XIV Legislatura - Dossier di documentazione
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Studio e uso della lingua internazionale esperanto - A.C. 5714
Serie: Progetti di legge    Numero: 759
Data: 20/05/05
Descrittori:
CORSI DI STUDIO   LINGUE
LINGUE STRANIERE     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione
Riferimenti:
AC n.5714/14     

Servizio studi

 

progetti di legge

Studio e uso della lingua

internazionale esperanto

A.C. 5714

 

n. 759

 

xiv legislatura

20 maggio 2005


Camera dei deputati

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: CU0366


 

 

INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  9

Elementi per l’istruttoria legislativa  10

§      Necessità dell’intervento con legge  10

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  10

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  11

§      Impatto sui destinatari delle norme  11

§      Formulazione del testo  12

Testo della p.d.l.

§      A.C. 5714, (on. E. Barbieri ed a.), Disposizioni in materia di accesso allo studio  e all'uso della lingua internazionale esperanto  15

Normativa di riferimento

§      Costituzione della Repubblica italiana. (artt. 34 e 117)25

§      L. 6 dicembre 1971, n. 1074. Norme per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie e per l'immissione nei ruoli del personale insegnante e non insegnante  28

§      D.P.R. 14 maggio 1982, n. 782. Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1963, n.2063, sulla costituzione delle cattedre della scuola media  43

§      L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri  (art. 17, co. 3 e 4)47

§      L. 19 novembre 1990, n. 341. Riforma degli ordinamenti didattici universitari (artt. 3 e 4)50

§      D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297. Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado  (art. 40, 205, 402)54

§      Ministero della pubblica istruzione, Circolare 10 aprile 1995, n. 126 (prot. 1617). Diffusione del Documento conclusivo della Commissione per la promozione della lingua Internazionale detta «Esperanto»  58

§      L. 15 maggio 1997, n. 127. Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (art. 17, co. 95)60

§      D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275. Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59  (artt. 3 e 8)63

§      L. 28 marzo 2003, n. 53. Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale  (artt. 1, 2, 5 e 7 )66

§      D.Lgs. 19 febbraio 2004, n. 59. Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma

§      dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53  (art. 7, 10 e 13)

§   75

Documentazione

§      Istituto Italiano di Esperanto (IIE) (tratto dal sito http://www.esperanto.it/html/iie.htm)79

§      Programmi di insegnamento  81

§      Esami e certificati87

 

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

5714

Titolo

Disposizioni in materia di accesso allo studio e all'uso della lingua internazionale esperanto

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Istruzione

Iter al Senato

NO

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione o trasmissione alla Camera

10 marzo 2005

§       annuncio

14 marzo 2005

§       assegnazione

11 aprile 2005

Commissione competente

VII Cultura

Sede

Referente

Pareri previsti

I e V


Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge in esame, di iniziativa parlamentare, intende, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, istituire l’insegnamento dell’esperanto affinché esso possa costituire un mezzo per la difesa e la sopravvivenza della parità linguistica e culturale in Europa.

La circolare del Ministero della pubblica Istruzione del 10 aprile 1995 recante Diffusione del documento conclusivo (22 dicembre 1993) della Commissione per la promozione della lingua internazionale detta “esperanto” definisce l’esperanto una “lingua internazionale non etnica”, formatasi alla fine del 1800 sulla base di fondamenti reperibili soprattutto nelle lingue indoeuropee. La relazione dà conto di più significativi esperimenti pedagogici realizzati in campo internazionale ed auspica l’avvio di iniziative ministeriali di  informazione e sperimentazione rivolte ai docenti ed agli alunni.

L'Assemblea generale dell'UNESCO ha riconosciuto il ruolo svolto dall'esperanto negli scambi culturali tra le nazioni, anche attraverso l'Associazione mondiale per l'esperanto (UEA). L'UEA si articola in associazioni nazionali aderenti e dispone di una rete di oltre 3.500 delegati presenti in ogni parte del mondo. In Italia la promozione dello studio e della diffusione dell’esperanto sono affidati all’Istituto italiano di esperanto, ente culturale autonomo senza scopo di lucro, fondato nel 1912[1].

 

La proposta si compone di 3 articoli.

 

L'articolo 1 introduce l'insegnamento elettivo della lingua internazionale esperanto nella scuola.

Il comma 2 rimette ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la definizione dei programmi e degli orari dei corsi, nonché la costituzione delle cattedre e degli incarichi per l'insegnamento della lingua esperanto (comma 3).

 

In relazione ai programmi di insegnamento si ricorda che, ai sensi della legge 53/2003[2] (art. 7, co1), con regolamento di delegificazione si dovrà provvedere all’indicazione delle discipline ed attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, nonché degli orari e dei limiti di flessibilità interni nell'organizzazione delle discipline[3].

Nelle more dell’adozione del regolamento, il primo dei decreti attuativi della legge citata (D.Lgs 59/2004[4]) – che ha dettato le norme relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione (comprendente la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado) - prevede per la scuola primaria (art.13) la conferma dell’assetto pedagogico didattico e organizzativo di cui all’allegato B (Piani di studio personalizzati per la scuola primaria) del decreto stesso[5]; per la scuola secondaria di primo grado il D.Lgs. conferma l’assetto organico definito dal D.P.R.782/1982[6] sulla costituzione delle cattedre della scuola media nonché le previsioni di cui all’allegato C (Piani di studio personalizzati per la scuola primaria).

In base ai due provvedimenti citati per la scuola secondaria, la cattedra di lingua straniera è costituita con 18 ore settimanali; l’insegnamento delle lingue (inglese e II lingua comunitaria) viene impartito per un minimo di 114 ed un massimo di 126 ore annue da calcolare sulla base di 33 settimane).

 

Con riguardo al possibile inserimento di nuove materie di insegnamento all’interno dei percorsi scolastici, si segnala che, in aggiunta alle attività educative e didattiche obbligatorie (artt. 7 e 10 del D. Lgs.59/2004), il cui orario complessivo annuale ammonta a 891 ore per entrambi gli ordini di scuole, sono previste ulteriori 99 ore annue nella scuola primaria e 198 nella scuola secondaria di I grado da destinare ad attività facoltative opzionali individuate dalle singole istituzioni scolastiche ed indicate nel piano dell’offerta formativa (POF)[7] di ciascuna istituzione.

Per lo svolgimento di tali insegnamenti, il d.lgs. 59 prevede, ove essi richiedano una specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria, che le istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

 

L'articolo 2 prevede l’istituzione, con decreto del Ministro, dell’insegnamento della lingua e della letteratura esperanto secondo le disposizioni vigenti per gli insegnamenti di lingue e letterature straniere.

Ai sensi del comma 2, al Ministro è inoltre attribuito il compito di informare e della sensibilizzare gli studenti sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale.

 

Con riguardo all’insegnamento delle lingue straniere si ricorda che la citata legge 53/2003 ha previsto (art 2 co.1 lettera f)) nella scuola primaria l’alfabetizzazione in almeno una delle lingue dell’Unione europea (confermando per tale profilo la disciplina già introdotta dall’art. 10 della legge 148/1990) ed ha introdotto nella scuola secondaria di primo grado l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria.

Il citato D.Lgs 59/2004, innovando rispetto al dettato della legge, ha previsto nella scuola primaria l’alfabetizzazione nella lingua inglese (art .5), mentre per la scuola secondaria di primo grado (art. 9) ha confermato il disposto della legge prevedendo l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria.

 

Alla luce di tale quadro normativo si segnala che l’eventuale introduzione dell’esperanto nell’ambito degli insegnamenti di lingue e letterature straniere nella scuola primaria comporterebbe una modifica della legge 53/2003.

 

L'articolo 3 prevede (comma 1) che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilisca, con proprio decreto, ai sensi dell’articolo 402 del Testo unico in materia di istruzione, i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l'assegnazione delle cattedre.

Tale previsione non sembrerebbe adeguatamente coordinata con la normativa vigente in materia di formazione dei docenti che è in corso di modifica a seguito delle prescrizioni recate dalla legge 53/2003 (vedi oltre).

 

Nelle more dell’istituzione dei corsi universitari dell'insegnamento di cui si tratta, il comma 2 prevede inoltre una norma transitoria, con la quale il possesso di una laurea integrata dal diploma di magistero rilasciato dall'Istituto italiano di esperanto ovvero il possesso di un diploma universitario riconosciuto equipollente alla laurea italiana in lingua e letteratura esperanto consentirebbero l’ammissione ai corsi di abilitazione.

In proposito si osserva che l’Istituto in questione rilascia al momento solo attestazioni in merito alla conoscenza della lingua esperanto. Si osserva inoltre che non risulta essere attivo alcun corso di laurea in lingua e letteratura esperanto.

 

 

Con riferimento ai titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l'assegnazione delle cattedre, si ricorda che l’articolo 402 del Testo unico in materia di istruzione (D.Lgs.297/1994[8]) con riguardo ai requisiti di ammissione ai concorsi[9] affida a un decreto ministeriale l’indicazione della laurea o abilitazione valida per l’insegnamento della disciplina a cui si riferiscono le prove.

 

Per quanto attiene la qualificazione professionale dei docenti si ricorda che (ai sensi degli artt. 3 e 4 della L. 341/1990[10]) la formazione degli insegnanti di scuola materna e della scuola elementare è affidata ad apposito corso di laurea (di quattro anni, comprensivo di tirocinio ed articolato in due indirizzi) mentre una scuola di specializzazione post laurea almeno biennale (suddivisa in più indirizzi e caratterizzata anche da forme di tirocinio) provvede alla formazione dei docenti delle scuole secondarie.

Il diploma di laurea (sempre ai sensi degli articoli richiamati) costituisce titolo necessario ai fini dell'ammissione ai concorsi per l’insegnamento nella scuola materna e nella scuola elementare; l’esame finale per il conseguimento del diploma di specializzazione ha valore di esame di Stato ed abilita all'insegnamento per le aree disciplinari cui si riferiscono i relativi diplomi di laurea; il diploma di specializzazione costituisce titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi per l’insegnamento nelle scuole secondarie. Successivamente il D.L. 28 agosto 2000, n. 240, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 27 ottobre 2000, n. 306, ha attribuito (art.1 co. 6-ter) all’esame finale delle scuole di specializzazione il valore di prova concorsuale ai fini dell'inserimento nelle graduatorie permanenti previste dall'articolo 401 T.U.[11].

 

La disciplina sopra richiamata è comunque, come già anticipato, in fase di revisione a seguito delle disposizioni recate dall’art. 5 della legge 53/2003[12], che ha previsto modifiche sostanziali nel percorso formativo dei docenti e ne ha rimesso l’attuazione a decreti legislativi[13] da emanare entro il 17ottobre 2005[14].

Per tali decreti vengono indicati, per quanto qui interessa, i seguenti criteri direttivi (art. 5 della legge):

·         la formazione iniziale si svolge nelle università presso corsi di laurea specialistica ad accesso programmato o negli istituti di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui alla L. 508/1999[15], relativamente agli insegnamenti cui danno accesso i diplomi accademici da questi ultimi rilasciati;

·         l’esame finale per il conseguimento della laurea specialistica (ora denominata magistrale ai sensi del DM 270/2004) ha valore abilitante per gli insegnamenti indicati da apposito decreto ministeriale;

·         dopo il conseguimento della laurea magistrale sono previsti appositi tirocini (da frequentare con contratti di formazione lavoro) organizzati dalle università in accordo con le strutture scolastiche;

·         i nuovi corsi di laurea sono individuati con uno o più decreti adottati ai sensi dell’art.17 comma 95 della legge 127/1997[16]; questi ultimi disciplinano contestualmente le attività didattiche inerenti l’integrazione scolastica degli alunni con handicap.

Vengono inoltre dettate dal medesimo articolo 5 (comma 3) disposizioni immediatamente prescrittive attinenti questioni particolari quali l’attribuzione all’esame di laurea dei corsi  in scienze della formazione primaria istituiti ai sensi dell’art. 3 della legge 341/1990 del valore di esame di Stato ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, nonché di titolo per l’inserimento nelle graduatorie permanenti per l’insegnamento[17].

 

Relazioni allegate

La pdl è accompagnata dalla relazione illustrativa.


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

In proposito si segnala che la pdl in esame contiene disposizioni che potrebbero essere attuate senza bisogno di un intervento legislativo. Come emerge dal quadro normativo tracciato nei paragrafi precedenti, infatti, la legge 53/2003 ha rimesso ad una norma di carattere regolamentare l’indicazione delle discipline ed attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, nonché degli orari e dei limiti di flessibilità interni nell'organizzazione delle discipline. Le attività facoltative opzionali sono invece individuate dalle singole istituzioni scolastiche ed indicate nel piano dell’offerta formativa (POF) di ciascuna istituzione, mentre per i relativi insegnamenti le medesime istituzioni sono autorizzate a stipulare contratti di prestazione d'opera con esperti. Infine, l’art. 5 della legge 53/2003 ha previsto modifiche sostanziali nel percorso formativo dei docenti e ne ha rimesso l’attuazione a decreti legislativi.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Per quanto concerne il settore scolastico, si ricorda che la materia “istruzione”, è suddivisa dall’art. 117 Cost. tra la potestà esclusiva dello Stato (“norme generali sull’istruzione”, art. 117, secondo comma, lett. n)) e la potestà concorrente Stato-regioni (“istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e formazione professionale”, art. 117, terzo comma). Si ricorda che, ai sensi del sesto comma del medesimo articolo 117, la potestà regolamentare spetta allo Stato nelle sole materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni.

 

Il principale dato interpretativo ricavabile dal suddetto quadro costituzionale sembra essere la necessità che in materia scolastica intervengano, allo stesso tempo e ciascuna all’interno di un proprio ambito di competenza, diverse fonti (legge statale, legge regionale, norme delle singole istituzioni scolastiche), salvo il caso in cui la disciplina possa ritenersi interamente riconducibile alla categoria (i cui confini paiono difficilmente determinabili) delle “norme generali”, nel qual caso si incardinerebbe la potestà esclusiva statale.

La pdl in esame sembrerebbe peraltro contenere disposizioni che non paiono riconducibili a tale ultima categoria, in quanto recanti disciplina di dettaglio.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

In generale, la pdl in esame sembra non tenere conto delle norme di rango secondario in materia di programmi di insegnamento e di qualifica professionale dei docenti.

Con riferimento, in particolare, alle attività facoltative opzionali, la pdl sembra inoltre lesiva dell’autonomia scolastica.

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 1, commi 2 e 3, rimette ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca la definizione dei programmi e degli orari dei corsi nonché la costituzione delle cattedre e degli incarichi per l'insegnamento della lingua esperanto.

L'articolo 2 prevede l’istituzione, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dell’insegnamento della lingua e della letteratura esperanto secondo le disposizioni vigenti per gli insegnamenti di lingue e letterature straniere.

L'articolo 3 prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilisca, con proprio decreto, i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l'assegnazione delle cattedre.

 

Coordinamento con la normativa vigente

La proposta in esame presenta profili problematici, in quanto non tiene conto della riforma degli ordinamenti scolastici introdotta dalla legge 53/2003 e non reca alcuna disposizione di coordinamento con tale disciplina.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non risultano lavori legislativi in corso sulla lingua esperanto.

Impatto sui destinatari delle norme

La norma ha effetto sugli ordinamenti scolastici e  sui docenti.

Formulazione del testo

All’articolo 1, occorrerebbe chiarire se la formulazione “insegnamento elettivo“ voglia intendere che l’insegnamento della lingua esperanto debba rientrare tra le attività facoltative opzionali che possono essere istituite dalle singole istituzioni scolastiche. In tale caso, poiché tali attività – come si è detto - sono già disciplinate dal d.lgs. 59/2004, un ulteriore intervento legislativo non sembrerebbe necessario.

 

Inoltre, con riguardo all’espressione “scuola statale dell’obbligo” si segnala che il decreto legislativo n. 76 del 15 aprile 2005[18] ha ridefinito l'obbligo scolastico di cui all'articolo 34 della Costituzione, nonché l'obbligo formativo, introdotto dall'articolo 68 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni, come diritto all'istruzione e formazione e correlativo dovere. In particolare, il comma 3 dell’articolo 1 prevede che sia assicurato a tutti il diritto all'istruzione e alla formazione, per almeno dodici anni o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età.

All’articolo 2 non appare chiara la differenza fra la previsione dell’insegnamento di cui al comma 1 e quanto stabilito dall’articolo 1.

All’articolo 3 il riferimento all’articolo 40 del decreto legislativo 297/1994 dovrebbe essere sostituito con l’articolo 402, recante la disciplina dei requisiti di ammissione ai concorsi a posti e a cattedre di insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado.

Con riferimento al comma 2 del medesimo articolo 3, si segnala che non risulta essere attivo alcun corso di laurea in lingua e letteratura esperanto.


Testo della p.d.l.

 


 

N. 5714

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

¾¾¾¾¾¾¾¾

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

 EMERENZIO BARBIERI, RANIELI, MEREU

¾

 

Disposizioni in materia di accesso allo studio

e all'uso della lingua internazionale esperanto

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Presentata il 10 marzo 2005

¾¾¾¾¾¾¾¾

Onorevoli Colleghi! - Oggi, nel contesto di europeizzazione in cui stiamo vivendo, il problema linguistico si fa sempre più sentire.

      Da un po' di tempo si accendono e si susseguono dibattiti sul problema delle lingue di lavoro negli organismi comunitari e, quantunque sembri che questo sia un problema esclusivo di Bruxelles, esso, al contrario, ci riguarda direttamente.

      In quei palazzi si va delineando un'Europa in cui la lingua di lavoro è quella di una nazione o di un gruppo di nazioni, lingue che vanno apprezzate per i loro valori storici e culturali ma che non dobbiamo e non possiamo accettare come superlingue, non avendo esse qualità e meriti culturali o espressivi superiori alle altre.

      La lingua costituisce un completamento necessario della personalità degli individui e dei popoli ed è determinante per farli sentire effettivamente partecipi di una comunità (vedi curdi, israeliani, rom e altri).

      Rispettare la lingua significa rispettare i suoi parlanti, come è sancito dai trattati. Sappiamo che la conoscenza di una lingua dà maggiore potere a chi la padroneggia meglio, ma dobbiamo evidenziare che l'apprendimento scolastico non mette mai il discente alla pari - per fluidità di linguaggio e capacità espressiva - con chi quella lingua l'ha appresa dalla nascita.

      Alcune persone sono particolarmente dotate per l'apprendimento delle lingue, ma per la stragrande maggioranza per arrivare a conoscere una lingua etnica alla stregua dei nativi, portandosi sullo stesso piano di competitività, è necessario impegnare una buona fetta di quel capitale limitato che è la vita.

      Tale lingua diventa quindi distruttiva, poiché per recuperare il capitale di tempo e di denaro investito si tende inconsciamente a utilizzarla il più possibile, anche quando non necessario, sostituendola alla materna.

      Già oggi, alcune «superlingue» subdolamente imposte nella pratica ci colonizzano portando a una discriminazione di fatto tra i cittadini d'Europa e al parziale disinteresse per la propria cultura.

      Non dimentichiamo che la lingua influenza anche il modo di pensare e quindi il modo di creare; ne deriva l'importanza che ha per la collettività la preservazione di tutte le lingue.

      La lingua, del resto, non ha valenze solo culturali e sociali, ma anche importanti risvolti economici.

      Siamo consci che il sistema multilinguistico adottato a Bruxelles è costosissimo e paralizzante. Infatti per rendere possibile i dibattiti diretti si fa ricorso ad alcune cosiddette «lingue di lavoro», a scapito dei parlanti delle altre lingue.

      Quantunque l'Italia sia stata tra i fondatori dell'Unione europea, la sua lingua, per la legge dei numeri, data la sua scarsa presenza nel piano globale indipendentemente dalle sue qualità, rischia l'emarginazione. E noi italiani, con essa.

      Basta dare un'occhiata alla modulistica che arriva da Bruxelles o vedere in quali lingue possono essere presentate le richieste di brevetti o di finanziamenti europei. In particolare nei brevetti ricordiamo che è la sfumatura della parola che lo rende rivendicabile oppure no.

      C'è poi l'ipocrisia della Commissione europea che con firma del Capo Unità - Politica delle lingue - scrive che «si è scelto di non puntare su un'unica lingua comune, ma di promuovere il multilinguismo con l'apprendimento di almeno due delle lingue dei vicini oltre alla propria lingua materna». In questo modo si nega a parole ciò che viene fatto in pratica, altrimenti come potrò mai io, italiano che ho imparato le lingue dei miei vicini francese, tedesco, sloveno e albanese a colloquiare con uno spagnolo o con un inglese e dichiararmi cittadino appartenente alla stessa comunità?

      Dunque si lascia fare alla tendenza attuale, più o meno guidata di privilegiare l'uso di alcune lingue, sostenendo tale scelta con l'effettivo uso che di queste lingue si fa nei rapporti internazionali.

      È innegabile che tale pratica di ufficializzazione camuffata come semplice lingua di lavoro, mantiene comunque l'effetto distruttivo sulle altre lingue europee ridotte al ruolo di dialetti.

      E non si può non considerare l'immeritato vantaggio concesso a milioni di cittadini i quali ricevendo uno status di privilegio per nascita umilierebbero ogni altro popolo e porrebbero sin dalla nascita gli altri cittadini in stato di vassallaggio.

      Qualcuno dice che la lingua non si può imporre e che i popoli hanno già scelto una lingua nazionale per l'uso internazionale. Ma vogliamo scherzare? La necessità non è mai scelta, e agli italiani non è stata data la possibilità di scelta perché non è stata data la conoscenza, su cui basare tale scelta.

      Una lingua nazionale è connaturata con il carattere, la storia e le tradizioni di un popolo. Essa tende con il medesimo ad evolversi in forma autonoma e quindi a trasformarsi; risulta pertanto impensabile condizionarne l'evoluzione per assicurare quella regolarità guidata nel tempo e nello spazio, che è essenziale per essere effettivamente internazionale.

      Occorre domandarsi se questa è l'unica strada possibile o se ci sono altre soluzioni, forse migliori.

      C'è chi propone l'adozione, per la funzione di lingua ausiliaria internazionale, di una lingua classica «morta», ma come è possibile adattarla, alle esigenze espressive moderne senza snaturarne la struttura?

      Allora dobbiamo rassegnarci?

      Mentre è vero che non ci si può rassegnare a un ingiusto ruolo di inferiorità e che non possiamo impegnarci in un perdente confronto di forze, possiamo, però, prendere in considerazione e appoggiare un'alternativa semplice, non impositiva, gradualmente introducibile, consistente nell'ufficializzare l'equiparazione alle attuali lingue di lavoro di una vera lingua transnazionale, non etnica, economica e moderna, alla portata di tutti, che svolga una funzione riequilibratrice sulle lingue cosiddette «forti», restituendo alle lingue oggi diventate di serie B o C la pari dignità cui hanno pieno diritto.

      Così si può difendere con successo, senza levate di scudi, la lingua italiana, oltre al multilinguismo solo sbandierato dell'Unione europea.

      Riteniamo che solo in questo modo indiretto si possa difendere il patrimonio di lingua e di pensiero dei nostri padri: informando e introducendo da subito, dopo avere diffuso le informazioni necessarie, l'insegnamento libero di una lingua internazionale neutrale, senza contrapposizioni alla situazione presente.

      La funzione riequilibratrice si avvierà autonomamente quando i cittadini saranno in grado di rendersi conto che la definizione di «lingua internazionale» è oggi data erroneamente a delle lingue etniche nazionali impiegate in campo sopranazionale.

      Infatti se il principio del plurilinguismo è garanzia della salvaguardia delle diversità culturali, affinché sia concreto, ha bisogno di appoggiarsi su una lingua comune basata sulla reciprocità.

      Se i cittadini sapranno che è possibile e più facile usare una vera lingua internazionale nei rapporti con l'estero, sceglieranno di studiare oltre a questa le lingue locali di personale interesse.

      Ciò permetterebbe di soddisfare anche la necessità di coagulare individui e popoli a tutto campo, per farli sentire effettivamente partecipi a pari titolo della pacifica comunità che si cerca di creare, senza intaccare minimamente l'apprezzamento individuale e il rispetto che ognuno deve a se stesso e agli altri.

      Ovviamente la lingua internazionale deve essere, oltre che neutrale, anche razionale, cioè moderna, con difficoltà di apprendimento ridotte perché priva delle specificità di ogni lingua etnica.

      Assenza di specificità che faciliterebbe l'apprendimento anche da parte di un pubblico di non alta scolarizzazione. Una lingua le cui caratteristiche si adattino al meglio ai moderni mezzi multimediali di studio, permettendo così la sua rapida diffusione e che, principalmente, non sia distruttiva (glottofagica) del patrimonio linguistico esistente.

      Una tale lingua, collaudata da più di cent'anni di uso in tutto il mondo, l'abbiamo individuata nella lingua pianificata chiamata esperanto. L'esperanto è una lingua ausiliare non colonizzante perché, richiedendo un modesto tempo di apprendimento, non stimola quell'inconscia necessità di essere usata quando non serve, cioè fuori dai rapporti internazionali.

      L'esperanto è l'unico idioma, tra le centinaia di progetti e tentativi di lingua internazionale, che sia diventato lingua viva, parlata da persone viventi in tutti i continenti, il che ha contribuito a creare anche una sua letteratura autonoma.

      L'esperanto è l'unico progetto che abbia superato le difficoltà determinate da due guerre e da periodi di regimi nazionalistici, che hanno cercato di soffocarlo.

      Claude Piron ha scritto: «La comunicazione è una cosa complessa. Qualche lingua, come l'esperanto (e un po' anche l'inglese), è facile all'inizio, ma per comunicare cose complesse occorre affrontare molte difficoltà nel seguito dello studio.

      Il vantaggio dell'esperanto risiede principalmente nel fatto che rispetta il discente maggiormente di qualsiasi altra lingua, perché anziché riempirlo di difficoltà, umiliandolo, l'esperanto si adatta all'istinto naturale dell'uomo che generalizza le regole e le strutture grammaticali. In questo modo, dopo il periodo iniziale si entra in confidenza con la lingua sentendosi ben presto a proprio agio.

      Ciò deriva dal fatto che la lingua internazionale richiede per se stessa una capacità di dedurre più che una capacità di memorizzare Cioè si affida più sull'intelligenza dell'individuo che sulla sua memoria».

      L'esperanto è una lingua scritta con l'alfabeto latino, con struttura flessivo-agglutinante, a fonetica univoca, con sole sedici regole grammaticali fondamentali, prive di eccezioni. Il lessico è formato da radici scelte tra quelle ricorrenti con maggiore frequenza nelle lingue classiche e moderne, delle quali costituisce così una felice sintesi.

      L'uso di prefissi e di suffissi, con significato determinante e costante, consente la facile formazione di un'ampia gamma di parole derivate, atte a esprimere ogni sfumatura del pensiero, con perfetta adesione al concetto da manifestare, con sforzo mnemonico ridotto.

      Una dichiarazione di 27 membri dell'Accademia francese delle scienze definì l'esperanto un capolavoro di logica e di semplicità; queste caratteristiche, oltre alla neutralità, sono infatti essenziali affinché una lingua possa dirsi atta al ruolo di lingua transnazionale.

      L'esperanto si può efficacemente imparare tramite i computer, oltre a essere facilmente accessibile per la sua struttura ai popoli di qualsiasi gruppo linguistico e agli individui di ogni grado culturale.

      È importante notare che esso manifesta una notevole efficacia propedeutica per l'apprendimento di altre discipline e, particolarmente, delle lingue straniere, per via della sua struttura grammaticale e della sua logicità.

      Non è poi da trascurare l'apporto alla formazione di una coscienza individuale più aperta ai problemi della convivenza umana.

      Nonostante le riserve, i pregiudizi, la disattenzione e, peggio, la disinformazione non sempre serena, che ne frenano l'espansione, l'esperanto può già contare su innumerevoli gruppi e centri didattici sparsi in ogni parte del pianeta, su una fiorente produzione letteraria e scientifica (40 mila titoli solo alla Biblioteca nazionale britannica e, per l'Italia, oltre 6.000 titoli presso l'Archivio di Stato, nel Castello Malaspina di Massa Carrara). In diverse università, come quella di Paderborn in Germania e di Budapest in Ungheria, o quella di Torino, o come l'Accademia internazionale delle scienze, con sede a San Marino, l'esperantologia è materia curricolare e la lingua è impiegata per lezioni, esami, tesi di laurea e documentazione d'archivio e di segreteria.

      L'uso dell'esperanto in compact disk, opuscoli turistici, cataloghi e prospetti commerciali, in INTERNET e in radio è in continuo aumento.

      Ciò nonostante c'è chi afferma che l'esperanto «non ha cultura». Ma perché una lingua che si pone come ponte tra le culture dei vari popoli deve obbligatoriamente averne una propria? Non sarebbe sufficiente che possa recepire ed esprimere tutte le sfumature del nostro pensiero?

      L'Assemblea generale dell'UNESCO ha riconosciuto più volte il fattivo ruolo svolto dall'esperanto negli scambi culturali tra le nazioni, attribuendo all'Associazione mondiale per l'esperanto (UEA) lo statuto consultivo. L'UEA si articola in associazioni nazionali aderenti e dispone di una rete di oltre 3.500 delegati presenti in ogni parte del mondo.

      Valutando queste considerazioni, richiediamo di istituire l'insegnamento dell'esperanto e il suo utilizzo in parallelo alle attuali lingue di lavoro usate nella segnaletica stradale e turistica e nei documenti internazionali, quali passaporti, patenti, eccetera, perché solo indirettamente, con questo mezzo, possiamo costituire un baluardo naturale per la sopravvivenza e la difesa della parità linguistica e culturale di tutti a cominciare da quella italiana, riscattandola così dall'attuale cieco servilismo.

      Nella costituzione dell'UNESCO è scritto che «le guerre cominciano nella mente degli uomini e che perciò proprio nella mente si devono cominciare a costruire le difese» pertanto consci che la lingua può essere un elemento di efficace, sostanziale coesione che sollecita e agevola l'integrazione europea e mondiale, ma che non deve essere causa della distruzione della biodiversità linguistica esistente e dell'italiano in primo luogo, pensiamo che la diffusione di una lingua transnazionale e neutrale vada proprio in tale senso. Pertanto si chiede l'approvazione della presente proposta di legge.

      Con essa, come è evidente dal testo proposto e dalla presente relazione, l'insegnamento e l'uso dell'esperanto non vengono a sostituire quelli delle lingue straniere, ma si affiancano agli insegnamenti linguistici già ammessi nella scuola, come già avviene ad esempio in Ungheria sin dal 1995.

      Con l'articolo 1 della proposta di legge, che ricalca altri progetti di legge mai arrivati all'esame del Parlamento per la scadenza anticipata delle legislature del passato, si introduce l'insegnamento elettivo della lingua internazionale esperanto nella scuola. Con ciò si intende contribuire ad allargare il processo educativo dei giovani verso una coscienza internazionale, favorita dalla possibilità pratica e immediata di relazioni non limitate in una sola direzione, al fine di alimentare la formazione culturale dei ragazzi in uno spirito democratico di apertura sociale e di disponibilità responsabile verso tutti i popoli e la loro cultura.

      Si ritiene che l'insegnamento facoltativo dell'esperanto debba essere possibile anche nella scuola dell'obbligo, tenendo conto dell'efficacia propedeutica della lingua che si manifesta in modo particolare in quella fascia di età (vedi relazione della Commissione presieduta dall'onorevole Giuseppe Matulli, aprile-dicembre 1993).

      La proposta di legge delega al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca i provvedimenti relativi ai programmi e agli orari dei corsi, nonché alla costituzione delle cattedre e degli incarichi per l'insegnamento della lingua esperanto.

      Con l'articolo 2 si stabilisce che il Ministro si fa carico della informazione e della sensibilizzazione degli studenti sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale e stabilisce l'introduzione del suo insegnamento, con la relativa letteratura, nella scuola dell'obbligo, applicando le stesse disposizioni valide per l'insegnamento delle lingue straniere.

      Allo scopo, peraltro, di assicurare comunque l'apprendimento di una lingua straniera, la lingua esperanto trova posto in quei casi nei quali il piano di studi prevede due lingue straniere.

      Con l'articolo 3 si prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca proceda alla modificazione e all'integrazione dei provvedimenti già previsti dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1074, al fine di precisare i titoli validi per la partecipazione ai concorsi per l'assegnazione delle cattedre.

      In attesa della istituzione dei corsi universitari dell'insegnamento di cui si tratta, è stata prevista una norma transitoria, con la quale il possesso di una laurea integrata dal diploma di magistero rilasciato dall'Istituto italiano di esperanto garantisce la preparazione didattico-culturale necessaria per insegnare.

 


 


proposta di legge

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Art. 1.

      1. Tra gli insegnamenti elettivi di lingua straniera nella scuola statale dell'obbligo, è introdotto l'insegnamento della lingua internazionale esperanto.

      2. L'insegnamento di cui al comma 1 è istituito secondo un programma e orari stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di seguito denominato «Ministro», con le modalità previste dalla legislazione vigente per le lingue straniere.

      3. Con decreto del Ministro sono altresì stabilite le modalità per la costituzione di cattedre e di incarichi di insegnamento della lingua internazionale esperanto.

 

Art. 2.

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, il Ministro può istituire, con proprio decreto, l'insegnamento della lingua e della letteratura esperanto, in conformità alle disposizioni vigenti per gli insegnamenti e i programmi di lingue e di letterature straniere, nelle scuole e negli istituti il cui piano di studi comprende l'insegnamento di almeno due lingue straniere.

      2. Il Ministro provvede a fornire adeguata informazione e sensibilizzazione sulle motivazioni della scelta della lingua internazionale esperanto.

 

Art. 3.

      1. Con decreto del Ministro, ai sensi dell'articolo 40 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono stabiliti i titoli validi per l'ammissione  ai corsi di abilitazione di lingua e letteratura esperanto e le relative classi di concorso.

      2. Fino a quando non siano istituiti i corsi universitari di lingua e letteratura esperanto, possono essere ammessi ai corsi di abilitazione candidati in possesso del diploma di laurea e del diploma di magistero, rilasciato dall'Istituto italiano di esperanto, oppure in possesso di diplomi universitari stranieri riconosciuti equipollenti alla laurea italiana in lingua e letteratura esperanto.

 


 

 



[1]    Informazioni tratte dal sito www.esperanto.it

[2]    L. 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale (cd “Legge Moratti”). La legge, per quanto qui interessa, ha delineato  una nuova articolazione del sistema dell’istruzione (ridefinendo tra l’altro i percorsi scolastici, il diritto dovere all’istruzione, la formazione iniziale dei docenti, e ne ha rimesso l’attuazione a decreti legislativi). Ai sensi della L.53/2003 il sistema dell’istruzione è articolato nella scuola dell’infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.

[3]    L’art. 205 del D.Lgs.297/1994 (cosiddetto T.U. della scuola) ha rimesso a regolamenti del ministro dell’istruzione, università e ricerca, da adottare ai sensi dell’art. 17, co.3 e 4 della legge n. 400/1988, la determinazione delle “materie di insegnamento, con il relativo quadro orario”.Nel quadro della riforma sull’autonomia scolastica, il DPR 8 marzo 1999, n. 275 (regolamento recante norme in materia di autonomia scolastica) ha poi introdotto, all’interno dell’orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli, la distinzione tra quota nazionale e quota riservata alle istituzioni scolastiche.In particolare, l’art. 8 del DPR n. 275/1999, richiamando espressamente la procedura delineata dall’art.205 del T.U. della scuola, ha affidato al MIUR, previo parere della commissioni parlamentari, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), la definizione delle discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale; la definizione dell'orario obbligatorio annuale complessivo dei curricoli comprensivo di entrambe le quote. La determinazione delle attività didattiche da svolgere nell’ambito della cosiddetta quota riservata è rimessa al Piano dell’offerta formativa (POF) delle singole istituzioni scolastiche.

E’ intervenuto, quindi, il DM n. 234/2000, il quale ha stabilito che, dall’anno scolastico 2000/2001 e fino alla concreta attuazione della legge n. 30/2000 (recante riordino dei cicli scolastici, poi abrogata dalla legge 53/2003)  la quota oraria nazionale fosse pari all'85% del monte ore annuale delle singole discipline di insegnamento comprese negli attuali ordinamenti e nelle relative sperimentazioni (comma 1). La quota oraria riservata alle singole istituzioni scolastiche è costituita dal restante 15% del monte ore annuale.

[4]    D. Lgs 19 febbraio 2004, n. 59, recante Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'articolo 1 della L. 28 marzo 2003, n. 53.

[5]    Il D.Lgs è corredato da quattro allegati, che ne costituiscono parte integrante, recanti rispettivamente: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati  delle attività educative della scuola dell’infanzia (Allegato A);della scuola primaria (Allegato B) ; della scuola secondaria di I grado (Allegato C); nonché  Profilo educativo culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione (Allegato D)

[6]    DPR 14 maggio 1982 n. 782 Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1963, n. 2063 Modificazioni al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1963, n. 2063 , sulla costituzione delle cattedre della scuola media.

[7] Le caratteristiche del Piano sono indicate dall’art. 3 del DPR 275/1999 (regolamento sull’autonomia scolastica ); esso è il documento “ costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche” ed “esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia”, in armonia con gli obiettivi generali di ciascun indirizzo di studio (fissati a livello nazionale), ma raccordandosi con il contesto culturale e socio-economico nel quale opera la struttura scolastica. Il Piano è elaborato dal collegio dei docenti, sulla base delle scelte di fondo definite dal consiglio di circolo o di istituto, tenendo conto delle proposte delle famiglie e (nelle scuole superiori) degli studenti; esso è adottato dal consiglio di circolo o di istituto ed è reso noto agli studenti all'atto dell'iscrizione.

[8]     Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “T.U.”).

[9]    Ai sensi dell’art. 400 del T.U. dell’Istruzione, concorsi per titoli ed esami sono indetti dal Ministro con frequenza triennale, subordinatamente all’effettiva disponibilità di cattedre.

[10]   Riforma degli ordinamenti didattici.

[11]   Gli ordinamenti degli studi del corso di laurea e della scuola di specializzazione (inizialmente indicati nei D.P.R. 31 luglio 1996, n. 470 e n. 471) sono disciplinati attualmente nei regolamenti didattici delle università, in conformità con i criteri fissati dal Decreto ministeriale 26 maggio 1998, che è stato adottato in relazione alla riforma degli ordinamenti didattici avviata dall’art. 17 comma 95 e segg. della legge 127/1997.

Si ricorda che art. 17, co. 95, della L. 127/1997 (Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) ha avviato una radicale riforma degli ordinamenti didattici universitari e della tipologia dei corsi, riconoscendo ai singoli atenei l’autonomia nella definizione dei percorsi formativi in conformità a criteri generali definiti con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con altri Ministri interessati . In attuazione di tale norma sono stati adottati:

·          il regolamento approvato con D.M. 3 novembre 1999, n. 509, (ora sostituito dal DM 22 ottobre 2004, n. 270) recante norme sull’autonomia didattica degli atenei,

·          il D.M. 4 agosto 2000, con il quale sono state determinate le 42 classi delle lauree universitarie (di primo livello);

·          il D.M. 28 novembre 2000, recante la determinazione di 104 classi delle lauree universitarie specialistiche (ora denominate magistrali).

[12]   L. 28 marzo 2003, n. 53, Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[13]   I decreti legislativi sono adottati secondo la procedura indicata dall’art.1 della legge: su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle competenti Commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

[14]    Il termine per l’emanazione dei decreti legislativi, originariamente fissato entro ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge (il 17 aprile 2005) è stato prorogato al 17 ottobre 2005 dall’art. 3 della legge 27 dicembre 2004 n. 306 di conversione del DL 266/2004.

[15]   Legge 21 dicembre 1999, n. 508 Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.

[16]   Vedi nota 12

[17]   Contestualmente viene soppresso l’inciso dell’art. 3 comma 2 della legge 341/1990 che attribuiva valore abilitante ai concorsi per l’insegnamento nella scuola materna ed elementare.

[18]   Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della L. 28 marzo 2003, n. 53