XIV Legislatura - Dossier di documentazione | |
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio |
Titolo: | Disposizioni delle leggi finanziarie dichiarate costituzionalmente illegittime |
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 136 |
Data: | 22/03/06 |
Organi della Camera: | V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
Servizio studi |
documentazione e ricerche |
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Disposizioni delle leggi finanziarie dichiarate costituzionalmente illegittime
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n. 136
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xiv legislatura 22 marzo 2006 |
Camera dei deputati
Dipartimento Bilancio e politica economica
SIWEB
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File: Bi0954.doc
I N D I C E
Disposizioni delle leggi finanziarie dichiarate costituzionalmente illegittime
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
§ Art. 11, comma 1 Fondazioni bancarie
§ Art. 11, comma 4 Fondazioni bancarie
§ Art. 22, comma 3 Dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche
§ Art. 25, comma 10 Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni
§ Art. 52, comma 17 Registro esercenti il commercio
§ Art. 52, comma 39 Allevamenti ippici
§ Art. 64 Impianto abusivo di vigneti
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
§ Art. 25 Pagamento e riscossione di crediti di modesto ammontare
§ Art. 26, commi 1-3 Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica
§ Art. 46, commi 1 e 2 Fondo nazionale per le politiche sociali
§ Art. 47, comma 1 Enti privati gestori di attività di formazione professionale
§ Art. 48 Fondi interprofessionali per la formazione continua
§ Art. 53 Concorsi per l’accesso al pubblico impiego
§ Art. 91, commi 1-5 Asili nido nei luoghi di lavoro
Collegato alla Legge Finanziaria 2004 – D.L. n. 269 del 30 settembre 2003
§ Art. 14 Servizi pubblici locali
§ Art. 21, comma 6 Fondo nazionale per le politiche sociali
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
§ Art. 2, comma 38 Istituti di cultura
§ Art. 3, commi 17-20 Indebitamento e investimenti
§ Art. 3, comma 75 Spese di viaggio aereo dei pubblici dipendenti
§ Art. 3, commi 76 e 82 Convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili
§ Art. 3, comma 101 Contributi per la iscrizione a scuole paritarie - Reddito di ultima istanza
§ Art. 3, commi 116 e 117 Fondo nazionale per le politiche sociali
§ Art. 4, commi 82 e 83 Fondo per il pagamento degli interessi delle imprese artigiane
§ Art. 4, commi 99-103 Prestiti fiduciari agli studenti capaci e meritevoli
§ Art. 4, commi 106-110 Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio
§ Art. 4, commi 112-114 Fondo per la partecipazione dei lavoratori nelle imprese
§ Art. 4, comma 157 Fondo per i servizi di trasporto pubblico locale
§ Art. 4, comma 204 Enti di promozione sportiva
§ Art. 4, commi 209, 210 e 211 Investimenti delle imprese marittime
§ Art.4, commi 215, 216 e 217 Nautica da diporto
Legge Finanziaria 2005 - Legge n. 311 del 30 dicembre 2004
§ Art. 1, comma 103 Limiti alle assunzioni degli enti territoriali
Art. 11, comma 1
Fondazioni bancarie
1. All’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, dopo la lettera c) è inserita la seguente:
«c-bis) “Settori ammessi“: 1) famiglia e valori connessi; crescita e formazione giovanile; educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola; volontariato, filantropia e beneficenza; religione e sviluppo spirituale; assistenza agli anziani; diritti civili; 2) prevenzione della criminalità e sicurezza pubblica; sicurezza alimentare e agricoltura di qualità; sviluppo locale ed edilizia popolare locale; protezione dei consumatori; protezione civile; salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa; attività sportiva; prevenzione e recupero delle tossicodipendenze; patologia e disturbi psichici e mentali; 3) ricerca scientifica e tecnologica; protezione e qualità ambientale; 4) arte, attività e beni culturali. I settori indicati possono essere modificati con regolamento dell’Autorità di vigilanza da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;».
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente all’ultimo periodo.
Contenuto
La disposizione modifica il decreto legislativo che disciplina le fondazioni bancarie, dettando la definizione di “settori ammessi” e prevedendo che gli stessi possono essere modificati con regolamento dell’Autorità di vigilanza.
Sentenza
Sentenza 24-29 settembre 2003, n. 301 (Gazz. Uff. 8 ottobre 2003, n. 40 - Prima serie speciale)
Motivazione
La norma impugnata, accordando all’Autorità di vigilanza, il potere di modificare, con regolamento, la legge in qualsiasi direzione, per di più senza indicazione di criteri, compatibili con la natura privata delle fondazioni e con la loro autonomia statutaria, idonei a circoscriverne la discrezionalità, viola i parametri costituzionali evocati dal rimettente.
Il rimettente aveva rilevato come la previsione contrastasse con l’art. 70 Cost. – che riserva al Parlamento l’attività legislativa – comportando una delegificazione ad opera di una fonte secondaria diversa dai regolamenti cosiddetti di delegificazione, espressamente contemplati dall’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988. L’attribuzione del potere regolamentare all’autorità ministeriale poteva inoltre porsi in contrasto anche con l’art. 117 della Costituzione in quanto alcuni dei settori indicati potevano rientrare tra le materie assegnate alla potestà legislativa concorrente o esclusiva delle Regioni.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 11, comma 4
Fondazioni bancarie
All’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) previsione, nell’ambito dell’organo di indirizzo, di una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’articolo 114 della Costituzione, idonea a rifletterne le competenze nei settori ammessi in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione, fermo restando quanto stabilito per le fondazioni di origine associativa dalla lettera d), nonchè dell’apporto di personalità che per professionalità, competenza ed esperienza, in particolare nei settori cui è rivolta l’attività della fondazione, possano efficacemente contribuire al perseguimento dei fini istituzionali, fissando un numero di componenti idoneo ad assicurare l’efficace esercizio dei relativi compiti e prevedendo modalità di designazione e di nomina dirette a consentire un’equilibrata, e comunque non maggioritaria, rappresentanza di ciascuno dei singoli soggetti che partecipano alla formazione dell’organo. Salvo quanto previsto al periodo precedente, i soggetti ai quali è attribuito il potere di designare componenti dell’organo di indirizzo e i componenti stessi degli organi delle fondazioni non devono essere portatori di interessi riferibili ai destinatari degli interventi delle fondazioni;».
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prevede nella composizione dell'organo di indirizzo «una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all'articolo 114 della Costituzione, idonea a rifletterne le competenze nei settori ammessi in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione», anziché «una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, pubblici e privati, espressivi delle realtà locali».
Contenuto
La disposizione modifica il decreto legislativo che disciplina le fondazioni bancarie, dettando i principi cui devono attenersi gli statuti della fondazione per la definizione dell’assetto organizzativo. E’ in particolare disposta la previsione, nell’ambito dell’organo di indirizzo, di una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’articolo 114 della Costituzione, idonea a rifletterne le competenze nei settori ammessi in base agli articoli 117 e 118 della Costituzione.
Sentenza
Sentenza 24-29 settembre 2003, n. 301 (Gazz. Uff. 8 ottobre 2003, n. 40 - Prima serie speciale)
Motivazione
Secondo la sentenza della Corte costituzionale, nonostante la varia tipologia delle fondazioni di origine bancaria, è storicamente indiscutibile un loro collegamento con le realtà locali, quale riflesso del radicamento territoriale degli enti bancari e delle casse di risparmio da cui traggono origine. Sicché, può dirsi che una significativa presenza nell’organo di indirizzo di soggetti espressi dagli enti territoriali, secondo le determinazioni dei diversi statuti, risponda di per sé ad una scelta non irragionevole del legislatore non censurabile sul piano della legittimità costituzionale.
A diversa ed opposta conclusione si deve, invece, pervenire quando la prevalenza della composizione dell’organo di indirizzo è riservata ai soli enti territoriali. A tal proposito, infatti, la censura di irragionevolezza della norma risulta fondata, in quanto non può non apparire contraddittorio limitare la ipotizzata presenza degli enti rappresentativi delle diverse realtà locali agli enti territoriali senza ricomprendervi quelle diverse realtà locali, pubbliche e private, radicate sul territorio ed espressive, per tradizione storica, connessa anche all’origine delle singole fondazioni, di interessi meritevoli di essere «rappresentati» nell’organo di indirizzo.
La norma impugnata va dichiarata incostituzionale nella parte in cui prevede nell’ambito dell’organo di indirizzo una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, diversi dallo Stato, di cui all’art. 114 Cost., anziché di enti, pubblici o privati, comunque espressivi delle realtà locali.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 22, comma 3
Dotazioni organiche del personale docente
delle istituzioni scolastiche
Le dotazioni organiche di cui al comma 1 sono definite, nell'àmbito di ciascuna regione, dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale, su proposta formulata dai dirigenti delle istituzioni scolastiche interessate, sentiti i competenti organi collegiali delle medesime istituzioni, nel limite dell'organico regionale assegnato con il decreto di cui al comma 2, assicurando una distribuzione degli insegnanti di sostegno all'handicap correlata all'effettiva presenza di alunni iscritti portatori di handicap nelle singole istituzioni scolastiche
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non prevede che la competenza del dirigente preposto all’Ufficio scolastico regionale venga meno quando le Regioni, nel proprio ambito territoriale e nel rispetto della continuità del servizio di istruzione, con legge, attribuiscano a propri organi la definizione delle dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche.
Contenuto
La disposizione disciplinale dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni scolastiche autonome.
Sentenza
Sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 13 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3 - Prima serie speciale)
Motivazione
Avuto riguardo all’assetto di competenze prefigurato dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, la questione sollevata deve essere dichiarata fondata, giacché la distribuzione del personale docente tra le istituzioni scolastiche autonome è compito del quale le Regioni non possono essere private; né l’esigenza di attendere l’attuazione dei principî costituzionali in tema di finanza regionale può giustificare il fatto che questa funzione gestoria sia anch’essa posta in quiescenza. Nelle more dell’attuazione dell’art. 119 Cost., ben possono le Regioni esercitare le competenze gestorie che la Costituzione ad esse attribuisce.
La caducazione immediata del comma 3 dell’art. 22 provocherebbe tuttavia effetti ancor più incompatibili con la Costituzione. Alla erogazione del servizio scolastico sono collegati diritti fondamentali della persona, che fanno capo in primo luogo agli studenti ed alle loro famiglie, ma che riguardano anche il personale docente e le aspettative di questo circa la propria posizione lavorativa. Vi è qui una evidente esigenza di continuità di funzionamento del servizio di istruzione che non a caso la legge n. 146 del 1990 qualifica, all’art. 1, servizio pubblico essenziale. Quel principio di continuità che la Corte costituzionale ha già riconosciuto operare, sul piano normativo, deve essere ampliato per soddisfare l’esigenza della continuità non più normativa ma istituzionale, giacché soprattutto nello Stato costituzionale l’ordinamento vive non solo di norme, ma anche di apparati finalizzati alla garanzia dei diritti fondamentali. In tema di istruzione la salvaguardia di tale dimensione è imposta da valori costituzionali incomprimibili.
L’art. 22, comma 3, della legge n. 448 del 2001 deve pertanto continuare ad operare fino a quando le singole Regioni si saranno dotate di una disciplina e di un apparato istituzionale idoneo a svolgere la funzione di distribuire gli insegnanti tra le istituzioni scolastiche nel proprio ambito territoriale secondo i tempi e i modi necessari ad evitare soluzioni di continuità del servizio, disagi agli alunni e al personale e carenze nel funzionamento delle istituzioni scolastiche.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 25, comma 10
Fondo per la riqualificazione urbana dei
comuni
Per l'anno 2002, ai fini dell'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio, è istituito presso il Ministero dell'interno il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono dettate le disposizioni per l'attuazione del presente comma e per la ripartizione del Fondo tra gli enti interessati, assicurando ai comuni con popolazione non superiore a 40.000 abitanti compresi nelle aree di cui all'articolo 44 della presente legge una quota non inferiore all'85 per cento del totale delle disponibilità del Fondo. Resta fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione istituisce il Fondo per la riqualificazione urbana dei comuni, finalizzato all'adozione di programmi di sviluppo e riqualificazione del territorio.
Sentenza
Sentenza 10-16 gennaio 2004, n. 16 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3 - Prima serie speciale)
Motivazione
Nel contesto del nuovo titolo V della Costituzione, non possono trovare spazio interventi finanziari diretti dello Stato a favore dei Comuni, vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi, fuori dall'ambito dell'attuazione di discipline dettate dalla legge statale nelle materie di propria competenza, o della disciplina degli speciali interventi finanziari in favore di determinati Comuni, ai sensi del nuovo articolo 119, quinto comma. Soprattutto non sono ammissibili siffatte forme di intervento nell'ambito di materie e funzioni la cui disciplina spetta invece alla legge regionale, pur eventualmente nel rispetto (quanto alle competenze concorrenti) dei principi fondamentali della legge dello Stato.
Gli interventi speciali previsti dall'articolo 119, quinto comma, a loro volta, non solo debbono essere aggiuntivi rispetto al finanziamento integrale (articolo 119, quarto comma) delle funzioni spettanti ai Comuni o agli altri enti, e riferirsi alle finalità di perequazione e di garanzia enunciate nella norma costituzionale, o comunque a scopi diversi dal normale esercizio delle funzioni, ma debbono essere indirizzati a determinati Comuni o categorie di Comuni (o Province, Città metropolitane, Regioni).
L'esigenza di rispettare il riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni comporta altresì che, quando tali finanziamenti riguardino ambiti di competenza delle Regioni, queste siano chiamate ad esercitare compiti di programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio territorio.
Ove non fossero osservati tali limiti e criteri, il ricorso a finanziamenti ad hoc rischierebbe di divenire uno strumento indiretto ma pervasivo di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni degli enti locali, e di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.
La norma impugnata non rispetta i criteri ed i limiti ora indicati. Essa istituisce infatti un Fondo per il finanziamento di interventi comunali definiti in modo alquanto generico, come diretti allo "sviluppo e riqualificazione del territorio" o alla "riqualificazione urbana dei comuni". Finalità la cui genericità è resa evidente dal fatto che ogni intervento sul territorio può di per sé essere presentato come volto allo "sviluppo" o alla "riqualificazione" del territorio medesimo.
È palese come si sia in presenza semplicemente di uno strumento di finanziamento, fra l'altro sempre solo parziale, di normali opere e servizi comunali, cui possono accedere tutti i Comuni, salva la sola riserva di una quota non inferiore all'85 per cento del Fondo a favore di Comuni piccoli e medio-piccoli (con meno di 40.000 abitanti) situati nelle Regioni meridionali (nonché in Abruzzo e in Molise) o in altri territori svantaggiati in termini di occupazione.
Uno strumento di finanziamento che non può in alcun modo configurarsi come appartenente alla sfera degli "interventi speciali" di cui al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, sia perché non risulta alcuna specifica finalità qualificante degli stessi, diversa dal "normale esercizio" delle funzioni dei Comuni (cui spetta sviluppare e riqualificare il proprio territorio), sia perché esso è disposto in favore non già di "determinati" Comuni, ma della generalità degli enti, sia pure con un criterio di preferenza a favore di Comuni di dimensioni date, situati in alcune aree del paese, individuate a loro volta con un criterio assai generico.
D'altra parte la "riqualificazione urbana" dei Comuni rappresenta una finalità riconducibile a materie e ambiti di competenza concorrente (a partire dal "governo del territorio") o "residuale" delle Regioni. La norma impugnata non prevede peraltro alcun ruolo delle Regioni volta a volta interessate nella attribuzione dei finanziamenti, mentre si limita a chiamare la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (nemmeno la Conferenza Stato-Regioni o la Conferenza unificata) ad esprimere un parere sul regolamento di attuazione, restando oscuro e sostanzialmente privo di portata normativa il generico richiamo alle disposizioni del decreto legislativo n. 281 del 1997.
In definitiva l'intervento in questione si atteggia come prosecuzione di una pratica di trasferimento diretto di risorse dal bilancio dello Stato ai Comuni per scopi determinati dalla legge statale, in base a criteri stabiliti, nell'ambito della stessa legge, dall'amministrazione dello Stato: pratica che ha trovato nel passato frequente impiego, ma che oggi risulta del tutto estranea al quadro costituzionale delineato dal nuovo articolo 119 della Costituzione.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 52, comma 17
Registro esercenti il commercio
A decorrere dal 1° gennaio 2002, le disposizioni di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, e successive modificazioni, non si applicano alle sagre, fiere e manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione sancisce l’inapplicabilità alle sagre, alle fiere e alle manifestazioni a carattere religioso, benefico, politico, della disciplina del registro esercenti il commercio (REC) per l’attività di somministrazione di alimenti e bevande, di cui alla legge n. 426/71.
Sentenza
Sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 1 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3 - Prima serie speciale),
Motivazione
La disposizione lede le competenze costituzionalmente riconosciute alle Regioni, in quanto incide sulla materia del «commercio», che l’art. 117, quarto comma, della Costituzione, attribuisce alla competenza legislativa residuale delle Regioni.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 52, comma 39
Allevamenti ippici
A favore degli allevamenti ippici sono previste per l'anno 2002 incentivazioni nella misura massima di 2.582.284,50 euro complessivi per lo sviluppo dell'ippoterapia e per il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le disposizioni per l'attuazione del presente comma e per l'erogazione degli incentivi da parte dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine (UNIRE)
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione stanzia risorse a favore degli allevamenti ippici per lo sviluppo dell'ippoterapia e il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori, prevedendo un decreto ministeriale di attuazione.
Sentenza
Sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 12(Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3 - Prima serie speciale)
Motivazione
Devono essere distinti i due diversi oggetti della disposizione: l’incentivazione della ippoterapia, da una parte; il miglioramento genetico dei trottatori e dei galoppatori, dall’altra.
L’ippoterapia consiste in un trattamento medico che prevede l’impiego dei cavalli ai fini della cura di forme di patologie quali l’autismo. Si tratta dunque, all’evidenza, di un oggetto riconducibile alla «tutela della salute», che il terzo comma dell’art. 117 Cost. enumera fra le materie di potestà concorrente.
Quanto al miglioramento genetico, esso è invece ascrivibile alla materia «agricoltura».
La disposizione non risulta dunque espressione di una potestà legislativa esclusiva dello Stato, ma disciplina oggetti ricadenti, al più, in materie di potestà legislativa concorrente.
Il legislatore statale avrebbe dunque dovuto limitarsi alla predisposizione di un principio di disciplina, ma la puntuale previsione di cui al primo periodo del comma 39 non è qualificabile come norma di principio, e pertanto esorbita dai limiti posti nell’art. 117, terzo comma, ultima frase, della Costituzione.
E’ pure da accogliere la questione relativa alla seconda parte del comma 39. In una materia che, come si è detto, non è comunque qualificabile come di potestà esclusiva statale, è infatti conferito al Ministro dell’economia e delle finanze il potere di dare attuazione alla disposizione impugnata, con ciò violando la chiara previsione dell’art. 117, sesto comma, della Costituzione, che attribuisce la potestà regolamentare allo Stato nelle sole materie di competenza legislativa esclusiva.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 54
(Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali)
1. Al fine di promuovere, in coerenza con gli obiettivi indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria, la realizzazione delle opere pubbliche di regioni, province, comuni, comunità montane e relativi consorzi, presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito a decorrere dal 2002 il Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali.
2. I contributi erogati dal Fondo sono volti al finanziamento delle spese di progettazione delle opere pubbliche delle regioni e degli enti locali e devono risultare almeno pari al 50 per cento del costo effettivo di progettazione.
3. Ai fini dell'ammissione al contributo, le regioni e gli enti locali presentano apposita domanda al Ministero dell'economia e delle finanze contenente le seguenti indicazioni:
a) natura, finalità e stima dei tempi di realizzazione dell'opera pubblica ammessa al contributo;
b) entità dei singoli contributi richiesti, in valore assoluto ed in percentuale del costo di progettazione dell'opera;
c) stima del costo di esecuzione dell'opera, al netto del costo di progettazione;
d) la spesa per investimenti effettuata dall'ente e l'ammontare dei trasferimenti in conto capitale ricevuti in ciascuno degli anni del triennio precedente.
4. Il prospetto contenente le informazioni di cui al comma 3 e le relative modalità di trasmissione sono definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 31 marzo 2002. In caso di ingiustificati ritardi o gravi irregolarità nell'impiego del contributo, il beneficio è revocato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
5. Le disponibilità del Fondo sono ripartite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, da esprimere entro quindici giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere emanato. In sede di prima attuazione della presente legge, per l'anno 2002, gli interventi ammessi a fruire dei finanziamenti erogati dal Fondo sono prioritariamente individuati tra quelli indicati in apposita deliberazione delle competenti Commissioni parlamentari.
6. Per l'anno 2002 la dotazione del Fondo è determinata in 50 milioni di euro. Per gli anni successivi il Fondo può essere rifinanziato per gli interventi di cui al presente articolo con la procedura di cui all'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
7. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono dettate le disposizioni per l'attuazione del presente articolo.
Art. 55
(Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale)
1. Al fine di contribuire alla realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture di interesse locale, promuovere la funzione delle autonomie locali nella valorizzazione delle risorse del territorio e nella soddisfazione dei bisogni primari delle popolazioni, coerentemente con i princìpi di sussidiarietà e diffuso decentramento, nonché garantire l'efficace raccordo, in coerenza con gli obiettivi indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria, tra la realizzazione del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni con le esigenze infrastrutturali locali, presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito a decorrere dal 2002 il Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale.
2. I contributi erogati dal Fondo di cui al comma 1 sono finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche di interesse locale indispensabili per la valorizzazione delle risorse produttive e delle realtà sociali interessate.
3. Le disponibilità del Fondo sono ripartite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Entro il 31 gennaio di ciascun anno, lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni, da esprimere entro quindici giorni dalla data di trasmissione, decorsi i quali il decreto può essere emanato. In sede di prima applicazione, per l'anno 2002, gli interventi ammessi a fruire dei finanziamenti erogati dal Fondo sono prioritariamente individuati tra quelli indicati in apposita deliberazione delle competenti Commissioni parlamentari.
4. Per l'anno 2002 la dotazione del Fondo è determinata in 50 milioni di euro. Per gli anni successivi il Fondo può essere rifinanziato per gli interventi di cui al presente articolo con la procedura di cui all'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
5. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono dettate le disposizioni per l'attuazione del presente articolo
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
Contenuto
Gli articoli 54 e 55 prevedono, rispettivamente, l’istituzione del «Fondo nazionale per il sostegno alla progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti locali» per promuovere la realizzazione delle opere pubbliche di Regioni, Province, Comuni, comunità montane e relativi consorzi e del «Fondo nazionale per la realizzazione di infrastrutture di interesse locale», al fine di contribuire alla realizzazione delle opere pubbliche e delle infrastrutture di interesse locale, promuovere la funzione delle autonomie locali nella valorizzazione delle risorse del territorio e nella soddisfazione dei bisogni primari delle popolazioni e di garantire l'efficace raccordo tra la realizzazione del piano straordinario delle infrastrutture e delle opere di grandi dimensioni con le esigenze infrastrutturali locali.
Sentenza
Sentenza 20-29 gennaio 2004, n. 49 (Gazz. Uff. 4 febbraio 2004, n. 5 - Prima serie speciale)
Motivazione
I fini indicati dagli articoli 54 e 55 sono estremamente generici, sicché è da dire che si è in presenza di strumenti di finanziamento – fra l’altro solo parziali (quanto meno per il Fondo di cui all’art. 54), cui possono, astrattamente, accedere tutti gli enti – che non si configurano come appartenenti alla sfera degli interventi speciali di cui al quinto comma dell’articolo 119 della Costituzione, sia perché non risulta alcuna specifica finalità qualificante degli stessi, diversa dal normale esercizio delle funzioni degli enti interessati, sia perché i finanziamenti sono disposti in favore della generalità degli enti.
D’altra parte “la progettazione delle opere pubbliche delle Regioni e degli enti locali” e “la realizzazione di opere pubbliche di interesse locale indispensabili per la valorizzazione delle risorse produttive e delle realtà sociali interessate” rappresentano finalità estranee a materie o compiti di competenza esclusiva dello Stato, ma sono invece riconducibili a materie e ambiti di competenza concorrente (a partire dal “governo del territorio”) o residuale delle Regioni. Le norme impugnate non prevedono alcun ruolo per queste ultime, volta a volta interessate all’attribuzione dei finanziamenti.
Gli interventi di cui alle norme impugnate si atteggiano come prosecuzione di una pratica di trasferimento diretto di risorse dal bilancio dello Stato agli enti locali in base a criteri stabiliti dall’amministrazione centrale, senza tenere presente che, per quanto riguarda la disciplina della spesa ed il trasferimento di risorse dal bilancio statale, lo Stato deve agire in conformità al nuovo riparto di competenze e alle nuove regole, disponendo i trasferimenti senza vincoli di destinazione specifica, passando, se del caso, attraverso il filtro dei programmi regionali e coinvolgendo le Regioni interessate nei processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione dei fondi, nel rispetto dell’autonomia di spesa degli enti locali.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 64
Impianto abusivo di vigneti
Art. 64
(Modifiche all’articolo 2 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260)
1. Il comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
«3. Per i vigneti abusivamente impiantati dal 1º settembre 1993 al 31 agosto 1998, nei confronti dei soggetti che abbiano presentato la dichiarazione di cui al comma 1 e che abbiano ottenuto, entro il 31 luglio 2002, la regolarizzazione prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, lettera a), del regolamento (CE) n. 1493/99, e successive modificazioni e disposizioni applicative, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria di 258 euro per ogni ettaro della superficie vitata. Per i vigneti abusivamente impiantati dal 1º settembre 1993 al 31 agosto 1998, nei confronti dei soggetti che abbiano presentato la dichiarazione prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, lettera c), del medesimo regolamento (CE) n. 1493/99, si applicano le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da 1.033 euro a 6.197 euro per ettaro, se l’impianto in relazione ai vitigni utilizzati è idoneo esclusivamente per la produzione di vini da tavola, in base a criteri fissati con provvedimento della giunta regionale competente per territorio, tenuto conto della realtà locale;
b) da 2.582 euro a 12.911 euro per ettaro, se l’impianto in relazione ai vitigni utilizzati è idoneo per la produzione di vini di qualità prodotti in regioni delimitate, in base a criteri fissati con provvedimento della giunta regionale».
2. Dopo il comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260, e successive modificazioni, sono inseriti i seguenti:
«3-bis. Per i vigneti impiantati anteriormente al 1º settembre 1993 non si applicano le sanzioni di cui al comma 3 secondo quanto disposto dall’articolo 28 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e gli stessi vigneti devono essere considerati a tutti gli effetti regolarizzati.
3-ter. Le regioni determinano l’importo a carico del produttore delle spese amministrative per l’iscrizione all’inventario di cui al regolamento (CE) n.1493/99 dei vigneti di cui al comma 3-bis».
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione detta la disciplina sanzionatoria per le fattispecie di impianto abusivo di vigneti.
Sentenza
Sentenza 18 dicembre 2003-13 gennaio 2004, n. 12 (Gazz. Uff. 21 gennaio 2004, n. 3 - Prima serie speciale)
Motivazione
La competenza sanzionatoria amministrativa non è in grado di autonomizzarsi come materia in sé, ma accede alle materie sostanziali (cfr. sentenze n. 361 del 2003; n. 28 del 1996; n. 85 del 1996; n. 187 del 1996; n. 115 del 1995; n. 60 del 1993).
L’impianto di vigneti attiene a quello che potrebbe essere definito il nocciolo duro della materia agricoltura, che ha a che fare con la produzione di vegetali ed animali destinati all’alimentazione. Si tratta, dunque, di competenza legislativa affidata in via residuale alle Regioni.
Non varrebbe neppure rilevare in contrario che la disposizione impugnata è direttamente attuativa del regolamento CE n. 1493/99, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo. Ai sensi dell’art. 117, quinto comma, della Costituzione, l’attuazione ed esecuzione della normativa comunitaria spettano infatti, nelle materie di loro competenza, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
Legge Finanziaria 2002 – Legge n. 448 del 28 dicembre 2001
Art. 70
(Disposizioni in materia di asili nido)
1. È istituito un Fondo per gli asili nido nell'àmbito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Gli asili nido, quali strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie ed i genitori, rientrano tra le competenze fondamentali dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
3. Entro il 30 settembre di ogni anno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provvede con proprio decreto a ripartire tra le regioni le risorse del Fondo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
4. Le regioni, nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3, provvedono a ripartire le risorse finanziarie tra i comuni, singoli o associati, che ne fanno richiesta per la costruzione e la gestione degli asili nido nonché di micro-nidi nei luoghi di lavoro.
5. Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici nazionali, allo scopo di favorire la conciliazione tra esigenze professionali e familiari dei genitori lavoratori, possono, nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, istituire nell'àmbito dei propri uffici i micro-nidi di cui al comma 4, quali strutture destinate alla cura e all'accoglienza dei figli dei dipendenti, aventi una particolare flessibilità organizzativa adeguata alle esigenze dei lavoratori stessi, i cui standard minimi organizzativi sono definiti in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
6. Le spese di partecipazione alla gestione dei micro-asili e dei nidi nei luoghi di lavoro sono deducibili dall'imposta sul reddito dei genitori e dei datori di lavoro nella misura che verrà determinata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. L'onere complessivo non potrà superare rispettivamente 6,20 e 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2002, 2003 e 2004.
7. Anche in deroga al limite di indebitamento previsto dall'articolo 204 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, la Cassa depositi e prestiti concede ai comuni i mutui necessari ai fini del finanziamento delle opere relative alla costruzione di asili-nido, anche in relazione all'eventuale acquisto dell'area da parte del comune, corredata dalla certificazione della regione circa la regolarità degli atti dovuti.
8. La dotazione del Fondo di cui al comma 1 è fissata in 50 milioni di euro per l'anno 2002, 100 milioni di euro per l'anno 2003 e 150 milioni di euro per l'anno 2004. A decorrere dal 2005 alla determinazione del Fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima relativamente:
- ai commi 1, 3 e 8, nei limiti di cui in motivazione (in base alla quale la particolare rilevanza sociale del servizio degli asili-nido comporta che restino salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti);
- al comma 2, limitatamente alle parole "fondamentali dello Stato";
- al comma 4, limitatamente alle parole "nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3";
- al comma 5, limitatamente alle parole "i cui standard minimi organizzativi sono definiti in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281".
Contenuto
L’articolo prevede l’istituzione di un Fondo nazionale per gli asili-nido, da ripartire annualmente con decreto ministeriale, sentita la Conferenza unificata. Esso prevede inoltre (comma 5) la facoltà per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali di istituire nell'àmbito dei propri uffici micro-nidi, i cui standard minimi organizzativi sono definiti in sede di Conferenza unificata.
Sentenza
Sentenza 17-23 dicembre 2003, n. 370 (Gazz. Uff. 31 dicembre 2003, n. 52 - Prima serie speciale),
Motivazione
E’ anzitutto da escludere che la disciplina legislativa degli asili nido dettata dalla normativa in esame possa spettare allo Stato sulla base del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione.
L'art. 70 della legge n. 448 del 2001, dunque, facendo espresso riferimento alle funzioni educative e formative riconosciute agli asili nido (comma 2), nonché in considerazione della finalità di "favorire la conciliazione tra esigenze professionali e familiari dei genitori lavoratori" (comma 5), costituisce indubbiamente esercizio di potestà legislativa concorrente, nell'ambito della quale il legislatore statale è abilitato alla determinazione dei relativi principi fondamentali.
L'articolo contiene inoltre alcune disposizioni in settori di sicura competenza esclusiva dello Stato, come l'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (comma 5) e il sistema tributario dello Stato (comma 6).
Comma 2. Appare contraddittorio con l'art. 117 della Costituzione affermare che gli asili nido rientrino "tra le competenze fondamentali dello Stato". Tale disposizione appare del tutto estranea al quadro costituzionale sopra ricostruito; riferita alle funzioni amministrative, la disposizione contrasta con l'art. 118 della Costituzione e con il principio di sussidiarietà individuato da tale disposizione quale normale criterio di allocazione di tali funzioni, che ne impone la ordinaria spettanza agli enti territoriali minori, anche in considerazione della circostanza che la legislazione vigente in materia di asili nido già le attribuisce ai Comuni e alle Regioni.
Comma 5. Va accolto il rilievo sollevato relativamente alla previsione del comma 5, che – in relazione ai micro-nidi da realizzare nelle amministrazioni statali e negli enti pubblici nazionali – prescrive che i relativi standard minimi organizzativi debbano essere "definiti in sede di Conferenza unificata ". Infatti, non possono non valere le considerazioni svolte in relazione alla molteplicità di ambiti materiali toccati dalla disciplina degli asili nido, da cui discende l'impossibilità di negare la competenza legislativa delle singole Regioni, in particolare per la individuazione di criteri per la gestione e l'organizzazione degli asili, seppure nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale.
Commi 1, 3, 4 e 8. I maggiori rilievi riguardano la creazione del fondo per gli asili nido (comma 1); la determinazione delle modalità del riparto annuo ad opera del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (comma 3); la ripartizione, da parte delle Regioni, delle risorse finanziarie tra i Comuni operanti nel settore "nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3" (comma 4); la quantificazione dell'ammontare del fondo (comma 8).
Nel nuovo sistema delineato dall’articolo 119 della Costituzione, per il finanziamento delle normali funzioni di regioni ed enti locali, lo Stato può erogare solo fondi senza vincoli specifici di destinazione, in particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art. 119, terzo comma, della Costituzione.
Dal momento che l'attività dello speciale servizio pubblico costituito dagli asili nido rientra palesemente nella sfera delle funzioni proprie delle Regioni e degli enti locali, è contraria alla disciplina costituzionale vigente la configurazione di un fondo settoriale di finanziamento gestito dallo Stato, che viola in modo palese l' autonomia finanziaria sia di entrata che di spesa delle regioni e degli enti locali e mantiene allo Stato alcuni poteri discrezionali nella materia cui si riferisce.
Appare evidente che la attuazione dell'art. 119 Cost. sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione, poiché altrimenti si verrebbe a contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle nuove disposizioni; inoltre, la permanenza o addirittura la istituzione di forme di finanziamento delle Regioni e degli enti locali contraddittorie con l'art. 119 della Costituzione espone a rischi di cattiva funzionalità o addirittura di blocco di interi ambiti settoriali.
Va dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 70, commi 1, 3 e 8, nonché comma 4, limitatamente all'inciso "nei limiti delle proprie risorse ordinarie di bilancio e di quelle aggiuntive di cui al comma 3". La particolare rilevanza sociale del servizio degli asili-nido, relativo a prestazioni che richiedono continuità di erogazione in relazione ai diritti costituzionali implicati, comporta peraltro che restino salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti.
Art. 25
Pagamento e riscossione di crediti di
modesto ammontare
Art. 25
(Pagamento e riscossione di somme di modesto ammontare)
1. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sono adottate ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, compresi gli enti pubblici economici.
2. Con i decreti di cui al comma 1 sono stabiliti gli importi corrispondenti alle somme considerate di modesto ammontare, le somme onnicomprensive di interessi o sanzioni comunque denominate nonché norme riguardanti l'esclusione di qualsiasi azione cautelativa, ingiuntiva ed esecutiva. Tali disposizioni si possono applicare anche per periodi d'imposta precedenti e non devono in ogni caso intendersi come franchigia.
3. Sono esclusi i corrispettivi per servizi resi dalle pubbliche amministrazioni a pagamento.
4. Gli importi sono, in ogni caso, arrotondati all'unità euro. In sede di prima applicazione dei decreti di cui al comma 1, l'importo minimo non può essere inferiore a 12 euro.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prevede che, con uno o più decreti, il Ministro dell'economia e delle finanze adotti disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabili alle regioni.
Contenuto
La norma prevede che con uno o più regolamenti del Ministro dell'economia disposizioni relative al pagamento ed alla riscossione di crediti di modesto ammontare, applicabili alla generalità delle pubbliche amministrazioni.
Sentenza
Sentenza 12-26 gennaio 2005, n. 30(Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale).
Motivazione
L’art. 25 della legge n. 289 del 2002 disciplina il pagamento e la riscossione dei crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria ed il suo oggetto rientra nella materia “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica”, che è di legislazione concorrente, per l’art. 117, terzo comma, Cost. mentre è da disattendere la prospettazione di ricollegabilità della norma impugnata ad ambiti appartenenti alla legislazione esclusiva dello Stato, quali l’ordinamento civile, i livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali, l’ordinamento processuale, il sistema tributario e contabile dello Stato.
Nella materie di potestà concorrente la normativa statale deve limitarsi alla determinazione dei principi fondamentali, spettando invece alle Regioni la regolamentazione di dettaglio, trattandosi di fonti tra le quali non vi sono rapporti di gerarchia, ma di separazione di competenze (sentenza n. 303 del 2003).
Con riferimento ai destinatari, la disciplina dettata dalla norma è applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche.
Sotto questo aspetto la normativa impugnata è pienamente legittima per quanto riguarda gli uffici statali.
A diverse conclusioni deve pervenirsi per la parte in cui la norma si indirizza anche ad enti non statali (Regioni, Province, Comuni, Comunità montane), in relazione ai quali occorre esaminare il contenuto della norma, dalla quale si enucleano due profili: 1) la disciplina rimessa ai regolamenti; 2) la disciplina positiva direttamente dettata.
Sotto il primo profilo, la legge rinvia alla normazione secondaria, della quale al primo comma si indica l’oggetto, che è appunto quello della “disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria”, e al secondo comma se ne fissa il contenuto imprescindibile.
Sotto il secondo profilo, le disposizioni direttive per le emanande norme secondarie sono nel senso che: a) esse possono riguardare anche periodi d'imposta precedenti; b) non devono in ogni caso intendersi come franchigia, nel senso che, per debiti di maggior ammontare rispetto agli importi fissati come modesti, l’importo modesto non può essere previsto come riduzione del debito o del credito (ultima parte del secondo comma); c) gli importi vanno arrotondati all’unità euro (quarto comma, prima parte); d) in sede di prima applicazione dei decreti, l'importo minimo non può essere inferiore a 12 euro; e) non possono ricomprendersi tra le somme considerate di modesto ammontare i corrispettivi per servizi resi dalle pubbliche amministrazioni a pagamento (terzo comma).
Per quanto riguarda la disciplina rimessa ai regolamenti (scilicet: di delegificazione, come si evince dal richiamo all’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400), va tenuto conto che qualora alla legge statale, in materia di competenza concorrente, è consentita l’organizzazione e la disciplina delle funzioni amministrative, la legge stessa non può spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminandone i principi che orientino l’esercizio della potestà regolamentare per circoscriverne la discrezionalità (sentenza n. 303 del 2003), con la conseguente illegittimità costituzionale della norma che prevede l’applicabilità degli emanandi regolamenti anche alle Regioni.
Con riferimento al secondo profilo, la disciplina positiva introdotta deve essere intesa non soltanto come complesso di direttive per la redazione della normativa secondaria, che riguarderà la sola organizzazione statale, ma anche come nucleo di principi fondamentali cui deve ispirarsi l’esercizio della legislazione concorrente delle Regioni.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 26, commi 1-3
Fondo per il finanziamento di progetti di
innovazione tecnologica
1. Per l'attuazione del comma 7 dell'articolo 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è istituito il fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2003, al cui finanziamento concorrono la riduzione dell'8 per cento degli stanziamenti per l'informatica iscritti nel bilancio dello Stato e quota parte delle riduzioni per consumi intermedi di cui all'articolo 23, comma 3. Il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro dell'economia e delle finanze, con uno o più decreti di natura non regolamentare, stabilisce le modalità di funzionamento del fondo, individua i progetti da finanziare e, ove necessario, la relativa ripartizione tra le amministrazioni interessate.
2. Al fine di assicurare una migliore efficacia della spesa informatica e telematica sostenuta dalle pubbliche amministrazioni, di generare significativi risparmi eliminando duplicazioni e inefficienze, promuovendo le migliori pratiche e favorendo il riuso, nonché di indirizzare gli investimenti nelle tecnologie informatiche e telematiche, secondo una coordinata e integrata strategia, il Ministro per l'innovazione e le tecnologie:
a)definisce con proprie direttive le linee strategiche, la pianificazione e le aree di intervento dell'innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni, e ne verifica l'attuazione;
b)approva, con il Ministro dell'economia e delle finanze, il piano triennale ed i relativi aggiornamenti annuali di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, entro il 30 giugno di ogni anno;
c)valuta la congruenza dei progetti di innovazione tecnologica che ritiene di grande valenza strategica rispetto alle direttive di cui alla lettera a)ed assicura il monitoraggio dell'esecuzione;
d)individua i progetti intersettoriali che devono essere realizzati in collaborazione tra le varie amministrazioni interessate assicurandone il coordinamento e definendone le modalità di realizzazione;
e) valuta, sulla base di criteri e metodiche di ottimizzazione della spesa, il corretto utilizzo delle risorse finanziarie per l'informatica e la telematica da parte delle singole amministrazioni;;
f)stabilisce le modalità con le quali le pubbliche amministrazioni comunicano le informazioni relative ai programmi informatici, realizzati su loro specifica richiesta, di cui esse dispongono, al fine di consentirne il riuso previsto dall'articolo 25, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340;
g) individua specifiche iniziative per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e per le isole minori;
h) promuove l'informazione circa le iniziative per la diffusione delle nuove tecnologie.
3. Nei casi in cui i progetti di cui ai commi 1 e 2 riguardino l'organizzazione e la dotazione tecnologica delle regioni e degli enti territoriali, i provvedimenti sono adottati sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, limitatamente al comma 3, nella parte in cui prevede che qualora i progetti cui si riferiscono i commi 1 e 2 del presente articolo riguardino l'organizzazione e la dotazione tecnologica delle Regioni e degli enti territoriali «i provvedimenti sono adottati sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», anziché stabilire che tali provvedimenti sono adottati previa intesa con la Conferenza stessa.
Contenuto
L’articolo prevede l’istituzione del Fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni e nel Paese; le modalità di funzionamento del fondo, i progetti da finanziare e l’eventuale ripartizione tra le amministrazioni interessate sono rimessi ad uno o più decreti ministeriali non regolamentari.
Al Ministro per l'innovazione e le tecnologie sono inoltre attribuiti un serie di poteri per la razionalizzazione della spesa informatica delle pubbliche amministrazioni, fra i quali rientrano l’approvazione o la valutazione di progetti nel settore.
Nei casi in cui i suddetti progetti riguardino l'organizzazione e la dotazione tecnologica delle regioni e degli enti territoriali, i relativi provvedimenti sono adottati sentita la Conferenza unificata.
Sentenza
Sentenza 12-26 gennaio 2005, n. 31 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5, Prima Serie speciale).
Motivazione
La previsione al comma 3 dell’articolo 26 del mero parere della Conferenza unificata non costituisce, nella specie, una misura adeguata a garantire il rispetto del principio di leale collaborazione. Per quanto l’oggetto delle norme di cui ai commi 1 e 2, cui rinvia la disposizione in esame, sia riconducibile alla materia del “coordinamento informativo statistico e informatico” di spettanza esclusiva del legislatore statale, lo stesso presenta un contenuto precettivo idoneo a determinare una forte incidenza sull’esercizio concreto delle funzioni nella materia dell’“organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti locali”. Ciò rende necessario garantire un più incisivo coinvolgimento di tali enti nella fase di attuazione delle disposizioni censurate mediante lo strumento dell’intesa: da qui la illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in cui prevede che sia «sentita la Conferenza unificata» anziché che si raggiunga con la stessa Conferenza l’intesa.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 34,
comma 11
Limiti alle assunzioni degli enti
territoriali
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3,
comma 60
Limiti alle assunzioni degli enti
territoriali
Legge Finanziaria 2003
Art. 34, comma 11
11. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2002, per gli altri enti locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2003. Tali assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilità, devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2002 tenuto conto, in relazione alla tipologia di enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i predetti limiti, di personale appartenente al ruolo sanitario. Non può essere stabilita, in ogni caso, una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'articolo 119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, e successive modificazioni, maggiorato del 30 per cento o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle entrate correnti sia superiore alla media regionale per fasce demografiche. I singoli enti locali in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni relative al patto di stabilità interno per l'anno 2002. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 4. Nei confronti delle province e dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2002 rimane confermata la disciplina delle assunzioni a tempo indeterminato prevista dall'articolo 19 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione delle unità di personale. Con i decreti di cui al presente comma è altresì definito, per le regioni, per le autonomie locali e per gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'àmbito applicativo delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo. Con decreto del Ministero delle attività produttive, sono individuati per le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere specifici indicatori volti a definire le condizioni di equilibrio economico-finanziario.
Legge Finanziaria 2004
Art. 3, comma 60
60. Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali da concludere in sede di Conferenza unificata, sono fissati per le amministrazioni regionali, per le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2003 e gli enti del Servizio sanitario nazionale, criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per l'anno 2004. Tali assunzioni, fatto salvo il ricorso alle procedure di mobilità, devono, comunque, essere contenute, fatta eccezione per il personale infermieristico del Servizio sanitario nazionale, entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno 2003, tenuto conto, in relazione alla tipologia degli enti, della dimensione demografica, dei profili professionali del personale da assumere, della essenzialità dei servizi da garantire e dell'incidenza delle spese del personale sulle entrate correnti. Per gli enti del Servizio sanitario nazionale possono essere disposte esclusivamente assunzioni, entro i limiti predetti, di personale appartenente al ruolo sanitario. Non può essere, in ogni caso, stabilita una percentuale superiore al 20 per cento per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e le province che abbiano un rapporto dipendenti-popolazione superiore a quello previsto dall'articolo 119, comma 3, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, maggiorato del 30 per cento o la cui percentuale di spesa del personale rispetto alle entrate sia superiore alla media nazionale per fasce demografiche. I singoli enti in caso di assunzioni di personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni del patto di stabilità interno per l'anno 2003. Fino all'emanazione dei decreti di cui al presente comma trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 53. In caso di mancata adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri previsti dal presente comma entro il 30 giugno 2004 trovano applicazione in via provvisoria e fino all'emanazione degli stessi le disposizioni dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 settembre 2003, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 239 del 14 ottobre 2003. Le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti che non abbiano rispettato le regole del patto di stabilità interno per l'anno 2003 non possono procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, secondo quanto previsto dall'articolo 29, comma 15, della legge 27 dicembre 2002, n. 289. In ogni caso sono consentite, previa autocertificazione degli enti, le assunzioni connesse al passaggio di funzioni e competenze alle regioni e agli enti locali il cui onere sia coperto dai trasferimenti erariali compensativi della mancata assegnazione di unità di personale. Per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e l'Unioncamere, con decreto del Ministero delle attività produttive d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuati specifici indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, nel rispetto delle percentuali di cui al presente comma.
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime, nella parte in cui dispongono che le assunzioni a tempo indeterminato «devono, comunque, essere contenute (...) entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno» 2002 o 2003.
Contenuto
Le disposizioni prevedono che con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo accordo tra Governo, regioni e autonomie locali in sede di Conferenza unificata, sono fissati criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato per gli anni 2003 e 2004 per le Regioni, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale. Le assunzioni devono, comunque, essere contenute entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso dell'anno precedente.
Sentenza
Sentenza 13-17 dicembre 2004, n. 390 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 49 - Prima Serie speciale).
Motivazione
Non è fondata la censura volta a contestare che la legge statale possa prevedere meccanismi e procedure – ed in particolare l’«accordo tra Governo, regioni e autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata» –, volti a far sì che vi sia il «concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica», e possa inoltre prevedere che quanto previsto in quell’accordo sia trasfuso in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che fissi per gli enti territoriali e gli enti del servizio sanitario nazionale criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato.
Tale previsione, infatti, costituisce puntuale attuazione del precetto costituzionale che attribuisce alla legge statale il compito di provvedere al «coordinamento della finanza pubblica»: compito legittimamente assolto coinvolgendo nell’individuazione dei «criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato» le Regioni e le autonomie locali e, poi, cristallizzando in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri l’accordo che fissa quei criteri e limiti.
Diverso discorso vale per la previsione in base alla quale le assunzioni a tempo indeterminato devono, comunque, essere contenute entro percentuali non superiori al 50 per cento delle cessazioni dal servizio verificatesi nel corso del 2002.
Si tratta, infatti, di una disposizione che non si limita a fissare un principio di coordinamento della finanza pubblica, ma pone un precetto specifico e puntuale, che si risolve in una indebita invasione, da parte della legge statale, dell’area (organizzazione della propria struttura amministrativa) riservata alle autonomie regionali e degli enti locali, alle quali la legge statale può prescrivere criteri (ad esempio, di privilegiare il ricorso alle procedure di mobilità: sentenza n. 388 del 2004) ed obiettivi (ad esempio, contenimento della spesa pubblica) ma non imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 46, commi 1 e 2
Fondo nazionale per le politiche sociali
1. Il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è determinato dagli stanziamenti previsti per gli interventi disciplinati dalle disposizioni legislative indicate all'articolo 80, comma 17, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dagli stanziamenti previsti per gli interventi, comunque finanziati a carico del fondo medesimo, disciplinati da altre disposizioni. Gli stanziamenti affluiscono al fondo senza vincolo di destinazione.
2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, con propri decreti, alla ripartizione delle risorse del fondo di cui al comma 1 per le finalità legislativamente poste a carico del fondo medesimo, assicurando prioritariamente l'integrale finanziamento degli interventi che costituiscono diritti soggettivi e destinando almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità.
Il comma 2 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, limitatamente alle parole «destinando almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità».
Contenuto
L’articolo determina gli stanziamenti che affluiscono, senza vincolo di destinazione, al Fondo nazionale per le politiche sociali. Esso prevede inoltre che le risorse del fondo sono ripartite con decreti del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell'economia, d'intesa con la Conferenza unificata, per le finalità legislativamente poste a carico del fondo medesimo, assicurando prioritariamente l'integrale finanziamento degli interventi che costituiscono diritti soggettivi e destinando almeno il 10 per cento delle risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l'acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 423 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
L’attuazione di disegno costituzionale di cui all’articolo 119 richiede «come necessaria premessa, l’intervento del legislatore statale, il quale, al fine di coordinare l’insieme della finanza pubblica, dovrà non solo fissare i principi cui i legislatori regionali dovranno attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell’intero sistema tributario, e definire gli spazi e i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva, rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali» (sentenza n. 37 del 2004). Ed è evidente come ciò presupponga la definizione di una disciplina transitoria in grado di consentire l’ordinato passaggio dall’attuale sistema – caratterizzato dalla permanenza di una finanza regionale ancora in non piccola parte “derivata”, cioè dipendente dal bilancio statale, e da una disciplina statale unitaria di tutti i tributi, con limitate possibilità delle Regioni e degli enti locali di effettuare autonome scelte – ad un nuovo sistema (sentenze numeri 320 e 37 del 2004).
Deve tuttavia ritenersi che l’articolo 119 della Costituzione ponga, sin da ora, precisi limiti al legislatore statale nella disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni spettanti al sistema delle autonomie.
Innanzitutto, non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata, in materie e funzioni la cui disciplina spetti alla legge regionale, siano esse rientranti nella competenza esclusiva delle Regioni ovvero in quella concorrente, pur nel rispetto, per quest’ultima, dei principi fondamentali fissati con legge statale (sentenze numeri 16 del 2004 e 370 del 2003).
La giurisprudenza di questa Corte ha, inoltre, chiarito che opera, fino all’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, un ulteriore limite per il legislatore statale, rappresentato dal divieto imposto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall’art. 119 della Costituzione, e così di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore, alle Regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119 (sentenze numeri 320, 241 e 37 del 2004).
Il Fondo nazionale per le politiche sociali si desume non è riconducibile a nessuno degli strumenti di finanziamento previsti dal nuovo art. 119 della Costituzione. In particolare, la “generalità” dei destinatari delle risorse – essendo le stesse ripartite, per quanto interessa, tra “tutti” gli enti regionali – nonché le finalità perseguite consistenti nel finanziamento, tra l’altro, delle funzioni pubbliche regionali, determinano una deviazione sia dal modello del Fondo perequativo da istituire senza vincoli di destinazione – che deve essere indirizzato ai soli «territori con minore capacità fiscale per abitante» (art. 119, terzo comma) – sia dalla sfera degli «interventi speciali» e delle «risorse aggiuntive», che lo Stato destina esclusivamente a “determinate” Regioni (o a determinati Comuni, Province e Città metropolitane) per finalità enunciate nella norma costituzionale o comunque per «scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni» (art. 119, comma quinto). Da ciò non consegue, però, la soppressione del Fondo nazionale per le politiche sociali, sia perché lo stesso è destinato a finanziare anche funzioni statali, sia perché la sua perdurante operatività per gli aspetti di incidenza sul sistema dell’autonomia finanziaria regionale si giustifica in via transitoria fino all’attuazione del nuovo modello delineato dall’art. 119 della Costituzione.
Deve, fra le varie questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento al Fondo nazionale per le politiche sociali, ritenersi fondata la questione relativa alla prevista destinazione di almeno il 10 per cento delle risorse del Fondo «a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità». Tale disposizione pone un preciso vincolo di destinazione nell’utilizzo delle risorse da assegnare alle Regioni. Ciò si pone in contrasto con i criteri e limiti che presiedono all’attuale sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo art. 119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per finalità non riconducibili a funzioni di spettanza statale. Né può essere condivisa la secondo cui l’oggetto della disciplina sarebbe espressione della potestà statale di determinare, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, i «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»: la norma censurata, infatti, non determina alcun livello di prestazione, ma si limita a prevedere somme a destinazione vincolata (cfr. sentenze numeri 370, 88 del 2003 e 282 del 2002).
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 46, comma 2, limitatamente alle parole: «destinando almeno il 10 per cento di tali risorse a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di nuova costituzione, in particolare per l’acquisto della prima casa di abitazione e per il sostegno alla natalità».
Quanto alla eventuale utilizzazione, che potrebbe essere già avvenuta, ad opera delle Regioni nei limiti delle somme loro assegnate per le suddette finalità, essa costituirebbe comunque l’espressione di una scelta di politica sociale del tutto legittima, sicché non viene in rilievo un problema di salvaguardia di effetti, in ipotesi, già prodottisi.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 47, comma 1
Enti privati gestori di attività di
formazione professionale
Nell'àmbito delle risorse preordinate sul fondo per l'occupazione di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i criteri e le modalità per la destinazione dell'importo aggiuntivo di 1 milione di euro, per il finanziamento degli interventi di cui all'articolo 80, comma 4, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La norma dispone un finanziamento aggiuntivo degli interventi in favore degli enti privati gestori di attività di formazione professionale, previsti dalla legislazione vigente.
Sentenza
Sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 51 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La norma impugnata disciplina interventi destinati alla formazione professionale: questa materia appartiene, nell’assetto definito dal nuovo art. 117 della Costituzione, alla competenza residuale delle Regioni, in quanto non è inclusa nell’elenco delle materie attribuite dal secondo comma alla legislazione dello Stato ed è nel contempo espressamente esclusa dall’ambito della potestà concorrente in materia di istruzione, sancita dal successivo terzo comma (v. sentenza n. 13 del 2004).
Con riferimento ai finanziamenti disposti da leggi statali in favore di soggetti pubblici o privati (mediante la costituzione di appositi fondi o il rifinanziamento di fondi già esistenti), questa Corte ha più volte affermato che – dopo la riforma costituzionale del 2001 ed in attesa della sua completa attuazione in tema di autonomia finanziaria delle Regioni (cfr. sentenze n. 320 e n. 37 del 2004) – l'art. 119 della Costituzione pone, sin d’ora, al legislatore statale precisi limiti in tema di finanziamento di funzioni spettanti al sistema delle autonomie (sentenza n. 423 del 2004).
Anzitutto non è consentita l’erogazione di nuovi finanziamenti a destinazione vincolata in materie spettanti alla competenza legislativa, esclusiva o concorrente, delle Regioni (sentenze n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003). Infatti il ricorso a questo tipo di finanziamento può divenire uno strumento indiretto, ma pervasivo, di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle Regioni e degli enti locali, nonché di sovrapposizione di politiche e di indirizzi governati centralmente a quelli legittimamente decisi dalle Regioni negli ambiti materiali di propria competenza.
In secondo luogo – giacché «le funzioni attribuite alle Regioni ricomprendono pure la possibilità di erogazione di contributi finanziari a soggetti privati, dal momento che in numerose materie di competenza regionale le politiche pubbliche consistono appunto nella determinazione di incentivi economici ai diversi soggetti che vi operano e nella disciplina delle modalità per la loro erogazione» (sentenza n. 320 del 2004) – questa Corte ha ripetutamente chiarito che il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all'art. 117 Cost., «vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze» (sentenze n. 320, n. 423 e n. 424 del 2004).
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 48
Fondi interprofessionali per la
formazione continua
1. All'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
"1. Al fine di promuovere, in coerenza con la programmazione regionale e con le funzioni di indirizzo attribuite in materia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo sviluppo della formazione professionale continua, in un'ottica di competitività delle imprese e di garanzia di occupabilità dei lavoratori, possono essere istituiti, per ciascuno dei settori economici dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e dell'artigianato, nelle forme di cui al comma 6, fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, nel presente articolo denominati "fondi". Gli accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale possono prevedere l'istituzione di fondi anche per settori diversi, nonché, all'interno degli stessi, la costituzione di un'apposita sezione relativa ai dirigenti. I fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei dirigenti comparativamente più rappresentative, oppure come apposita sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali. I fondi, previo accordo tra le parti, si possono articolare regionalmente o territorialmente. I fondi possono finanziare in tutto o in parte piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali concordati tra le parti sociali, nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti. I progetti relativi a tali piani ed iniziative sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome territorialmente interessate affinché ne possano tenere conto nell'ambito delle rispettive programmazioni. Ai fondi afferiscono, progressivamente e secondo le disposizioni di cui al presente articolo, le risorse derivanti dal gettito del contributo integrativo stabilito dall'articolo 25, quarto comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni, relative ai datori di lavoro che aderiscono a ciascun fondo.
2. L'attivazione dei fondi è subordinata al rilascio di autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previa verifica della conformità alle finalità di cui al comma 1 dei criteri di gestione, degli organi e delle strutture di funzionamento dei fondi medesimi e della professionalità dei gestori. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esercita altresì la vigilanza ed il monitoraggio sulla gestione dei fondi; in caso di irregolarità o di inadempimenti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può disporne la sospensione dell'operatività o il commissariamento. Entro tre anni dall'entrata a regime dei fondi, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali effettuerà una valutazione dei risultati conseguiti dagli stessi. Il presidente del collegio dei sindaci è nominato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Presso lo stesso Ministero è istituito, con decreto ministeriale, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, l'"Osservatorio per la formazione continua" con il compito di elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di linee-guida e di esprimere pareri e valutazioni in ordine alle attività svolte dai fondi, anche in relazione all'applicazione delle suddette linee-guida. Tale Osservatorio è composto da due rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal consigliere di parità componente la Commissione centrale per l'impiego, da due rappresentanti delle regioni designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché da un rappresentante di ciascuna delle confederazioni delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Tale Osservatorio si avvale dell'assistenza tecnica dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL). Ai componenti dell'Osservatorio non compete alcun compenso né rimborso spese per l'attività espletata.
3. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo di cui all'articolo 25 della legge n. 845 del 1978 all'INPS, che provvede a trasferirlo al fondo indicato dal datore di lavoro, fermo restando quanto disposto dall'articolo 66, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144. L'adesione ai fondi è fissata entro il 30 giugno 2003; le successive adesioni o disdette avranno effetto dal 30 giugno di ogni anno. Lo stesso Istituto provvede a disciplinare le modalità di adesione ai fondi e di trasferimento delle risorse agli stessi, mediante acconti bimestrali.";
b) il comma 6 è sostituito dal seguente:
"6. Ciascun fondo è istituito, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, alternativamente:
a) come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi dell'articolo 36 del codice civile;
b) come soggetto dotato di personalità giuridica ai sensi degli articoli 1 e 9 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, concessa con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali";
c) il comma 7 è abrogato;
d) il comma 8 è sostituito dal seguente:
"8. In caso di omissione, anche parziale, del contributo integrativo di cui all'articolo 25 della legge n. 845 del 1978, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere il contributo omesso e le relative sanzioni, che vengono versate dall'INPS al fondo prescelto.";
e) il comma 10 è sostituito dal seguente:
"10. A decorrere dall'anno 2001 è stabilita al 20 per cento la quota del gettito complessivo da destinare ai fondi a valere sul terzo delle risorse derivanti dal contributo integrativo di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, destinato al Fondo di cui all'articolo medesimo. Tale quota è stabilita al 30 per cento per il 2002 e al 50 per cento per il 2003.";
f) il comma 12 è sostituito dal seguente:
"12. Gli importi previsti per gli anni 1999 e 2000 dall'articolo 66, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, sono:
a) per il 75 per cento assegnati al Fondo di cui al citato articolo 25 della legge n. 845 del 1978, per finanziare, in via prioritaria, i piani formativi aziendali, territoriali o settoriali concordati tra le parti sociali;
b) per il restante 25 per cento accantonati per essere destinati ai fondi, a seguito della loro istituzione. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono determinati i termini ed i criteri di attribuzione delle risorse di cui al presente comma ed al comma 10".
2. I fondi costituiti secondo le disposizioni previgenti adeguano i propri atti costitutivi alle disposizioni dell'articolo 118 della legge n. 388 del 2000, come modificato dal presente articolo.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non prevede strumenti idonei a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Contenuto
L’articolo modifica la disciplina dei Fondi interprofessionali per la formazione continua.
Sentenza
Sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 51 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale).
Motivazione
I «fondi interprofessionali per la formazione continua» disciplinati dalla norma impugnata operano in materia di formazione professionale, che appartiene alla competenza residuale della Regione. Tali fondi, peraltro, dal punto di vista strutturale, (a) hanno carattere nazionale (pur se possono articolarsi regionalmente o territorialmente) e sono istituiti da soggetti privati attivi sul piano nazionale; (b) possono essere istituiti e conseguentemente agire, alternativamente, o come soggetto giuridico di natura associativa ai sensi dell’articolo 36 del codice civile o come soggetto dotato di personalità giuridica. Inoltre essi, dal punto di vista funzionale, (c) gestiscono i contributi dovuti dai datori di lavoro ad essi aderenti, ai sensi della legislazione in materia di assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione.
Ne discende che, in relazione alla loro natura ed alle relative forme di costituzione di cui sub (a) e (b), la disciplina dell’istituzione dei fondi in esame incide sulla materia dell’«ordinamento civile» spettante alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lettera l, Cost.). In relazione, poi, all’attività indicata sub c), la normativa impugnata viene ad incidere anche nella materia della «previdenza sociale», devoluta anch’essa alla medesima competenza esclusiva (art. 117, secondo comma, lettera o, Cost.).
Perciò la riserva alla competenza legislativa regionale residuale della «formazione professionale» non può precludere allo Stato la competenza di riconoscere a soggetti privati la facoltà di istituire, in tale materia, fondi operanti sull’intero territorio nazionale, di specificare la loro natura giuridica, di affidare ad autorità amministrative statali poteri di vigilanza su di essi, anche in considerazione della natura previdenziale dei contributi che vi affluiscono.
E’ evidente, peraltro, che un tale intervento legislativo dello Stato – a tutela di interessi specificamente attinenti a materie attribuite alla sua competenza legislativa esclusiva – deve rispettare la sfera di competenza legislativa spettante alle Regioni in via residuale (o, eventualmente, concorrente).
Nella specie, viceversa, la normativa impugnata è strutturata come se dovesse disciplinare una materia integralmente devoluta alla competenza esclusiva dello Stato. Infatti, il sistema da essa delineato lascia le Regioni sullo sfondo.
La norma impugnata deve quindi essere dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non prevede strumenti idonei a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 53
Concorsi per l’accesso al pubblico
impiego
Art. 53
Medici con titolo di specializzazione
1. Ai medici che conseguono il titolo di specializzazione è riconosciuto, ai fini dei concorsi, l'identico punteggio attribuito per il lavoro dipendente.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica ai concorsi banditi dalle Regioni o dagli enti regionali.
Contenuto
La disposizione equipara, nella valutazione dei titoli dei canditati partecipanti a pubblici concorsi, i medici che abbiano conseguito la specializzazione ed i lavoratori dipendenti.
Sentenza
Sentenza 1°-14 dicembre 2004, n. 380 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2004, n. 49 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La norma attiene specificamente alla disciplina dei concorsi per l’accesso al pubblico impiego.
La regolamentazione dell’accesso ai pubblici impieghi mediante concorso è riferibile all’ambito della competenza esclusiva statale, sancita dall’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., solo per quanto riguarda i concorsi indetti dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici nazionali. Non altrettanto può dirsi per l’accesso agli impieghi presso le Regioni e gli altri enti regionali, cui appunto si riferisce la censura proposta dalla ricorrente.
La regolamentazione delle modalità di accesso al lavoro pubblico regionale – in quanto riconducibile alla materia innominata dell’organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali – è preclusa allo Stato (a maggior ragione attraverso disposizioni di dettaglio), e spetta alla competenza residuale delle Regioni (v. sentenza n. 2 del 2004), ovviamente nel rispetto dei limiti costituzionali (v. sentenza n. 274 del 2003).
L’art. 53 della legge n. 289 del 2002 deve dunque essere dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui si applica ai concorsi banditi dalle Regioni o dagli enti regionali.
Legge Finanziaria 2003 – Legge n. 289 del 27 dicembre 2002
Art. 91, commi 1-5
Asili nido nei luoghi di lavoro
1. Al fine di assicurare un'adeguata assistenza familiare alle lavoratrici e ai lavoratori dipendenti con prole, è istituito dall'anno 2003 il fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano, nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido e micro-nidi, di cui all'articolo 70 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
2. Ai fini dell'ammissione al finanziamento, i datori di lavoro presentano apposita domanda al Ministero del lavoro e delle politiche sociali contenente le seguenti indicazioni:
a) stima dei tempi di realizzazione delle opere ammesse al finanziamento;
b) entità del finanziamento richiesto, in valore assoluto e in percentuale del costo di progettazione dell'opera;
c) stima del costo di esecuzione dell'opera.
3. Il prospetto contenente le informazioni di cui al comma 2 e le relative modalità di trasmissione sono definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da emanare entro il 31 marzo 2003. In caso di ingiustificati ritardi o gravi irregolarità nell'impiego del contributo, il finanziamento è revocato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali
4. I criteri per la concessione dei finanziamenti sono determinati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per le pari opportunità, entro il 31 marzo 2003, tenendo conto in ogni caso dei seguenti princìpi:
a) il tasso di interesse da applicare alle somme rimborsate è determinato in misura non inferiore allo 0,50 per cento annuo;
b) i finanziamenti devono essere rimborsati al cinquanta per cento mediante un piano di ammortamento di durata non superiore a sette anni, articolato in rate semestrali posticipate corrisposte a decorrere dal terzo anno successivo a quello di effettiva erogazione delle risorse;
c) equa distribuzione territoriale dei finanziamenti.
5. Per l'anno 2003, nell'àmbito delle risorse stanziate sul fondo nazionale per le politiche sociali a sostegno delle politiche in favore delle famiglie di cui all'articolo 46, comma 2, e nel limite massimo di 10 milioni di euro, sono preordinate le risorse da destinare per la costituzione del fondo di rotazione di cui al comma 1. Per gli anni successivi, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è determinata la quota da attribuire al predetto fondo di rotazione nell'àmbito del menzionato fondo nazionale per le politiche sociali.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
I commi 1-5 dell’articolo 91 istituiscono il Fondo di rotazione per il finanziamento dei datori di lavoro che realizzano, nei luoghi di lavoro, servizi di asilo nido e micro-nidi, finanziato con le risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali. I criteri per la concessione dei finanziamenti sono determinati con decreto ministeriale, sulla base dei principi dettati dal comma 4.
Sentenza
Sentenza 28 ottobre - 5 novembre 2004, n. 320 (Gazz. Uff. 10 novembre 2004, n. 44 - Prima serie speciale).
Motivazione
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 370 del 2003, ha negato che la disciplina degli asili nido possa essere ricondotta alle materie di competenza residuale delle Regioni, ma ha piuttosto ritenuto “che, utilizzando un criterio di prevalenza, la relativa disciplina non possa che ricadere nell’ambito della materia dell’istruzione (sia pure in relazione alla fase pre-scolare del bambino), nonché per alcuni profili nella materia della tutela del lavoro, che l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, affida alla potestà legislativa concorrente”. In questi ambiti il legislatore statale può determinare soltanto i principi fondamentali della materia e non dettare una disciplina dettagliata ed esaustiva, quale quella contenuta nei primi cinque commi dell’art. 91 della legge n. 289 del 2002, mediante la quale organi statali provvedono ad agevolare la realizzazione di asili-nido nei luoghi di lavoro.
Il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost., vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati, poiché ciò equivarrebbe a riconoscere allo Stato potestà legislative e amministrative sganciate dal sistema costituzionale di riparto delle rispettive competenze.
Art. 14
Servizi pubblici locali
1. All'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal comma 1 dell'articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono apportate le seguenti modifiche:
a)nella rubrica le parole: «di rilevanza industriale» sono sostituite dalle seguenti: «di rilevanza economica»;
b) il comma 1 e' sostituito dal seguente: «1. Le disposizioni del presente articolo che disciplinano le modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore. Restano ferme le altre disposizioni di settore e quelle di attuazione di specifiche normative comunitarie. Restano esclusi dal campo di applicazione del presente articolo i settori disciplinati dai decreti legislativi 16 marzo 1999, n. 79, e 23 maggio 2000, n.164»;
c) al comma 4, lettera a), le parole: «con la partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche associati,» sono sostituite dalle seguenti: «con la partecipazione totalitaria di capitale pubblico» e, in fine, sono aggiunte, le seguenti parole: «,a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano»;
d) il comma 5 e' sostituito dal seguente: «5. L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:
a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica;
b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche;
c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano.»;
e) al comma 7, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le previsioni di cui al presente comma devono considerarsi integrative delle discipline di settore.»;
f) al comma 12, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «mediante procedure ad evidenza pubblica da rinnovarsi alla scadenza del periodo di affidamento»;
g) al comma 13, il primo periodo e' sostituito dal seguente: «Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che e' incedibile.»;
h) dopo il comma 15 e' aggiunto il seguente:
«15-bis. Nel caso in cui le disposizioni previste per i singoli settori non stabiliscano un congruo periodo di transizione, ai fini dell'attuazione delle disposizioni previste nel presente articolo, le concessioni rilasciate con procedure diverse dall'evidenza pubblica cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante. Sono escluse dalla cessazione le concessioni affidate a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato sia stato scelto mediante procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza, nonche' quelle affidate a società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano». h-bis) dopo il comma 15-bis e' aggiunto il seguente:
«15-ter. Il termine del 31 dicembre 2006, di cui al comma 15-bis, può essere differito ad una data successiva, previo accordo, raggiunto caso per caso, con la Commissione europea, alle condizioni sotto indicate:
a) nel caso in cui, almeno dodici mesi prima dello scadere del suddetto termine si dia luogo, mediante una o più fusioni, alla costituzione di una nuova società capace di servire un bacino di utenza complessivamente non inferiore a due volte quello originariamente servito dalla società maggiore; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore ad un anno;
b) nel caso in cui, entro il termine di cui alla lettera a), un'impresa affidataria, anche a seguito di una o più fusioni, si trovi ad operare in un ambito corrispondente almeno all'intero territorio provinciale ovvero a quello ottimale, laddove previsto dalle norme vigenti; in questa ipotesi il differimento non può comunque essere superiore a due anni».
2. All'articolo 113-bis del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, introdotto dal comma 15 dell'articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono apportate le seguenti modifiche:
a) nella rubrica le parole: «privi di rilevanza industriale» sono sostituite dalle seguenti: «privi di rilevanza economica»;
b) al comma 1, alinea, le parole: «privi di rilevanza industriale» sono sostituite dalle seguenti: «privi di rilevanza economica»;
c) al comma 1 la lettera c) e' sostituita dalla seguente:
«c) società a capitale interamente pubblico a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano»;
d) il comma 4 e' abrogato.
3. All'articolo 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono abrogati i commi 2, 3, 4, 5 e 16; al comma 7 del medesimo articolo 35 le parole: «nei termini stabiliti dal regolamento di cui al comma 16 del presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «al termine dell'affidamento».
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, limitatamente al comma 1, lettera e) e al comma 2.
Contenuto
L’articolo modifica la disciplina in materia di servizi pubblici locali, come definita dall’articolo 35 della legge finanziaria 2002. In particolare si sostituisce la nozione di servizi di rilevanza industriale con quella di servizi di rilevanza economica; si prevede la possibilità di affidare l’erogazione dei servizi di rilevanza economica non esclusivamente a società scelte mediante gara, ma anche a società a capitale misto pubblico-privato, oppure a società interamente pubbliche (procedura c.d. in house); si sopprime il regime transitorio con la determinazione del 31 dicembre 2006 come termine entro il quale tutte le gestioni affidate direttamente, salvo alcune possibilità di ulteriore proroga; si elimina il rinvio al regolamento di attuazione.
Sentenza
Sentenza 13-27 luglio 2004, n. 272 (Gazz. Uff. 4 agosto 2004, n. 30 - Prima serie speciale).
Motivazione
La disciplina in esame non appare riferibile né alla competenza legislativa statale in tema di “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” (art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione), giacché riguarda precipuamente servizi di rilevanza economica e comunque non attiene alla determinazione di livelli essenziali, né a quella in tema di “funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane” (art. 117, secondo comma, lettera p), giacché la gestione dei predetti servizi non può certo considerarsi esplicazione di una funzione propria ed indefettibile dell’ente locale.
Viceversa, in relazione ai riferimenti testuali e soprattutto ai caratteri funzionali e strutturali della regolazione prevista, la medesima disciplina può essere agevolmente ricondotta nell’ambito della materia “tutela della concorrenza”, riservata dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Secondo l’interpretazione di questa Corte, la tutela della concorrenza “non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell’accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali” (sentenza n. 14 del 2004). In altri termini, la tutela della concorrenza riguarda nel loro complesso i rapporti concorrenziali sul mercato e non esclude perciò anche interventi promozionali dello Stato. Alla stregua dei principi espressi da questo indirizzo giurisprudenziale, dunque, non può essere accolta la tesi della ricorrente su una pretesa distinzione di competenze legislative tra Stato e Regioni in ordine rispettivamente a misure di “tutela” o a misure di “promozione” della concorrenza, dal momento che la indicata configurazione della tutela della concorrenza ha una portata così ampia da legittimare interventi dello Stato volti sia a promuovere, sia a proteggere l’assetto concorrenziale del mercato.
Sotto questo profilo è quindi significativa la dichiarazione, contenuta nel censurato art. 14 di modifica del comma 1 dell’art. 113 del t.u. citato, secondo cui le predette disposizioni sulle modalità di gestione ed affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica “concernono la tutela della concorrenza e sono inderogabili ed integrative delle discipline di settore”. L’art. 14 si può dunque sostanzialmente considerare una norma-principio della materia, alla cui luce è possibile interpretare il complesso delle disposizioni in esame nonché il rapporto con le altre normative di settore
L’accoglimento di questa interpretazione comporta, da un lato, che l’indicato titolo di legittimazione statale è riferibile solo alle disposizioni di carattere generale che disciplinano le modalità di gestione e l’affidamento dei servizi pubblici locali di “rilevanza economica” e dall’altro lato che solo le predette disposizioni non possono essere derogate da norme regionali.
Non appaiono dunque censurabili tutte quelle norme impugnate che garantiscono, in forme adeguate e proporzionate, la più ampia libertà di concorrenza nell’ambito di rapporti – come quelli relativi al regime delle gare o delle modalità di gestione e conferimento dei servizi – i quali per la loro diretta incidenza sul mercato appaiono più meritevoli di essere preservati da pratiche anticoncorrenziali. Alle stesse finalità garantistiche della concorrenza appare ispirata anche la disciplina transitoria, che, in modo non irragionevole, stabilisce i casi di cessazione delle concessioni già assentite in relazione all’effettuazione di procedure ad evidenza pubblica e al tipo di società affidataria del servizio.
Non spetta peraltro a questa Corte valutare in concreto la rilevanza degli effetti economici derivanti dalle singole previsioni di interventi statali in materia: stabilire cioè se una determinata regolazione abbia effetti così importanti sull’economia di mercato, da postulare misure di tutela della concorrenza, tali da trascendere l’ambito regionale; quello che invece non può sottrarsi al sindacato di costituzionalità è il fatto che i vari “strumenti di intervento siano disposti in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi” (sentenza n. 14 del 2004). Il criterio della proporzionalità e dell’adeguatezza appare quindi essenziale per definire l’ambito di operatività della competenza legislativa statale attinente alla “tutela della concorrenza” e conseguentemente la legittimità dei relativi interventi statali. Trattandosi infatti di una cosiddetta materia-funzione, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, la quale non ha un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma, per così dire, “trasversale” (cfr. sentenza n. 407 del 2002), poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale delle Regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese, è evidente la necessità di basarsi sul criterio di proporzionalità-adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.
Proprio sotto questo profilo appare fondata la censura relativa all’art. 14, comma 1, lettera e), che, in riferimento all’art. 113, comma 7, del citato testo unico, là dove stabilisce, dettagliatamente e con tecnica autoapplicativa, i vari criteri in base ai quali la gara viene aggiudicata, introduce la prescrizione che le previsioni dello stesso comma 7 “devono considerarsi integrative delle discipline di settore”. L’estremo dettaglio nell’indicazione di questi criteri, che peraltro non prendono in considerazione ulteriori requisiti dell’aspirante, quali, ad esempio, precedenti esperienze di gestione nel settore, va al di là della pur doverosa tutela degli aspetti concorrenziali inerenti alla gara, che peraltro appaiono sufficientemente garantiti dalla puntuale indicazione, nella prima parte del comma, di una serie di standard – coerenti con quelli contenuti nella direttiva 2004/18/CE – nel cui rispetto la gara appunto deve essere indetta ed aggiudicata. È evidente quindi che la norma in esame, prescrivendo che deve considerarsi integrativa delle discipline settoriali di fonte regionale la disposizione estremamente dettagliata ed autoapplicativa di cui al citato art. 113, comma 7, pone in essere una illegittima compressione dell’autonomia regionale, poiché risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all’obiettivo della tutela della concorrenza l’intervento legislativo statale.
Va pertanto dichiarata, per le ragioni esposte, l’illegittimità costituzionale della norma censurata e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113, comma 7, limitatamente al secondo ed al terzo periodo del testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
La tutela della concorrenza e l’inderogabilità della disciplina da parte di norme regionali sono però esplicitamente evocate in riferimento ai soli servizi pubblici locali attualmente classificati come “di rilevanza economica”, di cui all’art. 113, e non già in riferimento ai servizi “privi di rilevanza economica” previsti dall’art. 113-bis. La nuova denominazione di questi servizi, adottata in conformità a tendenze emerse in sede di Commissione europea a decorrere dal settembre 2000, già di per sé può indicare che il titolo di legittimazione per gli interventi del legislatore statale costituito dalla tutela della concorrenza non è applicabile a questo tipo di servizi, proprio perché in riferimento ad essi non esiste un mercato concorrenziale.
Alla luce di queste considerazioni, l’intervento del censurato art. 14, comma 2, sulla disciplina della gestione dei servizi pubblici locali “privi di rilevanza economica”, di cui all’art. 113-bis del citato testo unico, non può essere certo riferito ad esigenze di tutela della libertà di concorrenza e quindi, sotto questo profilo, si configura come illegittima compressione dell’autonomia regionale e locale.
Per tutte queste ragioni va dichiarata l’illegittimità costituzionale del censurato art. 14, comma 2 e, in via conseguenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, anche dell’art. 113-bis, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 della legge n. 448 del 2001.
Collegato alla Legge Finanziaria 2004 – D.L. n. 269 del 30 settembre 2003
Art. 21, comma 6
Fondo nazionale per le politiche sociali
6. Per il finanziamento delle politiche in favore delle famiglie il Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è incrementato di 232 milioni di euro per l'anno 2004.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente all'inciso «per il finanziamento delle politiche in favore delle famiglie».
Contenuto
La disposizione prevede l’incremento del Fondo nazionale per le politiche sociali per il finanziamento di politiche in favore delle famiglie.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 423 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La ricorrente, richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 370 del 2003, assume che le disposizioni si pongono in contrasto con l’art. 119 della Costituzione, in quanto le funzioni regionali dovrebbero essere integralmente finanziate tramite i proventi delle entrate proprie e la compartecipazione al gettito dei tributi erariali, nonché con quote del fondo perequativo senza vincoli di destinazione.
La questione è parzialmente fondata.
La norma non contrasta con il parametro costituzionale invocato dalla ricorrente, nella parte in cui si limita a disporre un «incremento del Fondo di 232 milioni di euro per l’anno 2004» e a prevedere la relativa copertura di spesa, in quanto tale previsione non incide in alcun modo sull’autonomia finanziaria delle Regioni.
Deve, invece, ritenersi costituzionalmente illegittima la previsione di una finalità specificamente vincolata di impiego delle somme così stanziate.
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 6, limitatamente all’inciso «per il finanziamento delle politiche in favore della famiglie».
Collegato alla Legge Finanziaria 2004 – D.L. n. 269 del 30 settembre 2003
Art. 32
(Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica, per l'incentivazione dell'attività di repressione dell'abusivismo edilizio, nonché per la definizione degli illeciti edilizi e delle occupazioni di aree demaniali)
1. Al fine di pervenire alla regolarizzazione del settore é consentito, di cui al presente articolo, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria delle opere esistenti non conformi alla disciplina vigente.
2. La normativa è disposta nelle more dell'adeguamento della disciplina regionale ai principi contenuti nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in conformità al titolo V della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e comunque fatte salve le competenze delle autonomie locali sul governo del territorio.
3. Le condizioni, i limiti e le modalità del rilascio del predetto titolo abilitativo sono stabilite dal presente articolo e dalle normative regionali.
4. Sono in ogni caso fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
5. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti fornisce, d'intesa con le regioni interessate, il supporto alle amministrazioni comunali ai fini dell'applicazione della presente normativa e per il coordinamento con le leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modifiche e integrazioni, e con l'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modifiche e integrazioni.
6. Al fine di concorrere alla partecipazione alla realizzazione delle politiche di riqualificazione urbanistica dei nuclei interessati dall'abusivismo edilizio, attivate dalle regioni ai sensi del comma 33 è destinata una somma di 10 milioni di euro per l'anno 2004 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati gli interventi da ammettere a finanziamento.
7. Al comma 1 dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«c-bis) nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei mille abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.».
8. All'articolo 141 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo il comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Nell'ipotesi di cui alla lettera c-bis) del comma 1, trascorso il termine entro il quale gli strumenti urbanistici devono essere adottati, la regione segnala al prefetto gli enti inadempienti. Il prefetto invita gli enti che non abbiano provveduto ad adempiere all'obbligo nel termine di quattro mesi. A tal fine gli enti locali possono attivare gli interventi, anche sostitutivi, previsti dallo statuto secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza. Decorso infruttuosamente il termine di quattro mesi, il prefetto inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.».
9. Per attivare un programma nazionale di interventi, anche con la partecipazione di risorse private, rivolto alla riqualificazione di ambiti territoriali caratterizzati da consistente degrado economico e sociale, con riguardo ai fenomeni di abusivismo edilizio, da attuare anche attraverso il recupero delle risorse ambientali e culturali, è destinata una somma di 20 milioni di euro per l'anno 2004 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e per i beni e le attività culturali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati gli ambiti di rilevanza e interesse nazionale oggetto di riqualificazione urbanistica, ambientale e culturale, attribuendo priorità alle aree oggetto di programmi di riqualificazione già approvati di cui al decreto Ministro dei lavori pubblici dell'8 ottobre 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 278 del 27 novembre 1998, e di cui all'articolo 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Su tali aree, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i soggetti pubblici interessati, predispone un programma di interventi, anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 29, comma 4, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come sostituito dal comma 42 del presente articolo.
10. Per la realizzazione di un programma di interventi di messa in sicurezza del territorio nazionale dal dissesto idrogeologico è destinata una somma di 20 milioni di euro per l'anno 2004 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuate le aree comprese nel programma. Su tali aree, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con i soggetti pubblici interessati, predispone un programma operativo di interventi e le relative modalità di attuazione.
11. Allo scopo di attuare un programma di interventi per il ripristino e la riqualificazione delle aree e dei beni soggetti alle disposizioni del titolo II del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, è destinata una somma di 10 milioni di euro per l'anno 2004 e di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tale somma èassegnata alla soprintendenza per i beni architettonici e ambientali, per l'esecuzione di interventi di ripristino e riqualificazione paesaggistica, dopo aver individuato, d'intesa con le regioni, le aree vincolate da ricomprendere nel programma.
12. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a mettere a disposizione l'importo massimo di 50 milioni di euro per la costituzione, presso la Cassa stessa, di un Fondo di rotazione, denominato Fondo per le demolizioni delle opere abusive, per la concessione ai comuni e ai soggetti titolari dei poteri di cui all'articolo 27, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, anche avvalendosi delle modalità di cui all'articolo 2, comma 55, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e all'articolo 41, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di anticipazioni, senza interessi, sui costi relativi agli interventi di demolizione delle opere abusive anche disposti dall'autorità giudiziaria e per le spese giudiziarie, tecniche e amministrative connesse. Le anticipazioni, comprensive della corrispondente quota delle spese di gestione del Fondo, sono restituite al Fondo stesso in un periodo massimo di cinque anni, secondo modalità e condizioni stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, utilizzando le somme riscosse a carico degli esecutori degli abusi. In caso di mancato pagamento spontaneo del credito, l'amministrazione comunale provvede alla riscossione mediante ruolo ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46. Qualora le somme anticipate non siano rimborsate nei tempi e nelle modalità stabilite, il Ministro dell'interno provvede al reintegro alla Cassa depositi e prestiti, trattenendone le relative somme dai fondi del bilancio dello Stato da trasferire a qualsiasi titolo ai comuni.
13. Le attività di monitoraggio e di raccolta delle informazioni relative al fenomeno dell'abusivismo edilizio di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, fanno capo all'Osservatorio nazionale dell'abusivismo edilizio. Il Ministero collabora con le regioni al fine di costituire un sistema informativo nazionale necessario anche per la redazione della relazione al Parlamento di cui all'articolo 9 del decreto-legge 23 aprile 1985, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1985, n. 298. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'interno, sono aggiornate le modalità di redazione, trasmissione, archiviazione e restituzione delle informazioni contenute nei rapporti di cui all'articolo 31, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Per le suddette attività è destinata una somma di 0,2 milioni di euro per l'anno 2004 e di 0,4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006.
14. Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o facenti parte del demanio statale ad esclusione del demanio marittimo, lacuale e fluviale, nonché dei terreni gravati da diritti di uso civico, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria da parte dell'ente locale competente è subordinato al rilascio della disponibilità da parte dello Stato proprietario, per il tramite dell'Agenzia del demanio, rispettivamente, a cedere a titolo oneroso la proprietà dell'area appartenente al patrimonio disponibile dello Stato su cui insiste l'opera ovvero a garantire onerosamente il diritto al mantenimento dell'opera sul suolo appartenente al demanio e al patrimonio indisponibile dello Stato.
15. La domanda del soggetto legittimato volta ad ottenere la disponibilità dello Stato alla cessione dell'area appartenente al patrimonio disponibile ovvero il riconoscimento al diritto al mantenimento dell'opera sul suolo appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato deve essere presentata, entro il 31 marzo 2004, alla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dell'attestazione del pagamento all'erario della somma dovuta a titolo di indennità per l'occupazione pregressa delle aree, determinata applicando i parametri di cui alla allegata Tabella A, per anno di occupazione, per un periodo comunque non superiore alla prescrizione quinquennale. A tale domanda deve essere allegata, in copia, la documentazione relativa all'illecito edilizio di cui ai commi 32 e 35. Entro il 30 settembre 2004, inoltre, deve essere allegata copia della denuncia in catasto dell'immobile e del relativo frazionamento.
16. La disponibilità alla cessione dell'area appartenente al patrimonio disponibile ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l'opera sul suolo appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato viene espressa dalla filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente entro il 31 dicembre 2004. Resta ferma la necessità di assicurare, anche mediante specifiche clausole degli atti di vendita o dei provvedimenti di riconoscimento del diritto al mantenimento dell'opera, il libero accesso al mare, con il conseguente diritto pubblico di passaggio.
17. Nel caso di aree soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, la disponibilità alla cessione dell'area appartenente al patrimonio disponibile ovvero a riconoscere il diritto a mantenere l'opera sul suolo appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato é subordinata al parere favorevole da parte dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo.
18. Le procedure di vendita delle aree appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato devono essere perfezionate entro il 31 dicembre 2006, a cura della filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente previa presentazione da parte dell'interessato del titolo abilitativo edilizio in sanatoria rilasciato dall'ente locale competente, ovvero della documentazione attestante la presentazione della domanda, volta ad ottenere il rilascio del titolo edilizio in sanatoria sulla quale è intervenuto il silenzio assenso con l'attestazione dell'avvenuto pagamento della connessa oblazione, alle condizioni previste dal presente articolo.
19. Il prezzo di acquisto delle aree appartenenti al patrimonio disponibile è determinato applicando i parametri di cui alla Tabella B allegata al presente decreto ed è corrisposto in due rate di pari importo scadenti, rispettivamente, il 30 giugno 2005 e il 31 dicembre 2005.
19-bis. Le opere eseguite da terzi su aree appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato, per le quali è stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria da parte dell'ente locale competente, sono inalienabili per un periodo di cinque anni dalla data di perfezionamento delle procedure di vendita delle aree sulle quali insistono le opere medesime.
20. Il provvedimento formale di riconoscimento del diritto al mantenimento dell'opera sulle aree del demanio dello Stato e del patrimonio indisponibile è rilasciato a cura della filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente entro il 31 dicembre 2006, previa presentazione della documentazione di cui al comma 18. Il diritto è riconosciuto per una durata massima di anni venti, a fronte di un canone commisurato ai valori di mercato.
21. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono rideterminati i canoni annui di cui all'articolo 3 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.
22. Dal 1° gennaio 2004 i canoni per la concessione d'uso sono rideterminati nella misura prevista dalle tabelle allegate al decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 5 agosto 1998, n. 342, rivalutate del trecento per cento.
23. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 6 del citato decreto del Ministro di cui al comma 22, relativo alla classificazione delle aree da parte delle regioni, in base alla valenza turistica delle stesse.
24. Ai fini del miglioramento, della tutela e della valorizzazione delle aree demaniali è autorizzata una spesa fino ad un importo massimo di 20 milioni di euro per l'anno 2004 e di 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006. L'Agenzia del demanio, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano predispone un programma di interventi volti alla riqualificazione delle aree demaniali. Il programma è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
25. Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 mc. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi.
26. Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1:
a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
b) numeri 4, 5 e 6, nelle aree non soggette ai vincoli di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, in attuazione di legge regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con la quale è determinata la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tali tipologie di abuso edilizio.
27. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:
a) siano state eseguite dal proprietario o avente causa condannato con sentenza definitiva, per i delitti di cui all'articolo 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale o da terzi per suo conto;
b) non sia possibile effettuare interventi per l'adeguamento antisismico, rispetto alle categorie previste per i comuni secondo quanto indicato dalla ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 marzo 2003, n. 3274, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'8 maggio 2003;
c) non sia data la disponibilità di concessione onerosa dell'area di proprietà dello Stato o degli enti pubblici territoriali, con le modalità e condizioni di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, ed al presente decreto;
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici;
e) siano state realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente rilevante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
f) fermo restando quanto previsto dalla legge 21 novembre 2000, n. 353, e indipendentemente dall'approvazione del piano regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3 della citata legge n. 353 del 2000, il comune subordina il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria alla verifica che le opere non insistano su aree boscate o su pascolo i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco. Agli effetti dell'esclusione dalla sanatoria è sufficiente l'acquisizione di elementi di prova, desumibili anche dagli atti e dai registri del Ministero dell'interno, che le aree interessate dall'abuso edilizio siano state, nell'ultimo decennio, percorse da uno o più incendi boschivi;
g) siano state realizzate nei porti e nelle aree, appartenenti al demanio marittimo, di preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della sicurezza dello Stato ed alle esigenze della navigazione marittima, quali identificate ai sensi del secondo comma dell'articolo 59 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616.
28. I termini previsti dalle disposizioni sopra richiamate e decorrenti dalla data di entrata in vigore dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, ove non disposto diversamente, sono da intendersi come riferiti alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per quanto non previsto dal presente decreto si applicano, ove compatibili, le disposizioni di cui alla legge 28 febbraio 1985, n. 47, e al predetto articolo 39.
29. Il procedimento di sanatoria degli abusi edilizi posti in essere dalla persona imputata di uno dei delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale, o da terzi per suo conto, è sospeso fino alla sentenza definitiva di non luogo a procedere o di proscioglimento o di assoluzione. Non può essere conseguito il titolo abilitativo edilizio in sanatoria degli abusi edilizi se interviene la sentenza definitiva di condanna per i delitti sopra indicati. Fatti salvi gli accertamenti di ufficio in ordine alle condanne riportate nel certificato generale del casellario giudiziale ad opera del comune, il richiedente deve attestare, con dichiarazione sottoscritta nelle forme di cui all' articolo 46 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, di non avere carichi pendenti in relazione ai delitti di cui agli articoli 416-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale.
30. Qualora l'amministratore di beni immobili oggetto di sequestro o di confisca ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, autorizzato dal giudice competente ad alienare taluno di detti beni, può essere autorizzato, altresì, dal medesimo giudice, sentito il pubblico ministero, a riattivare il procedimento di sanatoria sospeso. In tal caso non opera nei confronti dell'amministratore o del terzo acquirente il divieto di rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria di cui al comma 29.
31. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria non comporta limitazione ai diritti dei terzi.
32. La domanda relativa alla definizione dell'illecito edilizio, con l'attestazione del pagamento dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri concessori, è presentata al comune competente, a pena di decadenza, entro il 31 marzo 2004, unitamente alla dichiarazione di cui al modello allegato e alla documentazione di cui al comma 35.
33. Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, emanano norme per la definizione del procedimento amministrativo relativo al rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria e possono prevederne, tra l'altro, un incremento dell'oblazione fino al massimo del 10 per cento della misura determinata nella tabella C allegata al presente decreto, ai fini dell'attivazione di politiche di repressione degli abusi edilizi e per la promozione di interventi di riqualificazione dei nuclei interessati da fenomeni di abusivismo edilizio, nonché per l'attuazione di quanto previsto dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
34. Ai fini dell'applicazione del presente articolo non si applica quanto previsto dall'articolo 37, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Con legge regionale gli oneri di concessione relativi alle opere abusive oggetto di sanatoria possono essere incrementati fino al massimo del 100 per cento. Le amministrazioni comunali perimetrano gli insediamenti abusivi entro i quali gli oneri concessori sono determinati nella misura dei costi per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria necessarie, nonché per gli interventi di riqualificazione igienico-sanitaria e ambientale attuati dagli enti locali. Coloro che in proprio o in forme consortili, nell'ambito delle zone perimetrate, intendano eseguire in tutto o in parte le opere di urbanizzazione primaria, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni e integrazioni, secondo le disposizioni tecniche dettate dagli uffici comunali, possono detrarre dall'importo complessivo quanto già versato, a titolo di anticipazione degli oneri concessori, di cui alla tabella D allegata al presente decreto. Con legge regionale, ai sensi dell'articolo 29 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come modificato dal presente articolo, sono disciplinate le relative modalità di attuazione.
35. La domanda di cui al comma 32 deve essere corredata dalla seguente documentazione:
a) dichiarazione del richiedente resa ai sensi dell'articolo47, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con allegata documentazione fotografica, dalla quale risulti la descrizione delle opere per le quali si chiede il titolo abilitativo edilizio in sanatoria e lo stato dei lavori relativo;
b) qualora l'opera abusiva supera i 450 metri cubi, da una perizia giurata sulle dimensioni e sullo stato delle opere e una certificazione redatta da un tecnico abilitato all'esercizio della professione attestante l'idoneità statica delle opere eseguite;
c) ulteriore documentazione eventualmente prescritta con norma regionale.
36. La presentazione nei termini della domanda di definizione dell'illecito edilizio, l'oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all'articolo 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante.
37. Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 30 settembre 2004, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all'articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
38. La misura dell'oblazione e dell'anticipazione degli oneri concessori, nonché le relative modalità di versamento, sono disciplinate nell'allegato 1 al presente decreto.
39. Ai fini della determinazione dell'oblazione non si applica quanto previsto dai commi 13, 14 15 e 16 dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
40. Alla istruttoria della domanda di sanatoria si applicano i medesimi diritti e oneri previsti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, come disciplinati dalle Amministrazioni comunali per le medesime fattispecie di opere edilizie. Ai fini della istruttoria delle domande di sanatoria edilizia può essere determinato dall'Amministrazione comunale un incremento dei predetti diritti e oneri fino ad un massimo del 10 per cento da utilizzare con le modalità di cui all'articolo 2, comma 46, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Per l'attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l'orario di lavoro ordinario.
41. Al fine di incentivare la definizione delle domande di sanatoria presentate ai sensi del presente articolo, nonché ai sensi del capo IV della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni, il 50 per cento delle somme riscosse a titolo di conguaglio dell'oblazione, ai sensi dell'articolo 35, comma 14, della citata legge n. 47 del 1985, e successive modificazioni, è devoluto al comune interessato. Con decreto interdipartimentale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di applicazione del presente comma.
42. All'articolo 29 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Le proposte di varianti di recupero urbanistico possono essere presentate da parte di soggetti pubblici e privati, con allegato un piano di fattibilità tecnico, economico, giuridico e amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e per il recupero urbanistico ed edilizio, volto al raggiungimento della sostenibilità ambientale, economica e sociale, alla coesione degli abitanti dei nuclei edilizi inseriti nelle varianti e alla rivitalizzazione delle aree interessate dall'abusivismo edilizio».
43. L'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, è sostituito dal seguente:
«Art. 32 (Opere costruite su aree sottoposte a vincolo). - 1. Fatte salve le fattispecie previste dall'articolo 33, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Qualora tale parere non venga formulato dalle suddette amministrazioni entro centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta di parere, il richiedente può impugnare il silenzio-rifiuto. Il rilascio del titolo abilitativo edilizio estingue anche il reato per la violazione del vincolo. Il parere non è richiesto quando si tratti di violazioni riguardanti l'altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte.
2. Sono suscettibili di sanatoria, alle condizioni sottoindicate, le opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzione e che risultino:
a) in difformità dalla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modificazioni, e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, quando possano essere collaudate secondo il disposto del quarto comma dell'articolo 35;
b) in contrasto con le norme urbanistiche che prevedono la destinazione ad edifici pubblici od a spazi pubblici, purché non in contrasto con le previsioni delle varianti di recupero di cui al capo III;
c) in contrasto con le norme del decreto ministeriale 1° aprile 1968, n. 1404, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968, e con agli articoli 16, 17 e 18 della legge 13 giugno 1991, n. 190, e successive modificazioni, sempre che le opere stesse non costituiscano minaccia alla sicurezza del traffico.
3. Qualora non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni dell'articolo 33.
4. Ai fini dell'acquisizione del parere di cui al comma 1 si applica quanto previsto dall'articolo 20, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Il motivato dissenso espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, ivi inclusa la soprintendenza competente, alla tutela del patrimonio storico artistico o alla tutela della salute preclude il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria.
5. Per le opere eseguite da terzi su aree di proprietà di enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo che abiliti al godimento del suolo, il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria è subordinato anche alla disponibilità dell'ente proprietario a concedere onerosamente, alle condizioni previste dalle leggi statali o regionali vigenti, l'uso del suolo su cui insiste la costruzione. La disponibilità all'uso del suolo, anche se gravato di usi civici, viene espressa dagli enti pubblici territoriali proprietari entro il termine di centottanta giorni dalla richiesta. La richiesta di disponibilità all'uso del suolo deve essere limitata alla superficie occupata dalle costruzioni oggetto della sanatoria e alle pertinenze strettamente necessarie, con un massimo di tre volte rispetto all'area coperta dal fabbricato. Salve le condizioni previste da leggi regionali, il valore è stabilito dalla filiale dell'Agenzia del demanio competente per territorio per gli immobili oggetto di sanatoria ai sensi della presente legge e dell'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, con riguardo al valore del terreno come risultava all'epoca della costruzione aumentato dell'importo corrispondente alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, al momento della determinazione di detto valore. L'atto di disponibilità, regolato con convenzione di cessione del diritto di superficie per una durata massima di anni sessanta, è stabilito dall'ente proprietario non oltre sei mesi dal versamento dell'importo come sopra determinato.
6. Per le costruzioni che ricadono in aree comprese fra quelle di cui all'articolo 21 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, il rilascio della concessione o della autorizzazione in sanatoria è subordinato alla acquisizione della proprietà dell'area stessa previo versamento del prezzo, che è determinato dall'Agenzia del territorio in rapporto al vantaggio derivante dall'incorporamento dell'area.
7. Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380».
43-bis. Le modifiche apportate con il presente articolo concernenti l'applicazione delle leggi 28 febbraio 1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, non si applicano alle domande già presentate ai sensi delle predette leggi.
44. All'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, comma 2, dopo le parole: «l'inizio» sono inserite le seguenti: «o l'esecuzione».
45. All'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, comma 2, dopo le parole: «18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni e integrazioni» sono inserite le seguenti: «, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici».
46. All'articolo 27 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per le opere abusivamente realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale con provvedimenti aventi forza di legge o dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi degli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, o su beni di interesse archeologico, nonché per le opere abusivamente realizzate su immobili soggetti a vincolo o di inedificabilità assoluta in applicazione delle disposizioni del titolo II del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, il Soprintendente, su richiesta della regione, del comune o delle altre autorità preposte alla tutela, ovvero decorso il termine di 180 giorni dall'accertamento dell'illecito, procede alla demolizione, anche avvalendosi delle modalità operative di cui ai commi 55 e 56 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662».
47. Le sanzioni pecuniarie di cui all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono incrementate del cento per cento.
48. (Soppresso).
49. (Soppresso).
49-bis. All'articolo 54, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Tali spese, limitatamente agli esercizi finanziari 2002 e 2003, sono reiscritte nella competenza degli esercizi successivi a quello terminale, sempreché l'impegno formale venga assunto entro il secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione in bilancio».
49-ter. L'articolo 41 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è sostituito dal seguente:
«Art. 41 (Demolizione di opere abusive). - 1. Entro il mese di dicembre di ogni anno il dirigente o il responsabile del servizio trasmette al prefetto l'elenco delle opere non sanabili per le quali il responsabile dell'abuso non ha provveduto nel termine previsto alla demolizione e al ripristino dei luoghi e indica lo stato dei procedimenti relativi alla tutela del vincolo di cui al comma 6 dell'articolo 31. Nel medesimo termine le amministrazioni statali e regionali preposte alla tutela trasmettono al prefetto l'elenco delle demolizioni da eseguire. Gli elenchi contengono, tra l'altro, il nominativo dei proprietari e dell'eventuale occupante abusivo, gli estremi di identificazione catastale, il verbale di consistenza delle opere abusive e l'eventuale titolo di occupazione dell'immobile. 2. Il prefetto entro trenta giorni dalla ricezione degli elenchi di cui al comma 1, provvede agli adempimenti conseguenti all'intervenuto trasferimento della titolarità dei beni e delle aree interessate, notificando l'avvenuta acquisizione al proprietario e al responsabile dell'abuso.3. L'esecuzione della demolizione delle opere abusive, compresa la rimozione delle macerie e gli interventi a tutela della pubblica incolumità, è disposta dal prefetto. I relativi lavori sono affidati, anche a trattativa privata ove ne sussistano i presupposti, ad imprese tecnicamente e finanziariamente idonee. Il prefetto può anche avvalersi, per il tramite dei provveditorati alle opere pubbliche, delle strutture tecnico-operative del Ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione stipulata d'intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed il Ministro della difesa».
49-quater. All'articolo 48 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-ter. Al fine di consentire una più penetrante vigilanza sull'attività edilizia, è fatto obbligo alle aziende erogatrici di servizi pubblici ed ai funzionari cui sia imputabile la stipulazione dei relativi contratti di somministrazione di comunicare al sindaco del comune ove e ubicato l'immobile le richieste di allaccio ai pubblici servizi effettuate per gli immobili, con indicazione della concessione edilizia ovvero della autorizzazione ovvero degli altri titoli abilitativi, ovvero della istanza di concessione in sanatoria presentata, corredata dalla prova del pagamento per intero delle somme dovute a titolo di oblazione. L'inosservanza di tale obbligo comporta, per ciascuna violazione, la sanzione pecuniaria da euro 10.000 ad euro 50.000 nei confronti delle aziende erogatrici di servizi pubblici, nonché la sanzione pecuniaria da euro 2.582 ad euro 7.746 nei confronti del funzionario della azienda erogatrice cui sia imputabile la stipulazione dei contratti».
50. Agli oneri indicati ai commi 6, 9, 10, 11, 13 e 24, si provvede, nei limiti stabiliti nei predetti commi, per gli anni 2004, 2005 e, quanto a 82 milioni di euro, per l'anno 2006, mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente articolo. Tali somme sono versate, per ciascuno dei predetti anni, all'entrata del bilancio dello Stato per essere rassegnate alle pertinenti unità previsionali di base, anche di nuova istituzione, dei Ministeri interessati. Per la restante parte degli oneri relativi all'anno 2006 si provvede con quota parte delle entrate recate dal presente decreto. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima relativamente:
- al comma 14 , nella parte in cui non prevede il rispetto della legge regionale di cui al comma 26;
- al comma 25, nella parte in cui non prevede che la legge regionale di cui al comma 26 possa determinare limiti volumetrici inferiori a quelli ivi indicati;
- al comma 26, nella parte in cui non prevede che la legge regionale possa determinare la possibilità, le condizioni e le modalità per l'ammissibilità a sanatoria di tutte le tipologie di abuso edilizio di cui all'allegato 1 del presente decreto;
- al comma 33, nella parte in cui prevede le parole «entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto» anziché le parole «tramite la legge di cui al comma 26»;
- al comma 37 , nella parte in cui non prevede che la legge regionale di cui al comma 26 possa disciplinare diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune;
- al comma 38, nella parte in cui prevede che sia l'allegato 1 del presente decreto-legge, anziché la legge regionale di cui al comma 26, a determinare la misura dell'anticipazione degli oneri concessori, nonché le relative modalità di versamento;
- al comma 49-ter;
- alla mancata previsione che la legge regionale di cui al comma 26 debba essere emanata entro un congruo termine da stabilirsi dalla legge statale.
Contenuto
La disposizione detta la disciplina del cd. condono edilizio.
Sentenza
Sentenza 24-28 giugno 2004, n. 196 (Gazz. Uff. 7 luglio 2004, n. 26 - Prima serie speciale).
Motivazione
L’oggetto fondamentale della disposizione è la previsione e la disciplina di un nuovo condono edilizio esteso all’intero territorio nazionale, di carattere temporaneo ed eccezionale rispetto all’istituto a carattere generale e permanente del “permesso di costruire in sanatoria”, disciplinato dagli artt. 36 e 45 del Testo unico in materia edilizia.
Appare opportuno esaminare, in via prioritaria, le censure mosse nei confronti dell’intero istituto disciplinato dall’art. 32.
Le questioni non sono fondate. In particolare, in ordine alla pretesa secondo la quale il decreto-legge sarebbe una fonte strutturalmente inidonea alla posizione di principi fondamentali, deve essere osservato che questa Corte ha già più volte chiarito che “un decreto-legge può di per sé costituire legittimo esercizio dei poteri legislativi che la Costituzione affida alla competenza statale, ivi compresa anche la determinazione dei principi fondamentali nelle materie di cui al terzo comma dell’art. 117 Cost.” (sentenza n. 6 del 2004). E’ stata inoltre sollevata questione di legittimità costituzionale dell’intero istituto del condono in riferimento alla presunta lesione dell’art. 79 Cost.: il condono costituirebbe in realtà un tipo di amnistia impropria, che quindi andrebbe prevista e disciplinata solo tramite una legge conforme alle rigide prescrizioni di cui all’art. 79 Cost. La questione non è fondata.
In relazione alle censure le ricorrenti muovono nei confronti dell’intero istituto disciplinato nelle disposizioni impugnate è opportuno prendere in esame anzitutto i rilievi fondati sulla lamentata violazione del sistema costituzionale delle competenze.
Non vi è dubbio sul fatto che solo il legislatore statale può incidere sulla sanzionabilità penale (per tutte, v. la sentenza n. 487 del 1989) e che esso, specie in occasione di sanatorie amministrative, dispone di assoluta discrezionalità in materia “di estinzione del reato o della pena, o di non procedibilità” (ordinanze n. 327 del 2000, n. 149 del 1999, n. 167 del 1989). Peraltro, la circostanza che il comune sia titolare di fondamentali poteri di gestione e di controllo del territorio rende necessaria la sua piena collaborazione con gli organi giurisdizionali, poiché, come questa Corte ha affermato, “il giudice penale non ha competenza ‘istituzionale’ per compiere l’accertamento di conformità delle opere agli strumenti urbanistici” (sentenza n. 370 del 1988). Tale doverosa collaborazione per concretizzare la scelta del legislatore statale di porre in essere un condono penale si impone quindi su tutto il territorio nazionale, inerendo alla strumentazione indispensabile per dare effettività a tale scelta.
Per ciò che riguarda l’art. 117 Cost., la giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito (cfr. le sentenze n. 303 e n. 362 del 2003) che nei settori dell’urbanistica e dell’edilizia i poteri legislativi regionali sono senz’altro ascrivibili alla nuova competenza di tipo concorrente in tema di “governo del territorio”. E se è vero che la normativa sul condono edilizio di cui all’impugnato art. 32 certamente tocca profili tradizionalmente appartenenti all’urbanistica e all’edilizia, è altresì innegabile che essa non si esaurisce in tali ambiti specifici ma coinvolge l’intera e ben più ampia disciplina del “governo del territorio”. Se poi si considera anche l’indubbio collegamento della disciplina con la materia della “valorizzazione dei beni culturali ed ambientali”, appare evidente che alle Regioni è oggi riconosciuta al riguardo una competenza legislativa più ampia, per oggetto, di quella contemplata nell’originario testo dell’art. 117 Cost.
Tutto ciò implica necessariamente che, in riferimento alla disciplina del condono edilizio (per la parte non inerente ai profili penalistici, integralmente sottratti al legislatore regionale, ivi compresa la collaborazione al procedimento delle amministrazioni comunali), solo alcuni limitati contenuti di principio di questa legislazione possono ritenersi sottratti alla disponibilità dei legislatori regionali, cui spetta il potere concorrente di cui al nuovo art. 117 Cost. (ad esempio certamente la previsione del titolo abilitativo edilizio in sanatoria di cui al comma 1 dell’art. 32, il limite temporale massimo di realizzazione delle opere condonabili, la determinazione delle volumetrie massime condonabili). Per tutti i restanti profili è invece necessario riconoscere al legislatore regionale un ruolo rilevante – più ampio che nel periodo precedente – di articolazione e specificazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale in tema di condono sul versante amministrativo.
Al tempo stesso, se i Comuni possono, nei limiti della legge, provvedere a sanare sul piano amministrativo gli illeciti edilizi, viene in evidente rilievo l’inammissibilità di una legislazione statale che determini anche la misura dell’anticipazione degli oneri concessori e le relative modalità di versamento ai Comuni; d’altronde, l’ordinaria disciplina vigente attribuisce il potere di determinare l’ammontare degli oneri concessori agli stessi Comuni, sulla base della legge regionale (art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001).
Per ciò che riguarda le Regioni ad autonomia particolare, ove nei rispettivi statuti si prevedano competenze legislative di tipo primario, lo spazio di intervento affidato al legislatore regionale appare maggiore, perché in questo caso possono operare solo il limite della “materia penale” (comprensivo delle connesse fasi procedimentali) e quanto è immediatamente riferibile ai principi di questo intervento eccezionale di “grande riforma” (il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, la determinazione massima dei fenomeni condonabili), mentre spetta al legislatore regionale la eventuale indicazione di ulteriori limiti al condono, derivanti dalla sua legislazione sulla gestione del territorio (cfr. sentenza n. 418 del 1995)
Questa legislazione conferma, in una particolare realtà territoriale, quella che è una più generale caratteristica della legislazione sul condono, nella quale normalmente quest’ultimo ha effetti sia sul piano penale che sul piano delle sanzioni amministrative, ma che non esclude la possibilità che le procedure finalizzate al conseguimento dell’esenzione dalla punibilità penale si applichino ad un maggior numero di opere edilizie abusive rispetto a quelle per le quali operano gli effetti estintivi degli illeciti amministrativi;
L’insieme delle considerazioni fin qui sviluppate induce a ritenere alcune parti della nuova disciplina del condono edilizio contenuta nell’art. 32 impugnato contrastanti con gli artt. 117 e 118 Cost., per ciò che riguarda le Regioni ad autonomia ordinaria, nonché con gli artt. 4, numero 12, e 8 della legge costituzionale n. 1 del 1963, per ciò che riguarda la Regione Friuli-Venezia Giulia: ciò perché questa norma, in particolare, comprime l’autonomia legislativa delle Regioni, impedendo loro di fare scelte diverse da quelle del legislatore nazionale, ancorché nell’ambito dei principi legislativi da questo determinati.
Infatti, il necessario riconoscimento del ruolo legislativo delle regioni nella attuazione della legislazione sul condono edilizio straordinario esige, ai fini dell’operatività della normativa in esame, che il legislatore nazionale provveda alla rapida fissazione di un termine, che dovrà essere congruo perché le regioni e le province autonome possano determinare tutte le specificazioni cui sono chiamate dall’art. 32 – quale risultante dalla presente sentenza – sulla base del dettato costituzionale e dei rispettivi statuti speciali. Il legislatore nazionale dovrà inoltre provvedere a ridefinire i termini previsti, per gli interessati. È peraltro evidente che la facoltà degli interessati di presentare la domanda di condono dovrà essere esercitabile in un termine ragionevole a partire dalla scadenza del termine ultimo posto alle Regioni per l’esercizio del loro potere legislativo.
In considerazione della particolare struttura del condono edilizio straordinario qui esaminato, che presuppone un’accentuata integrazione fra il legislatore statale ed i legislatori regionali, l’adozione della legislazione da parte delle Regioni appare non solo opportuna, ma doverosa e da esercitare entro il termine determinato dal legislatore nazionale; nell’ipotesi limite che una Regione o Provincia autonoma non eserciti il proprio potere legislativo in materia nel termine massimo prescritto, non potrà che trovare applicazione la disciplina dell’art. 32 e dell’Allegato 1 del d.l. n. 269 del 2003, così come convertito in legge dalla legge n. 326 del 2003 (fatti salvi i nuovi termini per gli interessati).
Art. 2, comma 38
Istituti di cultura
Allo scopo di promuovere la diffusione della cultura italiana e di sostenere lo sviluppo delle attività di ricerca e studio è autorizzata la spesa di 100.000 euro per l'anno 2004. Le disponibilità di cui al presente comma sono destinate prioritariamente all'erogazione di contributi, anche in forma di crediti di imposta, a favore degli istituti di cultura di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, per la costruzione della propria sede principale. Con, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono adottate le disposizioni attuative del presente comma. Lo schema di decreto è trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere delle competenti Commissioni.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione stanzia 100.000 euro per la diffusione della cultura italiana ed il sostegno dello sviluppo delle attività di ricerca e studio, destinati prioritariamente all'erogazione di contributi, anche in forma di crediti di imposta, a favore degli istituti di cultura. La disciplina attuativa è rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Sentenza
Sentenza 7-21 aprile 2005, n. 160 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17 - Prima Serie speciale).
Motivazione
Come questa Corte ha più volte affermato, non sono consentiti finanziamenti a destinazione vincolata disposti con legge statale in materie la cui disciplina spetti alle Regioni perché non rientranti in ipotesi di competenza esclusiva dello Stato (cfr. sentenze n. 370 del 2003, n. 16 del 2004, n. 51 del 2005).
Le funzioni attribuite alle Regioni ricomprendono pure la possibilità di erogazione di contributi finanziari a categorie di soggetti pubblici o privati (cfr. sentenza n. 320 del 2004).
Dal rilievo che la costruzione della sede principale di un istituto di cultura, finalità perseguita dal finanziamento disposto con la norma censurata, è strumentale alla “organizzazione di attività culturali”, materia inclusa nell’art. 117, terzo comma, Cost., e quindi di competenza legislativa concorrente, consegue la illegittimità costituzionale della norma in questione, la quale non soltanto ha stabilito l’erogazione in oggetto, ma ha anche attribuito a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di disciplinarne l’attuazione.
Del resto l’esiguità della somma stanziata esclude la necessità di una sua gestione unitaria in applicazione del principio c.d. di sussidiarietà ascendente ai sensi dell’art. 118, primo comma, della Costituzione. L’attribuzione di funzioni amministrative ad un organo statale costituisce violazione dell’art. 117 della Costituzione.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3, commi 17-20
Indebitamento e investimenti
17. Per gli enti di cui al comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di entrata non collegati a un'attività patrimoniale preesistente e le cartolarizzazioni con corrispettivo iniziale inferiore all'85 per cento del prezzo di mercato dell'attività oggetto di cartolarizzazione valutato da un'unità indipendente e specializzata. Costituiscono, inoltre, indebitamento le operazioni di cartolarizzazione accompagnate da garanzie fornite da amministrazioni pubbliche e le cartolarizzazioni e le cessioni di crediti vantati verso altre amministrazioni pubbliche. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato articolo 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio. Modifiche alle predette tipologie di indebitamento sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base dei criteri definiti in sede europea.
18. Ai fini di cui all'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, costituiscono investimenti:
a) l'acquisto, la costruzione, la ristrutturazione e la manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati sia residenziali che non residenziali;
b) la costruzione, la demolizione, la ristrutturazione, il recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
c) l'acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico-scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad utilizzo pluriennale;
d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
e) l'acquisizione di aree, espropri e servitù onerose;
f) le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale, nei limiti della facoltà di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente alla realizzazione degli investimenti a cura di un altro ente od organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
h) i trasferimenti in conto capitale in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici o di proprietari o gestori di impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi pubblici o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata. In tale fattispecie rientra l'intervento finanziario a favore del concessionario di cui al comma 2 dell'articolo 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
i) gli interventi contenuti in programmi generali relativi a piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio.
19. Gli enti e gli organismi di cui al comma 16 non possono ricorrere all'indebitamento per il finanziamento di conferimenti rivolti alla ricapitalizzazione di aziende o società finalizzata al ripiano di perdite. A tale fine l'istituto finanziatore, in sede istruttoria, è tenuto ad acquisire dall'ente l'esplicazione specifica sull'investimento da finanziare e l'indicazione che il bilancio dell'azienda o della società partecipata, per la quale si effettua l'operazione, relativo all'esercizio finanziario precedente l'operazione di conferimento di capitale, non presenta una perdita di esercizio.
20. Le modifiche alle tipologie di cui ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima limitatamente al comma 17, ultimo periodo, e al comma 20.
Contenuto
La disposizione individua le operazioni che costituiscono indebitamento e le attività che costituiscono investimento, ai fini dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, che dispone che i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le tipologie di indebitamento e di investimento così individuate possono essere modificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT e – limitatamente alle tipologie di indebitamento sulla base dei criteri definiti in sede europea.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 425 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
Sono infondate le censure sollevate in relazione ai commi 17 e 18 dell'art. 3 sul presupposto che spetti alla Regione, e non allo Stato, il potere di definire le nozioni di indebitamento e di investimento ai fini dell'attuazione del vincolo espresso nell'art. 119 Cost., sesto comma.
Resta naturalmente fermo che qualora, in concreto, lo Stato effettuasse scelte irragionevoli, le Regioni ben potrebbero contestarle nelle sedi appropriate. Questo non si verifica però nella specie.
Sono fondate le censure che investono i commi 17, ultimo periodo, e 20, là dove attribuiscono al Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT, il potere di disporre con proprio decreto modifiche alle tipologie di "indebitamento" e di "investimenti" stabilite ai fini di cui all'art. 119 Cost., sesto comma.
Tali disposizioni conferiscono al Ministro una potestà il cui esercizio può comportare una ulteriore restrizione della facoltà per gli enti autonomi di ricorrere all'indebitamento per finanziare le proprie spese, e si traducono sostanzialmente in una delegificazione delle statuizioni contenute nei predetti commi.
Ma una siffatta previsione presupporrebbe il rispetto del principio di legalità sostanziale, in forza del quale l'esercizio di un potere politico-amministrativo incidente sull'autonomia regionale (nonché sull'autonomia locale) può essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni dell'esecutivo, delimitandone la discrezionalità (cfr. sentenze n. 150 del 1982, n. 384 del 1992, n. 301 del 2003).
Né può valere a soddisfare tale requisito la generica previsione del comma 17, ultimo periodo (non ripetuta, peraltro, dal comma 20, e quindi non applicabile alle modifiche delle tipologie di investimento), secondo cui il Ministro dovrebbe disporre le eventuali modifiche alle tipologie di indebitamento "sulla base dei criteri definiti in sede europea". Infatti, ove non si tratti di norme europee suscettibili di diretta applicazione (nel qual caso, peraltro, non occorrerebbe la mediazione di norme nazionali), tale previsione non basta ad integrare una sufficiente determinazione legislativa dei presupposti e del contenuto degli atti ministeriali.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3, comma 75
Spese di viaggio aereo dei pubblici
dipendenti
Ai fini del contenimento della spesa pubblica, al personale appartenente alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, che si reca in missione o viaggio di servizio presso le istituzioni dell'Unione europea, ovvero che partecipi, in Europa o in Paesi extra-europei, a riunioni, commissioni o a gruppi di lavoro, comunque denominati, nell'ambito o per conto del Consiglio o di altra istituzione dell'Unione europea, ad eccezione dei dirigenti di prima fascia e qualifiche equiparabili, spetta il pagamento delle spese di viaggio aereo nella classe economica.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica al personale delle Regioni.
Contenuto
La disposizione pone dei limiti al pagamento delle spese di viaggio aereo dei dipendenti pubblici (ad eccezione dei dirigenti di prima fascia e qualifiche equiparabili), che si recano in missione o viaggio di servizio presso le istituzioni dell'Unione europea, ovvero che partecipino, in Europa o in Paesi extra-europei, a riunioni, commissioni o a gruppi di lavoro nell'ambito o per conto del Consiglio o di altra istituzione dell'Unione europea.
Sentenza
Sentenza 12-15 dicembre 2005, n. 449 (Gazz. Uff. 21 dicembre 2005, n. 51 - Prima serie speciale).
Motivazione
Secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, la previsione, da parte della legge statale, di limiti all’entità di una singola voce di spesa della Regione non può essere considerata un principio fondamentale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.), perché pone un precetto specifico e puntuale sull’entità della spesa e si risolve perciò in una indebita invasione dell’area riservata dall’art. 119 Cost. alle autonomie regionali e degli enti locali (v., ex multis, sentenze n. 417 del 2005 e nn. 390 e 36 del 2004).
La norma stabilisce un vincolo puntuale di spesa alle Regioni, e, pertanto, alla stregua della sopra richiamata giurisprudenza costituzionale, contrasta con gli articoli 117, terzo comma, e 119 Cost. e deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica al personale delle Regioni.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3, commi 76 e 82
Convenzioni per lo svolgimento di
attività socialmente utili
76. Nel limite complessivo di 47,063 milioni di euro, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a prorogare, limitatamente all'esercizio 2004, le convenzioni stipulate, anche in deroga alla normativa vigente relativa ai lavori socialmente utili, direttamente con i comuni, per lo svolgimento di attività socialmente utili (ASU) e per l'attuazione, nel limite complessivo di 20,937 milioni di euro, di misure di politica attiva del lavoro, riferite a lavoratori impiegati in ASU nella disponibilità degli stessi comuni da almeno un triennio, nonché ai soggetti provenienti dal medesimo bacino, utilizzati attraverso convenzioni già stipulate in vigenza dell'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, per un periodo che, eventualmente prorogato, non ecceda i sessanta mesi complessivi, al fine di una definitiva stabilizzazione occupazionale.
82. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato a stipulare nel limite complessivo di 1 milione di euro, e per il solo esercizio 2004, direttamente con i comuni nuove convenzioni per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili, nella disponibilità, da almeno un quinquiennio, di comuni con meno di 50.000 abitanti.
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime, nella parte in cui non prevedono alcuno strumento idoneo a garantire una leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Contenuto
Le disposizioni autorizzano il Ministero del lavoro a stipulare direttamente con i comuni nuove convenzioni o a prorogare le convenzioni già esistenti per lo svolgimento di attività socialmente utili e per l'attuazione di misure di politica attiva del lavoro riferite a lavoratori impegnati in attività socialmente utili
Sentenza
Sentenza 6-8 giugno 2005, n. 219 (Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La disciplina dei lavori socialmente utili – concernendo la tutela del lavoro e le politiche sociali, nel contesto di particolari rapporti intersoggettivi di prestazione di attività – si colloca all’incrocio di varie competenze legislative, di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 117 della Costituzione.
Essa infatti, in quanto mira ad agevolare l’accesso all’occupazione, attiene in senso lato al collocamento, e quindi si inscrive nella tutela del lavoro attribuita dal terzo comma dell’art. 117 della Costituzione alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. Al riguardo la sentenza di questa Corte n. 50 del 2005 ha affermato che «quale che sia il completo contenuto che debba riconoscersi alla materia “tutela e sicurezza del lavoro” non si dubita che in essa rientri la disciplina dei servizi per l’impiego ed in specie quella del collocamento».
La normativa in esame tende del resto ad alleviare le difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e a fronteggiare situazioni di bisogno conseguenti alla perdita dell’occupazione, prevedendo la corresponsione ai soggetti impiegati in lavori socialmente utili di somme di danaro (prima "sussidio": art. 14, comma 4, del d.l. n. 299 del 1994; poi "assegno": art. 8, comma 3, del d. lgs. n. 468 del 1997), che ben possono essere accostate, sotto il profilo della natura latamente previdenziale, all’indennità di disoccupazione o di mobilità o al trattamento di integrazione salariale. E pertanto essa evoca sia la materia delle politiche sociali, di sicuro compresa nella competenza regionale residuale di cui al quarto comma dell’art. 117 (sentenza n. 427 del 2004), sia quella della “previdenza sociale”, attribuita invece alla competenza esclusiva dello Stato dal secondo comma, lettera o), dello stesso articolo.
Infine la competenza residuale regionale è coinvolta pure sotto l’ulteriore profilo della “formazione professionale” dei soggetti assegnati a lavori socialmente utili, nella misura in cui siffatta assegnazione persegua anche finalità formative (cfr. art. 14, comma 2, del d.l. n. 299 del 1994).
Per le ipotesi in cui ricorra una “concorrenza di competenze”, la Costituzione non prevede espressamente un criterio di composizione delle interferenze. In tal caso – ove, come nella specie, non possa ravvisarsi la sicura prevalenza di un complesso normativo rispetto ad altri, che renda dominante la relativa competenza legislativa – si deve ricorrere al canone della “leale collaborazione”, che impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze (sentenza n. 50 del 2005).
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3, comma 101
Contributi per la iscrizione a scuole
paritarie - Reddito di ultima istanza
101. Nei limiti delle risorse preordinate allo scopo dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, e detratte una quota fino a 20 milioni di euro per l'anno 2004 e fino a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 da destinare all'ulteriore finanziamento delle finalità previste dall'articolo 2, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché una quota di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006 da destinare al potenziamento dell'attività di ricerca scientifica e tecnologica, lo Stato concorre al finanziamento delle regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, limitatamente alle parole «detratte una quota fino a 20 milioni di euro per l'anno 2004 e fino a 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2005 e 2006 da destinare all'ulteriore finanziamento delle finalità previste dall'art. 2, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289», nonché alle parole «lo Stato concorre al finanziamento delle Regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro».
Contenuto
La norma prevede che, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo dal Ministro del lavoro e nell'ambito del Fondo nazionale per le politiche sociali - detratte una quota di risorse da destinare all'ulteriore finanziamento contributi per la iscrizione a scuole paritarie ed una quota da destinare al potenziamento dell'attività di ricerca scientifica e tecnologica - lo Stato concorre al finanziamento delle regioni che istituiscono il reddito di ultima istanza quale strumento di accompagnamento economico ai programmi di reinserimento sociale, destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale ed i cui componenti non siano beneficiari di ammortizzatori sociali destinati a soggetti privi di lavoro.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 423 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La disposizione impugnata – essendo relativa a contributi per la iscrizione a scuole paritarie – incide sulla materia dell’ “istruzione” attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, terzo comma, della Costituzione). Vertendosi, dunque, in ambiti in cui le funzioni in esame non spettano allo Stato, deve ribadirsi che non sono ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione. Da qui la illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 101, nella parte in cui prevede la erogazione delle somme ivi indicate per le finalità previste dall’art. 2, comma 7, della legge n. 289 del 2002.
La particolare rilevanza della misura in questione – che richiede continuità di erogazione, in relazione ai diritti costituzionali implicati – giustifica «che restino salvi gli eventuali procedimenti di spesa in corso, anche se non esauriti» (sentenza n. 370 del 2003).
E’, altresì, fondata la censura relativa alla previsione con cui è stato disposto un intervento finanziario a favore delle Regioni che si determinino ad istituire il reddito di ultima istanza.
Il «reddito di ultima istanza»– essendo destinato ai nuclei familiari a rischio di esclusione sociale e dunque a favore di soggetti che si trovano in situazione di estremo bisogno – costituisce una misura assistenziale riconducibile alla materia «servizi sociali» (cfr. sentenza n. 287 del 2004) di competenza legislativa delle Regioni. Né può ritenersi che l’oggetto della disciplina in esame attenga alla potestà legislativa esclusiva statale di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» ex art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Ciò in quanto, a prescindere dal rispetto delle procedure di determinazione e di finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, il legislatore non ha posto «norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite […] senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle» (sentenza n. 282 del 2002), ma, al contrario, ha rimesso all’iniziativa legislativa delle singole Regioni l’istituzione della misura in esame ponendo talune condizioni di accesso alla prestazione che le Regioni stesse dovrebbero osservare nel disciplinare l’istituto.
Trattandosi, pertanto, di norma dettata in ambiti in cui le funzioni sono di spettanza regionale, deve ritenersi costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, la previsione di un cofinanziamento vincolato alla specifica finalità di erogare la misura assistenziale in esame.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 3, commi 116 e 117
Fondo nazionale per le politiche sociali
116. L'incremento della dotazione del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, disposta per l'anno 2004 dall'articolo 21, comma 6, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, come modificato dalla presente legge, deve essere utilizzato nel medesimo anno 2004 per le seguenti finalità:
a) politiche per la famiglia e in particolare per anziani e disabili, per un importo pari a 70 milioni di euro;
b) abbattimento delle barriere architettoniche di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13, per un importo pari a 20 milioni di euro;
c) servizi per l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap, per un importo pari a 40 milioni di euro;
d) servizi per la prima infanzia e scuole dell'infanzia, per un importo pari a 67 milioni di euro.
117. Gli interventi di cui alle lettere c) e d) del comma 116, limitatamente alle scuole dell'infanzia, devono essere adottati previo accordo tra i Ministeri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del lavoro e delle politiche sociali e le regioni.
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
Contenuto
La disposizione indica le finalità cui deve essere destinato l’incremento per l’anno 2004 del Fondo nazionale per le politiche sociali disposto dal decreto-legge collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2004.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 423 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La previsione degli interventi di cui all’art. 3, comma 116, della legge n. 350 del 2003 – non costituendo determinazione di “livelli essenziali delle prestazioni” cui fa riferimento l’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione – viola le competenze regionali concernenti i «servizi sociali» e l’«istruzione».
Siffatte disposizioni – stabilendo con quali finalità debba essere utilizzato l’incremento del Fondo disposto per l’anno 2004 – pongono precisi vincoli di destinazione delle risorse nelle suddette materie, con palese violazione dell’autonomia finanziaria di spesa delle Regioni e non sono, dunque, conformi al nuovo modello di finanza regionale delineato dall’art. 119 della Costituzione; deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 116 e 117, della legge n. 350 del 2003.
Il venir meno del vincolo di scopo comporta che le suddette somme dovranno confluire nei bilanci regionali in maniera “indistinta” e potranno, pertanto, essere impiegate dalle Regioni stesse secondo autonome scelte di politica sociale.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, commi 82 e 83
Fondo per il pagamento degli interessi delle imprese artigiane
82. Le disponibilità del fondo di cui all'articolo 37 della legge 25 luglio 1952, n. 949, e successive modificazioni, sono incrementate di 10 milioni di euro per l'anno 2004 per agevolare i processi di internazionalizzazione ed i programmi di penetrazione commerciale promossi dalle imprese artigiane e dai consorzi di esportazione a queste collegati.
83. Le modalità, le condizioni e le forme tecniche delle attività di cui al comma 82 sono definite con decreto del Ministro delle attività produttive di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 21, comma 7, della legge 5 marzo 2001, n. 57.
Il comma 83 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede che il decreto del Ministro delle attività produttive sia emanato previa intesa con la Conferenza Stato-regioni.
Contenuto
La disposizione prevede l’incremento del Fondo per il concorso nel pagamento degli interessi sulle operazioni di credito a favore delle imprese artigiane, al fine agevolare i processi di internazionalizzazione ed i programmi di penetrazione commerciale promossi dalle imprese artigiane e demanda ad un decreto ministeriale l’individuazione delle modalità, delle condizioni e delle forme tecniche delle attività da finanziare.
Sentenza
Sentenza 7-21 aprile 2005, n. 162 (Gazz. Uff. 27 aprile 2005, n. 17 - Prima Serie speciale).
Motivazione
L’ambito materiale nel quale interviene la disposizione denunciata è l’artigianato. L’art. 117 della Costituzione, dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, non annoverando l’artigianato tra le materie tassativamente riservate alla legislazione statale o a quella concorrente, implicitamente demanda questa materia alla potestà legislativa residuale delle Regioni, modificando in tal modo la precedente previsione costituzionale, che invece assegnava allo Stato il compito di stabilire i principi fondamentali in materia di artigianato, prevedendo la competenza concorrente delle Regioni. Appartiene pertanto alla competenza legislativa residuale delle Regioni l’adozione delle misure di sviluppo e sostegno dell’artigianato, e, in questo ambito, la disciplina dell’erogazione di agevolazioni, contributi e sovvenzioni di ogni genere.
Ciò però non comporta l’incostituzionalità dell’art. 4, comma 82, della legge n. 350 del 2003. La norma denunciata non istituisce un nuovo fondo a destinazione vincolata, ma si limita ad incrementare le disponibilità di un fondo preesistente alla modifica del Titolo V, Parte II, della Costituzione, in vista del raggiungimento di finalità ad esso già proprie.
Esso pertanto si giustifica, in via transitoria e fino all’attuazione del nuovo modello delineato dall’art. 119 della Costituzione, in conseguenza del principio di continuità dell’ordinamento, più volte richiamato da questa Corte dopo la modifica del Titolo V (cfr., da ultimo, sentenza n. 255 del 2004), attesa l’esigenza di non far mancare finanziamenti ad un settore rilevante e strategico dell’economia nazionale, quello dell’impresa artigiana, al quale la Costituzione (art. 45) guarda con particolare favore.
Con riferimento al comma 83, il principio di continuità giustifica infatti, ancora in via provvisoria, ed in vista di una considerazione complessiva del settore dell’artigianato e delle iniziative da finanziare, l’attribuzione al Ministro delle attività produttive della potestà di definire, di concerto con il Ministro dell’economia, modalità, condizioni e forme tecniche delle attività ammesse al sostegno finanziario (cfr. sentenza n. 255 del 2004).
Tuttavia, l’articolazione della normativa esige forme di cooperazione con le Regioni e di incisivo coinvolgimento delle stesse, essendo evidente che l’intervento dello Stato debba rispettare la sfera di competenza spettante alle Regioni in via residuale.
La norma, invece, non prende minimamente in considerazione le Regioni per ciò che attiene all’emanazione del decreto ministeriale di attuazione. Deve pertanto essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 83, della legge n. 350 del 2003, nella parte in cui, in contrasto con il principio di leale collaborazione, non prevede che il decreto del Ministro delle attività produttive sia emanato previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, commi 99-103
Prestiti fiduciari agli studenti capaci e
meritevoli
99. In conformità con il principio di cui all'articolo 34, terzo comma, della Costituzione, agli studenti capaci e meritevoli, iscritti ai corsi di cui all'articolo 3 del regolamento di cui al D.M. 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, possono essere concessi prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi.
100. Al fine di cui al comma 99 è istituito un Fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari iscritti all'elenco speciale previsto dall'articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. Il Fondo può essere utilizzato anche per la corresponsione agli studenti, privi di mezzi, e agli studenti nelle medesime condizioni residenti nelle aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, di contributi in conto interessi per il rimborso dei predetti prestiti fiduciari
101. Il Fondo di cui al comma 100 è gestito da Sviluppo Italia Spa sulla base di criteri ed indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
102. La dotazione del Fondo di cui al comma 100 è pari a 10 milioni di euro per l'anno 2004. Il Fondo può essere incrementato anche con i contributi di regioni, fondazioni e altri soggetti pubblici e privati.
103. Sono abrogati i commi 1, 2 e 3 dell'articolo 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390.
Il comma 101 e il comma 103, nella parte in cui non prevede che l'abrogazione delle norme ivi indicate decorra dalla data di entrata in vigore della disciplina attuativa del prestito fiduciario, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi.
Contenuto
La norma prevede la possibilità di concedere agli studenti capaci e meritevoli prestiti fiduciari per il finanziamento degli studi e istituisce un Fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari concessi dalle banche e dagli altri intermediari finanziari. Il Fondo è gestito da Sviluppo Italia Spa sulla base di criteri ed indirizzi stabiliti dal Ministero dell'istruzione, di concerto con il Ministero dell'economia, sentita la Conferenza Stato-Regioni e può essere incrementato anche con i contributi di regioni, fondazioni e altri soggetti pubblici e privati. E’ conseguentemente abrogata la disciplina sui prestiti di onore per gli studenti meritevoli.
Sentenza
Sentenza 13-21 ottobre 2004, n. 308 (Gazz. Uff. 27 ottobre 2004, n. 42 - Prima serie speciale).
Motivazione
L’istituto del prestito fiduciario per il finanziamento degli studi si sostanzia – quanto al suo profilo finanziario – in una (nuova) ipotesi di mutuo agevolato, caratterizzato dalla particolare finalità perseguita (il finanziamento degli studi), erogato dalle banche o dagli altri intermediari finanziari in favore di soggetti individuati in via generale dalla legge esclusivamente in funzione delle loro particolari attitudini personali (gli studenti capaci e meritevoli).
Sotto tale profilo, la regolamentazione dell’istituto spetta perciò allo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, per quanto concerne la istituzione del fondo finalizzato alla costituzione di garanzie sul rimborso dei prestiti fiduciari, trattandosi di materia esclusivamente attinente alla disciplina dei mercati finanziari e alla tutela del risparmio gestito dalle banche e dagli altri intermediari finanziari ed impiegato nelle suddette operazioni di mutuo; mentre, d’altro canto, deve qualificarsi mera disposizione di principio quella attinente al profilo dell’istruzione (e cioè la previsione di concessione dei prestiti in favore degli studenti capaci e meritevoli).
Le norme contenute nei commi 99, 100 e 102 dell’art. 4 della legge n. 350 del 2003 – non comportano dunque alcuna invasione delle competenze legislative regionali né violano l’autonomia finanziaria delle Regioni.
Diverse considerazioni si impongono invece per i profili della nuova disciplina riguardanti la gestione del fondo istituito al fine di garantire il rimborso dei prestiti.
Infatti, le modalità di utilizzo del fondo di garanzia – e, di riflesso, delle risorse messe a disposizione dal sistema bancario – attingono la materia della istruzione, di competenza concorrente, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, della Costituzione, comportando scelte discrezionali relativamente ai criteri di individuazione degli studenti capaci e meritevoli e, quindi, alle stesse possibilità di accesso al prestito, costituente strumento di sostegno allo studio.
Tale aspetto della disciplina non può, dunque, non comportare un diretto coinvolgimento delle Regioni, in quanto appunto titolari di potestà legislativa nella specifica materia.
Di tale esigenza non tiene, evidentemente, adeguato conto la norma di cui al comma 101 dell’art. 4 che riserva ogni potere decisionale ad organi dello Stato o ad enti ad esso comunque riferibili, assegnando alle Regioni un ruolo meramente consultivo.
Ne consegue la declaratoria di illegittimità costituzionale della suddetta norma, che dovrà essere perciò sostituita da una diversa disciplina, rispettosa delle competenze regionali.
L’inevitabile ritardo nell’entrata a regime dell’istituto del prestito fiduciario, che siffatta declaratoria comporta, determina il venir meno della necessaria contestualità con l’abrogazione dei commi 1, 2 e 3 dell’art. 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, istitutivi del prestito d’onore, disposta dal successivo comma 103. Quest’ultima norma va perciò a sua volta dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede che l’abrogazione stessa decorra dalla data di entrata in vigore della emananda disciplina, sostituiva dell’art. 4, comma 101, della legge n. 350 del 2003.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, commi 106-110
Fondo rotativo nazionale per gli
interventi nel capitale di rischio
106. Al fine di favorire la crescita e lo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, è istituito il Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio. Il Fondo è gestito da Sviluppo Italia Spa nel rispetto della legislazione nazionale e comunitaria vigente, per effettuare interventi temporanei e di minoranza, comunque non superiori al 30 per cento, nel capitale di imprese produttive, nei settori dei beni e dei servizi, per gli scopi e nelle forme di cui ai commi da 107 a 110 con priorità per quelli cofinanziati dalle regioni.
107. Sviluppo Italia Spa è autorizzata ad utilizzare le risorse del Fondo di cui al comma 106 per sottoscrivere o acquistare, esclusivamente a condizioni di mercato, quote di capitale di imprese produttive che presentino nuovi programmi di sviluppo ovvero, secondo le modalità indicate dal CIPE ai sensi del comma 110, quote di minoranza di fondi mobiliari chiusi che investono in tali imprese.
108. Gli interventi non possono riguardare consolidamenti delle passività delle imprese, né operazioni per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà. La gestione del Fondo di cui al comma 106 è soggetta alla disciplina di controllo generalmente applicata ai fondi di rischio privati e deve essere condotta secondo criteri tali da non determinare le condizioni per configurare un aiuto di Stato, ai sensi della comunicazione della Commissione europea 2001/C-235/03 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C 235 del 21 agosto 2001, in materia di aiuti di Stato e capitale di rischio. Il Fondo non investirà in imprese operanti in settori ai quali si applicano regole comunitarie speciali in materia di aiuti di Stato nonché nelle imprese di produzione, trasformazione o commercializzazione dei prodotti elencati nell'allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea.
109. La partecipazione può riguardare esclusivamente medie e grandi imprese come qualificate dalla normativa nazionale e comunitaria.
110. Le condizioni e le modalità di attuazione degli interventi di cui ai commi da 106 a 109 sono approvate dal CIPE. In particolare, il CIPE stabilisce:
a) i criteri generali di valutazione;
b) la durata massima, comunque non superiore a cinque anni, della partecipazione al capitale.
Il comma 110 è stato dichiarato costituzionalmente illegittima, nella parte in cui non prevede che l'approvazione da parte del CIPE delle condizioni e delle modalità di attuazione degli interventi di cui ai commi da 106 a 109 debba essere preceduta dall'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Contenuto
La norma istituisce e detta la disciplina del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio, gestito da Sviluppo Italia Spa. Le condizioni e le modalità di attuazione degli interventi di cui sono approvate dal CIPE.
Sentenza
Sentenza 20-24 giugno 2005, n. 242 (Gazz. Uff. 29 giugno 2005, n. 26 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La Corte costituzionale ha già avuto occasione di affermare nella sentenza n. 14 del 2004 (anch’essa successivamente più volte confermata) che dal complessivo disegno di riparto delle competenze di cui al Titolo V della Costituzione ed in particolare dagli strumenti statali di intervento esclusivi elencati nell’art. 117 Cost., comma 2, lettera e), emerge «l’intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell’intero paese»; ciò mentre «appartengono, invece, alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale tali comunque da non creare ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni e da non limitare l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale (art. 120, primo comma Cost.)».
Ciò significa che sussiste in generale una ineludibile responsabilità degli organi statali in tema di scelte di politica economica di sicura rilevanza nazionale, anche al di là della specifica utilizzabilità dei singoli strumenti elencati nel secondo comma dell’art. 117 Cost. (come appunto la “tutela della concorrenza” nel caso affrontato nella sentenza n. 14 del 2004); peraltro, in questi diversi casi, gli organi statali dovranno necessariamente utilizzare altri poteri riconosciuti allo Stato dal Titolo V della Costituzione.
Nel caso di specie non si opera nell’ambito della “tutela della concorrenza”, neppure a volerla intendere in senso dinamico, dal momento che gli interventi previsti appaiono finalizzati semplicemente ad agevolare una maggiore capitalizzazione di alcune imprese medio-grandi.
Ciò non toglie, peraltro, che il legislatore statale possa considerare necessario che anche in materie affidate alla competenza legislativa residuale o concorrente delle Regioni, si possano attrarre a livello centrale determinate funzioni amministrative «sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza» di cui al primo comma dell’art. 118 Cost., dettando la relativa disciplina della funzione amministrativa in questione.
La Corte ha più volte ammesso che la legge statale «chiami in sussidiaretà» alcune funzioni in ambiti di normale competenza delle Regioni, peraltro nel rispetto di determinate condizioni.
In linea generale, è ammissibile una deroga al normale riparto di competenze «solo se la valutazione dell’interesse pubblico sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata», e «non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalità» (sentenza n. 303 del 2003). Più precisamente, «perché nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, è necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. È necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine» (sentenza n. 6 del 2004).
Per poter compiere tale valutazione nel caso di specie, dirimente è la
considerazione dell’esplicita finalizzazione del Fondo rotativo nazionale alla
crescita e allo sviluppo del tessuto produttivo nazionale, in quanto per il
raggiungimento di tale finalità appare strutturalmente inadeguato il livello
regionale, al quale inevitabilmente sfugge una valutazione d’insieme. Ciò è
ancor più avvalorato dalla considerazione che il Fondo si riferisce alle sole
imprese medie e grandi “come qualificate dalla normativa nazionale e
comunitaria”, nonché dall’affidamento al CIPE del decisivo potere di determinare
«le condizioni e le modalità di attuazione degli interventi di cui ai commi da
Tuttavia, come già chiarito dalla Corte, la “chiamata in sussidiarietà” di funzioni che costituzionalmente spettano alle Regioni comporta anche la necessità che lo Stato coinvolga sostanzialmente le Regioni stesse, «poiché l’esigenza di esercizio unitario che consente di attrarre, insieme alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà» (cfr., ancora, sentenza n. 303 del 2003).
Su questa linea si è anche ammesso che, ove non sussistano ancora adeguati strumenti di partecipazione delle Regioni ai procedimenti legislativi statali, quanto meno debbano essere previsti «adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sentenza n. 6 del 2004).
Nel caso in esame, mentre non appare configurabile alcun tipo di coinvolgimento delle Regioni nell’ambito dell’attività meramente gestoria affidata a Sviluppo Italia s.p.a., il fondamentale ruolo di tipo normativo in materia riconosciuto al CIPE è senz’altro in grado di costituire la sede idonea per un coinvolgimento delle Regioni che risulti adeguato ad equilibrare le esigenze di leale collaborazione con quelle di esercizio unitario delle funzioni attratte in sussidiarietà al livello statale; ciò comporta, necessariamente, la conseguenza che il comma 110 dell’art. 4 della legge n. 350 del 2003 sia integrato dalla previsione che i poteri del CIPE in materia di determinazione delle condizioni e delle modalità di attuazione degli interventi di gestione del Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio possano essere esercitati solo di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, commi 112-114
Fondo per la partecipazione dei
lavoratori nelle imprese
112. È istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo speciale per l'incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese. Il Fondo interviene in sostegno di programmi, predisposti per la attuazione di accordi sindacali o statuti societari, finalizzati a valorizzare la partecipazione dei lavoratori ai risultati o alle scelte gestionali delle imprese medesime.
113. Per la gestione del Fondo di cui al comma 112, avente una dotazione iniziale di 30 milioni di euro, è costituito, con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, un Comitato paritetico, composto da dieci esperti, dei quali due in rappresentanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e otto in rappresentanza delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale. Il Comitato paritetico elegge al suo interno il presidente e adotta il proprio regolamento di funzionamento. Con il medesimo decreto ministeriale sono stabiliti i criteri fondamentali di gestione del Fondo.
114. Con successivi decreti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali adegua le modalità di gestione del Fondo di cui al comma 112, sulla base del recepimento di eventuali accordi interconfederali o di avvisi comuni tra le parti sociali, anche in attuazione degli indirizzi dell'Unione europea.
I commi 113 e 114 sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi, in quanto non prevedono alcuno strumento volto a garantire la leale collaborazione fra Stato e Regioni.
Contenuto
La norma prevede l’istituzione presso il Ministero del lavoro di un Fondo speciale per l'incentivazione della partecipazione dei lavoratori nelle imprese, per la gestione del quale è costituito, con decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, un Comitato paritetico. Con successivi decreti, il Ministro del lavoro adegua le modalità di gestione del Fondo al fine di recepire eventuali accordi interconfederali o avvisi comuni tra le parti sociali, anche in attuazione degli indirizzi dell'Unione europea.
Sentenza
Sentenza 8-16 giugno 2005, n. 231 (Gazz. Uff. 22 giugno 2005, n. 25 - Prima Serie speciale).
Motivazione
Secondo un principio più volte applicato dalla Corte costituzionale, la legittimità delle norme statali istitutive di nuovi fondi è condizionata di norma, per quanto riguarda la competenza ad emanarle, alla inerenza della destinazione dei finanziamenti a opere e servizi rientranti in materie di competenza esclusiva statale (sentenze n. 51, n. 77, n. 107, n. 160 del 2005).
Tuttavia, come pure è stato già rilevato, la complessità della realtà sociale da regolare comporta che di frequente le discipline legislative non possano essere attribuite nel loro insieme ad un’unica materia. In siffatti casi la Corte ha fatto applicazione, secondo le peculiarità dell’intreccio di discipline, del criterio della prevalenza di una materia sull’altra e del principio di leale cooperazione (sentenze n. 370 del 2003 e n. 50 del 2005).
Il complesso normativo oggetto della impugnazione viene a collocarsi all’incrocio di materie rispetto alle quali la competenza legislativa è diversamente attribuita dalla Costituzione: esclusiva dello Stato in tema di ordinamento civile, concorrente in materia di tutela del lavoro. Se la prima giustifica la legittimazione dello Stato a dettare norme primarie e quindi l’emanazione del decreto attuativo e di quelli successivi (comma 114) sotto il profilo dell’esigenza di un progetto unitario di disciplina della società europea, l’esistenza della seconda rende illegittima, anche ai sensi dell’art. 119 Cost., l’esclusione delle Regioni da ogni coinvolgimento, in violazione del principio di leale collaborazione. E’ su questo piano e in questi limiti che le norme censurate presentano un profilo di illegittimità costituzionale cui occorre porre rimedio.
Premesso che il principio di leale collaborazione può essere diversamente modulato poiché nella materia in oggetto non si riscontra l’esigenza di specifici strumenti costituzionalmente vincolati di concretizzazione del principio stesso, deve essere rimessa alla discrezionalità del legislatore la predisposizione di regole che comportino il coinvolgimento regionale.
Va dunque dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi
113 e 114 della legge n. 350 del
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, comma 157
Fondo per i servizi di trasporto pubblico
locale
Per il conseguimento dei risultati di maggiore efficienza e produttività dei servizi di trasporto pubblico locale, è istituito un apposito fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La dotazione del fondo per l'anno 2004 è fissata in 33 milioni di euro. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le modalità di riparto delle risorse di cui al presente comma. Quota parte, pari a 10 milioni di euro, è destinata al riequilibrio dei maggiori esborsi sostenuti dalle aziende di trasporto a titolo di IRAP entro la data del 1° gennaio 2003 in relazione a contributi per i quali è prevista l'esclusione dalla base imponibile delle imposte sui redditi, in misura proporzionale all'entità degli esborsi sostenuti. Gli importi corrisposti ai sensi del terzo periodo possono essere utilizzati in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui prevede che la dotazione del fondo venga ripartita «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281», anziché stabilire che tale decreto sia adottato previa intesa con la Conferenza stessa.
Contenuto
La disposizione prevede l’istituzione di un Fondo per il trasporto pubblico locale.
Sentenza
Sentenza 6-8 giugno 2005, n. 222 (Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La materia del trasporto pubblico locale rientra nell’ambito delle competenze residuali delle Regioni di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost.
Nell’ambito del nuovo Titolo V della Costituzione non è quindi di norma consentito allo Stato prevedere propri finanziamenti in ambiti di competenza delle Regioni (cfr. sentenze numeri 160 e 77 del 2005, 320 e 49 del 2004), né istituire fondi settoriali di finanziamento delle attività regionali (cfr. sentenze n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003).
Le eccezioni a questo divieto sono possibili solo nell’ambito e negli stretti limiti di quanto previsto negli artt. 118, primo comma, Cost., 119, quinto comma, (cfr. sentenze n. 49 e n. 16 del 2004), 117, secondo comma, lettera e), Cost. (cfr. sentenze n. 77 del 2005 e n. 14 del 2004).
Nella perdurante situazione di mancata attuazione delle prescrizioni costituzionali in tema di garanzia dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle Regioni e degli enti locali, e del vigente finanziamento statale nel settore del trasporto pubblico locale, la disciplina di riferimento è contenuta nel art. 20 del d.lgs. n. 422 del 1997, il cui comma 5 stabilisce le modalità di trasferimento delle risorse erogate dallo Stato. Il fondo previsto dall’art. 4, comma 157, della legge n. 350 del 2003, risulta sostanzialmente analogo al meccanismo di finanziamento appena richiamato e ciò appare, al momento, sufficiente a giustificare l’intervento finanziario dello Stato e la sua relativa disciplina legislativa.
Tuttavia, proprio perché tale finanziamento interviene in un ambito di competenza regionale, la necessità di assicurare il rispetto delle attribuzioni costituzionalmente riconosciute alle Regioni impone di prevedere che queste ultime siano pienamente coinvolte nei processi decisionali concernenti il riparto dei fondi (sentenze numeri 49 e 16 del 2004); ciò tenendo altresì conto del «limite discendente dal divieto di procedere in senso inverso a quanto oggi prescritto dall’art. 119 della Costituzione, e così di sopprimere semplicemente, senza sostituirli, gli spazi di autonomia già riconosciuti dalle leggi statali in vigore alle Regioni e agli enti locali, o di procedere a configurare un sistema finanziario complessivo che contraddica i principi del medesimo art. 119» (sentenza n. 37 del 2004).
Da questo punto di vista, va ritenuto insufficiente il meccanismo previsto dalla disposizione censurata, che si limita a richiedere che sia «sentita» la Conferenza unificata Stato-Regioni, riducendo in tal modo gli spazi di autonomia riconosciuti alle Regioni nel complessivo sistema di finanziamento del trasporto pubblico locale. È invece costituzionalmente necessario, al fine di assicurare in modo adeguato la leale collaborazione fra le istituzioni statali e regionali, che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato sulla base di una vera e propria intesa con la Conferenza unificata.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, comma 204
Enti di promozione sportiva
204. Per consentire lo svolgimento dei propri compiti istituzionali, nonché per il finanziamento e il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale, agli enti di promozione sportiva è destinata la somma di 1 milione di euro per l'anno 2004.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima.
Contenuto
La disposizione prevede un finanziamento agli enti di promozione sportiva per svolgimento dei relativi compiti istituzionali e il potenziamento dei programmi relativi allo sport sociale.
Sentenza
Sentenza 16-29 dicembre 2004, n. 424 (Gazz. Uff. 5 gennaio 2005, n. 1 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La disposizione attiene alla materia “ordinamento sportivo” di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione.
Il finanziamento in esame è finalizzato, infatti, in parte alla promozione dei programmi dello sport sociale e in parte a favorire lo svolgimento dei compiti istituzionali degli enti di promozione sportiva, che sono associazioni aventi lo scopo di promuovere e organizzare attività fisico-sportive con finalità ricreative e formative tra i giovani, nonché di organizzare l’attività amatoriale.
Detti profili, pertanto, per loro stessa natura, nell’attuale assetto costituzionale della ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di sport, non possono non comportare un diretto coinvolgimento delle Regioni, in quanto anche esse titolari di potestà legislativa nella specifica materia. Di tale esigenza non tiene, evidentemente, conto l’impugnata norma di cui all’art. 4, comma 204, della legge n. 350 del 2003, la quale, mentre è del tutto indeterminata in ordine al soggetto erogatore del finanziamento in questione e ai criteri di riparto dello stesso, non prevede alcun, pur necessario, coinvolgimento delle Regioni.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art. 4, commi 209, 210 e 211
Investimenti delle imprese marittime
209. Per gli interventi di cui all'articolo 3 della legge 16 marzo 2001, n. 88, è stanziata la somma annuale di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006. Per gli interventi di cui all'articolo 2 della legge 28 dicembre 1999, n. 522, è stanziata la somma annuale di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006.
210. Ai fini di cui al comma 209, all'articolo 1, comma 3, della legge 16 marzo 2001, n. 88, nonché all'articolo 3, comma 1, del regolamento di cui al D.M. 27 dicembre 2001, n. 487 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le parole: «nell'anno 2000» sono sostituite dalle seguenti: «nell'anno 2003».
211. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento da adottare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono emanate disposizioni attuative, nei limiti finanziari indicati al comma 209, in particolare per determinare le condizioni ed i criteri per la concessione dei contributi.
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
Contenuto
La norma dispone uno stanziamento per interventi diretti ad incentivare, con misure di carattere straordinario e transitorio, gli investimenti delle imprese marittime per il rinnovo e l’ammodernamento della flotta (con l’obiettivo di assicurare lo sviluppo del trasporto marittimo, in particolare del trasporto merci e di quello a breve e medio raggio, e la tutela degli interessi occupazionali del settore) e per interventi di costruzione e trasformazione di unità navali. La disciplina attuativa è rimessa ad un regolamento ministeriale.
Sentenza
Sentenza 10-18 febbraio 2005, n. 77 (Gazz. Uff. 23 febbraio 2005, n. 8 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La Corte Costituzionale ha più volte affermato (da ultimo con la sentenza n. 51 del 2005) che l’art. 119 della Costituzione pone al legislatore statale precisi limiti in tema di finanziamenti in materie di competenza legislativa regionale, residuale o concorrente.
In primo luogo, la legge statale non può – in tali materie – prevedere nuovi finanziamenti a destinazione vincolata. In secondo luogo il tipo di ripartizione delle materie fra Stato e Regioni di cui all'art. 117 Cost. vieta comunque che in una materia di competenza legislativa regionale, in linea generale, si prevedano interventi finanziari statali seppur destinati a soggetti privati.
I finanziamenti in esame non concernono materie rientranti nella competenza esclusiva dello Stato.
Non si può invocare, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte sulla portata della «tutela della concorrenza», attribuita alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione (sentenze n. 14 e n. 272 del 2004).
Questa norma infatti <<evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese; strumenti che, in definitiva, esprimono un carattere unitario e, interpretati gli uni per mezzo degli altri, risultano tutti finalizzati ad equilibrare il volume di risorse finanziarie inserite nel circuito economico. L'intervento statale si giustifica, dunque, per la sua rilevanza macroeconomica: solo in tale quadro è mantenuta allo Stato la facoltà di adottare sia specifiche misure di rilevante entità, sia regimi di aiuto ammessi dall'ordinamento comunitario (fra i quali gli aiuti de minimis), purché siano in ogni caso idonei, quanto ad accessibilità a tutti gli operatori ed impatto complessivo, ad incidere sull'equilibrio economico generale>> (sentenza n. 14 del 2004).
L’esame delle norme impugnate dimostra invece che i finanziamenti in questione non possono rientrare in questo schema.
Le norme in esame non possono neppure essere ricondotte alla materia della «tutela dell’ambiente», evocata nel senso che gli interventi in esame sarebbero giustificati (anche) dalla finalità, richiamata dal comma 2 dell’art. 1 della legge n. 88 del 2001, di promuovere la costruzione di navi cisterna a basso impatto ambientale.
Ulteriori titoli di competenza statale esclusiva non sono evocati, in quanto l’altra materia è quella delle «grandi reti di trasporto e navigazione», che l’art. 117, secondo comma, assegna alla competenza legislativa concorrente.
Pertanto le norme impugnate – non essendo riconducibili alle materie attribuite dall’art. 117, secondo comma, della Costituzione alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ed essendo come tali lesive della sfera di competenza costituzionalmente garantita alle Regioni – devono essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Legge Finanziaria 2004 - Legge n. 350 del 24 dicembre 2003
Art.4, commi 215, 216 e 217
Nautica da diporto
215. Al fine di sostenere le attività dei distretti industriali della nautica da diporto è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo con dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2004, 1 milione di euro per l'anno 2005 e 1 milione di euro per l'anno 2006.
216. Il fondo di cui al comma 215 è destinato all'assegnazione di contributi, per l'abbattimento degli oneri concessori, a favore delle imprese o dei consorzi di imprese operanti nei distretti industriali dedicati alla nautica da diporto, che insistono in aree del demanio fluviale e che ospitano in approdo almeno cinquecento posti barca.
217. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le aree di cui al comma 216 e sono definite le modalità di assegnazione dei contributi.
Disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
Contenuto
La norma prevede l’istituzione di un fondo per il sostegno delle attività dei distretti industriali della nautica da diporto, destinato all'assegnazione di contributi, per l'abbattimento degli oneri concessori, a favore delle imprese o dei consorzi di imprese operanti nei distretti industriali dedicati alla nautica da diporto, in possesso di determinati requisiti. L’individuazione delle relative aree e le modalità di assegnazione dei contributi sono demandate ad un decreto ministeriale.
Sentenza
Sentenza 7-18 marzo 2005, n. 107 (Gazz. Uff. 23 marzo 2005, n. 12 - Prima Serie speciale).
Motivazione
La tesi secondo la quale le disposizioni impugnate prevederebbero un abbattimento dei canoni di concessione demaniale e sarebbero, pertanto, di natura “parafiscale”, non merita adesione, se non altro per l’evidente incompatibilità tra l’asserita natura e la peculiarità e selettività dei requisiti richiesti ai potenziali beneficiari delle c.d. misure agevolative. Tale peculiarità dei requisiti e l’eseguità delle somme globalmente stanziate escludono in radice la possibilità di qualificare le disposizioni impugnate come volte a favorire la concorrenza, intesa in senso dinamico, ovvero anche di ricondurle alla facoltà, riconosciuta allo Stato dall’art. 119, comma quinto, Cost., di destinare risorse al fine di promuovere lo sviluppo economico; tanto meno è possibile sostenere che il finanziamento rientri in taluna delle materie di cui all’art. 117, comma secondo, Cost.
Art. 1, comma 103
Limiti alle assunzioni degli enti
territoriali
A decorrere dall'anno 2008, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui si applica alla Regione Friuli-Venezia Giulia.
Contenuto
La norma prevede che, a decorrere dal 2008 le pubbliche amministrazioni possono effettuare assunzioni a tempo indeterminato nei limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.
Sentenza
Sentenza 6-10 marzo 2006, n. 88 (Gazz. Uff. 15 marzo 2006, n. 11 - Prima serie speciale),
Motivazione
L’art. 4, numero 1), dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia riconosce alla Regione potestà legislativa primaria in materia di «ordinamento degli uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione»; locuzione che, letta in connessione con quanto la medesima norma prevede subito dopo riguardo «allo stato giuridico ed economico del personale», rende chiaro come l’autonomia regionale debba potersi manifestare non solo nel disciplinare normativamente i propri uffici, ma anche nell’organizzarli, destinando ad essi il personale ritenuto necessario.
Ciò posto, è evidente che la norma censurata comprime illegittimamente l’autonomia regionale imponendo limiti precisi e puntuali (e non già di principio – quale il «previo esperimento delle procedure di mobilità»: cfr. sentenza n. 388 del 2004 – idonei a contenere la spesa corrente) non giustificabili dall’esigenza di coordinare la spesa pubblica; esigenza che lo Stato può salvaguardare prescrivendo “criteri ed obiettivi” ma senza «imporre nel dettaglio gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi» (sentenze n. 390 del 2004; n. 417 e n. 449 del 2005).