XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura |
Titolo: | Impiego dei minori di anni quattordici in programmi radiotelevisivi - Schema di regolamento n. 625 (art. 10, L. 112/2004) |
Serie: | Pareri al Governo Numero: 542 |
Data: | 20/02/06 |
Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
Servizio studi |
pareri al governo |
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Impiego dei minori di anni quattordici in programmi radiotelevisivi Schema di regolamento n. 625 (art. 10, L. 112/2004)
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n. 542
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xiv legislatura 20 febbraio 2006 |
Camera dei deputati
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: CU0436
INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
§ Consiglio di Stato, Adunanza del 20 dicembre 2004, parere
§ Ministero delle Comunicazioni, parere del 6 ottobre 2004
§ Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, parere del 25 novembre 2004
Normativa di referimento
Normativa italiana
§ L. 17 ottobre 1967, n. 977 Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti
§ L. 23 agosto 1988, n. 400 Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)
§ L. 6 agosto 1990, n. 223 Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato (si omette il testo)
§ L. 31 luglio 1997, n. 249 Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (art. 1)
§ D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 345 Attuazione della direttiva 94/33/CE relativa alla protezione dei giovani sul lavoro (Si riporta l’epigrafe. Per il testo v. la direttiva 94/33/CE di seguito riportata).
§ Codice di autoregolamentazione tv e minori (siglato il 29 novembre 2002)
§ L. 3 maggio 2004, n. 112 Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione (art. 10)
§ D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177 Testo unico della radiotelevisione (artt. 34, 35)
Normativa comunitaria
§ Dir. 94/33/CE del 22 giugno 1994 Direttiva del Consiglio relativa alla protezione dei giovani sul lavoro
Numero dello schema di regolamento |
625 |
Titolo |
Disciplina dell'impiego di minori di anni quattordici in programmi radiotelevisivi |
Ministro competente |
Ministro delle comunicazioni |
Norma di riferimento |
Art. 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112 |
Settore d’intervento |
Informazione e telecomunicazioni |
Numero di articoli |
4 |
Date |
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§ presentazione |
6 febbraio 2006 |
§ assegnazione |
16 febbraio 2006 |
§ termine per l’espressione del parere |
17 aprile 2006 |
Commissioni competenti |
VII cultura e IX trasporti |
L’articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112[1] detta una serie di norme a tutela dei minori nella programmazione televisiva. La disposizione prevede, tra l’altro, il recepimento a livello legislativo del codice di autoregolamentazione “TV e minori”, la rimodulazione, in un’ottica di sostanziale inasprimento delle pene, delle procedure sanzionatorie, nonché l’introduzione di specifici obblighi di tutela e garanzia dei minori a carico delle emittenti, con particolare riferimento alla programmazione in determinate fasce orarie, alle trasmissioni specificamente dedicate ai minori e ai contenuti dei messaggi pubblicitari.
Con riguardo ai messaggi pubblicitari si prescrivono tre livelli di protezione: il primo “generale”, da applicare in tutte le fasce orarie di programmazione, il secondo “rafforzato”, da applicare negli orari in cui si presume che il pubblico di minori sia numeroso ma affiancato da un adulto (dalle 7.00 alle ore 16.00 e dalle 19.00 alle ore 22.30); il terzo, di carattere specifico, da applicare negli orari d’ascolto riservate ai minori (dalla 16.00 alle 19).
Sull'applicazione del codice vigila un comitato di controllo con poteri di intervento nei confronti delle emittenti non in regola. Le sanzioni previste vanno dalla risoluzione, alla richiesta di modifica o sospensione del programma ovvero di adeguamento alle prescrizioni del Codice, fino alla denuncia all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
In particolare, il comma 3 prevede che la disciplina concernente l’impiego dei minori di 14 anni nelle trasmissioni televisive, sia rimessa ad un regolamento interministeriale, adottato ai sensi dell’art.17, comma 3, della legge n.400/1988, dal Ministro delle comunicazioni di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro delle pari opportunità, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
La recente legge 6 febbraio 2006, n. 38, recante Modifiche all' articolo 10 della legge 3 maggio 2004, n. 112, in materia di tutela dei minori nella programmazione televisiva - che tra l’altro sopprime il divieto, introdotto dal citato articolo 10 (comma 3) della legge 112/2004, di utilizzare minori di quattordici anni per messaggi pubblicitari e spot – ha integrato l’articolo 10 della legge 112/2004 introducendo il parere delle competenti commissioni parlamentari e della commissione infanzia nella procedura di adozione del regolamento volto a disciplinare l’impiego dei predetti minori nei programmi radiotelevisivi[2].
Si ricorda che gli articoli 34 e 35 del Testo unico della televisione (D. Lgs. 177/2005) dettano una serie di norme a tutela dei minori nella programmazione televisiva, riproducendo per la maggior parte, senza abrogarle, le disposizioni introdotte dall’articolo 10 della legge 112/2004. In particolare il comma 5 dell’articolo 34 prevede - analogamente a quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 10 della legge 112/2004 prima delle modifiche recate dalla legge 38/2006 – l’emanazione del regolamento relativo all’impiego di minori in programmi radiotelevisivi, senza l’espressione di un parere da parte delle commissioni parlamentari.
Si ricorda, infine, che le disposizioni adottate in Italia per la tutela dello sviluppo psico-fisico dei minori nella programmazione televisiva discendono essenzialmente dalla disciplina contenuta nella direttiva 89/552/CEE del Consiglio dell’Unione europea, del 3 ottobre 1989 (c.d. Televisione senza frontiere[3]). Tale direttiva sancisce (articolo 22) il dovere degli Stati membri di adottare le misure atte a garantire che le trasmissioni delle emittenti televisive soggette alla loro giurisdizione non contengano alcun programma che possa nuocere gravemente allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni. Tali misure di garanzia devono essere applicate anche agli altri programmi che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minorenni; in alternativa è possibile adottare particolari accorgimenti tecnici, quali ad esempio la scelta dell’ora di trasmissione, che consentano di escludere che il minorenne assista a tali programmi. Se trasmessi in chiaro, i programmi in oggetto devono essere individuabili grazie ad un segnale acustico o visivo (così il paragrafo 3). L’articolo 22-bis prevede inoltre che le trasmissioni non debbano contenere alcun incitamento all’odio basato su differenze di razza, sesso, religione o nazionalità.[4]
Lo schema di decreto in esame reca la disciplina dell’impiego di minori di anni quattordici (di seguito “minore”) in programmi radiotelevisivi.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, esso mira – da una parte - a garantire che venga rispettata la dignità personale del minore, assicurando che la sua immagine venga utilizzata secondo criteri rispondenti ad un elevato livello di tutela e – dall’altra - a tutelare il lavoro minorile, richiamando principi già contenuti nella legge 17 ottobre 1967, n. 977 recante la tutela del lavoro minorile dei bambini e degli adolescenti.
In proposito si ricorda che il 17 marzo 2005 si è tenuta, presso le commissioni riunite VII (Cultura, scienza e istruzione) e IX (Trasporti, poste e telecomunicazioni) un’audizione del Ministro delle comunicazioni sullo schema di regolamento in esame, peraltro con un testo significativamente diverso rispetto a quello attuale. Infatti, a tale data non era ancora stata approvata la norma che ha soppresso il divieto di utilizzare minori di quattordici anni per messaggi pubblicitari e spot ed ha introdotto il parere delle commissioni parlamentari nella procedura di adozione del regolamento. Da tale testo sono state pertanto espunte le disposizioni relative ai messaggi pubblicitari e agli spot.
Lo schema si compone di quattro articoli.
L’articolo 1 definisce l’ambito di applicazione del regolamento, che comprende l’utilizzo di immagini o voci di minori nei programmi televisivi, anche al di fuori di un rapporto di lavoro.
Il comma 2 reca la definizione di programma televisivo come insieme di contenuti unificati da un medesimo marchio editoriale e destinato alla fruizione del pubblico, rispettivamente mediante la trasmissione televisiva o radiofonica con ogni mezzo.
Si segnala che la definizione di “programmi radiotelevisivi” di cui al comma 2 è identica alla definizione degli stessi introdotta dall’articolo 2, comma 1, lett. a),della legge n. 112 del 2004, confluito nell’articolo 2, comma 1, lett. a), del testo unico della radiotelevisione di cui al d. lgs. 177/2005. Pertanto, potrebbe risultare opportuno - anche al fine di evitare che eventuali futuri interventi normativi sul testo unico non siano coordinati con la normativa secondaria correlata - sostituire la definizione sopra riportata con un rinvio al richiamato articolo 2 del testo unico della radiotelevisione.
Il comma 3 include tra i soggetti sottoposti alle norme in esame le emittenti televisive appartenenti a Stati membri dell’Unione europea che ricadono sotto la giurisdizione italiana ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/552/CEE del Consiglio dell’Unione europea, del 3 ottobre 1989 (c.d. Televisione senza frontiere[5]), nonché le emittenti radiofoniche aventi sede in Italia.
L’articolo 2 stabilisce che l’impiego dei minori deve avvenire nel rispetto della dignità, dell’immagine, della privacy e della salute.
In particolare, il comma 2 vieta qualsiasi strumentalizzazione della condizione del minore nonché la possibilità di trattare argomenti attinenti alla sfera sessuale se non per scopi didattici.
Il comma 3 disciplina le situazioni in cui il minore sia autore, testimone o vittima di reato, sia portatore di disabilità, affetto da gravi patologie ovvero in situazione di grave crisi, riproducendo sostanzialmente quanto previsto dal citato codice di autoregolamentazione “TV e minori”.
L’articolo vieta inoltre il coinvolgimento del minore in tutte quelle circostanze in cui vi possa essere un pregiudizio per la salute mentale o fisica del minore stesso.
Tale articolo riproduce in larga misura le disposizioni contenute nel punto 1 (La partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive) del citato Codice di autoregolamentazione. Al riguardo, si segnala - come peraltro già rilevato dal Consiglio di Stato - l’intreccio normativo derivante da tale sovrapposizione, in considerazione del rinvio operato dall’articolo 10 della legge n. 112 del 2004 al Codice, per cui le relative disposizioni hanno assunto rango primario. Occorrerebbe pertanto introdurre - in luogo della ripetizione delle disposizioni citate - un rinvio formale al Codice, affinché eventuali modifiche della norma primaria siano direttamente assorbite dalla norma secondaria.
L’articolo 3 attribuisce alla Commissione per i servizi e prodotti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori il compito di vigilare sull’osservanza del presente regolamento nonché di provvedere all’applicazione delle sanzioni a norma degli dell’articolo 10, commi 4, 5 e 6 della legge 112/2004 e dell’articolo 35, commi 1 e 2 del D.Lgs 177/2005.
L’articolo 35, del D.Lgs 177/2005, affida alla Commissione per i servizi ed i prodotti dell'Autorità, in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione TV e minori la verifica dell'osservanza delle disposizioni di cui al precedente articolo 34 dello stesso D.Lgs. Nei casi di inosservanza la Commissione per i servizi e i prodotti dell'Autorità, previa contestazione della violazione agli interessati ed assegnazione di un termine non superiore a quindici giorni per le giustificazioni, delibera l'irrogazione della sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 25.000 euro a 350.000 euro e, nei casi più gravi, la sospensione dell'efficacia della concessione o dell'autorizzazione per un periodo da uno a dieci giorni.
Disposizioni di analogo tenore sono recate dai commi 4, 5 e 6 dell’articolo 10, della legge 112/2004, che però fanno riferimento alle sanzioni pecuniarie previste dall’ articolo 31 della legge 223/1990[6], nel frattempo abrogato dal citato D.Lgs. 117/2005.
La previsione sanzionatoria recata dal TU appare quindi più facilmente applicabile; si segnala tuttavia che la recente legge 37/2006 ha integrato il comma 5 dell’articolo 10 della legge 112/2004, introducendo il divieto del pagamento delle sanzioni in misura ridotta.
Sarebbe opportuno individuare un riferimento univoco per l’applicazione delle sanzioni ed eventualmente provvedere – con successivo provvedimento legislativo - all’abrogazione delle norme contenute nell’articolo 10 della legge 112 del 2004, già riprodotte nel testo unico.
L’articolo 4opera un diretto rinvio alla disciplina recata dalla legge n. 977/1967 per quanto concerne l’impiego lavorativo dei fanciulli (minori di anni quattordici) per la realizzazione di programmi radiotelevisivi (comma 1).
Inoltre, ferme restando le sanzioni previste dall’articolo 3 dello schema in esame (cfr. supra), si prevede espressamente la revoca dell’autorizzazione rilasciata dalla Direzione provinciale del lavoro in caso di violazione del regolamento in esame ai danni del minore autorizzato (comma 2).
Al riguardo si osserva che l’art. 4 della Legge n. 977/1967 reca un divieto assoluto di lavoro per i bambini[7], tranne nel caso in cui essi siano impiegati in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché tali attività non rechino pregiudizio alla integrità psico-fisica ed allo sviluppo del minore, alla frequenza scolastica o alla partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale. In queste ipotesi la relativa autorizzazione viene concessa, secondo le disposizioni del D.P.R. 20 aprile 1994, n. 365, dalla Direzione provinciale del lavoro, previo assenso degli esercenti la potestà genitoriale.
Per quanto concerne il rinvio alle disposizioni della Legge n. 977/1967 sull’impiego dei minori, si rileva che il Consiglio di Stato – nell’esprimere il proprio parere sullo schema di regolamento in esame – sottolinea che lo schema dovrebbe fornire “criteri idonei a determinare quali principi di quest’ultima legge possano continuare a trovare applicazione all’impiego lavorativo del minore di anni 14 per la realizzazione di programmi radiotelevisivi e quali no”, dal momento che su tale materia è intervenuta da ultimo la Legge n. 112/2004 le cui disposizioni non si conciliano perfettamente con quelle della Legge 977.
La disciplina del lavoro minorile
Il primo intervento organico del legislatore repubblicano in materia di lavoro minorile risale alla legge 17 ottobre 1967, n. 977, recante tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti. Tale legge ha subito profonde modifiche ad opera del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345, adottato in forza della delega recata dall’articolo 50 della legge 24 aprile 1998, n. 128 (legge comunitaria 1995-1997) per dare attuazione in Italia alla direttiva 94/33/CE; il decreto interviene su quasi tutti gli articoli della Legge 977, modificandoli, sostituendoli integralmente o abrogandoli.
La disciplina è stata poi ulteriormente modificata dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 262, recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345.
Dal punto di vista sostanziale, l’articolo 3 della Legge n. 977/1967, come sostituito dall’articolo 5 del D. Lgs. n. 345/1999, indica come età minima per l'ammissione al lavoro il momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non prima del compimento del 15° anno di età.
Per i bambini[8] vi è un divieto assoluto di lavoro, tranne il caso in cui essi possano essere impiegati in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché tali attività non rechino pregiudizio alla integrità psico-fisica ed allo sviluppo del minore, alla frequenza scolastica o alla partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale (art. 4).
La normativa posta dai nuovi commi 1 e 2 dell'art. 6 della Legge 977 - nel testo sostituito dall'art. 7 del D.Lgs. n. 345 – stabilisce poi un divieto di ammissione per gli adolescenti - senza distinzione di età o di sesso - per tutti i lavori e i processi individuati nell’allegato I [9].
Tali lavori possono essere svolti dagli adolescenti soltanto per motivi didattici o di formazione professionale e per il tempo strettamente necessario ai medesimi fini, a condizione che sia esercitata sorveglianza da parte di formatori competenti anche in materia di prevenzione e protezione e che siano rispettate le condizioni di sicurezza e di salute previste dalla legislazione.
L'art. 8 della legge n. 977/1967 prevede una apposita visita medica preventiva per l'ammissione al lavoro dei minori e successive visite mediche periodiche da effettuarsi ad intervalli non superiori all’anno, il cui esito deve essere comprovato mediante apposito certificato; il certificato dovrà indicare anche i lavori ai quali i minori non possono essere adibiti. Il giudizio sull'idoneità o meno del minore deve essere comunicato per scritto al datore di lavoro, al lavoratore ed ai titolari della potestà genitoriale, che hanno facoltà di richiedere copia della documentazione sanitaria. Si precisa inoltre che le disposizioni dei commi precedenti non si applicano agli adolescenti adibiti ad attività per le quali trovino applicazione le norme sulla sorveglianza sanitaria dei lavoratori di cui al titolo I, capo IV (si tratta degli articoli 16 e 17) del D.Lgs. n. 626/1994 in materia di sicurezza del lavoro.
L’art. 15 ribadisce il divieto di lavoro notturno per i minori in genere, con le eccezioni previste dal successivo articolo 17; il periodo rilevante a tali fini è, per tutti i minori di qualsiasi età, "un periodo di almeno 12 ore consecutive comprendente l'intervallo tra le ore 22 e le ore 6, o tra le ore 23 e le ore 7. Tali periodi possono essere interrotti nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata".
Le ipotesi di deroga al divieto di lavoro notturno per i minori sono così discipinate dal l’art. 17:
· per i minori impiegati nelle attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 977/1967, l'attività lavorativa può protrarsi sino alle ore 24, con un successivo periodo di riposo di almeno 14 ore consecutive;
· per gli adolescenti che abbiano compiuto i sedici anni, qualora si verifichino "casi di forza maggiore" che ostacolino il funzionamento dell'azienda, purché il lavoro sia temporaneo e non ammettere ritardi; non siano disponibili lavoratori adulti e vengano concessi equivalenti periodi di riposo compensativo entro tre settimane.
L'orario massimo di lavoro è fissato in 7 ore giornaliere e 35 ore settimanali per bambini, ed in 8 ore giornaliere e 40 settimanali per i minori di età tra i 15 e i 18 anni (art. 18, Legge n. 977/1967).
Il riposo domenicale e settimanale dei minori è disciplinato dalle disposizioni vigenti in materia[10].
Ai minori deve essere assicurato un periodo settimanale di almeno due giorni, se possibile consecutivi, e comprendente la domenica. Il periodo minimo di riposo può essere ridotto per comprovate ragioni di ordine tecnico ed organizzativo, ma non può comunque essere inferiore a 36 ore consecutive. I periodi di riposo possono essere interrotti nei casi di attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati o di breve durata nella giornata.
E’ prevista la possibilità di concedere il riposo settimanale anche in giorni diversi dalla domenica per i minori impiegati nelle attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, nonché per gli adolescenti impiegati nei settori turistico, alberghiero o della ristorazione.
Vengono inoltre regolamentati i riposi intermedi, con la previsione di una interruzione di almeno un’ora dopo 4 ore e mezza di lavoro.
Quanto al periodo di ferie retribuite, esso non può essere inferiore a 30 giorni fino al compimento dei 16 anni e a 20 giorni dopo tale limite di età.
L’art. 26 stabilisce infine le sanzioni previste per l’inosservanza delle disposizioni suindicate.
Consiglio di Stato, Adunanza del 20 dicembre 2004, parere
Ministero delle Comunicazioni, parere del 6 ottobre 2004
Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, parere del 25 novembre 2004
[1] Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione.
[2] Tale parere deve essere espresso entro 60 giorni dall’assegnazione alle citate commissioni. Trascorso tale termine, il regolamento può essere adottato anche in mancanza del parere.
[3] in seguito modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997
[4] Si ricorda che il 23 aprile 2005 scorso la Commissione ha adottato una comunicazione interpretativa (2004/C 102/2) intesa a definire l’ambito di applicazione della direttiva “televisione senza frontiere”, nella quale si precisa che le nuove tecniche di pubblicità interattiva e virtuale sono compatibili con la citata direttiva se tengono conto degli obiettivi di interesse generale ivi contenuti. Il 10 febbraio scorso la Commissione ha adottato il V rapporto sull’applicazione della direttiva, in cui si rappresenta l’intenzione della Commissione di elaborare una proposta di revisione della Direttiva.
[5] in seguito modificata dalla direttiva 97/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 giugno 1997
[6] Legge 6 agosto 1990, n. 223, Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato
[7] Si consideri che, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 977/1967 e successive modificazioni, si definisce “bambino: “il minore che non ha ancora compiuto 15 anni di età o che è ancora soggetto all’obbligo scolastico”.
[8] Si definiscono bambini i minorenni di età inferiore ai 15 anni o che siano, in ogni caso, ancora soggetti all’obbligo scolastico (art. 1, comma 2, lett. a), della L. n. 977 del 1967, nel testo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 345 del 1999).
Per adolescenti si intendono - in base alla definizione di cui all'art. 1, comma 2, lett. b), della L. n. 977 del 1967 (nel testo sostituito dall'art. 3 del D.Lgs. n. 345 del 1999 ) - i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni e che non siano più soggetti all'obbligo scolastico.
[9] L’Allegato I è stato inserito nella Legge n. 977/1967 dall’art. 15 del D.Lgs. n. 345/1999.
[10] Si veda, da ultimo, il Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, recante “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro”.