XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Il calcio professionistico
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 135
Data: 09/03/06
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

Servizio studi

 

documentazione e ricerche

Il calcio professionistico

 

 

n. 135

 


xiv legislatura

9 marzo 2006

 

Camera dei deputati


 

 

A seguito dell’indagine conoscitiva sul calcio professionsitico, deliberata dalla VII Commissione Cultura della Camera dei deputati il 4 marzo 2004 e conclusa il 21 luglio 2004 con l’approvazione di un documento conclusivo, il presente dossier contiene un aggiornamento sui temi trattati dall’indagine sia per quanto riguarda il quadro normativo che le azioni intraprese dalle parti interessate in relazione alle questioni emerse nel corso dell’indagine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: cu0428.doc


INDICE

Scheda

§      1. L’evoluzione del quadro normativo  1

§      1.1.Le società sportive professionistiche  1

§      1.2 L’autonomia dell’ordinamento sportivo  3

§      1.3 La prevenzione dei fenomeni di violenza nelle manifestazioni sportive  4

§      1.4 Gli incentivi per i giovani calciatori6

§      2. Diritti televisivi8

§      2.1.   La delibera dell’Autorità garante della concorrenza  e del mercato del 1° luglio 1999  8

§      2.2 L’evoluzione normativa  11

§      3. La mutualità  18

§      4. L’equilibrio finanziario: il sistema dei controlli e delle sanzioni21

Normativa di riferimento

Normativa italiana

§      Cost. 27 dicembre 1947  Costituzione della Repubblica italiana  (art. 117)1

§      L. 13 dicembre 1989, n. 401 Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive  5

§      L. 23 marzo 1981, n. 91  Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti15

§      D.L. 26 aprile 1993, n. 122  Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa  27

§      D.L. 30 gennaio 1999, n. 15, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 29 marzo 1999, n. 78 Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo.34

§      D.Lgs. 23 luglio 1999, n. 242  Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I., a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59  (art. 2, 5 co. e-bis)41

§      L. 23 dicembre 2000, n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge finanziaria 2001) (art. 145, co. 13)44

§      D.L. 19 agosto 2003, n. 220  convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 ottobre 2003, n. 280  Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva  47

§      L. 24 dicembre 2003, n. 350  Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)  (art. 4, co. 200-203)50

§      D.L. 30 giugno 2005, n. 115 convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 17 agosto 2005, n. 168, Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione.  (art. 6)52

Normativa comunitaria

§      Trattato 25 marzo 1957  Trattato che istituisce la Comunità europea  (Versione in vigore dal 1° febbraio 2003).  (artt. 81 e 82)57

§      Comunità Europee, Comunicazione a norma dell’articolo 19, par. 3, reg. n. 17 del Consiglio – Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) (2003/C 261/07)59

§      Comunità Europee, Decisione della commissione del 23 luglio 2003 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (COMP/C.2-37.398— Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League) [notificata con il numero C(2003) 2627] (2003/778/CE)60

§      Commissione europea, Comunicazione ai sensi dell’art. 19, par. 3 del reg. n. 17 Consiglio, Vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi alla FA Premier League (campionato di calcio di serie A nel regno Unito, (2004/C 115/02)61

§      Comunità Europee, Comunicazione a norma dell’articolo 27, par. 4, reg. CE n. 1/2003 n. 17 del Consiglio – Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) (2004/C 229/04)62

Documentazione

§      Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 6869 (1362) del 10 febbraio 1999 (Vendita diritti televisivi)65

§      Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 7340 (1362) del 1° luglio 1999 (Vendita diritti televisivi)68

§      Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 10985(1362B) del 18 luglio 2002 (Vendita diritti televisivi)146

§      F.I.G.C., Comunicato ufficiale n. 11/Cf  del 18 dicembre, 2003 concernente i criteri di ripartizione tra le società dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi collettivi155

§      F.I.G.C. – Bozza documento Consiglio Federale sulle conclusioni dell’indagine conoscitiva sul calcio professionistico svolta dalla  VII Commissione della Camera dei deputati, 11 Novembre 2004  156

§      Autorità garante della concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 14137, del 22 marzo 2005 (Abuso di posizione dominante)157

§      Autorità garante della concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 14156 del 31 marzo 2005 (Settore del calcio professionistico)166

§      Lega Calcio, Centro Studi, Analisi economico-finanziaria dei bilanci delle società di Serie A Tim e Serie B Tim (stagioni 1998-2004), Marzo 2005  168

§      F.I.G.C., Lega professionisti serie C, Regolamento per la ripartizione dei contributi federali alle società di Serie C per la stagione sportiva 2005/06  deliberato dal Consiglio Direttivo nella riunione del 27 Giugno 2005.169

§      Autorità garante della concorrenza e del Mercato,  Prot. N. 33532/05, del 25 novembre 2005, Nota informativa presentata al Parlamento relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo  170

§      F.I.G.C., Consiglio Federale del 19 gennaio 2006, Comunicazioni del Presidente Carraro sulle modalità dell’ammissione delle società ai ampionati professionistici 2006/2007  170

§      Autorità garante della concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 15108, del 25 gennaio 2006  (Reti televisive italiane/ramo di azienda di europa tv)171

§      Statuto F.I.G.C., (artt. 1, 2 3 e 7)177

§      F.I.G.C. Norme Organizzative interne (Parte II, artt. 77-90/ter)180

§      Lega Nazionale Professionisti, Regolamento (art. 46)181

 

 


Scheda


1. L’evoluzione del quadro normativo

1.1.Le società sportive professionistiche

In materia di sport professionistico, la disciplina generale è contenuta nella legge 23 marzo 1981, n. 91, recante “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, cui è sotteso il principio fondamentale per il quale l’attività sportiva è libera, sia che venga svolta in forma individuale o collettiva, a livello dilettantistico o professionistico.

Il rapporto di lavoro professionistico, con il conseguente tesseramento, si costituisce con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra l’atleta e la società destinataria della prestazione sportiva. La durata dei contratti viene stabilita con libera trattativa tra l’atleta e la società e non può essere superiore a cinque anni.

È ammessa la cessione del contratto prima della scadenza da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive. Le federazioni sportive devono prevedere un premio di addestramento e formazione tecnica dovuto dalla società con la quale un atleta stipula il primo contratto da professionista alla società con la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica.

La legge contiene anche disposizioni sulla tutela assicurativa, sanitaria e previdenziale degli sportivi professionisti, nonché sul trattamento tributario dei redditi derivanti dalle prestazioni sportive e dagli altri contratti tipici del settore dello sport professionistico.

Nel settore professionistico possono operare solamente le società costituite nelle forme della società per azioni o società a responsabilità limitata. Alcuni interventi degli ultimi anni hanno modificato sostanzialmente la disciplina delle società sportive.

 

Innanzitutto, con il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, recante “Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche”, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586, si è consentito alle società professionistiche il perseguimento dello scopo di lucro e quindi l'identificazione con le altre società commerciali disciplinate dalle leggi comuni e, innanzitutto, dal codice civile; è stata infatti eliminata la disposizione che obbligava le società sportive a prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.

 

In proposito, l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999 sulla vendita collettiva dei diritti TV, ha sottolineato che “la riforma del settore dello sport professionistico, determinata dalle modifiche alla disciplina delle società sportive apportate dalla legge n. 586/1996, ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi. L'eliminazione di tale vincolo risulta, in particolare, funzionale all'esigenza delle principali società sportive - quelle calcistiche in particolare - di vedere quotate in mercati ufficiali le proprie azioni. Lo stesso legislatore ha con ciò confermato la natura intrinsecamente imprenditoriale dell'attività esercitata dalle società calcistiche”.

 

Con lo stesso decreto-legge sono stati introdotti nella legge n. 91 del 1981,

- la sottoposizione, al solo fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, delle società sportive a verifiche sull'equilibrio finanziario da parte delle federazioni sportive, su delega del CONI e secondo le modalità e i princìpi da questo stabiliti;

- l'eliminazione di ogni riferimento al pagamento di una indennità di preparazione e promozione (cosiddetto “parametro”) da parte della società con la quale un atleta professionista stipula un nuovo contratto alla società titolare del precedente contratto dello stesso atleta. Attraverso questo meccanismo le società potevano classificare le somme spese per acquisire i diritti alla prestazione sportiva del calciatore come investimenti e tutti questi diritti, sebbene classificati come beni immateriali, formavano parte delle immobilizzazioni della società. Quest'ultima modifica è stata resa necessaria dalla cosiddetta “sentenza Bosman” (Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 15 dicembre 1995, nel procedimento C-415/93), con la quale la Corte di giustizia delle Comunità europee ha altresì dichiarato illegittime, ai sensi dell'articolo 48 del trattato CEE, le norme adottate dalle organizzazioni sportive che consentivano alle società calcistiche di schierare nelle competizioni ufficiali solo un numero limitato di calciatori professionisti cittadini di altri Stati membri. Per far fronte alle problematiche derivanti dall'eliminazione di detta indennità, il citato decreto-legge n. 485 del 1996 ha introdotto un regime transitorio in base al quale le società sportive potevano iscrivere nel proprio bilancio tra le componenti attive in apposito conto un importo massimo pari al valore di detta indennità maturata alla data del 30 giugno 1996, a seguito di una apposita certificazione rilasciata dalla federazione sportiva competente. Le società hanno quindi provveduto all'ammortamento del valore scritto entro i successivi tre anni.

 

Un ulteriore intervento in favore della critica situazione finanziaria delle società calcistiche si è avuto con il decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante “Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali, di riscossione e di procedure di contabilità”, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27 (cosiddetto “spalmadebiti”). Tale provvedimento, attraverso l’introduzione dell’articolo 18-bis nella legge n. 91 del 1981, ha consentito alle società sportive di iscrivere in bilancio, tra le componenti attive quali oneri pluriennali da ammortizzare, le svalutazioni dei diritti alle prestazioni sportive dei calciatori, consentendo di procedere all'ammortamento di tale svalutazione in dieci rate annuali di pari importo. Tale norma, a seguito di una inchiesta avviata dalla Commissione UE (che ha ritenuto che la disposizione potesse essere considerata una forma di "aiuto di Stato" e contenere regole contabili incompatibili con i princìpi contabili adottati dall'Unione europea) è stata poi abrogata dall’articolo 6 del DL 30 giugno 2005, n. 115, recante Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione, che, ha previsto un sostanziale dimezzamento del periodo in cui può essere applicata la norma(cinque annualità invece di dieci, sempre a partire dal 2002) e la non incidenza dell’ammortamento sulla posizione fiscale delle società interessate, dando seguito al compromesso raggiunto tra la Commissione europea e il Governo italiano.

1.2 L’autonomia dell’ordinamento sportivo

 

Il decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280 (relativo al cosiddetto “caso Catania”) ha definito le relazioni tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, sancendo il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato internazionale olimpico (CIO); tale autonomia trova un limite unicamente a fronte di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale. Per quanto concerne i rapporti tra giurisdizione sportiva e statale in materie non riservate alla giurisdizione esclusiva sportiva, viene previsto, in via generale, l’obbligo di previo esperimento dei relativi ricorsi presso gli organi di giustizia sportiva. Solo una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva, le questioni potranno essere sollevate innanzi al giudice ordinario, per quanto concerne i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, o al TAR del Lazio, competente in via esclusiva in primo grado e chiamato ad operare secondo modalità accelerate di definizione del giudizio, per ogni altra controversia che abbia ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive.

 

 

 

1.3 La prevenzione dei fenomeni di violenza nelle manifestazioni sportive

Con riferimento, infine, alla violenza negli stadi, si ricorda che la legge 13 dicembre 1989, n. 401 ”Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche” ha introdotto una prima disciplina legislativa per la repressione e la prevenzione dei fenomeni di violenza nelle manifestazioni sportive. Il provvedimento, che contiene ancora oggi la disciplina quadro antiteppismo sportivo, ha inteso combattere il fenomeno della violenza negli stadi in tre distinti momenti temporali e secondo tre modalità:

§          impedire l'accesso ai luoghi di svolgimento delle competizioni agonistiche di soggetti pericolosi per l'ordine pubblico (il provvedimento interdittivo è assunto dal questore) (art. 6)

§          sanzionare pecuniariamente i comportamenti di turbativa delle manifestazioni sportive non costituenti illecito penale (art. 7);

§          vietare un nuovo accesso agli stadi a chi sia stato arrestato in flagranza per reati commessi durante o in occasione di manifestazioni sportive e successivamente rimesso in libertà (art. 8).

Dopo che la cd. legge Mancino (DL 26 aprile 1993, n. 122, convertito dallalegge 25 giugno 1993, n. 205) aveva previsto il divieto d’accesso allo stadio di persone con emblemi o simboli di organizzazioni o gruppi incitanti alla discriminazione razziale, etnica e religiosa, il DL 22 dicembre 1994, n. 717 (convertito dalla legge 24 febbraio 1995, n. 45) introduceva, per la prima volta, su prescrizione del questore, una nuova misura di prevenzione (complementare all’interdizione all’accesso allo stadio) ovvero l’obbligo di comparizione del tifoso violento presso gli uffici di polizia durante l’orario di svolgimento delle gare. Ai dubbi di costituzionalità della misura in relazione alla limitazione della libertà personale disposta per via amministrativa, il legislatore rimediava in sede di conversione del decreto, prevedendo un controllo giurisdizionale mediante la necessarietà della convalida della misura da parte del GIP.

Successivamente, il D.L. 20 agosto 2001, n. 336 “Disposizioni urgenti per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive”convertito dalla legge 19 ottobre 2001, n. 377, è intervenuto su diversi piani - preventivo, repressivo, procedurale - sulla disciplina contenuta nella legge n. 401/1989; il D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, di identico titolo,convertito dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, oltre ad introdurre nuove fattispecie di illecito (lancio di materiali pericoloso dagli spalti, possesso artifizi pirotecnici, come razzi, bengala, ecc.) ha innovativamente previsto il cd. arresto in flagranza differita dei tifosi violenti. Tale strumento, individuato come il mezzo normativamente più idoneo per contrastare un fenomeno in continua espansione  – anche a seguito dei numerosi dubbi di legittimità costituzionale - è però stato reso transitorio in sede di conversione del decreto-legge: la sua applicabilità (come quella dell’applicazione di misure coercitive al di fuori dei limiti edittali, v. ultra) è così stata inizialmente limitata al 30 giugno 2005 (v. ultra, DL 115/2005).

Il decreto ha inoltre previsto:

1) il differimento o divieto di manifestazioni sportive da parte del Prefetto “per urgenti e gravi necessità pubbliche connesse allo svolgimento delle manifestazioni sportive” (nuovo art. 7-bis, legge 401/1989, art. 1-ter del D.L.))

2) l’introduzione di precise disposizioni in ordine all’organizzazione delle gare ed ai requisiti dell’impianto sportivononchè all’emissione di biglietti in numero congruo alla capienza dell’impianto(art. 1-quater del D.L.):

a) la numerazione dei biglietti di ingresso agli impianti sportivi con capienza superiore a diecimila unità;

b) l'ingresso agli impianti mediante varchi dotati di metal detector per la rilevazione di strumenti di offesa nonché di apposite apparecchiature per la verifica elettronica della regolarità del titolo di accesso (tornelli);

c) la presenza negli impianti di strumenti di videosorveglianza delle aree riservate al pubblico all'interno dell'impianto e nelle sue immediate vicinanze;

d) l'istallazione nell'impianto “di mezzi di separazione che impediscano che i sostenitori delle due squadre vengano in contatto tra loro o possano invadere il campo”.

Le previsioni dell’art. 1-quater del D.L 28/2003 sono state poi attuate con l’emanazione di tre decreti del Ministero dell’interno (DM 6 giugno 2005).

Il D.L. 30 giugno 2005, n. 115 “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita' di settori della pubblica amministrazione” convertito dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, ha inoltre disposto la proroga di due anni (dal 30 giugno 2005 al 30 giugno 2007) dell’efficacia delle citate disposizioni concernenti l’arresto in flagranza differita degli autori di violenze commesse durante le manifestazioni sportive nonché la possibilità di svincolare dal rispetto dei limiti ordinari l’applicazione delle misure coercitive nei loro confronti.

 

Il DL 17 agosto 2005, n. 162, Ulteriori misure per contrastare i fenomeni di violenza in occasione di competizioni sportive, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2005, n. 210, ultimo intervento in materia, ha in particolare previsto:

-             l’estensione, in condizioni di reciprocità, dell’applicabilità delle citate misure interdittive alle gare sportive che si svolgano all’estero;

-             la prescrizione da parte dello stesso giudice, in sede di sentenza di condanna, del divieto di accesso allo stadio e della comparizione obbligatoria del tifoso violento negli uffici di polizia.

Il decreto ha, più in generale, inteso infine coordinare la disciplina sopradescritta con quella introdotta dai tre decreti emanati dal ministero dell’interno il 6 giugno 2005 nonché con le direttive impartite dalle federazioni internazionali sulla sospensione interruzione e cancellazione delle gare.

1.4 Gli incentivi per i giovani calciatori

 

Le più recenti disposizioni per favorire l’inserimento di giovani atleti nelle società sportive sono state recate dalla legge finanziaria 2004.

 

Il comma 196 dell’articolo 4, ha elevato dal 10% al 30% la misura del credito d’imposta per l’assunzione di giovani calciatori previsto della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001)[1].

L’articolo 145, comma 13, della legge n. 388/2000, ha disposto misure agevolative a favore delle società calcistiche di C1 e C2 che stipulano contratti con giovani giocatori (14-19 anni). È possibile la proroga del limite di età fino al compimento del ventiduesimo anno nel caso in cui la società sportiva abbia provveduto o provveda a stipulare con il giovane di serie il primo contratto professionistico.

In particolare, nei limiti del contributo straordinario al Coni di 20 miliardi di lire (pari a 10,33 milioni di euro) da destinare a sport sociale e giovanile, la disposizione in oggetto ha riconosciuto per ogni giovane assunto un credito d’imposta pari al 10% del reddito da lavoro dipendente ad essi corrisposto, con un limite massimo di 10 milioni di lire per giocatore.

 

I successivi commi da 200 a 203 dell’articolo 4prevedono disposizioni volte a favorire l’occupazione di giovani sportivi, mediante la concessione di un credito di imposta (fruibile entro il limite di spesa di 1,5 milioni di euro, rispettivamente, per il 2004 e per il 2005) alle società sportive che assumono detti giovani. Il credito di imposta è concesso alle società sportive che operano nei campionati di calcio di serie C1 e C2 e nel campionato di pallacanestro di serie A1 e A2 le quali, nel periodo di imposta 2004, incrementano il numero di giovani sportivi assunti con contratto di lavoro dipendente.

I giovani sportivi assunti devono essere cittadini di Paesi membri dell’Unione europea e devono avere un’età compresa tra i quattordici e i ventidue anni.

Alle società indicate viene concesso un credito di imposta pari al 15% del reddito di lavoro dipendente corrisposto ai giovani sportivi assunti.

Il credito è fruibile nella misura massima annua di 5.164 euro per dipendente e limitatamente ai nuovi assunti che risultino eccedenti rispetto al numero medio dei giovani sportivi con contratto di lavoro dipendente risultanti nel periodo di imposta 2003.

 

La concessione del credito d’imposta viene inoltre subordinata alle seguenti condizioni:

-          la percentuale dei cittadini di Paesi membri dell’Unione europea rispetto al totale dei giovani sportivi dipendenti della società sportiva deve risultare superiore a quella media dei tre anni precedenti. La disposizione è finalizzata, in sostanza, a favorire l’incremento effettivo di giovani sportivi che siano cittadini di Paesi membri dell’Unione europea;

-          devono essere osservati gli obblighi di legge previsti per l’assicurazione contro gli infortuni e la morte, al fine di garantire il rispetto della normativa in materia;

-          le società in esame devono aver adempiuto regolarmente agli obblighi tributari.

 

 

Con riferimento, infine, alla normativa interna, si segnala l’approvazione da parte del CONI - nel Consiglio nazionale del 15 luglio 2004 – di una direttiva alle Federazioni, secondo la quale, a partire dal campionato 2006-2007, “nelle squadre che partecipano ai campionati di livello nazionale dovrà essere garantita una presenza di giocatori formati nei vivai giovanili nazionali non inferiore al 50 per cento del totale dei giocatori compresi nel referto arbitrale”.

 

Il Consiglio federale del 1° febbraio scorso ha inoltre approvato il nuovo testo dell'articolo 99 bis delle NOIF che regola il riconoscimento del premio alla carriera a favore delle società della Lega Dilettanti e di Settore Giovanile, quando un loro calciatore, precedentemente tesserato come "giovane" o "giovane dilettante", scenda in campo in una gara del campionato di Serie A o in una gara ufficiale della Nazionale o dell'Under 21.


2. Diritti televisivi

2.1.La delibera dell’Autorità garante della concorrenza
 e del mercato del 1° luglio 1999

Fino alla stagione 1998/1999 i diritti di trasmissione televisiva delle partite del campionato di Serie A, sia in chiaro[2] sia in criptato, erano negoziati per il tramite della Lega Calcio[3], che provvedeva a distribuire i relativi proventi tra le società calcistiche professionistiche sostanzialmente su base paritetica.

Dall'inizio del 1998, alcune società calcistiche iniziarono trattative con una emittente televisiva a pagamento per la vendita individuale dei diritti televisivi di propria pertinenza. Per il Milan, la Juventus, l'Inter, il Napoli, l'Empoli, il Bologna, il Cagliari, il Torino e il Bari tali trattative portarono, tra il maggio del 1998 e il marzo del 1999, alla conclusione di contratti definitivi aventi ad oggetto la cessione dei diritti televisivi criptati relativi al Campionato di Serie A e B nonché dei diritti televisivi esteri.

 

Il 10 febbraio 1999, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) avviò un’istruttoria nei confronti della Lega Calcio, per presunta violazione delle norme poste a tutela della concorrenza recate dalla legge 287/1990[4], rilevando che il regolamento organizzativo della Lega attribuiva in esclusiva a quest’ultima la gestione dei diritti televisivi relativi alle partite del Campionato di calcio e della Coppa Italia, e ravvisando in ciò una possibile intesa tra le società di calcio restrittiva della concorrenza nel mercato italiano dei diritti televisivi.

 

Nel frattempo, il 30 gennaio 1999 era stato emanato il decreto legge n. 15[5] che, al comma 1 dell’articolo 2,conteneva disposizioni volte a fissare la disciplina di base utilizzabile dalle competenti Autorità per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel particolare settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, intervenendo su un segmento dell’offerta di programmi ritenuto cruciale ai fini dell’acquisto di quote di mercato: la trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio; il decreto prevede quindi che uno stesso soggetto attivo nel settore televisivo non possa detenere più del 60 per cento dei diritti televisivi criptati afferenti al Campionato italiano di Serie A o della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinino la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. La norma affida all’Antitrust, sentito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il compito di vigilare sul rispetto di tale soglia, con la facoltà di derogare al predetto limite in considerazione delle condizioni generali del mercato, della titolarità di altri diritti sportivi e della loro durata, al fine di garantire che il gioco della concorrenza non venga falsato.

In sede di conversione in legge del decreto - tramite un emendamento introdotto al Senato - fu definita a livello legislativo la questione preliminare della titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle partite di calcio, precisando che i diritti di trasmissione televisiva in forma codificata spettano alle singole squadre di calcio di serie A e B.

 

Intanto Il 19 marzo 1999, l'assemblea delle società aderenti alla Lega Calcio modificava gli articoli 1 e 25 del regolamento della Lega, limitando la possibile rappresentanza della Lega – in ogni caso su delega specifica rilasciata per ogni singolo contratto e da ogni singola società – in ordine alla vendita dei diritti  relativi alla diffusione:

·         televisiva, sul solo territorio italiano, degli highlights in chiaro e in differita dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         radiofonica, con esclusione dell'ambito locale, dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         televisiva e radiofonica - senza limitazioni territoriali - sia in chiaro che in criptato, della Coppa Italia per le sole fasi a eliminazione diretta.

Tali modifiche furono in seguito approvate in via definitiva nella riunione del 9 aprile 1999 del Consiglio Federale della FIGC[6].

 

Il 1° luglio 1999 l’AGCM concludeva il procedimento di infrazione aperto nei confronti della Lega Calcio per violazione dell’articolo della legge 287/90 non riconoscendo alla Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, un ruolo tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Veniva quindi censurata l'intesa costituita dal precedente regolamento di Lega[7], avente ad oggetto la vendita collettiva dei diritti televisivi del Campionato di calcio di Serie A e B e della Coppa Italia, relativamente ai periodi 1993/96, 1996/99 sino al gennaio 1999 - in quanto diretta alla fissazione dei prezzi e quindi in violazione dell'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90, - e nello stesso tempo prendendo atto del venire meno dell’intesa in seguito alle intervenute modifiche regolamentari.

Per quanto riguarda gli highlightsl’AGCM ha ritenuto che la vendita collettiva non presentasse carattere restrittivo in quanto tale prodotto non avrebbe potuto essere commercializzato su base individuale da parte delle singole società.

Quanto all'intesa avente ad oggetto la vendita collettiva da parte della Lega dei diritti della Coppa Italia limitatamente ai turni a eliminazione diretta, l’AGCM concedeva un’autorizzazione in deroga, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4, comma 1, legge n. 287/90, sino al 30 giugno 2002; tale deroga è stata successivamente estesa dall’Autorità (con provvedimento del 19 luglio 2002) fino al 30 giugno 2005. Per i diritti 2005-2006 è stato concordato con l’AGCM di effettuare un’asta pubblica per un solo anno.

 

2.2 L’evoluzione normativa

Sulla vendita dei diritti televisivi la normativa europea ha modificato negli ultimi anni il proprio orientamento in senso più favorevole alla vendita collettiva.

Partendo dall’affermazione della Corte di giustizia secondo la quale lo sport costituisce un’attività economica ai sensi dell’articolo 2 del trattato[8], la Commissione ha riconosciuto la specificità dello sport nella dichiarazione del Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000[9]. In quella occasione il Consiglio ha assunto una posizione favorevole alla messa in comune di una parte degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV, ai livelli appropriati, come vantaggiosa per il principio di solidarietà tra tutti i livelli e le discipline dello sport.

 

Nella decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League[10], la Commissione ha concesso un’esenzione ai sensi del citato articolo 81 del trattato, fino al 31 luglio 2009.

 

In particolare, la Commissione ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un’agenzia di vendita congiunta (punto 153 della decisione). La Commissione ha poi ritenuto che gli effetti negativi derivanti dall’accordo comune di vendita siano controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico o economico dei contenuti mediatici stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono (punto 161) e che la decisione dei club calcistici e della UEFA riguardo l’accordo comune di vendita migliora la produzione e la distribuzione della UEFA Champions League ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, consentendo la creazione di un prodotto di marca di qualità e costituendo un vantaggio per gli operatori dei media, i club calcistici e gli spettatori, in quanto porta alla creazione di un punto vendita unico per l’acquisizione di un pacchetto di prodotti “campionato”. Tuttavia, poiché nessuno di tali vantaggi deriva dalla limitazione della libertà dei singoli club di vendere i diritti della diretta TV a emittenti diverse dalle pay-TV/pay-per-view, la Commissione ha subordinato tale decisione alla condizione che venga consentito ai club calcistici di vendere i propri diritti di diretta TV ad emittenti non a pagamento, qualora non vi sia un’offerta ragionevole da parte di una emittente a pagamento (punto 168).

 

In tema di vendita collettiva dei diritti televisivi la Commissione è intervenuta in altri due casi a livello nazionale. In tali circostanze la Commissione ha autorizzato la vendita dei diritti relativi al campionato di calcio utilizzando la nuova procedura che consente alle imprese di evitare un accertamento di infrazione proponendo impegni adeguati (Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato)[11].

 

il 23 giugno 2001 la Commissione ha avviato di propria iniziativa un'inchiesta sugli accordi di vendita congiunta connessi alle partite della Football Association Premier League Limited (FAPL), vale a dire ilcampionato di calcio di serie A nel Regno Unito, relativamente alla vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi al campionato. A seguito dell’inchiesta, la FAPL ha modificato le proprie modalità di vendita: a partire dai diritti per la stagione del 2007, nessun acquirente potrà acquistare in esclusiva tutti i pacchetti di diritti per la diretta commercializzati a livello centrale; i pacchetti continueranno ad essere costituiti in modo da riflettere le condizioni di mercato e da tener conto delle esigenze delle emittenti nonché dell'obiettivo di rappresentare adeguatamente il campionato di Premier League[12];

 

il 25 agosto 1998, la Deutsche Fußballbund (DFB) ha presentato una richiesta di attestazione negativa o, in subordine, di esenzione ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE per la vendita congiunta dei diritti radiotelevisivi e di altre forme tecniche di sfruttamento delle partite di campionato di calcio tedesco della prima e della seconda divisione maschile (Bundesliga e 2 Bundesliga, rispettivamente).

La Commissione ha considerato la vendita incompatibile con l'articolo 81, paragrafo 1, del trattato CE, in quanto essa limita la concorrenza sui mercati a monte per l'acquisto dei diritti televisivi degli incontri regolari di calcio e dei corrispondenti diritti di diffusione via telefonia mobile o via internet, nonché la concorrenza sui mercati televisivi a valle per le televisioni in chiaro e le pay-TV e su quelli in cui telefonia mobile e internet concorrono per procacciarsi clienti. Ai sensi dell'attuale disciplina, i club della prima e della seconda divisione della Bundesliga non hanno il diritto di sfruttare le loro partite di campionato o di presentarsi come fornitori indipendenti. Inoltre, in conseguenza della commercializzazione centralizzata con vendita in esclusiva di tutti i diritti ad un'unica emittente, solo poche emittenti o altri utilizzatori del contenuto hanno la possibilità di entrare in azione.

Di conseguenza, il 10 giugno 2003 la DFB ha presentato alla Commissione un piano che modifica significativamente l'originaria disciplina notificata prevedendo la commercializzazione in modo centrale di una parte dei diritti di diffusione in base a disposizioni precise e trasparenti. Inoltre, i club potranno commercializzare in modo individuale determinati diritti. In proposito, la Commissione ha concluso che i vantaggi per i consumatori che la disciplina modificata è idonea a raggiungere sono superiori rispetto ai problemi che essa pone in materia di concorrenza ed ha quindi giudicato positivamente la nuova disciplina[13].

Nel corso della XIV legislatura non sono intervenuti nuovi provvedimenti legislativi in materia di diritti televisivi.

La VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) della Camera dei deputati ha deliberato il 4 marzo 2004 un’indagine conoscitiva sul calcio professionistico nell’intento di acquisire una visione d'insieme delle dinamiche evolutive del fenomeno calcistico, con riferimento, in particolare, ai seguenti aspetti: organizzazione delle attività, sistema di finanziamento e ulteriori problematiche attinenti le società professionistiche, anche in riferimento alle questioni relative alla commercializzazione e all'utilizzo dei diritti televisivi; valorizzazione dell'attività sportiva giovanile e delle attività sociali connesse al calcio dilettantistico; modalità di intervento per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di violenza all'interno e all'esterno degli stadi, con particolare riferimento a misure alternative a quelle di ordine pubblico; connessioni tra le attività della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) e quelle del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).

Al termine dei propri lavori, la Commissione ha approvato un documento conclusivo condiviso da tutte le forze politiche, che in sostanza conteneva un invito agli organi di autogoverno del calcio ad individuare autonomamente – vale a dire senza interventi legislativi – soluzioni idonee alle questioni emerse e, soprattutto, a promuovere un processo riformatore interno al mondo del calcio. In quella occasione, la Commissione, nell’intento di offrire un contributo all’individuazione di soluzioni strutturali, e non limitate a fronteggiare l’emergenza, per i problemi del mondo del calcio, ha espresso alcuni suggerimenti

a)      una revisione del sistema di mutualità tra le società professionistiche finalizzata all’individuazione delle specifiche “missioni” dei diversi campionati di categoria;

b)      il potenziamento del sistema dei controlli sull’andamento finanziario delle società, con l’introduzione di penalizzazioni in termini di punti in classifica e la creazione di un organo di controllo autorevole e autonomo;

c)      la promozione di nuove modalità di utilizzo e valorizzazione degli stadi, da cui si possono attendere rilevanti benefici su una pluralità di piani, da quello economico – con l’incremento e la diversificazione delle entrate delle società – a quello della sicurezza – con una loro più ampia responsabilizzazione su questo piano.

 

In particolare, sulla questione dei diritti televisivi, nel corso dell’indagine sono state espresse valutazioni difformi: alcuni dei soggetti auditi hanno ritenuto auspicabile la vendita collettiva da parte della Lega, come avviene, ad esempio, in Germania, dove i diritti sono gestiti collegialmente e ripartiti anche al settore dilettantistico, e in Inghilterra, dove una quota dei diritti viene divisa in parti uguali fra tutte le squadre, una quota per bacino d’utenza e una quota in base ai risultati. Altri soggetti, invece, pur non dichiarandosi contrari ad una eventuale vendita collettiva, hanno fatto notare come alla vendita individuale dei diritti TV corrisponda in Italia un sistema di mutualità verso le squadre della Serie B ben più incisivo di quanto avviene all’estero. Nell’ottica di contrastare la progressiva diminuzione delle entrate derivanti dallo sfruttamento dei diritti televisivi, sono state avanzate, infine, alcune proposte di sviluppo del settore attraverso la vendita collettiva dei diritti internazionali del calcio italiano, attualmente sottoutilizzati, ovvero la possibilità di sfruttare i nuovi mezzi di comunicazione (digitale terrestre, Internet, telefonia mobile).

Negli indirizzi conclusivi, la Commissione ha valutato positivamente la proposta più diffusamente sostenuta relativamente ad un ritorno alla cessione collettiva dei diritti televisivi criptati. Tuttavia la Commissione ha rilevato come, indipendentemente dal fatto che la vendita dei diritti televisivi criptati sia individuale o collettiva, appare decisivo modificare la filosofia che presiede all’intero sistema della mutualità. L’attuale sistema calcio è sembrato infatti privo di una sua logica interna: ciascun campionato si presenta come una riproduzione minore di quello di Serie A, perseguendo più un criterio di imitazione che di formazione.

In tale contesto, la logica dell’attuale sistema di mutualità non è sembrata in grado di tutelare efficacemente né i diritti individuali né quelli collettivi. La Commissione ha conclusivamente sottolineato l’urgenza di introdurre una nuova logica mutualistica, che metta in moto un circolo virtuoso di riequilibrio del sistema, in grado di aumentarne la competitività e, quindi, la spettacolarità complessiva, nonché di favorire la formazione e la promozione dei vivai, come peraltro avviene in tutti gli altri paesi europei.

Tra le proposte emerse negli indirizzi conclusivi della Commissione, si suggeriva, al riguardo che le altre serie professionistiche (B, C1 e C2) assumessero in modo nuovo e significativo un ruolo di formazione dei giovani in grado di “alimentare” stabilmente l’intero sistema e che la Serie A trasferisse una quota delle proprie risorse alle altre serie professionistiche, con il vincolo dell’effettiva utilizzazione di un determinato numero di giovani atleti.

 

La Commissione Cultura ha inoltre avviato l’esame, il 14 dicembre scorso, della proposta di legge Ronchi ed altri: "Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio", volta al riconoscimento della titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata ai soggetti organizzatori dei campionati di calcio di serie A e B e delle altre competizioni ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali. Peraltro, un tentativo di accelerare l’iter della legge attraverso una sua discussione in sede legislativa non ha incontrato il favore di tutte le forze politiche.

La proposta si compone di un unico articolo. Il primo periodo dell’articolo 1 sostituisce il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, nel senso di attribuire al soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei medesimi campionati. Il secondo periodo dell’articolo 1 della pdl in esame prevede che gli utili della cessione di tali diritti siano suddivisi tra le società di calcio partecipanti a tali campionati secondo criteri annualmente definiti dal soggetto organizzatore e approvati dalla giunta nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).

 

Merita poi segnalare che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato, il 31 marzo 2005, un'indagine conoscitiva di natura generale nel settore del calcio professionistico, con particolare riferimento alle previsioni normative e regolamentari di settore, all'individuazione dei mercati rilevanti, alla rilevanza concorrenziale dei comportamenti tenuti dagli operatori attivi nel settore del calcio professionistico. Pur riconoscendo le peculiarità proprie del mondo dello sport e, in particolare, del calcio professionistico, che includono la definizione di regole non solo tecniche necessarie al corretto funzionamento delle competizioni sportive che, qualora incidano sull'attività economica degli operatori coinvolti, potrebbero comunque giustificare delle restrizioni della concorrenza, quando siano finalizzate al raggiungimento del legittimo obiettivo di garantire un equilibrato svolgimento delle competizioni sportive, nonché parità di condizioni nello sviluppo dell'attività sportiva medesima, l'Autorità ritiene che le eventuali restrizioni di natura concorrenziale debbano rispondere al criterio di proporzionalità, dovendo quindi risultare strettamente necessarie e indispensabili per raggiungere i suddetti obiettivi, costituendo, al tempo stesso, la soluzione meno restrittiva della concorrenza.

L’AGCM ha inoltre avviato una serie di procedure istruttorie sulle condizioni di concorrenza del mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo in considerazione del fatto che i contenuti calcistici costituiscono, tanto per gli operatori televisivi in chiaro, quanto per gli operatori televisivi a pagamento, un’importante fonte di ricavi pubblicitari, in quanto, oltre ad avere come caratteristica elevati indici di ascolto, sono seguiti con continuità da un pubblico ben identificabile come target pubblicitario. In virtù di tali elementi, i diritti televisivi sugli eventi calcistici rappresentano, ad avviso dell’Autorità, fattori determinanti ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo ed in particolare sul mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo, nonché un importante strumento di affermazione dei nuovi mezzi di trasmissione[14].

 

In particolare, l’AGCM ha avviato una istruttoria ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 287/90, nei confronti di Mediaset per presunta violazione dell’articolo 82 del Trattato CE sull’abuso di posizione dominante, che si concluderà entro il 15 maggio 2006, con riferimento all’acquisto dei diritti TV fino al 2007 sugli eventi calcistici di cui ciascuna delle società detiene la titolarità, ossia le partite casalinghe del campionato di serie A e di serie B, per quanto riguarda la trasmissione attraverso il digitale terreste, il cavo e la trasmissione via adsl; inoltre, Mediaset ha acquisito un diritto di prima negoziazione e di prelazione per nove stagioni sportive consecutive, dal 2007/2008 al 2015/2016 su tutti i predetti mezzi di diffusione televisiva.

 

Il successivo acquisto, da parte di Mediaset dei diritti televisivi, (compresi i diritti satellitari) e telefonici di alcune squadre per più stagioni calcistiche ha determinato l’invio da parte di altre squadre di un esposto al Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per abuso di posizione dominante da parte delle squadre interessate dai citati contratti.

 

Con riferimento poi alle nuove piattaforme tecnologiche, si segnala che il 27 gennaio 2006, l’AGCM ha avviato un’istruttoria sulla concentrazione delle frequenze televisive terrestri con riferimento all’acquisizione da parte di Mediaset di un ramo d’azienda di proprietà di Europa TV, che porta il canale Sportitalia sul digitale terrestre; l’Antitrust dovrà pronunciarsi sull’ipotesi per cui il mercato della televisione mobile con standard Dvb-h potrebbe costituire un mercato distinto rispetto a quello delle reti digitali della trasmissione del segnale televisivo terrestre (Dvb-t) e a quello delle infrastrutture di trasmissione. In tale settore la definizione dei contenuti e la raccolta pubblicitaria spetteranno all’operatore telefonico che gestirà il rapporto con l’utente finale, mentre quest’ultimo pagherà un “premio di mobilità” per vedere contenuti televisivi in gran parte visibili gratuitamente da casa.

 


3. La mutualità

 

Il sistema di mutualità ridistribuisce attualmente una quota consistente delle risorse prodotte (assegnazione di una quota pari al 18 per cento dei diritti TV e degli incassi da biglietti alla squadra ospite,  nonché di una quota dei ricavi da vendita collettiva dei diritti televisivi, in chiaro e criptati, da giochi e scommesse e da sponsorizzazioni dei campionati alla Serie B, con un importo garantito pari a 103 milioni di euro).

Nel documento approvato dal Consiglio federale della FIGC l’11 novembre 2004 sulle conclusioni dell’indagine conoscitiva del Parlamento[15], tutte le componenti federali si sono impegnate ad individuare nuovi criteri per il riparto delle risorse tra le varie componenti e per l’eventuale loro finalizzazione.

La questione riguarda principalmente la Serie A e la Serie B perché, come emerge dal documento, la Serie C ha già da tempo attuato forme di ripartizione dei contributi federali sulla base dell’effettivo ricorso delle società a calciatori provenienti dai vivai. In particolare, nella stagione 2005/2006 beneficiano del contributo le squadre che schierano in partite di campionato calciatori nati dal 1° gennaio 1982 in poi, e che abbiano, comunque, compiuto anagraficamente il 15° anno di età, e siano di cittadinanza italiana.

Il calcolo delle quote viene realizzato attraverso la rilevazione dei minuti complessivamente giocati dai “giovani” in lacune giornate. Si divide il contributo federale inerente il periodo preso in considerazione per il totale dei minuti giocati in C1 e C2 e si ottiene la quota minuto rispettivamente per le due categorie. La quota minuto viene quindi moltiplicata per la somma dei minuti giocati dai “giovani” di ciascuna squadra e si determina la cifra da liquidare alle varie società.

 

Con riferimento alla Serie B, si ricorda che l’assemblea della Lega del 14 ottobre 2005 ha previsto la separazione consensuale tra A e B. La decisione è uno dei punti dell'accordo approvato nel corso dell'assemblea, che ha anche stabilito la ripartizione dei proventi del campionato di calcio derivanti dai diritti televisivi, dai concorsi e dalle sponsorizzazioni. La Serie A si è impegnata - con un accordo ratificato nella assemblea del 3 febbraio 2006 - a versare alla Serie B la cifra di 95 milioni di euro per i prossimi tre anni e la miglior cifra tra 65 milioni e il 50% delle entrate collettive della Lega per i sei anni successivi. Di questi soldi, una parte rilevante verrà concessa alle squadre B che retrocederanno dalla massima serie alla fine del campionato 2006.

Alla serie B è inoltre imposta una serie di parametri, tra i quali il contenimento dei costi e la valorizzazione dei vivai. Le società che eventualmente non dovessero attenersi a questa regola, non riceveranno alcun finanziamento.

Nel frattempo, la Serie B ha migliorato la propria situazione economico finanziaria, soprattutto con riferimento al costo dei calciatori: mentre nella stagione 2000/2001 a fronte di ricavi pari a 119 milioni di euro, i costi per stipendi ammontavano a 231 milioni, nella stagione 2003/2004, con una Serie B a 24 squadre detti costi sono stati inferiori ai ricavi, anche se in misura ancora non adeguata a garantire la sostenibilità economica (249 milioni su 255 milioni di ricavi).

 

In merito ai criteri di ripartizione all’interno della Serie A, com’è noto, l’articolo 46 del Regolamento della Lega nazionale professionisti prevede che i criteri di ripartizione dei crediti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, approvati dall’assemblea del 19 marzo 1999, abbiano durata fino al 30 giugno 2005 e, qualora non si raggiunga una soluzione idonea a perseguire l’identico scopo mutualistico, si intendano prorogati per un triennio, sino al 30 giugno 2008.

Con decisione del 18 dicembre 2003, la Corte federale ha dichiarato tale disposizione inefficace - a decorrere dal 1° luglio 2004 - per eccessiva onerosità sopravvenuta, in quanto impegna le società di Serie A al pagamento di contribuzioni superiori a quanto dalle stesse percepito in base ai diritti televisivi in questione ed ha stabilito che, fermo restando il principio mutualistico, l’accordo fra le società appartenenti alla Lega debba essere rinegoziato al fine di ricondurlo ad equità.

Per la nuova negoziazione la Corte ha stabilito che i criteri di mutualità siano utilizzati in favore di tutte le società economicamente più deboli (prestando attenzione non solo alla collocazione all’interno del campionati di serie A o di serie B, ma anche ad altri criteri, quali quelli del bacino di utenza e della potenzialità di diffusione televisiva delle singole società e della partecipazione alle Coppe europee) nonché il criterio della ragionevolezza, al fine di non imporre oneri eccessivi ai soggetti chiamati unilateralmente ad operare esborsi di denaro in favore di altri soggetti.

Tale decisione ha aperto un dibattito che ancora non ha trovato una soluzione definitiva, anche se occorre segnalare che nel corso dell’Assemblea della Lega del 7 luglio 2005, è stato raggiunto un accordo di ripartizione che prevede il mantenimento della percentuale delle risorse ripartite (18 per cento) ma amplia la base di calcolo includendo, oltre ai diritti per l’estero e la Tv digitale satellitare e terrestre, anche quelli relativi ad Internet ed alla telefonia mobile. L’accordo è valido fino al giugno 2007.


4. L’equilibrio finanziario: il sistema dei controlli e delle sanzioni

 

La legge n. 91 del 1981, come modificata dalla legge n. 586 del 1996, prevede che, al solo scopo di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, le società sportive siano sottoposte, al fine di verificarne l'equilibrio finanziario, ai controlli e ai conseguenti provvedimenti stabiliti dalle federazioni sportive, per delega del CONI, secondo modalità e princìpi da questo approvati.

Ai sensi dell’articolo 96 delle NOIF (Norme organizzative interne della FICG), per l’iscrizione ai campionati nazionali, le società professionistiche sono tenute a mantenere il rapporto tra ricavi e indebitamento (RI) non inferiore a tre. In caso di mancato rispetto del parametro, il rapporto deve essere ripristinato mediante incremento dei mezzi propri da destinare a riduzione dell’indebitamento, la concessione di finanziamenti infruttuosi o il rilascio di garanzie.

L’organismo tecnico di supporto alla Federazione per il controllo economico-finanziario delle società è la Covisoc (Commissione per la vigilanza controllo delle società di calcio professionistiche) che, nel rispetto di quanto previsto dalla legge n. 91 del 1981, esamina la documentazione per la verifica dei requisiti per l'iscrizione ai campionati e svolge una continua attività di monitoraggio sulla situazione delle società. In caso di violazione delle norme federali in materia economico-finanziaria, la Covisoc può proporre alla FIGC di assumere provvedimenti nei confronti delle società, inclusi inchieste e procedimenti disciplinari. Le sanzioni previste sono, a seconda della gravità delle violazioni, la sospensione dei contributi federali, la decadenza dagli stessi o la non iscrizione ai campionati.

Ulteriori controlli sono svolti dalla Coavisoc (Commissione di appello per la vigilanza controllo delle società di calcio professionistiche), istituita il 17 marzo 2004 come organismo di secondo grado per i provvedimenti di non ammissione ai campionati, e dalla Consob, l’organismo di controllo delle società quotate in borsa, limitatamente a queste ultime.

La Consob, in particolare, verifica, ai fini dell'autorizzazione alla pubblicazione, la correttezza del prospetto informativo riguardante l'emittente e gli strumenti finanziari delle società quotate in borsa, con particolare riferimento ai rischi derivanti dall'investimento. Essa vigila altresì sull'indipendenza e l'idoneità tecnica delle società di revisione, alle cui attività di controllo il Testo unico della finanza (decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58) ha attribuito, insieme ai controlli interni, una funzione di particolare rilievo.

 

A fronte di tale quadro normativo, occorre segnalare l’approvazione di norme più severe rispetto al passato, nell’ambito del CONI e della FIGC.

Innanzitutto, con l’intervento riordino (decreto legislativo 8 gennaio 2004, n. 15, recante modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242), è stata attribuita al CONI, oltre alla funzione di stabilire i criteri e le modalità di esercizio dei controlli sulle società sportive da parte delle federazioni, la possibilità di sostituirsi ad esse quando ciò sia necessario per garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, in caso di verificata inadeguatezza dei controlli effettuati (articolo 5, comma 2, lett. e-bis) d.lgs. n. 242 del 1999).

A seguito di tale modifica, il CONI ha approvato, il 23 marzo 2004, i Criteri Generali e le modalità dei controlli delle Federazioni Sportive Nazionali sulle società sportive di cui all'articolo 12 della legge 23 marzo 1981, n. 91 ed ha costituito una apposita commissione incaricata di svolgere i controlli in via sostitutiva (la CO.VI.S.P., Commissione di vigilanza sugli sport professionistici).

In particolare, la delibera prevede che le Federazioni assicurino che le società professionistiche, all’atto dell’iscrizione ai campionati, garantiscano le seguenti condizioni generali: essere in regola con i pagamenti delle retribuzioni ai dipendenti e collaboratori e dei relativi contributi previdenziali, assicurativi e assistenziali e con il versamento delle ritenute fiscali; essere in regola con gli adempimenti fiscali e con il versamento delle relative imposte; presentare il bilancio consuntivo relativo all’ultimo esercizio regolarmente certificato da società di revisione, ove previsto dalla normativa vigente;  presentare lo stato patrimoniale ed il conto economico semestrale regolarmente certificato da società di revisione, ove previsto dalla normativa vigente, e accompagnato da un budget che garantisca l’equilibrio finanziario, idoneo allo svolgimento dell’intera stagione agonistica; in caso di bilancio in perdita o di delibere di aumento di capitale, prestare garanzie fidejussorie esclusivamente da parte di istituti bancari, con esclusione dell’azione di rivalsa nei confronti della società sportiva.

 

Inoltre, è stato introdotto - art. 85 NOIF - l’obbligo di rispettare specifici parametri finanziari, oltre che con riferimento al rapporto ricavi/indebitamento (sopra richiamato, e che non può essere inferiore a 3), anche in relazione al rapporto patrimonio netto contabile/attivo patrimoniale (PA) (che non deve essere inferiore a 0,10) e al rapporto patrimonio netto contabile/diritti pluriennali (PD) (che non deve essere inferiore a 0,25). Tali parametri sono in grado di consentire un più stringente controllo sulle società, consentendo di evidenziare anche la relazione tra la loro situazione patrimoniale e il totale dei loro investimenti o, comunque, dei debiti che hanno assunto nel tempo. È stato poi reintrodotto - art. 88 NOIF - l’obbligo della certificazione dei bilanci per la Serie A a decorrere dalla stagione 2004-2005, esteso anche alle società di Serie B a partire dalla stagione 2005-2006. Inoltre, tutte le società professionistiche dovranno essere in regola con i pagamenti (senza rateizzazioni) nei confronti dei tesserati, dell’erario e degli enti previdenziali.

Il Consiglio federale della FIGC, nella riunione del 20 gennaio 2006 ha approvato il documento che regola termini e modalità dell’ammissione delle società ai Campionati professionistici 2006/2007, confermando la previsione di sanzioni amministrative e di punti di penalizzazione in classifica a carico delle società ritardatarie rispetto ai termini fissati.

Tra i nuovi criteri fissati dalla FIGC, si ricordano quelli volti a recepire la normativa contenute nel sistema delle licenze UEFA[16] e, in particolare, l’obbligo per le società di adottare bilanci certificati, di comprovare alcuni adempimenti contabili, di attestare l’assenza di specifiche categorie di debito e di assoggettarsi a stringenti controlli.

Sono stati inoltre introdotti requisiti che assicurano la solidità finanziaria ed economica delle società (divieto di accordi di rateizzazione sugli emolumenti dovuti ai tesserati, obbligo delle società di provare l’avvenuto pagamento di detti emolumento alla data del 31 marzo; l’obbligo di provare il regolare assolvimento alla data del 31 marzo di tutti i relativo obblighi fiscali e previdenziali).

Il nuovo Statuto federale dispone, inoltre, che non siano ammesse partecipazioni o gestioni che determinino controlli diretti o indiretti in società di calcio professionistiche da parte del medesimo soggetto.

Si evidenzia, poi, il divieto per coloro che hanno determinato la non ammissione del club al campionato per il mancato rispetto dei requisiti economico-finanziari, di partecipare alla nuova società cui viene assegnato il titolo sportivo di categoria inferiore. Infatti, in caso di non ammissione al campionato per mancato rispetto dei criteri economico-finanziari di una società costituente “espressione della tradizione sportiva italiana con un radicamento nel territorio di appartenenza”, la FIGC può attribuire, gratuitamente, il titolo sportivo inferiore di una categoria rispetto a quello di pertinenza della società ad altra società, che sia in grado di fornire garanzie di solidità finanziaria e continuità aziendale (cosiddetto Lodo Petrucci)[17]. Non è stata ritenuta applicabile, invece, anche in considerazione degli effetti sulle tifoserie e sulle comunità locali, la norma secondo cui, qualora una società non sia in grado di iscriversi al campionato per problemi economico-finanziari, la squadra debba ripercorrere tutte le tappe di qualificazione nelle categorie inferiori prima di potersi iscrivere nuovamente al campionato.

 

Nel Consiglio federale del 1° febbraio è stata inoltre approvata una nuova norma sui ripescaggi che individua i criteri per la stagione 2006/2007: il risultato sportivo della stagione peserà per il 50%, la tradizione del club per il 25%, il numero degli spettatori e il bacino di utenza per il restante 25%, in base agli ultimi 5 anni. La combinazione di tali criteri rende di fatto impossibile il passaggio di una squadra dalla Serie C alla Serie A, come è accaduto in passato.

Non potranno inoltre essere ripescate le società che hanno subito sanzioni disciplinari per illecito sportivo. Non si potrà poi usufruire dei ripescaggi per più di 2 volte in 5 anni.

 

Con riferimento all’indipendenza ed alla terzietà degli organi deputati a svolgere il controllo sul rispetto delle regole e l’irrogazione delle sanzioni, il documento della Federazione ritiene di aver dato una soluzione alla questione attraverso la possibilità per le società di proporre ricorso avverso i provvedimenti in materia di ammissione ai campionati alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport presso il CONI.

In proposito occorre rilevare che l’indipendenza non sembra essere ancora compiutamente realizzata: nelle procedure di ammissione all’ultimo campionato, ad esempio la FIGC aveva escluso una squadra dalla Serie A per debiti fiscali al 30 giugno 2005, che è stata poi riammessa dal TAR e dal Consiglio di Stato.

 

Complessivamente, la situazione economica delle società calcistiche, seppure con alcuni miglioramenti, rimane piuttosto critica, con un alto livello di debito.

Secondo i dati pubblicati dalla Lega Calcio, complessivamente le società di Serie A sono passate da un passivo di 535 milioni di euro al 30 giugno 2003 ad un passivo di 452 milioni di euro al 30 giugno 2004, mentre le società di serie B hanno addirittura aumentato il passivo dal 95 milioni di euro nel 2003 a 142 milioni di euro nel 2004.

Con riferimento ai bilanci 2004/2005, di cui sono disponibili dati ancora parziali, per le squadre di Serie A il valore della produzione aumenta del 15%; prosegue la contrazione, seppur in misura minima, dei costi (stipendi, costi generali) mentre rimangono stabili gli ammortamenti: ciò consente di ridurre le perdite a circa 200 milioni di euro (vale a dire la metà rispetto allo scorso anno). Le plusvalenze si riducono ulteriormente, come si riduce anche il debito a breve.

Per la Serie B si segnala una maggiore riduzione del costo del lavoro (ridotto del 20%) ed una riduzione del debito, che deriva sostanzialmente dall’assenza, dal quadro complessivo di riferimento, delle squadre non ammesse al campionato (Perugia, Salernitana, Torino e Venezia).

 

Rispondendo ad una interrogazione in Commissione Finanze, il 1 ed il 7 febbraio 2006, il sottosegretario all’Economia ha comunicato i debiti verso il fisco per i mancati versamenti dell’Irpef sugli stipendi dei calciatori o di altre imposte (Iva e Irap): il credito erariale iscritto a ruolo, sulla base dei dati aggiornati al 30 novembre 2005, nei confronti delle società di calcio professionistiche, partecipanti ai campionati di serie A, B e C negli anni 2001-2002-2003-2004 (stagione 2004-2005) ammonta a circa 553 milioni di euro. Tale importo è costituito, quanto a circa 373 milioni di euro da ruoli scaduti, quanto a circa 123 milioni di euro da ruoli con pagamento rateizzato e quanto a circa 56 milioni di euro da ruoli interessati da provvedimenti di sospensione della riscossione, emessi dall'Autorità giudiziaria e/o dai competenti Uffici locali dell'Agenzia.

 

 

In merito ad una delle componenti principali della spesa, la retribuzione dei calciatori, la FIGC non ritiene realizzabile l’ipotesi di introdurre un tetto salariale complessivo dei calciatori. In alternativa, il nuovo Accordo collettivo fra Leghe e AIC[18] (valido dal 1° luglio 2005 al 30 giugno 2006) consente ai club di corrispondere una retribuzione fissa e una variabile, a seconda del conseguimento o meno di risultati sportivi individuali o di squadra. La parte fissa può essere convenuta in misura diversa a seconda del campionato di appartenenza e/o della competizione internazionale cui la società partecipa o parteciperà e non può essere in ogni caso inferiore ai minimi federali.

Tale nuovo accordo pone in parte rimedio alla questione dell’incertezza dei ricavi per le società calcistiche che, secondo quanto emerso nel corso delle audizioni, può variare fino a 60 milioni di euro, ad esempio, fra società che non disputano la Champions League e società che la vincono, a fronte di un sistema di costi tendenzialmente fissi. Analoghi problemi di incertezza della gestione economica derivano dal rischio delle retrocessioni, che possono determinare perdite fino al 40 per cento del fatturato (con punte fino al 70 per cento in caso di retrocessione dalla Serie B alla C1) delle società coinvolte.

 

Con riferimento, invece, ai ricavi, oltre a quanto già segnalato in merito alla questione dei diritti televisivi, si ricorda che la FIGC, anche per contrastare il continuo calo del numero di spettatori che si recano allo stadio (secondo stime ufficiali gli stadi in questa stagione hanno registrato un calo di spettatori pari a 1.200.000 rispetto allo scorso anno) ha ribadito la necessità di avviare immediatamente un piano di riqualificazione degli stadi.

In occasione dell’incontro del 30-31 gennaio e 1 febbraio scorsi, è emersa la necessità di realizzare il miglioramento della qualità dei servizi ed il processo di modernizzazione attraverso la privatizzazione degli stadi con il trasferimento della proprietà alle società (attraverso la vendita, la cessione del diritto di superficie, la concessione d’uso ovvero la costituzione di società miste con gli enti locali). E’ stato infine proposto l’utilizzo del bilancio sociale come strumento per valorizzare lo sport come attività sociale oltre che sportiva.

 

 

 

 




[1]     Alla disposizione in questione è stata data attuazione con il DM 31 gennaio 2003, n.98.

[2]    Si segnala in proposito che un elenco di eventi sportivi ritenuti “di particolare rilevanza per la società”, e pertanto esclusi dalle trasmissioni televisive criptate, è contenuto nella delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 8 del 9 marzo 1999. Il provvedimento cita, in particolare:

a) le Olimpiadi estive ed invernali;

b) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato del mondo di calcio;

c) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato europeo di calcio;

d) tutte le partite della nazionale italiana di calcio, in casa e fuori casa, in competizioni ufficiali;

e) la finale e le semifinali della Coppa dei campioni e della Coppa UEFA qualora vi siano coinvolte squadre italiane;

f) il Giro d'Italia;

g) il Gran premio d'Italia automobilistico di formula 1.

[3]    La Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile e della squadra di calcio rappresentativa della stessa Lega Calcio.

[4]    Legge 10 ottobre 1990, n. 287 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Con tale leggeè stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999). La legge individua le tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Per ciò che rileva in questa sede, sono vietate (articolo 2) le intese, definite come gli accordi oppure le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni di consorzi, associazioni di impresa ed organismi similari, che abbiano per oggetto o per effetto la limitazione della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. E' prevista tuttavia la possibilità di autorizzare, per un periodo limitato, anche intese vietate ai sensi dell'articolo 2, qualora diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta e comportino un sostanziale beneficio per i consumatori o assicurino alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale, o siano connesse in particolare all'aumento o al miglioramento qualitativo della produzione (articolo 4).

L'Autorità esercita poteri ispettivi e di indagine per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione. Con particolare riferimento alle intese restrittive della libertà di concorrenza e all'abuso di posizione dominante, si ricorda che l'Autorità può procedere d'ufficio all'esercizio del potere di indagine.

Nei casi di presunta infrazione ai divieti di cui sopra, l'Autorità notifica alle imprese interessate l'apertura dell'istruttoria. Nella fase dell'istruttoria essa può disporre ispezioni, perizie e analisi economiche; essa può altresì richiedere ad imprese, enti e a qualsiasi altro soggetto che ne sia in possesso informazioni e documenti utili ai fini dell'istruttoria. Nel caso di accertamento di un’infrazione l’Autorità fissa alle imprese e agli enti interessati un termine per l’eliminazione delle infrazioni. Nel caso in cui queste siano gravi, tenuto conto anche della durata delle stesse, oltre alla diffida può essere comminata una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 percento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio anteriore alla notificazione della diffida.

[5]    Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78

[6]    Com’è noto, la Lega Calcio è affiliata alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC); quest’ultima è l’associazione, con personalità giuridica di diritto privato, delle società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi ad essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. Ai sensi del proprio statuto, la FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. In particolare, sono affidate alla FIGC - oltre alla disciplina sportiva e alla gestione tecnico-organizzativa ed economica delle squadre nazionali, alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse attribuite alla F.I.G.C. e alla tutela del principio di solidarietà finanziaria tra calcio professionistico e dilettantistico -  tutte le funzioni che, a motivato giudizio del Consiglio federale, le Leghe non possono svolgere autonomamente a causa degli effetti generali delle decisioni da adottare (art. 3 dello Statuto).

[7]    Nella delibera dell’AGCM, tra l’altro, si afferma che:”la giurisprudenza di legittimità e di merito italiana appare univoca (…) nell'individuare nella società organizzatrice il soggetto titolare del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Non appare, infatti, possibile attribuire la titolarità dei diritti economici connessi alle manifestazioni sportive a soggetti diversi dalla società che giuridicamente ha la disponibilità del luogo chiuso ove viene svolta la partita e che economicamente sopporta il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva dalla stessa intrapresa, ovvero l'organizzatore dell'evento. Tale soggetto, nell'ambito del settore del calcio, viene tradizionalmente identificato con la squadra ospitante”; e più avanti: “il ruolo della Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, non è tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di utilizzazione economica e commerciale di cui trattasi. La Lega Cacio non assume alcun rischio imprenditoriale diretto in connessione alle manifestazioni calcistiche, limitandosi alla gestione dei campionati di calcio esclusivamente con riferimento all'organizzazione tecnico-sportiva e amministrativa di questi. I fini istituzionali, a cui appare preposta la Lega Cacio, non appaiono pertanto sufficienti a spiegare un eventuale riconoscimento in capo alla stessa della titolarità o contitolarità dei diritti televisivi calcistici”.

[8]    Tra le numerose sentenze in tal senso, si ricorda quella relativa alla causa C-415/93, URBSF contro Bosman, 1995, racc. I-4921, punto 73.

[9]    Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”. In particolare, per quanto qui interessa, nella dichiarazione si afferma che la vendita dei diritti di ritrasmissione televisiva costituisce oggi una delle più importanti fonti di entrate per talune discipline sportive. Il Consiglio europeo ritiene quindi che le iniziative prese per favorire la messa in comune, ai livelli appropriati e tenuto conto delle prassi nazionali, di una parte degli introiti provenienti da tale vendita, siano positive per attuare il principio della solidarietà tra tutti i livelli di pratica sportiva e tutte le discipline.

[10]   La UEFA (Union des Associations Européennes de Football) è l’associazione delle associazioni calcistiche nazionali dei paesi europei. L’UEFA organizza diversi tornei calcistici europei ed in particolare la UEFA Champions League.

[11]   In particolare, l’art. 7 del Regolamento stabilisce che la Commissione può obbligare, attraverso una decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine alla infrazione constatata. La Commissione può a tal fine imporre a tali soggetti l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali che siano proporzionati alla infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione posta in essere. L’art. 9 disciplina inoltre il caso in cui la Commissione intenda adottare una decisione volta a far cessare una infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni per ovviare alle preoccupazioni della Commissione. E’ previsto al riguardo che la Commissione può mediante decisione rendere gli impegni proposti dalle imprese interessate obbligatori.

[12]   Comunicazione ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio — Caso COMP/C.2/38.173 e 38.453 — Vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi alla FA Premier League (campionato di calcio di serie A nel Regno Unito) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 115 del 30/04/2004 (2004/C 115/2)

[13]   Comunicazione a norma dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 - Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 261 del 30.10.2003 (2003/C 261/07) e Comunicazione a norma dell'articolo 27, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 — Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 229 del 14.9.04  (2004/C 229/04)

[14]   vedi, da ultimo, la nota informativa approvata dall’Autorità relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo il 25 novembre 2005

[15]   In proposito si segnala che il 4 ottobre 2004 è stato approvato il nuovo Statuto della FIGC e all’inizio del 2005 sono stati rinnovati gli organi federali per il quadriennio 2004-2008, con la conferma del Presidente Carraro. Negli stati generali del calcio del 30-31 gennaio e 1° febbraio 2006, il Presidente Carraro si è impegnato, a nome della FIGC, a prendere delle decisioni sulle questioni analizzate dalle Commissioni entro il mese di maggio 2006 (sia perché quella è la data stabilita dallo statuto per l’entrata in vigore di nuove norme, sia perché in quella data sarà insediato il nuovo parlamento, cui sottoporre eventuali richieste di intervento legislativo).

[16]   Ai sensi dell’art. 52 bis delle NOIF, con il termine “Licenza UEFA” si intende il titolo rilasciato dalla FIGC che consente alle società di partecipare alle competizioni internazionali per squadre di club organizzate dall’UEFA nella stagione sportiva successiva a quella del rilascio. I criteri che le società sono tenute a rispettare per conseguire la Licenza UEFA sono indicati nel “Manuale per l’ottenimento della Licenza da parte dei club” accreditato dall’UEFA. Tale Manuale determina altresì le sanzioni a carico delle società per il mancato rispetto degli adempimenti previsti. La Licenza UEFA deve essere obbligatoriamente richiesta da tutte le società iscritte al Campionato di Serie A e può essere richiesta da qualsiasi società iscritta al Campionato di Serie B. La Licenza UEFA ha efficacia per una sola stagione sportiva e deve essere richiesta annualmente. Secondo quanto previsto dal Manuale UEFA, i criteri necessari per l’ottenimento della Licenza UEFA sono classificati in cinque macro-categorie: sportivi (capitolo 3); infrastrutturali (capitolo 4); organizzativi e relativi al personale (capitolo 5); legali (capitolo 6); economico-finanziari (capitolo 7)

[17] Ai sensi dell’art. 52 delle NOIF, il titolo sportivo è il riconoscimento da parte della F.I.G.C. delle condizioni tecniche sportive che consentono, concorrendo gli altri requisiti previsti dalle norme federali, la partecipazione di una società ad un determinato Campionato. In nessun caso il titolo sportivo può essere oggetto di valutazione economica o di cessione. Il titolo sportivo di una società cui venga revocata l’affiliazione, può essere attribuito, entro il termine della data di presentazione della domanda di iscrizione al campionato successivo, ad un’altra società a condizione che la nuova società, con sede nello stesso comune della precedente, dimostri nel termine perentorio di due giorni prima, esclusi i festivi, di detta scadenza:1) di avere acquisito l’intera azienda sportiva della società in stato di insolvenza; 2) di avere ottenuto l’affiliazione alla F.I.G.C.; 3) di essersi accollata e di avere assolto tutti i debiti sportivi della società cui è stata revocata l’affiliazione ovvero di averne garantito il pagamento mediante rilascio di fideiussione bancaria a prima richiesta; 4) di possedere un adeguato patrimonio e risorse sufficienti a garantire il soddisfacimento degli oneri relativi al campionato di competenza; 5) di aver depositato, per le società professionistiche, dichiarazione del legale rappresentante contenente l’impegno a garantire con fideiussione bancaria a prima richiesta le obbligazioni derivanti dai contratti con i tesserati e dalle operazioni di acquisizione di calciatori.

[18]   L'Associazione Italiana Calciatori assiste i calciatori professionisti di serie A, B, C1 e C2, e dal 2000 anche i calciatori del settore dilettanti (compresi il calcio femminile ed il calcio a 5), principalmente nel confronto con la FIGC e le Leghe per la gestione di tutta la normativa che riguarda il rapporto calciatori/società, vale a dire l'Accordo Collettivo e il Contratto tipo, ma anche la disciplina del tesseramento dei calciatori stranieri, il regolamento degli Agenti dei calciatori, il funzionamento dei Collegi Arbitrali che devono decidere sulle controversie tra i calciatori e società, la disciplina dei rapporti calciatori/società in tema di diritti pubblicitari.