XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura |
Titolo: | Istituzione dei corsi di laurea magistrale in giurisprudenza Schema di D.M. n. 518 (art. 17,co. 95 L. 127/1997) |
Serie: | Pareri al Governo Numero: 446 |
Data: | 08/07/05 |
Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
pareri al governo |
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Istituzione dei corsi di laurea magistrale in giurisprudenza Schema di D.M. n. 518 (art. 17,co. 95 L. 127/1997) |
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n. 446
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xiv legislatura 8 luglio 2005 |
Camera dei deputati
Dipartimento Cultura
SIWEB
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File:CU0381.doc
INDICE
Testo dello schema di D.M.
§ Relazione illustrativa
§ Testo del Decreto Ministeriale
§ Allegato 1 LMG/01 “Classe delle lauree magistrale in giurisprudenza”:
§ Parere CUN del 24/02/2005
§ Parere CRUI del 23/06/2005
Normativa di riferimento
§ L. 15 maggio 1997, n. 127 Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (art. 17, co. 95)
§ Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica D.M. 4 agosto 2000 Determinazione delle classi delle lauree universitarie. (articolato e allegati 2 e 31)
§ Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica D.M. 4 ottobre 2000 Rideterminazione e aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari e definizione delle relative declaratorie, ai sensi dell'art. 2 del D.M. 23 dicembre 1999 (articolato e stralci degli allegati A, B D)
§ Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica D.M. 28 novembre 2000 Determinazione delle classi delle lauree universitarie specialistiche (articolato ed allegato 22/S)
§ Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
Numero dello schema di decreto |
518 |
Titolo |
Istituzione dei corsi di laurea magistrale in giurisprudenza |
Ministro competente |
Ministro rapporti col Parlamento |
Norma di riferimento |
Art. 17, co. 95, L. 15/5/1997, n.127 |
Settore d’intervento |
Università |
Numero di articoli |
9 |
Date |
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§ presentazione |
18 maggio 2005 |
§ assegnazione |
5 luglio 2005 |
§ termine per l’espressione del parere |
25 luglio 2005 |
Commissione competente |
VII Cultura |
Rilievi di altre Commissioni |
NO |
L’articolo 17, co. 95,della legge 15 maggio 1997, n. 127[1], ha posto le basi della riforma degli ordinamenti didattici universitari e della tipologia dei corsi, riconoscendo ai singoli atenei l’autonomia nella definizione dei percorsi formativi, secondo criteri generali definiti con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora MIUR), sentiti il Consiglio universitario nazionale e le Commissioni parlamentari competenti.
Tra gli scopi della riforma vi era quello di avvicinare il sistema italiano di istruzione superiore al modello europeo delineato dalle dichiarazioni europee della Sorbona e di Bologna[2]. Tali accordi si proponevano di costruire, entro il primo decennio del 2000, uno spazio europeo dell'istruzione superiore, articolato essenzialmente su due cicli o livelli principali di studio, finalizzato a realizzare la mobilità internazionale degli studenti e la libera circolazione dei professionisti ed a favorire il riconoscimento internazionale dei titoli di studio.
In attuazione di tale norma è stato adottato il regolamento approvato con D.M. 509/1999[3], recante norme sull’autonomia didattica degli atenei, recentemente sostituito dalD.M. 270/2004[4].
Il regolamento definisce i punti cardine della riforma dettando i criteri generali per l’ordinamento degli studi universitari e determinando la nuova articolazione dei corsi e dei titoli di studio, in conformità con gli standard condivisi dai Paesi dell’Unione europea, basata essenzialmente su due livelli di studio (cosiddetto modello 3+2):
- la laurea, triennale, finalizzata ad assicurare allo studente un'adeguata padronanza di metodi e contenuti scientifici generali, nonché l'acquisizione di specifiche conoscenze professionali; nell’ambito della medesima classe di laurea, il DM 270/2004 ha introdotto un percorso di base comune per gli studenti del primo anno di ciascuna classe delle lauree cui farà seguito un percorso metodologico o professionalizzante, quest’ultimo finalizzato all’inserimento nel mondo del lavoro ed all’esercizio delle attività professionali regolamentate;
- la laurea magistrale finalizzata ad una formazione di livello avanzato per l'esercizio di attività di elevata qualificazione in ambiti specifici; il titolo è conseguibile dopo la laurea attraverso l’acquisizione di 120 crediti formativi, e comunque previo accertamento del possesso di specifici requisiti curricolari determinati autonomamente dagli atenei[5].
Lo stesso provvedimento, anche al fine di consentire una maggior mobilità internazionale degli studenti, ha definito il concetto di crediti formativi universitari. Essi misurano l’impegno complessivo richiesto allo studente, comprensivo dello studio individuale ma anche della partecipazione alle lezioni, alle esercitazioni, a tirocini e ad attività di orientamento. A ciascun credito corrispondono di norma 25 ore di impegno complessivo[6]. La quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno corrisponde convenzionalmente a 60 crediti. Per conseguire la laurea occorrono 180 crediti; per la laurea magistrale, come già segnalato, 120.
I corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative sono raggruppati in classi di appartenenza[7]. I titoli conseguiti al termine dei corsi di studio dello stesso livello, appartenenti alla stessa classe, hanno identico valore legale, e sono corredati dal supplemento di diploma (di laurea) contenente le indicazioni relative al curriculum di ciascuno studente.
L’istituzione dei corsi di studio è rimessa ai regolamenti didattici di ateneo - i cui contenuti principali sono indicati dal decreto - ed alle disposizioni vigenti sulla programmazione del sistema universitario[8], subordinatamente al rispetto di requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi determinati con decreto del Ministro, previa relazione favorevole del Nucleo di valutazione dell’università. Viene inoltre introdotto l’obbligo di inserire i nuovi corsi nella banca dati dell’offerta formativa del Ministero, sulla base di criteri stabiliti con apposito decreto ministeriale.
Va segnalato che, in relazione alla riforma dei criteri generali disposta con il recente DM 270/2004, sono attualmente allo studio del Consiglio Universitario Nazionale modifiche ed aggiornamenti degli obiettivi e delle attività formative qualificanti dei corsi di studio delle lauree e della lauree magistrali; verranno pertanto rideterminati i denominatori comuni cui devono attenersi gli atenei nella predisposizione dei propri ordinamenti didattici.
Il DM introduce (articolo 6, comma 3) una deroga al modello 3+2 per i corsi di studio finalizzati all’accesso alle professioni legali, per i quali è possibile istituire una classe di laurea magistrale con percorso unitario, fermo restando il periodo formativo iniziale comune.
In attuazione di tale disposizione, il decreto in esame istituisce pertanto la classe delle lauree magistrali in giurisprudenza, con un percorso unitario quadriennale, successivo all’anno di base, indirizzato alle competenze proprie delle professioni legali.
Attualmente le classi delle lauree in giurisprudenza sono così articolate:
Laurea
Classe 2 - Classe delle lauree inscienze dei servizi giuridici
Classe 31 - Classe delle lauree inscienze giuridiche
(rispettivamente allegato 2 e 31 al D.M. 4-8-2000 recante Determinazione delle classi delle lauree universitarie).
Laurea specialistica (ora magistrale)
Classe 22/S – Classe delle lauree specialistiche in giurisprudenza
(allegato 22 al DM 28 novembre 2000 recante Determinazione delle classi delle lauree universitarie specialistiche).
Il decreto in esame definisce la classe delle lauree magistrali in giurisprudenza, con un percorso unitario quadriennale, successivo all’anno di base, indirizzato alle competenze proprie delle professioni legali, per la quale sono individuati gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili, contenuti nell’allegato 1.
Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, per tali corsi di studio si è ritenuto opportuno non applicare il modello 3+2, con una segmentazione degli studi in due tronconi, bensì prevedere uno svolgimento unitario del periodo formativo universitario, in considerazione della particolare delicatezza della professioni legali.
Lo schema di decreto si compone di 9 articoli.
Ai sensi dell’articolo 1, le università provvedono all’istituzione dei relativi corsi di laurea magistrale nonché all’adeguamento dei regolamenti didattici di ateneo, in conformità alle norme previste dal DM 270/2004. Tali corsi possono svolgersi nelle sole facoltà di giurisprudenza, anche con il concorso di più facoltà della stessa università o di più atenei (articolo 2), fatta salva la deroga contenuta all’articolo 9 per la facoltà di economia dell’Università Commerciale “Luigi Bocconi” di Milano, che viene autorizzata alla revisione dell’ordinamento didattico del corso di laurea magistrale in giurisprudenza.
Secondo quanto previsto dai successivi articoli 3, 4 e 5, le università adeguano i propri regolamenti didattici di ateneo e di corso di studio sulla base dei criteri e delle procedure previste dal DM 270 con riferimento all’elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative (articolo 12 del DM), alla determinazione dei crediti da assegnare a ciascuna attività formativa, per la quale devono essere specificati i settori scientifico disciplinari[9] di riferimento e il relativo ambito disciplinare (articolo 10, comma 1 del DM), ai requisiti curriculari per l’ammissione al corso di laurea magistrale (articolo 6, commi 2 e 3).
Si ricorda che l’articolo 6 del DM 270 stabilisce il requisito della laurea per accedere ad un corso di laurea magistrale, prevedendo una deroga per i corsi di studio finalizzati all’accesso alle professioni legali per i quali è possibile istituire una classe di laurea magistrale con percorso unitario, fermo restando il periodo formativo iniziale comune.
Si ricorda inoltre che, ai sensi del DM 270, ogni ordinamento didattico determina (articolo 11), oltre agli aspetti organizzativi e di programmazione delle attività formative, le denominazioni e gli obiettivi formativi dei corsi di studio, le attività formative da inserire nei curricula, i crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun ambito, le caratteristiche della prova finale per il conseguimento del titolo di studio.
Il regolamento didattico di un corso di studio determina in particolare (articolo 12) l'elenco degli insegnamenti, con l'indicazione dei settori scientifico-disciplinari di riferimento e dell'eventuale articolazione in moduli, nonché delle altre attività formative; gli obiettivi formativi specifici, i crediti e le eventuali propedeuticità di ogni insegnamento e di ogni altra attività formativa; i curricula offerti agli studenti e le regole di presentazione, ove necessario, dei piani di studio individuali; la tipologia delle forme didattiche, anche a distanza, degli esami e delle altre verifiche del profitto degli studenti; le disposizioni sugli eventuali obblighi di frequenza.
L’articolo 10 del DM 270 prevede inoltre che i decreti ministeriali individuino preliminarmente per ogni classe di corsi di laurea, in misura non superiore al 40 per cento dei crediti complessivi, gli obiettivi formativi qualificanti e le attività formative indispensabili per conseguirli, raggruppandole in attività formative in uno o più ambiti disciplinari relativi alla formazione di base e attività formative in uno o più ambiti disciplinari caratterizzanti la classe. In proposito si segnala che il decreto autorizza una deroga al limite del 40% dei creditiper i corsi preordinati all'accesso alle attività professionali (cioè appunto per il caso in esame).
Le indicazioni richieste dall’art. 10 del DM 270 sono contenute nell’allegato 1 dello schema di decreto in esame (Classe delle lauree magistrale in giurisprudenza).
Si segnala in proposito che, con riferimento agli obiettivi formativi qualificanti, il CUN ha suggerito alcuni emendamenti - accolti solo in parte nello schema presentato alle Camere - volti, secondo quanto emerge dal parere allegato allo schema di decreto, ad evidenziare maggiormente le competenze acquisite nell’ambito della classe di laurea con le competenze specifiche delle professioni legali.
Riguardo ai crediti formativi, il CUN ha messo in evidenza l’opportunità, al fine di garantire l’autonomia delle singole università, di diminuire il numero dei crediti vincolati a 200 (pari al 66%). Tale numero è stato ridotto (nel testo in esame) da 232 (pari al 77%) a 216 (pari al 72%), secondo la seguente articolazione: attività formative di base: da 100 a 86; attività caratterizzanti: da 132 a 130. I crediti riservati all’autonomia dell’università sono pertanto 84.
Più in generale, si segnala che il CUN ritiene auspicabile inserire il provvedimento nel contesto delle altre classi di laurea ai fini di una valutazione complessiva delle disposizioni contenute nello schema di decreto. Viene altresì suggerita l’individuazione di due distinti percorsi della formazione giuridica: un percorso unico finalizzato alle professioni legali, sottoposto ad una regolamentazione più rigida, come la programmazione degli accessi, la definizione di CFU vincolati, ecc.; ed un percorso articolato in laurea e laurea magistrale, finalizzato all’accesso alle altre attività proprie del giurista, caratterizzato da una maggiore elasticità, al fine di rispondere adeguatamente alla pluralità delle figure professionali esistenti nel settore giuridico.
L’articolo 6 prevede che i crediti formativi universitari (CFU) corrispondano a 25 ore di lavoro per studente.
Si segnala che l’articolo 5 del DM 270 ha previsto che ai CFU corrispondano 25 ore di “impegno complessivo per studente”. La formulazione 25 ore di “lavoro per studente” era contenuta nel DM 509. Occorrerebbe pertanto valutare l’opportunità di adeguare la formulazione dell’articolo in commento alla formulazione vigente contenuta nel DM 270.
L’articolo 7 stabilisce che le università rilascino il titolo di laurea magistrale in giurisprudenza con la denominazione della classe di appartenenza (LGM/01 Classe delle lauree magistrale in giurisprudenza).
L’articolo 8 reca la soppressione della classe delle lauree specialistiche in giurisprudenza – 22/S prevista dal DM 28 novembre 2000, ferma restando la possibilità per gli studenti già iscritti ai corsi appartenenti alla classe soppressa di concludere gli studi conseguendo il relativo titolo ovvero di optare per l'iscrizione alla nuova classe di laurea.
In tal senso il comma 2 dell’articolo in commento rinvia all’articolo 13, comma 5, del DM 270. Tale norma prevede che le università assicurino la conclusione dei corsi di studio e il rilascio dei relativi titoli, secondo gli ordinamenti didattici previgenti, agli studenti già iscritti e disciplinino la facoltà per gli studenti di optare per l'iscrizione a corsi di studio previsti dai nuovi ordinamenti.
Si segnala, infine, che il decreto, all’articolo 1, comma 3, non prevede un termine per l’adeguamento dei regolamenti didattici di ateneo alle disposizioni previste nel provvedimento di revisione della classe in questione. Al riguardo, la CRUI ha espresso parere contrario in ordine all’ipotesi di adeguare detti regolamenti a partire dall’anno accademico 2005-2006.
[1] Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. Giova ricordare che il principio di autonomia universitaria è stato fissato dall’art. 33 della Costituzione, ove è stabilito che le istituzioni di alta cultura, università e accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dal leggi dello Stato. A tale disposto ha dato attuazione la legge 9 maggio 1989, n. 168, che ha definito (art. 6) i profili dell’autonomia, nonché i contenuti essenziali e le modalità di emanazione degli statuti (art. 16), la cui deliberazione è affidata al Senato accademico integrato. Tale articolo ha espressamente escluso lo stato giuridico del personale dalla sfera dell’autonomia statutaria, che rimane riservatoalla normativa statale.
[2] Si tratta della dichiarazione congiunta su “L'armonizzazione dell'architettura dei sistemi d'istruzione superiore in Europa”, sottoscritta dai ministri per l'università di Francia, Germania, Gran Bretagna e Italia a Parigi il 25 maggio 1998 (c.d. Dichiarazione della Sorbona), e della dichiarazione congiunta su “Lo spazio europeo dell'istruzione superiore”, sottoscritta da 29 ministri europei dell'Istruzione superiore intervenuti al Convegno di Bologna del 19 giugno 1999 (c.d. Dichiarazione di Bologna).
[3] D.M. 3 novembre 1999, n. 509, Regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei
[4] D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, Modifiche al regolamento recante norme concernenti l'autonomia didattica degli atenei, approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica
[5] Sono inoltre previsti i seguenti titoli di studio:
- la specializzazione, nei soli casi in cui la prevedano specifiche disposizioni legislative o in applicazione di direttive dell'Unione europea; ed in particolare nelle aree degli studi sanitari, della formazione degli insegnanti, della preparazione alle professioni legali;
- il dottorato di ricerca, già riordinato ad opera dell'art. 4 della L. 210/1998 e del regolamento attuativo[5], che hanno accentuato l'autonomia degli atenei nell'istituzione dei corsi (attivabili anche in convenzione con qualificati soggetti pubblici e privati) e sostituito al taglio prevalentemente accademico che caratterizzava il titolo un orientamento verso la “ricerca di alta qualificazione”, da svolgere anche in ambito non universitario[5];
- il master universitario, annuale di I e II livello, interamente affidato all'autonomia degli atenei, caratterizzato dall'offerta di formazione aggiuntiva e di aggiornamento professionale.
[6] Tale corrispondenza è stata adottata nei decreti relativi alle lauree ed alle lauree specialistiche.
[7] Con D.M. 4 agosto 2000 sono state determinate in 42 le classi delle lauree universitarie di durata triennale; per ciascuna sono elencati, in altrettanti allegati al provvedimento, gli obiettivi formativi qualificanti e gli ambiti disciplinari entro i quali vanno individuate le attività formative indispensabili.
Con D.M. 28 novembre 2000 sono poi state determinate in 104 le classi di appartenenza alle quali devono afferire i corsi di laurea specialistica (ora laurea magistrale) caratterizzati dagli stessi obiettivi formativi (conoscenze/abilità da conseguire) e conseguentemente da identiche attività formative indispensabili. Anche in questo caso vengono specificati obiettivi formativi qualificanti ed ambiti disciplinari entro i quali vanno individuate le suddette attività.
Il processo di riordino dei percorsi universitari è stato completato nel 2001 con la definizione delle classi dei corsi di laurea e di laurea specialistica (ora magistrale) per le professioni sanitarie (decreti del ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica del 2 aprile 2001, il primo dei quali adottato di concerto con il ministro della sanità e per il settore delle scienze della difesa e della sicurezza. (D.M. 12 aprile 2001, risultante dal concerto del ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica con il ministro della difesa).
[8] In proposito, si ricorda che la programmazione del sistema universitario è stata recentemente ridisciplinata dall’art.1-ter del DL 7/2005, convertito con modificazioni dalla legge 43/2005. Ai sensi di quest’ultimo, a partire dal 2006, le università predisporranno annualmente (entro il 30 giugno) piani triennali recanti indicazioni sui corsi di studio da attivare o sopprimere; sui programmi di sviluppo della ricerca scientifica; sugli interventi a favore degli studenti; sui progetti di internazionalizzazione; sul fabbisogno di personale. Tali programmi dovranno uniformarsi a linee di indirizzo definite con decreto del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori delle università italiane, il Consiglio universitario nazionale e il Consiglio nazionale degli studenti universitari.
[9] I settori scientifico disciplinari sono dei raggruppamenti degli insegnamenti universitari, sulla base di criteri di omogeneità scientifica e didattica; essi sono utilizzati anche per il reclutamento ed i trasferimenti dei professori e dei ricercatori. Tale aggregazione, disposta dall'art. 14 della L. 341/90 (recante riforma degli ordinamenti didattici universitari), è stata effettuata con il D.P.R. 12 aprile 1994 e, in seguito, più volte ridefinita. La materia è stata da ultimo disciplinata con D.M.4 ottobre 2000 (integrato da successive modifiche) ai sensi dell’art. 17, comma 99, della legge 127/1997.