XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |||
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari sociali | ||
Titolo: | Lavoro minorile - Documentazione parlamentare in occasione della Giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (19 novembre 2004) | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 95 | ||
Data: | 11/11/04 | ||
Abstract: | Schede di lettura; normativa nazionale e comunitaria; lavori parlamentari; documentazione. | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | Commissione parlamentare per l'infanzia |
Servizio studi |
documentazione e ricerche |
Lavoro minorile
Documentazione parlamentare in occasione della Giornata nazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (19 novembre 2004) |
n. 95 (seconda edizione)
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11 novembre 2004 |
Camera dei deputati
SIWEB
FILE: CI0016B
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
INDICE
§ La tutela internazionale del lavoro minorile
§ La Convenzione n. 182 e la Raccomandazione n. 190
§ L’attività dell’Unione europea (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
§ Promozione delle norme fondamentali del lavoro
§ Il lavoro minorile nella produzione di attrezzature sportive
§ Responsabilità sociale delle imprese
§ La normativa in materia di lavoro minorile
§ L’indagine conoscitiva sul lavoro nero e minorile
§ Ulteriore attività parlamentare
§ Attività della Commissione parlamentare per l’infanzia
Normativa di riferimento
Normativa nazionale
§ Costituzione della Repubblica Italiana (Art. 37)
§ L. 17 ottobre 1967, n. 977 Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti
§ L. 27 maggio 1991, n. 176 Ratifica ed esecuzione della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989
§ L. 25 maggio 2000, n. 148 Ratifica ed esecuzione della Convenzione n. 182 relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e all'azione immediata per la loro eliminazione, nonché della Raccomandazione n. 190 sullo stesso argomento, adottate dalla Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro durante la sua ottantasettesima sessione tenutasi a Ginevra il 17 giugno 1999.
Normativa comunitaria
§ Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa - Parte II - Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 92)
§ Dir. 94/33/CE del 22 giugno 1994 Direttiva del Consiglio relativa alla protezione dei giovani sul lavoro
Documentazione
§ ISTAT, Bambini, lavori e lavoretti. Verso un sistema informativo sul lavoro minorile. Giornata internazionale sul Lavoro minorile, 12 giugno 2002
L’attenzione internazionale per i problemi legati al lavoro minorile ha ricevuto un notevole impulso a seguito della fondazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), avvenuta nel 1919[1].
Tra gli obiettivi qualificanti dell’Organizzazione vi è sempre stata l’eliminazione del lavoro minorile, come dimostrano le Convenzioni adottate già a partire dal 1919. In particolare, a quell’anno risale la Convenzione n. 5 (successivamente modificata dalla Convenzione n. 59 del 1937), che ha proibito il lavoro ai minori di 14 anni negli stabilimenti industriali. Dopo una serie di altri strumenti pattizi[2] (Convenzione n. 7 sull’età minima per il lavoro in mare, successivamente modificata dalla Convenzione n. 58 del 1936; Convenzione n. 10 sull’età minima per il lavoro agricolo; Convenzione n. 29 sul lavoro forzato; Convenzione n. 33 sull’età minima per gli impieghi non industriali, successivamente modificata dalla Convenzione n. 60 del 1937; Convenzione n. 112 sull’età minima per le attività di pesca; Convenzione n. 123 sull’età minima per il lavoro sotterraneo), nel 1973 vennero adottate la Convenzione n. 138 e la connessa Raccomandazione n. 146, concernenti l’età minima per l’accesso al lavoro in generale. Questi due strumenti hanno impegnato gli Stati Parti a perseguire politiche nazionali volte all’abolizione del lavoro minorile e nel frattempo ad elevare progressivamente la soglia minima dell’accesso al lavoro, partendo comunque da almeno 14 anni. In ogni caso, la soglia minima per l’accesso al lavoro riconosciuta come suscettibile di compromissione della salute o della sicurezza dei giovani è fissata a 18 anni. Negli anni seguenti divenne però chiaro che la Convenzione n. 138, da un lato, non poneva precise priorità alle iniziative nei singoli paesi e, dall’altro, non evidenziava in modo precipuo i tipi di lavoro pericoloso che violano i diritti umani dei minori: dalla riflessione in proposito sono scaturite nel giugno 1998 la Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali sul lavoro e nel giugno 1999 la Convenzione n. 182, relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e all’azione immediata per la loro eliminazione, e la relativa Raccomandazione n. 190 (sulle quali si veda infra il paragrafo successivo).
Nell’articolazione – assai complessa – dell’OIL, la responsabilità delle iniziative per la lotta al lavoro minorile ricade, sin dal 1992, sull’IPEC (Programma internazionale sull’eliminazione del lavoro minorile), di cui si ricordano, rispettivamente nel febbraio e nell’ottobre 1997, le due Conferenze di Amsterdam e Oslo.
A tutto il 1998, l’IPEC ha posto in essere oltre 1.100 programmi d’azione, volti ove possibile a impedire il lavoro dei minori, o almeno a migliorarne le condizioni di svolgimento. Tra i paesi donatori dell’IPEC ve ne sono quattordici appartenenti all’Unione europea (Germania, Belgio, Francia, Spagna, Danimarca, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Austria, Finlandia, Polonia, Svezia e Ungheria) e la stessa Commissione europea, nonché l’Australia, la Norvegia, gli Stati Uniti, il Canada, la Svizzera e il Giappone.
Uno degli eventi più recenti nella collaborazione internazionale sul tema del lavoro minorile è stato l’accordo tra OIL e UNICEF (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) firmato nell’ottobre 1996: al centro di esso vi è la preoccupazione dei due Istituti per l’immediata eliminazione di tutte le forme più pericolose e a più alto tasso di sfruttamento del lavoro minorile, come anche per la messa a disposizione di ogni bambino di istruzione gratuita e obbligatoria, e per l’applicazione ferma in tutti i paesi di rigorose normative sul lavoro minorile.
Esistono al momento diverse iniziative in comune tra IPEC e UNICEF, in particolare in Brasile, nel Bangladesh, nel Pakistan, nel Cile, in Egitto e in Paraguay. Sempre nell’ambito ONU, l’OIL ha attivamente partecipato alla stesura della Convenzione del 1989 sui diritti del fanciullo e segue da presso i lavori della Commissione dei diritti umani in questo campo.
L’OIL coopera inoltre a molte altre iniziative attuate soprattutto da associazioni internazionali di imprenditori o di sindacati dei lavoratori: tra l’altro, partecipa alla lotta contro il turismo a sfondo sessuale lanciata dall’Organizzazione mondiale del turismo e dall’INTERPOL.
In tale ottica, l’OIL ha preso parte al Congresso mondiale di Stoccolma (agosto 1996) ed al Secondo Congresso mondiale di Yokohama (17-20 dicembre 2001) contro lo sfruttamento sessuale dei minori a scopo commerciale.
Va, inoltre, ricordato che il processo di globalizzazione che caratterizza l’economia mondiale, già da tempo in atto, presenta diversi aspetti di diretta influenza sul lavoro minorile, in particolare per la cosiddetta “delocalizzazione produttiva”, che spinge aziende anche molto importanti ad aprire sedi in Paesi a basso costo del lavoro, nei quali peraltro anche la tutela dei minori in senso lato è assai precaria. Quando anche si tratti di imprese locali, queste cercano di conquistare importanti quote di mercato mondiale con una crescita basata sulle esportazioni: nel processo produttivo il lavoro minorile può allora inserirsi significativamente non tanto nelle ditte principali, quanto in tutto il vasto retroterra delle subforniture e dell’indotto. Ciò è stato verificato sia per le industrie dell’abbigliamento, dei mobili, dei tappeti e delle pietre preziose nell’Asia orientale e meridionale, sia per l’assemblaggio di autoveicoli in Brasile, nel quale si utilizzano molti componenti prodotti da bambini, i quali inoltre lavorano anche nella fabbricazione di scarpe e succhi di frutta, come anche nelle piantagioni di canna da zucchero. E’ stato anche notato come i processi di ‘alleggerimento’ del settore pubblico possano comportare minori opportunità di scolarizzazione per molti ragazzi, e conseguentemente un loro più vasto e non desiderabile impiego lavorativo.
A queste realtà si indirizza l’azione dell’IPEC, volta anzitutto a rendere possibile il ritiro dal lavoro e la riabilitazione dei minori, garantendo con appositi programmi la tutela delle quote di mercato attuali ai produttori.
Più in generale, va però notato che la questione centrale su cui si sviluppa il problema della lotta al lavoro minorile risiede nel rapporto fra la crescente concorrenza internazionale, incarnata soprattutto dagli standard e dagli Accordi vigenti in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, e le regole di tutela del lavoro, di quello minorile in special modo, delle quali da sempre si fa interprete l’OIL: una tutela pur puntuale solo in questo secondo ambito, infatti, appare scarsamente compatibile, al momento, con il concreto dispiegarsi di un mercato mondiale sempre più aperto agli scambi di grandi dimensioni[3].
Si ricorda, inoltre, che la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, approvata dall’Assemblea generale dell’ONU[4]a New York il 20 novembre 1989, sancisce all’articolo 32 “il diritto del fanciullo ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”. In particolare, gli Stati Parti sono tenuti ad adottare idonee misure (legislative, amministrative, sociali ed educative) idonee a garantire l'applicazione della norma in esame. In particolare, gli Stati prevedono:
§ un'età minima di ammissione all'impiego;
§ un'adeguata regolamentazione degli orari di lavoro e delle condizioni d'impiego;
§ sanzioni appropriate per garantire l'attuazione effettiva della norma.
Tale Convenzione è stata ratificata ed eseguita, in Italia, dalla legge 27 maggio 1991 n. 176.
Infine, si segnala che l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha adottato, il 26 giugno 1997, la Raccomandazione 1336 (1997) sulla lotta dello sfruttamento del lavoro minorile come priorità.
In questo quadro normativo complessivo, si inseriscono le citate Convenzione n. 182 e Raccomandazione n. 190[5], relative alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e all’azione immediata per la loro eliminazione, adottate dalla Conferenza generale dell’OIL, nel corso della Ottantasettesima sessione dell’organismo, tenutasi a Ginevra il 17 giugno 1999.
Tali atti intendono completare il quadro delle azioni attuate, a livello internazionale, per fronteggiare il problema dello sfruttamento del lavoro minorile e costituiscono un insieme integrato di interventi, tanto che le disposizioni della Convenzione e della Raccomandazione – ai sensi della Raccomandazione stessa – dovranno essere applicate contestualmente. Al riguardo, va peraltro ricordato che le convenzioni OIL sono trattati internazionali che devono essere ratificati dagli Stati membri; le raccomandazioni OIL, invece, pur essendo strumenti non vincolanti, riguardano molto spesso le stesse materie oggetto delle convenzioni e fissano principi volti ad orientare le politiche e le pratiche nazionali.
Gli articoli 1 e 2 della Convenzione individuano obiettivi principali e definizioni in materia di lavoro minorile, specificando, in particolare, che:
- ciascuno Stato membro è tenuto ad adottare misure per la proibizione dello sfruttamento del lavoro minorile;
- “il termine «minore» si riferisce a tutte le persone di età inferiore ai 18 anni”.
In questo contesto, una parte qualificante della Convenzione è costituita dall’articolo 3, che contiene la descrizione delle “forme peggiori di lavoro minorile”. Alle lettere a), b), c) e d) di tale articolo, vengono infatti contemplate vere e proprie forme di sfruttamento del lavoro infantile, che costituiscono, in sostanza, ipotesi di reato e, come tali, necessitano di adeguate sanzioni da parte degli Stati membri. In queste tipologie rientrano tutte le forme di schiavitù minorile (ivi compreso il lavoro forzato o obbligatorio e il reclutamento armato di minori); lo sfruttamento a fini pornografici; lo sfruttamento per fini illeciti e, in particolar modo, per la produzione e il traffico di stupefacenti; qualsiasi altro lavoro che metta a repentaglio la salute, la moralità o la sicurezza del minore.
Ai sensi dell’articolo 4, è compito della legislazione nazionale e dell’autorità competente, previa consultazione dei datori di lavoro e dei lavoratori interessati, determinare i tipi di lavoro di cui all’articolo 3, lettera d).
Del pari, l’articolo 5 della Convenzione prevede che ogni Paese membro sia tenuto – previa consultazione con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori – ad istituire o designare i meccanismi per il monitoraggio sull’applicazione dei provvedimenti attuativi della Convenzione stessa, sancendo, in particolare, l’adozione di programmi d’azione (articolo 6), che devono essere pianificati e realizzati in consultazione con le istituzioni governative competenti e con le organizzazioni di imprenditori e di lavoratori.
Vengono poi individuate le iniziative che gli Stati membri sono chiamati ad adottare, per: impedire che i minori siano coinvolti nelle forme peggiori di lavoro; fornire l’assistenza diretta necessaria ed appropriata; sottrarli alle forme peggiori di lavoro minorile e garantire la loro riabilitazione e il loro reinserimento sociale; garantire l’accesso all’istruzione di base gratuita e, ove sia possibile e opportuno, alla formazione professionale; individuare i minori esposti a rischi particolari ed entrare in contatto diretto con loro; tenere conto della situazione particolare delle bambine e delle adolescenti (articolo 7).
L’articolo 8 prescrive inoltre, per eliminare lo sfruttamento del lavoro minorile, azioni integrate che puntino sulla prevenzione, investano sull’educazione e formazione, attivino sostegni economici e culturali alle famiglie, promuovano i diritti delle donne.
Infine, gli articoli da 9 a 16 disciplinano una serie di adempimenti tecnici di natura essenzialmente procedurale.
Per quanto concerne il contenuto della Raccomandazione, va rilevato che esso completa quanto previsto dalla Convenzione in materia di proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e di azione immediata per la loro eliminazione, tanto che il paragrafo 1 della Raccomandazione stessa specifica che le disposizioni in essa contenute dovranno essere applicate contestualmente alla Convenzione.
La Raccomandazione è divisa in tre capitoli, relativi ai programmi di azione (di cui all’articolo 6 della Convenzione); alla definizione di lavori pericolosi; ed alla fase di attuazione della Convenzione.
Il Capitolo I (programmi di azione) si riferisce specificamente a quei programmi, già previsti dall’articolo 6 della Convenzione, che si concretano in azioni di intervento sul territorio, per l’espletamento di adempimenti per i quali è configurato l’obbligo di attivazione di procedure d’urgenza, da adottare con il metodo della concertazione e consultazione. Il paragrafo 2, in particolare, contiene un elenco esemplificativo, e non tassativo, delle finalità che tali programmi si prefiggono di realizzare. Dopo aver ricordato che i minori per loro stessa natura rappresentano una categoria di soggetti particolarmente vulnerabile, è sottolineata una maggiore preoccupazione per quegli individui più a rischio, quali: le ragazze minorenni; i minori di più tenera età.
Il Capitolo II (lavori pericolosi) ha la funzione di esplicare ed ampliare il disposto dell’articolo 3, lettera d) della Convenzione, che, come sottolineato in precedenza, considera forma di sfruttamento del lavoro minorile qualsiasi altro lavoro che metta a repentaglio la salute, la moralità o la sicurezza del minore. A tal fine, il paragrafo 3 individua: i lavori che espongono i minori ad abusi fisici, psichici o sessuali; i lavori svolti in ambiente insalubre tale da esporre i minori, ad esempio, a sostanze, agenti o processi pericolosi o a temperature, rumori o vibrazioni pregiudizievoli per la salute; i lavori svolti in condizioni particolarmente difficili, ad esempio con orari prolungati notturni o lavori che costringano il minore a rimanere ingiustificatamente presso i locali del datore di lavoro. Per i tipi di lavori di cui alla lettera d) dell’articolo 3 della Convenzione, peraltro, il paragrafo 4 prevede la possibilità che i singoli Stati membri autorizzino il lavoro a partire dall’età di sedici anni, a determinate condizioni.
Il Capitolo III (misure di attuazione della Convenzione) dedica grande attenzione all’attività di informazione e a dettagliati dati statistici, che possono realizzare le condizioni per una conoscenza approfondita del problema del lavoro minorile. In questo quadro, assume rilievo la previsione che, dell’attività di controllo che si esplica sul territorio, debba essere data “regolarmente” comunicazione (paragrafo 7) all’Ufficio internazionale del lavoro. A tali misure di carattere generale, si aggiunge l’esigenza di sorvegliare con continuità l’attuazione delle disposizioni nazionali pertinenti alla proibizione e alla eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile (si veda, in proposito, il paragrafo 8).
In particolare, i paragrafi da 10 a 13 delineano un quadro di orientamenti, per i Paesi destinatari della Raccomandazione, che tendono a fissare i principi di responsabilità, vigilanza e controllo per l’adozione di misure dirette a combattere lo sfruttamento del lavoro minorile. Inoltre, con il paragrafo 14 è prevista l’applicazione di provvedimenti di natura penale, civile o amministrativa che, ove occorre, devono essere adottati con le procedure d’urgenza. Infine, il paragrafo 15 riporta un elenco dei possibili provvedimenti, adottabili da parte degli Stati interessati, che sono diretti alla proibizione e all’eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile[6].
Il Trattato sull’Unione europea non contiene norme specifiche sul lavoro minorile, ma stabilisce, all’articolo 6, che l’Unione europea si fonda sui princìpi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, e dello Stato di diritto; stabilisce altresì che l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Inoltre, all’articolo 7, reca un meccanismo per sanzionare le violazioni gravi e persistenti dei diritti dell’uomo da parte degli Stati membri dell’UE. Tale meccanismo è stato rafforzato con il Trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003, che estende l’obiettivo della promozione del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a tutte le forme di cooperazione con paesi terzi.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata al Consiglio europeo di Nizza del dicembre 2000 ed ora inserita nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa[7], riconosce, all’articolo II-84, i diritti dell’infanzia, mentre all’articolo II-92 - relativo al divieto del lavoro minorile e alla protezione dei giovani sul luogo di lavoro - stabilisce che l’età minima per l’ammissione al lavoro non può essere inferiore all’età in cui termina la scuola dell’obbligo.
Per quanto riguarda il diritto derivato, si ricorda, in particolare, la Direttiva 94/33/CE del 22 giugno 1994 (Direttiva del Consiglio relativa alla protezione dei giovani sul lavoro), recepita nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 345 del 1999 (su cui si veda il paragrafo successivo).
La direttiva (articolo 1) impone agli Stati membri di prendere le misure necessarie per vietare il lavoro dei bambini, provvedendo affinché:
§ l'età minima di ammissione all'impiego o al lavoro non sia inferiore all'età in cui cessano gli obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale né, in ogni caso, ai 15 anni;
§ il lavoro degli adolescenti sia strettamente disciplinato e tutelato secondo le condizioni previste dalla presente direttiva;
§ ogni datore di lavoro garantisca ai giovani condizioni di lavoro appropriate alla loro età;
§ i giovani siano protetti dallo sfruttamento economico e da ogni lavoro suscettibile di nuocere alla loro sicurezza, salute o sviluppo fisico, psicologico, morale o sociale o di compromettere la loro istruzione.
L’articolo 2 stabilisce che la direttiva si applica a tutte le persone di età inferiore a 18 anni, che abbiano un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla vigente legislazione di uno Stato membro e/o disciplinato dal diritto vigente in uno Stato membro[8], mentre l’articolo 3 contiene le definizioni di giovane, bambino, adolescente, lavori leggeri, orario di lavoro, pausa di riposo[9].
La direttiva introduce, inoltre, la possibilità per gli Stati membri di prevedere che il divieto di lavoro non si applichi:
§ a bambini che svolgano attività culturali, artistiche, sportive o pubblicitarie (tale possibilità è, in ogni caso, subordinata all'ottenimento di un'autorizzazione preliminare rilasciata dall'autorità competente in singoli casi);
§ ai bambini di almeno 14 anni che lavorano nel quadro di un sistema di formazione o di tirocinio presso un'impresa, purché tale lavoro sia svolto in conformità delle condizioni prescritte dall'autorità competente;
§ ai bambini di almeno 14 anni che compiono lavori leggeri nonché ai bambini che hanno almeno 13 anni, per un numero limitato di ore settimanali e per categorie di lavori determinati.
Oltre a fissare gli obblighi generali del datore di lavoro – prendere le misure necessarie per la protezione della sicurezza e della salute dei giovani, effettuare una valutazione dei rischi esistenti vertente su specifici punti[10], procedere ad intervalli regolari, ad una valutazione e sorveglianza adeguate della salute dei giovani, informare i giovani degli eventuali rischi e di tutte le misure di sicurezza adottate – la direttiva pone dei precisi divieti di lavoro, nel caso di attività particolarmente delicate, che implichino, ad esempio, sforzi al di là delle capacità fisiche o psicologiche dei giovani, ovvero un'esposizione a fattori od agenti nocivi, o ancora che presentino rischi di incidenti.
Infine, la direttiva detta specifiche misure relative all’orario di lavoro, al lavoro notturno ed ai periodi di riposo e pausa (si vedano, in particolare, gli articoli 8, 9, 10, 11 e 12).
La lotta contro il lavoro minorile rientra nell’impegno dell’Unione europea per il rispetto dei diritti umani, che è stato riaffermato dal Trattato di Amsterdam ed esteso alla cooperazione allo sviluppo dal Trattato di Nizza. Il divieto del lavoro minorile, e più ampiamente i diritti del bambino, sono stati inoltre formalmente sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
La Commissione europea appoggia gli sforzi intrapresi dalla comunità internazionale per eliminare il lavoro minorile a livello globale, sostenendo in particolare le iniziative dell’Organizzazione internazionale del lavoro. In tale ambito, un importante tema di discussione è costituito dal lavoro minorile nella produzione di attrezzature sportive, recentemente condannato in una risoluzione del Parlamento europeo.
Dal 1992 tutti gli accordi di cooperazione tra l’UE e i paesi terzi contengono una clausola secondo cui il rispetto dei diritti dell’uomo - comprese le norme fondamentali del lavoro definite dalle Convenzioni dell’OIL - viene considerato come un elemento essenziale dell’accordo. Questo approccio è stato ulteriormente sviluppato nell’accordo di Cotonou firmato con i paesi dell’Africa, dei Carabi e del Pacifico (ACP) nel giugno 2000, che contiene una disposizione specifica sulle norme relative agli scambi e al lavoro. L’azione di lotta della Commissione contro il lavoro minorile è rivolta principalmente all’abolizione della povertà, in particolare nei paesi africani.
Per quanto riguarda i documenti più recenti[11], si ricorda l’adozione, da parte del Consiglio e della Commissione, di una dichiarazione congiunta sulla politica di sviluppo della Comunità, nel novembre 2000, che è stata accolta favorevolmente dal Parlamento europeo, che annovera la promozione dei diritti umani, la parità tra uomini e donne e i diritti dei bambini fra i principi da inserire come elementi fondamentali nelle attività di cooperazione.
Nell’ambito degli aiuti allo sviluppo, al momento della stesura dei documenti di strategia nazionale e nelle discussioni sui documenti strategici di riduzione della povertà, esiste la possibilità di discutere con i paesi beneficiari del rispetto delle norme fondamentali del lavoro. Le misure volte ad eliminare il lavoro minorile comprendono lo sviluppo di programmi efficaci e limitati nel tempo per abolire le peggiori forme di lavoro minorile attraverso la prevenzione, la tutela e la rieducazione; la promozione dell’accesso all’istruzione di base gratuita e di buona qualità e, ove possibile e necessario, alla formazione professionale per tutti i minori; la maggiore informazione sul lavoro minorile grazie ad una più efficace raccolta, analisi e diffusione dei dati, la sensibilizzazione in merito al diritto dei bambini di essere tutelati contro lo sfruttamento economico e alla necessità di un’azione prioritaria nei confronti delle peggiori forme di lavoro minorile.
La Commissione europea appoggia gli sforzi intrapresi dalla comunità internazionale per eliminare il lavoro minorile a livello globale e, in particolare, le iniziative dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) in questo settore. Il 15 settembre 2000 la Commissione ha adottato una raccomandazione per esortare gli Stati membri a ratificare la Convenzione dell’OIL del 1999 relativa al divieto delle peggiori forme di lavoro minorile.
La Commissione contribuisce anche al lavoro della Commissione mondiale sulla dimensione sociale della globalizzazione, istituita dall’OIL. Il 3 e 4 febbraio 2003 la Commissione ha organizzato in proposito un seminario di alto livello con la Commissione mondiale ed il coinvolgimento di tutte le parti europee interessate, compresi i partner sociali europei, altri esponenti della società civile, il Parlamento, gli Stati membri ed i paesi candidati. La Commissione sostiene anche gli orientamenti dell’Organizzazione per lo sviluppo e la cooperazione economici (OCSE) relativi alle imprese multinazionali nei quali si chiarisce che le imprese dovrebbero, nell’ambito delle leggi e dei regolamenti applicabili e delle esistenti relazioni di lavoro e prassi d’impiego, contribuire all’effettiva abolizione del lavoro minorile.
ll 18 luglio 2001 ha inoltre presentato una comunicazione (COM(2001) 416) sulla promozione delle norme fondamentali del lavoro e il miglioramento della governance sociale nel quadro della globalizzazione, nella quale, ribadendo il suo sostegno all’attività dell’OIL, pone l’accento sullo squilibrio esistente tra i pilastri economico e sociale del sistema di governance mondiale e sottolinea che, per assicurare l’effettiva attuazione delle norme fondamentali del lavoro, occorre utilizzare in maniera più efficace gli strumenti dell’OIL e pensare, all’occorrenza, di potenziarli.
Scopo di questa comunicazione è presentare una strategia intesa a migliorare la governance sociale e a promuovere le norme fondamentali di lavoro, affinché la globalizzazione possa contribuire maggiormente allo sviluppo sociale e al rispetto dei diritti fondamentali.
La Commissione, in particolare, ritiene che:
- l’Unione europea dovrebbe promuovere, nel quadro dell’OIL, la discussione sulle misure supplementari atte ad accrescere l’efficacia dei controlli della stessa OIL, nonché la discussione sull’ipotesi di nuovi meccanismi di incentivazione volti a favorire il rispetto delle norme fondamentali del lavoro;
- la CE e gli Stati membri dovrebbero aumentare il proprio contributo alle attività di assistenza tecnica dell’OIL in quanto strumento di promozione delle norme fondamentali del lavoro;
- la CE dovrebbe realizzare una migliore integrazione delle norme fondamentali del lavoro nella propria politica di sviluppo in linea con l’obiettivo generale di riduzione della povertà, anche attraverso il miglioramento delle capacità nei paesi in via di sviluppo per l’attuazione delle norme fondamentali del lavoro;
- la CE e gli Stati membri dovrebbero aiutare i paesi in via di sviluppo a sfruttare al meglio le opportunità di accesso al mercato offerte a titolo di premio dai programmi di etichettatura sociale, attraverso il consolidamento delle capacità e il sostegno agli sforzi volti ad accrescere la trasparenza, la disponibilità e la non discriminazione di tali programmi;
- l’UE dovrebbe estendere l’approccio di Cotonou ad altri accordi cercando di inserirvi disposizioni specifiche in materia di norme fondamentali del lavoro;
- sia auspicabile l’attuazione volontaria, da parte del settore aziendale, di programmi di etichettatura obiettivi, trasparenti e non discriminatori, che rispettino gli obblighi internazionali della CE e le norme applicabili in materia di concorrenza, finalizzati alla promozione delle norme fondamentali del lavoro.
Il 4 luglio 2002 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione su tale comunicazione, nella quale, fra l’altro:
§ sottolinea l’importanza di chiarire e migliorare le relazioni tra l’UE e l’OIL;
§ sottolinea che l’Unione europea deve vigilare sul rispetto assoluto delle norme fondamentali minime formulate nella dichiarazione dell’OIL del 1998 relativa ai principi e ai diritti fondamentali sul lavoro, compreso il rispetto rigoroso del divieto di lavoro per i minori di 15 anni;
§ sostiene la scelta della Commissione e del Consiglio di imperniare la strategia di cooperazione dell’Unione con i paesi in via di sviluppo su clausole incentivanti e non sanzionatorie;
§ sottolinea le strette relazioni esistenti tra le politiche di aiuto all’istruzione e l’abolizione del lavoro minorile.
Il Consiglio Affari generali e relazioni esterne, nella riunione del 21 luglio 2003, ha adottato delle conclusioni sulla comunicazione in oggetto, nelle quali, ribadendo che un sistema economico mondiale equo dovrebbe anche promuovere lo sviluppo sociale e i diritti umani fondamentali, suggerisce che la strategia prospetta dalla Commissione dovrebbe, in particolare:
§ promuovere un dialogo più efficace tra l’organizzazione mondiale per il commercio (OMC) e l’OIL;
§ promuovere programmi efficaci tempo determinato finalizzati all’eliminazione delle peggiori forme di lavoro minorile attraverso la prevenzione, la tutela e la rieducazione;
§ sostenere l’operato dell’OIL in materia.
Il Parlamento europeo ha approvato, il 13 giugno 2002, una risoluzione sul lavoro minorile nella produzione di equipaggiamenti sportivi, anche tenendo conto del prossimo Campionato mondiale di calcio 2006, che si svolgerà in Germania. Il Parlamento europeo, in particolare:
§ condanna ogni forma di sfruttamento minorile ed esorta all’eradicazione del lavoro minorile, particolarmente nell’industria calcistica;
§ sottolinea la stretta correlazione tra le politiche di sostegno all’istruzione e quelle volte a combattere il lavoro minorile e invita la Commissione e gli Stati membri ad intraprendere azioni in tale ambito, al fine di assicurare che tutti i bambini allontanati dal mondo del lavoro abbiano l’opportunità di essere reinseriti socialmente;
§ invita l’Unione europea e i suoi Stati membri a far sì che, nel quadro degli accordi con i paesi terzi, i bambini siano tutelati contro lo sfruttamento lavorativo;
§ chiede l’istituzione di un metodo di certificazione universale per i prodotti sportivi fabbricati senza l’utilizzo di manodopera minorile;
§ sollecita l’OIL a sviluppare un sistema di ispezione credibile e indipendente al fine di controllare l’applicazione delle sue norme lavorative al settore di produzione di articoli sportivi a livello mondiale;
§ ritiene opportuno che vengano erogati maggiori fondi a favore del Programma internazionale dell’OIL per l’eliminazione del lavoro minorile;
§ invita la FIFA e le associazioni calcistiche nazionali a fare del Campionato del mondo di calcio 2006 in Germania il primo evento internazionale senza lavoro minorile e conforme a norme lavorative eque.
La Commissione, facendo seguito al Libro verde del 18 luglio 2001, ha presentato, il 2 luglio 2002, una comunicazione relativa alla “responsabilità sociale delle imprese”(COM(2002) 347) nella quale propone di sviluppare al riguardo una specifica strategia. Nell’ambito di tale strategia, che dovrebbe basarsi anche sul rispetto delle norme fondamentali del lavoro dell’OIL, la Commissione ritiene necessario sensibilizzare le piccole e medie imprese nei confronti delle ripercussioni delle loro attività sui paesi in via di sviluppo e incoraggiarle ad adottare politiche proattive, in particolare nel campo delle norme fondamentali del lavoro e della lotta contro il lavoro infantile. La Commissione invita inoltre il foro multilaterale sulla RSI - di cui propone la creazione per promuovere la trasparenza e la convergenza delle prassi e degli strumenti socialmente responsabili - a cercare di definire linee direttive comuni per programmi di etichettatura, sulla base delle convenzioni fondamentali dell’OIL e delle norme di protezione dell’ambiente.
La nostra Costituzione contiene specifiche norme in materia di lavoro minorile: in particolare, l’articolo 37, secondo e terzo comma, demanda alla legge la fissazione del limite minimo di età per il lavoro salariato, sancendo che la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
Tali principi vanno, peraltro, letti in collegamento con le altre norme costituzionali relative alla protezione dell'infanzia e della gioventù (art. 31, 2° comma); alla tutela della salute (art. 32); all'istruzione scolastica (art. 34) e professionale (art. 35, 2° comma).
La normativa ordinaria di riferimento in materia è costituita dalla legge 17 ottobre 1967, n. 977 “Tutela del lavoro dei bambini e degli adolescenti”, come modificata dal D.Lgs. n. 566/1994 e dal D.Lgs. n. 345/1999[12](a sua volta modificato dal D.Lgs. n. 262 del 2000). In particolare essa prevede:
- l’età minima per l'ammissione al lavoro, individuata nel momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque non prima del compimento del 15° anno di età (art. 3);
- la definizione di adolescenti, come i minori di età compresa tra i 15 e i 18 anni e che non siano più soggetti all'obbligo scolastico (art. 1, comma 2, lett. b, L. n. 977), e di bambini, come i minorenni di età inferiore ai 15 anni o che siano, in ogni caso, ancora soggetti all’obbligo scolastico (art. 1, comma 2, lett. a, L. n. 977);
- il divieto assoluto di lavoro, tranne il caso in cui i bambini possano essere impiegati in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e nel settore dello spettacolo, purché tali attività non rechino pregiudizio alla integrità psico-fisica ed allo sviluppo del minore, alla frequenza scolastica o alla partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale (art. 4)[13].
- divieto di ammissione per tutti gli adolescenti a tutti i lavori e i processi individuati nell’allegato I (commi 1 e 2 dell'art. 6 della L. n. 977), a meno che non siano svolti per motivi didattici o di formazione professionale e per il tempo strettamente necessario;
- l'autorizzazione della Direzione provinciale del lavoro per lo svolgimento dell’attività di formazione di cui ai precedenti commi 1 e 2 (comma 3 dell'art. 6);
- il rinvio per i lavori comportanti esposizione a radiazioni ionizzanti alla relativa disciplina, di cui al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni (comma 4 dell'art. 6).
La circolare 5 gennaio 2000, n. 1, del Ministero del lavoro ha stabilito, tra l'altro, che sono esclusi dall’applicazione della normativa in materia di lavoro minorile gli adolescenti addetti a lavori occasionali o di breve durata - come definiti dalla medesima circolare - svolti nei servizi domestici prestati in ambito familiare nonché nelle imprese a conduzione familiare (sempreché tali prestazioni non siano nocive, pregiudizievoli o pericolose).
Con la legge 25 maggio 2000, n. 148, il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione OIL n. 182, relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile e all’azione immediata per la loro eliminazione, nonché della Raccomandazione n. 190 sulla stessa materia, entrambe adottate a Ginevra il 17 giugno 1999 (su cui si veda supra il paragrafo 2).
Pur non riguardando direttamente il lavoro minorile, la legge 11 agosto 2003, n. 228, recante "Misure contro la tratta di persone", ha un indubbio rilievo per la materia in esame, in quanto all’articolo 1 - che sostituisce l’articolo 600 del codice penale - disciplina il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, prevedendo l’aumento della pena da un terzo alla metà nel caso in cui i fatti sono commessi in danno di minore degli anni diciotto.
In particolare, viene sanzionato dalla norma chiunque eserciti su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero riduca o mantenga una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative, sessuali, all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.
Si segnala, infine, il D.P.R. 2 luglio 2003, recante il “Piano d’azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva” per il periodo 2002-2004, presentato ai sensi dell’articolo 2, comma 2, della legge 23 dicembre 1997, n. 451[14].
Il documento dedica una particolare attenzione alle tematiche del lavoro minorile, segnalando, tra gli interventi realizzati in attuazione del precedente Piano, quelli relativi all’adolescenza. Questi ultimi si sono concentrati essenzialmente sulla promozione di iniziative a livello scolastico, volte a potenziare la partecipazione degli studenti e dei genitori, assicurando altresì un sistema formativo integrato scuola-formazione professionale-lavoro, anche al fine di ridurre l’abbandono scolastico. L’attenzione è stata inoltre rivolta alla creazione di centri di aggregazione per il miglioramento delle condizioni di vita degli adolescenti, intervenendo sui fenomeni di disagio e violenza giovanile.
Si ricorda che il precedente Piano nazionale di azione è stato approvato con il D.P.R. 13 giugno 2000, per il biennio 2000/2001. Tra gli obiettivi del Piano ve ne era uno specifico “Contro il lavoro minorile”, volto a dare piena applicazione alla «Carta di impegni contro il lavoro minorile» del 1998, intensificando altresì l'attività di controllo degli ispettorati. Inoltre, il Ministero della pubblica istruzione, d'intesa con il Ministro per la solidarietà sociale, si impegnava a promuovere una campagna di informazione per la promozione della formazione scolastica. Il Piano indicava poi la necessità di assicurare il sostegno alle iniziative contro l'evasione e la dispersione scolastica e, in particolare, a quella dei «maestri di strada», progetto, già finanziato dalla legge n. 285 del 1997.
Tra le azioni di sistema, che il Piano intende promuovere, è indicata la creazione di una rete di informazioni attraverso, ad esempio, il completamento del sistema informativo sul lavoro minorile, mentre nell’ambito delle linee guida per gli interventi sul territorio risulta compresa l’attivazione di collaborazioni tra realtà scolastiche ed extrascolastiche, per prevenire il disagio adolescenziale e l’abbandono scolastico, nonchè di nuove strategie formative per gli adolescenti che abbandonino i percorsi dell’obbligo formativo.
Nella scorsa legislatura è stata avviata dalla Commissione XI (Lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputatil’indagine conoscitiva sul lavoro nero e minorile, al termine della quale è stato approvato (28 aprile 1998) il documento conclusivo[15].
Tale documento dà, in primo luogo, conto delle difficoltà di acquisire dati affidabili, in quanto il lavoro minorile si esplica soprattutto in attività artigianali o commerciali, spesso a conduzione familiare, che risultano quindi fortemente frammentate, sfuggendo ai controlli e alla stessa conoscenza dei soggetti esterni. D'altra parte, l'illegalità della fattispecie e la particolare riprovazione sociale per l'impiego di minori in attività industriali pesanti o pericolose portano ad un occultamento del fenomeno più efficace e sistematico di quanto avvenga per gli altri casi di lavoro nero. Successivamente, viene evidenziata la necessità di un intervento integrato e coordinato, sia per il monitoraggio delle situazioni a rischio, sia per realizzare politiche attive di sostegno alle famiglie bisognose e di rilancio del sistema scolastico. A quest’ultimo riguardo, l'intervento dovrà essere indirizzato, piuttosto che al prolungamento dell'obbligo scolastico, al potenziamento del valore formativo della scuola, anche tramite la promozione delle opportune interazioni tra essa e il mondo del lavoro, e al rilancio dell'intero sistema della formazione professionale e di tutti gli strumenti per l'efficace inserimento dei giovani nel mercato del lavoro.
La risposta non può certo essere quella puramente repressiva e ispettiva, ma deve essere integrata da una serie di interventi coordinati tra le varie istituzioni statali e locali competenti in materia di minori. In questo senso, si attendono risultati significati dall'attuazione del piano d'azione per l'infanzia e l'adolescenza previsto dalla L. 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione di diritti ed opportunità per l'infanzia e l'adolescenza", che prevede misure di sostegno al reddito delle famiglie numerose, di accoglienza e ricovero per i bambini in situazioni di semiabbandono, di potenziamento dei servizi della prima infanzia, a favore dei genitori che lavorano.
Nel corso della legislatura sono state presentate alcune proposte di legge volte ad istituire un marchio sociale per le imprese che non utilizzano lavoro minorile. Si tratta in particolare delle proposte AA.CC. 1663 Ruggeri ed altri, 1231 Pecoraro Scanio, 271 Molinari, e A.S. 343 Maconi ed altri.
I progetti presentati alla Camera dei Deputati istituiscono un sistema di certificazione d’impresa, finalizzato al rilascio di un marchio di conformità sociale, attestante che l’impresa (compresi i fornitori, i subfornitori e i soggetti operanti su licenza dell’impresa stessa) non impiega, nè in Italia nè all’estero, nell’attività lavorativa, sia a tempo pieno che a tempo parziale, minori soggetti all’obbligo scolastico negli ordinamenti dei Paesi di appartenenza, o comunque di età inferiore ai quindici anni (art. 2, comma 1). Il possesso di tale marchio dà all’impresa un titolo di preferenza ai fini della concessione di contributi ed agevolazioni a valere su fondi pubblici (art. 3). I provvedimenti attribuiscono, poi, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato la competenza in materia di mancato rispetto, da parte delle imprese, dei fondamentali diritti umani, economici, sociali e sindacali indicati nelle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia, considerando pratiche lesive della concorrenza gli atti posti in essere dalle imprese in contrasto con tali principi (art. 5). Infine, viene istituita, presso la Presidenza del Consiglio, la Consulta in tema di conformità sociale e lavoro minorile, composta da 15 membri, che durano in carica due anni rinnovabili per non più di due volte (art. 7). La Consulta ha il compito di programmare, per conto e su indicazione del Governo:
a) campagne pubblicitarie volte a diffondere la conoscenza del marchio di conformita` sociale;
b) campagne di sensibilizzazione dei consumatori e degli imprenditori, nazionali ed esteri, sul rispetto delle convenzioni internazionali in tema di diritti del lavoro;
c) iniziative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica e ad attivare le istituzioni contro il lavoro minorile nel mondo;
d) campagne volte al sostegno di iniziative istituzionali e della società civile in favore del miglioramento delle condizioni economiche delle famiglie e delle comunita` povere, incluse le azioni volte alla riabilitazione dei bambini lavoratori italiani e stranieri.
Le proposte di legge descritte sono state assegnate alla X Commissione (Attività produttive) della Camera, ma non ne è ancora iniziato l’esame.
Il progetto di legge presentato al Senato, invece, prevede l’istituzione – attraverso un decreto del Ministro del commercio con l’estero – di un marchio di conformità sociale, sotto forma di logotipo, che le imprese possono apporre sui propri prodotti in modo da consentire al consumatore di identificare i prodotti ottenuti senza l’impiego di manodopera minorile (art. 1). Viene, inoltre, prevista l’istituzione di un Albo nazionale dei prodotti realizzati senza l’utilizzo di lavoro minorile, al quale le aziende possono aderire volontariamente, previa certificazione attestante il mancato impiego di lavoro minorile (artt.1, comma 2, e 2). L’adesione può riguardare sia un singolo prodotto che la produzione dell’azienda nel suo complesso. L’Albo è gestito da un Comitato di sorveglianza, costituito con un decreto del Presidente del Consiglio, che ha il compito di verificare la conformità dei processi produttivi alle dichiarazioni rese della aziende. Nel caso in cui il Comitato dovesse accertare la mancata conformità di tali dichiarazioni dispone la cancellazione dall’Albo dell’impresa interessata. Il Comitato, infine, trasmette una relazione annuale sull’attività svolta al Parlamento ed al Governo (art. 3).
La 10^ Commissione Industria, commercio, turismo del Senato ha iniziato l’esame del provvedimento nella seduta del 28 Maggio 2003.
Si ricorda che nella XIII legislatura era stato avviato l’esame di proposte di legge analoghe. In particolare, l’A.C. 6126, Certificazione di conformità sociale dei prodotti realizzati senza l’utilizzo di lavoro minorile, era stato approvato dall’Assemblea del Senato il 2 giugno 1999 e successivamente esaminato dalla Camera. Si trattava di un testo unificato di quattro proposte di legge di iniziativa dei senatori Manconi (A.S. 2849), Pieroni ed altri (A.S. 3052), Fiorillo (A.S. 3406), Athos De Luca ed altri (A.S. 3693).
Ad essa erano state abbinate, nel corso dell’esame della Camera, altre 7 proposte di legge (AA.CC. 3269, Paissan e altri, 5436, Rizza e altri, 5823, Valetto Bitelli e altri, 5984, Leccese e altri, 6135, Labate e altri, 6152, Gardiol e altri, 3885, Edo Rossi).
Si segnala che nelle sedute del 2 dicembre 2002 e del 30 gennaio 2003, l’Assemblea della Camera ha svolto un ampio dibattito sul lavoro minorile, al termine del quale sono state approvate le risoluzioni 6-00047 Volontè ed altri, 6-00048 Burani Procaccini e 6-00050 Buontempo ed altri, tutte accolte dal Governo. Tali risoluzioni originano da alcune mozioni presentate in occasione della novantesima sessione della Conferenza internazionale del lavoro, svoltasi a Ginevra il 12 giugno 2002, nel corso della quale è stata celebrata la prima giornata internazionale contro il lavoro minorile, che ha ora cadenza annuale.
Le risoluzioni guardano al fenomeno in relazione sia al contesto internazionale, sia al contesto interno. Con riguardo al contesto internazionale, in particolare, le risoluzioni impegnano il Governo, in termini analoghi, a sollecitare l’adozione - da parte dei Paesi maggiormente colpiti dal fenomeno - di strumenti efficaci nel campo del divieto del lavoro minorile e la puntuale applicazione della Convenzione n. 182. Sul fronte interno, l’impegno al Governo consiste nel verificare e nel riferire al Parlamento sulla situazione italiana, studiando le misure da adottare per debellare il fenomeno. La risoluzione n. 6-00050 impegna il Governo ad adottare un’iniziativa legislativa volta ad istituire il Garante per l’infanzia e l’adolescenza, con i seguenti poteri:
§ di vigilanza sulla piena applicazione delle convenzioni internazionali, delle disposizioni e direttive dell’Unione europea e della normativa vigente in Italia sui diritti dei minori;
§ di coordinamento con amministrazioni, organismi o istituti di tutela dei minori operanti in Italia ed in altri Paesi;
§ di coordinamento, di impulso e d’istruzione nei confronti degli altri enti pubblici;
§ di attivazione delle procedure volte a dare assistenza ed aiuto ai minori ed alle famiglie in difficoltà, anche attraverso l’incentivazione nel quadro del piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, degli aiuti alle associazioni impegnate nella prevenzione e nella lotta allo sfruttamento.
Nel corso del dibattito, il rappresentante del Governo, intervenendo in sede di replica, ha evidenziato la coerenza d’approccio esistente tra i vari livelli – internazionale, comunitario e nazionale – richiamando l’indagine effettuata dal Governo con l’ISTAT, dalla quale emerge che il fenomeno interessa in Italia circa 30.000 bambini. Sul piano delle politiche legislative, ha evidenziato come i provvedimenti già adottati per l’emersione dell’economia sommersa possano consentire di contrastare la forma più odiosa di attività sommersa, che concerne appunto il lavoro minorile.
Sempre presso l’Assemblea della Camera hanno avuto luogo le discussioni relative ad atti di sindacato ispettivo in materia di lavoro minorile. Si tratta in particolare dell’interrogazione Arrighi ed altri 3-01716, svolta nella seduta del 12 febbraio 2003, e dell’interpellanza urgente Riccardo Conti 2-00738, svolta nella seduta dell’8 maggio 2003.
Con la prima si chiedeva conferma, ai Ministri del lavoro, per le pari opportunità e dell’istruzione, circa l’esattezza dei dati riportati da un censimento Istat in merito all’esistenza di 145.000 baby lavoratori sul territorio italiano. Si chiedeva, inoltre, se tali dati fossero riferiti esclusivamente a bambini italiani ovvero anche a minori extracomunitari, privi di cittadinanza o permesso di soggiorno, nonché quali misure si intendessero assumere per contrastare lo sfruttamento del lavoro minorile ed assicurare ai bambini coinvolti il diritto all’istruzione.
Il Sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali, on. Sacconi, rispondendo all’interrogazione, ha fatto presente che l’ordinamento nazionale è adempiente rispetto alle indicazioni comunitarie e internazionali sul tema della protezione del lavoro dei minori. Il decreto legislativo n. 345 del 1999 conferma a 15 anni l’età minima di ammissione al lavoro, mantenendo l’unica deroga per l’impiego di bambini nelle attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo e pubblicitario e nel settore dello spettacolo.
Per quanto riguarda i dati sul lavoro minorile, conferma la validità dell’indagine ISTAT, che però necessita di alcune chiarificazioni. L’indagine prende in considerazione tutti i minori economicamente attivi secondo le indicazioni dell’ILO, ossia tutti i bambini che abbiano svolto almeno un’ora di lavoro nel periodo di riferimento (un anno). Rispetto alla delimitazione del campo di indagine, sono state prese in esame le attività economiche più o meno leggere svolte da bambini e le attività che abbiano conseguenze negative sul normale e complessivo sviluppo del soggetto in età evolutiva. Sono state invece escluse le attività di carattere illegale. Sui 144.285 minori di età compresa tra i 7 e i 14 anni, che svolgono qualche attivita` lavorativa, solo 31.000 possono essere considerati sfruttati. In media, sul totale della popolazione dei ragazzi di questa fascia di eta` (4.500.000), ne lavorano il 3,1 per cento e la quota cresce con l’aumentare dell’età.
Il sottosegretario precisa, inoltre, che i dati riguardano la popolazione italiana, per le difficoltà che esistono nel contatto con le famiglie straniere data la loro mobilita` sul territorio e le difficoltà di comunicazione anche a causa della lingua.
Assicura, comunque, che il fenomeno è sotto la costante attenzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In particolare, sono state date indicazioni operative con circolare n. 61 del 18 dicembre 2002, finalizzata a far assumere agli uffici territoriali i necessari contatti con gli altri soggetti istituzionali interessati al problema, quali i servizi sociali comunali e gli istituti scolastici. E` stata inoltre intrapresa un’attività mirata al coordinamento sistematico delle azioni avviate in materia di lavoro minorile da parte di tutte le amministrazioni che hanno competenze in materia (istruzione, giustizia, interni ed esteri).
L’interpellanza urgente 2-00738, presentata in vista del semestre di presidenza italiana dell’Unione europea, faceva riferimento, tra l’altro, alla necessità di promuovere un’azione comunitaria per contrastare il lavoro minorile. L’interpellanza auspicava l’introduzione di un marchio etico europeo di responsabilità sociale, da attribuire ai prodotti delle imprese che adottino misure in grado di arginare il lavoro minorile.
Il Ministro per le politiche comunitarie, on. Buttiglione, rispondendo all’interpellanza, ha dichiarato di condividere la proposta di istituire un marchio etico, in relazione alla quale ha già costituito, presso il proprio Ministero, una Commissione di lavoro sul tema della tutela dei minori nel contesto europeo.
Nel corso della legislatura, la Commissione parlamentare per l’infanzia si è occupata in diverse occasioni della questione del lavoro minorile.
Inizialmente, nella seduta del 17 ottobre 2002, nell’ambito dell’ufficio di Presidenza, ha svolto un’audizione informale di ITALIANATs, associazione di organizzazioni non governative che sostengono movimenti di bambini e adolescenti lavoratori. La signorina Tania E. Pariona Tarqui, intervenuta in rappresentanza dell’associazione, ha sottolineato la necessità di svolgere un’opera di sensibilizzazione al tema del lavoro minorile, liberandola però dallo stereotipo di identificare questo con lo sfruttamento dei minori. In talune realtà del Sud del mondo, infatti, il lavoro dei minori è una scelta responsabile e necessitata. Essa è supportata da reti di auto-organizzazione, che consentono di conciliare i tempi del lavoro con le esigenze dei bambini e con le esigenze scolastiche. È, infatti, necessario distinguere fra sfruttamento dei minori nei traffici di armi e droga ovvero nella prostituzione e nel lavoro forzato ed il semplice “lavoro”, che ha una valenza positiva anche per i minori se svolto sotto tutela e in connessione con percorsi formativi. Deve trattarsi ovviamente di lavori leggeri, che consentano di effettuare al contempo attività scolastiche.
Successivamente, nella seduta del 27/4/2004, ha avuto luogo l’audizione del sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Grazia Sestini, che ha in primo luogo fornito dei dati, tratti da un'indagine Istat condotta nel 2002, su rilevamenti del 2000, in seguito ad una esplicita richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nell’ambito dell’indagine si è individuata la nozione di «lavoro minorile», distinguendola da altre attività, quali, ad esempio, le collaborazioni familiari. In particolare, viene considerato lavoro minorile quello relativo ai minori di 15 anni (si presuppone, infatti, che dai 16 anni, in Italia, finisca l'obbligo scolastico e quindi l'attività lavorativa sia legale) e sono presi in considerazione tutti i minori economicamente attivi, implicati nella produzione per il mercato (lavori retribuiti) ed in alcuni tipi di produzione non orientate al mercato (lavori non retribuiti), compresa la produzione di beni per l'autoconsumo. Sono, dunque, considerati inattivi i bambini coinvolti in attività domestiche o di cura della propria famiglia. I bambini, inoltre, devono aver svolto almeno un'ora di lavoro nel periodo di riferimento (un anno). Esulano, invece, dalla nozione di lavoro minorile tutte le attività illegali che possano coinvolgere i minori e che non possono però essere definite lavoro (è il caso, cioè, della prostituzione, dello spaccio di droga e fenomeni analoghi).
Secondo la rilevazione Istat, i ragazzi dai 7 ai 14 anni economicamente attivi al momento della rilevazione sono 144.285; di questi, se ne possono considerare sfruttati 1.500, pari allo 0,66 per cento della popolazione compresa tra 7 e 14 anni. Il 50 per cento di questi ragazzi sono impegnati in attività interne alla famiglia. Il 32 per cento è impiegato in lavori stagionali (che impegnano i ragazzi per più di quattro ore al giorno), mentre il 17,5 per cento è rappresentato da lavori “impegnativi”, retribuiti o presso terzi, per più di quattro ore al giorno.
Per quanto riguarda i giovani tra i 15 e i 18 anni, che hanno concluso, a legislazione vigente, l'obbligo scolastico, risulta che il 14,7% di essi hanno avuto una esperienza di lavoro prima dei 15 anni (con una maggiore incidenza maschile: pari al 18,8 rispetto alla femminile che è del 10,4 per cento).
I ragazzi che risultano invece avere una qualche esperienza lavorativa prima dell'età legale, sono il 7,9%. Le attività svolte sono soprattutto di tipo stagionale (per il 70 per cento), mentre le tipologie di lavoro sono essenzialmente due: la prima è simile al lavoro adulto, la seconda all'aiuto prestato all'interno della famiglia. Questa seconda tipologia non rientra nello sfruttamento, dal momento che si tratta di attività organiche al progetto educativo dei genitori, non sgradite ai ragazzi, che solo in rari casi hanno inciso sulla frequenza scolastica.
Il lavoro minorile varia anche in relazione all’area geografica. Infatti, nel nord est si evidenzia la più alta competizione tra scuola e lavoro, trattandosi di zone che offrono maggiori possibilità di lavoro: oltre il 20 per cento dei ragazzi dichiara di avere avuto una esperienza lavorativa (parziale, estiva, eccetera) prima della fine dell'obbligo scolastico. Vi è, invece, una scarsa percentuale del centro Italia pari al 9,9%, mentre il resto d'Italia si attesta tra il 13 e il 15 per cento.
Il tasso di attività dei minori è, inoltre, connesso alla realtà familiare, perché aumenta con l'abbassarsi del livello culturale dei genitori e varia altresì in relazione al tipo di attività lavorativa dei genitori: il coinvolgimento dei ragazzi è maggiore nei casi dei lavoratori in proprio, soprattutto agricoltori (il 32 per cento) e nel settore alberghiero e della ristorazione (il 27 per cento).
Il sottosegretario ricorda comunque che, nell’ambito delle rilevazioni come quelle illustrate, sfuggono alcuni dati in quanto nel settore vi è una presenza elevatissima di lavoro sommerso, che si accompagna ad altre forme di illegalità che vanno dall'evasione, all'elusione fiscale, alla evasione ed elusione delle norme sulla sicurezza.
Esiste inoltre il problema dei minori immigrati, i quali rischiano di sfuggire due volte alle statistiche, perché entrano e permangono illegalmente in Italia e perché prestano illegalmente il proprio lavoro. In particolare, per affrontare il problema dei minori stranieri non accompagnati, i comuni italiani non hanno risorse finanziarie sufficienti. Questi minori vengono, infatti, ospitati nei centri di accoglienza, le cui rette quotidiane costano (circa 150-160 euro mensili) ed incidono sui bilanci dei comuni, soprattutto piccoli o piccolissimi. Un altro problema consiste nell’avviare questi ragazzi lungo un percorso educativo per cui, al compimento del diciottesimo anno, non ritirino i documenti, facendo perdere le loro tracce. Il Ministero è impegnato su questo fronte insieme all'ANCI. Un ulteriore aspetto riguarda il ricorso al lavoro minorile all'interno delle comunità straniere, che rappresentano realtà culturali particolari, in cui non sono sufficienti ispezioni o sanzioni per ottenere dei risultati. Alcune esperienze, condotte in particolare in Toscana dalle ASL, dai comuni, dall'ispettorato del lavoro e dalle forze dell'ordine, hanno insegnato che solo un paziente lavoro di integrazione ha consentito una normale convivenza civile.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, oltre a specifiche misure di contrasto e prevenzione nonché ad interventi per una maggiore responsabilizzazione sociale delle imprese, conta anche sulla riforma della scuola e del mercato del lavoro per ottenere risultati nel contrasto al lavoro minorile. Nell’ambito della riforma del mercato del lavoro, avrà notevole rilievo la riforma dell'apprendistato, nella nuova tipologia prevista dalla legge Biagi, e la riforma della scuola, che porterà l'obbligo scolastico e formativo a 18 anni. Vi sarà un'altissima correlazione tra istruzione, formazione e attività professionalizzanti, con una formazione professionale nella quale il 50 per cento consisterà in attività formative e l'altro 50 per cento in una presenza nelle aziende.
Altre iniziative in atto riguardano:
- durante il semestre di presidenza italiana, la presentazione di un documento, la cosiddetta dichiarazione di Lucca, sottoscritta dai competenti ministri per l'infanzia dell'Unione, con il quale ci si impegna a limitare il più possibile, tra le altre, anche la piaga del lavoro minorile in Europa. Per ottenere tali risultati si dovranno sostenere e valorizzare anche progetti europei già in atto, come ad esempio il progetto Daphne;
- l’uso da parte soprattutto dei comuni di maggiori dimensioni degli strumenti ed i fondi forniti dalla legge n. 285 del 1997 per misure di contrasto e soprattutto di recupero dei minori coinvolti da fenomeni di lavoro;
- un protocollo di intesa, sottoscritto dal Ministero assieme ai Dicasteri dell'istruzione, dell'interno, della giustizia e degli esteri, per il coordinamento delle azioni di lotta al lavoro minorile e alla dispersione scolastica;
- un corso di formazione per gli ispettori delle sedi periferiche del ministero, gli ispettorati del lavoro, cui spetta il compito di ispezionare i luoghi di lavoro per accertare il rispetto delle norme e i casi di lavoro minorile. Oltre alla normale attività ispettiva, nei casi di lavoro minorile è necessaria anche un'azione di coordinamento con i servizi sociali territoriali, perché il minore interessato probabilmente avrà alle spalle gravi problemi sociali ed economici.
Infine, il sottosegretario affronta il tema del fenomeno dello sfruttamento dei minori, soprattutto nelle strade (il cosiddetto accattonaggio), evidenziando che nelle città italiane, in cui è stato fatto ricorso ai fondi della legge n. 285 del 1997, questo fenomeno si è molto ridotto. Anche in questo campo sono necessari progetti di prevenzione, di accompagnamento delle famiglie e di introduzione di questi ragazzi nei percorsi formativi.
Nella seduta del 4 maggio 2004, inoltre, si sono svolte le comunicazioni del Presidente sulla missione svolta il 28 e 29 aprile 2004 a Berlino, in materia di lavoro minorile. La missione era finalizzata alla partecipazione al II Incontro internazionale del Movimento dei bambini e adolescenti lavoratori NATs (Niños y adolescentes trabajadores), con lo scopo di approfondire la conoscenza di una esperienza che affronta i problemi del lavoro minorile in una prospettiva diversa. Tali movimenti, diffusi nei Paesi in via di sviluppo ed in particolare in America latina, in Asia e in Africa, considerano il lavoro un diritto umano importante per lo sviluppo delle persone, compresi i minori, e si oppongono ad ogni forma di sfruttamento. Obiettivo dei NATs è promuovere una partecipazione dei minori lavoratori come protagonisti, perché possano essere riconosciuti come attori sociali ed essere ascoltati dai governi, al fine di influire nei processi decisionali e contrastare le cause della povertà. In particolare, il movimento dei NATs intende dialogare con le organizzazioni internazionali che si occupano dei diritti dell'infanzia e del lavoro, essendo critico verso alcune politiche proposte dall'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per sradicare il lavoro minorile. L'impegno emerso dall'Incontro internazionale di Berlino è di costruire un movimento mondiale per la lotta, la difesa e la promozione del rispetto dei diritti non solo dei bambini e bambine lavoratori, ma di tutta l'infanzia in generale, secondo tre indicazioni fondamentali, riassunte nella frase conclusiva della Dichiarazione finale: «Sì al lavoro degno, no allo sfruttamento, perché noi non siamo il problema, ma parte della soluzione, affinché le nostri voci vengano ascoltate nel mondo intero».
La Commissione ha, inoltre, avviato la discussione delle risoluzioni 7-00389 Burani Procaccini e 7-00349 Capitelli ed altri in materia di lavoro minorile, nelle sedute del 4 e 5 maggio scorso.
Le due risoluzioni, partendo dall’analisi di alcuni dati statistici che vedono i minori sempre più coinvolti in forme di lavoro e sfruttamento, mirano ad impegnare il Governo a predisporre, rispettivamente, un programma d’azione o un piano d’azione in applicazione della Convenzione n. 182 dell'OIL e della Raccomandazione n. 190 ad essa allegata.
Nella discussione è intervenuto il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, che ha chiesto alcuni chiarimenti circa i dispositivi delle due risoluzioni, proponendo talune modifiche. In particolare, ha osservato che il programma d'azione ed il piano d'azione non sono strumenti assimilabili: il programma di azione è già contenuto in nuce nel Piano nazionale d'azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva per il biennio 2002-2004 e sarà integrato con il programma di azioni contro lo sfruttamento del lavoro minorile, mentre il piano d'azione dovrebbe seguire le stesse procedure previste per il citato Piano d'azione per l'infanzia e l'adolescenza. Il Sottosegretario ha segnalato, peraltro, che il piano rischia di interferire con le competenze regionali, sottolineando, infine, l'importanza del tema della prevenzione, che può costituire un valido strumento di contrasto allo sfruttamento del lavoro minorile.
Durante l’esame di tali risoluzioni, sono state altresì assegnate alla Commissione parlamentare per l’infanzia le risoluzioni 7-00427 Zanella e 7-00444 Valpiana, esaminate congiuntamente alle altre nella seduta del 4 novembre scorso. Entrambe le risoluzioni contengono impegni al Governo sia per l’adozione di un piano d’azione in attuazione della Convenzione e della Raccomandazione OIL, sia per la realizzazione di interventi a livello internazionale.
La Camera,
premesso che:
la Convenzione n. 182 promossa dalla Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del Lavoro, adottata a Ginevra il 17 giugno 1999 ed entrata in vigore il 19 novembre 2000, relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile, impegnava i paesi firmatari ad un'azione rapida e complessiva per l'eliminazione del fenomeno, conferendo allo stesso un carattere d'emergenza;
secondo il Rapporto globale sul lavoro minorile pubblicato il 6 maggio 2002 dall'Ufficio Internazionale del Lavoro, 246 milioni di ragazzi tra i cinque e i diciassette anni sono costretti al lavoro, di cui ben 179 milioni esposti alle forme peggiori e dannose per la loro salute fisica, mentale e morale;
circa 111 milioni di bambini sotto i quindici anni sono, infatti, costretti a lavori pericolosi ed oltre 8 milioni di bambini sono sottoposti in schiavitù, schiavitù per debiti e altre forme di lavoro forzato come l'arruolamento in vista della partecipazione a conflitti armati, la prostituzione, la pornografia e altre attività illecite;
il direttore generale dell'Ufficio Internazionale del Lavoro, Juan Somavia, ha dichiarato che «nonostante l'impegno dei governi e dei loro interlocutori per combattere il lavoro minorile in tutto il mondo, il problema è ancora gigantesco» e che «i progressi compiuti sulla via dell'abolizione effettiva sono considerevoli ma la comunità internazionale non deve dar tregua ai suoi sforzi contro la propagazione di una forma di lavoro della quale sono vittime milioni di bambini in tutto il mondo»;
il 60 per cento del totale dei bambini costretti al lavoro è localizzato nella area Asia-Pacifico, seguita dall'Africa subsahariana (23 per cento), l'America latina e i Caraibi (17,4 per cento) il Medio Oriente e l'Africa del Nord (6 per cento);
la tipologia di lavoro in cui questi bambini sono utilizzati riguarda essenzialmente il settore primario, con percentuali rilevanti nell'agricoltura commerciale (cacao, caffè, cotone, eccetera), anche se la maggior parte dei bambini impiegati si trova in settori economici non ufficiali dove non vengono riconosciuti né tutelati;
tra le cause principali elencate nel rapporto figurano: la povertà, le crisi economiche e politiche, le discriminazioni etniche, religiose, le migrazioni, lo sfruttamento a carattere criminale, la mancanza di scuole, pratiche culturali tradizionali e la mancanza di protezione sociale, che spingono un numero sempre maggiore di bambini a forme di lavoro pericolose e molto spesso illegali;
il Rapporto è stato discusso dagli organi dell'OIL alla 90o sessione della Conferenza Internazionale del lavoro il 12 giugno scorso a Ginevra ed è stata istituita in quella stessa sede dall'OIL la Giornata internazionale contro il lavoro minorile;
impegna il Governo
ad adottare ogni utile iniziativa volta a favorire, da parte dei paesi maggiormente colpiti da questo fenomeno, l'adozione di strumenti legislativi efficaci nel campo del divieto del lavoro minorile e la puntuale applicazione dei dettami contenuti nella succitata Convenzione n. 182 e nella raccomandazione sull'età minima per l'ammissione al lavoro del 1973;
a sollecitare nuovi programmi di cooperazione e di assistenza internazionali allo scopo di consentire la formazione scolastica obbligatoria fino ai 14-16 anni per contrastare il lavoro minorile e come opportunità di sviluppo, in particolare, in occasione dell'emanazione del decreto dei flussi migratori, prevedere criteri di preferenza per i cittadini di nazioni con le quali siano stati stabiliti accordi che prevedano precisi impegni di realizzazione di programmi di scolarizzazione;
ad adottare iniziative normative volte a prevedere forme di aiuto economico alle famiglie, dando applicazione alla proposta «20:20» adottata dal Vertice Sociale di Copenaghen (marzo 1995), per la quale il 20 per cento dei fondi spesi dai paesi sviluppati per la cooperazione dovrebbe essere destinato a progetti sociali mentre i paesi in via di sviluppo dovrebbero investire il 20 per cento del loro bilancio nella stessa direzione;
a tenere maggiormente in considerazione le altre iniziative proposte dalle organizzazioni sociali non governative italiane, da tempo impegnate nel trovare valide soluzioni al problema del lavoro minorile;
a promuovere meccanismi di controllo e codici di condotta più rigidi nella fabbricazione dei prodotti italiani e di aziende straniere (soprattutto multinazionali) che commercializzano in Italia, specialmente nella catena del subappalto, e nella loro commercializzazione internazionale per favorire marchi di qualità sociale, stimolando le imprese alla trasparenza riguardo alle condizioni sociali ed ambientali della loro produzione;
ad agire nelle sedi delle organizzazioni internazionali per promuovere il rispetto effettivo dei diritti fondamentali nel lavoro anche attraverso la definizione di regole per la diffusione di trasparenti «marchi di qualità sociale» e di corrette forme di controllo della coerenza con esse dei prodotti e dei loro cicli produttivi;
a favorire la creazione di programmi di riabilitazione dei bambini assoggettati in precedenza a forme di schiavitù, prostituzione e lavori nocivi;
a verificare e riferire in Parlamento sulla situazione attuale in Italia rispetto a tale fenomeno e valutare l'opportunità di mettere in campo nuove iniziative che, d'intesa con le parti sociali e le organizzazioni imprenditoriali, mirino a debellare sul nascere tale rischio.
(6-00047)
«Volontè, Elio Vito, Cè, La Russa, Antonio Leone».
n. 6-00048
(Burani Procaccini, ed a.)
La Camera,
premesso che:
nelle sedi internazionali è stato profuso un vasto impegno per combattere lo sfruttamento del lavoro minorile, in particolare con la Convenzione n. 182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e l'allegata raccomandazione n. 190 sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile, entrambe approvate a Ginevra il 17 maggio 1999 e ratificate dall'Italia con legge 25 maggio 2000, n. 148;
la stessa Convenzione n. 182 indica quali sono le «forme peggiori di lavoro minorile», vietando tutte quelle che possano compromettere la salute, la sicurezza o la moralità dei minori;
la Sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS) svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002 ha dedicato ampio spazio al problema dello sfruttamento del lavoro minorile ed in particolare ha confermato l'impegno di combattere le peggiori forme di lavoro minorile, così come definite dalla Convenzione OIL n. 182;
la Costituzione prevede (articolo 37) una tutela particolare per il lavoro minorile;
la Commissione parlamentare per l'infanzia ha svolto un lavoro di approfondimento, con specifiche audizioni in questa e nella precedente legislatura - in modo particolare con organizzazioni di minori lavoratori (NATs) che hanno evidenziato la necessità sociale nei Paesi in via di sviluppo di forme protette di lavoro minorile che permettano ai minori stessi ed alle loro famiglie di accedere al minimo vitale - ed ha partecipato ai lavori del II Congresso mondiale contro lo sfruttamento sessuale dei minori a fini commerciali, svoltosi a Yokohama nel dicembre 2001, e alla sopramenzionata sessione UNGASS;
risulta, in Italia e negli altri Paesi dell'Unione europea, un elevato numero di minori non accompagnati, che spesso sono sprovvisti di qualsiasi documento di identità e quindi facili vittime di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali;
il fenomeno tuttavia continua a persistere, con particolare riguardo ad alcune regioni del mondo;
impegna il Governo:
a prevedere un efficace sistema di monitoraggio sul fenomeno dello sfruttamento del lavoro minorile;
ad adottare iniziative efficaci per contribuire all'adozione, nei Paesi dove il problema è maggiormente presente, di misure che eliminino le peggiori forme di lavoro minorile e tutelino eventuali forme di lavoro che permettano ai minori di avere un'istruzione scolastica e uno spazio per le libere attività creative;
ad avviare contatti con le Organizzazioni di bambini e adolescenti lavoratori presenti in molti Paesi del mondo, per prendere in considerazione le loro esperienze e sostenerne progetti ed iniziative;
a riferire annualmente in Parlamento sulla situazione del lavoro minorile presente in Italia e sulle iniziative assunte in sede europea e internazionale.
(6-00048)
«Burani Procaccini, Bolognesi, Capitelli, Francesca Martini, Mazzuca Poggiolini, Luigi Pepe, Santori, Perrotta, Spina Diana, Licastro Scardino, Carlucci, Lisi, Castellani, Anna Maria Leone».
(Testo così modificato nel corso della seduta)
La Camera,
premesso che:
il 12 giugno 2002 si è celebrata la prima giornata mondiale contro il lavoro minorile promossa dall'Organizzazione internazionale del lavoro, che avrà d'ora in poi cadenza annuale;
l'ultimo rapporto dell'Organizzazione internazionale del lavoro «A future without child labour» segnala che dalle inchieste realizzate nei Paesi in via di sviluppo emergono dati allarmanti;
questo problematico fenomeno coinvolge nel mondo, con modalità diverse, fino a 250 milioni di bambini in età compresa dai 5 ai 14 anni, di cui il 70 per cento lavora nei settori dell'agricoltura, della pesca e della caccia, l'8 per cento nella produzione manifatturiera e nel commercio, sia all'ingrosso che al dettaglio, il 7 per cento in lavori domestici, il 4 per cento nei trasporti e nelle comunicazioni e, infine, il 3 per cento nel settore delle costruzioni e nell'industria estrattiva mineraria;
in particolare, si ricorre allo sfruttamento del lavoro minorile nella coltivazione e trasformazione del cacao, del caffè, del lattice, del cotone e del tè. Infatti, sulla base dei monitoraggi effettuati nei principali mercati mondiali, ovvero in Brasile, Kenya e Messico, lo sfruttamento di bambini al di sotto dei 15 anni è pari al 25-30 per cento del totale della manodopera;
allo sfruttamento del lavoro minorile si accompagnano forme di abuso ancora più gravi e intollerabili, quali condizioni di vera e propria schiavitù collegate alla mancata o non adeguata retribuzione, a condizioni subumane dei luoghi di lavoro, fino all'abuso e allo sfruttamento sessuale dei minori che lavorano;
il lavoro durante l'infanzia toglie ai bambini e alle bambine la possibilità di avere condizioni di vita consone alla loro età, nonché un'adeguata formazione scolastica e professionale e, di conseguenza, riduce, nei Paesi in cui è praticato, la possibilità di costruire, in prospettiva per il futuro, una classe dirigente e un corpo sociale a diffuso tasso di scolarizzazione e pienamente consapevole dei propri diritti;
in America Latina, in Africa e in Asia adolescenti e bambini lavoratori sono organizzati in movimenti appoggiati da ONG, che stanno cercando strategie e soluzioni su questo tema, anche per proteggere i minori dallo sfruttamento criminale, dai traffici illeciti e dalla prostituzione;
anche i Paesi industrializzati non sono indenni da questo inquietante fenomeno: in Italia, nonostante il divieto previsto dalla legge n. 977 del 1967, ha dimensioni allarmanti; secondo l'Istat, che ha presentato nel giugno 2002 un rapporto elaborato su impulso del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i ragazzi con meno di 15 anni che svolgono attività lavorativa sono oltre 144.000, pari al 3,1 per cento dei bambini di quell'età (dati 2000);
considerando l'insieme delle attività, continuative e non continuative, il numero dei quindicenni «sfruttati» in Italia risulta di 31.500 unità, lo 0,66 per cento della popolazione giovanile tra i 7 e i 14 anni, con un'incidenza maggiore tra i quattordicenni (il 2,74 per cento);
sono circa 83 mila gli adolescenti compresi nella fascia dì età tra i 15 e i 18 anni che dichiarano di aver avuto qualche esperienza lavorativa prima dei 15 anni, di cui 37 mila nel Mezzogiorno, area dove questo fenomeno si lega in maniera simbiotica con la piaga del lavoro nero;
lo sfruttamento minorile appare un fenomeno che interessa tutto il Paese, anche le zone più sviluppate, ed è connesso - nel Nord del paese - con gli alti tassi di occupazione locale, mentre nel Mezzogiorno con gravi condizioni di disagio economico e sociale;
i dati Istat che si riferiscono alla situazione italiana potrebbero essere fortemente sottostimati, anche considerando la presenza di minori extracomunitari non censiti o non ricompresi nell'indagine;
la XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati nel corso della XIII legislatura ha concluso un'indagine conoscitiva sul lavoro nero e sul lavoro minorile, nella quale si sottolineava la necessità di rimuovere le cause indirette (stato di povertà materiale e culturale delle famiglie, dispersione scolastica) dell'offerta di lavoro minorile e di incidere più fortemente sul fenomeno della domanda, da parte delle imprese, di questa grave forma di lavoro illegale;
è molto limitato il numero di aziende italiane, soprattutto produttrici di prodotti per l'infanzia, che ha sottoscritto protocolli con le rappresentanze sindacali per controllare che le aziende italiane ed estere, fornitrici di semilavorati, non impieghino minori nei loro processi produttivi;
iniziative del genere sono state prese da alcune multinazionali straniere, attraverso codici di autoregolamentazione aziendale, anche sotto la pressione di iniziative popolari per l'affermazione dei diritti umani;
il nostro Paese deve essere impegnato nello stesso sforzo sia sul fronte internazionale, sia nella completa eliminazione del lavoro minorile in Italia, secondo quanto previsto dalla legge n. 977 del 1967;
in Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge che riprendono il lavoro svolto nel corso della precedente legislatura, concernenti «Disposizioni in materia di certificazione di conformità sociale delle imprese che non utilizzano lavoro minorile»;
impegna il Governo
a dotarsi in tempi rapidi di adeguati strumenti per la rilevazione quantitativa e qualitativa del fenomeno e ad intensificare l'attività di controllo sul territorio, fornendo annualmente alle competenti Commissioni parlamentari un rapporto sulla situazione del lavoro minorile in Italia;
a promuovere un sistema di certificazione di conformità sociale delle imprese che non utilizzano lavoro minorile;
a promuovere, anche ai sensi della legge n. 285 del 1997, sia a livello di Governo centrale, sia a livello di enti locali, progetti specificatamente mirati all'eliminazione del lavoro minorile nel nostro Paese e alla rimozione delle cause che ne determinano l'offerta, destinando a tali progetti adeguate risorse;
a sviluppare le azioni di intervento e di controllo degli ispettori del lavoro relative a questo fenomeno, adottando nel contempo opportuni strumenti per la prevenzione del lavoro minorile e dello sfruttamento, prevedendo altresì il ricorso ad iniziative legislative volte ad introdurre ed applicare sanzioni severe nei confronti delle imprese italiane che utilizzano lavoro minorile;
a incentivare a livello nazionale le iniziative di accordo tra le parti sociali finalizzate al controllo e all'eliminazione, in Italia e nel mondo, del lavoro dei bambini nei processi produttivi e ad estendere la propria iniziativa in sede internazionale, a partire dall'Unione europea, affinché l'Europa si doti di una carta comune contro lo sfruttamento del lavoro minorile;
a devolvere lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo entro il 2004, destinando congrue risorse a progetti finalizzati ad un'istruzione gratuita e obbligatoria accessibile a tutti i bambini e le bambine;
ad aumentare a livello bilaterale e multilaterale, il sostegno finanziario a progetti nel campo dell'educazione, adeguati alla realtà sociale di ogni Paese e accompagnati da azioni di sensibilizzazione e incentivi alle famiglie più povere;
a cancellare il debito estero dei Paesi più poveri, impegnando i Paesi creditori a convertire il debito condonato in programmi sociali;
a favorire interventi alternativi come il commercio equo e solidale e a promuovere il collegamento diretto tra i produttori dei PVS autorganizzati e i consumatori;
ad incentivare il sistema preferenziale dell'Unione europea che prevede sgravi tariffari per le merci provenienti dai paesi che si impegnano contro il lavoro infantile;
a farsi promotore dell'introduzione di una «clausola sociale» anche all'interno della OMC (Organizzazione mondiale per il commercio) e negli accordi commerciali internazionali che attesti che i prodotti non derivano né dallo sfruttamento del lavoro minorile né dallo sfruttamento del lavoro adulto;
ad assicurare la riabilitazione e l'integrazione sociale delle bambine e dei bambini ridotti in schiavitù o sfruttati sul lavoro;
a promuovere progetti ed iniziative a livello internazionale che garantiscano condizioni di vita adeguate alle bambine, ai bambini ed agli adolescenti, tenendo conto di quanto espresso e richiesto dai loro movimenti.
(6-00049)
«Violante, Castagnetti, Boato, Maura Cossutta, Mazzuca Poggiolini, Pisicchio, Duilio, Delbono, De Franciscis, Enzo Bianco, Rusconi, Colasio, Fistarol, Carbonella, Camo, Carra, Cusumano, Giachetti, Fioroni, Bimbi, Bindi, Monaco, Pasetto, Fanfani, Papini, Luigi Pepe, Tonino Loddo, Realacci, Ruta, Burtone, Squeglia, Tuccillo, Lettieri, Morgando, Mosella, Mattarella, Maccanico, Franceschini, Gentiloni, Banti, Vernetti, Mantini, Ladu, Iannuzzi, Molinari, Merlo, Frigato, Lusetti, Santino Adamo Loddo, Pistelli, Meduri, Reduzzi, Ruggeri, Acquarone, Villari, Bottino, Gerardo Bianco, Capitelli, Cordoni, Agostini, Bogi, Calzolaio, Innocenti, Magnolfi, Montecchi, Nicola Rossi, Ruzzante, Giacco, Pisa, Bolognesi, Buffo, Diana, Gasperoni, Motta, Nigra, Sciacca, Trupia, Battaglia, Di Serio D'Antona, Labate, Lucà, Petrella, Turco, Zanotti, Carli, Chiaromonte, Giulietti, Grignaffini, Lolli, Martella, Sasso, Tocci».
La Camera,
premesso che:
nonostante l'impegno profuso in sede internazionale, al fine di combattere in modo efficace il problema dello sfruttamento del lavoro minorile, e l'adozione, in questo ambito, della convenzione n.182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e della raccomandazione n. 190 sulla stessa materia, entrambe approvate a Ginevra il 17 maggio 1999 e autorizzate alla ratifica in Italia dalla legge 25 maggio 2000, n. 148, dati recenti confermano che il fenomeno continua a persistere, in particolare in alcune regioni del mondo;
a tal proposito si segnalano le maggiori concentrazioni di sfruttamento di lavoro minorile in Asia, con percentuali che raggiungono il 61 per cento, in Africa, dove il lavoro minorile raggiunge il 32 per cento e in America Latina dove si attesta al 7 per cento;
la Convenzione n. 182 dell'Organizzazione internazionale del lavoro definisce, tra l'altro, le cosiddette «forme peggiori di lavoro minorile», individuandole in tutte le forme di schiavitù minorile, comprendendo il lavoro forzato ed il reclutamento armato di minori, lo sfruttamento a fini pornografici e per altri fini illeciti - quali il traffico di stupefacenti - e qualsiasi altro lavoro che mette a repentaglio la salute, la moralità o la sicurezza del minore;
sin dal 1992, il Parlamento europeo, con la risoluzione A3 - 0172/92, relativa ad una Carta europea dei diritti del fanciullo, aveva sollecitato sia gli organismi comunitari sia gli Stati membri ad istituire (ciascuno nel proprio ambito) un difensore dei minori, con il compito di tutelarne i diritti, di vigilare sull'applicazione delle leggi che li tutelano, di raccogliere segnalazioni provenienti dai minori stessi, di diffondere la cultura dell'infanzia e d'individuare le soluzioni giuridiche, da sottoporre ai poteri pubblici ai fini dell'assunzione delle opportune iniziative, per una tutela più efficace;
analogamente, la Risoluzione A4-0393/1996 del Parlamento europeo, in materia di misure per la protezione dei minori nell'Unione europea, «invita gli Stati membri a potenziare la partecipazione sociale dei minori e ciò in particolare attraverso la nomina di responsabili per l'infanzia (...); in tale contesto è importante che esistano istituzioni e organismi che effettuino il controllo, indipendente e imparziale, dell'effettivo rispetto della normativa vigente e dei diritti del fanciullo»;
inoltre il Consiglio d'Europa raccomanda al Comitato dei Ministri di esortare gli Stati membri, che non abbiano ancora provveduto in tal senso, ad istituire un garante nazionale;
nell'ambito della Sessione straordinaria delle Nazioni unite dedicata all'infanzia, svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002, si è riunita anche l'Unione interparlamentare che ha dedicato un forum ai diritti dei bambini. Tra le azioni raccomandate nella risoluzione finale figura l'istituzione di un Garante per l'infanzia, che sia collegato con il Parlamento e sia dotato di risorse adeguate;
si ricorda che in Europa, la figura del Garante per l'infanzia è piuttosto diffusa, essendo prevista in undici Stati (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Islanda, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svezia);
in Italia, tale figura non esiste a livello nazionale, ma è stato istituito da alcune regioni attraverso l'approvazione di un'apposita legge. Si tratta, in particolare, delle leggi della regione Veneto n. 42 del 1988, della regione Abruzzo n. 15 del 1989, della regione Friuli-Venezia Giulia n. 3 del 1997, della regione Puglia n. 10 del 1999, della regione Lazio n. 38 del 2002 e della regione Marche n. 18 del 2002;
impegna il Governo
ad adottare un'iniziativa normativa volta ad istituire il Garante per l'infanzia e l'adolescenza per garantire l'integrità e la qualità dello sviluppo degli infanti e degli adolescenti sul territorio della Repubblica, in osservanza delle leggi nazionali e delle convenzioni internazionali vigenti;
a dotare il garante per l'infanzia di poteri di vigilanza sulla piena applicazione delle convenzioni internazionali, delle disposizioni e direttive dell'Unione europea e della normativa vigente in Italia sui diritti dei minori, e di coordinamento con amministrazioni, organismi o istituti di tutela dei minori operanti in Italia e in altri Paesi;
a dotare il garante per l'infanzia di poteri di coordinamento, d'impulso e d'istruzione nei confronti degli altri enti pubblici e che possa attivare le procedure, volte a dare assistenza ed aiuto ai minori e alle famiglie in difficoltà, anche attraverso l'incentivazione nel quadro del piano nazionale degli interventi e dei servizi sociali, degli aiuti alle associazioni impegnate nella prevenzione e nella lotta allo sfruttamento.
(6-00050)
«Buontempo, La Russa, Airaghi, Alboni, Amoruso, Anedda, Armani, Arrighi, Ascierto, Bellotti, Benedetti Valentini, Bocchino, Bornacin, Briguglio, Butti, Canelli, Cannella, Cardiello, Carrara, Caruso, Castellani, Catanoso, Cirielli, Cola, Coronella, Giorgio Conte, Cristaldi, Delmastro delle Vedove, Giulio Conti, Fasano, Fatuzzo, Fiori, Foti, Fragalà, Franz, Gallo, Gamba, Garnero Santanché, Geraci, Ghiglia, Alberto Giorgetti, Gironda Veraldi, La Grua, La Starza, Lamorte, Landi di Chiavenna, Landolfi, Leo, Lisi, Lo Presti, Losurdo, Maceratini, Malgieri, Gianni Mancuso, Luigi Martini, Mazzocchi, Menia, Meroi, Messa, Migliori, Mussolini, Angela Napoli, Nespoli, Onnis, Paolone, Patarino, Antonio Pepe, Pezzella, Porcu, Raisi, Ramponi, Riccio, Ronchi, Rositani, Saglia, Saia, Scalia, Selva, Serena, Strano, Taglialatela, Trantino, Villani Miglietta, Zaccheo, Zacchera.
n. 7-00349
(Piera Capitelli)
del 12 dicembre 2003
La Commissione parlamentare per l'infanzia,
premesso che:
secondo i dati dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) nel mondo sono almeno 246 milioni di minori vittime di sfruttamento economico, di cui almeno 186 milioni di età compresa tra i 5 e i 14 anni;
l'1 per cento dei minori sfruttati si trova nei Paesi industrializzati, tra i quali l'Italia;
i dati dell'ISTAT pubblicati nel 2002 e relativi all'impiego economico dei minori in Italia, sottolineano che su circa 144.285 minori impiegati economicamente, 31.500 sarebbero da considerarsi sfruttati a tempo pieno;
i dati disponibili in merito alle forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile nel nostro Paese sono insufficienti a tracciare un quadro della situazione. In base al Rapporto «Out of the shadows 2002» edito da Global March against Child Labour - la più vasta alleanza della società civile contro lo sfruttamento del lavoro minorile, coordinata per l'Europa dall'ONG Mani Tese - le forme peggiori di sfruttamento nel nostro Paese sono in drammatico aumento. In particolare:
l'accattonaggio nelle città italiane, molto diffuso anche nelle comunità nomadi, coinvolgerebbe almeno 3.000 bambini albanesi, oggetto di traffico internazionale e ridotti in stato di schiavitù;
il traffico internazionale dall'ex Jugoslavia, per venire poi sfruttati in Italia soprattutto nelle attività criminali. Inoltre, è in drammatico aumento il traffico internazionale di bambine e ragazze a scopo di prostituzione: esse provengono principalmente dall'Albania, dalla Nigeria, dalla Russia e dall'Europa dell'Est;
per quanto riguarda i minori coinvolti nelle attività criminali, il crimine organizzato addestra i minori, sin da età molto precoci, all'uso, smistamento e traffico di stupefacenti;
vi sono migliaia di bambini coinvolti in attività pericolose: basti pensare che più di 30.000 bambini cinesi sarebbero sfruttati solamente nell'area intorno a Firenze;
l'Italia gioca un ruolo di grande rilevanza nell'ambito dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro;
il nostro Paese ha ratificato, con legge n. 148 del 25 maggio 2000, la Convenzione OIL n. 182 sulle Forme Peggiori di Lavoro Minorile che chiede l'adozione da parte degli Stati membri (articolo 1) di «misure immediate ed efficaci atte a garantire la proibizione e l'eliminazione delle forme peggiori di lavoro minorile, con procedura d'urgenza». Tali forme includono: a) tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l'asservimento, il lavoro forzato od obbligatorio, compreso il reclutamento forzato od obbligatorio di minori ai fini del loro impiego nei conflitti armati; b) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione del materiale pornografico o di spettacoli pornografici; c) l'impiego, l'ingaggio o l'offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e traffico di stupefacenti; d) qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore;
impegna il Governo:
a predisporre e adottare, a cura del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previo parere della Commissione bicamerale per l'infanzia, un piano di azione in applicazione della convenzione Oil n. 182 e raccomandazione n. 190 allegata, che prevede tra l'altro il coinvolgimento a forme di consultazione con i soggetti interessati;
a finalizzare il piano ai seguenti direttivi:
a) individuare e denunciare le forme peggiori di lavoro minorile;
b) impedire che i minori intraprendano le forme peggiori di lavoro minorile o sottrarli ad esse, proteggerli dalle rappresaglie, garantire la loro riabilitazione ed il loro reinserimento sociale mediante provvedimenti che tengano conto delle loro esigenze formative, fisiche e psicologiche;
c) prendere in particolare considerazione: I) i minori di più tenera età; II) i minori di sesso femminile; III) il problema del lavoro svolto in situazioni che sfuggono agli sguardi di terzi, in cui le ragazze sono esposte a rischi particolari; IV) altri gruppi di minori con specifiche vulnerabilità o esigenze;
d) individuare le comunità nelle quali i minori sono esposti a rischi particolari, entrare in contatto diretto e lavorare con esse;
e) informare, sensibilizzare e mobilitare l'opinione pubblica ed i gruppi interessati, compresi i minori e le loro famiglie.
(7-00349)
«Capitelli, Bolognesi, Giacco, Pisa, Turco, Finocchiaro».
n. 7-00389
(Maria Burani Procaccini)
dell’ 8 marzo 2004
La Commissione parlamentare per l'infanzia,
premesso che:
secondo i dati dell'ISTAT pubblicati nel 2002 sull'impiego economico dei minori in Italia, circa 31.500 sarebbero da considerarsi sfruttati a tempo pieno, su un totale di 144.285 minori impiegati economicamente;
numerosi minori, provenienti spesso da altri paesi, soprattutto balcanici, sono oggetto di traffico internazionale verso l'Italia e sono poi costretti all'accattonaggio, a svolgere attività criminali (quali il traffico di stupefacenti), alla prostituzione;
l'Italia ha ratificato, con legge 25 maggio 2000, n. 148 la Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 182 del 17 giugno 1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile che all'articolo 6 prevede che ogni Stato membro definisca ed attui programmi d'azione volti ad eliminare prioritariamente le forme peggiori di lavoro minorile;
l'Italia ha ratificato altresì, con la stessa legge n. 148/2000, la Raccomandazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 17 giugno 1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile, che contiene disposizioni - da applicarsi contestualmente a quelle della citata Convenzione n. 182 - che precisano gli scopi e i contenuti dei programmi d'azione menzionati all'articolo 6 della Convenzione;
la sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGASS) svoltasi a New York dall'8 al 10 maggio 2002 ha dedicato ampio spazio al problema dello sfruttamento del lavoro minorile ed in particolare ha confermato l'impegno di combattere le peggiori forme di lavoro minorile, così come definite dalla citata Convenzione n. 182;
è in vigore da alcuni mesi la legge 11 agosto 2003, n. 228 «misure contro la tratta di persone»;
l'audizione informale della dottoressa Mariarosa Cutillo, responsabile delle relazioni internazionali dell'associazione «Mani tese», nella riunione dell'Ufficio di presidenza della Commissione parlamentare per l'infanzia del 25 febbraio 2004, ha fornito ulteriori elementi che inducono a ritenere particolarmente urgente un'azione italiana per contrastare le peggiori forme di lavoro e di sfruttamento dei minori;
dal 10 al 12 maggio prossimi a Firenze si svolgerà un Congresso mondiale sul lavoro minorile;
impegna il Governo:
ad adottare, previo parere della Commissione bicamerale per l'infanzia, un programma d'azione in applicazione della Convenzione n. 182 e della Raccomandazione n. 190 dell'Organizzazione internazionale del lavoro e anche in attuazione della citata legge n. 228/2003;
a predisporre tale programma d'azione nel più breve tempo possibile, essendo trascorsi ormai quasi quattro anni dalla ratifica della Convenzione n. 182 e della Raccomandazione n. 190 ed essendo ormai prossimo lo svolgimento del citato Congresso mondiale sul lavoro minorile.
(7-00389) «Burani Procaccini».
n. 7-00427
(Luana Zanella)
del 5 maggio 2004
La Commissione bicamerale per l'infanzia,
premesso che:
i dati dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro - OIL - riferiscono che nel mondo sono almeno 246 milioni i minori vittime di sfruttamento economico, di cui almeno 186 milioni di età compresa tra i 5 e i 14 anni;
i dati dell'ISTAT del 2002 relativi all'impiego economico dei minori in Italia, sottolineano che su circa 144.285 minori impiegati economicamente, 31.500 sarebbero da considerarsi sfruttati a tempo pieno;
secondo il Rapporto dell'Ires (l'istituto di ricerca della Cgil), presentato lo scorso 14 aprile, i bambini tra i 7 e i 14 anni sfruttati nel nostro Paese oscillerebbero complessivamente tra i 360 mila e i 400 mila: il 57 per cento nel commercio, il 30 per cento nell'artigianato e l'11 per cento nell'edilizia ma anche nella cura della famiglia per lavori stagionali o continuativi;
secondo il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, circa la metà delle persone che vivono nelle nazioni più povere del pianeta sono bambini;
è evidente che la questione del lavoro infantile e minorile nel mondo va inquadrata nel contesto più ampio e complesso delle condizioni di vita in cui si svolge ed evolve l'esistenza delle bambine e dei bambini ed è necessario analizzare le differenti situazioni più che con i numeri e le statistiche, pur utili, con inchieste, ricerche sul campo, interviste, soprattutto con le stesse esperienze dei protagonisti, che ci possono fornire quella chiave di lettura che ci permetterebbe di indagare il fenomeno in maniera integrale;
il nostro Paese ha ratificato, con legge n. 148 del 25 maggio 2000, la Convenzione OIL n. 182 sulle Forme Peggiori di Lavoro Minorile che all'articolo 6 prevede che ogni Stato membro definisca ed attui programmi d'azione volti ad eliminare prioritariamente le forme peggiori di lavoro minorile;
l'Italia ha ratificato inoltre, con la stessa legge n. 148/2000, la Raccomandazione dell'organizzazione internazionale del lavoro n. 190 del 17 giugno 1999 sulle forme peggiori di lavoro minorile, che contiene disposizioni - da applicarsi contestualmente a quelle della citata Convenzione n. 182 - che precisano gli scopi e i contenuti dei programmi d'azione menzionati all'articolo 6 della Convenzione;
è fondamentale contrastare le forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile;
l'estrema complessità del fenomeno del lavoro minorile impone comunque una distinzione tra lavoro e sfruttamento del lavoro perché lo sfruttamento è un reato contro l'umanità tutta e sempre da combattere, mentre certi tipi di esperienza lavorativa hanno un ruolo funzionale nel garantire la sopravvivenza fisica del bambino e della sua famiglia. Va ricordato che ci sono in America Latina, in Africa e in Asia molti movimenti, costituiti dagli stessi bambini e appoggiati da Organizzazioni Non Governative, che stanno cercando strategie e soluzioni, tra questi il Movimento Internazionale dei NATs (Niños Adolescentes trabajadores - Bambini e Adolescenti Lavoratori); movimento che chiede che si distingua tra lavoro svolto in certe condizioni, degno, tutelato, con orari che consentano dì studiare e giocare e uso di bambine e bambini in traffici illeciti, nella prostituzione, nelle forme di schiavitù, nel lavoro forzato;
la necessità, ribadita anche nel recente Incontro del movimento mondiale dei NATs - Niños/as y Adolescentes Trabajadores - a Berlino, di confrontarsi con i soggetti direttamente coinvolti nel fenomeno del lavoro minorile recependo le loro elaborazioni e le loro richieste;
è necessario indagare più profondamente e porre un rimedio alle cause principali che producono questo fenomeno; la povertà, le crisi economiche e politiche, la privatizzazione dei servizi fondamentali di base come la salute e l'educazione;
impegna il Governo:
ad adottare un piano di azione che, nell'applicazione del Convenzione Oil numero 182 e della Raccomandazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 190, metta al centro la necessità di consolidare e generalizzare le esperienze già poste in atto in varie parti del paese tese a contrastare e prevenire le forme peggiori di sfruttamento del lavoro minorile, di valorizzare i progetti di contrasto all'abbandono e alla dispersione scolastica e che si sappia misurare con la realtà, coinvolgendo i bambini, le bambine e gli adolescenti lavoratori in prima persona;
a dedicare risorse della cooperazione internazionale a progetti ed iniziative, a livello internazionale, che garantiscano condizioni di vita adeguate alle bambine, ai bambini e agli adolescenti lavoratori e recepiscano quanto espresso e richiesto dai loro movimenti.
(7-00427) «Zanella».
n. 7-00444
(Tiziana Valpiana)
del 15 giugno 2004
La Commissione parlamentare per l'infanzia,
premesso che:
nel mondo sono 250 milioni - secondo l'OIL - i bambini che lavorano, un dato raddoppiato negli ultimi venti anni che riguarda anche i 30 paesi più ricchi del mondo dove il lavoro minorile è cresciuto quasi nello stesso modo che nei paesi più poveri del mondo;
le cause strutturali alla base di questo fenomeno sono la liberalizzazione selvaggia del commercio a livello internazionale, che acutizza la competitività tra le grandi imprese e le grandi società multinazionali, che mette in competizione i poveri con i poveri, e una organizzazione del mercato del lavoro che tende a cancellare alcuni fondamentali diritti dei lavoratori;
anche nel nostro Paese, oltre che negli Stati Uniti d'America dove più del 25 per cento dei ragazzi sotto i 15 anni sono connessi a qualche attività produttiva, il lavoro minorile non è stato debellato ma aumenta il numero di minori sfruttati in connessione all'aumento del lavoro nero e ad un grave incremento dell'abbandono scolastico;
anche nel nostro Paese secondo i dati del Rapporto 2002 edito dalla «Global March against child labour» - coordinata in Europa dalla Ong Mani tese - si registrano sempre maggiori casi di accattonaggio, traffico internazionale dei bambini, utilizzo dei minori in azioni criminali;
il nostro Paese ha ratificato con legge n. 148 del maggio 2000 la Convenzione OIL n. 182 contro le forme peggiori di lavoro minorile,
impegna il Governo a livello nazionale:
a) a predisporre ed adottare, previo parere della Commissione bicamerale per l'infanzia, un piano di azione in applicazione alla Convenzione OIL n. 182 e della raccomandazione n. 190 allegata che preveda, tra l'altro, un diretto coinvolgimento dei soggetti interessati - cioè dei bambini -;
b) ad adottare iniziative volte ad impedire che i minori che non abbiano compiuto i quattordici anni intraprendano ogni forma di lavoro;
c) ad attivarsi per sottrarli ad ogni forma di «impegno forzato» che neghi loro diritti fondamentali come il gioco, l'istruzione, la casa, la salute, l'amore;
d) ad adottare iniziative normative volte ad estendere in Italia controlli per individuare aziende o situazioni di economia informale che utilizzino il lavoro infantile e a predisporre tutte le iniziative necessarie per tutelare i diritti dei bambini a cominciare da quello all'istruzione;
e) a realizzare l'impegno di devolvere lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo alla cooperazione allo sviluppo entro il 2004;
f) a predisporre e favorire programmi di riabilitazione dei bambini e delle bambine assoggettate a forme di schiavitù , prostituzione, lavori nocivi ed a proteggerli dalle rappresaglie, garantendo la riabilitazione ed il loro reinserimento sociale mediante provvedimenti che possano agire secondo le loro esigenze formative, fisiche e psicologiche;
g) favorire il commercio equo e solidale e la diffusione dei marchi di qualità sociale dei prodotti;
h) ad attivarsi per destinare almeno il 50 per cento dei fondi per la cooperazione allo sviluppo ai programmi sociali (oggi il nostro Paese investe solo lo 0,3 per cento dei fondi della cooperazione per l'istruzione primaria);
a livello internazionale,
i) a sostenere in ambito internazionale l'adozione di sanzioni nei confronti delle imprese multinazionali e non che, anche attraverso contratti di appalto, utilizzano mano d'opera infantile;
l) a cancellare il debito estero dei Paesi poveri, impegnando i Paesi debitori a convertire il debito condonato in programmi sociali;
m) ad operare, all'interno delle istituzioni internazionali, perché vengano tenuti in considerazione i diritti delle popolazioni povere e siano cancellate le politiche del Fondo monetario internazionale responsabili delle catastrofi sociali nei Paesi dove sono stati applicate;
n) a denunciare ogni trattato di libero commercio, firmato in sede WTO, che non preveda esplicitamente le suddette sanzioni;
o) ad adottare iniziative volte ad istituire organismi governativi per controllare il comportamento all'estero delle imprese italiane, affinché utilizzino sempre lavoratori adulti, a condizioni di retribuzione eque e nel pieno rispetto delle Convenzioni internazionali esistenti (libertà sindacale e diritto di negoziazione collettiva, divieto di discriminazioni, divieto di lavoro forzato, divieto di lavoro infantile);
p) a sostenere progetti di sviluppo nel Sud del mondo, realizzati dalle ONG e dai movimenti impegnati nella lotta allo sfruttamento del lavoro infantile;
q) a sostenere nel sud del mondo progetti di sviluppo realizzati da ONG e dai movimenti locali impegnati nella lotta contro tutte le forme di sfruttamento del lavoro minorile;
r) ad incentivare il sistema preferenziale dell'Unione europea prevedendo sgravi tariffari per le merci provenienti dai Paesi che si impegnano contro il lavoro infantile;
s) ad incrementare il sostegno economico al programma IPEC, appositamente promosso dall'OIL per combattere lo sfruttamento dei bambini.
(7-00444) «Valpiana».
[1] Nel Secondo Dopoguerra, l’OIL è divenuta una delle Agenzie specializzate nel sistema delle Nazioni Unite.
[2] Per l’Italia, in tema di lavoro minorile, oltre alla fondamentale Convenzione n. 138 sono in vigore le seguenti Convenzioni OIL: Convenzione n. 77, sull’esame medico di attitudine dei fanciulli e degli adolescenti nell’industria; Convenzione n. 78, sull’esame medico di attitudine dei fanciulli e degli adolescenti nei lavori non industriali; Convenzione n. 79, sulla durata del lavoro notturno dei fanciulli e degli adolescenti nei lavori non industriali; Convenzione n. 90, sul lavoro notturno dei minori nell’industria; Convenzione n. 124, sull’esame medico di attitudine degli adolescenti all’impiego nei lavori sotterranei delle miniere.
[3] D’altro canto l’imposizione di elevati vincoli etici nella produzione, se non accompagnata da preferenze tariffarie, può costituire una erosione di quote di mercato per Paesi già abbastanza svantaggiati, configurandosi come una forma di protezionismo “delocalizzato” da parte dei Paesi più avanzati. In tal senso, è la stessa OIL che invita alla prudenza su tali interventi, anche per un’altra ragione, ossia in quanto la lotta intransigente contro una particolare forma di lavoro pericoloso può condurre tale attività sic et simpliciter nel sommerso o provocare lo spostamento delle forze di lavoro in altri settori non meno a rischio, a meno che non vi sia una forte prospettazione di alternative percorribili, nella forma di programmi di riabilitazione e riqualificazione.
[4] Le Nazioni Unite hanno adottato anche altri atti in materia di tutela dei fanciulli e di lavoro minorile, tra cui si ricordano: Rapporto del Segretario generale A/52/523 sulla promozione e la protezione dei diritti dei bambini. Sfruttamento del lavoro minorile, del 24 ottobre 1997, presso l’Assemblea generale; Risoluzione 52/107 sui diritti del fanciullo, del 12 dicembre 1997, presso l’Assemblea generale; Risoluzione 1993/79 - Programma d'azione per l'eliminazione dello sfruttamento del lavoro minorile, del 10 marzo 1993, presso la Commissione dei Diritti dell'Uomo; Risoluzione 1999/80 sui diritti del fanciullo, del 28 aprile 1999, presso la Commissione dei Diritti dell'Uomo.
[5] La Convenzione è in vigore dal 19 novembre 2000. L’Italia ha autorizzato la ratifica della Convenzione n. 182 e la Raccomandazione n. 190 con la legge 25 maggio 2000, n. 148.
[6] Tra essi: l’informazione dell’opinione pubblica; la semplificazione delle procedure giudiziarie ed amministrative; la formazione adeguata per i funzionari delle amministrazioni pubbliche interessate e, in particolare, per gli ispettori e per altri funzionari pertinenti; l’incoraggiamento all’adozione di politiche imprenditoriali che promuovano gli obiettivi della Convenzione; il monitoraggio e la divulgazione delle esperienze più positive relative all’eliminazione del lavoro minorile; la divulgazione di disposizioni legislative o di altro tipo riguardanti il lavoro minorile nelle diverse lingue o dialetti; l’istituzione di procedure speciali di denuncia e di provvedimenti atti a proteggere da discriminazioni coloro che denunciano legittimamente le violazioni delle disposizioni della Convenzione, nonché l’istituzione di linee telefoniche o centri d’assistenza e di mediatori; l’adozione di provvedimenti appropriati per migliorare l’infrastruttura scolastica e la formazione degli insegnanti in modo corrispondente alle necessità di ragazzi e ragazze.
[7] Il Trattato costituzionale è stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 ed ora necessita della ratifica da parte di tutti gli Stati membri. La Lituania ha già approvato la legge di ratifica, mentre in Italia è all’esame della Camera il relativo disegno di legge (A.C. 5388).
[8] Gli Stati membri possono prevedere, per via legislativa o regolamentare, che la presente direttiva non si applichi, entro i limiti e alle condizioni da essi stabiliti, per via legislativa o regolamentare, a taluni lavori occasionali o di breve durata.
[9] In particolare, le definizioni sono le seguenti: “a) giovane, ogni persona di età inferiore a 18 anni come definita all'articolo 2, paragrafo 1; b) bambino, ogni giovane che non ha ancora compiuto 15 anni o che ha ancora obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale; c) adolescente, ogni giovane di almeno 15 anni che non ha ancora compiuto 18 anni e che non ha più obblighi scolastici a tempo pieno imposti dalla legislazione nazionale; d) lavori leggeri, ogni lavoro che, per la natura dei compiti da svolgere o condizioni particolari in cui tali compiti sono svolti, non pregiudica ai bambini: 1) la sicurezza, la salute o lo sviluppo; 2) la frequenza scolastica, la partecipazione a programmi di orientamento o di formazione professionale approvati dall'autorità competente, o la capacità di beneficiare dell'istruzione; e) orario di lavoro; qualsiasi periodo in cui il giovane sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; f) periodo di riposo: qualsiasi periodo che non rientra nell'orario di lavoro”.
[10] Si tratta dei seguenti punti: a) attrezzatura e sistemazione del luogo e del posto di lavoro; b) natura, grado e durata di esposizione agli agenti fisici, biologici e chimici; c) sistemazione, scelta e utilizzazione delle attrezzature di lavoro, segnatamente di agenti, macchine, apparecchi e strumenti nonché la loro manipolazione; d) pianificazione dei processi di lavoro e dello svolgimento del lavoro, e loro interazione (organizzazione del lavoro); e) situazione della formazione e dell'informazione dei giovani.
[11] Negli anni più risalenti, sono stati adottati diversi atti, tra cui si ricordano in particolare le risoluzioni del Parlamento europeo: del 16 giugno 1987, sul lavoro minorile; del 9 febbraio 1994, sul rispetto dei diritti dell'uomo e lo sfruttamento economico dei prigionieri e dei bambini del mondo; del 20 novembre 1997, sulla protezione dei fanciulli e dei loro diritti; del 15 maggio 1997, sull'etichettatura sociale.
[12] In particolare, il D.Lgs. n. 345 del 1999 è volto a dare attuazione alla direttiva 1994/33/CE.
[13] Art. 4 della legge 17 ottobre 1967, n. 977, e successive modificazioni.
[14] La norma stabilisce che l'Osservatorio nazionale per l'infanzia predispone ogni due anni il piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva di cui alla Dichiarazione mondiale sulla sopravvivenza, la protezione e lo sviluppo dell'infanzia, adottata a New York il 30 settembre 1990.
[15] Cfr. Indagini conoscitive, Doc. n. 14.