XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa - Note di sintesi | ||
Serie: | La Conferenza intergovernativa Numero: 8 | ||
Data: | 03/11/04 | ||
Descrittori: |
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LA CONFERENZA
INTERGOVERNATIVA |
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Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa Note di sintesi |
n. 8 |
xiv legislatura 3 novembre 2004 |
Camera dei deputati
Segreteria
generale- Ufficio rapporti con l’Unione europea
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File: cig008.doc
I N D I C E
Dalla Dichiarazione di
Nizza al Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa
§ Le Dichiarazioni di Nizza e di Laeken
§ L’attività
della Convenzione europea
§ La Conferenza intergovernativa
Il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa
§
Parte I
§ Parte II - Carta dei diritti fondamentali
§ Parte III - Politiche di settore
§ Parte IV - disposizioni generali e finali
§ Protocolli e dichiarazioni allegate
La
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in collaborazione con il Servizio Studi)
§ Struttura della Carta dei diritti
§ Ambito di applicazione, portata e limiti
dei diritti garantiti
Il ruolo dei Parlamenti
nazionali
§ Altre disposizioni del Trattato
Processo di ratifica
negli altri Stati membri – Previsioni sullo svolgimento di referendum
Al Trattato di Nizza[1], che da ultimo ha modificato il Trattato sull’Unione europea e il
Trattato che istituisce la Comunità europea, è allegata una Dichiarazione sul futuro dell'Unione (n.
23) con la quale si invitava ad un
ampio e approfondito dibattito sul
futuro dell'Unione europea. La Dichiarazione di Nizza indicava come temi principali di un
ulteriore processo di riforma:
· il ruolo dei parlamenti nazionali nell'architettura europea;
· la delimitazione delle competenze
tra l'Unione europea e gli Stati membri;
· lo status della Carta dei diritti
fondamentali;
· la semplificazione dei trattati.
La dichiarazione prevedeva,
inoltre, l’avvio di una Conferenza
intergovernativa (CIG) che avrebbe dovuto svolgersi nel 2004.
La convocazione
della Conferenza intergovernativa è
stata poi anticipata al 2003, al fine di evitare cosiddetto ingorgo
istituzionale del 2004, per la sovrapposizione della elezioni per il Parlamento
europeo, della scadenza del mandato dell’attuale Commissione europea e
dell’adesione di nuovi Stati membri all’Unione europea.
Secondo il percorso prospettato
dalla dichiarazione di Nizza, il Consiglio
europeo di Laeken (14 e 15 dicembre 2001) ha adottato una Dichiarazione sul futuro dell'Unione
europea che indicava metodo e temi del processo di riforma, ampliando gli
argomenti della Dichiarazione di Nizza. La Dichiarazione di Laeken poneva infatti
una serie di questioni articolate intorno ad alcuni grandi temi:
·
una
migliore ripartizione e definizione
delle competenze dell'Unione europea
e degli Stati membri;
·
la
semplificazione degli strumenti legislativi dell'Unione;
·
una
maggiore democrazia, trasparenza ed
efficienza nell’Unione europea, con una specifica riflessione sul quadro
istituzionale dell'Unione e sul ruolo dei Parlamenti nazionali;
·
la semplificazione dei trattati, con la
prospettiva dell'eventuale adozione di una Costituzione
europea e dell’inserimento della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea nei trattati di base.
Per assicurare una
preparazione ampia e trasparente della Conferenza intergovernativa, la
Dichiarazione di Laeken aveva, inoltre, previsto la convocazione di una Convenzione sull'avvenire dell'Europa
con il compito di esaminare le questioni essenziali per il futuro sviluppo
dell’Unione, indicate nella Dichiarazione, e di ricercare le soluzioni
possibili[2].
La Convenzione ha tenuto la sua seduta inaugurale il 28 febbraio 2002
ed ha terminato i suoi lavori il 10
luglio 2003, con la predisposizione di un progetto di Trattato che
istituisce una Costituzione per l’Europa.
La Convenzione, presieduta da Valery
Giscard d'Estaing (Francia) e dai due Vice
presidenti, Giuliano Amato (Italia)
e Jean Luc Dehaene (Belgio) era composta da 207 membri (105 membri titolari e 102
supplenti). Oltre al
Presidente e ai due Vicepresidenti ne hanno fatto parte:
·
15 rappresentanti dei Capi di Stato o
di Governo degli Stati membri (1 per Stato membro).
·
30 membri dei Parlamenti
nazionali (2 per Stato membro);
·
16 membri del Parlamento
europeo;
·
2 rappresentanti della Commissione europea.
I 13 paesi all’epoca candidati all’adesione
(Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Repubblica Ceca, Romania,
Slovenia, Slovacchia, Polonia, Ungheria, con i quali erano ancora in corso
negoziati di adesione, nonché la Turchia)
hanno partecipato appieno ai lavori della Convenzione e sono stati
rappresentati alle stesse condizioni degli Stati membri (un
rappresentate del governo e due del parlamento nazionale).
Hanno inoltre partecipato alla
Convenzione, come osservatori, 3
rappresentanti del Comitato economico e sociale, 3 rappresentanti delle parti
sociali europee, 6 rappresentanti del Comitato delle regioni e il Mediatore
europeo
Il Parlamento
italiano è stato rappresentato alla Convenzione dall’on. Marco Follini e dal
sen. Lamberto Dini; loro sostituti sono stati rispettivamente l’on. Valdo Spini
e il sen. Filadelfio Guido Basile.
Il Governo
italiano è stato rappresentato dal
Vicepresidente del Consiglio on. Gianfranco Fini, suo sostituto l'on. Francesco
Speroni, membro del Parlamento europeo.
I lavori della
Convenzione sono stati coordinati da un
Ufficio di presidenza (Presidium)
che ha svolto un ruolo propulsore
nella elaborazione dei testi e nella valutazione del consenso espresso
dall’Assemblea plenaria del corso delle discussioni. Il Presidium era composto
da 13 membri: il Presidente della
Convenzione e i due Vicepresidenti; tre rappresentanti dei Parlamenti nazionali
(di cui uno espressione dei parlamenti degli Stati aderenti); due
rappresentanti del Parlamento europeo; due rappresentanti della Commissione
europea; tre rappresentanti dei Governi che per la durata prevista della
Convenzione hanno esercitato la Presidenza del Consiglio (Spagna, Danimarca e
Grecia).
Dopo una serie di
discussioni di carattere generale sui compiti e obiettivi dell’Unione, la
Convenzione ha istituito 11 gruppi di lavoro[3] per approfondire alcune questioni. La
Convenzione, riunita in sessione plenaria, ha quindi esaminato i rapporti
finali e le relative raccomandazioni dei gruppi di lavoro. Nella sessione del
28 e 29 ottobre 2002 il Praesidum ha presentato un progetto preliminare di Trattato costituzionale intitolato “Trattato che stabilisce una Costituzione
per l’Europa”, configurato come indice ragionato dei titoli e degli
articoli. Seguendo la struttura del progetto di trattato costituzionale, il Praesidium
ha sottoposto alla Convenzione progetti di articoli che sono stati discussi in
sede plenaria, anche sulla base degli emendamenti presentati dai membri della
Convenzione. Il Praesidium ha valutato, di volta in volta, il grado di
consenso in vista della riformulazione dei progetti di articoli.
L’elaborazione della prima stesura della III parte del progetto di
trattato costituzionale, relativa alle politiche di settore è stato invece
affidato ad un gruppo di esperti giuridici delle istituzioni dell’UE che
hanno provveduto ad una revisione tecnico-giuridica delle disposizioni vigenti.
Sulla base delle discussioni svolte dall’Assemblea
plenaria, il Praesidium ha trasmesso il 26 e 27 maggio 2003 un progetto
complessivo di trattato costituzionale rivisto. Tale progetto,
limitatamente alla parte I e II,
relative rispettivamente alle disposizioni
propriamente costituzionali e alla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, è stato discusso e poi adottato dall’Assemblea plenaria
per consenso nella sessione del 13
giugno 2003.
Nelle
sessioni del 4 luglio e del 9 e 10 luglio 2003 la Convenzione ha
completato la discussione sulle Parti III e IV del progetto di Trattato
che istituisce una Costituzione per l’Europa, relative rispettivamente alle politiche
di settore ed alle disposizioni generali e finali, raggiungendo un consenso sui testi il 10 luglio 2003.
La conferenza intergovernativa (CIG)[4] ha avviato i
suoi lavori a Roma il 4 ottobre 2003, sotto la Presidenza italiana del
Consiglio dell’UE (1° luglio – 31 dicembre 2003) e li ha conclusi sotto la Presidenza irlandese (1° gennaio – 30 giugno
2004) il 18 giugno 2004[5].
In occasione dell’avvio della CIG a
Roma il 4 ottobre 2003 i Capi di Stato e di governo hanno approvato una
dichiarazione (c.d. Dichiarazione di
Roma) che confermava l’impegno a dotare l’Unione europea di un testo
costituzionale - indicando il progetto di Trattato della Convenzione come una
buona base su cui avviare i lavori della CIG - ed esprimeva l’auspicio per una
conclusione dei negoziati in tempo utile per le elezioni del Parlamento europeo
del giugno 2004. In tale occasione i Capi di Stato e di Governo hanno
concordato che il nuovo Trattato
sarebbe stato firmato a Roma, a
prescindere dalla conclusione dei lavori della CIG nel semestre di Presidenza
italiana.
La Presidenza italiana ha proceduto in una prima fase a raccogliere
gli orientamenti delle delegazioni attraverso appositi questionari,
successivamente ha approfondito alcune questioni attraverso contatti bilaterali
e diverse riunioni a livello di ministri degli esteri e Capi di Stato e di
Governo. La Presidenza italiana, ritenendo che il testo approvato dalla
Convenzione europea fosse un testo equilibrato e ponderato, ha delimitato il campo negoziale,
prevedendo che prima di rimettere in questione il consenso raggiunto dalla
Convenzione sui punti più controversi, si sarebbe dovuto essere sicuri del
conseguimento di un risultato alternativo altrettanto consensuale.
Una prima
proposta complessiva della Presidenza è stata presentata e discussa alla riunione “conclave” dei Ministri degli
affari esteri che si è svolta a Napoli
il 28 e 29 novembre 2003.
Alla luce degli orientamenti raccolti dalla
varie delegazioni, la Presidenza italiana ha presentato alla CIG, riunita a
livello dei Capi di Stato o di Governo, in occasione del Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2003, una proposta
complessiva di compromesso su cui il Consiglio europeo non è riuscito a
pervenire ad un accordo.
In particolare,
alcuni Stati membri (Polonia e Spagna) si opponevano al passaggio ad un sistema
di voto a doppia maggioranza (di
Stati e di popolazione) in seno al Consiglio e al conseguente abbandono del
sistema di voto ponderato previsto dal Trattato di Nizza. Altri punti
controversi del negoziato riguardavano la composizione
della Commissione europea e l’estensione del campo d’applicazione della votazione a maggioranza qualificata.
Il
Consiglio europeo, pertanto, ha dato mandato alla Presidenza irlandese di
valutare la prospettiva di riavviare i negoziati della CIG.
La Presidenza
irlandese, a seguito di contatti con tutti gli Stati membri, ha riavviato i
negoziati della Conferenza intergovernativa (CIG), sulla base dei documenti presentati dalla Presidenza italiana in occasione della riunione conclave di Napoli, invitando le
delegazioni a non presentare ulteriori questioni oltre a quelle su cui il
negoziato si era già svolto a livello di
CIG. La Presidenza irlandese ha proceduto a consolidare l’accordo sulle
questioni su cui le delegazioni avevano già raggiunto una intesa nel corso
della Presidenza italiana, per poi affrontare nelle ultime riunioni
ministeriali della CIG le questioni che rimanevano sospese, tra cui in particolare
il sistema di voto in seno al Consiglio e la composizione della Commissione e
del Parlamento europeo.
La Conferenza
intergovernativa, riunita a livello dei Capi di Stato e di governo, ha raggiunto
infine un accordo sulla base dei
testi presentati dalla Presidenza irlandese il 18 giugno 2004.
Dopo
l’approvazione da parte della Conferenza intergovernativa il Trattato
che adotta una Costituzione per l’Europa è stato sottoposto alla messa a punto giuridica e
all’armonizzazione finale, ed è stato firmato
dai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell’Unione europea a Roma il 29 ottobre 2004.
Il Trattato che adotta una Costituzione per
l’Europa è composto
da: Ø Preambolo; Ø Parte I, che contiene le norme propriamente costituzionali,
nonché le disposizioni generali per la politica estera, di sicurezza e
di difesa e per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia; Ø Parte
II, che contiene la Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea; Ø Parte
III, relativa alle politiche dell'Unione; Ø Parte
IV, recante le disposizioni generali e finali, Ø Protocolli
allegati al Trattato e dichiarazioni allegate all’Atto finale della
Conferenza intergovernativa.
La Parte I del Trattato è preceduta da un preambolo
nel quale si fa riferimento alle “eredità culturali, religiose e umanistiche
dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti
inviolabili e inalienabili della persona, della democrazia, dell’uguaglianza,
della libertà e dello Stato di diritto".
La Parte I del Trattato contiene le disposizioni di
natura costituzionale; in particolare disciplina la ripartizione delle
competenze tra gli Stati membri e l’Unione e definisce il quadro
istituzionale.
Il Trattato prevede l’istituzione dell'Unione
europea, alla quale è conferita personalità giuridica[6]. L'Unione coordina
le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento degli obiettivi comuni
ed esercita, sul modello comunitario, le competenze che gli Stati
membri le trasferiscono.
L'Unione rispetta l'identità nazionale dei
suoi Stati membri legata alla loro struttura fondamentale, compreso il
sistema delle autonomie regionali e locali e le funzioni essenziali
dello Stato.
Un articolo riguarda i simboli dell’Unione:
la bandiera è un circolo con 12 stelle dorate su sfondo blu; l’ inno
è l’Inno alla gioia tratto
dalla nona sinfonia di Beethoven; il motto è “Unità nella diversità”; la
moneta è l’euro, e il 9 maggio – anniversario della Dichiarazione
Schuman – è celebrato come giornata dell’Europa.
La ripartizione delle competenze Tra Unione
europea e Stati membri si fonda sul principio di attribuzione, per il
quale l’Unione agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite dagli
Stati membri nella Costituzione; qualsiasi competenza non attribuita all’Unione
nella Costituzione appartiene agli Stati membri.
L’esercizio delle competenze è sottoposto a
due princìpi: sussidiarietà, per cui l’Unione interviene nei settori che
non sono di sua competenza esclusiva, soltanto se e nella misura in cui gli
obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente raggiunti
dagli Stati membri, sia a livello centrale, che regionale o locale (i parlamenti nazionali vigilano sul
rispetto di tale principio secondo la procedura prevista nel protocollo
sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità);
proporzionalità, per il quale il contenuto e la forma dell’azione
dell’Unione non vanno al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli
obiettivi dell’Unione.
Le competenze sono ripartite in tre grandi
categorie:
Ø
competenze esclusive: l'Unione è l'unica a
poter legiferare e adottare atti giuridicamente obbligatori. Gli Stati membri
possono farlo autonomamente solo previa autorizzazione dell'Unione oppure per
l'attuazione degli atti da questa adottati[7];
Ø
competenze concorrenti: sia l'Unione,
sia gli Stati membri hanno la facoltà di legiferare e adottare atti
giuridicamente obbligatori. Gli Stati membri esercitano la loro competenza
nella misura in cui l'Unione non esercitata la propria[8];
Ø
azioni di sostegno, di coordinamento o di
completamento: l’Unione può condurre azioni che completano l’azione
degli Stati membri, senza tuttavia sostituirsi alla loro competenza[9].
L'Unione ha, infine, competenza per:
Ø
promuovere le politiche economiche e
dell'occupazione degli Stati membri e assicurarne il coordinamento;
Ø
definire e attuare una politica estera e di
sicurezza comune, compresa la definizione progressiva di una politica di
difesa comune.
La portata e le modalità d'esercizio delle
competenze dell'Unione sono determinate dalle disposizioni della parte III del Trattato, specifiche per ciascun
settore.
Il
Trattato contiene una clausola di flessibilità (art. I-18), in base alla
quale se una azione appare necessaria, nel quadro delle politiche definite
nella parte III, per realizzare uno degli obiettivi stabiliti dalla
Costituzione, senza che quest'ultima abbia previsto i poteri di azione
richiesti a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta
della Commissione europea e previa approvazione del Parlamento europeo,
adotta le disposizioni appropriate.
La Commissione è impegnata
a richiamare l’attenzione dei Parlamenti nazionali, nell’ambito della
procedura di controllo sul principio di sussidiarietà prevista dal relativo
protocollo, sulle eventuali proposte presentate sulla base dell’articolo I-18.
Il Parlamento
europeo esercita, congiuntamente al Consiglio, la funzione
legislativa anche rispetto al bilancio; elegge il Presidente
della Commissione europea[10], su proposta del
Consiglio europeo.
La rappresentanza è
garantita in modo regressivamente
proporzionale con una soglia minima di 6 seggi per
Stato membro ed una soglia massima di 96 seggi. Con sufficiente
anticipo rispetto alle elezioni del 2009, il Consiglio europeo, su proposta del
PE e con l’approvazione di quest’ultimo, adotterà all’unanimità un decisione
europea che stabilisce la composizione del Parlamento europeo nel rispetto di
tali princìpi. Il numero complessivo dei seggi
non potrà essere superiore a 750[11].
Il Consiglio
europeo – che il Trattato, innovando rispetto ai trattati vigenti,
comprende tra le istituzioni dell’Unione[12] - definisce gli
orientamenti e le priorità politiche generali dell’Unione, ma non esercita funzioni legislative. Il Consiglio europeo si pronuncia per
consenso, salvo i casi espressamente previsti dal Trattato.
Il Presidente è eletto dal Consiglio europeo
a maggioranza qualificata[13] per un mandato
di due anni e mezzo rinnovabile una volta; può essere membro di
un’altra istituzione europea, ma non esercitare un mandato nazionale; assicura
la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo in
cooperazione con il Presidente della Commissione europea; presenta al Parlamento
europeo una relazione dopo ogni riunione del Consiglio europeo e
assicura al suo livello la rappresentanza esterna dell’Unione per le
materie relative alla PESC, fatte salve le responsabilità del Ministro degli
affari esteri.
Il Consiglio si riunisce in
varie formazioni. Il Consiglio "Affari generali" assicura la coerenza dei lavori di tutte le
formazioni del Consiglio, prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne
assicura il seguito in collegamento con il Presidente del Consiglio europeo e
la Commissione. Il Consiglio "Affari esteri" - presieduto dal
Ministro per gli Affari esteri dell’Unione europea (vedi oltre) -
elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal
Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione. L'elenco delle
altre formazioni del Consiglio è stabilito dal Consiglio europeo a
maggioranza qualificata.
Il
Consiglio si riunisce in seduta pubblica quando delibera e vota su un
progetto di atto legislativo. A tal fine, ciascuna sessione del Consiglio è
suddivisa in due parti dedicate, rispettivamente, alle deliberazioni su atti
legislativi dell'Unione e alle attività non legislative.
La
Presidenza delle formazioni del Consiglio è esercitata dagli Stati
membri secondo un sistema di rotazione in condizioni di parità, conformemente
alle modalità fissate a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo
e già definite in un progetto di decisione sull’esercizio della Presidenza
che sarà adottato dal Consiglio europeo il giorno dell’entrata in vigore del
Trattato. Tale progetto prevede che la Presidenza sia esercitata da gruppi
predeterminati di 3 Stati membri (composti tenendo conto della diversità degli
Stati membri e degli equilibri geografici in seno all’Unione) per un periodo di
18 mesi. Ciascuno membro del gruppo eserciterà la Presidenza di
tutte le formazioni del Consiglio per un periodo di sei mesi, con
l’assistenza degli altri membri del gruppo sulla base di un programma comune.
Fa
eccezione a questa disciplina generale il Consiglio “Affari esteri”,
che è presieduto dal Ministro degli Affari esteri dell’Unione.
La prima Commissione nominata dopo l’entrata in
vigore della Costituzione (2009) sarà composta da un membro per ogni
Stato membro, compreso il Presidente della Commissione e il Ministro per
gli Affari esteri dell’Unione, che è uno dei vicepresidenti. A partire dalla
Commissione successiva (2014) la sua composizione è fissata ad un numero
corrispondente ai due terzi degli Stati membri, a meno che il Consiglio
europeo, deliberando all’unanimità, decida di modificare tale numero. I membri
dovranno essere scelti sulla base di un sistema di rotazione paritaria
tra gli Stati. Tale sistema è stabilito dal Consiglio europeo all’unanimità,
sulla base dei seguenti criteri:
Ø gli Stati
membri sono trattati su un piano di assoluta parità per quanto
concerne la determinazione dell'avvicendamento e del periodo di permanenza dei
loro cittadini in seno alla Commissione;
Ø ciascuna delle
Commissioni successive è costituita in modo da riflettere in maniera soddisfacente
la molteplicità demografica e geografica degli Stati membri dell'Unione.
La Commissione è responsabile collegialmente
dinanzi al Parlamento europeo: nel caso di una mozione di censura
adottata dal PE, tutti i commissari devono abbandonare collettivamente le loro
funzioni e il Ministro degli Affari esteri dell’Unione deve dimettersi dalla
Commissione. La Commissione ha il monopolio dell’iniziativa legislativa,
salvo che la Costituzione non disponga diversamente; promuove l’interesse
generale europeo; avvia il processo di programmazione annuale e pluriannuale
dell’Unione e, fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune
(PESC) e per gli altri casi previsti dalla Costituzione, garantisce la rappresentanza
esterna dell’Unione.
Il Presidente
della Commissione europea è eletto
dal PE, a maggioranza dei membri che lo compongono, sulla base di una
candidatura proposta dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, tenendo
conto delle elezioni del PE e previe consultazioni appropriate.
Una
dichiarazione allegata all’Atto finale della CIG stabilisce che Parlamento
europeo e Consiglio europeo sono congiuntamente responsabili
del corretto svolgimento del processo che porta all’elezione del Presidente
della Commissione. Pertanto rappresentanti del Parlamento europeo e del
Consiglio europeo procederanno, preliminarmente alla decisione del Consiglio
europeo, alle consultazioni necessarie, che riguarderanno il profilo dei
candidati alla carica di presidente della Commissione, tenendo conto delle
elezioni del Parlamento europeo. Le modalità di tali consultazioni potranno
essere precisate di comune accordo tra il Parlamento europeo e il Consiglio
europeo.
Il Presidente della Commissione definisce
gli orientamenti nel cui quadro opera la Commissione; decide l’organizzazione
interna della Commissione; nomina tra i membri del collegio gli altri
vicepresidenti, ad esclusione del Ministro degli affari esteri dell’Unione, e
coopera con il Presidente del Consiglio europeo nella preparazione dei lavori
del Consiglio europeo. Un membro della Commissione rassegna le dimissioni se il
Presidente glielo chiede.
Gli altri membri della Commissione sono
designati dal Consiglio, di comune accordo con il Presidente della Commissione.
Il Presidente, il Ministro degli affari esteri e gli altri membri della
Commissione sono soggetti collettivamente ad un voto di approvazione
da parte del Parlamento europeo.
Il Ministro per gli affari esteri dell’Unione è nominato
dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata con l’accordo
del Presidente della Commissione. Il Ministro guida la politica estera e di
sicurezza comune dell’Unione e la attua in qualità di mandatario del
Consiglio; assicura la coerenza dell’azione esterna dell’Unione; presiede
il Consiglio “Affari esteri” ed è uno dei Vice Presidenti della Commissione,
all’interno della quale è incaricato delle relazioni esterne e del
coordinamento degli altri aspetti dell’azione esterna dell’Unione:
limitatamente all’esercizio di queste funzioni, è soggetto alle procedure che
regolano il funzionamento della Commissione.
Su iniziativa del ministro, il Consiglio può
nominare un rappresentante speciale al quale conferire un mandato per
questioni politiche specifiche.
Si prevede, inoltre, l'istituzione[14] di un “Servizio
europeo per l’azione esterna”, con il compito di assistere il Ministro degli esteri
dell’Unione europea. Tale Servizio lavora in collaborazione con i servizi
diplomatici degli Stati membri ed è composto da funzionari dei servizi
competenti del Segretariato generale del Consiglio e della Commissione e da
personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali.
Il sistema di voto
ponderato previsto dal Trattato di Nizza si applicherà fino al 1° novembre
2009; alla scadenza, entrerà in vigore un sistema che si fonda sul principio
della doppia maggioranza di Stati e di popolazione. La
maggioranza qualificata è definita come il 55% degli Stati membri
dell’Unione – con un minimo di 15 - che rappresentino almeno il 65%
della popolazione, e come il 72% degli Stati membri che rappresentino
almeno il 65% della popolazione quando il Consiglio non delibera su proposta
della Commissione o del Ministro per gli affari esteri[15]. La maggioranza qualificata si ritiene comunque conseguita se i voti contrari sono espressi da meno di quattro rappresentanti degli Stati al Consiglio.
Una dichiarazione
allegata all’Atto finale della Conferenza intergovernativa contiene un progetto
di decisione del Consiglio – che sarà adottata dal Consiglio il giorno
dell’entrata in vigore del Trattato - relativa all’applicazione delle
norme relative alla maggioranza qualificata. Il progetto - che adatta la
clausola di Ioannina del 1994 - prevede
che per un periodo transitorio fino al 2014, se membri del Consiglio che
rappresentino almeno i tre quarti del livello di popolazione
oppure almeno i tre quarti del numero degli Stati membri
necessari per costituire una minoranza di blocco, si oppongono
all’adozione di un atto a maggioranza qualificata, il Consiglio deve discutere
l’argomento cercando di conseguire, in un tempo ragionevole e senza pregiudizio
di scadenze temporali definite dall’Unione, una soluzione soddisfacente
sulla base di una più ampia base di consenso. Dopo il 2014 il Consiglio
può abrogare la decisione deliberando a maggioranza qualificata.
Il Trattato ha esteso, rispetto ai Trattati
vigenti, il campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata.
Rimangono
all’unanimità le decisioni sulle seguenti materie:
·
misure relative alla politica estera e di
sicurezza comune (PESC), ad eccezione dei casi espressamente previsti
dall’art. III-300[16] (artt. I-40 e tutto
il Capo II del Titolo V, della Parte III );
·
politica di sicurezza e difesa (art.
I-41);
·
misure relative ai passaporti, alle carte
d'identità, ai titoli di soggiorno o altro documento assimilato e
misure relative alla sicurezza o alla protezione sociale (art. III-125);
·
in materia di ambiente, le misure aventi
principalmente natura fiscale; quelle aventi incidenza sull'assetto
territoriale, sulla gestione quantitativa delle risorse idriche e sulla
destinazione dei suoli, ad eccezione della gestione dei residui; quelle aventi
una sensibile incidenza sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti di
energia e sulla struttura generale dell'approvvigionamento energetico del
medesimo ( art. III-234);
·
deroga agli obblighi degli Stati membri a non
rendere meno favorevoli nei confronti dei vettori degli altri Stati
membri le disposizioni europee vigenti in materia di trasporti (art.
III-237);
·
disposizioni di carattere fiscale nel
settore dell’energia (art. III-256);
·
cooperazione operativa
tra le autorità di polizia degli Stati membri (art. III-275);
·
definizione e limiti per l’intervento di
autorità giudiziarie e di polizia nel territorio di un altro Stato
membro (III-277);
Per quanto concerne il settore della sicurezza
sociale e della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale,
il Trattato ha introdotto il meccanismo del cosiddetto “freno di emergenza”:
qualora un membro del Consiglio ritenga che una proposta incida su aspetti
fondamentali del suo sistema di sicurezza sociale o del suo ordinamento
giudiziario penale, può sospendere l’iter di approvazione chiedendo che sia
sottoposta al Consiglio europeo. Esso dispone di quattro mesi per rinviare la
proposta al Consiglio dell’UE o chiedere che venga presentata una nuova
proposta. In caso di mancata decisione del Consiglio europeo entro il termine
stabilito, un terzo degli Stati membri può istituire una cooperazione
rafforzata.
E’ stata mantenuta la clausola evolutiva
generale (clausola “passerella”)
che consente al Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, previa
approvazione del Parlamento europeo, di estendere la procedura legislativa
ordinaria ed il voto a maggioranza qualificata ai settori cui si applicano
procedure legislative speciali o il voto all’unanimità – ad eccezione, per l’estensione del voto a maggioranza
qualificata, delle decisioni che hanno implicazioni militari o rientrano nel
settore della difesa – a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti
obiezioni entro sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso
assunta dal Consiglio europeo.
La CIG
ha inoltre mantenuto una specifica clausola passerella volta a
consentire il passaggio al voto a maggioranza qualificata (ad esclusione
delle decisioni che hanno implicazioni militari o di difesa) nell’ambito di una
cooperazione rafforzata.
Il Trattato provvede ad una ridenominazione
e semplificazione degli atti dell’Unione (che sono ridotti da quindici a
sei) stabilendo la distinzione tra atti legislativi (adottati
congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio), atti non legislativi
ed atti esecutivi[17] ed introducendo
il nuovo strumento dei regolamenti delegati.
Per l'esercizio delle sue competenze, l'Unione
utilizza i seguenti strumenti giuridici:
Ø
la legge europea: atto legislativo di
portata generale, obbligatoria in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile
in ciascuno degli Stati membri;
Ø
la legge quadro europea: atto legislativo
che vincola tutti gli Stati membri destinatari per quanto riguarda il risultato
da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito
alla scelta della forma e dei mezzi;
Ø
il regolamento europeo: atto non legislativo
di portata generale volto all'attuazione degli atti legislativi e di talune
disposizioni specifiche della Costituzione. Esso può essere obbligatorio in
tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati
membri, oppure vincolare lo Stato membro destinatario per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali
in merito alla scelta della forma e dei mezzi;
Ø
la decisione europea: è un atto non
legislativo obbligatorio in tutti i suoi elementi;
Ø
le raccomandazioni e i pareri: atti che non
hanno effetto vincolante.
Le
leggi europee e le leggi quadro europee sono adottate
congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei ministri su
proposta della Commissione, secondo le modalità della procedura legislativa
ordinaria. Se le due istituzioni non raggiungono un accordo, l'atto non è
adottato.
In casi specifici - previsti dalla
Costituzione - le leggi europee e le leggi quadro europee possono essere
adottate secondo procedure legislative speciali dal Parlamento europeo
con la partecipazione del Consiglio dei ministri o da quest'ultimo con la
partecipazione del Parlamento europeo. In base alla clausola evolutiva generale
(clausola “passerella”) il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, previa
approvazione del Parlamento europeo, può decidere di estendere la procedura
legislativa ordinaria ai settori cui si applicano procedure legislative
speciali a condizione che nessun Parlamento nazionale presenti obiezioni entro
sei mesi dalla trasmissione di una iniziativa in tal senso assunta dal
Consiglio europeo.
I
regolamenti e le decisioni europee sono adottati dal Consiglio e
dalla Commissione e, in casi specifici previsti dalla Costituzione, anche dalla
Banca centrale europea. Anche il Consiglio europeo, nei casi previsti dalla
Costituzione può adottare decisioni europee.
Le raccomandazioni
sono adottate dal Consiglio e dalla Commissione e, in casi specifici previsti
dalla Costituzione, anche dalla Banca centrale europea.
Le leggi e le leggi quadro europee possono delegare alla
Commissione la facoltà di adottare regolamenti europei
delegati che completano o modificano determinati elementi non essenziali
della legge o della legge quadro, delimitando esplicitamente gli obiettivi, il
contenuto, la portata e la durata della delega. La disciplina degli elementi
essenziali di un settore è riservata alla legge o alla legge quadro
e non può essere oggetto di delega. Le leggi e le leggi quadro europee
fissano esplicitamente le condizioni generali cui è soggetta la delega:
- il Parlamento europeo o il Consiglio dei
ministri possono decidere di revocare la
delega
- il regolamento europeo delegato può entrare in vigore soltanto se, entro il
termine fissato dalla legge o dalla legge quadro europea, il Parlamento europeo
o il Consiglio dei ministri non
muovono obiezioni.
Gli
atti esecutivi per l’attuazione nel diritto interno degli atti
giuridicamente vincolanti sono adottati dagli Stati membri. Nel caso
siano necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente
vincolanti dell'Unione, questi attribuiscono competenze di esecuzione alla
Commissione o, in casi specifici al Consiglio. Le regole e i principi generali
relativi alle modalità di controllo degli atti esecutivi dell'Unione da parte
degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione attribuite
alla Commissione sono stabilite preventivamente con una legge europea.
Il
Trattato prevede la realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune
fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati
membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla
realizzazione di un livello di convergenza delle azioni degli Stati
membri.
Il Consiglio
europeo individua gli interessi strategici dell'Unione e fissa gli
obiettivi della sua politica estera e di sicurezza comune. Il Consiglio
elabora tale politica nel quadro delle linee strategiche definite dal Consiglio
europeo. Il Ministro degli affari esteri dell'Unione (vedi sopra)
e gli Stati membri attuano la politica estera e di sicurezza comune ,
ricorrendo ai mezzi nazionali e a quelli dell'Unione.
Gli Stati
membri si concertano in sede di Consiglio europeo e di Consiglio su
qualsiasi questione di politica estera e di sicurezza di interesse generale per
definire un approccio comune. Prima di intraprendere qualsiasi azione
sulla scena internazionale o di assumere qualsiasi impegno che possa incidere
sugli interessi dell'Unione, ciascuno Stato membro consulta gli altri in sede
di Consiglio europeo o di Consiglio.
In materia di
politica estera e di sicurezza comune la procedura legislativa ordinaria non
si applica. La disciplina di tale
settore è affidata alla decisioni europee adottate dal Consiglio europeo
e dal Consiglio all'unanimità - salvo i casi previsti di voto a
maggioranza qualificata da parte del Consiglio (vedi oltre) - su iniziativa
di uno Stato membro, su proposta del Ministro degli affari esteri
dell'Unione, o su proposta di quest'ultimo con l'appoggio della
Commissione.
In caso di
astensione dal voto, ciascun membro del Consiglio dei ministri può motivare la
propria astensione con una dichiarazione formale. In tal caso non è obbligato
ad applicare la decisione europea, ma accetta che questa impegni l'Unione. In
uno spirito di reciproca solidarietà, lo Stato membro interessato si astiene da
azioni che possano contrastare o impedire l'azione dell'Unione basata su tale
decisione. Qualora i membri del Consiglio dei ministri che motivano in tal modo
l'astensione rappresentino almeno un terzo degli Stati membri che totalizzano
almeno un terzo della popolazione dell'Unione, la decisione non è adottata.
In
deroga alla regola dell’unanimità, il Consiglio delibera a maggioranza
qualificata nel settore della politica estera e di sicurezza comune quando
adotta una decisione europea – che non abbia implicazioni militari o rientri
nel settore della difesa – relativa a:
Ø un'azione o una
posizione dell'Unione, sulla base di una decisione europea del Consiglio
europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione;
Ø un'azione o una
posizione dell'Unione in base a una proposta del ministro degli affari esteri
dell'Unione presentata in seguito a una richiesta specifica rivolta a
quest'ultimo dal Consiglio europeo di sua iniziativa o su iniziativa del
ministro;
Ø l’attuazione di
una decisione europea che definisce un'azione o una posizione dell'Unione;
Ø la nomina di un
rappresentante speciale.
Se un membro del Consiglio dichiara che, per vitali ed espliciti
motivi di politica nazionale, intende opporsi all'adozione di una decisione
europea che richiede la maggioranza qualificata, non si procede alla votazione.
Il Ministro degli affari esteri dell'Unione cerca, in stretta consultazione con
lo Stato membro interessato, una soluzione accettabile per quest'ultimo. In
mancanza di un risultato il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata,
può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, in
vista di una decisione europea all'unanimità.
Il
Consiglio europeo può decidere all'unanimità di estendere i casi
in cui il Consiglio deliberi a maggioranza qualificata.
Il
Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali aspetti e
sulle scelte fondamentali della politica estera e di sicurezza comune ed è tenuto
al corrente della sua evoluzione.
La
Corte di giustizia non è competente riguardo alle disposizioni
relative alla politica di sicurezza e di difesa comune.
Il
Trattato prevede la graduale definizione di una politica di difesa
comune dell'Unione, attraverso una decisione del Consiglio europeo all’unanimità.
La capacità
operativa dell’Unione si fonda sul ricorso a mezzi civili e militari,
attraverso i quali l'Unione può svolgere missioni al suo esterno per
garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti
e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai
principi della Carta delle Nazioni Unite. L'esecuzione di tali compiti si basa
sulle capacità fornite dagli Stati membri.
La politica di
sicurezza e difesa dell'Unione non pregiudica il carattere specifico della
politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli
obblighi derivanti dal Trattato del Nord-Atlantico per alcuni Stati membri che
ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del
Trattato del Nord-Atlantico, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di
difesa comune adottata in tale contesto.
Il Trattato
prevede l’impegno degli Stati membri a migliorare progressivamente le loro
capacità militari e l’istituzione di un'Agenzia europea per gli armamenti,
la ricerca e le capacità militari per coordinare lo sviluppo delle
capacità militari.
Le decisioni
europee relative all'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune
sono adottate dal Consiglio all'unanimità. Il diritto di proposta è
attribuito al ministro degli affari esteri dell'Unione o ad uno Stato
membro.
Gli
Stati membri che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità
militari e che hanno sottoscritto tra loro impegni più vincolanti in materia ai
fini delle missioni più impegnative instaurano una cooperazione strutturata
permanente, i cui criteri sono specificati in un apposito protocollo
allegato al Trattato.
La procedura di avvio di una cooperazione
strutturata permanente nel settore della difesa si base sui seguenti
elementi:
– la decisione che instaura la cooperazione strutturata
permanente è assunta entro tre mesi dalla notifica al Consiglio degli Stati
membri che intendono avviarla (non è
previsto un numero minimo di Stati membri);
– la decisione è assunta a maggioranza qualificata dal Consiglio sulla base del parere del
Ministro degli esteri. Gli ingressi successivi sono decisi a maggioranza qualificata dal Consiglio con
il voto dei soli Stati membri che fanno parte della cooperazione[18], sulla base dei
criteri e degli impegni di cui al Protocollo. Se uno Stato partecipante non
soddisfa più i criteri, il Consiglio può deliberare, sempre a maggioranza
qualificata, di sospenderne la partecipazione. Se uno Stato membro partecipante
desidera ritirarsi dalla cooperazione strutturata permanente notifica la sua
decisione al Consiglio, che ne prende atto;
–
le altre decisioni concernenti la cooperazione - e diverse da quelle relative
all’instaurazione, alla partecipazione successiva ed alla sospensione - sono
assunte all’unanimità dagli Stati che ne
fanno parte.
Il Protocollo sulla cooperazione strutturata permanente prevede che essa sia aperta ad
ogni Stato membro che si impegni, in particolare, a:
– procedere più
intensamente allo sviluppo delle sue capacità di difesa;
– fornire entro
il 2007 unità di combattimento capaci di intraprendere missioni Petersberg
entro un termine da 5 a 30 giorni e sostenerle per un periodo iniziale di 30
giorni, prorogabile di 120 giorni;
– riesaminare
regolarmente gli obiettivi relativi al livello delle spese di
investimento in materia di equipaggiamenti di difesa, alla luce della
situazione internazionale delle responsabilità dell’Unione;
– ravvicinare, nella misura
del possibile, gli strumenti di difesa e prendere misure concrete per
rafforzare la disponibilità, interoperabilità, flessibilità e capacità di
dispiegamento delle forze;
– cooperare per
assicurare l’adozione delle misure necessarie per colmare le lacune
che siano state constatate nel quadro del meccanismo di sviluppo delle
capacità;
– partecipare, se del caso,
allo sviluppo di programmi comuni o europei nel quadro delle attività
promosse dall’Agenzia europea per la difesa.
Il Trattato
contiene inoltre:
Ø una clausola di
mutua assistenza in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro
nel suo territorio: gli altri Stati membri devono prestare - in
conformità delle disposizioni dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite
e senza che ciò pregiudichi il carattere specifico della loro politica di
sicurezza e difesa - aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso. Gli
impegni e la cooperazione in tale settore rimangono conformi agli impegni
assunti nell’ambito della NATO;
Ø una clausola di
solidarietà tra l’Unione o ogni Stato membro qualora uno Stato membro sia
oggetto di un attacco terroristico o di una calamità naturale o
provocata dall'uomo.
Il
Parlamento europeo è consultato regolarmente sui principali
aspetti e sulle scelte fondamentali della politica di sicurezza e di difesa
comune ed è tenuto al corrente della sua evoluzione.
La
Corte di giustizia non è competente riguardo alle disposizioni
relative alla politica di sicurezza e di difesa comune.
Il
Trattato prevede la costituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia da conseguire:
·
attraverso una cooperazione operativa delle autorità
competenti degli Stati membri, compresi i servizi di polizia,
i servizi delle dogane e altri servizi specializzati nel settore della prevenzione
e dell'accertamento degli illeciti penali.
La soppressione della attuale struttura “per
pilastri” dell’ordinamento dell’Unione europea (che comporta l’adozione di
procedure decisionali differenziate a seconda della materia trattate)
comporterà l’applicazione della procedura legislativa ordinaria[19] e l’estensione
della votazione a maggioranza qualificata, tranne alcune eccezioni[20].
Il Trattato
prevede che spetti al Consiglio europeo definire gli orientamenti
strategici della programmazione legislativa.
Nell’ambito della cooperazione
giudiziaria in materia penale e della cooperazione di polizia,
il diritto di iniziativa legislativa è attribuito, oltre che alla
Commissione – anche ad un quarto degli Stati membri.
I
Parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di
sussidiarietà da parte delle proposte e iniziative legislative presentate nei
settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale[21]; sono
associati al controllo politico dell'Europol e alla valutazione
delle attività dell'Eurojust.
Relativamente
ai controlli alle frontiere il Trattato prevede lo sviluppo di una
politica volta a garantire:
Il
Trattato prevede un politica comune in materia di asilo e di protezione
temporanea, attraverso la definizione di un sistema europeo comune d’asilo
volto a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo
che necessita di protezione internazionale conformemente alla convenzione di
Ginevra e al protocollo relativi allo status dei rifugiati.
Il
Trattato promuove una politica comune sull’immigrazione, definita dai
seguenti principi comuni:
Nell’ambito
della cooperazione giudiziaria in materia penale il Trattato prevede che il Consiglio
possa istituire - all’unanimità, previa approvazione del Parlamento
europeo - una Procura europea, con il compito di combattere i reati
che ledono gli interessi finanziari dell'Unione.
La Procura europea è competente per
individuare, perseguire e trarre in giudizio, eventualmente in collegamento con
l'Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione:
esercitando quindi l'azione penale per tali reati dinanzi agli organi
giurisdizionali competenti degli Stati membri.
Il Consiglio
europeo può - all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e
previa consultazione della Commissione - estendere le attribuzioni della
Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che
presenta una dimensione transnazionale.
E’ prevista,
infine, la generalizzazione del
controllo da parte della Corte di
giustizia sull’azione dell’Unione in questo campo (attualmente è limitato
solo ad alcune fattispecie e previo consenso degli Stati membri).
Le cooperazioni rafforzate sono intese a promuovere la realizzazione
degli obiettivi dell'Unione, a proteggere i suoi interessi e a rafforzare il
suo processo di integrazione. Esse sono escluse per i settori di
competenza esclusiva dell’Unione e sono aperte a tutti gli Stati membri
al momento della loro instaurazione e in qualsiasi momento.
L'autorizzazione a procedere ad una cooperazione
rafforzata è accordata dal Consiglio dei ministri in ultima istanza,
qualora abbia stabilito che gli obiettivi da essa perseguiti non possono essere
conseguiti entro un termine ragionevole dall'Unione nel suo insieme, e a
condizione che essa raccolga almeno un terzo degli Stati membri.
Tutti gli Stati membri possono partecipare alle deliberazioni del
Consiglio, ma solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati
partecipanti ad una cooperazione rafforzata partecipano al voto
degli atti.
L’unanimità
è costituita solo dai voti degli Stati membri partecipanti e la maggioranza
qualificata è definita come almeno il 55% degli Stati
partecipanti che rappresenti almeno il 65% della popolazione
degli Stati membri partecipanti. In mancanza di una minoranza di blocco
pari ad almeno il numero minimo di Stati rappresentanti più del 35 %
della popolazione degli Stati membri, più uno Stato membro, la
maggioranza qualificata si intende acquisita.
Nel
caso in cui il Consiglio deliberi non su proposta della Commissione o del
Ministro degli affari esteri dell’Unione, la maggioranza qualificata è definita
come almeno il 72% degli Stati Partecipanti che rappresenti almeno il 65 %della
popolazione di tali Stati.
L'autorizzazione
a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea
del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata su proposta
della Commissione e previa approvazione del Parlamento europeo. Nel
settore della politica estera e di sicurezza comune[22] l'autorizzazione
a procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione europea
del Consiglio, che delibera all'unanimità.
Ogni
Stato membro che intenda partecipare ad una cooperazione rafforzata
in corso notifica tale intenzione al Consiglio ed alla Commissione
che entro quattro mesi, constatando che le condizioni di partecipazione siano
soddisfatte e adottando le misure transitorie necessarie, conferma la
partecipazione dello Stato membro in questione. Nel caso di cooperazioni
rafforzate nel settore della politica estera e di sicurezza comune, è il Consiglio
che conferma all’unanimità la partecipazione dello Stato membro in causa,
previa consultazione del Ministro degli affari esteri dell’Unione e dopo avere
constatato che le condizioni di partecipazione siano soddisfatte.
Gli atti adottati nel quadro di una cooperazione
rafforzata vincolano solo gli Stati partecipanti. Essi non sono
considerati un acquis che deve essere accettato dai candidati all'adesione
all'Unione.
Il Trattato
contiene una clausola passerella per le cooperazioni rafforzate:
qualora una disposizione della Costituzione – ad eccezione delle decisioni che
hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa -
applicabile nel quadro di una cooperazione rafforzata,
preveda che il Consiglio adotti leggi europee o leggi quadro europee
conformemente a una procedura legislativa speciale o che deliberi
all'unanimità, il Consiglio all'unanimità può decidere rispettivamente
che delibererà a norma della procedura legislativa ordinaria o che delibererà a maggioranza
qualificata.
Il titolo dedicato
alla vita democratica dell’Unione contiene disposizioni relative ai principi
dell’eguaglianza democratica, della democrazia rappresentativa e della
democrazia partecipativa; al dialogo con le parti sociali; al mediatore
europeo; alla trasparenza dei lavori dell’Unione; alla protezione dei dai
personali ed alla status delle Chiese e delle organizzazioni non confessionali.
Si segnala in
particolare la previsione dell’iniziativa legislativa popolare.
Un milione di cittadini europei, provenienti da un rilevante numero di Stati
membri possono invitare la Commissione a presentare una proposta legislativa.
Le condizioni e le procedure per l’esercizio dell’iniziativa popolare, incluso
il numero minimo di Stati membri cui devono appartenere, saranno
disciplinate da una legge europea.
Il bilancio
dell’Unione si fonda sui principi di unità (le entrate e le
spese sono disciplinate in un unico documento); annualità (il ciclo di
bilancio è annuale, ha inizio il 1° gennaio e si chiude il 31 dicembre) ed equilibrio
(le entrate e le spese devono risultare in pareggio). Il Trattato attribuisce
alla Commissione un formale diritto di iniziativa[23], elimina
la distinzione tra spese obbligatorie e non obbligatorie e
rafforza il potere decisionale del Parlamento europeo[24]. Il bilancio è
adottato con una legge europea approvata dal Parlamento europeo e dal
Consiglio con una procedura ad hoc (modellata sulla base
della attuale procedura di codecisione). Il bilancio dell’Unione deve essere
fissato nei limiti previsti dal quadro finanziario pluriannuale.
Al fine di
assicurare l'ordinato andamento delle spese dell'Unione entro i limiti delle
risorse proprie, si introduce la disciplina sul quadro finanziario
pluriannuale (attualmente disciplinato da un accordo interistituzionale),
con il quale sono definiti i plafonds per le varie categorie di spese.
Il quadro finanziario pluriannuale è stabilito per un periodo almeno
quinquennale.
Per le risorse
proprie il Trattato ripropone sostanzialmente la procedura attualmente in
vigore (unanimità e ratifica nazionale). Una legge europea del Consiglio,
che delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento
europeo, fissa i limiti delle risorse dell'Unione e può stabilire
nuove categorie di risorse o sopprimere una categoria esistente. Detta legge
entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri
secondo le rispettive norme costituzionali.
Il titolo VIII contiene disposizioni relative alle
relazioni privilegiate dell’Unione con gli Stati limitrofi. In particolare si
prevede che l’Unione possa concludere accordi specifici con gli Stati
interessati.
Il titolo IX del Trattato contiene le disposizioni
relative all’appartenenza all’Unione. Oltre alle norme relative ai criteri ed
alla procedura per l’adesione all’Unione, alla sospensione di alcuni
diritti derivanti dall’appartenenza all’Unione per gli Stati membri che
violino i valori su cui si fonda l’Unione, il Trattato inserisce nuove
disposizioni che disciplinano il ritiro volontario dall’Unione. In
base a tali disposizioni ogni Stato membro può decidere di ritirarsi
dall’Unione europea, notificando tale intenzione al Consiglio europeo e
negoziando un accordo con l’Unione volto a definire le modalità del suo ritiro.
Il Trattato
contiene nella Parte II il testo integrale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000. Rispetto al testo di
Nizza, si prevede esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate
dai giudici dell’Unione e degli Stati membri alla luce delle spiegazioni
predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed
aggiornate dal Praesidium della Convenzione europea. Tali spiegazioni sono contenute in una
dichiarazione allegata al Trattato.
La
parte III del Trattato contiene le disposizioni di applicazione relative alle
diverse politiche di settore (alcune delle quali sono stati già sopra
illustrate nelle rispettive politiche di competenza). Vengono codificate in un
unico testo le disposizioni contenute nei Trattati vigenti. Oltre quelle già
illustrate in quanto richiamate da disposizioni della parte I, si evidenziano
le seguenti principali novità:
Ø
la possibilità di fissare, attraverso leggi
o leggi quadro europee (con ricorso a votazione a maggioranza
qualificata), principi di base per misure di incentivazione in riferimento alla
non discriminazione;
Ø
l’introduzione di una base giuridica per la
definizione, attraverso una legge europea, dei principi
e delle condizioni per il
funzionamento dei servizi di interesse generale;
Ø
l’esplicito riferimento al metodo
aperto di coordinamento nei settori: politica dell’occupazione, sicurezza
sociale; ricerca e sviluppo tecnologico; sanità pubblica; politica industriale
e competitività;
Ø
l’introduzione
di un nuovo articolo relativo alla protezione civile, in base al quale l’Unione
incoraggia la cooperazione tra gli Stati
membri per rafforzare l’efficacia dei sistemi di prevenzione e protezione
contro le catastrofi naturali o di origine umana,
Ø l’introduzione di un nuovo articolo che fissa i seguenti obiettivi dell’UE nel settore dell’energia ai fini della realizzazione del mercato interno e della tutela dell’ambiente: assicurare il funzionamento del mercato interno dell’energia; garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici; promuovere l’efficienza energetica, il risparmio energetico e lo sviluppo delle energie nuove e rinnovabili.
Ø
l’inserimento
di un protocollo sul gruppo Euro, con il quale viene dato riconoscimento
alle riunioni informali dei ministri degli Stati appartenenti alla zona
dell’Euro, prevedendo che essi eleggano un presidente per un periodo di due
anni e mezzo;
Ø
la possibilità per le persone
fisiche o giuridiche di presentare ricorso
alla Corte di giustizia per il controllo della legittimità delle misure
restrittive nei loro confronti adottate dal Consiglio
nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;
La parte IV del Trattato con contiene disposizioni
relative alla abrogazione dei precedenti trattati; alla successione e
continuità giuridica dell’Unione e degli atti giuridici; al campo di applicazione
territoriale alla ratifica ed entrata in vigore del Trattato; alla procedura di
revisione.
Il Trattato dovrà essere ratificato da tutti gli
Stati membri dell’Unione, secondo le rispettive norme costituzionali ed entrerà
in vigore a seguito del deposito di tutti gli strumenti di ratifica.
Gli strumenti di ratifica saranno depositati presso il governo della Repubblica
italiana.
In una dichiarazione allegata al progetto di
Costituzione, la CIG ha previsto che qualora al termine di due anni a
decorrere dalla firma del Trattato i quattro quinti degli Stati membri
abbiano ratificato il Trattato e uno o più Stati membri incontrino difficoltà
nelle procedure di ratifica, la questione sia deferita al Consiglio
europeo.
La procedura di
revisione rimane analoga a quella attualmente prevista
dall’articolo 48 del Trattato sull’Unione europea: le modifiche devono essere ratificate
da tutti gli Stati membri, in esito ad una Conferenza intergovernativa. E’
previsto che la Conferenza intergovernativa sia preparata da una Convenzione
composta di rappresentanti dei parlamenti nazionali degli Stati membri, dei
Capi di Stato o di governo degli Stati membri, del Parlamento europeo e della
Commissione. Il Consiglio europeo
può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento
europeo, di non convocare una Convenzione qualora l’entità delle
modifiche non lo giustifichi e, quindi, definire direttamente il mandato per
una Conferenza intergovernativa.
Il
Trattato prevede una procedura semplificata di revisione limitatamente
alle politiche interne dell’Unione (Parte III, titolo III) ed a
condizione che le modifiche non comportino ampliamento delle competenze
attribuite all’Unione. Tale procedura semplificata prevede la delibera all’unanimità
del Consiglio europeo, previa consultazione del Parlamento
europeo e della Commissione, senza la convocazione di una Conferenza intergovernativa, ma con la
previsione della successiva la ratifica da parte di tutti gli
Stati membri, secondo le rispettive procedure costituzionali.
Allegati al Trattato vi sono 36 protocolli[25]. Si tratta di atti aventi
lo stesso carattere vincolante delle disposizioni del Trattato costituzionale.
La maggior parte dei protocolli riproducono analoghi atti attualmente allegati
ai trattati vigenti. Tra i nuovi protocolli, e
tra quelli che pur riproducendo protocolli già esistenti contengono nuove disposizioni, si segnalano in
particolare:
Ø il protocollo sul ruolo dei
Parlamenti nazionali;
Ø il protocollo
sull’applicazione dei principi di sussidiarietà
e proporzionalità;
Ø il protocollo sulla rappresentanza dei cittadini nel
Parlamento europeo e sulla ponderazione
dei voti in seno al Consiglio europeo e al Consiglio dei ministri;
Ø il protocollo sul Gruppo Euro;
Ø il protocollo sulla
modifica del Trattato Euratom.
Allegate all’Atto finale
delle Conferenza intergovernativa vi sono
49 dichiarazioni adottate dalla Conferenza. Tali atti hanno una valenza
politica. Tra le dichiarazioni si segnalano in particolare le seguenti:
Ø la dichiarazione relativa
agli articoli I-22, I-27 e I-28 che richiama la necessità tener in debito conto
e rispettare la diversità geografica
e demografica dell’Unione e dei suoi
Stati membri nella scelta delle
persone chiamate ad occupare la carica di Presidente del Consiglio europeo, Presidente della Commissione europea e Ministro degli affari esteri dell’Unione;
Ø dichiarazione relativa
all’articolo I-24, paragrafo 7, concernente la decisione del Consiglio europeo
sulla Presidenza del Consiglio;
Ø dichiarazione relativa
all’articolo I-25, relativamente alla minoranza di blocco di una decisione a
maggioranza qualificata del Consiglio;
Ø dichiarazione sulle spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali,
Ø dichiarazione relativa alla
ratifica del Trattato che adotta una
costituzione per l’Europea;
Ø dichiarazione concernente
il protocollo sulle disposizioni
transitorie relative alle istituzioni e agli organi dell’Unione.
Il Trattato comprende nella Parte II il testo
integrale della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 nella
forma di solenne Dichiarazione congiunta del Parlamento europeo, del Consiglio
e della Commissione. Rispetto al testo di Nizza, si prevede
esplicitamente che le disposizioni della Carta siano interpretate
dai giudici dell’Unione e degli Stati membri alla luce delle spiegazioni
predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed
aggiornate dal Praesidium della Convenzione che ha elaborato il progetto di
Trattato costituzionale. Tali spiegazioni
sono contenute in una dichiarazione allegata
al Trattato. Per quanto riguarda l’ambito
di applicazione, le disposizioni della Carta si applicano in primo luogo alle
istituzioni ed agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di
sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del
diritto dell’Unione.
A
seguito del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo, celebrato nel dicembre 1998, il Consiglio europeo di Colonia (3-4
giugno 1999) decise di avviare i lavori per la redazione di una Carta dei
diritti fondamentali. Si voleva in tal modo raccogliere in un unico testo i
diritti fondamentali in vigore a livello dell'Unione (e basati sui trattati
comunitari, sulle convenzioni internazionali, nonché sulle tradizioni costituzionali
comuni degli Stati membri), in modo da conferire loro maggiore visibilità.
L'elaborazione
venne affidata ad una speciale Assemblea - che decise di darsi il nome di
Convenzione - composta da 62 membri, rappresentanti dei Parlamenti nazionali, del
Parlamento europeo, dei governi degli Stati membri e del Presidente della
Commissione europea.
I
lavori ebbero inizio il 17 dicembre 1999 e terminarono con la proclamazione
della Carta il 7 dicembre 2000, a latere
del Consiglio europeo di Nizza.
La Carta, alla quale è premesso un
Preambolo, si compone di 54 articoli
suddivisi in sette titoli:
·
dignità
(artt. da II-61 a II-65);
·
libertà
(artt. da II-66 a II-79);
·
uguaglianza
(artt. da II-80 a II-86);
·
solidarietà
(artt. da II-87 a II-98);
·
cittadinanza
(artt. da II-99 a II-106);
·
giustizia
(artt. da II-107 a II-110);
·
disposizioni generali che
disciplinano l’interpretazione e l’applicazione della Carta (artt. da II-111 a
II-114).
Nel Preambolo
si richiama il retaggio spirituale e morale dell’Europa, da cui discendono i
valori universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della
solidarietà, ai quali l'Unione Europea ispira la propria azione, unitamente al
principi di democrazia e dello stato di diritto. Si assicura inoltre il
rispetto del principio di sussidiarietà,
ribadendo i diritti derivanti dalle tradizioni costituzionali e dagli
obblighi internazionali comuni agli Stati membri.
In relazione alla titolarità dei diritti, la Carta cerca di
rispettare il principio dell’universalità
dei diritti fondamentali, di conferire cioè ad ogni individuo i diritti in essa
contemplati. Questo principio, tuttavia, non è esclusivo e pertanto incontra
alcuni limiti dovuti essenzialmente alla particolare qualificazione giuridica
che l’ordinamento comunitario attribuisce di volta in volta agli individui
(cittadini, cittadini di Stati terzi, ecc.). Si possono pertanto classificare i
diritti in relazione ai soggetti cui è riconosciuta dalla Carta la piena
titolarità:
|
Tutti
gli individui |
Cittadini
dell’Unione |
Lavoratori |
|||
¨
diritto alla vita ¨
integrità della persona ¨
libertà e sicurezza ¨
rispetto della vita privata e familiare ¨
protezione dei dati di carattere personale ¨
libertà di pensiero, di coscienza e di
religione ¨
libertà di espressione e d’informazione ¨
libertà di riunione e associazione ¨
diritto all’istruzione, ¨
al lavoro ¨
all’accesso a servizi di collocamento gratuiti ¨
a costituire sindacati ¨
diritto alla proprietà ¨
alle prestazioni di sicurezza sociale ¨
alla buona amministrazione ¨
al risarcimento da parte dell’Unione dei
danni cagionati dalle sue istituzioni e agenti, al diritto ad un ricorso
effettivo davanti ad un giudice imparziale al diritto di rivolgersi alle
istituzioni dell’Unione e di ricevere risposta in una delle lingue del
Trattato |
¨
libertà di cercare un lavoro, di lavorare,
di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro ¨
diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiedono ¨
diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni comunali ¨
diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni ¨
diritto di rivolgersi al Mediatore ¨
diritto di presentare una petizione al
Parlamento europeo ¨
libertà di circolazione e di soggiorno nel
territorio degli Stati membri ¨
tutela diplomatica e consolare nel
territorio di paesi terzi da parte delle autorità diplomatiche di qualsiasi
Stato membro |
¨
informazione e consultazione nell’ambito
dell’impresa ¨
condizioni di lavoro giuste ed eque ¨
diritto di negoziazione e di azioni
collettive ¨
tutela contro l’ingiustificato
licenziamento ¨
protezione dei giovani sul luogo di lavoro
¨
tutela contro il licenziamento per un
motivo legato alla maternità ed i congedi di maternità e parentali |
|
|||
Altri soggetti considerati nella Carta ed a cui viene
attribuita la titolarità di diritti sono i seguenti:
Persone che risiedono nell’Unione |
Altri soggetti titolari |
¨
diritto alle prestazioni di sicurezza
sociale e i benefici sociali ¨
diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni ¨
diritto di adire il Mediatore ¨
il diritto di petizione |
¨
i bambini , che godono di una particolare
tutela ¨
i cittadini dei paesi terzi, che hanno il
diritto a condizioni di lavoro equivalenti a quelle dei cittadini
dell’Unione, se autorizzati a lavorare nel territorio degli Stati membri ed
ai quali può essere accordata la libertà di circolazione e di soggiorno se
risiedono legalmente in uno Stato membro ¨
i disabili ¨
gli anziani |
E’ opportuno rilvare che
talune disposizioni demandano al legislatore
nazionale l’attuazione o la limitazione dei diritti enunciati (ad esempio,
il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia (art. II-69); il diritto
all’obiezione di coscienza (art. II-70); la libertà di creare istituti
d’insegnamento e il diritto dei genitori di provvedere all’educazione dei figli
secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche (art. II-74).
L’articolo II-111
del Trattato costituzionale, stabilendo che le disposizioni della Carta si
applicano in primo luogo alle istituzioni ed agli organi dell’Unione, come pure
agli Stati membri nell’attuazione del diritto comunitario, chiarisce che la
Carta non estende l’ambito di applicazione del diritto comunitario stesso al di
là delle competenze dell’UE e non introduce competenze nuove per
l’Unione.
L’articolo II-112 dispone che eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti sanciti dalla Carta debbano
essere previsti dalla legge; tali limitazioni possono essere apportate solo
laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse
generale riconociute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le
libertà altrui. Lo stesso articolo II-112 prevede che, laddove la Carta
riconosca i diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti
devono essere interpretati in armonia con dette tradizioni. Si tiene inoltre
pienamente conto delle legislazioni
e prassi nazionali. Le disposizioni
della Carta che contengono princìpi possono essere attuate da atti a livello
comunitario o dei singoli Stati membri, ma possono essere invocate dinanzi a un
giudice solo ai fini dell’interpretazione e del controllo della legalità di
tali atti.
I giudici
dell’Unione e degli Stati membri devono tenere
nel debito conto le spiegazioni alla Carta, contenute in un’apposita
dichiarazione allegata al Trattatto costituzionale. In particolare, la
spiegazione all’art. II-111 ribadisce che gli Stati membri sono tenuti a
rispettare gli obblighi sanciti dalla Carta solamente quando agiscono in
applicazione del diritto dell’Unione.
L’articolo II-113 sancisce, inoltre,
come clausola di salvaguardia, che
nessuna disposizione della Carta può essere interpretata in senso limitativo
dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciute nelle Costituzioni degli Stati membri,
nonché, nel rispettivo campo di applicazione, dai vari testi in vigore
nell’Unione, in particolare dalla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali.
L’articolo II-114 infine è inteso ad evitare che le
disposizioni della Carta possano essere interpretate nel senso di consentire
attività che mirino a limitare o a distruggere diritti o libertà riconosciuti
dalla Carta stessa.
Nel Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa il ruolo dei
Parlamenti nazionali è disciplinato essenzialmente nei due protocolli - allegati al
Trattato - sul ruolo dei Parlamenti nazionali e sui princìpi di sussidiarietà e
proporzionalità; ulteriori
disposizioni contenute nel Trattato definiscono il ruolo dei parlamenti.
I due protocolli prevedono:
·
la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali:
-
dei documenti di consultazione della
Commissione;
-
di tutte le proposte legislative,
nonché delle loro modifiche nel corso del procedimento[27];
-
del programma legislativo
annuale, della strategia politica annuale e degli altri strumenti di
programmazione della
Commissione;
-
della relazione annuale della Commissione
sull’applicazione dei principi fondamentali in tema di delimitazione delle competenze;
-
della relazione annuale della Corte dei conti;
·
la comunicazione
diretta ai Parlamenti nazionali degli
ordini del giorno e dei risultati dei lavori del Consiglio – compresi i processi verbali delle
sessioni nelle quali il Consiglio delibera su progetti di atti legislativi
europei - nello stesso momento in cui sono comunicati ai Governi degli Stati
membri;
·
la possibilità per ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di sollevare obiezioni, entro un termine di sei settimane dalla data di
trasmissione di un progetto, sulla
corretta applicazione del principio di sussidiarietà (cosiddetto early
warning o allerta precoce) in relazione alle proposte legislative.
L’obiezione
assume la forma di un parere motivato
da inviare ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della
Commissione nel quale sono esposte le ragioni per le quali si ritiene che la
proposta in causa non sia conforme al
principio di sussidiarietà.
Qualora
i pareri motivati rappresentino
almeno un terzo dell’insieme dei
voti attribuiti ai Parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato. A tal fine ciascun Parlamento
nazionale dispone di due voti, ripartiti in funzione del sistema
parlamentare nazionale; in un sistema parlamentare nazionale bicamerale
ciascuna delle due Camere dispone di un voto. Ciascun Parlamento
nazionale o ciascuna Camera può consultare
all’occorrenza i parlamenti regionali
con poteri legislativi.
La
soglia per l’obbligo di riesame è abbassata a un quarto, nel caso di
proposte della Commissione o di una iniziativa di un gruppo di Stati membri che
si riferiscono allo spazio di libertà
sicurezza e giustizia;.
Al
termine del riesame il progetto in
questione può essere – con una decisione
motivata - mantenuto, modificato o
ritirato.
·
la facoltà per
ciascun Parlamento nazionale (o Camera) di presentare – attraverso
la trasmissione effettuata dai relativi Stati membri - un ricorso alla Corte di giustizia per violazione del principio di sussidiarietà;
·
l’organizzazione di una
efficace e regolare cooperazione interparlamentare definita
congiuntamente da Parlamento europeo e Parlamenti nazionali;
·
la possibilità per la Conferenza degli organismi
specializzati negli affari comunitari ed europei (COSAC) di sottoporre all'attenzione delle istituzioni europee i contributi che
ritiene utili[28]; la Conferenza promuove inoltre lo scambio di informazioni e buone prassi tra i Parlamenti degli Stati membri e il Parlamento
europeo, nonché tra le loro commissioni specializzate, e può altresì
organizzare conferenze
interparlamentari su temi specifici che rientrano
nella politica estera e di sicurezza comune e nella politica di
sicurezza e di difesa comune.
L’articolo I-18 prevede che se un’azione appare necessaria per
realizzare obiettivi stabiliti dalla Costituzione, senza che questa abbia
previsto i poteri d’azione da parte dell’Unione, il Consiglio dei ministri può
deliberare all’unanimità, su proposta della Commissione e previa approvazione
del Parlamento europeo (clausola di flessibilità). In questo caso la Commissione europea deve richiamare l’attenzione
dei Parlamenti nazionali, nel quadro della procedura di controllo del
principio di sussidiarietà.
Altre disposizioni riguardanti i Parlamenti
nazionali sono collocate negli articoli relativi allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sia nella parte I sia nella parte III. In particolare l’articolo I-42, paragrafo 2, stabilisce
in via di principio che i Parlamenti nazionali possano partecipare ai meccanismi di valutazione dell’attuazione delle
politiche dell’Unione relative allo spazio di libertà, sicurezza e
giustizia e siano associati al controllo politico delle attività dell’Europol ed alle valutazioni dell’attività di
Eurojust[29]. I Parlamenti nazionali sono inoltre tenuti
informati dei lavori del Comitato politico istituito in seno al Consiglio dell’UE per promuovere e rafforzare la
cooperazione operativa in materia di sicurezza interna (art.III-261).
L’articolo I-58, paragrafo 2 relativo alla procedura di
adesione all’Unione europea, prevede che i Parlamenti nazionali (e il Parlamento europeo) siano informati della domanda di adesione
proveniente da uno Stato europeo che desideri diventare membro dell’Unione.
L’articolo IV-443,
relativo alla procedura di revisione, stabilisce che:
·
i progetti
di modifica del Trattato sono notificati ai parlamenti nazionali;
·
nel caso in cui il Consiglio europeo decida di
procedere nell’esame delle modifiche proposte, esso convoca una Convenzione
composta da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei Governi, del Parlamento
europeo e della Commissione. La Convenzione esamina i progetti di revisione e
adotta per consenso una raccomandazione alla Conferenza dei rappresentanti dei
Governi, cui spetta di comune accordo di stabilire le modifiche da apportare al
Trattato.
L’articolo IV-444,
relativo alla procedura di revisione
semplificata, prevede al paragrafo 3 che ogni iniziativa del Consiglio europeo volta ad estendere, deliberando
all’unanimità, la procedura legislativa ordinaria ed il voto a maggioranza
qualificata ai settori cui si applicano procedure legislative speciali o il
voto all’unanimità (c.d. clausola
passerella) sia trasmessa ai Parlamenti
nazionali. In caso di opposizione di
un parlamento nazionale, notificata entro sei mesi dalla data di
trasmissione, la decisione non è adottata.
I dati riportati nella presente tabella – aggiornati al 3 novembre e
da ritenersi di carattere indicativo – sono stati ricavati da contatti con i
competenti uffici dei Parlamenti, da dichiarazioni rese alla stampa da
autorità istituzionali dei Paesi interessati, nonché da informazioni raccolte
dal Ministero degli esteri italiano, dal Parlamento europeo e dalla
Commissione europea. |
|
STATO
MEMBRO |
REFERENDUM |
Austria |
|
Belgio |
Non
è per ora esclusa la possibilità di un referendum consultivo prima dell’avvio
della procedura di ratifica |
Cipro |
|
Danimarca |
SI La
data non è stata stabilita; sembra che il Governo intenda fare in modo che la
Danimarca sia tra gli ultimi paesi, per contare sull’influenza positiva delle
ratifiche già avvenute altrove |
Estonia |
|
Finlandia |
|
Francia |
SI (luglio o settembre/ottobre 2005) |
Germania |
|
Grecia |
|
Irlanda |
SI La
data non è stata ancora decisa; sembra che una decisione al riguardo non
interverrà prima di Natale |
Lettonia |
|
Lituania |
|
Lussemburgo |
SI (probabilmente luglio 2005) |
Malta |
|
Paesi
Bassi |
SI Sembra
che il referendum, di carattere consultivo, non si svolgerà prima di aprile
2005 |
Polonia |
SI La
data non è ancora stabilita: il Governo sta valutando se abbinare il
referendum allo svolgimento delle elezioni presidenziali nell’autunno 2005, o
alle elezioni politiche, che potrebbero avere luogo in primavera o
nell’autunno 2005 |
Portogallo |
SI (aprile 2005) |
Regno
Unito |
SI (primavera 2006) L’intenzione
sembra sia quella di svolgere il referendum dopo le elezioni politiche della
primavera 2005 e dopo il semestre di presidenza inglese dell’Unione
(luglio-dicembre 2005). Il referendum seguirà il processo parlamentare di
ratifica. |
Repubblica
Ceca |
SI (giugno 2006, abbinato alle elezione
legislative) |
Slovacchia |
|
Slovenia |
|
Spagna |
SI (20 febbraio 2005) |
Svezia |
|
Ungheria |
|
[1] Il Trattato di Nizza, firmato il 26 febbraio 2001, è entrato in vigore il 1° febbraio del 2003.
[2] La convocazione di una Convenzione era stata in
precedenza prevista, dal Consiglio europeo di Colonia nel 1999, per la
redazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata
a Nizza il 7 dicembre del 2000.
[3]
Gruppi di lavoro sono stati istituiti
sui seguenti temi: sussidiarietà; personalità giuridica; ruolo dei Parlamenti
nazionali; Carta dei diritti fondamentali; competenze complementari; governance
economica; semplificazione degli strumenti e delle procedure; spazio di
libertà, sicurezza e giustizia; azione esterna dell’Unione; difesa; Europa
sociale.
[4] L’art. 48 del Trattato sull’Unione europea
prevede che le modifiche ai trattati siano stabilite di comune accordo da una
conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri (CIG) e che gli
emendamenti ai trattati entrino in vigore dopo essere stati ratificati da tutti
gli Stati membri secondo le rispettive norme costituzionali. La CIG è condotta
dai Capi di Stato e di governo, assistiti dai ministri degli affari esteri; ad
essa ha partecipato un rappresentante della Commissione e il Parlamento europeo
è stato associato ai suoi lavori con due rappresentanti (Elmar Brook del gruppo PPE e Klaus Hänsch del gruppo PSE) che hanno
partecipato alla sessioni ministeriali della CIG e dal Presidente del
Parlamento europeo (Pat COX) che ha partecipato alle riunioni dei Capi di Stato
e di governo.
[5]
Parallelamente ai negoziati politici condotti a livello di conferenza
intergovernativa e successivamente alla conclusione della Conferenza
intergovernativa un gruppo di esperti giuridici di tutti gli stati membri ed
aderenti ha proceduto alla revisione giuridica-linguistica del Trattato.
[6] La mancanza di
personalità giuridica ha fino ad ora impedito all’Unione in quanto tale di
stipulare accordi con Stati terzi o con organizzazioni internazionali, di
possedere beni e presentarsi in giudizio.
[7] Settori di competenza esclusiva:
unione doganale; definizione di regole di concorrenza necessarie al
funzionamento del mercato interno; politica monetaria per l’area l'euro;
conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica
comune della pesca; politica commerciale comune.
[8] Settori di competenza concorrente:
mercato interno; politica sociale; coesione economica, sociale e territoriale;
agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare;
ambiente; protezione dei consumatori; trasporti; reti transeuropee; energia; spazio di libertà, sicurezza e
giustizia; problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica;.
L'Unione ha inoltre competenza per condurre azioni nei settori della ricerca,
dello sviluppo tecnologico e dello spazio e della cooperazione allo sviluppo e
dell'aiuto umanitario senza che l'esercizio di tale competenza possa avere per
effetto di vietare agli Stati membri di esercitare la loro.
[9] Settori dell’azione di sostegno, di coordinamento o di completamento: tutela e miglioramento della salute umana; industria; cultura; istruzione, gioventù sport e formazione professionale; turismo; protezione civile; cooperazione amministrativa.
[10] Attualmente
l’articolo 214 del TCE prevede che il Parlamento europeo approvi la nomina del
candidato proposto dal Consiglio europeo.
[11] L’articolo 189 del
TCE fissa la composizione del Parlamento europeo a 732 membri.
[12] Il riconoscimento
del Consiglio europeo come istituzione dell’Unione comporta che, ove ne
ricorrano le condizioni, i suoi atti potranno essere sottoposti alla
giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.
[13] Poiché in tal caso
il Consiglio europeo non si esprime su proposta della Commissione, la
maggioranza qualificata è costituita, ai sensi dell’articolo I-25, paragrafo 2,
dal 72 % degli Stati membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione.
[14] Attraverso una decisione del Consiglio, che
delibera su proposta del Ministro, previa consultazione del Parlamento europeo
e previa approvazione della Commissione
[15] Questo ad esempio può verificarsi nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale; della politica estera e di sicurezza comune; della politica economica e monetaria e per procedure di nomine
[16]
Ovvero: a) quando il Consiglio adotta decisioni europee che definiscono
un'azione o una posizione dell'Unione, sulla base di una decisione europea del
Consiglio europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell'Unione;
b) quando adotta una decisione europea che definisce un'azione o una posizione
dell'Unione in base a una proposta del ministro degli affari esteri dell'Unione
presentata in seguito a una richiesta specifica rivolta a quest'ultimo dal
Consiglio europeo di sua iniziativa o su iniziativa del ministro; c) quando
adotta una decisione europea che attua una decisione europea che definisce
un'azione o una posizione dell'Unione; d) quando adotta una decisione europea
relativa alla nomina di un rappresentante speciale. Se uno Stato membro
dichiara che, per vitali ed espliciti motivi di politica nazionale, intende
opporsi all'adozione di una decisione europea che richiede la maggioranza
qualificata, non si procede alla votazione. Il ministro degli affari esteri
dell'Unione cerca, in stretta consultazione con lo Stato membro interessato,
una soluzione accettabile per quest'ultimo. In mancanza di un risultato il
Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della
questione sia investito il Consiglio europeo, in vista di una decisione europea
all'unanimità
[17] La competenza per l’adozione degli atti
esecutivi è attribuita in via di generale agli Stati membri.
[18] In tal caso la maggioranza qualificata è
definita come la maggioranza degli Stati membri partecipanti alla cooperazione
che rappresentino almeno i tre quinti della popolazione di tali Stati .
[19] La procedura di decisione attualmente
prevalente in materia di giustizia e affari interni prevede la consultazione
del Parlamento europeo e decisione del Consiglio all'unanimità.
[20] In particolar per quanto riguarda le
disposizioni di cui agli artt.III-269 (diritto di famiglia); III-270, paragrafo
2, lettera d (individuazione di
ulteriori elementi specifici della procedura penale il relazione ai
quali stabilire norme minime per
facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e la cooperazione
giudiziaria nelle materia penali); III-271, paragrafo 1 (individuazione di
ulteriori sfere di criminalità rispetto ai quali la legge europeo può stabilire
norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni); III-274
(Procura europea); III-275 (cooperazione operativa di polizia); III-277
(definizione e limiti per l’intervento di autorità giudiziarie e di polizia nel
territorio di un altro Stato membro).
[21] Secondo modalità particolari definite nel protocollo sull’applicazione dei principio di sussidiarietà e proporzionalità: per le proposte presentate nei settori della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale la Commissione europea è tenuta a riesaminare la proposte se le obiezioni sono avanzate anche solo da un quarto dei parlamenti nazionali degli Stati membri (e non un terzo, come per tutte le altre proposte legislative) .
[22] Per la politica di sicurezza e difesa
comune è previsto un sistema di cooperazione strutturata permanente (vedi
sopra).
[23] In base ai Trattati in vigore, la
Commissione presenta un progetto preliminare di bilancio, che non ha lo status
giuridico di proposta: il diritto di iniziativa è quindi attribuito al
Consiglio.
[24] In base ai Trattati in vigore, il
Parlamento europeo ha un potere decisionale autonomo limitato alla definizione
delle spese non obbligatorie.
[25] Allegati al Trattato
sono anche l’allegato I, relativo ai prodotti a cui si applicano le
disposizioni relative alla politica agricola comune e l’allegato II, relativo
ai paesi e territori d’oltremare cui si applica la parte III, titolo IV del
Trattato
[26] L’art. I-11 del Trattato - che
fissa i princìpi fondamentali in materia di competenze dell’Unione – prevede
che i Parlamenti nazionali vigilino sul rispetto del principio di sussidiarietà
secondo la procedura prevista dal Protocollo sui principi di sussidiarietà e
proporzionalità (P-SP).
[27] Per “progetto di atto legislativo europeo” si intende la proposta della Commissione, l’iniziativa di un gruppo di
Stati membri, l’iniziativa del Parlamento europeo, la richiesta della Corte di
giustizia, la raccomandazione della Banca centrale europea, la richiesta della
Banca europea per gli investimenti, intese all’adozione di un atto legislativo
europeo. I progetti presentati dalla Commissione sono trasmessi dalla
Commissione; i progetti presentati dal Parlamento europeo sono trasmessi dal
Parlamento europeo; tutti gli altri progetti sono trasmessi ai Parlamenti
nazionali dal Consiglio.
[28] I contributi dela
Conferenza non vincolano i Parlamenti
nazionali e non pregiudicano la loro posizione.
[29] Gli artt. III-260 e III-273
e III-276 stabiliscono a questo riguardo un obbligo di informazione ai
parlamenti nazionali, oltre che al Parlamento europeo.