue Agnes Ciccarone, segretario esecutivo della commissione politiche regionali dell'ARE.
"E' una battaglia a favore dei consumatori, non contro al ricerca. Noi abbiamo tutti in mente il ricordo della vacca pazza e di quello che ci è costata", spiega Alain Fauconnier, sindaco socialista di Saint Affrique e vice presidente responsabile per l'agricoltura nel Midi Pyrenees, una delle tredici regioni francesi impegnate in questa campagna. (...)
“Frankfurter Allgemeine Zeitung” Differita in Germania la legge sulle biotecnologie per iniziativa di due Laender 23 settembre 2004
La Renania Palatinato e il Meclemburgo-Pomerania anteriore hanno tradotto in pratica i loro seri ripensamenti sulla nuova legge sulle biotecnologie, impedendone cosi' l'approvazione nel Bundestag, venerdi' a Bonn. Per la fine di ottobre i due Laender, ambedue a maggioranza socialdemocratica, appoggiati da Laender governati dall'Unione (CDU/CSU) dovranno iniziare ulteriori discussioni.
Le critiche alla nuova legge sono basate sul timore che la legge possa rendere impossibile agli agricoltori l'utilizzo di piante geneticamente modificate e bloccare le ricerche di ingegneria genetica.
La legge, presentata dal Ministro per l'agricoltura Kuenast, regola i rapporti con gli organismi geneticamente modificati nella scienza e nell'agricoltura. Si tratta formalmente della attuazione di una corrispondente direttiva comunitaria, ma secondo le valutazioni della Commissione europea sarebbe piu' severa di quanto le normative UE ammettano.
Kuenast vorrebbe con la legge tutelare gli interessi degli agricoltori tradizionali e transgenici, ad esempio con le dichiarazioni di responsabilita' , nel caso non possano piu' mettere in commercio i loro prodotti come ogm free. Il ministro nega che ci possano essere conseguenze negative per la ricerca scientifica.
Secondo la federazione degli agricoltori tedeschi e l'associazione tedesca per la ricerca , le regole sulla responsabilita' col tempo porterebbero ad una generale rinuncia alla coltivazione e alla ricerca scientifica sugli OGM in Germania. Questo e' stato lamentato soprattutto dai Laender a maggioranza cristiano democratica, mentre gli ambientalisti e le associazioni per la tutela dei consumatori hanno criticato lo slittamento della legge. Con l'opposizione dei due Laender e' fallito il piano di Kuenast di far entrare in vigore la legge senza dettagliate consultazioni con il Bundesrat.
Il Ministro per l'economia della Renania-Palatinato, Bauckhage (socialdemocratico) ha spiegato che la legge causerebbe danni a numerosi enti scientifici di ricerca e ad imprese della regione impegnate nel settore della biotecnologia. La azienda chimica BASF prospetta un trasferimento all'estero. Inoltre sarebbe "inaccettabile" la prevista responsabilita' collettiva degli agricoltori, indipendentemente da quale campo provengano i pollini geneticamente modificati.
Il governo regionale del Meclemburgo-Pomerania anteriore vede nell'ingegneria genetica una chance economica e spera in 1800 nuovi posti di lavoro. Gia' da ora hanno fatto ingresso nella regione due grandi aziende per la coltivazione delle piante. A novembre a Gross Luesewitz, dove gia' si trova l'istituto per le piante e l'allevamento degli animali, nonche' una banca genetica delle patate, verra' inaugurato un centro di competenza e fondazione di risorse biogenetiche con 260 ettari di superficie sperimentale. La regione ha ottenuto dal governo i mezzi per l'utilizzazione dell'ingegneria genetica verde.
“Le Monde” Il polline volante dei campi da golf OGM Hervé Morin; 22 settembre 2004
Gli Stati Uniti sono i campioni del mondo delle piante transgeniche. Nel 2003, ne hanno coltivate 42,8 milioni di ettari, ossia il 6% del totale mondiale. Sono anche i primi in materia di golf, con 16324 percorsi enumerati nel 2004 e 909 giocatori ogni 10.000 abitanti. Queste due attività dovevano fatalmente incontrarsi. Ed è cosa fatta, con la Agrostis stolonifera, una graminacea utilizzata come pianta foraggiera ma che costituisce anche la materia prima dei green [i campi da golf].
Questo vegetale ha l'inconveniente di essere sensibile agli stessi erbicidi che controllano le infestanti che gli fanno concorrenza sui green. Che importa?, hanno risposto gli agrochimici: mettiamo a punto una agrostis transgenica capace di tollerare il glifosato, l'altro nome del Roundup - il celebre erbicida totale della Monsanto - al quale numerose varietà di colza, mais e cotone sono ormai in grado di resistere, dopo essere state geneticamente modificate.
Le società Monsanto e Scots hanno presentato all'inizio del 2004 all'amministrazione americana una domanda di commercializzazione della varietà "ASR368" di questa graminacea transgenica. L'Unione degli scienziati preoccupati (UCS) ha ben presto replicato, dicendo che la sua coltivazione minaccia di trasferire ad altre varietà - tra cui alcune infestanti - la resistenza ai famosi erbicidi, ed ha pertanto chiesto al dipartimento dell'agricoltura di soprassedere all'autorizzazione.
I risultati di uno studio sulla diffusione del polline dell'agrostis, pubblicato il 21 settembre sui Resoconti dell'Accademia delle scienze americana (PNAS), dimostrano che questo appello alla vigilanza non è infondato. Una squadra di ricercatori dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente (EPA) e del servizio geologico statunitense ha in effetti constatato che il polline della stolonifera transgenica poteva fecondare piante situate fino a 21 chilometri da quelli "originarie". Gli ibridi così ottenuti presentano una resistenza al glifosato.
"La maggioranza del flusso di geni si situa a una distanza di due chilometri sotto il vento dominante", scrivono Peter Van de Water ed i suoi colleghi. "Le distanza massime osservate sono rispettivamente di 21 km e 14 km per le piante sentinella e residenti". Per misurare i flussi di geni, i ricercatori hanno utilizzato delle piante "testimone": alcune, le sentinelle, sono state poste in parcelle lontane dai campi di agrostis, in modo da minimizzare la impollinazione con piante convenzionali. Altre, le residenti, sono state lasciate nel proprio ambiente abituale.
Il campione studiato comprendeva anche delle agrostis gigantea, una cugina della stolonifera, le polypogon monspeliensis, di un genere differente. Con quest'ultima non è stato registrato nessun incrocio - la sua fioritura è avvenuta tre settimane dopo quella della stolonifera - ma si sono prodotte fortuitamente delle gigantea transgeniche.
"La sorpresa viene dal tasso di contaminazione di questa specie vicina, che cresce sui bordi dei campi coltivati ed è considerata come una infestante", dice Christian Huyghe, capo dell'Unità di ricerca pascoli e foraggiere dell'Istituto nazionale di ricerca agronomica (INRA). "Il tasso di superamento della barriere specifiche è inquietante", aggiunge. Il ricercatore è anche preoccupata per la dimensione della zona contaminata: 310 chilometri quadrati. Ritiene che se la gigantea è stata contaminata, lo stesso accadrà ad altre specie di agrostis, alcune delle quali indesiderabili. "Si assiste chiaramente ad un fuga di transgeni in un buon numero di compartimenti [sic] della biodiversità locale", dice.
Il fatto che il polline della stolonifera viaggi per lunghe distanze è nell'ordine delle cose: questa pianta è allogama, cioè non può autofecondarsi. Perciò produce una quantità di polline che, essendo molto leggero, viene disperso dal vento, ragion per cui si chiama anemofila, per opposizione alle entomofile, il cui polline viene trasportato dagli insetti. Anche il mais e la colza sono allogame, ma il loro polline è più pesante ed i rari studi in materia parlano di trasporti limitati a qualche centinaio di metri.
"Nel caso delle graminacee, c'è un certezza di disseminazione a vasto raggio", insiste Huyghe. "E' il motivo per il quale in Francia si è deciso di non produrre graminacee transgeniche, anche perché si trovano ovunque varietà naturali con cui queste potrebbero incrociarsi". Alcune imprese europee hanno però investito in questo settore, studiando in particolare la raygrass inglese, per fare in modo che non fiorisca più, il che avrebbe il vantaggio di accrescere il suo rendimento energetico. Altri lavori puntano, per quanto riguarda le piante foraggiere, ad abbassare il tasso di lignina, un componente a basso valore nutritivo.
Ma i più attivi sono senza dubbio gli Stati Uniti. Nella domanda d'autorizzazione americana, la Monsanto non parla nemmeno dei rischi legati al flusso di geni. Il protocollo sperimentale invece lo attesta (...)
“Herald Tribune” L'Europa è unita: no agli alimenti biotech - Elisabeth Rosenthal; 6 ottobre 2004
Alcuni fumano. Altri bevono troppo. Alcuni ammettono di amare la carne rossa. Ma praticamente tutti i frequentatori del Migros Supermarket dell'affollata Rue de Paquis, a Ginevra, sono d'accordo sulla necessità di evitare un rischio che considerano inaccettabile: gli alimenti geneticamente modificati.
[Evitare questi prodotti] è facile da fare in Svizzera, come nel resto dell'Europa, perché il cibo contenente ingredienti ogm deve essere etichettato per legge. Molti grandi distributori, come la Migros, hanno praticamente smesso di stoccare questi prodotti, considerandoli negativi per la loro immagine pubblica.
"Cerco di non mangiarne e leggo sempre le etichette", dice Marco Feline, 32 anni, un artista, mentre sale sulla sua bicicletta (senza casco). "Mi fanno paura perché non sappiamo quali siano i loro effetti sul lungo termine - sulle persone e sull'ambiente".
La maggioranza del mais e della soia, negli Stati Uniti, proviene ormai da semi geneticamente modificati (...). Nell'ultimo decennio gli americani hanno felicemente - anche se inconsapevolmente - consumato centinaia di migliaia di porzioni di alimenti geneticamente modificati. La Food and Drug Administration (FDA, organismo statunitense di controllo su alimenti e medicine) afferma che non ci sono stati effetti negativi e non esiste una etichettatura specifica.
Ma in Europa - dove il cibo è alta cultura, se non una religione - agricoltori, consumatori, cuochi e associazioni ambientaliste hanno unito le proprie voci per affermare rumorosamente ed ostinatamente la propria contrarietà agli alimenti geneticamente modificati, riuscendo di fatto a bloccare il loro arrivo nelle aziende agricole e sulle tavole del Continente. E ciò, a sua volta, ha creato enormi conseguenze commerciali e politiche, dal Nord America all'Africa.
Gli Stati Uniti, il Canada e l'Argentina hanno presentato un reclamo davanti alla Organizzazione mondiale del commercio, sostenendo che le leggi e le procedure europee che discriminano i prodotti geneticamente modificati sono irrazionali e non scientifici e perciò costituiscono una barriera commerciale sleale.
Imprese statunitensi come la Monsanto, che hanno investito pesantemente in questa tecnologia, hanno sofferto enormi perdite per la resistenza europea. Nel quadro di uno sforzo di relazioni pubblico, il dipartimento di stato USA ha accettato una accademia vaticana come co-sponsor di una conferenza che si è svolta a Roma sul tema "Nutrire un mondo affamato: l'imperativo morale delle biotecnologie".
In risposta a queste pressioni, l'Unione Europea ha ammorbidito le proprie restrizioni legali nei confronti degli alimenti geneticamente modificati.
A maggio, l'UE ha autorizzato la vendita di una varietà modificata di mais dolce, mettendo fine ad una moratoria quinquennale. Lo scorso mese ma Commissione europea ha dato il via libera a 17 tipi di semi di mais geneticamente modificati per la coltivazione. Ma nessuno si aspetta che il mercato si apra subitaneamente.
"Non ci illudiamo che il mercato cambierà in tempi brevi", dice Markus Pauer, portavoce della Syngenta, la società svizzera il cui mais BT11 è stato autorizzato a maggio. "Questo potrà succedere solo con l'accettazione [degli alimenti OGM] da parte dei consumatori europei". "Attualmente questi non sono inclini a comprare i prodotti biotech", aggiunge Payer, "ma l'atmosfera contraria non è basata sui fatti. E' una decisione politica, culturale e mediatica. E perciò siamo convinti che sempre più consumatori vedranno i benefici di questi prodotti".
In realtà, le linee del fronte tra paesi favorevoli e contrari agli alimenti geneticamente modificati sembrano essersi rafforzate. Diversi paesi africani, seguendo l'esempio europeo, hanno rifiutato donazioni di alimenti e semi geneticamente modificati. In Asia, la riluttanza nei confronti del cibo biotech sembra si stia diffondendo. Paesi come la Cina e l'India hanno entusiasticamente adottato colture biotech come il cotone, ma quelle destinate all'alimentazione hanno problemi ad ottenere l'autorizzazione.
Il no africano è basato non solo su preoccupazioni per la sicurezza e l'ambiente locale, ma anche su interessi economici: Zambia e Mozambico hanno scoperto un buon mercato vendendo soia e cereali non modificati all'Europa e soppiantando gli Stati Uniti come fornitori.
Mauro Albrizio, vice presidente dello European Environmental Bureau, associazione con sede a Bruxelles, afferma: "Negli Stati Uniti, gli alimenti geneticamente modificati sono stati un fatto compiuto; qui in Europa siamo riusciti a prevenire che ciò accadesse".
biotech sono arrivati nei piatti degli americani, senza molta fanfara, alla metà degli anni '90, quando i grandi agricoltori statunitensi hanno iniziato entusiasticamente ad utilizzare i semi OGM, che aumentano la produzione e riducono la quantità di pesticidi richiesti. Convinta che il cibo modificato sia "sicuro almeno tanto quanto quello convenzionale", la FDA ha dichiarato che un limone modificato è lo stesso che un limone ordinario per cui non richiede una etichettatura o una regolamentazione speciale.
Oggi, quasi i due terzi delle piante geneticamente modificate del mondo viene coltivato negli Stati Uniti, soprattutto soia e mais. "Negli USA, una gran parte della dieta è attualmente biotech", dice Lester Crawford, commissario della FDA.
"La prima cosa che gli altri paesi vogliono sapere è quante malattie o reazioni negative abbiamo registrato", aggiunge. "Ma in realtà non abbiamo avuto nessun problema con gli alimenti biotech".
In ballo ci sono un sacco di soldi. Ritenendo che gli alimenti geneticamente modificati si sarebbero diffusi in tutto il mondo con la stessa velocità che negli Stati Uniti, le grandi società biotecnologiche, come la Monsanto, hanno investito miliardi di dollari.
In effetti, la maggior parte dei panel scientifici hanno concluso che "gli alimenti derivati da colture transgeniche attualmente sul mercato sono sicuri per il consumo umano", come afferma un recente rapporto dell'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura delle Nazioni Unite. ma il rapporto avverte anche che le varietà devono essere valutate caso per caso.
E un rischio basso non significa nessun rischio. Gli 87 stati membri del protocollo sulla biosicurezza di Cartagena, sponsorizzato dall'ONU, hanno richiesto quest'anno l'etichettatura di tutte le partiti di alimenti contenti prodotti geneticamente modificati. Gli Stati Uniti non hanno firmato l'accordo.
La cosa più importante, comunque, è che la valutazione del rischio dipende in gran parte da quello che è necessario per convincere i consumatori di un dato paese.
"nelle loro vite personali le persone accettano di correre molti rischi - guidano troppo veloci o fanno sport estremi - ma per quanto riguarda il cibo la loro accettazione del rischio è molto bassa", dice Philipp Huebner, del Laboratorio del Cantone di Basel-Stadt, in Svizzera, che controlla la contaminazione degli alimenti con ingredienti geneticamente modificati. Huebner considera il suo lavoro più come un modo per evitare le frodi nell'etichettatura che come una salvaguardia della salute pubblica.
"Per molti ricercatori non è tanto una questione di sicurezza, quanto etica e sociale", dice. "Questo è quello che ha scelto l'opinione pubblica di qui, come i mussulmani che hanno scelto di non mangiare maiale".
In un sondaggio del Gruppo di ricerca sull'opinione europea realizzato alla fine del 2002, l'88,6% degli intervistati ha definito la "qualità dei prodotti alimentari" come una questione ambientale con implicazioni per la salute.
Ma le paure per la salute, che possono muovere i mercati, non sempre sono coerenti. In alcune zone d'Europa, come il Bordeaux, che si sono dichiarate OGM-free, l'energia è fornita da impianti nucleari. (..)
Gli europei difendono il proprio diritto di essere schifiltosi. "Non si tratta di ideologia, è una posizione pragmatica a causa dei rischi potenziali per la salute e per l'ambiente", dice Albrizio, rilevando come ci siano alcune prove che le colture geneticamente modificate possano essere allergogene.
Per quanto riguarda l'agricoltura, ci sono alcuni effetti chiari, perché i semi geneticamente modificati tendono a diffondersi nell'ambiente dopo essere stati piantati, il che rende difficile avere colture che siano OGM-free o biologiche. Gli scienziati chiamano questo fenomeno "commistione" [co-mixing].
Per gli ambientalisti e specialmente per gli agricoltori, la "commistione" è una "contaminazione" potenzialmente devastante. Questo è il motivo per cui gli agricoltori della Toscana e di altre 11 regioni italiane si sono dichiarati OGM-free.
In effetti, gli agricoltori europei ed i consumatori hanno finora creato un muro contro gli organismi geneticamente modificati ed il cambiamento delle leggi o i ricorsi alla Organizzazione mondiale del commercio non lo butteranno giù facilmente.
"In teoria si potrebbero vendere prodotti OGM, etichettandoli", dice Huebner, "Ma che io sappia finora nessun prodotto biotech è stato messo in vendita perché nessun negozio li vuole sui suoi scaffali".
“Dawn” Cos'è
che non va nella FAO? Ashfak Bokhari;
18 ottobre 2004
All'inizio degli anni '60, la maggior parte delle nazioni erano autosufficienti dal punto di vista alimentare, ora lo sono solo poche. Nel periodo 1950-1984, l'introduzione di colture ad alta resa e di un'agricoltura ad alta intensità di energia ha portato alla Rivoluzione Verde, con un aumento della produzione. In questo periodo, la produzione mondiale di cereali è aumentata di 2,6 volte. Eccetto che in alcune parti dell'Africa, la produzione ha superato la crescita della popolazione in tutto il mondo.
La produzione cerealicola pro capite adesso è rallentata e sembra essere in declino. La crescita della popolazione ed un aumento lineare della produzione agricola hanno persistito negli ultimi 40 anni. Questa situazione ha suscitato preoccupazioni sin da quando Malthus, nel 1798, ha per la prima volta richiamato l'attenzione sulle sue conseguenze: diminuzione della disponibilità di cibo e grandi sofferenze umane.
Alla metà degli anni '70, un grande sforzo per trasformare l'alimentazione in una attività imprenditoriale è stato lanciato dai politici statunitensi dopo che le multinazionali avevano scoperto che la fame, la miseria e la malnutrizione erano per le industrie alimentari un mercato potenziale che avrebbe consentito di fare enormi profitti (...). Nel 1974, l'Assemblea Generale dell'ONU convocò la sua prima conferenza "politica" sulla fame - come sarebbe successivamente stata definita la Conferenza mondiale sull'alimentazione. La delegazione USA all'importante riunione era guidata da Henry Kissinger e Hubert Humphrey, il che dava maggiore importanza all'evento. I due furono abbastanza franchi da dire che la vera soluzione alla fame nel mondo era l'agribusiness. "L'industria produrrà il cibo e lo porterà sul mercato a tutti", dissero. Mentre parlavano, i corridoi della conferenza di Roma erano affollati di rappresentanti industriali che illustravano i benefici di trattori, fertilizzanti, e pesticidi allo scopo di "nutrire gli affamati".
Si trattò di un punto di svolta per l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura il cui futuro ruolo sarebbe stato da allora in poi influenzato dai giganti dell'alimentazione. Il Programma di Cooperazione Industriale (ICP) gestito dall'industria mise a disposizione della FAO i suoi dipendenti. A.H. Boerma, nel 1974 direttore generale uscente della FAO, era orripilato dall'influenza delle multinazionali. Anche se lui stesso aveva avuto una lunga associazione con la Royal Dutch Shell, ed era stato ministro dell'agricoltura olandese, aveva comunque un forte senso del ruolo delle organizzazioni intergovernative e del servizio pubblico.
Solo nel 1978 il nuovo direttore generale della FAO, Eduard Saouma, espulse la ICP. Ma nel periodo in cui è stato alla FAO, il piccolo segretariato ha avuto una notevole influenza su tutte le politiche ed i programmi dell'organizzazione, specialmente quelli legati alle macchine agricole ed agli input. Inoltre, l'espulsione dell'ICP da Roma non ha rappresentato la sua fine. In pochi mesi le stesse persone si sono ripresentate sotto una nuova veste: il Consiglio Industriale per lo Sviluppo (ICD).
Durante gli anni settanta ed i primi anni ottanta, l'Assemblea Generale dell'ONU e l'UNCTAD hanno cercato di arginare l'influenza delle multinazionali. Ma non ci sono riuscite. Alla fine degli anni '80, l'influenza di queste sull'ONU era arrivata al suo massimo. (...)
E' in questo scenario che il 17 maggio di quest'anno la FAO ha diffuso un rapporto, "Biotecnologie agricole, risposta alla necessità dei poveri?". Il rapporto traccia un quadro positivo delle colture geneticamente modificate e raccomanda che maggiori risorse siano impiegate per lo sviluppo di biotecnologie per i paesi in via di sviluppo.
La caratteristica principale del rapporto è la sua analisi delle esperienze degli agricoltori con il cotone Bt [una varietà di cotone transgenico], rispetto al quale la FAO sostiene "che i piccoli e poveri proprietari terrieri dei paesi in via di sviluppo possono trarre sostanziali benefici dall'adozione delle colture transgeniche in termini di rese più alte e più stabili, minori costi per i pesticidi e riduzione dei rischi per la salute dovuti all'esposizione ai pesticidi".
Ma il rapporto della Fao ignora quello che sta effettivamente succedendo sul terreno. Due nuovi studi sul cotone Bt in India e nell'Africa occidentale condotti dalla Coalizione in difesa della diversità Andhra Pradesh (AP) ha fornito prove del fallimento del cotone Bt nei campi e del fallimento della Fao nel difendere gli interessi dei piccoli agricoltori.
Lo studio dalla Coalizione AP ha analizzato la situazione di 164 piccoli produttori di cotone Bt in tre distretti dell'Andhra Pradesh nel 2003-2004. Lo studio ha rilevato che il cotone Bt in effetti ha avuto un effetto marginalmente positivo in termini di riduzione dell'uso di pesticidi ed aumento delle rese, ma i profitti complessivi degli agricoltori che lo coltivavano erano del 9% inferiori [a quelli dei produttori di varietà 'convenzionali']. Ciò contraddice direttamente uno studio condotto da un'agenzia di marketing per conto della Monsanto, che proclama che i profitti degli agricoltori erano aumentati del 92% e fa vedere quanto possano essere inaffidabili i dati dell'industria.
Nel frattempo, la FAO in un comunicato - ha detto che sebbene ci siano poche controversie rispetto a molti aspetti delle biotecnologie e delle sue applicazioni, gli organismi geneticamente modificati sono diventati l'obiettivo di un dibattito molto intenso e, a volte, emotivo. "La FAO riconosce che l'ingegneria genetica ha il potenziale di contribuire ad aumentare la produzione e la produttività nei settori dell'agricoltura, della forestazione e della pesca. Potrebbe portare a più alte rese su terreni marginali in paesi che oggi non riescono a produrre abbastanza cibo per nutrite la propria popolazione".
"Ci sono già esempi - prosegue la Fao - in cui l'ingegneria genetica sta aiutando a ridurre la trasmissione di malattie umane ed animali attraverso nuovi vaccini. il riso è stato geneticamente modificato per contenere la pro-vitamina A (beta carotene) e ferro che potrebbe migliorare la salute di molte comunità a basso reddito".
Tuttavia, la Fao dice di essere consapevole delle preoccupazioni relative ai rischi potenziali di alcuni aspetti delle biotecnologie. Questi rischi ricadono essenzialmente in due categorie: gli effetti sulla salute umana ed animale e le conseguenze ambientali. Per l'organizzazione, bisogna agire con cautela per ridurre i rischi di trasferire tossine da una forma di vita ad un'altra; il che potrebbe portare a reazioni allergiche inattese.
la FAO, prosegue il comunicato, sostiene un sistema di valutazione basato sulla scienza che determini obiettivamente i benefici ed i rischi di ogni singolo OGM. Si tratta di un approccio cauto, caso per caso, per rispondere alle legittime preoccupazioni per la biosicurezza di ogni prodotto o processo prima del suo rilascio nell'ambiente.
Gli attuali investimenti nella ricerca biotecnologica - continua la FAO - tendono ad essere concentrati nel settore privato ed orientati verso paesi a più alto dove c'è la possibilità di acquistare questi prodotti.
Il punto cruciale del comunicato della FAO è che in vista dei potenziali contributi delle biotecnologie all'aumento delle forniture alimentari ed al superamento della loro vulnerabilità ed insicurezza, l'organizzazione ritiene che si debbano fare degli sforzi per assicurare che i paesi in via di sviluppo, in generale, e gli agricoltori poveri, in particolare, beneficino maggiormente della ricerca biotecnologica, pur continuando ad avere accesso ad una diversità di fonti di materiale genetico. La FAO propone che questa necessità possa trovare risposta attraverso un maggior finanziamento pubblico ed un dialogo tra i settori pubblico e privato.
Nel frattempo, più di 850 organizzazione della società civile e 800 singoli di oltre 80 paesi hanno firmato una lettera aperta che condanna fortemente la posizione della FAO contro i poveri, l'ambiente e la produzione agricola in generale. Tra i firmatari ci sono molte organizzazioni di contadini ed indigeni, movimenti sociali e scienziati oltre che organizzazioni non governative.
la lettera afferma che il documento di oltre 200 pagine della FAO tenta di essere neutrale, ma in realtà è fortemente orientato a favore delle biotecnologie e ignora le prove disponibili degli effetti negativi di queste colture.
Il rapporto della FAO menziona il fatto che l'ingegneria genetica è dominata dalle multinazionali, ma non che una sola società, la Monsanto, controlla oltre il 90% della superficie mondiale coltivata con semi transgenici. Non sorprende che il rapporto sia stato accolto con entusiasmo dall'industria e da altri gruppi che sostengono questa tecnologia che proclamano che salverà il mondo.
Con questa rapporto, sembra ormai che la FAO sostenga la tecnologia "Terminator" - la produzione di semi sterili che impedisce agli agricoltori di mettere da parte e riusare i semi dei raccolti precedenti. E' un cambiamento radicale rispetto alla posizione che aveva adottato appena quattro anni fa. (..)
Rimane il fatto che contrariamente a quello che propone la FAO, le colture geneticamente modificate non aiutano a combattere la fame nel mondo. La storia dimostra che a ridurre fame e povertà sono i cambiamenti strutturali nell'accesso alla terra, al cibo ed al potere politico, insieme con robuste tecnologie ecologiche sviluppate attraverso una ricerca guidata dagli agricoltori. Ma la "rivoluzione genetica" promette di portarci nella direzione opposta. La contaminazione genetica sta inquinando il cuore dei centri mondiali della biodiversità. Ma la FAO spazza via questa tragedia quasi senza un commento. Eppure, per quelle culture che si può dire abbiano creato l'agricoltura ciò può essere descritto come una aggressione contro la loro vita, contro le colture che hanno creato e fatto crescere e contro la loro sovranità alimentare.
“Liberation” Cresce la collera tra i sindaci francesi anti OGM Matthieu Ecoiffier; 13 novembre 2004
(...) Cresce la collera tra i sindaci che portano avanti la battaglia contro gli OGM. Le loro delibere muncipali anti-OGM sono sistematicamente attaccate dai prefetti davanti ai tribunali e giudicate illegali. "E' scandaloso. i sindaci sono attaccai dai prefetti e dallo stato. la mia delibera è stata annullata: chiedeva solo un perimetro di protezione intorno alle aziende agricole biologiche! Alcuni hanno già trovato delle tracce nelle loro colture!", s'indigna Christian Touhé Rumeau (del partito Caccia, Pesca, Natura e Tradizione) di Mouchan, nel Gers. E si dice pronto ad andare "davanti alla Corte di giustizia Europea o a quella dei diritti dell'uomo". La sentenza sul caso di Mochan, reso noto questa settimana, "apre però una breccia", secondo l'avvocato Corinne Lepage. Si riconosce infatti al sindaco la possibilità di "fare uso dei suoi poteri di polizia" per "prevenire i pericoli per la salute pubblica". Un pericolo ancora difficile da provare, in mancanza di studi scientifici conclusivi.
Finora, è il rischio di "contaminazione" che ha permesso ad un pugno di sindaci di vincere in prima istanza. Ma poi, tutti hanno perso in appello. "Salvo pericoli imminenti, non avremo competenza sulle prove in pieno campo di OGM", rileva, indignato, Philippe Bedel, sindaco (sinistra alternativa) di Bax. Che ha deciso di andare in Cassazione davanti al Consiglio di Stato. Il suo argomento giuridico è il seguente: primo; le autorizzazioni "generiche" rilasciate dal ministero dell'agricoltura "per X ettari ed X anni" sono... illegali. Infatti, la Francia non ha recepito al nuova direttiva europea sugli OGM del 2001, che è più restrittiva della precedente e prevede un esame caso per caso "dell'ambiente recettore" dei test in campo aperto. Secondo: "Anche se la decisione dello stato fosse legale, essa comunque non impedirebbe una decisione del sindaco in caso di "circostanze particolari". E la presenza dell'agricoltura biologica nel territorio comunale lo è, vista la sua incompatibilità con gli OGM", dice Lepage. Ma i sindaci si sentono un po' abbandonati a se stessi. Ceto, ci sono state le delibere anti-OGM approvate dalla metà delle regioni di sinistra - ossia una decina - e da una ventina di consigli provinciali, ma appaiono più che altro come dei pii desideri e come un semplice sostegno politico.
Alla fine, il futuro delle "delibere anti-OGM" dipenderà soprattutto dal modo in cui la direttiva europea sarà recepita nella legge annunciata dal presidente Jacques Chirac. "La chiave, è la responsabilità in caso di contaminazione. L'Unione europea ha lasciato ad ogni stato la possibilità di normare o meno questo aspetto. Gli agrosementieri faranno un lobbying infernale perché la legge francese su questo non dica niente", dice Lepage. "In Germania, hanno deciso: non spetta a chi subisce la contaminazione fornire la prova dei danni subiti, ma all'inquinatore [agricoltore, azienda sementiera etc.] dimostrare il contrario. E' dissuasivo, perché nessun assicuratore accetta di coprire un tale rischio".
In Francia, ci sarà un vero dibattito? Non è affatto sicuro. "I lavori della commissione parlamentare di indagine sugli OGM dureranno ancora da sei a nove mesi. Invece, il progetto di legge annunciato da Chirac sembra sarà pronto ancor prima che noi si possa esprimere il nostro parere", denuncia Philippe Martin, deputato socialista e presidente del consiglio generale del gers. Questo dipartimento ha deciso di organizzare un referendum locale basandosi sulla legge dell'agosto 2004 relativa "alle libertà ed alle responsabilità locali". Per questo c'è bisogno di una petizione firmata dal 10% del corpo elettorale. "La difficoltà è trovare una formulazione che stabilisca la competenza del dipartimento su questo tema, perché altrimenti il prefetto l'attaccherà", spiega Martin.
Tutto ciò spiega la crescente comprensione, quando non addirittura il sostegno, espressa dai sindaci nei confronti del movimento dei "faucheurs volontaires" ['falciatori volontari': militanti anti-OGM che distruggono i campi coltivati con colture transgeniche]. "Sono costretti alla disobbedienza civile perché le autorità [statali] rifiutano di organizzare un vero dibattito pubblico sugli OGM", prosegue il deputato. "I sindaci, che siano di destra o di sinistra, sono scioccati dal fatto di essere deprivati dei propri poteri. E di aver visto, come questa estate, forze di polizia sorvegliare per tre settimane campi Ogm delle multinazionali, a spese dei contribuenti".
“The Economist” Riso e soia vanno 20 novembre 2004
Si prepara un doppio colpo contro gli oppositori degli organismi geneticamente modificati, da parte di due delle più grandi nazioni agricole del mondo. La Cina, dove alcuni agricoltori già producono cotone transgenico, probabilmente presto autorizzerà la coltura del riso geneticamente modificato. Ed il Brasile è vicino a mettere a punto un meccanismo che potrebbe legalizzare tutte le coltivazioni transgeniche.
Gli agricoltori brasiliani già coltivano soia biotech, specialmente nell'estremo sud del paese, dove i semi possono essere facilmente contrabbandati dall'Argentina. In teoria, è illegale. Ma lo scorso mese, ben dopo l'inizio delle semine, è stato autorizzato per decreto presidenziale, come era già accaduto l'anno precedente. Il governo sa che non può far rispettare la legge attuale e che si troverebbe davanti dei problemi se ci provasse. Una nuova legge per la regolamentazione delle coltivazioni transgeniche è già stata approvata dal Senato ed è attualmente all'esame della Camera.
I deputati però non stanno lavorando molto in fretta. perché la legge riguarda anche la questione della ricerca sulle cellule staminali, decisamente più controversa. Ma pochi dubitano che sarà approvata. E siccome le autorità di controllo sugli OGM sarebbero nominati dal ministero della scienza, la loro mano probabilmente sarà leggera.
Gli effetti potrebbero essere significativi. Il Brasile è il secondo produttore mondiale di soia dopo gli Stati Uniti, paese in cui praticamente tutta la soia prodotta è transgenica. Il Brasile prevede per l'anno prossimo un raccolto enorme, forse 60 milioni di tonnellate, di cui un terzo potrebbe essere OGM. Con una autorizzazione legale assicurata a lungo termine, questa percentuale potrebbe crescere velocemente - e con essa i futuri raccolti: i semi biotech derivati dalla varietà resistente agli erbicidi della Monsanto non fanno in sé aumentare le rese, ma riducono i costi, rendendo la soia più attraente da coltivare.
I commercianti brasiliani di soia si trovano di fronte ad una opportunità e ad un problema. Probabilmente avranno più prodotto da esportare, che sarà ben accolto in alcuni mercati. Ma le nuove regole dell'Unione europea richiedono che le colture OGM e non, anche se destinato ai mangimi per animami, siano tenute rigorosamente separate. I grandi trader, multinazionali come la Bunge o la Cargill, dicono che può essere fatto, ma ad un prezzo. Molti altri, invece, hanno dei dubbi, dato l'enorme numero di produttori brasiliani e la lunga catena di fornitura. Al meglio, secondo loro, sarà molto costoso.
Un tale ostacolo al commercio ha dato quest'anno agli oppositori degli OGM una grande vittoria: La Monsanto ha rinunciato a vendere il grano transgenico, perché gli agricoltori nordamericani temevano una perdita di esportazioni, sia in Europa che in Giappone. Ma i sostenitori cinesi dell'approvazione del riso transgenico hanno rovesciato questo argomento a loro favore.
Il commercio globale del riso è scarso: interessa solo circa 25 dei 400 milioni di tonnellate prodotti nel mondo. E la quota cinese è minuscola: sebbene produca circa il 30% del raccolto mondiale, il volume importato o esportato è di appena un milione di tonnellate. Quindi, perché preoccuparsi?, chiedono i ricercatori biotech. La Cina ha smesso di coltivare tabacco transgenico qualche anno fa, per preoccupazioni legate al commercio. Ma se Giappone e Corea del sud, i principali paesi importatori di riso cinese, obiettano agli OGM, lasciamoli fare: quasi tutti i produttori cinesi e tutti i consumatori del paese ne beneficeranno, dicono i sostenitori degli OGM.
Tecnicamente, la Cina è ben preparata. I suoi ricercatori stanno sviluppano varietà transgeniche di riso - soprattutto resistenti ai parassiti, ma anche agli erbicidi ed alle malattie - da anni. E da tre anni a questa parte stanno conducendo esperimenti "pre-produzione", dando i nuovi semi a molti agricoltori in diverse aree del paese per vedere come funzionano. Sinora, dice Jikun Huang, direttore del Centro di politica agricola cinese, gli sperimenti mostrano un calo nell'uso dei pesticidi dell'80% ed un aumento delle rese del 4-8%. I ricercatori stanno conducendo esperimenti in proprio nelle province di Hubei e Fujian, anche per controllare i risultati degli agricoltori. Il nuovo raccolto è appena stato completato e se tutto è andato bene, chiedono i ricercatori, perché aspettare altre sperimentazioni?
Il via libera non è sicuro. L'agenzia per la protezione ambientale della Cina condivide i dubbi 'standard" sugli OGM e nella Cina di oggi, non si possono trascurare persino i non ufficiali sostenitori della cause ambientaliste. Greenpeace ha fatto campagna tra gli agricoltori della provincia di Hunnan contro il nuovo riso. Ed alcuni funzionari del ministero dell'agricoltura considerano l'attuale divieto un utile strumento protezionista. Comunque, sembra probabile che la commissione cinese per la biosicurezza, che si riunirà a breve, dica sì. Un motivo è la salute degli stessi agricoltori: in Cina, l'applicazione di prodotti fitosanitari chimici non avviene in sicurezza come nei paesi ricchi. E i consumatori conoscono e temono i rischi derivanti dei residui di pesticidi. Soprattutto, dice Huang, un sondaggio tra i consumatori realizzato per il suo centro mostra che l'80% di loro è disponibile ad acquistare riso transgenico, a prezzo uguale. Greenpeace offre un motivo meno piacevole: alcuni scienziati della commissione, afferma l'associazione, hanno interessi in società create dai propri istituti per sviluppare varietà OGM.
Se la commissione dice sì, probabilmente la decisione finale del governo sarà la stessa. A quel punto, arriverà la Monsanto? L'incentivo c'è. Il nuovo riso transgenico è tutto ibrido, per cui i semi non possono essere presi da un raccolto per piantarli in quello successivo (contrariamente a quanto accade per il cotone, la cui varietà sviluppata dalla Monsanto è molto diffusa in Cina, ma porta alla multinazionale poche entrate successive [alla prima semina]). Inoltre, tutto il mais cinese è ibrido così come gran parte del riso non geneticamente modificato, per cui gli agricoltori sono abituati a comprare semi nuovi ad ogni semina. Però, sul riso i ricercatori cinesi sono più avanti della Monsanto.
I grandi effetti potrebbero arrivare in altro modo, sostiene Scott Rozelle, economista dell'Università della California che ha lavorato in stretto contatto con Huang. Gli agricoltori indiani, quando ne hanno avuto l'autorizzazione, hanno velocemente adottato il cotone transgenico. E i ricercatori indiani hanno grandi capacità per quanto riguarda le biotecnologie applicate al riso. Se il suo governo, temendo di rimanere indietro rispetto alla Cina, lasciasse liberi gli agricoltori, l'India potrebbe adottare con la stessa rapidità anche il riso biotech. Lo stesso per il Brasile: la sua nuova legge non si applicherà solo alla soia. Perciò abbastanza presto nuove, grandi forniture di riso potrebbero essere disponibili per l'esortazione - e il genio degli alimenti OGM sarà veramente uscito dalla lampada.
[1] Dir.P.C.M. 27 marzo 2000 “Analisi tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione” (Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118). L’art.2, concernente l’ATN, prevede che l'ATN verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'ATN, inoltre, dà conto della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame. L’art.3, concernente l’AIR, prevede che l'AIR è uno strumento per stabilire la necessità di un intervento di regolamentazione e per scegliere quello più efficace. L'AIR consiste nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sui cittadini e sulle imprese. L'AIR contiene la descrizione degli obiettivi del provvedimento di regolamentazione la cui eventuale adozione è in discussione e delle opzioni alternative, nonché la valutazione dei benefìci e dei costi derivanti dalla misura regolatoria.
[2] Per l’elenco delle normative regionali e il relativo testo si rinvia alle apposite sezioni del presente dossier.
[3] Procedura d’infrazione n. 2000/823.
[4] Causa C-377/98.
[5] Per l’elenco delle normative regionali e il relativo testo si rinvia alle apposite sezioni del presente dossier.
[6] Per regola tecnica si intende una specificazione tecnica, comprese le relative disposizioni amministrative, la cui osservanza sia obbligatoria per la commercializzazione o utilizzazione in uno Stato membro (o in una parte rilevante di esso) nonché le disposizioni intese a vietare la fabbricazione, commercializzazione o utilizzazione di un prodotto.
[7] L’articolo 1, comma 2, del D.lgs. n.212 del 2001 prevede che la messa in coltura di prodotti sementieri OGM è soggetta ad autorizzazione con provvedimento del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e del Ministro della sanità, nel quale sono stabilite misure idonee a garantire che le colture derivanti da prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate non entrino in contatto con le colture derivanti da prodotti sementieri tradizionali e non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche.
[8] Si ricorda che in un primo momento la “tolleranza zero” continuava ad essere richiesta per i prodotti destinati all’alimentazione della prima infanzia (DPR 128/1999, successivamente abrogato dal DM del Ministero della salute 31 maggio 2001).
[9] Cfr. art. 2 del D.Lvo 92/93.
[10] SEC(2004) 1115/2 dal 07/09/2004