XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno in situazione di handicap - Schema di regolamento, n. 541 (art. 35, co. 7, L. 289/2002) | ||||
Serie: | Pareri al Governo Numero: 479 | ||||
Data: | 17/10/05 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
Servizio studi |
pareri al governo |
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Modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno in situazione di handicap Schema di regolamento n. 541 (art. 35, co. 7, L. 289/2002)
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n. 479
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xiv legislatura 17 ottobre 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Cultura
SIWEB
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INDICE
Scheda di sintesi per l'istruttoria legislativa
Elementi per l'istruttoria legislativa
§ Presupposti legislativi per l’emanazione del regolamento
Normativa di riferimento
§ Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 117, 120)
§ L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17, co. 3)
§ L. 5 febbraio 1992, n. 104. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (artt. 1-16)
§ D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421 (art. 19-bis)
§ D.P.R. 24 febbraio 1994. Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie locali in materia di alunni portatori di handicap
§ D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (artt. 2, 8)
§ L. 27 dicembre 1997, n. 449. Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica (art. 40)
§ Ministro della pubblica istruzione. D.M. 24 luglio 1998. Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della scuola (artt. 10, 37-44)
§ L. 8 novembre 2000, n. 328. Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali (art. 14)
§ D.L. 3 luglio 2001, n. 255, conv. con mod., L. 20 agosto 2001, n. 333. Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002
§ L. 27 dicembre 2002, n. 289. Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003) (art. 35)
§ L. 5 giugno 2003, n. 131. Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (art. 8)
Numero dello schema di regolamento |
541 |
Titolo |
Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante regolamento relativo a modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap. |
Ministro competente |
Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca |
Norma di riferimento |
Art. 35, co.7 legge 27 dicembre 2002, n. 289 |
Settore d’intervento |
Infanzia, Istruzione |
Numero di articoli |
5 |
Date |
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§ presentazione |
29 settembre 2005 |
§ assegnazione |
3 ottobre 2005 |
§ termine per l’espressione del parere |
23 ottobre 2005 |
Commissione competente |
VII (Cultura), V (Bilancio) |
Lo schema di decreto in esame stabilisce le modalità e i criteri per l’individuazione dell’alunno in situazione di handicap, in attuazione dell’articolo 35, comma 7 della legge 27 dicembre 2002, n. 289[1].
La legge n. 289 del 2002, nell’ambito delle misure volte alla razionalizzazione della rete scolastica (art. 35, co.7), ha ridefinito la procedura per l’accertamento dell’handicap. Al riguardo si dispone che la verifica sia effettuata dalle ASL sulla base di accertamenti collegiali (anziché dallo specialista della patologia denunciata ovvero allo psicologo esperto dell'età evolutiva in servizio presso le ASL o in regime di convenzione con essa) e si rinvia, per la determinazione delle modalità e dei criteri, ad apposito DPCM da adottarsi su proposta dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, d'intesa con la Conferenza unificata, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Ai sensi del medesimo comma 7, destinatari delle attività di sostegno si intendono gli alunni che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva[2].
In proposito si ricorda che l’art. 40, comma 3, della legge n. 449 del 1997[3]hadefinito i parametri di determinazione delle dotazioni organiche degli insegnanti di sostegno prevedendo un rapporto di un docente ogni 138 alunni iscritti negli istituti della provincia. Tale disposizione è integrata dal comma 1 del medesimo articolo che fa salva la possibilità di derogare al rapporto insegnanti alunni sopra indicato assumendo docenti con incarico a tempo determinato “in presenza di handicap particolarmente gravi”. L’attivazione dei posti in deroga è stata quindi rimessa al dirigente dell’ufficio scolastico regionale dalla citata legge 289.
Lo schema si compone di cinque articoli.
L’articolo 1 individua le finalità del decreto, vale a dire l’individuazione dell’alunno in situazione di handicap.
Con riferimento al numero degli alunni in situazione di handicap, si segnala che, secondo quanto emerge dalla relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello stato per l’anno 2004[4], gli alunni con handicap che hanno frequentato le scuole di ogni ordine e grado sono, nell’anno scolastico 2004-2005, ammontano a 156.639 unità, vale a dire il 2 per cento del totale degli alunni. L’incremento annuale è costante e negli ultimi due anni scolastici è stato di oltre il 3 per cento. La presenza più consistente è nella scuola primaria, dove sono iscritti il 38,80 per cento del totale degli alunni in situazione di handicap.
L’articolo 2 reca le modalità ed i criteri della procedura di individuazione. Si precisa che le Aziende sanitarie a tal fine dispongono appositi accertamenti collegiali, che devono essere svolti in tempo utile per l’avvio dell’anno scolastico, nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 12 e 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 104[5].
In particolare, l’articolo 12 della legge 104 del 1992, che garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione del bambino portatore di handicap in tutti i gradi dell’istruzione scolastica all’interno delle classi ordinarie, prevede che all'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, faccia seguito un profilo dinamico-funzionale[6] ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle aziende sanitarie e il personale insegnante specializzato della scuola. Detti operatori partecipano altresì alle verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.
L’articolo 13 prevede inoltre la partecipazione delle aziende sanitarie alla realizzazione dell’integrazione scolastica, che si attua attraverso la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati, anche con la stipula di accordi di programma. Strumenti principali di tale integrazione, oltre alla fornitura degli ausili tecnici indispensabili all’alunno, sono: l’adozione di un progetto educativo individualizzato, calibrato sulle potenzialità individuali; il supporto degli insegnanti di sostegno che affiancano i docenti curriculari e sono forniti di particolare specializzazione; la limitazione del numero complessivo di alunni nelle classi con portatori di handicap[7].
All’accertamento - che deve comunque essere svolto in tempo utile rispetto all’inizio dell’anno scolastico - fa seguito la redazione di un verbale recante l’indicazione della patologia con riferimento alle classificazioni internazionali dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nonché la specificazione dell’eventuale carattere di particolare gravità della medesima ed il termine di rivedibilità dell’accertamento. Si provvede quindi alla redazione della diagnosi funzionale dell’alunno da parte dell’unità multidisciplinare[8], anch’essa redatta secondo i criteri di classificazione di disabilità e salute previsti dall’OMS.
La situazione di gravità è stata esplicitamente definita dalla legge 104 del 1992 qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione.
Si ricorda, inoltre che nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto una prima classificazione internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli svantaggi esistenziali (ICDH 1980) al fine di definire un linguaggio specifico ed universale da impiegare sistematicamente.
Questa prima classificazione è stata successivamente aggiornata al fine di superare il pregiudizio che vede la persona con handicap menomata nel suo complesso e non in una singola funzione. Nel 1995 L’OMS ha pertanto rivisto la classificazione per giungere nel 2000 (ICDH 2) ad una nuova versione del sistema che introduce una diversa terminologia. Infatti, mentre a livello corporeo permane il termine di “menomazione”, inteso come mancanza, il termine disabilità è stato sostituito con “limitazione dell’attività personale”, il termine “handicap” è stato sostituito con “restrizioni alla partecipazione sociale”. Sono stati inoltre, presi in considerazione elementi contestuali come ambiente, supporto e relazioni, servizi e prodotti e tecnologie.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, il riferimento alla classificazione OMS è stato inserito allo scopo di rendere oggettive ed omogenee, sul piano nazionale, le valutazioni tecnico-sanitarie che costituiscono il presupposto per i provvedimenti di autorizzazione dei posti di sostegno in deroga.
L’articolo 3 reca norme in materia di attivazione delle forme di integrazione e di sostegno. In particolare, è prevista la redazione del profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato. I soggetti che operano all’interno delle istituzioni scolastiche (operatori sanitari, personale docente e di sostegno, docente operatore psicopedagogico) individuano quindi il numero delle ore di sostegno da assegnare all’alunno.
Tale disposizione intende, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, superare la prassi che vede le strutture sanitarie – e non l’unità multidisciplinare – determinare il numero delle ore di sostegno.
La norma prevede, infine, accordi tra enti locali, direzioni generali regionali e direzioni sanitarie regionali per l’armonizzazione dei provvedimenti di rispettiva competenza, anche relativamente all’organizzazione di verifiche e controlli di qualità del processo di integrazione[9].
L’articolo 4 disciplina la procedura per l’istituzione dei posti di sostegno in deroga al rapporto insegnati alunni previsto dal citato articolo 35, prevedendo che questi siano autorizzati dai direttori regionali solo in situazioni di particolare gravità.
Per quanto attiene gli insegnanti di sostegno, il sottosegretario On. Aprea, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare il 15 settembre 2005 presso la VII Commissione cultura, ha dichiarato che nella situazione di fatto il livello nazionale del numero dei posti di sostegno ha subito un incremento continuo, passando da 74.000 unità nel 2001/2002 a 77.000 nel 2002/2003 a 79.000 nel 2003/2004 e a circa 82.000 nell'anno scolastico 2004-2005[10].
Con riferimento all’organico di diritto, si ricorda che il decreto sulle dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche ed educative per l’anno 2004-2005[11], adottato in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448[12], ha previsto un organico per il sostegno di 56.154 unità, con una riduzione di 800 posti, al fine – secondo quanto riportato nella relazione illustrativa – di ristabilire il rapporto 1/138 previsto dalla legge 449/97.
L’articolo 5 reca, infine, una norma di salvaguardia per gli accertamenti effettuati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, i quali mantengono la loro efficacia e non sono soggetti a revisione.
Lo schema di regolamento è accompagnato dalla relazione illustrativa, dal parere del Consiglio di Stato e dall’intesa espressa dalla Conferenza Stato-regioni.
In sede di Conferenza Stato-regioni, queste ultime, pur favorevoli al contenuto del provvedimento, hanno rilevato come nella materia, rientrante nella competenza concorrente, non residui allo Stato alcun potere regolamentare. La Conferenza pertanto ha utilizzato la procedura prevista dall’articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131[13]; tale norma prevede che il governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie ovvero il conseguimento di obiettivi comuni.
Viceversa, la Presidenza del consiglio ha espresso l’avviso che la materia rientri nell’ambito degli interventi per la “tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”, di competenza statale.
Al riguardo, il Consiglio di stato, nel considerare come l’accertamento costituisca, in favore della persona con handicap, una prestazione resa per garantire l’attuazione dei diritti fondamentali della persona, ha ritenuto che tale procedura non possa essere diversa da regione a regione ed ha pertanto condiviso la legittimità della potestà regolamentare dello stato nella materia in questione.
La legge 27 dicembre 2002, n. 289[14], nell’ambito delle misure volte alla razionalizzazione della rete scolastica (art. 35, co.7), ha ridefinito la procedura per l’accertamento dell’handicap. Al riguardo si dispone che la verifica sia effettuata dalle ASL sulla base di accertamenti collegiali (anziché dallo specialista della patologia denunciata ovvero allo psicologo esperto dell'età evolutiva in servizio presso le ASL o in regime di convenzione con essa)
La determinazione delle modalità e dei criteri della procedura di accertamento è rimessa ad apposito DPCM da adottarsi su proposta dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, d'intesa con la Conferenza unificata, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Regolamento recante modalità e criteri per l’individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, ai sensi dell’articolo 35, comma 7, della legge 23 dicembre 2002, n. 289
Intesa sancita dalla Conferenza Unificata
Parere della Conferenza Stato Regioni
Pro-memoria del coordinamento tecnico interregionale
Costituzione della Repubblica Italiana
(artt. 117, 120)
(omissis)
Articolo 117.
La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni. La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato (1).
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(1) Articolo così sostituito dall'art. 3, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi la L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «117. La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni: ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione; circoscrizioni comunali; polizia locale urbana e rurale; fiere e mercati; beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera; istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica; musei e biblioteche di enti locali; urbanistica; turismo ed industria alberghiera; tramvie e linee automobilistiche di interesse regionale; viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale; navigazione e porti lacuali; acque minerali e termali; cave e torbiere; caccia; pesca nelle acque interne; agricoltura e foreste; artigianato. Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione».
(omissis)
Articolo 120.
La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni [Cost. 16], né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione (1).
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(1) Articolo così sostituito dall'art. 6, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3. Per l'attuazione delle norme contenute nel presente articolo vedi l'art. 8, L. 5 giugno 2003, n. 131. Il testo precedentemente in vigore era il seguente: «120. La Regione non può istituire dazi d'importazione o esportazione o transito fra le Regioni. Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni. Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro».
(omissis)
L. 23 agosto 1988, n. 400.
Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei Ministri
(art. 17, co. 3)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 settembre 1988, n. 214, S.O.
(1/a) Vedi, anche, il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 23 gennaio 1997, n. 13; Circ. 6 aprile 1998, n. 76;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 18 novembre 1996, n. 7;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 21 novembre 1996, n. 5/27319/70/OR;
- Ministero del tesoro: Circ. 6 agosto 1998, n. 70;
- Ministero delle finanze: Circ. 9 maggio 1996, n. 111/E; Circ. 13 agosto 1996, n. 199/E; Circ. 16 settembre 1996, n. 225/E; Circ. 31 dicembre 1996, n. 307/E; Circ. 28 maggio 1998, n. 134/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 27 agosto 1998, n. 209/E;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 4 ottobre 1996, n. 117;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 3 aprile 1996, n. 135; Circ. 3 aprile 1996, n. 133; Circ. 17 aprile 1996, n. 147; Circ. 3 ottobre 1996, n. 627; Circ. 17 ottobre 1996, n. 654; Circ. 16 dicembre 1996, n. 750; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 27 marzo 1997, n. 62; Circ. 3 giugno 1997, n. 117; Circ. 18 giugno 1997, n. 116; Circ. 5 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/51; Circ. 30 gennaio 1998, n. DIE/ARE/1/452; Circ. 16 febbraio 1998, n. DIE/ARE/1/687; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/994; Circ. 5 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/995; Circ. 12 marzo 1998, n. AGP/2/584/SF.49.2/CH; Circ. 19 marzo 1998, n. DIE/ARE/1/12.03; Circ. 14 maggio 1998, n. DIE/ARE/1/1942; Circ. 24 agosto 1998, n. DIE/ARE/1/3124; Circ. 25 settembre 1998, n. DIE/ARE/1/3484; Circ. 17 giugno 1998, n. AGP/1/2/2154/98/AR2.1; Circ. 5 maggio 1988, n. AGP/1/2/1531/98/AR.2.1; Circ. 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi: Circ. 17 febbraio 1999, n. DAGL041290/10.3.1;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 27 novembre 1995, n. 22/95; Circ. 16 maggio 1996, n. 30692; Circ. 12 dicembre 1996, n. 610.
(omissis)
Articolo 17.
Regolamenti.
(omissis)
Comma 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorità sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.
(omissis)
L. 5 febbraio 1992, n. 104.
Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone
handicappate
(artt. 1-16)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 febbraio 1992, n. 39, S.O.
(1/a) Vedi, anche, l'art. 45, L. 17 maggio 1999, n. 144, riportata alla voce Economia nazionale (Sviluppo della).
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Nota 8 luglio 2002, n. 62; Informativa 9 dicembre 2002, n. 33;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 18 marzo 1996, n. 62; Circ. 31 ottobre 1996, n. 211; Circ. 14 novembre 1996, n. 220; Circ. 4 agosto 1997, n. 182; Circ. 1 ottobre 1997, n. 199; Circ. 20 dicembre 1997, n. 259; Circ. 24 giugno 1998, n. 135; Circ. 18 febbraio 1999, n. 37; Circ. 17 luglio 2000, n. 133; Circ. 10 luglio 2001, n. 138; Msg. 18 dicembre 2002, n. 945; Circ. 11 luglio 2003, n. 128; Circ. 3 febbraio 2004, n. 20; Msg. 22 marzo 2004, n. 8236;
- Ministero degli affari esteri: Circ. 16 luglio 1997, n. 7;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 7 ottobre 1997, n. 102/38; Circ. 7 ottobre 1997, n. 103/39; Circ. 10 novembre 1997, n. 16580; Circ. 24 novembre 1997, n. 136228; Circ. 12 dicembre 1997, n. 18245;
- Ministero dei trasporti: Circ. 10 novembre 1997, n. 119/44; Circ. 23 febbraio 1998, n. 7370;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 11 settembre 1998, n. 107/98; Circ. 23 agosto 1999, n. 67/99;
- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 5 aprile 2002, n. 18/2002;
- Ministero del tesoro: Circ. 18 luglio 1997, n. 57;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 9 aprile 2002, n. 113/E; Ris. 16 agosto 2002, n. 284/E;
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Lett.Circ. 6 luglio 2001, n. 98; Circ. 20 luglio 2001, n. 125; Circ. 6 settembre 2001, n. 3326; Nota 30 novembre 2001, n. 3390;
- Ministero della giustizia: Circ. 12 novembre 1999; Circ. 3 novembre 2000, n. 681617;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 9 gennaio 1996, n. 6; Circ. 11 giugno 1996, n. 225; Circ. 18 giugno 1996, n. 235; Circ. 2 luglio 1996, n. 327; Circ. 2 luglio 1996, n. 308; Circ. 30 luglio 1996, n. 8728; Circ. 1 agosto 1996, n. 447; Circ. 29 gennaio 1997, n. 73; Circ. 12 marzo 1997, n. 163; Circ. 17 marzo 1997, n. 2454; Circ. 24 aprile 1997, n. 280; Circ. 27 maggio 1997, n. 328; Circ. 30 luglio 1997, n. 457; Circ. 6 agosto 1997, n. 487; Circ. 28 ottobre 1997, n. 664; Circ. 12 dicembre 1997, n. 782; Circ. 9 marzo 1998, n. 124; Circ. 31 marzo 1998, n. 161; Circ. 23 aprile 1998, n. 193; Circ. 30 aprile 1998, n. 209; Circ. 18 giugno 1998, n. 279; Circ. 30 ottobre 2000, n. 245; Circ. 20 ottobre 2000, n. 235; Circ. 27 novembre 2000, n. 264; Circ. 24 aprile 2001, n. 10496/DM;
- Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 13 settembre 1999, n. 1585; Circ. 29 settembre 1999, n. 1701;
- Ministero delle finanze: Circ. 3 maggio 1996, n. 108/E; Circ. 15 luglio 1998, n. 186/E;
- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 3 aprile 1998, n. 942; Circ. 30 luglio 1998, n. 2090/S/MLP/3624;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 25 gennaio 1996, n. 15; Circ. 5 novembre 1996, n. 137; Circ. 5 marzo 1997, n. 81; Circ. 9 aprile 1997, n. 101;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 24 luglio 1999, n. 6;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 8 febbraio 1996, n. 117; Circ. 8 febbraio 1996, n. 818; Circ. 12 febbraio 1996, n. 1240; Circ. 23 febbraio 1996, n. 1786; Circ. 28 febbraio 1996, n. 1093; Circ. 11 marzo 1996, n. 854; Circ. 11 marzo 1996, n. 795; Circ. 25 marzo 1996, n. 898; Circ. 25 marzo 1996, n. 1348; Circ. 25 marzo 1996, n. 1356; Circ. 25 marzo 1996, n. 2369; Circ. 29 marzo 1996, n. 1927; Circ. 1 aprile 1996, n. 1991;
- Ufficio italiano Cambi: Circ. 25 gennaio 1996, n. 283; Circ. 11 settembre 1998, n. 494.
Articolo 1.
Finalità.
1. La Repubblica:
a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;
d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.
Articolo 2.
Principi generali.
1. La presente legge detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata. Essa costituisce inoltre riforma economico-sociale della Repubblica, ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5 (2).
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(2) Riportata alla voce Trentino-Alto Adige.
Articolo 3.
Soggetti aventi diritto.
1. È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità.
Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali (2/a).
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(2/a) Vedi, anche, l'art. 39, L. 23 dicembre 1998, n. 448, riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
Articolo 4.
Accertamento dell'handicap.
1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295 (3), che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.
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(3) Riportata alla voce Collocamento di lavoratori.
Articolo 5.
Principi generali per i diritti della persona handicappata.
1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:
a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedia, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;
b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;
c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;
e) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;
f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;
g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (4);
h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psico-pedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;
i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento sociale di chi ne è colpito;
l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;
m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.
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(4) Riportata alla voce Comuni e province.
Articolo 6.
Prevenzione e diagnosi precoce.
1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli articoli 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (5), e successive modificazioni.
2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 (4), e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (5), e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:
a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguenze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fase preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;
b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro;
c) l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite e patologie invalidanti;
d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici, psichici, sensoriali di neuromotulesioni;
e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze;
f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio;
g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazione ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (5). Con tali atti possono essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l'indagine per tutta la popolazione neonatale;
h) un'attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di vita. È istituito a tal fine un libretto sanitario personale, con le caratteristiche di cui all'articolo 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (5), su cui sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino;
i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici.
3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.
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(5) Riportata alla voce Sanità pubblica.
(4) Riportata alla voce Comuni e province.
Articolo 7.
Cura e riabilitazione.
1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:
a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l);
b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni.
2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all'estero.
Articolo 8.
Inserimento ed integrazione sociale.
1. L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:
a) interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita;
b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale;
c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;
d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente;
e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali;
f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati;
g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici;
h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;
i) organizzazione e sostegno di comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato;
l) istituzione o adattamento di centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'art. 12 della L. 23 agosto 1988, n. 400 (6);
m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione della scuola.
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(6) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
Articolo 9.
Servizio di aiuto personale.
1. Il servizio di aiuto personale, che può essere istituito dai comuni o dalle unità sanitarie locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio, è diretto ai cittadini in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale non superabile attraverso la fornitura di sussidi tecnici, informatici, protesi o altre forme di sostegno rivolte a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei cittadini stessi, e comprende il servizio di interpretariato per i cittadini non udenti.
2. Il servizio di aiuto personale è integrato con gli altri servizi sanitari e socio-assistenziali esistenti sul territorio e può avvalersi dell'opera aggiuntiva di:
a) coloro che hanno ottenuto il riconoscimento dell'obiezione di coscienza ai sensi della normativa vigente, che ne facciano richiesta;
b) cittadini di età superiore ai diciotto anni che facciano richiesta di prestare attività volontaria;
c) organizzazioni di volontariato.
3. Il personale indicato alle lettere a), b), c) del comma 2 deve avere una formazione specifica.
4. Al personale di cui alla lettera b) del comma 2 si estende la disciplina dettata dall'articolo 2, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (7).
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(7) Riportata alla voce Lavoro.
Articolo 10.
Interventi a favore di persone con handicap in situazione di gravità.
1. I comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia di servizi sociali loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142 (8), possono realizzare con le proprie ordinarie risorse di bilancio, assicurando comunque il diritto alla integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (9), comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità.
1-bis. Gli enti di cui al comma 1 possono organizzare servizi e prestazioni per la tutela e l'integrazione sociale dei soggetti di cui al presente articolo per i quali venga meno il sostegno del nucleo familiare (9/a).
2. Le strutture di cui alla lettera l) e le attività di cui alla lettera m) del comma 1 dell'articolo 8 sono realizzate d'intesa con il gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica di cui all'articolo 15 e con gli organi collegiali della scuola.
3. Gli enti di cui al comma 1 possono contribuire, mediante appositi finanziamenti, previo parere della regione sulla congruità dell'iniziativa rispetto ai programmi regionali, alla realizzazione e al sostegno di comunità-alloggio e centri socio-riabilitativi per persone handicappate in situazione di gravità, promossi da enti, associazioni, fondazioni, Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza (IPAB), società cooperative e organizzazioni di volontariato iscritte negli albi regionali.
4. Gli interventi di cui ai commi 1 e 3 del presente articolo possono essere realizzati anche mediante le convenzioni di cui all'articolo 38.
5. Per la collocazione topografica, l'organizzazione e il funzionamento, le comunità-alloggio e i centri socio-riabilitativi devono essere idonei a perseguire una costante socializzazione dei soggetti ospiti, anche mediante iniziative dirette a coinvolgere i servizi pubblici e il volontariato.
6. L'approvazione dei progetti edilizi presentati da soggetti pubblici o privati concernenti immobili da destinare alle comunità-alloggio ed ai centri socio-riabilitativi di cui ai commi 1 e 3, con vincolo di destinazione almeno ventennale all'uso effettivo dell'immobile per gli scopi di cui alla presente legge, ove localizzati in aree vincolate o a diversa specifica destinazione, fatte salve le norme previste dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497 (10), e successive modificazioni, e dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312 (11), convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, costituisce variante del piano regolatore. Il venir meno dell'uso effettivo per gli scopi di cui alla presente legge prima del ventesimo anno comporta il ripristino della originaria destinazione urbanistica dell'area.
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(8) Riportata alla voce Comuni e province.
(9) Riportata alla voce Maternità e infanzia.
(9/a) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 21 maggio 1998, n. 162, riportata al n. E/XXXIII.
(10) Riportata alla voce Bellezze Naturali.
(11) Riportato alla voce Bellezze Naturali.
Articolo 11.
Soggiorno all'estero per cure.
1. Nei casi in cui vengano concesse le deroghe di cui all'articolo 7 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, ove nel centro di altissima specializzazione estero non sia previsto il ricovero ospedaliero per tutta la durata degli interventi autorizzati, il soggiorno dell'assistito e del suo accompagnatore in alberghi o strutture collegate con il centro è equiparato a tutti gli effetti alla degenza ospedaliera ed è rimborsabile nella misura prevista dalla deroga.
2. La commissione centrale presso il Ministero della sanità di cui all'articolo 8 del decreto del Ministro della sanità 3 novembre 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 273 del 22 novembre 1989, esprime il parere sul rimborso per i soggiorni collegati agli interventi autorizzati dalle regioni sulla base di criteri fissati con atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (12), con il quale sono disciplinate anche le modalità della corresponsione di acconti alle famiglie (12/a).
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(12) Riportata alla voce Sanità pubblica.
(12/a) Per il rimborso delle spese di soggiorno per cure dei soggetti portatori di handicap in centri all'estero di elevata specializzazione vedi il D.P.C.M. 1° dicembre 2000.
Articolo 12.
Diritto all'educazione e all'istruzione.
1. Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido.
2. È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie.
3. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.
4. L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap.
5. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'acquisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata (12/b).
6. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.
7. I compiti attribuiti alle unità sanitarie locali dai commi 5 e 6 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordinamento emanato ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (12).
8. Il profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuola materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.
9. Ai minori handicappati soggetti all'obbligo scolastico, temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola, sono comunque garantite l'educazione e l'istruzione scolastica. A tal fine il provveditore agli studi, d'intesa con le unità sanitarie locali e i centri di recupero e di riabilitazione, pubblici e privati, convenzionati con i Ministeri della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, provvede alla istituzione, per i minori ricoverati, di classi ordinarie quali sezioni staccate della scuola statale. A tali classi possono essere ammessi anche i minori ricoverati nei centri di degenza, che non versino in situazioni di handicap e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione. La frequenza di tali classi, attestata dall'autorità scolastica mediante una relazione sulle attività svolte dai docenti in servizio presso il centro di degenza, è equiparata ad ogni effetto alla frequenza delle classi alle quali i minori sono iscritti.
10. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante l'utilizzazione di personale in possesso di specifica formazione psico-pedagogica che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.
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(12/b) Per l'interpretazione autentica del presente comma 5, vedi l'art. 2, D.L. 27 agosto 1993, n. 324, riportato alla voce Sanità pubblica.
(12) Riportata alla voce Sanità pubblica.
Articolo 13.
Integrazione scolastica.
1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza, fermo restando quanto previsto dalle leggi 11 maggio 1976, n. 360, e 4 agosto 1977, n. 517 (13), e successive modificazioni, anche attraverso:
a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (14). Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;
b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presìdi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;
c) la programmazione da parte dell'università di interventi adeguati sia al bisogno della persona sia alla peculiarità del piano di studio individuale;
d) l'attribuzione, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, di incarichi professionali ad interpreti da destinare alle università, per facilitare la frequenza e l'apprendimento di studenti non udenti;
e) la sperimentazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419 (15), da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.
2. Per le finalità di cui al comma 1, gli enti locali e le unità sanitarie locali possono altresì prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione, nonché l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati.
3. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (16), e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.
4. I posti di sostegno per la scuola secondaria di secondo grado sono determinati nell'ambito dell'organico del personale in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge in modo da assicurare un rapporto almeno pari a quello previsto per gli altri gradi di istruzione e comunque entro i limiti delle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate dall'articolo 42, comma 6, lettera h).
5. Nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.
6. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti (16/a).
6-bis. Agli studenti handicappati iscritti all'università sono garantiti sussidi tecnici e didattici specifici, realizzati anche attraverso le convenzioni di cui alla lettera b) del comma 1, nonché il supporto di appositi servizi di tutorato specializzato, istituiti dalle università nei limiti del proprio bilancio e delle risorse destinate alla copertura degli oneri di cui al presente comma, nonché ai commi 5 e 5-bis dell'articolo 16 (16/b).
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(13) Riportata alla voce Istruzione pubblica: istruzione secondaria.
(14) Riportata alla voce Comuni e province.
(15) Riportato alla voce Istruzione pubblica: personale direttivo, insegnante e non insegnante.
(16) Riportato alla voce Regioni.
(16/a) Vedi, anche, il D.M. 9 luglio 1992, riportato al n. E/XXVII.
(16/b) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 28 gennaio 1999, n. 17, riportata al n. E/XXXV.
Articolo 14.
Modalità di attuazione dell'integrazione.
1. Il Ministro della pubblica istruzione provvede alla formazione e all'aggiornamento del personale docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati, ai sensi dell'articolo 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399 (15), nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1989, n. 168 (17). Il Ministro della pubblica istruzione provvede altresì:
a) all'attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima classe della scuola secondaria di primo grado;
b) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;
c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, prevedendo forme obbligatorie di consultazione tra insegnanti del ciclo inferiore e del ciclo superiore ed il massimo sviluppo dell'esperienza scolastica della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola, consentendo il completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell'interesse dell'alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'articolo 4, secondo comma, lettera l), del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416 (15), su proposta del consiglio di classe o di interclasse, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi (15/cost).
2. I piani di studio delle scuole di specializzazione di cui all'articolo 4 della legge 19 novembre 1990, n. 341 (18), per il conseguimento del diploma abilitante all'insegnamento nelle scuole secondarie, comprendono, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione dei suddetti piani di studio, discipline facoltative, attinenti all'integrazione degli alunni handicappati, determinate ai sensi dell'articolo 4, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 (18). Nel diploma di specializzazione conseguito ai sensi del predetto articolo 4 deve essere specificato se l'insegnante ha sostenuto gli esami relativi all'attività didattica di sostegno per le discipline cui il diploma stesso si riferisce, nel qual caso la specializzazione ha valore abilitante anche per l'attività didattica di sostegno.
3. La tabella del corso di laurea definita ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della citata legge n. 341 del 1990 (18) comprende, nei limiti degli stanziamenti già preordinati in base alla legislazione vigente per la definizione delle tabelle dei corsi di laurea, insegnamenti facoltativi attinenti all'integrazione scolastica degli alunni handicappati. Il diploma di laurea per l'insegnamento nelle scuole materne ed elementari di cui all'articolo 3, comma 2, della citata legge n. 341 del 1990 (18) costituisce titolo per l'ammissione ai concorsi per l'attività didattica di sostegno solo se siano stati sostenuti gli esami relativi, individuati come obbligatori per la preparazione all'attività didattica di sostegno, nell'ambito della tabella suddetta definita ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della medesima legge n. 341 del 1990 (18).
4. L'insegnamento delle discipline facoltative previste nei piani di studio delle scuole di specializzazione di cui al comma 2 e dei corsi di laurea di cui al comma 3 può essere impartito anche da enti o istituti specializzati all'uopo convenzionati con le università, le quali disciplinano le modalità di espletamento degli esami e i relativi controlli. I docenti relatori dei corsi di specializzazione devono essere in possesso del diploma di laurea e del diploma di specializzazione.
5. Fino alla prima applicazione dell'articolo 9 della citata legge n. 341 del 1990 (18), relativamente alle scuole di specializzazione si applicano le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417 (19), e successive modificazioni, al decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970 (19) e all'articolo 65 della legge 20 maggio 1982, n. 270 (20).
6. L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati.
7. Gli accordi di programma di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), possono prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati.
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(15) Riportato alla voce Istruzione pubblica: personale direttivo, insegnante e non insegnante.
(17) Riportata alla voce Ministero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica.
(15/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 4-6 luglio 2001, n. 226 (Gazz. Uff. 11 luglio 2001, n. 27, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, lettera c), sollevata in riferimento agli artt. 34 e 38 della Cost.
(18) Riportata alla voce Istruzione pubblica: istruzione superiore.
(19) Riportato alla voce Istruzione pubblica: personale direttivo, insegnante e non insegnante.
(20) Riportata alla voce Istruzione pubblica: personale direttivo, insegnante e non insegnante.
Articolo 15.
Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica.
1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell'articolo 14, decimo comma, della legge 20 maggio 1982, n. 270 (20), e successive modificazioni, due esperti designati dagli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal Ministro della pubblica istruzione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.
2. Presso ogni circolo didattico ed istituto di scuola secondaria di primo e secondo grado sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti con il compito di collaborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.
3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui agli articoli 13, 39 e 40, per l'impostazione e l'attuazione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.
4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al Ministro della pubblica istruzione ed al presidente della giunta regionale. Il presidente della giunta regionale può avvalersi della relazione ai fini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui agli artt. 13, 39 e 40 (20/a).
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(20) Riportata alla voce Istruzione pubblica: personale direttivo, insegnante e non insegnante.
(20/a) Vedi, anche, il D.M. 26 giugno 1992, riportato al n. E/XXVI.
Articolo 16.
Valutazione del rendimento e prove d'esame.
1. Nella valutazione degli alunni handicappati da parte degli insegnanti è indicato, sulla base del piano educativo individualizzato, per quali discipline siano stati adottati particolari criteri didattici, quali attività integrative e di sostegno siano state svolte, anche in sostituzione parziale dei contenuti programmatici di alcune discipline.
2. Nella scuola dell'obbligo sono predisposte, sulla base degli elementi conoscitivi di cui al comma 1, prove d'esame corrispondenti agli insegnamenti impartiti e idonee a valutare il progresso dell'allievo in rapporto alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.
3. Nell'ambito della scuola secondaria di secondo grado, per gli alunni handicappati sono consentite prove equipollenti e tempi più lunghi per l'effettuazione delle prove scritte o grafiche e la presenza di assistenti per l'autonomia e la comunicazione.
4. Gli alunni handicappati sostengono le prove finalizzate alla valutazione del rendimento scolastico o allo svolgimento di esami anche universitari con l'uso degli ausili loro necessari.
5. Il trattamento individualizzato previsto dai commi 3 e 4 in favore degli studenti handicappati è consentito per il superamento degli esami universitari previa intesa con il docente della materia e con l'ausilio del servizio di tutorato di cui all'articolo 13, comma 6-bis. È consentito, altresì, sia l'impiego di specifici mezzi tecnici in relazione alla tipologia di handicap, sia la possibilità di svolgere prove equipollenti su proposta del servizio di tutorato specializzato (20/b).
5-bis. Le università, con proprie disposizioni, istituiscono un docente delegato dal rettore con funzioni di coordinamento, monitoraggio e supporto di tutte le iniziative concernenti l'integrazione nell'ambito dell'ateneo (20/c).
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(20/b) Comma così sostituito dall'art. 1, L. 28 gennaio 1999, n. 17, riportata al n. E/XXXV.
(20/c) Comma aggiunto dall'art. 1, L. 28 gennaio 1999, n. 17, riportata al n. E/XXXV.
(omissis)
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.
Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della
L. 23 ottobre 1992, n. 421
(art. 19-bis)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1992, n. 305, S.O.
(2) Vedi, anche, l'art. 32, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 441, riportato al n. R/CLXXXIII.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 28 novembre 2000, n. 50;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 17 ottobre 1996, n. 201; Circ. 19 novembre 1997, n. 232; Circ. 21 novembre 1997, n. 232; Circ. 24 dicembre 1997, n. 263; Circ. 28 luglio 1997, n. 169;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 25 luglio 2001, n. 69143; Ris. 4 marzo 2002, n. 70/E; Ris. 31 luglio 2003, n. 165/E;
- Ministero dell'interno: Circ. 17 maggio 2000, n. 4;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 10 maggio 1996, n. 183;
- Ministero della sanità: Circ. 10 maggio 1996, n. 1221; Circ. 12 novembre 1998, n. 100/359.13/10632; Circ. 22 aprile 1998, n. DPS-X40/98/1010; Circ. 21 ottobre 1999;
- Ministero delle finanze: Circ. 19 giugno 1998, n. 155/E;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 25 marzo 1997, n. 95;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 13 dicembre 1996, n. 7541; Circ. 14 dicembre 1996, n. 7978; Circ. 14 dicembre 1996, n. 8489; Circ. 19 dicembre 1996, n. 7920; Circ. 25 marzo 1996, n. 2601.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 1992;
Acquisito il parere delle commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 dicembre 1992;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro;
Emana il seguente decreto legislativo:
(omissis)
Articolo 19-bis.
Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari.
1. È istituita, presso l'Agenzia per i servizi sanitari regionali, la Commissione nazionale per l'accreditamento e la qualità dei servizi sanitari. Con regolamento adottato su proposta del Ministro della sanità, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinate le modalità di organizzazione e funzionamento della Commissione, composta da dieci esperti di riconosciuta competenza a livello nazionale in materia di organizzazione e programmazione dei servizi, economia, edilizia e sicurezza nel settore della sanità.
2. La Commissione, in coerenza con gli obiettivi indicati dal Piano sanitario nazionale e avvalendosi del supporto tecnico dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali, svolge i seguenti compiti:
a) definisce i requisiti in base ai quali le regioni individuano i soggetti abilitati alla verifica del possesso dei requisiti per l'accreditamento delle strutture pubbliche e private di cui all'art. 8-quater, comma 5;
b) valuta l'attuazione del modello di accreditamento per le strutture pubbliche e per le strutture private;
c) esamina i risultati delle attività di monitoraggio di cui al comma 3 e trasmette annualmente al Ministro della sanità e alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano una relazione sull'attività svolta.
3. Le regioni individuano le modalità e gli strumenti per la verifica della attuazione del modello di accreditamento, trasmettendo annualmente alla Commissione nazionale i risultati della attività di monitoraggio condotta sullo stato di attuazione delle procedure di accreditamento (122).
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(122) Articolo così inserito dall'art. 16, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Gazz. Uff. 16 luglio 1999, n. 165, S.O.).
(omissis)
D.P.R. 24 febbraio 1994.
Atto di indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle unità sanitarie
locali in materia di alunni portatori di handicap
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 6 aprile 1994, n. 79 e ripubblicato sulla Gazz. Uff. 15 aprile 1994, n. 87, dopo la registrazione alla Corte dei conti.
(2) Si ritiene opportuno riportare anche la premessa del presente decreto.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Vista la legge 5 febbraio 1992, n. 104, legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate;
Visti gli articoli 12 e 13 della citata legge n. 104 del 1992, ed in particolare il comma 7 dell'art. 12 che autorizza il Ministro della sanità ad emanare un atto di indirizzo e coordinamento per determinare le modalità con le quali le unità sanitarie e/o socio-sanitarie locali attuano i compiti demandati dai commi 5 e 6 del citato art. 12;
Visto l'art. 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
Sentito il Consiglio sanitario nazionale nella seduta del 6 luglio 1993 (parere n. 4/93);
Visto il parere favorevole reso dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nella seduta del 20 gennaio 1994;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 17 febbraio 1994, su proposta del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie e gli affari regionali;
Decreta:
È approvato il seguente atto di indirizzo e coordinamento delle attività delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, per disciplinare i compiti delle unità sanitarie e/o socio-sanitarie locali in relazione alla predisposizione della diagnosi funzionale, del profilo dinamico funzionale di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (3).
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(3) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 1.
Attività delle regioni e delle province autonome.
1. Le regioni a statuto ordinario e speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a che le unità sanitarie e/o socio-sanitarie locali, nell'ambito dei servizi istituiti ai sensi e per le finalità di cui all'art. 14, primo comma, lettera e), della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (4), resi anche tramite strutture universitarie con le quali le regioni o le province stesse abbiano stipulato specifici protocolli d'intesa ai sensi dell'art. 6, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (5), ovvero avvalendosi delle strutture di cui all'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (4), operanti secondo le modalità richiamate nell'art. 38 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (3), assicurino l'intervento medico cognitivo sull'alunno in situazione di handicap, necessario per le finalità di cui agli articoli 12 e 13 della legge n. 104 del 1992 (3), da articolarsi nella compilazione:
a) di una diagnosi funzionale del soggetto;
b) di un profilo dinamico funzionale dello stesso;
c) per quanto di competenza, di un piano educativo individualizzato, destinato allo stesso alunno in situazione di handicap.
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(4) Riportata al n. R/I.
(5) Riportato al n. R/CLXIV.
(3) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 2.
Individuazione dell'alunno come persona handicappata.
1. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata, al fine di assicurare l'esercizio del diritto all'educazione, all'istruzione e all'integrazione scolastica, di cui agli articoli 12 e 13 della legge n. 104 del 1992 (3), provvede lo specialista, su segnalazione ai servizi di base, anche da parte del competente capo d'istituto, ovvero lo psicologo esperto dell'età evolutiva, in servizio presso le UU.SS.LL. o in regime di convenzione con le medesime, che riferiscono alle direzioni sanitaria ed amministrativa, per i successivi adempimenti, entro il termine di dieci giorni dalle segnalazioni.
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(3) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 3.
Diagnosi funzionale.
1. Per diagnosi funzionale si intende la descrizione analitica della compromissione funzionale dello stato psicofisico dell'alunno in situazione di handicap, al momento in cui accede alla struttura sanitaria per conseguire gli interventi previsti dagli articoli 12 e 13 della legge n. 104 del 1992 (3).
2. Alla diagnosi funzionale provvede l'unità multidisciplinare composta: dal medico specialista nella patologia segnalata, dallo specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione, dagli operatori sociali in servizio presso la unità sanitaria locale o in regime di convenzione con la medesima. La diagnosi funzionale deriva dall'acquisizione di elementi clinici e psico-sociali. Gli elementi clinici si acquisiscono tramite la visita medica diretta dell'alunno e l'acquisizione dell'eventuale documentazione medica preesistente. Gli elementi psico-sociali si acquisiscono attraverso specifica relazione in cui siano ricompresi:
a) i dati anagrafici del soggetto;
b) i dati relativi alle caratteristiche del nucleo familiare (composizione, stato di salute dei membri, tipo di lavoro svolto, contesto ambientale, ecc.).
3. La diagnosi funzionale, di cui al comma 2, si articola necessariamente nei seguenti accertamenti:
a) l'anamnesi fisiologica e patologica prossima e remota del soggetto, con particolare riferimento alla nascita (in ospedale, a casa, ecc.), nonché alle fasi dello sviluppo neuro-psicologico da zero a sedici anni ed inoltre alle vaccinazioni, alle malattie riferite e/o repertate, agli eventuali periodi di ospedalizzazione, agli eventuali programmi terapeutici in atto, agli eventuali interventi chirurgici, alle eventuali precedenti esperienze riabilitative;
b) diagnosi clinica, redatta dal medico specialista nella patologia segnalata (rispettivamente neuropsichiatra infantile, otorinolaringoiatra, oculista, ecc.), come indicato nell'art. 3, comma 2: la stessa fa riferimento all'eziologia ed esprime le conseguenze funzionali dell'infermità indicando la previsione dell'evoluzione naturale.
4. La diagnosi funzionale, essendo finalizzata al recupero del soggetto portatore di handicap, deve tenere particolarmente conto delle potenzialità registrabili in ordine ai seguenti aspetti:
a) cognitivo, esaminato nelle componenti: livello di sviluppo raggiunto e capacità di integrazione delle competenze;
b) affettivo-relazionale, esaminato nelle componenti: livello di autostima e rapporto con gli altri;
c) linguistico, esaminato nelle componenti: comprensione, produzione e linguaggi alternativi;
d) sensoriale, esaminato nella componente: tipo e grado di deficit con particolare riferimento alla vista, all'udito e al tatto;
e) motorio-prassico, esaminato nelle componenti: motricità globale e motricità fine;
f) neuropsicologico, esaminato nelle componenti: memoria, attenzione e organizzazione spazio temporale;
g) autonomia personale e sociale.
5. Degli accertamenti sopra indicati viene redatta una documentazione nella forma della scheda riepilogativa del tipo che, in via indicativa, si riporta nell'allegato «A» al presente atto di indirizzo e coordinamento. Nella predetta scheda riepilogativa viene, inoltre, riportata la diagnosi funzionale redatta in forma conclusiva, da utilizzare per i successivi adempimenti.
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(3) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 4.
Profilo dinamico funzionale.
1. Ai sensi dell'art. 12, comma 5, della legge n. 104 del 1992 (6), il profilo dinamico funzionale è atto successivo alla diagnosi funzionale e indica in via prioritaria, dopo un primo periodo di inserimento scolastico, il prevedibile livello di sviluppo che l'alunno in situazione di handicap dimostra di possedere nei tempi brevi (sei mesi) e nei tempi medi (due anni). Il profilo dinamico funzionale viene redatto dall'unità multidisciplinare di cui all'art. 3, dai docenti curriculari e dagli insegnanti specializzati della scuola, che riferiscono sulla base della diretta osservazione ovvero in base all'esperienza maturata in situazioni analoghe, con la collaborazione dei familiari dell'alunno.
2. Il profilo dinamico funzionale, sulla base dei dati riportati nella diagnosi funzionale, di cui all'articolo precedente, descrive in modo analitico i possibili livelli di risposta dell'alunno in situazione di handicap riferiti alle relazioni in atto e a quelle programmabili.
3. Il profilo dinamico funzionale comprende necessariamente:
a) la descrizione funzionale dell'alunno in relazione alle difficoltà che l'alunno dimostra di incontrare in settori di attività;
b) l'analisi dello sviluppo potenziale dell'alunno a breve e medio termine, desunto dall'esame dei seguenti parametri:
b.1) cognitivo, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione al livello di sviluppo raggiunto (normodotazione; ritardo lieve, medio, grave; disarmonia medio grave; fase di sviluppo controllata; età mentale, ecc.) alle strategie utilizzate per la soluzione dei compiti propri della fascia di età, allo stile cognitivo, alla capacità di usare, in modo integrato, competenze diverse;
b.2) affettivo-relazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili rispetto all'area del sé, al rapporto con gli altri, alle motivazioni dei rapporti e dell'atteggiamento rispetto all'apprendimento scolastico, con i suoi diversi interlocutori;
b.3) comunicazionale, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alle modalità di interazione, ai contenuti prevalenti, ai mezzi privilegiati;
b.4) linguistico, esaminato nelle potenzialità esprimibili in relazione alla comprensione del linguaggio orale, alla produzione verbale, all'uso comunicativo del linguaggio verbale, all'uso del pensiero verbale, all'uso di linguaggi alternativi o integrativi;
b.5) sensoriale, esaminato, soprattutto, in riferimento alle potenzialità riferibili alla funzionalità visiva, uditiva e tattile;
b.6) motorio-prassico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili in ordine alla motricità globale, alla motricità fine, alle prassie semplici e complesse e alle capacità di programmazione motorie interiorizzate;
b.7) neuropsicologico, esaminato in riferimento alle potenzialità esprimibili riguardo alle capacità mnesiche, alla capacità intellettiva e all'organizzazione spazio-temporale;
b.8) autonomia, esaminata con riferimento alle potenzialità esprimibili in relazione all'autonomia della persona e all'autonomia sociale;
b.9) apprendimento, esaminato in relazione alle potenzialità esprimibili in relazione all'età prescolare, scolare (lettura, scrittura, calcolo, lettura di messaggi, lettura di istruzioni pratiche, ecc.).
4. In via orientativa, alla fine della seconda elementare, della quarta elementare, alla fine della seconda media, alla fine del biennio superiore e del quarto anno della scuola superiore, il personale di cui agli articoli precedenti traccia un bilancio diagnostico e prognostico finalizzato a valutare la rispondenza del profilo dinamico funzionale alle indicazioni nello stesso delineate e alla coerenza tra le successive valutazioni, fermo restando che il profilo dinamico funzionale è aggiornato, come disposto dal comma 8 dell'art. 12 della legge n. 104 del 1992 (6), a conclusione della scuola materna, della scuola elementare, della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.
5. Degli accertamenti sopra indicati, viene redatta dalla unità multidisciplinare della unità sanitaria locale, in collaborazione con il personale insegnante e i familiari o gli esercenti la potestà parentale una documentazione nella forma della scheda riepilogativa, del tipo che, in via indicativa, si riporta nell'allegato «B» al presente atto di indirizzo e coordinamento. Nella predetta scheda, sarà, inoltre, riportato il profilo dinamico funzionale redatto in forma conclusiva, da utilizzare per i successivi adempimenti e relativo alle caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive dell'alunno.
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(6) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 5.
Piano educativo individualizzato.
1. Il Piano educativo individualizzato (indicato in seguito con il termine P.E.I.), è il documento nel quale vengono descritti gli interventi integrati ed equilibrati tra di loro, predisposti per l'alunno in situazione di handicap, in un determinato periodo di tempo, ai fini della realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione, di cui ai primi quattro commi dell'art. 12 della legge n. 104 del 1992 (7).
2. Il P.E.I. è redatto, ai sensi del comma 5 del predetto art. 12, congiuntamente dagli operatori sanitari individuati dalla USL e/o USSL e dal personale insegnante curriculare e di sostegno della scuola e, ove presente, con la partecipazione dell'insegnante operatore psico-pedagogico, in collaborazione con i genitori o gli esercenti la potestà parentale dell'alunno.
3. Il P.E.I. tiene presenti i progetti didattico-educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché le forme di integrazione tra attività scolastiche ed extrascolastiche, di cui alla lettera a), comma 1, dell'art. 13 della legge n. 104 del 1992 (7).
4. Nella definizione del P.E.I., i soggetti di cui al precedente comma 2, propongono, ciascuno in base alla propria esperienza pedagogica, medico-scientifica e di contatto e sulla base dei dati derivanti dalla diagnosi funzionale e dal profilo dinamico funzionale, di cui ai precedenti articoli 3 e 4, gli interventi finalizzati alla piena realizzazione del diritto all'educazione, all'istruzione ed integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap. Detti interventi propositivi vengono, successivamente, integrati tra di loro, in modo da giungere alla redazione conclusiva di un piano educativo che sia correlato alle disabilità dell'alunno stesso, alle sue conseguenti difficoltà e alle potenzialità dell'alunno comunque disponibili.
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(7) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 6.
Verifiche.
1. Con frequenza, preferibilmente, correlata all'ordinaria ripartizione dell'anno scolastico o, se possibile, con frequenza trimestrale (entro ottobre-novembre, entro febbraio-marzo, entro maggio-giugno), i soggetti indicati al comma 6 dell'art. 12 della legge n. 104 del 1992 (7), verificano gli effetti dei diversi interventi disposti e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico sull'alunno in situazione di handicap.
2. Le verifiche di cui al comma precedente sono finalizzate a che ogni intervento destinato all'alunno in situazione di handicap sia correlato alle effettive potenzialità che l'alunno stesso dimostri di possedere nei vari livelli di apprendimento e di prestazioni educativo-riabilitative, nel rispetto della sua salute mentale.
3. Qualora vengano rilevate ulteriori difficoltà (momento di crisi specifica o situazioni impreviste relative all'apprendimento) nel quadro comportamentale o di relazione o relativo all'apprendimento del suddetto alunno, congiuntamente o da parte dei singoli soggetti di cui al comma 1, possono essere effettuate verifiche straordinarie, al di fuori del termine indicato dallo stesso comma 1. Gli esiti delle verifiche devono confluire nel P.E.I.
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(7) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
Articolo 7.
Vigilanza.
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, tramite i propri servizi, esercitano la vigilanza sulle unità sanitarie e/o socio-sanitarie locali, perché diano la piena e qualificata collaborazione agli operatori della scuola e alle famiglie, al fine di dare attuazione al diritto all'educazione, all'istruzione e all'integrazione scolastica dell'alunno in situazione di handicap, previsti dagli articoli 12 e 13 della legge n. 104 del 1992 (7).
(Si omettono gli allegati)
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(7) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni,
delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali
(artt. 2, 8)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
- Ministero delle finanze: Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E;
- Ministero per la pubblica istruzione: Circ. 19 febbraio 1998, n. 60.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Vista la legge 15 marzo 1997, n. 59, recante delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa;
Visto in particolare l'articolo 9 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che conferisce al Governo la delega ad adottare apposito decreto legislativo per la definizione e l'ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la sua unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;
Vista l'intesa intervenuta tra il Ministero degli affari esteri ed i presidenti delle regioni e province autonome il 23 gennaio 1997, circa le modalità del concorso delle regioni in vista della definizione della politica nazionale in sede Unione europea;
Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
Sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunità montane;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 5 agosto 1997;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la funzione pubblica e gli affari regionali;
Emana il seguente decreto legislativo:
(omissis)
Capo II - Conferenza Stato-regioni
Articolo 2.
Compiti.
1. Al fine di garantire la partecipazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano a tutti i processi decisionali di interesse regionale, interregionale ed infraregionale, la Conferenza Stato-regioni:
a) promuove e sancisce intese, ai sensi dell'articolo 3;
b) promuove e sancisce accordi di cui all'articolo 4;
c) nel rispetto delle competenze del Comitato interministeriale per la programmazione economica, promuove il coordinamento della programmazione statale e regionale ed il raccordo di quest'ultima con l'attività degli enti o soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse aventi rilevanza nell'ambito territoriale delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
d) acquisisce le designazioni dei rappresentanti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, nei casi previsti dalla legge;
e) assicura lo scambio di dati ed informazioni tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo le modalità di cui all'articolo 6;
f) fermo quanto previsto dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, determina, nei casi previsti dalla legge, i criteri di ripartizione delle risorse finanziarie che la legge assegna alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, anche a fini di perequazione;
g) adotta i provvedimenti che sono ad essa attribuiti dalla legge;
h) formula inviti e proposte nei confronti di altri organi dello Stato, di enti pubblici o altri soggetti, anche privati, che gestiscono funzioni o servizi di pubblico interesse;
i) nomina, nei casi previsti dalla legge, i responsabili di enti ed organismi che svolgono attività o prestano servizi strumentali all'esercizio di funzioni concorrenti tra Governo, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano;
l) approva gli schemi di convenzione tipo per l'utilizzo da parte dello Stato e delle regioni di uffici statali e regionali (2/cost).
2. Ferma la necessità dell'assenso del Governo, l'assenso delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'adozione degli atti di cui alle lettere f), g) ed i) del comma 1 è espresso, quando non è raggiunta l'unanimità, dalla maggioranza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, componenti la Conferenza Stato-regioni, o da assessori da essi delegati a rappresentarli nella singola seduta.
3. La Conferenza Stato-regioni è obbligatoriamente sentita in ordine agli schemi di disegni di legge e di decreto legislativo o di regolamento del Governo nelle materie di competenza delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano che si pronunzia entro venti giorni; decorso tale termine, i provvedimenti recanti attuazione di direttive comunitarie sono emanati anche in mancanza di detto parere. Resta fermo quanto previsto in ordine alle procedure di approvazione delle norme di attuazione degli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano (2/a).
4. La Conferenza è sentita su ogni oggetto di interesse regionale che il Presidente del Consiglio dei Ministri ritiene opportuno sottoporre al suo esame, anche su richiesta della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Quando il Presidente del Consiglio dei Ministri dichiara che ragioni di urgenza non consentono la consultazione preventiva, la Conferenza Stato-regioni è consultata successivamente ed il Governo tiene conto dei suoi pareri:
a) in sede di esame parlamentare dei disegni di legge o delle leggi di conversione dei decreti-legge;
b) in sede di esame definitivo degli schemi di decreto legislativo sottoposti al parere delle commissioni parlamentari (2/cost).
6. Quando il parere concerne provvedimenti già adottati in via definitiva, la Conferenza Stato-regioni può chiedere che il Governo lo valuti ai fini dell'eventuale revoca o riforma dei provvedimenti stessi (2/cost).
7. La Conferenza Stato-regioni valuta gli obiettivi conseguiti ed i risultati raggiunti, con riferimento agli atti di pianificazione e di programmazione in ordine ai quali si è pronunciata.
8. Con le modalità di cui al comma 2 la Conferenza Stato-regioni delibera, altresì:
a) gli indirizzi per l'uniforme applicazione dei percorsi diagnostici e terapeutici in ambito locale e le misure da adottare in caso di mancato rispetto dei protocolli relativi, ivi comprese le sanzioni a carico del sanitario che si discosti dal percorso diagnostico senza giustificato motivo, ai sensi dell'articolo 1, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (3);
b) i protocolli di intesa dei progetti di sperimentazione gestionali individuati, ai sensi dell'articolo 9-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni;
c) gli atti di competenza degli organismi a composizione mista Stato-regioni soppressi ai sensi dell'articolo 7.
9. La Conferenza Stato-regioni esprime intesa sulla proposta, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, del Ministro della sanità di nomina del direttore dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali.
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(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(2/a) Comma così modificato dall'art. 12, L. 5 febbraio 1999, n. 25, riportata alla voce Comunità europee.
(3) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
Capo III - Conferenza unificata
Articolo 8.
Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.
1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (2/cost).
2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (7). Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici.
3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (7/a).
4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (2/cost).
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(2/cost) La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.
(7) Riportata alla voce Comuni e province.
(7/a) Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.
L. 27 dicembre 1997, n. 449.
Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica
(art. 40)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1997, n. 302, S.O.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- AIMA (Azienda di Stato per gli Interventi nel mercato agricolo): Circ. 13 marzo 1998, n. 1227;
- Comando generale della Guardia di Finanza: Circ. 5 maggio 1999, n. 131381;
- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Circ. 7 maggio 1998, n. 30; Circ. 20 luglio 1998, n. 53; Nota 12 febbraio 2001; Nota 6 settembre 2002; Nota 13 marzo 2003; Nota 9 febbraio 2004; Nota 14 febbraio 2005, n. 587;
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Circ. 16 marzo 1998, n. 14; Circ. 3 aprile 1998, n. 21; Circ. 7 maggio 1999, n. 28; Informativa 23 aprile 2002, n. 40; Ris. 31 ottobre 2002, n. 340/E; Ris. 11 novembre 2002, n. 350/E; Circ. 10 febbraio 2004, n. 10;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 5 gennaio 1998, n. 2; Circ. 12 gennaio 1998, n. 7; Circ. 12 gennaio 1998, n. 6; Circ. 23 gennaio 1998, n. 14; Circ. 29 gennaio 1998, n. 18; Circ. 30 gennaio 1998, n. 22; Circ. 4 febbraio 1998, n. 27; Circ. 7 febbraio 1998, n. 34; Circ. 18 febbraio 1998, n. 38; Circ. 18 febbraio 1998, n. 39; Circ. 24 febbraio 1998, n. 44; Circ. 17 marzo 1998, n. 63; Circ. 26 marzo 1998, n. 69; Circ. 1 aprile 1998, n. 72; Circ. 6 maggio 1998, n. 96; Circ. 11 maggio 1998, n. 101; Circ. 4 giugno 1998, n. 118; Circ. 5 giugno 1998, n. 120; Circ. 16 giugno 1998, n. 129; Circ. 25 giugno 1998, n. 138; Circ. 2 luglio 1998, n. 143; Circ. 14 luglio 1998, n. 151; Circ. 15 luglio 1998, n. 152; Circ. 17 luglio 1998, n. 156; Circ. 23 luglio 1998, n. 164; Circ. 28 luglio 1998, n. 171; Circ. 28 luglio 1998, n. 174; Circ. 20 agosto 1998, n. 192; Circ. 31 agosto 1998, n. 194; Circ. 2 settembre 1998, n. 196; Circ. 23 settembre 1998, n. 202; Circ. 9 ottobre 1998, n. 212; Circ. 11 novembre 1998, n. 235; Circ. 9 febbraio 1999, n. 24; Circ. 15 febbraio 1999, n. 33; Circ. 14 settembre 1999, n. 175; Circ. 28 marzo 2000, n. 70; Msg. 5 aprile 2001, n. 120; Msg. 13 marzo 2003, n. 88; Msg. 8 aprile 2004, n. 10484; Circ. 9 giugno 2003, n. 98; Circ. 7 giugno 2004, n. 90; Msg. 23 luglio 2004, n. 23556; Msg. 22 ottobre 2004, n. 33936;
- Ministero dei lavori pubblici: Circ. 24 luglio 1998, n. 4184;
- Ministero dei trasporti e della navigazione: Circ. 19 gennaio 1998, n. 8/98; Circ. 21 maggio 1998, n. 421; Circ. 25 febbraio 2000, n. B11/2000/MOT;
- Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 29 gennaio 1998, n. 14/98; Circ. 30 gennaio 1998, n. 15/98; Circ. 11 settembre 1998, n. 107/98;
- Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica: Circ. 7 maggio 1998, n. 39; Circ. 24 giugno 1998, n. 57; Circ. 31 luglio 1998, n. 66; Circ. 2 settembre 1998, n. 26549; Circ. 27 ottobre 1998, n. 842; Circ. 10 dicembre 1999, n. 51; Circ. 23 marzo 2000, n. 15;
- Ministero del tesoro: Circ. 26 gennaio 1998, n. 6; Circ. 3 febbraio 1998, n. 9; Circ. 18 marzo 1998, n. 24; Circ. 10 aprile 1998, n. 126786; Circ. 18 giugno 1998, n. 50;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Circ. 25 marzo 2002, n. 16; Ris. 12 giugno 2002, n. 184/E; Circ. 22 luglio 2002, n. 24; Ris. 24 gennaio 2003, n. 14/E; Ris. 10 agosto 2004, n. 118/E; Ris. 8 febbraio 2005, n. 14/E;
- Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato: Circ. 5 marzo 1999, n. 910026; Circ. 5 aprile 2001, n. 1061262;
- Ministero dell'interno: Circ. 27 gennaio 1998, n. F.L.3/98; Circ. 24 marzo 1998, n. 6/98; Circ. 30 aprile 1998, n. 15/98; Circ. 6 luglio 1998, n. F.L.22/98; Circ. 21 dicembre 1998, n. F.L.38/98; Circ. 28 maggio 1999, n. 138; Circ. 21 luglio 1999, n. 156/99; Circ. 26 aprile 2000, n. S.A.F.10/2000; Circ. 11 maggio 1999, n. 333-H/N18; Circ. 25 febbraio 2000, n. 124; Circ. 16 giugno 2000, n. F.L.13/2000; Circ. 30 novembre 2000, n. F.L.24/2000; Circ. 9 maggio 2005, n. F.L.16/2005;
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 11 marzo 2002, n. 151; Nota 21 giugno 2002, n. 127/VM;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 28 gennaio 1998, n. 36; Circ. 29 gennaio 1998, n. 221; Circ. 12 febbraio 1998, n. 53; Circ. 12 febbraio 1998, n. 54; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60; Circ. 19 febbraio 1998, n. 60; Circ. 9 aprile 1998, n. 185; Circ. 16 aprile 1998, n. 190; Circ. 24 aprile 1998, n. 196; Circ. 27 aprile 1998, n. 202; Circ. 28 aprile 1998, n. 203; Circ. 30 aprile 1998, n. 209; Circ. 8 maggio 1998, n. 222; Circ. 12 maggio 1998, n. 224; Circ. 16 maggio 1998, n. 234; Circ. 5 giugno 1998, n. 255; Circ. 6 giugno 1998, n. 260; Circ. 9 giugno 1998, n. 265; Circ. 9 giugno 1998, n. 266; Circ. 22 giugno 1998, n. 2630; Circ. 25 giugno 1998, n. 282; Circ. 26 giugno 1998, n. 285; Circ. 21 luglio 1998, n. 317; Circ. 30 luglio 1998, n. 337; Circ. 10 settembre 1998, n. 384; Circ. 10 settembre 1998, n. 383; Nota 11 settembre 1998, n. 31310/EL; Circ. 29 settembre 1998, n. 399; Circ. 18 marzo 1999, n. 65; Circ. 16 aprile 1999, n. 104; Circ. 7 settembre 1999, n. 213; Circ. 14 febbraio 2000, n. 39; Circ. 11 luglio 2000, n. 181; Circ. 25 luglio 2000, n. 188; Circ. 24 gennaio 2001, n. 16; Circ. 11 giugno 2001, n. 109; Nota. 27 giugno 2000, n. 124/VM;
- Ministero della sanità: Circ. 22 aprile 1998, n. DPS-X40/98/1010;
- Ministero della università e della ricerca scientifica e tecnologica: Circ. 3 marzo 1999, n. 454;
- Ministero delle finanze: Circ. 31 dicembre 1997, n. 335/E; Circ. 9 gennaio 1998, n. 3/E; Circ. 14 gennaio 1998, n. 8/E; Circ. 15 gennaio 1998, n. 10/T; Circ. 15 gennaio 1998, n. 11/T; Circ. 16 gennaio 1998, n. 12/E; Circ. 22 gennaio 1998, n. 27/D; Circ. 26 gennaio 1998, n. 29/E; Circ. 27 gennaio 1998, n. 30/E; Circ. 27 gennaio 1998, n. 30/E; Circ. 4 febbraio 1998, n. 38/E; Circ. 4 febbraio 1998, n. 39/E; Circ. 6 febbraio 1998, n. 43/E; Circ. 10 febbraio 1998, n. 48/E; Circ. 10 febbraio 1998, n. 47/E; Circ. 16 febbraio 1998, n. 51/D; Circ. 24 febbraio 1998, n. 57/E; Circ. 25 febbraio 1998, n. 59/E; Circ. 12 marzo 1998, n. 84/E; Circ. 24 marzo 1998, n. 89/E; Circ. 31 marzo 1998, n. 94/D; Circ. 22 aprile 1998, n. 111/T; Circ. 23 aprile 1998, n. 112/T; Circ. 11 maggio 1998, n. 121/E; Circ. 11 maggio 1998, n. 122/E; Circ. 15 maggio 1998, n. 126/E; Circ. 25 maggio 1998, n. 131/E; Circ. 4 giugno 1998, n. 141/E; Circ. 9 giugno 1998, n. 143/E; Circ. 19 giugno 1998, n. 154/E; Circ. 19 giugno 1998, n. 155/E; Circ. 24 giugno 1998, n. 165/E; Circ. 25 giugno 1998, n. 167/E; Circ. 26 giugno 1998, n. 168/E; Circ. 2 luglio 1998, n. 172/T; Circ. 2 luglio 1998, n. 174/E; Circ. 10 luglio 1998, n. 180/E; Circ. 13 luglio 1998, n. 184/E; Circ. 15 luglio 1998, n. 186/E; Circ. 16 luglio 1998, n. 188/E; Circ. 31 luglio 1998, n. 197/E; Circ. 18 settembre 1998, n. 219/E; Circ. 17 febbraio 1999, n. 40/E; Circ. 17 febbraio 1999, n. 41/D; Ris. 3 marzo 1999, n. 76227; Circ. 9 luglio 1999, n. 151/E; Circ. 14 luglio 1999, n. 155/E; Circ. 27 marzo 2000, n. 10/24184; Circ. 22 maggio 2000, n. 106/E; Circ. 13 ottobre 2000, n. 186/E; Circ. 6 novembre 2000, n. 204/E; Circ. 6 febbraio 2001, n. 13/E;
- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 16 gennaio 1998, n. 4/1-S-61; Circ. 23 febbraio 1998, n. 4/1-S-302;
- Ministero per i beni culturali e ambientali: Circ. 7 settembre 1999, n. 45720;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affari regionali: Circ. 11 gennaio 2000, n. 1;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Servizi tecnici nazionali: Circ. 18 marzo 1998, n. 25; Circ. 10 febbraio 2000, n. 2/2000;
- Ufficio italiano Cambi: Circ. 7 aprile 1998, n. 459.
(omissis)
Articolo 40.
Personale della scuola.
1. Il numero dei dipendenti del comparto scuola deve risultare alla fine dell'anno 1999 inferiore del 3 per cento rispetto a quello rilevato alla fine dell'anno 1997, ferma restando la dotazione di personale di sostegno necessaria a coprire la richiesta nazionale di integrazione scolastica. Tale numero costituisce il limite massimo del personale in servizio. Tra i dipendenti che dovranno essere considerati per i fini della programmazione sono inclusi i supplenti annuali e i supplenti temporanei con la esclusione dei soggetti chiamati a svolgere supplenze brevi. La spesa per le supplenze brevi non potrà essere nell'anno 1998 superiore a quella resasi necessaria per soddisfare le esigenze dell'anno 1997. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, da esprimere entro trenta giorni dall'avvenuta trasmissione, si provvede alla determinazione della consistenza numerica del personale alla data del 31 dicembre 1999 (235/a). Con decreti del Ministro della pubblica istruzione, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, da esprimere entro trenta giorni dall'avvenuta trasmissione, sono individuati i criteri e le modalità per il raggiungimento delle finalità predette mediante disposizioni sugli organici funzionali di istituto, sulla formazione delle cattedre e delle classi, sul contenimento delle supplenze temporanee di breve durata assicurando comunque il perseguimento dell'obiettivo tendenziale della riduzione del numero massimo di alunni per classe con priorità per le zone svantaggiate, per le piccole isole, per le zone di montagna, nonché per le aree metropolitane a forte rischio di devianza minorile e giovanile. In attuazione dei princìpi generali fissati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (236), è assicurata l'integrazione scolastica degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla gravità dell'handicap, compreso il ricorso all'ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall'articolo 21, commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (237), nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni indicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi, fermo restando il vincolo di cui al primo periodo del presente comma. Sono abrogati gli articoli 72, 315, comma 3, 319, commi da 1 a 3, e 443 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (238). Anche in vista dell'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia di cui all'articolo 21, commi da 1 a 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (237), è consentita, altresì, alle istituzioni scolastiche la stipulazione di contratti di prestazione d'opera con esperti per particolari attività ed insegnamenti, purché non sostitutivi di quelli curricolari, per sperimentazioni didattiche e ordinamentali, per l'ampliamento dell'offerta formativa e per l'avvio dell'autonomia delle istituzioni scolastiche. Al fine di incrementare la preparazione tecnico-professionale dei giovani, dopo il conseguimento del diploma finale di istruzione secondaria superiore, nel quadro del sistema formativo integrato e della programmazione regionale dell'offerta formativa, lo Stato e le regioni concordano modalità di intese per la realizzazione, anche nelle istituzioni scolastiche, di corsi di formazione superiore non universitaria, anche mediante la costituzione di forme associative con altri soggetti del territorio ed utilizzando le risorse messe a disposizione anche dall'Unione europea, dalle regioni, dagli enti locali e da altre istituzioni pubbliche e private (238/a).
2. I docenti compresi nelle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami ed aventi titolo alla nomina in ruolo sulle cattedre o posti accantonati al 1° settembre 1992 secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 22, quarto periodo, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (239), hanno diritto, a decorrere dall'anno scolastico 1997-1998, alla precedenza assoluta nel conferimento delle supplenze annuali e temporanee del personale docente nella provincia per cui è valida la graduatoria del concorso. La precedenza opera prima di quella prevista dall'articolo 522, comma 5, del testo unico di cui al comma 1.
3. La dotazione organica di insegnanti di sostegno per l'integrazione degli alunni handicappati è fissata nella misura di un insegnante per ogni gruppo di 138 alunni complessivamente frequentanti gli istituti scolastici statali della provincia, assicurando, comunque, il graduale consolidamento, in misura non superiore all'80 per cento, della dotazione di posti di organico e di fatto esistenti nell'anno scolastico 1997-1998, fermo restando il vincolo di cui al primo periodo del comma 1. I criteri di ripartizione degli insegnanti di sostegno tra i diversi gradi di scuole ed, eventualmente, tra le aree disciplinari dell'istruzione secondaria, nonché di assegnazione ai singoli istituti scolastici sono stabiliti con i decreti di cui al comma 1, assicurando la continuità educativa degli insegnanti di sostegno in ciascun grado di scuola. Progetti volti a sperimentare modelli efficaci di integrazione, nelle classi ordinarie, e ad assicurare il successo formativo di alunni con particolari forme di handicap sono approvati dai provveditori agli studi, che possono disporre l'assegnazione delle risorse umane necessarie e dei mezzi finanziari per l'acquisizione di strumenti tecnici e ausili didattici funzionali allo sviluppo delle potenzialità esistenti nei medesimi alunni, nonché per l'aggiornamento del personale. Le esperienze acquisite sono messe a disposizione di altre scuole (239/a).
4. Al fine del raggiungimento degli obiettivi indicati al comma 1, si procede, altresì, alla revisione dei criteri di determinazione degli organici del personale amministrativo, tecnico, ausiliario della scuola, ivi compresi gli istituti di educazione, nelle forme previste dall'articolo 31 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (240), e successive modificazioni ed integrazioni, tenendo conto dei compiti connessi all'esercizio dell'autonomia delle istituzioni scolastiche ed evitando duplicazioni di competenze tra aree e profili professionali.
5. In coerenza con i poteri di organizzazione e di gestione attribuiti sono rimesse alle singole istituzioni scolastiche le decisioni organizzative, amministrative e gestionali che assicurano efficacia e funzionalità alla prestazione dei servizi, consentendo, tra l'altro, alle stesse istituzioni, anche consorziate fra loro, di deliberare l'affidamento in appalto dei servizi di pulizia dei locali scolastici e delle loro pertinenze, previa riduzione della dotazione organica di istituto, approvata dal provveditore agli studi sulla base di criteri predeterminati idonei anche ad evitare situazioni di soprannumero del personale, in misura tale da consentire economie nella spesa. Con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, previo accertamento delle economie realizzate, sono effettuate le occorrenti variazioni di bilancio. In sede di contrattazione decentrata a livello provinciale sono ridefinite le modalità di organizzazione del lavoro del personale ausiliario che non svolga attività di pulizia.
6. Dall'attuazione dei commi 1, 3, 4 e 12 devono conseguirsi complessivamente risparmi pari a lire 442 miliardi per l'anno 1998, a lire 1.232 miliardi per l'anno 1999 ed a lire 977 miliardi per l'anno 2000. Le predette somme sono calcolate al netto dei risparmi di spesa destinati alla costituzione del fondo di cui al comma 7.
7. I risparmi derivanti dall'applicazione del comma 1, con esclusione delle economie derivanti dalla riduzione di spesa relativa alle supplenze brevi, stimati, in ragione d'anno, in lire 1.110 miliardi per il 1999 e in lire 1.260 miliardi a decorrere dall'anno 2000, sono destinati, dall'anno scolastico 1999-2000, nel limite del 50 per cento, quantificato in lire 185 miliardi per l'anno 1999 ed in lire 630 miliardi a decorrere dall'anno 2000, alla costituzione di un apposito fondo da iscrivere nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, da ripartire con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, da destinare all'incremento dei fondi di istituto per la retribuzione accessoria del personale, finalizzata al sostegno delle attività e delle iniziative connesse all'autonomia delle istituzioni scolastiche. Le risorse che si rendono disponibili sono ripartite su base provinciale. Previa verifica delle economie derivanti dall'applicazione del comma 5, il predetto fondo viene integrato, a decorrere dall'anno 2000, di una ulteriore quota pari al 60 per cento da calcolarsi sulle economie riscontrate, al netto delle somme da riassegnare alle singole istituzioni scolastiche per la stipula dei contratti di appalto di cui al medesimo comma 5.
8. Con periodicità annuale, si provvede alla verifica dei risparmi effettivamente realizzati in applicazione del comma 1, al fine di accertarne la corrispondenza con lo stanziamento del fondo di cui al comma 7.
9. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 24, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (241), e dall'articolo 1, comma 77, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (242), è attribuita agli uffici periferici del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la competenza all'ordinazione dei pagamenti, a mezzo ruoli di spesa fissa, delle retribuzioni spettanti al personale della scuola con nomina del capo d'istituto su posti di supplenze annuali e supplenze fino al termine delle attività didattiche, in attesa dell'assunzione degli aventi diritto.
10. I concorsi per titoli ed esami a cattedre e posti d'insegnamento nelle scuole secondarie possono essere indetti al fine di reclutare docenti per gli insegnamenti che presentano maggiore fabbisogno e per ambiti disciplinari comprensivi di insegnamenti impartiti in più scuole e istituti anche di diverso ordine e grado ai quali si può accedere con il medesimo titolo di studio.
11. È estesa all'anno scolastico 1998-1999 la validità delle graduatorie dei concorsi per titoli ed esami del personale docente e a posti di coordinatore amministrativo, nonché delle graduatorie di conferimento delle supplenze del personale docente e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
12. Con effetto dall'anno scolastico 1997-1998 sono aboliti i compensi giornalieri ai componenti delle commissioni di esami di licenza media.
13. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla regione Valle d'Aosta e alle province autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia nell'ambito delle competenze derivanti dai rispettivi statuti e dalle norme di attuazione.
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(235/a) Con D.M. 24 luglio 1998 (Gazz. Uff. 11 novembre 1998, n. 264, S.O.) è stata determinata la consistenza numerica del personale del comparto scuola alla data del 31 dicembre 1999.
(236) Riportata alla voce Assistenza e beneficenza pubblica.
(237) Riportata alla voce Ministeri: provvedimenti generali.
(238) Riportato alla voce Istruzione pubblica: disposizioni generali.
(238/a) Comma così modificato dall'art. 26, comma 16, L. 23 dicembre 1998, n. 448, riportata al n. A/CLXXVIII.
(239) Riportata al n. A/CXXXIII.
(239/a) Il deroga a quanto disposto dal presente comma vedi l'art. 35, comma 7, L. 27 dicembre 2002, n. 289.
(240) Riportato alla voce Impiegati civili dello Stato.
(241) Riportata al n. A/CXLVII.
(242) Riportata al n. A/CLII.
(omissis)
Ministro della pubblica istruzione.
D.M. 24 luglio 1998.
Disposizioni concernenti la riorganizzazione della rete scolastica, la
formazione delle classi e la determinazione degli organici del personale della
scuola
(artt. 10, 37-44)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 11 novembre 1998, n. 264, S.O.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 17 settembre 2001, n. 8;
- Ministero della pubblica istruzione: Circ. 31 marzo 1999, n. 37198/BL; Circ. 8 giugno 1999, n. 39212/BL; Nota 8 giugno 2000, n. 114/VM.
IL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE
Visto il testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione approvato con il D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297;
Visto l'art. 21 della legge 15 aprile 1997, n. 59;
Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed in particolare il Titolo IV, Capo III, relativo al conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed enti locali, in attuazione del Capo I della legge sopracitata;
Visto l'art. 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, concernente misure per la stabilizzazione della finanza pubblica;
Visto il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, inerente il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche statali e gli organici funzionali di istituto;
Visto il decreto di pari data emesso di concerto col Ministro del tesoro, bilancio e programmazione economica e con il Ministro per la funzione pubblica in attuazione dell'art. 40, comma 1 della legge n. 449 del 1997 sopra richiamata;
Visti i propri decreti del 15 marzo 1997 n. 176, n. 177 e n. 178, emessi di concerto con i Ministri del tesoro e della funzione pubblica, concernenti, rispettivamente la riorganizzazione della rete scolastica, la rideterminazione del rapporto medio provinciale alunni-classi, per gli anni scolastici 1997-98, 1998-99 e 1999-2000 ed i criteri per la costituzione delle classi nelle scuole ed istituti di istruzione di ogni ordine e grado, e la determinazione degli organici del personale;
Rilevata la necessità di impartire, per il triennio 1998-99 - 2000-2001, ulteriori disposizioni sulle materie sopra indicate, nonché di disciplinare, ex novo e per lo stesso periodo, le modalità di determinazione e ripartizione degli organici per attività di sostegno agli alunni in situazione di handicap, secondo quanto stabilito, in particolare, dai commi 1 e 3 dell'art. 40 della richiamata legge n. 449 del 1997;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, espressi, rispettivamente, nelle sedute dell'8 e del 21 luglio 1998;
Ravvisata l'opportunità di aderire alle indicazioni contenute nei suddetti pareri relativamente all'unificazione degli schemi di decreti ministeriali in un unico testo, al mantenimento delle cattedre orario su tre scuole, al collegamento tra le disposizioni in materia di riorganizzazione della rete scolastica e le norme regolamentari emanate con il decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1998, n. 233, all'esigenza di procedere al monitoraggio dei criteri adottati per la formazione delle classi affinché sia realizzata la progressiva riduzione del numero massimo di alunni per classe, all'opportunità di costituire con meno di 20 alunni le classi che ospitano alunni portatori di handicap in situazioni di disagio e difficoltà di apprendimento particolarmente gravi, all'assegnazione dei docenti di sostegno alle classi degli istituti di istruzione secondaria superiore secondo criteri di continuità didattica rispondenti alle esigenze dei singoli alunni portatori di handicap;
Considerato che la raccomandazione di favorire la scelta della lingua straniera da parte degli alunni della scuola media può essere accolta soltanto nella misura compatibile con l'esigenza di evitare situazioni di sovrannumero dei docenti e garantire il pluralismo nell'insegnamento delle lingue straniere, anche a seguito della introduzione graduale della seconda lingua comunitaria prevista dall'art. 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440;
Ritenuto di non poter aderire alla richiesta, formulata negli stessi pareri, in merito alla riduzione immediata a 25 del limite massimo di alunni nelle sezioni di scuola materna e nelle classi degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado, in quanto ciò non consentirebbe il raggiungimento degli obiettivi finanziari previsti dall'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e di disciplinare, con il presente decreto, i criteri per la definizione dei bacini d'utenza ai fini previsti dal regolamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 233 del 1998, in quanto le modalità di definizione sono già previste dallo stesso regolamento;
Decreta:
(omissis)
Articolo 10.
Classi con alunni in situazione di handicap.
1. Per garantire la massima possibile efficacia nel processo di integrazione scolastica le classi che accolgono alunni in situazione di handicap (comprese le sezioni di scuola materna) possono essere costituite con meno di 25 iscritti, tenuto conto sia dell'organizzazione complessiva della scuola, con riguardo alle attività formative previste e alle risorse di personale, sia della natura dell'handicap e delle condizioni soggettive del singolo alunno, nonché degli obiettivi e della metodologia prevista dal piano educativo individualizzato.
2. Le classi che accolgono alunni portatori di handicap in situazione di disagio e difficoltà di apprendimento particolarmente gravi possono essere costituite con meno di 20 iscritti, ove tale esigenza sia adeguatamente motivata nei piani educativi individualizzati, con riguardo anche alle condizioni organizzative delle singole scuole e alle risorse professionali disponibili.
(omissis)
TITOLO IV
Ripartizione e assegnazione dei posti per attività di sostegno agli alunni in situazione di handicap sperimentazione di modelli efficaci di integrazione
Articolo 37.
Dotazione provinciale degli insegnanti di sostegno.
1. Le dotazioni provinciali di sostegno per l'integrazione degli alunni in situazione di handicap sono determinate con le tabelle allegate, tenendo conto del numero complessivo degli alunni iscritti alle scuole statali, di ogni ordine e grado, in ciascuna provincia e dividendo lo stesso numero per 138.
2. Sulla base del numero di posti calcolato a norma del comma 1, confrontato ai posti di organico e di fatto complessivamente costituiti nell'anno scolastico 1997-1998, in ogni provincia i posti in organico sono determinati in misura non inferiore al 66 per cento del numero calcolato come sopra specificato oppure non superiore all'80 per cento dei posti complessivamente istituiti nello stesso anno scolastico 1997-1998.
3. Sulle ulteriori disponibilità di posti corrispondenti alla differenza tra i posti calcolati a norma del comma 1 e quelli acquisiti negli organici provinciali, ove se ne verifichi la necessità, possono essere disposte assunzioni o utilizzazioni annuali di personale con rapporto di lavoro, rispettivamente, a tempo determinato o indeterminato. Le modalità e le condizioni di utilizzazione del personale in servizio a tempo indeterminato sono disposte in sede di contrattazione decentrata nazionale e provinciale.
4. Le variazioni in aumento o in diminuzione, conseguenti al sistema di calcolo dei posti sopra indicato, hanno effetto gradualmente nel triennio 1998-2000.
Articolo 38.
Criteri di ripartizione tra gradi di scuola.
1. Stabilita la dotazione provinciale dei posti, il Provveditore procede contestualmente alla loro ripartizione tra i diversi gradi di scuole tenendo conto dei seguenti elementi di valutazione:
a) quota percentuale di alunni in situazione di handicap per ogni grado di scuola in rapporto al totale provinciale degli alunni nella medesima situazione;
b) quota percentuale di alunni in situazione di handicap per ogni grado di scuola in rapporto al totale provinciale della popolazione di alunni del medesimo grado;
c) durata media del tempo scolastico in rapporto ai diversi gradi di scuola;
d) numerosità degli alunni per classe, plesso o sede distaccata e istituto nei diversi gradi di scuola;
e) proposta di ripartizione del gruppo di lavoro interistituzionale provinciale (Glip) formulata in base agli elementi sopra elencati.
Articolo 39.
Consolidamento dei posti.
1. Per distribuire tra i diversi gradi di scuole i posti acquisiti in organico ai sensi dell'art. 37 il Provveditore agli studi tiene conto:
a) dei posti attualmente coperti da docenti di ruolo per ogni grado di scuola;
b) della ripartizione di posti già calcolata ai sensi del precedente art. 38;
c) dell'andamento della presenza di alunni in situazione di handicap nell'ultimo triennio scolastico, relativamente alle scuole materne, elementari e medie;
d) della tendenza del tasso di presenza di alunni in situazione di handicap nell'ultimo triennio relativamente agli istituti di istruzione secondaria superiore, tenendo conto della distribuzione tra i diversi ordini e tipi di scuole.
Articolo 40.
Continuità educativa.
1. Al fine di assicurare la continuità educativa degli insegnanti di sostegno, il Provveditore agli studi assegna i posti di cui agli articoli 38 e 39 del presente decreto, alle singole istituzioni scolastiche tenendo conto:
della tendenza delle presenze di alunni in situazioni di handicap nell'ultimo triennio;
delle necessità di dotare ogni circolo didattico e istituto di un gruppo stabile di insegnanti, allo scopo di garantire l'efficace utilizzazione delle risorse professionali;
dell'esistenza di progetti educativi individualizzati a lungo termine.
Articolo 41.
Assegnazione definitiva dei posti per le attività di sostegno alle scuole.
1. L'assegnazione definitiva alle singole istituzioni scolastiche dei posti di sostegno, salvo il disposto dell'art. 42, è effettuata dal Provveditore agli studi, sulla base delle proposte dal gruppo di lavoro per l'integrazione scolastica (GLH), tenendo conto:
a) del progetto educativo individuale, presentato dalla scuola di riferimento, contenente indicazioni:
sui bisogni formativi dei singoli alunni in situazione di handicap;
sulle strategie che si intendono attivare per sviluppare le potenzialità presenti o residue, in rapporto alle risorse complessive della scuola;
sulle modalità di verifica degli obiettivi individuati per il progetto di integrazione o di vita, con previsione programmata della riduzione motivata dell'impiego dell'insegnante di sostegno;
b) della diagnosi funzionale attestante il livello di gravità dell'alunno in situazione di handicap, in rapporto alla sua scolarizzazione, e dei cambiamenti avvenuti attraverso il processo di integrazione, evitando l'assegnazione automatica, di anno in anno, della medesima entità del sostegno ritenuto necessario, nel primo anno di scolarizzazione, dalla diagnosi funzionale iniziale;
c) dell'organizzazione didattica di ciascuna scuola, con riguardo alla durata del tempo scolastico e alle attività didattiche programmate per la classe in cui è inserito l'alunno in situazione di handicap, al fine di consentire la valutazione ponderata delle risorse professionali necessarie;
d) della corrispondenza, nella maggior misura possibile, tra le competenze disciplinari ed esperienze professionali dei docenti da assegnare ad istituzioni secondarie superiori e gli obiettivi formativi del progetto di vita di ciascun alunno;
e) della necessità d'interventi precoci o di prevenzione nel grado iniziale della scolarità;
f) della priorità da attribuire, nelle scuole secondarie superiori, ai progetti caratterizzati dall'interazione scuola-lavoro, definendo anche le competenze disciplinari utili ad individuare gli insegnanti di sostegno.
2. Con l'assegnazione dei posti così effettuata può essere modificata la ripartizione tra gradi di scuole, attuata ai sensi degli articoli 38, 39 e 40, in relazione alle diverse situazioni specifiche.
Articolo 42.
Dotazioni di posti di sostegno per l'istruzione secondaria superiore.
1. Limitatamente all'anno scolastico 1998-1999 la dotazione organica per gli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore è determinata a livello provinciale, per grandi aree disciplinari; i posti così determinati sono assegnati alle singole istituzioni scolastiche, nella fase operativa di adeguamento dell'organico alla situazione di fatto, secondo i criteri previsti dagli articoli 40 e 41.
Articolo 43.
Progetti sperimentali.
1. Il Provveditore agli studi vaglia i progetti di sperimentazione di modelli efficaci di integrazione nelle classi ordinarie, predisposti dalle scuole ai sensi dell'art. 40, comma 3 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (18), al fine di:
approvare la sperimentazione di tali progetti, valutandone la ricaduta di esperienza nel territorio;
disporre l'eventuale assegnazione di personale elettivamente qualificato, in relazione agli obiettivi specifici da conseguire;
assegnare mezzi finanziari per l'acquisizione di strumenti tecnici ed ausili didattici funzionali alla realizzazione del progetto.
2. I progetti di sperimentazione dovranno presentare i seguenti requisiti:
definizione degli obiettivi, degli strumenti metodologici e didattici, delle modalità di documentazione dell'attività svolta e di diffusione dell'esperienza tra le altre scuole;
eventuale attuazione del progetto attraverso l'integrazione di risorse e di esperienze con altri enti, sulla base di accordi di programma e intese con istituzioni, associazioni, organizzazioni noprofit, cooperative sociali e centri specializzati;
preventivo di spesa per le risorse umane e strumentali necessarie, tenendo conto anche degli apporti di soggetti esterni alla scuola operanti nello stesso ambito territoriale.
3. Il Provveditore agli studi, sulla base delle proposte del Gruppo di lavoro provinciale interistituzionale (GLIP), individuerà i progetti da approvare osservando le seguenti priorità:
a) interventi precoci finalizzati alla prevenzione dei fenomeni di aggravamento delle situazioni di handicap nei gradi iniziali del processo formativo;
b) percorsi integrati di istruzione e formazione professionale e di inserimento nel mondo del lavoro, con particolare riferimento a progetti che prevedono l'uso di risorse provenienti da altri soggetti, con particolare attenzione alle cooperative sociali, al riconoscimento di crediti formativi e all'alternanza scuola-lavoro;
c) percorsi di integrazione che prevedano l'impiego anche di persone esterne al corpo docente, come tutors reclutati attraverso «borse amicali», esperti in specifiche attività lavorative o figure di sistema;
d) interventi formativi in contesti esterni alla scuola e attività didattiche cooperative, con il coinvolgimento di tutti gli alunni e gli insegnanti;
e) integrazione scolastica di minorati dell'udito e della vista, con l'intervento dei diversi soggetti istituzionali competenti, anche al fine di mettere le strumentazioni e le competenze specializzate a disposizione di reti di scuole;
f) progetti di integrazione scolastica dei disabili fisici e psichici in particolare situazione di gravità, più direttamente mirati alle potenzialità di apprendimento e al miglioramento della vita di relazione;
g) progetti che si colleghino all'autonomia didattica ed organizzativa, prevedendo attività per gruppi, tempi scolastici flessibili, curricoli individualizzati, che, partendo dalle esigenze degli alunni in situazione di handicap determinino cambiamenti significativi dell'intera organizzazione della scuola.
4. Il Provveditore agli studi dispone, altresì:
l'eventuale assegnazione temporanea di insegnanti di sostegno del grado di scuola precedente, nella fase di passaggio di un alunno da un grado all'altro di scuola, qualora il progetto educativo individuale e le esigenze di inserimento rendano necessarie forme di raccordo e integrazione tra i due gruppi di docenti;
l'eventuale finalizzazione di competenze professionali assegnate, per alunni in particolari situazione di handicap, anche a reti di scuole.
5. In ogni caso i progetti dovranno evitare la concentrazione di alunni della stessa tipologia di handicap nella stessa scuola, favorendo invece i consorzi tra scuole e lo scambio di strumenti ed esperienze;
6. Le scuole a cui verrà affidato il progetto di sperimentazione dovranno garantire l'informazione e la diffusione delle esperienze, attraverso la promozione di centri territoriali di servizi didattici e strumentali, in attuazione dell'autonomia gestionale o organizzativa delle scuole.
7. Le sperimentazioni proposte dai commi precedenti verranno sottoposte a specifico monitoraggio, al fine di valutare la qualità dei progetti, il conseguimento degli obiettivi prefissati e l'opportunità della diffusione delle esperienze realizzate.
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(18) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
Articolo 44.
Deroghe al rapporto 1:138.
1. In presenza di handicap particolarmente gravi, il Provveditore agli studi può assumere personale con rapporto di lavoro a tempo determinato anche in deroga al rapporto numerico fissato dall'art. 37, fermo restando, comunque, il vincolo di riduzione della consistenza complessiva del personale in servizio in ciascuna provincia posto dall'art. 40, comma 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (19).
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(19) Riportata alla voce Amministrazione del patrimonio e contabilità generale dello Stato.
(omissis)
L. 8 novembre 2000, n. 328.
Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali
(art. 14)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 13 novembre 2000, n. 265, S.O.
Capo I - Princìpi generali del sistema integrato di interventi e servizi sociali
Articolo 1.
Princìpi generali e finalità.
1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
2. Ai sensi della presente legge, per «interventi e servizi sociali» si intendono tutte le attività previste dall'articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
3. La programmazione e l'organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i princìpi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.
4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'àmbito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
5. Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.
6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.
7. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, nell'àmbito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti.
Articolo 2.
Diritto alle prestazioni.
1. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri, individuati ai sensi dell'articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all'articolo 129, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
2. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, sono tenuti a realizzare il sistema di cui alla presente legge che garantisce i livelli essenziali di prestazioni, ai sensi dell'articolo 22, e a consentire l'esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche di cui all'articolo 24 della presente legge, nonché delle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.
4. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma 3 sono definiti dai comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Piano nazionale di cui all'articolo 18.
5. Gli erogatori dei servizi e delle prestazioni sono tenuti, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad informare i destinatari degli stessi sulle diverse prestazioni di cui possono usufruire, sui requisiti per l'accesso e sulle modalità di erogazione per effettuare le scelte più appropriate.
Articolo 3.
Princìpi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.
2. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, provvedono, nell'àmbito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti princìpi:
a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro;
b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.
3. I soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell'Unione europea.
4. I comuni, le regioni e lo Stato promuovono azioni per favorire la pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta fra gli stessi servizi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l'eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all'articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché delle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
Articolo 4.
Sistema di finanziamento delle politiche sociali.
1. La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3.
2. Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e 5.
3. Le regioni, secondo le competenze trasferite ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché in attuazione della presente legge, provvedono alla ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato per obiettivi ed interventi di settore, nonché, in forma sussidiaria, a cofinanziare interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali di trasferimento agli enti locali delle materie individuate dal citato articolo 132.
4. Le spese da sostenere da parte dei comuni e delle regioni sono a carico, sulla base dei piani di cui agli articoli 18 e 19, delle risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.
5. Ai sensi dell'articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, competono allo Stato la definizione e la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali, la spesa per pensioni, assegni e indennità considerati a carico del comparto assistenziale quali le indennità spettanti agli invalidi civili, l'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il reddito minimo di inserimento di cui all'articolo 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nonché eventuali progetti di settore individuati ai sensi del Piano nazionale di cui all'articolo 18 della presente legge.
Articolo 5.
Ruolo del terzo settore.
1. Per favorire l'attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell'àmbito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l'accesso agevolato al credito ed ai fondi dell'Unione europea.
2. Ai fini dell'affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall'articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale.
3. Le regioni, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall'articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona (1/a).
4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei princìpi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l'apporto del volontariato nell'erogazione dei servizi.
Capo II - Assetto istituzionale e organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali
Articolo 6.
Funzioni dei comuni.
1. I comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione regionale. Tali funzioni sono esercitate dai comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dalla legge 8 giugno 1990, n. 142, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265.
2. Ai comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed alle funzioni attribuite ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 1 12, spetta, nell'àmbito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19 e secondo la disciplina adottata dalle regioni, l'esercizio delle seguenti attività:
a) programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5;
b) erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche diverse da quelle disciplinate dall'articolo 22, e dei titoli di cui all'articolo 17, nonché delle attività assistenziali già di competenza delle province, con le modalità stabilite dalla legge regionale di cui all'articolo 8, comma 5;
c) autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, secondo quanto stabilito ai sensi degli articoli 8, comma 3, lettera f), e 9, comma 1, lettera c);
d) partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali, di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a);
e) definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all'articolo 2, comma 3, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.
3. Nell'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono a:
a) promuovere, nell'àmbito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle collettività locali tramite forme innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'àmbito della vita comunitaria;
b) coordinare programmi e attività degli enti che operano nell'àmbito di competenza, secondo le modalità fissate dalla regione, tramite collegamenti operativi tra i servizi che realizzano attività volte all'integrazione sociale ed intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività sociosanitarie e per i piani di zona;
c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera a);
d) effettuare forme di consultazione dei soggetti di cui all'articolo 1, commi 5 e 6, per valutare la qualità e l'efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;
e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi, secondo le modalità previste dagli statuti comunali.
4. Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica.
Articolo 7.
Funzioni delle province.
1. Le province concorrono alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per i compiti previsti dall'articolo 15 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nonché dall'articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, secondo le modalità definite dalle regioni che disciplinano il ruolo delle province in ordine:
a) alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dai comuni e da altri soggetti istituzionali presenti in àmbito provinciale per concorrere all'attuazione del sistema informativo dei servizi sociali;
b) all'analisi dell'offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in àmbito provinciale fornendo, su richiesta dei comuni e degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;
c) alla promozione, d'intesa con i comuni, di iniziative di formazione, con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all'aggiornamento;
d) alla partecipazione alla definizione e all'attuazione dei piani di zona.
Articolo 8.
Funzioni delle regioni.
1. Le regioni esercitano le funzioni di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi sociali nonché di verifica della rispettiva attuazione a livello territoriale e disciplinano l'integrazione degli interventi stessi, con particolare riferimento all'attività sanitaria e socio-sanitaria ad elevata integrazione sanitaria di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419.
2. Allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità locali, le regioni programmano gli interventi sociali secondo le indicazioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, promuovendo, nell'àmbito delle rispettive competenze, modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione. Le regioni provvedono altresì alla consultazione dei soggetti di cui agli articoli 1, commi 5 e 6, e 10 della presente legge.
3. Alle regioni, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta in particolare l'esercizio delle seguenti funzioni:
a) determinazione, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tramite le forme di concertazione con gli enti locali interessati, degli ambiti territoriali, delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete. Nella determinazione degli ambiti territoriali, le regioni prevedono incentivi a favore dell'esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali di norma coincidenti con i distretti sanitari già operanti per le prestazioni sanitarie, destinando allo scopo una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge;
b) definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;
c) promozione e coordinamento delle azioni di assistenza tecnica per la istituzione e la gestione degli interventi sociali da parte degli enti locali;
d) promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;
e) promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste;
f) definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 4 e 5;
g) istituzione, secondo le modalità definite con legge regionale, sulla base di indicatori oggettivi di qualità, di registri dei soggetti autorizzati all'esercizio delle attività disciplinate dalla presente legge;
h) definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per la erogazione delle prestazioni;
i) definizione dei criteri per la concessione dei titoli di cui all'articolo 17 da parte dei comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale;
l) definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera g);
m) predisposizione e finanziamento dei piani per la formazione e l'aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;
n) determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati;
o) esercizio dei poteri sostitutivi, secondo le modalità indicate dalla legge regionale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a quanto stabilito dagli articoli 6, comma 2, lettere a), b) e c), e 19.
4. Fermi restando i princìpi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le regioni disciplinano le procedure amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e l'eventuale istituzione di uffici di tutela degli utenti stessi che assicurino adeguate forme di indipendenza nei confronti degli enti erogatori.
5. La legge regionale di cui all'articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, disciplina il trasferimento ai comuni o agli enti locali delle funzioni indicate dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dal decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67. Con la medesima legge, le regioni disciplinano, con le modalità stabilite dall'articolo 3 del citato decreto legislativo n. 112 del 1998, il trasferimento ai comuni e agli enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali per assicurare la copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni sociali trasferite utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge per l'esercizio delle funzioni stesse.
Articolo 9.
Funzioni dello Stato.
1. Allo Stato spetta l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché dei poteri di indirizzo e coordinamento e di regolazione delle politiche sociali per i seguenti aspetti:
a) determinazione dei princìpi e degli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali di cui all'articolo 18;
b) individuazione dei livelli essenziali ed uniformi delle prestazioni, comprese le funzioni in materia assistenziale, svolte per minori ed adulti dal Ministero della giustizia, all'interno del settore penale;
c) fissazione dei requisiti minimi strutturali e organizzativi per l'autorizzazione all'esercizio dei servizi e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale; previsione di requisiti specifici per le comunità di tipo familiare con sede nelle civili abitazioni;
d) determinazione dei requisiti e dei profili professionali in materia di professioni sociali, nonché dei requisiti di accesso e di durata dei percorsi formativi;
e) esercizio dei poteri sostitutivi in caso di riscontrata inadempienza delle regioni, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dell'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
f) ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali secondo i criteri stabiliti dall'articolo 20, comma 7.
2. Le competenze statali di cui al comma 1, lettere b) e c), del presente articolo sono esercitate sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281; le restanti competenze sono esercitate secondo i criteri stabiliti dall'articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Articolo 10.
Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante una nuova disciplina delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui alla legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi (1/b):
a) definire l'inserimento delle IPAB che operano in campo socio-assistenziale nella programmazione regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui all'articolo 22, prevedendo anche modalità per la partecipazione alla programmazione, secondo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, lettera b);
b) prevedere, nell'àmbito del riordino della disciplina, la trasformazione della forma giuridica delle IPAB al fine di garantire l'obiettivo di un'efficace ed efficiente gestione, assicurando autonomia statutaria, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica compatibile con il mantenimento della personalità giuridica pubblica;
c) prevedere l'applicazione ai soggetti di cui alla lettera b):
1) di un regime giuridico del personale di tipo privatistico e di forme contrattuali coerenti con la loro autonomia;
2) di forme di controllo relative all'approvazione degli statuti, dei bilanci annuali e pluriennali, delle spese di gestione del patrimonio in materia di investimenti, delle alienazioni, cessioni e permute, nonché di forme di verifica dei risultati di gestione, coerenti con la loro autonomia;
d) prevedere la possibilità della trasformazione delle IPAB in associazioni o in fondazioni di diritto privato fermo restando il rispetto dei vincoli posti dalle tavole di fondazione e dagli statuti, tenuto conto della normativa vigente che regolamenta la trasformazione dei fini e la privatizzazione delle IPAB, nei casi di particolari condizioni statutarie e patrimoniali;
e) prevedere che le IPAB che svolgono esclusivamente attività di amministrazione del proprio patrimonio adeguino gli statuti, entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, nel rispetto delle tavole di fondazione, a princìpi di efficienza, efficacia e trasparenza ai fini del potenziamento dei servizi; prevedere che negli statuti siano inseriti appositi strumenti di verifica della attività di amministrazione dei patrimoni;
f) prevedere linee di indirizzo e criteri che incentivino l'accorpamento e la fusione delle IPAB ai fini della loro riorganizzazione secondo gli indirizzi di cui alle lettere b) e c);
g) prevedere la possibilità di separare la gestione dei servizi da quella dei patrimoni garantendo comunque la finalizzazione degli stessi allo sviluppo e al potenziamento del sistema integrato di interventi e servizi sociali;
h) prevedere la possibilità di scioglimento delle IPAB nei casi in cui, a seguito di verifica da parte delle regioni o degli enti locali, risultino essere inattive nel campo sociale da almeno due anni ovvero risultino esaurite le finalità previste nelle tavole di fondazione o negli statuti; salvaguardare, nel caso di scioglimento delle IPAB, l'effettiva destinazione dei patrimoni alle stesse appartenenti, nel rispetto degli interessi originari e delle tavole di fondazione o, in mancanza di disposizioni specifiche nelle stesse, a favore, prioritariamente, di altre IPAB del territorio o dei comuni territorialmente competenti, allo scopo di promuovere e potenziare il sistema integrato di interventi e servizi sociali;
i) esclusione di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti i pareri della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e delle rappresentanze delle IPAB. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Le regioni adeguano la propria disciplina ai princìpi del decreto legislativo di cui al comma l entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo.
Articolo 11.
Autorizzazione e accreditamento.
1. I servizi e le strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione pubblica o dei soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, sono autorizzati dai comuni. L'autorizzazione è rilasciata in conformità ai requisiti stabiliti dalla legge regionale, che recepisce e integra, in relazione alle esigenze locali, i requisiti minimi nazionali determinati ai sensi dell'articolo 9, comma 1, lettera c), con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (1/c).
2. I requisiti minimi nazionali trovano immediata applicazione per servizi e strutture di nuova istituzione; per i servizi e le strutture operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni provvedono a concedere autorizzazioni provvisorie, prevedendo l'adeguamento ai requisiti regionali e nazionali nel termine stabilito da ciascuna regione e in ogni caso non oltre il termine di cinque anni.
3. I comuni provvedono all'accreditamento, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, lettera c), e corrispondono ai soggetti accreditati tariffe per le prestazioni erogate nell'àmbito della programmazione regionale e locale sulla base delle determinazioni di cui all'articolo 8, comma 3, lettera n).
4. Le regioni, nell'àmbito degli indirizzi definiti dal Piano nazionale ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera e), disciplinano le modalità per il rilascio da parte dei comuni ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, delle autorizzazioni alla erogazione di servizi sperimentali e innovativi, per un periodo massimo di tre anni, in deroga ai requisiti di cui al comma 1. Le regioni, con il medesimo provvedimento di cui al comma 1, definiscono gli strumenti per la verifica dei risultati.
Articolo 12.
Figure professionali sociali.
1. Con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con i Ministri della sanità, del lavoro e della previdenza sociale, della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sulla base dei criteri e dei parametri individuati dalla Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ai sensi dell'articolo 129, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono definiti i profili professionali delle figure professionali sociali.
2. Con regolamento del Ministro per la solidarietà sociale, da emanare di concerto con i Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti:
a) le figure professionali di cui al comma 1 da formare con i corsi di laurea di cui all'articolo 6 del regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, adottato con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509;
b) le figure professionali di cui al comma 1 da formare in corsi di formazione organizzati dalle regioni, nonché i criteri generali riguardanti i requisiti per l'accesso, la durata e l'ordinamento didattico dei medesimi corsi di formazione;
c) i criteri per il riconoscimento e la equiparazione dei profili professionali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 2, lettera a), sono definiti dall'università ai sensi dell'articolo 11 del citato regolamento adottato con decreto 3 novembre 1999, n. 509, del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
4. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 3-octies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, relative ai profili professionali dell'area socio-sanitaria ad elevata integrazione socio-sanitaria.
5. Ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con decreto dei Ministri per la solidarietà sociale, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate, per le figure professionali sociali, le modalità di accesso alla dirigenza, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Le risorse economiche per finanziare le iniziative di cui al comma 2 sono reperite dalle amministrazioni responsabili delle attività formative negli stanziamenti previsti per i programmi di formazione, avvalendosi anche del concorso del Fondo sociale europeo e senza oneri aggiuntivi a carico dello Stato.
Articolo 13.
Carta dei servizi sociali.
1. Al fine di tutelare le posizioni soggettive degli utenti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d'intesa con i Ministri interessati, è adottato lo schema generale di riferimento della carta dei servizi sociali. Entro sei mesi dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ciascun ente erogatore di servizi adotta una carta dei servizi sociali ed è tenuto a darne adeguata pubblicità agli utenti.
2. Nella carta dei servizi sociali sono definiti i criteri per l'accesso ai servizi, le modalità del relativo funzionamento, le condizioni per facilitarne le valutazioni da parte degli utenti e dei soggetti che rappresentano i loro diritti, nonché le procedure per assicurare la tutela degli utenti. A1 fine di tutelare le posizioni soggettive e di rendere immediatamente esigibili i diritti soggettivi riconosciuti, la carta dei servizi sociali, ferma restando la tutela per via giurisdizionale, prevede per gli utenti la possibilità di attivare ricorsi nei confronti dei responsabili preposti alla gestione dei servizi.
3. L'adozione della carta dei servizi sociali da parte degli erogatori delle prestazioni e dei servizi sociali costituisce requisito necessario ai fini dell'accreditamento.
Capo III - Disposizioni per la realizzazione di particolari interventi di integrazione e sostegno sociale
Articolo 14.
Progetti individuali per le persone disabili.
1. Per realizzare la piena integrazione delle persone disabili di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nell'àmbito della vita familiare e sociale, nonché nei percorsi dell'istruzione scolastica o professionale e del lavoro, i comuni, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, predispongono, su richiesta dell'interessato, un progetto individuale, secondo quanto stabilito al comma 2.
2. Nell'àmbito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, il progetto individuale comprende, oltre alla valutazione diagnostico-funzionale, le prestazioni di cura e di riabilitazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i servizi alla persona a cui provvede il comune in forma diretta o accreditata, con particolare riferimento al recupero e al1'integrazione sociale, nonché le misure economiche necessarie per il superamento di condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale. Nel progetto individuale sono definiti le potenzialità e gli eventuali sostegni per il nucleo familiare.
3. Con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite, nel rispetto dei princìpi di tutela della riservatezza previsti dalla normativa vigente, le modalità per indicare nella tessera sanitaria, su richiesta dell'interessato, i dati relativi alle condizioni di non autosufficienza o di dipendenza per facilitare la persona disabile nell'accesso ai servizi ed alle prestazioni sociali.
Articolo 15.
Sostegno domiciliare per le persone anziane non autosufficienti.
1. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, per le patologie acute e croniche, particolarmente per i soggetti non autosufficienti, nell'àmbito del Fondo nazionale per le politiche sociali il Ministro per la solidarietà sociale, con proprio decreto, emanato di concerto con i Ministri della sanità e per le pari opportunità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, determina annualmente la quota da riservare ai servizi a favore delle persone anziane non autosufficienti, per favorirne l'autonomia e sostenere il nucleo familiare nell'assistenza domiciliare alle persone anziane che ne fanno richiesta.
2. Il Ministro per la solidarietà sociale, con il medesimo decreto di cui al comma 1, stabilisce annualmente le modalità di ripartizione dei finanziamenti in base a criteri ponderati per quantità di popolazione, classi di età e incidenza degli anziani, valutando altresì la posizione delle regioni e delle province autonome in rapporto ad indicatori nazionali di non autosufficienza e di reddito. In sede di prima applicazione della presente legge, il decreto di cui al comma 1 è emanato entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore.
3. Una quota dei finanziamenti di cui al comma 1 è riservata ad investimenti e progetti integrati tra assistenza e sanità, realizzati in rete con azioni e programmi coordinati tra soggetti pubblici e privati, volti a sostenere e a favorire l'autonomia delle persone anziane e la loro permanenza nell'ambiente familiare secondo gli indirizzi indicati dalla presente legge. In sede di prima applicazione della presente legge le risorse individuate ai sensi del comma 1 sono finalizzate al potenziamento delle attività di assistenza domiciliare integrata.
4. Entro il 30 giugno di ogni anno le regioni destinatarie dei finanziamenti di cui al comma 1 trasmettono una relazione al Ministro per la solidarietà sociale e al Ministro della sanità in cui espongono lo stato di attuazione degli interventi e gli obiettivi conseguiti nelle attività svolte ai sensi del presente articolo, formulando anche eventuali proposte per interventi innovativi. Qualora una o più regioni non provvedano all'impegno contabile delle quote di competenza entro i tempi indicati nel riparto di cui al comma 2, il Ministro per la solidarietà sociale, di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n 281, provvede alla rideterminazione e riassegnazione dei finanziamenti alle regioni.
Articolo 16.
Valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari.
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie nella formazione e nella cura della persona, nella promozione del benessere e nel perseguimento della coesione sociale; sostiene e valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana; sostiene la cooperazione, il mutuo aiuto e l'associazionismo delle famiglie; valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e di progetti per l'offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi. Al fine di migliorare la qualità e l'efficienza degli interventi, gli operatori coinvolgono e responsabilizzano le persone e le famiglie nell'àmbito dell'organizzazione dei servizi.
2. I livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili nel territorio nazionale, di cui all'articolo 22, e i progetti obiettivo, di cui all'articolo 18, comma 3, lettera b), tengono conto dell'esigenza di favorire le relazioni, la corresponsabilità e la solidarietà fra generazioni, di sostenere le responsabilità genitoriali, di promuovere le pari opportunità e la condivisione di responsabilità tra donne e uomini, di riconoscere l'autonomia di ciascun componente della famiglia.
3. Nell'àmbito del sistema integrato di interventi e servizi sociali hanno priorità:
a) l'erogazione di assegni di cura e altri interventi a sostegno della maternità e della paternità responsabile, ulteriori rispetto agli assegni e agli interventi di cui agli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, alla legge 6 dicembre 1971, n. 1044, e alla legge 28 agosto 1997, n. 285, da realizzare in collaborazione con i servizi sanitari e con i servizi socio-educativi della prima infanzia;
b) politiche di conciliazione tra il tempo di lavoro e il tempo di cura, promosse anche dagli enti locali ai sensi della legislazione vigente;
c) servizi formativi ed informativi di sostegno alla genitorialità, anche attraverso la promozione del mutuo aiuto tra le famiglie;
d) prestazioni di aiuto e sostegno domiciliare, anche con benefìci di carattere economico, in particolare per le famiglie che assumono compiti di accoglienza, di cura di disabili fisici, psichici e sensoriali e di altre persone in difficoltà, di minori in affidamento, di anziani;
e) servizi di sollievo, per affiancare nella responsabilità del lavoro di cura la famiglia, ed in particolare i componenti più impegnati nell'accudimento quotidiano delle persone bisognose di cure particolari ovvero per sostituirli nelle stesse responsabilità di cura durante l'orario di lavoro;
f) servizi per l'affido familiare, per sostenere, con qualificati interventi e percorsi formativi, i compiti educativi delle famiglie interessate.
4. Per sostenere le responsabilità individuali e familiari e agevolare l'autonomia finanziaria di nuclei monoparentali, di coppie giovani con figli, di gestanti in difficoltà, di famiglie che hanno a carico soggetti non autosufficienti con problemi di grave e temporanea difficoltà economica, di famiglie di recente immigrazione che presentino gravi difficoltà di inserimento sociale, nell'àmbito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 18 e 19, i comuni, in alternativa a contributi assistenziali in denaro, possono concedere prestiti sull'onore, consistenti in finanziamenti a tasso zero secondo piani di restituzione concordati con il destinatario del prestito. L'onere dell'interesse sui prestiti è a carico del comune; all'interno del Fondo nazionale per le politiche sociali è riservata una quota per il concorso alla spesa destinata a promuovere il prestito sull'onore in sede locale.
5. I comuni possono prevedere agevolazioni fiscali e tariffarie rivolte alle famiglie con specifiche responsabilità di cura. I comuni possono, altresì, deliberare ulteriori riduzioni dell'aliquota dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) per la prima casa, nonché tariffe ridotte per l'accesso a più servizi educativi e sociali.
6. Con la legge finanziaria per il 2001 sono determinate misure fiscali di agevolazione per le spese sostenute per la tutela e la cura dei componenti del nucleo familiare non autosufficienti o disabili. Ulteriori risorse possono essere attribuite per la realizzazione di tali finalità in presenza di modifiche normative comportanti corrispondenti riduzioni nette permanenti del livello della spesa di carattere corrente.
Articolo 17.
Titoli per l'acquisto di servizi sociali.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, commi 2, i comuni possono prevedere la concessione, su richiesta dell'interessato, di titoli validi per l'acquisto di servizi sociali dai soggetti accreditati del sistema integrato di interventi e servizi sociali ovvero come sostitutivi delle prestazioni economiche diverse da quelle correlate al minimo vitale previste dall'articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché dalle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e dagli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
2. Le regioni, in attuazione di quanto stabilito ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera i), disciplinano i criteri e le modalità per la concessione dei titoli di cui al comma 1 nell'àmbito di un percorso assistenziale attivo per la integrazione o la reintegrazione sociale dei soggetti beneficiari, sulla base degli indirizzi del Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali.
Capo IV - Strumenti per favorire il riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali
Articolo 18.
Piano nazionale e piani regionali degli interventi e dei servizi sociali.
1. Il Governo predispone ogni tre anni il Piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, di seguito denominato «Piano nazionale», tenendo conto delle risorse finanziarie individuate ai sensi dell'articolo 4, nonché delle risorse ordinarie già destinate alla spesa sociale dagli enti locali.
2. Il Piano nazionale è adottato previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati. Sullo schema di piano sono acquisiti l'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive modificazioni, maggiormente rappresentativi, delle associazioni di rilievo nazionale che operano nel settore dei servizi sociali, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni di tutela degli utenti. Lo schema di piano è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione.
3. Il Piano nazionale indica:
a) le caratteristiche ed i requisiti delle prestazioni sociali comprese nei livelli essenziali previsti dall'articolo 22;
b) le priorità di intervento attraverso 1'individuazione di progetti obiettivo e di azioni programmate, con particolare riferimento alla realizzazione di percorsi attivi nei confronti delle persone in condizione di povertà o di difficoltà psico-fisica;
c) le modalità di attuazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e le azioni da integrare e coordinare con le politiche sanitarie, dell'istruzione, della formazione e del lavoro;
d) gli indirizzi per la diffusione dei servizi di informazione al cittadino e alle famiglie;
e) gli indirizzi per le sperimentazioni innovative, comprese quelle indicate dall'articolo 3, comma 4, e per le azioni di promozione della concertazione delle risorse umane, economiche, finanziarie, pubbliche e private, per la costruzione di reti integrate di interventi e servizi sociali;
f) gli indicatori ed i parametri per la verifica dei livelli di integrazione sociale effettivamente assicurati in rapporto a quelli previsti nonché gli indicatori per la verifica del rapporto costi - benefìci degli interventi e dei servizi sociali;
g) i criteri generali per la disciplina del concorso al costo dei servizi sociali da parte degli utenti, tenuto conto dei princìpi stabiliti dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
h) i criteri generali per la determinazione dei parametri di valutazione delle condizioni di cui all'articolo 2, comma 3;
i) gli indirizzi ed i criteri generali per la concessione dei prestiti sull'onore di cui all'articolo 16, comma 4, e dei titoli di cui all'articolo 17;
l) gli indirizzi per la predisposizione di interventi e servizi sociali per le persone anziane non autosufficienti e per i soggetti disabili, in base a quanto previsto dall'articolo 14;
m) gli indirizzi relativi alla formazione di base e all'aggiornamento del personale;
n) i finanziamenti relativi a ciascun anno di vigenza del Piano nazionale in coerenza con i livelli essenziali previsti dall'articolo 22, secondo parametri basati sulla struttura demografica, sui livelli di reddito e sulle condizioni occupazionali della popolazione;
o) gli indirizzi per la predisposizione di programmi integrati per obiettivi di tutela e qualità della vita rivolti ai minori, ai giovani e agli anziani, per il sostegno alle responsabilità familiari, anche in riferimento all'obbligo scolastico, per l'inserimento sociale delle persone con disabilità e limitazione dell'autonomia fisica e psichica, per l'integrazione degli immigrati, nonché per la prevenzione, il recupero e il reinserimento dei tossicodipendenti e degli alcoldipendenti.
4. Il primo Piano nazionale è adottato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. Il Ministro per la solidarietà sociale predispone annualmente una relazione al Parlamento sui risultati conseguiti rispetto agli obiettivi fissati dal Piano nazionale, con particolare riferimento ai costi e all'efficacia degli interventi, e fornisce indicazioni per l'ulteriore programmazione. La relazione indica i risultati conseguiti nelle regioni in attuazione dei piani regionali. La relazione dà conto altresì dei risultati conseguiti nei servizi sociali con l'utilizzo dei finanziamenti dei fondi europei, tenuto conto dei dati e delle valutazioni forniti dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale.
6. Le regioni, nell'esercizio delle funzioni conferite dagli articoli 131 e 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge, in relazione alle indicazioni del Piano nazionale di cui al comma 3 del presente articolo, entro centoventi giorni dall'adozione del Piano stesso adottano nell'àmbito delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 4, attraverso forme di intesa con i comuni interessati ai sensi dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, il piano regionale degli interventi e dei servizi sociali, provvedendo in particolare all'integrazione socio-sanitaria in coerenza con gli obiettivi del piano sanitario regionale, nonché al coordinamento con le politiche dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro (1/d).
Articolo 19.
Piano di zona.
1. I comuni associati, negli àmbiti territoriali di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a), a tutela dei diritti della popolazione, d'intesa con le aziende unità sanitarie locali, provvedono, nell'àmbito delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all'articolo 18, comma 6, a definire il piano di zona, che individua:
a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;
b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettera h);
c) le forme di rilevazione dei dati nell'àmbito del sistema informativo di cui all'articolo 21;
d) le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e prestazioni;
e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all'amministrazione penitenziaria e della giustizia;
f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell'àmbito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;
g) le forme di concertazione con l'azienda unità sanitaria locale e con i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4.
2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell'articolo 27 della legge 8 giugno l990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:
a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;
b) qualificare la spesa, attivando risorse, anche finanziarie, derivate dalle forme di concertazione di cui al comma 1, lettera g);
c) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende unità sanitarie locali e degli altri soggetti firmatari dell'accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;
d) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.
3. All'accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l'adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti pubblici di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, e all'articolo 10, che attraverso l'accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.
Articolo 20.
Fondo nazionale per le politiche sociali.
1. Per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale, lo Stato ripartisce le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.
2. Per le finalità della presente legge il Fondo di cui al comma 1 è incrementato di lire 106.700 milioni per l'anno 2000, di lire 761.500 milioni per l'anno 2001 e di lire 922.500 milioni a decorrere dall'anno 2002. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo utilizzando quanto a lire 56.700 milioni per l'anno 2000, a lire 591.500 milioni per l'anno 2001 e a lire 752.500 milioni per l'anno 2002, l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; quanto a lire 50.000 milioni per l'anno 2000 e a lire 149.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione; quanto a lire 1.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, le proiezioni dell'accantonamento relativo al Ministero dell'interno; quanto a lire 20.000 milioni per ciascuno degli anni 2001 e 2002, le proiezioni dell'accantonamento relativo al Ministero del commercio con l'estero.
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
4. La definizione dei livelli essenziali di cui all'articolo 22 è effettuata contestualmente a quella delle risorse da assegnare al Fondo nazionale per le politiche sociali tenuto conto delle risorse ordinarie destinate alla spesa sociale dalle regioni e dagli enti locali, nel rispetto delle compatibilità finanziarie definite per l'intero sistema di finanza pubblica dal Documento di programmazione economico-finanziaria.
5. Con regolamento, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo provvede a disciplinare modalità e procedure uniformi per la ripartizione delle risorse finanziarie confluite nel Fondo di cui al comma 1 ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) razionalizzare e armonizzare le procedure medesime ed evitare sovrapposizioni e diseconomie nell'allocazione delle risorse;
b) prevedere quote percentuali di risorse aggiuntive a favore dei comuni associati ai sensi dell'articolo 8, comma 3, lettera a);
c) garantire che gli stanziamenti a favore delle regioni e degli enti locali costituiscano quote di cofinanziamento dei programmi e dei relativi interventi e prevedere modalità di accertamento delle spese al fine di realizzare un sistema di progressiva perequazione della spesa in àmbito nazionale per il perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale;
d) prevedere forme di monitoraggio, verifica e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati degli interventi, nonché modalità per la revoca dei finanziamenti in caso di mancato impegno da parte degli enti destinatari entro periodi determinati;
e) individuare le norme di legge abrogate dalla data di entrata in vigore del regolamento.
6. Lo schema di regolamento di cui al comma 5, previa deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è trasmesso successivamente alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione. Decorso inutilmente tale termine, il regolamento può essere emanato.
7. Il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede, con proprio decreto, annualmente alla ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto della quota riservata di cui all'articolo 15, sulla base delle linee contenute nel Piano nazionale e dei parametri di cui all'articolo 18, comma 3, lettera n). In sede di prima applicazione della presente legge, entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore, il Ministro per la solidarietà sociale, sentiti i Ministri interessati, d'intesa con la Conferenza unificata di cui al citato articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, adotta il decreto di cui al presente comma sulla base dei parametri di cui all'articolo 18, comma 3, lettera n). La ripartizione garantisce le risorse necessarie per l'adempimento delle prestazioni di cui all'articolo 24.
8. A decorrere dall'anno 2002 lo stanziamento complessivo del Fondo nazionale per le politiche sociali è determinato dalla legge finanziaria con le modalità di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, assicurando comunque la copertura delle prestazioni di cui all'articolo 24 della presente legge.
9. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'articolo 24, confluiscono con specifica finalizzazione nel Fondo nazionale per le politiche sociali anche le risorse finanziarie destinate al finanziamento delle prestazioni individuate dal medesimo decreto legislativo.
10. A1 Fondo nazionale per le politiche sociali affluiscono, altresì, somme derivanti da contributi e donazioni eventualmente disposti da privati, enti, fondazioni, organizzazioni, anche internazionali, da organismi dell'Unione europea, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnate al citato Fondo nazionale.
11. Qualora le regioni ed i comuni non provvedano all'impegno contabile della quota non specificamente finalizzata ai sensi del comma 9 delle risorse ricevute nei tempi indicati dal decreto di riparto di cui al comma 7, il Ministro per la solidarietà sociale, con le modalità di cui al medesimo comma 7, provvede alla rideterminazione e alla riassegnazione delle risorse, fermo restando l'obbligo di mantenere invariata nel triennio la quota complessiva dei trasferimenti a ciascun comune o a ciascuna regione (1/e).
Articolo 21.
Sistema informativo dei servizi sociali.
1. Lo Stato, le regioni, le province e i comuni istituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell'occupazione.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge è nominata, con decreto del Ministro per la solidarietà sociale, una commissione tecnica, composta da sei esperti di comprovata esperienza nel settore sociale ed in campo informativo, di cui due designati dal Ministro stesso, due dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, due dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. La commissione ha il compito di formulare proposte in ordine ai contenuti, al modello ed agli strumenti attraverso i quali dare attuazione ai diversi livelli operativi del sistema informativo dei servizi sociali. La commissione è presieduta da uno degli esperti designati dal Ministro per la solidarietà sociale. I componenti della commissione durano in carica due anni. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente comma, nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, sentite la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e l'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione, definisce le modalità e individua, anche nell'àmbito dei sistemi informativi esistenti, gli strumenti necessari per il coordinamento tecnico con le regioni e gli enti locali ai fini dell'attuazione del sistema informativo dei servizi sociali, in conformità con le specifiche tecniche della rete unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 15, comma 1, della legge 15 marzo 1997, n. 59, tenuto conto di quanto disposto dall'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 281 del 1997, in materia di scambio di dati ed informazioni tra le amministrazioni centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni, le province e i comuni individuano le forme organizzative e gli strumenti necessari ed appropriati per l'attivazione e la gestione del sistema informativo dei servizi sociali a livello locale.
4. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali. Nell'àmbito dei piani di cui agli articoli 18 e 19, sono definite le risorse destinate alla realizzazione del sistema informativo dei servizi sociali, entro i limiti di spesa stabiliti in tali piani.
Capo V - Interventi, servizi ed emolumenti economici del sistema integrato di interventi e servizi sociali
Sezione I - Disposizioni generali
Articolo 22.
Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.
1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.
2. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello essenziale delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione nazionale, regionale e zonale, nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale:
a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;
b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;
c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;
d) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell'articolo 16, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;
e) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefìci disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme attuative;
f) interventi per la piena integrazione delle persone disabili ai sensi dell'articolo 14; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;
g) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio;
h) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale;
i) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.
3. Gli interventi del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui al comma 2, lettera c), sono realizzati, in particolare, secondo le finalità delle L. 4 maggio l983, n. 184, L. 27 maggio 1991, n. 176, L. 15 febbraio 1996, n. 66, L. 28 agosto 1997, n. 285, L. 23 dicembre 1997, n. 451, L. 3 agosto 1998, n, 296, L. 31 dicembre 1998, n. 476, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, nonché della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i minori disabili. Ai fini di cui all'articolo 11 e per favorire la deistituzionalizzazione, i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all'accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare.
4. In relazione a quanto indicato al comma 2, le leggi regionali, secondo i modelli organizzativi adottati, prevedono per ogni àmbito territoriale di cui all'articolo 8, comma 3, lettera a), tenendo conto anche delle diverse esigenze delle aree urbane e rurali, comunque l'erogazione delle seguenti prestazioni:
a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;
b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari;
c) assistenza domiciliare;
d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;
e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.
Sezione II - Misure di contrasto alla povertà e riordino degli emolumenti economici assistenziali
Articolo 23.
Reddito minimo di inserimento.
1. (2).
2. Il reddito minimo di inserimento di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, è definito quale misura di contrasto della povertà e di sostegno al reddito nell'àmbito di quelle indicate all'articolo 22, comma 2, lettera a), della presente legge.
Articolo 24.
Delega al Governo per il riordino degli emolumenti derivanti da invalidità civile, cecità e sordomutismo.
1. Il Governo è delegato ad emanare, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto del principio della separazione tra spesa assistenziale e spesa previdenziale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un decreto legislativo recante norme per il riordino degli assegni e delle indennità spettanti ai sensi delle L. 10 febbraio 1962, n. 66, L. 26 maggio 1970, n. 381, L. 27 maggio 1970, n. 382, L. 30 marzo 1971, n. 118, e L. 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) riclassificazione delle indennità e degli assegni, e dei relativi importi, che non determini una riduzione degli attuali trattamenti e, nel complesso, oneri aggiuntivi rispetto a quelli determinati dall'andamento tendenziale degli attuali trattamenti previsti dalle disposizioni richiamate dal presente comma. La riclassificazione tiene inoltre conto delle funzioni a cui gli emolumenti assolvono, come misure di contrasto alla povertà o come incentivi per la rimozione delle limitazioni personali, familiari e sociali dei portatori di handicap, per la valorizzazione delle capacità funzionali del disabile e della sua potenziale autonomia psico-fisica, prevedendo le seguenti forme di sostegno economico:
1) reddito minimo per la disabilità totale a cui fare afferire pensioni e assegni che hanno la funzione di integrare, a seguito della minorazione, la mancata produzione di reddito. Il reddito minimo, nel caso di grave disabilità, è cumulabile con l'indennità di cui al numero 3.1) della presente lettera;
2) reddito minimo per la disabilità parziale, a cui fare afferire indennità e assegni concessi alle persone con diversi gradi di minorazione fisica e psichica per favorire percorsi formativi, l'accesso ai contratti di formazione e lavoro di cui al decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, e successive modificazioni, alla legge 29 dicembre 1990, n. 407, e al decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, ed a borse di lavoro di cui al decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 280, da utilizzare anche temporaneamente nella fase di avvio al lavoro e da revocare al momento dell'inserimento definitivo;
3) indennità per favorire la vita autonoma e la comunicazione, commisurata alla gravità, nonché per consentire assistenza e sorveglianza continue a soggetti con gravi limitazioni dell'autonomia. A tale indennità afferiscono gli emolumenti concessi, alla data di entrata in vigore della presente legge, per gravi disabilità, totale non autosufficienza e non deambulazione, con lo scopo di rimuovere l'esclusione sociale, favorire la comunicazione e la permanenza delle persone con disabilità grave o totale non autosufficienza a domicilio, anche in presenza di spese personali aggiuntive. L'indennità può essere concessa secondo le seguenti modalità tra loro non cumulabili:
3.1) indennità per l'autonomia di disabili gravi o pluriminorati, concessa a titolo della minorazione;
3.2) indennità di cura e di assistenza per ultrasessantacinquenni totalmente dipendenti;
b) cumulabilità dell'indennità di cura e di assistenza di cui alla lettera a), numero 3.2), con il reddito minimo di inserimento di cui all'articolo 23;
c) fissazione dei requisiti psico-fisici e reddituali individuali che danno luogo alla concessione degli emolumenti di cui ai numeri 1) e 2) della lettera a) del presente comma secondo quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;
d) corresponsione dei nuovi trattamenti per coloro che non sono titolari di pensioni e indennità dopo centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, prevedendo nello stesso la equiparazione tra gli emolumenti richiesti nella domanda presentata alle sedi competenti ed i nuovi trattamenti;
e) equiparazione e ricollocazione delle indennità già percepite e in atto nel termine massimo di un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo;
f) disciplina del regime transitorio, fatti salvi i diritti acquisiti per coloro che già fruiscono di assegni e indennità;
g) riconoscimento degli emolumenti anche ai disabili o agli anziani ospitati in strutture residenziali, in termini di pari opportunità con i soggetti non ricoverati, prevedendo l'utilizzo di parte degli emolumenti come partecipazione alla spesa per l'assistenza fornita, ferma restando la conservazione di una quota, pari al 50 per cento del reddito minimo di inserimento di cui all'articolo 23, a diretto beneficio dell'assistito;
h) revisione e snellimento delle procedure relative all'accertamento dell'invalidità civile e alla concessione delle prestazioni spettanti, secondo il principio della unificazione delle competenze, anche prevedendo l'istituzione di uno sportello unico; revisione dei criteri e dei requisiti che danno titolo alle prestazioni di cui al presente articolo, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dal decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, nonché dalla Classificazione internazionale dei disturbi, disabilità ed handicap - International classification of impairments, disabilities and handicaps (ICIDH), adottata dall'Organizzazione mondiale della sanità; definizione delle modalità per la verifica della sussistenza dei requisiti medesimi.
2. Sullo schema di decreto legislativo di cui al comma 1 sono acquisiti l'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, nonché i pareri degli enti e delle associazioni nazionali di promozione sociale di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), della legge 19 novembre 1987, n. 476, e successive modificazioni, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale e delle associazioni di tutela degli utenti. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunciano entro trenta giorni dalla data di assegnazione (3).
Articolo 25.
Accertamento della condizione economica del richiedente.
1. Ai fini dell'accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130.
Articolo 26.
Utilizzo di fondi integrativi per prestazioni sociali.
1. L'àmbito di applicazione dei fondi integrativi previsti dall'articolo 9 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, comprende le spese sostenute dall'assistito per le prestazioni sociali erogate nell'àmbito dei programmi assistenziali intensivi e prolungati finalizzati a garantire la permanenza a domicilio ovvero in strutture residenziali o semiresidenziali delle persone anziane e disabili.
Capo VI - Disposizioni finali
Articolo 27.
Istituzione della Commissione di indagine sulla esclusione sociale.
1. È istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione di indagine sulla esclusione sociale, di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione ha il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative nell'àmbito dell'Unione europea, le ricerche e le rilevazioni occorrenti per indagini sulla povertà e sull'emarginazione in Italia, di promuoverne la conoscenza nelle istituzioni e nell'opinione pubblica, di formulare proposte per rimuoverne le cause e le conseguenze, di promuovere valutazioni sull'effetto dei fenomeni di esclusione sociale. La Commissione predispone per il Governo rapporti e relazioni ed annualmente una relazione nella quale illustra le indagini svolte, le conclusioni raggiunte e le proposte formulate.
3. Il Governo, entro il 30 giugno di ciascun anno, riferisce al Parlamento sull'andamento del fenomeno dell'esclusione sociale, sulla base della relazione della Commissione di cui al comma 2, secondo periodo.
4. La Commissione è composta da studiosi ed esperti con qualificata esperienza nel campo dell'analisi e della pratica sociale, nominati, per un periodo di tre anni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale. Le funzioni di segreteria della Commissione sono assicurate dal personale del Dipartimento per gli affari sociali o da personale di altre pubbliche amministrazioni, collocato in posizione di comando o di fuori ruolo nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti. Per l'adempimento dei propri compiti la Commissione può avvalersi della collaborazione di tutte le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, degli enti pubblici, delle regioni e degli enti locali. La Commissione può avvalersi altresì della collaborazione di esperti e può affidare la effettuazione di studi e ricerche ad istituzioni pubbliche o private, a gruppi o a singoli ricercatori mediante convenzioni.
5. Gli oneri derivanti dal funzionamento della Commissione, determinati nel limite massimo di lire 250 milioni annue, sono a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Articolo 28.
Interventi urgenti per le situazioni di povertà estrema.
1. Allo scopo di garantire il potenziamento degli interventi volti ad assicurare i servizi destinati alle persone che versano in situazioni di povertà estrema e alle persone senza fissa dimora, il Fondo nazionale per le politiche sociali è incrementato di una somma pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002.
2. Ai fini di cui al comma 1, gli enti locali, le organizzazioni di volontariato e gli organismi non lucrativi di utilità sociale nonché le IPAB possono presentare alle regioni, secondo le modalità e i termini definiti ai sensi del comma 3, progetti concernenti la realizzazione di centri e di servizi di pronta accoglienza, interventi socio-sanitari, servizi per l'accompagnamento e il reinserimento sociale.
3. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con atto di indirizzo e coordinamento deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la solidarietà sociale, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti i criteri di riparto tra le regioni dei finanziamenti di cui al comma 1, i termini per la presentazione delle richieste di finanziamento dei progetti di cui al comma 2, i requisiti per l'accesso ai finanziamenti, i criteri generali di valutazione dei progetti, le modalità per il monitoraggio degli interventi realizzati, i comuni delle grandi aree urbane per i quali gli interventi di cui al presente articolo sono considerati prioritari (4).
4. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, pari a lire 20 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2001 e 2002 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2000-2002, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno 2000, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Articolo 29.
Disposizioni sul personale.
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri è autorizzata a bandire concorsi pubblici per il reclutamento di cento unità di personale dotate di professionalità ed esperienza in materia di politiche sociali, per lo svolgimento, in particolare, delle funzioni statali previste dalla presente legge, nonché in materia di adozioni internazionali, politiche di integrazione degli immigrati e tutela dei minori non accompagnati. Al predetto personale non si applica la disposizione di cui all'articolo 12, comma 1, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n. 59. Le assunzioni avvengono in deroga ai termini ed alle modalità di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, pari a lire 2 miliardi per l'anno 2000 e a lire 7 miliardi annue a decorrere dall'anno 2001, si provvede a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali, come rifinanziato ai sensi dell'articolo 20 della presente legge.
Articolo 30.
Abrogazioni.
1. Alla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati l'articolo 72 della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e il comma 45 dell'articolo 59 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
2. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'articolo 10 è abrogata la disciplina relativa alle IPAB prevista dalla legge 17 luglio 1890, n. 6972. Alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all'articolo 24 sono abrogate le disposizioni sugli emolumenti economici previste dalle L. 10 febbraio 1962, n. 66, L. 26 maggio 1970, n. 381, L. 27 maggio 1970, n. 382, L. 30 marzo 1971, n. 118, L. 11 febbraio 1980, n. 18, e successive modificazioni.
D.L. 3 luglio 2001, n. 255, conv. con mod.,
L. 20 agosto 2001, n. 333.
Disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico
2001/2002
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 luglio 2001, n. 153 e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 20 agosto 2001, n. 333 (Gazz. Uff. 21 agosto 2001, n. 193), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Circ. 6 luglio 2001, n. 117; Circ. 6 luglio 2001, n. 118; Circ. 13 luglio 2001, n. 122; Nota 24 luglio 2001, n. 1826; Nota 27 luglio 2001, n. 90/vm; Circ. 8 agosto 2001, n. 134; Circ. 9 agosto 2001, n. 2132; Circ. 10 agosto 2001, n. 136; Circ. 10 agosto 2001, n. 2133; Circ. 27 agosto 2001, n. 2365/UFF.VI; Circ. 28 agosto 2001; Circ. 11 settembre 2001, n. 2463; Nota 17 settembre 2001, n. 8; Circ. 18 settembre 2001, n. 140; Circ. 1 ottobre 2001, n. 2685; Nota 14 novembre 2001, n. 3394; Nota 27 marzo 2002, n. 190.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Visto il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
Vista la legge 3 maggio 1999, n. 124, ed in particolare gli articoli 1, 2 e 4;
Visto il decreto 27 marzo 2000, n. 123, del Ministro della pubblica istruzione, recante norme sulle modalità di integrazione e aggiornamento delle graduatorie permanenti previste dagli articoli 1 e 2 della legge 3 maggio 1999, n. 124;
Considerato lo stato di incertezza determinato dal contenzioso aperto in relazione all'attuazione delle disposizioni della predetta legge n. 124 del 1999, concernenti l'integrazione delle predette graduatorie permanenti;
Considerato che tale stato di incertezza compromette l'espletamento delle procedure e delle operazioni preordinate all'assunzione a tempo indeterminato del personale docente sulle cattedre e i posti di insegnamento per gli anni scolastici 2000/200l e 2001/2002 e all'assunzione a tempo determinato del predetto personale per l'anno scolastico 2001/2002;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di adottare specifiche disposizioni per assicurare le predette assunzioni e quindi garantire l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2001/2002;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri adottata nella riunione del 28 giugno 2001;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica;
Emana il seguente decreto-legge:
Articolo 1.
Norme di interpretazione autentica (2).
1. Le disposizioni contenute nell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpretano nel senso che nelle operazioni di prima integrazione delle graduatorie permanenti previste dall'articolo 401 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come sostituito dall'articolo 1, comma 6, della stessa legge, hanno titolo all'inserimento, oltre ai docenti che chiedono il trasferimento dalla corrispondente graduatoria di altra provincia, le sottoelencate categorie di personale docente ed educativo, in coda alle graduatorie medesime e nel seguente ordine di priorità (3):
a) primo scaglione: personale che sia in possesso dei requisiti richiesti dalle norme previgenti per la partecipazione ai soppressi concorsi per soli titoli alla data di entrata in vigore della predetta legge n. 124 del 1999;
b) secondo scaglione: docenti che abbiano superato le prove di un precedente concorso per titoli ed esami anche ai soli fini abilitativi in relazione alla medesima classe di concorso o al medesimo posto e siano inseriti, alla data di entrata in vigore della predetta legge n. 124 del 1999, in una graduatoria per l'assunzione del personale non di ruolo. Si prescinde da quest'ultimo requisito per il personale che abbia superato le prove del corrispondente concorso per titoli ed esami conclusosi successivamente al 31 marzo 1995. In tale scaglione sono compresi anche i docenti di cui all'articolo 2, comma 2, della predetta legge n. 124 del 1999 (3/a).
2. Le disposizioni contenute nel Regolamento adottato con decreto 27 marzo 2000, n. 123 del Ministro della pubblica istruzione, di seguito denominato «regolamento» si intendono modificate nel senso che i docenti per cui è previsto, separatamente, l'inserimento nei distinti scaglioni di cui all'articolo 2, comma 4, lettere a2) e b), confluiscono in un unico scaglione (4) (4/cost).
2-bis. Ai fini dell'accesso alle graduatorie permanenti di strumento musicale nella scuola media, di cui agli articoli 5 e 6 del regolamento, i docenti privi del requisito di servizio di insegnamento, in possesso dell'abilitazione in educazione musicale che, alla data di entrata in vigore della legge 3 maggio 1999, n. 124, erano inseriti negli elenchi compilati ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 13 febbraio 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 1996, sono collocati, in un secondo scaglione, nelle graduatorie permanenti di strumento musicale di cui all'articolo 5 del regolamento. Il punteggio precedentemente attribuito potrà essere aggiornato con la valutazione dei titoli eventualmente maturati in data successiva alla scadenza dei termini a suo tempo previsti per la presentazione delle domande di inclusione negli elenchi stessi (5).
3. Nella fase di prima integrazione di cui al comma 1, gli aspiranti sono graduati, all'interno dei due scaglioni, con il punteggio loro spettante in base ai titoli posseduti, valutati secondo la tabella di cui all'allegato A annesso al regolamento (6).
4. La graduatoria risultante a seguito della prima integrazione di cui al comma 1 viene utilizzata per le immissioni in ruolo relative agli anni scolastici 2000/2001 e 2001/2002, e per il conferimento di supplenze annuali e fino al termine delle attività didattiche per l'anno scolastico 2001/2002 (7).
4-bis. I contratti a tempo indeterminato, stipulati dai dirigenti territorialmente competenti dopo il 31 agosto, comportano il differimento delle assunzioni in servizio al 1° settembre dell'anno successivo, fermi restando gli effetti giuridici dall'inizio dell'anno scolastico di conferimento della nomina (8).
5. I dirigenti territorialmente competenti procedono alle nomine di supplenza annuale e fino al termine delle attività didattiche attingendo alle graduatorie permanenti fino al 31 agosto 2001 (9).
6. Decorso il termine del 31 agosto 2001 i dirigenti scolastici provvedono alle nomine dei supplenti annuali a fino al termine delle attività didattiche attingendo prioritariamente alle graduatorie permanenti e in subordine alle graduatorie di istituto.
7. La riarticolazione delle graduatorie permanenti conseguente alle previsioni di cui ai commi 1, 2 e 3, non ha effetti sulle nomine in ruolo già conferite che sono fatte salve nei casi in cui gli interessati non siano più in posizione utile ai fini delle nomine stesse. Dal numero massimo complessivo delle nomine che il Consiglio dei Ministri autorizzerà per l'anno scolastico 2001/2002 è scomputato un numero di posti corrispondente a quelle delle posizioni salvaguardate (4/cost).
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(2) Rubrica inserita dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(3) Alinea così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(3/a) Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 7 aprile 2004, n. 97.
(4) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(4/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 7-11 giugno 2004, n. 168 (Gazz. Uff. 16 giugno 2004, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 7, convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
(5) Comma aggiunto dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(6) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(7) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(8) Comma aggiunto dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(9) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(4/cost) La Corte costituzionale, con sentenza 7-11 giugno 2004, n. 168 (Gazz. Uff. 16 giugno 2004, n. 23, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 2 e 7, convertito, con modificazioni, nella legge 20 agosto 2001, n. 333, sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione.
Articolo 2.
Integrazione a regime delle graduatorie permanenti del personale docente (10).
1. A decorrere dall'anno scolastico 2002-2003, l'integrazione della graduatoria, [da effettuare con periodicità annuale entro il 31 maggio di ciascun anno,] avviene inserendo nello scaglione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), gli idonei dei concorsi a cattedre e posti, per titoli ed esami e i possessori dei diplomi rilasciati dalle scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (10/a).
2. Nella integrazione della graduatoria di cui al comma 1, il personale già inserito nelle graduatorie permanenti che intende aggiornare il proprio punteggio e quello che chiede l'inserimento per la prima volta è graduato, nell'àmbito del proprio scaglione, in base ai titoli posseduti, da valutare secondo le disposizioni della tabella di cui all'allegato A annesso al regolamento. I servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali. Fermo restando quanto previsto dal presente comma, ulteriori modifiche alla tabella di cui all'allegato A annesso al regolamento possono essere adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (11).
3. L'articolo 401 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come sostituito dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpreta nel senso che l'integrazione e l'aggiornamento delle graduatorie si realizza sulla base del punteggio spettante a ciascun candidato con la salvaguardia, in posizione di parità, dell'anzianità di iscrizione in graduatoria (12).
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(10) Rubrica inserita dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(10/a) Le parole tra parentesi quadre sono state soppresse, con effetto dall'anno scolastico 2005-2006, dall'art. 1, D.L. 7 aprile 2004, n. 97.
(11) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(12) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
Articolo 3.
Formazione delle classi (13).
1. Le variazioni del numero degli alunni iscritti in ciascuna istituzione scolastica, verificate nella fase di adeguamento alla situazione di fatto, non comportano modifiche al numero delle classi autorizzate in organico dal dirigente territorialmente competente (13/a). Incrementi del numero delle classi, eventualmente indispensabili, sono disposti dal competente dirigente scolastico secondo i parametri di cui al decreto del Ministro della pubblica istruzione 24 luglio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 264 dell'11 novembre 1998, e successive integrazioni (14).
2. I posti e gli spezzoni di orario derivanti dagli incrementi di classe di cui al comma 1 non modificano il numero e la composizione dei posti e delle cattedre, anche costituiti tra più scuole, così come deteminate nell'organico di ciascun anno.
3. La formazione di classi di cui al comma 1 è comunicata dal dirigente scolastico al dirigente territorialmente competente entro il 10 luglio di ciascun anno per la copertura, nella fase delle utilizzazioni, dei posti e degli spezzoni di orario che non sia stato possibile coprire con personale a disposizione all'interno della stessa istituzione scolastica.
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(13) Rubrica inserita dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(13/a) Per l'interpretazione autentica del presente periodo, vedi l'art. 2, D.L. 25 settembre 2002, n. 212.
(14) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
Articolo 4.
Accelerazione di procedure (15).
1. Le assunzioni a tempo indeterminato, i provvedimenti di utilizzazione, di assegnazione provvisoria e comunque quelli di durata annuale riguardanti il personale di ruolo, devono essere completati entro il 31 luglio (15/a) di ciascun anno. I contratti a tempo indeterminato stipulati dai dirigenti territorialmente competenti dopo tale data comportano il differimento delle assunzioni in servizio al 1° settembre dell'anno successivo, fermi restando gli effetti giuridici dall'inizio dell'anno scolastico di conferimento della nomina (16). A regime entro lo stesso termine del 31 luglio (16/a) devono essere conferiti gli incarichi di presidenza delle istituzioni scolastiche. Entro la medesima data i dirigenti territorialmente competenti procedono altresì alle nomine dei supplenti annuali, e fino al termine dell'attività didattica attingendo alle graduatorie permanenti provinciali (17).
2. Decorso il termine del 31 luglio (17/a), i dirigenti scolastici provvedono alle nomine dei supplenti annuali e fino al termine delle attività didattiche attingendo alle graduatorie permanenti provinciali. Per le nomine relative alle supplenze brevi e saltuarie, di cui all'articolo 4, comma 3, della legge 3 maggio 1999, n. 124, il dirigente utilizza le graduatorie di istituto, predisposte, per la prima fascia, in conformità ai nuovi criteri definiti per le graduatorie permanenti dagli articoli 1 e 2 (18).
3. Limitatamente all'anno scolastico 2001/2002 il termine di cui ai commi 1 e 2 è fissato al 31 agosto 2001. Il termine di cui all'articolo 3, comma 3, è fissato al 31 luglio 2001.
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(15) Rubrica inserita dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(15/a) Termine prorogato al 25 agosto 2004, per l'anno scolastico 2004-2005, dall'art. 8-ter, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(16) Periodo aggiunto dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(16/a) Termine prorogato al 25 agosto 2004, per l'anno scolastico 2004-2005, dall'art. 8-ter, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(17) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
(17/a) Termine prorogato al 25 agosto 2004, per l'anno scolastico 2004-2005, dall'art. 8-ter, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.
(18) Comma così modificato dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
Articolo 4-bis.
Personale amministrativo, tecnico e ausiliario.
1. Il disposto dell'articolo 4, comma 1, primo periodo, si applica anche con riferimento ai provvedimenti di assunzione, con contratto a tempo indeterminato, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA). Decorso il termine del 31 luglio, all'adozione dei provvedimenti di assunzione, con contratto a tempo determinato, del predetto personale, provvedono i dirigenti scolastici. Si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di programmazione delle assunzioni del personale delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni (19).
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(19) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
Articolo 4-ter.
Personale educativo.
1. I distinti ruoli provinciali del personale educativo degli istituti di cui all'articolo 446 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono unificati.
2. Per l'assunzione del personale educativo individuato in relazione alle esigenze delle attività convittuali e semiconvittuali, e comunque nel rispetto dei criteri di cui al medesimo articolo 446 del citato testo unico, si utilizzano graduatorie provinciali unificate.
3. La distinzione tra alunni convittori e alunne convittrici opera ai soli fini dell'individuazione dei posti di organico per le esigenze delle attività convittuali da affidare a personale educativo rispettivamente maschile e femminile (20).
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(20) Articolo aggiunto dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
Articolo 5.
Entrata in vigore (21).
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
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(21) Rubrica inserita dalla legge di conversione 20 agosto 2001, n. 333.
L. 27 dicembre 2002, n. 289.
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato
(legge finanziaria 2003)
(art. 35)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 2002, n. 305, S.O.
(1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:
- Cassa depositi e prestiti: Circ. 25 febbraio 2003, n. 1250;
- E.N.P.A.L.S., Ente nazionale di previdenza e assistenza per i lavoratori dello spettacolo: Circ. 3 febbraio 2003, n. 4; Circ. 14 febbraio 2003, n. 9;
- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Nota 19 marzo 2003; Nota 27 marzo 2003; Nota 10 aprile 2003; Nota 6 maggio 2003;
- I.N.P.D.A.P. (Istituto nazionale previdenza dipendenti amministrazione pubblica): Informativa 23 gennaio 2003, n. 4; Informativa 13 febbraio 2003, n. 8; Informativa 14 febbraio 2003, n. 10; Informativa 25 febbraio 2003, n. 11; Circ. 5 agosto 2004, n. 49;
- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 31 dicembre 2002, n. 110; Msg. 13 gennaio 2003, n. 40; Circ. 17 gennaio 2003, n. 6; Circ. 17 gennaio 2003, n. 7; Msg. 21 gennaio 2003, n. 18; Circ. 22 gennaio 2003, n. 10; Msg. 22 gennaio 2003, n. 2; Msg. 22 gennaio 2003, n. 41; Circ. 27 gennaio 2003, n. 16; Circ. 27 gennaio 2003, n. 18; Msg. 30 gennaio 2003, n. 9; Msg. 30 gennaio 2003, n. 11; Circ. 10 febbraio 2003, n. 30; Msg. 11 febbraio 2003; Circ. 26 febbraio 2003, n. 42; Circ. 26 febbraio 2003, n. 44; Msg. 27 febbraio 2003, n. 66; Msg. 6 marzo 2003, n. 8; Msg. 6 marzo 2003, n. 76; Msg. 10 marzo 2003, n. 30; Msg. 20 marzo 2003, n. 37; Msg. 21 marzo 2003, n. 10; Msg. 25 marzo 2003, n. 256; Circ. 27 marzo 2003, n. 64; Msg. 9 aprile 2003, n. 284; Circ. 24 aprile 2003, n. 83; Circ. 16 maggio 2003, n. 88; Circ. 11 agosto 2003, n. 142; Msg. 2 ottobre 2003, n. 346; Msg. 15 ottobre 2003, n. 357; Msg. 28 ottobre 2003, n. 372; Msg. 27 novembre 2003, n. 391; Circ. 9 aprile 2004, n. 63; Msg. 31 maggio 2004, n. 16838; Circ. 16 giugno 2004, n. 95; Msg. 21 giugno 2004, n. 19566; Circ. 2 agosto 2004, n. 119; Msg. 2 agosto 2004, n. 24332; Msg. 5 agosto 2004, n. 24950; Msg. 17 agosto 2004, n. 30359; Msg. 4 novembre 2004, n. 934; Circ. 11 gennaio 2005, n. 2; Circ. 27 gennaio 2005, n. 10; Msg. 11 aprile 2005, n. 14972;
- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Nota 21 marzo 2003, n. 659;
- Ministero dell'economia e delle finanze: Ris. 3 gennaio 2003, n. 2/E; Ris. 8 gennaio 2003, n. 3/E; Circ. 15 gennaio 2003, n. 1/E; Circ. 15 gennaio 2003, n. 3/E; Circ. 20 gennaio 2003, n. 4/E; Circ. 24 gennaio 2003, n. 2/D; Ris. 31 gennaio 2003, n. 21/E; Circ. 4 febbraio 2003, n. 7; Circ. 11 febbraio 2003 , n. 1/DPF; Circ. 12 febbraio 2003, n. 1/COA/DG/2003; Ris. 12 febbraio 2003, n. 32/E; Circ. 13 febbraio 2003, n. 11/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 41/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 42/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 43/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 45/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 46/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 47/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 49/E; Ris. 27 febbraio 2003, n. 51/E; Ris. 28 febbraio 2003, n. 52/E; Circ. 4 marzo 2003, n. 10/D; Ris. 13 marzo 2003, n. 62/E; Circ. 21 marzo 2003, n. 17/E; Circ. 27 marzo 2003, n. 19/E; Nota 27 marzo 2003, n. 2198/DPF; Ris. 4 aprile 2003, n. 85/E; Circ. 22 aprile 2003, n. 21/E; Ris. 23 aprile 2003, n. 92/E; Ris. 23 aprile 2003, n. 96/E; Circ. 28 aprile 2003, n. 22/E; Circ. 29 aprile 2003, n. 23/E; Circ. 30 aprile 2003, n. 24/E; Circ. 6 maggio 2003, n. 26/E; Ris. 8 maggio 2003, n. 100/E; Ris. 8 maggio 2003, n. 101/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 103/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 104/E; Ris. 9 maggio 2003, n. 105/E; Circ. 12 maggio 2003, n. 28/E; Circ. 26 maggio 2003, n. 30/E; Nota 2 luglio 2003, n. 2003/30221/COA/UDC; Ris. 25 luglio 2003, n. 158/E; Circ. 1 agosto 2003, n. 45/E; Nota 12 agosto 2003, n. 2003/35067/COA/UDC; Nota 6 novembre 2003, n. 179856; Circ. 27 novembre 2003, n. 51; Ris. 18 dicembre 2003, n. 225/E; Circ. 22 dicembre 2003, n. 57; Ris. 23 dicembre 2003, n. 229/E; Nota 15 marzo 2004, n. 1277/III/03; Nota 1 aprile 2004; Circ. 9 aprile 2004, n. 16/E; Ris. 23 aprile 2004, n. 63/E; Ris. 13 maggio 2004, n. 72/E; Circ. 10 giugno 2004, n. 23/E; Circ. 30 giugno 2004, n. 29; Circ. 23 luglio 2004, n. 33/E; Ris. 30 luglio 2004, n. 97/E; Ris. 30 luglio 2004, n. 103/E; Circ. 17 settembre 2004, n. 41/E; Nota 22 settembre 2004, n. 140496; Ris. 28 dicembre 2004, n. 163/E; Ris. 23 febbraio 2005, n. 23/E; Ris. 3 maggio 2005, n. 53/E;
- Ministero dell'interno: Circ. 18 febbraio 2003, n. F.L.2/2003; Circ. 28 aprile 2003, n. 1/2003; Circ. 3 marzo 2003, n. 557/B.2334.12001(1); Circ. 4 marzo 2003, n. F.L.5/2003; Circ. 28 aprile 2003, n. 1/2003; Ris. 7 luglio 2003, n. 557/B.12161.1008;
- Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Nota 16 aprile 2003, n. 276; Nota 19 maggio 2003, n. 353;
- Ministero della difesa: Circ. 13 gennaio 2003, n. DGPM/IV/10/4/3948;
- Ministero della giustizia: Circ. 28 gennaio 2003; Nota 7 febbraio 2005;
- Presidenza del Consiglio dei Ministri: Circ. 4 marzo 2004, n. 1/04.
Articolo 35.
Misure di razionalizzazione in materia di organizzazione scolastica.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 22 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, ed in particolare dal comma 4, le cattedre costituite con orario inferiore all'orario obbligatorio d'insegnamento dei docenti, definito dal contratto collettivo nazionale di lavoro, sono ricondotte a 18 ore settimanali, anche mediante l'individuazione di moduli organizzativi diversi da quelli previsti dai decreti costitutivi delle cattedre, salvaguardando l'unitarietà d'insegnamento di ciascuna disciplina e con particolare attenzione alle aree delle zone montane e delle isole minori. In sede di prima attuazione e fino all'entrata in vigore delle norme di riforma in materia di istruzione e formazione, il disposto di cui al presente comma trova applicazione ove, nelle singole istituzioni scolastiche, non vengano a determinarsi situazioni di soprannumerarietà, escluse quelle derivanti dall'utilizzazione, per il completamento fino a 18 ore settimanali di insegnamento, di frazioni di orario già comprese in cattedre costituite fra più scuole.
2. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i criteri e i parametri per la definizione delle dotazioni organiche dei collaboratori scolastici in modo da conseguire nel triennio 2003-2005 una riduzione complessiva del 6 per cento della consistenza numerica della dotazione organica determinata per l'anno scolastico 2002-2003. Per ciascuno degli anni considerati, detta riduzione non deve essere inferiore al 2 per cento.
3. Rientrano tra le funzioni dei collaboratori scolastici l'accoglienza e la sorveglianza degli alunni e l'ordinaria vigilanza e assistenza agli alunni durante la consumazione del pasto nelle mense scolastiche.
4. Dall'anno scolastico 2003-2004 il personale amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto scuola utilizzato presso i distretti scolastici di cui alla parte I, titolo I, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, è restituito ai compiti d'istituto.
5. Il personale docente dichiarato inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, dalla commissione medica operante presso le aziende sanitarie locali, qualora chieda di essere collocato fuori ruolo o utilizzato in altri compiti, è sottoposto ad accertamento medico da effettuare dalla commissione di cui all'articolo 2-bis, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 157, come modificato dall'articolo 5 del decreto legislativo 29 giugno 1998, n. 278, competente in relazione alla sede di servizio. Tale commissione è competente altresì ad effettuare le periodiche visite di controllo disposte dall'autorità scolastica. Il personale docente collocato fuori ruolo o utilizzato in altri compiti per inidoneità permanente ai compiti di istituto può chiedere di transitare nei ruoli dell'amministrazione scolastica o di altra amministrazione statale o ente pubblico. Il predetto personale, qualora non transiti in altro ruolo, viene mantenuto in servizio per un periodo massimo di cinque anni dalla data del provvedimento di collocamento fuori ruolo o di utilizzazione in altri compiti. Decorso tale termine, si procede alla risoluzione del rapporto di lavoro sulla base delle disposizioni vigenti. Per il personale già collocato fuori ruolo o utilizzato in altri compiti, il termine di cinque anni decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario dichiarato inidoneo a svolgere le mansioni previste dal profilo di appartenenza non si procede al collocamento fuori ruolo. I collocamenti fuori ruolo eventualmente già disposti per detto personale cessano il 31 agosto 2003.
7. Ai fini dell'integrazione scolastica dei soggetti portatori di handicap si intendono destinatari delle attività di sostegno ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, gli alunni che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva. L'attivazione di posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni in presenza di handicap particolarmente gravi, di cui all'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è autorizzata dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale assicurando comunque le garanzie per gli alunni in situazione di handicap di cui al predetto articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. All'individuazione dell'alunno come soggetto portatore di handicap provvedono le aziende sanitarie locali sulla base di accertamenti collegiali, con modalità e criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, su proposta dei Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
8. Fermo restando il disposto di cui all'articolo 16, comma 3, secondo periodo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, le economie di spesa derivanti dall'applicazione del comma 5 del presente articolo sono destinate ad incrementare le risorse annuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione professionale del personale docente della scuola, subordinatamente al conseguimento delle economie medesime. Gli importi di 39 milioni di euro per l'anno 2004, di 58 milioni di euro per l'anno 2005 e di 70 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006, sono destinati ad incrementare le risorse per il trattamento accessorio del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, previa verifica dell'effettivo conseguimento delle economie derivanti dall'applicazione dei commi 2, 4 e 6.
9. Le istituzioni scolastiche possono deliberare l'affidamento in appalto dei servizi di pulizia, di igiene ambientale e di vigilanza dei locali scolastici e delle loro pertinenze, come previsto dall'articolo 40, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, aderendo prioritariamente alle convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. La terziarizzazione dei predetti servizi comporta la indisponibilità dei posti di collaboratore scolastico della dotazione organica dell'istituzione scolastica per la percentuale stabilita con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la determinazione degli organici del personale amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto scuola per l'anno scolastico 2002-2003 da ridefinire anche per tenere conto dell'affidamento in appalto del servizio di vigilanza. La indisponibilità dei posti permane per l'intera durata del contratto e non deve determinare posizioni di soprannumerarietà. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, previo accertamento della riduzione delle spese di personale derivante dalla predetta indisponibilità di posti, sono effettuate le occorrenti variazioni di bilancio per consentire l'attivazione dei contratti.
(omissis)
L. 5 giugno 2003, n. 131.
Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost.
18 ottobre 2001, n. 3
(art. 8)
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 10 giugno 2003, n. 132.
(1/a) Vedi, anche, l'art. 4, comma 29, L. 24 dicembre 2003, n. 350.
(omissis)
Articolo 8.
Attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo.
1. Nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
2. Qualora l'esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L'articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale caso è esclusa l'applicazione dei commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui all'articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (1/f).
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(1/f) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi l'Acc. 14 luglio 2005, n. 863/CU.
(omissis)
AUDIZIONI
Martedì 22 ottobre 2002. - Presidenza del presidente Maria BURANI PROCACCINI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Valentina Aprea, in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Audizione del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, onorevole Valentina Aprea, in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento della Camera, del sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Valentina Aprea, in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.
Ringrazio per la sua presenza il sottosegretario Aprea. Sul tema dell'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap alcuni colleghi hanno levato un grido di dolore di fronte alla possibilità di una restrizione dei fondi a disposizione per la presenza di insegnanti di sostegno ai minori portatori di handicap, i quali sarebbero così impossibilitati a frequentare la scuola.
Nel darle la parola ricordo alla Commissione che il sottosegretario Aprea ha trasmesso della documentazione che gli uffici provvederanno a distribuire ai colleghi.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Rappresenta per me un vivo piacere tornare, nella veste di rappresentante del Governo, nella sede dove ho svolto l'attività di parlamentare. Rivolgo quindi un augurio alla Commissione che incontro per la prima volta. Vi ringrazio in modo non formale per aver scelto di dedicare una sessione dei lavori della Commissione ad un problema così delicato e sempre attuale come quello dell'integrazione e del sostegno agli alunni portatori di handicap, anche perché questa sede politica ci dà l'occasione di chiarire le scelte che abbiamo operato in questo primo anno di Governo, che sono state oggetto spesso di informazioni imprecise, una testimonianza delle quali è stata proprio l'introduzione che ha giustamente svolto la presidente riportando alcune impressioni o timori rispetto ad interventi che potrebbero penalizzare questo settore.
Un tema così delicato merita al contrario chiarezza e la massima unità di intenti compatibile con la competizione democratica. Questa circostanza è per noi soprattutto un'occasione privilegiata per condividere con il Parlamento le preoccupazioni e le difficoltà tecniche, organizzative e amministrative che la complessità del progetto di integrazione, inaugurato con la legge n. 517 del 1977 e confermato con la successiva legge n. 104 del 1992, si trova ad affrontare. Per la prima volta il ministero presenta una relazione compiuta sull'integrazione e questo naturalmente ci consentirà di avviare un dibattito su dati, numeri e fatti concreti.
«La Repubblica garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata» (articolo 1, legge n. 104 del 1992).
A dieci anni dalla legge n. 104 del 1992 e a più di venti dalla legge n. 517 del 1977 è già possibile tracciare un primo, provvisorio, bilancio dei risultati raggiunti.
L'integrazione scolastica si inquadra, come noto, in un processo di cambiamento e di innovazione, anche se il confronto con la diversità ha costituito, e costituisce ancora oggi, un forte ostacolo all'integrazione stessa. La «scommessa», ancora oggi, è di imparare a guardare alla diversità, alla difficoltà in termini di risorsa, e non di limite, di possibilità di conoscere nuovi modi di fare esperienza, di sperimentare nuove metodologie e forme di rapportarsi, comprendere, imparare. Tutto ciò porta ad un arricchimento delle forme della convivenza e della cittadinanza.
Se integrazione significa soprattutto accettare le differenze e far propri i valori dell'accoglienza, della solidarietà e della diversità, oggi sappiamo che per affermare tali principi non è stato sufficiente in questi anni il ricorso allo strumento legislativo, ma è stato necessario anche un processo di assimilazione e sedimentazione sociale e culturale, e, soprattutto, di competenze professionali adeguate.
Il bilancio dell'esperienza di integrazione scolastica, che tentiamo in questa sede, evidenzia che sono davvero molte le esperienze che hanno dato vita a realtà più che positive, anche se non mancano situazioni in cui i diritti di cittadinanza sono ancora deboli per chi vive una situazione di handicap. Sembra consolidata, comunque, la volontà di continuare il processo di integrazione migliorandone l'efficacia e dando spazio all'analisi della qualità dei risultati prodotti dall'integrazione stessa.
L'inserimento fin dalla primissima infanzia, ovvero fino dall'inizio della vita relazionale, in ambienti capaci di creare situazioni che stimolino allo sviluppo delle potenzialità, della creatività, della capacità di apprendimento del bambino in situazione di handicap, si sono dimostrate particolarmente funzionali ad una crescita «piena» e «armoniosa» verso una cittadinanza attiva ed effettiva.
Sono state potenziate le strutture ed adeguate alle esigenze di una popolazione eterogenea per bisogni, peculiarità, sensibilità. Si è fatta strada una cultura didattica capace di rispondere, con responsabilità e competenza adeguate ma flessibili ed innovative, alla variegata natura delle richieste di supporto, con sperimentazioni, progetti, programmazioni che hanno fatto dell'efficacia e della qualità dei risultati gli obiettivi da raggiungere.
In generale, l'integrazione delle persone handicappate nella scuola si è articolata in un processo complesso che ha coinvolto competenze e sensibilità di diversi attori, quali: famiglia, aziende sanitarie, enti locali, organi scolastici. Riuscita ed efficacia del processo sono state strettamente correlate all'adeguatezza delle diverse azioni ed alla qualità della loro stretta cooperazione. La programmazione degli interventi ha richiesto la consapevolezza da parte dei soggetti «chiamati in causa» che il raggiungimento dell'obiettivo formativo dipendeva dal loro impegno e stretto coordinamento.
Oggi, l'integrazione dell'handicap nelle scuole sembra dunque un concetto largamente condiviso e non certo in discussione. Sono più di 140.000 gli studenti handicappati che frequentano i vari ordini di scuola, con un aumento del 34,4 per cento in dieci anni (nella documentazione che vi sarà fornita sono contenute delle tabelle con dati esplicativi).
Ma se l'integrazione fa ormai parte del patrimonio culturale della scuola, sia dell'obbligo che secondaria, ciò non vuol dire che nella scuola il problema dell'integrazione sia definitivamente né adeguatamente affrontato e neppure risolto.
Abbiamo individuato alcuni effetti indesiderati dell'integrazione. Non dappertutto vi sono le capacità e le competenze richiamate in premessa. Ancora oggi, esistono differenze, a volte sostanziali, tra istituto ed istituto. Le azioni messe in atto rispondono in qualche caso solo ad una generica emergenza. Il risvolto di questa situazione è il rischio reale che si verifichi un uso distorto delle risorse umane e finanziarie destinate all'handicap, difficile da individuare ma certamente presente come fenomeno profondamente negativo.
Tale fenomeno, per il poco che ancora si conosce, si può articolare in tre categorie principali.
La prima: dall'handicap al generico «disagio sociale» - il problema delle certificazioni -. Dall'analisi dei dati MIUR - che evidenziano un aumento continuo delle certificazioni per handicap negli ultimi sei anni, passate dall'1,5 per cento al 1,8 per cento della popolazione scolastica - e dalla conoscenza di situazioni specifiche è emersa una «deriva» del concetto di persona handicappata, da una precisa concezione di situazioni psico-fisiche o di invalidità sensoriale, verso un generico «disagio sociale» ovvero «socio-educativo». Tale «disagio» - concetto estraneo agli articoli 12, 13, 14 della legge n. 104 del 1992 riguardanti l'integrazione scolastica - dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni della scuola nella sua autonomia organizzativa e didattica, ma non di interventi specialistici di sostegno. Il «disagio» dunque va affrontato con metodologie, risorse e protagonisti diversi dagli insegnanti di sostegno, i quali hanno formazione e competenze non pertinenti con tali situazioni.
Alcuni esempi, che si riferiscono a situazioni del nord, del centro e del sud del paese, sembrano confermare il fenomeno descritto. In una provincia del nord (anno scolastico 2001-02), gli studenti con handicap in sei anni sono aumentati di 232 unità (dall'1,92 al 2,47 per cento della popolazione scolastica); su 1.037 persone handicappate, 193 soffrono di «disturbi comportamentali» non ben definiti (forse semplicemente «iperattivi»), 104 di «difficoltà specifiche di apprendimento» (in qualche caso si fa riferimento a dislessia e disgrafia, che dovrebbero essere curate dal servizio di riabilitazione).
Nella stessa provincia - ma è una tendenza nazionale - il numero delle persone handicappate aumenta in modo esponenziale dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria (dall'1,16 per cento al 4,53 per cento della popolazione scolastica); in una provincia del centro (anno scolastico 2001-2002), in alcune richieste delle scuole elementari per l'assegnazione di insegnanti di sostegno si legge: «...è un bambino iperattivo. Si relaziona con i compagni principalmente sotto l'aspetto ludico e spesso fatica a rispettare le regole della vita sociale... si chiedono 12 ore di sostegno settimanale» oppure «... all'interno della classe sa stabilire rapporti positivi con docenti e compagni: tuttavia tende a socializzare con un gruppo ristretto... si chiedono 12 ore di sostegno».
In una provincia del sud ricorrono le seguenti diagnosi di handicap: «immaturità globale», «disinvestimento e deprivazione ambientale», «difficoltà di apprendimento comunicazionale», «ridotta autonomia relazionale».
In ordine ai criteri di assegnazione dei docenti, la legge n. 449 del 1997 ha stabilito il numero di posti di sostegno attivabili nel numero di uno ogni 138 alunni iscritti. Tale rapporto è calcolato in modo da consolidare il numero di posti già attivati negli anni precedenti. La medesima legge prevedeva, altresì, la possibilità di derogare a detto numero, ma solamente «in casi di particolare gravità».
Negli anni successivi tale parametro è stato sistematicamente superato. Mentre nell'anno scolastico 1997-1998 dieci regioni su diciotto erano ampiamente entro i limiti di organico previsti, cinque anni dopo (anno scolastico 2002-2003) una sola regione, l'Umbria, si trova in tale condizione. Il parametro medio nazionale del 1997, pari a 134,3 alunni per ogni docente su posti di sostegno, è continuato a diminuire, fino all'attuale 104,2 con un corrispettivo incremento dei posti pari al 22,4 per cento.
I posti che, rispetto al parametro 1 a 138, avrebbero dovuto attestarsi sulle 50 mila unità, sono invece diventati più di settantamila, di cui 28 mila supplenti annuali, con un incremento complessivo di 21 mila docenti.
L'attivazione di posti ha fatto lievitare l'organico, comportando danni certi ai criteri di equità nella distribuzione dei posti in deroga su tutto il territorio nazionale, come dimostrato dal divario riscontrato nel rapporto persone handicappate-insegnanti di sostegno, che va da un minimo di 1,4 fino un massimo di 2,6.
Un altro punto fondamentale da evidenziare è la distorsione nel funzionamento degli organici. Le condizioni previste dalle leggi e dai contratti di comparto non risultano ancora del tutto adeguate agli obiettivi di integrazione scolastica. A titolo esemplificativo, si pensi alla possibilità per gli insegnanti dopo cinque anni di transitare dai posti di sostegno a quelli normali. Il fenomeno interessa molti insegnanti. Infatti, solo il 18,7 per cento dei docenti interessati ha una anzianità superiore a dieci anni di servizio nel sostegno.
Concorrono a tali disfunzioni: la cronica e perdurante carenza di docenti specializzati per il sostegno cui affidare i relativi posti rimasti vacanti in conseguenza delle elevata mobilità stessa; la possibilità di utilizzare posti di sostegno, anche per le assegnazioni provvisorie, con danno per la continuità del sostegno; la difficoltà di applicazione a questo specifico tipo di insegnamento delle innovazioni intervenute sul piano normativo in tema di formazione iniziale e reclutamento della classe docente. Per citare l'esempio più recente, basti pensare ai docenti specializzati sul sostegno privi dell'abilitazione all'insegnamento, e dunque non inclusi nelle graduatorie permanenti da cui l'amministrazione attinge per la copertura di posti, anche a tempo determinato.
Problema aperto è costituito dal dibattito nella scuola e nel mondo della ricerca sull'insegnante di sostegno come unica risposta per l'handicappato, in una realtà che ha a disposizione altre risorse e modalità di intervento.
Spesso, l'assegnazione dell'insegnante di sostegno alla persona handicappata: si risolve in una situazione contraddittoria rispetto alle finalità dell'integrazione, venendo ad essere, paradossalmente, fattore di emarginazione dell'alunno; consente alla classe di procedere nella sua attività senza programmare interventi e situazioni che favoriscono l'integrazione (la persona handicappata rimane un soggetto «aggiuntivo» e non viene di fatto incluso); aumenta la delega al'insegnante di sostegno e, contestualmente, la solitudine della coppie insegnante di sostegno-persona handicappata con implicazioni negative sul piano della comunicazione, dell'autonomia, della socializzazione e della vita relazionale, oltre che dell'apprendimento.
La risorsa «insegnante di sostegno» non può dunque essere considerata come unica risposta didattica, da dilatare caso per caso, ancor più in una realtà che ha già introdotto forme di flessibilità dell'organizzazione didattica. Nell'assegnazione della risorsa «insegnante di sostegno» però, servono riferimenti certi.
Innanzitutto, occorre garantire l'assegnazione di insegnanti specializzati, è un traguardo non ancora raggiunto. In secondo luogo, assicurare la continuità. Una delle esigenze più diffuse nella realtà dove la presenza di portatori di handicap è ormai un dato consolidato è quella di garantire la continuità del progetto di integrazione dei singoli casi. Purtroppo, il «carosello» delle figure di sostegno è ancora molto più diffuso di quanto non si creda, anno per anno e talvolta nel corso dello stesso anno.
Se il riferimento diventa il progetto della scuola attorno al portatore di handicap e alla classe, e non una semplice delega alle figure del sostegno, deve essere garantita la continuità, specialmente nel passaggio da un ordine di scuola l'altro, consentendo deroghe ai vincoli dell'assegnazione degli incarichi: continuità di progetto, ma anche documentazione e salvaguardia delle esperienze, per far tesoro delle competenze acquisite e non dover ricominciare ogni volta da zero.
Sul territorio potrebbero essere attivati dei centri per la documentazione, a cura degli IRRE, delle esperienze e della formazione degli insegnanti (tutti i docenti, non solo quelli di sostegno) sulle tematiche legate all'integrazione.
Il processo verso la completa integrazione dei portatori di handicap nella scuola resta lungo, articolato e complesso anche perché si intreccia organicamente con quello di riforma e innovazione di tutta la nuova scuola dell'autonomia. Ma, come in tutti i viaggi, il percorso può essere reso più agevole in alcuni tratti, da subito.
Venendo alle iniziative già promosse dal Governo, l'amministrazione si è già mossa con alcuni interventi, di cui è utile informare il Parlamento, primo tra i quali il regolamento degli istituti atipici (per non vedenti e non udenti), previsto dall'articolo 21 della legge n. 59 del 1997: concluso il suo iter, è stata inviato alla Presidenza del Consiglio per la definitiva emanazione.
Ci si augura che il ruolo degli istituti tipici contribuirà a sviluppare la dimensione della ricerca sia didattica sia strumentale e a dare impulso alla riflessione su tutto il tema dell'integrazione.
In secondo luogo, vi è stato il rinnovo dell'osservatorio nazionale sull'handicap e la contemporanea istituzione di un organismo tecnico a supporto dei lavori dell'osservatorio medesimo. Si è verificata, inoltre, nell'anno 2001, l'organizzazione di corsi abbreviati di specializzazione presso le università per insegnanti non specializzati assegnati a tempo determinato su posti di sostegno. Da ultimo cito l'emendamento all'articolo 5 del disegno di legge sulle «norme generali del sistema di istruzione e formazione e livelli essenziali di prestazione» (A. S.1306), già approvato dalla 7 Commissione del Senato, che intende risolvere, in via transitoria, il problema opposto, cioè garantire ad insegnanti specializzati di conseguire il titolo di abilitazione all'insegnamento di cui sono privi, attraverso un percorso professionalizzante e abilitante gestito dalle SSIS per la secondaria e dai corsi di laurea per la formazione primaria per gli insegnanti delle elementare e della scuola dell'infanzia.
Quanto alle iniziative da promuovere, perché sia sostenibile dal paese il primato internazionale dell'integrazione universale degli studenti con handicap è indispensabile operare con decisione una nuova svolta che riesca a sensibilizzare tutti intorno agli ideali obiettivi originari - ancora pienamente validi - contenuti nella legge n. 104 del 1992, richiamati in premessa.
A questo scopo l'amministrazione intende operare nel senso indicato dai punti di seguito richiamati. In ordine alla legge finanziaria per il 2003, sottolineo che nel bilancio di previsione 2003 sono stati confermati gli stanziamenti per le spese di personale previsti nel bilancio assestato del 2002.
In tali spese sono compresi, per la prima volta dall'approvazione della legge n. 449 del 1997, anche gli oneri riferiti ai 18 mila docenti di sostegno assunti per l'anno scolastico 2001-2002, oltre i posti già autorizzati in deroga.
Quando al disegno di legge finanziaria, la disposizione contenuta nell'articolo 22, comma 6, mira a definire in maniera più razionale ed equa un contingente nazionale da utilizzare per ulteriori deroghe a partire dall'anno scolastico 2003-2004. In tal modo, si mira ad evitare disparità territoriali e deroghe fuori controllo, e rispondere invece efficacemente nei casi di più evidente gravità.
È avviata, con la collaborazione dell'osservatorio nazionale sull'handicap, degli istituti regionali di ricerca (IRRE), dell'Indire e dell'INVALSI una indagine qualitativa con valore statistico sull'inserimento e l'integrazione degli studenti con handicap con particolare riferimento a: qualità della documentazione (diagnosi funzionale, profilo dinamico funzionale, piano educativo individualizzato, programmazione didattica dei consigli di classe) e l'effettiva utilizzazione della stessa; risultati raggiunti a livello di integrazione con la comunità scolastica ed anche con il contesto sociale, compreso l'inserimento nel mondo del lavoro; livello di soddisfazione delle famiglie; cooperazione del servizio scolastico con i servizi sanitari e sociali che operano sul territorio e i contenuti, la natura e gli effetti degli accordi di programma stipulati in ogni provincia; diffusione di sperimentazione e di buone prassi innovative nelle scuole e nel territorio; qualità del lavoro cooperativo (gruppi per l'handicap) sia a livello provinciale sia delle singole scuole; ruolo svolto dall'organico regionale e dei dirigenti scolastici; funzionamento dell'assistenza svolta dagli operatori scolastici, con particolare riferimento ai collaboratori (ex ausiliari); il livello e i risultati della ricerca scientifica sia in campo didattico ed organizzativo che nel campo della pedagogia, della sociologia e dalla psicologia.
Sarà promossa attraverso l'ufficio statistico e il servizio informativo del MIUR una indagine più sistematica, completa, continuativa, affidabile e integrata di tutti i dati e le informazioni sul fenomeno, a partire dalle risorse impiegate, comprese quelle finanziarie, quale fonte di analisi e supporto pertinente per le decisioni amministrative, gestionali e normative.
Saranno attuate iniziative volte a stabilire con chiarezza, di concerto con il Ministero della salute, anche attraverso interventi normativi: le distinte competenze dei vari soggetti istituzionali, comprese le istituzioni scolastiche autonome (o delle loro reti), in relazione all'individuazione, all'inserimento, all'integrazione e all'assistenza degli alunni con handicap; i soggetti responsabili e nuove procedure per la certificazione dell'handicap, che vedano il coinvolgimento, oltre che delle strutture sanitarie, anche dell'Amministrazione nella sua componente tecnica che fornisce le risorse umane e finanziarie (oggi dipendiamo solo dal Ministero della salute e dalle ASL); i modelli-tipo di documentazione tecnica e didattica, in modo da facilitare la rilevazione statistica e la ricerca scientifica sulle procedure e sugli effettivi risultati delle attività di integrazione; un impegno per controlli sistematici in collegamento con gli Osservatori nazionali e locali e l'azione di monitoraggio.
Saranno posti in essere interventi, d'intesa tra MIUR e Università, a favore della formazione iniziale e in servizio dei docenti di sostegno per l'aggiornamento dei «programmi» di specializzazione per gli insegnanti. Essi dovranno tenere conto dei nuovi fenomeni legati all'integrazione soprattutto nel la scuola secondaria superiore e dovranno prevedere comunque un congruo numero di ore per il tirocinio valutato sul campo, tenendo conto anche della motivazione e delle attitudini degli aspiranti.
Infine, sarà approfondito il problema delle professionalità, indispensabili per realizzare una effettiva integrazione, e di altri punti di criticità, con particolare riferimento a: la continuità del sostegno, in modo da contrastare l'eccessivo turnover degli insegnanti, anche attraverso opportune forme di incentivazione e una cadenza pluriennale della mobilità «a domanda»; la definizione - e l'arricchimento - del profilo professionale del personale ausiliario, di supporto e di assistenza; la continuità delle figure di sostegno tra i vari ordini del ciclo primario (scuola dell'infanzia, elementare e scuola media); i criteri per la formazione in servizio di tutto il personale coinvolto.
In sostanza, bisogna superare l'impressione di un punto morto a cui si è arrivati, nel quale sembra che l'unico compito rimasto all'Amministrazione sia quello di proseguire sulla via tracciata agli inizi degli anni Ottanta, come per forza d'inerzia.
L'integrazione, per effetto dei fenomeni di profondo e diffuso mutamento sociale, culturale e istituzionale, che coinvolge innanzitutto la famiglia, esige un impegno straordinario di revisione dei criteri e dei concetti che hanno guidato l'azione pubblica fino a questo momento perché si possa dire che i principi sanciti dalla legge n. 104 del 1992 si traducano in comportamenti efficaci. In conclusione rimando alla documentazione consegnata per la consultazione delle varie tabelle da me citate. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Aprea e, prima di dare la parola ai colleghi che intendano porre questioni o chiedere chiarimenti, intendo svolgere una breve premessa essendomi recata oggi pomeriggio presso il Ministero della salute, con la commissione per il disagio mentale voluta dal ministro Sirchia e dal sottosegretario Guidi.
Si è parlato del tema dei centri e di una forma di monitoraggio compiuta attraverso uno screening, attraverso cioè dei test svolti nelle scuole proprio ai fini della prevenzione. Vi è poi l'eventualità (affrontata anche in questa Commissione) di prevedere presso tutte le scuole un'équipe psico-sociopedagogica che dovrebbe svolgere azione di monitoraggio, controllo e supporto degli insegnanti e delle famiglie. Ciò proprio per prevenire quel cosiddetto handicap che però tale non è. Praticamente è un disagio psichico che, controllato e monitorato nella maniera giusta, diventa, semplicemente un reinserimento del bambino e dell'adolescente nella normalità, dalla quale non si vede perché debba uscire considerandolo una persona portatore di handicap.
LUIGI GIACCO. Ringrazio il sottosegretario Aprea per la sua esaustiva relazione, sui cui contenuti debbo però svolgere alcune considerazioni. Anzitutto rinnovo una domanda che non vuole essere una polemica ma vorrei sapere se lei abbia la delega per il settore dei disabili o sia una competenza del ministro. È una delle domande alle quali tengo particolarmente.
Per quanto riguarda gli alunni cosiddetti diversamente abili che sono integrati nella scuola, ritengo che vadano svolte alcune precisazioni. Lei ha citato un dato molto significativo, 140 mila alunni integrati nella scuola. Questo è un dato sicuramente molto positivo (parliamo della legge n. 517 del 1977 e della legge n. 104 del 1992) e significa che la cultura è cambiata anche perché la presenza del disabile (come affermava anche la Montessori) dà una certa possibilità alla didattica, alla metodologia, di poter intervenire in misura estremamente più significativa anche verso gli altri alunni.
Nella precedente legislatura, proprio la Commissione cultura aveva svolto un'indagine conoscitiva sulla presenza degli alunni disabili. Una delle questioni evidenziate, nel momento in cui vogliamo parlare dell'integrazione dei disabili, è proprio la possibilità di un lavoro integrato multidisciplinare. È stata sottolineata la necessità dello strumento «accordo di programma» che in termini concreti significa la possibilità che intorno al tavolo siedano insieme gli uffici scolastici, le ASL e gli enti locali e in base alle loro competenze, le loro capacità e alle loro risorse possano rispondere ad un progetto individualizzato per l'alunno. Ciò perché questo tipo di progetto non riguarda solo il momento scolastico ma va anche al di là della scuola, oltre la scuola stessa (si è fatto cenno al discorso lavorativo, eccetera).
Solo se vi è questa possibilità possiamo veramente facilitare la presenza dei ragazzi, degli alunni disabili, o diversamente abili, all'interno della scuola. Mi sembra che questo sia un impegno notevole. E su questo si recupera allora il senso delle équipe multidisciplinari. La ASL mette a disposizione queste sue competenze nei confronti della scuola. L'ente locale metterà a disposizione quei collaboratori, quelle figure che possano far sì che il soggetto che viene integrato abbia l'assistenza necessaria per il superamento delle barriere architettoniche (ancora esistono) e magari per quelle azioni di autonomia personale. Ciò riguarderà poi anche un problema che abbiamo già posto e sul quale ritorno; mi riferisco ai ragazzi che durante l'orario scolastico hanno necessità di assumere dei farmaci (pensiamo a ragazzi epilettici o con altri problemi).
Solo se riusciamo ad avere un accordo dove le competenze possano essere a disposizione la presenza del disabile diventerà veramente una risorsa, sia per lui sia per la scuola. Se noi non affrontiamo questa situazione vi sarà sempre più rilevanza degli aspetti negativi rispetto a quelli positivi. Oggi direi che verso le problematiche attuali, soprattutto nei confronti dei casi gravi, la presenza dei 140 mila alunni prima menzionati ha cambiato anche la cultura. Penso ai bambini che oggi vivono insieme; su questo mi permetto di fare una piccola parentesi.
Proprio la pedagogia la psicologia e la neurologia ci dicono che, tanto più l'intervento è precoce, tanto più facilmente vi potrà essere il recupero di questi casi. La presenza, come previsto anche nella legge n. 104 del 1992, dei bambini da zero a tre anni anche all'interno degli asili nido diventa allora una risorsa di notevole entità. Se noi ci dobbiamo preoccupare dell'alunno disabile all'interno delle università (a gennaio del 2000 abbiamo varato una legge al riguardo), a maggior ragione ci dovremmo preoccupare affinché i bambini in età precoce possano essere inseriti con un intervento che facilita non solo il recupero ma previene anche quelle possibili disabilità che possono innestarsi in una situazione di difficoltà.
Questa mi sembra una delle questioni più importanti.
È chiaro che quando parliamo di handicap parliamo di disagio, svantaggio. Adesso vi è poi una nuova classificazione in materia. A Trieste, nel marzo scorso, si è tenuto uno specifico congresso internazionale, in cui si è parlato, appunto, di classificazione, in base alla quale è possibile valutare i ragazzi disabili.
Tornando ad una questione, a mio parere fondamentale, a proposito della figura dell'insegnante di sostegno, vorrei sottolineare un aspetto. Seguitando a vedere la figura dell'insegnante di sostegno come un soggetto deputato a sostenere l'alunno e non la classe, allora verrà emarginato non solo l'alunno ma anche il docente. Per cui, finiremo per avere insegnanti di serie A e di serie B.
Quando mi riferisco a detta tipologia di personale docente, preferisco adottare il termine «insegnante specializzato», espressione - questa sì - capace di evidenziare le competenze che un soggetto è in grado di mettere a disposizione degli altri colleghi e del gruppo classe: anche su questo dobbiamo compiere un passo in avanti.
Lo dico molto apertamente, una delle mie preoccupazioni principali è impedire una regressione del sistema, magari camuffata chiamando, ad esempio, le scuole differenziate scuole «potenziate»: mi auguro che questo non avvenga.
Però certamente se non garantiremo le risorse necessarie - e torniamo anche al disegno di legge finanziaria -, difficilmente le situazioni di disabilità potranno essere trattate o seguite all'interno della classe. È ovvio che, se cominciasse a diminuire il numero degli assistenti - e mi pare che l'articolo 22, comma 8, del disegno di legge finanziaria preveda, nei prossimi anni, un taglio tra il 6 e il 2 per cento del personale assistente - all'interno della scuola i collaboratori sarebbero di meno, e ciò a me pare dannoso.
Se poi, dall'altra parte, i trasferimenti agli enti locali diminuiranno, sarà chiaro che per questi servizi, i quali debbono essere implementati, le risorse non ci saranno. Oppure, diventando servizi aggiuntivi, dovranno essere pagati direttamente delle famiglie. Questo mi preoccupa.
Per quanto riguarda gli istituti atipici mi auguro che il regolamento in uscita garantisca buoni risultati. In passato, essi rappresentavano un mezzo per intervenire in modo istituzionalizzato (mi riferisco al caso di strutture per non vedenti o non udenti, ad esempio) piuttosto che strumenti per intervenire a fini di supporto e ausilio.
Vorrei infine soffermarmi sul centro documentazione. Penso sia importante che, al di là di una continuità di progetto nei confronti di singoli alunni, vi sia l'opportunità di raccogliere tutto ciò che di positivo si è fatto in questi anni. L'Italia, arretrata per molti altri aspetti, in questa materia invece ha rappresentato un punto di riferimento per molte nazioni, a livello europeo per non dire internazionale.
Questo patrimonio non può essere disperso, deve trovare un momento di collocazione a livello nazionale. Pensiamo alle esperienze dei bambini aventi disabilità sensoriali o motorie: tutta la documentazione dovrà essere allora non solo recuperata ma anche posta a disposizione degli insegnanti, proprio per costituire un patrimonio comune.
Ritengo, inoltre, che all'interno della scuola gli accordi di programma possano costituire un momento essenziale: per questo occorre incentivarli e, nel frattempo, far sì che, qualora vi siano dei tagli sul personale, questi non riguardino gli alunni diversamente abili.
Se ciò non avverrà necessariamente ne risentiranno soprattutto quei ragazzi che avendo delle difficoltà potranno essere più facilmente emarginati, visto che all'interno del contesto scolastico non vi sono risorse, competenze e capacità per poterli gestire, in termini di sviluppo e miglioramento della loro condizione.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Ringrazio il Governo per la disponibilità dimostrata e mi sento confortata dalla volontà di proseguire dimostrata in materia. Ho anche qualche perplessità su un paio di questioni che vorrei esprimere. Mi sembra innanzitutto importantissimo garantire un'indagine a tutto campo, di cui ha parlato il sottosegretario, non solo a proposito degli insegnanti di sostegno, ma anche dell'entità stessa della disabilità.
È importante che ciò si effettui in stretto rapporto con il Ministero della salute (mi riferisco particolarmente alla attività della commissione sul disagio mentale): per maggiore sensibilità o per disagio familiare e sociale, sempre più sembrano essere i bambini borderline, e cioè coloro che sembrano perfettamente uguali agli altri ed invece non lo sono, senza risultare peraltro così disturbati da poter essere considerati veramente non abili o disabili. Sarebbe veramente un delitto abbandonare a se stessa questa categoria, purtroppo incrementatasi in modo esponenziale.
L'aumento di questo tipo di disagio può portare a determinare degli individui incapaci, una volta adulti, di inserirsi in modo adeguato nel contesto lavorativo e sociale.
Abbiamo analizzato dei dati: le disabilità aumentano dall'1,3 all'1,4 per cento dalle scuole elementare alle superiori.
Ebbene, vorrei dire che sappiamo quanto le famiglie dei disabili siano attentissime a non far perdere il rapporto con la società e con il mondo esterno, costituito per i loro figli dalla scuola.
Sappiamo come il numero degli alunni diminuisca dalle elementari alle superiori a causa degli abbandoni e di un inizio precoce dell'attività lavorativa; è probabile che questa maggior percentuale corrisponda al fatto che questi bambini non abbandonano la scuola perché i genitori sono convinti che si debba lasciarceli il più possibile, comunque vadano le cose. Può essere forse una lettura sbagliata che però deriva dalla mia esperienza sul territorio e credo che non sia tanto lontana dalla realtà. Non mi riferisco quindi ad un aumento in termini numerici quantitativi, ma ad un aumento in percentuale dovuto al fatto che gli alunni calano nelle superiori rispetto alle elementari. È comunque un'interpretazione ma in base alla mia esperienza ritengo che sia reale.
Naturalmente condivido moltissimo le preoccupazioni per i fondi espresse dal collega Giacco in relazione ai tagli presenti in questa legge finanziaria. Naturalmente bisogna evitare che i più svantaggiati debbano patire, anche se soltanto per pochissimo, queste eventuali limitazioni, o quanto meno, di questa parità di stanziamento rispetto agli anni precedenti che potrebbe riguardare la scuola.
Sono d'accordo sul tema dell'équipe psico-pedagogica; voglio ricordare che al Senato, nella precedente legislatura, si lavorò molto in relazione allo psicologo scolastico. Ci orientammo a considerare sempre più allargata questa figura proprio in rapporto al bisogno non soltanto dell'alunno ma anche di chi opera in tale ambito. Mi riferisco alla necessità di tutti quei componenti della scuola, dei docenti innanzitutto ma anche delle famiglie, di essere supportati da diagnosi e da un sostegno efficaci, in rapporto anche ad una relazione con gli studenti che deve essere comunque la migliore possibile. Quindi penso alle équipe viste non come forma terapeutica nei confronti dell'alunno ma all'interno del sistema scuola come supporto per le famiglie e gli appartenenti all'istituzione scolastica. Su questo sono perfettamente d'accordo.
FRANCESCA MARTINI. Ringrazio veramente di cuore il sottosegretario Aprea che ci ha comunicato il punto di vista su quanto si è fatto e su ciò che si potrà fare (cosa sulla quale conto molto). Da molti anni mi occupo di questi temi e ne ho una visione molto approfondita. Nel mio intervento non sarò brevissima ma cercherò di essere costruttiva.
Per quanto riguarda il problema delle certificazioni ho visto le circolari che le dirigenze regionali hanno inviato agli ex provveditorati richiamando l'attenzione su un problema numerico, asserendo che vi è un certo aumento nel numero delle certificazioni (mi riferisco all'istituzione scolastica ricevente, non a quella che controlla); questo senza in realtà affrontare a fondo il tema. Non si tratta di un problema di numeri ma di parametri e di concetti che sottendono alla certificazione. Quindi invito il ministero ad attivarsi a livello regionale affinché questo non si risolva in una «letterina» nella quale si richiama l'attenzione sui numeri. Ciò non sarebbe sufficiente.
Sono d'accordo con quanto sostiene il ministero perché, se vogliamo veramente intervenire sui bambini, sui minori diversamente abili, dovremmo farlo con riferimento alla legge n. 104 del 1992. In qualche maniera ampliare l'azione a categorie non previste da quel provvedimento, ma senz'altro doverose di intervento che però non si riconduce agli insegnanti di sostegno, vuol dire affievolire la forza e l'incisività dell'azione sui ragazzi che hanno un problema che non è il disagio, non è un problema familiare; si tratta di una disabilità, di una menomazione, talvolta dalla nascita e talvolta acquisita. Non dobbiamo far di tutta l'erba un fascio altrimenti non si realizza quanto è necessario. Su questo aspetto chiedo un intervento chiaro che sia di richiamo per il territorio, per chi fa le certificazioni, per chi è costretto ad accettarle e rispondere ad un'emergenza continua, con difficoltà estreme, al fine di un'azione concertata che ci permetta di suddividere le aree di intervento.
Sul tema della moralizzazione dell'approccio del docente al sostegno sottolineo che si tratta di un problema del ministero. Osservo questa realtà da circa 15 anni e so che tutto è stato scaricato sui minori. Ci vorrebbe anche qui un bel giro di vite, chi si avvicina al sostegno dovrebbe seguire un certo percorso. Non dico che chi si occupa del sostegno debba farlo per tutta la vita, mi rendo conto che è una occupazione difficile, ma ritengo almeno che vi debba essere la garanzia di un percorso e quindi di una moralizzazione dei docenti. Troppi hanno utilizzato il sostegno come apripista per il ruolo. Sono problemi che il Governo può risolvere.
Vi è poi il discorso della solitudine, dell'emarginazione, che a volte l'alunno vive insieme al proprio docente. È un problema vero, però anche qui ci vuole una certa attenzione. Anche questa è stata un responsabilità del mondo della scuola perché ancora oggi quando un gruppo di docenti, un consiglio, un gruppo classe, vedono inserito un bambino con difficoltà, danno segni di insofferenza e non solo. Danno segni di ansia, lo scaricano sulle famiglie, non sanno che pesci prendere, e tutto questo dopo 25 anni dalla legge sull'integrazione! Che ognuno svolga il proprio lavoro fino in fondo.
È chiaro che l'inserimento di un bambino con handicap richiede più riunioni, richiede lo svolgimento di un programma di un certo tipo, richiede anche di sapere certe cose. Sono soprattutto i docenti che devono insegnare agli altri ragazzi non solo ad accogliere questi soggetti ma anche a rispettare i tempi di ciascuno. Anche qui purtroppo devo dire che chi non ha colpe sono solo i minori e le loro famiglie. Non vorrei essere troppo di parte ma in fondo il bambino che si affaccia ai vari corsi scolastici si trova spesato e guarda soprattutto alla famiglia.
Talvolta le famiglie sono anche in difficoltà a rapportarsi con ciò; non tutte le famiglie hanno un livello di scolarizzazione tale che permetta loro di capire il funzionamento del sistema scolastico. Le famiglie vanno aiutate e sostenute. Non si può pensare che i docenti (vi assicuro che avviene) scarichino le loro ansie per l'inserimento di questo nuovo alunno.
Per quanto riguarda il tema del sostegno condivido che quest'ultimo non possa e non debba in qualche maniera essere messo in disparte rispetto all'andamento generale della classe. Mi raccomando però che ciò non faccia da alibi per affermare che il sostegno non è così importante. Il sostegno è fondamentale. Le ore di sostegno vanno collegate alle potenzialità del ragazzo. Non è vero che un ragazzo con meno problemi abbia meno bisogno del sostegno. A volte quelle due o tre ore in più servono a diminuire il gap. È un concetto al quale va prestata grande attenzione. Le ore di sostegno devono mirare il più possibile ad eliminare la forbice tra il bambino senza particolari problemi e quello che invece ne ha. Rafforziamo quindi la figura dell'insegnante di sostegno, qualifichiamola. Mi fa molto piacere che si vada verso una razionalizzazione di questa figura con una sua professionalità sempre maggiore; credo che vada valutato anche un riconoscimento di carriera.
Considero un bene che - vista la situazione - siano riconfermate le risorse del 2002. È un settore ancora in difficoltà ma penso che, se riusciamo ad intervenire sulla qualità e la quantità delle certificazioni, riusciremo anche a rafforzare gli interventi sulle aree oggetto di questo problema.
Vorrei porre poi l'accento sui momenti di passaggio tra i vari corsi scolastici, dalla materna all'elementare, da questa alla scuola media ed infine alla superiore. Evidenzio al riguardo ancora delle difficoltà enormi di coordinamento; si tratta di una serie di input che è possibile dare affinché questi processi (che stanno molto sulla carta e poco nel concreto) vengano evidenziati. Sottolineo che questo coordinamento a volte consiste in una telefonata agli insegnanti di sostegno, magari della scuola dell'obbligo, senza che vi sia un incontro, senza valutare la situazione e le potenzialità dell'alunno che magari si sta affacciando alla scuola superiore.
Anche in tal caso tante ansie dei docenti potrebbero venire eliminate se venisse prestata maggiore attenzione a questo momento di passaggio.
Un altro aspetto importante, a proposito della riforma scolastica, è porre l'accento sull'informatizzazione.
Tutti sanno, penso la maggior parte di noi, che la tecnologia in questo momento può fare moltissimo per i ragazzi diversamente abili. Mi sono occupata anche di ciò sul territorio e sono stata positivamente sorpresa dai dati registrati: si può fare moltissimo con esiti estremamente soddisfacenti.
Ci sono delle professionalità all'interno dei nuovi provveditorati, i cosiddetti CSA, che debbono e possono essere valorizzate. Perché è sempre la famiglia a doversi porre il problema e non invece il sistema ad agire automaticamente? Porre l'accento sull'informatizzazione è essenziale, ed occorre sensibilizzarsi soprattutto alle esigenze dei ragazzi diversamente abili che proprio dall'utilizzo di questi strumenti possono ricavare ausili importanti. Sottolineo che ancora adesso in tanti istituti scolastici il materiale informatico si trova imballato e chiuso in un'aula: sta di nuovo all'iniziativa dei singoli docenti guardarvi dentro e cercare di adoperare questa strumentazione accantonata in una stanza.
Ritengo che il ministero dovrebbe spingere - in seno al processo generale di informatizzazione del mondo scolastico - sull'incentivazione e l'uso diffuso di ausili di tipo informatico a favore dei minori diversamente abili.
Un altro aspetto importante è quello dei tempi - spesso incerti o non rispettati, sovente occorrono mesi - di attuazione dei compiti affidati al personale docente (ad esempio stesura del PEI, incontri con le famiglie, coordinamento con le aziende sanitarie locali, servizio di neuropsichiatria infantile).
Anzi, addirittura gli insegnanti frequentemente usano il nucleo familiare attribuendogli impropriamente un ruolo di coordinamento tra i vari servizi.
Ebbene, ciò non è concepibile: quello che consta ai servizi deve essere attuato dai servizi medesimi, non si può continuamente chiedere alla famiglia di intervenire (contattando la neuropsichiatra o la fisiatra o altri soggetti in caso di eventuali segni di disturbo dei bambini).
È giusto invece che ognuno si assuma le proprie responsabilità ed eserciti le proprie competenze, diversamente la famiglia non potrà farcela ad assumere contemporaneamente il compito educativo e di coordinamento tra i servizi.
In particolare, poi, vorrei sottolineare un problema inerente all'assistenza scolastica: vi è talvolta una partenza differita del momento della «fornitura» dell'assistenza all'interno dell'edificio scolastico rispetto a quello dell'apertura dei corsi annuali.
Non è raro che i bambini diversamente abili non vengano accettati come gli altri al momento dell'apertura dell'anno scolastico in un certo istituto, per mancata disponibilità, a quella data, di personale di assistenza inviato dalle ASL di riferimento. Ovviamente, sono i vari istituti, nell'ambito dell'autonomia, a scegliere quando dare inizio alle lezioni, cosicché alcuni bambini verranno esclusi dal loro avvio a differenza di tutti gli altri.
Questo provoca problemi non indifferenti anche sul piano psicologico a minori e medesime famiglie.
La partenza dell'anno scolastico è peraltro un giorno molto importante che tutti i bambini dovrebbero e vorrebbero vivere insieme. Invece, molti istituti negano questa possibilità a causa della mancanza, al tempo debito, dell'assistente necessario. Mi sembra molto grave se parliamo di integrazione.
Quanto alla specializzazione degli insegnanti, mi sembra un tema importantissimo su cui credo il ministero possa fare molto, ai fini della promozione di un nuovo rapporto, di fiducia rinnovata, con i docenti che si occupano di questi settori nonché con le famiglie.
Sovente ho personalmente riscontrato casi in cui non si assegnava l'insegnante giusto all'alunno giusto, il docente designato era quello semplicemente a disposizione, in base alle assegnazioni di cattedra: troppe volte si è data più importanza alla cattedra che ai bisogni di minori.
Ci sono stati anche casi in cui le scuole si sono adoperate per tenersi stretti i ragazzi disabili al fine di non perdere le cattedre. Ciò è allucinante.
Allora, ritengo sia fondamentale sul piano culturale, ai fini dell'obiettivo di integrazione e specializzazione vera dei docenti, che questi siano anche specializzati in determinate problematiche di apprendimento legate ad handicap di tipo fisico o psichico o addirittura a casi di minori in stato di disabilità grave, per i quali, ovviamente il programma necessiterà di essere completamente rivoluzionato (lavorando in ogni caso su obiettivi minimi).
Allora, ripeto ancora che l'insegnante giusto al minore diversamente abile giusto deve essere un grande obiettivo di questo ministero. Può essere una azione veramente importante. Se porremo al centro dell'obiettivo educativo e formativo della scuola l'alunno ed i suoi bisogni, allora riusciremo veramente anche a moralizzare la categoria degli insegnanti, a dare fiducia alle famiglie che quel docente sarà il docente già pronto a mettere in atto un determinato approccio di tipo didattico ed educativo per quel bambino.
Entriamo veramente all'interno di un problema strategico di rapporto tra insegnanti di sostegno e minori.
PIERA CAPITELLI. La collega Mazzuca si sente confortata dalla relazione del sottosegretario Aprea, anch'io - seppur parzialmente - perché finalmente apprendiamo che l'osservatorio istituito presso il ministero incomincia a funzionare.
Tuttavia, è passato un anno e nonostante fosse stato sollevato quantomeno il problema del rapporto tra il Parlamento ed il funzionamento di istituti tanto importanti anche in Commissione cultura, non c'è mai stato alcun tipo di risposta.
Sono convinta che siamo in un momento in cui c'è bisogno di una nuova indagine conoscitiva a campione e a tappeto (cioè estesa a tutto il territorio nazionale) da parte della Commissione VII o della Commissione infanzia.
La collega Martini ed anche gli altri commissari hanno affrontato i problemi con correttezza e sensibilità. Ho l'impressione, sostenuta dalle lamentele delle associazioni dei familiari, che attualmente nella scuola (non certo da quando vi è questo di Governo, non mi permetterei mai di fare affermazioni di questa natura) vi sia una caduta di tensione rispetto all'inserimento degli alunni portatori di handicap o disabili se si vuole usare questo termine. Uso un linguaggio un po' datato, tuttavia credo che sia corretto parlare di disabili, non è sbagliato nemmeno parlare di handicap quando la disabilità diventa handicap: è un impedimento sia per l'apprendimento sia per l'integrazione sociale.
Credo che vi sia una caduta di tensione; non parlerei di necessità di moralizzazione, mi sembra un termine troppo pesante. Tuttavia in questi ultimi anni la cultura dell'integrazione ha dato dei segni di grande stanchezza. Segni che erano già presenti quando nella legislatura precedente svolgevamo un'indagine conoscitiva e che ora credo si stiano aggravando. Ho una esperienza di integrazione di portatori di handicap soprattutto come ex direttrice didattica; spesso i colleghi, ma soprattutto le associazioni di familiari, mi dicono che le cose sono molto cambiate ed evidenziano proprio questa caduta di tensione. Non sono mai giunta a lavorare in una situazione in cui il disabile era concepito come una risorsa, difficilmente si è arrivati a questo.
Negli anni '80 vi era un maggior attaccamento a delle forme organizzative ed un riferimento a delle leggi come la n. 517 del 1977 che insistevano molto sul coinvolgimento di tutta la scuola, di tutta la comunità scolastica; insistevano moltissimo sull'idea che a dover esser preparato per l'integrazione dell'alunno portatore di handicap fosse l'intero team docente e non soltanto l'insegnante di sostegno. Ebbene, rispetto a quegli anni questo modo di sentire, questa concezione, sono andati lentamente scemando. Ho vissuto ottime esperienze di integrazione di alunni portatori di handicap anche in presenza di insegnanti non specializzati. Con questo non voglio dire che la specializzazione non serva; probabilmente servirebbe una migliore preparazione sulle modalità, sui temi dell'integrazione e anche sull'handicap da parte di tutti i docenti. Altrimenti la battaglia è già persa in partenza.
È chiaro che il compito di occuparsi specificamente del portatore di handicap attiene sempre più all'insegnante di sostegno e sempre meno al team docente. Credo che questo sia il problema dei problemi: mi riferisco ad un maggior coinvolgimento, ad una maggior attenzione. Abbiamo assistito progressivamente ad un calo di tensione anche rispetto all'organizzazione di corsi di formazione per tutti i docenti su temi della disabilità. Con sempre più corsi specializzati, specifici per insegnanti di sostegno, e sempre meno coinvolgimento del collegio dei docenti non si può andare avanti. Questo non solo a livello della scuola dell'infanzia ed elementare, dove l'idea del team docente, della collegialità sono più forti ma anche a livello di scuola media e scuola superiore.
Credo che a livello di scuola superiore un vero e proprio lavoro sulla collegialità dei docenti non sia mai stato impostato organicamente. Mi sento di dire che si dovrebbe tornare un po' all'antico ma senza trascurare la considerazione che oggi potremmo avere maggiori mezzi. Sicuramente la proposta introdotta dalla collega Martini, cioè di tener conto di quanti passi avanti siano stati compiuti con l'uso delle nuove tecnologie per arrivare a dei sistemi di apprendimento, a delle modalità di apprendimento efficaci è un settore poco esplorato. Questo è sicuramente il problema dei problemi.
Sappiamo purtroppo che spesso la figura dell'insegnante di sostegno, e la sua integrazione nel team (molto meno nella scuola dell'infanzia, nella scuola elementare) sono considerate marginali. Esiste effettivamente questa distinzione tra insegnanti di serie a e insegnanti di serie b. Ciò perché all'insegnante di sostegno non si chiede di essere operativo sull'intera classe, magari per delle attività che potrebbe svolgere meglio di altri insegnanti, ma gli si chiede soprattutto di essere programmatore del percorso di apprendimento unicamente del portatore di handicap.
Sul tema delle certificazioni credo che si rilevi davvero uno dei punti più dolenti. Non è tanto un problema di chi agisce poco correttamente o chi non agisce correttamente; il problema vero è che abbiamo una scuola ancora troppo poco flessibile nella sua capacità di organizzarsi; mi riferisco soprattutto alla scuola media che ha una rigidità organizzativa istituzionale dovuta al suo stesso ordinamento. Che vi siano 7 o 8 insegnanti per una classe (una volta erano 11), con uno spezzettamento, un frazionamento di ore su più classi e con una scarsa predisposizione (la normativa lo consentirebbe) a inventare moduli di lavoro diversi da quelli che vedono gli insegnanti impegnati solo ed esclusivamente sul gruppo classe, crea sicuramente una condizione di minore opportunità per l'integrazione dell'alunno portatore di handicap.
Spesso nella scuola media abbiamo tanti insegnanti, anche a disposizione, sto pensando agli insegnanti di educazione fisica e di educazione tecnica, ma abbiamo pochi progetti di lavoro flessibile e di «scombinamento» della classe ai fini della creazione di gruppi più idonei per l'integrazione del portatore di handicap. È allora vero poi che abbiamo un basso rapporto alunni insegnanti ma abbiamo anche un pessimo utilizzo degli insegnanti.
Sono molto preoccupata di ciò e temo che la scarsa valorizzazione dell'autonomia scolastica fatta in quest'ultimo anno dal Governo in carica non conduca ad un gran giovamento.
L'aver poi messo in dubbio la validità dell'organico funzionale con la legge finanziaria dello scorso anno mi lascia fortemente perplessa. Il sottosegretario Aprea annuisce alla mia sollecitazione di maggiore flessibilità, ma si ricordi che una maggiore flessibilità è fortemente legata alla possibilità di avere a disposizione più risorse a loro volta flessibili.
In alcune situazioni, peraltro, a fronte di altre ove queste sono abbondanti ed utilizzate, le risorse sono scarse: sappiamo quanto del resto sia difficile - sebbene non impossibile - distribuire personale docente, soprattutto nelle scuole elementari. Ebbene, io credo ci debba essere la tendenza ad uscire dagli schemi organizzativi tradizionali per utilizzare al meglio tutte le risorse.
Occorre un grosso sforzo di programmazione e ricerca che mi sembra stiano languendo. Sono profondamente convinta che sia l'assetto complessivo della scuola a consentire di integrare l'alunno portatore di handicap, il quale, talvolta, potrebbe necessitare di avere come riferimento non solo una classe ma degli specifici sottogruppi di lavoro.
Ritengo sia opportuno svolgere un'indagine conoscitiva, stabilendo dei punti di riferimento, per verificare se nella realtà delle cose questo avviene, se vi sono esperienze importanti in questo senso e a quali risultati portino.
Sicuramente, il rapporto alunni-classe è ancora un problema legato alla generalità della distribuzione delle risorse. È vero, infatti, che si registra in Italia un basso rapporto insegnanti-alunni, e ricordo esservi situazioni in cui si è stati addirittura costretti ad inserire alunni disabili in classi di 25, 26 alunni. In certi casi non si può fare altro: sarebbe impensabile trasferire il portatore di handicap o il disabile in diverso contesto territoriale. A questo proposito, allora, diventa fondamentale poter disporre di un gruppo che si sia venuto a formare grazie alla flessibilità: credo che un gruppo-classe divenga indispensabile per poter lavorare correttamente, cosicché l'intero team docente operi in modo proficuo, anche ai fini dell'operazione fondamentale di responsabilizzazione di tutta la scolaresca, rispetto al problema dell'integrazione.
Se non insegnamo ai bambini e ai ragazzi ad essere solidali con chi ha difficoltà, credo verremo meno a uno degli obiettivi della scuola stessa, uno dei suoi valori fondamentali. Non è compito dei bambini integrare gli altri ma io credo che ci possa essere uno scambio reciproco di opportunità per chi riceve e per chi da.
Non sembrino retorica, perché le mie parole non intendono esserlo.
Solo in un contesto in cui vi è una elaborazione delle situazioni organizzative l'insegnante di sostegno può non essere emarginato, e non rimanere un insegnante di serie B, venendo integrato nel team di lavoro.
Per quanto riguarda il caso dei borderline - ha detto bene la collega Mazzuca -, sono sempre più diffusi in numero maggiore. Credo che un'indagine conoscitiva da noi promossa dovrebbe tener conto anche delle nuove indagini epidemiologiche.
Oggi non siamo in presenza di un calo delle situazioni di disagio. E mi riferisco con questo termine volutamente generico ad un'ampia gamma di situazioni: dal disagio sociale a quello psicoaffettivo oppure di carattere relazionale. Il problema vero è che seppur non vi fossero le condizioni per definire clinicamente una determinata situazione di disabilità o di handicap, comunque esistono ipotesi in cui rimane necessaria l'esistenza di un rapporto uno a uno, in alcuni momenti della giornata, di un recupero sia sul piano dell'apprendimento sia, soprattutto, su quello relazionale.
I disturbi relazionali oggi sono sempre più frequenti. A volte si esprimono attraverso manifestazioni di disagio sociale, o forme di carattere depressivo, lo ripeto. Io credo che se anche non si tratta di situazione di disabilità da un punto di vista clinico, la scuola abbia il dovere di sollecitare una soluzione anche per tale tipo di problema. Reputo che la cosa fondamentale sia il raccordo con gli esperti, tenendosi sempre aggiornati su ciò che sta accadendo.
Dobbiamo avvalerci dei centri di ricerca, delle università, di chi svolge degli studi per ricevere dati che consentano di elaborare delle nuove strategie.
Non sono convinta che quelle sino ad ora adottate anche per l'individuazione del numero degli insegnanti di sostegno siano idonee. Il rapporto 1 a 138, diceva il sottosegretario Aprea, è stato calcolato più in modo funzionale a dare una risposta immediata che sulla base di una vera e propria ricerca. A mio parere, probabilmente non è invece funzionale stabilire vi sia una assegnazione di insegnanti di sostegno a regime ed un'altra in deroga.
Comincio ad avere grosse perplessità in merito. Ne avrò ancora di più quando, se questo disegno di legge finanziaria verrà approvato, la definizione del numero dei posti in deroga sarà demandata al direttore regionale e non al territorio, cioè non ai capi di istituto.
Mi sembra si passi da una situazione un po' vaga ad una di centralismo che corre però il rischio di essere ancora meno efficace e ancora più vaga della prima. Lo dico con estrema pacatezza, perché non ho nessuna ricetta in tasca.
Vorrei però che a partire da questa sede ci si ponesse in un'ottica di ricerca. Questa non c'è stata pienamente o quanto meno laddove era iniziata, non ha poi proseguito sino a fornire delle risposte soddisfacenti.
È vero che non soltanto l'insegnante specializzato ma anche altre figure servono alla scuola.
Sicuramente, si richiede una specializzazione ad ampio raggio sulle caratteristiche di disabilità e handicap, ma anche sulle nuove forme di disagio psichico. Ritengo che pure i programmi delle scuole di specializzazione debbano aggiornarsi in proposito.
Vedete, sono meno preoccupata dell'integrazione dei portatori di handicap gravi che non degli altri. È vero che spesso per le famiglie interessate si creano situazioni di calvario, a causa della disorganizzazione e dello scarso collegamento tra i vari soggetti istituzionali.
Spesso non c'è una figura che nella scuola si assuma con continuità l'incarico di seguire la situazione degli alunni disabili o portatori di handicap. Però spesso per il disabile grave si riesce a fare un progetto; questo perché i comuni hanno il dovere di mettere a disposizione l'assistenza (mi auguro che anche quest'anno possano farcela, sono preoccupata per i tagli che li riguardano) o perché il caso diventa così forte da non poter essere trascurato.
Ho delle perplessità che riguardano la figura dell'assistente al portatore di handicap. Nonostante una lunga esperienza sull'inserimento del portatore di handicap grave, in Italia non c'è stata una sufficiente riflessione su quale sia la figura che deve accompagnare il portatore di handicap grave nella scuola e aiutarlo favorendone l'integrazione. Non sono convinta che, a volte, servano tante ore di sostegno; in certi casi è più utile la figura dell'educatore che non quella dell'assistente che a malapena ha il diploma di terza media o a malapena ha seguito un corso di igiene per l'accudimento. Esistono figure come quelle degli educatori professionali (utilizzate quasi esclusivamente nei centri socio educativi) che forse nella scuola potrebbero avere una loro collocazione se ideata, utilizzata e formata per lo specifico contesto scolastico.
Ho vissuto situazioni drammatiche con gli assistenti e situazioni invece estremamente proficue (lo dico per mia esperienza) nel momento in cui nella scuola che dirigevo è stato istituito, con un nome un po' improprio, un CSE (centro socio educativo) per piccoli, al quale l'amministrazione comunale forniva educatori specializzati formati appositamente, formati dalla azienda sanitaria locale con corsi di formazione specifici. Sono convinta che queste esperienze siano poco conosciute perché la scuola italiana ha il grave difetto di non documentarsi e di non far circolare l'informazione. Vi sono esperienze positive che possono essere diffuse e magari costituire un punto di riferimento anche per la normativa di carattere generale.
Mi auguro che questo dibattito possa proseguire nello spirito che questa sera abbiamo tutti recepito. Dico a margine (non è la cosa più importante che voglio affermare) che non sono convinta che la spesa del 2002 possa essere sufficiente anche per il 2003. Anzitutto vi è un maggiore afflusso di disabili che passano dalla scuola media alla scuola superiore a seguito anche dell'elevazione della obbligo scolastico a 15 anni. Diversamente la loro collocazione sarebbe stata nel centri di formazione professionale; adesso anche loro hanno l'opportunità importante rappresentata dal diritto di frequentare un ulteriore anno di scuola (credo che ciò sia importante).
Finalmente la scuola superiore si sta finalmente attrezzando culturalmente e soprattutto mentalmente ad inserire gli alunni disabili. Credo però che la scuola non possa essere lasciata sola, se non altro per l'importantissimo ruolo di mediazione a livello di socializzazione. È molto più semplice individualizzare gli apprendimenti che non riuscire nel ruolo di mediazione sociale tra gli alunni cosiddetti normali o abili e i cosiddetti disabili.
Mi rivolgo al sottosegretario affinché ricordi che alle superiori questi casi stanno arrivando massicciamente e quindi anche per questo motivo vi è un aumento delle richieste.
A volte scandalizza che nella scuola elementare ed in quella dell'infanzia vi siano meno certificazioni di handicap che nelle scuole medie ed in quelle superiori. Non sono tanto scandalizzata da questo aspetto, in parte deriva dal fatto che vi è una maggiore pressione da parte degli insegnanti. Dobbiamo poi ricordare che vi sono tante famiglie (soprattutto nelle situazioni di disabilità meno gravi) che faticano a prendere coscienza e ad accertare una certificazione considerandola quasi come una stigmate. Quando nella scuola un percorso che riguardi la famiglia viene seguito con sensibilità si giunge anche a far capire a quella famiglia che in certi casi si potrebbe lavorare meglio, con maggiori risorse o con risorse più specializzate. Questo dato può essere strumentale, frutto di visioni strumentali, teniamo conto però che qualche volta gli stessi neurologi, psichiatri o psicologi hanno difficoltà a fare una diagnosi clinica precisa in presenza di bambini piccoli, in età evolutiva, mentre quando la situazione si va consolidando si possono dare una definizione e svolgere una diagnosi senz'altro più puntuali.
Quello delle diagnosi rappresenta un punto dolente, non tanto per le diagnosi cliniche quanto per quelle funzionali. Lo stesso per il piano educativo individualizzato; ha ragione la collega Martini, spesso i tempi sono sfasati: i tempi della scuola hanno delle modalità quelli delle aziende sanitarie locali altre. Credo che sia fondamentale potenziare complessivamente i servizi; dobbiamo sempre sollecitare (in quest'ottica considero anche lo svolgimento di future indagini da parte nostra) di tenere contatti e relazioni strette anche con i servizi territoriali affinché non si verifichino situazioni di discrasia.
Mi auguro anche che nei diversi territori non si ripetano situazioni come quelle della mia azienda sanitaria locale, a Pavia, dove i servizi sono stati distinti dalle aziende ospedaliere, trasferendo il servizio di riabilitazione all'azienda ospedaliera. Questo significa che un progetto sui portatori di handicap o disabili non potrà più essere effettuato nel contesto della stessa istituzione. Abbiamo da una parte il servizio di riabilitazione che va per conto suo e dall'altra vi è il servizio psicologico e il servizio di supporto alle scuole che va anch'esso per proprio conto. Si tratta di un grande passo indietro, lo segnalo perché è stato compiuto in una città come Pavia che ha dei servizi altamente avanzati, e dove intorno al servizio di riabilitazione erano state costruite esperienze importantissime che non delegavano, o delegavano pochissimo, al privato pur ammettendo l'esperienza anche di quest'ultimo. Era al centro che i diversi momenti di integrazione venivano tenuti sotto controllo.
Non possiamo parlare di integrazione esclusivamente scolastica Sono invece necessarie integrazione e riabilitazione a livello sociale. Oggi la separazione esistente non può che creare danni.
CARLA MAZZUCA POGGIOLINI. Quando si parla di iperattivismo bisogna usare particolare attenzione, perché potrebbe trattarsi dell'effetto di quel fenomeno in grandissima crescita costituito dalle allergie infantili. Mi riferisco alle ipotesi di intolleranze alimentari capaci di causare risultati di iperattivismo, il quale, dunque, molto spesso non dipende da un disagio psicologico, quanto, diversamente, dalle suddette insofferenze allergiche.
Cerchiamo pertanto di adattare le diagnosi ai fenomeni purtroppo oggi diffusamente presenti.
CARLA CASTELLANI. Sarò breve, signor presidente, anche perché ritengo di poter concordare molto con l'intervento della collega Martini. Ho apprezzato la relazione del sottosegretario Aprea, che ringrazio per l'analisi dettagliata sul mondo dell'handicap e per il taglio che questo ministero sta dando alle iniziative in materia, al fine di passare, dopo vent'anni, dalla cultura dell'inserimento a quella reale dell'integrazione.
Sono due profili ben distinti. Fatte salve alcune realtà sicuramente eccellenti, credo che in questi vent'anni si sia proceduto più all'inserimento che alla reale integrazione, pur dovendo tener conto della diversità della scuola di oggi rispetto a quella di dieci o addirittura venti anni fa.
Oggi le esigenze di scuola e ragazzi sono talmente tante e diversificate che il semplice insegnante, formatore culturale del ragazzo non è più sufficiente. Del resto, all'insegnante stesso non possiamo certamente richiedere l'esercizio di una miriade di competenze.
Quindi, ritengo determinante far in modo che nella scuola vi sia un'integrazione tra diverse figure egualmente necessarie per una crescita equilibrata dei ragazzi portatori di handicap ma anche di quelli che presentano un disagio sociale o comportamentale, i cosiddetti borderline, in continuo aumento. Abbiamo lavorato, nella precedente legislatura, a un disegno di legge sul servizio di psicologia scolastica. Ebbene, vi informo che la prossima settimana io ripresenterò quel progetto, costituente il completamento del lavoro già svolto in passato.
E non mi riferisco solo alla figura dello psicologo scolastico - che non è una figura clinica, rivestendo piuttosto ruolo di sostegno per ragazzi, insegnanti e familiari, attraverso il coordinamento di progetti da mettere in campo per tutti gli alunni affetti da disabilità -, ma anche a quella del medico scolastico.
Un tempo vi era tale professionalità che adesso, ancora, alcuni istituti scolastici hanno sulla carta ma che non svolge più quel ruolo necessario anche per individuare come certi comportamenti non adeguati siano spesso legati a disturbi visivi, ad esempio, o patologie allergiche.
Quindi, la scuola dovrebbe cominciare o ricominciare ad avere un sistema integrato di figure professionali che ruotano intorno, diceva bene la collega Martini, al ragazzo sia esso normale, disabile o borderline. Solo così, infatti, riusciremo ad essere veramente di grande aiuto ai giovani e di sostegno ad insegnanti e famiglie. Grazie.
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca scientifica. Ringrazio i colleghi intervenuti di cui conosco e riconosco competenza e sensibilità parlamentare: quindi mi sarà più facile rispondere, consapevole di trovare sicuramente delle persone attente a questi problemi.
All'onorevole Giacco vorrei dire che certamente l'obiettivo di un raccordo tra i diversi soggetti non è ancora qualcosa di scontato.
Il Parlamento è intervenuto più volte in via normativa, sull'aspetto degli accordi di programma, prima nella legge n. 517 del 1977 e successivi interventi, poi nella legge n. 104 del 1992, sono stati ricordati i PEI, anche in questa sede.
Pure, non siamo riusciti a generalizzare tale tipo di efficacia, con particolare riferimento alla questione dell'integrazione dell'handicappato.
Sicuramente è cambiata la cultura, però non possiamo dire di aver raggiunto ancora tutti gli obiettivi dell'integrazione. Sono d'accordo con l'onorevole Giacco sul fatto che l'insegnante debba essere sempre di più specializzato e non esercitare solo una funzione di sostegno, o essere inteso esclusivamente un tutore delegato ad occuparsi del soggetto portatore di handicap.
Vorrei poi fugare un dubbio, palesato dai colleghi, sulle risorse necessarie. Quella destinata in bilancio è una risorsa storica. Mi spiace che stasera voi non abbiate direttamente a disposizione le tabelle, che però vi saranno fornite, permettendovi di valutare l'incremento raggiunto in quest'anno scolastico: esso rappresenta la punta di un iceberg.
Nei grafici distribuiti è possibile vedere quanto sia aumentata in dieci anni l'integrazione delle persone handicappate, ad esempio nell'istituto, professionale, pari al 70 per cento, mentre un 10 per cento di incremento si è registrato negli istituti scientifici, classici ed artistici e un 20 per cento nel settore dell'istruzione tecnica.
Sempre per quanto riguarda le percentuali, rispetto al disegno di legge finanziaria, le ribadisco che a differenza degli altri anni non porteremo nell'assestato di bilancio gli sfondamenti dal rapporto 1 a 138 al rapporto 1 a 103 o 104, perché abbiamo già acquisito quella risorsa finanziaria. Si è fatto dunque un passo in avanti.
Abbiamo già coperto finanziariamente l'assunzione di 20 mila docenti, e questo ci consentirà anche di eliminare tutta una serie di inconvenienti nell'assegnazione dei docenti stessi.
Un altro problema richiamato riguarda gli assistenti. L'onorevole Giacco lo ha evidenziato, particolarmente riferendosi a quanto disposto dall'articolo 22 del disegno di legge finanziaria, esprimendo la preoccupazione che, qualora si verifichi una riduzione del numero dei bidelli, questo potrebbe comportare una minore assistenza ai soggetti portatori di handicap.
Vorrei essere chiarissima proprio su questo punto - l'onorevole Capitelli conosce già i dati perché ho avuto occasione di presentarli in Commissione cultura durante lavori per la legge finanziaria -, abbiamo aumentato in modo schizofrenico le presenze del personale ATA nelle scuole per conseguenze anche in questo caso indesiderate nell'applicazione della legge n. 124 del 1999.
Siamo passati da un personale in servizio presso gli enti locali di circa di 60mila unità a qualcosa che si attesta intorno a 262 mila unità. Abbiamo poi messo a carico dello Stato 11 mila unità lavorative delle imprese di pulizie e 16 mila lavoratori socialmente utili.
Proprio per questo, onorevole Capitelli, bisogna «pulire» questi dati e questi numeri; noi puntiamo molto a qualificare quel personale che voglia qualificarsi anche per svolgere questo tipo di assistenza. Siccome parliamo di professionalizzazione dei docenti, allora perché non pensare anche a professionalizzare questo personale che è nella scuola.
Vi potrà quindi essere del personale interessato ad una qualificazione della propria presenza (ovviamente cambiando qualifica); non saranno gli educatori richiamati dall'onorevole Capitelli che sono altra cosa (conoscendo la base del nostro personale e dei nostri collaboratori) però certamente si potrà intervenire su una diminuzione del personale di assistenti degli enti locali che magari non potranno essere più a messi a disposizione se è vero che gli enti locali sono in un momento di sofferenza. Per le esperienze migliori, ad esempio quei comuni che fornivano alle scuole operatori per disabili (quindi figure di assistenti) in aggiunta agli insegnanti di sostegno oppure in presenza di particolari handicap (soltanto di natura fisica e non psicofisica) allora rispetto a queste esigenze la scuola può forse professionalizzare il proprio personale che, per effetto della legge n. 124 del 1999, è transitato proprio dagli enti locali alle scuole.
Gli istituti atipici sono degli istituti di ricerca, attualmente non potrebbe essere diversamente, la legge n. 21 del 1997 era molto chiara e sono d'accordo su quello che in tanti avete detto rispetto alle best practices. Non abbiamo la consuetudine di compiere dei benchmark sulle buone prassi, quelle pratiche che possano poi essere veramente utilizzate e costituire dei modelli da esportare. In questo i nostri nuovi centri di documentazione dovrebbero funzionare molto di più e credo che al riguardo abbiate potuto rilevare l'attenzione del Governo.
All'amica Mazzuca Poggiolini dico che sicuramente è proprio un intento del ministro Moratti trovare le migliori intese con il ministero della salute. Altrimenti non andremo da nessuna parte, voi sapete, lo abbiamo ricordato in più passaggi della relazione, che noi siamo comunque coloro che offrono il personale e siamo anche il ministero che paga. Al momento però tutta la parte della certificazione, dell'attestazione dell'handicap, della diagnosi funzionale, è affidata sostanzialmente al ministero della salute. Tutte le modifiche quindi saranno concertate proprio con quel ministero.
Rispetto alla partita più delicata delle nuove forme di disagio abbiamo detto chiaramente che sappiamo che questo problema esiste. Attenzione, non vogliamo ignorarlo, vogliamo farlo emergere e vogliamo capire quanto pesi rispetto al problema dell'handicap. Mentre l'handicap è un tema definito, abbiamo ricordato che non abbiamo ancora risolto tutte le istanze contenute nella legge n. 104 del 1992. Sta quindi emergendo nel paese questo nuovo problema che ha portato ad un aumento anche della certificazione dei soggetti che richiedono aiuto, che comunque non riescono con il normale team previsto dalle leggi, a raggiungere forme di successo scolastico.
Per rispondere a questi casi dobbiamo prima di tutto far emergere questo fenomeno, dobbiamo capirlo, dobbiamo comprenderne le caratteristiche ed aprire poi una discussione con il ministero della salute, con gli altri organismi, con la stessa scuola, con il team dei docenti e capire se è proprio quella intrapresa l'unica strada possibile. Ma allora se così fosse dovremmo ritornare in Parlamento e modificare la legge n. 104 del 1992. Abbiamo appunto affermato che questo è un fenomeno non ancora conosciuto e che non possiamo neanche ignorarlo, se lo ignorassimo non risolveremmo il problema e lo relegheremmo in una «zona opaca», coperto da altre norme, da altri schemi che poi potrebbero deviarci dal problema stesso.
Sul tema delle équipe sono d'accordo, lo sono meno invece sul tema dello psicologo in senso stretto nella scuola, come ricorderà la collega Mazzuca Poggiolini. Ma credo che su ciò potremo trovare assolutamente un punto di incontro perché abbiamo assistito a troppe situazioni riguardanti la condizione giovanile, a troppi casi, anche tragici, di giovani, che non appena usciti dalla scuola (o ancora nella scuola) si sono risolti in situazioni drammatiche. Questo ci porta a dire che i ragazzi hanno bisogno di figure di adulti che si collocano in una realtà come quella di una équipe, con un'assistenza di questo genere. È un tema che non abbiamo richiamato ma le persone handicappate dovrebbero avere questo tipo di aiuto - già previsto -, effettivamente se consideriamo tutti i problemi che vi sono nella scuola e riferiti alla condizione giovanile, sicuramente non si può non riconoscere l'urgenza di fare ricorso anche a questo tipo di strumento per una migliore formazione di tutti i giovani.
Per quanto riguarda le osservazioni dell'amica Martini ho sicuramente apprezzato il riconoscimento che ella ha tributato alla nostra preoccupazione di ricondurre gli interventi all'handicap. In riferimento ai docenti di sostegno sottolineo che, nonostante nella relazione non ci siamo espressi con i termini un po' forti utilizzati nel corso di questa audizione, non si può non condividere il senso di tali affermazioni; in molti passaggi della nostra relazione si evidenzia l'auspicio di giungere ad una moralizzazione nelle modalità di assegnazione del docente al sostegno.
Questo, anche se con parole diverse è quanto sosteneva l'onorevole Capitelli. Vi è stata caduta di tensione rispetto alla grande innovazione degli anni '80 in materia di inserimento. A ciò ha fatto seguito un problema di burocratizzazione dell'handicap, di tali figure e di come vengono assegnati questi posti. Avete visto che, con rammarico, abbiamo dovuto ricordare di fronte al Parlamento che addirittura questi posti vengono messi a disposizione per l'assegnazione provvisoria e a volte vengono coperti anche in assenza di titoli di specializzazione. Sono delle distorsioni burocratiche inaccettabili.
Da questo punto di vista mi fa molto piacere poter contare sul vostro appoggio, naturalmente una parte politica deve assumersi la propria responsabilità ed il Governo lo farà. Voi sapete però che questo ci porterà ad una situazione di contrasto anche molto forte con le parti sindacali, con le organizzazioni degli insegnanti. Se sappiamo di poter contare su un certo aiuto e ne siamo convinti; come vedete stiamo facendo emergere tutti questi problemi e, una volta dichiarati, dovremo trovare le soluzioni nelle diverse sedi: il tavolo sindacale ministeriale e l'ARAN dove si svolge la discussione contrattuale. Dobbiamo trovare il modo per far restare questi insegnanti nelle classi per un tempo congruo legato al tipo di impegno assunto.
Al Senato, con l'astensione dell'opposizione, è passato questo criterio addirittura per tutti gli insegnanti. Cioè una mobilità che non sia più annuale o biennale ma legata agli impegni del ciclo; non potranno essere ammessi trasferimenti se gli insegnanti si trovano in un particolare biennio, quale quello della valutazione, degli esami di Stato. Se noi prevediamo delle valutazioni di un certo tipo o per un certo tempo per i ragazzi non ha senso non porre vincoli per gli insegnanti. Se diciamo che i ragazzi possono essere bocciati ogni due anni e diamo un tempo agli alunni a maggior ragione dobbiamo darlo anche agli insegnanti per la valutazione. Questo stesso discorso deve valere a maggior ragione per gli insegnanti di sostegno; cioè quegli insegnanti specialisti che devono garantire la continuità. Le eccezioni vi potranno sempre essere ma non può essere normale una mobilità a domanda annuale. Questo non fa che aumentare naturalmente la probabilità del successo formativo nella scuola per questo tipo di persone.
Sono d'accordo anche sul tema del numero delle ore da svolgere. Noi che veniamo dalla scuola ed abbiamo diretto degli istituti scolastici, sappiamo che questo è un altro problema che divide molto l'amministrazione e le scuole. In relazione al numero delle ore, in certi casi, anche quando vi è l'assegnazione di un insegnante nel rapporto 1 a 1 (un insegnante per un solo alunno) se riferito al tempo scolastico di quell'alunno questo tempo è poca cosa.
Ad esempio, a proposito delle scuole elementari, quelle a tempo pieno organizzano attività didattiche per 40 ore mentre l'insegnante di sostegno al massimo ne può fare ventidue. Lo scarto è evidente, anche qualora considerassimo le dieci ore necessarie per la mensa scolastica.
Quando dicevamo che i contratti nazionali, di comparto, non rispondono alle esigenze dell'integrazione, abbiamo rilevato dei difetti esistenti nel sistema, vi sono poi altri elementi come quelli da voi rilevati, assolutamente in contrasto con il concetto di integrazione richiamata.
Siamo d'accordo sul raccordo delle scuole del primo ciclo e ci felicitiamo per il fatto che abbiate apprezzato il nostro sforzo. Vorremmo con la riforma arrivare davvero anche a delle deroghe rispetto ai vincoli amministrativi esistenti.
Convengo pure con l'utilizzo delle nuove tecnologie dell'informatizzazione, anche per i non vedenti: oggi esistono delle strumentazioni - si veda il caso della sintesi vocale - legate alle nuove tecnologie, capaci di consentire la moltiplicazione degli interventi anche a beneficio degli handicappati, inclusi, appunto, i non vedenti.
Sappiamo però che questo comporterà una formazione diversa degli insegnanti, perché come è stato detto non solo le scuole devono mettere a disposizione di questi soggetti delle nuove tecnologie, occorre vi siano anche docenti preparati.
L'aspetto della formazione riguarderà proprio questo tipo di specializzazione.
Il ruolo della famiglia è ancora molto importante, mentre le istituzioni continuano a non parlarsi, a dividersi i compiti.
Quindi ritorniamo al problema evidenziato dall'onorevole Giacco: accordi, intese istituzionali e ruoli diversi, sembrano necessari. Anche le istituzioni dovrebbero facilitare i familiari invece spesso sono le famiglie a doversi far carico di problemi propri delle prime.
È pertanto necessario rovesciare questo paradigma perché in effetti non funziona.
Ci sono però ancora aspetti più gravi, riferiti al problema dell'assegnazione burocratica, e mi riferisco in modo particolare all'ipotesi delle ripetenze.
È stato detto che più volte si arriva anche a trattenere questi ragazzi negli istituti, prolungandone la permanenza, per ottenere poi tutta una serie di vantaggi burocratici.
Quando abbiamo parlato di uso distorto delle risorse umane e finanziarie intendevamo proprio questo. Personalizzare i piani di studio, porre al centro l'alunno ed i suoi bisogni appare necessario per opporsi a tali distorsioni, conducendo una verifica di tutte le scelte non nell'ottica del personale né dell'amministrazione ma in quella dei bisogni effettivamente evidenziati dagli alunni. L'onorevole Capitelli, naturalmente, ha ripreso molti aspetti che io condivido e vorrei assolutamente dire che il Governo può soltanto compiacersi se la Commissione infanzia oppure la Commissione cultura dovessero decidere di svolgere un'altra indagine conoscitiva in merito.
Abbiamo annunciato per primi l'intenzione di svolgere, a livello governativo, un' indagine qualitativa con valore statistico, congiuntamente a osservatorio, IRRE, Indire, INVALSI: si sono elencati tutta una serie di scopi che ci proponiamo di raggiungere. Già da adesso voglio rassicurare la presidente e la Commissione che vi informeremo nel corso di questi lavori. Una volta che abbiamo iniziato questo dialogo sarà nostro interesse apportarvi dati man mano che li raccogliamo. Vi ringrazio, perché anche noi abbiamo percezione dell'entità del fenomeno. Capiamo che esso va interpretato, letto, monitorato, perché Parlamento e Governo insieme possano trovare delle soluzioni. Per quanto riguarda i docenti, e la loro migliore preparazione, abbiamo già previsto - e lo si vedrà quando saranno emanati i decreti di attuazione della riforma - che i corsi di lauree specialistiche degli insegnanti, quindi quelle che consentiranno poi di specializzare l'insegnamento, dovranno prevedere tutti dei crediti formativi sull'handicap. Tutti i docenti saranno formati.
PIERA CAPITELLI. Se applicassimo la legge n. 30 del 2000 ci sarebbero già!
VALENTINA APREA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca scientifica. Questo non era previsto, non c'era la laurea specialistica.
Diverso è il problema dell'organico funzionale, mentre voglio qui assolutamente confermare che conferiremo tutti i poteri alle scuole in materia di autonomia, garantendo più flessibilità rispetto a materie obbligatorie e opzionali, quote centrali e regionali: occorre assolutamente intervenire in merito.
Ciò vuol dire anche cambiare il modo di organizzare l'attività didattica. Su questo saranno poi i fatti a parlare. Per quanto riguarda la pair education, credo sia molto importante da garantire e rivalutare anche ai fini dell'integrazione scolastica.
Ho visto gli educatori all'opera nella provincia di Parma, ancora 15 anni fa. Non so se sia un modello da esportare, tenuto conto che soprattutto non possiamo statalizzare gli educatori. C'è comunque da lavorare molto in materia, e credo che una lettura più attenta degli obiettivi proposti possa costituire una buona base per un dialogo che mi auguro riprenda al più presto. Il Governo manifesta in proposito la sua disponibilità.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Aprea per il suo intervento e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 22,10..
Risoluzione in Commissione 7-00406
presentata da TITTI DE SIMONE martedì 6 aprile 2004 nella seduta n.450
La VII Commissione,
premesso che:
nell'anno scolastico 2002-2003 sono state soppresse oltre 15 mila cattedre, nel successivo circa 7 mila e per il prossimo anno scolastico si annuncia una riduzione di circa 6 mila posti;
la riduzione non è affatto sostenuta dalla contrazione del numero degli studenti che ha, al contrario, registrato negli anni scolastici 2001/2002 e 2002/2003 un incremento rispettivamente di 63.146 e 44.044 studenti;
a fronte dell'aumento del numero degli studenti si registra una contrazione del numero delle classi con relativa diminuzione del numero dei posti (-22.435) e aumento degli alunni per classe;
anche per le cattedre del sostegno sono previsti tagli in numero di circa 800 nonostante negli ultimi due anni il numero degli alunni disabili inseriti nelle scuole sia aumentato del 14,3 per cento circa (19 mila unità) mentre i relativi posti di sostegno sono aumentati, in misura proporzionalmente inferiore, soltanto nella quota dell'organico di fatto così che circa un terzo del totale dei posti di sostegno risulta in deroga;
sulla riduzione degli organici incidono in maniera rilevante anche le disposizioni in materia di ricomposizione delle cattedre a 18 ore, di mantenimento della titolarità per i docenti con cattedre orario suddivise tra più scuole, completamento degli spezzoni su scuole diverse;
i numeri relativi alla natalità e la maggiore presenza degli alunni extracomunitari lascia prevedere un ulteriore aumento del numero degli studenti;
i tagli sugli organici continuano ad essere effettuati su base previsionale discostandosi costantemente dai dati effettivi;
è necessario sottolineare che, oltre ai tagli disposti con le scorse finanziarie e la riduzione dei fondi per la scuola statale - i fondi gestiti dagli istituti ai sensi della legge n. 440 del 1997 per l'ampliamento dell'offerta formativa si è consistentemente ridotto in questi ultimi anni - una rilevante parte di questi fondi sono stati utilizzati dal ministero per finanziare «le iniziative finalizzate alla comunicazione del processo di riforma» cioè per pagare i numerosi opuscoli, gadget, agende e simili predisposti dal ministero per pubblicizzare il prodotto riforma;
considerato che:
l'avvio della riforma nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria sta avvenendo nella totale confusione e mancanza di chiarezza così che dirigenti scolastici e docenti non sanno che cosa succederà, cosa cambierà e che fine faranno in concreto;
la politica degli organici sta determinando di fatto una precarizzazione anche dei docenti già di ruolo con un ampliamento delle situazioni di soprannumerarietà e di perdita posto;
la politica del risparmio ha riguardato soltanto le scuole statali in quanto in questi ultimi anni è fortemente aumentato il finanziamento statale, in forme dirette e indirette, alle scuole paritarie nonostante le iscrizioni confermino che le famiglie italiane preferiscono le scuole statali e, per quanto riguarda le scuole per l'infanzia, le scuole degli enti locali dove esistono;
rilevato che:
risulta estremamente aumentata, sul territorio nazionale, la richiesta da parte delle famiglie di classi con orario a tempo pieno;
sulla base della sentenza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionale è necessario considerare le competenze delle regioni in materia scolastica;
ilruolo degli enti locali è di rilevante importanza e non è possibile prescindere da una seria e profonda interazione con questi soggetti istituzionali;
si fa ogni giorno più difficile e complessa la situazione dei numerosissimi precari della scuola;
appare opportuno procedere alle immissioni in ruolo secondo criteri che valorizzino, tra l'altro, l'esperienza e il servizio -:
impegna il Governo
ad attuare una politica di valorizzazione e qualificazione della scuola pubblica statale, anche adottando opportune iniziative volte all'ampliamento del numero delle cattedre e del numero di insegnanti di sostegno, in modo da corrispondere alle effettive esigenze formative degli studenti nonché a quelle delle famiglie;
a prevedere e a promuovere la costituzione di tavoli con rappresentanti degli enti locali al fine di una determinazione delle necessità di organico e di interventi sulle scuole che tengano conto delle reali necessità del singolo territorio.
(7-00406) «Titti De Simone, Sasso, Grignaffini».
VII COMMISSIONE PERMANENTE
(Cultura,
scienza e istruzione)
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RISOLUZIONI
Mercoledì 19 maggio 2004. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea.
La seduta comincia alle 14.05.
7-00406 Titti De Simone: Valorizzazione della scuola pubblica statale e ampliamento del numero delle cattedre e degli insegnanti di sostegno
(Seguito della discussione e conclusione - Approvazione).
La Commissione prosegue la discussione, rinviata l'11 maggio 2004.
Il sottosegretario Valentina APREA rimette, preliminarmente, agli atti della Commissione una nota relativa ai temi oggetto della risoluzione - che chiede di essere autorizzata a depositare anche ai fini della sua pubblicazione nel resoconto della seduta odierna (vedi allegato) -, nonché ulteriore documentazione concernente le procedure per la determinazione degli organici del personale docente per l'anno scolastico 2004-2005.
Osserva quindi che tale documentazione illustra compiutamente, dal punto di vista tecnico, i criteri per la determinazione degli organici e gli esiti conseguenti alla loro applicazione, che ne determinano un significativo ampliamento, conformemente a quanto richiesto nella risoluzione in titolo e soddisfacendo le esigenze segnalate dalle organizzazioni sindacali nell'incontro svoltosi lo scorso 3 maggio. Precisa inoltre che la documentazione fornisce anche puntuali indicazioni in ordine alla situazione degli organici in Puglia, su cui si erano appuntate alcune considerazioni critiche del deputato Sasso nella precedente seduta.
Rinviando a tale documentazione ogni approfondimento relativo agli aspetti tecnici della materia, ritiene peraltro necessario soffermarsi più ampiamente sulle linee politiche cui si è conformato il Governo a tale proposito, volte a soddisfare in modo compiuto le esigenze degli alunni e delle famiglie.
Al proposito, osserva in particolare che si è registrato un notevole incremento delle richieste inerenti al potenziamento dell'organico nelle scuole dell'infanzia, atteso che da alcuni anni si verifica un costante aumento della natalità. A ciò si deve altresì aggiungere la presenza crescente nel territorio italiano di minori stranieri, nonché l'incapacità degli enti locali, che pure in passato avevano offerto servizi particolarmente qualificati al riguardo (si pensi a molti comuni dell'Emilia Romagna), di gestire e soddisfare le crescenti richieste. A fronte di tale situazione, si è pertanto ritenuto opportuno procedere ad un aumento degli organici nella scuola dell'infanzia.
Parimenti, rileva che il Governo si è fatto altresì carico della problematica inerente all'aumento di richieste di tempo pieno, fenomeno che si registra specialmente nelle aree metropolitane.
Dopo aver ribadito che, pertanto, le priorità del Governo in materia sono rappresentate dalla necessità di ampliare l'organico della scuola dell'infanzia e di soddisfare le richieste di tempo pieno, rileva che, al fine del perseguimento dei suddetti obiettivi, si è ritenuto opportuno procedere, anche in virtù di incontri con rappresentanti degli enti locali interessati, alla revisione di taluni parametri tecnici, concernenti l'assunzione di personale docente, rendendoli maggiormente flessibili, sì da venire incontro alle richieste delle famiglie.
Conclusivamente, segnala l'impegno del Governo al soddisfacimento e alla soluzione delle problematiche segnalate dalla risoluzione in titolo e precisa inoltre che è prevista l'assunzione di circa 1500 docenti per l'insegnamento della seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado.
Esprime quindi l'orientamento favorevole del Governo sulla risoluzione in titolo.
Titti DE SIMONE (RC) prende atto con favore della disponibilità del Governo a dare concreta soluzione alle problematiche oggetto della risoluzione ed auspica che siano effettivamente soddisfatte le esigenze delle famiglie e degli alunni e le crescenti richieste di tempo pieno.
Esprime altresì l'auspicio che l'atteggiamento di apertura del Governo sia confermato in occasione dell'ormai prossimo esame del decreto-legge n. 97 del 2004, attinente all'ordinato avvio dell'anno scolastico 2004-2005.
Ritiene comunque che gli interventi prospettati non siano in grado di dare una soluzione definitiva alla generalizzata e perdurante tendenza alla compressione e riduzione degli organici e del numero delle classi, come peraltro evidenziato ripetutamente dalle organizzazioni sindacali.
Alba SASSO (DS-U), pur esprimendo apprezzamento in ordine alla disponibilità del Governo alla soluzione dei problemi segnalati nella risoluzione, manifesta dubbi in ordine all'attendibilità dei dati previsionali illustrati dal rappresentante del Governo ed esprime forti perplessità in ordine alla politica adottata in materia, che appare improntata alla riduzione dell'organico di diritto, con corrispondente potenziamento dell'organico di fatto, cui consegue il deprecabile fenomeno del precariato.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la risoluzione in titolo.
La seduta termina alle 14.20.
ALLEGATO
7-00406 Titti De Simone: Valorizzazione della scuola pubblica statale e ampliamento del numero delle cattedre e degli insegnanti di sostegno.
NOTA DEPOSITATA DAL GOVERNO
Prima di tutto va ricordato il dato generale del decremento degli alunni nel nostro paese, decremento costante dai primi anni '80 ad oggi.
Infatti, gli alunni iscritti alle scuole statali sono passati da 9.573.376 nell'anno scolastico 1982-1983 a 7.669.484 nell'anno scolastico 2003/2004, con una diminuzione concentrata soprattutto nella scuola elementare (diminuzione di oltre 1.200.000 unità) e nella scuola media (diminuzione di oltre 1.000.000).
A fronte di questa complessiva diminuzione, pari al 20 per cento degli alunni, vi è stata negli anni una contrazione progressiva degli organici, ma molto più contenuta, dell'ordine del 10 per cento. Conseguentemente, il rapporto alunni/docenti nel nostroPaese è il più basso d'Europa (circa 1 a 10 a fronte di un rapporto medio europeo di 1 a 15).
Non si può quindi prendere quale riferimento gli ultimi due anni, nei quali tra l'altro le misure messe in opera dal Governo hanno compensato il decremento degli alunni, ma occorre considerare il dato complessivo del sovradimensionamento degli organici, determinatosi nell'arco degli ultimi vent'anni.
Di questo sovradimensionamento era consapevole già il precedente Governo, tant'è che la legge finanziaria del 1998 aveva previsto la riduzione del 3 per cento della consistenza di dette dotazioni rispetto a quelle del 1997, da realizzare nell'anno 1999, e la legge finanziaria 2000 aveva previsto la riduzione di un ulteriore 1 per cento rispetto ai dipendenti in servizio al 31 dicembre 1999. Tali riduzioni non sono state però realizzate, e ne è derivata una rilevante spesa non prevista e non coperta dalle suddette leggi finanziarie.
Tenendo conto di quanto sopra, le leggi 28 dicembre 2001, n. 448 (finanziaria 2002) e 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003) hanno previsto alcuni interventi di razionalizzazione del sistema scolastico che comportano, tra l'altro, il contenimento dei posti di insegnamento.
Non risponde comunque al vero l'affermazione secondo cui «nell'anno scolastico 2002/2003 sono state soppresse oltre 15 mila cattedre, nel successivo circa 7 mila e per il prossimo anno scolastico si annuncia una riduzione di circa 6 mila posti», in quanto:
1) Per l'anno scolastico 2002/2003, anno per il quale vi è stata la certificazione da parte del Ministero dell'Economia in ordine alle economie di spesa realizzate, la riduzione riconosciuta dal predetto Ministero si attesta su 3.800 unità, a fronte della contrazione di posti prevista dalla legge finanziaria per complessive 8.936 unità. Altre economie di spesa (equivalenti a circa 3.000 posti) sono state realizzate tramite interventi finalizzati ad un più razionale utilizzo dei docenti in posizione di soprannumero e dei docenti assegnati ad altri compiti.
2) Per l'anno scolastico 2003/2004, non sono state ancora definite le procedure intese a verificare le economie di spesa realizzate. Si può però affermare che, a fronte di una previsione di riduzione dell'organico di diritto di circa 7.000 posti, vi è stato un incremento di 1.472 posti per far fronte all'aumento delle classi derivante dalle iscrizioni degli alunni anticipatari nella scuola primaria e di 1.651 posti per l'attivazione dello studio generalizzato della lingua comunitaria sempre nella scuola primaria. Mettendo a confronto la riduzione di 7.000 posti e l'incremento di 3.123 posti, l'effettiva diminuzione ammonta in totale a 3.877 posti.
3) Per l'anno scolastico 2004/2005, a fronte di una previsione di riduzione di circa 5.300 posti, si registra un aumento di 2.900 posti per far fronte sia alle esigenze derivanti dalle iscrizioni anticipate alla prima classe della scuola primaria che all'introduzione in forma generalizzata dell'insegnamento della lingua inglese. Circa 1.000 posti saranno poi attivati per l'introduzione dell'insegnamento della seconda lingua comunitaria nelle prime classi della scuola secondaria di I grado. Mettendo a confronto le riduzioni effettive (5.300) e gli aumenti (3.900) di posti, ne deriva una diminuzione di complessivi 1.400 posti.
Il Governo ha quindi messo in opera misure per compensare il calo di iscrizioni realizzando un ampliamento del servizio, e, di conseguenza, ha contenuto al minimo la necessaria razionalizzazione e contrazione destinando i risparmi relativi interamente alla valorizzazione dei docenti.
Quanto ai posti di sostegno, si sottolinea che la riduzione operata di circa 800 unità della quota aggiuntiva si è resa necessaria per adeguare il contingente di organico di diritto al rapporto 1/138 previsto dalla legge n. 449 del 1997. Tale riduzione in realtà è solo nominale, atteso che, come è noto, non condiziona in alcun modo le quantità occorrenti per soddisfare le richieste di sostegno agli alunni disabili effettivamente frequentanti, richieste che non si legano più al citato rapporto 1/138 ma soggiacciono ad una serie di deroghe che abbassano il rapporto medio docente/alunni a 1,9. In effetti a livello nazionale il numero dei posti di sostegno ha subito un incremento continuo e rilevante, passando da 74.000 unità nell'a.s. 2001/2002 a circa 77.000 unità nell'a.s. 2002/2003 e a oltre 79.000 unità nel corrente anno scolastico.
I dati previsionali utilizzati per la determinazione delle dotazioni organiche, in difformità di quanto affermato nella risoluzione parlamentare, si sono rivelati sempre attendibili, tant'è che il margine di scostamento registrato annualmente si è attestato su valori minimi, pari allo 0,04 per cento.
La lievitazione degli alunni, cui fa riferimento l'Onorevole interrogante, si riferisce in sostanza solo a talune zone del paese e viene largamente compensata dalle vistose riduzioni determinatesi in altri contesti territoriali.
Va evidenziato, infine, che i dirigenti scolastici hanno anche la possibilità di attivare nuove classi in organico di fatto, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 333 del 2001, per far fronte ad eventuali incrementi di alunni non previsti in sede di determinazione dell'organico di diritto o di attivare posti di sostegno in deroga a fronte di comprovate necessità.
Per quel che concerne i fondi tratti dalla legge n. 440 del 1997, che sarebbero stati utilizzati in parte rilevante per finanziare «le iniziative finalizzate alla comunicazione del processo di riforma», si ritiene di dover precisare che gli opuscoli per la comunicazione dei contenuti della riforma sono stati quasi totalmente riprodotti a cura del Poligrafico dello Stato, nell'ambito della convenzione con il Governo, e, pertanto, senza oneri per il MIUR.
Quanto alla confusione e mancanza di chiarezza nelle scuole, eccepita dall'Onorevole interrogante, sui contenuti della riforma, si fa rilevare che il Governo ha supportato il processo di riforma sin dal suo avvio attraverso concrete azioni (direttive, circolari, azioni di formazione del personale docente, ecc). Da ultimo, sono state impartite puntuali indicazioni e istruzioni agli Uffici e alle istituzioni scolastiche con circolare n. 29 del 5 marzo 2004 e circolare n. 37 del 24 marzo 2004.
È destituito di fondamento l'assunto secondo cui si starebbe determinando una precarizzazione dei docenti di ruolo, con ampliamento delle situazioni di soprannumerarietà e di perdita di posto, tenuto conto della circostanza che questo Governo ha effettuato già 60.000 assunzioni e ne effettuerà entro luglio altre 15.000 già autorizzate.
Per quel che concerne il presunto aumento del finanziamento alle scuole paritarie, si eccepisce che i fondi destinati alle citate scuole non hanno subito alcuna variazione negli ultimi tre anni scolastici.
Quanto al tempo pieno, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 59 del 19 febbraio 2004, è stato confermato il numero dei posti assegnati a livello regionale nel corrente anno scolastico.
La sentenza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionale prevede che lo Stato continui a gestire le competenze assegnategli in materia scolastica sino a quando le Regioni non avranno creato le condizioni necessarie per poter subentrare nelle attribuzioni tuttora in capo allo Stato.
Proprio nella considerazione della rilevante importanza degli Enti Locali in materia di istruzione e formazione, l'interlocuzione e l'integrazione con i citati Enti è puntuale e proficua.
Infine, con il decreto-legge n. 97 del 7 aprile 2004 è stata prevista la realizzazione di corsi abilitanti riservati ai docenti specializzati al sostegno che abbiano effettuato 360 giorni di servizio.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Giovedì 15 settembre 2005. - Presidenza del presidente Ferdinando ADORNATO. - Intervengono il viceministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Giovanni Ricevuto e il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca Valentina Aprea
La seduta comincia alle 13.50.
Ferdinando ADORNATO, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.
5-04722 Titti De Simone: Interventi per il corretto funzionamento della scuola, anche in relazione al piano pluriennale di nomine.
Titti DE SIMONE (RC), nell'illustrare l'interrogazione in titolo, evidenzia con profondo sconcerto come il problema del precariato scolastico, lungi dall'avere avuto una congrua soluzione nel corso della legislatura, si sia notevolmente aggravato, causando molteplici disagi nelle scuole.
Stigmatizza le linee politiche governative adottate in materia, costatando come siano puramente connotate da contorni demagogici, che non hanno giovato in alcun modo all'effettivo miglioramento della situazione scolastica del Paese, che risulta particolarmente grave. Lamenta in particolare la costante riduzione degli organici posta in essere dal Governo, rimarcando che il mancato investimento nel settore ha prodotto conseguenze negative, comportando il mancato soddisfacimento delle crescenti richieste di tempo pieno e il mancato adeguato sostegno degli alunni portatori di handicap, in un quadro di generale dequalificazione del sistema scolastico italiano. Giudica infine particolarmente grave che il Governo, disattendendo quanto previsto nel decreto legge n. 115 del 2005, non abbia ancora emanato il piano pluriennale di nomine per l'anno 2005-2006
Il sottosegretario Valentina APREA risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 4).
Titti DE SIMONE (RC), replicando, si dichiara profondamente insoddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo, ritenendo non corrispondenti al vero le affermazioni dalla medesima rese. Ribadisce le proprie profonde preoccupazione per la politica di riduzioni dell'organico scolastico perseguita dal Governo nel corso della legislatura, rilevando che le immissioni in ruolo poste in essere risultano assolutamente irrisorie rispetto alle reali esigenze della scuola.
Lamenta l'irresponsabilità del Governo che, disconoscendo la centralità della formazione e dell'investimento di concrete risorse in tale campo ai fini dell'arricchimento culturale del Paese, non ha operato per assicurare l'innalzamento qualitativo della scuola nazionale, che si trova in tal modo a fronteggiare una situazione di notevole disagio e sofferenza. Si dichiara convinta che tale modus operandi, avendo generato delusione nel Paese, rappresenti sicuramente uno dei fattori principali della crescente erosione del consenso sociale del Governo.
TESTO DELLA RISPOSTA
Vorrei prima di tutto ribadire che non ricorrono assolutamente «le situazioni di disagio e di confusione» rappresentate nell'interrogazione in discussione e che quanto nella stessa affermato è stato più volte confutato in risposta ad analoghi atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante.
Ancora una volta ricordo che anche per il corrente anno è stato raggiunto l'obiettivo di garantire l'ordinato e puntuale avvio dell'anno scolastico, con l'assegnazione di tutti i docenti alle classi fin dal 1 settembre. Ciò a conferma di una radicale inversione di tendenza rispetto alla passate gestioni, caratterizzate da ritardi nella sistemazione dei docenti e nelle nomine di supplenti.
Entro il 1 agosto sono state effettuate le 40.000 assunzioni in ruolo autorizzate dal decreto-legge n. 115 del 2005, assunzioni che vanno ad aggiungersi alle altre 90.000 disposte negli ultimi tre anni. Le complessive 130.000 assunzioni hanno consentito di ridurre sensibilmente, del 50 per cento, il precariato storico. Assunzioni, è bene ricordare, che sono state disposte dopo 10 anni dalle precedenti nomine in ruolo.
Entro il 31 agosto 2005, sono state conferite oltre 95.000 supplenze al personale docente a copertura della quasi totalità dei posti e degli spezzoni orari disponibili. Sono state altresì conferite circa 69.000 supplenze al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario.
Per l'anno in corso, contrariamente a quanto afferma l'interrogante, non sono state operate riduzioni e contrazioni degli organici di diritto e in sede di adeguamento degli stessi alle situazioni di fatto sono state attivate tutte le classi e posti necessari per assicurare la regolare frequenza e il diritto allo studio a tutti gli alunni. È da aggiungere che l'applicazione della riforma del primo ciclo di istruzione, non solo non ha comportato riduzioni di organico, ma ha consentito di incrementare gli organici dei vari segmenti di istruzione e precisamente:
oltre 1.400 nella scuola dell'infanzia per la generalizzazione del servizio e la messa a regime degli anticipi;
oltre 3.000 posti nella scuola primaria di cui 2.000 per le iscrizioni anticipate (per l'anno 2005/2006 sono oltre 45.000 gli alunni anticipatari) e 1.000 per garantire lo studio generalizzato della lingua inglese in tutte le classi;
oltre 3.500 posti per assicurare lo studio della seconda lingua comunitaria nelle prime due classi della scuola secondaria di I grado.
Ricordo che gli interventi di contenimento di posti, operati nei decorsi anni scolastici, sono stati finalizzati prioritariamente alla razionalizzazione delle risorse e non hanno inciso minimamente sui livelli qualitativi del servizio. Le economie realizzate sono state impiegate per valorizzare la funzione docente e non docente.
Per quanto attiene al sostegno, nella situazione di fatto sono stati attivati posti in deroga in misura sufficiente per far fronte alle necessità derivanti dalle certificazioni di gravità e dall'aumento degli alunni disabili; non sono stati effettuati «tagli» o riduzioni dei posti di sostegno, anzi i dati in possesso dell'Amministrazione, pur non essendo ancora definitivi, anche per il corrente anno fanno registrare un incremento generalizzato rispetto agli anni decorsi.
Il livello nazionale del numero dei posti di sostegno, e quindi degli insegnanti, ha subito un incremento continuo e rilevante, passando da 74.000 unità nel 2001/2002 a 77.000 nel 2002/2003 a 79.000 nel 2003/2004 e a circa 82.000 nell'anno scolastico 2004-2005.
Non risultano attivate classi con un numero di alunni superiore a quanto consentito dalla norma (il decreto ministeriale 331 del 1998, prevede 25 alunni per classe). Dai dati in possesso, ricavabili dal Sistema informativo del Ministero, la media nazionale degli alunni per classe è notevolmente inferiore al parametro sopra indicato di 25 alunni (si va da 18,51 per la scuola primaria a 22,03 per la scuola secondaria di II grado).
Infine, per quanto riguarda il piano pluriennale di nomine e a tempo indeterminato previsto dalla legge n. 143 del 2004, lo stesso è stato definito e trasmesso, per il previsto concerto, al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro per la funzione pubblica. Con l'approvazione del decreto legge n. 115 del 2005, convertito dalla legge n. 168 del 2005, è stata data prima applicazione alla previsione della citata legge n. 143 attraverso l'autorizzazione all'immissione in ruolo di 35.000 docenti e di 5.000 personale non docente.
[1] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).
[2] In proposito si segnala che presso il Senato è stata presentata la proposta di legge, di iniziativa parlamentare AS 1838 recante Nuove norme in materia di difficoltà specifiche di approfondimento, volta a riconoscere la dislessia, la disgrazia e la discalculia quali difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) al fine di garantire i necessari supporti agli alunni con tali difficoltà.
[3] Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica
[4] Vedi Doc. XIV, n. 5, volume II, tomo I, pag.295. Per l’articolazione degli alunni su base territoriale e per tipo di scuola vedi la tabella allegata al presente dossier, tratta dal medesimo Doc.
[5] Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. Per la parte relativa all’istruzione scolastica le disposizioni recate dalla legge sono confluite in numerosi articoli del Testo unico dell’istruzione (D.Lgs. 16 aprile 1994, n.297).
[6] Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di recupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata
[7] L’art.10 del DM 24 luglio 1998, adottato in attuazione dell’art. 40, comma 3, della legge n. 449/1997, prevede che le classi con alunni in situazione di handicap possono essere costituite con meno di 25 iscritti (meno di 20 nel caso di alunni in situazione di disagio e difficoltà di apprendimento particolarmente gravi).
[8] Tale unità è prevista dall’articolo 3, comma 2, del DPR 24 febbraio 1994 ed è formata da un medico specialista nella patologia, da un medico specialista in neuropsichiatria infantile, da un terapista della riabilitazione e dagli operatori sociali in servizio presso le ASL.
[9] Si ricorda che ai sensi della nota del MIUR prot. n. 3390 del 30 novembre 2001, recante Assistenza di base agli alunni in situazione di handicap agli enti locali è affidato il compito di fornire l'assistenza specialistica da svolgersi con personale qualificato sia all'interno che all'esterno della scuola, (Protocollo d'Intesa del 13/9/2001) come secondo segmento della più articolata assistenza all'autonomia e alla comunicazione personale prevista dall'art. 13, co. 3, della legge 104/92, a carico degli stessi enti. Si tratta di figure quali, a puro titolo esemplificativo, l'educatore professionale, l'assistente educativo, il traduttore del linguaggio dei segni o il personale paramedico e psico-sociale (proveniente dalle ASL), che svolgono assistenza specialistica nei casi di particolari deficit. Tale servizio può essere assicurato anche attraverso convenzioni con le istituzioni scolastiche e conseguente trasferimento delle risorse alla scuola, avvalendosi di personale interno (previa acquisizione della disponibilità) o esterno, nella logica degli accordi di programma territoriali previsti dalla legge 104/92. L’obbligo per gli Enti Locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali è stato introdotto dal DPR 616 del 1977 e confermato dall’articolo 13, co. 3, della citata legge 104/92.
[10] Interrogazione n. 5-04722 Titti De Simone: Interventi per il corretto funzionamento della scuola, anche in relazione al piano pluriennale di nomine.
[11] Decreto interministeriale (MIUR e MEF) n. 37 del 21 marzo 2005
[12] L’articolo 22, commi 1-6, della legge 28 dicembre 2001, n.448 (legge finanziaria per il 2002) ha dettato una serie di disposizioni relative alle dotazioni e prestazioni orarie del personale docente, accomunate dalla finalità di conseguire economie di spesa nel settore scolastico
[13] Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
[14] Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003).